io.tu.noi.

di sunset92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


io.tu.noi

L'amicizia è come la musica: due corde parimenti intonate vibreranno insieme anche se ne toccate una sola.”


Francis Quarles


IO.TU.NOI

1.

Piove fuori. Forte. Io sono seduta davanti alla finestra della mia camera a rimuginare sui miei errori, le mie angosce ed i miei difetti. Perché le giornate di pioggia hanno una cattiva influenza su di me: mi fanno pensare alle cose tristi.

Ero da poco tornata da scuola, era stata una mattinata di inferno: L'insegnante di matematica mi aveva interrogato alla lavagna risolvendo dei logaritmi, ma io odio l'aritmetica. E l'aritmetica odia me. Diciamo che non siamo proprio compatibili ecco. Sto cercando di svolgere in bianco su nero una disequazione di secondo grado. A volte mi chiedo perché le abbiano inventate. Insomma non erano già abbastanza le equazioni? Nossignore, è necessario complicarsi la vita anche con il sussidio delle cugine: le disequazioni. E sono anche una grande famiglia: le equazioni hanno delle sorelle maggiori le equazioni di secondo grado. Idem per le cugine. Non riuscivo a risolvere l'equazione, mi sentivo male avevo bisogno di una boccata d'aria, non avevo fatto colazione prima di venire a scuola e mi sentivo debole. Sentivo che la professoressa mi stava suggerendo di riguardare meglio la disequazione poiché un segno non era corretto, non appena caddi di lato davanti agli occhi sgranati dell'intera classe. Mi risvegliai in infermeria, la bidella mi aveva portato una di quelle merendine con “più latte e meno cacao” come si sente sempre dire nelle pubblicità e intorno a me vidi alcuni miei compagni: erano Giulia, Matilde e Fabio. Giulia è la prima della classe, ha il massimo dei voti in tutte le materie, siamo amiche da quando frequentavo entrambe atletica leggera dall'età di dieci anni. Siamo amiche però non è la mia migliore amica. La migliore amica è qualcosa di speciale, qualcosa che non si trova su un annuncio esposto ai pali della città o in un sito internet. Arriva quando meno te lo aspetti, quando pensi che sia tutto finito, che non ci sia più speranza per te. Matilde è la mia compagna di banco attuale, andiamo d'accordo ma per me è solo una compagna di classe, niente di più. Fabio è nella mia classe da un anno poiché si era trasferito da poco qui a Bologna. Lui viene da un piccolo paese nel padovano e, come me, odia la matematica.

“Tutto bene Aurora?” (a proposito non avevo ancora detto il mio nome...ora lo sapete!)

“Sì Giuly, è la prima volta che mi succede di star male in classe”. Risposi io.

“C'è sempre una prima volta!” Disse Fabio cercando di sdrammatizzare.

“Ci hai fatto prendere un bello spavento!” Gridò Matilde ancora scioccata per l' accaduto.

“Penso di aver avuto un calo di zuccheri...stamattina non avevo fatto colazione”.

“Quante volte la Professoressa Cocchi ci ha spiegato dell'importanza di seguire regolarmente i pasti e del soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico giornaliero?! E tu mi arrivi dicendo una cosa del genere?! Se ti avesse sentito lei avresti già un bel due sul registro”. Disse Fabio con ironia

“Calma calma! Di solito faccio sempre colazione! Solo oggi non l'ho fatta! E poi io odio la Cocchi tanto quanto la materia che insegna!” Risposi animatamente io.

“Io invece adoro la Cocchi quasi quanto lei adora me!”

“Fabio Mascia, tu fai sempre il lecca piedi con lei! Per forza di adora!” Disse scherzosamente Matilde.

“Sì ma io lo faccio con stile! Non è facile essere il cocco degli insegnanti occorre molta classe!”

“Ma piantala!”

La discussione fra i miei compagni si dilungò per quasi un quarto d'ora, poi insieme a loro, mi incamminai verso la palestra per l'ora di educazione fisica. Il professor Martini, che era venuto a conoscenza della mia indisposizione, mi chiese se me la sentivo di svolgere le attività. Io risposi che ora stavo bene e che sarei riuscita a eseguire l'ora di motoria. Cominciammo la lezione con dieci giri di riscaldamento intorno alla palestra e poi, con mia grande gioia (in senso ironico naturalmente ) dovevamo fare degli esercizi sulla trave. Considerando che l'equilibrio ed io siamo due mondi paralleli che non si incontreranno mai, ho trovato alquanto complicato camminare sulla trave in punta di piedi senza mai appoggiare uno dei due arti inferiori sul tappeto per non cadere. Matilde fu la migliore in questo esercizio: lei pratica ginnastica artistica dall'età di sei anni e oltre che camminare in punta di piedi, fece una serie di piroette un paio di ruote ed una spaccata. Si guadagnò un fragoroso applauso da parte dell' intera classe, professore incluso.

Dopo un'ora di latino ed una di inglese, inforcai il mio scooter e mi diressi verso casa. Il mio pestifero fratellino di dieci anni, Michele, era già a tavola intento a guardare Dragon Ball mangiando un piatto di maccheroni, e mia madre, seduta in poltrona, stava leggendo una lettera. Lei mi passò la lettera con il viso rigato di lacrime. Era una lettera da parte di mio padre. Egli è un membro dell'esercito italiano ed era partito per una missione di pace nei paesi arabi. La lettera era scritta con una calligrafia piuttosto piccola e stretta e diceva che nel tentativo di salvare una bambina, venne fucilato alla schiena ferendolo gravemente. Era in pericolo di vita. Michele non sapeva ancora nulla di tutto ciò, ma mia madre non aveva intenzione di dirglielo subito. Glielo avrebbe riferito non appena avesse trovato i termini più congrui per informarlo della tragica notizia. Mi si chiuse lo stomaco, mi era passato l'appetito e mi rintanai al sicuro nella camera mia, restando per diverso tempo affacciata alla finestra a guardare la pioggia cadere, immergendomi nei miei pensieri più cupi.




Ho marinato la scuola oggi. Solitamente non sono il genere di ragazza che “fa fuoco” come si suol dire. Sono sempre stata una “ragazza perbene”: non sono schiava di sesso, alcool, droga e moda, a scuola non sono una cima, tuttavia me la cavo. Frequento il liceo Classico Galvani. Qui, hanno avuto l'onore di insegnare celebri poeti come Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli. Comunque, oggi non mi importa di marinare la scuola, non sono dell'umore adatto per vedere gente e, soprattutto, non avendo studiato greco il pomeriggio precedente non posso correre il rischio di prendermi un'insufficienza nell'interrogazione.

Tra poco meno di un mese, più precisamente il 23 marzo, sarà il mio diciottesimo compleanno e, molto probabilmente, non ci sarà il mio papà a festeggiare insieme a noi l'evento, anzi potrei anche non rivederlo mai più. Nel preciso istante in cui una lacrima mi scivola dal viso, la pioggia inizia a cadere. Il cielo piange insieme a me, si rattrista per mio padre. Ma io non quel momento non sto piangendo solo per mio padre in realtà, sto piangendo perché non riesco a trovare il mio posto in questo mondo, non riesco a farmi degli amici veri ed unici che mi facciano sentire davvero me stessa, solo Aurora. A scuola vengo derisa per il mio non bellissimo aspetto fisico: in viso sono piena di acne, non sono alta e sono in sottopeso, ma quest'ultimo è una conseguenza dovuta ad una malattia che ho avuto un paio d' anni fa che mi ha trattenuto in ospedale per ben quattro mesi. Infatti, persi un anno di scuola e dovetti ripetere il primo anno delle superiori, dovrei essere in quarta ed invece sono in terza per colpa di quella malattia orripilante.

Sto passeggiando sotto la fitta pioggia in Piazza del Nettuno, quando una ragazza, anch'essa sui diciassette anni, si dirige verso di me a passo svelto.


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Capitolo 2
*** 2. ***


capitolo secondo

2.

La ragazza è più alta di me pochi centimetri, bionda con un paio di occhi celesti.

“Ciao! Tu sei Aurora di III B, vero?”

“Sì ma tu come fai a sapere il mio nome?”

“Sono Giada Taddei. Frequentiamo la stessa scuola, io sono di IV C”

“Come mai non sei a scuola?”

“E' la stessa domanda che potrei fare io a te” Rispose lei.

Io non dico nulla. Non mi va di spiegarle il motivo della mia “fuga” scolastica, anzi non voglio neanche dirle la verità, certe cose le racconto solo a chi ha la mia piena fiducia, di sicuro non le vado a spiattellare ad una ragazza qualunque che mi viene incontro senza motivo dicendomi pure che frequentiamo la stessa scuola. Giada ed io restiamo a guardarci senza emettere suoni di nessun tipo per pochi secondi che sembrano un' eternità, poi è lei a rompere il silenzio per prima:

“Andiamo a prenderci un caffè?”

Attendo un istante prima di rispondere, ma un faccio segno di sì con la testa e ci dirigiamo insieme nel bar più vicino. Una volta entrate, ci sistemiamo nel tavolino meno distante dalla finestra. Il bar è quasi completamente, eccetto per una coppia di coniugi di mezza età seduti in fondo al locale. Il barista, un ragazzo alto sulla trentina raggiunge il nostro tavolo:

“Cosa desiderate ragazze?”

“Un caffè macchiato.” rispose Giada.

“Un caffè lungo.” Dissi io.

“Okay, subito.”

Il barista si allontana ed è Giada ad iniziare a parlare:

“Pensavo non accettassi di prendere un caffè insieme a me.”

“E perché no?”

“Bé sai...non è da tutti accettare un invito da una perfetta sconosciuta, che ti piomba davanti di punto in bianco, sa già chi sei e ti spara pure che frequentate la stessa scuola.” Disse Giada quasi mortificata, come se all' improvviso si fosse pentita di avermi chiesto di prendere un caffè insieme.

“Non ti preoccupare, stavo marinando la scuola non sapevo dove andare e in più fuori piove che Dio la mandi! Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare ed un posto riscaldato dove sostare.”

“Ah sì, bene allora!”

Intanto il barista raggiunge il nostro tavolino per appoggiarci sopra i nostri caffè. Mentre sorseggiamo i caffè, la pioggia continua a picchiettare forte sulle strade e si formano pozzanghere ad intervalli regolari ai lati delle carreggiate.

“Comunque ho marinato la scuola perché non mi andava di vedere i miei compagni. Io sono sola in quella classe, nessuno mi considera, mi tengono sempre in disparte! Anche quando cerco di avvicinarmi a loro, bé che fanno? Mi evitano come se avessi la peste!” Riprese lei.

“Come mai ti evitano?”

“Di preciso non lo so neppure io, forse perché sono timida, oppure perché a scuola faccio più fatica rispetto agli altri. Ho più problemi di apprendimento rispetto ai miei compagni e questo è per me un grosso svantaggio, poiché tale deficit non mi consente di avere buoni rapporti sociali con i miei coetanei! Ma non solo ora, fin dalle scuole elementari avevo questo problema ed in quegli anni, ed anche alle scuole medie avevo un' insegnante di sostegno, ed ero l'unica della classe!”

Noto una lacrima rigarle viso, proprio mentre dice le ultime parole del suo lungo discorso. Volevo dirle pure io che sono stata spesso derisa dai miei compagni. Tentai di parlare ma dalla mia bocca non uscirono parole, ne uscì soltanto un lungo respiro ed un sorriso di comprensione. In quel preciso istante però ho capito perché mi conoscesse, perché sapesse il mio nome ancora prima che mi presentassi: doveva avermi notata a scuola, aveva notato che lei ed io forse avevamo qualcosa in comune, e così non appena mi vide tutta sola in Piazza del Nettuno pensò di “attaccare bottone” anche per scoprire se potevamo qualche assomiglianza. Dopo questa mia riflessione, espongo a Giada le motivazione della mia “assenza” da scuola. Lei mi fissa e mi sorride, e contraccambio il gesto.

Paghiamo il conto ed usciamo dal bar col sorriso sulle labbra, consapevole di aver trovato, forse, qualcuno con la quale posso semplicemente essere una persona e non mille personaggi: me stessa.

Fuori ha smesso di piovere ed il cielo si sta a poco a poco schiarendo. La mia nuova amica ed io stabiliamo di fare una passeggiata insieme in centro per guardare le vetrine prima di dirigersi verso casa, ossia prima del termine delle lezioni.




Ciao a tutti!! Vi piace come storia?! Se volete potete lasciare recensioni, anche negative. Baci!!

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