a dream to be done together

di mary_snape
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** proposta ***
Capitolo 2: *** lavoro e caos da Red ***
Capitolo 3: *** Incubi ***
Capitolo 4: *** Butch Cavendish e le sue opere ***
Capitolo 5: *** Litigi ***
Capitolo 6: *** Caos al Red's Traveling Enterteinment, di nuovo ***
Capitolo 7: *** Risveglio ***
Capitolo 8: *** fuga ***



Capitolo 1
*** proposta ***


Ff the lone ranger A drem to be done together.
Erano passati cinque giorni da quando mio padre era partito e non avevo notizie nè di lui, nè dei suoi compagni. Sapevo cavarmela da sola a casa, ma non era la stessa cosa, non era come le altre volte. Era una missione che richiedeva un paio di giorni, massimo tre, e ormai, la gente mi guardava come se fossi un'orfana, con quegli occhi tristi, che mi davano l'orribile sensazione che ci fosse qualcosa che dovrei sapere. Era davvero irritante.
Continuavo la mia vita normalmente nella speranza che da un momento ad un altro mio padre sarebbe arrivato, che sarebbe sbucato da dietro l'angolo e che io sarei corsa ad abbracciarlo, come succedeva sempre dopo ogni sua missione da Texas Ranger.
Stavo dando acqua ai pochi fiori rimasti sul davanzale della finestra quando passò la signora Red Harrington che aveva un pò di difficoltà con il caldo e la gamba finta.
- Signora Harrington! - esclamai. Lei mi fece un cenno con la mano e si avvicinò.
- Buongiorno Emily! - rispose lei zoppicando un pò sulla gamba d'avorio.
- Vuole entrare? Le offro un bel bicchiere d'acqua! - dissi.
- Con questo caldo, - disse lei. - Mia cara, accetto volentieri. -
Andai alla porta ed aprii. Lei chiuse il suo ombrellino e lo poggiò come al solito vicino alla sedia dove si sedette. Portai due bei bicchieri pieni fino all'orlo di acqua fresca.
- Allora, - attaccò bottone lei. - Come te la cavi? Non ti senti sola? -
- Non è come le altre volte, signora Red. - risposi. - Questa volta è come se la gente mi guardasse come a dire "povera orfanella", non lo sopporto. -
- Sai, un pò hanno ragione. - disse lei con tono dolce, quasi come una mamma. - Ormai è troppo tempo che è via, e le voci girano. - a quel punto si avvicinò a me e mi prese le mani. - Non puoi restare sola per sempre, avrai bisogno di guadagnare qualcosa per andare avanti, e se tuo padre...- disse senza riuscire a continuare.
- Lo so cosa vuole dire, - dissi io con le lacrime agli occhi. - Che se mio padre fosse veramente morto io dovrei cominciare a provvedere per l'avvenire. Ma, signora Red, ho solo sedici anni! Non mi va di andare a fare la cameriera in un bar del paese per farmi mettere le mani addosso da degli ubriaconi! - Finii tutto d'un fiato.
- Emily, so che per te è davvero impensabile, ma devi pur trovare qualcosa per trovarti da vivere. E sei anche una delle più brave tra le mie ballerine, anche se per ora sei solo "un'arma segreta", diciamo così, potresti venire da me, per ora. Ti assicuro che neanche uno di quei balordi ti sfiorerà! - disse lei cercando di dissuadermi.
- Non so signora Harrington, so che tutto quello che dite è vero, e che manterrete la promessa, ma pensare che tutto quello che mio padre abbia fatto fino a questo momento sia invano... - dissi.
- Sai, ti capisco, sono delle scelte che vanno fatte e basta, bisogna buttarsi nella mischia. - rispose lei. - Beh, io dovevo dirti questo. - disse come se fosse venuta lì solo per quello, poi riprese il suo ombrellino e la accompagnai fuori. - Sei una ragazza d'oro, Emily Priche, beato chi ti sposa.  E se mi cerci. - disse facendomi un cenno con la mano. - Sai dove trovarmi! - detto questo se ne andò.
Passai la maggior parte del pomeriggio a ripensare alla visita della signora Red Harrington. Verso le sei il sole era quasi calato e l'aria era più fresca. Andai in camera mia, presi le mie scarpette da punta e le strinsi al petto. Ballare era l'unica cosa che mi faceva sentire libera da ogni pensiero, e far diventare questo un lavoro era davvero un'opportunità. Presi il ciondolo che portavo sempre al collo e lo aprii. Guardai le foto di mia madre poco prima di morire e quella di mio padre con me da piccola in braccio e non potei fare a meno di pensare che quelle foto, insieme ai ricordi, erano gli unici mezzi per ricordarli.
Mi decisi, dovevo voltare pagina.
Sarei andata da Red Harrington.

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Capitolo 2
*** lavoro e caos da Red ***


lavoro In quel posto, all'infuori delle lezioni di danza della Signora Harrington, non vi ero mai andata. Non era il massimo durante il giorno, figuriamoci la notte, quando la maggior parte degli uomini del posto veniva per vedere belle donne ( e, diciamoci la verità, mica solo per guardarle le belle donne di Red Harrington! ), ubriachi fradici e con chissà quali idee per la testa.
Cercai di tenermi stretta al petto la borsa di pelle che mi aveva regalato mio padre al petto, mentre uomini  che non avevo mai visto mi toccavano la gonna e io li evitavo con un pò di riluttanza.
- Devi farci l'abitudine ragazza! - disse un donna giovane con il viso molto truccato e praticamente mezzo seno di fuori - Se sei qui per chiedere lavoro alla Signora Red, lei è lì. - concluse indicando un piano rialzato.
Mi avviai lì e lei si alzò, mi venne incontro e mi abbracciò.
- Sei venuta, - disse - Vieni, ti porto dietro le quinte del palco. - Mi condusse in una stanzetta piena di costumi, specchi e attrezzature. - RAGAZZE! - urlò attirando l'attenzione di tutte le ballerine che si stavano scaldando. - Un attimo di attenzione! Lei è Emily, starà qui per un pò, voi non la conoscete, ma è davvero un'ottima ballerina, per questa sera prenderà il posto di Cindy. tu, Cindy, invece andrai una fila indietro e seguirai le altre, tanto la coreografia la sai. - disse. - Bèh, allora, in bocca al lupo! - Dopo di questo uscì ed andò a prendere il suo posto. La maggior parte delle ragazze era davvero simpatica, mi aiutarono a prepararmi e a vestirmi, la coreografia la avevamo inventata io e la signora Red qualche mese fa, perciò non sarebbe stato per niente un problema per me. Solo questa Cindy e altre due ragazze che le stavano sempre appiccicate non si erano proprio avvicinate.
Era ora di salire sul palco. Ero eccitata, era la mia prima esibizione in pubblico, e le altre cercavano di rallegrarmi un pò. La musica iniziò ed entrai insieme alle altre in una diagonale scenè e picqè girati tra gli applaudi del gruppo. Sentivo ad ogni passo le travi di legno scricchiolare sotto le scarpette da punta. Era davvero bello poter ballare finalmente con qualcuno che condivideva le mia stesse emozioni, che non trovava insignificante quell'insieme di passi che al di fuori da quel palco sarebbero stati davvero strani e fuori luogo. Anche se il mio primo pubblico non era dei migliori, apprezzai quegli applausi.
Ad un certo punto entrarono nella tenda due tizi davvero strani. Un uomo, credo un indiano, con la faccia completamente dipinta e i lunghi capelli neri ed un tizio ancora più strano, vestito come uno di quegli eroi del West di cui parlano, con tsnto di cappello, maschera e distintivo. Tutti e due salirono le scale e si fermarono a parlare con la signora Red, che li accompagnò nei suoi appartamenti. Continuai a ballare, indifferente. Dopo poco entrò un gruppo di persone, quei maniaci di chiesa, che interruppero tutto e andarono fin sopra agli appartamenti della signora Harrington, evidentemente cercavano quei due tizi perchè urlavano qualcosa del tipo "il demonio!".
Scesi dal palco, da dove ogni singola ragazza era scesa per evitare di cadere per via delle spinte che davano quelle persone, e mi diressi verso gli uffici al piano di sopra mentre tutti quei pazzi uscivano di lì. Andai vicino alla signora Red, sdraiata sul divanetto che guardava ancora sognante il dipinto che la ritraeva ballare, quando ancora non aveva la gamba finta. Mi sedetti e lei mi disse quelle parole, parole che riaccesero la mia speranza.
- Emily, avremo la nostra vendetta. -

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Capitolo 3
*** Incubi ***


incubi - Emily, avremo la nostra vendetta. - disse la Signora Red. - Uccideranno quell'uomo, quel mostro-
- Ma allora... - non ebbi il coraggio di continuare, erano giorni che mi preparavo a questa notizia, ma l'impatto fu lo stesso terribile.
- Si, mia cara, non possiamo fare più niente, solo sperare che quei due facciano quello che devono fare. - rispose lei. - Mi dispiace davvero tanto per te... -
- E' morto... - dissi con un filo di voce mentre Red cercava di consolarmi, ma le lacrime scendevano irrefrenabili sulle guance. Le sue mani passavano tra i miei capelli mentre i singhiozzi che mi scuotevano si calmavo, lentamente.
- Era un brav' uomo, da rispettare, era forte, - mi sussurrava - E anche tu sei forte, vedrai, quel mostro la pagherà, e anche cara! -
- Vieni, rilassati un attimo. - disse accompagnandomi al tavolo. Mi versò in un bicchiere un liquido dorato e me lo porse. - Le due meno un quarto - disse guardando l'orologio. - Avete ballato molto laggiù. -
Bevvi quel liquido. Mi bruciò in gola e mi scaldò tutta, dalla punta dei piedi e quelle dei capelli.
- Questa notte rimani qui, non mi va di mandarti a casa da sola. - disse Red. - Domani andremo a prendere tutte le tue cose, occuperai l'appartamento qui vicino, non mi sembra proprio il caso di lasciarti in quella casa da sola. -
Mi accompagnò in una stanzetta vicino ai suoi appartamenti e mi diede qualcosa da mettere.
- Buonanotte, Signora Harrington. - dissi.
- Anche a te, signorina Priche. - rispose mentre i miei occhi si chiudevano sotto l'inesorabile forza del sonno e delle immagini che portava con sè.
Mi guardai intorno, mi trovavo nei pressi di una valle, tutto era deserto, non c'era nessuro.
- E' sicuro, possiamo passare! - disse una voce abbastanza familiare in lontanaza. Si sentirono il rumore degli zoccoli avanzare e il silenzio di chi sa di correre un pericolo imminente. Solo allora svoltarono l'angolo otto uomini a cavallo. Subito saltò all'occhio un uomo dai capelli e gli occhi scuri, con il gilet di pelle marrone e la camicia bianca sporca di terra e polvere. Avanzarono sempre di più, ma i loro passi erano contati. Tre, due, uno. Ecco gli spari.
- Nooooo! - il mio urlo, silenzioso, inutile, mi rimbombò nella testa, mentre, a uno a uno, i corpi di sette Texas Ranger cadevano a terra. Morti, o lo sarebbero stati presto.
Corsi verso mio padre. Aveva una pallottola nella spalla sinistra e una all'altezza dello stomaco. Nessuno poteva vedermi, nemmeno lui, che però, chiamava il mio nome.
- Emily... Piccola mia, no... Emily... - le sue parole erano strozzate mentre il sangue gli saliva in gola.
- Padre, sono qui! - urlai, ma non c'era più niente da fare, se n'era andato. - Padre, addio... - dissi con voce sempre più bassa mentre le mie lacrime ricadevano sulle ferite troppo profonde. Tutto divenne sfocato, cominciò a vorticare e a diventare nero.
Alzai la testa dal cuscino di scatto, avevo il viso rigato di lacrime e il cuscino era ormai zuppo. Diedi uno sguardo alla finestra davanti a me. Non era ancora sorto il sole.
La porta si aprì e la signora Harrington apparve con in mano una lampada.
- Tutto bene? - chiese. Annuii, ma lei si avvicinò lo stesso. - E' tutta la notte che urli e parli nel sonno. - continuò asciugandomi gli occhi, come avrebbe fatto una madre con la figlia.
- Dai, vieni, andiamo a prepararci, sono le sei. - disse lei alzandosi.
Mi misi la gonna e la camicia che avevo indossato la sera prima e andai negli appartamenti della Signora Red.
- Dai, andiamo prima che arrivino le altre. - disse.
Attraversammo il piccolo paese già sveglio. Gli uomini erano pronti per andare a lavorare alla ferrovia o nei campi, e le donne andavano a prendere i viveri e l'acqua per le famiglie. Il sole non era ancora sorto del tutto e il cielo era colorato di un azzurro chiarissimo, quasi bianco.
Arrivammo alla piccola casetta con le pareti di legno. Tutto era come lo avevo lasciato la sera prima. Aprii la porta ed entrai, andai in camera mia e presi tutto quello che avrebbe potuto servirmi, vestiti, coperte e effetti personali. Misi tutto nella borsa di pelle che si era gonfiata molto e ripartimmo alla volta della locanda di Red Harrington.

Angolo della scrittrice!! Yeeee!!! Ragazzi!! Ringrazio prima di tutto voi che state leggendo le mie storie, non solo "A dream to be done together", e mi scuso per non aver pubblicato prima, ma ho cambiato casa e non posso collegarmi alla rete di mio nonno ( dovete sapere che ho un nonno super!! Grazie nonno!! ) e quindi sto usando una chiavetta internet che fa schifo mentre aspetto che i miei genitori scelgano la rete migliore. Comunque, se vi piacciono le mie storie vi farà piacere sapere che ho già mooolti capitoli a disposizione, ma siccome la rete qui in montagna è lenta, non ce la faccio a caricarli tutti. Ci vediamo al prossimo capitolo!! p.s. Recensite pls!!! Baci
Mary_snape

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Capitolo 4
*** Butch Cavendish e le sue opere ***


Butch Cavendish e le sue "opere" Era mattina presto, come sempre, del resto. Erano giorni che non riuscivo a dormire, ed erano giorni che la signora Harrington veniva da me per consolarmi, ad ogni singolo urlo, pronta ad assorbire i racconti dei miei incubi.
- E come sempre chiamava il mio nome... e poi c'era qual mostro, che dopo averli uccisi tutti si è mangiato anche il cuore di quell'uomo, il Texas Ranger, Dan Reid. E' una scena orribile, eppure non posso fare a meno di guardarla... - dissi mentre Red mi accarezzava i capelli.
- Oh, è orribile... - disse lei. - Quel Cavendish, solo lui poteva fare una cosa simile... - sussurrò poi.
- Cavendish? Ma non è quell'uomo ricercato per aver assassinato tutti quegli indiani? - chiesi.
- Si, ma il tuo è solo un sogno cara, stavo solo riflettendo. - disse quasi giustificandosi.
- No, signora Red, lei lo ha detto come se questo fosse davvero successo! Come se quello che ho visto non fosse un semplice sogno! - esclamai.
- Forse è meglio se torniamo a dormire cara, domani ci aspetta una giornata impegnativa! - si intromise lei.
- No, signora Red, ho bisogno di spiegazioni, lei sa qualcosa che io non so. - insistetti. La signora Harrington tornò a sedersi, rassegnata, prima o poi avrebbe dovuto farlo, perciò, prima era, meglio era.
- Vedi, Emily, è strano, non ho mai visto una cosa del genere, ma quello che hai sognato, ehm... Ecco, sono realmente accadute quelle cose a tuo padre e agli altri Ranger. - confessò. Allora, anche se solo in sogno ero riuscita a vedere mio padre nei suoi ultimi momenti di vita.
- Ma allora, - dissi. - Perchè ha detto che AVREMO la nostra vendetta? - chiesi mettendo enfasi in quel "avremo".
- Per me è dura ricordare... - disse indicando la sua gamba finta.
- Oh, mi spiace signora Red, è stato lui a... - non sapevo di preciso cosa avesse fatto, ma se Butch Cavendish veniva soprannominato "Il mangiatore di uomini" avrei potuto benissimo immaginare quali orrori avesse provocato.
- No cara, anche se dopo tutto questo tempo c'è una ferita ancora non rimarginata, ricordare mi farà irrobustire, e poi smettila di darmi il Lei, io ora sono solo Red, niente più signora, mi fai sembrare più vecchia. - cercò di scherzare. Non volevo farle riaffiorare quei ricordi che sembravano davvero raccapriccianti, ma finalmente sapevo la verità, cosa che mi diede molta soddisfazione, non dover stare nell'ombra, all'oscuro dei fatti così come sono accaduti.
Tornammo a dormire. Ma i miei sogni non erano come quelli di prima, c'era solo il volto di quel mostro, Butch Cavendish, che rideva davanti alla gamba finta di Red Harrington. Ma presto non lo avrebbe più potuto fare, non avrebbe fatto del mano più a nessuno. Anche se all'inizio quei due tizi non mi erano sembrati altro che strani e fuori di testa, ora sentivo che forse, e dico forse, quei due avevano una remota possibilità. Avevo riposto tutte le mie speranze in un indiano con la faccia dipinta e un uccello morto sulla testa ed un tizio con tanto di cappello, maschera e distintivo da Texas Ranger.

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Capitolo 5
*** Litigi ***


litigi - Dai, ragazze, più impegno! Più tirate quelle punte! Dovete volare con quei Grand Jètè! - diceva Red, in sala, durante una delle tante lezioni.
- Dai, Emily, fammi vedere tu questa diagonale, invece! - esclamò.
Mi avviai verso l'angolo. Come sempre in testa mi risuonava la voce della mia maestra: "çhassè, passo, passo, Grand Jètè! Devi volare, Emily, devi essere leggera!"
Il rumore delle punte di gesso che strusciavano sul pavimento di legno, la carica che mi attraversava tutta, il mio corpo che cambiava, diventava un tutt'uno con l'aria, diventavo leggera, volavo.
- Perfetto, Emily, - la voce di Red mi riportò alla realtà. - Ma la prossima volta cerca di non mettere troppa tensione nelle dita. - disse facendo un'imitazione di quello che mi era riuscito. Annuii appena e tornai verso le altre.
- Ora andiamo con la coreografia ragazze! - disse. - Il Can-can, proviamo con quella. Mettevi le gonne e cominciamo! -
Ci dirigemmo tutte verso l'appendiabiti vicino alle attrezzature. presi una delle gonne rosse e molto decorate per il Can-can e la agganciai in vita, sopra il body nero. La musica attaccò e io e le mie compagne iniziammo a ballare.
Le gonne si muovevano, le gambe si alzavano e Red cercava di urlare consigli sopra la musica.
- Desirèe, più altre quelle gambe! Bonnie, sorridi, nessuno deve capire che le punte sono un dolore, devi far capire il contrario! Cindy! Diamine! - disse spegnendo la musica. - Cerca di fare come ti dico! Non sei l'Etoile, non puoi permetterti di fare la protagonista! E' una coreografia di gruppo, non individuale, non puoi andare più avanti delle altre e spingerle da parte! -
- Ma... - disse lei. - Signora Harrington... -
- Niente ma, signorinella, dovete seguire le mie indicazioni o non riusciremo a combinare niente. - disse. - Il prossimo mese verrà una commissione dall'Accademia più importante del posto, ed intendo fare una bella figura! -
Tutte ci guardammo l'un l'altra. Una commissione dalla'Accademia più importante del posto verrà a vedere com'è la situazione qui, alla piccola classe di Red, che si esibiva al Red's Traveling Entertainment, che di certo, non era come un teatro dell'Opera. Eravamo spaventate ed eccitate allo stesso tempo.
- Spero di avervi dato un motivo in più per mettercela tutta! - disse. - Ma per il momento potete andare, la lezione è finita. -
Tutte ci dirigemmo verso il piccolo spogliatoio.
- Certo che una cosa del genere non succede tutti i giorni, eh? - disse Bonnie. Era una ragazza un pò bassa, con i capelli biondo cenere e gli occhi marroni. Era una delle ragazze con cui avevo fatto amicizia da subito.
- Si, e scommetto che come mi vedranno mi daranno una borsa di studio! - disse Cindy, la solita presuntuosa. - Si, perchè anche se non sono l'Etoile di questa misera classe, c'è sicuramente qualcuno fuori da qui che lo capirà, e anche molto presto. - si andò a sedere su una panca. - Dopotutto deve averli pagati un sacco, quei giudici, per venire e vedere la classe di una vecchia senza una gamba! Che poi, non è per niente brava! - questo non doveva dirlo.
- Zitta! - le dissi.  - Non parlare male di Red, tu non la conosci! -
- E perchè, tu si? - disse - Che c'è, è lei la tua nuova mammina? Non sopporti che diciamo la verità? - quella sua vocina mi stava dando sui nervi.
- Non è vero niente di quello che hai detto! E poi, visto che sei tanto talentuosa, perchè non vai ad un'altra scuola? - dissi mentre una smorfia si allargava sul viso di Cindy.
Lei si alzò, infuriata, prese la sua borsa ed uscì con le sue compari al seguito. Lo sapevano tutti che non c'erano scuole di danza nel raggio di miglia.
- Ma come si permette? - chiese Bonnie. - Non la sopporto proprio. -
- Se lo sapesse la signora Red... - disse Paouline, una ragazza dai capelli lunghi e neri e gli occhi grigi.
- Si, non la farebbe più entrare nel suo Traveling Entertainment, ma con quello che le fa guadagnare... - disse Bonnie.
- Non le importa quello che le fa guadagnare. - dissi. Dopotutto, era vero, a lei bastava non lasciare ragazze alla deriva, così come aveva fatto con me.
- Ragazze, vado ad avvisare Red che vi accompagno. - dissi avviandomi all'interno della sala.
- Red, - dissi. - Io vado a... -
- Vai, non ti preoccupare, ti aspetto sopra. -disse lei sorridendo.
- Va bene. - risposi.
Raggiunsi Bonnie e Pauline fuori in strada. Entrambi si ritrassero quando un ragazzo dai capelli biondi lunghi fino alle spalle e mossi le passò vicino. Lo gurdai meglio, aveva gli occhi di verde che sembrava azzurro e di un azzurro che sembrava verde e dalla pelle leggermente abbronzata con i vestiti ricoperti di polvere, come tutti lì.
- Chi è lui? - chiesi.
- E' Tobias Reag, si è trasferito qui da poco da un paese vicino. - disse Bonnie.
- Si dice che suo padre sia tra quelli di Cavendish. Tutti stanno attenti quando lui o i suoi genitori passano. - continuò Pauline.
- E perchè non lo arrestano, suo padre? - chiesi.
- Perchè non hanno prove. - rispose Bonnie.
- Allora ci vediamo stasera Emily! - disse Pauline entrando in casa.
- Ciao Emily! - mi salutò Bonnie che abitava alla casa vicino.
- Ciao ragazze! - risposi.

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Capitolo 6
*** Caos al Red's Traveling Enterteinment, di nuovo ***


Caos al Red's Traveling Entertainment, di nuovo - Lo vedi? - chiese Bonnie. Erano due settimane che lavoravo per il Red's Traveling Entertainment, e nemmeno uno di quei bifolchi mi aveva sfiorata, Red stava mantenendo la sua promessa. Ed erano anche tre giorni che i signori Reag, il padre e lo zio di Tobias, venivano alla locanda di Red.
- Si, ora si. - dissi sporgendomi di più dal sipario. Paouline alzò lo sguardo verso il piano rialzato dove si trovava Red.
- La signora Harrington non stacca gli occhi da loro nemmeno un minuto! - disse lei.
- Saranno arrivate anche a lei quelle voci. - dissi. Dopotutto in paese non potevi affidare una parola a nessuno che la mattina seguente metà delle comare ne parlava.
- Dai, andiamo a vestirci, o entreranno senza di noi. - disse Bonnie spingendoci dentro. Io ero la più piccola di tutto il gruppo, avevo sedici anni, invece,  le altre, tra ballerine e cameriere, avevano dai diciotto ai venticinque anni. Con loro mi sentivo un pò più protetta.
Le gonne da Can-can per gli spettacoli erano molto più particolari di quelle per le prove. Erano di un rosso bordeaux, con i pizzi neri e da dentro avevano strati di stoffa bianca sempre orlata di pizzi bianchi. Il corpetto, invece, era nero con le decorazioni rosse e bianche.
- Emily, mi aiuti a sistemare la piuma? - chiese Paouline. Ah, si, per non dimenticare quella specie di uccello morto che dovevamo portare su un lato della testa.
- Ecco, adesso hanno finito le altre, tocca a noi. - disse una ragazza che stava vicino al sipario. Le poche ragazze che non erano state "vendute" rientrarono, per prepararsi alla prossima esibizione.
Entrammo, tra gli applausi di un pubblico ormai ubriaco fradicio.
Iniziammo a ballare, ogni volta che le gonne lasciavano vedere quel pò di gamba in più gli uomini subito applaudivano. Cercai di fare buon viso a cattivo gioco.
Dopo due minuti si sentì un colpo sordo, come di pistola. Il signor Reag e suo fratello si  erano alzati in piedi insieme ad altri tre uomini. Guardai in direzione di Red. Aveva l'espressione di chi ha appena assistito ad un'eresia.
Si scatenò il caos, tutte le persone presenti cercavano di uscire dalla unica porta, trascinando anche noi in quel vortice. Red Harrington sparava dei colpi per cercare di calmare gli animi, ma quando altri colpi andarono a staccare una trave del soffitto, non si capì davvero più niente.
- Bonnie! Paouline! - urlai carcando di non perderle in mezzo alla folla.
- Emily! No! - urlò Red mentre scendeva dal piano e cercava di prendermi. Solo allora mi accorsi che sopra di me stava crollando una seconda trave. Ebbi appena il tempo di respirare prima di cadere a terra.
Sentivo qualcosa di caldo scorrermi dalla testa e nel braccio sentivo qualcos'altro infilato profondamente. Dal dolore non riuscivo a pensare, ad aprire gli occhi. Poi, delle mani spostarono quel peso dal corpo e mi sollevarono rozzamente. Le ultime cose che sentii prima di cadere nel buio furono le urla di Red Harrington, un colpo di pistola e l'aria fredda della notte.

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Capitolo 7
*** Risveglio ***


risveglio Non c'era niente intorno a me, il vuoto. Tutto era nero. Ma tutto era niente e niente era tutto.
- Emily... - disse una voce alle mie spalle. Mi girai. E i miei occhi si riempirono di lacrime.
- Tesoro mio... - continuò, quelle parole scavarono nel silenzio delle mie lacrime.
- Padre... - dissi con un fil di voce. - Madre... - Loro erano lì, di qualsiasi cosa fossero fatti, ma erano con me. Ma questo significava che...
- No, cara, non sei morta. - disse mio padre.
- E allora ditemi dove sono, per favore. - chiesi.
- Sei in un posto dove non si è nè morti nè vivi. - rispose mia madre. - Devi essere tu a scegliere...  -
- ... Se stare con noi o con le persone che ti vogliono bene ora. - continuò mio padre.
Andai verso di loro. Li abbracciai, per mia madre fu la prima e l'ultima volta, e le lacrime scesero anche dai suoi occhi.
- Addio... - dissi.
- No, cara, dopotutto questo non è un addio, noi ti siamo sempre vicini, ricordatelo. - rispose mio padre.
- Ci vediamo di sotto, allora. - dissi prendendo la strada opposta.

Uno spiraglio di luce. Aprii gli occhi. Non ero nella mia stanza da Red. La testa mi faceva malissimo. Cercai goffamente di sedermi.
Mi trovavo in una stanza abbastanza piccolina, con la finestra sprangata, e un disordine che non avevo mai visto da nessuna parte. Solo allora mi accorsi di alcune cose. Il mio letto era di paglia, avevo testa e braccio fasciati e indossavo abiti da uomo.
Solo allora ricordai. Il caos al Red's Traveling Entertaiment, e soprattutto la trave. Notai che in un punto, la fasciatura al braccio era tinta di rosso. La ferita doveva essere ancora fresca. Quanti giorni erano passati? Dove mi trovavo? C'era qualcuno lì?
La porta si aprì e finsi di dormire ancora. Qualcuno venne a sedersi vicino a me. Sentii una mano passare tra i capelli. Chissà se era Red.
- Red... - dissi, di solito, come diceva lei, la chiamavo nel sonno, perciò cercai di sembrare più naturale possibile.
- Che bella... - rispose una voce che non mi aspettavo. Aprii piano gli occhi. Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi che sembravano verdi e azzurri allo stesso tempo mi guardava.
- Bentornata tra noi. - disse - Come ti senti? -
- Mi fa male la testa. - dissi con la voce impastata di sonno.
Guardò la benda al braccio e storse le labbra. - Vado a prendere le bende. Non ti muovere. - disse uscendo.
Mi trovavo a casa di Tobias Reag.
Tobias tornò dopo poco con una valigetta marrone. Si sedette di nuovo vicino a me e prese il braccio, tolse la vecchia fasciatura e cominciò a mettere quella nuova.
- Chi sei? - chiesi.
 - Io sono Tobias Reag, tu? - disse senza togliere gli occhi dal suo lavoro.
- Emily Priche. - risposi. Il suo viso divenne la maschera della tristezza. - Che succede? E come mai sono qui? - chiesi.
- No, niente. - rispose. - Ti ho salvata da quelli di Cavendish. Mio... - disse un pò titubante.
- ...Padre sta con loro. Ti volevano finire, come tuo padre, dicevano, ma sono arrivato io e ho detto che eri scappata. -
- Mh, e ti hanno creduto? - chiesi sospettosa.
- Si, ubriachi com'erano. E comunque, nessuno sa che sei qui. - finì. - Ti vado a prendere qualcosa. - disse uscendo di nuovo.
Al suo ritorno aveva in mano un bicchiere d'acqua con un pò di pane.
- Tieni, è meglio se cominci a recuperare le forze. - disse porgendomi il mio pasto.
- Grazie. - dissi addentando un pò di pane. - Ma i miei vestiti? E il ciondolo? - chiesi cercando le mie cose in giro per la stanza con lo sguardo.
- Sono in quella sacca, ma tutto quello che prima non era rosso, adesso lo è. - disse.
- Ah, perfetto. - dissi finendo l'acqua.
- Ora è meglio se ti riposi, - disse Tobias. - Quando ti sveglierai credo che la testa non farà così male. - disse uscendo dalla porta e lasciandomi sola.
Quando non sentii più nessun suono provenire dall'altra parte della porta mi alzai ed iniziai a cercare le mie cose senza fare il minimo rumore. Rovistai tra le cianfrusaglie, selle per cavalli, speroni, stivali, stracci, sacchi e corde. Ed eccole! Le mie scarpette da punta! Tobias aveva ragione, i laccetti e il raso erano macchiati di rosso sangue, erano inutilizzabili, il gesso era diventato troppo morbido per poterci salire. Il vestito aveva la sottogonna e i pizzi macchiati.
Poi trovai il medaglione con le foto. Erano ancora intatte per fortuna. Lo aprii e guardai i volti di quelle persone. Sarà stata solo una specie di sensazione, ma vidi i loro occhi brillare riflessi nel vetro.

Angolo della scrittrice! Yeeaaa!! Ragazzi, spero proprio che questo capitolo vi sia piaciuto, io ce l'ho messa tutta, tra scuola e le mie storie. Comunque i miei ancora non si sono decisi a mettere una rete internet, così ho messo un'offerta sul cellulare, dove passo i capitoli e li pubblico, ma questo mio telefonino non mi capisce ( credetemi, la cosa è reciproca! ) !! Chiedo scusa a Vale_Penniman per non aver risposto a molte sue recensioni, perciò, rimedierò qui, tanto le risposte le leggeranno lo stesso! :)
Ma ciaooo!! Graziee!! riguardo al sogno, lei non prevede il futuro, ma ha semplicemente visto ciò che è già successo. Tranquilla, non sei pesante, mi fa piacere avere una fan come te, e devo dire la verità, sei l'unica che recensisce ad ogni capitolo! Poi, ultimo, ma non ultimo, nessuno ha salvato Emily, credo  che dal capitolo qui sopra sarete riusciti a capire, è stata rapita e poi, solo dopo salvata. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Alla prossima!
Adesso mi rivolgo a voi, cari lettori silenziosi, perchè anche se non dite la vostra so che continuate a leggere!
Un saluto a tutti!
mary_snape

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Capitolo 8
*** fuga ***


fuga - Tobias! - dissi cercando di attirare la sua attenzione. - Tobias, ascoltami! Sono dieci giorni che mi tieni prigioniera qui! -
Erano davvero dieci giorni che restavo chiusa in quella stanza, ogni ora più piccola e asfissiante, certo, non ero davvero al massimo, ma almeno poteva farmi andare da Red, sentivo così tanto la sua mancanza, sentivo la mancanza delle sue lezioni, le sue urla sopra la musica, le chiacchiere con Bonnie e Paouline, e si, anche un pò Cindy che si vantava davanti a tutte. Mi mancava poter ballare sul quel palco un pò rozzo con quel pubblico non da meno, mi mancava la mia libertà.
- Tobias, rispondi! - lo richiamai alla realtà. Lui si girò.
- No, la mia risposta è ancora no, non ti sei ancora ripresa. - disse vago e poi uscì dalla stanza chiudendola come sempre a chiave. Tirai qualche pugno alla porta sperando che, ridotta com'era, sarebbe crollata da un momento all'altro, ma non successe niente, per mia sfortuna.
Mi andai a sedere sul letto. Come sempre indossavo abiti da uomo, e arrossivo solo al pensiero che per fare questo Tobias mi abbia svestita. Ma qualsiasi cosa sia successa, dovevo andare via, io stavo bene, avrei potuto farlo mentre lui entrava, ma mi sarebbe corso dietro da subito. Dovevo trovare come un travestimento e sgattaiolare via quando meno se lo sarebbe aspettato.
Mi alzai a andai a rovistare tra tutti quei vecchi stracci, magari sarei riuscita a trovare qualche vestito sotto cui nascondermi, e poi avrei dovuto allentare i chiodi alle travi che bloccavano la finestra, senza farmi notare, però. Trovai una camicia che sembrava della mia taglia con un gilet di pelle marrone, un pantalone lungo dove c'era l'evidente bisogno di una piega, un cappello dalle falde abbastanza larhe da potermi coprire il viso e abbastanza grande da poter contenere i miei capelli e un paio di stivali un pò grandi, ma passabili. Cominciai da quella sera stessa ad allentare qualche chiodo con oggetti di ferro trovati lì a caso, e la mattina dopo avevo praticamente liberato mezza finestra.
Passarono ore, che sembravano anni, ma alla fine tornò sera, il che mi permise di finire il mio lavoro. Mi mancavano circa tre travi da staccare, e nessuno era venuto a vedere cosa stavo combinando, dato che non avevo fatto un grando rumore.
Dopo un'ora buona il passaggio era totalmente libero e potei passare e scappare nella notte. Iniziai a correre, ma poi mi accorsi di un piccolo particolare. Dove mi trovavo? E dove sarei dovuta andare? Iniziai a guardarmi intorno, nessuno mi avrebbe notata con quel buio.
Socchiusi gli occhi e notai in lontanaza le luci del paese. Iniziai a correre, dovevo fare presto, lui poteva raggiungermi a cavallo, mentre io avevo solo due piedi. Quanto potevo mai metterci? Un'ora, massimo due di cammino.
Ad ogni passo faceva sempre più freddo, e avevo sbagliato a non calcolare il freddo della notte che avanzava di minuto in minuto. Anche se correndo il calore del corpo aumentava, il sudore si gelava sulla mia pelle. Si sentivano i versi dei lupi in lontananza, e i grilli cantavano tra i caspugli, e le luci si avvicinavano, mancavano una decina di metri. Cinque metri. Gli zoccoli di un cavallo alle mie spalle. Tre metri, due, uno. Una mano che cerca di prendermi per la camicia. Sfuggii per un pelo. Cercai di correre ancora più veloce. Eccolo lì, il Red's Traveling Entertainment, mancava pochissimo.
Entrai nel locale come un normale uomo del paese e mi diressi verso il tavolo dove Red Harrington sedeva.
- Benvenuto al Red's Traveling Entertainment, desidera? - chiese con una voce quasi annoiata. Era cambiata, potava i lunghi capelli rossi legati, i soliti occhiali dalla montatura fina che usava per leggere, sopra gli occhi caldi e stanchi contornati di viola, segno delle notti passate insonni. La pelle era più chiara e non aveva certo un bell'aspetto. Non mi aveva nemmeno guardata, era impegnata a leggere l'elenco dei clienti sul solito registro, che ormai doveva sapere a memoria.
- Signora Harrington. - dissi togliendomi il cappello e lasciando cadere i capelli lunghi e marroni sulle spalle. Lei alzò lo sguardo e il suo viso si illuminò.
- Emily! Sei tornata sana e salva! - disse abbracciandomi e stringendomi forte a sè mentre lacrime di gioia scendevano dagli occhi di entrambe.

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