LOVE WITHOUT REASON - HEARTH VIGILANCE

di SakiJune
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che ipocrisia, Alastor! ***
Capitolo 2: *** L'identità di Jugson ***
Capitolo 3: *** Sheer heart attack ***
Capitolo 4: *** Il racconto di Cary ***
Capitolo 5: *** Quando si dice rapimento-lampo! ***
Capitolo 6: *** L'unico che Lo chiama per nome ***
Capitolo 7: *** Cuori che danzano ***
Capitolo 8: *** Fiducia assoluta ***
Capitolo 9: *** Una verità diversa ***
Capitolo 10: *** Perché ne sia valsa la pena... ***
Capitolo 11: *** Fathers and daughters - a time of peace ***



Capitolo 1
*** Che ipocrisia, Alastor! ***


Note:
Questa storia è ambientata subito dopo il sesto libro, e non contiene spoiler sugli avvenimenti di Deathly Hallows. Prende spunto da alcune informazioni in esso contenute, comunque.

Preciso che mi ha ispirato molto la fic "Figli della Libertà" (che però si svolge al tempo del primo Ordine) di Trick, una delle mie autrici preferite di EFP in assoluto.
Non chiedetemi quando aggiornerò... sono in alto mare...

SakiJune




Pioveva. Deh, se la mandava giù.
Remus si materializzò nel soggiorno, salutando i compagni dell'Ordine con uno strano sorrisetto stampato sul viso.
- Dove accidenti sei stato, Lupin? Pensavamo che i Mangiamorte ti avessero fatto la festa - fu il benvenuto di Dedalus, che stava giocando a carte con Hestia Jones,.
Erano davvero giorni duri, la morte di Dumbledore era stata un brutto colpo per tutti.
Severus si era dimostrato per quel traditore che era, alla fine.

- Lo so io dov'è stato. Nel Devon - grugnì Moody, alzandosi. - Non è proprio il momento di metter su famiglia! - continuò mandando Remus a sbattere contro il muro. - Vedi di non combinare cose strane con Tonks, o finirai molto male. Chiaro?

A quelle parole Hestia ebbe un sussulto e se ne andò in cucina, urtando la sedia di Dedalus che mugugnò un "Che modi, Jones". Che ipocrisia stava dimostrando Alastor! Come se anche lui non fosse coinvolto con una donna...
Come se non fosse coinvolto con lei.

- Io ho provato a dirglielo, a Dora, che sono troppo vecchio per lei... - cercava di giustificarsi Lupin.

"Anche tu saresti troppo vecchio per me, Mad-Eye" pensò amaramente Hestia, mordendosi le unghie. - Però questo non ti ha impedito di conquistarmi. - Le sue guance colorite erano un poco più spente del solito e man mano che sentiva le voci dei due nell'altra stanza, la sua nausea cresceva, insieme ad una sorta di rassegnazione.

- E pericoloso... e povero... ho provato in ogni modo a convincerla di lasciarmi stare, ma lei non vuole sentire ragioni!

"Da quando queste sono ragioni per non amare un uomo? E da quando la ragione c'entra qualcosa con l'amore, comunque?"

- E allora tu dille che non la ami, e basta!
- Non ci riesco - rispose Remus, tranquillo. - Non ci riesco perché non è vero.

"Sei uno stupido, Alastor. Dovresti prendere esempio da lui..."

Usavano quel nascondiglio, un comunissimo appartamento Babbano, dall'inizio dell'estate. Harry Potter aveva iniziato la ricerca degli Horcrux, con Ron e Hermione, e l'Ordine continuava la sua lotta per cercare di contenere la furia dei Mangiamorte. Quando qualcuno era fuori in missione, gli altri non potevano che attendere con ansia il suo ritorno, o avventurarsi a loro volta nella notte.
Molly Weasley aveva chiesto anche a lei di rimanere alla Tana, con Tonks, ma aveva rifiutato. Stare lontana da Alastor era semplicemente impossibile per lei.
Anche se non era né bello, né giovane, né romantico.
La sua figura era quanto di più magnetico esistesse nel suo orizzonte, fino a qualche anno prima limitato alla spensieratezza della sua età. Perché non era sempre stata un'aspirante martire per il Mondo Magico, Hestia Jones. Era stata prima di tutto una studentessa non proprio modello a Hogwarts, fatta eccezione per Difesa, per cui aveva un'inclinazione naturale. Ma non era mai riuscita ad applicarsi a Babbanologia, e la professoressa Burbage l'aveva bocciata in quel GUFO. Era cresciuta in una famiglia purosangue, non capiva nulla del mondo dei Babbani, e anche se provava una certa ammirazione per loro, non sarebbe mai riuscita a vivere senza magia.
Era anche il tipo di ragazza che idealizzava gli uomini più grandi di lei, che sognava di diventare la moglie di un mago famoso, coraggioso, affascinante.

Famoso. Sì, lo era, senza dubbio.
Coraggioso... certo. Eccessivamente prudente, a volte, ma era questo che le trasmetteva sicurezza, e alimentava il suo bisogno di essere protetta da lui.
Affascinante? Qualunque donna tranne lei avrebbe riso.
Beh, no, Tonks non aveva riso affatto, quando le aveva confidato della loro storia. Lei capiva i suoi sentimenti, perché la sua situazione era abbastanza simile.

"Tranne per il fatto che Remus difende il loro amore davanti a tutti, mentre Alastor... se non temesse una reazione controproducente da parte mia, mi lascerebbe"

Adesso le cose si complicavano. Non erano bastate le precauzioni che tutti conoscevano, per evitare il patatrac. Contò di nuovo sulla punta delle dita, per essere sicura.

- E adesso?

Lo disse ad alta voce, senza accorgersi che un uomo la stava fissando, chiuso nel suo impermeabile gocciolante, appoggiato alla porta con una smorfia di dolore sul viso.
- Hettie? - la chiamò, piano.
- Non chiamarmi Hettie... - disse pigramente lei, mentre si voltava. - Merlino santo, Kingsley!
L'altro portò l'indice alle labbra.
- Shht. Non li voglio tutti attorno. Mi basti tu.
Scivolò elegantemente tra la porta e il frigorifero, rimanendo rannicchiato a tremare in quell'angolo, come in preda ad una febbre altissima.
- Sai cos'è la Maledizione Color Porpora, Hettie? - boccheggiò, allungando il braccio per attirarla a sé. Lei gli si inginocchiò accanto.
- Sì... Sturgis l'aveva beccata, una volta, di striscio. E' stato Dolohov?
- Jugson. Sono evasi tutti quanti... Hanno ucciso il Primo Ministro Babbano, Hettie... ho fallito... sono stato inutile...
Hestia era scoppiata a piangere, adesso. Non era una guaritrice, ma lo stesso capiva che non c'era nulla da fare.
- Vado a chiamare gli altri. Forse...
Lui la bloccò. - E' il tuo viso, l'ultima cosa che voglio vedere. Sei così bella. Non capisco perché quel vecchio orso non voglia sposarti.

"Anche lui lo sa" si stupì lei.

- Vai alla Tana. Resta al sicuro. Non voglio che ti accada qualcosa...

Ma sapeva che Hestia non l'avrebbe mai fatto, che il suo posto era là, accanto ad Alastor, e che non sarebbero state le parole di un compagno moribondo a convincerla, a nessun costo.

- Aspetto un bambino, Kingsley.

Ma lui già non l'ascoltava più. La sua carnagione bruna era mutata in un livido malsano, mentre la fronte si imperlava di sudore.
Il respiro si fece affannoso, e poi cessò del tutto.

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Capitolo 2
*** L'identità di Jugson ***


So che questa non è una fanfiction all'acqua di rose, né particolarmente avvincente. Anche se non commentate, spero di donarvi qualche emozione.
Grazie alla mia cara Feux e a Cucciola_83, che hanno messo la storia nei preferiti.

P.S. Caradoc Dearborn era stato creduto morto nella prima guerra. Nelle mie fic, a volte ritornano...

SakiJune





La notizia della morte di Shacklebolt si abbatté come un fulmine a casa Weasley, dove si stava già in pensiero per Ron, e per quel disgraziato di Percy che non voleva mollare le sottane di Scrimgeour.
Era venuto Remus ad avvertirli, imbarazzatissimo e disfatto, e Tonks gli era saltata al collo gridando di non riuscire a sopportarlo, e che anche lei voleva andare a combattere, come loro...
Ma lui le ricordò il patto.

"Se fai tanto di allontanarti da qui, non vorrò vederti mai più"

E finora aveva funzionato.
Finora.


Hestia non aveva il coraggio di dire ad Alastor della gravidanza, perché sapeva che non le avrebbe permesso di restare, e l'avrebbe guardata con disprezzo, pentendosi di essersi lasciato andare con lei. E sarebbe stato orribile sentire quelle cose. Quando la sera le chiedeva di dormire con lei, lo seguiva con la consueta tenerezza, senza una parola che sciupasse tutto.
Lo lasciava sfogare:
- Jugson... quel bastardo che ha ucciso Kingsley... è l'unico Mangiamorte di cui nessuno conosce le origini. Dopo quella battaglia all'Ufficio Misteri, gli è rimasta una testa orribile, come quella di un bambino appena nato... è il braccio destro di Dolohov, uno degli uomini più crudeli al mondo...
Così passavano le ore. Abbracciati. Immobili. Finché giungeva l'alba che li vedeva di nuovo estranei.

"Sembra quasi che lui lo sappia, del bambino"

Ma non era così. Semplicemente, non era il tipo di uomo che sfrutta ogni occasione di piacere, solo perché la vita è breve e Tu-sai-chi aspetta dietro l'angolo.
E non era vero che voleva scaricarla: gli era cara più di quanto lei sperasse. Ma quello era un periodo di lutto, e l'avrebbe osservato.
Anche se la sentiva tiepida e morbida e profumata contro il suo corpo. Anche se faceva una fatica tremenda a non allungare il braccio e stringerla fin quasi a farle male...
- Siamo sempre di meno, Hestia. E loro sono sempre di più.
Lei continuò a tacere.
- Che cos'hai?
- Nulla. Ti amo - sussurrò lei, nel timore che Alastor potesse fraintendere il suo silenzio.
- Lo so bene, bimba. E mi fai paura per questo, più di quanto abbia mai temuto i Mangiamorte.



^^^^

Moody aveva ragione; Jugson in quanto tale non aveva un passato. Era nato una notte di vent'anni prima, dal corpo privo di conoscenza di un membro dell'Ordine, e da un incantesimo di memoria che ne aveva cancellato l'identità. Era una macchina per uccidere, e non aveva altro scopo nella vita che servire Voldemort.
La bolla di tempo nell'Ufficio Misteri, che aveva attraversato durante la lotta contro Harry, Hermione e Neville, l'aveva reso irriconoscibile, ma anche prima di quell'episodio non ricordava il vecchio se stesso.

Era rimasto indispettito quando l'Auror che stava a guardia del numero 10 di Downing Street si era smaterializzato subito dopo essere stato colpito. Non temeva che si potesse salvare; quella maledizione era infallibile se pronunciata ad alta voce, e Antonin era stato un ottimo maestro. Ma era una sconfitta ugualmente, per la sua coscienza limitata.

- Non ha importanza, Jugson - disse Voldemort, soddisfatto della missione che aveva gettato il mondo Babbano nel caos più totale. - Sono sicuro che non ha avuto il tempo di fare nomi. Vai, adesso.

"Questa è l'ultima volta che ti mando allo sbaraglio, non preoccuparti. D'ora in poi non correrai più rischi, ora che so quanto vali per me"

Mentre guardava il suo fedele seguace allontanarsi, Voldemort si rivolse a Peter:
- Come si chiamava, quando combatteva dall'altra parte? Tu ricordi il suo nome, non è vero?
L'altro fremette.
- Caradoc Dearborn, mio Signore. Era quasi un fratello per quel...
- Questo lo so! E' pronta la pozione per ridargli il suo aspetto?
- Severus ci sta lavorando, ma sembra che l'ingrediente principale sia introvabile al di fuori del suo ufficio a Hogwarts.
- Sciocchezze! - tuonò Voldemort. - Cercate di fare in fretta! Jugson deve rientrare nell'Ordine, guadagnarsene la fiducia, e avere la sua protezione!
- La p...protezione di Moody, Signore?
- Silenzio! Intrufolati a Hogwarts, dovresti sapere come fare ormai. Ruba quello che serve a Severus. E vedi di non deludermi...
Con un profondo inchino, tremante, Peter Pettigrew si smaterializzò.

"Harry Potter ha già distrutto cinque dei miei Horcrux. Non metterà mai le mani sul settimo... perché quei perdenti... non oseranno uccidere un amico. Sarà lui a fare fuori loro".


^^^^



Remus irruppe nella stanza di Alastor, fermandosi però di botto quando si rese conto che sul letto c'erano due persone...

"E' così che stanno le cose, allora? Io non posso fidanzarmi e lui sì? Che gran pezzo di..."

Si voltò, per non mettere Hestia in imbarazzo, e disse tutto d'un fiato:

- Fletcher aveva visto giusto. Vogliono fare qualche brutto scherzo alla stazione di Paddington, questa mattina. Una strage di Babbani, Moody! Dobbiamo fermarli!

- Piano... che ore sono?
- Le quattro. Ma tu dormi vestito?
- Si capisce. Vigilanza costante.

Hestia ridacchiò nervosa, sotto le coperte. Non gli importava che Remus sapesse di loro due; ne era sollevata, anzi. Ma riguardo al bambino... no, nessuno doveva subodorare nulla. Che la guerra fosse finita presto, e ci sarebbe stato un futuro per tutti loro
(loro tre)
o che fossero destinati a morire, non faceva differenza. Era il presente che contava... un presente né felice né triste. Un'attesa che era insieme paura e speranza.


- E tu ti fidi ancora di Fletcher? Dopo quello che ha combinato con la roba di Sirius? Dovrebbe essere ancora ad Azkaban, quel balordo.
Remus alzò le spalle. Le spie dell'Ordine erano tutte di quel genere, non c'era da stupirsi: ladri, ricettatori, osti puzzolenti.
- Aaah, non mi convince. Mi sa di una trappola.

Ma ci andarono ugualmente, in quell'alba d'estate soffocante e umida, incontro al rischio totale. Per fermare una tragedia. O per esserne vittime, non sapevano ancora bene quale delle due cose...

- Sarebbe dovuto venire anche Bill. Siamo in pochi, ci faranno a fettine - si lamentò Dedalus. L'avevano convinto a vestirsi con un colore più sobrio del viola, per una volta. Non era necessario un incantesimo di disillusione, c'era ancora poca gente in giro, ma non si doveva esagerare nell'attirare l'attenzione.
- Deve sposarsi oggi.
- rispose Remus - Ti pare che potevo coinvolgerlo in questa storia?
- Donne, donne... - mugugnò Alastor, come se Hestia non fosse presente.

Ecco uno dei suoi difetti peggiori, pensò lei, e in quel momento sentirono delle voci su per le scale della stazione, voci lugubri e affrettate, poi decisamente furiose.

- Shhht! Mundungus non si era sbagliato. Sono loro.

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Capitolo 3
*** Sheer heart attack ***


QUALCHE GIORNO PRIMA

- Racconta a beneficio dei nostri amici, Peter, racconta la tua avventura.

C'era poco da dire. Era penetrato nel castello come Animagus, e aveva recuperato l'ingrediente segreto, e anche se vari incantesimi d'allarme erano scattati mentre correva via, aveva raggiunto i cancelli per poi smaterializzarsi al quartier generale. Omise alcuni particolari, che comunque Voldemort e Snape gli lessero nella mente.

"Hai superato tutte le mie aspettative, sorcio. Approvo in pieno"

Quando furono (apparentemente) soli, Peter si inginocchiò davanti all'Oscuro Signore e chiese con grandissima umiltà:
- Avrei dovuto ucciderlo... credete? Quando mi ha scoperto mentre rubavo quel flacone...
- No, Wormtail. Avrei ucciso te, se il vecchio fosse morto. Al contrario, ora che sono sicuro che si nasconde ancora a Hogwarts... lo voglio qui, al più presto. Vivo. E sano di mente.
Peter tremò.
- N...non sarebbe p...prudente mandare qualcun altro? Se mi prendessero, questa volta, il V...vostro piano non sarebbe più al sicuro...
Voldemort lanciò una lunga, agghiacciante risata.
- Che ne sai, tu, lurido topo, del mio piano? Non ho intenzione di prenderlo con la forza. Sarà lui a venire da me. Dico bene, Severus?
Peter si voltò. Sulla soglia della porta era apparso Snape.
- Precisamente, mio Signore. Avery se ne occuperà personalmente: non può soffrire le Harpies, da quando hanno vinto lo scorso campionato. Volete ammirare il nostro caro Jugson, adesso?
- A che pro? So benissimo che faccia avesse prima della battaglia dell'anno scorso. Wormtail, ora tocca di nuovo a te. Istruiscilo bene sulla sua identità: deve sapere tutto, specialmente i particolari che sembrano insignificanti. Ricorda che Moody non dovrà sospettare nulla.

"In qualche modo, tra non molto l'Ordine della Fenice lavorerà per me"

- E nemmeno Jugson dovrà sospettarlo.
- Che cosa, mio Signore?
- Di interpretare se stesso, ovviamente. Perché non dirà altro che la verità.


FINE FLASHBACK

****************************


Uno dei Mangiamorte aveva indietreggiato quasi fino ai binari, supplicando, con le mani protese.
- Non voglio farlo. Vi prego, è troppo per me... Non posso far finta di nulla!
Gli altri l'avevano circondato lentamente, e una voce che riconobbero per quella di Rodolphus Lestrange disse:
- Ora mi hai stancato, smettila immediatamente o finirai male.
- Non posso uccidere dei Babbani indifesi!
- L'hai già fatto, temo. Millenovecentosettantanove. Millenovecentoottanta...
- Mi avevate bloccato la memoria! Solo ad Azkaban ho ricominciato a ricordare!
Lestrange si scambiò un cenno con gli altri, gli fece saltar via la bacchetta e gli puntò contro la propria.
- Addio, Dearborn. Non ci servi più adesso... Avada Ked...

- Protego! - gridò Moody con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Hestia si chiedeva se fosse impazzito. Era stupido intervenire proprio quando i nemici si stavano eliminando a vicenda...
Ma Dedalus non doveva essere di quel parere, perché non rispose al suo sguardo interrogativo. Anche lui era saltato fuori dal loro angolo, e anche Remus, e avevano cominciato a duellare contro i Mangiamorte. La mancata vittima della maledizione non aveva trovato di meglio che trovare riparo dietro le macchinette degli snack. Probabilmente era troppo spaventato per riuscire a smaterializzarsi.

Hestia stava per correre ad aiutare i compagni, ma Alastor, che era riuscito a disarmare Lestrange, le aveva urlato di portare quell'uomo al sicuro.
"Bene. E' completamente impazzito, avevo ragione... gli avranno lanciato un Imperius non verbale!"
- Fai quello che ti ho detto... - ripeté lui, ma si interruppe, perché Lucius Malfoy era riuscito a schiantare Dedalus e lo scontro era entrato nel vivo.
Non voleva lasciarli soli...
(non voleva lasciare lui)
Ma d'altra parte...
(gli ordini non si discutono)
Si avvicinò al Mangiamorte ripudiato, lo afferrò per un braccio ed entrambi scomparvero.

"Ho vissuto in perfetta salute per 152 anni. Mi dispiacerebbe un infarto proprio adesso" pensò Elphias Doge, quando vide i due materializzarsi al centro della stanza.
Ma Hestia lo rassicurò, per quanto le era possibile, un po' a parole e un po' a gesti, vista la stranezza della situazione; e insieme spinsero il Mangiamorte sul divano e con una mossa parecchio teatrale lei gli tolse il cappuccio.
- Santo Flamel! - mormorò Elphias con voce strozzata, portandosi per la seconda volta le mani al petto.
Gli occhi dell'uomo erano di un verde trasparente, con lunghe ciglia, quasi femminili; i capelli biondi e foltissimi ricadevano in un ciuffo davanti al viso. Non si sarebbe potuto definire bello, perché la durezza del mento e della mascella contrastavano con quello sguardo delicato.
- Lo conosci, Doge? - chiese Hestia al compagno, che ripresosi dallo stupore, sembrava sul punto di piangere.
- C-Cary... - riuscì a balbettare l'anziano mago dai capelli d'argento, con un tono di triste e paterno rimprovero.
Hestia era molto giovane, sapeva così poco riguardo al vecchio Ordine degli anni '70, e non poteva capire cosa passasse per la mente di Elphias in quel momento, cosa lo stesse spingendo a scoppiare in lacrime senza alcun ritegno, facendo volare il cappello all'angolo opposto della stanza.

- Cary... preferivo continuare a crederti morto.

Seguì un silenzio intollerabile, tra i respiri affannosi dell'uomo in nero e i battiti del cuore di Hestia, per cui lo scorrere del tempo portava con sé un terrore crescente, mentre si accorgeva della realtà paurosa di quella situazione: lei e Doge soli con un seguace di Tu-sai-chi, nel loro nascondiglio che non era più inviolato, e Alastor che rischiava la vita con gli altri e lei che non aveva fatto nulla per aiutarli... forse sarebbe dovuta tornare là...

"Ma lui vuole che esegua i suoi ordini. E' la mia lealtà, che lui apprezza in me..."

- Locomotor Mortis! - pronunciò per precauzione, anche se l'uomo chiamato Cary non aveva dato cenni di voler fuggire.

E si lasciò cadere su una sedia, in attesa.
In tutti i sensi... com'era quel titolo?
"Great Expectations"
Un libro Babbano. Quello che le aveva regalato la professoressa Burbage al quinto anno, con l'inutile augurio che passasse il suo GUFO.
Perché le veniva in mente proprio adesso, visto che non l'aveva nemmeno letto?
Perché era in speranze. Si diceva così, un tempo, per definire il suo stato, con un termine dolce e pieno di pudore.

Lei
attende.

Attende che Alastor torni dalla missione, che la sua ansia si trasformi in gioia e sollievo.
Attende che il suo bambino venga alla luce.
E che la luce risplenda nuovamente sul Mondo Magico.



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Il titolo del capitolo è quello di una canzone dei Queen. E' anche quello che stava per venire al vecchio Doge quando ha visto Caradoc^^
GRAZIE A:
nin: io invece non riesco a pensare a Moody senza una donna nascosta "dietro le quinte"... è così "maschio"! Io adoro così tanto Brendan Gleeson che vorrei sposarlo!
Rainsoul: per la fantasia lo so^^ E' la forma che a volte lascia a desiderare... non riesco a mettere giù le idee come vorrei!!
Feux: più diversa che diversa non si può... è proprio quello che vorrei realizzare.
lyrapotter: benvenuta sulla barca!! no, non mi smentisco, io amo regalare ai personaggi snobbati un amore vero... e siccome ormai mi conosci, da questo capitolo capirai quale altro personaggio da me idolatrato comparirà in futuro.

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Capitolo 4
*** Il racconto di Cary ***


Questa fic sta andando sempre più a rilento. In teoria ce l'ho tutta in mente, ma scriverla è una fatica bestiale. Non sono abituata alle scene d'azione e di mistero.
lyrapotter: Peter è essenziale in questa fic. E' lui che, facendo parte del primo Ordine, conosceva Caradoc e può dunque istruirlo su come comportarsi per interpretare se stesso... anche se lui crede di essere Jugson e basta^^
Feux: sì, in effetti se non si ha letto il quinto libro è dura. Ma anche il sesto, come vedi da questo chap... se no non si capisce chi sia Gwenog! Ovviamente che sia figlia di Horace me lo sono inventata!
Rainsoul: naturalmente il bambino è figlio di Mad-Eye. Il cespuglio? Che cespuglio? Sono alla stazione, non ci sono cespugli... :)






Nello scontro di Paddington, l'Ordine della Fenice aveva avuto la meglio; Rodolphus Lestrange era morto, Malfoy era ferito e si era dileguato in fretta con gli altri.
Moody raccolse la bacchetta che era saltata via dalle mani dell'uomo chiamato Dearborn
(Cary... lo chiamavano Cary, vent'anni prima)
e la esaminò con attenzione.
- E' lui, Remus.
- Devi essere diventato folle! Va bene, sarà anche lui, ma è un Mangiamorte oramai! Non possiamo, non dobbiamo fidarci!

Fu tutto inutile.
Da quel momento, Alastor Moody aveva detto addio alla Vigilanza Costante.

Remus fu il primo ad arrivare nel nascondiglio, e quando vide l'uomo seduto sul divano dovette ammettere che, se non era sotto effetto della Pozione Polisucco, non c'erano dubbi sulla sua identità. Ma anche quando, più tardi, lo sottoposero a tutti i test possibili, ed ebbero esito negativo, continuò a non fidarsi.

Sotto effetto del Veritaserum, Caradoc raccontava sempre la stessa storia.
Dopo essere stato catturato e privato dei ricordi, aveva partecipato alle attività dei Mangiamorte fino al loro forzato scioglimento nel 1981; Lucius Malfoy l'aveva tenuto in semi-prigionia (per proteggerlo, gli diceva) nei sotterranei del suo palazzo. Con il ritorno di Voldemort, era stato nuovamente assoldato e aveva partecipato alla battaglia del Ministero, finendo ad Azkaban. Era evaso con gli altri, e li aveva seguiti nelle loro scorribande fino a quel giorno...
- E' perfettamente plausibile - commentava Alastor, annuendo - perché, ragazzi, voi non gli credete?
La sua voce era oltremodo minacciosa.
- Beh, c'è un modo per sapere se si trovava davvero al maniero Malfoy - sentenziò Remus. - Dobby, per favore, puoi raggiungerci?
Un elfo domestico apparve nella stanza, inchinandosi gentilmente:
- Gli ordini degli amici di Harry Potter sono sempre graditi, professor Lupin.
- Grazie, Dobby. Puoi dirci se conosci questa persona? - chiese indicando il divano.

Sul volto di Caradoc era apparso un ghigno impercettibile. Non sapeva perché, ma seguire le indicazioni di Peter lo portava inevitabilmente ad essere creduto. Era come se
(la sua storia fosse vera)
ad ogni parola lanciasse un Confundus.

- Certamente! Era, ehm, ospite dei miei vecchi padroni. Gli portavo la cena ogni giorno.
- Hai visto, Remus! - esultò Dedalus Diggle, ancora un poco stordito dallo Schiantesimo ricevuto in precedenza, ma felice di aver ritrovato un compagno - Non sta mentendo! Non ha nessuna colpa!
Nessuno era più esaltato di Alastor, comunque. Era scoppiato a piangere, lui, che non aveva versato una lacrima nemmeno davanti al cadavere di Marlene McKinnon.

- Oh, Cary, amico mio... bentornato...

Hestia non si era schierata né a favore né contro, se quell'uomo era sincero, non aveva niente in contrario che restasse con l'Ordine; sapeva che difficilmente Alastor dava credito a qualcuno, ed era così bello vederlo sorridere senza ombre, brindare alla loro piccola vittoria e al ritorno del loro compagno che credevano perduto.


- Jones? Ma tu che cosa ne pensi? Non ti pare che la testimonianza dell'elfo non escluda un bel niente?
- Scusa, Elphias, devo...
- Secondo me ci ha traditi e basta. Si è fatto odiare anche da loro, d'accordo, ma per me questo non basta per accoglierlo tra noi... dove stai andando?
Hestia si fiondò in bagno senza avere il tempo di chiudere la porta.
I rumori che giungevano fin nel soggiorno erano inequivocabili, e quando finalmente la ragazza uscì, pallida, gli occhi iniettati di rosso, Alastor era lì davanti, con un'espressione quasi accusatoria, e lei si sentì mancare. Non doveva venirlo a sapere così!
- E' quello che penso?
- E'... successo.
(l'abbiamo lasciato succedere)
- Oh.
- Scusami.
Lui scosse il capo, come per dire che non c'era nulla da scusarsi, ma poi ricordò, e la rabbia gli salì allo stomaco.
- Merlino benedetto, Hes, come hai potuto venire in missione nelle tue condizioni? Non t'importa nulla di... oh, porc...
L'istinto era quello di prenderla a schiaffi, per i rischi che aveva corso a Paddington, poi di prendersi a pugni da solo, per non essersene accorto prima, e poi fece ciò che era giusto e naturale, la prese tra le braccia e la strinse, piano, per timore di farle male.

Non era il momento giusto per metter su famiglia, no.
Ma non poteva sbattersi al muro da solo, come aveva fatto con Remus. Tanto valeva accettare la nuova incredibile realtà. Si sentiva felice
(Quella grande parola. Quella grande sensazione)
e invincibile.
Perché avere un figlio significa lasciare una parte di te stesso al mondo, significa non morire davvero.
Funziona un po' come con gli Horcrux, ma non devi uccidere per crearne uno.
Ti basta amare.


********


- Minerva! E' terribile, è tremendo, è orribile!
La Preside di Hogwarts non si scompose davanti a tutta quell'agitazione.
La cosa più terribile era già accaduta, alla fine di quella primavera. Non si stupiva più di nulla.
- Guarda, accidenti, guarda cosa c'è scritto... gli hanno teso una trappola, e lui ci è andato, lo uccideranno sicuramente!
- Smettila di strillarmi nelle orecchie, Filius! - rispose acida Minerva, afferrando il giornale che il collega le sventolava sotto il naso.
La notizia in prima pagina era, in effetti, quantomeno da brivido.
Il capitano delle Holyhead Harpies, Gwenog Jones, era stata rapita nella sua casa di Glasgow.
- Mi dispiace moltissimo, ma per fortuna io tifo per i Magpies - Il suo sarcasmo si fece ancora più acuto.
- Minerva! Il giornale era nella camera di Horace!
- E lui è...
- Scomparso! Volatilizzato! Capisci cosa significa?
Decisamente, preoccupazione a parte, lei non vedeva alcun collegamento tra la scomparsa del collega e quella della giocatrice di Quidditch.

- SEI L'UNICA A NON SAPERLO ALLORA! LEI E'... E' SUA FIGLIA!

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Capitolo 5
*** Quando si dice rapimento-lampo! ***


Mi dispiace. Sono costretta a inserire alcuni spoiler riguardanti l'identità di un personaggio. Non è un protagonista importante, e avrei potuto escluderlo dalla storia, ma non riesco a farlo, è come se mi dicesse "scrivi anche di me"! Perciò, se non volete proprio nessuna sorpresa, aspettate gennaio per leggere questo capitolo. Comunque, essendo una what if, continua a non contenere nulla sugli avvenimenti di Deathly Hallows.





Ragazze, non vi spaventate per il linguaggio di Gwenog. Ho voluto caratterizzarla "un po' maschiaccia". Ho purtroppo questo stereotipo che "le sportive sono poco femminili".
Le parentele si infittiscono... non so se riuscirò a tenere tutti i fili di questa storia.
Mentre leggete, ricordate: ci metto interi quarti d'ora a scrivere una frase.

lyrapotter: No, stai tranquilla, niente Charming Roots! Filius ha fatto solo la parte del rompi... ehm, ha solo dato la notizia a Minerva. Un'ideuzza mi era venuta, ma poi ho lasciato stare. Remus non si fiderà mai di Cary, per fortuna, hai ragione! Ma può fare poco per convincere Moody! Spero che tu stia ancora seguendo nonostante lo spoilerino, altrimenti ci si sente a gennaio^^ Buon Natale!






- Se non avessimo ritrovato Cary, tu saresti rimasta a combattere.
- Ti ho già chiesto scusa, Alastor.
- Comincia a vedersi.
I piatti si lavavano con uno strofinare ritmico, mentre l'ex Auror inflessibile e scorbutico le sfiorava i fianchi con delicatezza, e Remus gli lanciò un'occhiata furbetta che significava "visto che voi due amoreggiate a piacimento, io posso anche andarmene da Tonks, per oggi".
- Mia nonna, che era Babbana, diceva che quando la pancia è a punta è sicuramente maschio.
- Che accidenti vuoi dire, Lupin? Sparisci, e non dire sciocchezze! Noi avremo una bambina, non c'è dubbio. E dove la vedi la pancia a punta?

Doge ridacchiò dietro la sua copia della Gazzetta.
- Hestia, non trovi che questa tizia ti somigli? E avete lo stesso cognome. Non è che...
Voltò il giornale in modo che lei potesse leggere.
Lei si alzò lentamente, con un brutto presentimento: che si dimostrò fondato.
Era impallidita, e Alastor scattò in piedi per sorreggerla.
- No! Non è possibile... Gwenie!

*****

Quel nome echeggiava lamentoso sulla strada che conduceva fuori da Hogsmeade, nel vento stranamente gelido di inizio settembre, come inusuale per quella stagione era la nebbia in cui brillavano i risvolti argentati della leggera veste dell'uomo.
Ma non era soltanto per il freddo che tremava, arrancando verso la Testa di Porco con passettini affannosi.
Ripeteva il nome di lei per scaldarsi, forse, o come se chiamarla la tenesse in vita, là dov'era, in mano ai suoi carcerieri...
Non era sicuro che quello fosse il posto giusto, e poteva darsi che avrebbe dovuto attendere, ma non importava. Ormai quei cani erano dappertutto, ed era lui che cercavano.

- La stavamo proprio aspettando, Slughorn. E naturalmente il Signore Oscuro è ancora più impaziente di vederla. - biascicò la figura nascosta dietro l'angolo. - Vogliamo andare?

Terrorizzato, ma risoluto, lui annuì.
- Cosa... cosa le avete fatto?
- Le domande dopo, professore.

Aberforth alzò lo sguardo dal bancone e attraverso il vetro sporco e appannato della finestra vide la scena.
Ma non fece in tempo a correre fuori, che i due erano già spariti.
"Il vecchio è passato dalla loro parte? O vogliono soltanto farlo fuori?"
Den-den-den, risposero allegri ed impietosi i campanelli delle capre.

*****

- E' mia sorella. La mia sorellastra, veramente... mia madre era incinta di qualcun altro quando si è sposata, ma abbiamo ugualmente lo stesso cognome. E adesso non mi chiedete più niente, chiaro?
- Tu sei imparentata con il capitano delle Harpies e non ce lo hai mai detto? - insisteva Diggle. Lupin gli batté sulla spalla facendogli capire che quell'atteggiamento era assolutamente fuori luogo.
- Non voglio parlarne davanti a tutti - si sbracciò Hestia, furiosa. - Voi non sapete... Remus, forse tu...
Lupin fece sgombrare la stanza, ma Moody sembrava restio a lasciarli soli.
- Tesoro, non è niente di personale. Saprai tutto più tardi.
- Sgrunt - ribatté l'altro.

- Allora, Hettie - riprese Remus quando restarono soli.
- Non chiamarmi Hettie, per piacere. Soltanto Kingsley mi chiamava così.

Lui annuì, scusandosi. I mesi trascorsi insieme avevano reso l'Ordine una vera famiglia. C'erano regole non dette, segreti che non erano segreti ma di cui nessuno parlava... gesti e sguardi con significati precisi. Hestia era la donna di Moody, ma l'amicizia tra lei e Shacklebolt era qualcosa di speciale.
"Kingsley era innamorato di Hestia, ma non gliel'aveva mai detto. Nemmeno in punto di morte, per quanto ne so..."

- Tu credi che abbiano rapito Gwenog per arrivare a te? Per renderti vulnerabile insieme al resto dell'Ordine?
Hestia negò decisamente. - Non si tratta di me. Io credo che... c'entri suo padre. Eppure trovo assurdo che quell'uomo possa essere di una qualsiasi utilità ai Mangiamorte. Del suo ramo, hanno già Severus Snape...
- Di chi stai parlando?
- Remus, pensaci bene e non chiedermi nient'altro. Cosa può volere Tu-sai-chi da Horace Slughorn?

Lupin sgranò gli occhi, ma non in segno di stupore. Perché durante uno degli ultimi incontri con Dumbledore, al suo ritorno dalla missione tra i licantropi, era saltato fuori proprio la storia del colloquio tra il giovane Riddle e il suo professore di Pozioni.
Voldemort si era accorto che i suoi Horcrux venivano distrutti ad uno ad uno... e voleva sapere a tutti i costi come impedirlo... perché cominciava ad avere paura! La sua sconfitta definitiva non era lontana, allora!

- Hestia, sei stata preziosa. Io vado a Hogwarts, cerco di avere notizie, ma tu nel frattempo non fare sciocchezze. Non credo che faranno del male a tua sorella.

"Quelli non hanno nessuno scrupolo, in realtà. Ma c'è qualche speranza di ritrovarla viva, a pensarci bene. Perché la morte di un qualsiasi campione sportivo suscita agli occhi dei maghi comuni più sconcerto e rabbia di quella di un saggio come Dumbledore. E' la triste verità, e dubito che Voldemort e i suoi non ne tengano conto".

*****

La riflessione di Remus si rivelò esatta all'inverosimile. Mentre lui parlava con Minerva e Filius, e poi si recava a Hogsmeade, rintracciando le ultime mosse di Slughorn di quella mattina, l'Ordine ricevette una visita inaspettata.


POP!

- Merda, Doge, si è materializzato qualcuno di là.
- Ho sentito anch'io.
- Bacchette in pugno e andiamo a vedere.
Caradoc sembrava ansioso di dimostrare il suo valore, di reintegrarsi. Sperava però che l'intruso non fosse uno dei Mangiamorte che non conosceva la natura della sua missione, altrimenti... non sarebbe stato opportuno un "Hey Jugson, anche tu qui?".


- Alastor, è una donna! L'abbiamo immobilizzata!
- Ah, bene, chi è, la vedova Lestrange? O la signorina Carrow? - Ma naturalmente, non appena la vide, ebbe buone ragioni per tranquillizzarsi. - Santa Circe...
La nuova arrivata si mise a ridere.
- Ehi, vecchio bacucco - disse a Elphias - ti pare che se fossi una di quelli mi sarei lasciata bloccare così facilmente?
Doge si risentì dell'appellativo, quella ragazza non aveva nessun rispetto!
- Sentite, voi, mi sono fatta il culo per trovarvi, sono stata a sbattermi dai Tonks, e poi a casa Weasley, ho dovuto fare un Patto Infrangibile per avere il vostro, ehm, indirizzo. Voglio vedere mia sorella!

A quella voce Hestia era entrata nella stanza, pallida e felice, allungando le braccia verso di lei.
- Gwenie! Tesoro! Oh, Merlino, grazie, stai bene...
- Starò meglio quando potrò di nuovo camminare, grazie! - A quelle parole scontrose, qualcuno si affrettò a lanciare il controincantesimo.
- Eddunque, porco schifo! - continuò Gwenog sgranchendosi un poco. - Certo che sto bene! Non sono mica ventiquattr'ore tra quei brutti ceffi che mi possono spaventare...
"Ma come parla?" pensò Dedalus, un po' deluso. "E' così bella, e quando apre bocca sembra Aberforth. Possibile che sia così... poco elegante, di persona?".

*****

Il taverniere però proprio quel giorno non era propenso al linguaggio scurrile. E non era nemmeno costretto a parlare sgrammaticato, come era solito fare davanti ai suoi clienti, perché il suo interlocutore sapeva bene che non era analfabeta come suo fratello aveva sempre fatto credere: per proteggerlo, dopotutto, anche se i loro rapporti erano stati nell'ultimo secolo pressoché inesistenti.
Si torceva le mani, tenendo le sopracciglia aggrottate, davanti alle domande di Remus.

- Tutto quello che so è che Albus voleva che stesse nascosto. Mi dispiace di non essere riuscito ad impedirgli di portarlo via. Ci ho provato, sicuro, ma non potevo fare nulla, quelli non sono stupidi... tu capisci, bazzicano sempre qui intorno, si riuniscono qui, ma non dicono mai niente, perché per me lo sanno che sto nell'Ordine.
- 'Forth, stai qui da sempre. Sei un'istituzione, o l'uomo invisibile se preferisci. Nessuno ti chiederà mai il tuo cognome.
- Ah! Ah! Riguardo a questo, non so se qualcuno mi crederebbe, se gli dicessi che ero il fratello del grande Santo del Mondo Magico...
Remus fece un gesto come a fargli troncare lo sproloquio. Non era prudente parlarne, accidenti!
- Che ti sembra, Lupin, che uno come me abbia paura di morire? Non sono giovane e pieno di speranze come te. La mia unica preoccupazione è che mi possano torturare e farmi parlare... come credo faranno con Slughorn...

Remus ebbe un brivido. Poteva capitare a tutti loro. Morire, soffrire, tradire.
Che cos'era peggio?
Se fosse successo a Dora...
(Ma che sto a pensare. Lei è al sicuro)

"E anche Hestia dovrebbe essere alla Tana, a quest'ora. Perché Alastor le ha permesso di restare al quartier generale?
Perché si fida di Caradoc, ecco perché.
Si fida di uno che ha trascorso gli ultimi quindici anni in mezzo ai Mangiamorte, gli affida la sua donna come se niente fosse... e io che sono geloso persino di Charlie Weasley, da quando so che è tornato a vivere a casa dei suoi!"

- A presto, amico.
- Ehm, Lupin, dì a Fletcher che il suo conto qui sta cominciando ad allungarsi.
Remus fece spallucce.
- Arrivederci, 'Forth. Tieni le orecchie aperte come al solito...
Ed ebbe un brivido mentre pronunciava quelle parole. Ogni arrivederci era una scommessa, tra i membri dell'Ordine della Fenice.


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Capitolo 6
*** L'unico che Lo chiama per nome ***





- Io però mica l'ho capito perché mi hanno rapita.

Si vedeva che Hestia si vergognava per come sua sorella stava seduta a tavola, e poi quella maniera disgustosa di schioccare la lingua... va bene che era sicuramente rimasta digiuna durante la prigionia, però abbuffarsi a quel modo, prosciugando tutte le provviste...

- Insomma, non è che ho dei parenti ricchi che potevano pagarmi il riscatto. Io ho un bel po' di galeoni da parte, però... non mi hanno chiesto neanche il mio numero di conto alla Gringott's. E poi mi hanno lasciata andare senza dire niente!

Gwenog era a conoscenza di non essere una figlia legittima, ma non aveva mai avuto la minima idea di chi fosse il suo vero padre. Insomma, lo sapevano in parecchi, ma nessuno si era mai preso la briga di avvisarla. In primo luogo, perché era una celebrità, una stella del Quidditch, e andava protetta dagli scandali (mentre i veri eroi venivano sbattuti in prima pagina senza tante cerimonie, per ogni sciocchezza).

- Li hai visti in faccia, almeno qualcuno di loro? - s'informò Alastor. Quella ragazza lo divertiva. Gli somigliava, un pochino...
- E' cosa risaputa che i Mangiamorte vanno in giro mascherati! Come se non lo sapeste! Uff... però ho sentito uno chiamare l'altro Av... Avernon...
- Avery? - suggerì Dedalus.
- Eh, sì, giusto, proprio così! Che razza di maleducato, quello. Continuava a ripetere che il Puddlemere United è l'unica squadra che vale qualcosa! Non sono solo dei delinquenti, ma non capiscono un tubo di Quidditch!

Anche Cary... cioè... Jugson rideva. Era soddisfatto di se stesso. Ogni suo gesto, anche involontario, suscitava in Moody e Diggle simpatia e commozione. Ogni tanto però questa situazione gli sembrava esagerata. Insomma: Peter lo aveva istruito a puntino e quando ricostruiva certi avvenimenti passati era normale che venisse creduto, d'accordo, ma c'erano dei dettagli che non si spiegavano. Per esempio, un giorno si era passato la mano tra i capelli, senza nessun motivo particolare (o forse non gli sembrava vero averli di nuovo, dopo l'incidente al Ministero), e Alastor l'aveva guardato come dire "ecco, fai ancora così". Dunque il vero Caradoc Dearborn si muoveva, parlava, agiva davvero in maniera uguale a lui? Si scervellava, ma non riusciva a capire. L'unica spiegazione che poté darsi era che la pozione propinatagli da Snape avesse anche quell'effetto.

- Allora, sorellina, quand'è che divento zia? Certo che io me lo sarei scelto più carino... e giovane - diceva all'orecchio Gwenog a Hestia, alludendo ad Alastor.
- Non dire mai più una stupidaggine del genere. Lui è tutto quello che ho. A parte te, naturalmente.
- OK, ho capito, ti sei innamorata proprio! Però dai, quanto manca ancora? Come lo chiamerete?
Con il suo carattere stravagante metteva di buonumore tutti, ignara che suo padre (per lei nulla di più che il vecchio professore di Pozioni che invitava alle sue partite) era in quell'istante al cospetto di Voldemort.


----------

- Ammettilo, tu non le vuoi bene. Ti conosco. Per te è una celebrità in famiglia, nulla di più. Se esistesse un legame tra voi, le avresti detto chi sei per lei. I sentimenti non esistono! Sono illusioni! E tu sei uno Slytherin... puoi ancora convincertene!

"Io amo Gwenie... è soltanto che all'epoca sua madre stava per sposarsi con il signor Jones... non abbiamo voluto creare uno scandalo, ci siamo messi d'accordo civilmente, e mi bastava saperla felice"

- Tom, non mi farai illudere di averla lasciata in vita...
- Non chiamarmi Tom, non osare! Non sono più lo studente modello a cui credevi di aver donato il tuo immenso sapere... stupido, inutile vecchio grassone... IO SONO LORD VOLDEMORT!
- No, tu sei e resterai Tom Riddle, per quanto tu abbia diviso la tua anima e ucciso centinaia di persone... e se davvero la mia vita non vale nulla per te, a che scopo ci tenevi cosi tanto a vedermi?
- Inginocchiati, verme!
- Non sono uno dei tuoi Mangiamorte! Tu hai bisogno di me, altrimenti non avresti osato rapire la mia Gwenie! Ma io non ti dirò nient'altro che serva ai tuoi sporchi piani!

"E' meno impreparato di quel che pensavo. Chi gli ha insegnato l'Occlumanzia? Ma mi dirà quel che voglio sapere, dopotutto. Ormai sono sempre più debole. Ho bisogno di esserne sicuro."

- Quando ti chiesi cosa sarebbe accaduto se avessi diviso la mia anima in sette parti...
- Ti dissi che saresti diventato un mostro, un essere senza sentimenti e gioia di vivere! Ed era la verità, guardati...
- SILENZIO!
- No, io non ho più nulla da perdere, Tom. Io non credo che Gwenog sia viva, ormai, e non m'importa di restare al mondo. Sono quello che hai detto tu, un inutile grassone.
- Rispondimi, Slughorn. Tu sai cosa accadrebbe se creassi un altro Horcrux?

Il volto sudato del vecchio insegnante si contrasse in una smorfia di giubilo.

- Sei finito, è così? Se hai bisogno di nascondere un'altra parte di te, sei vicino ad essere sconfitto! Non saranno i miei occhi a vedere la tua caduta, ma non m'importa... Harry Potter ti ucciderà, come disse la profezia... e ora fai di me quello che vuoi, perché la risposta alla tua domanda è...

Lo sguardo di Voldemort non aveva più espressione.

- Se lo facessi, moriresti immediatamente.

Era ciò che si aspettava di sentirsi dire. Non gli credeva per fiducia: ma perché sapeva comunque di essere giunto alla fine. Non aveva nemmeno abbastanza forza per ucciderlo. Gli rimanevano soltanto ancora due frammenti di anima, quello dentro il suo corpo e quello che custodiva Jugson. Un solo Avada Kedavra, o qualsiasi incantesimo potente, e la sua fragilità si sarebbe palesata davanti ai suoi stessi seguaci.

- Severus! - chiamò, e il nome rimbombò per il palazzo.

Snape accorse al richiamo del Signore Oscuro.

- Portalo via dalla mia vista - ordinò - e fallo fuori. Non vale la pena, per me, di farlo personalmente.


"Jugson. Tu sei tutto per me. Non fallire!"

-------------


"Come lo chiamerete?" aveva chiesto Gwenog, e Hestia era cascata dalle nuvole.
Dovevano scegliere un nome già adesso?
Non era un po' presto?
O forse... da un punto di vista scaramantico... non era opportuno.
Ma il suo uomo la stupì, in una delle loro notti intime e speciali, ormai non più segrete.

- Sai, ci ho pensato... non voglio dare a nostro figlio il nome di qualcuno che è morto... insomma, ci sono tante belle parole al mondo, che evocano ricordi più piacevoli.
Le accarezzava i capelli, accoccolato sul suo seno.
- Tu hai il nome di una dea, la custode romana del focolare. E' delizioso, mentre il mio è terribile. Alastor era un demone che incitava gli altri ad uccidere, che generava stirpi di uomini crudeli. Non so perché i miei mi abbiano chiamato così.
- Mmmh... non ti facevo così colto. Sembri Remus.
- Ero bravino in Storia della Magia, mia cara signorina. Non come in Difesa, comunque... e non ho mai pensato di poter diventare altro che un Auror, già da piccolo.
- Piccolo? Sei stato piccolo? - Lo stupore di Hestia non era del tutto teatrale. Era veramente difficile immaginare il vecchio,
(maturo)
scorbutico
(determinato)
Alastor "Mad-Eye" Moody da ragazzino. Come poteva essere stato?

Aveva avuto i capelli scuri, sicuramente, gli occhi piccoli e neri, il fisico robusto ed esuberante come ora. Gryffindor? Non c'erano dubbi. Era così coraggioso. E amava la giustizia.

- Sai, io ero a Hufflepuff. Due anni avanti a Tonks. Non siamo state mai Prefetti, nessuna delle due. Non eravamo quelle che si chiamano secchione. La Burbage mi detestava, e anche Binns...
Si addormentò senza accorgersene, e Alastor stette un poco a guardarla, prima di scivolare nel sonno a sua volta.
Nudo.
Sempre più indifeso, e innamorato.




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Grazie a:

lyrapotter: è vero, sto perdendo il filo. Ho impiegato molto tempo a scrivere questo capitolo, e non sono assolutamente soddisfatta. Ho creato un mostro (Slughorn coraggioso! Un ossimoro, nientemeno!). Riguardo a Tonks, non so più come farcela entrare nella storia, accidenti!

Rainsoul: vuoi un consiglio? Non leggere più questa storia. Non so più nemmeno io perché la sto scrivendo. Ti verrebbe solo mal di testa. Scherzo... se vuoi su msn ti faccio un riassunto!

Nonna Minerva: ho sempre solo sentito parlare di te e in termini del tipo "dea scesa in terra", quindi leggere un commento a una mia fanfiction, soprattutto a quella che sta riuscendo peggio, è qualcosa di meraviglioso! Ti prego, leggi anche qualcos'altro di mio, ci terrei tanto: perché se ti piace questa... modestamente, ho scritto di meglio!

Lily Black 90: sì, ho una gran fantasia, ma avrei fatto meglio ad usare questa storia come plot bunny da affidare a qualcun altro, che avrebbe fatto un lavoro più degno. Ma farò il possibile per portarla a termine.



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Ragazzi, se avete voglia di partecipare a un concorso di ff, ci sarebbe quello che ho organizzato con Lily e Bonnie... date un'occhiata al bando se vi va:
HOGWARTS LOVE AFFAIRS

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Capitolo 7
*** Cuori che danzano ***


Perdonate il mio immenso, mostruoso ritardo. Questa storia è davvero difficile da scrivere.
Sono stata contentissima di ricevere più recensioni di quelle che mi aspettassi.
(ringraziamenti al fondo)



"Le lezioni di Occlumanzia dell'anno scorso sono servite a qualcosa, mi sembra... se solo la smettesse di piagnucolare..."

- Fammi fuori adesso, fallo adesso!

- Le ho detto di tacere, stupido ingrato!

A passettini affannati, aveva seguito la figura magra e nervosa di Severus Snape lungo un corridoio stretto e buio, che terminò con una porta. Era a dir poco inverosimile, il Mangiamorte non si era voltato nemmeno un attimo a guardare se lui lo stesse seguendo. Ma lo stesso protestava alle sue domande, zittendolo aspramente.
Infine, lo spinse oltre la porta, in una stanza umida dal nudo pavimento di pietra, e sigillò l'entrata magicamente.

- Perché non mi hai ucciso come ti ha ordinato il tuo Signore? Hai avuto ben pochi scrupoli con Albus! La mia esistenza miserabile ha forse più valore per te? Che gusto ci provi a torturarmi così?

Severus si morse le labbra, deciso a non rivelare il suo segreto a nessun costo.
Lentamente, rispose alla domanda di Horace, a modo suo.

- La sua Gwenog è viva, è al sicuro. Lei ha ancora qualcuno per cui restare al mondo. Io no, e posso correre qualunque rischio. Verrò a portarle da mangiare, se le fa piacere.

Sollievo.
Vergogna.
Silenzio.

"Stupido ingrato" pensò di nuovo Severus, percorrendo a ritroso il corridoio, con quella frase che gli rimbombava nella mente insieme all'eco dei propri passi.

Hai avuto ben pochi scrupoli con Albus.

"Oh, se tutti loro sapessero... quanto Albus Dumbledore abbia avuto così pochi scrupoli con me. Come se io non avessi un cuore, come se non l'avessi amato e servito con tutto me stesso... fino alla fine, soprattutto alla fine"


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- Remus, sei tornato! - quasi si stupì Dedalus, inopportuno come al solito. Veniva spontaneo fare un po' di scongiuri, al solo sentire le sue espressioni di accoglienza.

Stanco, con l'aria preoccupata ma insieme impaziente di comunicare ai compagni le novità, Lupin si gettò su una sedia e...

- Tu devi essere il cocco di Tonks, l'amica di mia sorella... non so proprio come tu faccia ad avere pazienza con quella, comunque... - Gwenog si era gettato su di lui inondandolo di chiacchiere, e per un istante fu Remus a barcollare sotto il peso di una sorpresa così gigantesca.

Hestia intervenne a calmare la situazione. Non era semplice spiegarsi con entrambi senza che Gwenie venisse a sapere quel piccolo particolare sulle sue origini.
Dopo un lungo, eloquente sguardo rivolto al licantropo, per fortuna da lui recepito al volo, si scambiarono le rispettive informazioni. Gwenog, per quanto stessero parlando di lei, si risentì della poca considerazione che il nuovo arrivato, dopo l'iniziale sbalordimento, le aveva concesso. Era così affascinante, con quel non so che di poeta Babbano...

- L'hanno lasciata andare, forse è stato un semplice gesto dimostrativo.

- Beh, meglio così - finse di rallegrarsi Remus. - Invece con quell'altra persona... hanno raggiunto il loro scopo. L'hanno attirato fuori Hogsmeade, e l'hanno portato via.

Hestia sentì qualcosa di acido bruciarle lo stomaco e la gola. Corse in bagno, come mille volte le accadeva durante la giornata... ma questa volta non era la solita nausea, era tutto il suo corpo che gridava "no", che non voleva rassegnarsi a sentire il mondo crollarle attorno senza poter fare nulla. E Gwenie... lei non sapeva... non sapeva che forse suo padre era morto, o forse lo stavano torturando in quel momento...

Non aveva sentito la porta aprirsi, non l'aveva sentita chiudersi.
Ma mentre si risciacquava la bocca, con gli occhi appannati di lacrime, sentì la stretta di due braccia forti e calde.
- Questa casa trabocca di signorine Jones... cosa devo farne di voi ragazze?
Hestia tentò di ridere.
- Chiedi a una delle due di cambiare nome.
- Quando la guerra sarà finita - disse Alastor, con voce ferma e sincera - Noi saremo una famiglia.

Sentirono un gran fracasso provenire dal salottino, un vociare fastidioso.

- Che combina Diggle appena mi allontano? D'accordo che siamo insonorizzati, ma un po' di precauzioni, porco Grindelwald! - grugnì improvvisamente, lasciandola sola.

Questa imprecazione ancora non l'aveva sentita. Ogni tanto ne sfornava qualcuna.
Si sistemò i capelli, notando gli occhi iniettati di sangue che le rimandava lo specchio.

"Mia madre diceva che dopo il terzo mese sparisce tutta questa seccatura..."

- Tutto bene, Jones? Dai, vieni di là con noi.
Si voltò, e sorrise. Era così gentile e premuroso, Cary. Con quell'aria da signorino perbene. E la trattava come una principessa, perché era la donna di Moody.
- Dedalus sta provando a far funzionare il regintrastore, forse avremo un po' di musica.
- Sta provando che cosa?

Le note di un'allegra canzone Babbana si diffusero per l'appartamento, e Gwenog si fiondò nel salottino dove Alastor se ne stava con le mani sui fianchi, l'Occhio fisso su Diggle con finta aria di disapprovazione.
Hestia e Cary li raggiunsero. Sembrava davvero che Dedalus volesse festeggiare qualcosa. Eppure il loro futuro era così incerto... che senso aveva mettersi a ballare come tanti ragazzini incoscienti...

- Balli con me, signor Dearborn! Quel Lupin è così malinconico... ed è arrivato il vecchio bacucco, e si sono messi a confabulare e mi hanno mandata via!

Jugson ricordò i suggerimenti di Peter.
"Un purosangue. Colto e raffinato. Che non teme il pericolo, ma non disdegna il divertimento e la buona società"

E poi non furono più soltanto parole nella sua mente. Era dentro la pelle del vero Caradoc. Era lui, da sempre, era stato lui in un palazzo sfarzoso e poi nella sala comune di Hufflepuff e sul campo di Quidditch...

La testa gli faceva male. Ma sentiva che se avesse seguito il suo istinto, tutto sarebbe filato liscio.

- Con piacere, signorina - Accennò ad un inchino, e la condusse al centro della stanza dove aprirono le danze.

E Alastor, accennando col capo a quei due, disse a Hestia:
- Non è cambiato per niente. Lui e Sirius Black erano davvero senza freni. E Dorcas era... un pochino come tua sorella.
- Dorcas... Meadowes?
Lui annuì lentamente.
- Un po' più femminile, a dire il vero.

Non sembrava rattristato. Ma c'erano avvenimenti che avevano lasciato tracce soltanto in fondo al cuore, e altri... che ora gli impedivano di godere appieno della vita.
- Che stupidaggine, ballare... - si lamentò Hestia, con l'intento di lasciare la stanza. Anche ammesso che fosse giusto divertirsi, di dimenticare la guerra e i Mangiamorte e le tragedie vecchie e nuove, non poteva ammettere di averne voglia, non lei.
Ma Alastor la trattenne, indovinando la sua inquietudine.
Con un colpo di bacchetta, il rock'n'roll che risuonava nella stanza si trasformò in un lento brano di musica classica. A Gwenie e Cary sembrò non importare nulla: si adeguarono, semplicemente.

- Beethoven. Era un tizio che assomigliava a Rufus Scrimgeour.
- Spiritoso. Alastor?
- Dimmi, Hes.
- Non mi manca nulla, non c'è niente di più che desidero da te.

Era vero più che mai, lo amava così com'era, amava quel corpo segnato dalle battaglie, così come la sua anima insieme ribelle e conformista, che non chiedeva altro al mondo se non di lasciarsi proteggere da lui.
Immobili, abbracciati, entrambi sentivano i loro cuori danzare.


-----------------------------------------


Mi hai ingannato per tanto tempo, Albus Dumbledore.
Mi hai fatto credere di stimarmi, di aver capito finalmente che anch'io avevo un cuore... e mi sentivo amato, perché mi davi fiducia... non la fiducia untuosa ed interessata di Voldemort, ma un amore paterno, sincero. Stupido, sono stato uno stupido!
Per te ero solo la marionetta che eseguiva gli affari sporchi al posto tuo.
Tocca sempre a me, quando si tratta di uccidere.
Amici, nemici: che importanza ha? La mia coscienza era già così pesante che non hai creduto cambiasse poi tanto un fardello in più.

La tua vita, che stava comunque per spegnersi... ma era così preziosa...

Tocca a me, tocca sempre a me. Perché io sono quello senza scrupoli, il Mangiamorte senza maschera, la spia dell'Ordine senza immaginazione.
Quello che non soffre.

Ma sono lacrime, quelle che scendono dai suoi occhi? Impossibile. E' il riflesso della luna piena sulla finestra della sua stanza, là a Malfoy Manor.
Immagina Remus Lupin rinchiuso in una stanza, a sfogare il suo istinto bestiale.
Jugson che si infarina pian piano i membri dell'Ordine, ma gli effetti collaterali della sua pozione che vengono fuori in modo altrettanto subdolo...
Harry Potter che si prepara a sferrare il suo attacco finale, convinto che non rimangano più Horcrux. Un suicidio, in pratica...

Che io dovrò impedire.
Perché gli affari sporchi toccano sempre e soltanto a me.


********************************************


Grazie a:

Nonna Minerva: non preoccuparti, fai come ti senti. E se sei abbastanza curiosa, chiedimi pure delucidazioni su quello che non capisci.
BonniefrankJoplin: Horace è e rimane un fifone, ma davanti a Voldemort la paura può trasformarsi nel suo esatto contrario... non se non si ha più nulla da perdere al mondo. Con Severus si comporta diversamente, invece, se noti...
Rainsoul: Voldie soffre moltissimo, e come vedi Sev se n'è infischiato bellamente dei suoi ordini. Spero che questo capitolo ti abbia resa felice!
lyrapotter: tesoro, stai commentando tutte le mie shot! ma sei un amore! cosa devo fare con te? *hug* Sì, il nome Hestia corrisponde a quella che noi chiamiamo "Vesta", la dea romana di cui le vestali erano sacerdotesse... hai presente Rea Silvia, la madre di Romolo e Remo? (ecco, spunta di nuovo Remus!). E anche Alastor è veramente il nome di un demone spietato.
HarryEly: ecco un'altra scenetta romantica... spero davvero di poter continuare presto, ma l'ispirazione è davvero fuori dal mio controllo! Se mi troverò di nuovo d'impaccio, aspettati un'altra richiesta d'aiuto^^

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Capitolo 8
*** Fiducia assoluta ***


Grazie a lyrapotter, Rainsoul, BonniefrankJoplin e Nonna Minerva. Sono contenta che vi piaccia Sev, perché sto sudando sette camicie per riuscire a parlare di lui e mantenerlo IC. Spero di aggiornare prima di Pasqua, perché sapete quanto sono impegnata con l'altra fic (nonché con la scuola... dettagli)^^ Scusate se Moody non compare in questo chap... ma tornerà!







Gwenie sarebbe rimasta molto volentieri a stuzzicare Lupin, e a flirtare con Caradoc, e a mangiare a sbafo. Ma possedeva sufficiente buon senso da rispettare il suo contratto con le Harpies e annunciare al Mondo Magico di essere ancora viva e vegeta. Così aveva salutato tutti quanti (non c'era timore che rivelasse l'ubicazione del nascondiglio, per via di un certo Patto con un imprecisato membro della famiglia Weasley) e se n'era andata: non prima però di aver strappato un bacio sulle labbra al biondo misterioso.


- Non dico si sia davvero innamorata di te, ma... pensi di fare sul serio con lei, Cary?

La testa gli faceva così male da non riuscire nemmeno a voltarsi verso di lei.

- Sai, quando ti chiamo... sembra quasi che tu-

Cosa stava per dire? Cosa sospettava?
Non voleva essere costretto ad ucciderla, no! C'era qualcosa di tremendamente oscuro dentro di lui, ormai l'aveva capito... ciò che l'aveva spinto ad obbedire ciecamente a Voldemort, a Dolohov, a Lestrange... ma non doveva più ascoltarla, quella voce, doveva lasciare che i veri ricordi, la sua vita precedente, il suo vero io si liberasse.


Le partite di Quidditch contro la squadra di Ravenclaw, quando cercava di deviare il bolide esattamente verso quella testa matta di Lovegood...
E lei, Dorcas, irraggiungibile e sfuggente, quella sua bellezza strana, così simile a quella di Gwenog, ora se ne rendeva conto.
Le serate a sbronzarsi con Sirius, per dimenticare che lei non degnava di uno sguardo né l'uno né l'altro. Le notti sobrie di attesa e paura, quando bastava davvero uno sguardo velocissimo per capirsi con i compagni, i loro Patronus che sfrecciavano nel cielo, portatori di speranza o dell'eco di una brutta notizia nell'aria gelida o soffocante...
Ma quella notte non c'era nulla che splendesse, nemmeno la luna. Nuvole nere, mantelli neri, il terrore puro e incontrollabile...


- Che cosa ti sembra, Hestia? Che vi stia mentendo?

- No, non è questo - rispose lei con semplicità. - E' solo una sensazione... come se ti suonasse strano, il tuo nome, come se nessuno lo usasse da tempo. - Aggrottò le sopracciglia, a cercare le parole adatte. - Come se... ti stessi risvegliando da un lungo sonno.

Sentì un moto di sollievo provenirgli dal ventre. D'istinto si passò una mano sulla fronte improvvisamente sudata. Doveva restare calmo e cercare di non trasmettere la sua insicurezza a Hestia. Ma perché li avevano lasciati soli? Era tutto più difficile.

- Forse è così. In fondo, la memoria non mi è tornata di colpo. Ma c'è un motivo per quello che dici...

Lei lo guardava con tenerezza, le guance accese, il sorriso sulle labbra.

- Nessuno, da anni e anni, aveva più pronunciato il mio nome con affetto. Perché non si sono mai fidati veramente di me, non mi tenevano a parte dei loro segreti, ero soltanto uno da sguinzagliare qui e là, ben nascosto dalla maschera, e mi tenevano d'occhio tutto il tempo.

Hestia annuì. - Avevano ragione a non fidarsi. Tu sei uno dell'Ordine, lo sei sempre stato, tanto tempo prima di me, no? Ti prego, Cary... rimani sempre con noi, Alastor ti adora! Non l'avevo mai visto così, come dopo averti ritrovato... non l'avevo mai visto sorridere davvero!

Il sollievo si andava trasformando in un terribile senso di colpa, che peggiorò man mano che la ragazza snocciolava, senza quasi rendersene conto, i suoi pensieri lieti e dolorosi, mille piccoli frammenti della sua vita...

- Eri a Hufflepuff come me, no? Ma immagino che quando tu frequentavi Hogwarts non ci fosse ancora la temibile professoressa Sprout... cioè, era gentile con tutti tranne che con me e Tonks... ti ho parlato di Tonks, mi pare. E' la ragazza di Remus. Sta alla Tana... cioé, a casa Weasley, perché Remus non vuole che stia in pericolo...

"Non mi dire più niente, dannazione! Tappati quella bocca! Voldemort, o Snape... mi leggeranno queste informazioni nella mente, se sarò costretto a tornare da loro! Stupida!"

Per un attimo gli era venuto l'impulso di schiaffeggiarla, proprio.

- E tu, Hestia? Non hai paura? - disse finalmente, esasperato. Il suo tono era ironico al massimo grado. - E Alastor non ha paura per te? Se fossi in lui... ti terrei nascosta, come un tesoro... non ti lascerei con nessuno di cui non fossi sicuro...

La risposta di lei lo lasciò senza fiato:
- Ma lui si fida ciecamente di te.

Hestia se ne andò in cucina a preparare il caffé, e lui rimase solo.
Le tempie ripresero a pulsare forte, il dolore era così insopportabile che non riusciva a parlare, ma d'altronde non c'era niente da aggiungere... sarebbe dovuto fuggire, era un pericolo per tutti loro... ma come? Non esisteva un altro posto per lui, nulla! C'erano il calore e i sorrisi di oggi, e l'atrocità del passato, e c'era un tempo ancora più remoto in cui era stato se stesso.

Poteva raccontare tutto... e poi? Cosa sarebbe accaduto? Poteva sfuggire a Voldemort, poteva tradirlo impunemente?
No, certo che no. Ma non poteva nemmeno tradire Alastor... e tutti loro. Doveva sparire... per il bene di tutti. E l'avrebbe fatto ora, senza rimpianti, senza perdere un minuto. Avrebbe trovato una scusa con lei, perché non si spaventasse troppo, e poi...

Fu in quel turbinìo di pensieri che pronunciò la prima parola sbagliata di tutta la sua folle missione.

- Hettie?



Il sedicente segretario del Primo Ministro Babbano si difendeva egregiamente, schivando i suoi lampi multicolori con destrezza. Non che Jugson si fosse aspettato di trovare la strada libera, i suoi l'avevano ben avvisato che ci sarebbe stato qualcuno dell'Ordine a difendere l'ufficio. Ma quello era un fior di Auror, altroché. E i duelli alla pari lo entusiasmavano.
Erano fuggiti tutti, restavano solo loro due, a zigzagare tra i corpi dei Babbani uccisi o Schiantati.
La sua maschera era saltata via, rivelando l'escrescenza orribile che gli era rimasta al posto della testa. Faceva una certa impressione, anche ai suoi colleghi Mangiamorte.
- Tu saresti Jugson, dico bene? Ti sei fatto ridurre così da un paio di ragazzini, l'anno scorso - lo schernì l'altro.
Era troppo per il suo orgoglio ferito. Aveva cominciato a lanciare una maledizione dopo l'altra, il divertimento della battaglia era finito, ora voleva soltanto ucciderlo, chiudergli quella fogna che osava ricordargli il fallimento più grande che avesse avuto al servizio dell'Oscuro Signore...
La luce porpora invase la stanza, mentre pronunciava quella formula quasi impossibile da recitare a memoria, desiderando farlo soffrire il più possibile prima di dargli il colpo di grazia.
Ma dimenticò di bloccarlo, sicuro com'era che non avrebbe avuto la forza di smaterializzarsi.
Si sbagliava, e se ne rese conto immediatamente: l'uomo era ancora abbastanza in sé, considerata la potenza dell'incantesimo che gli era stato scagliato, e Jugson gli udì biascicare qualche parola prima di vederlo scomparire con il ben noto schiocco.
Qualche parola. Un nome.


- Come mi hai chiamato, Cary? - fu la voce improvvisamente severa della donna, dall'altra stanza.

Un bagno di sudore. Immobilità assoluta. Il cuore che salta un battito.

- Non... ti piace? - balbettò Caradoc. Doveva andarsene. Adesso.

- Dove l'hai sentito? Remus ti avrà pur detto che nessuno mi deve chiamare in quel modo.

No, accidenti, Remus Lupin non gli aveva detto mai nulla, da quando stava con loro. Conosceva tutti i segreti del Primo Ordine, ma non sapeva nulla di Hestia Jones, e dei suoi soprannomi vietati. Gli era sembrato... oh, merda.

Hestia, per la prima volta quella sera, cominciò ad avere paura. E non era nulla di razionale. Era un diminuitivo comune. Una coincidenza, senz'altro...

Ancora non sapeva di essere rimasta sola in casa: di essere, per la prima volta da molto tempo, veramente al sicuro.



*************



- Severus? C'è qualcosa che vuoi dirmi?

Era un miglioramento, per lo meno adesso lo chiamava per nome.
Mangiava, e molto. Non che da un individuo simile si fosse aspettato lo sciopero della fame.

- Solo quando sarà pronto ad ascoltarmi, professore.

- Non credo di avere altra scelta, siccome devo stare qui dentro - rispose sarcastico Horace.

- Oh, no. Posso costringerla a sentire, ma non ad ascoltare, capisce... non a credermi.

La porta della cella rimaneva sigillata, ma la barriera tra loro stava crollando.
Nel silenzio che seguì si sciolse qualcosa, ed era la consapevolezza che sì, Albus non poteva essere stato un ingenuo, che c'era stato qualcosa di terribile dietro, che forse non c'era stata davvero altra scelta...

- Ti credo, Severus. Dimmi la verità.

Era tutto così semplice e crudele.
Era stato lui l'ingenuo.
Aveva dimostrato a Dumbledore il suo pentimento, con tutta l'anima, lasciandosi leggere i pensieri senza nessun filtro, in cambio della sua protezione... ammirandolo perdutamente.
Aveva seguito i suoi ordini alla lettera, sempre. Finché quel giorno di un anno prima era stato costretto a stringere il Patto Infrangibile con Narcissa Malfoy. E Albus non si era arrabbiato, no, non si era mostrato nemmeno triste, anzi... l'aveva incoraggiato a compiere il suo dovere fino in fondo, senza rimpianti.
Sarebbe morto comunque, a causa della maledizione sull'anello dei Gaunt. Nessuna pozione l'avrebbe guarito totalmente, era inutile, la sua vita era comunque compromessa.

"Salverai il futuro di Draco e te stesso. Riavrai la fiducia di Voldemort e potrai giocare un ruolo fondamentale affinché la profezia si compia. E' giusto che vada in questo modo, Severus"

- Io sono stato uno strumento ignobile nelle sue mani. E lo sono ancora, anche se lui non c'è più.


Silenzio. La porta si aprì, cigolando.

- Coraggio, se ne vada, scappi, torni a Hogwarts... io ho da concludere. Sarà tutto finito, prestissimo.

- Che cosa?

- Dovrò uccidere di nuovo, ma sarà l'ultima volta. Non sentirete mai più parlare di me. Ma la prego... faccia di tutto... perché io non sia giudicato troppo duramente... nei ricordi di chi verrà.

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Capitolo 9
*** Una verità diversa ***


Come avrete capito, scrivere questa fic mi stressa un sacco, e so che non "rende".
Eppure cosa dovrei fare, lasciarla in sospeso?
E' quasi finita, ormai!
Grazie a chi continua a sopportarla, e cioé lyrapotter, Rainsoul e Nonna Minerva (lo so che mi sta venendo malissimo; per fortuna non durerà ancora molto^^)

Saki

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- Dove credi di andare, Potter?

Harry si fermò. Non vedeva nessuno, intorno. Non capiva da dove provenisse la voce.
Erano riusciti a superare i cancelli di Malfoy Manor, un po' troppo facilmente, aveva notato. Temeva ci fossero dei Mangiamorte di guardia, ma pensava che avrebbero cercato di assalirlo, non di giocare al gatto col topo.
Vide un lampo rosso, e all'improvviso Ron si accasciò a terra svenuto. Hermione si chinò su di lui, con un grido soffocato, ma le toccò uguale sorte; Harry perse la pazienza e sussurrò:
Fatevi vedere, vigliacchi. E' me che volete... è me che Lui vuole...

- Sei sempre stato incline al suicidio, sì, ormai ho imparato a conoscerti fin troppo bene.

Snape! Era la voce di Snape! Era davvero tornato da Loro, quindi, e di nuovo gli era toccata una missione importante. Come aveva potuto il Preside fidarsi di un viscido traditore come lui?
Non importava. Gli Horcrux erano stati distrutti. Poteva confrontarsi faccia a faccia con Voldemort. Più nessuno sarebbe morto per la Causa, ma soprattutto più nessuno sarebbe morto per aiutare lui. Perdere Sirius, e poi Dumbledore, era stato troppo orribile.

- Può annunciarmi al suo Signore, professor Snape? Può dirgli che Harry Potter è qui per sfidarlo? - gridò, avanzando nel buio del viale, la ghiaia che faceva rumore sotto i suoi passi.

- Non ora, Potter. Tra poco.

E di colpo sentì di non poter più muoversi, e l'orrore si trasformò in ilarità, perché d'un tratto capì che forse era vero, Snape aveva sempre voluto proteggerlo, più di quanto avesse mai fatto Dumbledore, sin dal suo primo anno a Hogwarts. Non gli aveva mai fatto del male. Persino dopo essersi smascherato, aveva respinto i suoi attacchi senza sfiorarlo, ansioso soltanto di fuggire insieme a Draco Malfoy. E se insieme a Ron e Hermione aveva concluso che era stato Voldemort a ordinargli di non ucciderlo, perché ora non lo stava portando da lui?
Forse le cose erano diverse da come gli erano apparse finora. Ma in che modo? Gli sembrava impossibile, eppure...

- Tornerò a liberarti. E poi sarà davvero un affare tra voi due soltanto. Ma ti chiedo di aspettare, conosci questa parola, Potter?

Non c'era mai stato nulla di così odioso che sentirlo pronunciare il suo cognome, per tutti quegli anni. Ma se la verità fosse stata differente da come aveva sempre creduto? Poteva rischiare di rovinare tutto?
Mentre veniva assalito questo dubbio, che metteva in discussione ciò che aveva vissuto finora, lo vide sparire nell'oscurità.



***


- Alastor, perdonami, perdonami! Non so che cosa l'abbia spinto a sparire così!
Hestia cercava di avvicinarsi a lui, che sembrava respingerla, agitatissimo.
- Che cosa gli hai detto? Non se ne sarebbe mai andato, non c'è nessun posto dove sia al sicuro! - Lei lo supplicava con gli occhi di smettere di gridarle contro, incapace di rispondere.
- Ti ho chiesto che cosa gli hai detto per farlo andare via!
Hestia cercò le parole per spiegarsi. Era così arrabbiato. Non aveva mai visto il suo Occhio roteare a quel modo, non l'aveva mai visto rosso in volto e con quel viso feroce.
- Era così... strano... e mi ha chiamata in un modo...
Si rivolse a Remus, che era rimasto in disparte con Diggle, relativamente calmo. - M-mi ha chiamata Hettie!
Lupin aggrottò le sopracciglia, riflettendo.
- Sembra quasi che... conoscesse Kingsley.
- Che cosa vuoi insinuare, Remus? - grugnì Moody puntandogli la bacchetta addosso. - Che Kingsley fosse in contatto con Loro? O che cos'altro?
Lupin scosse la testa, lentamente, stupito di una simile illazione, che non gli era proprio passata per la mente. - Io non ho detto una cosa del genere. Comunque, forse il nostro Caradoc ha solo capito che al fianco di Voldemort si trovava più a suo agio. Forse l'hanno riammesso tra le loro fila, e in questo momento un drappello di Mangiamorte si stanno dirigendo qui – fece ironico.
Hestia era scoppiata a piangere.
- Scusami, non me ne sono accorta, non l'ho visto andare via... ero così sconvolta quando mi ha chiamato con quel nome, che avevo quasi paura di entrare in salotto...
- No. Scusami tu. Non dovrei trattarti così, mai - Alastor l'abbracciò, accarezzandole il viso, mormorando: - So come trovarlo, comunque. Gli ho messo una Traccia addosso, la prima notte che ha passato qui.
Remus s'illuminò in volto. - Anche tu sospettavi che ci fosse qualcosa di strano, allora. Non avevi perso del tutto il senno.
Ma l'altro tornò a guardarlo minaccioso. - Che stupidaggini dici, Lupin! L'ho fatto per poterlo ritrovare, se quegli schifosi avessero tentato di portarcelo via. Andiamo, sbrigati! Qualunque sia il motivo, lui non ha colpa per ciò che gli è successo, o che gli sta succedendo! E' chiaro?

Remus annuì, niente affatto convinto. - Chiaro, Moody. A dopo, Hes.

- Porterà sfortuna dire "a dopo"? - si chiese Dedalus ad alta voce.
- Porta sfortuna vestirsi di viola - ribatté Hestia, asciugandosi le lacrime con il fazzoletto color lavanda che il compagno le porgeva gentilmente.
Sentì il bambino muoversi, ed ebbe un sussulto, poi sorrise, un po' triste. Alastor era appena andato via... mezzo minuto appena, avrebbe potuto approfittare di quel momento...
- Che c'è, Jones? - fece lui preoccupato.
- Vuoi sentire? - rispose lei d'istinto, prendendogli una mano e posandola sul proprio ventre.
Dedalus arrossì. - Moody ha una gran fortuna, sai.

Anch'io sono fortunata, pensò lei, e si distese sul divano sperando di riuscire a prendere sonno.
Spero che trovino Cary, e spero anche di no... l'importante è che Alastor non si arrabbi più come poco fa... dobbiamo restare uniti, tutti e tre...


***


Correva. Dove, non gli importava. Le sue gambe correvano, e non seguivano né il cuore né la mente. Non era Jugson a scappare, perché Jugson voleva concludere la sua missione, uccidere Hestia Jones e poi Remus Lupin e poi anche Alastor Moody, sì, lui più di tutti... e poi restare là, ad aspettare che il Signore Oscuro facesse fuori quel Potter e poi godersi gli onori con gli altri Mangiamorte.
Non era nemmeno Caradoc a voler andarsene lontano, no, Cary voleva veder trionfare il figlio di James, voleva veder nascere il bambino di Alastor ed Hestia e magari uscire con Gwenie, quando ci sarebbe stata la pace, anche se era un po' troppo vecchio per lei, ma non contava, perché somigliava tanto a Dorcas e tutte le sue chiacchiere allegre gli avrebbero fatto dimenticare le brutture del passato...

Ma non era più né l'uno né l'altro. Era... un niente.

Tuttavia era prezioso per Voldemort. E allora come mai non l'aveva voluto al suo fianco, perché tutta quella messinscena?

Mentre fuggiva, si rese conto che non avrebbe più potuto tornare indietro.
Aveva ucciso uno di loro. Quell'Auror... quello che era andato a morire chissà dove...
Aveva ucciso un membro dell'Ordine, un uomo così in confidenza con Hestia da chiamarla Hettie, che forse era innamorato di lei, e che ancora lei ricordava con infinito rimpianto. No, non poteva tornare. Non c'era più nulla per lui.

Ma cosa c'era in lui, allora?
Ricordi di vita, ricordi di morte.
Un'anima assassina, un'anima fedele.

Si fermò a riprendere fiato.
E vide un'ombra allungarsi davanti a lui.
Chiuse gli occhi, sfinito, senza nemmeno voltarsi.

- Salve, Jugson. O dovrei dire... Dearborn? La pozione dovrebbe aver fatto effetto a sufficienza, ormai.


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Capitolo 10
*** Perché ne sia valsa la pena... ***


Questo è il penultimo capitolo. Grazie alle mie care Nonna Minerva (auguri di buon compleanno, anche se in ritardo!), Rainsoul (ti pare che posso esimermi dalle stragi del venerdì sera? ma certo che Remus è sacro, non mi chiamo mica Joanne!!!), lyrapotter e HarryEly!
Qualche anticipazione dell'epilogo?
Hmmm... leggete al fondo.

Saki





Severus lesse la speranza negli occhi di Jugson. Riconoscenza. Ma soprattutto speranza.
Non stava prendendo a cuor leggero ciò che stava per fare. Non riusciva a sostenere il suo sguardo, in effetti: ma la vita di un uomo non vale le sorti dell'intero Mondo Magico

(nemmeno quella del miglior mago del mondo)

se anche grazie a te giungerà la salvezza

(e morirai dentro, ogni giorno di più)

e alla fine, ciò che gli altri pensano di te non significa niente, importa solo agire, attendere e poi agire...

Questo era ciò che aveva imparato.

Allora perché aveva risparmiato Slughorn? Perché gli aveva raccontato la verità? Se non era importante uscire allo scoperto, se finora aveva svolto uno splendido lavoro affinché la profezia si compisse, a cosa serviva quello sfoggio di vanità e desiderio di ammirazione?

- Snape, Merlino sia ringraziato... sei stato tu, allora? Mi hai fatto recuperare la memoria, non volevi che li uccidessi, non è così?

- Già.

Il sollievo di Cary si spense presto. I lineamenti di Severus non lasciavano trasparire alcuna emozione; la sua voce era fredda, come sempre.
Bentornato nella realtà, Jugson, pensò.

- Già, sono stato io. Quando ho chiesto di mandare Wormtail a Hogwarts, in realtà la pozione per rimetterti a posto la faccia era già pronta. Il famoso ingrediente segreto serviva a farti tornare alla mente chi eri e a chi appartenevi. L'Oscuro Signore ti voleva al sicuro, dopotutto... e per un po' di tempo sei anche riuscito ad essere, diciamo... felice?

- No - mentì. - Io ho solo eseguito gli ordini, non mi sono fatto scoprire...

- A me sembra di sì, Jugson, altrimenti non staresti scappando.

Mai raccontare balle a un Legilimens.
Oh, no.

- No, io...

Cercò di spiegarsi, balbettando, di fronte al volto impassibile di Snape, ripetendo a se stesso che c'era ancora una possibilità, perché dopotutto non conosceva le sue intenzioni.
Jugson non aveva tradito Voldemort.
Caradoc non aveva tradito l'Ordine.
E da qualunque parte stesse ora Severus, forse poteva salvarlo.


- Sembra anche a me - disse una voce che fece sobbalzare entrambi. - Ti sei fatto scoprire, eccome.

A quelle parole, Cary sentì qualcosa spezzarsi.
Appiattito contro un muro, in quel vicolo deserto di una città Babbana di cui non conosceva il nome, era il vertice di un perfetto triangolo. Agli altri angoli stavano Severus Snape e Remus Lupin, entrambi con le bacchette sguainate.
- Sparisci, Lupin - disse Snape. - Lasciami fare, mi ringrazierai.
- Sniv... Severus. - Non era il momento di lasciarsi sfuggire quel soprannome, non adesso che aveva le prove della sua innocenza. - Aberforth mi ha detto tutto.

Splendido. Tutta quella fatica per salvare la vita quel vecchio damerino, per poi scoprire che Dumbledore si era già confidato con suo fratello, prima di morire.
"Ho piena fiducia in Severus Snape"
Infatti. Non tanto da affidargli la sua vita, ma la sua morte sì.

Caradoc li fissava, senza più riconoscerli, senza più pensare alla sua sorte, con la mente divisa in due, assorto in una visione d'incubo.
Non si accorse che Snape l'aveva disarmato.
Né che una terza figura si era avvicinata quasi di corsa, zoppicando, gridando il suo nome e lanciando Schiantesimi all'indirizzo del Mangiamorte, il quale aveva drizzato un Incantesimo Scudo intorno a sé e non sembrava eccessivamente preoccupato della sua apparizione.



- Dorcas, vai, corri!
- Non ti lascio, non ci penso nemmeno, Cary!
Tra le ombre, senza scampo, nel gelo di quella notte.
- E' lui, è Vol...
- Avada Kedavra!
- Dorcas... no!
Aveva lasciato cadere la bacchetta, non gli importava più di difendersi, né di sopravvivere. La stringeva tra le braccia, piangendo.
- Stai soffrendo, Dearborn? La... amavi?
Sì, io l'amavo. Era il mio tesoro. Doveva diventare mia moglie. Era stata dura farle scegliere tra me e Sirius Black, ma alla fine l'avevo spuntata, ed era mia, soltanto mia...
- Smetterai di soffrire, Dearborn. E smetterai di amare. E' uno spreco uccidere un Purosangue come te, l'ultimo discendente di una famiglia così nobile, oltretutto: sarai al mio fianco, d'ora in poi.
- Mai! Mai! Maledetto, maledetto...
- Oblivion!




Lanciò un urlo tremendo, coprendosi il volto con le mani.
- Ricordi quella notte, non è vero Jugson? - disse Snape.
- E' una menzogna. Ti stai inventando tutto, schifoso assassino - Moody tentò un altro Schiantesimo, ma questa volta gli rimbalzò contro, mandandolo contro il muro di fronte.
- Temo di no, Alastor. Ho paura che Severus dica la verità. - gli si rivolse Remus, lentamente. - Vorrei non crederci, ma penso che...
Snape annuì. - Hai più buon senso di quello che pensavo, Lupin. E ora sgombrate.
- Cosa vuoi fargli? Assassino... - Alastor tentò di rialzarsi, aggrappandosi al davanzale di una finestra.
- Sei ripetitivo, Moody. Sembra che non t'importi un fico secco che il tuo cosiddetto amico abbia fatto fuori Kingsley Shacklebolt.
- Lui non ha... no, non è possibile! Cary!
Era una supplica, quello sguardo, era una preghiera silenziosa e disperata.
Dimmi che non è vero.
Dimmelo e ti crederò.
- Mi... dispiace, Alastor. Quello era... prima...

Ma certo. Prima di recuperare la memoria. Non ne aveva alcuna colpa, non era in sé, stava solo eseguendo degli ordini. Hestia ed Elphias non l'avrebbero perdonato, forse, ma lui sì. Doveva salvarlo, perché era comunque innocente.
- Non ha nessuna importanza! - urlò. - Tu non sei responsabile di quello che ti è successo!

Ma quanto è diventato sentimentale, il vecchio Mad-Eye, pensò Severus. Avrebbe mandato l'intero Ordine a farsi fottere, per il suo amico? Fino a che punto era andato fuori di testa?
Doveva scoprirlo.

- L'anima di Voldemort era in una situazione precaria, avendo già creato cinque Horcrux. Bastava davvero poco per provocare una scissione involontaria. Un assassinio da cui ricavava particolare soddisfazione, per esempio. Come quello di un membro dell'Ordine che gli desse filo da torcere. Parlo di Dorcas Meadowes. Cosa farai, Moody? Che cosa scegli? La vita di Caradoc Dearborn, o la morte del nostro nemico?

- Io s-sono... sono... - balbettò Cary.

- Sei un Horcrux, Dearborn. Finché resti al mondo, Voldemort non può essere sconfitto. E ho intenzione di rimediare a questa situazione: ora.

Sono rari i momenti in cui riesci a sentire davvero il significato della tua vita.
E Cary comprese che non la sua vita, ma la sua morte sarebbe stata preziosa, più di qualsiasi lotta o resistenza. Snape lo stava davvero salvando.

Chiuse gli occhi. Non provò dolore, quando la luce verde lo colpì.

Alastor si girò dall'altra parte, una guancia rigata di lacrime. No, non era impazzito del tutto.
Ma Remus guardò in faccia Severus.

- E ora dove pensi di andare? - gli chiese, con voce incolore.

- A far avverare la profezia. A finire il lavoro che mi ha lasciato Albus. Tocca a Potter, adesso, no? E' tutto nelle sue mani, lo sappiamo bene. Se vi degnerete di venire a dare una mano...

Si Smaterializzò, lasciandoli soli.

Iniziava a piovere, rare gocce fredde sui loro capelli, sui loro vestiti, sul viso immobile ma sereno dell'ultimo Horcrux di Voldemort, che era stato distrutto come tutti gli altri, insieme alla sua vera essenza, insieme alle sue due opposte identità.
Remus capì che Severus non aveva potuto farne a meno, lo immaginò durante quei mesi a escogitare un sistema per evitare di uccidere ancora. Ma come la maledizione dell'anello dei Gaunt aveva compromesso irrimediabilmente la vita di Dumbledore (non riusciva a capacitarsi di come quel grand'uomo avesse commesso una leggerezza simile, ma prima o poi le risposte sarebbero arrivate... il cerchio si sarebbe chiuso), anche il frammento dell'anima di Voldemort era ormai troppo legato a quella di Caradoc per permettergli di sopravvivere.

Si volse verso Alastor, e ora non avrebbe potuto affermare con certezza se stesse ancora piangendo o se fosse solo la pioggia...
Decisamente, non era il momento di uscirsene con un "Te l'avevo detto".

- Andiamo a combattere. Perché ne sia valsa la pena.






*************************************

Brontolii. Commozione. Svolte. Incontri.
E soprattutto, per la gioia di qualcuno, Nymphadora Tonks.
Non perdetevi l'epilogo, che arriverà a brevissimo.

Stay tuned!

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Capitolo 11
*** Fathers and daughters - a time of peace ***


Questo è l'ultimo capitolo, per fortuna. Questa fic mi ha fatto sudare sette camicie (anzi T-shirt, visto che io di camicie non ne porto) ed è dir poco. Non mi imbarcherò mai più in una storia difficile da scrivere come questa. Grazie alle anime buone che l'hanno seguita finora: alla mia fida lyrapotter, a HarryEly, a Rainsoul e a Nonna Minerva con cui ho potuto fare conoscenza proprio grazie a questo tormento di storia *eeeh! la vita*... oltre a chi l'ha inserita nei preferiti e se n'è rimasto buono buono a leggere (però dai, almeno adesso venite fuori^^).
Perdonate se ci faccio entrare sempre i soliti personaggi. E' che non riesco a fare a meno di parlare di lei, anche se per due righe. Il mio psicologo dice che sotto sotto mi identifico in lei, il che mi rincuora: se sognassi di essere Bellatrix o Moaning Myrtle mi preoccuperei. E poi vi avevo detto che non sarebbe stata una CR, mica che 'Mona non ci sarebbe entrata... *grin* Non soltanto non avrei mai ucciso Slugs in questa fic, ma non ho voluto lasciarlo solo^^
Grazie per aver sopportato questo obbrobrio senza capo né coda, in cui ho dimostrato di essere una vera "regina delle ellissi". Ah... le parole in verde non le pensa soltanto Remus, ma anche la sottoscritta. Con tutto il cuore.

Saki







Dovunque tu sia adesso, spero che riuscirai a perdonarmi.
Ma sai, viviamo davvero in un mondo incredibile. Gli amici diventano nemici, e viceversa. Non possiamo mai fidarci soltanto dei nostri occhi, veri o magici che siano. La verità è quasi sempre il contrario di ciò che riusciamo a percepire. E io non mi sono mai nemmeno sforzato di capirti, Severus.


La verità non coincide con il sogno... Quasi sempre.

Perché quando, pochi mesi dopo, Alastor si trovò di fronte alla sua creatura, realtà e aspettative d'improvviso si incontrarono, per non separarsi mai più. La vita che gli si schiudeva davanti era priva di ombre, si sentiva euforico, avrebbe voluto gridare di gioia, ma allo stesso tempo l'emozione gli impediva di esprimere tutto ciò che provava.
- Non è di cristallo, sai - lo rassicurò Hestia, stanca ma sorridente, notando lo sguardo insicuro del marito.
- Lo so. Ma se le faccio paura?
- Sei suo padre. Non potrebbe mai avere paura di te.

La bimba sembrava ipnotizzata dall'Occhio magico, perfettamente a suo agio tra le sue braccia.

- Allora, questo nome? - insisteva Gwenog, che aveva mollato al Cauldron il cavaliere di turno per vedere subito la nipotina. - Possibile che non vi siate ancora decisi?

- Dovrebbe deciderlo la madrina - brontolò lui.
Gli occhi di Gwenog presero a luccicare.
- Eh, no! Ho capito che hai in mente, tu non sei affidabile! Abbiamo già chiesto a Tonks - continuò Alastor, giusto per mettere in chiaro le cose.

Neanche a farlo apposta, in quel momento si udì un gran fracasso nel corridoio dell'ospedale.
Hestia e Alastor si scambiarono un'occhiata complice.
- Mi sa che è arrivata...

- Allora tolgo il disturbo, se non sono gradita... humpf! - sbottò Gwenog, e si Smaterializzò.

La piccola, infastidita dal rumore di fuori, aveva iniziato a lamentarsi.
Remus e Dora piombarono nella stanza, seguiti da un'infermiera arrabbiatissima che prese a sbraitare qualcosa su un carrello rovesciato e scarpe infangate.

- Ecco, si parlava giusto di te - sorrise Hestia. - Avete fatto pace sì o no?

Remus guardò la compagna con aria di sufficienza. - Diciamo che sto ancora valutando se perdonarla.

Per unirsi alla grande battaglia di Malfoy Manor, Nymphadora era fuggita dalla Tana, seguendo i fratelli Weasley, infischiandosene della promessa che gli aveva fatto. Aveva fatto la sua gran figura combattendo
e ne era uscita sana e salva, ma da allora Remus non perdeva occasione di rinfacciarglielo.

- Sai, ci ho pensato un po', riguardo al nome. Che cosa può nascere da una dea e un demone?

- Che fantasia, Tonks... vediamo - rifletté Remus. - Una fata, o una ninfa... Merlino, vuoi chiamarla come te?

Lei saltò su come se si fosse seduta su una pianta spinosa.

- Ma no, che orrore! Volevo dire il nome di una ninfa. Melissa, per esempio. Vuol dire ape: i colori di Hufflepuff - e così dicendo strizzò l'occhio alla neo-mamma, che approvò.

Alastor si leccò le labbra, come per assaporare il pensiero di quella parola. Guardò sua figlia, i capelli scuri arruffati e le guance rosa come quelle di Hestia. - Melissa Moody... - sussurrò. La piccola smise di piagnucolare, e per un attimo parve ricambiare il suo sguardo. - Ti presento la tua madrina, la più spericolata tra gli Auror del Ministero.

- A proposito, signor Ministro - gli ricordò Tonks. - Arthur preferirebbe che non gli lasciassi tutto sulle spalle. Quando torni, ehm, al lavoro?

"Quando mi sarò saziato di stare con la mia famiglia" fu sul punto di rispondere lui, ma si rese conto che sarebbe stato impossibile.

- Hmmm, facciamo dopodomani?


***

Non appena aveva cessato di essere una stella del Quidditch, gli articoli del Prophet su di lei si erano trasferiti dalle pagine sportive a quelle del gossip. La Skeeter aveva gettato via i labili freni che fino a quel momento le avevano impedito di rivelare ufficialmente la verità, e si era lanciata in un'approfondita ricerca in quel di Glasgow per scovare le "prove". Nulla di più semplice per un segugio della sua risma.
Così un giorno, mentre cominciava a rendersi conto di annoiarsi tremendamente senza un lavoro, Gwenog aveva aperto il giornale per trovarsi tutto quanto sbattuto in faccia.
Forse non sarebbe giusto dire che rimase shockata. Piuttosto, fu come un déjà-vu... oppure l'ultima tessera di un puzzle che finora aveva incosciamente cercato di completare. Era pur vero che, all'inizio del suo terzo anno a Hogwarts, aveva sentito quella strana stretta allo stomaco alla vista del Professor Snape al tavolo degli insegnanti, mentre la sua amica Leannan la informava con noncuranza che si trattava del nuovo Direttore di Slytherin.
- Eh-oh? - era stata la sua reazione. Leannan si era messa a ridere e a fare battutine sul fatto che finora era stata la "cocca" di Slughorn e d'ora in poi tutto sarebbe cambiato...
Ma non era cambiato niente. Adorava studiare Pozioni almeno quanto volare sulla scopa, e quell'anno avrebbe fatto di tutto per entrare in squadra. Soltanto adesso riusciva a capire a che cosa fosse dovuto quel senso di nostalgia.


Uscì dall'ufficio della Preside, e cominciò a cercarlo dappertutto: nel suo ufficio, nel magazzino, in sala insegnanti. Stava ormai perdendo la speranza quando la voce indisponente ma familiare del custode si era levata da dietro le sue spalle:
- Cerca qualcuno?
Gwenog si voltò. - Sì, grazie, signor Filch. Sa dov'è il professor Slughorn?
Argus socchiuse gli occhi e ghignò. - Può darsi.
Sentì qualcosa muoversi ai suoi piedi, ed ebbe un sussulto. Era Mrs. Norris, che faceva le fusa strusciandosi contro di lei.
- E' raro che il mio tesoro provi simpatia per qualcuno - borbottò lui, grattandosi la testa. - Davvero molto raro, signorina.
Lei sorrise.
Non era abituata ad essere gentile, tantomeno con gatti-spia e vecchi Magonò. Ma se voleva cominciare bene il suo lavoro, sarebbe dovuta cambiare. Tanto valeva esercitarsi da subito, giusto?
- Se non mi sbaglio, beh... provi dietro il castello. E' un po' di tempo che gira intorno alle serre, nemmeno ci fosse il miele... o le api.

Quell'allusione le era familiare: sua sorella le aveva detto del nome che Tonks aveva scelto per la bambina. Strano che quel brontolone del Ministro non si fosse opposto.
Helga chiama a sé tutti gli altri, diceva la canzone del Cappello al suo primo anno, e lei era stata così fiera di non essere tra questi altri. Di avanzare a testa alta fino al tavolo di Slytherin, e poi di portare la squadra della sua Casa alla vittoria per quattro volte consecutive. Ma adesso, mentre usciva nel parco e si avviava dove Filch le aveva indicato, ricordò che Caradoc Dearborn era stato un Hufflepuff. Pensare a lui
(al suo viso forte. alla sua gentilezza d'altri tempi)
le faceva ancora venire i brividi.
L'aveva baciato.
Aveva baciato un uomo che...
Scacciò quel pensiero, mordendosi le labbra.
Non ci sarebbe stato nessun altro per molto tempo, si era detta. Avrebbe continuato a uscire con un certo numero di maghi bellocci e noiosissimi, ma il suo cuore non si sarebbe più aperto in quel modo.


- Scusate se interrompo! - esclamò, spalancando la porta della serra numero tre. I due insegnanti, impegnatissimi ad amoreggiare, si ricomposero, l'una aggiustandosi il cappello, l'altro scrollandosi qualche fogliolina dal gilet.

Credeva di riuscire a mantenere la sua solita baldanza, ma quando i loro occhi si incontrarono, perse la voglia di scherzare.
- Gwen... cioè, signorina Jones... che s-sorpresa. Che cosa la porta qui a Hogwarts?
"Oh, che grande faccia tosta. Che faccia da schiaffi, caro il mio paparino"
- Prova a indovinare, vecchio kamikaze - rispose, con le labbra che tremavano. - Dovevo venirlo a sapere da un articolo della Skeeter? E' stato un modo un po' squallido. Perché doveva passare tanto tempo prima che...

Pomona Sprout alzò le sopracciglia e con un sorrisetto uscì dalla serra, non prima di aver aggiustato il cravattino al suo fidanzato e buttato lì un generico "vi lascio soli...".

- Dovevi stare in una famiglia come si deve. E l'hai avuta, giusto? Non ero in grado di... cioè...
Gwenog sospirò.
- Ho sbagliato a chiedertelo. Non potevo aspettarmi altro che delle stupide scuse - lo interruppe lei. - In realtà non m'importa. Voglio dire, abbiamo del tempo da recuperare, non è così?
- Hai lasciato le Harpies. - Horace cambiò discorso, confuso. - Anche questo era sul giornale. Non riesco a capire come mai.
- Sono un po' cresciuta, no? Era ora di smetterla di giocare e trovarmi un lavoro serio.
- E l'hai trovato?
Lei sorrise, ritrovando l'entusiasmo alla prospettiva di stupirlo.
- A quanto pare dovrai sopportarmi per un bel po'. Vengo ora dall'ufficio della McGonagall. Ta-daaan! Hai davanti la tua futura assistente... che non vede l'ora di scoprire tutti i segreti del mestiere, anche quelle cosucce che né tu né Snape avevate nel programma didattico! Dopotutto, facevo parte del Club, prima che andassi in pensione e lasciassi noi affezionati studenti nelle grinfie di quel coso lugubre, dico bene?

Commosso come un bambino, Horace Slughorn accolse tra le braccia la sua Gwenie, la sua ragazzona che inspiegabilmente gli perdonava trent'anni di silenzio e assoluto menefreghismo.

- Vecchio scemo di un dandy... - gli sussurrò all'orecchio lei, che in realtà era ben lontana dall'intenzione di scusarlo del tutto, per ora.
- Che hai detto, piccola impertinente?
- Ho detto "ti voglio bene, papà"*.



Quel coso lugubre era fuggito lontano da tutti loro, dalle celebrazioni per la vittoria, dai riconoscimenti, dalle frasi di circostanza. Non aveva resistito alla necessità di chiarire i suoi intenti, e ora mai più l'avrebbero considerato un vigliacco e un traditore: ma sentiva di non avere più alcun ruolo nel Mondo Magico. Fino all'ultimo era stato costretto a versare sangue.
Basta.
Viveva sotto un altro cielo, in una città dove nessuno conosceva la sua storia.
Una metropoli Babbana, dove passare inosservati è la norma e non esiste la curiosità.

Dove anche un volto rigido, giallastro, con due occhi così neri da inghiottire ogni timido raggio di luce, non suscita la minima impressione.

E chissà che, immerso nell'anonimato, quel viso possa trasformarsi, distendersi, e quel cuore indurito dalla sofferenza lentamente si apra ad una tiepida pace.


Se l'amore per Hestia è riuscito a trasformare Mad-Eye, se l'amore per sua figlia è riuscito a regalare coraggio a Slughorn, se persino io, un licantropo fin troppo razionale e senza uno zellino, mi sono lasciato trascinare da Tonks in questa grande avventura dei sentimenti, perché non dovrebbe succedere a te? Davvero, perché no? Nulla è impossibile, Severus, se ti lasci andare.
Con tutte le mie scuse, e la mia eterna stima,
Remus Lupin




THE END





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*Vi assicuro che il gioco di parole non era voluto. Me ne sono accorta più tardi, che traducendo queste tre frasi in inglese, viene fuori un "pun" secondo me delizioso:
- Old foolish dandy...
- What did you say, little bratty girl?
- I said "I love you, Daddy"

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