Under the Devil's Eye

di Iris214
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 3: *** Psycho Killer ***
Capitolo 4: *** Riunioni di famiglia ***
Capitolo 5: *** Trick or treat? ***
Capitolo 6: *** Sammy ***
Capitolo 7: *** Black holes and revelations ***
Capitolo 8: *** Guardarsi dentro ***
Capitolo 9: *** La carezza del Diavolo ***
Capitolo 10: *** Il Male ti osserva ***
Capitolo 11: *** Joel ***
Capitolo 12: *** Bloody night ***
Capitolo 13: *** Love never ends ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo



«Allora, piccola peste, ora che sai come stanno le cose... che intendi fare?»
Katherine smise di giocare con una ciocca dei suoi capelli e guardò Kol dritto negli occhi. Lui la stava fissando già da un po', con un mezzo sorriso sulle labbra, intento a chiedersi a quale gioco la sensuale vampira stesse giocando quella volta. «Se vuoi che ti risponda, non chiamarmi più in quel modo.» Le disse in tono deciso, ma senza smettere di sorridere. Katherine alzò gli occhi al cielo e scrollò le spalle. Non aveva mai direttamente avuto a che fare con il più giovane degli uomini di casa Mikaelson, ma Elijah le aveva parlato di lui tante volte. Sapeva, quindi, di trovarsi di fronte un tipetto piuttosto lunatico, violento e, a quanto pareva, decisamente permaloso. Mosse alcuni passi in direzione del vampiro fino ad azzerare ogni distanza tra loro, poi appoggiò una mano sul petto di lui, accarezzando piano la stoffa della sua camicia blu. «Joel ottiene sempre ciò che vuole...»
«Joel dovrebbe essere morto, per quel che ne so!»
Ora la mano di Katherine era stretta in quella di Kol. Le dita del vampiro le cingevano il polso in una morsa che alla ragazza sembrò d'acciaio. E faceva male. Kol si rese conto della sofferenza sul volto della vampira, e sul suo comparve un'espressione divertita. Lei, però, non accennò a divincolarsi, al contrario continuò a fissare gli occhi scuri del ragazzo con aria severa. «Non ho passato quasi un secolo chiusa in una bara, Kol. Tu sì. Joel è vivo, credimi, l'ho visto con i miei occhi. E presto farà visita a te e al resto della tua famiglia. E' disposto a tutto pur di ottenere quella dannata pietra!»
Kol serrò la mascella e strinse il polso di Katherine ancora più forte, facendolo addirittura scricchiolare. Un gemito di dolore sfuggì al controllo della ragazza e lui mollò improvvisamente la presa. Vederla sofferente era uno spettacolo unico nel suo genere, ma per il momento poteva bastare. Katherine prese a massaggiarsi il polso, mentre il vampiro sostava sempre di fronte a lei, con le braccia incrociate al petto. Pensieroso. Non sapeva se credere a ciò che Katherine gli aveva raccontato e, d'altra parte, la vampira non era certo famosa per la sua lealtà o sincerità.
«Ho cose più importanti a cui pensare, quindi...»
«Più importanti della tua stessa vita? Non credo. Avrai corpi da squartare a volontà quando questa storia sarà finita. Ma se non impedirai a Joel di ottenere la pietra lui...»
«Te l'ho detto, Katerina, non so niente della pietra, potrebbe anche non esistere per quel che mi riguarda. Ma se anche tu stessi dicendo la verità, perché lo stai facendo? Cosa pensi di ottenere tu da tutta questa storia?»
Lei restò per un attimo in silenzio, poi abbozzò un sorriso. «Joel non esiterà a fare fuori te e i tuoi fratelli pur di riuscire nel suo intento. Raccontandoti tutto ti sto dando un vantaggio, ma non solo. Joel non può mettere le mani su quella pietra perché, se così fosse, diverrebbe la creatura più forte dell'intero pianeta e noi altri saremo costretti a prostrarci al suo volere come miseri schiavi.»
Detto questo, si voltò e raggiunse l'uscio della stanza. «Io desidero solo essere libera, Kol. Ho già passato l'intera esistenza sfuggendo alla vendetta di Klaus, non intendo divenire una marionetta nelle mani di Joel. E credo che nemmeno tu lo voglia.» Aggiunse, girando la maniglia della porta. La aprì ma, prima di uscire dalla stanza, si voltò e guardò ancora una volta il vampiro negli occhi. «Pensa a quello che ti ho detto. Tornerò presto a trovarti e spero che ciò che mi dirai sarà quello che voglio sentire.» Disse, prima di sparire nel buio del corridoio. Kol non si mosse di un millimetro, ma aveva i pugni stretti e l'anima inquieta. Se davvero Joel era in viaggio verso Mystic Falls, per lui e la sua famiglia le cose stavano per mettersi piuttosto male. Ma cosa avrebbe potuto fare? Per secoli aveva creduto che l'Occhio del Diavolo fosse solo una leggenda e ora, invece, la sua vita era addirittura in pericolo per qualcosa che non aveva mai visto né toccato.

 

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Ed ecco finalmente il seguito di "Between Blood and Love", mia prima storia in questo fandom.
Posterò il primo capitolo a breve e in seguito, impegni permettendo, cercherò di aggiornare con cadenza settimanale.
Ringrazio ancora i miei recensori e tutti i lettori, ho apprezzato davvero i vostri commenti e i consigli e adesso spero di ritrovarvi tutti qui per questa nuova avventura :)

P.s. Il volto di Joel è quello di Nikolaj Coster-Waldau.

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Capitolo 2
*** Ritorno a casa ***


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Ritorno a casa


Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l'ho scordato.
Walt Whitman


La mia vacanza on the road insieme a Stefan è giunta al termine. Tra meno di un'ora Mystic Falls comparirà all'orizzonte e devo ammettere che, nonostante il viaggio sia stato fantastico, sono eccitata dall'idea di rivedere Damon, Matt, di dormire nel mio letto (quelli degli alberghi sono scomodi e sporchi, anche se può non sembrare) e di sapere cosa è successo in città durante la mia assenza. No, non ho scritto il nome di Kol nell'elenco delle persone che intendo rivedere, ma ciò non significa che l'abbia dimenticato. Credo che l'unico modo per non pensarci, per cancellare i miei sentimenti per lui, sia quello di farmi soggiogare. Forse dovrei sinceramente prendere in considerazione l'idea, senza limitarmi a ipotizzare, perché, e sono sincera, immaginarlo chissà dove, magari in compagnia di qualcun'altra, bello e sorridente, senza più traccia di me nei suoi pensieri, mi fa stare male. E io, inutile dirlo, detesto stare male.
Stefan sta cantando a squarciagola, lo ha fatto per quasi tutto il viaggio di andata e non ha avuto pietà delle mie orecchie nemmeno sulla strada del ritorno. Non ricordavo fosse così stonato. Però è dolce, è il fratello che tutte vorrebbero avere. Passare del tempo con lui mi ha fatto bene, Stefan sa sempre come farti sorridere, infonde sicurezza e tranquillità. Basta una sua parola e ti senti capace di ogni cosa, perfino di conquistare il mondo. Credo che stia ancora soffrendo molto, che ami Elena infinitamente e che mai smetterà di volerle bene. Credo. Perché lui non te lo dice, lui nasconde il suo dolore dietro caldi sorrisi. Ma sono i suoi occhi a parlare. Se non stesse tenendo il volante, lo abbreccerei forte! Di rischiare, però, non è il caso, e non per paura di un incidente, in fondo siamo immortali, ma solo perché Damon andrebbe su tutte le furie se gli distruggessimo la sua adorata Camaro. Il mio fratellone. Tra un po' lo rivedrò, tra un po' sarò di nuovo a casa.

«Ehilà! Chi si rivede!» Damon non fece in tempo ad aprire la porta che si ritrovò le braccia di sua sorella intorno al collo. La strinse a sé per un po', mentre Stefan varcava la soglia della pensione e si liberava delle borse, lasciandole sul pavimento dell'ingresso. I due ragazzi restarono a guardarsi per qualche secondo, in silenzio, poi Stefan sorrise e si avvicinò a suo fratello. «Forse non dovrei dirlo, ma mi sei mancato.»
Damon sembrò sorpreso da quella dichiarazione. «Anche tu. E... forse non dovrei farlo, ma...» Il maggiore dei Salvatore accennò un sorriso, prima di abbracciare suo fratello.
Liza si fece da parte, felice, per permettere ai due ragazzi di godersi quel momento senza interferenze. Non capitava spesso che i suoi fratelli si lasciassero andare a slanci così affettuosi, anche se un tempo, prima che Katherine entrasse nelle loro vite, prima di morire e di rinascere vampiri, quei gesti tra di loro erano all'ordine del giorno.
Percorse il corridoio fino al soggiorno, si guardò intorno, poi appoggiò lo sguardo sul dipinto che le aveva regalato Klaus e sorrise. Desiderava rivederlo.
«Qualcosa mi dice che stai per chiedermi di lui...»
Liza si voltò e Damon era proprio dietro di lei, con le braccia incrociate al petto e un sorriso sghembo sulle labbra. «Stef ha portato le valigie al piano di sopra. Puoi parlare liberamente.» Ammiccò. Liza scosse la testa. «Non ho segreti per Stefan, non più. Dopo ciò che è successo qualche mese fa, mi sono ripromessa di essere sincera anche con lui. Se lo merita.»
Damon annuì. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, gli faceva piacere constatare quanto quel tempo trascorso insieme avesse fatto bene sia a lei che a Stefan. «Quindi... sa tutto. Sa di Kol, intendo.»
«Sì, sa anche di Kol.»
«E cosa pensa a riguardo? No, aspetta! Posso immaginarlo. Dopotutto, Stefan è un accanito sostenitore del libero arbitrio!» Ridacchiò, prima di raggiungere la sua poltrona e sprofondarvi dentro. Liza lo seguì con lo sguardo, rimanendo immobile. «Sapermi innamorata di lui non gli ha fatto piacere, ovvio. Io, però, sono in grado di gestire i miei sentimenti, Damon. E Stefan lo sa.»
Il vampiro ridusse gli occhi a due piccole fessure. Ricordava ciò che Liza gli aveva detto prima di partire: la storia con Kol era chiusa. Ma poteva realmente crederci?
«Vuoi, forse, dire che non senti il desiderio irrefrenabile di sapere dov'è, cosa sta facendo in questo momento o di correre da lui?»
Liza avrebbe voluto rispondere di sì, avrebbe voluto dire a Damon che non ci pensava più, che non le importava più niente di Kol, che voleva solo dimenticare. Ma sarebbe stato come mentire e lei non voleva mentire. «No. Non intendo questo quando dico che posso gestire i miei sentimenti. Sono ancora innamorata di Kol e... sì, vorrei tanto sapere dove si trova adesso per poter correre da lui. Ma non lo farò. Sono intenzionata a dimenticarlo, anche se dovesse volerci un secolo.»
Damon sorrise soddisfatto. Liza era stata sincera, ma sentiva che lo era anche quando affermava di volersi buttare tutto alle spalle. «Qualcuno ci sta riuscendo alla grande, sai?»
Liza guardò suo fratello inarcando un sopracciglio. «Che vuoi dire?»
Damon si rimise in piedi e azzerò la distanza da sua sorella. «Ultimamente Klaus è molto preso da Caroline. In realtà, lo era già da prima che tu tornassi in città. Durante la tua assenza... si sono riavvicinati.»
Ascoltando le parole di Damon, Liza provò un senso di smarrimento. Se da un lato era felice per Klaus, dall'altro si sentiva quasi tradita. Damon se ne rese conto e appoggiò entrambe le mani sulle spalle della sorella. «Liza è un bene che ti stia lontano. La sua vita è legata alla tua e nessuno gli torcerà mai un capello, ma devi dimenticarti anche di lui. I Mikaelson portano solo guai.»
La vampira annuì, consapevole di quanto Damon fosse nel giusto. Ma non sarebbe stato facile trasformare in realtà i buoni propositi. Klaus era interessato a Caroline? Okay, se lui era felice così, lo sarebbe stata anche lei. Ma come poteva escludere dalla sua vita l'uomo che tanto l'aveva sostenuta e aiutata? Non poteva. E non lo avrebbe fatto.
Stefan entrò in soggiorno, distogliendola dai suoi pensieri. Teneva tra le mani la fotocamera digitale, quella con cui aveva immortalato i magici momenti della loro vacanza insieme. Il ragazzo si avvicinò a Damon e gliela porse. «Immagino sarai curioso di vedere quanto ce la siamo spassata in questi mesi!» Esclamò col sorriso sulle labbra. Damon inarcò un sopracciglio, poi afferrò la fotocamera e cominciò a scorrere le varie fotografie sul display. «Carine... e tu, fratello, mai un capello fuori posto, eh!» Ridacchiò. Liza fece lo stesso, poi si avvicinò a Stefan, appoggiò una mano sulla sua schiena e l'accarezzò dolcemente. «Vi lascio soli. Anche voi due avete bisogno di trascorrere un po' di tempo insieme.» Ammiccò. «Io esco a fare una passeggiata. Ci vediamo più tardi!»
Così dicendo, si incamminò verso l'uscita ma la voce di Damon la raggiunse.
«Liza, non metterti nei guai!»
Lei gli rivolse un'altra piccola occhiata colma d'affetto, prima di richiudere la porta della pensione alle sue spalle.

Camminò senza meta per quasi mezz'ora, stretta in una felpa rosa. Aveva ancora addosso i vestiti del viaggio quindi, oltre alla felpa, indossava un paio di jeans scoloriti e scarpe da ginnastica bianche. I capelli, invece, le ricadevano liberi sulle spalle, mossi appena dal vento che soffiava su Mystic Falls. Liza respirò quell'aria, immaginando fosse la stessa che, in quel momento e da qualche altra parte, stava accarezzando il viso e il corpo del ragazzo che amava. Ma dov'era Kol? Non riusciva a smettere di chiederselo, nonostante la consapevolezza che fosse sbagliato. Doveva augurarsi che fosse lontano, il più lontano possibile, invece continuava a cercarlo con gli occhi, scrutando ogni angolo di strada, con la speranza che, da un momento all'altro, il vampiro le si parasse di fronte e cominciasse a prenderla in giro e a sorriderle come solo lui sapeva fare. Il sorriso di Kol era unico, sensuale e fastidioso al tempo stesso, e le era mancato tanto. Forse troppo. Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò nei pressi del Grill. L'ultima volta che c'era stata, per poco non aveva ammazzato Matt. Fu proprio la voce del ragazzo a distoglierla da quel pensiero.
«Liza, sei tornata!» Matt lasciò il sacco della spazzatura nel cassonetto e le andò incontro col sorriso sulle labbra. Lei ricambiò quel sorriso, felice di rivederlo.
«Matt... quanto mi sei mancato!» Esclamò, gettandogli le braccia al collo. Il ragazzo la strinse a sé, poi la guardò dritto negli occhi.
«Anche tu. Avrei voluto esserci io al posto di Stefan!» Ammiccò, prima di mettersi a ridere. Anche Liza rise divertita. Poi Matt la invitò ad entrare nel locale e lei accettò di buon grado. Si avvicinò a uno dei tavolini e si mise a sedere. Matt prese un paio di birre dal frigo e la raggiunse, prendendo posto di fronte a lei. «Allora? Com'è andata la vacanza?»
«Meravigliosamente bene! Stefan è un ottimo compagno di viaggio, anche se non si direbbe.» Ridacchiò. «Ha una personalità tendenzialmente malinconica, ma quando si lascia andare... pensa che è capace perfino di cantare a squarciagola! Peccato che sia decisamente stonato.» Rise ancora, stavolta insieme a Matt. La risata, però, le morì sulle labbra, quando vide Klaus varcare la soglia del Grill in compagnia di Caroline. Matt se ne accorse, si voltò e notò anche lui i nuovi arrivati. Poi tornò a guardare Liza che, dal canto suo, cercava di nascondere il suo stato d'animo con scarsi risultati. Non era innamorata di Klaus, ma non riusciva a spiegarsi il motivo di quella sensazione negativa. Era, forse, gelosa delle attenzioni che l'ibrido rivolgeva alla vampira bionda? Probabilmente sì, e si detestava per questo. Klaus, tenendo Caroline sottobraccio, si avvicinò al tavolo che ospitava Matt e Liza, rivolgendo a quest'ultima uno sguardo molto intenso.
«Liza... non sapevo fossi tornata in città.»
Liza strinse con forza tra loro le mani appoggiate sul suo grembo. «Sono appena tornata, Klaus.» Poi rivolse uno sguardo sorridente a Caroline. «Ciao, Care.» Aggiunse. Caroline annuì, poi lasciò andare il braccio di Klaus e afferrò quello di Matt.
«Quasi me ne dimenticavo! Devi darmi quella cosa, ricordi?»
Matt aggrottò la fronte, completamente spaesato. «No... di che parli?»
«Vieni con me!» Incalzò lei. «Scusateci un secondo!» Aggiunse, facendo l'occhiolino a Klaus e tirandosi letteralmente dietro Matt. Liza, perplessa, li osservò allontanarsi. Klaus abbozzò un sorriso, ma anche lui non sapeva cosa pensare. Stranamente.
«Posso?» Chiese a Liza, indicandole la sedia su cui fino a due secondi prima era seduto Matt.
«Certo.» Rispose lei, senza smettere di torturarsi le mani. Le nocche, ne era certa, dovevano esserle diventate viola.
Klaus piantò i suoi occhi chiari in quelli di Liza. Era mancata da casa solo un paio di mesi, ma a lui sembrava passata un'eternità. «Caroline ci ha lasciati soli affinchè potessimo parlare, quindi... parliamo.» Disse con voce calma. La voce di Klaus era sempre riuscita a rasserenarla, ma in quel momento si sentiva tutt'altro che serena. Se lui e Caroline adesso si frequentavano, perché mai la bionda avrebbe dovuto lasciare il suo uomo solo con lei? Rivolse all'ibrido un'occhiata sospettosa. «Tu... devi dirmi qualcosa, Klaus?»
Lui abbassò lo sguardo per un secondo, fissando il legno del tavolino, poi lo risollevò e annuì. «Io e Caroline ci siamo avvicinati molto durante la tua assenza...»
Liza si morse il labbro inferiore, tradendo così la tensione. Prima di partire aveva passato del tempo con Klaus, gli aveva letto negli occhi il sentimento che provava per lei, aveva avvertito ogni sua singola emozione. Possibile che fosse bastato allontanarsi per un po', perché tutto sfumasse nel nulla?
«Sono felice per voi. Per te.» Tagliò corto, sforzandosi di sorridere. In quel momento si maledisse. Non poteva essere tanto egoista. Klaus non era mai stato al centro dei suoi pensieri. Aveva sempre avuto grande stima e provato un forte senso di riconoscenza nei suoi confronti. Gli voleva bene, ma non lo amava. Doveva semplicemente essere felice per lui, come avrebbe fatto una vera amica, eppure non ci riusciva. L'ibrido incrociò le braccia davanti a sé, rivolgendo a Liza un'occhiata colma di tenerezza.
«Ti ringrazio.» Le disse. In realtà, aveva atteso con impazienza il suo ritorno e immaginato più e più volte il momento in cui si sarebbero di nuovo parlati. Avrebbe voluto dirle che l'amava, ma a cosa sarebbe servito? Il cuore di Liza apparteneva a Kol. Fece per dire qualcosa, ma la vampira lo precedette.
«Sei innamorato?» Gli chiese, e Klaus trasalì. «Forse.» Rispose lui. «Tu... lo sei ancora?»
Questa volta fu Liza ad avere un sussulto. Rimase in silenzio per qualche secondo, anche se a lei sembrò un tempo infinito. «Dovrei?» Detestò quella risposta che, oltretutto, era una domanda. Ma il disagio la stava letteralmente sbranando. Klaus riusciva sempre a destabilizzarla. Lui ridacchiò. «Dipende. Se devi esserlo di Kol, allora la mia risposta è no.» Sorrise sghembo.
Kol. Da quando Klaus aveva fatto il suo ingresso nel Grill, non aveva pensato a lui nemmeno per un secondo. Ma ora...
«Dov'è adesso?» Domandò, mandando al diavolo tutti i suoi buoni propositi. Klaus scosse la testa. «Non lo so. E' dal giorno della tua partenza che non lo vedo. Credevo che tu potessi saperne più di me, dopotutto con te si è sempre trovato meglio che in mia compagnia.» Sorrise.
Liza provò dapprima delusione per le parole di Klaus, ma subito dopo si sentì sollevata. Se avesse saputo dove si trovava Kol, non avrebbe resistito al desiderio di raggiungerlo, e lei doveva assolutamente stargli lontana.
«Beh... meglio così.» Si stampò in faccia un finto sorriso raggiante e si alzò in piedi, proprio mentre Caroline si avvicinava a loro. «Devo andare. Mi ha fatto davvero piacere rivedervi, ragazzi!» Fece l'occhiolino a Caroline, poi sfiorò la spalla di Klaus con la mano e scappò via.

Quando rientrò a casa, scese in cantina e prese una sacca di sangue dal frigo. Poi si diresse in soggiorno. Stefan e Damon non c'erano, ma sul tavolo era adagiato un quotidiano aperto alla pagina della cronaca nazionale. Probabilmente uno dei suoi fratelli lo stava leggendo. Strappò con forza la sacca coi denti, ma questa si ruppe schizzando del sangue sul tavolo.
Si lasciò andare a una lieve imprecazione, poi recuperò uno straccio e cominciò a passarlo energicamente sul ripiano in mogano. Damon teneva a quel vecchio mobilio in maniera spropositata, quindi era necessario pulire tutto in fretta se voleva evitare una ramanzina. Afferrò il giornale intenta a richiuderlo e metterlo via, ma il titolo dell'articolo principale catturò la sua attenzione.
Il Mostro di Baltimora miete nuove vittime. Il corpo straziato di un uomo è stato rinvenuto nei sotterranei del Walters Art Museum. Trattasi probabilmente del custode. Ancora sconosciuta l'identità dell'assassino che, anche stavolta, pare non abbia lasciato alcuna traccia.
Liza mollò lo straccio e lesse il trafiletto tutto d'un fiato.
E se fosse... si disse, mentre un angosciante presentimento si insinuava nella sua mente. Stava ancora fissando l'articolo, quando Damon entrò in soggiorno. Il vampiro alzò gli occhi al cielo, poi la raggiunse alle spalle e le strappò di mano il giornale. «Avevo detto a Stefan di gettarlo via... beh, lo farò io.»
«No, aspetta!»
Il giornale finì dritto nel camino, nonostante il tentativo di Liza di riprenderselo.
«Damon! Lo stavo leggendo!»
Il vampiro, con nonchalance, scrollò le spalle e sorrise. «Non c'era scritto nulla di interessante!»
Liza lo fulminò con lo sguardo. «Quindi... tu non sai niente del... mostro di Baltimora?» Chiese a suo fratello, riducendo gli occhi a due piccole fessure.
«Ah... quello... i crimini a Baltimora, ormai, non fanno più notizia. E' una delle città più pericolose degli Stati Uniti.» Scrollò ancora le spalle. Liza incrociò le braccia al petto. «Basta, Damon! Tu sai chi c'è dietro quegli omicidi, ammettilo!»
Damon si lasciò cadere sulla sua poltrona, incrociando le braccia dietro la nuca. «Chiunque sia, ha uno stile pessimo. Molto meglio il figlio di Sam. O lo squartatore di Monterey!» Sorrise sghembo. Liza sbuffò, battendo un piede sul pavimento. «Sei impossibile, lo sai? Ma quel che mi fa rabbia è che mi credi una stupida! Se mi hai strappato di mano quel giornale e lo hai distrutto con tanta fretta, è perché intendi tenermi all'oscuro di qualcosa. E io lo scoprirò, stanne certo!»
«Liza, stai lontana dai guai!»
«Troppo tardi. Arriverò in fondo a questa storia anche senza il tuo aiuto. Se mi dici ciò che sai, mi farai solo risparmiare del tempo.»
La vampira avanzò di un passo nella direzione del fratello, stringendo ancora le braccia al petto. Sul suo volto aleggiava un sorriso di sfida. Damon avrebbe voluto tenerle nascosta la verità, ma conosceva bene sua sorella. Se anche non avesse letto quel giornale, prima o poi sarebbe arrivata comunque al mostro di Baltimora.
«E va bene!» Il vampiro sbuffò e si alzò nervosamente dalla poltrona. «Si tratta di Kol. E' lui il mostro.» Le rivelò, e Liza sentì la terra tremarle sotto i piedi. Il suo sospetto, purtroppo, era fondato.
«Perciò è lì che si trova adesso... a Baltimora.» Lo disse quasi sottovoce, ma Damon, oltre alle parole, carpì anche le intenzioni di sua sorella. In un lampo azzerò la distanza tra loro, afferrandole un polso con la mano destra. «No, Liza! Non andrai da lui. Avevi detto che ti saresti lasciata tutto alle spalle!»
Liza si liberò energicamente da quella stretta, piantando i suoi occhi scuri in quelli azzurri di Damon. «E lo farò. Ma solo dopo aver parlato con lui. Deve smetterla di ammazzare la gente per hobby!»
«Quindi cosa farai? Ti proporrai come psicanalista?» Damon era visibilmente agitato. «Ciò che fa quel pazzo non deve più interessarti. Solo pochi mesi fa ho rischiato di perderti di nuovo, per sempre, non permetterò che succeda ancora.»
Stavolta fu Liza ad alzare gli occhi al cielo. «Tu e la tua dannata mania di proteggere le persone che ami!» Esclamò stringendo i pugni. «Intendo solo parlare con lui, lui... potrebbe anche darmi ascolto...»
«E se, invece, non volesse farlo?»
«Tornerò a Mystic Falls e chiuderò definitivamente quel capitolo della mia vita.» Lo disse tutto d'un fiato, mostrandosi decisa più che mai. Damon non potè non notarlo. Se c'era una cosa di sua sorella che aveva imparato ad apprezzare, anche se con difficoltà, era proprio la sua determinazione. Convincerla a dargli ascolto era semplicemente un'utopia.
«Come hai saputo che si trattava di Kol?» Liza si mostrò leggermente più calma. Damon sospirò. «Me lo ha detto Klaus. Non ha avuto difficoltà a rintracciarlo, perché lo conosce bene, talmente bene che mi ha anche esortato a tenerti lontana da lui. Come vedi, non sono il solo a preoccuparmi delle persone che amo.» Ghignò. Liza scosse lentamente la testa. Klaus, quindi, le aveva mentito. «Immagino tu sappia anche dove si nasconde.»
«Mmmh... sì, Klaus me lo ha detto, ma... non me lo ricordo più!» Ridacchiò, nell'estremo tentativo di impedirle di fare una sciocchezza. Liza, però, non aveva alcuna intenzione di arrendersi. «Okay. Lo troverò da sola. Certo questo mi terrà lontana da casa più del dovuto, ma... pazienza!» Gli rivolse un sorriso - che a Damon parve più una smorfia - e gli diede le spalle, intenta a lasciare la stanza. A quel punto fu lui ad arrendersi.
«E' a Mount Vernon, ex Belvedere Hotel, interno 26.»
Liza si fermò di colpo e si voltò. «Grazie.» Gli disse. E stavolta sorrise sincera.

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Capitolo 3
*** Psycho Killer ***


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Psycho Killer


Occorre avere un po' di caos in sé per partorire una stella danzante.
Friedrich Nietzsche


Convincere Damon a prestarle la Camaro era stato complicato quasi come scucirgli di bocca ciò che sapeva su Kol. Alla fine, però, ce l'aveva fatta e adesso era diretta come un fulmine verso Baltimora. Si era chiesta più volte quale fosse il reale motivo per cui si stava catapultando nel Maryland, ma non era riuscita a darsi nessuna risposta abbastanza convincente. Damon, oltretutto, aveva ragione: non poteva mettersi a psicanalizzare un vampiro millenario con manie decisamente omicide e credere che lui potesse pentirsi dei suoi crimini solo perché a chiederglielo sarebbe stata lei. Alla fine, quindi, si era dovuta arrendere all'evidenza dei fatti. Se stava correndo come una matta verso Baltimora, il motivo era solo uno: desiderava rivedere il ragazzo che amava.
Si diede della stupida per almeno una decina di volte, mentre cercava un parcheggio nei pressi di Chase Street. Alla fine lasciò la Camaro ad alcuni isolati dal Belvedere Hotel, si strinse nel giubbotto di pelle e cominciò a camminare a passo deciso verso l'edificio, un ex albergo di undici piani in stile Secondo Impero costruito agli inizi del Novecento e ora sede di lussuosi appartamenti. Varcata la soglia dell'edificio si ritrovò all'interno del sontuoso atrio. Un uomo in abito Armani le passò accanto stringendo nella mano destra una ventiquattrore, mentre alcune donne, anch'esse in abiti firmati, sostavano nei pressi di una delle ascensori. Liza avrebbe voluto evitare il portiere, ma notò lo sguardo di lui indugiare a lungo sulla sua figura. Sembrava stranamente incuriosito. Gli si avvicinò sorridendo e lui ricambiò il sorriso.
«Buongiorno. Ho appuntamento con il signor...» esitò. Kol, di certo, non aveva preso un appartamento utilizzando il suo vero nome.
«Andrews dell'interno 26! Certo.» Ridacchiò l'uomo. Liza inarcò un sopracciglio. Che Kol avesse lasciato delle false generalità l'aveva messo in conto, ma come diavolo faceva il portiere a sapere che stava cercando proprio lui? Si allontanò perplessa dalla reception e il ticchettio delle sue decolletè nere l'accompagnò fino all'ascensore. All'esterno c'era una piantina dell'edificio: l'interno 26 si trovava al sesto piano. Entrò nella cabina e pigiò il numero sei sul tasto cromato. Poi sospirò e diede un'occhiata all'enorme specchio di fronte a lei, controllando che la sua mise fosse perfettamente in ordine. Per l'occasione aveva indossato un pantalone nero e aderente, mentre sotto il giubbotto, anch'esso nero e sfiancato, faceva bella mostra di sé la generosa scollatura di un corpetto color carta da zucchero. I capelli, invece, erano liberi e mossi. Stava per incontrare un serial killer, eppure ciò che più di tutto le premeva era che lui la trovasse irresistibile. L'ascensore arrestò la sua corsa al sesto piano e Liza si infilò nel corridoio che ospitava quattro appartamenti. Individuò l'interno 26 e, senza pensarci un attimo di più, premette il campanello. Dall'altra parte, però, ci fu il silenzio assoluto. Suonò ancora, ma nulla. Quindi afferrò la maniglia d'ottone e, con nonchalance, la scassinò. Entrò silenziosamente in casa e richiuse la porta alle sue spalle. Si tratta bene il signorino... pensò, osservando le pareti color crema perfettamente dipinte e il lampadario di cristallo dell'immenso soggiorno. Sfiorò con due dita il legno laccato del tavolo al centro di esso, poi si accorse di non essere sola e si voltò di scatto. Katherine Pierce era proprio di fronte a lei, con le braccia incrociate sotto il seno e un sorriso sornione sulle labbra. A quella visione, Liza trasalì. «Che diavolo ci fai tu qui?»
Katherine mosse appena un passo nella sua direzione, ignorando completamente quella domanda. «Liza Salvatore... che piacere rivederti!» Esclamò, guardandola dal basso verso l'alto. «Vedo che hai adottato il mio stesso look. Non male!» Ammiccò.
Liza si accorse solo in quel momento di essere vestita quasi come Katherine e le fu tutto chiaro. Il portiere doveva averla scambiata per lei, forse perché non era la prima volta che la ex Petrova metteva piede in quell'appartamento. Scosse la testa, malcelando il senso di fastidio. «Che ci fai qui? E dov'è Kol?»
Katherine sembrò ignorare ancora una volta la prima domanda, sospirando e cominciando a giocare con una ciocca dei suoi capelli. «Non sono la babysitter del tuo ragazzo, Liza. E quello che fa quando non è in casa, non mi interessa!»
Come facesse Katherine Pierce a sapere sempre tutto era e sarebbe rimasto un enorme mistero. Kol non era il suo ragazzo, ovviamente, ma se la vampira snob aveva lanciato quella frecciatina, doveva aver captato qualcosa e probabilmente era stato proprio Kol ad informarla sugli ultimi avvenimenti.
In quel momento fu lei a sospirare. «Allora dimmi cosa cerchi da lui quando è in casa e facciamola finita!» Esclamò, lievemente ironica.
Non riusciva proprio a immaginare cosa potesse legare Kol a Katherine o viceversa. Erano amanti? Probabile, anche se il solo pensiero la nauseava. «Ci vai a letto?» Le domandò, quindi, senza girarci intorno.
Katherine restò in silenzio per qualche secondo, con gli occhi fissi in quelli di Liza. Incontrare la gemella di Stefan in quell'appartamento di Baltimora era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata. E non poteva certo dirle la verità, non prima di aver concluso l'accordo con Kol. Perciò decise di mentire, cosa che, d'altra parte, le era sempre riuscita piuttosto bene. «Diciamo che... ci facciamo compagnia qualche volta. Lui è qui tutto solo, io anche... ma non temere! Sono in partenza!» Ammiccò, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro, dato che si ritrovò con le spalle al muro ed entrambe le mani di Liza strette intorno alla gola. Annaspò come se stesse annegando, tenendo le iridi color cioccolato ben piantate in quelle in fiamme di Liza.
«Tu e la tua maledetta collana...»
«Tu e la tua maledetta fama di sgualdrina!»
Katherine sembrò sorridere, o forse la sua fu una semplice smorfia di sofferenza, mentre Liza non accennava a mollare la presa. «So dov'è...» disse, con la voce spezzata, e Liza inarcò un sopracciglio. Poi allentò la stretta intorno al collo di Katherine. «Parla!» Le ordinò. Katherine annuì. «Mi ha detto di avere un appuntamento, una cena a casa del sindaco. Intende ucciderlo. Io avrei dovuto aspettarlo qui!»
Liza lasciò andare definitivamente la gola di Katherine e la vampira prese a massaggiarla. Kol il serial killer aveva nel mirino nientepopodimeno che il sindaco di Baltimora. Tipico di un buffone del suo calibro, dopotutto. Liza indietreggiò di un paio di passi, sempre tenendo d'occhio la sua vecchia amica. «Vado da lui. Tu, invece, evapora! Non voglio trovarti qui al mio ritorno!» Le intimò, prima di voltarsi e correre via veloce come un lampo.

«Okay, ci vediamo lì tra un minuto!» Damon infilò il suo cellulare nella tasca interna del giubbotto di pelle, poi aprì la porta della pensione e si trovò di fronte Klaus. Non si aspettava di vederlo, non dopo ciò che si erano detti l'ultima volta che avevano parlato, circa un mese dopo la partenza di Liza e Stefan. Superata l'iniziale incertezza, ritrovò il suo sorriso sornione e lo rivolse all'indirizzo dell'ibrido. «Come vedi sto uscendo e sono anche piuttosto di fretta...»
Fece per chiudere la porta alle sue spalle, ma la mano di Klaus sul suo braccio glielo impedì. «Oh non sono qui per te... sto cercando Liza, è con lei che desidero parlare.» Disse risoluto, varcando la soglia della pensione e fermandosi a pochi metri dal vampiro.
Damon lo seguì all'interno della casa, richiuse la porta dietro di sé e alzò gli occhi al cielo. «Liza non c'è. Le dirò che sei passato, se ci tieni tanto!»
Klaus si voltò per cercare gli occhi di Damon, li trovò e vi piantò dentro i suoi. «Dov'è andata?»
Il vampiro si portò una mano tra i capelli, scompigliandoli nervosamente. «E' a Baltimora.»
A quelle parole seguì il silenzio. Damon si accorse di quanto Klaus fosse contrariato e poteva capirlo, lui stesso avrebbe desiderato avere Liza lì con sé, invece di saperla insieme a Kol. L'ibrido serrò la mascella, poi scosse la testa. «Mi sembrava di averti detto di tenerla lontana dai casini che combina mio fratello.»
«C'ho provato! Ma sai quanto può essere testarda. Ha letto i giornali, ha fatto due più due e...»
«E ha deciso di andare da lui.» Concluse Klaus con il sorriso sulle labbra e la delusione dipinta sul viso.
Damon aggrottò la fronte, poi avanzò di un paio di passi, fino a trovarsi faccia a faccia con l'ibrido. «Non sei geloso, vero? Voglio dire, la tua è semplice preoccupazione, giusto?» Gli domandò. Ricordava perfettamente l'ultima conversazione che avevano avuto, soprattutto perché mai avrebbe immaginato di ritrovarsi di fronte il suo più acerrimo nemico con il cuore tra le mani. Klaus gli aveva detto di amare Liza e di essere consapevole di non avere alcuna chance con lei. Lui si era semplicemente limitato ad ascoltare e annuire, sentendosi perfino a disagio.
Sto frequentando Caroline, adesso. Per Liza sarò per sempre un buon amico. Gli aveva detto con determinazione, raccomandandosi inoltre di tenerla lontana da Kol e dalla sua follia. In quel momento, però, non sembrava esserci più traccia di quella determinazione.
Klaus smise di sorridere, ma non di guardare Damon negli occhi. «Se vuoi posso ripetertelo, Damon. Sto andando avanti con la mia vita, ma per Liza ci sarò sempre. Siamo indissolubilmente legati, dopotutto.»
Damon annuì e l'ibrido sperò che ciò che gli aveva detto potesse bastare. Non amava le insinuazioni, soprattutto se a farle era il maggiore dei Salvatore. Che poi i sospetti del vampiro fossero fondati o meno, che importava! Aveva preso una decisione, intendeva stare con Caroline, anche se Liza avrebbe occupato un posto d'onore nel suo cuore, per sempre.
«Avrei voluto dirlo a tua sorella, in realtà, ma immagino che lo farai tu non appena la vedrai.» Stavolta sorrise. Damon scosse la testa.
«Tornerà prima o poi, perciò sarai tu a farlo.» Anche lui sorrise. Non sopportava i Mikaelson, ma l'esperienza gli aveva insegnato di chi ci si poteva fidare e Kol, di certo, non sarebbe mai stato degno della sua fiducia. Klaus, invece, sì. L'ibrido raggiunse la porta e, dopo aver rivolto al vampiro un'ultima occhiata, lasciò la pensione. Guardò il cielo sulla sua testa e si accorse che era scuro. Si incamminò verso casa, mentre alcune gocce di pioggia cominciavano a cadere bagnandogli il viso.

Per rintracciare il sindaco di Baltimora – o per meglio dire la sua casa – Liza era stata costretta a soggiogare un poliziotto. Per via della criminalità che dilagava in città, infatti, la villa di Stephanie Jefferson, questo il suo nome, era praticamente blindata. Kol doveva aver adoperato lo stesso metodo per riuscire a entrare nelle sue grazie e il fatto che si trattasse di una donna, ovviamente, gli aveva reso le cose ancora più semplici. L'ingresso principale della villa, una delle più grandi e belle dell'intera Baltimora, era sorvegliato notte e giorno da una pattuglia della polizia, ma c'era anche un'entrata secondaria, quella che dava su un immenso giardino di castagni, che, almeno in quel momento, sembrava incustodita. Liza sospirò. Era riuscita – più o meno senza problemi - a nascondersi sul tetto della villa e, attraverso i vetri di una delle finestre, si era perfino sincerata delle condizioni di Stephanie Jefferson. Di Kol, invece, sembrava non esserci traccia. Liza si mosse furtiva sul tetto in direzione dell'ingresso principale, avvistò la pattuglia, ma non il vampiro. Poi il rumore di alcuni passi nell'erba catturò la sua attenzione e, come un fulmine, si portò dal lato opposto. Lanciò un'occhiata in giardino e vide qualcuno farsi sempre più vicino. Il respiro le mancò per un istante mentre Kol Mikaelson avanzava deciso verso l'entrata secondaria della villa. Il vampiro salì i pochi gradini che lo dividevano dalla porta d'ingresso e si bloccò di colpo, respirando l'aria intrisa di un profumo che avrebbe riconosciuto tra mille.
«Dove credi di andare?» La voce di Liza lo raggiunse alle spalle con la stessa intensità di una scarica elettrica. Kol si ritrovò a sorridere, felice, poi scacciò in fretta quel sorriso dalle sue labbra e si voltò, mostrando alla vampira il suo solito e insopportabile ghigno.
«A cena da un'amica. Tu, piuttosto, non dovresti essere in vacanza col tuo adorato gemello?»

«La vacanza è finita. Appena in tempo direi!» Esclamò Liza, incrociando le braccia sotto il seno e sfidando l'originario con lo sguardo. Lui aggrottò la fronte. «In tempo... per cosa?» Chiese, infilando le mani nelle tasche anteriori dei jeans.
«In tempo per impedire al mostro di Baltimora di commettere l'ennesimo omicidio!»
A quelle parole, Kol ridacchiò. «Allora perdi il tuo tempo, darling! Quella donna è già morta. Adesso, per favore, lasciami in pace!»
Si voltò verso la porta, intento a suonare il campanello, ma Liza, in un lampo, gli fu addosso. Afferrò il vampiro per la gola e lo scaraventò a qualche metro di distanza dall'entrata. Kol si ritrovò con la schiena sull'erba e gli occhi di Liza, a cavalcioni su di lui, piantati dritti nei suoi. Abbassò lo sguardo sulla scollatura di lei, individuando il pendente in oro e acquamarina, e in seguito tornò a fissarla negli occhi. «Hai riottenuto i tuoi superpoteri, a quanto pare...»
Liza strinse entrambe le mani intorno alla gola dell'originario, poi avvicinò il suo volto a quello di lui. «Proprio così, quindi ti conviene fare ciò che ti dico. Prenderle da una comune vampira deve essere parecchio frustrante!» Sorrise sghemba, ma Kol non ricambiò il sorriso. L'afferrò per i capelli e, una volta costretta sull'erba, le fu addosso. Strinse il volto di Liza tra le dita della sua mano destra e, con quella libera, le bloccò entrambe le braccia sulla testa. Solo in quel momento sorrise. «Cosa stavi dicendo?» Ridacchiò. Poi lasciò andare il viso della vampira, ma non le sue braccia. Liza respirò affannosamente, senza ribattere né reagire. Lui appoggiò le labbra su quelle di lei e la baciò. Liza ricambiò, dapprima, il bacio, poi piantò il suo tacco dodici nel petto del vampiro e, con un spintone, lo allontanò da sé. Kol si rimise subito in piedi e Liza fece lo stesso.
Sul volto di lui, in quel momento, aleggiava la rabbia. «Non devi intrometterti nella mia vita. Torna a casa. Io farò lo stesso.»
Liza inarcò un sopracciglio. «Intendi dire che non ammazzerai il sindaco?»
Kol scosse la testa. «Intendo dire che non lo farò stanotte.»
La vampira azzerò la distanza tra loro e piantò l'indice nel petto dell'originario. «Tu non ammazzerai più nessuno, Kol. Hai chiuso con Baltimora. Tornerai a Mystic Falls insieme a me!»
Il vampiro inarcò un sopracciglio. «E perché mai dovrei farlo?»
«Perché sono io a chiedertelo.»

Liza varcò la soglia dell'appartamento di Kol per la seconda volta, realizzando con piacere che Katherine non era più lì. Dopo la trasformazione si erano frequentate per lungo tempo ed era stata proprio lei, l'ex fiamma dei suoi fratelli, ad insegnarle come affrontare quella nuova esistenza e, soprattutto, come evitare di farsi uccidere alla prima occasione. Ma mai l'aveva considerata un'amica, né una persona affidabile. D'altra parte, ciò che aveva fatto a Damon e Stefan era ancora bene impresso nella sua mente. Averla tra i piedi, ne era certa, avrebbe comportato solo ulteriori seccature. Se il pensiero di saperla in un letto insieme a Kol non si fosse insinuato nella sua mente come un tarlo in un vecchio mobile di legno, avrebbe cancellato la loro discussione di poco prima con un colpo di spugna, invece di rimuginarci sopra dilaniata dalla gelosia. Rivolse un'occhiata fugace al vampiro, appoggiato a braccia conserte ad una delle pareti color crema del soggiorno, e si accorse che anche lui la stava osservando. Per tutto il tragitto fino al Belvedere, Kol non aveva più proferito parola. Liza aveva creduto che quel silenzio fosse sinonimo di meditazione, che il vampiro fosse intento a fare i conti con il suo orgoglio rimasto ferito nel giardino del sindaco e che stesse prendendo in considerazione la possibilità di tornare a Mystic Falls insieme a lei. Ma il ghigno insopportabile che aveva sul viso in quel momento, le suggerì che, probabilmente, non era così. Kol era un idiota e gli idioti non erano abituati a pensare. Si mosse a braccia incrociate per il soggiorno, lentamente, evitando di incontrare lo sguardo di lui e sperando che si ostinasse in quel mutismo ancora per molto. Se l'avesse provocata, ne era certa, quella stanza elegante e ordinata sarebbe diventata irriconoscibile. Raggiunse quella che doveva essere una libreria e cominciò a osservare ciò che era disposto sulle mensole, passando in rassegna libri e soprammobili di ogni tipo, pur di fingersi disinteressata alla presenza del vampiro. Qualcosa, però, catturò la sua attenzione. Infilò una mano tra "I fiori del male" e una miniatura della Statua della Libertà e toccò quello che riconobbe come un paletto di legno di quercia bianca. Senza pensarci due volte, lo impugnò e lo scrutò per filo e per segno. La punta era tinta di scuro, probabilmente a causa del sangue agrumito. Il suo sangue. Kol osservò tutta la scena col sorriso sulle labbra, poi la raggiunse alle spalle.
«Se te lo stai chiedendo, , è proprio quel paletto. Mark ti saluta, anzi, immagino avrebbe voluto farlo. O, forse, no. Credo che non lo sapremo mai» Ridacchiò. Liza si voltò di scatto, piantando i suoi occhi castani in quelli del vampiro. «L'hai ucciso. Come diavolo ci sei riuscito?» Ricordava perfettamente quanto Mark fosse forte e, soprattutto, ricordava le grida di dolore di Kol in preda al susseguirsi senza sosta degli aneurismi cerebrali provocatigli dallo stregone.
«Gli sono stato dietro per un po'. Si era rifugiato a New York e viveva rintanato come un topo di fogna. L'incantesimo di Bonnie, oltre a spezzare il legame che aveva con te, deve averlo privato anche dei suoi poteri. Io, ovviamente, ne ho approfittato. Dopotutto, avevo un conto in sospeso con lui, ricordi?» Ammiccò. Liza scosse la testa, tornando a guardare il pezzo di legno che teneva tra le dita. «Certo. Ha tentato di ucciderti e ti sei vendicato»
«Già. Ma l'ho fatto anche perché ha ucciso te. Meritava una lezione!»
Liza ripose in fretta il paletto sulla mensola, come a volersene disfare il prima possibile, poi si voltò verso Kol e gli rivolse un'occhiataccia.
«Era solo un ragazzo distrutto dal dolore. Ma tu non puoi capire, come potresti? Non guardi al di là del tuo naso, sei uno stronzo egoista, un megalomane, un pazzo omicida, tu sei..» l'idiota di cui mi sono innamorata, avrebbe voluto dire, ma si limitò a stringere i pugni, imponendosi di finirla lì. Tanto, qualsiasi cosa gli avesse detto, a Kol sarebbe scivolata addosso come l'acqua nella doccia.
Il vampiro aggrottò la fronte, ma non smise di sorridere. «Sono uno stronzo, un egoista, un pazzo... eppure mi hai appena chiesto di tornare a casa con te. Ti contraddici, Liza, proprio come farebbe una ragazza innamorata. Oops! E' vero. Tu sei innamorata!» Esclamò scoppiando a ridere. Liza afferrò la Statua della Libertà e gliela tirò addosso. Lui, ovviamente, la scansò e questa si infranse in mille pezzi sul pavimento bianco in granito. «Hai intenzione di distruggermi l'appartamento, per caso? Volevo solo prenderti un po' in giro!» Continuò, seguitando a ridacchiare. Liza alzò gli occhi al cielo. Avrebbe potuto scaraventargli addosso un armadio, senza ottenere una reazione che non fosse un ghigno o una battuta di pessimo gusto. Kol era fatto così, superficiale e privo di tatto, e lei lo amava, nonostante quella consapevolezza. Ridusse la distanza tra loro e scrutò il viso dell'originario per qualche istante, prima di ricominciare a parlare.
«Dimmi cosa c'è tra te e Katherine Pierce!»
Kol smise di sorridere. «Katherine... Pierce?» Domandò aggrottando la fronte. «Nulla. E' Elijah quello che ci va a letto» Scrollò le spalle e infilò le mani nelle tasche dei jeans. «Elijah è mio fratello, il..»
«So chi è Elijah!» Esclamò Liza visibilmente contrariata. «Ma è qui dentro che l'ho trovata e in questo appartamento ci vivi tu
Kol trasalì. «Quindi... ci sei già stata. Sei tu che hai scassinato la maniglia..»
«Tu non c'eri e io dovevo entrare. Ringrazia che non abbia buttato giù la porta!»
Kol scosse la testa e ridacchiò. Per un momento aveva creduto che fosse stata Katherine a rompere la maniglia, e invece... «Okay, ci siamo visti un paio di volte. Che male c'è? Forse non lo sai, ma Katherine ha avuto una liaison sia con Nik che con Elijah. Oltre al defunto Finn, mancavo io alla lista dei fratelli Mikaelson da portarsi a letto. E io, ovviamente, l'ho accontentata»
«Ovviamente.» Ripetè Liza, palesemente delusa. Kol notò l'amarezza negli occhi della ragazza e si maledisse per ciò che era stato costretto a dirle. Ma in che altro modo avrebbe potuto spiegare la presenza di Katherine in quell'appartamento? Una storia di sesso gli era sembrata la migliore delle scuse e un ottimo modo per tenere lontana Liza dalla verità, da Joel e, soprattutto, da se stesso. Continuò a guardarla, mentre la ragazza si stringeva nelle sue stesse braccia, ripensando all'ultima volta che erano stati insieme, a ciò che le avevo detto e a quello che, invece, le aveva fatto credere buttando giù poche righe su un misero bigliettino. Anche in quel caso, l'unico a conoscere la verità sarebbe stato lui. Scacciò dalla mente il desiderio di afferrare Liza e stringerla forte a sé, ma non riuscì a dire altro. Allora fu la ragazza a rompere il silenzio.
«Hai ucciso Mark perché mi ha fatto del male, facendo quindi intendere di tenere a me, ma poi non hai perso tempo a portarti a letto un'altra donna, una che conosco, tra l'altro! Anche tu sei un tantino contraddittorio, non trovi?» Gli domandò, con gli occhi stretti e l'aria di sfida. Kol sorrise appena. «Colpito e affondato!» Esclamò, passandosi una mano tra i capelli già spettinati. «Cosa vuoi che ti dica, Liza. Hai ragione tu. Ma, se può consolarti, il sesso con te è... è stato... insomma... con te è più bello.»
Liza inarcò un sopracciglio. Kol era un ruffiano, lo sapeva bene, eppure le sembrava molto a disagio in quel momento. Non stava mentendo solo per tenerla buona. Pensava sul serio ciò che le aveva appena detto. Purtroppo, però, quella confessione non sarebbe bastata a scacciare via la delusione. «Non stento a crederlo, Kol. Insieme ci siamo divertiti molto, è vero. Peccato che non accadrà più. Dovrai accontentarti di farlo con Katherine o con chissà chi e struggerti al ricordo dei bei tempi andati!» Rise e la sua risata cristallina riempì l'intera stanza.
Lui increspò le labbra, divertito. «E, se, invece accadesse ancora?»
«Non accadrà più, te l'ho detto. Dopotutto, sei stato tu a lasciarmi andare.» Liza ammiccò e si mosse in direzione del vampiro fino ad avvicinarsi a lui e sfiorarne il petto con leggera malizia. Poi sollevò lo sguardo dalle labbra agli occhi di Kol, soffermandosi in quell'oscuro abisso in cui avrebbe voluto perdersi per l'eternità, e respirò forte il suo odore. Non sarebbe più accaduto, non gli avrebbe più permesso di disporre del suo corpo per poi abbandonarla ancora una volta. Ne era convinta, ma allora perché tutto ciò che desiderava in quel momento erano le sue mani addosso e i suoi baci dappertutto?
«Non sai mentire, Liza. Mi vuoi... te lo leggo negli occhi!» Kol sorrise sghembo, chinando appena la testa e riducendo ulteriormente la distanza tra i loro volti. Liza avvertì un brivido lungo la schiena, poi si morse lievemente il labbro inferiore. Sì, lo voleva, e negarlo non sarebbe servito a niente, allora chiuse gli occhi e cercò la bocca del vampiro - già pronta a ricevere quel contatto – anche se sapeva quanto fosse sbagliato cedere, anche se lui le aveva scritto di non ricambiare i suoi sentimenti. Le loro lingue si intrecciarono avide, mentre la mano del vampiro andava in cerca della pelle di Liza sotto la stoffa del suo corpetto carta da zucchero. Lui la strinse a sé, senza smettere di baciarla e di respirare il suo inebriante profumo. Lei infilò una mano tra i capelli del vampiro, stringendoli forte tra le dita, poi, con uno strattone, lo obbligò a tendere il capo all'indietro e a mostrarle il collo. Vi appoggiò le labbra, facendo scorrere la punta della lingua fino alla giugulare, e, infine, bucò la pelle coi canini. Il sangue di Kol si riversò nella sua gola, ma il vampiro non accennò alcuna reazione. Quando Liza lasciò andare la presa, lui tornò a guardare il suo viso, le labbra morbide tinte di rosso, gli occhi carichi di malizia e sorrise compiaciuto. Liza ricambiò quel sorriso, leccando il sangue che ancora aveva sulle labbra. Kol si sfilò la maglietta e la lanciò sul divano, poi fece lo stesso col giubbotto e col corpetto di Liza. Lei afferrò la cintura del ragazzo, la slacciò con foga e sbottonò uno ad uno i bottoni dei suoi jeans. In un lampo si ritrovarono nudi, distesi e avvinghiati sul pavimento del soggiorno. Kol entrò in lei con veemenza e Liza soffocò un gemito. Il susseguirsi ritmico e profondo delle spinte dell'originario, la condusse ben presto sull'orlo del piacere. «Mordimi...» Sussurrò, spezzando i respiri. Kol appoggiò i canini sulla gola della vampira e lacerò la pelle diafana. Poi, come aveva fatto Liza in precedenza, si riempì la bocca del suo sangue e lo ingoiò. I movimenti del ragazzo divennero ancora più intensi e Liza si lasciò andare al piacere insieme all'uomo che amava, tra gemiti e respiri spezzati. Kol le baciò le labbra ancora una volta, prima di scivolare sul pavimento accanto a lei. Liza restò per qualche istante con gli occhi puntati sul soffitto candido, poi ruotò il collo verso il vampiro e cercò il suo sguardo. Lui teneva gli occhi chiusi e non sorrideva più.
«Dimmi che mi ami.»
A quelle parole, Kol riaprì di colpo gli occhi. «Che hai detto?» Chiese, aggrottando la fronte.
Liza lo fulminò con lo sguardo. «Non fingere di non aver sentito. Dillo!» Esclamò, puntando il dito indice nel petto del vampiro.
Lui le rivolse un'occhiata perplessa. «Perché diavolo dovrei dirlo. Io non ti amo, lo sai!» Detto ciò, richiuse gli occhi, ma Liza non sembrò scoraggiarsi. Si sollevò appena su un gomito, poi avvicinò le labbra all'orecchio del ragazzo. «Non sai mentire, Kol. Mi ami. E me lo hai detto tu!» Affermò decisa.
Il vampiro aprì nuovamente gli occhi e li piantò in quelli di lei. «Cosa c'era scritto nel biglietto che ti ho lasciato? Lo hai letto, giusto?»
«Oh, certo che l'ho letto. Ma non è importante quello che hai scritto su quel pezzo di carta, Kol. Contano le parole pronunciate dalla tua bella bocca. Ti ho sentito, ho sentito tutto!» Avvertì un fremito al ricordo di quel momento stretta nelle sue braccia, mentre lui, credendo che lei non potesse udirlo, le confessava i suoi reali sentimenti.
Kol si mise a sedere e scosse la testa. «Tu... dormivi!»
Liza scoppiò a ridere. «Kol sono un vampiro! E i vampiri non dormono mai veramente. Un sonno profondo ci renderebbe vulnerabili, insomma, possibile che debba essere io a dirtelo. Sei un vampiro anche tu!» Ridacchiò. Poi anche lei si mise a sedere, incrociando le braccia sotto il seno nudo. Kol restò in silenzio per un po', sentendosi per la prima volta realmente a disagio.
«Se hai sentito ogni cosa, saprai anche perché ho deciso di scriverti quel biglietto. Non conta ciò che provo, Liza, conta ciò che ho scritto.» Ammiccò, con un sorriso sghembo sulle labbra.
La vampira gli afferrò i capelli e lo indusse a stendersi nuovamente sul granito bianco. «Mi ami oppure no?» Il suo seno premette forte sul petto di lui e Kol sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Sei insopportabile, lo sai?
«Mai quanto te! Avanti, rispondi!» Incalzò Liza, senza smettere di guardare Kol negli occhi. Lui sorrise, poi le accarezzò il viso con un dito. «Ti amo. Ma non cambia nulla. Non farò mai parte della tua vita, non come vorresti tu.»
Liza sospirò. «So come la pensi ed è per questo che non ti ho più cercato, fingendo di credere alle parole scritte sul biglietto e tentando in tutti i modi di starti lontana, ma... come vedi non ci sono riuscita! Non ha senso imporci delle distanze, se ciò che desideriamo è stare insieme, Kol. E tu devi smetterla di credere che sia uno sbaglio far parte della mia vita, perché sono al mondo da più di un secolo e so distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e tu... tu non lo sei. Non avrei mai creduto possibile dirlo, ma è così. Non sei un errore, Kol, tu sei la cosa più bella e giusta che mi sia capitata in centosessantotto anni!» Respirò, felice di aver detto al ragazzo che amava ciò che per troppo tempo si era tenuta dentro. Kol, invece, con la fronte corrugata e l'aria incredula, sembrava in trance. Stavolta stava pensando, senza ombra di dubbio, e Liza avrebbe voluto leggergli la mente e scoprire quei pensieri. Piegò le ginocchia e le strinse a sé. «Tornerai a casa insieme a me?»
Liza desiderava una risposta - una vera risposta e non la solita battutina ironica - e Kol ne era consapevole. Respirò profondamente, poi scosse la testa. «Io non ho più una casa a Mystic Falls. Cosa dovrei fare? Tornare a vivere con Nik? Lo sai che mi detesta!»
«Potresti sistemarti nella vecchia casa abbandonata. Era il tuo rifugio segreto un tempo. Oppure...» esitò per un istante, conscia del rischio che si sarebbe dovuta assumere una volta pronunciate quelle parole. «Potresti trasferirti alla pensione!»
Kol scoppiò in una fragorosa risata. «Ma certo! Perché, dopotutto, ai tuoi fratelli sono simpatico!» Scosse ancora la testa. «Liza è una pazzia. Tu sei pazza, lo sei più di me.»
«E da quando in qua le cose folli ti spaventano?» Chiese lei, assottigliando lo sguardo.
«Niente mi spaventa.»
«Allora affare fatto!» La ragazza tese la mano destra verso il vampiro e ridacchiò. Lui restò a fissarla per un istante, poi l'afferrò, tirò Liza a sé e la baciò.





Ed ecco il secondo capitolo con un lungo confronto tra Liza e Kol. Ora tocca a voi, che ne pensate? :)

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Capitolo 4
*** Riunioni di famiglia ***


 


Riunioni di famiglia
 

I legami che ci vincolano a volte sono impossibili da spiegare,
ci uniscono anche quando sembra che si debbano spezzare.
Ci sono legami che sfidano le distanze e il tempo e la logica,
perché ci sono legami che sono semplicemente destinati ad esistere.
Web

 

«Elijah... qual buon vento!»
Klaus richiuse la porta alle sue spalle e seguì con lo sguardo suo fratello. Il vampiro attraversò il corridoio fino al soggiorno e l'ibrido lo raggiunse, infastidito e al tempo stesso incuriosito da quell'inaspettata visita.
Il maggiore dei fratelli Mikaelson si guardò attentamente intorno, prima di tornare a concentrarsi sull'uomo che era con lui. «Vorrei potesse essere un buon vento quello che mi porta qui, Niklaus. Purtroppo, però, non è così.»
Klaus sorrise sghembo, poi si avvicinò al mobile dei liquori e prese tra le mani una bottiglia. «Di qualsiasi cosa si tratti, ne discuteremo davanti a un buon bicchiere di scotch!»
Preparò un paio di drink e ne porse uno a suo fratello, poi lo invitò a sedersi sul divano ed Elijah, senza scomporsi troppo, prese posto proprio di fronte a lui.
«Allora? Cosa hai da dirmi di tanto importante da indurti a tornare a Mystic Falls? Credevo che il tuo fosse stato un addio.» Sorrise ancora.
Elijah appoggiò il bicchiere sul tavolino di cristallo e sfiorò appena la sua cravatta scura con due dita. «In effetti è così e, credimi, non sarei tornato se non fossi stato costretto. Il fatto è che Kol non ha capito quanto grave fosse la situazione e allora non mi è rimasto che venire qui e informarti personalmente.»
Nel sentire pronunciare il nome di Kol, Klaus ebbe un sussulto. «Kol? Cosa c'entra lui? E di quale grave situazione stai parlando?»
Elijah puntò i suoi occhi scuri in quelli di suo fratello e sospirò. «A quanto pare, qualcuno è intenzionato a mettere le mani sull'Occhio del Diavolo. Si diceva che quella pietra appartenesse ad Ayana e colui che la cerca crede che adesso sia in nostro possesso.»
Klaus aggrottò la fronte. «L'Occhio del Diavolo non esiste. Se fosse reale, credi che non lo saprei? E' una stupida leggenda, una storiella inventata dalle streghe per intimorirci!»
Così dicendo, si alzò in piedi e raggiunse nuovamente il mobile-bar. Elijah scosse la testa. «Questo è quello che noi tutti abbiamo sempre creduto. Ma se, invece, non si trattasse solo di una leggenda? E' nostro dovere scoprire la verità e arrivare alla pietra prima che lo faccia Joel!»
L'ibrido inarcò un sopracciglio. «Chi diavolo è Joel
«Ovviamente è colui che cerca la pietra. Una nostra vecchia conoscenza, anche se è Kol quello che ha più avuto a che fare con lui.»
Klaus appoggiò sonoramente il bicchiere sul mobile-bar, facendo tintinnare le bottiglie. «Quindi si tratta di quel Joel. La prima creazione di Kol!» Elijah annuì e l'ibrido si lasciò andare a una risata nervosa. «Ecco svelato il mistero sul suo coinvolgimento in questa storia! Immagino che adesso tu capisca il motivo per cui ho cercato per secoli di tenerlo a bada. E' sempre stato una mina vagante e, a quanto pare, siamo ancora costretti a pagare le conseguenze delle sue azioni.»
Elijah si alzò dal divano e raggiunse suo fratello. «Credo che Joel intenda impossessarsi della pietra per i suoi incommensurabili poteri, ma anche che sia mosso da un sentimento di vendetta, Niklaus. Ricordi cosa è successo...»
«Sì. Lo ricordo.» Tagliò corto l'ibrido, malcelando la rabbia.
Elijah appoggiò una mano sulla sua spalla sinistra e strinse appena. «Dobbiamo scoprire se la pietra esiste e, se così fosse, dove si trova. Dopotutto, senza quella pietra, Joel non è una vera e propria minaccia. Ma è necessario restare uniti.» Disse e, in quel preciso istante, i suoi occhi si piantarono in quelli di Klaus. L'ibrido si limitò ad annuire, mentre il fuoco che gli animava le viscere tentava in tutti i modi di sfuggire al suo controllo. Anche quella volta, Kol era riuscito a rovinargli la giornata. Prima o poi, ne era certo, avrebbe distrutto anche le loro esistenze e quella della donna che, nonostante tutto, se ne era innamorata.

La Camaro raggiunse il piazzale antistante la pensione e si fermò facendo stridere le ruote. Damon avvertì quel rumore e si precipitò all'esterno visibilmente allarmato. Scese in fretta i gradini del portico, proprio mentre Kol metteva piede fuori dalla vettura dal lato del guidatore. Anche Liza scese dalla macchina, appena in tempo per frapporsi tra il corpo di suo fratello e quello dell'originario.
Damon lanciò un'occhiata di fuoco alla ragazza. «Hai fatto guidare la mia macchina a questo idiota?»
Liza appoggiò una mano sul petto del vampiro e lo spinse leggermente indietro. «Sì, ma come vedi e sana e salva. Cerca di rilassarti, adesso. Per favore.» La ragazza gli sorrise, ma Damon non ricambiò. I suoi occhi azzurri scivolarono dal viso di sua sorella a quello di Kol. Quest'ultimo, dal canto suo, non aveva smesso per un secondo di mostrare il suo fastidioso ghigno al maggiore dei Salvatore.
«Ti conviene fare il bravo, fratellino. Anche perché io e Liza abbiamo qualcosa da dire sia a te che a Stefan. Qualcosa di importante.» Disse, lanciando le chiavi della Camaro a Damon, che le afferrò al volo. Subito dopo gli passò accanto ed entrò in casa. Liza tirò fuori la sua borsa dal bagagliaio e si accinse a fare lo stesso, ma suo fratello l'afferrò per un polso obbligandola a fermarsi.
«Che storia è questa? Che ci fa lui qui?»
La ragazza si liberò dalla presa con uno strattone. «Lo hai sentito, no? C'è qualcosa che tu e Stefan dovete sapere.» Sul volto di Damon comparve un'espressione decisamente più allarmata della precedente.
«Non... non lo hai sposato, vero? Dimmi che non sei così pazza da fare una cosa simile, Liza!» Lei scoppiò in una fragorosa risata, poi lasciò cadere la borsa sull'asfalto e abbracciò forte il vampiro. «Certo che no! Non mi sarei mai sposata senza prima informare i miei adorati fratelli.» Rispose ironica. Damon respirò, ma senza riuscire a scacciare il senso di inquietudine che gli attanagliava lo stomaco. Liza riprese la borsa con sé e raggiunse l'ingresso, Damon la seguì e, una volta varcata la soglia, richiuse la porta alle sue spalle. Gli occhi chiari del vampiro andarono subito in cerca di Kol e lo trovarono comodamente steso sul divano, con una bottiglia di liquore tra le mani.
«Nessuno ti ha insegnato a usare i bicchieri?» Damon strappò la bottiglia dalle mani dell'originario e la ripose sul mobile-bar. Kol si sollevò su un gomito e, sbuffando, si mise a sedere composto.
Stefan entrò in soggiorno proprio in quel momento. «Allora? Cosa avete da dirci di così importante?»
Kol gli lanciò un'occhiataccia. «Nessuno ti ha insegnato a non origliare?» Ridacchiò, sfidando subito dopo Damon con lo sguardo.
Stefan guardò prima negli occhi l'originario, poi sua sorella e scosse la testa. Liza colse il malumore del suo gemello e sospirò. Se da un lato desiderava avere Kol accanto a sé, dall'altro era consapevole di quanto quella decisione avrebbe gravato sullo stato d'animo dei suoi fratelli. Tuttavia, non avrebbe cambiato idea.
«Io e Kol abbiamo deciso di vivere insieme. E... lo faremo qui.» Disse, senza riuscire a nascondere l'imbarazzo. Cercò Damon con gli occhi e notò il disappunto sul suo viso.
«Liza, no! Non lascerò che quel pazzo viva in questa casa! Se vuoi stare con lui, okay, fai pure. Ma non obbligherai me e Stefan a sopportare la sua presenza!»
Stefan fu sorpreso da quella reazione fin troppo diplomatica di suo fratello e, come succedeva ormai di rado, dal fatto che si trovasse pienamente d'accordo con lui.
«Anch'io la penso allo stesso modo.» Disse, rivolgendo a Liza la sua attenzione e sperando che bastasse quel sodalizio fraterno a farle togliere la sua malsana idea dalla testa.
La vampira restò in silenzio per qualche istante, con le braccia incrociate sotto il seno e gli occhi fissi sul pavimento. Kol si alzò dal divano e la raggiunse.
«Non ho intenzione di restare in questa casa per essere insultato a oltranza dai tuoi fratelli, perciò me ne vado. Se rimanessi, credimi, finirei per fare loro del male.» Così dicendo, rivolse un'ultima occhiata torva a Damon e Stefan e lasciò la stanza. Solo in quel momento Liza sollevò lo sguardo.
«Damon... io lo amo! Lo so che non riesci ad accettarlo, ma non per questo mi farai cambiare idea. E so anche che mai e poi mai lo vorresti qui, ma non ha un posto dove stare e io non voglio che lasci di nuovo la città! Ha deciso di smetterla con gli omicidi a Baltimora e sono sicura che non creerà più problemi nemmeno a voi. Dategli una possibilità! Damon, ti prego! Stefan... dimmi di sì!»
Alla sua accorata richiesta, seguì il silenzio da parte dei due vampiri. Damon cominciò a camminare nervosamente per il soggiorno. Stefan, invece, restò immobile, con le braccia conserte e gli occhi dentro quelli di Liza. Gli capitava spesso di ripensare alla loro infanzia, a quando, complici, si presentavano al cospetto del loro padre per implorarlo di lasciargli fare ciò che desideravano. Ma la risposta di Giuseppe Salvatore era quasi sempre un categorico "no". E allora le lacrime scendevano, che fossero le sue, della sua gemella o quelle di Damon. E facevano male.
Il ragazzo abbozzò un sorriso. «Okay. Credo che Kol meriti una chance.»
Liza sorrise e si fiondò tra le braccia del suo gemello. Damon si bloccò di colpo e aggrottò la fronte. Avrebbe voluto ribattere, dire che Kol non solo non meritava alcuna chance, ma che non meritava nemmeno l'amore di sua sorella. Gli bastò vedere, però, quanto lei fosse realmente felice per abbandonare ogni belligerante proposito. In fin dei conti, per lui contava solo il sorriso di Liza.
«Va bene, starà qui per un po'. Ma un solo passo falso e giuro che un paletto di quercia bianca glielo infilo dove non batte il sole!»
Liza gli rivolse un'occhiata colma di tenerezza e gratitudine, poi appoggiò la testa sul petto di Stefan, felice.

Ovunque tu sia in questo momento, molla tutto e raggiungimi a casa nostra. Si tratta di un'emergenza!
Kol lesse il messaggio di Rebekah e mise via il cellulare. Non era difficile immaginare quale fosse l'emergenza a cui accennava sua sorella, ma più che sui problemi che avrebbe potuto arrecargli Joel, la sua attenzione si era focalizzata sulle parole "casa" e "nostra". Scosse appena la testa, pensando a quanto fosse ridicola quella situazione e, soprattutto, alla perseveranza di Rebekah nel sostenere quella causa persa denominata Klaus. Fosse stato per lui, avrebbe restituito all'ibrido ogni torto e ogni sopruso con gli interessi, ma la vita di suo fratello era legata a quella di Liza e allora l'unica cosa che gli restava da fare era fingere che non esistesse. Solo che, per come si stavano mettendo le cose per la loro famiglia, anche quel proposito sarebbe andato presto a farsi benedire. Sbuffò proprio mentre i passi di Liza si facevano più vicini. La vampira raggiunse l'albero sotto cui l'originario si era messo a sedere e si accoccolò accanto a lui.
«E' fatta. Per un po' di tempo vivrai a casa mia.» Gli disse sorridendo. Lui sembrò quasi non fare caso a quelle parole, poi, senza incontrare lo sguardo di Liza, increspò le labbra.
«Perfetto.» Kol restò immobile, con le spalle contro il tronco e lo sguardo perso nel nulla.
Liza non potè non notare la strana espressione sul suo volto. «Che hai? Non sei contento?» Gli chiese, lievemente stizzita. Lui allora la guardò.
«Certo che lo sono, ma so già che non funzionerà. Io odio Damon e Damon odia me e questo vuol dire solo una cosa: guai. O credi, forse, che la prossima volta che metterò piede alla pensione, ad attendermi ci sarà il tappeto rosso?»
Liza fulminò il vampiro con un'occhiataccia. «Ovvio che non ci sarà, ma questo non vuol dire necessariamente che vi darete addosso ogni minuto. Dopotutto, basta tenere a freno la lingua!» Esclamò, incrociando nervosamente le braccia sotto il seno.
Il problema tra i due, in fin dei conti, era sempre stato quello. Kol non perdeva mai occasione di lanciare a Damon qualche frecciatina e il vampiro dagli occhi di ghiaccio, dal canto suo, non faceva nulla per nascondere l'antipatia che provava per Kol. Ad ogni modo, erano molto più simili di quanto si potesse credere, ecco perché si detestavano tanto!
L'originario sorrise sghembo, divertito dall'espressione accigliata della ragazza, e si rimise in piedi. «Okay, darling, non ti assicuro niente, ma... ci proverò!» Disse ammiccando.
Liza sollevò gli occhi al cielo. «Lo spero.» Disse in un sospiro. Il vampiro annuì.
«Ci vediamo più tardi. Devo fare una cosa.»
«Ovvero?» Liza strinse gli occhi, lui ridacchiò.
«Sei già entrata in modalità fidanzata gelosa e asfissiante? Non temere, è una sciocchezza. Tra meno di un'ora sarò di ritorno!» Detto questo si allontanò e raggiunse la strada. Liza si strinse nelle braccia, seguendolo con lo sguardo finché non lo vide scomparire nel nulla.

Varcò la soglia della dimora di suo fratello prima di quanto il resto della famiglia si aspettasse. Probabilmente erano tutti convinti che si trovasse ancora a Baltimora, dato lo stupore sui loro volti. Il più sorpreso, ad ogni modo, fu proprio Klaus e Kol provò un immenso piacere nel rendersene conto. Sorrise sghembo e lanciò un'occhiata ai divani. Rebekah occupava quello su cui, di solito, era lui a stravaccarsi, mentre Elijah si era sistemato proprio di fronte a lei. Klaus, invece, sostava in piedi davanti al camino. L'ibrido rivolse all'ultimo arrivato un'occhiata fulminea.
«Chi l'avrebbe mai detto! Ho perso la mia scommessa...» disse increspando le labbra.
Kol, senza smettere di guardarlo negli occhi, raggiunse il divano che ospitava sua sorella e si lasciò cadere sui cuscini scuri.
«Cioè? Credevi che fossi finalmente morto?» Ridacchiò. Klaus tentò di ribattere, ma Elijah prese la parola.
«No, Kol. Niklaus credeva che non ti saresti presentato a questa riunione. Se non sbaglio, qualcuno era in attesa di una risposta da parte tua riguardo la faccenda Joel, risposta che non è mai arrivata.» Spiegò senza scomporsi. Kol fece schioccare le dita.
«Oh, già! L'accordo con la tua amante! Chiedo venia, ma ho avuto da fare cose ben più importanti... cose più gratificanti. Ma ora... sono qui.» Scrollò le spalle. Klaus incrociò le braccia al petto.
«Gratificante come dissanguare un'intera squadra di football?» Sorrise sghembo. Kol sospirò.
«I Baltimore Ravens? Sì... la loro divisa non mi piaceva per niente! Ma devo contraddirti, fratello. Fare sesso con Liza è stato decisamente più gratificante!» Ammiccò in direzione dell'ibrido. Klaus perse il sorriso, incassando l'ennesimo colpo da parte di suo fratello. Aveva immaginato tutto, anche che - e in fin dei conti non si trattava della prima volta – fossero andati a letto insieme, ma sentirlo dire da Kol, come fosse una freccia all'arco da scagliare, gli aveva dato decisamente fastidio. E più di ogni altra cosa gli aveva fatto male.
L'ibrido cercò di non perdere il controllo, per non dare a suo fratello anche la soddisfazione di vederlo sofferente.
«Non stento a crederlo.» Disse sorridendo appena. «Ora, però, credo sia arrivato il momento di parlare seriamente.» Aggiunse. I suoi occhi chiari incontrarono quelli scuri di Elijah e Klaus annuì, autorizzandolo, con un gesto della mano, a proseguire il discorso. Il vampiro, quindi, ritrovò lo sguardo di Kol e il suo ghigno.
«Ciò che sappiamo della pietra che interessa a Joel è poco, troppo poco, ma non possiamo più aspettare. E' necessario appurarne l'esistenza, sapere quali sono i reali rischi a cui andremmo incontro se quell'uomo riuscisse a impadronirsene. In poche parole, bisogna contattare l'unica persona a conoscenza della verità sull'Occhio del Diavolo.»
Kol ridacchiò. «Siamo qui riuniti per fare una seduta spiritica? E' questo che vuoi dire?»
«Purtroppo no!» Esclamò Rebekah sbuffando. Elijah scosse la testa.
«Non sto parlando di Ayana, Kol, ma di nostro padre. Solo lui può svelare l'arcano.»
Kol, a quelle parole, aggrottò la fronte. «Intendete farlo tornare qui?»
«Sì e siamo tutti... più o meno d'accordo. Manca soltanto il tuo parere.» Concluse Elijah, alzandosi dal divano per raggiungere Klaus.
Kol cercò lo sguardo di Rebekah e lo trovò. La ragazza si limitò a scrollare le spalle e lui, perplesso, tornò a concentrarsi sui suoi fratelli maggiori, l'uno accanto all'altro davanti al camino. Il suo sguardo mutò improvvisamente e il ghigno scomparve dalle sue labbra.
«Volete il mio parere a riguardo? Okay! Secondo me è Mikael la vera rovina di questa famiglia e non ho alcuna intenzione di ritrovarmelo ancora una volta tra i piedi. Io non ho paura di Joel e se davvero verrà a farci una visitina, mi occuperò di lui personalmente. L'ho già fatto una volta, dopotutto.» Disse risoluto. Elijah tornò a sfiorare la sua cravatta di seta scura, Klaus, invece, battè le mani sarcastico.
«Per una volta sono d'accordo con te!» Esclamò all'indirizzo di Kol, poi si rivolse a Elijah. «Come vedi, abbiamo trovato la soluzione perfetta. Si occuperà di tutto lui!» Sorrise. «Ora devo andare. Ho un appuntamento a cui non intendo arrivare in ritardo!» L'ibrido smise di sorridere e si apprestò a lasciare la stanza.
Rebekah lo imitò. “Io, invece, vado a scegliere un costume per Halloween!” Esclamò, prima di sgattaiolare fuori dal salone sotto lo sguardo perplesso di Elijah.
«Bene. Direi che anche per me è arrivato il momento di andare.» Kol si rimise in piedi, ma la voce di suo fratello lo raggiunse prima che potesse muovere un solo passo.
«Aspetta, per favore!»
Kol inarcò un sopracciglio. «Ti ho detto come la penso, Elijah, cosa vuoi ancora?»
«Parlare. Di Liza.»
Il vampiro guardò il maggiore dei suoi fratelli dritto negli occhi. «Cosa c'entra Liza, adesso?»
«Niente. Per il momento. Ma... se la pietra fosse solo un pretesto per avvicinarsi a colui che gli ha fatto del male? Come credi che abbia intenzione di vendicarsi Joel? Sa di non poter sconfiggere un originale, Kol, quindi, fossi in te, cercherei di tenere al sicuro le persone che amo e che sono più vulnerabili. Non puoi affrontare da solo questa guerra. Lascia che Mikael torni e ci dica ciò che sa. Solo giocando d'anticipo riusciremo a rendere Joel inoffensivo.»
Kol scosse la testa. «Tu non la conosci... Liza è forte.»
Elijah annuì. «E i suoi fratelli? Non credo...»
«Per quel che mi riguarda, possono marcire entrambi all'inferno!» Esclamò il ragazzo, accingendosi a lasciare la stanza.
«Se succedesse qualcosa a Damon o a Stefan, Liza potrebbe addossartene la colpa. Non la conosco, è vero, ma Niklaus mi ha parlato di lei... e anche Rebekah lo ha fatto. So tutto sugli avvenimenti dell'ultimo anno, Kol, e so che tieni molto a quella ragazza. Nemmeno tu saresti così pazzo da rovinare tutto!»
Kol si voltò verso suo fratello e restò a guardarlo a lungo, senza parlare. L'istinto gli suggeriva di mandare al diavolo sia lui che tutto il resto, ma quel "resto" non comprendeva Liza. Aveva tentato di dimenticarla, ma senza riuscirci, e ora che finalmente era sua e soltanto sua, Elijah aveva ragione: non avrebbe rovinato tutto, non sarebbe stato stupido fino a tal punto.
«Se Joel intende vendicarsi, sapere se quella dannata pietra esiste o meno non ci proteggerà dalla sua ira.» Disse con gli occhi fissi in quelli di Elijah.
Il vampiro annuì. «E' solo il primo passo, Kol.»
«E allora facciamolo.»

Liza giaceva sul letto della sua camera coperta solo da una sottoveste color perla e Kol restò ad osservarla per un po', prima di stendersi accanto a lei e respirare il suo profumo. Il vampiro accostò il petto alle spalle nude della ragazza e la strinse a sé, poi sorrise.
«Credevo di trovarti addosso uno di quei pigiami rosa di due taglie più grande e un paio di pantofole a forma di maialino, ma tu mi sorprendi ogni volta!»
Liza si voltò di scatto, piantando gli occhi castani in quelli di Kol.
«Stai scherzando, vero? E poi cos'hai contro le pantofole a forma di maialino?» Gli chiese assottigliando lo sguardo, il vampiro inarcò un sopracciglio.«E me lo chiedi? Sei molto più sexy vestita così... anche se... ti preferisco nuda!» Esclamò, infilando una mano sotto la seta candida.
Liza la bloccò a pochi centimetri dalle sue mutandine. «Non indosso mai pigiamoni rosa, sia chiaro!» Disse, sorridendo sghemba e sfilando definitivamente la mano di Kol dalla sua sottoveste. «Dove sei stato?» Aggiunse poi, ignorando l'espressione delusa del vampiro.
Kol alzò gli occhi al cielo, poi si passò una mano tra i capelli. «Saperlo ti costerà una notte di sesso sfrenato. Anzi, no! Due giorni di sesso sfrenato! Ci stai?» Sorrise.
Liza scosse la testa. «Parla! O non mi toccherai più nemmeno con un dito, altro che sesso sfrenato!»
Kol sospirò, senza smettere di sorridere. «Sono stato a casa di Nik. Volevo rivedere Rebekah e alla fine mi sono ritrovato nel bel mezzo di una rimpatriata. Anche mio fratello Elijah è tornato in città.»
Liza incrociò le braccia al petto. «Credevo che volessi stare lontano da casa tua, anzi, dalla tua non casa. Come mai hai cambiato idea?»
«Te l'ho detto! Ci sono andato per Rebekah. A lei voglio bene.»
La vampira rivolse al ragazzo un'occhiata perplessa, poi sorrise e appoggiò la testa sul suo petto.
«E tuo fratello Elijah per quale motivo è tornato? E' un nostalgico anche lui?»
«Forse. Elijah fa sempre così. Va via per secoli e poi si rifà vivo quando meno te lo aspetti.» Kol rispose all'ennesima domanda sperando che a Liza potesse bastare, dato che non era ancora il momento giusto per lei di sapere come realmente stessero le cose. La ragazza restò in silenzio per un po', poi sollevò la testa dal petto dell'originario e lo guardò dritto negli occhi.
«Se scopro che mi nascondi qualcosa... rimarrai in astinenza a vita, sappilo!» Puntò l'indice nello sterno di Kol e sorrise. Poi appoggiò le labbra su quelle del vampiro e lo baciò.

 


Eccomi tornata con il nuovo capitolo! Che ve ne pare? :)
Presto risponderò alle recensioni, nel frattempo ringrazio chi continua a seguirmi e chi comincia solo adesso, chi mi lascia un segno della sua presenza e chi, invece, lo fa in silenzio. Vi amo tutti <3

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Capitolo 5
*** Trick or treat? ***



 

Trick or treat?
 

Non è l'emozione di una festa a unire le genti ma il ritmo di una vita.
Andrea Natoli


 

Damon versò del caffè in una tazza e lo portò alle labbra soffermandosi ad annusarne l'aroma, prima di mandarne giù un lungo sorso. Di solito faceva colazione con un doppio whiskey, ma quella mattina gli sembrava di avere lo stomaco sottosopra e un martello pneumatico nel cervello, neanche fosse un umano alle prese con una sbornia colossale. Alzò gli occhi al cielo e buttò giù un altro paio di sorsi. Poi lasciò la tazza nel lavello e raggiunse il soggiorno mestamente. Stefan sollevò lo sguardo da uno dei suoi diari e lo indirizzò su suo fratello.
«Hai l'aria di chi ha trascorso la notte in bianco.» Sorrise, richiudendo il diario e appoggiandolo sul tavolino davanti a sé.
Damon gli rivolse un'occhiataccia, poi si lasciò cadere sulla poltrona. «Tu, invece, sei fresco come una rosa. Non dirmi che non hai sentito niente!»
Stefan aggrottò lievemente la fronte. «Sentito... cosa?»
«Nostra sorella e l'idiota, Stefan. Devi averli sentiti per forza!»
Stefan scosse la testa. «Certo che li ho sentiti. Ma nostra sorella e... l'idiota stanno insieme, adesso, Damon. In fin dei conti, non c'è nulla di male in ciò che fanno.» Sorrise ancora.
Damon fece roteare i suoi occhi azzurri. «Magari potrebbero essere più discreti! La mia camera è proprio accanto alla loro!»
«Se la metti così, la mia camera è proprio accanto alla tua. E quando sei in compagnia di Elena, non mi sembra tu sia tanto... discreto.»
Stefan sorrise sghembo, nonostante quello fosse per lui ancora un argomento scottante. Damon, invece, restò in silenzio per un po'. La frecciatina di suo fratello aveva fatto centro, come sempre d'altronde. Vide Stefan prendere tra le mani un altro dei suoi diari e, sbuffando, si alzò dal divano.
«Credo che questa full immersion nel passato possa bastare, per oggi!» Esclamò, strappando il diario dalle mani di suo fratello e appropriandosi rapidamente anche degli altri. «Stasera ci sarà un party al Grill. Festeggeremo Halloween tutti insieme!»
«Beh, io non parteciperò.» Rispose Stefan risoluto.
Damon ignorò completamente le sue parole. «Perfetto! Alle nove al Grill. E dillo anche a Liza e all'idiota. Ci sarà da divertirsi!» Ridusse gli occhi a due piccole fessure, poi sparì in corridoio con i diari al seguito. Stefan, perplesso, lo seguì con lo sguardo fino a che non scomparve dalla sua visuale. Il vampiro scosse la testa e sprofondò nel divano, proprio mentre Liza faceva il suo ingresso nel soggiorno. La ragazza, avvolta nella sua vestaglia rosa, assottigliò lo sguardo e si fermò a pochi metri da lui.
«Di cosa stavate parlando tu e Damon?» Domandò, stringendosi nelle braccia.
Stefan sembrò cadere dalle nuvole. «Oh... sì. Del party al Grill di questa sera. Damon ci vuole tutti lì e con tutti intende anche Kol.» Sorrise.
Liza annuì, poi raggiunse suo fratello sul divano. «Damon che desidera festeggiare Halloween insieme a Kol è decisamente... inquietante.» Ridacchiò. «Ma, dopotutto, siamo in tema.» Aggiunse. Stefan abbozzò un sorriso e Liza gli si fece più vicina.
«Fratellino caro, sai che non mi riferivo a questo quando ti ho chiesto di cosa stavate parlando tu e Damon. Sono un vampiro e le mie orecchie funzionano alla perfezione.» Ammiccò.
Stefan scosse la testa. «Se hai sentito tutto, cosa vuoi che ti dica? Damon è fatto così. Tieni a bada il tuo boyfriend e vedrai che, prima o poi, nostro fratello si abituerà alla sua presenza.» Disse, increspando le labbra. Liza gli rivolse un'occhiata perplessa. Dubitava fortemente delle parole del suo gemello, ma l'invito per quella sera poteva rappresentare un primo passo verso quell'agognata tregua. Doveva solo sperare che i due riuscissero ad arrivare interi alla fine della festa.
«Devo pensare a un costume per il party...» disse, rimettendosi in piedi. «Tu cosa indosserai?»
Stefan guardò negli occhi sua sorella per un istante, poi sospirò. «Non ne ho idea.»
La ragazza sorrise. «Ci penso io! Tu... togliti quell'aria malinconica dal viso. I ragazzi musoni non piacciono a nessuno!» Esclamò, facendogli la linguaccia e scoppiando a ridere, prima di correre al piano di sopra. A Stefan non restò che rassegnarsi: quella sera l'avrebbe trascorsa al Grill, con addosso un più che probabile improbabile costume e un finto sorriso stampato in faccia. Avrebbe declinato più che volentieri l'invito di Damon, ma con Liza era diverso. Finché poteva, non l'avrebbe delusa.

Kol rivolse l'ennesima occhiata perplessa allo specchio, prima di voltarsi verso Liza. La ragazza era intenta a ritoccare il suo rossetto vermiglio attraverso uno specchietto da borsetta. Sollevò lo sguardo dalla sua immagine riflessa e lo indirizzò su Kol, incontrando gli occhi scuri e accigliati del ragazzo.
«Che hai? Il costume non ti soddisfa?» Domandò contrariata, richiudendo lo specchietto e lanciandolo letteralmente sul copriletto verde acqua.
Kol inarcò un sopracciglio. Non amava mascherarsi e trovava decisamente strano che Damon lo volesse a quella festa. Ad ogni modo, ci sarebbe andato. Dopotutto, poteva sempre trovare il giusto modo di divertirsi, anche con addosso un costume in stile vittoriano. «Ripetimi da cosa sono vestito, per favore...» sospirò.
La vampira alzò gli occhi al cielo. «Sei Jonathan Harker. E io sono Mina, la tua sposa! Ti dice niente Bram Stoker?»
Kol si sistemò la camicia sotto il gilet nero e annuì. «Dracula... certo. Un'idea davvero originale!» Esclamò sarcastico.
Liza afferrò il soprabito scuro adagiato su una sedia e raggiunse l'originario davanti allo specchio. «Stefan non la pensa così.» Ridacchiò, porgendo l'indumento al ragazzo.
«Perché? Gli hai rifilato il costume di Lucy Westenra?» Chiese lui, ridacchiando a sua volta e prendendo il soprabito dalle mani della ragazza.
Liza scosse la testa. «No. Quello di Abraham Van Helsing! E gli sta davvero bene.» Ammise fiera.
Kol, senza smettere di ridere, indossò il soprabito scuro e Liza ammirò il risultato finale con aria decisamente soddisfatta.
«Adesso andiamo. Il party ci attende» Ammiccò sorridente all'indirizzo del vampiro e, sollevando appena la lunga e ampia gonna del suo vestito cremisi, raggiunse con lui l'uscita. A differenza del suo gemello e di Kol, a lei Halloween era sempre piaciuto. E la festa di quella sera, lo sentiva, sarebbe stata indimenticabile.

Varcata la soglia del Grill, Mr. e Mrs. Harker furono investiti dal rimbombante suono della musica dance e da una manciata di appiccicosi coriandoli. Liza infilò una mano sotto il braccio del suo cavaliere e insieme raggiunsero il bancone. Il Grill, per l'occasione, era stato completamente stravolto. Il biliardo era finito chissà dove, i tavoli erano posizionati lungo le pareti, nell'angolo libero accanto al bar c'era la postazione del d.j. e al centro tanto spazio per ballare. Kol rivolse un'occhiata divertita alla gente mascherata che si dimenava in pista, prima di ordinare il primo drink di quella serata. Liza, invece, si guardò intorno in cerca dei suoi fratelli. Individuò Damon ed Elena - felici e sorridenti - mascherati da Fantasma dell'Opera e Christine, seduti a uno dei tavolini. Di Stefan, invece, sembrava non esserci traccia. La ragazza prese Kol per mano e lo trascinò via dal bancone. Il ragazzo ebbe appena il tempo di prendere il bourbon con sé. Damon inarcò un sopracciglio alla vista dell'originario e di sua sorella, poi sorrise sghembo.
«Vi stavamo aspettando...» disse, sollevando il suo bicchiere. «Sedetevi e brindate con noi a questa piacevole serata... in famiglia!» Ammiccò.
Liza lo fulminò con lo sguardo. «Non brinderemo senza Stefan!» Esclamò, mettendosi a sedere.
Kol ghignò, scrollò le spalle e ammiccò in direzione di Damon, prima di prendere posto accanto alla sua ragazza.
Il vampiro assottigliò lo sguardo, ma decise di ignorare momentaneamente l'originario, quindi tornò a concentrarsi su sua sorella.
«Potrebbe non arrivare mai. Stef non ama questo genere di feste, anzi, non ama affatto le feste!»
Elena, dopo l'ennesimo sguardo contrariato di Liza all'indirizzo del fratello maggiore, appoggiò una mano sul braccio di quest'ultimo e sorrise.
«Aspettiamo ancora un po'. Sono sicura che verrà.»
«Ti ringrazio.» Liza guardò Elena negli occhi ricambiando il suo sorriso. Poi fece lo stesso con Damon, ma senza più sorridere. Voleva bene a entrambi i suoi fratelli, allo stesso identico modo, ma Damon in quel momento era il meno vulnerabile dei due. Lui aveva Elena al suo fianco e Stefan stava ancora tentando di abituarsi all'idea di averla persa. Si preoccupava per il suo gemello perché desiderava vederlo felice ma, da quando era tornata in città, nei suoi occhi aveva letto solo sofferenza. Abbassò lo sguardo sul tavolino per un istante e quando lo risollevò Stefan era di fronte a lei. Il vampiro diede una pacca sulla spalla di Damon, poi salutò Kol ed Elena. Liza notò con rammarico che non aveva indossato il costume che aveva scelto per lui.
«Wow! Stefan mascherato da... Stefan!» Ridacchiò Damon, sotto lo sguardo divertito di Kol e quello severo di Liza.
«Decisamente... il più originale di tutti!» Incalzò il giovane Mikaelson, prima di ricevere una gomitata dalla sua ragazza. Liza si alzò in piedi, raggiunse Stefan e, prendendolo per mano, lo condusse verso la pista da ballo, il tutto sotto lo sguardo contrariato di Kol.
Damon sorrise sghembo. “Benvenuto nel club!” Esclamò sarcastico, prima di scolarsi il resto del drink.

Stefan si ritrovò sua sorella tra le braccia, proprio mentre la musica si faceva più soft.
«Liza, sai che detesto ballare.»
«Lo so. Ma non hai indossato il costume che avevo scelto per te con tanto amore, quindi ti tocca farti perdonare!»
La ragazza sorrise e Stefan scosse la testa, ricambiando a suo modo quel sorriso. Poi la strinse a sé un po' di più.
«Come sta andando la serata? Damon è ancora intero, quindi immagino che, per ora, sia tutto sotto controllo.» Ridacchiò.
Liza annuì. «Per il momento si sono scambiati solo qualche sguardo truce. In realtà, non sono preoccupata per Damon e Kol, Stefan, ma per te.»
Il vampiro inarcò un sopracciglio. «Sto bene, di cosa ti preoccupi?»
«No, non stai bene. Passi il tuo tempo chiuso nello studio insieme ai tuoi diari, fuggi la mia compagnia, quella di Caroline...»
«Caroline è impegnata ultimamente. Insieme a Klaus.»
«Okay, ma...» Liza esitò per qualche istante. Ogni volta che nella sua mente si affacciava l'immagine di Klaus in compagnia di Caroline, a lei mancava l'aria. E ancora non riusciva a spiegarsene il motivo. «Credo che un po' di tempo per te possa trovarlo. E' tua amica. Prova a chiamarla, mandale un sms...»
Stefan roteò gli occhi verdi. «Liza, no! Sto bene così. Non temere, non ho intenzione di suicidarmi.» Sorrise sghembo. Liza battè il pugno sul petto del suo gemello.
«Non sei divertente.»
«Nemmeno tu lo sei, quando insisti così!»
Restarono occhi negli occhi, senza dire niente, fino a quando il lento finì. Poi Stefan si allontanò piano da lei, indietreggiando di pochi passi.
«Sei davvero bellissima stasera, Liza. Il rosso ti sta d'incanto.» Sorrise dolcemente, prima di voltarsi e scomparire tra la gente.
La ragazza mosse un passo in avanti, intenta a seguire suo fratello, ma le dita di Kol intorno al suo polso glielo impedirono. Liza si voltò di scatto e i suoi occhi si piantarono in quelli del vampiro.
«Posso avere anch'io l'onore di un ballo?»
«Adesso non è il momento, Kol.»
«E quando sarebbe il momento? Siamo a una festa! E tuo fratello non ha bisogno di una balia!»
Liza si liberò dalla presa di Kol con uno strattone.
«Intendo solo assicurarmi che stia bene. E' tanto difficile da comprendere per te? Oh, già, dimenticavo! A te non importa un bel niente dei tuoi fratelli, come potresti capire?»
Così dicendo, abbandonò la pista e raggiunse velocemente l'uscita. Camminò nel parcheggio per un po', sperando di trovarlo lì, ma di Stefan non c'era più traccia. In compenso, Kol era proprio dietro di lei. Liza alzò gli occhi al cielo, poi sorrise appena e si voltò.
«Non mi piacciono i ragazzi appiccicosi.»
Kol ridacchiò. «Io non sono il tuo ragazzo, Mina, sono tuo marito!»
L'originario azzerò le distanze dalla vampira e la strinse a sé, poi appoggiò le labbra su quelle di lei e la baciò. Liza ricambiò il bacio, poi guardò Kol dritto negli occhi.
«Prima sono stata una vera stronza, scusami, è che...»
Lui sfiorò le sue labbra con un dito. «Non devi scusarti. Dopotutto, ciò che hai detto è vero. Non m'importa dei miei fratelli e non m'importa dei tuoi. Solo tu conti per me, Liza, il resto può anche fottersi.» Sorrise sghembo.
Liza si lasciò andare tra le sue braccia, affondando il viso nel suo petto e respirando il suo profumo.
«Spero che, prima o poi, Stefan possa essere felice quanto lo sono io.» Sussurrò, cercando ancora lo sguardo del ragazzo che amava.
Kol non disse nulla. Increspò appena le labbra e poi la baciò ancora, stavolta con più fervore. La sua lingua accarezzò la gola della ragazza per poi scendere giù, fino a lambire la pelle candida lasciata nuda dalla scollatura del costume rosso. Liza chiuse gli occhi e gemette debolmente, ma quando li riaprì ebbe un sussulto. Un bambino dai capelli biondi, in smoking bianco con tanto di cilindro e mantello, era fermo a pochi metri da loro e li stava osservando.
«Kol, smettila! Non siamo soli!» Esclamò imbarazzata.
Il vampiro, con una smorfia di disappunto sul viso, si voltò verso la piccola presenza, la fissò per un istante e infine mosse un paio di passi nella sua direzione.
“Non è un po' tardi per giocare a dolcetto o scherzetto? Tornatene da mamma e papà!” Gli disse, ma il bambino non si mosse. Kol vide i suoi occhi, tinti di un azzurro intenso quasi innaturale, indugiare a lungo su di sé e provò un senso di disagio mai avvertito prima. Il bambino sembrò accorgersene, dato che spostò improvvisamente la sua attenzione su Liza.
“Non so dove siano i miei genitori.” Disse, facendo spallucce e mettendo il broncio.
Liza si mosse veloce nella sua direzione e gli si accoccolò davanti col sorriso sulle labbra.
“Non temere, ti aiuteremo a trovarli!” Esclamò, accarezzandogli dolcemente una guancia.
Kol sbuffò e il bambino, dopo alcuni secondi di silenzio, scosse la testa.
“Non li troverete mai. Loro non sono qui... io non ho né una mamma né un papà.” Asserì, senza mai distogliere il suo sguardo da quello di Liza. La ragazza si rimise in piedi e aggrottò la fronte, perplessa. Che razza di storia era mai quella?
Sempre tenendo d'occhio il bambino biondo, si allontanò da lui di un paio di metri e fece cenno a Kol di avvicinarsi. Il vampiro notò l'espressione accigliata del suo viso, un'espressione che conosceva, ormai, piuttosto bene e che non presagiva nulla di buono.
“Che hai in mente? No, Aspetta! Non sono sicuro di volerlo sapere.”
Lei lo fulminò con lo sguardo. “Hai sentito cosa ha detto? Non ha i genitori, non possiamo dirgli semplicemente okay e tornarcene a casa come niente fosse!”
Kol scosse la testa. “E cosa dovremmo fare? Adottarlo? E poi... guardalo! Se non ha i genitori, chi diavolo gli ha messo addosso quell'inquietante costume? E' un marmocchio, Liza, e i marmocchi dicono un sacco di bugie!”
“Solo i marmocchi?” La ragazza assottigliò lo sguardo e Kol sospirò, apparentemente disorientato. Si portò una mano tra i capelli e li scompigliò, poi, rassegnato, incrociò le braccia al petto.
“Avanti, dimmi cosa intendi fare.”
Gli occhi castani di Liza scintillarono e i lineamenti del suo viso divennero improvvisamente più distesi.
“Presto lo scoprirai!” Esclamò sorridendo.

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Capitolo 6
*** Sammy ***



Sammy

 

Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine de Saint Exupéry



«Sono ore che vaghiamo per la città in cerca di non so cosa. Era questa la tua geniale idea?»
Kol smise improvvisamente di camminare e si passò una mano sul cravattino, allentando di poco il nodo. Liza fece lo stesso, poi gli lanciò un'occhiata truce.
«Tu almeno non sei costretto a portarti dietro una gonna di raso a dir poco ingombrante!» Esclamò seccata, prima di posare lo sguardo sulla piccola chioma bionda.
Per tutto il tragitto in giro per la città, il bambino era stato piuttosto silenzioso. L'unica cosa che erano riusciti a scoprire di lui era che si chiamava Sammy e che aveva circa sei anni. Aveva continuato a sostenere di non avere famiglia, il che, ovviamente, non aveva fatto altro che insospettire e preoccupare Liza, oltre che infastidire Kol. Non era un mistero, infatti, il pensiero del vampiro a riguardo. Fosse dipeso da lui, avrebbero potuto lasciare Sammy lì dove lo avevano trovato – o dove lui aveva trovato loro – e tornarsene a casa Salvatore, chiudersi nella loro stanza e fare l'amore fino al mattino. Dopotutto, non era forse quello il modo migliore per concludere una serata di festa? E, invece, a causa dell'improbabile istinto materno di Liza, si era ritrovato a dover fare da babysitter a un marmocchio in smoking bianco dall'aria misteriosa e al contempo inquietante. Guardò per un istante Sammy negli occhi e, in seguito, sbuffò. Liza lo afferrò bruscamente per una manica della giacca e lo tirò in disparte.
«Kol, accidenti, si tratta di una creatura indifesa!» Esclamò la ragazza, cercando di non farsi sentire dal bambino. «Ho deciso di portarlo in giro per le vie di Mystic Falls perché speravo che riconoscesse la sua casa o che qualcuno riconoscesse lui. Ma niente. E' ovvio che non possiamo lasciarlo solo per strada a quest'ora della notte, quindi...»
«Quindi?» Kol aggrottò la fronte e Liza alzò gli occhi al cielo.
«Quindi lo porteremo a casa con noi. Domattina parlerò con lo sceriffo, lei, di sicuro, saprà aiutarci. Sammy potrebbe essersi perso e magari c'è già chi lo sta cercando.»
«Lo spero.» Tagliò corto l'originario, prima di riprendere nervosamente a camminare.
Liza cercò lo sguardo di Sammy e gli sorrise. Il bambino tese la piccola mano verso di lei e la vampira la strinse forte nella sua, avvertendo subito un calore intenso, più forte di quello solito che distingueva i vampiri dagli esseri umani, un calore che le sembrò irradiarsi anche al resto del suo corpo e che, inspiegabilmente, la faceva sentire bene.

Quando furono alla pensione, Liza fece sedere Sammy su uno dei divani del soggiorno così che potesse riscaldarsi al fuoco del camino. Kol osservò tutta la scena con una smorfia di disgusto sul viso, poi raggiunse il mobile dei liquori e si riempì un bicchiere con del whiskey. Non riusciva proprio a comprendere cosa spingesse Liza ad occuparsi di un bambino sconosciuto e, per quanto ne fosse innamorato, in quel momento gli sembrava quasi di detestarla. La ragazza gli si avvicinò e lui a stento le rivolse un'occhiata.
«Forse Sammy ha fame... cosa potrei dargli da mangiare?»
Kol stavolta la guardò, ma con la solita espressione perplessa che si era impossessata di lui nel parcheggio del Grill.
«Niente. In questa casa ci sono solo sangue, whiskey e caffè. Se non sbaglio, ci abitano dei vampiri.» Sorrise ironico.
Liza non disse nulla, ma si limitò a fulminare il suo ragazzo con un semplice sguardo. Kol riusciva a essere ancora tremendamente insopportabile ma, in fin dei conti, di cosa si meravigliava? Fino a poche settimane prima era a Baltimora, occupato a giocare al serial killer e a divertirsi in un letto con Katherine Pierce. Sperare che bastasse tenerlo accanto a sé per renderlo più umano era soltanto un'illusione. E lei, ormai, di illusioni ci viveva.
Si guardò intorno per un po', con la mente intenta a cercare una soluzione, poi puntò l'indice nel petto dell'originario.
«Tieni d'occhio il bambino. Io vado a procurarmi un po' di latte e dei biscotti.» Disse, sicura di sé, sotto lo sguardo esterrefatto di Kol. Il vampiro non ebbe neanche il tempo di ribattere che Liza era già fuori di casa. Buttò giù il resto del drink e appoggiò sonoramente il bicchiere sul ripiano di vetro. Sammy osservò tutta la scena in silenzio, seduto composto sul divano, con le piccole mani una nell'altra e il cilindro adagiato sui cuscini accanto a sé. Kol incontrò per qualche secondo il suo sguardo e si accorse ancora una volta di non riuscire a sostenerlo. Scosse nervosamente la testa, poi raggiunse l'altro divano e ci si stravaccò letteralmente. Gli occhi cominciarono a dividersi tra il soffitto e le cime delle tende, qualsiasi cosa che non fosse lo sguardo di Sammy. Si chiedeva come fosse possibile che un tale scricciolo potesse metterlo in soggezione. I bambini erano stati da sempre intoccabili per lui, come, del resto, lo erano per tutti i membri della sua famiglia. Ma mai nessun bambino incontrato in mille anni in giro per il mondo gli aveva rivolto uno sguardo così profondo da sembrare in grado di scavargli dentro.
«Non essere arrabbiato. La rabbia fa fare brutte cose.»
Kol strabuzzò gli occhi al suono della voce di Sammy. Perché gli aveva rivolto la parola? Lui non voleva parlarci, non voleva averci nulla a che fare e Liza era una stronza, perché solo una stronza avrebbe potuto metterlo in quella fastidiosa situazione. Si disse mentalmente quelle cose, ignorando ciò che Sammy aveva detto a lui. Il bambino, però, non sembrò scoraggiarsi.
«Tra un po' saranno qui Stefan e Damon e Damon non vuole che ti stendi sul divano.»
A quelle parole, Kol si sollevò su un gomito e, stavolta, guardò Sammy dritto negli occhi.
«Come fai a saperlo? Come sai i loro nomi?» Gli chiese, sbalordito e allarmato al tempo stesso.
Sammy fece spallucce. «Me lo ha detto Liza.» Sorrise candidamente.
Kol aggrottò la fronte, sempre più confuso. In quello stesso istante, la porta della pensione si aprì e, un attimo dopo, i Salvatore fecero il loro ingresso in soggiorno. Damon lanciò un'occhiata prima a Sammy e poi a Kol, soffermandosi infine su quest'ultimo.
«Dov'è Liza? E il bambino chi è?»
L'originario si alzò in piedi, sorrise sghembo e si avvicinò rapidamente al maggiore dei Salvatore.
«Tra poco sarà qui e ti racconterà tutto. Nel frattempo, tienilo d'occhio!» Esclamò, dando a Damon una pacca sulla spalla, prima di sparire in corridoio.
Il vampiro rivolse un'occhiata perplessa a Stefan. «Che avrà combinato questa volta nostra sorella?»
«Non ne ho idea.» Stefan scosse le spalle, poi si mise a sedere sul divano lasciato libero da Kol, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il sorriso sulle labbra.
«Come ti chiami?» Chiese al piccolo.
Lui ricambiò il sorriso. «Mi chiamo Sammy.»
«Non sei il figlio di mia sorella e dell'idiota, vero?»
«Damon!» Stefan lanciò un'occhiataccia a suo fratello e lui allargò le braccia.
«Voglio solo esserne sicuro al cento per cento. Con Liza non si può mai sapere.» Sorrise sghembo. Stefan alzò gli occhi al cielo e poi scosse la testa. Sammy lasciò il divano su cui era seduto e lo raggiunse, fermandosi a un passo da lui.
«Tu sei buono. Lui anche, ma non gli piace che si sappia.» Sussurrò all'orecchio di Stefan, prima di scoppiare a ridere. Stefan guardò il bambino negli occhi, increspando le labbra. Ciò che gli aveva appena detto lo aveva lasciato senza parole. Sapeva quanto i bambini fossero svegli, ma Sammy non conosceva lui né suo fratello. Eppure c'aveva preso in pieno. Anche Damon – che, ovviamente, aveva ascoltato tutto – si mostrò notevolmente sorpreso dall'arguzia del loro piccolo ospite. Tanto sorpreso che, proprio come suo fratello minore, non riuscì più a spiccicare parola. Stefan si voltò verso di lui, in cerca del suo sguardo, e lui semplicemente scosse le spalle. Spiccata perspicacia infantile. Era di questo che si trattava, dopotutto. O, forse, c'era dell'altro? Non ebbe il tempo di approfondire quel dilemma mentale che Liza comparve alle sue spalle con ancora addosso il suo costume di raso e il brick del latte e una confezione di biscotti tra le mani.
«Ehi... a quanto pare avete già fatto la conoscenza di Sammy» disse sorridendo, appoggiando sul tavolo ovale il latte e i biscotti.
Damon le indirizzò un'occhiata perplessa. «Già... ma... che ci fa un bambino in questa casa?»
«Kol non ve lo ha detto? A proposito, dov'è finito?»
«Ha detto che lo avresti fatto tu, quindi lascia perdere il tuo ragazzo – almeno per il momento - e dicci ciò che dobbiamo sapere!» Esclamò il ragazzo, con fare piuttosto perentorio.
Liza appoggiò entrambi i palmi delle mani sul ripiano in legno del grande tavolo e sospirò.
«Sammy deve essersi perso, lo abbiamo trovato nel parcheggio del Grill. Dice di non avere i genitori, ma...» il suo tono di voce divenne più flebile «probabilmente non è così. Domani mattina parlerò con lo sceriffo e sistemeremo la cosa. Per stanotte, invece, rimarrà qui. Se non avete nulla in contrario
Damon fece per dire qualcosa, ma Liza lo precedette. «Perfetto!» Afferrò il brick del latte e passò accanto al maggiore dei suoi fratelli, intenta a raggiungere la cucina.
Gli occhi azzurri di Damon rotearono sotto lo sguardo divertito di Stefan.
«Torno subito.» Disse a suo fratello, scomparendo subito dopo dalla sua visuale.
Varcò la soglia della cucina e Liza era lì, occupata a scaldare un po' di latte. Il vampiro inarcò un sopracciglio. Quella visione lo sconcertava a dir poco e non sapeva decisamente come interpretarla.
«Ti preoccupi molto per lui, a quanto pare.»
Liza sollevò gli occhi castani dal bollitore, guardando per un secondo in quelli chiari di suo fratello.
«Per favore, Dam, non mettertici anche tu. So che è strano per tutti voi, siete dei vampiri e lo sono anch'io, ma sto semplicemente facendo la cosa più giusta. Mi occuperò di quel bambino fino a quando non lo saprò al sicuro.» Disse, con quella determinazione ormai più che nota a chi la conosceva.
Damon, nonostante l'aria perplessa, annuì. «Immagino sia inutile dirti come la penso, perciò non lo farò. Non stavolta. Spero solo che si tratti di una notte e basta. Quel bambino è... inquietante.» Abbozzò un sorriso che parve una smorfia e lasciò la stanza in fretta.
Liza scosse la testa, poi versò il latte caldo in una tazza e raggiunse Sammy in soggiorno. Non riusciva proprio a comprendere il motivo per cui tutti lo trovassero inquietante. A lei faceva solo tanta, tanta tenerezza.

«Grazie, Liza. Sei gentile.»
Sammy le sorrise, prima di mandare giù il primo cucchiaio di latte e biscotti, e Liza ricambiò quel sorriso, passando poi le dita tra la chioma bionda e sbarazzina del piccolo ospite. Restò accanto a lui, osservandolo mangiare, rapita dalla tenerezza di ogni suo gesto, fino a quando alcuni rumori provenienti dal piano di sopra la riportarono alla realtà. Kol si era chiuso in quella che adesso era la loro camera, ma poteva percepire i suoi passi sul pavimento, perfino i suoi respiri e le imprecazioni che, ovviamente, non le facevano piacere. Ad ogni modo, non sentiva di doverlo biasimare. Lui non era felice quanto lo era lei di poter avere un bambino per casa e ciò non la sorprendeva affatto. Dopotutto, Kol non aveva mai desiderato una vita da umano e, soprattutto, non possedeva un istinto materno. Per quanto desiderasse condividere quel momento con lui, perché ne era innamorata, sapeva anche che imporgli la presenza di Sammy non avrebbe fatto altro che metterlo di cattivo umore e decisamente non era questo che voleva. Sammy finì di mangiare i biscotti e bevve il resto del latte, poi adagiò con cura la tazza sul tavolo. Liza la prese tra le mani e invitò il piccolo a seguirla in cucina. In quello stesso istante, il campanello suonò.
«Tesoro, aspettami qui. Torno subito!»
Il bambino annuì e lei, dopo avergli rivolto un nuovo sorriso, corse alla porta sollevando appena l'ampia gonna del costume che ancora indossava. Girò la maniglia e il respiro le mancò per un secondo.
«Buonasera, Liza.»
Davanti ai suoi occhi castani comparve Klaus, fermo sull'uscio con le mani dietro la schiena e un sorriso appena accennato sulle labbra. Liza mosse un passo indietro e lo invitò ad entrare.
«Cosa posso fare per te?» Gli chiese in tono formale, provando subito dopo un grande imbarazzo. Non sapeva spiegarselo, ma da quando aveva saputo della sua frequentazione con Caroline era come se si ritrovasse a soppesare ogni parola detta e ogni gesto fatto in sua presenza, probabilmente perché riteneva, ormai, sconveniente quella complicità che avevano un tempo.
L'ibrido notò il suo disagio e le sorrise. «Potresti semplicemente restare dove sei, con quel velo di timidezza sul viso e la pelle di porcellana in contrasto con la stoffa rossa. Non smetterei mai di guardarti...» sussurrò, e Liza si ritrovò a stringere forte quella stoffa tra le mani. Cosa le impediva di tuffarsi tra le braccia di Klaus? Il rispetto per Caroline, sempre così gentile e amichevole? O era, forse, l'amore che provava per Kol a farla desistere? I suoi occhi erano incollati a quelli dell'uomo che aveva di fronte, mentre non riusciva a darsi alcuna risposta. Non riusciva a pensare né a dire più nulla, allora fu Klaus a interrompere quel silenzio.
«Dovrei vedere Kol. E' per questo che sono qui, in realtà.» Le disse, e Liza, finalmente, respirò.
«S...sì, è di sopra...»
«Non più!»
Klaus puntò lo sguardo sulle scale e Liza fece lo stesso. Kol scese i gradini mestamente, a piedi nudi. Svestiti i panni di Jonathan Harker, adesso indossava un semplice paio di jeans e una maglietta bianca. Liza gli rivolse un caldo sorriso, ma lui non ricambiò.
«Vi lascio soli.» Disse lei, prima di correre via diretta verso la cucina.
Klaus la seguì con lo sguardo fino a che non scomparve dalla sua visuale. Kol notò quella lunga occhiata e scosse la testa.
«Sei venuto qui per vedere me... o lei
L'ibrido guardò negli occhi suo fratello, poi ridacchiò. «Converrai anche tu che si tratta di visioni decisamente diverse. Ad ogni modo, non temere. E' per te che sono qui.»
Kol restò impassibile, ma i suoi occhi erano lo specchio dell'odio. Aveva sentito ogni singola parola pronunciata da Klaus nei riguardi di Liza e ciò che gli faceva più rabbia era il fatto che suo fratello ne fosse perfettamente consapevole.
«Cosa vuoi?»
«Parlare di quella fastidiosa questione che conosci bene, quel problema che hai contribuito a creare!»
Kol, senza smettere di guardarlo negli occhi, azzerò ogni distanza da suo fratello. «Non in questa casa, non in presenza di Liza. Lei deve restarne fuori!»
Klaus sorrise sghembo. «Da un po' di tempo a questa parte sei perennemente in luna di miele. Non è certo colpa mia, se l'unico posto in cui posso trovarti è... questa casa
Kol raggiunse la porta, la aprì e fece cenno a Klaus di seguirlo all'esterno. Ciò che temeva era che Liza o i suoi fratelli potessero ascoltare quella conversazione. Non era certo che spostarsi in giardino servisse a evitare quell'inconveniente, per lui che era un Originale non esistevano barriere, quindi non gli restò che sperare che a nessuno dei tre venisse in mente di origliare. Camminò a piedi nudi nell'erba umida per un po', seguito da Klaus, poi si fermò e incrociò le braccia al petto.
«Che novità ci sono? Mikael sta tornando in città?»
Klaus, con un ghigno divertito sul viso, scosse la testa. «No. Per nostra fortuna non verrà. Ha parlato con Elijah e gli ha semplicemente detto che l'Occhio del Diavolo esiste, che non si tratta di una leggenda come noi tutti credevamo, e che si trova in un posto sicuro.»
«E quale sarebbe questo posto sicuro
Klaus sospirò. «Purtroppo non ci è dato saperlo. Mikael crede che ignorando dove sia nascosta la pietra, saremo tutti più al sicuro.»
Kol alzò gli occhi al cielo. «Ma se a ignorare dove si trovi la pietra fossimo solo noi? Se Joel fosse riuscito già a impossessarsene?»
«Mikael è convinto che non sia così. Dice che la pietra è ancora nascosta. Lui, in realtà, è più preoccupato che possa essere io a metterci sopra le mani che chiunque altro.» Ammise Klaus candidamente.
Kol inarcò un sopracciglio. «In effetti non lo biasimo.»
L'ibrido scrollò le spalle, senza smettere di sorridere. «Mikael intende tenermi o tenerci alla larga dalla pietra magica più potente del mondo, ma io non permetterò che cada in mani sbagliate. Non mi fido della sicurezza che ostenta nostro padre... per cui... farò in modo di scoprire dov'è nascosta.»
«E poi?»
«Poi la distruggerò. Oppure non lo farò. Credo di doverci ancora riflettere.»
Kol scosse lentamente la testa. Conosceva Niklaus Mikaelson come le sue tasche, eppure riusciva ancora a meravigliarsi di fronte ai suoi deliri di onnipotenza. Per un attimo aveva creduto che fosse Joel la minaccia più grande, ma si sbagliava. L'unica vera minaccia, l'unica enorme piaga di quella antica famiglia di vampiri era sempre stato solo lui. Nik.
«Okay, se non c'è altro... tornerei dalla mia ragazza!» Sorrise sghembo e ammiccò all'indirizzo del fratello. Poi, senza lasciargli il tempo di rispondere, si allontanò in fretta da lui, con le braccia sempre strette al petto e più alcun sorriso sul volto.


 



 

Eccomi tornata! Mi scuso per avervi fatto aspettare più del dovuto e spero che il nuovo capitolo vi piaccia :)
Ditemi cosa ne pensate, mi farebbe davvero piacere!!
Nel frattempo, ringrazio chi mi segue, chi ama questa storia quanto la amo io e chi mi dedica un po' del suo tempo con le recensioni.
Un bacio!

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Capitolo 7
*** Black holes and revelations ***



Black holes and revelations

 

Il pensare divide, il sentire unisce.
Ezra Pound



Liza scostò appena le tende della sua finestra per guardare il cielo plumbeo oltre i vetri. La pioggia era caduta incessantemente per tutta la notte e, nonostante la tregua di quel momento, avrebbe dovuto attendere forse ancora un giorno prima di rivedere il sole. Ripensando agli avvenimenti della sera precedente, un velo di malinconia pervase il suo volto. Dopo il breve scambio di battute con Klaus, aveva preso Sammy per mano e lo aveva condotto in una delle camere ancora libere delle pensione. Poi lo aveva messo a letto, facendogli indossare una delle magliette di Stefan - che sul bambino aveva assunto l'aspetto di una camicia da notte – e rimboccandogli per bene le coperte, prima di salutarlo con un dolce bacio sulla fronte. Infine aveva raggiunto la sua di camera, aveva chiuso la porta alle sue spalle ed era rimasta lì, immobile, con la schiena contro le ante di legno scuro, gli occhi chiusi e il respiro affannoso.
Non smetterei mai di guardarti...
Le parole pronunciate dall'ibrido riecheggiavano senza sosta nella sua mente, tanto simili a un disco rotto, ma non spiacevoli da ascoltare. Lei, quel disco, avrebbe potuto tenerlo su all'infinito, ebbra del piacere che solo la voce intensa e sensuale di Klaus Mikaelson era capace di infonderle. Mentre il ragazzo parlava, si era ritrovata ad osservare le sue labbra, rosse e carnose, desiderando di poterle baciarle per scoprirne la consistenza e il sapore. E quel desiderio l'aveva spaventata come poche cose erano riuscite a fare in quasi due secoli di vita.
Amava Kol perdutamente. Per lui aveva rinunciato all'umanità ritrovata, per lui era morta e, ne era certa, non avrebbe esitato a morire ancora e ancora, anche se alla fine sarebbe stato per sempre, se ce ne fosse stato bisogno. Eppure... dopo l'incantesimo che li aveva resi una sola cosa, aveva cominciato a provare per Klaus un sentimento più intenso, che, sebbene non fosse amore, poco aveva a che fare con l'amicizia. E si sentiva sporca per questo.
Alcune goccie di pioggia ripresero a infrangersi sui vetri e Liza sospirò. Che si fosse trattato di un sentimento genuino o semplicemente di un effetto collaterale del legame instauratosi in seguito all'incantesimo di Bonnie, avrebbe combattutto con tutte le sue forze ciò che provava per Klaus. Lo doveva a Caroline e, soprattutto, lo doveva all'unico vero amore della sua vita.
«Che ci fai già in piedi? Detesto svegliarmi e non trovarti addosso a me.»
Kol si tirò su, sistemandosi i cuscini dietro la schiena e Liza gli rivolse un caldo sorriso. Appena sveglio i suoi capelli sembravano un ammasso di fili ingarbugliati, eppure riusciva sempre ad essere maledettamente sexy.
«Oggi andrò a parlare con lo sceriffo, intendo sistemare la faccenda di Sammy. Inutile dire che ho pensato a lui tutta la notte.»
Kol alzò gli occhi al cielo e poi sbuffò. «Il marmocchio, giusto... me ne ero quasi dimenticato...» disse, prima di riportare la sua attenzione sulla ragazza. «Ormai c'è Sammy in cima ai tuoi pensieri.» Aggiunse, afferrando anche uno dei cuscini di Liza per poi stringerlo al petto.
«Non dirmi che sei geloso di un bambino!» La vampira assottigliò lo sguardo e raggiunse Kol sul letto, prendendo il posto del cuscino tra le sue braccia.
Kol prese ad accarezzarle i capelli, poi inarcò un sopracciglio. «Intendi che non è di Sammy che dovrei esserlo?»
«Che vuoi dire?» Liza incontrò gli occhi scuri del ragazzo e lui abbozzò un sorriso obliquo.
«Che c'è qualcuno che ti fa spudorate avances in mia presenza... avances che, a quanto pare, ti lasciano dannatamente imbambolata!» Esclamò, visibilmente seccato.
Liza restò in silenzio per un po'. Presa com'era a interrogarsi sull'effetto che quelle parole avevano avuto su di lei, non aveva minimamente pensato al fatto che Kol avesse visto e ascoltato tutto. Cercò di nascondere l'imbarazzo, ma Kol la conosceva, ormai, troppo bene per non accorgersi di quanto si sentisse a disagio.
«Kol io ti amo. Tuo fratello può rivolgermi tutte le attenzioni di questo mondo, a me importa solo delle tue. Lui è... affascinante, lo ammetto, e il fatto che la mia vita sia legata alla sua... beh... rende le cose più complicate, ma... io sono tua e desidero rimanere tua per sempre!» Così dicendo gli baciò le labbra, ma il vampiro si ritrasse.
«Cosa intendi, di preciso, quando dici che il fatto che la tua vita sia legata alla sua rende tutto più complicato? Credi di esserne asservita?»
Liza aggrottò la fronte. «No! Se così fosse, credo che gli sarei già saltata addosso!» Esclamò, ancora più a disagio. Poi si accorse dello sguardo accigliato di Kol, appoggiò una mano sul suo petto nudo e respirò. «Intendo semplicemente dire che lo sento vicino, molto più vicino di un tempo. E credo che questo dipenda dall'incantesimo. Ma non sono innamorata di lui e, soprattutto, non gli sono asservita.»
A quelle parole, fu Kol a rimanere in silenzio. I suoi occhi castani erano fissi in quelli di Liza, quasi intenti a leggere ciò che si celava dietro quei bei discorsi. Già, perché, per quanto ne fosse innamorato e nonostante il fastidioso appellativo con cui gli si rivolgeva Damon Salvatore, lui non era uno stupido. Liza aveva sempre avuto un debole per suo fratello, anche quando non c'era alcun incantesimo a unirli. Restava solo da capire se – come lei affermava - si trattava di una semplice attrazione o se, nel profondo di se stessa, la ragazza nutrisse qualcosa di più. E gli veniva la nausea solo a pensarci.
Liza avvertì il peso dello sguardo del vampiro e, soprattutto, del suo ostinato silenzio e allora decise di spazzarlo via.
«Ad ogni modo, sono solo sensazioni. Io e Klaus non siamo vicini, non lo siamo fisicamente. Lui ora sta con Caroline e anche la nostra amicizia ne ha risentito. In realtà, tra di noi adesso c'è un muro.»
«E ti dispiace?» Kol sorrise appena, mentre Liza si chiedeva se essere sincera fino in fondo oppure no. Alla fine optò per la prima opzione.
«Sì, mi dispiace. Lui è sempre stato gentile con me. Era un buon amico.»
Kol si lasciò andare a una risatina amara. «Vorrei poter dire la stessa cosa!» Esclamò, prima di volgere lo sguardo altrove e soffocare la rabbia.
Suo fratello gli aveva portato via secoli di vita e non si sarebbe certo meravigliato se un bel giorno avesse deciso di privarlo anche della donna che amava. Nik era fatto così. Era abituato a prendersi ciò che voleva e per farlo era disposto a tutto. Ma lui non glielo avrebbe permesso, non se si trattava di rinunciare a Liza.
«Nik è in una botte di ferro. Non posso privarlo della sua vita perché, altrimenti, tu perderesti la tua. Ma nessuno mi vieta di spaccargli la faccia e, prima o poi, giuro che lo farò!»
Disse, guardando nuovamente Liza negli occhi. La ragazza gli accarezzò una guancia dolcemente, poi appoggiò la testa sul suo petto e sospirò.
L'ultima cosa che desiderava era vedere i due fratelli prendersi a botte per lei, quindi avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse stata in suo potere per evitarlo.

«Ciao Stefan, cosa fai di bello?»
La voce squillante di Sammy lo raggiunse mentre era intento a bere del sangue da uno dei bicchieri che utilizzava per servirsi il whiskey e Stefan lo mise via in fretta, prima di voltarsi verso il bambino e sorridergli.
«Stavo facendo... colazione.» Scrollò le spalle, dicendo la prima cosa che gli era passata per la mente e che potesse risultare credibile, e in seguito inarcò un sopracciglio, focalizzando la sua attenzione su Sammy e su ciò che indossava. «Quella è...»
«La tua maglietta!» Liza, con addosso un paio di jeans, sneakers e una maglietta bianca con cappuccio, fece il suo ingresso in soggiorno e raggiunse Sammy, chinandosi per dargli un bacio sulla fronte.
Stefan osservò la scena col sorriso sulle labbra. «E' un po' troppo grande per lui, non trovi?» Le domandò divertito.
«Lo è, ma non avendo indumenti per bambini a portata di mano mi sono dovuta arrangiare con la prima cosa che ho trovato... in camera tua!» Esclamò la ragazza, facendo l'occhiolino a suo fratello, per poi tornare in posizione eretta e ravvivarsi energicamente i capelli. «Dopo l'incontro con lo sceriffo, andrò a comprargli dei vestiti. Non mi sembra il caso di fargli indossare ancora lo smoking, ora che non siamo più ad Halloween.» Aggiunse, senza smettere di sorridere.
Stefan annuì. «Se hai bisogno di qualcuno che sorvegli Sammy mentre sei via, puoi contare su di me.»
«Sul serio? Faresti questo per me?» Liza rivolse al suo gemello uno sguardo colmo d'amore e lui, con le braccia strette al petto, ricambiò allo stesso modo.
«Certo. Sai che non c'è niente al mondo che non farei per te.»
Liza, con un balzo, azzerò la distanza che la divideva da Stefan e gli stampò un lungo bacio su una guancia. «Sei il fratello più adorabile del mondo!» Disse poi, prima di correre verso la porta d'ingresso. Era intenzionata a far luce sul mistero che avvolgeva Sammy e non voleva perdere un minuto di più. Quando, però, aprì la porta della pensione, si ritrovò di fronte una ragazza dai capelli lunghi e rossi, fatti di onde morbide che incorniciavano un viso dolce e sorridente. Liza la squadrò da capo a piedi, soffermandosi sull'abito a fiori che indossava, e infine le rivolse un'occhiata interrogativa. La sconosciuta prese un lungo respiro.
«Cerco Stefan, Stefan Salvatore. Mi hanno detto che lo avrei trovato qui.»
L'espressione accigliata di Liza lasciò il posto a un sorrisetto sornione. «Ehi, fratellino! C'è qui una bella signorina che chiede di te!» Esclamò, facendo l'occhiolino alla ragazza rossa, le cui gote diventarono improvvisamente paonazze, soprattutto quando Stefan comparve sulla soglia, proprio accanto a sua sorella.
«Celia!?»
«Ciao... Stefan.»
Liza notò lo stupore sul volto del suo gemello e l'imbarazzo su quello della ragazza e, d'istinto, assottigliò lo sguardo. La tentazione di restare lì e scoprire cosa stesse succedendo tra i due era davvero forte, ma lo era altrettanto arrivare a capo della faccenda che riguardava Sammy, quindi salutò Celia e si portò all'esterno della casa, passando accanto alla ragazza e voltandosi solo per mostrare il pollice in su a suo fratello. Lui finse di ignorare quel gesto e la salutò con un cenno della mano, prima di tornare a concentrarsi sulla ragazza che gli sostava di fronte.
Aveva conosciuto Celia durante l'estate trascorsa in viaggio con Liza. Si era limitato – com'era sua consuetudine - a scambiare con lei qualche parola e a rubarle un sorriso. Ma non avrebbe mai immaginato di poterla rivedere, e invece...
«Oh... prego, entra pure.» Le disse, quasi cadendo dalle nuvole, scostandosi appena dall'uscio per permetterle di oltrepassarlo. Celia gli rivolse un altro sorriso, poi varcò la soglia e Stefan, richiusa la porta alle sue spalle, la condusse in soggiorno. Il vampiro lanciò un'occhiata a Sammy, seduto composto sul divano e intento a sfogliare una delle riviste di gossip che piacevano a Liza, poi tornò a guardare Celia negli occhi.
«Non credevo di rivederti così presto... cioè, voglio dire... mi fa piacere che tu sia qui, ma...»
«Non te lo aspettavi, lo so. Dopotutto, intendevo farti una sorpresa!» Celia rise cristallina e Sammy sollevò, per un attimo, lo sguardo dalle pagine della rivista per posarlo su lei e su Stefan. Anche il vampiro rise, poi annuì.
«Sono davvero sorpreso di vederti, piacevolmente sorpreso. Ma... come hai fatto a trovarmi?» Le domandò, visibilmente curioso. La ragazza mosse alcuni passi per la stanza, facendo volteggiare gli occhi in lungo e in largo.
«Sapevo che vivevi a Mystic Falls, quindi mi è bastato chiedere qualche informazione in giro. Semplice, no?»
Stefan annuì. «Beh... ora che sei qui, spero ti fermerai per un po'.»
«Ora che sono qui, intendo passare del tempo con te. Straniero!»
Gli sguardi dei due ragazzi si incontrarono ed entrambi scoppiarono a ridere divertiti. Sammy lanciò loro un'altra piccola occhiata, poi anche lui sorrise.

Liza percorse in fretta il vialetto della pensione fino alla strada, ma quando avvertì l'aria muoversi rapidamente alle sue spalle, si bloccò di colpo e si voltò. I suoi occhi incontrarono quelli di Kol e la ragazza inarcò un sopracciglio.
«Sei venuto a dirmi che hai cambiato idea, che trovi che Sammy sia adorabile e che desideri resti con noi per sempre?»
Kol aggrottò la fronte e le si avvicinò quasi a sfiorarla. «Assolutamente no! Sono qui perché intendo accompagnarti dallo sceriffo. Se c'è qualcosa da sapere, voglio sentirla dalla sua voce.»
Liza scosse la testa e sorrise. «Non temere, non ho mai pensato che potessi sul serio cambiare idea. E poi non sarebbe giusto tenere quel bambino con noi.» Disse, ricominciando a camminare al fianco del vampiro.
«Questa è la prima cosa sensata che ti sento dire nelle ultime ventiquattro ore!» Ribattè lui, guadagnandosi un'occhiata truce da parte della ragazza, unita a una gomitata nel fianco che per poco non gli fece perdere l'equilibrio. Lo sguardo del vampiro puntò dritto alla collana che Liza indossava e che gli conferiva quella inusuale forza. Per quanto le volesse bene, il fatto che riuscisse a sovrastare un originale non gli era mai andato completamente giù, colpa di quell'innato timore verso tutto ciò che sfuggiva al suo controllo.
Quando furono nell'ufficio di Liz Forbes, la donna accolse Liza con un sorriso.
«Benvenuta!» Le disse, rivolgendo subito dopo un'occhiata perplessa all'indirizzo di Kol. Lui, come tutta la sua famiglia, non era di certo il benvenuto. I Salvatore erano riusciti a guadagnarsi la sua fiducia nel tempo, ma i Mikaelson continuavano a rappresentare una minaccia per tutta la comunità, almeno secondo il suo punto di vista.
Kol incrociò le braccia al petto, ricambiando l'occhiata dello sceriffo con una smorfia di disappunto - e al tempo stesso di sfida - sul volto. La donna sospirò, tornando a concentrarsi su Liza.
«Purtroppo non abbiamo ricevuto nessuna denuncia di scomparsa nelle ultime ore e le mie indagini, fino a questo momento, non mi hanno portata da nessuna parte.»
Sul volto di Liza comparve un velo di delusione. Kol, invece, battè violentemente i pugni sulla scrivania.
«Cosa intende dire? Che non ha la più pallida idea di chi siano i genitori del bambino? E' un abitante di questa città, sceriffo, non un marziano!»
«Kol, per favore, datti una calmata!» Liza afferrò il polso del vampiro e lo invitò a farsi da parte. La situazione era già piuttosto complicata e la rabbia che si portava dentro l'originario non avrebbe migliorato le cose. Lui la fulminò con lo sguardo, poi scosse la testa e lasciò l'ufficio, richiudendo rumorosamente la porta alle sue spalle.
Liz Forbes rivolse a Liza uno sguardo colmo di gratitudine, poi continuò a parlare.
«Credo che, in un certo senso, il tuo amico abbia ragione. Se Sammy fosse un abitante di Mystic Falls, io lo saprei per certo. E' probabile che provenga da un'altra contea e che sia scappato di casa. Continuerò ad indagare, Liza, farò il possibile per venire a capo di questa faccenda.»
Liza annuì. «La ringrazio, sceriffo. Nel frattempo, se permette, mi piacerebbe che il bambino restasse con me. Non deve preoccuparsi, lo terrò al sicuro.»
«Certo. Ti chiamerò appena avrò notizie.» La donna sorrise ancora e Liza fece lo stesso. Poi si congedò e raggiunse Kol nel corridoio. Il vampiro sostava a braccia incrociate, con la schiena contro la parete grigia e lo sguardo accigliato. Sembrava una bomba pronta a esplodere da un momento all'altro.
«Liz continuerà le ricerche e...»
«E tu continuerai a giocare alla mamma premurosa, lo so, ho sentito tutto!» Esclamò, con un sorriso sghembo sulle labbra. «Scommetto che sei al settimo cielo per questo!» Aggiunse, ironico e tagliente più che mai.
«Non mi aspetto che tu capisca.»
«E io non mi aspetto che tu capisca me!»
Stavolta non c'era più traccia di ironia nelle parole di Kol. Il vampiro rivolse a Liza un'occhiata sprezzante, poi si voltò e si incamminò verso l'uscita, lasciandola sola.

«Liza, tutto okay?»
La voce di Matt la obbligò ad alzare gli occhi dal bicchiere quasi vuoto che stava fissando da un tempo indefinito per incontrare quelli del ragazzo fermo di fronte a lei.
«Sì... più o meno. Me ne porteresti un altro, per favore?» Gli chiese, dopo aver abbozzato un sorriso, indicando con il mento il suo drink ormai agli sgoccioli. Matt annuì, raggiunse in fretta il bancone e poi tornò da Liza con una bottiglia di bourbon nella mano destra. Prese posto di fronte a lei e le riempì nuovamente il bicchiere.
«Sai che puoi raccontarmi tutto ciò che ti passa per la testa, vero? Gli amici servono anche a questo.» Sorrise dolcemente.
Liza annuì, poi prese un lungo respiro. «Si tratta di Kol. Ultimamente viaggiamo su due binari diversi.» Disse candidamente, facendo spallucce e cercando lo sguardo rassicurante del ragazzo biondo.
«Sai cosa penso di lui, non mi sta affatto simpatico e, oltretutto, ha anche cercato di farmi fuori prima che arrivassi tu. Forse non ti piacerà sentirlo dire, ma credo che Kol non sia l'uomo giusto per te. Meriti di meglio, Liza, davvero.»
Liza vide gli occhi chiari di Matt brillare e allora gli rivolse un caldo sorriso. «Ti ringrazio per la sincerità, i veri amici dovrebbero sempre dire ciò che pensano senza mezzi termini e tu... lo fai.» Gli disse, appoggiando una mano sulla sua. «Non sapevo che avesse cercato di ucciderti.»
«Oh... beh... è stato tanto tempo fa. Kol è impulsivo e, soprattutto, è privo di scrupoli. E tu lo conosci certamente più di me.» Matt sollevò un sopracciglio. Liza, invece, non si mosse.
«Quello è il lato di sé che preferisce mostrare, ma non è l'unico. Se non avessi scorto in lui un barlume di umanità, non me ne sarei mai innamorata.»
Il suo pensiero tornò alla prima notte trascorsa nella casa abbandonata, a quando Kol aveva messo da parte il suo ego di vampiro cinico e spietato per permetterle di conoscere il suo mondo segreto, quello fatto di solitudine, candele accese, libri e balli d'altri tempi.
Stavolta fu Matt a scorgere una luce negli occhi di Liza, la solita luce che le illuminava il volto quando il vampiro era con lei o quando, proprio come in quel momento, semplicemente ne parlava. Non disse nulla, ma si limitò ad adagiare l'altra mano su quella della ragazza e a stringerla dolcemente. Liza si beò del calore di quel contatto e sorrise ancora, poi vide Kol - oltre le spalle di Matt - avvicinarsi lentamente a loro, quindi tirò a sé la mano sotto lo sguardo confuso dell'amico. Il vampiro si schiarì la voce, poi diede a Matt un'energica pacca sulla spalla.
«Grazie per avermi tenuto al caldo la sedia. Ora, però, togliti dai piedi!» Gli ordinò, sfidandolo con lo sguardo.
Matt si rimise in piedi e, dopo aver ricambiato l'occhiata del vampiro con la medesima intensità, si allontanò mestamente. Liza sbuffò.
«Potresti essere più gentile con lui, non trovi?»
Kol sollevò un sopracciglio. «Perché si tratta di un tuo amico? No, non credo.» Rise sghembo.
Liza prese tra le mani il suo bicchiere e bevve il whiskey in un solo sorso. Poi tentò di alzarsi per andare via, ma Kol le afferrò il braccio prima che potesse farlo.
«Mi dispiace per prima, non dovevo lasciarti sola.»
La ragazza piantò gli occhi castani in quelli del vampiro. «Non importa. Ormai ci sono abituata. Ma se intendi tornare sulla questione che riguarda Sammy, allora...»
«No! Non voglio parlare di Sammy. Voglio solo stare con te.» Disse, mentre la sua mano non accennava a staccarsi dal polso di Liza. Alla fine allentò la presa e fece scivolare le dita lungo la mano della vampira, per poi intrecciarle con quelle di lei.
Liza restò in silenzio, senza smettere di guardare Kol negli occhi, fino a quando un'altra voce – stavolta quella di una donna – non attirò a sé la sua attenzione. Lasciò andare la mano di Kol e si rimise in piedi, scorgendo una Caroline Forbes più raggiante che mai.
La bionda piegò la testa di lato e sorrise. «Sarei passata dalla pensione nel pomeriggio, ma visto che siete qui...» disse, rivolgendo un'occhiata ridente anche a Kol, prima di sfilare un biglietto dalla sua borsetta e porgerlo a Liza. «Siete tutti invitati alla mia festa di fidanzamento. E per tutti intendo anche Stefan!» Rise ancora. Liza prese il biglietto dalle mani della vampira e lo fissò per un po'. Poi la bionda riprese a parlare.
«Adesso devo andare, sono in ritardo con i preparativi e devo ancora scegliere il vestito!»
Liza sollevò gli occhi dal biglietto e li piantò in quelli di Caroline. «Oh, certo... beh, grazie per l'invito. Non temere, Stefan ci sarà!» Esclamò, prima di abbracciarla forte e seguirla con lo sguardo mentre – quasi saltellando – si apprestava a lasciare il Grill.
Liza tornò a sedersi, sfilò il cartoncino dalla busta e le sembrò di percepire il profumo di Klaus. I suoi occhi scorsero le parole stampate elegantemente sull'avorio del biglietto, un biglietto molto simile a quello che l'ibrido le aveva inviato mesi prima per invitarla a cena a casa sua, e le sue labbra si piegarono in un flebile sorriso. Kol fece scivolare il suo sguardo dal cartoncino al volto della ragazza, poi incrociò le braccia davanti a sé.
«Una festa di fidanzamento? Nik ha perso letteralmente la testa!» Sentenziò, facendo roteare i suoi occhi scuri.
«Tuo fratello è innamorato, Kol. Dovresti essere felice per lui, invece di prenderlo in giro.» Lo rimbeccò Liza, sorridendo divertita.
Lui si sporse in avanti, lentamente e con un ghigno sulle labbra. «Tu... lo sei?»
«Certo.» Rispose la ragazza, senza esitare e stringendo forte il biglietto tra le dita, mentre la terra sotto i suoi piedi stava ricominciando inevitabilmente a tremare.


 



 

Ed ecco il nuovo capitolo! Gli impegni e le festività natalizie non mi hanno permesso di postare prima, quindi mi scuso per l'attesa.
Celia (si pronuncia Silia) ha il volto di Holland Roden.
Ora mi piacerebbe sapere cosa ne pensate *-*
Nel frattempo, ringrazio infinitamente Lay e chi ha inserito la mia storia nelle seguite/preferite/ricordate. Vi amo <3

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Capitolo 8
*** Guardarsi dentro ***



Guardarsi dentro

 

La felicità non è avere quello che si desidera,
ma desiderare quello che si ha.
Oscar Wilde



Damon entrò in soggiorno e Liza era lì, intenta a piegare la maglietta che aveva fatto indossare a Sammy per la notte. La ragazza sollevò lo sguardo dall'indumento e incontrò quello di suo fratello. Non potè non notare l'espressione divertita del vampiro, quindi i suoi occhi si ridussero a due piccole fessure.
«Sbaglio o sei di ottimo umore?» Gli domandò, prima di riportare gli occhi sulla maglia.
Lui le si avvicinò col sorriso sulle labbra. «Hai presente l'universo parallelo in cui Stefan sprizza allegria da tutti i pori? Stamattina ci sono entrato e, squillo di trombe, l'ho trovato in compagnia di una bella ragazza dai capelli rossi... una certa Celia. Tu ne sai qualcosa?»
Liza si voltò verso Damon e sorrise appena. «Ne so quanto te. Credo l'abbia conosciuta durante la nostra vacanza, ma non me ne ha mai parlato. Sai meglio di me quanto sappia essere riservato, soprattutto se si tratta di donne.»
Rispose, tornando a concentrarsi sulla maglietta che stava piegando. In realtà, l'aveva spiegata e ripiegata almeno un paio di volte da quando Damon l'aveva raggiunta. E al vampiro non era di certo sfuggito.
«Qualcosa non va?» Le domandò, quindi, incrociando al petto le braccia.
«Affatto. Perché me lo chiedi?»
«Forse perché continui a torturare quella maglia e sembri persa in chissà quali pensieri? Avanti, spara!» Esclamò, dandole un colpetto con il gomito.
Liza fece roteare gli occhi castani, poi sospirò arrendevole. «A parte qualche piccola incomprensione con Kol, ho appena saputo che Caroline e Klaus daranno una festa domani sera.»
«A te le feste piacciono, che problema c'è?»
Liza piantò i palmi sul tavolo di legno scuro, poi incollò lo sguardo in quello di Damon. «E' una festa di fidanzamento, fratellone.»
Lui scoppiò in una fragorosa risata, poi notò che sua sorella, invece, non sembrava per niente divertita e allora si schiarì la voce, cercando di tornare serio. «Klaus che si fidanza è... strano, molto strano.»
«Non è strano, Damon, è amore.» Ribattè Liza, senza smettere di guardarlo negli occhi.
Lui piegò in giù gli angoli della bocca, sfoderando un'espressione poco convinta. «Quindi... è strano!» Sentenziò e Liza scosse la testa, senza dire più nulla. Anche Damon rimase in silenzio, continuando ad osservare il profilo di sua sorella e a respirare l'aria triste che la circondava. Non gli aveva ancora detto cosa la turbava, ma non era poi così difficile intuirlo.
«Non è stata una bella notizia per te, ormai è palese. Mi chiedo solo... perché? Klaus è il fratello del tuo ragazzo ed è tuo amico, dovresti gioire della sua felicità e invece...»
«Cosa?» Lo fulminò con lo sguardo, roteando completamente il busto nella sua direzione e stringendo le braccia al seno. «Forza, dimmi cosa pensi!»
Damon la fissò per un istante, poi continuò. «Penso che tu sia delusa. Mi sbaglio?»
A quelle parole, Liza trasalì. «No. Cioè... sono felice per lui, davvero, e anche per Caroline, ma... c'è qualcosa che mi stringe lo stomaco in una morsa infernale ogni volta che lo vedo, ogni volta che si parla di lui ed è... una sensazione orribile.»
Così dicendo, chiuse gli occhi e si portò le mani all'altezza delle tempie, cominciando a massaggiarle con le dita.
Damon appoggiò una mano sulla sua spalla, stringendo dolcemente, e Liza riaprì di colpo gli occhi. Poi scosse la testa come a voler scacciare via quei pensieri che non facevano altro che confondere le sue idee e metterla a disagio.
«Celia si fermerà qui con noi?» Chiese a suo fratello, nel tentativo di cambiare discorso.
Damon, perplesso, aggrottò la fronte. «No... le ho sentito dire che preferisce alloggiare in albergo... ma... cosa c'entra adesso la nuova fiamma di Stefan?»
Liza sbuffò. «Cercavo di pensare ad altro, Damon!»
A quelle parole, fu lui a scuotere energicamente il capo. «Le situazioni difficili si affrontano, Liza, e tu lo sai bene. Lo vuoi un consiglio da tuo fratello maggiore? Vai da Klaus e parla con lui. E' necessario.»
La ragazza restò in silenzio, con gli occhi dentro quelli di Damon, riflettendo su ciò che suo fratello le aveva appena detto. Forse non sarebbe servito a niente, forse – una volta lasciata la casa dei Mikaelson – i suoi sentimenti le sarebbero risultati ancora più indecifrabili. Ma doveva tentare. Dopotutto, Damon aveva ragione: non si scappa dai problemi e lei, nonostante le sue fragilità, li aveva sempre affrontati.

Quando Klaus comparve sull'uscio della sua dimora, Liza si sentì incredibilmente a disagio. L'ibrido l'accolse con un flebile sorriso e senza alcuna sorpresa in volto, come se, in qualche modo, si aspettasse di vederla lì. La ragazza ripensò alle parole di Damon e si ripetè che affrontare la situazione era la cosa migliore da fare, anche mentre, preceduta da Klaus, raggiungeva il salone di casa Mikaelson e prendeva posto su uno dei due grandi divani scuri. Non era mai stata una doppiogiochista, nemmeno durante gli anni trascorsi in compagnia di Katherine Pierce, e l'unica volta che era stata costretta a ingannare qualcuno, spinta dal desiderio di poter riottenere la sua umanità, si era ritrovata a soffrire terribilmente, anche più di quando nel suo petto batteva ancora un cuore. Non avrebbe più fatto del male a Kol, quindi non le restava che mettere da parte l'inquietudine che provava al cospetto di Klaus Mikaelson e guardare nel profondo di sé. Respirò a lungo, mentre gli occhi chiari del ragazzo la scrutavano curiosi.
«Ho saputo del tuo fidanzamento. Sono felice per te.» Disse, con le mani in grembo, l'una dentro l'altra.
Klaus sorrise appena. «I tuoi occhi, però, sembrano dire il contrario.» L'ibrido prese posto accanto a lei, tenendo lo sguardo fisso nel suo.
Liza trasalì, poi scosse debolmente la testa. «A te non posso proprio mentire.» Ricambiò il sorriso di lui, abbassando per un attimo lo sguardo. Quando lo indirizzò nuovamente in quello del ragazzo, l'espressione del suo viso era diventata seria e nei suoi occhi non c'era più traccia alcuna di timore. Si alzò in piedi, stringendo al seno le braccia, e muovendo qualche passo in lungo e in largo.
«Il fatto è che... se da un lato sono felice per te e per Caroline, dall'altro il solo pensiero di perderti per sempre mi fa mancare il fiato!» Esclamò, smettendo di camminare e guardandolo ancora dritto negli occhi. Il solo fatto di aver tirato fuori qualcosa che, fino a quel momento, era stato un semplice pensiero prigioniero della sua mente, la faceva sentire decisamente meglio.
Lui, nell'udire quelle parole, aggrottò istintivamente la fronte. «Perdermi... per sempre?» Ripetè, lasciando il divano e raggiungendo svelto la ragazza. Con due dita le ripose una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi sorrise dolcemente. «Io e te non siamo mai stati amanti, né abbiamo condiviso un sentimento più profondo dell'amicizia. Non puoi perdere qualcuno che non hai mai avuto, Liza!»
Liza si morse il labbro inferiore, restando in silenzio per un po'. Klaus non aveva affatto torto. L'amicizia era l'unico sentimento che sa sempre li univa, semplice e al tempo stesso importante, ma pur sempre un'amicizia. Eppure anche lei, come l'ibrido un tempo, aveva desiderato di più. Anche se solo per un momento.
«Forse sono solo un'egoista. Ti vorrei accanto a me costantemente, come succedeva un tempo, e sono gelosa delle attenzioni che, adesso, riservi a Caroline.»
Klaus le appoggiò una mano su una guancia, accarezzandola teneramente. «Io sarò con te sempre, anche se non mi vedrai, anche se tu amerai Kol e io starò con Caroline. Siamo amici io e te e lo saremo per l'eternità.» Disse, lambendole la fronte con le labbra.
Liza, a quel contatto, chiuse gli occhi per poi riaprirli e incontrare le iridi azzurroverdi del ragazzo. Tutto sembrava filare liscio come l'olio, eppure c'era ancora qualcosa di irrisolto, di non detto, probabilmente si trattava della cosa che più l'aveva spaventata in quelle ultime settimane. Il desiderio di baciarlo.
Klaus seguitò a sorriderle, intento a rassicurarla anche con il più piccolo dei gesti. Lei, però, non riusciva a rasserenarsi. Prese l'ennesimo lungo respiro, mentre la sua mano si appoggiava piano sul petto dell'ibrido.
«L'ultima volta che ci siamo visti, a casa mia, ho provato una sensazione diversa in tua presenza. Non riuscivo a distogliere l'attenzione dalle tue labbra, io... avrei voluto baciarti.» Confessò, certa che, se non lo avesse fatto, quella conversazione avrebbe finito per non avere alcun senso.
Il volto di Klaus fu pervaso dallo stupore. Lui conosceva perfettamente quella sensazione, quel desiderio che per tante volte si era ritrovato a dover soffocare... per il bene di tutti. Già, perché, nonostante non gli importasse granché di ciò che provava suo fratello per Liza, sapeva per certo quali fossero i sentimenti della ragazza a riguardo. Era sempre stato consapevole di non essere lui il prescelto e farsi da parte, di conseguenza, gli era sembrata la cosa più giusta e dignitosa da fare. E mai si sarebbe aspettato di udire un giorno, dalla bocca della ragazza che tanto aveva bramato di possedere, quella confessione accorata. Sul momento non proferì parola, limitandosi ad abbreviare ulteriormente la distanza tra i loro volti. Solo quando i nasi furono talmente vicini da potersi sfiorare, parlò.
«Devi farlo, Liza.»
«Cosa?»
Ma lui non rispose. Sollevò il mento della ragazza con un dito e unì le labbra a quelle di lei, premendo dolcemente. Quando anche le loro lingue entrarono in contatto, Liza strinse la stoffa della maglietta di Klaus tra le dita. Poi, come se una scarica elettrica ad alto voltaggio l'avesse investita in pieno, si destò improvvisamente, premendo contro il petto dell'ibrido per farlo allontanare da sé.
«No! Questo è sbagliato!» Esclamò, portandosi una mano all'altezza della bocca. Sentiva ancora le labbra pulsare e i suoi occhi erano diventati lucidi.
«Lo so, Liza.» Klaus non sorrideva, ma non sembrava nemmeno disturbato da quella reazione. Anche stavolta, sul suo volto, aleggiava una rassegnata consapevolezza.
«E allora perché?»
«Perché era l'unico modo che avevo per dimostrartelo. Ora, ne sono certo, non avrai più dubbi a riguardo. Siamo solo amici, Liza, solo questo.» E, seppure a malincuore, sorrise.
Liza annuì debolmente. Quel bacio era stato una doccia fredda e, proprio come una doccia fredda dopo una sbronza colossale, era riuscito a destarla da quello stato di torpore in cui erano finiti i suoi sentimenti. Lei e Klaus erano semplicemente amici, perché l'amore avrebbe portato per sempre un solo nome, quello di Kol.

«Mi fai compagnia?»
Damon versò del whiskey in un bicchiere e poi lo porse a Kol. Il vampiro, in piedi di fronte al maggiore dei Salvatore, sollevò, perplesso, un sopracciglio, restando a fissare il liquore per un po', prima di decidersi ad appropriarsene. Lo avvicinò lentamente alle labbra ma, invece di berlo, si soffermò ad annusarlo.
Damon, sbuffando, alzò al cielo i suoi occhi azzurri. «Cosa pensi ci sia dentro? Cianuro?» Ridacchiò, ma Kol non si scompose. Scosse appena la testa, sorridendo flebilmente.
«Verbena?» Replicò, raggiungendo il divano e mettendocisi a sedere.
«Non essere idiota!» Lo rimbeccò Damon, versando del whiskey anche per sé. «Avanti, mandalo giù. E non sporcarmi il divano!» Aggiunse infine, sprofondando, a sua volta, in poltrona.
Kol mandò giù un sorso di liquore, tenendo lo sguardo fisso sul vampiro. «Tu che mi offri da bere... è strano, dopotutto. Ti stai, forse, ricredendo sul mio conto?»
Damon aggrottò rapidamente la fronte. «Adesso non esagerare! Sei sempre simpatico come un virus intestinale in piena estate, ma mia sorella ti ama e per lei sono disposto anche ad essere gentile. Più o meno
Kol sorrise sghembo. «Già. Per amore di Liza siamo disposti a tutto. Se non fosse per lei, infatti, la tua testa starebbe rotolando sul prezioso tappeto persiano... in questo momento!» Ammiccò.
Damon gli rivolse una smorfia delle sue e lui finì di bere il suo whiskey d'un sorso.
Da quando si era trasferito in quella casa, era la prima volta che si ritrovava a pochi metri da uno dei due fratelli Salvatore senza sentire l'esigenza di snudare i canini e strappargli il cuore dal petto. E quasi gli sembrava impossibile. La sua follia omicida, ormai, era in vacanza da un pezzo ed era stata proprio Liza a mandarcela. Liza. L'unica donna, in mille anni di vita, per cui aveva desiderato essere un uomo migliore.
Liza entrò in soggiorno proprio in quel momento, destandolo dai suoi pensieri. La ragazza gli rivolse un sorriso dolce, poi svelta lo raggiunse sul divano, fiondandosi tra le sue braccia.
«Okay... qui qualcuno è diventato decisamente di troppo.»
Damon le fece l'occhiolino, poi, col sorriso sulle labbra, si alzò dalla poltrona e lasciò soli i due ragazzi.
Kol respirò l'odore fruttato dei capelli di Liza, appoggiando il mento sulla fronte di lei. «Hai scelto il vestito per la festa di domani sera?» Le chiese.
Lei si voltò per guardarlo negli occhi. «Non ancora. Ma ne ho talmente tanti che qualcosa troverò di sicuro.» Rispose, senza smettere di sorridere. «Tu indosserai lo smoking?»
«No. Io non verrò a quella stupida festa di fidanzamento. In fin dei conti, nessuno sentirà la mia mancanza. Specialmente Nik!»
Liza gli rivolse un'occhiata sottile. «Nessuno sentirà la tua mancanza? Davvero?»
Kol ridacchiò. «Stare lontana da me per un paio d'ore non ti ammazzerà. Andrai alla festa accompagnata da Stefan, mentre io... farò da babysitter al marmocchio biondo.» Concluse, divertito e rassegnato al tempo stesso.
Lo sguardo di Liza divenne ancora più sottile. «A quanto pare, hai già pensato a tutto. Dì la verità, cosa nascondi?» Il dito indice della ragazza puntò lo sterno dell'originario.
Lui scosse la testa e sorrise. «Niente. Non ho voglia di passare del tempo con la mia famiglia, tutto qui. Dovresti smetterla di pensare a me come un piantagrane e fidarti un po' di più dell'uomo che hai accanto!»
Così dicendo, afferrò con i denti il labbro inferiore della ragazza per poi succhiarlo appena. Liza sorrise tra le labbra del vampiro, poi rapida gli fu sopra, mentre con una mano già gli sbottonava i jeans.
«Lo farei qui, sul divano, ma...»
«Poi chi lo sente tuo fratello. Per non parlare del marmocchio. Potrebbe restare traumatizzato a vita, se ci vedesse!» Kol scoppiò a ridere di gusto.
«Scemo!» Esclamò Liza, dandogli un pizzicotto. Poi rise insieme a lui, finalmente serena.


 



 

Sebbene con un po' di ritardo, ecco il nuovo capitolo.
Che ne pensate?
Un grazie a tutti, di cuore, e alla prossima :)

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Capitolo 9
*** La carezza del Diavolo ***



La carezza del Diavolo

 

La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto
è stato convincere il mondo che lui non esiste.
Dal film "I soliti sospetti"



Liza guardò la sua immagine riflessa nello specchio e sorrise. L'incontro chiarificatore con Klaus aveva spazzato via l'inquietudine che l'attanagliava da giorni e, adesso, oltre che sollevata, si sentiva felice come mai lo era stata prima. Sfiorò con due dita la seta lucida dell'abito che indossava, quello che aveva scelto per la festa che si sarebbe tenuta di lì a poco, un abito rosa antico che avvolgeva delicatamente le sue forme, lasciava nude le spalle e scendeva fino a sfiorare il pavimento, e fece una mezza piroetta, prima di controllare che anche i capelli fossero a posto. Aveva deciso di raccoglierli morbidamente sulla nuca, con alcune piccole rose di stoffa, della stessa tonalità del vestito, a contornare lo chignon. Era soddisfatta di ciò che vedeva: una ragazza innamorata, circondata dall'affetto infinito dei suoi due fratelli, che non desiderava altro che poter condividere quella felicità con il mondo intero.
«Sei incantevole.»
Damon comparve alle sue spalle e Liza gli sorrise attraverso lo specchio. Anche lui era pronto per il grande evento, fiero ed elegante nel suo smoking nero. «Farai girare la testa al padrone di casa!»
Liza si voltò verso di lui, piegò il capo di lato e sfiorò la cravatta grigio scuro del ragazzo. «Ti sbagli, fratellone. Klaus Mikaelson, stasera, non avrà occhi che per la sua fidanzata.»
La ragazza sollevò lo sguardo e incontrò quello di Damon che la fissava deluso.
«Sei stata da lui?»
«Certo, proprio come tu mi hai suggerito di fare.»
«E... allora?»
«E allora niente. Ciò che provo per Klaus è semplice rispetto e ammirazione. Gli voglio bene, ma amo follemente Kol. Anche se a te non va giù!» Esclamò, col sorriso sulle labbra, dando a Damon un leggero pizzicotto su una guancia.
Il vampiro fece roteare gli occhi azzurri, poi sospirò. «A me importa solo che tu sia felice.»
«Lo sono.» Disse lei, rivolgendogli uno sguardo dolce. Il vampiro, allora, le porse il braccio e insieme lasciarono la stanza per raggiungere il piano inferiore. Stefan, con addosso il suo smoking, sostava nell'ingresso in attesa di uscire. Damon gli passò accanto, poi uscì in giardino diretto a casa di Elena. Lui lo vide allontanarsi, poi sorrise a Liza.
«Andiamo?»
«Sì, dammi solo un minuto. C'è qualcuno che devo salutare.» Ricambiò il sorriso di suo fratello, indicando, con un cenno del capo, Kol che, nell'indifferenza più totale, se ne stava disteso sul divano.
«Okay. Ti aspetto in macchina.» Rispose Stefan, prima di uscire di casa.
Liza raggiunse il soggiorno e vide Sammy, seduto sul tappeto, intento a giocare con alcune automobiline colorate. La ragazza sorrise, poi indirizzò la sua attenzione su Kol. Il ragazzo non si era mosso di un millimetro e teneva gli occhi chiusi, anche se non stava dormendo. Liza gli si avvicinò, si chinò su di lui e sfiorò le labbra del vampiro con le sue. Kol, a quel punto, aprì gli occhi, guardò Liza dritto nei suoi, si sollevò su un gomito e, infine, sorrise.
«Non preoccuparti, al tuo ritorno il marmocchio sarà ancora qui. Sano e salvo
Lei baciò ancora una volta le sue labbra. «Ti amo.» Gli disse soltanto, prima di lasciare la stanza e raggiungere Stefan.

L'ultima volta che era stata a villa Mikaelson per una festa, era rimasta uccisa. Eppure, ora che percorreva la grande sala illuminata dai lampadari di cristallo e allietata da un piacevole sottofondo musicale, non c'era niente che riuscisse a turbarla, nemmeno quell'oscuro ricordo. Klaus le era andato incontro non appena l'aveva vista entrare, al braccio di Stefan, e così aveva fatto Caroline, splendida nel suo vestito di pizzo color ghiaccio e swarovski. Liza aveva notato negli occhi della vampira la stessa felicità che vedeva nei suoi ogni volta che si specchiava e, inevitabilmente, si era ritrovata a rimpiangere l'assenza di Kol. Aveva accettato di buon grado la volontà del ragazzo di non partecipare a quell'evento, nonostante le dispiacesse non averlo accanto, perché sapeva quanto critici fossero i rapporti di lui con Klaus. Ma ora che poteva respirare tutto quell'amore nell'aria, le sembrava ingiusto che non fosse lì con lei.
Stefan si allontanò per prendere da bere, mentre lei osservava gli invitati che chiacchieravano amabilmente o danzavano sulle note dell'orchestrina. C'erano tanti volti noti, a quella festa, ma anche gente che non aveva mai visto prima. Uno di questi le andò incontro con fare decisamente elegante e, per un attimo, quando i suoi occhi incontrarono quelli di lui, le parve di sentire il suo cuore balzarle in petto. Peccato che la cosa fosse tecnicamente impossibile.
«Tu devi essere Liza.» L'uomo sorrise appena, porgendole la mano destra col palmo rivolto verso l'alto. «Elijah Mikaelson. E' un vero piacere conoscerti.»
Liza, ancora mezza imbambolata, adagiò la sua mano in quella del più anziano degli Originali e lui, senza smettere di guardarla negli occhi, si cimentò nel più elegante dei baciamano.
Non aveva mai visto Elijah prima di allora, ma Katherine le aveva parlato molto di lui. La somiglianza con Kol, ad ogni modo, era notevole, ecco perché, mentre l'uomo le andava incontro, aveva provato quella strana sensazione.
«Il piacere è mio.» Rispose, sorridendo a sua volta, mentre ancora si soffermava sui lineamenti dell'uomo e sulla classe che mostrava a ogni suo gesto, classe che a Kol mancava decisamente.
«So che sei riuscita a entrare nelle grazie di ben due dei miei fratelli. E adesso che ti vedo, non me ne meraviglio affatto.»
Liza, a quelle parole, provò un leggero senso di disagio. Elijah se ne accorse, scorgendo il turbamento nei grandi occhi castani della ragazza.
«Non fraintendermi, ti prego. Niklaus mi ha raccontato ciò che è accaduto qui circa un anno fa, che un incantesimo ha legato la tua vita alla sua e che... per lui sei diventata molto importante. Un'ottima amica. Kol, invece, sebbene non lo abbia esplicitamente ammesso, mi ha fatto intendere di essere molto innamorato di te.» Spiegò, condendo il tutto con un sorriso caldo che riuscì a spazzare via la tensione.
«Peccato, però, che non sia qui con me.»
Elijah notò un velo di delusione nella voce della ragazza. Per lui, che Kol avesse declinato l'invito a quella festa, non era stata una grande sorpresa. Di tutti loro, Kol era quello che più aveva sofferto per le angherie e i soprusi di Klaus. Lui gli aveva sottratto anni e anni di vita, fino a portargli via un intero secolo, non era, quindi, inimmaginabile che provasse ancora un forte rancore nei suoi confronti. Per di più, essendo il fratello più piccolo, sentiva di dovergli del rispetto, nonostante tutto. Ciò, ovviamente, non aveva fatto altro che accrescere in lui la rabbia e il timore di poter subire ancora.
«Posso immaginare come ti senti, ma comprendo anche il suo stato d'animo. Se fosse venuto qui, solo per farti un piacere, il malessere che prova avrebbe potuto avere delle conseguenze disastrose. Dopotutto, è già capitato.»
Liza aggrottò la fronte. «Stai, forse, dicendo che è una fortuna non averlo tra i piedi?»
L'originario piegò in su un angolo della bocca e scosse la testa. «Intendo dire che hai fatto bene a rispettare la sua scelta.»
Così dicendo, le accarezzò dolcemente una spalla, poi si congedò da lei, sempre con fare elegante, e si allontanò lentamente sotto lo sguardo della ragazza. Liza rimase con i suoi pensieri per un po', poi cercò Stefan con lo sguardo. Probabilmente, vedendola in compagnia di Elijah, aveva preferito non interrompere la loro conversazione. Ma, adesso, dov'era finito?
Si incamminò per la grande sala ma, invece che suo fratello, si ritrovò davanti Caroline Forbes impegnata in una fitta conversazione con un ragazzo alto e moro. Prese al volo un bicchiere di champagne dal vassoio di un cameriere di passaggio e si fece leggermente da parte, restando ad osservarli senza, però, ascoltare ciò che stavano dicendo. Notò una certa intesa tra i due, nonostante Caroline mostrasse un atteggiamento di chiusura nei confronti del ragazzo. La vampira, infatti, teneva le braccia strette al petto e stava battendo il piede, sebbene il vestito lungo celasse quel movimento. D'istinto, Liza guardò in alto, in cima alla scalinata. Klaus era lì, con entrambe le mani appoggiate alla ringhiera e un'espressione accigliata in volto. Col bicchiere tra le mani, salì in fretta le scale e lo raggiunse.
Gli si avvicinò, ma non disse nulla. Fu Klaus a parlare.
«Un ex, per giunta non invitato, si presenta alla festa del tuo fidanzamento. Davvero di cattivo gusto, non trovi?» L'ibrido si voltò verso la ragazza, abbozzando un sorriso.
Liza ne colse l'assoluta amarezza, poi semplicemente annuì. Caroline e il ragazzo moro erano stati insieme, ecco perché aveva percepito quel feeling tra loro. E, di sicuro, anche Klaus l'aveva notato.
«Lui... chi è? Non l'ho mai visto prima.»
«E' Tyler Lockwood. Ogni tanto sparisce per un po', adora rifugiarsi sugli Appalachi.» Disse ironico.
Liza bevve un sorso di champagne, poi appoggiò la mano libera alla balaustra, indirizzando lo sguardo su Tyler. «Conoscevo i suoi antentati. George Lockwood fu quasi un fratello per me, quando rimasi sola.» Affermò, prima di voltarsi nuovamente verso Klaus e incontrare i suoi occhi chiari. «Se può consolarti... sei molto più bello tu!» Esclamò, rivolgendo all'ibrido un caldo sorriso.
Lui ricambiò con la stessa intensità, mentre Tyler Lockwood raggiungeva l'uscita della villa.
«Avanti, vai da lei.»
Klaus accarezzò la schiena di Liza, poi si incamminò giù per le scale, raggiunse Caroline e la baciò.
La ragazza, dall'alto della scalinata, sorrise a quella scena, prima di raggiungere nuovamente la sala in cui si svolgeva il party. Si guardò ancora intorno, intenta a scorgere la sagoma familiare di Stefan, ma tutto ciò che vide fu un'orda di gente imbellettata che danzava, beveva o mangiava tartine al caviale. Decise, quindi, di spostarsi all'esterno della villa, sperando che suo fratello fosse lì.
Chiamò il suo nome più volte, addentrandosi nell'elegante giardino, ma senza ottenere risposta. Poi avvertì un lieve fruscio tra i cespugli di rose bianche e si voltò di scatto.
«Stefan?» Domandò, muovendo un paio di passi in direzione della sagoma, alta e longilinea, nascosta nel buio.
«No.» Si sentì rispondere, con voce ferma e profonda, mentre dall'oscurità emergeva un uomo in smoking, biondo ed elegante. «Il mio nome è Joel.»
L'uomo sorrise appena, scrutando Liza in ogni particolare. Teneva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e il capo lievemente inclinato sulla destra.
Liza capì subito di trovarsi di fronte un vampiro, nonostante l'uomo dimostrasse circa quarant'anni e avesse addosso uno dei profumi più costosi in circolazione.
«E' qui per la festa?» Chiese, restando ferma di fronte a lui, con fare guardingo e al tempo stesso curioso. L'uomo sorrise ancora e annuì.
«Sì. Sono un vecchio amico di famiglia... dei Mikaelson, intendo.» Rispose lui, avvicinandosi a Liza ancora un po'. «Tu... invece... sei?»
«Mi chiamo Liza e... anch'io sono un'amica di famiglia.» Disse la ragazza, piuttosto in fretta e senza sorridere.
Al cospetto dello sconosciuto, Liza provava una strana sensazione, qualcosa che poco aveva a che fare con la soggezione e il disagio che, spesso, aveva avvertito in presenza degli Originari. Joel, nonostante gli occhi azzurri e il miele tra i capelli, sembrava avvolto in uno spesso velo di tenebra e ciò, ovviamente, le incuteva timore.
La voce di Stefan che la chiamava arrivò alle sue orecchie e Liza sembrò destarsi improvvisamente. Si voltò verso l'ingresso della villa e vide il suo gemello lì, sulle scale del portico, che l'attendeva.
«Adesso devo andare...» disse, tornando a guardare Joel che, nel frattempo, si era dileguato nel nulla. Liza aggrottò lievemente la fronte, perplessa. Poi, lentamente, si allontanò dai cespugli di rose bianche e raggiunse Stefan.

Rientrata alla pensione, si diresse subito al piano di sopra. Percepiva il respiro lento e regolare di Sammy, che dormiva beatamente nella sua stanza, e sentiva il profumo di Kol, una scia dolce e intensa che la condusse fino alla sua camera da letto.
Aprì la porta e il ragazzo era lì, davanti alla finestra con le braccia incrociate al petto. Non si mosse, nemmeno quando lei lo salutò. Continuò a tenere gli occhi puntati oltre i vetri, nell'oscurità della notte. Liza si sfilò le scarpe, poi, a piedi nudi, gli si avvicinò lentamente, scrutando il suo profilo accigliato.
«Tutto okay?» Gli domandò, accarezzandogli un braccio e attendendo che lui – finalmente – la degnasse di attenzione. E così fu. Kol si voltò appena a cercare lo sguardo di Liza, restando zitto ancora un po', mentre i suoi occhi, ancora una volta, tentavano di decifrare i pensieri della ragazza. Ma lui non era mai stato in grado di leggere la mente altrui. Purtroppo.
«La tua serata è andata bene?» Non rispose alla domanda di Liza, ma cercò subito di deviare il discorso su un differente argomento. In fin dei conti, era lei quella che aveva partecipato a una festa. Era lei ad avere qualcosa da dire.
Liza sorrise. «Sì. La festa è stata davvero bella e Caroline indossava un vestito supendo. Ho anche conosciuto tuo fratello Elijah. Gli somigli molto...» disse, inclinando di lato la testa.
Kol semplicemente prese atto delle sue parole, continuando a guardarla come se, in realtà, davanti a sé non vedesse niente. Nulla di definito.
Liza scorse quell'espressione strana, un qualcosa che non gli aveva mai visto in faccia, ma provò a non dargli peso. Si disse che, probabilmente, trascorrere tutta la sera in compagnia di Sammy non era stato molto piacevole per lui e, adesso, quel malumore si faceva sentire.
«Mi sei mancato.» Sussurrò, afferrando l'avambraccio che teneva ancora piegato e stretto, insieme all'altro, all'altezza del cuore e tirandolo un po', affinchè allentasse quella morsa e la stringesse a sé. Ma Kol si oppose fermamente.
«Ti sono mancato? Davvero? O, forse, hai pensato che fosse un bene non avermi tra i piedi?»
Liza trasalì. «Che diavolo ti salta in mente? Okay, c'è qualcosa che ti turba, lo vedo. Quindi, per favore, smettila di girarci intorno e dimmi di che si tratta!» Esclamò la ragazza, stendendo le braccia lungo il corpo e stringendo forte i pugni.
Lui scosse la testa. «So tutto. So cosa è successo ieri pomeriggio a casa di mio fratello. C'è stato un bacio e... sai una cosa? Avresti dovuto essere tu a dirmelo, non mia sorella!»
A Liza sembrò di subire un colpo di frusta proprio dietro la schiena nel sentire il suo ragazzo pronunciare quelle parole e, come se non bastasse, ora Kol la guardava con disprezzo. E ciò faceva decisamente più male.
«Kol... ti prego... lascia che ti spieghi.»
«Cosa? Che quel bacio è stato semplicemente un test. Che ne avevi bisogno per capire cosa realmente provassi per lui?»
Liza si morse il labbro. Rebekah non aveva tralasciato alcun dettaglio, come da sua consuetudine ovviamente.
«E' la verità, Kol. So che può sembrare assurdo, ma mi è servito a comprendere. Ciò che provo per Klaus non è altro che affetto, riconoscenza, tenerezza. L'unico uomo che abbia mai amato sei tu. Tu.»
Lo disse con il cuore in mano, benché il suo fosse fermo da tempo. Kol, però, non mutò espressione, non smise di guardarla con disprezzo. Il suo viso era contratto in una smorfia di disgusto e rabbia allo stesso tempo.
Liza azzerò la distanza da lui, ma Kol la bloccò prima che potesse toccarlo, spingendola con forza via da sé.
«Ho bisogno di stare da solo.» Disse, spalancando i vetri della grande finestra e saltando agilmente sul davanzale. «Stammi lontano. Ti conviene!» Esclamò, infine, senza più guardare Liza, prima di saltare e scomparire dalla visuale della ragazza, inghiottito dall'oscurità di quella notte senza luna.


 

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Capitolo 10
*** Il Male ti osserva ***



Il Male ti osserva

 

Le cose peggiori sono sempre state fatte
con le migliori intenzioni.
Oscar Wilde



Dalla notte in cui aveva lasciato la pensione, di Kol sembrava non esserci più traccia. Liza non lo aveva cercato per giorni, intenzionata a dargli un po' di tempo per riflettere e per sbollire la rabbia che aveva dentro. Ma poi i giorni erano divenuti settimane e allora aveva cominciato a tempestarlo di messaggi e chiamate a cui, però, il ragazzo non aveva mai risposto. Il suo stammi lontano, ti conviene, adesso faceva male come una pugnalata nel petto e Liza conosceva fin troppo bene quel dolore.
Dopo aver controllato per l'ennesima volta il display del suo cellulare, la vampira tirò su la zip della felpa che indossava e raggiunse mesta il soggiorno. Kol le aveva ordinato di stargli alla larga, ma lei non poteva più aspettare che lui si facesse vivo. Doveva trovarlo e riuscire a parlargli, dirgli ancora una volta quanto importante fosse per lei, ribadirgli il suo amore e convincerlo a tornare. Perché niente era più simile alla morte di un giorno passato senza Kol al suo fianco.
Entrò in cucina e prese una tazza di caffè fumante tra le mani, poi, distratta, cominciò a sorseggiarla. Stefan le rivolse un'occhiata, inarcando un sopracciglio. Sua sorella si era appena impossessata del suo caffè e aveva un'aria decisamente provata.
«Ancora nessuna notizia?» Le domandò, in piedi davanti al lavello e con le braccia incrociate al petto.
Liza bevve ancora un sorso di caffè, poi semplicemente disse di no con la testa. Stefan, allora, si fece più vicino e dolcemente le accarezzò la schiena.
«Kol ti ama, Liza. Ha solo bisogno di tempo per metabolizzare l'accaduto.»
La ragazza sollevò il viso dalla tazza che ancora teneva tra le mani e piantò gli occhi castani in quelli di suo fratello. «Ma io ho bisogno di lui, invece. Non posso più aspettare, Stef, devo trovarlo!» Esclamò, e il vampiro vide i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Lui conosceva perfettamente quella sensazione. Aveva sentito lo stomaco stringersi in una morsa infernale, immaginando Elena insieme a Damon. E, in un certo senso, si sentiva solidale con Kol, anche se mai avrebbe creduto potesse accadere. Ma voleva immensamente bene a sua sorella e vederla stare male, consapevole della sofferenza che aveva involontariamente arrecato al ragazzo che amava, faceva male anche a lui. Liza, oltretutto, non era innamorata di Klaus come Elena lo era di Damon. La sua gemella amava Kol e, ne era certo, meritava una seconda possibilità.
Liza appoggiò la tazza semivuota sul tavolo, prese un lungo respiro e infine guardò ancora Stefan negli occhi.
«Vado da lui. Credo di sapere dov'è in questo momento. Ci vediamo più tardi!» La vampira sorrise a suo fratello, poi veloce raggiunse la porta della pensione e uscì.
La vecchia casa abbandonata era l'unico posto in cui Kol, se fosse rimasto in città, si sarebbe rifugiato, quindi corse veloce attraverso il bosco, mentre il vento le asciugava le lacrime, con la speranza di trovarlo lì e finalmente poterlo rivedere.
Quando il tetto rosso della casa comparve all'orizzonte, Liza rallentò la sua corsa e, prima di varcare la soglia dell'edificio abbandonato, chiuse gli occhi e prese un lungo respiro. Una volta all'interno della casa, però, le sue speranze crollarono come un castello di carte. Lui non era lì. Liza non ne percepiva l'odore e le stanze erano tutte buie, oscure, proprio come l'abisso in cui le sembrò di sprofondare. Raggiunse la grande sala, quella in cui lei e Kol avevano danzato a lume di candela, quella in cui si erano scambiati il loro primo vero bacio, adagiò la schiena a una parete fredda e scrostata e si lasciò cadere giù. Poi pianse, pianse sempre più forte, senza niente e nessuno ad asciugare le sue lacrime.

Klaus varcò la soglia della sala da pranzo con un sorriso finto sulle labbra. La sua famiglia, quella ancora in vita, era tutta lì riunita. O quasi. Il grande tavolo al centro della stanza era completamente sgombro, tranne che per la presenza di una grossa mappa - quella della città di Mystic Falls - ad occuparlo per metà. Con le mani aperte e i palmi appoggiati su di essa, c'era Bonnie Bennett, convocata dalla famiglia Originale per l'occasione. Alla destra della strega, un Elijah in completo scuro e l'aria più accigliata del solito, sembrava attendere impaziente qualcosa e, stravaccato su uno dei divani, c'era Kol. Rebekah, invece, sostava davanti alla vetrata che dava sul giardino, con lo sguardo annoiato - perso oltre i vetri - e una ciocca di capelli attorcigliata attorno a un dito.
«Indifferenza!» Esordì l'ibrido, raggiundendo il grande tavolo e posizionandosi alla sinistra della strega Bennett. Elijah inarcò un sopracciglio e Bonnie fece lo stesso. Lui, allora, ridacchiò.
«Mi riferisco al nome che potrei dare a questo bel quadretto famigliare.» Aggiunse, facendo fluttuare nell'aria la sua mano destra con fare a dir poco teatrale. «Mi domando se trovare questa famigerata e potente pietra importi davvero a qualcuno.» Rise ancora, sfidando lo sguardo del maggiore dei suoi fratelli.
«Siamo tutti qui per questo, Niklaus, quindi non farti domande inutili. Piuttosto...» senza perdere il rigore che lo caratterizzava, Elijah si voltò a cercare lo sguardo di Kol... e la schiena di Rebekah, facendo cenno loro di raggiungerli attorno al tavolo. La ragazza si voltò e, sbuffando, obbedì a suo fratello, posizionandosi mesta al fianco di Klaus. Kol fu l'ultimo ad unirsi al gruppo. Il vampiro prese posto accanto a Elijah, con le braccia strette al petto e gli occhi saldamente piantati sull'ibrido di fronte a sé.
Era tornato in quella casa solo perché Elijah non gli aveva dato altra scelta. La questione "Joel", d'altra parte, riguardava lui in prima persona e non aveva alcuna intenzione di tirarsene fuori, soprattutto adesso che la rabbia che aveva in corpo era in cerca di una valvola di sfogo.
Klaus incrociò, per un istante, lo sguardo tagliente del ragazzo, poi, senza dire più nulla, concentrò la sua attenzione esclusivamente su Elijah. L'uomo infilò una mano nella tasca interna dell'elegante giacca scura che indossava e, subito dopo, porse il palmo della mano aperta - su cui faceva mostra di sé un pregiato intreccio di fili d'oro - a Bonnie.
«Questo è il monile su cui originariamente era incastonato l'Occhio del Diavolo.» Disse, attendendo che la strega prendesse l'oggetto dalla sua mano. «Apparteneva ad Ayana ed è tutto ciò che ho di lei. Spero possa bastare per localizzare la pietra.»
Bonnie annuì sorridendo appena, prima di stringere saldamente il monile tra le sue mani e chiudere gli occhi. In seguito cominciò a recitare una formula magica in latino arcaico, mentre i Mikaelson sostavano intorno a lei nel più totale silenzio.
Quando la sabbiolina scura posta al centro della mappa iniziò a tracciare un percorso, Bonnie riaprì gli occhi e ne fissò attentamente il movimento.
«E' strano...» disse, dopo qualche minuto, senza distogliere lo sguardo dalla mappa. «Sembra che la pietra si sposti in continuazione.»
Klaus sollevò lo sguardo dal tavolo per indirizzarlo sulla strega. «Le pietre, di solito, non camminano da sole, perciò...»
«Perciò qualcuno ha la pietra con sé e si sta muovendo.» Concluse Elijah, sfiorando ripetutamente il nodo della sua cravatta.
«Se fosse Joel?» Domandò Kol, appoggiando i gomiti sul tavolo e sfidando lo sguardo di Klaus con aria severa. «Potrebbe averci battuti sul tempo, dato che, invece di preoccuparci della nostra incolumità, abbiamo passato il tempo a festeggiare e a... spassarcela con le donne degli altri!» Esclamò, più tagliente del suo sguardo.
Klaus ricambiò l'occhiata con la stessa bruciante intensità, ma sul suo volto, al contrario, aleggiava un sorriso sardonico. Se avesse replicato, probabilmente si sarebbero presi a botte e quello, di certo, non era il momento più adatto per affrontare quel discorso.
Ad ogni modo, fu Elijah a trarlo d'impaccio.
«Se fosse Joel, allora dovremo prepararci al peggio.» Disse, incontrando lo sguardo di Kol e, subito dopo, quello di Klaus. «Dovremo combattere.» Aggiunse, tornando a guardare la mappa su cui la sabbia non ancora aveva cessato di scorrere. Poi il campanello suonò e, nello stesso istante, la sabbia arrestò il suo movimento. I Mikaelson si guardarono in faccia l'uno con l'altro, poi Rebekah si allontanò per aprire la porta e, un istante dopo, rientrò in sala da pranzo in compagnia di Liza.
La ragazza trasalì nel vedere Kol proprio in quella stanza, in quella casa.
«Sei proprio nel posto in cui non avrei mai pensato di trovarti.» Disse perplessa, avanzando di pochi passi, con gli occhi fissi sul ragazzo che amava. Lui non disse niente e restò immobile, guardandola come se avesse appena visto un fantasma. Liza allora indirizzò la sua attenzione al resto dei presenti.
C'era Klaus, c'era Elijah, c'era Rebekah e poi lei, Bonnie. E tutti la guardavano come se la stessero vedendo per la prima volta. Cosa stava succedendo in quella casa? Perché insieme ai Mikaelson c'era una strega?
«Liza, dammi la tua collana!» Kol le andò incontro con la mano testa, ma la ragazza indietreggiò.
«Cosa? Perché mai dovrei farlo? Cosa sta succedendo?» Chiese, portando istintivamente una mano all'altezza del pendente, come a volerlo proteggere. Poi, senza più curarsi del ragazzo davanti a sé, raggiunse veloce il tavolo. Il suo sguardo si posò sulla mappa, sulla sabbia che era ferma proprio sul punto in cui si trovava la residenza dei Mikaelson.
Liza scosse la testa. «Un incantesimo di localizzazione? Per trovare cosa?»
«Una pietra, Liza.» Elijah le si rivolse in tono intenso e al contempo pacato, nel tentativo di rassicurarla. «Una pietra molto speciale che, se finisse nelle mani sbagliate, ci renderebbe la vita un inferno.» L'uomo accennò un sorriso, ma Liza lesse la preoccupazione sul suo volto.
Strinse ancora più forte l'acquamarina tra le dita, mentre i suoi occhi si perdevano in quelli scuri e così familiari del maggiore dei fratelli Mikaelson.
«E cosa c'entra la mia collana? Conoscete bene i poteri che possiede.»
Elijah scosse la testa. «Evidentemente è molto più di ciò che sembra. E nessuno di noi ne era a conoscenza.» Concluse l'uomo, tendendo la mano aperta verso Liza.
La ragazza distolse il suo sguardo da quello di Elijah solo per cercare gli occhi di Kol, che la guardava con aria severa, e poi quelli di Klaus, che sorridendo annuì. Infine si sfilò la collana e la consegnò al vampiro. Elijah la porse subito a Bonnie e la strega, spostando in avanti la mappa per ricavare un po' di spazio davanti a sé, l'adagiò sul ripiano di mogano per poi recitare una nuova formula magica.
Liza avrebbe voluto parlare, chiedere a Bonnie cosa stesse cercando di fare, ma la tensione che si respirava in quella stanza riuscì quasi a stringerle la gola e a renderle perfino un'impresa respirare.
Quando Bonnie ebbe finito di formulare l'incantesimo, l'acquamarina incastonata nella collana di Liza mutò colore, rivelando una pietra di un nero profondo ma con al centro di essa una macchia rossa come il sangue.
La vampira trasalì. «Che diavolo...»
«Esattamente.» Klaus abbozzò un sorriso. «Siamo di fronte al famigerato Occhio del Diavolo. Conoscendo Mikael, avremmo dovuto facilmente intuire dove fosse nascosto e invece... quell'uomo è sempre stato un passo avanti a noi.» Ridacchiò, sebbene la sua fosse una risata nervosa.
Rebekah, che fino a quel momento non aveva proferito parola, raggiunse Klaus e si fermò accanto a lui. «Adesso che abbiamo trovato la pietra, cosa ne facciamo?»
A quella domanda, seguì un silenzio che a Liza parve interminabile. I quattro Mikaelson si scambiarono vicendevoli occhiate piuttosto perplesse. Poi Elijah parlò.
«Dobbiamo distruggerla.»
«Cosa?» Liza sgranò gli occhi castani, poi scosse energicamente la testa. «Voi non distruggerete un bel niente!» Esclamò, riappropriandosi in un lampo della sua collana e iniziando a camminare velocemente verso l'uscita. Kol l'afferrò per un braccio, impedendole di lasciare il soggiorno.
«Lo hai capito o no che quella pietra rappresenta una minaccia per tutti noi?» Le si rivolse visibilmente agitato, stringendole il polso fino a farle male.
La ragazza si liberò della presa dell'originario con un forte strattone. «Questa collana è un dono di Mikael e non ve la lascerò distruggere. Inoltre, mi protegge dal sole. O l'hai, per caso, dimenticato?»
«Ti farò un anello diurno.» Disse Bonnie, rivolgendole un caldo sorriso. Ma Liza non ricambiò quel gesto. I suoi occhi erano simili a fiamme, si sentiva confusa, rabbiosa ma anche profondamente delusa.
«Da quanto sapevate della pietra e della minaccia? Perché non me ne avete parlato?» Quelle domande erano rivolte a tutti i presenti, ma era soprattutto da Kol che si sarebbe aspettata un po' di sincerità. Lui piegò in su un angolo della bocca e scosse la testa. «Per proteggerti. Colui che cerca la pietra può diventare molto pericoloso se la ottiene. E poi... ha un conto in sospeso con me e potrebbe prenderti di mira per vendicarsi.» Le disse, ma Liza sembrò quasi non ascoltarlo.
«Che ci provi, allora! Sono forte abbastanza da contrastare un Originale, dopotutto. Cosa può mai esserci di più pericoloso?»
Kol aggrottò la fronte nel sentire Liza parlare così. Sembrava impazzita. La ragazza si voltò, intenta a lasciare definitivamente quella casa, ma lui l'afferrò per i capelli, tirandole indietro la testa fino a farla urlare per il dolore.
«Lasciala andare!» Urlò Klaus, con tutto il fiato che aveva in gola. Kol mollò di colpo la presa e Liza, in lacrime, indietreggiò verso la porta, guardando negli occhi il ragazzo che amava ma che, d'improvviso, sembrava non conoscere più. In ultimo cercò lo sguardo di Klaus. Il ragazzo non si era mosso, ma stringeva i pugni e aveva la mascella serrata e lo sguardo in fiamme. Alla fine si voltò e raggiunse l'uscita, lasciando per sempre quella casa.
Elijah prese un profondo respiro, poi congedò Bonnie, che mai come quella volta si sentì sollevata di lasciarsi i Mikaelson alle spalle.
Rebekah non perse altro tempo e salì le scale per raggiungere la sua stanza. Kol e Klaus, invece, restarono lì, occhi negli occhi per un tempo indefinito, sotto lo sguardo vigile di Elijah.
«Perché le hai permesso di andare? E' in pericolo, dannazione!» Esclamò Kol, battendo entrambi i pugni sul tavolo.
Klaus scosse la testa. «Non le ho permesso di andare...» disse, azzerando la distanza da suo fratello. «L'ho semplicemente salvata dalle tue grinfie.» Aggiunse, quasi sfiorando il volto del ragazzo con il suo. Poi, sotto lo sguardo esterrefatto di Kol, lasciò anche lui la stanza.
Il vampiro cercò Elijah con gli occhi. «E adesso?» Domandò. Non sentiva più la rabbia montargli in corpo, ma qualcosa di ben peggiore. Aveva paura. Ma non per sé.
Elijah respirò ancora, poi chiuse gli occhi, li riaprì e piantò le iridi scure in quelle del fratello. «Va' da lei e cerca di farla ragionare. Ma tieni a posto le mani.» Rispose in tono incolore, prima di passargli mestamente accanto e lasciarlo solo.

Lasciata la dimora dei Mikaelson, Liza aveva camminato senza meta per un po'.
Le lacrime erano scese a lungo, fino ad esaurirsi, mentre nella mente si susseguivano i pensieri che le facevano più male. Aveva trovato Kol, ma non era riuscita a dirgli ciò che provava, non lo aveva convinto a tornare a casa con lei. Lui l'aveva guardata come mai aveva fatto prima di allora, nemmeno quando ancora si odiavano e tutto ciò che desiderava il vampiro era ucciderla. E le aveva fatto male, molto più di quando le aveva stretto e strattonato i capelli come fossero finti.
La sera era, ormai, calata e sulla strada di casa non c'era nessuno, nemmeno una macchina di passaggio. Liza sospirò, stringendo al seno le braccia. La collana era tornata al suo posto, ma la pietra adesso era nera e quella macchia rossa nel mezzo era così simile al sangue da farla rabbrividire. Ciò che aveva saputo a riguardo, avrebbe dovuto metterla in allerta, perfino spaventarla a morte, invece non sentiva niente. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che Kol non era lì con lei e che, probabilmente, tra loro niente sarebbe stato più come prima.
Il rumore di una pietra che rotolava sul selciato le impose di fermarsi. Tese l'orecchio rimanendo immobile, poi si voltò, si guardò intorno, ma non vide né percepì alcuna presenza.
Quando, però, riprese a camminare, udì nuovamente la pietra rotolare.
«Chi c'è?» Domandò, mentre gli occhi si iniettavano di sangue e le vene comparivano in rilievo sulle guance. Non vedeva nessuno, ma adesso percepiva il pericolo attorno a sé.
Una folata di vento diversa dal solito, la portò a girarsi su se stessa e fu in quel momento che lo vide.
Joel era di fronte a lei, con un sorriso sghembo sulle labbra e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. La ragazza aggrottò la fronte, mentre i segni della sua natura scomparivano dal suo volto.
«Mi hai spaventata.» Disse, cercando di mostrare un sorriso che faticava ad aprirsi.
«Non era mia intenzione farlo. Scusami.» Rispose l'uomo, sfilando una mano dalla tasca e portandola all'altezza del risvolto della sua giacca scura. Lo sfiorò appena, mentre gli occhi di Liza indugiavano sulla sua camicia bianca, sbottonata fin quasi al petto.
Joel se ne accorse e sorrise ancora. «Avevo sperato di poterti rivedere, Liza. Ma non credevo sarebbe successo così presto.»
«Beh... mi dispiace, ma... credo che questa non sia la serata giusta per una chiacchierata tra amici.»
Cercò di liquidarlo passando oltre, ma l'uomo le afferrò una spalla con la mano e strinse appena. «Quanta fretta!» Esclamò, inducendola a guardarlo ancora negli occhi. «Io e te non siamo amici, quindi direi che il problema non sussiste.» Ridacchiò.
Liza storse il naso. «Non siamo amici, okay, e a me non va di parlare, perciò... addio.» Disse risoluta, ma non ebbe il tempo di fare nemmeno un passo che si ritrovò le braccia del vampiro intorno al corpo e il suo respiro freddo sul collo. «Tu non andrai da nessuna parte, ragazza, se non sarò io a permettertelo!»
A quelle parole, Liza si dimenò talmente forte tra le braccia dell'uomo da costringerlo ad allentare la presa, poi, una volta che i movimenti le risultarono più semplici, afferrò le braccia di lui e, in un lampo, lo costrinse con la schiena sull'asfalto.
Joel non sembrò preoccuparsene, anzi le rivolse un'occhiata divertita e, subito dopo, allungò una mano verso il viso della ragazza, scostandole una ciocca di capelli e posizionandola dietro il suo orecchio.
«Sei molto forte... ma lo sarai ancora per poco.»
Non appena l'uomo ebbe finito di parlare, Liza avvertì un susseguirsi di lancinanti fitte alla testa. Si portò dapprima le mani sulle tempie, poi cadde sull'asfalto in preda al dolore.
Sentì il sangue scorrerle sulle labbra e tutto ciò che vide, prima di perdere i sensi, fu Joel che la guardava sorridente e un gruppo di persone incappucciate e vestite di nero a circondarla.


 



 

Con l'arrivo di Joel, siamo entrati nel vivo della storia. Ma cosa succederà adesso?
Inutile dire che mi piacerebbe sapere cosa pensate del capitolo. Purtroppo mi sono accorta che le recensioni sono diminuite e ciò mi dispiace molto.
Non reputo le recensioni fondamentali in quanto scriverei a prescindere, dato che per me scrivere è passione. Sono però importanti perché permettono di confrontarsi e migliorare. Il silenzio, lo ammetto, è demoralizzante.
Detto questo, aspetto fiduciosa qualche parere e vi rimando al prossimo capitolo :)

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Capitolo 11
*** Joel ***



Joel

 

Un uomo che medita la vendetta,
mantiene le sue ferite sempre sanguinanti.
Francis Bacon



Liza riaprì gli occhi e li puntò sul soffitto mettendo a fuoco la pittura grigia e spenta della stanza in cui si trovava, prima di tirarsi lentamente su facendo leva sui gomiti. Era distesa sul copriletto rosa antico di un letto a baldacchino e intorno a lei non c'era niente. Nessun mobile né una sedia, solo un paio di appliques alle pareti da cui proveniva una tenue luce bianca. La stanza in cui si trovava era priva di aperture, tranne che per una porta serrata che si trovava proprio di fronte al letto, e tutto ciò che percepivano le sue orecchie era esclusivamente il suo respiro sempre più agitato. Si rimise in piedi e abbassò lo sguardo sulla felpa che indossava e che era macchiata del sangue che aveva perso a causa degli aneurismi. Di Joel non c'era alcuna traccia e non riusciva a comprendere dove si trovasse. Corse verso la porta e cercò una maniglia inesistente. Iniziò, quindi, a battere i pugni contro l'anta spessa di legno scuro e acciaio, terrorizzata come mai lo era stata in vita sua. Dopo qualche istante, la porta si aprì e Joel comparve sull'uscio.
«Sei di nuovo tra noi, a quanto pare. Ne sono felice.»
L'uomo entrò mestamente nella stanza e richiuse la porta alle sue spalle. Liza notò una strana luce nei suoi occhi chiari, un bagliore sinistro che la indusse a indietreggiare e a cercare qualcosa con cui proteggersi da lui, ma intorno aveva solo il nulla.
«Cosa vuoi da me? Perché mi trovo in questo posto?» Chiese all'uomo, accorgendosi di essere arrivata con le spalle contro il muro.
Lui sorrise dolcemente, muovendosi nella direzione della vampira senza fretta. Poi, quando fu talmente vicino da poterla toccare, si fermò e piegò la testa di lato.
«Credimi Liza, mi dispiace che sia stata tu ad andarci di mezzo. Sei molto bella e di sicuro non meriti tutto questo.» Disse, indicando con un cenno del capo ciò che li circondava. «Purtroppo, però, eri in possesso di qualcosa di molto prezioso e importante. Qualcosa che dovevo assolutamente avere per me.»
A quelle parole, Liza trasalì e si portò entrambe le mani sul petto. Le sue dita, però, toccarono solo un lembo di pelle fredda.
«Sì. Si tratta della tua collana, Liza, o, per meglio dire, della pietra che vi è incastonata. L'ho cercata per secoli e finalmente l'ho trovata.» Ammise candidamente, sfilando dalla tasca il monile e facendolo dondolare davanti agli occhi sgranati della ragazza. Lei sentì le lacrime affiorare, ma le ricacciò subito indietro. Poi scosse la testa.
«Cosa ne vuoi fare? E di me? Mi ucciderai?»
Joel ripose in tasca la collana e inarcò un sopracciglio, infine rise divertito. «Certo che no, mia cara. Sono venuto qui per impossessarmi della pietra, una pietra che mi renderà la creatura più potente del mondo. Tu... non sei mai stata nel mio mirino. Ma qualcuno a te molto vicino... sì.»
Liza strinse i pugni talmente forte da sentire le pelle lacerarsi. In quel momento, le parole di Kol e del resto degli Originali le tornarono alla mente con la forza di un fiume in piena. L'Occhio del Diavolo era pericoloso, ma ancora di più poteva esserlo la furia di colui che tanto lo bramava. E adesso ce l'aveva davanti. Si trattava proprio di Joel.
«Chi stai cercando?» Domandò, pur essendone ben consapevole. Forse, in cuor suo, sperava di non sentire pronunciare quel nome, benché – di chiunque si fosse trattato – la sua pena non sarebbe stata meno intensa.
Joel rise ancora e quella risata arrivò ai sensi di Liza come se provenisse dal Diavolo in persona. Le metteva i brividi.
«Il tuo uomo, Kol Mikaelson.» Asserì lui, prendendosi il mento tra pollice e indice. «Mi chiedo come tu possa amare un simile individuo!» Aggiunse, strofinando le dita sull'accenno di barba che lo contornava e malcelando il fastidio che quel pensiero gli arrecava.
«Cos'ha fatto per meritarsi il tuo odio?»
«Oh, avanti! Sai bene di cosa è capace! Ma... va bene. Ti racconterò ogni cosa.»
Liza seguì il vampiro con lo sguardo, mentre raggiungeva il letto e ci si sedeva sopra. Con una mano accarezzò il copriletto, invitando la ragazza a sedersi accanto a lui. Dopo un attimo di esitazione, Liza lo accontentò e Joel le rivolse un sorriso compiaciuto, prima di riprendere a parlare.
«Quando Esther, la madre di Kol, trasformò suo marito e i suoi figli in vampiri, il villaggio in cui vivevano, e in cui vivevo anch'io, fu raso al suolo dalla loro ferocia. A me toccò un orrendo destino proprio per mano del tuo... ragazzo. Me lo ritrovai davanti in piena notte e non potei fare nulla per evitare che mi attaccasse. Purtroppo, però, non si limitò a dissanguarmi. Mi lasciò in corpo il sangue necessario per sopravvivere e poi mi impose di bere il suo. Infine mi spezzò l'osso del collo e... credo tu possa immaginare cosa sia successo in seguito.»
Liza rivolse un'occhiata all'uomo accanto a sé, soffermandosi sui lineamenti regolari del suo profilo. «Ti sei risvegliato in transizione. E... di tua figlia che ne è stato?»
«E' morta.» Tagliò corto il vampiro. Liza notò l'inquietudine nella sua voce e, al tempo stesso, avvertì una forte stretta allo stomaco.
«E' stato Kol ad ucciderla?»
Joel semplicemente annuì, poi ridacchiò. «Sei innamorata di un mostro, Liza.»
Quella frase le rimbombò nella testa come fosse un martello pneumatico e si ritrovò a chiudere gli occhi e a stringere le ginocchia tra le mani. Kol era un mostro? Inutile negarlo, lo era. Aveva ammazzato migliaia di persone prima che lei lo conoscesse, aveva fatto del male alla sorella di Mark, a Mark, era diventato perfino il serial killer di Baltimora e lei, invece, si era ostinata a credere che potesse riportarlo sulla retta via, una via che probabilmente lui non aveva mai perso perché mai l'aveva percorsa.
Kol era un mostro e lei ne era consapevole, come era consapevole di esserne perdutamente innamorata. E mai, mai avrebbe permesso a Joel o a chiunque altro di fargli del male.
Rivolse al vampiro un'occhiata truce, poi afferrò entrambi i risvolti della giacca dell'uomo e cominciò a strattonarlo energicamente.
«Non ti permetterò di fare del male a Kol!»
Gli urlò e Joel la lasciò fare, limitandosi a sorridere divertito. Poi strinse le dita intorno ai polsi della ragazza, premendo fino a farla gemere di dolore.
«Non ti affannare, è inutile. Ormai non possiedi più i tuoi poteri. Sei davvero bella, ma io non sono un ingenuo. Non mi lascerò incantare dalla tua avvenenza o determinazione.» Disse, senza smettere di sorridere, rimettendosi in piedi e spingendo Liza via da sé. La ragazza si ritrovò ancora una volta stesa sul copriletto, mentre lui si sistemava la giacca.
«Porterò a termine la mia vendetta e, fino a quel momento, tu... resterai qui.» Ammiccò all'indirizzo della ragazza, poi si voltò, raggiunse la porta e uscì lasciandola sola. Liza non si mosse. Sentiva il suo corpo tremare e il terrore crescere. Contro quell'uomo non aveva alcuna chance, soprattutto ora che non indossava più la sua collana. Kol era in pericolo e, forse, non era il solo.
A quel pensiero, il terrore divenne disperazione e le lacrime cominciarono a scendere giù, lungo le sue guance, senza che potesse fare più nulla per impedirlo.

Damon appoggiò le labbra all'orlo del bicchiere intento a bere un po' di whiskey in santa pace, ma alcuni sonori colpi dati alla porta della pensione lo indussero a desistere. Il vampiro ripose il bicchiere sul mobile-bar e raggiunse l'ingresso sbuffando. Quando i suoi occhi chiari incontrarono quelli di Kol Mikaelson, non potè che farli roteare.
«Sei già di ritorno? Fantastico...» disse, spalancando platealmente la porta e lasciando che l'originario la varcasse e lo seguisse in soggiorno. «Non prendertela se non ho sentito la tua mancanza.» Sorrise sghembo il maggiore dei Salvatore, prima di riprendere tra le dita il bicchiere e buttare finalmente giù un paio di sorsi di liquore.
Kol sembrò ignorare le parole del vampiro. I suoi occhi si mossero rapidi per la stanza, soffermandosi su Sammy che, seduto su una poltrona, leggeva un libro di fiabe. Infine si incollarono di nuovo su Damon.
«Dov'è Liza? Devo parlarle, è urgente.»
Damon aggrottò la fronte, poi scrollò deciso le spalle. «Non è qui. Cosa... devi dirle di così importante? Sembri sconvolto.» Il vampiro buttò giù il resto del whiskey e si liberò del bicchiere, mentre i suoi occhi indagavano Kol e l'espressione tesa che aveva in volto. Vederlo in quello stato non poteva che metterlo in allarme, dato che, di solito, il ragazzo si mostrava sempre indifferente a tutto in maniera decisamente insopportabile.
«Credo sia in pericolo.» Rispose lui semplicemente, perdendo d'un tratto anche gli ultimi scampoli di strafottenza. Se Liza non era a casa, probabilmente era già finita nelle mani di Joel.
Damon, alle parole dell'originario, trasalì e in un lampo le sue mani furono salde intorno al collo del vampiro.
«In pericolo? Che vuoi dire? Cosa sta succedendo?»
Kol gli afferrò i polsi e strinse così forte da farli scricchiolare. Damon, a quel punto, mollò la presa e l'originario riprese a respirare.
«E' una lunga storia, ma immagino tu abbia tutto il tempo di ascoltarla.» Disse, massaggiandosi la gola e incontrando, per un frammento di secondo, gli occhi azzurri di Sammy. Il bambino non si era mosso di un millimetro né appariva spaventato.
«Posso unirmi anch'io alla bella chiacchierata?»
Stefan varcò la soglia del soggiorno, raggiungendo Kol e fermandosi al suo fianco. Aveva ascoltato tutta la prima parte del discorso tra i due e sembrava essere lui stesso alquanto preoccupato.
Kol annuì, poi raggiunse il divano e si mise a sedere. Stefan prese posto sulla poltrona, tenendo Sammy accanto a sé, mentre Damon restò in piedi, a braccia conserte, proprio di fronte al ragazzo di sua sorella.
Kol raccontò ai Salvatore della pietra, di ciò che realmente rappresentava, dell'uomo che intendeva appropriarsene e del fatto che, molto probabilmente, nutrisse propositi di vendetta nei suoi confronti. Li mise anche al corrente dell'incantesimo di localizzazione e del pericolo che, inevitabilmente, adesso Liza correva.
I due fratelli ascoltarono tutto senza interrompere, nonostante Damon avesse faticato non poco per riuscire a soffocare l'istinto di saltare addosso all'originario e prenderlo a pugni fino a spezzargli il collo. Dopotutto, lo aveva già fatto in passato e per molto meno. Stefan, invece, tirò fuori il suo cellulare dalla tasca dei jeans e provò a chiamare sua sorella, ma inutilmente. Liza non rispose. Il ragazzo, allora, guardò suo fratello negli occhi e scosse la testa.
«Dobbiamo trovarla, Damon.»
«Ovvio che dobbiamo! Chiama Bonnie e dille di correre immediatamente qui! Serve un nuovo incantesimo di localizzazione!»
Stefan annuì, allontanandosi in fretta dal soggiorno per parlare con Bonnie. Kol si rimise in piedi e cercò Damon con lo sguardo. Il vampiro dagli occhi di ghiaccio, però, sembrava assente. La paura che a sua sorella fosse accaduto qualcosa di orribile gli attanagliava la mente, riportandolo alla sofferenza provata solo un anno prima, un dolore che aveva sperato con tutto se stesso di non dover affrontare mai più. E invece...
Bonnie entrò svelta in soggiorno seguita da Stefan. Tra le mani aveva la mappa della città e un paio di orecchini con pendente appartenenti a Liza. Senza perdere un minuto di più, sistemò tutto sul tavolo - come aveva fatto a casa dei Mikaelson poche ore prima – e in seguito, sempre stringendo gli orecchini tra le mani, iniziò a pronunciare la formula magica. In pochi secondi, la sabbia cominciò a tracciare il suo percorso sulla mappa, fermandosi improvvisamente su di una non meglio specificata zona nei pressi del lago. Liza si trovava lì, da qualche parte.
Bonnie lesse lo sconforto negli occhi dei Salvatore e, sebbene la cosa la sorprendesse non poco, scorse il dispiacere perfino in quelli di Kol.
«Purtroppo è tutto ciò che posso fare per voi. Mi dispiace.»
Stefan appoggiò una mano sulla spalla della strega e le sorrise o, per lo meno, ci provò. «Non preoccuparti, Bonnie, sei stata di grande aiuto, come sempre.» Le disse, accompagnandola alla porta. Quando tornò in soggiorno, Damon aveva già indossato il suo giubbotto di pelle e sfilato da una delle tasche le chiavi della Camaro.
«Resta con Sammy. Al lago ci andiamo noi.» Disse a suo fratello, prima di correre fuori in compagnia di Kol.

«Cos'è questo? Uno scherzo?»
Damon strinse forte la pietra che teneva tra le mani, prima di scaraventarla con rabbia dentro il lago. Non c'era niente intorno a loro, solo alberi, cespugli, acqua e insetti. Aveva perlustrato insieme a Kol tutta la zona indicata sulla mappa, senza individuare nulla che potesse somigliare a una casa, una capanna o un qualsivoglia nascondiglio improvvisato. Secondo l'incantesimo di localizzazione, sua sorella doveva trovarsi proprio lì, dove lui e l'originario tenevano i piedi. Eppure di Liza e del suo fantomatico sequestratore non c'era alcuna traccia.
Kol non disse niente, ma la rabbia che provava in quel momento non aveva nulla da invidiare a quella del vampiro che era con lui. Damon gli rivolse un'occhiata, incrociando uno sguardo accigliato ma, al contempo, impenetrabile. Restò a fissare l'originario per un po', prima di scuotere la testa e ridacchiare.
«Tu. Sei sempre tu il responsabile di ciò che le accade.» Disse, smettendo subito dopo di ridere e mostrando a Kol un'espressione severa e glaciale. «Se credi in qualcosa, ti conviene cominciare a pregare, perché se non dovessi ritrovare mia sorella sana e salva... giuro che ti strapperò il cuore e poi lo mangerò... fosse l'ultima cosa che faccio!»
Kol non si mosse, limitandosi ad osservare Damon e il suo dolore tenendo i pugni stretti. Un tempo non avrebbe permesso a nessuno di parlargli in quel modo, ma ora... ora riusciva a comprendere lo stato d'animo che aveva generato quelle parole. Terrore, disperazione, smarrimento ma, soprattutto, amore. Era questo ciò che provava Damon. E che provava anche lui.
L'originario indirizzò lo sguardo sul lago, sull'acqua che, a causa della sera che stava calando, si era tinta di scuro. Poi le sue labbra si piegarono appena in un sorriso accennato.
«Io amo Liza. So che non ti piace sentirmelo dire, ma è così.»
A quella parole, Damon si portò entrambe le mani sulla testa, infilando le dita tra i capelli, esasperato.
«Se la ami come dici, perché non l'hai protetta? Perché è sempre lei a pagare per i tuoi errori? Joel è di te che vuole vendicarsi, eppure tu sei qui mentre Liza non c'è... lei... lei è chissà dove, adesso e, forse, ha paura... forse...» esitò. Forse Liza era già morta, ma gli bastava solo pensarlo per impazzire di dolore.
Distolse lo sguardo da Kol che, ancora una volta, non aveva accennato reazioni e lo puntò a sua volta sull'acqua scura.
«Restare qui è inutile. Torniamo a casa.» Disse infine, voltandosi e cominciando a camminare mestamente verso il luogo in cui aveva lasciato la sua auto. Kol era dietro di lui, percepiva i suoi passi sulle foglie secche ma, in quel momento, avrebbe preferito essere solo. Solo con quel dolore che proprio non riusciva a sopportare.

Rientrati alla pensione, i due ragazzi trovarono Stefan proprio dove lo avevano lasciato. Sammy, invece, non era più in soggiorno.
«Non c'è niente. Niente di niente al lago. E' assurdo, ma è così!»
Damon si liberò del giubbotto lanciandolo su uno dei divani, Kol, invece, si fermò a pochi passi dal camino, con le braccia incrociate al petto.
«E se chiedessimo a Bonnie di ripetere l'incantesimo di localizzazione? E' evidente che il posto indicato sulla mappa non sia esatto.» Disse l'originario, cercando lo sguardo di Stefan che sostava in piedi di fronte a lui.
«In realtà... il posto è esattamente quello.» Replicò il vampiro, ricambiando lo sguardo di Kol per poi indirizzarlo su suo fratello.
Damon aggrottò la fronte, avvicinandosi a Stefan lentamente. «Che intendi dire?»
«Che Liza si trova proprio lì, nel punto indicato dalla mappa.» Affermò il ragazzo, prima di avvicinarsi al tavolo e recuperare un cartoncino avorio e un foglio dello stesso colore piegato a metà.
«Ecco.»
Stefan porse il cartoncino e il foglio a Damon che li prese tra le mani. Kol, allora, affiancò il vampiro e puntò lo sguardo sulle parole scritte sulla carta per mezzo di una stilografica nera.
«Un invito... a cena?» Chiese Damon, sollevando perplesso gli occhi dal foglio per trovare quelli di Stefan.
«Insieme a una serie di avvertimenti che sembrano minacce ma... sì. E c'è anche la mappa in cui è indicato il posto in cui si svolgerà.»
Kol strappò il foglio ripiegato dalle mani di Damon e lo aprì. Alla vista del luogo, tracciato anch'esso a mano, trasalì. Era esattamente quello in cui lui e Damon erano appena stati. Il maggiore dei Salvatore si riappropriò della mappa lanciando a Kol un'occhiata truce, poi restò a fissarla in silenzio. Quel che stava accadendo aveva dell'impossibile, senza ombra di dubbio.

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Capitolo 12
*** Bloody night ***



Bloody night

 

L'uomo muore sempre prima
di essere completamente nato.
Erich Fromm



Damon non chiuse occhio per tutta la notte. Aveva continuato a rigirarsi tra le mani l'invito che Joel gli aveva fatto recapitare dando, di tanto in tanto, un'occhiata perplessa e inquieta alla mappa che indicava il punto esatto in cui doveva trovarsi sua sorella ma che, in apparenza, corrispondeva al nulla. Ciò che stava capitando sembrava non avere una spiegazione logica e questo bastava a renderlo nervoso come mai prima di allora. E spaventato.
La stessa inquietudine la stava provando Kol, steso sul letto che, fino a poco tempo prima, aveva condiviso con Liza, con gli occhi aperti sul soffitto e la sensazione di essere completamente in balìa degli eventi. Il fatto di non avere il pieno controllo della situazione gli riempiva il cuore di rabbia e, al tempo stesso, di paura. Dov'era Liza in quel momento? Stava bene? Cosa sarebbe accaduto una volta al cospetto dell'uomo che, per più di mille anni, aveva covato in sé rancore e desiderio di vendetta nei suoi confronti? Non riusciva a darsi alcuna risposta, se non che, di lì a poco, si sarebbe ritrovato all'inferno.
Anche Stefan, dal canto suo, temeva il peggio. L'ultima volta che aveva visto sua sorella, lei gli aveva aperto il suo cuore e lo stesso aveva fatto lui, sentendola vicina proprio come quando erano bambini e cercavano vicendevolmente di farsi forza nei momenti più bui. Il vampiro aveva ancora impresso nella mente il sorriso della ragazza e quella determinazione che, anche di fronte alla più ostile difficoltà, non l'aveva abbandonata mai. Stefan sapeva che, ovunque si trovasse Liza in quel momento, stava lottando con tutte le sue forze per sopravvivere. Ed era certo che stesse pensando a lui, a Damon e Kol e a quel bambino a cui aveva donato gran parte dell'amore che si portava dentro. Questo, però, non bastò a rendere meno intenso il senso di oppressione che quasi gli impediva di respirare.
Le ore che precedettero la fatidica cena, i tre vampiri le passarono a organizzarsi – per quel che potevano – e a fingere di essere tranquilli solo per non gravare l'uno sul pessimo umore dell'altro.
«Allora siamo d'accordo: io resterò a casa con Sammy e voi andrete a quella cena. D'altra parte, l'invito parla chiaro.» Stefan scrollò le spalle sotto lo sguardo accigliato di suo fratello che, senza smettere di guardarlo, mandò giù d'un solo sorso l'ennesimo drink della giornata.
«Già. Gli unici invitati, a quanto pare, siamo io e lui...» disse, indicando Kol con un cenno del capo. «In altre circostanze mi sarei sentito perfino lusingato.» Aggiunse, liberandosi del bicchiere e recuperando il giubbotto dalla poltrona. Anche se mancava ancora un'ora all'appuntamento, la tensione accumulata dalla sera prima non gli aveva concesso un minuto di tregua. E lo stesso valeva per Kol.
«Che ne dici di andare?»
Damon rivolse all'originario una breve occhiata, poi semplicemente annuì.

Arrivarono al lago circa venti minuti dopo e si ritrovarono davanti agli occhi la stessa scena del giorno prima: alberi, cespugli, zanzare e niente che potesse anche solo vagamente somigliare a una casa o a un rifugio. Damon sbuffò e diede un calcio a una pietra, questa finì dritta nel lago e l'unico suono che udirono fu il tonfo che fece al contatto con l'acqua. Entrambi si guardarono negli occhi, perplessi.
«Continuo a pensare a quanto tutto questo sia dannatamente assurdo.» Disse Damon, sollevando la testa e facendo vagare lo sguardo tra le chiome degli alberi.
Kol, benché la pensasse allo stesso modo, si limitò ad annuire e sbuffare, prima di scacciare malamente dal suo viso uno degli insetti che infestavano il posto.
Poi, d'un tratto, entrambi udirono il rumore di alcuni passi, lenti e decisi, alle loro spalle. I due ragazzi si voltarono all'unisono e i loro occhi incontrarono quelli di una donna dal volto bianco come porcellana. Indossava un lungo mantello scuro che la copriva per intero ed era incappucciata. L'unica parte visibile era, per l'appunto, il suo viso.
«Benvenuti.» Disse con voce ferma e incolore.
Damon inarcò un sopracciglio e mosse un passo verso di lei. «Dov'è mia sorella? Dove l'avete portata?» Le domandò, visibilmente agitato.
La donna non si scompose, ma sulle sue labbra comparve un flebile sorriso. «E' proprio lì, davanti a te.»
Kol si voltò verso il lago, seguendo il cenno fatto con il mento dalla donna incappucciata. Damon, invece, restò a guardarla con gli occhi pieni di rabbia.
«Non c'è niente qui, solo acqua e...»
Kol afferrò il braccio del vampiro invitandolo a voltarsi e Damon quasi gli ringhiò contro. Poi, quando anch'egli si fu voltato, i suoi occhi azzurri si spalancarono increduli.
Dove prima c'era solo una distesa d'acqua torbida, si ergeva un maestoso castello dalle pareti bianche contornate d'edera e il tetto rosso a tratti spiovente. Damon non potè credere a ciò che vedeva.
«Prego, seguitemi.»
La donna incappucciata avanzò verso il ponte - sospeso sull'acqua e comparso anch'esso dal nulla - che li avrebbe condotti fin dentro il castello. Kol cercò lo sguardo di Damon e lo trovò. Poi, insieme, si incamminarono verso la sinistra meta.

«Bene, bene, bene. Alla fine hai accettato il mio invito.»
Joel comparve dentro un elegante smoking nero in cima a una grande scalinata, poi prese a scendere lentamente i gradini, fermandosi di colpo quando fu circa a metà strada. I suoi occhi sottili erano saldamente ancorati a Kol. L'originario ricambiò lo sguardo gelido dell'uomo, prima di avanzare verso di lui e sfoderare un sorriso obliquo.
«Ne dubitavi?»
Joel ridacchiò sonoramente, poi, facendo scivolare le dita sulla balaustra dorata, scese anche gli ultimi gradini per ritrovarsi finalmente a pochi passi dal suo nemico.
«Se quel che so di te corrisponde alla realtà, tieni un po' troppo alla tua fredda pelle per correre certi... rischi.» Replicò l'uomo, sfiorando alcuni bottoni della sua giacca per poi rivolgere una fugace occhiata a Damon.
Kol si voltò verso il maggiore dei Salvatore mostrando un'aria seccata e al contempo tesa. La presenza di Joel, nonché i suoi modi di fare tanto simili a quelli di suo fratello Klaus, non potevano che avere un effetto deleterio sul suo umore già piuttosto compromesso.
Damon prese un respiro e cercò ancora lo sguardo dell'uomo davanti a sé, senza però trovarlo. Il vampiro era evidentemente molto più interessato alla presenza di Kol che alla sua, ma questo non cambiava le cose. Se Liza era ancora viva, lui doveva assolutamente vederla.
«Senti un po'... forse ciò che desideri è vendicarti e nessuno ti impedirà di farlo, dopotutto l'oggetto del tuo desiderio è proprio di fronte a te...» disse, riferito a Kol, con un velo di ironia nella voce che l'originario non sembrò gradire. «Io, però, sono qui per mia sorella. Dov'è? Le hai fatto del male?»
A quel punto, Joel tornò a guardare Damon, prima di scuotere la testa e ridacchiare.
«Tempo al tempo, ragazzo. Ora seguitemi, la cena sarà servita a breve.» Joel rivolse a entrambi uno sguardo tagliente, poi si incamminò deciso attraverso il corridoio illuminato solo dalla luce di alcune candele poste lungo le pareti.
Entrò in una grande sala con al centro un altrettanto grande tavolo di legno scuro, dalla forma ovale e con al di sopra un ripiano in prezioso granito bianco su cui facevano bella mostra di sé piatti di porcellana, argenteria e bottiglie di vino rosso e costoso. Infine fece cenno ai suoi due ospiti di accomodarsi e i due ragazzi, sebbene con poca voglia, presero posto l'uno di fronte all'altro.
Kol osservò ciò che lo circondava e notò che, in quella stanza - come anche nell'atrio del castello - mancavano le finestre. La luce arrivava tutta dai candelabri sparsi ovunque. Gli sembrò uno scenario da film horror e pensò che, purtroppo, si trattava solo dell'inizio. Qualcosa di molto più spaventoso e cruento sarebbe accaduto, lo percepiva dall'alone sinistro che aleggiava in quel posto e, soprattutto, dall'aria insana che Joel aveva in viso.
L'uomo, ancora in piedi, prese tra le mani una delle bottiglie di vino presenti sul tavolo per poi riempire sia il bicchiere di Damon che quello di Kol. Alla fine, versò un po' di liquido rosso anche nel suo e solo allora si mise a sedere.
«Prima di cominciare, desiderei sapere da voi cosa ne pensate di questo vino. E' uno dei migliori.» Abbozzò un sorriso.
Damon gli lanciò un'occhiataccia. «Siamo qui per questo? Per assaggiare vini? Oh, per favore!» Il vampiro si alzò in piedi, ma qualcuno - che fino ad allora era rimasto nascosto nell'ombra – lo afferrò prontamente per le spalle inducendolo a rimettersi a sedere. Si trattava di un altro individuo incappucciato, stavolta di sesso maschile. A poco a poco, dall'ombra presero forma altre figure, tutte vestite di nero come la precedente, che si posizionarono intorno al tavolo imbandito e ai tre commensali. Joel notò lo smarrimento negli occhi dei due vampiri che erano con lui e scoppiò in una fragorosa risata.
«Qualsiasi cosa vi salti in mente di fare, ve la sconsiglio. Queste persone sanno usare la magia come poche altre al mondo. Potrebbero anche ammazzarvi, per intenderci, e senza muovere un solo dito!»
Le sue parole arrivarono alle orecchie di Kol e Damon come una minaccia, più che un avvertimento. Quell'uomo li aveva in pugno e loro, purtroppo, ne avevano sottovalutato la potenza.
«Adesso, signori, prendete i calici tra le dita e... bevete!» Joel pose l'accento sull'ultima parola, al fine di farla arrivare forte e chiara all'indirizzo dei due ragazzi.
Kol afferrò rabbioso il bicchiere e Damon, un attimo dopo, fece lo stesso. Dall'interno non proveniva odore di verbena, ma questo non bastava a far temere loro il peggio.
Joel sollevò il suo calice e lo portò alle labbra, ma non bevve. Il primo a farlo fu Damon. Buttò giù l'intero contenuto in un solo sorso e, per un istante, si meravigliò di essere ancora lì seduto, di sentirsi bene. Il vampiro vide Kol accingersi a fare lo stesso, ma quando i suoi occhi si appoggiarono su Joel, che teneva ancora il bicchiere pieno tra le dita, avvertì le palpebre farsi pesanti come macigni. E non vide più nulla.

«Dove siete finiti tutti? Non mi va di giocare a nascondino!»
Kol appoggiò la schiena alla parete dietro di sé, sbuffando e guardandosi intorno con fare circospetto. Tutto era accaduto troppo in fretta. Aveva visto Damon mandare giù il vino che Joel gli aveva offerto e poi, quando anche lui stava per fare lo stesso, aveva avvertito un susseguirsi senza sosta di lancinanti fitte alla testa. Era stato trascinato fuori dalla stanza quasi privo di sensi, con il sangue che usciva copioso dal suo naso e dalla sua bocca, fino a quando la sua faccia non aveva incontrato il pavimento freddo e ruvido del posto in cui si trovava adesso. Era rimasto steso a terra per un po', il tempo di riacquistare le forze, con la mente sempre rivolta al motivo per cui era lì, dentro quel castello stregato: ritrovare Liza e salvarla da quell'incubo.
Il vampiro abbassò lo sguardo sulla sua camicia. Era completamente macchiata e logora, così come lo era la giacca che indossava. Intorno a lui, invece, non c'era niente. A prima vista, quel luogo buio e tetro gli era sembrata una cella, forse per via dei ganci attaccati al muro che aveva di fronte e da cui pendevano alcune spesse catene arrugginite. E, forse, era realmente così. Forse quella era una prigione, la sua, o lo sarebbe diventata di lì a poco.
«Avanti, Joel... dove diavolo ti sei cacciato?»
Urlò, ma l'unica cosa che percepì in risposta fu l'eco della sua stessa voce. Si scostò, quindi, dal muro e si mosse lentamente nell'oscurità, in cerca di una via di uscita che, ancora una volta, non c'era. Poi, d'un tratto, avvertì un fruscio sinistro alle sue spalle e, un secondo dopo, alcuni passi e un profumo famigliare. Si voltò di scatto e Liza lo raggiunse correndo, tuffandosi letteralmente tra le sue braccia.
La ragazza strinse forte a sé il vampiro, poi sollevò lo sguardo per incontrare quello di lui. Nonostante la poca luce che li circondava, riusciva a scorgere perfettamente quei lineamenti che tanto amava e che tanto aveva desiderato rivedere.
«Ehi...» Kol sfiorò il naso di Liza con il suo, sorridendo appena. «Come stai? Cosa ti hanno fatto?» Le domandò, accorgendosi che aveva pianto.
«Sto bene.» Rispose lei con un filo di voce. «Ma ho avuto tanta paura, Kol. Credevo che non ti avrei più rivisto e...»
«Invece sono qui. Non avrei mai potuto lasciarti sola con quel bastardo!»
«Joel mi ha concesso di venire qui, da te, e lo ha fatto per una ragione ben precisa. Non so cosa abbia in mente, ma non credo ci permetterà di lasciare questo posto, Kol, ormai siamo in trappola!»
Kol scosse la testa. «Non dirlo, okay? Piuttosto... Damon è qui, da qualche parte...»
«Cosa?» Liza strabuzzò i grandi occhi castani e Kol la sentì tremare tra le sue braccia. «Mio fratello è qui? Dove? Io... devo trovarlo!»
«Joel deve averlo rinchiuso in una delle sue stanze stregate, proprio come ha fatto con me. Potremmo andare a cercarlo insieme se solo...» il vampiro si guardò intorno, ancora una volta. «Ci fosse un buco da cui passare! Come hai fatto ad entrare qui dentro?»
Liza sospirò. «Joel mi ha condotto qui facendo comparire una porta che, adesso, non c'è più.» Disse, scrollando le spalle e cercando di nuovo gli occhi scuri di Kol. Lui restò a fissarla in silenzio, con la fronte corrugata e l'aria pensierosa. Liza aveva ragione: erano in trappola. Ma mai come in quell'occasione era necessario, per lui, mostrarsi forte. Liza glielo stava chiedendo attraverso un semplice sguardo. La ragazza che amava aveva bisogno di essere rassicurata e lui lo avrebbe fatto, nonostante sentisse crescere in sé il terrore.
«Liza, ti chiedo perdono. Perdono per come ti ho trattata a casa mia, per non averti protetta come meritavi e per tutto ciò che sei costretta a sopportare ora.» Le disse, senza smettere di tenerla stretta.
Lei sorrise appena, poi avvicinò una mano alla guancia del vampiro e l'accarezzo dolcemente.
«Ti amo, Kol. Non dubitarne mai più.» Rispose tra le labbra del ragazzo. Lui chiuse gli occhi e la baciò, prima piano poi con più trasporto, fino a quando non avvertì una forte stretta alla gola. A quel punto si staccò bruscamente da lei e cominciò a tossire senza sosta.
«Che succede?»
Liza lo vide cadere in ginocchio con entrambe le mani intorno al collo.
«Non... respiro...» le disse, con la voce spezzata dalla tosse. Lei, spaventata, lo raggiunse.
«Cosa... cosa posso fare?»
«Niente... si tratta di polvere di quercia bianca... è nell'aria...»
Liza trasalì. Kol sollevò gli occhi e li piantò in quelli di lei. «Urla con tutta la forza che hai... chiedi a Joel ti farti uscire di qui e trova tuo fratello!»
«Non andrò via senza di te, Kol!»
«Fallo!» Le urlò, prima di sentire il suo respiro mancare definitivamente. Liza lo vide perdere i sensi, senza che potesse fare nulla per aiutarlo. Terrorizzata si rimise in piedi, cacciò indietro le lacrime e raggiunse la parete da cui era entrata, cominciando a battere con forza i pugni contro il muro freddo.
«Joel! Figlio di puttana, fammi uscire di qui!» Gridò con tutto il dolore e la disperazione che aveva dentro fino a quando, senza rendersene nemmeno conto, si ritrovò fuori dalla cella, con alle spalle il solito muro scrostato. Sola.

Il cellulare cominciò a vibrare all'interno del suo giubbotto di pelle e Damon si destò dal sonno profondo in cui era caduto. Con i sensi ancora intorpiditi, il vampiro sfilò piano il telefono da una delle tasche e lesse un nome sul display: Stefan. Sorpreso, inarcò un sopracciglio. Si trovava in un posto che – in realtà - non esisteva, eppure suo fratello era riuscito a fare quella telefonata. A quanto sembrava, le cose stavano prendendo una piega sempre più inquietante.
«Che succede?»
«Hai trovato Liza? Come sta?»
Damon mise a fuoco la vista, guardandosi intorno e accorgendosi di essere completamente solo.
«No. Non so cosa mi abbia fatto quel tizio, ma all'improvviso ho perso i sensi e adesso mi trovo in una stanza vuota, seduto sul pavimento e... lei non c'è.»
Così dicendo, si rimise in piedi e raggiunse l'unica apertura presente in quella stanza. La solita porta di legno e acciaio senza maniglia. Damon alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Credo di essere in trappola.»
Dall'altro capo del telefono, Stefan sospirò. «Devi trovare nostra sorella, Damon, e in fretta. Purtroppo i problemi non sono finiti.»
Damon aggrottò la fronte. «Che vuoi dire?»
«Sammy è scomparso. Sono uscito a cercarlo, ma sembra non esserci più traccia di lui.»
Damon fu tentato di fare a suo fratello una ramanzina, dato che la responsabilità del bambino era sua. Alla fine, però, scelse di tacere. Tutt'al più ne avrebbero riparlato una volta a casa. Se ci fosse tornato.
«Beh... se dovessi trovarlo, avvisami. A presto, Stef.» Disse, chiudendo la chiamata e riponendo in fretta il telefono nel giubbotto.
Non ricordava come fosse finito in quella stanza. L'ultima cosa che avevo visto prima di svenire, era stato il viso di Joel e il ghigno che aveva sulle labbra. Sperò che almeno Kol fosse riuscito a raggiungere Liza, ma aveva un brutto presentimento: qualcosa gli diceva che non ci sarebbe stato alcun lieto fine per loro, non quella volta.
Appoggiò entrambe le mani al legno freddo della porta, poi cominciò a batterci contro i palmi sempre più forte, fino a quando non avvertì dei rumori dall'altra parte, dei passi svelti e, subito dopo, la porta che si apriva.
«Liza... finalmente!»
Sua sorella era di fronte a lui, con gli occhi lucidi e il terrore stampato sul viso. Damon la prese tra le sue braccia e Liza affondò il viso nel suo petto. Lui le accarezzò i capelli, sorridendo appena.
«Ti porterò via da qui, te lo prometto.»
La ragazza sollevò lo sguardo e incontrò quello del vampiro. «Kol... sta male... dobbiamo prima trovare lui, Damon. Non posso lasciarlo qui.»
Una lacrima le rigò la guancia destra e Damon sospirò, poi scosse il capo.
«Joel vuole vendicarsi. Vuole Kol, Liza, e noi non possiamo fare niente per impedirlo. Ho promesso a Stefan che ti avrei riportata a casa sana e salva ed è quello che farò. Dobbiamo andarcene da questo posto, adesso!»
Damon afferrò la mano di sua sorella e oltrepassò l'uscio che, stranamente, era ancora aperto e, a differenza delle volte precedenti, non era svanito nel nulla. Liza, però, gli impedì di proseguire.
«Non lascerò l'uomo che amo in balìa di quel mostro!»
«Liza, per favore...»
«No! Tu puoi tornare a casa, se vuoi, ma io non me ne andrò da qui senza Kol!»
Ancora una volta, Damon si trovò a fare i conti con la determinazione di sua sorella. Insistere non sarebbe servito a nulla, lo sapeva bene, e, di certo, era fuori discussione condurla fuori da quel posto contro la sua volontà. Le sarebbe rimasto accanto, come sempre.

Una fitta lancinante tra il cuore e la spalla sinistra indusse Kol ad aprire gli occhi. Sentiva ancora la gola bruciare e aveva la vista annebbiata. Si portò una mano dove avvertiva il dolore e toccò quella che, attraverso il tatto, sembrò essere una lunga freccia.
Portò indietro la testa e gemette debolmente, mentre le palpebre faticavano a restare aperte. La polvere di quercia bianca respirata in precedenza lo aveva reso molto debole e ora doveva fare i conti con quella freccia che aveva nella spalla, anch'essa fatta dello stesso legno.
E' la fine. Pensò, mentre un nuovo dardo finiva dritto nel suo stomaco. Kol urlò con tutta la forza che ancora gli rimaneva, poi cercò di riportare su le palpebre. In quello stesso istante, una mano gli accarezzò piano il viso, scivolando fino ad impugnare quell'ultima freccia scoccata per poi rigirarla nelle viscere che aveva trafitto.
«Non puoi neanche immaginare quanto sia felice di rivederti...»
Due labbra rosso acceso sfiorarono appena le sue e Kol si obbligò a mettere completamente a fuoco quell'immagine. Una ragazza dentro un'aderente tuta di pelle in stile motociclista, i capelli castani raccolti in una coda e due occhi azzurri e allungati si trovava di fronte a lui. Nella mano sinistra impugnava un grosso arco e nella destra un'altra freccia pronta da scoccare. Il vampiro trasalì.
«Diantha? Non è possibile... ti ho uccisa.»
La ragazza scoppiò in una fragorosa risata. «No. Non l'hai fatto... e adesso sono qui, in carne e ossa!» Esclamò, prima di ridere ancora e prepararsi per colpire nuovamente Kol.
Lui le rivolse un'occhiata sofferente, poi cercò di respirare ma finì per tossire e avvertire in bocca il sapore del sangue.
«E' stato lui...» disse, sputando il fluido denso e rosso su ciò che restava della sua camicia. «E' stato tuo padre a trasformarti! Avrei dovuto staccargli la testa dal collo, invece di renderlo immortale!» Ringhiò.
Lo sguardo di Diantha divenne cupo e le sua labbra si strinsero come a volersi trattenere dal vomitare addosso al vampiro tutto il suo rancore. Prese la mira, stavolta puntando al cuore dell'originario, e lasciò andare la freccia. Questa finì nello sterno del ragazzo, a un soffio dal punto vitale. Kol emise un forte grido di dolore e sulle labbra della ragazza ricomparve il sorriso.
«Ti ammazzerò Kol, non hai scampo!»
«E allora fallo! Mira al cuore senza girarci intorno!»
Kol avvertì l'eco delle sue parole mentre le pronunciava. Diantha non scherzava, lo avrebbe ucciso. Gliel'avrebbe fatta pagare per tutto il male che aveva portato tra le fragili mura della capanna che divideva con suo padre, nel villaggio in cui abitavano, felici, prima che una famiglia di mostri assetati di sangue arrivasse a distruggere tutto. E uno di quei mostri era proprio lui e ora...
Kol non voleva morire. Il pensiero di ritrovarsi nell'oblio da un giorno all'altro lo terrorizzava come forse nient'altro al mondo. Ma c'era un motivo in più che, adesso, lo spingeva ad aggrapparsi alla vita con tutte le sue forze: Liza e l'amore che provava per lei. Un solo giorno senza poterla avere accanto, sarebbe stato anche più atroce della morte stessa.
No, lui non voleva morire, ma allo stesso tempo non poteva fare nulla per evitarlo.
Tenne lo sguardo fisso su Diantha per tutto il tempo. La vide sfilare un'altra freccia dalla sacca che teneva dietro le spalle, posizionarla sull'arco, tenderla all'indietro e mirare, stavolta con l'intenzione di centrare perfettamente il bersaglio. Vide perfino la freccia partire per la sua ultima corsa. Solo allora chiuse gli occhi.
Liza era con lui, tra le sue braccia. Gli teneva la mano e gli sorrideva.
Mentre le fiamme avvolgevano il suo corpo, si ritrovò anche lui a sorridere. Il fuoco non faceva male, era semplicemente il calore di un abbraccio, l'ultimo intenso abbraccio di Liza.


 



 

Mi scuso per l'immenso ritardo con cui posto il nuovo capitolo, ma sono stata davvero impegnata ultimamente.
Ad ogni modo, il prossimo sarà anche l'ultimo. Eh, sì... anche questa avventura sta volgendo al termine.
Per il momento, però, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate del capitolo appena postato. Fatevi sentire!!! A presto <3

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Capitolo 13
*** Love never ends ***



Love never ends

 

Nel vero amore è l'anima che abbraccia il corpo.
Friedrich Nietzsche



«Liza, aspetta!»
La voce di suo fratello la indusse ad arrestare quella corsa disperata. Volse il capo verso di lui, sentendo le dita del ragazzo cingerle decise il polso destro, per poi rivolgergli un'occhiata intensa e interrogatoria. Damon lasciò andare il polso di sua sorella e sbuffò.
«Non vedi? Sono ore che vaghiamo per questi sotterranei senza trovare una via d'uscita. Questo posto è incantato, siamo in trappola.»
Lo disse con la voce rotta, quella di chi ha la consapevolezza di avere le ore contate, e Liza, purtroppo, se ne rese conto: suo fratello non si era mai mostrato fragile ai suoi occhi, eppure adesso poteva leggergli il terrore negli occhi. La fine era davvero arrivata?
«Damon... non possiamo arrenderci, dobbiamo trovare Kol, unire le forze e tornare a casa sani e salvi!» esclamò, afferrando il colletto del giubbotto del ragazzo e strattonandolo energicamente. Anche lei era terrorizzata, ma non poteva credere che, dopo tutto ciò che aveva passato, dopo essere morta e risorta quasi per miracolo, tutto stesse per finire così. Non sarebbe morta un'altra volta, non prima di aver rivisto l'uomo che amava e che, ne era certa, attendeva con ansia il suo ritorno.
«Andiamo!»
Prese la mano di Damon nella sua, stringendo forte come se temesse di perdere quel contatto da un momento all'altro, e lo costrinse a seguirlo per l'oscuro corridoio in cui si trovavano. Il vampiro non osò ribattere ancora, non di fronte alla determinazione di Liza, alla tenacia con cui riusciva a restare in piedi sempre, anche quando la speranza era semplicemente un'utopia. Proprio come lo era in quel momento.
Avanzarono in fretta e senza proferire parola per un po', cercando di scorgere un'apertura, una di quelle porte che apparivano e sparivano magicamente, ma anche un semplice foro nel muro, senza, però, alcun risultato. Non c'era niente intorno a loro, solo quel tunnel oscuro che sembrava non avere fine e il rumore del loro respiro, sempre più agitato ad ogni passo.
Poi, però, qualcosa li indusse a fermarsi. Il pavimento sotto i loro piedi cominciò a tremare, mentre le pareti che li circondavano divenivano sempre più vicine, troppo vicine.
Liza urlò il nome di suo fratello, poi strinse gli occhi e si fiondò tra le sue braccia per cercare protezione. Sarebbero morti in quel modo, schiacciati da quelle mura anguste? Damon strinse Liza a sé, poi chiuse anche lui, d'istinto, gli occhi azzurri. Pensò a Elena, che non sapeva nemmeno dove lui fosse, pensò all'amore che provava per lei, a quanto aveva lottato per conquistare il suo cuore e alla sofferenza a cui non aveva potuto sottrarre Stefan. Suo fratello. Chissà se lo avrebbe mai davvero perdonato.
Era pronto a morire, ma d'un tratto il pavimento smise di tremare e, quando riaprì gli occhi, i muri erano tornati al loro posto e Liza era lì, tra le sue braccia, così impaurita da sembrare una bambina, la bambina a cui aveva asciugato le lacrime tante volte.
«Siamo vivi?» domandò la ragazza, cercando il volto tanto amato di suo fratello. Lui fece per annuire, ma qualcosa si mosse alle sue spalle inducendolo a voltarsi. Joel era lì, con al seguito il suo esercito di stregoni incappucciati e nella mano destra una freccia di legno carbonizzato.
«Siete vivi, già...» disse, sorridendo malefico e avanzando verso i due fratelli. «Peccato non si possa dire lo stesso del vostro amico... il tuo ragazzo!» esclamò senza più sorridere, piantando i suoi crudeli occhi in quelli di Liza.
«Che stai dicendo? Dov'è Kol, cosa gli hai fatto?»
«Voltati e lo vedrai tu stessa!»
Liza aggrottò la fronte e cercò Damon con lo sguardo. Il vampiro, invece, si sentì mancare il fiato per un istante: oltre le spalle di sua sorella giaceva il corpo senza vita di Kol, carbonizzato più della freccia che Joel stringeva ancora nella mano. Il ragazzo deglutì, poi cercò di impedire a Liza di voltarsi, ma lei si liberò dalla presa di suo fratello e guardò.
Se avesse avuto ancora un cuore, uno pulsante, avrebbe di sicuro smesso di battere in quel momento. Mentre il tempo sembrava essersi di colpo fermato, avanzò lentamente verso quel che rimaneva dell'unico uomo che più di tutti aveva odiato, l'unico che più di tutti aveva amato.
«Kol...»
Le lacrime iniziarono a scendere copiose, rigandole il viso pallido e stanco.
«Amore mio, non puoi essere morto...»
Cadde in ginocchio accanto al corpo esanime e lo osservò, per quanto le lacrime glielo permettessero. Scorse il suo profilo, i capelli spettinati, quel che restava dei suoi vestiti. Ma tutto era così nero che, per assurdo, sperò che non fosse realmente lui, che fosse tutto uno scherzo di pessimo gusto, una crudeltà senza limiti ma al tempo stesso falsa. Prese, quindi, la mano di lui nella sua e sfilò l'anello diurno dalle sue dita. Non c'erano dubbi che fosse vero, non c'erano dubbi che quello fosse proprio Kol, che fosse morto. Non si trattava di uno scherzo, ciò che vedeva era reale. E faceva male.
Lasciò andare la mano del vampiro e si strinse nelle braccia, abbandonandosi a un pianto sommesso e disperato. Damon si chinò alle sue spalle e la abbracciò forte, poi volse il capo verso Joel, incontrando i suoi occhi diabolici.
«Forse non riuscirò ad ammazzarti con le mie mani, ma sappi che ovunque andrò non avrò pace fino a quando qualcuno non ti strapperà il cuore dal petto. E ce la farà, stanne certo!»
Alle parole cariche di rabbia di Damon, Joel rispose con una fragorosa risata, risata che riecheggiò all'interno del sotterraneo. L'uomo gettò via la freccia, infilò una mano nella tasca interna della sua elegante giacca e tirò fuori un paletto. Lo mostrò al vampiro come fosse un trofeo, poi avanzò verso di lui e afferrò Liza per un braccio.
«Basta piangere, tesoro. Tocca a te, adesso!» esclamò tirandola verso di sé.
Damon si rimise in piedi e si scagliò contro di lui, ma non ebbe neanche il tempo di sfiorarlo. Avvertì delle forti fitte alla testa, mentre gli stregoni lo circondavano, quindi si ritrovò ancora una volta in ginocchio, senza che potesse fare niente per evitarlo.
Joel si liberò di Liza con uno strattone e la ragazza finì contro la parete alle sue spalle. Poi, veloce come solo i vampiri potevano essere, conficcò deciso il paletto nel cuore di Damon.
Liza vide ogni cosa senza avere il tempo di poter reagire. Vide il paletto squarciare il petto di suo fratello e Joel brandire l'arma insanguinata come un trofeo.
I suoi occhi erano spalancati sulla scena, terrorizzati e increduli allo stesso tempo. Avrebbe voluto urlare, gettarsi addosso al mostro che aveva fatto tutto quello, ucciderlo con le proprie mani, se ne fosse stata in grado. Ma non lo era.
L'unica cosa che poteva fare era lasciarsi andare, ancora una volta, a un pianto disperato. Mentre le lacrime scendevano senza sosta, si avvicinò al corpo di Damon e si inginocchiò accanto a lui. Era morto. Suo fratello era morto. Anche lui come Kol se ne era andato via, per sempre.
Joel rise, rise tanto, diabolico più che mai. La sua vendetta era compiuta, possedeva l'Occhio del Diavolo e adesso non gli restava che sbarazzarsi anche della ragazza. Congedò gli stregoni al suo servizio e rimase immobile, sempre col paletto nella mano destra, a contemplare Liza e il suo dolore, senza fretta.
Liza sollevò lo sguardo dal volto di Damon e piantò gli occhi umidi e pieni di rabbia in quelli dell'uomo di fronte a sé. Aveva perso due delle persone per lei più importanti, due degli uomini che più aveva amato in vita sua. Non aveva più senso vivere, adesso. La sua morte, dopotutto, non sarebbe mai stata dolorosa per lei, non quanto lo erano state quelle di Damon e Kol.
Era la fine. E non le restava che affrontarla.
«Fallo!» esclamò, rimettendosi stentatamente in piedi. Sentiva il suo corpo tremare, era stanca e svuotata. Joel annuì appena, poi sollevò la mano che stringeva il paletto e...
Una luce bianca e splendente, tanto luminosa da impedire agli occhi di rimanere aperti, invase totalmente quell'angusto sotterraneo. Joel sentì la sua pelle bruciare, come se si fosse trovato senza protezione in pieno giorno, e allora lasciò andare il paletto e si accasciò dolorante al suolo.
Liza si coprì il volto con le mani, ignara di ciò che stava accadendo. A poco a poco, la luce si affievolì, permettendole di aprire di nuovo gli occhi. Fu allora che lo vide.
Un ragazzo alto, fiero e dai capelli d'oro, con indosso una tunica bianca che lo rendeva simile a un dio dell'Olimpo, era di fronte a lei. Teneva un piede sul petto di Joel, ma i suoi occhi azzurri e innaturali guardavano lei. Gli sorrideva amorevolmente e quel sorriso parve a Liza tanto familiare. Non poteva essere vero, eppure...
«Sa... Sammy... sei tu?»
Il ragazzo annuì. Poi Joel cercò di dimenarsi, allora lui premette più forte il piede sul petto del vampiro, tanto da farlo urlare di dolore.
«La tua ora è giunta, demone!» sentenziò, prima di chinarsi, afferrare l'uomo per il collo e sollevarlo deciso dal pavimento. Lo tenne stretto per un po', senza mai distogliere lo sguardo da quello di lui. Joel cercò di liberarsi, ma ormai era solo e senza alcuna via di uscita.
Un fascio di luce bianca, ancora più intensa della precedente, si propagò dagli occhi del giovane al volto, al petto e al resto del corpo di Joel, fino a ridurlo in polvere. Non rimase di lui che un mucchio di cenere e, nel mezzo, la famosa pietra che tanto aveva bramato.
«Il mio vero nome è Samael, Liza», disse il ragazzo, recuperando la pietra e avvicinandosi lentamente alla vampira.
Lei aveva ancora gli occhi lucidi e i brividi a scuoterle il corpo. «Tu sei... un...»
«Sono un angelo, un angelo che aveva una missione: liberare la Terra da un'arma diabolica come questa», rispose il ragazzo, mostrandole la pietra sul palmo aperto.
Liza annuì, poi abbassò i suoi occhi sul corpo esanime di Damon e infine tornò a guardare l'angelo.
«Hai raggiunto il tuo obbiettivo, quindi, e avrai la tua gloria, immagino», gli disse, mentre una lacrima tornava a rigarle il viso. «Io, invece, ho perso tutto.»
«No, Liza, non è vero. Tu possiedi ancora una delle cose più preziose al mondo: un animo buono.»
Samael accarezzò dolcemente il volto della ragazza, poi le sorrise. «Mi hai accolto in casa tua, ti sei presa cura di me, mi hai dato amore e adesso voglio essere io a fare qualcosa per te. Posso ridarti in parte ciò che hai perso, posso riportare in vita Kol... oppure Damon. Ma la scelta dovrà essere soltanto tua.»
Le parole di Samael la fecero sobbalzare. Lei doveva scegliere? Ma come poteva? Amava entrambi infinitamente e li voleva entrambi con sé.
«Perché mi chiedi di scegliere? Rivoglio con me tutti e due!»
«Perché funziona così, anche se è ingiusto, anche se è triste. La morte non può essere ingannata e a me non è concesso farlo due volte. Accetta il mio dono, Liza!»
Liza chiuse gli occhi e tutti i ricordi legati a Damon e Kol passarono per la sua mente come adagiati su un nastro trasportatore: l'ironia di Damon, il ghigno fastidioso e irresistibile di Kol, gli abbracci e le parole di conforto di suo fratello, quelli intensi e colmi di desiderio del ragazzo che amava. La sua vita era fatta di questo, della presenza dell'uno e dell'altro. L'uno non avrebbe mai potuto colmare il vuoto lasciato dall'altro, ne era certa.
Ma Samael era stato chiaro. Poteva riportarne in vita uno soltanto.
«Damon. Rivoglio mio fratello...», riuscì a malapena a dire, prima che le gambe le cedessero del tutto, facendola ritrovare sul pavimento.
Samael annuì, poi si chinò sul corpo senza vita del vampiro e appoggiò la mano destra sul petto squarciato. La solita luce bianca si irradiò dal palmo del ragazzo e, dopo alcuni secondi, dal volto di Damon scomparvero i segni della morte. Riaprì gli occhi e gli sembrò solo di aver dormito per un po'.
«Che diavolo è successo... chi è lui? E... Joel?» domandò, mettendosi a sedere e sistemandosi con cura il giubbotto. Liza gli gettò le braccia al collo e strinse forte.
«Tu sorella ti racconterà ogni cosa, Damon. Ora, però, dovete uscire di qui. Il castello presto scomparirà!»
Damon e Liza si rimisero in piedi e il vampiro si guardò intorno, perplesso e spaesato.
«Se fosse facile...», disse con una piccola smorfia.
«Chiudete gli occhi!» replicò l'angelo.
Quando li riaprirono, si ritrovarono in riva al lago, con la luna piena, tra cespugli e zanzare, mentre del castello, di Joel e di Sammy non c'era più traccia.


Sei mesi dopo

Liza guardò la sua immagine riflessa nello specchio e accennò un piccolo sorriso, un sorriso che le morì sulle labbra un attimo dopo. Negli ultimi mesi aveva tentato in tutti i modi di nascondere al mondo il suo dolore, mostrandosi allegra e dolce come un tempo, il tempo in cui nella sua vita c'era tutto quello che una ragazza come lei poteva desiderare: l'amicizia di persone eccezionali, l'affetto smisurato dei suoi fratelli, l'amore. Ora, invece, proprio all'altezza del cuore, aveva un grosso buco. Non si poteva vedere dall'esterno, ma dentro ne sentiva gli effetti. Qualcosa mancava e sarebbe mancata per sempre.
«Sei stupenda!»
La voce di Damon la indusse a sollevare lo sguardo dall'aderente corpetto in pizzo bianco. Incontrò gli occhi di suo fratello attraverso lo specchio e ricambiò il sorriso dolce che le aveva rivolto, ma non disse niente. Si limitò a sospirare e a fare una mezza piroetta, intenta a contemplare l'abito ampio e lungo che indossava, il suo vestito da sposa.
«Forse ho esagerato un po', è... troppo gonfio, troppo bianco, troppo...
«Perfetto, Liza. Ed è giusto per te!»
Damon le accarezzò la schiena con dolcezza e Liza lo guardò intensamente negli occhi, appoggiando entrambe le mani sul petto avvolto nello smoking nero.
«Sono felice che tu sia qui», gli disse, trattenendo a stento una lacrima.
Lui sorrise ancora e annuì, poi adagiò una mano sulla spalla nuda della sorella e strinse appena.
«Con me non devi fingere. So che ci stai ancora male e... forse dovresti prenderti altro tempo, Liza, non devi farlo per forza!»
«No, Damon, aspettare non ha senso. Voglio farlo, voglio ricominciare a vivere. Dopotutto, ho davanti l'eternità... che alternative avrei?»
Damon si ritrovò ad annuire ancora una volta, ma sulle sue labbra non c'era più traccia di un sorriso. Non era stato facile nemmeno per lui andare avanti, buttarsi alle spalle la notte trascorsa al castello di Joel, il fatto di essere ancora vivo... per miracolo.
Inoltre, per tutto quel tempo, aveva scorto la sofferenza negli occhi di Liza e si era sentito impotente e perfino responsabile per ciò che sua sorella aveva dovuto affrontare.
La ragazza volse lo sguardo verso lo specchio, sfiorando con le dita il diadema che brillava tra i suoi capelli raccolti e lui potè vedere perfino in quella luce che le illuminava il volto l'ombra nera della tragedia che stava vivendo. Per la prima volta, si sentì mancare letteralmente la terra sotto i piedi.
«Avresti dovuto scegliere Kol. Non fraintendermi, so che mi vuoi bene e io... ne voglio a te, tanto, ma è proprio per questo che non riesco a vederti in questo stato, Liza. E sapere che soffri perché lui non è qui...»
«Smettila, Damon!»
Liza gli rivolse un'occhiata perentoria, dando poi le spalle allo specchio per recuperare la collana dal cofanetto dei gioielli. Era la sua nuova protezione dal sole, molto simile alla precedente ma innocua. La tirò fuori decisa e il crocifisso di Kol cadde sul pavimento. Si chinò svelta a raccoglierlo, per poi rimetterlo al suo posto e richiudere il bauletto.
«Mi aiuti a metterla?» chiese a suo fratello, sentendo in bocca l'amarezza. Quel sacro pendente era tutto ciò che ancora le rimaneva del ragazzo che amava, ma come poteva bastarle? Chiuse gli occhi per un secondo, mentre Damon le sfiorava il collo con le dita.
«Se ci fossi stato tu dall'altra parte, credi, forse, che per me sarebbe stato più semplice?»
Non lo sarebbe stato, era questo il punto. Quel grosso buco dentro il petto avrebbe mantenuto il suo posto, così come il vuoto che sentiva.
«Ad ogni modo, non parliamone più. Oggi è un giorno speciale, l'inizio di una nuova vita... per tutti!»
Guardò negli occhi Damon, rivolgendogli un sorriso caldo e sincero, proprio mentre Bonnie ed Elena, le sue damigelle, facevano il loro ingresso nella stanza.
«Okay, vi lascio sole per gli ultimi ritocchi!» esclamò il vampiro, prima di depositare un bacio sulle labbra di Elena e chiudersi la porta alle spalle.
Liza cercò lo sguardo di Bonnie e la ragazza le porse il palmo aperto su cui c'era l'anello diurno appartenuto a Kol.
«Non ci sono riuscita. Ho provato a contattarlo, ma non ho avuto risposta», affermò, scrollando appena le spalle. Liza incassò il colpo malecelando la delusione, poi prese l'anello dalla mano di Bonnie e lo chiuse nel cofanetto insieme al resto.
«Non preoccuparti, Bonnie, e grazie. E' tempo che io vada avanti», sorrise alla strega e lei ricambiò.
«Allora andiamo, lo sposo ti sta aspettando!» esclamò Elena ammiccando. Liza annuì, poi raggiunse la porta e percorse il corridoio, seguita dalle due ragazze. Damon l'attendeva sul ciglio della scalinata di villa Mikaelson, pronto ad accompagnarla all'altare.

La grande sala era stata addobbata per l'occasione in maniera impeccabile. La luce dei lampadari di cristallo illuminava i fiori, le eleganti sedie, l'orchestra, ogni particolare.
Mentre le note della marcia nuziale si libravano nell'aria, Liza cominciò a percorrere i metri che la separavano dal suo futuro marito stretta al braccio del maggiore dei suoi fratelli.
Ad attenderla c'era lui, Klaus, con accanto Elijah, e il resto degli invitati. C'era Stefan, c'era Caroline in compagnia di Tyler, c'erano lo sceriffo, Rebekah, Matt e Jeremy. Tutte le persone che, nel bene e nel male, avevano fatto parte della sua vita fino a quel momento erano lì, strette intorno a lei e alla sua felicità, una felicità che desiderava tanto ritrovare.
Incontrò lo sguardo di ognuno di loro e sorrise, poi fu davanti a lui, l'uomo che in tutti quei mesi le era stato accanto, che l'aveva sorretta e consolata, che l'aveva amata e aiutata a voltare pagina. Klaus prese le mani di Liza nelle sue e le baciò la fronte.
La ragazza piantò i suoi occhi castani in quelli di lui e un brivido le percorse la schiena. Quell'unione avrebbe sancito un nuovo inizio, ne era certa. Ed era certa che, da quel momento in poi, sarebbe stata di nuovo felice. Se lo ripeteva da mesi, probabilmente ci sperava anche, ma era così difficile credere che le cose sarebbero andate proprio così.
Klaus l'avrebbe aiutata ancora, lo sapeva bene, lui ci sarebbe sempre stato per lei. Eppure...
Anche lo sguardo dell'ibrido celava in sé qualcosa di oscuro. Era diverso dal solito, sembrava felice e triste al tempo stesso. Liza se ne rese conto, soprattutto quando avvertì le mani di lui stringere le sue un po' più forte.
«Vieni con me!»
Non ebbe il tempo di ribattere, dato che Klaus la portò via con sé, senza lasciare andare la sua mano, sotto lo sguardo attonito dei presenti.
Quando furono in giardino, l'ibrido arrestò la sua corsa e Liza gli si parò davanti visibilmente agitata.
«Che succede? Che hai?»
Klaus sentì i suoi occhi inumidirsi. Sfiorò il volto della ragazza con due dita, teneramente, come aveva fatto tante volte in quei mesi bui. Dopo la fine della storia con Caroline, si erano ritrovati a condividere il dolore della perdita ed era stato fin troppo semplice veder riaffiorare l'amore che aveva per lei, per Liza. Perché, in fondo, non se ne era mai andato.
«Lui è qui. Kol è tornato.»
Lo disse d'un fiato, con il cuore che tremava. Liza, a quelle parole, ebbe un sussulto.
«Che stai dicendo... non è possibile!»
«E' così. E io non posso sposarti, anche se lo desidero, perché so che tu lo ami ancora. Devi andare da lui, prima che sia troppo tardi!»Liza vide una lacrima rigare il volto di Klaus per la prima volta da quando lo conosceva, mentre anche i suoi occhi si riempivano di lacrime. Non riusciva a parlare né a muoversi. Era sconvolta.
«Va', ti prego. Lui è alla casa abbandonata... ma non ci resterà per molto.»
La ragazza annuì, poi, senza dire una parola, sollevò l'ampia gonna del suo vestito bianco e cominciò a correre, sempre più veloce.
Varcò la soglia dell'edificio abbandonato quasi buttando giù la porta. Intorno a lei c'era silenzio, troppo, rallentò quindi il passo, avanzando lungo il corridoio con il corpo scosso da mille fremiti. Raggiunse il salone e tutto era come lo ricordava, tutto aveva il sapore di Kol e dell'amore che provava per lui. Ma lui non c'era. Che fosse arrivata tardi?
Mosse alcuni passi per la stanza, mentre le lacrime le bagnavano il viso, osservando le candele, i libri, le bottiglie vuote e annusando l'aria. Kol era stato lì, almeno fino a poco tempo prima.
Sfiorò con un dito la copertina di un vecchio libro di poesie, prima di appoggiarsi al marmo del caminetto spento, in preda allo sconforto, cercando di restare in piedi. Quel dolore che aveva cercato in tutti i modi di ignorare, adesso stava riemergendo più vivo che mai.
«Non dovresti essere qui.»
Liza trasalì al suono di quella voce, la voce inconfondibile di Kol. Strinse forte il ripiano in granito del caminetto, prima di trovare la forza di voltarsi e incontrare gli occhi del ragazzo, quegli occhi scuri e intensi che le avevano scavato l'anima. Restò con le spalle contro il camino, come a cercare un sostegno, mentre Kol dimezzava la distanza che c'era tra loro. Aveva i capelli un po' più lunghi, ma sempre spettinati, indossava un paio di jeans scoloriti, maglia e giubbotto di pelle neri e sul viso portava un accenno di barba. Era il suo Kol, ma c'era qualcosa di diverso in lui.
«Nik non si è fatto gli affari suoi. Come sempre, d'altra parte!» rise obliquo, incrociando al petto le braccia, senza più muovere un passo.
Liza deglutì, poi prese un lungo respiro. «Tu... sei.. vivo... è...»
«Un miracolo? Sì, credo si possa definire tale. Ad ogni modo, anche tu non scherzi. Sei una sposa bellissima.»
Liza scosse la testa, poi si staccò dal muro e raggiunse Kol, stringendosi a lui. Il ragazzo respirò il suo profumo, prima di appoggiare una guancia sulla chioma castana di lei e cingerle la schiena con le mani.
«Se stringi un po' più forte, mi ammazzi. E non sto scherzando», ridacchiò.
Liza sollevò lo sguardo e lo piantò in quello di lui. «Sei tornato...»
«Beh... sì, più o meno.»
La vampira aggrottò la fronte, allontanandosi da Kol appena un po'. «Che intendi?»
«Samael, il nostro Sammy, mi ha concesso di tornare indietro per poterti dire addio. Ecco perché avevo chiesto a Nik di non dirti nulla. Volevo che tu fossi felice, che mi dimenticassi e... insomma, eri sulla buona strada per farlo, lui ti avrebbe aiutata e tu... tu stavi per sposarlo. Avresti dovuto farlo, sei ancora in tempo!»
«Io amo te!»
«Ma sono umano, adesso, e non vivrò ancora a lungo!»
«Sei... umano?»
Kol annuì. “C'è sempre un prezzo da pagare!”
Liza si prese il viso tra le mani. «Perdonami, ti prego, per non averti scelto...»
Lui le sorrise, poi l'attirò tra le sue braccia e la strinse a sé. «Non chiedermi scusa, so bene perché lo hai fatto. Samael mi ha mostrato il tuo dolore, era forte, straziante. So che mi ami, Liza, e questo mi basta», le disse, appoggiando le labbra su quelle di lei.
Liza chiuse gli occhi e lo baciò con trasporto, a lungo, perdendosi nel calore del suo abbraccio umano.
«Resterò con te, Kol, non me ne andrò e non ti lascerò andare via, mai più!» sussurrò tra le labbra del ragazzo. Lui sfiorò il naso di lei con il suo e sorrise.
«Immagino che non serva a niente oppormi a questa scelta.»
«No, quindi risparmia il fiato per i baci. Ti conviene», replicò Liza, con un filo di ironia, prima di abbandonarsi a una rista cristallina.
«Una volta mi hai detto che sono la cosa più giusta e più bella che ti sia mai capitata. Tu lo sei per me, Liza. Ti amerò fino all'ultimo giorno. E anche di più.»
Liza gli sorrise, poi cercò ancora le sue labbra calde e morbide.
In quel bacio ci fu tutto ciò che in quei mesi aveva provato: amore, rabbia, disperazione, dolore. Ma anche felicità. Non sapeva quanto ancora sarebbe durata, ma l'aveva ritrovata. Insieme a Kol.


 



 

E finalmente è arrivato l'atteso finale. Mi scuso per l'immenso ritardo, purtroppo ho avuto non pochi problemi ultimamente, ma ce l'ho fatta!
Ora spero che il capitolo vi piaccia e che vi emozioni, come ha fatto con me.
Ringrazio chi mi ha seguito fino a oggi, chi ha amato questa storia (e la precedente) come l'ho amata io, chi ha recensito e chi ha semplicemente letto e sognato.
Un grazie speciale va a Lay ed Elyforgotten <3 Baci e a presto!

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