IL CUORE DEL DRAGO

di Elisir86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ronald Weasley ***
Capitolo 2: *** Il dottor Filikon ***
Capitolo 3: *** Sul treno per Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Ange ***
Capitolo 5: *** Il foulard di Virginia ***
Capitolo 6: *** Il pugnale ***
Capitolo 7: *** La teoria del drago ***
Capitolo 8: *** “Che cosa sei…Lo vedi?” ***
Capitolo 9: *** “So solo che potrei morire…” ***
Capitolo 10: *** Il destino si compie ***
Capitolo 11: *** L’inizio del massacro dei Weasley ***
Capitolo 12: *** Ridere ***
Capitolo 13: *** Teschi…Amore…Pazzia ***
Capitolo 14: *** Una lacrima…un grido ***
Capitolo 15: *** Crudeli ***
Capitolo 16: *** L’ospite triste ***
Capitolo 17: *** Momenti di morte ***
Capitolo 18: *** Il barbone del cinema ***



Capitolo 1
*** Ronald Weasley ***


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Capitolo I

Ronald Weasley

 

Gli occhi azzurri del ragazzo si posarono sulla scrivania; un plico di pergamene era elegantemente tenuto con un fiocco rosa. Delle lacrime salirono ai suoi occhi, trasformandoli in piccoli ma profondi laghi. Ginny se n’era andata. Il suo corpo caldo era ancora sul letto accanto a quello di un uomo.

Il rosso chiuse gli occhi, erano anni che faceva quel lavoro, sì perché lui lavorava, guadagnava…ma a quale prezzo?!

Virginia era morta e lui sentiva che il suo cuore di fratello si stava lentamente distruggendo, perché presto sarebbe toccato a lui, sì perché Voldemort non lo avrebbe lasciato in vita ancora a lungo, presto un mangiamorte…uno qualsiasi…lo avrebbe ucciso con la stessa maledizione usata per la sua famiglia. Ma non era ancora tempo.

Lentamente prese tra le mani le pergamene, non avrebbe lasciato il mondo senza una sua testimonianza.

Lanciò uno sguardo alla finestra, il campo di grano sembrava perfetto, come se nulla nel mondo fosse successo. Respirò profondamente prima di sedersi davanti all’antica scrivania.

La sedia cigolò sotto il suo peso. Non c’era da stupirsi, era vecchia, proprio come tutta quella proprietà.

Sorrise, i ricordi gli sfilavano davanti come le scene di un film e si sentì libero come un tempo.

Prese tra le mani il freddo calamaio, era ancora pieno d’inchiostro…Ginny adorava scrivere. Una lacrima scese lungo la sua guancia destra andandosi a mischiare con l’inchiostro che s’imbeveva nella rovinata piuma d’oca.

Il liquido nero creava piccole gocce che a stento rimanevano attaccate alla strana penna, ma nonostante questo neanche una sfiorò il foglio che immacolato aspettava solo di essere riempito da parole e ricordi di un uomo ormai distrutto.

 

-Il sole non era ancora sorto quando io aprii gli occhi. Era la prima volta che mi svegliavo così presto. Il sonno mi aveva preso quasi subito la sera prima. Ed io non avevo nessuna voglia di rimanere nel letto nonostante quello fosse il mio ultimo giorno di vacanza.

Con impazienza mi tolsi il pigiama che ormai mi stava davvero piccolo. I pantaloni mi arrivavano a ben dieci centimetri sopra le caviglie, mentre le maniche sembravano a tre quarti. Nonostante questo mi stava decisamente largo tanto che dovevo fermarlo in vita con uno o più nodi.

Non mi preoccupai di Harry che dormiva ancora beatamente sotto le lenzuola. Harry Potter era il mio migliore amico fin dal primo anno di scuola. Era una leggenda…un eroe. Stava con me anche se io non avevo soldi, e mi voleva davvero bene…proprio come un amico…

Girai per la stanza in mutande alla ricerca di un paio di calzini, che in quel momento non volevano proprio venire fuori. Era quasi impossibile trovare dei calzini nella mia stanza, Fred me li prendeva visto che i suoi andavano sempre a finire sui piedi di George. Era uno dei motivi, forse l’unico, delle nostre litigate. Per questo mamma me li regalava sempre per natale e io nonostante ne avessi bisogno li davo a Dobby (non li ho mai sopportati viola). Un elfo domestico che voleva portare alla rivolta tutti i suoi simili.

All’improvviso ne trovai un paio neri. La lettera R ricamata in modo storto e circondata da una specie di rettangolo giallo mi stava ad indicare che era stava Hermione a farli. Da quando le avevo detto che lei non sarebbe mai stata una brava madre o donna di casa, si era messa in testa di riuscire a fare abiti, calzini e cose del genere, e visto che ero stato io a insultarla, aveva scelto me come cavia. Tuttavia mi consolavo che il colore viola non entrava nemmeno nella casa di Hermione.

Decisi di metterli.

I pantaloni invece si trovavano subito, nessuno dei miei fratelli poteva metterli, sarebbero stati ridicoli!

Ero più che fermamente convinto che mia madre lo facesse apposta a prenderceli su misura. Anche Frederik e George non si scambiavano mai gli abiti, nonostante fossero gemelli, mamma regalava ad entrambi dei vestiti di colori differenti già da un paio di anni, era stufa del continuo scambiarsi dei ruoli dei due.

Trovata una camicia adatta al resto dei vestiti uscii dalla stanza.

Il leggero russare di papà mi convinse che tutti erano ancora a dormire. Silenziosamente mi diressi verso l’unico bagno di casa, felicissimo di non dover fare mezz’ora di fila perché Virginia doveva preparasi. Virginia o Ginny era la mia sorellina. Negli ultimi tempi era diventata molto bella, ma dal suo modo di fare e di parlare con i ragazzi che le giravano intorno a lei non sembrava accorgersene. Quell’anno aveva fatto conoscere un ragazzo di Tassorosso ai nostri vecchi. Lui era sinceramente innamorato di mia sorella….

Entrai nel bagno stando attento a non far cigolare la porta, era ancora presto ed era meglio lasciare dormire i miei vecchi. Mi diressi subito al lavandino, e aprii l’acqua. Mi tuffai con tutto il viso sotto lo scorrere del gelido liquido sperando di svegliarmi del tutto. Non avevo sonno, ma io faticavo sempre a tenere gli occhi aperti appena sveglio.

Non so quanto restai in quella posizione, forse qualche minuto. Chiusi il rubinetto e scesi in cucina.

Mamma preparava sempre la tavola la sera per il giorno dopo.

Su un muro vi era un grande orologio con scritti alcuni luoghi, mentre le lancette appartenevano ad ognuno di noi. Papà aveva deciso di metterne una anche per Harry ed Hermione.

Tutte segnavano casa. Hermione non era da noi, ma a casa sua. Probabilmente anche lei ancora tra le braccia di Morfeo.

Lanciai uno sguardo fuori della finestra, i primi raggi del sole risplendevano sopra il grano dorato. Mio padre diceva che era di nostra proprietà, ma sinceramente non ricordo nemmeno una raccolta e io glielo facevo notare ogni volta che l’argomento saltava fuori. “Noi siamo maghi Ron…” rispondeva mia madre, come se essere maghi non comprendesse delle regole.

Comunque amavo quel campo, mi ricordava i capelli di Hermione alla sera, il tramonto li colorava di un oro scuro, come quello del grano.

Decisi di andare a fare una passeggiata, tanto per assaporare il tiepido calore del sole. Mi piaceva. Uscii con un sorriso stampato in faccia. Mamma sosteneva che sembravo uno stupido quando sorridevo senza motivo. Ma io ero solamente felice. Felice perché Harry era venuto alla Tana per più di una settimana, felice che il giorno dopo sarei ritornato a Hogwarts e di rivedere Granger.

Camminai a lungo, forse per due ore o poco più. Non so…

Comunque mi fermai vicino a una casa babbana. Mi sentii subito attratto da quella villa. Sì, era una villa che maestosa si ergeva davanti a me. Mille roseti nascondevano la facciata posteriore, mentre semplici lillà campeggiavano sugli altri tre lati.

Rimasi lì, perso nell’osservare i panni neri che lentamente si muovevano al contatto con la tiepida aria. Qualcosa mi chiamava, qualcuno mi chiedeva di entrare in quella casa…Una forza misteriosa muoveva le mi gambe verso l’ampio portone…

Solo quando mi trovai davanti, con una mano allungata verso quello che doveva essere un campanello, capii che dovevo fermarmi. E lo feci. Il dito ancora leggermente piegato sfiorava il piccolo e d’orato pulsante e il mio corpo…Il mio corpo tremava. Tremava come se qualcosa di orrendo, qualcosa di tenebroso fosse entrato in me e poi uscito, come se io, in quel momento, non fossi stato altro che un involucro di carta…bagnato, che si accasciava a terra non avendo più la consistenza che gli era propria qualche secondo prima.

Io non c’ero.

Ed ebbi paura.

Non mi mossi per un lungo istante, nel quale nei miei occhi erano passati, shock, dolore, paura, tristezza e perfino…amore…

Ritornai a casa quando il sole era già alto.

Ma non potevano essere più delle otto.

Entrai e mamma stava già lavorando. Mi guardò stupita per qualche secondo, come se davanti a lei ci fosse stato un babbano e non suo figlio.

“Dove sei stato?” mi chiese cercando di modificare il tono da preoccupato a duro, “In giro…” non era una balla, non sapevo nemmeno io dove fossi andato, avevo solo camminato dritto.

“Hai fame? Ti preparo qualcosa?” mamma ultimamente si preoccupava troppo…per me…“Forse più tardi” dissi avviandomi verso la mia camera.

Dal rumore che proveniva dalla stanza accanto alla mia capii che Frederik doveva essersi svegliato, era l’unico della famiglia che s’inciampava sempre nel lenzuolo che George buttava per terra. Era strano comunque che anche lui si svegliasse a quest’ora, di solito era l’ultimo.

Con “Cazzo!” come imprecazione, Fred uscì dalla sua camera e si diresse a tutta velocità in bagno. Non mi sembrava comunque che lui ne avesse bisogno, non sapevo come ma i capelli di Frederik erano sempre a posto…e comunque non aveva mai la faccia da pesce lesso che aveva sempre George appena alzato.

Feci spallucce ed entrai nella mia stanza, “Hm…Ron…?” come sempre Harry si era svegliato grazie al baccano di mio fratello; non risposi. Lui non chiese altro, sapeva che se non rispondevo era perché stavo riflettendo, cosa alquanto strana a quell’epoca.

Si alzò e si vesti il più velocemente possibile, mentre io rimanevo seduto davanti alla scrivania scrivendo una semplice lettera da mandare a Hermione. Leo intanto stava saltellando per tutta la stanza. Non sapevo come ma il mio gufino saltellava sempre senza stancarsi, di giorno sembrava che urlasse mentre lanciava messaggi al gufo di Percy.

“A chi scrivi?” “A Bill…voglio fargli sapere di Ginny…”, “Ah…ma non credi che dovrà dirlo lei di persona?”, mi voltai con un sorriso beffardo “Ma scherzi per togliermi tutta la commedia che mio fratello farà appena torna a casa?!” dissi con il mio solito tono di comicità, Harry sorrise.

“Io ho fame…” disse aprendo la porta per ritornare subito sui suoi passi non vedendomi, “Tu non vieni?” lo guardai divertito, “Vai pure, Harry, io finisco la lettera e ti raggiungo” “O.K.” fu tutto quello che disse.

Scrissi la lettera dove decantavo Hermione. Non la spedii. Probabilmente è ancora nel suo nascondiglio. Meglio così…che ci rimanga per l’eternità….

Scesi e mi diressi verso il tavolo.

Papà si era alzato e teneva già in mano un oggetto babbano. Anche gli altri si erano svegliati. Fred però non c’era.

“Mangia qualcosa, Ron, sei così magro!” Percy mi lanciò un’occhiata preoccupata per poi riportare l’attenzione sul suo piatto. Aveva ragione, ero dimagrito rispetto l’anno scorso. Mamma credeva che avessi una strana malattia, forse una babbana. Però io non mangiavo per il semplice fatto che non avevo più appetito. Harry la chiamava anoressia, “Ma che stai dicendo?” sbottavo per poi cambiare discorso. Lui comunque diceva che si vedeva moltissimo, specialmente dagli abiti. Era vero, stavo tre volte in una camicia che normalmente mi sarebbe andata bene, ma ciò non significava che avessi quella cosa! Ogni tanto mi domandavo cosa avesse detto Hermione vedendomi, ma poi tornavo in me.

Mamma mi guardò con occhi speranzosi mentre versava del latte nella ciotola di Frederik (che ancora non si era fatto vivo), non avevo fame ma annuii lo stesso.

Bevetti un sorso di latte e morsi un pezzo di una fetta di torta, tutto sotto lo sguardo attento di mio padre. Sembrava che volesse di più, ma infondo non facevo colazione da tutta l’estate. Sorrise quando morsi di nuovo il dolce, ed anche se masticavo molto attentamente a lui non dispiaceva.

“Buongiorno!” Fred era sceso, lo guardai mentre cercavo d’ingoiare un altro morso. Era troppo. Mi tappai la bocca con entrambe le mani e corsi verso il bagno.

Vomitai quel poco che avevo mangiato.

“Ron!” Harry mi aveva seguito e mi scrutava da dietro le sue lenti con fare preoccupato. “Non ti riconosco più…” feci una smorfia “Che sciocchezze…” dissi mentre mi risciacquavo la bocca, “Solo perché non mi sono sentito bene, non significa che sono cambiato!” risi. Non ne parlammo più.

“Cos’ha Ron?” Fred si era rivolto probabilmente a George perché lo sentii borbottare mentre saliva sulle scale, “Visto…fai vomitare tutti” ma il significato di quella frase mi rimase incomprensibile per molto tempo.

Ritornai nella mia stanza e mi sdraiai sul letto.

Un’estate intera…diversa…. Eppure non mi sembrava che qualcuno si fosse comportato in modo diverso dal solito…solo io ero cambiato. E quella certezza mi faceva stare male, inadeguato a tutto ciò che mi circondava, perfino Harry mi sembrava irraggiungibile e mi vergognavo, si mi vergognavo di essere un Weasley.

“Ehm…Ron?” Frederik era davanti alla porta e mi osservava preoccupato, “Senti, non è che per caso sei passato davanti alla mia stanza ieri sera?” chiese senza smettere di ondeggiare avanti e indietro. In quel momento mi resi conto che non sopportavo mio fratello.

Io non tolleravo nessuno dei miei fratelli.

Non so quanto rimasi ad osservarlo con gli occhi carichi d’ira ma con qualche riflesso di…rassegnazione? Sì potrei chiamarla così…quella sensazione che non ti lascia respirare, che ti fa piangere e contemporaneamente infuriare, quella che ti fa sentire un re rinchiuso in una gabbia di topo con topi…sì, rassegnazione è la parola giusta per descrivere tutto questo.

Mi alzai e mi avvicinai a lui.

Ero più alto di Fred di almeno sette centimetri così dovetti abbassare un attimo gli occhi per osservare i suoi. Erano blu. Di quel blu che ti ricorda l’oceano, profondi e carichi di vita. Completamente diversi dai miei.

“No” sussurrai, mentre sul suo volto si dipinse un meraviglioso sorriso “Bene!” esclamò dandomi un amichevole pacca sulla spalla destra, “Percy ha ragione, Ron, dovresti mangiare di più!” se ne andò.

Passai il resto del pomeriggio chiuso in camera a preparare il mio baule. Contai una decina di volte le maglie che mi apprestavo a portare e i regali che già avevo deciso di dare ai miei amici per Natale. Ne avevo uno anche per Neville. Da quando avevo scoperto dei signori Paciock e della loro pazzia, avevo una visione diversa di quello sbadato e grasso compagno di scuola. Ma le nostre conversazioni si limitavano a: “Ciao! Come stai?” oppure “Mi puoi dire la parola d’ordine…me la sono dimenticata!”.

Da canto suo Harry mi aveva osservato per circa un’ora poi sbuffando se ne era andato nel paese vicino con George, probabilmente per guardare le giovani ragazzine che tornavano a casa dalle vacanze….

“Ehi!” Ginny era entrata in camera e teneva le mani sui fianchi, gli occhi blu puntati verso il tetto, “Mamma dice che dovresti uscire per prendere un po’ d’aria fresca” disse senza distogliere lo sguardo da Leo che in quel momento saltellava da una trave all’altra, “Le dirò che stai dormendo…”.

Riportò l’attenzione su di me, i suoi occhi ricordavano molto la calma del mare. “Però domani farai cena…” “Domani è il primo giorno di scuola, Ginny!” lei sorrise, “Lo so…ma conoscendoti non mangerai nemmeno una briciola di ciò che ti ritroverai sul piatto…” allargò il sorriso “…Qualcosa potrai mangiare…”.

La guardai, forse lei era l’unica che sopportavo in quella casa.

Era sempre pronta ad aiutarmi…si lei era la mia complice in tutto e io ero il suo salvatore se solo avesse avuto bisogno…Sì, io acconsentivo a mia sorella di far parte della mia vita.

Quando se ne andò mi misi subito nel mio letto e il sonno mi prese.

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Mi svegliai con le guance bagnate, gli occhi rossi e un senso d’inquietudine. Non mi ricordavo ciò che avevo sognato, solo avevo paura…Il mio corpo tremava e dei singhiozzi uscivano dalla mia gola.

Rimasi a piangere ancora per molto, ma Harry non se ne accorse. In quel momento lo odiai, perché io avevo bisogno di lui, di un conforto ma Potter dormiva…dormiva e non sentiva i miei lamenti.

Non so come, ma fu proprio il rude bussare di papà a calmarmi. Appena sentii la sua mano colpire con noncuranza il legno della porta, la paura e quella sensazione di gelo sparirono per far spazio al…calore…

Strisciai verso il bordo del letto mentre Harry cercava con la mano gli occhiali lasciati sul comò. “Svegliatevi, veloci! Siamo in ritardo!” non sapevo cosa c’era da stupirsi, noi eravamo sempre in ritardo.

Quel giorno comunque non perdemmo tempo. Era strano, per la prima volta Frederik aveva già deposto il suo baule in macchina ed si era seduto al suo solito posto. Piano, piano tutti i bagagli furono messi nel bagagliaio, “Ginny! Ti vuoi spicciare?!” George non era di buon umore. Mi chiesi cosa stava succedendo tra lui e Fred, sembrava che non si volessero parlare e cercavano in tutti i modi di non sfiorarsi, capii che due sere prima qualcosa anche in loro era cambiato.

“Questa volta arriveremo un po’ in anticipo!” esclamò mio padre e Harry sorrise.

Il viaggio in macchina fu stranamente silenzioso, perfino a mamma non andava a genio, si mise perfino a tossicchiare e a domandare cose inutili a Virginia.

“Allora, tesoro, te lo sei portata dietro il vestito che ti ho fatto?” Ginny sorrise, era davvero grata a mamma per quel regalo! Annuì.

“Ron…tu cerca di mangiare qualcosa. Non ti farebbe altro che bene…sei diventato anche molto pallido, vero Arthur?” “È vero, Ronald, hai perso anche quel poco di colore che avevi fino a qualche giorno fa. Non è che…” s’azzittì mentre caricava il mio baule su un carrello, “Papà ora dobbiamo proprio andare” Ginny era venuta in mio soccorso, “Ci vediamo a fine anno!” aveva urlato Fred prima di oltrepassare la barriera. Lo seguimmo a ruota.

Il binario 9/¾ era pieno di tutti gli studenti in partenza per Hogwarts, come ogni anno…

“Dove sarà Hermione?” Harry stava aprendo invano tutti gli scompartimenti per trovare la mia adorata Prefetto. La trovammo infondo al treno, nel penultimo scompartimento, “Finalmente!” sbuffò lei chiudendo il libro che stava leggendo. Leggeva sempre se non sapeva cosa fare, e a me piaceva osservarla mentre sul suo viso passavano ogni sorta di sentimenti, amore, incomprensione, odio, irritazione, calma…Avvolte piangeva e io le porgevo sempre un fazzoletto che lei prendeva ringraziandomi per poi continuare a leggere.

“Ron!” lo strillo di Granger mi fece ritornare alla realtà, “Cosa hai fatto?” chiese sfiorandomi, preoccupata, la guancia con la sua mano vellutata, “Sei così magro e…pallido…” sussurrò come se quelle parole fossero proibite su quel treno.

Sorrisi e lei sorrise a sua volta, un sorriso dolce carico d’affetto, la mano si ritirò lentamente per poi tornare a stringere il grosso libro che stava leggendo, “Ma vedrai…ti rimetterai presto” disse tornando seduta. Era proprio da Hermione preoccuparsi per me ed Harry, ci considerava i suoi migliori amici anche se cercava di evitare d’essere troppo dolce.

L’osservai, indossava di già la corta ed elegante gonna nera che metteva solo i primi giorni ad Hogwarts ed una elegante camicetta sbottonata dalla vita in giù la facevano apparire più bella di quello che mi ricordavo.

Sorrisi quando lei mi lanciò un occhiata, un leggero rossore si dipinse sulle sue gote.

“Allora?! Come mai così in ritardo?” chiese per mascherare il suo imbarazzo, “Lo sai come sono Fred e George…” dissi, parlando per la prima volta in sua presenza e ciò la fece sussultare. Avevo cambiato anche la voce…era profonda. Harry invece aveva la solita voce da bambino e sembrava rassicurare la mia dolce Hermione.

“Ho sentito dire che sei diventata prefetto!” lei mi lanciò un occhiata truce e sul suo viso comparve un finto ma tenero muso, “Ronald Weasley, Le avevo raccomandato di non dirlo a nessuno soprattutto ad Harry!” sorrisi per scusarmi e lei abbassò il capo.

 

Una donna entrò nello scompartimento, davanti a lei un carrello pieno di dolciumi, Harry non perse tempo e comprò alcune cioccorane e qualche altro dolciume. Anche Hermione prese qualcosa.

“Oh! Ron, ne vuoi un po’?” Harry m’allungò una cioccorana, le mie preferite…ma in quel momento un senso di nausea si propagò in tutto il mio corpo ed osservai la piccola scatoletta con disgusto. Potter riportò sulle sue gambe il dolce “Non hai fame?” Granger stava morsicando una tavoletta di cioccolato blu e mi osservava stupita, “No…Ho mangiato troppo a colazione” e lanciai un occhiata ad Harry che senza batter ciglio continuò il suo spuntino.

“Dovremo metterci le divise, siamo quasi ad Hogwarts…” dissi rovistando nel baule, in realtà eravamo molto lontani da scuola, ma non era affatto facile restare calmi quando nessuno parlava.

“Lo sapete che abbiamo una donna come insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure? Sarà divertente!” esclamò Hermione mettendosi con ordine il nero soprabito.

“Direi che è stressante…in quattro anni ne abbiamo avuti quattro diversi! Speriamo che questa regga!” Harry s’infilò velocemente il mantello per poi ritornare alle sue merendine.

Io intanto mi stavo allacciando una cintura con gli stessi colori della mia casa: grinfondoro; strinsi in vita quella che doveva essere la mia divisa. Numerose pieghe si formavano intorno ad essa creando un effetto che mostrava la mia magrezza ma che non mi stava affatto male. Hermione arrossì vistosamente quando finii di vestirmi, e rimasi ad osservarmi per quanto si poteva sul vetro del finestrino.

“Cosa intendi fare quest’anno, Weasley?” una voce strascicata fece scappare uno squittio spaventato da Granger. Mi girai. Sulla porta scorrevole vi era Draco Malfoy, i capelli ben composti indietro, gli occhi grigi freddi e taglienti come sempre. Indossava ancora abiti formali e anzi, non sembrava un ricchissimo figlio di papà, infatti portava dei pantaloni color crema e una lunghissima camicia bianca, la cravatta che richiamava il colore dei pantaloni era scompostamente aperta. Sorrisi, “Assomigli sempre di più a un babbano” fu la mia risposta ed aspettai che la furia di Draco mi colpisse, ma non fu così. Malfoy era ancora fermo davanti a me, nella posizione di prima, qualcosa mi convinse che lui…che anche lui fosse cambiato.

“Non credo proprio…Weasley…non credo. Non assomiglierei nemmeno a un mezzosangue, anche se lo volessi!” e i suoi occhi, carichi d’odio e più affilati che mai si posarono sulla piccola figura di Hermione che in silenzio osservava la scena.

Non risposi. Malfoy non era cambiato. Un Malfoy non poteva cambiare. Mi venne da ridere e risi. La mia stessa risata era diversa, e mi fece venire i brividi. Risi comunque a lungo, mentre una mia mano copriva i miei occhi languidi.

“Dove sono i tuoi scagnozzi, Malfoy…? Hanno forse paura?” Harry si era alzato e si era pericolosamente avvicinato al serpeverde, “No Potter. I miei scagnozzi, come li chiami tu, sono con un altra persona…Io sono capace di difendermi anche da solo.”

Smisi di ridere e posai i miei occhi su Hermione che mi fissava stupita, “È per questo che sei qui? Per far vedere quanto vali?” continuò Harry, “No…certo che no” e dopo un interminabile pausa Draco voltò le spalle a Potter “Ci vediamo durante la lezione di Piton!” disse con sarcasmo.

“Non è possibile!” Harry sembrava sconvolto, “Avete visto? Non ha fatto nulla…!” era eccessivamente sconvolto.

“Guarda dove metti i piedi Weasley!” sentimmo poco distante, probabilmente Ginny era andata a sbattere contro Draco, ma non mi preoccupai, visto che nessun insulto seguì quella frase. Tranne lo sbattere della porta dello scompartimento dietro il nostro.

Quello di Malfoy.-

 

 

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Capitolo 2
*** Il dottor Filikon ***


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Capitolo II

Il dottor Filikon

 

Gli occhi marroni dell’uomo si spostarono lentamente verso quello che doveva essere un asilo. Osserva divertito un bambino dai occhi azzurri, ma che tanto gli assomigliava. Stava cercando di costruire un castello con la sabbia.

“Signor Paciock!” la voce allegra di una giovane donna lo distolse dai suoi pensieri, “Signor Paciock, sono davvero felice che lei sia venuto, ho solo visto sua moglie ma volevo parlare anche con lei, infondo è anche figlio suo!” ridacchiò mentre si sedeva su una delle panchine del giardino, “Alex è un bambino sveglio e vivace! Ha anche una fervida fantasia, sembra che da grande voglia diventare uno scrittore, ma di tempo ce n’è per cambiare idea!” Neville guardò la donna, non capiva dove volesse arrivare.

“È molto imbarazzante, comunque, comunicarle che Suo figlio ha qualcosa che non va…Non mi fraintenda, Alex è come gli altri, ma ha qualcosa di diverso. L’altro ieri per esempio ha disegnato un aereo che andava a fuoco e sotto ha scritto 150 morti. Ora, non so se suo figlio guarda troppi film d’avventura, ma sua moglie mi ha detto che Voi non glielo permettete…Signor Paciock, quel disegno rappresenta una vera strage…stamattina un aereo a preso fuoco e tutti i passeggeri, compresi i piloti, sono morti, erano 150.”

La donna rimase in silenzio ad osservare la reazione dell’uomo che non distoglieva lo sguardo dal figlio, “Avvolte capita…” disse “…Che mio figlio veda oltre il tempo.”

Neville sorrise mentre il bambino accortosi della sua presenza gli correva incontro, “È completamente naturale…nella mia famiglia. Ma se vuole lo terrò a casa per qualche giorno” “Oh, no! Suo figlio è una ventata d’aria fresca! Solo che è strano…Non ho mai creduto nel paranormale, magia o roba del genere, e invece ho in classe un bambino veggente. È strano, tutto qui!” Neville sorrise di nuovo mentre Alex gli saltava addosso.

“Oggi papà ho scritto una lettera, guarda!” disse tirando fuori dalla tasca qualche foglio piegato, “La maestra l’ha scritta con me!” “È vero. L’abbiamo intestata a un amico del papà, vero?” “Si…si! A Ronald!” esclamò trionfante il bambino.

Il viso di Neville impallidì, Ronald Weasley, era da anni che non pensava a lui, ma suo figlio come faceva…?

Si morse il labbro inferiore, “Beh, se questo è tutto. Devo andare al lavoro…Ho una data entro la quale devo consegnare il mio libro” in realtà gli avevano appena chiesto di scriverne un altro e di tempo ne aveva molto, anche troppo.

“Allora non la trattengo, Signor Paciock, e tu Alex stammi bene!” il bambino salutò la maestra per avviarsi verso la macchina di suo padre.

“Papà?! Perché scriverai che sei scappato da scuola?” Neville non rispose, ora sapeva cosa scrivere. Sorrise a suo figlio prima di accendere il motore.

 

“Ciao tesoro!” una donna dai lunghi capelli marroni si era precipitata alla porta e preso in braccio il piccolo baciò delicatamente Neville.

“Come andato il colloquio?” lui sorrise, sorrideva sempre, “Bene…davvero bene. Non ho mai visto una persona così affabile!” con un movimento della mano si spostò la frangetta, “È un bene che ci sia andato io, comunque. Conoscendoti avresti fatto un rimprovero a quella povera ragazza!” rise.

La donna mise un finto muso, “Non è affatto vero! Io sarei stata molto discreta!” ma poi rendendosi conto di ciò che aveva detto si mise a ridere anche lei.

“Ah! A telefonato il tuo editore…vuole sapere già di cosa parla il tuo nuovo libro. Tanti anni che lavora con te e non ancora capito…” “Parlerà di magia!” la donna lascio cadere sul divano Alex, e incredula guardo il marito “Cosa hai detto, scusa?”

Neville scosse il capo mentre si dirigeva verso la sua stanza di lavoro, “Hai capito benissimo…Parlerò di Hogwarts” la donna lo raggiunse “Ma…ma…lo sai che se…” “Non ti preoccupare tesoro…Nessuno ci farà del male, soprattutto a te e al piccolo Alex.”

Accese il computer mentre sua moglie continuava a fissarlo con uno sguardo tra il disperato e l’orgoglioso, “Perché non vai a fare una passeggiata con Alex? Stasera, ti prometto che vi porto fuori” di nuovo sul viso di Paciock si dipinse un sorriso. La donna annuì e uscì dalla stanza.

Neville rimase per qualche minuto fermo ad osservare lo schermo bianco prima di premere i tasti, e piano, piano, un nuovo libro si creava.

 

-I tempi di quando studiavo sono molto sbiaditi, è come se quello che ho imparato non fosse importante. Eppure un anno, il quinto per la precisione, si è fissato in me in ricordo della mia sbadataggine e stupidità.

Frequentavo la più prestigiosa scuola di magia di tutta l’Inghilterra: Hogwarts. Devo dire che come mago non ero un granché, no…mi piaceva però Erbologia …e forse sarei potuto diventarne il professore. Ma qualcosa…forse solo la vana speranza di un ragazzino, mi fece cambiare radicalmente i miei desideri.

Quell’anno non fui il solito Neville Paciock che tutti conoscevano, fui qualcosa di più…la mia sbadataggine comunque rimaneva e la paura di fare qualcosa di sbagliato giungeva nel momento meno opportuno, tuttavia i miei voti miglioravano di giorno in giorno e la voglia di salvare i miei genitori aumentava ogni secondo.

Ma credo che convenga andare indietro, quando l’inizio della scuola era molto lontano.

Era il secondo lunedì di luglio, nonna voleva che io andassi a trovare i miei genitori, ma non fu così. Io non volli, mi rifiutai.

I miei genitori erano pazzi…non mi riconoscevano più, e io, ogni qualvolta che mi presentavo in quella casa di cura e dovevo ripetere che ero loro figlio, piangevo…Quel giorno non volevo. Avevo pianto troppo e non volevo mostrarmi debole…ancora una volta davanti ai mio padre…

Quel giorno decisi di andarmene in biblioteca, “Per studiare!” avevo detto, ma in realtà era per scappare! Scappare da quelle fotografie che rappresentavano i miei genitori al giorno del loro matrimonio e che teneramente mi salutavano…scappare da nonna e da me. Sì, da me stesso, perché io rappresentavo la persona che più odiavo nella mia famiglia.

Non ero un grande mago anche se appartenevo a una delle più famose famiglie, no…io non ero come mio padre o mia madre, non ero come gli zii e i nonni…ero diverso…E ciò non mi piaceva! Volevo essere come gli altri, camminare con la testa alta, fiero della mia casata e di me stesso! Infondo al cuore sapevo che un giorno sarei riuscito a farcela…ma questa certezza era troppo nascosta dagli anni di desolazione e pianti, troppo offuscata dalla mia insicurezza e dai rimproveri della mia famiglia…era troppo impercettibile per poterla sentire.

Passavo in rassegna tutti i libri degli scafali, i soliti libri di magia, il mio grasso dito sfiorava le grandi lettere che componevano i titoli dei testi, “Filosofia magica di K. Londonr…Come interpretare i tarocchi…Leggende di folletti…Maghi e Draghi…Nuove magie…Storie e Vite di Famosi Babbani…” sospirai sconsolato. Nulla in quella biblioteca riusciva a distrarmi, nulla era come volevo io….

Lanciai uno sguardo alla signorina Dala, era la bibliotecaria ed una grandissima amica di mia nonna e di sicuro le avrebbe riferito del mio borbottare e camminare senza concludere niente.

Le sorrisi prendendo in mano un libro qualsiasi e ritornai al mio posto.

Guardai la copertina, era uno degli ultimi che avevo visto; foderato con pelle di drago nera sembrava un volume della sezione proibita a scuola…sopra a grandi caratteri d’oro vi era scritto –Maghi e Draghi- niente nome dell’autore.

Mi misi a sfogliarlo anche se di malavoglia; parlava di come i draghi vivessero nel mondo da prima di noi maghi e come noi maghi siamo riusciti a nasconderli agli occhi dei Babbani. Giunsi all’ultimo capitolo che mi si chiudevano gli occhi ed ecco che con poco interesse lessi alcune righe a casaccio.

“La maledizione Cruciatus tuttavia viene selezionata con altre tre nelle MALEDIZIONI SENZA PERDONO.”

Mi soffermai ad osservare quella frase, timoroso di ciò che poteva esserci prima e dopo. Deglutii e iniziai a leggere il capitolo.

 

‘IL DOTTOR FILIKON

Il dottor Filikon è famoso per aver scoperto un modo utile (oltre a fare bacchette magiche) di usare il cuore di drago.

Durante il periodo fra il 1730 e il 1740 perse la moglie di una strana malattia babbana e la figlia impazzì dopo aver ricevuto varie volte la maledizione Cruciatus da parte di un assalitore, tutt’ora ignoto. Preso dallo sconforto il Dottor Filikon viaggiò in Europa studiando la vita dei draghi.

Arrivò perfino ad accudirne uno in casa.

Nel 1799 elaborò una teoria per salvare sua figlia Analise, che spiegava come il cuore del suo drago potesse sostituire la parte del cervello che a sua figlia mancava.

L’intervento durò due giorni, ma riuscì alla perfezione. La maledizione Cruciatus tuttavia viene selezionata con altre tre nelle MALEDIZIONI SENZA PERDONO.’

 

Allora capii, un modo c’era per salvare i miei genitori!

“Signorina Dala!” chiamai “Signorina Dala!” lei si avvicinò lentamente con faccia truce. “Neville non urlare così…” lanciò qualche occhiata in giro “…Disturbi le persone” “Oh, mi scusi! Ma ho urgente bisogno di tutti i libri che parlano di draghi e delle maledizioni senza perdono!”

Avevo deciso di far ritornare i miei genitori normali e lo avrei fatto a qualunque costo!-

 

 

 

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Capitolo 3
*** Sul treno per Hogwarts ***


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Capitolo III

Sul treno per Hogwarts

 

-Arrivò così il primo giorno di scuola.

Per sicurezza ero arrivato al binario 9/¾ in anticipo di almeno un ora, nonna era sorpresa. “Hai portato tutto Neville?” mi chiese iniziando a rovistare nella sua borsetta. “Si…proprio tutto!” mi squadrò a lungo mentre estrasse dalla borsa una ricordella e me la porse, “Vediamo se hai ragione!” A volte mi chiedevo se era un essere umano o una cane, da quanto sembrava che ringhiasse.

Presi in mano la sfera e rimasi ad osservare il bianco fumo, ad ogni secondo che passava nonna s’abbassava sempre di più per vedere meglio, “Non capisco…perché non diventa rossa?”, non le andava a genio che io Neville non mi fossi dimenticato qualcosa.

“Senti…” dissi rimettendo la ricordella nelle sue mani, “…Non ho proprio tempo da perdere…Vado a cercarmi uno posto!” la salutai con la mano mentre salivo faticosamente sul treno.

Segui gli scompartimenti vuoti di tutto il treno, volevo che nonna non mi trovasse per farmi le ultime raccomandazioni.

Arrivai all’ultimo vagone…sapevo che di solito lì vi era o Harry Potter o Draco Malfoy, ma a me non importava, nessuno dei due mi considerava un essere vivente…se non in rare eccezioni.

Aprii il primo scompartimento e depositai il baule.

Chiusi le tende e presi in mano uno dei tanti libri che avevo comprato sui draghi: non avevo ancora trovato la specie che il dottor Filikon aveva usato per l’operazione.

Il tempo passò e mentre il treno si riempiva di giovani studenti, il mio scompartimento non veniva nemmeno lontanamente considerato, visto che fuori dalla finestra c’era mia nonna che urlava a squarciagola di aprire le tende.

“Scusa Neville…” avrei riconosciuto quella voce anche tra mille, come si poteva scordare quella dolce melodia?

Sorrisi girandomi verso la più bella ragazza della scuola, “Virginia!” esclamai mentre lei entrava tutta trafelata nello scompartimento, “Scusami tanto Paciock! Non vorrei disturbarti, ma quest’anno il mio baule pesa come un rinoceronte!” disse cercando di trascinare qualcosa di davvero pesante, “Lascia, faccio io!”

In pochissimo tempo il suo bagaglio era depositato nel suo giusto posto.

“Uff…grazie! Avrei chiesto a uno dei miei fratelli, ma sembrano essersi dileguati!” esclamò facendo l’offesa.

Virginia Weasley era la più giovane di tutta la sua famiglia, ed era l’unica figlia femmina su sette. Era particolarmente gentile e veniva considerata una fata da tanto sembrava eterea.

Non ero innamorato, ma simpatizzavo per lei. Se mia sorella minore non fosse morta l’avrei tratta come in quel momento trattavo la piccola e dolce Ginny.

Si sistemò i capelli in una lunga coda di cavallo, “Cosa stavi leggendo?” chiese mentre cercava di stringere di più l’elastico rosso intorno ai suoi capelli color fuoco, “Niente di speciale…I draghi Italiani…” borbottai riprendendo in mano il libro per farglielo vedere, “Ti piacciono i draghi?” mi chiese stupita.

Sorrisi e lei lo prese per un si, “Mio fratello Charlie gli studia, se vuoi gli chiedo di parlartene…o magari di scriverti qualcosa su di loro”, sapevo che uno dei suoi lavorava in Romania su alcuni draghi, ma dubitavo di poter aver un aiuto. “Saresti molto gentile, Ginny…Sempre se non ti disturba” lei scosse la testa, “Non ti preoccupare, era da tempo che pensavo di mandargli una lettera…!”

Così dicendo prese una pergamena, calamaio e penna, ed iniziò a scrivere. La osservai per qualche secondo per poi immergermi nella lettura.

 

Il treno era partito da un bel po’ quando nello scompartimento entrò la solita signora che portava leccornie su un rovinato carrello.

“Ciao, Neville” mi salutò, di solito prendevo di tutto, ma quel giorno non ne avevo una gran voglia mentre ne leggevo negli occhi di Virginia.

“Vuoi qualcosa?” le chiesi, lei arrossì, ma sapevo perfettamente cosa le piaceva, “Dieci scatole di cioccorane e da bere” in men che non si dica la mia ordinazione arrivò tra le miei braccia. Pagai e quando la porta scorrevole fu chiusa porsi tutto a Ginny.

“Neville!” esclamò lei, sorridendo divertita, “Non dovresti, così mi vizzi!” ma non rifiutò i dolci. Mangiò un paio di scatole poi saltellando aprì il suo baule.

Era piuttosto alta nonostante fosse una ragazza, superava di gran lunga perfino Harry, che sembrava rimanere sul 1.70. Mi domandai quanto raggiungesse lei.

Prese la divisa scolastica e alcuni vestiti, sapevo che andava a preparasi, non sopportava vestirsi all’ultimo minuto. Sorridendo uscì dalla stanza.

“Guarda dove metti i piedi Weasley!” l’esclamazione di Malfoy mi fece sussultare. Con velocità mi alzai dal mio posto e aprii la porta.

Ginny stava in piedi a qualche metro di distanza e fissava alquanto accigliata Malfoy, lui invece sembrava infilzarla con i suoi grigi occhi.

Virginia non era solo un delicato fiore…anzi io la paragonavo a una orgogliosa tigre…Il più bel felino di tutti i tempi, aggraziato, dolce con i propri simili ma brutale con il resto degli animali.

Così era Virginia. Dolce e sensibile con tutti, ma con delle serpi come Draco Malfoy mostrava tutta la sua fierezza…e la sua forza.

Il serpeverde si girò ed entrò nel suo scompartimento sbattendo la porta.

Anche Ginny girò sui tacchi entrando nel piccolo bagno femminile.

Sorrisi rientrando nello scompartimento.-

 

“Tesoro…” le affusolate mani di sua moglie gli sfiorarono le spalle, “…Perché non spegni questo arnese e non rispetti la promessa?!” Neville sorrise, e velocemente salvò l’ultimo pezzo che aveva scritto.

“Allora…Dove vi porto?” chiese abbracciando teneramente la donna, “Se mi porti in braccio anche dall’altra parte del mondo!” Paciock rise, “Farò palestra ma non sono mica così forte da poterti portare così lontano!” anche la moglie rise dandogli dei piccoli e teneri baci sul naso.

Lui era cambiato davvero molto da quando frequentava ancora Hogwarts: più alto, più magro e soprattutto più felice…. “Ti amo” sussurrò sfiorando con un dito il delicato viso della moglie.

adcb

-Restammo in silenzio per molto tempo. Hermione non osava fiatare mentre cercava in ogni modo di evitare il mio sguardo. Harry invece continuava a camminare avanti e indietro pensando a chissà cosa.

All’improvviso m’alzai dalla poltrona, qualcuno canticchiava allegramente davanti allo scompartimento.

“Ginny!” esclamai, trovandomi davanti la mia sorellina che si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.

“Oh, ciao Ron!” poi sbirciò nello scompartimento, “Hermione!” ma non badò per niente ad Harry che continuava a borbottare tra se e se frasi del tipo: “Non è possibile…”, “È ammalato, si. Ammalato”.

Era così bella mia sorella.

Sorrideva sempre. Qualunque cosa accadeva, lei sorrideva.

La guardai mentre distrattamente si chiudeva la divisa alla base del collo. Anche Hermione la guardava e sembrava quasi a disagio.

“Ho saputo della novità, Hermione. Sono davvero felice per te, davvero!” Granger sorrise, mentre Ginny cercava di superarmi per sedersi e chiacchierare un po’ con la sua migliore amica.

“Sembra che le fortune arrivano sempre a te!” esclamò distraendo Harry dai suoi pensieri, “Non mi stupirei se diventassi preside. Oppure Ministro della Magia, e sinceramente credo che tu saresti a tua agio davanti a quella scrivania!” Virginia alzò gli occhi e porto l’indice sulle labbra sfiorandole, ero più che sicuro che stava immaginando ciò che aveva detto, “Chissà potrei farti da segretaria!” e rise trasportando con se anche Hermione.

Da canto suo Harry rimaneva imbambolato ad osservare la scena. I suoi occhi non si volevano staccare dalla fragile figura di Ginny. Non che mi dispiacesse che uno come Potter s’innamorasse della mia sorellina, ma non sopportavo l’idea di perderla così presto!

Lo spintonai per farlo riprendere, e ci riuscii, solo che Harry cadette per terra e il suo tonfo attirò l’attenzione delle due ragazze.

“Harry!” esclamò Virginia accovacciandosi accanto a lui, mentre Hermione con aria d’accusa sibilava il mio nome.

“G…” guardai sconsolato il mio amico, mentre Ginny lo aiutava ad alzarsi.

“Ti sei fatto male?” chiesi con tono di comicità, sperando di ricevere una risposta dal mio amico, mentre il piede di Granger con forza pestava il mio. “Ahi! Ma dico sei impazzita?!” Hermione girò la testa verso la finestra e incrociando le braccia al petto sbuffò un “Te lo meriti!”

Virginia rise divertita dalla scena, “Sembrate marito e moglie!” Hermione abbassò il capo, probabilmente rosso porpora, mentre io lanciai uno sguardo carico d’affetto verso il mio prefetto.

“Harry sicuro di stare bene? Io dovrei andare nel mio scompartimento…sto scrivendo una lettera e vorrei davvero finirla. Spero che terrai d’occhio questi due, non me la raccontano giusta!” aprì lo scompartimento, “E se hai bisogno di qualcosa fammelo sapere!” finì la frase chiudendo silenziosamente la porta scorrevole.

Era tipico di Virginia, parlare senza lasciare il tempo all’intercultore di rispondere.

Harry era rimasto ad osservare il punto in cui Virginia era scomparsa, era davvero divertente. In un vano tentativo camuffai la mia risata tossicchiando, ritrovandomi il volto di Hermione a qualche centimetro dal mio con aria truce, “Ronald Weasley!” sembrava mia madre, “Smettila di ridere per i sentimenti altrui!” avvicinò ancora di più il viso al mio, avevo così tanta voglia di baciarla…Invece sorrisi e portai l’indice sinistro all’altezza della sua testa “Ora capisco perché piaci tanto! Sei davvero molto dolce!” dissi colpendo la sua fonte con il dito.

Rimase incredula a fissarmi mentre le sue guance riprendevano il colore di poco prima, e con una qualsiasi scusa uscì dallo scompartimento.

“Allora Harry?! Si può sapere cosa vuoi fare con mia sorella?” sembrava turbato da quella domanda. “Non voglio mica picchiarti!” esclamai sedendomi accanto a lui con la solita aria da deficiente, “Ma devi capire che facendo la parte dell’imbecille, non riuscirai a farle capire che finalmente anche tu la ami!” lui mi guardò sbattendo le palpebre un paio di volte shockato.

Sbuffai portandomi una mano nei capelli, “Una ragazza non vuole un cretino che in sua presenza sa soltanto sbavare…E i fratelli non vogliono che la propria sorella si fidanzi con un fesso. Io so che tu non lo sei, Harry, ma davvero, davanti a mia sorella tu non sei tu!”

“Lo so…” sussurrò dopo un paio di minuti di silenzio, “…Ma cosa posso farci se ogni volta che la vedo mi manca il respiro? È come se il sangue mi gelasse, mentre il cuore inizia a battere sempre più forte facendomi arrivare perfino mal di testa! Tua sorella mi fa perdere completamente la ragione e non riesco a far a meno di guardarla.”

La porta dello scompartimento si riaprì e sulla soglia vi comparve Hermione.

Il silenzio tornò nella stanza per tutto il resto del viaggio.-

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Ange ***


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Capitolo IV

Ange

 

-Stranamente quella notte, non era come ogni primo di settembre.

Quando scendemmo l’aria insolitamente fredda ci colpii il viso facendoci rabbrividire. Hermione si strinse di più nella divisa, mentre Harry si copriva il viso con il cappuccio.

Io non feci nulla, cercavo solo di non incrociare qualche serpeverde.

Dopo vari spintoni giunsi ad una carrozza, depositai il mio baule ad aspettai i miei amici.

“Ehi! Ron, non è che ti dispiace se mi unisco a voi?” la voce di Neville mi giunse alle orecchie come un sibilo del vento. Sorrisi ed annuii.

Appena Paciock si sedette arrivarono Potter e Granger. Sembravano alquanto frastornati, e senza parlare si accomodarono con i bagagli nella splendida carrozza.

“Hermione…qualcosa non va?” lei scrollo le spalle, mentre continuava ad osservare fuori.

“Herm…si può sapere cosa ti succede? Sembri preoccupata…Voldemort non è qui, sentirei la cicatrice bruciare” Harry si era avvicinato alla nostra compagna d’avventure, “Di solito sei così allegra il primo giorno di scuola.”

Una fitta al cuore mi fece disegnare una smorfia sul viso, come si permetteva certe confidenze quel cretino?!?

Mi morsi il labbro inferiore fino a farmi uscire del sangue, Hermione si era accoccolata tra le braccia di Harry e questo certo non mi faceva stare meglio.

Neville se ne accorse.

“Granger hai un fazzoletto…di quelli babbani…come si chiamano? Di carta???” lei estrasse uno strano pacchetto di plastica, ancora d’aprire, e glielo porse.

“Tieni Ron…credo che ti servirà a tamponare…” non finì la frase, Hermione si era già alzata dal suo posto, staccandosi finalmente dalle braccia di Harry. Preoccupata si piegò fino ad osservarmi negli occhi, e molto delicatamente prese ad accarezzarmi il viso. Le sue mani vagavano dagli zigomi al mento, mentre evitavano accuratamente la mia bocca.

Prese con la mano tremante il fazzoletto che Neville continuava a porgermi, e con estrema dolcezza lo passò sul labbro inferiore. Le bloccai il polso con la mano sinistra, i suoi occhi si spalancarono e si affrettarono a posarsi sui miei, le sue labbra si dischiusero in un piccolo sospiro di stupore…Non resistetti e avvicinai il mio viso al suo.

La carrozza si fermò con uno scossone che m’impedì di sfiorare quelle rosee labbra.

Hermione si spostò di qualche passo, urtando il suo sedile…Mi fissava incredula…

“Finalmente siamo arrivati!” Harry non sembrava essersi accorto della mia azione e Neville gli diede una gomitata, “Prendi il tuo baule…ma proprio davanti al mio dovevi metterlo?” “Scusa…ma era l’unico libero!” con un tonfo i vari bagagli cascarono, “Harry!” Hermione sobbalzò avvicinandosi, senza volarlo, a me.

“Sai qual è il tuo problema?” Paciock afferrò il baule con rabbia e si apprestò a portarlo giù dalla carrozza, “Pensi troppo!” esclamò quando era già fuori, Harry lo seguì a ruota.

“Perché, tu non pensi Neville?” fu la risposta del mio migliore amico.

Scossi rassegnato la testa, possibile che Harry doveva avere la traduzione di frasi così elementari?

Intanto Hermione si era inchinata per controllare le condizioni del suo baule, la fissai…avevo ancora voglia di baciarla…M’inchinai dietro di lei con la ferma intenzione di farla rabbrividire.

“È tutto a posto!” sussurrò alzandosi e trascinando con sé il bagaglio scese dal mezzo di trasporto.

Scesi anch’io e seguii la figura di Hermione senza fiatare.

 

Depositai con calma i bagagli e la gabbia di Leo, “Ora cerca di fare il bravo…io torno subito!” dissi osservando con divertimento il gufo che saltellava nella piccola gabbia.

“Ron! Ti vuoi spicciare?” Harry mi stava aspettando, per andare alla sala grande. Ci dirigemmo con calma, non eravamo gli ultimi, i serpeverde stavano in giro per i corridoi aspettando di fare un entrata spettacolare.

“Bene, bene. Guarda chi si rivede!” non serviva che mi girassi per capire che quella voce strascicata apparteneva a Draco Malfoy.

“Weasley e Potter! Che bella coppia!” sembrava divertito solo per quella frase, ma quando arrivò finalmente davanti a noi, il suo viso sembrava alquanto disgustato.

Nelle mani teneva un elegante foulard rosso, lo accarezzava con le pallide dita, “Credo che questo appartenga a tua sorella” disse mentre un ghigno si disegnava sul suo viso, “Ma visto che l’ho trovato io, è diventato di mia proprietà!” e se lo attorcigliò su un polso.

“Credevo che uno come te, Malfoy, odiasse soltanto sfiorare le cose di straccioni come me e mia sorella!” Draco sorrise ancor di più, “È vero, Weasley, ma quando questo piccolo “dono” farà la sua comparsa su un elegante collo, diventerà qualcosa di raffinato.”

Rise divertito di chissà quale scena, la sua mano andò a coprire il finissime le labbra mentre con grazia entrava nella sala comune.

Io guardai alquanto disgustato Harry, “Non è che lui…sia…beh, hai capito?” “Non ho la più pallida idea di quello che intendi dire” scossi la testa, “Lascia perdere…te lo spiegherò un altro giorno!”

Entrammo nella stanza.

Hermione ci stava aspettando alquanto irritata del nostro ritardo.

Ci sedemmo davanti a lei, che cercava in ogni modo d’evitare un minimo contatto con me.

“Dove eravate finiti?” la voce di Ginny mi fece sussultare, ero troppo preso da Granger che non mi ero accorto che nel posto accanto al mio c’era la mia sorellina.

“Niente di che…Malfoy ci ha bloccato la strada. Ti ha rubato il tuo foulard…quello che ti ha regalato quel ragazzo del tassorosso…” lei sorrise, sembrava che non le dispiacesse.

“Malfoy non è un problema” disse spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.

“Se ti danno tanto fastidio perché non gli tagli?” Hermione osservò per qualche secondo Virginia, “Lascia perdere, è un orribile idea…” mentre i suoi occhi parlavano chiaramente: era gelosa di mia sorella.

Ora anche i serpeverde erano rientrati e sembravano stranamente ansiosi di vedere i nuovi alunni di Hogwarts.

Entrarono i professori con Silente.

“Un altro anno ad Hogwarts sta per iniziare…” fu l’unica cosa che ascoltai. Un brivido freddo mi attraverso dai piedi alla testa, come una scarica elettrica.

M’immobilizzai, mentre qualcosa di estremamente doloroso iniziava a conficcarsi nella mia pelle… Non so se urlai, probabilmente no.

Lo smistamento era iniziato, ma solo una ragazza attirò la mia attenzione. Una ragazza dal viso pallido come la morte, dai capelli corvini, lunghi che scivolavano delicatamente sulle sue spalle per poi sfiorare le scapole con le punte. I suoi occhi così diabolici…mi fissavano, beffardi e duri…carichi d’odio.

Un odio impossibile perfino per un mangiamorte.

“Colok Ange” rabbrividii nel sentire il suo nome, il suo sguardo divenne dolce e io mi sentii di nuovo svuotato…come quel giorno davanti alla villa.

Il mio corpo s’irrigidì, divenne freddo e pesantemente mi lasciai tra le braccia di mia sorella. “Cos’hai Ron?” la voce preoccupata di Ginny mi giunse come un sussurro. Sconfitto dal dolore, respiravo a fatica, cercai di risponderle, ma dalle mie labbra uscì un semplice “Aiu…” e mentre, m’accorgevo che tutto si era fermato, che nessuno fiatava e che tutti gli occhi erano puntati su di me, i miei occhi si chiusero.

 

Mi svegliai ancora tremante.

Era buio, e non riuscivo a vedere nemmeno a un palmo di naso.

Ma se non potevo vedere, riuscivo a sentire. Dei passi s’avvicinavano al mio letto.

Il rumore sordo di tacchi sulle fredde piastrelle, mi sembravano possenti rombi di tuono. Più forte gli sentivo, più avevo paura…paura di perdermi nell’oblio.

“A quanto pare…sei tu” un sussurro che mi giunse come un tagliente pugnale nel petto.

Un fredda mano mi coprì gli occhi, e mille, pensieri, ricordi, immagini, iniziarono a vorticare nella mia testa, togliendomi perfino il respiro.

“Ora riposa…Devi essere in forze per il nostro prossimo incontro” poi il buio e il silenzio.

adcb

Quando, il giorno dopo, Madama Chips mi lasciò uscire dall’infermeria, Harry ed Hermione mi aspettavano nella sala comune.

Entrambi troppo presi, in una stupida discussione sulla crudeltà di Piton, il terribile professore di pozioni (ex- mangiamorte e traditore dell’oscuro signore).

“Cinquanta punti! Herm, non è mai successo!” il mio amico guardava sconsolato il nostro prefetto, che da canto suo non staccava gli occhi da una pergamena, “Non capisco…questo tema è fatto davvero bene. È strano, ma sono sicura che non l’ha copiato! Non è da lui!” esclamò Granger sbattendo infuriata la mano destra sul legnoso tavolo.

“Che succede ragazzi? Chi ha copiato cosa e che centrano i cinquanta punti?” mi sedetti di fronte a loro con un grandissimo sorriso.

“Neville ha consegnato questo compito a Piton e lui, beh…ci ha fatto andare sotto zero!” Harry afferrò amaramente la pergamena del nostro grasso amico, e me la consegnò. Dovetti faticare per leggere la stranissima scrittura appiccicata, che riempiva fino alla fine il foglio.

Era il compito su come si utilizza l’essenza delle lacrime di pipistrello. Io non avevo nemmeno utilizzato mezza pagina e sinceramente ero arrivato solo al terzo utilizzo. Ma la storia che con quella piccola pozione potesse far addormentare per l’eternità le persone, proprio non la sapevo. Per non parlare che se si beveva più di mezzo bicchiere causava la morte.

Rimasi a leggerla in silenzio, troppo sconvolto di scoprire che Paciock era diventato un genio, mentre io restavo il solito scansafatiche…beh, non proprio uguale.

Sorrisi, mentre ridavo la pergamena ad Hermione.

Sembravano sconvolti del mio atteggiamento, ma poco importava. Perché infondo sapevo che con l’aiuto di Harry e Granger avremmo ricuperato i punti persi.

M’alzai. “È meglio riportare le cose di Neville in camera, Harry” e senza dare spiegazioni uscii dalla sala comune.

Come ho già detto, adoravo il sole. E quella era una giornata bellissima.

Camminai a lungo, le mani in tasca e gli occhi puntati sul caldo astro. Avevo superato di molto la capanna di Hagrid ed mi ero inoltrato nella foresta, dimentico dei grandi e odiosi ragni, quando dall’ombra di enorme arbusto uscì una figura.

“Ronald Weasley”, il sangue smise di scorrere tra le mie vene e i miei occhi si puntarono su quelli scuri della ragazza, “Chi sei?” non ero io che parlavo. Non potevo muovere la mia bocca, ero pietrificato o meglio…morto. Il mio cuore aveva smesso di battere.

“Io sono…” la sua voce sembrava un sibilo “…Ange.”-

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Il foulard di Virginia ***


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Capitolo V

Il foulard di Virginia

 

-Sedevo da più di un ora nella stanza di Piton, lui era comodamente seduto sulla poltrona di pelle nera e guardava attentamente una strana coppa dalla quale usciva un fumo bianco come la neve.

In quel momento la paura che faceva parte di me ormai da anni, se ne era andata, non so se era fortuna o sfortuna, fatto sta che ero tranquillamente seduto su una sedia di legno in una stanza buia (quasi si soffocava) con davanti il più odioso di tutti i professori, e non me ne fregava niente.

Aspettavo impaziente la punizione, mentre lui con il suo naso adunco e i capelli unti che gli ricadevano sugli occhi fissava insistente la coppa, poteva essere morto per quel che ne sapevo io, o forse voleva che io prendessi e bevesi il contenuto della coppa…Mi balenò in mente che quel pazzo psicopatico voleva uccidermi.

Poi come mi avesse letto nel pensiero, Piton s’alzò e trascinando con se il nero mantello, si avviò verso la credenza dove teneva i suoi ingredienti. Sul suo volto un sorriso sornione.

“Paciock!” esclamò sperando forse di spaventarmi, e io avrei davvero voluto ma invece alzai gli occhi ridenti per incrociare quelli freddi di Severus, “Non c’è molto che tu possa fare, oppure rischieresti di fare qualche malanno, ma se quel tema l’hai veramente scritto di tuo pugno, allora potresti anche fare almeno tre bottigliette di quella pozione. Eccoti dunque gli ingredienti e vai nella stanza adiacente, e cerca di non combinare guai, cosa di cui dubito, mentre io scriverò una interessante lettera a tua nonna.”

Era solo la seconda volta che lo sentivo parlare così tanto e senza prendere fiato, pensavo di dover raccogliere i suoi pezzi dopo che fosse esploso per mancanza d’ossigeno!

Mi recai nel laboratorio privato del professore, niente di speciale, solo uno stanzino, dove vi erano varie pozioni, boccette e ingredienti. In centro vi era un pentolone, sotto di esso vi era già il fuoco acceso.

Chiusi la porta e iniziai a depositare gl’ingredienti sul tavolino-mensola, non erano molti, solo qualche coda di lucertola, le lacrime di pipistrello, semi di papavero, saliva di orco, e…vaniglia. E si, come avevo scritto sul mio compito per il sesto utilizzo delle lacrime si doveva addolcire quella sostanza con quel delizioso gusto.

Iniziai a tritare le code con un piccolo coltellino mentre cercavo di ricordarmi come si poteva preparare la pozione n 8, quella che poteva far accecare per tutta la vita se la si versava negli occhi ovviamente. Naturalmente non era quella chiesta dal professore, lui voleva solo una formula anti-acne. Ma il mio cervello già elaborava il fantastico piano, per poter salvare i miei genitori…Un piano perfetto, con qualche conseguenza per qualcuno, ma avevo già deciso: avrei fatto qualunque cosa per sentire l’abbraccio di mio padre e le delicate carezze di mia madre.

Buttai noncurante quattro cucchiai di code di lucertole, e versai qualche goccia di lacrime di pipistrello. I miei occhi vagavano da bottiglia a bottiglia, ce ne erano di tutti i tipi, grandi, piccole, grosse, alte…tutte piene di vari ingredienti, ma non vi era traccia di pelle di fata…era strano per me non trovare un ingrediente tanto vietato ma molto importante per incantesimi oscuri.

La porta alle mie spalle cigolò e mentre sentivo gli occhi freddi di Piton sulla mia schiena presi in mano l’ampolla che conteneva la saliva…chissà di quale razza era l’orco…la mia mano tremo nel momento in cui immergevo un piccolo cucchiaio, la quantità giusta per farmi rivoltare lo stomaco. Mancavano solo i semi e la vaniglia, presi il coltellino tagliai un po’ di semini, non ricordo bene quanti, ero molto agitato, perché continuavo a sentire la pesante presenza del professore…In una piccola ciotola misi gli ultimi ingredienti, mescolai, mentre l’acqua nel calderone iniziava a bollire, era il momento giusto per versare, lo sapevo…ma non lo feci…avevo paura.

“Cosa stai aspettando Paciock? La neve forse?” non risposi, e versai l’impasto appena creato.

Non ci volle molto, la crema color ocra era pronta dopo soli due minuti, e pensai bene d’imbottigliarlo in due bottigliette.

“Fatto?!” fu quello che disse Severus, prima di acciuffare i piccoli contenitori, “Solo due?” alzai la testa, negli occhi vi era timore ma ben nascosto dietro alla falsità, “Si signore” dissi, e mi domandai come potevo restare cosi calmo davanti allo sguardo indagatore del professore, “Dov’è l’altra?” “Non c’è” la mia voce era quasi sarcastica, e temetti per un attimo di ricevere un’altra punizione. Mi osservò a lungo senza sbattere ciglio, senza parlare o respirare…credevo di avere davanti a me un morto. E lui non si muoveva, “Professore…” lui socchiuse la bocca, la rossa lingua uscì ad umidificare le fine labbra, “Vattene prima che ti tolga altri cinquanta punti” calma come sempre la sua voce penetro nel mio cervello come un grasso spillo, sorrisi, salutai e uscii dalla fredda e lugubre stanza.

 

Avevo gran voglia di ritornare al dormitorio, ma come potevo non essere attratto dalla grande biblioteca, ora che sapevo già come fare per prendere il cuore, ora che avevo sfidato perfino il più temibile dei professori? Come?

Entrai titubante nella sala, solo qualche serpeverde stava sonnecchiando su qualche libro scolastico. I miei piedi si muovevano silenziosamente sul liscio pavimento, i miei occhi si spostavano ad ogni minimo rumore e mi diressi verso uno dei più nascosti scafali dal quale comunque riuscivo ad osservare la porta, la mia unica opportunità di fuga!

Presi un grosso libro che forse nessuno aveva toccato da anni, la mia mano era piena di ragnatale, osservai schifato la strana tela che ricopriva ancora la mia grassoccia mano, “Che schifo!” esclamai coprendomi subito la bocca con le mani, il grosso libro cascò aprendosi a circa metà.

Guardai intorno nessuno mi aveva notato, o forse preferivano restarsene con le braccia incrociate sotto la testa e gli occhi chiusi…

M’inginocchiai, per riporre l’oggetto che mi aveva tanto schifato…

Ma qualcosa attirò la mia attenzione, un foglio piegato varie volte, era lì, su quella pagina giallastra e attendeva…ME.

Ingoiai un paio di volte un nodo che mi si era creato in gola prima di prendere ed aprire il bianco foglio babbano…

“Guarda, guarda…la piccola Ginny!” una voce strascicata mi fece sobbalzare, non cerano dubbi di chi fosse, “Draco Malfoy!” ripeté Virginia con tono di comicità, lo scafale dietro il quale mi ero rifugiato oscillò, “Hai qualcosa che mi appartiene” “Non credo proprio, tutto ciò che ho è mio” sentì la risata argentea della ragazza, non capivo se derideva quella serpe o se ci stesse provando, “Allora, Draco, tieni pure il mio foulard, non credo che Martino s’offenderà a vederlo sul collo di una splendida ragazza che di certo non sono io….Ma suppongo che ha te non interessano queste, stupide chiacchere, e che tu abbia qualcosa di più interessante da fare…” “Esattamente.” I passi di Malfoy rimbombavano nella biblioteca, quando la voce chiara e limpida di Virginia risuonò più potente e autoritaria che mai, “Il mio foulard lo rivoglio, Draco, domani mattina.”

E silenzio fu.-

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Il pugnale ***


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Capitolo VI

Il pugnale

 

Ange rimaneva immobile, il suo sguardo fiero e pieno di odio sembrava in qualche modo colpevolizzarmi di un crimine mai commesso.

Avevo paura, di cosa non lo sapevo nemmeno io, di una semplice ragazzina che nonostante portasse lo stemma di Serpeverde non sembrava nemmeno avere la forza d’uccidere una mosca? Si. Chiara, limpida la risposta mi si formulò nella mente, e in quel momento avrei voluto gridare con tutta la voce che avevo nel corpo il nome del mio migliore amico, perché solo con lui mi sentivo protetto da quell’odio ossessionante, terribile…nel quale io avevo paura di perdermi.

“Ron!” l’esclamazione di Harry mi fece sciogliere da quella rigidità che non mi era propria, il cuore che per qualche minuto aveva smesso di battere ricominciò la sua folle corsa. Cascai a terra mentre cercavo di respirare più aria possibile, alzai lo sguardo, davanti a me non c’era più quella strana ragazza ma bensì il mio giovane amico.

“Ron!” le sue mani si strinsero preoccupate sulle mie spalle, “Cosa ti è successo?” lo guardai negli occhi, spaventato, credendo che anche nel suo ci fosse quel baratro che mai io sarei riuscito a superare. “Portami via, Harry…Portami via da qui” sussurrai, vidi che in quegl’occhi verdi non vi era altro che bontà, un’infinita pace.

Non mi parlò e senza che io glielo chiedessi mi portò nella sala comune dei Grifondoro, Hermione aspettava preoccupata, camminando avanti e indietro per la stanza e quando mi vide mi corse incontro, “Ron…” sussurrò abbracciandomi, “Sei uno stupido…” continuò stringendomi ancora di più a lei, “Potevi stare male e io…nessuno avrebbe potuto aiutarti.”

Non dissi nulla mentre le sue lacrime scendevano lungo le sue guance e bagnavano la mia logora divisa.

 

Il giorno passò lentamente, Hermione mi aveva obbligato a stare chiuso in camera a studiare le lezioni che avevo perso…Ma dopotutto gli ero grato, nonostante odiassi profondamente lo studio trovavo che quello per me era l’unico metodo per dimenticare….

Così passò tutta la giornata e la notte arrivò talmente lentamente che quasi credo di dover studiare per l’eternità!

Stavo osservando gli appunti di Harry su divinazione quando mi trovai catapultato in un strano luogo.

L’alta e stretta stanza, con solo poche e fine finestre, assomigliava stranamente ad una torre, la mia torre…Almeno così pensai, ma lì al posto mio vi era un altro uomo, mentre dietro di lui una ragazza piangeva e implorava pietà. “Non sono io quello che cerchi. Ti prego, lasciami andare” era la continua supplica che riecheggiava tra quelle mura.

Un pugnale s’alzò nell’aria, mentre l’uomo imperterrito guardava la luna, e la guardavo anch’io…la luna accusatrice…

“No! Non lo fare!” mi girai insieme all’uomo incappucciato, la ragazza era nascosta nell’ombra ma le sue urla…le sue urla! Dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa!

“Accio Pugnale!” urlai.

La delicata luce delle candele mi circondò, la stanza era rettangolare e ben cinque letti riempivano il poco spazio, ero ritornato ad Hogwarts, o forse non mi ero mai spostato e tutto ciò che avevo visto era solo un sogno?

Strinsi le mani in due pugni incapace di fare altro ed improvvisamente qualcosa di pesante cascò sul pavimento…Lì su una fredda piastrella stava un pugnale ricoperto di sangue.

 

 

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Capitolo 7
*** La teoria del drago ***


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Capitolo VII

La teoria del drago

 

-Dopo essermi accertato che Malfoy se ne fosse andato definitivamente dalla biblioteca, uscii dal nascondiglio, ancora impasticciato di ragnate e mi diressi verso la mia amica.

“Ginny! Cosa voleva Draco da te?” chiesi, mentre la ragazza cercava di riprendersi dal piccolo spavento, “Neville…Credevo che fosse qualcun altro…” rispose cercando di trovare interessante una piccola crepa sul muro. Non indagai, anzi cambiai argomento.

“Tuo fratello, ti ha risposto?” lei si voltò sorridendo, “Si, ha detto…” s’azzittì osservando il mio viso, “Cosa ti è successo, Neville?” domandò trattenendo una risata, probabilmente ero molto buffo. “Nulla…ma piuttosto dimmi cosa ti ha detto Charlie, sai mi piacciono troppo i draghi e…” “Ah! Mi ha doto un libro, contenete tutte le informazioni che ti servono, ma a specificato che l’ultimo capitolo è poco interessante…infatti parla di un medico o dottore…Non mi ricordo bene, mi sembra che Charlie lo abbia lasciato apposta…dice che forse per te è importante sapere la verità! Si, insomma ha scritto che per me è poco interessante e che per te invece no…” mi guardò divertita più di se stessa che di me, “Sono una confusionista, eh?” e rise.

Risi anch’io, per il semplice motivo che la sua risata riusciva a trascinare chiunque.

“Vieni…te lo do subito, altrimenti mi passa di mente!” esclamò portandosi una mano trai fluidi capelli rossi, “Lo sai, ho un casino di pensieri e non riesco a ricordarmi proprio niente, probabilmente un giorno o un altro perderò anche la testa!” si diresse a grandi falcate verso l’uscita della stanza.

Virginia credeva di essere una poco di buono, invece era straordinaria, sia come maga che come amica…Solo che non se lo faceva entrare nella testa!

Arrivammo alla sala comune di Grifondoro e mentre io mi ripulivo il viso con un casino di fazzoletti di carta di Hermione, Ginny si diresse nella sua camera a prendere il pacco di Charlie.

“Come sta Ronald?” chiesi buttando nel camino l’ennesimo fazzoletto ripieno di ragnatele, “Bene…Ora sta ripassando le ore perse. Ma guardati Neville, ti sei conciato davvero male…Ma dove sei finito?” Granger sembrava proprio mia nonna, con un espressione truce aprì un altro pacchettino e mi passò con rabbia un altro fazzoletto, “Ma sono ancora sporco?” mi girai verso Harry che prontamente mi rispose con una negazione, ma visto che Hermione era pignola… Bravissima, simpaticissima…ma pignola!

“Eccomi!” la voce allegra di Virginia mi giunse come una via di fuga e ringraziai Dio di avermi salvato, “Oh, grazie….grazie, grazie!” esclamai guardando la piccola Weasley, lei sorrise divertita e mi porse il libro.

“Prima speravi che fossi quel temerario e ricco ragazzo di cui mi hai parlato sul treno?” domandai allegro mentre mi dirigevo verso la mia stanza, la vidi arrossire prima di scomparire nel buio delle scale.

Entrai nella stanza senza bussare, Ron stava dormendo sul suo letto e io mi diressi verso il mio.

Mi sedetti e iniziai a sfogliare fugacemente i vari capitoli, mentre le parole di Virginia mi frullavano nella mente…Sapere la verità? Quale verità?

Velocemente arrivai all’ultimo capitolo, “La teoria del drago” e mi mesi a leggere.

Un rumore sordo mi fece alzare gli occhi dal libro, Ronald stava in piedi confuso, in mezzo alla stanza ed osservava un oggetto che scintillava al contatto con la tremula luce di una candela. Mi avvicinai…Un pugnale…era un pugnale! Ma lui…lui non si era spostato…

“Ron? Cosa…?” mi interruppi, era il segnale…era quello che mi serviva per decidere di continuare o meno…-

 

“Neville!” l’autoritaria voce di sua moglie lo riportò alla realtà, “Proprio non riesci a dimenticare per nemmeno due minuti il tuo libro?” chiese spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sembrava alquanto contrariata, e un brivido scese lungo la schiena dell’uomo.

“È più forte di me…forse ho fatto male ad iniziare quel libro. Infondo ritornare con la mente a quell’anno è una tortura per me…Davvero, ricordare tutti quei visi amici…” una mano s’appoggiò sul suo braccio, lui alzò lo sguardo incrociando così quello di lei, “Potresti sempre rinunciarci” disse risoluta, “Non sarebbe la prima volta che lasci da parte un idea, l’hai già fatto con ‘La gabbia del topo’, potresti farlo anche…” “Potrei.” la bloccò lui, “Anzi, lo vorrei con tutto me stesso, ma mi è impossibile…Rinunciare a questo libro sarebbe come rinunciare ai loro ricordi, ed io non voglio dimenticare i loro sorrisi…i loro sguardi.”

Si sistemò il colletto della giacca e con un dolce sorriso dipinto sul volto si rivolse verso la sua adorata moglie, “Come non voglio dimenticarmi di te e del nostro incontro”, ora anche lei sorrise e con delicatezza s’aggrappò al braccio del marito. “Lo so che ti è difficile non pensare a loro…Ma ti prego, cerca almeno…” “Mamma!” la voce di Alex giunse pochi secondi prima delle piccole mani che ansiose si attaccarono alla gonna della donna, “Mamma…perché avete invitato un vostro amico dopo cena? Mi fa paura…”

 

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Capitolo 8
*** “Che cosa sei…Lo vedi?” ***


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Capitolo VIII

“Che cosa sei…Lo vedi?”

 

-Guardai confuso Neville, quando era entrato? Cercai di parlare mentre il mio sguardo ricadeva di nuovo sul freddo pugnale, ma le parole non uscirono.

“Credo che…” sentii il suo sguardo su di me, in attesa di un movimento “…Beh, non diciamolo alla McGranitt…” la sua voce stranamente era fredda, come se non fosse realmente vera, sembrava oltremodo falsa! Mi costrinsi a guardarlo e puntai i miei occhi nei suoi. E la vidi, vidi quella tormenta di sentimenti contrastanti…Vidi la pazzia.

“Prendiamolo come regalo, d’inizio anno…E se non lo vuoi tenere tu…Beh, ci sono sempre io”

L’irrazionalità mi sorrise.

“Anzi, facciamo così…” si mise a frugare tra le sue tasche e quando trovò ciò che cercava gli s’illuminò il viso, estrasse con tranquillità un stranissimo oggetto d’oro, “Facciamo scambio. Infondo a te non serve…” e indicò con lo sguardo il tagliente oggetto.

E la follia mi parlò.

Sgranai gli occhi. No, quello davanti a me non era Neville Paciock!

Delle risa provenienti dal corridoio mi fecero distrarre e lui approfittò per raccogliere il pugnale, “Nessuno lo deve sapere” mi sussurrò mettendomi nella tasca della camicia quello che mi aveva promesso.

“Harry! Questo non è affatto valido!” la porta si spalancò proprio quando stavo per replicare a Neville, entrò Thomas ridendo come un pazzo, seguito subito dopo da un Potter zoppicante. “Ehi! Ron! Come stai?” mi chiese Dean, mentre cercava di trattenere le risate, sembrava quasi che il mio migliore amico lo avesse colpito con una magia. Non risposi.

Lanciai uno sguardo verso Paciock, che stava tranquillamente seduto sul suo letto e guardava divertito la scena, nei suoi occhi marroni non vi era più quel tormentato desiderio di vendetta e d’amore, e mi convissi che avevo solo sognato…tutto quanto.

“Thomas mi ha superato nella stupida gara dei sacchi…ma ti rendi conto? Quindici anni è ancora ci giochiamo!” esclamò Harry mentre si toglieva la scarpa sinistra e iniziava a massaggiarsi la caviglia. “E lui, per ripicca, mi…” si rimise a ridere, in quel momento avevo paura che morisse per mancanza d’aria “…Colpito…” si buttò a terra ridendo come un pazzo, mentre una sua mano batteva per terra l’altra si tratteneva con forza sulla pancia.

“Durerà ancora un minuto o poco più” mi disse osservando il mio incredulo volto, io annuii.

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Le giornate passarono in fretta, il sogno era ormai dimenticato e la mia mente era occupata dalla futura festa di Halloween. Hermione aveva deciso di diventare la mia guardia del corpo, ogni cosa facessi mi seguiva, proprio come quel giorno…Il trentuno d’Ottobre.

Stavo camminando nei lunghi corridoi di Hogwarts per andare nel bagno maschile del primo piano, di solito non c’era nessuno, appunto come in quello femminile…Ma sapevo che Mirtilla Malcontenta non c’era nel mio bagno, o almeno evitava di venirci quando c’ero io, non gli ero molto simpatico…credo.

Hermione camminava silenziosamente dietro di me. “Non serve che mi accompagni anche alla toilette!” esclamai girandomi verso di lei, i suoi occhi color cioccolato mi osservarono tristemente, “So cavarmela da solo…E poi vado in bagno mica al macello.” Il suo sguardo esprimeva sincera preoccupazione, “Stai tranquilla! Qualunque cosa ci sia li dentro saprò affrontarla!” e ridendo entrai nel W.C.

Con estrema lentezza mi avvicinai ad uno dei box e iniziai a sbottonarmi i pantaloni, sentii la porta delle bagno chiudersi.

“Smettila Fred!” mi fermai all’esclamazione di uno dei miei fratelli, “Quello che deve odiare qui sono io! IO SOLO!” George stava urlando a squarciagola e un brivido mi salì lungo la schiena, “Io non ti odio…” fu l’apatica risposta di Frederik “A no…? È vero, tu mi ami!”. Decisi d’osservare dal buco della serratura, George stava appoggiato ad un lavandino con gli occhi carichi d’ira e un perfido sorriso deformava il suo volto. “Perché mi fai questo?” Fred stava afflitto vicino alla porta, le braccia e la testa che cadevano come senza vita verso il pavimento. “Perché? PERCHÉ? NON LO CAPISCI CHE TUTTO CIÒ CHE MI HAI DETTO SONO STRONZATE!?!” Frederik strinse gli occhi, stava per piangere…non lo avevo mai visto piangere…. “Sei tu, George, che non capisci. Quello che ti ho detto è la pura e semplice verità, e non potevo, non volevo, tenerla nascosta ancora a lungo…Speravo…” “Speravi COSA?! Che anch’io provassi le stesse cose per te?” Fred si scompigliò i capelli con le nervose mani, “No…Speravo solo che non mi avresti odiato.” Gli occhi di George si spalancarono si poteva leggere benissimo il stupore che provava, mentre l’altro dei miei fratelli cadeva a terre trattenendo a stento le lacrime.

Piangeva…per la prima volta Frederik piangeva, mentre gli occhi azzurri di George piano, piano diventavo profondi laghi, dove una bufera di sentimenti si mostravano, respirò a fondo, si avvicinò a Fred, lo osservò poi uscì, “È meglio che vieni anche tu…Piton non è clemente per chi ha una delusione d’amore” disse prima di chiudere la porta.

Rimasi fermo, sconvolto da quello che avevo appena scoperto e con un nodo alla gola aspettai che Frederik uscisse.

Uscii dal box e ancora incredulo mi diressi verso il lavandino, Fred…George…NO! Non potevo crederci!

Mi osservai allo specchio.

Come avevano potuto?! Che cosa di disgustoso erano loro?! Con rabbia diedi un pugno al mio riflesso e il buio fu.

Quando riaprii gli occhi mi trovai in un luogo oscuro…sembrava una stanza, mi girai per trovarmi davanti un letto a baldacchino, lì tra le lenzuola vi era una donna ancora vestita mentre accanto a lei vi era un uomo alquanto strano. Lei piangeva, “Ti prego…” mormorava, “Non farlo…”, ma l’uomo non la ascoltava minimamente, e mentre le sue grandi mani iniziavano a spogliare, o meglio, a strappare le vesti della donna, dietro di lui un pugnale galleggiava aspettando il suo turno.

“NO!” urlai, e con difficoltà mi avvicinai al letto, “Cosa vuoi farle?” ma ormai lo sapevo, quel pugnale…era simile a quello che avevo visto nel sogno….

Lo vidi sfiorare con le dita la candida pelle della donna, mentre il pugnale eseguiva strani tracciati sul suo corpo.

Sangue…Troppo sangue e lei, lei urlava…Non potevo sopportarlo, “FERMO!” gridai, lui si girò verso di me, i suoi occhi puntati nei miei…i suoi occhi cosi simili ai miei…NO!

La paura si faceva largo in me. Urlai portandomi le mani nei capelli e freneticamente cercavo di strappare quei fili rosso rame. I miei occhi fissavano il vuoto…ora vedevo solo buio…

“Ronald…” era solo un bisbiglio freddo…gelido…“Ronald…” la voce femminile s’insinuò in me mentre le mie urla facevano da sottofondo, “Vedi cosa sei, Ron?” due occhi gialli si illuminarono a pochi centimetri dai miei, “Che cosa sei…Lo vedi? Si fa largo lentamente in te, lo senti il tuo spirito? Non può restare nascosto ancora a lungo…quindici anni, Ronald, non sono troppi?”

“RON! RISPONDIMI!!!” qualcuno mi scuoteva, sentivo delle mani artigliate sulle mie spalle, chi? Chi mi chiamava? Alzai in un tentativo disperato gli occhi, e fu allora che gli incrociai, i suoi…Così dolci, così…belli. Erano meravigliosi e carichi di pace, anche se in quel momento erano intrisi di lacrime…le parole del dolore che forti si posavano sul mio viso, come un furioso tentativo di salvarmi…ma da cosa?

Lentamente le mie labbra si aprirono in un sussurro, “Hermione…” si strinse di più a me, e convulsamente iniziò a piangere. Con angoscia artigliai la sua schiena con le mie magre mani, penetrai il tessuto con le unghie, lei sobbalzò, mentre amare lacrime scendevano lungo le mie guance immischiandosi con le sue. “Non lasciare che mi portino via…Ti prego…Non voglio abbandonarmi a loro, scivolare dal tua abbraccio. Salvami...” le sussurrai nell’orecchio. Hermione trattenne il respiro, e mi guardò angustiata, “Non ti lascerò mai. Hai capito Ron? MAI!” si scostò un attimo e mi guardò dritto negli occhi, “Non riuscirei a vivere senza di te…” la frase sembrava un alito caldo mentre le labbra di Hermione si appoggiavano sulle mie.-

 

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Capitolo 9
*** “So solo che potrei morire…” ***


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Capitolo IX

“So solo che potrei morire…”

 

Neville osservò a lungo la porta a vetri del ristorante e solo quando ricevette uno spintone da sua moglie capì che doveva entrare. Sorrise aprendo l’uscio e appena mise un piede nel locale gli sembrò di trovarsi ad Hogwarts.

“Un tavolo da tre?” una voce strascicata attirò la sua attenzione, osservò il giovane cameriere: viso affilato e pallido, occhi azzurri…sfuggenti, capelli biondi ben composti con il gel dietro la nuca. Per un attimo…solo per un attimo pensò che quell’uomo fosse Malfoy. Il cameriere alzò lo sguardo stupito verso quello marrone dell’uomo, “Qualcosa non va, signore?” chiese apprensivo, Neville scosse la testa, “No…Un tavolo per tre grazie” un sorriso si disegno sul suo viso mentre venivano scortati in un cantuccio abbastanza intimo.

“Desiderate?” la voce dell’uomo biondo attirò ancora l’attenzione di Paciock, il cameriere teneva in mano una bottiglia di vino rosso, come Malfoy quel lontano giorno….

 

-Ero seduto ad uno dei tanti tavolini che occupavano la sala grande, un bicchiere di succo di zucca faceva capolino tra le mie mani, mentre i miei occhi osservavano Virginia e Harry che ballavano, lei rideva divertita da una battuta che George le sussurrò all’orecchio prima di allontanarsi da lei e dal suo spasimante. Harry assunse un colore porpora e cercava di essere disinvolto mentre magistralmente guidava la ragazza in un lento.

“Stanno bene insieme, non trovi?” la voce di Frederik era in qualche modo malinconica, sedeva nel tavolo accanto al mio e giocherellava con un elegante braccialetto, i suoi occhi di solito vivaci erano spenti e una ossessiva desolazione li riempiva. Guardai ancora i miei amici, Virginia sorrideva felice mentre sul suo collo faceva mostra un adorabile foulard rosso. “Si sono una bella coppia…” risposi, ma non sapevo se mi riferivo esattamente a loro due o solo a lei…a lei e il suo foulard…

Frederik mi sorrise, un sorriso tirato e privo di sentimento, “Lei potrà avere colui che ha sempre desiderato, amato…sognato…” alzò lo sguardo su di me, sentii i brividi salirmi lungo la schiena sembrava qualcosa venuto dall’aldilà. Rise portandosi la mano sinistra tra i capelli spettinandoli, ma di risata quella non ne aveva nemmeno la sfumatura, George se ne accorse e guardò suo fratello avvilito ma allo stesso tempo furioso, “Io invece no…” disse ritornando ad osservare il bracciale, “…È una punizione per il mio peccato…” sussurrò mentre una lacrima solitaria gli scendeva lungo la guancia destra.

George che si era avvicinato alla sua schiena smise di respirare. E per un attimo credetti di leggere su suo abbronzato viso una miriade di sentimenti tra cui la colpa…il dolore…l’amore? No, no…Non era quello…I suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime ma prima di versarne una se andò dalla sala.

La musica era terminata e davanti a me si presentò un Harry imbarazzato e una bellissima e allegra ragazza.

“Non sapevo che eri riuscita a riavere il tuo foulard” dissi indicando con gli occhi l’elegante oggetto, “Oh…non è stato difficile” sorrise sorniona, portando un mano tra i ramati capelli.

Dall’altra parte della stanza, vicino alla grande porta vi era Malfoy, vestiva un elegante abito grigio che riprendeva i suoi gelidi occhi che scrutavano intensamente Virginia. Nella mano sinistra tratteneva una bottiglia babbana…e avvolte ne sorseggiava il contenuto. Leggevo nei suoi occhi chiaramente un affamato desiderio di Ginny.

“Fred! Fred! Balla con me…ti prego!” esclamò Virginia trascinando con se il fratello, mentre con alcuni gesti della mano sinistra mi diceva che le spiegazioni sarebbero arrivate dopo. Mi ritrovai a pensare quando, ma scacciai subito quel pensiero.

Harry sospirò rassegnato, forse aveva capito che Virginia non era più innamorata di lui, che lo considerava solo un amico con cui divertirsi? Posò i suoi occhi sul bicchiere ancora pieno tra le mie mani, glielo porsi sorridendo, “Grazie…” disse prendendolo in mano. “Credi che Ron sia cambiato?” mi chiese osservando il succo che ondeggiava, io posai i miei occhi sui due fratelli che si scatenavano nel bel mezzo della pista. Annuii. Riportai l’attenzione su Harry, le sue mani si muovevano delicatamente sul bordo del bicchiere, “Ho paura” disse “Lui per me era la mia unica via di fuga dal buio…Mi ha chiesto aiuto perché anche lui sta cadendo, nel baratro che mi circonda, ed io non posso aiutarlo…Come posso se nemmeno io so come uscirne?” alzò i suoi verdi occhi per puntarli nei miei, “So solo che potrei morire…” sussurrò, e io capii.-

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Il destino si compie ***


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Capitolo X

Il destino si compie

 

-Le sue labbra erano morbide, calde…false.

Le mie mani lasciarono la presa e con una lentezza mi allontanai da lei, i miei occhi ancora colmi di lacrime la fissavano amareggiati per il suo comportamento. “Perché?” le chiesi, i suoi occhi marroni si allargarono “Perché ti amo…” sussurrò, ma io lo sapevo, lei lo sapeva, che non era vero come la frase fatta, forse tratta da uno di quei romanzetti.

La mia mano sinistra iniziò a tremare, “Non è vero, Herm…” lei s’alzò e con una voce stridula protestò, le sue belle mani strette in due pugni stropicciavano il perfetto mantello, “SMETTILA!” urlai facendola azzittire, le lacrime che non smettevano di scenderle lungo il viso, “Smettila ti prego. Ho bisogno di te, Hermione, non delle tue bugie…Ti prego…Non mentirmi” la guardai supplichevole mentre la mia mano continuava a tremare…non capivo il perché.

Lei si avvicinò preoccupata, “Mi dispiace…” sussurrò prendendo la mia mano sinistra tra le sue, “Mi dispiace, credevo…” deglutì e alzò i suoi occhi verso i miei.

Non so il perché, cosa mi ha fatto scappare in quel modo. So solo che  come la pioggia scivola su una foglia, io sono scivolato da lei e sono uscito da quel stramaledetto bagno.

La sentii urlare il mio nome, ma  io non riuscivo a voltarmi…non volevo vederla! Non volevo pensare ai sui occhi cosi bugiardi!

Corsi a lungo, non sapevo dove mi stavano portando le magre gambe, sapevo solo che volevo smettere di pensare, di respirare…di vivere!

Ad un tratto mi trovai davanti a una stranissima statua, essa rappresentava una giovane fanciulla dallo sguardo solare, indossava la divisa scolastica e sul suo petto era disegnato in modo evidente lo stemma di corvonero. I suoi lunghi capelli cadevano scompigliati sulle sue spalle e il suo collo affusolato era leggermente allungato come se si stesse porgendo verso qualcuno.

Non capii il perché ma la mia tremante mano sinistra si avvicinò a quello che doveva essere un libro di trasfigurazione. Spinsi con forza e mi ritrovai davanti a un passaggio segreto.

Entrai.

Volevo stare da solo, e, nascondermi dietro a una bellissima statua mi sembrava il luogo migliore.

Piansi a lungo. Dimentico delle lezioni di Piton, di Cooman o di come cavolo si chiamava! Non mi importava più nulla, tranne forse l’autocommiserazione…Infondo avevo appena perso l’unica persona che avrei mai amato…Avevo perso la mia Hermione.

Non so quante ore passarono, so solo che ad un certo punto delle persone si erano fermate davanti alla statua. Trattenni il respiro mentre cercavo di allontanarmi dall’uscita del passaggio, avvolgendomi nell’oscurità.

Rimasi in ascolto, sembrava un screzio tra una coppia.

“Mi sembrava di essere stata chiara! Ti ho lasciato giocare con quell’oggetto, ma ora basta, lo rivoglio!” la voce della fanciulla si fece più chiara e limpida…il passaggio si era aperto e una figura decisamente maschile stata trascinando con se una ragazza.

La statua ritornò al suo posto impedendomi di vedere i due giovani, “Cerca di calmarti, Weasley! Non ho fatto nulla al tuo adorato foulard!”, lei rise. Era proprio la risata della mia sorellina, ma cosa faceva lei insieme a quel lurido verme di Draco Malfoy?

 “Lo sai che sei…” la voce strascicata del serpeverde mi fece salire il sangue alla testa, avevo tanta voglia di spaccargli la testa! Ma cosa cavolo stava dicendo all’orecchio di Virginia?

Mi parve di sentire dei mugolii soffocati dalle loro labbra, “Il foulard, Draco…” sussurrò con voce mozzata Ginny, mentre il mantello di lui cadeva per terra, “Dopo.”

La mia mente era sopraffatta dall’ira, che voleva farle lui? Quel schifosissimo Malfoy?! Avrei voluto ucciderlo, ma qualcosa, forse la risata allegra di mia sorella, o solo il desiderio di non essere lì in quel momento, mi costrinse di andarmene…di seguire il passaggio.

Da prima camminai, ma appena sentii i gemiti di lei incominciai a correre. Avrei preferito essere circondato da una decina di mangiamorte che essere lì!

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Stavo camminando da tutto il pomeriggio nel freddo campo da Quidditch. Non sapevo cosa fare, picchiare a morte Malfoy e portare allo sconforto Virginia, oppure lasciare perdere tutto…Lasciare che loro da soli capissero le loro stupide e idiote azioni!

Diedi un pugno all’impalcatura della tribuna dei tassorosso…Solo il pensiero di un lurido, schifosissimo, bastardo, serpeverde che sfiorava la mia piccola e indifesa sorellina, mi faceva saltare il nervi, se poi se la scopava…!

Mi portai le magre mani tra i capelli, spettinandoli con furia, volevo solo dimenticarmi di quei gemiti.

“Perché non la uccidi?” la voce sibillina mi fece sobbalzare, mi girai, una pallida ragazza dai grandi occhi si ghiaccio stava a un metro da me.

Mi sorrise avvicinandosi, “Ti ha tradito, vero Ronald?”, Ronald…Improvvisamente la frase del mio sogno mi ritornò alla mente e spontanea una domanda uscì dalle mie labbra, “Chi sono io?”.

Ora, Ange, mi era a qualche centimetro di distanza, “Tu sei l’essenza del male…” sussurrò, “Per questo siamo indivisibili…legati da un doppio filo…” il suo viso s’avvicinò al mio, “…Tu sei come me, lo sei sempre stato…” la sua fredda mano destra s’insinuò tra i miei capelli, mentre mi sfiorò le labbra con un bacio.

Non era come quello di Hermione, che anche se falso era dolce, caldo…No. Questo era differente, freddo, senza sentimento…Eppure qualcosa mi costrinse ad afferrare la sua nuca e catturare di nuovo la sua bocca in un bacio famelico. La volevo e lei voleva me.-

 

- “Non c’è...?” la voce di Hermione attirò sia me che Harry, sapevo chi stava cercando eppure non trovai altro da dire se non un semplice “Chi?”. Le sue mani tormentavano la piccola borsetta grigia, i suoi occhi vagavano da una parte all’altra. M’alzai e la obbligai a sedersi, “Credo…” sussurrai più a me che ai miei amici, “Credo…che ora sia tardi.”

Harry sospirò malinconico, ormai nessuno di loro poteva salvarsi, quell’equilibrio di cristallo che li univa si era frantumato del tutto. Lo sentivo, non li avrei più rivisti.

Una lacrima scese lungo la mia grassoccia guancia, eppure non seppi abbracciarli…Solo li guardai da lontano,: lei con i capelli lisci che le ricadevano davanti agli occhi mentre freneticamente muoveva le mani dalla borsetta al vestito, lui che osservava il succo di zucca con disperazione.

Non un ciao, ne un saluto con la mano, li lasciai così…con i loro tormenti…con il loro dolore.

Uscii dalla sala grande e con apatia mi avviai verso la torre dei grifondoro.

“Neville!” la voce di Ginny mi fece bloccare a metà delle scale, “Dove vai?” mi chiese sorridendomi, forse lei…si, lei sicuramente sarebbe stata felice!

“Non hai ancora ballato con me!” io scossi divertito il capo, poi indicando un ragazzo che stava uscendo in quel momento dalla sala esclamai “C’è un certo serpeverde che ti aspetta…” lei rise, “Lo sapevo!” ridacchiò, “Sapevo che lo avresti capito!”.

Si girò verso Malfoy, che aspettava appoggiato alla parete con le braccia conserte, la bottiglia rovesciata a terra, “Addio Virginia!” sussurrai mentre lei si lasciava abbracciare da Draco.

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Diedi un ultimo sguardo alla stanza che avevo condiviso con i miei unici amici. I letti disordinati, i vestiti sparsi sul pavimento, i bauli riposti malamente nel centro della stanza…Sembrava quasi che nulla fosse cambiato…

Spensi la luce e chiusi la porta. Sulle spalle avevo un sgualcito zaino babbano, strapieno di oggetti magici, tra le mani la bacchetta…ero pronto!

Una figura si avvicinò a me, la testa china, il passo lento, in mano aveva una bacchetta, e solo quando s’avvicinò a me riuscii a riconoscere in lui il mio amico Ronald.

Lui mi osservò, “Parti?” annuii mentre lo superavo, “Beh, buon viaggio…”, “Anche a te” sussurrai poi scomparvi dalla sua vista.

Scesi altre quattro rampe di scale, quando mi ritrovai davanti la porta della stanza dei due gemelli Weasley. Era leggermente aperta e con la curiosità di un bambino sbirciai all’interno. Due corpi, uno sdraiato sul letto e l’altro a pancia in giù a qualche metro dalla porta, giacevano senza vita. Mi allontanai e come se sentissi la mia sentenza di morte mi allontanai il più velocemente possibile da Hogwarts.-

 

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Capitolo 11
*** L’inizio del massacro dei Weasley ***


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Capitolo XI

L’inizio del massacro dei Weasley

 

-Il nudo corpo perfetto di Ange era rannicchiato contro il mio, le palpebre abbassate nascondevano i grandi e duri occhi di ghiaccio. “Non puoi negare a te stesso di essere quello che sei sempre stato, ad ogni tua morte una rinascita…ad ogni tua rinascita una guerra…Ronald accetta la tua vera natura, l’unica che ti può rendere felice”, io tremavo…avevo paura… “Non posso…Io credo nel mio migliore amico…So che vincerà…” mormorai mentre mi mettevo a sedere, “Devi farlo…” mi sussurrò all’orecchio “…Il mondo è cambiato, perfino Harry Potter non è più se stesso, in fondo al cuore ha già deciso…” mi volto verso di lei e in quel momento lo vidi…quell’uomo che popolava i miei sogni, lo vidi negli occhi appena aperti della serpeverde! I suoi occhi si chiusero ancora “…Non ti vuole salvare…”. M’alzai e con estrema lentezza mi vestii, non parlai e con calma mi avviai verso la scuola. Mi voltai verso Ange, era ancora sdraiata senza un solo velo per scaldarsi, mi sorrideva “Ronald Weasley deve morire!” esclamò poi l’oscurità della notte la nascose.

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Arrivai davanti alla sala comune, la musica della festa m’investì portandomi indietro nel tempo…quando nulla corrompeva la mia vita.

Poi eccolo…Era uscito sbattendo proprio contro di me, delle lacrime coprivano il suo volto e non gliene fregava niente di me. George…piangeva…Fred piangeva…. Presi tutto il coraggio che avevo e insegui silenziosamente mio fratello, mentre nella mente la voce sibillina di Ange svegliava la parte più meschina e famelica di me. “Ed ora vai…Compi il gesto che ti sveglierà, che ti renderà potente! Superiore!”

Aprii la porta della stanza dei miei fratelli, George era seduto sul letto. Le braccia che circondavano le ginocchia e il viso abbassato, quasi nascosto, era inumidito dalle lacrime. Chiusi silenziosamente l’uscio e mi avvicinai, e con la bacchetta puntata verso mio fratello iniziai a formulare la maledizione senza perdono, “Avada…” lui alzò la testa spaventato, i suoi occhi si fissarono nei miei esprimevano tristezza, dolore e mi chiedevano perché, perché stavo compiendo quel folle gesto, io sorrisi “…Kedavra!” esclamai e il suo corpo si pietrificò cadendo senza rumore sul morbido letto. “Perché?” gli chiesi avvicinandomi, “George…che stupida domanda!” lo guardai divertito, “Io sono il fuoco che distrugge, il terremoto…Io sono la distruzione…” mi azzittii, qualcuno aveva aperto la porta della stanza. Mi girai verso il nuovo arrivato, i suoi occhi blu osservavano pietrificati la scena, “Che…Cosa hai fatto, Ron?” io risi, “Non vi è più Ronald…” e come prima lanciai l’Avada Kedavra contro Frederik che per qualche secondo rimase in piedi, allungò la mano verso di me poi cascò, “Io, sono il Demonio!” dissi uscendo dalla stanza.

Salii le scale e incontrai Neville, portava sulle spalle un zaino babbano, “Parti?” gli chiesi, ma in realtà non mi interessava, una misera pulce poteva salvarsi…di certo non avrebbe distrutto i miei sogni di gloria! “Beh, buon viaggio…” la mia voce era fredda, ma speravo che lui non se ne fosse accorto, solo…solo che quell’“Anche a te” mi fece rabbrividire…lui sapeva…lui sapeva che stavo compiendo un viaggio...anche se non fisico…sapeva che io stavo eseguendo un cammino interiore. Lo guardai andarsene, infondo quella pulce non era da sottovalutare.-

 

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Capitolo 12
*** Ridere ***


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Capitolo XII

Ridere

 

“Neville!” la donna osservò il marito, gli occhi marroni si erano riempiti di lacrime, “Neville…” sussurrò prendendo la calda e grande mano dell’uomo tra le sue. “…Ora basta…non pensarci più…è troppo doloroso per te. I ricordi di loro…e di quel giorno…Sono troppo angosciosi per resistere…” deglutì, lo sapeva che lui non avrebbe rinunciato a quel libro…ma era troppo doloroso…troppo! “Andiamo a casa…Hai bisogno di riposo” disse infine.

Neville alzò lo sguardo verso sua moglie, stava indossando il giubbotto di jeans e di nuovo davanti a lui prese forma un altro ricordo.

 

-Ero stanco.

Ero affamato.

Ero sporco.

E non avevo casa.

Come un topo alla ricerca di una via di fuga, io vagavo tra la Londra babbana da ormai due settimane.

Avrei voluto essere ancora ad Hogwarts insieme a Ginny, Harry e anche con quel narcisista di un Malfoy! Invece…invece ero lì, lontano da tutti…lontano da coloro che amavo, per la stupida presunzione di salvarli!

Stupido…ero enormemente stupido perché da solo, io, non cela avrei fatta.

Mi sedetti e guardai i pochi risparmi che avevo.

Pochissimi…ed io avevo fame.

Qualcosa colpì la punta del mio piede sinistro, qualcosa di rotondo molto simile a un bolide, rimaneva fermo a qualche millimetro da me.

Lo guardai stupito, perché mai non si muoveva?

Lo colpì con titubanza, sicuro di ritrovarmi un segno dolorante sul viso, ma niente, la palla rotolò un poco e poi si sbloccò di nuovo.

Se avessi studiato Babbanologia non avrei fatto certe figure da idiota davanti a ragazzi coetanei o per giunta più giovani. Sentii le loro risate rivolte a me…a me e quel sguardo da ebete che avevo stampato in volto! Mi deridevano e io mi rinchiusi ancora di più in me stesso, le orecchie rosse e gli occhi colmi di lacrime.

“Basta!” un’esclamazione debole, “Branco di stupidi! Dovreste vergognarvi prendervi gioco di un estraneo!” era una voce di ragazza, e quasi incanto da quel soave suono alzai gli occhi. Mi dava le spalle, ma potevo notare i suoi capelli ondulati, lunghi fino a metà schiena, il corpo perfetto ero coperto da un giubbotto di jeans.

Sembrava Hermione, perfino la sua voce autoritaria era uguale alla mia compagna di classe.

Nessuno fiatava mentre lei continuava a guardarli, poi nel giro di qualche secondo la piccola folla scomparve. Rimasi a fissarla imperterrito anche quando si girò verso di me. Pure il viso…il suo viso assomigliava a quello di Hermione.

Mi sorrise.

Un sorrido così simile a quello di Ginny, come la pelle lattea.

La camminata sicura e altezzosa sembrava quella di Malfoy e il suo modo di portarsi indietro la lunga frangetta era uguale a quello di Harry.

Scossi la testa.

Stavo impazzendo.

In quella ragazza vedevo tutti coloro che avevo abbandonato e perso…vedevo perfino il vecchio Ron, con quel suo modo stravagante di sedersi e iniziare una conversazione.

Si decisamente ero impazzito!

“Sei nuovo di qui?” domandò e io risposi con un sorriso “Sei straniero?” continuò guardandomi negli occhi, “Non hai nemmeno un idea di quanto mi senta straniero anche se sono inglese.”

Lei rise portandosi una mano sulle labbra, era bella…molto bella.

“Fammi indovinare! Sei del mondo della magia?” sconvolto la guardai, ma lei non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere “Un mio nonno era un mago…Avrei tanto voluto esserlo anch’io, ma come tutto il resto della mia famiglia sono un essere umano normale…com’è che ci chiamate voi…vaba..bana…” “Babbani” la corressi e lei mi sorrise “Esatto! Babbani…chissà perché non me lo ricordo mai!” rise.

Rimanemmo in silenzio a fissare i passanti che ogni tanto ci guardavano torvi.

Poi lei all’improvviso balzò giù dalla panchina, e respirando profondamente s’avvicinò al pallone, “Tu non sai che cos’è questo, vero?” chiese prendendo in mano lo strano bolide, io sorrisi timidamente e scossi la testa, “È una palla da basket!” esclamò facendola roteare su l’indice destro.

Mi spiegò cos’era quello sport, come si giocava e soprattutto qual’era la sua squadra preferita. Parlò per ore mentre io cercavo di capire il divertimento in un oggetto inanimato.

E per la prima volta dopo tanto mi sentii davvero felice.

Per la prima volta mi dimenticai dei miei genitori, di mia nonna, della scuola…della mia tristezza.

E tutto grazie a lei.-

 

 

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Capitolo 13
*** Teschi…Amore…Pazzia ***


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Capitolo XIII

Teschi…Amore…Pazzia

 

-La notte era giunta e senza rendermene conto i miei compagni entrarono nella stanza.

“Ron…” un sussurro preoccupato e davanti a me si presentò un Harry distrutto, chiusi gli occhi, non avevo voglia di parlare, e nonostante lui lo capì si sedette sul mio letto. “Ho paura. Ti sento distante. E tu…” si bloccò, per poi girarsi verso Thomas che rimaneva sullo stipite della porta, “…Perché non sei andato al funerale? Ginny era distrutta ed aveva bisogno di te…” m’alzai e guardai freddamente quelli che si ripetevano amici, “No è tempo di parlare…” mormorai. M’avvicinai al comodino, la mia bacchetta era lì, bella che attendeva solo la mia mano…“Cosa dici Ron?” la voce acuta di Finnigan bloccò i miei pensieri, storsi il naso mentre la mia volontà voleva ucciderli, tutti! “Uno solo…” sussurrai a me stesso, ma anche Harry sentì, “Uno solo, cosa?” domandò, ma la sua voce ormai era lontana e io stringevo convulsamente la bacchetta, volevo ucciderli, volevo altro sangue! Io che ero il Demonio ero costretto a rimanere lì, fermo ad ascoltare chiacchiere inutili di ragazzini! Io che avevo un potere superiore a Voldemort, che con un solo mio gesto avrei potuto distruggere il mondo ero bloccato in un corpo di fanciullo!

La mia mano fremeva e nella mia mente già urlavo Avada Kedavra contro quello che prima riputavo il mio migliore amico.

Dei passi, svelti salivano le scale, piccoli tacchi che colpivano i legnosi gradini con velocità…Avrei riconosciuto quel rumore anche fra mille, era lei: Hermione. Pochi secondi e accanto a Thomas si materializzò il corpo snello del prefetto. I suo capelli erano legati in alta coda mentre i suoi occhi erano se possibile più grandi del solito. E per un attimo il Demonio lasciò il mio corpo. La bacchetta ritornò al suo posto e i pensieri di Ronald ritornarono a popolare la mia mente.

“Cosa fate voi qui?” la sua voce autoritaria era inclinata da una nota di tristezza, e mentre Potter cercava di scusarsi lei continuò imperterrita “Mi sembrava di essere stata chiara, Harry! Non credo di aver ancora imparato a parlare in turco…Ora uscite da qui!” e senza ribattere i tre ragazzi s’allontanarono. Lei gli guardò e quando non li vide più chiuse la porta. “Mi dispiace, avevo detto a quei tre di non disturbarti.” si portò una mano sulla fronte mentre cercava di rimanere calma. “Perché sei qui?” domandai, avevo paura…della sua bellezza. “Volevo vedere come stavi, dopo quello che ti è successo.” si avvicinò a me e io iniziai a fremere perché la volevo, volevo il suo corpo, il suo amore…la sua anima…Scossi la testa, il Demone stava tornando ed Hermione era lì, da sola…con me. “RON!” urlò riportando i miei occhi nei suoi, “Voglio vedere le tua braccia” mormorò con voce insicura, “Perché?” chiesi, eppure lo sapevo, sapevo che era intelligente, troppo! Ed era impensabile che una come lei non capisse.“Ti prego…Voglio solo essere sicura.” I suoi occhi mi scrutavano tristi e io mi arresi, con non curanza alzai le maniche del pigiama e lei guardò attentamente quello che doveva essere un tatuaggio, miliardi di teschi…tutti per ogni persona uccisa. I teschi del Demonio.

Il suo sguardo s’alzò per puntarsi nel mio, amare lacrime scendevano lungo le sue splendide lacrime.

“Speravo…” deglutì “…Speravo di sbagliarmi questa volta…Di essere una stupida immaginaria…” le sue parole mi ferirono più di una pugnalata e le sue lacrime erano più dolorose di ferite bruciate.

“Perché Ronald?” chiese iniziando a tremare scossa dai singhiozzi “Perché hai lasciato che il tuo passato s’impossessasse di te? Perché non hai lottato contro di lui? Perché mi hai lasciata sola in questa battaglia?”

Piangeva ancora più forte.

Piangeva la mia piccola e dolce Hermione.

Bloccai ancora una volta il volere del Demonio per salvarla.

“Perdonami!” esclamai, perché sapevo di averla persa per sempre, di non poter mai più averla accanto! E mentre amare lacrime scendevano anche dal mio volto aprii la porta della stanza, “Perdonami Hermione…Ma io…Io non ero così forte da poterlo contrastare…Lui insisteva e Ange…Harry…” mi bloccai, e con un incantesimo richiamai la bacchetta che velocemente arrivò nella mia mano sinistra.

“Io ti amo Hermione…Ti amo troppo per poterti vedere così” sussurrai e me ne andai dalla stanza, “RON! NON MI LASCIARE RONALD!” la sentì urlare ma ormai io ero via…Me ne andavo lontano da tutti, da Hogwarts!-

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-“Non mi hai ancora detto come ti chiami!” esclamò all’improvviso la ragazza smettendo di far rimbalzare la palla “Se è per questo nemmeno tu” dissi sedendomi, lei rise.

“Bene io sono Elise!” ridacchiò portando la sua affusolata mano sotto il mio naso, “Neville Paciock!” e strinsi la sua mano.

Lei mi guardò sconvolta, “Tu sei un Paciock?” più che una domanda sembrava un grido di gioia, “Mio nonno conosceva una Paciock! Credo che fosse la sua migliore amica!” disse con una punta di orgoglio, e poi mi balenò in mente un nome che quella pazza di mia nonna “Kevin…” sussurrò più a se stesso che alla sua nuova amica “Si! È il nome di mio nonno! Kevin Cooper!”

E fu quel cognome che mi fece rabbrividire.

Fu quel Cooper a farmi entrare nella desolazione più totale.

E fu lei a farmi piangere.

La consapevolezza che era lei il mio traguardo.

Le poche righe dell’ultimo capitolo del libro di Charlie mi riapparvero davanti al viso.:

-Il dottor Filikon è rinchiuso Azkaban per l’omicidio di un babbano: Morgan Cooper un ragazzo di circa diciotto anni. Il dottore impazzito per la perdita della moglie e la pazzia della figlia si è messo alla ricerca di una cura per Analise,sostenendo che solo il cuore di quella stirpe poteva salvarla. La figlia è ritornata in se e ha vissuto una vita serena. Ma si sospetta che la figlia di Filikon non fosse realmente pazza.-

E tutto il mio piano andò in frantumi per colpa di una risata.

La risata di Elise.-

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Capitolo 14
*** Una lacrima…un grido ***


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Capitolo XIV

Una lacrima…un grido

 

-La guardai, gli occhi pieni di lacrime per quello che non avevo coraggio di fare. Un sorriso imbarazzato si dipinse sul suo volto, “Qualcosa non va Neville?” chiese sfiorandomi la schiena. Scossi la testa, portando il mio sguardo sul rosso pallone, “No…Non ti preoccupare, è solo un po’ di nostalgia…” lei si incurvò leggermente portandosi le mani sotto il mento “I tuoi genitori non sono con te?” chiese, io scossi di nuovo la testa, “Ti hanno fatto venire in un mondo che non conosci da solo?” mi guardò stupita, sembrava quasi che fosse un sacrilegio.

“Si…ma fra un paio di settimane torno a casa” mentii, lei sorrise, “Sono sicurissima che tua madre ti farà una mega torta per il tuo ritorno!” esclamò stiracchiandosi le gambe, io annuì, mentendo di nuovo…ma non potevo di certo dirle che i miei erano dei pazzi e che io ero lì per ucciderla.

Restammo in silenzio per un lungo tempo.

E stranamente iniziai io un’altra conversazione, “Senti, ma i tuoi non saranno in pensiero per te? Si sta facendo tardi, e…” lei rise, portandosi la mano davanti alle fine labbra, “I miei che si preoccupano di me?! Questa si che è bella!” esclamò continuando a ridere “Loro preferiscono di gran lunga mia sorella Diana…già la mia sorellina…” abbassò gli occhi per guardare le punte delle scarpe. “Diana è un nome insolito” lei alzò gli occhi puntandoli sui miei, sorrise, “Insolito proprio come lei!” esclamò, e io risi.

Passero i giorni velocemente e ogni sera m’incontravo con Elise al parco, portando sempre con me il pugnale di Ron, ed ogni volta evitavo di usarlo.

Finché non giunse l’ultimo giorno, “Che tristezza!” esclamò Elise storcendo il viso in un finto muso, io risi divertito, era davvero buffa quando cercava di fare la tenera “Non ti deprimere così” dissi continuando a ridacchiare “Io almeno mi salverò dalla tua furia!” alzò un sopracciglio e incrociò le braccia, “Quale furia?!” il tono di voce s’era alzato “Io che sono dolce, sensibile…che ti ho fatto diventare un altro…Io…” le tirai un capello causando il migliore degli urli che avessi mai sentito, “MA COSA TI SALTA IN MENTE!?!” io risi, mentre lei m’inseguiva per tutto il parco “E dai! Lo tengo come ricordo!” anche lei rise mentre mi trascinava a terra.

Ci sdraiammo per guardare il cielo e cercando tra le nuvole una forma che nessuno dei due conosceva, poi, improvvisamente lei alzò l’indice ed indicò una grossa nuvola nera, “Guarda che strana quella!” esclamò, io guardai la forma della nube…mi ricordava qualcosa…qualcosa di cattivo, di maledetto! “Ma tu guarda sta ferma sulla mia casa!” E come un fulmine al cielo sereno mi arrivò la risposta, “Oddio!” urlai alzandomi in piedi, “Che c’è?” chiese preoccupata, “Non c’è tempo, Elise, dobbiamo andare via da qui!” ma lei non mi ascoltò. “È successo qualcosa a casa mia?!” era un grido più che una domanda, io non seppi cosa dire…Non potevo di certo dirle che ormai della sua famiglia probabilmente non rimaneva niente? Alzai lo sguardo puntandolo nei suoi grandi occhi nocciola “Vado io” dissi risoluto “Ma tu nasconditi, hai capito bene?” lei annuì.

Mi misi a correre verso la piccola abitazione, con la paura che piano, piano m’invadeva l’animo, con la consapevolezza di ritrovarmi davanti a dei mangiamorte, ma non potevo deludere Elise.

Corsi come un pazzo e come avevo immaginato tutto quello che trovai fu solo morte. I due genitori distesi a terra, torturati…uccisi senza pietà…come avevano fatto con i miei. E solo Diana, era viva, lì seduta su una sedia di legno piangeva, e mi guardava supplichevole, ma io cosa potevo fare contro dieci mangiamorte?! Come potevo salvarla?!?

Uno di loro mi fissò, “È un Paciock!” disse “Divertiamoci come abbiamo fatto con i suoi!” esclamò una voce femminile “No! Lui vuole solo la ragazza! Uccidetelo e basta!” disse un terzo e mi ritrovai circondato da maschere incappucciate.

“DIANA!” No! Una lacrima scivolò sulla mia guancia destra, e intanto speravo di essermi immaginato la voce di Elise.

“DIANA, DOVE SEI!” Un’altra lacrima, lei no…non uccidetela, pensai mentre i mangiamorte seguivano il richiamo della mia amica, “DIANA!” No…lei…loro…NO!

“E voi chi siete?!?” la voce spaventata di Elise mi giunse quasi soffocata, mentre la mano della mangiamorte si stringeva sul mio collo, “Mi hanno detto di ucciderti, ma non hanno spiegato come…e per me è un piacere far soffrire un Paciock!”, la sua voce era fredda, metallica ma sentii l’istinto di sollevare le braccia e bloccare la sua presa. E così fu. La colpii all’altezza del gomito facendole sciogliere la rigida mano, sollevò il braccio e fu allora che lo vidi. Un braccialetto d’orato con piccoli ciondoli che componevano un nome. “Hermione…” sussurrai facendo sobbalzare la ragazza, lei chinò un attimo il capo, non sapeva cosa dire poi riuscì a trovare delle parole ma una voce maschile la distolse da me “Hai finito, Makokj?” e come se io non ci fossi uscì dalla stanza, ma prima di chiudere la porta mi lanciò un altro sguardo “Ormai è morta…il mondo è distrutto” e con un stridulo cigolio se ne andò.

“ELISE!” urlai uscendo subito dalla stanza, ma in quella casa non c’era più nessuno…solo un piccolo io e il pianto di Diana.-

 

 

Neville guardò negli occhi la sua adorata moglie. Quanto assomigliava ad Elise. La piccola e dolce Elise Cooper. E pensare che lei non c’era più per colpa della sua compagna di classe, per colpa della pignola Hermione, per colpa di una spietata mangiamorte.

“Allora cosa mangiamo, Diana!” esclamò aprendo il menù con un sorriso, “Mah, non saprei…vorrei tanto provare questi spaghetti alle vongole, tu che ne pensi Alex?” il bambino guardò la madre con gli occhi ricolmi di gioia, “Si! Vongole!” Neville sorrise “E vada per gli spaghetti!”

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Capitolo 15
*** Crudeli ***


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Capitolo XV

Crudeli

 

-Scappato da Hogwarts andai da Voldemort facendogli credere che io, il Demonio ero disposto a stargli accanto…a servirlo. Povero pazzo! Ed era stata la sua unica figlia, Ange, a farmi ritornare nel mondo…l’unico che poteva distruggerlo…perché io avevo creato Voldemort e Voldermort era mio figlio. Un figlio che sarebbe morto per la sua pazzia.

Poi un giorno, dopo due settimane arrivò un nuovo vento, fresco…e allora capii anche un altro dei quattro era risorto! Uscii nel giardino ormai diroccato e vidi la figura di una ragazza seduta su una fredda pietra. Assomigliava molto a quella che doveva aver rubato il cuore di Ronald Weasley…Hermione…Eppure non era lei.

I lunghi capelli ondulati si muovevano al contatto del vento freddo, “Ti sei svegliato, finalmente.” “Gli uomini non sono da sottovalutare, soprattutto se sono intelligenti come lei. Ma anche lei ha ceduto al mio dominio” sorrisi beffardo, “Makokj, ne mancano ancora due…Io conosco il nascondiglio di uno di loro, ma per quanto riguarda Lys non so nemmeno lontanamente dove sia…” lui mi azzittì lanciandomi uno sguardo gelido “Harry Potter?” non so il perché ma in quel momento mi sentii mancare. “No…Quel bambino è solo una pulce, un problema di Voldemort. Harry Potter non è neanche lontanamente l’incarnazione di un moscerino, figurati se è Lys. Voglio comunque ucciderlo, e solo il cuore del Drago potrà farlo diventare un essere umano privo di ogni potere…senza energia e anima…E allora Voldemort finirà di esistere.” “Capisco cosa intendi. Come noi viviamo grazie a questi corpi, quel pazzo mago è l’ombra di Harry. Dove c’è Potter c’è Voldemort” io annuii, e ritornai a guardare il sole che ormai tramontava.

“Domani, andranno a prendere Drago, ma non mi fido di quei mangiamorte. Andresti tu, travestito da uno di loro?” la esile figura s’alzò “Non c’è nessun problema…Drago sarà felice di rivederci” e silenzio fu.

E così la notte successiva Makokj partì con tutti i servitori di Voldemort, e mentre guardavo i castani capelli seguire l’invisibile via del vento una strana sensazione di disagio mi riempì il cuore. Ed ebbi paura che Ronald non fosse morto. L’attesa fu atroce. Poi lo vidi ritornare, trascinava con se il corpo di Drago e con aria furente fissò i suoi occhi nei miei.

“Lo sapevi?” guardai quella fragile figura poco più bassa di me, le mani che cingevano i fianchi e un piede che pestava con forza il terreno, “Paciock era lì. Poteva uccidermi.” “Se non spaglio quel bamboccio troppo panciuto è un incompetente nel campo della magia…” “È pur sempre un Paciock e i Paciock non perdonano, non lasciano i nemici in vita. Io lo so…I Paciock hanno un compito da svolgere fin dall’antichità, e anche senza magia, l’hanno sempre portato a termine, ed non è bello finire sempre ucciso per mano dell’unica stirpe che ha visto Lys…” scossi la testa divertito, “Non essere sciocco Makokj! Tu non puoi morire, risorgi sempre e comunque lui di sicuro non conosce questo compito, di sicuro glielo hanno tenuto nascosto visto…” “Io posso morire se la persona che mi colpisce lo fa con tutta la disperazione e l’odio che ha nel cuore. E se io muoio le Tenebre bianche non scenderanno mai sulla terra e il sole sorgerà ogni mattina.” Alzai le spalle e mi sedetti sul mio seggio invitando anche Mokokj a fare lo stesso.

“Bene…Bene…!” esclamai guardando la ragazza che legata rimaneva in piedi davanti a me, gli occhi marroni erano sbarrati dalla paura e la bocca era contorta. “E così sei tu Drago?” un singhiozzo uscì dalle sue labbra “Per quanto ancora vuoi negare d’esserlo? Io lo sento che sei tu…I tuoi battiti si sentono a miglia e miglia di distanza e poi ti incarni sempre nei Cooper…Allora Drago, ti vuoi ritrasformare?” La ragazza sgranò gli occhi nocciola e per un istante credetti di essermi sbagliato, che quella non era Drago, ma poi i suoi occhi s’illuminarono d’oro e una voce possente uscì dalla sua gola “Vuoi forse uccidermi ancora?” “Io non ti ho mai ucciso” dissi con tono notevolmente irritato, intanto Makokj guardava calmo la scena, “Mi strappasti il cuore per salvare quella ragazza” “Quella ragazza era Lys…ed lei è fondamentale per il nostro piano” i suoi occhi s’indurirono “Il tuo piano!” e la furia entrò anche in me, m’alzai, gli occhi rossi puntati su quella misera figura e la mia voce divenne vecchia, come se provenisse da un vecchio defunto “Non metterti contro di me Drago oppure…” anche la sua voce era diventata possente “Io non ucciderò questo mondo!” io risi, “No! Tu ucciderai un’altra persona…” ma anche lui rise “Io purifico il male, io salvo il bene…Non ucciderò mai Harry Potter, puoi strapparmi il cuore e provarci, ma io sono il guardiano protettore della terra e non mi corromperete mai” furioso lanciai una palla di fuoco verso la ragazza. Mancavano pochi centimetri e sarebbe riuscito a colpirlo…a bruciarlo, ma invece una coltre di ghiaccio si formò intorno alla palla che casco a terra frantumandosi. “Makokj!” esclamai, ma lui rispose con un sorriso, “Strappagli il cuore Demonio, e uccidiamo Voldemort!” sorrisi, quello si che era parlare, “Addio Drago.” sussurrai mentre il mio braccio destro si allungava e colpiva il petto della ragazza trapassandolo, e mentre quello si afflosciava la mano tratteneva il cuore.-

 

 

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Capitolo 16
*** L’ospite triste ***


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Capitolo XVI

L’ospite triste

 

Neville era sprofondato nella morbida poltrona che Karl Sheinder, il suo più caro amico babbano, gli aveva regalato per le nozze con Diana. Il suo soprabito era buttato a casaccio su una sedia, mentre quelli di sua moglie e di suo figlio erano appesi nel luogo dovuto. Nella mano sinistra stringeva quella che era stata la sua bacchetta da sempre, non la toccava da anni…da quando Elise era stata rapita da Hermione...ed ora tenerla, sfiorarla con i polpastrelli, gli faceva un strano effetto. Sentiva come un brivido caldo salirgli dalla punta dei piedi fino ai capelli, riscaldarlo e ridargli quella sensazione di potenza che ogni mago ha rispetto i babbani. Con la mano destra girava senza accorgersene un cucchiaino nella tazza piena di un caffè ormai freddo, gli occhi scrutavano la porta in attesa del stridulo suono, nell’attesa dell’uomo che faceva paura a suo figlio.

Diana e Alex erano a dormire a casa della zia Melania, in caso fosse arrivato in caso un mangiamorte, ed anche per quello teneva convulsamente la sua bacchetta, per ricordarsi e far rammentare che lui era un mago, un Paciock, un puro!

Il suono del campanello gli fece bloccare per un attimo il respiro, il cucchiaino affondò nella tazzina e i suoi occhi si rinchiusero in due piccole fessure...ma poi tutto tornò alla normalità.

S’alzò e come un soldato imbracciava il fucile, lui impugnò la bacchetta magica. Aprì la porta e subito puntò lo sguardo sul volto pallido e magro dell’uomo.

D’improvviso un’altra scena…un altro posto…ma sempre loro due…gli annebbiò la mente.

 

-“ELISE!” urlai uscendo subito dalla stanza, ma in quella casa non c’era più nessuno…solo un piccolo io e il pianto di Diana.

“Dove…dove sei Elise?” i singhiozzi di Cooper mi distrassero dai miei pensieri, la guardai strisciare sul pavimento sporcando il suo vestito del sangue dei genitori, piangeva e chiamava sua sorella consapevole di aver perso tutto.

La mano pallida della ragazza accarezzò il viso freddo della madre, gli occhi azzurri spalancati verso il soffitto avevano ancora il terrore che li deformava, mentre le labbra erano socchiuse come se avesse voluto respirare ancora un’ultima volta.

Il padre che stava a qualche metro di distanza, aveva cercato di salvare la sua famiglia…il suo unico amore, un fucile da caccia era ancora solidamente rinchiuso in una delle sue mani, il viso contratto dal dolore e alcune lacrime si erano perse nella folta barba, aveva combattuto, sparando contro esseri che nessuno poteva contrastare.

Presi Diana e avvoltala in una colorata coperta la feci sedere sul prato fresco del parco di fronte. Non potevo consolarla, non sapevo come fare e la lasciai piangere da sola sotto una quercia secolare.

Dovevo tornare ad Hogwarts e parlare con Silente!

Lasciai Diana Cooper su quel prato di rugiada e come ero venuto me ne andai con la consapevolezza di lasciarmi dietro una scia di sangue, un innocente ferito, e perfino i miei genitori.

Camminai per tutta la notte e la mattina, per poi tornare nel mondo a me familiare. Erano passate solo due settimane da quando l’avevo lasciato, ma appena varcata la soglia tra il mondo babbano e quello della magia, subito tutto mi sembrò inutile. Senza senso.

Anche Hogwarts mi sembrava vuota, con tutti quei ragazzi innocui, sciocchi…che non conoscevano nulla.

Fu McGranitt Minerva a vedermi per prima, ero entrato dalla porta principale portando con me un vento irrequieto, i miei logori vestiti erano impregnati d’acqua così come i capelli che mi ricadevano sugli occhi. La vicepreside si avvicinò fulminea alla porta e la chiuse senza accorgersi della mia presenza, solo quando si girò mi notò. Sobbalzò trattenendo un sospirò e quando s’accorse di conoscermi si portò una mano al petto ringraziando il cielo, “Voglio parlare con Silente!” esclamai con tutta la rabbia che avevo in corpo e lei non seppe che rispondere. Mi fece strada fino il passaggio segreto, s’accostò acconto a me e con voce poco rassicurante esclamò “Quatticidro!” e la statua si mosse.

Entrai nell’ufficiò senza aspettare che McGranitt mi annunciasse, “Che cosa sta succedendo?!” esclamai scostando con uno spintone il nero e perfido professore di pozioni. Il preside mi guardò da sotto gli occhiali a mezza luna, mentre la mano fredda di Piton si strinse sulla mia spalla destra, “Cosa credi di fare signorino?!” la sua voce era più cupa che mai, “Credi di poter scappare da Hogwarts, scomparire dalla circolazione per ben due settimane e ritornare con un atteggiamento da ribelle senza rispetto verso i tuoi insegnanti?” fu Minerva a salvarmi iniziando una discussione ben poco amichevole.

Il preside mi guardava ancora attento e con un triste sorriso iniziò a parlare “Tu lo sai, vero?” io annuii “So del cuore di Drago e chi era che lo possedeva, ma ciò che non capisco è perché Ronald sia diventato un assassino e Hermione una mangiamorte…” la voce calma della McGranitt bloccò il mio fiume di parole, “Ogni cosa a suo tempo, Neville, devi sapere che stiamo facendo di tutto per salvare Drago e ci verrebbe più semplice se tu ci dicessi chi è.”

I miei occhi si riempirono di lacrime, “Allora è troppo tardi, nessuno può salvarla…Colei che aveva il cuore di Drago è stata presa dai mangiamorte!”, la professoressa trattenne il respiro, mentre Piton mi scrutava con i suoi neri occhi. “Credo…” iniziò Silente alzandosi dalla comoda sedia, “Credo che tu, Neville ti trovi in pericolo.” Gli occhi chiari del preside si fermarono nei miei, sapevo che mi leggeva dentro, sapevo che tutto ciò che sapevo, che avevo vissuto e desiderato, non mi sarebbe più appartenuto, “Forse anche più di quanto immagini, giovane Paciock!” con un sospiro ritornò seduto portandosi l’indici sulle labbra.

Dopo un lungo momento di silenzio richiamò l’attenzione di Severus che cautamente si avvicinò alla scura scrivania, “Porta il ragazzo nel luogo più sicuro per lui e quando sarai tornato inizieremo la ricerca di Lys” il professore annuì e con la fredda mano mi strinse un braccio costringendomi ad uscire nonostante le mie proteste.”

Il viaggio fu corto e insolito, non ricordo nemmeno come fossi arrivato lì, in quella piccola e buia casa babbana, so solo che c’era lui, Piton Severus.

“Stammi bene sentire, ora Paciock!” esclamò con voce apatica mentre accendeva una piccola candela, “Questa non è una casa come tutte, è circondata da un incantesimo che impedirà a maghi, babbani e demoni di entrarvi, e se solo ti azzarderai a uscire di qui, non solo causerai la tua morte ma anche Silente si ritroverà nei guai proprio come succederà a me!” il suo pallido viso ero vicinissimo al mio e i suoi occhi scintillavano d’ira, “Cerca perciò di non combinare pasticci solo per la tua stupidità e…” alzò la mano sinistra, tra le dita affusolate stringeva un strano oggetto sottile, “…tieni sempre questa a portata di mano!” mi diede seccamente la mia bacchetta magica e con qualche goffo movimento si avviò alla porta.

“Professore!” esclamai prima che chiudesse la porta, “C’è una ragazza, la sorella di Drago, è in pericolo anche lei…” lui sospirò, forse gli dispiaceva per quella babbana, ma il suo dovere era solo proteggere me, “Presto…molto presto la rivedrai” disse chiudendo la porta.-

 

“Professore?!” esclamò sorpreso, l’uomo annuì. Era ricurvo su un bastone di legno, con l’altro braccio stringeva un piccolo fagotto; i capelli un tempo neri erano di un grigio scuro e sul volto non vi era più l’irritazione d’essere un povero professore, bensì la consapevolezza che tutto stava per finire. Entrò zoppicando nel piccolo atrio, era vecchio e ferito alla gamba, Voldemort lo stava cercando per ucciderlo.

“Vedo che ti sei sistemato per bene…” sussurrò con la solita voce indifferente guardandosi intorno, “Professore, si sieda…non vede che le gambe non lo reggono più?” la porta si chiuse, mentre Piton si lasciava cadere sulla morbida poltrona. Sospirò di sollievo, “A quanto pare l’avermi disubbidito ti ha portato ad una vita agevole, Paciock” gli occhi neri si posarono sulla tazzina da caffè e con una smorfia la spostò di qualche centimetro, “Non sono comunque qui per rimproverarti, infondo sono passati molti anni ed io non sono più quello di un tempo…” puntò lo sguardo sul Neville che ora stava seduto su una sedia davanti a lui, “Che intende dire, professore?” era strano, ma non riusciva a smettere di chiamarlo così. Un sorriso amaro si dipinse sul scheletrico volto dell’uomo, “È bello sentirsi chiamare ancora così, da uno studente, poi, dei grifondoro, ma Paciock tutto cambia. Hogwarts è stata abbandonata da molti anni e io ho smesso d’essere un insegnante, e per quello che importa ora io non sono più nemmeno un uomo vivo, non per molto almeno.”

Neville lo guardò accigliato, “Mi dispiace, professore…” un pianto di bambino bloccò la voce del giovane uomo, che guardò sconvolto il piccolo fagotto che stringeva Severus. Negli occhi scuri del mago si accese una scintilla e la malinconia del passato scomparve, e con calma porse il bambino al suo ex-studente, “Questo è il motivo per cui sono venuto.”

Neville scostò la copertina dal viso del piccolo, e due profondi occhi blu l’osservarono mentre bocca sdentata si stese in un piccolo sorriso, “Ginny…” sussurrò portando un diti davanti al piccolo che subito lo prese con la paffuta manina, “Virginia Weasley e Draco Malfoy sono morti stamattina. Ronald l’ha fatto o meglio il Demonio.” Paciock alzò gli occhi incrociando lo sguardo dell’uomo, era giunta l’ora delle spiegazioni.

“Forse, ho atteso troppo, avrei dovuto venire da te alla nascita di tuo figlio, ma Hermione me lo impedì.” sospirò portandosi una mano nei lunghi capelli, “Granger sarebbe riuscita ad vincere Makokj se solo Silente non avesse insistito nel farla entrare nel circolo dei Mangiamorte. Infondo era una ragazza intelligente e sapeva gestire le sue emozioni, così lei ha lasciato che quel spirito maligno entrasse nella sua mente, ha resistito a lungo fino due giorni fa…” sorrise al ricordo, “Era andata da Weasley, informandola che era ora di andarsene, che i mangiamorte avrebbero attaccato a giorni, ma Virginia non voleva lasciare quel rudere e Malfoy…beh, Draco non poteva vivere senza di lei, così lasciarono a Granger la piccola Lora…è inutile che ti dica che Demonio scoprì la scomparsa di Lora. Mi disse di andare alla ricerca di questa bambina e io ubbidì.”

Respirò a fondo, “Solo che io non servo nessuno, e ho eseguito l’ordine di colui che mi ha dato una seconda possibilità…L’ho portata a te…” Neville guardò la piccola, “Perché?” l’uomo sorrise di nuovo, “Lys…lei è Lys, la luce…colei che potrà salvare il mondo. Golstein Anthony e Abbot Hanna l’hanno scoperto, si sono offerti anche di proteggere Lora e Alex, ma tu sei un Paciock, e da sempre la stirpe dei Paciock ha il compito di salvare Lys.”

“Aspetta un attimo!” Neville si guardò intorno, “Cosa centra Alex con tutta questa storia?” Severus si sporse in avanti facendo scricchiolare lei vecchie ossa, “La cosa assurda di tutta questa faccenda, Paciock, è che non solo Lora, ma anche Alex è Lys. Abbot a studiato a lungo questo fenomeno ed è arrivata al punto che è per via di Harry Potter. Colui che è sopravvissuto.” “Harry?” l’ex-professore annuì, “Lys è una creatura nata dall’amore e si incarna solo quando il mondo è in pericolo, tuo figlio è nato per distruggere il Demonio e Lora è nata per fermare Potter.”

Neville prese tra le mani la tazzina e sorseggiò il gelido caffè, non ci capiva più niente, “Ma Harry è contro Voldemort. Perché Lys dovrebbe ucciderlo?” il mago scosse la testa, “Non ucciderlo, Paciock, fermarlo…impedirgli di essere un mago. Lys è solo una creatura della pace e non del rancore, Harry vuole uccidere Voldemort per vendicare la morte dei suoi genitori…e Diggory Cedric…capisci ora?” Neville annuì, la cosa aveva un senso, poi gli venne in mente un frase detta dal professore poco prima, “Cosa significa che un Paciock deve salvare Lys?” il volto di Severus divenne ancora più pallido, “Devi uccidere Makokj…” la tazza si frantumò per terra, “Dovrei togliere la vita ad Hermione?” la voce era acuta e carica di paura, sul viso del mago si dipinse un sorriso triste, “Credimi e ciò che vuole lei…Non resiste più…sono già due giorni che Makokj ha il sopravvento su di lei, sono passati vari anni era inevitabile che non riuscisse e ritornare…” Neville abbassò gli occhi, “Ma così entrambi moriranno…” “Ronald Weasley è scomparso da tempo, anche se…avvolte sembra che ritorni…oggi per esempio sembrava distrutto quando a visto sua sorella aggrapparsi al corpo esamine di Malfoy ed aspettare la morte.”

S’alzò riprendendo fra le dita della mano destra il bastone di legno, “Ascoltami attentamente Paciock…Sia Hermione Granger che Ronald Weasley desiderano solo di morire…chi comanda i loro corpi non i tuoi amici. Ricordatelo.” e uscì dalla casa.

“Professore!” la voce di Neville lo bloccò quando stava per chiudere l’uscio, “C’è una donna, mia moglie, è in pericolo anche lei…” il mago sospirò, gli dispiaceva per quella babbana, ma il suo dovere era solo proteggere Lys, “Presto…molto presto la rivedrai” disse chiudendo la porta.

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Capitolo 17
*** Momenti di morte ***


Nuova pagina 1

Capitolo XVII

Momenti di morte

 

-Così passarono anni.

Mi ricordo ancora quando andai a casa mia. Mia madre era seduta su una sedia di legno davanti all’orologio che le informava del luogo dove dovevano essere i famigliari. C’era ancora la mia lancetta che si posizionò proprio sulla parola casa. Era bello ritornare….

Lei però non si mosse, alzò solo la testa e nonostante mi desse le spalle mi fece una domanda: “Sei tornato?”, una domanda banale probabilmente, ma sapevo il suo vero significato. Mamma voleva sapere se ero lì per restare o per uccidere, “No” risposi con voce calma e lei annuì. “Fai ciò che devi fare…” mi disse con tutto il coraggio che aveva, strinsi la bacchetta che sfiorava a malapena i suoi voluminosi capelli, una lacrima scese lungo il mio viso, avevo paura.

“Perdonami, mamma…” sussurrai e mentre stavo pronunciando Avada Kedavra lei mi rispose “Io ti perdono figlio mio” non ne sono sicuro ma credo di aver sentito una nota di orgoglio nella sua voce.

E così anche la donna che mi aveva generato era morta.

Dopo fu la volta di Bill e Charlie. Erano insieme…davanti alla tomba di famiglia, sapevano che era la loro ora, non mi avrebbero colpito. Rimasero solo a guardarmi avvolti in cappotti neri.

Bill addirittura mi sorrise, i suoi occhi azzurri come i miei mi scrutavano tristi ma lui volle rinfrancarmi con un sorriso allegro…come un saluto.

Charlie invece mi abbracciò con tutto l’affetto che un fratello prova per un altro fratello. Mi diede infine una pacca sulla spalla sinistra e ritornò vicino a Bill. Non so perché, ma con loro esitai. La mano mi tremava mentre puntavo la bacchetta su uno di loro. Solo quando il vento iniziò a ruggire e disperdere la neve depositata sulle lapidi gli uccisi.

I miei grandi fratelli.

Mi dispiaceva infondo per loro.

Non centravano nulla.

Mio padre voleva essere l’ultimo, me lo chiese un giorno. Ero andato al ministero della magia per discuter con Malfoy, non avrei dovuto incontrare nessuno eppure lui mi trovò.

“Ronald…” la sua voce l’avrei conosciuta tra mille, così forte, autoritaria e nello stesso tempo così infantile. Mi girai sperando di poter ritornare indietro e poter risentire i suoi discorsi sui babbani come da bambino. Invece lui era lì, in piedi più vecchio che mai, gli occhi arrossati e circondati da rughe, piegato su tutto se stesso come se dovesse scomparire. “Ronald…lasciami per ultimo” sussurrò, non capivo e lui rispose subito alla mia tacita domanda, i suoi occhi chiari si puntarono nei miei, “Lasciameli seppellire tutti, con queste mani…” alzò le braccia mostrandomi quelle mani che mi avevano aiutato molte volte, “…Lasciami almeno questo!” esclamò prima di andarsene.

E lo feci.

Lo lasciai vivere…ed ancora vive.

Andai, perciò, da Percy, sedeva nella sua scrivania tra vari libri e pergamene, gli occhiali sul naso e la penna d’oca in mano. Non mi sembrava cambiato.

Quando mi sedetti nella sedia di fronte i suoi occhi s’alzarono dal foglio per posarsi sulla mia figura, avrei giurato che mi sferrasse qualche colpo per uccidermi, ma invece…Invece appoggiò la piuma si tolse gli occhiali e con un sorriso caricò di rimorso s’alzò dalla scrivania. Chiuse la porta con un incantesimo con il solo gesto di un dito, dopotutto non era così debole. Ritornò sul suo posto di lavoro e incrociò le braccia dietro la nuca, “Fai poco lo spiritoso…” dissi, ma lui puntò i suoi occhi nei miei, “Io non lo farò…” lo sapeva, sapeva che Ronald mi aveva spinto lì per farsi uccidere, e dentro sorrisi…Ron aveva perso ancora una volta!

“Ti voglio bene…” mi sussurrò e l’unica cosa che fui capace di fare tra le lacrime di un ragazzo infantile fu urlare “Avada Kedavra!”

E così gli anni passavano.

E la stirpe dei Weasley era stata decimata.

Mancava solo Virginia e mio padre.

E Virginia l’ho uccisa oggi!

Lei e quel cretino di un Malfoy!

Stavano sdraiati nel loro letto e si coccolavano dolcemente.

Io e Severus Piton entrammo nella stanza, e senza aspettare un attimo colpii a morte l’ex-serpeverde. Ginny s’aggrappò a lui con forza, come se fosse il suo coraggio…esitai un attimo poi la uccisi.

Ed ora eccomi qui a scrivere su pergamene nemmeno mie, nella stanza dove ho ucciso l’unica persona della mia famiglia degna di vivere.

La piccola e dolce Virginia Weasley.-

 

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Ciao ragazze!

Volevo salutarvi e farvi notare che ho messo apposto i capitoli, così va meglio, no?

Comunque sono felice di avere commenti...

Beh al prossimo capitolo!

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Capitolo 18
*** Il barbone del cinema ***


Capitolo XVIII

Capitolo XVIII

 

Il barbone del cinema

 

Stava sempre sdraiato sull’entrata del cinema, circondato da giornali e cartoni che gli nascondevano il volto.

Rimaneva lì giorno e notte, come un’ombra, imbacuccato in una pesante giacca sia in inverno che in estate; e solo i capelli, uniti, sporchi, arruffati e lunghi si notavano…facevano ricordare alla gente che era un essere umano.

Il barbone del cinema, lo chiamavano i ragazzi.

Poveraccio, lo deridevano gli adulti.

L’anima del cinema, sognavano i bambini.

E mai nessuno si era fermato a parlargli. Solo qualche spicciolo lanciato nel bicchiere di plastica o qualche panino avanzato…nient’altro.

Eppure quella sera Neville si fermò dall’altra parte della strada e lo fissava con i suoi tristi occhi marroni. Il barbone si rinchiuse di più nel suo capotto, facendogli notare che lui…non era degno della sua attenzione.

Paciock si spostò la frangetta dagli occhi, il capotto nero gli arrivava a metà polpaccio e uno strano sorriso gli si dipinse sul volto magro e pallido. Il barbone s’incurvò di più su se stesso tentando di diventare la solita ombra e i suoi occhi osservavano dietro a una cascata di capelli i movimenti dell’uomo.

Neville attraversò la strada.

Rimase in piedi a fissarlo. Gli occhi angosciati per il futuro…per la futura guerra.

Il barbone non si mosse e abbassò lo sguardo.

“Hai intenzione di rimanere qui per tutta la vita?” Paciock nascose le mani nelle tasche del capotto, “Hm” fu la risposta.

“Perché?” il barbone si strinse nelle spalle.

Perché quell’uomo voleva parlargli? Perché lo guardava?

“Ti ricordi di me?” la sua voce si era inclinata leggermente, “Ti ricordi l’ultimo nostro incontro?” il barbone tirò sul col naso, si era raffreddato… “Ti ho odiato quella volta…”

 

-Ero uscito, o meglio scappato dalla casa che Piton mi aveva regalato. Diana era in pericolo e io non volevo averla sulla coscienza. Elise mi avrebbe odiato se non avessi aiutato sua sorella.

E perciò scappai.

La ritrovai sotto la quercia. Dormiva.

Era rimasta lì per due giorni. Nessuno l’aveva presa con se…

La portai via. Il più lontano possibile da quel luogo…dal freddo.

La portai nel mio regno.

Nella mia casa.

La portai nella villa dei Paciock.

“Nonna…ti prego aiutala…” la implorai appena la vidi sulla soglia della casa. Lei annuì e come se Cooper fosse stata sua figlia la curò, la lavò, la vestì e le insegnò la teoria magica. E io passavo sempre più tempo con la dolce Diana e mi divertivo…lei si divertiva

Come se quello che ci era successo fosse stato cancellato dalla nostra mente, ma non era così…E me ne innamorai. E lei s’innamorò.

“Allora, Neville?” nonna era impaziente, doveva telefonare ad alcuni amici per poter creare l’incantesimo Fidelius. Io stringevo la mano pallida di Diana e lanciandole uno sguardo divertito dichiarai di volerla sposare. E che l’avrei fatto subito, se non fosse stato indegno non farlo sapere alla mia nobile famiglia.

Nonna sputacchiò il the che stava sorseggiando. “Non ho capito bene…” balbettò, “Ci sposiamo!” la voce di Diana era allegra e dolce, e mi guardava speranzosa.

Nonna non obbiettò.

E proprio la sera prima delle nozze; quando Diana nervosa stava provando il vestito di mia madre per la centesima volta sotto lo sguardo attento della nonna, e quando mio zio tentava di spiegarmi il significato della vita con assurdi paragoni.

Io ero appoggiato con la fronte sul freddo vetro della finestra e il mio sguardo vagava sul lungo vialetto della villa…

Fu allora che lo vidi.

La frangetta nera che gli ricadeva sugli occhi, impedendomi di leggervi dentro…nascondendo la sua angoscia. Mi alzai pronto a gridare il suo nome, ma con un semplice puff si smaterializzò.

E lo odiai.

Con quel gesto mi aveva salutato.

Aveva rinunciato a combattere.-

 

Il barbone si strinse ancora nelle spalle, incapace di capire chi gli era di fronte e cosa volesse da lui. Prese nella scarna, sporca e ruvida mano il bicchiere di plastica e scrollandolo davanti al proprio volto fecendo tintinnare le poche monetine. Infondo non era lì per ascoltare.

Neville sbuffò.

“Hai perciò deciso di rimanere un barbone? Hai deciso di abbandonarci tutti? Di mandarci al macello?” chiese spostandosi per l’ennesima volta la frangetta. “Moriranno in molti, Ronald, Hermione, Piton, Silente…Dean…te lo ricordi Dean? E Seamus?” il barbone alzò di scatto il volto facendo intravedere i suoi smarriti occhi verdi e la cicatrice a forma di saetta sulla fronte.

“Perché non vieni con me Harry?” Neville allungò la mano sinistra, attendendo quella del suo ex-compagno grinfondoro.

“Harry…” mormorò il barbone, come se fosse una parola che non conosceva; sorrise “Era da tanto che non mi chiamavano così…” Paciock annuì sorridendo allegro tendendo ancora più convinto la mano che subito fu presa dall’amico.

“Harry Potter è tornato” sussurrò Neville facendo nascere un altro piccolo e sincero sorriso sul volto scarno del barbone.

 

Spero che sia di vostro gradimento, anche se non è lunga...anzi è molto cota! Ringrazio le persone che mi hanno scritto e che aspettano la continuazione! Bacioni!

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