367 Giorni Senza Gravità

di RuboLaVitaDentroDiMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 12 aprile 2013: Tu svanisci... ***
Capitolo 2: *** 13 aprile 2013: Costruire me stessa... ***
Capitolo 3: *** 14 aprile 2013: Esseri incolori... ***



Capitolo 1
*** 12 aprile 2013: Tu svanisci... ***


12 aprile 2013,
Primavera
"almeno... fuori di me."


Mi sveglio, stamattina, e non ci sei.
Mi basta guardarmi attorno, per capire: è chiaro che non ci sei, che non ci vuoi essere e che non hai intenzione di tornare indietro.

Il tuo cuscino è stropicciato e confuso, sa che qualcuno ha dormito su di lui, ma non ricorda più la forma che ha la tua testa e ha perso il tuo profumo, o forse non l'ha mai avuto, così me ne lancia addosso uno che non sa di te, come a chiedermi Dov'è lui? Non lo senti che ho l'odore sbagliato?
Lo specchio si è dimenticato come rifletterti. Ci prova, mette assieme forme confuse, se strizzo gli occhi mi sembra quasi di vedere il tuo profilo che mi spunta alle spalle nel gesto di chinarsi a baciarmi il collo, ma alla fine il tentativo fallisce. Desistiamo entrambi. L'unica cosa che può fare è dipingere la mia espressione sperduta, cercando di farmi capire quanto lui la condivida, ma non basta: la cornice dello specchio sembra così vuota, ora che c'è tanto spazio da occupare e solo il mio viso minuto disposto a distendercisi.
L'anta dell'armadio è rimasta aperta e gli scheletri delle grucce appendiabiti rabbrividiscono e stendono invano le loro braccia scarne, perché tu le hai spogliate dei loro vestiti e mi ci vorrà tempo – e voglia, e coraggio, e forza – per decidere che non voglio lasciarle livide di freddo o di pudore e occupare tutto il guardaroba con i miei e basta, di vestiti, senza lasciarti altro spazio.
La tua tazza preferita ti ha seguito nella tua fuga. Avrei dovuto immaginarlo, tenevi a lei più di quanto tenessi a me. Dovevi sempre averla accanto, altrimenti ti sentivi perso. Adesso le mie tazze hanno fatto cerchio attorno al vuoto lasciato dalla tua e lo evitano come se lei fosse stata una lebbrosa e avesse contaminato quel piccolo pezzo di scolapiatti. La cosa mi fa piacere, in modo crudele ma soddisfacente. Le mie tazze trattano la tua come un'appestata.
Mi ci vuole un po' più di tempo, ma alla fine scopro anche questo. La segreteria del nostro telefono si è trincerata nel suo malinconico silenzio, e si compiange per il tuo abbandono. Non c'è più il caldo messaggio delle nostre voci che allegramente comunicano la nostra assenza.
Adesso l'unico assente sei tu. E forse anche le parti di me che tu ti sei portato via senza saperlo e senza che io potessi impedirlo.
Mi rendo conto che sono bastati pochi gesti e poche ore per cancellare la tua presenza da questa casa e mi chiedo perché.
Perché io ti ricordo ogni istante, nei miei pensieri, e invece tutto quello che mi circonda ti ha subito declassato ad estraneo? Perché tutto ti ha dimenticato e io non posso cancellarti con un colpo di spugna?
Mi sveglio, stamattina, e mi sento persa.
E allora mi siedo sul divano e aspetto che torni, dovessi metterci anche vent'anni.
Aspetto che tu torni, e intanto scrivo, giusto perché non voglio che tu ti perda nemmeno un secondo della mia vita.
Aspetto... e non so come faccio a saperlo, ma sono certa che tu non hai intenzione di tornare indietro.


 



Poche briciole:
E' una raccolta palesemente senza senso, questa. Ha avuto la luce solo per permettermi di scrivere capitoli senza alcuno scopo in tutta liberà, così, come una discarica di pensieri stracci che non troveranno mai il loro spazio e che quindi piazzo qui, un po' alla rinfusa, ma sostanzialmente liberi di essere cosa, come, dove, chi, perché vogliono. Mi limito a gettarli qui e li lascio giochicchiare liberi, dandogli solo un po' di forma.
Spero solo che così senza controllo non si facciamo male.
LadraDiVita

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Capitolo 2
*** 13 aprile 2013: Costruire me stessa... ***


13 aprile 2013,
Primavera

 

 

Forse dovrei semplicemente lasciarti in un angolo della mia mente e continuare a vivere.
Dovrei metterti da parte e finalmente mettere in primo piano me stessa.
E mi rendo conto, adesso, che fino ad ora sono stata una macchia fuori fuoco, accanto a te, sempre nitido e dritto in fronte all'obbiettivo.
Devo darmi una forma. Devo creare me stessa.
Come voglio essere?
Triangolare, circolare? Solida, bidimensionale?
Voglio avere dei teoremi che riescano a calcolare la somma di tutti i miei angoli interni? Voglio essere qualcosa di perfetto, impeccabilmente regolare?
O voglio essere entropia danzante? Processi infiniti per trovare un solo lato e poi non avere abbastanza dati per conoscere il resto?
Forse potrei essere un numero, senza dover spendere così tanto tempo a disegnarmi. Potrei essere uno di quei bellissimi periodici misti che danno vita ad una altrettanto deliziosa frazione a base 90, 900, 9000...
O magari pi greco. Infinita, inesplicabile e così utile per chi saprebbe come usarmi...
Un numero primo, anzi. Semplice. Qualcosa che può essere intaccato solo da se stesso e da qualcosa che, pur dividendolo, lo lascerebbe integro e fedele al proprio tutto.
Un 3. Numero primo, numero perfetto, pitagoricamente accettabile...
Rossa? Perché tutti sappiano che non possono attraversarmi come un incrocio stradale?
Viola? Perché mi colgano e pensino a me, annusando il mio profumo?
Mi piace il color carta da zucchero, però. Come le lenzuola del nostro... del mio letto. Come quel piccolo pezzo di cielo, a metà fra il rosa dell'alba e il celeste di sé.
Di ferro? Dura, resistente, magnetica? Di pongo? Modellabile ai desideri di chiunque, così morbida dentro e fuori? Di carta? Scharabocchiabile a piacere da tanti bambini capricciosi?
O forse di gomma. Si piega agli urti, ma non si deforma e non si spezza. È morbida quanto serve per essere rassicurante, ma non abbastanza da essere cedevole. Certo, se è troppo calda di scioglie, ma chi non lo fa? Sì, è come me. Anzi, io sono proprio così.
Ultima scelta, allora.
Quanto grande voglio essere?
Grande come il sole, magari. Tanto da costringermi ad andarmene lontano, per non togliere spazio a nessun altro. O forse minuscola come un granello di polvere, in balia del più flebile dei respiri.
Non lo so, davvero. È una questione complicata, quella della grandezza. Bisogna scegliere proprio quella giusta. Ecco, io voglio quella di una monetina da cinque centesimi. Abbastanza piccola da passare inosservata, ma se la cerchi, se davvero vuoi trovarla, si fa scovare in un baleno. Esiste.
E così questa sono io.
Un tre, in gomma color carta da zucchero, grande come una moneta da cinque centesimi.
Sì, mi piaccio.


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Capitolo 3
*** 14 aprile 2013: Esseri incolori... ***


14 aprile 2013,
Primavera

 

Perché siamo persone senza fantasia, noi italiani?
La nostra lingua è così noiosa: tutto vuol dire quello che è, e non una virgola in più, o un punto in meno.

Oggi ho sentito delle voci senza volto che sussurravano lungo le strisce pedonali, al mio fianco, lungo la strada. Ma ne ho sentita veramente soltanto una.
Oh, Mum. I feel so blue*.
Blue, capisci?
Quella voce si sentiva blu.
Perché io non posso sentirmi blu? O arancione, lilla, cachi? Perché se io provassi a dire una cosa del genere nella nostra cara lingua padre tu e la tua razionalità a tutti i costi mi ridereste in faccia?
Voglio il permesso di sentirmi colorata. Voglio poter prendere i miei pensieri e tingerli, usare colori a dita, pastelli a cera...
Voglio avere un animo policromo.
Perciò sappilo: quando tornerai a casa – perché lo farai, vero? – e mi chiederai come sto, come sta la mia anima, come sta il mio culo cadente... io ti sorriderò e ti risponderò:
Mi sento verde.
E tu saprai che sono stanca, che ho voglia di distendermi, di chiudere gli occhi e svegliarmi in un nuovo mondo. E allora mi rimboccherai le coperte e conterai per me le pecore, ché io non ho mai avuto abbastanza attenzione per andare dopo il cinque.
Poi mi sveglierò una mattina e ti dirò che sono nera.
E tu capirai dalla tinta della mia vita che non ho bisogno di nulla, per oggi, che sono piena di pensieri, di idee, di... cose... che premono contro le pareti del cervello e graffiano per uscire. Mi sorriderai, mi accarezzerai le tempie e mi metterai una penna in mano, per poter scrivere e tornare al grigio ideale della serenità.
Ti dirò che sono gialla.
E tu starai attento, perché ti potrei scoppiare tra le mani per il dolore, o potrei bruciarmi da dentro e ti troveresti un mucchietto di cenere tra le mani.
Un giorno sarò bianca.
E tu mi starai lontano, perché il vuoto risucchia tutto e tutti, ma mi lascerai un panino davanti alla porta chiusa della nostra camera e magari anche un pezzo del tuo amore, perché ci sono tanti di tipi di fame, e tanti buchi da riempire. E tu lo sai che io dovrò saziarmi, in qualche modo.
Qualche volta cambierò colore così velocemente che non riuscirai a starmi dietro e mi guarderai vorticare sotto i tuoi occhi, e ti verrà voglia di gettarmi addosso un barattolo di vernice rosa, per rendermi dolorosamente triste quanto te. E lo farai. E saremo tristi assieme. E io non saprò nemmeno perché all'improvviso la vita mi sia diventata così pesante.
Poi magari un giorno tornerò incolore e tu te ne andrai di nuovo.
E contagerai con il tuo niente-tutto qualcuno che non sono Io e che non sono mai stata.




 


*In verità? (che poi... qual è la verità?): I feel blue = Mi sento triste.

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