White Day di xingchan (/viewuser.php?uid=219348)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [13th March] ***
Capitolo 2: *** [14th March] ***
Capitolo 3: *** [15th March] ***
Capitolo 1 *** [13th March] ***
White
Day*
[13th March]
"Allora,
Ranma! Cosa regalerai ad Akane domani?"
Hiroshi e Daisuke
erano sempre i soliti. Sempre a ficcare il naso in questioni che non li
riguardavano, per di più private.
Anche se aveva un
rapporto più
che burrascoso con quel maschiaccio, rimaneva il fatto
che lei era la sua fidanzata.
Dunque nessuno doveva immischiarsi nelle loro faccende, anche su cose
che a prima vista apparivano di poco conto. Perché erano
proprio quelle cose di poco
conto che caratterizzavano il loro legame così
impetuoso e traballante.
I sorrisi, gli sguardi
imbarazzati, i bisticci... Ad un occhio esterno potevano sembrare
banalità, ma era di quei gesti che si nutriva l'albero del
loro fidanzamento.
Semplici e privi di
malizia.
Ranma sapeva bene che
per Akane erano di vitale importanza, così com'erano per
lui. Tuttavia, era anche a conoscenza di ciò che poteva
simboleggiare un minuscolo cuoricino di cioccolato nel giorno di S.
Valentino, tra l'altro regalato da una ragazza difficile ed orgogliosa
come lei. Si era presa il disturbo di fargli quel pensierino, mettendo
da parte tutto quel rancore accumulato nel pomeriggio, e lui
naturalmente non voleva essere da meno.
"Ma a voi che importa,
si può sapere?"
Divenuto ormai
paonazzo, aveva sbraitato in modo così vistoso che tutti
quelli che erano con loro al bar della pista di pattinaggio si
voltarono per capire cosa diamine fosse successo. Persino Akane e le
sue due amiche Yuka e Sayuri, sedute ad un tavolo poco distante, furono
attratte dalle sue grida.
"Che ha da gridare,
quello scemo?" si chiese ad alta voce Sayuri.
L'altra scosse la
testa, mentre la giovane Tendo si sentì terribilmente a
disagio. Più della metà delle persone
lì presenti le avevano viste entrare insieme a quei tre
scalmanati, perciò aveva una gran paura di essere
riconosciuta come la loro accompagnatrice, specialmente del ragazzo con
i capelli lunghi. Tentò di coprirsi il volto, ma i suoi
timori fortunatamente non si avverarono.
"Abbassa la voce,
Ranma! Non puoi urlare in un luogo pubblico!" lo ammonì
Daisuke.
"Già,
Daisuke ha ragione. E comunque, amico" disse Hiroshi voltandosi verso
il ragazzo castano "in queste occasioni si regala del cioccolato
bianco, naturalmente!" ironizzò con una punta di furbizia,
tanto che l'altro prese a ridacchiare facendo innervosire ancora di
più il giovane con il codino.
"Mi avete stancato!"
sbottò infine l'oggetto della loro attenzione, alzandosi di
colpo e dirigendosi verso l'uscita. Ne aveva abbastanza delle loro
insinuazioni.
"Ma perchè
se l'è presa tanto?"
"E te lo domandi?"
rispose ovviamente il suo interlocutore assottigliando gli occhi.
Akane lo vide avanzare
verso la porta ed oltrepassarla, finchè riuscì a
scorgere soltanto il colore della sua camicia azzurra, a causa della
lontananza. Non aveva voglia di ritornare a casa da sola; dopotutto si
era avviata con Ranma e rincasare senza di lui avrebbe scatenato una
miriade di domande da parte di tutti i loro familiari, specie di
Nabiki, Soun e Genma.
"Mi dispiace, ragazze.
Devo andare!" si scusò dispiaciuta la giovane con il
caschetto afferrando il cappotto. "Ci vediamo domani a scuola!
Intraprese una modesta
corsetta per arrivare di pari passo con Ranma, ma a quanto pareva lui
non si era nemmeno voltato per guardare o sapere se doveva ancora
rimanere con le sue compagne di classe. L'aveva lasciata con le sue
amiche senza avvertirla. Che stupido!
"Ranma!"
Lo chiamò a
gran voce, ottenendo il risultato sperato soltanto fuori dall'edificio
che ospitava la pista di pattinaggio ed il locale adiacente. Il ragazzo
si fermò voltandosi appena. Si mise le mani in tasca e
sbuffò, dondolando sulle scarpe in uno strano tentativo di
ammazzare il tempo mentre attendeva. Già sapeva che il
maschiaccio avrebbe preteso spiegazioni per il suo riprovevole
comportamento di poco prima e, a dir la verità, non se la
sentiva di fornirle i dettagli di quella conversazione fra lui ed i
suoi amici. Sicuramente si sarebbe arrivati ad un tasto dolente, e lui non
ne aveva la minima intenzione.
Finalmente la giovane
lo raggiunse e, con il fiato corto, lo osservò stranita.
"Ma che cosa ti
è preso prima al bar?"
"Non sono affari tuoi,
Akane..." le rispose il ragazzo con noncuranza, riprendendo a camminare
sorpassandola almeno due metri più avanti.
"Che gentilezza!"
replicò lei offesa, rimanendo ferma sul posto ed aggrottando
le sopracciglia fini. "Ti sto chiedendo che cosa è successo,
siccome avete attirato
l'attenzione di più della metà del locale,"
puntualizzò "e tu ti rivolgi a me in questo modo? Sei un idiota!"
Alla parola "idiota",
Ranma si volse di scatto e si piazzò davanti a lei, conscio
di essere stato, ancora un'ennesima volta, vittima dell'ira della sua dolce
fidanzata.
"Senti un po', tu! Pensi di
essere meglio di me, eh? Neanche tu sei una campionessa di gentilezza!" disse
indispettito, appuntando un enorme accento all'ultima parola, la stessa
che Akane aveva utilizzato prima.
"Uhm, forse."
ipotizzò la ragazza punta sul vivo. "Ma almeno io non
starnazzo in un bar pieno zeppo di gente come se fossi a casa mia!"
concluse, poi riprendendo vigore.
Il giovane Saotome
serrò i pugni e la sgridò con tutto il fiato che
aveva in corpo. "NON SEI PER NIENTE CARINA!"
"Ah, è
così? Bene, allora spero tanto che riuscirai a fare a meno
di me, d'ora in poi!"
Si voltò
furiosa e si avviò verso casa a passo di marcia.
Era troppo fuori di
sé per avere la forza di passarci sopra e ritornare indietro
insieme a lui. Se Ranma continuava a comportarsi in quel modo barbaro,
perché lei
avrebbe dovuto riservargli un trattamento differente? Le aveva intimato
di non impicciarsi nei
fatti suoi e ripetuto per la millesima volta che non era
"carina", probabilmente sottintendendo dei paragoni riferiti alle altre
sue fidanzate, prendendole come modelli esemplari di dolcezza e
bellezza da contrapporre a lei, un maschiaccio violento e privo di
fascino.
Ma Akane era fiera
della differenza che la caratterizzava. Era questo che la rendeva
più individuale, più vera, e non aveva la minima
intenzione di somigliare a quelle arpie che tentavano di baciarlo od
abbracciarlo con tutte quelle sdolcinatezze possibili ed immaginabili,
non contando ovviamente i loro trucchetti sporchi.
Se a lui tutte quelle
ipocrisie andavano bene, poteva benissimo andare a stare da loro ed
anche fidanzarsi con tutte
quante, per quello che le importava. Bastava poco per
dimenticarlo, anzi, tutti i suoi guai si sarebbero risolti in un batter
d'occhio. Sì, Akane ne era convinta, più che
convinta.
Anche se, in fondo, le
sarebbe mancato tutto ciò; ma soprattutto, le sarebbe
mancato proprio lui, quello stupido sbruffone che però
sapeva come farsi perdonare. Naturalmente, quella volta doveva proprio
metterci d'impegno, se non voleva essere defenestrato o spedito in
orbita.
***
A cena non
andò meglio.
Akane si ostinava a
non volergli rivolgere nemmeno una sillaba, figurarsi un semplice
sguardo, mentre lui era fortemente tentato di chiedere agli altri in
malo modo cosa avessero tanto da guardare. Aveva una gran voglia di
abbandonare la cena a metà, anche se non era da lui un
comportamento simile, e di rintanarsi in camera sua o nel dojo pur di
non sorbirsi tutte quelle paia d'occhi interrogative che di tanto in
tanto s'indirizzavano ai due fidanzati. Infatti, gli altri membri delle
due famiglie parlottavano del più e del meno con fare
disinvolto, ma ogni volta che terminavano per attendere una replica dai
propri interlocutori gettavano sempre un'occhiata pressocché
indecifrabile prima alla piccola Tendo e poi un'altra densa di
rimprovero all'altro.
Alla fine, fu la
ragazza ad andarsene per prima. Con una finta serenità che,
a dirla tutta, faceva raggelare peggio delle sue sfuriate, pose
delicatamente sul tavolo il tovagliolo e si scostò quasi
fosse una piastra rovente dal giovane accanto a lei. In risposta, Ranma
aveva aggrottato le sopracciglia e trattenuto un'esclamazione che si
preannunciava esageratamente sdegnosa.
"Avete litigato
ancora, non è vero?" chiese Nabiki con tono seccato, ma con
una punta di sarcasmo.
"Lasciami in pace..."
sibilò il ragazzo con il codino, scattando in piedi
anch'egli e dirigendosi su per le scale.
Chiudendosi nella
propria stanza, il ragazzo si buttò sul suo futon di
schiena, pensando che forse aveva esagerato con la sua fidanzata e che
avrebbe dovuto porre rimedio al danno fatto. Anche se lo avevano fatto
incavolare, quei due impiccioni di Daisuke e Hiroshi avevano ragione:
doveva ricambiare al più presto quella gentilezza che Akane
gli aveva fatto lanciandogli quel cuore di cioccolato; un semplice, innocuo
cioccolatino che aveva provocato così tanto imbarazzo fra
di loro, e anche qualcos'altro. Gli aveva scatenato delle reazioni che
non riusciva a controllare, e poteva giurare sul suo nome che anche
Akane doveva aver provato qualcosa, oltre quel velo di rossore che la
rendeva molto più carina
del solito.
Era evidente che l'uno
non era indifferente all'altro e viceversa, ma l'orgoglio sembrava
vincere su qualsiasi cosa. La sicurezza di sapersela cavare da soli, la
paura di rimanere scottati, la spropositata affermazione di
sé ed altre cose simili non avevano fatto loro altro che
male.
In aggiunta, Akane
sembrava accettare di privarsene soltanto quando anche lui abbassava le
sue difese. Raramente succedeva il contrario. Ma Ranma contava sempre
di avere quel piccolo asso nella manica che sfruttava quando non sapeva
come relazionarsi pacificamente con lei.
Quella chance si
chiamava gentilezza.
Ma non di quelle di cui aveva bisogno per potersela ingraziare, come
spesso succedeva fra loro, magari per farsi aiutare nello studio o per
farsi tirar fuori dalle risse fra i rispettivi spasimanti. Non voleva
sicuramente intendere senza screzi e martellate, perché
quelle c'erano sempre state e molto probabilmente le avrebbe ricevute a vita, ma quella
spontanea, almeno, non forzata dalla necessità di volersi
proteggere dal mondo esterno e prima di tutto, dall'oggetto dei loro
desideri.
Al contrario di quello
che gli aveva detto prima di lasciarlo per le vie del distretto, lui era certo di non poter fare
a meno di lei. Non era una certezza assoluta, ma con il
passare del tempo si era reso conto che oltre Akane Tendo, non c'era
altro che un futuro oscuro ed indefinito che lo attendeva, dove a lui
non rimaneva nulla per cui combattere e per cui sacrificarsi. Gli
capitava persino di sognarla la notte, e questo non fece altro che
alimentare la convinzione che ormai era legato a lei mediante un
rapporto molto più profondo di un semplice accordo fra due
mummie ubriacone quali erano i loro padri. Un legame invisibile, o
qualcos'altro che non sapeva definire.
Non era il tipo da
andare dietro a simili e sciocche credenze tradizionali, ma
più ci pensava e più ne appurava la concretezza.
Doveva, voleva dimostrarle
che al di là delle beffe vi era un sentimento che non poteva
essere scalfito da stupidi battibecchi. Non poteva neanche affermare che
fosse amore, siccome lui non sapeva nemmeno cosa volesse dire
innamorarsi di qualcuno. In ogni caso, quei batticuori ad ogni suo
sorriso qualcosa significavano, così come quel vuoto che non
sapeva di avere finché non fu colmato il primo giorno in
casa Tendo.
Perciò,
l'indomani avrebbe fatto pace con lei, a costo di forzarla.
Sperando che lei non
facesse esageratamente la difficile, ovviamente.
Per Akane invece, non
era così semplice come appariva al giovane con la treccia.
Raggomitolata sul suo letto, rimuginava su ciò che gli aveva
sbattuto in faccia, e a cosa poteva conseguirne. Mai come in quel
momento sentiva la necessità di far pace con lui.
Ma d'altro canto, non
voleva accantonare il fatto che lei aveva ragione in quel frangente.
Perché invece di spiegarle, Ranma l'aveva fatta arrabbiare
ancora. Lei gli aveva risposto a tono, come sempre, puntualizzando
anche che con lei era arrivato al
capolinea: un pensiero che aveva sempre avuto, e che aveva
sempre voluto sbattergli in faccia. Ma chissà
perchè dopo diventava inspiegabilmente triste.
Sembrava quasi che
anche a Ranma non piacessero quelle situazioni appese ad un filo.
Sebbene litigassero ogni giorno, il ragazzo era sempre disposto a
riappacificarsi, soprattutto negli ultimi tempi. Soprattutto, da quando
si erano salvati la vita, l'incolumità e le prime esperienze
con l'altro sesso forzate a vicenda.
Si strinse nelle
coperte, nonostante la serata fosse ancora agli inizi, e
tentò di addormentarsi con la speranza che tutto si sarebbe
andato apposto, come l'esperienza le aveva insegnato.
Naturalmente, non gli
avrebbe offerto il suo perdono su di un piatto d'argento. Questo mai.
***
Perché
quella stupida Akane aveva il potere di non farlo dormire in quelle
circostanze? Aveva passato ore a girarsi e rigirarsi nel futon senza
prendere sonno, cercando di sgombrare la mente e di concentrarsi, ma fu
tutto vano. Senza contare che il suo pigiama aveva fatto la sua parte
accaldandogli esageratamente la pelle fin quasi a sudare.
Scaraventò via il piumone, per poi farsi aria con l'ausilio
delle mani. Non che servisse a molto, constatò.
Si trascinò
via dal letto, sotto il pesante russare del panda steso vicino a lui, e
si avviò fuori dalla camera. Provò a togliersi la
maglia, ma in casa faceva abbastanza freddo da non permetteglielo.
Forse un po' d'acqua avrebbe fatto al caso suo. Dopotutto, la
situazione non era così tragica come appariva. Era sul punto
di sporgersi verso il rubinetto della cucina, quando vide la ragazza
comparire sullo stipite dell'entrata. Dal canto suo, capendo che c'era
qualcun altro lì con lei, rimase pietrificata quando si
accorse di avere di fronte proprio il ragazzo con il codino. I suoi
occhi sembravano brillare, ma pochissimi attimi dopo si riscosse e
scappò via.
Ma Ranma non voleva
dargliela vinta. Si lanciò all'inseguimento chiamandola
piano per non svegliare nessuno, ma lei fu più lesta. Si
chiuse subito in camera sua e per poco l'altro non sbatté il
naso sul legno, imprecando sommessamente.
"Akane, ti devo
parlare!" disse poi, considerandosi fortunato per aver evitato la porta
in faccia.
"Non ho niente da
dirti!" rispose acidamente la ragazza da dietro la porta chiusa a
chiave.
"Io invece
sì!" insisté impettito lui.
"Sparisci!"
"No!"
"Sta zitto e vattene!"
"Allora aprimi, poi me
ne andrò!"
"Mai!"
"Vorrà dire
che entrerò dalla finestra!"
"Non ti permettere,
Ranma!"
"Oh, sì che
mi permetto..."
Non udì
nemmeno cosa aveva da replicare la sua fidanzata che subito si
fiondò verso l'esterno dell'abitazione, salendo sulla
scaletta che portava al tetto ed arrampicandosi sul cornicione fino a
giungere con un balzo al davanzale della finestra semichiusa. Nel
frattempo, Akane si affrettò ad abbassare la serranda
avvolgibile. Ma questa era un bel po' pesante anche per lei, e poco
prima di calarla del tutto, sentì all'esterno il ragazzo con
il codino che tentava di impedirglielo infilando tutte le dita della
mano al di sotto, in modo da poterla alzare quel poco che bastava per
poter parlare a quattr'occhi.
"Sei ostinato, eh?!"
"Tu non sei da
meno..." disse rassegnato lui. Akane gettò gli occhi a
terra, risentita, mentre lui, non appagato dalla visuale,
afferrò la corda della tapparella tirandola violentemente
verso il basso. Il gesto fu così repentino che la piccola
Tendo se ne accorse appena, non avendo in tal modo il tempo per
controbattere l'azione.
Soddisfatto del
risultato, Ranma si sedette sulla scrivania, mentre Akane lo guardava a
metà strada fra il truce ed il sorpreso. Lo sguardo del
giovane si fece serio, prendendo quanto più coraggio avesse
per affrontare la questione che si presentò quel pomeriggio,
e precisamente le ultimissime frasi cariche di astio che si erano
scambiati.
"C-Cosa intendevi
quando mi hai detto che potrei fare a meno di te?" Si stava sfregando
le mani, segno che era estremamente nervoso. Questi piccoli
accorgimenti fecero capire alla ragazza che Ranma stava faticando
parecchio nel porle quella domanda. Non nascose che questo la fece
intenerire e, anche se fece finta di non rammentare di
preciso cosa gli avesse detto prima di andarsene a casa da sola, gli
intimò di lasciar perdere, che non era nelle sue intenzioni
dirgli quella frase e che poteva stare tranquillo.
Si era prefissata di
non fargliela passare liscia, era vero, ma non voleva ignorare quello
che sembrava un vero e proprio sincero pentimento da parte sua. E poi,
quell'espressione sollevata e addolcita sul volto del ragazzo la
convinse che era stata la scelta giusta.
"Beh, ho freddo
adesso." sussurrò Akane, sentendo che l'atmosfera si stava
facendo piuttosto ambigua.
Avevano preso ad arrossire entrambi, e già cominciavano a
sentire molto più caldo del previsto.
"Hai ragione,
scusa..." appurò il ragazzo riscuotendosi. Si osservarono
per qualche secondo ancora prima che Ranma uscisse sempre dalla
finestra e atterrasse sull'erba fresca del giardino.
La giovane lo
seguì prima con lo sguardo, senza muovere un muscolo, poi
affacciandosi lo vide rientrare dalla porta scorrevole.
NDA
*In Giappone
è usanza, di cui non conosco i dettagli, che i ragazzi che hanno ricevuto del cioccolato
scuro il giorno di S. Valentino dalle proprie fidanzate/ragazze,
ricambino esattamente un mese dopo con del cioccolato bianco (da qui il
nome "White Day").
Ora, non so se questa
tradizione viene rispettata alla lettera, ma mi ha sempre interessato
questa "replica" del San Valentino celebrato nel paese del Sol Levante,
anche se per natura sono la prima a non andare dietro a queste cose. XD
Naturalmente, era
giusto un imput per avviare la ff, cominciata quasi per caso,
nell'attesa di trovare altra ispirazione per proseguirla! XP Nonostante
sia partita con questa novità, la ff si prospetta abbastanza
ripetitiva, perciò... a voi la scelta di seguirla e/o
recensirla.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** [14th March] ***
White
Day
[14th
March]
"Ranma,
faremo tardi!"
Il tono
esasperato ed incrinato per la collera di Akane gli arrivò
nelle orecchie così
bruscamente che il ragazzo con il codino si schermò
istintivamente con la
coperta del futon. Ovviamente, quel gesto non bastò ad
ovattare la voce della
sua fidanzata che, vedendo i risultati poco soddisfacenti,
s'infervorò al punto
da calciargli il fianco. Con poca violenza, dovette ammettere Ranma, ma
pur
sempre un calcio.
“Ahia! Akane, ma
sei scema per caso?!” esclamò furibondo lui di
rimando, scostandosi del tutto
la coperta e guardandola storto.
“Per così
poco...” sbuffò lei con aria di sufficienza,
uscendo dalla soglia della sua
camera “Non era così forte, il calcio...”
No, non lo era.
Ma Ranma odiava il modo violento in cui Akane lo svegliava la mattina.
Avrebbe
preferito una scrollata leggera sul braccio, oppure scostare
semplicemente le
tende. Non di certo secchiate d’acqua fredda e schiaffetti
ben assestati,
specie provenienti dalla sua fidanzata.
Una fidanzata
non sveglierebbe mai il proprio ragazzo in malo modo. Non era un
esperto in
materia, ma sicuramente una giovane normale non gli avrebbe rifilato un
calcio negli stinchi.
Non avrebbe
ricevuto niente da lui, poteva starne certa! Anche se lei era stata
gentile
esattamente un mese prima, non poteva ancora tollerare quel suo
comportamento
da maschio mancato quale era. Ovviamente, non gli sarebbero nemmeno
piaciute
decine di smancerie tipiche delle sue altre spasimanti. Troppo
appiccicose.
Forse, Akane era molto più simile a lui di chiunque altro.
Forse.
***
Appena in tempo.
Per una volta, erano arrivati prima del suono della campanella
d’inizio
lezioni.
Akane avrebbe
tanto voluto congratularsi con Ranma per l’ardua
impresa conseguita, e
la frase beffarda già si stava facendo strada nella sua
mente, quando, arrivati
davanti agli armadietti delle calzature l’aprì,
facendo ruzzolare a terra una
quantità spropositata di pacchetti di cioccolato bianco
confezionato.
“Ma che cosa…?!”
abbozzò la giovane Tendo, meravigliata da tutti quei regali.
Era da tempo che
nessuno più le faceva la corte tentando di batterla a suon
di tecniche
marziali, e vedere che l’interesse degli uomini del liceo
Furinkan non si era affatto
affievolito, si sentì decisamente imbarazzata. E con lo
sguardo di Ranma, che
giurò di avere puntato su di sé, stava sul serio
prendendo in considerazione
l’idea di scappare via, anche se le gambe le si paralizzarono
all’istante.
Ovviamente, a
nessuno sfuggì quella confusione, nemmeno a Ranma, il quale,
ancora più
arrabbiato di quanto già non fosse, si avvicinò
protendendosi verso il terreno
per prenderne alcuni, ma la fidanzata lo prevenne, affrettandosi a
raccoglierli
lei stessa, per poi curiosare sui mittenti. Molti erano da parte anche
di
ragazzi i cui nomi le erano del tutto estranei, ed allegati ai pacchi,
vi erano
addirittura dei messaggi scritti.
Uno diceva:
“Cara Akane
Tendo
Anche se non mi
hai regalato nulla il giorno di S. Valentino, sono certo che gradirai
lo
stesso. Tu non mi conosci, ma io conosco te abbastanza da sapere che
sei una
ragazza fantastica, la più bella che io abbia mai visto.
Anonimo”
Un altro
recitava così:
“Dolcissima
Akane Tendo
Hai rinnegato
falsamente il tuo amore per me troppo a lungo. Un fiore così
dolce e delicato
può soltanto amare il Tuono Blu del Furinkan, ovvero
l’unico che può renderti
immensamente felice, al contrario di quello sciocco plebeo di nome
Ranma
Saotome. Non dolerti per la provocante presenza della Ragazza con il
Codino nel
mio cuore: qui, sul mio bruciante petto appassionato,
c’è spazio anche per te!
Kuno Tatewaki”
La giovane fece
una smorfia disgustata alla vista di quelle parole così
mielose, ancor peggio
se appartenevano a quel depravato di Kuno. Ma non fu la sola.
Anche Ranma, nel
frattempo, aprì a sua volta il suo armadietto, trovandone
uno anche per lui.
Sempre da parte di Kuno.
“Nonostante la
mi intelligenza superi ogni possibile immaginazione, non ho la minima
idea di
cosa tu possa aver a che fare con la sensuale Ragazza con il Codino.
Quell’arpia di Nabiki Tendo, nonché sorella della
dolce Akane Tendo, mi ha
intimato di dare a te, ignobile essere di un Saotome, il regalo
destinato a
lei. Confido che tu possa riuscire a farglielo recapitare, con
qualsiasi mezzo.
Kuno Tatewaki”
“Bleah! A breve
mi farà vomitare sul serio!” sbottò il
giovane. Per evitare che la sua mente
formulasse qualsiasi pensiero su cosa sarebbe potuto accadere se Kuno
avesse
rincontrato la sua versione femminile, gettò a terra il
pacchetto, pestandolo e
saltandovi sopra ripetutamente. Ne aveva abbastanza di quel maniaco
degenere di
un Kuno, ma non era l’unico motivo per cui lo detestava: ce
l’aveva con lui
anche perché non lasciava stare Akane, sebbene sapesse che
era fidanzata con
lui.
Quella
consapevolezza lo riportò al giorno precedente, quando ebbe
quel
fastidiosissimo discorso con quei due ficcanaso dei suoi amici, ed
anche a
quella stessa mattina nella sua stanza, nel momento in cui decise che
non le
avrebbe regalato niente.
Se lui la
reputava sua fidanzata, sarebbe stato inappropriato
non dimostrarglielo.
Dopotutto, anche
lui non era da meno quando le affibbiava quei soprannomi che, ne era
sicuro
ormai, non facevano altro che minare il suo orgoglio di donna. Lo
poteva capire
ogni
volta che qualcuno dubitava della sua virilità chiamandolo mezz’uomo,
come soleva fare Ryoga, oppure quando ripensava al momento in cui si
ritrovò
nelle sembianze di ragazzina avvenente per la prima volta.
Non
lo sopportava, e l’abitudinario atteggiamento
privo di delicatezza di Akane lo portava a constatare che anche lei
doveva
sentirsi allo stesso modo ogni volta che la chiamava
“maschiaccio”.
Gettò
un’occhiata nella sua direzione, osservando che riponeva con
cura le scatoline
nell’armadio, l’una sopra l’altra, per
poi richiuderlo. Ovviamente, non sarebbe
stata così umile da spiegargli la
ragione di quel comportamento, tanto
meno lui sarebbe stato così imprudente
da chiederle spiegazioni.
Il giovane con
il codino invece raccolse il suo, ormai frantumato, scaraventandolo poi
in una
pattumiera poco distante.
***
Al mondo non
c’era nulla di più fastidioso del ticchettio di un
orologio.
Ascoltandolo
durante il compito in classe, a Ranma sembrava un’atroce
sofferenza a cui era volontariamente
sottoposto. Gli spezzava irrimediabilmente la concentrazione, mandando
all’aria
tutti gli sforzi fatti con Akane affinché prendesse un voto
decente, e questo
lo faceva sentire inconcludente ed ingrato. Inoltre, se con tutta
quella fatica
impiegata avesse preso lo stesso una nota bassa, la ragazza si sarebbe
davvero
arrabbiata. Sconcertato e con un pizzico di commiserazione,
notò che sul foglio
vi erano esattamente tutti i concetti che avevano ripassato qualche
sera prima.
Ciò lo spinse a puntare gli occhi sulla prima domanda,
lambiccandosi il
cervello per ricordare i ripassi fatti a casa.
Infine, i
tentativi si rivelarono utili. Riuscì a rammentare
relativamente tutto, e a
racimolare risposte semplici ma efficaci. Non aveva tempo da perdere
dietro a
qualcosa che era del tutto distaccato dal mondo delle arti marziali
come lo era
lo studio.
Fortuna che
quella era l’ultima ora di lezione. All’ultimo
suono della campanella, il
ragazzo raccattò il suo materiale scolastico e si
precipitò fuori, incurante
dello sguardo di Akane che lo stava letteralmente squadrando da capo a
piedi.
Chissà perché
era scivolato via dal suo banco in quel modo così
frettoloso. Era convinta che
non ci fosse nulla di grave, e che avrebbe fatto la via di casa insieme
a lui,
ma a quanto pareva Ranma era di tutt’altra opinione.
Sconsolata, ritornò a casa
accompagnata a metà strada da una compagna di classe, non
trovandovi,
ovviamente, nessuno. Salvo un biglietto attaccato al frigorifero che
l’informò
sulle varie destinazioni dei membri delle famiglie Saotome e Tendo,
eccetto
Nabiki, rimasta con le sue amiche a scuola per le pulizie.
“No, un’altra
volta no!” esclamò la giovane esasperata, allo
stesso tempo arrendendosi
all’idea di dover stare da sola con il ragazzo con il codino.
Approfittò della
sua assenza per rintanarsi in camera sua, sperando vivamente di non
doverci
litigare un’ennesima volta.
Cominciò ad
aprire il libro di letteratura giapponese, limitandosi a memorizzare
soltanto
un paio di pagine; dopo di che si lasciò cadere sulla
scrivania in un pesante
sonno.
***
Il dojo era deserto.
Fu la prima cosa di cui Ranma si accorse, a giudicare
dall’assenza degli
schiamazzi fra i due giocatori di shogi più accaniti
dell’universo e dalla
mancanza dei cinguettii di Kasumi. Di Akane, nemmeno l’ombra.
Si aspettava di
trovarla in palestra intenta in qualche esercizio di riscaldamento, ma
forse
aveva deciso di non allenarsi quel pomeriggio.
Salì nella
stanza che condivideva con il padre, per poi posare la cartella in un
angolo
con insolita delicatezza e buttarsi nel suo futon, anche se non aveva
voglia di
dormire.
A ripensarci,
non aveva neanche controllato per bene se qualcuno ci fosse in casa. Si
rialzò
scattando in piedi, dirigendosi verso la familiare papera con inciso il
nome
della sua fidanzata. Bussò piano, abbastanza per farsi
sentire distintamente.
Nessuna risposta. Provandoci ancora, e non ricevendo alcun invito ad
entrare,
l’istinto lo spinse ad addentrarsi nella sua stanza anche
senza permesso.
Così, osò aprire
la porta. La stanza era illuminata tanto quanto bastava per studiare,
un’attività
che ad Akane piaceva molto. Ranma poteva vederlo da come si
preoccupasse di
ripassare qualche concetto da tutta la passione che ci metteva ogni
volta che
lo aiutava in matematica, in chimica o in inglese. Tirava fuori una
tale
energia che sembrava fuoriuscire dai suoi stessi occhi, facendoli
brillare di
eccitazione, la stessa che utilizzava anche nelle arti marziali. Se
solo
guardasse anche lui con quelle espressioni colme di eccitazione un
po’ più
spesso, forse ci sarebbe riuscito ad ammettere ciò che
sentiva nei suoi
confronti. Ma molto probabilmente non era possibile, date tutte le
occhiatacce
che gli rivolgeva dalla mattina alla sera, accusandolo di essere un
pervertito
e donnaiolo.
La trovò di
spalle, seduta e riversa sulla scrivania, addormentata. Rincuorato dal
fatto
che al momento la giovane era completamente innocua, le si
avvicinò,
osservandole il volto fanciullesco. I suoi tratti quais infantili
eppure così
ben distinti ed individuali gli facevano letteralmente mozzare il fiato
ed
accelerare i suoi battiti cardiaci. Si sporse ancora un po’
per osservarla
meglio, quando lei, sentendo il respiro del ragazzo infastidirle
leggermente un
orecchio, aprì piano gli occhi. Focalizzando
l’immagine davanti a sé, vide che
respirava profondamente.
Mai come in quel
momento Ranma provò contemporaneamente i desideri
contrastanti di rimanere ed
andarsene. Tuttavia, non voleva assecondare per nulla al mondo quella
vocina
che gli intimava di uscire dalla stanza di Akane. Aveva, anzi,
l’intenzione di
starsene lì a godere del suo viso angelico addormentato. Ma
era anche vero che,
se l’avesse scoperto, quel faccino quasi infantile sarebbe
mutato in uno
estremamente collerico.
Azzardò un passo
avanti, ma subito si ritrasse e, in punta di piedi, cominciò
a retrocedere
verso la porta semichiusa. Ma improvvisamente, un mugolio lo distolse
dalla sua
fuga silenziosa.
Akane si stava
svegliando, forse disturbata dalla presenza del suo ki. Ranma fece per
affrettarsi, ma lei riuscì a coglierlo in flagrante.
“Che ci facevi
qui?”
Il tono
utilizzato con lui non era il suo tipico cipiglio guerrafondaio, anzi,
avrebbe
detto piuttosto calmo ed assonnato, e questo dettaglio lo
rincuorò molto.
Almeno, non si sarebbe beccato una sedia in testa.
“N-Niente…”
balbettò lui “Volevo solo vedere se
c’era qualcuno in casa, siccome sono
tornato e ho trovato il dojo vuoto…” concluse
infine. Non voleva restare lì più
del necessario; fu per questo che si dileguò in fretta e
furia, rischiando
anche di cadere per le scale.
Un comportamento
che lasciò la ragazza irrimediabilmente perplessa. Ma si
riscosse praticamente
subito, provando a seguirlo. Quasi sicuramente, si era recato in
salotto,
perché se si fosse messo in testa di allenarsi, sarebbe
andato in camera sua ad
indossare il ji. Stette ancora un po’ assopita nella stessa
posizione in cui si
era addormentata, godendosi quel tepore che si era creato.
Dopodiché fece un
salto in bagno, lavandosi il viso e rimettendosi a posto i capelli,
spazzolandoli accuratamente.
Nel mentre, si
ricordò di dover star sola con lui per tutta la serata, se
non almeno per metà
di tutto l’arco della notte. Forse, avrebbe fatto meglio a
non intraprendere
con lui nessuna disputa, se non voleva rovinare il resto del giorno ad
entrambi. E poi, era stato così carino la sera prima che
avrebbe fatto chissà
cosa per rivederlo in quell'atteggiamento così disarmante.
Improvvisamente,
squillò il telefono. Il suono dell'apparecchio non
durò a lungo; perciò era
sicura che Ranma, trovandosi nelle vicinanze, fosse andato a
rispondere.
“Akane!” la
chiamò infatti dal corridoio, “È per
te!”
La ragazza scese
velocemente gli ultimi gradini rimasti e, con evidente stupore, si
fermò a
guardare l’orologio, le cui lancette segnavano esattamente le
cinque del
pomeriggio. Ma quella cornetta lasciata accanto al ricevitore le
ricordò il
motivo per cui aveva così tanta fretta.
“Pronto?”
***
A Ranma non gli
ci volle molto per comprendere la ragione della chiamata; ma sperava
tanto che
si sbagliasse.
“Ranma!”
La sentì
cercarlo dal fondo del soggiorno, mentre lui era seduto sulla veranda a
lasciarsi accarezzare dai tiepidi raggi del sole, che tentavano in
tutti i modi
di ostentare l’arrivo della primavera. Poggiando una mano sul
parquet per
ruotarsi verso l’interno, la vide spuntare ad appena un paio
di metri da lui.
“Erano Yuka e
Sayuri. Mi hanno chiesto se potevo uscire con
loro…” bofonchiò con un tono che
rasentava una malcelata tristezza. Le dispiaceva lasciarlo da solo, ma
le
ragazze avevano insistito così tanto che non seppe dire di
no. E poi, quelle
due avevano cominciato a fare domande un po’ troppo
invadenti. Stando con loro,
avrebbe soppresso ogni dubbio circa il suo interesse per il ragazzo con
il
codino. Non trascorrendo il quattordici
di Marzo con lui, non c’era il minimo timore di
essere scoperta.
Ranma la guardò
per un paio di secondi negli occhi, per poi darle le spalle, ritornando
a
sedere composto, e congedarla con una semplice battuta: “Ok,
va bene. Se gli
altri arriveranno prima di te, li avvertirò io.”
La giovane Tendo
annuì, facendo retrofront e avviandosi verso il luogo
d’incontro delle sue
amiche.
Stupido Ranma!
Quando gli aveva detto che usciva, lui non ha minimamente cercato di
fermarla.
Ma in fondo, cosa poteva aspettarsi? Che le dicesse di trascorrere del
tempo
con lui, da soli per tutta la seconda metà del pomeriggio,
inclusa la sera? No,
da parte non avrebbe attenuto mai niente del genere. Sospirando
affrettò il
passo, scacciando i pensieri opprimenti che non le avrebbero permesso
di
divertirsi.
In verità, era
quello che Ranma, in fondo, avrebbe voluto fare. Ma non voleva nemmeno
immaginare come sarebbe andata a finire. La fidanzata avrebbe
cominciato a
tentare di tirar fuori i suoi segreti più reconditi sul suo
conto, per poi
pretendere una definitiva conclusione.
Per una volta
che avrebbe davvero potuto combinare qualcosa di buono con Akane senza
incorrere a fraintendimenti che successivamente sarebbero sfociati in
litigate
di proporzioni colossali, ecco che telefonavano quelle streghe delle
sue amiche,
invitandola fuori, magari a mangiare, così lui non avrebbe
nemmeno potuto cucinarle
qualcosa per mostrarsi carino nei suoi confronti.
Scocciato da
tutti quei ragionamenti, si alzò di scatto dalla sua
postazione e si diresse in
camera di lei, con l’intento di lasciarle almeno
ciò che le aveva comprato.
Quando
finalmente si fosse decisa a tornare, l’avrebbe trovato sulla
sua scrivania.
NDA
Vi ho fatto
attendere molto, lo so… -.-
Chiedo venia, ma
sapete come sono gli impegni… Fortuna che un po’
di tempo si trova sempre. :P
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** [15th March] ***
White Day
[15th March]
Erano le nove passate quando Akane rientrò a casa e, come previsto, nessuno vi aveva fatto ritorno.
Nemmeno Nabiki era rientrata, eppure Akane sapeva bene che era soltanto rimasta a scuola per il suo turno di pulizie. Di certo, i loro padri si sono messi d’accordo un’ennesima volta a lasciarli da soli per tutta la notte, sperando che succedesse qualcosa fra loro. A quel pensiero, Akane avvampò, per poi scuotere esageratamente la testa e maledicendosi per aver pensato un’oscenità degna di Happosai.
Dedusse inoltre che il ragazzo stesse già in camera sua, siccome il soggiorno era spento, così come il televisore.
Lasciò che quelle convinzioni la accompagnassero fin dentro la sua stanza. Se Ranma aveva deciso di non aspettarla, non poteva certo biasimarlo. Non era stato molto carino da parte sua lasciarlo da solo.
Forse avrebbe dovuto declinare l’invito delle ragazze e restare con lui, ovviamente facendo finta di nulla, ostentando una finta indifferenza. Ma non aveva fatto niente di tutto questo. Convinta com’era delle innumerevoli possibilità di ingaggiare con lui una lite che si sarebbe prolungata per giorni, aveva preferito andare via.
Ma ora se n’era pentita profondamente. Sicuramente litigare non l’attirava granché, ma stare lontana da lui di sua spontanea volontà, nascondendosi dietro la scusa di non poter rifiutare l’invito delle sue amiche, la faceva sentire davvero colpevole.
Arrivò su per le scale, accendendo la luce di camera sua, richiudendosi la porta alle spalle. Con evidente stanchezza, si mise di controvoglia il pigiama, per poi arrivare davanti alla scrivania, trovandovi un oggetto che attirò repentinamente la sua attenzione.
Era un pacchetto simile a quelli ricevuti a scuola, solo che era di un bel color giallo acceso, il suo colore preferito, al contrario di quegli altri, bianchi o rosa. Oltre alle sue amiche ed alla sua famiglia, quasi nessuno ne era a conoscenza. Forse, anche Ranma lo sapeva. Era facilmente intuibile, siccome aveva l’intera stanza tappezzata di quel colore così vivace. Perfino lui riusciva ad arrivarci.
Lo prese fra le mani, sfilando delicatamente il nastrino beige che l’avvolgeva, scoprendovi un rombo di cioccolato bianco di modeste dimensioni. Avrebbe giurato che ci fosse un bigliettino almeno all’interno, ma non vi era traccia.
Se davvero glielo aveva regalato quel baka, avrebbe dovuto ringraziarlo. Ma aveva paura. Non voleva affrontarlo quando adesso era lei quella nel torto, però anche questo era orgoglio, da cui non si sarebbe mai liberata.
Sospirò, spegnendo la luce e mettendosi a letto, osservando insistentemente quel dono poggiato sul comodino. Non aveva neanche il coraggio di assaggiarlo; e se più ci pensava, più era attanagliata dal rimorso.
***
Erano le due e venti del mattino quando Ranma si svegliò di soprassalto. La luna filtrava lucente dalla finestra, permettendogli di vedere l’ambiente circostante. Doveva sicuramente aver fatto un sogno, di cui però non ricordava i particolari.
Improvvisamente sentì bussare alla porta, cosa che lo rese molto più teso di quanto già non fosse. Incerto e sudato dalla testa ai piedi nonostante fosse in maglietta e boxer, chiese: “Uhm, sì?”
“Sono io, Akane. Posso entrare?”
“Eh?” ah, sì certo!” si affrettò a rispondere. Si alzò ed andò ad aprire, scorgendo la piccola Tendo sulla soglia con espressione imbarazzata. Inoltre, stentava a guardarlo negli occhi.
“Cosa c’è? Hai bisogno di qualcosa?”
La giovane ragazza scosse la testa in risposta, assumendo al tempo stesso un colorito più roseo.
“Sei stato tu a… lasciarmi questo sulla scrivania?”
Gli mostrò subito il pacchetto senza mezzi termini, andando direttamente al dunque. Non c’era bisogno di tanti giri di parole, anche perché era notte fonda, e Akane non voleva affatto disturbarlo. Ma la sua improvvisa insonnia non aveva fatto altro che tormentarla e così, per chiarire la situazione prima di passare completamente la notte in bianco, decise di andare da lui.
“Sì,” replicò il ragazzo rabbuiandosi “avrei voluto dartelo qualche ora fa, ma non ne ho avuto l’occasione.” concluse poi con una nota più ironica.
“Scusa se ti ho lasciato solo prima; nascondermi dietro la scusa di Yuka e Sayuri non serve a niente.”
“Oh,” riuscì solo a dire il ragazzo con il codino, cominciando a massaggiarsi la nuca “a dire il vero non è colpa tua, anzi! Sono state quelle due a spingerti ad uscire con loro; perché ti scusi?”
Davvero non ci capiva proprio niente di Akane. Sì, lui avrebbe preferito di gran lunga intraprendere un’accesa discussione con lei pur di rimanerle accanto, ma che lei arrivasse a dire che non aveva scuse per averlo lasciato a casa, mentre lei seguiva le sue amiche… Questo non era proprio da lei.
“Beh, avrei potuto rifiutare” disse ancora lei per aggravare la sua posizione. “E poi, ieri non era un giorno qualsiasi.”
“Stammi a sentire! A me non importa il fatto che ieri era una festività, non ci sono mai andato dietro a questo genere di cose, io!” esclamò lui di colpo con evidente esasperazione nella cadenza di voce. “A me non importa che giorno sia, l’importante è stare insieme, non ti pare?!”
La foga lo aveva tradito un’ennesima volta e, non appena sinceratosi di ciò che aveva detto dallo strabuzzamento d’occhi della sua fidanzata, si coprì la bocca come poté per non lasciar trasparire il rossore che ora gl’inondava le guance. Dal canto suo, Akane prese a sorridere, tanto da non riuscire a tenere la bocca chiusa. Allargò le labbra al punto che anche i suoi denti furono visibili, ed ovviamente, vedendo che aveva innescato nella ragazza tutta quell’emozione, Ranma arrossì ancora più furiosamente. Ma doveva ammettere che osservarla in quell’istante era una delle cose più belle che la vita poteva offrirgli.
“Grazie per averlo detto…” asserì lei d’un tratto con un sorriso meno disteso ma riconoscente.
Ranma doveva essere a corto di risposte decenti da riservarle, siccome ora non apriva la bocca tranne che per respirare. Chissà se era dovuto dalla situazione che si era venuta a creare oppure dal suo stesso sorriso. Quelle rare volte in cui le confessava quanto fosse carina quando sorrideva lei le aveva sempre prese come una presa in giro, anche se una piccolissima parte del suo cervello ci credeva sul serio. Che fosse stato proprio lei a farlo tacere così a lungo?!
“Questo vuol dire che ci tieni a me… Perché tu ci tieni a me, non è vero?”
“Ma come puoi farmi una domanda simile?” replicò lui con tono ipernervoso, arrossendo.
“Beh, penso sia una curiosità ovvia...” ribatté lei. “Voglio dire... So bene che i nostri genitori hanno deciso per noi, ma…”
“Io… non ho mai detto di non tenere a te… Né ti ho confermato il contrario…”.
“Oh,” sospirò la giovane affranta, abbassando lo sguardo “quindi non lo sai nemmeno tu…”.
“Eh?!” fece lui attonito. “NO! S-Senti, io… lo so, invece!!” rimediò infine.
Con il volto completamente paonazzo che rasentava pericolosamente un colorito piuttosto preoccupante, il ragazzo con il codino cominciò ad annaspare nel tentativo di sforzarsi di negare l’affermazione con cui la sua fidanzata aveva appena replicato. Egli si aspettava un bella sfuriata da Akane che però non arrivò, anzi. La giovane Tendo fece tanto d’occhi che Ranma si ritrovò a ringraziare i Kami per non essere svenuto.
“S-Sicuramente,” azzardò, non senza balbettare “tengo a te molto… di più di quanto pensi…!”
D’un tratto, Akane sentì un calore divampare all’interno del corpo come una fiamma. Anche le sue guance divennero rubino, mentre i suoi occhi nocciola cercavano di incontrare quelli di Ranma, il quale voltava la testa da una parte all’altra, non sapendo più dove nascondersi.
Si era esposto, ed anche troppo. Non negò che sarebbe stato allettante uscire da quella infima faccenda con le sue solite battutine, ma era altrettanto vero che veder morire il sorriso di Akane un’ennesima volta dopo tante ed innumerevoli non avrebbe fatto altro che farlo sentire in colpa. E porre riparo a degli errori che possono essere evitati fin dall’inizio era un’idiozia. Fino a poco tempo prima non lo era, ma ora lo pensava seriamente.
Forse erano davvero arrivati alla resa dei conti, senza contare che tutto intorno a loro era a loro favore, specie in quel momento. Nessun genitore, nessuna dannata taccagna scattafoto, nessun pretendente…
Quale occasione migliore si sarebbe presentata? Sperava soltanto che nessuno irrompesse all’improvviso, spezzando così quegli istanti di vantaggio.
Con titubanza, avvicinò il suo viso a quello di lei fino a sfiorarle la punta del naso con il suo.
Sorridendo d’istinto, cominciò ad immaginarsi come sarebbe stato rubarle un bacio, ma censurò subito la sua intenzione non appena realizzò che la ragazza avrebbe potuto andare su tutte le furie. Dopotutto, era un maschio mancato, un lottatore di sumo che lo avrebbe spedito sulla Luna in meno di due secondi. Ma doveva ammettere che era uno spettacolo vederla meravigliarsi per un gesto così inusuale e vederla trattenere il respiro mentre il suo le invadeva il piccolo viso ora leggermente contratto per la vergogna.
Il tempo sembrò fermarsi, lo spazio ridotto a loro e cancellato intorno.
Per Ranma non esisteva più nulla, se non la sua Akane davanti a sé, timida ed infreddolita a causa del pigiama giallo striminzito che indossava, e la sua audacia divenuta improvvisamente più temeraria.
Invece di rilassarsi e lasciarsi andare come la sua mente le suggeriva, Akane serrò ancora più convulsamente le labbra, inarcandole verso il basso. Benché avesse bramato un simile atteggiamento dal giovane che amava da tempo, la ragazza realizzò che non si sentiva pienamente pronta. Tuttavia, ne sapeva perfettamente il motivo: vi era sempre quella convinzione, aleggiante nella sua testa, che lui la stesse soltanto prendendo in giro, negando poi un qualsiasi coinvolgimento da parte sua.
Quel suo modo di porsi la deludeva, trascinandola inesorabilmente in un vortice di insicurezza e rancore che faticavano ad affievolirsi del tutto. Convertirli poi in riappacificazione era un’impresa, specie se entrambi non erano intenzionati a fare il primo passo.
Dal canto suo, il giovane Saotome si rese conto della sua titubanza e, per evitarle ulteriore disagio, si allontanò indietreggiando repentinamente, quasi dovesse staccarsi da una piastra bollente. Forse ad Akane non era piaciuto quel gesto, ma gli parve che la ragazza fosse ancora più dispiaciuta del fatto che avesse interrotto quel semi-contatto.
O almeno, così sembrava.
“Scusami, non volevo farti impaurire…!”
“Ma no!” si affrettò a rispondergli. “Non mi hai affatto impaurito, Ranma. Solo, mi hai preso alla sprovvista. Non hai mai osato arrivare a tanto e…”
“Se non volevi…”.
Ranma fece per bloccarla ma lei ancora più velocemente lo prevenne.
“No, io…” Buttarsi era tutto ciò che in quel momento voleva, anche se non era sicura. “È stato così bello…” Sfoderò un sorriso, uno di quello più dolci, rassicurandolo in un batter d’occhio.
“Avvicinati” gli ordinò lei, infischiandosi di tutti quei timori “e chiudi gli occhi.”
Aveva deciso di baciarlo, dato l’intento che aveva esternato lui, e stavolta, ce l’avrebbe fatta, finalmente.
NDA
…e potete immaginarvi che cosa successe poi! XD
Scusate per questo finale, ma non mi pareva opportuno proseguire, per di più con una scena melensa, cosa che vorrei evitare almeno in questa ff.
Che dire? Sono davvero contenta che abbiate accolto questa mia ideuzza con entusiasmo nonostante io stessa non ne sia pienamente soddisfatta (e quando mai lo sono?)
Come fu per l’inizio dell’estate scorsa, così vi lascio ora: ovvero, nella speranza che qualcosina ancora mi esca dall’ispirazione e dal tempo che ho a disposizione.
Grazie a tutti, davvero! ♥
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2131755
|