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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta casa Tendo... ***
Capitolo 2: *** Qualche parola di troppo ***
Capitolo 3: *** Rumori nella notte ***
Capitolo 4: *** Escalation! La casa alza il tiro ***
Capitolo 5: *** La verità, the Happosai's way ***
Capitolo 6: *** Se telefonando ***
Capitolo 7: *** In birra veritas ***
Capitolo 8: *** Don't panic ***
Capitolo 9: *** Perdincibacco ***
Capitolo 10: *** La Cina è vicina ***
Capitolo 11: *** Akira Power ***
Capitolo 1 *** C'era una volta casa Tendo... ***
fanfic-cap1
E va bene, visto che tanto ormai
l'hai trovato...però sappi che non è una buona abitudine
quella di frugare tra le cose altrui, ragazzina.
Dici che non ci capisci niente di
quello che c'è scritto? Ovvio che non è colpa della mia
scrittura. Ho sempre avuto una bella grafia io.
Da' qua, fa vedere come iniziava...
30 Giugno 1990
17:55 – camera mia: la porta sbatte due volte e la finestra si apre da sola senza vento
18:05 – stanza del vecchiaccio: l'armadio si apre e si richiude
18:10 – cucina: il bollitore attacca Kasumi.
Eh, già... che tempi quelli!
Devi sapere Minako che prima che
tu nascessi, quando io ero ancora una studentessa delle superiori, le
nostre vite scorrevano tranquille e si potrebbe dire quasi rilassate in
un mondo che non aveva nulla, ma proprio nulla di normale. Ogni giorno
accadevano cose veramente incredibili, così incredibili che a
pensarci adesso sembra impossibile che potessimo vivere la nostra
routine quotidiana come se nulla fosse circondati da fatti e creature
tanto fuori dal comune. Vecchi centenari dal potere straordinario,
persone capaci di trasformarsi in animali, incantesimi e sortilegi di
ogni genere, battaglie incredibili, e tanta ma veramente tanta gente
strana che entrava e usciva da casa nostra. Ma soprattutto entrava e ci
restava più a lungo di quanto fosse umanamente sopportabile.
Eravamo talmente abituati a convivere con l'assurdo che quando quel
fragile equilibrio che permetteva la nostra strampalata ma in un certo
senso abitudinaria esistenza iniziò a incrinarsi, nessuno se ne
accorse. Al meno non subito.
Prima di allora non avevo mai
tenuto un diario, solo libri di contabilità. Il resto non mi
interessava, o per lo meno non mi sembrava importante prendere nota dei
dettagli per ricordarli a lungo termine. Ma al terzo giorno che, mentre
ero seduta alla mia scrivania concentrata nel prepararmi per l'esame d'ammissione della "Todai", la porta della mia stanza sbatteva e la finestra si
apriva da sola sul mio naso, senza che soffiasse un alito di vento...
beh, decisi che prendere nota di fatti ed orari era una buona misura
cautelativa per salvaguardare la mia igiene mentale. Faceva caldo, era
estate e l'anno scolastico volgeva al termine.
"Vedi tu che proprio adesso che
l'incubo della scuola sta per finire e posso finalmente dedicarmi a
quello che davvero mi interessa devo uscire di testa..." mi dicevo,
convinta che il problema fosse mio, che stessi vicina all'esaurimento
nervoso. La temperatura era veramente alta e l'umidità
decisamente troppa, e io che dovevo studiare e studiare e studiare se
volevo ottenere un buon voto così da potermi iscrivere
all'università che avevo scelto, non potevo neppure godermi il
refrigerio pomeridiano della piscina. Avevo la mente piuttosto
offuscata, ma non me l'ero sognato, ne ero certa. Quasi certa. Non
c'era corrente, non un filo d'aria, purtroppo per me. Eppure la porta
sbatteva. Sbatteva e si riapriva e sbatteva di nuovo. E poi si apriva
la finestra sulla mia faccia facendomi cadere gli occhiali da lettura.
La terza volta che il fenomeno si ripeteva presi un quaderno, segnai
data e ora e scrissi: la porta sbatte due volte e la finestra si apre
da sola senza vento. Quindi scesi al piano di sotto.
- Happosai!? Sei qui? - la prima
cosa che pensai di fare fu andare a vedere se il vecchio maestro era
nella sua stanza. Dopotutto poteva esserci una spiegazione plausibile
per quella stranezza, magari aveva a che vedere con qualche stregoneria
che stava combinando quella mummia parassita. Il vecchio invece
dormiva, probabilmente steso dal caldo, circondato dai suoi preziosi
zuccherini. Non c'erano candele, incensi o altre diavolerie in giro.
Tutto pareva tranquillo. Ma quando mi affacciai per guardare meglio...
le ante dell'armadio si aprirono tutto a un tratto. E così come
si erano aperte, da sole, lentamente, si richiusero.
Mi stropicciai gli occhi e mi
diedi un paio di buffetti sulle guance. Quindi ritornai in camera mia e
presi nota di questa nuova stramberia. Infilai un asciugamano pulito
nella sacca della piscina, attaccai il walkman alla tasca degli shorts,
mi sistemai le cuffie in testa, schiacciai play e uscii a passo svelto
canticchiando con il borsone in spalla.
Va tutto bene, è solo un po' di caldo. Take it easy...
Passando davanti la cucina trovai
mia sorella Kasumi sulla porta che si soffiava sul dorso della mano
sinistra e aveva i lagrimoni agli occhi.
- Che hai fatto? - le chiesi incerta, che un po' lo sapevo che la risposta non mi sarebbe piaciuta.
- Il bollitore, è stato il
bollitore....- la si vedeva chiaramente contrariata - Sono sicura di
non averlo accesso, ma ha cacciato uno schizzo d'acqua bollente
all'improvviso. Non so proprio come sia potuto accadere...-
Scossi la testa, guardai
l'orologio per memorizzare l'orario. Questa l'avrei segnata dopo, per
ora era più urgente uscire.
Che si tratti di un esaurimento collettivo...? Io che posso, farei meglio a passare dal dottor Tofu domani.
Sulla strada per la piscina
incontrai Ranma e Akane che tornavano a casa. Akane da quando aveva
scoperto i braccioli ci andava spessissimo. E poi, certo, loro non
avevano un esame finale da preparare ed erano liberi di spassarsela. E
invece non sembravano contenti, ma proprio per niente. Mia sorella
camminava a testa basta e Ranchan aveva un'espressione cupa sul volto e
lo sguardo perso lontano, sembrava immerso in pensieri poco allegri.
Li guardai di traverso: - Che
brutta cera che hai! - apostrofai Akane prima che avessero il tempo di
salutarmi - Se la piscina deve farvi quest'effetto meglio che ve ne
restiate a casa, tanto più che ultimamente accadono cose
parecchio interessanti... -
Da un po' di tempo provavo un
certo fastidio nei loro confronti. Io all'epoca ero decisamente molto
attaccata al denaro e mi impegnavo con tutte le mie forze per
guadagnarmi un avvenire gradevole, cercando al tempo stesso di
divertirmi nel presente. Spesso mi facevo odiare, ma me la passavo alla
grande, in genere. Quelle settimane facevano eccezione e diciamo che
non ero molto ben disposta nei confronti di persone così
ostinatamente determinate a rendersi la vita impossibile per motivi
tanto futili.
Che voglia ne avranno poi con questo caldo...!
Certo che, a pensarci un attimo,
erano mesi che si comportavano in modo strano. Il ciclo standard grida
- insulti - botte (da parte di Akane) - scuse (da parte di Ranma)
- riconciliazione doveva essersi interrotto già da parecchio.
Non mi ci ero mai fermata a pensare prima, ma doveva essere stato dal
matrimonio fallito. Le cose non erano più tornate veramente come
prima, nonostante le apparenze. Dopo quel disastro, mi sarei aspettata
che succedesse qualcosa di eclatante: che Ranma scegliesse la vita
dell'anacoreta o che Akane smettesse di rivolgergli la parola
vita natural durante. Oppure, per lo meno, che litigassero di brutto ma
che alla fine si chiarissero, una volta per tutte. Invece niente di
tutto ciò. La vita aveva ripreso a scorrere come se nulla fosse,
almeno in superficie. Ma in effetti quei due non discutevano quasi
più, o se lo facevano si si trattava sempre di battibecchi privi
di energia, molto meno animati. Davano l'idea di annoiarsi, di non
provarci più gusto. Dopotutto avevano accettato di sposarsi - la
qual cosa, a mio modesto avviso, sarebbe stata una vera idiozia - ma in
ogni caso dovevano essersi immaginati un futuro diverso, una rottura
non da poco con quello che erano state le loro vite fino a quel
momento. Si erano affidati a una forzatura esterna per riuscire a dare
una svolta alle loro esistenze e quando questa era venuta meno, non
erano stati capaci di prendere in mano la situazione e cavarsi
d'impaccio da soli.
Inutili
bambinetti vigliacchi. Io avrò dei problemi con il denaro, ma
certa gente ha dei grossissimi problemi con i sentimenti.
Mi feci una gran bella nuotata e me ne tornai a casa esausta.
Sulla via del ritorno ricominciai
a rimuginare su questioni che non mi riguardavano. Visto mai che... che
io... che stessi in pensiero? Ma no...! Più probabilmente volevo
solo evitare di pensare ad altre cose più fastidiose, come ad
esempio il ciclo del glucosio, la filosofia di Kokugaku e Rangaku,
l'integrazione per parti... per non parlare di certe porte e finestre
semoventi.
Il sole stava tramontando e le
ombre si allungavano sulla città. Il caldo non allentava la sua
morsa, ma c'era una certa pace tutt'intorno. Stavo meglio, la testa
aveva ripreso a funzionare lucidamente, grazie al refrigerio della
piscina e alla fatica fisica.
La vaga idea di dover fare una
lunga chiacchierata tra sorelle iniziava a far breccia trai miei
pensieri, ma se da una parte ero quasi del tutto sicura che Akane
avesse bisogno di parlare con qualcuno con un po' più esperienza
di lei nelle cose di questo mondo - leggasi: non con Kasumi che
dispensa consigli omeopatici - ero altrettanto consapevole di non
essere adatta al ruolo di confidente. Senza contare che parlavamo due
lingue diverse. Infatti, se era vero che io ero cresciuta un po' come
una pianta selvatica, era altrettanto vero che dopo la morte della
mamma tra la maggiore e la minore di noi sorelle si era instaurato,
nonostante il piccolo scarto di età, un rapporto simil-filiale.
Ovvero, Akane era un po' figlia di Kasumi e l'omeopatia era l'unica
relazione umana in cui si sentisse veramente a suo agio. D'altra parte
io avevo altre cose a cui pensare che non starmi a immischiare nelle
faccende altrui.
Dunque, pensiero accantonato. Almeno per il momento.
Quella sera cenai in fretta, senza
dire mezza parola, ed appena terminato di mangiare me ne andai in
camera mia a rimettermi sui libri per recuperare il tempo perduto.
Da lì a un paio di mesi non
avrei più abitato in quella casa. Da lì a un paio di mesi
tutto sarebbe stato diverso, almeno per me. Chissà se anche per
gli altri abitanti di quella stramba dimora...
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Capitolo 2 *** Qualche parola di troppo ***
fanfic-cap2
Il giorno seguente era proceduto tranquillo e asfissiante come da copione.
Dopo la scuola me ne ero andata a
studiare a casa di Setsuna, una
compagna di classe, lontana dalle distrazioni della mia cameretta mezzo
indemoniata. Con Setsuna si lavorava sodo ed era una piacere stare in
compagnia invece di arrovellarsi da sole. A fine giornata avevamo
svolto il 100% di quanto ci eravamo prefissate e ci era anche scappato
il tempo per una buona tazza di tè fumante - o un bicchiere di
tè freddo, date le temperature equatoriali - e quattro
chiacchiere tra
amiche. Di solito era un ottimo modo per rilassarsi un po' e smettere
di pensare agli esame per qualche minuto. Di solito.
- Accidenti a me e alla mia
indecisione... - quando però Set-chan se ne usciva dal nulla con
una frase che iniziava con "accidenti" non c'era mai nulla di buono da
aspettarsi - Non credevo di avere dubbi, io avevo davvero deciso di
trasferirmi a Kyoto per
studiare chimica in una delle migliori università del mondo,
ma... - eccola là... -
vedi Nabiki, con Daisuke le cose sembra che stiano prendendo una
piega... beh,
insomma, non sono più tanto convinta di voler andar via...
- Con Daiche??? - per poco non
sputai tutto il tè sul divano - Ma chi? Quello scemo del secondo
anno? L'amico di Ranma? Io credevo gliela stessi solo facendo credere!
Impossibile. La mia brillante e maturissima amica aveva una storia
con quel tummero a cui fino a poco prima vendevo foto di Akane... certo
che il mondo è pazzo davvero. A dire il vero sapevo benissimo
che ultimamente aveva preso a ronzarle intorno, ma non mi sarei mai
aspettata che lei gli desse corda. Non fino a questo punto, almeno. Che
ridere!
- Ma dici sul serio, Set-chan...? - a me non sembrava una cosa
ragionevole mandare all'aria i propri piani di vita per una tresca che
durava da... quanto? Due mesi? Tre. Tre mesi, mi informò Setsuna
piena di orgoglio. Ed erano assolutamente innamorati.
Bah. Valli a capire questi giovani d'oggi...
Quando tornai a casa scoprii che Kasumi aveva bruciato la cena e che
eravamo in attesa di Shampoo che ci doveva portare quanto ordinato al
suo ristorante. Questa poi... A me pareva più normale che ante,
porte e finestre prendessero vita piuttosto che la nostra Kasumi
commettesse errori in cucina. Diciamo che chiudeva a parimerito con Setsuna innamorata di Daisuke.
- Akane, non avrai per caso tentato di “aiutarla”? -
- Cosa vorresti insinuare? -
- Io? Nulla ovviamente. -
- Comunque ero di sopra a fare i compiti quando
è successo... - mi rispose distrattamente. A quel punto però volevo
vederci chiaro: possibile che nessuno avesse notato nulla di strano?
- Cos'è successo esattamente? - domandai a Kasumi. Per farla breve, non
ne aveva la più pallida idea. Semplicemente si era bruciato
tutto. Roba da matti.
Andai in camera mia a prendere il quaderno.
30 giugno 1990
17:55 – camera mia: la porta sbatte due volte e la finestra si apre da sola senza vento
18:05 – stanza del vecchiaccio: l'armadio si apre e si richiude
18:10 – cucina: il bollitore attacca Kasumi.
1 luglio 1990
20:00 circa – la cucina brucia la nostra cena.
p.s.: Setsuna ha una storia con
Daisuke del secondo anno. Ancora esistono ragazze
intelligenti che per essere andate a letto con uno si sentono obbligate
a credere di aver trovato il grande amore e sono disposte a mandare
all'aria tutti i loro progetti di vita. Questo mondo è destinato alla rovina.
Poco dopo arrivò Cologne con Mousse e la cena, ma senza Shampoo.
La nostra amazzone essiccata preferita entrò in casa
salterellando sul suo bastone, guardandosi intorno con aria
circospetta: - È permesso? - chiese, nella voce una nota
melliflua alquanto insolita - La loro cena, signori. -
Accompagnò le parole con un ampio gesto del suo minuscolo
braccio. Il suo viso si deformò in una smorfia che immaginai
volesse essere un sorriso. Il ragazzo iniziò a distribuire le
pietanze sulla tavola, finendo per urtare il Signor Panda.
- Accidenti, Saotome! Devi sempre mettermi i bastoni tra le ruote?
Certo che... ma come ti sei ingrassato...! E quanto... ma quanto sei
diventato peloso! Che schifo! Pari un orso! Mai pensato di fare un
salto dall'estetista?
- E tu mai pensato di incollarti
gli occhiali al naso, scemo di un papero?! - Ranma aveva spesso
dei consigli utili per il prossimo, ma poi li accompagnava con gesti
poco amichevoli, come ad esempio il lancio di una scarpa in testa.
- Ba-bu! - approvò Genma porgendogli i suoi preziosissimi fondi di bottiglia.
La scena poteva apparire delle più quotidiane e rassicuranti,
eppure... Eppure qualcosa stonava. Ora, a me le elucubrazioni mentali
poco sostanziate non mi hanno mai attratta granché,
epperò certe volte il passo tra una paranoia infondata e fare
semplicemente due più due può essere davvero breve.
Uscendo da scuola, con Setsuna avevamo incontrato la gatta morta cinese
che andava a fare delle consegne. Shampoo aveva chiesto dove ce ne
andassimo con quel caldo e noi avevamo risposto che a studiare,
purtroppo. E dove? A casa di Setsuna che era più fresca e poi,
aveva aggiunto la mia amica ridacchiando e dandomi piccole gomitate tra
le costole, non c'erano porte e finestre che si aprivano e chiudevano
da sole né bollitori assassini. Set-chan non mi credeva. Poco
male, non mi credevo neanch'io. Avevo raccontato quella storia
più che altro come prova di quanto lo studio mi stesse
distruggendo. Il fatto realmente rilevante, o almeno che adesso mi
sembrava tale e a cui lì per lì non avevo dato
importanza, era però un altro. Shampoo aveva fatto una faccia
strana a sentire quelle parole. Non aveva riso e non aveva chiesto
spiegazioni. Era sembrata... incredula, sì, ma anche...
disgustata? E poi era andata via di corsa pedalando come una forsennata
su quella sua bicicletta, quasi senza salutare.
Qualche ora dopo qualcuno aveva telefonato al Nekohanten
e aveva ordinato la cena, magari... accennando al fatto che Kasumi
aveva misteriosamente bruciato tutto. Non Kasumi, ma la cucina.
Qualcuno aveva per caso detto a Shampoo che la cucina ci aveva
bruciato la cena?
- Venerabile Cologne, come sta Shampoo? - pensai di buttarla lì,
senza avere in mente nulla di preciso. Attirai qualche sguardo
incuriosito trai presenti, in effetti non era affatto normale che mi
mettessi a domandare una roba simile.
- Bene, perché? - occhiataccia! Caspita, quando ci si mette
quella mummia sa davvero far gelare il sangue nelle vene. Dovevo aver
colto nel segno. Se avessimo dovuto giocare a chi è più
sveglio Obaba sarebbe stata una delle poche persone al mondo in grado
di tenermi testa, insieme a quel vecchio maniaco di Happosai.
- Niente, mi chiedevo come mai foste venuti voi due e non lei visto che
di solito... - risposi descrivendo con la mano destra un gesto
eloquente, il mento appoggiato sulla sinistra, gli occhi fissi in
quelli della megera cinese. Megera che mi fissa a sua volta e non
risponde. Avrei voluto chiederle se qualcuno le avesse spigato il
perché di quell'ordinazione tardiva, ma il mio istinto di donna
d'affari accese una lampadina d'allarme: mai rivelare informazione
confidenziale alla concorrenza. Mi morsi la lingua e stetti zitta,
fingendo di concentrarmi sul cibo.
Quando credette di non avere più l'attenzione di nessuno, Obaba
prese a perlustrare la casa con neanche troppa discrezione, per dirla
tutta. La faccenda mi piaceva sempre meno, ma gli altri non sembravano
farci caso. Tutti tranne uno. Perché il vecchio Happosai la
seguiva attentamente con la coda dell'occhio, tant'è che un
attimo prima che quella scimmia rinsecchita si dileguasse per le scale
e andasse a curiosare di sopra la fermò: - Non ti pare di aver
già ficcanasato abbastanza, Ku Lun? Vattene adesso, non
esagerare. - E mentre tutto sembrava normale ai più, a me ogni
parola, ogni gesto suonava sospetto e percepivo proprio un pericolo
incombente. Da quand'è che ero diventata tanto paranoica e
sospettosa? Cologne annuì e senza dire una parola si
dileguò, ma l'occhiataccia che lanciò al vecchiaccio fu
velenosissima, roba che al confronto quella che aveva riservato a me
era stata tutta zucchero e miele. Qua gatta ci cova, continuavo a
ripetermi. Intanto due generazioni di ingordi si erano avventati sul
cibo, mentre Mousse, accortosi di essere stato abbandonato dalla sua
signora e padrona, aveva raccolto in tutta fretta i contenitori delle
vivande e si era precipitato fuori saltando il muro di cinta del
giardino al grido di "Aspettami, Obabaaaaaaaa!". Solo Kasumi non si
decideva ancora ad iniziare a mangiare. Se ne stava là impalata,
con un sorriso un po' ebete. Poi fissò la sua mano fasciata,
conseguenza dell'alterco culinario, con un'espressione estremamente
seria e concentrata.
- Kasumi cara, - esordì il luridissimo maestro - hai per caso
accennato a quello che è successo in cucina quando hai fatto
l'ordinazione al Nekohanten?
Ecco, è difficile trovare le parole per descrivere ciò
che provai in quel momento. Posso solo dire che un brivido mi percorse
la schiena fino ad artigliarmi la nuca inducendomi un piccolo tic
nervoso, mentre sulle mie giovani braccia financo l'ultimo più
minuscolo peletto si era messo sull'allerta. E così fu che
nell'indifferenza generale Kasumi si ridestò e rispose,
serafica: - Mi pare di aver detto qualcosa, signor Happosai,
rispondendo a Shampoo che mi chiedeva come mai mi fossi decisa
così tardi ad ordinare la cena... - A quel punto avrei giurato
di scorgere un'ombra di apprensione negli occhi del vecchio maniaco.
Non so se fui spinta dalla curiosità o se di nuovo fu il mio
strano senso per gli affari che per qualche inspiegabile motivo mi
faceva identificare Happosai come "uno dei nostri" a farmi parlare. Sta
di fatto che aprii la bocca e ne uscirono le seguenti parole: - In
realtà Shampoo sa anche che in camera porta e finestra si aprono
e si chiudono da sole. - Lo dissi tutto d'un fiato, come se stessi
sputando un rospo in senso letterale. Il vecchiaccio chiuse gli occhi e
rimase immobile per qualche secondo, pensieroso. Avrei giurato che
stesse in apprensione. Anzi, doveva essere veramente molto preoccupato
perché aveva persino permesso a Ranma e Genma di rubargli un
paio di nannichuan.
- Ascoltatemi bene adesso, tutti quanti. - proclamò tutto a un
tratto inverosimilmente solenne, e quasi mi fece venire un colpo -
Qualsiasi, ripeto, qualsiasi stranezza osserviate o abbiate osservato
accadere tra le mura di questa dimora siete caldamente pregati di
tenervela per voi. Non fatene parola con nessuno fuori di qua, è
per il vostro bene. Mi sono spiegato?
Oh, kami...!
Io avevo il cuore in gola. Kasumi annuiva sorridente come sempre,
imitata dalla zia Saotome. Tutti gli altri si fermarono solo per un
breve istante, sorpresi dal tono del vecchio, lo guardarono come se
avesse detto che molto presto un battaglione di asini parlanti ci
avrebbe attaccato dalla loro navetta spaziale trasformandoci tutti in
balle di tenero fieno, fecero spallucce e ripresero a mangiare. O
meglio, per essere precisi, Akane non smise mai di trangugiare la sua
porzione di spaghetti cinesi, non degnò il vecchio di uno
sguardo e non fece spallucce. Ma tant'è. A nessuno gliene
importava un fico secco.
Possibile che quel delirio abbia terrorizzato solo me, la donna nelle cui vene scorre liquido refrigerante?
Finito di cenare andai in camera mia: “Per oggi basta studiare,
voglio ascoltare un po' di musica e cercare di rilassarmi”
pensavo “Quando saranno andati tutti al letto andrò a fare
qualche domanda al vecchio, cercando di non farlo mettere sulla
difensiva, se ci riesco.” La faccenda mi rendeva nervosa, ma mi
incuriosiva anche parecchio e mi sforzavo di vederne il lato positivo.
L'ipotesi che si trattasse di qualcosa da cui poter trarre alcun tipo
di profitto non era del tutto da scartare. Dopotutto aveva attratto
l'attenzione dei due centenari e di nessun altro, se mi mantenevo
vigile e attenta avrei potuto carpire qualche indizio prezioso... se la
casa era abitata da spiriti magari si potevano vendere dei biglietti e
organizzare delle visite guidate a pagamento... Sì, ma che
accidenti era venuta a fare Cologne...? Che gliene poteva importare a
lei e a Shampoo?
Purtroppo mi addormentai e dal vecchio a domandare quella sera non riuscii ad andarci.
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Capitolo 3 *** Rumori nella notte ***
fanfic-cap3
Quando mi svegliai c'era
silenzio, completo silenzio e assoluta calma. L'unico rumore udibile
era il ticchettio prodotto dalla grossa sveglia vintage che tenevo sul
comodino. Le sue lancette segnavano le tre di notte appena passate. La
temperatura si era abbassata un po' ed ero leggermente infreddolita. Mi
dolevano le orecchie per essermi addormentata con le cuffie in testa.
Il walkman
si era spento e la musica non suonava più da un pezzo. La casa,
la notte, i suoi abitanti addormentati e sereni. Mi sentii un po'
scema, mi stavo preoccupando per nulla. Dopotutto avevamo visto
ben di peggio che non queste piccole dimostrazioni di furore
elettrodomestico. Insomma, avevamo ospitato gente assai strana che ci
aveva causato un sacco di guai, dalla professoressa Hinako Ninomiya a
Rouge-Asura, passando per la nostra amica fantasma Kagome.
Eravamo stati invasi dalla muffa, con conseguenze a dir poco
disastrose, per colpa di un vecchio maniaco ladro di biancheria e
fattucchiere fallito di cui non ci saremmo mai liberati che aveva scambiato casa nostra per il suo parco
giochi personale. Ogni tanto
delle vecchie signore con la mania della cerimonia del tè
tornavano a farci visita danneggiando pannelli, mobili e suppellettili.
Collant Taro ci aveva demolito mezza casa, sfondando il tetto e
distruggendo la stanza da bagno. Ciò nonostante, potevamo ancora
considerarci fortunati, almeno se comparavamo la nostra situazione a
quella dei Saotome il cui tentativo di costruirsi una vita familiare
normale era stato drammaticamente stroncato dalle tre demolitrici per
eccellenza, Shampoo, Ukyo e Kodachi. Sì, quello che stava
capitando ora non era nulla di che, ma certo non poter identificare una
causa visibile, naturale o sovrannaturale che fosse, metteva addosso
una certa inquietudine...
Mi misi il pigiama e uscii per
andare in bagno a lavarmi i denti ché non l'avevo ancora fatto.
La luce della cucina era accesa, c'era qualcuno in giro. Akane -
lì per lì non la notai - stava appollaiata sulla
ringhiera delle scale più o meno a metà altezza. Guardava
giù e non si muoveva. Chissà da quanto era lì.
Decisi di non dirle niente per il momento e sgattaiolai in bagno.
Mentre mi stavo lavando i denti udii un rumore forte e secco, e poi un
tonfo. Infine dei passi. Quando finalmente uscii di lì, Akane
non c'era più. Dalla cucina non arrivava nessun rumore, ma la
luce era ancora accesa. Scesi giù e trovai Ranma steso lungo per
terra davanti la frigorifero. Che diamine era successo? Presi una borsa
con del ghiaccio e gliela misi sulla faccia aspettando che si
risvegliasse.
- Che è successo? - domandai appena ebbe riaperto gli occhi.
- Non lo so... - rispose rialzandosi un po' a fatica, ancora intronato per la gran botta.
- Sarà mica stata Akane per caso? - sì, diciamo che era la mia sospettata preferita per qualsiasi malefatta.
- Akane? No, perché? -
rispose lui sorpreso - Starà dormendo, qui non s'è
proprio vista.- A me quei due non la raccontavano giusta. Il loro
comportamento... non riuscivo a trovarci un senso, non dopo tutto quel
tempo, non più. Mia sorella che restava sulle scale in silenzio,
ovviamente spiandolo, lui che non si accorgeva di niente...
- Allora chi è stato a
stenderti, scusa? - lo incalzai. Ranma esitò, si portò
una mano alla faccia, si tastò la fronte indolenzita e, un po'
titubante, guardandomi come se si volesse scusare per la stupidaggine
che stava per dire: - Ecco... io penso che sia stato … il
freezer. Il freezer, sì. Stavo rimettendo in frigo la bottiglia
dell'acqua, quando lo sportello del congelatore si è aperto di
colpo mentre rialzavo la testa e mi è venuto in faccia -
finì in una risata nervosa.
Molto bene, allora definitivamente la matta non ero io. O almeno non ero la sola.
- Ah, beh! Se è così... - dissi ridendo, più che altro perché non sapevo che altro fare.
- Buonanotte, Ranma. Tieniti la borsa col ghiaccio sulla faccia ancora per un po' - aggiunsi allontanandomi.
Che strano... mi domandavo come
mai Akane non fosse scesa a vedere cos'era successo quando aveva
sentito il botto. Era lì e non poteva non essersi accorta di
nulla.
Strano strano strano... ma meglio non immischiarsi, per ora.
La casa, quella casa era diventata
ostile. Non era una mia impressione. Ormai ne ero praticamente certa.
Non solo. Sicuramente non si trattava di una novità degli ultimi
due giorni. Eravamo talmente abituati tutti quanti a sottovalutare le
anomalie che ci passavano sotto il naso, a derubricarle come piccole
deviazioni da uno stato di partenza sempre piuttosto alterato e lontano
dalla vera normalità. Sicuramente c'erano stati altri segnali in
precedenza, meno eclatanti, meno violenti, ma quella faccenda aveva
tutta l'aria di andare avanti da tempo. E avevo un gran brutto
presentimento.
La mattina dopo, Akane aveva la
faccia di una che aveva dormito poco e Ranma quella di uno che aveva
preso una porta sul muso. Li trovavo buffi, quasi ridicoli, a tratti
patetici. Io quei due proprio non li capivo.
Happosai invece aveva un
bernoccolo sulla testa. Kasumi stava servendo la colazione quando
cacciò un piccolo grido di spavento: stava per cadere buttando
tutto per terra. Il cavo del bollitore elettrico, che doveva essere
dall'altro lato del tavolo, le si era attorcigliato attorno alla
caviglia. Kasumi posò i vassoi, si avvicinò al piccolo
elettrodomestico e lo accarezzo dolcemente: - Stai tranquillo, - disse
conciliante al bollitore - torno subito a prenderti, tranquillo... fai
il bravo... - Decisamente non ero solo io che stavo sull'orlo di un
esaurimento.
- Bisogna trattarli con più
gentilezza gli oggetti in questa casa... pare che stiano come soffrendo
una sindrome di abbandono, o una carenza di affetto - ci
spiegò didattica la sorellona.
- Certo, - biascicai trai denti -
la prossima volta che la finestra mi fa volare gli occhiali le
dirò senz'altro di non preoccuparsi, che è molto
importante per me che stia serena e che le voglio bene, e
accarezzerò la maniglia come fosse un gattino. -
- Ma di che state parlando
ragazze? - per la prima volta avevamo l'attenzione di papà che
fino a quel momento pareva aver vissuto in un altro mondo.
- Tutto è normale in questa
casa, basta saperci fare e si può convivere con qualsiasi cosa,
no? Mai che qualcuno si stupisca di niente... - insistetti.
- Non capisco a cosa tu ti
riferisca, Nabiki, sul serio... - replicò papà un po'
costernato. Possibile che agli altri non fosse successo nessun episodio
sospetto? Intanto il signor Genma si era trasformato di nuovo in panda
e stava litigando con Ranma. Akane per parte sua si era dileguata.
- Maestro Happosai, - a quel punto
volevo fare la prova e lo chiamai per nome con un volume di voce
leggermente più alto del necessario - perché non ci dice
lei che sta succedendo in questa casa? Sono sicura che lei ne sa
qualcosa, altrimenti ieri sera non avrebbe detto quello che ha detto.
Sarà mica infestata? -
- Come infestata?! - esclamò il caro capo famiglia con vivo terrore, neanche fosse appena atterrato da Marte.
- Ma no... Nabiki, che dici...? - diamine, Kasumi... - Così papà si spaventa...-
Il vecchiaccio aspirò una
boccata di fumo dalla sua pipa, saltò giù dai cuscini e
trotterellò verso l'uscita pronto a ritirarsi nella sua stanza -
Non essere impaziente, Nabikuccia. Quando avrò delle
conferme sarai la prima a saperlo. Per ora sono solo ipotesi e
non voglio turbare la quiete di questa famiglia per nulla. -
- Sì, come no! - fece Ranma
sarcastico rientrando dal giardino - Da quando in qua si preoccupa per
la tranquillità altrui? - Ridemmo tutti.
- Ba bu! - esclamò il
Signor Panda. Kasumi fu la prima a ricomporsi, ed iniziò a farci
la morale, ché non sta bene essere sgarbati e bla bla bla... ma
era tardi. Il vecchio l'aveva presa male e tornando sui suoi passi si
rivolse a Ranma con un tono incredibilmente freddo: - Tu marmocchio non
sai quello che fai, non sai quello che dici e nemmeno quello che vuoi.
E questo alla lunga può portare solo grossi guai per tutti. -
Si creò un attimo di gelo.
Era la seconda volta in meno di dodici ore che il maestro aveva usato
un tono serio per dire qualcosa che non sembrava essere proprio
un'idiozia delle sue. Niente uscite del tipo "Ranma provati questo
nuovo reggiseno" o "non disturbatemi per nessun motivo, vado a spiare
le donne nei bagni pubblici".
- Oh-oh! - tentai di rompere il
ghiaccio - Ma che paura! - e una risata collettiva che voleva essere
liberatoria ma invece tradiva un certo nervosismo si levò dalla
sala dov'eravamo riuniti. Forse era il caso di aggiungere un altro
elemento alla mia lista di fatti inquietanti. Valeva senz'altro la pena
di prendere nota anche delle sparate di Happosai.
- Suvvia, - sospirò
Kasumi - basterà trattare gli oggetti con gentilezza e non
succederà nulla di male... -
- Sì, sì... - borbottai. Io non ci credevo mica.
Il sole era già alto, la
temperatura iniziava a salire di nuovo, ed era anche ora di correre a
scuola. Ma finalmente soffiava un po' di brezza. Il mattino è il
momento migliore della giornata in quel periodo dell'anno. Akane pareva
pronta, saremmo potute andare insieme per una volta. Andai a
cercarla ma non la trovai. Che si fosse già avviata da sola
senza dire nulla? Ma che le prendeva a quella lì?
- Ranma, visto che Akane ti ha piantato in asso, se sei pronto potremmo avviarci insieme. Senza correre.
- Va bene, senpai, ma ad una condizione.
- Quale?
- Non porterai con te la macchina fotografica e non cercherai di farmi cadere nel canale.
- Aggiudicato.
Fu così che alla fine mi incamminai con Ranma, non prima di essere ripassata per la mia camera e per il bagno.
Niente
macchina fotografica? Come vuoi, tanto ho la telecamera nuova. Non ti
butterò nel canale, sarebbe troppa fatica. Basta una
bottiglietta d'acqua fredda e un thermos di acqua calda per rimediare
al danno. Facile, no?
Presi il mio quaderno, riportai rapidamente qualche aggiornamento essenziale e lo infilai nella cartella.
- Hai idea di che le prenda? - chiesi a Ranma appena usciti dal cancello.
- A chi? - io l'avevo sempre detto che il ragazzo era un po' tardo.
- Ad Akane, a chi se no? -
- Ah, e che vuoi che ne sappia? Ti giuro che io non le ho detto niente per farla arrabbiare. -
- Sarà... - cercai di
scrutarlo di sottecchi, ma camminava sulla recinzione del canale,
troppo in alto perché potessi vedere l'espressione che aveva
senza beccarmi il sole in piena faccia.
Stetti zitta per qualche secondo,
poi decisi di incalzarlo un po': - E della casa invece che mi dici? Non
è strano anche il comportamento della casa? - Non pensavo
assolutamente che ne potesse sapere di più di quando desse a
vedere, Ranma non è tipo da avere dei segreti, non
consapevolmente almeno. Però avevo la sensazione che poteva aver
senso sfrugugliarlo, se non altro perché la casa, nella
fattispecie il freezer, era stata particolarmente aggressiva con lui e
Happosai gli aveva rivolto parole inusuali in tono inusualissimo.
Valeva la pena di insistere un po' di più.
- La casa? - domandò Ranma
di rimando - Io non credo che la casa possa avere un... comportamento.
E non credo neppure che sia infestata da spiriti o fantasmi. -
- Allora cos'è che sta
succedendo secondo te? O ti sembra tutto normale? Il freezer che
ti sbatte per terra, Kasumi che parla col bollitore, Akane che va a
scuola da sola senza dire niente...? - Il mio elenco personale di
stramberie, tanto della casa come di mia sorella, non finiva certo
là, ma a me quelle tre cose sarebbero già sembrate un
buon segnale di allarme.
- Beh, è che io non ci vedo nessun collegamento tra queste tre cose. -
- E Obaba che viene a curiosare in
casa nostra? E Happosai che la caccia in quel modo e poi ti dice quelle
cose? E Akane che si apposta sulle scale e poi sparisce nel nulla? -
- Akane che? Quando? - Ops! Forse
avevo parlato troppo. Non volevo dirgli di quel fatto senza averne
prima parlato con lei. - Sai che la mia finestra e la mia porta si
aprono e si chiudono da sole? E che anche l'armadio di Happosai fa la
stessa cosa? E che ieri il bollitore ha ferito la mano di Kasumi? -
aggiunsi a raffica sperando di sviare la sua attenzione. Apparentemente
ci riuscii abbastanza bene.
- Povera Kasumi, forse potremmo
regalarle un bollitore nuovo prima che si faccia male sul serio...
- disse Ranma compunto. E io non riuscii a capire se era davvero
più interessato alla salute di Kasumi che allo strano
comportamento della sua fidanzata,
o se semplicemente cercava a sua volta di sviare il discorso non
volendo parlare del tema con me. O non volendo parlare del tema in
generale.
Certo che quello che aveva fatto
Akane era strano sul serio. Era là sulle scale, apparentemente
da un tempo abbastanza lungo. Poi sente il botto e si dilegua. Non si
preoccupa affatto di quello che poteva essere successo a Ranma, eppure
doveva sapere che c'era lui in cucina. Che ci faceva lì? Cosa
l'aveva spinta ad uscire dalla sua stanza? A cosa poteva aver
attribuito quel botto seguito dal tonfo? Cercavo di trovare una
spiegazione logica per tutti quei dati di fatto incongruenti. L'unica
conclusione a cui giunsi fu che Akane doveva saperne di più di
quanto non avessi pensato fino a quel momento. Altrimenti sarebbe scesa
a vedere che era successo. Se non l'aveva fatto era perché il
botto non l'aveva sorpresa. Era lì, se lo aspettava, forse
addirittura lo prevedeva. Sapeva che sarebbe successo? O magari...
magari lo aveva addirittura... provocato? Akane aveva ordinato al
freezer di punire Ranma per qualcosa? Eh! eh! Stavo proprio esagerando
con la fantasia. Questo non era possibile, ma certo c'era qualcosa di
molto strano sotto.
Comunque con Ranma non avrei
cavato un ragno dal buco. Tanto valeva entrare in azione e... testare
il mio nuovo gioiellino. Mi era costata parecchio e l'investimento
andava ammortizzato subito. Fu sufficiente restare qualche passo
indietro, estrarre dalla borsa la piccola telecamera - davvero piccola,
almeno per quei tempi - impugnarla saldamente, infilare la
cinghia al collo e premere ON. Quindi aprii la bottiglietta senza
tirarla fuori dalla cartella e, approfittando del fatto che il nostro
eroe era del tutto immerso nei suoi pensieri, un movimento rapido e
preciso e... splash!
- Oh. Eccoti qui, Ranko! - REC.
- Che accidenti, fai?! - ovvio che si arrabbiasse, ma a me invece serviva un minimo di collaborazione.
- Non ti arrabbiare, non ho infranto nessuna delle promesse che ti avevo fatto.
- Metti via quella cosa! - saltò giù dalla recisione.
- È nuova e costa un occhio. Non oserai toccarla... la mia vendetta sarebbe atroce.
- Mettila via.
- No. Sono disposta a darti il 30%
del ricavato se stai buono fino a quando saremo arrivati. Ti prometto
che ti faccio tornare come nuovo prima che avremmo girato l'ultimo
angolo, ma devi stare buono buono, d'accordo?
- Hai dell'acqua calda con te?
- Certo.
- Dammela subito.
- No, non farmi arrabbiare.
- Nabiki... - aveva quasi grugnito, forse si stava alterando davvero - sono io che dovrei dirlo questo. -
Così mi avrebbe rovinato il video. Doveva almeno sorridere perché potessi piazzarlo ad un prezzo interessante.
- Facciamo così. Tu mi fai
un bel sorriso, magari anche un bacino col soffio... e io la metto via.
Ti dò subito l'acqua calda e quando vendo il videotape smezziamo. Cinquanta cinquanta. Sono davvero generosa.
- Non se ne parla.
- Dai, ti dico pure cosa faceva
Akane sulle scale stanotte. - Non volevo farlo, davvero, ma poi si sa,
gli affari sono affari. Tanto mi avrebbe detto che non gliene importava
nulla, figuriamoci.
Mega sospirone. - E va bene. - Va
bene? Va bene cosa? - Riprendi i prossimi cinque secondi perché
non mi ripeterò. - Non me lo faccio certo dire due volte.
Sorriso, bacetto, soffio, segno della vittoria. STOP. Perfetto!
Stupendo direi. Ranko sa essere una vera smorfiosetta quando vuole. Ma
come c'ero riuscita?
- Allora, che stava combinando
Akane stanotte? - Dunque era questo che gli interessava, contro ogni
aspettativa. Mi toccò dirgli quello che avevo visto. Non avrei
voluto, davvero, ma a quel punto tanto valeva approfittarne per capire
qualcosa in più. Al mio piccolo resoconto non fecero seguito
commenti di nessun genere, non un'espressione di disappunto, una battuta
sull'essere davvero poco carina della mia sorellina. Niente di niente.
Si limitò a chiedermi l'acqua calda e a dirmi che i miei soldi
non li voleva. Gli allungai il thermos.
- Come mai hai voluto saperlo? -
cercai di porre la domanda con la minor enfasi possibile, nella
speranza di non far scattare le nessun campanello d'allarme. Ovviamente
non mi avrebbe mai detto nulla di troppo privato o personale, ma quello
scemo a volte era talmente distratto che poteva anche lasciarsi
sfuggire qualcosa se non avessi mostrato troppo interesse per farmi i
fatti suoi.
- Non sono fatti tuoi. - Beh, c'avevo provato.
30 giugno 1990
17:55 – camera mia: la porta sbatte due volte e la finestra si apre da sola senza vento
18:05 – stanza del vecchiaccio: l'armadio si apre e si richiude
18:10 – cucina: il bollitore attacca Kasumi.
1 luglio 1990
20:00 circa – la cucina brucia la nostra cena.
p.s.: Setsuna
ha una storia con Daisuke del secondo anno... Da non credere. Ancora
esistono ragazze intelligenti che per essere andate a letto con uno si
sentono obbligate a credere di aver trovato il grande amore e sono
disposte a mandare all'aria tutti i loro progetti di vita.
21:35 - Obaba ispeziona casa.
21:47 -
Happosai: "qualsiasi stranezza osserviate o abbiate osservato accadere
tra le mura di questa dimora siete caldamente pregati di tenervela per
voi." Akane forse ostenta indifferenza.
3:00 circa - Il freezer mette al tappeto Ranma. Akane era sulle scale ma se la squaglia. Ranma non si è accorto di lei.
2 luglio 1990
8:00 circa - il bollitore quasi fa inciampare Kasumi
8:10 circa -
Happosai: "Tu marmocchio non sai quello che fai, non sai quello che
dici e nemmeno quello che pensi. E questo alla lunga può portare
solo grossi guai per tutti." rivolgendosi a Ranma. Akane se l'è
squagliata di nuovo. Ranma? Non sa / non risponde.
8:25 - Ranko si lascia riprendere pur di sapere di Akane sulle scale.
Qui c'è troppa gente che non la racconta giusta, ma senza una buona intuizione non andrò da nessuna parte.
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Capitolo 4 *** Escalation! La casa alza il tiro ***
fanfic-cap4
Quando arrivammo, Akane era
già seduta al suo banco. Ebbi l'impressione che Ranma volesse
chiederle qualche spiegazione, perché appena entrato in classe
si diresse verso di lei. Ma si avvicinò con fare esageratamente
tracotante, come al suo solito, e un'occhiataccia lo fece desistere.
Pivello. Se non lo faceva lui, l'avrei fatto io.
Volevo chiederle di pranzare
insieme, possibilmente parlare - e farla parlare - un po'. Senza
entrare in aula, la chiamai dalla porta. Quando però si
voltò verso di me, le vidi un'ombra nello sguardo, un'ombra
triste che non avevo mai notato prima. Esitai un attimo. Mi stavo
facendo intimidire come quel baka
di Ranma... possibile? Raccolsi le idee il più rapidamente
possibile e decisi che per il momento abbandonavo l'idea di
andare in giro a fare interrogatori a caso. Avrei aspettato che mi si
presentasse l'occasione giusta, l'ispirazione o non so io cos'altro.
Che succedesse qualcosa di nuovo. Ecco, sì, per il momento sarei
rimasta in attesa, ma tenendo gli occhi ben aperti.
Durante la pausa pranzo negoziai con Kuno la vendita del videotape e riuscii a piazzarlo per 5000 yen, un
prezzo niente male dopotutto. Questo mi fece sentire subito meglio e mi
distrasse completamente dalle mie preoccupazioni. Sarebbe bastato
vendere una decina di cassette per ammortare tutti i costi. Magari
avrei potuto convincere Ranma a girare un video simile nella sua
versione maschile per Kodachi, anche se fare affari con quella
psicopatica non era cosa semplice e implicava il rischio non
trascurabile di finire in pasto a Tartaruga Verde... ad ogni modo quel
promettente inizio di una nuova linea di prodotti
doveva essere celebrato. Avrei proposto a qualche amica di andare a
prendere un gelato tutte insieme nel pomeriggio, prima di andare a
studiare da Setsuna. Se fossero state tanto gentili da offrirmelo, in
cambio avrei permesso che utilizzassero il mio gioiellino per
riprendere quello che volevano. Magari includendo un piccolo tutorial
gratuito su come farla funzionare. Certo la cassetta vergine poi
dovevano pagarmela...
Finite le lezioni mi stavo
avviando con le mie amiche, quando vidi Ranma e Akane che si
incamminavano verso casa. Dalla direzione opposta arrivava Shampoo
pedalando in tutta fretta e frenando giusto sopra il suo adorato Ranma,
come al solito.
- Ni Hao, Lanma! Che blutto bozzo avele in tua flonte... chi avele fatto questo? Lagazza violenta? -
Akane continuava a camminare come se nulla fosse, ma Ranma era bloccato dalla gatta morta.
- Shampoo, come mai il tuo giapponese è regredito in questo modo raccapricciante? -
Si
ricorderà del monito di Happosai? O gli spiffererà tutto?
Non che io dia molto credito alle sparate di quel maniaco, però
per il momento sarebbe stato prudente dargli retta...
- Shampoo essele stata molto tempo in Cina, tu non licolda? -
- Sì, va bene... ma insomma
cos'è che vuoi...? - Ranma parlava con Shampoo ma guardava verso
Akane che si allontanava - Ehi! Aspettami! -
- Sapele cosa essele successo a tua faccia. -
Dopotutto si
è trattato di una sconfitta e a Ranma Saotome non piace
parlare delle volte che ce le prende, tutt'altro, preferisce negare
anche di fronte all'evidenza più palese. Ma un freezer è
pur sempre un freezer, e questo scemo svampito è così
scemo e svampito che potrebbe anche...
Mentre me ne stavo là
appoggiata ad un albero, godendomi il siparietto e riflettendo
sull'opportunità di intervenire, eccoti comparire Happosai in
persona, col suo grosso fagotto di zuccherini
in spalla, seguito da un'orda di ragazze indiavolate armate di scope e
bastoni. Ranma si lanciò all'inseguimento, lasciando Shampoo con
un palmo di naso.
- Maledizione, vecchio! Vuoi piantarla una buona volta?! -
Anche in quell'occasione per
fermare il grande maestro dovette ricorrere all'ormai usuale ma sempre
infallibile trucchetto di trasformarsi e sbottonarsi la camicia. Niente
di nuovo sotto il sole, non su quel fronte per lo meno. Già,
perché a poche decine di metri Shampoo aveva sbarrato la strada
ad Akane. Pugni sui fianchi, petto in fuori, la guardava con aria di
sfida.
- Tu ola dile me cosa essele successo a faccia di Lanma. -
Aveva detto proprio "faccia di Lanma", non "faccia di ailen", "faccia di mio amato Lanma", "bella faccia di Lanma, mio amato ailen"... No, niente di tutto ciò. Solo "faccia di Lanma". Per la serie, bando alle ciance.
- Cosa vuoi che ne sappia io? -
- Tu sapele. Tu non vuole dile! -
- Ti sbagli, non lo so. Magari si
è alzato di notte e ha preso uno stipite. Non ne ho idea.
Perché non lo chiedi a lui? -
Akane in effetti non sapeva cosa
fosse successo, quindi non avrebbe potuto cantarsela troppo. Ma
perché diamine la cosa interessava tanto alla donna-gatto?
Perché?
- Tu adesso combattele. Se Shampoo sconfiggele te, allola tu dile tutto. -
Akane getta la cartella a terra. Lo sguardo fisso al suolo, le braccia stese lungo i fianchi, le mani strette a pugno.
- Ti ho già detto che non
lo so, - aveva una voce strana... - ma oggi sono piuttosto nervosa e
l'idea di scaricare un po' di tensione non mi dispiace affatto. Quindi,
se proprio insisti... - fece scrocchiare tutte le dita e alzò di
scatto la testa - ma tieni presente che negli ultimi mesi mi sono allenata molto duramente. Ora scopriremo con quali risultati! -
Prima ancora di aver terminato la
frase, sferrò un attacco fulmineo. Sembrava molto più
agile e decisamente più veloce di come la ricordavo. Insomma, io
non ne ho mai capito nulla di queste cose, ma la differenza era tale da
saltare all'occhio persino a me. Ad ogni modo Shampoo aveva schivato i
suoi colpi ed ora erano di nuova una di fronte all'altra.
- Tu molto migliolata, Shampoo si divelte di più se lagazza violenta è meno schiappa. -
- Non ci contare. -
In una frazione di secondo erano
di nuovo entrate in contatto. La cosa si faceva interessante. Lo
scontro si stava rivelando abbastanza spettacolare, stranamente
sportivo, un vero combattimento ricco di gesti atletici e acrobazie
varie. Molto fruibile, per chi apprezza il genere, suppongo. Decisi di
riprenderlo.
Quando Ranma arrivò sul posto fece solo un timido tentativo di fermarle.
- Anche meglio della lotta nel
fango, no? - mi avvicinai a lui alle spalle riuscendo a coglierlo di
sorpresa tanto era preso dallo spettacolo a cui stava assistendo - E
per di più dal vivo e gratis. -
- Ma che stai dicendo? -
- Dico che deve essere eccitante e
gratificante vedere due donne che si battono per te con tanto ardore.
Non saranno sporche e seminude, almeno per ora, ma insomma... -
- Ma che scemenze vai pensando? E poi figurati se Akane si mette a combattere per me. -
- No, infatti non si sta battendo per te. Direi piuttosto che lo sta facendo a causa tua. -
Mi è sempre riuscito
facilissimo infastidirlo. Il fatto sorprendente era che continuassi
comunque a provarci gusto. Avrei voluto dirgli che Shampoo
insisteva in modo sospetto nel voler sapere cosa gli fosse successo e
che per questo aveva sfidato Akane, ma il combattimento l'aveva
assorbito completamente e non mi stava più dando retta.
- Nabiki... -
- Sì? - io intanto
continuavo a filmare confidando nel fatto che la posizione scelta da
Ranma fosse la migliore per seguire la scena.
- Ma che tu sappia, Akane... sta seguendo qualche allenamento speciale ultimamente? -
- Non ne ho la più pallida idea... trovi anche tu che sia migliorata, vero? Pare quasi quella dei tempi di Do-chan! -
- Già... non sembra lei... -
Non sembra lei...
Mentre la mia mente si dedicava a
studiare quest'ultima affermazione di Ranma sotto tutte le angolazioni
possibili, valutandone la plausibilità, esaminando le probabili
cause, le possibili implicazioni, i significati reconditi e compagnia
cantando... insomma, mentre mi ero estraniata per benino, Akane aveva
mandato Shampoo a schiantarsi contro un albero. Non domandarmi
come avesse fatto, ero distratta. Un istante prima Akane era a terra, un
attimo dopo rotolava via schivando un atterraggio a pié pari
della gatta morta. Secondo me voleva spezzarle la spina dorsale.
Shampoo pareva combattere per uccidere. Purtroppo per lei però
la mia sorellina si era rialzata sulle braccia e, approfittando del
momentaneo sbilanciamento dell'altra, l'aveva fatta volare via con un
calcio all'indietro preciso e potente. Se vuoi altri dettagli puoi
cercarti la videocassetta.
Assolutamente incredibile. Akane - Shampoo : 1 - 0.
Ma non era l'Akane di Do-chan.
Niente tutine magiche, niente super poteri. Le aveva date, e le aveva
prese. Aveva i gomiti sbucciati, il segno evidente di un colpo sullo
stinco e la sua faccia era a quel punto messa piuttosto peggio di
quella di Ranma. Ansava, era sfinita, ma sorrideva soddisfatta
asciugandosi il sudore dalla fronte col dorso della mano.
- Mi sento proprio meglio! -
esclamò sorridendo in direzione mia e di Ranma. Noi la stavamo a
guardare a bocca aperta. Spensi la telecamera.
- Tutto a posto? - chiese lui avvicinandosi timidamente, appena si fu ripreso un minimo dalla sorpresa.
- Mai stata meglio. Mi ci voleva
proprio, è stata un'iniezione di autostima. - Ranma la guardava
perplesso senza riuscire a spiccicare parola. Di nuovo dava
l'impressione di volerle chiedere qualcosa e di non sapere bene come
farlo.
- Credo che andrò subito a
casa a farmi un bagno caldo - continuò Akane raggiante. Fece un
paio di passi. Zoppicava. - Forse però è meglio che io
faccia prima un salto dal dottor Tofu. Ci vediamo a casa. -
Si allontanò lentamente, Ranma continuava a fissarla imbambolato senza decidersi a seguirla.
- Se non fosse riuscita a reagire
rapidamente, Shampoo le avrebbe fatto male sul serio questa volta, non
credi? - gli domandai, con la mia noncuranza d'ordinanza mentre
riponevo la telecamera.
- Già. E io ero così distratto dai suoi progressi che non avrei fatto in tempo ad evitarlo... -
- Fortunatamente non è
stato necessario. Tutto è bene quel che finisce bene, no? - Ma
questa sarebbe finita anche dritta dritta nel mio albo di fatti
strampalati.
A nessuno di noi venne in mente di
andare a vedere come stesse l'amazzone assassina, ma tanto si era
già dileguata. Ranma si decise a raggiungere Akane e a chiederle
se voleva essere portata in spalla dal dottore. Io mi allontanai nella
direzione opposta. Era ora di andare a cercare le mie amiche per la
nostra piccola uscita ricreativa prima di tornare sui libri.
- Interessante, molto
interessante... non trovi anche tu, Nabicuccia? - Happosai. Per poco
non mi faceva inciampare quel nano malefico.
- Cosa? Cosa è interessante, esattamente?
- iniziava a farmi innervosire, maledetto vecchio. Io vedevo solo un
insieme di cose fuori dal comune, che mi sembravano in qualche modo in
relazione tra loro, ma che dipingevano un quadro complessivo
assolutamente sconclusionato, senza capo né coda. Che il vecchio
ci vedesse un disegno intelligibile e non volesse sputare il rospo mi
mandava letteralmente in bestia.
- Lo saprai presto... magari
potrei anche anticiparti qualcosa in esclusiva se tu volessi avere la
bontà di... - detto ciò mi si lanciò addosso
avvinghiandomisi al petto come un polpo viscido e appiccicoso...
brrrrr! Lo scacciai da me immediatamente.
- Maledetto maniaco! - si scollò senza opporre troppa resistenza.
- Io cercavo solo un po' di calore umano... - disse risentito e lamentoso.
- Ma falla finita. -
- Peggio per te. Vorrà dire che non ti dirò niente in anteprima. -
- Ne faccio volentieri a meno. -
- Come vuoi, ma poi dovrai assumertene la responsabilità. Non dire che non ti avevo avvisata.
- Responsabilità...? - non
ci stavo capendo granché, ma non ebbi tempo di fare altre
domande che il vecchio era scomparso tra gli alberi.
Happosai mi avverte che dovrò assumermi la responsabilità di non so che.
Che giornatina, eh? Ed eravamo solo all'inizio.
Il resto del pomeriggio non
presentò altre sorprese. Un po' di relax e molta fatica
intellettuale, questo sì, ma era nei piani. Poi verso le otto
papà aveva telefonato a casa di Setsuna piangendo - ci
mancherebbe altro - e aveva voluto parlare con me.
- Papà? Che succede? ...
si, va bene, vengo subito... ma voi state tutti bene? Come sarebbe a
dire più o meno? ... d'accordo, vi porterò la cena, ma
che volete che prenda? Va bene del ramen istantaneo? ... ah, capisco...
non si può far bollire l'acqua... No, il Nekohanten meglio di no
oggi. Passerò all'Ucchan per prendere delle okonomiyaki.
Sì, sì, certo, digli al vecchio di stare calmo.
Dirò a Ukyo che Kasumi non si sente bene... Ah, sì,
certo... la zia Saotome, in effetti non è molto plausibile...
quindi cosa volete che faccia? Prendere delle okonomiyaki
da qualcuno che non ci conosca? Non c'è problema, posso chiedere
a Setsuna, magari sa di qualche posto decente qui intorno. Tranquilli,
arrivo subito. Preferenze? ... ah, papà, solo un'ultima cosa.
Poi mi ridarete i soldi, vero? -
C'erano stati dei problemi grossi
a casa e Happosai non voleva che nessuno uscisse. La cucina era fuori
uso e io dovevo tornare il prima possibile e reperire del cibo.
Trasportare una pila di okonomiyaki
attraverso due quartieri a piedi e senza un carretto non era un'impresa
facilissima. Si sarebbero freddate e poi pesavano. Che scocciatura.
Questa situazione iniziava proprio ad esasperarmi. E poi faceva
così caldo... e io dovevo studiare, non cincischiare con queste
scemenze. Avevo in programma di restare da Setsuna ancora qualche ora,
avremmo mangiato un boccone al volo in camera sua con l'idea di tirare
avanti fino alle undici, almeno.
Chissà poi a che si riferiva papà quando aveva detto che i problemi erano stati davvero grossi,
magari aveva drammatizzato come sempre. Magari no.
Faceva caldo. Faceva
tanto caldo. Ancora non era buio, c'era poca gente in giro. Quei
quattro gatti che si vedevano sfrecciavo in macchina o in moto, o
almeno in bici. Con quella temperatura tremenda fare quattro
passi era tutt'altro che piacevole. Immaginati poi se una si doveva
tenere abbracciate dieci crepes bollenti - due omaggio, per la gioia di
Ranma e dello zio Saotome. Accidenti, se faceva caldo...
- Papà, sono a casa! - gridai dall'ingresso appena vi misi piede.
Papà mi venne incontro
piangendo come un disperato: - Oh, Nabiki! Non immaginerai mai cosa
è successo... È orribile, davvero orribile! - e via
giù un fiume di lacrime. Gli appioppai le okonomiyaki
che non ce la facevo più. Ma Soun Tendo era talmente sconvolto
che non trovò niente di meglio da fare che poggiarle
maldestramente sul pavimento lasciando che la pila di cartoni si
convertisse in un mucchio disordinato. Addio cena. Avremmo
mangiato delle crepes mediocri, fredde e pure accartocciate. Mentre io
continuavo a fissare desolata quel piccolo sfacelo, mio padre mi prese
per un polso e iniziò a tirarmi attraverso il corridoio.
- Guarda! - gridò pieno
d'angoscia aprendo la porta della cucina. Beh, non c'è male.
Quella che mi trovavo davanti poteva essere definita, senza tema
d'eccesso d'enfasi, una vera devastazione. Armadi e cassetti aperti,
posate, piatti e quant'altro buttati alla rinfusa un po' ovunque. La
tendina dell'entrata che da sul vialetto era ridotta a brandelli, il
tavolo da lavoro squassato, il lampadario e il microonde parevano
essere stati scagliati in terra. Qua e là c'erano stracci
bruciacchiati, sui fornelli un'intera montagna di coperte annerite. Nel
pavimento, vari buchi. Pentole e padelle erano sparpagliate nei posti
più impensabili, conficcate nel soffitto, incastonate nelle
pareti, nel frigo, nel forno. Come fossero stati chiodi di una bomba
artigianale. La cucina era letteralmente esplosa. E poi acqua, acqua
ovunque, in un flusso continuo. Un wok si era andato a schiantare contro la caldaia rompendone le tubature. Per l'ennesima volta.
Entrata nel soggiorno mi trovai
davanti uno spettacolo volendo ancora più desolante. Si sarebbe
detto che un intero reparto di cavalleria l'avesse attraversato al
galoppo. Akane e il Signor Panda erano intenti ad ammucchiare negli
angoli una quantità di cocci e rottami. I mobili neanche si
riconoscevano più. Papà senza mai smettere di
singhiozzare mi condusse nella stanza dei Saotome, momentaneamente
adibita ad infermeria. La signora Nodoka si stava prendendo cura dei
due feriti del giorno: Kasumi e Ranma. La sorellona giaceva supina sul
futon della zia, aveva le braccia fasciate e cerotti sul naso e sulle
orecchie. Era pallida, fissava il vuoto. E poi aveva... sì,
insomma, la sua fronte era... lei non aveva... non aveva più la
frangetta. I suoi capelli erano molto più corti. Le saranno
arrivati giusto alle spalle. La zia, inginocchiata nella penombra, le
stava sistemando una fasciatura alla caviglia.
- Tranquilla, Nabiki. Non si
è fatta nulla - la signora Nodoka si rivolse a me prima che
avessi il tempo di fare domande. La sua voce era gentile e
rassicurante, come sempre. Beh, quasi sempre. - Kasumi si è
presa solo un grosso spavento, e si è un po' scottata le braccia
e il piede, ma guarirà presto. -
- Ma cosa è successo ai
suoi capelli? - se per Akane era stato un trauma perdere la sua folta e
lunga chioma, per Kasumi che portava i capelli lunghi da sempre la cosa poteva causare un vero tracollo psicologico.
- Hanno preso fuoco, purtroppo. Ho
dovuto tagliarglieli per eliminare le parti bruciate, quando
starà meglio vedrò di aggiustarglieli come posso. -
- Ma... ma chi è stato? -
avevo quasi timore di chiederlo. Che stupida, come se parlarne potesse
fare qualche differenza...
- Nessuno. Kasumi è andata
in cucina per iniziare a preparare la cena quando è scoppiato il
putiferio. Ranma è stato il primo a raggiungerla e si è
battuto valorosamente... ma è stato tutto inutile. -
- Battuto? Allora c'era qualcuno! Contro chi si è battuto? -
- Contro la batteria di pentole in
sommossa che ha scatenato questo disastro. Non è molto virile
avere a che fare con tegami e padelle, ma se si tratta di un nemico da
affrontare non credo sia un problema. Tu che ne pensi, Nabiki? -
Penso che stai fuori come un balconcino, zietta, anche se sei molto dolce e gentile.
Ovviamente questo non lo dissi, ma certamente dovette accorgersi che la
stavo guardando come fosse il matto del villaggio, perché rise
nervosamente e cambiò subito discorso.
- Anche Ranma si riprenderà presto, ma certo ha preso una bella botta in testa. -
Sulla nuca questa volta. Infatti era steso bocconi, una borsa di ghiaccio sulla testa e un'altra sul sedere.
- E quella? - chiesi indicando la seconda borsa.
- Ah, sì. Le ha prese per bene anche lì. -
A me venne un po' da ridere al
pensiero di una padella volante che prendeva a sonore sculacciate il
più grande combattente di lotta indiscriminata del paese. Ranma
emise un mugolio in segno di protesta. Suvvia, aveva ragione, non era
certo il momento di sghignazzare.
- Ma come mai è così buio qui? - domandai ancora alla cara Nodoka.
- Nella metà delle stanza
si sono fulminate le lampadine. È stato quando dai fornelli si
sono alzate delle fiamme così alte... - che voleva dire, stando
a quanto indicava con le mani, alte più di lei in ginocchio.
Delle belle fiammone di circa una metrata.
- Ma che bello. - Oh, il sarcasmo amaro.
Sospirai, poi decisi di andare a
vedere se potevo dare un mano in salotto. Non a mettere in ordine, che
vai a pensare? Io volevo solo capire. Volevo fare domande, farmi
spiegare, volevo sapere chi sapeva cosa, come, quando e perché.
Volevo i dettagli. Io volevo torchiare Akane. Invece non feci in tempo
ad aprire bocca che il vecchio porco si palesò tra noi sbuffando
fumo dalla sua pipa, circondato da un'aura al quanto sinistra, gli
occhi ridotti a due piccole inquietantissime fessure.
- Vi voglio tutti riuniti nella mia stanza tra cinque minuti, feriti inclusi. Poche storie. È ora di darci un taglio. -
=========================================================================
[...]
2 luglio 1990
8:00 circa - il bollitore quasi fa inciampare Kasumi
8:10 circa -
Happosai: "Tu marmocchio non sai quello che fai, non sai quello che
dici e nemmeno quello che vuoi. E questo alla lunga può portare
solo grossi guai per tutti." rivolgendosi a Ranma. Akane se l'è
squagliata di nuovo. Ranma? Non sa / non risponde.
8:25 - Ranko si lascia riprendere pur di sapere di Akane sulle scale.
16:40 circa - Shampoo insiste nel voler sapere che è successo alla faccia di Ranma
17:05 - Assolutamente incredibile. Akane - Shampoo : 1 - 0.
17:10 - Happosai mi avverte che dovrò assumermi la responsabilità di non so che.
19:00 / 19:30
circa - devastazione di soggiorno e cucina. Sommossa di una batteria di
pentole che pare un battaglione a cavallo. I capelli di Kasumi hanno
preso fuoco. Ranma le ha prese sul culetto e non può stare
seduto.
20:45 - Happosai ci convoca in riunione. La cena finisce di freddarsi. Non mi aspetto nulla di buono.
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Capitolo 5 *** La verità, the Happosai's way ***
fanfic-cap5
Bene, bene, nipote. Il vecchiaccio
si preparava a vuotare il sacco, o almeno così voleva farci
credere. Diceva di saperla lunga, ma poi vai a sapere. A volte aveva
raccontato tali panzane spacciandole per arcani misteri... Fidarsi non
era la cosa più ovvia da fare.
A questo punto io però
avrei proprio bisogno di una bella birra, quindi se volessi essere
così gentile da prendere due bicchieri, vado a vedere se ne
è rimasta un po' in frigo. Ah, ma aspetta un secondo. Minako
Ono, quanti anni hai esattamente? Quattordici? Quindici? Compiuti,
sì? Beh, non è mai morto nessuno per aver smezzato una
birretta con la zia. Fa sicuramente meno male che stare tutto il
pomeriggio in faccia alla tv. E alle ramanzine di tua madre ormai ci
sono abituata.
Uhhhiiiiiiiiiii, se ci sono abituata...!
Ecco qua. Perfetto, è bella fresca, eh?
Dunque, dov'eravamo rimasti? Ah,
sì. Il vecchio che ci convocava tutti nella sua stanza. Nella
scatola dove hai trovato il diario ci sono anche delle mini-cassette,
quelle piccole del registratore portatile. Prendi la prima, dovrebbe
essere datata 2 luglio 1990. Proprio quella. Il registratore è
lì nel cassetto, ora ce la riascoltiamo insieme, sempre che
abbia ancora le batterie cariche... Ah, non ce le ha proprio? Tanto
meglio. Le trovi là dentro, in quella scatoletta verde. Certo
però tu magari non riconosci tutte le voci... aspetta allora.
Vedi quella pila di quaderni tutti uguali? Lì ci sono le
sbobinature dei nastri. Anche di quelli, prendi il primo. Stessa data.
Corrisponde? Perfetto. Così potrai seguire con
facilità. Ché tua zia è stata una gran
lavoratrice ai tempi. Solo a ripensarci alla faticaccia che mi hanno
fatto fare mi sento male. Stavo davvero rimanendoci sotto. Ma
tant'è. È tutto ordinato, datato, classificato, sbobinato
e commentato. Un lavoraccio che neanche i cani... Sai una cosa? A te
ora sembra di vivere in una famiglia relativamente normale, hai dei
genitori che sono due personcine a modo, con la testa sulle spalle
anche se per certi versi un po' eccentrici - immagino che alla tua
età questo inizi a diventare evidente... - un nonno un po'
svitato e piagnone, ma in genere allegro e affettuoso, degli zii che
sono dei matti scatenati, ognuno a modo suo, dei cuginetti pestiferi,
ma nel complesso ci vogliamo tutti un gran bene, no? Quello che non sai
è che questa famiglia è stata molto vicina a non esistere
affatto. Diciassette anni fa siamo stati tutti sul punto di saltarci
alla gola gli uni con gli altri. Ci saremmo scannati a vicenda, se non
fosse stato per la sottoscritta. Ma che te lo dico a fare... qui
c'è ancora gente convinta che sia io quella che ha qualcosa da
farsi perdonare e si sentono buoni perché ci passano sopra.
M'avessero mai ridato mezzo yen... che banda di simpatici ipocriti! Sai
che tua madre non mi ha parlato per quasi dieci anni? Roba da matti...
Ma è acqua passata ormai. Certo se qualcuno si decidesse a
chiedermi scusa mica ci starebbe male. Non che me ne importi qualcosa,
sia chiaro. Come ti dicevo, ormai è acqua passata, tsk. Ma basta
con le digressioni, riprendiamo da dove avevamo lasciato.
Ah, già! Che maleducata che sono... Salute!
Ero rimasta indietro. Non sapevo
cosa esattamente fosse successo mentre ero via - il riassuntino di
Nodoka era pieno di lacune e considerazioni demenziali - e il vecchio
non mi aveva più anticipato nulla circa le sue ipotesi.
Quel ruolo da spettatrice passiva
non faceva per me, non questa volta che non sembrava trattarsi di menar
le mani ma piuttosto di far funzionare il cervello.
In quella casa c'erano solo due
cervelli realmente funzionanti, capaci di guardare ai fatti con la
necessaria freddezza: il mio e quello di Happosai. C'è da dire
però che, per quanto io potessi essere, all'epoca, spietata,
venale ed egoista, la malvagità del venerabile maestro era ad un
altro livello. Forse non era il caso che lasciassi quei bietoloni dei
membri della mia famiglia allargata in balia della mente perversa del
vecchio. Avrebbe avuto gioco fin troppo facile nel rigirarseli come
pedalini. Sarebbe stato più prudente mettersi nella posizione di
poterli difendere se se ne fosse presentata la necessità.
Certamente poi avremmo potuto pattuire un congruo compenso per i miei
servigi.
Cinque minuti, avevo solo cinque
minuti. Dopodiché Happosai avrebbe iniziato a dire la sua e
qualsiasi cosa avesse intenzione di raccontarci si sarebbe convertito
nel grande burattinaio della situazione. Il saggio, il sapiente,
l'esperto. Egli sa, ha la conoscenza, l'esperienza, gli antichi testi.
A noi altri sarebbe rimasta solo la scelta tra credergli o non
credergli, seguire i suoi dettami oppure non seguirli. Già, ma
con quale criterio? Questa gente non ha un criterio sensato per
prendere simili decisioni. Mischiare giudizi di fatto e giudizi di
valore è il loro passatempo preferito. È
vero perché "mi pare ovvio che non possa essere colpa
mia", perché "oddio quant'è
virile", perché "bisogna sempre
ringraziare", perché "non avevo mai mangiato tanto".
È falso perché "non sta bene", perché
"non è così che
si comporta una vera signorina", perché "queste cose non si
fanno",
perché "io ho ancora fame", perché "il mio orgoglio mi
dice
che non può essere vero", perché "noooooooooooo la mia
bambinaaaaaaaaaaaaaaaa non è possibileeeeeeeeeeeeee
buaaaaaaaa!!!"
No, proprio non ci siamo. Dovevo recuperare. Dovevo
mettermi in condizione di essere in grado di valutare obiettivamente
ogni singola parola pronunciata dallo scaltro vecchiaccio. Avevo
bisogno di dati.
Ovviamente poteva benissimo darsi che fosse tutto un bluff.
Happosai avrebbe potuto anche mettersi a raccontare una delle sue
pallosissime storie che iniziavano immancabilmente con "quando era un
bellissimo giovane di soli diciotto anni e mi trovavo in Cina..." e
tutti sarebbero tornati a farsi gli affari loro nel giro di un paio di
minuti. Non era da escludersi, in effetti. Ma non avrebbe avuto molto
senso arrivare a far trascinare la povera Kasumi ancora sotto shock
nella sua stanza per ammansirci con una stupida storiella. Mettila un
po' come vuoi, sta di fatto che avevo proprio la netta sensazione che
il vecchio si stesse preparando a lanciare una bomba. Non un fuoco
d'artificio, ma una vera bomba verbale. Questa era la sua occasione per
accrescere a dismisura la sua posizione di potere all'interno dello
sgangherato nucleo bi-familiare. Ed io avevo tutte le intenzioni di
impedirglielo.
Perché
non sarebbe una situazione piacevole. Perché mi farò
ringraziare a dovere dal resto della ciurma. Perché quel porco
di Happosai mi ha negato le anticipazioni promesse per il solo fatto -
ovvio - di non avergli permesso di palpeggiarmi impunemente. E questa
me la pagherà.
Decisi di lasciare perdere il mio
okonomiyaki - solo un certo panda e mio padre potevano aver voglia di
mangiare in un momento simile - per filare dritta in camera mia,
recuperare il registratore tascabile - questo qui per capirci - e
infilarci dentro una cassetta da novanta minuti.
Anzi no, meglio centoventi.
Presi il mio quaderno/diario e una
penna. Quaderno piegato in una tasca degli shorts, registratore
nell'altra, penna nel taschino della camicia. Mi restavano quattro
minuti scarsi.
Tornai al piano di sotto. Nodoka
tentava di rimettere in piedi gli infermi. Papà e Genma
continuavano a spazzolare okonomiyaki, o quello che ne restava dopo i
maltrattamenti subiti. Akane era seduta in giardino, guardava il
laghetto. L'allegria di aver battuto Shampoo le era durata poco.
Io avevo pochissimo tempo. A quel
punto la cosa più urgente era sapere cosa fosse successo
là dentro durante la mia assenza. Almeno la sequenza temporale
degli eventi. Avrei chiesto ad Akane. Mi andai a sedere accanto a lei e
premetti "REC".
===================================================================
2/ 7/ 1990 - 20:47 - Giardino di casa Tendo. Akane, Nabiki.
N. : Insomma, si può sapere che accidenti è successo mentre ero via?
A. : Eh, beh... l'hai visto, no?
Pare che Kasumi non possa più avvicinarsi alla cucina che
scoppia il delirio. Non so se a scatenare tutta questa furia sia stato
il fatto di aver acceso il microonde o i fornelli... io non c'ero,
stavo in palestra.
N.: Ti allenavi? Ma come! Con tutte le ammaccature che ti sei fatta oggi combattendo con Shampoo?
A.: Ma se non mi sono fatta quasi
niente! L'ho battuta, non te lo ricordi? Il dottor Tofu mi ha fasciato
la caviglia, è stata solo una storta. Sto bene. [3 sec.] E
quello scemo di Ranma che invece di congratularsi ha cercato di farmi
pesare il fatto che non ne ero uscita del tutto indenne...
N.: Lo dici perché ti ha offerto di portarti in spalla all'ambulatorio?
A.: Non dico che non sia stato
gentile... È che ci potevo andare perfettamente da sola. E ci
sono andata da sola infatti. Ho vinto, capisci? Ho sconfitto Shampoo e
invece sembra che... [sbuffo/sospiro] lasciamo stare.
[3-4 sec.]
N.: Capisco. Se vuoi poi ne parliamo con calma, se ti va... adesso magari è meglio se finisci di dirmi della cucina.
A.: Tranquilla, non c'è
nulla di cui parlare. [3 sec.] Ti dicevo che all'inizio inizio io non
c'ero. Sono arrivata subito dopo. Prima di me era arrivato Ranma. Ha
cercato di far uscire Kasumi dalla cucina, ma si è trovato
coinvolto in una baruffa con le padelle... hai presente "La spada nella
roccia", quando Caio e Ser Hector cercano di fermare la catena di
montaggio della cucina stregata di Mago Merlino? [canticchia:] ...Non sapranno nemmeno chi è stato, quel che conta è il risultato!...
Una cosa del genere, ma senza spazzole, tinozze e saponata. L'hanno
suonato per bene! [risata appena accennata] Poi il fuoco.
È stata la parte peggiore perché si sono bruciati i
capelli di Kasumi... sono completamente rovinati, soprattutto con la
frangia ridotta così... sarà difficile ridargli una forma
decente... è assurdo... Alla fine siamo dovuti intervenire io e
papà per portarli in salvo. Siamo entrati alla chetichella dalla
porta di servizio e, senza attaccar briga con nessuno degli oggetti
volanti, li abbiamo portati fuori di là. Papà ha avvolto
Kasumi in una coperta, l'ha presa in braccio e sono usciti da dove
eravamo entrati. Io invece ho dovuto strisciare per terra per
raggiungere Ranma senza farmi malmenare dalle pentole. Me lo sono messo
in spalla e mi sono trascinata fino a raggiungere il corridoio. Sopra
le nostre teste c'era un'allegra bagarre di tegami furiosi. Ma appena
siamo riusciti ad uscire la cucina è come esplosa. Tutto quello
che era per aria è stato scagliato contro le pareti con una
violenza mostruosa. Subito dopo con papà e il signor Genma siamo
tornati dentro a cercare di spegnere le fiamme, ma nel frattempo un
tubo della caldaia ha ceduto e non ce ne è più stato
bisogno. Si è allagato tutto. Ora però stiamo senz'acqua
calda.
N.: E il soggiorno?
A.: Non ne ho idea, sono entrata
in cucina dal retro e non ho visto cosa succedeva di là. Ma
credo che sia cominciata dopo, quando ho portato fuori Ranma, tipo
colpo di coda. Di cosa non lo so...
N.: Certo che è davvero
strano. Qualsiasi cosa ci dica Happosai, sarebbe bene sentire un
secondo parere. Non c'è da fidarsi, potrebbe essere lui la causa
di tutto...
A.: ... [5-6 sec.] sì, può darsi... [N.B.: scarsissima convinzione].
N.: Senti un po' piuttosto, ma si
può sapere da quand'è che sei diventata così
forte? Quello che hai detto a Shampoo, che ti sei allenata tanto negli
ultimi mesi... ma è vero? Io non ti ho vista darti così
tanto da fare... anzi, mi pareva che avessi anche smesso di andare a
correre la mattina...
A.: È che mi alleno la sera tardi...
N.: A notte fonda vorrai dire...
A.: Beh, sì... insomma... più o meno... dopo che siete andati a dormire tutti quanti.
N.: Ecco perché ieri notte eri sulle scale alle tre passate!
A.: Tu... tu mi hai vista...? ...
io, ecco... ero già andata a letto in realtà, non avevo
fatto tanto tardi... è solo che... insomma, sì, poi...
è che... [inciafruglia cose senza senso]
Happosai [da dentro, rivolgendosi a tutti]: Insomma, vi date una mossa? Vi sto aspettando.
A.: [piccolo sospiro]
[Ci spostiamo nella stanza del vecchiaccio]
===================================================================
Non ne avevo cavato
granché, una cosa però mi appariva sempre più
chiara: Akane stava attraversando un periodo complicato. Difficile dire
se questo avesse a che vedere o meno con quello che stava accadendo, ma
certamente era estremamente vulnerabile in quel momento. Avrei fatto
bene a tenerla d'occhio.
- Sedetevi. - Happosai aveva
sistemato otto cuscini in circolo, ci disponemmo in modo solo
parzialmente casuale. La mia priorità era posizionarmi
leggermente fuori dal suo campo visivo. Mi sedetti alla sua sinistra
nella speranza di poter magari anche sbirciare un po' i rotoli sparsi
attorno a lui. Papà e il panda ciccione se ne stavano uno
affianco all'altro in posizione frontale rispetto all'oratore. Akane a
ore nove, vicina alla porta. Nodoka tra Akane e il panda. Ranma a ore
due, dopo papà, in piedi per ovvie ragioni, il solito sorriso
sbruffone stampato in faccia, appena attenuato probabilmente dai
fastidi fisici. A ore quattro se ne stava Kasumi, ancora piuttosto
scossa, pareva avere la testa altrove, si guardava attorno svagata.
Chiaramente, il grande maestro non si stava preparando a confessarci di aver fatto qualche sortilegio alla nostra amata dimora.
Evidentemente, il vecchiaccio si apprestava a muovere delle accuse.
Decisamente, il suo scopo era ben lontano dal voler risolvere una situazione incresciosa per tutti.
Sicuramente, aveva in programma di divertirsi un sacco alle nostre spalle, dopo avermi negato le anticipazioni promesse quella mattina.
Palesemente,
stava ostentando serietà, sbuffando fumo in silenzio - va bene,
va bene, la smetto. Le minuscole braccia conserte, lo sguardo basso,
gli occhi socchiusi. Eppure non potevo far a meno di pensare che stesse
ridacchiando dentro di sé. Il suo brutto becco era come
leggermente deformato, un accenno di ghigno famelico appena visibile
sul suo volto grinzoso. Diamine se era repellente! Prese uno dei
codici, lo srotolò e si mise a scorrerlo rapidamente con gli
occhi borbottando tra sé e sé. Ripassava. O meglio,
simulava di star ripassando. A chi voleva darla a bere? Poi lo richiuse
di scatto. Sollevò il mento e ci scrutò con molta
attenzione - anche troppa - uno ad uno. Si stava davvero divertendo,
tanto che il suo ghigno divenne più evidente. Certo che solo un
essere ignobile si rimangia una promessa perché una povera
ragazza non si lascia palpare a suo piacimento. A quell'ora potevo star
ridendo anch'io invece di essere una tra le sue tante vittime. Per non
parlare di quel sinistro discorso sull'assumermi le mie responsabilità. Chissà a che si riferiva... Che individuo spregevole.
Ebbene.
REC.
===================================================================
2/ 7/ 1990 - 20:51 - Stanza di Happosai. Gli abitanti di casa Tendo al completo.
Happosai: Ebbene, cara famiglia.
Perché voi siete un po' la mia famiglia, lo sapete vero? E anche
se spesso mi mancate di rispetto, anche se qualcuno di voi troppo
spesso si diverte a maltrattarmi, io vi voglio bene. Ed è per
questo che siamo riuniti qui adesso. - [Quanta melassa!]
[Borbottii diffusi]
H.: Ora cercherò di darvi
quante più informazioni utili possibile prima che la situazione
ci sfugga definitivamente di mano. Vedrò di prenderla alla
lontana, per non turbare troppo le vostre fragili menti - cosa che
peggiorerebbe la situazione - spiegandovi prima ciò che non dovete assolutamente fare. Tanto per cominciare,
quello che ha fatto Ranma oggi è sbagliatissimo ed è
tutta colpa sua se è successo questo disastro. Capito Ranma?
Ranma: Ma che stai dicendo, vecchiaccio!?
H.: Hai capito benissimo. E lasciami finire prima di scaldarti.
È solo colpa tua se i capelli della dolce Kasumi hanno preso
fuoco. Mai, dico sul serio, mai mai mai sprigionare il proprio spirito
combattivo nel mezzo di una crisi.
È pericolosissimo. Anzi, come regola generale, tenete i nervi a
freno dentro queste fragili mura o rischiamo l'effetto elefante nella
cristalleria. Se proprio avete voglia di litigare, andate in giardino.
E fatelo per tempo, prima che il vostro ki
inizi a cambiare colore. L'idea che aveva avuto Kasumi di trattare gli
oggetti con gentilezza, ovvero di contrapporre alla mancanza di equilibrio
generale la propria calma e pacatezza è molto più
efficace che non cercare di fare a botte con le padelle, che poi
finisce male. Tutto chiaro? Non fatemi domande non attinenti, voglio
solo sapere se avete capito cosa non si deve fare. Ranma?
R.: Parli strano oggi vecchiaccio, ma certo che ho capito. Mi dispiace Kasumi, non lo sapevo.
Kasumi: Non fa niente Ranma, hai solo cercato di aiutarmi. E poi credo tu ti sia fatto più male di me...
R. [tastandosi il fondo schiena]: In effetti... però i tuoi capelli...
K. [con una piccola lacrimuccia]: Ricresceranno...!
H.: Anche tutto il resto del
disastro l'hai scatenato tu Ranma, con la tua reazione sconsiderata.
Dovresti chiedere scusa un po' a tutti.
R.: Piano, piano. Io non potevo saperlo, perché dovrei chiedere scusa?
H.: Semplice. Kasumi neanche ne
sapeva nulla ma era comunque arrivata a dedurre quale fosse il
comportamento da tenere per contenere il problema. Tu invece sei il
solito stolto. Pensi che tutti i nemici si possano affrontare a calci e
pugni? Un artista marziale degno di questo nome dovrebbe sempre essere
in grado di valutare cosa ha di fronte prima di combattere un
avversario sconosciuto con una strategia casuale. Istinto e voglia di
menare le mani non sono sinonimi, Ranma.
[Discreto cappotto]
Panda: [cartello:] Molto saggio,
maestro. [cartello:] Ranma è spesso avventato. [cartello:]
È ancora molto giovane e immaturo.
H.: No, è un imbecille. Ma questo è un altro discorso.
R.: Ehi!
H.: A cuccia.
Panda.: [cartello:] Ranma, fai silenzio per favore. Non è il momento.
Nodoka: Genma caro, non sarebbe meglio se tornassi alla forma umana?
Soun: Purtroppo siamo senz'acqua calda, Nodoka.
Nod.: Oh....
Panda.: [cartello:] Credo che
quello che tutti qui dentro vorremmo chiedere al maestro Happosai
sia... [cartello:] Questo temibile avversario sconosciuto...
[cartello:] Chi è?
S.: Giusto! Di cosa si tratta, maestro? Di un demone? Un fantasma? Un qualche spirito o forse...
H. [interrompendo]: Un po' di pazienza, per favore.
[Si diverte il vecchiaccio, eccome se si diverte...]
R.: Taglia corto, vecchio. Non
vorremmo mica farci giorno! Dicci chi è e vediamo di trovare una
tecnica per liberarci di lui alla svelta che ha già fatto
abbastanza danni.
H.: Mi dispiace per te ragazzo, ma
questa volta non te la caverai così a buon mercato. Non
c'è nessun avversario e probabilmente non c'è neppure una
tecnica per liberarsi del problema, non in senso stretto quanto meno.
[Borbottii diffusi. Provo a sbirciare i codici]
H. [Rivolgendosi a me, dopo avermi
colpito la mano con un rotolo]: Tieni giù le mani tu.
[Rivolgendosi di nuovo a tutti] Statemi bene a sentire, tutti quanti:
nessuno di voi ha mai sentito parlare della Furia della Casa Stremata?
R.: E che cos'è? Un nuovo film dell'orrore? [ridacchiando beffardo]
K.: Sembra una cosa terribile... non mi sembra di averne mai sentito parlare.
[Papà e il panda scuotono la testa. Akane guarda il soffitto.]
Nod.: Io credo di sì...
è una vecchia leggenda, no? Me ne parlava mia madre quando ero
una giovane sposa desiderosa di diventare mamma... ma cosa c'entra,
scusate?
[L'idea che Happosai si immischi di spose e desiderio di maternità mi da i brividi...]
H.: Beh, è qualcosa di
più di una vecchia leggenda. È uno dei fenomeni
più inquietanti e complessi che si conoscano nell'ambito
dell'interazione tra ki e
materia inerte. Molti antichi testi parlano di questa questione, ma la
gran parte si riferisce alla fenomenologia più comune, ovvero a
quelle circostanze scatenanti che, in genere, sono le sole a generare
la potenza necessaria a dar luogo ad effetti visibili. Da qui la leggenda
secondo la quale quando una coppia desidera avere un bambino ma
l'agognato figlio non arriva la casa scricchiola, si sentono strani
rumori notturni, diventa difficile regolare la temperatura dell'acqua e
cose simili. Si dice che la dimora di una famiglia sviluppi una sorta
di empatia con i suoi abitanti, che questo la renda partecipe della
frustrazione prolungata dovuta al tentativo ripetutamente vano della
coppia di riprodursi. Ovviamente queste sono tutte stupidaggini. [Mi
guarda fisso, sollevando le sopracciglia e accennando un mezzo
sorrisetto. Pare voler dire: "Non avrai mica creduto che vi abbia
riuniti qui per raccontarvi una sciocca storiella?"] La casa, neanche a
dirlo, non ha un'anima, non sviluppa empatia, non soffre con chi vi
abita, non è di buono o cattivo umore. Tutte baggianate. La
maniera scientifica [seconda
occhiata diretta] di raccontare questa storia è un'altra.
L'energia negativa sprigionata dagli aspiranti genitori in certi casi
arriva ad essere superiore, per intensità e continuità
del flusso, alla quantità massima che un contenitore chiuso di
materiale vario, quale una stanza o una casa, sia in grado di
disperdere. Quindi questa energia finisce per accumularsi nelle
molecole del legno, negli atomi dei metalli, nell'aria, nel vetro,
nelle plastiche. Se la situazione persiste, si raggiunge una soglia
critica e gli effetti delle alterazioni nella struttura della materia
diventano macroscopici, dunque percepibili. Si crea una condizione di
ipersensibilità per cui se nel ki di una persona che si trovi in una casa stremata si determina una qualsiasi fluttuazione - rabbia, tristezza, ansia - le conseguenze posso essere decisamente spiacevoli.
[Torna a fissarmi. Non parla più. Aspetta un segno di approvazione? Tutto chiaro, prof.! Proceda pure.]
N.: Non è facile seguirti, sai? Si può sapere a che dobbiamo questo pistolotto pseudoscientifico?
H.: Non far finta di non saperlo, Nabiki cara.
[Far finta? E chi fa finta? Se non mi hai più anticipato nulla!]
H.: È molto semplice:
questo è anche il nostro caso. In questa casa non ci sono demoni
né spiriti di nessun genere. È pulita. Ho controllato
più e più volte. La casa e tutti i suoi abitanti sono
assolutamente liberi da qualsiasi tipo di possessione. Siamo soli, qui dentro. [Mi fissa di nuovo. Non capisco
cosa voglia...]
N. Questa dovrebbe essere un'ottima notizia, ma da come lo dici non suona affatto come una cosa positiva... o sbaglio?
[Vediamo un po' come sta reagendo
l'allegra compagnia, rapidissimamente: Kasumi continua a sembrare sulle
nuvole; Ranma pare tranquillo, si sporge un po' in avanti, sembra
incuriosito; papà è papà, fa cenni di assenso col
capo, tiene gli occhi chiusi e ostenta serietà perché
evidentemente è disorientato; il panda è indolente; la
zia Nodoka ha un'espressione assorta, forse lievemente tirata; Akane...
beh, Akane insiste a starsene con il naso all'insù, guarda il
soffitto.]
[Happosai sorride ancora. Certo
che questo ci prova gusto a tenerci sulla graticola e se io oggi
pomeriggio lo avessi lasciato fare per un po' a quest'ora saprei se sta
mentendo oppure no... avrei dovuto lasciarlo fare? Solo a pensarci mi viene da vomitare, lurido vecchio
ricattatore...]
H.: Non sbagli, ovviamente.
Non è una buona notizia perché in un certo senso complica
le cose. Tradotto per le menti semplici: nessuno speri di risolvere la
questione scatenando la sua furia contro un mostro brutto e cattivo.
[Questa invece suona proprio come
una dura e cruda verità. Non sta mentendo, non sembrerebbe,
eppure tutto in lui - tono di voce, linguaggio corporale - indica che
sta recitando ...]
[Possibile che questo cuscino sia così scomodo? Non riesco a trovare una posizione decentemente confortevole...]
[Happosai prende un testo e lo srotola.]
H. [mostrando il rotolo che ha in
mano]: Qui si racconta la leggenda di cui parlava Nodoka, con
l'aggiunta di alcuni dettagli un po' sconci che non sto qui a dirvi, e
vi è riportata la spiegazione scientifica che vi ho dato prima,
anche questa con qualche dettaglio in più. Questo rotolo
rappresenta il testo base, il più comune, diffuso non solo in
Giappone ma anche in Cina e altrove.
[Il suo sguardo si posa su tutti i
presenti a turno, ma ho la persistente sensazione che su di me insista
sempre qualche secondo di troppo. Mi mette a disagio.]
H.: Tutte le più antiche
culture ne possiedono una propria versione, ma gli scritti sono tra
loro quasi del tutto simili, variano solo i fronzoli di contorno. Ogni
persona con un minimo di cultura in ambito di energie corporee e affini
ne possiede una copia e ne conosce il contenuto. Per dire, sicuramente
l'ha letto anche Shampoo.
[Ora mi rifila un'occhiata piena
di rimprovero. Perché? Perché per colpa mia Shampoo sa
che la nostra casa è furiosa e stremata.
E questo, evidentemente, è un male. Accidenti, che nervoso!
Calma, Nabiki, calma. Non è da farti saltare i nervi per
così poco.]
H. [Posa il rotolo che ha in mano,
ne prende un altro] Questo invece è un testo abbastanza raro.
Contiene un elenco a grandi linee delle tipologie di circostanze
scatenanti alternative [Altra
fastidiosissima occhiata, questa volte potrei definirla complice.
Che voltastomaco! Calma, Nabiki. Calma e sangue freddo.] e delle
fenomenologie corrispondenti. Il resto dei rotoli approfondiscono
alcuni casi particolari. Il linguaggio usato in questi antichi codici
rappresenta l'ostacolo principale al loro utilizzo. Si tratta di
spiegazioni estremamente criptiche che parlano attraverso riferimenti
ad altri fatti, miti e leggende della storia antica. Raccapezzarcisi
sarà un vero incubo.
[Happosai continua a guardarmi
fisso. Perché Happosai mi guarda fisso? Oddio. Ritiene che a
questo punto io dovrei essere in grado di risolvere l'enigma? La casa
è furiosa e stremata... Lo sa anche Shampoo, per colpa mia... Una leggenda con particolari sconci e una spiegazione scientifica... Giovani donne che aspirano a diventare madri, ma anche cause alternative...
Akane è strana... Io devo assumermi le mie
responsabilità... Non ha alcun senso. Questi ingredienti fanno
solo una maionese impazzita...]
H.: Inoltre, per ovvie ragioni, il contenuto è ostico, spesso un vero pugno nello stomaco.
[Mi fissa ancora. Non so dove
voglia condurre la carretta, non riesco nemmeno a intuirlo. Provo a
dire qualcosa per togliermi d'impaccio.]
N.: Detto da te fa un po' ridere...
H. [ridacchiando]: Rilassati,
Nabikuccia. Ritieni che io non mi stia spiegando sufficientemente bene?
Vuoi continuare tu...? [Sorriso ammiccante.]
N.: Io..??
[Starà per caso cercando di far credere agli altri che io sia sua complice?]
H.: Povera cara, ti vedo davvero nervosa... che ti succede? [Occhiata mostruosamente melensa.]
[Bleah! Datemi un secchio! Calma,
calma, calma. Sta cercando di farti perdere le staffe di proposito e
non sai perché. Non dargliela vinta così facilmente.]
N.: Sei tu che dici cose senza senso. E piantala di fissarmi in quel modo, vecchio schifoso!
H.: Fissarti? Io? Quando mai? Siamo sul paranoico spinto questi giorni ragazzina, eh?
[Io sarò paranoica ma
questo è solo un teatrino idiota. Sbuffo guardandomi bene
dall'aggiungere altro. Se spera che io stia qui a fargli da spalla, si
sbaglia di grosso.]
H. [riprendendo come se nulla fosse]: Lasciatemi aggiungere una cosa di importanza fondamentale. Se la sorgente dell'energia negativa
[piccola pausa, altro sguardo a sopracciglia alzate tipo "hai capito,
no?", o peggio "quello di cui sappiamo noi"] non potesse essere invertita [occhiolino lampo - ommioddio] e rimuoverla
non dovesse essere sufficiente, esistono dei palliativi per preservare
l'integrità strutturale dell'abitazione ed evitare pericolosi
colpi di testa.
Nod.: L'incenso della levità, giusto..?
H.: Sì, nel caso delle coppie che non riescono ad avere bambini si chiama incenso della levità. Più in generale si parla di incenso del karma
ed ogni caso particolare richiede un preparato specifico da bruciare.
Il guaio è che - purtroppo per noi [altra fastidiosissima
occhiata] - questo tipo di manualistica, voglio dire, i testi
contenenti le ricette per tutti i possibili incensi, che saranno centinaia, è andata in larga parte perduta. Di solito, quando non si può adoperare l'incenso della levità,
ci si affida a preparati generici che sono molto meno efficaci. In casi
di manifestazioni di instabilità lievi possono anche andar bene,
ma qui credo che stiamo già abbondantemente oltre il limite.
Sarà quindi necessario [pianta i suoi occhi nei miei
inchiodandomi nella mia posizione attuale] comprendere a fondo la
logica delle interazioni ki-materia,
studiare approfonditamente il caso in questione per poterlo
classificare in modo corretto e ricostruire dettagliatamente l'effetto
di ogni singolo ingrediente dei preparati dalle poche ricette
reperibili al fine di ricreare l'incenso del karma
che fa al caso nostro. [Torna rivolgere lo sguardo al resto delle
platea] Potrebbe persino essere necessario mettersi alla ricerca di
ulteriore materiale non in mio possesso. [Di nuovo rivolgendosi a me]
Perché mi pare ovvio che qua non possiamo fare molto di
più che affidarci ai rimedi palliativi, [2-3 sec.] non sei
d'accordo anche tu, Nabikuccia?
N. [5 sec. - sinceramente sorpresa]: Che??
[Ora mi stanno guardando tutti. È riuscito a far credere a questi qua che io la sappia lunga.]
H.: Dicevo, che ovviamente ricorreremo a rimedi palliativi, no?
N. [un po' agitata - appena appena
- sporgendosi verso il vecchio]: Senti un po', tu. Io non so di cosa stai parlando, vecchio scemo. [effettivamente, riascoltandomi, ammetto
di aver gridato un pochino]
[Questo qua è tutto matto.]
H.: Ma come, Nabikuccia!
N.: Nabikuccia cosa? Nabikuccia chi?? Che vai cianciando? La vuoi smettere di girarci intorno e dirci una buona volta che accidenti c'entriamo noi con La Furia della Casa Stremata??
H. [Sospirando sonoramente]:
Eeeeggià! [Socchiude gli occhi, intreccia le mani e ghigna
soddisfatto. Ci sono cascata. Altro che fargli da spalla. Mi sono
appena assunta la responsabilità di avergli dato la stura.]
H. [Guardandomi dritto negli
occhi, sorride gongolante]: Come vuoi. Dunque, prima di darvi le
istruzioni che dovrete seguire per mettere fine a questo pandemonio...
N. [a mezza bocca, quasi ringhiando]: Bum!
H. [ignorandomi ma senza smettere di sorridere]: ... lasciate che risponda alla domanda di Nabiki.
[Sudo. Qualsiasi cosa stia per
sparare adesso la responsabilità ricadrà per metà
su di me. Devo mandare all'aria questa pagliacciata, non voglio proprio
farmi usare come scudo umano. Che possiamo avere a che fare noi con le
coppie che non riescono a concepire? Varianti sul tema? Assonanze?
Forse non vogliamo davvero saperlo. Ma nessuno dice niente? Hanno
tutti scelto di stare a vedere che succede? Ripasso di nuovo tutti i
presenti. Kasumi? Assente, almeno mentalmente. Ranma? Ha fatto un passo
indietro, ora la sua curiosità sembra essersi trasformata in
lieve apprensione. Papà? Segni di noia mista ad impazienza.
Panda? Ba-bu! Nodoka? Ha aperto la bocca, pare sul punto di voler dire
qualcosa ma non fiata. Akane? Ha abbassato il naso, il suo corpo sembra
in tensione, gli occhi fissi su di me, si morde nervosamente il labbro
inferiore. Ma io non c'entro nulla, davvero! Potrei perfino
interromperlo fingendo una crisi isterica, per la modica cifra di 5000
yen. Nessuno è interessato?]
H.: Bene. Oltre
all'impossibilità di concepire un bambino esistono numerosissime
altre situazioni, anche diversissime tra loro, che possono scatenare la
cosiddetta Furia della Casa Stremata. L'unica cosa che le accomuna tutte è che si tratta sempre
di passioni tristi degli abitanti. [Piccola pausa] In particolare, frustrazioni,
angosce o tensioni irrisolte specificamente di natura sessuale.
[E con questo voglio davvero
capire a che gioco stiamo giocando. Sta giocando. Perché vuoi
mettermi in mezzo, vecchio matto?]
H.: Quando sotto un tetto le cose da quel punto di vista vanno particolarmente male, la casa può renderti la vita un vero inferno.
[Quindi io sicuramente non c'entro niente, ma - kami - ti stai proponendo
quale sessuologo della casa e vuoi farmi passare per la
tua amorevole assistente? Tengo la testa china, non ho molta
voglia di tornare a indagare le facce altrui. Mi picchietto la fronte
con due dita. Di tutte le corbellerie dell'universo
questa è davvero la più demenziale che si potesse immaginare. Avrai messo tutti in imbarazzo,
sei contento adesso? Ti sembrano argomenti adatti ad una riunione in
famiglia? In questa non-famiglia, oltre tutto!]
H.: Nel nostro caso specifico ritengo, in termini concreti, che l'origine sia una certa persistente tensione...
[Ecco. Stai per oltrepassare il limite.]
N.: Frena frena frena. [facendo il segno del time-out con le mani]
Tira il freno a mano, vecchio. Prima che tu prosegua con questa
buffonata, ti dispiacerebbe spiegarmi perché hai cercato di far
credere a tutti che io sapessi dove volevi andare a parare?
H.: Nessuna buffonata. È
tutto vero, carta canta! [indica i rotoli] È solo che
avevo bisogno di condividere il peso di queste rivelazioni con
qualcuno. Ma ammetto che è stato molto divertente! L'importante
però è che mi crediate...
N.: Divertente sarà tua nonna, vecchio scemo.
H.: Che ho fatto di male
Nabikuccia? Capisco perfettamente che sia una questione delicata, ma
meglio di così non sapevo proprio come dirlo!
[Finora nessuno ha fiatato. Alzo lo sguardo. Stanno tutti fissando noi due con aria incredula.]
N.: [ad Happosai] Ma perché hai cercato di mettermi in mezzo? [verso tutti] Ve lo ripeto: io non c'entro nulla.
H.: Sì, sì, va bene. L'hanno capito.
N.: Scemo. [Gli suono un rotolo in testa.]
[Più o meno tutti hanno
cambiato posizione. Qualcuno è in ginocchio, qualcun altro
carponi, qualcuno seduto sui talloni. Riguardo ancora una volta le
facce di tutti quanti: perplessità e incredulità a
palate. Kasumi: un po' rossa, la mano sulla bocca, lei si imbarazza
facilmente. Ranma: un braccio sopra la testa, si gratta la nuca come fa
sempre quando non sa che pesci prendere. Papà: sbatte
ripetutamente le palpebre, pare indeciso tra ridere o piangere. Il
panda: si è fatto da parte, gioca con un copertone. Nodoka:
fissa il punto dove prima era seduta Akane. E Akane...? Dov'è
Akane? Fortuna che avevo deciso di tenerla d'occhio...]
N. [trai denti]: Ma porc...!
[Mi alzo in piedi e punto un
indice minaccioso contro Happosai, poi me li ripasso tutti uno a uno,
negli occhi l'espressione più terrorizzante di cui sia capace]
N. [scandendo, voce gelida]:
Nessuno di voi muoverà un dito né dirà mezza
parola. Ora ve ne state qui, buonini buonini senza fare assolutamente
nulla, fino a che io non sarò tornata. Voglio ritrovarvi nella
vostre esatte posizioni attuali. E non deve volare una mosca,
altrimenti la mia vendetta sarà terribile. Parola mia. Lascio
qua il registratore, mi sarà testimone. Guai a voi!
S.: Ma allora tu stavi registrando?
N.: Mi era parsa una cosa utile.
Ma, ve lo ripeto un'ultima volta: io non c'entro niente. Nulla. Zero. Kaput. Avete capito? E ora zitti e buoni.
S.: Ma Nabiki...
N.: Zitto e buono.
[Mi sfilo dal circolo e infilo la porta.]
H. [forte]: Nabikuccia è la cocca di nonno Happy!
N. [ad un solo passo di distanza]: Vecchio. Stronzo. [Abbastanza forte
da assicurarmi che ogni singola molecola di legno e atomo di metallo
nella casa abbia afferrato il concetto. Corro al piano di sopra.]
[Bisbiglii captati dal registratore in mia assenza:]
[2 min: rumori indecifrabili]
[1 min]
S.: Nabiki arrabbiata mi fa quasi più paura del maestro...
H.: Infatti era un diversivo perfetto.
S.: Diversivo? Sa che si vendicherà?
H.: Credo che adesso abbia altro a cui pensare.
[2 min: brusio]
[3 min]
Nod.: Forse questa cosa non andava fatta in questo modo... no?
[20 sec.]
K.: Nabiki ci vendicherà.
H.: Addirittura?
K.: È stato molto cattivo, Happosai. Non avrebbe dovuto agire così. C'erano altri modi.
H.: Non drammatizziamo, Kasumi. Così è stato molto più divertente.
K.: Non è stato affatto divertente. E Nabiki gliela farà pagare, la conosco.
H.: Vedremo di tenerla occupata.
[5 min]
R.: Ma cos'è successo, esattamente?
H. [appena udibile, forse soffiando direttamente nel microfono]: Moriremo tutti... non c'è speranza... moriremo tutti...
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Capitolo 6 *** Se telefonando ***
fanfic-cap6
- Ah, sei qui...! - ma che
strano, eh? Non l'avrei mai detto che fosse scappata in camera sua. La
luce è spenta e lei è stesa sul suo letto, la faccia
sprofondata nel cuscino. - Sai che non è stata un'idea proprio
geniale quella di sparire in questo modo? -
Bofonchia qualcosa che non capisco.
- Perché l'hai fatto, eh? Avrai mica la coda di paglia...? -
Ancora suoni indecifrabili.
- Voglio dire, è probabile
che Happosai avrebbe tirato in ballo te e Ranma, ma insomma, non
sarebbe stato meglio negare ostinatamente l'evidenza come sempre? La
fuga sembra proprio un'ammissione di colpevolezza... - Mi morsi la
lingua. Forse avevo parlato troppo. Si sarebbe arrabbiata.
- Negare l'evidenza?! Che evidenza?? - come volevasi dimostrare. Maturità, questa sconosciuta.
- Ecco, era esattamente questo che
intendevo. Non ti pare di essere un filino troppo infantile per la tua
età? Perché sei scappata se non avevi nulla da
nascondere? - Questo sì che è amore del rischio. Non ero
affatto andata lì per provocarla, anzi. Volevo solo riportarla
giù velocemente e chiudere questa storia il prima possibile.
Volevo evitare che Happosai ci conducesse a una faida familiare per suo
sollazzo personale. Invece la stavo facendo arrabbiare. Mai dire ad
Akane quello che non vuole sentirsi dire se non si è pronti ad
affrontarne le conseguenze. Ora si sarebbe messa a strillare e a dirmi
su di tutto... e l'avrebbero sentita fino al piano di sotto e mi
avrebbe odiata ancora di più per questo e... Ma no, niente. Non
diceva mezza parola. Aveva riaffondato la faccia nel cuscino ed era
rimasta in silenzio. Che stesse iniziando a crescere? Visto mai. Che
fosse la mia occasione per cambiare argomento? Decisamente sì.
- Comunque, visto che non so in
che momento esatto tu te la sia filata, volevo farti sapere che io non
c'entro nulla. Non che questo debba interessarti particolarmente, ma
siccome l'ho detto agli altri volevo farlo sapere anche a te. E alla
fine Happosai ha confessato di aver cercato di mettermi in mezzo
perché era divertente. -
- Ma si è capito se stesse parlando sul serio o no? Si stava prendendo gioco di noi? -
- Non lo so. Ad ogni modo la
seconda cosa non escluderebbe la prima, sai com'è fatto.
Torniamo giù per scoprirlo? -
- Direi di no. Mi vergogno troppo, soprattutto dopo essermene andata via così... -
- Ma se non si sono neanche accorti che tu te ne sia venuta via! -
- Nessuno? -
- La zia Nodoka sì. -
- Poco male... -
- E il vecchiaccio. Sicuramente lui ti ha vista. -
- Figuriamoci. Nessun altro? -
- Credo di no. Se vuoi faccio anche in modo che siano distratti adesso che rientriamo. Sono solo 3000 yen. -
- Solo? -
- Spiritosa. Non è mica una cosa da niente. Ma puoi pagare a rate se vuoi. Senza interessi che oggi mi sento generosa. -
- ... -
- Allora, torniamo giù? -
- Ma se quello ricomincia a dire... a dire quelle oscenità... io... -
- Su! Quali oscenità? Pensaci bene, non è che abbia detto granché... -
- Come no?! -
- Stai esagerando, sai? E poi, che
ti importa? Dai, ti prometto che terrò la situazione sotto
controllo. Ora che so cos'ha in mente, tenere a bada il Gran. Master
Mascalzon. Figl. di Putt. di Croc. Visconte di Happosai sarà un
gioco da ragazzi. - Schiocco di dita e occhiolino complice.
- Uff... - non potevo fare a meno
di domandarmi a cosa fosse dovuto quest'eccesso d'ansia. Forse
semplicemente al fatto che Akane aveva passato buona parte della sua
vita desiderando essere come Kasumi, collezionando fallimenti e
frustrazioni. Andava fierissima di non essere come me: non mi
interessano i ragazzi, non sono attaccata al denaro, non manipolo le
persone... Ma di contro: faccio crescere i capelli come Kasumi, voglio
cucinare come Kasumi, mi piacerebbe cucire come Kasumi, l'innocenza e
la dolcezza di Kasumi... Il perbenismo di Kasumi. Eppure Akane non era
meno diversa dalla nostra esemplare sorellona di quanto non lo fosse da
a me. Se non hai il cuore di Kasumi, non puoi sperare di comportarti
come lei. Figuriamoci quindi che senso potrebbe mai avere aspirare a sentire come il nostro angelo del focolare preferito. Che poi si tratterebbe fondamentalmente di un non sentire. Atarassia
la chiamavano gli antichi greci. La totale assenza di passioni. Bella
aspirazione da avere a diciassette anni! Non ti offendere, Minako. Tua
madre è tanto cambiata da allora, come sono cambiata anch'io
d'altronde, anche se questo non ha del tutto appianato le nostre
divergenze. Però quello che va detto, va detto. Kasumi era la
personificazione della noia bacchettona. E a quei tempi io ero all'acme
della mia insofferenza nei suoi confronti. Ogni volta che sorrideva in
quel suo suo modo angelicato io fremevo dalla voglia di farle una
pernacchia. Akane invece soffriva d'ansia e si faceva delle paranoie
del tutto ingiustificate. Adesso però non era il momento per
l'introspezione. Toccava darsi una mossa.
- Senti, facciamo così. Ora
noi ce ne torniamo giù da brave, anche perché li ho messi
tutti a fare il gioco del silenzio col registratore come testimone e
non so quanto ancora reggeranno. Passiamo dalla cucina, cerchiamo dei
bicchieri integri e portiamo a tutti dell'acqua fresca che con questo
caldo non si disdegna mai. Dopodiché vediamo di chiudere in
fretta questa farsa e ce ne andiamo fuori. Solo io e te. Ci andiamo a
fare una bella birra ghiacciata in qualche bar del centro. -
- A quest'ora? -
- Beh, probabilmente anche
più tardi... Ma prima scendiamo, prima andiamo. Poi vedrai come
dormi bene! Dai che offro io! Ovvero, scalo dai 3000 che mi devi.
Facile fingere di avere la
situazione sotto controllo quando la realtà si avvicina solo di
striscio a una simile condizione, no? Certo, fino a che devi farlo a
parole e metterci una toppa. Evitare il peggio, cioè altri
casini. No, di altri casini non ne avevamo bisogno adesso. Akane doveva
scendere di sotto con me. Avremmo portato dell'acqua fresca, avrei
fatto due battute, Happosai sarebbe stato zitto. Happosai doveva
scusarsi per essersi preso gioco di me in quel modo. Happosai doveva
riuscire a convincermi di non star inventando storie, ma sarebbe stato
meglio discutere la questione a quattrocchi. Davanti agli altri non
gliel'avrei data vinta facilmente. Questa faccenda sembrava modellata
ad immagine della sua mente perversa, quindi poteva benissimo essersela
inventata, del tutto o magari solo in parte. In realtà avevo il
sospetto che fosse fondamentalmente veritiera, ma per come si era
comportato con me non avrei mai spezzato una lancia a suo favore. Nessuno
doveva credermi sua complice, comprimario o anche solo farsi l'idea che
i nostri modi di pensare potessero avere qualcosa in comune. Io per ora
avrei detto che non gli credevo punto e basta. Che altro potevo fare?
Doveva provare a tutti quanti, inconfutabilmente, che non ci stava
prendendo in giro, altrimenti la sua ipotesi di lavoro non poteva
essere presa sul serio. Immagina un po', pensavo, se fosse vero, se
tutto questo disastro fosse dovuto solo a... Mi veniva da ridere. Mi
venne da ridere. Mentre scendevamo le scale, guardando Akane, pensai al
sorriso di Kasumi, alla faccia da pollo di Ranma, alla katana di sua
madre. Non riuscii a trattenere una risata. C'è da essere un po'
scemi, no?
- Perché ridi? - chiede lei un po' risentita.
- Ovviamente sono tutte sciocchezze, ma... non sarebbe divertente se Happosai avesse ragione? -
- Non sarebbe divertente affatto. -
- Oh, sì invece. Lo sarebbe
eccome, cara mia. - Rido ancora. Che si arrabbi pure. A me viene da
ridere e rido.
Siete ridicoli, voi piccoli imbranati cuccioli di umani.
Siete buffi e insensati fino alle lacrime. E giacché le vostre
piccole grandi pene segrete sono fasulle mentre i danni che create sono
palesi e reali, lasciate almeno che io ci rida su.
Ma no dai, chi ci credeva alle scemenze dette dal vecchio maniaco? Siamo seri, per favore.
Oppure, l'altra versione
ugualmente probabile. Spesso la verità è più
grottesca di come siamo disposti a credere. È inutile
nascondersi dietro a un dito. Siamo seri, per favore.
Indiscutibilmente, servivano prove. Prove definitive.
Per ora intanto avevamo acqua
fresca e bicchieri di plastica che di quelli di vetro non se ne era
salvato neanche uno. Mancava un vassoio. Trovato quello ci avviammo
verso la stanza di Happosai.
- Abbiamo portato qualcosa per
rinfrescarci e schiarirci tutti le idee. - Entrai nella stanza a grandi
falcate, Akane mi trotterellava dietro col vassoio in mano, attenta a non
far cadere l'acqua. Ad un mio cenno lo depositò al centro dell'ormai
ristretto e deformato circolo di persone, accanto al registratore.
Effettivamente stavano tutti zitti fermi e buoni come gli era stato
ordinato. Papà fu il primo a ringraziarci. Ripresi
posizione alla sinistra di Happosai, tirandomi dietro per un polso
sorella ansia che non sembrava più dotata di volontà
propria. Nodoka non fece una piega e si spostò leggermente per
permetterle di sedersi accanto a me. Il vecchio ridacchiava. Bevemmo.
Ranma aveva un'espressione perplessa dipinta sul viso.
Scommetto che si
sta chiedendo come abbia potuto non accorgersi che Akane fosse uscita.
Poi il maniaco aspirante mattatore della serata fece un piccolo colpo di
tosse. Si stava schiarendo la voce. Si preparava a riprendere a parlare.
E di nuovo la sgradevole sensazione di stare in una scomoda competizione con quest'odiosa bertuccia.
- Dunque... - fa lui.
- Chiedi scusa. - ribatto io prima che dica mezza parola in più.
Ma ormai puoi tornare ad ascoltare la cassetta, è tutto registrato di nuovo da qui in avanti.
==============================================================
H.: Scusa? E per cosa?
N.: Un po' per tutto. Ma soprattutto a me per aver cercato di farmi passare per tua complice in questa stupida buffonata.
H.: L'ho già detto. L'ho fatto solo perché era divertente.
N.: Non ci siamo capiti, vecchio. Devi dire: scusami tanto, Nabiki-san. Non lo farò mai più.
H.: Scusami tanto, ragazza troppo
permalosa. Era uno scherzetto innocente, ma se te la devi prendere in
questo modo, non lo rifaccio più.
N.: Tu e l'innocenza siete agli antipodi. Sarà meglio per te se non ci riprovi.
H.: Ora posso finire di dire quello che avevo da dire?
N.: Ma non credo proprio.
H.: Come sarebbe a dire?
N.: Sarebbe a dire che sarebbe
stato meglio se non avessi cominciato affatto. Sarebbe a dire che forse
non sono l'unica a cui devi delle scuse. Sarebbe a dire che questo
teatrino è stato già abbastanza sgradevole e si chiude
qui. Ci hai dato la tua versione dei fatti, hai spiegato quale sia
secondo te la causa degli strani fenomeni che abbiamo visto, ma non ci
hai convinti. Prima di lanciarti in speculazioni non richieste sulle
responsabilità individuali dovresti per lo meno farci persuasi
della veridicità del quadro generale.
Panda: [cartello] Più che giusto! [cartello] L'ospite indesiderato non può accusare nessuno.
Soun: [al panda, sottovoce] ... da che pulpito...
H.: Abbassa quel dito, signorina.
Non ho bisogno di convincere nessuno io, ci sono tutti questi testi a
testimoniare la veridicità del quadro generale, come dici tu.
N.: Ma se appena ho provato a dare una sbirciatina me li hai tolti da sotto il naso!
H.: Non era il momento di distrarsi. Comunque io te li farei pure leggere, a te, Nabikuccia...
N.: E basta con queste moine, sei falso come l'undici di picche. Non attacca.
H.: Ma no, dico sul serio...
è che non c'è tempo, ma per me puoi leggerli anche tutti.
Non li darei ad altri perché non sono contenuti adatti ai minori
e gli adulti di questa casa sono tutti mentalmente instabili e privi di
senso comune.
N.: Sei sano tu invece! -
H.: Che vorresti insinuare? Guarda
che io sono il più normale qua dentro. Non sono né scemo,
né un potenziale omicida. Avrò i miei difetti, ma ti
toccherà imparare a fidarti di me.
N.: Questo è fuori discussione.
H.: Insisto. Che poi sono convinto
di non star dicendo nulla di nuovo, lo sai benissimo da sola. Dovremo
collaborare. Ho bisogno della tua fiducia, non posso aspettare che tu
abbia finito di leggere questa roba. Devi credermi. Dovete credermi. E
dovete stare a sentire il resto delle cose che ho da dirvi.
N.: Non se ne parla. Non abbiamo nessun motivo di crederti sulla parola.
Nod.: Io gli credo e...
[avvicinando una mano all'impugnatura della katana che porta a
tracolla] ... mi piacerebbe sentire cos'altro ha da dirci il signor
Happosai.
Panda: [cartello] Calma! [si riscuote, tossicchia] [cartello] Calma. [cartello] Non saltiamo a conclusioni non necessarie.
[Nodoka impugna la katana]
K.: Oh, kami!
N.: Buoni, state buoni. [Rivolgendosi al vecchio] Lo vedi che hai fatto? [Agli altri] Happosai
inventa un sacco di storielle per seminare zizzania, l'ha sempre fatto.
Si diverte così. Non c'è nessun motivo di credergli,
chiaro?
[Nodoka molla la katana]
H. [ridacchiando]: Verissimo! Come quando Genma lavorava in un circo, vi ricordate?
[Il panda scuote violentemente la testa. Suda freddo.]
K.: Ah, sì! È vero! Ci aveva fatto credere che la direttrice del circo fosse la madre di Ranma...
S. [ride]: Sì sì
sì. Ci aveva anche raccontato quella storia palesemente assurda
di Genma che aveva portato via il piccolo Ranma alla madre per
allenarlo e che lei da allora li stava cercando. [Ride di gusto. Solo
lui. Tutt'intorno è il gelo. La mano di Nodoka torna a toccare
l'impugnatura della katana.]
Panda: [cartello] ...
N.: Infatti quella donna non era
la zia Nodoka. Né avrebbe potuto esserlo visto che la signora
Saotome non ha mai diretto un circo, giusto? [Rivolgendomi a Nodoka
direttamente. A me gli occhi, zietta.] Giusto? [giù la mano
dalla katana]
Panda: [tre cartelli] Giusto! Giusto! Giusto!
[Quest'idiota diventa improvvisamente sveglio quando sente la punta della spada pizzicargli il sedere...]
S. [pensieroso, con gli occhi socchiusi]: Vero, vero. Ma la storia di per sé corrispondeva a verità.
[Papà invece è insalvabile. Gli arriva una cartellata sulla nuca e si accascia a faccia avanti. Per fortuna.]
N.: Insomma, è chiaro che
Happosai mischia sempre elementi reali e immaginari a suo piacimento.
Per creare scompiglio, per divertirsi. Non che ci sia nulla di male, ma
questa volta stiamo parlando di una questione piuttosto seria e sarebbe
bene vederci chiaro.
[Il panda annuisce vigorosamente,
Kasumi muove la testa in timidi cenni di assenso. Papà è
ancora svenuto. Gli altri mi fissano con delle
espressioni stralunate, eppure tutte diverse tra loro.]
H.: E va bene. Allora consultatevi
con qualcuno che pensiate possa capirne, raccontategli cosa avete visto
e vediamo che vi risponde.
R.: Possiamo telefonare al
Nekohanten, a quest'ora sarà ancora aperto. [Per la serie:
almeno una frase fatemela dire che se Soun è steso chi altri
può fare sparate fuori luogo?]
H.: [spaventato] Ma no! Ku-Lun no!
[La circospezione con cui ha
trattato la vecchia Obaba ieri sera e l'apprensione che dimostra adesso
sono gli elementi che più mi fanno propendere a credergli...]
R.: E perché? [ma sarai scemo, figliuolo?]
H.: Come perché? Lo scopo
della consulta è quello di verificare che io non vi stia
prendendo in giro o quello di trovarsi in mezzo a un mare di guai
ancora più grande, tante volte avessi ragione? Le cinesi devono
restarne fuori.
R.: Che mare di guai? [Non ci credo.]
N.: Sta un po' zitto tu. D'accordo, Happosai. Tolta la vecchia Obaba, ci resta solo il dottor Tofu.
H.: Mi pare una buona idea.
N.: Ma lo chiameremo domattina che
non mi sembra il caso di disturbarlo a quest'ora. Prima di andare a
scuola gli telefoneremo e vedremo cosa avrà da dirci.
Così la facciamo finita una volta per tutte.
H.: Adesso posso finire di dir...
N.: No. Ma sei duro d'orecchi tu?
H.: Ma chi ti credi di essere?
N.: La tua Nabikuccia, no? Il
referente principale a cui si promettono anteprime salvo poi
rimangiarsi la parola all'ultimo minuto per delle stupide ripicche da
vecchio pervertito quale sei.
H.: Ehi! Piano con gli insulti! Ad ogni modo, la decisione credo spetti al capo famiglia.
N.: Stasera sono io.
S.: [rinvenendo a fatica] Ma Nabiki cara...
N.: Papà, ti avverto. Contraddirmi sarebbe davvero una pessima, pessima idea.
S.: [tornando ad accasciarsi] Come vuoi... tesoro di papà...
N.: Esattamente. Come voglio. E adesso voglio che andiamo tutti a dormire che è stata una giornata lunga.
S.: [senza sollevare la testa] Sì, pare una cosa saggia. Andiamo a dormire.
[Uno ad uno, si alzano e si avviano verso la porta. Escono tutti. Restiamo per ultimi io ed Happosai.]
H.: Piccola peste, mi hai rovinato la parte migliore. Mi sarei divertito da matti.
N.: Ricorda una cosa, Happosai. A nessuno è permesso giocare più pesante di Nabiki Tendo. Il mio limite è il limite. [Mi avvio anch'io]
H.: Ma sei stata brava. È così che ti voglio. Rapida e dirigista. Ho fatto proprio bene a puntare tutto su di te.
[Prendo il registratore, premo STOP. Esco]
[Imbecille. Lui e le sue lusinghe da quattro soldi. Che accidenti vorrà dire che ha puntato tutto su di me?]
==============================================================
Sulla porta, come c'era da
aspettarsi, trovai Akane ad attendermi. Oddio, il segugio fedele. La
guardo leggermente di sbieco, un punta di fastidio visibile dalla piega
delle mie labbra.
Ora stai
attaccata alla mia gonna, eh? Perché invece non corri da
Kasumuccia tua? Su, su, Nabiki, non ricordi più? Sei stata tu ad
invitarla ad uscire a bere una birra insieme a te.
Il fatto è che mi sentivo
un po' messa in mezzo. Da una parte c'era Happosai, i cui fini
rimanevano ancora piuttosto oscuri, che mi stava maldestramente usando.
Dall'altra Akane, verso la quale percepivo di avere una
responsabilità de facto con la quale mi trovavo a mio agio come fossi seduta su un cuscino ripieno di puntine.
Non è
il mio ruolo quello di prendermi cura del prossimo. Non ci sono
tagliata e mi rovinerebbe la reputazione. Io sono avida, egoista e
tagliente. Io sono una donna d'affari, i sentimenti non mi
riguardano. Io sono uno squalo. Se mi interesso a te è
perché ho intenzione di sbranarti.
Ma niente da fare. Quella se ne
stava immobile in mezzo al corridoio, del tutto indifferente al mio
disagio venato di disprezzo. Mi fissava con i suoi grandi, profondi,
cigliuti, imploranti occhi nocciola conditi da un pizzico di panico.
Chissà che le passava per la testa... se le avessi fatto mandar
giù una buona pinta sicuramente l'avrei scoperto, e con fin
troppa dovizia di particolari, ci avrei scommesso. Ma adesso non potevo
allontanarmi. Dovevo fare in modo che se ne andassero tutti a letto,
mettendo da parte rotoli, katane e cartelli almeno fino al mattino
seguente, invece di starsene lì a starnazzare come oche
impazzite. Mamma, che manicomio.
Nel devastato soggiorno, infatti,
avevano montato un bel parlamento. Volavano opinioni in libertà.
Troppa libertà. Chi crede al vecchio e chi no. Chi crede che la
colpa sia di Happosai, chi di tutti, chi di nessuno. Chi vuole leggere
gli antichi codici, chi vuole bruciarli. Ranma che insiste che prima di
tirare conclusioni dovremmo consultare... Obaba. Sì, proprio
lei. Suo padre che gli lancia addosso cartelli pieni di insulti. Sua
madre sempre più perplessa, tiene il braccio piegato
all'indietro pronta a sfoderare l'arma bianca. Papà supplica
Kasumi di spiegargli che sta succedendo e vaneggia sulle nefaste
conseguenze del matrimonio mancato tra Ranma e Akane. Argomento al
quanto inopportuno. Kasumi dal canto suo sa solo dire che no, no, no,
non è colpa tua papà. Non c'entra nulla! Oh, sì,
c'entra, c'entra eccome. Ma no! Non è possibile! Ma sì!
Ma no! Ma sì! Te lo dico io! Ma è assurdo...! Me tapino...! Sono tutte
sciocchezze... e comunque è stata Nabiki a invitare tutti quegli
scalmanati che hanno distrutto il dojo. Eh sì! Eh, sì,
sì.
Eh no. Ma
guarda un po' tu se deve finire che è colpa mia. Certo, ovvio,
far sposare dei sedicenni immaturi, da che mondo è mondo,
è sempre stata la soluzione di tutti i mali. Su Kasumio forse!
Ero seriamente tentata di irrompere in soggiorno e prenderli a parolacce.
Non lo feci, non ne ebbi il tempo.
Per una strana congiunzione astrale era improvvisamente calato il
silenzio. Le parole di Kasumi echeggiavano sinistre nella stanza
spoglia - o meglio, devastata: "... hanno distrutto il dojo... hanno
distrutto il dojo...". I termini "distrutto" e "dojo" erano come un
codice, erano il segnale. Tutti sapevano di cosa si stava parlando.
Quello del matrimonio mancato era
per nostro padre un chiodo fisso. Qualsiasi problema si presentasse,
non poteva fare a meno di vedere in quell'evento l'origine di tutti i
mali. La cosmogonia secondo Soun Tendo: al principio fu il fallimento
del matrimonio di Ranma e Akane... Una religione privata, non c'era
nulla da fare. A quei tempi poi la sua ossessione si stava
drammaticamente acutizzando giacché era trascorso un anno dallo
sfortunato giorno e ancora non si era riusciti a porre rimedio alla
questione. Papà si era convinto che se avesse avuto la pazienza
di attendere qualche mese sarebbero stati loro stessi ad andare da lui
annunciandogli la loro intenzione di unirsi in matrimonio. Invece di
mesi ne erano passati ben quattordici e... niente. Ovviamente. E il suo
tormento aveva iniziato a roderlo dentro, facendogli rasentare la
pazzia. Però questa volta l'aveva cacciato nel contesto
sbagliato e la baruffa poteva prendere una piega - uhm, come dire? -
incresciosa. Tutti lo sapevano. Persino Ranma, che aveva
improvvisamente assunto l'assetto di un animale braccato, sembrava
essersene reso conto. Il foulard di seta in cui era avvolta la katana
di Nodoka era scivolato a terra. La sua mano stringeva saldamente
l'impugnatura, alcuni centimetri di lama erano ora esposti alla vista
di tutti. Mi voltai a guardare Akane. Riesci ad immaginare l'urlo di
Münch dopo una lobotomia? Ci voleva un diversivo. In fretta.
- Ehi, voi due! Papà!
Kasumi! - Non mi era venuto in mente nulla di intelligente, così
non mi restava che ripetere il trucco di buttarla sul personale -
Scusate, ma che sarebbe questo? Un processo in contumacia? Non sapete
che non sta bene parlare alle spalle? Potevate anche venirmi a chiamare
se proprio volevate accusarmi di qualcosa. Siete dei grandi maleducati,
tutti e due. - Almeno l'effetto détournement
l'avevo ottenuto. Erano spiazzati ed avevo richiamato la loro
attenzione su di me. Il panda sorride, come può sorridere un
orso. Ma c'è un grazie e un complimento gentile in quella sua
piccola smorfia animalesca. Per fortuna evita di sfoggiare un nuovo
cartello. Ed ora l'affondo finale, che è proprio ora di darci un
taglio.
- E comunque adesso basta, fatela
un po' finita tutti quanti. Vi rendete conto che non ha senso stare
qui litigare per le frescacce dette dal vecchio maniaco? È
anche diseducativo fargli vedere che può farci azzuffare in
questo modo così a buon mercato. Non se l'è sudata poi
tanto questa bolgia. Vediamo di non dargli tutta questa importanza, eh?
Per ora quello che avete ascoltato questa sera non esiste, questa
riunione non ha mai avuto luogo. Scordatevela. Dimenticate. Reset.
Domani chiamerò il dottor Tofu, alle otto in punto giuro che gli
telefono a costo di fargli rimporre la colazione. Poi, vedremo che
fare. Se lo riterrete opportuno, vi prometto che procurerò
cassette di frutta marcia a volontà - gratis. Potremo passare
tutto il tempo che volete a tirarci pere e mele fradice, insultandoci a
vicenda, fino allo sfinimento. Adesso però andate a letto, da
bravi. Tu, panda, dacci un taglio con quei cartelli. E tu metti
via quella maledetta scimitarra, zietta. Tu, Ranma, raccatta gli ultimi
quattro neuroni che ti rimangono e, hop! hop!, in marcia verso il piano
di sopra. Anche tu, Akanuccia, a nanna, da brava. La birra ce la
berremo domani. Kasumi, se hai qualcosa da dirmi, la prossima volta,
vedi di dirmelo in faccia. Tu invece papà, ti sei svegliato
tutto a un tratto per uscirtene con una simile assurdità? Solo
gente abituata a costruire le case cominciando dal tetto può
vedere un collegamento del genere. Ma guarda un po' tu che tocca
sentire. - Stranamente, sembravano disposti ad obbedire. È ovvio
che quest'ultima uscita con papà me la sarei potuta risparmiare.
Sapevo che Akane non aveva apprezzato. Era un po' come andare a
riaprire il vaso di Pandora che ero appena riuscita a chiudere, ma
volevo capire. Era stata una sparata casuale delle sue o davvero ci
aveva visto un nesso? Aveva capito qualcosa di quello che ci aveva
detto Happosai? Buttare lì una frase, ora che la bomba era
disinnescata e il resto della compagnia si stava lentamente avviando
verso le proprie stanze, era un rischio che si poteva anche correre.
Dalla faccia che avesse fatto il mio buon vecchio sarebbe stato chiaro
quale delle due ipotesi fosse quella veritiera. Faccia da
bietolone "Perché mi parli in turco, piccola di papà?"
uguale: "Non ero assolutamente consapevole di ciò che stavo
dicendo e delle sue implicazioni". Faccia
risentita/contrariata/indignata o simili: interpretabile come "Questo
lo dici tu, altro che fare le case dal tetto. Un matrimonio celebrato
è un matrimonio consumato". Ma, inutile dirlo, l'espressione
di mio padre tradiva solamente un elettroencefalogramma piatto. Meglio
così. Di contro, la faccia di Kasumi che faceva capolino dietro
di lui non prometteva nulla di buono. Vi si leggeva disapprovazione.
Tanta dura disapprovazione. La mia battuta sui tetti e la costruzione
delle case non doveva essere stata di suo gradimento. Eh, no.
Questa guerra
non s'ha da fare. Non risponderò alle tue provocazioni sorella,
che qua se perdo le staffe io questa baracca ci crolla addosso. Letteralmente.
Se ne erano andati tutti,
finalmente. Buonanotte. Buonanotte a voi. E sogni d'oro. Dormite bene.
C'era rimasto solo il Signor Panda che si era infilato in cucina e
stava armeggiando col bollitore feroce.
- Sei stata brava, sai? - Oh, chi si rivede.
- Insisti? Lo so anche da me, Happosai. -
- Soprattutto sul finale. La battuta sul tetto e le case buttata lì con noncuranza... un vero tocco di classe. -
- Una necessità. A Kasumi non è piaciuta. -
- Lo credo bene. -
- Invece scatenare questo vespaio? Era una necessità? Lo trovi divertente? -
- Entrambe le cose. È arrivato il momento che questa allegra comitiva si confronti con i suoi fantasmi. -
- Ma il momento in cui tu inizi a
farti gli affaracci tuoi non arriverà mai? - Ciò detto,
potevo anche andarmene a dormire. Arrivata al piano di sopra, stavo per
svoltare l'angolo, quando - toh! - una pacca sulla spalla. Né
forte né piano. Una pacca fraterna, maschia direi. Mi volto di
scatto e alzo lo sguardo. Genma mi sta sorridendo. Un sorriso pieno di
fiducia il suo.
- Buonanotte, ragazza. Riguardati. -
- Buonanotte, Genma "Panda" Saotome. -
Quanto mi sentivo messa in mezzo,
ma proprio tanto... che fastidio che fastidio che fastidio. Quella sera
ci misi un po' più del solito a prendere sonno. Ormai mi
riusciva difficile persuadermi che Happosai si fosse inventato tutto di
sana pianta. Una volta parlato con il dottor Tofu avremmo dovuto
guardare in faccia alla realtà, in un modo o nell'altro. Le
probabilità che scoppiasse una rissa di proporzioni cosmiche,
tra scimitarre volanti, Shi shi Hokodan
e altre amenità di simile spaventosa violenza erano davvero
tante. Per non parlare della partecipazione non richiesta di
elettrodomestici, stoviglie e suppellettili. E io dovevo prepararmi per
l'esame di ammissione... In che razza di gabbia di matti mi toccava
vivere, povera me! Meglio fare un piccolo sforzo adesso e cercare di
dormirci su.
La mattina dopo regnava una strana
calma. La colazione era stata apparecchiata su due assi di legno
sostenute da quattro piccole pile di lattine di birra. Il pavimento era
sgombro e pulito, ma l'intero ambiente appariva squallidamente disadorno.
Quasi irriconoscibile. La battaglia del giorno prima non aveva
però lasciato segni solo nell'arredo domestico. Genma aveva
mantenuto la sua forma umana. Nodoka si era seduta a tavola con la
katana a tracolla, come non faceva più da tempo. Akane non
fiatava. Ranma neppure, non doveva sembrargli vero di poter mangiare
indisturbato per una volta. Kasumi sorrideva a tutti tranne che a me.
Terminata la mia colazione, senza
dire una parola che non era il caso, mi alzai e mi avviai al telefono.
Alzai la cornetta, ma prima di iniziare a comporre il numero mi venne
in mente la tipica scena che si vede sempre nei film americani quando
due si sposano e il prete dice "se c'è qualcuno tra voi che si
oppone a questo matrimonio parli ora oppure taccia per sempre",
più o meno. Allora decisi di chiederlo: - Qualcuno ha qualcosa
in contrario a che io telefoni adesso al dottor Tofu? Ditelo ora
perché tra dieci secondi sarà troppo tardi. -
Ranma e Kasumi si erano avvicinati. Akane era uscita in giardino. Gli adulti
di casa si facevano gli affari loro, o almeno questo volevano dare a
vedere. Happosai era comparso all'improvviso e si era andato a sedere
accanto al telefono: - Su, chiama, dai. -
- Non interferire tu. - Attesi
qualche istante. Magari Akane sarebbe rientrata, per assistere o per
dire qualcosa. - Allora chiamo, ok? - Niente. Tutto tace. Happosai
annuisce. Ebbene, si direbbe proprio che il destino debba compiersi
stamattina. Avevamo da poco cambiato il vecchio telefono con la ruota
dei numeri - che tu probabilmente neanche sai cosa sia... - per uno
nuovo con i tasti. Aprii la rubrica appoggiata accanto all'apparecchio
alla prima pagina: numeri d'emergenza. Dottor Tofu. Digitai velocemente
le nove cifre del numero dell'ambulatorio chiropratico, moxibustione e
altre stranezze molto orientali. Squilla. Attendo. Squilla di nuovo.
Poi qualcuno dall'altra parte finalmente risponde:
- Ni hao! -
Che mi venga un colpo!
Quasi lancio la cornetta per aria prima di riattaccare
rapidissimamente. Ni hao?? Mi sono spaventata, accidenti. L'avete sentita anche
voi, eh? Eh sì che l'avevano sentita, la voce era bella
squillante. Caspita. Ranma iniziò a grattarsi la nuca, Kasumi si
era portata una mano alla bocca scioccata di fronte a cotanto presagio
di sventura. Happosai, per parte sua, si contorceva dalle risate.
Fa ridere?
Effettivamente sì, fa ridere. Perché? Boh. Forse
perché si va delineando un quadretto niente male. Sarà
l'apocalisse ma almeno sarà un apocalisse comico. Tremendamente
comico, a cominciare dalle facce stupite e perplesse di questi due.
Così mi ritrovai accucciata
per terra, una mano ancora sul telefono, con l'altra mi reggevo lo
stomaco. Stavo ridendo, sfacciatamente.
- Non dovresti ridere in questo modo, Nabiki. Non sta bene... - disse qualcuno, ma serve davvero che dica chi?
- Mi credi adesso?! - chiese il vecchio piccato, ma divertito.
Akane, probabilmente richiamata
dalle nostre risate, rientrava in quell'istante dal giardino. -
Cos'è successo? Che ha detto Tofu? -
- Ni hao, ha detto Tofu. - le risposi ancora ridendo - Niente male, vero? Pare che siamo sotto assedio. Joketsuzoku ha intenzioni belligeranti. - Oddio che ridere.
- Comunque, per quanto sia
divertente tutto ciò, c'è ben poco da stare allegri. -
Happosai che fa la predica no, dai, per favore...
- Qui le cose si sono
già messe male. Con le amazzoni non si scherza. E mentre tu ti
diverti a fare la finta tonta, - Chi, io? Ma quando mai! - loro
guadagnano terreno. Non so perché Xian-Pu si sia messa a
ficcanasare da Tofu, certo non perché ha bisogno di un lavoro.
Vorrà mettere le mani sulla sua biblioteca, magari anche Ku-Lun
non possiede tutti i testi. O forse vuole solo controllare che il
dottore non ci aiuti, marcandolo a vista. Sta di fatto che stiamo in
guerra. -
- Frena, frena, frena. Corri
sempre troppo tu. Fino a che non sarò riuscita a parlare col
dottore né io né nessun altro qui crederà a una
parola di quello che ci hai raccontato. Punto. -
- Ma tu guarda che testona!
È solo una presa di posizione arbitraria la tua, lo fai per
farmi dispetto, vero Nabikuccia? E allora, se non è vero niente,
che ci fa Xian-Pu là? -
- Shampoo per me può fare quello che vuole, non sono fatti nostri. -
- Eccome se lo sono! -
- Riproverò a chiamare il dottore da scuola. La gatta morta se ne dovrà andare prima o poi. -
- Andarsene? E perché mai? Sicuro che si è fatta riassumere come assistente. -
- Ma se un lavoro già ce l'ha. -
- Ma allora tu non vuoi proprio sentirci da quest'orecchio? -
- Può darsi. E se anche fosse? E comunque tu non sei da meno. -
- Quella lì non schioderà dall'ambulatorio di Tofu fino alla chiusura, puoi star sicura. -
- Cos'è? Con la vecchiaia si diventa pure veggenti? -
- Nabiki-chan, perché ti
diverti a prenderti gioco di me? Mi pare evidente come stiano le cose,
non credi? - eccolo che diventa smielato e piagnucoloso. Kami, quando
non lo reggo...!
- No, non lo credo, non credo un accidente. Non ti credo perché non posso crederti, non ti pare evidente?
Cosa pretendi da me, vecchio scemo, eh? Se tu provi le tue teorie
allora ti prenderò sul serio. Fin ad allora tutto quello che
dici e che hai detto è niente, parole al vento, fuffa pura. Bla,
bla, bla, con tanti ghirigori intorno. -
- Peggio per te. Tu intanto prega che non gli rubi nessun codice. -
- Pregherò. Ma adesso è ora di darsi una mossa o faremo tardi. -
- Andate tutte e tre insieme e
cercate di stare uniti. È possibile che Xian-Pu venga a
cercarvi. Dopotutto Akane ieri l'ha sconfitta, non ti ha ancora dato il
bacio della morte, vero Akane-chan? - Attimo di gelo. Già, il
bacio della morte! Ce ne eravamo tutti bellamente dimenticati di questa
simpatica usanza delle amazzoni. Shampoo ieri era scappata via senza
preoccuparsi di baciare Akane. Strano. Strano assai. Un bacio della
morte fa paura, ma un non-bacio ne fa molta ma molta di più.
- Infatti non è normale... - Ehi, Ranma, lo sai che stamani sei particolarmente acuto?
- E secondo voi... - Happosai ha
messo su una di quelle sue faccine che vogliono dire "ormai vi ho nel
sacco, sberbi" - ... perché mai oggi Shampoo invece di venire
qui a dare la sua promessa di morte ad Akane, se ne è andata
tanto di buon ora allo studio di Tofu Ono? Tanto per fare? Si
sarà dimenticata di essere stata sconfitta? -
- Magari... - Dai, Ranma! Sparala
grossa! - magari... è andata semplicemente a farsi medicare le
ferite e più tardi verrà a cercare Akane. - Buuuuu, senti
quanto forte te lo diciamo? Buuuuuuuu. Potevi fare di meglio.
- No, mio caro Ranma. Perché Shampoo ha sua nonna, a che le servirebbe il dottor Tofu? - Elementare, Watson.
- Magari aveva bisogno di qualche medicina speciale... -
- Per cosa? Per medicarsi un paio di lividi? - Non ci siamo.
- O forse vuole farsi insegnare da
Tofu qualche tecnica speciale per vendicarsi di Akane... - Ve bene,
stendiamo un velo pietoso.
- Ma figuriamoci! Tofu che la sa
più lunga di Obaba in tema di tecniche letali? Ma per piacere! -
D'accordo, vecchio. Hai vinto.
- L'unica spiegazione plausibile
è la mia. Dovete credermi. -
- Ma se non ci hai nemmeno detto
qual è questa spiegazione, vecchio idiota! - Ma, guarda, forse
forse trai due il più idiota non è lui, sai?
- Ah, ma se volete io ve la dico subito! Se Nabiki si decide a lasciarmi parlare. -
Akane, stava stringendo i pugni
con forza, molta forza, e digrignava i denti. Si poteva sentirli
stridere dietro le labbra bianche serrate a formare una sottile
fessura. Erano mesi che non si assisteva ad una scena del genere, ma si
sarebbe detto che stesse sul punto di saltare al collo di Ranma e
strangolarlo.
- Io non credo - dissi lentamente,
con calma e tanta fermezza - che Ranma voglia davvero ascoltare la tua
spiegazione, Happosai. - E Nabiki, sicuramente, non vuole lasciarti
parlare.
- Ma Happosai ha tanta voglia di
dare la sua spiegazione, per favore, Nabikuccia! Lasciami parlare! Non
ce la faccio proprio più a trattenermi! -
- Happosai, vuoi che ti regali un
reggiseno, eh? - Che tocca fa' pe' campa'... regalare! Dare via
gratis?! Io?! Com'ero potuta cadere così in basso nel giro di
due soli giorni...?
- No, no! Io di quelli ne rubo
quanti me ne pare. Adesso voglio parlare! Dai dai dai! Fammelo dire!!!
- Ma tu guarda che razza di vecchio ingrato! Inizia davvero a
farmi perdere la pazienza...
- Forse dovremmo starlo a
sentire... - Sì, Saotome, avanti così. Perle di saggezza
che neanche nei cioccolatini. - Dopotutto potrebbe essere utile
conoscere la sua versione, no? - Se la metti così... che diritto
posso mai avere io di salvarti da te stesso? Cosa potrei mai dire?
- Non adesso però, è
tardi. Dobbiamo andare. - Questo posso dirlo. Legittimo, inappuntabile.
- Andiamo che ci aspettano un bacio della morte e una chiacchierata con
Tofu. Sarà una giornata interessante. - Misi la cartella in
spalla e me li trascinai via entrambi prendendoli sotto braccio, l'uno
a destra, l'altra a sinistra, sotto lo sguardo attonito di Kasumi.
- Razza di strega! Sei proprio
decisa a togliermi tutto il divertimento, eh? - bercia Happosai alle
nostre spalle - Non potrete sfuggirmi per sempre! - ma siamo già
abbastanza lontani da sentirci liberi di ignorarlo.
Infiliamo il cancello e ci
lanciamo in strada. In un attimo la situazione si è invertita:
non sono più io che trascino quei due, ma sono loro che mi fanno
fare vola-vola come a una bambina piccola, solo senza dondolare.
Semplicemente non riesco a toccare terra. Accipicchia se son veloci. Il
panda ci insegue con un fagotto e un cartello con su scritto "Il
pranzo!!!". Per un breve istante, a meno della mia strana condizione di
donna-aquilone, sembra un giorno come tanti altri. Poi appare un altro
cartello: "E i gettoni per il telefonooo!". Non, non è affatto
un giorno come tanti altri.
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Capitolo 7 *** In birra veritas ***
fanfic-cap7
Nelle dodici ore successive gli eventi avevano preso una piega
imprevista. Avevo provato ad ogni cambio d'ora a telefonare allo studio
di Tofu. Per sentirmi dire sempre e solo Ni-hao, Ni-hao?, Ni-hao!,
Ni-hao ma chi è?, Ni-hao basta schelzo!, Ni-hao... pelo Shampoo
ora dile basta! Basta schelzooo! No ni-hao, tu stupida pelsona fale
stupido schelzo!!!
Beh, no. Non era uno scherzo. Era un'indagine, se vogliamo. Shampoo si era
installata da Tofu e non mollava la presa sul suo telefono. Avrei
dovuto aspettare l'orario di chiusura. Aiya!
Akane non aveva mai voluto accompagnarci al gabbioto del custode, si
era inventata le scuse più disparate. Ranma invece era sceso con
me quasi tutte le volte, apparentemente incurante dello strano diniego
della sua fidanzata, in realtà secondo me piuttosto combattuto
tra la propria curiosità e il timore di contrariarla in qualche
modo. Avevamo sprecato sette gettoni, maledetta gatta morta cinese.
All'ultimo tentativo dovetti riconoscere che l'esasperazione
stava facendomi perdere il mio abituale assetto da donna di ghiaccio.
Mi appoggiai con la schiena allo stipite della porta del gabbiotto, il
custode era andato a fumarsi una sigaretta.
- Ranma - al richiamo della mia voce si era fermato voltandosi
verso la porta dalla quale era appena uscito con una rapida rotazione
sui talloni.
- Sì? -
- Io non ci vorrei credere, davvero. Quella di Happosai mi pare una una
storiella inverosimile, non molto più credibile di quella famosa
per cui le pippe fanno diventare ciechi. Anzi, mi pare proprio niente
di più che un analogo imbellettato. E io non gli darei nessuna
credibilità, se fossero solo le sue parole. Ma allora qualcuno
dovrà spiegarci perché Shampoo non molla il telefono di
Tofu e se ne sta rintanata nel suo studio invece di venire qua a dare
il bacio della morte ad Akane impedendoci di parlare con il dottore. -
- Beh, magari... -
- Ho detto qualcuno, non tu. Non uscirtene con le tue solite
giustificazioni casuali che non fanno altro che far sembrare più
plausibili le scempiaggini del vecchio maniaco. -
- In effetti non ne ho idea. - Lo ammette senza troppi giri di parole,
grattandosi la testa - Ma rimane il fatto che questa cosa potrebbe non
avere nulla a che fare con la storia col vecchiaccio. Probabilmente
c'è un collegamento con
quello che sta succedendo a casa Tendo, chissà quale
però... -
- Magari parlando con Tofu lo scopriamo. Dubito che lo stesso Happosai ne sappia davvero qualcosa. -
- Dobbiamo solo aspettare qualche ora. Shampoo dovrà andarsene a casa quando lo studio chiude. -
- Aspetteremo. -
Finite le lezioni andai a casa di
Setsuna a studiare un po', ma ormai
ritrovare la giusta concentrazione mi risultava difficile ovunque.
Avrei voluto parlarne con la mia amica, ma ne sapevo così poco
di questa faccenda che preferii mordermi la lingua e non dirle nulla.
Anche se ovviamente lo notò. Era chiaro che avevo la testa
altrove. D'altra parte lei non era da meno quel giorno. Aveva avuto una
discussione con Daisuke dovuta a uno stupido equivoco, lo sapevo
perché prima di uscire da scuola lui mi aveva chiesto di
intercedere presso la sua ragazza. Di metterci una buona parola,
insomma, perché lei aveva frainteso, quello che lui voleva dire
era semplicemente che non era necessario che cambiasse i suoi piani per
stargli vicino. Non che non gli interessasse quello che Setsuna facesse
o che non le dispiacesse non poterla vedere tutti i giorni. Diceva
semplicemente che andare a studiare a Kyoto era il suo sogno e che non
doveva rinunciarci. Si sarebbero visti il fine settimana andandosi a
trovare a turno per quell'anno. E poi, se le cose tra loro avessero
continuato a funzionare, sarebbe andato anche lui a studiare là.
Che tanto Tokyo o Kyoto per Daisuke non faceva differenza. Ma
tant'è, Set-chan l'aveva presa nel verso sbagliato.
Bah. Take it easy, gente. O qua il mondo va a rotoli per futili motivi. Che come saprete è un'aggravante.
Feci un ultimo tentativo da casa
di Setsuna verso le sette di sera. E ancora una volta un ormai troppo
noto "ni-hao" risuono nel mio orecchio destro.
Accidenti,
Shampoo. Ma cos'è che vuoi? Perché non ti levi dai piedi?
Questa situazione non era forse già abbastanza antipatica senza
che ti ci mettessi anche tu?
Alle
otto mi avviai verso casa mia. Appena arrivata, giusto il tempo di
togliere le scarpe e infilare le ciabatte e mi avventai sul telefono.
Era proprio ora di metterci un punto, stava diventando un'agonia. Si trattava semplicemente di sapere cosa ne pensava Tofu. La
leggenda della furia della casa stremata era solo una leggenda o aveva
qualche fondamento? Esistevano davvero tutte queste varianti del
problema accomunate solo dal fatto di avere a che fare con passioni
tristi legate alla sfera sessuale? Dovevo semplicemente porgli un paio
di domande semplici semplici e molto dirette. In meno di cinque minuti
avrei avuto un quadro della situazione molto più definito. Alzai
la cornetta e composi il numero, senza più guardare il foglietto
stropicciato che mi ero portata dietro tutto il giorno. Ormai lo sapevo
perfettamente a memoria. Ranma e Kasumi di nuovo dietro di me, Happosai
sparito chissà dove, la scena si ripeteva secondo un copione
quasi identico a quello della mattina.
- Pronto? - oh oh oh. Finalmente!
- Pronto, dottor Tofu? - risposi
piena di entusiasmo ma in qualche modo temendo che all'improvviso
tornasse la voce di Shampoo a rompere l'idillio - Sono Nabiki Tendo. -
Intorno a me volti interrogativi aspettavano di sentire come sarebbe andata a finire.
- Ah, Nabiki cara! Aspettavo che
mi richiamassi. Sei stata tu a fare tutte quelle telefonate oggi, vero?
Purtroppo non potevo far allontanare Shampoo dal telefono senza destare
sospetti. Ma non vi preoccupate assolutamente, avevo già messo
al sicuro la parte più importante della mia biblioteca. Anzi, ti
ho fatto un sacco di fotocopie. -
- Fotocopie? Per me? -
- Mmmm.... credo di sì, no? Tu che dici? -
- Io che dico? Beh... sinceramente io non so proprio cosa dire... - lui ride. Eh, sì. Ride di cuore lui...
- Tranquilla, sono gratis. Per la casa stremata dei
miei pazienti preferiti questo ed altro. Ma sono davvero tante, sono
cinque scatoloni pieni pieni, peseranno venti chili l'uno. -
- Ha detto... casa stremata? -
- Sì, certo. Ho quasi la
bibliografia completa sull'argomento, almeno quella in lingua
giapponese. Purtroppo spesso si tratta di giapponese antico, piuttosto
ostico... -
Ora cosa si suppone che io debba dire? Niente probabilmente visto che Tofu continua a parlare allegro.
- Spero che non ti sia davvero
necessario leggere tutto, altrimenti potrebbe essere complicato. Non
credo rimanga molto tempo, non più di una decina di giorni
secondo le mie stime. -
- Stime? Ma di cosa sta parlando, mi scusi? -
- Prima del collasso definitivo. -
- Collasso? Definitivo? -
- Lo so, è preoccupante, ma
io penso che tu possa farcela. Anche se è un po' una corsa
contro il tempo, ma se ti ci metti di buona volontà, lavorando
al massimo delle tue capacità, puoi farcela. -
- Io non credo di seguirla invece. Lei sta correndo troppo, Doc. -
- Già, forse hai ragione! -
ancora una risata, cristallina e gentile. Eppure io ho paura. Io
devo studiare, io devo occuparmi di prepararmi per l'esame
d'ammissione, non immergermi in cinque scatolini di fotocopie per
evitare un fantomatico collasso definitivo. Di che mi sta parlando,
Tofu? - Ascolta, Nabiki. Che ne dici se passasi a portarti le fotocopie
più tardi, verso le dieci tornerà la mia vicina e posso
farmi prestare la macchina e venire da voi. Magari andiamo a fare
quattro passi e parliamo con calma. -
Caspita, mi ha
proprio preso in contropiede il dottorino. La conversazione non
è andata nemmeno lontanamente come avevamo previsto e
adesso mi stanno guardando tutti come se la matta fossi io.
- Va bene, non c'è problema per me. Solo una domanda. -
- Dimmi pure. -
- Ha parlato con Happosai ultimamente, dottore? -
- No, assolutamente. Saranno mesi che non lo vedo da una distanza inferiore ai dieci metri. -
- Capisco. - E adesso che si fa? - Va bene, grazie mille dottor Tofu. A più tardi. -
- Di nulla, davvero, a dopo. -
Faccio per riagganciare quando dall'altra parte della cornetta mi sento
richiamare - Ah, Nabiki? -
- Sì? -
- Mi dispiace. -
Prima che mi tartassassero di domande, avevo sollevato un indice minaccioso: - Avete il diritto di restare in silenzio. -
Nodoka, papà e Ranma erano
visibilmente interdetti. Genma sorrideva. Per la prima volta ebbi il
sospetto che ne sapesse di più di quanto non volesse dare ad
intendere. Ma tant'è. Non parlerò con loro. Con nessuno
di loro, per ora.
- La risposta alla domanda
fondamentale è sì, Happosai ha detto la verità.
Non chiedetemi altro. Non sono ammesse domande fino a quando non
avrò parlato con il dottore.
Verrà dopo le dieci a portare le fotocopie degli antichi testi
sull'argomento che aveva nella sua biblioteca. Le uniche due cose che
vi è dato sapere per ora sono: a) Tofu dice che la casa stremata collasserà tra una decina di giorni. b) Tra di noi c'è una talpa. È tutto. -
Diamine, che brutta situazione.
Tofu sapeva tutto, e non era stato il vecchiaccio ad informarlo. Sapeva
tutto e ci credeva. O meglio, non era lui a crederci, era la leggenda
della Furia della Casa Stremata a non essere una semplice leggenda.
Mancavano dieci giorni al collasso. Dieci giorni per trovare
l'antidoto, l'incenso del karma giusto, in cinque casse di
fotocopie. O per rimuovere la causa del problema, la sorgente
dell'energia negativa. O invertirla. Una cosetta da niente.
Sospirando me ne andai al piano di
sopra. Mi sciacquai la faccia nel piccolo bagno di servizio che mio
padre aveva fatto aggiungere da quando il numero degli abitanti stabili
era cresciuto ulteriormente.
Anziché entrare in camera
mia, proseguii fino alla porta aperta della stanza di Akane. Era seduta
alla sua scrivania, guardava fuori. Aveva le cuffie in testa e non si
accorse della mia presenza. Bussai. Nulla. Bussai più forte.
Questa volta si girò.
- Preparati, - lo dissi
sforzandomi di usare un tono che non ammettesse repliche - andiamo a
prenderci quella birra che dovevamo farci ieri. -
- Ma se non abbiamo nemmeno cenato... - obiettò lei debolmente. Molto debolmente per la verità.
- Vorrà dire che mangeremo
qualcosa in giro. Verso le dieci passerà il dottor Tofu a
portarmi delle cose e devo farmi trovare. -
- Tofu? Hai... tu hai... parlato con lui...? -
- Esattamente. - Akane
sospirò profondamente, chiudendo gli occhi, come a tentare di
rilassarsi e mantenere i nervi saldi. Quando riaprì le palpebre,
la sua faccia era una maschera di sconforto. Neanche l'avessero
condannata a morte.
- Va bene. - disse in un soffio.
- Ci vediamo giù tra dieci
minuti, ok? - avevo cambiato tono in modo un po' sforzato, un po'
fuori luogo. Le sorrisi senza sapere se ero sincera o meno, ma
con la netta sensazione che qualsiasi altra cosa avessi fatto sarebbe
stata simile ad infierire su di un bambino indifeso. Non rispose al mio
sorriso, si limitò ad abbassare lo sguardo.
Lasciai la sua stanza ancora più confusa di quando vi ero entrata.
Perché?
Accidenti, Akane... che cos'è quella faccia da funerale? Che ti
sta succedendo? Stai quasi riuscendo a farmi preoccupare. E io che
volevo spremerti come un limone perché sospetto che la nostra
piccola talpa sia tu. Perché sei tu, non è vero? Ma
così non c'è gusto. Mi togli tutto il divertimento. Se mi
guardi in quel modo non riesco neppure a prenderti un po' in giro...
non sono neanche riuscita a dirti di non dimenticarti di prendere i
soldi. Finisce che davvero pago io...
In corridoio incrociai Ranma che, stranamente, non osò chiedermi nulla. Anche se avrei giurato che aveva sentito tutto.
Ci dileguammo senza dare troppe
spiegazioni. Papà era davvero perplesso, Kasumi mi chiese se
doveva metterci da parte la cena. Declinai gentilmente. Uscendo
avevo potuto avvertire il suo sguardo su di noi, uno sguardo che mi
parve pieno di sospetto. Ma la paranoia, si sapeva, si era impossessata
del mio cuore e del mio cervello. Cercai di non farci caso e tirai
dritto.
Camminammo in silenzio, di buon
passo, fino alla stazione. Salimmo sul primo treno diretto in centro.
Una sola fermata, pochi minuti, ed eravamo arrivate. Akane continuava a
comportarsi come un condannato a morte trascinato al patibolo. Di
qualsiasi cosa si trattasse, era un'esagerazione. Un'esagerazione che
mi faceva sentire a disagio e mi metteva di cattivo umore.
Un'esagerazione che mi impediva di rompere il ghiaccio con qualche
battuta stupida. Poco male, ci avrebbe pensato l'alcol a risolvere i
nostri guai più contingenti. Entrammo in un bar che conoscevo
per esserci stata con degli amici dove facevano degli ottimi panini
americani. La clientela erano ragazzi e ragazze della nostra età
o poco più grandi. Il posto perfetto dove passare inosservate.
All'interno un condizionatore sempre accesso rendeva l'aria
respirabile. Ci sedemmo a un tavolino. In mezzo alla settimana ne
restava sempre qualcuno libero anche all'orario di punta. Ordinammo due
panini e due birre medie, ma il cameriere ci chiese i documenti e alla
fine di una serrata trattativa riuscimmo ad ottenere una media ed una
piccola per Akane che dal basso dei suoi diciassette anni e tre mesi
non poteva permettesi di strafare. Ed era proprio una concessione,
capito, ragazzine? Come no.
E adesso?
Adesso cosa dico? Adesso cosa faccio? Meglio finire prima di mangiare?
Kami, che nervi questo silenzio... No, no, ora parlo di me. Le racconto
di cose a caso che non hanno nulla a che vedere.
Stavo per partire in quarta
spifferando gli affari privati di Daisuke e Setsuna, ma una lampadina
si accese dentro il cervello quando avevo già la bocca aperta ma
non era ancora uscito nessun suono: evitare temi sentimentali. Ok,
avrei parlato dei miei progetti futuri e del timore che avevo di non
passare l'esame di ammissione. Oppure potevo dirle dei progetti che
avevamo con le mie amiche di classe per le vacanze estive. Volevamo
fare un viaggio, forse sarebbero venuti anche alcuni dei ragazzi,
o forse ci saremmo incontrati da qualche parte per poi proseguire
insieme. Avevamo finito la scuola e bisognava festeggiare, no?
Quando si dice aprire bocca e
darci fiato. Iniziai a dire cose a caso, quasi come se parlassi tra me
e me. Le prime frasi suonarono del tutto innaturali, poi man mano che
parlavo, e la birra scendeva, l'atmosfera si andò rilassando.
Quando Akane ebbe finito la sua piccola, smezzammo quello che restava
della mia. Poi ne ordinai un'altra. Non me la poteva negare a me, io
diciotto anni ce li avevo già, anche se da poco.
Ora non pensare che tua zia sia un'alcolizzata, Minako. O una che alza
il gomito facilmente, che non è assolutamente il mio genere.
Però l'alcol in certe situazioni può essere un alleato
prezioso. Una di queste situazioni è quando devi far sciogliere
un po' una sorella irascibile col vizio delle pare mentali. Non mi
credi? Te lo dimostro subito! Prendi la seconda mini-cassetta della
scatola. Data: 3 luglio 1990. Il quaderno con il testo e i
commenti è lo stesso di prima.
===========================================================================================
A.: Ma tu non mi hai portata qui per
parlarmi dei fatti tuoi, non è vero Nabiki?
[La domanda di Akane
arriva del tutto inaspettata, accompagnata da un sorriso delle
labbra al quale i suoi occhi non accennarono a partecipare. E mi
procura un notevole sollievo. Mi risparmia la scocciatura di
cambiare argomento e dirottare io la conversazione che in effetti ormai
si stava svolgendo piacevole e leggera. Almeno in superficie.]
N.: No, sorellina. Ti ho portata qui per parlare dei fatti tuoi. Che sospetto siano molto più interessanti dei miei.
A.: Oh, solo perché la parte
interessante dei tuoi tu te la tieni sempre per te. Come è
giusto che sia. Ma forse io non posso più permettermi questo
lusso...
N.: Così pare, purtroppo.
[Una sua breve risata, appena
accennata ma in qualche modo scomposta, mi fa sospettare che sia un
po' brilla. Poco, poco. Quanto le basta per iniziare a cantarla.]
N.: Insomma, me lo vuoi dire che ci facevi sulle scale l'altro giorno a quell'ora di notte?
A.: Te l'ho detto... era per gli allenamenti notturni...
N.: Veramente tu mi avevi detto che eri già andata a letto.
A.: Già. Hai ragione.
N.: Allora? Guarda che non ti mordo mica. E poi so tenerlo un segreto se
voglio. E questa volta ti assicuro che voglio perché nessun affare che
io potrei provare a fare rivendendomi le tue confessioni
potrebbe mai compensare la distruzione della nostra casuccia. Una casa
vale un sacco di soldi!
A.: Non riuscivo a dormire per colpa dei
cassetti della scrivania che avevano iniziato ad aprirsi e richiudersi.
Anche se non sbattevano, si aprivano e si richiudevano lentamente ma
facendo un po' di rumore. Abbastanza da non farmi addormentare in pace,
nonostante fossi stanca morta.
[5 sec. Si ferma come se dovesse riprendere
fiato. Eppure ha parlato poco e lentamente.]
A.: Faceva caldo. Avevo
sete, così avevo deciso di scendere in cucina. Ma c'era già
Ranma e così mi sono messa ad aspettare che se ne andasse...
N.: E perché?
A.: Perché non volevo
incontrarlo, non volevo che mi chiedesse che ci facevo ancora in
giro... Mi sono seduta e sono rimasta lì.
N.: Poi
però il freezer lo aveva steso e non c'era più speranza che si
togliesse di là, quindi hai lasciato perdere... giusto?
A.: È stato il freezer?
N.: Sì. Io ero in bagno e ho sentito il botto, quindi sono scesa a vedere che era successo.
A.: E gli hai parlato?
N.: Sì, mi ha detto lui del freezer. Ma tranquilla, non gli ho detto che eri sulle scale.
A.: Grazie...
N.: Senti, ma si può sapere perché lo stavi evitando al punto
da non
scendere nemmeno a vedere se si era fatto male? Va bene che ha la testa
dura e sicuramente non c'era da preoccuparsi, ma questo
comportamento non è da te.
A.: Dici così solo perché tutti avete iniziato a dare per scontato
che io debba preoccuparmi per lui. Sicuramente è colpa mia che poco a
poco avevo preso l'abitudine di trattarlo quasi come se fosse davvero...
come se davvero io e lui... come se fosse il mio ragazzo.
N.: E non lo è?
A.: No. In assoluto. Non lo è.
N.: Però nemmeno io che non sono certo un mostro di altruismo ho pensato
per un solo istante di lasciarlo steso sul pavimento e tornarmene a
dormire come se niente fosse. Voglio dire, fosse stato un estraneo
l'avresti soccorso. Sei arrabbiata con lui per qualcosa?
A.: No.
N.: No? Sicura?
A. Sicurissima.
[Si sta richiudendo a riccio, ci vuole un'altra birretta.]
STOP
Avanti, signor barista, guardi che non dobbiamo mica guidare... tra poco ce ne andiamo,
prendiamo il treno e torniamo da paparino nostro e da tutti quegli
altri simpatici mattacchioni che ci stanno aspettando a casa. Insomma,
me la vuoi dare questa media o no?
[Altra birretta e siamo pronte a ripartire.]
REC
N.: Mmmm... fammi indovinare. Si sta
comportando male con te? È più egocentrico e insensibile
del solito?
[Akane si stringe nelle spalle.]
N.:Ti sta facendo pentire di
esserti preoccupata per lui in passato? Che poi per quello che ne so io
hai fatto ben più che semplicemente preoccuparti... a Jusendo per esempio... O quando hai accettato di sposarlo per fargli avere l'acqua della sorgente...
A.: Quello è stato un errore,
uno stupido errore. Di Jusendo non mi pento. Non potrei mai
pentirmene...
[La voce le è diventata leggermente roca, il tono
molto più basso. Il magone è un nemico insidioso.]
N.: Dai, su. Non fare così, non volevo farti ripensare a cose tristi.
A.: Non è questo... È
che tante, troppe cose non sono da me ultimamente. Eppure le faccio lo
stesso, qualche volta. Molto più spesso riesco ad evitarlo.
A.: Evitare... di farle? O evitare Ranma?
[Sembra non ascoltarmi più.]
A.: Ho imparato a farlo, ma a
un prezzo alto. Perché sono costretta a fare cose che non sono
da me per evitare di trasformare cose che lo sarebbero in situazioni
assurde. Perché per evitare disastri peggiori adesso non
posso più nascondermi. E come se non bastasse la casa ci sta
cadendo addosso.
N.: Non sono sicura di aver capito...
A.: È colpa mia. L'ho sempre
saputo in fondo. Sono io il problema.
[È riuscita a spiazzarmi.
Tutto mi sarei aspettata tranne che si autoaccusasse in questo
modo.]
N.: Che cosa?? Perché credi di essere tu il problema?
[Ehi, tu, chi accidenti sei? E dove hai
nascosto la mia sorellina testarda, ostinata e terribilmente orgogliosa?]
A.: Non lo credo. Io lo so.
N.: Ma per quale motivo? Non è da te buttarti addosso la colpa di qualcosa, di una cosa del genere poi...!
[Presagio di sventura. Se siamo a questo punto vuol dire che la situazione è più grave di quanto pensassi.]
A.: A che servirebbe negare? Tu hai pensato da subito che fosse colpa
mia, ancora prima che Happosai ci raccontasse tutte quelle cose...
N.: Avevo solo notato che c'era qualcosa di strano in te... Certo non mi sarei mai aspettata che tu... Sono sorpresa, davvero. [E anche un po' spaventata.] Pensi di potermi raccontare tutto dall'inizio?
A.: Siamo qui per questo, no? Però facciamo che inizio con una domanda.
N.: Prego.
A.: Tu quando hai notato le prime stranezze in casa?
N.: Pochi giorni fa.
A.: Io a marzo.
[Questa poi...!]
N.: E perché non hai mai detto niente?
A.: Perché pensavo fosse la mia immaginazione. Credevo di star impazzendo.
Volevo aspettare che qualcun altro notasse qualcosa e ne parlasse...
N.: Anch'io ho pensato lo stesso, ma perché ero sotto pressione per l'esame
e faceva un caldo pazzesco. Mi pareva plausibile iniziare ad avere le
allucinazioni. Fino a che la finestra non ha fatto cadere i miei
occhiali. Ho paura che non sia stata una buona idea disporre i mobili
come stanno in camera tua!
A.: In condizioni normali lo sarebbe stata...
N.: Eh già...
A.: Ma il fatto è che io avevo motivo di credere di star impazzendo anche a marzo quando
certo non soffrivamo il caldo. È da ottobre, più o meno, che mi sento
strana. Che mi sento in un modo che non mi piace... Che sento cose che
non mi piacciono.
N.: Ah ah. Da ottobre dici...
A.: Sì, più o meno.
N.: E questo, mi pare di capire, ha in qualche modo a che vedere con Ranma...
A.: Oh, dai. Non trattarmi come fossi una bambina stupida o una bambola
di porcellana. Sappiamo benissimo tutte due di cosa stiamo parlando.
Happosai ci ha fatto una lezioncina abbastanza esplicativa ieri, non
credi?
[Con questa qui, fai come fai, sbagli sempre.]
N.: Se la metti così, come ti pare. Io volevo solo essere delicata
ed evitare di irritare la tua sensibilità iper-suscettibile...
A.: Apprezzo, ma non farmi sentire un'idiota che non aiuta.
N.: Ricevuto. [Ma guarda un po' tu...]
A.: Il fatto è che da quando siamo tornati dalla Cina è
stato tutto così strano... La faccenda del matrimonio era
un'idiozia, lo so da me. Per mille motivi. La nostra
età non è l'unico. Prima di quella c'è il fatto
che noi non siamo una coppia, non per nostra volontà almeno. Non
ci comportiamo come una coppia. Non usciamo insieme, non ci siamo mai
nemmeno abbracciati se non per qualche strano caso accidentale o in
situazioni estreme, come a Jusendo. Abbiamo camminato mano nella mano
una sola volta. Che senso avrebbe avuto sposarsi? Per poi fare che?
Eppure a me era sembrata... una via d'uscita comoda. Un modo per
chiudere la porta in faccia a tutta l'orda di pretendenti una volta per
tutte. Dopo avremmo anche potuto provare a costruire qualcosa, no? Ma
c'era anche un altro punto che rendeva la situazione estremamente
confortevole per me: potevo sposarlo senza ammettere di volerlo. Senza
ammettere nulla. Credevo di avere tutte le carte per riuscire a
chiudere la partita senza espormi per niente. Da una parte avevo la sua
confessione, la tranquillità di essere... insomma che lui...
credevo di avergli sentito dire che mi amava. Ne ero proprio convinta.
Dall'altra papà con quella storia del regalo di nozze mi aveva
servito la scusa perfetta su un piatto d'argento. Potevo sposare Ranma
per fargli un favore. Perché lui mi amava e aveva bisogno
dell'acqua della Nannichuan. Avrei avuto il suo amore, la sua gratitudine. E l'esclusiva. Semplicemente perfetto...
N.: Beh... certo tutto questo suona quanto meno un po'...
[...il piano di una che ha bisogno di farsi vedere da uno bravo.]
A.: Vigliacco? Subdolo? Quello che vuoi. Lo so da me.
N.: Immagino... [No che non lo sai. Non ti rendi proprio conto, nemmeno lontanamente.]
A.: Ma che importanza ha? Le cose sono andate diversamente, no? Sono
andate diversamente perché mi ero fatta male i conti. Sbattere
la porta in faccia a certa gente non è così facile.
Soprattutto se ci si mette di mezzo Nabiki Tendo a farli rientrare
dalla finestra. Anzi, che dico!, proprio dall'entrata principale con
tanto di inviti ufficiali. Di' la verità. L'hai fatto apposta.
Volevi mandare a monte il nostro matrimonio?
[Io ti ho salvata da te stessa, razza di scema! Ma lasciamo perdere.
Non risponderle male, Nabiki, non risponderle male o rovinerai tutto.
Qui ci sono in gioco cose grosse, molto grosse. Respira e parla con
calma. Tranquillità e calma. Ecco, così... Ohm...]
N.: Non necessariamente. Volevo divertirmi e fare soldi, come sempre. Ma,
sinceramente, la trovavo e la trovo ancora una pessima idea [simpatico eufemismo]. E quello
che ha fatto papà... a me sembrava che ti stesse semplicemente
ricattando. Non è che propriamente approvassi il suo
comportamento [simpatico eufemismo 2]...
A.: Probabilmente hai ragione. Anch'io avrei dovuto vederlo solo come un
ricatto, e invece... Ma Ranma no. Non si sarebbe mai piegato a sposarmi
solo per avere l'acqua della fonte. E per sposarsi bisogna essere in
due, no? Quindi non ce l'ho con te. Non ce l'ho nemmeno con lui. Ce
l'ho solo con me stessa.
[E per fortuna! Vedi tu che per una volta trai due è stato Ranma quello più sensato...]
N.: Ti stavi comportando come una Shampoo o una Kodachi
qualsiasi. Avevi trovato la mossa vincente per accalappiarlo contro la
sua volontà. O quasi per comprarlo addirittura... E io che
credevo che l'unico che stesse giocando sporco quel giorno fosse
papà...!
A.: Pare di no.
N.: Accidenti, Akane, certo che sei contorta! Perché impelagarsi
in assurdi sotterfugi quando non è assolutamente necessario?
Potevi scegliere una via un po' più diretta, no?
A.: E perché mai quando avevo a disposizione una via sicura? E poi
se andava male, come è andata, per colpa di qualcun altro, io
non avevo perso niente.
N.: Certo. Perché non ti eri giocata niente. [Bisogna proprio
essere un po' fuori di testa per fare un ragionamento simile.]
A.: Non mi piace correre rischi.
[Grazie tante, Akane. Ora stiamo beneficiando tutti del modo maturo e responsabile in cui hai saputo affrontare la vita. Davvero, grazie di cuore.]
N.: E così, per non correre rischi, adesso siamo sull'orlo della
catastrofe. Si può sapere come ci siamo arrivati, di grazia?
A.: Oh, ma è molto semplice. A posteriori, è
semplicissimo.
Ho ripetuto lo stesso errore, un sacco di volte, come un mulo, senza
rendermene conto. Durante tutti questi mesi mi sono ostinata a voler
fare i conti senza l'oste. Finché la situazione non mi è
del tutto sfuggita di mano.
[Di questo se ne sono accorti anche i muri, come si suol dire. E si direbbe che non l'abbiano presa proprio bene.]
N.: Ovvero...?
A.: Mi convinco di cose infondate, senza motivo. Mi convinco che le cose
andranno in un certo modo quando non si sa perché dovrebbero
andare proprio così e non in un altro modo. E poi quando invece
diventa chiaro che mi sono sbagliata vado nel panico e mi creo un altro
scenario, ugualmente arbitrario. E così via. Per esempio, dopo
il matrimonio mancato mi dicevo: non fa niente, lui ti ama e prima o
poi farà qualcosa, ti dirà qualcosa, si avvicinerà
in qualche modo... devi solo aspettare e portare pazienza. Tanto non
è che te ne importi qualcosa. Non è che tu ne senta
l'urgenza. È solo perché le cose si chiariscano tra voi,
non che ti interessi particolarmente... E invece niente. O meglio.
Ha smesso di insultarmi gratuitamente e di provocarmi. E io ho
smesso di malmenarlo. Potevo anche ritenermi soddisfatta. Insomma,
avrei dovuto, sarebbe stato logico. Avevamo instaurato un rapporto
civile, non litigavamo più. Probabilmente la dichiarazione
d'amore me l'ero sognata. Ma avrebbe dovuto andarmi bene anche
così. D'altra parte non è che io... io lo consideravo solo un
amico... Non c'era nessun problema quindi. Potevamo andare a scuola
insieme la mattina, fare i compiti il pomeriggio, ogni tanto allenarci
insieme o andare a mangiare un gelato per ragazze. Che altro volevo?
N.: Beh, se non lo sai tu.
A.: Io non lo sapevo, puoi star sicura. Non volevo saperlo.
N.: Mamma mia quante inutili complicazione per un problema così semplice...
A.: Sarà semplice per te. Per me non lo è affatto. Non
capivo cosa diamine mi pigliasse. Soprattutto le prime volte. Capitava
per esempio che mi fermassi ad osservarlo durante le lezioni. Mi
sorprendevo io stessa quando mi ritrovavo imbambolata a fissarlo. Yuka
e Sayuri si sono accorte subito che avevo qualcosa che non andava.
Hanno cercato di farmi parlare, ma io ovviamente ho sempre negato con
tutte le mie forze di aver mai fatto una cosa simile. Quando mai? Io?
Imbambolarmi a guardare Ranma? Impossibile! Eppure succedeva spesso, e
sempre più a lungo. Nelle circostanze più improbabili
poi. O forse dovrei dire più banali. Mentre faceva cose e non si
curava di me. Mentre si allenava in giardino o nel dojo, io seduta in
un
angolo. Mentre studiava alla mia scrivania e avrei dovuto dargli una
mano. Mentre giocava a basket, e tutte le ragazze mi venivano intorno
facendo commenti su quanto fosse bello e bombardandomi di domande su di
noi.
N.: Che patetici... [Come faccio a non dirlo?]
A.: Chi?
N.: Voi due, chi se no?
A.: E che c'entra lui?
N.: Eccome se c'entra. C'entra sempre. [E mannaggia alla gente che non sa stare al mondo.]
A.: Io non credo che questa volta abbia colpa. È stato dentro di
me che qualcosa ha iniziato a funzionare male. Come se l'interrompersi
del flusso di insulti e grida e martellate e altri insulti
avesse fatto improvvisamente spazio a un grande silenzio. Senza
più rumore, senza niente da dire, non mi rimaneva altro da fare
che... guardarlo. Non avrei voluto, davvero. Assolutamente. Io
non
volevo. Eppure succedeva lo stesso. Questa volta l'oste con cui non
avevo voluto fare i conti era dentro di me. Ed era forte e ostinato. Mi
fregava sempre. Quasi sempre. Comunque un sacco di volte. E andava
sempre peggio. Succedeva perfino che mi ritrovassi a fantasticare di
sedergli accanto, dargli un piccolo bacio sulla guancia e poi
scomparire come un fantasma. Questa in autunno era diventata la mia
fissazione, non sapevo proprio come liberarmene... Poco a poco ho
iniziato a preferire non dover interagire direttamente con lui, che non
mi parlasse, che non rompesse l'incanto e si lasciasse osservare in
silenzio. Meglio ancora se non c'era nessuno intorno che mi vedesse.
Volevo solo starlo a guardare in tranquillità e sognare un po'.
Mica chissacché... Fantasticavo di avvicinarmi e fargli due
coccole, un abbraccio, una carezza, come se stessimo insieme
normalmente. E che lui avrebbe reagito in maniera normale, cioè
dolce e tranquilla. Sono convinta che ne sarebbe capace, se solo
riuscisse
a rilassarsi... con la ragazza giusta, ovviamente. Riuscivo a
visualizzarlo bene, ed era proprio lui, col suo modo di muoversi, il
suo sorriso, tutto tale e quale, forse solo un po' più adulto...
Mi sono proprio creata un mondo immaginario tutto mio...! E per un
certo tempo mi è anche andato bene, mi è stato di
conforto e mi bastava... Certo, mi sentivo stupida, stupidissima. Ma
speravo che mi sarebbe passata, che fosse un rincitrullimento
passeggero che se ne sarebbe andato come era venuto.
[Te l'ha mai detto nessuno che sei un genio?]
N.: Beh, sarebbe stato anche possibile. Se tu ti fossi messa a
fantasticare su uno che vedevi per la prima volta, incontrandolo magari
solo a scuola, al cambio dell'ora. Ma nel tuo caso più che un
fenomeno passeggero io l'avrei preso per...
A.: Un campanello d'allarme? Il segnale che mi si stava definitivamente friggendo il cervello?
N.: Non era quello che intendevo. Volevo dire che non avresti dovuto
farti cogliere così alla sprovvista, che era una cosa che
avresti potuto aspettarti perfettamente e che se stava succedendo
nonostante tutti i tuoi sforzi per evitarlo, beh, forse voleva dire che
era ora di fare qualcosa.
A.: Tipo che? Una lobotomia?
N.: Non essere ridicola. [Quest'atteggiamento iper-negativo fa paura.]
A.: Comunque io qualcosa ho fatto. Ho cercato di tenerlo a distanza, di
mostrarmi più fredda. E di togliermi la brutta abitudine che
avevo preso di sorridergli.
N.: Geniale, davvero. Che speravi di ottenere?
A.: Volevo vedere se riuscivo a farmela passare.
N.: Ma la soluzione più semplice a te sfugge sempre?
A.: Quale soluzione? Non c'era nessuna soluzione. Potevo solo tenermene
alla larga. Purtroppo però non ha funzionato. Ho iniziato
ad avere una gran voglia di prenderlo a schiaffi, di gridargli contro
di tutto... Ma avrei voluto anche abbracciarlo. E piangere...
[Ma di che accidenti hai paura? Non te l'ha mai detto nessuno che
arriva sempre il momento di guardare in faccia alla realtà
e affrontare i fantasmi? La vita è troppo breve per questi
giochetti. Questo tu dovresti saperlo bene.]
N.: Kami... ma lo sai che sei un vero impiastro?
A.: Sì che lo so! Non serve che me lo ricordi...
N.: Sappi che io disapprovo in pieno questo tuo modi di complicarti
inutilmente l'esistenza. [3 sec.] [Sospiro] Ad ogni modo, questo era all'inizio
dell'inverno...
A.: Sì...
N.: E poi...?
[Abbiamo altri sette mesi di disastri a ripercorrere. Tremate, gente, tremate.]
A.: E poi... È stato durante le vacanze invernali. Stavo leggendo
Peter Pan. Mi ci sono svegliata una mattina. L'idea di un bacio. Un
bacio vero, non un ditale, non un bottone.
Un bacio sulle labbra. E mi
è presa malissimo, ho detto che stavo male e non sono voluta
scendere a fare colazione. Sono rimasta a letto. Da quel giorno mi
è stato chiaro che così non poteva andare avanti, che mi
portavo un peso dentro che che mi toglieva il fiato, una roba
dolorosa che mi avrebbe consumata. Non riuscivo più a farlo
stare zitto, quel maledetto oste. Mi ruggiva dentro, stavo male. Ci sto
ancora male. L'errore che
ho fatto, l'ennesimo, è stato quello di rifugiarmi ancora di
più in questi stupidi sogni, invece di darci un taglio.
N.: Diamine, Akane... [Diamine diamine diamine.]
A.: Così ho finito per svegliarmici quasi tutte le mattine, con
l'idea del bacio in testa, un'idea che per di più continuava ad
evolvere, a definirsi, a completarsi... ormai non si trattava
più di un semplice contatto, volevo... non so bene... sì, insomma, di più. Voglio dire che
non era più una roba, uhm, del tutto innocente quella che avevo in testa.
[Arrossisce. Al pensiero di un bacio diventa rossa. La nostra
differenza di età è di soli dieci mesi, eppure stando
seduta qui a sentirle fare questi discorsi sembrano una vita intera.
C'è una distanza siderale, un abisso. Ma perché?
Quand'è stato che gli alieni ti hanno rapita e ti hanno portata
su Kasumio, Akane? Io c'ero? Sono rimasta a guardare per non litigare?
Dopotutto non erano fatti miei. Ma la mamma non avrebbe voluto questo.
Ne sono sicura. Non la ricorderò tanto bene, anch'io ero
piccola, ma due anni di ricordi in più o in meno non danno a
nessuno il copyright sulla memoria di una persona.]
A.: Arrivai a chiedere a Kasumi di svegliarmi cinque minuti prima per poter
restare sotto le coperte e gestire con calma la transizione tra
il dormiveglia e il duro mondo reale, abituarmi alla luce e prepararmi ad
affrontare una nuova giornata. In quel periodo, qualsiasi cosa era una
fatica. Mangiare, studiare, andare a correre, allenarmi... non mi
andava di fare nulla. Mi sforzavo di mantenere le apparenze, ma mi
alzavo dal letto animata dalla sola voglia di rifarmi un po' gli occhi,
catturare nuove immagini per alimentare i miei sogni e tornarmene a
dormire.
N.: Ma non va bene, non va affatto bene... Quanto sei andata avanti un questo modo?
A.: Qualche settimana, poi le cose sono ancora peggiorate. Ho iniziato a
fare strani sogni. Neanche li ricordavo bene al mattino, dormivo male e
quando Kasumi veniva a chiamarmi mi faceva sempre prendere un colpo. Ma
rimanevo inquieta, a disagio. Mi lasciavano una sensazione come di esposizione, di
vulnerabilità, come se non potessi evitare di lasciare
all'avversario una quantità di aperture facilissime e stessi sempre sotto attacco. Sarebbe
bastato un niente a mandarmi al tappeto. La verità è che
ero perennemente distratta e far finta di nulla iniziava a costarmi una
fatica disumana. Anche perché quello scemo di Ranma iniziava ad
accorgersi di qualcosa. Dopo tre giorni filati in cui tutto quello che
ero riuscita a dirgli era stato "vedi di svegliarti" e "ci vediamo a
casa", avevo evitato di scendere per cena e non avevo fatto colazione,
era venuto a cercarmi in camera mia. Mi aveva spaventata
perché avevo le cuffie con la musica e non l'avevo sentito
entrare. Era il giorno prima dell'ultimo compito in classe di
matematica del quadrimestre e solo io sapevo che disperato bisogno
avessi di studiare. Cercai di mandarlo via in malo modo, senza neanche
voltarmi, dicendogli che si poteva scordare che l'aiutassi, stavo
già abbastanza indietro per conto mio. Ma si dava il caso che non fosse lì per quello.
N.: Non dirmelo...
A.: Voleva sapere cosa aveva fatto per farmi arrabbiare così
tanto
da togliergli la parola. Voleva scusarsi. Diceva che era da tanto che
non litigavamo, che era felice che avessimo smesso di discutere, che se
aveva fatto qualcosa di sbagliato non l'aveva fatto apposta, che non
era sua intenzione ferirmi... Aveva un tono triste, dispiaciuto, quasi
addolorato. La sua voce era... oddio, Nabiki, io devo proprio aver
perso la testa... Lo sapevo che non dovevo girarmi a guardarlo, non
dovevo, assolutamente non dovevo. Non ho potuto farci niente.
Quando ho alzato lo sguardo me lo sono ritrovato troppo vicino. Ci
siamo guardati negli occhi dopo un sacco di tempo ed è stato
più di quanto non potessi sopportare. Anche perché stava
sorridendo, ma non c'era allegria in quel sorriso. Però dolcezza
sì, pure troppa. Doveva essergli costato parecchio essere venuto
fin là a scusarsi senza avere la più pallida idea di cosa
potesse aver fatto. Perché non aveva fatto proprio niente.
Chiaramente stava facendo uno sforzo per capire che diamine mi stava
prendendo. E io non potevo dirglielo.
[Kamisama!]
N.: Magari potevi acchiapparlo per il bavero e sbaciucchiartelo come sognavi di fare, no?
A.: Ma sei impazzita?? Mi avrebbe presa per una cretina completa! O
peggio, per un'altra delle sue appiccicose fidanzate. E io non sono
così. Non voglio essere così... mi rifiuto di comportarmi
come una di quelle... fino a che avrò la forza di farlo, facendo
del mio meglio, io non ci cascherò. Anche se il mio cervello sta
andando in pappa e non so cosa mi sia successo e perché io debba
sentirmi così. Io resisterò sempre. Costi quel che costi.
N.: Anche a costo di ammattire?
A.: Passerà. Prima o poi passerà.
N.: Sì, certo, ma quando? E a che prezzo? Ma soprattutto, perché??
[Qualcuno ci vede un senso in tutto questo? Se c'è, a me sfugge
completamente. Non ci arrivo. Mi dispiace tanto, ma non ci arrivo.]
A.: Questi sono fatti miei!
N.: Non credo proprio! Non a questo punto. Vuoi che la tua timidezza e la tua testardaggine ci distruggano casa?
[Scusa, sorella, ma non avrebbe senso continuare a girarci intorno, ti
pare? È quello che sta succedendo e nessuno può farci
niente. E adesso perché mi guardi con quegli occhioni luccicosi?
Uff.]
N.: Scusami. Non volevo.
A.: Io... sono mortificata. Ma io non potevo immaginare... Questo che
ti sto raccontando è stato prima, prima che
iniziassero i guai con la casa. Non potevo sapere... Altrimenti me ne
sarei andata via. Piuttosto che arrivare a questo, sarei andata via di
casa. E invece non ne avevo idea. Sapevo solo che
quella sua faccia così vicina, quei suoi occhi troppo profondi,
quelle labbra... kami, non sai quanto io mi senta ridicola parlando in
questo modo di lui e posso solo vagamente immaginare quanto mi
vergognerò domani per averti raccontato tutto questo. Ma in quel
momento io sapevo, questo sì, sapevo benissimo che se non trovavo immediatamente una via di fuga avrei davvero potuto commettere qualcosa di
irreparabile.
N.: Addirittura? Ma sei di un esagerato inumano!
A.: Non è così, tu non capisci... Ho fatto l'unica cosa che potessi fare.
N.: E cioè?
A.: Sforzarmi di tornare col naso sui libri e dirgli che non aveva fatto
nulla, che era proprio un cretino egocentrico irreparabile se pensava
che ogni volta che mi girava storto doveva essere per causa sua.
N.: Insomma l'hai insultato gratuitamente.
[Ma è mai possibile?]
A.: Non avevo scelta.
N.: E lui? [Sarà un idiota, ma questa è crudeltà pura. Non è divertente.]
A.: Ha detto solo: ah, certo, in effetti hai ragione. Si è dato dello stupido e se ne è andato.
N.: Immagino tu ti sia sentita benissimo dopo.
A.: Un favola, davvero. Credo di non aver mai pianto tanto in vita mia.
Mi sono buttata sul letto e ho tenuto il cuscino premuto sopra la testa
sperando che non mi sentisse nessuno. Non riuscivo neanche a respirare
per quanto erano forti i singhiozzi. Una cosa davvero assurda... fuori
controllo... Mi sentivo una persona orribile per averlo
ferito per senza niente e mi sentivo un'idiota completa per tutto il
resto... Non ho mai voluto perdere la sua amicizia. Mai. Ma non sapevo
che fare, non lo so ancora, mi sentivo in trappola... un animale
braccato che reagisce con furia. E sa far male. Più di quanto
vorrebbe. Perché io non vorrei fargli del male... Che disastro!
N.: Ma perché? Perché?? Io continuo a non capire il motivo di tutto questo. Voglio dire,
credi davvero che ti avrebbe... respinta? Tutte le volte che qualcuno
spacciandosi per te ha provato fargli qualche moina, beh, non mi sembra
che abbia disdegnato... quando eri posseduta dalla bambola di
quell'hotel, per esempio...
A.: Non scherzare!
N.: E chi sta scherzando, Akane? Davvero pensi che qualcuno, in
particolare un individuo maschio di diciassette anni, possa preferire
sentirsi dire quelle cattiverie piuttosto che essere sbattuto per terra
e coperto di baci?
A.: Nabiki!!!
N.: Cosa c'è adesso? Non è questo che avresti voluto fare?
A.: ...
N.: Poi dici che non devo trattarti come un bambina...
A.: Ne ha fin troppe di matte che gli saltano addosso, non ti pare?
N.: Mah! Credi davvero che sia la stessa cosa?
A.: E perché diavolo dovrebbe essere diverso?
[Benedetta cecità. Ma si può essere più testone?]
A.: Comunque la parte interessante viene adesso. Perché quella
è stata la prima volta che ho notato qualcosa. Intendo oggetti.
Oggetti che si muovevano. Quasi impercettibilmente, ma si muovevano.
N.: Il che, in effetti, coincide a pennello con la spiegazioncina del vecchio Happi.
A.: Purtroppo pare proprio di sì. E quello che è successo
dopo non fa altro che confermare... All'inizio, come ti
dicevo, ho preferito non parlarne con nessuno e aspettare che
qualcun altro raccontasse di aver visto cose strane, per capire se ero
solo io, se erano allucinazioni... Però nessuno diceva niente. Speravo che smettesse, che
fosse solo una cosa passeggera.
[Aspetta e spera che prima o poi s'avvera. Uno stile di vita.]
A.: E invece... Non sapevo che pensare. Ero
spaventata. La prima cosa che mi è venuta in mente è
stata: ho fatto qualche casino con questo mio crogiolarmi nel
dormiveglia, devo aver forzato una porta tra mondo dei sogni e mondo
reale. Non era una spiegazione molto sensata, ma viste le cose che
capitano a Nerima poteva anche starci. Così tornai a
scattare in piedi appena Kasumi mi chiamava e chiesi al dottor Tofu di
darmi qualcosa per addormentarmi più rapidamente. All'inizio
pareva funzionare. Ma sul fronte sogni le cose hanno finito per
peggiorare. Il sonno non è il dormiveglia... fa come gli pare,
possono venire fuori cose che tu... sì, insomma, che una non
è preparata a guardare in faccia in modo così diretto...
E questi, purtroppo a differenza di quelli di prima, me li ricordavo
piuttosto bene... Non chiedermi di dirti di più, ti prego!
[Rossa. Rossa come un peperone. E dire che ha bevuto birra ghiacciata, non vino. Non ridere, Nabiki, non ridere. Se
ridi adesso non ti dice più niente. Fai la brava e ingoiati
questa risata, piccola iena che non sei altro. Da brava, su. Sai che ce
la puoi fare. Che poi, altro che ridere... qua ci sarebbe solo che da piangere.]
N.: Va bene, va bene. Non oserò. La cosa importante comunque mi
pare questa: quando hanno iniziato a muoversi gli oggetti, hai pensato
di dare un taglio alla fantasie del dormiveglia, ma l'unico risultato
che hai ottenuto è stato che queste si rifugiassero nei sogni,
dove non avevi più controllo. E c'è stato in qualche
senso un salto di qualità. È fedele come sintesi?
A.: Direi di sì... [Fissa il boccale, non riesce a guardarmi in faccia dalla vergogna. Che scema!]
N.: Bene... [Mi sforzo di sorridere per sdrammatizzare, senza sfociare
nella risata che sicuramente mi uscirebbe sgraziata e inquietante. Una
parte di me vorrebbe strozzarla. L'alcol inizia a inficiare la mia
lucidità.]
A.: È stato allora che ho iniziato ad allenarmi la notte. Per
scaricare la tensione. Per sentirmi buona a qualche cosa. Ma
soprattutto per andare a letto stremata, crollare velocemente e
possibilmente sprofondare in un sonno senza sogni. Ma non ha mai
funzionato un granché in questo senso.
N.: Avresti dovuto provare coi sedativi per cavalli. [M'è scappata, che ci posso fare?]
A.: Che cosa?
N.: Niente, lascia perdere. Dimmi che è successo dopo piuttosto.
Come si è evoluta a questo punto la situazione sul fronte
cassetti, ante, porte e finestre?
A.: Non te lo saprei dire con esattezza. Ho il sospetto che
succedessero fenomeni strani mentre dormivo, forse succedono ancora...
la mattina mi succede di trovare cose fuori posto... Ma a quel punto
non sapevo più che fare. Così sono tornata dal
dottor Tofu, non sapendo a chi altri rivolgermi. Gli ho detto delle
cose che avevo visto. La sua prima reazione è stata stralunata,
come quella di Shampoo di cui dicevi l'altro giorno...
N.: Credevo non avessi sentito quando ne parlavo...
A.: Invece ho sentito benissimo.
N.: Hai proprio bluffato per bene, tutto il tempo, eh? [Piccola
bugiarda che non sei altro. Quando non sei più riuscita a
mentire a te stessa hai iniziato a infarcisci tutti di balle.]
A.: Ho fatto del mio meglio... Non è stato divertente. Non è divertente.
N.: Ci mancherebbe. E a parte la reazione stralunata, che ti ha detto il dottore?
A.: Dopo un primo momento di straniamento si è scosso ed è
andato a controllare certi testi. È rimasto nella sala interna
dello studio per diversi minuti, poi è tornato con un pacchetto
di incenso.
N.: Caspita. Coincide proprio tutto con quello che ha detto Happosai...
non l'avrei mai detto. Certo che mentre noi eravamo lì ad
ascoltare domandandoci se ci stesse riempiendo di balle, tu stavi
vivendo proprio tutto un altro film!
A.: Io rimettevo insieme i pezzi di un puzzle spaventoso. Ho avuto
così paura che continuasse, che mi mettesse in mezzo, che mi
facesse fare una figura tremenda... non mi sarei più fatta
vedere da nessuno per la vergogna...
N.: Esageri sempre. In ogni caso non gliel'ho lasciato fare, hai visto,
no? Comunque dubito che se la sarebbe presa con te. Più
facilmente avrebbe usato l'occasione per dar fastidio a Ranma, come al
solito.
A.: Probabile. Sarebbe stato comunque imbarazzante.
N.: Maddai! Non sai proprio scherzare su queste cose tu, eh? Sbagli. Ti
farebbe bene imparare a riderci su. Ma dimmi piuttosto che ti ha detto
Tofu dell'incenso che ti stava dando.
A.: Dice che serve a riportare la serenità e l'equilibrio, che
è un rimedio generico perché per quanto ne sappia non
esiste nulla di veramente risolutivo per il mio problema.
N.: Esattamente...
A. Esattamente quello che Happosai dice che si fa di solito nei casi non classici. Un incenso del karma non specifico.
N.: Impressionante. Ma tu... sì, insomma, gli hai detto qualcosa dei tuoi sogni?
A.: Certo che no!
N.: Neanche un accenno?
A.: No, ma ti pare! Però ero stata da lui poco tempo prima a
chiedergli qualcosa che mi facesse addormentare in fretta... e avevo il
terrore che mi facesse qualche domanda imbarazzante. Così sono
andata via di corsa. Mi aveva anche detto di ripassare da lui qualche
giorno dopo, di tenerlo aggiornato... ma non ci sono più
tornata.
N.: Ecco perché mi ha detto che era da tanto che aspettava una mia telefonata... poi chissà perché mia...
A.: Perché sicuramente io non l'avrei chiamato, Kasumi nemmeno... chi se non tu allora?
N.: Eh sì. Pare che questo bel pacco tocchi proprio a me. Non ho via di scampo.
A.: Se due persone così opposte come Tofu e Happosai sono dello stesso parare...
N.: Non posso oppormi. Però fammi capire meglio... tu cos'è che vorresti che io facessi adesso?
A.: Prima di tutto, non far sapere a nessuno quello che ti ho detto.
Nemmeno a Kasumi. Ti scongiuro. Ci resterebbe troppo male. Non voglio
darle questa delusione.
[No. No. No. Questo pensiero non lo devi fare, Nabiki. Impediscitelo. L'hai promesso. Shh... Da brava, va tutto bene. Ohm...]
A.: E poi dovresti trovare l'incenso del karma che fa al caso nostro e salvarci, con meno clamore possibile. Vuoi?
[Vuoi?! Come sarebbe a dire vuoi?!!]
N.: Ti rendi conto che sono cinque scatoloni di testi? Ti rendi conto che
probabilmente per capirci qualcosa davvero dovrò parlare con
Ranma? Ti rendi conto che tutto questo implica che io molli il mio
esame di ammissione e mi metta sotto a mille con questa roba? Non
potrò entrare alla Todai se lo faccio... davvero mi stai
chiedendo questo?
A.: Non sai quanto mi dispiaccia, se tu non potessi entrare alla Todai per
colpa mia io... ma cos'altro si può fare? Potrei studiarli io i
testi ma non so se sarei in grado...
N.: Ma quali testi e testi! Tu potresti risolverla in modo molto meno
noioso e nocivo per la salute. Perché non prendere il toro per
corna, me lo spieghi?
[5 sec., un sorso di birra a testa.]
A.: È
che non mi vuole, non mi vuole proprio. Non gli piaccio, Nabiki.
[Ah, bene. Qui casca l'asino, direbbe mia nonna. E questa convinzione
da dove verrà fuori? Che grandissima scocciatura che sei, Akane,
lo sai?]
A.: Quello
che prova per me è un
profondo amore fraterno, che io col mio comportamento sconsiderato
rischio di perdere. Non chiedermi di umiliarmi inutilmente, ti prego.
Non tanto per l'umiliazione, ma perché non servirebbe a niente.
Sarebbe solo una perdita di tempo. E poi io davvero non voglio farmi
odiare. Posso imparare a considerarlo come un fratello, uno in
più della famiglia. E potremmo anche occuparci insieme del dojo
in futuro, senza che questo implichi nessun matrimonio... se io adesso
dovessi invece... rovinerei tutto.
[Bla bla bla bla bla. Mamma quanto parlare a vanvera!]
A.: Non chiedermelo, ti prego.
N.: È che io non credo a una parola di quello che hai detto adesso. Non una sola parola. Non scherziamo. Stiamo
parlando di un po' di sana e sincera seduzione, mica di andare a
implorare chissacché. Non credo che sarebbe umiliante. Non credo
che sarebbe inutile. Non credo che sarebbe una perdita di tempo. Non
credo che ti odierebbe. Non credo che potrai imparare a vederlo come un
fratello e benché meno credo che lasceresti che sposi un'altra
donna. Per poi magari dividere la casa con lei e i loro figli.
Né lui lo lascerebbe fare a te. Né oggi né mai.
Credo invece che ci toglieresti tutti da questo pasticcio senza
effetti collaterali di nessun genere, a parte forse una tirata
d'orecchi da parte di Kasumi che tanto darebbe la colpa a me di tutto,
come sempre. Ma quello che credo io non conta nulla. Se tu la
vedi così c'è poco da fare. Ma si può sapere cosa
ti fa credere di non piacergli? Ha anche smesso di insultarti, no?
A.: Ho giocato le mie carte, una volta. Quindi adesso lo so per certo. Non chiedermi di dirti di più. Piuttosto vado via di casa.
N.: Ma non dire fesserie. E poi chi erediterebbe la palestra? Io?
[10 sec. bevendo gli ultimi sorsi di birra.]
N.: Passi per i sogni, ma forse su questo qualcosa in più dovresti
dirmela. Che vuol dire che lo sai per certo? Non che io voglia fartela pesare, ma insomma, mi si sta
chiedendo di rinunciare al mio esame di ammissione, di cambiare i
progetti che coltivo da anni o di rimandarli all'anno prossimo, che non
è proprio una cosa da nulla... avrò il diritto di sapere,
non ti pare?
A.: Io non voglio assolutamente che tu rinunci al tuo esame! Ma non vorrei neppure che la casa...! Però se tu non vuoi...
[Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi... Buonanotte.]
A.: Ci
dovrà pur essere un modo.... possiamo metterci a studiare i testi
tutti insieme... possiamo chiedere a Tofu di aiutarci... possiamo...
[YES, WE CAN. Come no!]
N.: Tofu è assediato da Shampoo, che dobbiamo ancora capire cosa
accidenti vuole. E poi come dicevi tu, se sia il dottore che Happosai
hanno pensato che questo fosse un lavoro per me ci sarà un
motivo. E io posso anche starci. Ma voglio essere sicura che nessuna
altra via sia percorribile in tempi brevi. E quando dico sicura intendo
dire sicura.
A.: Ne hai tutto il diritto... e non sai quanto io mi senta in colpa per
questa stupida cosa... per questa stupida testa matta che mi ritrovo...
N.: Il problema non è la tua testa matta secondo me. È la tua testa dura.
A.: Ti sbagli. Di più di quello che ho fatto non avrei
potuto fare. Non te lo racconterò perché non aiuterebbe,
davvero. Non chiedermelo, non ancora almeno. Ma credimi, ho le prove.
Quello che vuole da me è che le cose restino così per
sempre. Certo non che lo tratti con freddezza o che lo ferisca
gratuitamente, ma non gli interessa altro che la mia amicizia. Il vero
problema è che io non ne sono capace, non in questo momento. Non
più. E ho il terrore di rovinare tutto prima di riuscire a
riportare le cose alla normalità.
[Normalità? Ma quale normalità?]
[D'accordo è ora di darci un taglio e tornare a casa. Si
è fatto tardi e io non ne posso più di ascoltare tutte
queste sciocchezze. Mi aspettano giorni duri e dolorosi, meglio andare
a riposare.]
N.: Tu sei libera di non raccontarmi cosa sia successo, ma io sono libera
di pensare che queste siano tutte stupidaggini. E sarò anche
libera di sentire la sua versione dei fatti. Qui c'è un'indagine
da portare avanti e anche se si sceglie la via di trovare l'incenso del
karma giusto, per farlo bisognerà capire bene come stanno le
cose. Non come Akane Tendo è fortemente persuasa che stiano, ma
come stanno davvero. Non dimenticare che equivoci e fraintendimenti tra
voi sono sempre stati all'ordine del giorno. È fin troppo facile
farsi l'idea sbagliata quando si ha una così tremendamente
radicata tendenza a mal interpretare, a non capire, a prendere fischi
per fiaschi.
A.: Non questa volta.
N.: Tanto non ti credo.
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Capitolo 8 *** Don't panic ***
fanfic-cap 8
Spensi il registratore e lo riposi nella borsetta, non curandomi di nasconderlo all'ignara Akane.
- Non guardarmi in quel modo. Non
ho intenzione di divulgarlo, lo
terrò per me. Per motivi di studio. Per la causa. - Le strizzai
l'occhio sperando di apparire rassicurante, quando avevo la quasi
certezza di aver assunto un'espressione sinistra. Quindi andai a
pagare.
Non era il mio ruolo quello, che ci potevo fare? Non era da me
rassicurare, consolare, alleviare... non ero capace io di fare
quelle cose. Potevo infondere coraggio volendo, con le amiche lo facevo
quando serviva. Quando c'era una decisione importante da prendere,
quando quello ci voleva era un po' di risolutezza, un po' di attributi.
Per chiedere ad un professore che ti scrivesse una lettera di
referenze, per scaricare un fidanzato di cui ci si è stufate,
per dire in faccia ai tuoi che non c'è niente da fare, l'anno
prossimo andrai a fare l'università a Timbuktu ed è
inutile che tentino di fermarti. Le pene d'amore invece... quello non
era proprio il mio campo. Non ne sapevo nulla io di pene d'amore. Me ne
ero sempre tenuta scrupolosamente alla larga. Il mio modo di
rapportarmi ai ragazzi era, diciamo, improntato più al
divertimento che non al sentimentalismo. Al divertimento, non allo
struggimento. Sono stata un'adolescente spregiudicata. Come t'ho
già detto, a me interessava godermi la vita. Mai aspirato al
grande amore. Mai stata capace di grandi odii. Adesso però,
volente o nolente, mi ero convertita nell'unica confidente di Akane e
in qualche modo me la dovevo sbrogliare, anche perché la
situazione appariva seria. Non solo per la vicenda della casa stremata.
Akane era provata, evidentemente non sapeva che pesci prendere e stava
affrontando la cosa con una massiccia dose di autolesionismo e
auto-svilimento che ai miei occhi risultavano preoccupantemente
pericolosi. Un passo oltre rispetto la sua atavica mancanza di fiducia in se
stessa. Un passo oltre la linea di sicurezza che ciascuno di noi si
dovrebbe curare di non oltrepassare mai, per nessuna ragione. E adesso
che ci si aspettava che io facessi?
Cosa vi aspettate da me, kami che mi avete coinvolta in questa bolgia infernale d'amore e morte? Cosa volete da me? Mi state forse mettendo alla prova?
L'avrei riportata a casa
evidentemente sbronza - l'alcol non lo reggeva
proprio - ma non in lacrime. Mi sarei messa a dire tutte le cose
più stupide e irriverenti che mi fossero venute in mente pur di
farla ridere, arrabbiare, imbarazzare, tutto pur di scacciarle quella
maledetta tristezza che mi metteva a disagio. Se quando fossimo
rientrate l'avessero vista in questo stato, i nostri simpatici
coinquilini ci avrebbero messo meno di un secondo a scambiarmi per un
mostro divoratore di bambini. Ovvio no? Akane piange! Che le
avrà mai fatto quella cattivona di Nabiki? Dev'essere stata per
forza lei, Ranma non c'era. Che guaio, che razza di guaio
tremendo.
- Ridici su, ridici sempre
su. Per quanto un ragazzo ti possa piacere,
per quanto tu possa pensare che sia uno schianto portentoso, che ti fa
girare la testa, che gli basterebbe farti due moine
per... convincerti a seguirlo in capo al mondo, se solo lo
volesse, tieni
sempre a mente almeno tre o quattro buoni
motivi per ridere di lui. Devono sempre essere presenti nella tua
mente, almeno tre ottimi motivi. - Con Ranma si aveva gioco
facile. Fosse stato per me, avrei detto che nove volte su dieci quando
apriva la bocca per dire qualcosa faceva ridere per l'idiozia
conclamata dei suoi pensieri degni di un tredicenne tardo. Ma preferii
evitare insulti troppo pesanti. Si poteva deriderlo per come mangiava,
che
pareva un diavolo della Tasmania tenuto a digiuno da mesi ed era
veramente una delle visioni meno sensuali che si potessero presentare
alla vista. Poi c'era il pattinaggio, dato che Ranma sui pattini
è a dir poco ridicolo.
- Eppure stavamo sui pattini quando abbiamo superato la prova
della separazione della coppia... quasi si fa ammazzare per evitare che
la botta la prendessi io... - certo se iniziamo coi ricordi romantici...
- Guarda che questo giochetto non serve per smettere di volergli
bene, ma per evitare che il caldo dell'estate ti faccia idealizzare
troppo la persona. È per tenere a bada gli ormoni, non i
sentimenti - e ancora una volta avevo sbagliato linguaggio...
- Io non sono in preda agli ormoni o ai calori estivi! -
- Sì, sì, lo so... non volevo dire questo... Dai
dai, andiamo avanti... poi c'è la paura dei gatti, no? Anche
quella assai divertente... - ora mi stava guardando malissimo.
- L'unica volta che ha trovato il coraggio di darmi un bacetto è stato quando si credeva un gatto... -
- Dai, Akane, quel bacetto non valeva niente...! -
- Sì... però... se solo avesse ricordato qualcosa... -
- E comunque Ranma che scappa alla vista di un gattino fa morire dal ridere, non puoi negarlo. -
- Sì, sì, certamente. - Sorrise, senza che quell'ombra scura sparisse dai suoi occhi - Nabiki? -
- Sì? -
- Ma si può sapere perché mi sono ridotta in questo
stato? - mi chiese ridendo mentre due grossi lagrimoni le solcavano le
guance.
Oh, mamma mia...! Perché a me? Voglio
tornare a fare lo squalo... Kami, vi supplico, rimandatemi nel mio
mondo...
Sul treno quasi non aprimmo bocca. Non sapevo davvero più
cosa dire. Lei fissava il vuoto, io mi guardavo i piedi. Brutta
sensazione l'impotenza. E poi per me era nuova, una spiacevole
novità.
Arrivate davanti al cancello del giardino, notammo una macchina.
Il dottor Tofu! Da quanto sarà
stato lì ad aspettarmi. Almeno mezz'ora... mi era del tutto
passato di mente, che testa. Troppa tensione, troppi casini. Che guaio, che razza di guaio infame.
Caricammo Akane con quattro dei cinque scatoloni che Tofu aveva portato
per me e la spedimmo in casa con la consegna di depositarli in
camera mia. Sbandava un po', forse per il peso, forse per la birra, probabilmente per le due cose insieme, ma
sarebbe arrivata a destinazione. Non avrebbe svegliato nessuno, a parte
forse Nodoka. Ma Kasumi, che non era andata a dormire in attesa del
nostro ritorno, l'avrebbe sentita. Non le avrebbe detto nulla, solo
"Stai bene?", "Sei sicura?", "Serve aiuto?", "Buonanotte".
Caro il nostro dottore... Credevo di trovarlo per lo meno un po'
innervosito, l'avevo fatto
aspettare parecchio, invece era calmo e sorridente come al solito. Ha
sempre avuto una pazienza infinita, lo sai meglio di me. Non era voluto
entrare in casa, così gli avevo proposta di andare a fare una
passeggiata, ma non l'aveva considerato prudente. Per quanto
quest'asserzione non mi fosse piaciuta affatto, decisi di non fare
obiezioni né domande, non ancora. Mi sedetti con lui in
macchina, tirai
fuori il registratore e gli chiesi il permesso di inserire la nostra
conversazione nel mio archivio magnetico ché non ero brava a
prendere appunti. Soprattutto a mezzanotte, con tre birre in corpo e
senza né penna né taccuino. Ovviamente acconsentì.
Per prima cosa gli raccontai dei fenomeni esagerati a cui avevamo
assistito durante gli ultimi giorni lasciandolo piuttosto sbigottito.
Non era normale, continuava a ripetermi. Anche nei casi più
gravi di case davvero molto stremate e molto furiose, cose simili non
si erano mai viste. Doveva esserci qualcuno con
un ki
particolarmente forte o alterato, ma qualcosa di molto
serio, fuori dal comune. Tipo uno psicopatico che sente le voci e
fa a botte coi pali della luce scambiandoli per lo zio che lo seviziava
da bambino? Fuochino. Più tipo persone con l'aura perennemente visibile, gente
che aveva iniziato a volare o a passare attraverso i muri. E no, non si
era visto niente del genere al momento. Poteva essere colpa di qualche
intruglio preparato dal perfido maestro? Poteva, ma la tempistica
sarebbe stata quanto meno anomala. Per ottenere effetti simili e tanto
duraturi doveva essere stato qualcosa che aveva ripetuto nel tempo
più e più volte, scientemente. A che scopo però?
Va bene che si divertiva a prendersi gioco di noi, ma rischiare
l'autocombustione dei suoi zuccherini per questo non era da lui. Magari
era la combinazione dei nostri ki
che non era buona, non eravamo compatibili e noi tutti nell'insieme
funzionavamo come una sorta di amplificatore. Sicuramente eravamo otto
individui stravaganti e mal assortiti. Voglio dire, metti Kasumi e
Happosai sotto lo stesso tetto, qualcosa di strano da una simile
miscela di personalità è anche ragionevole aspettarselo.
O forse c'era una sovrapposizione di effetti dovuti a problematiche
diverse. Qualsiasi cosa fosse ad aver provocato un disastro di simile
entità, doveva essere davvero straordinario, qualcosa di
mai osservato prima, non presente nella pur vastissima letteratura
sull'argomento che tanto faticosamente il buon Tofu aveva rimesso
insieme negli ultimi mesi.
Come se non bastasse, la stima di quanto mancasse al collasso il nostro
angelo custode l'aveva fatta in base a un paio di frasi che Shampoo si
era lasciata sfuggire, quindi aveva preso in considerazione porte e
finestre che sbattono, non bollitori nevrotici, batterie di pentole
indiavolate o cucine piromani. Alla luce dei nuovi elementi che gli
avevo fornito non si riteneva in alcun modo in grado di dire
alcunché. Tutto appariva eccessivamente destabilizzato. Il
processo che si era messo in moto non appariva secondo la sua umile
opinione neppure passabile di essere invertito semplicemente
abbandonando la casa per un tempo arbitrariamente lungo. Probabilmente
la nostra dipartita avrebbe solamente ritardato l'inevitabile.
Don't panic. È solo l'apocalisse, baby.
Certo, per dirlo con certezza sarebbe stato necessario fare delle misurazioni.
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N.: Misurazioni, dottore? Che genere di misurazioni?
T.: Misurazioni
scientifiche, specifiche. C'è un apparecchio speciale che si
può costruire e che ci aiuterebbe a capire cosa sta succedendo
ma anche di che tipo di incenso abbiamo bisogno. Dovrai mettere su un
piccolo laboratorio oltre a leggerti i testi.
N.: È uno scherzo, vero?
T.: No, ma ti pare?
[sorrisone paterno] Tranquilla, non è nulla di esageratamente
ingombrante. Ti basteranno una scrivania e un paio di tavolini
d'appoggio. Io ti aiuterei molto volentieri se solo Shampoo la
smettesse di starmi addosso...
[Questa faccenda sta assumendo
sempre più delle connotazioni da vero incubo. I testi da
studiare, il laboratorio scientifico, ci mancava solo che fanno
scrivere delle relazioni in inglese e che mi mettono i voti. Kamisama! ]
T.: Ecco, questo qui è un manuale che ti servirà un po' da guida.
[Ed ecco a voi altre quattrocento e rotte pagine supplementari. E un eserciziario non ce l'hai? Avanti così! Yeah!!!]
T.: Non è stato facile procurarselo, ma per fortuna ho i miei
buoni contatti. Nella prima parte c'è una sorta di sintesi delle
conoscenze principali sul tema, dovrebbe aiutarti ad orientarti nella
letteratura primaria, risparmiandoti una lettura integrale di un
quintale di fotocopie che richiederebbe ben più dei pochi giorni
a nostra disposizione. Nella seconda invece ci sono le istruzioni per
costruire questo macchinario che ti dicevo, compreso dove procurarsi i
materiali e i costi medi di ogni componente. Sarà inoltre
necessario un microscopio, ma quello posso procurartelo io. Poi ci
serviranno le forniture standard di un laboratorio di chimica:
provette, pinze, becco Bunsen e tutto il resto. Dovrai comprarti
camice, guanti, occhiali di protezione e una mascherina per non
respirare queste schifezze. Anzi, sarebbe proprio meglio montare
un aspiratore con un buon filtro. Comunque sei fortunata, una buona
parte dell'occorrente sono già riuscito a farmelo regalare o ad
ordinarlo. Tra gli anziani cultori della
medicina tradizionale si possono trovare dei veri e propri
appassionati di questo stranissimo fenomeno, sai? Un caso come il
vostro
farà senz'altro scalpore e certamente saranno più che
felici di
aiutarvi se in cambio vorrai avere la bontà di passare loro i
dati che
raccogli. Mi raccomando, cerca di essere molto ordinata. Procurati uno
schedario e prendi sempre nota di tutto. Forse un computer sarebbe
meglio...
[Non che io non fossi preparata ad ascoltare cose folli, ma mi sembra
che la situazione stia davvero sfociando nel delirio più
assoluto. Laboratorio? Computer? Aspiratore? Di che accidenti va
cianciando questo svitato?]
T.: Ah, e poi ti ho portato
queste. [Sorride porgendomi una busta di plastica contenente numerosi
flaconi di pillole tutti uguali e delle confezioni di una qualche
tisana].
N.: Che roba è?
T.: Integratori. Serviranno a
tenerti sveglia. Assumendoli nelle dosi che ti ho segnato su quel
foglietto [indica un piccolo pezzo di carta giallo che si affaccia da
sotto un flacone] potrai riuscire a mantenerti lucida dormendo solo due
o tre ore al giorno. [Ma è droga?] Ma non dovrai esagerare.
[È droga!] Non si può tirare avanti più di una
settimana con questa roba, dopo di ché gli effetti collaterali
diventeranno permanenti e c'è perfino il rischio di un tracollo
nervoso. [E pure bella pesante...]
N.: Inizio ad essere seriamente spaventata. Che effetti collaterali?
T.: Beh, si comincia con dei
giramenti di testa, irascibilità, paranoia, per poi passare a
vere e proprie allucinazioni, attacchi d'ira incontrollata,
incapacità di dormire, manie di persecuzione che posso essere
anche molto serie. Dovrai stare molto attenta.
[Non ho parole. Nella mia testa
risuona solo una domanda, come un campana stonata, o un disco rotto:
perché? perché? perché?]
T.: Inoltre non dimenticarti delle
amazzoni cinesi. Ho motivo di credere che possano rappresentare un
pericolo molto serio. [Eh, sì. Ci manca solo questo...] Da
quando Akane mi ha informato di quei fatti, non ho mai smesso di
indagare sulla Furia della Casa Stremata, accumulando informazioni di
tutti i tipi. Così sono venuto a sapere che per le amazzoni di
Joketsuzoku, così come per varie altre tribù di cultura
simile anche se non necessariamente matriarcale, una casa che si
comporta in modo anomalo è un fatto estremamente importante a
livello giudiziario. È una prova inconfutabile di qualcosa che
si potrebbe voler nascondere. Una regina che non riesce a procreare, un
marito che desidera un'altra donna e via dicendo. Un uomo può
essere giustiziato senza bisogno di altre prove se scatena la furia
della sua casa. Considera che probabilmente la donna da cui è
attratto si troverà nella stessa casa, e sarà quindi o
una serva, o una consanguinea della moglie, o una consanguinea sua.
Tutte aggravanti di non poco conto...
N.: E questo che avrebbe a che vedere con la gatta morta e la vecchia cariatide?
T.: Beh, mi pare chiaro...
N.: Ranma.
T.: Esatto. Se dovessero esserci
le prove del fatto che Ranma è anche solo parzialmente
responsabile dei vostri guai, allora Shampoo sarebbe obbligata a
tornare in Cina e a sposare il primo pretendente che le si proponesse.
Sarebbe un disonore grandissimo perché dovrebbe rinunciare al
suo marito legittimo perché questi non la vuole. Le preferisce un'altra. E in modo abbastanza energico.
N.: Piuttosto che far trapelare le prove di una cosa del genere, Shampoo ci tira giù casa con le sue stesse mani.
T.: Potrebbe, ma non credo che la venerabile Cologne glielo permetterebbe.
N.: Venerabile un corno. Quella
vecchia megera non si è mai fatta troppi scrupoli a giocare
sporco quando c'erano i suoi interessi di mezzo. Ovvero quelli
della sua adorata bisnipotina. Che differenza fa alla fine? Il
discredito cadrebbe su tutta la famiglia, sicuramente lei non ne
uscirebbe indenne da uno smacco del genere.
T.: Magari in altre circostanze
sarebbe così, ma temo che Cologne e Shampoo siano sotto
osservazione del consiglio di Joketsuzoku. È probabile che
già le stiano facendo pressione perché risolva la
situazione o rientri in patria, è passato più di un anno
da quando sono arrivate qui e la pazienza del consiglio ha un
limite. Quindi dubito che Obaba possa permettersi alzate di testa
troppo spudorate. Rischierebbe di perderci la faccia in modo ancora
peggiore. Sì, insomma, sarebbe un vero e proprio
tradimento, che è altra cosa rispetto ad un incidente di
percorso per quanto increscioso.
N.: Beh, in questo caso tanto
meglio. Dovremo poter negoziare. Potrei far leva sul fatto che Shampoo
non ammetterà mai di temere una cosa del genere, il suo orgoglio
non glielo permetterebbe. È costretta ad ostentare sicurezza. Ma
se vorrà farci credere di avere totale fiducia in se stessa e di
essere assolutamente convinta che l'inutile giovane Saotome non possa
preferirle nessun'altra donna allora sarà costretta a venire a
patti.
T.: Ci serve un contatto diretto con la tribù di cui possiamo fidarci...
N.: Mousse.
T.: Sì, Mousse farà al caso nostro. Quindi qual è il piano?
[Il piano? E lo chiedi a me? E che
ne so io?!? ... Dici che devo inventarmelo? Qui ed ora? Così su
due piedi... Beh, sì che sarei capace... posso pensarci su...
qualche buona idea la tiro sempre fuori, anche all'una di notte avendo
bevuto tre birre e con questo caldo e questa stanchezza che... oddio,
io non so se ce la faccio, non so se posso... io... con tutto questo...
ma davvero vi aspettate che vi tiri fuori da questa merda?]
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Non fu cosa semplice riuscire ad orchestrare qualcosa di sensato. Tieni
presente che né Obaba né Shampoo avevano alcuna ragione
per fidarsi di Mousse. Al contrario, il papero in questo pasticcio che
si era venuto a creare aveva chiaramente la migliore occasione che gli
si fosse mai presentata di ribaltare la situazione e riuscire
finalmente a sposare Shampoo. Dovevamo quindi forzare le due amazzoni a
fare qualcosa che mai avrebbero voluto: affidarsi all'infido
sguattero quando questi aveva l'opportunità di rovinarle per
sempre. Praticamente impossibile. Ma dovevamo provarci. E se c'era un
solo schema al mondo che aveva qualche chance di funzionare, beh,
questo era quello che avevamo ideato io e Tofu in quella afosa notte di
luglio. Sì, hai capito bene. Ci ragionammo su insieme, non mi
lasciò sola a scervellarmi.
Definimmo un piano ben congegnato, relativamente semplice ma
intelligente, che doveva essere messo in atto senza sbavature. Avrei
dovuto attuarlo il giorno successivo. Il dottore da parte sua avrebbe
dovuto spingere Shampoo nelle mie grinfie per poi approfittare della
sua assenza per parlare con Mousse. Provavamo a giocare in attacco. Che
poi, si sa, è la miglior difesa. Ma c'erano dei rischi. Grossi
rischi, soprattutto per me. Grossi rischi e grandissima fatica. Come
avrei potuto fare a meno di chiedermi se non fosse tutta una follia?
Non potevo. E continuavo a chiedermelo. Era talmente palese che avevo
questo dubbio in testa, che Tofu non potette fare a meno di chiedermelo.
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T.: Qualcosa non ti convince?
N.: Già...
T.: Sarà dura, ma ce la puoi fare.
N.: Non è questo. Oltre a
tutto il resto, domani dovrò anche occuparmi di vendere una
buona scusa ai miei insegnanti per fargli mandar giù che non
andrò più a lezione. Gli ultimi giorni dell'ultimo anno
di liceo. Non potrò fare l'esame per entrare alla Todai. Se i
professori mi negano le lettere di referenze perché non mandano
giù che io sparisca adesso in questo modo sarà un
disastro. Dovrò inventare una storia strappalacrime ma credibile
e portarmi dietro mio padre perché la sostenga. Senza fare
scenate, senza contraddirsi. Non ti sembra che tutto ciò sia un
tantino troppo complicato?
T.: Beh, non vedo alternative.
N.: Neanch'io, ma forse... non so,
ho il dubbio di star sbagliando tutto. Ho parlato con Akane questa
sera, è del tutto cosciente di essere parte in causa in questa
storia. Anzi, è convinta di essere l'unica causa. Forse quello
che dovrei fare è piuttosto provarle che si sbaglia, piuttosto
che non montare tutto questo casino che non sappiamo nemmeno se
funzionerà...
T.: Forse, ma davvero credi che
sia più facile? E poi, una volta che tu sia riuscita a
convincerla, questo cosa risolverebbe?
N.: Uhm... dipende dalla qualità delle prove che potrò farle avere, no...?
T.: Bene. Questo però mi sembra ancora più arduo, non credi?
N.: Più arduo che non
improvvisarmi chimico, studiare milioni di pagine in giapponese antico,
assumere strane droghe, schiavizzare Mousse, raggirare Obaba, tenere a
bada Shampoo, ingannare i prof, il tutto rischiando di perdere un anno
di università, inimicarmi tutto Joketsuzoku e di giocarmi il
sistema nervoso? Siamo seri, dottore...
T.: Sai che scegliendo un'altra strada potresti metterti in guai ancora peggiori?
N.: Lo so benissimo. Infinitamente bene.
T.: È una corsa contro il
tempo. Ma se saprai essere abbastanza furba e avrai abbastanza
inventiva, salverai la tua famiglia e la tua casa dalla distruzione.
N.: Ci vorrà anche una buona dose di fortuna. Potrei fallire.
T.: La fortuna... quella aiuta sempre. Prova a pregare.
N.: Sì, come no... Dottore, posso fare una domanda?
T.: Certo, Nabiki. Tutte quelle che vuoi.
N.: Lei pensa davvero che
ingannare, raggirare e drogarmi sia più morale che non aiutare
due imbranati a fare chiarezza riguardo... ehm... i loro sentimenti
reciproci?
T.: No, ovviamente no. Almeno messa così...
N.: E potrebbe mai esistere una persona di buon senso che la pensi diversamente...?
T.: No, Nabiki, certo che no.
N.: E quindi se io scegliessi di
fare tutte queste cose allo stesso tempo, la parte spregevole sarebbe
al più la prima, non la seconda, giusto...?
T.: Uh... Ho capito dove vuoi
andare a parare, ma non è questo il punto. Come ti dicevo prima,
dimostrare o chiarire di per sé non aiuta. Tutto il contrario.
Se cambi le carte in tavola senza risolvere il gioco non avrai altro
che nuovi effetti che si sommano ai vecchi complicando il quadro
della situazione. Peggiorerai solo le cose. Capisci cosa intendo?
N.: Probabilmente. Ma non sarebbe più pratico parlare in modo meno sibillino?
T.: Come preferisci. Questa non
è partita che si possa pareggiare. Puoi scegliere di giocartela,
io non ti criticherei per questo, non ne farei una questione di
principio, ma non farlo se non sei sicura di poter vincere al primo
colpo.
N.: ...
T.: Suvvia, hai capito benissimo.
Non puoi limitarti ad aiutarli a chiarirsi, [2 sec.] dovresti anche
fargli trovare il coraggio di agire di conseguenza. [3 sec.] Fino in
fondo. [2 sec.] Se avessi successo solo a metà ti troveresti, vi
trovereste tutti, in un guaio anche peggiore.
N.: Mmm... Colpire e affondare in
una sola mossa... beh, mi pare improbabile. Peccato. E io che speravo
almeno di potermi divertire un po' a punzecchiare Ranma...
T.: Non avrai tempo per divertirti. E aggiungerei che se vuoi affrontare il problema su questo terreno, devi
tener in conto che tutti gli stadi intermedi che in un modo
o nell'altro si daranno provocherebbero danni difficilmente
controllabili. Dovrai... agire fuori dalla vostra casa.
N.: Come sarebbe a dire?
T.: Suonerà strano, ma non c'è altro modo. Potrai
riportarli tra le mura domestiche solo quando avranno... smesso di
rappresentare una minaccia.
[Li porto fuori a ballere, li faccio sbronzare un po' e poi... Naaaaa. Non funzionerà mai.]
N.: Stiamo sfociando nel puro surrealismo.
T.: Direi di sì.
N.: Senza contare che in famiglia c'è qualcuno che mi metterebbe
i bastoni tra le ruote e agire in maniera così sfacciata non mi
sarebbe possibile se non al prezzo di scatenare una guerra. E quella
sì, non potrei mai vincerla.
T.: Ora sei tu che parli in modo sibillino, ragazza mia...
N.: Poco male. Non era niente di
importante... E va bene, vorrà dire che per ora mi
limiterò a giocare su un solo tavolo. Ma se se la vecchia Obaba mi tira il collo o mi
succede qualcosa per colpa quella robaccia che dovrò calarmi, mi
avrete sulla coscienza, tutti quanti. Io ho paura della droga, sai?
Sono una ragazza intraprendente e in un certo senso spericolata, in un
sacco di cose, ma le droghe mi spaventano. Accidenti. Pure le sigarette
mi danno una leggera inquietudine. Ma non c'è proprio modo che
io possa farne a meno? Almeno delle pillole. Non basta un buona dose di
caffè?
T.: Non sarebbe altrettanto efficace.
N.: Ma un dottore non dovrebbe farmi assumere sostanze nocive per la mia salute...
T.: Non ti faranno alcun male se non supererai le dosi consigliate e non ne farai un uso troppo prolungato.
N.: [tra sé e sé] Consumare preferibilmente entro da data di scadenza.
T.: Come?
N.: [3 sec.] Devo arrendermi anche su questo?
T.: Temo di sì.
N.: [3 sec.] ... posso solo andare allo scontro a testa basta, secondo le regole. Non ho scelta, vero?
T.: Non prenderla così, dai...
N.: [5 sec., sospiro] Armatemi e partirò.
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Kasumi
con quel nuovo taglio di capelli non era la stessa. Qualcosa nella
coerenza del suo essere era stato incrinato. Un taglio sbarazzino corto
sul davanti che le lasciava scoperta la sua bella fronte amplia e fiera
per poi allungarsi sulla nuca coprendole parzialmente il collo. Se
avesse avuto la giusta disinvoltura le avrebbe anche donato. Invece
continuava a sembrare un po' un pulcino bagnato, un uccellino
spennacchiato. Le si notava il disagio di dover portare una
capigliatura che non si addiceva alla sua personalità pacata e
materna, una capigliatura che non aveva scelto. Uno stile che non era
il suo. Curiosa la sorte che aveva deciso di far passare anche lei per
lo stesso trauma che aveva sofferto Akane circa un anno e mezzo prima.
Beffarda, si sarebbe detto. Il tentativo di Akane di assomigliare a
Kasumi si era infranto poco dopo l'arrivo di Ranma e adesso...
Chissà, doveva esserci un senso in tutto questo, un senso
che mi sfuggiva. Per quanto mi sforzassi di coglierlo, non riuscivo ad
afferrarlo. E così continuavo a fissarla, senza nemmeno
domandarmi che accidenti ci facesse sveglia a quell'ora o perché
fosse in piedi lì nell'ingresso, con le braccia incrociate e lo
sguardo serio. Senza nemmeno capire davvero se mi stesse parlando o se
invece non ero io che mi stavo sognando tutto. Me le stavo sognando
quelle parole, certo che le stavo sognando, perché Kasumi non
avrebbe mai potuto pronunciarle. Non la Kasumi che conoscevamo, che conoscevo.
Che poi non capivo neanche bene cosa stesse dicendo, il suono della sua
voce arrivata al mio cervello deformato attraverso il fischio delle mie
orecchie. Non era reale. Non poteva esserlo. Se mi fossi concentrata
abbastanza sarei riuscita a svegliarmi e avrei capito di essermi
addormentata nella macchina di Tofu. Dovevo solo concentrarmi
abbastanza. Magari se avessi chiuso gli occhi...
E invece riaprendoli ero ancora lì, lei era ancora lì, ma
ora mi dava le spalle. Stava camminando, si allontanava, i suoi passi
appena udibili. Voltava l'angolo e spariva.
Si può sapere cosa ti sei
messa in testa di fare? Dove sei stata fino a quest'ora? Dove hai
portato Akane? L'hai fatta bere... puzzava di birra e sbandava quando
è rientrata. Che intenzioni hai, Nabiki? A che gioco stai
giocando? No, no, non dirmelo. Non voglio starti a sentire. Non voglio
ascoltare le tue scuse, le giustificazioni, le risatine. Sappi solo che
non posso permettertelo. Non ti lascerò portare il caos in
questa casa. Tu per me puoi vivere la tua vita come ti pare, non mi
riguarda. Sai che non approvo, ma non posso farci nulla. Fa come vuoi,
se vuoi buttarti via in questo modo io non credo di potertelo impedire.
Mi addolora, certo, ma sono fatti tuoi. Per te è troppo tardi.
Ma tieni fuori Akane. Ti prego. Non costringermi ad intervenire
perché sai che farei qualsiasi cosa per proteggerla. Non ci
provare. Non provare a cambiarla, a corromperla, a portarla sulla tua
strada con la scusa di quello che sta succedendo. Stai lontana da lei.
Non ti azzardare, Nabiki. Non ti azzardare.
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Capitolo 9 *** Perdincibacco ***
fanfic-cap9
Va bene, tanto vale ammetterlo
subito. Ero scossa. Nabiki Tendo scossa? Ebbene sì. Non solo. Ero arrabbiata. Anzi, furiosa. Nessuno mi
aveva mai trattato così in vita mia, ma non era quello.
Kasumi. Sicuramente non si era mai comportata così con nessuno,
nemmeno lontanamente. E proprio con me doveva farlo? Mi aveva insultata. E minacciata. Mi aveva
umiliata e io ero rimasta zitta. In realtà ce l'avevo
soprattutto con me stessa, perché non ero stata capace di
reagire. Avrei dovuto semplicemente mandarla a quel paese e farmi una
risata. Una risata e passa la paura. Invece ero rimasta di sasso e non
avevo detto niente.
Insomma, il sonno mi era passato di botto e già che ero
lì con uno scatolone di fotocopie ai piedi e un manuale di
più di quattrocento pagine in mano... pensai di mettermi a
leggere. Accesi le luci esterne e me ne andai in veranda.
Ma facevo fatica a concentrarmi, continuavo a ripensare a
quello che era successo. Credeva davvero che mi stessi buttando via? E
io che pensavo di starmi preparando per una carriera brillante... Che ingenua, eh? Non
mi dovevo azzardare, ma a fare che? Avevo fatto bere un paio di birre
ad Akane, e allora? Qualcuno doveva pur farle vuotare il sacco a quella
ragazza o avrebbe finito per esplodere. Che male c'era? Che accidenti
voleva? Il caos in quella casa non credo proprio che fossi io a
portarcelo. E poi...
E poi eccomi qui, lo vedi? Sto
leggendo questa
merda di manuale, no? Abbiamo stabilito che questa sarà
l'unica linea d'azione. Potevi anche chiedere prima di minacciarmi,
razza di mal fidata. Non che non ci abbia pensato perché, siamo
seri, non sarebbe impossibile. Il tempo stringe, certo, ma quei
due sono facilmente influenzabili, lo sanno tutti. Non credo che mi ci
vorrebbero più di un paio di giorni per fargli tirare fuori la
libido repressa. Saprei anche a chi chiedere aiuto... Se solo mi
lasciaste lavorare in pace, ovvio. E questo sì che davvero non
è possibile. Non con
tutti questi parenti e pseudo parenti ad ostacolarmi, volontariamente o
involontariamente. Non con Joketsuzoku sul piede di guerra. Non con te
che rompi asfissiantemente le palle. Quindi meglio lasciar perdere. Se
me l'avessi chiesto, se mi avessi domandato che avevo intenzione di
fare invece di insultarmi, te l'avrei detto. Ti avrei detto che temo il
tuo biasimo più della furia omicida di Ku-Lun e che non avevo
intenzione di farti la guerra. Davvero. La ben che minima intenzione,
sorellona. Ma tu hai preferito venirmi addosso come un Caterpillar e
questo non so se te lo potrò perdonare.
Beh, sì, insomma, la mia concentrazione faceva acqua da
tutte le parti. Si sarebbe quasi potuto insinuare, non conoscendomi
bene, che non ero in grado di tornare in me. E siccome questo era forse
ancora più inconcepibile del fatto che Kasumi mi avesse
trattata con tanta mala grazia, toccava correre ai ripari urgentemente.
Magari anche in modo un po' drastico. Così fu che mi cadde
l'occhio, un po' per caso un po' no, sulla busta che avevo appoggiato
a terra accanto ai miei piedi.
Le pillole del dottor
Tofu. Vediamo che dice qui sul foglietto
illustrativo... Sì, non è solo per combattere la
sonnolenza, ma anche per mantenere l'attenzione. Mmmh... non
posso farmi la tisana che ad entrare in cucina non mi ci azzardo, tanto
meno ad accendere il fuoco. Ma potrei prendere una bottiglia d'acqua
minerale, dovrebbero essere vicino la porta. Ecco Kasumi, forse questo
sì che è buttarsi via, altro che aver avuto quattro
ragazzi. Che ci sarà mai di male? Piuttosto, chissà che
effetti
collaterali hanno queste cose... che poi io le odio proprio le
pasticche. Mondo infame.
Non saprei dire se fosse colpa della roba che mi ero calata, della
stanchezza, della rabbia, del nervoso, del profondo silenzio o di tutte
queste cose insieme, ma sentivo tutti i rumori provenienti dal mio
corpo come amplificati. Il battito del cuore, il sibilo del sangue
nelle orecchie, la deglutizione, il respiro e perfino il piccolo
spostamento d'aria causato del muoversi delle mie palpebre. La luce della veranda
risultava troppo violenta ai miei occhi, ma se l'avessi spenta sarei rimasta completamente al buio. Era una notte senza luna.
Andai in cerca di una torcia
che trovai all'ingresso senza difficoltà dato che ne avevamo
dislocate
parecchie in previsione di un possibile black out. Con una casa in
quelle condizioni meglio essere previdenti. Accesi la torcia e
spensi la luce. La
temperatura era scesa un po' e si era alzata una leggerissima brezza,
tanto bastava a farmi rabbrividire anche se solo per un attimo, un
brevissimo instante. Pensai di andarmi a prendere qualcosa per coprirmi,
poi considerai che sarebbe stato necessario salire al piano di sopra e
desistetti. Mi strinsi le ginocchia al petto, presi il manuale e lo
aprii di nuovo alla prima pagina. Iniziai
a leggere. Una piccola prefazione preceduta da un'avvertenza mi
informava che il testo aveva contenuti forti non adatti ai minori ed
in ogni caso se ne sconsigliava la lettura in ore notturne
perché avrebbe potuto avere effetti negativi sulla
qualità del sonno. Che ridere. Mi
si diceva inoltre che rappresentava un primo incompleto
tentativo di mettere ordine in una letteratura primaria vasta,
eterogenea ed in parte ancora dispersa. Ebbene, nel buio, nella
solitudine, nella notte e nella droga, ero pronta per la sfida. La mia
mente funzionava rapida e lucida, un ingranaggio ben oliato, come se
avessi dormito dieci ore e non avessi altri pensieri al mondo che il
contenuto di quelle righe che andavo scorrendo.
Siccome non avevo tempo da perdere, avevo
saltato a piè pari tutta la prima sezione sul caso classico visto che
noi di coppie che si sforzavano in vano di procreare non ne avevamo di
certo. La seconda sezione aveva un altro tema: conflitti interiori
lancinanti legati a incesti. Epperò! Pure questa parte ritenni di
potermela ragionevolmente risparmiare, ma scorsi comunque il
sommario. Uno spasso. La prima suddivisione riguardava amori
consumati e desideri repressi, e poi via con una lunghissima casistica
di padri e figlie, padri e figli, madri e figlie... e poi fratelli,
sorelle, nonni, nipoti e via discorrendo. Beh,
ecco, iniziavo a capire perché Tofu non aveva voluto che nessun
altro mettesse le mani su questi testi. Ci voleva una bella dose di
cinismo e tanto pelo sullo stomaco per mandar giù certa roba. Ogni
caso era diviso in
sotto-casi a seconda che fossero coinvolti bambini, persone
sposate o meno, che il desiderio fosse corrisposto o no, dove
il "no" nel caso dell' "amore consumato" implicava la
presenza di uno stupratore in casa... Un delirio
interminabile. Sinceramente non volevo saperne nulla di quella roba che
sicuramente non aveva nulla a che fare con noi. L'individuo più
spregevole sotto il nostro tetto era senza dubbio Happosai, ma non
sarebbe mai arrivato a tanto. Invece queste storie di cui si parlava
qui erano davvero crudeli, quando non cruente o perfino splatter. Molto splatter. Accidenti a Tofu.
Questa poi... "Della macabra vicenda
del giovane signore del do dell'isola di Tsushima che volle possedere
la figlia di suo fratello quand'essa era ancor in fasce e
nell'atto la uccise, quindi, incapace di rassegnarsi all'accaduto,
smarrì del tutto il senno, si rinchiuse in una torre con il
piccolo cadavere e..."
che peste vi colga! Credo proprio di star per vomitare... Ma che
opinione deve avere il dottore di me per ritenermi adatta a leggere
racconti simili..?
Il rumore del sangue nelle mie orecchie era diventato un fischio
fastidioso e anche il battito del cuore si era fatto più forte e
veloce. Forse facevo meglio a saltare
anche il sommario e passare direttamente alla sezione successiva. Amori
impossibili.
Forse questo faceva al caso nostro. Qua ovviamente non c'era la
distinzione tra desideri repressi e amori consumati visto che si dava
per scontato che gli amanti in questione fossero impossibilitati a
passare all'azione. La suddivisione principale era invece un'altra:
amori non corrisposti contro amori impediti da fattori esterni. Ma
tranquilla, non per questo abbandoniamo il nostro personaggio preferito
"lo stupratore recidivo". La seconda suddivisione all'interno degli
amori corrisposti
è infatti quella tra amanti casti e amanti obbligati a consumare
con terzi. Esempio: una ragazza in età da marito - leggasi
minorenne - sposa un uomo molto più vecchio che ha un figlio che
si innamora di lei ed è ricambiato. Il vecchio marito costringe
la giovane ad avere rapporti con lui contro la sua volontà
perché sì,
è dovere coniugale, e intanto il di lui figlio si sfoga su una
giovane serva. Questa è tutto sommato una storia comune,
senz'altro più comune del fenomeno della Furia della Casa
Stremata. È più facile che finisca con un omicidio che
non che dia luogo a fenomeni paranormali. Per capire in quali
circostanze questo tipo di situazioni riuscivano a stremare le mura
domestiche avrei dovuto approfondire, leggere il manuale e
probabilmente
non solo quello. Disgusto e vomito a parte, potevo ritenermi fortunata.
Avevo in poco tempo ristretto il campo dalla vastità cosmica
delle relazioni infelici a un piccolo gruppo di sotto-casi:
-
Amori impossibili > amori impediti da fattori esterni > entrambi vivi > amanti casti
-
Amori impossibili > amori non corrisposti > amanti casti
Mi chiedevo se avrei mai
trovato qualcosa a proposito di amori presuntamente impossibili e
presuntamente non ricambiati... Che poi il termine "amore" in questo
manuale era un po' abusato. Spesse volte si trattava infatti di
incapricciamenti più o meno ossessivi e morbosi di natura
esclusivamente sessuale. Ma tant'è. Vediamo un po' che tipologia
di amanti casti abbiamo qui: amanti
falsamente casti che si procurano piacere da soli; amanti che si
consolano commettendo atti di violenza conto terzi, dal sadismo
semplice al serial killer passando per lo stupratore mediante oggetti (oh, kami-sama!);
amanti che sfociano nella follia, dal depresso che smette di uscire di
casa, fino al suicida, passando per quelli che sentono le voci.
Aggiungici poi tutti i mix possibili immaginabili: il tipo che
ammattisce e violenta galline nel pollaio scambiandole per la sua
bella, quello che cerca di ammazzare lo spaventapasseri convinto che
sia il promesso sposo di lei, donne che trovano consolazione praticando
penitenze estreme ad esempio fustigandosi o sfregiandosi. Non riuscivo
proprio a capire cosa potesse avere a che fare la nostra pur
strampalata e problematica bi-famiglia con questa galleria degli
orrori. Perché ovviamente, neanche a dirlo, per avere una
fenomenologia appena comparabile con il disastro di casa nostra,
bisognava andare a prendere le combo più terrificanti. L'onanista
triste non corrisposto è fondamentalmente innocuo. Il genere
masochista già può avere effetti più rilevanti.
Forse gli
allenamenti notturni di Akane potevano paragonarsi ad una penitenza ad
alto contenuto di autolesionismo? Mica tanto, neh...? Ma scorriamo un
po'
questo indice... e che ti viene fuori? Una lista lunghissima di "altri
casi" dai nomi criptici. Questo manuale risale agli anni '40 di questo
secolo e rappresenta una mappa in un linguaggio relativamente moderno
per orientarsi nel marasma della letteratura primaria in giapponese antico.
La classificazione in casi e sotto-casi è opera di chi ha curato
questa guida, prima non esisteva. La letteratura originale è
costituita da storie sparse, racconti di vicende terrificanti slegati
l'uno dall'altro. Quando qualcosa non rientrava nei raggruppamenti
proposti dagli autori del manuale, i relativi racconti sono stati
lasciati a parte, senza neppure curarsi di renderne decifrabile il
contenuto con mezza riga di spiegazione. Quindi adesso mi accorgevo
che, a parte gli amori non corrisposti e quelli impediti, c'erano anche
altri sette racconti non classificati e che gli amanti casti potevano
sfogarsi in uno di tre modi descritti oppure no perché quattro
storie non si adattavano a nessuno di questi casi. Alcune storie
avevano per protagonisti monaci che avevano fatto voto di
castità, eunuchi o addirittura persone gravemente malate,
paralitici, lebbrosi e simili. Amori impossibili non esattamente
impediti da fattori esterni. Che impresa titanica classificare le cause
che impediscono a due persone di trasformarsi in una banale coppia di
innamorati felici e contenti! (O almeno di amanti soddisfatti...) Infatti il risultato almeno in questo
caso è scarsino. In compenso una cosa notevole sì
che l'hanno fatta: la classificazione inversa. Sì, insomma,
c'è questo indice di possibili fenomeni che potresti aver
osservato e per ognuno di questi c'è l'elenco delle storie
originali che li descrivono. Ad esempio: "l'impossibilità di
aprire porte e finestre è stata riscontrata nei seguenti casi" e
giù con l'elenco dei titoli. Purtroppo però anche qui
hanno lasciato il lavoro a metà perché accanto al titolo
non c'è scritta la pagina dove trovarlo. Ora, se sei fortunata, il
titolo sarà una cosa del tipo: "Di come una nobile dama
dell'epoca Edo sposata con un ormai anziano ma una volta valoroso ronin
sprecò la sua giovinezza e distrusse la sua casa senza lasciare
eredi", allora capisci che stiamo parlando della prima sezione
(impossibilità di procreare), seconda sottosezione (marito
impotente), prima sotto-sottosezione (marito vecchio). Se invece non
hai fortuna il titolo potrebbe essere qualcosa come "Abbraccia il vento
d'autunno ma guardati dal volerlo trasformare in brezza di primavera".
Il questo caso dovrai scorrere l'elenco dei quasi mille casi trattati
alla ricerca della storia in questione. Un ago in un pagliaio. Ti stai
chiedendo se c'è un indice alfabetico. Me lo sono chiesto
anch'io. Forse c'era, forse no. Di fatto in questo blocco di fotocopie
finiva con un indice delle fonti ma di indici analitici neanche
l'ombra.
Sarà dura, molto dura.
A quel punto non mi restava che andare a vedere com'era
organizzato il materiale negli scatoloni. Beh, che dire... semplicemente
non era organizzato. A parte che molte fotocopie erano quasi
illeggibili, chiaramente copie di copie di manoscritti ingialliti.
Era tutto in ordine sparso. I singoli casi si presentavano come
blocchi di fogli spillati, ma poi la loro sequenza era casuale.
Probabilmente erano nell'ordine in cui Tofu era riuscito a procurarseli.
Sarà dura, sarà davvero molto dura.
Non avendo niente di meglio da fare per il momento, mi misi a
leggere le schede sul manuale dei casi di amori impossibili non
meglio classificati. Ne
lessi diversi, più o meno inquietanti, più o meno
perversi. Infine mi imbattei nella storia di una donna, una vedova di
poco più di vent'anni, perdutamente innamorata del figlio della
sua padrona,
più giovane di lei e promesso alla figlia di una nobile famiglia
della stessa città. Il tipo la ricambia ma ovviamente ci sono di
mezzo miliardi di impedimenti, ma soprattutto la lealtà di lui
verso famiglia e tradizioni. I due non riescono a confessarsi
reciprocamente, la ragazza prova vergogna per quel sentimento che
secondo la cultura corrente non dovrebbe provare. Il giovane da parte
sua è ultra ligio a tutti i dettami dell'universo e non trova
niente di meglio da fare che tentare di convincere la sua innamorata di
non essere interessato a lei, poi si ritira in montagna deciso a vivere
da monaco il resto dei suoi giorni. Passano gli anni e la madre del
giovane santone si ammala e lo richiama al suo capezzale ricongiungendo
così involontariamente i due amanti sotto lo stesso tetto ed
accelerando inconsapevolmente la sua fine e quella di tutti loro dato
che il suddetto tetto rovinerà sulle teste dei malcapitati
abitanti della ricca dimora solo poche settimane più tardi
uccidendoli tutti. Questo era un caso davvero fuori dal comune, con una
potenza non usuale. La casa aveva ucciso. Certo c'era stato un
considerevole aiuto da parte delle pioggia che era caduta torrenziale
ininterrottamente per giorni. Ma la casa doveva essere davvero molto
compromessa. E dietro non c'era una storia di violenza né una
maternità frustrata. C'era invece una situazione che in vari
aspetti suonava familiare ai miei neuroni. Un brivido mi percorse la
schiena mentre alzavo gli occhi al soffitto e il mio sguardo si posava
su una piccola crepa. Così mi resi conto di una cosa: se vedevo
la crepa e avevo la torcia puntata verso il basso, allora voleva dire
che... si era fatto giorno! Non accusavo affatto il sonno, solo un po'
di bruciore agli occhi e un lieve senso di nausea... Invece nel
preciso istante in cui mi concentrai sui segnali che provenivano dalla
mia mente e dal mio corpo mi piombò addosso una stanchezza
disumana. Improvvisamente notai che non riuscivo più a mettere a
fuoco gli oggetti attorno a me. L'effetto delle pasticche era finito.
Sprofondai in un sonno pesante, senza sogni, lì dov'ero seduta,
la testa appoggiata allo stipite della porta scorrevole. Il manuale che avevo
in mano cadde a terra.
Poche ore più tardi così mi ritrovò mio padre.
- Nabiki! Per tutti gli oni, stai bene? Figlia miaaaaaaaa! - Sì,
insomma, il solito melodramma in stile Soun Tendo. Sbattei le palpebre,
o almeno ci provai. Gli occhi erano secchissimi, mi bruciavano
più di prima e in bocca avevo un sapore amaro. Qualcosa non
andava. Potevo percepire nettamente un tremore, una tensione nervosa
nelle mie estremità, dai gomiti alle dita, dalle ginocchia alle
punte dei piedi. Era adrenalina o qualcosa del genere. La nausea era
scomparsa, ma lo stomaco ruggiva. I suoni non riuscivo a distinguerli
nettamente, arrivavano distorti e mi era impossibile collocarne la
provenienza nello spazio. Non ero sveglia. Non dormivo. Sentivo
chiamare il mio nome da varie voci, mio padre gridava e piangeva. Che
accidenti avevo combinato? Ma no, niente dai. Era solo la prima volta
che assumevo un farmaco psicotropo. Doveva passare. Prima o poi. Per il momento non
ero capace di muovermi ma era solo questione di tempo, mi serviva solo
un po' di tempo. Poi vidi la faccia di Akane a pochi centimetri dalla
mia. Improvvisamente riuscii a mettere a fuoco. Forse ero solo
diventata mostruosamente miope.
- Nabikiiiiiii! - gridava lei. Ed io gridai in risposta: -
Aaaaah! - e con uno scatto repentino fui in piedi. Akane era caduta a
sedere per lo spavento. Ora tutto era tornato nitido e definito. Le due
famiglie al completo erano radunate attorno a me con delle facce
preoccupate. Io invece mi sentivo bene, non fosse stato per la rabbia
vibrante che stavo provando, ma era un effetto collaterale previsto
dopotutto. Il fatto curioso è che sembrava un sentimento senza
oggetto. Con chi o cosa ce l'avevo? Un conto era essere particolarmente
suscettibili o irritabili, altra cosa era il rancore gratuito senza un
oggetto ben determinato. Avevo come la sensazione di aver dimenticato
qualcosa, qualcosa di importante. Passai in rassegna le persone che
avevo
attorno e non feci molta fatica a trovare una risposta alla mia
domanda: Kasumi. Credo che sollevai un po' il sopracciglio notando come
mentre tutti si preoccupavano per me lei fosse già tornata ad
occuparsi della
colazione. Nonostante la rabbia mi bruciasse
dentro, decisi che la vendetta per l'umiliazione che mi aveva inferto
la sera prima dovesse essere assolutamente un piatto da consumare
freddo, molto freddo. Freddo da congelarti l'esofago. Sì, avevo
proprio intenzione di vendicarmi. Doveva essermisi
dipinta sul viso un'espressione davvero diabolica perché quando
distolsi lo sguardo dalla sorellona incrociai gli occhi del Signor Panda
che mi fissavano quasi con terrore. Mi venne da ridere. Ancora non
avevo detto una parola. Stirai per bene i miei quattro arti, inspirai
profondamente ed espirai con lentezza quattro o cinque volte. Avanzai a
grandi falcate verso il mio iper-drammatico padre che aveva raccolto da
terra il mio prezioso manuale e stava accingendosi a leggere qualche
pagina a caso. Glielo strappai di mano senza troppi convenevoli e
guardandolo dritto negli occhi gli intimai, con fare molto ma molto
autoritario: - Questo non devi farlo mai più. - Volevo
intimidirlo ma temetti di essere risultata piuttosto ridicola. Avevo
parlato strascicando le parole perché la mia mascella faceva una fatica pazzesca a muoversi. Tant'è che papà aveva continuato a guardarmi con apprensione, ma senza comunque fare obiezioni. Sospirai.
- Che ore sono? - chiesi poi in tono neutro.
- Le otto meno venti -
- Grazie, Akane. C'è giusto il tempo per una breve riunione. Sediamoci, ho qualcosa da dirvi. -
Ci sedemmo a tavola, Kasumi servì la colazione come se nulla
fosse. Se la mattina prima però aveva sorriso a tutti meno che a me,
questa volta non sorrideva a nessuno mentre a me... beh, mi stava evitando del tutto.
In altre circostanze avrei provato un po' di empatia - o almeno di pena
- nei suoi confronti sapendo la pressione psicologica che quella
situazione comportava per lei. Ma dopo la sparata di quella notte, con
tutta quella roba in corpo che accentuava e ridestava l'ira ad ogni
respiro, la compassione era un sentimento a cui ero più che mai
estranea. Tsé. Altro che compassione. L'avrebbe pagata cara. A
tempo debito.
Regnava una strana calma. Genma non tentava di appropriarsi del cibo di
suo figlio, Ranma dal canto suo stava consumando la colazione a una
velocità quasi umana, senza ingozzarsi. Nodoka teneva gli occhi
su Kasumi che effettivamente si comportava con insolita
rigidità. Akane fissava il piatto in silenzio, quasi non aveva
toccato cibo. Papà piagnucolava. Il vecchiaccio, apparso sulla
scena da pochi istanti, se ne stava su i suoi cuscini a fumare.
- Bene, - decisi di rompere il ghiaccio prima che si facesse troppo
tardi - se qualcuno ancora non l'avesse chiaro, stiamo per iniziare una
guerra. Una guerra complicata che potrebbe portare alla distruzione di
questa casa, che è parte in causa, ma anche delle nostre
famiglie. Potrebbe rivelarsi una battaglia campale di tutti contro
tutti. Se non interveniamo subito, volendo
essere ottimisti, possiamo sperare che a queste quattro mura resti una
settimana di vita. - Mi fermai per dare il tempo a tutti di assimilare
il messaggio, ognuno al suo personale livello di comprensione della
situazione, quindi ripresi a parlare prima che avessero la
possibilità di iniziare a bersagliarmi di domande: - Se voi
volete, io e il dottor Tofu ci faremo carico della faccenda, ma ci sono
delle condizioni precise e non negoziabili da rispettare. Sinceramente, non credo che
abbiate molta scelta visto che tra di voi non c'è nessuno in
grado di prendere in mano la situazione. Se non vi sta bene, ovvero, se
questo non sta bene anche a uno solo di voi, io prendo armi e
bagagli e vado via. Troverò qualcuno disposto ad ospitarmi e
comunque tra un paio di mesi si suppone che io me ne vada a vivere in
un campus universitario, quindi per me poco male se la casa cade a
pezzi. -
- Nabiki...! La mia bambina se ne va a vivere da sola.... oh, Nabikiiii! -
singhiozzò papà che evidentemente non aveva colto il
centro del discorso. Optai per ignorarlo.
- Con questo non voglio dire che la cosa non mi riguarda o non mi
interessa. Intendo solo dire che sono disposta ad occuparmene ma solo
se posso farlo come dico io. Volete che vi spieghi quali sono le altre
condizioni? -
Un piccolo cenno del capo del mio costernatissimo padre mi fece capire
che potevo continuare. Le medicine e la mancanza di sonno dovevano
avermi conferito un aspetto che riusciva a incutere un buon mix di rispetto e preoccupazione in quella
banda di scalmanati. Anche il mio parlare strascicato forse in fin dei
conti contribuiva a conferirmi questa patina da reduce di fronte al
quale chinare il capo. Non che fosse del tutto falso. In un certo
senso io, quella notte, avevo combattuto una prima battaglia
preliminare.
- Condizione numero uno: - iniziai alzando il dito indice della mano
destra, il braccio teso verso l'alto in un gesto volutamente
autoritario - niente domande. Condizione numero due: - il pollice -
niente interferenze non richieste. Tutto il materiale
scritto procurato da Tofu è mio e soltanto mio. Nessuno
è autorizzato a ficcanasare. Condizione numero tre: - il
medio - mi aiuterete quando e come ve lo chiederò, senza scuse,
senza tergiversare, senza pretendere di capire. Condizione numero
quattro: - chiudo il pollice, apro le restanti dita - niente
chiacchiere. Durante questi giorni vi è fatto divieto di
interagire tra di voi in qualsiasi forma che non sia dirvi buongiorno e
buonanotte, passami la salsa di soia, grazie, prego. Non potete
neanche allenarvi insieme. Il dojo lo userete uno alla volta,
segnatevi dei turni se volete. L'unica eccezione: papà a lo zio
Genma potranno continuare con le loro abituali partite a shoji. In silenzio. Condizione
numero cinque: - tutta la mano ben aperta - niente trasformazioni. Non
voglio più vedere panda in giro o roscette urlanti. Condizione numero sei:
- e su il pollice della sinistra - chi entra e chi esce lo decido io. A partire da domani ci sarà il coprifuoco dalle cinque del pomeriggio. Dovrete chiedere il permesso anche per andare a fare la spesa.
Niente estranei in casa. E se decido di mandar via qualcuno non
dovranno esserci lamentele. Di nessun tipo. - Abbassai entrambe le
braccia e le incrociai sul petto - Aggiungo che io smetterò di
andare a scuola e mi chiuderò a lavorare qui dentro. È
molto probabile che questo implichi che io non possa presentarmi per il
test per entrare alla Todai e forse mi gioco anche la
possibilità di avere le lettere di raccomandazione dai
professori che me le avevano promesse. È un prezzo che sono
disposta a pagare, altre università fanno i test a settembre e
se tutto va bene potrò tentare allora.
- Ma Nabiki...! Ci tenevi così tanto... - frignava papà - Oh, Nabikiiiiiii! -
Mai che gli venisse in mente di fare qualcosa di più costruttivo...
- Non fa niente. Ora la situazione è cambiata, ci sono altre priorità. Come condizione
extra vi anticipo che a lavorare qui con me verrà Mousse. -
- Verrà a vivere con noi? -
- No, Kasumi. Starà con noi di giorno e ci porterà da
mangiare così non dovremo litigare con la cucina nevrastenica.
Ma la notte tornerà al Nekohanten. Ci serve così. -
- Tu e Tofu... siete d'accordo con Mousse?? -
- Non ancora Akane, non ancora. Ma avevo detto niente domande. Oggi
pomeriggio se tutto va bene riceveremo una visita della delegazione di
Joketsuzoku di stanza a Nerima al completo. Vedremo almeno di
scongiurare la possibilità che Cologne decida di farci cascare
la casa in testa prima del tempo. Dopodiché dovremo costruire un
macchinario, fare delle misure, analizzare dei dati e studiare un
sacco. Con un po' di fortuna ne usciremo tutti vivi senza saltarci alla
gola gli uni con gli altri.
- Io avrei un paio di obiezioni... - E ti pareva! Uno sbuffo di fumo mi colpì in piena faccia facendomi tossire.
- Non credo di poterti negare la parola per ora. Prego, Happosai -
- Non capisco perché non posso aiutarti io farai invece venire
Mousse. È stato il sottoscritto a metterti sulla strada giusta dopotutto... -
- Veramente tu hai solo fatto casino. -
- Sei ingiusta, molto ingiusta... -
- In ogni caso non ho intenzioni di darti alcuna spiegazione. Se non
ti sta bene ti prenderai la responsabilità di aver deciso per
tutti e ti farai carico tu della cosa. Io con te non ci lavoro,
levatelo dalla testa. Se hai intenzione di ostacolarmi, ben venga. La
palla è tua. -
- Non ho detto questo, ma non fa niente. Questo è un colpo di stato bello e buono, ne sei cosciente? -
- Al cento per cento. -
- Posso anche accettarlo, ma la seconda obiezione riguarda Cologne ed
esigo una risposta. Non avrai intenzione di metterla nei guai con la
sua gente, vero? Questo non credo di poterlo permetterlo. -
- Vedi, ognuno ha la sua tribù a cui essere fedele. Per me la mia
tribù è la mia famiglia e la difenderò con ogni
mezzo necessario se qualche estraneo volesse nuocerle. Se Cologne
resterà fedele alla sua tribù nessuno si farà del
male. -
- Cologne ha una tribù a cui essere fedele ma ha anche una famiglia da proteggere. -
- Peggio per lei. Se le due cose vanno in conflitto e pensa di venirne
fuori a nostre spese la schiacceremo con la forza di mille carri
armati. Non facciamo prigionieri. Non vedo perché dovremmo
farne. D'altra parte, chi tradisce se ne assume i rischi. Certo sarebbe
triste finire a penzolare dalla forca alla sua età... - Oh, oh!
Il caro vecchio ghigno diabolico tornò a dipingersi sulla mia
faccia.
- Hai davvero intenzione di metterti contro la vecchia mummia? - Il solito Ranma che cade dal pero.
- Io? Quando mai! Farò ciò che sarà necessario,
nella misura in cui sarà necessario. Stiamo giocando sul filo
del rasoio. -
- Ma io davvero non capisco... è realmente necessario tutto
questo? - Madame Ovvio avrebbe mai potuto tacere? Certo che no, ma
quello che temevo di più di Nodoka non erano esattamente le sue
parole... - Ho avuto modo di dare un'occhiata a quel tuo manuale mentre
dormivi - ecco un'altra impicciona - e devo
dire che effettivamente è davvero molto probabile che la
situazione dipenda da Ranma-kun e Akane-chan... Allora mi domandavo, non potremmo
semplicemente fare in modo che... risolvano la questione tra di loro?
- Non riuscii ad avere la
risposta pronta e si creò un attimo di silenzio del quale il caro
patriarca Tendo approfittò immediatamente per parlare a sproposito:-
Scusate, ma io non ho
capito... - emise una risatina nervosa e prese a grattarsi
freneticamente la testa - Che vuol dire che Ranma e Akane risolvono la
questione tra di loro? Quale questione? -
Tutt'intorno a me era un
incrociarsi di sguardi tra il cagnesco, il terrorizzato e
l'imbarazzato. Sapevo che la situazione stava per sfuggirmi di mano. Non mi avrebbero mai lasciata lavorare in pace.
- La loro questione, Soun caro. Il fatto è che finora il mio Ranma non è stato molto uomo con
la tua dolce figliola ed è giunto il momento che ponga rimedio a questa
sua... mancanza. Per il bene di questa casa e del futuro di tutti noi. -
- Uh? Cosa? Dolce... chi?! - aveva perspicacemente domandato il giovane Saotome.
- Ma scherziamo?! - gli aveva fatto eco Kasumi indignata.
- Io continuo a non capire... - aveva sospirato papà
sempre più smarrito. Intanto Akane teneva gli occhi bassi, il
panda giocava con la sua palla e Happosai continuava a ridacchiare.
- Vietarvi di
fare domande sembra piuttosto inutile vedo... Ad ogni modo la risposta
è scontata: no. Non esiste un'uscita semplice da questa situazione.
- E se anche esistesse non sarebbe il caso di parlarne a colazione.
- Me ne rendo conto, e non voglio mettere in discussione le
valutazioni tue e del dottor Tofu. Ma se anche non fosse risolutivo, se
almeno loro due avessero la possibilità di consumare... -
-Eeeeeeeeeeeeeeeep! - berciò Ranma rischiando di spaccare i vetri. Come se ci fosse bisogno di causare altri danni.
Signore
e signore, ecco a voi una dimostrazione pratica di come far scoppiare
uno scontro di civiltà che coinvolga mezzo continente in soli dieci
minuti a partire da una sola singola dimora abitata da otto persone in larga maggioranza mentalmente squilibrate.
Avevano preso a gridare e a
insultarsi tutti insieme, eravamo sull'orlo del caos. Ranma aveva
iniziato ad agitarsi e a strepitare che perché mai avrebbe
dovuto farlo con una come Akane, quindi aveva riesumato
vecchi insulti che tutti credevano morti e sepolti: maschiaccio,
imbranata, donna priva di sex appeal, cosce grosse, tavola da surf...
e compagnia cantando. Genma gli tirava cartelli appresso per
persuaderlo a tacere. Papà piangeva di nuovo commosso
fantasticando di nipotini in arrivo. Kasumi ripeteva come un'ossessa
che non erano discorsi da farsi, che era roba da matti, che prima
avremmo dovuto farli sposare, che non stava bene, che neanche a
pensarci... Happosai ormai si rotolava sul pavimento ridendo a
crepapelle.
Magari schiatti, vecchio di merda.
- Non pensi che aiuterebbe, Nabiki-san? - Nodoka sembrava non prestare
la benché minima attenzione al delirio che aveva scatenato la
sua precedente affermazione, piuttosto pensò bene di insistere
nel pormi la domanda. Mi fissava spettante, un sorriso un po' teso appena accennato sulle labbra e una mano
sull'impugnatura della katana. Mi aveva rivolto una domanda, le dovevo una risposta. Anzi no, le dovevo un vaffanculo, ma
a questo punto non aveva più importanza. Tanto ormai la frittata
era fatta. Altro che sei condizioni non negoziabili... Ranma continuava
a sbracciarsi e a gridare che no no no, mai e poi mai, mai nella vita, neanche morto, che sicuramente non era colpa sua se la
casa era impazzita perché lui quella virago non la voleva
né l'avrebbe mai voluta, che lo lasciassero in pace... Cretino.
Ok, andava fermato. Se non ci pensava Akane, doveva farlo qualcun
altro. I cartelli in testa non sembravano bastare. Ed Akane non ci
pensava, non ci pensava affatto. Non reagiva proprio. Quella svampita
di Kasumi continuava a preoccuparsi per la molto poco minacciata
verginità della sua sorellina, ma per quanto mi riguardava era
il suo stato mentale a preoccuparmi seriamente. Poi, d'improvviso,
s'udì un rumore orribile sopra le nostre teste e una pioggia di
calcinacci ci cadde addosso. Fortunatamente erano tutti di piccole
dimensioni. Alzai gli occhi al soffitto: la piccola crepa che avevo
notato quella mattina si era allargata, allungata e diramata. Mi venne
da sorridere. Eh, sì.
- Bene, non avrei mai creduto di poter provare sollievo di fronte
alla mia casa che ci prende a sassate, ma almeno avete smesso di
urlare. Grazie kami, mi stava per scoppiare un gran mal di testa. Spero sia
servito a farvi dare
una calmata perché non ci siamo proprio. Levatevi dalla testa
cose strane. Non sappiamo bene cosa stia succedendo, quindi è
inutile tentare improbabili scorciatoie. Che cosa proponete? Di
chiudere questi due qui
dentro, andarcene e vedere se si accoppiano? Ah, no. Magari avevate in
mente di metterli piuttosto sotto un teca di vetro e restare a guardare
come si comportano... Visto mai... fosse anche solo per noia, con
questo caldo... Mi permettete di avanzare un ipotesi? Non
funzionerà. Non solo. Io nutro seri dubbi riguardo le
responsabilità di Ranma e Akane. Ieri sera io e Akane-chan
abbiamo parlato a lungo e mi sono quasi del tutto convinta che loro due
non hanno nulla che vedere con questa faccenda. - Non te l'aspettavi,
vero Mina? Beh, se è per questo neanche loro. E a dire la
verità forse nemmeno io. Improvvisai sul momento. Ovviamente non
mi credettero. Akane mi fissava con tanto d'occhi. Perfino Ranma era
perplesso, forse pensava che gli avrei chiesto dei soldi in cambio di
quella sparata che lo beneficiava nella misura in cui sua madre aveva
mollato la presa sull'impugnatura della katana. Da parte mia stavo solo
tentanto disperatamente di farli desistere. A prescindere dalla linea
che io potessi aver deciso di seguire con Tofu, se questa banda
di scalmanati non si toglieva dalla testa l'idea di forzarli non avrei
mai potuto fare nulla di buono. Avrebbero continuato a fare danni e a
litigare tra loro. Dovevano abbandonare l'idea, completamente.
- Ho fatto la mia offerta, avete solo due opzione: prendere o lasciare.
Se volete fare casino, dovrete farlo senza di me. - Silenzio.
- Vado a prepararmi, mi darete una risposta quando torno. -
Happosai ridacchiava sotto i baffi. Mentre mi allontanavo lo sentii
sibilare nella mia direzione: - Sei davvero una vecchia volpe per la
tua giovane età. Complimenti. Davvero divertente. - Sorrisi
gongolando un po' al complimento.
- La
doccia la feci direttamente fredda perché in quelle condizioni
ci volevano venti minuti solo per regolare l'acqua e poi magari si
destabilizzava dopo cinque. Tanto faceva caldo.
Tornata di là, trovai gli adulti di casa a discutere. Kasumi era
in cucina, mentre Ranma e Akane avevano approfittato del momento per
finire di prepararsi per la scuola ed evitare di essere coinvolti in
discorsi imbarazzanti. Ora toccava il giro di risposte. Il primo a
parlare fu Happosai che mi disse che, benché si sentisse non poco
offeso dal mio comportamento, mi lasciava carta bianca. Non mi avrebbe
ostacolata. Poi lo zio Genma che dichiarò di avere completa
e assoluta fiducia in me. Ranma se ne uscì con una domanda,
premettendo che le caratteristiche combinate mie e di Tofu gli
sembravano adeguate a risolvere qualsiasi problema non affrontabile
con un combattimento: ma ci stavamo davvero affidando a Mousse? Avevamo
un piano B nel caso in cui il papero fosse risultato incapace di
svolgere il suo ruolo?
- Già è tanto che abbiamo un piano A. La gestione di
Mousse è nelle mani di Tofu, dovrai avere fiducia nel dottore. -
Sospirai - L'alternativa sarebbe barricarsi tutti qui dentro e le cose
si complicherebbero a dismisura. -
Akane si limitò a dire "sì, certo". Kasumi era invece
davvero sul piede di guerra e si lanciò in un numeretto niente
male, anche se discretissimo. Lanciò un'occhiata sbieca alla zia
Nodoka poi fissandomi negli occhi sentenziò freddissimamente:
- Allo stato attuale delle cose, lasciar fare a te mi sembra
semplicemente il male minore. Spero tu non abbia intenzione di farmi
cambiare idea. - Questa volta non potevo restarmene zitta,
l'insinuazione richiedeva una risposta adeguata, ovvero spiazzante. -
Avrai le tue garanzie firmate col sangue, devi solo aspettare qualche
ora. - Abbastanza drammatico, non credi? Kasumi sospirò: - Non
riesco a capire perché tu stia cercando di confonderci con tutte
queste pagliacciate... - Feci spallucce. Le avrei fatto cambiare idea,
ma per il momento non potevo farci nulla, che pensasse pure
quello che le pareva. E riflettesse. Perché evidentemente per
pagliacciate che potessero sembrare, le mie azioni fino a quel momento
facevano apparire del tutto ingiustificate le sue parole di quella
notte.
- Kasumi! - aveva esclamato intanto papà sinceramente sorpreso per la durezza delle sue parole.
Tempo al tempo, vecchio. Alla fine di
questa storia ti sarà chiaro che tipo di persona è
davvero questa tua figlia maggiore che tanto adori. Una maledetta
fissata puritana con la mania del controllo che mi maltratta
ingiustamente.
L'occhiata obliqua che l'aveva
raggiunta non aveva lasciato indifferente la zia Nodoka. Quando
toccò a lei esprimere il proprio punto di vista esitò.
Scosse leggermente la testa fissando un punto imprecisato del
pavimento. Infine sollevò lo sguardo e guardandomi dritto negli
occhi
come a voler scrutare il mio animo sentenziò seria: - Io non
posso crederti, mi dispiace. - Ed anche con lei non mi restava che fare
spallucce - Per quello che ho letto, per come conosco mio figlio ed
Akane, resto convinta che siano loro la causa di tutto questo. Penso
anche tu lo sappia benissimo, probabilmente vuoi solo proteggerli
perché credi davvero che potremmo chiuderli sotto una teca e con
questo caldo potrebbero davvero morire asfissiati. Ma noi non siamo dei
genitori così sconsiderati, sai? Perché credi questo di
noi, Nabiki-san? Come puoi pensare che potrei volere per mio figlio una
morte tanto disonorevole? Io darei a Ranma la possibilità di
porre rimedio a questa incresciosa situazione e solo se dovesse
fallire... allora gli darei io stessa una morte onorevole. - E
tornò ad impugnare la katana. - Eeeeeeeeeeeeeeep! - aveva
berciato di nuovo Ranma con una vocetta degna di una scimmia urlatrice
che se fossi stata sua madre gli avrei fatto fare seppuku
solo per quello. Povero cavallo pazzo! Sua madre voleva trasformarlo in
un cavallo da monta. Oppure abbatterlo. L'unica cosa positiva era che
nel caso in cui avesse mantenuto fermo il suo proposito avremmo avuto
un tappeto di panda ad adornare il salotto della nostra casa distrutta.
Che culo!
- Vorrei risolvere la questione senza spargimenti di sangue, - feci del
mio meglio per assumere un tono il più pacato e conciliante
possibile - pensi di potermelo permettere obasama? - Com'era difficile comportarsi in maniera sensata in quel contesto.
- Ma Genma e Ranma hanno giurato... -
- Lo so, lo so bene. Ma questa è la nostra casa e per noi adesso
ha la priorità assoluta. - Non mi piaceva rinfacciarle di essere
un'ospite, ma non mi stava lasciando molte alternative - Non ti sto
chiedendo di rinunciare a far loro rispettare il giuramento, - mi
sforzai di sfoggiare il mio sorriso più dolce, ma a giudicare
dalla sua espressione preoccupata dovevo esserci riuscita molto bene -
ti sto solo chiedendo di rimandare. Quando studiando tutti questi testi
e facendo le prove chimiche del caso avremo capito cosa sta succedendo
qui e avremo preparato l'incenso del karma per ristabilizzare questa
nostra umile dimora, potrai trarre le tue conclusioni ed agire di
conseguenza. Ma fino ad allora... ti chiedo di mettere da parte la
tua katana, zia Nodoka. Puoi farmi questo piacere? - Restò a
fissarmi in silenzio per alcuni interminabili secondi, infine
sospirò rassegnata e si sfilò la tracolla porgendomi la
sua spada. Bene bene, cominciamo a ragionare. Entro certi limiti potevo
anche capirla. Dal suo punto di vista
la questione era semplicissima, perfino banale. Akane era una ragazza
carina, se era lei a volerlo, non sarebbe stato da uomo da parte di
Ranma tirarsi indietro. Se era suo figlio, il problema non si poneva
affatto dato che un giovane combattente bello e virile dovrebbe essere
in grado di sedurre qualsiasi ragazza. In ogni caso spettava a lui fare
il primo passo e risolvere la situazione. Non c'erano evidentemente altre ipotesi plausibili da prendere in considerazione. Perché
stavamo facendo
tutto quel casino? Valle tu a spiegare che se uno non è riuscito
ad entrare nell'età adulta in diciassette anni difficilmente lo
farà di botto in cinque giorni... e che certo la minaccia di
piantargli una spada nella pancia non aiutava. Valle a spiegare che
forse se gli costava tanto maturare era anche perché sua madre
l'aveva abbandonato in tenera età alle cure di un padre poco
assennato che ne aveva fatto un combattente perfetto e un essere umano
inetto...
Afferrai la sua arma e mi rivolsi a Kasumi sempre nel mio tono più serafico:-
So che non ti fidi di me e che non credi a una parola di quello che ho
detto, so anche che hai interpretato la mia frase di prima come
una presa in giro. Non è così, ti farò avere
veramente un documento in cui giuro quello che vuoi sentirti dire con
il sangue davanti a testimoni d'eccezione, basta che Tofu
faccia la sua parte. Devi solo avere un po' di pazienza e di fiducia in
lui. - Non pareva del tutto convinta - Prendi - le dissi offrendole la
katana
- custodiscila tu per il bene di tutti. - Gran botta di genio, vero?
Beh, forse non era esattamente la cosa più sicura da fare, ma mi
pareva l'unica maniera per tenerle buone entrambe. - Ora però lo dico io a te: vedi di fare in modo
che non debba pentirmene. - Kasumi fece un timido cenno di assenso con
il capo. Avrei giurato che avesse apprezzato la mia trovata. La sacra
katana nelle virginali mani della sorellona vedeva capovolto il suo
significato. Quasi quasi stavamo per venirne a capo.
Abbandonando il tono mieloso di prima, parlai a tutti serissimamente: -
Sarebbe il caso di chiarire una volta per tutte se le persone che
vivono sotto questo tetto hanno davvero la volontà di perseguire
un obiettivo comune e salvare questa casa. Abbiamo una exit strategy,
io e Tofu pensiamo
possa funzionare. Ci garantite il vostro appoggio incondizionato? -
gesti di assenso da ogni dove, ma il patriarca Tendo si guarda intorno
spaesato - Ho sentito i pareri di tutti voi, manca solo papà.
Possiamo mettere
da parte anche le gerarchie tradizionale per un po' di tempo?
Papà, mi cedi il comando di questa baracca alla deriva per 120,
massimo 150 ore? Vuoi? Volete? -
- Oddio che mal di testa... io... io non ci ho capito niente!- rispose papà. Almeno non si era messo di nuovo a piangere.
- Vedi, è esattamente per questa ragione che dovresti accettare e lasciare che me la sbrighi io, non credi? -
- Forse... -
- Ecco da bravo. Non è proprio necessario che tu faccia lo sforzo di capire, non adesso. Allora è deciso? -
- Ma... e i nipotini...? -
- No, niente nipotini. Non ricominciamo, per piacere. -
- Va bene, cara, d'altra parte, come tu dici, cosa sarà mai una settimana? -
- Bene! - Genma aveva avuto la decenza di versarsi un po'
d'acqua bollente in testa e tornare umano volendo sottolineare la sua
attitudine collaborativa, ma poi chissà, quello pensava solo ad
evitare che sua moglie lo trasformasse in uno scendiletto.
Si sarebbe detto che tutto fosse risolto, almeno per il momento.
Incredibile! Mi guardai attorno, aspettavano tutti che dicessi che la
seduta era sciolta. Guardai Kasumi con la katana a tracolla: aveva per
caso intenzione di custodirla indossandola sempre? Un brivido mi
percorse la schiena e mi
sentii improvvisamente stupida ed avventata. Ma doveva pagarla, doveva
pagarla cara per quello che aveva fatto. Doveva sentirsi una piccola
caccolina infame per avermi trattata in quel modo. Immeritatamente.
- Ed ora andiamo a scuola che è tardissimo. Ci
accompagnerà papà perché abbiamo delle notizie
importanti da riferire ai nostri professori. -
- Hai capito, papà?? - sul cammino verso il Furinkan avevo
cercato di spiegare a mio padre cosa avremmo raccontato ai prof. Una
cugina di mia madre stava molto male, malissimo, malata terminale.
Sarebbe morta entro meno di un mese. Siccome quando era scomparsa la
mamma papà aveva avuto un crollo nervoso (il che non è
del tutto falso, anzi, si potrebbe dire che non si sia mai ripreso...)
noi figlie minori eravamo state affidate a delle zie di secondo grado
per un certo tempo (questa invece era un'invenzione al cento per cento
perché le veci della mamma le aveva fatte Kasumi fin dal primo
giorno... Ahi, Kasumi...!). Questa zia in concreto era quella che mi
aveva tenuta con sé per quasi un anno e adesso mi voleva al suo
capezzale. Come si chiamava? Si chiamava... Megumi Hayashi, e viveva a
Kyoto. Semplice e plausibile.
- Tu non dovrai dire niente, non dovrai esagerare con pianti isterici
né aggiungere particolari strappalacrime, va bene? - ma che lo
dicevo a fare? Soun Tendo era capace di commuoversi anche per una
storia inventata e infatti aveva già i lucciconi agli occhi. Non
mi restava che sperare che tenesse a freno il suo drammatismo
compulsivo e che i professori se la bevessero. Ranma e Akane ci
seguivano in silenzio.
- Abbiamo ricevuto la notizia questa mattina e per questo siamo in
ritardo, perché la cosa ha portato un po' scompiglio in casa. -
Tutti annuirono, ma poi a Ranma venne in mente che non poteva fare a
meno di aprire la bocca e dargli fiato.
- Ma non sarebbe stato meglio far venire con noi anche mio padre? Lo
zio Soun non può firmare la mia giustificazione per il
ritardo... -
- Sì certo, così avrei dovuto lasciare sole Kasumi e tua
madre sotto la geniale sorveglianza di Happosai... un buon modo per
accelerare l'armageddon. -
- Ma ora io finirò in punizione... -
- Vedi di non rompere, cognatino. Oggi se non te ne sei accorto ti ho
salvato la vita senza chiederti un centesimo. E non te lo meritavi. Che
sarà mai una mezz'ora in compagnia di due secchi d'acqua? -
Ma tu guarda l'ingratitudine...
Raccontai la storiella al preside e ai professori disponibili in quel
momento, pregando i kami che non facessero troppe domande e che al
preside non venisse in mente di fare verifiche. Ci mancava solo che
anche i Kuno venissero al corrente della situazione. La mia insegnante
di matematica si mostrò molto colpita dal fatto che anch'io
avessi un cuore e che stessi di fatto sacrificando la mia
possibilità di entrare alla Todai l'anno seguente per una zia
che non vedevo da anni. Dover fingere di essere tanto disgustosamente
sentimentale era la seconda umiliazione che subivo in meno di dodici
ore, ma almeno la signorina Ikeda mi promise di scrivermi comunque la
lettera di raccomandazioni, nonostante le assenze che avrei fatto da
quel momento in poi. Qualcuno dei prof. mi chiese di portare avanti lo
studio a distanza per completare i programmi e fare gli ultimi test
appena possibile, magari tutti in un giorno. Dovetti declinare
adducendo come scusa che se dovevo occuparmi di mia zia non avrei avuto
né tempo né concentrazione per studiare... Se solo
avessero potuto immaginare che mi toccava una sessione intensiva di
letteratura antica, chimica e magia nera! Poco male, se l'erano bevuta.
Così ci congedammo, io e papà dovevamo tornare a casa,
Akane doveva entrare nella sua classe con la giustificazione firmata e
Ranma restarsene in corridoio in punizione. Dura lex, sed lex. Sempre meglio che fare seppuku,
no? Sembrava proprio che tutto stesse andando secondo i piani quando,
fatti pochi passi fuori dall'ufficio del preside, qualcosa ruppe una
finestra e piombò rumorosamente dentro l'istituto. Non qualcosa,
ma piuttosto qualcuno. Anzi, qualcosa e qualcuno. Shampoo e la sua
bicicletta, per la precisione. Stranamente, ma non poi troppo,
ignorando del tutto Ranma ma anche Akane, mi si fece sotto urlando
frasi sconnesse mezzo in giapponese mezzo in mandarino.
- Nabiki Tendo! Stlega maledetta! Stlega! Stlega! Tu
vuole lovinale Shampoo! Tu mente! Tu usale stupido papelo Mousse...
Onole di Shampoo molto molto impoltante... Nabiki Tendo non osale...!
Nabiki Tendo non potele... Se
Nabiki fale questo, Shampoo uccide! Uccide, capito?! No bacio di molte,
no duello! Uccide con pistola come di Yakuza, chialo? - Detto
ciò, si scagliò contro di me con un balzo rapido ma poco
elegante e mi piantò un pugno dritto in un occhio cogliendo
tutti di sorpresa. L'ultima cosa che vidi fu Ranma che l'afferrava in
extremis rallentandone lo slancio, ma non riuscendo ad evitare
l'impatto. Poi fu solo dolore sordo, ma giusto un attimo.
Dopodiché il buio.
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Capitolo 10 *** La Cina è vicina ***
fanfic-cap10
Quando riaprii gli occhi, o
per meglio dire l'occhio, riconobbi subito il luogo in cui mi trovavo.
Era l'infermeria della scuola. Intorno a me c'erano l'infermiera
Meiou, papà in lacrime, la professa Hinako Ninomiya che cercava di
consolarlo a modo suo, Akane e Ranma che
tentavano di mandarla via. Fin qui tutto più o meno normale.
Meno normale, almeno statisticamente, era il fatto che accanto al mio
ci fosse un altro lettino
occupato da un persona priva di sensi. Ma chi era? Mi sporsi un po' e
con mia grande sorpresa riconobbi in Shampoo l'essere che
giaceva inerme a meno di un metro da me. Ok, forse non era tanto strano
dopotutto, la sola presenza della professoressa Hinako
poteva spiegare lo stato in cui era ridotta Shampoo. Ci aveva
fatto un grosso favore senza volerlo la cara signorina Ninomiya. Avevo guadagnato minuti preziosi.
Ordunque, a che punto eravamo? La botta in testa mi aveva rintronata
parecchio. Per prima cosa, che giorno era? Il 4 luglio. Dove mi
trovavo? Nell'infermeria della scuola, questo ce l'avevo già
chiaro. Era mattina. Se ci trovavamo tutti lì, gatta morta
cinese
compresa, voleva dire che la prima parte del piano era andata buon
fine.
Sì, perché che Shampoo mi aggredisse io e Tofu l'avevamo
previsto e anzi si può dire che l'avessimo provocato, solo che
avevo sperato -
evidentemente senza motivo - che il contesto in cui mi avrebbe
attaccata fosse sicuro per me.
- Certo che sei proprio un essere inutile tu! -
- Chi? Io? -
- E chi se no? Ti sembro strabica? Stupido di un Saotome. -
- Perché? Che ho fatto? -
- Le hai permesso di colpirmi, razza di cretino! Ti rendi conto che poteva ammazzarmi? -
- Mi ha colto alla sprovvista, ma comunque l'ho quasi fermata... -
- Tra "fermata" e "quasi fermata" c'è un occhio nero di mezzo. Un mio occhio nero. Datemi uno specchio piuttosto... -
Fu solo allora che mio padre si rese conto che ero rinvenuta e venne al
mio capezzale tutto commosso per, neanche a dirlo, continuare a singhiozzare. Sarà stata colpa delle strane
sostanze che avevo assunto, o del cazzottone che avevo preso, ma quella
mattina ero di umore decisamente intollerante. Lo scansai senza troppi
riguardi, scesi dal letto e imboccai la porta ignorando le proteste
dell'infermiera, decisa a raggiungere al più presto il telefono.
Dovevo assolutamente chiamare Tofu. Altro che farmi portare uno
specchio. Avevo bisogno di un telefono e di sapere che ore fossero.
Akane mi accompagnò attraverso il corridoio senza dire una
parola, ovviamente mortificata per l'accaduto perché ormai aveva il
mode "sensi di colpa a buffo" perennemente ON.
L'orologio del gabbiotto del custode mi confermò la sensazione
che avevo: ero rimasta svenuta per oltre un quarto d'ora. Secondo il
nostro piano Tofu avrebbe dovuto telefonare al Nekohanten quando
Shampoo stava per arrivare da lui in modo che lei potesse ascoltare
qualche parola, capire che dall'altra parte della cornetta c'era
Mousse, inviperirsi e venirmi a cercare quale causa di tutti i suoi
mali, o quasi. Se le cose erano andate come da copione la telefonata
del dottore doveva essere iniziata da più di venti minuti.
Eppure dava ancora occupato. Che accidenti si saranno stati dicendo con
il papero? Forse che Shampoo aveva sentito anche troppo ed ora toccava metterci una pezza? Il nostro
scopo era quello di lasciare che si facesse una certa idea, che si
convincesse che stessimo complottando alle sue spalle, ma che non
arrivasse ad averne le prove. Se l'amazzone mi avesse attaccata, la sua
posizione si sarebbe indebolita, sua nonna sarebbe stata obbligata a
scusarsi per lei visto che aveva commesso un'azione tanto sconsiderata
e disonorevole come attaccare una persona non addestrata alle arti marziali e non avrebbe preso troppo sul
serio le sue paranoie sulla nostra presunta cospirazione dato che la
nipote sarebbe apparsa chiaramente incapace di controllare i nervi, se
non al bordo di un buon esaurimento. Comprensibile, data la situazione.
Te la stai facendo sotto, vero gatta morta?
Ma se Tofu le avesse lasciato ascoltare qualche dettaglio cruciale
saremmo stati davvero nei guai e io dovevo assolutamente sapere.
Accidenti, Tofu, vuoi attaccare quel maledetto telefono?
Occupato. Ancora occupato. Accidenti, accidenti.
Erano già passati altri dieci minuti buoni. Quello che non doveva
assolutamente succedere era che Shampoo riprendesse conoscenza prima
che io fossi riuscita a sentire il dottore e a dileguarmi dalla scena
del misfatto. Per fortuna alla fine Tofu rispose.
- Ti stai facendo desiderare, dottore. Telefonarti è più
difficile che farsi passare il presidente degli Stati Uniti in persona!
-
- Scusami Nabiki, con Mousse è stata più lunga del previsto ma è tutto sotto controllo. -
- Sicuro che Shampoo non abbia ascoltato troppo? È arrivata qui come una furia, voleva proprio farmi secca. -
- Impossibile, l'ho vista avvicinarsi, nascondersi e poi andar via.
Fino a quel momento non ho detto niente che non potesse essere
giustificato come un piccolo preambolo per convincere Mousse a passarmi
Obaba. -
- E cosa ti ha sentito dire esattamente? -
- Che c'era una questione importante di cui dovevamo parlare, che era
una cosa molto seria ed urgente e sarebbe stato molto meglio se ci
fossimo messi d'accordo prima che degenerasse. Che capivo che la
situazione poteva essere delicata, soprattutto per Shampoo. Avendo
però sempre omesso il soggetto lei noi può sapere a chi
quel noi sottinteso si
rivolgesse. Non ha prove del fatto che mi stessi rivolgendo al solo
Mousse piuttosto che non a Cologne o a tutti loro. -
- Ma ci hai parlato davvero con la vecchia? -
- Sì, certo. E non si è affatto resa conto di quanto
tempo avessi passato al telefono con Mousse, almeno non ha fatto
domande a riguardo. Credo stesse lontana dall'apparecchio, forse era
occupata in cucina. Infatti saranno passati almeno due minuti da quando
il ragazzo è andato a cercarla a quando lei è arrivata al
telefono. Non credo ci sia motivo di preoccuparsi. Saranno da voi oggi
pomeriggio alle quattro e mezza. È tutto pianificato nei
dettagli, stai tranquilla. -
- Bene. La buona notizia, se così possiamo chiamarla, è
che Shampoo mi ha dato un buon destro nell'occhio. Dovranno strisciare.
-
- Oh! Mi dispiace per te, ma in effetti hai ragione, è proprio una buona notizia. -
- Avanti così, dottore. Questa guerra la vinciamo senza fare prigionieri. -
Mi spiegò molto brevemente com'erano rimasti d'accordo con Mousse e ci salutammo.
Ce ne andammo con discrezione, papà ed io, approfittando di un
momento di distrazione della signorina Ninomiya, intenta com'era a
mettere Ranma e Akane in punizione con i secchi d'acqua d'ordinanza. A
suo dire erano in ritardo e avevano preso parte alla baruffa scatenata
da Shampoo. Per fortuna ebbero il buon senso di non fare obiezioni e di
lasciarci così via libera perché altrimenti quella strega
della professoressa non avrebbe mollato papà neanche morta.
Ripassando davanti l'infermeria lasciai un bigliettino sul lettino di
Shampoo: "Tofu ha detto che ci vediamo da noi oggi pomeriggio. Vi
aspetto per il tè. E vedi di darti una calmata o potrebbe
sembrare che hai qualcosa da temere."
Ora sarebbe venuta la parte difficile.
Appena arrivata a casa mandai Kasumi, che per poco non sveniva alla vista del mio occhio nero, a fare la spesa.
- Ma no, lascia che ti medichi quell'occhio... Credo di avere già tutto per il pranzo... Semmai, siccome pensavo di preparare il Donburi per cena, magari papà potrebbe andare a comperare delle uova fresche mentre io... -
-Miseria nera, Kasumi. Tu proprio non ci vuoi sentire da
quest'orecchio. Ti ho detto di uscire e andare a fare la spesa. Non mi
importa un accidenti di cosa c'è nella dispensa e di cosa pensi
di fare per pranzo o per cena, quando tra l'altro la cucina è
fuori uso e non vedo come tu possa pensare di preparare quello che sia.
Se ti dico esci tu esci, punto e basta. E se vai a comprare una
carriola
di chewingum o piuttosto un coccodrillo per lo stagno per me fa lo
stesso. - Rimase qualche secondo in silenzio, evidentemente interdetta.
- Io non credo di poter sopportare ancora a lungo questo dispotismo,
sai? - disse quasi in un sussurro mentre si voltava e andava via.
- Peggio per te. Io ho sopportato un pugno in faccia e non ho nessuna
voglia di tollerare i vostri stupidi capricci - bisbigliai senza
nessuna intenzione di farmi sentire. Poi chissà. Magari mi aveva
sentita lo stesso.
Mandata la sorella a fare un giro, ordinai a Genma di portare di sopra
l'ultimo scatolone di fotocopie e a mio padre di riparare la caldaia
giacché la prima riparazione arrangiata il giorno precedente era
durata il tempo di una sola doccia. Nodoka invece la misi a
cucire tutta la stoffa che riusciva a rimediare in casa per farne
delle spesse tende
un po' per tenerla occupata, ma anche perché avevo deciso che
presto avremmo smontato porte e finestre per sostituirle con
qualcosa che non potesse incastrarsi intrappolando gli occupanti delle
varie stanze. Dirai tu, ma quando mai è stato un problema
buttare giù una porta in casa Tendo? Beh, una porta no. Ma avrei
scommesso che una
porta furiosa ci avrebbe dato filo da torcere. E infatti, come volevasi
dimostrare, quella mattina stessa lo zio Saotome si trovò
nell'incresciosa situazione di
non poter più uscire dalla mia stanza. Per tirarlo fuori dovetti
chiamare il Furinkan e farmi passare Akane per chiederle dove tenesse
l'incenso generico che le aveva dato Tofu e provare ad imbonire con
quello la porta riottosa. Dopo essersi fatta
promettere che avrei dato ad intendere agli altri che fosse qualcosa
che il dottore mi aveva appena dato non facendo trapelare che
fosse già in suo possesso da
tempo, sorella ansia mi informò di custodire l'incenso
nell'ultimo cassetto della sua scrivania, in una scatolina di legno.
Un posto dove una normale terrebbe i preservativi.
Non potei evitare di pensarlo, ma a togliermi il sorrisetto dalle labbra
ci pensò subito il cassetto stesso che mi si richiuse
violentemente sul dito - occhio nero e unghia nera avrebbero fatto pendant - facendomi cacciare un urlo che rivelò la
mia posizione al resto delle persone presenti in casa in quel momento.
No buono.
Per sviare l'attenzione e non dover spiegare che accidenti ci facevo in
camera di Akane decisi di uscire rapidamente di lì - cosa non
facile visto che anche quella porta aveva preso a comportarsi in modo
strano e si apriva e chiudeva secondo i propri comodi - ed accendere
subito un bastoncino di incenso per accostarlo alla porta della mia
stanza. Il fatto è che una volta entrato in contatto con il fumo
dell'incenso il legno della porta cambiò colore, si
ingrigì, iniziò a sputare vapore e infine si
sgretolò. Hai presente quei film sulle mummie quando qualche
esploratore entra in una stanza sigillata di una piramide e a contatto
con l'aria tutte le cose che erano dentro si polverizzano? Una cosa del
tutto simile era accaduta quel giorno. Strano, no? L'incenso
generico doveva servire a restituire un po' di equilibrio. Decisi
di spegnerlo subito e mi riproposi di fare chiarezza sulla questione in
un altro momento.
Al posto della porta piazzai un lenzuolo appendendolo alla buona con
quattro chiodini al prezzo di staccare qualche tocco di parete, neanche
fosse stata fatta di stucco... la situazione appariva davvero
seriamente
compromessa. La cosa più sensata era mettersi subito al lavoro,
prendere il toro per le corna e vedere di venir fuori da quel disastro
al più presto. Per prima cosa avrei separato i casi relativi ai
gruppi che mi interessavano e i non classificati da tutti gli altri.
Questa prima scrematura avrebbe permesso di proseguire i lavori con un
minimo di efficienza, ma certo ci sarebbero volute ore, se non giorni,
per scartabellare tutta quella roba. Ma che scelta avevo? Forse
però era il caso che mi prendessi un'altra pasticca del dottor
Tofu o che provassi a prepararmi la tisana... o che dormissi. Magari
avrei potuto dormire un po' prima di incontrare Cologne e sua nipote,
per avere i nervi più saldi e riuscire a far passare Shampoo per
l'unica squilibrata sulla scena con più facilità. Certo
avrei perso del tempo prezioso,
ma probabilmente il gioco valeva la candela. Se non riuscivamo a
sistemare la questione delle cinesi avevo ben poco da indagare...
Ecco, ora mi metto un po' sul letto,
magari queste scartoffie le appoggio un momento in terra... solo
un'oretta, ecco, sì, non di più... farei meglio a
mettermi la sveglia, è qui vicina, neanche devo alzarmi per
prenderla, devo solo settarla sulle due e mezza, poi avrò tutto
il tempo per prepararmi per l'incontro... allungassi il braccio un
altro po' riuscirei senz'altro a prender... bzzzzz....
Come no! Crollai all'istante e di impostare la sveglia me lo
sognai letteralmente. Mi venne a svegliare Kasumi chiedendomi se non
avessi fame che erano le quattro passate. Questo voleva dire che avevo
lasciato quei selvaggi allo stato brado e liberi di interagire a
piacimento per un sacco di tempo. E dovevano essere rientrati anche
Ranma ed Akane! Ma mannaggia al sonno...! Mi diedi una rapida
sciacquata alla faccia e scesi di corsa al piano di sotto per scoprire
che non era scoppiata la terza guerra mondiale. Happosai aveva preso
il potere proponendosi come mio luogotenente. Solo questa ci mancava.
Kasumi aveva comprato delle nuove tazze e una teiera ed ora diceva di
dover sistemare un fornello da campo in giardino per preparare il
tè. Ranma stava smontando le porte del bagno e dell'antibagno.
Nodoka aveva quasi finito di cucire le tende sostitutive, ora le
restava da disfare e rifare quanto fatto da Akane per aiutarla.
Papà e Genma giocavano a shogi. Happosai sorvegliava il lavoro
di tutti fumando la pipa disteso sui suoi soliti cuscini, neanche fosse
stato un imperatore romano.
- Bene, vecchio. Ottimo lavoro. Ora però sputa il rospo. Cos'è che vuoi in cambio? -
- Una cosa che non ti aspetteresti. -
- Davvero? E di che si tratta, sentiamo. -
- Un occhio di riguardo per una vecchia amica. -
- Eh? -
- Non giocare troppo sporco con Ku Lun, non si merita di essere rovinata per questa sciocchezza. -
- Guarda il mio di occhio piuttosto, vecchio. Quale riguardo? Quale sciocchezza? -
Ma roba da matti. Ci mancava solo l'avvocato di Cologne nel cast. Ed io
avevo meno di un quarto d'ora per mettere qualcosa sotto i denti e
raccogliere le idee. Il freezer impazzito aveva ridotto il gelato ad
un'indescrivibile brodaglia. Mi attaccai a un pacco di biscotti. Vita
grama. Questa storia doveva finire al più presto, non avrei
resistito ancora a lungo.
Dopo averci pensato un po' su, stabilii che alla riunione con i cinesi
avremmo partecipato solo io e papà in qualità di proprietario della casa in questione, con Kasumi e Happosai come
testimoni in qualche modo equidistanti, se le cinesi li avessero accettati. Era una azzardo? Certo che lo
era. Ma nella sua illogicità mi sembrò la cosa più
sensata da fare. La mia posizione sarebbe stata improntata ad un
pragmatismo che ben mi si addiceva. Per quanto mi riguardava c'erano
due minacce a cui dovevamo far fronte: le amazzoni di stanza a Nerima e
la Furia della Casa Stremata. Le collocavo sullo stesso piano senza
esitazioni. Il mio scopo era semplicemente salvare la mia casa
neutralizzando entrambe, con qualsiasi mezzo, inclusa la più
sporca e immorale negoziazione. Ero anche disposta a dare Ranma in marito a Shampoo
immediatamente se fosse venuto fuori che il tutto era esclusiva
responsabilità di Akane e che questo avrebbe rappresentato un
modo per toglierglielo dalla testa e mettere al sicuro le mura domestiche. Non avevo preconcetti,
non avevo ipotesi a priori. Ero aperta a tutto. Ed avrei rispettato i
paletti che mi fossero stati imposti in cambio della possibilità
di lavorare in pace. Possibilmente al riparo dal fumo delle pipe di
questi vecchi, diamine.
- La fai troppo semplice, ragazza mia - esordì Cologne spegnendo
il suo calumè e afferrando la tazza di tè che Kasumi le
porgeva con un sorriso che a me non parve di circostanza - Noi abbiamo
bisogno di garanzie. -
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N.: Che tipo di garanzie?
KL: Forse sarebbe meglio parlarne in privato, a quattrocchi.
N.: Mi perdoni, venerabile Cologne, ma dopo quanto successo questa mattina non mi sento molto sicura rimanendo sola...
KL: Ragazza, non ti sto proponendo di parlarne con Shampoo, il cui comportamento non ha scusanti, ma con me. Non ti fidi di me?
N.: Non vorrei mai mancarle di
rispetto, nobile Cologne, ma io sono ancora un po' scossa e... sa
com'è... dopo uno shock del genere... temo di non riuscire a
ragionare lucidamente se non ho qualche volto amico intorno...
KL: La tua diffidenza è del
tutto giustificata, Shampoo ha agito in maniera davvero inaccettabile.
Ma ti prego di tener presente che qualsiasi comportamento scorretto da
parte mia sarebbe equiparabile ad un alto tradimento nei confronti
della
tribù alla quale appartengo. -
N.: Senz'altro. [Che ostinazione.
Altro che strisciare, le sue sembrano solo scuse di facciata. Ma se la
mette così...] Mi stavo infatti giusto domandando se Shampoo
sarà processata da Joketsuzoku per quello che ha fatto...
KL: Vedo che ti piace il gioco
pesante. Bisogna ammettere che le minacce indirette ti si addicono di
più delle sceneggiate da ragazzina traumatizzata.
N.: Non amo essere presa per i
fondelli. Ma sono la prima a comprendere che la famiglia viene prima di
tutto il resto. Anche prima del clan.
KL: Ovvio, inutile nascondersi dietro un dito. Ma le regole della tribù non si infrangono con leggerezza alla
mia età, si deve davvero essere costretti da un avversario
subdolo e sleale che rappresenti un minaccia reale per i parenti
più stretti ai quali si è legati in modo particolare.
N.: Di cosa avete paura esattamente? Lasciando da parte gli insulti che
trovo gratuiti e poco eleganti da parte sua, sinceramente non vedo come
io possa rappresentare per voi un simile pericolo.
KL: Spero solo che le sensibili orecchie di Soun Tendo ma ancor
più quelle della dolce Kasumi non rimangano troppo turbate dai
discorsi che stiamo per affrontare.
[Orbene, ora cosa si suppone che io debba fare? Ma perché
accidenti Tofu non è venuto con loro? Se mando via papà e
Kasumi, mi resta solo Happosai di cui mi fido pochissimo. Se mi tengo
Kasumi non ci guadagno molto. A parte il fatto che mi è
più ostile di Cologne, appena il discorso andrà sul
concreto si tapperà le orecchie, gli occhi e pure il naso che
non si sa mai. Papà non capisce niente a prescindere. Tocca
fidarmi del fatto che la vecchia megera ha una rispettabilità da
tutelare e non oserà propinarmi un siero dell'obbedienza o roba
simile davanti a sua nipote, non credo sia così disperata. E se
Tofu ci ha visto bene è già in punta a un cannone per non
aver concretizzato il matrimonio di sua nipote dopo tanto tempo. Forse
però dovrei far uscire anche Shampoo... o forse no. Magari il
suo scarso sangue freddo potrebbe volgersi a mio favore... E va bene,
incrociamo le dita e che gli oni siano clementi.]
N.: Kasumi, papà, adesso potete anche uscire. Vi verremo a chiamare quando sarà il momento.
K.: Ma io... non mi pare il caso che...
S.: Questa casa è mia, sono io il capo famiglia qui. Non accetto di essere estromesso in questo modo...
N.: Kasumi, per piacere, vedi di portartelo via. Ed assicurati che se ne stiano tutti a distanza di sicurezza.
K.: Ma sei... sei sicura?
S.: Ma Nabiki...
H.: Tranquillo, Soun. Tua figlia è sotto la mia protezione. [Fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiihhh bum.]
N.: Sicurissima. Andate adesso.
[Lasciatemi pure affrontare il nemico da sola, avrò una morte
onorevole. Addio. Uh. Oh. Sì, come no! Escono in silenzio dalla
cucina e richiudono la porta. Da fuori si sente Akane chiedere
perché sono usciti e Kasumi rispondere che la nobile Obaba vuole
dire sconcezze che possono sentire solo Nabiki e Happosai.]
N.: [Andandomi ad affacciare alla porta, verso il corridoio] Kasumi!
Non metterla così! Ma che figura mi ci fai fare?! [Torno a
sedermi]
KL: È da prima che volevo domandarti una cosa. Come mai Kasumi indossa la katana della signora Saotome?
N.: [Buona domanda, vegliarda.] Per
la tranquillità ed il bene di tutti. Se conoscete un po' la
mentalità di Nodoka Saotome, dovreste capire che potete
prenderlo come un segno di pace.
KL: Mi pare un buon punto di partenza.
N.: È quello che voleva essere nelle mie intenzioni.
KL: Eppure non è sufficiente. Dopotutto, è solo un simbolo.
N.: In effetti.
KL: Non possiamo escludere che non proverete a forzare le cose tra Ranma
ed Akane anche solo per accelerare i tempi e procedere per esclusione.
Non solo. Anche se l'unica causa fosse tua sorella, in
questo modo potreste riuscire a risolvere il problema. Potreste
convincere il futuro marito facendo leva sul suo senso di
responsabilità e sulla gratitudine che prova nei confronti della
vostra famiglia. Non che sia una cosa particolarmente difficile con un
giovanotto della sua età che non ha mai realmente messo le mani
su una ragazza in vita sua...
A questo punto Shampoo stava per protestare vivacemente, ma ebbi la prontezza di zittirla con un gesto eloquente.
N.: Quello che sta dicendo signora è offensivo tanto nei confronti
di mia sorella quanto in quelli di Ranma, ma soprattutto verso di me e mio
padre [ora ci vuole una frase ad effetto] Per chi ci avete presto?
Credete che questo dojo sia una specie di casa chiusa a gestione
familiare? Nonostante di maniere poco pulite per fare i soldi io ne abbia escogitate parecchie, le posso assicurare che la
prostituzione minorile non rientra né mai rientrerà tra
queste. Spero vorrà ritrattare la sua indegna insinuazione. In
ogni caso, se anche solo provassi a fare una cosa simile, le posso
assicurare che la buona e dolce Kasumi non esiterebbe un secondo a
denunciarci tutti...
KL: Piano, piano. Prostituzione? Addirittura? Non vedo perché tu debba metterla in questi termini...
N.: Questi sono i termini in cui
l'ha messa lei. Se uno forza un'altra persona ad avere un rapporto
sessuale per trarne profitto personale non è forse istigazione
alla prostituzione, se non sfruttamento? Non sono un'esperta in materia
ma certo...
[Intanto Shampoo si copre le
orecchie e bercia cose incomprensibili in mandarino. Cologne le fa
segno di stare zitta e lei s'ammutolisce all'improvviso.]
KL: Non ho mai parlato di nulla del genere.
N.: Beh, se non stiamo parlando di
una forzatura da parte mia o di mio padre, ma di un naturale
svolgimento degli eventi, allora...
Sh.: Naturale un colno! Lanma non volele... non potele... non...
N.: Sì, certo. In effetti
ha ragione Shampoo. Anch'io vedo quest'evenienza come estremamente
improbabile. Lei no, Cologne?
Sh.: Bisnonna! Tu davvelo cledele... [parole indecifrabili in mandarino o Joketsuzokiano
che sia. Shampoo mette i bastoni tra le ruote a sua nonna, dopotutto
non è stata una cattiva idea lasciarla partecipare alla
riunione.]
N.: Andiamo, Cologne. Nessuno qui ha
intenzione di utilizzare il ricatto morale con Ranma, ma se non
è questo a cui si riferisce, allora... di cosa stiamo
parlando esattamente?
KL [sbuffa fumo dalla pipa che ha
appena riacceso, forse tradisce un po' di nervosismo]: Potremmo star
parlando di pressione psicologica, di riconoscenza,
della paura di perdere l'unico tetto che il ragazzo possa ricordare di
aver chiamato casa in vita sua. Di circostanze che posso agevolare
indirettamente la seduzione.
Sh.: Seduzione?! Ma chi? Quella stupida lagazza violenta?!
N.: Seduzione, eh... Bah! Onorabile Cologne, anche volendo prendere per buono questo castello di carte che si è
costruita, vorrebbe avere la bontà di spiegarci perché
mai Ranma dovrebbe lasciarsi sedurre da mia sorella, con tutte le
condizioni agevolanti che volete, quando non ha mai ceduto alle avance
di una ragazza affascinante e femminile come Shampoo? Evidentemente non
è un tipo così facile e dubito che queste piccole
variazioni nella situazione a contorno possano dare ad Akane un
vantaggio sostanziale, non trovi anche tu Shampoo?
Sh.: Celto che no! Ailen semple
plefelile Shampoo. E se volele casa, ailen
sposale Shampoo e avele Nekohanten e casa in Cina. No pelicolo ailen
vagabondo! E panda ciccione anche avele casa e mangiale cinese se
volele.
N.: Mi pare ovvio anche a me. Non vedo quindi dove sia il problema.
Sh.: No ploblema!
KL: Abbi pazienza, Shampoo, se...
Sh.: No, Obaba. Lanma non cedele a stupida lagazza violenta. Lolo non avele niente pel licattale povelo ailen.
[Palo, traversa e autogol.]
N.: Appunto. Allora perché
non collaboriamo? Datemi il vostro appoggio, magari prestandomi Mousse,
e io provvederò a far avere al più presto a voi e al
vostro consiglio le prove del fatto che Ranma non ha nulla a che fare
con questa storia. Che ne dite?
KL: Bene, se le cose stanno così, magari però perché non facciamo che
Ranma viene a stare da noi per un po' e in cambio ti lasciamo Mousse
come aiutante?
N.: Ottima idea! [Non. ci. Provare.] Ma preferirei mandarlo via più in là
perché altrimenti le ricerche e le misurazioni saranno falsate.
Quando avrò terminato il primo giro di rilevazioni ve lo
cederò più che volentieri, ma per ora non vorrei alterare
in un alcun modo lo status quo. [Tiè!]
KL: Certo, capisco.
N.: Senz'altro più in là farlo uscire di casa sarà anche utile
a determinare il suo ruolo in questo disastro, o meglio, a provare che
non ne ha avuto nessuno, giusto?
KL: Ovviamente.
Sh.: Siculo!
N.: Per quanto riguarda Mousse
invece, magari potreste lasciarmelo solo
nelle ore diurne, sarebbe un utilissimo aiuto e potrebbe contribuire a
fare in modo che tutto questo si risolva il prima possibile. E poi
potrebbe portarci il cibo dal vostro ristorante risparmiandoci di dover
cucinare con la cucina in questo stato. Potremmo contrattare un prezzo
di favore per clienti molto assidui e fedeli...
Sh.: E pelché non Shampoo allola? Shampoo avele occhi più buoni e lavolale più sodo di stupido papelo.
N.: Ma che domande! Ci sono un milione di buoni motivi per escludere che
tu venga a vivere con noi, cara mia. Sei emotivamente instabile, basta
guardare il mio occhio per farsene un'idea. E sei indubbiamente
attratta da Ranma. Ci manca solo che complichiamo il quadro un altro
po'...
KL: Certo, certo. Shampoo, non dire sciocchezze, per favore. Potrete
tenervi Mu Si. Ma ho bisogno che mi firmi un
patto di non belligeranza. [Si volta verso la porta] Mu Si! [Più
che un richiamo, uno strepito. Ed ecco entrare in scena Mousse con tre
pergamenone arrotolate in braccio] Da qua, stupido papero. [Gli strappa
i rotoli di mano. Piano, vecchia megera, trattali con cautela.] Questo
documento sarà inviato a
Joketsuzoku e mettendoci la tua firma sopra stai accettando di essere
giudicata secondo le nostre leggi. Se lo infrangi ti porteremo davanti
un tribunale composto da membri della nostra tribù.
N.: Nessun problema.
KL: Sei sicura di aver capito bene?
N.: Ma certamente! [Inizio ad annoiarmi] Happosai, hai una penna per favore?
KL: No, niente penna. Questo devi firmarlo con il tuo sangue.
N.: Come...? [Lancio un'occhiata a
Mousse che fa un cenno quasi impercettibile di assenso con la testa.
Quindi non dovrebbero esserci problemi.] Ehehe... sì, certo...
vado a chiedere un ago a Kasumi.
[bisbiglii in cinese indecifrabili]
[Kasumi protesta senza troppa energia, ma alla fine mi da l'ago. Rientro in cucina.]
KL: Shampoo dice che non si fida di te ed ha varie questioni da porti prima di siglare questo patto.
N.: [E ti pareva!M'era sembrato
tutto troppo facile...] Ma prego, disponibilissima ad ascoltare tutte
le vostre perplessità. Avanti.
Sh.: Pelché Tofu telefonale plima che Shampoo allivale a clinica?
Tofu non volele che Shampoo ascoltale quello che dile a Mousse?! Tofu
volele pallale con Mousse in secleto! Mousse nemico di Shampoo e di
Joketsuzoku! Tofu splolco bugialdo e Mousse vile tladitole!!!
N.: [Tutto qua? E io chissà
che mi credevo! Che scema...] Calma, calma Shampoo. Non c'è
nessun segreto, niente che tu
non sappia già. Non avevo bisogno della prova del tuo pugno per
sapere che non c'era da fidarsi di te, che sei fuori di testa. Tutta
questa situazione ti mette in agitazione, non è vero? Dopotutto
il dubbio che
in qualche modo c'entri Ranma, che Ranma possa davvero essere attratto
da Akane, si è insinuato nella tua bella testolina, in qualche
anfratto recondito [parole difficili per confondere la cinese], e ti
sta
mandando al manicomio. Giustamente. Se così fosse tu ti
troveresti in un mare di guai. Dubitare è giusto, è
umano. Come è umano diffidare. E noi diffidiamo di te
perché il tuo dubbio ti rende pericolosa. Tofu voleva parlare
con Obaba, non con Mousse. E voleva farlo approfittando di un momento
in
cui né lui né tua nonna ti avrebbero avuta trai piedi. Lo
trovi così deprecabile? Ah, ops! Non sai che vuol dire, vero?
Beh, vuol dire che lo trovi indecente, sconveniente, un comportamento
da malandrini. Ma-la-n-dri-ni. Dicasi di persone poco perbene. Io non
ne vedo la ragione, credo anzi che fossimo del
tutto giustificati ad agire in questo modo, soprattutto col senno di
poi. Voglio dire, avendo visto com'è andata a finire, dato che
hai
tentato di uccidermi, razza di pazza isterica...
KL: Suvvia, Nabiki Tendo. Non esagerare.
Sh.: No. Shampoo no dubbio.
Shampoo assolutamente sicula che ailen
non plovale niente per lagazza violenta. Anche se lagazza violenta
diventata molto folte. Shampoo avele altlo dubbio. Shampoo pensale che
non essele pludente collabolale con Nabiki Tendo pelché Nabiki
Tendo mentile e ingannale. Nabiki Tendo volele Mu Si come aiuto e
questo no buono. Nabiki e Mu Si volele dale pozione a ailen pel fale
innamolale di lagazza violenta.
N.: [Uffa. Che noia.] Andiamo Shampoo, non insistere con quest'idiozia. Che interesse avrei
nel fare una cosa del genere? Perderei solo tempo. E poi non sono una
fattucchiera, io. Io voglio solo capire che sta succedendo, trovare
l'incenso del karma giusto e guarire la mia casa. Evitando altri danni
economici. Non vedo perché dovrei immischiarmi nella vita
sessuale del tuo airen o benché meno di quella di mia sorella.
Sh.: Shampoo non cledele una sola palola.
N.: Shampoo essele fuoli di testa.
Non sei stata tu poco fa a dire che non c'erano problemi? Dove dovrei
prenderla io una pozione? E dove Mousse? Al Nekohanten? Rubandola a tua
nonna?? Credi davvero che questo stupido papero possa farla alla tua
venerabile bisnonnina? Allora a questo punto avrebbe più senso
pensare che Akane possa riuscire a sedurre Ranma!
Sh.: No.
N.: No cosa, Shampoo?
Sh.: Shampoo no fidalsi.
N.: Diamine. Così non ne
usciamo più però [sbuffo]. Sai una cosa? Neanch'io mi
fido. Io potrei pensare che tu stia abbastanza male di testa e
impanicata che potresti farti venire in mente di farci crollare la casa
in testa per far sparire qualsiasi eventuale prova del tuo disonore.
Magari tu non vuoi da me i risultati delle rilevazioni, non vuoi nessun
test scientifico. Tu vuoi occultare tutto. E forse saresti pure
disposta a farci tutti secchi per raggiungere il tuo scopo. Magari vuoi
due streghe vi siete messe d'accordo e l'idea di fare venire Ranma a
stare da voi era solo apparentemente buttata lì, perché
in realtà avevate in mente di demolire casa Tendo con tutti noi
dentro, salvando solo lui, anche al prezzo di renderlo orfano. Non ti
pare plausibile? [Tana per Cologne. Credevi davvero che non ci fossi
arrivata?]
Sh.: No! No! No! Shampoo no panico! Shampoo no paula di niente! Tu mente!
N.: Vedi Shampoo, anch'io credo
che tu non abbia nulla da temere. E mi voglio fidare di voi. Devo
fidarmi di voi, altrimenti qui non si va da nessuna parte. Voglio
fidarmi dell'onorabilità di tua nonna e del valore della sua
parola e delle nostre firme fatte col sangue su un documento che
verrà consegnato al consiglio di Joketsuzoku. Credo che tu
dovresti fare lo stesso. E darci un taglio.
KL: Calma ragazze, non è
necessario scaldarsi. Capisco i vostri giovani spiriti e il loro
naturale ardore, ma non è il caso di alzare i toni. Ora
leggeremo insieme questa bozza di documento che avevo preparato e se lo
riterrete necessario potremo aggiungere altre clausole.
Dopodiché firmeremo tutte e tre le copie che Mu Si ci ha
portato. Una la conserverò io, un'altra resterà ai Tendo
e la terza la invieremo in Cina perché resti negli archivi della
nostra tribù. Chiunque di noi sarà padrone di denunciare
qualsiasi infrazione o abuso al consiglio di Joketsuzoku che
prenderà nel caso i dovuti provvedimenti. Questo è
quanto. Continuare a discutere è perdere tempo.
N.: Perfettamente d'accordo.
KL: Procediamo con la lettura
quindi. Confrontate pure le tre copie e Happosai si farà garante
della correttezza della traduzione.
H.: Ma figurati, Ku Lun...! Come se potessi dubitare della tua correttezza...
KL: Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, come ben sai, caro Happi.
H.: Eh eh!
[Pucci pucci. Smack smack smack. Bleah! E questo dovrebbe garantirci a noi... come no!]
N.: Dunque, vediamo un po' cosa dice qui...
"Io
sottoscritta Ku Lun di Joketsuzoku, membro anziano e onorabile del gran
consiglio del villaggio, giuro solennemente [bla bla bla] di non
interferire con le indagini che si svolgeranno in casa Tendo,
astenendomi da qualsiasi azione che [bla bla bla] Mi impegno inoltre a
vigilare sulla condotta della mia pronipote Shampoo di Joketsuzoku [bla
bla bla]
Io sottoscritt_ Tendo _ _ _ _ _ _ _ _ , in rappresentanza della
famiglia e della casa dei Tendo di Nerima (Tokyo) prometto solennemente
che in questa dimora si svolgeranno indagini corrette e trasparenti,
garantisco sotto la mia personale responsabilità che non
verranno prodotte prove false, che non si manipoleranno persone con
nessun
mezzo, psicologico, magico o chimico. Mi impegno inoltre a far
sì che ogni due giorni venga consegnato alla venerabile Ku Lun
un rapporto dettagliato dei lavori svolti e dei progressi conseguiti. I
nostri sforzi saranno sempre e comunque, a prescindere da ogni
circostanza od evenienza, esclusivamente diretti alla ricerca di un
incenso del karma idoneo, rinunciando sin da ora e per tutta la durata
dell'emergenza a qualsiasi altro tipo di metodo volto tanto alla
risoluzione quanto all'identificazione del problema, eccezion fatta per
la temporanea rimozione di taluni individui dalla dimora in questione."
[Si era tenuta bella stretta, la vecchia, eh. Meglio far vedere di averci qualcosa in contrario.]
N.: Ehi,
un momento. Che vuol dire questo? Che non posso fare domande alle persone
coinvolte?
KL: Se le domande sono volte a discriminare tra diversi possibili incensi
allora è ammissibile, se sono volte a modificare il comportamento
delle persone no.
N.: [Furbastra!] Ah, va bene. [Mavaff...!]
A me pare perfetto così com'è [per quello che me ne
importa...] Dopotutto corrisponde perfettamente a quello che ci siamo
detti. Firmiamo subito?
Sh.: A me non semblale abbastanza chialo.
N.: Ah no? Cosa vuoi di più? [E adesso che vuole ancora questa scassamaroni...?]
Sh.: Io voglio che tu qui giulale
con tuo sangue che... [pare non lo sappia nemmeno lei] che tu galantile
che lagazza violenta limanele velgine fino a dopo soluzione clisi.
N.: Che cosa?! Ma tu stai male! [E accidenti a me. Mi avranno sentita fino in Cina, mi avranno...]
KL: Non è molto
convenzionale come richiesta dato che non è una questione legata
al nostro problema, non di per sé, e non è nemmeno un
tema di naturale competenza di Nabiki, però...
N.: Però un corno! Voi siete tutte matte e io ho una dignità.
KL: In effetti si tratterebbe di
investirti di una responsabilità che non ti compete... magari
questa clausola dovrebbe firmarla il signor Tendo...
N.: Ma non se ne parla proprio! Ma
che sono queste trovate medievali? Per chi ci avere presi?!
[Vabbè la farsa e la presa per i fondelli, ma di fronte a certe
idiozie proprio non posso fare a meno di andare in bestia.]
H.: Forse sarebbe più corretto e coerente mettere la clausola su Ranma anziché su Akane...
N.: No! [Faranno mica sul serio?]
KL: Ti renderai ben conto però Happi che in questo caso qualsiasi verifica sarebbe decisamente più ardua.
N.: No, no e no. [Kami, aiuto.]
[Papà fa irruzione preoccupato]
S.: Nabiki, tesoro, che succede? Ti abbiamo sentita gridare e...
N.: [Leggermente alterata] Vedi di
andartene, tu. Nessuno ti ha chiamato. È che queste qui hanno
voglia di litigare e il tuo maestro è un essere ignobile.
H.: Non prenderla cosi, Nabicuccia cara, stavamo solo discutendo civilmente...
N.: [Al vecchio:] Civilmente un
corno! Dove ce la vedi la civiltà tu in discorsi simili?! [A
Soun:] Vattene, papà. [Soun esce mesto]
Parliamoci chiaro: noi qui non vogliamo averci nulla a che fare con le
vostre fottutissime usanze tribali. [Abbassando la voce, sibilando che
pare un serpente a sonagli] Di fare test di verginità su chi che
sia ve lo scordate.[Possibile che parlassero seriamente?]
KL: Credo tu ti sia fatta un'idea
sbagliata. Queste cose non sono la norma per Joketsuzoku. Sarebbe un
caso eccezionale e dovremmo chiedere un permesso specifico.
N.: Potete anche risparmiarvi il
disturbo allora. Che poi non lo sapete che questi test non sono
indicativi di nulla? Soprattutto delle combattenti come voi dovrebbero
ben sapere che anche un incidente può causare...
KL: [Interrompendomi] In effetti
sarebbe piuttosto complicato e macchinoso, per non dire difficilmente
giustificabile. Ritengo che stiamo mancando il punto centrale.
N.: E quale sarebbe il punto centrale, di grazia?
KL: A Joketsuzoku disponiamo di efficacissime cinture di castità maschili.
Sh.: Pelo potele essele molto dololoso...
N.: Cos'è questo? Uno scherzo?
[Cologne ridacchia, Shampoo appare pensierosa. Io sto per alzarmi e andarmene.]
KL: Però devi ammettere Shampoo che sarebbe anche molto divertente!
H.: Comprende mordacchia e collare anti-bacio?
KL: Certamente! E include anche i paraorecchie.
N.: Possiamo tornare a parlare
seriamente, per favore? Stavamo per firmare un accordo, se non ricordo
male. E l'unico vero problema è che Shampoo sospetta che io
possa dare a Ranma qualche strano afrodisiaco, cosa che ripeto non
rientra minimamente nelle mie intenzioni visto che non avrei nessun
tornaconto degno di nota da un'azione simile. Non solo. Se vogliamo
sarebbe anche un atto piuttosto meschino nei confronti di mia sorella,
troppo meschino perfino per i miei standard.
KL: Happi, non potresti prenderti
tu la responsabilità di vigilare che la signorina qui presente
non faccia scherzetti strani?
N.: Happosai??? E vi pare la persona più indicata? [Mannaggia a me a quando non mi cucio questa dannata boccaccia.]
Sh.: Shampoo fidale meno di vecchio maniaco che di vipela Nabiki Tendo.
KL: Che ne direste allora della
dolce Kasumi? [Di male in peggio! Respira Nabiki respira. Ti hanno
fatto perdere le staffe e ti stai comportando troppo impulsivamente]
Sh.: Kasumi essele pelsona leale e con plincipi molali, pelo... tloppo facile pel selpe Nabiki Tendo ingannale lei...
KL: Credo che sommando il
contributo di Happi e quello di Kasumi abbiamo una combinazione
piuttosto affidabile. Ovviamente il garante finale dovrebbe essere
comunque Mu Si che lavorar fianco a fianco con Nabiki. Se qualcosa
dovesse andare storto la prima testa a saltare sarebbe la tua, ragazzo
papero. E non parlo in senso figurato, futura anatra all'arancia.
[Mousse continua a tacere, gli avranno mica tagliato la lingua?]
N.: Dunque? Firmiamo questo
contratto e ci aggiungiamo le firme di Mousse, Kasumi e Happosai come
garanti? [Che poi non era quello che avevamo deciso di fare fin
dall'inizio...? Ma tant'è, se Shampoo si placa con così
poco dopo avermi fatto venire i sudori freddi, meglio per tutti.]
KL: No, non è sufficiente.
Non ci sarebbe niente di nuovo rispetto al piano iniziale. No,
bisognerà aggiungere una clausola specifica e firmarla
separatamente. Così come dovremmo aggiungere una parte apposita
per definire il ruolo di Mousse in questa faccenda.
N.: E va bene. Quindi la prima parte la firmiamo io e Cologne, nella
clausola specifica aggiungiamo le firme di Mousse, Kasumi e Happosai,
la parte su Mousse di nuovo lui stesso, io e Cologne. Papà,
Happosai e Kasumi firmeranno qui in fondo come garanti e testimoni
generali?
KL: Esattamente.
MS: Ma così ci saranno delle firme fuori dai riquadri stabiliti,
a metà documento... [Allora ce l'hai la lingua ancora, Mousse!]
KL: Di tutto questo che si è detto finora, questo è
l'unico aspetto che ti preoccupa, Mu Si? Hai davvero solo mosconi in
quella testa, ragazzo.
MS: Certo, venerabile Cologne, può sembrare una questione
secondaria, ma la forma dei documenti ufficiali del consiglio...
KL: Mu Si, non esiste nessuna legge contro le clausole aggiunte nella
carta principale nei contratti privati. Non vedo dove sia il problema.
MS: Ma sarà opportuno ripetere le firme tutte queste volte? [Qual è il problema con queste firme, Mousse??]
KL: Papero, dacci un taglio. Dunque, datemi due minuti per redigere le
parti mancanti e poi potremo chiamare tutti gli interessati e procedere
a siglare definitivamente il documento. [Qualcosa sta andando storto.]
=================================
Puoi anche fermare la registrazione adesso, Mina. Nella
pagina successiva del quaderno ho riportato il testo integrale
dell'accordo siglato con Cologne. Leggiti solo la clausola che ha fatto
aggiungere Shampoo perché fa davvero ridere e secondo me da
anche una misura di quanto poco sul serio la vecchia avesse preso
l'intera trattativa. Credo che per lei fosse solo un modo per evitare
che la nipote avesse un attacco isterico. Ma forse era già
troppo tardi.
=================================
"Clausola
aggiuntiva n.1 - Io sottoscritta Tendo Nabiki solennemente prometto di
non esercitare ingerenza alcuna, diretta o indirettamente, nella vita
privata del futuro marito di Shampoo di Joketsuzoku, Saotome Ranma. In
particolar modo, prometto di astenermi nella maniera più
assoluta e categorica dall'esercitare qualsiasi influenza volta a
migliorare la relazione interpersonale tra il suddetto Saotome Ranma e
mia sorella Tendo Akane, con specifico riferimento alla dimensione
più propriamente fisica del loro rapporto. Detta dimensione
è al momento del tutto inesistente e tale resterà giacché io
non farò in nessun modo uso di espedienti chimici o magici,
assimilabili a droghe o pozioni, per alterare tale stato di cose."
=================================
Il passaggio sottolineato e ricalcato è opera mia. È di
una logica aristotelica davvero affascinante, non trovi? Il seguito
sono tutte baggianate su Mousse e quello che può e non
può fare ma soprattutto si stabilisce questa cosa strampalata
per cui lui è un mio sottoposto ma al tempo stesso deve vigilare
sul mio operato. Di fatto a me pareva tutta una grandissima buffonata,
ma non me ne importava un piffero. Andammo a chiamare papà e
Kasumi che ci portò un ago ciascuno, perché sai
com'è, l'igiene. Leggendo la clausola demenziale a Kasumi le si
illuminarono gli occhi e finalmente tornò a guardarmi con
affetto. Doveva aver pensato che era stata una mia trovata per
tranquillizzare lei o qualcosa del genere. Mai supposizione fu tanto
lontana dalla realtà, ma che male c'era a lasciarle credere
ciò che le faceva piacere? Le regalai un sorriso complice. Tanto
non ci perdevo nulla e ridurre il livello dell'ostilità
domestica non poteva che giovarmi.
- Aspettate che si sia formata
una goccia abbastanza grande, spalmatela sul dito e poi premete il
polpastrello qui - spiegò Cologne mentre si accingeva ad apporre la sua prima firma -
Ecco fatto. Perfetto. Appena si sarà asciugato ci
scriveremo sopra i nostri nomi con la penna. - Devo dire che rimasi
sorpresa nel constatare che il sangue ancora scorreva in quel suo
minuscolo corpo rinsecchito. L'imitammo a turno.
Notai che Mousse
si contorceva leggermente quando fu la volta della clausola: - Non
serve aspettare tanto, un goccia molto più piccola va già
benissimo - suggerì a Kasumi vedendo come la nostra garante
fosse intenzionata ad inondare il documento del suo sangue
probabilmente volendo sottolineare il suo massimo impegno su quel
fronte specifico. - E che farà mai, Mousse? Meglio abbondare che
fare una firma mezza invisibile col sangue che ti si secca sul dito
prima di imprimerlo sul foglio, no? - Kasumi spiattellò mezzo
litro di sangue su quel povero documento.
Ma davvero condivideva l'assurda visione di Ranma e Akane che aveva
Shampoo? Magari no. Magari pensava semplicemente che loro due fossero
due giovincelli perbene e che nulla sarebbe successo se non fossi
intervenuta io a corromperli.
- Forse non è necessario che Nabiki firmi la clausola anche
sulla copia che resterà a lei, non crede Cologne? Il suo dito
è così malridotto... -
- Che c'è? Sei già diventato protettivo nei confronti del
tuo nuovo capo, Mu Si? Si tradisce così in quattro e quattr'otto
chi ti ha accolto e nutrito per tanto tempo?-
- No, no, lo dicevo solo perché... -
- Vedi di non scocciare. Avanti Nabiki, un ultimo buchetto ed è
fatta. - Non potevo fare altro, ma tentai di essere parsimoniosa per
precauzione.
- Bene -
sospirai dopo essermi bucata per la nona volta - tre firme su un
documento in tre copie - il dito già martoriato dal cassetto
perché deve essere l'indice destro, niente scuse, se ce l'hai lo
usi. Che male! Che giornata di merda!
- È tutto? - domandò papà.
- Così pare - rispose Cologne con un sorriso soddisfatto, se sincero o meno era difficile a dirsi.
La messa è finita. Andate in pace.
A quel punto Mousse riunì le tre copie e le distribuì,
una a me e due a Cologne che ne avrebbe inviata una in Cina. Ci credi
tu? Io non ci credevo per niente, ma nemmeno mi importava.
Accompagnammo i cinesi alla porta.
Quando era già a metà del vialetto, Mousse, che chiudeva
la piccola comitiva, si girò in dietro e mi fece un
discretissimo occhiolino. Era il segnale.
Purtroppo però non appena papà richiuse il cancello alle
spalle di Cologne e compagnia, Happosai mi si avventò
letteralmente addosso e mi strappò il rotolo di mano. E
scoppiò il panico. Immagina la scena, Mina. Siamo sul vialetto
del giardino del vecchio dojo Tendo. Papà si volta e viene
lentamente verso di noi col suo solito sorriso ebete stampato in
faccia. Noi altri siamo tutti lì. Io e Kasumi in prima fila,
dietro di noi Akane e i Saotome al completo. Il vecchio era rimasto
dentro, sgattaiola fuori come un fulmine, afferra il rotolo e mi si
piazza davanti con i pugni sui fianchi.
- Allora, signorina, a che gioco stiamo giocando qui?? - berciò
stizzito. Sul momento non provai neppure irritazione, sono un
grandissimo senso di spossatezza. Non ne potevo proprio più. Mi
scossi e mi costrinsi a reagire. Ne seguì un botta e risposta
serrato tra me e Happosai al quale gli altri assisterono attoniti.
- Giocare? Io?? Ma se tu e quella brutta megera non avete fatto altro che prendervi gioco di me per tutto il tempo! -
- Può darsi, ma solo in minima parte rispetto a quanto tu non ti sia presa gioco di lei. -
- Ma quando mai! Se mi hanno stremata con tutte quelle minacce assurde...! -
- Ammettilo. Era tutta una farsa. -
- E cosa te lo fa pensare, sentiamo? - Ma perché diamine
continuavo a ripetere sempre lo stesso errore? Queste uscite
provocatorie offrivano il pretesto all'avversario per dare la stura ai
suoi sragionamenti e non era davvero il caso, meno che mai con il
vecchio maniaco che era sempre a rischio turpiloquio.
- Per esempio... - cominciò quello tutto baldanzoso - la tua
fretta di giungere ad un accordo e la tua quasi totale noncuranza
riguardo cosa ci fosse scritto sopra. Ti sei preoccupata solo quando
hanno messo in mezzo i test - al che tutt'intorno si alza un
brusio di voci che chiedono "I test? Che test?" - perché
finché si trattava di mettere qualcosa nero su bianco potevano
chiederti di giurare col sangue che tua madre era un toporagno alieno -
un mostro di delicatezza, come sempre - e non avresti fatto una piega.
Questo coso per te è carta straccia! - proclamò con tono
sommamente pomposo mentre brandiva il testo arrotolato come una spada -
Voglio sapere perché. -
Che gran rottura, davvero una gran
rottura.
- Non è vero! - toccava ribattere con quanta più convinzione possibile, anche perché...
- Come sarebbe a dire carta straccia?! - Kasumi si era frapposta tra me
e la brutta bertuccia e mi fissava con occhi imploranti - Nabiki allora
tu... - mormorò con voce rotta. Ci mancava solo questa! Certo
che pure quest'altra sorella mia era strana forte. Un momento mi copre
di insulti e quello dopo si mette a frignare. Chi la capiva! Ma era
meglio tentare di scongiurare il peggio.
- No, Kasumi, no - tentati di persuaderla col tono più
rassicurante di cui ero capace - Non è come pensi, non dar
retta a questo vecchio idiota. -
- Ah no? - Happosai al contrattacco, si approfittava biecamente della
situazione critica che si era venuta a creare - Allora mi spieghi che
differenza sostanziale c'era tra la prima versione della clausola che
ha proposto Shampoo e che hai rifiutato con tanto clamore e la seconda
versione scritta da Cologne? -
- C'era eccome! - Roba da matti. C'era da chiedersi se ci fosse o ci facesse - E poi era un negoziato. Hanno alzato la posta in gioco e ho trattato, com'era giusto che facessi. -
- Io invece
direi che non c'era nessuna differenza. Semplicemente la seconda si
fonda su un assioma che rende superfluo ogni test della
verginità. - sentenziò a gran voce nello sconcerto
generale. Calò per
un attimo il silenzio. Poi si sollevarono domande a raffica di cui non
potei neanche sempre individuare la provenienza: quale differenza?
cos'è questa storia del test di verginità, Nabiki? fare
il test a chi? Nabiki, si può sapere di cosa sta parlando??
figliola, cos'è questa storia (di cui non ho capito un'acca ma
chiedo comunque per non essere da meno degli altri)?
Happosai. Che peste ti colga, ora e sempre.
- Sei patetico, vecchio, lo sai? Tu e i tuoi insensati tentativi di
mettermi in difficoltà. La differenza è irrilevante solo
ai tuoi occhi, ma devo proprio spiegartelo in mezzo al giardino? -
- Come no! -
- Come no, cosa?? -
- Senti un po', Cologne non ti conosce bene, quindi ti ha
sottovalutata. Ed ha commesso un grosso errore. Ne pagherà le
conseguenze, cose che capitano, ma io so bene di che pasta sei fatta e
voglio vederci chiaro, ragazzina. - Quanto ancora aveva intenzione di
tirare la corda?
- Ti sei fatto tutto un film assurdo nella tua testa tu! Falla finita, Happosai! -
- E allora quelle strane affermazioni che faceva Mousse? Come le spieghi? - Avanti, adesso si cambiava tema.
- Cosa vuoi che ne sappia io di quello che passa nella testa di quel papero! -
- Mi avrai mica preso per tonto, Nabicuccia, neh? - No, Nabicuccia no,
per favore! - Hai aspettato di avere il suo assenso prima di firmare il
documento col sangue e quando poi è venuta fuori la storia della
clausola, Mu Si ha iniziato a fare storie per evitare che fosse firmata
col sangue almeno su questa copia qui. Perché? - Certo che non
si faceva sfuggire nulla.
- Te lo sei sognato! L'età deve aver iniziato a fare brutti scherzi anche a te. -
- Perché non volevate firmare col sangue proprio la clausola,
Nabiki? - Ma forse ancora una volta la minaccia peggiore arrivava da un
altro fronte aperto ed evidentemente mai chiuso.
- Vuol dire che tu in realtà hai intenzione di... - No, prendere
possesso della katana della signora Saotome decisamente non le era
bastato.
- No, Kasumi, certo che no! - Non è che a me facesse piacere
vederla tanto turbata... è solo che proprio non capivo.
- Mi hai presa in giro! Avete voluto che firmassi anch'io, ma tu in
realtà la tua firma non volevi mettercela perché pensi di
infrangere il giuramento! -
- Ma quando mai! Non so che problema avesse Mousse, ma sicuramente era
solo per una questione di posizione... - Ma intanto Kasumi era scappata
a chiudersi in camera sua in lacrime - Mi hai usata per i tuoi sporchi
comodi! Mi hai ingannata! - Oh, caspiterina. Sporchi comodi? Una si fa
in quattro per salvare la baracca e quella veniva a parlarmi di sporchi
comodi?
- Posizione? Posizione di cosa, Nabiki-san? - Mi ero fatta sfuggire
qualche parola di troppo. E Happosai non aveva nessuna intenzione di
mollare l'osso. Poi ero io quella che usava Kasumi...
- Maledetto vecchio di merda. -
- Allora? Me lo vuoi dire o devo distruggere questo rotolo dato che per
te chiaramente non vale nulla...? - Distruggere? Come sarebbe a dire
distruggere?
- Fermo sa'! Sta fermo! -
- Oh oh! Ma cos'è che c'è qui? - il vecchio iniziò
a sfregare un'orecchia del rotolo trai polpastrelli dell'indice e del
pollice - Sembra quasi... sembra quasi quasi... che ci siano due
strati! Ma tu guarda un po'! - Tana per Nabiki.
- Fai piano! È delicato, lo rovinerai! - Ora ero davvero con le spalle al muro.
- Ma bene, vedo che non è proprio tutto tutto carta straccia allora... -
- Non toccarlo. Te ne prego. -
- D'accordo, ma tu in cambio ci racconterai tutto dall'inizio. -
Avevo una gran voglia di mettermi a piangere anch'io. Ero esausta, non
sapevo bene come comportarmi, ma soprattutto trovavo quella situazione
ingiusta. Dopo tutti gli sforzi che avevo fatto, trovarmi così
alla mercé di quel vecchio bastardo era davvero troppo. Eppure
ero stata brava, io. Eravamo stati bravi tutti, anche Mousse aveva
fatto bene la sua parte, senza sbavature. Ma Happosai no, doveva
renderci la vita impossibile, quel gran maiale sadico. Sicuramente
più per vendetta contro di me per averlo voluto estromettere che
non per amicizia verso Cologne. Che poi io Cologne la capivo anche,
aveva le sue buone ragioni. Quelle del maestro erano invece angherie
del tutto gratuite. Se continuava così non avrei avuto nessuna
possibilità di risolvere la situazione. Ero sola, sola contro
tutti. Contro le sceneggiate di Kasumi, contro Happosai, contro
Cologne, contro la Furia della Casa Stremata. Ma era mai possibile?
Tofu e Mousse potevano aiutare, ma senza l'appoggio della mia famiglia
non avevo nessuna speranza, ovvero non ce l'aveva nessuno. Fu proprio
nel preciso istante in cui stavo per lasciarmi andare allo sconforto
che una voce inaspettata arrivò alle mie orecchie: - Forse
dovremmo levargli quel rotolo con la forza, no? - Ranma, quoque tu!
È la prima volta che dici qualcosa che non sia un'idiozia totale
- Dopotutto Nabiki sta facendo una gran fatica per salvarci tutti, ci
ha anche rimediato un pungo in faccia, forse è ora che le diamo
una mano. -
Sante parole! Musica per le mie orecchie!
- Sono assolutamente d'accordo. - Era davvero la voce di Genma Saotome
quella che avevo sentito o c'era qualcun altro dentro quel corpo? -
Maestro, non crede di star esagerando? -
Oh, zio Genma! Io... io... mai avrei immaginato! Affrontate
così a volto scoperto la sua nemesi, l'individuo di fronte al quale te
la sei sempre fatta sotto... sono commossa.
- Giusto! Diamogli una bella lezione! - Anche Akane aveva
ritrovato il coraggio di aprir bocca, nonostante lo shock per quello
che aveva fatto trapelare Happosai della riunione.
Ovviamente non lo darò mai
a vedere, ma c'è una lacrimuccia qui all'angolo del mio occhio sano che
sta quasi quasi per venirsene giù.
Questione di un attimo e si stavano tutti rimboccando le maniche
con fare bellicoso. Tutti, tranne uno: - Kasumiiiiiiiiiii...! - La
mente di papà era ancora altrove e fissava il vuoto nella
direzione in cui la sua adorata figlia maggiore si era dileguata. Ebbi giusto il tempo di
riprendermi da quell'intossicazione di buoni sentimenti per rendermi
conto che era una pessima idea. L'aurea combattiva di Happosai si era ingigantita a dismisura. Avrebbero sicuramente finito per
distruggere il rotolo e non lo potevo permettere.
- Aspettate! - gridai di slancio - Una donna in tanga si sta paracadutando nel nostro giardino! -
- Dove??? - Approfittando dell'attimo di distrazione del vecchio
maniaco, Ranma spiccò un balzo, si portò alle sue spalle
e gli atterrò sulla nuca. Praticamente nello stesso istante
Akane gli aveva sfilato il rotolo di mano e già Genma aveva
staccato una corda per i panni e lo stava imbalsamando con quella.
Quindi Nodoka, con un gesto gentile e un sorriso dolcissimo induceva
papà a porgerle il suo fazzoletto intriso di lacrime di
disperazione e lo passava a Genma perché lo usasse per
imbavagliare il vecchio. Akane mi aveva ridato il rotolo.
Ottimo gioco di squadra! Da non credere! Quasi quasi mi ricredo sull'impossibilità di questa missione...
Mi avvicinai al vecchio e stavo per tirargli un calcio in bocca quando
il lato lucido del mio cervello mi fece ricordare che ogni sconfitta di
quel demonio è più passeggera di un temporale estivo.
Meglio non farlo arrabbiare più del dovuto.
- Va bene. Basta così - abbassai lo sguardo portandomi l'indice
destro alla tempia per darmi un tono serio e pensoso - Oggi ti sei
superato, vecchio. Hai fatto davvero un gran casino. Ora vi dirò
quello che so, che non è molto perché per esempio non ho
idea di cosa ci sia scritto sul secondo strato del rotolo visto che
l'accordo segreto l'hanno redatto Tofu e Mousse, ma... -
- Ma Mousse... perché dovrebbe... - Povero Ranma, non gli ci
sarebbero voluti ancora molti anni per capire quando non era il momento
di fare domande.
- Vi dirò tutto quello che posso, ma basta colpi bassi, basta
alzate di testa, basta crisi isteriche. Davvero. Basta. Con Kasumi ci
andrò a parlare dopo e vedrò di arrivare ad una tregua
anche se col casino che mi ha combinato Happosai sarà quasi
impossibile, ma da tutti voi, lei compreso maestro, mi aspetto
lealtà. Stamattina mi aveva dato la sua parola. Capisco che
Cologne sia sua amica da un tempo così lungo che per noi
è inconcepibile, ma adesso, nel presente, lei è nostro
ospite e questa è la sua casa. Dovrebbe averne cura. E mettere
da parte ogni rivalità nei miei confronti. Come ha detto lei,
Cologne ha giocato la sua partita, forse ha commesso uno sbaglio
sottovalutandomi, e magari sottovalutando Mousse forse anche qualcun
altro. Questo non deve riguardarla. È grande e grossa e si
suppone che sappia badare a se stessa. Sicuramente ha affrontato nemici
più subdoli di me. -
Il vecchio tentò di parlare ma con il bavaglio non si capiva nulla. Glielo tolsi. Sbuffò.
- Non ho mai avuto intenzione di spifferare nulla a Cologne, -
biascicò trai pochi denti che gli rimanevano - ma voglio essere
messo al corrente di quello che accade. -
- Se è per questo, poteva usare altri metodi, piuttosto che fare
questa sceneggiata davanti a tutti. Non le è passato per la
testa che magari sarebbe stato sufficiente chiedere? Le piace fare del
teatro ed essere al centro dell'attenzione, vero? Non c'è
nulla di male in fondo, ma sarebbe il caso che scegliesse con
più cautela il suo pubblico. - Al disastro che aveva combinato
con Kasumi difficilmente avrei potuto rimediare. Le uova erano rotte,
la frittata era fatta, ma non avrei permesso altri pasticci - Avanti,
andiamo in cucina. - Ci sistemammo intorno al tavolo da lavoro come
avevamo fatto per la riunione con i cinesi. Il fatto era che avevo
davvero poco da raccontare, ero quasi altrettanto all'oscuro di tutto
di loro. Però c'era poco da fare. Avrei detto ciò che
potevo.
- Dunque, parlando con Tofu ieri notte eravamo giunti alla conclusione
che trattare con Obaba fosse semplicemente impossibile. Il metodo per
evitare che Cologne ci faccia cadere la casa in testa non è
certo il negoziato. Abbiamo deciso di metterci direttamente sotto la
protezione del Consiglio di Joketsuzoku. Questo era il compito di
Mousse, convincere la tribù che Cologne è una potenziale
traditrice e che va tenuta d'occhio perché potrebbe inquinare le
indagini o commettere qualsiasi altra scelleratezza pur di coprire...
si insomma di coprire... - quello era un punto che non avevo ancora mai
affrontato: che doveva coprire Cologne? - le prove
dell'impossibilità definitiva di far sposare Shampoo con il suo
adorato airen. Diciamo che abbiamo tentato di mettere in atto una specie di impeachment
contro la vecchia, che tanto era già sotto osservazione da parte
di una sorta di commissione disciplinare perché sarebbe dovuta
tornare in patria con Shampoo, Ranma e magari un nuovo erede già
da tempo. Se la nostra richiesta sarà accettata presto
arriveranno degli ispettori per tenerla sotto vigilanza più da
vicino e questo ci dovrebbe permettere di dormire sonni tranquilli.
Quindi l'accordo reale sotto quello fittizio con Cologne sarà
siglato direttamente con la cupola della tribù e lo firmiamo io
e Tofu, con Mousse come garante tanto della traduzione come della
correttezza del tutto. -
- Quindi ora è chiaro perché a te non interessava nulla
di ciò che Cologne ti avrebbe fatto sottoscrivere. -
- Esatto. -
- E tutta quella sceneggiata delle firme col sangue da evitare che stava a significare? -
- Non lo so bene neppure io... a me era stato semplicemente detto che
il contratto buono l'avrei trovato sotto quello fasullo che sarebbe
stato in realtà nient'altro che una sottile pellicola opaca. Non
sapevo si dovesse firmare col sangue e quando ho sentito questa cosa mi
sono preoccupata perché ho pensato che in questo modo avremmo
potuto macchiare lo strato di sotto. Ma Mousse prima ha dato l'okkey,
poi ha iniziato a fare storie quando si è trattato della
clausola. Io credo fosse per la posizione della firma. Le altre erano
previste e quindi probabilmente Mousse poteva aver tanto protetto il
foglio sottostante. Ma la clausola non l'avevamo proprio immaginata
quindi è probabile che quelle firme abbiano causato qualche
danno. Soprattutto la tonnellata di sangue che ci ha versato sopra
Kasumi... Beh, non ci resta che scoprirlo insieme. -
Iniziammo a staccare la pellicola del contratto fasullo dal supporto,
ma subito ci accorgemmo che quella cosa era appiccicosa e sottilissima
e in un attimo si sarebbe accartocciata irrimediabilmente su se stessa
se non avessimo subito provveduto a procurarle un nuovo sostegno.
Trovandoci in cucina la prima cosa che ci venne in mente fu quella
di prendere uno strofinaccio pulito. Vi appoggiamo sopra la pellicola
con molta cautela e quella aderì subito in modo definitivo. Da
carta straccia a strofinaccio. Diciamo che l'accordo con Cologne aveva
fatto un passo avanti.
Per quanto riguarda il vero patto da siglare con le amazzoni cinesi, beh... non appena rimuovemmo la pellicola superiore i nostri occhi si trovarono davanti un disastro di impronte sparse ovunque.
Dentro e fuori gli spazi preposti, oltre la fine del testo
in posti casuali come sopra a delle righe centrali che
risultavano quasi del tutto illeggibili. Apparentemente non erano state
solo le firme della clausola ad aver trapassato il primo strato, ma
tutte le firme apposte al documento fasullo. Non solo, oltre a quelle
dovevano essercene delle altre preesistenti perché alcune
risultavano parzialmente sovrapposte.
Tutto questo semplicemente non ha senso.
Mi avvicinai per guardare meglio e ci volle poco - a me, ma pure a gli altri - per accorgersi che
il foglio era coperto da una pellicola
trasparente tipo quella per alimenti ma decisamente più sottile.
Per essere più precisi non era l'intero foglio ad esserne
ricoperto. Infatti i pezzi di pellicola erano due ed erano stati
giustapposti maldestramente lasciando scoperta una fascia centrale
piuttosto ampia. Per fare un po' di chiarezza staccammo anche questa
pellicola. Circa la metà delle impronte sanguinolente venne via
con questa, inclusa buona parte di quelle che dovevano corrispondere
alla clausola e che si erano venute a trovare quasi interamente nella
parte superiore della striscia inferiore. Ora non ci restava che da
dare un'occhiata a questo misterioso accordo. Era
diviso in due parti ciascuna delle quali tradotta nelle due lingue. Fin
qui non c'era nulla di sorprendente, almeno non a prima vista. Quello
che mi lasciò stupita fu la parte delle firme dato che sia in
fondo alla prima parte come alla fine della seconda c'erano spazi
proposti per ben quattro impronte e tre erano già collocate al
loro posto. Quattro? Perché quattro? Chi altri oltre a Mousse
aveva già firmato il documento? Lo stesso dovettero pensare gli
altri perché ci avvicinammo tutti simultaneamente per leggere i
nomi che apparivano sotto le impronte già presenti.
Mu Si di Joketsuzoku. Ku Lun di Joketsuzoku. Tendo Nabiki. Cosa cosa cosa???
In alto ed in
basso restavano gli spazi liberi per la firma di Tofu Ono. Mi
sorse un dubbio ed andai a raccattare la pellicola trasparente che
avevamo gettato via, riaprii i cartoccetti che ne avevamo fatto e -
meraviglia delle meraviglie - notai subito come nella parte inferiore di entrambe le strisce fossero stati ritagliati dei rettangolini. Evidentemente
io e Cologne non avevamo mai firmato quel documento, ma le nostre firme
erano percolate da quello di sopra a quello di sotto attraverso quelle
aperture nello strato protettivo. In altre parole, avevamo estorto la
firma della vecchia con l'inganno e nessuno mi aveva avvertita di
ciò che stavamo facendo.
Se Obaba si fosse accorta di quello che avevamo fatto ci avrebbe fatti
neri. Happosai tornò all'attacco strepitando che eravamo stati
davvero sommamente scorretti. Io non potei far altro che dire la
verità: non ne sapevo nulla! Potevamo solo chiamare Tofu e
chiedere spiegazioni, sempre ammesso che Shampoo non fosse tornata a
lavoro dopo la riunione, ma visto che ci eravamo lasciati che
già erano le sette non avrebbe avuto molto senso, manie del
controllo a parte.
A quel punto mi venne in mente che forse non sarebbe stata una cattiva
idea dare una letta a quello che c'era scritto su quell'accordo che
senza saperlo avevo già firmato - il mio indice dopotutto era
davvero grato a Mousse. Dunque dunque...
=================================
"Noi sottoscritti Tendo Nabiki e Ono Tofu affermiamo
che in casa Tendo, ove vivono i seguenti cittadini giapponesi
[segue: elenco abitanti di casa Tendo], si stanno verificando i
seguenti fenomeni riconducibili alle interazioni tra ki e abitazioni
genericamente note con il nome di Furia della Casa Stremata [segue:
elenco di fenomeni]. Valutiamo
inoltre, sotto la nostra personale responsabilità, di conoscere
con ragionevole sicurezza la causa ultima di tali fenomeni in
quanto la nostra conoscenza degli abitanti della dimora in questione si
può considerare più che approfondita dato che Tendo
Nabiki risiede in loco dalla nascita mentre Ono Tofu è il medico
di famiglia dei Tendo da vari anni e si prende cura anche dei Saotome
sin dal loro arrivo presso i Tendo.
Riteniamo di poter per tanto asserire
che la responsabilità di quanto si sta verificando è da
attribuirsi in percentuale pari o superiore al 50% al futuro marito di
Shampoo di Joketsuzoku, Saotome Ranma.
In conseguenza di quanto precedentemente dichiarato
e della peculiare condizione in cui si è venuta a trovare
l'onorabile Cologne di Joketsuzoku, la cui permanenza a Nerima si
è protratta ogni ragionevolezza,
DENUNCIAMO
il
suddetto membro anziano del Consiglio di Joketsuzoku quale potenziale
minaccia all'incolumità delle famiglie Tendo e Saotome e
all'integrità della dimora dove esse risiedono;
CHIEDIAMO
dunque
che l'individuo in questione sia diffidata dall'avvicinarsi a casa
Tendo ed ai suoi abitanti entro un raggio di metri 30 (trenta) e
dall'ostacolare diretta o indirettamente le indagini e le azioni di
qualsivoglia tipologia e natura che essi intenderanno intraprendere al
fine di porre rimedio alla situazione nella quale si sono venuti a
trovare;
ACCETTIAMO
conseguentemente
che nel caso non dovessimo essere in grado di produrre prove
sufficienti a favore della teoria sopra esposta in merito alle cause
dei fenomeni osservate vengano applicate nei nostri confronti le
sanzioni previste dalla legislazione di Joketsuzoku, ivi inclusa la
condanna a morte, anche quando contraria alla costituzione dello stato
di cui i sottoscriventi sono cittadini.
In fede, |
In qualità di garante, |
Per presa visione,
|
Tendo Nabiki
|
Ono Tofu
|
Mu Si di Joketsuzoku
|
Ku Lun di Joketsuzoku
|
Nota:
il
presente documento ha la sola funzione di ratificare un accordo sancito
telefonicamente in data 4 luglio 1990 alle ore 11:20 dal Dott. Ono Tofu
a nome suo e della suddetta Tendo Nabiki e avente come intermediatore,
garante e traduttore il suddetto Mu Si di Jokenzutsoku.
=================================
Merda.
|
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Capitolo 11 *** Akira Power ***
fanfic-cap11
Merda.
- Ma tu avevi detto che ti eri convinta che Ranma non c'entrava nulla... -
Merda.
- Perché hai firmato una cosa del genere dopo quello che hai detto stamattina? E dopo quello che ti ho detto ieri sera...?
Cosa ci siamo messi a fare?
- Nabiki, tu non avrai mica
aspirazioni suicide vero? Non è che vuoi morire per qualche
oscura ragione e non ci hai detto nulla?
Le scommesse sui cavalli?
- Perché fare una cosa del genere è suicida. Al 100% kamikaze. Perché l'hai fatto?
Che gli avrà detto la testa a quel pazzo di Tofu?
- Forse sei ancora in tempo
per ritrattare, per andare da Obaba e dirgli che c'è stato un
grosso equivoco, che il dottor Tofu credendo di aiutarti ha fatto una
sciocchezza senza sapere...
Quel Tofu... sta fuori come uno zerbino
- ... per evitare la condanna a morte!
Morte?
- Quale condanna a morte, scusa? Non mi pare che sia stata emessa nessuna sentenza, no?
Finalmente riuscii a sollevare lo sguardo da quel pergamenone infame e
a guardare Akane dritto negli occhi. La sbruffonaggine non mi veniva
proprio spontanea e risultare credibile mi costò uno sforzo
notevole. Ma glielo dovevo. Ammettere di starmela facendo sotto avrebbe
voluto dire avallare la sua assurda teoria dell'unilateralità e
dare un colpo letale alla sua già barcollante autostima.
- Non ti preoccupare, questa dopotutto è opera del dottor Tofu.
E del dottore ci si può fidare... no? - non sapevo bene se stavo
cercando di convincere Akane o di autopersuadermi che fosse davvero
così. Probabilmente entrambe le cose.
- Ma magari l'ha scritto Mousse e Tofu ha dato la sua approvazione mentre Kasumi passava di là e non era in sé! -
- Se Kasumi avesse visto questo coso prima di noi a quest'ora il testo
sarebbe sporco di litri di sangue del caro dottore anziché di qualche
goccia del nostro. E stasera ceneremmo anatra all'arancia alla
giapponese - mormorai quasi tra me e me e nessuno capì il vero
senso delle mie parole perché nessuno aveva ben chiaro cosa
stesse passando per la testa di quella paranoide monomaniacale di
Kasumi, ma io in quel momento stavo più che altro pensando che
sarebbe stato bello, davvero bello, se la sorellona li avesse colti in
fragrante, al dottore e al papero, salvandomi da questo delirio.
Come aveva potuto? Come aveva potuto fare una cosa così avventata una persona seria e sensata come il dottore?
Povera me.
- Ad ogni modo sarà bene che io gli parli, se non
altro per capire cosa ha in mente. Ma non è proprio il caso di
farsi prendere dal panico. Quindi vi pregherei di starvene tranquilli
per un po'. Adesso la zia Saotome ci prepara uno spuntino freddo,
io intanto vado a darmi una rinfrescata. E vedo se riesco a convincere
Kasumi ad uscire da lì e a farmi cambiare la medicazione all'occhio. -
- Se preferisci posso farlo io, cara. -
- Lo so zia Saotome, ma preferisco fare almeno un tentativo. Anche se non in
realtà non ne ho nessuna voglia, credo sia meglio così. -
Alle sette esatte del pomeriggio di quel giorno infausto uscivo dalla
doccia con il morale sotto i piedi e una gran voglia di mettermi a
piangere. Mi diressi verso lo specchio sopra il lavandino per vedere lo
stato in cui versava la mia faccia. Dovetti rimuovere un po' di
condensa con il palmo della mano per riuscire a distinguere qualcosa.
Ebbene sì, quella ero proprio io. Tristemente palliduccia a
causa del poco sole che avevo potuto prendere per colpa dello studio, lo stacco cromatico tra il bianco dell'asciugamano che
tenevo legato sotto le braccia e il mio incarnato era quasi
impercettibile. Faceva ovviamente eccezione il mio bell'occhio nero,
ancora così gonfio da restare praticamente del tutto chiuso.
Quanta miseria. Mi asciugai alla meglio i capelli senza l'uso di
apparecchi elettrici ché non volevo correre rischi - e poi tanto faceva
così caldo che certo non rischiavo un raffreddore, - mi vestii
rapidamente - minigonna di jeans chiara e una canottiera a righe bianche e
rosse - e uscii di lì. Prima di tutto
andai in cucina a spizzicare qualcosa, poi sospirando salii di
malavoglia al piano di sopra decisa ad affrontare le ire di Kasumi.
Agli occhi di tutti andavo a consolarla, a prendermi cura di lei, magari a
chiarire un equivoco e a spiegarmi... in realtà sapevo bene che
l'unica cosa intelligente che potessi fare sarebbe stato farmi nuovamente
coprire da una valanga di insulti, lasciarla sfogare, sforzarmi di non
reagire - sai che sforzo! con la stanchezza che avevo addosso... - e
quindi andarmene quando si fosse sentita soddisfatta, almeno un po'. Il
fatto era che non avevo proprio nessuna voglia. Peccato che questo non
avesse la benché minima importanza.
Mentre salivo le scale strascicando i piedi, Genma mi chiese se fosse
proprio necessario, strappandomi un sorriso amaro. Assurdo che fosse
l'unica persona a preoccuparsi per me con un minimo di cognizione di
causa. Davvero assurdo.
- Kasumi? -
- Vattene - la sua voce più che dura suonava lacrimevole, leggermente tremula.
- Vorrei solo che mi medicassi di nuovo l'occhio, ho fatto la doccia e la benda si è tutta bagnata... -
- Non mi interessa. Non voglio vederti. -
Emisi un sospiro che in effetti assomigliava più ad uno sbuffo
ed entrai. Aveva tirato le tende e la stanza era immersa nella
penombra. Se ne stava stesa sul letto, la faccia sprofondata nel
cuscino, dava l'idea di aver appena spesso di singhiozzare. Che palle.
- Si può sapere che ti ho fatto? - chiesi lasciandomi cadere sulla sedia accanto al suo letto.
- Tutto! -
- Tutto? Come sarebbe tutto? - questa versione di lei in stile bambina
imbronciata quasi mi faceva sorridere, non fosse stata una seccatura
immensa doverci avere a che fare in circostanze simili. -
- Tu! Tu hai fatto quanto di peggio una persona possa fare ad una
sorella! Mi hai usata, raggirata, manipolata, mi hai fatto giurare il
falso col sangue! Col sangue! - che visione melodrammatica della cosa...
- Uhm. Ma lo scopo finale era raggirare Cologne e salvarci la pelle
tutti quanti. Tu mi hai solo involontariamente aiutata, come io ho
involontariamente portato a termine il piano di Tofu. -
- Non raccontare frottole! Quel documento nascosto, quell'accordo con
Joketsuzoku, quella è opera tua. Le tue promesse sono parole al
vento. Parli con lingua biforcuta, donna più o meno
bianca. Cerchi di dirmi quello che voglio sentirmi dire per tenermi
buona, perché pensi che io sia una cretina, un'idiota fuori da
tempo con dei valori inutili, antiquati. Non me ne faccio nulla delle
tue menzogne io. Preferirei che mi dicessi chiaro in faccia che
intenzioni hai, invece di gettarmi fumo negli occhi. Che credi di fare,
Nabiki? Devi dirmelo. Parlo sul serio. -
Per qualche strana ragione in quel preciso istante tutto il mio aplomb
svanì in una nuvoletta d'odio. Tutta la mia stanchezza, il mio
scazzo, la pesantezza che mi sentivo addosso, evaporarono in un batter
d'occhio, spazzate via dal fuoco rovente della mia sacra rabbia. E fu
in un moto di pura stizza che le afferrai il viso con una mano,
stringendoglielo forte, deformandolo in una maschera grottesca. Le sue
guance erano molli sotto le mie dita, opponeva una blandissima
resistenza e mi fissava con gli occhi sgranati. Durò il tempo di
un respiro.
- A te non te frega niente se mi ammazzano, vero? Ti importa
solo che nessuno alteri l'equilibrio del tuo prezioso mondo delle
favole - mi avvicinai di scatto, il mio naso a pochi centimetri dal
suo, in fondo l'intenzione di spaventarla era piuttosto cosciente - Ma
quale equilibrio? - Non
gridai, scandivo le parole a voce bassa, lentamente, con i
denti stretti, sforzandomi di mascherare la mia ira -
Esiste solo nella tua testolina malata. Questa casa ci sta cadendo in
testa, non lo vedi? - Le tende si agitarono nella stanza chiusa, l'anta
dell'armadio cigolò per qualche istante. Aveva i lucciconi agli
occhi, stava per mettersi a
piangere di nuovo. Mollai la presa e mi alzai bruscamente
dandole spalle - Sei diventata una persona spregevole, Kasumi. E
il fatto che tu non ne sia minimamente consapevole non è un
attenuante. Mi fai vomitare. -Avrei davvero voluto sputarle in faccia.
E no, non credo fosse stata una mossa intelligente attaccarla in quel
modo, ma le alternative erano esplodere o sbottare. E poi in fondo era
dalla notte precedente che volevo togliermi quel sassolino dalla scarpa.
Per il momento l'avrei lasciata cuocere nel suo brodo, ma ci sarebbe
stato tempo successivamente per rinnovarle le mie promesse e la mia
lealtà. Ci voleva una saggia e ben bilanciata politica del
bastone e della carota. Anche se una vocina dentro di me aveva iniziato
a ripetermi "ma se lei è una persona spregevole, tu cosa sei
invece, Nabiki?" e un'altra vocina insisteva a rispondere "l'eroina e
la
vittima l'eroina e la vittima l'eroina..."
Sì, si, va bene. Abbiamo capito.
- Non sei
autorizzata ad uscire di qui fino a quando non te lo dirò io -
annunciai cercando di suonare quanto più fredda e distaccata
possibile.
Uscii
rapidamente dalla sua camera richiudendomi la porta alle spalle, quindi
passai per la mia stanza, presi la borsa, indossai un paio di
grossi occhiali scuri a goccia molto vintage che una volta avevo rubato
a un amico e scesi al piano di sotto a telefonare.
- Chiami Tofu? - chiese Akane apprensiva. Mi limitai a scuotere brevemente la testa.
- Pronto Akira? Hai da fare? Che ne dici se faccio un salto da te? -
Anche il mio di equilibrio aveva bisogno di essere salvaguardato.
Diedi rapide disposizioni sul da farsi - Kasumi era in punizione in camera sua,
non sarebbe uscita e nessuno doveva andare da lei, Happosai doveva
liberare la sua stanza e trasferirsi da papà che da lui avremmo
montato il laboratorio, alle nove e mezza Mousse avrebbe portato la
cena - comunicai che non sapevo a che ora sarei rientrata e me ne
andai lasciandoli un po' perplessi, o almeno così mi
sembrò di intuire dalle loro bocche mezze aperte, dalle
espressioni degne di pesci ben lessati e dalla quasi totale assenza di
commenti o reazioni in genere. Solo papà - neanche a dirlo - si
azzardò a chiedere timidamente: - Ma allora non hai fatto pace
con Kasumi...? - Mi faceva proprio cascare le braccia.
- È già tanto se non l'ho presa a schiaffi - risposi
distrattamente dalla porta mentre sceglievo quali sandali mettere.
Quelli rossi con la zeppa, senz'altro, s'intonano alla maglietta e stanno bene con la minigonna.
- Ma non ve ne preoccupate, sarebbe successo comunque, prima o poi. Non
è che una può passare tutta la vita ad incassare e
lasciar correre - aggiunsi quando vidi Akane avvicinarsi con
un'espressione di puro orrore dipinta sul viso. Volevo fosse chiaro che
la questione non aveva nulla a che fare con lei, se non
superficialmente. Ma quando infilata la porta mi voltai per richiudermela
dietro, con la coda dell'occhio la vidi coprirsi la bocca con tutte e
due le mani. Esitai. Mi dispiaceva troppo per lei, avrei voluto
parlarle con calma, ma non era il momento. Ora dovevo pensare un po' a
me.
E non guardarmi con quella faccia da io la so lunga, Minako. Che la zia Nabiki non sia stata una santarellina non è mai un segreto per nessuno, non
è che lo sai tu perché sei più sveglia degli
altri. Era stata una giornata che a definirla pesante si sfiorava il
ridicolo. Avevo in testa pensieri cupi, ero
passata in poche ore dal pensare che forse dovevo saltare gli esami di
ammissione e che magari avrei pure perso la casa, a temere che invece la casa
me la facessero cadere in testa, fino a dubitare di arrivare viva
alla settimana successiva per colpa di quel matto suicida del dottore.
Per scacciare l'angoscia non andavano bene i sistemi ordinari, non
valeva farsi una passeggiata, due chiacchiere con le amiche, attaccarsi
alla cioccolata. C'erano sono due opzioni che potevano funzionare:
affogare i dispiaceri
nell'alcol o andare a trovare Akira. Scelsi la seconda perché
alla salute ci ho sempre tenuto. E pure perché non mi sembrava
una buona idea ubriacarmi da sola con quello stato d'animo.
Akira era un bel tipo, in tutti i sensi. Uno di quei ragazzi
dotati di un fascino naturale, sicuri di sé senza
necessità di ostentarlo. Le buone maniere seducenti, senza
troppe parole, senza melassa. Si, insomma, Akira era un gran figo. Era anche un amico. E un rifugio. La persona a cui rivolgersi
quando era davvero necessario staccare la spina. Akira era la fonte
della discordia. Ex compagno di classe di Kasumi, era un tipo - come
dire - molto chiacchierato. E tutta la scuola aveva saputo quando io
avevo
avuto una tresca con lui. Se ne era parlato parecchio soprattutto
perché Akira non
andava mai con quelle più piccole. E io ero una del primo quando lui era
già in terzo. Kasumi aveva pensato che fosse stato un errore di
gioventù e mi aveva compatita quando le era stato chiaro che non
sarei
mai diventata la sua ragazza. Akira non aveva una ragazza. O
meglio ne
aveva tante, ma non stava con nessuna. Quello che Kasumi non sapeva era
che io ne ero sempre stata perfettamente cosciente e la cosa per
me
non rappresentava nessun problema. Così quando era venuto fuori
chissà
come che mesi dopo io continuavo a frequentare quel poco di buono
saltuariamente, era andata su tutte le furie. O meglio era rimasta
orribilmente delusa. Aiya! Ma che ci potevo fare? Io ero un po' una
versione femminile di Akira, ma di me si rumoreggiava meno perché io
avevo un'altra regola. Non coi i ragazzi della tua scuola. Akira era
stata l'unica eccezione perché mi piaceva parecchio. L'avevo scelto per
essere il primo perché aveva una buona reputazione. E poi era una sorta di sfida, gli avrei fatto
infrangere la sua regola ferrea. Ingannare uno così non era una cosa da
poco. In quanto alla mia di regola, dall'anno successivo sarebbe stata
di nuovo al sicuro perché Akira sarebbe diventato uno studente
universitario. Si poteva anche fare.
Ai tempi della Furia della Casa Stremata frequentava il secondo anno di una facoltà
artistico-tecnologica di qualche tipo alla Todai e viveva da solo in un
appartamento in un bel complesso di palazzine di recente costruzione
poco lontano dal campus. Era di famiglia ricca. Beato
lui. Io, ammesso che fossi riuscita ad entrarci all'università,
ammesso che mio padre non fosse andato in banca rotta e che fossi
sopravvissuta, avrei potuto aspirare al più a una stanza nel
dormitorio femminile. O questo almeno era quello che credevo allora.
Per andare da lui dovevo prendere il treno e attraversare mezza
città. Ci voleva quasi un'ora, per tornare indietro, ovviamente,
idem. Probabilmente non sarei arrivata prima delle otto e non mi sarei potuta trattenere a lungo. Ma non importava.
Prima di intraprendere la via del ritorno, mi feci coraggio e chiamai
il Nekohanten. Per fortuna rispose Mousse. Ordinai la cena per otto
persone, che la portasse il prima possibile e che mi aspettasse
lì. Avrei fatto tardi, io e Kasumi avremmo mangiato il cibo
freddo quella sera, poco male.
Poi chiamai Tofu, gli dissi che non ero arrabbiata, no, ero
semplicemente furiosa. Ma non era il caso di parlarne per telefono. Era
meglio se veniva direttamente a casa nostra verso le dieci con
tutta l'attrezzatura, per quell'ora sarebbe tornata la vicina che gli
prestava la macchina, sì? Ovvio che sì, ma non era
necessario aspettare perché per trasportare tutta quella roba si
era fatto dare un furgone da un amico. Peccato, doveva aspettare lo
stesso.
- E come mai? -
- Fatti un pacco di cavoli tuoi, dottore. -
Ok, era tempo di tornare nella mischia, ma almeno la giornata non poteva più dirsi una schifezza totale. Mi
avviai verso casa con il cuore più leggero. Il sole era appena
tramontato e il cielo si era tinto di mille colori. Se
quelli dovevano proprio essere i miei ultimi giorni, ero decisa a fare in modo che almeno
non fossero un inferno. Sul treno mi sforzai di tenere gli occhi fissi
sul finestrino senza permettere a niente e nessuno di distogliere i
miei pensieri dai piacevoli momenti appena vissuti. Tanto non
avrei avuto bisogno di pianificare nulla, potevo tranquillamente
improvvisare. In ogni caso la situazione sarebbe rimasta sotto
controllo, mi avrebbero dato retta e avrebbero rigato dritto tutti
quanti, altrimenti me ne
sarei andata da Akira per sempre. Più o meno. Invece,
miracolosamente,
andò tutto come avevo sperato. Al mio
rientro trovai ad aspettarmi la bi-famiglia al completo, incluso
Happosai che aveva diligentemente sgomberato la sua stanza
impiantandosi da papà, che già piangeva al solo pensiero
di quella convivenza forzata. Anche Mousse era in diligente
attesa ed aveva perfino messo da parte per me e Kasumi due menù
speciali di pietanze che posso essere consumate fredde senza troppi
inconvenienti. Tofu mi venne in contro all'ingresso con il passo
svelto e l'aria nervosa di chi ha fretta di chiarire o magari scusarsi.
Lo accolsi con un'occhiata severa, secondo le mie intenzioni, o
piuttosto assassina a giudicare dalla sua reazione. Una cosa per volta,
prima di tutto mi sarei occupata di Kasumi e avrei cenato che stavo
morendo di fame. Era stato davvero una serata troppo movimentata
perché il misero spuntino del pomeriggio potesse essere anche
lontanamente sufficiente. Non avevo neanche pranzato! Mi girava la
testa.
Appurato che la sorellona non era uscita dalla sua
stanza se non per un brevissima puntatina al bagno di servizio del
piano di sopra e che non era stata informata della mia prolungata
assenza, decisi che era giunto il momento di riprovare a parlarle.
Prima di salire le scale, per darmi coraggio, tentai di imitare le
mosse degli All Black tenendo in equilibrio il vassoio con i viveri per
la reclusa, tra le risate generali. Era davvero indispensabile
alleggerire l'atmosfera.
Entrai senza bussare.
- La cena. È fredda ma commestibile. - Ovviamente non rispose.
Depositai il vassoio sulla scrivania. Gli avrei fatto un breve
discorsetto e me la sarei filata rapidamente, senza darle il tempo di
riattaccare bottone.
- Volevo solo farti sapere
che per quanto mi riguarda la promessa che ti ho fatto è ancora
valida, indipendentemente dall'accordo con Joketsuzoku. Solo prove
chimiche e al più qualche domanda d'ordinanza qua e là
per trovare l'incenso del karma giusto e risolvere il nostro problema.
Il fatto che abbiamo firmato col sangue un documento in cui
ammettiamo... uhm... che la situazione potrebbe essere risolta per
altra via, non implica minimamente che qualcuno si sia impegnato a
percorrerla. Ti dirò di più, non credo affatto che
sarebbe possibile, non nei tempi che la Furia della Casa Stremata ci
impone. E so per certo che Tofu la pensa come me. D'altra parte, la
formula chimica dell'incenso che troveremo fornirà alle vecchie
megere del Consiglio tutte le prove necessarie a scagionarci. Per me
questo è quanto. Tu poi fai un po' come ti pare. - Stavo per
andarmene quando mi ricordai di farle un'ultima raccomandazione: - Cena
pure con calma, c'è il buon dottore di sotto che è venuto
per montare i macchinari, quindi è meglio se resti qui ancora un
po', se non vogliamo che monti i pezzi alla rovescia condannandoci a
morte certa, ok? Vengo a chiamarti io quando se ne sarà andato.
-
Nulla da eccepire, i monologhi mi riescono decisamente meglio dei
dialoghi.
- Nabiki...? - come non detto.
- Sì? -
- Hai un buon profumo. Hai cambiato shampoo? Odori come di... bagnoschiuma da uomo. -
Che attaccabrighe, perdiana!
Me ne tornai di sotto, senza risponderle. Tofu e gli altri avevano
iniziato a costruire tutto quell'ambaradan, ovviamente col mio permesso, e tutto
sembra procedere tranquillamente. La stanza di Happosai era spaziosa,
naturalmente ventilata, ma soprattutto facile da evacuare. Purtroppo
dovettero bucare la parete per rendere operativo il sistema di
aspirazione, ma per il resto era perfetta. Mangiai il mio cibo con
gusto, senza fretta. Dopodiché andai a chiamare Tofu. Non gli
dissi neanche una parola, bastò un quasi impercettibile cenno,
un sopracciglio arcuato in modo eloquente, perché mi seguisse in
giardino.
============================================================
N.: Ma si può sapere che ti è saltato in testa?!
T.: Perché?
N.: Perché?? E c'è da chiederlo?! È un azzardo enorme quello che stiamo facendo!
T.: Ti riferisci al fatto del 50%? Ma se anche tu...
N.: Io non ho mai sparato
percentuali! Ma soprattutto non mi sarei mai azzardata a scommetterci la
mia vita! La mia vita, nostra vita, dottore! C'è da essere
completamente fuori di testa... andati.... partiti... suonati del tutto.
T.: Non credere. Ti parlo da
medico di famiglia che conosce gli abitanti di questa casa da parecchio
tempo, ma anche da uomo che è stato un'adolescente timido ma non
per questo insensibile al fascino femminile.
N. [quasi non si sente]: Perché invece adesso è scafato...
T.: Come?
N.: No, niente.
T.: Dicevo, non hai nulla di cui preoccuparti, vedrai. So quello che dico. Puoi dormire sonni tranquilli.
N.: Beh, insomma...
T.: Già, certo. Piuttosto stai attenta a non esagerare con quelle medicine.
N.: Non sono io quella con le
manie suicide. Io non voglio morire, caro Tofu. Non voglio morire
avvelenata dalle tue droghe, ma neanche schiacciata dalla casa che si
schianta, fulminata dall'asciugacapelli o strangolata dal bollitore, e
neppure giustiziata in un posto dimenticato dalla civiltà tra le
montagne cinesi, e nemmeno strangolata nel sonno da Kasumi.
T. [ridendo]: E perché mai Kasumi dovrebbe soffocarti nel sonno?
N.: Non ne hai idea, dottore, non ne hai davvero idea...
T.: Seriamente, sulle altre possibili cause di morte non mi esprimo, ma
riguardo Joketsuzoku quella che abbiamo fatto è una scommessa
vincente. Le prove le avrai presto, dal laboratorio e per qualche altra
via. Devi stare tranquilla e fidarti di me.
N.: Ci proverò.
T.: Comunque, non è che avessi molta scelta. Se non gli avessi
dato un buon motivo per cui Cologne avrebbe potuto agire in maniera
scorretta, non ci avrebbero mai offerto la loro protezione. E un 50% o
più di responsabilità a carico del futuro marito di sua
nipote è per la vecchia Obaba una ragione assolutamente più che valida per
passare sopra a pressoché qualsiasi norma etica, di
onorabilità o anche di buon senso.
N.: Non ne dubito, ma un 40% lo sarebbe ugualmente...
T.: Non secondo il Consiglio del suo villaggio.
N.: Speriamo solo che...
T.: Tranquilla, davvero. Sono un medico, ricordi?
N.: E questo cosa c'entra?!
T.: Merito fiducia, no? [pausa con sospiro di entrambi] Conosco i miei
polli, Nabiki. Dammi retta e vai serena per la tua strada.
N.: Non credo di avere alternative.
======================================================
Così ce ne tornammo dentro. Non che mi sentissi molto
rassicurata, ma diciamo che avevo scelto di non angosciarmi più
dello stretto indispensabile. Chi vivrà vedrà, m'ero
detta. Alla fine, come dice quel vecchio detto messicano, se il tuo
problema ha una soluzione, perché ti preoccupi? Se il tuo
problema non ha una soluzione, che ti preoccupi a fare? E tanto ormai
la frittata era fatta.
Fu allora che mi resi per la prima volta conto di una cosa
meravigliosa. Mentre io e Tofu attraversavamo quello che restava del
salone, dalla stanza di Happosai sentimmo delle grida e dei rumori
strani. Accorremmo sul luogo del misfatto e ci trovammo di fronte uno
spettacolo stravagante, l'ennesimo. I pezzi degli strumenti che i
nostri si accingevano ad assemblare avevano preso a sfrecciare
ovunque, velocissimi, mentre le apparecchiatura già montate
vibravano, sembravano fremere per andare in frantumi, ogni parte dava
l'idea di volersi liberare dalle altre.
- Che accidenti avete combinato?! - non ricevetti risposta. Seguendo
la lezione dell'ultima
volta nessuno stava reagendo, ma anche solo schivare quei proiettili
improvvisati non era impresa facile, ma non era certo questa l'unica
ragione per la quale non potevano fornirmi una spiegazione
soddisfacente sul momento. Ci avrei impiegato due giorni per scoprire
cosa avesse scatenato quel delirio dal nulla. Certo era affascinante.
Come potevano i mutevoli umori umani sprigionare una potenza simile? Davvero incredibile. Non so cosa mi spinse a farlo,
forse la curiosità, probabilmente ero semplicemente sovrappensiero, sta di fatto che entrai nella stanza. Feci
un solo passo, ma tutti lo notarono immediatamente. La velocità
di volo di quei bolidi si era
decisamente ridotta. Azzardai un altro passo. Fissavo gli oggetti in
volo attentamente, sperando di capire cosa stesse accadendo, ma non ci
serviva tutta quella concentrazione per capire che si stavano fermando.
Anche gli strumenti sul tavolo da lavoro. Avevano smesso di vibrare.
No, non ci serviva molta concentrazione per capirlo, ma forse... forse
la concentrazione era servita a placare quel trambusto? Ero stata io a
riportare la calma? Tofu era rimasto fuori, quindi lui non c'entrava.
Che avessi dei super poteri? Quando la risata stridula di Happosai
arrivò ai miei timpani, quasi perforandomeli, capii che doveva
esserci una spiegazione più triviale.
- E brava Nabiki-san! Se non ci pensi tu a riportare un po' di energia positiva qui dentro, chi vuoi che lo faccia? -
- E già! - aggiunse Tofu con un sorriso a trentadue denti - Sei
la persona giusta per venirne a capo. Vedrai, ne uscirai vittoriosa. -
C'era un pezzo di tubo che ancora galleggiava in un angolo vicino al
soffitto. Gli puntai un dito contro e poi, accompagnando il gesto del
braccio con lo sguardo, lo feci muovere, fino a posarlo sul tavolo da
lavoro. Fantastico. Semplicemente strabiliante. Doveva essere merito del karma
positivo acquisito quel pomeriggio e non un potere intrinseco mio, ma era
ugualmente elettrizzante.
- Wow! Sono forte! - esclamai euforica. Erano rimasti tutti basiti.
- Perché saresti forte? - domandò perplessa la voce di
Kasumi alle mie spalle. Kasumi?! - Ho sentito delle grida e sono scesa
a vedere... -
- Ka... Ka.. Kasumi.... - blaterò un Tofu color pomodoro maturo,
il cui ki
in stato confusionale lottò tenacemente contro il
super equilibrio zen del mio rischiando di creare un nuovo macello. Lo
spinsi fuori - Vattene a casa, doc, che si è fatto davvero tardi
e qua adesso non ci sei di nessun aiuto. - Tentò di protestare -
Ka... Ka... Kasumi... - ma gli assicurai che avremmo finito il lavoro
senza
di lui, tanto c'erano le istruzioni.
Di individui più emotivamente inetti probabilmente non ce n'è su tutto il pianeta.
- Ma che è successo? -
- Pensa per te, Kasumi - ci mancava solo - Hai finito di cenare? Bene,
allora ti preparo un bagno così te ne vai a letto tranquilla. -
- Un bagno? Ma se l'acqua fa tutte quelle cose strane... -
- Non ti preoccupare, non c'è problema. -
- Eh..? -
- Beh, ti ricordi l'odore che hai sentito prima? - le chiesi circondandole le spalle con un braccio con fare complice
obbligandola a chinarsi un po' mentre ci avviavamo verso la sala da
bagno - Lo senti ancora, no? Non è bagnoschiuma. È un
incenso speciale che mi ha dato il dottor Tofu, mi sono rotolata un per
un po' trai suoi fumi. Mi ha conferito un potere speciale che mi
permette di stabilizzare piccole zone della casa. -
- Veramente? Dicevo io che non poteva essere bagnoschiuma da uomo! -
- Ah ah. -
- Stupendo! Ma allora usiamolo tutti, no? Saremmo molto più al sicuro! -
- Ehm... non si può. -
- E come mai? -
- Beh, ecco, è compatibile solo con il mio ki. -
- Ah, che peccato... Quindi questo potere speciale puoi averlo solo tu? -
- Più o meno. -
- Comunque meglio di niente, sarà senz'altro di grande aiuto. -
- Certamente. -
- E così sei diventata una specie di super eroe... E non hai pensato a dargli un nome a questo tuo super potere? -
Che ne diresti di Akira Power?
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Che zia degenerata che sono. Ho steso la nipotina con una birra prima
ancora di farla cenare. Se lo sapesse sua madre... se sapesse cosa le
sto raccontando, tutte le cattiverie che vado dicendo... Che poi
è tutto verissimo, ci mancherebbe! Ma certo che la impacchettavo
in milioni di frottole. A mia discolpa posso dire che ne andava della
mia sopravvivenza. Kasumi era così pesante, così
asfissiante... così mal fidata! Invece di me c'è
sempre stato da fidarsi. Per esempio adesso. È vero che l'ho
fatta bere, la ragazzina qui, ma solo un pochino. Che ci posso fare io
se certa gente figlia di genitori astemi non regge mezza lattina di
birra a quindici anni. Quindici anni non son mica così pochi,
no? Con quello che combinavo io alla sua età. È
anche vero che le sto raccontando una storia delicata, ma applicando
una censura rigidissima. Ci ha provato a chiedermi qualche particolare
in più sulla mia capatina a casa di Akira, ma io niente.
Inflessibile. Ovviamente. Mica vado a sbandierare i fatti miei, con
tanto di dettagli, ai quattro venti. Anche se sono cose vecchie di
quasi vent'anni. Io sono sempre io. Ed Akira è sempre Akira.
Credevo saremmo rimasti amici per sempre, invece poco dopo si è
trovato una fidanzata gelosa che l'ha obbligato a tagliare i ponti con
tutte le sue vecchie amiche. Non posso dire che non la capisca,
ma aveva promesso di venirmi a trovare a New York. Li avevo
invitati entrambi, lui e la sua nuova tipa. Invece niente. Questi
bellocci che se la tirano tanto che loro non si legano, che sono liberi
e indipendenti, poi alla fine si fanno mettere i piedi in testa da
femmine tiranne, se li accattano sempre quelle più streghe. Ai
tempi però non c'era ancora nessuna fidanzata in vista e ce la
potevamo spassare tranquillamente. C'era dell'ottima chimica tra noi.
Ahi, Akira...
Quando arrivai al cancello del cortile mi rispose prima ancora che citofonassi.
- Ti ho vista arrivare, ti vengo incontro, - la sua voce allegra
attraverso il microfono riuscì subito a scacciare un po' del mio
malumore. O forse dovrei dire terrore, perché sotto casa sua ci
arrivai con un nodo in gola e tremando di paura. Avevo solo diciotto
anni e di riflettere seriamente sull'idea di poter morire non mi era
mai capitato. Sulla morte sì, era da quando avevo perso mia
madre che mi capitava di pensarci. Ma in termini così concreti,
l'eventualità che qualcuno mi tagliasse la testa, ecco, quella
non l'avevo proprio mai contemplata prima. Quello che avevo dentro era
un turbinio di emozioni, paura, rabbia, frustrazione, ma anche tanta
incredulità. Ce l'avevo con tutti e con nessuno. Mentre
percorrevo il tragitto che mi aveva portata lì, la mia corazza
era andata disgregandosi. Distrutta, in frantumi. Così mi ero
presentata al mio amico come mai avrei voluto. Non solo avevo un occhio
nero, ma stavo piangendo e tremavo.
- Nabiki Tendo
in tenuta estiva! Wow! Era un secolo che non ti facevi viva... ma
che t'è successo? - Quel poveretto doveva aver pensato che mi
avessero aggredita o robe del genere.
- Niente! - sbottai io tra le lacrime - C'è solo un branco di
vecchie cinesi psicopatiche che mi vuole giustiziare, il nostro medico
che vuole che ci suicidiamo insieme, mia sorella Kasumi che non vede
l'ora di vedermi morta, mio padre che non capisce niente, Akane e il
suo fidanzato che sono due ritardati mentali e casa nostra che ha
deciso di seppellirci vivi! - sputai fuori tutto, senza prendere fiato - E no, non sono pazza, se è questo che stai pensando - ruggi un po' fuori di me. Ma appena
aprì il cancello e fu
a portata di mano gli gettai le braccia al collo intimandogli, ma era
quasi più una supplica, di non fare domande, soprattutto sul mio
occhio e di non chiedermi indietro gli occhiali per il momento che ne
avevo troppo bisogno. Devo dire che non ci fu bisogno di insistere.
Spiccai un debole salto e col suo aiuto gli allacciai le gambe attorno
la vita e mi feci portare dentro l'edificio, verso l'ascensore.
- Devo avere un aspetto orribile... - brontolai mentre l'ascensore
saliva lentamente gli interminabili ventitré piani che ci
separavano dal suo appartamento e io scendevo da quella posizione
abbarbicata su di lui.
- Solo la tua faccia, Tendo. Il resto è perfetto come sempre. -
La risposta arrivò insieme a un buon pizzicotto sul sedere.
Aveva humour il
bell'Akira, mi piaceva anche per questo. Di fatti, mi
strappò un sorriso, e risvegliò la civetta mai del tutto
sopita che albergava - e forse alberga tutt'ora - in me. Gli strofinai
il naso sul collo, poi avvicinai le labbra al suo orecchio: - Allora
vorrà dire che per oggi dovrai guardare altrove... - sussurrai.
Il campanello che segnalava l'arrivo al piano ci sorprese avvinghiati.
Raggiungemmo la porta senza separarci, Akira prese le chiavi dalla
tasca dei pantaloni ed entrammo.
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