Promessi sposi

di CinziaPV
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** 17 ***
Capitolo 19: *** 18 ***
Capitolo 20: *** 19 ***
Capitolo 21: *** 20 ***
Capitolo 22: *** 21 ***
Capitolo 23: *** 22 ***
Capitolo 24: *** 23 ***
Capitolo 25: *** 24 ***
Capitolo 26: *** 25 ***
Capitolo 27: *** 26 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Promessi sposi
Prologo
 
 
 
 
 
 
Freddo. È la prima sensazione che avverto, subito dopo aver udito lo stridio delle catene.
Continuo a tenere gli occhi chiusi, ma non sto dormendo, né continuo a giacere nell’incoscienza, fingo soltanto che vada tutto bene, con il cuore stretto in una morsa dolorosa e gli arti pesanti.
Sono rimasta immobile, nella stessa posizione per quelle che sono sembrate ore, ma sono troppo codarda per accertarmi delle reali condizioni nelle quali vesso, così rimango immobile con le ginocchia piegate verso il petto, e le braccia raccolte attorno ad essi, nel macabro tentativo di proteggermi.
– Giochi a fare la morta? – Non ho paura, non faccio che ripetermelo, ma nell’esatto istante in cui le parole di Niklaus mi raggiungono, un brivido gelido mi attraversa il corpo.
Odo i suoi passi farsi più vicini, e le sue mani presto fra i miei capelli, mi costringono a sollevare il viso.
Non lo guardo, mi limito ad aprire gli occhi e a fissare un punto indefinito oltre le grate della mia prigione.
L’inverno ha lasciato da un pezzo Fell’s Church, il cielo è terso, fatta eccezione per una piccola nube che riesco a intravedere all’orizzonte.   
Si è spezzato qualcosa in me, solo adesso ne ho piena coscienza, e non è la pelle raggrinzita attorno al marchio a farmelo sentire. È da quando Niklaus, mio marito ha puntato i suoi occhi nei miei che non riesco a scrollarmi di dosso tale sensazione.
“Marchiatela.” Non sono state le sue parole a ferirmi, ma lo sguardo sprezzante che mi ha rivolto, la bruciante consapevolezza di non contare niente per lui. Non più.
Dopo un tempo che mi è sembrato indefinito, abbandono la contemplazione del cielo, per fissare la sua persona.
Mesi addietro non sarei riuscita a farlo. Adesso è tutto più semplice: entrambi siamo cambiati. Credevo d’essere debole, ma mi sbagliavo.
Una mia mano va a poggiarsi contro il mio ventre, ma Niklaus non sembra avvedersene, ed io non gli do motivo di sospettare alcunché.  È dentro di me il motivo della mia forza, ma fortunatamente i vestiti informi, e le curve ancora acerbe non possono confermarlo.
– Sei stata brava... – Nikalus abbandona la presa sul mio viso, e sembra quasi ilare nelle sue riflessioni. Un lieve sorriso gli inclina la bocca, mentre gli occhi rimangono freddi, e assolutamente inespressivi. Sembra un fantoccio, uno di quei tanti pupazzi che il marionettista muove secondo il suo volere, una statua di marmo priva di anima.
Non rispondo alle sue provocazioni, mi limito a osservarlo in silenzio, consapevole di quanto sia ingestibile e pericoloso in questo stato.
– Mi domando se pensavi a lui quando abbiamo fatto all’amore. –
Apro la bocca a corto d’aria, ma non ne fuoriesce alcun suono.
Sento il suo fiato. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio, osservo la perfezione che incarna.
Avrei preferito il buio della notte, mi sarei sentita più protetta, invece è giorno, e non posso illudermi che le sue parole non siano reali.
– Mikael si sbagliava sul tuo conto – la sua mano va ad artigliare il mio braccio. Mi lascio sfuggire un grido nel momento in cui sfiora la bruciatura che il marchio ha provocato. – Amare non è un bene.
La sua voce è monocorde, e per quanto mi sforzi non riesco a riconoscerlo.
– Tu non sei così... – sussurro sgomenta, quasi come se parlassi a me stessa, scuotendo più volte il capo per capacitarmene.
Nikalus prorompe in una fragorosa risata, che si spegne troppo in fretta.  – È stato semplice, – sussurra subito dopo, pericolosamente vicino alla mia persona – basta un batter di ciglia, e tutto diventa più facile, perfino il dolore.
Sgrano gli occhi, perché di tutte le confessioni cui voleva farmi prendere parte, questa è senza dubbio la più dolorosa.
– Quando il dolore supera la ragione, – fa una pausa sapientemente calcolata – basta spegnere tutto. – Avvicina maggiormente il viso al mio, e come in un sogno sfiora la mia bocca con la sua. – Voglio mostrarti qualcosa – dice beffardo, mentre delle immagini iniziano a fluire innanzi ai miei occhi.
 
 
 
“Caroline... “ sgrano gli occhi alla vista di mio padre. Sembra passato un secolo dall’ultima volta che ci siamo parlati, ma so che è un’illusione. Non è a me che si sta rivolgendo, ma alla fanciulla che ero fino a qualche mese addietro, e che adesso sta ubbidendo circospetta al suo richiamo.
Sorrido mesta, mentre le prime lacrime iniziano a far capolino.
“Caroline, ” mio padre mi richiama  per la seconda volta, fissandomi accigliato.
A distanza di mesi, ricordo benissimo il motivo del suo cruccio.
“Padre...”
“No.”Blocca sul nascere ogni mia scusante. Quante volte ti devo dire che le fanciulle dabbene non vanno in giro per mercati affollati, almeno che non abbiano una balia, e malauguratamente non ne possediamo nessuna.
Osservo l’altra me, indispettirsi.“Avete usato nuovamente quel termine.”
“Quale?”
“Possedere”puntualizzo. “Parlate di una persona come fosse un oggetto”dico scuotendo la lunga chioma bionda.
Mio padre rilascia un sospiro.“Mi pento d’averti permesso d’imparare a leggere e a scrivere, ma del resto non potevo contraddire sua altezza.”
M’irrigidisco, sapendo che qualsiasi occasione è propizia per ricordarmi ciò che mi lega ai Mikaelson.
“E adesso ti consiglio d’abbandonare quel libro che tieni nascosto, e di prodigarti per aiutare tua madre”ordinò.
Ancora una volta reprimo uno sbuffo.“Sì padre.” Asserisco col capo, più per garbo che per reale convinzione.
 
 

Reprimo un singhiozzo, ma le lacrime, quelle non posso fermarle, soprattutto quando all’immagine di me e mio padre, se ne aggiunge un’altra.
 

 
 
Sapientemente nascosto dietro il banco delle stoffe, Niklaus Mikaelson, osserva la scena, e si sta letteralmente sbracando dalle risate.
 
 
 

Rimango incantata, a guardare la scena preclusa ai miei occhi fino a oggi.
Il cuore mi batte forte nel petto, le mie mani tremano.
 
 
 

“E così vi piace leggere?”La sua voce assume un tono divertito, non appena nota la rimostranza che ho nei suoi riguardi.
Sono settimane, che come non si addice al mio rango evito qualsiasi forma di dialogo col sottoscritto.
Lo faccio, da quando il diretto interessato ha cercato di baciarmi, durante la festa del paese.
– Ebbene, sì – gli rispondo lisciandomi nervosamente le gonne, facendo comparire un ringhio soddisfatto sulla bocca del mio interlocutore.
Non lo sto guardando, mi limito a rispondere garbata alle domande che l’etichetta impone, tuttavia Niklaus appare soddisfatto.
– E cosa di grazia? – Chiede ancora piccato. Lo osservo guardare con la coda nell’occhio l’arrivo circospetto di mia madre, forse confusa dal mio ritardo.
– La storia, la fisica – rispondo, mentre mi ostino a guardare altrove.
– Interessante... – si gratta il mento pensieroso, mentre con un leggero inchino congeda mia madre – anch’io sono affascinato da suddette arti.
Un guizzo indispettito attraversa miei occhi. – Non si direbbe... sire – stringo i denti per pronunciare un tal appellativo.
– Ci sono tante cose che non conoscete di me, Caroline – dice suadente avvicinandosi alla mia persona e beandosi del ritmo esagitato del mio cuore.
– Quello che ho conosciuto mi sembra già abbastanza – mormoro, rossa in viso. – Cercate di mantenere le distanze, sono una fanciulla onesta e non tollero simili atteggiamenti.
Niklaus si  tende all’improvviso. – Ma, non vi da fastidio quando simili atteggiamenti li assume Tyler Loockwood – sentenzia scuro in volto, prendendomi all’improvviso per le spalle.
Il mercato sta iniziando a riempirsi, e alcune signore alzano lo sguardo su di noi. Tutta Fell’s Church sa del matrimonio cui siamo destinati, ma questo non impedisce ad alcuno di malignare, adducendo alla mia persona colpe fino ad ora non sperimentate.
 – Che cosa volete dire? – Alzo gli occhi sul mio promesso, con fiera determinazione.
 – Vi ho visto alcuni giorni addietro, al limitare del bosco, con il giovane Loockwood – specifica con gli occhi brucianti di collera. – Non ho niente da nascondere – dico caparbia – Ty è mio amico.
Niklaus stringe la presa sulle mie spalle, procurandomi non poco dolore. – Un amico che tenete per mano? – dice guardandomi negli occhi. – Sappiate una cosa Caroline: voi siete mia. Mi dovete rispetto!-
Cerco di liberarmi dalla sua presa senza alcun risultato, anzi la sua presa s’intensifica. – Non mi sembra d’esser stata mancante fino ad oggi.
– Questo lo stabiliremo la prima notte di nozze, – lo vedo farsi più vicino al mio viso – e riguardo al bacio, quello che mi avete negato... sappiate che anche questo è mio, di diritto. – Non mi da più il tempo di controbattere. Mi sospinge contro di sé, e ignorando qualsiasi mia protesta, affonda la bocca nella mia.
Cerco di spostarlo, ma è tutto inutile, sembra fatto di marmo.
Le mie mani posizionate contro il suo petto, non riescono a smuoverlo.
Gli occhi mi bruciano, il cuore rischia di scoppiarmi nel petto mentre Nikalus mi costringe sapientemente ad aprire la bocca e soccombere al suo bacio.
Nessuno mi ha mai baciato, e di certo non immaginavo così il mio primo bacio.
Le braccia di Niklaus sono strette attorno al mio corpo, e inizio a sentire un dolce languore al basso ventre.
È sbagliato, ma non riesco a sottrarmi. Non riesco a impedire alla mia bocca di modellarsi alla sua, al mio respiro di confondersi col suo.
Boccheggio quando la sua lingua accarezza il mio palato, e anche se è piacevole, le lacrime iniziano a imbrattarmi gli occhi.
Non dovrei provare queste sensazioni, non dovrei provare piacere nella sua stretta.
Ho perso. Non riesco a sottrarmi alle sue carezze, ai baci, ai morsi, ai respiri soffusi.
Sarò sua un giorno, solo, ho paura d’ammetterlo.
 
 
 
 
 
Angolo autrice:


Prologo revisionato. Non ho molto da dire. Spero che le modifiche siano apprezzate. Lo scopo è di migliorare la storia, e spero di esserci riuscita.
Gli altri capitoli non subiranno modifiche drastiche, e manterranno la terza persona. Note tecniche: I flash-back saranno scritti in grassetto e fra virolette alte, mentre i dialoghi diretti con i trattini.
Un bacio
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** 1 ***


1




- Chi ci assicura che non sia stata sua? Avete visto come l' ha baciata? -  La giovane donna si guardò attorno con fare cospiratorio per poi avvicinarsi alle altre signore. - Io credo di si, e quando si sposeranno non sarà illibata. -  Mormorò, lanciando uno sguardo malevolo alla suddetta fanciulla in questione.
Le performance di Niklaus avevano creato scompiglio più del dovuto. Era da giovedì, ovvero dal loro primo vero bacio, che non si parlava d' altro.
- E chi ci assicura che voglia mantenere l' impegno preso? E' pur sempre il sovrano e il comportamento disinibito della sua promessa, non può non infastidirlo.  -
Caroline Forbes, si irrigidì al suono di codeste parole e la cosa non passò inosservata, neanche a Tyler che la stava scortando verso casa.
- Forse ha preso la sua virtù e adesso la svergognerà pubblicamente. -
Il cuore di Caroline perse un battito, perché non aveva mai preso in considerazione un eventualità simile, troppo impegnata a muovere guerra al sovrano in questione.
- Lo può fare? - Chiese con un filo di voce all' amico, mentre si faceva spazio fra la folla. Fell' s Church appariva caotica a quell' ora del giorno, sopratutto in prossimità dei tornei. 
- Lasciale perdere. - Rispose quest' ultimo, cercando di essere rassicurante e lanciando sguardi malevoli alle dame.
- Non è questo ciò che ti ho chiesto. - Si fermò, costringendo il ragazzo al suo fianco a farlo a sua volta.
- Cosa vuoi che ti dica? -
- La verità: siamo amici. -
Tyler la guardò contrito. - Ebbene si. Lo può fare, ma è l' ultima cosa a cui devi pensare. - Cercò di calmarla. - Non ascoltare queste assurdità! -
-Beh non credo lo siano, visto che fra me e Niklaus le cose non vanno a meraviglia ... e poi, non hanno torto. - La voce divenne fievole quando pronunciò le ultime parole. - Mi ha baciata. - Confessò,  girando la testa per guardarlo.
Ormai era il tramonto. Si sentiva odore di stufato e zampone.
Il cantastorie aveva appena terminato di smontare il suo banco, mentre alcuni bambini si apprestavano a correre verso casa.
Tyler non la guardò per soppesare la veridicità delle sue parole, come quest' ultima aveva immaginato, si limitò a stringere i pugni e a contemplare un airone in volo.
Continuò a non guardarla anche quando Caroline riprese il discorso. - Quelle dame, probabilmente hanno assistito alla scena. - Mormorò.
Dopo un tempo che alla fanciulla sembrò lunghissimo, il ragazzo parlò. - Ti ha baciata! - Nessuna inflessione nella voce, stava solo soppesando la gravità delle sue parole. - Ti ha baciata! - Ridisse. - Come una qualsiasi donnetta di poco conto. -
Caroline tremò. Riusciva a percepire tutta la rabbia dell' amico. - L' ho provocato. - Ammise mesta.
- Non lo difendere! Non ha scusanti. Ne avrebbe una, ma è troppo codardo per ammetterlo. -
- Quale sarebbe l' attenuante? -Domandò.
- Dovrebbe amarti, o perlomeno ... desiderarti. Ma è troppo in alto per ... - Scosse il capo. - Niklaus Mikaelson non sa amare. -
Per Caroline fu come se la terra le franasse da sotto i piedi. Tuttavia si impose di rispondere. - Non sarà un matrimonio d' amore. - Lo aveva sempre saputo.
La presa di Tyler sul suo avambraccio si fece dolorosa.
- Ovvio! - Ghignò.- Non ripetermi la storia del debito, perché non è stato tuo padre ad essere graziato, ma il contrario. - Asserì duro.
- Tyler ... -
- Shhh ... - Le poggiò l' indice sulla bocca.
Caroline retrocedette scossa, cercando di allontanarsi inutilmente. La presa di Tyler sul suo avambraccio le impediva qualsiasi movimento.
L' amico non si era mai comportato in modo così sgarbato. Per questo Bill Forbes gli aveva permesso più volte di intrattenersi con la figlia.
- Non ti merita. - Spiegò duramente.
Caroline lo guardava confusa. - Non sei tu a deciderlo. - Strattonò il braccio dalla presa dell' amico, e iniziò a correre per mettere quanta più distanza possibile fra di loro.
Sapeva che l' amico la stava seguendo e che presto, data la sua agilità, l' avrebbe raggiunta, ma non voleva fermarsi, ancora troppo scossa dalle sue parole e dall' atteggiamento confidenziale assunto da quest' ultimo.
Si fermò solo al limitare del bosco, indecisa o meno se attraversare il breve tratto che la separava da casa. Affannata si appoggiò ad un tronco, cercando di prendere fiato.
Circa un mese addietro avevano aggredito una giovane fanciulla in quel tratto, e non voleva toccasse anche a lei la medesima sorte.
Le ombre della sera iniziavano ad allungarsi e più calava la notte, più era rischioso percorrere quel tratto.
Indecisa sul da farsi, dimenticò Tyler e il turbamento provato poc'anzi. Se ne ricordò solo quando uno scricchiolio attirò la sua attenzione.
Si girò frettolosamente per fronteggiarlo.
- Tyler ... -
- Non una parola. - Intimò brusco facendovisi pericolosamente vicino.
- Che succede? - Caroline fissò l'amico spaventata. Il ragazzo aveva indurito la mascella ed era chiaramente arrabbiato. -
- Stammi lontano. - Ringhiò. Aveva il volto ceruleo, e gli occhi erano inquietanti.
- Ty ... - Ritentò Caroline, facendo qualche passo nella propria direzione.
Il ragazzo la bloccò con un gesto della mano. - Vattene. - Tuonò più arrabbiato di quanto avrebbe voluto. L' idea di farle del male gli appariva insopportabile, eppure sapeva di non poterlo evitare se la ragazza si ostinava a non volerlo abbandonare.
Vide gli occhi di Caroline diventare lucidi e si maledisse ancora.
Sentiva una rabbia fuori dall'ordinario invaderlo, scuoterlo da dentro. Ogni singolo muscolo del suo corpo era teso, pronto all'attacco.
Aveva già sentito quella sensazione, ma si era limitato a scrollarsela di dosso senza darci peso.
Adesso era diverso.
La respirazione non lo stava aiutando, sentiva di stare per esplodere, mentre un dolore lancinante iniziava a corroderle le ossa.
Era troppo tardi! Era l' unica cosa che riusciva a pensare mentre iniziava a sudare.
Caroline da parte sua non riusciva a metabolizzare quanto stava accadendo. sapeva di dover fuggire, ma improvvisamente le gambe erano diventate molli e la paura l' aveva attanagliata.
Anche volendo non sarebbe andata lontano. Non sarebbe riuscita a sfuggire ad un ... licantropo. Tyler gliene aveva parlato, quando erano molto piccoli, ma non si sarebbe mai aspettata di vederlo trasformare un giorno.
- Devi fuggire! - Ordinò ancora Tyler. Gli occhi erano pericolosamente gialli e il corpo accasciato al suolo, in una posizione innaturale.
Si stava trasformando.
Non voleva lasciarlo da solo in quella situazione, ma d' altra parte sapeva di non avere scampo se rimaneva.
Lo guardò per un ultima volta e poi senza più tentennamenti iniziò a correre verso il fitto del bosco.
Sapeva che aveva poco tempo, prima che Tyler si trasformasse, ma i rami gli sferzavano il viso e i piedi affondavano nel terreno fangoso.
Doveva uscire dal bosco, se voleva salvarsi. Il cuore impazzito non voleva saperne di decelerare.
Cercando di orientarsi alla ben meglio continuò a correre, fin quando non giunse al torrente. Forse se l' avrebbe attraversato sarebbe stata salva!
La corrente non era forte, e le acque non molto profonde. Senza più tentennamenti decise di oltrepassarlo.
Le acque le arrivavano fino ai fianchi, e se non fosse stato per il freddo, Caroline non avrebbe avuto alcuna difficoltà. Ma era inverno e le temperature gelide non l' aiutavano.
I vestiti zuppi erano divenuti pesanti. Con fatica riuscì a riemergere dall' altra parte del fiume.




***


 

Approdata all'altra riva, una voce familiare la destabilizzò. - Siete un impudente! - Si sentì dire. Sapeva a chi apparteneva quella voce, e la rabbia legata al loro ultimo incontro ebbe la meglio.
- Che fate mi seguite adesso? - Tremava convulsamente ma non si sarebbe lasciata intimorire, non da Niklaus Mikaelson.
Grondante d' acqua alzò lo sguardo per guardarlo fieramente.
- Ve lo ripeto! salvaguardo ciò che è mio. - Soffiò ad un centimetro dalla sua bocca.
- Io non sono vostra. - Specificò.
-Si che lo siete. - Niklaus l' aveva inchiodata con lo sguardo, impedendole qualsiasi movimento. - Lo siete perché lo stabilisce un contratto. - I suoi occhi la stavano fulminando. - Lo siete perché siete colei che un giorno diventerà mia moglie. - Disse duro. - E non tollero un atteggiamento così sconsiderato. -
Caroline era furente. La stava trattando alla stregua di una bambina.
- E se non volessi? - Azzardò combattiva.
- Forse non vi è chiara una cosa, sono io l' erede al trono e ciò che desidero mi è dato, e voglio voi Caroline, adesso più che mai. Smettetela di lottare, tanto non l' avrete vinta. E adesso se non è troppo disturbo: seguitemi! - Ordinò.
Senza aspettare alcuna risposta la prese per la mano e iniziò ad incamminarsi nel fitto della foresta.
Le ombre della sera erano calate e maledicendosi per la sua fragilità, Caroline lo seguì, riconoscendo almeno a se stessa di non avere vie d' uscita.
La mano del vampiro stretta attorno al suo polso, anziché spaventarla, le dava un senso di sicurezza.  Tuttavia Caroline si augurò arrivassero in fretta a destinazione, almeno per evitare la vicinanza del giovane sovrano.
-Dove stiamo andando? - Chiese preoccupata. Ormai la propria casa era troppo distante.
- Al sicuro. -Fece una pausa e lasciando finalmente il suo polso, scostò un ramo che fungeva da pendente e ostruiva il passaggio. -Eccocci arrivati. -Mormorò mostrandole un piccolo rifugio coperto in parte dalla vegetazione. - Fa parte dei nostri possedimenti. - Spiegò, avanzando ancora. Caroline lo seguì di rimando. Niklaus estrasse una chiave dal terreno e aprì la porta.
-Entrate! - Ordinò, facendole spazio per farla passare.
Caroline lo fece riluttante. Continuava a ripetersi che non era un bene trovarsi da sola nella stessa stanza con Niklaus, ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovare una soluzione al problema. Il rifugio era costituito da un unico ambiente. Il pavimento era in pietra, mentre il mobilio era composto da un semplice letto senza cortine, un tavolo, una credenza e un vecchio baule intarsiato.
Niklaus chiuse la porta per poi iniziare a muoversi sicuro e a proprio agio nella stanza. Si avvicinò al focolaio e iniziò ad armeggiare con la legna per accendere il fuoco. In poco tempo, le fiamme iniziarono a surriscaldare l'ambiente.
- Intendete rimanere in piedi? - Chiese continuando a darle le spalle e muovendosi verso il baule.
-Io ... -
Niklaus aprì il baule e estrasse una coperta. Poi si girò a guardarla.
- Spogliatevi! - Intimò.
- Che cosa? -
-Avete sentito bene: spogliatevi! -Ripete avvicinandosi.
-Non se ne parla. - Obiettò la fanciulla incrociando le braccia al petto. Non gli avrebbe permesso di umiliarla.
- Fatelo! -Le intimò ancora una volta avvicinandosi.
Erano vicini. Caroline sentiva il suo fiato sul collo.
-Non intendo obbedire. - S'indignò. Come osava proporle una cosa del genere? Rossa in viso non accennò ad abbassare lo sguardo.
- Mi costringete a fare a modo mio. - La minacciò sovrastandola.
Caroline ingoiò a vuoto. -Sarebbe? - Sapeva di starlo a provocare, ma quando si trattava di Niklaus Mikaelson, non riusciva a farne a meno.
Furente aspettò che il vampiro facesse la prossima mossa.
- Lo farò io. - Disse arrogante.
- Non oserete. -
-Certo che sì. - Confermò. - Vi conviene iniziare a spogliarvi. In queste condizioni rischiate un malanno. -
Caroline scosse per l' ennesima volta la testa, nonostante riconoscesse di averne assoluto bisogno. Tremava convulsamente, ma avrebbe fatto di tutto pur di non dargliela vinta.
Quando lo vide annullare ogni distanza fra di loro, indietreggiò, ma essendo il suo promesso un vampiro, era ovvio avesse la meglio.
Senza alcuno sforzo le bloccò i polsi con una mano. La presa era ferrea, ma gentile, nulla a che vedere con la morsa a cui l' aveva costretta quando l' aveva baciata. ne portava ancora i segni sul polso sinistro.
Come se l'uomo in questione, avesse letto nella sua mente, andò a sfiorarle il livido con delicatezza.
-Spogliatevi! - Ripetè roco. Nella sua voce c' era una nota di urgenza.
Caroline si morse le labbra. A questo punto sapeva che Niklaus avrebbe mantenuto la minaccia e ne era spaventata. Aveva gli arti intirizziti e ogni movimento le costava una fatica immane, ma lasciare che fosse lui a spogliarla era ancora peggio.
Abbassò gli occhi per un breve istante, troppo poco, perché l'uomo non vi leggesse la sconfitta.
Quando li rialzò per fronteggiarlo era nuovamente battagliera.
-Allontanatevi! - Disse. - E voltatevi. -
Sulle labbra del vampiro comparve un ghigno. - Vi arrendete! - Constatò.
- Non proprio. -
-Volete sempre l' ultima parola e questo m'intriga Caroline. - Sussurrò al suo orecchio. Poi senza darle tempo, si mosse veloce e slacciò il mantello che la copriva al suo sguardo. - Lasciate che vi aiuti. - Mormorò.
Il cuore di Caroline perse un battito. Non la stava ammaliando ne era consapevole, ma la suadenza con cui pronunciò quelle parole, la stava stordendo.
- Non è convenevole. -
- Non lo è neanche che voi girate nel bosco con un ... amico. - Marcò l' ultima parola volontariamente, mentre iniziava a slacciare i bottoni del suo vestito.
Caroline era completamente bloccata. Aveva i polsi intrappolati nella sua presa, e respirava a fatica, mentre la mano di Klaus sfiorava la sua pelle. - Non vi guarderò. - Promise.
- Non se ne parla. - Si oppose. - Faccio da me. -
Klaus avanzò ancora e tolse dall'asola un altro bottone. I polpastrelli sfiorarono delicati la pelle di lei.
Caroline arrossì.
- Per favore ... - Disse tremante. Non era sicura fosse per il freddo.
Lo sguardo di Niklaus adesso era caldo. - E' così che mi piacete Caroline ... arrendevole. -
- Vi sbagliate. Ho freddo e ho deciso di seguire il vostro consiglio. -
- Ovvio. E visto che sono un gentiluomo, mi volterò e lascerò che finiate di svestirvi, ma da domani si cambia musica. - Indurì la voce. - Dimenticatevi di Tyler Loockwood. Non permetterò che si prenda delle libertà con voi. -
- Niklaus. -
- Per quanto ami sentire pronunciare il mio nome dalla vostra bocca,  questo non è il momento adatto Caroline. Fra pochi mesi ci sposeremo, e intendo impugnare il diritto di convivenza forzatum. -
- Non potete! -
- Si che posso. - Si girò. - Spogliatevi Caroline, ne parleremo in un altro momento. -
Seppe che la fanciulla aveva ubbidito quando sentì il fruscio delle sottovesti, ma quello che provò non fu il sapore della vittoria.
Non appena fu certo che si fosse spogliata, senza girarsi, le porse una coperta. - Ecco questa è per scaldarvi. - Disse nel medesimo istante in cui si voltò.
La sua fervida immaginazione non l' aveva preparato alla visione inconsapevole offerta ai suoi occhi.
Caroline sembrava eterea, avvolta nella coperta di lana grezza.  Parte delle gambe restavano scoperte, regalando al giovane uomo una visione ben lontana dal pudore. Le porse la mano senza parlare.
-Avvicinatevi al fuoco Caroline. - Disse rapito, mentre le prendeva la mano e la faceva accomodare. -Siete gelata. -Constatò quando venne a contatto con la sua pelle.
Rapito, la osservò chinarsi verso il fuoco e incrociare le gambe sotto di se. I capelli iniziavano ad asciugarsi, e il viso arrossato, erano una piacevole visione a cui Niklaus non voleva sottrarsi.
Fuori aveva iniziato a piovere. Caroline riservò solo uno sguardo fugace verso la finestra, per poi tornare ad osservare il fuoco.
-Domani ci alzeremo di buon ora, e se il tempo lo permetterà, vi riaccompagnerò da vostro padre. -
Anziché rispondere alla questione sollevata la giovane, si ritrovò ad inveire.
-Volete smetterla di fissarmi. -
-Non lo sto facendo. -
-Si invece ... e non è educato. -
-Cosa non lo è, che fissi la donna a me promessa seminuda? -Si avvicinò di proposito. Poteva sentire il cuore della giovane battere forte e ne era deliziato. Non l' aveva mai vista più bella di così. Le scostò una ciocca di capelli dal viso, e prontamente gliela sistemò dietro l' orecchio. -Vi desidero Caroline è sbagliato? - Poggiò la fronte su quella della fanciulla. Un giorno sarebbe stata sua, e non solo nel corpo.
Sorrise quando vide gli occhi di lei sprizzare scintille. - Dovrete sposarmi! -
- Lo farò. - Disse convinto, osservando le emozioni che passavano sul suo viso. - Ma qualcosa la voglio adesso. - E come la volta precedente senza darle il tempo di ribattere, si chinò a baciarla.
Il bacio fu diverso. Niklaus si fece spazio lentamente dentro al bocca di lei, assaporò ogni recesso con estrema delicatezza, mentre con le mani le sfiorava i capelli e parte del collo.
Caroline non pose resistenza come la volta precedente, completamente stravolta dalle sensazioni che stava provando, lasciò che lui la dominasse, che le si insinuasse dentro, che scendesse con la bocca a sfiorarle il collo, che la stringesse contro il proprio corpo.
Avvampò, consapevole di essere nuda, solo quando la mano di lui sfiorò forse inavvertitamente un suo ginocchio.
Solo a quel punto lo allontanò tremante.
-Volete schiaffeggiarmi? - Propose Niklaus.
-Adesso ne avrei una gran voglia. -Ammise furente. -Mi avete circuita! -Lo accusò, cercando di allontanarlo.
-Non direi, ma posso riprovarci. - Disse accattivante.




Note autrice:
Ebbene il capitolo è concluso, e spero non sia stato deludente. Quella che doveva essere una breve fanfiction lunga tre o quattro capitoli, non ne vuole sapere di tirare le somme così a breve tempo.
Caroline è stata promessa a Niklaus come sposa a causa di un debito. Magari è insolita come circostanza, ma questa è una favola. Sto cercando di ricreare l'atmosfera del medioevo. Il "Cantastorie" si spostava nelle piazze e raccontava delle storie, attraverso il canto , mentre per quanto riguarda i tornei, ovvero i combattimenti, erano molto in voga, sopratutto nei periodi invernali e fra i nobili. Perfino durante le feste, venivano proposti. Per quanto invece roguarda il mobilio, sappiate che i mobili citati esistevano e sotto l'influenza gotica, venivano decorati. Il pavimento da me descritto era in pietra, ma avevamo anche pavimenti in cotto. Non credo ci sia niente di poco chiaro, ma nel dubbio vi lascio liberi di contattarmi.
Vado di fretta!
Mi raccomando di recensire e darmi un opinione sincera.
Ho letto il capitolo soltanto una volta, quindi mi scuso per eventuali errori.

A presto
Tess

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Capitolo 3
*** 2 ***


 
 
2
 
Ancora avvolta nella pesante coltre, Caroline Forbes fissava il suo rivale di sempre, irritata.
Niklaus Mikaelson la guardava compiaciuto, con un lieve sorriso stampato in volto. Era completamente fradicio, ma non sembrava risentirne.
Come da manuale, non appena Caroline formulò questi pensieri, l’uomo in questione, iniziò a slacciarsi il corsetto che fino a poco prima, anche se non lasciava molto spazio all’ immaginazione, data l’aderenza, almeno lo copriva.
-Che fate? -
-Mi spoglio! - Disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Caroline si spostò leggermente indietro.
-Non potete! -
-Si che posso. Sono zuppo. - Le fece notare, mentre lasciava che il corsetto scivolasse verso il pavimento.
Sorrise sghembo, notando il rossore che imporporava le guance della sua promessa.
Come qualunque uomo non poteva che procurargli piacere l’imbarazzo della dama, soprattutto, se questa sarebbe divenuta la sua sposa.
-Non vorrete che mi buschi un malanno? - Ironizzò.
-Siete un vampiro sire! Non potete ammalarvi! - Girò lievemente il capo verso la sua destra, evitando così di guardarlo.
-Ciò non toglie che l’acqua mi dia fastidio e poiché non possiamo tornare a casa per la notte, vista la presenza di un licantropo che vaga a piede libero nel bosco: mi metto comodo. - Sentenziò, mentre iniziava a liberarsi anche della camicia.
-Cosa? - Caroline sbuffò impercettibilmente guardandolo di sottecchi e avvalorando l’ilarità di quest’ultimo. -Mi prendete in giro! Da quando temete un licantropo? -
-Mi volete morto? - Scherzò.
-Vi detesto Niklaus. - Sospirò. - E ammettendo che la vostra morte, mi arrecherebbe molto piacere, non aspiro a tanto… per il momento. -
Il volto del vampiro s’illuminò appena, rischiarato da un lieve sorriso. - Ovvio! - Portò le mani ai calzoni, per fargli fare la stessa fine della camicia. -Io vi piaccio! -
-Non esagerate! Vi sopporto a malapena. - Continuava a parlare puntando lo sguardo altrove.
-E vi turbo naturalmente. -Disse palesemente Niklaus. - V’imbarazzo. - Continuò avvicinandosi.
-Siete mezzo nudo! -
-Anche voi lo siete e credetemi è uno spettacolo piacevole.
Caroline tornò a guardarlo. -Che intendete dire? - Chiese.
-Nulla di offensivo. - Allontanò le mani in segno di resa. - Presto sarete mia moglie e allora sarà mio diritto spogliarvi tutte le volte che vorrò. - Disse serio.
Caroline non rispose come si sarebbe aspettato, ma si limitò a stringere i lembi della coperta attorno al suo corpo, mentre il vampiro sfacciatamente, slacciò definitivamente i calzoni.
Un fuoco tremolante riscaldava l’ambiente.
-Fa freddo Caroline, è meglio che veniate a letto. - Propose tendendole una mano.
La ragazza non rispose, si limitò a osservare la mano tesa verso di se, presa dallo sgomento e dalla paura.
Il cuore prese a batterle a un ritmo esagitato. - Non credo sia il caso… -
Le parole le morirono in gola, quando Niklaus per primo strinse la sua mano. Non era convenevole che si trovassero nella stessa stanza, da soli, nel cuore del bosco, in piena notte, né tanto meno che dividessero lo stesso letto.
A parte le lingue malevole che avrebbero accompagnato quella scappatella, Caroline più di tutto temeva la sua prima volta e non era sicura che il vampiro non avrebbe cercato di farla sua, visto il modo in cui si era comportato  poco  prima.
I racconti confusi sulla prima volta di sua cugina Vicky non avevano fatto altro che confonderla, anziché rassicurarla. Tuttavia non si sarebbe lasciata spaventare dal suddetto uomo in questione.
-Non credo sia opportuno. - Cercò di non far tremare la propria voce. -Sto bene così. Prendete voi il letto! -
-Per chi mi avete preso? Credete che approfitterei di voi?-
-Beh… prima non mi avete dimostrato il contrario. -
-Non potrei mai riportarvi a vostro padre senza la vostra virtù. - 
-Voi uomini riconducete tutto a questo. -
-Perché è importante. -
Caroline scosse il capo decisamente stanca. -Parliamo d’altro per favore. Prendete pure il letto. Io starò bene qui. -
-Non se ne parla! Il letto è abbastanza grande per entrambi. -
-Per favore. - Insistette la fanciulla.
-E’ una serata fredda e poi avete bisogno di riposare Caroline. Non costringetemi a portarvi di peso su quel letto. -
La fanciulla tornò a guardarlo. Sapeva che non stava scherzando. -Promettetemi che non cercherete di approfittarne. -
-Avete la mia parola. -Disse guardandola ossequioso. Strinse lievemente la mano della giovane e vedendo che non opponeva resistenza l'aiutò ad alzarsi.
 
 
 
 
***
 
 
 
Il mattino la colse impreparata. Non era come la sera prima, quando si era sentita quasi protetta dalla luce fievole. Adesso era giorno e una tenue luce penetrava attraverso l’unica finestra, rischiarando lei e parte dell’ambiente. Trovarsi nello stesso letto con Niklaus non era semplice. Durante la notte il divisorio imposto a forza dalla stessa, si era smantellato e adesso si ritrovava troppo vicina all’uomo che la sera prima l’aveva baciata.
La notte precedente a dispetto delle previsioni, si era addormentata quasi subito, a causa della stanchezza e Niklaus aveva mantenuto la parola di non importunarla, provvedendo a fornirle una chemise, probabilmente appartenuta a qualche domestica, che anche se leggera l’aveva salvata dall’ imbarazzo di giacere nuda nello stesso letto con un uomo.
  Lentamente cercò di districarsi dalla sua presa, ma era pressoché  impossibile, 
visto che la tratteneva con un braccio. 
Adesso però era un altro il suo pensiero. Cosa avrebbe raccontato a suo padre?

La pelle del vampiro era calda a contatto con la sua. La fine chemise non contribuiva a non farle sentire il calore.
Imbarazzata più che mai, per aver concepito simili pensieri, cercò di ricordarsi che non erano sposati e che probabilmente tutta Fell’s Church la stava cercando.
Ripensò per un attimo ai commenti malevoli che le dame avevano espresso solo il giorno prima. Adesso quelle tesi, erano più che avvalorate.
Si adombrò mentre lo sguardo vagava sul corpo ancora semi svestito dell’ uomo al suo fianco, nonché suo futuro sposo, sempre che intendesse rispettare i termini del contratto  dopo quella notte. Ricordava bene  la libidine con la quale vi si era abbandonata.
Il braccio del vampiro, pesava su di lei, facendole ricordare ciò che lo stesso aveva ripetuto più volte: lei era sua.
Col cuore in gola, notò che invece di infastidirla la faceva sentire bene, come la sera prima, quando presa dalla lussuria l’ aveva baciato e ribaciato... e si era quasi lasciata spogliare.
Niklaus era placidamente addormentato. Il corpo perfetto, sembrava essere stato scolpito nella pietra. Forse uno scultore ne aveva disegnato le forme, prima che lui ricevesse l’ immortalità, rimuginava fra se e se Caroline.
-Vi piace ciò che vedete? -
Caroline avvampò girando frettolosamente il capo nella direzione opposta. Niklaus si era svegliato.
-Non vi stavo osservando. - Mentì.
-Certo che no. Mi stavate spiando: è diverso. -Con suddette parole ottenne l’ attenzione desiderata.
Caroline si girò a guardarlo astiosa, ma rimase senza fiato quando se lo ritrovò a pochi centimetri dal proprio viso.
Gli occhi di Niklaus erano caldi. Nonostante lui fosse il sovrano, e lei una popolana, non l’aveva mai trattata come tale. Diresse verso il basso lo sguardo, improvvisamente timorosa.
-Io… non... - Cercò di ribattere.
Niklaus sorrise. -Io credo di si. - Soffiò sulla sua bocca, compiaciuto di vederla ancora in difficoltà. -Buongiorno Caroline. - Cambiò repentinamente argomento. -Siete bellissima di primo mattino. -Asserì serio.
Solo allora Caroline notò il braccio che non l’ aveva abbandonata acuire la presa attorno ai suoi fianchi.
-Che fate? -Lo scrutò spaventata.
-Vi do il buongiorno. -E senza indugiare oltre, come la sera prima scese a baciarle la bocca.
Il bacio non fu come quelli precedenti, ma dolce e delicato come le ali di una farfalla.
Caroline tremò quando con la propria bocca sfiorò quella del principe, ma fu solo un momento, visto che quasi subito Niklaus si allontanò.
-E’ arrivata Mona. -Specificò roco, come a voler giustificare quell’ interruzione. -E’ qui per aiutarvi. -
-Aiutarmi? -
-Vi ha portato dei vestiti. E’ una schiava e vive al palazzo. -
-Cosa? Questo vuol dire che tutti sapranno di questo. - Si indicò.
-E’ proprio per questo che l’ ho mandata a chiamare. - Allargò la bocca in un sorriso canzonatorio. -E’ risaputo che Mona sia una gran pettegola. -
-Cosa? - Lo guardò contrariata.
-Riferirà a tutti di avervi trovato qui, ma riferirà anche quello che non ha trovato, cioè la perdita della vostra purezza. - Disse lieve.
Caroline avvampò. Non era frequente per lei parlare di simili questioni, sopratutto con un uomo.
-Credetemi. -Continuò il vampiro. -La prima cosa che farà Mona, non appena vi sarete alzata, sarà quella di analizzare voi e le lenzuola e naturalmente, non mancherà di riferirlo.
Cercando di vincere l’ imbarazzo Caroline tornò a guardarlo. - Potrebbero sempre pensare che l’ abbiate ammaliata. -
-Impossibile, è una strega Bennett. La loro generazione è protetta da un potente sortilegio che ci impedisce di adottare tale pratica, inoltre… -Fece una pausa. - E’ risaputo che assuma verbena. - Specificò.
Terminato il discorso più illogico a cui Caroline avesse preso parte, come la sera prima, la mano di Niklaus, si posizionò sul viso della fanciulla, mentre con l’ altra, con una lentezza estrema andava a sistemarle la chemise che lasciava involontariamente scoperta una porzione di pelle.
-Ecco così va meglio. -Sussurrò nello stesso istante in cui bussarono alla porta. - Mona può arrecare timore, ma è una brava donna e a parte l’ arte del ciarlare, non dovete temere altro. - Le ricordò gaio.
Dopo si alzò noncurante e velocemente, forse troppo per un essere umano, si vestì di tutto punto.
 
 
 
La schiava che si presentò alla porta, era di pelle scura, con lunghi ricci a contornarle il viso ispido. Gli occhi neri, come il carbone, andarono subito a lei.
-Aiuta Miss Forbes a vestirsi. -Ordinò Niklaus.  Io aspetterò fuori. -Senza altro indugio e senza degnarla di alcuno sguardo, lasciò la stanza.
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso, e spero non sia stato deludente. La storia è ambientata a Fell's Church( in Virginia) e nel caso qualcuno non lo sapesse, chiarisco che si tratta di una città immaginaria, ovvero quella menzionata dall'autrice dei libri e che sostituisce Mistich Fall's. Caroline è spiazzata dalla situazione, ma tornerà combattiva più che mai. Volevo precisare, che il diritto di “ convivenza forzatum” non è latino, poiché lo disconosco, non avendo fatto studi classici, ma è di mia invenzione, e porterà scompiglio.
Vi raccomando di recensire, per me è veramente importante. Ringrazio quanti l’hanno fatto nei precedenti capitoli, e le dieci persone che mi hanno messo nelle preferite.
Grazie!
Vado veramente di fretta e sperando di non aver tralasciato nulla, mi defilo.
Vi ricordo le altre mie storie in corso:
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A presto
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 4
*** 3 ***


3
 
 
Il rumore di uno schiaffo risuonò nel cortile della modesta abitazione di Bill Forbes. L’uomo non aveva valutato l’idea di alzare le mani sulla propria figlia, ma l’esasperazione vissuta nelle ultime ore, l’aveva portato a tale conclusione.
Durante la notte era arrivata un’ambasciata, la quale, li avvisava di un contrattempo che impossibilitava la figlia a raggiungere la propria abitazione.
La disperazione mista alla rabbia, avevano avuto la meglio sull’uomo.
Fremente guardava sua figlia notevolmente scossa, ancora appoggiata al braccio del suo promesso sposo.
Aveva gli occhi lucidi e il suo gesto, le aveva lasciato un livido. La fanciulla profondamente imbarazzata, non aveva obiettato: sapeva di essere stata una profonda delusione.
Non aveva ancora oltrepassato la soglia ed era reticente a farlo. Niklaus si era frapposto fra lei e il padre, come a volerla proteggere.
Sua madre continuava a guardarla dispiaciuta e lei evitava di proposito i suoi occhi.
Arrossì al pensiero di aver condiviso lo stesso letto con un uomo. Se solo qualcuno lo avesse scoperto, sarebbe morta di vergogna.
Avevano lasciato il rifugio alle prime ore dell’alba seguiti da Mona, solo per un breve tratto.
In sua presenza Niklaus era estremamente rigido e formale come richiedeva l’etichetta.
Si era limitato a scortarla, sostenendola per l’avambraccio, ivi impedire cadute accidentali. Il terreno sul quale camminavano era assai impervio.
Caroline invece si era limitata a seguirlo, cercando di sfuggire allo sguardo indagatore della donna.
Il momento passato da sola nella stessa stanza con ella, era stato imbarazzante.
Portandosi una mano sulla guancia lesa tornò alla realtà, a suo padre incollerito e alla delusione di sua madre.
-Padre … - Cercò di difendersi, ma nessuna parola l’avrebbe potuta giustificare.
-Zitta!-Tuonò l’uomo. -Entra in casa. -Ordinò.
Caroline cercò di ubbidire, ma il corpo del suo promesso frapposto fra lei e la figura del padre glielo impedì.
Il cuore della giovane iniziò a battere più forte. Non voleva alcuna discussione per causa sua.
-Non è stata colpa di vostra figlia.- Inaspettatamente Niklaus venne in suo soccorso. -Faceva freddo e ho insistito perché restasse al rifugio per la notte, con la mia ambasciata credo d'avervi spiegato tutto. Mi riferisco al problema avuto con Loockwod -
-Una ragazza per bene non si comporta in tale maniera!
-Posso garantire per lei e per la sua virtù rimasta intatta. -
Caroline arrossì, mentre sua madre si portava una mano alla bocca. Parlare di tali argomenti non era convenevole.
-La gente parlerà. -Continuò Bill Forbes.
-Che parlino. Sono io che dovrò sposarla, quindi la sua virtù è solo affar mio. -Disse sfacciato.
-Non credo siano argomenti da trattare di fronte a mia figlia sire. -
-No, non lo sono, ma avete alzato le mani su di lei ed è mio diritto oltre che mio dovere difenderla.
-E’ mia figlia!-
-Nessuno mette in dubbio niente Bill, ma Caroline presto sarà mia moglie. Si è intrattenuta con me per la notte. Non credo sia più sconveniente di quanto, avviene di solito. E’noto a tutta Fell’s Church della sua frequentazione con Tyler Loockwood e poco importa che siano amici. Ieri la stava per aggredire nel bosco ed io l’ho salvata. Era in fase di trasformazione.-Spiegò di fronte ad un Bill Forbes esterrefatto. -Se non fossi intervenuto forse vostra figlia non starebbe bene. Sapete che la rabbia dei licantropi è quasi ingestibile. -
-Lo so. Vi sono grato di aver salvato mia figlia, ma non dovevate lasciare che passasse la notte con voi. - Continuò.
Ormai era pieno giorno e alcuni passanti guardavano curiosi la scena, non osando fermarsi più del dovuto, vista la presenza del sovrano.
-Non vi preoccupate: ho intenzione di rimediare. -
Il volto di Bill Forbes si fece estremamente serio.
-Intendo impugnare il diritto di "convivenza forzatum". Sapete che avvalendomi di tal emendamento avete l’obbligo di lasciarmi condurre Caroline al palazzo e che vivrà con me, fino al momento del matrimonio, che vi assicuro avrà luogo a breve. -
Caroline sbiancò.
-Così facendo esporrete mia figlia a infamia.-
-So quello che faccio Bill. Vostra figlia uscirà illesa da questa situazione. Non posso permettere che Tyler Loockwood approfitti di lei. - Spiegò. -Caroline entrate! -Ordinò, facendole spazio per farla passare.
Contro la propria volontà, Caroline fu costretta a ubbidire.
-E’ bene che anche noi entriamo Bill.-
Solo allora Bill Forbes si ravvide e invitando con un gesto della mano Niklaus a entrare, poi lo seguì.
Caroline si rifugiò nella stanza della madre. Avrebbe voluto essere cieca e sorda.
Le parole di Niklaus e suo padre, non facevano che procurarle disagio.
-Mia figlia è giovane. -
-Quale fanciulla non è già sposata alla sua età? -
-Si ma il diritto di convivenza forzatum acclude altro. -
-Lo so benissimo ma sono il sire e non trasgredirei mai alcuna legge.-
Caroline si sedette sul letto affranta cercando di estraniarsi dalla conversazione che si svolgeva a pochi metri da lei.
-Non posso oppormi. Lo sapete bene, ma Caroline avrà bisogno di sua madre… -Fece una pausa. -La prima notte di nozze è estremamente delicata per una fanciulla. -
Caroline si agitò e cercando di non farlo trasparire abbasso gli occhi.
-E sia.- Asserì il vampiro. -Potrà venire a trovarla tutte le volte che vorrà, ma sul tardi manderò una carrozza per farla prelevare. –
-Avete vinto. -
Ammise Bill Forbes con aria sconfitta. -Bene. Adesso mi diparto. Prima però vorrei salutare la mia sposa. - Disse autoritario. -Da solo. -Precisò.
Bill Forbes lo guardò per una manciata di secondi prima di decidere il da farsi e poi capendo di non potersi opporre, si diresse nella stanza ove si era rifugiata la figlia e senza guardarla o proferire parola agguantò la mano della moglie per trascinarla con sé.
 
Rimasta sola Caroline aspettò in silenzio che Niklaus la raggiungesse.
-Spero sarete contento. -Mormorò, non appena questi fece capolino nella stanza. -Avete vinto. -
-Non siate tragica. -Piegò la bocca in un sorriso mentre si avvicinava.
-State abusando del vostro potere. -
-E voi della mia pazienza.- Si avvicinò per scrutarla meglio. Sarebbe stata una degna regina costatò. -I suoi occhi non erano sfuggenti. Nonostante la giovane età, sapeva bene come atteggiarsi in determinate situazioni. Le prese una mano fra le proprie, godendo silenziosamente del rossore che le imporporava le guance.
Poi con naturalezza, portò la sua bocca a sfiorare la pelle candida della sua mano.
Con un gesto repentino la avvicinò maggiormente a se. I suoi occhi si posarono sul livido che Bill Forbes le aveva lasciato.
Lo accarezzò delicatamente.
-Lasciate fare a me. -Disse lieve.
-Non è nulla. -Tentò di dissuaderlo Caroline.
-Lasciate giudicare a me. -Sostituì la mano con la bocca. Invece di baciarla, non fece che accarezzare la parte lesa.
-Non è solo il sangue di noi vampiri a essere miracoloso… -Sussurrò. Fece volutamente una pausa. -Lo è anche la saliva. -
Caroline trasalì agitata, mentre il vampiro l’accarezzava.
-Shh… lasciate che mi prenda cura di voi. - Mormorò vicino al suo orecchio. -Non c’è nessuno e anche quando dovesse arrivare qualcuno, non assisterebbe mai alla scena. -Le sollevò il viso alla sua altezza, ponendole il pollice sotto il mento. -Sparirei in un batter d’occhio. -Precisò.
Contro la sua stessa volontà Caroline si lasciò andare, socchiudendo gli occhi, quando il vampiro iniziò a lasciarle scie infuocate sulla pelle.
Reclinò il capo all’indietro e totalmente in sua balia lasciò che approfondisse il contatto.
Non era sicura della castità della situazione, ma lottando contro la sua stessa volontà, non potette impedire all’uomo di compiere ciò che voleva. Non quando anche lei anelava quel contatto.
Niklaus l’accarezzò a lungo e Caroline pensò di essere perduta.
Quando fu sicuro che la fanciulla non provasse più alcun dolore la allontanò.
-Adesso va meglio. -Constatò spavaldo, con un ghigno compiaciuto. -A stasera Caroline.- Disse in un sussurro prima di scomparire.
 
 
Caroline rimase per parecchi minuti a osservare il vuoto di fronte a se.
Niklaus Mikaelson era uno sfrontato seduttore e lei era caduta in pieno nella sua trappola, pensò indignata.
Il viso non le faceva più male, fu costretta ad ammetterlo ma, ancora una volta si era lasciata abbindolare permettendogli di prendersi libertà non dovute. Persa in questi pensieri, si avvide soltanto  quando la madre fece nuovamente ingresso nell’abitazione.
Adesso più che mai si sentiva in imbarazzo di fronte a lei.
-Credevo di non trovarti sola. -Disse seria la donna, sedendosi insieme con lei. - Visto che lo sei, ne approfitto per parlarti. - Si lisciò le gonne a disagio. -Figliola… -La rabbia di poco prima, insieme al dispiacere sembravano scomparse. - Presto sarai una donna sposata… e non con un uomo qualsiasi. -Le ricordò. -Niklaus non è soltanto il sire ma anche un vampiro. Il matrimonio apporterà molti cambiamenti nella tua vita. - Sospirò.  
-Madre… conosco i miei obblighi, credetemi e non farò nulla che possa dispiacervi. -
-Lo spero figliola. Io e tuo padre ne potremmo morire. Inoltre… - Si fermò in evidente imbarazzo. -La prima notte di nozze potrebbe non essere piacevole. -Confessò. -Anche se è passato molto tempo ricordo bene la mia e mi auguro che sarai accondiscendente con tuo marito. -
-Accondiscendente? - Disse affranta. Vicky non le aveva parlato di questo. Si era limitata a parlarle del dolore.
-Si. Niente lacrime. -Continuò sua madre alzandosi. -Per quanto il tuo sposo sia un gentiluomo è pur sempre un uomo. – E senza aggiungere altro lasciò la stanza.-
 
 
 
***
 
 
Quando giunse la sera Caroline era più nervosa che mai. La conversazione avuta con la madre anziché rincuorarla non aveva fatto altro che agitarla.
Era arrivata al palazzo senza la benché minima idea di ciò che l’aspettava.
La stanza che la ospitava era riccamente adornata. Dalle finestre, scendevano pregiate cortine di velluto, dello stesso colore di quelle che rivestivano il letto a baldacchino, ossia il blu. Il mobilio era pregiato, con intarsi in oro, ma lineare come richiedeva l'epoca. Nella stanza, oltre all'armadio e al cassone, erano presenti, un forziere di legno e ferro, un sofà, due sgabelli a tre gambe e un baule. Il pavimento era quasi interamente rivestito da tappeti, mentre le pareti da arazzi. Le domestiche si erano limitate a riservarle occhiate curiose mentre la preparavano per la notte.
Niklaus invece non si era fatto vivo e Rebekah, presto sua cognata, da perfida qual era si era limitata a fare qualche battutina pungente alla suddetta, sulla dubbia castità.
-Il diritto di convivenza forzatum non si applica senza un motivo. Mio fratello ha asserito che è fondamentale per avviare i preparativi per il matrimonio. Sapete una cosa? Non credo sia la verità!
Vi ha avuta e magari aspettate un bambino. Chi lo sa. - Disse perfida. – Prima di lasciare la stanza.
Caroline cercò inutilmente di immagazzinare aria nei polmoni, spaventata più che mai.
Non vedeva l’ora di sposarsi, certa che molte dicerie sarebbero cessate dopo la cerimonia.
Continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere sonno.
A un tratto sobbalzò, quando qualcuno le sfiorò un braccio.
Era buio e non poteva vedere chi fosse.
-Non dormite ancora?- La voce di Niklaus la costrinse a mettersi seduta.
-Che state facendo?-
-Sono venuto per augurarvi la buona notte. -
Caroline cercò di coprirsi come poteva. Era buio, ma sapeva che il vampiro la poteva vedere benissimo.
Sentì la risata dell’uomo risuonare nella stanza. -Credetemi ho già visto tutto. -
-Uscite subito. - Sussurro temendo che qualcun altro potesse sentirla.
-Non prima del bacio della buona notte. -
 
Note autrice.
Il capitolo è concluso. Spero di non avervi deluso.
Adesso sapete cosa include il “diritto di convivenza forzatum”.
Caroline ha soltanto sedici anni e presto dovrà sposarsi, ma l'epoca era quella. Dovete sapere che alcune erano date in spose anche fra i dieci e i dodici anni. Volevo specificare che la famiglia Forbes non è povera, infatti la sua abitazione è provvista di più stanze, cosa rara. Bill Forbes è un commerciante, ma non so se approfondirò l'argomento. Per quanto invece riguarda l'uso del tu e del voi, che noterete nel capitolo, non è una distrazione o un errore. Sappiate che era usanza del tempo, per i genitori, dare del tu ai figli. Quest'ultimi invece dovevano dargli del voi, come segno di rispetto. Infatti nel testo, Caroline da del voi alla madre e al padre, mentre Bill Forbes, le da del tu. Fra persone dello stesso ceto e in confidenza, si dava del tu, tuttavia nei matrimoni, spesso solo il marito dava del tu alla moglie e quest'ultima doveva dargli del voi. Lo so è contorto come ragionamento. Alle persone molto illustri, sopratutto figure religiose, si dava del lei. Caroline da a Ty del tu, questo perché erano amici e molto in confidenza. Ringrazio chi ha recensito, e chi mi ha messo nelle seguite, preferite e ricordate.
Grazie di cuore.
Vado veramente di fretta, quindi non aggiungo altro.
Se volete visionare le altre mie storie in corso, fatelo visionando la mia pagina.
Grazie
A presto
Tess
 
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** 4 ***


4
 
 
-Come osate?- Caroline strinse maggiormente la coltre al petto, indispettita.
La chemise che indossava benché fosse di un ordinario cotone, si modellava attorno ai fianchi, lasciando ben poco all’immaginazione.
-Non credo i miei baci vi dispiacciano. -
-Fuori!-Ordinò.
-Non ci penso nemmeno. -Niklaus incrociò le braccia al petto e invece di accontentarla, si sistemò comodamente su una sedia posta di fianco al letto. -L’ultima volta è stato estremamente dolce dormire con voi e non mi dispiacerebbe ripetere l’esperienza. -Allungò una mano per accendere una candela.
La luce rischiarò l’ambiente, rendendogli la visuale di una Caroline bellissima, con i capelli sciolti e poco disposta a collaborare.
 -Che state facendo?-Chiese questa indietreggiando verso la spalliera del letto e addossandovisi contro.
-Mi piace guardarvi. - Niklaus si alzò e si avvicinò accattivante verso la fanciulla. -Ma potrei smetterla… se voi… -Lasciò volutamente la frase a metà.
-Se voi?-Lo incitò a proseguire Caroline
-Lo volete sapere sul serio?-
-Parlate!- Cercava di moderare il tono della voce coscia che tutti al palazzo potevano udirla, ma non riusciva a trattenere la rabbia di fronte al volto scanzonato dell’uomo di fronte a lei.
-Se proprio insistete. -Si fece ancora più vicino. -Baciatemi!- Soffiò a pochi centimetri dalla sua bocca.  
Il tono usato era ammaliatore ma Caroline sapeva che non l’avrebbe mai fatto.
-Baciatemi ed io mi defilerò e per stasera dimenticherò che voi siete sotto il mio stesso tetto. -
-Altrimenti?-
-Altrimenti condivideremo lo stesso letto e dubito potrete fare qualcosa per fermarmi esile come siete. -
Caroline arrossì, maledicendosi per essersi messa in un tal pasticcio.
Chiuse gli occhi esasperata. E pensare che soggiornava al palazzo da pochissime ore.
-Siete stancante Niklaus ma acconsento. -Mormorò fievole, abbassando timidamente gli occhi. Solo qualche secondo e poi tornò a guardarlo leggermente intimorita. -Promettete che dopo lascerete la stanza?-
-Avete la mia parola. - Era dalla mattina che non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione provata ogni qualvolta la stringeva fra le braccia ed era disposto a giocare sporco per riviverla.
Vide Caroline umettarsi le labbra nervosa, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a sentirsi in colpa. Adorava metterla in difficoltà. -Bene!- Sentenziò. -Baciatemi!-
-Cosa?-La sentì sussultare.
-Baciatemi!-Ripete.
-Ma… -Non riusciva ad articolare parola evidentemente confusa.
-Avete detto che mi avreste baciato. -Le ricordò sorridente. -
-Si… ma non credevo… -Costernata, vide Niklaus prendere posto al suo fianco, sotto le coperte.
-Che fate?-
-Mi preparo a passare la notte con voi. -Disse calmo, poggiando anch’egli le spalle alla testiera e girando il capo verso di lei.
-E se urlassi?-
-Proprio non vi arrendete. – Poggiò una sua mano sul suo viso, beandosi della sensazione di calore che sprigionava. La pelle era simile alla porcellana e costellata da efelidi. Avvicinò il proprio volto a quello di lei. -Solo un bacio Caroline. -Sussurrò roco. La sua sembrava una supplica, e forse lo era, ma la giovane non l’avrebbe mai saputo.
La vide tentennare solo qualche altro minuto. -Non lo direte a nessuno?-
-No. -I visi ormai erano vicini.
-Vi prendo in parola. – Disse lieve prima di annullare ogni distanza e posare le labbra su quelle del vampiro.
 
Fu un bacio lieve.
Caroline chiuse gli occhi cercando di cadenzare il respiro. Ogni volta che si sfioravano un dolce languore, s’irradiava in ogni cellula del suo corpo. Non avrebbe dovuto provare simili sensazioni.
La mano di Niklaus che prima premeva sul suo viso, scese a carezzarle un fianco e le impedì di ritrarsi quando doveva.
-Che fretta avete?- Chiese.
Caroline avvampò. -Solo un bacio: parole vostre. - Le ricordò.
-Si ma il vostro non mi soddisfa. -
-Non credo avrete alcuna soddisfazione dalla sottoscritta. –
-Io credo di sì. -Senza darle tempo, la attirò velocemente a se e questa volta s’immerse totalmente nella bocca della fanciulla. -
Il cuore di Caroline perse un battito.
Non aveva calcolato un epilogo simile. Era da quando l’aveva baciata qualche settimana addietro che non faceva che ripetere la scena.
Non riuscì a non assecondarlo, quando il vampiro pretese di più e reclinò il capo all’indietro.
Si sentiva stordita e totalmente alla mercè dell’uomo.
-Niklaus… - Cercò di sottrarsi.
-Shh…-
-Mi avete dato la vostra parola. -Disse affannata.
-Avete sbagliato a fidarvi. Non sono solito rispettare gli accordi. -Soffiò al suo orecchio. -Adesso non mi basta un vostro bacio. Voglio di più. -
Senza darle tempo di ribattere scostò delicatamente il tessuto della chemise per posarvi un bacio delicato appena sopra il seno.
Caroline tremò, ma prima che potesse proferire alcunché l’uomo, si discostò.
-Buonanotte. – Proferì serio ponendo una reale distanza fra loro e uscendo dalla stanza.
 
 
Caroline ancora scossa guardò a lungo la porta chiusa davanti a se e quando capì che non sarebbe tornato si stese, sperando in cuor suo che nessuno se ne sarebbe accorto.
 
 
 
***
 
 
 
I giorni seguenti furono abbastanza movimentati. Mancavano appena due mesi al compimento del suo diciassettesimo compleanno e di conseguenza all’avvento del secolo, quello che l’avrebbe legata per sempre a Niklaus Mikaelson.
Il giorno dopo quello del suo arrivo, una Rebekah poco amichevole le doveva mostrare il palazzo e presentarle le dame che erano solite farle compagnia.
-Sia chiaro. - Aveva detto melensa non appena se l’era trovata dinanzi. -Sto facendo un favore a mio fratello. E’ chiaro come il sole che la vostra compagnia non mi aggrada e che non vedo di buon occhio questo matrimonio. Chiunque altra sarebbe indicata ma non voi. -
 -Ovvio!-Aveva sbuffato Caroline.
-Avete detto qualcosa?-
-Ho detto che sarebbe difficile riuscire a piacervi. - Mormorò a voce più alta.
Dubitava che la vampira non l’avesse sentita e non voleva pensasse che le facesse paura.
-Siete anche insolente oltre che inadeguata! -
-Questo lo pensate voi. -
-Io e qualsiasi altra dama presente a corte, compresi i miei fratelli, Kol e Fil. Mio padre doveva essere impazzito quando ha proposto un simile accordo al vostro. - La squadrò da capo a piedi. - Guardatevi! - Disse disgustata. -A parte il vostro sangue che Niklaus assaggerebbe volentieri, non c’è niente che potrebbe piacerle. Lui è destinato a cose maggiori, e sposare un’insulsa ragazzina non gli gioverà… ha avuto molte donne sapete?-.
Caroline avvampò, più per la rivelazione che per l’offesa subita. Sapeva che il suo promesso sposo aveva avuto molte amanti ma sentirselo dire le procurava non poco disagio.
-Adesso basta!- Disse con un tono di voce più alto.
-Altrimenti?-
-Altrimenti niente Rebekah. Non ne vale la pena. Visiterò da sola il palazzo. - Annunziò risoluta, mentre le dava le spalle e iniziava ad avviarsi.
-Fate pure. - Si sentì sussurrare all’orecchio. La vampira l’aveva raggiunta velocemente. -Sappiate però che è pericoloso. -
Caroline si bloccò ma prima che potesse chiedere spiegazioni Rebekah, l’aveva lasciata sola.
Nonostante le sue ultime parole le mettessero ansia, decise di non curarsene e con passo deciso si avvio lungo il corridoio.
 
 
 
***
 
 
 
Solo quando di fronte a se si parò l’ennesima parete, Caroline si preparò ad ammettere che si era persa.
Erano ore che vagava alla ricerca di un passaggio, di una porta o altro senza alcun risultato. A un certo punto aveva pensato di tornare indietro, per scoprire che il passaggio che l’aveva portata in quell’ala del palazzo, era scomparso.
Inoltre non aveva incontrato nessuno e questo non faceva che acuire i suoi timori.
Possibile che non ci fosse nessuno? Eppure i MIkaelson erano famosi per avere al proprio servizio molti schiavi e domestici, rimuginava fra se e se.
Che Rebekah avesse ragione?
Era stanca. L’ora di colazione doveva esser passata da un pezzo ma non poteva dirlo con certezza.
Forse doveva mettersi a bussare a quelle porte chiuse.
Si avvicinò prudente a una porta, cercando di capire se dall’interno provenisse alcun rumore ma proprio quando aveva alzato la mano per picchiare contro il battente, qualcuno le prese poco delicatamente il polso.
Caroline sobbalzò per la sorpresa ma non osò fiatare quando una donna di fronte a se le intimò con un cenno della mano di fare silenzio.
La trascinò lontano dalla porta.
-Dovete andarvene immediatamente-Intimò.
Caroline la guardò. Era scarna e decisamente pallida. Doveva essere una schiava. 
-Perché?-
-E’ pericoloso. - Rivelò. -Chi siete e cosa ci fate qui?-
-Sono Caroline Forbes … - Disse deducendo che tutti al palazzo avessero sentito parlare di lei.-Mi sono persa. -
-Non siete una schiava. -Costatò la donna ammirando il suo vestiario.
-No. Sono la promessa sposa di Niklaus. -
Vide la donna portarsi le mani alla bocca e sbarrare gli occhi.
-Dovete andare! -
-Perché?- Non riusciva a capire l’urgenza che c’era nella sua voce.
-E’pericoloso. -
Il cigolio di una porta attirò l’attenzione di entrambe.
-E’tardi.-Disse ancora la donna. -Pregate che abbia riguardo della vostra condizione. -
Un rivolo di sudore freddo attraversò la schiena di Caroline?- Chi?-
La schiava non rispose, si limitò a fissare la porta ormai aperta e a osservare la figura di un uomo che si andava avvicinando.
-Cosa abbiamo qui?- Rivolse la domanda a entrambe ma si limitò a guardare soltanto Caroline.
-La fanciulla si è persa signore. Desiderate qualcosa?-
-No Zula. – Si avvicinò maggiormente. -Chi siete?- Disse rivolto a Caroline. – Possibile che io non sappia niente dell’esistenza di tale bellezza?-
-Mi sono persa. Vivo in un'altra ala del palazzo. - Voleva dare un tono sicuro alla sua voce ma, la verità era che appariva tremante e fievole perfino alle sue stesse orecchie.
-Vai pure Zula. - Disse colui che doveva essere un vampiro.-Ho trovato ciò che cercavo.
Se possibile Caroline vide la donna impallidire ancora di più.
-Non credo di volervi seguire. -
-E da quando una donna può permettersi di obiettare. -
-Non sono una donna qualsiasi ma, la promessa sposa di Niklaus. -
L’uomo scoppiò in una fragorosa risata.
-Questo è proprio il mio giorno fortunato. Ho aspettato per più di cinquant’anni la mia vendetta e adesso mi è servita su un piatto d’argento. –
 
 
***
 
-Non posso credere che l’abbia fatto?- Niklaus era furioso. Poco prima sua sorella l’aveva avvisato della decisione assurda presa dalla sua promessa e impudente sposa.
-Credetevi fratello. Vi avevo avvisato: non è una donna adatta a voi. Non gradiva la mia compagnia e ha preferito visitare il palazzo da sola. -
-Non mi state mentendo?-
-A quale scopo?-
-Credete forse che disonorerei nostro padre, trasgredendo un suo volere?- Attorcigliò una ciocca attorno al dito noncurante.
Il vampiro non rispose. Si limitò a guardarla un ultima volta, prima di lasciare la sala e dirigersi a passo di marcia alla ricerca della fanciulla.
Non era mai stato tanto in collera con lei. Come aveva potuto essere così avventata?
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso. Spero di non avervi deluso e che vogliate commentare.
Ci tenevo a dire qualcosa. Ho innumerevoli storie fra le seguite. Questo non vuol dire che abbia tempo di leggerle tutte. Quando finisco di leggere qualcosa, ne inizio un’altra. Le storie che non incontrano il mio gusto, le rimuovo.
Dico questo, perché la recensione è diventata un business, e questo oltre ad essere amorale, va contro il regolamento di efp.
Preferisco avere poche recensioni, piuttosto che averne molte senza criterio. Sempre più spesso trovo storie scritte malissimo e senza una trama ben articolata molto recensite.
Non sapete quante volte mi hanno chiesto dopo una recensione, di contraccambiare.
Tutto questo è deludente. Per quanto mi riguarda, leggo e recensisco storie che mi coinvolgono e possibilmente scritte bene senza riceverne il contraccambio.
 
Non è mia intenzione offendere alcuno e spero non travisiate le mie parole.
Mi rivolgo soprattutto a quante non sono autrici: recensite se la storia vi da qualcosa.
Passiamo alla storia!
Come vedete non c’è molto da dire. Caroline e Rebakah non sono adorabili? Abbiamo anche l’entrata in scena di questo vampiro. Com’è possibile che Caroline corra dei rischi proprio al palazzo?
Nel prossimo capitolo preparatevi ad una sfuriata da parte di Niklaus nei confronti di Caroline.
Spero di essere stata chiara e che vi sia piaciuta almeno la metà di quanto piace a me. Scriverla mi diverte tantissimo.
Grazie alle ragazze che hanno recensito:
-Winner
-Mrs Smolder
-CinderNella
-AnneJane
-Everlily
-Likerosesneedtherain
-Sofiaroma
-Acrofaith
 
A presto
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** 5 ***


5
 
 
-Caroline Forbes . -Il vampiro, enfatizzò il suo nome, facendolo stridere di proposito fra le labbra. -Sapevo del matrimonio, benché, come avete potuto notare viva rilegato in quest’ala del palazzo. -Indicò la zona ivi risiedeva. -Tuttavia non avrei mai immaginato che la sposa vantasse così tanta bellezza. -
Caroline arretrò. -Chi siete?- La schiava era andata via lasciandola sola in balia del sottoscritto.
- Niklaus non vi ha parlato di me?- Disse in un soffio annullando la distanza che si era frapposta fra loro in un lampo.
-No… -
-Quel ragazzo non conosce proprio le buone maniere e pensare che siamo parenti. - Con più audacia del dovuto, gli bloccò una mano fra le proprie per portarsela alle labbra. Caroline tremò nell’istante in cui la sfiorò con la bocca. -Mio padre e Mikael, suo padre, erano fratelli. -Rivelò, non accennando a lasciarla. Il mio nome è Victor. Venite Caroline, seguitemi nelle mie stanze e vi racconterò tutta la storia.-.
-Non credo sia appropriato. -Si ribellò, cercando di strattonare la mano da quelle del vampiro.- Lo aveva guardato appena, tuttavia non aveva potuto fare a meno di notare, la tracotanza con cui parlava né l’innegabile fascino. I capelli erano più lunghi rispetto a quelli di Niklaus e molto più chiari, mentre gli occhi erano di un tiepido marrone.
-Bella e virginale. - La voce del vampiro la riscosse, facendola arrossire.
-Come osate?-
-Dovrei aggiungere fiera.- costatò girandole attorno e soffermando più del dovuto il proprio sguardo sulle sue forme. - Dunque vi siete persa? Se volete, potrei accompagnarvi. -Mormorò contro il suo orecchio.
-Non è il caso. -
-Già! Come darvi torto, Niklaus non approverebbe, questo ve lo concedo e pensare che un tempo eravamo come fratelli… - Fece una pausa pensieroso. -Ovviamente prima, che suo padre uccidesse il mio e che Niklaus usurpasse il trono su cui era mio diritto soprassedere. - Sollevò la mano per portarla sul viso della fanciulla. -Mi sorprende che giriate tutta sola per il palazzo. Il matrimonio avverrà a breve. -Disse pensieroso.
Caroline non rispose, troppo occupata a cadenzare il respiro e cercare di fermare il suo cuore impazzito. Il vampiro non si decideva a lasciarla andare. -Ero presente quando le siete stata promessa in sposa. Sinceramente non comprendo l’ossessione di questa casata per la progenie… -Si grattò il mento. -Perché è per questo che vi sposa. Voi lo sapete?- Disse malvagio. -Niklaus vuole un erede e solo un’umana potrà darglielo. -
Caroline boccheggiò, perché l’unico aspetto che non aveva considerato del matrimonio erano proprio i figli. Neanche sua madre le aveva detto nulla a riguardo.
Victor sogghignò soddisfatto. -Vedo che siete sorpresa. -Disse placido. -Ma non temete, non avverrà mai. Non sposerete Niklaus. Non dopo che avrò bevuto il vostro sangue. -Precisò. -Sapete che per i vampiri è un atto estremamente intimo e che solo durante il matrimonio, o dopo durante il talamo nuziale ne avviene la condivisione? - Scese con la mano ad accarezzarle il collo. Per quanto Caroline opponesse resistenza, il vampiro era troppo forte per lei e non riusciva a scostarlo di un solo centimetro.
-Per favore. -Cercò di farlo ragionare.
-Shh… - Le poggiò l’indice sulla bocca, mentre muoveva sinuoso le dita sulla sua gola e le andava a recidere un frammento di pelle. –Caroline sussultò per il dolore. Aveva capito le intenzioni del vampiro, ma non riusciva a muoversi. -Hai un buon odore. -Sentenziò premendo sulla ferita per permettere a qualche goccia di sangue di uscire. -Prima Mikael e poi Niklaus. Voi non potete capire, loro mi hanno privato di tutto e adesso io mi vendicherò.
 
***
-Non toccarla! -La voce di Niklaus risuonò chiara fra i corridoi, costringendo Caroline a voltarsi nella sua direzione.- Era furioso e la fanciulla seppur rincuorata da una parte, dall’altra iniziò a temere il suo intervento.
In pochi istanti si ritrovò libera con un leggero bruciore alla gola. Victor era a terra e Niklaus completamente addossato a lei, seppur di schiena.  
-Cugino, quale piacere. - Disse il primo.
-Non posso dire lo stesso. - Rispose rigido quest’ultimo. Caroline notò le spalle contrarsi al suono delle sue parole e prima che potesse realizzare quello che stava accadendo, vide il suo promesso sposo dirigersi verso l’altro vampiro e sferrargli un pugno in pieno viso. L’urto lo fece sbattere contro la parete.
-Non avvicinatevi mai più a lei. - Ringhiò a un centimetro dal suo viso.
-Altrimenti?- Lo provocò. -Suvvia non avercela con me. La tua fidanzata è deliziosa e non potevo non approfittarne. - Disse baldanzoso.
In un lampo Niklaus gli fu nuovamente addosso e con una velocità sorprendente lo inchiodò alla parete. -Sta lontano da lei. -Intimò.
Il vampiro nonostante la situazione non lo permettesse scoppiò a ridere. -Fino a prova contraria è lei che si è intrufolata nei miei appartamenti.-
-Fino a prova contraria sono io che ti permetto di vivere al palazzo.-
-Vorrai dire zia Esther. -
-Mia madre è troppo magnanima. – Continuava a tenerlo inchiodato al muro, ma Caroline era certa che se avesse voluto sarebbe riuscito a liberarsi facilmente. Tuttavia non ebbe mai l’opportunità di farlo, perché Niklaus lo lasciò improvvisamente e rivolgendosi a lei col più glaciale dei toni la invitò a seguirlo.
-Andiamo. -Disse gelido, agguantandola per la mano e iniziando a strattonarla per il corridoio.
Caroline lo seguì riluttante, senza aver il coraggio di dire alcunché. Era abituata al suo sarcasmo, alla sua ironia pungente, ai suoi baci, ma non alla sua freddezza. Un improvviso senso di gelo le avviluppò le viscere, conscia di aver rischiato molto col suo colpo di testa.
-Entrate!- Le disse una volta che l’ebbe condotta di fronte alla sua stanza. Caroline ubbidì non sapendo bene come comportarsi. Guardando appena oltre la cortina della finestra, si rese conto che era pomeriggio inoltrato. Aveva passato ore a girovagare per il palazzo. Continuava a tenersi la mano sulla gola e non riusciva a impedire al suo cuore di tamburellare veloce.
Senza degnarla di uno sguardo lo vide avvicinarsi al bacile presente nella stanza e immergervi dentro un fazzoletto.
Rabbrividì involontariamente quando lo vide dirigersi verso di lei, ma caparbia com’era decise di non mostrarsi debole e lo guardò dritto negli occhi quando fu giunto a pochi passi da lei.
-State ferma. -Le intimò, scostandole delicatamente la mano dalla zona lesa. Pressò col fazzoletto per rinfrescare la ferita. 
-Niklaus? -
-Zitta! -Tuonò passandosi una mano fra i capelli. Gli occhi erano freddi e tormentati, senza quella luce che li contraddistingueva solitamente.
-Mi dispiace! -Disse lieve.
-Cosa vi dispiace? Non aver accettato l’invito di Rebekha a farvi da scorta? Oppure aver rischiato che Victor… -Lasciò la frase a metà, ma era chiaro a entrambi ciò che aveva rischiato.
-Io… -
-Bene! Vedo che per una volta vi ho lasciato senza parole. -
-Non è come pensate! Io e Rebekah non andiamo d’accordo e… non credevo… -Cercò di giustificarsi.
      -Zitta! Sono stanco dei vostri colpi di testa, prima Tyler Loockwood e adesso questo. -Allargò le mani in segno di resa. - Che lo vogliate o no presto diventerete mia moglie e vi comporterete come tale: onorandomi. -Inchiodò i suoi occhi a quelli della fanciulla. -Non uscirete da questa stanza d’ora in avanti, almeno che, non sia io a ordinarlo. -
Caroline tremò furente, perché le parole del suo promesso sposo, rassomigliavano velatamente a una minaccia e sfortunatamente sapeva che ne aveva tutto il diritto.
-Non potete!-Cercò di ribellarsi.
-Cosa non posso? Impedire a colei che diventerà mia moglie di macchiare il mio nome?-.
Il suono di uno schiaffo risuonò nell’ambiente. Caroline sgranò gli occhi quando comprese che era stata lei a compiere quel gesto affrettato. Si guardò la mano dolorante ma non ebbe il tempo di concepire altro pensiero, dal momento che il vampiro la scosse rudemente per le spalle.
-Non fatelo mai più. -Le intimò tenendola ferma. - Resterete nella vostra stanza e riceverete le visite di chi mi è gradito. Ho molte cose a cui pensare e la vostra incolumità per quanto mi stia al cuore è l’ultimo dei miei pensieri. – Lentamente allontanò le mani dalle sue spalle e le fece scendere lungo la sua vita. -Non contradditemi Caroline. -Disse andando a depositarle un bacio bollente sulla fronte. Poi senza aggiungere altro, lasciò la stanza.
 
 
Rimasta sola Caroline tornò a respirare. Non si era accorta d’aver trattenuto l'aria per tutto il tempo. Si portò una mano al petto e chiuse gli occhi cercando di fermare il battito impazzito del suo cuore. La mano le doleva, ma era niente se paragonato al dispiacere che le parole di Niklaus le avevano inferto. Sapeva che il loro matrimonio era frutto di un contratto, ma le parole del vampiro glielo avevano fatto ricordare con prepotenza. Lei non era importante e il massimo cui poteva a spirare era l’amore dei figli, sempre se sarebbe stata fortunata e ne avrebbe generato.
Presa da questi pensieri, trasalì quando qualcuno bussò alla sua porta.    
-Avanti!- Disse cercando di darsi un contegno. Irrigidì la schiena di proposito e alzò il mento cercando di apparire tranquilla.
Dalla porta fece capolino la chioma bionda di Rebekah, l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. -Ho saputo della vostra disavventura e così sono venuta a trovarvi. - Sorrise perfida.
-Prego. -Si costrinse a dire Caroline. Non le avrebbe permesso di umiliarla!
Rebekah fece il suo ingresso, seguita da una figura femminile che non conosceva.
La donna in questione era di sicuro una vampira. Indossava un vaporoso vestito porpora ed era di una bellezza disarmante. Caroline si costrinse ad ammettere di non aver mai visto alcuno osteggiare la propria fisicità in tal modo. I capelli erano neri e gli occhi di un verde intenso, simile allo smeraldo. La inibiva! Di fronte a lei qualunque creatura si sarebbe sentita insignificante.
-Mio fratello ha proprio un brutto carattere, rinchiudervi nelle vostre stanze fino alle nozze deve essere umiliante… e pensare che di solito è così accomodante. -Biascicò.
Caroline si costrinse a riportare l’attenzione sulla futura cognata.
- Che maleducata! -Mormorò quest’ultima. -Non vi ho presentate. - Disse alludendo chiaramente alla vampira. Per quanto fosse bella Rebekah, non poteva di certo paragonarsi all’altra.
Caroline deglutì improvvisamente a disagio, mentre le parole di Rebekah, iniziarono a vorticarle nella mente.
-Lei è Beatrix e vive al palazzo. -
-Siete parenti?- Chiese noncurante, cercando di rimanere indifferente allo sguardo della vampira.
-Non proprio… - Tentennò girando attorno per la stanza. -Ma avrei voluto che lo fossimo. Senza la vostra presenza e il contratto, lei di sicuro avrebbe sposato Niklaus. -Rivelò perfida.
La vampira in questione abbozzò un lieve sorriso nella sua direzione.
-Come osate?- Caroline involontariamente alzò la voce indignata.
- Non penserete di essere l’unica per Niklaus. Sposerà voi, ma questo non gli impedirà di avere altre amanti. Del resto… -Fece una pausa. -Voi non riuscirete mai a soddisfarlo. -
Caroline fremette, ma questa volta quando alzò la mano fu ben consapevole della sua azione. Non era stata dettata dall’istinto, come prima quando con Niklaus si era sentita offesa, ma dalla rabbia più pura. Nessun lampo sgomento le attraversò gli occhi, quando vide Rebekah portarsi una mano alla guancia offesa.
-Non aspettatevi le mie scuse. -Strinse i pugni lungo i fianchi. Vide Rebekah boccheggiare per svariati minuti.
-La pagherete cara. -Disse una volta ripresasi dallo sgomento quest’ultima.
 
 
***
 
 
Sapeva di non stare facendo una cosa intelligente, ma era l’ultima cosa cui riusciva a pensare mentre scendeva silenziosamente le scale interamente rivestite di marmo e si avviava verso le cucine. Immaginava che lì ci fosse un’uscita secondaria, una che non avrebbe dato molto nell’occhio e che di sicuro non le avrebbe richiesto molto tempo per fuggire. Fuori diluviava e la semplice chemise in mussola, non la copriva a dovere.
La porta si aprì facilmente incoraggiando Caroline a varcarne la soglia.
Non appena le prime gocce la bagnarono, si strinse le braccia al petto e osservo il cielo scuro. Non amava i temporali e neanche il freddo le era congenito ma poi ripensando alle parole di Rebekah si fece forza. Non avrebbe permesso a Niklaus di umiliarla in una tal maniera.
Richiuse la porta alle sue spalle e iniziò ad avanzare nel giardino che accerchiava il palazzo. Tuttavia non arrivò a fare che qualche metro, prima che qualcosa o qualcuno la strattonasse con violenza.
-Cosa pensate di fare?- Era stato Niklaus a fermarla, intrappolandola fra il suo corpo e un albero. Caroline poteva sentire la consistenza della pelle del vampiro contro la sua.
-Di certo non vi ubbidirò. -Lo fronteggiò cercando di liberarsi inutilmente. Le braccia del vampiro la cingevano con troppa forza e le impedivano di muoversi.
-Invece lo farete! –
-Vi sbagliate! Potete ripudiarmi se volete, ma non vivrò sotto lo stesso tetto con la vostra amante. -Rivelò.  Non ne fu sicura a causa della scarsità della luce ma le sembrò di vedere un certo stupore nello sguardo di Niklaus sostituito quasi immediatamente dalla rabbia. Senza aggiungere altro la prese immediatamente fra le braccia e ignorando le sue proteste, iniziò ad avanzare verso l’interno del palazzo.
-Cosa fate?-
-Non intendo chiamare un medico domani mattina, così vi porto al caldo. -Disse risoluto continuando ad avanzare. Riaprì la porta della cucina e senza curarsi di richiuderla si avviò verso le scale. Una volta dentro Caroline evitò di lamentarsi. Non voleva che qualcuno la sentisse, ma non potette fare a meno di infuriarsi quando vide che l’aveva portata nei propri appartamenti.
-Credevo di esser stato chiaro quando vi ho intimato di non lasciare le vostre stanze ma visto che non volete ascoltare: farò a modo mio. - Disse depositandola a terra e iniziando ad armeggiare con le stringhe della chemise completamente fradicia.
-Che fate?- Caroline arrossì e ancora una volta cercò di allontanarlo.
-Mi prendo cura di voi: a quanto pare è inevitabile. -Soffiò sulla sua bocca.
-Prendetevi cura di Beatrix! – Questa volta lo vide indurire la mascella.
-Chi vi ha parlato di lei?-
-Non ha importanza.- Tremò stringendosi le braccia al petto. Sentiva freddo e questa volta non potette impedire alle lacrime di scendere. – Si portò le mani al viso. Non voleva che la vedesse in simili condizioni.
Niklaus dopo un lieve sbigottimento riprese ad armeggiare con le stringhe, troppo preoccupato per le condizioni nelle quali giaceva.
-Non toccatemi! – Cercò nuovamente di allontanarlo, reprimendo un singhiozzo.
-Vi ammalerete!-
-Vi importa veramente? -Chiese d’istinto rialzando lo sguardo su di lui.
-Caroline… per favore… non prendete per oro colato tutto quello che dico. -Avvicinò una mano al suo volto, sembrava sfinito e senza che se l’aspettasse scese ad accarezzarle il piccolo taglio all’altezza del collo, per poi risalire ad asciugarle le lacrime, delicatamente, quasi come se temesse di romperla.
Il cuore di Caroline sussultò. Sarebbe stato sempre così con lui? L’avrebbe sempre avuta vinta? Non si ribellò quando la bocca del vampiro scese sulla sua gola e andò a lambirle la porzione di pelle scoperta, né quando risalì sulle sue labbra. Non poteva opporsi: ne era assuefatta.
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero di non avervi deluso. L’ho scritto di getto soltanto oggi, quindi spero non ci siano errori.
Avete conosciuto Victor e Beatrix e spero vi siano piaciuti. Non ho molto da dire, perché vado veramente di fretta.
Se volete visionare le altre mie storie in corso, lo potrete fare visionando la mia pagina ( ovviamente tutte Delena)
 Recensite per favore  e fatemi sapere se qualcosa non va.
Baci
Tess
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** 6 ***


6
 
 
Caroline non riusciva a smettere di tremare, mentre le mani di Niklaus si muovevano abili e la liberavano dall’intoppo della chemise bagnata. Non si stava ribellando com’era lecito che fosse. Le umiliazioni patite nelle ultime ore, avevano avuto la meglio e adesso si sentiva a pezzi, emotivamente e fisicamente.
Niklaus a differenza delle altre volte, si era limitato a spogliarla e a coprirla con una leggera coltre, senza sarcasmo e squallide allusioni sessuali.
Caroline non aveva obiettato. Si era limitata ad abbassare lo sguardo, consapevole di star contravvenendo alle regole del buon senso. Sua madre non avrebbe apprezzato e lei stessa faticava a riconoscersi in quell’atteggiamento poco casto, e non importava che l’uomo che adesso la stesse aiutando ad asciugarsi, presto sarebbe diventato suo marito. Sembrava un'altra persona. Non rassomigliava al vampiro autoritario che appena qualche ora addietro le aveva intimato di non abbandonare la propria stanza, tuttavia non poté far a meno di irrigidirsi, quando la scortò verso l’enorme letto a baldacchino che troneggiava al centro della camera.
-Niklaus… - Cercò di obiettare quando il vampiro, scostò i teli che circondavano il letto e la invitò a sedere.
-Shhh… -La zittì ponendosi alla sua stessa altezza. -Nessuno saprà di voi. La mia stanza è molto più discreta della vostra. Converrete con me che riportarvi adesso nella vostra, questo si che attirerebbe l’attenzione. -
Caroline si morse le labbra, quando la mano del vampiro si serrò gentilmente attorno al suo polso.
-Se decido di restare… voi … -Disse in evidente imbarazzo. Non voleva passare per una dissoluta.
-Non ne approfitterò. Intendo seguire l’etichetta Caroline. -L’avvisò. -Sarete mia quando diventerete mia moglie. -
Caroline asserì, mentre la tristezza prendeva il sopravvento.-Beatrix è stata vostra?- Conosceva già la risposta, ma era così masochista da volersi torturare a udirla dalle labbra del suo promesso. Sapeva della fama che lo circondava e dubitava si fosse mantenuto casto. -
Lo sentì sospirare e immaginò si passasse una mano fra i capelli. La luce proveniente dai fini candelabri d’argento, non arrivava a rischiarargli il volto, così si accontentò di udire la sua voce, mentre il cuore iniziava a batterle veloce.
-Si lo è stata. -
Non immaginava una risposta diversa, ma udirla le fece male, come non avrebbe dovuto. Avevano stipulato soltanto un contratto di matrimonio, non di fedeltà, benché questo ne stabilisse le prerogative.
Si liberò facilmente dalla presa dell’uomo e senza aggiungere una parola, sollevò le coltri e vi s’immerse. Sia chiaro che voi dormirete sul sofà. -Cantilenò irritata.
-Adesso che vi prende?- Chiese Niklaus infastidito. Odiava la capacità che aveva Caroline di mandargli il cuore in subbuglio. Era stato sincero, credendo di fare la cosa giusta.
-Niente!- Mentì.
Niklaus fece il giro del letto per poterla guardare meglio, visto che gli dava le spalle e spostò anch’egli le coltri per potersi stendere accanto ad ella.
-Forse non sono stata chiara? Non possiamo dormire nello stesso letto. Altrimenti mi costringerete ad andarmene.-
Niklaus sospirò. -Se proprio non vi è congenita la mia vicinanza, almeno per adesso… -Precisò. -Dormirò sul divano, ma mi dovete delle spiegazioni… -
La vide sbarrare gli occhi increduli.
-Cosa pensereste se vi dicessi che non sono pura. ?-
-Non lo siete?-
Caroline sospirò, chiudendo gli occhi stancamente. -Si che lo sono. E’ proprio questo il punto. Io non posso avere un amico e voi lasciate che la vostra amante viva qui. -
-Non è la stessa cosa. Io sono un uomo- Obiettò con più durezza del dovuto, maledicendosi l’istante successivo. Caroline aveva sussultato e anche se cercava di nasconderlo gli occhi, le si erano fatti lucidi.
-Sarà sempre così?- La fanciulla lo guardò mesta.
-Che intendete?-
-Beatrix… -Si costrinse a dire quel nome. -Vivrà sempre qui al palazzo e continuerete a frequentarla.-Non era una domanda.
Lo sentì ghignare. -Siete gelosa? –
-Non avete risposto alla mia domanda. -
-Neanche voi. -Le fece notare. -Tuttavia soddisferò la vostra curiosità, sempre che di questo si tratti. -Non frequenterò altre donne una volta che saremo sposati, anzi per tranquillizzarvi vi dico che non ne frequento alcuna tuttora. -Fece una pausa. -Vi rispetterò Caroline. -Disse ossequioso, avvicinando maggiormente il volto al suo e sfiorandole delicatamente le labbra. Una sua mano salì a sfiorarle il viso in una lenta carezza. -Ma non tollero che alcuno vi avvicini. -Soffiò vicinissimo al suo orecchio. -E non posso ammettere la presenza di Tyler Loockwood a corte. -
-Non capisco il vostro agire Niklaus. -Caroline allungò una mano per sfiorare a sua volta il suo volto. -Era la prima volta che si permetteva simili confidenze, ma ne aveva un assoluto bisogno. -Perché questa smania di possessione… ?- Una lacrima le solcò la guancia.
-Perché vi voglio Caroline come non ho mai voluto nessuna. -Scese con la bocca ad asciugarle la lacrima. - Sono egoista: è nella mia natura. -Si avvicinò pericolosamente alla sua bocca per lasciarvi un altro bacio, molto più intimo del precedente.
-Ma sono già vostra. -Disse la fanciulla, mordendosi le labbra l'istante successivo. Non era intenzionata a dire quelle parole. Fino a qualche minuto prima non era sicura neanche di pensarle. Un tenue rossore le imporporò il viso.
-Non ancora piccola, non completamente. Lo sarete quando diventerete mia moglie e divideremo lo stesso letto per davvero. – Gli sfiorò ancora le labbra. -Lo sarete quando divideremo il sangue. Allora niente ci potrà separare. Ci apparterremo. -La costrinse docilmente a schiudere la bocca per approfondire il bacio, mentre il corpo del vampiro si faceva più vicino al suo, imprigionandola nella sua morsa, tutt’altro che poco piacevole.
Caroline non ebbe modo di pensare alla dignità, alla virtù, né alle etichette, perché la presa del vampiro era dolce e le mani dell’uomo che presto s’insinuarono sotto la coltre a sfiorarle i fianchi, la stavano venerando, lasciandole scie di fuoco sulla pelle. Non le stava promettendo amore e a dirla tutta, non lo stava cercando, solo ne aveva immaginate le sfaccettature, ed esse unite alla passione che l’uomo le stava dimostrando, la spaventavano.
-Siete gelata. – Soffiò ancora contro la sua pelle, mentre andava depositandole altri baci languidi.
Caroline scosse il capo. -Adesso passa. -Sussurrò appena, mentre il cuore giaceva inerme e dolorante in balia dell’uomo che presto sarebbe diventato suo marito. Aveva bisogno di quella pace, ma non sapeva che ricercarla sarebbe stato così doloroso.
-Oggi… -
Sussultò al suono della voce di Niklaus -… Ho temuto potesse accadervi qualcosa. Promettetemi che starete più attenta. -
Altre lacrime sfuggirono al suo controllo. -Ho avuto paura. -Spiegò - E ne ho tuttora.-
-Cosa vi fa paura se mi è lecito sapere? - Le prese il viso fra le mani, impedendole di sfuggire dalla sua presa.
-Questo mi fa paura. -Indicò i loro corpi troppo vicini, mentre il rossore le imporporava le gote.
-La sessualità è normale Caroline. -
-Per favore… -
-Cosa?-
-Mi vergogno da morire. -Ammise. Il buio nel quale era immersa la stanza la stava aiutando. Fino a qualche settimana addietro non immaginava di poter fare simili ammissioni di fronte a Niklaus. Lo conosceva ben poco per potersi permettere simili confidenze.
Invece di rispondere il vampiro, si limitò a sovrastarla completamente col suo corpo, senza tuttavia farle male e a baciarla più profondamente.
-Mi onorate Caroline. -Disse quando il bacio terminò.
La fanciulla, non capì il senso delle sue parole e lo guardò stranita. Il freddo lentamente stava diminuendo e anche se la tempesta al di fuori del palazzo infuriava, non aveva paura.
-Mi onorate. -Riprese il discorso l’uomo, sorridendo lievemente di fronte all’espressione imbarazzata della sua promessa, la quale cercava in tutti i modi di coprirsi - Dico ciò non soltanto perché sarò il vostro primo uomo, ma anche perché non mi lusingate con atteggiamenti ipocriti e false verità. -  
 
 
***
 
In un’altra ala del palazzo, lontana dai sussurri appena accennati di Caroline e dalla tagliente ironia di Niklaus, due lussuriosi amanti, stavano raggiungendo le vette del piacere più profondo. Il loro concedersi non era amore, solo appagamento dei sensi. Non si amavano, né si stimavano, attingevano solo alla fonte di piacere che prendevano l’uno dall’altro.
I lunghi capelli della donna, solitamente ordinati in una crocchia elaborata, adesso scendevano scomposti e sfioravano i fianchi dell’uomo.
Il vestito che poco prima indossava, giaceva per terra, assieme alla pregiata biancheria di pizzo. Ad adornarle il corpo era rimasto solo un semplice  monile di lapislazzuli.
La sua mano andò a posarsi sui pettorali scolpiti dell’uomo. - E così avete conosciuto Caroline?- Chiese noncurante.
-Ebbene sì e devo dire che è deliziosa… Beatrix - Calcò volutamente il suo nome.
-Deliziosa? Ordinaria vorrete dire. -Quello era un insulto bell’è buono.
-Candida. -Asserì l’altro, senza dare particolare importanza alle lamentele della sua amante. -Mi sarei proprio divertito se non fosse arrivato Niklaus. - Fece una pausa. -Devo ammettere che il destino con lui è stato magnanimo. -Alzò lo sguardo sulla vampira che ancora troneggiava su di lui.  -Mi riferisco alla sua promessa sposa e al fatto che mi abbia usurpato il trono. - 
-Usurpato dite?- Andò a sfiorarle con la bocca un lobo, sorridendo soddisfatta quando l’uomo mugolò di piacere. - Alfons sarebbe stato un buon sovrano. - Soffiò contro il suo orecchio, prima di flettere  il busto per alzarsi e frapporre una certa distanza fra lei e il corpo del vampiro.
Senza preoccuparsi della propria nudità, si avvicinò a una delle finestre centrali.
Dalla posizione nella quale si trovava, poteva intravedere la fontana e parte del giardino. La voce del vampiro la raggiunse. -Con mio padre le cose sarebbero andate in maniera diversa. Non avrebbe mai accettato la pacifica convivenza fra umani e vampiri - Si alzò anch’egli per raggiungerla. -I vampiri sono una razza superiore. Accettare che gli umani abbiano dei diritti è da deboli. -
Beatrix le si adagiò contro. -Convengo, ma se quello che mi state proponendo in modo subdolo, fra l’altro, è un patto, converrete con me che non mi è propizio. – Si girò a fronteggiarlo, sorridendo vittoriosa quando l’uomo scese con lo sguardo a contemplarla.
-E chi ha detto che non ne trarrete dei vantaggi?- Scese con la mano a sfiorarle un seno. -Vi libererete dell’umana che vi sta tanto a cuore. - Disse subdolo.
-Sono ambiziosa… Niklaus è ricco, potente e non potrei mai rinunciare a tutto questo. -Chiarì. -Fate ciò che volete di Caroline: non m’interessa, ma dubitiate che mi coalizzi contro Niklaus. - Sorrise. -Per quanto mi abbiate dato piacere questa sera, niente potrebbe farmi cambiare idea. -
-Ne siete sicura? -Victor la guardò dritto negli occhi, come raramente si permetteva e Beatrix si sentì a disagio,  inspiegabilmente.
La mano del vampiro salì ad artigliarle la nuca. Era più forte di lei. -Farete la cosa giusta Beatrix… -Non le permise di abbassare lo sguardo e incatenò i suoi occhi a quelli della vampira, fin quando le pupille della stessa non si dilatarono. -Voglio vendetta Beatrix. -Soffiò continuando a guardarla. -Mi prenderò tutto quello che mi hanno usurpato, ho solo bisogno di tempo. Voi mi aiuterete Beatrix, prendetevi pure Niklaus, ma il trono è mio. -Disse continuando a tenerla ferma, benché non ve ne fosse bisogno. -Niklaus avrà il suo matrimonio e la sua sposa per breve tempo, poi… mi approprierò di tutto, stabilirò un nuovo regime. Non mi metterete i bastoni fra le ruote. Siamo intesi?-
Vide la vampira asserire. -Bene, un’ultima cosa… divertitevi, pure con Caroline e lasciate che l’invidia vi corroda. -
Quando la vampira asserì, si permise di baciarla ancora. La conosceva meglio di chiunque altro e sapeva di starle facendo un favore. Quando quella sera era venuta a cercarlo, sapeva anzitempo del suo malumore e ne conosceva la causa, per come conosceva i suoi tentativi alquanto inutili di influenzarlo, tuttavia non ci pensò più di tanto mentre ancora una volta faceva suo quel corpo perfetto, certo che a questo la vampira non si sarebbe ribellata.
 
 
***
 
 
 
 
 
-Avete la febbre. - Niklaus si trovava nelle stanze della sua promessa. L’aveva accompagnata da poco più di mezz’ora, attendendo pazientemente dietro uno divisorio, che si sistemasse. Nonostante Caroline più volte le avesse suggerito di lasciarla, non si era sentito di farlo, non quando era barcollata pericolosamente fra le sue braccia.
-Non è nulla. Basterà riposare per sentirmi meglio. -
Era appena l’alba e la tempesta si era placata durante le ore notturne, lasciando solo il segno del suo passaggio. Alcuni rami si  erano spezzati e sarebbe stato impossibile quel giorno, per alcuni braccianti, accedere al proprio campo.
Nonostante le confidenze che si erano scambiati durante la notte, quanto avvenuto il giorno prima, continuava a tormentarla. Le parole di Niklaus, per quanto avesse provato a scacciarle continuavano a bruciarle, più della febbre, che doveva essere abbastanza alta.
-Fra qualche ora sarà giorno e vi manderò un medico. L’avrei fatto ora se voi non foste così preoccupata per la vostra… virtù, fra l’altro intatta con mio profondo rammarico. - Disse guadagnandosi un’occhiata torva da parte della suddetta.
-Non ce n’è bisogno. -Si ribello. -Starò bene. -
-Non se ne parla! Avete bisogno di un medico. -
-Non dovete preoccuparvi della mia incolumità. Non è mia intenzione esservi d’impiccio. -Si morse le labbra, consapevole d’aver detto troppo.
Niklaus si sedette sul letto al suo fianco e la costrinse a girare il capo nella sua direzione.  -E’ per quello che ho detto? -Indagò, premendo il pollice e l’indice sotto il suo mento.  -Spesso quando sono arrabbiato, dico cose insensate, ma è chiaro come il sole che non vi accontenterò e virtù o meno, il medico vi visiterà. -
-Siete dispotico. - Disse debolmente, fissandolo negli occhi e maledicendo la sua capacità alquanto innata di farla sentire inadeguata.
-Non è un caso che sia io a regnare. -
-Perché lo fate?-
-Fare cosa?- La sensazione di pace, provata la sera prima, iniziava a diminuire.
-Perché vi prendete cura di me?-
-Presto sarete mia moglie. -
-Il solito senso del dovere.- Sfuggì dalla sua presa e pose lo sguardo su un punto impreciso della stanza.
-Attribuitegli tutti i nomignoli che volete, ma farò a modo mio. - Tuonò altero.
I lineamenti del suo viso s’indurirono - Riposatevi Caroline. -Disse alzandosi. Il suo non era un suggerimento, ma un comando. -Io vado a chiamare un medico. Si fa a modo mio. - Senza darle il tempo di controbattere uscì dalla stanza.
 
 
 
Una volta fuori, percorse velocemente il lungo corridoio e si addentrò nel salone, per raggiungere al più presto l’ala del palazzo ivi risiedeva il medico, quando una presenza alle sue spalle lo fece voltare guardingo.
-Beatrix… - Sussurrò non appena si rese conto che non vi era alcun pericolo.
La vampira indossava un poco casto vestito dello stesso colore dei suoi occhi e anziché accennare a un saluto, le si era avvicinata con fare sensuale.
-Niklaus… -Mormorò, non appena le fu vicina. Adagiò una sua mano sul suo petto, lasciato scoperto dalla camicia ancora slacciata e percorse velocemente con lo sguardo le restanti parti del corpo.
-Cosa volete?- Chiese sbrigativo. La discussione avuta con Caroline non l’aveva lasciato tranquillo. Si chiedeva come avesse fatto a sapere di Beatrix, ma ribelle com’era non aveva voluto soddisfare la propria curiosità.
-Dunque sposerete l’umana. -Berciò.
-Questo non è affar vostro. - Scansò malamente la mano che ancora teneva poggiata sul suo petto. -Anzi statele lontano! – Intimò.
-Perché?-
-Voi fatelo, o non sarò magnanimo la prossima volta che lo avvicinerete. - Disse duro.
-La difendete adesso? -
-Presto diventerà mia moglie. -
-E’ un’umana. -Commentò disgustata. Tornò con la mano sul suo torace. - Non mi piace che qualcuno tocchi le mie cose. -
-A cosa vi riferite? – Sapeva che Beatrix non era da sottovalutare.
-Siamo stati insieme Niklaus … -
-Non sono stato il primo. -Questa volta, serrò il suo polso attorno alla sua mano. -
-Non siate impertinente. -
Le rivolse un sorriso gelido. -Voi statele lontano! -
La vampira avvicinò il suo volto a quello di lui, mentre con la mano libera andò a lasciarle una lieve carezza. -Altrimenti?- Soffiò contro la sua bocca.
-Sarò costretto a mandarvi via. -
-Sarebbe un peccato Niklaus. -Si avvicinò di qualche altro centimetro. -Eravamo perfetti insieme e non posso credere che vogliate rinunciare al mio corpo, solo per adempiere degli obblighi verso il vostro defunto padre. -O devo dedurre che c’è dell’altro?- Sgranò gli occhi, colta da una nuova consapevolezza. -Caroline vi piace?-
Niklaus non rispose subito. -La sposerò Beatrix. Non devo a voi alcuna spiegazione.
-Un umana … -
-Fatevela piacere. -
-Sapete che per voi farei qualunque cosa. -Mormorò sulla sua bocca. Lentamente alzò una mano per andare a sfiorargli la guancia e  incurante della rigidità del vampiro avvicinò la bocca a quella di lui e la sfiorò con la propria.
-La amate? –
Niklaus non tergiversò. Non ebbe alcun tentennamento quando rispose. -No! -
-Bene … questo vuol dire che ho delle speranze. -Sussurrò lasciva, continuando a guardarlo negli occhi.  -Ops … non siamo più soli. -L’avvisò indicando un punto dietro le sue spalle.
Niklaus seppe cos’era accaduto, ancor prima di girarsi. Un profumo di vaniglia le era arrivato alle narici. Lo stesso che l’aveva tormentato per tutta la notte.
-Sarà meglio che vada. -Sussurrò Beatrix compiaciuta, nello stesso istante in cui il vampiro si girava.
-Caroline … -
-Non una parola. -Indossava ancora la misè notturna e appariva stanca e provata, ma non per questo meno bella.
-Caroline … -Cercò di avvicinarsi, quando le parole della fanciulla, lo colpirono.
-Non pretendo amore, sarebbe veramente troppo, ma dopo stanotte …  -Un lampo di delusione attraversò i suoi occhi. - Forse mi sono aspettata troppo e siete un incallito bugiardo. -Tremava vistosamente e non solo per la febbre. Era la rabbia ad animarla. -Converrete con me che non posso più restare. -  
-Non è come credete. - Gli si fece più vicino.
-Cosa? L’avete baciata. -Scosse il capo contrita.
-Vedete ciò che volete vedere. -Si alterò il vampiro. -Non l’ho baciata è lei che lo ha fatto. -Le prese una mano fra le proprie.
Alcune schiave si erano svegliate. Di tanto in tanto qualcuna alzava lo sguardo sul sovrano, per poi tornare a guardare il pavimento.
Caroline non si era mai sentita più umiliata in tutta la sua vita.
-Bugiardo!-
-Adesso basta!-Ringhiò. -Non lascerete il palazzo! Mi dovete obbedienza. -L’avvicinò furente. -Dopo che il medico vi visiterà, parleremo. -
 
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso. I dubbi ci sono, ma lascio a voi la sentenza.
Questa a dispetto delle altre mie storie in corso, la scrivo facilmente, forse a causa del rating, rigorosamente arancione. Se dovessi eccedere in alcune descrizioni, vi chiedo di farmelo sapere, per aumentare il rating.
Niklaus può sembrare molto maschilista e Caroline troppo sottomessa, ma sto cercando di creare un equilibrio fra i loro caratteri, che non voglio alterare e l’epoca che si ritrovano a vivere.
Come vedete Beatrix volente o meno, alla fine ha stretto un accordo con Victor. Per quanti avessero dei dubbi, Alfons è il defunto padre di quest’ultimo, nonché fratello di Mikael.
Non aggiungo altro. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutte le persone che mi hanno aggiunta alle preferite, alle seguite  e alle ricordate.
Grazie di cuore!
Un abbraccio
Tess
Angolo pubblicità:
-E poi … all’improvviso – di Nuccetta Ecco il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1417038– Un au meravigliosa con protagonisti umani.
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Un originale molto piccante
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Un au bellissima, scritta bene, con protagonisti umani. Anche questa è all’inizio e quindi potete seguirla senza alcuna difficoltà.
 
 Spero di aver indovinato tutti i link.
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** 7 ***


7
 
 
-Avete visto?- Rebekah aveva atteso pazientemente l’ingresso di Caroline nella propria stanza, compiacendosi non poco di vederla scossa. -Ve l’avevo detto. Del resto come biasimarlo… è un uomo… e Beatrix è bellissima oltre ad essere una vampira. -
Senza degnarla di uno sguardo Caroline si diresse verso lo spartitorio e iniziò a spogliarsi.
Doveva fare in fretta. Non voleva che Niklaus la trovasse nella sua stanza al ritorno. Si tolse la camicia, ignorando i brividi che la febbre le procurava e indossò un semplice vestito di lana che Rebekah poco gentilmente le aveva passato. Era di un colore simile al turchese e presentava una serie di bottoni sul davanti, che ne facilitavano la messa.
La testa le girava, mentre non riusciva a scacciare dalla mente l’immagine di Beatrix addossata a Niklaus. Si convinse che fosse la febbre a sortirle quelle sensazioni e non la profonda delusione provata. Adesso lo sapeva… non contava molto per Niklaus e i baci ricevuti, non erano stati altro che un momento di debolezza, forse l’appagamento di uno scabro istinto sessuale.
Poggiò la mano sull’asse dello spartitorio, sistemato vicino a un baule riccamente intagliato e calzò anche le scarpe. Non aveva tempo per sistemare i capelli, così decise di lasciarli liberi sulle spalle, benché non si addicesse alla sua posizione.
Doveva fuggire da quel posto: ne valeva della sua sanità mentale.
Non poteva tornare a casa, i suoi genitori non avrebbero capito e tanto meno le sue sorelle, abituate, a essere compiacenti nei riguardi della società.
-Allora?- Rebekah le si parò davanti. -Se non vi sbrigate il vostro piano non avrà buon esito. -
Caroline tremò appena. -Sono pronta!- Inutile negare che il suo povero cuore era stato scosso brutalmente e che alle sue stesse parole aveva sussultato, ma forse era la febbre.
Che ne sarebbe stato di lei?
Rebekah spalancò la finestra e le rivolse un sorriso finto. -E’ stato un piacere. -Sibilò scrutandola altezzosa. -Pensavate veramente di piacergli? Di poter competere con Beatrix?-
Caroline non si lasciò inibire e alzò il mento per fronteggiarla. -Vi ricordo che Niklaus non ha rotto alcun contratto e che sono stata io a decidere di porvi fine. -
-Siete così patetica… v’illudete di contare qualcosa, ma la verità è che siete stata una delle tante, solo una sciocca umana. - Disse tagliente.
-Adesso non ha più importanza. -Sussurro appena Caroline, guardando fuori dalla finestra. Non sarebbe stato difficile allontanarsi. Le guardie non erano ancora alle loro postazioni. Sarebbe stato facile inoltrarsi nella foresta e raggiungere i Loockwood. Nonostante l’ultima discussione avuta con Tyler, sapeva di poter confidare nel suo sostegno.
Si girò un ultima volta a osservare la stanza che l’aveva ospitata in quei pochi giorni e notò amaramente di non avervi lasciato alcun segno. Non c’era niente che testimoniasse il suo passaggio e a parte il letto sfatto, niente testimoniava della sua presenza. Aveva ragione Rebekah: non avrebbe mai veramente fatto parte di quel mondo. Allungò la mano a prendere la mantella e frettolosamente la indossò.
-Andiamo!- Disse risoluta.
Rebekah con un balzo la issò sul davanzale. -Sia chiaro… -Precisò. -Io non vi ho aiutato. Non dovrete raccontarlo a nessuno. -
-Avete la mia parola -Rispose, specchiandosi in quelle iridi così simili alle sue.
Poi la stanza scomparve dalla sua visuale. Era come se una raffica di vento l’avesse trasportata al di fuori del palazzo. Di Rebekah non vi era già alcuna traccia, forse era troppo abile o troppo codarda per mostrarsi ancora, ma non contava. Importava che da quel minuto, la sua vita avrebbe preso una direzione opposta a quella dei Mikaelson.
Iniziò ad avanzare risoluta, cercando di non badare al freddo e alla debolezza. Il cuore rimbombava impazzito dentro il suo petto e più cercava di non ascoltarlo, più si stringeva in una morsa dolorosa.
Tirò un sospiro di sollievo, soltanto quando fu fuori dalle mura dei Mikaelson. Allora, si appoggiò al tronco di un acero, posto proprio alla destra delle mura di cinta e tornò a respirare. Non immaginava che qualcuno la stesse aspettando e fu molto sorpresa quando udì quella voce, soprattutto, perché era la stessa su cui aveva riposto fiducia.
-Sapevo che ti avrei incontrato prima o poi.- Tyler Loockwood era a pochi passi da lei. -Solo non capisco il modo in cui furtivamente sei uscita dal palazzo. -
-Aspettavi me?-
-Chi altri?- Allargò le mani in segno di resa. -L’ultima volta non ci siamo lasciati bene. -
Caroline arrossì lievemente ricordando il modo in cui si erano dipartiti. La sua mente tornò per breve a Niklaus. Era da quella notte che la tormentava.
-No. -Convenne. -Non sono avvezza a simili confidenze. -
-Ma hai accettato che Niklaus ti portasse qui. -
-E’ diverso. -Improvvisamente l’idea che l’aveva solleticata antecedentemente alla sua fuga, la impaurì. Non era più sicura di trovare un valido aiuto in Tyler Loockwood. Il suo modo di fare la spaventava non poco.
-Cosa c’è di diverso?-
-Niklaus Mikaelson è il mio promesso sposo. -Rispose, omettendo il motivo della sua presenza al di fuori del palazzo.
-E il tuo promesso sposo, ti permette di passeggiare tranquillamente al di fuori delle sue proprietà?- Disse avvicinandosi. -Senza protezione?-
-Cosa vuoi insinuare?-
Sorrise freddamente. -Niente ma qualcosa è successo. – Disse scrutandola attentamente. -Un tempo me l’avresti detto: eravamo amici. -
-Siamo amici. -Lo corresse Caroline. - Lo pensava veramente, solo non poteva spiegargli i motivi che l’avevano fatta allontanare dal palazzo. Non ora che lo vedeva così determinato a conoscere la verità.
-Ti ha avuto?-
Caroline sussultò, mentre in contemporanea Tyler agguantava la sua mano.
-Non sono argomenti che tratto con un amico. -
Tyler eluse la sua risposta. -Rispondi!-
Caroline fremette indignata. Non le avrebbe risposto. Non aveva alcun diritto di porle simili domande. Cercò di liberarsi dalla sua stretta. -Lasciami! -
-Non ti merita. - Disse furente. Tutti sanno del poco valore che le donne hanno per lui e tu non sarai l’eccezione alla regola, quindi, se non ti ha avuta… ti voglio io… per me. - Portò l’altra mano a cingerle la spalla.
Durante tutto quel discorso Caroline non aveva abbassato lo sguardo neanche un minuto e anche se tremava a causa della febbre e della veridicità delle sue parole, continuò a guardarlo. -Non ti permettere… - Disse rauca. -La gola le bruciava. -Non puoi permetterti d’insinuare niente.-
-Non conti per lui, forse conteresti se ti avesse avuto.- L’istinto era di schiaffeggiarlo, ma la presa di colui che reputava amico era troppo ferrea perché riuscisse a liberarsi, così opto per la via più breve.
-Ebbene sì, mi ha avuto. -
Solo allora Tyler la lasciò -Non ti riconosco più. -Sentenziò scuro in volto. -Ti facevo più virtuosa. -
Caroline ribollì di rabbia, ma prima che potesse inveirgli contro, qualcun altro lo fece per lei, colpendolo in pieno viso.
Caroline nei giorni a venire non seppe l’esatta sequenza in cui collocare gli avvenimenti di quel giorno.
Niklaus l’aveva raggiunta in tutta fretta. Lo dimostravano i capelli scompigliati dal vento e la blusa slacciata.
Era furioso, ma stranamente per una volta nessuna parola dura le era stata ritorta contro. Non a lei.
-Non osate rivolgervi a lei con questo tono! -Inveì Niklaus, rivolgendosi a Tyler.
-Quale tono? - Si rialzò e iniziò ad avvicinarsi spavaldo.
Prontamente Niklaus trasse Caroline dietro di se. - Non osate più avvicinarla altrimenti vi aspettano le prigioni. -Lo minacciò.
-Sto tremando. -
-Non abusate della mia pazienza, se tentenno è solo per Caroline.- Portò la mano a stringere quella della sua promessa e per un breve istante si permise di guardarla preoccupato. Non aveva una bella cera.
-Non fingiate che v’importi! -
-Non fingo. -Rispose il vampiro, ma Caroline non seppe mai cosa avesse voluto dire, perché proprio in quell’istante Tyler si trasformò. Lo aveva visto alterato, ma ne ignorava le avvisaglie, non conoscendo pienamente la sua natura di licantropo, ma Niklaus si a quanto pareva. Era stato svelto ad allontanarla e spingerla al riparo, dietro una roccia.
-Non muovetevi! -Le intimò, prendendola per le spalle con una presa decisa.
-Cosa volete fare?-Non gli avrebbe permesso di commettere una sciocchezza. Vide gli occhi di Niklaus accendersi di una luce tenue.
-Fidatevi!- Sussurrò contro la sua bocca.
Avrebbe voluto trattenerlo, impedirgli di commettere una sciocchezza affrontando Tyler, ma nell’istante in cui cercò d’afferrarlo, la sua mano si ritrovò a fendere l’aria.
-State attento. -Sussurrò lieve, certa che il vampiro l’avesse sentita. Da dove si trovava, non riusciva a seguire bene la lotta che si stava svolgendo, e forse non lo sarebbe stata neanche da un'altra posizione. Sia il licantropo, che Niklaus si muovevano agili, troppo veloci per la sua portata. L’unica cosa che riusciva a distinguere, erano le chiazze di sangue che si andavano formando sul terriccio. China dietro la roccia, osservava la lotta, vedendola proiettata a rallentatore. Al solo pensiero che potesse accadere qualcosa a Niklaus, le mancava l’aria, ma nonostante tutto, non poteva non pensare a Tyler e a quanto fosse stato importante per la sua vita. Non sopportando più la vista del sangue e il fastidioso ronzio alle orecchie che la stava avviluppando, si piegò su se stessa e attese col cuore in gola che tutto finisse.
Non seppe quanto tempo passò. Fu un grido più acuto degli altri a farla rialzare e uscire dal riparo improvvisato da Niklaus.  
La prima cosa che vide fu Tyler, eretto in tutta la sua statura. Teneva i pugni chiusi e se ne stava rigido, a osservare il vuoto. Pochi metri più avanti c’era il vampiro.
Senza curarsi delle possibili conseguenze, Caroline corse nella sua direzione e prima che se ne rendesse conto, colui  che considerava amico l’aveva afferrata per la vita.
-Che fai? -Chiese ansante. Ancora una volta non riusciva a capire il suo atteggiamento.
-Vieni via con me. - Propose. -Non sei obbligata a sposarlo. -
-Si che lo sono. -Rispose di getto, dimentica della lite avuta con Niklaus poco prima e delle sue intenzioni riguardo al matrimonio. Cercò di sfuggire dalla sua presa. -Lasciami!-
-Ascoltami! -Le prese il viso fra le mani, impedendole di muoversi. -Nessuno saprà di questo. -Indicò con un cenno il vampiro riverso per terra. -L’ho morso. -Rivelò. -Sai cosa significa? Sei libera se vuoi. -
Caroline tremò. -Non dirlo nemmeno e non avvicinarti mai più a me. -
Tyler la guardò stranito e finalmente mosse qualche passo nella direzione opposta alla sua.
-Voglio stare con Niklaus. -Sussurrò istintivamente, trovandosi di fronte una realtà scomoda.
Tyler sbarrò gli occhi, ma non demorse. -Non contate per lui! -
-Non importa. -
Solo a quelle parole Tyler cedette e si allontanò senza più degnarla di uno sguardo.
 
 
 
 
Rimasta sola Caroline corse verso Niklaus. Credeva di non avere più forze, ma evidentemente si sbagliava. Nonostante bruciasse a causa della febbre e il freddo le fosse penetrato fin dentro le ossa, riuscì ad accovacciarsi alla stessa altezza del vampiro.
-Niklaus… - Scese con la mano ad accarezzarle il volto. Era la seconda volta che accadeva.
-Sto bene. -Mormorò. Nonostante la sofferenza, la guardava risoluto.
-Non direi. -
Spostò lo sguardo sulla ferita, appena sopra la spalla. -E’ solo un graffio. -
-Un graffio dite?- Tyler vi ha morso e sapete bene che un morso di licantropo è letale. - Annaspò. -Dovete bere il mio sangue. -Sussurrò decisa, fissando i suoi occhi.
-Che state dicendo?-
-Alla fine è lo scopo di questo matrimonio. Vi sono stata concessa perché vi ero destinata in un certo senso. Il mio sangue può guarirvi dal morso di un licantropo. Del resto, dopo il matrimonio, lo scambio di sangue ci sarà comunque. -Disse rivolta a se stessa.
Vedeva Niklaus sempre più debole, era questo a darle manforte.
-Nessuno lo verrà a sapere. - Le sussurro inaspettatamente lui.
Caroline arrossì, ricordando improvvisamente la delicatezza dell’atto che si apprestava a compiere. Col sangue gli donava una parte di lei.
Nonostante la determinazione, tremò quando Niklaus si alzò per portarsi alla sua stessa altezza e con le braccia le andò a cingere i fianchi.
-Non abbiate paura. -Disse al suo orecchio. -Rilassatevi!-
Col cuore in subbuglio Caroline ubbidì, ringraziando che le mani del suo promesso, la sostenessero.
-Tranquilla! -Soffiò sulla sua gola. Non voleva farle male, anche se sapeva che era inevitabile, per questo si costrinse ad agire con calma.
Lentamente avvicinò la bocca alla sua gola, ma invece che affondarvi i canini, iniziò a lasciarvi una scia di languidi baci, che ebbero il potere di tranquillizzarla. -Vi farà male. -L’avvisò poco prima di prendere possesso della sua carotide, e non ricevendo alcun segno di dissenso, lasciò che i canini la penetrassero.
La sentì irrigidirsi di rimando, mentre cercava con tutte le sue forze di trattenersi, ma non appena il sapore del sangue giunse alla sua bocca, fu inevitabile approfondire il contatto e dimentico di ogni buon proposito, lasciò che il liquido vermiglio gli scendesse nella gola, inebriandosi di lei. Era sua finalmente.
Caroline d’altro canto, si era sentita investita dal dolore, ma era stata lei a volerlo e adesso per quanto il dolore fosse ancora forte, non riusciva a negare la sensazione che tale gesto aveva sortito in lei. Lo voleva, per come il vampiro desiderava lei.
Reclinò il collo all’indietro, desiderando che quel contatto non avesse più fine. Non sapeva quanto fosse difficile per il suo promesso trattenersi.
 
 
 
Quando si staccò, parecchi minuti dopo, stava notevolmente meglio. Continuando a tenere Caroline stretta a se, si permise di respirare.
-Grazie. -Sussurro, guardandola mesto.
-Sto bene. -Lo rassicurò, abbozzando un sorriso. In realtà, la testa le girava e se Niklaus non l’avesse sostenuta, sarebbe certamente svenuta.
-Siete una gran bugiarda. -L’abbracciò stretta e dolcemente le depositò on casto bacio sulla fronte. -
-Ho freddo. -Si lamentò chiudendo gli occhi.
-Si piccola, adesso rientriamo, ma prima c’è una cosa che voglio sappiate: mi piacete. - Per un istante si compiacque di vederla arrossire. -Vi sposo perché lo voglio. - Disse ancora sulla sua bocca. -E adesso lasciate che mi prenda cura di voi. –
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
  -E tu chi saresti? -Victor, esaminò con attenzione la figura che le si stagliava davanti. Non ricordava d’averla vista altre volte al palazzo e l’avrebbe notata. Nonostante i vestiti che indossasse fossero logori e rappezzati in più parti, non poteva negare l’indiscutibile bellezza che la fanciulla vantava.
I capelli color miele, non erano raccolti in nessuna elaborata acconciatura. Non c’era alcun monile ad adornarle il collo perfetto e la pelle diafana non presentava la minima traccia d’imperfezione.
-Il mio nome è Anne.-
-Anne… - Il vampiro si alzò dal letto nel quale giaceva e si avvicinò lento. - Nonostante la fanciulla avesse paura, cercò di mascherarlo e non abbassò lo sguardo nemmeno un secondo. -E cosa ti porta al palazzo?Non sei una schiava. -Le girò attorno felino.
-Non lo sono. -Confermò.
-Allora? -
-Sono qui per guadagnare un salario. -
Victor sorrise. -Devo dedurre che tu sia di facili costumi. -Azzardò.
Vide il corpo della fanciulla irrigidirsi e fremere d’indignazione.
-E cosa ve lo fa pensare? -Chiese questa inaspettatamente.
Victor la guardò gelido. Non si era aspettato una contro domanda, ma rispose ugualmente, forse incuriosito dall’atteggiamento fiero e poco incline alla sottomissione.
-Non avete un marito che provveda a voi e considerata la vostra bellezza, deduco siano le vostre abitudini a non essere sane. -Le si parò davanti, ponendo fine al suo esame. - Soffermando volutamente gli occhi sulla linea perfetta della sua bocca.
- Non ho una dote. -Gli rivelò inaspettatamente guardandolo truce. Non sopportava chi come lui, saltasse a conclusioni affrettate.
-E quali sono le vostre mansioni?- Chiese interessato.
-Pulire e provvedere… al sangue. -Disse guardando per la prima volta altrove. Si sentiva in imbarazzo col vampiro, forse a causa del suo fascino, ma non voleva che il sottoscritto ne traesse vantaggio. Per questo prima  non aveva abbassato lo sguardo.
Inaspettatamente si ritrovò col vampiro a pochi centimetri dal proprio corpo.
-Questo significa che posso averne anche adesso?- Chiese lascivo, salendo ad accarezzarle il volto.
La fanciulla si scostò brusca. -No. -Disse perentoria. -Significa che ... domani. -Marcò bene l’ultima parola. -Ne avrete. -
Vide il vampiro ghignare. -Bella e insolente. –
-E’un mio diritto. -Gli ricordò la fanciulla.
-Lo so bene, ma vorrei ricordarti che sarà doloroso. -Disse per spaventarla. In realtà non immaginava il dolore, ne aveva sentito parlare.
-Domani! -Disse caparbiamente la fanciulla, strappandogli l'ennesimo sorriso.
-Bene! Mi chiedevo se oltre ad avere il tuo sangue possa avere qualcos’altro. -Propose. Sapeva che la fanciulla non aveva esperienza a riguardo e si compiacque di vederla arrossire, solo non era preparato allo schiaffo che lo colpì in pieno viso.
Senza pensarci molto le afferrò rudemente la mano e l'avvicinò maggiormente al proprio corpo. -Non farlo mai più- La minacciò.
Anne, d'istinto chiuse gli occhi e per parecchi minuti, temette che l’avrebbe picchiata, ma dovette ricredersi alle parole del vampiro.
-Non picchio le donne. -Disse duro.
La fanciulla non ne conobbe mai il motivo, ma gli credette.
 
 
 
Note autrice.
Alla fine sono riuscita a postare. Spero il capitolo non sia stato deludente. Nonostante l’abbia scritto con facilità, non nego di essere insicura a riguardo, quindi aspetto i vostri commenti.
Quanto avvenuto fra Niklaus e Caroline  non ha bisogno di molte spiegazioni. Quando è stato stipulato il contratto prematrimoniale, si sapeva che il sangue di Caroline, sarebbe stato utile per il morso di un licantropo. In questa sorta di universo alternativo, alcuni vampiri hanno la loro dopplenger ( non mi ricordo come si scrive correttamente e non ho tempo). Volevo precisare che Niklaus è vampiro di nascita, nato dall’unione tra Mikael e Esther, mentre altri lo sono diventati perché trasformati.
Victor è un personaggio molto complesso e vi annuncio già che potrebbe piacere, anzi, piacerà senz’altro.
Abbiamo conosciuto anche Anne e non nego che darà molto filo da torcere al bel tenebroso.
Non ho più tempo, ma ringrazio tutte le persone che recensiscono e quanti hanno messo la storia fra le preferite, seguite e ricordate. Per me è veramente importante. Purtroppo questo è un periodo pieno e sono indietro con gli aggiornamenti delle altre mie storie, quindi abbiate pazienza.
Un bacio
Tess
 
 
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Capitolo 9
*** 8 ***


8
 
 
 
 
E tu chi sei?- Era la seconda volta che qualcuno le rivolgeva la parola, usando quel tono inquisitorio. La prima era stata con Victor, il vampiro che a rigor di logica, doveva bere il sangue, da preziosi calici di cristallo, ma che invece preferiva farlo direttamente dalla fonte.
Anne, puntò lo sguardo sulla figura che le si era stagliata davanti, ponendo fine alla tortura cui erano state sottoposte le sue braccia fin dall’alba.
Ancora accovacciata sulle proprie ginocchia, fissò colei che aveva fatto il suo ingresso nella stanza.
Quella che le stava di fronte, era sicuramente una vampira, lo dimostravano l’indubbia bellezza e il portamento fiero. Indossava un pregiato abito di velluto scuro, che non faceva altro che risaltare la perfezione della pelle diafana.
-Non ti ho detto di smettere di lavorare. Rispondi alla mia domanda!-
Anne tremò. Non era lo stesso timore che l’aveva avvolta quando aveva conosciuto Victor. -Sono Anne… -Mormorò.
-Alzati! -
Ancora una volta la fanciulla ubbidì.
La vampira le girò attorno incuriosita. -Sei una schiava?-
-No… una serva. -
-Bella e insolente. -Sibilò. -Abbassa gli occhi quando ti parlo! - Raramente qualcuno non lo faceva al suo passaggio, figurarsi se potevano permettersi un simile affronto. -Che ci fai qui?-
Incurante della velata minaccia, Anne continuò a guardarla. Se c’era qualcosa che qualcuno non le avrebbe mai calpestato era la propria dignità, e ne era rimasta ben poca, ormai. Costretta dalla miseria a vendere il suo sangue e i suoi servigi. Non c’era alcuna legge a imporle un simile atteggiamento. Per questo invece di abbassare gli occhi, come le era stato ordinato, non lo fece.
-Sto pulendo. -Rispose. -Mi hanno chiesto di pulire questi appartamenti.-
-Chi?-
-Ofelia.-
Beatrix si avvicinò. -Non ti credo:sei una bugiarda! Sei qui per rubare. - Le tolse lo straccio dalle mani. -Di solito è Zula a pulire gli appartamenti di Victor.-
 
Una fragorosa risata risuonò nell’ambiente, ponendo fine a quell’inusuale scambio di parole fra la vampira e Anne.
-Calma signore! -Victor si avvicinò felino, con un lieve sorriso canzonatorio sul volto. -Ho chiesto io la presenza di Anne nei miei appartamenti. -Era a torso nudo e i calzoni, lasciavano poco all’immaginazione. Un uomo affascinante, non lo si poteva negare. Fu l’unico pensiero concepito dalla fanciulla, prima che il pudore le facesse puntare lo sguardo altrove.
Beatrix invece, continuò a guardarlo sfrontatamente e quando gli fu abbastanza vicino,  accarezzò la pelle del suo costato.
-Cosa vuoi? -Disse gelido il vampiro.
Beatrix fermò la mano a mezz’aria e poi senza dire una parola si defilò. Non senza rivolgere un ultima occhiata astiosa ad Anne.
Rimasta sola Anne, in evidente imbarazzo, tornò ad accovacciarsi sul pavimento e riprese lo straccio che poco prima Beatrix le aveva strappato dalle mani.
Il vestito che indossava, dalle gambe in giù, era fradicio, a causa del lavoro, cui era stata costretta fin dal mattino, e quei pochi minuti di pausa, le avevano portato una ventata di gelo nelle ossa.
Iniziò a sfregare il pavimento, cercando di non pensare agli occhi del vampiro che la stavano scrutando. Appoggiato alla parete, sorseggiava il vino che poco prima si era servito.
-Hai tenuto testa a Beatrix. -Costatò.
Istintivamente Anne lo guardò. -Mi ha accusata! - Non capiva il senso del suo discorso e non ci teneva a scoprirlo. Se c’era una regola a cui non voleva contravvenire, era quella riguardante i rapporti fra vampiri e servi.
Ancora una volta, gli occhi del vampiro, si posarono sui suoi. -Per oggi hai finito. -Disse avvicinandosi.
Anne tremò. Sapeva qual’era lo scopo della sua vera presenza in quella stanza e non si sarebbe tirata indietro, ma non poteva negare di non esserne spaventata. Non poteva non aver paura di ciò che non conosceva.
La sera prima, non era riuscita a dormire a causa dell’ansia che l’attanagliava, ma si era guardata bene dal dirlo a sua madre. Così aveva finto!
Si alzò non appena il vampiro le fu di fronte, cercando di non pensare al dolore che avrebbe provato e ad un eventuale perdita di controllo da parte di quest’ultimo.
La mano del vampiro si mosse per accarezzarle il collo, andando a insinuarsi sotto il tessuto del vestito, che in parte la copriva alla sua vista.
-Siete troppo vestita!- Sentenziò il vampiro, godendo lievemente del rossore che andò a tingere le guancie della fanciulla. -Bisogna che togliate il bavero. -Disse andando a posizionare le mani sul colletto del vestito.
Anne si maledì mentalmente, perché quel vestito non aveva il bavero che si staccava, e impaurita com’era, la mattina non ci aveva pensato. Del resto il suo guardaroba era talmente misero, da essere composto da solo due abiti, e l’altro, era bagnato.
-Non si stacca. -Disse il vampiro al suo posto, iniziando a capire l’atteggiamento della fanciulla. Poi con naturalezza, andò a posizionare le sue mani sulle stringhe.
-Che fate?-Anne trasalì.
-Vi aiuto a allentarlo.- Piegò le labbra in un sorriso accattivante, iniziando a armeggiare sicuro.
Anne s’irrigidì, ma non riuscì comunque ad opporre resistenza. L’unica cosa che riuscì a fare, fu quella di tenersi il vestito sul davanti, mentre Victor finiva di allentare le stringhe.
-Così va meglio. -Disse qualche minuto dopo. Solo in quel momento Anne si permise di guardarlo nuovamente. Voleva sapere se doveva veramente temerlo, averne paura… o altro.
Forse non doveva, pensò, perché per quanto in molti additassero i vampiri come creature spietate e senza sentimenti, in quel momento non riusciva a crederlo. Non poteva credere che la bellezza di quell’uomo, potesse coincidere con le brutture descritte a Fell’s Church. Come facevano un angelo e un demone a risiedere nello stesso corpo?
Portava i capelli scompigliati sul davanti. Gli ricadevano disordinati sulla fronte ampia ed erano di un biondo chiaro.
Gli occhi di un caldo marrone, non erano gelidi come il giorno prima, ma sembravano accesi di una tenue luce, e la bocca era carnosa, la mascella squadrata, gli zigomi alti, le spalle forti.
La mano del vampiro si avvicinò nuovamente al suo collo. Questa volta l’accesso alla sua pelle non le era stato precluso. Non appena la sfiorò, un brivido la trapassò.
-Hai paura? -Le chiese inaspettatamente.
Anne s’impose di restare calma, ma le parole le sfuggirono, prima che potesse fermarle. -Farà male?-
-Non lo so… nessuna si è mai lamentata. -Disse, mentre con la mano libera l’attirava a se.
Anne si ritrovò a boccheggiare. Nessun uomo l’aveva mai sfiorata, né tenuta così stretta.
-Rilassati. -Le soffiò il vampiro prima di avventarsi su di lei.
Non appena i canini la penetrarono, il dolore la investì, ma non si lasciò sfuggire nemmeno un lamento.
Aveva paura adesso, ma concentrò la sua attenzione su altro.
Il vampiro, odorava di vino ed erbe. La sua pelle era ruvida. Ne sentiva la consistenza sotto la mano, la stessa che aveva rinunciato a sostenersi il vestito quando il dolore l’aveva percorsa e che adesso gli sfiorava la spalla nuda.
No, non le avrebbe fatto del male. I capelli le sfioravano parte del volto e anche se le braccia che la stringevano lo facevano con forza, anziché esserne spaventata, si sentiva rassicurata.
Anne chiuse gli occhi, mentre Victor acuiva la presa e approfondiva il contatto.
Non contava più il dolore, che per quanto fosse forte, era passato già in secondo piano. Le importava del dolce languore che con lentezza si stava impadronendo delle sue membra… del bruciore che l’avvolgeva, la dove la mano dell’uomo era ferma, alla base della sua schiena.
Tutto stava perdendo consistenza, mentre iniziava a sentirsi leggera e davanti agli occhi le balenavano piccoli puntini oscuri, ma quando credeva che l’oblio l’avrebbe avvolta, il vampiro si staccò.
Lentamente sentì i canini ritrarsi  e vide le piccole venature bluastre scomparire.
Rimasero fermi per parecchi secondi, fino a quando l’uomo non abbandonò la presa sul suo corpo e Anne torno a respirare. Prima non si era accorta d’aver trattenuto il respiro, troppo impegnata a sostenersi la veste e mostrare un coraggio che non possedeva.
-Rivestitevi. -Disse roco il vampiro. Poi ricordandosi del vestito e della difficoltà ormai note da parte della fanciulla ad allacciarselo da sola, l’avvicinò nuovamente e iniziò ad armeggiare con le stringhe. Anne notò la piccola vena che gli pulsava appena sopra la carotide. Si vergognava da morire, ma non si oppose. La testa le pulsava e si sentiva intontita.
Il vampiro, termino troppo in fretta. -Puoi andare adesso. -Disse infastidito.
-Non ho ancora finito. -Anne indicò il pavimento. Lo guardò consapevole dì aver condiviso qualcosa di molto intimo. A quanto pareva tale consapevolezza spiazzava lei al pari di lui.
-Lo farai più tardi. -
Anne asserì col capo, forse troppo accondiscendente, ma non appena cercò di muoversi, un forte giramento di testa, la costrinse a chiudere gli occhi e a sostenersi a un settimanile.
-Tutto bene?- La voce di Victor, le giunse come se fosse stata pronunciata a centinaia di metri di distanza.
Asserì col capo, continuando a tenere gli occhi chiusi. Non è nulla. -
-Non si direbbe?- La fanciulla era pallida. Il vampiro, allungò la mano per costatare che stesse bene, ma a metà percorso vi rinunciò, trattenendosi dallo sfiorarla. -Hai mangiato? -Chiese.
Vide la fanciulla scuotere il capo e nello stesso istante riaprire gli occhi. -Sto bene adesso. -Rispose.
Il vampiro alzò un sopracciglio scettico. -E per quale motivo non hai mangiato? Devo dedurre che non vedevi l’ora di iniziare. -
Anne alzò il viso battagliero. -Sono povera: è un reato?-
  
  
  
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
-State meglio?-Niklaus non si era allontanato un solo istante da Caroline, ignorando le continue lamentele di lei, aveva deciso di passarvi la notte in quella stanza, contravvenendo alle regole del buon senso, come più volte lei aveva lagnato e all’etichetta.
Ormai era giorno e dalla finestra proveniva solo una debole luce, che a fasci colpiva il viso spossato di Caroline. Una densa coltre di nubi faceva presagire l’arrivo di un’ altro temporale.
La fanciulla si mosse appena al suono di quella voce. Durante la notte era stata davvero male e adesso la stanchezza aveva avuto la meglio. Non dormiva, ma gli occhi erano troppo pesanti perché potesse aprirli.
-Caroline?-
-Si… -Disse debolmente. La febbre adesso era bassa e la sera prima, grazie all’intervento di Niklaus aveva evitato il salasso. Il vampiro sapeva che era troppo debole per sopportarlo, così il medico di malavoglia, aveva optato per qualche infuso.
Il braccio le doleva ancora. Cercò di piegarlo, ma il dolore le fece sfuggire un lamento. Se Niklaus non fosse arrivato in tempo, probabilmente l’avrebbero sottoposta a quella tecnica orribile, di cui sfortunatamente ne conosceva gli effetti, giacché vi era stata sottoposta appena un anno addietro.
-Non si direbbe. -A quelle parole, il letto si era abbassato, e Caroline capì che il vampiro doveva essersi appena seduto. Ne ebbe la conferma, quando questi le prese la mano. L’altra invece andò a sfiorare i segni che doveva ancora avere sul collo e il livido che l’ago le aveva lasciato.
Questa volta Caroline, si costrinse ad aprire gli occhi. -Va meglio. - Disse, cercando di essere quantomeno convincente. Non voleva farlo preoccupare inutilmente.
-La febbre si è abbassata . -Costatò quest’ultimo, lasciando l’avambraccio e andando a sfiorarle la fronte con un casto bacio.
Il cuore di Caroline si agitò, perché nonostante l’intimità che si era venuta a creare, non poteva fare a meno di essere turbata dalla sua vicinanza,e non perché non fosse abituata alla presenza costante di un uomo al suo fianco, ma perché quell’uomo era lui.
Vide il viso di Niklaus distendersi in un sorriso. Non era illuminato da quella luce tenue che aveva intravisto poco prima della lotta con Tyler.
Il sorriso di Niklaus non era dolce, ma accattivante.
-Perché sorridete?- La voce, le era uscita roca, sentiva ancora in bocca il sapore delle erbe.
La domanda le era uscita di getto, ma non era sicura di volerne conoscere la risposta.
-Pregustavo il momento in cui le vostre guancie si tingeranno di rosso.-
-Non sono imbarazzata. -
-Lo sarete a breve. -Soffiò deciso. Poi con naturalezza scese con la bocca a sfiorarle l’avambraccio e il collo, la dove i suoi denti avevano lasciato due fori, infine la bocca.
-Ve lo dirò una volta Caroline e voglio che sia chiaro. -Disse deciso subito dopo. Puntò lo sguardo sui suoi occhi. -Beatrix non conta nulla per me. -
Caroline chiuse nuovamente gli occhi, indecisa sulle parole da pronunciare. Sapeva di dover affrontare quell’argomento prima o poi, tuttavia non riuscì ad articolare alcuna parola, perché nel momento in cui cercò di farlo, un forte boato attirò la sua attenzione e quella di Niklaus.
-Che succede?- Furono le uniche parole che le salirono alle labbra.
-Non saprei… - Si alzò improvvisamente teso e in allerta. -Riposate Caroline. -Disse risoluto senza guardarla. -Torno presto. -Poi senza degnarla di uno sguardo abbandonò la stanza.
Caroline guardò a lungo la porta chiusa, imponendosi con scarsi risultati di restare calma.
Ecco cosa la infastidiva. Sapere di non contare abbastanza per lui da informarla su quanto stesse accadendo. Poteva sbagliarsi e magari Niklaus disconosceva i motivi di quel rombo e si stava lasciando contagiare dai soliti pregiudizi nei suoi confronti, eppure, una fastidiosa vocina, continuava a ripeterle che non era lei a essere prevenuta, ma il suo promesso a non considerarla abbastanza.
Ecco perché armata di buona volontà, si preparò a lasciare ancora una volta la stanza, ignorando volutamente il suggerimento, se così lo si poteva chiamare, di Niklaus.
Determinata a conoscere i reali motivi della sua dipartita e ignorando i giramenti di testa e i brividi che la febbre le causava, decise di alzarsi.
Come il giorno prima, si diresse verso lo spartitorio, agguantando il primo vestito che le capitò a tiro, il primo che potesse indossare senza complicazioni. Era di un pregiato marrone, con rifiniture in oro.
Dopo una breve occhiata allo specchio, rinunciò all’idea di uscire in tutta fretta per dedicarsi almeno ai capelli. Erano stopposi e disordinati. Non poteva lavarli, ma spazzolarli sì.
Li pettinò a lungo e li fissò con un pettine dorato.
L’ultima occhiata allo specchio, le restituì un’immagine spossata, ma non per questo poco ordinata. Dopo, senza perdere altro tempo, ignorando le fitte insistenti al capo, abbandonò la stanza.
 
 
 
***
 
Il cortile esterno, come i giorni precedenti era molto trafficato. Schiavi, domestici e commercianti erano molto affaccendati, ma non fu questo ad attrarre l’attenzione di Caroline, bensì delle voci.
Nessuno notò la sua presenza, del resto noto ancora Caroline, erano tutti molto impegnati, e poi non erano in molti a conoscerla lì al palazzo.
“E’ una sommossa!”Caroline si bloccò all’udire quelle parole. Erano state pronunciate da quello che aveva tutta l’aria di essere uno schiavo, un giovane di pelle scura e vestito troppo leggero per la stagione invernale.  
“Sono fuori dalle mura, ma niente ci assicura che non tentino di oltrepassarle.”Questa volta, la voce apparteneva a una donna.
Un gruppo di sei o sette persone, stava discutendo su quella che aveva l’aria di essere l’inizio di una rivolta.
“Sua altezza è con i suoi fratelli Finn, Elja e Kol, ma non sappiamo quale decisione prenderà. Forse deciderà di rinunciare al matrimonio.”
Che cosa stava succedendo? Caroline si aggrappò a una balaustra improvvisamente spaventata. Il cuore le rimbombava forte e non per la paura di essere scoperta.
-“E’da stamani che sono al di fuori delle mura e chiedono che vostra altezza abdichi. Non approvano che sposi un’ umana.” Eccole arrivare le parole tanto temute, quelle che l’avevano tormentata per mesi, perché non soltanto ponevano un limite alla sua unione con Niklaus, ma marcavano le differenze fra di loro.
Si pentì di non aver preso il mantello per uscire, faceva freddo, ma decisa a capirne di più sulla faccenda, si avviò a passo deciso verso il delimitare delle mura.
Non immaginava che all’ interno del palazzo potesse esserci tale trambusto in pieno giorno, ma forse era dovuto ai preparativi per la festa, la stessa che avrebbe dovuto presentare lei come futura sposa, in società.
Era prevista per la settimana a venire ed Esther si stava dando parecchio da fare a riguardo.
Caroline superò la fontana, un arco in pietra e si confuse fra i vari mercanti a cui era permesso accedere al palazzo.
Fu quando giunse in prossimità delle mura, che si rese conto che quella che gli schiavi additavano come sommossa, lo era per davvero. La tensione era palpabile.
Fuori dal palazzo, al di la delle mura di cinta che appena la sera prima aveva superato, vi era un gruppo di uomini, presumibilmente vampiri, forse un centinaio. Stavano discutendo animatamente e mettevano in discussione, le leggi emanate dai Mikaelson. In particolare erano i diritti che erano stati assegnati agli umani a creare scompiglio.
Caroline tremò quando alcune voci giunsero alle sue orecchie.
Non si era aspettata tanto odio da parte dei sudditi.
“Se Niklaus Mikaelson deciderà di sposarla comunque, dovremo istituire un nuovo sovrano… “Non udì altro, qualcuno la costrinse a venire allo scoperto poco gentilmente.
-Che ci fate qui? - Si trattava di Victor il vampiro che giorni addietro aveva cercato di prendere il suo sangue.
Caroline indietreggiò coscia del pericolo. Guardandosi in giro, non trovò alcuna via di fuga.
-Vi ho fatto una domanda. -Insistette il vampiro infastidito. Usciva adesso dai suoi appartamenti e non era certo di volersi imbattere in altri problemi. Anne gliene aveva dati abbastanza.
-Passeggio. -Rispose risoluta Caroline.
-Mentire non vi si addice. -La strattonò per un polso e poco gentilmente la costrinse a seguirlo.
-Lasciatemi!-Intimò Caroline. Durante il tragitto in molti si erano girati a guardarli, ma nessuno accennava a intervenire. La presa del vampiro era ferrea e difficilmente sarebbe riuscita a liberarsi.
La condusse verso l’entrata, facendole temere che volesse ripetere l’esperienza precedente, ma inaspettatamente Niklaus era lì.
Solo a quel punto Victor la lasciò. -Mi dovete un favore cugino. -Disse spavaldo giuntogli di fronte.
Niklaus non rispose, si limitò a stringere la mano di Caroline nella propria e a guardarlo andar via.
Era teso e preoccupato.
-Non fatelo più Caroline... Non azzardatevi a rischiare in modo così incosciente la vostra vita. -
  
 
 
 
 
 
 
Note autrice:
Ebbene sì, ce l’ho fatta. In questo capitolo, avvengono molte cose, abbiamo una prima parte con Caroline e Klaus molto dolce, purtroppo spezzata da un grave problema.
Abbiamo conosciuto meglio Anne e Victor. Su quest’ultimo, volevo precisare che non ho mai detto che era malvagio, solo che odia Niklaus, e presto scopriremo il perché e il trascorso che l’ha condotto a tale odio.
Al contrario di Niklaus, Victor è determinato e molto più ribelle. Sa quello che vuole e come ottenerlo.
Non credo ci siano punti non chiari, quindi trovo inutile riassumere il capitolo.
Ho spostato il periodo storico nel quale era ambientata la fanfiction, per esigenze pratiche.
Nei capitoli scorsi, ho parlato di stringhe e bottoni, ma questi sono stati inventati fra il 1300 e 1400.
Anche per quanto riguarda il vestiario notturno, ho parlato di camicie da notte, erroneamente, visto che si dormiva nudi o con la chemise( una specie di sottoveste che sostituiva la nostra biancheria intima), indossata poi sotto i vestiti. Più precisamente, indossata sia da uomini che da donne.
Alcune donne portavano una fascia per il seno( precursore del nostro reggiseno), ma non nelle ore notturne. Sia uomini che donne, portavano calze fino al ginocchio.
Sulle chemise, le donne indossavano delle tuniche, che potevano essere larghe o aderenti al corpo, chiamate “cotte” o “Kirtle”, lunghe fino ai piedi e dotate di strascico. Le maniche erano molto lunghe, a volte larghe, altre strette. Le gonne molto ampie.
Sopra la tunica veniva indossato il cotehardie (indumento provvisto di maniche), oppure il tabard( senza maniche).
All’aperto le donne indossavano anche mantelli, provvisti di pelliccia ( di coniglio o gatto).
Le donne sposate indossavano copricapo, le nubili intrecciavano i capelli.
I tessuti usati erano, la lana, il broccato, la seta, il lino e il cotone.
Avete capito che al di la della trama, tengo molto ai dettagli e mi sto impegnando per fare un lavoro sufficientemente accettabile. Spero possiate apprezzare.
Non scrivo mai a vanvera e sappiate che mi sono documentata sul periodo, sulle usanze, sul vestiario, sulla medicina.
E’ veramente semplice scrivere questa storia, ma ciò non toglie che non voglia perfezionarla. Non so se mi avete capita.
Non aggiungo altro! Nei prossimo capitoli ci saranno i preparativi per il matrimonio, una festa e forse scopriremo qualcosa sui trascorsi di Victor e Niklaus.
Ringrazio le meravigliose ragazze che fin dall’inizio mi hanno aiutato a portare avanti questa storia, recensendo. Davvero per me è molto importante.
A presto
Tess
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** 9 ***


9
 
 
 
 
 
 
-Deve essere abbastanza umiliante!-Beatrix fece il suo ingresso nelle cucine, avvicinandosi sinuosa ad Anne. Indossava un vestito di lana verde e i capelli erano raccolti in una lunga treccia.
La fanciulla aveva finito appena le sue mansioni e si apprestava a consumare la sua cena, composta da zuppa di fagioli, farro e pane nero. La guardò, ma non rispose alla sua provocazione.
-Mi riferisco al fatto che devi lavorare. Non sei neanche tanto bella da poter aspirare a un uomo… - Continuò la vampira, aggirando il tavolo presso il quale era seduta la fanciulla, per posizionarsi alla sua destra.
La guardò con disgusto. Non era sua abitudine mescolarsi con la plebaglia e il fatto che l’avesse affrontata, la rendeva ancor meno gradevole ai suoi occhi, senza contare che Victor l’aveva denigrata in sua presenza.
Era da quando era avvenuto che il suo amor proprio non aveva requie.
Si discostò di poco e si sedette frontalmente alla fanciulla, andando a portare i gomiti sul tavolo.
-Versami del sidro. -Ordinò sgarbata.
Anne sollevò lo sguardo e controvoglia decise di obbedire.
Il lavoro non la spaventava, ma il fatto che fosse stata fatta da Beatrix tale richiesta, la infastidiva. Sapeva che il suo altro non era, che un modo per molestarla.
Si diresse verso il boccale e ne versò una piccola quantità nel bicchiere. Poi si apprestò a portarla alla vampira.
Sapeva di non potersi sedere mentre la donna beveva, nel caso avesse chiesto qualcos’altro, e non lo fece, attendendo istruzioni.
-E’ acre. -Si lamentò, sorseggiandolo appena. -Versami qualcos’altro. -Allontanò il bicchiere da se.
-Volete dell’acqua vite?-
-No, della birra. -
Anne si girò per andare a prenderla, ma ancora una volta la voce della vampira la fermò.
-Ditemi Anne… siete sola al mondo?-Non lo stava chiedendo per curiosità, né per gentilezza. La sua era perfidia.
Anne versò la birra senza rispondere e si apprestò a servirla.
-Non mi hai sentita? Ti ho fatto una domanda. -
La fanciulla le porse per la seconda volta un bicchiere. -Non sono tenuta a rispondervi. -Disse, consapevole d’averla provocata.
Non intendeva farsi umiliare, e non abbassò lo sguardo neanche quando vide la donna alzarsi e strattonarla furiosamente per un braccio.
-Sei solo un insolente! -Sentenziò. Il bicchiere che teneva fra le mani, cadde rovinosamente a terra. - Pagherai per quest’affronto! -Senza abbandonare la presa sul suo braccio, la trascinò fuori dalle cucine verso l’esterno del palazzo.
-Che volete fare?-Chiese tremante, standole faticosamente dietro. Il freddo notturno l’aveva investita senza pietà.
Indossava un semplice vestito, troppo leggero per la stagione.
Beatrix non rispose, si limitò a trascinarla verso le stalle.
 -Guardie!-Gridò una volta giunta a destinazione.
Anne sbiancò.
-Ammettete d’avermi offeso e non vi farò punire. -Disse con un sorriso, chinandosi appena all’altezza del suo orecchio.
Anne non poteva considerarsi di bassa statura, ma Beatrix era molto più alta.
-Non vi ho offeso. -Si difese la fanciulla.
-No, ma siete una ladra e tutti lo devono sapere. -
Anne scosse il capo furiosamente. -Sono innocente e lo sapete bene. Non ho rubato niente, se poi mi si accusa di non avervi risposto, quella è un'altra storia. -Cercò inutilmente di liberarsi dalla sua presa.
-Ammettetelo. -Avvicinò il suo viso ancora una volta a quello della fanciulla. -E non sarete accusata di nulla.-
Anne contraccambiò il suo sguardo risoluta. -Mai!-
-Guardie!-Strillò ancora la vampira.
Da lì a pochi minuti, tre uomini palesarono la loro presenza.
-Frustatela! -Beatrix non ebbe alcun tentennamento. -E’ una ladra!-
Anne chiuse gli occhi, ma sapeva che riaprendoli, non sarebbe sparita, la triste immagine che le si palesava davanti.
-Nelle prigioni c’è posto. -Intervenne uno degli uomini, forse immaginando di portarle sollievo. Non sapeva che per Anne sarebbe stato un tormento maggiore non poter accudire la madre malata.
-No. -Ancora una volta la voce di Beatrix si frappose. -Basteranno cinque frustate ed io dimenticherò l’accaduto. -
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Quella era stata una giornata impegnativa per Caroline Elisabeth Forbes, la prima di molte: erano iniziati i preparativi per il matrimonio.
Sua madre era venuta a trovarla nel pomeriggio, ma più di tutte aveva temuto Esther.
Negli anni precedenti, non aveva avuto modo di frequentarla e realizzò solo in quel momento quanto poco la conoscesse. A differenza di Rebekah, era regale e sofisticata. L’aveva trattata con gentilezza, ma Caroline ebbe l’impressione che il suo atteggiarsi fosse solo un modo per compiacere il figlio.
 Il matrimonio, sarebbe stato celebrato il quindici del mese seguente, ovvero Febbraio e avrebbe vantato la presenza di molti nobili.
Caroline lasciò la posizione dietro la finestra, per andare a rimirare ancora una volta, la stoffa che aveva scelto. Era di un brillante color oro e a parere di molti, in gran voga quell’anno.
Rebekah l’aveva guardata dubbiosa, ma quando aveva visto gli occhi di sua madre brillare e un tacito assenso in quelli della regina, non aveva avuto dubbi.
Sia la cerimonia che la festa, contrariamente agli usi del tempo, si sarebbero tenute a palazzo.
Durante la prima, oltre alle consuete promesse e accordi presi precedentemente, sarebbe avvenuto lo scambio del sangue.
Qualsiasi sposa, avrebbe partecipato lietamente ai preparativi per il matrimonio, ma quanto accaduto qualche giorno prima con Niklaus, oscurava quel momento di quiete.
Era stata ancora una volta avventata e adesso ne pagava le conseguenze.
Niklaus non era più andato a trovarla, da quando Victor l’aveva salvata dalla rivolta e le sue ultime parole, pesavano come un macigno sul suo cuore.
“Non fatelo mai più! Mi riferisco al fatto, che rischiate la vostra vita così impunemente.”
Non erano state seguite da alcun bacio e da alcuna carezza; inoltre da quel giorno era trascorsa circa una settimana.
Non sapeva se le proteste si erano acquietate e l’ansia la stava divorando.
Abbandonò la contemplazione della stoffa e sbuffando andò a sedersi sul sofà, iniziando a sorseggiare la tisana che Zula, gentilmente le preparava ogni sera.
La possibilità che Niklaus si facesse vivo, erano nulle, visto l’andamento degli ultimi giorni. Terminò di bere la tisana e ripose la tazza sul tavolo.
Ormai era calata la notte e lei non intendeva far trascorrere altro tempo, senza aver chiarito con Niklaus. Per questo ardita di buona volontà, decise che sarebbe stata lei ad andarlo a trovare.
Gli appartamenti di Niklaus non erano distanti dai suoi e nel giro di qualche minuto, li avrebbe raggiunti. Se era abbastanza fortunata, nessuno avrebbe notato la sua assenza.
Non si era cambiata per la notte, visto l’insolita visita che aveva intenzione di fare al suo promesso. Indossava un semplice vestito di velluto marrone con rifiniture in oro, stretto e non molto sfarzoso.
I corridoi erano illuminati da torce tremolanti, quindi non le fu difficile salire la rampa di scale che l’avrebbe portata da Niklaus.
Giunta di fronte alla porta di legno massiccio, tergiversò. Non era da lei comportarsi in tal maniera, d’altra parte, l’ansia la stava uccidendo.
Col cuore in gola, bussò negli appartamenti.
Attese per diversi interminabili minuti, ma non vi giunse alcuna risposta.
Non era nelle sue stanze, oppure dormiva, le sussurro la voce della saggezza.
Decisa comunque a non demordere, senza aspettare alcun invito vi s’intrufulò.
-Niklaus. -Lo chiamò sicura, vagando con lo sguardo per la stanza.
Non c’era alcuna candela accesa e orientarsi le veniva difficile.
-Niklau … -La voce le si strozzò in gola, quando delle braccia forti, l’afferrarono per i fianchi e delle labbra morbide e decise, si poggiarono sulle sue.
-Nikl … -Tentò di parlare, ma di nuovo le fu impedito e la fanciulla, si ritrovò imprigionata in un bacio più ardente del precedente.
Per quanto Caroline, desiderasse arrendersi, dopo giorni passati nell’incertezza, non riusciva a dimenticare il motivo per cui si era intrufolata negli appartamenti del suo promesso. Dovevano parlare, aveva diritto di sapere!
Poggiò le mani sul suo petto, per discostarlo.
Il cuore perse un battito, quando si avvide delle condizioni in cui si trovava l’uomo: non indossava alcuna camicia. Del resto come si aspettava di trovarlo nel cuore della notte.
La prese stretta a cui il vampiro l’aveva sottoposta, le impediva d’allontanarsi.
-Che succede? -Chiese. -Cosa vi spinge… a una visita notturna? -Caroline non ne fu sicura, ma credette di percepire l’ombra di un sorriso formarsi sulle sue labbra.
Neanche lei adesso era più sicura delle motivazioni che l’avevano spinta a cercarlo. Credeva di trovarlo arrabbiato e scostante, invece sembrava il solito di sempre.
-Sono venuta per parlare. -Disse titubante. -Non ci siamo visti negli ultimi giorni e… -Allontanò le mani dal corpo del vampiro e chiuse per un attimo gli occhi. -Credevo in un vostro ripensamento… riguardo al matrimonio… -Specificò.
Niklaus invece di risponderle, scese con la bocca a sfiorarle la fronte.
-Sono iniziati i preparativi per il matrimonio e credevo foste stanca. -Si giustificò.
 Caroline tirò un sospiro di sollievo. -Credevo foste arrabbiato con me. - Tentennò. -E poi… confesso d’esser molto preoccupata, per la faccenda della rivolta.-
Sentì le braccia del vampiro stringerla con più forza, ma la presa non divenne mai dolorosa.
-Per quale motivo?- Le chiese.
-Non sono in molti a veder di buon occhio questo matrimonio e vi confesso d’esserne spaventata. -Adesso che si era abituata all’oscurità, iniziava a intravedere i contorni del suo viso. -Inoltre mi chiedo se non vi rechi danno e se vogliate ancora sposarmi.- Confessò incerta. Alle sue stesse parole, aveva tremato.
-Chi vi ha messo in testa tali cose?-
-Nessuno! -S’affrettò a dire. -Sono io a chiedervelo.-
Niklaus la guardò attentamente. Era visibilmente scossa. -Va bene. -Fiatò. -Parleremo! -Si allontanò all’improvviso.
Caroline non capì quello che stava facendo, fino a quando la luce di una candela non rischiarò l’ambiente e inevitabilmente anche il vampiro.
Sobbalzò non appena le andò nuovamente incontro e non per la sua nudità, benché non le procurasse poco imbarazzo.
Niklaus indossava solo i calzoni e com’era usanza, gli aderivano perfettamente, lasciando ben poco all’immaginazione. Era stato il suo aspetto, o meglio, i lividi che portava a spaventarla.
-Cosa vi è successo?-Fu lei a muoversi nella sua direzione e a sollevare la mano, per accarezzare i diversi tagli, sparsi sul viso, uno appena sotto il mento e l’altro vicino alla mandibola.
-E’ una lunga storia. -Si limitò a dire con una scrollata di spalle. -Ho avuto un diverbio. -
-Con chi?- Investigò.
-Non ha importanza. -Disse brusco. Pose una mano sulla sua spalla e la invitò a sedersi sul sofà, posto proprio al loro fianco. Poi si sedette a sua volta e iniziò a parlare.
-Voglio sposarvi, ve l’ho già detto.-
-E’un'altra la domanda che vi ho posto. Chi vi ha fatto quei lividi. -Sgranò lievemente gli occhi, improvvisamente consapevole di chi avrebbe potuto. Non uomo qualsiasi, di certo. -E’ stato Victor! -Non era una domanda.
Niklaus le accarezzò una mano. -Si è stato mio cugino, ma non crediate che non mi sia difeso e che egli stesso non sia nelle mie medesime condizioni. E’ di altro che mi preme parlare. Lo stesso motivo per cui siete venuta a trovarmi. . -Ghignò furbescamente. -Non è da voi, o devo pensare che desideravate i miei baci, perché quelli sono disposto a darveli… -Fece una pausa. -Anche altro veramente. - 
Caroline arrossì, ma non si lasciò scomporre, c’erano delle cose che doveva sapere, così contrariamente a quanto immaginava Niklaus, con un lieve rossore a imporporarle le gote, iniziò a parlare.
-E’ vero che rischiate l’usurpazione del trono?-
-Non date troppo peso alle chiacchiere, credete a me: sono un uomo di parola. Vi sposerò Caroline. -Tornò a stringerla per la vita e a depositarle un bacio bollente sulla guancia, troppo vicino alla bocca.
Una scossa percorse la fanciulla.
-Siete nata per essere mia. -Un altro bacio le sfiorò la fronte. -E siete un imprudente, visitare la stanza di un uomo in piena notte, non è sicuro, non quando l’uomo in questione sono io e voi la donna che a breve sposerò. -Poggiò la bocca su quella di lei, inducendola a dischiuderla.
Caroline tremò per le sue parole, non per timidezza. Aveva desiderato quel bacio e quella vicinanza, che per quanto sconveniente, non poteva non volere. Posò nuovamente le mani sul petto dell’uomo e sospirò lieve quando Niklaus le morse appena il labbro inferiore.
Non poteva lasciarsi andare, ma non voleva neanche allontanarlo. Per questo quando il vampiro s’impadronì nuovamente della sua bocca, non oppose alcuna resistenza e rispose al bacio, lasciando che le lingue s’intrecciassero e che un dolce calore s’infondesse nel suo corpo.
L’uomo la avvicinò a se e poi lentamente, iniziò a slacciare le stringhe che chiudevano il vestito da dietro.
Caroline voleva opporsi, ma ancora una volta non lo fece. Le era mancato anche questo.
Chiuse gli occhi, quando il vestito scese fino alla sua vita, esponendola alla vista dell’uomo e lasciò che le accarezzasse i fianchi, coperti solo dalla leggera chemise.
Le mani dell’uomo bruciavano sulla pelle, era come se la stessero marchiando.
Inconsapevole dell’effetto che facesse al vampiro, tale arrendevolezza, reclinò il capo all’indietro, permettendogli d’assaggiare la pelle del collo, di farle scendere sulle spalle la chemise.
Il sofà era scomodo, eppure perfetto per la passione improvvisa che li stava travolgendo.
Caroline si trovò presto, schiacciata dal corpo dell’altro e vittima di un piacere mai provato prima.
I numerosi libri che aveva letto, non le avevano spiegato cosa si provasse nel baciare un uomo. Perché quello era un bacio vero?
Niklaus scese a baciare l’incavo dei seni, mentre una sua mano, risaliva lungo la sua gamba e Caroline invece di respingerlo, nonostante il timore che aveva, si ritrovò a pensare di non aver mai visto qualcosa di più bello.
Niklaus era perfetto, con le spalle possenti, la leggera peluria nel basso ventre… perfetto per lei
Sussultò quando il corpo del vampiro si modellò al suo, improvvisamente consapevole della posizione nella quale si trovavano.
-Va tutto bene. -La rassicurò. -Non intendo mancarvi di rispetto, altrimenti vi avrei trascinato sul letto, per la vostra prima volta. -Sorrise accattivante. -Mi piace il vostro corpo ed è bello toccarvi. -Mormorò stampandole un altro bacio sulle labbra, consapevole di non dover andare oltre. -Ora come ora, potete chiedermi qualsiasi cosa.  -
-Qualunque?- Chiese la giovane senza malizia.
-Qualunque!-
-Ditemi cosa è accaduto fra voi e Victor… non giorni addietro, mi riferisco al passato.-
Niklaus trattenne il fiato. Quella era l’unica domanda fra tutte, a cui non voleva rispondere, l’unica in grado di riportarlo indietro nel tempo, di farlo sprofondare nell’angoscia.
Fu come se un pugno lo colpisse in pieno petto e le venisse a mancare l’aria, una sensazione strana per un vampiro.
Acuì la presa attorno al corpo di Caroline, e avvicinandola, finse di sotterrare quella sensazione, ma non potette impedire ai ricordi d’invaderlo.
 
 
“ -Voi siete? –Niklaus aveva sorvolato i convenevoli e senza badare all’etichetta, rivolse la parola, direttamente alla fanciulla che probabilmente doveva essergli presentata.
Suo padre l’aveva guardato torvo, mentre Victor gli aveva assestato una  spallata che aveva fatto sorridere la fanciulla. Aveva un bellissimo sorriso, fu il primo pregio che lo incantò.
-Amaelie Aloisa Wencester. -Disse la fanciulla, facendo un leggero inchino nella loro direzione.
Perfino il nome era armonioso.
-Miss Amaelie si tratterrà al palazzo per qualche tempo. -Spiegò suo padre.
-Sarà un piacere. -Victor si era avvicinato e aveva preso la mano della fanciulla fra le proprie, per portarla alla sua bocca.  -Victor Ernesth Mikaelson.  -Si era presentato. -E’ chiaro che il prossimo ballo è mio. -    
Amelie aveva sorriso di nuovo. Il secondo particolare che aveva notato Niklaus erano stati gli occhi, di un caldo color ambra, screziato d’oro.
Victor invece aveva fissato il neo, posto appena sotto il mento e la briosità dello sguardo.
-Non credo Miss Amaelie potrà danzare. -Era intervenuta Esther.-E’ un’artista. -Aveva spiegato e c’incanterà col suono dell’arpa: avrete tempo per conoscerla. -Disse rivolta al figlio e al nipote.
Nuovamente la giovane, fece un altro inchino prima d’allontanarsi.
Il vestito le lasciava scoperte parti delle spalle e le aderiva al corpo. Niklaus pensò di non aver mai visto essere più bello.”
 
 
-Ditemi cos’è accaduto fra voi e Victor… non giorni addietro, mi riferisco al passato. -
Quella domanda aleggiava ancora fra loro.
Niklaus tornò al presente, a Caroline e alla sua impudenza. -Non chiedetemelo mai più. -Disse duro.
Vide gli occhi della fanciulla diventare lucidi, ma preferì ignorarlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Anne gridò. Il vestito le era stato malamente slacciato, senza molta delicatezza.
Intrecciò le braccia attorno al petto, cercando di coprirsi alla ben meglio dagli sguardi degli uomini. Precauzione inutile, visto la mossa successiva.
Iniziò a tremare, mentre la costringevano ad appiattirsi a una parete e a sollevarle le braccia per legarla.
Le lacrime iniziarono a bagnarle il viso, non appena la prima frustata la sfiorò.
Era molto peggio di quanto immaginava. Un bruciore fortissimo l’aveva attraversata e nonostante sapesse che la zona lesa riguardava la schiena, sentiva tutto il corpo dolerle.
Alla seconda frustata, temette di svenire e seppe con certezza che non ce l’avrebbe fatta. Iniziò a singhiozzare.
Non era nelle sue intenzioni, mostrarsi così debole, ma le veniva difficile fare il contrario.
-Che sta succedendo?-Victor entrò a passo di carica. Stava tornando dal paese e aveva appena varcato il cancello, quando le grida di Anne l’avevano bloccato e costretto a dirigersi velocemente nelle stalle.
La fanciulla a causa del dolore, a malapena sentì la domanda che era stata posta, tuttavia aveva riconosciuto il vampiro.
-Sto punendo una ladra. -Ardì dire Beatrix, fissandolo sfrontata.
-Liberatela!- Disse autoritario, facendosi più vicino. Sapeva che quella altro non era che una vendetta. Forse egli stesso era depositario della causa.
-Sapete che non possiamo… - Disse lo stesso uomo che l’aveva denudata. -Deve essere vostro cugino a ordinarcelo. -
-Liberatela ho detto! -
Nessuno si mosse, così il vampiro le si avvicinò.
La fanciulla chiuse gli occhi, senza riuscire a smettere di piangere: non voleva essere vista in quello stato e ancor meno dal vampiro in questione.
-Vorrà dire che lo farò io. -Senza aspettare il permesso di alcuno, sciolse le corde che la trattenevano per i polsi e agguantò la fanciulla, prima che rovinasse a terra.
La trattenne contro il suo corpo, evitando di toccarle la zona lesa.
-Bene, che Niklaus venga pure a chiedermi spiegazioni. -Disse duro, fissando a uno ad uno gli uomini. -Di cosa è accusata la fanciulla?-
Beatrix riprese il discorso. -E’ una ladra!  -Mormorò con un sorriso perfido.
-E cosa avrebbe rubato?-Ghignò. Il suo istinto gli suggeriva che stesse mentendo.
La vampira avanzò nella loro direzione. -Del cibo. L’ho trovata nelle cucine a rovistare. -
Il braccio del vampiro andò momentaneamente ad avvolgere il fianco della fanciulla, visibilmente scossa.
-Se Niklaus vuole spiegazioni, che venga nei miei appartamenti a chiedermene. -Disse, prendendo improvvisamente fra le braccia Anne e iniziando a camminare verso l’uscita.
 
 
 
 
Giunto nella propria stanza, la depose delicatamente sul letto, facendo attenzione, che la schiena, restasse libera.
Il vestito era inutilizzabile. Victor iniziò a trafficare con esso e con uno strappo andò a sfilarglielo.
La chemise che indossava la fanciulla, lasciava poco spazio all’immaginazione, aderiva al corpo statuario della giovane ed era semitrasparente, tuttavia il vampiro la guardò appena.
-Devo pulirti le ferite. -Disse asciutto. La sua voce contrariamente ai gesti, la spaventava.
Asserì col capo, non avendo la forza di parlare.
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero vivamente non sia risultato troppo frammentario e di non avervi deluso. Avevo tante cose da dire, personaggi da sviluppare e spero d’esserci riuscita.  
Sono iniziati i preparativi per il matrimonio e presto ci sarà la festa che lo precederà. Inizialmente questo doveva essere il capitolo della festa, ma poi i programmi sono cambiati.
Abbiamo avuto l’entrata in scena di un nuovo personaggio, spero che si è capito, visto che l’ha fatto tramite un Flash-back.
A quanto pare Victor e Niklaus sono stati innamorati della stessa donna. Scopriremo cosa è successo, attraverso dei flash-back, sparsi qua e la nei capitoli.
Ho menzionato “le cucine” nella prima parte del capitolo. Si cucinava in un focolaio, spesso nel luogo comune in cui stavano tutti. Ovviamente i nobili cucinavano in un ambiente separato.
Esisteva già la birra, anche se fatta e consumata in breve tempo ed era più corposa.
Avevo pensato che Beatrix, chiedesse del latte, ma a quanto pare, si dava solo ai bambini e agli anziani, o comunque a persone malate.
Non aggiungo altro!
Grazie infinite a quanti hanno messo la storia fra le preferite, seguite, ricordate.
Un grazie speciale va ai recensori, per me è veramente importante sapere cosa ne pensate.
Baci
Tess
 

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Capitolo 11
*** 10 ***


10
 
 
 
 
 
 
-Non sono cose che vi riguardano. -Caroline si sentì ferita da quelle parole. Soprattutto, considerato che si trovava semivestita fra le sue braccia, alla sua mercé. Si era sentita vulnerabile e la cosa non le piaceva.
Lui era Niklaus, l’uomo che aveva denigrato per anni, che con tutte le sue forze aveva rifiutato.
Aveva allontanato le mani dal petto dell’uomo e le aveva avvicinate ai lembi del proprio vestito, per impedirgli d’osservare ancora la sua nudità.
Niklaus invece non aveva abbandonato il calore del suo corpo, ogni volta che le era vicino, non poteva fare a meno di sfiorarla, di sentirla sempre più sua, anche adesso che le sue parole l’avevano allontanata.
Non avrebbe voluto ferirla, era stato inevitabile, perché nessuno fino allora si era mai permesso di parlargli di Amaelie.
Caroline non poteva sapere, ma questo non la rendeva meno colpevole degli altri, perché il dolore continuava a irretirlo.
Ogni volta che l’aveva fra le braccia, inevitabilmente la figura dell’altra perdeva consistenza; ecco perché all’inizio la detestava. Era difficile vivere senza colei che aveva amato e desiderato, ma ancor di più convivere senza il suo ricordo, e Caroline glielo stava strappando. 
Furioso per quanto stava accadendo e di cui iniziava a prendere atto, la strinse maggiormente a se, ignorando volutamente il disagio che le stava arrecando.
-Il passato non conta. -Si limitò a sussurrare sulla sua spalla. -Conta che ci sposeremo. -Le baciò delicatamente il mento, un gesto in netto contrasto con le braccia che la stringevano dure.
Se da una parte voleva impedirle di diventare importante, dall’altra ne aveva un bisogno assoluto.
Agognava il momento in cui sarebbe stata sua, ormai si trovava sull’orlo della pazzia e tutto a causa della sua reticenza a lasciarsi andare.
Risalì con la bocca a sfiorare la sua. Era doloroso non averla. Assaggiò ogni più recondita parte di se, beandosi del suo calore, del seno schiacciato contro il suo addome, del suo profumo, del tremore inconsueto che la scuoteva ogni qual volta la sfiorava, forse a causa della sua inesperienza, forse dettato dalla passione.
Voleva punirla, per essersi permessa di sbiadire il ricordo di Amaelie, per avergliela fatta ricordare, per la tortura  cui i suoi lombi erano sottoposti. Voleva dimostrarle che non era importante per lui, non abbastanza almeno e se voleva saperne di più sul suo passato, l’avrebbe accontentata.
Si allontanò da lei, solo di qualche centimetro, lo spazio necessario per pensare lucidamente senza il suo profumo a inebriargli i sensi.  -Devo mostrarvi una cosa. -Disse serio.
Senza aspettare una risposta, fece risalire il vestito lungo il suo corpo e iniziò ad allacciare le stringhe. Poi si costrinse ad allontanarla e rapidamente indossò una camicia.
 
 
 
 
 
Caroline lo seguì al di fuori dei propri appartamenti, cercando di non badare alla freddezza del vampiro.
-Seguitemi!-Disse senza guardarla e prendendo silenziosamente una mano fra le sue, mentre la conduceva al di fuori della propria stanza, lontano dalla luce confortante delle fiaccole.
Percorsero il corridoio a ritroso e iniziarono a scendere la rampa di scale che portava verso i sotterranei, verso destra, non dove si trovavano le prigioni e le stanze di tortura. La condusse di fronte alla porta dell’unica stanza in cui l’era vietato entrare, almeno così le avevano spiegato. Forse per questo s’impietrì e mentre Niklaus estraeva la chiave e il rumore della serratura riecheggiava fra le pareti, desiderò fuggire via.
Non voleva sapere, come se presagisse anzitempo che conoscere veramente Niklaus, sarebbe stato doloroso. Il cuore impazzito non decelerava e il sudore iniziò a imperlarle la fronte, nel medesimo istante in cui la porta si aprì.
Niklaus la sospinse all’interno e poi la richiuse alle sue spalle, imprigionandola in una morsa di paura.
Caroline non osava muoversi. La stanza buia, fu presto rischiarata da una luce, proveniente da una lampada a olio.
L’ambiente non era disadorno come aveva temuto. La prima cosa che sentì fu l’odore di ammoniaca e una grande finestra ovale, costeggiata da pesanti cortine di velluto rosso. Proprio vicino alla stessa c’era un giaciglio, ma non fu questo ad attirare l’attenzione di Caroline, piuttosto i numerosi dipinti presenti. Alcuni erano coperti da teli, probabilmente i più preziosi, altri messi alla rinfusa.
La fanciulla conosceva la passione del suo promesso per l’arte, ma non immaginava un simile sfoggio, né la perfezione che ivi mostrava.
I dipinti raffiguravano vite a lei sconosciute, ombre di un passato forse lontano. Sulla tavolozza c’erano ancora  colori rinsecchiti, segno evidente che nessuno metteva piede in quella stanza da molto tempo… o forse Niklaus non dipingeva più ormai.
Un brivido di freddo oltrepassò Caroline da parte a parte, mentre con lo sguardo, vagava per la stanza alla ricerca del motivo per cui il vampiro ve l’aveva condotta. Iniziava a conoscerlo ormai, sapeva che non era una casualità.
Alcuni dipinti erano realizzati su tavole. In alcuni punti, perfino le pareti erano imbrattate… e poi finalmente, Caroline la scorse… la ragione del suo tormento, del déjà vu che l’aveva scossa, semicoperta da trafile di altri dipinti e affreschi di vario genere, eccolo il volto di una donna. Un viso perfetto, quasi etereo, contornato da folti e lisci capelli castani e profondi occhi color ambra, costeggiati da pagliuzze dorate.
Forse era un angelo pensò di primo acchito, ma poi dovette ricredersi. Gli angeli possedevano ali e non ti tormentavano con la loro visione.
Niklaus seppe esattamente il momento preciso in cui la vide, perché avvertì il rimbombo del suo cuore, ma preso da una spirale di rabbia, non vi badò. Si diresse verso il tavolo e agguantando una bottiglia, si versò del liquore.
-Caroline… -Disse teatralmente, portando il bicchiere ricolmo verso la bocca e ingurgitandolo. -Ti presento Amaelie. -
Caroline fremette, mentre acuiva la vista per mettere maggiormente a fuoco il telo. La donna rappresentata era davvero bellissima e come una pugnalata al cuore, le parole di Niklaus la ferirono.
-L’avrei sposata volentieri… ma poi Victor si è frapposto fra noi. -Si versò altro liquore, mentre Caroline restava immobile e assorbiva la notizia. -Lui l’ha avuta, io l’ho avuta… fine dei giochi. -Prese un respiro. -Dopo la sua scomparsa ho passato mesi in questa stanza, volevo imprimermi il suo sorriso nella mente. -Si passò una mano fra i capelli. -Non volevo che il suo ricordo sbiadisse e così ho passato giorni a dipingerne i tratti. -Sfiorò con i polpastrelli il viso della donna. -Mentre tracannava il secondo bicchiere di liquore.
Di tutte le domande possibili Caroline, fece proprio la più inusuale. -Perché mi avete portato qui?-Incrociò le braccia attorno al petto, come a volersi proteggere.    
-Volevate sapere e vi ho accontentata. -Riempì il terzo bicchiere. -Del resto, il nostro non sarà un matrimonio d’amore. -
La fanciulla tremò. Per quanto fossero vere, le parole del vampiro le fecero male. Credeva di contare qualcosa, ma evidentemente si era sbagliata.
Retrocedette di un passo, pronta a lasciare quella stanza, ma l’uomo fu lesto a sbarrarle il cammino.
-Non ho ancora finito. -Attinse un sorso, direttamente dalla bottiglia.
Caroline alzò lo sguardo fiera, senza mostrare alcun vacillamento interiore. -Può bastare! -Disse facendo per superarlo.
La mano dell’uomo si fermò sulla sua spalla. La fece girare lentamente e poi, velocemente, forse troppo per i canoni di un’umana, la sospinse contro la parete. Una sua mano, scese a lambirle il fianco e poi, si discostò e andò a sollevarle parte del vestito.
Non era come le altre volte, mai Niklaus aveva perso il controllo come in quel momento, forse complice l’alcol.
-Niklaus… -
-Shhh… .Sfiorò la sua bocca con la propria, mentre calde lacrime iniziavano a scendere. -Non vi farei mai del male. -
-Davvero?-Chiese guardinga.
-Davvero!-
-Allora dimostratelo, permettetemi di andare. -Soffio decisa.
Niklaus non rispose e andò a depositarle un altro bacio sulla fronte. Tremava visibilmente e Caroline per qualche istante dubitò che la lasciasse andare, ma dovette ricredersi, quando lentamente andò a risistemarle le gonne e la lasciò finalmente libera, senza il suo peso a gravarle addosso. Senza alcun invito, lo oltrepassò e lasciò la stanza, conscia che tutto quello che si era creato fra  loro, iniziava a sgretolarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
-Devo pulirti le ferite. -Anne aveva asserito a quella che si preannunciava una tortura, perché dal momento in cui le mani del vampiro avevano iniziato a ripulirla, il dolore le aveva impedito di respirare, pensare lucidamente, o altro.
Se poco prima il pensiero era unicamente rivolto alla madre malata che non avrebbe potuto raggiungere per quella notte, adesso egoisticamente pensava a una maniera per porre fine a quella tortura.
Victor aveva preso una bagnarola d’acqua fredda e con una spugna, aveva iniziato a eliminare la pelle e il sangue.  
Anne chiuse gli occhi, abbandonandosi sul guanciale. Tremava ogni qualvolta, l’uomo la sfiorava, ma non si lamentò mai, forse spaventata dalla situazione nella quale era andata a cacciarsi.
Le mani dell’uomo, nonostante le procurassero dolore, si muovevano delicatamente. Inoltre, la prima cosa che aveva fatto il vampiro, prima ancora di iniziare a rinfrescare la pelle lesa, era stata quella di coprirla dalla vita in giù, facendola sentire protetta.
Poco dopo, una schiava era entrata nella stanza e aveva portato un decotto. Se n’era accorta, perché il vampiro sedutosi sul letto, aveva iniziato ad applicarglielo.
L’odore era nauseabondo, ma il dolore era così forte che la fanciulla avrebbe accettato qualsiasi cosa, pur di porvi fine.
Era stremata, sia per la stanchezza fisica a cui la lunga giornata l’aveva sottoposta, sia per la paura.
-Sono curioso di sapere cosa hai fatto a Beatrix.- Chiese per distrarla.
Tentativo inutile visto che la giovane non rispose, limitandosi a stringere il guanciale e a soffocare un lamento.
-E’ educazione rispondere quando ti fanno una domanda. -La provocò, sapendo che questo avrebbe sortito l’effetto desiderato.
-Non credo… -Deglutì. -Vogliate saperlo sul serio. -Disse fievole.
-Mettimi alla prova. -Si alzò all’improvviso.
Anne non seppe cosa stava facendo, fin quando non sentì un liquido dolciastro invaderle la bocca. Suppose fosse liquore, era la prima volta che ne beveva, a casa sua erano talmente poveri da non poterselo permettere.
-Attutirà il dolore. -Spiegò l’uomo riprendendo ad applicare il decotto.
Le erbe la stavano bruciando e se poco prima aveva temuto di non farcela a restare cosciente, adesso desiderava proprio perdere i sensi, almeno il dolore sarebbe passato.
Non ricordava più nemmeno la domanda che il vampiro le aveva posto.
Victor iniziò ad applicare le garze, strappandole un singhiozzo.
-Domani sarà tutto passato. -Le parole dell’uomo non la rincuorarono, non quando sapeva che stava mentendo.
-Non sono una stupida e so che starò così per giorni. -
-Non questa volta. Ho mescolato la mia saliva alle erbe. -Spiegò.
 Il cuore di Anne perse un battito. -Perché?-
-Preferivi il mio sangue? -Disse insolente.
Anne non rispose, nonostante le parole dell’uomo l’avessero indignata. Per chi l’aveva presa? Sapeva che inevitabilmente col sangue avrebbe stabilito una sorta di legame, che difficilmente avrebbe potuto spezzare. Un conto era che il vampiro bevesse il suo, ma il contrario aveva tutt’altro significato. Poi tutto divenne buio, le parole, il bruciore, ogni cosa perse consistenza, finalmente l’oblio era giunto.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Si era svegliata dolorante, ma la schiena non le bruciava come la notte precedente. Immaginò che il decotto e la saliva del vampiro avessero prodotto i suoi effetti, altrimenti non si sarebbe spiegata quella miracolosa guarigione.
Il dolore non era del tutto scomparso. Aveva trovato una schiava nella stanza, che le aveva consegnato un vestito e indicato del cibo, prima di defilarsi.
Anne molto lentamente aveva indossato il vestito, che per fortuna, non comprendeva lacci o bottoni e che era abbastanza largo e poi senza pensare al cibo, aveva lasciato la stanza, il suo unico pensiero correva alla madre e alla preoccupazione che doveva aver provato quando non l’aveva vista rincasare.
 
 
 
Le strade quel giorno, erano particolarmente trafficate. Non sapeva molto a riguardo, ma secondo alcune voci il fuoco della rivolta era ormai vicino. Alcuni vampiri non vedevano di buon occhio il matrimonio del principe con Caroline Forbes e da lì, erano nati molti disordini. Anche gli umani erano in subbuglio.
La sua dimora era abbastanza lontana dal palazzo e per accedervi, doveva oltrepassare la piazza principale del paese e poi svoltare per alcune vie secondarie. Il quartiere ivi abitava era povero e mal frequentato. Procedeva a rilento a causa delle ferite e malauguratamente quando s’inoltrò per una via stretta e poco illuminata, cadde rovinosamente addosso a qualcuno.
-Stai più attenta! -Una voce maschile le fece accapponare la pelle, mentre delle braccia forti, la facevano rialzare.
Anne fremette quando guardò chi l’aveva aiutata. L’individuo in questione era un vampiro e non era da solo. Incerta sul da farsi indietreggiò d’un passo.
-Un umana. -Sentì dire a un altro individuo.
Retrocedette ancora, solo di un altro passo, perché qualcosa le impedì di muoversi, altre braccia.
-Qualcosa non va?- L’uomo che la tratteneva fra le braccia, forse non doveva temerlo, perché altri non era che Victor.
Nessun vampiro osò fiatare, forse riconoscendo lo stemma reale e senza indugio, si spostarono per permetterle di passare e si allontanarono.
 
Anne non seppe quanto tempo passò. Si appoggiò alla parete e riprese respirare, solo quando la mano di Victor abbandonò la presa salda sulla sua spalla.
-Che sta succedendo?-Fu l’unica domanda che le salì sulla bocca. Erano due giorni che non tornava a casa e qualcosa decisamente non andava.
-Ci sono dei disordini. - Si limitò a dire il vampiro, mentre con la coda nell’occhio poneva attenzione ai vampiri che si erano appartati a debita distanza.
-Disordini?-
-Sì!- Rispose sbrigativo, continuando a tenere d’occhio i vampiri. -Devo fare qualcosa. -Comunicò, tornando a guardarla. -E non ti piacerà.-
-Cosa?-
Victor non rispose, si limitò ad annullare ogni distanza a poggiarla delicatamente contro il muro e a sfiorare la sua bocca con la propria.
Anne rimase impietrita dal gesto e cercò vanamente di scostarlo. -Cosa fate?-
-Non sto approfittando della situazione, ti sto salvando. -Specificò, mentre affondava nella sua bocca con più decisione e annullava ogni dissenso.
Anne tremò e non perché quello fosse il suo primo bacio, né perché avesse paura. Sapeva perché la stava baciando, niente di romantico, il suo era un modo per salvarla, per permetterle di tornare a casa, senza che alcun vampiro la importunasse, ma non potette non abbandonarsi a esso e contro ogni logica, aprì la bocca per permettergli di approfondire il bacio e anche se in modo inesperto, si mosse insieme con lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e come sempre spero di non aver deluso.
Abbiamo conosciuto un Niklaus più tormentato e poco incline ad arrendersi ai sentimenti. Abbiate pazienza, ho bisogno di sviluppare bene i personaggi. Spero che questo suo lato non vi abbia lasciato con l’amaro in bocca.
Victor e Anne si baciano e anche se è un bacio d’apparenza, determinerà molte cose. Ho una domanda! Volete che il prossimo capitolo inizi da questo bacio?
In questo capitolo, finalmente parlo della passione di Niklaus per la pittura. Lo faccio rispettando come sempre il periodo storico. Si pitturava si tela, ma anche su tavole di legno. Per quanto riguarda l’uso della tela, eravamo agli inizi, ed era molto costoso, solo alla fine del medioevo, diventa più comune ed economico, comunque visto che  Niklaus apparteneva a una classe agiata, poteva permetterselo. La pittura era sempre influenzata dal gotico e si pitturava sia a tempera che ad olio.
I colori venivano estratti sia da pietre preziose, che da frutta, ortaggi, cacao e zafferano.
Nel capitolo, ho menzionato i liquori, esistevano già e spesso venivano usati per curare. Erano soprattutto a base di agrumi.
Le ferite venivano curate con le erbe. Nel caso di Anne, doveva essere un miscuglio fatto con prezzemolo, pepe e limone (una goduria) e sostituiva il disinfettante, visto che non esisteva ancora.
Un’altra precisazione che voglio fare, è che esisteva già la camicia. Lo dico, perché l’ho menzionata più volte senza averlo chiarito.
Ci sarebbero tante cose da dire, ma il tempo stringe, inoltre rischio di diventare noiosa.
Il vestiario maschile era composto da camicia, farsetto, pantaloni ( simili alla calzamaglia e brache.  Non c’è che dire, l’uomo in intimo, doveva essere davvero attraente( nota ironica).
La lampada a olio, esiteva.
Non mi dilungo oltre. Come al solito l’ho riletto solo una volta, quindi scusate gli errori.
Grazie per le sedici recensioni, sono commossa e piacevolmente sorpresa e grazie a chi ha inserito la storia fra preferite, seguite e ricordate.
Grazie anche a chi mi sapere il suo giudizio tramite messaggio. E’ davvero rincuorante!
A presto
 
Tess
   
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** 11 ***


11
 
 
 
 
Non c’era niente di romantico in quel bacio, non era dato da un nobile cavaliere alla dama che avrebbe presto sposato, non era una concessione, né la riscossa di un tributo.
La schiena di Anne cozzava contro la parete del vicolo e anche se il vampiro aveva avuto l’accortezza di sostenerla con le proprie braccia, sentiva la ruvidezza della parete, l’unico contatto con la realtà. Non si era ribellata al bacio, anzi come la più dissoluta delle donne vi si era abbandonata.
Il vampiro la teneva stretta contro il suo corpo. Attraverso i vestiti Anne, ne poteva sentire la marmo reità. Di riflesso, nonostante non avesse ancora baciato alcuno, assecondò l’ardire dell’uomo, inclinando di lato il viso per permettergli un maggiore accesso, lasciando che la stuzzicasse sapientemente, le lasciasse piccoli morsi leggeri sul labbro inferiore, che li alternasse ai baci. Sentiva il respiro di lui sulla pelle e anziché scostarlo in malo modo, portò una mano all’altezza del viso e impudentemente glielo accarezzò, incurante e troppo inesperta per sapere l’effetto che avrebbe fatto all’uomo.
La risposta di questo non tardò ad arrivare. Aprì gli occhi per qualche secondo e fu colto da una specie di vertigine.
Anne era bellissima, con la schiena adagiata alla parete retrostante, il capo lievemente reclinato all’indietro, gli occhi socchiusi, il respiro corto.
I vampiri erano andati via, ma la fanciulla non poteva saperlo, così Victor preso dal vortice di piacere che l’aveva travolto, continuò a baciarla, sempre più intimamente e in maniera più profonda. Sfiorò il neo che la fanciulla possedeva, appena vicino al labbro inferiore, le artigliò i capelli e poi fu naturale chiedere di più… volere di più. Con un gesto repentino invertì le posizioni, scese a lambirle la porzione di pelle fra il collo e la scapola. Non si profuse in alcun
avvertimento, eppure Anne non ne fu spaventata, quando sentì i canini, premere e penetrarla all’improvviso.
Il dolore le offuscò la mente solo per brevi istanti, perché quasi subito il vampiro si ritrasse. Aveva bevuto solo poche gocce e Anne non capì il gesto, ma presa dalla spirale di piacere che l’avvolgeva, rinunciò a dargli un senso, mentre lasciava ancora che il vampiro si riappropriasse delle sue labbra in un lento e inebriante bacio, l’ultimo di una sequela.
Dopo, la strinse forte, cercando di regolare il respiro e beandosi di quello altrettanto corto di lei.
Solo in quel momento Anne tornò alla realtà, al fischiettio dei commercianti, al rumore dei carri e al ciarlare di qualche signora già agghindata di primo mattino. Aprì gli occhi. Se Don Fhiliphe l’avesse vista, non le avrebbe più permesso di entrare in parrocchia.
Victor non l’aveva ancora lasciata andare, accarezzò il punto la dove l’aveva morsa e poi vi depose un bacio. Poi con lentezza, si discostò lievemente di qualche centimetro e solo per guardarla in viso. Per la seconda volta in quel giorno si ritrovò succube della sua bellezza, la prima era stata quando fra un bacio e una carezza l’aveva guardata.
Contro ogni logica, fu lei a interrompere il silenzio che si era creato.
-Dovrei ringraziarvi… -Mormorò. -Ma non credo vi sia dispiaciuto… baciarmi intendo. -
Il vampiro alzò un sopracciglio divertito. Erano ancora addossati uno all’altro, solo che adesso era lui ad essere adagiato con la schiena contro la parete umida del vicolo.
Anne non si era ritratta guardinga, lo guardava dritto negli occhi, con le gote imporporate da un lieve rossore. Altre fanciulle non l’avrebbero fatto, fingendo pudore, lei invece si era mostrata determinata e fiera come poche. Non si nascondeva sotto coltri di bigotto perbenismo.
-Non ne sono sicuro. -Mormorò. -Dovrei riprovare per assicurarmene. -Disse  malizioso.
Questa volta Anne lo allontanò. -Un solo bacio basta. -Puntualizzò, ponendo i palmi sul suo torace  e scostandolo. Poi andò a sfiorarsi il collo.
-Nessun vampiro potrà avvicinarti in questo modo. -Andò a spiegare. -Saprà che sei mia. -
Anne rabbrividì, ma non ne fu turbata.
“ Mia” L’aveva detto in modo così suadente, da lasciarla senza fiato, e benché fossero stati i baci a turbarla maggiormente, il ricordo di quelle parole e di ogni sottointeso non la lasciò fino a quando non giunse alle porte della sua abitazione.
Nonostante fosse tarda mattina, l’unica finestra presente era sprangata. Anne non ci diede peso, adducendo la causa alla malattia della madre, che spesso la costringeva a letto. Estrasse la chiave e fu allora che un piccolo campanello d’allarme si accese nella sua mente. La porta non era chiusa come avrebbe dovuto essere. La spalancò, cercando di intravedere qualcosa nella semioscurità dell’ambiente.
-Madre… -Iniziò ad avanzare all’interno della stanza titubante, con le gambe improvvisamente molli, forse a causa di una risposta non giunta.
-Madre… -Si avvicinò piano alla finestra. Nonostante la poca luce, la aprì senza alcuna difficoltà.
Girandosi nuovamente verso l’interno della stanza, la prima cosa che notò, fu il letto sfatto e gli avanzi di una cena mal consumata che iniziavano a marcire. La preoccupazione aumentò. Sua madre non poteva muoversi, figurarsi camminare, quindi si chiedeva come avesse fatto a lasciare la stanza.
Dall’esterno provenivano i rumori di quella che aveva tutta l’aria di rassomigliare a una rivolta. Erano giorni che non si parlava d’altro fra il popolo.
Uscì frettolosamente sull’uscio, con l’intento di andare a chiedere notizie di sua madre alla vicina di casa. Diversi uomini, armati di asce, stavano percorrendo la viuzza. Uno di loro si fermò a guardarla per diversi minuti.
-Cosa ci fai a casa?- Chiese bruscamente, fermandovisi di fronte. -Stanno andando tutti verso la piazza. -Spiegò.
Anne meccanicamente si portò la mano sul collo, come se quel gesto potesse proteggerla. Sapeva che per nessuna ragione al mondo, dovevano vedere quei segni, ma l’uomo comunque non ci badò.
-In piazza?-Chiese.
-Sì, si sta discutendo. Jane Loise e altri esponenti del popolo, stanno decidendo il da farsi. Se tutto va bene i vampiri lasceranno Fell’s Church.-
-Per quale ragione?-
-Non hai udito il banditore?-
Anne scosse il capo confusa.
-Sono avvenute diverse morti in città e si suppone per mano dei vampiri. Il villaggio si sta equipaggiando per fronteggiarli.-
-Ma è impossibile. -
-Non quando si possiede della verbena. -Dissentì l’uomo.
Solo adesso Anne iniziava a notarne i lineamenti, era calvo e sporco.- La sua mente tuttavia continuava a essere ferma sull’unica parola che aveva attirato la sua attenzione. -Sono morte delle persone? -Chiese timorosa. 
-Sì, tre donne e un uomo. -
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
Lo specchio era antico, d’avorio con cesellature in oro. Caroline, vi si stava specchiando poco convinta. I capelli erano stati raccolti in una treccia elaborata e in parte fermati da una rete. Lasciavano il viso scoperto, ma non sapeva se erano da preferire a una crocchia più semplice. Niklaus non si faceva vedere da più di quattro giorni, ed era questa la sua preoccupazione più grande. Quella sera inevitabilmente l’avrebbe rivisto, quello era il giorno della festa, quella che avrebbe preceduto il matrimonio e durante la quale sarebbe avvenuto lo scambio degli anelli.
Era come se tutto quello che avevano faticosamente conquistato, l’intimità, una forma d’affetto, le confidenze, si fosse improvvisamente sgretolato. Il ricordo di Amaelie, non era finito nel dimenticatoio come avrebbe voluto e l’immagine di Niklaus da quella notte continuava a tormentarla, avvalorata dalla tesi più che credibile che lei non valeva poi molto per il suo promesso, non era importante, non abbastanza almeno, non quanto l’altra.
Andò a sfiorare con le mani, le poche ciocche lasciate libere dalla costrizione della rete e si chiese se fosse veramente importante fare una buona impressione, dopotutto non avrebbe potuto stupire lui.
Rebekah la guardava tronfia, seduta anch’essa sullo stesso sofà, come non si sarebbe mai aspettata e insolitamente taciturna. La scrutava apatica.
Caroline pensò che potesse dirle tutto quel che voleva, insultarla, tanto niente l’avrebbe ferita più delle parole che Niklaus le aveva rivolto. Non sapeva quanto si sbagliava.
-Non è un favore quello che vi faccio. -
Caroline sollevò il viso al suono di quelle parole, non per il tono usato, ma per la verità intrinseca. Il cuore iniziò a batterle forte e d’istinto portò una mano al petto.
Gli occhi di Rebekah, non erano freddi e inespressivi come più volte erano apparsi e lei ne ebbe paura, perché gli sembrava di rivedere lo stesso tormento che quella notte aveva intravisto in Niklaus.
-A cosa  alludete?-
- Non potrete mai competere con lei. -Disse seria, togliendole lo specchio dalle mani e rimirandosi a sua volta. Arricciò le labbra insoddisfatta. -Per una volta, doveva scegliere da che parte stare. Era da quando era una bambina che le parlavano di scelte e fazioni e quel giorno ne doveva fare una.
- Beatrix per quanto sia bella non interessa a Niklaus. -Disse Caroline con tono fermo.
-Non mi riferisco a Beatrix, ma ad Amaelie, la ragione per cui mio fratello non potrà mai amarvi. -
Caroline aprì la bocca, ma non riuscì ad articolare alcun suono, presa da un improvviso senso di nausea, così Rebekah continuò.
-Dubito che non ne sappiate nulla, visto che è la ragione dello scontento di mio fratello. -Fece una pausa. -Sarà presente alla festa. -Portò lo sguardo su di lei. -E dire che dovrete essere bella è solo un eufemismo. Tutti gli occhi saranno puntati su di lei e non per il trascorso con Niklaus o Victor. Amaelie è indiscutibilmente bella e se dopo tutto questo tempo è tornata, ci sarà un motivo. Non crederete alla storia del non voler inclinare i rapporti fra gli stati?-
-Io… -
-Non ne sapevate nulla. -Non era una domanda e Caroline asserì mesta, con un nodo alla gola, lo stesso che aveva avvertito qualche notte addietro, quando aveva scoperto dell’esistenza di Amaelie.  Solo che questa volta fu ben peggiore e non le avrebbe lasciato scampo. Lo sentiva. Non poteva affrontarla, per come non poteva far fronte a Niklaus, non nello stesso posto dove sarebbe stata lei.
Si alzò in piedi e si diresse frettolosamente verso la porta. Era pomeriggio e se non riusciva a parlare adesso col suo promesso, non poteva farlo sul tardi, non con ospiti in circolazione, etichette e quant’altro. Tuttavia riuscì appena ad aprire la porta che Rebekah la richiamò.
-Dove andate?-
Caroline rispose, con la mano ancora adagiata sul pomolo della porta. -Devo parlare con Niklaus. -Le comunicò, frettolosamente.
-Non credo sia una buona idea!- La sentì lisciarsi le gonne. -Io mi preoccuperei della vostra acconciatura e di fare una buona impressione. -
-Tanto… è inutile. -Disse pensierosa. -L’avete detto voi. -
Rebekah non rispose, non subito almeno. -Facciamo un patto. -Propose. 
Caroline continuava a darle la schiena. -Io vi aiuterò con i capelli… e anche se mi costa dirlo, sarete talmente bella da lasciare Niklaus senza fiato, ma… dopo lo dimenticherete, che non vi salti in mente di venire a elargirmi confidenze o pensare di passare un solo pomeriggio in mia compagnia. Lo ribadisco ancora, non siete la donna giusta per mio fratello, ma non lo è neanche Amaelie.-
Caroline, si girò lentamente, atterrita dalla paura, stava per fidarsi dell’unica persona più inaffidabile. -Accetto. -Mormorò.
 
 
 
 
 
Il salone era riccamente adornato di fiori. Centinaia di fiaccole, attaccate alle fredde pareti di pietra, illuminavano l’ambiente.
Caroline, avanzava per l’andito lentamente, scortata da due ancelle. Il suo cuore perse un battito, non appena vide la figura di Niklaus stagliarsi dirimpetto a lei. Le immagini di quella notte, tornarono a invaderle la mente e mortificarla, tuttavia non abbassò mai lo sguardo, ostentando una sicurezza che non possedeva.
Niklaus la guardava impassibile, senza alcuna luce a illuminargli gli occhi e i lineamenti più duri del solito. Eppure nell’istante in cui le loro mani, si sfiorarono, Caroline seppe che qualcosa era cambiato. Un brivido le serpeggiò lungo la schiena e non si sentì bella come avrebbe dovuto, non come prima, quando nella stessa stanza con Rebekah, aveva contemplato la sua immagine per intero riflessa in uno specchio, uno di quelli manufatti antichi di cui poche famiglie ne vantavano il possedimento. Un altro brivido la raggiunse, mentre le labbra del suo promesso sfioravano la sua mano, nello stesso istante in cui il ciambellano annunciava i loro nomi.
-Niklaus Mikaelson e Caroline Elisabeth Forbes. -Disse forte e chiaro.
Niklaus le prese la mano e insieme varcarono l’arco d’entrata e fu in quel momento che la sua espressione cambiò completamente, l’attimo in cui Caroline seppe d’avere la sua completa attenzione.
-Continuando così rischiate un infarto. -Soffiò malizioso, abbassandosi all’altezza dell’orecchio.
-Non credo v’interesserebbe.-Almeno all’apparenza Caroline ritrovò il suo coraggio.
-Più di quanto pensiate. costatò il vampiro.
Caroline, alzò il sopracciglio scettica e lo guardò nuovamente negli occhi. Fu in quel momento, che ebbe la certezza assoluta che l’uomo la stesse guardando…  guardando per davvero. La fanciulla vide un guizzo di stupore e ammirazione attraversargli lo sguardo, all’improvviso divenuto caldo. Non aveva nulla a che vedere con la freddezza che gli aveva riservato giorni prima. Inspiegabilmente ne gioì.
-Va tutto bene?-Chiese il vampiro, mentre la conduceva al centro della sala.
-Adesso sì. -Rispose d’istinto, sperando subito dopo che l’uomo adducesse la sua risposta all’ansia per la festa e alle frivolezze che ogni fanciulla osteggia.
Giunti al centro della sala, il suono del flauto terminò, per dar vita a un’altra melodia, accompagnata da un altro strumento: l’arpa.
Caroline conosceva la musica ed era un’ottima danzatrice, essendo stata istruita a tali arti fin da bambina. Aveva avuto la sicurezza di sposare Niklaus Mikaelson fin da allora… e adesso che la certezza iniziava a vacillare, ne era spaventata.
Il vampiro, si profuse in un inchino e lei fece altrettanto, chinando il capo e sollevando con le punte delle dita il vestito di seta color oro. Le altre coppie erano già disposte in fila e a loro seguito i cavalieri, s’inchinarono di fronte alle loro dame e viceversa.
Le danze iniziarono. Caroline arrossì lievemente, quando la mano di NIklaus prese saldamente la sua e iniziò a guidarla.
La sala era gremita. Presto sarebbero iniziate le giostre e i giocolieri, anch’essi disposti a guardare, avrebbero iniziato la loro esibizione.
Caroline, seguiva Niklaus aggraziata. Qualsiasi fanciulla non poteva ambire a matrimonio migliore del suo, ma nel momento in cui terminarono le danze e Niklaus tornò a inchinarsi di fronte a lei, seppe di non poterne gioire, non quella sera almeno. Fra tutte le dame presenti, c’e n’era una in particolare che brillava fra le tante. L’aveva guardata bene nel dipinto, ma quello non le rendeva giustizia se comparato alla realtà.
Comodamente seduta su una sedia a tre piedi, Amaelie, faceva librare le corde di un’arpa.
Caroline boccheggiò alla sua vista, ma non seppe se Niklaus se ne accorse, perché da quel momento in avanti non ebbe il coraggio di guardarlo.
Amaelie, la donna che aveva toccato il cuore del suo promesso, era presente quella sera e lei non sapeva come comportarsi, mentre Niklaus sembrava a proprio agio.
L’accompagnò nell’angolo a loro riservato e la lasciò in compagnia delle ancelle e altre dame.
I suoi genitori non si erano presentati, adducendo come scusante un malanno improvviso e lei si sentiva smarrita, mentre Niklaus conversava con i rappresentanti dei vari stati e le dame che le tenevano compagnia intavolavano discorsi senza senso.
Non era il suo posto quello. Caroline, lo capì distintamente. Non amava le giostre e perfino bere vino, la nauseava… e poi c’era Amaelie che non le toglieva lo sguardo di dosso e il dubbio di non essere abbastanza per lui. La testa le girava e lo sguardo astioso che alcuni vampiri le rivolgevano non la tranquillizzava. Per quanto poco ne sapeva, la rivolta poteva non essersi acquetata.
-Comunque il merletto è molto alla moda. -Le stava dicendo una fanciulla presentatasi col nome di  Helene.
Era questo che avrebbe dovuto fare? Fingere che la vita a fianco di Niklaus le andasse bene?
Presa da questi pensieri non si avvide che qualcuno si era fatto vicino.
-Visto che mio fratello è tanto maleducato da non intrattenervi, lo farò io. -Kol Mikaelson palesò la sua presenza con un sorriso freddo e un leggero inchino.
-E come di grazia?-Non era abituata a intrattenersi con altri membri della famiglia e l’intervento di Kol non le era particolarmente piaciuto.
-Concedetemi un ballo! -Disse porgendole la mano.
Caroline girò lievemente il capo in direzione di Esther, nonché sua futura suocera e all’assenso di questa, allungò la mano in direzione del vampiro.
La danza che sarebbe seguita era una tarantola, già in uso in diverse corti e anche se l’aveva ballata poche volte, non se ne preoccupò. Fu altro a destabilizzarla. Le parole di Kol, che forse altri non potevano ascoltare per via della musica.
-Si dicono molte cose di voi Caroline… tipo che non abbiate rapporti proprio casti con mio fratello. Cosa non farebbe una fanciulla per non sposare un erede al trono. -
Caroline tremò d’indignazione, ma non si lasciò spaventare e sperò che il ballo finisse presto.
Avete detto bene, sono voci e non corrispondono a verità. -
-Sapete quello che sta avvenendo? Alcuni vampiri non vedono di buon occhio questo matrimonio ed io sono fra questi. -Sussurrò al suo orecchio.
Caroline arrossì per le confidenze che si permetteva d’avere nei suoi riguardi.
-Come vi permettete!-
-Mi permetto eccome, impedirò con ogni mezzo a mio fratello di commettere una sciocchezza. -Strinse forte la presa attorno alla sua mano.
-Lasciatemi immediatamente!-
Kol non rispose, né allentò la presa e Caroline pregò che Niklaus accorresse, invece provvidamente, non fu il suo futuro sposo a farlo, ma qualcuno che probabilmente voleva farle del male, infatti uno spintone la liberò dalle prese di Kol, ma l’urto con una colonna fu talmente forte da farle perdere i sensi.  
 
 
 
 
 
Note autrice:
 
Lo so, mi odiate per aver interrotto così! Capitolo di passaggio, purtroppo essenziale. So che è abbastanza noioso, che non è accaduto granché, ma per chi mi conosce sa che non mi piace correre soprattutto per quanto riguarda la descrizione degli eventi.
All’inizio del capitolo avete visto la reazione di Anne al bacio. Lei non è Caroline, non è vissuta nella bambagia ed è abituata ad affrontare le cose, non a fuggire. Anne e Victor scoprono qualcosa di molto importante, ovvero di desiderarsi . Anne, nonostante l’inesperienza è consapevole di essere attratta dall’uomo, non è una ragazza facile, ma è molto passionale e già da ora, sa di non potersi opporre a tutto questo.
Anche Victor ha compreso. E’ un uomo abituato ad avere delle donne, ma nessuna della portata di Anne e non solo per il ceto sociale a cui appartiene.
Anne arriva a casa e scopre l’assenza della madre.
In città ci sono diversi disordini, si stanno creando delle fazioni, umani e vampiri iniziano ad essere in disaccordo. Le morti saranno veramente avvenute per mano dei vampiri? Non dimenticate che Niklaus sta per sposare Caroline e che non tutti sono favorevoli, Quanto accaduto alla festa ne è un esempio.
Se da una parte abbiamo gli umani che non tollerano i vampiri, dall’altra, ci sono i vampiri che non tollerano  gli umani.
Avete conosciuto Amaelie, potete immaginarla come la Petrova. Non ho dimenticato i flash back, ci saranno, credo dal prossimo capitolo, anche da parte di Victor.
Ho menzionato, la figura del banditore. Siamo nel 1400 e il giornale non era molto diffuso, per questo le notizie venivano comunicate per via orale. Ricordiamoci anche che molti erano analfabeti, soprattutto le donne. Caroline è un esempio raro del contrario. Anne non sa leggere e scrivere.
Tornando al banditore, annunciava le notizie, gridandole per le strade, iniziava dai ceti più alti e poi finiva nei bassi.  
I pomelli alle porte esistevano.
 
 
 
 
 

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La “ Bassedance”era molto famosa nelle corti e ne abbiamo notizia già fra il 1320 e 1330, quindi proprio in linea con questa storia.
La bassadanza era una danza aggraziata eseguita con movimenti strisciati. La musica era seguita anche dal canto. L’arpa l’ho aggiunta io, per introdurre Amaelie, ma c’erano solo flauti.

 
 
 
 
 
Il capitolo e anche queste lunghissime note sono terminate.
Non aggiungo altro, ringrazio per i 41 che hanno messo la storia fra le preferite, per le 11 ricordate e per le meravigliose recensioni, senza le quali non sarei particolarmente stimolata.
Ringrazio anche i 14 che hanno aggiunto il mio nome a quello delle autrici preferite.
Non ho riletto quindi scusate gli errori, cercherò di farlo il prima possibile.
Grazie di cuore!
Un bacio
Tess
 
 
 

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Capitolo 13
*** 12 ***


12
 
 
 
 
 
 
-Non sai di cosa stai parlando!-
Non fu difficile per Caroline, intuire a chi appartenesse quella voce. Il tono di Niklaus non era mai stato così imperioso. Lo stato di incoscienza non era durato molto e anche se il dolore le impediva movimenti troppo bruschi, era riuscita a mettersi seduta sul sofà, cui qualcuno doveva averla adagiata.
La musica non faceva più da sottofondo e le parole di Niklaus risuonarono per l’intero salone, facendo vibrare l’aria di tensione. Il pavimento cesellato di fine marmo, rifletteva luci vacue.
-Sposerai un umana. -Farfugliò indignato Kol, storcendo le labbra. -
Mikael non sapeva cosa fosse la dignità… pensare di mescolare il nostro sangue a quello di… -Con un gesto stizzito, indicò la fanciulla.
-Così è stato deciso in presenza di testimoni. -Rispose Niklaus.
-Sei l’erede al trono, puoi sempre ripudiarla. -
Il cuore di Caroline, perse un battito, in attesa di una risposta. Non era il ripudio in se a spaventarla, con le relative conseguenze. Tremante si portò all’ in piedi, andando a sostenersi ad una colonna e rifiutando la mano che Mary Elisabeth Fremor le aveva gentilmente offerto.   Costance, la figlia di una sua vicina era stata ripudiata dal fidanzato e nel giro di pochi giorni era finita al San Luise. No, il ripudio non la spaventava, non più. Forse quando ancora non conosceva Niklaus, quando era preferibile una vita matrimoniale a quella vissuta in orazioni, ma adesso no. Era altro a intimorirla, come la risposta secca di Niklaus e la giovane non riusciva a capacitarsene. Perché qualcosa faccia male, te ne deve importare, almeno un poco.
-Rispetterò il volere di nostro padre. -
Niklaus teneva Kol per il bavero della camicia e lei probabilmente era l’ultimo dei suoi pensieri. Nella caduta un guanto le si era sfilato e adesso non riusciva neanche ad infilarselo, scossa da un forte tremito. Gli occhi le divennero lucidi. Tutti la stavano guardando e lei avrebbe voluto sprofondare dalla vergogna.
-Non aggiungere altro!- Intimò Niklaus. -Altrimenti non rispondo più di me stesso. -Fece una pausa. -Sposerò Caroline!-
-Te lo impedirò con ogni mezzo. Non ti permetterò di mandare in rovina il nostro casato. -
-Non sai neanche di cosa parli. -Ringhiò il primo, costringendolo contro una colonna. Gli occhi brucianti di collera, sembravano volessero fulminarlo.
-Adesso basta!- Tuonò Esther, mentre si avvicinava ai figli con portamento regale. Indossava uno splendido vestito verde e gli occhi dell’intera sala lasciarono la fanciulla oggetto della discussione per posarsi su di lei. -Siamo una famiglia e nessuno infierirà su alcuno. -
Caroline non l’aveva mai sentita tanto adirata. Avrebbe voluto incontrare lo sguardo di Niklaus per sentirsi rassicurata, ma la verità era che aveva paura di scontrarvi altro. La testa le girava  e a malapena riusciva a reggersi all’ in piedi.
Esther le dava le spalle e se prima quando aveva accettato l’invito di Kol, l’aveva rassicurata, adesso si ostinava a non volerla guardare.
Rebekah seduta vicino a Beatrix, parlottava silenziosamente con questa, lisciandosi di tanto in tanto il bellissimo vestito di seta turchese. Non era interessata al matrimonio, del resto poteva permettersi, data la posizione e la bellezza vantata di scegliere fra uno o più partiti. Durante la serata aveva danzato con un solo cavaliere e quando questo l’aveva invitata per il secondo ballo, aveva arricciato il naso e rifiutato con un semplice gesto del capo.
Miss Clariss sorseggiava compostamente un bicchiere di vino e Lindy Crodwel civettava con Sir William senior.
Caroline, si costringeva  a guardare altro, per non far prevalere la rabbia e non scoppiare a piangere, quello sì che sarebbe stato umiliante.
Si adagiò alla colonna. No, non era il suo posto quello e realizzarlo il giorno del suo fidanzamento era un crudele scherzo del destino. Su un tavolo, erano in bella mostra, gli anelli che avrebbero dovuto scambiarsi durante il ballo. Le sembrava di non riuscire più a respirare costretta a guardare in faccia la realtà dei fatti: quel matrimonio non l’avrebbe resa felice.
Con un lieve cenno del capo, Esther ordinò ai musici di riprendere a suonare e come per magia delle note armoniose di una ballata  riempirono l’ampio salone. Alcune coppie si disposero, pronte per il ballo, le dame a sinistra e i cavalieri a destra.
Il ciambellano iniziò ad annunciare i nomi dei rispettivi cavalieri e delle dame che avrebbero danzato. Era stata stabilita una tabella di marcia, come era uso comune in molte corti.
-State bene?-La voce di Niklaus la riscosse appena dai tetri pensieri. Esther, si era allontanata insieme a Kol e apparentemente sembrava che tutti fossero tornati a godersi al festa.
Caroline asserì poco convinta, continuando l’impresa ardua iniziata poco prima, quella di infilarsi il guanto e ostinandosi a non guardarlo.
-Siete pallida. -Costatò, prendendole forse involontariamente il viso fra le mani e andando contro le etichette, il buon senso e l’educazione.
-Sto bene. -Mormorò lieve, sfuggendo alla sua presa e tornando a dedicarsi al guanto finemente lavorato in pizzo.
-Non direi. -Riprese Niklaus, tornando ad intrappolarle la mano fra le proprie e forse notando i segni bluastri che l’urto doveva averle procurato e maledicendosi per non essere arrivato prima e non aver scorto chi altri a parte Kol l’avesse importunata. Era ovvio che l’urto contro il pilastro non era stato un incidente e se non fosse stato così impegnato a instaurare rapporti diplomatici, forse avrebbe potuto notarlo.
Accarezzò lieve il livido che si estendeva lungo il polso destro, dimenticando per un attimo il luogo ivi si trovavano.
-Vi accompagno a prendere un po’ d’aria. -Disse porgendole il braccio.
Caroline avrebbe voluto rifiutare, ma aveva bisogno di un momento di pace, pertanto asserì controvoglia e si appoggiò al suo di avambraccio.  Era da quando l’aveva condotta nel seminterrato per mostrarle il quadro di Amaelie che non si parlavano e che non s’incontravano, nemmeno per i corridoi. Pronta a lasciare la sala, si decise a guardarlo negli occhi, del resto non poteva fuggire all’infinito.
Non seppe mai cosa vi fosse riflesso negli occhi di Niklaus, se indignazione, ribrezzo, incertezza o altro, perché nell’istante, cui i loro sguardi s’incontrarono una voce armoniosa si fece spazio nell’intimità che si era venuta a creare fra loro e il calore che Caroline aveva pregustato pochi secondi prima, sparì.
-Dimenticate la tabella di marcia Niklaus. -Amaelie si avvicinò guardinga, ancheggiando lievemente. Indossava un vestito color porpora, drappeggiato dalla vita in giù e stretto attorno ai fianchi. Per quanto le facesse male, Caroline dovette ammettere di trovarla avvenente. I capelli raccolti in un elaborato chignon, non facevano che riflettere la perfezione del viso. Sentì la mano di Niklaus stringersi con forza attorno alla sua spalla, ma non si lamentò, grata in parte che il suo promesso non l’avesse lasciata seduta stante, eppure non potette evitare che il cuore le si stringesse in una morsa. Aveva già provato una sensazione simile, con Beatrix, quando aveva trovato il suo promesso avvinghiato a lei, eppure questa volta fu diverso, perché oltre alla rabbia, sentì il dolore annidarsi e non era concepibile. No, che non lo era. Perché faccia male, deve importarti, continuava a ripetersi e lei da quando ne aveva memoria era disinteressata a Niklaus. Tralasciando il breve episodio, di quando il giorno del suo quindicesimo compleanno, l’aveva sorpresa, dicendole di reputarla bella. Ricordò di come il pensiero di quelle parole, la torturò per giorni, forse perché mai nessuno glielo aveva detto prima, ma , l’aveva trovato estremamente piacevole. 
Lentamente lasciò il braccio del suo promesso. Sapeva che questi, non poteva dissentire e che quello del ballo con Amaelie, non era altro che un obbligo, ma non poteva fare a meno d’esserne amareggiata. Si era sforzata di non pensarci per tutta la sera. Niklaus poteva fare soltanto il primo ballo con lei, poi però gliene spettavano altri due. Il secondo con Miss Blanca e l’ultimo proprio con Amaelie, rappresentante francese.
Niklaus lentamente lasciò la sua spalla e poi con un leggero inchino e un baciamano rispettoso, la lasciò, senza degnarla più di uno sguardo.
Caroline li osservò a lungo, immobile, in una posa rigida e innaturale, presa da un vortice di emozioni indistinto.  Voleva concentrarsi su altro, come aveva fatto prima durante la discussione avuta con kol, ma per tutta la durata del ballo non riuscì a staccare gli occhi di dosso ai due.
Amaelie, non era soltanto indiscutibilmente bella, ma conscia del suo fascino, ostentava sicurezza in ogni sua movenza aggraziata e poi Niklaus, ne sembrava rapito, per come del resto lo erano tutti gli uomini presenti in sala. Era bella, colta e aveva buon gusto.
Li seguì con lo sguardo, fino a quando le arcate delle colonne, non le nascosero la loro visuale e solo allora, si decise a lasciare il salone.
 
 
 
 
 
 
-Niklaus Mikaelson. -Amaelie continuava a sfiorare impercettibilmente le sue mani, per come richiedeva la danza. -Questa musica mi ricorda la prima volta che abbiamo danzato assieme.-
Niklaus non rispose, ma la vampira non si scoraggiò.
-Deliziosa la vostra futura sposa. Mi chiedevo se sa di noi. Non sembrava particolarmente felice di lasciarvi danzare.
-Non c’è nulla da sapere, Amaelie. -Costatò, inasprendo la voce, eppure i ricordi lo sopraffecero. Ancora!
 
 
Concedetemi un ballo! ”Niklaus si accostò alla fanciulla, presentatagli col nome di Amaelie con un’espressione divertita.
“L’ho già promesso a vostro cugino. “Disse lievemente a disagio questa. Parlava a rilento con una lieve cadenza francese, che non faceva altro che renderla affascinante.
“Garantisco per lui e vi assicuro che non si offenderà.”Rispose il vampiro, alzando le mani in segno di difesa, ma forse la sua era già una resa.
“Non sarebbe corretto. “Tergiversò impacciata, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Victor in quel frangente si avvicinò cauto e sorridente.“Tranquilla non temerei comunque la concorrenza.” Asserì.
“Concorrenza dici?Dubito ce ne sia.”Niklaus guardò il cugino divertito e poi si rivolse nuovamente alla fanciulla.”Vi piace il tiro con l’arco?”
Amaelie li guardò divertita, iniziando a capire il gioco e poi accettando le braccia che le venivano offerte, s’incamminò verso l’esterno.  
Era estate e la brughiera, appena sotto Fell’s Church,  fioriva. Dall’esterno si sentivano ancora le ultime note di una ronda, confuse dai rintocchi di un campanile.  
Amaelie respirò a pieni polmoni e si rivolse ai suoi accompagnatori.“Dunque, fatemi capire: è così che conquistate le fanciulle? ”Si trovavano tutti e tre all’esterno, di fronte ad una tavolozza e delle frecce. “
Niklaus le fece l’occhiolino. “Lui sì!”Disse indicando il cugino e le frecce, disposte disordinatamente nel contenitore.
“E voi?”
“Domani lo vedrete?
“Domani?”
“Vi fermerete al palazzo?”
“Ebbene sì, io e la mia famiglia, saremo ospiti per tutta la durata della prossima settimana.”
“Questo è sleale! ”La voce di Victor li raggiunse, nel mentre fletteva l’arco e la prima freccia veniva lanciata. 
Niklaus dissentì. “Lo sarà quando vincerò anche questa gara.”Sorrise alla dama e prendendo una freccia fra le mani, la sistemò per il tiro.
Pochi secondi dopo aveva colpito il bersaglio. “L’ho già detto: quel ballo sarà mio.”
La fanciulla sorrise, arrossendo lievemente e dimenticando l’arsura della sera.
“Qualcuno dovrà offrirmi da bere e decreto che sarà chi perderà a questo gioco. “
Nulla a che vedere col piacere sublime d’accarezzarvi le mani.” Niklaus sorrise malizioso, sfidando il cugino, per poi tornare a guardare la fanciulla. “Mi riferisco al ballo.”Precisò, andando a lanciare la seconda freccia e mandandola puntualmente a segno.
“E ditemi… “Anche Victor prese la parola. “Oltre all’offrirvi da bere è prevista anche una passeggiata?”
La fanciulla si sentiva estremamente lusingata, ricevere le attenzioni di due membri della famiglia reale, la faceva sentire apprezzata. “Ovvio. “Civettò.
La quinta e ultima freccetta centrò l’ultimo bersaglio.
“Accetta la sconfitta cugino, questo è solo l’inizio, domani… “Niklaus fece una pausa. “La conquisterò.”
“Che accadrà domani?”Investigò la fanciulla, accettando di buon grado il braccio che Niklaus le offriva, essendo lui il vincitore e il prescelto per il ballo.
“Domani v’incanterò con le mie doti d’artista.”   
“Anche voi suonate?”
Victor storse il viso. “Dipinge mademoiselle” Disse usando volutamente il francese che parlava correntemente.
“Oui… e mi farete un ritratto?”Amalie si rivolse nuovamente a Niklaus, mentre s’incamminavano verso il palazzo.
“Ouì!”
Victor scoppiò in una fragorosa risata. “Il francese da te parlato, fa schifo.”
“Ti rode il fatto che la sorte abbia scelto me!”
“Non sai quanto:”Con queste ultime parole, Victor si chinò e si profuse in un delicato bacia mano. Poi li lasciò soli.
Quando le danze iniziarono, nell’istante in cui le loro mani si sfiorarono e Amaelie arrossì ancora a disagio, Niklaus seppe che sarebbe stata sua.
 
 
Non appena la musica terminò, Niklaus si staccò dalla vampira in modo brusco.  Ancora una volta, aveva lasciato che i ricordi lo sopraffacessero, com’era accaduto sovente nell’ultima settimana, ovvero da quando aveva saputo del suo arrivo. Non credeva nella sua buona fede, ma al contempo non riusciva a restare indifferente di fronte a lei.  
-Quanta fretta!-Amaelie lo fissò accennando un sorriso compiaciuto, forse sospettando il malessere arrecato all’uomo.
Non lo guardava più come un tempo e le guancie arrossate erano state sostituite dal pallore. Nicklaus si chiese per la prima volta, se l’avesse ingannato con un atteggiamento ipocrita.
Le diede le spalle e iniziò a incamminarsi verso l’uscita dove era certo avrebbe trovato Caroline, tuttavia, non potette evitare di udire le ultime parole da questa pronunciate.  
-Mi siete mancato Nicklaus.-
 
 
 
 
***
 
 
 
Anne sobbalzò. Aveva appena chiuso gli occhi, raggomitolata in quello che era un giaciglio improvvisato e poco comodo, quando un fruscio attirò la sua attenzione e la mise in allarme. Forse si era sbagliata, ma le era sembrato di udire dei passi.
Attese col cuore in gola di sentire altro, ma a parte il vento che dall’esterno faceva tremare i battenti della porta, non udiva niente. Si strinse addosso la misera coperta e aguzzò la vista. Era difficile scorgere qualcosa a quell’ora della notte, soprattutto, considerato il fatto che non ci fosse alcuna illuminazione. La luna quella sera aveva deciso di non collaborare e neanche un fascio di luce entrava in quella misera stamberga.
-Cosa ci fai qui?-
Sobbalzò al suono di quelle parole e cacciò un urlo, indietreggiando.
Il cuore iniziò a batterle veloce, mentre desiderava scomparire. Era stato Victor a parlare. Era da quando si erano baciati che non s’incontravano e col cuore pesante realizzò che l’ultima volta che si erano visti, la sua vita procedeva lieta. Gli occhi le brillarono di lacrime nell’oscurità. Sua madre quattro giorni prima era viva.
-Voi non dovevate essere alla festa?-Investigò a sua volta, mordendosi le labbra per la sua impudenza. L’ultima volta che aveva sfidato Beatrix, era stata frustata e benché il vampiro in questione l’avesse protetta, non voleva sfidare la sorte, sempre che di sorte si trattasse. Alzò il viso per guardarlo, ma il buio le impediva di vedere alcunché.
-Sei sempre così insolente?-Victor la osservò attento, chinandosi alla sua altezza. -Oppure il bacio che ci siamo dati, ti è piaciuto così tanto da voler ripetere l’esperienza?-
Anne arrossì. -Oh… -Nascose l’imbarazzo con abilità. -Dunque non è stato un bacio di convenienza?-
-Certo che sì, ma se siete così insolente da pensare il contrario, potremmo riprovare. -Sorrise facendosi più vicino.
Anne rimase senza fiato, il cuore iniziò a batterle più forte, perché quel bacio l’aveva torturata e se non fosse stato per la morte della madre, forse vi avrebbe dato più importanza. Del resto era giusto, si disse, era il suo primo bacio.
Tremò appena e Victor lo capì, perché improvvisamente le si fece vicino, talmente tanto da sfiorarla, nell’istante in cui si mosse.
-Che fate?-Anne lo interrogò guardinga. Sapeva quello che sarebbe successo di lì a poco. In lei albergavano sentimenti contrastanti. Se da una parte desiderava il bacio, dall’altra, ne aveva paura, tuttavia chiuse gli occhi, non appena il fiato del vampiro le sfiorò il volto e sentì la consistenza delle labbra sulle sue.
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero non vi abbia deluso. Anche questo purtroppo è un capitolo di passaggio, spero comunque apprezziate. Venendo al capitolo, Caroline asserisce che il ripudio non la spaventa più. Non ho dimenticato, quando ne parlava con Ty spaventa all’idea. Caroline sta cambiando, è cresciuta e d’ora in avanti le sue scelte saranno più mature, dettate in parte dalla rabbia, in parte dalla sua crescita e dai sentimenti che albergano in lei. E’confusa e spaventata, ma questo non significa che non stia maturando.
A un certo punto Niklaus dà del tu a Kol, abolendo il voi: non è un errore. Ho consultato molte fonti, riguardante l’uso del tu, del voi e del lei.
Siamo nel 1400, avevamo avuto l’avvento di Cristo e la caduta dell’impero romano. Nella bibbia si usa il tu e non è un caso o una traduzione modernizzata quella che ci perviene. Veramente ai tempi del cristianesimo ci si dava del tu, per come ci si dava del tu con l’impero romano. Nel 1400 era comune il voi, ma fra il popolo, spesso ci si dava del tu, soprattutto fra persone dello stesso rango. Il voi si usava per sottolineare, l’importanza di una persona  o la poca confidenza. Capitava spesso che il marito, dava del tu alla moglie e la moglie del voi a questo. I genitori usavano il tu con i figli, ma questi adoperavano il voi. Credo tutti abbiate letto “i promessi sposi”, mi riferisco a quello del Manzoni. Bene! Ho letto qualcosa a riguardo durante la settimana, visto che le mie ricerche vanno di pari passo con questa storia.
Nel romanzo, i bravi e Don Abbondio, si danno del lei.  Don Abbondio chiama Perpetua, usando il voi, mentre questa usa il lei.
Lucia e Renzo danno del lei a Don Abbondio, mentre questo gli si rivolge col voi.
Padre Cristoforo, da del tu a Renzo.
Si potrebbe continuare all’infinito, ma sappiate, che il lei era molto più formale del voi. Inoltre quando si voleva sminuire una persona, si passava al tu, o al lei.
In questo caso, Niklaus dà del tu a Kol per denigrarlo. Quando invece, nel flash-back, Victor e Nicklaus si danno del tu è per la confidenza e il rapporto fraterno che hanno i due.
Ho detto che dovete immaginarvi Amaelie come la Petrova. Nel flash back appare impacciata, timida e inoffensiva, ed era realmente così, poi nei capitoli successivi assisteremo al suo cambiamento. Il flash-back si riallaccia al primo ricordo avuto da NIklaus, quello relativo alla sua conoscenza e spero vi piaccia per come è piaciuto a me scriverne.
In questo capitolo NIklaus non è il massimo della galanteria, ma ha i suoi motivi e lo scopriremo e poi, attraverso questo atteggiamento Caroline, inizia a confrontarsi con i suoi sentimenti.
Non aggiungo altro. Come sempre ringrazio le fedelissime che recensiscono,  i 44 che mi hanno messo fra le preferite, i 90 che mi seguono e gli 11 ricordate.
Tornando al discorso recensioni, mi dispiace veramente se queste vanno di pari passo con quelle che rilascio. Lo ripeto ancora, ho veramente problemi di tempo. Ho due bimbi piccoli e spesso passano giorni, prima che riesca a leggere e recensire qualcosa, ma credo di essere abbastanza coerente e recensisco tutto quello che leggo, indipendentemente dal ricambio. Adesso non voglio fare l’antipatica e spero capiate.
Se siete arrivate a leggere fin qui, vi ringrazio, credo siano le note più lunghe che abbia mai scritto.
Baci
Tess
 
Ps: Non ho avuto tempo per inserire immagini.

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Capitolo 14
*** 13 ***


13
 
 
 
 
 
 
Smarrita, ecco come si sentiva Anne in quel frangente, con le labbra di Victor sulle proprie, stesa su un giaciglio di paglia in una posizione poco consona.
Erano giorni che lo evitava come la gogna, perché ciò avrebbe significato venire a confronto con le sue paure. Ofelia le aveva affidato mansioni al di fuori del palazzo. Sua madre era morta e ancora faticava a credere che fossero stati dei vampiri a ucciderla, eppure… lo stato cui erano riverse le vittime non dava adito ad alcuna scappatoia… ma, era altro a spaventarla, come il ricordo del loro ultimo bacio e l’audacia che ella stessa aveva mostrato. Forse era questa la vera ragione per cui lo stava evitando.
Le labbra del vampiro approfondirono il bacio e lei non riuscì a rifiutarlo, dimenticando per un attimo tutte le brutture cui aveva assistito negli ultimi giorni. Ne aveva bisogno del resto. Nessuno l’aveva consolata, né fatta sentire protetta. Socchiuse le labbra in un gesto puramente istintivo, mentre la bocca dell’uomo, affondava con più ardire nella propria e le mani andavano a sollevarle il vestito indecentemente, in modo lento, ma assolutamente non calcolato.
Anne rabbrividì, ma non si discostò, forse non ne aveva la forza, mentre le mani dell’uomo risalivano lungo la sue gambe, coperte ormai malamente da calze di ordinaria lana. Una era scesa fino al ginocchio, rivelando parte della pelle candida.
Anne non si ritrasse e così Victor proseguì l’esplorazione, andando a sfiorare il fianco, purtroppo coperto dalla chemise, la pelle calda del ventre, da dove questa si era discostata.
La stoppia le graffiava la pelle, o almeno la porzione che il vestito sollevato lasciava esposta, mentre la luna scelse proprio quel momento per apparire, andando a illuminare un vecchio rastrello e parte dei loro corpi avvinghiati. A uno spettatore esterno le loro movenze sarebbero apparse impudiche e atte a soddisfare il desiderio di due amanti, forse a lungo represso, ma in verità erano estranei l’uno all’altra e Anne disconosceva se stessa in quel frangente. Se Don Philips l’avesse saputo, non le avrebbe più permesso di entrare in parrocchia, l’unica fra l’altro nella quale poteva avere libero accesso, essendo stata concepita al di fuori dal matrimonio.
Il bacio divenne profondo, intimo. La pelle del vampiro era ruvida contro la sua, le mani smaniose. Anne risali a sfiorargli il petto, coperto da una fine camicia, soffocò un gemito contro la sua bocca, gli artigliò i capelli, sottostando al piacere crescente e dandone a sua volta, in modo del tutto innocente e poco calcolato.  
Un altro riflesso, si adagiò sul corpo marmoreo dell’uomo, illuminandone la mascella scolpita, il mento ben definito, cosparso da una lieve barba, la peluria del petto.
Anne socchiuse gli occhi per brevi istanti e allora lo vide, vide se stessa riflessa negli occhi di lui e seppe di doversi fermare, prima di perdere il lume della ragione, di concedergli libertà che una donna avrebbe dovuto dare solo a suo marito.
La sua mano scese sulla spalla dell’uomo per fermarlo, nello stesso istante cui alcune voci attirarono la sua attenzione. Non erano più soli, al di fuori della stalla qualcuno stava parlottando, ed era insolito considerato che fosse notte fonda. Sapeva che la festa stava andando avanti, ma era strano che qualcuno si fosse spinto a passeggiare fin lì. La stalla che da circa tre giorni la ospitava per la notte, essendo stata sfrattata da casa era fuori mano… lontana dal palazzo e nelle notti precedenti non si era visto alcuno. Per questo Anne sobbalzò al suono di quelle voci.
Victor le intimò di stare zitta, poggiandole delicatamente l’indice sulla bocca, anche lui stranamente in all’erta, ma non decidendosi a lasciarla andare. La sovrastava ancora col proprio corpo, impedendole di muoversi e di aggiustarsi le gonne.
Anne arrossì, perché se prima aveva agito in preda all’istinto, adesso era consapevole della situazione e della posizione cui si trovava, tuttavia temendo di essere scoperta non si mosse. 
 -Dove sono gli altri?- Le voci degli uomini, sempre fermi  oltre la porta di legno corroso che li separava, attirarono  la sua attenzione e si dimenticò nuovamente di Victor e della sua insolenza. Sapeva che non la lasciava andare di proposito.
-Stanno arrivando. A quanto pare c’è stato un piccolo contrattempo.-
Anne rabbrividì. Victor che fino a pochi secondi prima era rimasto immobile ad ascoltare quanto stava accadendo al di fuori, tornò a guardarla.
-Non ti muovere!-Le intimò, discostandosi di poco e andando egli stesso a sistemarle le gonne. Poi con uno scatto felino si alzò troppo veloce perché Anne potesse coglierne i movimenti. Lo intravide vicino all’uscio. L’astro lunare che a differenza di prima non faceva andar e vieni, gli illuminava i tratti, facendolo apparire impavido e affascinante, con i calzoni troppo aderenti perché Anne non ne notasse la muscolatura e la camicia semiaperta.
Ignorando l’ordine ricevuto, si alzò a sua volta e raggiunse il vampiro.
-A quanto pare l’ubbidienza non ti si addice. -Costatò scrutandola per un istante, prima di riportare l’attenzione al di fuori.
-Vi ricordo che non lavoro più per voi. -Sussurrò piano, sicura che il vampiro potesse udirla.
-Questo lo so. -Rispose con voce roca. Avvicinò il viso al suo orecchio. -Mi manca il tuo sangue. -
Istintivamente la fanciulla si portò una mano al collo, là dove pochi giorni prima l’aveva marchiata. Per pochi attimi, restò senza fiato e non seppe valutare se fosse per l’improvvisa vicinanza, per quanto avevano condiviso poco prima o per altro. Non rispose alla provocazione e si mise nuovamente in ascolto, consapevole che al fuori stava accadendo qualcosa.
Alcuni uomini si erano radunati, presumibilmente braccianti, Anne non poteva esserne sicura, ma stavano discutendo animatamente su una decisione da prendere.
-Dobbiamo prenderla stanotte: non abbiamo molto tempo ormai. -Un uomo fuori forma, vestito con un lungo mantello scuro, stava tenendo un discorso.
Tutti gli altri, cinque o sei uomini, lo ascoltavano in silenzio, armati di asce e rastrelli.  
-Quelle non vi serviranno, non a molto. -Disse indicando le armi improvvisate dagli uomini. -Ho io la soluzione. -Senza alcuna incertezza indicò la stalla.
Anne indietreggiò di qualche passo, mentre l’uomo del quale non conosceva il nome non essendo riuscita a udirlo, andava avvicinandosi, ma fu Victor a reagire all’immediato.
-Nasconditi! -Sibilò indicando una vecchia botte.
-E voi?-Istintivamente artigliò una mano attorno al polso del vampiro e lo guardò confusa.
-Io starò bene. -
Controvoglia, andò a ripararsi dietro la botte. Non riusciva a capire quello che stava avvenendo, ma comprendeva di trovarsi in una situazione pericolosa. Per questo ubbidì senza dissentire ancora.
Il cigolio della porta l’avvisò che qualcun’altro era entrato. Si rannicchiò maggiormente, sperando di non essere vista, ma a quanto pareva la fortuna non era dalla sua parte.
L’uomo una volta entrato, provvide ad accendere un lume  e a rischiarare l’ambiente.
La prima ombra che vide, fu quella di Victor, il quale non si era nascosto, ma a braccia incrociate lo scrutava appoggiato a un piolo.
L’uomo sobbalzò, lasciando cadere la sacca che aveva recuperato da sotto il pagliericcio.
-E’tardi per una visitina notturna nelle stalle. -Disse gelido Victor.
 Anne rabbrividì. Non aveva mai sentito la voce del vampiro, divenire così ostile.
-Io… -L’uomo non seppe articolare alcuna scusa.
-Siete venuto per rubare?-Disse ironico. -Non credo. -
-Signore… -Per la seconda volta l’uomo restò senza parole. La luce lo illuminava in parte e Anne memorizzò il particolare delle mani callose.
-Vedo che non sapete fornirmi alcuna spiegazione, riguardo la vostra presenza. -Continuò il vampiro.
A suddette parole, l’uomo rinvigorì. -Non ho rubato alcunché. -Si difese, indicando la sacca mollemente adagiata per terra. Si chinò e iniziò ad armeggiare all’interno per pochi secondi. -Lasciate che vi mostri ciò che contiene. -Disse facendogli cenno d’avvicinarsi.
Senza esitazione Victor mosse qualche passo nella sua direzione.
Avvenne tutto in pochi secondi e fu talmente veloce da non dare l’opportunità ad Anne di agire diversamente. L’uomo estrasse quello che sembrava essere un paletto e senza alcuna esitazione lo conficcò nel petto del vampiro.
Senza pensare alle conseguenze Anne gridò, nel momento esatto cui Victor si accasciava al suolo.
-Nessun bottino… signore. -L’uomo pose enfasi sull’ultima parola. -Come vedete non ho rubato. -Ma a quanto pare voi avete qualcosa per me. -Indicò Anne a pochi metri. -Le belle fanciulle sono molto richieste. -Disse con un ghigno e se nessuno la volesse acquistare, i miei uomini sarebbero molto felici d’averla. -Con una falcata le si avvicinò e la issò in piedi rudemente.
Anne tremò. L’alito dell’uomo puzzava di vino e la stretta era talmente forte da impedirle qualsiasi movimento, ma quello che più la atterrì, fu la vista del vampiro riverso a terra, col paletto conficcato nel petto. Non era morto, ma forse lo sarebbe stato a breve realizzò blandamente, mentre la mano dell’uomo si abbatteva sul suo viso con forza e lei perdeva i sensi.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’aria fredda della sera le faceva bene. Non amava la stagione invernale, preferiva la primavera, ma dopo tutto quello che era successo, aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Caroline Elisabeth Forbes, tremò stringendosi nel mantello bianco. Non poteva rientrare, non se ad attenderla c’era la visione di Niklaus e Amaelie insieme. Poteva sopportare tutto, ma non quello.
Il giardino era silenzioso. Caroline si avvicinò a una panca e vi si sedette. Faceva particolarmente freddo quella sera e a tratti il suolo presentava una patina di ghiaccio. Eppure non soffiava un alito di vento e la natura a tratti sembrava morta, era come se stesse guardando un dipinto, uno di quei tanti affreschi destinati a riempire i palazzi dei nobili.
Gli alberi di melograno erano sfogli e perfettamente immobili. Le petunie non erano ancora fiorite. Caroline ricordò di come ne fosse rimasta abbagliata durante la sua prima visita al palazzo, anni or sono.
Sospirò, riportando l’attenzione su se stessa e sulla propria condizione e torcendosi nervosamente le mani sperò che Niklaus la raggiungesse.
Dedita a tale speranza, non si avvide di quello che le stava accadendo attorno, ignorò il calpestio di foglie secche e i respiri affannati. Qualcuno si stava muovendo nell’ombra e per quanto si sforzasse, non riusciva a scorgere alcunché. Forse le guardie stavano facendo un giro di perlustrazione, pensò, lasciando la propria postazione e iniziando a incamminarsi verso il frutteto.
Il buio della notte non l’aiutò a farla sentire più tranquilla. Gli alberi, i cui rami si estendevano sopra il suo capo, apparivano minacciosi e perfino il firmamento le si era rivoltato contro, non riflettendo alcun vacuo riverbero.
Procedette lenta, girandosi di tanto in tanto a valutare i suoi passi e osservando zone a primo impatto sinistre.
Non era mai stata particolarmente coraggiosa, tuttavia procedette, sollevando appena con una mano il vestito che ad ogni passo le intralciava i movimenti. I calzari non erano particolarmente comodi, ma seguivano la moda del tempo.
-C’è qualcuno? -La sua voce rimbombò fioca nel silenzio della notte e non ricevette risposta.  L’unico suono fu lo zampillio dell’acqua proveniente da una fontana.
La fanciulla tirò un sospiro di sollievo, ma anziché procedere all’esplorazione del frutteto, restò immobile. Un brivido le salì lungo la schiena, era come se qualcuno la stesse osservando. 
-Niklaus… -Tremò lievemente stringendosi le braccia al petto, quando un altro sfrigolio giunse alle sue orecchie.
Neanche stavolta ricevette risposta.
Stava per avanzare ancora di qualche passo, quando qualcuno le si palesò davanti.
L’assenza di luci, le impediva di vedere bene il volto di quello supponeva essere un uomo. La stazza imponente le indicava ciò.
Caroline indietreggiò meccanicamente.
Al primo uomo ve ne si erano aggiunti altri, tutti vestiti in egual maniera e coperti da cappucci. Non era insolito come vestiario, visto che era questo il modo cui vestivano i figli del popolo, solo non era adatto nel luogo ivi si trovavano.
-Miledy… -Uno dei presenti le rivolse la parola, elargendo un profondo inchino. -Dovete seguirci. -Poi la sua mano andò a serrarsi attorno al suo polso.
Una profonda paura si annidò in lei, ma comunque non riuscì a opporsi e quando cercò di urlare l’altra mano dell’uomo andò a coprirle la bocca.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Niklaus attraversò l’ampio salone con falcate veloci. L’unico desiderio che aveva era di raggiungere Caroline e rassicurarsi sul suo stato di salute, benché non potesse negare che Amaelie avesse avuto un forte impatto sulla sua persona.
Attraversò con ampie falcate il salone, ignorando lo sguardo indagatore dei presenti, dirigendosi verso la porta che dava all’esterno, dove supponeva si trovasse Caroline.
Aveva già la mano sulla manopola, quando il sussurro di Amaelie lo raggiunse. “Mi siete mancato Niklaus!”
Tremò impercettibilmente al suono di quelle parole, mentre una furia cieca lo invadeva. La vampira un tempo umana, aveva sprecato la sua, la loro opportunità, eppure non poté fare a meno di fermarsi.
Immobilizzato in una morsa dolorosa, fece l’ultima cosa che avrebbe dovuto: voltarsi.
I suoi occhi scrutarono la donna. I capelli raccolti in un elaborato chignon, lasciavano scoperto completamente il viso. Non aveva nulla a che vedere con Caroline e non solo nell’aspetto.
Niklaus ghignò amaramente. Era da quando l’aveva vista quella sera, che la evitava, allontanando anche Caroline, perché la sua vicinanza non le consentiva di pensare lucidamente.
Ogni qualvolta che la guardava, sentiva uno spasmo all’altezza del petto, che non sapeva definire e a cui non era abituato.
Amaelie lo stava ancora guardando, ferma insieme con altre dame, apparentemente intenta ad ascoltare i discorsi di un buffone. Poi dopo alcuni minuti, aveva flesso il busto e si era avviata verso l’uscita. Non quella che dava verso l’esterno e che prima Niklaus aveva cercato di varcare, ma un’altra che conduceva all’interno del palazzo.
Quest’ultimo non la seguì, non immediatamente. Attese che il buffone concludesse il suo discorso, applaudì insieme con gli altri commensali, conducendo forse per primo lo stesso gioco di sempre.
 
 
“Ce ne hai messo di tempo!”
“Kinkfult non mi lasciava andare”. Sprofondò con la bocca in quella della donna, incapace di trattenersi oltre. Lo aveva desiderato per tutta la durata della cena, anche se farlo lo faceva sentire un vigliacco e un bastardo traditore, uno della peggior specie.
Nonostante i rapporti col cugino, si fossero inclinati nell’ultimo periodo, il tormento di possedere la donna destinatagli tramite contratto non lo lasciava dormire.
“Victor?”Chiese la donna in sussurro, staccandosi solo per un momento dalla sua bocca.
“Si è congedato.”Iniziò a lambirle la gola.
Si stava dannando! Desiderarla non era lecito, ma per quanto si sforzasse non riusciva a starle lontano.
 
 
 
-Avete tardato! -
Niklaus contemplò la bellissima donna che gli stava dinanzi con circospezione e per un attimo presente e passato si confusero. Lei aveva lo stesso innato fascino di qualche anno addietro, la stessa determinazione.
Fece qualche passo all’interno della libreria, ma non rispose alla sua provocazione. Non era lì per venerarla, solo per salvaguardarsi.
Si aggiustò il bavero della camicia e istintivamente andò a toccarsi la cravatta.
Amaelie era di fronte a lui e non potette fare a meno di mirarla, sempre avvenente e forse più consapevole del suo potere.
Seduta elegantemente su un sofà rivestito di velluto scuro, lo osservava altezzosa, con la schiena adagiata alla spalliera, una mano posta sotto il mento e l’altra riposta in grembo, dove come sempre era in bella mostra un libro, uno di quei tomi antichi dai quali attingeva sapere.
La stanza non era illuminata adeguatamente, ma essendo un vampiro riusciva a cogliere ogni particolare del viso, la pelle serica, la linea delicata del mento, le arcate sporgenti che l’aderenza del vestito mostrava.
 
 
Fremente scoprì il seno della donna, desideroso d’averla, perdendo ogni secondo che passava la lucidità necessaria per riuscire a controllarsi. Durante ogni loro amplesso, faticava a ricordarsi che era umana. Umana e non completamente sua.
La portò a cavalcioni su di se, accarezzò la sua schiena.  Non era la prima volta che facevano l’amore, eppure ogni qualvolta era come se fosse la prima… la prima di molte. Niklaus affondò in lei, forse incoraggiato dal fatto che non fosse più vergine e che non era stato lui ad averla per primo.
La donna era destinata a un uomo, gli aveva raccontato un giorno, un uomo che era venuto a mancare. Ma a Niklaus non importava mentre affondava dentro di lei, l’unico pensiero fisso era Victor e la sensazione di star perdendo un fratello e la propria anima.
 
 
I suoi lineamenti si fecero duri. -Avete visto Victor? -Ghignò freddo.
Vide la donna indispettirsi.
-Mi evita!-Disse stizzita senza batter ciglio. Accavallò le gambe, lasciando intravedere volutamente calze di fine seta, acquistate in Europa.
-Sono quindici anni che non mettete piede a Fell’s Church. -Mormorò ancora Niklaus. La trasformazione l’aveva resa più bella. -Deduco non sia un caso. -
Inaspettatamente Amaelie scoppiò a ridere. -Come siete prevenuto Klaus.-
Il vampiro irrigidì la mascella. Da vampira era terribilmente sfacciata, osando chiamarlo col diminutivo che anni addietro usava nell’intimità.
In un battito di ciglia, al suono di queste ultime parole gli fu di fronte, con le mani poggiate sul petto in modo malizioso.
-Cosa vuoi Amaelie? -Passò deliberatamente al tu, ignorando il calore che lo stava avvolgendo.
La vampira avvicinò la bocca alla sua e attorcigliò le braccia attorno al collo e Niklaus lottando contro la stessa volontà, chiuse gli occhi, non appena le loro labbra si sfiorarono.
Durò solo pochi secondi, il marasma di emozioni che lo invasero. L’inibizione e il languore che lo avvolsero, non si trasformò mai in desiderio, perché prima che accadesse Niklaus scansò la vampira in malo modo, spingendola verso uno scaffale.
-Stai lontano da me! -
Amaelie scosse il capo. -Non lo vuoi veramente!-
-Ti illudi che possa ancora volerti?-
-Lo so con certezza. -Disse orgogliosa. -Guardati. -Le rivolse un sorriso ammiccante. -Sei qui con me, non mi sembra di vedere la tua sposa in questa stanza.
Caroline. Solo in quel momento Niklaus rinsavì, attraversato da un brivido e un oscuro presagio.
 
 
 
Rientrato nuovamente nel salone, si guardò attorno per capire se durante la sua assenza Caroline fosse tornata, ma l’analisi accurata dell’ambiente, non gli restituì l’immagine della sua promessa.
Sua madre discorreva molto affabilmente con Van Josefh Vargorg, rappresentante bulgaro, mentre Kol era intrattenuto da lady Sue Marchel.  
Probabilmente Caroline si trovava ancora fuori, pensò dirigendosi svelto verso le porte che davano all’esterno e aprendole questa volta senza alcun indugio.
 
 
 
 
***
 
 
   
 
  
Era passato all’incirca un quarto d’ora da quando Niklaus si era affacciato all’esterno del palazzo e aveva dato il via alle ricerche per trovare Caroline. Il frutteto la dove era solita passeggiare era deserto e l’aria fredda della sera, non contribuiva a fargli credere che fosse possibile trovarla da quelle parti.
Prima, quando aveva iniziato a danzare con Amalie aveva creduto di vederla sparire verso i giardini, ma ora doveva ricredersi, probabilmente si era rintanata in qualche stanza all’interno del palazzo, forse nella sua stessa stanza, stava pensando il vampiro.
L’ansia iniziò ad attanagliarlo, per quanto si sforzasse non riusciva a stare tranquillo, non sentendola. Da quando ne aveva bevuto il sangue, riusciva a udire ogni suo singolo battito, ogni respiro e nonostante la musica e il chiasso presente in sala lo distraessero, trovava insolito non riuscire a percepirne la presenza.
Si passò una mano fra i capelli e senza perdere altro tempo, rientrò, usando una porta secondaria, quella delle cucine, la stessa che aveva usato Caroline per fuggire qualche tempo addietro.
La prima camera che passò in rassegna fu proprio quella della sua sposa. Nonostante non sentisse alcun battito provenire dall’interno, la aprì ugualmente, ma a parte una chemise adagiata sul letto, forse preparata per la notte non vi trovò nulla.
Passò in rassegna tutto il palazzo, arrivò a visitare perfino i sotterranei e la stanza dove era solito dipingere e nella quale aveva costretto Caroline a entrare, ma di lei non vi era traccia.
Probabilmente stanca dell’andamento della serata e forse delusa, aveva tentato un’altra fuga, pensò il vampiro poco convinto, oppure si trovava ancora in sala e lui non l’aveva intravista. Per accettarsene vi fece ritorno, ma ancora una volta dovette ricredersi.
Sua madre non aveva sue notizie e neppure sua sorella .
Senza curarsi stavolta d’apparire inquieto, velocemente lasciò la sala e si diresse nuovamente verso i giardini. Doveva accertarsi che non si trovasse al palazzo prima di presentarsi Bill Forbes nel cuore della notte valutò, ed effettivamente non c’era traccia di Caroline. Fu solo quando decise di lasciare per la seconda volta in quella sera il frutteto che mise il piede su qualcosa, che lo fece bloccare.
Sotto i suoi calzari, riluceva il suo diadema.
Se avesse avuto un cuore funzionante, questo sarebbe imploso quella stessa notte, ma fortunatamente o non, era un vampiro e a parte emozioni amplificate, ansia e rabbia cieca, la sua persona non ne avrebbe risentito.
Si diresse a passo spedito verso le stalle per sellare il proprio cavallo, ma ancora una volta qualcos’altro attirò la sua attenzione. Nell’ultimo capanno, quello adiacente a un piccolo ruscello che attraversava le proprietà, c’era una luce.
Velocemente lo raggiunse, sperando ci fosse la fanciulla, dimenticando nell’agitazione di non aver sentito alcun battito.
Non era preparato alla scena che gli si parò davanti.
Victor era riverso a terra, incosciente e con un paletto ad attraversargli il petto. Chi lo aveva fatto o non voleva la sua morte, oppure era inesperto. Il paletto non aveva centrato il cuore e anche se l’avesse fatto, essendo vampiro di nascita non poteva ucciderlo. Aveva usato della verbena, era dovuto a questo lo stato d’incoscienza. L’odore impregnava l’ambiente.
Controvoglia, pose la mano sul paletto e l’estrasse.
 
 
 
 
 
 
 
Note autrice:
Allora! Il capitolo inizia con Anne e Victor. Anne e Victor sono profondamente attratti l’uno dall’altra: è questo ad avvicinarli.
Vi ricordo che Victor è molto diverso da Niklaus, sa cosa vuole e come ottenerlo, ed è certo che non voglia Amaelie.
 
Ho menzionato la figura del “ buffone” durante il capitolo. Sappiate che era solito durante i ricevimenti l’intrattenimento dei vari ospiti anche da parte di questo. Il buffone, detto anche giullare si esibiva nel canto, nella mimica, nel ballo e spesso discorreva.
Il vestiario che usava doveva essere necessariamente molto sgargiante. Questo era proprio un obbligo imposto dalla società, della serie, “dimmi come ti vesti e ti dirò chi sei”.
Visto che siamo in argomento, gli uomini che hanno rapito Caroline e Anne, sono popolani e lo faccio notare attraverso il vestiario, infatti dico che indossano mantelli e cappucci. I poveri vestivano così.
Ho trovato qualcosa anche a riguardo delle prostitute che vestivano con colori molto appariscenti e alle quali era vietato d’indossare veli, ma di questo credo ne parleremo meglio nel prossimo capitolo.
La cravatta esisteva già verso il 1200, anche se l’espansione vera e propria si ha verso il 1600. Ovviamente la dovete immaginare contornata da pizzi e voilà.
Le calze di seta, esistevano già dal 1300 ed erano in voga di colore rosso. Nel 1400 erano perfino ricamate.
Non credo di dimenticare niente. So bene che il capitolo può risultare noioso, ma non potevo riassumere tutto in poche righe, comunque se siete arrivate fin qui avete dimostrato molta pazienza.
Grazie a quanti seguono e preferiscono la storia e un grazie di cuore a quanti spendono il loro tempo lasciando una recensione. Per chi scrive, lo sa, i dubbi sono veramente tanti e sapere cosa pensa chi legge è importante, almeno lo è per me.
Grazie!
Un abbraccio
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** 14 ***


14
 
 
 
 
Erano passate ore da quando Caroline era scomparsa. Se all’inizio Niklaus, si era crogiolato nell’incertezza che la sua promessa si trovasse al villaggio, magari nella propria casa natia, adesso la palese certezza che le cose non fossero andate in tal maniera lo tormentava, soprattutto dopo il ritrovamento del cugino. Non poteva non pensare che le due cose fossero collegate fra loro e l’unica cosa che poteva fare, era sperare che Caroline stesse bene, dilaniato dal senso di colpa e dal tormento. Se solo non si fosse intrattenuto con Amaelie, forse Caroline sarebbe stata con lui adesso.
Seduto su uno sgabello intrecciato in canapa, con la testa fra le mani, si trovava nella stalla la, dove aveva ritrovato Victor, con ancora addosso i vestiti della festa, ovvero un farsetto nero aderente con una fila di bottoni in oro sul davanti e calzoni non dello stesso colore, ma come si usava in quel tempo, rossi.
Il farsetto era sbottonato e da sotto, fuoriusciva l’immancabile camicia bianca.
Dopo aver ritrovato il cugino, era tornato alla festa, apparentemente tranquillo e aveva congedato tutti, attribuendo come scusante un improvviso malore da parte della futura sposa.
Nessuno aveva espresso alcun parere a riguardo, del resto, avevano assistito alla sfiorata rissa con Kol, così il salone in breve si era svuotato.
Assicuratosi che nessuno lo stesse seguendo, era tornato alle stalle, in attesa che Victor si riprendesse.
Sapeva di star perdendo tempo prezioso, ma non voleva rischiare che Caroline pagasse le conseguenze di un suo gesto avventato, per questo aveva preferito tenere l’accaduto per se.
 
 
 
Quando le luci dell’alba fecero capolino all’orizzonte, Victor aprì gli occhi, di fronte a un Niklaus alquanto infastidito. Il primo pensiero tuttavia non andò al cugino e al motivo che lo portava a ritrovarselo davanti, ma ad Anne.
Si guardò attorno, desiderando che quello che rimembrava come ultimo ricordo, fosse frutto dell’immaginazione, ma evidentemente non lo era, visto che non c’era traccia della fanciulla.
Riverso a terra c’era lo scialle che questa usava spesso per coprirsi.
Si mise seduto a fatica, mentre i pensieri di quanto accaduto la notte prima, lo colpirono come una sferzata in pieno petto.
Non doveva importargli, perché era una serva, per lo più insolente. Strinse i pugni, cercando di mettersi all’in piedi e cadendo rovinosamente a terra.
No, che non doveva importargli, eppure desiderò con tutto se stesso far del male all’uomo che l’aveva colpita. 
Cercò nuovamente di issarsi, ma questa volta la voce di Niklaus lo fermò.
-Ben svegliato… cugino. -Disse ironico. -Dubito tu ci riesca senza esserti nutrito. -L’apostrofò. Poi bruscamente si alzò e dirigendosi verso il pagliericcio, senza alcuno sforzo, afferrò una uomo apparentemente dormiente e lo depositò al suo fianco.
-Bevi!-Ordinò, rimanendo all’in piedi e attendendo che l’altro obbedisse. -Spero mi perdonerai… non avevo un calice di cristallo a portata di mano. -
Entrambi sgranarono gli occhi, ma molto velocemente, tornarono a indossare la maschera d’impassibilità che erano abituati a portare da troppi anni, il primo assumendo un’espressione dura, il secondo, sfoderando i canini e affondandoli nell’uomo e lasciando che ricordi indesiderati lo travolgessero.
 
 
“Dove sei stato?”Alfons non era il massimo della cortesia
Victor l’aveva evitato per tutta la giornata, ma al calar della sera, non aveva potuto farne a meno. Rientrato nella propria camera, se l’era ritrovato ad attenderlo vicino alla finestra, con un’espressione inasprita e un calice di vino in mano.
“A tirare di scherma! ”Rispose controvoglia, passandosi una mano fra i capelli.
“Con Niklaus?”
“Sì padre. ”Ormai i loro discorsi si limitavano a questo e il ragazzo sedicenne, si sentiva sempre più estraneo quando stava in sua compagnia.
Respirò a fondo e cercando di dominare la propria rabbia e il rancore che lo invadevano alla vista del proprio padre che, ignorandolo continuò il discorso di prima come se niente fosse. “La scherma non ti porterà a nulla! E’ il trono a cui devi mirare!  “Lasciò la postazione della finestra per avvicinarsi al tavolo dei liquori.
Victor lo guardò sdegnato. “ Il potere non vi ha dato molto alla fine. “ Vide suo padre stringere i pugni lungo fianchi, talmente forte da far sbiancare le nocche.
“ Chi ha vinto? “
“Come?” Victor lo guardò stranito.
“ Fra te e Niklaus. ”Precisò continuando a dargli le spalle.
“ Mio cugino.”
Alfons scoppiò in una fragorosa risata. “ Sei un perdente, in questo somigli a tua madre.”
Eccola la goccia fine a far traboccare il vaso. Victor si scagliò contro il padre senza indugio. “ Non osate nominare mia madre. “Gridò spintonandolo.
“ Altrimenti? ”Apparentemente insofferente,  Alfons con una mossa fulminea lo appiattì contro la parete, piantandogli una mano alla gola e bloccando qualsiasi movimento.
“ Altrimenti… niente. “Disse ansante, portando la mano su quella del padre. “ Vi odio! ”
La presa di Alfons si fece più ferrea. “ Ti fa bene stare con Niklaus! “ Sussurrò a pochi centimetri dal suo viso “ E’ decisamente migliore di te, dovresti imparare da lui. “
A siffatte parole, Victor animato da una forza sconosciuta, artigliò la mano del padre e riuscì a liberarsi. Non seppe mai se fu lo stesso a permetterglielo. Con uno strattone lo allontanò. “ Ho capito Alfons. “Sibilò. Poi senza più guardarlo, superò la porta di noce, quella che lo avrebbe condotto nella propria camera e ospitato per la notte, poco voglioso di condividere lo stesso tetto con l’uomo che si faceva chiamare padre, ma che non ne possedeva le qualità.
 
 
Quando i ricordi lo abbandonarono e terminò di nutrirsi, Niklaus era ancora ritto a osservarlo, con un’espressione seria in volto.  Victor scansò l’uomo dal quale aveva attinto il sangue e alzandosi, si parò di fronte a Nikalus in attesa di spiegazioni. Doveva esserci un motivo per il quale si trovava lì: non era mai accaduto nei trascorsi quattordici anni.
-Caroline è scomparsa. -Disse spiccio, senza perdere altro tempo. E suppongo che chiunque l’abbia presa sia stato visto da te. -
Victor lo guardò infastidito. Non riusciva a smettere di pensare ad Anne, una serva e questo gli procurava un enorme disagio. -E cosa te lo pensare?  -Chiese fissandolo e incrociando le braccia attorno al petto.
Niklaus alzò un sopracciglio nella sua direzione. -Il fatto d’averti trovato con un paletto piantato nel petto?-
-Potrebbe essere un diversivo. -
-Potrebbe… ma il mio sesto senso mi dice che non lo è. -
A siffatte parole Victor lo superò. -Non so niente di Caroline. -Disse avviandosi verso la porta con un’espressione tesa.
Niklaus senza pensare alle conseguenze lo strattonò verso l’interno e lo schiacciò contro la parete, puntandogli nuovamente il paletto estratto al cuore. -Devi aver visto qualcosa e me lo dirai. -Lo minacciò. -O con le buone o con le cattive.-Era furente e faticava a controllarsi.
-I tuoi problemi non mi riguardano! Abbiamo smesso da tempo di preoccuparci l’uno per l’altro. -
-Beh… per una volta faremo un’eccezione alle regole. -
Victor scosse il capo. -Caroline non è affar mio. -
A tali parole, inaspettatamente Niklaus allentò la presa, lasciò cadere il paletto e senza alcun tentennamento, invaso da una rabbia cieca, lo colpì con un pugno in pieno viso.
Preso alla sprovvista il cugino, cadde a terra. Solo per pochi secondi, perché con la velocità di un lampo, si rimise all’in piedi e sollevando gli angoli della bocca in un sorriso accattivante, rispose alla provocazione con un altro pugno, anche questo ben assestato, che andò a centrare la mascella sinistra.
-Non sono tenuto a dirtelo. -Soffiò, iniziando a girargli intorno, come un leone che circuisce la propria preda.
-La pazienza non è il mio forte.  -Rispose Niklaus.
Si avventarono l’uno sull’altro, dimentichi almeno all’apparenza del loro comune tarlo.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Caroline aprì gli occhi scombussolata. Il selciato là dove era sdraiata era freddo, umido e coperto di terriccio.
Non sapeva dove si trovasse, la luce a tratti era forte, altre scompariva, ma da una piccola apertura che conduceva all’esterno, poteva intravedere una zona verdeggiante e immaginò si trovasse nel bosco.
Infreddolita, cercò di mettersi seduta con non poca fatica, ignorando le fitte di dolore forse dovute alla posizione.
Non c’era alcuna corda stretta attorno ai polsi e questo la fece sentire terribilmente in colpa nei confronti dell’altra fanciulla a suo fianco, una popolana a giudicare dal vestiario, con lunghi capelli color miele e piedi scalzi.
Raddrizzò la schiena e si appiattì contro la parete di legno, portando le ginocchia al petto e stringendoli con le braccia. Aveva provato a fuggire durante la notte, ma prontamente le era stato impedito da due uomini che sorvegliavano la porta. Una mano andò a stringere la sua, nello stesso istante in cui una voce giunse alle sue orecchie.
“E’ mia figlia penserò io a lei. “Oltre la porta di quello che a primo acchito sembrava essere un tugurio, qualcuno stava discutendo animatamente.
-Quello che parla è mio padre. -Disse mesta, senza aver il coraggio di guardare la sua compagna di disavventure. Tuttavia sentii il suo sguardo addosso.
Erano state vicine per tutta la notte, trovando conforto l’una nella vicinanza dell’altra, senza emettere suono e adesso che le prime parole, iniziavano a riecheggiare nell’ambiente, lei aveva più che mai paura.
Non si erano presentate e neanche adesso lo stavano facendo, ma Caroline, sapeva che la fanciulla si chiamava Anne, perché quando le avevano chiesto il nome, era stata costretta a rispondere e sapeva anche d’aver paura per lei e per la sua sorte. Non era una fanciulla di buona famiglia e difficilmente qualcuno avrebbe pagato per la sua virtù.
Istintivamente le due si fecero più vicine, mentre con lo sguardo sorvegliavano la porta, in attesa che succedesse qualcosa.
Entrambe erano spossate e impaurite.
Caroline diede nuovamente voce ai suoi pensieri. -Vuole fare del male all’uomo che diventerà mio marito. -Soffiò triste. Il suo fu solo un sussurro, talmente lieve che Anne non avrebbe udito se non fosse stata attenta, ma tesa com’era balzava a ogni scricchiolio.
-Io sono Anne… e non credo di trovarmi qua per lo stesso motivo. Non ho famiglia e a nessuno potrebbe interessare di me. -Disse rassegnata.
Caroline rabbrividì e intenerita da quella confessione, aprì bocca per incoraggiarla, ma nessun suono ne uscì, dato che nel medesimo istante la porta si aprì con un cigolio sinistro.
Suo padre insieme con altri uomini, irruppero nell’ambiente. Il primo le si fermò davanti, scrutandola attento.
Gli altri uomini, si diressero verso l’altra fanciulla e l’agguantarono con poca delicatezza per portarla verso l’esterno.
Caroline guardò suo padre allarmata. -Che sta succedendo?-Chiese senza abbandonare la sua postazione.Tremava e anche volendo, non sarebbe riuscita a mettersi all’in piedi.
Suo padre si chinò alla sua stessa altezza. -Hai mai sentito parlare del consiglio dei fondatori?-Chiese serio, ponendole le mani sulle spalle.
Caroline scosse il capo incerta. -Non esiste… -Titubò. Erano anni che nessuno lo nominava e col tempo si era convinta che non esistesse.
-Esiste invece. -Suo padre bloccò nuovamente il corso dei suoi pensieri. -E ci stiamo organizzando per fronteggiare i vampiri… per far tornare Fell’s Church alle origini. -
Caroline scosse il capo incerta, mentre le prime lacrime cominciavano a scendere. -Perché? Non ci sono stati problemi fino ad ora.-
Bill Forbes sospirò. -Siamo stanchi del loro potere, della loro superiorità…  certi obbrobri non dovrebbero esistere. -Un raggio di sole lo colpì in pieno viso, dando a Caroline, la visione di un uomo affaticato che probabilmente aveva passato la notte insonne, con i vestiti stropicciati e la barba incolta.
Continuava a tenerla ferma per le spalle e a osservarne ogni reazione.
-Obbrobri? -A Caroline mancò l’aria, mentre fissava incerta suo padre. -A breve ne sposerò uno.-
-Non accadrà! -
-Cosa?! -
-Non sposerai Niklaus Mikaelson… un vampiro. -Disse sdegnato.
Caroline scosse il capo. -Non un vampiro, ma l’uomo cui sono stata destinata… da sempre. -Quella era una verità e la fanciulla si sorprese di pensarlo veramente. Il suo matrimonio con Niklaus era stato prestabilito da anni, da quando aveva memoria.
Scostò le mani dell’uomo dalle sue spalle e si alzò.
L’uomo era più alto rispetto a lei e Caroline non poteva negare di esserne intimorita, ma animata da una forza sconosciuta parlò.
-Sposerò Niklaus! -Disse.  -I Forbes sono di parola. -Voleva continuare il discorso, ma un grido le fece accapponare la pelle. Apparteneva ad Anne, la fanciulla che fino a pochi istanti prima, le aveva tenuto compagnia.
Istintivamente si mosse verso l’uscita, ma prima che la sua mano si posasse sulla porta, un'altra mano, si sovrappose alla sua, impedendole di uscire.
-Caroline si voltò per fronteggiarlo. Non era mai accaduto prima, che lei gli mancasse di rispetto, né che contravvenisse alle sue decisioni. - Stanno facendo del male a quella fanciulla. -Disse agitata, cercando di liberarsi dalla sua presa.
-Nulla che non possa sopportare e che la sua condizione di serva non precluda. -
-Che state dicendo?-Chiese incredula, agitandosi sul posto.-E’ una figlia del popolo. -
-Il suo atteggiamento non aiuterà a molto.  Spiegò. -Qualcuno sta controllando che la sua virtù sia intatta. Una fanciulla senza la sua purezza non rappresenta alcuna fonte di guadagno. -
Caroline faticava a credere alle sue stesse orecchie. Volse lo sguardo in direzione della porta, adesso le grida si erano attutite e sostituite da un pianto dirotto.
-Una come lei non può aspirare a molto, la stanno portando in una casa di tolleranza. -
Caroline sgranò gli occhi e strinse le mani a pugno. Il disagio provato durante la notte era nullo se paragonato alla sensazione di orrore che adesso le si era attaccata addosso.
-Mi vergogno profondamente di voi. -Disse tremante, ostentando una sicurezza che non aveva. -Non congiurerò mai contro Niklaus. -Affermò risoluta riprendendo il discorso di poc’anzi. -Dite che è un obbrobrio? A mio parere l’obbrobrio è altro, come costringere una povera fanciulla a dare il suo corpo. -Era furente. Presa da un ardore sconosciuto, aveva dato voce ai suoi pensieri come non era abituata a fare.
Senza preavviso la mano di Bill Forbes la colpì, facendola cadere a terra.  
L’uomo troneggiò su di lei, paonazzo in volto. -Non hai voce in capitolo a riguardo. -Disse scandendo bene le parole e stringendo i pugni furente. -Non appena il tuo promesso giungerà qua, sarà morto e tu libera da questo matrimonio.- Senza aggiungere altro e senza guardarla, lasciò la stanza.
Caroline restò a terra, fiacca più nello spirito che nel volto, chiuse gli occhi e si tappò le orecchie, per cercare di non udire le urla di Anne e i discorsi poco gradevoli che udiva perfettamente al di là della porta di legno corroso, ma fu perfettamente inutile. Tuttavia non si mosse e aspettò che le urla cessassero e i mormorii divenissero sibili per poi dissolversi nel nulla.
Molto tempo dopo, un silenzio innaturale la pietrificò.  
Nonostante la sua insofferenza aveva controvoglia ascoltato i discorsi di suo padre e degli altri individui e sapeva che quel silenzio non era ingiustificato e che senza dubbio stava per accadere qualcosa.
Il cuore iniziò a batterle forte, mentre lentamente si portava seduta, ma a parte il gracchiare di qualche cornacchia non udii nulla.
Si portò all’ in piedi tremante, accarezzandosi le braccia scoperte a causa del vestito poco comodo che ancora indossava, ma sapeva che il freddo non era dovuto a quello, perché proveniva da dentro e la stava risucchiando.
Mosse qualche passo in direzione della porta e come aveva fatto prima, portò la mano alla maniglia di bronzo corroso e l’aprì.
Avanzò lenta al di fuori del tugurio, ma a parte i rimasugli di un fuoco spento, non sembrava esser rimasto segno alcuno del passaggio di anima vivente.
Era ancora giorno. Il sole filtrava dalle fronde intrecciate degli alberi, ma non era accecante. Mosse qualche passo incerta, guardandosi attorno e cercando di fare meno rumore possibile, ma le era difficile, considerando gli zoccoli che calzava ai piedi.
Si trovava nel bosco e dubitava l’avessero abbandonata, quindi un’altra paura si fece strada in lei, ben peggiore dell’essere lasciata sola. Suo padre faceva parte del consiglio dei fondatori e il consiglio era sorto per distruggere i vampiri e se quello era lo scopo, quella era una trappola, magistralmente progettata per distruggere Niklaus.
Una paura folle l’assalì, mentre realizzava che non voleva far parte di quel folle piano.
-Padre… -La sua voce riecheggiò e sembrò rimbalzare nel vuoto per poi tornare a lei, ma nessuna risposta giunse.
Avanzò ancora fino a giungere di fronte ad un piccolo lago dalle acque scure e in cui non riuscii a riflettersi.
L’accampamento sembrava abbandonato e nonostante la notizia non poteva che sollevarla, non riuscii a restare tranquilla.
Fece per tornare sui suoi passi, quando un fischio la paralizzò.
Non era stato un merlo a emettere il verso, ma senza ombra di dubbio un uomo e quello, aveva tutta l’aria di essere un piano diabolico che sotto i suoi occhi stava prendendo vita. Ci fu un secondo fischio e poi un terzo.
Caroline si strinse le braccia attorno al corpo e si voltò, nel medesimo istante in cui una freccia andò a conficcarsi  su un tronco e Niklaus compariva dinanzi la sua visuale.
Terrorizzata, capii il folle piano che era stato architettato. -Fermo! -Gridò. -Non vi muovete: è una trappola.
Vide Niklaus bloccarsi e guardarla sgomento.
Il cuore di Caroline perse un battito, mentre realizzava d’aver partecipato, anche se indirettamente a quella follia. Doveva gridare e cercare di allontanarsi da quel posto prima del suo arrivo, invece l’aveva capito quando era troppo tardi.
Si portò una mano alla bocca colpevole, incapace di proferire parola di fronte all’espressione ferita di Niklaus, forse credendo in una sua partecipazione.
-Mi dispiace… -Disse lieve facendo il modo che solo lui potesse udire. -Andate via. -
La posizione nella quale si trovava il vampiro, lo escludeva dalla traiettoria delle frecce.
Caroline indietreggiò contro un albero, mentre attendeva che si allontanasse.
Niklaus non l’aveva mai guardata in quel modo. Spesso si era arrabbiato, l’aveva insultata rinomando la sua supremazia in quanto uomo,  ma mai aveva sentito il gelo del distacco come in quel momento.
Si guardarono per un’infinità di minuti, fino a quando un dolore acuto, non la costrinse a piegarsi in due e crollare per terra.
Caroline gridò, una freccia le era stata scagliata contro. Realizzò confusamente che il piano lo prevedeva e capii il motivo per il quale suo padre era stato allontanato dall’accampamento improvvisato.
Alcune lacrime iniziarono a bagnarle il volto e si mescolarono al sangue di cui parte del vestito, era imbrattato.
Incapace di muoversi chiuse gli occhi. Perfino respirare le procurava dolore.
Tutto iniziò a essere sfocato di fronte a lei e il dolore divenne insopportabile non appena Niklaus le si avvicinò.
Cercò di parlare per intimarlo a muoversi, a fuggire, ma il vampiro non sembrava intenzionato ad ascoltarla e nell’istante in cui cercò di parlare, fermò l’origine delle sue parole sulla bocca, ponendovi la mano. Ma forse Caroline non sarebbe riuscita a parlare comunque, perché erano passati solo pochi secondi dal suo arrivo e Caroline si trovò immersa in acque gelide e profonde e la paura della freccia che ancora le trapassava il costato passò in secondo piano.
Rimase cosciente, fino a quando tempo dopo, Niklaus non raggiunse l’altra sponda.
-Va tutto bene. -Mormorò Niklaus stringendola al petto e depositandola per terra, continuando a trattenerla fra le braccia.
Caroline dischiuse gli occhi, strinse leggermente la camicia zuppa di Niklaus e cercò di respirare lentamente.
Non sentiva più alcun grido e probabilmente erano abbastanza lontano dal luogo della disavventura.
-Adesso estrarrò la freccia. -Le parole di Nikalus la mandarono nel panico.  
Scosse il capo, cercando vanamente di far leva sul suo petto. Era impossibile smuoverlo e a seguito di quelle parole, le sue mani erano andate a posizionarsi sulla freccia in questione, procurandole altre fitte.
-Farà male… ma voi siete forte… sarà un attimo. -Promise.
Senza elargire altra spiegazione,  afferrò con più forza la freccia e iniziò a estrarla.
Caroline singhiozzò, ma non oppose resistenza e mentre il dolore la sconquassava, seppe che era Niklaus l’uomo giusto per lei e che non aveva importanza se era un vampiro, che poteva accettarlo, anzi che lo aveva già accettato.
Niklaus continuò a tenerla stretta anche dopo, adducendo la colpa al freddo che doveva aver sentito e al dolore. Le accarezzò i capelli e le asciugò le lacrime. Poi incapace di aspettare ancora e capendo di non voler rischiare la vita della fanciulla, si squarciò il polso.
Caroline sgranò gli occhi di fronte al gesto. Scosse il capo, mentre il cuore le si restringeva in una morsa dolorosa.
-E’giusto…  che voi sappiate che è stato mio padre a farmi rapire e che mirava a uccidervi… e -Singhiozzò. -Fa parte del consiglio.-Spiegò debole.
Niklaus non disse niente, ma con la bocca scese a sfiorarle la fronte, le tempie, la bocca. -Va bene. -Sussurrò roco, avvicinando per la seconda volta il polso alla sua bocca. Aveva capito il gesto della fanciulla e lo aveva oltremodo apprezzato: non voleva prendere il suo sangue senza aver chiarito.
Questa volta Caroline senza indugio, riconoscendo d’esser troppo debole per protestare e comunque non volendo farlo, lasciò che Niklaus premesse il polso sulla sua bocca.
Lo fece delicatamente, dandole l’opportunità di discostarsi quando voleva. Ma questa volta Caroline, lo desiderava e anche se era presto per attribuire un nome  a quel sentimento che la dilaniava e la faceva agire, come in quel caso in modo insensato, seppe che era giusto. Così aprii la bocca e lasciò che il liquido vermiglio, scendesse lungo la gola, ne attinse come un’assetata, artigliandole con la mano libera i capelli, godendo del tacito assenso di lui, della sua espressione rapita.
Adesso erano una sola cosa, lo sapeva e non ne aveva paura, perché lui lo aveva accettato per primo, nonostante la presenza di Amaelie al palazzo e si sentiva vincitrice in parte.
 
 
  
 
  
 
 
 
Note autrice:
Ebbene, il capitolo è concluso. Qualcuno mi odierà, visto che non ho parlato di Anne e Victor, ma cercherò di rifarmi nel prossimo capitolo.
Accadono tantissime  cose. Prima di tutto vorrei portare la vostra attenzione su Victor. Ricordate quando questo ha incontrato Car per la prima volta? Ebbene dice qualcosa, allude ad una vendetta che brama da cinquant’anni. Converrete con me che qualcosa non torna, visto che nello scorso capitolo, si precisa che la storia con Amalie risaliva a quattordici anni prima.
Non c’è alcun errore, semplicemente la storia di Victor e il tormentato rapporto col cugino non sono legate completamente ad Amalie. Diciamo che quest’ultima è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, prima del suo arrivo ci sono state altre vicissitudini, che scopriremo insieme.
Victor al risveglio sembra quasi infastidito di andare a cercare Anne e lo è. Ricordatevi che fino a poco tempo fa, aveva affermato di non gradire molto la presenza degli umani, purtroppo però la conoscenza di Anne, gli ha fatto cambiare idea… o quasi.
Scopriamo che il rapimento di Car è una trappola architettata da Bill Forbes.
Niklaus la libera e avviene lo scambio di sangue. A questo punto nessuno se l’aspettava, non da Car, ma come ho già spiegato lei sta cambiando e d’ora in avanti le sue scelte saranno diverse. Sta imparando a fronteggiare quello che prova per NIklaus e ad accettarlo.
Anne finisce in una casa di tolleranza,  ma prima però si sono accertati della sua virtù. Può sembrare barbaro, ma questa era una pratica molto diffusa, la ginecologia esisteva e indovinate chi si prodigava in questo? I preti, ovvio.
Non aggiungo altro e vi spingo a recensire. Il capitolo era pronto già mercoledì e l’ho cambiato tantissime volte proprio perché non mi convinceva. Adesso l’ho postato e lascio a voi la sentenza, anche se continuo ad avere molti dubbi.
Fatemi sapere!
Grazie come sempre a chi ha messo la storia fra le seguite preferite e ricordate, ma soprattutto a chi recensisce, le vostre opinioni sono importanti.
Un bacio
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** 15 ***


15

 
 
 
 
 
Riversa su di un letto, con i capelli sparsi sul guanciale Anne ascoltava il silenzio intorno a se. Erano ore che non si muoveva, con gli occhi fissi sul divisorio della stanza, forse in attesa che succedesse qualcosa.
La sua però non era attesa, ci aveva ragionato tutta la notte, bensì paura.
I vestiti le erano stati tolti e adesso giaceva con una leggera sottoveste, fra le ruvide coltri color cremisi.
Non avrebbe permesso a nessuno di toccarla! Per questo era rimasta immobile, doveva stare attenta e opporsi con tutte le sue forze quando qualcuno sarebbe venuto a reclamarla.
Dalla stanza adiacente il cigolare di un letto, accompagnato da ansiti, le faceva accapponare la pelle e anche se si sforzava di non udirlo, il suono le era entrato dentro mischiato al profumo di rosa, quello con il quale Madame Claire, padrona di quella bettola era avvezza profumarsi.
L’aveva conosciuta soltanto poche ore prima, quando Simon ve l’aveva accompagnata, stordita dal troppo vino che l’aveva costretta a bere durante il viaggio e dolorante come non mai.
Era stata lei ad immergerla in una tinozza di acqua tiepida e a lavarla vigorosamente.
“Non faccio favori, la grana mi serve” Aveva detto sboccata. “Quindi i piagnistei non ti aiuteranno. Ho pagato una moneta d’ argento per averti e non intendo rimetterci.”
Anche volendo Anne non possedeva la forza per controbattere, né per fuggire dato che, l’entrata era sorvegliata da due uomini.
Chiuse gli occhi per un momento, ma un leggero fruscio la portò a riaprirli spaventata, ben temendo il peggio.
Una fanciulla entrò nella stanza a passo di carica. Sorreggeva una candela fra le mani, per questo potette vederla bene. Era di media altezza,con lunghi riccioli color ebano e la pelle nivea. -Mi chiamo Elise… e di solito anch’io dormo in questa stanza. -Disse sorridente, posando la candela su un tavolinetto e dirigendosi verso un catino di rame per lavarsi accuratamente le mani col sapone.
Poi dirigendosi verso il proprio giaciglio iniziò a spogliarsi. -Vedrai che non sarà così brutto. -Disse allegra, mentre lasciava scivolare il vestito verso il pavimento.
Sotto non indossava nulla. Anne arrossì immaginandone il motivo.
La fanciulla ignorando la sua reticenza nel parlare si diresse verso il focolaio e adoperando due pezzuole, prese la pentola contenente acqua bollente e la versò nella tinozza, nella quale si sarebbe immersa di lì a poco.
-Ho avuto la mia prima volta mesi addietro. -Rivelò tastando l'acqua con un piede e immergendosi. Si adagiò allo schienale. Aveva gli occhi vispi e una bocca a cuore. -Siamo molto poveri. -Raccontò. -A casa negli ultimi tempi le cose non andavano bene e grazie  a questo lavoro, mangeranno adeguatamente. -Sollevò la testa per guardarla. -Non mi piace la povertà! Il sesso è molto meglio. -Fece una pausa pensierosa. -Certo quando non ti capitano vecchi bavosi e fuori forma.  -Arricciò il naso schifata. -Me n’è capitato uno proprio stanotte, ma… il vecchio in questione poiché non è la prima volta che giaccio con lui, mi ha donato un sacco di segale. -La guardò orgogliosa. -Vale molto! -Iniziò a sfregarsi con una spugna vigorosamente. -La pulizia è importante… facendo questo lavoro si possono prendere tante di quelle malattie… la morte mi spaventa più della povertà. Mia sorella è morta di tisi. -Spiegò, sollevandosi dalla tinozza e fuoriuscendone.
Si avvolse in un asciugatoio e incurante delle gocce che lasciava per terra, si sedette su una vecchia sedia intrecciata in paglia e prendendo da sotto il guanciale quello che almeno all’apparenza rassomigliava ad uno specchio, si osservò per parecchi minuti, attorcigliando un ricciolo attorno all’indice.
-Hai clienti piacciono ricci…  sai… -Alzò lo sguardo su di lei sbuffando. -Non sei di compagnia… e comunque tornando al discorso capelli, dovresti acconciarli.- Sorrise. -Se vuoi ti aiuto io. -Si alzò e con aria birichina raggiunse i piedi del suo letto. -Non ti fa bene deprimerti, i clienti preferiscono fanciulle allegre… io sono molto richiesta, per questo madame Claire è così magnanima con la sottoscritta… valgo molto… e poi… -Abbassò la voce andando a sedersi sul letto. -Ci so fare. -
Anne chiuse gli occhi  al suono di quelle parole e del loro implicito significato, provando soltanto ribrezzo. Non aveva ascoltato molto del suo sconclusionato discorso.
-Non hai mangiato. -Costatò Elise, poggiando una mano sulla sua spalla.
Anne scosse noncurante la testa.
-Dovresti, non hai un bel aspetto.- Si fece più vicina e le prese una ciocca di capelli fra le mani, rilasciandola subito dopo. -E’ come dico io, dovresti arricciarli. -La scrutò in viso. -Sei decisamente bella… e poi, le vergini sono molto richieste. -Le sfiorò il labbro. -Se vuoi posso medicarti. Mi dispiace, qualcuno ti ha picchiata?-
Anne asserì col capo, non trovando ancora la forza di parlare. Aveva pianto così tanto da esserne svigorita. Si sentiva una bambola di pezza, una di quelle che le ricche signore tenevano in bella mostra nelle proprie camere. Mentre Elise continuava a parlare rumorosamente, lei voleva solo chiudere gli occhi e fingere che quello che stava vivendo fosse solo un brutto sogno.
-Non è affatto giusto! -Stava dicendo Elise.
Anne fu incuriosita dal tono, diverso da quello civettuolo di poco prima, così prestò più attenzione, guardandola forse per la prima volta.
-Non è affatto giusto! -Disse per la seconda volta la fanciulla. -I vampiri devono lasciare Fell’s Church. -
-Perché dici così?-
-Oh… ooo… -Elise si aprì in un sorriso. -Non sei muta! -
Anne sorrise mesta scuotendo il capo. -Cosa dicevi prima? -
-I vampiri dovrebbero lasciare Fell’s Church. -Disse in tono cospiratore. -Tutta questa storia del sangue non va giù a molti. -In città ci sono molti disordini a riguardo. -
-Che io sappia diversi regnanti si sono accordati per il controllo del sangue. -
-Non hai sentito il banditore ieri? -Non ottenendo alcuna risposta da parte di Anne, proseguì. -Sembra che il matrimonio del secolo non ci sarà. Caroline Forbes… secondo alcune voci indiscrete non sposerà Niklaus Mikaelson. -
Anne si portò una mano alla bocca, realizzando solo in quel momento chi fosse la fanciulla conosciuta qualche ora prima. -E quale sarà la sua fine? -
-Non saprei, forse andrà in un convento, ma comunque sarà sempre meglio di sposare un vampiro. -
-Questo matrimonio sarebbe stato importante, avrebbe sancito una pace. -
Elise la guardò sdegnata. -Credimi che non avvenga è molto meglio. -Si alzò stirandosi. -Dovresti dormire! A quest’ora non arrivano più clienti. Madame Claire accetta sia umani che vampiri. -Arricciò il naso. -La mia prima volta è stata con un vampiro, ma dubito tu voglia i dettagli. -
Anne scosse il capo e avvinta ormai dalla stanchezza, si ridi stese e si sistemò alla meglio sotto le coltri, dando le spalle alla fanciulla e lasciando che il sonno la vincesse.
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
Uno scossone costrinse Anne ad aprire gli occhi. Nonostante fosse passato poco tempo da quando si era addormentata, faticò a raccapezzarsi. Gli ultimi tempi erano stati duri e dopo la morte della madre, non avendo più una casa dove pernottare aveva dormito nei posti più disparati.
Era giorno, ma la luce tenue che filtrava attraverso le finestre sprangate da inferriate di ferro, faceva presupporre che fosse appena l’alba. Oppure la luce fievole era causa del cattivo tempo.
-Svegliati c’è un cliente! -
Al suono di queste parole Anne fu scossa da un tremito. La vista di madame Claire al suo fianco le fece avere un capogiro, mentre il cuore iniziò a batterle impazzito nel petto. Spaventata come non mai si coprì alla meglio con la coltre.
La donna la strattonò brusca afferrandola per un gomito. -Alzati e datti da fare! -Biascicò inviperita, mentre masticava un grosso sigaro. -Ho sborsato una moneta d’argento per averti e non vorrei rimetterci alla fine… -Indicò con gli occhi la minestra andata a male. -Quello è un pasto sprecato. -Sbraitò, vedendo che la fanciulla non si muoveva e portando le mani ai fianchi come segno d’impazienza.
Anne la guardò per brevi istanti. La sera prima non l’aveva fatto, costretta in una morsa di paura e troppo ubriaca per ragionare lucidamente. Adesso che la guardava a dispetto delle sue parole  e del tono volutamente intimidatorio non le faceva così tanta paura. Del resto, doveva esserci un motivo se Elise, la fanciulla che condivideva insieme con lei la stanza, l’aveva additata come falsamente arcigna.
-Per favore. -Soffiò, stringendo maggiormente la coltre al petto e guardandola negli occhi. -Mi lasci andare e in un modo o nell’altro la ripagherò.
La donna si abbassò alla sua altezza e simulò un fare materno. -La vita qui non è così male e superato il disagio della tua prima volta, vedrai che ti abituerai. -
Anne singhiozzò, disconsentendo. -Non posso davvero… non è quello che voglio. -La voce a dispetto delle parole le uscì fievole e rauca.
-Nemmeno io lo volevo a quindici anni, ma poi mi sono convinta che era sempre meglio di vivere per la strada. Qui avrai un posto per dormire, un pasto caldo e un po’ di grana. -Si mise in posizione eretta. -Sei fortunata, il tuo cliente non sembra esser molto pretenzioso. -
Col cuore che galoppava impazzito, Anne sgusciò fuori dalle coperte cercando di controllare le lacrime, ma  l’unica cosa che ottenne furono ansiti sconnessi e una sensazione di gelo penetrarle fin dentro le ossa.
Dopo madame Claire senza degnarla più di attenzione, si diresse verso Elise.
-Pssh… alzati piccola, so che hai fatto le ore piccole, ma ci serve libera la stanza. -Disse con tono gentile.
La fanciulla sollevò appena la testa , proteggendosi col braccio dalla luce.
-Su alzati. -Ridisse madame Claire, accompagnandola gentilmente per un gomito e aiutandola a fuoriuscire dal letto. - Puoi usare la mia stanza. -
Anne le osservò, ascoltando fin che poteva i loro discorsi. Era rimasta immobile e tremante, con le braccia strette attorno al petto. Non riusciva a muoversi.
-La stanza è libera! -La donna si rivolse a qualcun altro fermo davanti al divisorio.
Solo allora Anne notò con la coda nell’occhio che qualcun altro era entrato nella stanza  e che probabilmente aveva assistito a tutta quanta la scena. Chiuse gli occhi, cercando di racimolare il coraggio necessario per guardarlo.
Quando li riaprì Elise e madame Claire, erano sparite e davanti a lei c’era Victor.
 
 
 
 
 
 

***

 
  
 
 
 
Erano lontani ormai. Anne seguiva Victor, cercando di mettere più distanza possibile fra lei e la casa cui era stata ospite nelle ultime ore. Procedevano a rilento a causa dei disordini popolari che non sembravano esser cessati.
Ogni volta che il vampiro si fermava per aspettarla e i suoi occhi la scrutavano, la fanciulla deviava il suo sguardo. Non era irriconoscenza la sua, solo non se la sentiva di incontrare i suoi occhi, perché ogni volta che lo faceva le veniva difficile parlare. Lo aveva sempre affrontato a testa alta, ma adesso era diverso, si sentiva ferita e umiliata.
Nonostante non fosse domenica, né una festività importante, per le strade c’era parecchio fermento. Alcune botteghe erano chiuse e a gruppi la gente parlottava animatamente.
Non vi fu bisogno di indagare per sapere ciò che stava accadendo.
Giunti in piazza, Victor si fermò e aspettò che Anne lo raggiungesse. Li vi era davvero radunata molta gente e se non le restava vicino rischiava di perderla.
-Stai bene? -Chiese, una volta che lo raggiunse.
Avrebbe voluto farle quella domanda molto prima, ma lo stato in cui l’aveva trovata glielo aveva impedito.
Anne deviò la domanda, concentrando lo sguardo su un piccolo siparietto allestito per un’ora insolita. Di fronte a loro era pronto un piccolo palco che vedeva in scena delle marionette.
“ C’era una volta… una giovane fanciulla… -Il marionettista iniziò a parlare a voce alta, catturando l’attenzione di molti e muovendo abilmente i fili della marionetta protagonista.
Anne osservava lo spettacolo senza dar peso alla storia. Soltanto le parole “vampiri” e “umani” giungevano alle sue orecchie. Era troppo distante perché potesse udirle, il suo unico obiettivo era quello di evitare lo sguardo del vampiro.
“Stai bene?” Quella domanda la prese in contropiede. Non si aspettava, anche se avrebbe dovuto un’ affronto così diretto.
Lentamente si voltò per osservarlo, nello stesso istante in cui Victor sollevò la mano per fermarla sul suo viso.
Il cuore involontariamente le schizzò in gola. Anne capì di non poter più fuggire e che doveva affrontarlo, considerato il fatto che l’aveva appena salvata.
Deglutì e dopo aver preso un respiro profondo, si decise a parlare.-Bene! -Disse con voce ferma, senza  abbassare lo sguardo. Gli occhi le si fecero lucidi mentre lo guardava.
-Ti hanno fatto del male? -Chiese senza darle possibilità di scampo.
Non la stava trattenendo con la forza, eppure Anne non riusciva a muoversi.
Prima di rispondere, si prese un minuto, portò la mano a stringere l’ampio mantello che Victor le aveva prestato,  per coprire il vestito sgargiante e poi rispose. -No. Obliando il fatto che hanno controllato la mia verginità… e -Chiuse gli occhi per riaprirli pochi secondi dopo e scuotendo il capo abbandonò il discorso che stava esponendo. -Grazie! -Disse invece, sorprendendolo. -Per essere venuto. -
Victor non rispose, si limitò a sfiorarle il labbro tumefatto e a passarle un braccio attorno alla vita. La gente attorno a loro era sempre più numerosa.
“ Full’s Church presto sarà libera. “Proruppe un grido.“ Non ci saranno più compromessi, né donazioni.“ Anne volse nuovamente lo sguardo in direzione della voce e istintivamente si strinse a Victor.
-Dobbiamo andare. -Soffiò il vampiro contro il suo orecchio. -Devo andare. -Chiarì, lasciando Anne libera di decidere.
La fanciulla si voltò nuovamente a guardarlo, trovandoselo troppo vicino. -Non saprei dove andare. -
-Tutto sarebbe meglio fuorché restare con me. -Indicò lo spettacolo e le accuse mosse proprio contro la sua razza.
-Non ne sarei così sicura. Simon, l’uomo che mi ha rapita mi ha fatto questo. -Mostrò il labbro tumefatto. -E questo. -Mostrò i polsi arrossati a causa delle corde troppo strette. -E madame Claire voleva  obbligarmi a … -Non finì il discorso sapendo che il vampiro aveva capito. -Voi mi avete salvata. -
“Li uccideremo tutti, con la verbena e paletti di legno! “ Altre grida si sovrapposero a quelle precedenti.
Senza più tergiversare. Victor agguantò la mano di Anne e iniziò a farsi spazio fra la folla.
“Trovatemi un vampiro e vi mostrerò come lo si uccide! E’ il tempo della riscossa! “
Le voci, li rincorsero per molto tempo, anche dopo e oltre la piazza dove la folla era più diramata.
La gente teneva comizi nei posti più impensabili, perfino al banco del pesce.
Anne continuò a udirle per molto tempo, perfino oltre le mura di una piccola locanda, dove si erano riparati. Il proprietario a quanto pareva doveva molto al vampiro e li aveva accolti con molto entusiasmo.
La paura poco alla volta l’aveva abbandonata e dopo essersi rifocillata e lavata, giaceva dormiente fra le coltri di un letto, molto più comodo di quello a base di foglie secche cui era abituata a dormire.
Fu così che la trovò Victor quando aprì la porta della stanza.
La osservò a lungo prima di stendersi al suo fianco. Era bella e quella era la centesima volta che lo pensava. Era bella, nonostante non indossasse vesti pregiate, né calze di seta.
La osservò più da vicino, muovendo la mano nella sua direzione. Da quanto non si sentiva così?
 
 
-Soffri? Odiavi il fatto di essere mio figlio e adesso odi il non esserlo… perché questo ti rilega al ruolo di niente, a non avere alcuna identità. Se almeno tua madre avesse confessato chi fosse il suo  amante. -Alfons aveva professato quelle parole in modo duro e con sprezzo quasi evidente, eppure neanche una volta aveva abbassato lo sguardo. Per un fortuito caso del destino, possedevano la stessa innata caparbietà, lo stesso orgoglio, pur non essendo consanguinei.
-Non mi hai amato. -Disse più parlando a se stesso che a quest’ultimo.
-Ti sbagli, prima quando ti credevo figlio mio… forse… -Faticava anch’egli a parlare. -Adesso è diverso! -
Victor lo guardava affranto. L’odio che aveva creduto di provare, era nullo paragonato alla delusione cocente di non appartenergli, di non essere sangue del suo sangue.
Si asciugò le lacrime col polsino della camicia inamidata e tornò a guardarlo, ben sapendo che da quel giorno in avanti le loro strade si sarebbero divise. Le iridi di Alfons catturarono le sue.
Victor le vide restringersi e ne fu avviluppato.
-Soffri?- Chiese Alfons gelido per la seconda volta.
Victor deglutì incapace di rispondere, ormai risucchiato dal vortice oscuro delle sue iridi e quando le parole giunsero nuovamente alle sue orecchie, ne fu quasi felice.
-Spegni tutto! -
 
 
 
Il ricordo di quel giorno era ormai sbiadito nella mente di Victor, ma le conseguenze, lo avevano accompagnato per molti anni.
“ Spegni tutto! “ E lo aveva fatto per davvero, accecato da un sentimento che andava ben oltre l’odio e la disperazione stessa, dimentico di tutti, perfino di se stesso.
Anche dopo la morte di Alfons, aveva continuato a ignorare ogni cosa, perché era più facile non provare nulla, non tenere a nessuno. Del resto nessuno teneva a lui.
La mano di Victor si mosse sul viso di Anne come dotata di vita propria. Andò a sfiorare delicatamente il labbro tumefatto, saggiandone la consistenza della pelle. Chiuse gli occhi respirando piano il suo odore.
Nessuno teneva a lui, si ripeté, mentre il cuore che aveva creduto morto per molti anni subiva uno spasmo doloroso. Desiderare qualcosa, volere qualcuno non era alla sua portata e benché se lo ripetesse del continuo da un po’ di tempo a quella parte, la sua mano non si staccò dal viso di Anne, intento a scrutare ogni centimetro della sua pelle, ad assorbirne il calore.
Avvicinò maggiormente la bocca a quella della fanciulla e benché riconoscesse di non averne diritto, desiderò baciarla, come aveva fatto due sere addietro nella stalla.
Non c’erano cortine alle finestre e la luce del sole non nascondeva alcunché. Nonostante fosse inverno e l’aria fosse gelida, quella era una giornata accompagnata da un sole cocente.
Quando Anne aprì gli occhi, Victor era ancora intento a scrutarla e ne ebbe paura, perché la guardava con un’urgenza nuova che prima non vi aveva mai scorto. I suoi occhi sembravano tizzoni ardenti.
Rimase per parecchi minuti, ferma a osservarlo, ben sapendo che presto l’avrebbe baciata. Glielo leggeva negli occhi.
Si morse il labbro inferiore spaventata. Spaventata da se stessa e da quello che provava.
-Sto per baciarti. -Disse il vampiro, accompagnando la voce con un movimento impercettibile del viso.
Andò a sfiorarle l’angolo della bocca e il cuore di Anne ebbe un guizzo.
Non riusciva a muoversi, né a parlare e anziché allontanarlo com’ era ragionevole fare, rimase immobile, con una mano poggiata sul grembo e l’altro braccio disteso lungo il corpo.
Arrossì, ma non si tirò indietro quando il vampiro andò a sfiorarle per la seconda volta la bocca.
Aveva bisogno di quel bacio, ragionò fra se e se, quando un languore familiare si diffuse nelle sue membra. Ne aveva bisogno perché quella era stata una notte difficile aveva temuto il peggio.
Chiuse gli occhi, quando Victor approfondì il bacio e per come aveva imparato a fare durante le due uniche volte che era stata baciata… che lui l’aveva baciata, schiuse la bocca.
Lo desiderava quel bacio e non poteva fingere, come le aveva pazientemente suggerito Flanni Gerret, fingere di non provare nulla. No, l’indifferenza non era un’arma.
La mano di Victor era ancora ferma sul suo viso e non le lasciava via di fuga, mentre la bocca torturava la sua e la costringeva a una resa cui non poteva rifiutarsi.
Erano baci caldi i suoi, che la trascinavano in un vortice di puro desiderio.
Fra un bacio e l’altro si staccava per guardarla e per accarezzarle i capelli e parte del viso. E Anne si sentiva risucchiata da quelle carezze.
-Voglio baciarti ancora. -
Non poteva opporsi pensò per la centesima volta, mentre ancora schiudeva la bocca  e le permetteva di possedere parte di lei, la prima conquista di molte per quel giorno.
Sollevò la mano per aggrapparsi alla sua spalla e i baci divennero intimi, un’esigenza quasi.
Il freddo che sentiva prima era passato e anche la paura.
Victor morse delicatamente il suo labbro e la costrinse ad aprire gli occhi quando si staccò per l’ennesima volta.
Erano entrambi ansanti e Anne lesse nei suoi occhi, quello che forse faticava ad ammettere: la voleva.
Boccheggiò, ma neanche questa volta lo fermò e si abbandonò nuovamente ai suoi baci, alle sue mani esperte, al tocco caldo della sua pelle contro la sua.
Il vampiro scansò le coltri sovrastandola e le sue mani vagarono ingorde sulla porzione di pelle lasciata scoperta dalla sottoveste.
Anne rovesciò la testa all’indietro, quando l’uomo scese a lambirle la gola con la bocca e sollevò parte della sottoveste fino ai fianchi.
Le mani della fanciulla, si aggrapparono alla sua schiena nuda, realizzando solo in quel momento che si era liberato della camicia.
Aprì nuovamente gli occhi, deglutendo nervosa, senza osare spostarsi di un solo centimetro.
Non riusciva a parlare, ma il suo corpo sì e il vampiro lo sapeva, perché la baciò ancora mentre le sollevava la sottoveste e gliela sfilava completamente.
Non aveva chiesto alcun permesso, ma Anne glielo aveva dato tra un bacio e l’altro. Boccheggiò. Quello non era suo marito, né l’uomo che le aveva promesso amore eterno, ma l’aveva salvata, ragionò, mentre la calza scendeva dalla sua gamba fino alla caviglia.
Victor era un vampiro, non somigliava al garzone del fornaio che qualche hanno addietro, l’aveva corteggiata. Non somigliava  a nessun uomo che conosceva… e, la desiderava.
-Che sia chiaro che questo non è un contraccambio. -Sussurrò ancora indecisa. -Mi avete salvata ma non vi sto ripagando. -
Il vampiro per tutta risposta la baciò a lungo, prima sulla bocca e poi sulla gola, sul seno e un attimo prima di perdersi nel suo ventre parlò, decisamente affannato.
-Non pretendo alcun pagamento.  - Le rilasciò un altro bacio sul fianco, nell’istante in cui i calzoni diventarono troppo stretti.
-E non so cosa fare. -Sussurrò ancora Anne.
Victor si bloccò, realizzando forse solo in quel momento quello che stava avvenendo, ciò che reclamava. La strinse a se per i fianchi, chiudendo gli occhi stremato, da se stesso, da quello che provava e che non doveva. L’immagine di Alfons era ancora vivida nella sua mente e voleva estirparla con ogni mezzo, perché anche adesso a distanza di anni faceva male e voleva lenirlo con ogni mezzo quel dolore.
Baciò ancora Anne con più disperazione, agognandola, desiderando immergersi in lei.
Il sole illuminava i loro corpi e uno specchio di manufatto antico, li rifletteva. Anne aprì ancora gli occhi e sussultò alla vista di ciò.
Per le strade le proteste dovevano esser cessate. Non udiva più nulla a parte l’eccitazione crescente che la sovrastava. Attorcigliò una gamba attorno ai fianchi dell’uomo e desiderò che lui la possedesse.
Sussultò di fronte a quella consapevolezza perché solo in quell’istante, presa da un vortice di sensazioni sconosciute, lo realizzò distintamente: avrebbe perso il cuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note autrice:
Scusate il ritardo, ma ho avuto davvero pochissimo tempo la scorsa settimana. Il capitolo è concluso e ho davvero tantissimi dubbi.
Anne è finita in una casa di tolleranza, sappiate che esistevano già. Qui incontra Elise, credo l’avete inquadrata per bene. Ho sviluppato il suo personaggio perché potrebbe tornarmi utile, insieme  a quello di madame Claire.
Il profumo esisteva, anche se l’uso spropositato l’abbiamo intorno al 1600, soprattutto con l’invenzione dell’acqua di colonia. Le fragranze utilizzate erano quelle all’aloe, mirra, incenso, o ai fiori e frutta. Il profumo alla rosa che menziono esisteva ed è stato inventato dai persiani, nel periodo che in Europa era stato bandito dalla chiesa perché considerato voluttuoso.
Durante il capitolo parlo di divisori e non di porte. Questo perché negli ambienti più poveri, non esistevano porte interne, ma delle tende facevano da divisori fra una stanza e l’altra.
Alcuni mi hanno chiesto di Anne e di quello che è successo. Era usanza fare spesso delle visite per accertarsi che una fanciulla fosse vergine. Nel caso di Anne le viene fatta per scopi di lucro, ma quasi tutte le fanciulle che andavano in sposa venivano controllate, da parte dei parenti del futuro sposo.
Non aggiungo altro. Questo capitolo mi serviva per far capire in che modo stava andando avanti la rivolta e l’intensità che le proteste avevano assunto.
Anne  e Victor sono sempre più uniti e consapevoli di desiderarsi. L’ho detto più volte, fra loro non è ancora amore, c’è solo un’ innegabile attrazione e presto avranno la loro prima volta.
Avevo preannunciato che anche questa volta avrei parlato di Caroline  e Niklaus, purtroppo farlo avrebbe reso il capitolo disordinato e frammentario.
Datemi per favore il vostro supporto e comunicatemi le vostre impressioni con le recensioni. Siate spudoratamente sincere.
Grazie infinite a quanti mi hanno aggiunto fra le preferite, seguite e ricordate.
Vi ricordo l’altra mia fan fiction in corso, naturalmente Delena. Ecco il link.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1224941&i=1
Un bacio
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** 16 ***


16

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Mi sembra un po’ troppo largo sulla vita. -Seduta comodamente su un sofà, Esther, rimirava l’immagine di Caroline, presto sua nuora.
Era da circa due giorni che c’era un andar e vieni continuo dal palazzo, alternato da sarte e acconciatori. Mancava meno di un mese al matrimonio.
Caroline lisciò il prezioso tessuto, che adesso si modellava perfettamente al suo corpo ed Esther, pensò che niente rendesse giustizia alla bellezza di quella fanciulla. Benché non ne fosse consapevole, era molto avvenente e trovava giusto che Niklaus non volesse rinunciare al matrimonio, sperando in cuor suo che non fosse solo per mantenere una promessa.
Sapeva per esperienza che un matrimonio, basato su un semplice accordo, avrebbe portato solo tanta infelicità.
Ogni volta che posava gli occhi su Niklaus e Caroline, avvertiva un deja vu molto piacevole. Il modo in cui si guardavano e casualmente si sfioravano, non era frutto di un contratto. Lo sentiva.  Per questo motivo incoraggiava il figlio, a non venir meno alla promessa data, andando contro gli altri, in particolare Kol, certa che presto avrebbero trovato un accordo.
Si avvicinò maggiormente a Caroline e con fare materno le poggiò una mano sulla spalla, le ricordava lei alla sua età, quando era in procinto di sposare Mikael.
-Sì, i capelli vanno meglio se lasciati sciolti. -Sussurrò dolce, soffermandosi a osservare i crini raccolti in morbidi boccoli.
Caroline, ricambiò il suo sguardo dallo specchio e sospirò
emozionata.
Da quando si era scambiata il sangue con Niklaus, il matrimonio la spaventava di meno, conscia più che mai di volersi legare a quell’uomo, nonostante la presenza di Amaelie presente al palazzo, non la rassicurasse.
Non l’aveva più vista dalla sera della festa e quel giorno inevitabilmente l’avrebbe fatto: le dame presenti avrebbero preso parte a un the.
Caroline non aveva alcuna voglia di partecipare e non perché non si sentisse all’altezza. Sapeva come comportarsi e s’intendeva di arte e letteratura. Nessuno avrebbe potuto metterla in soggezione. Era altro a preoccuparla, come ad esempio i dissensi presenti fra i nobili, proprio riguardo al matrimonio. Le era giunta voce che i rappresentanti dell’Ohio, Texas e Tennence non avrebbero preso parte alla cerimonia e fuori dalle mura del palazzo, nonostante Nikalus glielo nascondesse, sapeva della presenza di talune insurrezioni.
-Non tutti vedono di buon occhio questo matrimonio. -Disse rivolgendosi a Esther. -Neanche mio padre. -Confessò mesta. -Ho paura delle conseguenze. -
La regina sorrise comprensiva. Guardò nuovamente sua nuora, soffermandosi a osservare bene il vestito.
A primo acchito, nessuno avrebbe pensato che Caroline Forbes fosse una figlia del popolo. Possedeva fascino e un portamento regale.
Il vestito di seta avorio, le fasciava perfettamente il corpo, modellandone le curve. Era stretto sulla vita e drappeggiato lungo un fianco. Poi scendeva fino ai piedi e terminava con uno strascico.
-Sarete una sposa bellissima. -Disse rassicurante. Nemmeno io ero molto ben voluta, quando sposai Mikael… una vita fa, ma il tempo è un buon rimedio. –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il the era stato allestito in giardino, nonostante la temperatura non fosse delle migliori e dato che molte delle dame presenti fossero vampire, non si era visto alcun motivo per farlo al chiuso. Non quando la giornata si prospettava calda a dispetto della stagione.
La pioggia dei giorni precedenti, era stata sostituita da un tiepido sole.
Caroline, indossava un caldo vestito di lana azzurro, molto aderente ai fianchi, al quale aveva abbinato un mantello dello stesso colore. Eccetto Eleonor Flemmet che durante la notte si era sentita male e, adesso preda di dolori atroci, stava partorendo, nessuna dama era assente e nonostante Caroline vi avesse preso parte controvoglia, non poteva asserire d’essersi annoiata.
Amaelie, si trovava proprio all’interno del suo stesso gruppo e nonostante il disagio crescente, Caroline era stata costretta a guardarla e perfino a rivolgerle la parola. La sua paura più grande, non era incontrare i suoi occhi, ma scoprire che Nikalus la stesse guardando. Sì perché dalla parte opposta del giardino, gli uomini si stavano preparando per la caccia, cui presto anche le dame, avrebbero preso parte, come spettatrici ovviamente.
-E così ho deciso di acquistare quel quadro. -Stava dicendo una fanciulla della          quale non ricordava il nome. -E voi Caroline v’interessate di pittura? Avete qualche interesse a parte il ricamo? -La fanciulla che a primo acchito, le era apparsa disincantata, come le altre evidentemente doveva nutrire parecchi pregiudizi contro la sua natura.
Caroline non si fece intimorire. -Mi piace la lettura. -Rispose guardandola negli occhi. -E anche la commedia. -
-E di pittura v’intendete?- La voce di Amaelie, risuonò forte e chiara. -Klaus ama dipingere. Lo sapevate?-
Caroline fu costretta a spostare lo sguardo verso la sua direzione, preferendo essere altrove, prediligendo perfino la compagnia di Rebekah a quell’insolita accozzaglia d’ipocrisia.
-Non m’intendo di pittura, ma adoro l’arte e qualsiasi sua espressione. -Rispose a modo. -Forse siete male informata. -Aggiunse. -Niklaus non dipinge più. -La informò prendendosi la soddisfazione di vederla boccheggiare.
Non le ere sfuggita la confidenza con la quale appellava il suo sposo, né la fugace malizia che accompagnava ogni sua frase a riguardo, ma non le avrebbe permesso di umiliarla.
Amalie sorrise tranquilla. -Anni addietro adorava ritrarmi. Lo sapevate? -Attorcigliò un ricciolo attorno all’indice vanesia e poi, cospiratrice, si fece più vicina. -Possiede perfino un ritratto con me, nuda. -
Caroline sgranò gli occhi, mentre il nervosismo l’assaliva.
Voleva rispondere a tono, ma proprio in quell’istante, la tromba preannunciò l’inizio della caccia.
-Venite signore. La voce di Finn accompagnò quel suono, costringendola ad abbandonare l’idea di un duello verbale. Del resto, si costrinse a pensare, la vampira la stava soltanto provocando.
Iniziò a seguire il gruppo, restando di proposito di qualche passo più indietro, per avere il tempo di quietarsi. Le parole della vampira, l’avevano portata, inevitabilmente a ripensare alla sera in cui Niklaus le aveva confessato la sua ossessione.
Da allora, erano successe così tante cose d’averne perse il conto. Aveva compiuto diciassette anni il giorno in cui Bill Forbes, suo padre, le aveva confessato l’insofferenza verso i vampiri e nonostante lo scambio di sangue e il desiderio di sposare Nikalus, non era sicura se parimenti, il vampiro sentisse la brama di sposare lei. 
Presa da questi pensieri, continuò a seguire la figura di Amaelie, che anziché avvicinarsi all’arena, prese una direzione diversa.
Nonostante l’istinto, le suggerisse di non seguirla e di pensare alla caccia che da lì a breve avrebbe avuto inizio, Caroline fece tutt’altro.
S’inoltrò anch’ella fra i corridoi del palazzo.
Amalie ormai era scomparsa dalla sua visuale, ma Caroline continuava ad avanzare, ben conoscendo l’ala verso cui si era recata, poiché comprendeva gli appartamenti di Niklaus.
Andava a rilento, visto che da quando aveva iniziato a seguirla, le gambe non l’accompagnavano e il cuore aveva iniziato a battere impazzito.
Fra i corridoi non sentiva alcun rumore. Non c’erano schiave che trafficavano, né servitori.
Caroline si appoggiò alla parete serrando gli occhi. Ormai mancavano pochi metri a raggiungere la camera del suo promesso, mesi addietro sarebbe stata reticente a farlo.
Qualcuno stava ansimando e lei non aveva il coraggio di avanzare.
Non aveva il coraggio, perché il suono proveniva dalla camera di Niklaus e la vista di ciò che l’aspettava sarebbe stata dolorosa.
Aprì gli occhi, puntandoli verso la porta lasciata casualmente semiaperta.
Meccanicamente si diresse verso il suono.
Si sbagliava, le gambe la stavano reggendo e anche se il tremore si era accentuato, sapeva di dover proseguire.
I due, ovvero Amalie e Niklaus, non si avvidero di lei. Completamente nudi e avvinghiati l’uno contro l’altra, seguivano una danza sconosciuta a Caroline.
Ne aveva sentito decantare le lodi da molti poeti, ma non ne immaginava un simile coinvolgimento dei sensi. Per Niklaus non esisteva altro all’infuori di Amaelie e lei spettatrice estranea di quel gioco dei sensi, si sentiva quasi in colpa per aver spiato i due amanti.
Il corpo possente di Niklaus copriva interamente quello della vampira, mentre la faceva sua.
Caroline chiuse gli occhi, preda di vertigini, ma quando li riaprì lo spettacolo non cambiò, fu solo offuscato dalle lacrime che iniziarono a rigarle il viso, perché per quanto lo negasse, le faceva male.
Indietreggiò verso la porta e poi cominciò a correre, incurante di far rumore e di essere così scoperta.
 
 
 
 
 
Parecchi minuti dopo, o forse ore, qualcuno era venuto a bussare alla porta della sua camera.
Caroline vi si era rifugiata per recuperare la dignità e riordinare i pensieri, prima di dipartirsi dal palazzo.
La gola le bruciava, ma non aveva la febbre e doveva avere un aspetto orribile visto che non era riuscita a smettere di piangere.
Non aveva la forza di rispondere, né di aprire, così chiuse nuovamente gli occhi, cercando di cadere nel torpore del sonno che la stava avvolgendo.
-Caroline! -Sbarrò gli occhi, quando riconobbe la voce adirata di Niklaus.
-Andate via! -Sibilò. -Nonostante il tono usato, la voce le uscì rauca e parlò con sforzo evidente.
-Caroline non fate la bambina e aprite la porta! -
Il tono usato dall’uomo, la mandò su tutte le furie. Non era lui a doversi sentire offeso.
Si alzò barcollando e andò ad aprire, nonostante sapesse che questa sarebbe stata un’ulteriore sconfitta a proprio danno.
Niklaus era cinereo. Se dapprima l’aveva guardata preoccupato, poi la rabbia prese il sopravvento.
-Che succede? -Sputò. -Da quando in qua, si lascia una battuta di caccia non onorando gli ospiti? -Si fece spazio ed entrò nella camera.
Caroline lo seguì con lo sguardo, notando in quell’istante che il sole era stato sostituito dalle ombre della sera. -Non sono stata l’unica a quanto sembra. -Incrociò le braccia al petto, cercando inutilmente di sostenere il suo sguardo.
-L’ora di cena è passata da un pezzo. -Rispose tagliente. -E’ tutta la sera che mi scuso per il vostro atteggiamento. -
Caroline notò solo allora il suo abbigliamento, non certo consono alla caccia, ma piuttosto adatto per le ore notturne, ma per quanto ne sapeva, poteva non aver lasciato la sua stanza, dopo l’incontro con Amaelie.
Le lacrime tornarono a invaderle gli occhi, insieme alle immagini che per ore l’avevano tormentata. Si prese il viso fra le mani, nonostante l’orgoglio le gridasse di non farlo.
Sentì solo di sfuggita la porta chiudersi e immaginò che il vampiro fosse andato via. Per questo trasalì quando invece si sentì agguantare per un polso.
-Mi dovete delle spiegazioni! -Tornò a ribadire Niklaus. -Non esiste che la mia futura moglie si comporti in tal modo.
Caroline scosse il capo contrita. -Non vi sposerò! -Disse lieve. -Tornando a guardarlo negli occhi. -Posso accettare di tutto… che non mi amiate, che non mi reputiate importante, ma mai la presenza di una donna nella vostra vita. -
L’uomo la guardò sdegnato. -Vi riferite ad Amalie e a quanto avvenuto questo pomeriggio? -Fece una pausa, passandosi una mano fra i capelli, in attesa di una risposta, improvvisamente teso.
Invece di rispondere Caroline gli indicò la porta. -Fuori! -Sentenziò. -Sappiate che intendo lasciare il palazzo al più presto. -
-Sapevate di lei, ve ne ho parlato. -La prese per le spalle, costringendola a seguire i suoi discorsi. -Ma niente giustifica il vostro comportamento. -Abbassò il tono della voce. -So che state soffrendo, ma non capisco davvero e se non è troppo disturbo, vorrei sapere. -
Caroline annaspò. Parlare con Nikalus a pochi centimetri da lei, con le sue mani addosso era ancora più difficile, ma s’impose di farlo.
-Vi ho visto. -Disse lieve. Prese un respiro. -Voi e Amalie. -
Nikalus strizzò gli occhi. -Non capisco cosa vi abbia sconvolta in questa maniera Caroline, quindi vi prego di essere più esplicita. -
Caroline abbassò gli occhi. Essere così vicina a Nikalus era una tortura troppo atroce e il pensiero di non poterlo avere così vicino in futuro la stordiva. -Vi ho visto… nella vostra stanza. -Sussurrò. -Con Amalie, nel vostro letto. -
  
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero non sia stato deludente. Lo so, è corto rispetto agli altri, ma ho avuto davvero pochissimo tempo questa settimana e questo l’ho scritto soltanto oggi. L’ho postato proprio per coerenza, visto che avevo accennato di farlo tutti i venerdì.
Non c’è molto da dire. Il matrimonio e alle porte e Caroline lo vuole con tutto il cuore, ma purtroppo già abbiamo i primi problemi con Amalie. Spero non me ne vogliate per il modo in cui la sto facendo soffrire. Tutto si risolverà a breve.
Ricordate che lei sa cosa prova, e Niklaus che ancora deve scoprirlo.
Non aggiungo altro, vado di fretta e spero continuerete a seguirmi dopo questa stoccata. Non era mia intenzione traumatizzarvi.
Nel frattempo, vi presento un’altra mia creazione. Per adesso è un one-shot, ma sappiate che ha buone probabilità che diventi una long, naturalmente Delena. Tranquille subito dopo aver concluso questa e “Irrévocable”.
Ecco il link:
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1774692&i=1
Grazie per le numerose recensioni, per i messaggi e grazie a quanti mi hanno aggiunto alle preferite, seguite e ricordate: mi emozionate sempre.
Baci
Tess

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Capitolo 18
*** 17 ***


17

 
 
 
 
 
 





 
-Vi ho visto nella vostra stanza… con Amalie… -Aveva la voce rotta dal pianto e gli occhi arrossati. -Nel vostro letto. -Nonostante faticasse a parlare non distolse lo sguardo dal vampiro, neanche una volta.
Niklaus irrigidì la mascella e quasi Caroline ne fu spaventata, ma non si allontanò come avrebbe fatto mesi addietro. Lo conosceva abbastanza da sapere che non le avrebbe fatto del male.
-Cosa avete visto? -
Caroline sospirò, mordendosi le labbra. -Voi… e Amaelie… assieme. - Abbassò gli occhi scuotendo il capo. -Non mi fate aggiungere altro. -Stanca e decisamente poco incline a conversare spostò lo sguardo verso la finestra, aspettandosi che lasciasse la propria stanza.
Lontano dai suoi occhi, poteva almeno consentirsi di respirare.
Inaspettatamente però, le mani di Niklaus si serrarono intorno al suo giro vita, in modo quasi rude.
-E’ un inganno! -Obiettò furente, costringendola in tal maniera a riportare lo sguardo verso la propria persona. -Non mi sono allontanato dall’arena. Non ho neanche rivolto la parola ad Amaelie. -
A Caroline sfuggì una lacrima. -Come potete negare di fronte all’evidenza… vi ho visto. -Si sentiva, delusa nel profondo e l’unica cosa cui anelava era di restare sola.
Niklaus però non era del suo stesso avviso. Le sue braccia continuavano a stringerla con rabbia.
-Venite con me. -Disse astioso.
Ancora una volta la giovane scosse il capo. Non sarebbe uscita da quella camera, tanto meno per seguirlo e farsi umiliare.
-No! -La sua voce da fievole, divenne sicura. -Non vi seguirò. -Puntò i piedi per terra, decisa a non lasciarsi convincere.
-Volente o nolente, mi seguirete invece. -Decretò il vampiro.
Non era abituato a non essere obbedito, ma al di la di questo, voleva chiarire la situazione creatasi.
Senza aspettare alcun consenso, agguantò Caroline per un polso e iniziò a trascinarla fuori dalla sua stanza.
L’ora tarda era loro favorevole e nessuno si aggirava per i corridoi del palazzo, nonostante i preparativi per il matrimonio, costringessero gli schiavi a lavorare fino a tarda ora.
Caroline cercava di porre resistenza con tutte le sue forze, ma non riusciva a opporsi al vampiro. 
Sapeva, dove l’avrebbe portata. L’ala verso cui si erano incamminati, era quella riservata agli ospiti.
Il polso iniziava a dolerle, per il modo brusco cui Niklaus la trascinava e per i tentativi alquanto vani di liberarsi.
Proprio quando si convinse di non farcela più, il vampiro si arrestò e aprì una porta di legno massiccio.
-Non costringetemi a usare la forza Caroline: entrate! -Ordinò.
La fanciulla lo guardò contrariata. -Che cosa avete fatto finora? Non avete usato la forza?-Domandò.
-Entrate! -Disse per la seconda volta, tenendo la porta spalancata con una mano.
La fanciulla ubbidì riluttante.
La camera dove si trovavano non c’era dubbio che appartenesse ad Amaelie. Sulla sedia, adagiato c’era il vestito utilizzato nel pomeriggio e il letto sfatto, lasciava presagire che qualcuno vi avesse dormito fino a poc’anzi.
 Niklaus fissò il divisorio senza scomporsi. -Uscite Amaelie! -Disse autoritario.
La vampira uscì dal divisorio senza indugio, con addosso soltanto una semplice sottoveste avorio, troppo poco casta perché un uomo non ne notasse le sinuose forme che ivi nascondeva.
La lunga chioma scura, fino al pomeriggio, intrecciata abilmente, adesso era sfatta, ma non per questo meno ammaliante.
Caroline, pensò di non aver mai visto una donna più bella della suddetta.
La sottoveste in fine merletto, le sfiorava appena le caviglie. Non indossava calze e i piedi erano nudi.
Non appena il suo sguardo incrociò quello di Niklaus, sorrise.
-Vi aspettavo un po’ prima, a dir la verità. -
Caroline ancora stretta nella morsa di Niklaus trasalì. La confidenza che Amalie Vancover vantava nei riguardi del suo sposo, la indispettiva, ma non ebbe il tempo di ragionare altro, perché in un lampo Niklaus lasciò la presa dal suo polso, per avventarsi contro la vampira.
-Desidero che diciate a Caroline cosa è successo realmente questo pomeriggio. -Sibilò asciutto, con le mani attorno alla sua gola, costringendola contro una parete.
La vampira boccheggiò in cerca d’aria.
-Voglio che chiediate scusa alla mia sposa. -Continuò e che non vi avviciniate mai più a lei. -
Se prima Caroline aveva la certezza assoluta d’aver visto Niklaus, adesso i dubbi iniziavano ad attanagliarla.
-K… laus… -Amaelie cercò di parlare invano.
Il vampiro scosse la testa continuando a tenerla immobilizzata.-Riprovate… -Sussurrò contro il suo orecchio, usando
volutamente un tono basso.
Caroline rabbrividì, osservando la scena. Non aveva mai visto Niklaus così arrabbiato, neanche quando l’aveva salvata da Victor, era così furente.
Probabilmente anche Amalie lo capì, perché nel giro di pochi secondi Caroline udì quello che non si sarebbe mai aspettata.
-Scusate… -Ansimò a corto d’aria.
Solo allora Niklaus la liberò dalla sua morsa.
Caroline si fece più indietro, andando a sfiorare con la schiena un cassettone.
Amaelie la stava guardando fredda, apparentemente indifferente, ma gli occhi erano accesi da un sentimento fino ad allora sconosciuto e che le fece accapponare la pelle. Si trattava dell’odio.
-Sei soddisfatto? -Chiese ingiuriosa Amaelie, continuando ad assottigliare gli occhi in direzione della fanciulla.
-No! -Sibilò duro, scrutandola torvo.
La vampira, apparentemente si rilassò e tornò a guardarlo. -Suvvia, non siate offeso. Le ho soltanto aperto gli occhi. -Disse melensa, mentre si massaggiava la gola. -… Su quello che eravamo.  Gli anni non possono cancellare la passione. Sapete quanto me che questo matrimonio è sbagliato… pensateci Nikalus. Disse avvicinandosi e posando casualmente una mano sul suo petto.
Nikklaus osservò rabbioso il tragitto della sua mano e poi con furia cieca gliela scostò.
-Avete ragione Amaelie. -
Un sorriso si dipinse sul volto della vampira, mentre il cuore di Caroline perdeva un battito. -Ricordo le notti appassionate trascorse con voi, la bramosia di avervi. -Avvicinò il suo volto a quello della donna, continuando a  tenerle il polso imprigionato. -Ma quando penso a una donna, ho l’ardire di volerla solo per me. -Disse gelido, lasciandole improvvisamente il polso e avvicinandosi a Caroline con fare protettivo. -Non avvicinatevi alla mia sposa. Non osate più prendervi la briga si mostrarle cose che non dovete. -
Sul viso di Amaelie apparve una smorfia disgustata. -Preferite un’umana a me? -Chiese ancora, squadrando Caroline da capo a piedi.
-Non un’umana. -Rispose Niklaus. Si avvicinò a Caroline e gentilmente le prese una mano fra le proprie. -Lei. -Sussurrò, senza lasciare gli occhi della vampira, ormai contornate da vene scure. Poi si girò verso la fanciulla. -Quello che avete visto, riguarda il passato Caroline, Amalie… -Spiegò, senza lasciare i suoi occhi e la sua mano. -E’ entrata nella vostra mente, mostrandovi il passato. -
Caroline rabbrividì. Non la spaventava tanto il fatto che i vampiri potessero arrivare ad avere un tal potere, era qualcos’altro a farlo.
Da quando Nikalus le aveva mostrato i dipinti, si sentiva priva di forze. Aveva creduto di morire quel giorno e adesso che conosceva oltre al coinvolgimento emotivo del suo promesso, anche quello fisico, ne era spaventata più che mai.
Gli ansiti di Niklaus l’avevano perseguitata per tutto il pomeriggio. La passione con cui la faceva sua, la stordiva, perché si chiedeva se lei gli avrebbe mai procurato un pari coinvolgimento.
Nelle ultime settimane erano avvenute davvero troppe cose, perché lei comune mortale le potesse sopportare, ma non avrebbe mai dato la possibilità ad Amaelie di rivalersi sulla propria persona.
Senza mostrare la propria debolezza, la fissò determinata, come aveva fatto nel pomeriggio.
-Scuse accettate. -Disse decisa, rimarcando ciò che era avvenuto poc’anzi e l’umiliazione cui Niklaus l’aveva costretta.
La vampira aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono, gli occhi, però tornarono a farsi crudeli.
Caroline non abbandonò il suo sguardo neanche una volta, fino a  quando Niklaus, non la scortò fuori dai suoi appartamenti.  D’altro canto, si sentiva forte, con la propria mano ancora fra quelle del vampiro e nonostante non se ne capacitasse, si sentiva anche al sicuro.
 
 
 
 
Rimasta sola Amaelie, fissò il punto verso cui erano spariti per diversi minuti, digrignando i denti e stringendo i pugni, corrosa dalla rabbia, cosa usuale per una vampira.
-La ama! -Proruppe una voce, infrangendo il silenzio che si era creato. 
La vampira osservò la donna che era comparsa e di cui si era scordata la presenza, stizzita.
-La ama! -Disse ancora Beatrix. -Adesso mi date ragione?-Chiese, sedendosi sul sofà e accavallando le lunghe gambe.
-Lui non lo sa. -Rispose Amaelie. -E prima che lo scopra… -Disse allusiva. -Gli uomini s’innamorano raramente e pretendono molto dalle donne in questione. -Sospirò. -Fedeltà, sincerità… -Soppesò le sue stesse parole, fissando il vuoto. -Chi lo sa se Caroline Forbes possiede tutte queste qualità? -Andò a versarsi del vino e inizio a sorseggiarlo pensierosa. -Vedete, la cosa che mi piace di Niklaus è che instabile e dispotico e preso com’è da questa furia cieca dei suoi sentimenti, difficilmente farà caso a quello che prova veramente. -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 

***

 
 
 
 
 
 
 



 
 
L’alba non era ancora sopraggiunta, eppure qualcuno quella notte, non era riuscita a prendere sonno.
Quando era ancora umana, ed era una fanciulla, il sorriso di Sebastian poco prima di baciarla le aveva fatto perdere il sonno
per almeno due sere di fila.
Non ricordava più quella sensazione, ma non era simile a quella provata la notte precedente, quando Niklaus le aveva intimato poco garbatamente di lasciare in pace Caroline, presto sua sposa.
La seconda volta che non aveva preso sonno, era stata quando Sebastian l’aveva avuta. La paura che sua madre lo scoprisse e il senso di disagio, l’avevano accompagnata per tutta la notte.
Sempre con la medesima sottoveste che portava la sera prima, quella indossata appositamente per Niklaus, quando l’aveva raggiunta nella propria stanza, cavalcava un purosangue completamente nero.
Dopo il dipartirsi di Niklaus dalla propria stanza, non era riuscita più a dormire, così si era dedicata a una passione non indifferente.
Lo stallone che aveva scelto era un purosangue, ancora non domato. Non era pericoloso, non per lei. Del resto, non aveva interesse a mostrare ciò che non era.
Non sarebbe più stata una fanciulla da marito, quindi non c’era motivo che si dedicasse ad arti che vantassero le qualità di una perfetta fanciulla a modo.
Allentò le briglie, per permettere al purosangue di saltare l’ostacolo, ma quasi subito le riprese, sentendole scivolare fra le dita. Amava avere il controllo su tutto.
A differenza del giorno precedente, quello anche se non presagiva l’arrivo di alcun temporale, era meno quieto. Alcune raffiche di vento iniziavano a muovere le fronde degli alberi.
Amaelie, si fermò ancora una volta e chiudendo gli occhi, cercò di captare il rumore del vento.
I capelli ancora sciolti, le frustavano il viso e la sottoveste alzata, a causa della postura da amazzone, lasciava scoperte le gambe, facendola rassomigliare a una dea, una di quelle che sconvolgevano l’esistenza dei comuni mortali e gli facevano passare notti insonni.
Victor oltre al sonno, aveva rischiato di perdere anche il senno.
La osservava attento, senza perderne alcuna movenza, non più ammaliato dalle sue movenze,  né  dalle curve perfette.
A distanza di anni, il suo fascino appariva immutato.
 
 
-Sono venuto a reclamare una passeggiata. –Victor si avvicinò ad Amaelie sorridente, inarcando un sopracciglio verso il cugino, che di prima mattina, l’aveva fatta alzare di buon ora, a suo dire per mostrarle qualcosa.
-Troppo tardi cugino, i miei dipinti hanno avuto l’effetto desiderato sulla donzella in questione. -Sorrise di rimando alla provocazione del cugino. - Non so se è l’effetto dell’alba, l’aria della brughiera o altro. -Fece una pausa. -Ma è già mia. –
Victor lo ignorò, andando a baciare la mano della donzella. – Per oggi me ne accaparro ogni diritto. -Scrutò deliziato il rossore che andò a imporporarle le gote e segretamente ne gioì.
-Allora… -Disse allontanandosi e ben sapendo che il cugino non ne sarebbe stato felice. -Se ho ben capito siete un’amazzone. Da quando le comuni mortali cavalcano? –
-Volete dire da quando lo fanno a briglia sciolta? -
 
 
 
Confuso da questi pensieri, che dopo anni, continuavano a essere vividi dentro di lui, Poggiato al tronco di un salice, non si avvide della presenza di qualcun altro alle sue spalle.
Anne era arrivata quasi di soppiatto, ma il suo odore le solleticò le narici, ancor prima che la sua voce lo raggiungesse.
-E’ bella! -Disse la fanciulla, inaspettatamente, rivolgendosi al vampiro e insicura se questa potesse udirla.
Victor non si voltò a guardarla.
-Lo è. -Rispose. -E credimi, ne è consapevole. -Sentì la fanciulla prendere un respiro prima di parlare ancora.
-Non riuscivo a prendere sonno. -Confidò.
Victor sorrise, portando totalmente l’attenzione su di lei, dimenticandosi di Amaelie e di quegli inutili rimasugli della sua vita passata.
Notte insonne o meno, era bellissima, come la notte in cui l’aveva quasi avuta, in una locanda di terz’ordine, l’ultimo posto nel quale una fanciulla gradirebbe avere la sua prima volta.
E lui l’avrebbe posseduta, pensò con rabbia, se non fosse arrivato l’oste ad avvisare del pericolo imminente.
Con la coda nell’occhio, vide Anne stringersi in uno scialle. Il vestito come al solito, era troppo leggero a dispetto della stagione.
-Quel vestito non è troppo leggero? -Chiese. Sapeva che in tal modo la fanciulla si sarebbe indignata, ma la tentazione di discutere con ella era troppo forte e superava i pregiudizi, per la condizione precaria cui viveva e perfino il buon senso.
-Non sento freddo. -Rispose stizzita. -Anche la dama laggiù non sembra avvertirlo. -Indicò Amaelie.
Victor sorrise. -La dama laggiù è una vampira. -Precisò, andando a sfiorarle un avambraccio e avvertendone così la pelle intirizzita.
-E’ così difficile ammettere che forse hai bisogno d’aiuto? -Disse brusco.
Anne si sentì ferita da quelle parole inopportune, indietreggiò, ma non riuscì a mettere molta distanza fra loro, perché prima che lo facesse, il vampiro la bloccò, trattenendola per un braccio e portandola controvoglia a cozzare contro il tronco dell’albero, cui egli stesso prima era poggiato.
-Non ti permetto di fuggire! -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Caroline aprì gli occhi confusa. La camera che la ospitava era ancora in penombra, ma da dietro le cortine, proveniva una soffusa luce argentea, segno che il mattino stava sopraggiungendo.
Il capo le doleva ed era decisamente spossata. Gli eventi del giorno precedente, l’avevano fiaccata di molto.
Cercò di portarsi seduta, quando un braccio, appartenente a una presenza al suo fianco, la bloccò.
-Come vi sentite? -
-Ho mal di testa. -Si lamentò, portando una mano a massaggiarsi le tempie e girandosi quasi in contemporanea verso la sua direzione.
Nonostante vederlo di primo mattino la destabilizzasse, non si sentiva più come qualche mese addietro. Adesso riusciva a parlare con lui tranquillamente, anche quando si trovavano nello stesso letto, forse complice il fatto, che non indossava fine biancheria notturna e che il suo vestiario, dal pomeriggio precedente era rimasto invariato.
Niklaus al contrario era impeccabile, anche di primo mattino, con la camicia sbottonata e un lieve accenno di barba.
L’aria trasandata gli donava.
La notte prima era stata lei a chiedergli di restare. Dopo lo scontro avuto con Amaelie, i disaccordi fra loro e il resto, non se l’era sentita di rimanere sola.
Avevano parlato per diverso tempo, fino a quando la candela presente di fianco al letto non si era spenta e anche allora Caroline, aveva cercato la sua mano per essere rassicurata dalla sua presenza.
Era così che si era addormentata. L’ultimo argomento trattato, se non errava, era il luogo ove si sarebbe svolta la cerimonia.
Niklaus la scrutò guardingo e poi andò a depositarle un casto bacio sulla fronte.
-Anch’io ho mal di testa. -Disse sorridente.
Caroline sbuffò. -I vampiri non soffrono di mal di testa. -
Sorrise sghembo, facendole perdere un battito. -Voi me lo fate venire… credetemi. -
Caroline sbuffò, ma non era veramente infastidita. Iniziava a trovare piacevole, la confidenza che si era venuta a creare fra loro.
D’istinto gli si fece più vicina e delicata andò a depositargli un bacio nell’angolo della bocca, più intimo di quanto avrebbe voluto e che egli stesso avesse richiesto.
-E questo? -Il sorriso di lui si allargò.
Caroline arrossì, ma non si ritrasse né inventò una scusante.
-Non posso baciare colui che a giorni sposerò? -Le sue parole non erano volte a sedurlo.
-Tutte le volte che volete. -Soffiò sulla sua bocca.
 


 
 
Note autrice:
Sono in anticipo! In realtà avevo dimenticato d’avere un impegno per venerdì, così ho anticipato.
Non so quanti di voi si ricordano di Beatrix e del patto che ha stretto con Victor, così eccola ricomparire. Non crediate che la comparsa di Amaelie, l’abbia messa in disparte: è sempre in gioco. Inoltre veniamo a scoprire che le due sono in combutta.
Spero il capitolo non sia stato deludente! Ormai manca veramente poco al matrimonio e salvo imprevisti dovrebbe avvenire entro il capitolo venti, quindi ho bisogno di concentrarmi molto sui protagonisti principali, prima che avvengano altre cose.
Piaciuta la scena fra Caroline e Niklaus. Non so voi, ma io li trovo dolcissimi e scriverne, mi diverte veramente tanto.
Non aggiungo altro, sono di fretta.
Ringrazio le fedelissime che recensiscono sempre e chi mostra il suo apprezzamento, inserendo la mia storia fra le preferite, seguite e ricordate. Grazie anche ai venti che mi hanno inserito fra le autrici preferite.
Un abbraccio
Tess

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Capitolo 19
*** 18 ***


18

 
 
 
 
 
 
 
 
-Amaelie… -Il vampiro pose enfasi sul nome, mentre si avvicinava, facendosi spazio fra il fogliame.
Victor e la serva, erano abbastanza lontani ormai, ed era certa che non potessero udirla, né vederla.
Aveva cavalcato a lungo per giungere in quella raduna, ma la sua condizione d’immortale, precludeva ogni stanchezza. Piegò le labbra in un accenno di sorriso e lasciò che il vampiro le prendesse la mano, per portarsela alle labbra. Non le baciò il dorso, ma il palmo, com’era solito fare.
-Sebastian… -Sussurrò lieve. Il tono di voce era dolce, poco sicuro. L’uomo l’attirò prontamente contro di se, intrecciando la mano alla propria e accarezzandole con l’altra tutta la lunghezza della schiena, per metà lasciata nuda dalla sottoveste.
-Sei sempre più bella sussurrò. -Accarezzandole il corpo con lo sguardo. Poi Scese con la bocca a tracciarle la linea del collo.
Amaelie fu percorsa da un fremito e d’istinto socchiuse gli occhi, perdendosi in quel languore ormai familiare, presente ogni qualvolta Sebastian la sfiorava.
Lo baciò a lungo e sensualmente, affondando nella bocca dell’uomo e godendo della sua risposta. Decise, che quello era il posto adatto per essere sua.
Quando si separarono ansanti, Amaelie, fece scendere prima una spallina e poi l’altra. Poggiò la schiena contro la corteccia di un albero e allungando nuovamente la mano nella sua direzione, lo invitò a raggiungerla.
-Deduco che vi sono mancato. -Mormorò Sebastian, allungando la mano e raggiungendola. -Non abbiamo molto tempo… -Si chinò a baciarle l’incavo fra i seni con bramosia.
-Non voglio convenevoli. -Rispose di rimando, alimentando la sua foga.  
Non gli avrebbe mai negato il proprio corpo.
 
 
 
-Credevo d’avervi perso… sono giorni che si racconta della vostra morte. -Amaelie singhiozzò stretta all’uomo che amava, ignorando la causa di una così lunga assenza.
Non riusciva a smettere di tremare e nonostante sapesse, che Sebastian stava bene, le lacrime continuavano a scendere copiose, mentre ne aspirava l’odore e intrecciava le mani ai suoi capelli corvini.
-Non avrei mai voluto lasciarvi… -La voce dell’uomo era diversa da come ricordava.
La stringeva forte, mentre distrattamente le accarezzava i capelli.
Era notte fonda. Amaelie era sgaiattolata dalla sua stanza, cosa molto frequente da qualche mese a quella parte. Sebastian non era il partito adatto a lei, e l’ultima cosa cui poteva aspirare era chiederle la mano. Per questo si accontentava di vederlo di nascosto, nel granaio, oppure in giro per il paese, nei luoghi più impensati.
Non c’era un alito di vento quella sera e a parte i loro sussurri, non si udiva altro.
Si discostò per poterlo guardare, ma le lacrime non le offrivano una degna visione.
-Raggiungetemi fra circa un’ora al vecchio ponte. -Sussurrò, contro la sua bocca, l’uomo. -Non voglio che vi esponiate. -
-Ci sarò! -Sussurrò commossa la fanciulla, felice d’averlo ritrovato.
 
 
 
 
Le sue parole ancora adesso riuscivano a scuoterla, perché da quella notte erano cambiate molte cose.
Adesso tremava stretta nell’abbraccio del vampiro, col corpo dell’amato a venerare il suo.
La sottoveste prima linda, presentava tracce di terriccio umido. Si era sollevata fino ai fianchi, rivelando parte del suo corpo perfetto.
Alcuni ramoscelli le graffiavano la schiena, ma la vampira non se ne curò, rispondendo con ardore alle carezze dell’amato, denudandolo a sua volta, aprendo le gambe su sua richiesta.
 
 
-Sono un vampiro adesso. -
Amaelie aveva raggiunto Sebastian velocemente, senza curarsi dell’ora tarda, ma di tutte le cose che avrebbe potuto immaginare quella, era la più terribile.
Sollevò lo sguardo lentamente, come per accertarsi della veridicità di tali parole.
-Sono un vampiro. -Ridisse l’uomo, guardandola con cautela.
La fanciulla, scosse il capo incredula, ma in cuor suo, sapeva che Sebastian non stava mentendo. Il suo incarnato era pallido e il corpo che prima la stringeva era più possente di come ricordasse. Portò una mano alla bocca, ma non ne uscì alcun suono.
Il cuore rischiava di esploderle nel petto, ma non per questo si sarebbe allontanata.
-Come è possibile? -Chiese.
-Non ha importanza, conta che sono pericoloso e che dovete allontanarvi. -
Ancora una volta Amaelie scosse il capo. -Non posso… farei qualunque cosa per voi… Ma non chiedetemi questo. -
Sollevò una mano per accarezzarlo, perdendosi nella perfezione del suo aspetto.
La luna scelse quel momento per comparire, illuminando entrambi.
Amaelie trasalì, perché Sebastian non l’aveva mai guardata con una tale intensità.
-Se prima ero indegno d’accostarvi… Ora lo sono maggiormente. -Sussurrò roco, imprigionandola nel suo abbraccio. 
Amaelie arrossì, perché l’uomo non l’aveva mai toccata con una tale possessività, fu in quell’istante che comprese che qualcosa era cambiato e che non poteva porvi rimedio.
-Siete degno. -Rispose la fanciulla, non sottraendosi né al suo abbraccio, né ai baci che seguirono.
La bramosia con la quale la desiderava, non le lasciava scampo.
Rispose a ogni sua carezza ardita e a ogni sua supplica d’appartenenza.
Non poteva sottrarsi, del resto, aveva sempre saputo che sarebbe stata sua, e l’aveva desiderato.
Acconsentì a ogni sua richiesta. Intrecciò le mani alle sue e si lasciò condurre oltre il letto del fiume, la dove i folti rami di un salice li nascondevano alla visuale dei passanti.
In quel momento, non pensò al suo letto vuoto e ai suoi genitori che potevano scoprire della sua assenza. L’acqua del fiume scorreva placida e l’unica cosa cui anelava; era Sebastian. Voleva che sapesse che niente le avrebbe fatto cambiare idea, che il suo amore non si era affievolito, anzi adesso più che mai era rinvigorito.
Era forte, come lei.
Acconsentì a ogni richiesta dell’uomo, lasciandosi denudare e facendolo a sua volta, conscia che non avrebbe mai dimenticato quel momento, neanche quando il dolore, sostituì il piacere e tutto divenne confuso in un amplesso di carne e sangue.
-Fareste qualunque cosa per me? -Sebastian glielo chiese, mentre ancora era intrecciato a lei, mentre la teneva stretta, e ansimava per il piacere.
Amaelie boccheggiò, tutto era diverso per lei, troppo confuso fra dolore e piacere perché potesse darvi un nome.
-Qualunque cosa. -Sussurrò flebile, aggrappandosi alle sue spalle.
Sebastian la bacio, mentre continuava a sprofondare in lei e poi… Fu un attimo. Catturò le sue iridi con le proprie, imprigionandole nell’oscurità.
Amaelie aveva sentito parlare di ammaliamento, ma non sospettava di poterne essere imprigionata.
Non riuscì a staccare gli occhi, da quelli dell’amato neanche un secondo.
-So che siete stata ospite dai Mikaelson… E che Victor e Niklaus hanno un debole per voi… Approfittatene. E’ importante che l’astio fra i due cugini cresca. Fate tutto ciò che in vostro potere per separarli: Spezzategli il cuore.
 
 
 
 
 
 
 
E il cuore invece, glielo aveva spezzato lui, ogni secondo, ogni attimo in cui la reclamava, era un passo verso la dannazione. Lo sapeva bene Amaelie, eppure non riusciva a sottrarsi, perché in fin dei conti, si diceva che ne valeva la pena, e che alla fine dei conti, ne sarebbe uscita vincente.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Non ti permetterò di fuggire! -Il corpo del vampiro si frappose fra lei e ogni possibile via di fuga.
Anne non si lasciò intimidire. -Spostatevi! -Disse perentoria, provando inutilmente a far leva con le proprie mani sul suo petto.
Il vampiro indossava una blusa scollata sul davanti, quindi la fanciulla finì per tastare la consistenza della sua pelle. Arrossì, ma non si scompose, continuando a fissarlo combattiva. L’unico gesto che si permise, fu di ritrarre le mani e farle scivolare inermi lungo i fianchi.
A quel punto però fu il vampiro ad avvicinarsi maggiormente. -E’ così difficile ammettere d’aver bisogno d’aiuto? -Chiese per la seconda volta nel giro di pochi minuti, soffiandole tali parole troppo vicino al viso.  
Anne si morse un labbro nervosa, non tanto per la domanda, ma perché trovarselo improvvisamente così vicino la metteva in difficoltà.
Arrossì, ricordando la facilità con la quale gli si era quasi concessa qualche giorno addietro, ma ostinata a non cedere per prima, continuò a guardarlo.
-Sto bene! -Mormorò, ignorando il tamburellare impazzito del suo cuore. All’improvviso non sentiva più freddo.
Victor alzò un sopracciglio dubbioso.
-Sto dicendo la verità. -Continuò imperterrita Anne. Era vero, almeno nel fisico stava bene e supponeva il vampiro si stesse riferendo a quello.
Negli ultimi giorni, la tensione accumulata fra il popolo, iniziava a sentirsi anche all’interno del palazzo e diversi servitori, avevano abbandonato il servizio.
Era ancora l’alba e a quell’ora gli schiavi si avviavano verso i campi di cotone.
Anne, fu distratta per un breve frangente, dal canto che questi ultimi innalzavano. Alcune parole arrivarono alle sue orecchie, ma non ne capto realmente il significato.
-La rivolta non è ancora sedata. -Disse preoccupata, riportando la sua attenzione verso il vampiro.   -Sono venuta a sapere che ci sono stati degli scontri… -Fece una pausa. -Fra umani e vampiri. -
Non aveva mai valutato l’idea di uno schieramento, ne era rimasta coinvolta e adesso gli effetti di tale scelta, le si ritorcevano contro.
I pochi servitori rimasti al palazzo, non le rivolgevano la parola e perfino gli schiavi, avevano cessato di esser gentili con lei. In più di un’occasione, aveva temuto per la propria incolumità.
Anziché rispondere il vampiro, controbattète -Non ti aspetterai davvero una risposta? -Vide un lampo indispettito attraversare gli occhi della fanciulla, ma fu così fugace da lasciargli il dubbio d’averlo realmente visto.
-Anne incrociò le braccia al petto. -Ovvio che sì! -
Il vampiro si fece improvvisamente serio. -Non puoi chiedermelo. -Rispose.
Anne sussultò. Per un brevissimo tempo, si era perfino scordata della posizione che rivestiva, ovvero quella di serva. Il fatto che il vampiro spesso la trattasse con gentilezza, non significava niente, si sforzò di ricordare.
-Scusate. -Disse infastidita, non tanto dalla situazione, ma da se stessa, che per un motivo sconosciuto aveva anelato ancora simili accortezze. -Dimentico troppo spesso chi sono. -Mormorò flebile.
Il vampiro inaspettatamente sorrise divertito. -Vuoi dire che dimentichi di essere una donna? -Chiese facendosi ancora più vicino.
La fanciulla sbuffò, ma in verità non sapeva proprio come comportarsi, dinanzi a un simile sfoggio d’ilarità. Era troppo difficile confrontarsi col suddetto, soprattutto quando la sola vicinanza, la faceva sentire inadeguata.
Si sentiva troppo poco, vicino all’uomo. Troppo poco bella, troppo povera, troppo ignorante. La lista si allungava all’infinito, e non c’era nulla che facesse pendere l’ago della bilancia dalla parte opposta.
-Voglio dire… -Prese un respiro profondo. -Che dimentico di essere una serva. -Ardì dire, guardandolo attenta per notare ogni sua reazione.
Inaspettatamente lo sguardo del vampiro divenne malizioso. -Potrei risponderti. -Disse ignorando la costatazione della fanciulla. Piegò il capo in direzione del suo orecchio, di modo tale, che quello percepito da Anne fu solo un sussurro molto intimo. -Ad una condizione. -Continuò.
Un brivido, attraversò Anne da capo a piedi, alimentato dallo sguardo del vampiro, che non lasciò il suo corpo un sol momento.
Arrossì, intuendo a che genere di proposta alludeva, ma non fece in tempo a rispondere, perché il vampiro le impedì di farlo, poggiandole l’indice sulle labbra e intimandole di non parlare.
-Ecco le mie condizioni. -Disse, chinando il capo in direzione del suo viso e poggiando senza indugio, le labbra su quelle di lei. Le sfiorò lievemente. -Un bacio potrebbe andar bene. -
Anne lo guardò furente. -L’avete già avuto. -
Victor sorrise ancora. -Questo non è un bacio. -Si lamentò.
-Io credo di si! -
-Ti manca l’esperienza… Anne. -
Il suo tono non era derisorio, e Anne non seppe davvero come valutarlo, non ebbe il tempo di darsi alcuna risposta, perché ancor prima che la trovasse, la bocca del vampiro coprì nuovamente la sua.
Il primo contatto fu titubante, Anne lo era. Portò le mani verso le spalle del vampiro, ma non ebbe il coraggio d’abbracciarlo. Tremava non sapendo come comportarsi, e Victor, l’uomo, il vampiro che le stava rubando il cuore, sembrò capirlo, perché interruppe il contatto con la bocca e poggiò la fronte sulla sua, ispirandone l’odore.
-Va tutto bene. -Disse affannato. La strinse maggiormente contro di se, eliminando il poco spazio che intercorreva fra loro.
Ad Anne bastarono queste parole per farla cedere. Non perché avessero un reale significato, ma perché le avevano fatto intendere, che lei contava qualcosa. Si era preoccupato per lei, e questo aveva valore, almeno ai suoi occhi.
Tremava come una foglia, ma non riuscì a tirarsi indietro, e quando il vampiro tornò a baciarla, chiuse gli occhi e rispose incautamente, socchiudendo la bocca, lasciando che le lingue s’intrecciassero, che il respiro accelerasse, e che la passione divampasse ancora fra loro.
Una mano del vampiro, risalì lungo la sua schiena e si fermò alla base della nuca, attirandola ancora più vicina in una presa gentile e possessiva.
Anne perse la percezione di se stessa. Sentiva solo il corpo di Victor stretto al suo, le mani che vagavano sulla sua pelle, l’inguine premere troppo sfacciatamente sul suo ventre.
Avrebbero continuato all’infinito, se qualcosa non avesse attirato l’attenzione del vampiro.
La fanciulla, lo sentì allontanarsi e ne fu destabilizzata, ma quando aprì gli occhi, notò che qualcosa non andava.
Victor si guardava attorno guardingo. Aveva posato una mano sulla sua bocca, per impedirle di parlare, mentre alcune figure si stavano avvicinando.
Anne aguzzò la vista, tuttavia non ebbe tempo di metterle a fuoco. Sentì il braccio del vampiro cingerle la vita in un gesto protettivo, forse troppo brusco e poi, si ritrovò all’interno del palazzo, in quelli che riconobbe, essere gli appartamenti del suddetto.
Si guardò in giro confusa, ancora stretta nel suo abbraccio, con lo stomaco in subbuglio, a causa del movimento cui l’aveva sottoposta. Poi tornò a osservarlo interrogativa.
-Abbiamo visite. -Disse placido.
Il tono di voce usato, non la mise in allarme, tuttavia, il gesto che aveva poc’anzi compiuto, la spinse a chiedere spiegazioni. -Visite? -Domandò. Non capiva se c’era un reale pericolo, oppure se era lei a preoccuparsi inutilmente.
-Vampiri… -
Ad Anne la cosa non la stranì più di tanto. Sapeva che per quel giorno, era stata indetta una riunione, nella quale si sarebbero discussi i provvedimenti da prendere per la rivolta in atto, ma l’inflessione della voce, le suggerì, che evidentemente qualcosa non andava. Lo guardò ancora interrogativa.
-Nomadi. -Specificò quest’ultimo.
Anne, si portò una mano alla bocca, riconoscendo la pericolosità dell’evento.
Victor non l’aveva ancora lasciata andare, e tornando a guardarla negli occhi, parlò ancora.
-E per questo motivo che ti devo ordinare di non uscire da questa stanza… qualunque cosa succeda. -
La fanciulla lo guardò furiosa, causando ancora una volta l’ilarità del vampiro.
-Non potete chiedermi questo. -Obiettò.
Victor cambiò repentinamente argomento. -Sei una donna di parola Anne? -Soffiò contro la sua bocca, nuovamente troppo vicino.
Anne sentì il suo profumo invaderla.
-Sì che lo sono. -Rispose stizzita.
Victor si aprì in un sorriso. -Bene! -La baciò leggero, causandole un lieve tremore, di cui rimase compiaciuto. -Là fuori c’è bisogno di me. Le guardie non potrebbero essere sufficienti per placare un attacco e degli innocenti potrebbero morire. -Le prese il viso fra le mani, costringendola guardarlo negli occhi. -Potrei ammaliarti, e costringerti a ubbidirmi, ma non voglio, quindi devi promettermi che qualunque cosa accada non uscirai da questa stanza. -
Gli occhi di Anne lo incendiarono. -E se non volessi? -
-Vorrà dire che degli innocenti moriranno: non lascerò questa stanza. -Precisò, lasciandola improvvisamente e incrociando le braccia al petto.
Anne deglutì, sgranando gli occhi. -Non potete. -
-Si che posso… prometti e andrà tutto bene. -Un rumore improvviso li fece girare entrambi verso la porta.
Delle grida fecero accapponare la pelle ad Anne. Sapeva che i nomadi, erano vampiri particolarmente pericolosi, perché facevano legge a se stessi. Ne aveva sentito parlare, ma ne ignorava l’esistenza.
-Prometti! -Intimò Victor.
Anne chiuse gli occhi e inspirò, prima di tornare a guardarlo, stranita dal comportamento adottato da quest’ultimo. -Vi do la mia parola. -Disse solenne. -Andate e mi troverete qui al vostro ritorno. -
Il vampiro non rispose, ma la riavvicinò e senza preavviso, catturò nuovamente la sua bocca in un bacio tutt’altro che pudico e che la fece arrossire. Poi in un battito di ciglia, sparì, lasciando ad Anne, l’ingrato compito di rassettare il proprio cuore.
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Un rumore di vetri rotti, costrinse Caroline a svegliarsi.
Le finestre non erano ancora state sprangate e la stanza era ancora avvolta nel buio. Li per lì, credette d’averlo sognato, ma un lieve fruscio alle sue spalle, la fece demordere dall’idea. Il letto non era appoggiato ad alcuna parete, quindi era facile che qualcuno l’avesse aggirato.
Nikalus era rimasto con lei fino a tarda ora, ma poi su sua richiesta l’aveva lasciata per raggiungere i suoi appartamenti. L’avrebbe atteso una giornata impegnativa e aveva bisogno di riposare e visto che lei faticava ad addormentarsi, aveva preferito lasciarlo andare.
Spaventata dall’idea che qualcuno si fosse introdotto all’interno della sua camera, si portò seduta e strinse la coltre al petto. Per quanto si sforzasse, riusciva a vedere ben poco. Gli occhi iniziavano adesso ad abituarsi alla penombra, doveva essere appena l’alba.
Sapeva che quel giorno, Niklaus aveva una riunione importante con i membri dei vari stati. I governanti dovevano prendere dei provvedimenti per sedare la rivolta, e il pensiero che fosse accaduto qualcosa legato a quell’evento la mandò nel panico.
Da quando era stata rapita e aveva scoperto del consiglio, non riusciva a dormire sonni tranquilli.
Uno scricchiolio la fece sobbalzare. -C’è qualcuno? -Chiese allarmata.
Il cuore iniziò a tamburellare veloce in attesa di una risposta, ma nessuno lo fece.
Prese fiato, cercando di scendere dal letto, ma proprio in quell’istante, qualcuno o qualcosa gli sfiorò l’avambraccio.
Caroline, represse un gridolino isterico e velocemente cercò di raggiungere la porta, convinta di non farcela. Invece sorprendentemente, riuscì ad aprirla.
Quando si affacciò affannata nel corridoio, la luce le colpì gli occhi, ma vi prestò ben poca attenzione e contravvenendo ancora agli ordini di Niklaus che gli aveva espressamente chiesto di non lasciare la propria stanza, iniziò a correre, senza una meta precisa.
 
Si fermò solo dopo qualche minuto, ansante e impaurita. Si appoggiò a una parete e scivolò verso il pavimento. Le gambe le tremavano e il silenzio innaturale in cui giaceva il palazzo, non era affatto d’aiuto. Solitamente per quell’ora, i corridoi erano trafficati.
Iniziò a guardarsi attorno preoccupata. L’unica cosa che poteva fare a quel punto era raggiungere gli appartamenti di Niklaus, o di Esther, oppure, fece una smorfia, della stessa Rebekah.
Si preparò a farlo, rialzandosi, ma a  proprio a quel punto, Kol Mikaelson le si parò di fronte.
-Caroline. -L’apostrofò, scrutandola attento, indugiando troppo sulla curva dei fianchi.
Caroline avvampò, ricordando solo in quel momento di essere uscita in abbigliamento notturno, cosa alquanto discutibile.
-E’ un piacere incontrarvi. -Disse beffardo.
Caroline boccheggiò. -Non posso dire lo stesso. -Ricordava più che bene, ciò che era accaduto il giorno della festa.
A tali parole, Kol si aprì in un sorriso divertito. -Non siate irriverente… sapete cosa succede? -Indagò. -Dei vampiri… nomadi… -Precisò. -Si sono infiltrati all’interno del palazzo. - In un soffio l’avvicinò, accarezzandole lascivo la pelle del viso. -Non immagino ciò che proverà mio fratello, non appena saprà ciò che vi è accaduto.
Caroline tremò, ma non abbassò il viso, e quando realizzò cosa stava accadendo, era decisamente troppo tardi.
Vide la mano di Kol abbattersi sul suo viso, e prima che potesse realizzare il dolore, tutto divenne confuso e sfuocato. Riuscì comunque a udire le ultime parole di Kol.
-Mi spiace Caroline, ma qualcuno deve far capire a mio fratello che questo matrimonio è sbagliato. -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Note autrice:

Il capitolo è concluso. Spero non sia stato frammentario, ma avevo tantissime cose da spiegare.
Abbiamo conosciuto meglio Amaelie! Ormai ci siete abituate: nulla è come appare. Da questo capitolo potete dedurre, che invece a me Amaelie piace molto. Lei è l’incarnazione della donna innamorata, disposta a tutto per l’uomo che ama, disposta a sacrificare il sacrificabile e in questo caso, perfino se stessa. Attraverso il flash- back, credo abbiate avuto una visione più chiara del passato. A questo punto, sapete che la vampira non è mai stata innamorata né di Victor, né di Klaus: li ha semplicemente messi contro.
Nella prima parte del capitolo, avete assistito a un’alternarsi di flash- back, mescolati con la realtà. Spero siano stati abbastanza chiari. Purtroppo ultimamente l’editor mi da problemi con il corsivo. Spero non stavolta.
Nella parte centrale, abbiamo Victor e Anne per come li abbiamo lasciati. I due adesso, a parte una forte attrazione, sono consapevoli di provare ben altro, e Victor lo dimostra ampiamente.
Mi spiace, per quanti si aspettavano più scene Klaroline, ma ho bisogno di spiegare per bene gli eventi e poi inserire altro, avrebbe reso il capitolo frammentario.
Ho nominato le piantagioni di cotone, perché in Virginia, ci sono queste e quelle di tabacco. Ho preferito il cotone perché è una pianta annuale.
A proposito del tabacco, volevo dire che in Italia, il primo sigaro giunge verso la metà del 500. Qualche capitolo addietro l’ho menzionato: il motivo è semplice.
La mia storia è ambientata nel 1400, in Virginia e quindi ho dedotto, fosse già utilizzato, visto che è stato importato in Italia dopo la scoperta dell’ America.
Fatemi sapere come sempre cosa ne pensate del capitolo.
Grazie come sempre per le bellissime recensioni. Non ho parole, mi emozionate sempre.
Grazie anche a chi mi ha aggiunto alle preferite, seguite e ricordate.
Un abbraccio
Tess  
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** 19 ***


19

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Non ce l’abbiate con me. -
Un dolore lancinante al capo, seguito da un rumore di catene, costrinse Caroline a svegliarsi, nello stesso istante in cui i suoi polsi furono catturati in una presa gentile.
Il pavimento la dove era sdraiata, era duro e freddo. La voce di Niklaus le giunse ovattata. Tuttavia, seppe di trovarselo a pochi centimetri dal viso, quando il suo fiato le sfiorò il collo, forse troppo intontita per realizzarlo appieno.
-Nikl… -Biascicò confusa. Lo sentiva armeggiare con le catene. Cercò di mettersi seduta, ma un forte giramento di testa le impedì di farlo.
 
 
 
 
 
-Quello che sto facendo è solo a beneficio della mia famiglia. -Berciò crudele Kol. Non permetterò che un’insulsa umana vi arrechi danno. -Si chinò alla sua altezza. -Sapete cosa accadrà oggi Caroline? -Con uno strappo si appropriò della catenina e del medaglione che le adornavano il collo.
La fanciulla scosse il capo, troppo spaventata per parlare, e anche troppo sfinita, così Kol lo fece al suo posto. -E’ indetta una riunione, ma suppongo Niklaus vi abbia informata. Quello che non sapete è, che si discuterà sulle sorti dell’intera Virginia. -Soffiò al suo orecchio con tono intimidatorio. -Ed io ho deciso di impedire che Niklaus commetta una sciocchezza. -La sua mano scese ad accarezzarle il viso, nel punto esatto dove l’aveva colpita, procurandole altro dolore.
-Una sciocchezza? -Chiese col cuore agitato. Non capiva a cosa si stesse riferendo Kol. Gli occhi iniziavano ad abituarsi alla luce e finalmente le fu chiaro il luogo, dove l’aveva condotta: si trovava nelle prigioni.
Una piccola finestra sbarrata da inferriate di ferro, le mostrava un cielo plumbeo.
Cercò di muoversi, ma le fu impossibile, perché Kol continuava, a tener piantato uno stivale sul suo petto.
-Oggi si prenderanno decisioni importanti che disciplineranno i rapporti fra umani e vampiri, e ho deciso di movimentare l’incontro. -Continuò Kol. -Voi non c’entrate nulla, ho solo in cuore l’interesse dei Mikaelson. In questo momento, sposare un’umana non è vantaggioso.
 
 
 
 
 
 
-Piano… -Niklaus la adagiò contro il suo petto. Sembrava sfinito. -Vi aiuto io. Le sue braccia si strinsero a cerchio attorno alla sua vita.
Caroline, respirò appieno il suo odore, chiudendo gli occhi. -Siete qui. -Mormorò sollevata, poggiando il capo nell’incavo del suo collo, tremante. Non aveva creduto un solo istante alle parole di Kol, ma non poteva negare d’esserne ancora spaventata.
 
 
 
 
 
-Se Nikalus accetterà le mie condizioni sarete salva e nessuno vi torcerà un solo capello. Siete la mia garanzia Caroline, altrimenti… -Lasciò le parole in sospeso fissando un punto imprecisato delle prigioni, quello più oscuro e che palesava la presenza di qualcuno.
 
 
 
 
 
 
-Ho avuto paura. -Disse sfinita, chiudendo finalmente gli occhi e lasciando che Niklaus la stringesse più forte.
Non sapeva per quanto tempo era rimasta immobile a fissare il buio e a cercare di captare ogni più piccolo movimento da parte dei vampiri che le tenevano compagnia.
Si trovava ancora nelle prigioni, incastrata fra le braccia di Niklaus e nonostante la debolezza fisica e il freddo patito per quelle che le erano sembrate ore, il solo fatto che Niklaus fosse giunto la rinvigoriva.
-Va tutto bene. -Mormorò il vampiro vicino al suo orecchio.  -E’ tutto finito. -Disse roco, andando a sfiorarle la bocca con un bacio. -Vi porto via da qui. -Facendo leva sulle proprie ginocchia e senza sforzo alcuno, la sollevò fra le braccia. -
-Posso camminare da me. -Cercò di ribellarsi ancora Caroline. Avrebbe voluto farlo con maggiore enfasi, ma il senso di nausea che avvertì una volta che l’ebbe sollevata, la fecero desistere.
-A giorni sarete mia moglie, ve l’ho già detto altre volte, ma siete troppo testarda per accettarlo: lasciate che mi prenda cura di voi. -
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anne non sapeva con esattezza, quanto tempo fosse passato dalla dipartita di Victor. Accovacciata ai piedi del letto, con le gambe strette contro il busto e gli occhi sbarrati in direzione della porta, attendeva che i rumori della battaglia cessassero.
Ormai era il tramonto. All’ennesimo urlo, si tappò le orecchie e chiuse gli occhi convinta, che ne sarebbero seguiti degli altri, invece improvvisamente tutto tacque.
Il silenzio che calò era innaturale, a parte il battito impazzito del suo cuore non sentiva nulla.
Si alzò tremante e si avvicinò alla porta, cercando di captare qualsiasi altro rumore, ma prima che lo facesse questa, si aprì, rivelando la presenza di Victor, il vampiro che l’aveva salvata per l’ennesima volta, facendole promettere di non uscire da quella stanza.
Anne lo guardò tremante, esaminando il suo aspetto e portandosi una mano alla bocca alla vista dei tagli e delle ferite.
-State bene? -Chiese osservandolo, mentre si toglieva la camicia e versava dell’acqua nel bacile.
La porta era rimasta aperta e dall’esterno, Anne vide com’era ridotta parte del palazzo.  Scosse la testa incredula, notando i feriti che si trascinavano per i corridoi.
-Sto bene! -La voce del vampiro la distolse da quelle scene per qualche minuto, ma incapace di sottrarsi, tornò a guardare al di la della battente con accesa curiosità.
-Non ci sono morti. -La voce del vampiro le fece spostare lo sguardo per la seconda volta. -E comunque guariranno in fretta. Presto sarà loro somministrato sangue di vampiro. -Si sedette sul letto, passandosi una mano fra i capelli e scompigliandoli più del dovuto. Le ciocche dorate le ricaddero disordinate sulla fronte. -Chiudete la porta Anne. -Appariva estremamente stanco.
Anne lo guardò attenta, rendendosi conto che non le era mai apparso così provato prima d’allora.
Si diresse verso il bacile e senza aspettare alcun consenso, v’immerse una pezzuola per poi andare a tamponare, il livido violaceo che il vampiro presentava sulla parte superiore dello zigomo, ma non appena la sua mano raggiunse il viso dell’uomo, furono le sue mani a bloccarla.
Solo allora Anne, si rese conto che qualcosa non andava. Il vampiro non era soltanto stanco e provato; il suo sguardo era tormentato. Aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma prima che potesse farlo, la trascinò su di se trattenendola per i fianchi. -Lascia che ti baci… -Soffiò contro il suo orecchio, avvicinandosi pericolosamente alla sua bocca.
Anne s’irrigidì, consapevole che non si sarebbe accontentato di un bacio, per come lei non avrebbe resistito a dargli di più. Lo guardò ritrosa, umettandosi le labbra, non sapendo che quel gesto rappresentava un silenzioso consenso.
La consapevolezza arrivò troppo tardi, nel momento in cui si ritrovò il volto del vampiro a pochi centimetri dal suo, decisamente troppo vicino, pericolosamente vicino.
Lo guardò avvicinarsi col cuore in gola, ma non abbassò mai gli occhi. Li chiuse solamente per un attimo, quando le labbra del vampiro le sfiorarono la guancia.
-Baciami Anne. -Disse col respiro corto, quando ormai la sua bocca, sfiorava quella della fanciulla e molto delicatamente la costringeva ad aprirsi e ad arrendersi alle squisite sensazioni che la stavano avvolgendo e di cui era certamente consapevole, non essendone egli stesso immune.
Un fuoco si era liberato nel suo ventre, ed era da quando l’aveva baciata la prima volta, che continuava ad ardere, in attesa di essere appagato.
La baciò a lungo, mordicchiandole il labbro inferiore, accentuando la presa sul suo girovita, anelando al suo corpo, oltre che alla sua bocca.
Anne respirò contro di lui, reclinando il capo all’indietro, travolta dalla lenta, sensuale passionalità del suo bacio, stordita dalle carezze della sua lingua, con le gambe che si muovevano in in’istintiva richiesta di possesso, nel momento in cui Victor, la portò sotto di se.
Le sue mani, del tutto involontariamente, si mossero ad accarezzare le spalle del vampiro, mentre sentiva che ogni difesa crollava e non potette evitare un sordo mugolio d’apprezzamento, quando le mani dell’uomo iniziarono ad armeggiare con i bottoni del vestito, quasi con fretta.
La voleva, e tale consapevolezza spiazzò per prima Anne, che quasi completamente nuda sotto il vampiro, si accorse di non sapere come comportarsi.
La sottoveste che indossava era semplice e la giovane tremò quando questa raggiunse il vestito, che ormai faceva da abbellimento al pavimento.
Non sentiva freddo, conscia di desiderare ciò che stava facendo.
Victor si allontanò per togliere i calzoni e tornare ancora più voglioso su di lei.
La stava per avere, realizzò contro la sua gola, con gli occhi liquidi di desiderio.
Le sfiorò l’incavo dei seni, il ventre piatto, le gambe toniche, come se non avesse aspettato altro fino a quel momento e creando un incastro perfetto anche se non completo, fra il proprio corpo e quello della fanciulla.
-Permettimi di fare l’amore con te. -Sussurrò tornando sulla sua bocca.
Anne tremò, come aveva fatto la mattina, e il giorno prima ancora, ogni istante che era stata con Victor.
Non rispose, aprì gli occhi arrossendo per la posizione impudica nella quale si trovava, sdraiata, col corpo statuario del vampiro addosso. L’unica cosa cui pensò, fu l’immagine perfetta che un’artista aveva ricreato su una tela, rappresentanti i corpi intrecciati di due amanti, e di cui lei aveva spiato i contorni. Un fiotto di calore, la invase, perché l’immagine la riportava a lei in quell’istante. Sollevò una mano, per andare a sfiorare un piccolo taglio che il vampiro presentava all’altezza dello zigomo.
-Si… -Disse fievole. La voce improvvisamente si era assentata, ma aveva bisogno di quel momento, di far parte di qualcuno, seppur in modo errato.
Victor la guardò famelico, mentre lentamente le sfilava le calze di ordinaria lana, troppo vecchie perché la potessero riscaldare.
Anne fremette. Non c’era parte del corpo che potesse nascondere ormai, eppure sotto lo sguardo del vampiro, si sentiva bella.
Victor la faceva sentire tale, desiderandola come nessun uomo aveva mai fatto, mentre inarcava il proprio corpo contro quello della fanciulla e si faceva spazio dentro di lei, strappandole un gemito di dolore.
Anne non si oppose alla sua invasione. Respirò abbracciandolo più forte, mentre molto lentamente diventavano una sola cosa.
Si volevano e questa era solo, la conseguenza di un desiderio represso a lungo, realizzò, mentre la barriera che proteggeva la sua verginità cedeva, e il dolore si mescolava al sangue.
Victor non si era fermato, ma era stato dolce, perché non aveva smesso un solo istante di baciarla e di chiederle come stava e di accarezzarla, mentre la possedeva.
No, Anne non avrebbe ricordato il dolore, neanche adesso che convinta di non farcela aveva chiuso gli occhi mentre calde lacrime le scendevano.
Avrebbe ricordato i baci, le carezze e i movimenti che diventavano più leggeri quando capiva di farle troppo male. Avrebbe ricordato le parole tenere sussurrate contro la sua bocca e l’attimo esatto in cui era tutto finito e una sensazione di estasi l’aveva attraversato: non aveva mai visto uomo più bello.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
-Che sta succedendo? -Caroline riemerse dalla sonnolenza che l’aveva attraversata. Niklaus era seduto oltre la sponda del letto e le dava la schiena.
Prima di parlare era rimasta immobile per diversi minuti, a osservare in silenzio la patina scura, nella quale giaceva Fell’s Church.
Un silenzio innaturale era calato sul palazzo, e questo la spaventava.
A tale domanda, lo vide irrigidirsi e sospirare pesantemente. Non si era cambiato, segno che non aveva lasciato la stanza e questo la inquietava.
Decise di alzarsi per raggiungerlo, ma quando andò per scostare le coperte, la presa ferrea di Nikalus glielo impedì.
-Riposate ancora un po’. -Disse con tono sommesso. Sul corpo portava i segni della battaglia. Caroline allungò la mano per sfiorare un taglio ormai raggrinzito, che si estendeva dall’addome al fianco. -Avete bisogno di un bagno. -Mormorò apprensiva.
Anziché rispondere Niklaus, andò a sfiorarle il livido lasciato da Kol. -E voi di riposare. -L’aiutò a mettersi supina.
-Ho dormito abbastanza, da capire che qualcosa non va e che voi non volete dirmelo. -
La stanza era illuminata dalla luce fioca di una candela, eppure l’ombra scura che attraversò il volto di Niklaus non passò inosservata.
 
 
 
 
 
 
-Quello che chiedete è inaudito! -Niklaus strinse i pugni, guardando prima il rappresentante russo e poi quello Bulgaro. -Su quale base, possiamo indire uno stato di schiavitù. Con quale diritto? -
Fu Steven Frederch, nonché suo amico e rappresentante del regno arabo a parlare. -Credetemi, sappiamo la situazione delicata nella quale vi trovate, ma mai, prima d’ora si era assistito a una tale insubordinazione. -Proferì serio.
-Stabilire un regime schiavista? E questa la chiamate soluzione? Bisogna invece chiarire cosa spinge il popolo a ribellarsi. -Si alzò dalla postazione occupata e lasciò cadere la sedia con un tonfo. -Fino a ora, non abbiamo mai avuto problemi con le donazioni di sangue. -Poggiò le mani sul tavolo, guardando uno a uno i presenti.
-E’ già stato adottato in Russia. -Si intromise Ivan Vancoveer. -Credetemi è la soluzione migliore. -
-Vero è che in Virginia, sono i vampiri a detenere il potere e questo, ne andrebbe a nostro vantaggio. -Si intromise Finn. Non era tipo da partecipare a discussioni diplomatiche, ma sapeva, che anche il suo parere poteva essere importante.
-La risposta e no! -Disse ancora Niklaus.
Rebekah ed Esther, insieme con altre dame, erano sedute in disparte, nella stessa stanza, lontano dal chiacchiericcio degli uomini, ma non per questo meno attente alla situazione.
Quando Kol entrò nella stanza, Rebekah fu la prima, ad accorgersi che qualcosa non andava, ma suppose fosse dovuta alla tensione accumulata fra i due fratelli.
-Sei in ritardo! -Mormorò Niklaus, freddo. Dalla sera del ballo, continuavano a darsi ostinatamente del tu.
-Indovina? -Lo guardò insofferente prima di prendere posto. Ero in dolce compagnia… -Lasciò scivolare sul tavolo il medaglione strappato a Caroline. -Ma ho dovuto desinare altri generi di favori, visto l’importanza di tale riunione. La dama in questione mi ha lasciato un pegno del suo amore. -Ammiccò verso Niklaus.
-Siete favorevole o contrario ad adottare un regime schiavista? -Niklaus non sentì nemmeno chi era stato a pronunciare la domanda, consapevole di essere in trappola. Un ghigno innaturale gli era uscito dal petto. Mentre furente ascoltava la risposta.
-Favorevole. -
   
 
 
 
 
-Cosa sta succedendo? -La domanda di Caroline aleggiava ancora fra loro.
Niklaus si costrinse a guardarla, ma invece di risponderle, per come sarebbe stato sensato, alzò la mano in direzione del suo viso, in corrispondenza del livido che le aveva lasciato Kol. Poi con naturalezza, andò a sfiorarle il collo, la dove una sottile linea rossa era in evidenza, probabilmente causata dallo strappo della collana.
-Così mi spaventate. -
Il vampiro scosse il capo e continuando a tenere una mano ferma sul viso della giovane, si chinò per baciarla con dolcezza.
-Così non vale. -Sospirò Caroline sulla sua bocca. -Mi distraete.
Solo allora Niklaus si permise di guardarla, e per quanto fosse doloroso, seppe di doverle una risposta. Si allontanò e passandosi nervosamente una mano fra i capelli, si costrinse a parlare. -Fell’s Church e sotto assedio. Durante la notte ci sono stati diversi scontri, che hanno visto avere la meglio i vampiri. Adesso è stato indetto un regime schiavista. -Chiuse gli occhi, quando capì d’averla addolorata con tale rivelazione, per riaprirli subito dopo. -Ma non permetterò a nessuno di farvi del male. -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero vivamente non sia stato deludente.
Inizialmente avevo scritto il capitolo in modo diverso, seguendo l’esatta sequenza degli avvenimenti, poi però mi sono accorta che sarebbe risultato noioso e ho spiegato gli avvenimenti con i diversi flash-back: spero siano stati chiari.
Kol rapisce Caroline e sotto ricatto costringe Niklaus a dichiarare uno stato di schiavitù.
Victor e Anne hanno avuto la loro prima volta. Spero di non aver esagerato, conscia di voler rispettare il rating. Volendo essere realista, non ho descritto una prima volta troppo inverosimile. Per il risveglio dovete aspettare il prossimo capitolo. Inoltre, non so se avete capito che Victor non ha accennato nulla ad Anne della situazione creatasi.
Non aggiungo altro. Come sempre ringrazio per le recensioni e chi ha inserito la storia fra le seguite, preferite e ricordate.
Baci
Tess

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Capitolo 21
*** 20 ***


20

 
 
 
 
 
 
 
 
-        E’ abbastanza romantico per voi? - Niklaus sorrise, prendendo fra le proprie le mani della sua fidanzata.
Caroline, si morse un labbro nervosa. Il vestito che indossava, non richiamava i colori del bianco e dell’oro che aveva scelto per la cerimonia e a parte una piccola coroncina di fiori bianchi, niente faceva supporre che quello fosse il giorno del suo matrimonio.
Avevano lasciato il palazzo prima dell’alba. Ormai era febbraio, ma il cielo appariva terso e nessuna cappa grigia minacciava l’arrivo di una tormenta. Caroline sorrise lieve, pensando che quello fosse una sorta di segno divino e che quel matrimonio alla fine, fosse voluto da una qualche entità superiore.
Alla domanda di Niklaus asserì col capo, senza riuscire a parlare, mentre in contemporanea stringeva maggiormente le sue mani. Tremava, ma non per il freddo.
Il sorriso di Nikalus si allargò e non accennò a spegnersi, neanche quando una stizzita Rebekah prese la parola. 
-        Mi ricordate perché lo sto facendo? -
Fu Finn a risponderle. - Odiate i ricatti e Niklaus, nostro fratello è stato costretto ad accettarne uno. Questo è il vostro modo di ribellarvi e di ammettere di volergli bene, in fondo. -
Rebekah sospirò scuotendo il capo e ondeggiando la lunga chioma bionda, sotto gli occhi divertiti di Esther. - E poi non si dica che non sono tollerante, madre.  -
L’unica a essere estranea al loro battibeccare, era Caroline incantata a mirare il luogo dove Niklaus l’aveva condotta e nel quale, non avrebbe pensato di celebrare il proprio matrimonio. Soprattutto se a pronunciare le formule del rito sarebbe stato Finn.
- Siete pronta? - Nikalus si rivolse a lei per la seconda volta, ponendole la domanda cui giorni addietro non sarebbe stata in grado di rispondere, incapacitata dalle sue titubanze.
- Sì. - Mormorò alzando gli occhi verso il cielo, ma mirando al suo posto un intreccio di rami, foglie e fiori dai colori cangianti fra il rosa e il bianco. Si trovavano nel cuore del bosco, in un punto che fino a quel giorno non aveva esplorato e dove i rami degli alberi s’intrecciavano e formavano degli archi in sequela.
Il sole era sorto e i raggi, filtrando attraverso il fogliame, illuminavano, alberi di rododendro, cespugli di campanule e primule.  
Non c’era alcun altare pronto a rendere sacra la loro unione, né un leggio, o altro, da dove Finn avrebbe letto la formula di un rito solenne, eppure Caroline non potette far a meno di sentirsi emozionata.
Non aveva avuto nemmeno il tempo di preparare un discorso. Niklaus l’aveva svegliata nel cuore della notte, asserendo di non poter aspettare oltre e di dover rendere legale la loro unione, al sorgere del nuovo giorno. E così era stato: stavano per unirsi in matrimonio.
-        Siete indisponente. - Con queste parole Niklaus aveva dato inizio alla cerimonia. - Troppo testarda per essere una donna. - Continuò divertito, notando il dissenso palese negli occhi di colei che a breve sarebbe divenuta sua moglie. - Eppure, quando mi siete stata presentata e mi è stato detto che sareste diventata la mia sposa, non trovai alcun motivo per dissentire. Sapevo con certezza che lo sareste diventata, l’ho voluto allora e lo voglio adesso. -  Disse guardandola improvvisamente serio e facendo perdere un battito alla fanciulla.
Uno di fronte all’altro, stavano palesando pensieri e parole che si erano nascosti fino a quel momento, dubbi che negli anni li avevano accompagnati.
- Io invece ero spaventata. - Continuò Caroline. - Scoprire di punto in bianco d’esser stata destinata a qualcuno e di non potersi imporre in nessuna maniera, non è piacevole. E se poi aggiungiamo che questo qualcuno è insolente e autoritario, capirete che la lista dei pro e contro a favore dell’unione, si allunga. -
- Mi ricordo che indossavate un vestito azzurro cielo. - Niklaus riprese a parlare, catturando ancora una volta il suo sguardo e godendo del suo imbarazzo. Soltanto loro due, sapevano a cosa stesse alludendo.
 
 
- Vi ordino d’allontanarvi immediatamente! -
- Altrimenti? - Niklaus Mikaelson scese da cavallo, avvicinandosi alla fanciulla, chiaramente in difficoltà e alzando le mani come segno palese di resa.
- Altrimenti, griderò. -
- Non mi sembra che abbiate fatto altro. - Sorrise continuando a tenere le mani bene in mostra e avvicinandosi di un altro passo. - E ditemi di grazia, come pensate di scendere da quell’albero? -
- Giratevi immediatamente! -
- Troppo tardi miss… ho già visto molto. - Fece una pausa, grattandosi pensieroso il mento. - Del resto è un mio diritto, un giorno ci sposeremo. - La guardò gaio.
La fanciulla era finita inavvertitamente in una trappola, tesa da qualche bracconiere, così penzolava poco elegantemente da un albero di mandorlo.
- Mi opporrò a questo matrimonio con tutte le mie forze. - Sbraitò infuriata, sentendo le risa del vampiro raggiungerla.
- Dubito ce la farete, ma vi lascio il beneficio del dubbio. - Disse accorciando ancora le distanze e tagliando fulmineo la fune che la teneva imprigionata.
La prese fra le braccia prima che potesse capitombolare a terra. -Mi piace il vostro fervore! - Soffiò a pochi centimetri dal suo viso. -
 
 
 
 
 
 
- Questo è sleale. - Si oppose, tornando alla realtà.
- Non direi. - Niklaus sorrise complice.
I presenti, li guardavano confusi, ignorando la ragione del loro battibeccare.
-        Comunque… - Riprese Caroline. - Non era quella la prima volta che vi vedevo, sorvolando l’incontro avuto il giorno dell’accordo prematrimoniale. - Vi osservavo sempre passare durante le feste del paese. Le fanciulle vi osservavano estasiate ed io pensavo che sareste stato… mio. - Pronunciò le ultime parole con difficoltà, nonostante sapesse che stessero per realizzarsi.
La mano del vampiro si mosse in direzione del suo viso. - Mi dispiace d’avervi baciato in quel modo, la prima volta. -
Caroline tremò, ricordando l’evento cui alludeva, ma non si allontanò. - Siete stato villano. - Disse pentendosene immediatamente. Un lampo amaro aveva attraversato gli occhi del vampiro.
-        Spero gli altri che sono seguiti non vi siano dispiaciuti. -
Caroline arrossì, ma la sua voce non tentennò. - Affatto! - Proferì sicura, mentre vide il corpo del vampiro farsi più vicino al suo.
- E mi dispiace per quanto accaduto con Amaelie. - Proseguì il vampiro. - Mi riferisco al dipinto e al mio accanimento contro di voi.
- Non intendevo farvi del male… - La voce s’inclinò a quel punto. - E se oggi me lo permetterete, diventando mia moglie, ve lo dimostrerò. Questo, Caroline è il mio modo per dirvi che tengo a voi. - Durante il suo discorso non aveva smesso di guardarla, né di vezzeggiarla con la mano ferma sul suo viso, che di tanto in tanto si muoveva fra i suoi capelli.
I presenti assistevano alla scena senza proferire parola.
-        Sposatemi Caroline. -
Il corpo della fanciulla involontariamente si fece più vicino al suo. -  Quando mi avete baciata, non ero adirata, solo spaventata. Diverse signore vi avevano assistito e discorrevano dicendo che mi avreste ripudiata, visto che non ero stata ardita nel fermarvi. Non è il primo bacio che una fanciulla sogna… ma è il nostro primo bacio, quindi non potrebbe mai offendermi. E’ un ricordo.  - Sussurrò. - Per quanto invece riguarda quest’ultimo periodo, sapete già quanto sia stato difficile, ma questo non preclude che io voglia sposarvi. - Una lacrima discese silenziosa. - Lo voglio. - Confermò, rispondendo in contemporanea alla domanda di Niklaus.
- Allora sia messo per iscritto. - Mormorò Finn, interrompendo il momento con le sue parole. - Che Niklaus Mikaelson e Caroline Elisabeth Forbes, oggi diventino marito e moglie. -
- Io ne sono testimone. - Confermò Esther.
- E anch’io lo sono. - Disse subito dopo Rebekah, passando a Finn la pergamena contenente il contratto.
- Che ognuno apponga la sua firma. - Disse Finn, poggiando il rotolo su un masso e facendolo egli stesso per primo.
Gli altri lo seguirono a ruota, mentre i primi raggi di un sole incerto, penetravano nel luogo che aveva le fattezze di un santuario, vista la sacralità del patto appena promulgato.
-        Che avvenga lo scambio del sangue. - Ordinò ancora Finn.
Caroline stretta nell’abbraccio di Niklaus, lo osservò mentre recideva la pelle del proprio polso e le prime gocce di sangue fuoriuscivano.
Poi lentamente glielo avvicinò alla bocca, senza proferire alcuna parola al riguardo.
Caroline lo assaporò senza indugio. Voleva appartenergli e lo desiderava anche Niklaus, realizzò gaia, mentre si univa al suddetto più profondamente e il liquido vermiglio scendeva attraverso la gola.
Non era la prima volta che si scambiavano il sangue, eppure avvertiva qualcosa di diverso, perché questa volta avrebbe sancito un legame indissolubile.
Si staccò dal polso del vampiro e le porse il proprio, fiduciosamente.
Niklaus però non bevve immediatamente. Prima andò a baciare la zona che avrebbe reciso e poi delicatamente vi affondò i denti, senza staccare gli occhi dal suo viso.
Caroline sussultò per il dolore, mentre i denti affondavano nella sua carne, ma invece di allontanarsi, si fece più vicina al suo sposo. Quando poi credette che il dolore si sarebbe intensificato e il piacere invece aveva preso il sopravvento, Niklaus si staccò.
- Siete mia moglie. - Sussurrò contro la sua bocca, prima di baciarla.
- Lo sono. - Sussurrò di rimando, mentre realizzava poco distintamente, che Esther, Rebekah e Finn, li avevano lasciati soli. Al suo sguardo interrogativo, Niklaus, rispose controvoglia.
-Abbiamo poco tempo. - Si giustificò. - Mi dispiace, ma non possiamo assentarci per molto. - Si era aspettato di vedere l’espressione delusa di Caroline far capolino, invece tutto quello che ebbe modo di ammirare, fu un meraviglioso sorriso.
- Va bene. - Disse raggiante, mentre la bocca del vampiro si muoveva ancora sulla sua in modo fin troppo intimo.
Il cuore rischiava di esploderle nel petto, mentre rispondeva ai suoi baci, che la marchiavano a fuoco.
La stava reclamando, mentre abile andava a depositarle una serie di baci lungo la clavicola.
-        Calmatevi. - Sussurrò, interrompendosi per un breve frangente. - Oggi sarete mia, - disse affannato. - ma non qui. -
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anne si era svegliata spossata e indolenzita. La macchia scura sul lenzuolo, le aveva procurato non poco imbarazzo, ma non era stato questo a farle lasciare il letto anzitempo: lontano da quella stanza qualcuno stava urlando.
Il giorno era sorto da poco, ma giunta nelle cucine ad attenderla non c’era stato l’odore del pane appena sfornato, né il chiacchiericcio di servi o schiavi. Perfino il focolaio era spento.
Si avviò guardinga verso la porta che dava sul retro, ormai le era chiaro che qualcosa non andava.
Nel mentre la stava aprendo, un altro grido le fece accapponare la pelle, costringendola a restare con la mano a mezz’aria.
Dopo circa mezzo minuto, durante il quale il suo cuore non aveva smesso di battere, pose la mano sul battente per aprirlo, ma qualcun altro vi antepose la propria.
-        Dove credi di andare? - Il tono di Victor era duro, come forse non l’aveva mai sentito. La costrinse a girarsi con poca delicatezza.
Una volta di fronte al vampiro, Anne cercò di sostenere il suo sguardo, ma non fu facile.
Non era pentita di quanto accaduto, solo non sapeva come comportarsi.
-        Qualcuno stava gridando. - Spiegò guardandolo e cercando di pensare a tutto, fuorché alla notte che avevano trascorso assieme, alle sue mani, alla sua pelle, ai baci e alle braccia che l’avevano stretta per la maggior parte del tempo.
-        Lo so e tu non dovresti essere qui. - Si avvicinò ancora, imprigionandola fra il suo corpo e la porta. - Stai bene? - Pose le mani sulle sue spalle in attesa di risposte.
-        Sto bene. - Confermò arrossendo lieve, eppure non cercò d’allontanarsi, né diresse lo sguardo altrove. Si era immaginata di tutto, perfino che la cacciasse in malo modo dalla camera, ma non che il vampiro prendesse notizia delle sue condizioni di salute.
Un altro grido li raggiunse.
Anne, iniziava a esserne spaventata, abbandonò per un attimo la visione del vampiro per voltare il viso verso destra, in direzione di una finestra.
-        Che cosa sta succedendo? - Chiese.
Le mani di Victor, si serrarono con più forza sulle sue spalle, ma non rispose, forse non ne ebbe il tempo, realizzò Anne poco dopo.
La porta si aprì in quel frangente e alcuni vampiri fecero irruzione.
Victor si voltò a guardarli e con un movimento fulmineo, trascinò la fanciulla dietro di se, senza esitazioni.
-        Che volete? - Disse autoritario.
-        Nulla che non ci sia concesso. - Dissero ammiccando verso la fanciulla.
Anne fremette, non sapendo cosa aspettarsi e involontariamente si strinse contro il vampiro.
-        Di lei me ne occupo io.  
-        E’ una schiava e come tale deve essere marchiata. -
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
- Non Sbirciate! -
- Se è per il vestito, potevo pensarci io. - Disse Niklaus palesemente divertito, iniziando a slacciarsi i bottoni della blusa.
L’aveva condotta nel rifugio, quello che era stato teatro della loro prima notte assieme.
- Questo lo so bene. - Rispose Caroline, strappandogli un altro sorriso. - Solo che è imbarazzante, quindi faccio da me. - Lasciò cadere a terra l’ultimo indumento, ovvero la sottoveste, rifugiandosi tempestivamente sotto le coltri rosso rubino.
- Adesso potete voltarvi. - Disse incoraggiandolo a girarsi.
Il rifugio, non appariva come la volta predente. Non c’era alcuna torcia a illuminare l’ambiente, adesso era giorno ed erano i caldi raggi di un sole pomeridiano a penetrare nella stanza.
Caroline boccheggiò, improvvisamente insicura. Se prima l’idea di spogliarsi per prima e lasciarsi trovare nuda nel letto la attirava, adesso non ne era più tanto convinta.
Niklaus si voltò e nel momento in cui la intravide, morbidamente adagiata, l’aria sembrò mancargli improvvisamente.
Non aveva immaginato una simile visione, neanche nei sogni più sfrenati e dovette fare uno sforzo evidente per contenersi.
La pelle della sua sposa sembrava di porcellana e anche se la coltre la copriva a sufficienza, le zone lasciate scoperte anelavano il suo sguardo.  
-        C’è qualcosa che non va? - Chiese Caroline, lisciandosi i capelli nervosamente e stringendo la coltre al petto ed evidenziandone involontariamente le forme.  
Nessun uomo l’aveva mai guardata in tal maniera, eppure anziché esserne imbarazzata, se ne compiacque, soprattutto di fronte alla realizzazione che quello comunque fosse suo marito.
-        Assolutamente no. - Rispose Niklaus, soffermandosi più del dovuto ad ammirarla. - Sapeva che avrebbe dovuto metterla a suo agio, ma Caroline, smontava anzitempo ogni suo proposito di farlo.
Si era tolto la blusa e indossava solo un paio di brache, che coprivano poco elegantemente le sue zone intime.
Caroline arrossì, ma non smise di guardarlo un solo istante mentre si avvicinava e socchiudeva di proposito la finestra. Sapeva che lo stava facendo per lei, visto che egli poteva vederla ugualmente, essendo un vampiro.
Il buio non l’avrebbe celata, non ai suoi occhi, ma lei ne sarebbe stata rassicurata.
- Grazie! - Sussurrò quando sprofondò anch’egli nel letto e il suo braccio, forse inavvertitamente sfiorò il suo fianco nudo.
- Tutto quello che volete, mia signora… è un ordine. - Le soffiò vicino, sfiorandole la guancia con la punta delle dita.
Caroline sussultò, sia per la vicinanza dell’uomo, sia per il momento fatidico che non poteva più rimandare. Tuttavia fu lei a fare la prima mossa e ad avvicinare la sua bocca a quella del vampiro.
Niklaus sospirò. - Così mi onorate. - Disse languido, avvicinandosi al suo corpo e lasciando che Caroline lo baciasse per prima.
Il vampiro accarezzò i suoi fianchi e la strinse contro di se, mentre rispondeva al bacio e prendeva fra le mani le redini del comando.
La nudità di quella che ormai poteva definire sua moglie, gli mandava il cervello in tilt. La sua pelle era di seta e il suo profumo, lo inebriava. Odorava di rosa e vaniglia.
-        Pessima idea Caroline. - Soffiò andando a morderle il labbro inferiore. - Farsi trovare nuda nel letto di un uomo, anche se questi è vostro marito è controproducente. - La baciò in modo provocante, imponendosi con tutte le sue forze di non farla sua anzitempo.
Il desiderio che sentiva era quasi doloroso.
Caroline si perse in quel bacio, mugugnando inavvertitamente di piacere quando questi schiacciò il torace contro il proprio seno e continuando a baciarla, vi si distese sopra, senza pesarle addosso, solo per accarezzarla, comprese.
Le mani di Niklaus sulla sua schiena, sui fianchi, sul ventre, erano naturali. 
Si modellò al corpo dell’uomo, stringendo visi contro e strappandogli un gemito, quando la sua mano risalì lungo la sua schiena.
-        Siete bellissima Caroline. - Disse roco Niklaus, accarezzandole il costato e risalendo verso i seni, continuando a morderla e  a baciarla e godendo silenziosamente della dolce resa di lei.
Lo voleva, per come egli stesso lo desiderava. In quell’atto, realizzò Niklaus, non sarebbe restata passiva.
Lo capiva dai sospiri, dal muoversi sinuoso dei fianchi contro i suoi, dagli occhi ardenti di passione sconosciuta e inespressa.
Il respiro di Caroline era corto e questo lo mandava in visibilio. S’immerse fra i suoi seni, scese sul ventre, leccò la zona vicino all’ombelico, accarezzò l’interno cosce prima di possederla.
Indossava ancora le brache e quando cercò di sfilarsele, fu la stessa Caroline ad aiutarlo, dandole una visuale ancora più completa del suo corpo perfetto.
Per Niklaus, anche quel gesto fu un supplizio. Le mani della sua sposa erano delicate sulla sua pelle e riuscivano a mandarlo in visibilio.
Una volta nudo, si avvicinò ancora per baciarla più dolcemente delle volte precedenti.
Era bellissima con le guancie accaldate, le labbra gonfie di baci, i capelli in disordine. Bellissima e sua a breve, realizzò impaziente.
- Non so cosa vi abbiano raccontato Caroline. - Disse vicinissimo alla sua bocca. - Riguardo a questo momento, intendo. La donna ha tantissime aspettative e spesso ne rimane delusa. Non vorrei che dovesse accadere, non a voi Caroline. -
- Shhh… - Fu Caroline a zittirlo, poggiando l’indice sulla sua bocca. -Qualunque cosa mi abbiano raccontato, sappiate che l’avete smentita ampiamente.
Il viso di Niklaus s’illuminò ancora. - Dovrei essere io a rassicurarvi e non il contrario. - Prese ad accarezzarla lento, soprattutto il punto che presto avrebbe violato.
Caroline boccheggiò, leggermente tesa. - Lo avete già fatto. - Sapeva che il momento era vicino e anche se era nervosa, non l’aveva dato a vedere.
- E come? - Chiese il vampiro, andando ad accarezzare la sua bocca e muovendo ancora le mani verso la sua intimità.
- Sposandomi… nonostante tutto. - Questa volta fu lei a baciarlo. -Non indugiate ancora: fatemi vostra. - Lo incoraggiò tremante, sapendo quanto doveva esser costata al vampiro una simile attesa.
A Niklaus si formò un groppo in gola, tuttavia dando voce al suo istinto e al desiderio represso da fin troppo tempo, si posizionò meglio sul corpo di quella che a breve sarebbe divenuta la sua donna in ogni senso.
- Se per caso dovessi farvi male, siete autorizzata a fermarmi. -Biascicò in preda all’eccitazione.
- Vi prendo in parola. - Rispose, emozionata, mentre sentiva la protuberanza del suo sposo iniziare a farsi spazio in lei e le mani dell’uomo bloccarla per i fianchi in una presa sicura per impedirle di sfuggire.
Caroline non oppose alcuna resistenza, benché ne fosse intimorita. Si aggrappò alle sue spalle, quando iniziò a sentirlo entrare e schiuse dolcemente le gambe.
Nikalus la guardò sorpreso, perché mai avrebbe sperato in una simile collaborazione, tuttavia non disse nulla. Continuò ad avanzare delicatamente, cercando di non badare alla smorfia di dolore, dipinta sul volto della sua sposa e conquistando ogni diritto possibile con quell’intrusione.
Se fosse stato per lui, avrebbe aspettato per farla sua, sapeva che non era stata una nottata facile e che era poco riposata, ma a breve avrebbero fatto ritorno al palazzo e doveva presentare Caroline come sua moglie, in tutti i sensi. Quello era il solo modo che aveva di proteggerla.
Avanzò ancora in lei per diversi secondi e si fermò solo quando la vide chiudere gli occhi, forse per il dolore. Solo allora s’impose di fermarsi per farla abituare.
Caroline aprì gli occhi contrariata. Sapeva che si era fermato per lei, ma tale gentilezza quasi la offendeva: non voleva che per Niklaus fosse poco piacevole.
Non era come le avevano raccontato. Non c’era paura, né vergogna, solo la consapevolezza di star diventando donna, con Niklaus Mikaelson, suo marito.
-        Per favore. - Disse. - Continuate. -
Il piacere che aveva provato poco prima, sembrava sparito, ma la gentilezza di lui, la commuoveva.
Niklaus riprese a muoversi, sempre lentamente e lei torno a chiudere ancora gli occhi, per concentrarsi su altro che non fosse il dolore.
Non se ne era resa conto fino allora, ma aveva bisogno di quella vicinanza, di farne parte. Per questo allacciò le gambe alla sua vita, compiacendosi della sorpresa che lesse negli occhi di Niklaus quando socchiuse le palpebre, mostrandosi così in tutta la sua vulnerabilità.
-        Se è come mi hanno raccontato… siete in debito con me. -Sospirò tremante.
Il volto del vampiro si stese in un sorriso, mentre Caroline lo stringeva più forte andando così a precludergli la vista del proprio viso.
Forse lo faceva per lui, realizzò, aspirandone l’odore e cercando di farla abituare ai movimenti, che presto recisero la barriera della sua verginità.
Ancora una volta Niklaus si fermò per baciarla.
- La prossima volta andrà meglio. - Sussurrò affannato, consentendole così di prendere aria.
- Va già meglio. - Disse cercando di essere convincente.
Non seppe mai se fu credibile, perché dopo averla guardata con serietà, riprese a muoversi senza interruzioni questa volta, in modo più deciso, per completare ciò che avevano iniziato.
Il piacere non arrivò, ma ci furono brividi e il calore che dal ventre si diradava per seguire ogni movimento delle sue mani e le promesse di un’estasi futura, sussurrate molte ore dopo.
 
 
 
Note autrice:
Sono in ritardo! Mi scuso, ma diversi problemi mi hanno impedito di postare in tempo.
E’abbastanza romantico? Non so come abbiate immaginato il matrimonio fra Niklaus e Caroline, ma sicuramente non così.
Avevo detto, che sarebbe avvenuto entro il capitolo venti e così è stato. Spero di non aver deluso alcuno, ma descrivere un’altra prima volta (scusate il gioco di parole) non è stato facile. Spero di non aver superato il rating. Per quanto riguarda la descrizione dell’atto, sapete già come la penso e cerco d’avvicinarmi il più possibile alla realtà.
Il rododendro, che menziono all’inizio del capitolo, è il fiore simbolo della Virginia ed è annuale, lo stesso vale per le campanule e le primule.
Non aggiungo altro. Ne approfitto per indicarvi la mia nuova storia, naturalmente Delena, in corso, Au, tutti umani. Ambientato tra il 1937 e il 1946.
“ Tra la neve e il sole “ Ecco il link
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1856804&i=1
Per quanto sia bello il Klaroline, scrivere un Delena e tutta un’altra storia.
Grazie per le meravigliose recensioni e per i messaggi.
Grazie a chi ha aggiunto la storia alle seguite, preferite e ricordate.
Un abbraccio
Tess

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Capitolo 22
*** 21 ***


 

21   

 
 
 
 
 
 
Mi scuso per l’enorme ritardo, ma davvero è un periodo pieno. Comunque, salvo imprevisti, gli aggiornamenti d’ora in avanti torneranno ad essere regolari.
Buona lettura!
 
 
 
 
 
- Stai bene? - La voce di Victor raggiunse Anne, ma nello stato in cui versava, perfino rispondere era doloroso.
Non era soltanto un male fisico il suo. Il marchio bruciava e probabilmente avrebbe continuato a darle fastidio per giorni, ma era il suo cuore ad avere problemi, perché era stato brutalmente scosso.
A tale domanda, scosse il capo, portando in contemporanea una mano a coprirsi gli occhi: la luce era troppo forte e la infastidiva.
Si trovava al palazzo e non per sua volontà: era stato Victor a portarvela di peso.
Il vampiro si era opposto al marchio, ma era stata lei a non voler sentire ragioni.  
Il motivo era semplice, non voleva privilegi.
Era stata di Victor, non premeditando alcunché e comunque non
voleva ridurre la perdita della propria verginità a uno scambio di favori.
Aprì gli occhi per poterlo guardare, ma inevitabilmente il suo sguardo raggiunse prima il suo arto destro. Appena sopra il gomito, la pelle era raggrinzita ed eccessivamente arrossata… tuttavia si riusciva chiaramente a intravedere il simbolo dei Mikaelson.
Gli occhi tornarono a bruciarle e non potette impedire che tornassero lucidi quando osservò il vampiro accovacciato  a pochi centimetri da lei.
Indossava ancora i vestiti del mattino e alcuni lividi non erano guariti.
Sembrava stanco.
- Pensavo di essere stata chiara, - disse flebile, fissando le proprie iridi in quelle del vampiro. - Voglio restare sola. - Vide il vampiro irrigidirsi, ma non se ne curò.
La sua vicinanza non le procurava più imbarazzo, bensì rabbia.
La verità era, che si era sentita violata per la seconda volta, ma il dolore era stato molto più forte rispetto a quello provato per la perduta verginità.
Non era stato il marchio a provocarle tale dolore, bensì l’atteggiamento del vampiro, che non sapeva come giustificare.
Anziché allontanarsi il suddetto, si fece più vicino. - Sbagli se credi che ti accontenti, - mormorò serio.
Ad Anne sfuggì una lacrima. - E’ stato sleale da parte vostra,   sapevate della schiavitù eppure, non avete esitato… - si bloccò, sicura che l’uomo avesse capito l’allusione esplicita. Con lo sguardo accarezzò i lineamenti di quel volto perfetto.
- E’ più complicato di quanto sembri,  - rispose passandosi una mano distrattamente fra i capelli.  Poi, puntò lo sguardo su di lei. - Mikael è tornato!
- Spiegò.  
 
 
 




 
- E così vorreste dirmi che è stato vostro padre a farvi appassionare di cavalli. - Semidisteso su un letto di foglie, con le braccia dietro la testa, Victor chiacchierava allegramente con la più adorabile delle creature.
Amalie era bellissima e ancora non riusciva a capacitarsi della fortuna capitatagli.
Si trovavano lontano dal palazzo, nei pressi di un lago. Vi erano arrivati, dopo l’abituale cavalcata pomeridiana.
Si frequentavano da circa tre mesi. Ormai le visite da parte dei Vancover erano frequenti.
- Ebbene, sì, - la fanciulla girò il capo per osservarlo meglio. - In realtà, il suo non è stato un compito arduo, - spiegò sorridente. - Il giorno del mio quinto compleanno, si presentò a casa con una bambola e un pony, - sussurrò. - E’ facile far appassionare una bambina, - disse pensierosa, forse ricordando la propria infanzia. - L’anno successivo, mi regalò un fioretto.
Victor la guardò ammirato. - Quindi ve ne intendete anche di scherma, - la sua non era una domanda. 
- Ovvio.
- E di cos’altro poi? - si fece ancora più vicino.
- Beh… - Amalie ebbe un attimo d’indecisione, forse sapendo cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Lo guardò grave, mentre il volto del vampiro si faceva più vicino. Non era la prima volta che si baciavano, tuttavia sapeva che sarebbe stato diverso.
Il loro primo contatto fu delicato.
Amaelie tremava ed era imbarazzata. Victor ricordò per anni il rossore che le imporporò le guancie, il battito impazzito del suo cuore.
La strinse in un abbraccio incerto, mentre s’impossessava maggiormente della sua bocca e il giorno moriva.
Amaelie non oppose alcuna resistenza. Presto, la mano che teneva ancora ancorata all’ombrello da passeggio, raggiunse Victor, s’intrecciò ai suoi capelli, andando a seguire quasi per istinto i movimenti del vampiro.
Si separarono ansanti dopo diversi minuti.
Amaelie si morse un labbro incerta. - Non vorrei pensaste che sono una fanciulla che prende certe cose alla leggera, - titubò, preferendo guardare un cuculo e il suo muoversi fra le fronde di un albero. - Voglio essere sincera: non siete il primo uomo che bacio, - disse tornando a guardarlo. - E anche se questa potrebbe essere, un’enorme delusione per voi è giusto che sappiate…
- Shhh… - Victor le impedì di continuare, sfiorandole la bocca con un altro inopportuno bacio. - Credete che m’importi?
- Importa a me, - soffiò Amalie, ancora troppo vicina al suo corpo e con le braccia del vampiro ancora strette attorno alla sua vita.
Victor per tutta risposta le sollevò il viso con una presa gentile, costringendola a guardarlo negli occhi. - Non m’importa, - ripeté, andando a sistemarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio. - Sapete che fra qualche settimana dovrò assentarmi e vorrei sapere, prima della mia dipartita, se posso nutrire qualche speranza.
Gli occhi di Amaelie si fecero lucidi. - Speranze? - ripeté. - Adesso sono io che sono confusa e non so come interpretare questo… -indicò entrambi.
Inaspettatamente Victor sorrise. - Beh… - disse con fare allusivo. - Passeggiate pomeridiane, lettere, chiacchierate inopportune nel cuor della notte… dovranno pur significare qualcosa. Siete l’unica dama che corteggio.
Amaelie arrossì, ma non sfuggì dalla sua presa. Non siete il mio primo uomo, - confidò. - Voglio essere sincera… - disse tremante, mentre lasciava che il vampiro le accarezzasse il viso. - Se state cercando di scoraggiarmi, sappiate che è fatica sprecata, - mormorò Victor. - Raccontandomi tali cose, mi onorate. Siete una donna onesta Amalie, ed io non potrei desiderare di meglio. - Sostenne il viso della fanciulla a coppa fra le mani e la bacio ancora, delicatamente.
Lei era tutto quello che un uomo potesse desiderare. Abbandonò le carezze del suo viso e andò a sciogliere il nastro sottile che legava i suoi capelli.
Era bellissima, e presto sarebbe stata sua.
La baciò ancora, questa volta scendendo sulla sua gola e armeggiando con le stringhe.
- A palazzo si chiederanno che fine abbiamo fatto, - cercò di opporsi Amaelie, respirando affannosamente.
- Shhh… - tornò a baciarla sulla bocca. - Nessuno baderà alla nostra assenza.
I vestiti presto divennero un intralcio, i gemiti non furono mai abbastanza sommessi.
- Nessuno lo verrà a sapere vero? - chiese Amalie un attimo prima di diventare sua.
- Nessuno! - Confermò Victor diventando un tutt’uno con lei, perdendovisi dentro, come il più appassionato degli amanti
 colmando lei, ma non riuscendo comunque a soddisfare se stesso.
L’aveva stretta, accarezzata e avuta ripetute volte, gioendo del fatto che non fosse del tutto esperta, solo che non aveva valutato il coinvolgimento del cuore.
 
 
 
 



 
- Non m’importa di Mikael… né di quello che possa essere
 accaduto, - Anne si portò a sedere. - L’unica cosa che conta è che siete stato sleale, - ribadì infiammata guardando distrattamente la stanza che la ospitava.  - Non voglio stare qui… non è il mio posto, - scostò le coltri, cercando di non badare allo stato cui vessava. Il vestito, le era stato strappato poco garbatamente e adesso giaceva fra le pesanti coltri, con addosso solo una leggera sottoveste, la stessa che poche ore prima Victor, le aveva sfilato.
Arrossì a tal pensiero, ma non permise che il pudore prendesse il sopravvento sulla sua di persona, così rinunciò a coprirsi e scansando le coltri, si portò all’in piedi.
La rabbia per quanto accaduto, era maggiore rispetto al pudore - Non credo ci sia qualcosa del mio corpo che non conosciate, - disse tagliente, dirigendosi malferma verso una sedia sulla quale vessava il suo vestito e dandogli volontariamente le spalle.
Ormai era il tramonto e il palazzo sembrava essere avvolto dal silenzio.
Sentiva lo sguardo del vampiro addosso, ma non osava voltarsi, perché l’ultima cosa che voleva era scontrarsi con i suoi occhi. Prese il vestito e iniziò ad armeggiare con le stringhe, per allentarle e cercare di farlo così passare per il capo.
Victor la guardò in silenzio solo per pochi secondi, poi con due falcate la raggiunse.  
- Smettila! - sibilò, quando fu a un passo da lei. Le pose una mano sulla spalla e lentamente le impose di girarsi. - Hai bisogno di riposo e non permetterò che tu lasci questa stanza.   
Anne boccheggiò, perché di tutte le parole che aveva immaginato, quelle erano le più improbabili.
Gli occhi le s’inumidirono, ma non rinunciò a guardarlo, né si scansò dalla sua presa. Continuò solo a tenere il vestito stretto al petto, come a volersi proteggere, rendendosi conto che non avrebbe mai potuto indossarlo, non da sola.
Come se avesse letto nella sua mente, il vampiro parlò. - Non ne sei in grado, - disse serio, strappandole il vestito dalle mani e lasciandola ancora più esposta ai suoi occhi.
Anne lo guardò furente - Ridatemelo! - impose con gli occhi fiammeggianti di collera.
- Perché non vai a prendertelo? - la provocò con arroganza. Le labbra gli s’incresparono in un sorriso sbieco.
La fanciulla non si mosse. - Non ne avete il diritto, - sussurrò rabbiosa, con voce prossima al pianto.
- E'qui che ti sbagli, - l’attirò prontamente contro di se, stringendola per la vita e lasciando che il suo torace aderisse al corpo di lei.
Anne sollevò lo sguardo per ritrovarselo a un centimetro dal naso.
Un brivido le attraversò il corpo. Quando lui le stava così vicino, le veniva perfino difficile parlare, muoversi, respirare.
Le mani dell’uomo sul suo corpo erano una fonte di delizioso calore, voleva fuggirgli, ma al contempo non riusciva a sottrarsene. Era stato così anche la notte prima, quando si era lasciata possedere e l’irrazionalità aveva avuto la meglio sul buon senso.
Chiuse gli occhi, per non essere più costretta a guardarlo, ma le sue parole, la colpirono come un fulmine a ciel sereno.
- Adesso mi appartieni! - disse autoritario, senza lamentarsi della presa di posizione di lei, o del suo essere irriverente.
Anne riaprì gli occhi furente. Nessuno l’aveva mai trattata in tal maniera, era sempre stata indipendente. Essendo vissuta senza alcun uomo a seguito, non era abituata a tali prese di posizione. Il sangue le andò alla testa e prima di rendersene conto, la mano si era sollevata per colpirlo.
Il rumore dello schiaffo, risuonò fra le pareti, mandando in frantumi il fragile equilibrio di Anne che, tremante strinse i pugni. Eppure sul suo di volto, non comparve alcun’ombra di pentimento.  - Non ti chiederò scusa, - disse, rinunciando volutamente al voi.  - Te lo sei meritato. -
Victor non rispose alla provocazione e non sembrò altresì infastidito, ma in un istante Anne si ritrovò stesa sul letto, con il corpo del vampiro incatenato al suo, forse per precluderle ogni possibile via di fuga.
- Lasciami! - gridò furente, dimentica del dolore o di ogni suo recesso, posizionando i palmi delle mani contro il suo petto marmoreo, ma non riuscendo a scostarlo di un sol centimetro.
Per tutta risposta, Victor lambì le sue labbra con le proprie, costringendola ad aprirle al suo tocco.
Il cuore di Anne perse un battito, mentre realizzava distintamente la consistenza del corpo del vampiro sul proprio.
Tremante, ansimò contro le sue labbra, ma non riuscì a sottrarsi e nonostante i timori, un dolce calore la invase.             
Non aveva molta esperienza con gli uomini, ma sapeva cos’era il desiderio.
Dischiuse la bocca quando Victor la costrinse a farlo, mordendole il labbro inferiore, insinuandosi con il tocco esperto della sua lingua.
La mano del vampiro, scese lungo il suo fianco e sensualmente le sollevò la sottoveste. - Bene, - sussurrò contro il suo orecchio, stringendola maggiormente contro di se, respirandone l’odore, deliziandosi delle sue forme - nemmeno io ti chiederò scusa. - Le bloccò il viso fra le mani, guardandola negli occhi. - Quello che è successo è stato piacevole e voluto da ambedue le parti. Non mi sembra d’aver abusato di te, - disse rabbioso.
Anne arrossì, ma non potette negare… e quella verità, oltre che scomoda, faceva perfino male. Guardarlo le faceva male.
- Domani potrai odiarmi quanto vuoi, - continuò Victor, - ma devo fare a modo mio. - La strinse con più forza, cercando tuttavia di non gravarle addosso.
Anne sussultò. - A modo tuo? - reiterò le sue stesse parole, cercando di sfuggire alla presa ferrea delle sue mani e alla sconfortante sensazione di controllo che la stava avviluppando.
Non era mai stata soggiogata, tuttavia seppe che stava avvenendo quando le parole di Victor s’insinuarono nella sua mente, costringendola ad asserire.
- E’ pericoloso aggirarsi per il palazzo, - le parole giunsero ovattate, tuttavia le annebbiarono la mente, la fecero prigioniera.
Asserì controvoglia, non potendo impedire che il proprio corpo rispondesse indipendentemente dalla propria volontà, risucchiata da pensieri non suoi.
 - Quindi correndo il rischio, preferisco che tu mi odi, ma non ti permetto di lasciare questa stanza.
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
- State bene?
Caroline sbuffò. -E' la duecentesima volta che me lo chiedete. -
Avevano lasciato il rifugio da pochi minuti, e se da una parte la preoccupazione di Niklaus la inteneriva, dall’altra, non poteva fare a meno di sentirsi oggetto di attenzioni superflue. Continuò ad avanzare fra gli sterpi, cercando di fare attenzione al terreno. Niklaus la precedeva, tenendo stretta una sua mano fra le sue.
- Vi costa così tanto rispondere? - si fermò improvvisamente, girandosi per poterla guardare in viso e bloccando così il suo avanzare, artigliandole un polso e costringendola a scontrarsi col suo torace.
Caroline arrossì ritrovandosi a pochi centimetri da lui, reduce ancora delle meravigliose sensazioni provate durante il talamo, ma s’impose comunque di guardarlo negli occhi. - Sto bene! - Non se l’era immaginata così la sua prima volta, storpiava con ogni idea che si era fatta a riguardo. Non era solo il matrimonio a essere stato diverso da ogni pronostico concepito negli ultimi mesi, ma anche l’intimità avuta subito dopo.
“Vi voglio proteggere.“Le parole di Niklaus, continuavano a martellarle nella mente: era un motivo sufficiente per sposarsi.
Deglutì a vuoto, con la salivazione azzerata, quando Niklasu le sfiorò le labbra e la strinse dolcemente contro di se.  
In quel giorno aveva sotterrato ogni paura più recondita, perché la venerazione che aveva mostrato Niklaus era maggiore dell’incertezza provata negli ultimi mesi.
Ricambiò il bacio, crogiolandosi nella bolla di finto benessere, costruita a dispetto di ogni regola di buon senso, solo per loro.
Presto sarebbero tornati al palazzo e avrebbe dovuto confrontarsi con la realtà.
Come se le avesse letto nella mente, Niklaus parlò. - Andrà tutto bene… e questo matrimonio apporterà solo benefici. - Si portò
 una sua mano alla bocca e la sfiorò, poi iniziò a trascinarla  nuovamente verso il cuore del bosco.
 Caroline lo seguì con rinomata fiducia, cercando di non pensare a suo padre, al suo nuovo status, al fatto che presto avrebbe
 dovuto dare un figlio a Niklaus, per rendere ancora più forte quell’unione acerba.
 Mikael era tornato e anche se Niklaus non ne parlava, sapeva già  quanto scompenso avrebbe portato al regno la sua presenza.
 Avrebbe reclamato il trono e nessuno poteva opporsi a tale  richiesta.
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lasciata Anne, Victor si diresse senza indugio verso l’ala sud del palazzo, ma il destino gli fu favorevole, quando l’oggetto dei suoi pensieri gli si palesò innanzi.  
Alla sua vista, Beatrix lo guardò con aria compiaciuta, avanzando
nella sua direzione. - E così hai reclamato la serva, - sibilò sorridendo malignamente. - Ho udito alcuni schiavi parlarn… - Prima che potesse terminare la frase, si ritrovò inchiodata alla parete retrostante.
- Ho intravisto il lenzuolo, macchiato del suo sangue, - ardì aggiungere, ignorando gli occhi rabbiosi del vampiro.
- Non sono cose che ti riguardano.
Beatrix sorrise falsamente. - Sei venuto a cercarmi, - arrancò con le mani sul suo petto, - qualcosa vuoi. -
- Non te, - soffiò a pochi centimetri dal suo viso. - Tempo fa, abbiamo fatto un accordo, - puntò i propri occhi nei suoi. - Dobbiamo ritrattare!
 
   
  
 
 
 
 
 
Note autrice:
Scusate il ritardo, ma questo è davvero un periodo pieno, complice anche mio fratello che a giorni si sposa.
I flash- back non sono finiti e abbiamo rivisto Amaelie alle prese con Victor. Converrete con me che è giusto dare un senso alla complicata vicenda che riguarda il triangolo, composto da Victor, Amalie e Niklaus, prima di procedere con Mikael e il problema della schiavitù.
Non ho molto da dire, spero che il capitolo non sia stato deludente e che nel frattempo non mi abbiate abbandonato.
Un bacione
Tess

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Capitolo 23
*** 22 ***


22

 
 
 
 
 
 
 
 
 
La foschia della sera avvolgeva Fell’s Church.
Quella era stata una giornata estenuante, per molti. Le strade polverose erano avvolte da un silenzio innaturale, e dalle abitazioni non proveniva alcun chiacchiericcio sommesso.
Il mulino era fermo, come ogni cosa del resto e nessun fabbro si prodigava per il proprio lavoro. 
Caroline seguiva Niklaus senza osar proferire parola, spaventata dalla situazione nella quale vessava e decisamente provata.
Avevano lasciato il rifugio da qualche ora, e anche se il buio era calato, aveva insistito per proseguire il cammino con le proprie gambe, negando la stanchezza evidente.
In realtà, voleva attardare il proprio rientro al palazzo, consapevole che una volta arrivati a destinazione, qualcos’altro avrebbe offuscato la gioia della loro unione.
­- Fermatevi! - la voce allarmata di Nikalus, bloccò il flusso dei suoi pensieri e le impedì di continuare ad avanzare.  
- Che succede? - sussurrò. Il tono assunto da suo marito non lasciava presagire nulla di buono. Automaticamente gli si strinse contro.
- Abbiamo visite, - specificò il vampiro guardando un punto impreciso di fronte a lui.
Caroline aguzzò la vista, ma l’unica cosa che riuscì a distinguere furono i contorni poco chiari di alcune abitazioni.
Conosceva bene quelle zone, vi era cresciuta e sapeva di trovarsi
nei pressi del torrente. La strada che stavano percorrendo era fangosa e sconnessa. Di solito, l’unico pericolo era rappresentato dalla presenza di qualche belva, ma dubitava Nikalus si fosse fermato per tal motivo. Essendo un vampiro era in grado di fronteggiare qualsiasi pericolo.
- Non vedo niente.
- Shhh… - Niklaus la zittì continuando a guardare dritto davanti  a sé: sembrava in attesa di qualcosa.
Non era una serata particolarmente fredda, ma Caroline rabbrividì quando avvertì l’insolita sensazione d’essere osservata. Il rumore di uno schioppo le giunse alle orecchie.
In circostanze normali non vi avrebbe fatto caso, ma quelle non lo erano e sapeva che quello non era altro che un avvertimento, un voler palesare la propria presenza.
Non erano più soli.
Caroline lo capì quando un formicolio le raggiunse la nuca, il cuore iniziò a batterle furioso nel petto e con un movimento repentino, Niklaus le si parò davanti, come per proteggerla.
- Mikaelson …
Al suono di quella voce Caroline sussultò e le gambe improvvisamente tremanti, rischiarono di non reggerla.
Tyler Lockwood si fece avanti, ma invece di esserne rincuorata, l’unica cosa che riuscì a provare fu terrore allo stato puro.
Il giovane non era solo e non aveva intenzioni amichevoli. Caroline lo capì, quando scorse al suo seguito altre due sagome dalle fattezze non più umane, due  licantropi per l’esattezza.
- Che cosa vuoi Lockwood? - il tono usato da Niklaus era rabbioso. Automaticamente Caroline andò a stringergli la mano.
- Chi ti assicura che sono qui per te?  
Nikalus sorrise sardonico. - Vediamo… il fatto che i tuoi amici si siano trasformati?
Tyler avanzò fiero, fino a quando non fu visibile anche agli occhi di Caroline. - Spiacente succhia sangue, non sono qui per te - lo fissò fermamente negli occhi. Poi spostò lo sguardo su Caroline. - Voglio lei!  
Caroline sussultò. Sapeva che vampiri e licantropi messi insieme non erano una buona combinazione e per quanto la rassicurasse la presa di Niklaus, non poteva non aver paura di quella minaccia velata.
Il sorriso sul volto di Nikalus sparì. - Chi ti assicura che lei voglia seguirti?
- Perché non dovrebbe? C’è una guerra in atto e bisogna scegliere da che parte stare, - disse borioso. Fece un altro passo verso la loro direzione.
- Forse ha già scelto.
Tyler scosse il capo. - E come obliandola? Perché non riesco a pensare a un solo valido motivo che la spinga a stare con te. - Serrò i pugni, animato da una rabbia cieca.
- Non l’ho soggiogata. Lei ha scelto di stare con me.
- Forse volevi dire suo padre. Il vostro è un fidanzamento combinato, - gli ricordò.    
- Matrimonio. - Lo corresse il vampiro godendo momentaneamente dello stupore apparso sul viso dell’altro. - Caroline mi ha sposato… - precisò. Non fece in tempo ad aggiungere altro, che il pugno di Tyler si abbatté sul suo viso, facendolo rovinare a terra assieme alla fanciulla.
Con un balzo i lupi si avvicinarono pronti ad attaccare.
- Lei comunque verrà con me! - sibilò ancora Tyler.
Caroline aveva già vissuto una situazione analoga, quando Tyler aveva morso Niklaus, ma la paura provata allora non era paragonabile a questa. Adesso si trovava in una situazione ben diversa, perché in primis lei lo era.
Prima che Nikalus s’avventasse contro i licantropi, fu lei stessa a parlare.
- Non verrò con te! - si sollevò a fatica, sperando di farlo desistere con la propria confessione.
Repentinamente Tyler lo afferrò per un braccio, ma quello che Caroline sentì fu solo uno sfioramento, perché con uno scatto, suo marito aveva scaraventato il giovane dall’altro lato della strada.
- Sta lontano da lei, - intimò.
Tyler ghignò. - Spiacente… ma io e i miei amici la pensiamo diversamente. - Con un balzo gli si avventò nuovamente contro, schiantandolo contro un albero.
Niklaus non risentì particolarmente del colpo, visto che in pochi secondi si rizzò in piedi e veloce come un fulmine lo colpì con un pugno in pieno viso. - Non ti trasformi? - chiese arrogante.
Un brivido di puro terrore attraversò Caroline. L’ultima cosa che voleva era che Niklaus lo provocasse. I licantropi avevano fama d’esser particolarmente impulsivi, eppure Tyler non cedette alla provocazione.
- Combatteremo ad armi pari, - rispose. - Chi vince si contenderà la damigella.
Ansanti si guardarono in cagnesco per diversi minuti. Poi, iniziarono a girarsi attorno, aspettando forse il momento propizio per prevalere sull’altro.
- Sei forte Lockwood, ma non tanto da battermi. - Niklaus lo colpì ancora allo stomaco.
Lockwood si piegò in due digrignando i denti. - Sei troppo insolente per i miei gusti… e poi - fece una pausa - non la meriti.
Il vampiro non si scompose, ma la smorfia che fece non fu rassicurante. - Forse è vero,  - lo agguantò per la camicia - ma sai che c’è? Non la meriti neanche tu. - Questa volta fu una testata a colpirlo in pieno.
Quello che avvenne dopo fu solo un susseguirsi di colpi ben assestati, ma che comunque vedevano Niklaus vincitore.
Caroline rimase in disparte. L’oscurità le impediva di vedere dabbene quanto stava avvenendo, ma il fatto che suo marito fosse in vantaggio la rincuorava.
Fu quando Tyler finì per l’ennesima volta a terra che si spaventò. Non lo vedeva bene, ma intuì dal respiro affannoso che si stava trasformando e questo significava solo una cosa: Nikalus era in pericolo.
Stretta nel suo cantuccio ragionò in fretta sul da farsi, e non ebbe alcun dubbio quando azzardò l’unica cosa che suo marito le avrebbe vietato: si frappose fra i due.
Fu un attimo. Non fu come la volta precedente, la paura non le impedì di muoversi, solo la voce rimase bloccata, ma nel caos nel quale orbitava, le veniva difficile coordinare i movimenti. Chiuse gli occhi…
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 


 
 
 
 
 
 
Esther non si trovava bella, solo piacente. Lunghi capelli ramati le incorniciavano il viso, le labbra erano carnose e vermiglie, gli occhi di forma leggermente allungata, gli zigomi alti, la fronte ampia, la pelle ambrata.
Continuava a spazzolarsi i capelli, apparentemente immane alla presenza di suo marito a pochi centimetri da lei. Alle sue spalle per l’esattezza.
L’immagine che le restituiva lo specchio faceva male, ma ostinatamente, continuava a guardarci dentro.
- Sei qui, - fu lei, la prima a rompere il silenzio, nell’istante in cui i primi raggi di una luna opalescente illuminarono la stanza.
Non tremò come aveva più volte immaginato, e a parte gli occhi leggermente arrossati, sembrava stesse bene.
- Sono qui! - la voce di suo marito era roca, calda come non la ricordava.
- Non pensavo di rivederti… - disse fievole, senza tuttavia abbandonare i suoi occhi.
- Ė passato molto tempo.
 Esther rinunciò a spazzolarsi i capelli, abbandonando la spazzola usata per la toilette e alzandosi per fronteggiarlo.  - Quindici anni per l’esattezza,  - Specificò amara.
Mikael la guardò contrito, passandosi una mano fra i capelli. - Era giusto così, - mormorò. - Ho ucciso mio fratello! Sai che non potevo restare.
Esther lo superò andando a sedersi sul letto. Quella era stata una giornata sfiancante, anche per lei, che era una vampira e dormiva sì e no cinque ore a notte.
- Alfons era un folle…
Parlavano piano, quasi spaventati dalla loro stessa voce. Entrambi però sapevano, che non era la loro voce a inibirli, piuttosto la sensazione di stare insieme. Ritrovarsi nella stessa stanza era insolito, perfino ascoltare il loro respiro, lo era.
Mikael osservò sua moglie e deglutì a vuoto, non riuscendo a trovare le parole, perché era bella oltremodo.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. Anche volendo, non avrebbe potuto.
Indossava una leggera sottoveste di seta, troppo aderente perché non ne marcasse le forme.
Si chiese se era così che dormisse tutte le notti e se un altro uomo vi facesse visita.
- Non volevo andar via. - Di tutte le giustificazioni, quelle erano le più assurde e le stava argomentando con Esther, la donna più intelligente che avesse oltremodo conosciuto.
- Lo hai fatto.
- Adesso sono qui!
- C’è un motivo?
- Devo proteggere la mia famiglia, - disse avvicinandosi e sfiorandole impercettibilmente una mano.
- La tua famiglia? Lo siamo ancora? - non riuscì a trattenere una lacrima, che lenta, scivolò fino a raggiungere il mento.
- Sempre!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 


Nonostante l’insistenza di Nikalus, Caroline non era riuscita a riposare, non dopo aver saputo del ritorno di Mikael e dello stato schiavista indetto. Non dopo l’aggressione subita da parte di Tyler.
Immersa in una tinozza, prolungava quello che era stato un lungo bagno a base di oli.
Il braccio le bruciava ancora, ma testarda com’era, non voleva dare argomentazioni di litigio a Niklaus, quindi si limitò a fingere che andasse tutto bene.
Quest’ultimo, da poco rientrato, non le aveva staccato gli occhi di dosso un sol momento. Da quando erano tornati, non le aveva ancora rivolto la parola e dubitava lo facesse se non fosse stata lei a prendere l’iniziativa.
Per questo, dopo aver preso un lungo respiro e aver ripetuto nella mente un discorso poco assestato, diede fiato ai propri pensieri.
- Non mi avrebbe fatto del male… - proruppe stanca, continuando ostinatamente a non guardarlo.  - So che siete arrabbiato… ma davvero…
- Arrabbiato? - Niklaus bloccò il suo argomentare, alzando un sopracciglio, ma nessun’espressione ironica si dipinse sul suo viso.
Quando Caroline si decise a guardarlo, l’unica cosa che scorse fu la collera.
- Il vostro atteggiamento continua a essere inadeguato, - ghignò. - Non siete voi a dovermi proteggere, tutt’al più il contrario. - Si avvicinò veloce e chinatosi alla sua altezza la scosse per le spalle, incatenandole gli occhi. Tremava e ogni parola era una stilettata al cuore della fanciulla.  - Non potete continuare a fare di testa vostra! - urlò.
Caroline boccheggiò, senza riuscire a sottrarsi al suo sguardo, né alla sua presa. Per la prima volta ebbe paura. - Non volevo oltraggiarvi, - disse amara. Niklaus non era il solo a essere arrabbiato, anche lei lo era. - Ho avuto paura… è tanto difficile da capire? - la rabbia superava perfino l’imbarazzo di mostrarsi nella propria nudità. L’acqua la copriva a malapena fino ai fianchi.
Niklaus le rivolse un sorriso gelido. - Sono io a dovervi proteggere! Non permettetevi mai più di fare un’avventatezza del genere. - La presa intorno alle sue spalle si fece più ferrea. - Avete capito? - chiese guardandola negli occhi.
Caroline boccheggiò. - Ề una minaccia?
Niklaus non rispose e si ritrasse bruscamente. - Non datemi ulteriori pensieri…  - disse serio, allontanandosi di qualche passo.
Caroline non potette impedire che gli occhi si facessero lucidi, prese un respiro e reprimendo un brivido di freddo, causato, sia dall’acqua che dall’atteggiamento di Nikalus, si levò in piedi, cercando di ignorare la sensazione di disagio che l’aveva investita.
Non datemi ulteriori problemi.” Le parole di Niklaus con il loro intrinseco significato non potevano risultare più dolorose.
- Bene. - Si diresse verso il letto, dove purtroppo aveva lasciato il telo per asciugarsi, in tutta fretta. Con un gesto secco, lo agguantò per coprirsi. - Non vi darò ulteriori problemi, - ripeté avvolgendosi per bene nel telo e girandosi per fronteggiarlo.
Nell’istante in cui sollevò lo sguardo, si ritrovò Niklaus troppo vicino.
Colta di sorpresa cercò di indietreggiare, ma le fu impedito dalle braccia del vampiro che prontamente la serrarono contro il proprio corpo.
Caroline arrossì. Non era ancora abituata a quell’intimità, né al proprio corpo che si adattava a quello dell’altro.
- Che fate?
- Non voglio che vi accada niente, Caroline. - Una sua mano andò ad analizzare il braccio leso.
- Non mi avrebbe fatto del male, - continuò a ribadire.
Si aspettava che Nikalus controbattesse, invece tutto quello che sentì, furono le labbra di suo marito sulle proprie.
Fu colta di sorpresa, ma non oppose alcuna resistenza.
- Parliamone domani, - mormorò roco Nikalus.
Caroline cercò di rispondere, ma fu zittita anzitempo da un altro bacio, più profondo e più intimo del precedente. Il cuore iniziò a batterle furiosamente nel petto mentre non poteva impedirsi di contraccambiare, risucchiata dal desiderio di concedersi, di appartenergli com’era già accaduto, ancora una volta.
Non poteva opporsi e non soltanto perché era un suo dovere, ma soprattutto perché lo voleva.
Niklaus l’attirò maggiormente contro di sé, lasciò scivolare il telo lungo il suo corpo, si beò della morbidezza della sua pelle, del suo odore.
- Non temete, - sussurrò affannato, - questa volta andrà meglio.
- Meglio? - Non sapeva se esserne spaventata.
- Dobbiamo far pratica amor mio. Sono un uomo di parola… - soffiò contro il suo orecchio.
 
 
 
 
 


 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
- Stai meglio? - Victor rivolse appena uno sguardo ad Anne, ma questa non se ne curò più di tanto. L’ultima cosa che voleva erano le sue attenzioni. Si era rifiutata perfino di rimettersi a letto, e aveva chiesto un cantuccio per passarvi la notte.
- Ti riferisci al marchio oppure ad altro? - chiese, rifiutandosi ancora di dargli del voi.
Sul viso del vampiro comparve un cipiglio divertito.
- Al marchio… ovviamente, - disse avvicinandosi.
Anne lo fissò furiosa.
- E cosa ti ha dato il diritto di soggiogarmi?
Il vampiro incrociò le braccia al petto, facendosi all’improvviso serio.  - Preferivi che ti lasciassi aggirare da sola per il palazzo? Magari che ti violentassero?
  
 
 




 
 
Note autrice:
 
 
Scusate il ritardo, ma ultimamente non riesco a farne a meno. Vi rassicuro dicendovi solamente che non abbandonerò la storia, e spero non subisca più rallentamenti.
Non ho molte cose da dire. Come avete visto, Mikael è tornato e credo si siano capiti i motivi che l’hanno spinto a lasciare il palazzo quindici anni prima (ha ucciso Alfons-suo fratello).
Lo scontro con i licantropi è solo una conseguenza della schiavitù. Si sono create delle fazioni. I licantropi essendo umani, rivendicano il loro diritto alla libertà. Non vi è stata alcuna imboscata e quest’incontro è solo il frutto di un caso fortuito.
Vi rassicuro dicendovi che non saranno aperte altre dinamiche, e a parte gestire la schiavitù mi occuperò solo d’iniziare  a far confluire tutto.
Nello scorso capitolo avevo lasciato Victor insieme a Beatrix. Non me ne sono dimenticata, ma se inserivo loro, dovevo trascurare Anne. La loro scena ci sarà nel prossimo capitolo, magari attraverso un flash-back.
Sappiate che dalla prossima settimana, la storia sarà in fase di revisione. Sia chiaro che non cambierò la trama, ma cercherò di correggere e migliorare dialoghi o scene a mio avviso imperfette.  
 
 
Vi consiglio una storia davvero meritevole e molto bella, che vi appassionerà:
-        “L’amore Imperfetto” di Elena 78(naturalmente Delena).
Ecco il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1840096
Ringrazio di cuore chi recensisce, preferisce, segue e ricorda.
Per me è veramente importante!
Un abbraccio
Tess
 
 
ps: per chi avesse letto il capitolo intorno alle 18:00 avrà notato dei simboli neri. Non dipende da me! in realtà avevo usato i simboli speciali, per usare il trattino lungo, ma a quanto pare quando vado per postare, l'editor mi fa questo scherzetto. Di conseguenza sono stata costretta a modificare e usare i trattini piccoli (so che è sbagliato). Spero che non si verifichino gli stessi problemi con gli accenti, visto che ho usato sempre i simboli. Quanto prima correggerò "Tra la neve e il sole" per lo stesso problema.  

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Capitolo 24
*** 23 ***


23

 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
“Preferivi che ti lasciassi girovagare per il palazzo? Magari che ti violentassero?
 

Anne cercò per l’ennesima volta una posizione più comoda, certa comunque che non sarebbe riuscita a dormire: le parole di Victor continuavano a indispettirla. 
Mancavano poche ore all’alba, e il vampiro a pochi centimetri da lei non era un buon coadiuvante per l’insonnia, tutt’altro.
La sera prima entrambi avevano alzato i toni, e adesso si sentiva spossata come non mai, senza contare la bruciatura al braccio, il marchio della sua condizione che non le dava requie.
Schiuse gli occhi, cercando di aguzzare la vista, ma a parte la visuale di una luna argentea, resa visibile dalle cortine scostate, non riusciva a intravedere altro.
Rabbiosa, decise d’alzarsi per porre più distanza possibile fra lei e il vampiro.
Non era abituata a condividere il proprio letto con un uomo, e poi c’era la questione “schiavitù” che comunque continuava a infastidirla non poco.
Non le piacevano le imposizioni, e Victor anche se a fin di bene si era imposto.
Si alzò si scatto e dopo aver scansato in malo modo, le coltri, si diresse verso il sofà: aveva un disperato bisogno di dormire.
– Cos’è ti da fastidio la mia vicinanza? – Inaspettatamente la voce del vampiro la raggiunse.
Anne sospirò continuando a tenere gli occhi chiusi. – E anche se fosse?
– La scorsa notte non mi sembravi dello stesso avviso.
La fanciulla avvampò, ben sapendo a cosa alludesse. Una caratteristica di Victor era indubbiamente l’onestà, e non sapeva se esserne lusingata, oppure offesa. Nessun uomo avrebbe avuto l’ardire di porsi in tal maniera dopo aver privato una fanciulla della propria verginità. – Sono stata un’incosciente – mormorò stizzita.  
 – Bugiarda! – In un battito di ciglia se lo ritrovò addosso, col corpo premuto contro il suo e la bocca troppo vicina alla propria. – Ma se proprio ci tieni… sei libera – sibilò.
Anne sgranò gli occhi tremante. – Che vuoi dire? – sapeva di non poter sperare l’impossibile.
– Vuoi che ti tratti come una schiava? Bene… lo farò.   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 


 
 
 
Grigio. Tutto sembrava esser stato inghiottito da quel colore,  perfino gli occhi di Niklaus lo erano, insieme allo sbuffo del camino, alla cenere, alle ombre della sera. Grigio. Non ve n’era uno più appropriato per quel giorno.
Caroline lo vide nascere, appoggiata allo stipite di una portafinestra, con le braccia strette attorno al corpo nel vano tentativo di scaldarsi.
Quella notte non era riuscita a dormire, così approfittando dell’assenza di Niklaus era sgaiattolata fuori, lontano dai propri appartamenti in cerca di risposte che sapeva, non sarebbero arrivate, per il semplice fatto che nessuno sembrava intenzionato a dargliele… neanche Rebekah che nei giorni antecedenti alla schiavitù non aveva fatto altro che schernirla. E adesso che poteva esserle così semplice distruggerla, neanche ne approfittava.
– Quando il gatto non c’è, i topi ballano…  – la voce sprezzante di Kol la raggiunse facendola sussultare. Non l’aveva più rivisto, da quando egli stesso aveva preso parte al suo rapimento e contribuito al ricatto ingiurioso fatto a Nikalus.
Caroline non si girò neanche  guardarlo, continuando a osservare un punto impreciso oltre le siepi.
Kol la spaventava, ma caparbia com’era a non dargliela vinta, finse di sentirsi a suo agio, perfino con il suo alito a solleticarle il collo.
– Fingerò che mi abbiate cortesemente salutato, – continuò il vampiro con ironia tagliente, andando a scostarle una ciocca di capelli per sistemargliela dietro l’orecchio.
Ancora una volta Caroline non rispose, maledicendo il suo cuore al quale non aveva potuto impedire di battere in modo ancor più impetuoso.
La paura non era una buona compagna, non quando doveva mantenere il sangue freddo.
– E pensare che potrei darvi le risposte alle quali anelate… – soffiò al suo orecchio. – So cosa ne è stato dei vostri genitori – la provocò –… potete mentire a chiunque, ma so bene che anelate conoscere le loro sorti Caroline.  – Parlava in modo strascicato, e la fanciulla desiderò correre lontano da quella voce fin da subito, ma qualcosa glielo impedì.
Lentamente la fanciulla girò il viso verso la sua direzione. – Chi mi assicura che mi dichiarereste la verità? – Kol era spietato e a tratti perverso, lo sapeva, ma una vocina le stava suggerendo che forse quello che le confessava era la verità.
Il vampiro soppresse una risata. – Nessuno. Caroline, siete libera di credermi o meno.
Caroline si morse un labbro indecisa. – E quale sarebbe il vostro tornaconto? – lo scrutò attenta, cercando d’intravedere l’inganno.
Il vampiro sogghignò passandosi una mano fra i capelli disordinati.
– Darei noie a Niklaus – disse ovvio, storcendo la bocca. – Io e lui non ci sopportiamo.
Caroline sbuffò contrariata e abbandonò ancora una volta i suoi occhi per tornare a dedicarsi alla contemplazione del giardino. – Non mi fido di voi, – fece una pausa valutando l’idea di fuggire e tornare nelle proprie stanze il prima possibile.
Kol si fece ancora una volta pericolosamente vicino. – Bill Forbes si è unito ai licantropi – mormorò roco. – Sua figlia ha sposato un vampiro, ma lui ha scelto da parecchio tempo da che parte stare.
A Caroline si formò un groppo all’altezza del petto. Immaginava quale fosse stata la decisione presa dal padre, ma scoprirlo le fece uno strano effetto.
– Potrei anche darvi le coordinate necessarie per raggiungere l’accampamento che li ospita, se solo me lo chiedeste – continuò Kol.
 
 
Caroline arretrò scuotendo il capo. – Non tradirò mio marito! – disse determinata.
– Lo so bene, – Kol si grattò il mento pensieroso – solo mi chiedevo se foste interessata a sapere qualcosa sul loro conto, visto che nessun altro ve lo dirà.
A quel punto Caroline ebbe la certezza di non voler sentire altro e con risolutezza gli voltò le spalle per tornare nei propri appartamenti.
– Sarà Niklaus stesso a darmi le risposte di cui necessito, – mormorò tesa iniziando ad avanzare nella direzione opposta, sollevando appena il vestito per muoversi più agiatamente.
Passarono solo pochi secondi prima che la mano di Kol si serrasse attorno al suo polso, forse con fin troppa foga e la attirasse contro il proprio petto.  – Non lo farà – sibilò – e se cambierete idea, mi troverete nelle mie stanze… cognata – le rivolse uno sguardo beffardo.
– Scordatevelo – Caroline le rivolse uno sguardo accusatorio. – Non visiterò i vostri appartamenti.
– Vedremo – solo dopo tali parole allentò la presa e depositandole un casto bacio sul palmo della mano, la lasciò finalmente libera, scomparendo in un battito di ciglia dalla sua visuale. 



 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Completamente nudo, riverso sul terriccio umido di “Croson Full” Tyler Lockwood aprì gli occhi frastornato. I ramoscelli gli graffiavano il torace e alcuni rimasugli di un fuoco ormai divenuto cenere, giacevano poco distanti dalla sponda del fiume.
Non ricordava bene gli eventi del giorno prima, ma sapeva d’essersi trasformato, e di avere corso a causa della rabbia provata nei riguardi di Caroline Forbes.
Aveva corso fino a non sentire più gli arti, e urlato fino a non sentire più la voce .
Fino allora non aveva mai preso in considerazione l’idea che prima o poi lei scegliesse veramente Niklaus. Forse per questo non riusciva  ancora a crederlo e continuava a ripetersi che era tutto un inganno, frutto di un oblio indotto. 
Lei non poteva aver sposato Niklaus Mikaelson.
Continuando a rimanere nella medesima posizione, si massaggiò le tempie senza avere alcuna voglia di alzarsi.
Fosse stato per lui sarebbe rimasto disteso per giorni, inerme e impassibile a qualsiasi forma di emozione, ma evidentemente qualcuno non era del suo stesso avviso.
– Allora fai sul serio…  – una voce stucchevole lo costrinse a portarsi seduto.
Ritta davanti a lui, Haley Britey lo guardava ammiccante, ponendo lo sguardo su parti cui alcuna altra fanciulla avrebbe osato guardare, non così sfacciatamente.
Non era la prima volta che lo vedeva nudo, dopo la trasformazione. Per questo non fece neanche lo sforzo di vestirsi.
In realtà anche volendo, non avrebbe potuto, considerato che dei vestiti non era rimasto altro che miseri brandelli sparsi un po’ ovunque nel terreno circostante.
Anche la fanciulla era un licantropo e se si trovava in quel posto, era perché anche lei faceva parte del branco, quello scelto per fronteggiare i vampiri, per assicurarsi la supremazia.
Era sfacciata Haley, e tremendamente bella, con fluenti capelli scuri, le efelidi sparse un po’ ovunque sul viso e incantevoli occhi verdi.  
Tyler non rispose. – Ti piace quel che vedi? – chiese a sua volta, ignorando bellamente il suo commento.
A tali parole la fanciulla rinsavì e sbuffando sonoramente, gli lanciò un telo che fino a quel momento aveva tenuto fra le mani. – Caroline Forbes è una donna fortunata, – mormorò allusiva – peccato che non lo sappia.
Ancora una volta Tyler non rispose, si limitò ad afferrare il telo e a cingersi con esso i fianchi. Poi si alzò per dirigersi verso la sponda del fiume, un rito che ripeteva tutte le mattine da qualche settimana a quella parte, ovvero da quando si era saputo anzitempo della schiavitù e i licantropi si erano organizzati per fronteggiare il problema.
Immerse le mani nell’acqua ghiacciata e si rinfrescò con essa il viso. – Sarà mia – mormorò soprappensiero, forse non calcolando più la presenza di Haley alle sue spalle.
– E se non volesse?
– Te l’ho già detto l’hanno obliata, e una volta ucciso Nikalus il problema sarà risolto. – Si girò per fronteggiarla, ma rimase senza parole quando la vide avanzare completamente nuda verso la sua direzione. 
Il corpo era sinuoso, la carnagione serica. Tyler osservò il suo avanzare senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
– Ho bisogno di un bagno, – si giustificò la fanciulla senza scomporsi.
Tyler la osservò ammaliato. Non era pudica, né esageratamente ligia alle regole della castità come Caroline. Ne osservò le curve fino a quando la visuale non le fu nascosta dalle mani di lei, che sapienti le tastarono il petto.
– Abbiamo un’ora – le sussurrò lasciva, scendendo sempre più dabbasso. 
– Che cosa vuoi? – il tono usato era duro.
– Farti dimenticare… 
– Non puoi. – Quasi per istinto la mano di Tyler si artigliò al suo polso, strattonandolo con durezza.  – Abbiamo una riunione – disse restio ad allentare la presa.
– Fra un’ora – chiarì ancora Haley. – Non mi vuoi?
– Sarebbe solo uno sfogo – disse sincero guardandola negli occhi senza titubanze.
La donna sorrise accattivante. Le labbra erano piene e gli zigomi pronunciati. – Non sarebbe la prima volta. – Incurante che le mani del licantropo bloccassero le proprie, con audacia si avvicinò alla sua bocca.
– Caroline mi è entrata nel sangue… – mormorò Tyler prima di sfiorare le sue labbra. – La sento sotto la pelle…  – la bocca contro quella di lei, i sapori ormai mescolati  – non riuscirò a liberarmene se non l’avrò – la lingua dentro di lei –… devo averla.
– E questo preclude me? – iniziò a sospingerlo verso l’acqua.
– No.
– Bene. – Le bocche si congiunsero ancora, le mani si fecero smaniose, i respiri ansanti. Scivolarono l’uno contro l’altro, smaniosi di appartenersi,  già persi in una danza che conoscevano a memoria e che più volte avevano condiviso.
 
 




Angolo autrice:
Lo so, sono tremendamente in ritardo e questo è solo un capitolo di passaggio. Purtroppo mi serviva per poi introdurre il prossimo capitolo, che sarà indubbiamente più interessante e arriverà in fretta.
Che ne pensate di Kol? Che cosa starà tramando? Ma soprattutto credete che sia in combutta con qualcuno? Quale sarà il suo scopo? Molte cose saranno svelate nel prossimo aggiornamento.
Per adesso non aggiungo altro e spero di non avervi deluso.
Haley funge solo da comparsa e non sarà determinante, ma credo sia chiaro che Tyler voglia Caroline a qualunque costo.
Gli umani si sono alleati con i licantropi, e presto altre verità verranno a galla.

Mi scuso per il ritardo, ma veramente non riesco a essere più veloce in questo periodo.
L’unica cosa che vi posso garantire è che non abbandonerò la storia e che capitolo dopo capitolo sto cercando di migliorarmi.
Vi comunico che almeno per tutto il mese d’agosto e parte di settembre, sospenderò “tra la neve e il sole” e mi dedicherò a questa che è molto più semplice da scrivere e mi ruba poco tempo.
Non aggiungo altro.
Grazie per le bellissime recensioni, e grazie a chi ha inserito la storia fra le preferite, seguite e ricordate.
 
V’indico anche la mia Dramione attualmente in corso:
– Anime avverse.
L’avevo abbandonata, ma visto che continuavano ad arrivarmi messaggi, ho deciso di riprenderla. A riguardo posso dire che ho molti capitoli pronti ed è per questo che la sto portando avanti. Altrimenti non potrei farlo.
Ecco il link:
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1521514&i=1
Adesso mi defilo e spero di sentirvi numerosi.
Un bacione
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 25
*** 24 ***


24

 
 
 
 
 
 




 
 
– Non m’importa del ritorno di Mikael… – Beatrix Doumon sorseggiava del buon vino rosso, mentre passeggiava inquieta per la propria stanza. Indossava un vestito bianco e la luce pallida del mattino, la faceva apparire quasi eterea. – M’interessa di Caroline Forbes e del suo inaspettato matrimonio con Nicklaus – disse digrignando i denti. – Non ho intenzione di lasciarmelo portare via, non da una sguattera qualunque. – Se le sue parole non fossero state intrise di veleno, si poteva dire che rassomigliasse a un angelo. I lineamenti erano delicati, e la pelle diafana rasentava la perfezione.
Amalie la osservava guardinga, appoggiata a una colonna di marmo perlaceo, finemente cesellato.  – E come credi di fare? – ardì chiedere.
Da quando ero entrata nella stanza, non l’aveva persa di vista un solo momento. La vampira aveva smesso da tempo d’incuterle timore, ma sapeva bene di non poterla sottovalutare: più volte aveva dato sfoggio di malignità.
Beatrix smise immediatamente di muoversi e con lentezza esasperante si girò a guardarla. – Ho un piano – disse freddamente – e in un modo o in un altro, Caroline la pagherà.
Amalie rabbrividì, e strinse a mo di sostegno un mobile posto accanto alla colonna. Solo in quel momento ricordò quanta poca umanità ci fosse nella vampira.  – Hai visto Kol? – Indagò guardinga.
La bocca di Beatrix si aprì in un sorriso. – L’odio che nutre nei confronti di Niklaus, in certi momenti può essere una benedizione – confessò rimanendo nella stessa rigida postura di poco prima.
– Può essere pericoloso – la corresse Amalie. – Kol Mikaelson non ha scrupoli quando si tratta di perseguire i propri interessi – precisò.
Beatrix sbuffò e con garbo si accomodò sul sofà, apparentemente più rilassata. – Non m’importa dei suoi metodi.
– Dovrebbe importarti invece… – Sul viso di Amalie si dipinse un’espressione preoccupata.
– Non essere melodrammatica – Beatrix la guardava alla stregua di una vecchia amica. – Quello che realmente conta è, che fra qualche ora, Caroline Forbes sarà solo un lontano ricordo.
Amalie sgranò gli occhi. – Che cosa intendi dire?
– Quello che hai udito. – Per la seconda volta sul viso della vampira si dipinse un’espressione trionfante.
– La farai uccidere? – La vampira non potette far a meno di chiederlo.
Beatrix storse la bocca. – Ho un piano… – asserì, prima di bere un altro sorso di vino. – Fra qualche ora, Niklaus odierà profondamente sua moglie e perfino sentir nominare il suo nome gli farà venire l’orticaria. Se i metodi di Kol siano ortodossi, o meno, non m’interessa: il mio obiettivo è liberarmi di Caroline.
Amalie scosse il capo in segno di diniego e lasciando la precedente postura, le si avvicinò. – Niklaus la ama, pensi di riuscire a imbrogliarlo come se niente fosse?
– Nessun uomo sano di mente perdonerebbe il tradimento. E poi sappiamo bene entrambe quanto Niklaus può essere geloso e possessivo.
– Che cosa vuoi fare?
– Lo vedrai… – Beatrix fece volutamente una pausa – fra qualche minuto. – I suoi occhi saettarono sul grande orologio a pendolo che troneggiava nella propria stanza. – Alla fine dei conti, è importante che ognuno abbia ottenuto ciò che vuole.
Amalie provò a replicare, ma qualcos’altro attirò la sua attenzione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***  

 
 
 
 
 
 
 
 
Stanco e notevolmente provato, Niklaus rientrò nei propri appartamenti, recando quelle che non erano di certo buone notizie.
Storse la bocca in un sorriso amaro alla vista di Caroline, benché l’idea di ferirla non lo allietasse… sapeva di non poterne fare a meno.
Avanzò verso il talamo, e cercando di non svegliarla si sedette a suo fianco, sulla sedia che costeggiava il letto.
– Vorrei non dovervi fare del male, – disse mesto, osservandola attento e lasciando risalire una sua mano lungo il suo viso.
Caroline era bellissima, ed era sua: ancora non riusciva a capacitarsene.
Attento a ogni suo respiro, continuò ad accarezzarla. Sentiva uno strano groppo in gola e per quanto si sforzasse, non riusciva a scacciarlo.
– Non vorrei farvi del male, – ripeté con voce stanca – ma devo. – Esalò un sospiro, mentre ogni parola diventava un peso insostenibile. – Ricordate il giorno del nostro matrimonio? Vi dissi che vi avrei protetta… vedete: temo di non poter mantenere tale promessa. Non posso proteggervi, non da questa guerra – confessò stremato.
Le sue non erano parole guidate dalla disperazione, ma dalla consapevolezza di non poter fare alcunché.
Fell’s Church si trovava sotto assedio, e diversi gruppi di estremisti si erano mossi per concentrare il potere su di un'unica fazione.
Non pensava di poterlo dire un giorno, ma il ritorno di Mikael era stato più che provvidenziale: con il suo aiuto, alla fine avrebbe preso la giusta decisione.
Nessuno era più abile di Mikael nelle arti belliche”.
Perso in questi pensieri, non si avvide che nel frattempo Caroline aveva aperto gli occhi.
– Siete tornato – mormorò assonnata.
– Sono tornato, – asserì calmo, avvicinandosi e depositandole un casto bacio sulla fronte – e dobbiamo parlare – aggiunse.
Caroline sgranò gli occhi e nonostante la calma mostrata dal marito, non potette impedire al suo povero cuore di accelerare i battiti.
Si portò seduta repentinamente, e ignorando il senso di torpore che ancora l’avvolgeva: attese spiegazioni.
La mano di Niklaus andò  placidamente a cercare la sua, per stringerla in una presa calda e rassicurante.
– Calmatevi – le intimò serio. – Quello che sto per dirvi non è piacevole, ma è necessario che voi lo sappiate – disse guardandola apprensivo.
– Così mi spaventate…
Nikalus sembrò non dar peso alle ultime parole della moglie e con scioltezza iniziò a esporre i fatti, tenendola stretta, ma non guardandola negli occhi neppure una volta.
Sapeva di ferirla, ma non poteva negare che fosse necessario. Del resto aveva sposato una donna forte.
– E così i licantropi hanno stretto un’alleanza con gli umani… – si limitò a dire. – Si sono create due sole fazioni e non tre come speravamo – disse serio.
– Due fazioni? – Caroline ripeté le notizie apprese tremante.
Non aveva il coraggio di guardarlo, perché farlo, avrebbe significato titubare e mostrargli con chiarezza la ragione della sua debolezza: stava omettendo qualcosa. Non le aveva riferito dell’incontro avuto con kol, e del fatto che lei sapesse già quanto le stava rivelando.
Abbassò gli occhi sulle loro mani congiunte cercando di concentrarsi sulle parole di Niklaus e non sullo sdegno verso se stessa.
– I vostri genitori fanno parte di quel gruppo – stava riferendole Niklaus. – Dovete capire che questa è una guerra…
Caroline chiuse gli occhi stordita. Le parole di Niklaus la ferivano come non avrebbe mai pensato. Non si era mai sentita così vulnerabile.
Alla fine era delle persone che amava che stava parlando, di sua madre che l’aveva cresciuta e accudita, e di suo padre che era sempre stato un uomo onesto.
– Che cosa intendete? – chiese ansiosa.
– Farò quello che è giusto Caroline, per la mia gente, ma anche per Fell’s Church.
Caroline fremette, e finalmente si decise a portare lo sguardo su suo marito, conscia di non poterlo rifuggire per sempre.
Aprì la bocca per parlare, ma nessuna parola giunse alle orecchie di Niklaus, perché qualcos’altro attirò l’attenzione di entrambi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
Il fumo era dappertutto.
Niklaus era stato imperativo: non voleva assolutamente che Caroline lasciasse i propri appartamenti, ma all’ennesimo rombo, quest’ultima aveva capitolato.
Dalla finestra dalla quale si era affacciata, non riusciva a intravedere alcunché, e questo la mandava nel panico.
Sapeva di doverci essere la fuori, nonostante il pericolo, e non soltanto per Niklaus, ma anche per il popolo, per quello cui aveva sempre creduto.
Non aveva avuto alcun ripensamento quando lasciati gli appartamenti di Niklaus, si era diretta verso l’esterno del palazzo. I rombi uditi probabilmente appartenevano a degli spari, e se i suoi presupposti erano giusti, era della verbena che stavano utilizzando.
Eppure appena varcata la soglia del palazzo, fu ben altro ad attirare la sua attenzione.
Si fermò di colpo alla vista delle catene e di uomini e donne costretti nella loro morsa.
Non aveva mai visto uno scempio del genere, e dire che era rivoltante era poca cosa.
Il fumo le bruciava gli occhi e rendeva impacciata la sua avanzata, ma dentro qualcosa le si stava rivoltando.
Quando Niklaus le aveva confessato della schiavitù e l’aveva sposata per proteggerla, non aveva minimamente pensato a cosa essa significasse.
Si sentiva vuota e senza forze alla vista delle carovane che trasportavano gli schiavi.
Aveva voglia di urlare, ma le parole erano bloccate dentro di lei.
Si portò angosciata una mano alla bocca, e per diversi minuti, forse in preda allo choc, fu come se ogni cosa si fosse fermata.
Vi erano solo le lacrime che non riusciva a fermare, l’odore acre di fumo, e la fuliggine… tutte cose che poteva palpare con mano.
Avanzò nel cortile interno del palazzo, ignara dei molteplici occhi addosso. Del resto, era difficile non notarla, vestita di un semplice vestito azzurro cielo, e con i capelli biondissimi sciolti in morbidi boccoli.
Gli schiavi erano dappertutto. Li riconosceva dalla pelle marchiata, e dalle catene. Molti erano di pelle scura, e terribilmente magri.
Le esplosioni continuavano, e molti si tappavano le orecchie. I bambini piangevano.
Caroline scosse la testa affranta. L’odore del sangue era dappertutto.
Voleva sapere che cosa stava succedendo, ma ogni uomo, o donna cui chiedeva rifuggiva il suo sguardo e le sue domande.
 Avanzò fino ai cancelli, e solo allora la situazione le fu chiara: quella era una guerra.
 Le mani si serrarono a forza contro le sbarre, e per qualche istante le sembrò di non riuscire a respirare.
Non riusciva a vedere bene, ma quando acuì la vista, un grido le si strozzò in gola, nello stesso istante in cui una mano si serrò a forza attorno al suo polso.
– Sei qui per sapere se ti ho detto la verità? – fu la voce di Kol a raggiungerla. Il suo alito le solleticò l’orecchio.
Caroline scosse la testa frastornata, ma nonostante il disagio s’impose di parlare con voce ferma. – Ci sono dei feriti, – mormorò – e sono qui per accertarmi dell’entità dei danni.
Kol proruppe in una risata meschina. – Niklaus non te lo dirà mai – disse provocatorio, spingendola maggiormente contro di se, e incrinando leggermente la testa in direzione del suo collo.
– Cosa… ?
– Tua madre è stata ferita – rivelò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

  
   
 
 
  
 
 
– Dimmi perché l’hai fatto?
Esther non aveva mai visto Mikael così furioso, mentre costringeva Kol contro la parete retrostante.  
Il loro rapporto era sempre stato conflittuale, e adesso stava toccando l’apice.
Kol lo guardava dritto negli occhi, nonostante il dolore fosse ben visibile, non cercava di liberarsi dalla sua stretta.
– Perché-hai issato Caroline contro Niklaus?  – chiese ancora Mikael scandendo bene le parole.
Si trovavano all’interno del palazzo, e la conversazione cui stava facendo riferimento, in realtà era avvenuta parecchie ore prima. Ormai il sole era calato, e quella era la fine di una giornata importante.
Kol non si scompose. – Niklaus non è tuo figlio, – disse furente – e lo odio – aggiunse.
La presa di Mikael se possibile si rafforzò – Non osare ripeterlo mai più: è mio figlio – controbatté.
– Bugiardo! – inveì nuovamente Kol. – Non è mio fratello e gli hai dato il regno, il trono, ciò che non merita – gridò.
Mikael lo lasciò di colpo. – È mio figlio – ripeté serio – L’ho visto nascere… – scosse il capo – non osare dire il contrario.
 
  
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Il capitolo è concluso. A questo punto molte cose iniziano a chiarirsi, e gli atteggiamenti dei personaggi iniziano a essere visti sotto una luce diversa.
Sono accadute tantissime cose. Kol sembra la chiave di ogni cosa, ma sarà veramente così?
Vi aspettavate che anche in questa storia Niklaus non fosse il figlio naturale di Mikael? E cosa ne pensate della reazione di quest’ultimo? Non sembra il vampiro che abbiamo conosciuto per poco tempo nel tvd. In realtà a mio avviso lo è, perché l’ho sempre inquadrato come una persona giusta.
Attenzione, perché la parte impulsiva di Caroline verrà presto fuori.
A questo punto siamo a pochi capitoli dalla fine. Ne prevedo una decina, e i prossimi due saranno abbastanza esplicativi, come giusto che sia.
Chi si aspettava di veder Anne e Victor interagire, credo ne sia rimasto deluso.
In realtà non è mia intenzione lasciarli ai margini, ma voglio che i loro personaggi prendano forza. Solo, mi sono resa conto che non possono farlo in questo contesto, quindi d’ora in avanti il loro intervento sarà marginale.
Il motivo è semplice. Ho creato un originale, che li ritrae a mio avviso, in modo migliore, e per come li vedo realmente.
La loro storia deve ancora nascere, e non posso di sminuirla in pochi capitoli.
Il titolo della storia è “ Il prezzo del sangue”.
Ecco il link:
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2072339&i=1
Per adesso ho postato solo il prologo.



Non aggiungo altro.
 
 
Quasi dimenticavo… dopo un’attenta ricerca ho dato un volto a Beatrix.
Si tratta di Maite Perroni, ed è un’attrice messicana.
Ecco il link:
http://images5.fanpop.com/image/photos/27900000/Maite-maite-perroni-27926772-357-500.jpg
 
 
Grazie come sempre, a chi recensisce, segue, ricorda e preferisce.
Un bacio
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** 25 ***


25
 
 
 
 
 
 
“Non capisco perché ci debbano mettere tanto... ” Mikael avvolto nella sua cappa scura, non era mai apparso più inquieto.
Aveva partecipato a una riunione, e al suo ritorno aveva scoperto che Esther, sua moglie, si trovava in travaglio, e che quello si prospettava un parto difficile.
Si versò del vino, e cercando di non badare alle urla della donna, fece quello che ogni uomo a suo posto avrebbe fatto, cioè, lasciare che la natura seguisse il suo corso.
Non erano faccende da uomo quelle, lo sapeva, eppure non riusciva ad allontanarsi dalla porta, e invece di dedicarsi ai propri affari, l’unica cosa cui riusciva a pensare era la gravità della situazione.
Essere un vampiro non era d’aiuto. Nonostante ci fosse un pesante battente di legno di noce, a separarlo dalla donna, riusciva a percepire ogni suo ansimo, ogni suo respiro.
Non era solo ad attendere l’evento, e come tradizione, parenti e amici si erano radunati per attendere l’avvento, spingendolo a bere oltre il dovuto.
Anche in questo essere un vampiro non aiutava. Nonostante avesse ingurgitato diversi bicchieri liquorosi, era ancora perfettamente lucido e cosciente.
Per questo motivo, non riusciva a infischiarsene. Non era la prima volta che diventava padre, e non riusciva scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione che qualcosa stesse andando storto.
Per questo motivo, ogni qualvolta si apriva la porta non poteva fare a meno di sbirciare all’interno.
Esther era giovane e forte, gli avevano ripetuto fino allo sfinimento nei mesi trascorsi, eppure l’immagine che adesso gli restituiva la realtà non contribuiva ad allietare i suoi pensieri.
Sua moglie non stava affatto bene. L’immagine di lei sofferente, non era un buon refrigerio per la sua anima.
Quando la porta si aprì per l’ennesima volta, non riuscì più a ignorare la sensazione pressante di stare sbagliando qualcosa.
 
 
 
 
 
  Allontanati dalla mia vista.  Mikael diede le spalle a Kol improvvisamente stanco. – Hai cospirato contro tuo fratello – ripeté fra sé. 
Kol si aprì in un sorriso finto. – Non è mio fratello – mormorò sbilenco. Poi, senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, fuoriuscì dagli appartamenti.
Solo allora Mikael tornò a guardare Esther.
Se n’era rimasta in disparte per tutto il tempo del diverbio, ma gli occhi si erano fatti lucidi, e il vampiro sapeva che anche per lei era difficile dimenticare, meno che per gli altri.
 
 
 
 
 
 
Non dovresti... essere qui. – Con la mano stretta in quella dell’uomo che amava, Esther continuava a lamentarsi della presenza ingloriosa di suo marito in un momento delicato come il parto.
Era stanca, sudata, e più volte era stata sul punto di svenire, ma Mikael sembrava non volesse sentire ragioni.
– L’hai già detto – senza badare alle sue proteste, immerse di nuovo il panno nel bacile, e dopo lo depositò bagnato sulla sua fronte. – Gli uomini in genere si ubriacano... – mormorò debolmente, stringendo i denti all’ennesima contrazione.
Le lacrime le imbrattavano gli occhi, e l’odore di sangue le dava la nausea.
– Dovresti aspettare fuori – insistette.
Non si sentiva a suo agio con le gambe imbrattate di sangue e i dolori che non le davano tregua.
– Voglio esserci quando mio figlio nascerà.
– Potrebbe... essere una femmina – singhiozzò.
Aveva paura, ma era difficile ammetterlo, perfino con le mani strette in quelle di suo marito.
La verità era, che non voleva che la lasciasse, ma allo stesso tempo, il fatto che rimanesse le sembrava quasi deplorevole.
Lei non ne era degna, e i baci che suo marito le depositava sulla fronte, anche se lenivano il disagio, continuavano a irretirla.
Era da quando era iniziato il travaglio che il dolore non la abbandonava, e non si riferiva soltanto a quello fisico, era soprattutto la sua anima a essere in travaglio.
 – Manca ancora molto? – Sorrise mesta all’ennesima domanda di Mikael posta nei riguardi della levatrice. Il dolore andava e veniva a sprazzi, e lei era tutto meno che lucida. Perfino i contorni della stanza iniziavano ad apparire sbiaditi.
– Ci mancava solo questo – borbottò la levatrice,  strappandole un lieve sorriso mentre socchiudeva gli occhi – che un uomo s’interessi di parto... comunque, fra qualche ora sarà tutto finito.
Mikael s’irrigidì, ma quando tornò a guardare sua moglie, la rassicurò con un sorriso.  – Hai sentito? Presto sarà tutto finito.
Esther scosse il capo. – Non credo di farcela – soffiò – io...
– Shhh... – Mikael zittì sul nascere ogni sua protesta, ponendo l’’indice sulla sua bocca e detergendo con i baci le sue lacrime. Era il più amorevole dei mariti, ed Esther non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. – Sì, che ce la farai.
Esther singhiozzò più forte. – No – denegò il dolore è troppo forte e...
– Shhh… non pensarci – la zittì per la seconda volta – guarda me e pensa che presto avremmo un figlio . – Mikael non aveva smesso di vezzeggiarla un solo istante. La riempiva di attenzioni mentre i dolori erano sempre più persistenti.
Erano vicinissimi, il suo fiato le solleticava il collo e le sue braccia la tenevano stretta.
– Sarai una madre meravigliosa... – sussurrò depositandole l’ennesimo bacio sulla fronte.
Esther sussultò, e la sua bocca si mosse quasi indipendente dalla propria volontà.
 – Non sono degna di esserlo – sussurrò piano, scossa da nuovi singhiozzi.
Mikael la guardò stranito, e in un primo momento pensò fosse stato il dolore ad annebbiarle la mente. Portò una mano all’altezza del viso della compagna, e scostò alcune ciocche scomposte dalla fronte. 
– Cosa?
– Hai sentito – singhiozzò più forte – non merito di stare al tuo fianco, né che tu mi appoggi in questo momento. – Con le mani andò a coprirsi gli occhi.
– Che cosa stai dicendo?
Esther non aveva il coraggio di guardarlo, ma sapeva di non potere più tacere, non di fronte a un Mikael così amorevole e dedito alla famiglia.
Si portò una mano al ventre dolorante, e lo massaggiò piano. – Non è tuo figlio – soffiò.
Le lacrime adesso scendevano voluttuose, e le veniva difficile parlare, ma nel momento in cui tornò a guardare suo marito, sentì l’obbligo di dover fare un ultimo sforzo.
La gentilezza di Mikael era scomparsa. Le braccia che prima la stringevano amorevolmente, adesso la serravano in una morsa dolorosa.
– Perché? Dimmi perché mi stai facendo questo.
La donna sussultò, perché di tutte le parole quelle erano senza dubbio le più dolorose.
Scosse il capo. – Non volevo arrecarti dolore – quando l’ennesima contrazione la colpì, le braccia di suo marito non la strinsero.
Lo guardò, per scoprire che si era discostato. – Non volevo imbrogliarti, solo... che era così difficile...
– Cosa? – A forza le sue mani si bloccarono sulle sue spalle, e ancora una volta lei si coprì gli occhi per non guardarlo.
– Parla donna. – la sua voce non era mai stata così gelida, e lei non aveva mai avuto così paura.
– Non è tuo figlio – ripeté tremante. Desiderava morire in quell’istante, piuttosto che affrontare il suo giudizio. – Non sapevo che fare, avevo paura, e tu non c’eri – confessò delirante – lui aveva cercato altre volte di farmi sua, ma non c’era mai riuscito, e poi tu sei partito... – singhiozzò – e ho scoperto della gravidanza quando era troppo tardi... – alle parole seguirono altre lacrime – e tu eri così felice... – Per quanto si sforzasse non riusciva a smettere di piangere. Perfino respirare era difficoltoso.
Mikael era l’uomo che aveva scelto come compagno, non un qualsiasi gentiluomo voluto dalla famiglia, e perderlo era insopportabile. Eppure stava avvenendo.
Suo marito non era mai stato così rude nei suoi riguardi. Non la stava guardando amorevole, e lei per la prima volta ne ebbe paura.
– Qualcuno ha abusato di te? – sibilò vicino al suo viso.
Esther non rispose, si limitò ad asserire col capo, conscia che la stanchezza stesse prendendo il sopravvento.
– Chi? – domandò, costringendola a guardarlo negli occhi, facendo leva con la mano sotto il suo mento.
Mikael aveva gli occhi lucidi, ed Esther si ritrovò a pensare che non l’aveva mai visto tanto furioso. Più volte aveva avuto a che fare con la sua indole aggressiva, ma in assoluto era la prima volta che si ritrovava a esserne intimorita.
Le donne ripudiate in genere venivano scomunicate e spesso vendute come schiave, ma la sua discendenza era nobile, e forse...
Chiuse gli occhi. Non voleva guardare suo marito, e non voleva sentire più dolore. La stretta dell’uomo si era allentata, ma la pelle dove l’aveva stretta continuava a bruciarle, e anche il suo cuore languiva.
Non sapeva quante ore erano trascorse da quando era entrata in travaglio, ma comprendeva d’esser arrivata al limite della sopportazione.
– Chi? – insistette il vampiro.
Esther sentiva il suo fiato sul collo, ma ne era felice, perché avrebbe potuto imprimersi bene il suo odore, la sensazione struggente d’averlo accanto.
– Alfons – sussurrò tremula sapendo d’aver decretato più di una condanna.
Per diversi minuti non udì più nulla, ma forse il silenzio era dovuto allo stato catatonico nel quale giaceva, voleva poter dire lo stesso del dolore, ma non era così.
Credeva che Mikael si fosse dipartito, ma quando lo sentì ringhiare, dovette ricredersi.
È per questo che è fuggito... – la voce di suo marito era atona, ma lei che lo conosceva bene e sapeva che era profondamente amareggiato. La sua non era una domanda, solo una semplice constatazione.
Esther continuava a tenere gli occhi chiusi. Adesso, non aveva più la forza di guardarlo, e anche dar voce ai suoi pensieri le risultava difficile.
 – Io lo ammazzo! – sentenziò ancora Mikael, facendola sussultare – e dovrei odiarti perché avevi il dovere di dirmelo.
Esther tremava scossa dai singhiozzi. Sentiva freddo, era come se decine di aghi acuminati le si conficcassero sotto la pelle.
 Non sapeva però, se tali sensazioni fossero dovute al parto ormai imminente o alla perdita del proprio uomo.
Continuò a tenere gli occhi chiusi, fino a quando non sentì Mikael allontanarsi e il pesante battente chiudersi alle sue spalle.
Ormai doveva essere l’alba, ma dalle persiane penetrava soltanto una tenue luce opalescente.
Si sentiva confusa e sfiancata.
 – Lo so – borbottò la levatrice fattasi improvvisamente vicina   – non è stata una passeggiata, ma pensate che vostro figlio sta venendo al mondo. Quando ve lo dirò: iniziate a spingere. – Esther la guardò per la prima volta. Aveva gli occhi piccoli e infossati, le labbra screpolate, e i capelli scomposti. – Dov’è Dolores? – chiese debolmente.
– Ha avuto un’urgenza. – La levatrice si chinò fra le sue gambe, facendola urlare dal dolore. – Vedo la testa – l’avvisò.
Esther scosse il capo. – Non sono pronta – si lamentò.
– Non siete voi a deciderlo – fece una pausa e lasciando la sua posizione si procurò un forcipe – e comunque se ci tenete a vostro figlio, dovete spingere – aggiunse.
 – È normale tutto questo dolore? –
La levatrice sorrise. – Dicono tutte così, ma vedrete che appena avrete il vostro bambino passerà tutto... almeno che... – fece una pausa – sicuro di volerlo?
Esther sgranò gli occhi. – C’è qualcosa che non va? – chiese ignorando il senso del suo discorso.
 – No, ma non averlo, se non ho compreso male, risolverebbe ogni vostro problema, mia signora.
Non ebbe modo di rispondere, perché un’altra contrazione la colpì, e il dolore a quel punto fu talmente intenso da sconquassarla. Forse perse i sensi.
Le parole della levatrice le giungevano ovattate, e la stanchezza era talmente tanta, da farla delirare.
– Aggrappati a me e spingi. – Sì, doveva essere per forza un delirio, altrimenti non poteva spiegarsi la presenza di suo marito al suo fianco. Non l’aveva sentito arrivare, e la preoccupazione che leggeva nei suoi occhi, non poteva essere reale.
 – Mi hai sentito? – Suo marito la stringeva per le spalle, costringendola a rimanere cosciente. 
Esther boccheggiò, ma non emise suono.
 – Devi spingere – proseguì Mikael – non permetterò a nessuno di far del male al nostro bambino.
Solo allora Esther tornò alla realtà. La prima cosa che vide fu il corpo della levatrice riverso a terra: c’era sangue dappertutto.
Non era un delirio, qualcuno aveva cercato di farle del male, e Mikael l’aveva protetta.
– Siamo una famiglia – specificò Mikael notando il suo sguardo confuso – ed io proteggo le persone che amo. – Prese un respiro. – A quanto pare spetta a me il compito di far nascere questo bambino.
Esther era troppo stanca e confusa per comprendere ciò che suo marito stava dicendo.
 – Non sarà indolore – specificò – ma dopo starai meglio.
Esther urlò per quello che sembrò un lasso di tempo troppo lungo, ma quando il dolore cessò, la prima cosa di cui fu certa a seguito del vagito di suo figlio, fu di non aver perso suo marito.
– Va tutto bene... – le sue parole le diedero un sospiro di sollievo, mentre sentiva la sua bocca sulla propria fronte.
 – Non dovresti essere qui – argomentò debolmente.
A Mikael scappò un sorriso storto. – Parli troppo per essere una donna. 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 Me lo ha taciuto. – Caroline fissava Kol Mikaelson con astio evidente, ritta con le braccia incrociate al petto e gli occhi furenti. Purtroppo, non era il cognato il destinatario di tal malcontento.
– Sapevo che saresti venuta – articolò questo senza prestarle particolare attenzione.
Caroline sbuffò. Non si sentiva a suo agio negli appartamenti di Kol, ma la sua era stata una resa obbligata dalle circostanze.
Non sapeva quanto stava avvenendo al di fuori del palazzo, e Niklaus non pareva intenzionato a spiegarglielo.
– Dovrei avvisare Nikalus... – mormorò Kol pensieroso – è così che funziona tra fratelli. – Bevve un sorso di generoso vino e fissò Caroline con rinnovato interesse. – Peccato che lui non lo sia.
Caroline sgranò gli occhi, incredula. Aprì la bocca per parlare, ma Kol bloccò sul nascere qualsiasi sua domanda. – Non sono cose che ti riguardano – articolò – sei qui per sapere di tua madre, giusto?
Caroline annuì. – Mi basta sapere che stia bene.
Kol terminò di bere il suo vino, e scoppiò in una fragorosa risata. – Non credo ci sia modo di sapere quello che chiedi. – Si avvicinò pericolosamente e la scrutò da capo a piedi facendola irritare ancor di più. – Sei bella Caroline – proseguì – e sono sicuro che otterresti tutto quello che desideri, se solo lo chiederesti nella giusta maniera.
Caroline avvampò. – Sono una donna sposata – disse – e non vi permetto di parlarmi in tal maniera.
Per tutta risposta Kol tracciò il profilo del suo viso con l’indice, procurandole non poco disagio. – Bugiarda... – soffiò contro il suo viso – dovresti essere nelle vostre stanze a quest’ora, con tuo marito, invece cospiri contro di lui, su cose che non ti è lecito conoscere.
Caroline tremò, ma non si dipartì. – Se non sbaglio, avevate qualcosa da riferirmi – disse fredda cercando di mettere quanta più distanza possibile fra loro.
Kol ghignò. – Quanta fretta... – si allontanò e andò a pararsi di fronte alla finestra. – So, dove si trova tua madre – proseguì – sono sorti diversi accampamenti che ospitano umani e licantropi.
Il cuore di Caroline perse un battito. Kol sorrise dello stato di evidente agitazione nel quale vessava la fanciulla. – Nikalus non te lo dirà mai, e sia chiaro che non è per farti un favore che te lo rivelerò.
Caroline fece una smorfia disgustata. Sapeva che l’aiuto di kol era da rapportarsi soltanto al folle desiderio di quest’ultimo di recare discordia. – Ovvio... – si lasciò scappare.
– E sia chiaro che io me ne lavo le mani – proseguì Kol girandosi a guardarla beffardo.
Caroline asserì, cercando di non badare alla luce del tramonto ormai fievole, e all’ansia che la stava pervadendo man mano che la notte stava calando.
Negli ultimi mesi erano davvero avvenuti molti eventi, ma quello cui stava andando incontro, era forse la cosa più insensata che avesse fatto.
Lo capì a proprie spese, nell’istante in cui i suoi occhi si scontrarono con quelli di kol Mikaelson.
Arretrò di un passo, ma non riuscì a distogliere i propri occhi. Con tutta la buona volontà non ci sarebbe riuscita.
Le iridi machiavelliche di Kol la catturarono, facendola sentire fragile e inerme.
Sapeva quello che stava avvenendo, ma per quanto s’imponesse, non riusciva a impedirlo.
– So quello che stai pensando... – soffiò Kol decisamente troppo vicino al suo viso – Puoi provarci, ma non puoi ribellarti al soggiogamento – fece una pausa – e poi, prima che te ne renda conto, sarà tutto finito.
Caroline rabbrividì, riconoscendo solo adesso il pericolo cui era andata incontro senza badare alle conseguenze.
Voleva ribellarsi, gridare, sottrarsi alla presa salda delle mani di kol attorno al suo viso, ma si sentiva come paralizzata, ogni arto era divenuto pesante.
Alcune lacrime scesero a imbrattarle gli occhi.
– Shhh... – era come se la voce di Kol provenisse da troppo lontano – andrà tutto bene – cercò di rincuorarla – adesso lascerai il palazzo e seguirai Tyler nel bosco, perché le cose devono andare così. Lo seguirai perché lo vuoi, e desideri sapere se i tuoi genitori stanno bene, e anche perché non sei mai stata realmente bene al palazzo, non vuoi Niklaus al tuo fianco...
Con le iridi ancora imprigionate in quelle di kol, Caroline annuì terrorizzata, mentre i rintocchi del campanile annunciavano la fine della giornata e l’approssimarsi della notte.
Voleva opporsi con tutte le sue forze, ma si sentiva debole. La sua mente le gridava di opporsi, ma il suo corpo faceva tutt’altro.
 
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***
 
 
 
 
 
 
 – Tyler? – Alla vista del licantropo, Caroline arretrò di un passo. Non era sorpresa di vederlo, solo spaventata. Era trascorsa all’incirca un’ ora dall’incontro con Kol, e anche se sapeva cosa sarebbe accaduto da lì a poco, non riusciva a restare tranquilla.
– Dobbiamo fare in fretta. – La voce cospiratrice di Tyler le fece accapponare la pelle. Si guardò in giro non sapendo cosa aspettarsi.
Voleva fuggire, rintanarsi nei propri appartamenti, e aspettare il rientro di Niklaus, solo che le sue membra agivano indipendentemente dalla propria volontà, e contro le sue stesse aspettative si ritrovò a muoversi verso l’amico.  
– Credevo non venissi. – Tyler era ansante e scarmigliato, con i capelli cortissimi e lo sguardo grave. – Ho parlato con Kol – chiarì.
 
Caroline tremò. Diede una fugace occhiata al palazzo, e poi tornò a guardarlo. – Con Kol?
Tyler non rispose, limitandosi a fare un altro passo verso la sua direzione.
Caroline sorrise mesta, e gli occhi le divennero lucidi, ma non seppe mai se Tyler se ne avvide.
Niklaus si sarebbe infuriato, e probabilmente l’avrebbe odiata per il resto dei suoi giorni.
Era dalla sera precedente che non lo scorgeva, e anche se si era ritrovata a pensare che alla fine fosse un bene, adesso con la mano stretta in quella di Tyler non ne era più convinta.
Se lo avesse visto, forse i suoi occhi l’avrebbero tradita. Sì, perché non era facile guardare Niklaus e fingere che andasse tutto bene. Ogni volta che si soffermava a guardare suo marito, si sentiva stringere il cuore, e adesso che la passione era divampata fra di loro, era diventato tutto più complicato.
Avrebbe dovuto dirgli che lo amava la notte che avevano fatto l’amore, adesso non ne sarebbe stata più capace.
– Dobbiamo andare – ripeté il licantropo, attirandola lentamente verso di sé.
Caroline voleva opporsi, ma com’era avvenuto con Kol rimase rigida, con la volontà intrappolata fra le sue membra.
Un’altra lacrima le sfuggì, e chiuse gli occhi quando un’altra voce sopraggiunse e capì che sarebbe accaduto l’inevitabile.
 – Lei non va da nessuna parte. – Niklaus era sopraggiunto, e il suo cuore in un primo momento aveva esultato, ma poi aveva guardato la mano stretta in quella di Tyler, e aveva capito di non avere possibilità d’appello.
– Perché non lo chiedi alla diretta interessata?
– Non ne vedo il motivo: è mia moglie.
Caroline sussultò nell’esatto istante in cui gli occhi di suo marito si posarono su di lei e fu costretta a fronteggiarlo, perché seppe d’averlo ferito irrimediabilmente.
 – Chiedilo a lei. – La voce di Tyler la raggiunse, ma tutto le appariva distorto.
– Non può essere vero... – la voce di suo marito la colpì come un pugno in pieno petto. Iniziò a sentire freddo, ma il suo corpo rimase immobile, senza che riuscisse a muoverlo di un solo centimetro.
– Seguirò Tyler. – Non riconobbe la sua voce all’istante, ma solo dopo, quando vide gli occhi del vampiro diventare freddi e inespressivi.
Voleva gridare, e dirgli che era tutta una menzogna, una coercizione, ma l’unica cosa cui riusciva a dar vita, erano le lacrime che non riusciva a fermare. – Non posso restare, amarti sarebbe impossibile. – Ripeté alla lettera le parole di Kol, senza poter fare a meno di sentirsi sporca, mentre la bocca di Tyler prendeva possesso della sua.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Ci sono ancora. Mi scuso per l’enorme ritardo, e spero che l’enorme assenza non abbia fatto subire dei cali alla storia.
Il capitolo si apre con un flash- back riguardante la nascita di Niklaus. Se avete letto attentamente sapete che quest’ultimo è figlio di Alfons e non di Mikael.
A questo punto l’odio che Kol nutre nei confronti di Niklalus inizia a d avere un senso.
Spero che il capitolo non sia stato deludente, e che vogliate commentare.
Anne e Victor li rivedrete nel prossimo capitolo, capirete che introdurli adesso avrebbe reso il capitolo disordinato.
 Forse non tutti lo sanno, ma ho finalmente scelto i volti che li rappresentano. Si tratta di Henry Cavill ed Emmy Summer, e qui di seguito troverete i link.
 
 
 http://www.venusbuzz.com/wp-content/uploads/henry-cavill-5.jpg
 
 
 
 
http://images1.fanpop.com/images/image_uploads/Emmy-Rossum-actresses-939868_485_604.jpg
 
Per quanti fossero interessati, sappiate che Victor e Anne hanno dato origine a un’originale, e se volete leggerla, ecco il link:
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2072339&i=1
 
 
 
Un abbraccio
Tess
 
Ps: ho revisionato il prologo, e gradirei dei commenti a riguardo. E' importantissimo che lo leggiate, visto che contiene uno spoiler riguardante i prossimi capitoli. Spero possa piacere.
Grazie
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 27
*** 26 ***


26
 
 
 
 
 
 
 
 
– Del vino – la voce rauca del vampiro ridestò l’attenzione dell’oste, che data l’ora tarda si era appisolato.
Non era una bettola di buon costume quella. Si trovava lontano dalla giurisdizione di Fell’s Church, e non era raccomandabile pernottarvi.
Se l’oste fosse stato destabilizzato dalla presenza del vampiro, non lo diede a vedere, e senza batter ciglio versò una buona dose di liquido nel calice, e glielo porse.
In realtà l’oste era solo un giovincello, mandato dal proprio padre fannullone a lavorare al suo posto, ma non ci teneva a morire, non così giovane. Per questo motivo alla vista di Nikalus Mikaelson, nonostante questo non mostrasse un bel vedere, con le nocche insanguinate, i vestiti sgualciti e la barba incolta, ubbidì senza batter ciglio.
Nella locanda erano rimasti pochi clienti, ubriachi fino all’osso, ma il giovane non li guardò nella speranza che lo soccorressero, batté il pugno sul banco, per richiedere il pagamento che gli dovevano: due penny per l’esattezza.
Perry, così si chiamava il giovane, aveva imparato anzitempo a destreggiarsi in quell’ambiente, e l’ultima cosa cui anelava era che suo padre lo battesse con la verga.
I clienti, assidui frequentatori di quella bettola, adibita anche a postribolo lo conoscevano dabbene, e nessuno fino a quel giorno era mai venuto meno a un pagamento, neanche di un solo misero centesimo.
Niklaus alzò lo sguardo su di lui per richiedere altro vino, con una smorfia amara sul viso, facendogli segno che gli porgesse la bottiglia.
Lo reggeva bene l’alcol, in realtà non si era mai ubriacato in tutta la sua vita, neanche nelle notti brave. Per questo riteneva bere una gran perdita di tempo, ma non quella notte. Non da una settimana a quella parte.
Con la mente annebbiata cercò di non pensare più a Caroline, per dedicarsi a passatempo migliore.
L’aveva intravista da diversi minuti ormai, e nonostante la ragione le imponesse di non farlo, c’era un istinto primordiale in lui, che non riusciva più a domare. Non dopo quello che Caroline, sua moglie gli aveva fatto.
– Come ti chiami? – la donna si avvicinò sinuosa. Indossava una sottoveste davvero poco casta, che lasciava ben poco all’immaginazione e come da manuale sfiorò il suo petto e allentò il primo bottone.
Nikalus sogghignò, ma sul suo viso non passò alcuna ombra di compiacimento.
La testa le girava, ma non barcollava purtroppo, e questo lo mandava su tutte le furie: non avrebbe potuto fingere che andasse tutto bene.
Quella donna per quanto bella, non era Caroline, non ne possedeva il candore, e neanche le forme. Soltanto il colore degli occhi era simile, ed era stato questo ad attrarlo.
I capelli invece erano neri, le labbra troppo sottili, i vestiti troppo sgargianti.
– Non sono mai stata con un vampiro – mentì la donna.
A Niklaus quelle parole scivolavano addosso. Non voleva sentire quella voce, né quel profumo decisamente troppo forte. Voleva solo il suo corpo, e il suo sangue.
Il secondo bottone fu slacciato, e l’unica cosa cui pensava Nikalus, era che voleva bere, fino a vomitare, fino a non ricordare più chi fosse, perché il dolore che sentiva al petto era decisamente troppo forte e non era sicuro di riuscire a sopportarlo.
Batté il pugno sul banco, richiamando nuovamente l’attenzione dell’oste.
– Altro vino – borbottò alzandosi e attirando a sé la donna – e una stanza – aggiunse incolore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 


 
 Ma come siamo mattiniere... – Caroline s’irrigidì, portando le braccia al petto per coprirsi alla meglio e acuendo lo sguardo in direzione della voce.
Adesso lo sapeva, il sibilo udito non apparteneva a un gufo, ma era un segnale, e non era stata una buona idea lasciare la propria tenda per immergersi nelle acque gelide di un torrente.
 Per i bagni al chiaro di luna ci sono le tinozze, – la voce baldanzosa di Tyler la raggiunse per la seconda volta procurandole non poco disagio – e poi in tal modo non hai dato occasione a nessun baldo giovanotto di ammirarti.
Caroline arrossì più del lecito, ma non si lasciò intimidire. Se c’era una cosa di cui era assolutamente certa era la fiducia che potesse riporre in Tyler, e sapeva che non le avrebbe fatto del male, non fisicamente almeno.
– È per questo che ho preferito il torrente – si difese.
 Tyler si grattò pensieroso il mento. – E come pensi di uscire? Dubito che non approfitterò dell’occasione.
– È buio pesto – specificò.
– Lo so, ma io sono un licantropo... – fece una pausa – te lo dico per puro spirito cavalleresco.
– Non peggiorare la situazione, non dovrei neanche rivolgerti la parola. – Chiuse gli occhi e si turò le orecchie cercando di prendere dei lunghi sospiri.
Ogni volta che lo vedeva, che sentiva soltanto il suono della sua voce, era come se la sua volontà si annullasse, e poco importava se fosse cosciente o meno.
Sapeva che Tyler aveva stipulato un patto subdolo con Kol, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a far prevalere la rabbia, né l’odio.
 Se speri di vedermi sparire da un momento all’altro, ti sbagli perché non lo farò. È inutile che t’illustri i pericoli cui vai incontro restando qui – continuò Tyler.
– Non sono un incosciente, sarei uscita da un momento all’altro. 
Adesso che si era abituata all’oscurità riusciva a intravederne i tratti, e questo non era un bene, perché lo trovava attraente oltremodo.
Una settimana. Era trascorsa una settimana da quando Kol l’aveva soggiogata e controvoglia aveva seguito Tyler.
Caroline avrebbe voluto gridare, ma ogni volta che ci provava, la voce diventava un sibilo appena udibile, le orecchie le ronzavano e si sentiva sul punto di svenire.
 Molti non ti vedono di buon occhio – chiarì Tyler.
Caroline sobbalzò, ma continuò a restare immobile, nonostante faticasse a sentire  le articolazioni.
Non le era difficile immaginare che qualcuno le volesse fare del male, ma sentirlo con le proprie orecchie era tutt’altra cosa. Non le era sfuggito l’atteggiamento indisponente e la freddezza che taluni usavano nei suoi confronti.
Del resto lei aveva sposato un Mikaelson, e mischiato il suo sangue col proprio.
Gli occhi le divennero lucidi, ma le lacrime quelle, nonostante ne avesse un gran bisogno, non riusciva a farle venir fuori.
 Se hai in cuore la mia salute, ti conviene girarti.
Tyler sorrise leggero. In momenti come quello sentiva come se il tempo non fosse mai trascorso, e desiderava come non mai avere Caroline, ma averla per davvero.
Per questo motivo articolò le uniche parole capaci di realizzare quel proposito. – Ti aiuto a uscire – disse serio. – Non ti sfiorerò – stai tranquilla... – prese un respiro profondo – conosco il modo per liberarti dal soggiogamento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 


 
Mikael alla vista del figlio sgranò gli occhi, ma nessuna parola fuoriuscì dalla sua bocca.
Da diversi giorni si rifiutava di palesare la propria presenza, e solo adesso ne capiva il motivo: lo sguardo di Nikalus era... perso.
Mikael scosse ripetutamente il capo, come a voler scacciare quella verità dalla propria mente.
Aveva capito nello stesso istante in cui aveva posato gli occhi sul figlio, appena questo aveva varcato il portone, ma si rifiutava di ammetterlo con tutte le sue forze.
– Dimmi che non è vero – mormorò affranto. La sua non era una domanda, solo la blanda speranza che non confermasse i suoi dubbi.
Lo conosceva più di chiunque altro. Più di Esther che lo aveva messo al mondo, e alla sua vista si era sentito mancare. – Non può essere... – disse ancora avvicinandosi con più circospezione, senza aver cura dei servi e degli schiavi che stavano assistendo alla scena, e che fingevano di continuare a svolgere le proprie mansioni.
– Che cosa? – Niklaus lo guardò con insofferenza, incrociando appena le braccia e divaricando le gambe.
– Lo sai.
Niklaus accennò un lieve sorriso, e poi voltandogli le spalle, pronunciò un’unica parola, capace di farlo rabbrividire: – La distruggerò.  
Non ci fu bisogno per Mikael di domandarsi a chi si stesse rivolgendo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Perché mi stai facendo questo? – Caroline cercava di liberarsi dalla presa di Tyler con scarsi risultati. I capelli erano ancora umidi, e anche se aveva indossato frettolosamente i vestiti, questi non erano riusciti a scaldarla.
Subito dopo averla trascinata fuori dal torrente, Tyler l’aveva costretta a seguirlo verso la parte orientale dell’accampamento, dove secondo il suo parere c’era qualcosa cui doveva assistere.
La giovane sapeva, intuiva, che non sarebbe stato un bello spettacolo, per questo si dibatteva con tutte le sue forze. – Lasciami! – gridò all’ennesimo strattone.
Tyler scosse il capo, e una volta giunto a destinazione, la tenne salda per le spalle, costringendola a entrare in una delle tante tende.
La sua stretta non era violenta, ma dolorosa sì, e per quanto Caroline si sforzasse non riusciva a muoversi.
La prima cosa che la colpì fu l’odore di carne bruciata e sangue rappreso.
Cercò di indietreggiare, ma ancora una volta, le braccia di Tyler furono una roccaforte inespugnabile. – Guardala bene – soffiò contro il suo orecchio, da dietro le sue spalle.
Caroline tremò, e portò una mano alla bocca, nel vano tentativo di non urlare.
C’era una donna accasciata al suolo, probabilmente febbricitante. Sulla pelle della schiena, in bella mostra, vi era incisa un’unica parola “slave”.
– Ti aiuterò a sottrarti al soggiogamento – soffiò ancora Tyler – ma ciò non toglie che voglio tu sappia a cosa stai andando incontro. Questa è una guerra Caroline, e Nikalus miete le sue vittime – disse indicando la donna.
 
Finalmente Caroline fu libera, ma a differenza della lotta sostenuta poco prima, non si ribellò.
Le gambe le cedettero improvvisamente, il respiro le si fece affannoso, il sudore le imbrattò la fronte.
Sapeva che stava per svenire, ma non riusciva a muoversi, perché aveva compreso che le parole del licantropo corrispondevano a verità. – Non importa – soffiò – è mio marito e so quello che faccio.
Tyler la afferrò nuovamente per le spalle, e cercò di farla rialzare. – Ti farà del male.
La giovane donna riversa a terra, continuava a lamentarsi, ma Caroline non la ascoltò più. – È colpa mia – ribadì flebile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Aggiornamento lampo. Non ho molto da dire le cose a questo punto sembrano essere abbastanza chiare.
Niklaus ha spento le emozioni, Caroline è venuta a saperlo, ma è ancora intrappolata dal soggiogamento.
Volevo dire che diversamente da quanto accadeva nel tdv, il soggiogamento non prevede un annullamento totale della volontà.
Caroline è cosciente di quanto le sta accadendo, solo non riesce a opporsi. Non ancora almeno.
Per quanti non lo sanno, la storia è in fase di revisione.
Non preoccupatevi, cercherò solo di migliorare i capitoli, non la stravolgerò.
A tal riguardo volevo dire, che ho riscritto il prologo, in maniera totalmente diversa, e sarebbe utile se lo leggeste, visto che contiene spoiler che riguardano i prossimi capitoli.
Ormai siamo agli sgoccioli, credo l’abbiate capito, e spero continuerete a seguirmi in tanti.
 
Note tecniche:
 
La parola “slave” in inglese, significa schiavo.
Un bacio
Tess
 
 
Per quanti sono interessati alle vicende di Anne e Victor, che purtroppo sono assenti anche in questo capitolo, vi ricordo l’originale che ho scritto a loro riguardo:
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2072339&i=1
 
 
Mi è dispiaciuto non inserirli, ma proprio non potevo: il capitolo sarebbe apparso frammentato.

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