Scambio di personalità

di Ranyadel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1-prologo ***
Capitolo 2: *** 2- ***
Capitolo 3: *** 3- ***
Capitolo 4: *** 4- ***
Capitolo 5: *** 5- ***
Capitolo 6: *** 6- ***
Capitolo 7: *** 7- ***
Capitolo 8: *** 8- ***
Capitolo 9: *** 9- ***
Capitolo 10: *** 10- ***
Capitolo 11: *** 11- ***
Capitolo 12: *** 12- ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** the end ***



Capitolo 1
*** 1-prologo ***


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Prologo

Era la pazza della classe. La festaiola per eccellenza. La più popolare della scuola. Aveva lunghi capelli dorati, acconciati in un taglio disordinato, con sensazionali occhi verdi. Era alta e slanciata, magra, brillante e attraente. Il suo nome era Julia.
 Fu svegliata dalla suoneria del cellulare che squillava riempiendo la lussuosa stanza con le note di "Here's to never growing up" di Avril Lavigne. "Pronto?" chiese con voce impastata dal sonno. "Sciao patata!" esclamò Lila dall'altra parte dell'IPhone. "Ehi, cucciola! Come va, tesoro?" chiese Julia svegliandosi subito. Da quando erano al liceo le aveva colpite una gravissima malattia senza cura, la "cucciolite", che le faceva essere così tenere fra di loro. La forma che le aveva colpite era particolarmente acuta. 
"Sei pronta? Ti sto venendo a prendere!" esclamò Lila eccitata. "Certo! Mi sono appisolata sul divano, mi preparo in trenta secondi!"
"Sono sotto casa tua, posso salire?" 
"Vieni, amo, ti apro!" esclamò Julia scendendo le scale e spalancando la  porta d'ingresso. 
I trenta secondi divennero trenta minuti. D'altronde, per prepararsi alla prima festa dell'anno, non poteva essere altrimenti. 
La sera, erano già davanti alla porta di una grande villa. La casa di London, forse. A dire il vero non importava a nessuna delle due. Erano lì solo per divertirsi.


*spazio autrice*
Avvertimento: il capitolo fa schifo ma mi serve come introduzione, per far capire che tipo è Julia. La storia vera e propria inizia dal secondo capitolo. Saranno testi brevi ma via via sempre più lunghi. Vi prego di dare un’occhiata almeno al secondo capitolo, perché questo più lo rileggo più capisco perché nessuno legge la storia! Vi prego datemi una sola possibilità *occhioni supplicanti* poi se fa schifo anche il secondo boh io ci ho provato… grazie!!
 

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Capitolo 2
*** 2- ***


2-"Ma che...?!?"

Julia rincasò alle tre di notte, facendo attenzione a non svegliare i suoi genitori. Si chiuse nella sua grande camera, piena di armadi, dai quali straripavano decine e decine di vestiti, poster, scarpe, accessori e un sacco di altri oggetti. In mezzo alla stanza, c'era il suo letto a baldacchino, rigorosamente fuxia, bianco e nero, decorato con piccoli teschi e cuori paffuti. Era una specie di dark romantica.
Quella notte non aveva esagerato con gli alcolici. Si era divertita un mondo lo stesso, ridendo con Lila guardando i ragazzi provarci con loro, ballando e scatenandosi.
Si gettò sul letto, sospirando. Era ancora euforica. Decise comunque di cercare di dormire. Si alzò per andare a cambiarsi, passò davanti allo specchio, fece tre passi.... e tornò indietro, guardando la sua immagine riflessa. "Ma che...?!?" esclamò basita: Lo specchio le rimandava la sua immagine come se fosse ambientata nel '400. Aveva un grande vestito lungo fino alle caviglie di un lieve lilla, con la gonna gonfia e lo scollo a cuore, le maniche lunghe e il viso truccato in modo antiquato. Julia si sfiorò il viso e il riflesso la imitò. Era attonita e spaventata. Lentamente, avvicinò la mano allo specchio fino a toccarlo.... e ne fu risucchiata.




*Spazio autrice*
​Ciaooo belle!!! 
​Spero che la storia vi piaccia, i capitoli sono cortissimi lo so, è la prima fan fiction che scrivo... sono abituata a fare le cose più in grande, sono una scrittrice di romanzi ma se mi metto qui non finisco più...
​Vorrei ringraziare Sarettastyles1d per tutto l'incoraggiamento che mi da!!! Cucciola aspetto la tua recensione!!!!
​Ciao a tutte spero di pubblicare in fretta, fatemi sapere cosa ne pensate!
​Ranyadel

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Capitolo 3
*** 3- ***


3-"Dove sono?"

Julia si svegliò in un letto enorme e duro, con un piumone che sapeva tanto di antico addosso. Si alzò a sedere e si accorse con sgomento che quella non era la sua camera. "Dove sono?" si chiese. Si alzò e gettò un'occhiata al grande specchio antico appoggiato ad una parete e si vide avvolta da una lunga camicia da notte, volle precisare di pessimo gusto, con orribili pizzi attorno al collo e ai polsi. Osservando lo specchio le tornò in mente quello che era successo. "Oddio!" si disse poi guardandosi intorno. Era in una grande camera, arredata sobriamente, con mobili antichissimi a suo parere. Le ricordava tanto uno di quei quadri che vedeva a volte nei musei. Si affacciò al grande balcone che dava sulla strada. Sotto di lei passavano carri trainati da cavalli o talvolta muli. Donne con strane vesti sgualcite passavano di fianco ad esse, alternate a donne che, dall'abbigliamento, dovevano essere di ricche famiglie borghesi. I bambini giocavano sulla strada di pietroni squadrati e sconnessi. "Oddio, non è possibile. Stavo andando a cambiarmi e ho battuto la testa. Sto delirando." Si disse Julia. Sentì dei passi nella stanza dietro di lei e si voltò. Era entrata una donna corposa, vestita come tutte le altre sulla strada. "Giulietta, vi siete già svegliata?!" stava chiedendo stupita. Giulietta? Oh, no.


*Spazio Autrice*
​Ciaooo a tutte! 
​Non uccidetemi ma i capitoli sono davvero corti. Spero che vi piaccia!!!!
​PS mi lascereste una piiiccola recensione per favore???? Grazie a tutte=D
​Ranyadel

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Capitolo 4
*** 4- ***


Julia rimase interdetta. Giulietta? No, non era possibile. “Calmati, Julia. Ci saranno state migliaia di Giuliette al mondo. Non posso essere diventata proprio QUELLA Giulietta.” Si disse per calmarsi. La donna davanti a lei la vide spiazzata. “Cosa succede?” chiese preoccupata. Julia poteva quasi sentire gli ingranaggi della sua mente ruotare frenetici in cerca di una soluzione. Ci mise poco a inventarsi uno dei suoi piani. “Mi dispiace, ma temo di aver perso la memoria.” Disse con voce falsamente addolorata. Il donnone di fronte a lei le si avvicinò. “Povera piccola… com’è successo?” chiese poi addolorata. Julia avrebbe voluto ridere. “Povera piccola? Ma cosa, siamo… oh sì. Giusto.” Si disse. Continuando a recitare, Julia si fece raccontare tutto di quella che avrebbe dovuto essere la sua fantomatica memoria scomparsa. Sì, era come temeva: il suo nome era Giulietta Capuleti. Abitava a Verona (Julia si ricordò di esserci stata una volta, quando aveva tredici anni. Per il resto, preferiva restare a Milano, in mezzo alla sua vita, le sue feste e i suoi amici) e apparteneva ad una benestante famiglia di quella città. Scoprì inoltre che la donna era la sua nutrice. Quando si ritenne soddisfatta, congedò gentilmente la donna, che la lasciò da sola. Julia avrebbe tirato un calcio a qualcosa. E così fece. Poi urlò, rendendosi conto di aver centrato lo spigolo del letto. Si mise a tirare pugni al cuscino per la frustrazione. “Come ci sono finita in un libro, in un’opera o in quel che è?!?” chiese al cielo. Ma niente, nessuno rispose da lassù, mentre l’azzurro della volta rimaneva limpido in una giornata che limpida, per Julia, non era per niente.
 

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Capitolo 5
*** 5- ***


Julia si svegliò presto, cosa strana per lei, nel grande letto antico. Si era addormentata dopo aver seminato il terrore nella camera di Giulietta. Per un attimo, si chiese dove fosse finita la vera protagonista di quella storia. “Se è finita nella mia vita, ci sarà da ridere. Povera la mia reputazione.” Si disse amaramente, prima di alzarsi e aprire l’armadio. Di solito la calmava frugare fra i vestiti.
Orrore. Disastro. Fine del mondo. Catastrofe.
Queste furono le parole sconnesse che attraversarono la mente di Julia quando vide i vestiti stile 400. “Non vado in giro con questi cosi.” Si disse decisa. Poi il suo sguardo si illuminò. Prendendo si allungò verso la scrivania e prese un oggetto, di cui fece sibilare le lame. “Salve, orridi abiti. Mi chiamo Julia Mani di Forbice. Pronti per diventare irriconoscibili?”
* * *
Dopo tre ore di decoupage con i vestiti, Julia posò la forbice e prese in mano la sua ultima creazione, ammirandola. “Va moolto meglio.” Si disse soddisfatta, rimirando in tutte le direzioni la corta mise indaco che prima era un largo e gonfio vestito con le maniche a palloncino. Aveva tagliato in modo sfasato i tre veli della gonna, eliminato una manica e ridotto l’altra ad una striscia di tessuto, creando una cintura alta con una parte della gonna bianca di un altro abito. Aveva risparmiato solo sette abiti che avrebbero comunque potuto farle comodo. “Ho un futuro nel mondo della moda.” Si disse, indossando l’abito indaco. “Tanto non mi vedranno. Spero.” Si disse. Come se avesse invocato il diavolo qualcuno bussò. “ Azz…” si disse prima di far entrare la persona davanti alla porta. “Ah, però. Potrei abituarmi a stare qui.” Si disse guardando il ragazzo davanti a lei, alto, con i capelli scuri e mossi che gli ricadevano davanti al viso e agli occhi verdi. Lui la squadrò sorpreso prima di gettare uno sguardo alla camera piena di ritagli di stoffe. “Posso spiegare tutto.” Disse Julia, mentre non poteva spiegare un bel niente.
 

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Capitolo 6
*** 6- ***


“Posso spiegare tutto.” Disse Julia. L’altro si guardò attorno. “È passato un uragano e non mi hanno avvertito?” chiese con un sorriso. Julia ridacchiò. “Entra. Sei…?” chiese poi. Lui la guardò un attimo. “Ah, già. Non ricordi. Sono Andrea, un amico di famiglia. Ci conosciamo da tre anni.” Spiegò. “Oh. Sorry.” Disse Julia. Lui la guardò stranito. “Sai l’inglese?” chiese. “Non dovrei?”
“No, no, non intendevo questo… lascia stare.” Tagliò corto Andrea. Julia fece spallucce. “Dove posso mettere tutta questa roba?” chiese indicando i ritagli vaporosi. Andrea ridacchiò. “Io voto sul fondo dell’armadio.”
“Andata. Mi dai una mano?”
“Tranquilla.”
Passarono dieci minuti buoni a raccattare tutto quanto e a infilarlo nel grande armadio. “Uff… a saperlo ci avrei pensato due volte a fare questo casino…” Andrea la fissò di nuovo. Era come se cercasse di trovare una spiegazione a qualcosa. Sentirono di nuovo bussare. Andrea fece una faccia allarmata. “Vai a nasconderti da qualche parte. Se ti vede qualcuno così è un disastro.” Disse con un filo di voce. Lei annuì incerta e si chiuse nell’armadio, lasciando solo uno spiraglio, nello stesso momento in cui qualcuno entrava dalla porta. “La attendono nel salone del ricevimento.” Disse quello che doveva essere un maggiordomo. Julia vide Andrea annuire e uscire, lanciando un’impercettibile occhiata al mobile e a lei. Quando uscirono, entrò la donna che il giorno prima aveva detto di essere la sua nutrice. Julia uscì subito dall’armadio. La donna sembrò sconvolta nel vederla. “Giulietta, come vi siete conciata?!?” chiese. Julia sorresse il suo sguardo. “Cosa avete fatto a quel povero abito?” chiese di nuovo la nutrice. “L’ho fatto diventare un vestito coi fiocchi e controfiocchi. Prima era orribile.”
“Era il suo preferito!”
“Adesso sì.”
“Avete rovinato anche tutti gli altri???”
“Non tutti.”
“Oh, Dio…” la donna aprì l’armadio, rimanendo paralizzata. “Cosa vi è preso?!?” chiese poi. Julia non rispose. “Fra qualche minuto suo padre la chiamerà. Si renda presentabile.”
“Con presentabile intendi maglietta, pantaloni e stivali o che altro?” la donna era scandalizzata. Julia non si sarebbe sorpresa a vederla stramazzare al suolo. “Che il cielo mi aiuti…”
* * *
Un quarto d’ora dopo, Julia era stata praticamente costretta dalla nutrice – Assunta, aveva detto di chiamarsi – a indossare uno dei sette abiti ancora integri. Orrido. Terribile. “Adesso rimpiango di non aver distrutto pure questo.” Si disse Julia. “Lei deve prendere le distanze da Andrea.” Disse Assunta. “Come mai?”
“Tre mesi fa ha perso la memoria, come lei. Poi ha iniziato a comportarsi in modo bizzarro e a comportarsi proprio come lei. Sembrava impazzito.” Spiegò la nutrice. Julia si paralizzò. Quando la lasciò da sola, Andrea tornò nella stanza. Si misero l’una di fronte all’altro e senza preamboli esclamarono: “Tu vieni dal ventunesimo secolo!”
 
 
 
 
*Spazio autrice*
Mi viene da dire che mi sento malvagia… chi mi conosce sa che lo dico spesso u.u
Non so cosa ne pensiate…
Grazie ad Andrea che mi ha aiutato a superare il blocco…. Infatti il personaggio nuovo ha il suo nome :)
E volendo intrigarmi e intrigarvi le idee ho spedito pure l’Andrea del racconto nel passato tanto per non annoiarvi troppo… spero di esserci riuscita *occhioni supplicanti*
Aspetto recensioni eh? Grazie a tutte/i di tutto!
Ranya
Ps: che capitolo lungo per i miei standard *-* ahah
 

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Capitolo 7
*** 7- ***


“Quindi è vero. Non sono l’unico.” Disse Andrea. Erano seduti sul letto di Giulietta. “Sul mio letto.” Si disse amara Julia. “Chi eri prima di trovarti qui?” chiese poi. “Un ragazzo come tanti, di Como.”
“Come ti chiamavi?” a questa domanda, lui la guardò stupito. “Andrea. Perché?”
“Non ti sei ritrovato con un altro nome?”
“A dire il vero, a quanto pare mi dovrei chiamare Antonio, o qualcosa del genere. Un nome orribile. Mi sono rifiutato di tenerlo. Mi faccio chiamare col mio vero nome.”
“Fortunato te.”
“Perché? Tu non ti chiami Giulietta?”
“No. Solo Julia.”
“Mi dispiace.”
“Che vuoi farci.”
“Lo sapevo. Sapevo che anche tu eri stata portata qui.”
“In che senso?”
“Insomma, l’inglese, quando Giulietta non ha mai avuto contatti con questa lingua. Il modo di vestire e di parlare e la disinvoltura. La memoria scomparsa, eccetera.”
“Almeno non sono da sola.”
“Dove abitavi?”
“A Milano.”
“Rivoglio la mia vita.”
“Anche io.”
Rimasero seduti su quel letto a parlare per ore. Alla fine, Andrea si alzò, facendo per andarsene. “Prima ne parlavo con i tuoi finti genitori. Vorresti venire al ricevimento di domani sera?” Julia lo guardò sorridendo mesta. “Certo.” Disse solo. Andrea sorrise. “Un’ultima cosa. Tieni un diario.”
“Perché?”
“Dopo un po’ che stai qui tendi a dimenticare chi eri. Qualche giorno fa mi sono svegliato e quando mi hanno chiamato mi sono chiesto chi fosse Andrea. Ero sicuro di chiamarmi Antonio.” Julia rabbrividì. “Grazie.”
“E di che. Siamo in due in questa situazione. Dobbiamo aiutarci.” Rispose Andrea prima di salutarla e andarsene.
 

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Capitolo 8
*** 8- ***


Julia passò la mattina seguendo il consiglio di Andrea. Su un foglio fece l’elenco di tutte le cose di lei che sapeva. Andrea aveva ragione: già alcune cose faceva fatica a ricordarle.
 
Terzo giorno.
Mi chiamo Julia Ferrari, ho 17 anni e abito a Verona Milano. Abito a Milano, non a Verona. Devo ricordarmelo. Milano, Milano, Milano.
La mia migliore amica è Lila, abita anche lei a Milano e ha 16 anni.
Sono fanatica delle feste. Mi piace la musica classica. No! Non è vero! Accidenti, io amo il pop! La mia cantante preferita è Avril Lavigne.
Odio questa situazione. Mi sto dimenticando chi sono.
Il mio stile è uguale a quello delle altre ragazze ma allo stesso tempo unico. Un esempio è nascosto sotto il letto.
Sono arrivata qui che era il 26 giugno 2013. Adesso non so nemmeno che giorno sia. Sono qui da quanti giorni? Tre? Quattro? Forse tre.
Ho conosciuto Andrea, che è nella mia stessa situazione.
Dato che mi rifiuto di scrivere la data di questo posto, dirò i giorni che passano. Sono al terzo. Penso. Credo. Spero.
Devo trovare il modo per tornare a casa… e allo stesso tempo capire se altri sono come me e Andrea.
Julia.
 
Julia terminò il primo foglio con il suo nome e lo nascose in un cassetto. Nello stesso momento, entrò Assunta. “Giulietta, deve prepararsi. Fra un’ora si terrà il ricevimento.” Julia sbuffò impercettibilmente e annuì. “Posso rimanere da sola?” chiese. La donna annuì e uscì. Julia prese di nuovo il foglio e aggiunse:
 
Ps: oggi si terrà il ricevimento di non so chi per non so cosa. Non voglio andarci ma devo. Non voglio perché sento che ogni cosa che faccio qui mi allontana dalla mia memoria, dalla mia vita e da me stessa.
 
Nascose di nuovo il foglio prima di avvicinarsi all’armadio. La sua mano si diresse prima sui sette abiti. “Oddio…” si disse Julia correggendo il tiro. Prese la mise color crema, un pelo più lunga di quello indaco. Di nuovo, però, dovette fare i conti con Assunta. “Non può andare in giro così! Sarebbe presa come una poco di buono!” esclamò scandalizzata la donna prima di costringerla a indossare un altro dei sette vestiti. Stavolta, Julia si rese conto che non era così orribile. “No, no, no. È terribile. Io odio gli abiti del ‘400. Vengo dal ventunesimo secolo.” Si disse riscuotendosi. “Ora si muova, signorina. Fra poco verrà qui Andrea.” Disse Assunta mettendosi in un angolo della stanza come a controllarla.
 

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Capitolo 9
*** 9- ***


Julia sentì bussare alla porta. “Era ora.” Disse Assunta, andando ad aprire. L’aveva tenuta d’occhio tutto il tempo, impedendole di fare di testa sua. Nella camera entrò Andrea, che la salutò con un cenno della testa prima di osservare l’espressione di Assunta e inchinarsi lievemente. La donna sembrò soddisfatta e li lasciò da soli. “Come stai?” chiese Andrea subito. “Da cani. Avevi ragione. Sto dimenticando troppe cose.” Andrea la guardò allarmato. “ Non dovresti aver già dimenticato. Sta succedendo troppo in fretta.”
“In che senso?”
“Nel senso che se va avanti così nel giro di un mese potresti aver dimenticato tutto quanto.” Spiegò grave Andrea. Julia impallidì. “Oddio…” disse mentre le lacrime facevano capolino dalle lunghe ciglia. Andrea la abbracciò delicatamente, quasi avesse paura di essere respinto. Julia, invece, si aggrappò a lui come se fosse la sua unica ancora. “Ehi, non fare così. Troveremo un modo per sistemare tutto. Te lo prometto.” Disse dolcemente lui.
Dopo qualche minuto, Julia si calmò. “Cavolo, ti ho conciato da buttare… mi dispiace.” Disse sfiorando la casacca bagnata di lacrime di Andrea. Lui sorrise e fece spallucce. “Adesso stai meglio. È questo che conta.”  Sussurrò con un sorriso rassicurante. Julia lo imitò.
“Hai scritto il diario?”
“Sì… e già facevo fatica. È una cosa orribile.” Sussurrò Julia, mentre una nuova lacrima minacciava di scendere. Andrea evitò questa possibilità passandole il pollice sulla guancia in un gesto dolce. Julia tirò su col naso e fece un sorriso tirato. “Grazie. Di tutto.” Disse solo. Andrea le lasciò un bacio completamente casto all’angolo della bocca. Julia si sentì avvampare. “Ora andiamo. Ci staranno aspettando.” Disse Andrea prendendole una mano e aiutandola ad alzarsi.
* * *
Il ricevimento? Una noia mortale. Julia arrivò quasi a pregare di farsi tagliare le vene pur di non assistere a quello strazio. Qualcuno a caso, poi, senza fare nomi ma Andrea, non le aveva detto che si trattava di un ballo in maschera. “Andrea, o mi porti fuori da qui con una qualsiasi scusa, o me ne vado io. E non sarà piacevole.” Lo minacciò abbassandosi la maschera che con le sue piume le solleticava il viso e la faceva starnutire. Andrea ridacchiò. “Ok. Hai sofferto abbastanza.” Acconsentì poi, prendendole una mano e accompagnandola lontano dalla folla. Julia si ritrovò a ringraziare tutte le divinità esistenti, esistite e inventate che le venivano in mente per aver posto fine a quella tortura. Mentre finalmente intravide l’uscita della sala, però, una melodia miracolosamente più allegra delle altre portò la folla ad aumentare la velocità dei passi. No. Non in quel momento. Perché tutto accade quando meno serve? La mano di Julia perse la presa su quella di Andrea e la ragazza venne avvolta da una marea di persone che Julia giudicò subito finte e perciò rivoltanti. Sentì una sensazione familiare attanagliarle il cuore. “No, non di nuovo.” Si disse disperata.
 
Flashback- 4 anni prima
 
Julia era con sua madre al supermercato dietro casa. Curiosava nel reparto “Schifezze ammazza fegato”, come le chiamava suo padre. Ad un certo punto, vide un suo compagno di classe entrare, accompagnato da due suoi amici. Non ci aveva mai parlato, appartenevano a due mondi differenti. Lei quello delle pazze in senso buono, lui a quello degli strafighi irraggiungibili. “Mamma, posso andare in macchina?” chiese con occhi dolci, mentre una sensazione di disagio la attraversava. “Perché dovresti?”
“Non lo so, non mi va di stare qui.”
“Si tratta di lui?”
“Quello?”
“Sì, quello in mezzo.”
“Penso di si.”
“Ti ha fatto qualcosa?”
“Lui? Ma se nemmeno ci parlo… mi sento a disagio, tutto qui.” Sua madre continuava a guardare nella direzione del suo compagno di classe. “Perché continui a guardarlo? Dopo si accorgerà di me, e ancora verrò considerata infantile a stare con i miei. Non voglio essere giudicata da lui. Smettila, smettila, smettila.” Pensò frenetica Julia. “Mi dai le chiavi dell’auto, per favore?” chiese irrequieta. “Non ha senso. Se davvero non ti ha fatto niente non vedo perché tu debba averne paura.” “Mamma, mi dai ‘ste chiavi?!?”
“No, Julia. Che problemi hai?”
“Non lo so! Dammi le chiavi!”
“Adesso mi dici che hai.”
“Perché non mi capisci? Non voglio stare qui! Non voglio, non voglio, hai capito?!?” adesso Julia era in completa crisi isterica. “Ti capisco, invece, ma non so perché fai così!”
“Alla faccia del capirmi!”
“Questo è un problema che hai tu, nella tua testa, ok? Devi risolverlo.”
“Ci penserò quando sarò in macchina!”
“No, adesso tu rimani qui e affronti le tue paure.”
“E se non volessi?!?”
“Lo fai, punto.”
La discussione ebbe un risvolto davvero negativo. Julia, quando finalmente riuscì a chiudersi in macchina, scoppiò a piangere.
Qualche giorno dopo diede un nome alla sua paura.
Non si sarebbe mai immaginata che la sua timidezza sarebbe diventata antropofobia.
 
Fine flashback
 
Julia si sentì attraversare da una fitta di paura, mentre il suo cuore pompava a mille. Il respiro era affannato. Mentre si sentiva sempre più in trappola, una mano la afferrò per un braccio e la tirò fuori dal vortice. “Oddio, Andrea, grazie, grazie…” disse solo chiudendo gli occhi. “Andrea?” chiese una voce sconosciuta di fronte a lei. Julia alzò lo sguardo e sgranò gli occhi. Da sotto la maschera, semplice, alla Zorro, si stagliavano straordinari occhi celesti, con una corta zazzera bionda dorata. “Chi sei?”
“Mi chiamo Romeo. Devi essere Giulietta, vero?”
Julia annuì.
“Romeo? Davvero? Ditemi che mi prendete in giro.” Si disse a metà fra il torvo e l’incredulo.
 

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Capitolo 10
*** 10- ***


 “Mi chiamo Romeo. Devi essere Giulietta, vero?”
Julia annuì. Le si era seccata la bocca e non era certa di riuscire a dire qualcosa di sensato, quindi si limitò ai gesti. Lui fece un mezzo sorriso. Era… mozzafiato era un termine riduttivo. Sembrava un dio greco. “Se qualcuno lì sopra mi vuole bene, la storia si chiama Romeo e Giulietta con un motivo valido.” Si disse Julia con le labbra dischiuse. Il mezzo sorriso di Romeo si trasformò in un sorriso completo, che lasciava intravedere i denti bianchissimi. “Ti senti bene?” chiese ridacchiando. “Ah-ha.” Sussurrò. “Sei una pessima bugiarda.” Le disse ad un soffio dall’orecchio. Julia sentì un brivido correrle lungo tutta la spina dorsale. “”Quanto sei figo?” si chiese Julia incantata. “Vuoi prendere una boccata d’aria?” le chiese. Stavolta, Julia annuì con sincerità. Romeo sorrise e le cinse la vita con un braccio, portandola fuori. “Ora va meglio?” chiese Romeo. “Certo. Ti ringrazio.” Disse Julia prima di rabbrividire dal freddo. Romeo intuì il problema e si tolse la giacca di velluto, mettendogliela premuroso sulle spalle. Julia sorrise. “Come sei galante.” Sussurrò incantata. Sul volto di lui apparve quel mezzo sorriso che Julia si accorse di adorare. Sembrava così…. Così. Il cuore della ragazza batteva velocemente, pompava sangue a velocità sovrumana. Julia temette di poter avere un infarto. Erano da soli, di notte, in prossimità di un luogo nascosto alla vista. Pensieri ben poco casti le attraversarono la mente. Julia si ritrovò a doverli scacciare prima di ritrovarsi con un filo di bava alla bocca. “Sei ridicola.” Si disse per svegliarsi. Cercò di ricordarsi qualche dettaglio della storia. Oh, no. Montecchi. Ecco cosa doveva ricordarsi. Montecchi. Romeo faceva parte della famiglia dei Montecchi, avversaria a quella dei Capuleti. “Aspetta, tu sei un Montecchi. Vero?” chiese Julia. Lui la guardò allarmato. In un attimo, aveva perso tutta la sua spavalderia. “Beh, sì, ma…”
“Non preoccuparti. Starò zitta.”
“Ti… ti ringrazio.”
“Tranquillo.”
“Perché? Perché non dirai niente?”
“Non so. Non mi preoccupa il problema delle due famiglie. La trovo una stupida rivalità.”
“Wow. Una sana di mente, finalmente. Sei coraggiosa, Giulietta.”
“Potresti... potresti chiamarmi Julia, per favore?”
“D’accordo. Non ne capisco il motivo, ma ok.”
Julia sorrise alla notte, stringendosi a Romeo, che non si oppose. Romeo le sembrava di mentalità troppo aperta per essere di quell’epoca. “Che possa essere come me?” si chiese speranzosa. Facendo finta di niente, buttò lì una domanda a caso. “Hai sentito l’ultima canzone di Avril?” chiese. Lui la guardò stranito. “Avril?” chiese confuso. “No, niente. Dimentica le mie parole.” Julia liquidò le domande con un gesto della mano. “Ehm, ok.” Rispose Romeo. “Ok. Non viene dal futuro.” Si disse Julia, leggermente delusa.
* * *
Un’ora e mezza dopo, Romeo e Julia erano seduti fianco a fianco sul bordo di una fontana. Julia era accoccolata fra le braccia di Romeo come se si conoscessero da sempre, e non le dispiaceva per niente. Ad un certo punto, sentirono una voce lontana chiamare la ragazza. “Julia!” urlò qualcuno. Lei si irrigidì. “È Andrea. Mi starà cercando.” Disse. Romeo non rispose e si alzarono. “Quindi?” chiese. “Non so. Ci rivedremo?” chiese Julia. Lui sorrise e annuì, facendo per andarsene. Poi ci ripensò e tornò indietro. Esitò un attimo e le posò un lieve bacio sulle labbra, prima di scappare. Julia rimase immobile, imbambolata. “Ehi, Julia. Eccoti!” esclamò Andrea avvicinandosi a lei. “Tutto ok?” chiese poi, vedendola immobile. Lei si riscosse. “Sì, sì. Tranquillo.” Disse, mentre con la mente era altrove e con ancora il sapore di quel minuscolo bacio sulle labbra.
 

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Capitolo 11
*** 11- ***


Julia era affacciata al balcone della sua camera, gli occhi fissi su un cielo stellato tanto limpido quanto luminoso. Era bellissimo. Individuò Orione, il Drago, i due Carri e il Cigno. Era intenta a cercarne altre, quando si perse nei suoi pensieri. A quattordici anni aveva letto Romeo e Giulietta, ma non ne ricordava quasi niente. Nella sua memoria era fissata solo la scena del balcone. Non ricordava come iniziava, e come finiva. Ma il balcone, oh, eccome se lo ricordava. “Se adesso succede come nel libro, appena torno a casa divento fan di My Little Pony.” Si disse Julia, prima di rabbrividire al pensiero. L’attimo dopo, pensò che qualcuno, lassù, la amasse e la odiasse allo stesso tempo. “Julia.” Sussurrò una voce da sotto di lei. Il cuore di Julia fece una capriola. La ragazza si affacciò dal balcone in maniera talmente repentina che per poco non cadde giù. Allarmata, con un colpo di reni cercò di riprendere l’equilibrio. Romeo, da sotto, si portò sotto di lei, pronto a prenderla e con un’espressione spaventata. Finalmente, dopo un momento in cui tutto restò con il fiato sospeso, Julia tornò in equilibrio. Entrambi sorrisero. “Tutto ok?” chiese a bassa voce Romeo. Julia annuì arrossendo imbarazzata. “Stavi per fare un gran bel volo, eh? Dal primo piano non è niente male.” Commentò Romeo. Julia si trattenne dal ridacchiare. Lui esitava, spostando il peso da una gamba all’altra, ma Julia non poteva aspettare. Con un agile salto, scavalcò il cornicione, stando bene attenta  a non cadere. Romeo si rimise sul chi va là. Era di nuovo pronto a prenderla al volo. Julia si trattenne dal sorridere di nuovo. Grazie ad anni di hip hop, si piegò agilmente su se stessa, afferrando la scanalatura del balcone per poi lasciare scivolare i piedi e dondolare nel vuoto. “Ma che fai?!?” chiese Romeo spaventato. “Tranquillo. Se trovo un cornicione…”
“Non ci sono cornicioni!”
“Oh. Potrebbe essere un problema.”
“Dici?”
“Quindi adesso… cosa faccio?”
“Riesci a tirarti su?”
“Non proprio…” rispose Julia mesta. Romeo rimase in silenzio per qualche secondo. “Non dire quello che sto pensando.” Lo ammonì Julia, seria. “Non vedo altro modo… devi buttarti.”
“Ma sei pazzo?”
“Fidati, ti prendo.”
“Guarda che non sono un fuscello, eh?”
“E allora? Hai un’idea migliore?”
“In effetti no…”
“Quindi che aspetti? Buttati!” esclamò Romeo. Julia prese un gran respiro, pregando di non farsi troppo male, e mollò la presa. Per un attimo, sentì il vuoto, poi le braccia di Romeo bloccarono la sua caduta rovinosa verso il terreno, prendendola a mo’ di principessa. Lui barcollò qualche secondo, trasalendo, prima di ritrovare l’equilibrio. “Ok, ci sono.” Sussurrò Romeo. Julia sorrise, stringendosi a lui. “Grazie.” Disse solo. “Non preoccuparti. Stai bene?” chiese lui, premuroso. Julia annuì. “Sono così leggera?” domandò poi. Lui ridacchiò. “Abbastanza. Niente che non possa sopportare.” Rispose Romeo. Julia sorrise e, esitando qualche secondo, gli lasciò un piccolo bacio all’angolo delle labbra. Lui avvampò, preso alla sprovvista. “Se ci vedono siamo nei guai, vero?” chiese Romeo. “Penso di sì… andiamo da qualche parte?” propose Julia. Lui annuì e la posò delicatamente a terra. “Sarei potuto salire io.”
“Con quale cornicione?” lui rise e le indicò il glicine di fianco al balcone. “È abbastanza resistente da reggermi.”
“Quindi, ho fatto un incontro ravvicinato col terreno per niente?”
“A quanto pare.”
“Avevi detto che non c’era altro modo!”
“Forse volevo che succedesse così.” Julia sorrise. “Grazie, nobile cavaliere.” Lo prese in giro. “Figurati, spavalda dama.” Rispose lui per le rime. Entrambi si misero a ridere. “Chi è là?” chiese una voce da una finestra lontana. “Oddio, è Assunta!” sussurrò allarmata Julia. I due si appiattirono contro il glicine, trattenendo il respiro. Julia si tenne la gonna gonfia premuta contro le gambe. Poi si ricordò di come tranquillamente Romeo avrebbe potuto avere una bella visuale durante la sua performance. Dire che divenne rossa come un pomodoro era riduttivo. “Non hai visto niente prima, vero?” lui la guardò confuso, prima di mettersi a ridere piano. “Figurati. Un nobile cavaliere non si abbassa a tale livello.” La canzonò. Julia ridacchiò. Si sporse e vide che Assunta era rientrata, chiudendo la finestra. Lasciò andare il fiato che aveva trattenuto troppo a lungo. “Andiamo via, prima di fare una brutta fine.” Propose. Romeo annuì. Julia si insinuò sotto il suo braccio, finendo come la sera precedente. Lui non si oppose e insieme se ne andarono verso la periferia della città, dove speravano di rimanere un po’ da soli. Dal balcone di Julia, un paio di occhi verde cupo osservarono i due allontanarsi.
 
*Spazio autrice*
Allora, premetto… voglia di scrivere pari a zero… proprio non sono dell’umore giusto per scrivere qualcosa di carino :’(
Chiedo perdono per aver stravolto la scena del balcone, ma in fondo questa è una what if? No? Non so nemmeno perché l’ho messa a rating giallo o.O mi sa che fra qualche capitolo ci scappa il morto… non mi va di cambiare il rating ahah.
Spero di ottenere almeno una relazione… anche per dirmi che la storia è uno schifo e che mi dovrei ritirare, sarebbe comunque un segno di vita -.-…. Sperando che qualcuno si muova a compassione *occhi dolci e supplicanti* vero S. e A.? Boh, io qui avrei finito… notte a tutte/i…
Ranyadel
 

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Capitolo 12
*** 12- ***


“Altro che periferia… qui siamo in campagna, ormai.” Fece notare Julia. Romeo sorrise. “Abbiamo camminato un po’ troppo, mi sa.”
“Ma no, non ci ero arrivata, sai?” ribatté Julia. Lui si mise a ridere. “Sei diversa dalle altre ragazze. Sono tutte finte. Tu sei speciale. Sei incredibile.” Disse di punto in bianco. Julia appoggiò la testa sulla spalla di lui mentre le sue gote si tingevano di un rosa tenue. “Grazie. Di tutto. Da quando mi hai salvata durante il ricevimento ad adesso.” Sussurrò ad un soffio dal suo viso. “Cosa avevi, al ricevimento? Sembravi terrorizzata…” Julia abbassò lo sguardo. “Non l’ho mai detto a nessuno… sono lievemente antropofobica. Ho il terrore di stare in mezzo alla gente.” Disse con un filo di voce, mentre una lacrima le scivolava lungo il viso. “Ehi, tranquilla. Va tutto bene.” La rassicurò Romeo dolcemente. “Fa male pensarci. Non saprei in che altro modo dirlo… fa male. Molto.” Continuò Julia, asciugandosi le lacrime che non riusciva a bloccare. Ma niente, non si fermavano. Romeo la cinse in un abbraccio e Julia trovò conforto nel suo petto ampio e muscoloso. Lui le posò un bacio sulla fronte, tenendo premute le labbra a lungo. “Non eri costretta a parlarmene se sapevi che ti avrebbe fatto così male.” Disse poi, asciugandole il viso con un dito. “Lo so, ma… volevo parlartene. Lo sa solo…” e così dicendo si fermò. Non si ricordava il nome della sua migliore amica. Non se lo ricordava proprio. “Dovrò dare una lettura a quelle pagine…” si disse Julia allarmata. “Chi lo sa?” chiese Romeo, per aiutarla. “L… Li… Lila. Ecco, Lila. Era la mia migliore amica.”

“Come, era?”
“Ci hanno separato qualche giorno fa… non so se la rivedrò mai.”
“Ehi, il mondo è piccolo, lo spazio è questo.”
“Ma non il tempo.”
“In che senso?”
“Non capiresti.”
“Posso provarci.”
“È una cosa più grande di te, di me, di tutti.”
“Ma posso provare a starti dietro.” Ripeté Romeo, testardo.
“Mi prenderesti per pazza.”
“Mai.”
“Fidati, mi vedresti come una strana ragazza con le traveggole.”
“Nemmeno. Sei diversa, solamente.” Ribatté Romeo, convinto. Julia prese un gran respiro. “Solo, giura che non te ne andrai.” Disse solo. Lui annuì, lasciandole un tenero bacio sulle labbra. Julia sorrise e, tutto d’un fiato, gli raccontò la sua storia, parlando anche di Andrea. “E adesso non sappiamo come tornare indietro. Per questo all’inizio ti ho chiesto se hai ascoltato il nuovo singolo di Avril, che è la mia cantante preferita. Non volevo chiedertelo direttamente: vieni dal futuro? Ma al contempo dovevo saperlo.” Finì Julia. Romeo era scioccato. Sembrava indeciso fra il crederle o no. Julia abbassò lo sguardo. “Non dirmi che non ti avevo avvertito… ma te lo giuro, non sono pazza. È la verità.” Aggiunse Julia, mesta. “Lo so che è difficile da accettare.”
“Ti credo.”
“E so che probabilmente non vorrai più parlarmi…” continuò Julia senza sentirlo. “Ehi. Ti ho detto che ti credo.” La interruppe Romeo, carezzandole il viso. Julia lo guardò a bocca aperta. “S… sicuro?” chiese speranzosa. Lui sorrise. “Non avresti motivo di inventare una storia del genere, vero? Deve essere la verità.” Le disse dolcemente. Stavolta era Julia a non credere alle proprie orecchie. Di colpo, gli saltò al collo, abbracciandolo più forte che poteva. “Perché? Perché mi credi e non te ne vai?”
“Perché anche se so che ti ho conosciuta ieri, penso di essermi innamorato di te. Ti credo perché ti amo e non voglio perderti.” Rispose Romeo a bassa voce. Julia rimase paralizzata. “Romeo…” disse solo, prima di interrompersi e guardarlo negli occhi celesti. Delicatamente, si baciarono, facendo entrare in collisione le loro lingue. Sembravano non riuscire a separarsi, come se avessero bisogno di quel bacio come fosse aria. Si separarono dopo qualche minuto e si guardarono, sorridendo increduli.
* * *
“Saresti in grado di cantare qualcosa di Avril?” chiese Romeo esitando sul nome. Julia annuì. “Le so quasi tutte. Perché?”
“Me ne faresti sentire una?”
“Non sono brava a cantare.”
“Non ci credo.”
“Sul serio.”
“Ti prego.”
“Ma perché?”
“Voglio fare parte del tuo mondo. Ti prego, non negarmi questa occasione.” Chiese Romeo con sguardo supplicante, prendendole le mani. Julia sorrise commossa. “Grazie. Di tutto.” Disse di nuovo, abbracciandolo e posandogli un bacio sulle labbra. “Allora?” chiese lui speranzoso. Julia sorrise e iniziò a cantare le note di I love you. Romeo, alla fine, le regalò uno sguardo pieno di ammirazione e amore. “Canti benissimo.” Le disse solo. Julia arrossì. “Non è vero…”
“Fidati, sei bravissima.”
“Se lo dici te.”
“Lo dico io.”
“E allora grazie.”
“Solo una cosa.”
“Ovvero?”
“Non ho capito una parola.” Confessò Romeo, come imbarazzato. Julia scoppiò a ridere, quella risata adamantina che incantava ogni volta Romeo. “Avril canta solo in americano. In poche parole, il significato è che ti amo.” Disse solo, prima di baciarlo.
* * *
Julia sentiva i rami del glicine premerle sulla schiena, ma non le importava. Era troppo impegnata nella battaglia che si stava svolgendo nelle loro bocche. erano tornati da poco sotto casa di Julia. Romeo la baciava con una passione incredibile, tenendola per i fianchi. Le mani di Julia, invece, erano strette attorno ai capelli biondissimi di Romeo, stringendoli delicatamente. Aveva il fiatone. “Ti amo.” Sussurrò quando si interruppero. “Anche io.” Rispose lui, ad un soffio dal ricominciare a baciarla. Julia lo interruppe. “È tardi. Devo andare.” Disse solo. Romeo sospirò e annuì. “Hai ragione. Ci vedremo domani, vero?” chiese speranzoso. Julia sorrise e annuì. Romeo, lasciandole un bacio sotto il lobo, le chiese: “Vuoi una mano?” Julia fece un cenno d’assenso. Romeo la afferrò per i fianchi e la sollevò più in alto che poteva, facendola aggrappare al glicine. Le ballerine terribilmente antiquate scivolavano sulle foglie. Julia imprecò. “Proprio una ragazza a modo.” Commentò da sola. Quando arrivò al balcone, si sporse di nuovo. “A domani.” Disse solo, portando la mano alla bocca, rivolgendogliela e soffiandoci sopra, come a mandargli un bacio. Lui fece lo stesso e se ne andò silenzioso nella notte, continuando a guardarla fino a che non si persero di vista. Julia sospirò, trasognata, e fece per voltarsi per entrare nella sua camera, quando sbatté contro il petto di qualcuno. “Andrea! Oddio, mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò spaventata. “Non puoi stare con Romeo.” Disse lui, duro. Julia sbuffò, inasprendosi. “Pensavo che quelli del ventunesimo secolo fossero di mentalità più aperta.”
“Non è questo. Non puoi, e basta.”
“Perché?!?”
“Non hai mai letto il libro di Romeo e Giulietta!?!”
“No, a dire il vero!”
“Ti stai lasciando condizionare dalla storia! Stai seguendo la trama passo passo!”
“E allora?!?”
“Non puoi arrivare fino in fondo!”
“Dimmi perché!”
“Perché alla fine muoiono entrambi!” urlò Andrea irato. Julia rimase paralizzata. “No, no, no.” Disse solo.
 
 
 
* spazio autrice *
Ciao ragazze barra ragazzi!!
Piaciuto il capitolo fluff???
Allora so che stanno andando veloce… ma il colpo di fulmine è il colpo di fulmine, eh? Ahahah XD
Comunque. Riguardo all’inizio. Alcuni prenderanno come esagerata la reazione di Julia quando parla con Romeo di avere paura delle altre persone. Fidatevi, ci si sente così. Fa male, ci si sente attanagliare il cuore. Come lo so? Eh… indovinate :’(
Vorrei sapere cosa ne pensate di questo capitolo bello lungo per i miei standard!!
Ciaooo a tutti!!!!!
Ranyadel

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Capitolo 13
*** 13 ***


Premessa: ho provato a toccare l’argomento in modo superficiale, ma sono descritti due omicidi. Per i deboli (ma deboli deboli, perché non penso faccia ribrezzo) di stomaco, contrassegnerò la parte in questione con ▪ ▪ ▪.
 
Romeo camminava in mezzo alla boscaglia, la mano stretta convulsamente sull’elsa della
spada. Di fianco a lui, Mercuzio era nervoso. Si capiva da come la sua mano impugnava l’arco. “Romeo, siamo nella zona dei Capuleti. Se ci trovano non so che cosa possa succedere.”
“Dobbiamo sperare che non ci trovino.”
“E se ci trovassero?”
“Si vedrà.” Rispose Romeo duro. “Dov’eri ieri sera?” domandò di nuovo Mercuzio. “Non. Sono. Affari. Tuoi.” Scandì Romeo. “Va bene, va bene. Dati una calmata.” Esclamò Mercuzio.
Romeo sbuffò. “Scusa. Sono nervoso.”
“Ma no, sul serio?”
“Spiritoso.”
“Ma perché?”
“Lunga storia.” Rispose vago Romeo. Non voleva parlare di Julia. Nonostante si fidasse ciecamente di Mercuzio, Julia era una Capuleti e lui un Montecchi. Non avrebbe capito. La
rivalità fra le due famiglie era troppo radicata. Un fruscio lo disolse dai suoi pensieri. Puntò la spada nella direzione dalla quale proveniva il lieve rumore. Quando chi l’aveva causato si fece vedere, con un flebile “Fermo, sono io!”, si sentì morire.
* * *
Julia era stesa sul letto, con le lacrime incrostate sul viso. Qualcuno bussò. “Non ci sono.”
Tentò con voce rotta lei. Andrea non se ne curò ed entrò. “Sto andando. Volevo dirti questo.” Disse laconico. La guardava con un misto di pietà e timore. Sapeva di aver rovinato tutto con le sue parole. “Dove andresti?”
“Con Tebaldo. Ci procuriamo la cena.” Rispose lui. Aspettò un segno da Julia, ma lei rimase immobile. Così, sospirando, se ne andò.
Julia ripensò a tutto quello che le era stato detto il giorno precedente. Andrea le aveva raccontato tutta la storia. Prima il ballo, poi il balcone, e la battuta di caccia finita in tragedia.
L’esilio, la disperazione e l’equivoco. Infine, la morte. Alt. Rewind. Battuta di caccia finita in
tragedia?? Oh, no. Non poteva permetterlo. In pochi secondi, decise cosa fare. Scattò in piedi e prese dall’armadio uno dei suoi abiti che aveva creato il primo giorno. Un semplice completo, maglietta e pantaloni, comodo e soprattutto utile per correre in mezzo agli alberi senza sembrare una pazza alla “Biancaneve”. Si cambiò in tre secondi e raccolse i capelli in una coda alta per evitare di farsi intralciare. Poi uscì dal balcone e superò la balaustra, calandosi grazie al glicine. Nessun Romeo l’avrebbe presa al volo, stavolta. Quando fu a due metri da terra, si lasciò andare. Le caviglie chiedevano pietà, ma Julia non le ascoltò e si mise a correre verso l’unico bosco nei pressi di Verona. “Ti prego, fa che arrivi in tempo.” Si disse implorante. Era entrata dal bosco da pochi minuti, quando sentì delle voci. Una le era ignota, ma l’altra l’avrebbe riconosciuta fra mille. Si affannò in quella direzione, per ritrovarsi con una lama puntata al centro della fronte. “Fermo, sono io!” disse spaventata.
* * *
“Julia! Cosa ci fai qui?” chiese Romeo, sgranando gli occhi. “Potresti farmi il sacrosanto favore di togliermi la lama dal viso?” chiese lei tremante. Romeo si accorse solo in quel momento che aveva continuato a tenerla sotto tiro. Buttò subito la spada dietro di sé e Julia si fiondò fra le sue braccia. “Ehm, devi dirmi qualcosa, Romeo?” chiese Mercuzio, ironico. “Dopo. Adesso dovete venire via da qui, vi prego. È pericoloso.” Disse Julia affannata. Mercuzio non l’aveva presa seriamente, ma Romeo sì. “Cosa succede?” chiese. “So… so cosa succederà adesso. Sono venuta qui per avvertirvi. Dovete andare via subito, ti spiegherò più tardi.” Disse lei frenetica. Le sembrava che nessuno dei due capisse il concetto. Cosa volevano, un’insegna lampeggiante? Pericolo. State per essere aggrediti da mio cugino che in realtà non è mio cugino che siccome è una testa calda vuole fare fuori qualcuno. Pericolo, allontanarsi. Suonava alquanto bizzarro. Julia non fece in tempo a ripetere il concetto, che sentì la voce di Andrea. “Julia…” diceva. Lei si voltò. Si sentì morire: davanti a loro, c’erano Andrea e Tebaldo. “Cosa ci fai con mia cugina?” chiese quest’ultimo rabbioso, rigirandosi l’elsa fra le mani. “No, no, Tebaldo, stai fermo. Non fare qualcosa di cui potresti pentirti!” Provò a convincerlo Andrea. “Ripeto. Cosa. Ci fai. Con mia. Cugina?” chiese Tebaldo, alzando la voce e ignorando arrogantemente Andrea. “Sono stata io a venire qui.” Disse lei, frapponendosi fra i due schieramenti. “Fai attenzione.” Le sussurrò Mercuzio alle sue spalle. “Ma che razza di codardo sei, si può sapere?!? Farsi fare da scudo da una ragazza?!? Devi proprio capire come va il mondo.” Si disse Julia. Fortunatamente, Romeo non era come Mercuzio. Infatti, la scostò con fare gentile ma deciso, portandola dietro di sé. “Non voglio arrivare a questo.” Avvertì poi, alzando la spada. “Io non vedo altro modo per sistemare la faccenda.” Sibilò Tebaldo. “No, no!” urlò Julia. Lui la ignorò. Romeo, invece, si voltò verso di lei. “Vai via. Ci pensiamo noi.” Stava dicendo. Proprio mentre Tebaldo caricava alle sue spalle con la spada a mo’ di lancia. “Attento!” urlò Julia atterrita. Romeo si voltò lentamente e vide la morte in faccia.
▪ ▪ ▪
La spada stava per colpirlo, quando Mercuzio si mise fra i due. La lama gli trafisse il petto, uscendo di una spanna dalla schiena. Tutti rimasero col fiato sospeso dall’orrore. Mercuzio era immobile, con sguardo incredulo. Non sembrava volersi accasciare. La sua persistenza rendeva il tutto ancora più straziante. Poi, lui tossì, sputando gocce di sangue sul viso di Tebaldo, per poi cadere a terra. La spada si sfilò dal suo petto e un alto zampillo di sangue sgorgò dalla ferita come da una fontana. Julia urlò dall’orrore. Romeo, invece, dal dolore. Senza pensarci, prese la spada e la abbatté in diagonale su Tebaldo, tagliando come burro la morbida pelle del collo per poi scontrarsi con la clavicola. Il contraccolpo diramò nei suoi polsi una violenta fitta di dolore. Altro sguardo incredulo, altro zampillo alto e orribile. Altra vittima di un una faida insensata. Romeo si accorse di quello che aveva fatto solo quando sentì Julia cadere in ginocchio. Era paralizzata. Sembrava non riuscire a respirare. E, peggio di tutto, lo guardava come se fosse un estraneo. Con la stessa paura di un cervo davanti al cacciatore. “Oddio.” Disse solo lei. Finalmente, il nodo alla gola sembrò sciogliersi e Julia scoppiò a piangere.
▪ ▪ ▪
Andrea si precipitò da lei. Romeo era incapace di fare qualsiasi cosa. “Vai via. Scappa, subito. Ci penso io a Julia.” Disse Andrea cingendola con le braccia e cercando di tirarla in piedi. “No, non me ne vado.” Si impuntò Romeo ancora imbambolato. “Non lo capisci? Lei era venuta per avvertirvi di cosa sarebbe successo adesso. Non le avete dato ascolto ed eccovi qui. Anzi, eccoti. Adesso te lo dico io: vai via, se ci tieni a rivederla.” Lo ammonì duro Andrea. Romeo avrebbe voluto sapere cosa intendeva Andrea, ma sentì delle voci. “Eccoli lì!” urlò qualcuno da lontano. Lui fece l’unica cosa che gli venne in mente: si mise a correre. Udì solo una voce sconosciuta dire il suo nome, poi più niente. Quando arrivò a casa, si accasciò sul letto. Per la prima volta dopo tanti anni, scoppiò in un pianto a dirotto.
 

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Capitolo 14
*** 14 ***


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"Hai idea di cosa hai fatto?!" chiese il "padre" di Julia, stravolto dall'ira. Lei rimase in silenzio, gli occhi vacui, il cuore svuotato, in piedi in mezzo alla sua camera.

Era stata una cosa orribile, vedere Romeo assassinare Tebaldo. Non tanto per l'assassinio - certo, anche quello la stava dilaniando - ma per il fatto che, nella sua mente, Romeo era il ragazzo perfetto, un angelo sceso dal cielo solo per lei, con un cuore enorme. Vederlo uccidere le aveva distrutto quest'immagine, mostrandogli la veritá per com'era davvero: Romeo era solo una persona come tutte le altre, con emozioni e istinti, e come tale aveva agito quando si era visto portare via il migliore amico.

Julia lo aveva visto come un assassino, spietato e assetato di sangue e vendetta.
E allora perchè non riusciva a non amarlo?

Perchè nonostante tutto, lo amava come e più di prima.

Nonostante fosse una persona come tutte le altre.

"Mi senti, quando parlo?!" chiese il padre, con gli occhi fuori dalle orbite e il viso paonazzo. Julia non rispose, ancora persa nei suoi pensieri. Il padre le tirò un violento manrovescio, che la fece cadere a terra. Andrea si precipitò da lei, cercando di farla rialzare, ma niente, Julia non collaborava. Era seduta a terra, come una marionetta cui hanno tagliato i fili.
Era straziante vederla così spenta.

"Non lo rivedrai mai più, chiaro?! Non rivedrai mai più quel cane che ha ucciso Tebaldo! Quel bastardo dovrà uscire dalla tua vita!" urlò di nuovo il padre.

Forse fu questo, che accese una nuova scintilla in Julia. Diversa da quella di prima: la precedente era illuminata di tutti i colori possibili, così come lei era animata da tutte le emozioni esistenti. La nuova fiamma, invece, era nera, colma di rabbia, frustrazione e rassegnazione.

Ma è sempre meglio una fiamma che può portare calore, che il freddo più totale.

"Prova a dirlo ancora." disse fra i denti. Il padre la guardò, troppo sorpreso per essere arrabbiato. “Cosa hai detto, scusa?” chiese. “Ti ho detto di provare a ripeterlo, se ne hai il coraggio.” Disse Julia, scattando in piedi, mentre quella fiamma divampava potente come poche volte. Il padre tornò ad essere paonazzo e le diede un altro manrovescio, infierendo sulla guancia già colpita e lasciandoci un segno violaceo. Prese Andrea per un braccio e lo trascinò fuori dalla camera. “Impara a portarmi rispetto, ragazzina.” Disse prima di chiudere la porta a chiave. Julia rimase in mezzo alla camera, mentre sentiva di essere vicina all’esplodere. Urlò di rabbia e tirò un pugno allo specchio. I frammenti caddero a terra con un rumore di pioggia. Julia prese un frammento e con esso stracciò le tende e rigò tutto quello che le capitò sotto mano. Doveva sfogarsi. Tirò calci dappertutto, divelse il materasso, distrusse la sedia.

Era incredibile quanta forza si nascondesse in lei, liberata solo dalla furia.

Passò circa mezz’ora, in cui Julia infierì anche sul suo corpo. “Julia, cosa stai facendo?!” chiese la voce di Andrea. Si era arrampicato sul balcone, proprio come Romeo. Julia si sentì infiammare ancora di più. Sconvolta com’era, le sembrò che Andrea volesse copiare Romeo. Si avvicinò a lui e gli tirò un pugno nello stomaco, lasciandolo senza fiato. “Tu, non hai fatto niente per impedire lo scempio! È anche colpa tua se adesso sono così!” urlò. Andrea le prese per i polsi e la costrinse contro un muro. Julia gli tirò una ginocchiata in mezzo alle gambe, ma lui resistette stoicamente. “Julia, calmati!” urlò. Lei si fermò, ancora col fiatone. Si guardò intorno e scoppiò a piangere. Crollò contro il muro, scossa da singhiozzi che la facevano tremare. “Ehi, tranquilla.” Le disse Andrea con tono conciliante. “Cosa posso fare?” chiese lei. Andrea si morse il labbro. “Potresti seguire la storia.” Sussurrò. “Ovvero? Non ho mai saputo la storia di Romeo e Giulietta.”

“Giulietta, per non sposare Paride, beve una specie di pozione che la addormenta e la fa sembrare morta, secondo le indicazioni di un prete. Il prete manda un messaggio a Romeo per spiegargli la situazione, ma non arriva mai a destinazione. Così, quando Romeo va alla sua tomba e la vede morta, si suicida per amore. Nello stesso momento, Giulietta si sveglia e lo vede morire, così lo imita.”

“E questo dovrebbe aiutarmi? A cosa serve, se tanto dovremo morire?”

“Stavolta sarà diverso.”

“E come fai a dirlo?”

“Perché stavolta non c’è un messaggero. Ci sono io.”

***

“Romeo, te l’ho già detto, non posso salvarti.”

“La prego, signore, farò qualsiasi cosa.”

“Hai già fatto abbastanza. Devi scegliere: la morte o l’esilio. Se non fossi stato mio amico, ti avrei condannato direttamente.”

Era da molto che andava avanti quella conversazione, ormai, fra il principe e Romeo. La morte o l’esilio. Romeo non era sicuro quale delle due cose fosse più crudele: dargli una scelta o no.

Non poteva vivere senza Julia.

Ma non poteva morire, le avrebbe spezzato il cuore. Chissà, magari per la disperazione si sarebbe potuta suicidare. Non voleva correre il rischio.

Ci pensò su qualche minuto. “Esilio.” Disse poi, con tono rassegnato. Il principe annuì. “Dovrai andartene il prima possibile. Se entro stanotte non sarai lontano, dovrò ucciderti.”
“Posso salutare la mia famiglia?”

“Mi sembra doveroso.”

“I miei amici?”

“D’accordo.”

“E… Julia?”

“No.”

“La prego, signore, devo vederla un’ultima volta.”

“Romeo, hai ucciso suo cugino. Pensi che la sua famiglia sarebbe contenta di vederti? Non aggiungere la beffa al danno.” Disse il principe flemmatico. Romeo sospirò, mentre sentiva gli occhi pizzicare. “Davvero, Romeo, non avrei mai voluto che finisse così. Ma la legge è la legge, anche per me. Mi dispiace.” Disse il principe, prima di congedarlo.

Quella sera, Romeo se ne andò.

Quella sera, Romeo ricevette la notizia che Julia era morta.

***

“Ok, questo è il veleno. Dormirai per due giorni, sembrerai completamente morta. Fidati, quando ti sveglierai Romeo sarà con te. Potrete scappare.” Disse Andrea. Julia annuì. “Ci vedremo, dopo?” chiese, per prendere tempo. Era terrorizzata. E se non avesse funzionato??

“Tranquilla. Andrà tutto bene.” Disse lui. “Non mi hai risposto.” Notò Julia. Lo vide esitare. “Penso che le nostre strade si divideranno.” Rivelò lui. Julia si sentì stringere il cuore. Lo abbracciò, consapevole che quello poteva essere un addio. “Grazie di tutto.” Disse solo. Lo sentì ricambiare. Rimasero abbracciati fino a quando non sentirono dei passi. Andrea la guardò allarmato e le consegnò la boccetta. Julia bevve in fretta. “Addio.” Disse solo, prima di cadere addormentata. Nello stesso momento, la porta si aprì, mostrando Assunta. La donna urlò nel vederla crollare così. “L’avete uccisa!” urlò subito. Andrea sgranò gli occhi e scosse la testa. “Non è come pensa!” urlò. Troppo tardi, Assunta era già scappata. Tornò pochi secondi dopo con una guardia, che prese Andrea per un braccio e lo immobilizzò torcendoglielo dietro la schiena. Così aggrovigliato, lo trascinò nelle segrete. “Julia!” urlò Andrea un attimo prima di vedersi chiudere la porta della cella.

 

 

*Angolo autrice*

Sono tornataaaaa XD non aggiornavo dal 13 dicembre dell’anno scorso!! Oddio o..o poi mi sono detta che quattro storie aperte sono troppe e ho deciso di chiudere questa. Tanto mancano pochi capitoli, due o tre.

E adesso?? Cosa succederà a Julia?? Contava sull’aiuto di Andrea… ma ora che lui è in prigione, cosa impedirà a Romeo di uccidersi??

BUAHAHAHAH.

Alla prossimaaa :*

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Capitolo 15
*** 15 ***


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Era passato un giorno, da quando Romeo aveva saputo della morte di Julia. Si era sentito morire con lei. Aveva desiderato di suicidarsi, solo per raggiungerla, e così avrebbe fatto. Ma prima voleva rivederla, un’ultima volta.

Come, però? Era stato esiliato da Verona, se ci fosse tornato l’avrebbero giustiziato.

Pensò che era arrivato il momento di utilizzare la sua amicizia col principe.

***

Romeo era alle porte di Verona. Quando la guardia lo aveva visto, aveva minacciato di ucciderlo seduta stante, ma dopo un po’ di tempo – e dietro compenso – Romeo era riuscito a ottenere il permesso di parlare col principe, a patto che rimanesse fuori dal territorio di Verona.

“Romeo, cosa ci fai qui? Ti avevo detto di andartene.” Disse il principe appena lo vide. “Le devo chiedere un favore, signore.” Disse lui inginocchiandosi. “Un altro? Non hai già ricevuto abbastanza favori, da parte mia?” chiese l’altro, leggermente scocciato. “È importante, la prego.”

“Si tratta di Giulietta, vero?”

“Sì.”

“Ho sentito della sua morte. Assunta, la sua nutrice, dice di aver visto Andrea nella sua camera mentre lei moriva. Aveva in mano una boccetta, forse c’era veleno. Adesso Andrea è nelle segrete del palazzo Capuleti. Giulietta è nel cimitero, la seppelliranno stasera.”

“La prego, mi permetta di vederla un’ultima volta. Poi me ne andrò.” Fece Romeo, supplicante. Il suo sguardo era posato a terra, ma poté sentire il principe sospirare. “Hai due ore. Poi non tornare più.” Disse.

***

Quando Romeo fu in città, fu indeciso se andare prima da Andrea o da Julia. Voleva farla pagare al primo, ma sapeva bene che ogni istante che passava era più vicino alla sepoltura di Julia. Decise quindi di correre verso il cimitero.

Quando arrivò alla camera ardente, la trovò vuota. In mezzo ad essa, c’era Julia. Vederla così gli straziò il cuore: pallida, con le occhiaie scure e le labbra violacee. Si chinò accanto al suo cadavere, mentre sentiva calde lacrime attraversargli il viso. Rimase immobile per quelle che gli sembrarono ore, mentre le lacrime scendevano silenziose, senza nemmeno un singhiozzo. Quando si decise ad alzarsi, prese da una tasca una piccola fiala.

Aveva sentito che Julia era morta avvelenata.

Voleva fare la sua stessa fine.

Per un attimo, rimase indeciso. Non poteva negarlo, aveva paura. Non sapeva come sarebbe stato morire avvelenati. Poi guardò Julia e si decise.

Stappò la fiala, gettando in un punto a caso della stanza il tappo.

“Alla salute.” Disse con un lieve sorriso mesto.

Avvicinò esitante la fiala alla bocca e chiuse gli occhi.

Appena il bordo di vetro si posò sulle sue labbra, però, qualcosa gliela strappò dalle mani. Romeo sentì il rumore di vetri infranti.

“Che non ti passi nemmeno per l’anticamera del cervello di fare una cosa del genere, chiaro?” chiese qualcuno con voce roca.

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Capitolo 16
*** 16 ***


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“Che non ti passi nemmeno per l’anticamera del cervello di fare una cosa del genere, chiaro?” chiese qualcuno con voce roca. Romeo trasalì, spaventato a morte. Era sicuro di essere da solo. Guardò verso Julia.

Aveva gli occhi aperti e lo fissava truce.

“Ripeto, chiaro?!” disse poi.

A quel punto, Romeo si convinse di essere veramente sveglio.

Si alzò in piedi e rimase qualche secondo immobile, troppo sorpreso per reagire.

“Stai bene?” gli chiese Julia con un piccolo sorriso, nel vederlo così spaventato.

Lui scosse la testa, facendola ridere.

“Insomma, mettiti nei miei panni. Ho appena visto resuscitare un morto.”

“Oh, ma io non ero morta.”

Quella conversazione aveva un che di insensato e incredibile. Julia gli spiegò tutta la situazione. “Quindi, non devo aver paura?” chiese Romeo. Julia lo guardò in un modo che non gli lasciò dubbi.

“Ok, sei davvero tu, questo non è un sogno e… Dio, sei viva!” urlò, abbracciandola più forte che poteva. Lei ricambiò, prima di far scontrare le loro labbra in un bacio pieno di ogni emozione possibile.

Finalmente, la fiamma tornava a brillare di tutti i colori.

Finalmente, Julia tornava a vivere.

 

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Capitolo 17
*** the end ***


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Era passato un mese da quando Julia si era finta morta.

Quando si era risvegliata, aveva saputo da Romeo cosa era successo in quelle ventiquattro ore così strane.

Erano riusciti a far liberare Andrea. Era stato difficile: il tempo di Romeo stava per scadere e Julia non poteva farsi vedere, ma lui aveva parlato col principe, che aveva ordinato di liberare il presunto assassino. Erano scappati, rifugiandosi a Milano. Faceva uno strano effetto vederla così.

Ed era successa una cosa incredibile.

***

Lì, trovarono quella che sarebbe stata la casa di Julia. Era disabitata. Julia corse dentro e ci aveva  trovato uno specchio, identico al suo. “Io l’ho sempre saputo, che casa mia è vecchia tanto da fare invidia al Colosseo.” disse. “Julia, guarda.” sussurrò Romeo, indicato spaventato lo specchio. Lei si voltò e impallidì. Lo specchio rimandava le loro immagini.

Vestite come ragazzi del ventunesimo secolo.

“Oddio, non ci credo!” urlò in preda alla gioia. Sarebbe potuta tornare a casa. “Andiamo!” disse Andrea, entusiasta di poter tornare nei suoi tempi. “Arriviamo, Internet! Quanto mi sei mancato!” fece invece Julia gongolante. I due si diressero verso lo specchio, ma Julia si fermò quando vide Romeo esitare. “Non sono sicuro.” Disse lui. “Perché?” chiese Julia, confusa. “Insomma, voi conoscete il vostro tempo. Io no. Sono nato qui e ho sempre vissuto qui, non riuscirei mai a trovarmi a mio agio, diciamo, fra cinque o sei secoli.”

“Ehi, anche noi venivamo da un posto completamente diverso.”

“Sì, ma voi conoscevate il vostro passato perché era già passato. Io non conosco il futuro.” Disse con lo sguardo basso. Julia sorrise intenerita e gli si avvicinò. “Nessuno conosce il futuro. Non conosceresti il tuo nemmeno qui, così come noi non conosciamo il nostro lì. Però pensaci. Qui tu sei esiliato. Lì avresti una nuova vita. Potresti ricominciare da capo.” Disse, con gli occhi pieni di una supplica silenziosa. Romeo esitò un attimo, poi disse: “Se tu sei così sicura, ok.” Julia esultò e lo prese per mano. Superarono in un attimo il portale, ritrovandosi nella camera di Julia. Lei si guardò attorno e per poco non le venne da  ridere. “Sono ancora le due di notte di quella sera.” Disse incredula. Romeo e Andrea la guardarono confusi. “Io sono finita in quello specchio alle due di notte di questa giornata. Il tempo si è fermato.” Spiegò emozionata. Si guardò intorno, felice di essere di nuovo a casa, mentre Andrea baciava il computer. “Santa tecnologia!” continuava a ripetere. Romeo era immobile in mezzo alla stanza, spaesato, così Julia gli mostrò tutto, facendogli una lezione in breve di tutto quello che si era perso in quegli ultimi cinquecento anni.

***

“Ti manca la tua vecchia vita?” chiese un giorno Julia. Romeo ci pensò un po’ su. “No.” Disse solo. “Ormai, è questa la mia vita.” Aggiunse. Julia sorrise.

Andrea era tornato a Como, Romeo aveva trovato un posto dove stare vicino a casa di Julia e si era ambientato quasi perfettamente. Certo, aveva ancora molto da imparare. Ma aveva ancora una vita davanti. A volte lo spaventava, ma ehi, aveva deciso lui di farlo.

Per Julia.

Il resto della loro vita…

Detto così poteva davvero far paura.

Ma insieme non poteva poi essere tanto male, no?

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