And she would fall

di NellieLestrangeLovett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


AND SHE WOULD FALL


Prologo

 Il messo Bamford trotterellava allegramente accanto al giudice, seguendolo come un cane fedele potrebbe fare con il suo padrone. Stavano attraversando insieme il mercato di St. Dunstan, l’unico luogo dove i ceti una volta alla settimana si mescolavano, e ogni tanto lanciavano occhiate sdegnose o curiose alle signore e signorine che passavano, giudicandone alcune sottovoce.

“Mio caro amico” annunciò all’improvviso il giudice, fermandosi fuori dal negozio di un sarto. “Ho finalmente trovato la mia donna ideale”.

E con questo indicò la bancarella di fiori che si trovava proprio lì di fronte, davanti alla quale erano ferme due donne che esaminavano estasiate la merce.
“La moglie del barbiere?” chiese il messo.

“No!” replicò l’altro quasi indignato, lasciandogli intendere che non si riferiva a quella graziosa signora i cui boccoli biondi ricadevano ordinati sulle spalle perfette, fasciate da un elegante abito rosa pallido, ma alla sua compagna i cui capelli castano ramato erano raccolti in due codini bassi e disordinati, il vestito nero con qua e là qualche macchia di farina.

“Oh, la vedova di Lovett” esclamò Bamford, che avrebbe riconosciuto ogni londinese con un solo sguardo. “Sì, mio signore. Un ottimo partito, peccato però per le voci che girano su di lei…”

“Voci?” ripetè Turpin con una nota superiorità. “Quali voci?”

“Ricordate il vecchio Albert Lovett, il proprietario dell’emporio di pasticci di carne di Fleet Street? Ecco l’ha sposata quando lei era ancora una ragazzina, aveva appena sedici anni! Non hanno mai avuto figli e qualche settimana fa… zac!” fece una pausa d’effetto, convinto com’era di aver creato suspense. “Lovett è morto e lei ha ereditato tutto. Ora, Vostra Grazia, capirete che molti credono che sia stata lei ad ucciderlo ed intascare soldi e locale…”.

“Menzogne!” lo interruppe disgustato il giudice. “Menzogne e maldicenze! La signora Lovett è una rispettabilissima donna di cui nessuno, nemmeno io, potrei trovare qualcosa da ridire. E ho intenzione di andare a farle visita domani stesso. Dove avete detto che abita?”.

“Al numero 186 di Fleet Street, mio signore”.

“Bene. Questa sera prenoterò una carrozza che mi conduca fin là” concluse l’uomo compiaciuto. Poi sentì la voce gentile di quella donna che sembrava averlo colpito:

“Oh, Lucy” stava dicendo all’amica bionda, “Le margherite sono in assoluto i miei fiori preferiti! Forse dovrei prenderne un mazzo o due per abbellire un poco il salotto, che ne dici?”

Turpin non udì la risposta, immerso com’era nei suoi pensieri. “Nellie Lovett” si disse piano “Sarai mia”. 


Finalmente mi sono fatta viva xD scusatemi tantissimo se sono sparita per così taaaanto tempo ma ho una quantità inimmaginabile di idee per la testa e nemmeno una, dopo averne scritte due righe, mi sembrava decente. In più mi sono iscritta a Tumblr e quello è un covo di MATTI! Ma lo adoro comunque <3 

Cooomunque, riguardo a questa storia... io amo le Turpett con tutto il mio cuore (anche se il mio unico vero OTP rimangono le Sweenett) e volevo scriverne una da parecchio... quindi ecco il risultato! So che questo capitolo, rileggendolo, non ha molto senso, ma giuro che la storia si svilupperà meglio più avanti. (E so anche che il giudice alla fine sembra parlare da solo come un supercattivo dei fumetti ma sono solo dettagli XD) 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
La mattina seguente Nellie aprì gli occhi e constatò con tranquillità che il posto accanto a lei nel letto era vuoto. Al risveglio doveva sempre ripetersi che Albert era morto. Non le sembrava ancora vero, nonostante fossero ormai passate due settimane.

Decidendo che era stata in lutto a sufficienza per quel bastardo, calciò via le coperte ed indossò uno dei suoi vestiti preferiti, con la gonna a righine bianche e blu, in stile molto marinaresco.

Mentre si legava i capelli per non trovarseli negli occhi mentre lavorava, pensò alla famiglia che abitava sopra di lei. Johanna era stato un vero angelo durante la notte, non aveva pianto nemmeno una volta,  e la sera prima era stata così piacevole che si era offerta di invitare a mangiare i Barker anche quel giorno. E Benjamin era sembrato felice che aveva accettato immediatamente, forse perché Lucy era una cuoca così pessima che probabilmente sarebbe comunque sceso a rubare un pasticcio dopo cena, con la silenziosa complicità della fornaia.

In cucina mise sul fuoco una teiera e si dedicò subito all’impasto che aveva da preparare prima dell’arrivo dei primi clienti, verso mezzogiorno.

Come sempre quando teneva in mano un mattarello la sua mente vagava. E non poteva che focalizzarsi su di lui. Quei capelli castani, perennemente spettinati, quella risata argentina che riusciva sempre a contagiarla, e soprattutto quel sorriso, capace di farla sciogliere in un attimo.

A quando due anni prima un estraneo, un bellissimo estraneo, aveva bussato alla porta dell’emporio chiedendo di poter parlare con il signor Lovett, che però in quel momento si trovava nella stanza del forno. Così Nellie si era presentata e gli aveva detto che poteva riferire lei al marito ciò che quell’uomo dagli occhi scuri aveva da dirgli. E quest’ultimo aveva spiegato che si era presentato per prendere in affitto l’appartamento che si trovava sopra al negozio di pasticci di carne, per usarlo come salone da barbiere ed abitazione. Aveva anche aggiunto che presto sarebbero stati in tre, perché la moglie era incinta. 

E così Benjamin, Lucy -e anche la piccola Johanna- Barker erano diventati inquilini dei Lovett. Ad Albert il barbiere non piaceva, lo trovava un buono a nulla, ma non poteva che provare ammirazione per la sua bellissima consorte, che con i suoi capelli biondo grano, il sorriso dolce, gli occhi blu e i modi eleganti riusciva a conquistare anche l’uomo più duro di cuore del mondo.

La fornaia, al contrario, aveva una certa predilezione per Ben, che in poco tempo grazie ai suoi modi affabili e al suo costante buon umore, era diventato più un amico che un confidente. Presto si accorse anche di essersene infatuata di lui.  Ma l’unico difetto, o almeno così lo vedeva lei, di quell’uomo quasi perfetto era che era profondamente ed irrimediabilmente innamorato di sua moglie.

Ma per quanto i Barker portassero un barlume di luce nella vita di Nellie Lovett durante il giorno, la notte, quando l’allegra famiglia dormiva profondamente al piano di sopra, alla mora sembrava di sprofondare di nuovo nell’oscurità che la tormentava. Quando era sola con il marito. Albert e lei non riuscivano ad avere figli, e questo non faceva che scatenare la ben facile e distruttiva collera dell’uomo, che non faceva che sfogarsi su di lei, sia a livello fisico che psicologico. I primi tempi, frustrato, si limitava a non parlarle per un paio di giorni, per poi ritentare e fallire di nuovo miseramente. Poi con il passare dei mesi aveva iniziato a darle la colpa, a chiamarla stupida, e poi a picchiarla. Ma il peggio era venuto davvero quando aveva cominciato a prenderla con violenza e soprattutto contro la sua volontà, facendola strillare di dolore e per poi lasciarla in lacrime, nuda ed indifesa per terra ai piedi del letto, per andarsene a fare qualche lavoretto notturno giù nella stanza del forno.

Tutta quella sofferenza, quegli incubi che la tormentavano ogni notte, erano segreti che teneva gelosamente e che non voleva rivelare a nessuno, nonostante sia Lucy che Ben sospettassero qualcosa. Indossava abiti con le maniche lunghe per coprire i lividi sulle braccia, cercava di non farsi vedere quando, distrutta e sconfortata, scoppiava a piangere in pieno giorno, apparentemente senza motivo. Era convinta di poter sconfiggere quel mostro di suo marito da sola.

Ma lui ora era morto, quel grassone buono a nulla si trovava sotto terra divorato dai vermi, e lei poteva finalmente tornare serenamente a vivere, con accanto dei buoni amici.

La piccola campanella che si trovava sopra la porta dell’emporio trillò, quasi più allegramente del solito, annunciando l’arrivo di un cliente, ritrascinandola alla realtà.

Leggermente scossa, Nellie si costrinse a sorridere al nuovo arrivato, rendendosi conto con stupore che si trattava del giudice Turpin, un potente e spietato magistrato famoso in tutta Londra.

“Vostra Grazia!” lo salutò allegramente. “E’ un onore avervi qui... cosa posso offrirvi quest’oggi? Un pasticcio, magari? Oppure un bel boccare di birra”.

“In realtà, mrs. Lovett” le rispose lui avvicinandosi al bancone, dietro al quale si trovava la fornaia, tenendo una mano dietro la schiena. “Sono venuto io ad offrirvi qualcosa…” e con questo tirò fuori un bellissimo bouquet di margherite candide, allungandolo verso la mora, che lo guardava a bocca aperta.

“Oh, mio signore” pigolò quest’ultima accettando di buon grado il mazzo di splendidi fiori. “Sono lusingata… che cosa ho fatto per meritarmi quest’incantevole dono?”.

“Niente, e non dovete nemmeno ringraziarmi” si affrettò a dire lui con vocetta falsa. “Credo solo che in questo vostro momento di debolezza- con vostro marito che è venuto a mancare e un negozio da mandare avanti- una bella donna come voi abbia bisogno di una mano amica”.

Nellie avvicinò il viso ai boccioli, crogiolandosi in quel leggero profumo. “Sono i miei fiori preferiti” commentò poi cercando qua e là nelle varie credenze un vaso.

“Sapevate che nel linguaggio dei fiori le margherite simbolizzano l’innocenza?”

Lei lo guardò ammirata. Che lo avesse mal considerato?  “Conoscete il linguaggio dei fiori?”

“Ahimè non interamente. In gioventù avevo letto qualche libro a riguardo, e le informazioni in esso si sono scolpite indelebilmente nella mia mente” replicò lui teatralmente. Nel giro di pochi minuti si era guadagnata la stima di quella sciocca fornaia, ormai era fatta.

“Vi prego, parlatemi ancora del linguaggio dei fiori” lo implorò lei rapita. Quell’argomento la toccava così tanto e non poteva credere che un uomo  che veniva descritto come un vecchio meschino sempre alla ricerca di una donna da usare potesse essere a conoscenza di una cosa così delicata ed affascinante come il linguaggio dei fiori.

“Purtroppo ora devo andare, il lavoro mi chiama” disse lui, salutandola con un sorrisetto e un piccolo baciamano. “Spero di rivedervi presto, mrs. Lovett. È stato un piacere”.

E con questo aveva chiuso la porta alle sue spalle, salendo su una carrozza che lo avrebbe riportato velocemente all’Old Bailey, trionfante. 


Ci ho messo un sacco a pubblicarlo ma eccolo qui, il primo (anzi, secondo contando il prologo) capitolo!!! E che dire... spero tanto che vi piaccia :D 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
Quella sera Johanna era stata meno accomodante della precedente, e aveva passato tutta la cena a strillare e piangere disperata, probabilmente per la stanchezza. Così Lucy, dopo aver finito velocemente il suo stufato, aveva preso la neonata e l’aveva portata al piano di sopra tentando di farla addormentare.

Benjamin si era offerto di aiutare mrs. Lovett a sparecchiare e a lavare le stoviglie e lei aveva accettato di buon grado, tutto pur di rimanere sola con il barbiere.

“Allora… come vanno gli affari?” le chiese timidamente mentre asciugando uno dei piatti che la fornaia gli passava. Forse Nellie avrebbe preferito una domanda meno “formale”, ma si accontentò e rispose con un vago. “Bene… bene… e a voi, mr. B?”

“Oh, benone”. Il silenzio cadde di nuovo, inesorabile. Finirono di lavorare senza dire una parola, ed era molto tardi, quando lei trovò il coraggio per proporgli di bere un bicchiere di gin.

Si sistemarono uno di fronte altro nel piccolo ed angusto salotto della Lovett, svuotando i loro bicchieri non una ma ben tre volte, gli occhi di entrambi incollati al fuoco che ardeva nel camino, nessuno dei due osava parlare, nonostante entrambi fossero alquanto loquaci. Non erano mai rimasti soli così a lungo, c’era sempre stato il pianto di Johanna, la voce di Lucy o un richiamo burbero di Albert a separarli.

Un altro sorso di gin. Ora mrs. Lovett si sentiva decisamente più tranquilla, con il liquore che iniziava ad offuscarle la mente e scioglierle la lingua. Si stiracchiò leggermente. “Le mie povere ossa…” si lamentò massaggiandosi il collo.

Gli occhi scuri di Benjamin si spostarono immediatamente su di lei, le sue bellissime labbra si incresparono in un sorriso. Anche lui bevve di nuovo. “Non invidio per niente il vostro lavoro, mrs. Lovett” disse amaramente “Sempre a correre qua e là per servire i clienti… sempre di fretta… no, non vi invidio per niente!”.

Nellie ridacchiò. “Beh, mr. B” rispose con voce impastata “Non è che io abbia scelto di fare la fornaia, è stato mio marito, a scegliere per me”. Dopo questo si zittì.

Vide lo sguardo del barbiere spostarsi sul vaso di margherite -le margherite che le aveva portato il giudice- appoggiato su uno degli scaffali della piccola libreria. “Che graziosi fiori…” commentò indicandoli.

 “Un regalo del giudice” si lasciò sfuggire la fornaia distrattamente.

Barker sembrò tutto a un tratto più sobrio, pensieroso, quasi preoccupato. “Il giudice? Il giudice Turpin” ripetè e Nellie annuì.

“Non mi piace quell’uomo” constatò “So che cosa si dice di lui, ogni sua azione, specialmente quella nei confronti di una donna, ha un doppio fine”.

“Mr. B!” esclamò scandalizzata la mora “Come potete dire una cosa del genere? È stato un gesto di pura gentilezza… non… c’era alcun… insomma non vuole niente da me, e io non gli permetterò di prendersi niente!”. Arrossì violentemente.

Silenzio. Pesante silenzio che nascondeva tante frasi non dette.

“Come se poi potessi innamorarmi di lui con voi qui…” borbottò sorseggiando altro gin.

“Come? Che avete detto?”

“Niente” si affrettò a rispondere la fornaia, le guance arrossate che bruciavano d’imbarazzo. “Ora perdonatemi, mr. Barker, ma sono stanca e vorrei andare a dormire. Buonanotte”.

E con questo uscì correndo dal salotto, chiudendosi nella sua stanza. A chiave. Il cuore le batteva forte quando si mise con le spalle contro la porta, ansimando. Aveva quasi svelato il suo segreto. Ringraziò che le menti di entrambi fossero offuscate. Giurò mentalmente che non avrebbe più bevuto alcolici in tutta la sua vita, o almeno non davanti ad altre persone. 


Capitolo piuttosto corto piuttosto all'altro che sembrava non finire più, e ne sono soddisfatta :) voi fatemi sapere che cosa ne pensate 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Qualcuno bussò alla porta.

“Avanti” rispose il giudice appoggiando sulla scrivania di legno pregiato il documento che stava esaminando.

Il messo avanzò baldanzoso, il ticchettio sul pavimento dell’elegante bastone da passeggio che accompagnava i suoi passi. Si sedette di fronte al magistrato, levandosi il cappello a cilindro e posandoselo in grembo.

“Allora?” gli chiese curioso “Ieri siete andato a farle visita?”.

Turpin capì in un attimo a chi alludeva il suo ospite. Annuì sorridendo languido. “La piccola e sciocca fornaia è rimasta talmente colpita dalla mia conoscenza del linguaggio dei fiori che mi ha praticamente implorato in ginocchio di farle visita presto”.

Bamford esternò il suo entusiasmo quasi esageratamente, ma poi si corrucciò nuovamente. “Mio signore… perché non avete… agito subito, per modo di dire?” domandò cauto.

Il giudice si lasciò sfuggire una risatina sprezzante. “Mio caro amico” disse divertito “Non voglio di certo spaventarla, no. Vedrai che presto sarà lei stessa a venire da me”.

In questo momento avremmo potuto benissimo paragonare William Turpin ad un ragno, stava tessendo la sua tela di lusinghe e gentilezze, nella quale Nellie Lovett sarebbe rimasta inevitabilmente intrappolata.

Il messo emise una risatina maligna che poteva benissimo sembrare un grugnito. “Allora oggi non andrete a farle visita?”.

“No. E nemmeno domani” rispose annoiato il magistrato. Ma perché stava cercando di spiegare come conquistare una donna ad un uomo del genere, che avrebbe suscitato repulsione a chiunque? “Dobbiamo tenerla sulle spine. Le cose belle accadono a chi ha pazienza e sa aspettare”.

L’altro annui, dimostrando finalmente di aver capito e si rimise in piedi, indossando il cappello a cilindro. C’era ancora una domanda che gli frullava nella testa, ma non aveva intenzione di porla: il giudice avrebbe davvero sposato quella fornaia? Oppure la desiderava soltanto?

Con questo interrogativo che ancora lo tormentava si congedò.

Appena la porta si chiuse dietro al messo, Turpin tirò fuori un enorme tomo riguardante il linguaggio dei fiori e iniziò  a studiarselo in silenzio, sorridendo di tanto in tanto davanti alla stupidità di certe definizioni. Doveva prepararsi a dovere alla sua prossima visita all’emporio di pasticci di carne di mrs. Lovett, non poteva permettersi un passo falso. 


EEEEEECCO QUA IL CAPITOLO 3! So di averci messo un secolo ma fra la scuola e un paio di cosine per il teatro che sto combinando (scrivere un copione che ho appena finito... YAY... e un altro spettacolo) sono davvero incasinatissima :S 

Coooomunque, capitolo corto e "di passaggio" ma che a me è piaciuto... fatevi sapere la vostra opinione!! 

Angoletto "pubblicità": se riesco a finire quel cavolo di interminabile capitolo 39 stasera aggiorno anche "Public Affair" ;) 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

“Che cosa diavolo significa che non ci riesci?!”

“I-io non lo so… pensavo di esserlo ma non è successo”. Era in trappola tra suo marito, che le si avvicinava pericolosamente, ed il comodino.

“Per la terza volta, Nellie. La terza in sei mesi!”

“Mi dispiace, davvero… non so più come fare… io…”. Il viso di Albert era a pochi centimetri dal suo, sentiva il suo alito puzzolente, vedeva il viso contratto in una smorfia di rabbia. Era pronto a colpire, ma lei non sapeva esattamente quando lo avrebbe fatto.

“Non ho salvato quel topo di fogna di tuo padre dalla bancarotta solo per farmi affibbiare una moglie stupida che non può rimanere incinta”.

Nellie abbassò lo sguardo, ferita. “Magari…” non avrebbe ai dovuto azzardarsi ma era stanca di portarsi quel peso dentro, e così senza nemmeno ragionare sulle conseguenze, continuò: “Magari non è soltanto colpa mia…”

“CHE COSA?!” tuonò Albert. “COME TI PERMETTI LURIDA SGUALDRINA?!”. Le tirò un potente schiaffo facendola cadere sulle ginocchia. “DOVE CREDI CHE SARESTI SENZA DI ME?!”. Le afferrò i capelli, trascinandola fino ai piedi del letto.

“Albert… ti prego… i… i Barker” singhiozzò lei.

“NON DIRMI CHE COSA DEVO FARE!”. Le strappò di dosso la leggera camicia da notte, Nellie lottò, cercò di dimenarsi, ma la mole e la forza del marito le impedivano di liberarsi. La colpì di nuovo alla testa.

“POTREI AVERE UN FIGLIO CON QUALSIASI DONNA DECENTE, E INVECE MI SEI CAPITATA TE”

“Stupida”. Si abbassò i pantaloni. Mrs. Lovett voleva scappare, voleva morire ma non aveva via di scampo. “Puttana”. La penetrò, facendola strillare. Dolore, solo e soltanto dolore.

“A-Albert… t-ti scongiuro”

“SILENZIO!”

“Signora Lovett, vi sentite bene?”.

Una voce la riportò alla realtà. Il giudice Turpin la guardava preoccupato, e la fornaia si accorse di avere le guance bagnate di lacrime. Dannazione, stupidi, stupidissimi ricordi.

Annuì, asciugandosi in fretta le lacrime e arrossendo violentemente. Cercò di scusarsi, ma il giudice non gliene diede il tempo perché le passò quasi subito un elegante bouquet di lillà.

“Che cosa significano?” chiese subito lei, la voce impregnata di curiosità infantile.

Turpin prese una pausa d’effetto e poi sfoderò il sorriso più seducente del suo repertorio. “Ho scelto questi meravigliosi fiori proprio per il loro significato, infatti il lillà indicherebbe nel sottile linguaggio dei fiori le prime emozioni di un amore che sta per nascere”

“Oh”. Se possibile, Nellie arrossì ancora di più, ma questo- pensò il magistrato- la rese quasi più graziosa del solito, nonostante gli occhi ancora arrossati e leggermente umidi e il vestito macchiato di farina. Decise che era ora di passare all’azione.

“Mrs. Lovett, vi sembrerei sfacciato se vi chiedessi di accompagnarmi a fare una passeggiata ad Hyde Park con me, la prossima domenica?” le domandò gentilmente, guardandola in quegli eleganti occhi scuri.

“I-io… ne sarei davvero onorata”.

“Allora potremmo vederci a st. Paul domenica dopo la messa?”. Con queste parole e un baciamano, l’uomo era sparito esattamente come l’ultima volta. 


Eeeeeee.... ecco il capitolo nuovo! Eh già, ho voluto inserire un piccolo flashback su Albert (brutto *bip* *bip* grassone *bip* schifoso *biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip*) oltre che un altro momento fra Nellie e il giudice... Spero che vi sia piaciuto :P 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Quella sera Benjamin era andato in servizio a casa di un ricco signore e sarebbe tornato piuttosto tardi, così Lucy era rimasta al piano inferiore con la fornaia gran parte del tempo. Avevano mangiato insieme e per Nellie era stato un piacere cullare la piccola Johanna, che le si era addormentata fra le sue braccia, dopo cena. La faceva sentire come una vera madre.

Così in quel momento le due donne si trovavano sedute su due poltrone opposte nel salotto di casa Lovett, ognuna con in mano un paio di calze o guanti da rammendare.

Lucy faceva il suo lavoro minuziosamente e in silenzio, come una vera sarta. Nonostante l’espressione concentrata sul viso, era comunque graziosa e seduta perfettamente composta, senza lasciarsi sfuggire un suono. A chiunque avrebbe ricordato una di quelle splendide e costosissime bambole di porcellana che si possono trovare nei negozi d’antiquariato.

Mrs. Lovett, al contrario, odiava il cucito con tutta se stessa- essere cresciuta con cinque fratelli più grandi di certo non l’aveva resa più femminile- e da un’ora aveva tentato di rattoppare alla meno peggio i suoi guanti preferiti, con scarsissimi risultati. Alla fine riuscì anche a pungersi con l’ago appuntito che stava usando. “DANNAZIONE!” strillò rischiando di svegliare la bambina che dormiva pacificamente fra le braccia della bionda di fronte a lei.

Quest’ultima scosse la testa e alzò lo sguardo. “Preferirei che non imprecassi di fronte a mia figlia, Eleanor” disse con calma ma con la voce che trapelava di disapprovazione.

La fornaia alzò un sopracciglio e rispose: “Ha diciotto mesi, Lucy. Non può capire quello che dico”.

“Ma non avrà diciotto mesi per tutta la vita, Eleanor. Presto Johanna crescerà e non voglio che impari brutte abitudini”

Nellie era sempre più stupita dalla piega che stava prendendo quel discorso. Certo, non era una santa, ma non poteva essere poi un così cattivo esempio per una bambina. Lucy non era particolarmente sua amica, certo erano in buoni rapporti e qualche volta passavano del tempo insieme, ma non era così facile provare simpatia per lei, dato che era sposata con l’unico uomo che la mora avesse mai amato.

Lucy, la bellissima Lucy. Sempre perfetta, sempre appropriata alla situazione. Desiderata dagli uomini, invidiata dalle donne. E ora si metteva a rimproverarla?

“E con  questo cosa vorresti dire?” ribatté seccata.

“Niente, Eleanor, assolutamente niente” rispose la bionda in tono innocente. Ma la realtà non era quella, ed entrambe lo sapevano bene, e infatti riprese subito la frase: “Soltanto che…”

La fornaia era decisa a non ascoltare una parola di più, così scattò in piedi. “Buonanotte, Lucy” la interruppe avviandosi verso la porta. Si fermò sulla soglia e, senza nemmeno voltarsi, aggiunse: “E spegni il camino prima di andartene, se non ti dispiace”. 


I'M BAAAAAACK. E con un briciolo di ispirazione in più (il che non guasta). Questo capitolo mi piace più di molti altri che ho scritto, e sono curiosissima di sapere voi che cosa ne pensate di questo Lucy vs Nellie! Purtroppo questa settimana sono incasinatissima con tutte le cose che ho da fare, visto che domenica mattina parto per... LONDRA! *W* Sono troppo entusiasta, non vedo davvero l'ora! Quindi cercherò di caricare almeno un altro capitolo prima di partire, intanto spero che questo vi piaccia, anche se è un capitolo "di mezzo"

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Non era abituata ad andare a messa, la domenica normalmente era troppo occupata per comportarsi da brava cristiana come facevano quei ricchi aristocratici, che di tempo libero ne avevano abbastanza e di soldi a palate senza dover alzare nemmeno un dito.

Probabilmente l’ultima volta che aveva messo piede in una chiesa era stato per il funerale di Albert, qualche settimana prima. E ora si ritrovava a fissare con sguardo vacuo il contenuto del suo armadio, indecisa su come diavolo vestirsi.

Di certo doveva trovare un abito che non fosse sporco, vecchio, poco elegante o rovinato e questo escludeva metà del suo guardaroba. Esaminando tutti i capi d’abbigliamento più preziosi che aveva, la maggior parte era parte della sua dote quando si era sposata, alla fine optò per un abito grigio e nero che le lasciava le spalle scoperte, che comunque avrebbe coperto con uno scialle scuro.

Si legò i nodi del corsetto più stretti che potè e si infilò con cura il vestito, facendo attenzione a non sgualcire la gonna. Infine indossò i suoi vecchi, e un po’ consunti, stivali con il tacco.

Decise di lasciare i capelli sciolti sulle spalle, per una volta, invece di legarli, in fondo non l’avrebbero infastidita molto, visto che non doveva passare la mattinata a testa china sul bancone. Tentò anche di dare un po’ di colore alla pallida pelle ma fallì miseramente. Alla fine, mediamente soddisfatta del suo aspetto, indossò il vecchio cappotto di Albert- che con l’aiuto di Lucy era riuscita a rendere più femminile- e uscì dall’emporio.

Arrivò fuori da st. Paul appena la funzione domenicale era finita e la folla si riversava fuori dalla cattedrale per saltare sulla propria carrozza o a tornarsene a casa a piedi. Nellie si sentì una stracciona alla vista di tutte quelle ricche signore ingioiellate ed elegantemente abbigliate.

Ebbe l’impulso di andarsene immediatamente, di tornarsene dove doveva stare, tra la gente povera, e di trovare una scusa da affibbiare al giudice nel caso si fosse fatto rivedere all’emporio. Si sentiva umiliata, a disagio fra tutti quegli aristocratici che di certo non dovevano mettersi a contrattare con i venditori al mercato pur di abbassare al massimo i prezzi. E pensare che era così orgogliosa, quando era uscita di casa, si era sentita quasi affascinante, ma di fronte a quel trionfo di acconciature elaborate, abiti di seta costosissimi e preziosi orecchini di perla, si sentiva di valere meno di una pezzente.

Era già sul punto di voltarsi, quando una mano le sfiorò gentilmente il braccio.

“Signora Lovett” la salutò gentilmente il giudice, elegantissimo nel suo completo scuro. “Lasciatemi dire che siete veramente bellissima” le disse abbassandosi per farle un galante baciamano.

La giovane fornaia arrossì violentemente, sentendosi addosso gli occhi di tutti i presenti ed in effetti parecchie signore si erano girate a guardala con invidia. La domanda che aleggiava nell’aria era semplice: perché il famoso e facoltoso giudice Turpin si metteva a corteggiare- perché quello non poteva che essere un corteggiamento- una sempliciotta del popolo come quella donna mora che aveva appena accettato con un sorriso dolce il braccio dell’uomo e che si stava allontanando con lui?

Non passò molto e la coppia arrivò ad Hyde Park dove passeggiarono fra gli alberi, parlando del più e del meno.
“Quindi vi siete sposata molto giovane?” le chiese il magistrato.

Lei annuì. “Avevo diciassette anni. Albert aveva tirato mio padre fuori da una pessima situazione economica, e lui come ricompensa pensò bene di offrirgli la mano della sua unica figlia…” rispose lei amaramente.

“E voi che cosa ne pensavate?”

“Io… io mi opposi con tutta me stessa… non era quella la vita che sognavo ma…” si fermò, incapace di continuare. Parlare del suo disastrato matrimonio la faceva solo soffrire, se poi si aggiungeva il fatto che non potevamo avere bambini era ancora peggio.

Abbassò la testa, gli occhi che le si riempivano di lacrime, ma sentì due dita che le sfioravano una guancia. Dita lisce, morbide, gentili. Di certo non le mani di un lavoratore e di certo non le mani del suo defunto marito.

William le sorrise e abbassò lentamente la testa a sua volta, come per lasciarle intendere che aveva capito e lei non potè che ricambiare quel sorriso, mentre lui le porgeva un fazzoletto candido con ricamate le sue inziali.

Quando la fornaia fece per restituirglielo, lui con un gesto lo rifiutò e i quel momento entrarono per pochi secondi in contatto fisico.

“Mia cara!” esclamò il magistrato prendendo una pallida manina di lei fra le sue, ben più grandi “Ma voi avete le mani congelate”

“Sì” replicò lei imbarazzata, arrossendo come una timida adolescente. “I miei guanti si sono rotti e non c’è verso di ripararli”. Ripensò a quello che era successo la sera prima, quando aveva abbandonato il suo lavoro di cucito dopo il litigio con Lucy.

“Non ne avete un altro paio?”

Nellie scosse la testa, senza alzare lo sguardo. Il giudice a quel punto la trascinò sulla strada del ritorno, senza una parola. Uscirono dal parco e lei si lasciò condurre fino al negozio di un sarto, e a quel punto la fornaia capì. Tentò di ribellarsi, di convincerlo che non era il caso, ma William era irremovibile e la spinse gentilmente all’interno.

Mrs. Lovett si trovò davanti uno splendido vestito azzurro pastello ornato di orli e pizzi bianchi e si fermò ad osservarlo a bocca spalancata, come farebbe un bimbo davanti ad un enorme regalo di Natale.

Poi però lanciò un’occhiata al prezzo e scosse la testa. Troppo, decisamente troppo, per lei. così si concentrò sui guanti, scegliendone un paio neri di lana, molto sofisticati.

Quando arrivò il tempo di pagare fu Turpin a tirare fuori il borsellino, nonostante le proteste di lei. Indossato il nuovo acquisto, i due si incamminarono di nuovo nelle strade di Londra, ricominciando a conversare amabilmente. 

Di nuovo, sono imperdonabile. Non aggiorno da mesi, ma fra i vari impegni e le altr 3000 ff incomplete che ho il tempo per dedicarmi a tutto è poco... e poi è LUI *indica Tyrion Lannister di Game of Thrones* che mi distrae dalla scrittura! In ogni caso, tanto per cambiare è il giudice a pagare per lei (questa è e sarà una cosa che capiterà spesso anche in seguito) e fa il gentiluomo come sempre. Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate, e spero mi perdonerete per la luuuuuuuunga attesa! 

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