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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era arrivato il momento. Il suo momento. Lo aveva sognato, desiderato, bramato. Era diventato un’ossessione. Sin da bambino aveva cercato in tutti i modi di distinguersi, di dimostrare che anche lui valeva qualcosa, ma ogni volta incorreva sempre in una cocente delusione. Non bastavano le attenzioni di sua madre e i suoi continui incoraggiamenti; al contrario, quei forzati e goffi tentativi di farlo sentire uguale agli altri lo umiliavano, rendevano ancora più evidente la distanza che lo separava da quel mondo che gli era precluso. Ma adesso poteva finalmente dire basta, prendere in mano la propria vita e dimostrare a tutti che essere cresciuti all’ombra dei propri fratelli e dei propri genitori può avere i suoi vantaggi: chi potrebbe mai pensare che un piano così elaborato come quello che di lì a poco avrebbe cominciato a prendere forma, fosse il parto del suo cervello? Avrebbe gustato fino in fondo la sua vendetta mentre l’evolversi degli eventi andava già a suo vantaggio. La partita era iniziata e le sue pedine erano pronte a eseguire i suoi ordini. Dargli scacco non sarebbe stato facile.
 
 
 
La pioggia incessante e la nebbia che non accennava a diradarsi, rendevano ancora più pesante e opprimente l’atmosfera di quella giornata. Il mondo magico piange la prematura scomparsa del suo Ministro Kingsley Shacklebolt: così titolava la Gazzetta del Profeta in quel funesto primo venerdì di Novembre. Chiunque avesse voluto partecipare alle esequie avrebbe solo dovuto seguire con lo sguardo la folla che si assiepava nei pressi di una verdeggiante radura al cui centro, ben visibile, era stato allestito un palco, per consentire alle varie autorità di elogiare e ricordare le virtù del defunto. Come sempre accade in circostanze come questa, solo espressioni encomiastiche sarebbero state pronunciate dai vari oratori; nessuna critica, nessuna polemica, forse solo un leggero velo di ipocrisia che, anche se palese, sarebbe stata comunque perdonata. 
Il corteo funebre, avvolto da un irreale quanto mesto silenzio, era costituito da tutti i maghi e le streghe che erano riusciti in breve tempo a raggiungere Londra. Era sembrato strano a molti che i preparativi del funerale avessero richiesto così poco tempo, data l’eccezionalità di un evento così imprevisto. Eppure per quanto la notizia della morte del Primo Ministro avesse fatto clamore, nessuno ancora aveva osato chiedersi come questa fosse avvenuta e quali ne fossero state le cause. Il tempo delle domande era stato momentaneamente rimandato.
Dopo la sepoltura la folla cominciò a disperdersi e un orecchio attento avrebbe potuto cogliere i primi commenti appena sussurrati:
-Davvero non capisco…come può essere accaduto? Era un uomo così energico! - disse più a sé stessa che a qualcuno in particolare una donna grassoccia con spessi occhiali da vista.
-Non è possibile che sia morto all’improvviso…- sembrò farle eco una donna il cui viso era completamente coperto da una pesante sciarpa rossa.
-Si dice che i suoi collaboratori abbiano cercato di nascondere il suo grave stato di salute – disse un uomo tarchiato dalla lunga barba nera, facendo attenzione che le sue parole venissero appena udite. 
-Nessuno ha il coraggio di dirlo ma secondo me è stato eliminato! Tutte quelle riforme che miravano a  rendere il nostro mondo più moderno e aperto al cambiamento hanno destato un certo malcontento e questo è il risultato! – gli rispose il mago dal volto rubizzo che lo accompagnava.
Due uomini e due donne, appena in disparte, avevano udito questi discorsi e camminando in direzione di una piccola taverna, non poterono fare a meno di avanzare anch’essi delle ipotesi e trarne poi le dovute conclusioni:
-E’ innegabile che ci sia qualcosa di strano in questa morte…qualcosa di poco chiaro – disse la strega dai folti capelli bruni.
-Non credere di essere l’unica a pensarlo – aggiunse l’uomo dai capelli rossi che avanzava a passo lento accanto a lei.
-E questo quando lo avrei detto Ron? Sentiamo! – rispose lei piuttosto irritata.
-Non è necessario che tu lo dica…lo rende evidente la tua proverbiale presunzione.
-Stammi a sentire! Se pensi che…
-Adesso basta! – tuonò la voce della giovane donna che li accompagnava – E’ mai possibile che ogni cosa diventi per voi una scusa per litigare? Siete davvero insopportabili!
Il tono e le parole usate furono sufficienti a spegnere ogni altro tentativo di discussione e a far piombare nel silenzio quella reciproca ostilità che ormai era diventata sempre più evidente.  
-Ginny – disse il mago che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare senza intervenire, per non peggiorare ulteriormente la situazione – sai come sono fatti…calmati.
-Hai ragione Harry, devo calmarmi. A volte però penso che se li schiantassi la farebbero finita una volta per tutte!
-Non c’è bisogno di ricorrere a metodi tanto drastici Ginny. Tolgo subito il disturbo – disse Hermione con freddezza.
-Non è necessario. Sarò io ad andarmene. – rispose Ron mostrando un forte disappunto.
-Ci risiamo… – aggiunse Ginny ormai rassegnata.
-Che ne dici se li lasciassimo qui? Prima o poi dovranno firmare una tregua e tornare a casa se non vogliono congelare qui fuori. – disse Harry rivolgendosi alla moglie.
-Tu dici? Io non credo…perché non inviti Hermione a bere qualcosa di caldo con te nella taverna mentre io cerco di calmare Ron?
-Forse è meglio. Ti aspetto dentro.
Anche se non fu facile, si riuscì a porre fine ad una diatriba che sembrava non volesse concludersi. Hermione ed Harry, i due vecchi amici che avevano affrontato avventure e peripezie che nessuno, neanche nei suoi sogni più vivaci, aveva solo osato vivere, si ritrovarono seduti ad un tavolo accanto al camino acceso.
-Vuoi dirmi cosa sta succedendo tra te e Ron? Negli ultimi tempi litigate più del solito…sembra quasi che non riusciate a fare altro che punzecchiarvi a vicenda! – disse Harry visibilmente preoccupato.
-Cosa vuoi che ti dica…tra noi le cose non funzionano più. E’ evidente! Non ha più senso nasconderlo e fingere che i nostri siano i banali litigi di una coppia sposata da quasi quindici anni, perchè non è così…
-Hermione io non posso credere che…
-Basta così Harry! Apprezzo il tuo interessamento ma non credo che tu possa fare qualcosa per aiutarci. – con queste decise parole la giovane donna mise fine ad un tentativo sincero, seppure maldestro, di minimizzare la crisi che il suo matrimonio stava attraversando. Una crisi che ormai li stava allontanando sempre di più. Se i figli fino a quel momento erano riusciti a preservare con la loro solo presenza un’illusoria serenità familiare, con la loro partenza, tutto era venuto inevitabilmente a galla: le incomprensioni, le mancanze di entrambi, non erano più bilanciate da quella passione giovanile che i primi anni di matrimonio aveva permesso loro di superare tutte le enormi differenze che caratterizzavano il loro rapporto. Era inutile nasconderlo…lei e Ron appartenevano a due mondi troppo lontani tra loro, due mondi che non si sarebbero mai incontrati e, per la prima volta, complice la maturità, ne erano entrambi consapevoli. Perché continuare questa farsa allora?
Harry aveva capito ormai da tempo che le cose tra i suoi due amici erano cambiate e che il loro rapporto si era lentamente deteriorato. Anche se non era facile da accettare bisognava guardare in faccia la realtà e cercare di stare vicino ad entrambi aiutandoli ad affrontare questo nuovo stato di cose.
Fu Hermione, improvvisamente, a rompere il silenzio per rivolgersi all’amico e dirgli:
-Tornando a quanto è accaduto al nostro Primo Ministro, credi davvero che sia morto per cause naturali?
Harry si destò dai suoi pensieri e guardò la giovane con una certa apprensione:
-Credo di sapere cosa ti passi per la testa Hermione, ma non ci sono né prove né indizi che possano far pensare ad altro.
-Ne sei proprio sicuro? O sarebbe più appropriato dire che noi non abbiamo alcuna prova o indizio? – lo sguardo che accompagnava le parole della strega diventava sempre più penetrante.
-Non posso negare che il ministero ultimamente sia diventato un vero covo di veleni e dissapori…sembra quasi che sia stata innescata una bomba pronta ad esplodere – rispose Harry visibilmente turbato.
-Pronta ad esplodere dici? – disse Hermione con una punta di sarcasmo nella voce - Io direi che con questa morte, la bomba è esplosa eccome!
-Cosa vuoi dire? – riprese il mago, ormai sicuro di cosa l’amica stesse insinuando - Che la morte di Kingsley è stata premeditata dai suoi oppositori politici?
Invitandolo con un chiaro gesto ad abbassare la voce, Hermione guardò Harry e gli disse:
-Non credo che questo sia il posto più adatto per parlarne ma non puoi negare che le ultimi leggi emanate dal suo governo abbiano dato non poco fastidio ai membri dei partiti più conservatori.
-Si, questo è vero – rispose Harry - Ma ne converrai anche tu che da qui a dire che qualcuno abbia addirittura deciso di uccidere il Primo Ministro, ce ne corre!
Con un lieve sorriso Hermione disse:
-Non mi stupisce più nulla dopo quello cui ho assistito nella mia vita, fino ad ora.
-Su questo non posso che essere d’accordo con te – aggiunse l’amico rivivendo con quella breve frase e in un battito di ciglia gli anni passati ad Hogwarts.
Alzando lo sguardo dal caldo liquido scuro che nella taverna polverosa in cui si trovavano osavano chiamare the, Hermione notò la presenza della cognata che infreddolita si dirigeva verso di loro.
-E’ arrivata Ginny – disse, rivolgendosi ad Harry.
Sedutasi accanto al marito, la strega dai capelli rossi prese la parola:
- Hermione credo di essere riuscita a far sbollire il tuo caro maritino. E’ a casa che ti aspetta.
-Ti ringrazio – fu la risposta appena sussurrata -  ma non era necessario che ti disturbassi, davvero – in cuor suo ringraziava Ginny ma non si illudeva di certo che Ron la aspettasse a braccia aperte. E a dire il vero, neanche le interessava.
-Sarà meglio che vada – disse ad un tratto, alzandosi dalla sedia e indossando la sua sciarpa preferita -  Harry, pensa a ciò che ti ho detto. Avremo modo di riparlarne. A presto.
Con queste poche parole, uscì dal locale lasciando dietro di sé una scia di discorsi interrotti, alcuni dei quali trovarono voce nelle domande di Ginny:
-Cosa voleva dire? Di cosa avete parlato?
-Della morte di Kingsley – rispose Harry, con uno sguardo vacuo, quasi assente - Hermione è convinta che ci sia qualcosa di inspiegabile dietro tutta questa vicenda ed io, per quanto ritenga la sua teoria inverosimile, non posso ignorare i suoi sospetti.
      Cambiando repentinamente e quasi brutalmente discorso, Ginny disse:
- Credi che si lasceranno?
-Di chi parli? – le rispose un sorpreso Harry, ancora chiaramente rapito da tutt’altri pensieri.
-Di Hermione e Ron, naturalmente! – sembrò rimproverarlo la moglie.
-Non lo so Ginny, davvero non lo so – riprese il mago osservando i ceppi del camino che scoppiettavano - Posso solo dirti che ho una strana sensazione. Non so perché ma comincio a temere che presto dovremo affrontare qualcosa di ben più grave della fine di un matrimonio.
 
      

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


      Capitolo 2
 
 
 
Era scritto su tutti i giornali. Un’intera popolazione che fino a quel momento aveva vissuto le proprie giornate nella più noiosa e ripetitiva routine, aveva trovato qualcosa di nuovo di cui parlare. Nei piani alti del Ministero qualcuno avrebbe cominciato a porsi delle domande, ad alimentare i primi sospetti, senza però riuscire a cavare un ragno dal buco. Sapeva che era solo questione di tempo. Le prime vittime del suo piano anche da morte avrebbero parlato. Era inevitabile, dato che era stato necessario testare i suoi esperimenti su cavie inconsapevoli, sacrificate per raggiungere i suoi scopi: “Feccia!”, aveva pensato: “Solo feccia inutile che ha sprecato un dono e un potere straordinari. Meritano di morire. Per la prima volta saranno davvero utili a qualcosa.”Non si faceva illusioni. Prima o poi un legame, un sottile legame tra i fatti inesplicabili dell’ultimo anno sarebbe stato scoperto. Era sicuro però che nessuno avrebbe mai potuto fermarlo. Solo un mago sarebbe stato in grado di farlo, ma era morto durante la II guerra magica. Un diabolico sorriso si dipinse sul suo viso. La vendetta non aveva quel sapore amaro del quale gli avevano parlato da bambino…oh no…quello che sentiva sul palato era un sapore meravigliosamente dolce.
 
 
 
 
-Cerchiamo di essere onesti, almeno tra noi, Douglas! Non possiamo fingere che siano coincidenze – con queste parole un anziano mago dal volto rugoso sperava di rendere chiara, una volta per tutte, la sua posizione riguardo all’intricata faccenda che da mesi lo aveva reso insonne.
-Non è questa la mia intenzione, Marshall – rispose un uomo più giovane seduto davanti al camino, sorseggiando un bicchiere di whisky che aveva generosamente riempito più volte da quando si trovava lì. - Ma sai meglio di me che giungere a questo tipo di conclusioni sulla base di semplici congetture, è alquanto rischioso.
-Può darsi. Ma non fingerò che tutte queste morti sospette non abbiano una radice comune.
Era innegabile che qualcosa che sfuggiva al loro controllo stava accadendo e per questa ragione, chiusi nell’ufficio del Primo Ministro, il giorno successivo alla sua morte, i due uomini attendevano l’arrivo del segretario personale di Shacklebolt, Bradford Stevens, e dell’alto ufficiale Percy Weasley. I rintocchi del pendolo che riecheggiarono nella stanza e il bussare appena accennato alla porta, interruppero la conversazione:
-Avanti – disse l’anziano mago fissando la porta.
-Vice Ministro Douglas, Direttore Marshall. Scusate l’attesa – disse il giovane mago dai capelli rossi e lo sguardo severo, entrando con piglio sicuro nella stanza.
-Signor Weasley, prego, si accomodi. Vedo che il Signor Stevens è riuscito a contattarla in tempo per questa nostra..ehm…piccola riunione. La pregherei di chiudere. Non è necessario che le dica quanto riservato sia questo incontro.
-No, infatti. Non è necessario – e con queste parole l’alto ufficiale si accomodò su una grande poltrona invitando con un gesto, appena percettibile, il segretario a fare altrettanto.
-Ora che siamo tutti qui, direi che possiamo iniziare – cominciò il Vice Ministro, schiarendosi la voce – Non perderò tempo in inutili giri di parole e cercherò subito di arrivare al dunque: ci è appena giunta notizia di altre due morti sospette avvenute tre giorni fa presso Azkaban.
-Cosa? – lo interruppe Weasley – Perché non sono stato subito informato?
-Lo abbiamo saputo solo oggi pomeriggio – gli rispose il Direttore Marshall – Su nostro ordine i corpi dei due detenuti sono stati condotti nel centro ricerche del San Mungo, in un reparto speciale.
-Cosa intende per “reparto speciale”? – chiese Stevens.
-Temiamo che queste morti siano da imputare ad un’unica causa. Un’infezione forse, che si sta diffondendo provocando l’estensione del contagio all’interno della nostra prigione – riprese il vecchio Vice Ministro.
-Una possibilità del genere non mi stupisce – disse l’alto ufficiale – Ma cosa ha a che vedere tutto questo con la morte di Shacklebolt?
La risposta tardò ad arrivare. I due maghi più anziani sembrava sapessero che una volta pronunciate quelle parole, ciò che fino a quel momento era solo un sospetto, sarebbe diventata una certezza. Fu Douglas a parlare per primo.
-E’ probabile, ma badate bene che al momento si tratta solo di un’ipotesi, che il nostro Primo Ministro sia morto nello stesso modo.
Nello sbigottimento generale nessuno prese la parola. Quella frase aleggiava ancora nell’aria, come se il suono della voce di chi l’aveva articolata avesse preso sostanza e corpo, fino a diventare una presenza minacciosa e foriera di temibili implicazioni.
-Non posso crederci…come fate a dirlo? – fu Stevens il primo a rompere il silenzio.
-Presentava gli stessi sintomi di tutti gli altri e su questo non ci sono dubbi – osservò Weasley con un filo di voce.
-Allora lo avete sospettato anche voi?! E’ così? – disse ansante il Direttore.
-Sono stato accanto a lui fino al giorno della sua morte. Ho sentito il suo respiro farsi sempre più debole, senza che nessuno potesse fare nulla per lui. Avevo letto i rapporti delle strane morti di Azkaban e avevo cercato di non far trapelare la notizia al di fuori delle mura del Ministero, nel timore che qualcuno potesse pensare che le nostre misure di sicurezza all’interno della prigione fossero disumane. Avrebbero urlato allo scandalo! Avrebbero pensato che eravamo spietati con i detenuti, facendoli vivere in condizioni precarie ed esponendoli alla possibile diffusione di epidemie. Noi sappiamo che non è così che stanno le cose, ma vedendo il nostro Ministro così provato e debole non volevo sottoporlo a questo ulteriore stress emotivo.
-Posso comprendere le vostre intenzioni – fu la semplice risposta del Vice Ministro – Anche voi dunque siete d’accordo con noi nel sostenere che siamo soggetti ad un rischio reale che può mettere in pericolo l’intera popolazione?
-Non possiamo dirlo con certezza – disse Marshall interrompendo il collega – Non è stata effettuata alcuna analisi approfondita, né nel corpo di Shacklebolt né in quello dei prigionieri.
-Facciamola allora! – lo incalzò Weasley – Autorizziamola e cerchiamo di scoprire la verità!
-Non così in fretta giovanotto – affermò il vecchio Douglas – Anche io credo che sia necessario approfondire questa faccenda, senza lasciare nulla al caso, ma dobbiamo procedere con molta attenzione. Discrezione e segretezza, queste saranno le nostre parole d’ordine.
-Ma… - tentò di obiettare il giovane mago.
-Nessun “ma” Signor Weasley. Se una sola parola uscisse da questa stanza, Merlino solo sa cosa potrebbe accadere. Si inciterebbe il panico! Come crede che reagirà la popolazione all’idea che potrebbe esserci un’epidemia misteriosa che ha già causato la morte di almeno venti persone? Si scatenerebbe il caos! La paura è una pessima consigliera.
-Ha ragione Signore, però… - insistette Percy Weasley.
-Fidatevi di ciò che vi dico, amico mio – riprese il Vice Ministro – Faremo tutte le indagini necessarie e verremo a capo della faccenda. Avvertirò personalmente il responsabile del laboratorio di ricerche del San Mungo. E’ una mia vecchia conoscenza e farà ciò che gli chiederò. Solo quando avremo abbastanza informazioni, decideremo il da farsi.
-Va bene, Signore. Aspetteremo.
-Direi che possiamo ritenere questo capitolo chiuso, almeno per il momento – concluse il Direttore – Non appena ci saranno novità verrete subito informati.
A queste parole, Weasley fece per alzarsi e raggiungere la porta, ma fu subito fermato dal Vice Ministro:
- Un’ultima cosa prima che andiate via. Nessuno deve sapere cosa ci siamo detti qui, è chiaro? Nessuno! Neanche Harry Potter – e quest’ultimo nome fu accompagnato da una certa durezza nella voce del vecchio mago.
- Non preoccupatevi, Signore – rispose Percy – Io ho una sola parola.
E così dicendo, l’alto ufficiale uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.
 
 
 
 
Conosceva bene quei corridoi, li percorreva ogni giorno ormai da cinque anni. Quello però non era un giorno come gli altri, non dopo il colloquio che aveva avuto con il suo superiore, il dott. Marley: “Si tratta di una cosa molto delicata, ma so che di lei posso fidarmi”. Con questa semplice frase le aveva affidato una missione della massima importanza e segretezza, un incarico di cui nessuno, salvo due dei suoi più stretti collaboratori, ne sarebbe venuto a conoscenza. Entrò con una certa riluttanza nel suo laboratorio, indossò una particolare tuta e pronunciò un incantesimo di protezione che lei stessa aveva inventato, anche se non sapeva, in quelle circostanze, quanto sarebbe stato efficace. Prese tutto ciò che poteva tornarle utile e si recò nella stanza che da circa due mesi era diventata off limits per quasi tutto il personale del San Mungo. Una stanza appositamente costruita nei sotterranei dell’ospedale, lontana dai vari reparti per motivi di sicurezza.
-Dott.ssa Cox, la stavamo aspettando – disse un giovane ragazzo sollevando lo sguardo da uno strano aggeggio simile ad un microscopio babbano.
-Buongiorno Hugh. Ci sono novità?
-Non ancora. I risultati saranno pronti solo tra un paio d’ore. Pearl ce li farà avere il prima possibile.
La tensione era palpabile. Morti sospette, un possibile rischio contagio, lo spettro di un’epidemia dalle cause misteriose. Queste parole continuavano a rimbombare nella testa della giovane dottoressa. Per via dei suoi studi, non era di certo nuova a malattie e infezioni da imputare a batteri magici, eppure aveva ben presto capito che ciò che si ritrovava ad affrontare adesso era qualcosa di ben diverso. Qualcosa di cui non riusciva a venire a capo. Gli unici colleghi che come lei erano a conoscenza di ciò che stesse accadendo, erano sì capaci e competenti, eppure sentiva che era necessario l’aiuto di un’altra persona, una cara e vecchia amica alla quale aveva dato appuntamento a casa sua quel pomeriggio. Era una donna brillante che aveva deciso di seguire una strada diversa dalla sua, malgrado avesse più volte dimostrato di avere un’innata predisposizione per le scienze mediche. Non appena avrebbe avuto i risultati sarebbe corsa a casa, cercando di comporre un primo pezzo di quell’intricato puzzle che stava assorbendo tutta la sua attenzione ormai da un paio di settimane. Aveva raccolto diverse informazioni utili ed era anche riuscita ad elaborare alcune prime e utili ipotesi, ma sentiva che ancora qualcosa le sfuggiva. Forse le analisi che stava aspettando avrebbero gettato un lieve fascio di luce su quella vicenda e l’incontro che l’attendeva, avrebbe dato i frutti tanto sperati. Ancora due ore e poi una prima risposta ai suoi tanti quesiti sarebbe, forse, arrivata. Ancora due ore.
Il tempo passava lento, troppo lento finchè finalmente la porta della stanza di sicurezza si aprì:
-Dott.ssa sono arrivati! – urlò con entusiasmo una giovane dall’aria allegra.
-Finalmente! Coraggio, fammi vedere – Miranda Cox sfogliò velocemente le pergamene che la sua collega le aveva consegnato e dopo qualche attimo di esitazione, alzò lo sguardo e disse:
-Era come pensavo…non c’è più alcun dubbio.
-Dott.ssa…- sussurrò Hugh cercando di attirare l’attenzione della donna.
-Devo tornare subito a casa – riprese Miranda senza prestare attenzione al tentativo dei due giovani scienziati di sapere cosa stesse succedendo – Vi spiegherò tutto domani. Ora devo proprio andare.
Velocemente uscì dalla stanza percorrendo il lungo corridoio. Controllò in tutta fretta di avere con sè i suoi appunti, guardò l’orologio sperando che la sua amica non la stesse già aspettando e si preparò per smaterializzarsi. Infine un debole pop, e il sotterraneo tornò deserto.    

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
 
“Così non vale! Non potete volare con le vostre scope!”. “Prova a prenderci se ti riesce!”. Ricordava bene quel lontano pomeriggio d’estate. Da bambino amava trascorrere intere giornate all’aria aperta: l’odore dell’erba bagnata dalla brina, il suono delle foglie mosse dal vento, il calore dei primi raggi del sole all’alba, la natura che si schiude tra i petali di un piccolo fiore, tutto era per lui uno spettacolo meraviglioso. Era abituato a  vivere questi rari momenti di bellezza in solitudine, eppure quando si ritrovava a pensare quanto diversa fosse la sua vita rispetto a quella dei suoi fratelli, un moto di rabbia lo assaliva. Perché non era come loro? Perché quella stessa natura che amava tanto era stata così ingiusta con lui? Oggetto di scherno di amici e parenti, giurò ben presto a sé stesso che nessuno avrebbe più osato prendersi gioco di lui. Lo aveva deciso proprio quel lontano pomeriggio d’estate, quando vide i suoi fratelli volare sempre più in alto, fino a diventare due minuscoli punti neri nel cielo. “Più si sale e più forte è il tonfo a terra quando si cade” pensò “Ed io quaggiù, aspetterò di vedervi precipitare”.
 
 
 
 
Hermione Granger era sempre puntuale. Non amava attendere e farsi attendere. Quel pomeriggio però non si spazientì, malgrado l’imbarazzante ritardo della sua amica. Il messaggio nel quale le chiedeva di incontrarsi il prima possibile non lasciava presagire nulla di buono, soprattutto alla luce di quanto si era verificato negli ultimi giorni al Ministero. Non sapeva bene perché, ma ebbe la sensazione che dovesse presto prepararsi al peggio. I suoi pensieri furono interrotti da un sonoro pop alle sue spalle. Non appena si voltò riconobbe subito la persona che aspettava:
-Miranda! Mi hai fatto preoccupare!
-Perdonami Hermione – rispose la donna – Purtroppo ho perso più tempo del previsto nel mio laboratorio. Coraggio, entriamo in casa. Ci sono molte cose che devo raccontarti.
Le due streghe si accomodarono in un piccolo salottino deliziosamente arredato. Tutte le pareti erano occupate da ampi scaffali che accoglievano volumi dalle dimensioni e dagli argomenti più variegati: libri di incantesimi, di pozioni, di erbologia, di storia, una vera e propria enciclopedia del sapere. Hermione prese posto su una comoda poltrona rossa che conosceva bene. Ricordava i pomeriggi trascorsi a studiare in quella casa per superare uno degli esami extra che aveva deciso di sostenere dopo gli studi compiuti a Hogwarts. Non sapeva ancora quale sarebbe stata la sua strada e Miranda era riuscita a coinvolgerla in un progetto di ricerche per il San Mungo. Aveva passato dei momenti davvero piacevoli in sua compagnia e si rammaricava che fosse passato tanto tempo dall’ultima volta che si erano viste.
-Avrei tanto voluto che le ragioni di questo incontro fossero più piacevoli – disse ad un tratto la giovane medimaga.
-Cosa vuoi dire? – domandò preoccupata Hermione – E’ successo qualcosa di grave?
-Si. Anche se non riguarda me direttamente. Non ancora, almeno.
Miranda, seduta sul divano, cominciò a fissare le sue pallide mani che tenevano stretto un piccolo libretto nero dalla copertina logora.
-Prima che cominci a spiegarti il motivo per cui ho voluto parlarti, lascia che io ti ponga alcune domande – prendendo un profondo respiro, la medimaga proseguì – Hai sentito parlare delle morti sospette avvenute ad Azkaban?
-Si, certo – fu la pronta risposta di Hermione – Cosa ne sai tu al riguardo?
Se non fosse stata una situazione alquanto preoccupante, Miranda si sarebbe lasciata scappare un lieve sorriso: la sua amica non perdeva mai occasione per tenere in mano le fila della conversazione. Era fatta così.
-Il San Mungo circa tre anni fa è stato oggetto di una ristrutturazione che ha interessato l’intero edificio. Alcuni reparti sono stati ampliati e i sotterranei sono stati bonificati per accogliere i laboratori di ricerca sperimentale di cui io sono stata nominata responsabile. Dato che al loro interno ci occupiamo dello studio di batteri e microbi anche di origine babbana, abbiamo ritenuto necessario costruire una stanza speciale nella quale testare materiale potenzialmente tossico e pericoloso.
Hermione ascoltava con interesse rapito le parole della sua amica, immaginando quali e quante cose avrebbe ancora potuto imparare. Si sentiva nuovamente la saccente Grifondoro che alzava la mano per sciorinare tutto il suo sapere di fronte ad una classe ormai rassegnata, a professori entusiasti o apertamente infastiditi. Era in momenti come quelli che ritornava indietro nel tempo dimenticando i 38 anni suonati che si portava sulle spalle.
-Un mese fa – proseguì Miranda – ho ricevuto l’incarico di analizzare i corpi degli ultimi detenuti morti nella prigione di Azkaban. Se fino a quel momento era stato possibile spiegare pochi decessi imputandoli a cause del tutto naturali, adesso si prefigura la possibilità di un morbo sviluppatosi all’interno dell’edificio. Per questioni di sicurezza ho cominciato a svolgere diligentemente il mio lavoro appuntando ciò che di volta in volta scoprivo. Almeno fino ad una settimana fa.
-Perché? Cosa accadde? – la interruppe una sempre più incuriosita Hermione.
-Il mio superiore, il medimago Augustus Marley, mi ha convocata nel suo ufficio chiedendomi di estrarre, dietro autorizzazione del Vice Ministro in persona, alcuni campioni dal corpo del defunto Primo Ministro.
-Perché i sintomi della malattia che aveva portato alla morte Shacklebolt erano gli stessi dei detenuti di Azkaban morti settimane prima, non è così?
-Esatto. Il problema era non solo dimostrare l’esistenza di questo legame ma anche capire le cause di questa epidemia.
-Cause alle quali sei riuscita a risalire? – chiese Hermione.
-Si – riprese Miranda – anche se non è stato facile. Solo oggi ho trovato conferma a quelle che fino a ieri erano solo ipotesi. Guarda tu stessa.
Hermione si avvicinò all’amica che le aveva porto alcune pergamene con grafici e valori che lei non faticò a decifrare:
-Ricordo le nostre lezioni di batteriologia magica e questi risultati si riferiscono senza ombra di dubbio ad un batterio di natura ignota…com’è possibile?
-Siamo di fronte ad un microrganismo creato in provetta – sentenziò con una certa apprensione nella voce la medimaga – un microrganismo di cui non sappiamo nulla.
-Non posso crederci…chi mai potrebbe dare vita ad una cosa simile? Chi metterebbe a repentaglio la vita delle persone? E perché?
-Domande alle quali dovremo trovare una risposta, questo è certo.
-Eppure, qui sembra che tu sia riuscita a descriverne alcune delle sue caratteristiche.
-Si. Purtroppo però i miei sono studi incompleti. Ciò che posso dirti è che questo batterio riesce a penetrare all’interno del corpo ospite, supera la difesa delle cellule e interagisce con esse alterandole lentamente. Intacca il sistema nervoso inibendo tutte le normali funzioni vitali del nostro corpo, per poi trasformarsi in una sorta di piccolo parassita che si nutre di tutte le energie dell’organismo che lo ospita, fino ad annientarlo.
-E’ spaventoso... – sussurrò la strega continuando a leggere la pergamena che aveva tra le mani – Ma come si sviluppa? E come si trasmette da un soggetto ad un altro?
-Ancora non lo so. Posso solo dirti che forse sono in grado di risalire alle peculiarità dell’habitat nel quale questo batterio è stato generato per la prima volta.
-Questo significa che tu potresti ricrearlo? Perché in tal caso, una cura diventerebbe possibile, non è così? – chiese speranzosa Hermione.
-Non posso affermarlo con certezza ma credo di poterci almeno provare. Il batterio ha bisogno di un particolare ambiente per svilupparsi e riprodursi, un ambiente contaminato dall’essenza di alcune erbe magiche molto rare che si trovano solo in alcune specifiche zone del nostro continente.
-Il Ministero è al corrente di queste tue scoperte?
-Non ancora – sospirò Miranda – è solo questione di tempo, però. Domani dovrò consegnare il mio rapporto.
-Dal tono della tua voce sembra quasi che la cosa non ti soddisfi affatto. Non ti fidi del Ministero?
-Tu mi conosci, Hermione. Non amo lasciare le cose a metà. Quando riceveranno i risultati della mia ricerca il mio compito potrà dirsi concluso. Mi chiedi se mi fido? Beh, per niente. Sai cosa accadrà quando io e i miei collaboratori firmeremo il rapporto? Alcuni emissari del governo entreranno nel mio laboratorio e distruggeranno qualsiasi documento, campione, pergamena e appunto che troveranno. Non dovrà restare la benché minima traccia del mio lavoro.
-Ma cosa hanno in mente? Pensano che la segretezza sia necessaria per motivi di sicurezza?
-Può darsi. Loro non si fidano di noi e noi non ci fidiamo di loro. E’ la vecchia storia del cane che si morde la coda. Io non so cosa faranno e come agiranno. Una cosa però è certa: siamo di fronte a qualcosa di letale, qualcosa che è stato creato appositamente per uccidere. Non voglio che qualche papavero del Ministero prenda sotto gamba questa emergenza. Lo sai anche tu cosa è successo prima e durante la II guerra magica. Insabbiare e minimizzare tutto fu considerata la migliore soluzione, finchè la situazione non sfuggì al loro controllo.
-So perfettamente cosa vuoi dire, Miranda. Se siamo di fronte ad una vera emergenza come pensiamo, non possiamo lasciare che siano pochi a decidere per tutti. L’unica cosa da fare è condurre una ricerca parallela e scoprirne di più.
-Io non posso intervenire in prima persona. Sospetterebbero subito di me.
-Stai proponendo a me di andare a raccogliere queste erbe? – disse Hermione con un sorriso.
-Se vuoi metterla così, si. Ho già contravvenuto agli ordini appuntando in questo mio libretto ciò che ho scoperto fino ad oggi e contravverrò ad un ulteriore divieto affidandolo a te.
La strega cominciò a sfogliare il piccolo quaderno nero che l’amica le aveva consegnato.
-So che tu puoi e vuoi proseguire in questa ricerca, te lo leggo negli occhi. Ma avrai bisogno delle informazioni che esso contiene.
-Sai che non mi tirerò indietro, ma…
Quasi leggendo nel pensiero dell’amica, Miranda la interruppe dicendo:
-So cosa vuoi chiedermi. Anche Harry, Ron e Ginny possono esserne informati. Insieme sono certa che riuscirete a fare qualcosa per evitare il peggio. Siamo ancora in tempo per impedire che scoppi una vera epidemia. Per ora la diffusione del virus è circoscritta ma non possiamo attendere oltre.
Hermione annuì con fermezza. Quella sera stessa avrebbe comunicato agli altri il piano che stava prendendo forma nella sua mente.
-Massima discrezione amica mia. Non sappiamo ancora chi si nasconde dietro tutto questo e quali siano le sue intenzioni – disse Miranda con lieve inquietudine.
-Non è difficile immaginarlo. Ma ogni cosa a suo tempo. Contatterò subito gli altri e appena possibile partiremo per questa spedizione.
-Un’ultima cosa, Hermione. Tre sono le aree che dovrete esplorare: le erbe magiche di cui abbiamo bisogno si trovano in un’aerea montuosa vicino ai Pirenei e…
-Ti riferisci all’Amillea e alla Gerilissa, non è così – prese la parola Hermione ricordando la So- tutto dei tempi della scuola – mentre l’Assadica  e la Verdenia di cui scrivi nei tuoi appunti,  crescono nei pressi della pianura Valacca, in Romania. L’erba Moly e la Bettenica, infine, sebbene abbiano bisogno di un clima particolarmente caldo e secco, riescono a crescere anche lungo le coste dei paesi mediterranei, come la Grecia, per esempio.
-Sapevo che eri la persona giusta per questo tipo di missione. – disse Miranda sorridendo.
-Ti ringrazio per la fiducia. Adesso però è meglio che vada – concluse Hermione.
C’era molto da fare e poco tempo per farlo. Era sicura che Harry e Ginny avrebbero accettato senza muovere alcuna obiezione…e Ron? Non aveva idea di come avrebbe reagito ma al momento quello doveva essere l’ultimo dei suoi pensieri.
Hermione salutò l’amica promettendole che presto le avrebbe dato sue notizie. Non sapeva ancora che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista.
  
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Stanno cominciando a muoversi. Hanno capito che c’è un legame tra queste morti”.
“Lo so. Lo avevo previsto”. Il Ministero stavolta non aveva perso tempo. La partita finalmente cominciava a farsi più interessante.“C’è una persona però che sa troppe cose e si sta dimostrando più brillante del previsto. Sai cosa fare, non è vero?”
“Certo. Fidati di me.”
“Stavolta però deve sembrare un banale incidente. Confondiamo un po’ le acque. Sarà piacevole osservare i nostri avversari annaspare in cerca di un appiglio razionale sul quale aggrapparsi”.
“Sarà fatto.”
Il potere. Finalmente stava provando anche lui quella sensazione di onnipotenza che tanto aveva desiderato. E quello era solo l’inizio.
 
 
 
 
Nel vederli così, tutti e quattro riuniti intorno ad un tavolo di quercia, chiunque sarebbe tornato indietro con la memoria ai tempi lontani della scuola, quando ogni evento inspiegabile e oscuro li vedeva protagonisti. Erano passati anni, tante cose erano successe, ma in quel momento sembrava quasi che il tempo si fosse fermato.
Hermione aveva invitato Harry e Ginny a casa sua, decisa a raccontare loro ciò che la sua amica Miranda le aveva riferito e quali erano stati i risultati delle sue ricerche:
-Non credo che ci siano più dubbi. Stiamo parlando di un folle! – disse Harry turbato da quanto aveva appreso.
-Un folle, certo, ma dannatamente lucido. Quale può essere il suo scopo? – chiese una Ginny ancora confusa dopo quanto aveva appena udito.
-Possiamo solo avanzare una serie di ipotesi al riguardo… - riprese Hermione prima di essere interrotta dall’amico occhialuto.
-Il suo scopo lo ha già raggiunto: uccidere il Primo Ministro, è evidente!
-E allora perché provocare anche la morte dei detenuti di Azkaban? – gli domandò sua moglie.
-Probabilmente per gettare un po’ di fumo negli occhi e nascondere quello che era il vero obiettivo, ovvero eliminare Kingsley dalla scena politica. Lo hai detto anche tu Hermione! Le sue ultime riforme furono osteggiate dai suoi avversari, e dal giorno del suo funerale non ci sono stati altri casi di morti sospette.
-Questo è ciò che sappiamo noi. Credo che non sia tutto così semplice – gli rispose l’amica – Io ho un’altra teoria. Shacklebolt non era l’obiettivo principale ma solo una delle vittime prescelte, il punto di partenza di un piano che forse ha come scopo quello di minare le fondamenta stesse del Ministero.
-Cosa vuoi dire? – intervenne Ron, prendendo la parola per la prima volta da quando era iniziata la conversazione.
-Pensate per un attimo a cosa sicuramente sta accadendo in questi giorni tra i membri del Consiglio. Si staranno chiedendo, come noi, chi sia il responsabile di questo perverso intrigo, e sapete cosa sicuramente temono? Che la mente che lo ha partorito si nasconda proprio dentro il Ministero.
-Vuoi dire che qualcuno di loro potrebbe essere il colpevole? – disse Ginny.
-Esatto. Questo spiegherebbe il motivo della loro riservatezza, la loro volontà di impedire che la notizia si diffonda, distruggendo i risultati delle ricerche di Miranda e mettendo a tacere qualunque sospetto. Vogliono avere il pieno controllo della faccenda. Se nessuno viene a conoscenza di ciò che sta accadendo, possono evitare lo scandalo. Sperano di trovare in tempi brevi questo pazzo omicida e punirlo come merita, senza far trapelare nulla. La morte del Primo Ministro ha già compromesso gli equilibri politici del nostro paese. Il partito conservatore tenterà di approfittare della situazione per tornare al potere e questo l’entourage di Shacklebolt non può permetterlo.
-Se fosse così siamo di fronte ad un vero e proprio complotto! – aggiunse Harry evidentemente preoccupato.
-E se invece stessimo sbagliando tutto? – chiese Ron alzandosi lentamente dalla sedia – In fondo ciò che sappiamo lo dobbiamo alle intuizioni della tua amica Miranda, non è così? – disse, rivolgendosi ad Hermione.
-Cosa vuoi dire con questo? – fu la risposta della moglie
-E se fosse stata lei, durante uno dei suoi esperimenti, a dare vita a questo batterio? Involontariamente, si intende. Poi, resasi conto della pericolosità della sua scoperta, ha chiesto il tuo aiuto per correre ai ripari.
Prima che Hermione potesse controbattere scatenando tutta la sua furia, Harry intervenne dicendo?
-Ron credo che tu ti stia sbagliando. Miranda è un’esperta medimaga e una brillante scienziata. Non avrebbe mai messo a rischio delle vite umane conducendo studi così pericolosi. Ne sono certo.
-La mia era solo un’ipotesi – si arrese Ron per evitare inutili polemiche - comunque per come stanno le cose, credo che non possiamo fidarci di nessuno.
Hermione riuscì a stento a placare la sua ira. Era certa che quella assurdità fosse stata detta solo perché Miranda era una sua amica. Ron voleva accusarla solo per ferire lei. Erano davvero arrivati a questo punto? Erano pronti a farsi del male a vicenda? Era stanca di litigare e di fare scenate, soprattutto in presenza dei suoi amici. Avrebbe avuto tutto il tempo per chiarire con lui, da soli.
-Qual è il piano, Hermione? – Ginny la riscosse dai suoi pensieri.
-Prima di tutto dobbiamo trovare le essenze di cui vi ho parlato – le rispose dopo un lungo sospiro – E per farlo dobbiamo dividerci in squadre.
-Credi sia necessario? – riprese la rossa.
-Temo di si. Impiegheremo meno tempo e daremo meno nell’occhio. Ho già pensato a dove ciascuno di noi potrà andare inventando scuse plausibili per giustificare la nostra assenza.
-Quanto tempo credi che staremo lontano da casa? – era stata nuovamente Ginny a parlare.
-Non lo so, purtroppo. E’ probabile che ci vorrà del tempo per trovare il luogo esatto in cui queste erbe crescono. Si tratta di vegetali selvatici e noi abbiamo solo poche indicazioni a nostra disposizione.
-Parlavi della necessità di separarci… - disse Harry.
-Si. Tu e Ginny potrete recarvi in Grecia. Un vacanza solo voi due non desterà sospetti. Ron invece partirà per la Romania. Lì vive Charlie pertanto non sembrerà strano che vada a trovarlo per qualche giorno. Io invece, approfitterò di un convegno sulle creature magiche che si terrà ad Andorra, per raggiungere il Passo di Somport dove probabilmente troverò l’essenza di Amillea e Gerilissa.
-Mi sembra un ottimo piano – affermò Harry mentre guardava la cartina che Hermione aveva aperto sul tavolo per mostrargli i luoghi di cui parlava.
-Quando partiremo? – chiese Ginny.
-Domani io, Harry e Ron comunicheremo ai nostri rispettivi dipartimenti la nostra intenzione di lasciare la città, mentre tu parlerai con il tuo redattore chiedendo qualche giorno di permesso.
-Insomma, al massimo tra due giorni saremo pronti a lasciare la città? – domandò Harry con una punta di entusiasmo mal celata.
-Credo di si. Sperando che non ci siano intoppi.
-Se non c’è altro, direi che possiamo anche andare – concluse Ginny rivolgendosi al marito – dobbiamo passare dai miei genitori prima di tornare a casa.
-Si, l’avevo quasi dimenticato.
-Ci terremo aggiornati in queste ore – disse Hermione, prima che i suoi due amici entrassero nel camino e sparissero uno dopo l’altra nel fuoco verde vivo.
-Siamo rimasti soli.
Ron guardava la moglie negli occhi con un’espressione indecifrabile. Non aveva commentato la decisione di Hermione di dividersi. Harry e Ginny avrebbero condotto le ricerche insieme mentre loro due avrebbero svolto la loro missione in solitaria. Non era certo un caso. Era evidente che la moglie voleva approfittare della situazione, per quanto drammatica e pericolosa, per stare lontana da lui. E forse gli stava bene. Forse anche lui avrebbe preferito questa soluzione al suo posto. Non era mai stato un vero esempio di coraggio e probabilmente anche in quel caso sarebbe rimasto fermo a guardare se non fosse stata Hermione a fare il primo passo.
-Ron, so cosa vuoi chiedermi ma credimi è meglio così. Prendiamoci un po’ di tempo. Stare lontani probabilmente potrà aiutarci…
-Non ci credi neppure tu, non è vero? Possiamo fingere che lo stiamo facendo per ricomporre i pezzi del nostro matrimonio, ma sappiamo che non è così…
Hermione non si aspettava quella sincerità lucida che suo marito aveva appena manifestato. Lo guardò salire le scale e aprire la porta della stanza di Hugo. Avrebbe sicuramente dormito lì quella notte. Dopo quelle parole così dirette e così impreviste, si sentì vuota e libera al tempo stesso. Persa e ritrovata. E in quel momento, in quel breve attimo, capì che tra loro era davvero finita.
     
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Era la prima volta che gli veniva concesso di entrare nel laboratorio di sua madre. Aveva 11 anni. Fino a quel momento aveva solo potuto immaginare quali e quante meraviglie si celassero lì dentro. Pozioni, distillati, strani intrugli dai composti misteriosi. “Mamma! Un giorno diventerò un pozionista bravo quanto te”. Quelle parole, pronunciate con l’entusiasmo che solo un’infantile innocenza può infondere, furono accompagnate dal dolce sorriso della donna, un sorriso che lasciò poi spazio ad un’espressione che a quel tempo gli fu difficile interpretare. Solo dopo qualche mese, quando si rese conto di essere diverso dai membri della sua famiglia, capì la reazione di sua madre. Riuscì a decifrare il suo sguardo, uno sguardo triste, rassegnato, che forse nascondeva anche un lieve senso di colpa. “Oh madre…chissà se saresti fiera di me. Quel figlio che tanto imbarazzo aveva arrecato alla sua famiglia, adesso può decidere della vita e della morte di milioni di persone. Non avresti mai immaginato che sarei arrivato fino a questo punto con le mie sole forze e le mie limitate risorse. Ti sbagliavi, tutti si sbagliavano e la resa dei conti è ormai vicina”.
 
 
 
 
Era tutto pronto per la partenza. Hermione aveva passato le ultime ventiquattro ore chiusa nel suo studio per raccogliere il maggior numero possibile di informazioni per sé e per gli altri. Circondata da pile di libri e immersa nella lettura di polverosi tomi di erbologia, sperava che la ricerca delle radici magiche non richiedesse troppo tempo. Ne avevano davvero poco a disposizione.
L’alba era ormai vicina. L’ora di andare era giunta.
Non aveva voglia di incontrare Ron, così lascio il materiale che aveva preparato per lui sul tavolo del salotto prima di prendere la sua borsa. Non potè fare a meno di sorridere: era la stessa che aveva usato molti anni prima per portare con sé tutto l’occorrente che poteva rivelarsi utile nella ricerca degli horcrux. Sentì una carica di adrenalina salirle su dallo stomaco. Aprì la porta e si lasciò investire dalla fresca brezza del mattino. Quella sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
Miranda sapeva che Hermione e gli altri sarebbero partiti quella mattina. Non aveva chiuso occhio tutta la notte, così aveva preferito recarsi nel suo laboratorio al San Mungo anche se c’era ben poco da fare. Il giorno prima aveva consegnato al Ministero il suo rapporto e, senza tanti complimenti, il Direttore Marshall l’aveva invitata a lasciare l’edificio senza fare domande. Si aspettava che la stregassero con un Oblivion ma, forse, ritenevano che non sarebbe stata così avventata da trasgredire ai loro ordini. Si sbagliavano. Non solo aveva conservato i risultati della sua scoperta, ma aveva anche rivelato ad Hermione il contenuto delle sue ricerche. Rischiava grosso, eppure non le importava. Sarebbe arrivata in fondo a quella faccenda. Era una scienziata e nessuno poteva estrometterla da un progetto che l’aveva assorbita giorno e notte negli ultimi mesi. “Chissà se riuscirò a ricreare il batterio nel mio laboratorio e a trovare una cura”, cominciò a pensare la curatrice osservando le provette che facevano bella mostra di sé nella rastrelliera del suo laboratorio. “Se le mie deduzioni fino ad ora si sono rivelate corrette credo che potrei distillare una pozione efficace ed evitare il diffondersi dell’epidemia. Ma forse mi sto sopravvalutando. Non sono così abile come credo. O almeno, non sono così abile quanto Lui”. Miranda non poté non pensare al suo ex professore di pozioni. Severus Snape. Aveva provato per lui una sconfinata ammirazione sin dal suo primo anno ad Hogwarts. Ovviamente lui non la notava nemmeno. Ricordava tutti i suoi sforzi per riuscire ad ottenere almeno una O nelle verifiche che si tenevano durante le lezioni, ma ogni tentativo fu vano. Quando seppe della sua morte pensò che il mondo magico aveva perso un mago e un pozionista dalle doti eccezionali. Nessuno avrebbe mai potuto sostituirlo degnamente. E fu questo pensiero a ridestare in lei l’interesse per quella materia che tanto l’aveva affascinata da piccola.
-Sono vicina alla soluzione, lo sento. Lei sicuramente al mio posto, avrebbe già trovato un antidoto. Ma riuscirò a vincere questa battaglia. Le dimostrerò che non sono una Grifondoro testa di legno come lei spesso mi apostrofava – disse la medimaga osservando il suo riflesso sul vetro di uno degli scaffali che si trovavano nello studio. In quel silenzio la sua voce rimbombò sulle pareti metalliche emettendo un suono sinistro. In preda al suo personale desiderio di rivalsa, non si accorse di non essere sola. Una figura nell’ombra la stava osservando. I suoi movimenti furono rapidi e precisi. Un lampo di luce, un urlo e poi un tonfo. Il laboratorio tornò immerso nell’oscurità.   
 
 
Non sarebbe stato difficile per lei simulare di aver partecipato a quel ciclo di conferenze sulle creature magiche; conosceva già quali sarebbero stati i contenuti degli interventi che in quelle giornate si sarebbero susseguiti. Aveva letto tutto sull’argomento. Amava tenersi sempre aggiornata. Avrebbe scritto una breve relazione per il Ministero e nessuno le avrebbe sicuramente fatto domande scomode. Inoltre, dato l’elevato numero di maghi che avrebbe partecipato agli incontri, sarebbe stato facile per lei fingere di essere presente. Nessuno avrebbe notato la sua assenza in quel vespaio.
La sosta nella cittadina di Andorra fu breve, appena sufficiente per farsi notare in giro, salutare qualche collega e riposarsi un po’ dopo il viaggio. Sapeva che Harry, Ginny e Ron erano già arrivati a destinazione. Avevano deciso di mantenere i contatti solo qualora fosse stato strettamente necessario, per evitare che le loro comunicazioni venissero in qualche modo intercettate.
Il sole in quel periodo dell’anno tramontava presto, però Hermione preferì partire alla volta del Passo del Somport quella sera stessa. Non poteva sprecare neanche un minuto. Osservò la mappa che aveva portato con sé e decise che avrebbe preso una stanza in qualche bettola del paesino di Canfranc, un piccolo comune quasi disabitato che sarebbe stato il punto di partenza della sua spedizione.
Il viaggio fu più breve del previsto e anche la ricerca di un alloggio decente non richiese molti sforzi. Una taverna, che le ricordava molto il Paiolo Magico, metteva a disposizione dei suoi ospiti alcune camere. L’albergatore, un uomo anziano dall’aria simpatica e stravagante, le mostrò quella che sarebbe stata la sua casa per i prossimi giorni, una stanza che sicuramente aveva visto tempi migliori ma che almeno era pulita.
-Serviamo la colazione alle 8:00 Signorina…
-Bolton – rispose decisa Hermione. Aveva ritenuto più saggio non dare il suo vero nome. Quell’uomo non aveva l’aria di essere molto discreto, perciò non voleva rischiare di far saltare tutto a causa di un possibile impiccione – posso sapere se è ancora possibile, malgrado l’ora, mangiare qualcosa?
-Ma certo, mia cara. Vado subito in cucina. Può accomodarsi nella nostra sala da pranzo al piano di sotto. La pregherei solo di non prendere posto accanto al camino.
-Posso chiederle perché? – domandò incuriosita Hermione per la strana richiesta che le era stata rivolta.
-Quasi tutte le sere a quest’ora aspetto un cliente che si siede sempre accanto al fuoco. Sorseggia un bicchiere del nostro miglior vino e poi va via senza dire nemmeno una parola. E’ un tipo strano ma paga bene.
Hermione non approfondì ulteriormente il discorso, ma accettò quanto l’oste le aveva chiesto. Si diede una rinfrescata e scese per la cena. L’atmosfera calda della stanza al pian terreno le diede un certo sollievo. Sentì che almeno per qualche ora poteva rilassarsi. Non c’era ancora nessuno, così decise di sedersi accanto alla finestra appoggiando sul tavolo uno dei suoi libri di erbologia. L’albergatore la raggiunse subito dopo:
-Ecco a lei! Un pasticcio di carne che le farà leccare i baffi! Mia moglie è un’ottima cuoca.
-La ringrazio – disse la strega guardando con un certo appetito il piatto che aveva davanti.
-Se dovesse aver bisogno di qualcosa mi chiami pure – e con quelle parole il buffo ometto scomparì dietro una tenda.
Prima che potesse ingoiare il primo boccone, una ventata d’aria fredda entrò nella sala. La porta della taverna era stata aperta da un uomo coperto da un lungo mantello nero che, con un’andatura sicura, passò accanto ad Hermione senza nemmeno notarla, per poi sedersi su una logora poltrona accanto al camino. La stanza era illuminata solo dalla luce del braciere, perciò non fu possibile intravedere il volto del nuovo ospite. Sembrava un uomo sulla cinquantina, alto, dal fisico asciutto e dall’aria scontrosa. La donna non si soffermò molto ad osservarlo, tornando a concentrarsi sul pasticcio e sul suo libro.
-Ecco il suo vino. Ho scelto un’ottima annata. Stavolta non avrà di che lamentarsi – l’oste versò un liquido cremisi in un bicchiere di vetro con una posa del polso un po’ innaturale.
Senza ringraziare, il cliente annusò il vino, lo assaggiò e con un lieve cenno del capo sembrò approvare quanto aveva bevuto. Soddisfatto, il padrone della taverna lasciò la bottiglia sul tavolo e si diresse verso il retrobottega. C’era uno strano silenzio, si udiva il crepitio del fuoco e lo scricchiolio delle sedie ogni qualvolta uno dei due ospiti si muoveva. L’aria era carica di strani odori. Hermione l’aveva notato non appena era entrata nella sala. Si trattava di un edificio alquanto dimesso, perciò era possibile avvertire chiaramente l’odore di muffa e umidità misto a quello del legno in alcuni punti ormai fradicio. Su tutti poi regnava quello del cibo appena cucinato che, a onor del vero, non era affatto male. Quando però quell’uomo aveva fatto il suo ingresso, altri odori si erano fatti spazio in quell’ambiente: fragranze che non erano nuove alle narici di Hermione e che le ricordavano i giorni dell’adolescenza passati a preparare pozioni. Le sembrò davvero molto strano. Improvvisamente il cliente amante del vino si alzò, lasciando scivolare dalla sua mano alcune monete che lasciò cadere sul tavolo. Si strinse nel suo mantello, aprì la porta e venne risucchiato dall’oscurità della notte. L’oste uscì subito dopo dalla cucina, raccolse il denaro e si diresse verso il tavolo di Hermione per portarle via il piatto ormai vuoto:
-Quello era il cliente di cui mi ha parlato? – chiese la donna riponendo il libro nella borsetta.
-Si. Ha visto anche lei? Si siede, beve e se ne va. Non vuole essere disturbato. All’inizio ho tentato di scambiare con lui qualche parola ma mi ha sempre fatto capire con uno sguardo che non gradiva fare conversazione. E’ proprio strano!
-Già. Abita qui? – non sapeva bene perché ma quel tipo la incuriosiva.
-Non proprio. Vive in una casa a 20 km di distanza dal nostro villaggio ormai da parecchi anni. Non va spesso in giro. Ogni tanto lo si può vedere che raccoglie erbe e piante varie nei dintorni. A volte riesce a raggiungere anche le vette più alte dei nostri monti. Secondo me è un po’svitato.
Quello che l’oste le aveva detto si era rivelato molto prezioso. Quell’uomo solitario conosceva sicuramente la zona. Inoltre doveva essere un appassionato di erbologia. Forse poteva aiutarla a trovare ciò che stava cercando. Certo, era un tipo burbero e arcigno ma valeva la pena di fare un tentativo. Si fece indicare dall’oste la strada per raggiungere l’abitazione di quel bizzarro individuo e poi salì nella sua camera per riposare. L’indomani si sarebbe svegliata molto presto per iniziare le ricerche; avrebbe proseguito fino a notte fonda se era necessario.
Prima di addormentarsi pensò a Rose e Hugo: era felice che i suoi figli fossero al sicuro ad Hogwarts. Non era stato necessario avvisarli della sua partenza e di quella del padre dato che probabilmente sarebbero tornati presto a Londra. Prima o poi avrebbero dovuto affrontare la questione della sua separazione con Ron, ma per quello c’era tempo. Non voleva che i problemi della famiglia influissero sul loro rendimento scolastico: lo studio veniva prima di tutto. Chiuse gli occhi e si avvolse nelle coperte. Morfeo la rapì poco dopo.           
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Salve a tutti! Prima di iniziare volevo ringraziare tutti coloro che stanno leggendo e seguendo la mia storia, in particolare Fink che l’ha recensita fin dal primo capitolo. Non sono brava nelle introduzioni, comunque il personaggio che fino a questo momento si è fatto attendere farà finalmente la sua comparsa…buona lettura!
 
 
 
 
 
“E’ andato tutto per il meglio. Te l’avevo detto che non ci sarebbero stati imprevisti”.
Lo guardò senza rispondere. Non aveva mai sopportato la sua arroganza. Se non avesse avuto bisogno di lui lo avrebbe eliminato con le sue stesse mani.
“Credi che capiranno presto che non si è trattato di un incidente?”.
Sospirò. Era proprio uno sciocco. Non aveva ancora capito nulla.
“E’ quello che spero” fu la sua risposta.
“Cosa? Vuoi che pensino che sia stato un omicidio”.
“Quello che voglio è che comincino a dubitare persino di loro stessi. Dove credi che cercheranno il colpevole?”.
Lo sguardo che gli rivolse, prima interrogativo e poi sempre più consapevole, gli rivelò che finalmente aveva compreso quali erano le sue vere intenzioni.
“Vedo che alla fine ci sei arrivato. Dovremo solo aspettare la loro reazione, una reazione che ritengo alquanto prevedibile. Quando si troveranno con le spalle al muro saremo noi a toglierli dai guai”.
“E’ diabolico, lo sai?”gli disse con una punta di euforia nella voce.
Il ghigno che si dipinse sul suo volto fu più eloquente di qualsiasi risposta.
 
 
 
 
Non era ancora l’alba quando Percy Weasley si ritrovò davanti all’abitazione del Vice Ministro Douglas. Durante la notte aveva ricevuto una notizia che lo aveva sconvolto. Non poteva aspettare che lo ricevesse al Ministero e così aveva deciso di presentarsi in casa del suo superiore per capire una volta per tutte cosa stesse succedendo.
Bussò ansioso alla porta. Se, come pensava lui, l’uomo era già sveglio, non avrebbe tardato ad aprirgli:
-La aspettavo Signor Weasley. Non così presto forse…comunque, si accomodi – il volto del Vice Ministro tradiva una preoccupazione che contrastava con il suo carattere energico e volitivo.
Percy entrò senza tante cerimonie ma preferì non sedersi. Era troppo agitato e cominciò a camminare su e giù per la stanza cercando di trovare le parole più adatte per cominciare quella discussione.
-Ha saputo cosa è successo nel laboratorio dei sotterranei del San Mungo? – fu la prima frase che riuscì a mettere insieme nel groviglio di pensieri che occupavano la sua mente.
-Certamente si. Altrimenti crede che sarei in piedi a quest’ora senza aver chiuso occhio tutta la notte?
-Non riesco a credere che si sia trattato di un incidente – disse l’alto ufficiale cercando di percorrere un filo logico.
-C’è stato un incendio. La curatrice Miranda Cox si trovava nel laboratorio e probabilmente non ha prestato sufficiente attenzione a tutte le misure di sicurezza. Forse era stanca e provata da mesi di ricerche passati nel suo studio e questo è il risultato.
-Sciocchezze! Miranda era una donna scrupolosa. Non avrebbe mai commesso un simile errore – dopo aver pronunciato queste parole, Percy pensò di aver esagerato. Non poteva rivolgersi così ad un’alta carica del governo, neanche se stava dicendo delle assurdità.
-Lo so – fu la risposta del Vice Ministro, impassibile di fronte all’atteggiamento ardito del suo interlocutore – questo è ciò che vogliono farci credere.
-Di chi sta parlando, Signore? – chiese Percy sempre più confuso.
-Al punto in cui siamo arrivati mi sembra evidente che ci sia un tentativo di sovvertire l’ordine da parte del nostro partito avversario. Credo che stiano preparando un colpo di stato. – l’ultima frase risuonò come lo scoppio di una granata. Un colpo di stato? Com’era possibile, si chiese Weasley ormai convinto di vivere in un vero incubo. Erano trascorsi venti anni dalla fine della II guerra magica, anni in cui era stato possibile raggiungere un equilibrio e una prosperità mai vissute prima. Perché, si chiedeva, perché distruggere tutto questo? Non era stato versato abbastanza sangue? Dovevano aspettarsi un altro Lord Voldemort pronto a prendere il potere con la forza? No, non poteva crederci:
-Mi sta dicendo che dobbiamo prepararci ad una nuova guerra contro un folle che vuole farci ripiombare nel caos? – questa volta la voce di Percy si era fatta più sottile e quasi sussurrata.
-Oh no, amico mio. Non creda che avremo a che fare con duelli magici a colpi di incantesimi tra i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Siamo nel nuovo millennio. Le guerre oggi si combattono in una terra di confine nella quale la violenza è sostituita dall’arguzia e dal freddo calcolo: la politica. Nessuno vuole più rischiare di finire ad Azkaban esponendosi in prima persona con gesti plateali; è molto più facile agire nell’ombra senza che si possa puntare il dito contro qualcuno in particolare. I nostri avversari hanno imparato dalla storia e valuteranno molto bene le loro mosse. La morte di Shacklebolt era purtroppo inevitabile, così come era inevitabile che fosse necessario per loro nasconderla tra altre morti. Farla passare come una disgrazia causata da una strana e rara malattia era uno stratagemma perfetto.
-Ma tutto questo è orribile! – riprese con fervore Percy – Non posso credere che i conservatori si siano macchiati di questo orrendo crimine. E’ vero, sostengono ancora posizioni retrive e antiprogressiste ma dopo la fine di Voldemort e l’arresto o la morte di molti di loro, credevo che avessero deciso almeno di collaborare.
-Stento a crederci anche io ma non vedo altra soluzione. Non per il momento almeno. – rispose il Vice Ministro, quasi rassegnato.
-Ma perché uccidere anche la Cox? – domandò l’alto ufficiale, sempre più agitato.
-E’ chiaro. Aveva scoperto la natura del batterio che aveva provocato tutte queste morti. Doveva tacere.
-Ma non ha senso! Da quanto mi risulta, si sono verificati altri decessi sospetti e non più solo ad Azkaban. Cosa hanno intenzione di fare?
-Prepariamoci alla possibilità di vedere ben presto sulle prime pagine di tutti i nostri giornali, la notizia che annuncia all’intero mondo magico il rischio di un’epidemia dalle conseguenze incalcolabili – disse Douglas trangugiando un bicchiere di cherry, senza prendere fiato.
-Cosa?! Ma è una follia!
-Ma non capisce Weasley? E’ proprio questo che vogliono fare! Dimostreranno non solo che abbiamo nascosto alla popolazione il pericolo che stiamo correndo ma anche che non siamo in grado di agire! – questa volta il Vice Ministro non era riuscito a trattenersi dall’urlare con ferocia – Ci vogliono distruggere agli occhi della gente, rovinare la nostra reputazione per poi approfittarne e salire al Governo. Adesso ha capito il rischio che corriamo?
Percy non aveva la forza di rispondere. Si stava prospettando uno scenario sconcertante. Aveva sempre temuto, come altri esponenti del suo partito, che i conservatori riprendessero in mano il potere. Era ancora troppo presto perché ciò accadesse. La società magica aveva bisogno ancora di un po’ di tempo per capire che una lotta fratricida si doveva evitare ad ogni costo. Le vecchie generazioni ancora in vita pensavano che l’unico “nato babbano” che si poteva accettare, era un “nato babbano” morto. E con i mezzosangue la storia non era poi tanto diversa. Per questo era stato necessario indottrinare ed educare alla tolleranza le nuove generazioni. Solo quando la mentalità più retrograda sarebbe stata spazzata via, si poteva permettere ai conservatori di affacciarsi nuovamente sulla scena politica. A quanto pare, però, questi buoni propositi non potevano più realizzarsi. I pregiudizi e il senso di rivalsa erano stati più veloci.
-Cosa dobbiamo fare adesso? – domandò Weasley quasi rassegnato.
-Tenere gli occhi aperti e, soprattutto, proteggere ad ogni costo gli aspiranti leader che potrebbero prendere il posto di Shacklebolt a capo del nostro partito.
-Teme che anche loro stiano rischiando la vita? – questa possibilità metteva i brividi.
-Purtroppo si. Non posso affermarlo con certezza ma direi che non possiamo più trascurare alcuna possibilità – Douglas sembrò raccogliere un attimo le forze - La maggior parte dei nostri Auror si trovano in Scozia per sedare la rivolta dei Goblin, non è così?
-Si Signore. Vuole che li richiami?
-Non ancora. Potter è qui a Londra? – chiese il Vice Ministro con una certa riluttanza.
-No, è partito ieri dopo aver chiesto un permesso. Dovrebbe rientrare tra una decina di giorni.
-Lo faccia tornare adesso. Il prima possibile. Non provo una grande simpatia per lui, ma so che possiamo fidarci.
-Vuole che richieda anche la presenza di mio fratello Ron? – domandò Percy.
-Si, è meglio. Dobbiamo tenerci pronti – quelle parole suonarono lapidarie. Douglas voltò le spalle al rosso e si avvicinò alla finestra. Non c’era altro da aggiungere. Adesso potevano solo aspettare.
 
 
 
Hermione si svegliò di buon mattino dopo un sonno ristoratore che, per la prima volta dopo giorni, non era stato interrotto da incubi o inquietanti pensieri. Dopo un bagno caldo, scese per la colazione, chiudendo con un incantesimo la porta della sua stanza, per evitare che qualcuno entrasse e frugasse tra le sue cose. L’oste sempre servizievole, aspettò che finisse di mangiare prima di rivolgerle alcune domande:
-Signorina, non vorrei sembrarle indiscreto ma ha intenzione di fare un giro nei dintorni del nostro villaggio? – Hermione preferiva non rivelargli i suoi progetti ma voleva sapere dove quell’ometto sarebbe andato a parare:
-Si, penso che farò una lunga passeggiata. Amo i paesaggi di montagna e vorrei percorrere il sentiero che sale fino in cima.
-Se posso permettermi – riprese l’albergatore – le consiglio di fare molta attenzione. Ultimamente sono avvenuti fatti misteriosi in queste zone.
Quelle parole incuriosirono Hermione:
-Quali fatti, mi scusi?
-Probabilmente sono solo chiacchiere o storielle inventate da qualche buontempone, ma pare che alcuni pastori siano stati uccisi da strane creature che si aggirano tra queste montagne. Creature di cui non si conosce la vera natura e che si nutrono di qualunque essere vivente incontrino sul loro passaggio.
In effetti sembrava solo una storia prima di senso, come se ne sentono tante. Ma Hermione aveva imparato che spesso dietro la fantasia si cela un fondamento di verità e prendere certe informazioni sotto gamba, in un periodo in cui tutto sembrava così confuso e assurdo, era l’ultima cosa da fare.
Rassicurò l’oste ringraziandolo e dicendo che sarebbe stata attenta. Salì di nuovo in camera per prendere la cartina della zona che per sicurezza aveva intenzione di portare con sé, quando sentì uno lieve fruscio provenire dalla sua borsetta. Era la pergamena che aveva stregato per tenersi in contatto con Harry e Ron. Si trattava di un incantesimo molto utile che era stato approvato dal Ministero qualche anno prima: per rendere più veloci i sistemi di comunicazione all’interno del mondo magico erano necessarie due pergamene identiche, collegate tra loro. Il mago che voleva trasmettere all’altro un’informazione o che voleva semplicemente conversare, doveva scrivere il contenuto del messaggio sulla sua pergamena. Poco dopo, quello stesso messaggio sarebbe apparso sulla pergamena del suo interlocutore, il quale avrebbe potuto a sua volta rispondere. Era un buon metodo che negli ultimi tempi aveva in parte sostituito l’uso dei gufi, soprattutto per le comunicazioni a lunga distanza.
Hermione si preparò a leggere sperando che ci fossero novità incoraggianti:
 
Mia cara amica, sono Harry.
Purtroppo devo darti una brutta notizia di cui sono venuto a conoscenza pochi minuti fa. Miranda Cox ieri sera è stata trovata morta nel suo laboratorio da uno dei suoi collaboratori. Pare sia stato un incidente. Il Ministero ha ordinato a me e a Ron di tornare a Londra, perciò partiremo oggi stesso. Devo capire cosa sta succedendo. Ginny verrà con me perché non voglio lasciarla qui da sola. Le nostre ricerche sono state infruttuose e si respira un’aria che non mi piace per niente. Qui ad Almyròs dove mi trovo, si sono verificati strani eventi che non possono non indurmi a pensare che c’è qualcosa di ben più grosso in tutta questa faccenda di quanto abbiamo creduto fino ad ora. Anche Ron a Brad ha percepito che qualcosa di inspiegabile sta avvenendo. Vorrei che tornassi a Londra con noi. Decideremo poi insieme cosa fare. Attendo una tua risposta.       
 
Il contenuto della missiva fu un pugno allo stomaco per Hermione. Miranda, la sua amica, la sua compagna di studio, quella con la quale aveva condiviso notti insonni sui libri a studiare, era morta. Non poteva crederci, non era possibile…non era giusto! Per quanto tentasse di trattenersi, le lacrime cominciarono a rigare le sue guance, finché lo spirito da perfetto Grifondoro non prese il sopravvento sul suo dolore.
Un incidente…un incidente…era assurdo! Miranda era una persona meticolosa e attenta e non avrebbe mai fatto uno sbaglio che poteva rivelarsi fatale. Se le cose stavano così però poteva esserci solo un’alternativa…l’omicidio! L’avevano uccisa! Quei mostri che stavano seminando morte, dentro e fuori Azkaban, avevano eliminato la persona che stava cercando di trovare una cura per evitare il rischio di un’epidemia. Non poteva che essere così. Fu allora che Hermione prese in mano la piuma, la intinse nell’inchiostro e scrisse:
 
Caro Harry,
la rabbia e il dolore che provo in questo momento non mi impediscono di essere lucida, perciò non pensare che la mia sia una follia. Non tornerò a Londra con voi. Devo restare qui e trovare le erbe magiche necessarie per trovare l’antidoto di cui abbiamo bisogno. Sono certa che Miranda vorrebbe così. Se la fortuna mi assiste forse potrei anche recarmi in Grecia e in Romania e trovare le radici che avreste dovuto cercare voi. Ti prometto che starò attenta, ma non cercare di dissuadermi. Ormai ho deciso. Per quanto possibile tienimi aggiornata. Io farò altrettanto. Abbraccia Ginny da parte mia.
 
Hermione.
 
La risposta arrivò pochi minuti dopo:
 
Ti conosco amica mia e so che niente e nessuno può farti cambiare idea quando ti metti in testa una cosa, perciò non tenterò nemmeno di convincerti che secondo me stai sbagliando. Ti chiedo solo di non prendere decisioni avventate e di contattarmi subito qualora avessi bisogno di aiuto. Buona fortuna.
 
Harry
 
Più ci pensava e più era convinta di aver preso la decisione giusta. Ripose tutto l’occorrente per la sua spedizione nella borsetta, chiuse la stanza e scese frettolosamente le scale per evitare di incontrare nuovamente l’oste. Aveva ancora gli occhi gonfi per il pianto e dare eventuali spiegazione era l’ultima cosa che voleva fare.
Il cielo quel giorno era coperto da nuvole che minacciavano pioggia. Probabilmente ci sarebbe stato un temporale, ma questo non avrebbe cambiato i suoi piani. Non voleva perdere tempo dato che non ne aveva poi molto a disposizione. Si incamminò lungo il pendio della vallata facendo attenzione a seguire il percorso che aveva segnato sulla mappa nei giorni precedenti la partenza. Ben presto si trovò nei pressi di una fitta foresta di abeti e pini neri. Il terreno ancora umido sembrava l’ideale per l’Amillea e la Gerilissa, eppure era convinta che non sarebbe stato facile trovarle. Sapeva che erano molte rare e crescevano molto lentamente. Per un attimo ebbe il timore che chi le aveva utilizzate per dar vita a quel batterio tossico, ne avesse raccolto tutti gli esemplari presenti su quelle montagne. In tal caso non ne sarebbero cresciuti altri prima di un anno. No, non doveva scoraggiarsi. Sarebbe riuscita a trovare quelle radici a costo di battere palmo a palmo ogni angolo di quelle sperdute montagne.
Tutta la mattina e buona parte del pomeriggio trascorsero senza che Hermione trovasse anche solo qualcosa che assomigliasse a ciò che stava cercando. Non voleva tornare ancora alla locanda ma restare lì con il buio che stava cominciando a calare sulla montagna, era pericoloso. Decise allora di scendere a valle dal versante opposto che aveva scelto all’andata, così da non sprecare il tempo che le era rimasto. Avrebbe esplorato le altre zone l’indomani. Ad un tratto però, con un rapido cambiamento delle condizioni meteo, tipico delle zone di montagna, cominciò a piovere:
-Accidenti! Non poteva aspettare ancora un paio d’ore questa stupida pioggia! – le imprecazioni non servirono a molto dato che di lì a poco scoppiò un vero e proprio temporale. Allungando il passo ma facendo attenzione a non cadere, Hermione si ritrovò in una radura circondata quasi interamente da pareti rocciose.
Di fronte a lei, vide subito una piccola abitazione che sembrava deserta. A fatica riuscì ad orientarsi e capì che quella era probabilmente la casa dello strano uomo che la sera prima aveva visto alla locanda. Con l’irruenza che spesso aveva dimostrato sin da bambina, si avvicinò alla costruzione e bussò alla porta. “ Non credo che, per quanto scorbutico sia, mi impedirà di entrare con questo tempaccio” pensò la donna. Nessun rumore proveniva dall’interno così bussò di nuovo. Ancora niente. Spinse leggermente la porta e si accorse che era aperta. Decise di entrare anche se temeva che il padrone di casa non sarebbe stato molto felice di ritrovarsi un’estranea nella sua abitazione. Vide una candela accesa che illuminava debolmente quello che doveva essere il salone: un divano verde scuro di fronte al camino, un tavolino con sopra una pila di libri e tutto intorno, sulle pareti, quadri e scaffali pieni di volumi. Hermione rimase sorpresa. In quel luogo sperduto, in mezzo alle montagne, si aspettava di trovare seghe da taglialegna, armi da caccia e cose del genere. Quella invece sembrava una biblioteca! Con un incantesimo asciugò i suoi vestiti e pensò bene che forse era il caso di smaterializzarsi e tornare nel suo alloggio, quando all’improvviso notò in una vetrinetta accanto alla finestra alcune ampolle dallo strano contenuto. La candela non le illuminava a sufficienza, così fece luce con la sua bacchetta. Notò che in tutti quei recipienti di vetro, galleggiavano strane erbe e radici. Era rimasta colpita dalla varietà di campioni vegetali presenti. Molti non li conosceva neanche. Rapita e incuriosita, non si accorse di avere compagnia. In meno di un secondo la candela si spense, fu privata della bacchetta con un incantesimo e si ritrovò con le spalle al muro, stretta ai polsi da mani forti che non intendevano mollare la presa. Ancora sorpresa e incapace di muoversi, Hermione non riuscì a proferire parola. Cercava di pensare a cosa fare, quando un lampo illuminò a giorno la stanza e vide gli occhi della persona che l’aveva aggredita. Fu appena un attimo. Due frammenti di ossidiana incastonati in un volto pallido. Neri e glaciali. Aveva conosciuto una sola persona i cui occhi corrispondevano a quella descrizione. Una persona morta ormai da molti anni. Prima che potesse cercare di capire che forse si trattava solo di un’allucinazione, sentì allentare la presa sui suoi polsi. La stanza fu nuovamente rischiarata dalla luce della candela ma, prima che potesse alzare lo sguardo e vedere finalmente chi fosse quell’individuo, una voce tagliente che riconobbe subito disse:
-Granger! Cosa diavolo ci fa lei qui?              
 
 
     

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il gufo, latore di quell’oscuro messaggio, continuava a fissarlo con occhi penetranti. Come faceva l’uomo che aveva scritto quella lettera a sapere cosa realmente stesse accadendo tra le mura del Ministero? Una fuga di notizie era impensabile poiché chi era al corrente di quei sospetti e del piano per salvaguardare il mondo magico erano solo due persone, la cui affidabilità e discrezione erano indubbie.
Da ore leggeva il contenuto della missiva cercando di individuare qualcosa che potesse aiutarlo a comprendere. Era priva di magia oscura, era evidente. Eppure avvertiva una strana sensazione. Il mittente che si firmava semplicemente “Oblivion”, sosteneva di sapere chi fosse il reale colpevole della morte di Shacklebolt ed era disposto a offrire il suo aiuto. Invitava a non fidarsi di nessuno confermando, seppur velatamente, che il partito conservatore era più coinvolto di quanto si potesse immaginare.
Era davvero inevitabile una nuova guerra? La stabilità del suo mondo era realmente così a rischio? Lo avrebbe scoperto molto presto.
 
 
 
Non è possibile!
DANNAZIONE!
E’ un’allucinazione!
NON PUO’ ESSERE QUI PER ME…
Era morto…la Stamberga Strillante…Nagini…
TRA TUTTI PROPRIO LEI!
Tutto quel sangue…
NESSUNO DOVEVA SAPERE...
Harry…i suoi occhi…
NESSUNO DOVRA’ SAPERE!
Eppure ora è qui, davanti a me…
POSSO ANCORA RISOLVERE IL PROBLEMA NEL MODO PIU’RAPIDO POSSIBILE… 
 
La stanza, illuminata a intermittenza dai lampi di quella furiosa tempesta che non accennava a placarsi, divenne teatro di una scena surreale: l’uomo e la giovane strega, come in un fermo immagine, continuavano a fissarsi senza che nessuno dei due ponesse fine al contatto visivo o tentasse di proferire parola.
- Professore…lei…- fu Hermione a porre fine a quell’innaturale silenzio. Cercava di articolare una frase di senso compiuto, ma era ancora troppo confusa e disorientata per riuscirci.
Snape si ritrasse bruscamente dal corpo della donna stringendo con forza la propria bacchetta: il passato, il suo passato, era tornato a perseguitarlo. Non poteva sfuggirgli. Per quanto ci provasse, i fantasmi degli anni trascorsi a Hogwarts sarebbero sempre tornati a tormentarlo. Fantasmi che ora avevano assunto le sembianze di una sua ex studentessa, l’insopportabile – Grifondoro – SoTutto – Granger, che non aveva mai perso occasione, durante la sua intera carriera scolastica, di mettere in mostra le doti del suo intelletto. Per qualche oscuro motivo si trovava lì, in quello sperduto avamposto della civiltà ove lui aveva trovato un sicuro rifugio, lontano da un mondo che aveva creduto di essersi lasciato alle spalle.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla debole voce di Hermione: - Lumos – disse. Libera dalla presa del suo ex insegnante era riuscita a impossessarsi nuovamente della sua bacchetta, illuminando flebilmente la piccola stanza in cui si trovava e riuscendo così a notare come lo sguardo freddo del mago che le stava di fronte non lasciasse presagire nessuna intenzione rassicurante. Sapeva di doversi preparare a fronteggiare qualunque tipo di reazione. Due decenni erano trascorsi dalla sua presunta morte. Se era scomparso lasciando credere a tutti di trovarsi sotto almeno due metri di terra, poteva voler dire solo una cosa: Severus Snape non voleva più saperne di Hogwarts, del Ministero e di tutti i maghi e le streghe che popolavano la Terra. E lei non era di certo un’eccezione. Quello comunque non era il momento più adatto per soffermarsi sul perché avesse fatto quella scelta. Era certa però che la sua presenza avrebbe portato a risvolti tutt’altro che piacevoli, se non avesse prestata la dovuta attenzione. Pensò, non a torto, che se quell’uomo era riuscito in qualche modo a sopravvivere ingannando tutti sulla sua morte per anni, era davvero capace di fare qualunque cosa.
Prima che Snape potesse dare realmente seguito ai suoi propositi di liberarsi di quell’incidente di percorso, un forte e improvviso ronzio distolse l’attenzione di entrambi: - Che cosa succede? – chiese Hermione cercando con la sua voce di sovrastare quel rumore sempre più intenso e fastidioso. Ignorando la sua domanda, il mago si avvicinò con passo deciso a una della finestre rivolte verso il lato est della casa: - Sono di nuovo qui – fu la frase sibillina che pronunciò rivolgendosi più a sé stesso che alla strega in piedi accanto a lui e il cui atteggiamento vigile mal celava una forte apprensione.
- Chi è di nuovo qui? – Hermione cercò nuovamente di attirare l’attenzione del mago muovendo, con tutti i sensi all’erta, pochi passi in direzione della finestra.
- Prima che decida di disfarmi di lei, mi dica subito perché si trova qui – quella voce tagliente non era affatto cambiata, malgrado fosse passato tanto tempo dall’ultima volta che Hermione l’aveva udita. Non le piaceva quell’atteggiamento dispotico e autoritario e ancor meno quella esplicita minaccia che le aveva rivolto, alla quale però preferì non dare peso: se avesse davvero voluto farla fuori, non avrebbe di certo perso tempo in inutili giri di parole. Così, fingendo che quella richiesta di spiegazioni fosse stata formulata educatamente, rispose: - E’ una lunga storia e non credo proprio di avere molto tempo a disposizione per raccontarla. Pertanto le posso solo dire che sto cercando alcune erbe magiche di natura vegetale molto rare…per un esperimento – Hermione preferì tacere sulle reali motivazioni che l’avevano spinta a compiere quel lungo viaggio. Perché mai avrebbe dovuto essere più esauriente? Davvero gli interessava sapere perché si trovasse lì? Anche se avesse saputo cosa lei stava rischiando di dover affrontare, cosa avrebbe fatto? Non credeva che avesse senso o utilità raccontargli delle sue scoperte e dei suoi sospetti…però…però non poté fare a meno di pensare che quell’uomo, il suo ex professore, avrebbe potuto cambiare tutto il corso della vicenda che si era delineata fino a quel momento. Se davvero si stava prospettando una lotta di potere dalle conseguenze imprevedibili, chi se non una spia doppiogiochista come lui avrebbe potuto rappresentare un asso nella manica? Chi se non un pozionista dalle sue incredibili abilità avrebbe potuto trovare una soluzione al rischio epidemia che ormai si stava facendo sempre più reale? Ma Hermione sapeva di divagare con la mente. Mai e poi mai Snape avrebbe accettato di aiutarla. Era già un miracolo non essere stata ancora schiantata!
Osservando l’espressione del mago, la donna notò che le sue scarne e sintetiche informazioni non sortirono alcun immediato effetto: il mago continuava a fissare immobile l’orizzonte, come se solo lui potesse vedere cosa davvero celasse l’oscurità. Improvvisamente però il suo sguardo fu attraversato da un lampo di vittoria, come se un’intuizione fino a quel momento celata nella sua mente avesse fatto capolino. Con rapidità Snape si allontanò dalla finestra per dirigersi verso una malconcia teca di legno appesa sulla parete del camino. Aprì con decisione una delle due ante per trarne una piccola ampolla contenente un liquido ambrato nel quale galleggiava una sostanza vegetale dal colore rossastro. Hermione la riconobbe subito: - L’amantilla! – esclamò in preda all’entusiasmo. – E’ questo uno dei campioni che stava cercando, non è così? – un’espressione compiaciuta accompagnò quelle parole. – Si, è proprio questo! Ma come faceva a saperlo? – la strega ancora incredula si avvicinò alla provetta, ma prima che potesse  anche solo tentare di osservarla da vicino, sentì le pareti della casa tremare.  – Ma cosa…? – sussurrò, avvertendo che anche le assi del pavimento avevano cominciato a perdere stabilità, rendendo difficile muoversi senza perdere l’equilibrio. – Dobbiamo andare via da qui!- affermò Snape afferrando una sacca nera di tela nella quale infilò alcuni volumi sparsi per la stanza e le provette che fino a quel momento avevano fatto bella mostra di sé, ordinatamente allineate, sul ripiano di uno scaffale.
Hermione strinse tra le dita la sua bacchetta e si diresse verso la porta dalla quale era entrata – Non la apra! – disse Snape con fermezza  - Usciremo dal retro - . Velocemente percorse uno stretto corridoio seguito da una Hermione sempre più tesa. Intanto, quello che fino a pochi minuti prima era stato solo un fastidioso ronzio, adesso era diventato un rumore sordo, simile a quello di un tuono in lontananza. – Per di qua – la porta che il mago aprì dava su una piccola radura circondata da alte pareti di roccia, le quali lasciavano intravedere un piccolo sentiero inerpicarsi su per la montagna. I due cominciarono a risalire quello stretto e impervio percorso; era evidente che il professore conoscesse bene quei luoghi ma Hermione, più veloce e allenata, finì per superarlo. Prima che potesse iniziare a risalire il crinale, avvertì un forte calore invadere l’aria. Tutto avvenne in un attimo: prima il boato di un’esplosione, poi un’onda d’urto la cui intensità fece vacillare Hermione spingendo con forza il suo corpo in avanti, senza che lei potesse in alcun modo opporsi. Fu allora che si sentì schiacciare verso il basso da una forza poderosa, una forza che solo dopo capì essere quella del suo ex insegnante, il quale le impedì con fermezza di alzarsi per restare, ventre a terra, sull’erba. Di quegli istanti Hermione avrebbe ricordato solo il denso fumo dall’odore acre che le impediva di respirare e le fiamme che, malgrado la pioggia incessante, continuavano a bruciare tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Poi…il buio.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


“Ha ricevuto la lettera”
“Lo so”, la sua voce non lasciava palesare alcuna emozione. In quel momento desiderava solo vedere l’espressione del destinatario del suo messaggio. Sicuramente si era chiesto chi e perché fosse a conoscenza di tutte quelle informazioni così riservate e soprattutto pericolose. Non era di certo possibile sospettare di uno come lui, ed era proprio questo a rendere il suo piano ancora più brillante e imprevedibile.
“Cosa dobbiamo fare adesso?”. Quella domanda lo destò dalle sue divagazioni.
“Avere solo un altro po’ di pazienza. Adesso dovremo cominciare a procedere su due fronti e la fretta è sempre una pessima consigliera. Pensa piuttosto a tenermi aggiornato sull’ultima missione che ti ho affidato. Cerca di non deludermi”.
“Non lo farò. Puoi contarci”.
 
 
Falli accomodare – il tono severo del Vice Ministro riusciva sempre a mettere in soggezione sottoposti, impiegati e persino colleghi suoi pari. Nelle ultime settimane poi, Douglas era diventato sempre più intrattabile e scostante; tutti l’avevano notato. La tensione era palpabile. Sulle ragioni di tale agitazione si rincorrevano nei corridoi del Ministero congetture e pettegolezzi di qualsiasi natura ma nulla che si avvicinasse alla realtà. Era comunque chiaro per chiunque che qualcosa di davvero allarmante stava per accadere.
Harry e Ron entrarono in quella che fino a pochi giorni prima era stata la stanza di Shacklebolt, con la consapevolezza che quella improvvisa convocazione sarebbe stata foriera di pessime notizie.
- Accomodatevi – disse Douglas con un’inflessione della voce tutt’altro che amichevole. Non era un mistero che i rapporti con Harry Potter fossero sempre stati tesi. Il Vice Ministro infatti, sin dall’inizio del suo incarico, aveva manifestato la volontà di collaborare il meno possibile con quel giovane così sprezzante delle regole. Un mago vecchio stampo come lui non poteva tollerare intemperanze e volontarie mancanze di rispetto nei confronti di una qualsiasi autorità, cose queste che avevano sempre contraddistinto le azioni di Potter. Le problematiche attuali però imponevano di mettere da parte qualsiasi dissapore e concentrarsi su un unico obiettivo: trovare una soluzione il più presto possibile a una situazione la cui gravità aveva ben pochi precedenti.
- Perché ci ha convocati qui con questa urgenza, Signore? – disse Harry pur conoscendo perfettamente le ragioni di quella riunione. Non poteva però lasciar trapelare nulla che potesse mettere in guardia Douglas e i suoi collaboratori.
- Sapete sicuramente dei decessi avvenuti ad Azkaban negli ultimi mesi – era evidente lo sforzo di Douglas nel dover condividere con i due Auror i suoi sospetti – E avrete anche sentito le voci che circolano a proposito della morte del nostro compianto Primo Ministro – Harry non sapeva perché ma quelle parole suonarono estremamente false – In seguito ai recenti avvenimenti – riprese l’anziano mago – Siamo ormai certi che dietro queste morti sospette… -
- Morti sospette? Vuole dire che c’è una connessione tra Azkaban e Shacklebolt? – Lo stupore di Harry sembrava così sincero da poter ingannare chiunque.
- Non è ancora una certezza ma ormai non credo che sia possibile fingere  o tergiversare. I due casi sono concatenati tra loro ma sulle reali cause i medimaghi stanno ancora lavorando  -
Anche se Harry era già al corrente di tutto e sapeva molto più di quanto in quel momento quell’uomo stava loro rivelando, udire quella frase proprio da lui, un esponente di primo piano di quel Ministero che aveva sempre negato anche l’evidenza, rendeva il pericolo ormai prossimo, ancora più reale, più vero.
- Ci sono già dei sospetti? – Questa volta fu Ron a prendere la parola. Negli ultimi anni il suo operato in qualità di Auror era stato particolarmente apprezzato dalle alte sfere, il che gli aveva consentito di uscire dall’ombra del suo amico Harry e acquisire credito e autorità agli occhi di molti. Douglas stesso stimava il suo buon carattere e le sue capacità.
- Temo – disse – che il partito conservatore possa essere coinvolto in questa torbida vicenda – Uno strano silenzio piombò nella stanza mentre le sue parole, come macigni, cominciarono a gravare sulle spalle di quanti le avevano appena udite. Se davvero era quella la realtà dei fatti, presto la situazione sarebbe diventata delicata e soprattutto ingestibile. – Non abbiamo ancora delle prove a riguardo – continuò Douglas riprendendo le fila del suo discorso – Ma date le circostanze, è prudente non sottovalutare nulla, neanche il minimo sospetto. Dobbiamo agire con la massima discrezione. Inutile dire che nulla di quanto ho detto fino ad ora dovrà uscire da queste mura. Il rapporto con i nostri avversari politici è già piuttosto teso.
- Quali sono le loro impressioni? Si sono sbilanciati in qualche modo dopo la morte di Kingsley – Harry sapeva che molti conservatori era ancora vittime di un fanatismo deleterio per la sicurezza del mondo magico in Inghilterra e creare ulteriori attriti poteva davvero essere controproducente.
- Non ancora Signor Potter. Per il momento è stata solo indetta una riunione per discutere degli ultimi avvenimenti e predisporre quanto occorre per le prossime elezioni.
- Elezioni?-
- Si, Signor Weasley. Non possiamo attendere oltre ed è qui che entrate in gioco voi -  
- Cosa dovremmo fare? – Harry credeva di conoscere già la risposta.
- Due sono i favoriti alla carica di Primo Ministro ed entrambi sono naturalmente esponenti del nostro partito. Anche i Purosangue hanno proposto un loro candidato che gode di un discreto credito tra la popolazione magica. Dubito fortemente che comunque riesca a ottenere una percentuale di voti tale da renderlo un avversario temibile. Ciò che invece ritengo necessario è dar vita a una squadra che possa proteggere i nostri due leader. Voi dovrete occuparvi di tutto ciò che riguarda la sua organizzazione interna.
- Pensate che rischino la vita? Che qualcuno possa ordire un attentato contro di loro?  - Ron riuscì a  incalzare Douglas esprimendo i suoi timori e i suoi dubbi.
- Non possiamo escluderlo – fu la risposta del mago – Non dobbiamo escluderlo…- aggiunse con poco più di un sussurro – Parlerete con il Signor Percy Weasley per ulteriori dettagli. Da questo momento sarà lui il vostro diretto superiore; vi riferirà le conclusioni cui siamo giunti fino ad ora e vi aiuterà a svolgere il vostro incarico con tutti i mezzi che il Ministero potrà offrirvi. Sarete informati sull’identità dei due candidati, sulle loro abitudini e su tutto ciò che verrà ritenuto utile ai fini della loro sicurezza. Ovviamente si tratta di una missione top secret della quale nessuno dovrà essere informato…nessuno – ripeté Douglas con tono minaccioso poiché era ben noto che qualunque cosa Potter e Weasley facessero, arrivava subito alle orecchie di Hermione Granger.
- Ha la nostra parola, Signore – rispose prontamente Ron per evitare qualunque altra insinuazione.     
- Bene – concluse il Vice Ministro – Direi che per il momento non c’è altro da aggiungere. Il Signor Weasley vi aspetta nel suo ufficio -
Prima che i due Auror lasciassero quella stanza, Harry non poté trattenersi dal dire – Se scoprissimo che i colpevoli si nascondono davvero tra i conservatori, come avrà intenzione di procedere, Signore? -
Douglas lo guardò intensamente negli occhi quasi volesse essere certo che la sua risposta giungesse alle orecchie di Potter chiara e perentoria – Il danno che riesci a infliggere a chi ti è nemico è più importante di quella che chiamiamo giustizia [1]– Con il peso di queste parole lapidarie e un brivido lungo la schiena, Harry e Ron si congedarono dal vecchio mago, certi che quello, per loro, sarebbe stato solo l’inizio.
 
 
 
 
Hermione non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando aveva perso i sensi e per un attimo aveva creduto che tutto quello che aveva vissuto nelle ultime ore fosse stato solo il frutto di un sogno o di incubo, a seconda della prospettiva dalla quale lo si voleva osservare. Il ritrovamento del campione di amantilla, l’esplosione alla quale era sopravvissuta, ma soprattutto la scoperta che l’uomo che credeva morto più di vent’anni prima era vivo e probabilmente deciso a liberarsi di lei una volta per tutte, non poteva di certo essere solo il parto della sua mente. E difatti, quando aprì gli occhi, vide a pochi metri di distanza il suo ex insegnante sfogliare quello che riconobbe come il libretto nero che Miranda gli aveva affidato. Era l’alba e il chiarore del sole permise a Hermione di osservarlo seppur di nascosto: non era cambiato molto, se si escludevano i capelli lievemente brizzolati e qualche ruga in più[2]. Aveva ancora l’aspetto arcigno che lo aveva reso l’insegnante più temuto di Hogwarts, ma agli occhi di Hermione era anche uno dei maghi più ammirevoli per la sua intelligenza e per il coraggio che aveva dimostrato durante la Guerra.
- Non appena avrà smesso di fissarmi Granger, risponda alla mia domanda… - l’uomo riscosse la strega dai suoi pensieri, consapevole di averla messa in imbarazzo. Scoprì di provare ancora un certo piacere sadico nel cogliere in flagrante chi credeva di avere un certo vantaggio su di lui – Crede che io sia uno stupido? – continuò -  Mi ha parlato di un esperimento per giustificare le ragioni delle sue ricerche…che assurdità…- Snape aveva parlato senza distogliere lo sguardo dal libretto che teneva tra le mani, continuando a sfogliarlo con vago interesse.
- Me lo dia! – disse Hermione avvicinandosi al suo ex professore con passo incerto. Sentiva ancora i muscoli indolenziti e riuscì a stento a trattenere una smorfia di dolore. Lo sguardo che il mago le rivolse era glaciale – Non osi rivolgersi a me in questo modo – il tono di voce era furente e fu in quel momento che la donna si accorse di non avere più con sé la propria bacchetta.
- Cercava questa? – La schernì Snape mostrandole quella che in un momento così teso era la sua unica possibilità di salvezza.
- Cosa ha intenzione di fare Professore? – disse Hermione con aria di sfida: anche se in difficoltà, non si sarebbe di certo arresa.
- Ho un ampio ventaglio di possibilità – le rispose il mago con fare sarcastico – ma quella che più di ogni altra mi consentirebbe di disfarmi di lei senza problemi, direi che sia solo una: lanciarle un incantesimo obliviate così da modificarle la memoria quel tanto che mi basta per non incorrere in spiacevoli conseguenze.
- No! Non lo faccia! – urlò la strega – Rischierei di non ricordare più nulla della missione che devo portare a termine – si rese subito conto di aver parlato troppo ma non poteva permettersi di mandare tutto a monte solo perché si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, scoprendo il segreto del suo ex insegnante – L’incantesimo di memoria è molto potente – aggiunse con voce sommessa – Potrebbe causare molto più di una mera modifica; inoltre non esiste nessun controincantensimo, il che rende l’obliviate irreversibile.
- Non è affatto cambiata Granger – rispose Snape lasciandosi andare a un ghigno sardonico – La sua lezioncina di incantesimi avrebbe impressionato il Professor Vitious; peccato che adesso sia del tutto fuori luogo.
- Se il suo timore è che io possa raccontare a tutti che lei sia ancora vivo, posso assicurale che… -
- Non perda tempo in patetici giuramenti – la interruppe Snape – Non mi fido di lei più di quanto non mi fidi di un qualunque individuo che calpesta questa terra – la sua freddezza fu tagliente come una lama d’acciaio. Freddezza che mostrò anche quando decise di puntare la bacchetta contro Hermione.
- Professore no! – esclamò la donna, ormai pronta a tutto pur di difendersi.
Qualunque fosse la strategia di difesa passatale per la mente, essa si sarebbe comunque rivelata alquanto inutile poiché contro di lei non fu lanciato alcun incantesimo. La bacchetta di Snape, infatti, era rivolta inspiegabilmente in direzione di un punto imprecisato alle sue spalle: 
- Stia immobile Granger…non muova un solo muscolo -
Hermione non aveva idea di cosa stesse accadendo, sentiva solo una strana energia negativa emanarsi intorno a lei.
- Mi ascolti attentamente – sussurrò Snape – non appena glielo dirò, dovrà subito buttarsi a terra. Mi ha capito? -
- Cosa? E perché dovrei? – disse la strega sottovoce, ben decisa a non dare ascolto all’ordine che le era stato impartito.
Cominciava davvero a perdere la calma. Sapeva che agitarsi non avrebbe risolto nulla ma in quel momento tutto era fuori dal suo controllo; era stata privata della sua bacchetta, qualcosa o qualcuno alle sue spalle che non riusciva a vedere aveva probabilmente tutte le intenzioni di ucciderla e l’unica persona che poteva aiutarla era la stessa che l’aveva messa in quella situazione, minacciandola tra l’altro di farle perdere la memoria.
- Lo faccia e basta! – anche se il suono della voce di Snape era appena udibile, quando voleva era in grado di far tremare anche i sassi.
Hermione fece un lieve cenno d’assenso col capo, consapevole di non avere altra scelta se non quella di fidarsi di lui. Improvvisamente sentì vicino al suo collo uno strano calore, come se qualcuno stesse alitando sulla sua pelle. Provò una sensazione di vera repulsione, ma non si mosse. Restò immobile aspettando il segnale del mago così come le aveva detto.
- Calma Granger…calma…calma…ora! -
Hermione si lanciò sull’erba appena in tempo per vedere un lampo rosso uscire dalla bacchetta del professore e colpire in pieno petto l’essere che fino a poco prima incombeva su di lei. Trattenne il fiato quando vide quel corpo privo di vita cadere riverso sul terreno.
Non ricordava di aver mai visto una creatura simile: era ricoperta di folti peli neri ma non aveva una vera e propria sembianza animale. Sembrava più una specie di umanoide dal viso deforme e dai grandi occhi sporgenti.
- Un ghytyo – disse Snape dopo aver rinfoderato la bacchetta e osservato da vicino quell’essere. Sembrò che un lieve stupore fosse riuscito a farsi spazio sul suo viso sempre privo di emozioni.
La strega intanto si mise a guardare a sua volta quella creatura e si rimproverò per non averla subito riconosciuta. Ricordò di aver letto qualcosa su di essa in uno dei volumi della Sezione Proibita di Hogwarts. Non c’erano molte informazioni a riguardo: si sosteneva che i ghytyo vivessero in piccole colonie site nel sottosuolo e che durante il giorno restassero nascosti perché la luce del sole li avrebbe accecati e inibito le loro forze (e questo spiegava il motivo per il quale quell’esemplare non avesse attaccato lei e Snape né avesse tentato di opporre resistenza). Di notte, quegli esseri uscivano dai propri rifugi e distruggevano qualunque cosa incontrassero sul loro cammino, dando così sfogo ad ogni più bassa pulsione li animasse. Di indole aggressiva, potevano causare terremoti ed esplosioni grazie al loro legame ancestrale con la terra. Erano estremamente pericolosi e impossibili da addestrare o tenere a bada: più animali che uomini, ubbidivano solo ai loro istinti, il che li rendeva molto simili ai lupi mannari (a questo proposito, alcuni ritenevano che tra le due specie vi fosse qualche legame o un’origine comune). I ghytyo però non rappresentavano più un pericolo poiché già estinti ai tempi della Prima Guerra Magica, a causa di Voldemort. Le ragioni di questo sterminio però non erano note.
- Mi risparmi le sue presunte conoscenze sull’argomento, Granger – disse Snape allontanandosi da quel corpo ormai inerte.
- Pensavo non esistessero più esemplari di questa specie – Hermione sembrò non aver udito la frase provocatoria del suo ex insegnante - Voldemort li fece uccidere tutti molti anni fa. Non credevo avessero lasciato dei superstiti…ma anche in questo caso, perché attaccarci? E’ evidente infatti, che l’esplosione della sua casa sia da attribuire a loro. E’ così che agivano quando attaccavano le abitazioni e gli insediamenti dei maghi. Ma cosa ci fanno qui? Il loro habitat è ben diverso da quello che possono trovare in questi luoghi…forse…
- Vuole smetterla Granger?! – Snape era furioso – Se anche avessi avuto il minimo ripensamento sulla possibilità di farla tacere una volta per tutte, lei sta facendo di tutto per fugare ogni mio dubbio – il mago cercò di riprendere il controllo anche se quella donna petulante rendeva qualsivoglia tentativo piuttosto arduo.
- Ho esagerato…- ammise Hermione – Ma è la seconda volta in poche ore che rischio di morire e non so né perché né chi voglia farmi fuori.
- Lei? – disse Snape di nuovo in preda alla collera che a stento riusciva a trattenere – Lei ha rischiato la vita? Io ho perso la mia casa, stavo per saltare in aria e adesso devo anche sopportare le sue inutili e fastidiose chiacchere. Un oblivion sarebbe davvero il minimo per farla tacere una volta per tutte -
- Ascolti Professore – Hermione capì che se voleva uscire da quella situazione nel modo più indolore possibile, era necessario assumere un atteggiamento conciliante, anche a costo di rivelare tutta la verità sui motivi del suo viaggio – So che non si fida di me e darle la mia parola sul fatto che non svelerò mai il suo segreto, credo sia inutile. Però è importante che sappia il vero motivo per il quale mi trovo qui. Le erbe che sto cercando sono indispensabili per trovare un antidoto in grado (o almeno così si spera) di scongiurare il rischio di una grave epidemia che…
- Epidemia? – se la prima parte del discorso di Hermione non sembrava aver sortito alcun effetto sull’atteggiamento ostile e risoluto del mago, quella parola attirò subito tutta la sua attenzione.
 - Si professore – rispose la strega – E non posso rischiare di dimenticare quanto è stato scoperto fino ad ora a causa dell’incantesimo obliviate. Non le sto chiedendo di aiutarmi ma la prego, mi lasci andare con il campione di amantilla e le giuro che non sentirà più parlare di me.
Snape sembrava perso in chissà quali pensieri; aveva cominciato a camminare intorno alla radura nella quale si trovavano senza una meta precisa, come se ogni passo potesse stimolare la sua mente e aiutarlo a concentrarsi. Hermione si sentiva invece come un condannato in attesa della sua sentenza. Non era neanche riuscita a riprendere il controllo della sua bacchetta, ma sperava di potersene riappropriare senza ricorrere a rimedi estremi.
Dopo pochi minuti che sembrarono ore, Snape si fermò dandole le spalle – Non è necessario che le chieda se anche i suoi due vecchi amici di Hogwarts siano al corrente di tutta questa storia, poiché conosco già la risposta. Comunque l’amantilla e la gerilissa sono entrambe in mio possesso e non ho alcuna intenzione di darle a lei – Hermione si stupì udendo quella frase. “Possiede anche la gerilissa…allora è alla ricerca di queste erbe proprio come me…ma perché mai? Cosa vorrà farne?”
- Non tenti di trovare una spiegazione logica a quanto le ho appena detto, Granger. Sarebbe fatica sprecata – riprese Snape lasciando Hermione sorpresa solo in parte. Sapeva bene quanto fosse poco prudente rendere accessibile la propria mente in presenza del mago.
- Come dicevo, le mie intenzioni di ritrovare anche gli altri campioni non mi permettono di perdere tempo prezioso con lei che magari, con qualche goffo tentativo, proverà in tutti i modi a intralciarmi. Come se non bastasse poi anche Potter – e quel nome fu accompagnato da una smorfia di disgusto – E’ sicuramente al corrente del suo viaggio e rischierei di trovarmi tra i piedi lui o peggio…quella testa di legno del Signor Weasley – Hermione riuscì a stento a trattenere un sorriso: malgrado fossero passati vent’anni, le cose non erano cambiate poi molto – Pertanto l’obliviate o qualunque altro incantesimo che la renda innocua, avrebbero come immediato effetto quello di vedermi piombare all’improvviso quei due pronti a soccorrerla. Mi trovo dunque nella spiacevole situazione di dover accettare il male minore, e cioè la sua presenza. Prima che si esalti però tenga ben presente tre condizioni che ritengo fondamentali per rendere possibile la nostra…collaborazione – pronunciare quella parola richiese davvero uno sforzo immane – Dovrà raccontarmi ogni cosa lei sappia su questa storia senza tralasciare nulla. Dovrà evitare di parlare a vanvera o fare domande inutili e infine, ma più importante di ogni altra cosa, dovrà dimenticare il nostro incontro e tutto ciò che accadrà a partire da questo momento. Crede di riuscirci, Granger?
Hermione era così soddisfatta di aver ottenuto più di quanto si aspettasse che non badò alle offese, disse semplicemente sì ed evitò di aggiungere anche solo una parola che potesse rendere vano l’accordo appena stipulato. Fu così che Snape si voltò, la fissò negli occhi e aggiunse – Bene Granger. A questo punto direi che possiamo cominciare dal suo racconto – si sedette elegantemente su un masso e, lanciandole la sua bacchetta con aria di sufficienza, disse – Si riprenda questa…ne avrà bisogno.

 
nda: Ecco un nuovo capitolo! Non mi convince molto perchè ho paura che il personaggio di Severus sia OOC. Fatemi sapere cosa ne pensate così farò di tutto per migliorare! Grazie a chi segue e soprattutto a chi lascia un commento. Al prossimo aggiornamento :-*
[1] Citazione rivisitata da Plutarco/Cleomene
[2] Immaginate che adesso sia più simile ad Alan Rickman che a Renato Zero :-P

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 “Quella baracca è stata distrutta. Non sono riuscito a tenerli sotto controllo”.
“Che cosa?” Non era possibile…era stato chiaro! Dovevano scoprire chi fosse entrato in possesso di quelle erbe e soprattutto come! Non poteva permettere a nessuno di mandare una seconda volta tutto a monte. Non adesso che il suo momento era finalmente così vicino.
“Come hai potuto permetterlo?”sentì la sua voce rimbombare tra le pareti della stanza.
“Calmati! Non capisco perché sia tanto importante. Volevi essere sicuro che quelle piante venissero distrutte e così è stato. Inoltre puoi star certo che chiunque sia stato lì al momento dell’esplosione, ormai è sicuramente morto”.
“Idiota! Come fai a esserne così sicuro? Credi che ci troviamo nella posizione di poter rischiare?” Era davvero fuori di sé, costretto a chiedere l’aiuto di quell’inetto pur sapendo che avrebbe creato solo problemi. Purtroppo però non aveva avuto alcuna alternativa.
“Troveremo gli altri campioni e li elimineremo” Cercava di calmarlo, era evidente. Peccato che quelle rassicurazioni erano così patetiche da suscitare solo l’effetto contrario.
“Mi accerterò personalmente che non resti neanche una traccia di queste erbe. Te lo garantisco.”
Preferì ignorare le sue inutili parole evitando così di lasciarsi travolgere nuovamente dall’ira. “Voglio sapere chi viveva in quella casa ed essere certo che non sia più nelle condizioni di nuocerci. Hai capito bene? Perché, in caso contrario…credo tu sappia cosa fare”. Vide un ghigno feroce e una strana luce attraversare lo sguardo dell’uomo che aveva di fronte, quasi fosse un vampiro assetato di sangue.
“Mi stai chiedendo di ucciderlo?”
“Esattamente”.
 
 
 
Hermione era stata molto precisa nel riassumere quanto era accaduto nelle ultime settimane: i decessi sospetti ad Azkaban, la lunga malattia che portò Shacklebolt alla morte, l’incarico affidato alla sua povera amica Miranda Cox e lo strano incidente a causa del quale aveva perso la vita, i sospetti che Harry e gli altri avevano manifestato e infine ciò che lei stessa aveva scoperto con le sue ricerche.
Severus aveva ascoltato attentamente ogni singola parola senza lasciar trapelare nulla delle sue personali riflessioni. La strega non aveva idea di quanto quell’uomo sapesse già, né di come fosse stato in grado di conoscere certi particolari, ma era sicura che prima o poi l’avrebbe scoperto.
- E questo è tutto – disse – Cosa ne pensa? –
Il viso del professore sembrava una maschera di ghiaccio: sguardo impenetrabile e atteggiamento distaccato, come se niente e nessuno potesse turbarlo.
- Mi ha dato molto su cui riflettere – rispose infine – Direi che adesso possiamo metterci in viaggio.
- Per dove esattamente? – chiese Hermione afferrando in fretta la sua borsetta.
- Credevo lo sapesse – era forse un sorriso di scherno quello che la strega riuscì a intravedere?
- Bard o Almyròs? – specificò la donna quasi volesse sottolineare che la domanda precedente non era stata affatto superflua.
- Bard – fu la secca risposta del mago – E adesso cerchiamo di sbrigarci, Granger. Non creda sia nelle condizioni di poter perdere altro tempo –
Hermione accelerò il passo e lo raggiunse. Sollevò lo sguardo e vide che ormai il sole era alto. Era vero. Il tempo non era affatto dalla sua parte.
 
 
******************************************
 
 
- Se non ci sono altre domande direi che possiamo concludere la nostra riunione – Percy cercava di mantenere il più possibile un atteggiamento professionale ma era evidente che molte cose in quel momento lo preoccupavano – Gli Auror impegnati a fronteggiare la rivolta dei Goblin purtroppo non potranno esserci d’aiuto. Dovremo contare su forze alquanto esigue.
- Riusciremo a ottimizzarle – gli rispose il fratello sfogliando alcune pergamene con aria assorta.
- Presumo che non sarà necessario informarli del reale motivo per cui i candidati alla carica di Primo Ministro dovranno essere sorvegliati e protetti – disse Harry cercando di scrutare lo sguardo di Ron. Era insolitamente tranquillo. La crisi del suo matrimonio, la mancanza di notizie da parte di Hermione nelle ultime 24 ore e quello che stava accadendo al Ministero non avevano suscitato alcuna reazione. Gli stava forse nascondendo qualcosa?
- No – rispose Percy distogliendo Harry dai suoi pensieri – seguiranno tutti le nostre direttive e faremo in modo che quanto comunicheremo basti a soddisfare la loro curiosità.
- Bene – riprese Harry raccogliendo alcune delle pergamene sparse sulla scrivania dell’Alto Ufficiale – A questo punto credo che non ci sia altro da aggiungere – si diresse così verso la porta voltandosi però per osservare nuovamente Ron, impegnato a trascrivere alcuni dati su un taccuino – Oggi pranzi con noi? – disse infine sperando che accettasse.
- Si – fu la sua semplice risposta – Ma vai pure avanti. Ti raggiungerò più tardi – nel pronunciare quelle parole non aveva minimamente degnato l’amico di uno sguardo.
- Come vuoi – disse Harry prima di salutare Percy con un rapido cenno e lasciare la stanza.
Rimasti soli, i due fratelli ultimarono il loro lavoro quasi ignorandosi. Fu Ron a interrompere quel silenzio dicendo – Cosa ti sta passando per la testa Percy? A me puoi dirlo.
Il mago per tutta risposta lo guardò con noncuranza – Di cosa parli? Sto semplicemente pensando a come organizzare al meglio le nostre squadre per portare a termine il compito che ci è stato affidato.
- Balle! – quella parola venne sputata fuori quasi con rabbia – Perché ogni volta che c’è un problema preferisci tagliare fuori la tua famiglia? Perché non vuoi mai parlare con qualcuno di ciò che ti preoccupa? Perché non vuoi mai parlarne con me?.
Colpito dalla reazione del fratello, il giovane ufficiale lasciò la sedia sulla quale era seduto e si avvicinò al camino, quasi che nella cenere della brace ormai spenta, potesse trovare una spiegazione alle sue reticenze – Cosa vuoi che ti dica? – disse con rassegnazione – Che la morte di Kingsley mi ha sconvolto? Che temo di non potermi fidare più di nessuno? Che se scoppiasse davvero un’epidemia non credo proprio che saremo in grado di gestirla? E’ questo che vuoi sapere? – Ogni domanda da lui formulata era scandita da un tono di voce sempre più aspro e irritato.
Ron gli si avvicinò dandogli una pacca affettuosa sulla spalla – Ne usciremo fuori anche stavolta, stai tranquillo. Del resto abbiamo affrontato anche di peggio, non credi?.
Per quanto quelle parole volessero essere rassicuranti non era certo con un semplice incoraggiamento che le cose si sarebbero risolte. Entrambi lo sapevano bene.
- Spero che sia davvero così  Ron, perché io invece ho paura che non la spunteremo così facilmente come dici.
- Percy…rispondi al fratello adesso e non all’Auror che deve eseguire i tuoi ordini – la voce del mago era decisa e risoluta – Sei consapevole che non potremo nascondere per molto tempo ancora all’opinione pubblica quello che sta succedendo? Prima o poi ci sarà una fuga di notizie…è inevitabile.
- Credi che non lo sappia? – lo interruppe Percy visibilmente provato da quella eventualità che sicuramente di lì a poco si sarebbe trasformata in una certezza – Cosa vuoi che faccia? Che sia io a dire la verità con il rischio che si diffonda il caos?
- Non sarebbe una cattiva idea – rispose Ron lasciando di stucco il fratello – Prova a ragionare – aggiunse notando quanto Percy fosse rimasto sconvolto dalla sua affermazione – Se giungessero alle orecchie della comunità magica informazioni e notizie distorte, sarebbe difficile se non impossibile, confutare, spiegare, smentire o confermare ogni singolo timore. Se anticiperemo i nostri nemici sul tempo, invece, potreste non solo dimostrare quanto il Ministero sia trasparente e sincero ma spiazzare chi sta cercando di distruggerci. Almeno non potranno più screditarci! –
Percy, dopo averlo ascoltato attentamente, pensò che per quanto inizialmente folle quell’idea non era poi tanto malsana – Giocare d’anticipo…è questo che vuoi dire?
- E’ una possibilità
- Dovrò parlarne con Douglas – un piano si stava delineando nella sua mente ma sapeva di non poterlo attuare senza prima informare i suoi superiori – E’ impossibile per me agire senza un’autorizzazione del Vice Ministro e poi, ad essere sincero, non sono ancora sicuro che sia la cosa migliore da fare – ormai il giovane ufficiale parlava più a se stesso che al fratello.
- Pensaci…ma ricorda che il momento delle incertezze non può durare in eterno – e detto questo Ron lasciò il fratello perso nei suoi dubbi e nei suoi nuovi propositi, scomparendo nel camino in una nuvola di polvere verde. “Era vero” – pensò Percy osservando il luogo nel quale era scomparso Ron, ma senza guardarlo realmente “Non avevano più tempo. Dovevano passare all’azione. Quante morti ancora dovevano verificarsi prima di reagire?” C’era una sola cosa da fare e andava fatta subito. Quella sera stessa sarebbe andato da Douglas e lo avrebbe affrontato sperando di convincerlo a non nascondere più quanto stava accadendo.
Non sapeva ancora, però, che di lì a poche ore egli non sarebbe stato il solo a far visita al Vice Ministro. 
 
 
 
 
 
Nda: Perdonate l’aggiornamento microscopico ma mi serviva un capitolo di transizione. Nel frattempo ringrazio ancora chi segue e commenta la storia (me felice!). Grazie grazie grazie!
 
 
 
  
 
 
  

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“Non posso credere che tu voglia davvero fare una cosa del genere!”
“Non farmi la predica! Non sei affatto convincente…”
“Dopo tutto questo tempo e dopo quello che è successo, è possibile che il tuo desiderio di vendetta non si sia ancora consumato?”
“Tu non puoi capire…”
“Posso invece. Più di quanto pensi. Perché credi che ti avrei seguito fino a questo punto? Ma adesso…adesso è pura follia! Lo capisci? Non è così che doveva andare…”
“Invece si! E’ sempre stato questo l’epilogo della storia. Sei tu il solo a non averlo ancora capito!”
“Io non ci sto…non posso accettarlo!”
“Mi dispiace che tu dica questo perché sai…ormai è troppo tardi per tirarsi indietro”.
 
Ricordava ogni singola parola di quella che era stata la loro ultima conversazione. Ricordava la sua amarezza, la sua rabbia, la ferma volontà di andare fino in fondo a qualunque costo. Nessuno scrupolo, nessun ripensamento e soprattutto nessun rimorso. Non sentiva di appartenere a niente e nessuno ed era questo a renderlo libero. Libero, sì…perché ormai non aveva nulla da perdere.
 
 
 
 
Il viaggio era stato più breve del previsto malgrado entrambi non si fossero scambiati neanche una parola, troppo impegnati a riflettere e riesaminare quanto si era verificato fino a quel momento.
Hermione però ne aveva anche approfittato per dare sue notizie a Harry, omettendo naturalmente ciò che era accaduto da quando aveva incontrato il redivivo Snape; era stato sufficiente comunicargli il ritrovamento dell’amillea e della gerilissa e il suo arrivo in Romania. La risposta dell’amico fu altrettanto sintetica e concisa: nessuna novità rilevante e un nuovo incarico da parte del Ministero. Era stato a dir poco telegrafico ma ciò era probabilmente dettato dal timore che le loro comunicazioni venissero in qualche modo intercettate, eventualità questa che lei stessa aveva considerato. Del resto, farsi scoprire era l’ultima cosa che volevano.
Dal canto suo Snape non aveva mostrato alcun interesse nel vederla così impegnata a trascrivere il suo messaggio per Harry. Forse si era convinto della sua buona fede o, cosa più probabile, era penetrato nella sua mente scoprendo le sue reali intenzioni. In ogni caso non le aveva fatto domande né l’aveva incenerita con lo sguardo. Era già qualcosa. Non ci si poteva aspettare un atteggiamento più collaborativo malgrado sarebbe stato sicuramente più utile. Hermione, infatti, aveva dovuto accontentarsi di seguire il suo ex insegnante senza avere la minima idea di quale fosse la loro destinazione. Non era da lei accettare passivamente le iniziative altrui ma aveva forse alternative? Poteva rischiare di compromettere lo status quo raggiunto con Snape per una questione di orgoglio? La risposta, allo stato attuale delle cose, era ovvia. Così, senza aprire bocca, aveva lasciato che il mago conducesse il gioco sin dal momento della loro partenza dal passo del Semport.
Appena giunti in Romania e senza passare dal piccolo borgo di Bard, avevano attraversato la bassa piana del Danubio per poi ripiegare a est sulla pianura valacca, una terra fertile punteggiata da boschi e laghetti che raggiungevano le pendici dei Carpazi. Dopo aver percorso un piccolo sentiero che si arrampicava lungo il declivio di un’alta collina, raggiunsero la sommità di un colle e un’enorme distesa verde si aprì dinanzi a loro estendendosi a perdita d’occhio. Si trattava, come Hermione ben rammentava, di una vasta area agricola nella quale si concentrava gran parte della popolazione di quella regione; una zona dunque decisamente insolita per veder crescere erbe magiche così rare come quelle che stavano cercando. Era davvero quello il luogo in cui avrebbero trovato l’assadica e la verdenia?
- Siamo nel posto giusto – disse Snape mentre studiava quella che agli occhi della strega parve una vera e propria mappa. L’uomo, infatti, aveva risposto a quella muta domanda senza distogliere la sua attenzione dall’intricato groviglio di coordinate e indicazioni tracciati su una pergamena che teneva tra le mani, quasi volesse imprimere nella sua mente ogni singola macchia di inchiostro.
 
- Dobbiamo smaterializzarci – disse infine con aria torva. Poi, senza aspettare che Hermione potesse in alcun modo obiettare, allungò un braccio verso di lei.
Percependo forse la diffidenza della donna, che aveva compreso cosa volesse realmente fare, ma continuava comunque a fissarlo senza muoversi, aggiunse: - Non c’è altro modo…a meno che non voglia spaccarsi – La strega lo guardò intensamente senza però riuscire a incontrare i suoi occhi, stranamente troppo impegnati a scrutare l’orizzonte. Per quanto il suo ex insegnante fosse probabilmente riluttante a mostrare quella confidenza eccessiva, non sembrava particolarmente infastidito – Sono pronta – affermò lei poggiando timidamente la sua mano su quella del mago. Tutto avvenne in un attimo: risucchiata in un nero vortice e schiacciata da una pressione tanto forte da impedirle di respirare, Hermione riuscì comunque a sentire quanto fosse decisa la presa del professore su di lei, almeno finché, a smaterializzazione conclusa, non vennero ristabilite le distanze. Quasi si fosse scottato, infatti, Snape si allontanò da lei bruscamente, stringendo il proprio mantello attorno al collo.
Intanto Hermione tentò di capire dove fosse finita. Illuminata dalla luna e a pochi passi da lei, si stagliava contro il cielo stellato la sagoma di un antico castello, una vera fortezza, arroccato su una parete rocciosa. La fredda brezza che si levò e la fitta nebbia che avvolgeva ogni cosa intorno a lei, rendevano quel luogo davvero inquietante e spettrale.
- Perché siamo qui? – chiese stringendo la bacchetta.
- Credevo volesse trovare l’assadica…- fu la risposta di Snape che intanto, a passo spedito, aveva cominciato a ridurre le distanza che li separavano dal portone del castello.
 - Come fa a sapere che si trova qui? – continuò Hermione, seguendolo.
- Ogni cosa a suo tempo, Granger - il tono di voce stranamente non ostile -  Per ora dovrà limitarsi a fare ciò che le dico.
Avanzando lungo uno stretto e ripido percorso e fiancheggiati da alberi scheletrici, giunsero infine di fronte all’ingresso del maniero. Osservandolo da vicino, Hermione notò quanto la struttura fosse imponente con le sue guglie e i suoi pilastri, alternati a nicchie e statue che ornavano tutto il perimetro della facciata. Strani esseri erano scolpiti sui capitelli, figure mostruose dai tratti demoniaci che si potevano facilmente trovare anche nelle chiese babbane. Nella parte anteriore, poi, si innalzavano due torri dai pinnacoli ornamentali, sormontate da balconate e sculture che sembravano richiamare la forma delle montagne circostanti. Purtroppo era evidente che il castello fosse ormai disabitato, ricoperto com’era da piante rampicanti e deteriorato nel lato ovest. Il portone d’ingresso, invece, sembrava ancora riuscire a resistere alle intemperie con il robusto legno di acero con il quale era stato costruito e gli intarsi in rame ad abbellirlo. Era sormontato da uno stemma raffigurante due leoni sul cui petto erano incise due lettere “D” e “S”, e la parola DORIAN SFECTESSIO. Probabilmente, pensò Hermione, le iniziali e il nome del proprietario del castello; il resto purtroppo, era ormai illeggibile. Nulla comunque sembrava lasciar supporre che si trattasse di un luogo magico. Era più probabile fosse uno di quei castelli babbani edificati intorno al XVI secolo, poi ristrutturati nell’Ottocento e infine abbandonati.  Anche Snape si soffermò sull’incisione che aveva incuriosito Hermione,  ma furono due intagli nel portone ad attirare la sua attenzione. Anche la strega li notò illuminandoli con la punta della sua bacchetta: - Sono stati qui – disse con una certa apprensione.
- Cosa le fa pensare che non ci siano ancora? – le rispose Snape con tono vago, continuando a sfiorare i segni lasciati dai ghytyo. Non era possibile sbagliarsi. Quegli esseri avevano lasciato un segno evidente del loro passaggio e non era affatto da escludere l’ipotesi che fossero ancora lì in agguato, pronti ad aggredirli – Finché ci sarà la luna piena, possiamo considerarci relativamente al sicuro – riprese Snape – E’ il buio il loro alleato – e dicendo così agitò la bacchetta e aprì il cancello.
Oltrepassata la soglia, i due si ritrovarono nel cortile interno del castello, il quale era disposto su due livelli, orientati rispettivamente a nord e a est. La parte a sud invece, era delimitata da due statue raffiguranti gli stessi leoni scolpiti sullo stemma dell’ingresso e con le medesime incisioni. Hermione non seppe perché ma sentì che in qualche modo quelle lettere e quel nome erano lì per un motivo preciso, anche se al momento la loro ipotetica importanza le sfuggiva.
Nel frattempo Snape aveva raggiunto la parte superiore del cortile, alla quale si poteva accedere attraverso una scala, per poi entrare in una delle due torri di forma rettangolare che sovrastavano l’intera area. Si voltò infine verso Hermione che, senza indugiare oltre, lo seguì.
La stanza nella quale entrarono era più grande di quanto si potesse immaginare osservandola dall’esterno: il lato più lungo probabilmente si estendeva per almeno 20 metri ma la quasi totale oscurità dell’ambiente rendeva difficile avere un’idea certa delle sue reali dimensioni.
Camminando lungo la parete, Snape illuminò con la bacchetta alcuni affreschi ormai deteriorati dall’umidità ma Hermione riuscì comunque a scrutarli attentamente e a riconoscervi i soggetti rappresentati. Senza rendersene conto cominciò a rivivere alcuni momenti della sua infanzia, quando, ancora bambina e prima che scoprisse di essere una strega, partì per un breve viaggio in Grecia con i suoi nonni. Entrambi insegnavano filosofia in una prestigiosa università inglese e le avevano raccontato con entusiasmo tante storie sui miti e le leggende del popolo greco. Ricordava le sere trascorse sulle ginocchia del nonno a leggere le grandi opere di filosofi e poeti di un tempo ormai lontano eppure sempre così affascinante. Grazie a questi ricordi non fu difficile per lei capire chi fossero alcuni dei personaggi mitologici raffigurati sulle pareti di quella torre: Eracle, Apollo e Dafne, Orfeo ed Euridice, Narciso e molti altri. Ancora impegnata a destreggiarsi tra i labirinti della sua memoria, quasi non si accorse di essere giunta all’estremità opposta della stanza. Qui notò non solo che la scala che poteva condurli al piano superiore era impraticabile, inconveniente questo facilmente risolvibile con la magia, ma anche che Snape non vi prestava alcun interesse. Il mago si soffermò bensì su un arazzo che rivestiva l’intera parete nord della camera: avvicinandosi al lato destro ne spostò un lembo lasciando che tra la stoffa e il muro passasse la sua mano.
- Mi faccia luce Granger – disse risoluto senza scostarsi dalla parete. Hermione ubbidì malgrado mille domande le frullassero in testa: cosa stava cercando? Il campione di assadica? E se così fosse, come fa a sapere che quello è il posto giusto in cui cercare? Doveva scoprire la verità! Torturarsi così era inutile e frustrante. Tenendo alta la bacchetta e illuminando il muro sottostante l’arazzo, la strega poté notare una piccola nicchia nella quale sembrava vi fosse nascosto qualcosa. Prima che riuscisse a focalizzare di cosa si trattasse, Snape tirò fuori una scatola di legno finemente decorata e con intarsi in oro. – E’ questa – disse l’uomo avvicinandosi ancora di più alla luce emanata dalla bacchetta.
- L’assadica è conservata lì dentro?- chiese Hermione in trepidante attesa.
- C’è solo un modo per scoprirlo – le rispose il mago continuando a fissare il prezioso oggetto appena trovato. Quel cofanetto però non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarsi aprire facilmente – Possiamo tentare con la magia – azzardò Hermione senza più preoccuparsi di nascondere la sua impazienza.
- Con il rischio di danneggiarne il contenuto? Le ricordo che queste erbe magiche sono molto delicate e gli incantesimi di apertura potrebbero risultare troppo violenti.
- Cosa propone allora? – la donna quasi si rimproverò per la sua impulsività.
- Guardi e capirà da sola – senza scomporsi, quasi si aspettasse quell’inconveniente, Snape mostrò un rilievo intagliato nella base della scatola che era sfuggito allo sguardo di Hermione. Erano incise, in piccoli riquadri, le lettere dell’alfabeto latino e, sfiorandole appena, era evidente che si potessero premere in sequenza.
- Un codice…- aggiunse la strega guardando negli occhi il suo ex insegnante.
- Codice, parola d’ordine, messaggio cifrato, possiamo definirlo in molti modi se vuole. Il problema è scoprire quali siano le lettere giuste che ci consentano di aprire questo cofanetto.
- Ci dovrà pur essere un’indicazione, un indizio che possa aiutarci – lo incalzò Hermione – Se è riuscito ad arrivare sin qui, dovrà pur sapere come procedere – forse era finalmente arrivato il momento di scoprire quello che il professore le stava ancora celando.
- Spera di ottenere qualche informazione in più Granger? – disse l’uomo con un sorriso sghembo – Non sopporta l’idea che la situazione sfugga ancora al suo controllo, vero? – Quella considerazione era puro sarcasmo.
- Anche se fosse, non vedo cosa ci sarebbe di strano! – rispose piccata Hermione – Lei sa tutto ciò che si nasconde dietro questa torbida vicenda. Dia la possibilità anche a me di capire cosa ci sia realmente in ballo – il suo tone di voce si faceva sempre più adirato mentre Snape, voltandosi, tornò a osservare la piccola scatola, rigirandola tra le mani – Che ruolo gioca lei in questa partita, professore? – continuò la strega – Chi le ha rivelato tutto quello che sa? – Un lungo silenzio seguì quelle domande fin troppo a lungo rimaste senza risposta. Snape, continuando a dare le spalle a Hermione, sembrava sempre più pensieroso: che stesse valutando la possibilità di rivelare almeno una parte di quanto sapeva? Prima che ciò trovasse conferma o smentita, un rumore sordo ormai ben noto fu avvertito da entrambi – Sono loro! – esclamò Hermione – I ghytyo sanno che siamo qui! – avvicinandosi a una delle finestre della torre, vide che un ammasso di nubi aveva interamente ricoperto la luna lasciando l’intera zona immersa nell’oscurità.
- Non c’è più tempo! – disse guardando nuovamente il professore, tornato nel frattempo stranamente impassibile malgrado il pericolo ormai imminente – Mi dica almeno qualcosa che possa essere utile per aprire questa scatola!
Visibilmente combattuto, Snape si avvicinò a Hermione e le porse con riluttanza un biglietto su cui erano scritte poche parole in latino:
 
SERMO SIMPLEX EST.
PLATONEM CLAVIS EST.
REPPERIT EUM IN AEREM.
REPERIES EUM IN LEONEM.
 
- La parola è semplice. Platone è la chiave. Nell’aria lui l’ha trovata. Nel leone tu la troverai. – Hermione ripeté lentamente e più volte quei versi sibillini per poi soffermarsi su quel nome che era riuscito a risvegliare in lei avvenimenti del suo passato.
 
“Non mi piace! Perché mamma e papà mi hanno chiamata così? E’ brutto!”
Rammentava bene quel giorno di tanti anni fa quando alcuni suoi compagni l’avevano presa in giro scimmiottando la pronuncia di quel suo nome così insolito. Solo una persona era riuscita a consolarla: suo nonno.
“Scommetti che ti farò cambiare idea?” le aveva sussurrato con quella voce dolce che era sempre stata in grado di calmarla “Tu lo sai chi era Platone?”
“Certo! Un filosofo greco” gli aveva risposto con il suo solito entusiasmo, fiera all’idea di dimostrare quanto avesse imparato dall’ultima volta che si erano visti.
“Esatto” aveva esclamato lui, divertito “E sai un’altra cosa?” ormai era riuscito a conquistare tutta la sua attenzione “In una sua opera, il Cratilo, egli afferma che i nomi racchiudono in sé la vera natura della cosa nominata. Ogni nome è indizio di conoscenza, di una conoscenza meravigliosa e poiché per i greci i primi a nominare le cose furono gli dei, esseri perfetti, anche i nomi sono sempre perfetti. Non esistono nomi sbagliati…neanche Hermione!” e abbracciandola aveva cominciato a farle il solletico così che dimenticasse ogni suo cruccio.
 
- Granger – la voce del professore l’aveva riportata nel presente, con i suoi problemi da affrontare e  da risolvere. Così, quasi fosse ancora in preda a quei ricordi, Hermione, senza rispondere al richiamo dell’uomo, si avvicinò nuovamente all’arazzo e lo illuminò con la bacchetta. Prese lentamente forma l’immagine ricamata che fino a quel momento era stata trascurata: si trattava di un bosco delimitato da un piccolo laghetto sulle cui rive erano stati finemente intessuti motivi floreali variopinti. Due figure, un uomo e una donna, erano state raffigurate in quel paesaggio bucolico, poste l’una di fronte all’altra.
- Platone…- disse improvvisamente Hermione con voce appena udibile.
- Che cosa ha detto? – le fece eco Snape avvicinandosi di più alla parete.
- Guardi attentamente – continuò indicando la parola cucita sul cartiglio che la figura maschile dell’arazzo teneva tra le mani – E’ scritta in greco.
Il mago protese la mano per toccare quelle oscure lettere, quasi potessero rivelargli il loro significato.
- Kratulox - bisbigliò la strega come se temesse di dire una sciocchezza. L’uomo, stupito, prese a fissarla – Conosce questa lingua? – chiese riuscendo a malapena a mascherare la sua sorpresa. Hermione non rispose, ormai totalmente rapita da quello che si stava svelando davanti ai suoi occhi: “Platone…aria…parola…nome…”, numerose informazioni si susseguirono nella sua mente, finché si voltò di scatto in direzione del professore ma senza guardarlo realmente – Era! – esclamò quasi in preda a un incontenibile entusiasmo – Provi ad aprire il cofanetto con questa parola! – Tutto ciò che suo nonno le aveva insegnato riaffiorò a una velocità incontrollata – Nel Cratilo, l’opera cui si riferisce il cartiglio del nostro arazzo, Platone parla di quelli che noi oggi definiamo “anagrammi”. Era, la dea greca, era considerata non solo la protettrice del matrimonio e delle nascite, ma anche la dea dell’aria e infatti, anagrammando il suo nome, il risultato è…
- Aer, aria, in greco – intervenne Snape ora sempre più consapevole di ciò che Hermione aveva scoperto. Ella, dal canto suo, non si sorprese affatto nel constatare che il suo ex insegnante conoscesse anche le lingue antiche – Le qualità nascoste nel nome… - mormorò infine con una punta di nostalgia.
- Ma non ha senso – disse a un tratto il mago.
- Perché? – gli chiese lei titubante, come se non avesse capito quanto aveva appena udito.
- Il leone…questo deve essere il nostro riferimento, la nostra parola chiave – continuò Snape concentrando nuovamente la sua attenzione sulla scatola.
Come se l’avessero svegliata da un lungo letargo, Hermione esclamò – Ma certo! Ha ragione! Lo stemma! Come ho potuto essere così sciocca – e prima ancora che il mago potesse in qualche modo controbattere, Hermione si era già precipitata fuori dalla torre raggiungendo di corsa le statue poste nel cortile. Snape la seguì sempre più colpito dall’arguzia che quella donna stava dimostrando: “La strega più brillante della sua età”, quelle parole risuonarono nella sua mente ma preferì scacciarle via.
Arrivati di fronte alle due sculture, entrambi lessero il nome scolpito sul petto dei leoni “Dorian Sfectessio”.
- E’ questa la parola da anagrammare – disse Hermione.
- Ci sono troppe combinazioni possibili. Dobbiamo restringere il campo – ribatté serio il mago.
Un breve silenzio si fece spazio tra i due finché, quasi avessero avuto la stessa intuizione, si guardarono negli occhi e dissero all’unisono – Platone!
- Se dobbiamo affidarci a lui e al suo Cratilo, ciò che dobbiamo trovare è…- ma Snape non ebbe il tempo di finire poiché fu Hermione a completare la frase.
- Il nome di una sua opera! –
- Esatto! – riprese il mago, stranamente non infastidito dal fatto che la sua ex allieva lo avesse interrotto – C’erano tutti gli indizi…basta sapere cosa guardare.
E così dicendo agitò con sicurezza la sua bacchetta finché, innanzi a loro, apparvero le lettere del nome inciso sulla pietra, fluttuanti nell’aria. Con movimenti rapidi e precisi, il mago cominciò a spostare i singoli caratteri disponendoli secondo un ordine sempre più preciso. Infine fu possibile leggere - DEFENSIO SOCRATIS – esclamò Hermione. Aveva sentito parlare di quest’opera da suo nonno. Era una delle più celebri del filosofo…come aveva fatto a non pensarci prima? - Conosce quest’opera? – la sua curiosità era evidente.
Snape la guardò alzando un sopracciglio – Non crederà di essere la sola a sapere chi sia Platone – poi, prestò nuovamente attenzione all’involucro di legno che conteneva l’assadica. Fu in quel momento che il rumore di un’esplosione irruppe prepotente tra le mura del castello.
- I ghytyo! – urlò Hermione sperando che la sua voce avesse la meglio sul frastuono che ancora fischiava nelle sue orecchie - Presto professore! Smaterializziamoci! Apriremo il cofanetto quando saremo al sicuro,
- No – fu la secca risposta dell’uomo – Non possiamo rischiare. Dobbiamo essere certi che quell’erba sia ancora qui dentro. Non avremo più alcuna possibilità di tornare in questo castello se non dovessimo trovarla in questa scatola.
Hermione temeva che non sarebbero usciti vivi da lì se avessero perso ancora altro tempo. Potevano difendersi con le loro bacchette, certo, ma non sapevano quanti fossero quegli essere e uno scontro diretto era da evitare. Il professore però aveva ragione: dovevano aprire quell’oggetto lì e subito. Non erano ammessi errori.
Intanto Snape, intenzionato a seguire il suo istinto, non attese che la strega assecondasse le sue intenzioni. Cominciò a premere sulla superficie lignea della scatola le lettere che componevano il nome dell’opera platonica, fin quando percepì distintamente il rumore di uno scatto e vide la parte superiore aprirsi: finalmente l’avevano trovata. L’assadica era lì, davanti ai lori occhi con i suoi piccoli fiori bianchi e le foglie grinzose. Hermione aveva tirato un sospiro di sollievo, felice e fiera di aver aggiunto un altro tassello a quell’intricato mistero che doveva risolvere. Si sentì però in dovere di spezzare quel silenzio che sapeva di trionfo e riportare sia lei che Snape all’emergenza del momento – Professore – disse – Non c’è più tempo. Dobbiamo andare.
Voltandosi verso di lei, il mago fece un breve cenno d’assenso per poi avvicinarsi e, con una strana naturalezza, porgerle la sua mano. Hermione non perse tempo e la strinse, pronta a lasciare quel posto.
Un debole pop e le due figure scomparvero.
Pochi minuti dopo, di quell’antico castello, non rimasero che cenere e macerie.
 
 
 
 
 
 
 
 
Nda: Mi scuso immensamente per questo mostruoso ritardo! Non ci sono scuse anche se il mio pc e la mia penosa connessione internet non mi hanno dato una mano. Spero che questo capitolo valga almeno un minimo l’attesa. Al prossimo aggiornamento!
 
Ps: Tutto ciò che riguarda Platone e il Cratilo lo devo all’enciclopedia Treccani ;-)
   

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