Giro di vita

di bic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


I
Era passato un mese, la primavera aveva lasciato spazio all’estate, un’estate così calda non si ricordava da molto tempo.
La vita stava lentamente riprendendo il suo corso. Quasi ogni famiglia aveva qualcuno da piangere e la mia non faceva eccezione.
Il negozio di scherzi non aveva ancora riaperto, ma gli ordini via gufo erano aumentati vertiginosamente: sembrava che la gente avesse davvero voglia di riprendere a ridere perché gli affari non erano mai andati così bene.

E invece io, di ricominciare a ridere, proprio non avevo voglia, dopo aver passato una settimana alla Tana ero scappato per disperazione: da una parte c’era mia madre che ogni volta che mi vedeva sospirava e si voltava dall’altra parte per non mostrarmi le lacrime. Poi c’era Percy che non riusciva a riprendersi, non parlava con nessuno e l’unica persona con cui interagiva mormorando o grugnendo era nostro padre.
 
Harry si era stabilito da noi, ma lui, Ron  e Ginny non si vedevano quasi mai o meglio Harry e Ginny cercavano disperatamente di allontanare Ron per avere un po’ di privacy, ma lui proprio non capiva l’antifona, così il sabato ebbi la brillante idea: - Voglio riaprire il negozio, Ron, ho bisogno di una mano, vieni con me a Diagon Alley?
Sembrava che gli avessi fatto un regalo di Natale in anticipo sia a Lui che a Ginny ed Harry che mi guardarono con immensa gratitudine, poi aggiunsi: - Ovviamente Harry, se vuoi darci una mano anche tu sei il benvenuto.

Mica potevo lasciare la mia dolce sorellina nelle mani di un diciassettenne infoiato che aveva passato l’ultimo anno vagando come un senzatetto.
Mia madre sorrise, era il primo tentativo di sorriso che vedevo dalla battaglia: - Certo ragazzi, andate tutti, poi tornate per cena.
- No mamma, loro tornano per cena, io ho bisogno di tornare a casa nos … mia, ho bisogno di tornare a casa mia. 
 
Aggiunsi, non mi andava più di avere tutta quella gente intorno.
 
Ginny sbuffò, Harry le strinse la mano sotto il tavolo e Percy rispose: - Domani torno al Ministero con papà.
 
E così era stato: quando entrammo il negozio era devastato, ci vollero giorni interi per pulire, ricostruire, preparare le pozioni, ci fosse stata Hermione al posto di Ron ci avremmo impiegato metà del tempo. In un paio di  settimane il negozio era pronto per riaprire e Ron era in fibrillazione per l’arrivo imminente di Hermione di ritorno dall’Australia. Praticamente lo cacciai a pedate dal negozio perché quel suo senso di appagamento e felicità mi dava sui nervi, poi andai nella Londra Babbana. Come facevo ormai da un po’ di sere. Mi ero fatto crescere i capelli, così non si notava l’orecchio monco e la giacca di pelle di drago poteva passare tranquillamente per quella di un motociclista, certo i capelli lunghi, la giacca di pelle e l’espressione perennemente incazzata che avevo in quel periodo non mi conferivano un’aria rassicurante.
 
Entrai nel primo pub che trovai, era più sporco della Testa di Porco, ma la scura era buona, me la feci correggere con del whisky, no so quanti boccali tracannai, il barista mi buttò fuori che erano le due del mattino e riuscii ad aprire la porta di casa solo alle tre dopo varie tappe piegato in due dai conati o dal mal di testa. Mi stavo abituando ai bagordi, trovavo confortante il sonno senza sogni che l’alcol mi garantiva.
 
Aprire il negozio dopo una notte simile non fu uno scherzo, al mattino mi alzai con un gusto di melma in bocca ed un pessimo mal di testa, mi sembrava di avere degli spilli conficcati dietro gli occhi e, a ogni minimo movimento avevo la sensazione che la nuca venisse trapassata da un coltello.
 
Cercai avidamente qualche pozione che potesse riportarmi se non allo stato umano per lo meno a quello di lupo mannaro post trasformazione, ma a quanto pareva avevo finito tutto: niente tintura di alchemilla, niente estratto di ginepro né radici di valeriana, trovai una scatolina nell’armadietto dei medicinali, sembrava un rimedio Babbano: acido salicilico qualcosa, se c’era del salice probabilmente male non mi avrebbe fatto: avevo troppa fretta e poco tempo per controllare. Buttai giù due compresse e mi portai dietro la scatola.
 
Tutto era pronto, tutto tranne io, l’inaugurazione vera e propria sarebbe avvenuta solo nel pomeriggio, dopo l’arrivo di Hermione, ma dovevo ancora sistemare alcune cose all’esterno.
 
Aprii la porta e me la trovai di fronte: era bellissima, con un sorriso smagliante, due caffè in mano e un bel vestitino estivo.
- Uffa, volevo farti una sorpresa e invece eccoti qui.
- Angelina?
 
I segni della battaglia erano ancora ben visibili sul suo volto: probabilmente quella cicatrice sul sopracciglio sinistro non sarebbe mai scomparsa del tutto e faticava ancora a muovere il braccio, lo vedevo da come teneva il bicchiere.
 
- Cos’è non mi riconosci più? Ma cosa diavolo hai fatto, hai delle occhiaie mostruose, mi sa che ti ci vuole più di un caffè.
Mi offrì un bicchiere e mi prese sotto braccio proprio come l’avevo vista fare innumerevoli volte, solo che di solito dall’altra parte c’era Fred.
- George, a me non la racconti, cosa succede?
- Mia madre mi ha messo Ron alle calcagna, non è che non gli voglia bene, però è un impiastro, speriamo che ora che torna Hermione diventi un po’ meno noioso, non lo sopporto più con le sue paranoie: “E se decide di restare in Australia …. E se ai suoi non dovessi piacere …. E se… ” e che palle.
- Ma come sei bisbetico, è innamorato poverino, tu non sei mai stato innamorato?
- No! – mi affrettai a dire un po’ troppo velocemente mentre l’orecchio buono diventava scarlatto.
- Davvero? – Sollevò le sopracciglia dubbiosa – strano che tu ti sia affrettato a negare con tanta foga e decisione. – Rispose ridacchiando in tono canzonatorio. Poi si fece seria: - Comunque non parlavo di questo, cosa ti sta succedendo, hai una faccia che pare ti abbiano fatto un’Orcovolante venuta male.
- Non è niente, solo un po’ di mal di testa. A proposito, tu cosa ci fai qui?
- Lavoro da “Accessori di prima qualità per il Quidditch”, cosa ne dici, visto che ti ho offerto il caffè stasera andiamo a festeggiare la riapertura dei Tiri Vispi Weasley?
- Wow, Angelina Johnson mi sta invitando fuori per un appuntamento?
Questa volta fu lei ad arrossire, poi rispose: - E se anche fosse?

E si Smaterializzò mollandomi in mezzo alla strada come un perfetto imbecille.

La giornata fu estenuante, ragazzi, giovani e anche adulti arrivavano a frotte. Non avevo ancora trovato una sostituta per Verity, ma a Ginny ed Hermione donava il pervinca della divisa. Harry e Ron davano una mano in magazzino e tutti quelli che conoscevamo fecero un salto in negozio a salutare, comprare o anche solo per augurarci in bocca al lupo. Ogni volta che si apriva la porta speravo che si affacciasse in negozio lei, ma non si presentò.

Quando chiusi la saracinesca era quasi buio, sentii dietro di me qualcuno che si schiariva la voce: - Pensavo che avresti trascorso la notte lì dentro. Passato il mal di testa?
Le sorrisi:- Pare che a volte i rimedi Babbani funzionino.

Risposi mostrandole la scatola ormai quasi vuota.
- Ah, sì, aspirina, spero che tu non abbia esagerato, non vorrei doverti portare al San Mungo per un'intossicazione.
- Non dovevamo andare a cena?

Mi porse il braccio e notai che non riusciva a distenderlo completamente.

- Non sei ancora perfettamente in forma, vero?
- Cosa vuoi, i miei sogni di giocare da professionista si sono infranti, comunque non ero poi così brava, tua sorella è di gran lunga meglio di me, non mi stupirei se qualche squadra le chiedesse di giocare come professionista il prossimo anno.

Aveva risposto con tono leggero, ma si vedeva che il fatto di non poter più giocare le pesava parecchio.
Poi riprese sorridendo:- Stasera scelgo io, si mangia da Babbani, ti porto in un posto carino.
Ci Smaterializzammo insieme e ci trovammo davanti al “The star of Kings” un pub accanto alla stazione di King’s Cross.
Con una bistecca nel piatto e un boccale di scura chiacchierammo del negozio, del Quidditch, dei vecchi amici, della vita prima della guerra.

- George,  sei alla quarta birra, non sarebbe il caso che smettessi?

Non mi ero nemmeno accorto che avevo continuato ad ordinare da bere mentre lei ancora non aveva finito il suo boccale.

- Figurati, cosa vuoi che sia una birra in più?
- George, ti sembra normale non esserti nemmeno accorto che hai bevuto così tanto? – Non so se era più sconvolta o disgustata.
- Angelina, sono grande e vaccinato, sono perfettamente in grado di gestire la mia vita. – Non so perché risposi con tanta arroganza.
- Non penso proprio, ne è la prova il fatto che ti comporti come un idiota e pure bugiardo. Ti rendi conto che se continui così ti autodistruggi? – ora era davvero arrabbiata.
- E allora?
I suoi occhi erano accesi di rabbia. – E allora? E allora? Tua madre ha già perso un figlio, vuoi che soffra anche per te? Davvero sei così egoista da non accorgerti che c’è un sacco di gente che ti vuole bene e che non tollera il fatto che tu stia cercando in tutti i modi di punirti per essere sopravvissuto?

Non avevo parole per rispondere, a nessuno avrei permesso di parlarmi in quel modo.
Mi alzai ed uscii lasciando sul tavolo un po’ di sterline, non sapevo se bastavano, se erano troppe e nemmeno me ne importava.
Lei fu dietro di me in pochi istanti.

- GUARDAMI!

Mi voltai lentamente. Non mi andava di sentire altre prediche, ma quando la vidi tremare di rabbia non riuscii a Smaterializzarmi e mi avvicinai. Non avrei chiesto scusa per le mie scelte, era la mia vita, mia e di nessun altro e potevo farne quello che volevo. Stavo per dirglielo quando lei sollevò il viso, allungò le braccia allacciandole intorno al mio collo, mi accarezzò la nuca e poi un bacio lungo,  dolce,  Angelina aveva un buon profumo, sapeva di muschio e pino, le mie mani si strinsero intorno alla sua vita. Non pensavo di potermi sentire tanto vivo con una cosa così semplice: era da quella sera, quella maledetta sera che non sentivo il mio cuore battere in quel modo, percepivo il sangue pulsare nelle vene, quella sera quando avevo pianto tra le sue braccia la morte di Fred era stata l’ultima volta in cui mi ero davvero sentito vivo.

Ci Smaterializzammo direttamente di fronte al mio appartamento: - Se non vuoi ti accompagno a casa. – Sussurrai al suo orecchio, ma lei mi si strinse addosso e ricominciò a baciarmi.

I vestiti scivolarono via senza che nemmeno ce ne accorgessimo. La sua pelle di cannella imperlata di sudore mi metteva l’acquolina in bocca.  Non arrivammo nemmeno al letto, il divano era molto più vicino. Aveva un sapore più inebriante di qualunque cosa avessi mai bevuto. In quel momento ebbi la percezione che non avrei chiesto di meglio che divorare le sue labbra ogni giorno della mia vita. Poi non pensai più a nulla e fui completamente perso in lei.

Avevo Appellato una coperta, l’avevo abbracciata, la sua schiena contro il mio torace, le davo piccoli baci sulla nuca.

- George, io.., ecco, non so come dirtelo …, io non …, abitualmente non faccio l’amore così al primo appuntamento. – aveva parlato con una voce piccina che sembrava più il miagolio di un gattino che la voce di un ex capitano di Quidditch.
- Angelina, io non ho intenzione di lasciarti andare, ti amo, ho bisogno di te, tu riempi il vuoto, se ci sei tu mi sento completo.
- Hai detto delle cose molto dolci – disse voltandosi e fissandomi negli occhi – ma le hai dette nel modo sbagliato, o forse per il motivo sbagliato. Io non posso sostituire Fred e non voglio farlo.
- Guarda che non ho mai fatto cose del genere con lui. – Risposi baciandola a lungo, mordicchiandole le labbra e giocando con la sua lingua. Lei si allontanò un po’.
- Prima che tu possa amarmi davvero devi imparare ad amare te stesso, altrimenti non potremo mai costruire qualcosa.

Non riuscivo a capire. Come potevo amare me stesso? Se non ci fosse stata lei probabilmente in quel momento non sarei nemmeno stato lì, ma in un pub a bere. Fu allora che capii.

- Insegnami, insegnami come devo fare a voler bene a me stesso, perché da solo non ci riesco.   – ammisi sconfitto.

Lei sorrise, mi accarezzò la guancia e cominciò a parlare con quel tono calmo e dolce che in pochi avevamo sentito: - Prima di tutto devi capire che le persone che ti stanno intorno soffrono a vederti così, a tua madre non vengono le lacrime agli occhi perché vede in te il riflesso di Fred, ma perché non sa come aiutarti a riempire il vuoto. Percy non ti parla perché si sente in colpa per non averlo salvato e pensa che anche tu lo incolpi, Ron parla a ruota continua di Hermione per farti pensare ad altro. George, siamo tutti dei sopravvissuti, alcuni sono stati più fortunati, altri meno, alcuni dimenticheranno, altri invece vivranno per sempre con il peso di ciò che è successo. Non so a quale categoria appartieni, io posso starti vicino, ma tu sei l’unico che può fare i conti con il dolore che ti porti dentro.

Era mattino presto quando mi posò un bacio sul buco che si trovava al posto del mio orecchio: - Devo andare a casa a cambiarmi e farmi una doccia, ci vediamo stasera?
Io annuii e mi voltai sbadigliando. Le lenzuola avevano ancora il suo profumo, non so bene a che punto della nottata precedente fossimo finiti a letto, ma era piacevole non svegliarsi da solo.

Mi alzai e mi diressi verso il bagno, ma fu quando sollevai lo sguardo sopra il lavandino che me ne resi conto: per la prima volta dalla battaglia mi ero svegliato senza sentirmi mancante.

Lo specchio rifletteva il mio sguardo smarrito, per la prima volta da parecchio tempo mi fermai a fissare il mio riflesso: ero dimagrito e parecchio anche, i capelli lunghi e scarmigliati mi facevano sembrare una caricatura di Bill. Negli ultimi tempi avevo fatto molta attenzione a radermi solo osservando la parte bassa del mio viso: non volevo scrutare a fondo quegli occhi vuoti.

Li chiusi e quando li riaprii decisi che era giunto il momento di darsi una ripulita: mi rasai, poi saltai nel camino e piombai alla Tana.
 

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Capitolo 2
*** II ***


- Mamma? Mamma, ci sei?
- George, cosa è successo? – la mamma era rientrata trafelata ancora con il grembiule ingombro di mangime per le galline.
- Scusa, non volevo spaventarti, è che volevo chiederti se puoi darmi un’aggiustata ai capelli, sembro la brutta copia di Bill e calcolando che è mezzo sfigurato non ci faccio una bella figura.

La mamma sorrise: - Piantala di dire queste cose e siediti in cucina, arrivo subito.

La mamma adorava tagliarci i capelli, lo faceva alla vecchia maniera con un paio di forbici da cucito affilatissime, era il suo modo di trattarci ancora come se fossimo dei bambini, credo che nessuno di noi sia mai andato da un barbiere, a parte Charlie ovviamente, per il quale un viaggetto dalla Romania solo per farsi dare una spuntatina non era proprio da prendere in considerazione.
Mi passò le mani nei capelli e socchiusi gli occhi poi cominciò.

- Non troppo corti, lascia che coprano le orecchie, sai…
- Lo so, stai tranquillo, sono vent’anni che ti taglio i capelli, credi davvero di dovermi fare le raccomandazioni?
Non ebbi nemmeno il tempo di concentrarmi su qualcuno dei mille pensieri che mi giravano per la testa perché prima ancora che me ne accorgessi aveva finito.
- Ecco fatto, sei perfetto. – Disse porgendomi uno specchio.
- Grazie! Mamma, sei eccezionale.
- George, stasera vieni a cena qui?
- Ok, verso le otto può andare bene? Non so bene a che ora riuscirò a chiudere il negozio e a sistemare tutto.

La mamma sorrise, era un sorriso che arrivava fino agli occhi, uno di quei sorrisi che non le vedevo sul viso da tanto, troppo tempo.
Fu solo quando entrai in negozio che mi ricordai dell’appuntamento con Angelina e una serie di improperi affiorò alle mie labbra e, se non avessi visto un Ron profondamente turbato dalla presenza di quindici ragazzine urlanti che richiedevano Puffole Pigmee, le imprecazioni sarebbero anche risuonate, ma la scena era così esilarante che non potei fare a meno di scoppiare a ridere.

Superata l’emergenza ragazzine urlanti mi rivolsi a Ron: - Se ti lascio dieci minuti in negozio vero che quando torno non lo trovo raso al suolo?
- Piantala George, lasciami fare il mio lavoro, abbi un po’ di fiducia.
- Fiducia? Dopo la scena di dieci minuti fa?
- Uffa, tra poco arriva Hermione, va bene? Sei tranquillo ora?
- Decisamente, a proposito, dov’è Harry?
- Ha detto che aveva da fare
- E Ginny?
- Credo che sia a casa a dare una mano alla mamma.
- No, sono passato a casa a farmi tagliare i capelli da mamma e lì lei non c’era.
- Magari è con Hermione?

Sapevamo entrambi che quella possibilità era più remota del ritorno di Lord Vold, ma fingemmo comunque di crederci: non eravamo ancora pronti a pensare alla nostra sorellina come ad una donna perfettamente in grado di fare tutte le cose che una ragazza in salute fa comunemente con il suo ragazzo mi si formarono in mente delle immagini raccapriccianti e, dall’espressione disgustata di Ron, anche nel suo cervellino abitato da un paio di neuroni con l’arteriosclerosi dovevano essersi formate immagini simili. Fu in quel momento che Hermione entrò in negozio: sola.

Le nostre peggiori paure presero forma.
- Ciao ragazzi, come mai quelle facce?
- No, niente, per caso hai visto Ginny?
- Ginny? No, doveva vedersi con Harry e mi ha detto che ci saremmo incontrati qui verso mezzogiorno. Perché? E’ successo qualcosa?
- E’ successo che se … - Ron si morse la lingua, se avesse dato di matto facendo la figura del fratellino geloso Hermione probabilmente avrebbe utilizzato tutti i sortilegi legali che conosceva per torturarlo lentamente.

Tentando di salvare la situazione finii con il metterlo ancora più nei guai: - E’ successo che il ragazzo qui doveva vendere muffole pigmee ad un branco di ragazzine urlanti, ma se non fossi arrivato io avrebbe finito con il farsi uccidere.

Lo sguardo agghiacciato di Hermione e quello disperato di Ron mi chiarirono che la scelta dei termini non era stata appropriata, ma colsi l’occasione per andarmene, non volevo certo essere in mezzo quando quei due litigavano.

- Io esco un attimo, Hermione, se decidi di fare a pezzi il mio fratellino, ti prego di tenere da parte un orecchio per me e inoltre ti ricordo che ogni danno provocato al negozio dovrà essere ripagato quindi, ripulisci dopo eventuali spargimenti di sangue, ok?

Mi misi le mani in tasca ed uscii fischiettando lasciando i due completamente basiti. Non mi voltai, ma sono sicuro che corsero immediatamente alla porta per vedere dove diavolo stessi andando.  

Entrai da Accessori di Prima qualità per il Quidditch con fare assolutamente casuale e, senza nemmeno guardare con chi stava parlando mi rivolsi ad Angelina con il miglior sorriso del mio repertorio: - Signorina, mi scusi, potrei vedere quelle …

- George? – registrai la voce di Ginny con un secondo di ritardo, ora dovevo immediatamente inventare una qualche storia plausibile per essere lì in quel momento.
- Ehi, voi cosa ci fate qui? – Mi rivolsi ad Harry, ovviamente il sottotesto alla mia domanda nella mia mente non poteva che essere: “Con una così bella giornata in cui ci si potrebbe tranquillamente infrattare tra i cespugli ad esplorare le bellezze della natura e dell’anatomia umana cosa Merlino ci fate a Diagon Alley?”
Harry sorrise: - A quanto pare tua sorella voleva assolutamente darmi qualche suggerimento visto che il suo compleanno si avvicina.
- Non è vero, volevo trovare un regalo per il tuo compleanno che, in caso ti fossi dimenticato, è dopodomani.
- Facciamo così, mentre voi decidete cosa vi volete regalare a vicenda io vedo cosa vuole tuo fratello. Ok?
- Grazie Angelina.

Oltrepassò il bancone, per Oz, quanto era bella: i capelli le ricadevano sulle spalle in morbide onde, aveva abbandonato le treccine che sfoggiava di solito e quella variazione la rendeva estremamente attraente, senza contare che l’abitino di cotone senza maniche le disegnava il corpo atletico facendomi venire l’acquolina in bocca ed accrescendo la mia pressione sanguigna in luoghi innominabili. Facendo attenzione che Ginny ed Harry non mi vedessero le presi la mano, ma fu lei a parlare per prima: - Wow, ti si vede la faccia! Che bello! Mi piacciono le sorprese, come mai sei venuto qui?
- Senti, per te è un problema se per stasera cambiamo i piani?
- No, figurati, facciamo domani, se preferisci. – Il sorriso si era fatto tirato.
- Veramente pensavo di chiederti di venire alla Tana, sai ci sarà Harry, ci sarà Hermione e Percy ha già detto che farà tardi al Ministero, hai presente che moccolo mi tocca tenere se tu non vieni con me?
- Cioè, tu vieni qui bello come il sole e mi inviti a conoscere la tua famiglia così a bruciapelo?
- Tanto prima o poi ti toccherà, tanto vale togliersi il pensiero subito, no?
Angelina sorrise: - Ok, hai vinto, ci vediamo verso le otto?

Annuii e le scoccai un bacio sulla guancia, poi ci ripensai, le presi il mento tra le dita e posai le mie labbra sulle sue, mi sarei perso in quella carezza se non avessi sentito un lieve colpo di tosse provenire dalle mie spalle. Le guance di Angelina avevano assunto una sfumatura adorabile ed ero ben consapevole che il mio orecchio doveva spiccare come una cabina telefonica.

- Noi avremmo deciso,  ma se volete ripassiamo più tardi.
- No, scusatemi voi, quanto a te, non fare più una cosa del genere mentre sto lavorando.
Scoppiai a ridere: - Non mi sembravi particolarmente dispiaciuta, ci vediamo stasera! – la lasciai così ed uscii fischiettando per tornare ai Tiri Vispi. Quando entrai fui accolto da un’insolita calma: Hermione dietro al bancone controllava gli ordini mentre Ron in magazzino stava completando l’inventario.

- Devo preoccuparmi per questa solerzia oppure è un buon segno?
- Tuo fratello è un cretino. – Sbuffò contrariata.
- Si, ora dimmi qualcosa che non so.
- E’ preoccupato per Ginny, ma cosa diavolo prende a voi uomini? Non sarebbe normale che lei e Harry si facessero una buona volta una vita normale fatta di appuntamenti, uscite e perché no anche un po’ di intimità magari. – Aveva incrociato le braccia in un modo che la rendeva una copia più giovane e tremenda della McGranitt, ma cosa diavolo ci trovava Ron in una ragazza così? Sembrava racchiudere tutte le caratteristiche peggiori della mamma e della nostra professoressa di Trasfigurazione messe insieme.

- Sugli appuntamenti e sulla vita normale ti do perfettamente ragione, quanto all’intimità è la nostra sorellina e lo sarà sempre, non puoi pretendere che da un giorno all’altro noi accettiamo che Harry pensi a lei nel medesimo modo in cui Ron pensa a te o io ad Angelina.
- Tu ed Angelina? – Lo sguardo stupito di Hermione non mi piacque affatto, era davvero così strano che una ragazza carina come Angelina stesse con me?
- Come mai vi stupite tutti?
- No, aspetta un attimo com’è che Ron pensa a me? Mi stai fuorviando e stai cercando di confondermi. – Aggiunse scuotendo la testa.

- Hermione, ho passato un mese intero a sentire il tuo ragazzo porsi domande esistenziali su quanto poco ti meriti, a fare affermazioni su quanto tu sia intelligente e bella (non per offendere, ma quest’ultima asserzione mi sembra un po’ azzardata) a ritenersi inadeguato e via di seguito, senza contare che parla nel sonno e ti giuro che non avrei mai voluto ascoltare quello che diceva. Ecco perché me ne sono andato dalla Tana.

- Oh.
- Se questo è tutto ciò che hai da dire … magari potresti andare da lui e vedere di chiarirgli quei dubbi esistenziali che lo tormentano, sul retro c’è anche un divano molto comodo per … chiacchierare. Qui in negozio resto io.

Hermione mi sorrise, in effetti non potevo dare torto a Ron, quando non metteva su il cipiglio da signorina Sotutto era anche carina. Ho detto carina, non bella, non confondiamoci.

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Capitolo 3
*** III ***


A dispetto del girono precedente in cui non si capiva più chi servire prima, quello fu un normalissimo giorno d’estate, i clienti, esaurita la novità, arrivavano e girovagavano; a volte chiedevano informazioni e se erano ragazzi se ne andavano quasi sempre con una scorta di merendine marinare o di torrone sanguinolento, ma me la cavai egregiamente anche senza l’aiuto di Ron ed Hermione, anche perché dopo aver finito da “Accessori di prima qualità per il Quidditch” Harry e Ginny erano venuti in negozio a vedere come me la cavavo.
Avevo la vaghissima sensazione di essere perennemente sotto controllo da parte dei vari membri della mia famiglia, la mamma probabilmente allarmata dalla mia decisione inusuale di piombare alla Tana, doveva aver liberato i cani, perché all’ora di pranzo vidi casualmente vagare per il negozio Percy e, colto dall’irrefrenabile desiderio di fargli il peggior scherzo che mi fosse mai venuto in mente, gli domandai se poteva andare sul retro a recuperarmi un paio di scatoloni di merce che si trovavano dietro il divano.
Quando lo vidi sgusciare dalla porta ed appoggiarvisi contro con un’espressione disgustata sul viso il cui colore variava dal verde al rosso manco fosse stato un semaforo Babbano, capii che Ron ed Hermione probabilmente si erano chiariti, io non avevo avuto il coraggio di mettere piede in quel magazzino dopo aver sentito dall’esterno voci e rumori ed avevo avvertito Harry e Ginny di girare al largo se non volevano subire un trauma che avrebbe potuto ledere la loro crescita.
Percy però era l’uomo giusto al momento giusto. Quando incontrò il mio sguardo non potei fare a meno di ghignare: - Tu lo sapevi e mi hai fatto entrare lì dentro di proposito? Hai una vaga idea di quello che ho visto? Sono immagini che mi perseguiteranno nei miei peggiori incubi per il resto dei miei giorni!
A quel punto gli scoppiai a ridere in faccia e nemmeno lui, l’uomo più compassato del mondo riuscì a trattenersi: - Dimmi che hai visto Ronnino piccino in tutto il suo adamitico splendore.
- Peggio. – Rispose lui avvampando di nuovo.
- Fratello perverso, hai visto Hermione?
- Peggio. – Rispose lui sull’orlo delle lacrime.
A quel punto non capivo cosa potesse aver visto di tanto scandaloso: - Ron leggeva ad Hermione una poesia scritta da lui intervallando ogni parola con un bacio, hai una vaga idea di quale disgustosa melensaggine sono stato testimone?
- Quindi quel cretino si è imboscato per tutta la mattina con Hermione senza concludere nulla? Ma si può essere più idioti? Ora vado a dirgliene quattro.
Fu così che entrai di soppiatto, pronto anche a disintegrare la virilità del mio fratellino per non aver colto un’occasione così ghiotta, ma mi resi immediatamente conto che i due erano impegnati in attività ludico ricreative distanti anni luce dalla declamazione delle poesie: Percy me l’aveva fatta, come aveva osato?
Uscii dal magazzino e gli vidi dipinta in faccia un’espressione beffarda che non conoscevo: - E io che pensavo che ti avessero adottato, eri l’unico senza un minimo di senso dell’umorismo in tutta la famiglia.
- Il fatto che io non facessi continuamente il deficiente non significa che non ridessi delle vostre trovate, ovviamente quando nessuno mi vedeva.
Il suo sguardo si fece cupo e stava per andarsene quando lo presi per un braccio: - Percy, non è stata colpa tua, è stata una fatalità.
- Sì, ma non posso fare a meno di pensare che avrei dovuto esserci io al posto suo, per la nostra famiglia sarebbe stato meglio.
Nemmeno lo vide arrivare il pugno che gli fece volare gli occhiali dall’altra parte del negozio: - Non dire mai più una cosa del genere, anzi, non pensarla nemmeno, fai del male a tutti a parlare così e credimi, io lo so.
Mio fratello scoppiò in lacrime ed io non potei fare a meno che mettergli un braccio sulla spalla sperando che la finisse al più presto, un uomo che piange in un negozio di scherzi non è una bella pubblicità, fu in quel momento che Hermione e Ron uscirono dal magazzino mano nella mano tutti belli sorridenti, ma vedendo la situazione si immobilizzarono.
- Cosa è successo? Mamma e Papà stanno bene?- Il tono allarmato di Ron mi riscosse e mi offrì l’occasione di far chiudere le cateratte di Percy.
- Tranquilli, Percy è solo emotivamente provato, sapete, prima doveva usare la toilette e gli ho suggerito di passare dal magazzino, ma quando ne è uscito era in questo stato, continua a ripetere che ha visto cose innominabili.
Hermione aveva raggiunto apici di imbarazzo inimmaginabili, Ron non riusciva ovviamente a capire a cosa diavolo mi stessi riferendo e Percy mi diede una gomitata, poi, soffiandosi il naso rumorosamente appellò i suoi occhiali e riprese: - George, stupito dalla mia reazione ha ritenuto opportuno controllare che non ci fossero loschi figuri nel retro, così ha dato anche lui una sbirciatina.
Hermione se avesse avuto una pala si sarebbe scavata una fossa e ci si sarebbe tumulata dentro, mentre Ron continuava a non capire. Così gli diedi il colpo di grazia: - Ron, la prossima volta che tu ed Hermione decidete di intrattenervi in attività alternative magari ricordati di chiudere la porta a chiave e un bel Diffindo sarebbe gradito, d’accordo?
Finalmente a quel punto anche Ron capì a cosa ci riferivamo: - Siete due pervertiti! George, da te potevo anche aspettarmelo, ma Percy, tu non eri una persona seria, una volta?
- Ma finiscila, Percy ed io andiamo a mangiare, voi per punizione visto lo spettacolo disgustoso a cui i nostri candidi occhi innocenti hanno dovuto assistere ve ne state in negozio e andate a pranzo dopo.
Mentre Percy ed io uscivamo chiudendoci la porta alle spalle, sentii Hermione sibilare qualcosa di molto simile ad una intimidazione rivolta a Ron.
Ci avviammo lungo Diagon Alley e trovammo un posticino tranquillo così lanciai la bomba: - Percy, io mi sposo.
Mio fratello scoppiò a ridere: - E’ uno scherzo di pessimo gusto, anche per i tuoi canoni, dai.
- Guarda che non sto scherzando, devo ancora comprare l’anello e decidere come chiederglielo, ma ho deciso di sposarmi.
- Ahahaha e chi sarebbe la fortunata, se così possiamo dire?
- Angelina Johnson.
Percy vedendo il mio sguardo serio smise di ridere: - Non stai scherzando?   
- E perché dovrei?
- Non sapevo nemmeno che steste insieme. Da quanto tempo va avanti?
- Ieri sera.
- Cosa? Vuoi dirmi che tu hai deciso di sposare Angelina perché vi frequentate da ben ventiquattr’ore?
- Tecnicamente sarebbero diciotto ore, ma vista la situazione possiamo anche abbondare.
 - George, sei davvero sicuro che sia una buona idea?
- La migliore che abbia avuto da tanto tempo a questa parte e a proposito, non è male parlare con te.
- Troppo buono, Merlino, la mia pausa pranzo è finita. Ci vediamo, ma riflettici ancora.
Si alzò e stava per estrarre i Galeoni dalla borsa: - Lascia, stavolta offro io, ma ricordati che sei in debito.  
Fece un cenno con il capo e si Smaterializzò. 

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Capitolo 4
*** IV ***


Come la sera precedente sentii una voce che si schiariva alle mie spalle mentre chiudevo il negozio: - Ero convinta che avessimo appuntamento alle otto.
- Infatti sono le otto e cinque, non sarà mica un problema il fatto che sono in ritardo di cinque minuti …
Notai un leggero colore sulle guance di Angelina: - Signorina Johnson, non vorrà farmi credere che aveva voglia di vedermi? – Mi avvicinai a lei con aria suadente e ripresi – Vuoi che saltiamo la cena e passiamo direttamente al dopo cena?
- Mi tenti molto, ma … resisto.
 Rispose prendendomi a braccetto con una voce nemmeno troppo convinta.
Ci Materializzammo davanti alla porta e notai mio padre affacciato alla finestra, ero un po’ stanco di questa mania di controllo che si stava impossessando della mia famiglia.
Spalancai la porta: - Ciao mamma, papà, gli altri sono già arrivati?
- Ciao George, ci presenti la tua amica?
- Papà, lei è Angelina Johnson, è stata capitano della squadra di Quidditch, un ottimo capitano …
- Estremamente provata dal trovarmi in squadra metà della sua famiglia signor Weasley. – Rispose lei porgendo la mano a mio padre.
Ci accomodammo in sala da pranzo, non avevo avvertito la mamma perché temevo che si sarebbe preoccupata di dover a tutti i costi fare bella figura e non volevo che si stressasse troppo, ma a quanto pareva Ginny ed Hermione erano state reclutate in cucina.
Angelina si fece avanti e porse la mano a mia madre: - Signora Weasley, è un piacere conoscerla, posso aiutarla in qualche modo?
- Sì, cara grazie, potresti recuperare gli uomini, Arthur li ha trascinati tutti fuori per mostrare loro il nuovo progetto a cui sta lavorando, ma la cena è pronta.
Angelina, ovviamente tirò fuori il tono da capitano: - Harry Potter e Ron Weasley, in casa e con le mani pulite prima che io abbia finito di pronunciare la parola Firebolt o giuro che chiamo la McGranitt che indubbiamente sarebbe felice di darvi qualche ripetizione di Trasfigurazione.
Mio fratello e il suo migliore amico schizzarono in casa a tale velocità che nemmeno sembravano toccare terra e mio padre rideva come un matto. Certo l’atmosfera non era la stessa, ogni tanto mi voltavo verso destra aspettandomi che qualcuno finisse la frase che avevo appena cominciato ed era in quel momento che sentivo la mano di Angelina stringersi intorno alla mia.
Fu una serata tranquilla e quando ci congedammo la mamma si fece promettere che saremmo tornati per il pranzo della domenica, ci sarebbero stati anche Percy, Bill e Fleur.
- Non vorrei essere inopportuna.
- Non dire sciocchezze Angelina, gli amici dei miei figli sono sempre i benvenuti, sempre ammesso che tu non abbia da andare dai tuoi genitori domenica, nel qual caso non farti problemi.
- No, signora i miei genitori si sono trasferiti all’estero quando le cose sono iniziate a peggiorare lo scorso anno perché mia madre è Babbana, perciò non ci vediamo spesso, quindi non ho impegni per domenica e sarò felice di venire a pranzo da voi. Grazie.
- Povera bambina, vivi da sola?
- No, condivido un piccolo appartamento con due ex compagne di scuola Katie Bell e Alicia Spinnett.
- Davvero? – non mi ero nemmeno posto il problema di dove fosse vissuta Angelina fino al giorno precedente.
Lei alzò gli occhi al cielo e poi fissò mia madre, riuscii a cogliere lo scambio verbale leggendo il labiale: “Uomini”.
Sulla porta Angelina le porse la mano, ma mia madre non seppe resistere alla tentazione e la stritolò in uno dei suoi soliti abbracci, quelli che riservava ai membri della famiglia, per intenderci.
Ci Materializzammo a Diagon Alley.
- Vuoi accompagnarmi a casa? Sono certa che Katie e Alicia sarebbero felicissime di vederti.
La osservai con sguardo affranto: - Io speravo che avessi voglia di passare un po’ di tempo con me, sai ho una fantastica collezione di …
- Quella della collezione di farfalle è vecchia.
- Collezione di farfalle? E chi potrebbe essere così idiota da tenere volontariamente degli insetti in casa? No, volevo farti vedere la mia collezione di carte delle Cioccorane, le ho tutte!
- Ma cos’è hai otto anni?
Me la strinsi accanto e le soffiai un bacio sul collo: - No, è che mi piace il cioccolato non l’avevi capito?
Lei si fermò e mi allacciò le braccia intorno al collo ci baciammo lì, all’angolo della via sotto un lampione che illuminava solo le nostre sagome e che rendeva una sola l’ombra che i nostri corpi abbracciati proiettavano. Sembrava una di quelle immagini dei film Babbani, il cinema era una delle poche cose che invidiavo ai miei coetanei privi di magia.
- Angie, sai cosa pensavo stamattina? – Sorrise e fece un cenno negativo con il capo.  – Pensavo che aprire gli occhi e vedere te come prima cosa quando mi sveglio sarebbe il modo migliore di cominciare ogni mia giornata, di qui fino alla fine dei tempi.
Lei rimase a bocca aperta e, quando mi inginocchiai lì, di fronte a lei su quel marciapiede e sotto quel lampione vidi che perdeva colore.
- Angelina, sposami, io mi sono accorto di essere innamorato di te, anzi forse lo sono sempre stato, ma ero troppo preso da altre cose per realizzare davvero …
Mi fermò, mi fece alzare in piedi e mi abbracciò, il tutto senza dire una parola. Piccoli singhiozzi la scuotevano.

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