White Day

di xingchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [13th March] ***
Capitolo 2: *** [14th March] ***
Capitolo 3: *** [15th March] ***



Capitolo 1
*** [13th March] ***


White Day*


[13th March]


"Allora, Ranma! Cosa regalerai ad Akane domani?"

Hiroshi e Daisuke erano sempre i soliti. Sempre a ficcare il naso in questioni che non li riguardavano, per di più private.

Anche se aveva un rapporto più che burrascoso con quel maschiaccio, rimaneva il fatto che lei era la sua fidanzata. Dunque nessuno doveva immischiarsi nelle loro faccende, anche su cose che a prima vista apparivano di poco conto. Perché erano proprio quelle cose di poco conto che caratterizzavano il loro legame così impetuoso e traballante.

I sorrisi, gli sguardi imbarazzati, i bisticci... Ad un occhio esterno potevano sembrare banalità, ma era di quei gesti che si nutriva l'albero del loro fidanzamento.

Semplici e privi di malizia.

Ranma sapeva bene che per Akane erano di vitale importanza, così com'erano per lui. Tuttavia, era anche a conoscenza di ciò che poteva simboleggiare un minuscolo cuoricino di cioccolato nel giorno di S. Valentino, tra l'altro regalato da una ragazza difficile ed orgogliosa come lei. Si era presa il disturbo di fargli quel pensierino, mettendo da parte tutto quel rancore accumulato nel pomeriggio, e lui naturalmente non voleva essere da meno.

"Ma a voi che importa, si può sapere?"

Divenuto ormai paonazzo, aveva sbraitato in modo così vistoso che tutti quelli che erano con loro al bar della pista di pattinaggio si voltarono per capire cosa diamine fosse successo. Persino Akane e le sue due amiche Yuka e Sayuri, sedute ad un tavolo poco distante, furono attratte dalle sue grida.

"Che ha da gridare, quello scemo?" si chiese ad alta voce Sayuri.

L'altra scosse la testa, mentre la giovane Tendo si sentì terribilmente a disagio. Più della metà delle persone lì presenti le avevano viste entrare insieme a quei tre scalmanati, perciò aveva una gran paura di essere riconosciuta come la loro accompagnatrice, specialmente del ragazzo con i capelli lunghi. Tentò di coprirsi il volto, ma i suoi timori fortunatamente non si avverarono.

"Abbassa la voce, Ranma! Non puoi urlare in un luogo pubblico!" lo ammonì Daisuke.

"Già, Daisuke ha ragione. E comunque, amico" disse Hiroshi voltandosi verso il ragazzo castano "in queste occasioni si regala del cioccolato bianco, naturalmente!" ironizzò con una punta di furbizia, tanto che l'altro prese a ridacchiare facendo innervosire ancora di più il giovane con il codino.

"Mi avete stancato!" sbottò infine l'oggetto della loro attenzione, alzandosi di colpo e dirigendosi verso l'uscita. Ne aveva abbastanza delle loro insinuazioni.

"Ma perchè se l'è presa tanto?"

"E te lo domandi?" rispose ovviamente il suo interlocutore assottigliando gli occhi.

Akane lo vide avanzare verso la porta ed oltrepassarla, finchè riuscì a scorgere soltanto il colore della sua camicia azzurra, a causa della lontananza. Non aveva voglia di ritornare a casa da sola; dopotutto si era avviata con Ranma e rincasare senza di lui avrebbe scatenato una miriade di domande da parte di tutti i loro familiari, specie di Nabiki, Soun e Genma.

"Mi dispiace, ragazze. Devo andare!" si scusò dispiaciuta la giovane con il caschetto afferrando il cappotto. "Ci vediamo domani a scuola!

Intraprese una modesta corsetta per arrivare di pari passo con Ranma, ma a quanto pareva lui non si era nemmeno voltato per guardare o sapere se doveva ancora rimanere con le sue compagne di classe. L'aveva lasciata con le sue amiche senza avvertirla. Che stupido!

"Ranma!"

Lo chiamò a gran voce, ottenendo il risultato sperato soltanto fuori dall'edificio che ospitava la pista di pattinaggio ed il locale adiacente. Il ragazzo si fermò voltandosi appena. Si mise le mani in tasca e sbuffò, dondolando sulle scarpe in uno strano tentativo di ammazzare il tempo mentre attendeva. Già sapeva che il maschiaccio avrebbe preteso spiegazioni per il suo riprovevole comportamento di poco prima e, a dir la verità, non se la sentiva di fornirle i dettagli di quella conversazione fra lui ed i suoi amici. Sicuramente si sarebbe arrivati ad un tasto dolente, e lui non ne aveva la minima intenzione.

Finalmente la giovane lo raggiunse e, con il fiato corto, lo osservò stranita.

"Ma che cosa ti è preso prima al bar?"

"Non sono affari tuoi, Akane..." le rispose il ragazzo con noncuranza, riprendendo a camminare sorpassandola almeno due metri più avanti.

"Che gentilezza!" replicò lei offesa, rimanendo ferma sul posto ed aggrottando le sopracciglia fini. "Ti sto chiedendo che cosa è successo, siccome avete attirato l'attenzione di più della metà del locale," puntualizzò "e tu ti rivolgi a me in questo modo? Sei un idiota!"

Alla parola "idiota", Ranma si volse di scatto e si piazzò davanti a lei, conscio di essere stato, ancora un'ennesima volta, vittima dell'ira della sua dolce fidanzata.

"Senti un po', tu! Pensi di essere meglio di me, eh? Neanche tu sei una campionessa di gentilezza!" disse indispettito, appuntando un enorme accento all'ultima parola, la stessa che Akane aveva utilizzato prima.

"Uhm, forse." ipotizzò la ragazza punta sul vivo. "Ma almeno io non starnazzo in un bar pieno zeppo di gente come se fossi a casa mia!" concluse, poi riprendendo vigore.

Il giovane Saotome serrò i pugni e la sgridò con tutto il fiato che aveva in corpo. "NON SEI PER NIENTE CARINA!"

"Ah, è così? Bene, allora spero tanto che riuscirai a fare a meno di me, d'ora in poi!"

Si voltò furiosa e si avviò verso casa a passo di marcia.

Era troppo fuori di sé per avere la forza di passarci sopra e ritornare indietro insieme a lui. Se Ranma continuava a comportarsi in quel modo barbaro, perché lei avrebbe dovuto riservargli un trattamento differente? Le aveva intimato di non impicciarsi nei fatti suoi e ripetuto per la millesima volta che non era "carina", probabilmente sottintendendo dei paragoni riferiti alle altre sue fidanzate, prendendole come modelli esemplari di dolcezza e bellezza da contrapporre a lei, un maschiaccio violento e privo di fascino.

Ma Akane era fiera della differenza che la caratterizzava. Era questo che la rendeva più individuale, più vera, e non aveva la minima intenzione di somigliare a quelle arpie che tentavano di baciarlo od abbracciarlo con tutte quelle sdolcinatezze possibili ed immaginabili, non contando ovviamente i loro trucchetti sporchi.

Se a lui tutte quelle ipocrisie andavano bene, poteva benissimo andare a stare da loro ed anche fidanzarsi con tutte quante, per quello che le importava. Bastava poco per dimenticarlo, anzi, tutti i suoi guai si sarebbero risolti in un batter d'occhio. Sì, Akane ne era convinta, più che convinta.

Anche se, in fondo, le sarebbe mancato tutto ciò; ma soprattutto, le sarebbe mancato proprio lui, quello stupido sbruffone che però sapeva come farsi perdonare. Naturalmente, quella volta doveva proprio metterci d'impegno, se non voleva essere defenestrato o spedito in orbita.

***

A cena non andò meglio.

Akane si ostinava a non volergli rivolgere nemmeno una sillaba, figurarsi un semplice sguardo, mentre lui era fortemente tentato di chiedere agli altri in malo modo cosa avessero tanto da guardare. Aveva una gran voglia di abbandonare la cena a metà, anche se non era da lui un comportamento simile, e di rintanarsi in camera sua o nel dojo pur di non sorbirsi tutte quelle paia d'occhi interrogative che di tanto in tanto s'indirizzavano ai due fidanzati. Infatti, gli altri membri delle due famiglie parlottavano del più e del meno con fare disinvolto, ma ogni volta che terminavano per attendere una replica dai propri interlocutori gettavano sempre un'occhiata pressocché indecifrabile prima alla piccola Tendo e poi un'altra densa di rimprovero all'altro.

Alla fine, fu la ragazza ad andarsene per prima. Con una finta serenità che, a dirla tutta, faceva raggelare peggio delle sue sfuriate, pose delicatamente sul tavolo il tovagliolo e si scostò quasi fosse una piastra rovente dal giovane accanto a lei. In risposta, Ranma aveva aggrottato le sopracciglia e trattenuto un'esclamazione che si preannunciava esageratamente sdegnosa.

"Avete litigato ancora, non è vero?" chiese Nabiki con tono seccato, ma con una punta di sarcasmo.

"Lasciami in pace..." sibilò il ragazzo con il codino, scattando in piedi anch'egli e dirigendosi su per le scale.

Chiudendosi nella propria stanza, il ragazzo si buttò sul suo futon di schiena, pensando che forse aveva esagerato con la sua fidanzata e che avrebbe dovuto porre rimedio al danno fatto. Anche se lo avevano fatto incavolare, quei due impiccioni di Daisuke e Hiroshi avevano ragione: doveva ricambiare al più presto quella gentilezza che Akane gli aveva fatto lanciandogli quel cuore di cioccolato; un semplice, innocuo cioccolatino che aveva provocato così tanto imbarazzo fra di loro, e anche qualcos'altro. Gli aveva scatenato delle reazioni che non riusciva a controllare, e poteva giurare sul suo nome che anche Akane doveva aver provato qualcosa, oltre quel velo di rossore che la rendeva molto più carina del solito.

Era evidente che l'uno non era indifferente all'altro e viceversa, ma l'orgoglio sembrava vincere su qualsiasi cosa. La sicurezza di sapersela cavare da soli, la paura di rimanere scottati, la spropositata affermazione di sé ed altre cose simili non avevano fatto loro altro che male.

In aggiunta, Akane sembrava accettare di privarsene soltanto quando anche lui abbassava le sue difese. Raramente succedeva il contrario. Ma Ranma contava sempre di avere quel piccolo asso nella manica che sfruttava quando non sapeva come relazionarsi pacificamente con lei.

Quella chance si chiamava gentilezza. Ma non di quelle di cui aveva bisogno per potersela ingraziare, come spesso succedeva fra loro, magari per farsi aiutare nello studio o per farsi tirar fuori dalle risse fra i rispettivi spasimanti. Non voleva sicuramente intendere senza screzi e martellate, perché quelle c'erano sempre state e molto probabilmente le avrebbe ricevute a vita, ma quella spontanea, almeno, non forzata dalla necessità di volersi proteggere dal mondo esterno e prima di tutto, dall'oggetto dei loro desideri.

Al contrario di quello che gli aveva detto prima di lasciarlo per le vie del distretto, lui era certo di non poter fare a meno di lei. Non era una certezza assoluta, ma con il passare del tempo si era reso conto che oltre Akane Tendo, non c'era altro che un futuro oscuro ed indefinito che lo attendeva, dove a lui non rimaneva nulla per cui combattere e per cui sacrificarsi. Gli capitava persino di sognarla la notte, e questo non fece altro che alimentare la convinzione che ormai era legato a lei mediante un rapporto molto più profondo di un semplice accordo fra due mummie ubriacone quali erano i loro padri. Un legame invisibile, o qualcos'altro che non sapeva definire.

Non era il tipo da andare dietro a simili e sciocche credenze tradizionali, ma più ci pensava e più ne appurava la concretezza.

Doveva, voleva dimostrarle che al di là delle beffe vi era un sentimento che non poteva essere scalfito da stupidi battibecchi. Non poteva neanche affermare che fosse amore, siccome lui non sapeva nemmeno cosa volesse dire innamorarsi di qualcuno. In ogni caso, quei batticuori ad ogni suo sorriso qualcosa significavano, così come quel vuoto che non sapeva di avere finché non fu colmato il primo giorno in casa Tendo.

Perciò, l'indomani avrebbe fatto pace con lei, a costo di forzarla.

Sperando che lei non facesse esageratamente la difficile, ovviamente.

Per Akane invece, non era così semplice come appariva al giovane con la treccia. Raggomitolata sul suo letto, rimuginava su ciò che gli aveva sbattuto in faccia, e a cosa poteva conseguirne. Mai come in quel momento sentiva la necessità di far pace con lui.

Ma d'altro canto, non voleva accantonare il fatto che lei aveva ragione in quel frangente. Perché invece di spiegarle, Ranma l'aveva fatta arrabbiare ancora. Lei gli aveva risposto a tono, come sempre, puntualizzando anche che con lei era arrivato al capolinea: un pensiero che aveva sempre avuto, e che aveva sempre voluto sbattergli in faccia. Ma chissà perchè dopo diventava inspiegabilmente triste.

Sembrava quasi che anche a Ranma non piacessero quelle situazioni appese ad un filo. Sebbene litigassero ogni giorno, il ragazzo era sempre disposto a riappacificarsi, soprattutto negli ultimi tempi. Soprattutto, da quando si erano salvati la vita, l'incolumità e le prime esperienze con l'altro sesso forzate a vicenda.

Si strinse nelle coperte, nonostante la serata fosse ancora agli inizi, e tentò di addormentarsi con la speranza che tutto si sarebbe andato apposto, come l'esperienza le aveva insegnato.

Naturalmente, non gli avrebbe offerto il suo perdono su di un piatto d'argento. Questo mai.

***

Perché quella stupida Akane aveva il potere di non farlo dormire in quelle circostanze? Aveva passato ore a girarsi e rigirarsi nel futon senza prendere sonno, cercando di sgombrare la mente e di concentrarsi, ma fu tutto vano. Senza contare che il suo pigiama aveva fatto la sua parte accaldandogli esageratamente la pelle fin quasi a sudare. Scaraventò via il piumone, per poi farsi aria con l'ausilio delle mani. Non che servisse a molto, constatò.

Si trascinò via dal letto, sotto il pesante russare del panda steso vicino a lui, e si avviò fuori dalla camera. Provò a togliersi la maglia, ma in casa faceva abbastanza freddo da non permetteglielo. Forse un po' d'acqua avrebbe fatto al caso suo. Dopotutto, la situazione non era così tragica come appariva. Era sul punto di sporgersi verso il rubinetto della cucina, quando vide la ragazza comparire sullo stipite dell'entrata. Dal canto suo, capendo che c'era qualcun altro lì con lei, rimase pietrificata quando si accorse di avere di fronte proprio il ragazzo con il codino. I suoi occhi sembravano brillare, ma pochissimi attimi dopo si riscosse e scappò via.

Ma Ranma non voleva dargliela vinta. Si lanciò all'inseguimento chiamandola piano per non svegliare nessuno, ma lei fu più lesta. Si chiuse subito in camera sua e per poco l'altro non sbatté il naso sul legno, imprecando sommessamente.

"Akane, ti devo parlare!" disse poi, considerandosi fortunato per aver evitato la porta in faccia.

"Non ho niente da dirti!" rispose acidamente la ragazza da dietro la porta chiusa a chiave.

"Io invece sì!" insisté impettito lui.

"Sparisci!"

"No!"

"Sta zitto e vattene!"

"Allora aprimi, poi me ne andrò!"

"Mai!"

"Vorrà dire che entrerò dalla finestra!"

"Non ti permettere, Ranma!"

"Oh, sì che mi permetto..."

Non udì nemmeno cosa aveva da replicare la sua fidanzata che subito si fiondò verso l'esterno dell'abitazione, salendo sulla scaletta che portava al tetto ed arrampicandosi sul cornicione fino a giungere con un balzo al davanzale della finestra semichiusa. Nel frattempo, Akane si affrettò ad abbassare la serranda avvolgibile. Ma questa era un bel po' pesante anche per lei, e poco prima di calarla del tutto, sentì all'esterno il ragazzo con il codino che tentava di impedirglielo infilando tutte le dita della mano al di sotto, in modo da poterla alzare quel poco che bastava per poter parlare a quattr'occhi.

"Sei ostinato, eh?!"

"Tu non sei da meno..." disse rassegnato lui. Akane gettò gli occhi a terra, risentita, mentre lui, non appagato dalla visuale, afferrò la corda della tapparella tirandola violentemente verso il basso. Il gesto fu così repentino che la piccola Tendo se ne accorse appena, non avendo in tal modo il tempo per controbattere l'azione.

Soddisfatto del risultato, Ranma si sedette sulla scrivania, mentre Akane lo guardava a metà strada fra il truce ed il sorpreso. Lo sguardo del giovane si fece serio, prendendo quanto più coraggio avesse per affrontare la questione che si presentò quel pomeriggio, e precisamente le ultimissime frasi cariche di astio che si erano scambiati.

"C-Cosa intendevi quando mi hai detto che potrei fare a meno di te?" Si stava sfregando le mani, segno che era estremamente nervoso. Questi piccoli accorgimenti fecero capire alla ragazza che Ranma stava faticando parecchio nel porle quella domanda. Non nascose che questo la fece intenerire e, anche se fece finta di non  rammentare di preciso cosa gli avesse detto prima di andarsene a casa da sola, gli intimò di lasciar perdere, che non era nelle sue intenzioni dirgli quella frase e che poteva stare tranquillo.

Si era prefissata di non fargliela passare liscia, era vero, ma non voleva ignorare quello che sembrava un vero e proprio sincero pentimento da parte sua. E poi, quell'espressione sollevata e addolcita sul volto del ragazzo la convinse che era stata la scelta giusta.

"Beh, ho freddo adesso." sussurrò Akane, sentendo che l'atmosfera si stava facendo piuttosto ambigua. Avevano preso ad arrossire entrambi, e già cominciavano a sentire molto più caldo del previsto.

"Hai ragione, scusa..." appurò il ragazzo riscuotendosi. Si osservarono per qualche secondo ancora prima che Ranma uscisse sempre dalla finestra e atterrasse sull'erba fresca del giardino.

La giovane lo seguì prima con lo sguardo, senza muovere un muscolo, poi affacciandosi lo vide rientrare dalla porta scorrevole.




NDA
*In Giappone è usanza, di cui non conosco i dettagli, che i ragazzi che hanno ricevuto del cioccolato scuro il giorno di S. Valentino dalle proprie fidanzate/ragazze, ricambino esattamente un mese dopo con del cioccolato bianco (da qui il nome "White Day").
Ora, non so se questa tradizione viene rispettata alla lettera, ma mi ha sempre interessato questa "replica" del San Valentino celebrato nel paese del Sol Levante, anche se per natura sono la prima a non andare dietro a queste cose. XD
Naturalmente, era giusto un imput per avviare la ff, cominciata quasi per caso, nell'attesa di trovare altra ispirazione per proseguirla! XP Nonostante sia partita con questa novità, la ff si prospetta abbastanza ripetitiva, perciò... a voi la scelta di seguirla e/o recensirla.

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Capitolo 2
*** [14th March] ***


White Day

 

 [14th March]

"Ranma, faremo tardi!"

Il tono esasperato ed incrinato per la collera di Akane gli arrivò nelle orecchie così bruscamente che il ragazzo con il codino si schermò istintivamente con la coperta del futon. Ovviamente, quel gesto non bastò ad ovattare la voce della sua fidanzata che, vedendo i risultati poco soddisfacenti, s'infervorò al punto da calciargli il fianco. Con poca violenza, dovette ammettere Ranma, ma pur sempre un calcio.

“Ahia! Akane, ma sei scema per caso?!” esclamò furibondo lui di rimando, scostandosi del tutto la coperta e guardandola storto.

“Per così poco...” sbuffò lei con aria di sufficienza, uscendo dalla soglia della sua camera “Non era così forte, il calcio...”

No, non lo era. Ma Ranma odiava il modo violento in cui Akane lo svegliava la mattina. Avrebbe preferito una scrollata leggera sul braccio, oppure scostare semplicemente le tende. Non di certo secchiate d’acqua fredda e schiaffetti ben assestati, specie provenienti dalla sua fidanzata.

Una fidanzata non sveglierebbe mai il proprio ragazzo in malo modo. Non era un esperto in materia, ma sicuramente una giovane normale non gli avrebbe rifilato un calcio negli stinchi.

Non avrebbe ricevuto niente da lui, poteva starne certa! Anche se lei era stata gentile esattamente un mese prima, non poteva ancora tollerare quel suo comportamento da maschio mancato quale era. Ovviamente, non gli sarebbero nemmeno piaciute decine di smancerie tipiche delle sue altre spasimanti. Troppo appiccicose. Forse, Akane era molto più simile a lui di chiunque altro. Forse.

***

Appena in tempo. Per una volta, erano arrivati prima del suono della campanella d’inizio lezioni.

Akane avrebbe tanto voluto congratularsi con Ranma per l’ardua impresa conseguita, e la frase beffarda già si stava facendo strada nella sua mente, quando, arrivati davanti agli armadietti delle calzature l’aprì, facendo ruzzolare a terra una quantità spropositata di pacchetti di cioccolato bianco confezionato.

“Ma che cosa…?!” abbozzò la giovane Tendo, meravigliata da tutti quei regali. Era da tempo che nessuno più le faceva la corte tentando di batterla a suon di tecniche marziali, e vedere che l’interesse degli uomini del liceo Furinkan non si era affatto affievolito, si sentì decisamente imbarazzata. E con lo sguardo di Ranma, che giurò di avere puntato su di sé, stava sul serio prendendo in considerazione l’idea di scappare via, anche se le gambe le si paralizzarono all’istante.

Ovviamente, a nessuno sfuggì quella confusione, nemmeno a Ranma, il quale, ancora più arrabbiato di quanto già non fosse, si avvicinò protendendosi verso il terreno per prenderne alcuni, ma la fidanzata lo prevenne, affrettandosi a raccoglierli lei stessa, per poi curiosare sui mittenti. Molti erano da parte anche di ragazzi i cui nomi le erano del tutto estranei, ed allegati ai pacchi, vi erano addirittura dei messaggi scritti.

Uno diceva:

“Cara Akane Tendo

Anche se non mi hai regalato nulla il giorno di S. Valentino, sono certo che gradirai lo stesso. Tu non mi conosci, ma io conosco te abbastanza da sapere che sei una ragazza fantastica, la più bella che io abbia mai visto.

Anonimo”

Un altro recitava così:

“Dolcissima Akane Tendo

Hai rinnegato falsamente il tuo amore per me troppo a lungo. Un fiore così dolce e delicato può soltanto amare il Tuono Blu del Furinkan, ovvero l’unico che può renderti immensamente felice, al contrario di quello sciocco plebeo di nome Ranma Saotome. Non dolerti per la provocante presenza della Ragazza con il Codino nel mio cuore: qui, sul mio bruciante petto appassionato, c’è spazio anche per te!

Kuno Tatewaki”

La giovane fece una smorfia disgustata alla vista di quelle parole così mielose, ancor peggio se appartenevano a quel depravato di Kuno. Ma non fu la sola.

Anche Ranma, nel frattempo, aprì a sua volta il suo armadietto, trovandone uno anche per lui. Sempre da parte di Kuno.

“Nonostante la mi intelligenza superi ogni possibile immaginazione, non ho la minima idea di cosa tu possa aver a che fare con la sensuale Ragazza con il Codino. Quell’arpia di Nabiki Tendo, nonché sorella della dolce Akane Tendo, mi ha intimato di dare a te, ignobile essere di un Saotome, il regalo destinato a lei. Confido che tu possa riuscire a farglielo recapitare, con qualsiasi mezzo.

Kuno Tatewaki”

“Bleah! A breve mi farà vomitare sul serio!” sbottò il giovane. Per evitare che la sua mente formulasse qualsiasi pensiero su cosa sarebbe potuto accadere se Kuno avesse rincontrato la sua versione femminile, gettò a terra il pacchetto, pestandolo e saltandovi sopra ripetutamente. Ne aveva abbastanza di quel maniaco degenere di un Kuno, ma non era l’unico motivo per cui lo detestava: ce l’aveva con lui anche perché non lasciava stare Akane, sebbene sapesse che era fidanzata con lui.

Quella consapevolezza lo riportò al giorno precedente, quando ebbe quel fastidiosissimo discorso con quei due ficcanaso dei suoi amici, ed anche a quella stessa mattina nella sua stanza, nel momento in cui decise che non le avrebbe regalato niente.

Se lui la reputava sua fidanzata, sarebbe stato inappropriato non dimostrarglielo.

Dopotutto, anche lui non era da meno quando le affibbiava quei soprannomi che, ne era sicuro ormai, non facevano altro che minare il suo orgoglio di donna. Lo poteva capire ogni volta che qualcuno dubitava della sua virilità chiamandolo mezz’uomo, come soleva fare Ryoga, oppure quando ripensava al momento in cui si ritrovò nelle sembianze di ragazzina avvenente per la prima volta.

Non lo sopportava, e l’abitudinario atteggiamento privo di delicatezza di Akane lo portava a constatare che anche lei doveva sentirsi allo stesso modo ogni volta che la chiamava “maschiaccio”.

Gettò un’occhiata nella sua direzione, osservando che riponeva con cura le scatoline nell’armadio, l’una sopra l’altra, per poi richiuderlo. Ovviamente, non sarebbe stata così umile da spiegargli la ragione di quel comportamento, tanto meno lui sarebbe stato così imprudente da chiederle spiegazioni.

Il giovane con il codino invece raccolse il suo, ormai frantumato, scaraventandolo poi in una pattumiera poco distante.

***

Al mondo non c’era nulla di più fastidioso del ticchettio di un orologio.

Ascoltandolo durante il compito in classe, a Ranma sembrava un’atroce sofferenza a cui era volontariamente sottoposto. Gli spezzava irrimediabilmente la concentrazione, mandando all’aria tutti gli sforzi fatti con Akane affinché prendesse un voto decente, e questo lo faceva sentire inconcludente ed ingrato. Inoltre, se con tutta quella fatica impiegata avesse preso lo stesso una nota bassa, la ragazza si sarebbe davvero arrabbiata. Sconcertato e con un pizzico di commiserazione, notò che sul foglio vi erano esattamente tutti i concetti che avevano ripassato qualche sera prima. Ciò lo spinse a puntare gli occhi sulla prima domanda, lambiccandosi il cervello per ricordare i ripassi fatti a casa.

Infine, i tentativi si rivelarono utili. Riuscì a rammentare relativamente tutto, e a racimolare risposte semplici ma efficaci. Non aveva tempo da perdere dietro a qualcosa che era del tutto distaccato dal mondo delle arti marziali come lo era lo studio.

Fortuna che quella era l’ultima ora di lezione. All’ultimo suono della campanella, il ragazzo raccattò il suo materiale scolastico e si precipitò fuori, incurante dello sguardo di Akane che lo stava letteralmente squadrando da capo a piedi.

Chissà perché era scivolato via dal suo banco in quel modo così frettoloso. Era convinta che non ci fosse nulla di grave, e che avrebbe fatto la via di casa insieme a lui, ma a quanto pareva Ranma era di tutt’altra opinione. Sconsolata, ritornò a casa accompagnata a metà strada da una compagna di classe, non trovandovi, ovviamente, nessuno. Salvo un biglietto attaccato al frigorifero che l’informò sulle varie destinazioni dei membri delle famiglie Saotome e Tendo, eccetto Nabiki, rimasta con le sue amiche a scuola per le pulizie.

“No, un’altra volta no!” esclamò la giovane esasperata, allo stesso tempo arrendendosi all’idea di dover stare da sola con il ragazzo con il codino. Approfittò della sua assenza per rintanarsi in camera sua, sperando vivamente di non doverci litigare un’ennesima volta.

Cominciò ad aprire il libro di letteratura giapponese, limitandosi a memorizzare soltanto un paio di pagine; dopo di che si lasciò cadere sulla scrivania in un pesante sonno.

***

Il dojo era deserto. Fu la prima cosa di cui Ranma si accorse, a giudicare dall’assenza degli schiamazzi fra i due giocatori di shogi più accaniti dell’universo e dalla mancanza dei cinguettii di Kasumi. Di Akane, nemmeno l’ombra. Si aspettava di trovarla in palestra intenta in qualche esercizio di riscaldamento, ma forse aveva deciso di non allenarsi quel pomeriggio.

Salì nella stanza che condivideva con il padre, per poi posare la cartella in un angolo con insolita delicatezza e buttarsi nel suo futon, anche se non aveva voglia di dormire.

A ripensarci, non aveva neanche controllato per bene se qualcuno ci fosse in casa. Si rialzò scattando in piedi, dirigendosi verso la familiare papera con inciso il nome della sua fidanzata. Bussò piano, abbastanza per farsi sentire distintamente. Nessuna risposta. Provandoci ancora, e non ricevendo alcun invito ad entrare, l’istinto lo spinse ad addentrarsi nella sua stanza anche senza permesso.

Così, osò aprire la porta. La stanza era illuminata tanto quanto bastava per studiare, un’attività che ad Akane piaceva molto. Ranma poteva vederlo da come si preoccupasse di ripassare qualche concetto da tutta la passione che ci metteva ogni volta che lo aiutava in matematica, in chimica o in inglese. Tirava fuori una tale energia che sembrava fuoriuscire dai suoi stessi occhi, facendoli brillare di eccitazione, la stessa che utilizzava anche nelle arti marziali. Se solo guardasse anche lui con quelle espressioni colme di eccitazione un po’ più spesso, forse ci sarebbe riuscito ad ammettere ciò che sentiva nei suoi confronti. Ma molto probabilmente non era possibile, date tutte le occhiatacce che gli rivolgeva dalla mattina alla sera, accusandolo di essere un pervertito e donnaiolo.

La trovò di spalle, seduta e riversa sulla scrivania, addormentata. Rincuorato dal fatto che al momento la giovane era completamente innocua, le si avvicinò, osservandole il volto fanciullesco. I suoi tratti quais infantili eppure così ben distinti ed individuali gli facevano letteralmente mozzare il fiato ed accelerare i suoi battiti cardiaci. Si sporse ancora un po’ per osservarla meglio, quando lei, sentendo il respiro del ragazzo infastidirle leggermente un orecchio, aprì piano gli occhi. Focalizzando l’immagine davanti a sé, vide che respirava profondamente.

Mai come in quel momento Ranma provò contemporaneamente i desideri contrastanti di rimanere ed andarsene. Tuttavia, non voleva assecondare per nulla al mondo quella vocina che gli intimava di uscire dalla stanza di Akane. Aveva, anzi, l’intenzione di starsene lì a godere del suo viso angelico addormentato. Ma era anche vero che, se l’avesse scoperto, quel faccino quasi infantile sarebbe mutato in uno estremamente collerico.

Azzardò un passo avanti, ma subito si ritrasse e, in punta di piedi, cominciò a retrocedere verso la porta semichiusa. Ma improvvisamente, un mugolio lo distolse dalla sua fuga silenziosa.

Akane si stava svegliando, forse disturbata dalla presenza del suo ki. Ranma fece per affrettarsi, ma lei riuscì a coglierlo in flagrante.

“Che ci facevi qui?”

Il tono utilizzato con lui non era il suo tipico cipiglio guerrafondaio, anzi, avrebbe detto piuttosto calmo ed assonnato, e questo dettaglio lo rincuorò molto. Almeno, non si sarebbe beccato una sedia in testa.

“N-Niente…” balbettò lui “Volevo solo vedere se c’era qualcuno in casa, siccome sono tornato e ho trovato il dojo vuoto…” concluse infine. Non voleva restare lì più del necessario; fu per questo che si dileguò in fretta e furia, rischiando anche di cadere per le scale.

Un comportamento che lasciò la ragazza irrimediabilmente perplessa. Ma si riscosse praticamente subito, provando a seguirlo. Quasi sicuramente, si era recato in salotto, perché se si fosse messo in testa di allenarsi, sarebbe andato in camera sua ad indossare il ji. Stette ancora un po’ assopita nella stessa posizione in cui si era addormentata, godendosi quel tepore che si era creato. Dopodiché fece un salto in bagno, lavandosi il viso e rimettendosi a posto i capelli, spazzolandoli accuratamente.

Nel mentre, si ricordò di dover star sola con lui per tutta la serata, se non almeno per metà di tutto l’arco della notte. Forse, avrebbe fatto meglio a non intraprendere con lui nessuna disputa, se non voleva rovinare il resto del giorno ad entrambi. E poi, era stato così carino la sera prima che avrebbe fatto chissà cosa per rivederlo in quell'atteggiamento così disarmante.

Improvvisamente, squillò il telefono. Il suono dell'apparecchio non durò a lungo; perciò era sicura che Ranma, trovandosi nelle vicinanze, fosse andato a rispondere.

“Akane!” la chiamò infatti dal corridoio, “È per te!”

La ragazza scese velocemente gli ultimi gradini rimasti e, con evidente stupore, si fermò a guardare l’orologio, le cui lancette segnavano esattamente le cinque del pomeriggio. Ma quella cornetta lasciata accanto al ricevitore le ricordò il motivo per cui aveva così tanta fretta.

“Pronto?”

***

A Ranma non gli ci volle molto per comprendere la ragione della chiamata; ma sperava tanto che si sbagliasse.

“Ranma!”

La sentì cercarlo dal fondo del soggiorno, mentre lui era seduto sulla veranda a lasciarsi accarezzare dai tiepidi raggi del sole, che tentavano in tutti i modi di ostentare l’arrivo della primavera. Poggiando una mano sul parquet per ruotarsi verso l’interno, la vide spuntare ad appena un paio di metri da lui.

“Erano Yuka e Sayuri. Mi hanno chiesto se potevo uscire con loro…” bofonchiò con un tono che rasentava una malcelata tristezza. Le dispiaceva lasciarlo da solo, ma le ragazze avevano insistito così tanto che non seppe dire di no. E poi, quelle due avevano cominciato a fare domande un po’ troppo invadenti. Stando con loro, avrebbe soppresso ogni dubbio circa il suo interesse per il ragazzo con il codino. Non trascorrendo il quattordici di Marzo con lui, non c’era il minimo timore di essere scoperta.

Ranma la guardò per un paio di secondi negli occhi, per poi darle le spalle, ritornando a sedere composto, e congedarla con una semplice battuta: “Ok, va bene. Se gli altri arriveranno prima di te, li avvertirò io.”

La giovane Tendo annuì, facendo retrofront e avviandosi verso il luogo d’incontro delle sue amiche.

Stupido Ranma! Quando gli aveva detto che usciva, lui non ha minimamente cercato di fermarla. Ma in fondo, cosa poteva aspettarsi? Che le dicesse di trascorrere del tempo con lui, da soli per tutta la seconda metà del pomeriggio, inclusa la sera? No, da parte non avrebbe attenuto mai niente del genere. Sospirando affrettò il passo, scacciando i pensieri opprimenti che non le avrebbero permesso di divertirsi.

In verità, era quello che Ranma, in fondo, avrebbe voluto fare. Ma non voleva nemmeno immaginare come sarebbe andata a finire. La fidanzata avrebbe cominciato a tentare di tirar fuori i suoi segreti più reconditi sul suo conto, per poi pretendere una definitiva conclusione.

Per una volta che avrebbe davvero potuto combinare qualcosa di buono con Akane senza incorrere a fraintendimenti che successivamente sarebbero sfociati in litigate di proporzioni colossali, ecco che telefonavano quelle streghe delle sue amiche, invitandola fuori, magari a mangiare, così lui non avrebbe nemmeno potuto cucinarle qualcosa per mostrarsi carino nei suoi confronti.

Scocciato da tutti quei ragionamenti, si alzò di scatto dalla sua postazione e si diresse in camera di lei, con l’intento di lasciarle almeno ciò che le aveva comprato.

Quando finalmente si fosse decisa a tornare, l’avrebbe trovato sulla sua scrivania.

 

 

 

 

NDA

Vi ho fatto attendere molto, lo so… -.-

Chiedo venia, ma sapete come sono gli impegni… Fortuna che un po’ di tempo si trova sempre. :P

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Capitolo 3
*** [15th March] ***


White Day


[15th March]

Erano le nove passate quando Akane rientrò a casa e, come previsto, nessuno vi aveva fatto ritorno.

Nemmeno Nabiki era rientrata, eppure Akane sapeva bene che era soltanto rimasta a scuola per il suo turno di pulizie. Di certo, i loro padri si sono messi d’accordo un’ennesima volta a lasciarli da soli per tutta la notte, sperando che succedesse qualcosa fra loro. A quel pensiero, Akane avvampò, per poi scuotere esageratamente la testa e maledicendosi per aver pensato un’oscenità degna di Happosai.

Dedusse inoltre che il ragazzo stesse già in camera sua, siccome il soggiorno era spento, così come il televisore.

Lasciò che quelle convinzioni la accompagnassero fin dentro la sua stanza. Se Ranma aveva deciso di non aspettarla, non poteva certo biasimarlo. Non era stato molto carino da parte sua lasciarlo da solo.

Forse avrebbe dovuto declinare l’invito delle ragazze e restare con lui, ovviamente facendo finta di nulla, ostentando una finta indifferenza. Ma non aveva fatto niente di tutto questo. Convinta com’era delle innumerevoli possibilità di ingaggiare con lui una lite che si sarebbe prolungata per giorni, aveva preferito andare via.

Ma ora se n’era pentita profondamente. Sicuramente litigare non l’attirava granché, ma stare lontana da lui di sua spontanea volontà, nascondendosi dietro la scusa di non poter rifiutare l’invito delle sue amiche, la faceva sentire davvero colpevole.

Arrivò su per le scale, accendendo la luce di camera sua, richiudendosi la porta alle spalle. Con evidente stanchezza, si mise di controvoglia il pigiama, per poi arrivare davanti alla scrivania, trovandovi un oggetto che attirò repentinamente la sua attenzione.

Era un pacchetto simile a quelli ricevuti a scuola, solo che era di un bel color giallo acceso, il suo colore preferito, al contrario di quegli altri, bianchi o rosa. Oltre alle sue amiche ed alla sua famiglia, quasi nessuno ne era a conoscenza. Forse, anche Ranma lo sapeva. Era facilmente intuibile, siccome aveva l’intera stanza tappezzata di quel colore così vivace. Perfino lui riusciva ad arrivarci.

Lo prese fra le mani, sfilando delicatamente il nastrino beige che l’avvolgeva, scoprendovi un rombo di cioccolato bianco di modeste dimensioni. Avrebbe giurato che ci fosse un bigliettino almeno all’interno, ma non vi era traccia.

Se davvero glielo aveva regalato quel baka, avrebbe dovuto ringraziarlo. Ma aveva paura. Non voleva affrontarlo quando adesso era lei quella nel torto, però anche questo era orgoglio, da cui non si sarebbe mai liberata.

Sospirò, spegnendo la luce e mettendosi a letto, osservando insistentemente quel dono poggiato sul comodino. Non aveva neanche il coraggio di assaggiarlo; e se più ci pensava, più era attanagliata dal rimorso.

***

Erano le due e venti del mattino quando Ranma si svegliò di soprassalto. La luna filtrava lucente dalla finestra, permettendogli di vedere l’ambiente circostante. Doveva sicuramente aver fatto un sogno, di cui però non ricordava i particolari.

Improvvisamente sentì bussare alla porta, cosa che lo rese molto più teso di quanto già non fosse. Incerto e sudato dalla testa ai piedi nonostante fosse in maglietta e boxer, chiese: “Uhm, sì?”

“Sono io, Akane. Posso entrare?”

“Eh?” ah, sì certo!” si affrettò a rispondere. Si alzò ed andò ad aprire, scorgendo la piccola Tendo sulla soglia con espressione imbarazzata. Inoltre, stentava a guardarlo negli occhi.

“Cosa c’è? Hai bisogno di qualcosa?”

La giovane ragazza scosse la testa in risposta, assumendo al tempo stesso un colorito più roseo.

“Sei stato tu a… lasciarmi questo sulla scrivania?”

Gli mostrò subito il pacchetto senza mezzi termini, andando direttamente al dunque. Non c’era bisogno di tanti giri di parole, anche perché era notte fonda, e Akane non voleva affatto disturbarlo. Ma la sua improvvisa insonnia non aveva fatto altro che tormentarla e così, per chiarire la situazione prima di passare completamente la notte in bianco, decise di andare da lui.

“Sì,” replicò il ragazzo rabbuiandosi “avrei voluto dartelo qualche ora fa, ma non ne ho avuto l’occasione.” concluse poi con una nota più ironica.

“Scusa se ti ho lasciato solo prima; nascondermi dietro la scusa di Yuka e Sayuri non serve a niente.”

“Oh,” riuscì solo a dire il ragazzo con il codino, cominciando a massaggiarsi la nuca “a dire il vero non è colpa tua, anzi! Sono state quelle due a spingerti ad uscire con loro; perché ti scusi?”

Davvero non ci capiva proprio niente di Akane. Sì, lui avrebbe preferito di gran lunga intraprendere un’accesa discussione con lei pur di rimanerle accanto, ma che lei arrivasse a dire che non aveva scuse per averlo lasciato a casa, mentre lei seguiva le sue amiche… Questo non era proprio da lei.

“Beh, avrei potuto rifiutare” disse ancora lei per aggravare la sua posizione. “E poi, ieri non era un giorno qualsiasi.”

“Stammi a sentire! A me non importa il fatto che ieri era una festività, non ci sono mai andato dietro a questo genere di cose, io!” esclamò lui di colpo con evidente esasperazione nella cadenza di voce. “A me non importa che giorno sia, l’importante è stare insieme, non ti pare?!”

La foga lo aveva tradito un’ennesima volta e, non appena sinceratosi di ciò che aveva detto dallo strabuzzamento d’occhi della sua fidanzata, si coprì la bocca come poté per non lasciar trasparire il rossore che ora gl’inondava le guance. Dal canto suo, Akane prese a sorridere, tanto da non riuscire a tenere la bocca chiusa. Allargò le labbra al punto che anche i suoi denti furono visibili, ed ovviamente, vedendo che aveva innescato nella ragazza tutta quell’emozione, Ranma arrossì ancora più furiosamente. Ma doveva ammettere che osservarla in quell’istante era una delle cose più belle che la vita poteva offrirgli.

“Grazie per averlo detto…” asserì lei d’un tratto con un sorriso meno disteso ma riconoscente.

Ranma doveva essere a corto di risposte decenti da riservarle, siccome ora non apriva la bocca tranne che per respirare. Chissà se era dovuto dalla situazione che si era venuta a creare oppure dal suo stesso sorriso. Quelle rare volte in cui le confessava quanto fosse carina quando sorrideva lei le aveva sempre prese come una presa in giro, anche se una piccolissima parte del suo cervello ci credeva sul serio. Che fosse stato proprio lei a farlo tacere così a lungo?!

“Questo vuol dire che ci tieni a me… Perché tu ci tieni a me, non è vero?”

“Ma come puoi farmi una domanda simile?” replicò lui con tono ipernervoso, arrossendo.

“Beh, penso sia una curiosità ovvia...” ribatté lei. “Voglio dire... So bene che i nostri genitori hanno deciso per noi, ma…”

“Io… non ho mai detto di non tenere a te… Né ti ho confermato il contrario…”.

“Oh,” sospirò la giovane affranta, abbassando lo sguardo “quindi non lo sai nemmeno tu…”.

“Eh?!” fece lui attonito. “NO! S-Senti, io… lo so, invece!!” rimediò infine.

Con il volto completamente paonazzo che rasentava pericolosamente un colorito piuttosto preoccupante, il ragazzo con il codino cominciò ad annaspare nel tentativo di sforzarsi di negare l’affermazione con cui la sua fidanzata aveva appena replicato. Egli si aspettava un bella sfuriata da Akane che però non arrivò, anzi. La giovane Tendo fece tanto d’occhi che Ranma si ritrovò a ringraziare i Kami per non essere svenuto.

“S-Sicuramente,” azzardò, non senza balbettare “tengo a te molto… di più di quanto pensi…!”

D’un tratto, Akane sentì un calore divampare all’interno del corpo come una fiamma. Anche le sue guance divennero rubino, mentre i suoi occhi nocciola cercavano di incontrare quelli di Ranma, il quale voltava la testa da una parte all’altra, non sapendo più dove nascondersi.

Si era esposto, ed anche troppo. Non negò che sarebbe stato allettante uscire da quella infima faccenda con le sue solite battutine, ma era altrettanto vero che veder morire il sorriso di Akane un’ennesima volta dopo tante ed innumerevoli non avrebbe fatto altro che farlo sentire in colpa. E porre riparo a degli errori che possono essere evitati fin dall’inizio era un’idiozia. Fino a poco tempo prima non lo era, ma ora lo pensava seriamente.

Forse erano davvero arrivati alla resa dei conti, senza contare che tutto intorno a loro era a loro favore, specie in quel momento. Nessun genitore, nessuna dannata taccagna scattafoto, nessun pretendente…
Quale occasione migliore si sarebbe presentata? Sperava soltanto che nessuno irrompesse all’improvviso, spezzando così quegli istanti di vantaggio.

Con titubanza, avvicinò il suo viso a quello di lei fino a sfiorarle la punta del naso con il suo.

Sorridendo d’istinto, cominciò ad immaginarsi come sarebbe stato rubarle un bacio, ma censurò subito la sua intenzione non appena realizzò che la ragazza avrebbe potuto andare su tutte le furie. Dopotutto, era un maschio mancato, un lottatore di sumo che lo avrebbe spedito sulla Luna in meno di due secondi. Ma doveva ammettere che era uno spettacolo vederla meravigliarsi per un gesto così inusuale e vederla trattenere il respiro mentre il suo le invadeva il piccolo viso ora leggermente contratto per la vergogna.

Il tempo sembrò fermarsi, lo spazio ridotto a loro e cancellato intorno.

Per Ranma non esisteva più nulla, se non la sua Akane davanti a sé, timida ed infreddolita a causa del pigiama giallo striminzito che indossava, e la sua audacia divenuta improvvisamente più temeraria.

Invece di rilassarsi e lasciarsi andare come la sua mente le suggeriva, Akane serrò ancora più convulsamente le labbra, inarcandole verso il basso. Benché avesse bramato un simile atteggiamento dal giovane che amava da tempo, la ragazza realizzò che non si sentiva pienamente pronta. Tuttavia, ne sapeva perfettamente il motivo: vi era sempre quella convinzione, aleggiante nella sua testa, che lui la stesse soltanto prendendo in giro, negando poi un qualsiasi coinvolgimento da parte sua.

Quel suo modo di porsi la deludeva, trascinandola inesorabilmente in un vortice di insicurezza e rancore che faticavano ad affievolirsi del tutto. Convertirli poi in riappacificazione era un’impresa, specie se entrambi non erano intenzionati a fare il primo passo.

Dal canto suo, il giovane Saotome si rese conto della sua titubanza e, per evitarle ulteriore disagio, si allontanò indietreggiando repentinamente, quasi dovesse staccarsi da una piastra bollente. Forse ad Akane non era piaciuto quel gesto, ma gli parve che la ragazza fosse ancora più dispiaciuta del fatto che avesse interrotto quel semi-contatto.

O almeno, così sembrava.

“Scusami, non volevo farti impaurire…!”

“Ma no!” si affrettò a rispondergli. “Non mi hai affatto impaurito, Ranma. Solo, mi hai preso alla sprovvista. Non hai mai osato arrivare a tanto e…”

“Se non volevi…”.

Ranma fece per bloccarla ma lei ancora più velocemente lo prevenne.

“No, io…” Buttarsi era tutto ciò che in quel momento voleva, anche se non era sicura. “È stato così bello…” Sfoderò un sorriso, uno di quello più dolci, rassicurandolo in un batter d’occhio.

“Avvicinati” gli ordinò lei, infischiandosi di tutti quei timori “e chiudi gli occhi.”

Aveva deciso di baciarlo, dato l’intento che aveva esternato lui, e stavolta, ce l’avrebbe fatta, finalmente.
 





 
NDA
…e potete immaginarvi che cosa successe poi! XD
Scusate per questo finale, ma non mi pareva opportuno proseguire, per di più con una scena melensa, cosa che vorrei evitare almeno in questa ff.
Che dire? Sono davvero contenta che abbiate accolto questa mia ideuzza con entusiasmo nonostante io stessa non ne sia pienamente soddisfatta (e quando mai lo sono?)
Come fu per l’inizio dell’estate scorsa, così vi lascio ora: ovvero, nella speranza che qualcosina ancora mi esca dall’ispirazione e dal tempo che ho a disposizione.
Grazie a tutti, davvero! ♥
 
 

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