Convalescenza

di moni_cst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 2: *** Rientro al lavoro ***



Capitolo 1
*** Ritorno a casa ***


Capitolo 1. Ritorno a casa.

 

 

Le note del sax di John Coltrane riempiono la stanza con una melodia sinuosa che m’infonde tranquillità e serenità. Ho un enorme bisogno di rilassarmi e scaricare la tensione accumulata nei giorni precedenti quando, ignorando la fitta al petto che mi toglieva il respiro, mi ero dannata per trovare in tempo l’antidoto per Castle. C’ero riuscita per un soffio, sarebbe bastata una manciata di minuti in più e la mia vita sarebbe stata stravolta. Ancora una volta.

Non ci posso neanche pensare.

Ieri sera ho riportato Castle a casa, a Washington. I medici hanno sconsigliato il viaggio fino a New York, nonostante le insistenze di Martha ed Alexis, che sostengono si sarebbero potute prendere meglio cura di lui, avendo più tempo. Ma il dottore ha sottolineato che il paziente è fuori pericolo di vita ma molto debole e avrebbe dovuto fare una buona convalescenza per scongiurare eventuali effetti collaterali. Io, in cuor mio, ho pensato che Castle oltre a rimettersi fisicamente deve guarire anche mentalmente, riprendersi dallo shock. Forse sono presuntuosa ma credo che nessuno meglio di me possa aiutarlo in questo. E a dirla tutta anche io ho assoluto bisogno della sua presenza: non solo ho sentito terribilmente la sua mancanza ma ho bisogno di sentirlo vivo accanto a me.

Questa volta, la paura che ho avuto di perderlo è stata molto più tangibile delle altre volte che è stato in pericolo.

Questa volta, le ore a disposizione per salvarlo erano davvero poche.

Questa volta, ho davvero temuto di non farcela.

Ho parlato con la Mc Cord e le ho chiesto qualche giorno di ferie, anche se non ne ho diritto visto che sono ancora nel periodo di prova. Rachel mi ha sorriso e ha sottolineato che non può concedermele fino alla fine del prossimo mese, alla fine del mio training job.

Mi sono sentita persa.

Poi però mi ha suggerito di usufruire dei giorni di recupero per il lavoro svolto nei giorni festivi da quando sono a Washington, ovvero tutti. Le ho fatto un cenno con la testa per ringraziarla di cuore, sapendo bene che in questo modo i giorni erano molti di più delle ferie maturate in poco più di due mesi.

Castle dorme ancora accanto a me.

Mi sono alzata, ho fatto una doccia, sono uscita a fare un po’ di spesa e ho preparato la colazione per entrambi.

Non voglio svegliarlo. Ha bisogno di riposo e io mi sono svestita di nuovo e mi sono infilata sotto le coperte accanto a lui.

Sono ancora molto scossa, anche se oggi va meglio.

Ieri sera quando finalmente siamo rimasti soli, mi sono accoccolata tra le sue braccia e ho iniziato a piangere a dirotto, percossa dai tremiti e dalla tensione accumulata nelle ultime venti ore. Ero distrutta e ho continuato a versare lacrime mentre Castle mi accarezzava i capelli e la schiena sussurrandomi all’orecchio che era tutto finito, che ora stava bene.

Mi sono posizionata di fianco accanto a lui per poterlo guardare, per controllare il suo respiro profondo e regolare e per godere del calore della sua mano che ho velocemente fatta mia. Sono 12 ore che dorme. Il medico mi ha avvisato che avrebbe riposato a lungo, quindi non sono preoccupata. Gli faccio una carezza in viso e lo sento caldo, forse troppo. Mi sporgo verso di lui e poggio le labbra sulla sua fronte. Mia madre faceva così quando avevo la febbre. Sorrido al ricordo e sorrido perché lo sento fresco. Aveva ragione mamma: la temperatura delle mani inganna, il calore delle labbra no.

Per un momento sento il rimpianto che lei non abbia mai conosciuto Rick, che non abbia mai saputo che finalmente avevo trovato la serenità e l’equilibrio di cui lei mi aveva sempre parlato sin da ragazzina. Sospiro.

“Hey”. Apre gli occhi e mi trova ancora con le labbra a pochi centimetri dalla sua fronte. “Ti avverto che sono innocuo questa mattina” dice approfittando della vicinanza del mio viso.

“Hey”

“Non sei dispiaciuta nemmeno un po’ che sono innocuo?” chiede un po’ meravigliato e un po’ seccato del fatto che io non gli abbia risposto a tono.

“Castle, prima di tutto, vedremo se sei innocuo” dico con fare malizioso facendogli l’occhiolino “inoltre mi meraviglierei del contrario visto tutte le medicine che prendi. Come ti senti?”

Prende un respiro profondo, quasi a fatica.

Mi si stringe il cuore a vederlo così debole.  

“Non so nemmeno se sono in grado di alzarmi. Mi sento stanchissimo”

“Perfetto. Infatti non devi alzarti! Ordine del dottore. A letto per almeno tre giorni, poi si vedrà se riesci a conquistare la poltrona”.

“MMhh” bofonchia “mi sveglio con la mia salvatrice accanto, che tra l’altro è anche la mia bellissima fidanzata, nonché mia musa. Alle orecchie mi giunge il suono armonioso del sax di Coltrane e tutto ciò che posso agognare adesso è di trascinarmi dal letto alla poltrona?  Io avrei certi altri desideri da esaudire…”

Gli sorrido.

Lo amo.

Amo quando mi stuzzica con le parole, amo quando lo fa con i gesti e, in ogni caso, amo battibeccare con lui quando ci punzecchiamo a vicenda.

“Che ne dici se iniziamo da una bella colazione per rimetterti in forma?”

“Vuol dire che cucinerai per me?”

“Vuol dire che l’ho già fatto! Sono le dieci passate se non te ne fossi accorto e quindi tutto è pronto!”

Noto che mi guarda mentre sguscio fuori dal letto senza coprirmi e sparisco attraverso la porta. So quanto gli piace vedermi girare nuda per casa. Al loft non era possibile. Anche quando Martha e Alexis erano fuori New York, non mi sentivo a mio agio, temendo un ritorno improvviso delle due, con un’altra scena imbarazzante come quella vissuta proprio la nostra prima volta insieme. Invece quando passavamo la serata nel mio appartamento a New York, allora avevamo istituito i “clothes off moments” e quanto ci piaceva girare per casa così liberi e naturali. Entrambi non avevamo mai provato con nessun altro questo tipo di familiarità e tutti e due amavamo questa complicità.

Torno in camera da letto coperta solo dal vassoio che tengo in mano.

Sorrido, non posso farne a meno.

Mi piace come lui mi guarda quando sono nuda.

Non mi era mai capitato con nessun altro ma con Castle tutto quello che faccio è straordinario. Solo lui mi fa sentire così bella, amata e desiderata.

Spero tanto che gradisca la sorpresa che gli ho fatto. Questa mattina mi è venuto in mente di scrivere Always sulla schiuma del cappuccino e mi sono precipitata a comprare la cioccolata liquida per farlo. Ne ho approfittato anche per fare un po’ di spesa e riempire il frigo delle cose che più piacciono a Rick, panna compresa. Ho comprato anche della Papaya… così avrò anche l’occasione di prenderlo un po’ in giro.

Mentre poso il vassoio e mi stendo di nuovo accanto a lui, Rick non mi stacca gli occhi di dosso e io che credevo che avrebbe notato subito la mia prodezza culinaria!

“Sei bellissima”.

Sorrido. Di nuovo.

Solo con lui riesco a farlo così spesso.

Questa è una delle cose che amo più di lui, mi fa ridere, sempre.

“Non ci posso credere!!!” esclama.

“Ok” penso. ”Se n’è accorto!”

“Hai fatto i pancakes come li faccio io! Quelli con lo smile!!”. Sembra un bambino eccitato alla vista della mamma che gli ha comprato un gelato.

Continuo a sorridere e a guardarlo divertita.

“E…. Oh Kate! Grazie” e mi guarda fissandomi intensamente con quel blu profondo e penetrante.

“Always” gli rispondo.

Sorride. Questa volta è lui a farlo.

Poi, mentre iniziamo a mangiare parliamo dell’ultimo weekend, di quanto ci siamo mancati, di come dobbiamo cercare assolutamente di trovare un nuovo equilibrio e di come dobbiamo organizzare le nostre agende e i nostri impegni per evitare che possa succedere di nuovo che stiamo lontani per sei lunghe settimane.

Questo è il momento della tranquillità, della quiete dopo la tempesta. Abbiamo molto da fare e molto da condividere e tanto tempo da recuperare insieme.

Continuiamo a ridere e a parlare per tutto il giorno, lì nel letto, uno accanto all’altra, abbracciati stretti con solo la pelle a separarci.

“E’ bello passare un po’ di tempo così, solo per noi, anche se mi piacerebbe poter partecipare più attivamente”.

“Castle” lo riprendo.

“Mmmh”

“Vuoi stare tranquillo?”

“Kate mi manchi! Sono settimane che non facciamo l’amore”.

Io lo guardo alzando un sopracciglio. Mi fa tenerezza e ho anche io un terribile desiderio di fare l’amore con lui, ma è debole e deve stare tranquillo. Inoltre mi sono accorta che tutta la vicinanza dei nostri corpi non ha avuto alcun effetto. Con discrezione e senza farmi notare, ho provato a stuzzicarlo un po’. Forse è davvero l’effetto deleterio di tutte le medicine che prende.

“Anche tu mi manchi e se vuoi saperlo anche io desidero fare l’amore con te” sussurrando aggiungo ”Più di ogni altra cosa”.

Mi guarda.

Me lo mangerei.

Gli salterei addosso all’istante e vediamo se in due non riusciamo a mandare al diavolo le medicine.

“Però credo che le medicine ti abbiano offuscato la memoria. Quando sei arrivato e ti ho trovato qui in casa mia… ti ricordi, vero?”

Il suo sguardo è confuso.

“No” mi dice

“Stai scherzando?” chiedo.

“No, cosa?”

Santo Cielo! Lo guardo come si osserva un pazzo, con un misto di curiosità e stupore. Non posso credere che non ricordi.

“Rick, venerdì notte abbiamo messo in piedi una imprevista, strepitosa, magnifica, clamorosa e straordinaria maratona di sesso!!”

Lo guardo a bocca aperta scrutando la sua reazione.

Sono sicura che ora la memoria tornerà.

Non posso credere che non rammenti.

“Davvero? Kate. Io non ricordo nulla!”

Sembra davvero stupito e io sono delusa.

Non posso crederci.

Non può aver dimenticato l’amore, la passione, il desiderio, i sentimenti e tutte le magnifiche belle parole che ci siamo detti.

Non posso davvero crederci.

Lo vedo sorridere sotto i baffi. Mi viene spontaneo accarezzargli la barba di tre giorni che gli dà tanto l’aria da bad boy. Quanto mi piace quando non si rade quotidianamente.

Sono terribilmente e irrimediabilmente persa. Persa di lui. E sorrido di nuovo.

“Mi stai prendendo in giro, vero?”

“Sì. Come potrei dimenticare una notte simile, Kate. E non la ricordo solo per il sesso, che per altro concordo è stato S-T-R-A-B-I-L-I-A-N-T-E, ma perché è stato un momento magico, in assoluto.”

Lo abbraccio stretto e penso tra me e me che spero di passare così, attaccata a lui tutta la sua convalescenza.

Nulla mi convincerà ad andarmene da questo letto fin quando anche lui lo lascerà.

 

Spazio di Monica

Missing moments post 6x02 … quello che vorremmo vedere e che non vedremo mai. Credo che nella vita ci siano dei momenti particolari, dopo grandi paure, traumi, dolori, in cui si cerca conforto nell’anima e nel corpo di chi ci sta accanto. Credo che, dopo essere stata la tigre Beckett che senza concedersi neanche un attimo per una lacrima ha smosso il mondo intero pur di trovare l’antidoto per Castle, Kate abbia lasciato andare l’adrenalina trattenuta in corpo e si sia sfogata e rilassata un po’ con il suo Rick.

Debora, grazie. Senza la tua preziosa e attenta lettura, le mie storie avrebbero sempre qualche errore qua e là e scrivere sarebbe per me meno divertente!  

 

 

 

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Capitolo 2
*** Rientro al lavoro ***


Capitolo 2. Rientro al lavoro

 

Oggi è il gran giorno.

Guardo fuori dalla finestra e vedo dei nuvoloni neri che si avvicinano minacciosi. Si sentono tuoni in lontananza.

Sorrido.

Non so come mai ma da quando sto con Castle ogni momento importante è sottolineato da tuoni e lampi. Ogni volta che succede qualcosa di nuovo tra di noi, Giove Pluvio si scatena.

Sorrido, di nuovo. Porto istintivamente una mano al petto e tocco gli anelli infilati nell’incavo tra i miei seni. Penso che quando ci sposeremo sicuramente verrà giù il diluvio universale. Ne sono sicura. Non mi importa. Non ho mai apprezzato i fulmini e il fragore dei tuoni quanto da un po’ di tempo a questa parte.

Sono persa nei miei pensieri e un odore di bruciato mi riporta con i piedi per terra. Accidenti ma da quand’è che sono in trance? Il sugo si è quasi attaccato. Sto cercando di anticiparmi il pranzo così quando Castle si sveglia l’aiuto a farsi la doccia e magari entro dentro con lui. Sta molto meglio anche se il suo fisico è provato da questa esperienza. La tossina che lo ha avvelenato lo ha davvero annientato ma in questi tre giorni di riposo forzato a letto si è piano piano rimesso. Ieri sera abbiamo fatto l’amore, piano, molto lentamente e dolcemente. Visto come stava nei giorni precedenti non pensavo si sarebbe ripreso così velocemente ma tutto è nato spontaneamente all’improvviso. Stavamo coccolandoci nel letto, ridendo e scherzando e ad un certo punto mi ha baciato con un’intensità e una passione crescente. Mi sono stretta a lui e, sentendolo, ho sorriso nelle sue labbra. Il mio cuore ha iniziato a battere forte per l’emozione e le mie mani hanno iniziato a farsi strada accarezzando a lungo il suo torace, soffermandosi ogni tanto a sentire il suo.

Mi sono sentita emozionata come una ragazzina, anzi molto di più.

Mi sono commossa con lo stesso entusiasmo che prova una ragazza che fa una nuova scoperta e con la veemenza di una donna consapevole di ciò che quel momento significa.

Sono scivolata piano sopra di lui e ci siamo amati intrecciando le nostre mani per tutto il tempo. Senza dire una sola parola ma comunicandoci il mondo intero con i nostri occhi.

Continuo a girare il sugo e penso a come farò a tornare a lavorare. Questi tre giorni insieme ci hanno legato se possibile ancora di più. Abbiamo avuto modo di parlare di tantissime cose, abbiamo fatto progetti e abbiamo parlato tantissimo di Alexis. Rick non la riconosce più da quando è tornata dalla Costa Rica. Non riesce proprio a farsene una ragione che ormai Alexis è una donna. Ho cercato di fargli capire che a quell’età ormai si è spiccato il volo ma lui non lo accetta. Ancora. Gli ci vuole un po’ di tempo. Semplicemente gli ho raccontato alcune cose di me di cui non gli avevo mai parlato. Come ero io all’età di Alexis.

Si è spaventato.

Meno male che non l’ho conosciuto allora, anche se lui ha avuto una vita ancora più dissoluta della mia. Forse è per questo che è tanto preoccupato. Ma per un genitore un figlio non cresce mai e la cosa più difficile è rendersi effettivamente conto che ormai è un adulto. Dovrà accettare Pi, almeno fino a quando sarà così importante per Alexis.

Mentre spegnevo la piastra elettrica, ho cominciato a sentire dei rumori provenire dall’altra stanza. Castle aveva sicuramente intruppato qualcosa nel buio.

“Buongiorno, Rick”

“’Giorno, Kate. Ma che ore sono?”

“Non ti preoccupare per l’ora, non mi sembra tu abbia impegni.”

“Mhh”

Castle la mattina è uno spasso. Ha dei tempi di reazione lunghissimi e impiega diverso tempo prima di riuscire a connettere e ad articolare frasi coerenti.

Lo seguo in bagno e lo guardo mentre ancora addormentato cerca di concentrarsi per non sbagliare mira. Sorrido e mi avvicino al lavabo, prendo il suo spazzolino da denti e glielo preparo mettendoci sopra un po’ di dentifricio. Abbiamo fatto colazione presto questa mattina ma poi lui si è riaddormentato.  Si avvicina, si sciacqua le mani e prende lo spazzolino che gli sto porgendo. Poi ad un certo punto sembra essersi risvegliato all’improvviso, mi attira a sé e mi stringe forte.

Assecondo il suo abbraccio apprezzando quella stretta così calorosa.

“Ciao Kate.”

Mi sorride. Finalmente riesce a connettere.

Gli sorrido. Quanto è bello!

“Più dormo e più mi sento rincretinito”.

“Stai recuperando, Castle. E’ normale questa sensazione”

“Come vanno le gambe, ti reggono?”

“Sì, oggi va decisamente meglio di ieri.”

“Dai, una bella doccia ti farà bene. Ti aiuto io”.

“Kate ce la faccio, sto meglio di ieri. Non ho bisogno che tu mi sorregga. Mi vergogno che ieri mi hai dovuto aiutare in quel modo”.

Gli sorrido. A me fa piacere aiutarlo ma capisco quanto possa essersi sentito umiliato a non farcela da solo in questi giorni.

“Rick, non voglio sorreggerti oggi, voglio insaponarti o comunque farti compagnia” sussurro.

E comincio a sbottonarmi la camicia.

Vedo che mi guarda perplesso.

“Che c’è?” gli chiedo alzando un sopracciglio.

Intanto appoggio la camicia nel piccolo mobiletto accanto al lavandino e, togliendomi le scarpe, sbottono i pantaloni.

“Kate…”

“Sì?”

I jeans elasticizzati scendono a fatica sulle mie gambe e mi aiuto con le mani continuando a guardarlo con fare interrogativo.

“Io… non credo di essere in grado… sotto la doccia. Cioè ieri lo so che… ma sotto la doccia… ecco... non so se ce la faccio a sorreggerti.”

E’ decisamente imbarazzato e avvilito e non era mia intenzione metterlo a disagio.

Volevo solo la sua vicinanza.

Ancora una volta.

Ormai è una droga. Più ti fai e più non riesci a farne a meno.

Più assapori la sua vicinanza e meno ti riesci a staccare da lui.

Mi avvicino a lui e gli accarezzo il volto.

“Castle! Non avevo nessuna intenzione… volevo solo … insomma possiamo fare la doccia insieme, solo per accarezzarci un po’” dico e mi rendo conto che sto arrossendo.

Come è possibile arrossire davanti ad un uomo che fa ormai parte della tua vita da tempo? Sono irrecuperabile.

Mi accarezza il viso sollevandomi il mento, apre l’anta della doccia, apre il miscelatore, sentendo la temperatura dell’acqua e poi, senza dire una sola parola, mi prende la mano e mi porta dentro.

***

 

Abbiamo finito di pranzare e Castle si è accomodato sulla poltrona. Sto finendo di sparecchiare e di sistemare la cucina e mi sento due occhi fissi su di me. Ogni tanto mi giro e gli sorrido silenziosamente. Adoro questa quiete, questo scorrere lento del tempo, questo non avere impegni e faccende improrogabili da sbrigare. Probabilmente lo dico perché apprezzo ciò che non mi capita mai.

Devo ancora dirgli della sorpresa.

Ma non è ancora il momento, stasera magari oppure quando piagnucolerà che da domani si annoierà tutto solo.

Domani devo rientrare al lavoro.

Ho chiesto a Castle se voleva tornare a New York e stare con sua madre e sua figlia ma sembra che preferisca stare qui solo tutto il giorno ad aspettare il mio rientro.

Ne sono lusingata e tanto felice.

Finalmente tornare  a casa  la sera sarà un enorme piacere.

In ogni caso sto tranquilla perché sta molto meglio e può cavarsela da solo. In quel momento gli squilla il cellulare, gli faccio un cenno di non alzarsi, mi asciugo le mani in un canovaccio e gli avvicino il telefono.

“Madre!”

E’ sorpreso. Mi giro anche io, Martha ha già chiamato questa mattina e ha parlato prima con me e poi con il figlio. Strano che richiami a distanza di poche ore.

“No, mamma, no!”

Ecco, ci deve essere qualche problema evidentemente.

“Non ce li voglio. Dì loro che la casa di Kate è troppo piccola!” si sta notevolmente agitando.

“No-oooo. Mamma, si certo che mi fa piacere vedere Alexis ma …”

Mi guarda con gli occhi sbarrati, scuote la testa. Mi sa che un uragano rosso si sta abbattendo su di noi. Prendo dal frigo la papaia, su cui abbiamo riso e scherzato nei giorni scorsi ma che non abbiamo ancora mangiato e la mostro a Castle. Lui mi guarda sconsolato e annuisce lentamente.

Un uragano rosso che porta frutta esotica, a quanto pare.

“Mamma, non ce lo voglio qui, ok? Fermali!”

“Certo che puoi! Lo so che è mia figlia… ma voglio stare tranquillo”

“Non ragiona, hai detto? Me ne sto accorgendo. Qualcosa dei geni di Meredith sta uscendo fuori tutto insieme.” Dice sempre più sconsolato.

“Senti ma perché non me la passi?”

“Sono già in volo? E’ per questo che mi stai avvisando?”

“Ok, grazie, madre. Sopravvivrò”

“Sì, te la saluto.” E dicendo così sbuffa lanciando il telefono sul divano lì accanto.

“Non me lo dire…” mi avvicino.

Mi guarda dispiaciuto.

“Alexis e Pi sono in volo per DC. Fra qualche ora piomberanno qua dentro e addio ai nostri clothes off moments”

Sospiro. Non è davvero questo il problema.

“Non ti lamentare. Abbiamo avuto la nostra buona dose, no?” cerco di sdrammatizzare.

“Mi dispiace, Kate”.

“A me dispiace per te. Io domani torno al lavoro quindi ti lascio in balia del fruttariano! Pensa quanto sei fortunato: domani a quest’ora mangerai bistecca di papaia. Abbiamo tutti gli ingredienti in frigo. Vedi sono stata previdente!” dico non riuscendo a nascondere la mia ilarità.

Mi afferra una mano e di scatto mi tira a lui. Perdo l’equilibrio e gli crollo letteralmente addosso. Vedo il suo sorriso soddisfatto per avermi colto impreparata. Ma qui a casa non sono in modalità detective. Agente. Ancora non mi abituo all’idea che non sono più un detective.

“Ehi!” protesto.

“Ti prego fammi un po’ di spesa in modo che domani io possa cucinarmi da solo una bella bistecca di manzo!”

“Sarà fatto” replico.

“Comunque Kate non ti preoccupare, spedirò Alexis e Pi in albergo. Qui davvero non possono stare. E poi hai solo questo divano letto ed è piccolissimo. Chiamo subito il Four  Seasons.”

Mi diverte quando tratta Alexis come una ragazzina. Ancora non riesce a rendersi conto che è una donna e ancora cerca di salvaguardare le sue virtù.

“Non penserai di prenotare due stanze vero?”

“No?”

“No. Castle, ascolta non prenotare, troveranno posto da soli, così tu non ti dovrai preoccupare della loro sistemazione e non sei connivente. In ogni caso se vuoi possono stare qui”.

“Non ci penso neanche a dormire su questo divano letto con Pi! Scordatelo!”

“Castle! Ma come ti viene in mente una cosa del genere?”. E’ il momento di distrarlo e di approfittare degli ultimi momenti di beata solitudine e tranquillità. Devo farlo prima che inizi a sragionare completamente.

Infilo una mano sotto la sua maglietta e gli sussurro ad un orecchio.

“Ho una sorpresa per te, per non farti annoiare domani… anche se adesso hai Pi.” Lo prendo in giro. Quanto mi diverte.

“Io non ho Pi, ho Alexis”. Ma vedo che nonostante cerchi di controllarsi inizia a guardarsi intorno.

Mi divincolo dal suo abbraccio e mi avvicino al mobile della Tv, apro lo sportello e con gesto teatrale indico la nuova Xbox che ho comprato per lui.

“Già istallata per te!”

“Kate! Fantastico, davvero”

“E guarda un po’ una collezione di giochi nuovi, credo tu non li abbia. E ti avverto, non sono di azione ma di strategia”

“Mmh”

“FBI – simulator. Speravo che risolvere qualche caso sull’Xbox ti potesse piacere e magari ti facesse sentire più partecipe della mia vita.” Gli strizzo un occhio.

“Mhhh”

“Che c’è?” chiedo stupita del poco entusiasmo che dimostra. Pensavo sarebbe impazzito dalla felicità quando ho comprato quel gioco.

“Kate ma… non potresti organizzare un altro omicidio finto? Tanto per farmi passare il tempo”.

Non posso crederlo che lo abbia davvero detto, anzi che lo abbia davvero pensato. Ci ho messo settimane ad organizzare l’omicidio finto per il suo compleanno e Martha mi ha aiutato tantissimo. Possibile che pensi che sia stato così facile?

Sono sconvolta.

Se ne accorge.

“Kate, scherzavo. Grazie.”

“Ci sono rimasta male, pensavo che ti piacesse l’xbox“

“Mi piace tantissimo. Vieni qui.”

Mi avvicino. Mi bacia.

Voglio stupirlo ancora, volevo dirglielo quando sarebbe stato in grado di giocarci ma visto le circostanze…

“C’è un’altra cosa…un’altra tradizione che ho importato qui a DC”

“Cosa?” è visibilmente curioso, finalmente.

“Aspetta” mi alzo e a piedi nudi mi dirigo in camera da letto, frugo nell’armadio, mi spoglio in un attimo e torno da lui in biancheria intima ricoperta di un tessuto metallico brandendo una spada laser. Nell’altra mano ho dei boxer dello stesso tessuto del mio intimo.

La sua bocca si apre e non si richiude più. Questa volta l’ho stupito!

Mi avvicino, punto la spada sul suo petto.

“Se la sente, Mr. Castle, di fare una battaglia laser all’ultimo vestito?”

Respira affannosamente. Mi guarda e lo so che non mi resiste quando gioco ad imitare Lara Croft. E’ più forte di lui.

“Ecco sì… subito” si alza e inizia a spogliarsi dopo aver afferrato i suoi boxer. Non dice niente ma continua a guardarmi attento.

“Le regole sono queste: si arriva a 100 punti, chi perde, toglie un pezzo”.

“Ehi ma io sono svantaggiato. Non vale!”

“Vale, vale… se il tuo avversario ha tanta voglia di perdere” replico mordendomi un labbro.

Mentre sta togliendosi i pantaloni, guardandomi fisso negli occhi un DLIN DLON del campanello della porta ci paralizza.

“Oh no! Di già!” esclamiamo insieme.

 

Spazio di Monica:

Eccoci qui con la fine di questa storia. Vi ringrazio per le belle parole che mi avete riservato nelle recensioni del primo capitolo, spero di non avervi deluso con questo.

Ringrazio chi mi ha letto, recensito, incoraggiato o messo la mia storia tra le seguite o preferite. Alla prossima.

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