F is for Family

di MissBethCriss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** F is for Fantastic Daddy ***
Capitolo 2: *** A is for Adventure ***
Capitolo 3: *** M is for Music ***
Capitolo 4: *** I is for I'll be missing you ***
Capitolo 5: *** L is for Lucky ***
Capitolo 6: *** Y is for You ***
Capitolo 7: *** S is for School ***
Capitolo 8: *** M is for Mystery ***
Capitolo 9: *** Y is for Your Song ***
Capitolo 10: *** T is for Tantomille ***



Capitolo 1
*** F is for Fantastic Daddy ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.






babies meh

Questa fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema organizzata dal gruppo Seblaine Events.

Sei il mio supereroe daddy

 

Andrew sapeva molto bene quali erano le regole in casa Anderson-Smythe, sapeva quali erano gli orari della merenda e della nanna. Un’altra cosa che aveva imparato col tempo era che se papa Blaine si trovava con gli alunni nella magica stanza della musica lui non poteva entrare nel modo più categorico e se lo faceva l’unica carta per salvarsi da daddy era quella degli “occhi da cucciolo made in Anderson”, Sebastian si scioglieva ogni volta e la punizione era minore. Il povero Andrew stava camminando in avanti e indietro nell’ampio soggiorno, i suoi occhietti azzurro cielo saettavano vispi in ogni angolo visibile. Doveva trovarlo e la cosa che lo faceva arrabbiare di più era la scarsa, no l’inesistente aiuto da parte della sua Emily, la sua gemella, che si limitava a guardarlo di tanto in tanto da sopra il libro delle favole.

«AIUTAMI!»

Disse ad Emily col cuoricino infranto mentre non riusciva a trovare l’orsetto che aveva perso molto eroicamente il suo occhietto destro quando lo aiutò a combattere il mostro che si nascondeva fra i suoi vestiti. Era Kiwi il super orso pirata, il Jack Sparrow dei più piccoli, inseparabile compagno di giochi del piccolo Andrew. Emily aveva sempre odiato Kiwi era questo il motivo per cui la faceva restare seduta sul divano a leggere di come il principe riusciva ad arrampicarsi sulla torre di Raperonzolo per salvarla, non poteva distrarsi. E mentre Raperonzolo veniva salvata ecco che i primi goccioloni si fanno spazio nel visino di Andrew e il suo respiro regolare si trasforma in singhiozzi. Emily chiuse di scatto il suo libro e andò verso di lui e lo abbracciò forte, se soffriva lui lei lo sentiva dentro di se e doveva trovare un modo per farlo star bene.

«Io vado da papa.»

«Non puoi, ti aiuto io adesso.»

Ma Andrew si staccò di fretta dall’abbraccio della sorellina e di corsa entrò nella stanza dove Blaine stava tenendo una lezione. E fregandosi del ragazzo che in quel momento stava suonando un brano al pianoforte di quel compositore dal nome strano saltò in braccio a Blaine che lo strinse forte a sé.

«Andrew, che c’è? Shh c’è il tuo papa ora, tranquillo è tutto ok.»

Incominciò a dondolarlo su di se per tranquillizzarlo mentre mimava con le labbra un “scusami” e in quel momento entrò pure Emily con in mano il bicchiere di Superman pieno di acqua per darlo ad Andrew e lo andò a posare nella scrivania di Blaine. Quando gli passò vicino le accarezzò i suoi capelli rossi per ringraziarla e si andò a sedere. Andrew non smetteva di piangere ed era accucciato sul petto di Blaine stringendogli forte la maglia, lui si mise ad accarezzargli la schiena con movimenti circolari per farlo calmare.

«Professore, io vado.»

«Mi dispiace molto Steve.»

«Non si preoccupi, tanto era ora.»

«La prossima settimana di devo un quarto d’ora.»

«Okay, arrivederci.»

Andrew non riusciva a darsi pace e Blaine lo fece sedere sulle sue ginocchia per poterlo guardare negli occhietti che ora erano molto rossi col mare in tempesta nei suoi occhietti sempre allegri.

«Si può sapere che è successo ometto?»

«K-iw-iwi n-non c’è-è.»

«Abbiamo cercato ovunque, papa.»

«I-io l’ho fa-fatt-o lei leggeva.»

«Adesso ci pensa il tuo papa , ok?»

Andrew lo guardò con occhi speranzosi, sapeva che lui ci sarebbe riuscito. Per lui i suoi papà era due supereroi, avrebbe riabbracciato presto il suo Kiwi.

 

Purtroppo cercarono l’orsacchiotto in ogni angolo della casa ma con scarsi risultati. Fecero l’appello a tutti i peluche di Emily e Andrew, ma di Kiwi neanche l’ombra. A fine ricerca si ritrovarono nel salotto a mangiare gelato mentre si guardavano tutti insieme Raperonzolo  sotto il volere di Emily che reputava un obbligo quello di vedere il cartone che fa riferimento al libro quando lo si finisce di leggere, era un tacito accordo fra due principesse del loro livello e i due accanto a lei non potevano capire perché appunto non erano principesse. Emily si trovava a fianco di Blaine mentre Andrew non aveva mollato il suo posto e stava appoggiato al petto del padre. Blaine dal canto suo li teneva entrambi stretti in un abbraccio, amava questi pomeriggi con i suoi figli, anche se preferiva i momenti in cui erano tutti a quattro insieme, ma Sebastian aveva avuto un’emergenza al lavoro quindi era dovuto scappare di corsa nel suo giorno libero. C’è un solo rumore che desta la piccola Emily durante la visione di un cartone animato sulle principesse che non la disturba: il click della porta che segna l’arrivo del suo daddy; perciò come sentì la voce di Sebastian che si annunciava mise subito in pausa, chiedendo scusa mentalmente a Raperonzolo, e andò in contro a Bas che nel frattempo aveva messo le chiavi nel mobile dell’ingresso e aveva posato la borsa in attesa della sua Emily che si arrampicò sulle sue lunghe gambe per poi ricoprire le sue guance di tanti piccoli baci.

«Qui c’è qualcuno a cui sono mancato molto, eh principessa?»

Disse per poi scoccarle un bacio sulla guancia per poi andare in soggiorno dove Blaine stava ancora consolando Andrew. Quando fu vicino a loro notò subito che qualcosa non andava bene, quindi fece scendere Emily e lasciò sui ricci rossi di suo figlio un bacio anche a lui per salutarlo e infine si piegò sulle labbra di suo marito che lo accolse con un sorriso stanco. Si mise a sedere di fianco a loro due e col cucchiaio di Blaine rubò un po’ del gelato al cioccolato di Andrew per fargli uno scherzo, per cercare di farlo ridere come sempre, ma niente, perciò passò una mano fra i suoi ricci e guardò suo marito che scosse piano la testa.

«Campione che succede?»

«Kiwi è sparito.»

Disse con il tono di voce più triste che Sebastian gli avesse mai sentito, nemmeno quando gli morì Nemo, il suo pesciolino, lo aveva visto in questo stato. Ma Sebastian reagì in un modo che non si aspettava Blaine perché si aprì in quei sorrisoni a trentadue denti che tanto amava ma non capiva visto che non era una situazione tanto allegra, almeno non per Andrew. Fece l’occhiolino a Blaine e poi si alzò per andare a cerca un qualcosa dalla sua borsa e suo marito riuscì a intravedere il piccolo mantellino blu di Kiwi da dietro alla schiena si Sebastian, si rilassò subito.

«Andrew?»

Lo chiamò col sorriso sulla bocca. Dal canto suo Andrew alzò molto lentamente la testa e poi piantonò i suoi occhietti con ancora qualche lacrima incastonata fra le ciglia. Erano tristi, ma nel momento in cui Sebastian scoprì ciò che aveva dietro alla sua schiena incominciarono a splendere di una nuova luce e si alzò di scatto dal corpo di Blaine per poi salire sopra al tavolino basso del soggiorno che gli funzionò da piattaforma di lancio e si aggrappò al collo di Sebastian per non cadere. Emily esultò alla vista di Kiwi al sicuro fra le mani di Sebastian che sistemò meglio sul suo braccio Andrew per muovere con l’altra mano Kiwi. Andrew era felicissimo e incominciò a battere le mani.

«Scusami se sono sparito, ma questa mattina ero stanco e sono rimasto nella macchina di daddy Bastian. Mi perdoni?»

Disse con la voce da pupazzetto Sebastian.

«Ma certo che ti perdono! Ma la prossima volta avverti che mi preoccupò!»

Andrew strinse a se il suo Kiwi molto forte e poi fece segno di scendere a Sebastian, ma prima gli disse una cosa che fece sciogliere il cuore a Blaine e a Sebastian.

«Sei il mio supereroe daddy, grazie.»

Lo fece scendere e si mise vicino a suo marito che si appoggiò alla sua spalla, insieme si godettero l’Andrew and Emily’s show. Blaine si girò e gli lasciò un bacio leggero sulla guancia.

«Grazie, mr supereroe. Veramente.»

Ciò fece sorridere ancora di più Sebastian.

«L’ho visto quando stavo chiudendo lo sportello, mi ero aspettavo una situazione del genere, sai?»

«Ci tiene molto a lui.»

«Già.»

Blaine si lasciò un po’ coccolare da Sebastian, questa ricerca era stata proprio estenuante. Poi un pensiero gli passò nella testa.

«Bas?»

«Cosa?»

«Ha ragione, sei un supereroe. Almeno per noi.»

Sebastian strinse ancora a sé ancora più forte. Con una mano gli catturò il viso e lo baciò piano, sapeva che avevano i bambini vicino e più in la non potevano andare, ma quando li videro i due piccoli incominciarono ad esultare perché sapevano che quello era il loro modo per dire ti amo speciale.

 

Beth’s Corner!

Salve non pensavo di scriverla, ma eccomi qui! L’ho scritta in mezz’ora dopo aver visto un film e mi è rimasto in testa il nome “Kiwi” ed ecco che i miei Andrew and Emily ritornano nella mia mente. Spero che questa cosa corta vi sia piaciuta!

Santificate la mia beta che ha fatto una cosa superveloce, davvero grazie!

Beth_

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Capitolo 2
*** A is for Adventure ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.






babies meh





A is for Adventure.

Blaine amava la Florida e per questo quando Sebastian iniziò a parlare di come facesse bene l’aria marittima alla crescita dei bambini incominciò a fare ricerche per trovare la spiaggia perfetta e la trovò sotto la voce “St. George Island Park”, era una delle più belle e lo convinse a pieno la calma che gli dava quel oceano meraviglioso. Era il posto perfetto e se Sebastian avrebbe accettato stava facendo un pensierino anche per Orlando, i piccoli morivano dalla voglia di vedere Disneyland. Aveva progettato tutto nei minimi particolari: dove dormire, dove mangiare, cosa e quando vedere una determinata cosa, le attività da fare. Blaine impazziva nel progettare viaggi e poi questo sarebbe stato un viaggio importante perché era il primo vero viaggio di Andrew e Emily e lui voleva che se lo ricordassero per sempre. Quando anche l’ultimo particolare era stata programmato andò tutto felice verso lo studio del marito e bussò piano e si trovò il sui Bastian illuminato dalla luce della lampada da tavolo con gli occhiali sul naso, amava quando li usava gli davano un’altra aria, più matura che lo faceva impazzire. Sebastian alzò gli occhi da quei infiniti fogli pieni della sua calligrafia che stava sistemando per sorride al marito poi portò un dito alla bocca e fece gli fece segno di rimanere in silenzio per poi indicargli quella piccola figura che stava raggomitolata su una poltrona più grande di lui con il pollice sulla bocca e con il suo fedele Kiwi che vegliava i suoi sogni.

«Che ci fa lui qui? – disse a bassa voce al marito – non dovrebbe stare nel suo lettino?»

«Non riusciva a prendere sonno ed è venuto qui dicendo qualcosa dei poteri della poltrona che lo facevano dormire o qualcosa del genere, come si è messo lì si è addormentato subito. Tu invece? Cos’è quel sorriso?»

Anderson andò di corsa a sedersi di fronte al marito e tutto felice iniziò a leggergli tutto il programma che aveva dettagliatamente studiato.

«Florida!»

«Abbassa la voce, stupido. Florida si può fare. È una brillante idea, amore.»

«Io l’amo. Poi devi vedere le foto di queste spiagge, sono meravigliose già solo fatte di pixel figurati dal vivo!»

«St. George Island, si può fare. Periodo?»

«Io ho cercato per luglio, ad agosto ci aspetta tua madre a Parigi no? Pensavo di non farli stancare troppo con due viaggi in un solo mese.»

«Scommetto che sul tuo pc ci sono ancora aperte tutte le pagine per poter prenotare tutto, vero?»

Disse sorridendogli da sopra i fogli del programma e Blaine gli rispose con un sorriso colpevole. Lo conosceva bene.

«Immaginavo. Per me si può fare, ma passo per Disneyland, maman ha già preso i biglietti e ci tiene a portarci i suoi amati nipoti e due parchi a tema uguali non li reggo. Scusa. Però la cosa di Orlando mi piaceva. . .»

«Allora passiamo al piano B: Harry Potter!»

Sebastian si tolse gli occhiali e scosse leggermente la testa chiedendosi perché suo marito alcune volte si comportava come un bambino più piccolo dei loro figli.

«Scommetto che se ti dico no anche a questo te ne esci fuori con un altro parco a tema, mi arrendo ora facendo felice il bambino che è in te e il nostro Andrew. Ad una condizione.»

«Quale?»

Si avvicinò a suo marito e gli parlò col tono di voce più basso che poteva visto che non voleva far sentire questa cosa al piccolo che dormiva beatamente dietro di loro.

«A undici anni quando non riceverà la sua lettera da Hogwarts sarai tu a dargli la notizia, ok?»

«Sei crudele.»

«Possiamo sempre non andarci.»

Sebastian allungò la mano verso suo marito che l’afferrò per ufficializzare il loro patto.

«Prometto di essere io l’artefice della rottura di uno dei sogni più belli che nostro figlio avrà mai e – aggiunse sogghignando tutto di un fiato – tufarailaconversazionditusaicosaanostrafiglia! Ah.»

«Sai giocare il tuo gioco, Anderson. Complimenti.»

Poi una piccola manina si posò sul ginocchio di Blaine per attirare la sua attenzione, poi si arrampicò sulla gamba del padre e si appoggiò ancora tutto assonnato al suo petto posando sopra il tavolo il suo pupazzo.

«Guarda chi si è svegliato.»

Disse accarezzandogli i ricci rossi tutti arruffati mentre lui con una manina si stropicciava gli occhietti stanchi.

«Di cosa stavate parlando?»

«Di una sorpresa che vi annunceremo domani!»

«Ma daddy

«Andrew domani io e daddy ti diremo tutto, ma ci deve stare pure Emily.»

«ANDIAMOLA A SVEGLIARE ALLORA!»

«No, adesso insieme a Kiwi andiamo a fare la nanna.»

«Ma papa!»

Sebastian nascose tutti i fogli che Blaine aveva scritto per metterli lontano dalla portata di suo figlio, era capace di tutto pur di soddisfare la sua curiosità per poi alzarsi e prendere Andrew per caricarselo sulle spalle in modo da portarlo nel suo lettino fra le mille risate. Blaine prese l’orsacchiotto del figlio e si mise ad osservare quei due folli che giocavano sopra al lettino del figlio, poi Sebastian veniva a criticare lui dandogli del bambino. Quando il piccolo Andrew chiese la resa dal solletico Sebastian si alzò e gli lasciò il bacio della buonanotte sulla fronte, poi fu il turno di Blaine che gli posizionò di fianco a lui il suo fedele Kiwi e gli diede pure lui il bacio della buonanotte per poi riboccargli le coperte. Raggiunse Sebastian sulla porta e chiuse la luce poi lo prese per mano, il più alto lo spinse in direzione della camera di Emily per vedere se stava bene e aprirono piano la porta per non disturbarla per rimanere lì visto che dormiva talmente bene che avevano paura che si potesse svegliare se si fossero avvicinati troppo. Blaine abbracciò da dietro Sebastian e gli lasciò un bacio sulla spalla.

«Sono meravigliosi.»

«Già. . .»

«Florida stiamo arrivando!»

Sussurrò Blaine mentre chiudevano piano la porta della camera della figlia per poi dirigersi mano nella mano verso la loro stanza.

 

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«Papa! Hai visto come stavamo in alto!!»

«Oh si piccolo mio, piaciuto l’aereo?»

«Tantissimissimo!»

«L’OCEANO!»

Esultò la piccola Emily mentre indicava alla sua destra l’oceano che si estendeva da sotto i suoi occhi, Andrew si porse più verso la sorella per poterlo vedere meglio. Sebastian sorrideva con gli occhi fissi sulla strada mentre Blaine scattò una foto per immortalare i due con gli occhi luminosi mentre si perdevano in quel punto dove cielo e mare si fondono.

Appena arrivarono nella casetta in riva alla spiaggia che aveva prenotato Blaine i due piccoli si slacciarono subito le cinture per dirigersi vicino al mare seguiti subito da Sebastian che li raggiunse subito e li prese in braccio uno per parte.

«Ci andiamo insieme dopo!»

Blaine tirò fuori le valigie dal portabagagli mentre aveva ancora al collo la sua macchinetta per fare le foto li osservò per bene e la prese fra le mani, e quando loro si rimisero in posa ci ripensò e portò le valigie dentro alla loro casa.

«Ma che ti prende, Blaine?»

«I capelli Sebastian. I capelli. Non ti faccio una foto senza i capelli.»

«Ma dai! È estate non sai che meraviglia quando c’è la brezza.»

«Stai zitto.»

«Daddy fanno schifo. Ha ragione papa.»

«Bambolina tu da che parte stai?»

«Dalla parte del ciuffo che hai fatto uccidere!»

Blaine uscì fuori in quel momento e sorrise a sua figlia.

«Questa è mia figlia. Foto?»

Scattò la foto e finalmente Sebastian li lasciò liberi che entrarono subito dentro alla casetta bianca dal tetto blu, poi si avvicinò a suo marito, lo abbracciò e fece sfiorare i loro nasi.

«Fa vedere la foto.»

Blaine gliela girò e aspettò la reazione di suo marito.

«Mi hai preso a mezza faccia! Sei proprio uno stronzo. Ricrescono, mettitelo in testa! R-I-C-R-E-S-C-O-N-O.»

«Ma a me piacevano, ti ho sempre visto in quel modo. Quando ti bacio amo passarti una mano fra i capelli, adesso ci scivolo sulla testa! E non dire la parola con la s, potrebbero sentirti.»

Sebastian sospirò e abbassò la testa fino a quando le loro fronti non si sfiorarono.

«Cosa devo fare con te?»

«Niente, mi ami anche per questa mia piccola ossessione.»

Sebastian fece unire le loro labbra e unì le mani dietro alla schiena per attirarlo ancora di più a se, mentre Blaine si aggrappò al suo collo. Ma un urlo li fece staccare e si misero a ridere.

«Non ce la possiamo fare.»

Disse sconsolato Sebastian, Blaine per consolarlo gli strinse la spalla.

«Vediamola così: Parigi è vicina e passeranno un sacco di tempo con la nonna e potremmo fare la coppietta spensierata per qualche ora.»

«Ma se tu ami il tuo ruolo di papà, Bastian.»

«Lo amo, ma amo anche te. Vi amo entrambi allo stesso modo, beh forse a loro un pochino di più.»

«Mi sembra giusto. – disse ridendo Blaine – Entriamo sennò ci rompono la casa!»

Quei due piccoli angeli che sono piombati nella loro vita gli avevano rapito il cuore e non c’era un giorno che lo rimpiangevano.

 

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«Sveglia sveglia mie piccole stelle! L’oceano ci aspetta!»

Disse nel modo più allegro che aveva in serbo Blaine, ma anziché vedere i suoi figli che saltavano di gioia sui loro piccoli lettini li vide che si rigiravano dall’altra parte in completa sintonia dando le spalle a dove proveniva la luce del caldo sole californiano. Allora passò al piano B e nel frattempo si meravigliò di quanti piani B avesse nella manica, ma scacciò questo pensiero dalla testa e si avvicinò prima ad Andrew confidando in una mano per svegliare la sorella. Ci mise più del previsto nello svegliarlo e mentalmente maledì Sebastian e la sua insana voglia di fargli vedere le varie costellazioni inventate da lui al momento solo per raccontagli delle storie fino a tardi, non erano abituati a stare svegli dopo le nove ed ecco il risultato. Ma si erano divertiti molto ieri quindi gliel’ha perdonata e Sebastian promise che questa sera la storia sarebbe durata di meno e nei loro lettini, le stelle si vedevano anche da lì dopotutto.

Lasciò stare Andrew per un po’ e andò verso la sua Emily, le scosse leggermente la spalla per poi lasciarle un bacio sulla fronte. La piccolina aprì subito i suoi occhietti azzurri limpidi come il mare che avevano di fronte.

«Buongiorno papa!»

«Buongiorno anche a te Emy. Mi aiuti a svegliare tuo fratello?»

La piccola annuì facendo cadere sulla sua fronte un ciuffo di capelli tutti intrecciati per via del sonno non troppo tranquillo e se lo tolse dal viso subito, era una bambina a cui piaceva l’ordine e proprio per questo chiedeva sempre al suo papà di pettinargli i capelli, Blaine pensò che questa volta ci avrebbe messo molto più del solito a strecciarli. Insieme si spostarono dall’altro lato della cameretta e Emily salì sopra al letto per andare a scuotere suo fratello per una spalla, continuando fino a quando non avrebbe aperto gli occhi.

«Emy non fare così.»

«Sei insopportabile, Emy!»

Si lamentò il piccolo Andrew che per ripicca si andò a nascondere sotto al cuscino. Blaine prese per la vita Emily e la mise sul letto che sbuffando si mise a sedere a gambe incrociate sul letto con la testa appoggiata su una mano in attesa che il fratello si svegliasse.

«Andrew, so che sei sveglio! – si abbassò per mettere la testa sotto il cuscino pure lui – daddy ha fatto i muffin come piacciono a voi!»

Il piccolo tirò via il cuscino dalla sua testa lanciandolo in un punto non definito nella stanza per poi correre da Sebastian.

Blaine scosse la testa per poi mettersi a ridere era proprio vero quando si diceva “tale padre tale figlio” sapeva i giusti tasselli da muovere quando doveva sbrigarsi. Emily di avvicinò a lui per prendergli la mano e poi si mise a guardare il punto dove Andrew era sparito.

«Maschi.»

Blaine rise ancora più forte a causa di ciò che disse sua figlia, poi insieme si avviarono verso la cucina dove gli altri due li stavano aspettando. Sebastian appena li vide aprì le braccia e Emily corse verso di lui, quando gli mostrò la guancia e nel momento in cui Emily gliela baciò per salutarlo Blaine fece lo stesso con l’altra. Quando entrambi si staccarono si guardarono negli occhi e incominciarono a ridere per poi accomodarsi intorno al tavolino.

«Emy, Andrew mi hai detto che gli hai dato tanti colpi sulla spalla per farlo svegliare, lo sai che non si svegliano così le persone.»

«Lo so, daddy.»

«Gli hai chiesto scusa per il modo in cui l’hai svegliato?»

«NO!»

Disse al posto della gemella il piccolo Andrew. Emily gli allungò il mignolo e lui l’afferrò subito, non era arrabbiato con lei e voleva fare pace con lei.

«Bravi i nostri bimbi.»

«Quando avete finito di mangiare vi aspetta un sorpresa!»

«SIIII!»

Gridarono in coro i due piccoli di casa Anderson-Smythe sotto lo sguardo confuso di Sebastian che si chiedeva cosa aveva architettato Blaine per conto suo.

Quando finirono di mangiare Blaine riportò Emily ed Andrew nella loro cameretta dove tirò fuori magicamente dall’armadio due piccoli pacchetti contenti due costumini nuovi tutti per loro, mentre loro se li mettevano tutti felici Blaine andò veloce verso il bagno per cambiarsi, stando ben attento a non farsi vedere da Sebastian. Quando fu pronto andò dai suoi bimbi e li trovò a specchiarsi felici nel grande specchio infondo alla stanza chiara.

«Piacciono?»

«Papa sono bellissimi! Sono così buffi!»

«Ha ragione Emy!»

«Andiamo da daddy a fargli vedere i costumi nuovi?»

«SII!»

Con indosso solo i costumi si incamminarono verso la cucina con Blaine al centro e si fermarono prima della porta.

«Bas chiudi gli occhi!»

«B ci sono i bambini di sopra, lo sai! Non possiamo!»

«Bastian! Chiudi gli occhi, sto con i bambini! Emy ti dirà quando riaprirli!»

Sebastian fece come gli aveva ordinato Blaine che iniziò a contare con le dite fino a tre e quando alzò il pollice Emily urlò a Sebastian di aprire gli occhi. Per una manciata di secondo Sebastian valutò l’idea di ridergli in faccia a quei tre col costume con la stessa fantasia: aragoste su sfondo blu. Poi pensò che era solo un incubo, Blaine non poteva aver speso dei soldi per. . .quelli.

«Blaine? Sono. . .»

«Sono bellissimi? Ne vuoi uno pure t-»

«NO.»

«Non ti piacciono?»

«Ti stai vendicando per i capelli vero? Costumi ridicoli per capelli ridicoli?»

«In realtà. . .l’ho comprati prima. . .ho visto che c’erano in tutti i tipi con questa fantasia e l’ho presi. Tutti.»

«Non ci posso credere! La prossima volta ci vado io a fare le compere per i viaggi.»

«Ma sono belli!»

Dissero tutti a tre in coro e in quel momento Sebastian si ricordò che non aveva solo due bambini da controllare, ma me aveva anche uno un po’ troppo cresciuto.

«Andatevi a cambiare.»

«Ma dai, Bas!»

«A te al massimo posso dare una mano per toglierlo Blaine, ma di certo non verrete conciati così in spiaggia e non guardarmi così io posso sempre mettermi una bandana!»

 

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Sebastian non aveva ancora capito che in quella casa lui faceva parte di una minoranza e non aveva molta voce in capitolo per alcune questioni, di fatto mentre Emily e Andrew correvano in direzione della spiaggia con i loro secchielli nelle mani lui li seguiva affiancato ad un Blaine molto sorridente con i suoi occhiali da sole preferiti e quel nuovo costume che il marito odiava uguale a quello che indossavano i loro figli, ma non era questo quello che lo faceva sbuffare ogni due minuti, no, ma quell’odiosa bandana con la stessa fantasia che aveva sulla testa.

«Non riesco ancora a capire dove l’hai trovata!»

«Sapevo che avresti reagito così perciò prima di partire sono andato in quel negozio di costumi e ho chiesto alla commessa se avevano delle bandane e quando l’ho vista mi sono immaginato la tua faccia e l’ho comprata. Era perfetta – disse Blaine tutto felice – tu sei perfetto.»

«L’adulazione non ti salverà. Sappilo.»

«Dai che è solo un giorno! Giuro che gli altri costumi sono meravigliosi e l’ho scelti con i nostri figli. Niente aragoste o qualcosa di uguale per tutti.»

I due avevano programmato di passare un’intera giornata al mare, sempre se non fosse stato troppo caldo per i figli, perciò Sebastian portava sulle spalle un grosso ombrellone e Blaine la valigetta termica con le bevande e i cibi. Lasciarono scegliere il posto perfetto ai gemellini mentre loro due si guardavano intorno, Blaine diede una gomitata a Sebastian e gli indicò un punto dove si trovava il bagnino.

«Guarda.»

«Cosa dovrei guardare?»

«Quel figo di bagnino col ciuffo perfetto.»

«Tu stai diventando pazzo, amore.»

«Cos’è figo, papa?»

«Emily le principesse non dicono certe cose, infatti definisco una persona bella, come il tuo daddy.»

Il piccolo Andrew si stava spazientendo perché non capiva come facessero a parlare di cose che loro non potevano dire quando avevano a pochi passi il mare.

«ANDIAMO A TOCCARE L’OCEANO? Vi pregoooo!»

«Blaine vai tu, io sistemo qui.»

«Sicuro?»

Come Sebastian annuì i piccoli della casa incominciarono a correre, era dal giorno prima che non vedevano l’ora di andare a bagnare i loro piedini in quelle acque che sembravano immense, non stavano più nella pelle, ma quando arrivarono nelle vicinanze nel grande mare si bloccarono.

«Che succede?»

«Papa è così. . .»

«. . .bello!»

Continuò Emily al posto di Andrew perché era rimasto senza parole ora che lo avevano sotto ai loro nasini, ma questa piacevole sensazione venne rimpiazzata dalla curiosità di sentire l’acqua e mano nella mano si avvicinarono cauti al mare. Il primo che entrò Andrew che come sentì l’acqua fredda si girò verso di Blaine con la faccina tutta tesa per via del freddo, ma con gli occhi che brillavano come poche volte, il loro papà si mise a sedere sul bagnasciuga, né troppo lontano e né troppo vicino per dargli modo di giocare liberamente però avere l’opportunità di intervenire subito in fase di pericolo. Poco dopo li raggiunse pure Sebastian che andò ad abbracciare da dietro Blaine per poi mettere la testa sulla sua spalla per vedere quei due piccoli che si stavano lanciando l’acqua.

«Ancora alla ricerca del bagnino, Blaine?»

«Cosa me ne faccio di un bagnino qualsiasi quando ho te?»

Sebastian gli sorrise per poi continuare a guardare i loro figli che si guardavo curiosi tutti intorno, guardando il fondale alla ricerca di conchiglie. Dopo un po’ ritornarono dai loro genitori tutti felici.

«Papa! Papa! C’era un pesce!»

«Si! Abbiamo visto un pesce, come quelli al lago! – poi aprì le braccia – era grande tipo così!»

«Un pesce?»

Disse tutto stupito Blaine come se fosse una cosa assurda trovare dei pesci sul mare, che sicuramente sarà stato quei pescetti piccoli, ma per enfatizzare il tutto il piccolo Andrew diede la sua visione personale dell’accaduto.

«Adesso ritorniamo all’ombrellone, ci dobbiamo mettere la cremina e poi siete tutti bagnati.»

«Ma daddddyyyy!»

«Daddy ha ragione bambini, andiamo.»

Quando si alzarono Sebastian notò una conchiglia particolare che scintillava sul fondo basso del mare e la raccolse, poi si avviò con loro vero l’ombrellone. Pensavano che riuscire a farli stare fermi per dar modo alla crema di asciugarsi si potesse rivelare una missione impossibile visto che erano super agitati ma l’idea che ebbe Sebastian rese tutto ciò molto semplice perché tirò fuori quella grande conchiglia che aveva raccolto prima.

«Sapete cos’è questa?»

«Una conchiglia!»

Disse subito Andrew.

«Una conchiglia, bene, ma non è tutto! Tu sai perché Emily? Andrew?»

Alzarono le spalle entrambi, poi si rivolse a Blaine che aveva capito dove volesse andare a finire e si avvicinò sempre di più ai loro figli da far sembrare ciò che gli doveva dire un segreto.

«Quella è una conchiglia magica!»

«Magica?»

Chiesero in coro Emily e Andrew.

«SI! Sapete perché?»

«È una passaporta?»

Blaine rise.

«No tesoro, mi dispiace.»

«Peccato. . .»

«Questa conchiglia è speciale perché. . . – Sebastian fece una pausa per aumentare la loro curiosità – ha la forza del mare dentro di se!»

«Forza del mare?!»

Dissero i bambini tutti in coro.

«Oh si! – rispose Blaine – vedete tutte quelle onde? Prendono la forza dalle conchiglie! Oppure vedete che il mare fa avanti e indietro?»

«Lo fanno tutte queste conchiglie!»

«Daddy non può essere!»

«No Emily? Vuoi vedere che non mi sbaglio?»

«Come?»

«Porta la conchiglia vicino all’orecchio e sentirai tu stessa la forza che c’è dentro alle conchiglie.»

La piccolina fece come gli aveva detto il padre e appena sentì il rumore del mare lanciò un piccolo urlo e in quel momento Andrew tese le sue manine verso di lei per poter sentire pure lui, ma non gli dava retta perciò si avvicinò verso di lei e divisero la conchiglia.

«Daddy chi ce l’ha messa tutta la forza del mare là dentro?»

«Le sirene!»

«Ariel?»

«Anche!»

«OHHHHHH!»

«Possiamo tenerla? Tipregotipregotiprego daddy!»

«Tu che dici Blaine?»

«Papa! Ti preeegoooooooo!»

«Va bene, Emily, ma non ditelo a nessuno.»

Emily e Andrew si guardarono e fecero finta di avere una cerniera invisibile sulla bocca e la chiusero più volte facendo ridere i genitori quando mimarono un “va bene così” e Sebastian disse di no e allora loro fecero tante facce buffe mentre chiudevano con mille lucchetti invisibile le labbra.

«Perfetti.»

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I bambini non volevano andarsene più da quella spiaggia bianca che gli aveva rapito il cuore ma verso le quattro videro che erano molto stanchi perciò a malincuore li fecero incamminare verso la macchina e come posarono la testolina sul sedile della macchina già erano partiti per il mondo dei sogni. I loro genitori li guardavano dallo specchietto retrovisore con un sorriso tenero sulle labbra, alcune volte faticavano a credere a tutto ciò che ora faceva parte delle loro vite, pensavano che questo faceva parte di un sogno dal quale non si volevano svegliare sapendo ciò che avevano passato. Molto spesso Blaine si gira per poterli guardare e vedere se stavano scomodi, ma li vedeva felici quindi si rigirava e si perdeva in quelle strade californiane. Aveva deciso di vedere tutte le coste che formavano St. Geoge Island e questa distava molto da casa loro.

«Ma guardali come dormono.»

«Ne hanno spese tante oggi. Abbiamo fatto i castelli di sabbia, abbiamo fatto il bagno, abbiamo cercato le conchiglie, i pesci, poi loro hanno fatto avanti e dietro mille volte per prendere l’acqua per i loro castelli, poi abbiamo rifatto il bagno. Anch’io sono stanco.»

Disse ridendo Blaine appoggiando pure lui la testa sul sedile per poi girarla dal lato di Sebastian per guadargli il profilo, i suoi occhi erano fissi sulla strada.

«Se vuoi dormire pure tu un po’ fai pure, ci vorranno ancora un ventina di minuti.»

«Non mi tentare, Smythe.»

«Non ti preoccupare, se ti addormenti ti farò trovare dentro al tuo lettino al tuo risveglio.»

«Scemo. »

«Ok, allora ti distraggo con la mia voce. È stata una belle giornata, eh?»

«Perfetta. Domani sarà un’altrettanto perfetta giornata per una perfetta prima vacanza.»

«Da tutti questi perfetti non ho capito come è stata la giornata. Puoi ripetere?»

«Scemo.»

Ridisse Blaine colpendolo sul braccio facendo ridere il marito.

 

 

«Siamo finalmente arrivati. Ci pensi tu a Andrew o io?»

«Io, l’altra volta l’hai portato tu.»

Scesero fuori dalla macchina e fecero molta attenzione a fare poco rumore, poi presero i bambini in braccio proteggendogli la testa con la mano per non farli sbattere. Andrew come sentì le braccia di Blaine avvolgerlo si aggrappò al suo collo e gli fece solletico al collo con i ricci che erano ancora un po’ bagnati, mentre cercava la posizione giusta Andrew diceva poche parole ancora impiastrate dal sogno che stava vivendo. Blaine riuscì solo a capire che era tanto stanco ma che amava il mare e che secondo lui era divertente la tavola che sta sulle onde. Emily dal canto suo teneva stretta a sé la sua conchiglia. Li misero nei loro lettini e mentre Blaine si sedeva sul dondolo protetto dal piccolo patio della casa bianca, Sebastian lo raggiunse subito con due bicchieri pieni di vino.

«Grazie, lo adoro.»

«Lo sapevo.»

Brindarono a questa giornata spettacolare e alla loro famiglia, poi insieme si misero ad aspettare il tramonto in silenzio, Blaine si appoggiò a lui e Sebastian passò il suo braccio intorno al suo collo per abbracciarlo. Ma dopo un po’ fu il più alto a interrompere il silenzio.

«Che ne dici di mollare tutto e vivere qui?»

«Sarebbe meraviglioso, ma abbiamo un lavoro, Bas. Non possiamo abbandonarli.»

«Ho sempre sognato di avere un posto del genere, amo questo silenzio.»

«C’è silenzio solo perché quei due dormono.»

«Hai ragione.»

«Come sempre.»

«Papa, daddy dove siete?»

Blaine si alzò subito e si affacciò dentro alla casa per vedere dove stavano e in quel momento i due scesero le scale che portavano al piano delle camere e andarono verso di lui con gli occhietti ancora stanchi. Blaine gli sorrise per tranquillizzarli e gli tese la mano, come per dirgli “stiamo sempre qui per voi, non dimenticatelo”. Andarono insieme da Sebastian che li aspettava e si sedettero in mezzo a loro con la testina di Emily appoggiata sulla gamba di Blaine, mentre Andrew era appoggiato al petto di Sebastian.

Stretti in quell’abbraccio osservarono quel sole che viene abbracciato dall’oceano per un’altra volta ancora, stettero in silenzio perché si sa’ le avventure stancano molto e in alcuni casi le parole sono inutili.

 

 

 

Beth’s Corner

Buona seblaine Sunday a tutti! Spero che vi sia piaciuta e spero anche che non vi dispiaccia il fatto che ho deciso di trasformare quella che era una sola one shot finita per domenica scorsa in questa raccolta che andrà avanti per tutte le domeniche, ho cambiato sia il titolo della storia, la descrizione e il titolo del primo capitolo. Il prompt per questa domenica a tema era: “guarda che figo quel bagnino”; potevamo girarcela come volevamo e io l’ho usata come scusa per questa os visto che volevo portare al mare la famiglia Anderson-Smythe! 

Perché ho scritto una cosa dove Sebastian si era tagliato i capelli? Semplice ho visto una fanart, ho visto più fanart, e poi. . . GRANT TESORO MIO MA CHE TI DICE LA TESTOLINA? EH? *pianto disperato* Emily è stata la voce del fandom, almeno la mia.

Ok dopo questa parentesi insensata passiamo alle presentazioni!! Visto che avrete a che fare con la famiglia Anderson-Smythe ancora per un bel po’ mi pare giusto che sappiate il visetto dei pargoletti! Questo è Andrew e questa é Emily

Un grande grazie va alla cara beta che, pur essendo immersa in quel vortice chiamato Teen Wolf, trova il tempo per questa famiglia e fa betaggi ad orari assurdi. Quindi grazie, mille volte grazie. Grazie anche a chi ha letto ed è arrivato qui fin.

Spero che vi sia piaciuta, a dopo con la storia della sfida!

Love always,

Beth_

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Capitolo 3
*** M is for Music ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.






babies meh





M is for music

 

Baby, you're not alone
Cause you're here with me
 

Sebastian e Blaine si ricordano bene quella telefonata che gli fece il marito di suo sorella dove riuscì a dire solo un “è nato” pieno di quelle emozioni che solo un genitore può avere. Erano diventati zii. Si ricordano anche la corsa che fecero per arrivare all’ospedale per vedere il piccolo Jonathan come si ricordano quella pazza ricerca del reparto maternità, ognuno gli diceva una direzione sbagliata portandoli addirittura di fronte alla stanza dove mettono i bambini a riposare, sia quelli abbandonati e non. Blaine si ricorda ancora quei piccoli occhietti che lo fecero girare, anche a distanza di un anno, Blaine quel giorno non se lo scorda. Arrivarono col fiato corto nella stanza di suo sorella e a Sebastian come li vide gli si illuminarono gli occhi, sua sorella era l’unica persona della sua famiglia che amava col tutto il cuore e ora era diventata una mamma di uno splendido bambino. Blaine rimase sulla porta, a distanza di anni ancora non riusciva a sentirsi parte di quella famiglia, ma Kevin gli andò vicino per stringergli la mano a mo’ di saluto per poi abbracciarlo per la troppa felicità.

«Non vuoi vedere il tuo nipotino?»

Blaine gli sorrise e andò vicino ai due fratelli, Sebastian stava accarezzando dolcemente la testolina del piccolo Jonathan che aveva gli occhietti chiusi, ma sorrideva felice fra le braccia della madre coccolato dallo zio Bastian e quel sorriso era il marchio Smythe, era così piccolo e così fragile che non sapeva come riuscissero ad accarezzarlo in quel modo. Non c’era rischio che si rompesse? Ma Sebastian continuò a farlo e poi baciò la fronte della sorella perché era bellissimo e nel frattempo continuarono a parlare nella loro lingua natia, facevano sempre così quando si incontravano, dopotutto avevano vissuto molto tempo della loro vita in Francia. Blaine si allontanò da loro e disse a Kevin che andava a prendersi un caffè, non gli andava però si sentiva come di peso in quella stanza come se fosse troppo piccola per quattro persone. Blaine ripassò davanti a quella grande vetrata in cerca di quegli occhietti, gli ricordavo qualcosa che si era imposto di non ricordare, ma ora doveva vedere se stava impazzendo o no, non poteva ricaderci ancora. Stette lì forse per troppo tempo, almeno quello che bastò ad un’infermiera di fermarsi vicino a lui mettendogli delicatamente una mano sulla spalla per farlo girare. Aveva gli occhi pieni di lacrime, quegli occhietti si erano riaperti e l’aveva fissato.

«Signore, tutto bene?»

«Si.»

«Qual è il suo?»

Blaine rise, loro non potevano diventare padri.

«Nessuno.»

«Perché piange?»

«Per un ricordo.»

«Non mi dica che lei. . .»

«Non ho mai perso un figlio signora, nessuno di loro me lo potrebbe ricordare.»

«Grazie al cielo. Chi gli ha fatto questo effetto?»

L’infermiera sperava con tutto il cuore che gli dicesse il nuovo piccolo arrivato, era stato abbandonato subito dopo la nascita, dalla prima volta che lo vide capì che lui era speciale e i bambini abbandonati con lui si meritano di trovare una famiglia che lo ami e lei sapeva che l’uomo dai ricci scuri e gli occhi dolci era quello faceva a caso suo, poi era sposato, almeno pensava che era così dall’anello che portava sulla mano. Blaine gli indicò un bambino con qualche ciuffetto rosso di capelli in testa che ora lo stava fissando con i suoi occhietti celesti vispi. L’infermiera gli sorrise e dentro di sé esultò.

«Lui è un bambino abbandonato.»

Blaine si girò subito verso l’infermiere, era scioccato: che madre abbandonerebbe il proprio figlio? Veramente questa era l’unica opzione? Forse era troppo giovane e troppo spaventata per affrontare quella realtà e subito quella rabbia si affievolì, forse voleva dargli una vita migliore a suo figlio e la poteva avere solo lontano da lei, in quel momento provò molta tristezza e risentì gli occhi pizzicargli perché un’altra opzione c’era ma non voleva pensarci.

«Le andrebbe di vederlo? Gli piace molto essere preso in braccio e sembra che è incuriosito da lei.»

Blaine non sapeva cosa dire, lui era andato a prendere un caffè, non si sarebbe mai aspettato che avrebbe preso in braccio un bambino.

«Mi può non dare del lei? Mi fa sembrare vecchio, sono Blaine.»

«Carmen. Mi vuoi seguire, Blaine?»

«Va bene.»

Lo fece fermare nel piccolo corridoio di fronte alla porta bianca che portava nella stanza dei bambini, Blaine si sentiva agitato perché aveva visto com’era il piccolo Jonathan e aveva una strana sensazione all’altezza dello stomaco: e se lo rompe?

Ma Carmen dopo un po’ uscì da quella bianca stanza con un sorriso materno in volto e con le braccia cullava il piccolino.

«Eccolo qua l’ometto.»

Disse tutta felice a Blaine che si era messo a guardare quel bimbo senza nome che agitava le manine verso di lui, era un bimbo molto curioso tutti nel reparto lo sapeva ed era molto attratto dalle cose nuove, tipo la barba di Blaine, era abituato a stare con le infermiere.

«Le andrebbe di tenerlo fra le braccia?»

Blaine non sapeva cosa dirle, lo voleva? Ma Carmen non aspettò una risposta da parte sua perché gli disse come doveva tenerlo per farlo stare comodo e Blaine se lo trovò fra le braccia. I due si fissarono senza dire niente, Blaine era abituato a trattare con i bambini più grandi per via delle lezioni di musica, ma il piccolino che aveva fra le braccia era speciale perché si sentiva collegato a lui, come se il destino li voleva far incontrare.

Nel frattempo Sebastian stava iniziando ad accorgersi della mancanza di Blaine nella stanza di sua sorella, si guardò in torno ma di lui non c’era traccia.

«Andava a prendere un caffè, ma era più di mezz’ora fa.»

Gli disse Kevin. Disse alla sua NettyJ ) che lo andava a cercare, ma che sarebbe tornato per salutarli. Ma Sebastian come uscì e fece alcuni passi verso la caffetteria sentì la risata leggera di Blaine e la seguì, di certo non si aspettava di vederlo con un bambino dai ciuffetti di capelli rossi che ora gli stava toccando il viso ridendo quando toccava la barba di due giorni di Blaine mentre quest’ultimo gli baciava le manina come si avvicinavano alla bocca, tutto questo sotto il vigile sguardo dell’infermiera che in quel momento incrociò lo sguardo verde di Sebastian. Carmen guardò prima Blaine e poi Sebastian leggendo negli occhi di quest’ultimo il legame che univa lui e il ragazzo riccio, per un attimo ebbe l’impulso di prendergli il bambino dalle mani per portarlo via da loro dopotutto capita anche a lei di poter sbagliare e questa non era la famiglia sana che avrebbe voluto per quel bambino che in futuro dovrà affrontare il discorso dell’abbandono, ma ritornò a vedere il ragazzo moro e capì che non  aveva mai visto così giusto, in una famiglia alla fine occorre solo tanto amore e quei due ne avevano fin troppo.

Sebastian lo trovò bellissimo, non avevano mai pensato a fare una famiglia, ne avevano parlato una volta, ma si trattava solo di sogni detti così senza cognizione di causa. Ma ora questa realtà si piazzava di fronte a lui e la trovò perfetta, in quei due trovò quel piccolo pezzetto mancante alla loro vita, ma non capiva il motivo per cui si trovava con un bambino in braccio. Ad un certo punto Blaine alzò gli occhi verso Sebastian, notò che gli brillavano come non mai, Carmen andò verso al più alto e gli fece strada. Sebastian si andò a mettere davanti a Blaine, si inginocchiò di fronte a quei due prima guardò verso il bimbo e poi verso Blaine, ed ebbe paura.

«Ha anche una gemellina.»

Il sorriso di Blaine divenne ancora più grande e gli occhi di Sebastian si fecero ancora più spaventati, perché aveva capito dove voleva arrivare l’infermiera, stava trovando una famiglia che si prendesse cura di loro, ma lui aveva paura. Si alzò e se ne uscì da quel corridoio che lo stava asfissiando, Blaine lo raggiunse dopo poco e lo fermò prendendogli il braccio.

«Bas che c’è?»

«Niente.»

«Non ti credo, che c’è?»

Sebastian si girò verso di Blaine, combatteva contro se stesso per non piangere.

«Bas. . .»

Disse Blaine allungandogli una mano che venne afferrata subito da Sebastian che si avvicinò al corpo del compagno per posare la testa sulla sua spalla mentre le braccia di Blaine lo cingevano sulla vita.

«Ti ho visto prima e non possiamo, lo sai.»

«Perché?»

«Non ce lo permetteranno mai, lo sai.»

«Perché no? Non abbiamo nulla meno degli altri. Sono stati abbandonati, Bas. . .»

«Io ho paura, ok? Non mi sento pronto a prendermi la responsabilità di due vite. Non voglio diventare come i miei.»

Blaine gli fece alzare il volto per poterlo guardare negli occhi.

«Sebastian Smythe tu non sei come loro, hai me. Ti fidi di me?»

«Sempre.»

«Allora sai cosa facciamo noi? Andiamo a salutare Carmen, dicendole che torneremo, tanto vuole farmi conoscere la sorellina del piccolo, poi passiamo da tua sorella e stiamo un po’ con loro, ritorniamo a casa ci prendiamo il nostro tempo e domani a mente ferma ne parliamo seriamente. Ci stai?»

E così fecero.

 

****

 

Ma ora a distanza di qualche mese i ruoli si invertirono: Sebastian era l’uomo più tranquillo del mondo mentre si leggeva l’ennesimo libro sui “10 passi per diventare un perfetto papà” appuntando ai lati della pagina tutte le cose inutili e che non si dovrebbero fare con dei bambini notando che in quei libri il 99% dei “trucchi” erano inutili, ma c’era sempre quel 1% che rendeva l’acquisto di quel libro un’azione sensata. E poi c’era Blaine, Blaine che sembrava una trottola impazzita che si aggirava per tutta la casa: metteva al sicuro tutti gli spigoli, puliva per l’ennesima volta la cameretta dei gemelli arredandola nei minimi particolari e riscriveva la lista di ciò che mancava da comprare, quando in realtà tutto ciò che aveva comprato poteva bastare per cinque coppie di gemelli. Sebastian ci aveva provato a tranquillizzarlo, ma niente, parlava al vento e in cuor suo non vedeva l’ora che quei due piccoli angioletti venissero a casa loro perché sapeva che solo in quel caso Blaine si sarebbe tranquillizzato perché già badare ad un bambino era problematico nei primi mesi, figuriamoci con due.

Qualche giorno prima dell’arrivo di Andrew ed Emily Sebastian si svegliò nel cuore della notte, sentiva il petto troppo leggero e sentendo un freddo che mai aveva provato fin da quando Blaine si era trasferito da lui. Mosse la sua mano avanti e in dietro nella parte del compagno, ma la trovò vuota allora si alzò e andò alla ricerca del suo Blaine chiedendosi cosa mai lo aveva spinto a svegliarsi alle tre di notte. Arrivò alla fine del corridoio e vide che dalla porta della stanza della musica fuorusciva un piccolo spiraglio di luce, Sebastian aprì piano la porta perché Blaine odiava venire disturbato e se stava in quella stanza a quest’ora voleva dire che aveva avuto un’ispirazione, ma la stanza era molto silenziosa. Quando entrò vide che Blaine era circondato da fogli e aveva la testa appoggiata alla tastiera del pianoforte, gli andò vicino mettendosi in ginocchio e poi gli toccò la spalla facendolo saltare.

«I pannolini ci sono il biberon sta in cuci- Oh Bas?»

«Che ci fai qui te?»

«Stavo componendo.»

«Lo vedo, ma alle tre di notte? Non mi piace dormire senza te, lo sai.»

Blaine si stropicciò gli occhi e poi iniziò a sistemare i fogli che lo circondavano, la maggior parte erano da buttare. Poi si girò verso Sebastian che lo stava guardando preoccupato e si tuffò fra le sua braccia aggrappandosi al suo collo, per poco ecco che cadevano.

«Blaine ma che hai?»

«Non ce la posso fare.»

«A fare cosa?»

«Questo. Non sono pronto ad essere un papà, non ce la posso fare.»

«Blaine.»

«Non riesco nemmeno a scrivergli qualcosa come potrei badare a loro?»

«Una bravura di un papà non si misura in base a come riesce a comporre musica.»

«Ma per me questo era importante.»

«B hai una vita per scrivergli una canzone, non preoccuparti proprio ora. Il nostro dovere è stare lì per loro quando hanno bisogno, non farli sentire soli. Scommetto che quando li vedrai nella loro stanzetta al sicuro ti ritorneranno le parole. Ritorniamo a dormire ora?»

«Puoi ripetere?»

«Ritorniamo a dormire?»

«No prima.»

«Il nostro compito è quello di amarli e non farli sentire soli.»

A Blaine gli si illuminarono gli occhi e baciò Sebastian per poi andar prendere dei fogli puliti. Sebastian lo guardò ridendo, aveva sposato un pazzo, poi decise di prendere la videocamera che stavano usando per fare dei filmini per i figli e se le puntò contro.

«Allora è il vostro daddy che vi parla. Emily e Andrew ora vi farò vedere una cosa che voi non dovrete mai fare quando avrete dei figli, ok? – spostò la video camera per inquadrare Blaine – vedete papa? Sta impazzendo e questo è uno degli effetti collaterali del troppo amore.»

«Smythe non mi inquadrare gli sto facendo una sorpresa!»

«Sentite ragazzi? UNA SORPRESA! – poi abbassò la voce per non farsi sentire da Blaine – dovete sapere anche un’altra cosa: questa stanza è l’unica insonorizzata, capito Andrew? Io non ho detto niente!»

«Bas ti sento non deviare già da adesso la mente dei nostri bambini!»

«Ops mi ha sentito. . .»

«Adesso vattene, devo comporre!»

Ma Sebastian non se ne andò e rimase con Blaine in quella stanza piena di musica e passione, si addormentò cullato dalla voce del suo Blaine sul tavolo. Quando finitamente riuscì a portarla a termine Blaine si girò verso il marito, notando che si era addormentato e ora il primo raggio dell’alba lo stava disturbando, si avvicinò a lui e dopo avergli accarezzato i capelli gli lasciò un bacio sulla tempia, sentendo quel leggero contatto gli occhi verdi di Sebastian si aprirono all’istante.

«Finita la canzone, killer?»

«Finita.»

«Me la fai sentire?»

«Con piacere, ma sappi che questa è anche per te.»

«Sono ancora più curioso allora.»

Disse Sebastian con un sorriso stanco fra uno sbadiglio e un altro.

«Sai quel “non dobbiamo farli sentire soli” mi ha ricordato una nostra conversazione sai? Ed era questo ciò che volevo trasmettergli con questa canzone, perché un giorno andranno al college, si sposeranno e noi non staremo più con loro e la musica sarà l’unica cosa che ci farà sentire vicini come un tempo. E ancor prima dovranno affrontare le differenze che li caratterizzano dagli altri: avranno due papà, gli stiamo mettendo un grosso peso sulle loro spalle, sai? E ammettiamolo non potremmo dirgli: siete figli biologici di uno di noi. Andrew verrà con i capelli rossi, l’hai visti no ora che stanno crescendo? Emily potrà sembrare un po’ figlia tua, ma i capelli rossi non fanno parte del tuo patrimonio genetico o sbaglio? Quindi dovremmo affrontare un sacco di discorsi quando cresceranno e io voglio dargli qualcosa. Quel qualcosa che solo loro avranno sempre anche quando saranno troppo arrabbiati per poter parlare con noi o hanno i loro problemi dei quali non riescono a trovare il momento giusto per condividerli con noi. E penso di esserci riuscito.»

«B dovresti pensare di meno, lo sai?»

Disse Sebastian facendo fare una risata genuina a Blaine.

«Forse hai ragione.»

«Matrimonio? Ancora non li abbiamo tenuti fra le nostre braccia come genitori effettivi e tu pensi già al loro matrimonio?»

«Forse sto esagerando, ne prendo atto. Ti va di ascoltarla ora e di accompagnarmi?»

«Sarei onorato.»

Blaine gli passò con un sorriso a trentadue denti il foglio dove aveva scritto il testo della canzone.

«Ti do io l’attacco, ok? Tu segui la musica!»

«Sarà fatto. Dimenticavo! Accendi la videocamera e inquadrami!»

«Ok! Allora, è di nuovo daddy che parla e ora insieme a papa vi faremo sentire quella sorpresa che vi aveva accennato questa mattina. . .»

La prima cosa che venne inquadrata quando Sebastian posizionò la videocamera vicino a loro prima che Blaine iniziasse a suonare fu i sorrisi di due uomini che stavano muovendo i loro primi passi in un nuovo mondo da loro sconosciuto con la consapevolezza di non esser soli.

____________________________________________________________________________

 

6 anni dopo. . .

Due piccoli bambini si tenevano per mano mentre percorrevano quel corridoio che mai come oggi gli sembra così lungo per poter arrivare nella stanza dei loro genitori. Andrew teneva forte la mano della sorellina fra la sua, le diede pure il suo Kiwi per farla tranquillizzare, ma aveva fatto un incubo e quella strana sensazione non riusciva ad abbandonarla facendola tornare nei suoi sogni popolati dalle principesse. Il mostro nell’armadio le aveva fatto un’altra volta una visita e ora aveva paura di essere presa da lui e portata lontano dai suoi genitori e da suo fratello. Andrew aprì subito la porta, benché sapesse che prima doveva bussare, ma questa era un’emergenza. Trovò i loro genitori stretti in un abbraccio e poi si arrampicarono sopra al letto e a gattoni si fecero spazio fra i loro genitori che come sentirono la loro Emily piangere furono subito svegli.

«Che c’è piccola?»

Disse Blaine mentre la stringeva forte a se.

«Ha avuto un incubo. – disse Andrew al posto suo, visto che stava ancora piangendo – Il mostro dell’armadio.»

Sebastian li fece stare con loro sotto le coperte e col braccio che non si trovava sotto alla testa di Blaine strinse entrambi i loro figli in un abbraccio.

«Ora è tutto ok, - cercava di dirle Sebastian – ci siamo noi, quel brutto mostro ha le ore contate.»

Ma le loro parole non avevano l’effetto desiderato, allora Blaine e Sebastian si trovarono a stringerli ancora più forte per trasmettergli tutto il calore possibile. Poi al riccio venne un’idea.

«I’ve seen you crying, you felt like it’s hopeless I’ll do my best to make you see.»

Dopo che Sebastian capì cosa voleva fare unì la sua voce al suo canto.

«Baby you’re not alone, ‘cause you’re with me. And nothing’s ever gonna bring us down ‘cause nothing can keep me from lovin’ you and you know it’s true. . .»

E cantarono a bassa voce fino a quando tutte le lacrime della piccolo Emily non vennero sostituite da un sorriso tranquillo e le loro voci cullarono i loro gemelli nei loro sogni.

«Avevi ragione –sussurrò nell’orecchio di Blaine Sebastian – a dire che la musica sarà la sola cosa che sentiranno in certe occasioni.»

«Sbaglio su molte cose, ma non su questo.»

«Sai alcune volte penso che vorrei aver avuto la loro fortuna quando eravamo giovani e ne abbiamo passate tante. Vorrei aver avuto anch’io un Blaine che mi cantava certe cose.»

«Sono qui ora.»

Disse Blaine facendo scontrare i loro nasi per poi lasciargli un leggero bacio sulle labbra, continuando a ripetere “sono qui ora”.

«Sai questa canzone mi è in testa da quando mi hai permesso di entrare nel tuo mondo, tutto questo mi servì  per farmi trovare l’ultimo tassello che mi mancava per rendere nostra questa canzone.»

Detto questo Blaine ricominciò a cantare questa canzone, ma questa volte lo fece con un filo di voce, era solo per Sebastian.

Prima di chiudere i suoi occhi, visto che il sonno lo reclamava, Sebastian gli sussurrò “ti amo”, Blaine gli sorrise ma non rispose visto che il suo compagno ora faceva compagnia ai suoi figli nel mondo dei sogni.

 

 

Beth’s Corner.

Salve! Oggi sarò breve perché devo finire l’os per la sfida! Il prompt per questa domenica era “Music!AU”, il mio Blaine è già molto dentro nel mondo della musica quindi giocavo in casa. La canzone è “Not Alone” di Darren Criss per chi non l’avesse riconosciuta, la storia dietro a Not Alone è moooolto lunga e il motivo per cui ce l’ho messa sta dentro alla storia. Spero che Darren non me ne voglia e spero pure che il contesto sia giusto (quando metto all’interno di una storia una cosa che sento molto vicina a me entro in paranoia, come direbbe Sebastian “dovrei pensare di meno” e la beta ne sa qualcosa, grazie). Spero che vi sia piaciuta.

Un grazie immenso alla beta e a chi legge e fa compagnia a me e a questa famiglia un po’ fuori dalla norma.

Alla prossima,

love always

Beth_

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Capitolo 4
*** I is for I'll be missing you ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.






babies meh





I is for I'll be missing you

A detta di Sebastian il Distretto 4 era il migliore, ma rimpiangeva di vivere a Panem una volta a l’anno e questa ricorrenza corrispondeva alla mietitura. Lui e Blaine erano sopravvissuti a cinque mietiture e gliene mancavano solo una per venir liberati da questo peso impregnato della paura del morire. Solo una mietitura li separava dall’incominciare a vivere una vita tutta loro, volevano scappare e andare in un posto dove potessero essere loro stessi senza avere la paura di venire scoperti, fra pochi mesi i loro nomi verranno tolti dalla grande ampolla e non avrebbero più avuto paura. Blaine e Sebastian avevano scoperto una grotta che li custodiva nascondendo il loro amore a tutti, non ci andavano molto spesso per non destare troppe domande ma il giorno prima della mietitura era d’obbligo.

Anche per quell’ultima volta si recarono nella loro grotta, mano nella mano, e quella sera per la prima volta non badarono al frenetico tintinnio del tempo contro loro, ma si lasciarono cullare dal leggero movimento delle onde che si infrangevano sulle rocce sotto di loro.

“Ne manca solo una, killer.”

Disse Sebastian nell’orecchio di Blaine prima di baciargli il collo e Blaine sorrise, ma era preoccupato.

“Non dirlo troppo ad alta voce.”

“Perché?”

“Perché la fortuna non può stare sempre dalla nostra parte e se domani uno di noi venisse estratto?”

“Tu non verrai estratto.”

“E tu chi sei per dirlo? Vedi il futuro adesso?”

“No, ma non lo permetterò.”

“Tu non ti prenderai il mio posto se è quello che stai pensando.”

“E tu non azzardarti a prendere il mio.”

Disse il più alto dopo che Blaine lo colpì sul petto, Sebastian ritrasse le sue mani dal corpo di Blaine e si allontanò con le mani chiuse in pugni e rigidamente posate sui suoi fianchi e leggendo negli occhi dell’altro quel addio che si rifiutavano di dire, non erano pronti. Blaine abbassò lo sguardo perché non riusciva più a sostenere quello dell’amato, sentiva una strana sensazione dentro di sé che lo allarmava, questa mietitura la sentiva diversa e non gli piaceva per niente. Incominciò a tremare e pian piano una prima lacrima si fece spazio sulla guancia per poi lanciarsi sul pavimento, Blaine la vide infrangersi e si sentì come quella piccola gocciolina, in caduta libera, ma lui non vuole toccare il fondo, non ora.

“B non fare così.”

Blaine non voleva rispondere ma le parole gli uscirono lo stesso, balbettò un “tu sei il mio futuro” e poi alzò gli occhi verso Sebastian, ma aveva la vista appannata. Il riccio andò verso di Sebastian e si rifugiò nelle sue braccia, venne stretto forte e rimasero in silenzio per il resto della notte perché non avevano ancora trovato le parole giuste da usare in certe circostanze: perché loro non potevano sapere se questa era la loro ultima notte insieme o meno; la fortuna non guarda in faccia a nessuno e poteva benissimo voltargli le spalle. Loro non potevano sapere che questa sarebbe stata la loro ultima notte fra le braccia dell’altro.

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Le mattine della mietitura nella casa di Blaine sono sempre silenziose, sua madre si rifiuta di parlare e suo padre si rifugia nel suo studio in mezzo alle sue mille scartoffie, perciò Blaine si ritrovava come al solito davanti allo specchio a provare ad allacciarsi per l’ennesima volta la camicia visto che le sue mani non volevano sapere del fermarsi.

“Posso entrare?”

“Certo Coop!”

“Come stai?”

Blaine lo guardò molto male per il chiedergli come stava in quel momento era tutto purché una scelta saggia, Cooper lo capì subito e alzò le mani in segno di scusa.

“Dai se tutto va bene questa è l’ultima!”

“BASTA DI DIRLO! SENTO SOLO QUESTO IN QUESTI ULTIMI GIORNI! Tu, Sebastian, i vicini, devo andare avanti? No. Non è finita. Non finché non chiamano l’ennesima pedina del loro stupido gioco. Non è ancora finita.”

“Fratellino, calmati. Respira.”

Disse Cooper mettendogli una mano sulla spalla. Tutti sapevano cosa provava Blaine, bene o male per la mietitura ci passano tutti, ma Cooper capiva un po’ di più il fratello perché anni prima lui aveva perso il suo migliore amico e ancora oggi l’eco di quel cannone maledetto che segna la morte dei tributi tormentava i suoi incubi. I giochi tormentano tutti: il vincitore si porta dietro il sangue degli altri che erano degli ostacoli per la sua sopravvivenza e chi rimaneva a casa viveva col pensiero del: “potevo fare qualcosa per aiutarlo, potevo dargli più amore, potevo essere un amico migliore. . .”

Blaine fece come gli era stato detto chiuse gli occhi e respirò molto profondamente e nel momento che li riaprì Cooper capì che il suo fratellino ora stava indossando quella maschera che mostra solo il Blaine forte e sicuro di sé, quello che lascia la paura del morire a casa. A Cooper non piaceva vederlo così perché lui preferiva il Blaine che si lasciava andare e che sorrideva a quel automa che rendeva orgoglioso il proprio padre non facendo cose che amava. Cooper sospirò.

“Di sotto c’è qualcuno che ti aspetta.”

Blaine gli sorrise felice rompendo la sua maschera per una manciata di secondi per poi precipitarsi all’entrata, aveva bisogno di vederlo e aveva bisogno che questa giornata arrivasse alla fine il prima possibile.

Appena aprì la porta si ritrovò due braccia che lo avvolsero stringendolo a sé per il collo, Blaine appoggiò la testa sul suo petto ricambiando la presa prendendolo per la vita e respirando il suo odore misto alla salsedine del mare, lo strinse ancora più forte. Oggi non gli importava se gli altri li avrebbero visti e avrebbero parlato di loro. Poi si allontanò un po’ per poterlo guardare meglio e gli sorrise.

“Sei più bello del solito, c’è per caso qualche evento particolare oggi Bas?”

“Pensavo di portarti a cena fuori, di solito ci si veste eleganti no?”

“Davvero?”

“Sebastian stanno per arrivare, dovresti staccarti da mio fratello.”

Disse Cooper imbarazzato marcando la parentela, odiava interromperli, ma di certo non era l’ora giusta per dire al loro padre che Sebastian e Blaine non erano semplici amici. Sebastian prima di andarsene chiuse la porta dietro di lui e baciò Blaine sulle labbra non badando a Cooper, ma quando sentì la voce dei loro genitori si staccò da lui e corse via. Blaine rimase sulla porta e riuscì a sentire Sebastian dirgli che lo avrebbe aspettato nella piazza.

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Ogni anno si ritrovavano in quella grande piazza vicino al mare in attesa che il grande orologio intona le due. Sul grande palco ci sono tre grandi sedie su una c’è il loro sindaco con gli occhi persi nel mare, c’è suo figlio la in mezzo perciò preferisce non guardare negli occhi Sebastian o la folla perché sa che lo avrebbe cercato e ora ha paura pure lui perché non sa se lui e sua moglie riuscirebbero a sopportare un’altra perdita dopo la morte della loro figlia maggiore nell’arena avvenuta cinque anni prima. A fianco del sindaco Smythe si trovava colui che aveva il compito di allenare i due tributi del Distretto 4, William Shuester, vincitore della 55 edizione degli Hunger Games all’età di 15 anni che odiava nel modo più categorico l’uccisione, non riusciva nemmeno ad uccidere un pesce con le sue mani, era dato per perso nel momento stesso in cui estrassero il suo nome dall’ampolla, ma l’Arena ti cambia e uccise coloro che rimanevano uno dopo l’altro. Ma una parte di lui morì insieme agli altri 23 tributi che uccise. E per ultima c’era colei che si occupa della cura e della presentazione Emma Pilsbury con i suoi capelli rossi fiammanti, veniva da Capitol City ed era nota per la sua fobia per lo sporco, era sempre molto disponibile con i suoi tributi. Quando scoccarono le due il padre di Sebastian si alzò e si mise davanti al microfono e lo colpì due volte per accertarsi se funzionasse e dopo iniziò il suo discorso che iniziava dagli inizi di Panem, raccontando la superiorità di quelli di Capitol City, ripercorrendo i giorni bui e le ribellioni.

Quando finì il suo discorso la folla applaudì sonoramente e il sindaco fece un cenno con la testa per poi lasciare il posto ad Emma che tutta felice salì sopra al gradino per accedere al microfono.

“Felici Hunger Games a tutti! E possa la buona sorte essere sempre dalla vostra parte! Prima le signore giusto Will?”

“Noi del Distretto 4 siamo gentiluomini, Em.”

Emma si mise un guanto bianco sulla mano destra e si avvicinò all’ampolla delle ragazze e per aumentare la suspense mescolò i nomi un sacco di volte, aumentando l’agitazione di tutti. Quando fu soddisfatta del suo lavoro prese un bigliettino qualsiasi e poi si rimise sulla pedana e aprì lentamente il bigliettino.

“Quinn Febray”

E in quel momento tutta l’attenzione venne data ad una ragazza che aveva la loro stessa età dal caschetto biondo e due meravigliosi occhi verdi, tutti la conoscevano nel Distretto 4.

“Quinn vieni qui vicino a me.”

Sebastian e Blaine approfittarono di quei minuti di distrazione della folla per potersi avvicinare ancora di più, erano vicini abbastanza da permettere ai loro gomiti di toccarsi. Sebastian era l’ancora di Blaine e mai come adesso ne aveva bisogno, e lo stesso valeva per Sebastian a differenza che lui certe emozioni le sapeva mascherare col suo sorriso beffardo sempre presente sul suo viso.

Quando Quinn fu vicina a Emma tutti quanti applaudirono e poi quest’ultima andò a pescare il nome del tributo. L’attesa a Blaine sembrò infinita e cercò subito la mano di Sebastian per prendergliela e Sebastian ricambiò subito la presa.

“Sebastian Smythe.”

Entrambi i ragazzi sbiancarono e Blaine si voltò subito verso di lui con gli occhi sbarrati e che si muovevano agitati mentre pensavano ad un modo per non farlo prendere dai Pacificatori, ma Sebastian guardava fisso di fronte a se quel fogliettino che aveva la sua vita fra le sue fibre. Sebastian respirò profondamente, era pronto.

“Mi-”

Ma Sebastian non gli diede modo a Blaine di continuare perché gli mise una mano sulla bocca.

“Ricordati che l’hai promesso.”

Gli sussurrò Sebastian mentre gli occhi di Blaine si riempivano di lacrime, Sebastian fece un cenno a Thad che gli fu subito vicino e afferrò Blaine sulla vita e con la mano libera sempre sulla bocca per non farlo urlare.

“Sebastian Smythe.”

Ripeté Emma e Sebastian si sistemò meglio la camicia e affrontò tutto il corridoio fra le persone lasciato libero per i tributi con la testa alta e il sorriso fiero. Quando salì sulla piattaforma incontrò gli occhi tristi del padre, Emma gli tese la mano e lo fece mettere di fianco a lei, quando entrambi i tributi stettero sul palco tirò sopra le loro teste le loro mani fra le urla e gli applausi di tutti.

Tutti tranne Blaine.

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Blaine aspettò il suo turno seduto su una poltrona davanti alla porte, si tormentava le labbra arrivando a farle sanguinare. Stava aspettando che i genitori finissero di parlare con il loro figlio e Blaine riusciva chiaramente a sentire i pianti della madre mentre veniva stretta dalle braccia di Bas. Blaine non ce la faceva più di aspettare.

Quando vide che la maniglia si stava per abbassare scattò subito in piedi e si avvicinò alla porta. Quando venne aperta si ritrovò di fronte a sé i genitori di Sebastian, il padre gli passò accanto salutandolo col capo, mentre la madre gli toccò la spalla e gli baciò una guancia.

“Ti sta aspettando.”

Gli disse con la voce rotta e Blaine non ebbe la forza per dirle niente.

Come Blaine aprì la porta se la chiuse subito alle spalle e si appoggiò ad essa mentre fissava Sebastian, non riusciva a muoversi. Il ragazzo alto lo capì e gli andò vicino e gli prese il volto fra le mani baciandogli le labbra ardentemente togliendogli il fiato. E quando entrambi ebbero il bisogno di respirare Sebastian appoggiò la sua testa nell’incavo del collo di Blaine.

“Devi ritornare.”

Gli disse Blaine con la voce spezzata.

“Mi hai capito?”

“Tornerò. Sono pronto.”

“Ho una cosa per te, dicono che si può portare qualcosa che appartiene al proprio distretto no?”

“Sì.”

Blaine estrasse da una delle tasche dei suoi pantaloni un sacchetto di velluto dove al suo interno c’erano custoditi due ciondoli.

“Ma questa è la tua medaglietta, B.”

“Sì. Vedi? Incastro perfetto, come noi. Ho ritagliato il tridente dal mio ciondolo per darlo a te. Il tridente era il cuore del ciondolo e metaforicamente ti volevo dire che spero che il mio cuore ti protegga nell’arena. E vedi di tornare Smythe io non voglio vivere in un posto senza te.”

“Tornerò, ma non te lo posso promettere.”

“Tu quando pensi di non farcela pensa a me, pensa al nostro futuro. Ti ricordi tutto quello che abbiamo detto vero? Pensa a noi, da soli possiamo non farcela ma insieme nessuno ci batte, io potrò pur star qui fisicamente ma sto sempre di fianco a te con la mia testa. Io credo in te. Sempre. Ti ricordi quello che dicevamo da bambini?”

“Bee e Bas alla conquista di Panem insieme per sempre. Mi mancherai da morire killer.”

Sebastian e Blaine sapevano che ormai il tempo a loro disposizione era quasi terminato e per questo dopo che Blaine gli legò intorno al collo il ciondolo col tridente  gli diede un ultimo bacio che aveva il sapore di quell’addio che si ostinavano a non dire.

“Ti amo.”

Disse Blaine fra le labbra di Sebastian facendolo sorridere. Prima di aprire la porta Blaine volle abbracciarlo un’altra volta, nessuno dei due voleva uscire da quella porta perché nel momento un cui sarebbero entranti nel vortice della preparazione ai giochi tutto sarebbe diventato troppo vero e non volevano.

“Ti amo anch’io Blaine. Tornerò.”

Gli disse nell’orecchio a Blaine.

Fecero scontrare per un’ultima volta le loro bocche e poi Blaine poggiò la mano sulla maniglia.

“Tieni gli occhi fissi su di me.”

“Sempre.”

“Sempre.”

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I giorni per Blaine sembravano che non trascorressero mai, le ore cedevano il posto alle altre con una lentezza mai vista prima, Blaine provava a svolgere le suo solite mansioni, ma aveva la testa altrove ed erano più le volte che si nascondeva nella grotta che quelle in cui lo vedevi intento a intrecciare le reti o a pescare. Ma finalmente i tributi erano arrivati tutti a Capitol City e a breve si sarebbe tenuta la Sfilata e Blaine non vedeva l’ora di poter rivedere Sebastian ed era curioso di vedere che vestito avevano scelto per loro. Quella sera tutti i loro amici che facevano del gruppo dei Warblers si ritrovarono nella casa di Anderson per supportare Sebastian.

“Come va B?”

“Mi manca.”

“Bisogna trovare un modo per farti smettere si pensare a lui.”

“Che la fortuna stia dalla tua parte caro Nick.”

“Ti rendi conto che non dobbiamo più pensare alla mietitura? Perché devi sentirti così?”

“Puoi ripetere?”

“Io. . .scusa.”

“Perdona Nick alcune volte si scorda che ha un cervello e parla senza usarlo.”

“Fottetevi tutti. Me lo vedo sopra da solo.”

Ma Cooper lo bloccò e lo fece sedere di fianco a lui sul grande divano bianco e per bloccarlo gli passò un braccio sul collo, Blaine si appoggiò su di lui e appoggiò la testa sul suo petto.

“Sebastian è forte. Tornerà e con quei soldi potrete fare quello che volete, ma ricordati: se scappi ricordati di me e trova un modo per dirmi ogni vostro spostamento.”

Gli sussurrò suo fratello nell’orecchio per non far sentire a nessuno quello che gli stava dicendo facendolo sorridere.

“Lo so che è forte.”

Quando la Sfilata iniziò tutti si azzittirono e Blaine trattenne il fiato fino a quando non venne inquadrato Sebastian e quando mostrarono gli occhi che guardavano fieri dritti verso la telecamera gli altri in casa Anderson videro sorridere Blaine come non faceva da giorni.

Il vestito di Sebastian era fatto di tanti fili legati fra di loro a regola d’arte, sembravano tante reti che cambiavano sfumatura a seconda di come si muovesse imitando i giochi di colore del mare, e in mezzo a quei colori un piccolo scintillio attirò l’attenzione del riccio perché riconobbe all’instante il piccolo tridente, Quinn dal canto suo sembra una sirena, era bellissima. Di tanto intanto si scambiano alcuni sorrisi accerchiati dalle urla degli spettatori che sono ammaliati dalla loro bellezza.

“Ce la farà.”

Continua a ripetere fra sé Blaine per tutto il tempo che il suo tributo è sotto ai riflettori.

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I tre giorni dell’addestramento sono snervanti per Blaine e in cuor suo spera che Sebastian non faccia troppa mostra delle sue abilità, deve dare il massimo solo di fronte agli Strateghi, non deve avvantaggiare gli altri mostrandogli i suoi punti migliori. Questa volta nella grande casa degli Anderson ci sono solo Blaine, Cooper e i loro genitori.

“Chissà come se la sta cavando il tuo amico, Blaine.”

“Sicuramente bene mamma.”

“Ho sentito sua madre oggi, è a pezzi. Ann è già stato un brutto colpo per loro non credo che riuscirebbero a sopportare anche la m-“

“Non dire quella parola.”

“Blaine Devon porta rispetto.”

“Scusa, ma no ti prego. Non dirla.”

“Eravate molto amici voi due, scusa.”

Siamo molto amici.”

Rimangono in silenzio fino a quando non passano i volti dei 24 tributi con affianco il loro punteggio. I primi tributi dai Distretti favoriti ottengono un punteggio che varia dall’otto al dieci e più si avvicinano al 4 e più Blaine tormenta il ciondolo.

Quando finalmente vede il volto di Sebastian trattiene il fiato per poi rilassarsi quando vede quel dieci trionfante affianco al viso che ama.

“Dieci.”

Ripete Blaine con un sorriso sulle labbra sospirando di sollievo.

“Ce la farà.”

È ciò che continua a ripetersi come un mantra da giorni.

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Dopo l’addestramento è l’ora delle interviste, una delle parti più belle di tutti i giochi, almeno che non sei un appassionato del sangue perché in tal caso potrebbe essere la parte più noiosa insieme alla Sfilata.

Caesar Flickerman era uno degli uomini più strani che Blaine avesse mai visto in TV, cambiava ogni anno i colori dei capelli ed erano sempre dei colori strani, quest’anno sfoggiava una chioma verde. Vengono chiamati uno ad uno i tributi, prima le ragazze e poi i ragazzi, ognuno può stare lì per tre minuti e deve dare il meglio di sé perché è una delle cose che aiutano per prendere più sponsor possibili e in questo caso posso determinare tutto il percorso dei giochi.

“Ora passiamo a Sebastian Smythe.”

Ed ecco che subito viene inquadrato il tributo del Distretto 4 con la sua giacca blu che gli cade perfettamente e dei pantaloni che gli fasciano le gambe alte di un blu più chiaro. Come per la Sfilata tendono a usare i colori del proprio distretto.

“Allora, Sebastian, come ti trovi qui?”

“Sembra di stare in un altro mondo, è fantastico qui. Ma c’è un solo problema.”

Ceasar lo guarda confuso e Sebastian gli fa cenno di avvicinarsi, come se gli dovesse dire un segreto. Sebastian appoggia il gomito sul suo ginocchio e usa il migliore dei suoi sorrisi.

“Manca il mare.”

Ceaser lo guarda e ride.

“Per un ragazzo come te credo che più il mare ti manca la compagnia che avevi lì.”

“No, quello è solo il mio elemento, ci sono nato là. Poi sono più una persona che fa gruppo per conto proprio.”

“Meglio non averti contro allora.”

“Meglio di no e sono pronto a tornare a tutti i costi.”

“Un ragazzo così bello e così pericoloso, mi raccomando ragazze vedetevi bene da questo faccino.”

Il pubblico ride e urla come vedono Sebastian che si gira verso di loro e gli sorride.

“Perché ci hai impiegato molto ad andare sul palco quando ti hanno chiamato?”

Il sorriso di Sebastian per un po’ perde la sua fierezza da predatore e mostra per un battito di ciglia il Sebastian che è stato separato dalla sua metà, ma dura un attimo perché Sebastian riesce subito a riprendere il controllo.

“Non me lo aspettavo, sono il più grande qui e questa sarebbe stata la mia ultima mietitura. Stavo metabolizzando questo scherzo che il destino mi ha fatto.”

“Ma ti abbiamo visto interagire con un ragazzo, era tuo fratello?”

Sebastian rise.

“No, lui è il mio. . . migliore amico. È più di un amico, quindi si potrebbe pure definire un fratello, siamo molto legati. Nemmeno lui se lo aspettava.”

“Capisco.”

No, tu non puoi capire brutto presentatore demente. Fidati. Pensò Blaine mentre sentiva l’intervista di Sebastian che fece ridere sia lui che Cooper quando sentirono la parola “fratello”.

“Smythe, sbaglio o ho già sentito questo nome qui?”

“Affatto, mia sorella ha partecipato cinque anni fa. Ma non ce l’ha fatta. È per questo che sono ancora più determinato a vincere perché devo tornare a casa.”

Disse Sebastian sfiorando il ciondolo di Blaine che usciva dalla manica della sua giacca.

“Scommetto che questo tuo tornare a casa a tutti i costi sia dovuto ad una persona speciale.”

“Sì.”

“Deve essere una persona molto fortunata se è riuscita a prendere il cuore del ragazzo bello e pericoloso. Vero ragazze?”

Tutto il pubblico urlò e batté le mani per Sebastian, col suo tono di voce calmo e sensuale stava ammaliando tutti.

“Sono molto più fortunato io, credimi.”

“Ho i miei dubbi.”

In quel momento la sirena segnò la fine dei tre minuti a sua disposizione.

“Il nostro tempo è finito. È stato un piacere parlare con te giovane Smythe. Possa la fortuna stare sempre dalla tua parte.”

“Grazie, il piacere è stato mio.”

Blaine dentro di sé esultò e anche questa era fatta, era stato bravo e pensò che sicuramente molti Sponsor avessero messo gli occhi su di lui e la sua determinazione. Ora fra lui e il ritornare vivo da lui c’erano di mezzo 23 tributi da eliminare.

“Ce l’avrebbe fatta” continuò a dirsi Blaine e pian piano incominciò a crederci.

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Quest’anno l’arena si trovava in mezzo ad una foresta gigantesca dove in un lato era bagnato dal mare mentre l’altro era fitto d’alberi. Quando Blaine vide il mare ecco che per poco non si metteva piangere perché almeno c’era un elemento in quell’arena che giocava a favore di Sebastian. La gara si mosse abbastanza veloce i tributi del Distretto 1 e 2 sembravano delle macchine addestrate per uccidere e avevano già fatto fuori i tributi dal 5, 6 e 12. Altri erano morti per via delle trappole che avevano messo gli strateghi come la ragazza dal Distretto 3 e il ragazzo dal 7, mentre altri erano morti perché le loro conoscenze delle piante in un bosco erano molto limitate. A distanza di una settimana i tributi in gara si ridussero a 10. Sebastian faceva gioco per conto suo, non si fidava delle alleanze perché sapeva che prima o poi si sarebbero rivolti contro di lui e non poteva rischiare. Era riuscito a prendere un tridente e con quello si sentiva forte, c’era cresciuto con questi strumenti e se la cavava bene pure con l’arco. Si sentiva stanco per via del poco cibo e della poca acqua, ma la forza di volontà superava qualsiasi cosa. Blaine fece come gli era stata detto “tieni gli occhi fissi su di me” e lui non perse di vista Sebastian, nemmeno un attimo, nemmeno quando uccise il primo tributo che minacciava la sua salute. Tenette gli occhi fissi su di lui.

Quando Blaine vide l’immagine di Quinn a fine giornata sullo schermo della TV colpì dei cuscini che si trovavano vicino a lui, imprecando a bassa voce. Non erano mai stati molto legati, ma era una persona meravigliosa, ma sapeva che prima o poi sarebbe successo, le voleva bene me se lei sopravviveva voleva dire che Sebastian non sarebbe tornato a casa e non poteva pensarlo.

Da qualche giorno la situazione nell’arena era molto stazionaria e Sebastian si preoccupava di cosa stessero architettando gli Strateghi, sicuramente un modo per far avvicinare tutti i tributi in un unico punto per farli massacrare a vicenda tutti insieme e ora Sebastian si trovava veramente da solo dopo che aveva visto il volto di Quinn proiettato nel cielo notturno.

Blaine che manteneva tutte le parole date mantenne gli occhi fissi su Sebastian anche quando quest’ultimo troppo distratto a cercare una sorgente d’acqua non sentì il passo leggero della ragazza del distretto 2 che lo colpì. Blaine tenne gli occhi fissi su di lui anche quando Sebastian si piegò a terra, non riusciva a capire dove l’avessero colpito, intorno a lui non esisteva più niente se non Sebastian che si teneva un fianco e la sua faccia contratta dal dolore. Blaine non ci voleva credere, non lo accettava. Anche Sebastian fece come gli era stato detto, perché sentiva che le forze lo stavano abbandonando sempre di più e sapeva che mancava poco, quindi pensò a Blaine e al futuro che insieme avevano pensato tante volte: in un mondo diverso da Panem, lontano da qui liberi di vivere la vita che vogliono, liberi di amarsi anche in mezzo a tutti. Si immaginò la loro piccola Utopia, ma non attuava il dolore, niente aveva il potere di farlo. Ripensò a Blaine e a quelle labbra che non potrà ribaciare. In quel momento sperò che quel cannone sparasse presto il suo colpo per non poter più pensare. Blaine invece pregava il contrario: che non gli avessero colpito una parte vitale.

Né Blaine e né Sebastian sentirono il colpo perché entrambi vennero avvolti dal buio.

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"Sebastian!"

Urlò Blaine mentre cadeva dal divano sbattendo il gomito sul tavolino basso del soggiorno, mentre un'altra cannonata veniva sparata da una nave pirata in un documentario in onda in uno dei canali della TV. Il piccolo Andrew che si trovava nella stessa stanza con il suo papa si spaventò un po' vedendolo così spaesato perciò si avvicinò cauto verso di lui.

"Papa?"

Appena lo senti Blaine si alzò in piedi e andò di corsa verso suo figlio.

"Oh piccolo mio, quando sono felice di vederti."

Lo strinse forte a se e il piccolo Andrew per reggersi bene su di lui gli cinse i fianchi con le gambette e si aggrappò forte sul suo collo.

"Papà hai avuto un incubo? Vuoi Kiwi?"

"Ne ho avuto uno bruttissimo. Devo solo vedere daddy ora."

Andrew posò una sua manina sua guancia ricoperta con un po' di barbetta e lo accarezzò come facevano i suoi papà dopo un brutto incubo, Blaine gli sorrise baciandogli la fronte.

"Va meglio papa?"

"Oh si, non ho più paura ora. Grazie."

Andrew gli sorrise tutto felice. Quando Blaine senti un altro sparo deve far scendere Andrew per andare nello studio, sapeva che tutto quello che aveva vissuto era solo un sogno, ma doveva sentire Sebastian vivo sotto le sue mani prima di far tranquillizzare il cuore. Prima di lasciare solo Andrew di salotto cambiò canale scegliendo uno per bambini.

Aprì delicatamente la porta dello studio e quando entrò si trovò un Sebastian con gli occhiali da lettura intendo a leggere un libro a Emily, stupendosi del fatto che Andrew non stava li con loro, ma quando lesse che era l'ennesima storia con le principesse capì perché Andrew aveva coltivato un odio per queste storie che sfiorava l'assurdo, ne aveva le tasche piene di queste principesse e Sebastian sapeva che questa era solo una fase che sarebbe passata presto, Andrew sperava che questo "presto" si decidesse di arrivare.

Appena Sebastian sentì un paio di occhi che lo fissavano alzò gli occhi dal libro e sorrise a suo marito ed Emily lo imitò subito.

"Ehi."

"Ehi."

Dissero entrambi nello stesso momento e si sorrisero a vicenda non badando molto alla piccola Emily che reclamava le attenzioni del suo papà.

"Papa daddy mi sta leggendo una storia in francese!"

"In francese?"

"Si, ho pensato di iniziare con le piccole cose. Capisce molto, è brava la nostra principessa."

Disse tutto sorridente mentre le sfiorava i capelli per poi avvicinarsi a lei dicendole qualcosa che Blaine non riuscì a capire. Emily guardò prima Blaine e poi Sebastian e gli sorrise, poi scese dalle sue ginocchia e uscì dalla stanza.

"Non dovevi mandarla nell'altra stanza, lo sai?"

"Sì, ma mi sembravi un po' turbato e preferivo restare un po' da solo con te. Le ho detto di prepararsi che dopo andiamo a prendere un gelato."

Disse Sebastian mentre si alzava dalla poltrona per potersi avvicinare a Blaine che come se lo vide vicino gli strinse le braccia intono ai fianchi e Sebastian rispose immediatamente all'abbraccio. Appoggiò la sua testa sul suo petto e il suo battito gli sembrò una delle più belle sinfonie che avesse mai ascoltato, era assurdo di come alcune volte dei sogno ti sembrano così reali tanto da compromettere la realtà.

"Ehi che è successo?"

"Mi prenderai per pazzo."

"Non l'ho fatto tanto anni fa lo dovrei fare adesso?"

"Prometti di non ridere?"

"Croce sul cuore. Mi sembra di parlare con i nostri figli."

"Ho sognato che noi stavano a Panem e tu venivi estratto e andavi a combattere nell'area e ti uccidevano. In quel momento in TV stavano dando un qualcosa sui pirati e quel cannone ha reso tutto così reale che quando mi sono svegliato pensavo veramente che eri morto."

"Aspetta... Panem? The Hunger Games?"

Blaine si limitò ad annuire.

"Non avevamo passato questa fase molti anni fa?"

"Tu non puoi capire come tutto sembrava reale."

"Era solo un sogno Blaine. Ci sono io con te ora."

Blaine si lasciò cullare da Sebastian stretto nel suo abbraccio per un'altro po' non aveva la benché minima voglia di allontanarsi da lui. Sebastian gli alzò il viso per poi baciarlo gentilmente e quando si staccò da lui Blaine gli regalò un sorriso. Poi Sebastian abbassò il suo viso verso l'orecchio di Blaine.

"Tu mi ami: vero o falso?"

Gli disse sussurrando facendo diventare ancora più grosso il sorriso di Blaine.

"Vero."

Gli disse Blaine nella bocca del marito che rispose al suo bacio con più passione di prima.

"Vero."

 

Beth’s Corner.

Buona domenica a tutti! Allora partiamo con lo scusarsi per domenica scorsa, mi ero ripromessa di essere almeno regolare con questa ff, ma diciamo che ho saltato l’aggiornamento domenica scorsa per un motivo che tutti noi conosciamo e non potevo aggiornare. Se le cose andassero come noi vogliamo adesso il paradiso o quello in cui credete avrebbe un angelo in meno.

Ormai il mio Blaine è solito fare questi sogni in cui Sebastian è sempre uno dei miei personaggi preferiti e che ogni volta fa una brutta fine, non lo faccio perché odio Sebastian, solo perché sono più legata a Blaine e Darren in primis e perciò mi sa difficile farne una del genere con lui.

Sinceramente non so che dirvi, da una settimana a questa parte sono veramente  a corto di parole e ringrazio il fatto che l’avevo finita sabato scorso.

Mi scuso per chi sta seguendo Boy B e sto collezionando ritardi su ritardi: abbiate pazienza con me sono arrivata in un punto “critico” e non voglio rischiare di rovinare tutto.

Ringrazio la beta per tutto quello che fa, veramente grazie. Un grazie anche a chi legge e soprattutto a quel tesoro di courage_forever veramente grazie e appena ho un po’ di tempo in più rispondo a tutto, promesso.

Un abbraccio a tutti perché in questi giorni non fanno che bene.

Spero che questa cosina vi sia piaciuta.

May the odds be aver in your favor.

Love always,

Beth.

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Capitolo 5
*** L is for Lucky ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei quattro scemi (come qualcuno ha detto) che mi hanno rubato il cuore.
 
 

L is for Lucky
 

“A journey soon begins its prize reflected in another's eyes
 when what you see is what you lack then
 selfless love will change you back.”
-Freaky Friday.
 
Nella casa Smythe-Anderson i litigi avvenivano raramente, almeno non in presenza dei figli, ma quando succedeva la domanda che prendeva forma dalle labbra del piccolo Andrew era “papa non vorrai divorsiare da daddy e noi, vero?”
I genitori si chiedevano sempre il perché di questa domanda, per loro la risposta era ovvia visto che anni prima entrambi avevano provato quella strana sensazione della mancanza dell’altro e sapevano cosa volesse dire, perciò mai e poi mai avrebbero voluto il bis. Quando la domanda si fece troppo frequente i genitori parlarono con le maestre perché non riuscivano a capire da dove avesse sentito quella parola e scoprirono che la famiglia di un suo amichetto stava affrontando questa separazione e forse questa separazione accendeva in lui quel timore di essere abbandonato un’altra volta. Perciò ogni qualvolta che questa domanda veniva detta, e quei occhioni che i due genitori amavano incominciavano a riempirsi di lacrime, Blaine abbracciava suo figlio che subito ricambiava forte la stretta, Sebastian gli accarezzava i capelli e ripetevano la solita cantilena che gli dicevano sempre: “papa e daddy si amano e mai potrebbero pensare ad un mondo senza la presenza dell’altro al proprio fianco e senza di voi che gli riempite le giornate, poi si dice divorziare con la z non con la s.”
 Poi Sebastian baciava a stampo Blaine e solo dopo quel bacio Andrew scendeva dalle braccia del suo papa e andava a giocare felice e tranquillo nella sua cameretta o andava dalla sorella per fare qualcosa insieme, continuava a dire quella parola fra sé e sé che non riusciva mai a dirla per bene, sforzandosi sulla z. Quando Andrew si trovava nella sua cameretta e i due papà si trovavano da soli nel grosso soggiorno o riprendevano da dove si erano fermati prima, resistendo a tutti gli impulsi che li portavano nella camera da letto oppure continuavano a litigare. Ma bisticciavano sempre per cose stupide, come i turni delle pulizie, chi doveva andare a prendere i bimbi alla scuola e cercare un modo per essere sempre presenti quando ritornavano a casa, rispettare le parole date, perché succedeva che alcune volte non si poteva più mantenere ciò che avevano detto e occorreva sistemare subito il danno e quando erano troppo sotto stress capitava che si dicevano cose che non si pensava. Ma dopo che la domanda veniva posta i nervi gli si calmavano subito e insieme riuscivano ad organizzarsi per il meglio. Ma questa era una litigata diversa perché Blaine era estremamente geloso di lui e non sopportava le attenzioni che troppe persone rivolgevano a suo marito: ogni volta che insieme andavano a prendere i bambini alla scuola, ma anche in qualsiasi luogo pubblico, Blaine sentiva gli occhi puntati su di loro, all’inizio pensava che erano per il fatto che due uomini andassero a prendere i loro figli insieme, ma quando ci prestò più attenzione notò che gli sguardi erano specialmente rivolti su Sebastian, e se quest’ultimo non ci desse troppe attenzione e non stesse al loro gioco al riccio non interesserebbe, ma quando succedeva lui coglieva subito il gioco divertendosi a farlo ingelosire e Blaine cadeva nella sua trappola facendolo impazzire ancora di più. Ma Blaine non si arrabbiava mai per finta.
“Io e te non abbiamo finito è inutile che mi sorridi così.”
Disse Blaine mantenendo il suo famoso muso del quale i loro figli erano dei degni eredi e Sebastian adorava baciargli le labbra quando erano imbronciate e così fece: lo baciò finché non gli sorrise.
“Ti odio.”
Disse Blaine colpendogli il petto.
“No, non è vero.”
Ribatté Sebastian stringendolo fra le braccia.
“Oh Smythe, cosa devo fare con te?”
“Non hai bisogno che te lo dica io perché quello che fai con me lo fai molto bene, se fossi in te continuerei per questa strada Mr Gelosone.”
“Tu non puoi capire che fastidio che mi danno. Non li ferma né la tua fede al dito né il mio starti appiccicato mentre lancio occhiate omicide a destra e sinistra.”
“Il prezzo da pagare per avere al tuo fianco una persona dalla mia bellezza.”
“A te non danno fastidio?”
“No, perché dovrebbero?”
“Oh giusto, tu sei Sebastian Smythe.”
“Ehi da quando ho te non sono più uscito con nessuno e se sto ai loro sguardi è solo per divertirmi un pochino mentre tu fai il geloso, non è che ti tradisco o quant’altro. Mettitelo nella tua testa. Gli unici uomini della mia vita siete tu e il nostro Andrew e l’unica donna di cui mai mi potranno interessare le attenzioni sono quelle della nostra dolce Emily. Quante volte te lo dovrò dire?”
“Ti odio. Io dovrei essere arrabbiato con te.”
Disse Blaine appoggiando la testa al petto del marito facendo ridere quest’ultimo mentre veniva stretto dalle braccia del più basso.
“Ti amo anch’io, Anderson.”
“Se tu guardassi i loro sguardi dal mio punto di vista capiresti.”
“Perché credi che nessuno guarda mai te con quel tipo di sguardo che ti scannerizza tutto manco avessero al posto degli occhi dei raggi X?”
“Ma scommetto che non succede così spesso, io sono più il tipo che non ci bada per niente, gli tolgo il divertimento subito.”
“Scusa, ma questa storia andrà avanti ancora per lungo? Sono solo sguardi.”
 “Beh la prossima volta qualcuno finirà male per solo degli sguardi.”
“Amo quando fai il geloso.”
Gli sussurrò nell’orecchio a bassa voce Sebastian.
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Toc toc.
“Entra pure.”
Disse Blaine immerso fra mille spartiti mentre cercava quello giusto che aveva promesso al suo allievo.
“Ho una proposta da farti!”
“Fai presto Seb!”
“Mi ha chiamato Thad e mi ha chiesto se domani sera volevamo cenare insieme, la ‘sua metà’ – disse imitando la voce dell’amico – è partita per non so che cosa che riguarda il lavoro e si sente solo.”
“Non lo so, è da tanto che non passiamo una bella serata noi quattro insieme. Sono dei mesi pesanti per entrambi e tra te che passi le ore nello studio per sistemare tutto il tuo materiale e io che sto sempre qui a prepararmi per le lezioni, stiamo con i gemelli a giorni alterni praticamente. Eravamo riusciti a far coincidere i nostri impegni non voglio saltare queste cose.”
“E la faremo! Solo che ci sarà pure Thad con noi. I bambini saranno felici di vedere lo zio Thad.”
“ANDIAMO DALLO ZIO THAD??”
Urlò la piccola Emily sbucando fuori all’improvviso dalla porta della stanza che non era stata chiusa per bene.
“Signorina non si sentono le conversazioni di nascosto, doveva essere una sorpresa.”
La riprese Sebastian.
“Scusami daddy.”
“Va da Andrew, io e papa dobbiamo parlare.”
“Non sei arrabbiato con me, vero daddy?”
Gli chiese con gli occhioni blu dispiaciuti.
“Non sono arrabbiato con te, principessa. Ma non ti posso rispondere ora, prima dobbiamo parlare io e papa. Ok?”
La bimba sollevata annuì al suo papà per poi andare da suo fratello, Sebastian per sicurezza andò a chiudere la porta.
“Perché se Thad ti dice di passare una serata insieme bisogna dire di sì e quando te la chiedo io passano i giorni prima che mi dai retta?”
“Noi passiamo un sacco di tempo insieme, non devi far testo a questi periodi in cui siamo pieni di lavoro, tu hai degli allievi nuovi e non è colpa mia se ti occorre più tempo per preparare le lezioni.”
“Lo so che non è colpa tua ma mi mancano queste serate in cui siamo solo noi quattro e le volte in cui tu ti addormenti sul divano  durante i giochi non possono contare.”
“Alcune volte sono stanco e non capirò mai dove trovi le energie per tener testa a quei due.”
“Non cambiare discorso, domani è la nostra cena. Non nostra e di Thad, solo nostra.”
“Dai che è da ancora più tempo che non passiamo una serata con lui.”
Blaine scosse la testa e riprese a cercare lo spartito.
“Non hai nemmeno sentito dove vuole andare.”
“Non te l’ho chiesto perché non mi interessa, noi non ci andremo.”
“Un suo amico ha aperto un ristorante cinese, si è messo con una di Shangai e hanno aperto questo locale. Vengono aiutati dalla famiglia di lei e hanno invitato Thad all’inaugurazione, lui ci vuole andare, ma non da solo. – si fermò per poi aggiungere ammiccando – prometto che mi farò perdonare nel dopo cena.”
“Perché non devi capire l’importanza di questa serata?”
“Dai Blaine! Ti prometto che mi terrò libero per dopodomani, sento se posso anticipare gli appuntamenti così torno prima e preparo tutto io.”
“Gli impegni con me possono essere spostati i suoi no. Ovvio.”
“Blaine.”
“Non dire ‘Blaine’ a me in quel modo, lo sai che ho ragione. Vuoi andarci? Chiamalo, ma non venirmi a chiedere se voglio andare se tanto hai già deciso. Ora vai che ho del lavoro da finire.”
“Beh quei fogli stanno diventando più importanti di me a momenti, ma a me non è dato lamentarmi.”
Disse fra sé e sé Sebastian.
“Che hai detto?”
“Niente.”
Disse Sebastian che dopo che si chiuse la porta dello studio del marito chiamò subito il suo amico per dargli la notizia e per mettersi d’accordo per domani.
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Blaine passò tutta la notte a cercare di non finire vicino al marito come faceva ogni volta da quando erano andati a vivere insieme, era ancora arrabbiato con lui, ma quando si lasciò un po’ andare nel suo sonno senza sogni si svegliò la mattina successiva col battito del cuore del marito che ritmava il suo buongiorno preferito. Blaine non poteva vedere Sebastian, ma sapeva che era sveglio perché la sua mano non se la smetteva di accarezzare la sua schiena da sotto la maglia. Blaine era ancora arrabbiato, ma si finse addormentato perché amava quelle piccole attenzioni di prima mattina e non aveva le forze per fingersi ancora arrabbiato.
“So che sei sveglio.”
Gli disse all’orecchio per poi baciarglielo Sebastian. Con gli anni aveva imparato anche lui aveva imparato ad ascoltare e imparò a decifrare i suoi respiri, ma Blaine non voleva dargli questa soddisfazione, perciò non rispose.
“Mi dispiace, okay? Ma per lui è importante questa sera.”
“Anche quella che avevo programmato io era importante.”
“Lo so e ti ho promesso che la faremo domani. E prometto di non lamentarmi per tutti i giochi che vorranno fare o per i film che vorranno vedere. Vorrete vedere.”
“Sai che è da tanto tempo che propongono di vedere un film, ma tu dici sempre di no?”
“Tutto tranne quel cartone, dai, ti prego.”
“Ti divertirai a vedere ‘Il Libro della Giungla’, i bambini saranno felicissimi!”
Disse con un sorriso Blaine sotto lo sguardo stizzito di Sebastian. Lui non aveva solo due figli, ma ne aveva anche un terzo: suo marito.
“Ti odio.”
“Oh ti amo anch’io mio caro Smythe.”
E dopo averlo baciato andò a svegliare i loro bambini, le mattine in casa Smythe-Anderson erano sempre così: Blaine era la sveglia e Sebastian era il cuoco della colazione. Sempre.
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“Zio Thad è arrivato!
Urlò il giovane appena mise piede dentro la casa e subito i due gemellini dai ricci capelli rossi assalirono il loro zio preferito, dopo zio Cooper, e con fatica Thad riuscì ad arrivare nel salotto visto che aveva due piccoli pesi ai piedi che portavano il nome di Andrew ed Emily.
“Ma guarda come siete cresciuti! Emily fattelo dire sembri una vera principessa con questo vestitino rosa. C’è lo zampino di papa o di daddy? Per Andrew nemmeno lo chiedo perché il papillon è un chiaro segno del vostro Blaine.”
“Touché. E quello è uno dei vestitini che le ha regalato maman per Natale.”
“Non poteva essere un’idea sua.”
Disse Thad facendo ridere Sebastian. In salotto trovarono Blaine che aveva lo sguardo più scuro che il moro gli avesse mai visto in faccia da anni.
“Blaine, come va?”
“A meraviglia Thad.”
“Sono contento! Sì, pure io sto bene, grazie.”
Gli disse Thad mentre Sebastian guardava male Blaine.
“Guardate lo zio cosa vi ha portato bambini!”
In quel momento i due si staccarono dalle sue gambe per poter vedere meglio il loro regalo e all’unisono incominciarono a battere le mani allegramente. Thad gli aveva portato due peluche: a Emily aveva preso un orso che era vestito come una fata, invece a Andrew aveva portato un draghetto verde di pezza. I due bambini tutti contenti andarono dai loro genitori mostrando fieramente i loro regali.
Papa sta sera ci inventiamo una storia?”
“Tesoro non so se questa sera possiamo, ci proviamo domani, okay?”
“Quindi mi salvo dal Libro della Giungla?”
Chiese speranzoso Sebastian facendo ridere la sua famiglia.
“Ma no, c’è sempre tempo per una storia dopo un cartone daddy!”
Gli fece notare risolutamente il piccolo Andrew e Thad mise una mano sulla spalla di Sebastian per dargli coraggio.
“Andiamo?”
Questa era la tattica di Blaine: prima sarebbero partiti e prima sarebbero tornati.
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Papa! Daddy! Guarda quanto è bello!
Non facevano che dire i due bambini da quando erano entrati perché non erano mai stati in un ristorante cinese e tutto per loro era così nuovo e degno di stupore, poi l’amico di Thad aveva curato tutto nei minimi particolari sembrava veramente mangiare in un ristorante nel cuore della Cina.
Papa! C’è il papà del mio draghetto! Lo potevamo portare con noi così lo vedeva!”
“Andrew o portavi Kiwi o portavi il nuovo.”
“Ma daddy non sapevo che avremmo visto un drago grosso grosso!”
“La prossima volta ce lo portiamo, ora basta.”
“Ma dopo Kiwi resterà a casa da solo.”
“Andrew.”
Il piccolo sapeva che quando sentiva il suo nome pronunciato in quel modo da Sebastian c’era solo una cosa che poteva fare: finirla lì. E così fece, li seguì e si mise vicino ad Emily che gli sorrise e poi le prese la mano. Aspettarono insieme l’arrivo dell’amico di Thad.
“Thaddeus!”
Disse l’amico dal volto non più sconosciuto appena vide il loro amico in comune, dopo averlo abbracciato e entrambi si riempirono di botte sulla schiena.
“Nathaniel!”
“Sei cresciuto o sbaglio?”
“Ti odio tra te e il mio compagno non so chi mi sfotte di più.”
“Sicuramente lui.”
“Nate ti devo presentare uno dei miei più cari amici – indicando Bas – lui è Sebastian.”
“Piacere.”
Disse Sebastian stringendo la mano che gli aveva offerto Nate.
“E quello affianco a lui è suo marito Blaine.”
Gli riservò lo stesso trattamento di Sebastian.
“E queste meraviglie?”
Chiese inginocchiandosi per poter stare alla loro altezza visto che era alto quasi quanto Sebastian e i suoi occhi grigi si posarono su i gemelli.
“Sono i nostri figli: Emily e Andrew.”
“Che bei nomi che avete.”
Disse facendo arrossire la piccola ed entrambi si andarono a nascondere chi dietro alle gambe di Blaine e chi dietro a quelle di Sebastian.
“Scusali sono dei timidoni con le persone nuove.”
Disse Blaine mentre accarezzava i morbidi ricci della bambina per tranquillizzarla.
“Dagli cinque minuti e poi ti riempiranno di storie, fidati – lo rassicurò Thad e poi aggiunse – La tua dolce Sakura?”
“Sta in cucina se vuoi faccio accomodare i tuoi amici e la vieni a salutare.”
“Perfetto!”
“Venite, vi lascio anche il menù così dopo vi mando qualcuno per le ordinazioni.”
“Grazie.”
Quando rimasero da soli Sebastian posò il braccio sullo schienale della sedia di Blaine accarezzandogli piano la spalla.
“Dai che non è così brutta come serata.”
Blaine si girò verso di Sebastian e per poco non gli rise in faccia.
“Dai non fare il bambino musone e goditi la serata.”
“Ma li hai sentiti quelli lì nell’angolo che cantano? O dovrei dire che miagolano? È orribile.”
“Isola il disturbo, - poi si avvicinò ancora di più a lui – pensa a me.”
E come sentì le labbra del marito sul suo collo prese subito il menù per coprirsi e nello stesso istante i due bambini si misero ancora più in su il loro mentre cercavano di decifrare quei strani disegni vicino ai piatti con scarsi risultati.
“Piantala. Stiamo in un luogo pubblico con i bambini di fronte.”
“Guastafeste.”
Gli disse mentre gli toglieva il menù scoprendo una faccia leggermente colorita di rosso e incominciava a leggere le pietanze.
“Ci saranno delle porzioni per i bambini?”
“Di solito al ristorante non chiediamo le porzioni più piccole per loro, non capisco il problema.”
“Sono cibi con spezie e ingredienti che non hanno mai, e sottolineo mai, mangiato, si potrebbero sentire male. Sai come tengo alla loro alimentazione.”
“Li ricatti col gelato, non credo che se per una sera mangiano qualcosa di diverso succede chissà ché, Sebastian.”
“Sarà successo una volta il caso del gelato, massimo due.”
In quel momento la nonna di Sakura incominciò ad osservare la giovane coppia che iniziava a discutere su ciò che dovevano far ordinare ai loro bambini sotto lo sguardo annoiato di quest’ultimi. Immaginò che era una cosa che accadeva spesso visto i loro visini imbronciati.  La signora li osservò per un’altra manciata di minuti e poi decise che era l’ora di intervenire perciò prima di andare da loro mise su un piattino due biscotti della fortuna.
“Salve.”
Disse con un marcato accento cinese facendo un piccolo inchino a mo’ di saluto, Andrew ed Emily la guardano con gli occhietti vispi e curiosi perché sembrava una di quelle nonnine gentili che popolano le loro storie.
“Salve.”
Rispose Sebastian al saluto e poi la signora mise sul tavolo fra i piatti dei due adulti quello che conteneva i due biscotti della fortuna.
“Anche noi vogliamo i biscottini!”
Dissero in coro i gemellini Sebastian fece segno di no e ne prese in mano uno per spezzarlo per poter darne una parte ai figli, ma la signora lo fermò e riportò il suo biscotto al suo porto.
“Per voi.”
“Possiamo averne due anche noi? Per favore!”
“Dopo. Apriteli.”
E li aprirono sotto lo sguardo confuso di Sebastian, non capiva perché prima non andava bene e ora si, ma preferì non fare domande e mostrò il suo biscotto rotto alla signora con la speranza di farla andare via dal tavolo. Blaine si mise a leggere il biscotto.
“‘. . . quando ciò che vedi è ciò che ti manca allora un amore disinteressato ti farà tornare indietro.’ Che strano sembra che manchi la parte iniziale. Il tuo che dice Bas?”
“Non vorrai dirmi che ti interessa.”
“Sono solo curioso, lo sai di aver sposato un uomo con la curiosità pari a quella dei tuoi figli.”
“‘Il premio di un nuovo viaggio che inizierà presto sarà riflesso negli occhi dell’altro. . .’, contento?”
“Stranamente uno è il continuo dell’altro, non è curioso?”
Chiese Blaine a Sebastian mentre quest’ultimo accartocciava quel foglietto e lo metteva dentro alla tasca della sua giacca.
“Dai Bas.”
Ma lui alzò le spalle e mangiò il biscotto.
“Almeno è buono.”
In quel momento la signora ritornò al loro tavolo e quando diede dei biscotti anche ai bambini che subito li aprirono si rimise dietro ai due genitori e prima toccò con un dito la spalla di Sebastian e poi quella di Blaine e subito dopo ripeté la stessa sequenza ma cambiando l’ordine per chiudere il tutto con un colpo ad entrambi. I due adulti l’osservavano con occhi scioccati perché non riuscivano a capire cosa avesse appena fatto, il perché dei colpetti e il perché di quel sorriso che nascondeva più di quello che voleva dire.
Sebastian alzò le mani al cielo dopo lo sguardo stranito di Blaine e poi si sporse verso i suoi figli per vedere cosa volevano per trovare un modo per bilanciargli il pasto per bene, non voleva farli star male.
“Ho visto che avete incontrato la nonna Sakura, è una persona fantastica.”
“E pazza.” Aggiunse fra sé e sé Blaine che quando si volse verso Sebastian capì che entrambi avevano avuto lo stesso pensiero e si sorrisero.
“Se siete pronti potete ordinare. . .”
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Mentre toglievano la cintura di sicurezza ai loro figli e se li caricavano in braccio stando ben attenti a non farli svegliare Blaine si sentiva strano.
“Avevi ragione sullo stare attenti a ciò che si mangia, non mi sento bene.”
“Ti avevo consigliato di non mangiarti il gelato fritto.”
“Però ero curioso.”
“La prossima volta starai meglio visto che non lo mangerai.”
“Ok papà! – ci scherzò su Blaine – Sbrigati ad aprire così posso andare a stendermi un po’.”
“Comandi e visto che sono un buon papà ti faccio qualcosa di caldo. Metti Emily sul suo lettino e poi vai in camera nostra, ci penserò io a te, okay?”
“Okay. Mi sembra perfetto. Grazie.”
E Blaine fece come gli era stato detto di fare mise il pigiamino alla figlia, le rimboccò le coperte e le lasciò il bacio della buona notte sulla fronte, ma prima di andare in camera sua passo in camera del figlio per dare anche a lui il bacio della buona notte. Poi si diresse verso la camera matrimoniale e si mise una sua vecchia maglia per poi stendersi sul letto chiudendo gli occhi stando bene attento a non pensare a quella strana sensazione che lo faceva star male.
Sebastian lo raggiunse dopo una manciata di minuti con un bel tè caldo che lo poggiò sul comodino vicino alla parte di Blaine, poi si sedette sul letto e gli accarezzò i capelli.
“Stai sulla mia parte del letto, Blaine.”
“No, sto sulla mia.”
“Apri gli occhi B.”
E quando lo fece si guardò intorno e costato che sì, si trovava sulla sua parte e rotolò sul letto fino ad arrivare al suo cuscino.
“Bravo adesso prendi il tè e dopo ti faccio un bel massaggino, va bene questo programma al mio bimbo?”
“Non ho cinque anni Smythe.”
“Oh giusto, quattro.”
Sebastian gli porse il tè e lui lo bevve con ancora il broncio sulle labbra.
“Tu vuoi che non ti tratti come un bambino di cinque anni quando fai le facce di un bimbo di cinque anni io non ti capisco.”
Gli disse Sebastian col sorriso canzonatorio in viso.
“Sarò un caso da studiare, che vuoi che ti dica.”
“Sì, ok, ma ora bevi.”
Blaine incominciò a sorseggiare il suo tè e quando lo finì appoggiò la sua testa sul petto di Sebastian e lo abbracciò.
“Piaciuto il tè?”
“Sì, grazie.”
Sebastian lo fece spostare e lo fece stendere a pancia in su per poi incominciare a massaggiargli  la zona dello stomaco con dei movimenti circolari. Gli baciò delicatamente le labbra e poi gli disse: “Adesso chiudi gli occhi e domani vedrai come starai meglio.”
“Ok. . . buona notte. . .ti. . .”
E si addormentò.
“. . .amo.”
Finì per lui Sebastian.
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La mattina successiva quella strana sensazione non sparì da Blaine, anzi quella sensazione di peso si spostò dallo stomaco al suo petto e non ne capiva il motivo. Blaine aprì piano gli occhi e visto che non sentiva nessun battito sotto al suo orecchio immaginò che Sebastian si fosse alzato prima per via di un’emergenza sul lavoro, quindi si sentì libero di stiracchiarsi come voleva, ma sentì degli strani versi provenire sopra a lui. Pensò che uno dei suoi figli avesse avuto un incubo e senza che lui se ne accorgesse si fosse addormentato con loro, forse era per quello che Sebastian non stava vicino a lui. Ma quando aprì gli occhi si trovò di fronte a una cosa che era impossibile.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH.”
Urlò e di soprassalto l’altro corpo si alzo immediatamente dal letto e si mise una mano sopra gli occhi per coprirsi dal sole.
“Blaine ma-”
E anche lui si fermò perché quello non era il suono della sua voce e quando aprì gli occhi si trovò di fronte la verità.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH.”
Urlò anche Sebastian a sua volta, non era possibile.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH.”
Ma in un momento di lucidità Blaine che ora aveva le sembianze di Sebastian si mise una mano sulla bocca e invitò l’altro di fare lo stesso, non voleva svegliare i suoi figli.
“Non può essere.”
Disse Sebastian mentre toccava le sue braccia, il suo petto e la sua faccia per testare che tutto questo era vero, si diede pure un pizzico pur di provare che questo era tutto un sogno, che si sarebbero svegliati fra poco, non c’erano altre soluzioni, questo era impossibile.
“Stiamo facendo lo stesso sogno vero?”
“Blaine mi dai un pugno?”
“No scusa dammelo te, non voglio avere segni sul mio volto ho delle lezioni oggi, non posso. HO DELLE LEZIONI OGGI PORCA MISERIA! Come farai?”
“Ci vai tu, ovvio.”
“Certo faccio ‘Oh salve sono il marito di Blaine non vi preoccupate anch’io ho un diploma in conservatorio, lui ora mi sta dando il cambio al mio studio, ma tranquilli sono bravo quanto e come lui.’ Ovvio Smythe, ovvio.”
“Fingiamoci malati!”
“No, non possiamo con questo poco preavviso, lo sai. Facciamo così: io ti passo i miei appunti per questa lezione e quelle di oggi pomeriggio verranno rinviate, ma se vuoi provare fai pure, ma è più difficile fingere. E mi darai tutto l’occorrente per sostituirti.”
“Non funzionerà mai.”
“Basta crederci, non voglio sentirti dire questo. Se non riusciamo a sostituirci nei nostri lavori come faremo a ritornare nel. . . proprio corpo. Mi fa assurdo dirlo.”
“Ok, dobbiamo farcela. Vai a svegliare i bambini e controlla che Andrew sia Andrew e che Emily sia Emily, okay? Io intanto faccio la colazione e dopo ci scambiamo i materiali.”
Blaine andò subito nella loro stanzetta e dopo aver baciato la fronte di Andrew smosse il suo corpicino invitandolo a svegliarsi.
“Andrew è ora di alzarsi, su.”
Il bambino al sentire la voce del suo daddy aprì subito gli occhietti azzurri stropicciandoseli un po’ e confuso chiese: “Daddy che ci fai tu qui? Papa sta bene? Mi sveglia sempre lui. . .”
Questo né Blaine e né Sebastian ci aveva pensato: lui sì, era Blaine, ma esteriormente era suo marito e i loro figli si basavano su questo, di certo non potevano dirgli: i vostri papà si sono scambiati di corpi, li avrebbero scioccati.
Papa voleva provare a fare la colazione come la faccio io, secondo te ci riesce?”
“Potrebbe.”
Disse Andrew a Blaine facendolo ridere, aveva fiducia nel suo papa, ma Seb cucina meglio di lui ed entrambi lo sapevano. Blaine volse la testa dall’altro lato della stanza trovando Emily già sveglia.
“Ehi principessa che ci fai già in piedi?”
“Vi ho sentito urlare.”
Detto quello si girò verso di lui e Blaine notò che aveva gli occhioni gonfi, le fu subito vicino.
“Ehi principessa va tutto bene perché quei occhi rossi rossi?”
“Ho avuto paura, non mi piace quando urlate.”
“Non abbiamo litigato, tranquilla.”
“E allora perché avete urlato, si urla quando si è arrabbiati. No?”
“Abbiamo fatto un incubo e abbiamo urlato, tutto qui.”
Non le stavano mentendo, è veramente un incubo questo, ma ancora non hanno avuto il piacere di svegliarsi.
Blaine le lasciò un bacio fra i ricci e le sorrise, era più tranquilla.
“Andiamo a mangiare?”
“SI!”
Appena entrarono nella cucina i bambini andarono a salutare il loro papà che si destra fra i fornelli con la padronanza che hanno sempre visto in Sebastian. Quest’ultimo sentendoli arrivare si gira verso di loro e lascia ad entrambi un bacio sulla testa e dopo si rimette al lavoro mentre i due si mettono a sedere al loro posto.
Blaine andò verso Sebastian e lo abbracciò da dietro, quando appoggiò la sua testa sulla spalla di Sebastian gli venne da ridere.
“Che c’è?”
“È per la prima volta che per appoggiarmi alla tua spalla non mi devo alzare.”
Adesso anche Sebastian ride mentre impastava per bene l’impasto dei pancake.
“E io per prendere gli ingredienti non mi ero mai dovuto allungare così tanto. Ma non ti sa scomodo essere così. . . come dire, diversamente alto?”
“No, io mi chiedo come fai ad essere così alto.”
“A me piace, Mr Hobbit.”
“Adesso chi è l’hobbit però?”
“Touché. Però dovresti toglierti da dietro o starti fermo. Il tuo corpo reagisce in modo strano in presenza del mio corpo e ci sono i bambini.”
“Giusto. – poi si staccò da lui e si rivolse ai bambini – vediamo se papa riesce a fare i pancake più buoni dei miei!”
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“Bas tutto ok con bambini?”
Gli chiese per la milionesima volta Blaine, Sebastian non li aveva mai portati a scuola prima d’allora perché Blaine doveva passarci avanti e quindi il riccio aveva paura che potesse fare una mossa che lo portasse a farsi scoprire.
“Sì, sono stati bravissimi, li ho lasciati là e ora sto andando a scuola. E se te lo stai chiedendo no, sono stato bravissimo e loro non sospettano niente.”
“Perfetto. Ti ricordi le cene con i miei colleghi? Te l’ho presentati.”
“No.”
“Quindi non ti ricordi i loro nomi.”
“Esattamente.”
“Ok, fa niente spero che non ti daranno troppa noia. Allora per gli alunni non ti preoccupare, anch’io alcune volte mi sbaglio. Per le lezioni gli appunti sono divisi per classi e trovi tutto sul mio armadietto e l’orario sul mio registro. E per la mattina sei apposto. Nel pomeriggio ti va bene perché non ho lezioni troppo importanti ho controllato prima e con una buona scusa dovresti sistemare tutto.”
“Ok, tutto chiaro. Lo sai che è stranissimo sentirti parlare con la mia voce?”
“Lo stesso vale per me. Mi sembra di parlare con me stesso.”
“Non vedo l’ora che finisce tutto killer. A te ho detto tutto, ma tanto a differenza di me quell’ambiente lo conosci bene.”
"Già lo conosco bene, purtroppo."
"Tu sarai grande a vestire i miei panni, ne sono sicuro."
"Grazie, io credo in te."
"Speriamo che tutto vada per il meglio."
"Tanti anni passati al mio fianco dovresti aver imparato qualcosa, dai."
"So con quanta passione lo fai."
"Andrà bene."
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 "Odio. Ogni. Tuo. Singolo. Allievo. E. Collega."
Blaine non riuscì a trattenersi dal ridere perché sapeva com'erano alcuni dei suoi allievi così come sapeva di quanto potevano essere assillanti i suoi colleghi.
"Che è successo, Bas?"
"Ma cosa mangiano la mattina i tuoi allievi prima di venire a scuola? Gli altri insegnanti gli passano roba pesante durante le loro lezioni così quando vengono da te sono fatti?"
"Dai alcuni saranno pur particolari, ma tu dovresti sapere come prenderli."
"Alcuni? Io direi tutti, sono una mafia: vedono che il prof oggi è strano e architettano qualcosa e dopo sono tutti: io non ho visto niente. Stile il ‘Padrino’."
Blaine si mise una mano sulla bocca per non ridere un’altra volta, ma fallì miseramente. L’idea dei suoi allievi dipinti come una piccola mafia lo faceva sbellicare.
“Non dovresti ridere, sono scioccato dal loro ingegno. Sai quanti modi hanno inventato per usare il telefono durante la lezione? Troppi. O per chiacchierare col compagno che sta dall’altro lato della stanza? O di tutti i modi per disturbare?”
"E non hai ancora visto il meglio, durante i compiti in classe danno il loro meglio. Invece i miei colleghi che ti hanno fatto di male?"
"Hanno chiesto tante cose su di me come Sebastian e sui bimbi, ma dopo hanno attaccato un lagno e prima si lamentavano degli alunni, e poi della loro famiglia, della suocera, del cane che marca il territorio anche sul divano in soggiorno e poi c’è quello che si lamenta del giardiniere che gli taglia male le piante e chi si lamenta che la loro piscina non è blu come quella del vicino. Ma non era l'erba del vicino è più verde, adesso pure la piscina?"
"Amore sono sempre così tu basta che sorridi e annuisci e pensi ad altro. Ad alcuni basta poco."
"Ma la loro è come una cantilena che ti entra in testa!"
"Fidati."
"Non vedo l'ora di tornare a casa."
"Dai ti manca l'ultima ora, ce la puoi fare."
Gli disse dolcemente Blaine e Sebastian prese un bel respiro profondo, rimasero in silenzio per qualche altro minuto.
"Ma ogni giorno è così?"
"Beh visto che come insegnate mi fanno girare molte scuole devo dire che quando mi capita il giorno delle medie beh quello è l'inferno, non ti danno retta. E con in testa le band del momento è difficile insegnargli un po’ di buona musica alcune volte. Ma quando ti fanno domande o vedi che sono veramente curiosi di sapere determinate cose è appagante."
"Io ho sempre pensato che tutto questo era meno stressante, davo per scontato molte cose. Ho visto i tuoi appunti, sono curati nei minimi dettagli e per tenerli così è ovvio che ci devi spendere molto tempo. Grazie a quelli sono riuscito a tenere una buona lezione, almeno me lo auguro."
"Apprezzo molto quello che dici, grazie. Adesso devo andare e se sopravvivi all'ultima ora chiamami."
"Sarà fatto."
"Buona fortuna amore."
"Se non dovessi sopravvivere sappi che ti amo."
"Beh vedi di sopravvivere così saprai la mia risposta."
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Nell'ora della merenda Andrew e Emily si diedero appuntamento all'ombra del grande albero al centro del grande prato, dove si svolgevano tutti i giochi, perché dovevano discutere di una cosa che era importantissima.
"Papa e daddy sono sotto un incantesimo," disse il piccolo Andrew "hai notato che si comportano in modo strano? Daddy che ci sveglia, papa che fa la colazione e la fa uguale a daddy! E per non parlare del fatto che oggi papa per portarci a scuola voleva prendere la macchina di daddy!"
"Poi sembra che papa guarda con lo stesso sguardo che ha daddy quando lo guarda. Hai ragione, sono strani."
"Qui bisogna intervenire!"
"E se la signora del ristorante non fosse la vecchietta buona della favole ma la strega cattiva?"
"Potrebbe. . . Hai portato con te i libri delle fiabe?"
Emily sorrise e tirò fuori dal suo zainetto molti libricini, erano convinti che lì dentro avrebbero trovato la risposta che cercavano.
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Messaggio da: Beebu
Sono sopravvissuto all'inferno dell'ultima ora. Non vedo l'ora di abbracciare i nostri figli e rifugiarmi nella tranquillità della nostra casa. Il casino dei nostri figli non lo vivrò più nello stesso modo. Vedi di tornare presto.
ps: mi fa strano cercare un Bastian nella mia rubrica.

 
Messaggio da: Bastian
Lo sapevo che ci saresti riuscito! Tornerò il prima possibile e devo ammettere pure io che questo è molto più stressante di quello che pensavo qui.
ps: non sentivo quel soprannome da quando Andrew ha imparato a dire il mio nome, mi manca il suo Beebu. Non ti facevo così sentimentale mio caro Smythe.
pps: trovami una cosa non strana di questa giornata e vinci un premio.
 
Messaggio da: Beebu
Ho sempre adorato quel Beebu e lo sai quindi non ho resistito a non usarlo. Quando torni a casa dobbiamo trovare un modo per sistemare la cosa.
 
Messaggio da: Bastian
Perfetto. Ricordati di andare a riprendere i bambini, ci va sempre il loro papa a prenderli.
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“Sono tornato!”
Urlò Blaine dopo esser stato attento a dove mettere la 24h di Sebastian, sotto all’appendiabiti, in quel momento gli corsero incontro i due gemellini con la faccia tutta sporca di Nutella e quando aprì le braccia entrambi gli salirono sopra lasciandogli tutte impronte di Nutella sul collo.
Daddy!”
Lo salutò con un bacio la piccola Emily e poi li fece scendere.
“Che avete fatto oggi?”
I bambini si guardarono e dissero in coro “Niente!” che insospettì subito il loro genitore, ma pensò che si comportavano così perché stavano facendo merenda con la Nutella e di solito Sebastian ci sta attento a queste cose. I bambini ritornarono in cucina e si arrampicarono sugli sgabelli del tavolo rialzato della cucina dove li aspetta la fetta di pane non finita e un bel bicchierone di latte. Sebastian alzò gli occhi dai suoi appunti perché credeva che se doveva passare un altro giorno in quella giungla di certo non ci sarebbe andato impreparato. Quando alzò gli occhi Sebastian rise e poi gli andò vicino.
“Mi devi dire qualcosa?”
Gli chiese Sebastian per poi girarsi a fare l’occhiolino ad Emily che una volta seguito lo sguardo del suo daddy dritto verso la guancia del suo papa anche lei incominciò a ridere, l’unico ignaro di tutto restava Blaine.
“No, perché?”
Sebastian per via del ridere della sua bimba faceva fatica a tenere uno sguardo serio, ma ci doveva riuscire.
“Credo che mi nascondi qualcosa e devi dire al tuo amante che la prossima volta non dovrebbe usare un rossetto fatto di una crema italiana a base di cacao e nocciole. Lascia tracce. Per non parlare del tuo collo.”
E quando Blaine corse verso l’ingresso Sebastian fece finalmente compagnia al riso della figlia e poi prese un panno umido e aspettò che ritornasse in cucina. Ci volle più di quello che pensava prima che Blaine riapparve alla porta e guardando la sua faccia pulita capirono che si era andato a lavare.
“Nascondi le prove eh?”
Blaine andò vicino a lui ridacchiando e lo baciò sulle labbra, ma dopo un po’ Sebastian si staccò un po’ da lui e l’altro lo guardò con fare interrogativo.
“Che c’è?”
“Mi sembra di baciare me stesso.”
Gli sussurrò nell’orecchio per non farsi sentire dai loro figli che attenti li stavano osservando, quando gli disse quello Blaine posò la testa sulla sua spalla mentre rideva. Questo comportamento non sfuggì agli occhietti dei piccoli e Andrew si appuntò mentalmente che daddy ride come papa, i due gemellini si scambiarono uno sguardo d’intesa e si sorrisero.
Quando i bambini finirono di mangiare Sebastian li aiutò a ripulirsi da tutta la Nutella che avevano spalmata sulla faccia e sulle mani meravigliandosi di quanta potesse essere. Finiti di pulirli Blaine ritornò in cucina dove trovò Sebastian che lo stava aspettando, si mise a sedere davanti a lui.
“Pensavo di chiamare Thad e chiedergli se ce li poteva tenere il pomeriggio così noi possiamo andare al ristorante e parliamo con la signora, ci facciamo dare il numero di Nate così se è chiuso chiamiamo lui e parliamo con la ragazza, deve pur sapere qualcosa forse si trasmettono questo potere fra generazioni. Poi torniamo a casa e ci prepariamo per la nostra serata all’insegna di cartoni Disney e storie su strani orsi dalle sembianze fatate e draghetti di pezza.”
“Mi sembra un piano perfetto, chiami tu Thad?”
“Oh no, devi farlo te. Io sono Blaine, ricordi.”
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Thad arrivò a casa loro il prima possibile, ma c’era un sacco di traffico quel giorno e prima delle sei non riuscì ad arrivare. Più passavano i minuti e più Blaine diventava intrattabile, ci teneva alla serata di oggi e di certo non avrebbe permesso a Thad di rovinargliela un’altra volta. I due si trovavano sul divano a leggere i rispettivi appunti, ma la gamba di Blaine non smetteva un minuto di tremare e distraeva l’altro perciò quando Sebastian non riuscì più a sopportarla gli mise una mano sulla coscia e immediatamente si fermò.
“Respira, che ci mettiamo poco ad arrivare al ristorante.”
“Ma-”
In quel momento sentì suonare il campanello e Blaine dopo che ebbe preso due bei respiri profondi gli andò ad aprire. Come Thad entrò lo abbracciò subito.
“Seb tutto ok?”
“Si, a meraviglia. È solo che dovevamo fare una commissione, ma non potevamo portarci i bambini.”
“Ma che è? Il tuo Blaine ti ha attaccato la mania di rispondermi con i ‘a meraviglia’?”
“Ma che dici?”
“Guarda che ho capito tutto, a me puoi dirla la verità.”
Blaine lo guardò scioccato perché non poteva averla capita, era impossibile.
“Seb non c’è niente di male se per un pomeriggio volete fare gli sposini senza responsabilità, non è mai morto nessuno. Poi avete lo zio Thad a disposizione quando volete.”
Gli disse facendogli l’occhiolino e in quel momento Blaine riprese a respirare.
“Eh già ci hai scoperti.”
Disse alzando le mani sorridendogli.
“Ti conosco bene.”
“Bambini venite a vedere chi è arrivato!”
E poi Thad venne assalito di tanti “zio Thad!”, “che ci fai qui” e “vieni a giocare con me”. Dopo aver salutato i loro Andrew ed Emily i due genitori se ne andarono con la promessa all’amico di tornare al più presto e dopo aver ringraziato per la milionesima volta Thad.
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“Ma ti pare che oggi è proprio il suo giorno di chiusura! Hanno aperto ieri!”
Disse Sebastian colpendo il vetro del ristorante.
“Forse è una loro tradizione, tranquillo. Adesso chiamo Nate, ok?”
Sebastian ritornò in macchina e si mise a sedere sul sedile del guidatore mentre aspettava che Blaine finisse di parlare con lui.
-Pronto?
“Ciao! Sono S- Blaine! L’amico di Thad.”
-Oh sì mi ricordo di te. Come mai hai chiamato?
“Ieri la nonna di Sakura ci ha dato dei biscotti della fortuna e avremmo bisogno di parlarci.”
-Non mi dire che l’ha fatto ancora.
“Scusa? Ancora cosa?”
-Senti facciamo così andate allo Starbucks del centro e aspettateci lì, arriviamo subito.
“O-ok, grazie. A dopo Nate.”
-Ciao.
Blaine si mise ad osservare le lampade cinesi a decorazione dell’esterno e si mise a ridere scuotendo la testa.
“Che ha detto?”
“Che ci vuole vedere. – poi salì in macchina – metti in moto e dirigiti verso il centro.”
“Credi che loro sappiano?”
“Sì, e penso che anche a loro sia successa una cosa simile.”
“A quest’ora non ci conviene parcheggiare in centro, facciamo prima ad arrivarci a piedi. Tanto siamo vicini.”
Blaine annuì e a passo svelto si incamminarono verso il bar, lungo il cammino parlarono di tutti i loro problemi nei quali si erano imbattuti nel corso della mattina, ma ben presto Sebastian venne distratto da tutti gli sguardi che vennero rivolti a Blaine quando le persone gli passavano vicine e in quel momento quando la gelosia lo colpì in pieno petto, ciò lo portò ad avvicinarsi ancora di più a lui facendo passare il suo braccio intorno alla vita.
In quel momento Sebastian finalmente capì perché a Blaine dessero così fastidio quegli sguardi.
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Come li videro arrivare Nate e Sakura si alzarono in piedi per farsi notare e gli altri due presero posto affianco a loro molto velocemente, l’altra coppia gli porse due bicchieri di caffè ancora caldi.
“Mi dispiace moltissimo,” iniziò Sakura “purtroppo mia nonna non riesce a non impicciarsi degli affari altrui.”
“L’ha fatto anche con noi qualche mese fa.”
“Non so come ci riesce ma anche a noi ci aveva dato i biscotti della fortuna e dopo ci ha toccato le spalle.” E imitò il gesto che la signora fece a loro due sulle loro spalle.
“E come siete riusciti a tornare nei vostri corpi?”
“Dovete trovare il motivo delle vostre litigate, capirlo e risolverlo. Solo così riuscirete a ritornare nei vostri corpi. Ce lo spiegò lei perché dopo giorni e giorni non riuscivamo a tornare normale ed eravamo stanchi.”
“Non c’è una data di scadenza vero?”
“No.”
“Siamo molto dispiaciuti, sappiamo quello che vuol dire.”
“A voi vi è andato bene, pensate se vi eravate svegliati nel corpo di una donna!”
“Non che il corpo di un uomo sia meglio.”
E quello scambio di battute li fecero ridere. Blaine guardò l’orologio e vide che era tardi, dovevano ritornare a casa adesso per preparare la cena.
Quando Sebastian fece il gesto di tirare fuori il portafoglio Nate gli fece cenno di no.
“Paghiamo noi, mi sembra il minimo.”
“Grazie mille.”
Li salutarono e poi corsero verso la macchina.
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“Capire i motivi dei litigi.”
Era ciò che continuava a ripetere Blaine durante il viaggio di ritorno.
“Il lavoro l’abbiamo capito, le occhiate che ti fanno imbestialire capite e ti assicuro che proverò a non darci più peso. Manca la serata.”
“Ma non può essere così facile, secondo me manca un tassello che non possiamo vedere.”
“Dici?”
“Deve esserci. Non mi fido.”
“Stammi bene a sentire B: noi adesso torniamo a casa, prepariamo la cena e mangiamo con calma, ti fai raccontare tutto quello che hanno fatto i bambini che di solito ti dicono quando tornate in macchina insieme, vediamo quel cartone che odio tanto e poi gli raccontiamo quella favola con i loro nuovi animaletti di pezza. Ci stai?”
Blaine gli strinse la mano sopra il cambio e gli sorrise, gli andava bene come piano e insieme avrebbero trovato un modo per superare anche questa, ne avevano già superate tante insieme.
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La cena passò allegramente e in compagnia di Thad, visto che si era reso così disponibile nel badare i gemelli ai due sembrava più che giusto ripagarlo facendolo ritornare a casa con lo stomaco pieno, poi Sebastian ci teneva a lui quindi a Blaine non gli pesò il condividere quella serata anche con lui. Thad restò con loro solo per la cena perché da quello che Seb gli aveva raccontato ieri per Blaine quella serata era importante, perciò dopo che aiutò a sistemare la tavola, fra una chiacchiera e un bicchiere di vino, salutò tutti e se ne ritornò a casa dove lo aspettava una bella video-chiamata.
Andrew come vide la porta chiudersi alle spalle dello zio corse subito a cercare nel ripiano dei dvd della Disney il “Libro della giungla” e fu il primo a mettersi a sedere sul divano. Come ogni qualvolta che si vedeva un film Sebastian si prendeva il bracciolo destro e Blaine l’altro, ma questa volta si invertirono perché non stavano più nel proprio corpo. Quando Emily si mise al suo solito posto e alzò il visino in alto con la consapevolezza di incrociare gli occhi verdi del suo daddy invece trovò due occhi dorati che appartenevano al suo papa.
Daddy perché non stai qui con me?”
Blaine come vide che Sebastian stava per rispondere si sbrigò a dire la sua.
“Oggi ci andava di cambiare, ti dispiace?”
“No.”
Disse mentre si stendeva e metteva la testina sulla coscia di quello che credeva che era il suo papa ignara del fatto che quello che le stava accarezzando i capelli era proprio il suo daddy, ma solo in un altro corpo.
Quando arrivò la canzone dello stretto indispensabile i bambini incominciarono a saltare a ritmo di musica e cantavano stranamente accompagnati dal loro daddy che non aveva mai mostrato degli apprezzamenti per la canzone perciò per non destare troppi sospetti nei loro figli dopo che era una cosa risaputa che Sebastian non sopportava quel cartone, anche il Sebastian che stava nel corpo di Blaine incominciò a cantare di controvoglia quella canzone che detestava. Così tutti a quattro insieme si ritrovarono a cantare quella canzone e Sebastian dovette ammettere a se stesso che dopotutto quella canzone non era così male, almeno non se la si cantava tutti insieme.
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“E così il draghetto di pezza riuscì a salvare fatina trasformata in un orsetto dalle segrete della strega cattiva e la portò a casa. Orso Fata nel cuore della notte sparse al vento la polverina dei dolci sogni che teneva lontano gli incubi dalle menti dei bambini. Da quella sera si danno l’appuntamento al tramontare del sole e ogni notte proteggono i sogni dei bambini e vissero per sempre felici e contenti.”
Finì di raccontare Blaine e fra uno sbadiglio e un altro di Emily le diede la buona notte e poi si rigirò nel lettino stringendo forte a se il suo Orso Fata, Blaine le lasciò un bacio fra i ricci e quando si stava per alzare lei lo fermò stringendogli la mano perché gli voleva lasciare un bacetto anche da lui sulla guancia. In quel momento a Blaine mancò ciò che Emily gli diceva sempre in quel caso, gli mancò il suo “papa ma mi fai il solletico!”, Sebastian raramente aveva la barba non tagliata. Lo stesso trattamento venne riservato anche al piccolo Andrew e quando spensero le luci i loro bimbi erano già nel mondo dei sogni.
Sebastian, quando furono fuori, si appoggiò a suo marito.
“Ehi Bas che hai?”
“Oggi non mi sento bene io.”
“Ma prima stavi bene, no?”
“Sì, no, non mi sembrava.”
“Vuoi che ti preparo qualcosa? Vai a stenderti ti riserverò le stesse cure tue di ieri, dopo un po’ sono stavo meglio.”
“Grazie,” gli disse baciandolo. “mi vado a stendere, ti aspetto in camera.”
Blaine dopo aver maledetto l’acqua che non ne voleva sentire del bollire finalmente si diresse nella loro camera e trovò suo marito con gli occhi chiusi e un braccio sopra l’addome. Blaine andò vicino a lui e gli mise la propria mano sopra alla sua, questo contatto fece aprire gli occhi di Sebastian.
“Ti ho fatto un tè magico, scommetto che ti sentirai meglio in un baleno.”
“Questi trucchetti non funzionano con me.”
“Perfetto, niente bacini magici per te.”
Disse Blaine rigirandosi dall’altra parte ignorando il tè fumante vicino a lui, dopo un po’ Sebastian lo imitò e lo abbracciò da dietro.
“Dovresti bere il tè prima che diventa troppo freddo.”
Blaine aspettò, ma non ricevette alcuna risposta se non un respirare più regolare e lento, Sebastian si era addormentato. Blaine sperò che anche a lui ciò accadesse presto e sperò anche di risvegliarsi il giorno dopo da questo strano sogno vissuto nel corpo del marito.
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La sera precedente si erano scordati di chiudere le persiane e un raggio di sole entrò nella stanza matrimoniale andando a disturbare Sebastian. Come aprì gli occhi gli venne da ridere perché si sentì due braccia che lo tenevano stretto sui fianchi e rise perché anche in un altro corpo Blaine non riusciva a stare al suo posto senza finire su di lui, ma quando Sebastian si girò per guardarlo in viso la verità gli si piazzò di fronte: in quella notte lo strano incantesimo che li aveva fatto cambiare di corpo, facendogli passare una giornata dal punto di vista dell’altro, aveva fatto il suo corso e avevano riconquistato il proprio corpo. Sebastian appoggiò la sua fronte su quella di Blaine strofinando il suo naso con il suo, gli era mancato vedere il volto del marito con i suoi occhi. Il moro si svegliò poco dopo di lui e quando aprì gli occhi si trovò immerso subito in quel mare verde che amava e ci mise poco a capire la verità, lo abbracciò e lo baciò dalla felicità.
“Non ci credo.”
Continuava a dire Blaine e dopo un po’ gli venne un dubbio.
“Ma abbiamo sognato?”
“No, non credo.”
Sebastian si girò e prese il cellulare in mano notando che no, non avevano sognato perché erano passati più di un giorno da quando erano andati in quel ristornate, lo rimise al suo posto e guardò suo marito.
“Mi era mancato sentirti parlare con la tua voce, Bas.”
“Anche a me, tanto. Stavo pensando: tu l’altro ieri ti eri sentito male e ci siamo scambiati di corpo, ieri mi sono sentito male io ed eccoci qua, però perché quando stavo nel mio corpo io non ho sentito niente?”
“Non lo so, sarò quello che ha il corpo più sensibile, che ti devo dire?”
Stettero un po’ in silenzio e poi Blaine si tirò un po’ su facendo forza sul suo gomito in modo tale da poter guardare Sebastian negli occhi, aveva uno strano sorriso dipinto sulle labbra.
“Ieri sbaglio o hai cantato ‘Lo stretto indispensabile’?”
“Che dovevo fare? Ti eri messo a ballare insieme ai nostri figli e ti ricordo che in quel momento avevi la mia faccia. Dovevo rimediare.”
“Ma sorridevi. . .”
“Ok, mi è piaciuto e non è poi così brutto. Lo ammetto. Contento?”
“Contentissimo.”
Rispose per poi baciarlo.
“Andiamo a controllare i piccoli?”
Chiese Blaine fra un bacio e un altro.
“Perché? È ancora presto.”
“Perché non vorrei che questa cosa che ci ha fatto la nonna di Sakura si potesse attaccare.”
“Non è mica l’influenza.”
Disse ridendo Sebastian, ma Blaine sembrò che non l’avesse sentito perché si alzò di malavoglia e si appoggiò allo stipite della porta per aspettare suo marito che si decidesse di imitarlo.
“Ma sei serio?”
“Ovvio che si Bas, muoviti che il tuo Beebu vuole controllare i bimbi sperando di non doversi imbattere in strane conversazioni prima di colazione.”
“Facciamo così addentrati da solo in questa tua folle missione io vi preparo i viveri.”
“Mi sembra un buon piano. Ci vediamo alla tana.”
Sebastian fece ricadere la sua testa sul cuscino un’altra volta incominciando a ridere.
“Ho sposato un pazzo.” si disse.
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“Andrew sveglia sveglia!”
Disse Blaine a suo figlio per farlo svegliare e come il bambino sentì la sua voce aprì subito i suoi occhietti celesti incominciando a saltare sul letto.
“Ci siamo riusciti!”
Era quello che continuava a ripetere fra un salto e un altro. Blaine era confuso perché non riusciva a capire cosa mai avesse fatto di tanto importante da scaturire tutto questo entusiasmo, per farsi spiegare Blaine lo afferrò dalla vita e lo fece sedere sopra le sue ginocchia.
“Ometto che è successo?”
“Ieri io e Emily vi abbiamo osservato e abbiamo visto che vi comportavate in modo strano perciò dopo che ci avete dato il bacio della buona notte abbiamo chiesto all’Orso Fata se c’era un modo per aiutarvi, siamo venuti in camera e abbiamo fatto un incantesimo. Mi hai svegliato tu quindi è tutto ok! Corro a dirlo a Emily!”
Questo lasciò completamente spiazzato il povero Blaine che si meravigliò dei suoi stessi figli, sapevano che erano attenti ai più piccoli particolari per via della loro immensa curiosità, ma non pensava che sapessero addirittura decifrare i loro comportamenti. Sotto il cuscino del piccolo Andrew trovò dei fogli con delle scritte colorate e disordinate.
Su una c’era scritto: “1- La strega di Biancaneve cambia aspetto con una pozione. 2- I rannochi se li baci si trasformano in principi. 3- La sirenetta cambia forma dando in cambio la sua voce.”
C’era un “i papà ci baciano troppo” accanto al punto 2 e Blaine notò che c’era anche un piccolo errore, resistette all’impulso di correggerglielo non voleva che sapesse che lui aveva visto i loro appunti. C’era scritto un punto 4, ma non erano riusciti a trovare nient’altro da aggiungerci. Blaine li guardò per un’ultima volta e scoppiò a ridere passandosi una mano fra i capelli ricci.
Quando li raggiunse in cucina trovò i suoi bimbi che stavano mangiando e con Sebastian appoggiato col gomito sul tavolino dell’isola e la testa appoggiata sulla sua mano mentre li ascoltava attentamente i discorsi dei figli, interveniva pure per fargli capire che li stava seguendo. Quando Sebastian alzò lo sguardo su di lui capì che gli stavano raccontando della grande magia che avevano fatto quella notte riportando nei loro corpi i loro papà, erano orgogliosi di ciò che era successo.
Papa?”
“Dimmi ometto.”
“Visto che questa sera ho dimostrato i miei poteri magici a 11 anni mi arriverà la lettera da Hogwarts, vero?"


Beth's Corner!
Salve a tutti! Sì, siamo tornate! La beta mi ha obbligato a staccarmi dal magico mondo efp (cosa non positiva per la mia salute mentale perché ciò mi ha portato nel meraviglioso mondo di Doctor Who), ma dopo tutto non ha fatto male, l'ho assilata tanto per queste domeniche e si merita una vacanza! Però siamo tornate! A chi è mancata questa famiglia un po' fuori dal normale? A noi tanto! Spero che Lucky vi sia piaciuta. BODYSWAP era il prompt per questa domenica e mentre pensavo alla trama son morta più e più volte dal ridere annegando nel profondo mare dei feels seblaine!
Ora vi lascio e buona seblaine sunday a tutti :)
Love always,
_Beth
 
 
 

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Capitolo 6
*** Y is for You ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei quattro scemi (come qualcuno ha detto) che mi hanno rubato il cuore.
 
 

  



 

Y is for You, you’re my hero.

“Sebastian Smythe giovane milionario a capo della Smythe Industries rapito da terroristi Afghani.”
Era ciò che da settimane si leggeva sui giornali di tutto il paese e nessuno riusciva a trovare un modo per riportare il giovane a casa. Ormai ogni giorno portava dei nuovi problemi sulle spalle di Blaine Anderson, segretario di Sebastian, veniva sommerso da domande a cui non sapeva dare una risposta e di problemi che solo la mente geniale del giovane a capo delle industrie Smythe poteva dare una soluzione. Visto che ogni giorno portava della nuova grana, la sera non tardava mai ad andare a trovare il giovane Anderson affiancato dai suoi scheletri dell’armadio e il suo riflesso sul suo blasone aumentava i suoi sensi di colpa, perché sapeva cosa poteva fare per salvare il suo amico, ma non riusciva a trovare la forza che gli serviva per farlo. Visto che quella sensazione, che era molto familiare al giovane Blaine, stava per tornare, le visite alla palestra della boxe si fecero più frequenti e quella sensazione di oppressione si affievolì. Quando Blaine venne chiamato per metterlo a conoscenza del ritrovamento di Sebastian Smythe e del suo imminente ritorno in patria si trovava sulla strada che lo portava dalla palestra alla casa e ricorda che per quanta fretta avesse di rivederlo andò all’aeroporto con ancora la tuta e i capelli liberi dal gel. Nel momento in cui lo vide uscire dal suo aereo notò subito che qualcosa non andava nell’uomo che era il suo capo, ma che pian piano era diventato un amico: il suo passo non era più fermo con una volta, ma zoppicante; riportava dei tagli sulla faccia e il suo braccio era fasciato, ma niente di tutto questo colpì Blaine tanto da farlo preoccupare quanto i suoi occhi perché ci vide una luce diversa, non sapeva definire cos’era, ma per certo poteva dire che qualcosa lo aveva fatto cambiare. Radicalmente. Quel giovane uomo impertinente, che molto spesso faceva impazzire Blaine, aveva lasciato posto ad un uomo diverso che finalmente aveva capito cosa avesse fra le mani e della sua pericolosità. Appena Sebastian lo vide gli sorrise e affrettò il passo per andare da lui, si fermò a un passo da Blaine per avere modo di guardarlo con quel mezzo sorriso tanto amato dal riccio dipinto in volto.
“Non mi dire che ti è mancato il tuo boss stronzo, killer. Non ti credo.”
Blaine si sentì gli occhi pizzicargli perché il suo boss stronzo come si era appena definito il ragazzo dagli occhi verdi era sì, una delle persone più maleducate e piene di sé che avesse mai avuto l’occasione di incontrare e di persone negli anni passati ne aveva incontrata molta, forse fin troppo, e sì per un periodo l’aveva pure odiato, ma avrebbe preso la sua pallottola pur di salvarlo e col tempo imparò ad amare il suo boss stronzo, curando di nascosto questo sentimento fatto di sguardi e caffè portati alle due di notte per fargli finire il suo lavoro. Ora il suo boss stronzo era in piedi, vivo, di fronte a lui, dopo mesi e mesi di preoccupazioni. Non ci credeva. Sebastian conosceva Blaine e in cinque anni aveva imparato cosa riuscisse a far tranquillizzare l’amico in determinate situazioni perciò aprì il braccio che non gli faceva male per invitare l’amico ad abbracciarlo, Sebastian non era solito a certe manifestazioni d’affetto in pubblico, ma conosceva molto bene Blaine e teneva a lui più di quanto avesse mai ammesso. Il ragazzo più basso non se lo fece ripetere una seconda volta e si strinse a lui, lo strinse troppo forte e dei lamenti a denti stretti uscirono dalla bocca del castano e come li sentì Blaine si staccò subito da lui.
“Scusa.”
Gli disse e quando si guardarono ad entrambi venne da ridere sotto gli occhi stupiti degli altri che come Blaine stavano aspettando il grande ritorno del signor Smythe, il Capitano Harwood gli andò incontro e gli diede una pacca sulla spalla buona facendolo ritornare serio.
“La prossima volta usa la macchina dei noiosi perché alcuni tengono alla tua pelle più di quanto ci tieni tu. Adesso vieni con me che c’è il socio di tuo padre che vuole parlare con te.”
“Può aspettare, ho fame. Cheeseburger, Anderson?”
“Tu odi i cheeseburger.”
Ribatté Blaine ricevendo come risposta un’occhiata di ammonizione da parte di Sebastian che scosse leggermente il capo deluso per poi girare quel tanto che bastava la testa per permettere al ragazzo dai ricci scuri di vedergli il suo mezzo sorriso.
"Reggimi il gioco di tanto in tanto, Anderson!”
Gli disse seccato Sebastian continuando a sorridere.
“Dicevo tu odi i cheeseburger, ma conosco un posto dove hanno una ricca scelta di panini.”
“Vedi Harwood? Lui si che è buon capitano: mi guida verso il trionfo dei panini.”
Sebastian salì nella limosine e invitò Blaine a copiarlo, ma quando aprì lo sportello Thad lo fermò e prese il posto di Blaine per poter guardare Sebastian negli occhi. “Sebastian Smythe ti ricordi cos’è successo l’ultima volta che hai fatto di testa tua?”
“Gli Afgani mi hanno rapito, pronto a correre il rischio, Anderson?”
Blaine non gli rispose ma spostò delicatamente Thad dallo sportello ed entrò.
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Dopo che lo stomaco venne soddisfatto con i tipi di panini più strani con la scusa del ‘sai da quanto non mangio qualcosa di decente?’. Blaine quella sera fece avanti indietro più volte per prendergli il cibo perché non volevano che si facesse vedere in un luogo pubblico, a Blaine non pesava questa mansione perché era abituato a richieste peggiori. Quella sera parlarono di lavoro e dell’industria, Blaine non riempì Sebastian di tutte quelle parole dette e stradette dopo che un tuo conoscente viene rapito, non gli disse di quanto gli era mancato, ma gli parlò degli andamenti della borsa e di come il socio del padre si era comportato. Sebastian sentiva attentamente ciò che il suo segretario aveva il bisogno di dirgli, ma anche lui gli tenne nascosto qualcosa, ciò che era accaduto in Afganistan e di ciò che gli permetteva di vivere e di cosa avesse in mente per cambiare totalmente la sua industria. Quando Sebastian fu sazio fece riportare a casa Blaine e quando fece per uscire venne bloccato dalla voce del ragazzo dagli occhi verdi.
“Domani ricordati di vestirti per bene, ma scordati la brillantina. Ci siamo capiti?”
“Non si preoccupi signor Smythe.”
Sebastian si portò due dita sulla fronte per salutarlo come faceva sempre col capitano suo amico Blaine contraccambiò il saluto con un cenno col testa. Sebastian prima di dire al suo autista che poteva partire voleva aspettare che Blaine entrasse, non gli era mai piaciuta come zona. Quando varcò la soglia e si chiuse la porta alle spalle Blaine si lasciò scivolare sulla porta, lentamente, per poi appoggiare la testa sulle ginocchia. L’eco delle bombe che esplodevano e il sibilo dei proiettili che ti passano vicino si fece spazio ancora una volta fra i pensieri di Blaine l’esser chiamato capitano da Sebastian aveva riaperto quella porta che diligentemente aveva chiuso e dimenticato. I ricordi feriscono più delle bombe, più dei proiettili e Blaine non li sopportava più.
“Sono solo Blaine ora, lasciatemi in pace. Solo Blaine.”
Continuò a ripetere il riccio come una cantilena fino a quando Morfeo ebbe la meglio su di lui facendolo scivolare in un sogno fatto di urla e polvere da sparo. Invece quella sera Sebastian la passò in bianco era dedita a ricostruirsi un elettromagnete nuovo, il modello che si era costruito in Afganistan dopo la caduta gli stava dando dei problemi e non voleva rischiare di morire per non esser stato prudente abbastanza.
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Blaine sapeva che doveva riprendere il controllo di sé, il prima possibile per non destare sospetti, doveva indossare di nuovo la sua maschera di un giovane uomo che aveva perso tutto, ma qualcosa gliela aveva fatta incrinare e di ciò era preoccupato. Quella mattina si svegliò come sempre alle cinque per poter andare a fare la sua solita corsa mattutina, un toccasana per i suoi fantasmi che lo tormentano, e quando finì il suo giro era più tranquillo e ciò gli rese più semplice mettere in scena la faccia da bravo ragazzo, che non scappa da alcun passato. Indossò una delle sue tante camicie bianche e i suoi soliti pantaloni neri come le scarpe, ignorò lo specchio i suoi capelli non necessitavano del loro solito gel. Come sempre si fermò al bar dietro l’angolo e ordinò il solito, un caffè corretto con del Courvoisier per Sebastian e uno con un pizzico di cannella per lui che consumò in macchina. Quando arrivò alle industrie scambiò come sempre una parola col guardiano all’entrata e quando vide che aveva lasciato i suoi ricci liberi si preoccupò, lui non ne usciva mai senza e forse la mancanza di gel poteva significare che era depresso o qualcosa del genere pensò Patrick, ma Blaine lo tranquillizzò dicendogli: alcune volte si ha bisogno di un piccolo cambiamento. E lo lasciò passare senza fare ulteriori domande. Quando arrivò nell’ufficio di Sebastian notò che all’interno c’era troppa calma e vide che effettivamente era vuoto, chiamò all’istante il giovane Smythe, non era da lui arrivare in ritardo. “P-pronto?”
“Smythe? Che è successo?”
“Nie-” Sebastian non riuscì a finire di parlare perché si ritrovò ad urlare di dolore e questo fece preoccupare ancora di più Blaine.
“Sebastian? Dove sei?”
“A casa.”
“Ti devo aiutare?”
Altre urla che gli impedirono di parlare e quelle furono il sì che Blaine aspettava, perciò corse subito verso il parcheggio e trovò l’autista appoggiato alla macchina mentre parlava con una segretaria che gli aveva portato il caffè. Quando il moro entrò nel campo visivo dell’autista questo sussultò perché non si aspettava di vederlo, la ragazza al suo fianco arrossì e gli prese il caffè dalle mani e corse verso l’interno delle Industries.
“Metti in moto. Ora!”
Gli urlò Blaine mentre saliva in macchina dopo avergli detto dove dovevano andare.
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Blaine appena arrivò a casa Smythe si precipitò all’interno e andò verso il pannello dei comandi che si trovava nel grande soggiorno bianco e cercò in quale porta si era verificato l’ultimo accesso e quando vide che era quella dei laboratori si preoccupò ancora di più. Grazie ai muri in vetro già dalle scale Blaine poté aguzzare la vista per trovare Sebastian e si bloccò quando lo vide steso su un lettino che trafficava con un oggetto vicino al suo cuore che emetteva una luce celeste e nel momento in cui il ragazzo dagli occhi verdi lo notò gli sorrise per tranquillizzarlo e mosse la mano libera in segno di saluto sotto agli occhi scioccati di Blaine, subito dopo lo incitò a velocizzarsi e andare da lui il prima possibile.
“Sei venuto per vedere o per aiutare Anderson?”
Lo ammonì Sebastian appena Blaine mise il piede dentro al laboratorio.
“Hai un buco.”
“Sì, lo so Anderson.”
“Al centro del petto c’è un coso blu.”
“Oh siamo molto acuti oggi eh Anderson?”
“E il tuo cuore?”
Quello scambio di battute stava stancando Sebastian perciò come se lo vide vicino gli afferrò la cravatta nera e portò il suo viso vicino al suo per guardarlo negli occhi e a denti stretti gli disse: “Oh un problema ok? Se sei venuto qui per farmi domande facevi prima a rimare a casa. Okay?”
Blaine si limitò ad annuire.
“Ce l’ho fatta a farti chiudere la bocca, perfetto.”
Disse trionfante Sebastian per poi afferrare le mani di Blaine per potersele vicino agli occhi.
“Suoni vero? Mani delicate, da pianista. Affusolate che sanno dosare la pressione, perfette. Ora ascoltami bene Anderson, so che puoi farcela. Ora tu devi prendere questo elettromagnete e tirarlo su, ma non staccare nessun filo e lo appoggi sul mio petto. Così bravo, perfetto. Ora devi infilare la mano dentro e sistemare dei fili, quella brutta caduta me li ha smossi tutti. Attento all- AHH!”
“Pareti scusa scusa!”
“Anderson!”
“Scusa scusa. Ci sono, ok, ci sono. Sistemo il filo. Sebastian perché c’è una sostanza gelatinosa, Sebastian?”
“Non è niente, dopo ti lavi le mani. Questo mi farà un po’ male ma tu sistema il filo.”
Blaine fece quello che gli era stato detto e non si fermò quando sentì Sebastian urlare per la milionesima volta a causa di quei maledetti fili. Quando sistemò tutto si mise a sedere sulla sedia lì vicino e si tolse una gocciolina di sudore che gli scendeva dalla fronte col dorso della mano pulita.
“Credi di aver finito?”
“Ti ho sistemato i fili. Io il coso lì non te lo ritocco.”
“Io però non posso cambiarlo da solo.”
“No. Io non so cos’è quell’affare là, ma deve essere collegato al tuo cuore oppure è proprio quello e io non voglio ucciderti.”
“Non mi uccidi. Fidati di me, okay?”
“Non voglio ucciderti.”
“Non lo farai. Prendi l’altro elettromagnete, da bravo, è semplice. Devi staccare questo qua con pezzi rimediati per mettermi un qualcosa di decente che non mi faccia male. Credo in te Blainey-boy.”
Blaine rise e scrollò la testa.
“Se volevi che io non ti facessi male non dovevi chiamarmi in quel modo Smythe.”
“Tanto non lo faresti mai di proposito”
Blaine avvicinò la mano al petto del ragazzo disteso sul lettino.
“Vuoi scommettere?”
“Fa pure.”
Sebastian lo guardò con occhi di sfida e aspettò che si avvicinasse tremendamente vicino al posto che proteggeva i suoi organi dall’elettromagnete e aspettò che si avvicinasse, Blaine non perse mai il contatto visivo con lui, ma l’altro sapeva che non gli avrebbe mai fatto male. Il cambio del congegno che lo manteneva in vita avvenne in una frazione di secondo e Sebastian sentì solo un leggero pizzicore all’altezza del cuore, Blaine reggeva nell’altra mano che non era appoggiata al petto nudo del ragazzo più alto l’elettromagnete rustico.
“Lo sapevo che ne saresti stato capace, io lo sapevo!”
Disse Sebastian mentre si rimetteva la camicia scura.
“Ma che cos’è? E perché prima stavi così male?”
“Te l’ho detto: cavi messi male. Ed è un elettromagnete che non permette a delle schegge di arrivare al mio cuore e di perforarlo. Sai non ero da solo in cella e c’era questo medico dalla mente geniale come la mia che mi mise un apparecchio simile, alimentato con una batteria, è grazie a lui se sono sopravvissuto e al ‘coso’ che hai fra le mani, mi faresti un favore? Lo puoi distruggere?”
“Non lo tieni?”
“Nah, non ne ho bisogno. Mi puoi aspettare in cucina? Mi devo cambiare ed è meglio che ci sbrighiamo, credo che il signor Karls sarà arrabbiato con me per via del mio ritardo.”
“Okay.”
Sebastian fu il primo a uscire dalla stanza e corse sulle scale, a due a due, per poi tornare giù in cerca di Blaine.
"Però se ci tieni puoi tenerlo, puoi vantarti della volta in cui hai salvato l’uomo più senza cuore e stronzo della storia, non so in quanti sarebbero contenti della tua azione, ma fai tu. E se vuoi puoi usare anche il piano, so che vuoi farlo. Io ora vado a preparami.”
E così Blaine rimase da solo nel grande laboratorio con in mano forse l’unica prova in antitesi con le teorie di tutti: Sebastian Smythe aveva il cuore e lui aveva fra le mani la prova tangibile di ciò.
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Come pensava Sebastian il socio del suo defunto padre non era per niente felice del loro ritardo e passarono più di mezz’ora nel sentirlo parlare dei valori della puntualità e sembrava che l’unico che prestasse attenzione era Blaine, visto che l’altro continuava a scarabocchiare su dei fogli un qualcosa che era sconosciuto a tutti, persino a Blaine che conosceva ogni singolo progetto a cui l’altro si interessa. Quando il signor Karls finì di parlare Sebastian finalmente alzò gli occhi da foglio, aveva qualcosa da dire.
“Prepara la stampa che fra due giorni voglio rilasciare un’intervista.”
“E per dire cosa?”
“Lo sentirai Karls.”
“Sebastian è mio diritto sapere.”
“Fra due giorni ne sarai a conoscenza. Abbiamo finito?”
“Non abbiamo nemmeno iniziato, Sebastian.” Sebastian si guardò intorno, erano solo loro tre e lui non aveva niente da dire a Karls perciò chiuse il suo blocco mettendolo dentro alla sua valigetta e fece per alzarsi, immediatamente lo seguì Blaine e si fermarono insieme davanti alla porta.
“Abbiamo finito, buona giornata Karls.”
Blaine non riusciva a capire questo suo comportamento, ma si trovò obbligato a seguirlo fuori dalla stanza, era un suo compito dopotutto. Quando si trovarono dentro allo studio di Sebastian Blaine lo fermò prendendogli il braccio.
“Ma che ti prende?”
“Niente.”
“Sebastian.”
“Vuoi sapere cosa annuncerò? La chiusura dell’industria e mi sono preso questi due giorni perché devo sistemare una cosa, conoscendolo mi ucciderà.”
“Ma sei pazzo?!”
“No, tu non sai cosa ho visto. Le armi che io faccio, quelle per tutelare gli americani, vengono usate contro di noi e io non so come ci sono riusciti ma ora che so non voglio stare zitto, devo fare qualcosa.”
“E io? E tutti noi? Se chiudi fai un disastro.”
“Tu non ti devi preoccupare, finché ci sono io tu non hai da che preoccuparti. Ci siamo capiti? E gli altri non perderanno il loro lavoro, chiudo la fabbricazione d’armi, mi inventerò qualcosa.”
“Perché aspetti due giorni?”
“Perché così ho tempo per finire una cosa, secondo te mi lasceranno chiudere così? No, sarò bombardando di domande, Karls sarà arrabbiatissimo e se dovessero ritornare mi devo far trovare pronto.”
“Sei sicuro della scelta?”
“Mai stato più sicuro, bisogna cambiare. Fidati di me.”
E Blaine di fidava.
“In cosa posso essere aiuto?”
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I due passarono quelle 48 ore successive dentro al laboratorio di Sebastian per metter appunto la sua nuova armatura, alla fine aveva raccontato a Blaine tutti i dettagli della sua permanenza in Afghanistan sia di come riuscì a scappare per mettersi in salvo sia come aveva salvato una cittadina da un attacco e l’altro ascoltava molto attentamente tutto l’accaduto mentre gli passava un pezzo o gliene reggeva un’altro. Ma quei due giorni non gli furono a sufficienza per completare l’opera, il più alto era preoccupato, ma preferiva non farlo capire a Blaine. La mattina dopo aver chiuso il laboratorio e dopo aver messo al sicuro tutto il progetto dell’armatura, andarono insieme nella sala conferenze che andò come aveva previsto il giovane Smythe: domande poste da ogni dove che si intrecciavano alle altre impedendogli di capire, Karls arrabbiato e che cercava di rispondere a tutte le domande che poteva, raccontandogli della sua permanenza nel campo dei terroristi credendo che una buona argomentazione mettesse sulla buona luce la sua decisione. Per la prima anziché pensare ai suoi guadagni pensò al futuro, aveva messo a nudo tutti i suoi pensieri e ciò che aveva vissuto e di certo non si sarebbe tirato indietro, voleva cambiare questo mondo. Quando finì venne fermato dal signor Karls che era l’unico in quella stanza che non aveva visto di buon occhio questa sua mossa.
“Sei impazzito? Non posso permetterti di rovinare tutto il lavoro di tuo padre.”
“Ho preso la mia decisione. Il nostro futuro è custodito dal nostro reattore.”
“Tuo padre non sarebbe d’accordo.”
“Mio padre ha costruito queste armi per il governo, per la nostra tutela e quei terroristi avevano le nostre armi e io non posso permetterlo. Io non so come ci siano riusciti ma fatto sta che stavo per venir ucciso dalle mie armi e non me ne starò a guardare mentre il mio cognome viene macchiato. Adesso devo andare.”
Lo salutò e si incamminò verso il suo studio seguito a ruota da Blaine, Karls lo vide allontanarsi e la rabbia incominciò a ribollire dentro di sé perché un ragazzino che del mondo aveva visto poco si era permesso di mettersi in mezzo ai suoi affari e lui non poteva permetterglielo, Sebastian non sapeva dove si era cacciato. Quando arrivarono al suo studio Sebastian sistemò su una borsa degli oggetti che sapevano che gli sarebbero serviti per poter finire la sua armatura scarlatta.
“Secondo me Karls sa più di quello che pensiamo.”
Disse sovrappensiero Blaine sotto lo sguardo confuso di Sebastian.
“Non sembrava tanto stupito del fatto che i terroristi avevano le tue armi.”
“Non credo che lui centri qualcosa, non tradirebbe mai il ricordo di mio padre.”
“Forse hai ragione tu. . .ma a che ti serve tutta questa roba?”
“Devo portarla a casa.”
“Non puoi lavorare qui?”
“Sono progetti segreti, non voglio che nessuno la fuori sappia qualcosa.”
Mentre Sebastian cercava qualcosa dentro ai cassetti della sua scrivania Blaine si appoggia alla sua scrivania voltandogli le spalle.
“Non è poco sicura anche casa tua?”
QUando sentì che Sebastian si fermò di colpo si girò un po’ per poterlo guardare, ma l’altro teneva gli occhi fissi davanti a lui.
“Proprio non ti fidi di lui eh?”
Blaine scosse la testa.
“Posso portare da te tutto questo?”
Blaine gli rise in faccia e poi gli venne il dubbio che forse lo stava dicendo veramente e visto il suo sguardo serio capì che non stava scherzando, scosse un’altra volta la testa non voleva che nessuno entrasse dentro casa sua.
“Tu ti fidi di lui quindi non vedo il problema, posso sbagliarmi.”
“Mi fido delle tue impressioni, raramente falliscono.”
“Daresti nell’occhio lo stesso, - poi abbassò il volume – l’armatura non è mica tanto piccolina.”
“Se ti preoccupa solo quello un modo lo troviamo.”
“No.”
“Non so a chi altro chiedere, ho solo te.”
Sebastian ci giocava molto sul ‘ho solo te’ perché lo stesso valeva per Blaine e quando giocava quella carta ogni no lasciava il suo posto ad un sì.
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La casa di Blaine non era fastosa come quella di Sebastian, ma non meno bella e il più alto costatò che il soggiorno era perfetto come laboratorio provvisorio, per la gioia di Blaine che se lo vide trasformato: con la libreria spostata sul corridoio il divano spostato in un angolo con sopra il tavolino e con le piante messe sul terrazzo. In due giorni gli rivoluzionò la casa e in un certo modo anche la vita perché ebbero modo di avvicinarsi ancora di più, di coltivare la loro amicizia nata per caso e cresciuta giorno dopo giorno e portarla ad uno stadio più alto. Dopo le riunioni con gli altri soci per discutere il futuro dell'industrie Sebastian andava sempre da Blaine o se stavano insieme tornavano insieme e ormai Sebastian sapeva dove poteva entrare e cosa non aveva il permesso di aprire, era come se quella casa al terzo piano era diventata la sua. Blaine lo lasciava molto spesso lavorare da solo perché lui non aveva le capacità per aiutarlo, non come i suoi robot, perciò si metteva sempre a sedere ad incastro col tavolino sul divano e lo guardava al lavoro, guardava i movimenti della sua fronte di come la corrugava sotto sforzo, gli occhi fissi verso il materiale che stava lavorando e le mani esperte che sapevano cosa dovevano fare, ma succedeva che molto spesso Blaine si addormentasse e la mattina si risvegliava sempre col tavolino di fianco al divano e con una coperta sulle spalle, quello era il grazie di Sebastian per permettergli di lavorare al sicuro a casa sua. Ma le cose si complicarono dopo una settimana perché mentre Blaine si trovava in cucina a preparare qualcosa da bere Sebastian sbagliò porta e anziché entrare nel bagno entrò in una stanza che non aveva mai visto prima con i muri blu e spoglia, salvo per un muro dove al centro emergeva uno scudo circolare con una stella al centro a Sebastian non ci volle molto prima di riconoscerlo, si trattava lo scudo di Capitan America e di fianco c’era una teca che teneva al suo interno i vestiti di quel famoso eroe che da anni non se ne sentiva più parlare. Blaine come non lo vide tornare si preoccupò e lo andò a cercare e quando vide quella stanza che non doveva essere aperta col la porta socchiusa capì e trovò all’interno Sebastian che leggeva dei pezzi di giornale attaccati alla parete.
“Tu non dovresti essere qui.”
Sebastian si congelò al suo posto e si girò piano verso di lui.
“Scusa.”
“Ecco cosa fanno 70 anni di ibernazione, molti cercano di prendere il tuo posto, vestono i panni dell’eroe da laboratorio quando tu stai dentro ad un ghiacciaio. Ti accorgi che il mondo va avanti, anche senza gli eroi, i miei imitatori cadono uno dopo l’altro e il mio mito con lui. Ti risvegli da questo sonno senza sogni in un mondo che a nessuno ormai importa più niente di Capitan America, l’eroe caduto e dimenticato. Nessuno ormai ha più bisogno di supereroi. E l’unico posto che trova l’eroe caduto è quello da segretario del figlio viziato del defunto signor Smythe. Bello il mio passato, non trovi? Dicevi che non potevo capire cosa avevi visto in Afghanistan? Ho fatto la guerra io, credimi se ti dico che lo so e vorrei non saperlo.”
Blaine era rimasto per tutto il tempo fermo appoggiato sulla porta mentre il suo sguardo si spostava da un angolo all’altro della stanza, scorrendo gli articoli di giornale, non incrociando mai lo sguardo dell’altro.
“Non è vero Blaine, il mondo aveva bisogno di te e ne ha tutt’ora.”
“Si sono dimenticati di me, nessuno ricordava la mia identità e sono rimasto solo Blaine.”
Sebastian si avvicinò lentamente a lui e gli posò una mano sulla spalla e finalmente lui alzò il suo sguardo tormentato verso di lui, senza accorgersene si ritrovò stretto fra le sua braccia.
“Sono stato dimenticato.”
Era ciò che ripeteva Blaine perché dopo tanto gloria quella era una realtà che difficilmente andava giù, che ti logorava facendoti pensare di essere il nulla. Quella sera Sebastian non lavorò a quei piccoli particolari che andavano migliorati sulla sua armatura ma si sedette di fianco a Blaine e si fece raccontare tutto ciò che aveva visto in quegli anni in cui il mito di Capitan America ancora viveva. Per la prima volta Blaine non pesò il ricordare il suo passato, ma gli fece piacere che dopo tanto tempo qualcuno finalmente era interessato e si addormentarono così quella notte: fianco a fianco con Sebastian che avvolgeva l’altro dietro il collo e Blaine che aveva la testa appoggiata alla sua spalla e una mano che lo cingeva in vita.
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Blaine era preoccupato: Sebastian la sera successiva dopo il lavoro non era andato da lui e non l’aveva visto per tutto il giorno, forse non doveva raccontargli tutto, per lui poteva esser troppo. Nemmeno il giorno successivo lo vide e una strana sensazione si instaurò all’altezza del suo stomaco, non voleva perdere anche lui. Quel giorno quando tornò a casa notò che la porta era già stata aperta e sperò con tutto il cuore che ciò non avesse niente a che fare con dei ladri, ma quando entrò dentro casa vide che la libreria era ritornata al suo posto così come il resto del mobilio e l’armatura che luccicava nella sua fierezza e poi c’era lui. Lui che dormiva affiancato da uno scudo nuovo di zecca che al centro aveva la sua stella bianca su sfondo circolare blu accerchiato da strisce rosse e bianche, Blaine si avvicinò a lui e si mise in ginocchio di fronte allo scudo sfiorandolo con la punta delle dita, aveva paura di rovinarlo. Blaine non svegliò Sebastian, ma aspettò che lo facesse da solo perciò rimase fermo a guardare il suo scudo, il più alto credeva in lui tanto da fargli uno scudo nuovo e forse in questi anni era ciò che gli era mancato per poter risorgere dalle ceneri dell’eroe dimenticato e con lui poteva ricominciare da capo. Quando vide che Sebastian si stava per svegliare il sorriso di Blaine divenne più grande e l’altro contraccambiò dopo essersi stiracchiato e averlo messo a fuoco.
“Buongiorno.”
Gli disse sorridendogli.
“Mi sono addormentato vero?”
Disse Sebastian mentre andava a nascondere il viso dietro lo scudo lasciando scoperto quel mezzo sorriso che il riccio tanto amava.
“Come hai fatto ad entrare?”
“Le chiavi di scorta sotto al tappetino, è un classico.”
Blaine afferrò la mano di Sebastian per invitarlo a guardarlo.
“Grazie.”
Sebastian lo guardò confuso piegando la testa su di un lato perché non capiva cosa avesse da ringraziargli, gli aveva appena detto che era entrato in casa grazie alla chiave di scorta, Blaine gli indicò lo scudo con un movimento della testa e come vide Sebastian si mise di fronte allo scudo facendo ridere l’altro, perché se il suo intendo era quello di nasconderlo aveva fallito miseramente.
“Non dovevi vederlo! Non ora!”
“Non ti preoccupare, va bene così.”
“Doveva essere una sorpresa!”
Disse con tono lamentoso Sebastian mentre si rimetteva a sedere sul divano.
“Sono molto sorpreso e veramente stai tranquillo, lo apprezzo lo stesso.”
Gli disse con un sorriso dolce.
“È tutta colpa di quello che mi hai detto l’altra sera, tu ti sentivi una nullità per il lavoro che avevi trovato, per il fatto che non nessuno si ricordava di quell’eroe che per anni e anni aveva acclamato e io ti volevo omaggiare con lo scudo, uno nuovo. È fatto con lo stesso materiale della mia armatura, ma ho usato i colori della nostra bandiera. Io mi sto scoprendo, mesi fa non avrei mai pensato di dover costruire uno scudo, l’idea di dormire per terra non mi era mai passata per la testa, ma eccomi qui con un torcicollo che me lo prova. Io sto scoprendo il mio essere supereroe, con l’armatura e tutto, voglio fare qualcosa di buono e riparare ai miei errori e tu potresti far risorgere Capitan America insieme ce la possiamo fare. Iron-man e Capitan America. Potrebbe funzionare. Credo in te e nel tuo talento, sei il miglior supereroe di sempre.”
Blaine rimase per qualche minuto in silenzio e appoggiò le sue mani sopra le ginocchia di Sebastian e con uno slancio si tirò su, i loro visi era vicini, aspettò che l’altro colmasse quella distanza che in quei giorni era diventata più fastidiosa che mai, Sebastian pose una mano sul collo dell’altro delicatamente e lo fece avvicinare a lui finché le loro labbra si toccarono.
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10 anni dopo. . .
 
Sebastian e Blaine dopo quel primo bacio divennero più inseparabili che mai, lavoravano e lottavano per proteggere il mondo fianco a fianco, giorno dopo giorno, combatterono insieme fino a quando nella loro vita non piombarono due piccoli tesori dai ricci rossi che fecero mettere al chiodo per una seconda volta lo scudo di Blaine al muro e sopra al mobile il casco dell’armatura di Sebastian. Lasciarono il compito di salvare il mondo ad altri l’esser genitore comportava determinati sacrifici e quella vita da supereroe era giunta al suo termine. Ogni mattina Blaine si svegliava, per colpa di un raggio di sole dispettoso, sempre per prima e con la testa sopra al petto dell’amato e aspettava che si svegliasse, si spostava di poco e metteva una mano sopra all’elettromagnete, toccava i contorni e lasciava una serie di baci sulla pelle nuda che lo circondava.
“Non ti stanchi mai, vero?”
Mugugnava Sebastian di tanto in tanto quando vedeva tutte le attenzioni che Blaine prestava all’elettromagnete e poi intrecciava le sue mani dietro alla schiena del moro per farlo avvicinare ancora di più al suo corpo.
“No. È grazie a quello che sei vivo.”
Sebastian lasciava un bacio fra i suoi ricci e si riaddormentava per un altro po’, fino a che non suonasse la sveglia.
 
* * * * * *
 
Molto spesso Sebastian quando leggeva degli articoli sul giornale riguardanti certi avvenimenti che minacciavano il mondo si girava felice con quella luce che animava ogni loro missione e ogni volta Blaine accarezzava le testoline dei loro Emily e Andrew e da lì l’uomo dagli occhi smeraldini capiva la risposta del marito e si metteva a leggere con meno entusiasmo il giornale, ma certe volte nemmeno quello fermava Sebastian.
“Una sola missione Anderson! L’esser padre non ti avrà mica rammollito!”
“Abbiamo delle responsabilità ora!”
“Ne abbiamo una anche verso il mondo.”
“Abbiamo detto niente più armi o macchine superaccessoriate e niente più missioni.”
“Hai ragione ma una solo non ha mai fat-”
I due come sentirono un’esplosione provenire dal soggiorno della casa Smythe-Anderson corsero il più veloce possibile, in quella stanza si trovavano i loro figli e trovarono la piccola Emily che si era nascosta dietro al fratello e lo proteggeva con il suo libro, i due bambini tremavano dalla paura e il telecomando delle macchina nuova di Andrew che gli aveva fatto il suo daddy gli cadde dalla mani. I due genitori gli andarono subito incontro e li abbracciarono stretti.
“Ma che è successo?”
Andrew si strinse ancora più forte al collo del suo papa, perché era colpa sua se tutto quel disastro era avvenuto ed era ancora spaventato.
“Stavo giocando con la mia macchina e BOOM! Sono partiti dei piccoli razzi dai fari io non l’ho fatto apposta papa.”
Gli disse con la voce rotta suo figlio e Blaine guardò suo marito con occhi infuocati per fargli capire che con lui avrebbe sistemato i conti più tardi. Portarono i loro figli nella stanzetta di Andrew perché Emily voleva stare con lui e i due genitori restarono finché i bambini si tranquillizzarono, quando furono fuori dalla stanzetta Blaine diede un pugno a Sebastian sulla spalla.
“Ma sei impazzito?! Missili nell’automobile giocattolo di tuo figlio! Ma che ti dice la testa, razza di deficiente!”
“Forza dell’abitudine? Non lo so! Mi aveva chiesto una macchinina e gliene ho fatto una tipo quelle che mi facevo da solo, gli ho fatto vedere i tasti che doveva usare.”
“Ha 7 anni! Non puoi mettergli dei missili!”
“Lo so Blaine!”
Sebastian aveva il viso rivolto verso il pavimento, si vergognava di se stesso, anche lui aveva avuto lo stesso pensiero: la macchinina era rivolta verso un muro, ma cosa sarebbe successo se era rivolto verso di loro?
“Vuoi salvare il mondo e poi fai certe cose, non ti capisco.”
“Le ho fatte sempre così, prometto che la prossima sarà solo una macchina.”
“Non te le chiederà mai più una.”
Sebastian annuì e si avviò verso il soggiorno per pulire il disastro dovuto all’esplosione aiutato da Blaine, rimasero in silenzio per tutto il tempo perché Smythe era immerso nei pensieri e sembrava che stesse in un’altra dimensione, Blaine gli si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla guancia facendolo sorridere un po’.
“Non sei un pessimo papà, sei solo stupido e pensiamo solo al fatto che stanno bene entrambi, ok? Solo questo conta. Voglio quella macchina libera da ogni tipo di polvere da sparo e annessi, chiaro?”
“Signorsì Cap!”
Gli disse Sebastian e in quel momento suonò il telefono delle emergenze che non suonava più da anni ormai e non riuscirono ad ignorare quel fastidioso richiamo perciò Blaine si avvicinò al telefono, ma non alzò la cornetta. Sebastian lo guardava con occhi speranzosi, desiderava da tempo do ritornare in pista.
"Una solo missione, per un'ultima volta. Solo una, killer."
Blaine guardò un'altra volta quella cornetta che lo tentava e prima dell'ultimo squillo la portò all'orecchio.
“Salve. Qui è Capitan America che parla.”


Beth's Corner!
Sono di nuovo io! Questa cosa non so da dove viene, ormai avrete capito che questa raccolta sta inglobando l'au e no, non è un sogno! L'altra volta B aveva sognato di stare su THG, ma non può sempre sognare e benché questa os si distacca dalla mia idea orginale devo dire che dopo tutto questo Sebastian!IronMan e questo Blaine!CaptainAmerica accomunando molto i miei Bas e Bee per ragioni che capirete in seguito e che riguarda il loro passato. Questa storia nasce dalla mia indecisione tra IronMan&Cap e IronMan&Pepper ergo ho aggiunto entrambi gli elementi, ho aggiunto un pizzico di daddies ho shecherato per bene ed ecco che questa cosa informe prende vita, spero che vi sia piaciuta!
Ringrazio ancora la beta perché questa volta si è superata <3
Ringrazio anche chi ha letto anche questa cosa ed è arrivato fino a questo punto!
Alla prossima!
Love always,
_Beth

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Capitolo 7
*** S is for School ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei quattro scemi (come qualcuno ha detto) che mi hanno rubato il cuore.









S is for School.
 

Blaine e Sebastian erano molto attenti ai loro figli: compravano determinati giocattoli dedicati sì al divertimento ma che allo stesso tempo gli dovevano insegnare qualcosa, stimolavano la loro fantasia al meglio, stavano attenti anche alla loro alimentazione perché il credo di Sebastian era “mens sana in copore sano” e tutta la famiglia doveva tenerlo in testa, grandi o piccoli che sia, anche se l’eccezione ci stava e la cioccolata a detta di Blaine era la base della felicità. Molti dei loro amici ci scherzavano su questo loro comportamento che sfiorava il maniacale arrivando a regalargli un piccolo premio che diceva “Ai papà dell’anno” e con un carattere più piccolo sotto “ma fate respirare ogni tanto i vostri figli!”  e dopo un po’ i due incominciarono a non dar più peso a ciò che gli dicevano gli amici, loro volevano dare il meglio ai loro figli. Perciò quando incominciarono a scegliere prima l’asilo e poi la scuola elementare stettero bene attenti a dove mandarli, si informarono su tutto: sul programma, arrivando a conoscere per nome i loro futuri insegnati, sul personale e su altre mille cose che caratterizzavano quella scuola e dopo mille ricerche mirate al trovare la scuola perfetta, o qualcosa che arrivasse il più possibile al loro ideale e dopo aver riempito la casa con post-it dove appuntavano su quelli gialli gli aspetti positivi e su quelli arancioni quelli negativi e dopo aver confuso la compilazione dei post-it più e più volte trovarono finalmente la scuola per i loro bambini. Richiesero accuratamente le classi separate quando andarono a portare la domanda alla scuola, sotto il consiglio di Sebastian, per i gemelli questa era la scelta migliore.
 I mesi passarono veloci come non mai e ben presto il conto alla rovescia salutò una volta per tutte le decine e i bambini si immersero in quello stato denso misto tra ansie e agitazione che li faceva stare in una bolla, i discorsi dei genitori gli arrivavano ovattati e la paura del primo giorno si fece spazio in quel barlume di eccitazione che arrivava a braccetto con quel fatidico primo giorno delle elementari, molte volte i bambini sognarono quel giorno, in tutti i modi possibile: la scuola subacquea con brutte maestre che avevano i denti di uno squalo, oppure si rivelavano delle streghe e altre volte si tramutavano in quell’essere senza faccia che viveva nei loro armadi. E con tutti questi incubi i bambini finirono nel dormire più notti nel grande lettone in mezzo ai loro papà che li tenevano stretti a loro che nella loro stanzetta dove gli incubi regnavano sovrani. Invece i loro genitori entrarono nel tunnel della paranoia e continuavano a dire: tutto deve essere perfetto. Provarono a tranquillizzarsi a vicenda ma ottennero scarsi risultati, era più forte di loro. E ben presto nella cameretta i nuovi acquisti si fecero spazio fra i giocattoli e i libri delle favole: nuove matite e colori e i libri per la scuola. E nell’armadio vicino ai vestiti di tutti i giorni prese il suo posto la divisa e che quando i due genitori videro i loro bambini con indosso quei abiti con i colori della scuola, che felici si specchiavano una piccola lacrima si sporse un po’ fuori dai loro occhi, tastando l’aria prima di lasciarsi cadere. E Blaine quando si rese conto dello stato in cui stavano gli venne da ridere perché cosa succederà quando li vedranno con gli abiti del loro primo ballo o con quelli per il loro matrimonio? E come ebbe questo pensiero si diede uno schiaffo perché per quello ci avrebbero  pensato più avanti, molto in la, o come diceva Andrew “moltissimamentissimamentissimo più in la.”
E quando venne il giorno prima nessuno dei due riusciva a stare calmo, l’agitazione era palpabile e farli addormentare fu un’impresa degna delle fatiche di Ercole, ma la notte trasformò questa palpitazione in mutismo, da parte della piccola Emily a differenza di come si era comportata il giorno prima visto che mai aveva riposato la lingua il giorno prima dicendo a tutti che sarebbe andata a scuola il giorno seguente, e in urla e piagnistei da parte di Andrew che ora non si sentiva più un “bimbo grande” e lui non si meritava di andare a scuola, non voleva stare da solo, era stato un bimbo buono e non si meritava un certo trattamento. I grandi si stupirono che il loro figlio di cinque anni quasi sei sapesse argomentare i suoi diritti in quel modo, ma erano più che sicuri che questa Federazione degli Orsacchiotti di Peluche non esisteva perciò se la doveva smettere di decantare i suoi diritti e non si poteva avvalere del suo diritto di dormire. Perciò i due genitori si trovarono un po’ spaesati da questi loro comportamenti visti i giorni precedenti, non se lo aspettavano minimamente, e fra la ricerca di un calzino e del cravattino che accuratamente Andrew aveva nascosto, si trovarono ad unire le forze perché quella peste di Andrew, mentre uno dei genitori si girava, si slacciava la camicia e scappava da loro ed entrambi erano sicuri che alla fine la funzionalità del timpano sarebbe venuta a meno se continuava ad urlare un altro po’.
“Andrew ora basta.”
Continuavano a dirgli col tono più fermo i due genitori senza ottenere alcun cambiamento perché il “no, io a scuola non ci voglio andare. La FdOdP me lo vieta” non perdeva potenza. Dall’altro lato Emily era da quando si era svegliata che con indosso ancora il pigiama continuava a guardare un punto fisso sul muro. I due vedendo che davano più attenzioni all’urlatore decisero di lasciarlo da solo nella sua stanzetta portando con loro Emily, ormai era giunta l’ora della colazione ed era meglio che si sbrigassero altrimenti avrebbero fatto tardi, mentre il riccio beveva il caffè ripensò a quanto fiato avesse nei suoi polmoni il piccolo Andrew e Blaine era sicuro che il piccoletto potesse avere un futuro nel canto ma anche negli strumenti a fiato. E questa tecnica funzionò perché ad un certo punto le urla cessarono e fece la sua entrata un Andrew con i ricci più ingarbugliati che mai, con la camicia bianca che saltava un bottone e con il cravattino tutto storto, appena lo vide Sebastian fece l’occhiolino a Blaine come per dirgli “hai visto che avevo ragione io?” e l’altro a stento riuscì a trattenere un sorriso rompendo la sua maschera seria per la visto del figlio conciato in quel modo, era ancora fermo sulla porta e guardava i genitori con sguardo triste come se il portarlo a scuola era visto come l’esser abbandonati sul ciglio della strada durante un temporale o anche peggio, Sebastian scosse la testa e si avvicinò a lui e appoggiò un ginocchio sul pavimento per mettersi alla stessa altezza del figlio che in quel momento tirò su col naso. No attore, si appuntò mentalmente Blaine.
“Su campione fatti sistemare che così non ci puoi andare a scuola.”
Gli sistemò la camicia mettendo ogni bottone nella propria asola e gli fece un impeccabile nodo alla cravatta blu. Ogni cucchiaio di cereali corrispondeva ad un “io comunque non ci voglio andare a scuola” e quando finirono di mangiare Blaine ritornò nella cameretta con la figlia perché si doveva finire di preparare e Emily continuò a restare in silenzio immersa nei suoi pensieri, non disse una parola nemmeno mentre Blaine le pettinava i ricci e solo quando si fermò lei finalmente alzò gli occhi verso di lui.
“Che c’è piccola?”
E in quel momento gli occhi di lei si riempirono di lacrime e in un battito di ciglia si sentì sollevata da terra per venir stretta fra le braccia del padre che incominciò a stringerla forte per tranquillizzarla. Emily si aggrappò al suo collo forte.
“Va tutto bene, è come l’asilo solo si imparano più cose. A te piaceva l’asilo vero Emi?”
Lei annuì sul suo collo.
“Perché piangi?”
“Ho paura di non piacere agli altri.”
Disse fra un singhiozzo e un altro e Blaine la strinse ancora più forte per trasmetterle un po’ di quella sicurezza che lui aveva perché sapeva che questo non sarebbe successo, non era il tipo che alla gente non piacesse.
“Questo non succederà mai, ti fidi di me?”
La piccola si fidava e per questo le lacrime si fermarono e un piccolo sorriso si fece strada nel suo viso, pian piano tutto si sta indirizzando verso il meglio.
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Il viaggio in macchina per arrivare alle elementari fu molto più tranquillo rispetto alla mattinata i due bambini se ne stavano in silenzio con la mano intrecciata a quella dell’altra e Andrew con il braccio libero stringeva a se il suo fidato Kiwi e i due genitori qualche volta li guardavano dallo specchietto retrovisore e si scambiavano sguardi complici e felici, con occhi orgogliosi, minuto dopo minuto sempre di più. I due non si spiegavano perché provassero una tale emozione, i loro figli non avevano trovato la cura al cancro e non avevano nemmeno vinto un Nobel, era solo il loro primo giorno di scuola e benché lo sapessero bene non riuscivano a darsi un ritegno quello era il loro piccolo grande passo nel pianeta dell’istruzione.
Quando arrivarono finalmente a destinazione i due adulti scesero dalla macchina e attesero i due bambini che avevano paura di apri lo sportello, erano circondati da bambini: bambini che dopo il periodo esisto si rivedevano, mamme con un fazzoletto in mano e che non smettevano di dire “è cresciuto troppo in fretta” e padri che facevano mille foto al primo giorno del proprio pargolo immortalando ogni secondo, e poi ci stavano i genitori che trascinavano di peso la propria prole che sia il grande che il piccolo non ne voleva sentire di ricominciare la scuola. Blaine passò un braccio intorno alla vita di Sebastian e quest’ultimo lo guardò e poi gli venne da ridere.
“Che ho di così buffo, Smythe?”
“Non mi piangerai davanti alla porta come quella mamma laggiù vero?”
“Idiota.”
E stretti in quel mezzo abbraccio si misero a guardare la scuola mentre aspettavano i loro figli, avevano ancora una manciata di minuti prima del discorso della preside e dello spettacolo che una classe teneva ogni primo giorno di scuola.
I due bambini nel frattempo appoggiarono i loro visini al vetro del finestrino uno di fianco all’altro e quando videro quanti bambini ci fossero la fuori Andrew si fece coraggio e aprì finalmente lo sportello con sempre la sua mano fra quella delle gemella e insieme raggiunsero i genitori che si stavano guardando intorno ridendo al delirio che avevano di fronte. Quando notarono che i due erano finalmente scesi gli sorrisero e i bambini afferrarono anche la loro mano e insieme entrarono nella scuola. E non mancò la foto ai gemelli davanti alla porta aperta della scuola con dietro l’insegna.
_________________________________________________________________________________
Lo spettacolo non fu una tortura come Sebastian aveva preannunciato, era comunque noioso, ma per esser fatto da dei bambini poteva accontentarsi, non poteva dire della stessa cosa del discorso della preside perché era la cosa più senza senso che avesse mai sentito e una volta aveva conversato con un Blaine altamente alticcio e il discorso sul mondo dei papillon che si generavano dalla stoffa era più brillante di ciò che disse quella donna al microfono. Per bloccarlo alla sedia Blaine dovette passargli un braccio dietro il collo e incominciò a massaggiargli il cuoio capelluto e stranamente Sebastian non si lamentò più.
Quando finì di parlare le maestre chiamarono i vari bambini della loro classe insieme ai genitori per mostrargli la classe, ma Blaine e Sebastian non se la sentirono di separarsi e accompagnarono prima la classe di Emily che già si erano riuniti tutti e poi avrebbero pensato ad Andrew. Emily era completamente attaccata alla gamba di Sebastian e non si decideva di staccarsi e dovette provarci a forza, stando attento a non farle male, prima si staccarla.
“Emi fai la brava bambina, su.”
Continuava a dirle Sebastian accarezzandole i morbidi ricci ramati sotto lo sguardo toccato della maestra che guardava la famiglia dalla porta. Blaine le si avvicinò e le lasciò un bacio sulla guancia e poi afferrò il marito per la mano e si spostarono un po’ da lei.
“Emi vedrai che starai bene e farai un sacco di amichette, vai dalla maestra, da brava.”
Ma lei non si sposta e continuava a guardarli in quel momento andò ad aiutarli la maestra.
“I signori Smythe?”
“Smythe-Anderson.”
La corresse Sebastian guardando il marito.
“Sono Tanisha, la maestra della piccola Emily, – poi si rivolse a lei – ma come siamo belle qui! Vuoi venire con me? Così ci presentiamo tutti quanti e così disegniamo!”
Disse tutta felice e Emily guardò i suoi genitori che le fecero un segno di incoraggiamento. Quando incrociò gli occhi di Andrew andò verso di lui e si abbracciarono. Ora si sentiva più pronta e quando vide la mano della maestra tesa verso di lei l’afferrò e prima di entrare fece un profondo respiro e rivolse un ultimo sguardo alla sua famiglia ed entrò.
Con Andrew fu tutto diverso, di gran lunga diverso da come si erano immaginati la scena, era tranquillo ora e dopo aver salutato i suoi genitori entrò insieme agli altri bambini e quando prese posto al suo banchetto salutò con la manina i genitori che ora erano soli. Blaine sospirò contro una porta chiusa con la mano di Sebastian che ancora era nella sua e pian piano si incamminarono verso la macchina. Sebastian aprì lo sportello ma Blaine non si decideva ad entrare.
“E se non stanno bene?”
“Blaine non fare la mamma chioccia su. Stanno bene, si faranno gli amichetti in men che non si dica.”
“E se non stanno bene?”
“Anderson muoviti.”
“Ma sono così piccoli Bas.”
E quando sentì quello Sebastian scese dalla macchina e andò da lui, nemmeno al più alto piaceva l’idea che stessero crescendo, che già sono alle elementari quando gli sembrava ieri che avevano visto per la prima volta gli occhietti curiosi di Andrew, però dovevano accertarlo. Sebastian gli baciò lentamente le labbra e poi gli aprì la portiera facendolo entrare per poi andare a prendere il posto del guidatore. Prima che Sebastian mettesse in moto la macchina Blaine si sporse verso di lui e gli baciò la guancia e l’altro gli sorrise con quel sorriso che ancora a distanza di anni lo faceva restare ancora a bocca aperta.
“Conosco quello guardo, killer.”
“Che sguardo?”
“Quello sguardo.”
“È che oggi è la prima elementare domani sarà il primo giorno di college e io non voglio che se ne vadano.”
“Hai detto bene! Oggi è la prima elementare e il domani? Appunto è domani e ci penseremo quando questo domani arriverà. Ora sai che facciamo? Ci prendiamo un caffè al nostro bar e poi ti porto a quella mostra su Monet, è da settimane che ci volevi andare.”
Blaine gli sorrise e chiuse gli occhi appoggiandosi allo schienale e per un po’ quel piccolo abitacolo venne riempito solo da una bassa dolce melodia.
“Bas?”
“Lo sai che ti amo?”
“Sì, ma è bello sentirselo dire. Anch’io Blaine, anch’io.”






Beta's Corner! 
Ebbene si, avete letto bene, non è Beth che vi parla ma la famosissima (lol) Beta c: 
Oggi Beth ha uno spettacolo e deve stare a teatro tutto il giorno perciò dovete accontentarvi di me :D 
Non ho molto da dire, tanto per me tutto quello che lei scrive è sempre perfetto, perciò mi auguro che vi piaccia anche solo 1/3 di quanto sia piaciuta a me c: 
Questa famiglia sarà la causa della mia morte *w* sono perfetti silrvujbiews :') 
(scusate lo sclero...) 
Come scrive sempre Beth: alla prossima!
Love always, 
Beth (Beta :D) 

 

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Capitolo 8
*** M is for Mystery ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei quattro scemi (come qualcuno ha detto) che mi hanno rubato il cuore. 



M is for Mystery 
 
Una delle cose che Blaine scoprì di amare nel corso degli anni era il sorprendere Sebastian, in particolare adorava quando le sue labbra si aprivano in quel sorriso incontrollato che lo ripagava di tutto il tempo che aveva impiegato per arrivare fin lì perciò ci provava in ogni modo possibile: una volta lo svegliò per il giorno del loro anniversario accogliendolo con la colazione a letto stile francese andando appositamente in un piccolo bar nascosto nel cuore della città che si occupava di tutti i dolci che facevano parte dell’infanzia di Sebastian e un altro anno per la cena allestì il loro terrazzo come il ristorante dove il più alto gli chiese di sposarlo, piatti bianchi con gli ornamenti dorati molto simili e la tovaglia dello stesso colore che scendeva fino al pavimento e rigorosamente a lume di candela; lo sorprendeva con un biglietto la mattina posto in bella mostra vicino alla foto con loro quattro con delle piccole parole dal grande significato, un piccolo promemoria del suo amore per lui che ogni volta che Sebastian se lo trovava davanti non riusciva a non sorridere, un “ti amo” che non perdeva mai la sua bellezza. E questa volta Blaine aveva in mente di organizzargli una festa per i suoi anni con la preziosa partecipazione dei figli che lo avrebbero tenuto il più lontano possibile dalla loro casa mentre Blaine preparava il tutto, i tre agirono sempre nell’ombra: in macchina durante il ritorno a casa, aspettavano che Sebastian andasse a farsi la doccia per proteggere le loro parole dal getto dell’acqua che ovattava tutti i suoni. Ma visto che tutto secondo il suo parere era andato troppo tranquillo e visto che Blaine si sentiva troppo sicuro sul fatto che Sebastian non sospettasse di niente una strana sensazione, all’interno di sé stesso, incominciò a crescere sempre di più convincendolo che qualcosa, in un modo o in un altro, doveva andare storto, e le sue paure si avverarono proprio quando ormai nel calendario di Andrew mancavano solo due giorni da cerchiare e tutta la situazione era diventata ancora più tesa.
 "Blaine."
Ecco. Blaine lo sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Sebastian entrò nella stanza con un'espressione allibita, mentre teneva in mano un foglio di carta rettangolare.
"Potresti spiegarmi, di grazia, cosa diavolo sia questo assegno da undici dollari e novantacinque intestato a tuo nome?"
Disse a Blaine con una strana espressione sul volto, Sebastian allontanò e avvicinò a sé come se dovesse metter a fuoco meglio quel foglietto tutto sporco di marmellata alle more, la preferita del loro figlio.
“Banca dei – fece una piccola pausa per enfatizzarne il nome – Coraggiosi Orsacchiotti-Pirata. Comunemente chiamata ‘C.O.P’”
Continuò Sebastian ridendo e Blaine mise giù la penna rossa e si tolse gli occhiali mentre con l’altra mano incominciò a massaggiarsi lentamente il naso, in quel momento non seppe che dirgli visto che il marito avrebbe capito tutto ciò che gli stava tenendo nascosto da mesi perciò preferì rimare in silenzio, rimettere gli occhiali da lettura al loro posto e continuare con la correzione dei compiti sperando che prima o poi uno dei loro figli venisse da loro per distrarre il padre.
“Cosa c’è? Il tuo stipendio da insegnate ti mette l’acqua alla gola e ti devi far prestare dei soldi da nostro figlio di sette anni quasi otto?”
Blaine strinse più forte la penna e corrugò le sopracciglia provando a non ascoltarlo più, ma Sebastian non voleva sentire niente e prese posto sulla sedia dall’altro capo del tavolo difronte a lui mettendogli sotto il naso quello strano assegno.
“Lo sai che per qualsiasi cosa puoi contare su di me, vero?”
Il tono di Sebastian si fece più serio pur non perdendo quella vena giocosa.
“Ma certo. . . – disse prendendogli il foglio dalle mani e mettendolo nel suo libro di teoria musicale – che lo so Bas.”
“Però sono curioso, perché Andrew ha fatto una cosa del genere?”
“Stavamo giocando a monopoli e mi doveva undici dollari e novantacinque, semplice. Ora ti dispiacere controllarli? Stavano facendo i compiti e sai come sono fatti, si distraggono con poco.”
Sebastian annuì non soddisfatto della risposta ottenuta e si sporse da sopra al tavolo per poter avere l’accesso alle sue labbra per baciarle.
“Vai ora.”
Disse in mezzo al bacio il papà dagli occhi ambrati mentre l’altro sbuffava avviandosi alla porta e in quel momento venne colpito da una rivelazione.
“Ma noi non abbiamo il Monopoli.”
Disse più a sé stesso Sebastian che al marito, ma l’altro lo sentì lo stesso e preferì ignorarlo.
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La sera prima del compleanno di Sebastian il papà dai ricci corvini si ritrovò nella stanza dei figli da solo per il consueto bacio della buonanotte, ma questa volta aveva un extra da dirgli, più che altro era un promemoria, un sussurro che doveva rimare in quelle quattro mura.
“Domani non dovete fare gli auguri a daddy, mi raccomando bambini!”
“Ma papa! Ma dopo ci rimane male daddy è il suo compleanno non deve essere triste!”
Ribatté la piccola Emily incrociando le sue braccia al petto, Blaine le sorrise e provò a farle capire la parte della sorpresa che non gli aveva svelato.
“Facendogli credere che noi ci siamo dimenticati del suo compleanno renderà la sorpresa ancora più bella e lui sarà tante volte più felice, ti fidi di me Emy? Un po’ di tristezza serve per enfatizzare la felicità.”
La piccola Emily non era pienamente convinta del piano del padre ma il fratello non le diede modo di ribattere perché tutto felice di far parte di una missione segreta si mise sulle ginocchia del padre con in mano un altro foglio-assegno.
Papa? Ho perso l’altro così l’ho rifatto uno nuovo, questa volta è pulito!”
“Andrew lo sai che ci è mancato poco che ci scoprisse? Devi starci più attento!”
“Ma lo volevo rifare!”
“Shh lo so, Andrew ma la prossima volta si deve essere più cauti!”
“Cau-che?”
“Cauti vuol dire ‘prudenti’ Andrew.”
“Ma noi non prudiamo!”
“’Agire di nascosto senza che daddy ci scopra!’ Va meglio ora?”
“Cos’è che non dovrei scoprire?”
Disse Sebastian con un sorriso sghembo sul viso facendo raggelare i tre che stavano confabulando.
“Niente!”
Disse in coro i gemellini mentre il maschietto nascondeva come meglio poteva l’assegno dalla Banca del suo Kiwi, ma Sebastian già aveva notato quel foglietto con le scritte tutte colorate.
“Niente?”
Gli chiese mentre si avvicinava pericolosamente al marito che aveva sopra alle ginocchia il figlio mettendo una mano dietro al collo dell’amato proprio sopra al foglio di carta protetto dalla stoffa della sua maglietta. Si mise ad accarezzare la parte del collo libera dalla carta.
“Non siete bravi a mentire, piccoli, e non si devono dire le bugie. Blaine è da giorni che vi state comportando in modo strano.”
In quel momento Andrew finse dei grossi sbadigli e accucciò meglio sul petto del padre.
“Qui qualcuno ha sonno, dopo la favola c’è la nanna, vero bambini?”
Blaine lo prese in braccio e lo portò nel suo lettino rimboccandogli le coperte e lasciandogli un bacio sulla fronte per poi fare lo stesso con la piccola Emily e aspettò il marito che ancora era fisso a guardare la scena appoggiato alla porta.
“Che aspetti?”
“Blaine non mi hai risposto.”
E lui sapeva che doveva prendere più tempo possibile e sapeva anche che lo stare in camera da soli avrebbe implicato molte domande perciò guardò l’ora e pensò che forse ammazzare il tempo facendo finta di controllare i compiti quando si ascoltava della musica classica faceva al caso suo.
“Mi mancano dei compiti da controllare, - gli disse – puoi anche non aspettarmi sveglio, non so quando ci metto.”
E lo lasciò da solo.
Andò nella loro stanza solo quando vide che mancavano pochi minuti a mezzanotte e sicuramente lo avrebbe trovato ancora sveglio, Sebastian amava sentirsi fare gli auguri a mezzanotte spaccata, Blaine non l’aveva mai capito. Infatti lo trovò con in mano un libro mentre sfogliava alla luce della piccola lampadine le sue pagine gialle. Blaine non ci badò troppo e fece le solite azioni che faceva sempre: si svestiva degli abiti di tutti i giorni e si infilava la sua vecchia maglia del college e un pantaloncino a caso e si infilava sotto le coperte e in casi come questi prendeva sulle mani il libro che Sebastian stava leggendo e si appoggiava sopra al suo petto per metterlo sul suo comodino per poi spegnere la luce, poi gli dava anche a lui il bacio della buona notte, ma sulle labbra, e poi poneva la sua testa sopra al suo petto. Sebastian gli passò un braccio dietro alla schiena e con la mano incominciò a disegnarci dei cerchi immaginari.
“Ci hai messo tanto oggi a correggerli. . .”
“Ne avevo un sacco arretrati, Bas. Ora dormiamo.”
Gli disse stringendolo più forte a sé baciandogli il petto coperto dal cotone.
“Mi sai dire che ore sono?”
“Sarà mezzanotte e qualche minuto, - gli disse con un ghigno come se niente fosse – ora dormiamo. Ti amo, Bas.”
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La mattina successiva quando Blaine si svegliò trovò un Sebastian che aveva ripreso il segno e si era messo a leggere da dove aveva lasciato il giorno precedente, sbuffando di tanto in tanto, in attesa che suo marito aprisse finalmente gli occhi e guardando quella scenetta a Blaine venne da ridere, ma preferì restare per un altro po’ in silenzio e quando vide che lo aveva impazientito troppo per quel risveglio allungò una mano posandogliela sopra agli addominali attirando dolcemente la sua attenzione. Sebastian spostò lo sguardo dalle pagine agli occhi del marito sorridendogli e poi alzò un sopracciglio come se lo stesse invitando a parlare e che forse si era scordato una cosa, ma Sebastian era troppo orgoglioso e certe cose non gliele avrebbe mai dette, ma Blaine si limitò a ricambiare il sorriso e appoggiò il mento sopra il suo petto e si mise a fissare l’orologio sul comodino in attesa dell’ora che si era fissata come sveglia dei gemelli e da quella posizione si godette ogni struscio di pagine e ogni singolo sospiro stizzito di Sebastian, si preannunciava una divertentissima giornata, almeno per Blaine.
Quando scoccarono le sette e mezza Blaine racimolò le forze per potersi alzare e lasciare quel cantuccio tanto comodo che era il petto del marito, ma non voleva far fare tardi ai figli, e visto che oggi si era prefissato l’obbiettivo del “facciamo impazzire Sebastian portandolo all’esaurimento in modo che una festa a sorpresa sarà l’ultimo dei suoi pensieri” pensò che anziché alzarsi dal suo lato poteva benissimo scendere dal letto passando sopra il marito e facendogli cadere per sbaglio il libro dalle mani, cosa che lo faceva arrabbiare più di ogni altra cosa perché non sopportava l’esser disturbato durante una lettura, ma la rabbia scemava sempre quando Blaine si girava verso di lui e col tono più dispiaciuto che avesse in serbo riuscendo sempre a scampare alla sua ira dirigendosi verso la stanza dei gemelli.
Quando Blaine si ritrovò nella loro stanzetta li trovò già svegli con l’energia che gli sprizzava da tutti i pori mentre confabulavano su ciò che dovevano dire al loro daddy a colazione, non si accorsero nemmeno del padre che era entrato tanto erano concentrati nella loro conversazione per attirare la loro attenzione Blaine dovette bussare sul legno, i due saltarono ed ecco che Andrew cadeva giù la lettino della sorella tanto era lo spavento di essere scoperti.
Papa!
Blaine rise e i bambini scesero svelti dai loro lettini e afferrarono la mano del padre che gli stava tendendo e insieme andarono verso la cucina.
Daddy! Daddy!”
Urlò la piccola Emily appena vide Sebastian alle prese con i fornelli che vennero subito spenti nel momento in cui lei gli andò incontro e l’abbracciò stretta.
“Finalmente qualcuno che mi coccola adeguatamente per questo giorno!”
Disse a Blaine e questo accolse questa frecciatina come miele, lo stava facendo cuocere nel suo stesso brodo e costatò che il tutto era molto più divertente di quanto si era immaginato. Blaine gli sorrise e si versò lentamente del caffè nella sua tazza.
“Perché che giorno è oggi daddy?”
“È l’equistozio di primavera Emi!”
Le rispose Andrew prima che Sebastian potesse dire una parola e Blaine rimpianse di non avere un macchinetta fotografica o un qualsiasi apparecchio elettronico che gli permettesse di scattare una fotografia perché quell’espressione mista tra il sdegnato e tristezza era da immortalare e da usare contro Sebastian.
“Andrew ‘equistozio’ non esiste e si dice: solstizio, per estate e inverno ed equinozio per primavera e autunno. Ok?”
Lo riprese Blaine.
“Quindi oggi che è il 21 marzo è solo l'equistozio di primavera.”
“Equinozio, Adrew, equinozio. Non ci sono esse né t tra la i e la o. Equinozio.”
“Equinozio!”
“Bravo!”
“Per voi è solo l’equinozio di primavera oggi che avviene ogni anno nello stesso giorno di marzo?”
Blaine pensò che anche il suo compleanno avveniva ogni anno nello stesso giorno e non vedeva il punto della suo domanda, i tre si scambiarono un’occhiata complice e alzando le spalle in sincronia risposero che sì, per loro quel giorno era un equinozio come sempre.
Passarono il resto della colazione con un Sebastian offeso in silenzio che si mangiava i suoi cereali con il giornale che gli copriva totalmente la faccia e il trio poteva notare quanto fosse arrabbiato dal modo in cui sbatteva il cucchiaio sulla ciotola, ma loro continuarono a parlare come se niente di strano fosse accaduto e specialmente come se loro non si fossero dimenticati niente.
“Sebastian?”
Lo chiamò per la terza volta prima di vedere la testa del marito emergere leggermente dal Times.
“Li prendi tu i bambini oggi? Io non posso che ho una lezione e devo andare a casa loro, tanto tu oggi hai giorno libero, no?”
Sebastian prese un profondo respiro prima di rispondergli perché lui sì, aveva preso un giorno di riposo, ma non per passarlo a zonzo fra una commissione e un’altra, ma per trascorrere questo giorno con la sua famiglia che pensava che lo avrebbero festeggiato per bene come Blaine faceva ogni anno.
“Ma certo, amore.”
E Blaine sapeva che quando diceva quel suo ‘amore’ in quel modo tagliente esso non prendeva la vena romantica, ma quella del ‘non ti insulto per via dei bambini, ma sappi che sei un cretino.’
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“Tassorosso a Leone. Ripeto Tassorosso a Leone, la Serpe è caduta nella fossa? – Cooper dall’altro lato sentì i bambini ridere e si unì a loro – fratellino credevo di star parlare solo con te!”
“Scusa Cop, ma sto portando i gemelli a scuola e sto col vivavoce. Non chiamare Serpe mio marito, ma comunque c’è cascato, crede che ci siamo dimenticati veramente!”
“Zio gli ho detto che oggi era speciale perché era l’ equistozio di primavera!”
“Equinozio, Andrew!”
“Bravo campione, ho sempre detto che hai la stoffa dell’attore! Un giorno lo devi far venire con me sul set!”
“Vediamo Cop, - gli disse scuotendo la testa, era la milionesima volta che glielo diceva – oggi mi puoi aiutare?”
“Che devo fare?”
“Potresti andarmi a prendere la torta dal pasticcere? Visto che dopo va con i bimbi al centro non volevo farmi vedere troppo in giro considerando che gli ho detto che avevo una lazione.”
“Ovvio che te lo faccio ma tu pensi che lo terranno buono fino all’ora di cena?”
“Da questa domanda deduco che ancora non hai imparato a conoscere i tuoi nipoti, Cop.”
“Cosa gli hai detto di fare?”
“Di andare a vedere insieme a loro un regalo da fare per un loro amichetto che la settimana prossima compie otto anni e non devono mai essere d’accordo su che fargli, ma loro il regalo già lo hanno trovato e messo da parte, mi sono messo d’accordo con la commessa di farglielo vedere solo alla fine così saranno costretti a far rivoluzionare il negozio a tutti i commercianti e solo verso le sette e mezza andranno in quel negozio e troveranno il loro regalo.”
“Si infurierà da morire!”
“Sì! È questo che rende tutto più divertente! Dovevi vedere la sua faccia a colazione per la questione dell’equinozio, Cop! E-p-i-c-a! adesso ti lascio che siamo arrivati a scuola, mi raccomando puntuale a prendere la torta!”
“Certo fratellino, a dopo! Ciao piccoli!”
“Ciao zio!!”
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Thad verso le sei era arrivato a casa Smythe-Anderson per dare manforte a Blaine per mettere appunto gli ultimi particolari, anche se in realtà Blaine non aveva cose troppo laboriose da fare, doveva solo preparare la cena per loro quattro, Thad, Cooper e ragazza, e per la sorella di Seb che stava con suo marito e il loro figlio, e l’aiuto di Thad per preparare una cena per dieci era più che fondamentale visto la scarsa dote culinaria di Blaine.
Thad bussò molte volte alla loro porta prima che lo venisse ad aprire dovette aspettare molto tempo, ma lo passò divertendosi mentre sentiva tutte le imprecazioni che Blaine mandava a quel povero forno che non gli aveva fatto nulla di male. Quando Blaine andò ad aprirgli la porta aveva i capelli tutti sporchi di farina e come Thad lo vide incominciò a ridergli in faccia e dovette piegarsi pure in avanti tanto era il riso che non riusciva a controllare, lui quella scena se la immaginava molto bene: l’impasto che non veniva come doveva venire e lui che preoccupato si metteva a riguardare per la centesima volta la ricetta passandosi le mani sporche sui capelli imprecando ancora di più. Ritornò serio qualche secondo prima che si trovasse una porta sbattuta in fronte.
“È arrivato il soccorso, Blaine. – poi aggiunse – si vede che hai sempre avuto un Sebastian Smythe a disposizione per prepararti tutti i pasti. Lascia fare a me mentre tu dai una ripulita a tutto.”
“Non farne parola con Sebastian.”
Disse serio e leggermente alterato Blaine per poi far strada a Thad, anche se ormai casa loro la conosceva come la sua. L’uomo dagli occhi scuri osservò attentamente l’impasto per le pizze che aveva fatto Blaine, tastandone la compattezza.
“Se Gordon Ramsay lo vedesse ti ripudierebbe da tutte le cucine del mondo e dell’intero universo, bannandoti pure dalla tua. Adesso capisco perché Luca mi diceva sempre che la pizza la si dovrebbe mangiare solo in Italia, sei una vergogna Blaine Anderson.”
“Non ti insulto perché è una cosa che faccio per Sebastian e scusa se non ci sono mai stato in Italia come qualcun altro qui e scusa se a mio marito gli è presa la fissa della pizza da quando mio fratello ce l’ha portata un po’ da una pizzeria. Scusami tanto eh!”
Thad lo fissò e gli mise una mano sulla spalla.
“Respira Anderson, andrà bene, stavo solo scherzando. Ti prego: non metterti mai più ai fornelli ok? Solo cibi precotti o fatti da Bastian.”
“Ti odio.”
Disse Blaine dandogli le spalle per poi dirigersi verso il bagno per ripulirsi tutto, ma quando si trovava sul corridoio gli venne in mente qualcosa e si rigirò ritornando in cucina dove Thad già si era messo all’opera.
“Thad? – l’uomo si girò verso di lui – grazie.”
“Per Bastian lo faccio volentieri e non ti preoccupare, sei nervoso perché vuoi che tutto vada per il verso migliore, lo so, tranquillo.”
Gli disse facendogli l’occhiolino ritornando al suo lavoro ricopiando tutti i movimenti del suo amico quando gli fece vedere come si faceva una vera pizza.
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Quando Blaine finì la sua doccia si ritrovò con un messaggio non letto da parte di Sebastian.
Messaggio da Bastian:
Com’è che diceva il detto? Tale padre tale figlio? Non credevo che esistessero persone in grado di batterti nell’indecisione quando si parla di fare regali. Aiuto. Non so quando torno a casa, ringrazio il fatto che i negozi chiudono alle otto.
ps: sto ancora aspettando.
 
Messaggio da Beebu:
Non hanno trovato il regalo giusto, dagli tempo, sai come sono fatti. Se non trovate niente oggi c’è sempre domani, caro!
ps: dimenticavo! Certo che si che accettiamo l’invito a cena da tua sorella è da tanto che non ci vediamo.
 
Quando Sebastian lesse il messaggio di risposta inviatogli da Blaine scosse la testa per poi infilare con poca grazia il cellulare sulla tasca chiedendosi per quale concisione astrale suo marito si era scordato il suo compleanno.
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Alle sette e mezza precise arrivarono i primi invitati, Cooper e Melani, la sua nuova ragazza, quella del mercoledì dedusse Blaine dal modo in cui si guardavano e ogni volta che gliene presentava una nuova si chiedeva come facesse, ormai era un adulto  fatto e cresciuto non aveva mai il desiderio di fermarsi e stabilirsi con una? Anche per il rispetto della compagna, Blaine non capiva suo fratello e credeva che mai l’avrebbe fatto ma dopotutto anche Sebastian era cambiato e non vedeva perché suo fratello non potesse.
“Che buon profumino B, presumo che da qualche parte ci sia Thad o sbaglio?”
Blaine sbuffò.
“No, non ti sbagli!”
“Allora posso mangiare senza correre rischi! Grazie!”
“Vi odio.”
“Ehi! E’ il mio compito quella di prenderti in giro caro fratellino, sono o non sono il fratello maggiore?”
Blaine alzò le mani al cielo e prese in mano il libro di teoria che ancora non aveva riportato nello studio quando qualcosa cadde dalle pagine e Cooper la prese subito.
“Banca dei Coraggiosi Orsi-Pirata?”
“L’ha fatto Andrew.”
“Perché mai? E poi perché ti ha intestato undici dollari e novantacinque?”
“L’ha fatto per contribuire al regalo del padre, loro non hanno soldi e visto che molto spesso mi trovo ad usare gli assegni-”
“Solo tu continui ad usare gli assegni B.”
“Mi fai finire?!”
“Certo vai vai.”
“Era retorica, Cop. Comunque mi ha visto che ‘usavo quei foglietti come soldi’ quindi ne ha disegnato uno, la banca degli Orsi-Pirata dotati di coraggio l’hai istituita Kiwi, il suo pupazzo di pezza ricordi? E undici dollari e novantacinque centesimi perché dice sempre che quando va con Thad a comprare le caramelle, benché noi gli abbiamo detto ripetutamente di non andarci, ne compra tante con quella somma e gli sembravano abbastanza per un regalo ‘mega’.”
“Non è colpa mia se quando li date a me, perché voi avete da fare con il vostro lavoro, e facciamo una passeggiata alcune volta ci passiamo di fronte.”
“Ovvio che no, Thad, ovvio che no.”
In quel momento vibrò il cellulare di Blaine segnalandogli l’arrivo di un nuovo messaggio, era Sebastian.
 
Messaggio da Bas:
Ore 19:40 dopo ore e ore di giri lo abbiamo finalmente trovato, per i prossimi regali io mi tiro fuori, sappilo. Stiamo tornando a cassa.
 
Messaggio da Beebu:
Sapevo che ci saresti riuscito! Ti aspetto e dopo quando torni mi prendo cura io di te e ti faccio rilassare facendoti dimenticare le “fatiche” di questa giornata, ok?
 
Messaggio da Bas:
mi sembra perfetto.
 
Quando il cellulare gli vibrò per una seconda volta Blaine disse a tutti che stavano per arrivare e che tutti quanti dovevano andare alle loro postazioni: lui vicino alla porta e gli altri intorno a lui con dei coriandoli il piccolo Philippe era tutto emozionato, non vedeva l’ora di fare la sorpresa al suo zio e vedere i cuginetti dopo tanto tempo. Chiusero la porta per provare ad impedire all’odore della pizza appena fatta di arrivare anche all’entrata perché in tal caso la loro copertura sarebbe saltata e chiusero la luce di sicurezza e lo aspettarono in silenzio. Arrivarono dopo dieci minuti che agli altri erano sembrati molti di più, Sebastian suonò più e più volte ma nessuno andò ad aprire e pensò che per tutto quello che gli era successo in giornata la sparizione del marito poteva risultare normale, ma probabilmente si trovava semplicemente  in bagno, ma quando aprì la porta notò che qualcosa non andava tutto era troppo silenzioso e troppo scuro.
“SORPRESA!”
Dissero tutti in coro mentre Cooper riaccendeva la luce e tutti che gli lanciavano i coriandoli addosso e sbattendo le mani in sincrono, Blaine venne subito preso fra le braccia del marito mentre lo stringeva in un abbraccio e i bambini che non volevano sentirsi esclusi da questo abbraccio li strinsero sulle gambe.
“Sapevo che non ti eri dimenticato di me, B.”
“Sai che non potrei mai.”
E lo baciò per ringraziarlo e lo baciò perché in quel momento non aveva parole che potessero aiutarlo nel definire quello che stava provando e quello gli sembrò l’unico modo per farlo propriamente, perché quella giornata l’aveva passata con il pensiero che lo tormenta da sempre, quello di venire dimenticati e aveva paura che tutto quello gli potesse tornare indietro e ora stringerlo fra le sua braccia lo faceva stare calmo e lo completava. Quando si staccò dalle sue labbra lo guardò fisso negli occhi e in quel momento Blaine non ebbe bisogno né di grazie e né di ti amo, glielo aveva fatto capire e a lui bastava.
“Ora basta piccioncini, ci sono dei minori!”
Gli disse Cooper facendoli ridere, Blaine gli si avvicinò all’orecchio.
“Dopo, senza i minori in giro, mi farò perdonare. Promesso.”
Gli disse facendogli l’occhiolino alla fine. Quando si staccarono finalmente i suoi figli ebbero il modo di potergli cantare la canzoncina di buon compleanno e Sebastian alla fine li abbracciò tirandoli su insieme e li strinse a se forte.
Passarono il resto della serata fra una risata e l’altra e quando arrivò il momento dei regali Andrew corse velocemente verso la sua stanza perché anche lui aveva preparato un regalo per il suo daddy e quando ritornò in soggiorno reggeva fra le braccia Kiwi e un altro foglio bianco, ma questa volta era intestato a Sebastian e quest’ultimo non sapeva che cosa mai ci potesse fare con un assegno finto da undici dollari e novantacinque, ma non fece domande ma si promise che prima o poi si sarebbe fatto spiegare il motivo degli assegni dai Coraggiosi Orsi-Pirata, ma in quel momento lo accettò come se fosse stato il regalo più prezioso.
Dopotutto era stato fatto dalle mani di suo figlio e cosa poteva mai essere più prezioso? 




Beta's Corner! 
Si sono smpre io, ma Benny oggi festeggia il suo diciottesimo compleanno perciò.. si, sta dientando una ragazza responsabile :') *proud mama feelings* 
Io sono un po' di fretta, scusate :( 
Spero vi sia piaciuta, alla prossima :D 
Beta & Beth ♥

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Capitolo 9
*** Y is for Your Song ***


Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.



babies meh  


Y is for Your song
 
 
I hope you don't mind, I hope you don't mind that I put down in words
How wonderful life is while you're in the world.
(Elton John – Your Song)
 
 
Blaine amava la musica era parte integrante del suo essere, fu un'ancora più facile aggrapparsi quando tutto cadeva intorno a lui come piccoli pezzi di vetro che ti feriscono, si sentiva un castello fatto di carte mosso da un vento troppo forte e da una struttura troppo debole, ma la musica lo rendeva forte e per lui essa divenne vita quanto lo era l'amore di Sebastian. Blaine ogniqualvolta che lasciava le dita libere su quei tasti d'avorio entrava nel suo mondo e lo si poteva capire dal suo sguardo che si estraniava completamente, con la fronte leggermente corrugata in ascolto di lei e Sebastian era convinto di poter stare a sentirlo per ore senza mai stancarsi, come quando passava le notti a controllare il ritmo regolare dei loro respiri, proprio per questo quando sentiva la prima nota che si liberava in aria chiudeva tutto ciò che stava facendo e semplicemente si metteva seduto sulla poltrona in pelle bianca nella stanza della musica del marito e il riccioluto nemmeno se ne accorgeva della sua presenza. Alcune volte si univano anche i gemelli con la piccola Emily che si arrampicava sulle ginocchia del padre e metteva la manina fra i capelli del padre intrecciando dei ciuffi fra le sue dita sottili ascoltando pure lei il suo papa molto attentamente, invece Andrew si avvicinava a Blaine e poggiava le manine sullo sgabello e il riccio quando si accorgeva di lui gli sorrideva e inclinava leggermente la testa di lato per incrociava gli occhietti vispi del figlio, portava a termine ciò che stava suonando e poi faceva spazio a Andrew facendolo sedere accanto a lui, il bambino tutto felice gli regalava un sorrisone grande grande e si perdeva nell'ammirare quei meravigliosi tasti bianchi e neri che creavano una magia che solo il suo papà era in grado di capire anche se adesso un po’ ci riusciva pure lui a dargli vita. Di volta in volta Blaine gli insegnava cose sempre nuove iniziando dalle cose più semplici, gli insegnò a prendere dimestichezza con la grande tastiera, a prendere familiarità con i suoni, insegnandogli a riconoscere il do dal re e il mi dal fa e così via arrivando a tutta la scala di Do maggiore. E passavano le ore così i due, quando il pianista aveva tempo, con Blaine che teneva per la vita il piccolino mentre quest’ultimo si allungava su tutta la tastiera visto che per via delle braccine piccole non riusciva ad arrivare alle note altre ma anche a quelle basse. Dopo un po' Emily si addormentava perché cullata dal respiro di Sebastian e quando non accadeva si alzava e invitava il padre a seguirlo nella stanzetta con i giochi e capitava che Sebastian era obbligato a mettersi una coroncina perché alla figlia piaceva prendere il tè con le fate amiche sue e non poteva mancare il re, altre volte ancora Sebastian leggeva per lei qualcosa in francese. Lasciando i due in soggiorno in compagnia della musica, alcune volte capitò che Sebastian abituato al peso della coroncina se ne andava tranquillamente in giro per casa con quel oggetto rosa e dorato in testa, una volta conciato così ci pagò pure il fattorino delle pizze, ma ringraziò il fatto che Emily gli andò incontro col suo scettro e il ragazzo capì e Sebastian gli diede pure una mancia sostanziosa per far rimanere quella cosa fra i due, ma Blaine amava il suo re e andava fiero della sua coroncina e allo stesso tempo amava prenderlo in giro, erano occasioni preziose e non andavano sprecate.
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"E questo è il...?"
Andrew a questa domanda prima di rispondere arricciava la bocca e si picchiettava un ditino sulla tempia.
"Andrew? Su che lo sai."
"È un rrrr-no no è un... È un... È un mmmi-LA!"
Blaine fece segno di no e gli fa sentire un'altra volta la nota e Andrew capiva che quello che aveva detto era sbagliato, alcune volte quando capitava Blaine lo sentiva sbuffare e perciò incominciava a suonare quella canzone che gli infondeva sempre tanta gioia addosso, Andrew la conosceva bene era la prima cosa che gli avesse insegnato perché era semplice, si ripeteva spesso. E quando arrivavano a quel punto Sebastian dava un bacio sulla fronte della loro Emily e se ne ritornava in soggiorno a vedere i suoi ragazzi che suonavano insieme, si appoggiava alla porta e si metteva in ascolto un'altra volta con un sorriso che gli illuminava tutto il viso. Sentire la risata leggera del figlio gli scaldava sempre il cuore e con poco rendeva "Heart and Soul" veramente magica era quelle che preferiva perché la si poteva suonare a quattro mani, ed era semplice, perfetta per il livello di Andrew.
Quando la canzone finiva voleva dire che la piccola lezioncina era volta a far avvicinare loro figlio a quella meravigliosa arte e lui scendeva dallo sgabello e andava dalla sorella e solo in quel momento Sebastian prendeva il posto del figlio e il marito appoggiava il suo viso sul braccio del francese e si lasciava abbracciare.
"Siete meravigliosi."
"Mi piace condividere con le persone che amo così tanto un qualcosa che fa parte di me."
"Però non è giusto."
Sentendo quello Blaine si alzò e poggiò una mano sul braccio di Sebastian per guardarlo negli occhi perché non capiva che voleva dire.
"Cos'è che non è giusto, Bas? A lui piace non lo forzo mai."
Sebastian gli accarezzò una guancia e fermò la mano sul suo collo.
"Non dico che l'insegnargli uno strumento sia negativo, non lo direi mai, me la ricordo la prima volta che tu li portai alla scuola di musica, di come sentendo quella moltitudine di strumenti che suonavano i loro occhi brillarono, della piccola Emily che si perse e che la ritrovammo nella sala dei violini perché si innamorò di quello strumento e del violinista."
"La sua prima cotta."
Disse Blaine.
"La sua seconda cotta. Scusa eh ma il sottoscritto dove lo metti?"
"Giusto, daddy gelosone!"
"Dicevo, che non è giusto il fatto che loro amino la musica, è ingiusto il fatto che insegni sempre a loro e a me mai, tutto qui. Mi avevi promesso che mi avresti insegnato e non l'hai mai fatto..."
Blaine si porse un po' in avanti e gli lascio un bacio a stampo sulla bocca per poi spostarsi un altro po’ a sinistra facendo più spazio a Sebastian che si posizionò meglio.
"Vuoi stare sopra le mie ginocchia e ti devo tenere per la vita così non cadi oppure stai bene lì?"
Gli chiese con un sorriso sghembo sul viso e Sebastian fece finta di arricciarsi i baffi invisibili come se stesse valutando l'offerta.
"Io opterei di rimanere qui, fianco a te, ci sono i bambini di là e sai come va a finire quando tu ti muovi troppo sotto di me, lo sai."
Gli disse con un pizzico di malizia negli occhi.
"La paternità ti ha reso più responsabile."
Gli disse facendolo ridere.
"Incominciamo?"
"Ok, prima cosa: bisogna sapersi muovere sui 88 tasti, 52 bianchi e 36 neri, i neri rappresentano i diesis e i bianchi i bemolli cioè quelle note che aumentano la nota di un semitono, il diesis, o che l'abbassa di un semitono, il bemolle. Ci sei?"
"Credo. Ho una domanda: questo tasto bianco qui."
"Il Do."
"Quello là a sinistra non ha tasti neri come faccio a dire il suo diesis?"
"I diesis non si trovano a sinistra ma a destra e il suo bemolle è rappresentato dal Si."
"Ok, la stessa cosa vale per questo qui vero?"
Gli disse pigiando un tasto che alla sua destra non aveva alcun tasto nero.
"Il Mi. E sì, si fa la stessa cosa, il suo diesis coincide col Fa."
"Ok."
"Ora ti facci- Oh ma tu non hai risposto alla domanda! Come prima cosa mi devi dire cos'è la musica."
"Scusa?"
"Sì, dimmi cosa è la musica!"
"Non saprei."
"Quello che pensi, dai! Andrew mi diede una bellissima spiegazione, anche se si limitava a raccontarmi una sensazione."
"Che ti disse?"
"È un abbraccio."
"Un abbraccio?"
"Sì, anch'io ero un po' perplesso però mi disse che quando suono o canto qualcosa si sente al sicuro, sa che sono con lui, come quando lo abbracciamo dopo un incubo o un ginocchio sbucciato. La musica è un abbraccio perché lo fa sentire protetto."
"Ha detto questo veramente? E Emi?"
"Un qualcosa che non si sa spiegare ma la fa sentire felice. Io non la posso seguire per il violino perché voglio che lo impari bene e io sì, lo suono, ma non come Dimetri, però lo dovevo chiedere. E dimmi Sebastian cos'è la musica?"
"È ciò che ha salvato qualcuno che amo e che mi permette di vedere il suo io senza veli, me lo mette a nudo anche se vestito. Però penso che sia qualcosa di molto di più di questo."
Blaine lo fissò con una strana espressione mista tra il commosso e il colpito e prima di riprendere il filo del discorso passarono molti secondi.
"Questo sono le sensazioni che vi da la musica e ognuna è giusta perché è come un dare e ricevere, è come dell'acqua che si conforma al contenitore, si adatta alla persona, però a me come definizione mi è stato insegnato che la musica è l'arte dei suoni, è la sua definizione “antica” in molti mi dicono, ma io amo questa definizione perché ci mostra di come la musica sia la massima espressione dei suoni, e si basa su una triade formata da melodia, armonia e ritmo. Senza di uno tutto crolla, diventa dissonante, vedila come un grande organismo vivente che ci circonda. Vado troppo veloce? Sembra che non mi stai seguendo più comunque con tutta questa roba, - gli disse ridendo – va bene passiamo un po’ di pratica, ci stai? Okay. Questo è il Do, è quello centrale, poi si susseguono così: Re, Mi, Fa, Sol, La e Si.”
E glielo disse sussurrandoglielo all’orecchio, come se fosse un segreto, scandendo ogni nota una ad una provocando in Sebastian delle scosse di piacere che scorrevano libere per tutta la schiena.
“Andrew!”
Urlò Blaine una volta che si staccò da Sebastian e il loro figlio entrò tutto felice nel soggiorno affiancato dalla sorellina, Blaine sbatté una mano sullo sgabellino come per dirgli di avvicinarsi.
“Fai a vedere a daddy come sei bravo con la scala di Do maggiore. Ti va?”
Il bimbo gli fece segno sì e mosse talmente tanto il visino che i ricci gli andarono a coprire tutti gli occhi e con la mani svelto se li tolse da lì e si fece spazio in mezzo ai genitori per poi mettersi a sedere, era tutto emozionato manco stesse per suonare per il suo primo saggio, ma quel far vedere al suo daddy la sua bravura nell’esecuzione delle scale gli metteva addosso una strana e meravigliosa sensazione, quando mise le manine sulla grande tastiera gli tremavano un po’ per poi riacquistare la loro sicurezza nell’esecuzione. Sebastian guardò Blaine da sopra la testolina china sul piano del figlio come per dirgli “perché ti piace umiliarmi così?”, ma Blaine non ci fece caso e continuò a guardare con quella punta d’orgoglio che gli illuminava gli occhi suo figlio che ripeteva quella scala per la terza volta.
 “Ok campione che ne dici di far provare daddy?”
Andrew annuì ancora più felice e lasciò il suo posto al padre che guardò male Blaine prima di provare a suonarla, ma era semplice, se riusciva suo figlio di sette anni come poteva non farcela lui? Blaine in quel momento, mentre lui rimuginava su questo fatto gliela fece vedere un’altra volta, molto lentamente concentrandosi suoi cambi quando il pollice doveva andare sotto quando occorreva suonare il Fa e di quando era il medio che doveva passare sopra alle altre dita per suonare e Sebastian ci provò, però riuscì anche a intrecciarsi su una scala semplice come quella che gli aveva mostrato Blaine facendo ridere il figlioletto che scambiò un’occhiata col padre e capì che no, non era bello ridere in certe circostanti e se ne ritornò insieme ad Emily nella loro stanzetta.
“Ok, facciamo così lava le mani dalla tastiera e mettile sopra le mie.”
Blaine aveva talmente lo sguardo fisso sulle mani che non poté notare lo sguardo trionfatore negli occhi del marito e da bravo fece quello che gli era stato detto e seguì i movimenti del moro. Gli fece vedere cosa doveva fare per due volte prima di lasciarlo provare e in quel momento Sebastian lo guardò e poi mise entrambe le sue mani sulla tastiera e in base a quello che aveva visto prima Blaine non riusciva a credere ai suoi occhi perché il marito fece la scala senza imperfezioni continuando con le altre in quel momento Sebastian riuscì a ricordarsi, stette cinque minuti buoni a fissare il marito che si divertiva e sparsa in quel mare di suoni riconobbe anche quella melodia accennata che costituiva una delle loro canzoni preferite e quando Sebastian si accorse che aveva superato il confine che si era predisposto si bloccò di colpo e si mise a guardare il marito, si limitò ad alzare le spalle come se niente fosse accaduto.
“Ma tu-tu prima non sapevi nemmeno distinguere un Do da un Mi, com’è possibile?”
“Te l’ho detto che ti avrei stupito, da giovani, solo che non mi hai mai dato modo di mostrartelo.”
Gli disse innocentemente Sebastian alzando le spalle.
Blaine si mise una mano sul collo, scuotendo la testa e sorridendogli un poco.
“Sei pieno di risorse signor Smythe-Anderson.”
Sebastian si avvicinò pericolosamente al marito prendendolo per la vita e lo baciò lentamente, assaporando ogni secondo, senza fretta, lasciando libere le loro lingue di toccarsi, Blaine mise una mano sul suo petto afferrandogli la camicia bianca, e poi si lasciarono con uno sonoro schiocco.
“E questo?”
“Devo avere un motivo per baciare mio marito?”
Gli disse strofinando il suo naso contro al suo e lasciandogli un altro piccolo bacio sull’angolo della bocca. Quando Blaine si allontanò un poco da lui si appoggiò maldestramente sul piano andando a suonare note a caso creando un sacco di rumore, i bambini corsero svelti gridando “Papa? Daddy?” in soggiorno trovandosi di fronte ad uno spettacolo che raramente vedevano: il loro papa steso sul pavimento con una gamba appoggiata sullo sgabello e con il loro daddy sopra al padre pianista a mo’ di incastro con i loro corpi e non riuscirono a trattenere le loro risate che aumentarono quando i due vedendo che i figli erano venuti da loro cercavano un modo per rimettersi in piedi il prima possibile fallendo miseramente per andare a finire un’altra volta uno sopra l’altro. Ad un certo punto Blaine si fermò andando a sbattere la testa sul pavimento e Sebastian riuscì a rimettersi in piedi porgendogli una mano a cui aggrapparsi e quando entrambi si trovarono a faccia a faccia si scambiarono uno una sguardo d’intesa e andarono verso i figli che non se la smettevano di ridere ripensando ai genitori che si muovevano come dei pazzi per riuscire ad alzarsi, gli andarono vicino e li presero per la vita mettendoseli sulle spalle per poi incominciare a fargli il solletico quando cercavano una via di fuga e una resa in tutti i modi, provando a contrattaccare pure loro con la loro stessa arma. I due genitori quando videro che i bambini non ce la facevano più smisero di fargli il solletico e si buttarono stanchi sul divano, da sopra il loro petto i bambini guardavano male i genitori, si sarebbero vendicanti, forse nel sonno, ma si sarebbero vendicati. Sebastian vide l’ora e notò come fosse tardi era ora che iniziassero a preparare la cena, si fece per alzare ma la voce di Emily lo bloccò.
Papa ci suoni qualcos’altro?”
“Piccola ha suonato tutto il pomeriggio e dobbiamo preparare la cena.”
La piccola lo guardò con gli occhi tristi e Blaine posò una mano sulla spalla di Sebastian come per dirgli che c’era sempre tempo per una canzone per la loro principessa, Sebastian annuì.
“Però. . . – la piccola lo guardò piene di speranze – abbiamo ancora un po’ di tempo, vero papa?”
Blaine le fece l’occhiolino e si sistemò sullo sgabellino per l’ennesima volta girandosi quel poco che gli serviva per poter guardare la sua famiglia.
“Che volete che vi suono?”
I gemellini si avvicinarono per confabulare su ciò che il loro papa doveva suonare, mentre i due adulti non se la smettevano di fissarsi perché Blaine aveva capito cosa Sebastian volesse che gli suonasse. Ad un certo punto il più alto gli minò un “It's a little bit funny, this feeling inside” accompagnato da quel sorriso che tanto amava e che lo faceva sentire bene. E Blaine suonò quella canzone che sentirono quella notte ritornando a casa dopo che erano stati così vicino alla fine di loro che il loro cuore iniziava già a fargli male, ma riuscirono a superare anche quelle paure e quegli ostacoli che li tenevano separati e quella canzone gli riscaldò i cuori con una speranza perché il loro mondo da quando era riempito dalla presenza dell’altro non gli era mai sembrato un posto più perfetto. E Sebastian si alzò e prese posto fianco a lui e mise una mano sul portello superiore per sentire le vibrazioni che gli accarezzavano il palmo. Poi Blaine incominciò a suonare e tutto perse i contorni, si lasciò trasportare dalla musica che prendeva vita dalle mani e dalla voce del marito che si alternava o si univa alla sua. Entrambi avevano gli occhi socchiusi e con quel sorriso innamorato che ancora oggi non perdeva la sua bellezza. Solo quando Blaine suonò l’ultima nota che entrambi finalmente aprirono gli occhi e si guardarono perdendosi negli occhi dell’altro, solo quando i loro bambini li applaudirono che i due ritornarono nel mondo reale. Sebastian si porse verso di lui e gli lasciò un bacio sulla guancia e gli sussurrò all’orecchio cantando “I put down in words how wonderful life is while you're in my world” modificandola di un poco e poi aggiunse un “ti amo”.
Blaine gli lasciò un bacio sulle labbra come per dirgli “ti amo anch’io, tanto” e poi si alzò prendendogli la mano, sistemò per bene il panno sopra la tastiera e poi si rivolse ai figli.
“Chi mi aiuta a preparare la cena?”
Quando rimasero da soli perché i figli li precedettero in cucina passò le sue braccia sul collo di Sebastian stringendolo forte a se e si alzò sulle punte per arrivarci meglio, Sebastian lo strinse per la vita.
“Dovremmo farlo più spesso, mi piace suonare per te o cantare. Mi fa sentire ancora più legato a te, come se mi fosse permesso di toccarti l’anima. Sì, sono uno stupido a pensare certe cose, ma è l’effetto che mi fa la musica quando suono o è ciò che mi fai tu e-”
Sebastian non gli diede modo di continuare la frase perché lo baciò e se fosse stato per loro avrebbero continuato per ore, ma dopo un po’ due vocette li disturbarono.
Papa?” chiese  Andrew seguito dal “Daddy?” di Emily per poi dire insieme “Abbiamo fame, potete fare le cose da grandi dopo che noi abbiamo mangiato?”
Si staccarono e Sebastian appoggiò la sua testa sulla spalla di Blaine ridendo piano e Blaine gli passò una mano fra i capelli accarezzandoglieli.
“Oggi siamo peggio di due adolescenti con gli ormoni in rivoluzione, killer.”
“La musica rende giovani, mio caro.”
Gli lasciò un altro bacio facendo ridere l’altro e sbuffare i bimbi, il più alto alzò le spalle.
“Sfamiamo i bimbi?”
“Sfamiamo i bimbi.”

Beth's Corner
I am back! Vi ho lasciato due settimane nella buone mani della beta che ci ha messo dei piccoli scleretti nelle note (ily <3) e ora eccomi qui con qualcosa che piango solo al pensiero di vederli insieme in quel modo, sarà che per la muscia è tutto e forse è anche troppo per come ci sono legata e quella canzone, si ho fatto il bis, "Heart and Soul" per chi non la conoscesse è questa e con questa os non solo ho rispolverato i miei appunti della mia prima lezione ma c'ho messo la primissima canzone che ho imparato al piano e non potevo non metterla quindi potete capire il mio stato di feels right now e poi io AMO YOUR SONG. *si rotola nei feels* E sentirsi dire che si vede quando mi piaccia tutto questo mi rende la persona più felice perciò grazie mille mia cara beta per averlo detto e spero di trasmettere le cose che lei ha sentito anche a voi e dopo aver questo vi saluto, ringraziando chi legge e l'amabile persona che resencisce.
Un'ultima cosa: SI SONO ABBRACCIATI. <3
Ora vi lascio veramente.
Nope, scherzo mi dovrete sopportare pure fra un po' con l'os della sfida.
Alla prossima, 
Love always,
Beth

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Capitolo 10
*** T is for Tantomille ***



Questa fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema organizzata dal gruppo Seblaine Events




T is for Tantomille
 
 
Papa! Svegliati dobbiamo andare al lago! Me lo avevi promesso! Paaaapa!”
Gli urlò direttamente nelle orecchie il piccolo Andrew visto che dopo tanta fatica suo padre dormiva ancora beatamente e alla decima volta addirittura gli saltò addosso, ma niente ancora Blaine non si degnava di aprire gli occhi, sì, faceva un po’ di versi disturbati ma si girava sempre dall’altra parte per poi tornare a dormire, però Andrew, pur non essendo di sangue figlio di Sebastian, aveva lo stesso l’animo di un vero Smythe perciò non si diede per vinto e continuò la sua missione sotto lo sguardo divertito dell’altro papà. In quel momento arrivò anche la piccola Emily con i ricci rossi sparati ovunque e mentre si stropicciava gli occhietti prese posto sopra le gambe intrecciate del suo daddy accoccolandosi sul suo petto, questo le lasciò un dolce bacio sulla fronte e Sebastian invitò anche l’altro a sedersi sopra di lui per lasciare in pace suo marito che era una causa persa perché dopotutto erano le cinque e mezza di mattina e Blaine non si sveglia mai prima delle sette, era una missione impossibile anche per il più esperto tormentatore. A Emily le si chiudevano gli occhietti e fra poco si sarebbe riaddormentata, Sebastian lo capiva e cercò di  tranquillizzare il bambino perché per quando bene gli volesse erano pur sempre le cinque e mezza di mattina e nemmeno lui non aveva la minima voglia di abbandonare il letto comodo per andare al lago. Ma il bambino ormai era più sveglio che mai e non accettava un no come risposta, però si accoccolò comunque sul petto del padre, toccando di tanto in tanto col suo piedino il braccio di Blaine che gli copriva gli occhi, mettendo uno dei bronci più adorabili, degni eredi di quelli di suo marito, ma Sebastian non si arrese e provò comunque a far rilassare il figlio con movimenti circolare sulla schiena, stando ben attento a non muovere troppo la parte sinistro del suo corpo dove tranquillamente Emily dormiva aggrappata al suo braccio.
Ma la calma durò poco perché dopo un po’ il bimbo domandò al padre: “Daddy perché papa non si sveglia mai quando dobbiamo andare al lago? Mi deve insegnare a pescare non possiamo andare lì troppo tardi! L’ha detto lui! Daaaaaddy!”
Campione abbassa la voce che Emi dorme.”
“Ma papa non si sveglia!”
Con tutta la dolcezza possibile che si poteva avere quando si viene svegliati dalle urla del proprio figlio che ti obbliga ad alzarti alle cinque e mezza di mattina, e non di una mattina qualsiasi, ma di domenica mattina, famosa per l’ozio mattutino sul letto e che era l’unico giorno in cui i bambini dormivano beatamente fino a tardi nei loro lettini ignari delle attività che avvenivano dentro il letto.
“Drewdrew lo sai che tuo padre ha il sonno moolto pesante, vero? Non puoi pensare che si possa svegliare alle 5 e mezza, dai nemmeno in un universo parallelo potrebbe succedere una cosa del genere.”
E detto quello nella camera risuonò la risata cristallina e genuina di suo figlio, perché il suo daddy aveva ragione il suo papa per certe cose era proprio un caso perso. Il piccolo si tolse finalmente il broncio dal viso e si accoccolò meglio fra le braccia del padre, il quale lo strinse più forte accarezzando con il naso i  suoi riccioli rossicci. Mentre Sebastian coccolava entrambi i figli per farli star buoni, Blaine finalmente iniziò a rigirarsi con un po’ di lucidità in più nel letto verso la parte del marito per poi guardarlo un po’ male, con gli occhi velati ancora di sonno, per via di quello che aveva appena detto, mise la faccia contro il cuscino e parlò, ma ne uscì un mugugno e con estremo sforzo dovette far forza sul gomito per alzarsi per far capire agli altri ciò che aveva appena detto.
“Non c’è bisogno di dire quelle cose Sebastian, sono le 5 e mezza! È logico che una persona voglia ancora dormire.”
“Andrew che ha solo otto anni ci è riuscito benissimo, si è svegliato da solo sai? E un uomo adulto ci dovrebbe riuscire con ancora più facilità. Mettendo forse una sveglia salvando le orecchie del marito dalle urla del figlio, te che dici?”
“Otto anni e tre quarti.”
Lo corresse Andrew, fra poco avrebbe avuto nove anni e ci teneva a farlo notare a tutti gli adulti che gli dicevano che aveva “solo otto anni”.
Blaine mise lo stesso broncio e si girò dall’altra parte, Andrew e Sebastian si guardarono e poi scoppiarono a ridere, il francesino accarezzò i cappelli della figlia per farla alza e sussurrò a Andrew di andare in cucina, loro li avrebbero raggiunti più tardi per fare la colazione. Ora Andrew era tranquillo, sapeva che in certe situazioni solo il suo daddy poteva riuscirci, aveva dei metodi che solo lui sapeva e che si rifiutava di dirglieli, scesero entrambi dalle braccia di Sebastian che solo quando sentì il dolce click della porta che si chiudeva si avvicinò a gattoni verso Blaine per portare le sua braccia intorno alla vita per abbracciarlo da dietro e incominciò a lasciargli un scia di baci sul collo fino a raggiungere l’orecchio, intrecciando le sue gambe con quelle del marito.
“Buon giorno, amore”
Gli sussurrò nell’orecchio prima di mordicchiarglielo dolcemente, sul viso del riccioluto prese spazio un sorriso ma questo preferì non rispondere provando a scansarsi un po’ di più dal corpo caldo del marito, fallendo miseramente visto che Sebastian non glielo permetteva, le sue braccia lo stringevano forte tanto da non lasciargli alcuna via libera. Perciò Blaine fece l’unico cosa logica da fare, visto che non poteva scappare si lasciò andare sotto il tocco delle labbra di Sebastian che continuavano a lasciargli leggeri baci sul collo e si rilassò completamente contro il calore di quel abbraccio. Con un movimento repentino Blaine si girò e furono a faccia a faccia, gli prese il volto fra le mani e gli diede un leggero bacio a fior di labbra.
“Buon giorno anche a te.”
E il sorriso Sebastian si fa ancora più grande e luminoso, rimasero per un po’ così, stretti fra le braccia dell’altro, entrambi persi negli occhi dell’altro e con un sorriso sulle labbra che potrebbe illuminare anche una notte senza luna, strofinando i nasi di tanto in tanto rimanendo in quel silenzio intervallato solo da leggeri respiri. Ma entrambi sapevano che quando il loro Andrew si metteva in testa una cosa la porta sempre a termine e il piccolo si vantava con la sorella di aver aspettato una ragionevole quantità ti tempo prima di ritornare nella grande camera matrimoniale e quando arrivò alla porta prese la rincorsa per saltare fra le braccia dei suoi papà e quando atterrò e fu al sicuro fra le braccia di Sebastian e Blaine i due iniziarono a fargli il solletico, il piccolo calciava incontrollato per sfuggire a loro, quando reclamò pietà per la decima volta Blaine smise e il bambino lo guardò malissimo mentre riprendeva fiato. Blaine aprì le braccia per invitarlo a far pace con in viso quel sorriso che aveva solo in presenza dei figli, uno dei preferiti di Sebastian, era quei sorrisi che ti fanno aprire tutta la bocca strizzando un po’ gli occhi. Andrew si precipitò fra le sue braccia e quando si aggrappò al suo collo incominciò a torturarlo come lui aveva fatto prima col figlio.
“No, no ti prego risparmiami da questa tremenda tortura!”
Disse con fare teatrale e con finto tono di disperazione mentre pregava il marito di aiutarlo e Andrew tutto felice continuava a fargli il solletico, Sebastian lo ignorò e andò in cucina dalla figlia che stava giocando con una delle tante principesse che mai avrebbe ricordato il nome e che puntualmente si sbagliava sempre, si mise subito all’opera per preparagli la colazione.
Quando Sebastian stava preparando l’impasto sentì la sua Emily ridere e si girò svelto verso di lei piegando la testa di lato perché non capiva da dove questa ilarità venisse fuori, la bimbina alzò le spalle il suo papa gli aveva fatto il segno del silenzio un secondo prima perciò capì che non poteva dirglielo, guardò la sua bambola e le venne in mente la scusa perfetta visto che in quel momento aveva lasciato da parte l’impasto pronto per prendere la padella.
“Rapelonzolo usava la padella per menare la gente, anche un cavallo la usava per difendersi! M’ha fatto ridere questo, solo questo daddy.”
“Ma che cartoni ti fa vedere papa, eh?”
La bambina rise nervosamente ed entrambi ritornarono a ciò che stavano facendo prima e in quel momento la testa di Blaine emerse dalla porta per vedere se aveva il via libera: ci appoggiò la schiena e mise le mani in maniera tale da farle sembrare un pistola e fece segno di avanzare da Andrew che fece i suoi stessi movimenti, ma Emily continuava a ridere vedendo suo padre che si comportava in quel modo e ben presto la loro copertura andò in fumo e i due corsero veloci contro di lui dove Blaine bloccò Sebastian dalle spalle mentre Andrew gli faceva il solletico sull’addome, ma Sebastian soffriva di meno il solletico rispetto a loro e ben presto il divertimento per i due finì.
“Ne avete ancora per molto?”
Chiese Sebastian scuotendo un po’ la testa..
“Sei un guastafeste amore, io e Drew ci abbiamo messo tanto impegno.”
Sentendo quello Sebastian finse una risata pur restando serio in viso e l’altro alzò un sopracciglio perché pensava che se tanto doveva fingere almeno che lo facesse per bene, scosse un po’ la testa e si mise al suo posto e così fece anche Andrew che si sedette con un adorabile broncio, perciò Sebastian per farsi perdonare gli diede un pancake in più facendogli dimenticare tutto.
Sebastian non diede alcun cibo extra al marito, ma gli lasciò un bacio bagnato sul collo, sotto l’orecchio, e Blaine non poteva chiedere di meglio.
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La sveglia troppo presto si fece sentire sui bambini durante il viaggio che si addormentarono dopo una dozzina di minuti dalla partenza. Sebastian per tutto il tragitto tenne la mano sul ginocchio di Blaine, salvo quando gli servì per fare il cambio. I due non parlarono molto per non disturbare i figli, di tanto in tanto cantavano, quando passava alla radio una delle loro canzoni, quelle che gli ricordavano delle giornate trascorse insieme e quei baci rubati tra una nota e un’altra erano ancora impressi nella loro mente, così come i momenti tristi e quando passavano quelli la loro voce si faceva più forte.
Quando Blaine disse “ecco che si intravede il lago” gli occhietti blu del piccolo si aprirono di scatto e si fiondò sul finestrino schiacciandosi sopra il nasino, ma facendo così svegliò anche la sorella che lo guardò malissimo incrociando le braccia sul petto, a lei non piaceva il lago: c’erano troppe zanzare e la spiaggetta non era bella quella del mare, c’era troppa fanghiglia; c’era troppo di tutto a detta di lei e Blaine sperava che un giorno ci sarebbe riuscito a farle cambiare idea.
Quando Sebastian spense la macchina nel vialetto della casa sul lago Andrew corse verso il ponticello e quando arrivò fin lì si mise ad osservare tutto ciò che lo circondava perdendosi in quei giochi di luce che creavano i raggi di sole e respirando a pieni polmoni quell’aria che caratterizzava il lago, Blaine gli fu vicino in un lampo. Sebastian invece entrò dentro casa per sistemare in cucina ciò che si erano portati per mangiare, avevano programmato di ritornare il giorno seguente perché si volevano godere quella giornata primaverile appieno. Quando andò in soffitta per prendere dei lenzuoli puliti trovò una cosa che sapeva avrebbe fatto impazzire Andrew.
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“Allora questa è l’esca e-”
“Ehw ma papa si muove e non è quello che penso vero?!?!”
Urlò la piccola Emily che si trovava alle spalle del padre appoggiata sulle gambe di Sebastian che beatamente stava leggendo un libro baciato dal sole e con la punta dei piedi che toccavano le acque pulite del loro lago verde, sentendo quella piccola esclamazione rise un po’ ma subito ritornò sulla pagina che aveva lasciato a metà.
“Emi deve essere vivo.”
“MA MA UN LOMBRICO PAPA? FA SCHIFO.”
“Emi shh farai scappare i pesci!”
La riprese Andrew.
“A me fanno schifo i pesci. A me fa schifo tutto qui. Voglio andarmene.”
I genitori non ebbero modo di dirle niente perché detto quello la piccola se ne ritornò dentro alla casa.
“Perché si comporta così?”
“Forse è solo stanca, sai come diviene se dorme poco, mi ricorda tanto una persona.”
Gli disse Sebastian, anche Blaine cambiava umore a seconda del tempo passato nel mondo dei sogni, il francesino gli toccò una spalla.
“Vado a parlare, casomai la porto a fare una passeggiata su uno dei sentieri qui vicino per calmarla, tu resta qui che dovete pescare tanti pesciolini. Mi affido a te Drew.”
Il bambino lo guardò tutto felice ed energicamente annuì prendendo fra le mani coraggioso una piccola esca mettendola nell’amo come gli aveva fatto vedere prima il suo papa.
“Ho ritrovato una cosa interessante oggi, te la faccio vedere dopo, okay?”
Gli sussurrò nell’orecchio Sebastian per non far sentire a niente ad Andrew e Blaine annuì per poi buttare nel lago l’amo.
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Sebastian trovò Emily sul dondolo con le spalle che davano il lago e con il nasino immerso nel libro delle favole  che le leggeva sempre il padre, ma si limitava a guardare le immagini, Sebastian prese posto accanto a lei e incominciò a dondolarsi in avanti e indietro mentre con una mano le accarezzava i capelli.
“Io non voglio stare qui.”
“Lo so che non ti piace il lago, ma non ti devi comportare così. E quando si vuole bene a delle persone si fa anche ciò che non ti piace, Emily.”
“Come quando vai a vedere con papa i film in russo?”
A Sebastian gli venne da ridere a quell’affermazione, perché vedere certi film lo faceva solo per il buon amore che nutriva verso suo marito che solo una persona pazza come lui poteva andare a vedere dei film dei quali non capiva nemmeno una lettera.
“O come quando Andrew gioca a fare le principesse, è un po’ come per te il lago. Il giocare con la bambole lui lo vede come un gioco solo per le bambine, i maschietti la vedono così, ma per farti felice ci gioca volentieri quando le tue amichette non possono venire qui. Lui potrebbe fare tutt’altro ma gli piace vederti ridere, mi capisci?”
La piccola annuì e appoggiò la testa sopra le sue gambe e si lasciò coccolare, Sebastian ebbe modo così di vedere ciò che stava guardando la piccola prima del suo arrivo.
“The Walking Fish?”
Le chiese con un sorrisone Sebastian.
“Sì. Mi è dispiaciuto  andare via in quel modo. Drewdrew aspettava tanto questo domenica. Volevo farmi perdonare. . .”
“Andrew non è arrabbiato con te, tesoro.”
“E Papa?
“E perché mai lui dovrebbe essere arrabbiato con te?”
La bambina si strinse le spalle.
“Non è arrabbiato piccola, fidati, lo conoscono da tanto tempo per riconoscere quando lui è arrabbiato e tu non hai fatto niente. Tranquilla. Che ne dici se sta sera facciamo un bel falò e mangiamo fuori così ci racconti la storia ‘The Walking Fish?’”
“Possiamo fare i marshmallow?”
“Che falò sarebbe senza?”
La piccola ora tranquillizzata si alzò dal dondolo stendendo la mano verso il suo papà e insieme ritornarono al porticciolo e appena li vide venirgli incontro Blaine si aprì in un sorriso ancora più grande.
Tutti e quattro rimasero lì a cercare di prendere un pesce e ci vollero le ore finché i due riuscirono a pescare almeno un pesce, era piccolo ma pur sempre il primo pesce pescato da Andrew e si volle fare una foto insieme al suo premio, se lo mise vicino vicino al viso con gli occhi che gli brillavano fieri. Nell’angolino della foto si poteva vedere una Emily altamente disgustata dalla scena, i due genitori quando videro la foto pensarono che anche a distanza di anni quella foto non perderà la sua ilarità. Visto il modo in cui se lo avvicinava al viso Sebastian lo indicò, non facendosi vedere dal figlio, e mimò con la bocca “ma dopo si lava vero?” al marito che non gli rispose ma si limitò ad ampliare il suo sorriso e Sebastian si chiese se c’era un limite per la grandezza di un sorriso e in tal caso suo marito l’aveva superato di gran lunga.
“Sei il mio piccolo Tantomille. Ti terrò sempre con me mio piccolo Tantomille, vero?”
I due genitori si guardarono per poi scoppiare a ridere.
“Tantomille, Drew?”
“Sì, Tantomille! Che c’è di male! Sembra che ha il suo stesso manto!”
“Ma un nome come Nemo? Jack? Dori?”
“Ma no! Quelli sono banali e poi a lui piace Tantomille!”
E in quel momento i due seppero che mettersi a discutere con Andrew era inutile, Sebastian si avvicinò a Blaine e gli passò una mano sul fianco mentre osservava Andrew che cercava di far accarezzare il suo prezioso Tantomille da Emily. Sebastian si avvicinò all’orecchio di Blaine e gli disse: “Te la devi smettere di leggergli  ‘Old Possum's Book of Practical Cats’, non può chiarare un pesce col nome di un catto.”
Blaine si limitò a lasciargli un bacio sulla guancia per poi ricominciare a scattare foto ai figli mentre ridevano e fece un servizio fotografico completo a Emily intitolato: Emily e le sue cento e uno facce schifate.
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Il pomeriggio, dopo aver pranzato, lo passarono fra le fronde di uno dei tanti sentieri che costeggiavano il lago e la piccola Emily guardando dall’alto quel lago verde che fece innamorare i suoi genitori anni prima fece breccia nel suo cuore e Blaine di ciò non poteva esser più felice.
Quando stanchi ritornarono a casa Sebastian poté svelare ciò che aveva trovato in soffitta e che attentamente aveva ripulito dalla polvere.
“Una tenda?”
Chiese tutto emozionato Andrew.
“ANDIAMO IN CAMPEGGIO?!”
Era la tenda del periodo “facciamo-una-scampagnata-per-tenerci-in-forma-per-finire-sotto-le-stelle-e-dentro-al-sacco-a-pelo”, Blaine si coprì il viso che si era arrossato e i bambini andarono di corsa fuori per montare la tenda. A Emily incominciava a piacere quella giornata al lago trascorsa in modo differente rispetto alle altre volte e quel suo piccolo sorriso che aveva in viso rincuorava l’animo ai genitori.
 Metter su la tenda risultò più complicato di quello che si ricordavano e vedere di come i genitori era impacciati fece ridere molti i gemelli. Quando la tenda prese una forma di una sottospecie di tenda stabile i bambini entrarono dentro non smettendo mai di battere le mani e ridere.
Poi scese la sera e i quattro si radunarono attorno al falò e all’ora dei marshmallow con i biscotti al cioccolato arrivò Emily si schiarì la voce e incominciò a raccontare una storia per Andrew e cambiò un po’ la storia base di ‘The Walking Fish” una storia che parlava del Pesce che chiese alla fata madrina di dargli due gambe per poter giocare col bambino solitario sulla sponda del lago e i due divennero grandi amici, il bambini lo soprannominò Tantomille e i due giocavano sempre al tramontar del sole e il pesce aspettava ogni anno il suo amico bambino tornare.
Ad Andrew piacque molto la storia e tutto felice corse ad abbracciare la sua sorella perché era some se avesse capito la sua passione e che l’accettava, era una sensazione che si sentiva da dentro e che gli metteva tanta allegria. Come premio per la “miglior storia del falò” le preparò un mashmallow tutto speciale e tutto per lei.
I quattro quella notte provarono a dormire tutti assieme nella tenda, ma ben presto Sebastian uscì da lì perché non era più giovane come un tempo e si stava veramente scomodi con quello pseudo-materasso sulla schiena e lo spazio si era ridotto con la presenza dei figli impedendogli di metter le sue gambe fra quelle di Blaine. Perciò rientrò dentro casa prese due coperte e una la stese per terra per proteggersi dal fresco della rugiada e una intorno alla vita, si mise le braccia dietro alla nuca e incominciò ad osservare le stelle. Ad un certo puntò sentì una cerniera aprirsi e un Blaine tutto addormentato perlustrò i dintorni  in cerca del marito, quando lo vide andò lentamente verso di lui e si buttò sopra il suo petto, Sebastian lo strinse rapido sulla vita e gli mise sopra una parte di coperta, lo strinse forte a se e Blaine strusciò la sua faccia sul suo petto, intrecciando le sue gambe al quelle del marito.
“Come mai sei qui?”
“Emi e Drew non se la piantavano di darmi i calci ce ne avevo uno a destra e l’altra a sinistra, mi sono svegliato all’ennesimo calcio e non ti ho visto più, mi ero preoccupato. Ho aspettato che allentassero la presa e poi mi sono alzato, mi sono rigirato e se ne stavano tranquilli e beati a dormire immobili vicino all’altro, sono bellissimi. E te?”
“Ho le gambe troppo lunghe. Fino a che eravamo in due un modo per star comodo lo trovavo, ma con le new entries. . .”
Blaine gli lasciò un bacio sul petto.
“Era da tanto che non dormivamo fuori, sotto le stelle. Sono meravigliose.”
‘Non quanto te’, pensò Sebastian stringendo più forte a se suo marito.
“Ti ricordi di come passavamo le ore a vedere le costellazioni? Ho sempre avuto il debole per l’astronomia. E ti ricordi in Florida di quando le abbiamo usate per raccontargli le storie?”
Blaine si limitò ad annuire e sbadigliò accoccolandosi di più accanto al marito, Sebastian  gli accarezzò il braccio era stanco pure lui e gli si chiudevano gli occhi.
“Bascian. . .?”
Biascicò nel sonno Blaine ricevendo come risposta un verso indefinito.
“Ti. . amo”


Beth's Corner
Salve! Finalmente la wifi collabora *si commuove* 
Questa storia è la risposta alla sfida lanciata dalla cara Alice e spero che questa cosa e questa famiglia un po' strana (che io amo) e troppo fluffosa sia di suo gusto. I
l prompt era "PESCI" e all'inizio ero tipo "che *inserire francecismo* ci scrivo?", poi ho trovato ed è uscito questo.Spero che vada bene, fatemi sapere :)
Grazie alla superbeta che ha betato questa storia e grazie anche a chi legge. <3
Alla prossima! 
Love always,
Beth.
 

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