A Silver Bullet as a Prisoner

di mangakagirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



A Silver Bullet as a prisoner

Prologo

Il buio li avvolgeva come una coperta pesante e soffocante, che rendeva i loro respiri affannati e veloci. Il gelo e l’umidità che li circondava rendeva quell’atroce attesa quasi peggiore dell’evento stesso, mentre il rumore di piccole sfere d’acqua che si infrangevano al suolo, lontano da loro, si diffondeva tutto attorno.
Tic. Tic. Tic.
Un corvo si appollaiò con forza sbatacchiando le ali sopra quello che rimaneva della cornice di una finestra andata distrutta metri e metri sopra la loro testa, al di fuori della quale la notte procedeva apparentemente sicura, mascherando con l’abilità che sono lei riusciva a mettere in scena, quella che di lì a poco sarebbe stata la fine.
Game over. Capolinea. Fine dei giochi.
C’erano milioni di modi con cui segnare quell’inesorabile parola: Fine.
Era la fine, la fine che entrambi stavano guardando coi loro stessi occhi nell’oscurità della stanza e che li stava logorando dall’interno insieme all’immancabile paura che si portava dietro in ogni occasione.
Il dolore dei polsi legati tra loro era nulla confronto a ciò che stavano passando: il silenzio che li divorava permetteva sia ad uno che all’altra di pensare a tutto ciò che avevano perso fino a quel momento, a ciò che non avevano fatto e non si erano detti.
Avevano perso la loro libertà, la loro speranza, il loro futuro.
Ma soprattutto, avevano perso la fiducia reciproca e la loro profonda amicizia di 18 anni.
Shinichi si mosse appena mentre, col capo chino, sentiva il silenzio e il senso di colpa logorarlo centimetro dopo centimetro, premendo sulle sue spalle con forza, schiacciandolo a terra senza pietà.
La schiena di Ran, contro la sua, venne percorsa da un brivido mentre singhiozzava in silenzio, mordendosi a sangue le labbra per non fare uscire i gemiti e mostrarsi debole davanti a lui, lui che le aveva mentito per tutto quel tempo.
Il ragazzo sembrò quasi risvegliarsi grazie a quella piccola scossa e voltò il capo per quanto riuscisse all’indietro, verso di lei, che era legata contro la sua schiena da ore ormai e che non faceva altro che piangere. Il polsi erano escoriati e chiedevano pietà, le gambe flesse si erano atrofizzate già da tempo ad entrambi, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di lamentarsi o di dire qualcosa fino a quel momento.
Shinichi intravedeva solo i suoi capelli corvini e spettinati data la corsa e il corpo a corpo che avevano dovuto sostenere, le ciocche tirate in disordine dietro le orecchie e il profilo dello zigomo, rigato da spesse lacrime cristalline e amare.
C’era riuscito: per l’ennesima volta era riuscito a farla piangere. Si odiò con tutto se stesso fremendo udibilmente e stringendo forte gli occhi, per poi ritornare a fissarsi in grembo con sguardo spento e rassegnato.
Era colpa sua se si trovavano nelle mani dell’Organizzazione, che di lì a poco sarebbe arrivata ad ucciderli senza pietà.
Già si figurava Gin con la sua Beretta e quel suo terrificante ghigno sulla faccia mentre li puntava. Avrebbe giocato con loro come fossero il suo cibo preferito, li avrebbe ridotti allo stremo senza pietà, facendosi pregare di essere uccisi. Nonostante tutto ciò potesse sembrare impossibile, il ragazzo ne era convinto: Gin lavorava sempre nel modo più veloce e inosservato, ma essendo nel suo ambiente, nella sua tana, avrebbe potuto sperimentare quanto voleva ogni forma di tortura, o di piacere per lui.
-Mi dispiace- pronunciò all’improvviso a voce bassa e carica di colpevolezza, pur sapendo benissimo che Ran, dietro di lui, non l’avrebbe perdonato. -Mi dispiace davvero, Ran. L’ultima cosa che volevo era finire a questo punto-
-È tardi ormai per scusarsi, non credi?- mormorò amara lei, smettendo di singhiozzare ma lasciando ugualmente le lacrime scendere sulle guance: non le importava se lui l’avrebbe definita debole o frignona, perché quello non erano lacrime di paura.
Erano lacrime di odio.
-Ti odio. Ti odio con tutta me stessa. Sei riuscito a rovinarmi la vita e a portarmi tra le braccia della Morte- aggiunse con rammarico ferendo profondamente il detective, che incassò ogni singola parola con lo sguardo basso e in silenzio.
Non aveva nemmeno argomentazioni per difendersi, perché Ran stava dicendo la verità: erano in quella situazione solo a causa sua.
-Lo so- riuscì a pronunciare solo, poco dopo, mentre lei si muoveva frenetica alle sue spalle, tentando di sottrarsi al contatto che era obbligata ad avere con la sua schiena.
Anche quello era diventato insopportabile ormai.
Anche solo la sua presenza lo era.
Shinichi chiuse gli occhi, desiderando ardentemente di non averla mai conosciuta: non per lui, che la amava con tutto se stesso e che era disposto a morire pur di saperla risparmiata, ma per lei.
Lei avrebbe avuto una vita felice se solo non si fossero mai incontrati: sarebbe potuta uscire con Sonoko molte più volte, a caccia di ragazzi; si sarebbe potuta fidanzare con un ragazzo normale, uno di quelli che amano la musica elettronica e le patitine fritte, le serate al cinema fino a tardi a sciropparsi le commedie kitsh; avrebbe potuto vedersi con lui tutte le volte che voleva, senza sorbirsi milioni di volte i racconti di un detective immaginario e dei suoi casi impossibili; avrebbe trovato una spalla su cui piangere nei momenti di debolezza; avrebbe sperimentato cosa davvero significava “amare” una persona e magari si sarebbe sposata con lui, avrebbe avuto dei figli, una famiglia, un lavoro gratificante e un futuro sereno.
Invece no, aveva incontrato lui: uno stakanovista di gialli, capace solo di mettere se stesso in primo piano, capace solo di parlare delle sue imprese, di quelle di Holmes e di quanti goal avesse segnato il suo giocatore preferito nella partita della sera prima.
Ran si era sempre meritata di meglio di lui: ma lei aveva ascoltato i suoi “Perciò aspettami, perché tornerò presto”, i suoi “Sto risolvendo un caso molto complicato, non posso tornare”, i suoi “Sei come un caso difficile e complicato. Anche se fossi Holmes per me sarebbe impossibile decifrare il cuore della donna che amo”.
Holmes!
Da non credere… Come aveva fatto a mettere in mezzo alla sua dichiarazione d’amore Holmes?
-Mi dispiace Ran- ripeté sempre più avvilito e furioso con se stesso -Sono riuscito a rovinare tutto. Non sono riuscito a renderti felice… Persino davanti al Big Ben sono stato così Idiota da mettere in mezzo un personaggio immaginario per dichiararmi… Non ho avuto il coraggio di dirti in faccia come sta la realtà-
Lo disse, perché tanto non avrebbe più avuto nessun’altra occasione per farlo.
Sentì Ran smettere di muoversi, sospirare affranta e incrociare le gambe con un piccolo gemito dato che aveva dovuto risvegliarle. Non diceva nulla, non sembrava nemmeno che lo avesse ascoltato e questo fece davvero male.
Sarebbero morti così? Sarebbe finito tutto così?
Beh, in fondo, era quello che si meritava, no?
Rimanere da solo, sapere di aver fatto soffrire la persona più importante della sua vita.
Sospirò affranto e scosse le spalle cercando di resistere al dolore delle articolazioni bloccate da troppo in quella posizione scomoda e innaturale, rendendosi poi conto che aveva sicuramente anche coinvolto Ran in quel movimento e che forse lei non aveva apprezzato molto.
-Ran- sussurrò poggiando piano la testa contro quella di lei, che sembrava sul punto di allontanarsi anche questa volta -La verità è…-
Tacque qualche secondo cercando di fare la cosa migliore: non era facile dirlo in quella situazione, se ne rendeva conto, e forse pareva anche scontato… Ma era quello che davvero provava.
-…Che ti amo davvero e che mi pento di avertelo tenuto nascosto fino ad oggi. So che mi reputi un misero e bastardo bugiardo, ma ti giuro che questa volta non sto mentendo: questa è davvero la verità- chiuse gli occhi e sospirò.
Avevano vinto Loro.
Era finita. Era davvero finita questa volta.
Il capo di Ran si inarcò all’indietro, spingendo un po’il suo in avanti e risvegliandolo dallo stato di trance in cui sembrava essere caduto.
-Stiamo per morire- sussurrò lei all’improvviso, infrangendo il silenzio che li inghiottiva insieme al buio.
Shinichi si fermò ad ascoltare qualche secondo il ticchettio assordante della goccia d’acqua che continuava a scagliarsi al suolo con violenza lontana da loro, svuotando la mente e lasciandosi avvolgere dal tempo che scorreva inesorabilmente.
-Sì, stiamo per morire- affermò atono fissando un punto davanti a sé, avvolto nell’oscurità. -Sarò con te tutto il tempo, qualsiasi cosa accadrà- aggiunse poi chiudendo gli occhi e sentendo la schiena di lei rilassarsi contro la sua per la prima volta da quando erano stati rapiti. Ran annuì mentre le lacrime ricominciavano a scorrere repentine sul suo volto, mutilato dal dolore.




Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa!
Toh, sono tornata xD
Lo so, lo so che stava pubblicando un'altra fict, ma non mi piaceva e l'ho cancellata: mi spiace :)
Ora però sono qui e con una fict che mi ha preso tantissimo e che spero vi piacerà tanto quanto piace a me *---*
So che è solo il prologo e che non si capisce molto, ma dal prossimo ci sarà un salto temporale all'indietro e tutto sarà chiaro man mano che leggerete i vari capitoli ^^
Ditemi che ne pensate! :D
Ah, avviso chi non segue il manga: ci saranno spoiler proprio come ho detto negli avvertimenti :)
Mangakagirl!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 1

Qualche giorno prima…
-Sapevamo che sarebbe successo…-
Le voci si espandevano nella sua mente come macchie d’olio, repentine e taglienti. La vista si era fatta nera dalla paura mentre gli occhi si erano sbarrati, lasciando che le pupille si riducessero a minuscoli puntini. Haibara si afferrò le braccia con entrambe le mani, cadendo il ginocchio a terra e tremando come una foglia mentre il freddo la divorava dall’interno.
-Dannazione!-
Il buio, la consapevolezza che quello che stava per arrivare non era più un semplice e orribile pensiero ma la dura e inesorabile realtà, le fecero abbassare il capo al pavimento freddo, su cui una crepa sottile ma frastagliata si apriva strada nel marmo di una mattonella.
-Hanno visto questa come ultima conferma- affermò seria Jodie alzandosi dalla sedia della cucina di casa Agasa e andando a prendere il Tokyo Shinbun al bordo del tavolo. Lo aprì frettolosamente fino ad andare alla 15esima pagina e lo poggiò sul legno della tavola, indicando con l’indice destro un articolo lungo poche righe e delle foto correlate.
Tra di queste c’era quella di una ragazzo e una ragazza in mezzo a molta gente rimasta prigioniera nell’hotel preso di mira da un atto terroristico un paio di giorni prima: lui, seppur la foto non fosse perfetta, portava i capelli davanti agli occhi in mille ciuffi spettinati e si scrutava attorno teso con grosse iridi blu come l’oceano; lei, capelli corti e ramati, gli stava attaccata al braccio con lo sguardo terrorizzato.
Sembravano avere entrambi 18-19 anni.
Shinichi nei panni di Conan tirò un pugno così forte sul tavolo che questo traballò pericolosamente emettendo un rumore sinistro. Si alzò in piedi e affondò entrambe le mani nei capelli, alzando la testa verso l’alto e chiudendo gli occhi, prendendo a camminare avanti e indietro per la cucina di casa Agasa.
Erano stati scoperti.
Aveva immaginato che quel ricevimento non fosse altro che una farsa, un geniale piano organizzato solo per avere la certezza che fossero ancora vivi.
Eppure lui era stato così idiota da andarci lo stesso!
Il biglietto che era arrivato con l’invito alla festa a Villa Kudo era stato chiaro:
“Nulla è ciò che appare, non è vero? Ve ne renderete presto conto presto”
E infatti erano se ne erano resi conto ben presto: erano stati obbligati entrambi a prendere un antidoto della durata di circa 8 ore per salvare l’intero hotel da distruzione certa…

“-Non dovevamo venire…- mormorò Haibara con il viso coperto dai capelli e dalla frangia stando attaccata al braccio dell’amico con forza mentre questo si faceva strada tra i tavoli imbanditi per la festa in cerca di quello con il numero 17che era stato assegnato a loro due.
-Tu non saresti dovuta venire… Ma sei testarda come un mulo e hai voluto fare di testa tua. Io non potevo ignorare il biglietto, Haibara- disse serio l’ex-liceale arrivando finalmente al proprio tavolo.
Nessuno aveva fatto caso ai due piccoli che si muovevano come adulti tra la marmaglia di gente, nemmeno dopo che avevano mostrato il biglietto per entrare alla festa: non gli era stata posta alcuna domanda riguardo a dove avessero preso l’invito.
Conan si studiò attorno con fare sospetto assottigliando lo sguardo, ma ebbe un tuffo al cuore quando sotto al numerino del tavolo vide qualcosa di argentato brillare. Alzò in fretta il 17 e afferrò con due dita il proiettile d’argento che vi stava sotto, sbarrando gli occhi senza parole. Cosa diavolo ci faceva lì un oggetto del genere?!

Shiho sentì il cuore fermarsi mentre il ragazzino apriva il retro del proiettile con dita lente e agili e ne tirava fuori un bigliettino scritto con una calligrafia perfetta e obliqua:

“Quando le lancette si incontreranno con il Sole ci sarà solo un leggero tremolio,
ma se non ti muoverai presto, tutti cadranno nel buio e nell’oblio.
Dimostra a tutti cosa sai fare Silver Bullet, annienta la mia immortalità:
sai bene che ad un vampiro solo l’argento vivo portare via la vita potrà.”


Shinichi si voltò verso la ragazzina tremante al suo fianco e quella incrociò il suo sguardo del colore del mare terrorizzata.
-Sono qui, merda… Lo sapevo che questa era tutta opera loro!- sentì i battiti cardiaci accelerare e una scarica di adrenalina pervadergli il corpo -Hai un antidoto dietro, vero?- domando serio guardandola negli occhi mentre quella respirava affannata, sentendo il cuore rimbombare nelle orecchie.
-Se sono qui ti cattureranno… Dobbiamo fuggire, non puoi prendere l’antidoto!-
-No, questo non è il momento di cedere alla paura: se non agiamo subito salteranno tutti in aria, perché l’indovinello parlava di oblio e tremolio: bombe, Haibara!-
-Ma così morirai!- la scienziata si avvicinò più a lui -Moriremo entrambi se torneremo adulti-
-Dobbiamo tornare adulti: se non riuscissimo a disinnescare le bombe, chi crederebbe a due bambini che avvisano di scappare perché ci sono degli ordigni esplosivi? Non posso fuggire da qui sapendo che questo posto salterà in aria! Io non sono così, Haibara. Sono disposto a rischiare la mia vita pur di salvarne altre- disse determinato fissandola a lungo negli occhi grigio ghiaccio che tremavano dalla paura.
Shinichi Kudo era così da sempre: non gli importava il rischio, gli importava poter fare qualcosa per la vita degli altri. Per lui non doveva esserci per forza un motivo per salvare la vita di qualcuno.
La scienziata lo sapeva bene, sapeva com’era fatto quel ragazzo testardo che gli dava alla testa in certi momenti, così annuì incerta qualche secondo dopo con un sospiro, tirando poi fuori dalla sua mini borsetta una scatolina con tante pillole di ogni tipo: l’aveva sempre dietro per i casi più disparati. E quello rientrava in questi ultimi.
-Ho lasciato degli abiti alla reception- mormorò mentre lui sbarrava gli occhi -Sentivo che sarebbe successo qualcosa oggi, Kudo: chiamalo sesto senso, chiamalo prudenza o come meglio ti pare…  In quel sacchetto di carta che ho lasciato alla reception ci sono degli abiti per adulti.-
-Per cui…?-
-Per cui torneremo in noi stessi solo per 7-8 ore al massimo con questi due antidoti: ma dobbiamo cercare di passare meno osservati possibile. Ho portato degli abiti che possano mimetizzarci al meglio tra gli invitati…-
-Saranno sicuramente qui in giro, Haibara: devi tornare a casa subito. Tu non puoi trasformarti: è quello che vogliono probabilmente-
-Io non ti lascio- rispose quella secca -Dobbiamo salvare questo posto insieme e poi fuggire da qui il più velocemente possibile. Hai letto cosa hanno scritto, no? Sei il nuovo Silver Bullet: sei l’unico in grado di sconfiggere questa Organizzazione che si paragona ad un vampiro per dire che è immortale. E cosa uccide un vampiro, Kudo? L’argento-“

-Senti anche cosa riporta l’articolo- aggiunse Jodie riportando il liceale alla realtà e avvicinando il giornale a sé rumorosamente -“Nella foto si intravedono una ragazza e un ragazzo intenti a farsi strada tra la folla per mettersi in salvo. Sembra che alcuni testimoni abbiano riconosciuto questi due ragazzi come i salvatori dell’intero hotel. I due infatti avrebbero disinnescato la prima bomba e, una volta capito che non potevano fare nulla per la seconda, dato l’allarme per fare evacuare l’hotel. E c’è chi afferma che lui non sia altro che il famoso detective liceale Shinichi Kudo, sparito per mesi dai riflettori delle telecamere nipponiche”- finì chiudendo la pagina e poggiando i palmi sul tavolo sporgendosi in avanti e fissandolo da dietro le grosse lenti mentre lui si tormentava la testa.
Haibara alzò il capo e subito si rimise in piedi, afferrando la maglia di Shinichi per un bordo e tremando come una foglia mentre i loro sguardi si incrociavano per alcuni secondi, fissi e seri.
-Sapevo che non dovevamo trasformarci… Ma non pensavo saremmo finiti sui giornali- sussurrò lei con un filo di voce -Hanno la conferma che siamo vivi, Kudo. Non gli ci vorrà nulla per arrivare a noi adesso che Bourbon ti tiene sotto controllo da mesi e frequenta l’Agenzia… Sapevamo che era tutta una loro trappola, ma così ora siamo tutti in pericolo…-
-Calmati- l’ex liceale le posò le mani sulle spalle, scrollandola con una leggera pressione -Calmati, ok? So benissimo in che situazione siamo…-
-Ho chiamato Black e Camel, Cool Guy- affermò l’agente dell’FBI andando loro in contro -Dicono che arriveranno a momenti. La situazione è grave.  E penso…- sospirò arrendevole -Penso che sia inevitabile ora raccontare tutta la verità a Ran, alla sua famiglia e a chi è venuto a contatto con te: per il loro bene dobbiamo metterli nel Programma Protezione Testimoni e perlomeno allontanarli da questa città finchè l’Organizzazione non farà la sua mossa-
Shinichi fissò a terra con insistenza, chiudendo a pugno le mani e fremendo di rabbia: non sapeva davvero cosa fare ora.
L’Organizzazione stava arrivando, era solo questione di ore: Gin era stato chiaro nel suo messaggio ad Haibara, arrivato qualche ora dopo la festa.
“Nulla sfugge per sempre.
Anche il miglior proiettile d’argento può essere fuso e ridotto in liquido insieme al metallo più scadente, perdendosi in mezzo ad esso e smettendo d essere il più prezioso. Preparati Sherry, perché al tutto si mescolerà anche il tuo dolce sapore. Gin”

-Kudo- Jodie gli posò una mano sulla spalla facendolo sobbalzare e rinvenire ancora una volta dai suoi pensieri -Dobbiamo prendere una decisione alla svelta: ogni minuto che passa potrebbe essere fatale-
Il suo pensiero andò subito a Ran.
Doveva proteggerla. Doveva anche a costo della vita.
E se questo avesse significato perderla… Avrebbe accettato quell’amara prospettiva, purché lei fosse al sicuro.
Si voltò verso Haibara con fare serio e la studiò a fondo negli occhi per alcuni interminabili secondi, per poi fare un passo verso di lei e cominciare a parlare deciso.
-Hai l’antidoto definitivo, non è vero?- la scienziata sbarrò gli occhi senza parole, facendo un passo indietro e trovandosi con le spalle a muro, in trappola. -Lo hai da mesi- insistette Shinichi braccandola tra il muro e il suo corpo, posando le mani ai lati delle sue spalle e sovrastandola col suo blu intenso. -Lo hai da mesi eppure hai tentato di nasconderlo in ogni modo per evitar che tornassi Kudo Shinichi e mi cacciassi nei guai prima del tempo. Sbaglio, Haibara?-
Ora non era più una domanda: era una affermazione.
L’ex adolescente tornò finalmente in sé e si liberò dalla sua presa bruscamente, fissandolo coi suoi occhi cerulei seria e indecifrabile.
-Hai frugato nella mia roba e nel mio computer- affermò sdegnata capendo cosa era accaduto e come era a conoscenza di quell’informazione strettamente riservata -Quando?-
-Mesi fa- rispose Shinichi per nulla colpevole -Dovevo avere la conferma di una cosa...-
-E così hai trovato i file legati alla preparazione dell’antidoto definitivo e la capsula. Complimenti- mormorò sprezzante annuendo e mandando Shinichi in escandescenze.
-Non ho trovato la capsula o l’avrei già presa, non ti pare?!- sbottò andando fuori di sé per via della troppa tensione che stava accumulando -Per questo che ora ti chiedo, Haibara, di tirare fuori quel cazzo di antidoto e di farla finita una volta per tutte con questa recita: siamo stati scoperti! Sia con il corpo di bambini, sia con il corpo di adulti verremmo comunque uccisi una volta trovati. Tanto vale lottare con tutte le armi che abbiamo a nostra disposizione, non credi? Non voglio vedere le persone a cui tengo morire, voglio lottare per loro e per riavere la mia vita: voglio quell’antidoto. Ora.-
Jodie si avvicinò ai due tentando di calmare l’atmosfera, ma Haibara la interruppe decisa.
-D’accordo. Se vuoi andare in contro alla morte a braccia aperte, ti accontenterò- affermò semplicemente con tono distaccato, per poi dileguarsi nel salotto, attraversarlo e scendere le scale del seminterrato con velocità. Shinichi la seguì determinato e la osservò frugare attentamente all’interno di una zuccheriera a fiori che fino a quel momento era rimasta nascosta all’interno di uno schedario a 8 cassetti, pieno zeppo di prototipi falliti del dottore Agasa. Non domandò perché proprio quel genere di contenitore contenesse la chiave che serviva ad aprire l’ultimo dei cassetti, che da sempre ricordava fosse rotto, ma si limitò a fissare i movimenti lenti e meccanici della ragazza che tirava fuori dallo schedario in metallo un portapillole bianco e rotondo, dal quale estrasse una bustina trasparente con all’interno una capsula.
Per metà bianca, per metà rossa.
Gli occhi dell’ex liceale furono ipnotizzati per alcuni secondi da quella droga, poi tornò in sé quando lei gliela porse con freddezza.
-Ti servirà un’iniezione di APTX 4870 prima di prendere questa…- affermò avvicinandosi di nuovo allo schedario e tirando fuori sempre dallo stesso cassetto una fiala tappata, dentro al quale un liquido azzurro cristallino si rimescolava in continuazione.
-Di cosa, scusa?- domandò incredulo Shinichi seguendo i suoi passi avanti e indietro per la stanza mentre cercava chissà cosa.
-Nei cromosomi contenuti all’interno delle cellule ci sono alle estremità brevi sequenze nucleotidiche chiamate telomeri. Ad ogni duplicazione, in generale, i cromosomi si accorciano perché perdono materiale genetico e dopo 20-30 duplicazioni la cellula muore perché non ha più materiale da poter duplicare. La scienza di oggi ha scoperto che è possibile inserire delle sequenze di DNA nei cromosomi per non far invecchiare le cellule…- Shinichi ascoltava la spiegazione scientifica con attenzione, ripescando dalla memoria le informazioni che aveva studiato al liceo -Ma a noi serve l’effetto inverso. L’APTX infatti ha fatto produrre al tuo corpo un enzima di nome telomerasi in quantità spropositate che ha ricostruito in maniera eccessiva i telomeri che hai perso durante la crescita e la duplicazione delle cellule, facendoti ringiovanire e tornare bambino. L’effetto dell’APTX 4870 servirà quindi a diminuire l’enzima telomerasi del tuo corpo e a distruggere le sequenze nucleotidiche ricostruite, in questo modo le tue cellule somatiche invecchieranno velocemente e combinando questo effetto con il vecchio antidoto sperimentale dovresti riuscire a ritornare nel tuo vero corpo per sempre…- lo fissò negli occhi assottigliandoli, per poi aggiungere -O almeno si spera-
Il piccolo detective deglutì, ma non abbassò lo sguardo dal suo nemmeno per un istante. Sarebbe potuto morire ancor prima di lottare?
Era un rischio che doveva correre.
-Ci stai ancora, Kudo?- domandò lei, non lasciando trasparire la segreta speranza che il ragazzo rinunciasse all’idea di tornare adulto: ma sapeva bene che questo era impossibile.
-Vado a prendere i miei vestiti e torno: non abbiamo un minuto da perdere- rispose lui risalendo le scale del seminterrato e correndo verso l’entrata di casa Agasa scivolando sul palquet sui cui la cera era stata data da poco.
-Cool Guy, aspetta!- lo chiamò Jodie mentre lui era sul punto di chiudersi la porta d’ingresso alle spalle. Si fermò appena in tempo e si voltò verso di lei, abbozzando un sorriso quando chiese -L’hai convinta?-
-Torno fra poco con i miei abiti di ricambio- rispose solo, prima di sparire nel giardino e chiudere.
Svelare la sua vera identità all’FBI, un paio di mesi prima, era stata davvero la mossa più saggia da prendere, anche se poi era venuto a sapere da Jodie che lei e gli altri agenti già sospettavano tutto.
Arrivò a casa sua in meno di una ventina di secondi, fece scattare la chiave nella serratura dell’ingresso imbattendosi in un Okiya intento a seguire sul suo divano il notiziario delle 18.00. L’uomo si voltò sorpreso verso di lui, abbozzando poi un sorriso mentre Shinichi rimaneva qualche secondo a fissarlo pensieroso.
-Ciao piccolo- lo salutò Subaru spegnendo il televisore con il telecomando e alzandosi in piedi.
Shinichi non aveva dubbi sul fatto che non gli avrebbe chiesto come mai possedesse le chiavi di quella casa. La conferma su chi fosse l’aveva avuta mesi prima, dopo l’evento del Mistery Train, quando aveva collaborato con lui e sua mamma da vero esperto.
Shinichi sapeva chi si celava davvero dietro quegli occhiali e quegli occhi stretti.
L’ex liceale tirò fuori uno dei suoi sorrisi più furbi e mise le mani in tasca, mantenendo lo sguardo in quello di lui con determinazione.
-L’Organizzazione mi sta cercando perché ha scoperto che sono ancora vivo e non morto come vorrebbero. Sto per tornare adulto, inoltre dal Doc c’è anche l’agente Jodie. Ti unisci a noi?- chiese provocando subito un sorriso compiaciuto anche suo volto di lui. L’uomo annuì per nulla sorpreso e lo seguì con lo sguardo mentre saliva le scale in fretta per raggiungere la sua stanza e impossessarsi di vestiti puliti e da adulto.
Shinichi irruppe nella sua camera muovendosi con sicurezza senza nemmeno dare un’occhiata attorno a sé nonostante non vi mettesse piede dentro da mesi. Aprì l’armadio e frugò tra la montagna di roba pulita e stirata che non metteva da tempo e di cui sentiva terribilmente la mancanza. Tirò fuori un jeans e una T-shirt bianca e attillata, poi tirò giù anche un giubbino in pelle nero e della biancheria pulita. Scese nuovamente le scale tenendo gli abiti tra le braccia, poi raggiunse Okiya accanto all’ingresso rivolgendogli un ampio sorriso.
-Andiamo, Akai Shuichi?- domandò sicuro mentre quello si sfilava gli occhiali rivelando i suoi occhi verdi, allungati e divertiti.
-Ti seguo, Kudo Shinichi-



Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa :)
Ecco qui l'inizio di tutto ^^ Finalmente la trama comincia ad avere un senso ben definito e si capiscono le prime cose...
Dunque, ora sapete cosa è accaduto: l'Organizzazione ha teso una trappola ai due per avere delle conferme, ma Shinichi non poteva assolutamente mancare alla festa perchè sentiva che qualcosa non andava... Lo stesso per Shiho.
Il problema è che ora l'Organizzazione è sicura al cento per cento della loro sopravvivenza, per cui comincia la caccia.
Che ne pensate? :) Interessante come storia? Ho inserito tutti i personaggi dell'FBI e parecchi dettagli presi dal manga ^^
Inoltre la faccenda dei telomeri non è una mia invenzione, ma una scoperta scientifica vera: era sul mio libro di biologia e quando l'ho studiata non ho potuto fare a meno di inserirlo nella Long *-* Calzava a pennello dato che Gosho ha detto che le cellule somatiche di Shinichi sono ringiovanite...
Ora aspetto le vostre recensioni e le vostre impressioni *-*
Fatemi sapere: per me è davvero importante questa fict.
Nel prossimo capitolo avremo il ritorno di un certo figo... xD
A presto,
Mangakagirl

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 2

-Stringi i denti, Kudo: non sarà come le altre- lo avvisò Haibara riempendo la siringa che teneva in mano con l’APTX 4870, che scivolò al suo interno repentino colorandola di azzurro cristallino. La osservò mentre, precisa, si muoveva per tutto il laboratorio cercando dell’alcol, poi scrutò la sua espressione per alcuni secondi, tentando di capire cosa celava.
La ragazza lo osservò a fondo, seria, poi si avvicinò a lui tentando di rimanere distaccata il più possibile.
-Come ti ho già detto, non so se funzionerà: ci sono buone probabilità che tu muoia, come sempre del resto-
-Haibara- Shinichi la fissò a lungo -Se dovesse funzionare, anche tu tornerai adulta?-
I loro sguardi si persero l’uno nell’altro per altri interminabili secondi.
Lei aveva tante cose da dirgli… Non voleva che morisse: aveva già rovinato la sua vita e saperlo morto per causa sua…
-Io…- sussurrò, prima di togliere il tappo dall’ago della siringa e passargli l’alcol sul braccio destro mentre lui sedeva su una sedia del laboratorio con accanto i vestiti di ricambio -… Io penso che ti raggiungerò qualsiasi cosa accadrà…- mormorò enigmatica, senza dare a Shinichi il tempo di chiedere delucidazioni.
L’ago penetrò nel suo muscolo con velocità, ma non appena il liquido cominciò ad espandersi all’interno, Shinichi dovette mordersi la lingua.
Bruciava da impazzire, come fosse cera bollente, e lo sentiva scivolare repentino fin giù, alla mano, e salire lungo il torace, attaccando poi ogni centimetro del suo corpo.
Era come se tutti i suoi vasi sanguigni si fossero riempiti di lava che si espandeva a ragnatela in ogni dove.
Strinse gli occhi e i denti, chiudendo la mano a pugno e poi fissando Haibara mentre, repentina, estraeva l’ago e tamponava la zona con altro alcol. La scienziata tirò fuori dalla bustina trasparente l’antidoto e glielo passò in fretta, scrutando ogni suo movimento con tensione. Shinichi prese la capsula tra due dita, osservandola incerto, passò un’ultima volta lo sguardo sulla ragazza, poi la portò alla bocca, inghiottendola.
Il tempo parve fermarsi.
Sentì la capsula scendere nell’esofago lentamente, lasciandosi dietro una scia di fuoco, poi il dolore arrivò.
Fu abbastanza sopportabile, come una forte fitta intercostale all’altezza dello sterno, ma poi tramutò.
Divenne pari a quello di un fendente scagliato contro la scatola toracica e lo fece piegare in due, quando partirono anche i primi spasmi al cuore.
Lo sentì piegarsi su se stesso, pompare a velocità esemplare e quasi esplodere. Si contorse ancora in avanti sbarrando occhi e bocca, da cui però non uscì nemmeno un suono.
Le ossa cominciarono a divenire roventi, il sangue a bollire nelle vene; la testa era come pressata tra due pesi massimi; ogni muscolo, tendine, articolazione tirava come se sottoposta ad una tortura senza tregua.
Un altro spasmo, doloroso e forte come non mai, lo colpì in pieno cuore, tanto che cadde dalla sedia e urlò a pieni polmoni afferrandosi la maglietta con la mano destra come se potesse strapparsela dal petto. La scienziata rimase qualche secondo inorridita, poi si inginocchiò accanto a lui e gli posò una mano sulla spalla fissandolo tesa, mentre quello tramava da capo a piedi.
La febbre salì a dismisura fino a 41, il suo corpo venne scosso da tremolii incontrollati, poi un altro spasmo, più forte ancora, straziò il suo cuore un’altra volta, lasciandolo senza fiato a metà dell’urlo che fuoriuscì dalle sue labbra.
I polmoni chiedevano urgentemente aria, ma Shinichi non riusciva a respirare, a pensare, a calmarsi. Un altro urlo terribile, straziante e rotto dalla sofferenza si interruppe a metà, risuonando in tutto il laboratorio mentre un dolore acutissimo a cervello e cuore lo colpì ancora come una bomba scagliata a tutta velocità.
Morire.
Di gran lunga morire sarebbe stato milioni di volte meglio.
Pregò che tutto finisse, che il dolore cessasse, ma fu una vana speranza.
-KUDO!- urlò preoccupata Ai scuotendolo per le spalle mentre i suoi occhi si sbarravano e lui rimaneva pietrificato per qualche secondo col fiato sospeso, incapace di riprendere il controllo del suo corpo mentre tutti i suoi muscoli si paralizzavano all’istante.
Qualche attimo dopo Shinichi piantò un altro urlo straziante, inarcando la schiena supino a terra e girando gli occhi all’indietro, per poi ricadere qualche secondo dopo di nuovo sul freddo marmo, con il petto che pulsava incontrollabilmente a causa del cuore ormai totalmente fuori controllo.
-Kudo, guardami!- urlò ancora Haibara, cercando di attirare la sua attenzione girandogli il viso nella propria direzione, ma il ragazzo rimase a fissare il soffitto con la cornea bianca, scosso da spasmi incontrollati, le labbra rigide e violacee.
Un nuovo spasmo, il più forte di tutti, gli fece sbarrare gli occhi come non mai, finchè, con tutta la voce che aveva in gola, urlò così forte da far quasi tramare le provette del laboratorio. Haibara chiuse gli occhi e si tappò le orecchie straziata da tanto dolore mentre, a pochi centimetri da lei, Shinichi, inarcato e rigido, tornava adulto dopo quasi mezz’ora di agonia.
Qualche secondo dopo il liceale, semi nudo per i vestiti che si erano squarciati e completamente sudato, cadde a terra rilassato, con il respiro affannato e veloce, rivoli di sudore a solcargli la fronte dove i capelli stavano attaccati tra loro come colla, e ancora un leggero tremolio a scuoterlo ancora da capo a piedi.
-K-Kudo- mormorò Haibara tramante cercando di ignorare i pettorali da paura del ragazzo e i muscoli sparsi ovunque che sembrano appena scolpiti da un antico artista greco. -Kudo- insistette ancora, passandogli il proprio fazzoletto sulla fronte per asciugarlo, quando Shinichi aprì piano le palpebre, mettendosi poi seduto lentamente.
Ai rimase intenta a guardarlo mentre poggiava i palmi a terra e faceva forza sugli addominali per rimanere col busto eretto, poi ricevette una sua occhiata e sentì il cuore perdere una battito nell’incontrare i suoi occhi blu come l’oceano che le sorridevano doloranti.
-La prossima volta che dici “Stringi i denti”- mormorò divertito -Avvisami che dovrò soffrire come un cane… Non ero preparato- scherzò dandole un buffetto su un braccio per farla tornare alla realtà. La bambina, scossa, batté le palpebre incredula, poi tornò in sé mettendosi in piedi e asciugandosi anche lei la fronte col dorso di una mano.
-Ma taci- mormorò stizzita, anche se il ragazzo capì benissimo che era sollevata nel vederlo stare bene; si diresse al tavolo dove aveva posato i suoi vestiti e glieli lanciò con distacco, cercando di degnarlo di un’occhiata impassibile, pur riconoscendo che era davvero impossibile dato il fisico che aveva…
-Va’ a farti una doccia e a vestirti: sei mezzo nudo e non vorrei essere presa per una maniaca-
Shinichi arrossì prendendo al volo i vestiti e mettendosi in piedi con difficoltà non solo per la debolezza, ma anche per coprirsi almeno attorno alla vita con quello che rimaneva dei suoi abiti. Si diresse in fretta al piano di sopra, risalendo le scale del laboratorio e fiondandosi come una scheggia nel bagno del dottore, chiudendosi dentro con uno scatto di chiave.
Fortunatamente, Jodie e Akai sembravano troppo intenti a rivelarsi la verità rimasta nascosta fino a quel momento e a spiegarsi come stavano le cose per fare caso a lui.
Finì di stracciare i vestiti che gli rimanevano addosso dato che ormai erano così piccoli tanto che era impossibile sfilarli, e li gettò a terra, posando poi quelli da adulto sul marmo freddo e pulito accanto al lavandino. Aprì l’acqua della doccia e vi si gettò sotto, lasciando che essa scorresse calda lungo tutto il suo corpo, solcando tutti i muscoli che lo rendevano davvero irresistibile agli occhi delle le ragazze che avevano la fortuna di vederlo a petto nudo o in costume al mare. Chiuse gli occhi prendendo ad insaponarsi per levare il sudore che lo attanagliava da ogni parte, poi si rilassò tastando il suo corpo e il suo viso con le dita, riconoscendosi finalmente.
Shinichi Kudo, 18 anni, fisico da urlo, era tornato.
***
E come era tornato lui, anche lei era tornata. Shiho Miyano si alzò dal pavimento coprendosi il seno e la vita con i pochi stracci che la ricoprivano, barcollò pericolosamente fino ad afferrare per un pelo il tavolo del laboratorio, rovesciando a terra il vassoio argentato con sopra le siringhe che aveva usato per lei e per Kudo per far entrare in corpo l’APTX 4870. Quel rumore, forte e assordante, le fece pulsare la testa e chiudere gli occhi, mentre i passi veloci e preoccupati di qualcuno si avvicinavano sempre più.
Shinichi arrivò trafelato nel laboratorio e la vide: la sua figura si stagliava in mezzo alla stanza curva in avanti, con una mano sul tavolo; reggeva la maglietta che poco prima le stava a pennello davanti al petto e tentava di muoversi piano per non distruggere del tutto quello che rimaneva dei suoi pantaloni, che ora sembravano più farle da shorts. I suoi occhi si scontrarono con il suo blu oceano, e le gote di entrambi arrossirono per la situazione un po’ equivoca. Shinichi distolse subito la sguardo da lei, avvicinandosi ad un appendiabiti con sopra un camice bianco del Doc, e poi, raggiungendola senza fissarla, posò l’indumento sulle sue spalle e lei vi infilò dentro le braccia, chiudendo i bottoni fino alle ginocchia.
-Grazie- mormorò piano con la sua voce da adulta, che fece quasi sobbalzare il ragazzo. Lui scrollò le spalle, poi le cinse un braccio, prese gli abiti da ragazza che si era preparata in precedenza e la guidò fino al bagno del piano di sopra.
-Tieni- disse lui passandole i vestiti, tra i quali si intravedeva anche un reggiseno -Avresti dovuto aspettarmi prima di trasformarti- la rimproverò poi aggrottando un sopracciglio -E se fossi stata male?-
-Così da darti la possibilità di vedermi nuda?- Shiho assottigliò gli occhi maliziosa mentre lui raggiungeva le più alte sfumature scarlatte.
-CHIGAO YO*!- sbottò in imbarazzo chiudendole con forza la porta del bagno dietro dopo che lei ci era scivolata dentro divertita -Taku!*-
Non appena fece scattare la serratura, si appoggiò alla porta con la schiena, alzando la testa verso l’alto e respirando a pieni polmoni la fragranza nell’aria: profumo di muschio bianco.
Il doccia-schiuma di quel ragazzo era quasi una droga per lei.
Al di fuori della porta Shinichi raggiunse sdegnato, continuando a borbottare con se stesso, il salotto dove vide Akai e Jodie molto, ma molto vicina a lui, parlarsi fitto fitto. La donna aveva pianto, si vedeva, ma ora tentava di mantenere la calma e di comportarsi professionalmente così come un agente dell’FBI doveva sempre fare. Il liceale si fermò senza farsi notare dietro una colonna, tentando di captare qualche frase da quel discorso apparentemente Top Secret, quando l’uomo si voltò verso in sua direzione con un leggero ghigno.
-Shinichi Kudo-
-Shuichi Akai- rispose il ragazzo fingendo indifferenza mentre si infilava le mani nelle tasche avvicinandosi al loro divano lasciando il suo nascondiglio.
-Cool Guy!- Jodie sbarrò gli occhi ammirata, per poi congiungere le mani davanti al petto -Sei davvero uno schianto! Adesso capisco perché le ragazze ti muoiono dietro!-
Shinichi ridacchiando si grattò la testa in imbarazzo, ma non smentì la sua teoria: d’altronde era vera.
-Ce ne hai messo di tempo- si limitò a dire Akai passandosi una mano tra i suoi capelli ormai irrimediabilmente biondo cenere. -Lei dov’è?- si riferì palesemente ad Haibara facendo un cenno di capo in direzione del laboratorio.
-Sotto la doccia. Anche lei è tornata adulta ora…- rispose Shinichi sedendosi sul divano di fronte e congiungendo le mani a mo’ di preghiera sotto il mento: la sua posizione quando si concentrava.
Passò quasi un minuto di silenzio, rotto solo dal rumore dell’acqua che scorreva nella doccia, quando finalmente Jodie decise di prendere parola.
-Cool Guy, dobbiamo parlarti del nostro piano-
-Mi dica- si fece serio Shinichi fissando gli occhi su di lei.
-Non è facile, lo so- iniziò la donna spostandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio -Ma al più presto dovremo andare all’Agenzia Investigativa e parlare a Mouri-san e Ran-san del Programma Protezione Testimoni. Vorremmo limitarci a spiegare loro la situazione nel modo meno rischioso possibile, senza rivelare troppi dettagli importanti…-
-Il punto è- prese parola Akai -Che sei venuto a contatto con troppe persone. Sarà un problema fare accettare a tutti il programma-
-Chi coinvolgerebbe?- domandò Shinichi, pur sapendo benissimo la risposta.
Voleva solo delle conferme.
-Ran Mouri in primis- continuò l’uomo accendendosi una sigaretta sotto lo sguardo sdegnato della donna -Kogoro Mouri, Eri Kisaki, Hattori Heiji, Hiroshi Agasa, Yukiko e Yusaku Kudo, Sonoko Suzuki- alzò un sopracciglio -Ti viene in mente qualcun altro?-
-Sera Masumi?- domandò Shinichi incerto data la vera identità della ragazza, ma Akai sorrise inspirando una profonda boccata di fumo.
-Lei è al sicuro, te lo posso assicurare-
-Tutte queste persone dovranno cambiare identità e trasferirsi?- il 18enne assottigliò gli occhi colpevole mentre l’agente Jodie gli rivolgeva un’occhiata apprensiva.
-Per il loro bene, Cool Guy-
-Lo so, ma… Credete davvero che sia necessario coinvolgere anche Sonoko Suzuki?- insistette lui -Non penso che l’Organizzazione la prenderebbe di mira…-
-Tu e quella ragazza siete stati molto a contatto. Troppo- precisò Shuichi spegnendo la sigaretta nel pacchetto vuoto che aveva in mano -Anche lei dovrà essere dentro il programma-
Shinichi annuì, pensando però che coinvolgere tutte quelle persone era davvero un problema: che avrebbe detto la famiglia di Sonoko?!
-Mamma e papà sono in America, per ora sono al sicuro…-
-Ci assicureremo che non tornino in Giappone allora- affermò serio Shuichi appuntandosi mentalmente quell’informazione.
-Domani mattina, presto, andremo all’Agenzia a parlare di tutto ciò- disse Jodie.
-Sempre che non sia troppo tardi- affermò Akai beccandosi un’occhiata stizzita dalla donna.
-Ti ricordo che tu dovresti essere morto e che dire di te a Black non sarà semplice- ci tenne a precisare sdegnata -E poi dobbiamo preparare tutti i nuovi documenti. Non è una cosa da poco, sai?!-
-Ok ok- la congedò lui agitando una mano -Hai ragione tu-
La donna gonfiò le guance stizzita, poi si voltò verso Shinichi e lo osservò intenerita mentre abbassava il capo pensieroso sul tavolino in formica che c’era in mezzo ai due divani.
-C’è qualcosa che vorresti chiederci, Cool Guy?- domandò lei con tono materno mentre l’acqua della doccia si chiudeva e il silenzio calava tra i presenti.
Shinichi rifletté qualche secondo, poi annuì alzando lo sguardo nel suo, serio.
-Vorrei non essere presente mentre spiegherete la situazione a Kogoro e Ran domani mattina-
Jodie sbarrò gli occhi sorpresa, rimanendo senza parole qualche secondo.
-Come no?!-
-No- confermò Shinichi -Se Ran dovesse vedermi nelle mie vere sembianze, se dovessimo parlarci…- si fermò qualche secondo abbassando il capo, e poi rialzandolo -Non credo che la separazione sarebbe facile. Lei non mi vede da mesi, da quello che è accaduto a Londra… Io… Io mi sono dichiarato a lei in quella occasione- ammise sfumandosi di rosso, ma riprendendosi in fretta -e se dovessi spuntare adesso, all’improvviso, per lei sarebbe ancora peggio. Già scoprirà la verità e sarà doloroso, ma se in più mi vedesse… Vorrebbe più spiegazioni, vorrebbe poter stare con me e questo ora non me lo posso proprio permettere- si alzò in piedi dando le spalle ai due agenti -Se l’Organizzazione sta aspettando il momento buono per attaccarci, allora farmi vedere con lei sarebbe la mossa più sbagliata. Certo, credo che Bourbon ormai abbia capito tutto su di me, ma voglio comunque cercare di fare quanto posso per saperla al sicuro-
Il suo sguardo tornò in quello dell’agente, che qualche secondo dopo annuì a malincuore e si alzò a sua volta in piedi facendo un passo verso di lui.
-Capisco la tua scelta e la condivido in parte- affermò apprensiva e dispiaciuta allo stesso tempo, mentre lui annuiva.
-Grazie- disse piano voltandosi poi verso la porta del bagno, dalla quale una 19enne uscì tirandosi dietro le orecchie le ciocche di capelli ramati ancora umide che le cadevano in viso. Shiho li raggiunse con indosso un jeans blu, stretto ed elasticizzato, e una camicia lilla pallido a maniche lunghe. Jodie le fece l’occhiolino mentre lei, incrociando le braccia al petto, cercava di mostrarsi impassibile come al solito.
-Che mi sono persa?-
-Domattina io Shu andremo in borghese all’Agenzia per illustrare a Mouri e la sua famiglia il Programma Protezione Testimoni. Dentro saranno coinvolti anche il dottor Agasa, Sonoko Suzuki, il ragazzo di Osaka e i signori Kudo- spiegò Jodie, voltandosi poi verso Shinichi -Ma Cool Guy, per motivi personali, preferisce non venire…-
La scienziata si voltò verso di lui, che però spostò volutamente lo sguardo in direzione del tavolino basso per non dover dire nulla.
-Ok- affermò semplicemente mentre Jodie e Akai si recavano alla porta d’ingresso.
-Noi dobbiamo andare a preparare i documenti per il programma, spiegare a Black la “resurrezione” di Shu... Nel caso notaste qualcosa di strano o insolito…-
-Chiameremo. Certo- tagliò corto la ragazza andando verso la porta per chiuderla -Grazie dell’aiuto-
Jodie fece un cenno di saluto, quando Shiho chiuse la porta e si voltò verso Shinichi, appoggiato al davanzale della finestra con la schiena e lo sguardo perso nel vuoto. Gli si avvicinò piano, sempre a braccia incrociate, poi alzò un sopracciglio.
-Non andrai a parlarle- ripeté -Posso sapere perché?-
Il liceale si mosse sbrigativo verso il divano, vi sprofondò sopra poi si passò una mano tra i capelli.
-Vorrebbe sapere di più se andassi… Stare con me il più possibile e persuadermi a rinunciare e lasciare tutto all’FBI. Sarebbe solo più in pericolo, perché la conosco: vorrebbe seguirmi e darmi una mano-
Shiho annuì e si sedette accanto a lui, spostandosi le ciocche dietro le orecchie ancora una volta.
-Sì, hai ragione-
Dopo un paio di minuti di silenzio, Shinichi si alzò dal divano e si affrettò ad indossare il giubbino in pelle che aveva lasciato all’ingresso quando era arrivato da casa sua, sotto lo sguardo attento della ragazza.
-Vado a casa mia. Torno tra un po’…-
-Sì- Shiho si alzò stringendosi nella sua camicetta lilla mentre lui apriva la porta di ingresso -Ah, Kudo…-
-Sì?-
I loro sguardi si fusero insieme per alcuni secondi.
-Non fare cazzate-
Shinichi sorrise.
-No-

* Sono due tipiche espressioni di Shinichi, che stanno a significare: “Non è vero!” e “Cavolo!”


Mangakagirl's Corner:
Minna konnichiwa :)
Tadaimaa :D *sono tornata*
Eccomi qui con il mio capitolo preferito *--* Ho amato moltissimo scriverlo... Abbiamo il ritorno di Shinichi Kudo e Shiho Miyano ^^
E dopo la trasformazione si arriva all'inizio della vera trama: Jodie e Shuichi devono avvertire Ran e la sua famiglia del pericolo e inserirli nel Programma Protezione Testimoni.
Cosa accadrà? Cosa pensate della scelta di Shin e, soprattutto, dove è andato a fine capitolo? 
Ringrazio coloro che mi stanno seguendo e i miei recensori :)
A presto e fatemi sapere cosa pensate del capitolo!

Mangakagirl

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


A Silver Bullet as a Prisoner
Capitolo 3

Shinichi sfilò il suo libro preferito dalla libreria immensa di casa Kudo, poi prese un foglietto e si mise a scrivere una serie di numeri sfogliando le pagine del volume con attenzione.
3-35. 3-79. 3-125 …    
Era un lavoro lungo e meticoloso, ma doveva farlo.
Doveva per lei…
***
Ritornò poco più di un’ora e mezza dopo a casa del dottore, da Haibara, e la trovò in compagnia del professore che nel frattempo era tornato dal suo convegno di tre giorni con gli scienziati della città e che aveva portato con sé un vassoio pieno calamari arrostiti.
-Ai-kun?!- aveva esclamato quando la ragazza gli aveva aperto la porta con fare sbrigativo. -Ma cosa…?!-
La ragazza aveva riassunto gli avvenimenti e le novità degli ultimi giorni, lasciandolo a dir poco sconvolto… Specie alla notizia che sarebbe entrato nel Programma Protezione Testimoni dell’FBI.
-Shinichi, non ci penso nemmeno!- esclamò quando andò ad aprirgli la porta, senza nemmeno salutarlo -Puoi star certo che non vi abbandonerò, io!-
-Professore, stia calmo- disse il ragazzo confuso, allungando le braccia davanti al petto -Di cosa sta parlando?-
-Del Programma Protezione Testimoni! Di cos’altro!?-
-Ok ok- collegò il liceale annuendo mentre si sfilava la giacca e la appendeva all’appendiabiti dell’ingresso rivelando la sua figura snella e scolpita. Si avvicinò ad Haibara seduta sul divano e le rivolse un’occhiata interrogativa, aspettandosi che anche lei dicesse qualcosa, ma quella si limitò a sfogliare la sua rivista di moda con disinvoltura.
-Doc- allora cominciò Shinichi esasperato dal solito comportamento menefreghista di lei -Lei deve accettare il programma: fine-
-No!-
-Professore- alzò gli occhi al cielo -La faccenda è troppa pericolosa, mi dia retta!-
Ma quello scosse il capo con il broncio, gli occhi chiusi e le braccia incrociate come se fosse un bambino.
-NO!- ribatté come un marmocchio capriccioso battendo anche un piede per terra deciso -E ora chiudiamo questo discorso!- affermò sparendo in cucina senza nemmeno guardarlo negli occhi.
Il liceale perse la pazienza, stremato dagli avvenimenti di quella giornata che sembrava non voler finire più, e si lasciò cadere sul divano stringendo tra le mani il libro che si era portato dietro, poi sospirò e lo passò alla ragazza accanto a lui, che lo prese interrogativa fissandolo.
-Sì?-
-Voglio che lo abbia Jodie per darlo a Ran domattina… Potresti…?-
Shiho lo fissò qualche secondo seria e indecifrabile, poi alzò le spalle annuendo.
-Le dirò di passare da qui prima che vada all’Agenzia-
-Grazie-
Quella stette zitta, stringendosi nelle spalle con fare assorto mentre il dottore apparecchiava nella cucina.
-Ragazzi, è pronto- urlò qualche secondo dopo affacciandosi oltre lo stipite della porta -Venite, ho comprato gli spiedini di calamari strada facendo-
Shiho chiuse la sua rivista, poi si alzò impassibile per andare a tavola, ma una mano ferma la afferrò per il polso, fermandola.
-Sto… Sto facendo la cosa migliore, non è vero?- domandò Shinichi a capo chino mentre lei lo ascoltava in silenzio senza guardarlo per quelle che sembrarono ore al ragazzo.
-Sì- affermò poi, ottenendo nuovamente la libertà del polso.
***
-Jodie-sensei?- Ran rimase interdetta mentre la donna, con un sorriso un po’ teso, faceva capolino alla porta del suo appartamento.
-Ran, non sono più la tua professoressa-
-Umm…- lei si imbarazzo e chinò un po’ il capo -Mi scusi, è che l’abitudine…-
-Non preoccuparti, cara- la tranquillizzò la donna -Emmm… Posso entrare, tuo padre c’è?-
-Sì…- Ran la guardò sorpresa -Ma… cosa succede?-
Jodie tacque mentre dalle scale salivano anche Eri, Black e Akai, che fecero sbarrare gli occhi alla ragazza.
-Jodie-san, cosa…?-
-Ran- l’avvocato, dalle scale, chiamò la figlia sorpresa guardandola in cerca di risposte, ma ottenne solo uno sguardo sconvolto.
-Mamma?!-
-Ran, cosa succede? Perché questi agenti mi hanno detto di venire qui in Agenzia?- domandò agitata fissandosi attorno.
-Stia tranquilla signora Mouri- disse Black sorridendole -Ora vedrà che capirà tutto-
In pochi minuti il salotto di casa Mouri si trovò pieno di gente e la 17enne trattenne il fiato agitata. Il primo pensiero andò a Shinichi, anche se non sapeva spiegarsi il perché…
Servì il tè con le gambe molli mentre il padre scrutava le facce dei tre agenti con stizza, assottigliando gli occhi.
-Posso sapere cosa succede qui?!- domandò incrociando le braccia al petto mentre la moglie gli rivolgeva un’occhiata tesa, alla sua sinistra.
-Mouri-san, so che è confuso, ma lasci che le venga illustrata la situazione- cominciò Black posando la sua tazza di tè dopo averne preso un sorso per educazione. -Noi siamo agenti dell’FBI e siamo qui in Giappone perché stiamo dando la caccia a delle persone. Queste persone sono i membri di una losca Organizzazione criminale, che ha ucciso moltissima gente da quando è attiva, senza tuttavia lasciarsi tracce alle spalle.- spiegò in modo elementare come se parlasse con un bambino.
-Vuole una mano a trovarla?- domandò Kogoro interrogativo, dato che ancora non capiva cosa volessero da lui e dalla sua famiglia.
-Oh, no Mouri-san, vogliamo fare in modo che lei e la sua famiglia non veniate trovati- lo corresse pacato James, creando scompiglio a tutti e tre i Mouri. Ran si inginocchiò in fretta davanti al tavolino basso e si sporse verso l’agente che le sembrava di avere già visto qualche volta, tempo prima.
-Cosa significa?!- domandò incredula, ricevendo un’occhiata intenerita da Jodie.
-Ran… Tu sei molto intima con Shinichi Kudo, non è vero?- domandò provocando lo stupore dell’interpellata.
-Sì-sì… Shinichi, certo. Ma questo cosa c’entra? Non sarà in pericolo anche lui!?-
-Ran, calmati… In effetti Shinichi c’entra…-
-Jodie-san- Ran si agitò impallidendo -La prego, non si faccia tirare fuori le parole di bocca!-
-Hai ragione- la donna annuì passandosi una mano sugli occhi dopo essersi tolta gli occhiali dalla grossa montatura sottile -Shinichi è sparito da un po’ di tempo, non è vero?- cominciò piano mentre la ragazza annuì pallida -Ecco… Sai perché?-
-Lui dice di avere un caso difficile da risolvere- rispose incerta Ran cercando conferma nel suo sguardo.
-Beh, diciamo che non è esattamente così- continuò l’agente scuotendo il capo, quando Kogoro la interruppe.
-Non sarà un membro di questa losca “Organizzazione”?!- piantò i pugni sul tavolo -Io lo disintegro quel moccioso stakanovista…!-
-Mouri-san, mantenga la calma- mormorò Akai che fino a quel momento non aveva proferito parola. Ran lo fissò allibita: ora che ci faceva caso, quello era Subaru Okiya senza occhiali! L’uomo che viveva da Shinichi…
-Lei…!-
-Ran- Jodie riattirò la sua attenzione -Shinichi non è un membro di quell’organizzazione, ma è comunque legato ad essa-
-Che intende?- domandò lei spaventata, portando una mano alla bocca e lasciando perdere la faccenda di Okiya: magari ci avrebbe pensato dopo…
-Un anno fa o poco più, voi siete andati a Tropical Land, vero? Ecco, lui in quell’occasione si è allontanato da te, giusto?-
-S-sì, beh… e da quel giorno…-
-Quando si è allontanato, si è nascosto in un vicolo perché aveva seguito un uomo, un uomo vestito di nero- il tono si fece più serio -Quello era Vodka, un membro dell’Organizzazione di cui parliamo-
Il silenzio calò nella stanza per alcuni secondi, poi Ran lo ruppe con il tono deciso.
-Jodie-san, le spiace andare avanti di grazia?!-
-Vodka aveva un complice: Gin. Dato che Shinichi aveva assistito allo scambio illecito di alcuni soldi sporchi, Gin che lo ha notato e lo ha aggredito. Per liberarsi di lui gli ha somministrato una droga di nome APTX4869, in grado di uccidere senza lasciare tracce nel corpo- la liceale rimase pietrificata, mentre un brivido freddo cominciò a percorrerle la schiena.
Quella spiegazione, quel discorso… Stava scoprendo la verità, quella stessa che Shinichi le stava tenendo nascosta da più di un anno.
Ma perché?
Perché lui non era lì?
Perché non era lui a rivelargliela?
-Dov’è adesso Shinichi?- avrebbe voluto chiedere, ma sul punto di farlo Jodie la interruppe continuando il suo discorso.
-Ma quella droga non ha ucciso Shinichi- la fissò negli occhi per alcuni secondi, abbassando il tono e regolando il timbro -Lo ha fatto tornare un bambino, Ran-
Silenzio.
La ragazza strinse forte i pugni e si morse le labbra mentre le lacrime premevano per uscire agli angoli dei suoi occhi azzurro-lilla.
Eccola lì, la verità.
Ora tutto tornava, ora tutto aveva una conferma e una spiegazione. Quello di cui era sempre stata convinta, quei dubbi sulla sua identità…
Perché lei non aveva bisogno di sapere il nome del bambino: lei aveva già capito.
Ran sapeva che quel bambino altri non era che…
Kogoro batté le palpebre incredulo e confuso, intervenendo poi dopo quasi un minuto di silenzio dato che nessuno parlava.
-Bambino? Come sarebbe? Che bambino?!- domandò guardando a destra e a sinistra tutti i presenti, quando Ran, a capo chino, rispose prima di tutti.
-Conan Edogawa, papà- mormorò delusa e rabbiosa allo stesso tempo -Conan Edogawa- alzò la testa verso Jodie -Non è vero?!- quasi urlò mentre le lacrime scendevano repentine rigandole il volto. L’agente poté solo annuire, quando lei rise amaramente, passandosi una mano tra i capelli nervosa.
-Lo sapevo… Lo sapevo…- sussurrò -Quel misero bugiardo… quel bastardo…-
-Ran, ma che dici?!- esclamò Kogoro sconvolto da quella rivelazione, ma la moglie annuì abbassando il capo, sconvolgendolo ancor più. -Eri?! Tu sapevi…?!-
-Sospettavo- rispose la donna fissandolo -Dopo tutto… L’ho visto nascere, no? C’è troppa somiglianza tra loro, non poteva essere una coincidenza. E poi, la sua intelligenza…-
-Beh, sapete chi è: passiamo al dunque- tagliò corto Akai accendendosi una sigaretta sotto lo sguardo sdegnato di Black.
-Akai!- mormorò stizzito, ma Kogoro annuì.
-Lo lasci fare- aggiunse accendendosi anche lui a sua volta, sempre più confuso e nervoso, una sigaretta.
-Sì, Ran: Conan Edogawa- intervenne nuovamente Jodie -È riuscito a mantenere nascosta la sua identità per molto tempo. Doveva farlo per non mettere in pericolo le persone che lo circondavano: se l’Organizzazione avesse saputo che era ancora vivo l’avrebbe cercato per farlo fuori una volta per tutte, no?- nessuna risposta -Per questo non ha detto nulla a nessuno, nemmeno a te. Se l’Organizzazione…-
-Se fossi dovuta morire per mano di questa Organizzazione, sarei stata uccisa comunque! Che avessi saputo o no!- urlò Ran, battendo i pugni sul tavolo, facendo tintinnare rumorosamente le tazze di tè -Invece lui mi ha tenuto tutto nascosto! Sempre! Lo vedeva… Vedeva come soffrivo per la sua mancanza, ma non gli è mai fregato nulla!-
-Ran, ti prego, calmati…-
-Calmarmi?!- sbarrò gli occhi furiosa -Cosa farebbe lei al mio posto?! Sarebbe calma e tranquilla se sapesse che la persona che da sempre credeva lontana, invece le è stata accanto finora?!-
-Io ti capisco Tesoro, più di quanto tu possa immaginare, ma…-
-Perché siete qui!? Cos’altro non sappiamo?!- tagliò corto la 17enne, attirando l’attenzione di Akai su di sé, che la scrutò inspirando una profonda boccata di fumo -Cosa è successo ora per farci sapere la verità?-.
-Lo hanno scoperto e voi ora siete tutti in pericolo- spiegò lui mirando subito al dunque come sempre era solito fare. Ran sbarrò gli occhi smettendo di piangere e rimanendo pietrificata ad osservare le sue iridi verde smeraldo.
Scoperto. Pericolo.
Cosa significava tutto quello? Era forse un incubo?
-L’Organizzazione non sta cercando solo lui, ma anche quell’altra bambina, che ora non lo è più… Sto parlando di Haibara Ai-
Altra verità. Ran si asciugò in fretta le lacrime fissando il tavolo con determinazione.
Ogni suo dubbio stava trovando conferma…
-Un momento! Che c’entra quella bambina adesso?!- esclamò Kogoro fumando nervoso la sua sigaretta fino al filtro, spegnendola poi nel posacenere al centro del tavolo con forza. La spiegazione fu rapida ma concisa: l’identità di Haibara Ai fu svelata a tutti, finchè finalmente non arrivò il vero motivo per cui l’FBI si trovava lì.
-Ma allora quell’articolo dell’altro giorno sul Tokyo Shinbun…- Kogoro sbarrò gli occhi mentre Ran lo fulminava.
-Cosa?- domandò sconvolta mentre il padre si mordeva la lingua: aveva deciso di tenerglielo nascosto, ma si era tradito con le sue stesse mani.
-L’altro giorno ho letto…- ammise colpevole l’uomo -…Che c’era stato un attentato in un hotel e che sembrava che Shinichi Kudo fosse il salvatore…-
Ran rimase senza fiato a fissarlo incredula: era finito sui giornali, lui non le aveva detto nulla, lei era sempre stata all’oscuro di tutto…
-Siamo qui perché vogliamo proteggervi: l’Organizzazione probabilmente attaccherà anche tutte le persone che sono state a contatto con Shinichi Kudo e Haibara Ai. E voi siete tra quelle- affermò Black tirando fuori dalla sua valigetta nera un plico di fogli, che posò sul tavolo aperti a ventaglio. Ognuno era una scheda con la foto di un membro della famiglia Mouri, solo che i dati personali non corrispondevano.
-Noi vi stiamo proponendo di accettare il Programma Protezione Testimoni- continuò Jodie mentre Ran fremeva di rabbia, seduta al suo posto, senza dire più nulla -Cambiereste nome, professione, città e in questo modo sareste sotto la nostra attiva tutela. I rischi che l’Organizzazione vi trovi sono davvero limitati se accetterete e…-
-Cambiare identità?!- esclamò Eri sobbalzando -Ma… E il nostro lavoro?-
-Avvocato- Akai attirò la sua attenzione -è meglio morire e aver mantenuto il proprio lavoro, o vivere cambiando professione?-
Domanda ovvia.
Eri abbassò il capo annuendo, ma Kogoro invece lo scosse con forza.
-Mi state dicendo che per colpa di quei tipi che hanno rimpicciolito un moccioso io dovrei cambiare tutta la mia vita?!-
-È invitabile Mouri-san- affermò Jodie -Quelle persone potrebbero già sapere che voi siete legati a Shinichi Kudo e avervi preso di mira. Lei e la sua famiglia morirete quasi certamente se non accettate- fu chiara e diretta, senza mezzi termini. L’uomo si stette zitto, fissando i fogli sul tavolo mentre il silenzio calava tra i presenti, poi prese il suo documento e lo lesse con una nota di malinconia negli occhi.
-Lei diverrebbe Hiroshi Noriyuki, professione: titolare di un bar, età 43, città: Komatsu, Prefettura di Ishikawa- affermò Black indicandogli i dati sul foglio -La signora diverrebbe Minako Noriyuki, professione: assistente in uno studio legale, età 43, città: Komatsu, Prefettura di Ishikawa- si voltò verso Ran e poi sospirò -La ragazza diverrebbe Nene Noriyuki, 17 anni, studentessa al Liceo Tsumetai Fuyu-
Ran osservò il suo documento da lontano, ma non immaginò nemmeno per un secondo come sarebbe stata la sua nuova vita. Programma Protezione Testimoni? No, non per lei.
-Caro…- mormorò Eri posando una mano sul braccio del marito, che la fissò incerto -Noi... cosa…?-
-Dobbiamo accettare- rispose lui rivolgendo uno sguardo agli agenti presenti, specie a Black, che era quello che gli spirava più fiducia -Non è vero?-
-Sarebbe la scelta più saggia- affermò l’uomo annuendo, mentre congiungeva le mani davanti al viso -Per lei e la sua famiglia. Inoltre nel programma entreranno anche altre persone…-
-Chi?-
-Il dottor Hiroshi Agasa, Hattori Heiji, i Kudo, Sonoko Suzuki… Coloro che sono entrati a stretto contatto con Kudo-
-E hanno tutti accettato?- domandò incredula Eri, ma l’uomo sorrise colpevole.
-Non siamo ancora stati da loro: voi siete i primi-
-Ma… se accettassimo… Quando…?-
-Oggi pomeriggio: a Komatsu avete già una casa ammobiliata e pronta che vi aspetta. Il suo bar è già pronto Mouri-san, come il suo studio legale. Per la ragazza basta solo una telefonata e sarà ufficialmente iscritta allo Tsumetai Fuyu-
I due coniugi Mouri si guardarono tesi, poi spostarono lo sguardo su Ran, che alzò per la prima volta gli occhi nei loro. Fu un momento di silenzio, quando poi Kogoro parlò.
-Ran, noi dobbiamo accettare…-
-Voi- affermò la ragazza interrompendolo -Avete detto bene: io non verrò, però-
Jodie sbarrò gli occhi insieme ai Mouri, e subito Kogoro si scaldò.
-Che discorsi sono questi?! Con “noi” si intende anche te…!-
-Io non accetto il programma- affermò seria lei senza abbassare lo sguardo -Non voglio una nuova vita: non si arriva da nessuna parte scappando, non è così che si risolvono i problemi. Io devo parlare con Shinichi. Voglio la verità da lui-
-Ran, adesso basta- affermò Eri sdegnata.
-No!- si scaldò la ragazza, voltandosi poi verso Jodie -Dov’è lui!? Perché non è venuto qui a dire di persona come stavano le cose?! Ha paura, forse? È così codardo?!-
-Ran, lui non poteva venire…- affermò Jodie dispiaciuta, ma lei non si arrese.
-Perché?!-
-Perché…-
-Perché dirti la verità da parte sua sarebbe stato come un invito a nozze a prendere parte in questa missione- tagliò corto Akai, alzandosi poi in piedi e stirando le braccia in alto -Sa bene che sei una bambina super emotiva e testarda, e per questo non ha voluto farsi vedere: per non aggravare ancor più la situazione-
La karateka si morse un labbro con forza, squadrando in malo modo l’uomo per averle dato della bambina: lei era un’adulta. Di lì a pochi mesi avrebbe compiuto 18 anni come Shinichi una decina di giorni prima.
-Ran è minorenne- affermò Kogoro in fretta con una nota di speranza nella voce -Qui in Giappone vige che si diventi maggiorenni a 20 anni: questo significa che possiamo scegliere noi per lei?-
Jodie guardò la ragazza con sguardo dispiaciuto mentre lei ricambiava furiosa, poi annuì abbassando il capo e facendola sbuffare esasperata e nervosa.
-Allora è deciso: Ran, anzi Nene, verrai con noi- affermò pungente il padre mentre lei gli rivolgeva uno sguardo d’odio.
Non poteva farlo… Non poteva davvero…
-Mamma- la ragazza le rivolse un’occhiata supplichevole, ma quella abbassò il capo per non incrociare il suo sguardo e la ragazza capì: non voleva dare voce in campo.
-Bene- mormorò a denti stretti sdegnata -Avete vinto voi. Grazie per aver appena deciso di rovinarmi la vita-
Jodie, Black e Akai si diressero alla porta, spiegando che il pomeriggio un’auto sarebbe andata a prenderli e li avrebbe guidati fino a Komatsu, dovevano solo preparare i bagagli. La donna rivolse ancora un’occhiata a Ran, poi estrasse dalla sua borsa un libro e si avvicinò alla ragazza porgendoglielo. Quella la fulminò sdegnata, poi lanciò un’occhiata al volume leggendone il titolo “Il segno dei quattro”.
-Cos’è?- domandò con distacco, guardando poi Jodie.
-Me lo ha dato Shinichi per te-
-Non lo voglio-
-Ran- la donna le fece una carezza -Sembrava importante quando me lo ha dato. Prendilo- la ragazza tacque, prendendo poi riluttante il volume tra le mani e non aprendolo nemmeno. -Sai, Tesoro…- mormorò Jodie a voce più bassa -Io spero davvero che non accada… Ma potrebbe perdere la vita in questo scontro, per cui on avercela così con lui: ti sta proteggendo-
-Mi ha mentito- mormorò a denti stretti lei, fissandola negli occhi -Gli ho dato tutta la fiducia di questo mondo, Jodie-san, gli ho sempre creduto- i suoi occhi divennero lucidi, ma lei ricacciò abilmente le lacrime all’indietro -Sempre. E ora non se la caverà con un libro-
L’agente sospirò, poi abbassò lo sguardo a terra e si voltò verso la porta per uscire, posando una mano sulla maniglia.
-A presto, Ran-


Mangakagirl's Corner:
Oh! Minna Konnichiwaaaaaaaaaa :DDD
Tadaima ^^
Salve a tutti :D Come va? Eccomi tornata con il nuovo capitolo. Che ne pensate?
Il nostro Shinichi regala il suo libro preferito a Ran... Ma che cosa avrà combinato con quello? ^^
La ragazza ha scoperto la verità ed è furiosa!!! O_O Giustamente a mio parere e non vorrebbe nemmeno accettare il Programma Protezione Testimoni, eppure i suoi genitori possono costringerla. In Giappone (pura verità) si diventa maggiorenni a 20 anni, per cui lei può essere obbligata ad accettare.
La nostra karateka diventerà Nene Noriyuki ^^
Devo ammettere che per il nome Nene ero indecisa... Ma poi mi sono convinta :)
Che ne pensate? :D
Vi sta piacendo?
Fatemi sapere >w< Grazie a chi mi sta seguendo, recensendo e aggiungendo agli autori preferiti *-* <3
Al prossimo capitolo!
Mangakagirl!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


A Silver Bullet as a prisoner

Capitolo 4

Entrò nella nuova casa con ribrezzo, trascinandosi dietro il trolley lilla che aveva frettolosamente riempito con tutte le sue cose, nessuna esclusa. Teneva con un braccio uno scatolone pieno zeppo di altre sue cianfrusaglie, mentre sentiva suo padre scaricare i bagagli dall’auto nel giardino: la sua nuova dimora era una casa stile giapponese con giardino.
Era in legno lungo il porticato esterno, luminosa e con tre grandi stanze, due bagni e una cucina abitabile; il pavimento era ricoperto di diversi tatami giallognoli nel soggiorno che profumavano di nuovo e le finestre scorrevoli avevano i doppivetri spessi e puliti. Si diresse alla cieca dentro, individuando subito le tre stanze che si diradavano dal corridoio: la prima era matrimoniale, con un grosso armadio chiaro e due comodini dello stesso legno agli angoli della parete; la seconda aveva un lettino singolo ricoperto da lenzuoli magenta e bianchi, un armadio in legno di frassino, chiaro e venato, una scrivania in ciliegio con una lampada sopra e alcuni post-it impilati l’uno sull’altro. Ran vi entrò dentro senza nemmeno dare un’occhiata alla terza stanza e gettò il trolley in un angolo.
Era una casa nuova, costruita appena un anno prima e mai comprata da nessuno: ogni angolo aspettava di essere scoperto e profumava di nuovo, di cellofan e di pulito.
E per quanto lei avesse sempre amato quegli odori, da quel momento cominciò ad odiarli. Sbatté la scatola che aveva sotto il braccio sulla scrivania e tirò fuori le prime cose: un portapenne, i suoi post-it, una piccola kokeshi che le aveva regalato Kogoro qualche anno prima, alcuni dei suoi libri preferiti e un portafoto. Prendendola in mano, si stupì nel vedersi insieme a Shinichi, sorridente e con le dita a V, e si chiese come aveva fatto a non accorgersi che quella foto era finita nella scatola e non nella spazzatura. La gettò con stizza dentro il cassetto della scrivania, tirando poi fuori altre sue cose dallo scatolone: alcuni biglietti di auguri, un paio di cuffie per ascoltare la musica, il suo I-Pod, un vasetto di vernice colorato con cui decorava di tanto in tanto gli angoli del muro sopra la sua scrivania…
Scaraventò la scatola vuota fuori dalla stanza sentendo i suoi cominciare a fare i primi commenti sulla casa, i primi apprezzamenti, e infastidita chiuse con un botto e a chiave la porta scorrevole sempre in frassino che fortunatamente che non aveva il vetro.
Udì lontane le voci dei suoi che commentavano quel suo comportamento così ostile, e issò il trolley sul letto, aprendo le cerniere in fretta e osservando il contenuto pressato disordinatamente al suo interno: a fare capolino su tutto c’era “Il segno dei quattro”. Lo prese e lo gettò sul cuscino con fare distratto, tirando poi fuori i vari vestiti dalla valigia, piegandoli meglio di com’erano ridotti e poi sistemandoli nel nuovo armadio senza un ordine preciso, come faceva invece a Tokyo.
Lei non si sarebbe abituata a quella casa, non le sarebbe mai piaciuta: casa sua era a Tokyo, il piccolo appartamento vecchio e un po’ rovinato al terzo piano dello storico edificio che era da anni l’Agenzia Investigativa Mouri.
Come avrebbe fatto ora a tornare a casa senza prima passare là dentro, a rimproverare il padre per il troppo poltrire mentre sonnecchiava sulla scrivania ricoperta di lattine di birra vuote?
Qualcuno bussò alla porta e lei si voltò verso di essa in cagnesco, andando poi ad aprire solo dopo che suo padre disse:
-I tuoi libri, Ran!-
Aprì la porta con freddezza, prese lo scatolone che teneva lui tra le braccia e poi richiuse in tutta fretta, senza dargli il tempo di replicare. L’uomo fece per bussare di nuovo, ma poi vi rinunciò e tornò ai suoi bagagli, ancora poggiati sull’erba fresca del giardino.
Ran individuò delle mensole sopra il suo letto, attaccato al muro, e salì sulle coperte in ginocchio, estraendo i suoi libri di narrativa adorati e riponendoli sopra con cura. Almeno la loro vista, forse, l’avrebbe calmata un po’.
Saghe, saghe fantasy, storie d’amore, mondi fantastici… Il suo genere preferito era quello, perché poteva evadere dalla realtà catapultandosi in mondi del tutto diversi dal proprio, vivere storie d’amore quasi sempre a lieto fine: il contrario della sua a quanto pareva.
Finire un libro era sempre una tortura: la fine di quell’avventura straordinaria, che per ore e ore l’aveva tenuta incollata alle pagine, implicava il ritorno alla realtà, spesso troppo diversa da poter essere nuovamente accettata.
Il suo sguardo cadde nuovamente su “Il segno dei quattro”. Rimase qualche secondo a fissarne la copertina scarlatta con sopra un detective che fumava la pipa, poi lo prese con la mano destra e lo avvicinò agli occhi, figurandosi per un momento il detective che milioni di volte lo aveva tenuto in mano.
-Sembrava importante quando me lo ha dato. Prendilo- la ragazza tacque, prendendo poi riluttante il volume tra le mani e non aprendolo nemmeno. -Sai, tesoro…- mormorò Jodie a voce più bassa -Io spero davvero che non accada… Ma potrebbe perdere la vita in questo scontro, per cui on avercela così con lui: ti sta proteggendo-
Le parole che aveva pronunciato solo quella mattina l’agente le rimbombarono nella testa alcune volte.
“Sembrava importante quando me lo ha dato… Ma potrebbe perdere la vita in questo scontro, per cui on avercela così con lui: ti sta proteggendo”
Importante? Importante un libro del genere? Perché?
E… La stava proteggendo?
Ma se nemmeno si era fatto vedere per rivelarle la verità!
Ripose il volume per ultimo, nel piccolo angolino alla fine della mensola in corrispondenza di dove avrebbe avuto il ventre una volta stesa, poi si voltò verso la camera, guardandola con occhi malinconici: la sua vecchia stanza le mancava già tantissimo.
***
Shinichi si tormentò le mani con foga, passandosi poi le dita tra i capelli mentre Jodie tentava, disperatamente, di convincere il professore ad accettare il Programma Protezione Testimoni.
-Dottor Agasa, cerchi di ragionare…-
-No no e no! Shinichi-kun è come un figlio per me, e Ai-kun una nipote! Non mi rintanerò in una città sconosciuta, chiamandomi Akiko Mifune, solo perché qualcuno vuole ucciderli!- affermò chiudendo gli occhi mentre l’agente alzava disperata gli occhi al cielo.
-Professor Agasa, di grazia!- esclamò Black -Lei si rende conto del rischio che corre? Che aiuto potrà mai dare loro se venissero catturati?-
-Tutto l’aiuto che posso!- insistette l’anziano dottore battendo un palmo sul tavolo -Shinichi-kun è come un figlio e…-
-Ai-kun come una nipote, lo sappiamo- finì Akai passandogli alle spalle -Non insistete, voi due- disse rivolto ai due colleghi -Non lo convincerete tanto-
-Giusto- gli diede man forte lui annuendo e incrociando le braccia al petto, mentre Shinichi si alzava sconvolto da divano.
-Beh?- domandò ai tre che avevano smesso di parlare improvvisamente -Non vi arrenderete davvero così?!- aggiunse sbattendo i palmi delle mani sul tavolo in formica al centro della stanza -Credevo che l’FBI avesse una certa autorità nell’imporre il programma quando si tratta davvero di un’emergenza!-
-Questa eventualità va presa dai nostri superiori- disse Black fissandolo a mani giunte sotto il mento -Noi non abbiamo tale facoltà, Kudo. Non possiamo obbligarlo con la direttiva che ci è stata data…-
-Ooooo ma per favore! - sbottò Shinichi andando all’ingresso e afferrando il giubbino nero -Ne ho abbastanza di tutte queste chiacchiere. Me ne vado a casa mia. E quando tornerò, Professore, voglio sentire che lei ha accettato il programma e se non lo farà, sappia che tra noi ogni rapporto sarà spezzato: non mi importa se mi ha cresciuto e se è il migliore amico di mio padre! Con me avrà chiuso- tagliò corto aprendo con stizza la porta e avviandosi alla recinzione del giardino. Afferrò la panca in legno che il dottore teneva in un angolo e la trascinò fino al muro in cemento che separava le due proprietà, poi vi salì sopra e si issò con mani e gambe sul muro, facendo scavalcare prima una gamba, poi l’altra. Quando fu sul punto di saltare giù sentì qualcuno mettere i piedi sulla panca e farla cigolare, così si voltò sorpreso: Haibara.
-Che fai?- le domandò interrogativo mentre lei si metteva a cavalcioni sul muro, con una gamba in proprietà Kudo e una in proprietà Agasa. Nonostante fosso maggio inoltrato, Tokyo in quel periodo sembrava immersa nell’autunno di fine settembre e un venticello fresco e pungente sferzava i capelli di entrambi, che rimasero a fissarsi qualche secondo negli occhi immersi nel buio della sera.
-Non accetterà il programma- affermò come un automa la ragazza mentre Shinichi si metteva nella sua stessa posizione per vederla bene in faccia. Le nuvole sopra le loro teste passavano veloci, spinte dal vento che soffiava.
-Spero che almeno Hattori non sia così scemo…-
-Anche lui non accetterà- lo interruppe lei spostandosi una ciocca dietro l’orecchio mentre i brividi le percorrevano le braccia repentini.
-Lo so- Shinichi si passò una mano tra i capelli -Dannazione, abbiamo coinvolto troppa gente testarda… Fortuna che almeno Ran è stata obbligata dai genitori…-
-Non sarei così tranquilla fossi in te-
-Che intendi?-
Shiho lanciò un’occhiata a Villa Kudo distrattamente, lasciando poi tornare lo sguardo in quello del ragazzo.
-Credi che davvero si sia arresa così? Insomma, senza nemmeno parlare con te?-
-Haibara, io non so se abbia accettato davvero la cosa, ma so che è al sicuro: questo per ora mi basta- disse rassegnato lui, notando poi che si stava facendo troppo fresco per rimanere lì fuori. -Senti, entriamo in casa o ci prenderemo un malanno…-
-Arriveranno presto- affermò Haibara come se non l’avesse sentito -Mi dispiace che tutto questo stia accadendo… Non so come abbiano fatto a capire tutti i dettagli, ma…-
-È successo- tagliò corto il liceale, riportando entrambe le gambe nella sua proprietà -Rimuginarci sopra non servirà ad evitare la cosa. Torna dentro ora o ti ammalerai- finì poi, saltando dentro il suo giardino e atterrando perfettamente in equilibrio. Si voltò verso di lei rivolgendole un’occhiata pensosa mentre quella continuava a starsene seduta sul muretto come paralizzata, poi finalmente la vide muoversi e voltarsi verso la panca, per scendere di nuovo in giardino.  -‘Notte Haibara-
-‘Notte-
***
“ Le materie per il primo giorno sono Storia, Matematica, Matematica, Giapponese, Giapponese, Musica. Dovrai presentarti prima del suono delle campanella nell’aula insegnanti e chiedere della professore Minato Takao, la tua coordinatrice di classe. Il tuo armadietto delle scarpe è il numero 22. Buon inizio. Jodie ”
Ran osservò il bigliettino che aveva tra le mani per l’ennesima volta prima di mettere piede dentro il cortile in ciottolato della Tsumetai Fuyu. Letteralmente significava “Freddo Inverno”, e oggettivamente era una scuola fredda e spoglia. Due edifici a forma di parallelepipedi messi a L, con molte finestre lineari e i muri di cemento bianco-grigiastro. Al contrario di Tokyo, a Komatsu la primavera era arrivata eccome, ma la scuola non aveva ancora ordinato di indossare la divisa scolastica estiva, per cui la giacca pesante le ridusse la camicia sottostante ad uno straccio intriso di sudore. Si diede un’occhiata veloce, disgustata dal completo che avrebbe dovuto indossare tutti i giorni: una gonna a scacchi bordeaux, una camicia bianca sotto la giacca beige con un solo bottone dorato e l’odioso fiocco con la stessa fantasia della gonna legato al collo. Il tutto coronato da dei terribili mocassini chiari. (http://3.bp.blogspot.com/_y05vTp8XDxI/TNaC1j7NlQI/AAAAAAAAAm4/b2wv9RcU3Uo/s1600/A0256RE.jpg)
Un orrore.
Rimpiangeva già il suo bel tailleur blu cobalto del Teitan… A malincuore si avviò nel giardino affondando le scarpe nei ciottoli, guardando attorno i vari gruppetti di ragazzi che chiacchieravano, scherzavano, si punzecchiavano aspettando noiosamente che la giornata cominciasse. Entrò nel padiglione centrale trovandosi davanti, come anche al Teitan, gli armadietti delle scarpe, e cercò il suo numero.
19… 20… 21… 22.
Si sfilò i mocassini indossando le scarpette in gomma che la scuola imponeva e si avviò strisciando i piedi per il corridoio, in cerca della sala insegnanti con la cartella in spalla: l’FBI aveva provveduto a fornirle ogni singolo volume.
Nel corridoio già miriadi di studenti sciamavano in ogni dove, urtandosi e ridendo, urlando o sbaciucchiandosi in angolini intimi, e lei passò inosservata come se nulla fosse: del resto, chi sapeva che era una studentessa nuova?
“Nene Noriyuki. Nene Noriyuki. Nene Noriyuki.” Continuò a ripetersi nella mente per ricordarsi di non farsi sfuggire il suo vero nome.
Nene. Era semplice, no? Corto e semplice… Un inferno da ricordare. 
Arrivò davanti alla sala insegnanti e ascoltò per qualche secondo le voci provenienti dall’interno, poi posò la mano sulla porta scorrevole ed entrò un po’ in soggezione mentre lo sguardo dei presenti professori di tutta la scuola si posava su di lei.
-Emm… Buongiorno. Mi chiamo M… Noriyuki! Noriyuki Nene e sto cercando la signorina Takao…- disse un po’ agitata arrossendo e maledicendosi mentalmente, mentre una donna sui 35 si alzava dalla sua scrivania con un sorriso. Aveva capelli ondulati castano caldo corti sulle spalle, un viso dolce con lineamenti fini e una maglia beige leggera e sottile a maniche lunghe. Le fece cenno di raggiungerla e Ran si inoltrò tra le varie scrivanie, raggiungendo poi la sua e facendo un piccolo inchino col capo.
-Ero stata avvisata che saresti arrivata oggi, Noriyuki-san- disse gentile prendendo i propri libri tra le braccia -È un piacere conoscerti. Io sono la tua insegnate di Storia, Takao Minato. Seguimi, prego- si avviò verso il corridoio con Ran alle spalle, che si guardava attorno in soggezione mentre gli studenti che si apprestavano ad entrare in classe data l’imminente campanella, la guardavano curiosi commentando fra loro: forse credevano che avesse combinato qualche guaio?
Ran avrebbe voluto urlare che no, lei non c’entrava nulla in quella storia, era stata la sua famiglia ad obbligarla e che, in particolare, era tutta colpa di quello stakanovista di un detective che non era stato capace di dirle la verità in faccia.
-La tua classe è molto socievole, ti troverai bene. Ho visto i tuoi programmi scolastici: in alcune materie sei più avanti, in altre più indietro. Ma sono certa che recupererai in fretta dati i tuoi buoni voti- riprese a parlare la professoressa fermandosi qualche secondo dopo davanti ad un’aula: 3° anno, 4^ classe.
Cavolo, se lo sarebbe ricordato?! Era abituata a dire 3° anno, sezione B…
DIN DON DAN DON, DON DIN, DIN, DAN…
La campanella non si fece attendere oltre e la prof aprì la porta, dicendole di aspettare che la chiamasse. Ran deglutì a fatica, quando poi sentì la voce della prof.
-Abbiamo una nuova compagna da oggi. Prego, entra-
Cominciò a fare qualche passo incerto, poi prese coraggio e raggiunse la cattedra alzando il capo e trovandosi 24 paia di occhi a scrutarla curiosi e interrogativi.
“Cominciamo bene…” pensò deglutendo ancora e aprendo la bocca per presentarsi, ma non uscì nulla.
-Coraggio- le sussurrò la professoressa mentre lei metteva le mani giunte davanti al ventre.
-Mi chiamo…- “Nene! Ti chiami Nene!” -Noriyuki Nene. Spero diverremo amici- formulò come un automa facendo poi un breve inchino mentre gli occhi dei presenti si assottigliavano un po’. Solitamente i nuovi arrivati erano un po’ più speranzosi di fare amicizia… Lei invece sembrava molto fredda e distaccata.
-Emm…- la professoressa attese come se si aspettasse potesse aggiungere qualcos’altro, ma Ran la fissò impaziente che le trovasse un posto, così quella le indicò il banco in seconda fila accanto alla finestra con un sorriso incerto e poi si rivolse alla classe -Siate carini con lei-
Ran sgattaiolò tra i banchi sotto lo sguardo attento di tutti, si sedette al suo e tirò fuori il libro di storia tanto per far vedere che avrebbe seguito la lezione, ma non appena questa cominciò spostò lo sguardo fuori dalla finestra e sospirò.
Che diavolo ci faceva lei a Komatsu?
***
Shinichi accese il computer e digitò in fretta nel motore di ricerca “Tsumetai Fuyu High school, Komatsu”. Subito apparve la foto di una scuola apparentemente ordinaria, un edificio a L in cemento. Osservò la foto di alcuni studenti del Gruppo Studentesco e sospirò osservando le divise scolastiche diverse da quelle del Teitan e i visi totalmente sconosciuti.
-Ran mi starà odiando…- mormorò sottovoce mentre leggeva qualche informazione sulla scuola. Si era fatto dare i dettagli sulle nuove identità dei Mouri nonostante Black fosse contrario e ora era davvero ansioso di scoprire in che guaio li aveva cacciati… Inoltre Jodie gli aveva confessato la brutta reazione di Ran, e questo non faceva che aggravare il suo senso di colpa.
Spense tutto e si gettò sul suo letto posandosi le mani sugli occhi stanchi. Sapeva che alcuni agenti dell’FBI monitoravano 24 ore su 24 Sonoko Suzuki, di cui si era capito essere meglio lasciare perdere l’idea di cambiarle identità, ma Hattori?
Il suo migliore amico era quella che poteva essere definita la persona più testarda del mondo… Non avrebbe accettato di sicuro!
Si voltò su un lato dando l’occhiata all’ora sulla sveglia: le 8.45.
Ran era a scuola… Chissà come le stava andando…
-Kudo- Haibara si ritrovò alle sue spalle e lui sobbalzò vistosamente, voltandosi poi di scatto e sbarrando gli occhi.
-Ok, ti ho dato le chiavi di casa mia… Ma potresti evitare di farmi questi agguati?!- domandò sdegnato mentre quella raggiungeva il suo letto, sedendocisi sopra a braccia e gambe incrociate. I loro sguardi si fusero per alcuni secondi, poi Haibara riprese a parlare.
-Passeremo tutti i giorni a cazzeggiare al pc o impiegheremo questo tempo a cercare importanti informazioni su Anokata, Organizzazione & Co?-
***
Tornò a casa col nervoso addosso, sbatté ogni porta che attraversava e si rinchiuse in camera sua gettando la cartella in un angolo e la giacca a terra. Lanciò il fiocco sopra di essa e si lasciò andare sul suo nuovo letto, fissando il soffitto.
Scappare. Sì, era la soluzione migliore… Ma dove?
Sentì i suoi rientrare a casa e il padre parlare dell’attività al bar. Era felice? Anche sua madre lo era? Bene. Ah, lei era l’assistente di un avvocato bravissimo? Perfetto. Le mancava il suo lavoro? Pazienza, era stata una questione di vitale importanza il trasferimento. No, non le dispiaceva poi così tanto la nuova vita, si sarebbe abituata in fretta? Fantastico! Dov’era Ran? Oh, ma questo era ovvio, no?
La ragazza si fiondò alla porta e la chiuse a chiave mentre i passi di lei si avvicinavano sempre di più.
-Ran- Eri la chiamò con tono dolce bussando alla porta. -Tesoro, apri. Perché non mi racconti come è andato il primo giorno di scuola?-
-Vattene- ordinò lei brusca e scorbutica, tornando sul suo letto e sfilandosi sia la gonna che la camicia, rimanendo in biancheria e calzini. Si girò su un lato e chiuse gli occhi.
Non sarebbe rimasta a lungo a Komatsu: poco ma sicuro.



Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa!
Lo so, sono in perfetto RITARDO MOSTRUOSO!
Ma se solo voi sapeste la mole interminabile di lavoro che la mia scuola mi assegna ogni giorno e il livello di stress che mi sta divorando, capireste anche il perchè della lunga attesa u.u
Chiedo umilmente perdono, ma finalmente ce l'ho fatta a tornare :)
Come state? :D
Allora Allora... Avete già dimenticato la storia? Nooo, vero? xD
*tono minaccioso*
u.u
Dunque, il capitolo è forse un po' statico, ma ci voleva per far capire l'evoluzione dei fatti e, soprattutto, per sottolineare l'umore di Ran... Che non è arrabiata *eufemismo* nera: di più ^^" Oh, e che mi dite dalla favolosa divisa scolastica che le ho appioppato? Un amore, vero? <3
xD
Dal prossimo ci saranno le prime svolte e tornerà la parte dinamica e... Ben presto anche Shinichi Kudo in veste di detective u.u
Che ne pensate comunque di questo capitolo? Recensite, mi raccomando *-*
Grazie a chi mi sta seguendo, recensendo e aggiungendo la storia alle preferite, seguite, ricordate <3
A presto (si spera ^^" scuola permettendo gente :S)
Managakagirl!!!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 5

-Aniki- Vodka inspirò a fondo dalla sua sigaretta, osservando fuori dal finestrino le persone scivolare ignare sul marciapiedi e apprestarsi a tornare a casa per la cena -Quando faremo la nostra mossa?-
Gin si mosse sul suo sedile continuando a tastare lo schermo del suo cellulare ultra-moderno con frenesia, sorridendo malignamente a quella domanda.
-Stiamo aspettando il loro passo falso, Vodka. Non tarderemo ancora a lungo, vedrai-
-Ma hanno ingaggiato l’FBI…-
-Ahah- ridacchiò Gin accendendosi una sigaretta e portandola alle labbra quasi inesistenti con indice e medio destro -Questo non è affatto un problema…-
-Passo falso? Cosa intendi?-
Il biondo guardò lo specchietto retrovisore con uno sguardo divertito, lo sistemò meglio per vedere chi c’era dietro, poi mise in moto sfilandosi la sigaretta dalla bocca ed espirando una nuvola grigia di fumo.
-Ho la netta sensazione, e non solo io, che qualcuno compirà la sciocchezza più grande della sua vita molto a breve. E noi saremo lì per cogliere quell’occasione al volo: abbiamo i nostri mezzi-
Gin partì lasciando sull’asfalto i segni degli pneumatici, inoltrandosi poi nel traffico del tardo pomeriggio con destrezza.
***
 
Aveva il possibile numero del capo dell’Organizzazione da tempo ormai. L’idea di utilizzarlo gli era passata dalla mente tempo prima, dopo aver ascoltato i consigli di Haibara ed essersi arreso all’evidenza che chiamare sarebbe stato come invitare a cena la Morte o aprire il vaso di Pandora. Tuttavia, in quel frangente, quei dannati numeri continuavano a frullargli nella mente, affacciandosi traditori in ogni pensiero:
0858#969#6261
Karasu naze nakuno… Karasu wa yama ni… Kawai nanatsu no… Ko ga aru kara yo… Kawai kawai to… Karasu wa nakuno…
Nanatsu no ko: quella canzone per bambini, così rilassante e lenta, sua madre gliela aveva cantata tante volte da bambino quando era in procinto di addormentarsi, eppure… Eppure qualcosa non tornava. Quella melodia non poteva essere usata dall’Organizzazione solo per una coincidenza, e nemmeno per il loro aspetto nero e da corvi. Ci doveva essere dell’altro dietro, qualcosa che sfuggiva a tutti, ma che era di vitale importanza…
-Kudo, non è da Loro…- la voce di Haibara lo scosse dai suoi pensieri.
-Haibara, per l’amor del cielo, potresti smetterla!?- esclamò esasperato Shinichi passandosi entrambe le mani nei capelli, scuotendoli con forza mentre camminava avanti e indietro per il suo salone.
Non bastava l’agitazione dovuta alla consapevolezza che Hattori in quel momento stava sicuramente rifiutando il Programma Protezione Testimoni mentre Jodie, che era partita per Osaka con Black, glielo stava proponendo, in più Shiho continuava a fargli notare che il ritardo dell’Organizzazione non era normale…
La melodia continuava a rimbombargli in testa…
-Ma non capisci che…-
-Capisco, capisco! Ma che ci posso fare? Vado a cercarli e gli dico: “Hey, Organizzazione, non si mandano i messaggi minatori e poi non ci si fa vedere!” ?-
Shiho si alzò stizzita dal divano su cui era seduta, prese la giacca bianca che aveva accanto a sé e si avviò alla porta di ingresso a passo spedito, senza degnarlo di uno sguardo.
-Dove stai andando?!- le domandò Shinichi sorpreso.
-A prendere una boccata d’aria-
-Ma sei pazza?!- il ragazzo la afferrò per un polso saldamente -Vuoi farti uccidere?! E se fossimo sotto il loro mirino?-
La scienziata si liberò dalla sua presa brusca, poi mise su un sorriso ironico.
-Ma come? Non possiamo farci nulla se non arrivano, no? L’hai detto tu stesso proprio ora-
-Haibara, tu non capisci…!-
-Smettila. Non sei mio padre, né mia madre, né mia sorella. Non ho bisogno di sottostare a te. Ci vediamo dopo- tagliò corto lei uscendo e fiondandosi fuori dalla porta, ma lui si infilò in fretta la sua giacca in pelle, mise le chiavi di casa nella tasca e sbatté la porta alle sue spalle, seguendola repentino.
-Aspettami. Dannazione!- sbraitò seguendola mentre lei assottigliava gli occhi.
-Voglio stare da sola-
-Beh, nessuno te lo impedisce. Anche io voglio camminare un po’. Non posso? È una città libera: chiunque può andare dove vuole- rispose secco, degnandola di un’occhiata fulminante, quando lei lo distanziò di qualche metro distogliendo lo sguardo.
-Fa’ come ti pare- si limitò a mormorare incrociando le braccia al petto e dirigendosi verso il centro di Beika.
***
 
Si appoggiò al parapetto del ponte stradale che c’era sopra il piccolo rivolo d’acqua che scorreva nel centro di Beika e fissò il tramonto colorare le acque di rosso cremisi e arancione. Chiuse gli occhi lasciando che il vento scuotesse i suoi capelli corvini, ascoltando in silenzio il rumore delle auto che passavano, del fiume che seguiva il suo corso indisturbato, del suo respiro lento e regolare.
“-Sei diventato tutto rosso!-
-Ma che dici?! È colpa del tramonto!-”
Già, colpa del tramonto. Abbassò il capo sulle braccia incrociate e vi affondò sopra il mento, aprendo gli occhi e fissando malinconico l’orizzonte, cercando di individuare il punto in cui il fiume iniziava.
L’aveva lasciata andare. Le era stato così vicino, così vicino da poterle dire la verità in ogni momento, da poterle dire tutto ciò che aveva da dire.
Invece cosa aveva fatto? L’aveva lasciata andare.
Non l’aveva nemmeno vista lasciare la città, non l’aveva salutata né più sentita. L’ultima cosa che le aveva detto, qualche giorno prima, era stata: “Ran-neechan, ci vediamo al mio ritorno. In questi tre giorni con il professore al convegno per scienziati ci divertiremo tantissimo”
Affondò il viso nelle braccia, sentendo il petto farsi pesante: senso di colpa.
Quale congresso, quale divertimento? Aveva inventato quella storia per poter andare all’hotel con Haibara senza problemi. Aveva inventato l’ennesima bugia.
L’aveva lasciata andare senza lottare, senza parlarle. Questo era ciò che gli faceva più male.
Diede le spalle al parapetto, inclinando la testa all’indietro, chiuse gli occhi fremendo e chiudendo la mano a pugno, pensando che era stato un emerito idiota a non capire prima ciò che davvero avrebbe dovuto fare: dirle la verità.
E con essa, dirle che l’amava.
Gli mancava, gli mancava da impazzire. Non la vedeva da soli 5 giorni e quella situazione era già diventata insopportabile. Faceva male, terribilmente male, sapere che Ran non era più Ran e che non era più a Beika: Nene viveva a Komatsu.
Shiho osservò il ragazzo darsi il tormento da lontano, a circa 5 metri da lui, appoggiata anche lei al parapetto con le braccia incrociate. Immaginava cosa gli passasse per la testa, quali pensieri lo tormentassero tanto.
Perché Shinichi Kudo non era un ragazzo emotivo, di quelli che si lasciano trasportare dalle emozioni o che le esternano: era cinico, pungente, spesso un vero idiota.
Ma Shinichi Kudo era pur sempre un umano.
Ed era innamorato.
Rimase a fissarlo a lungo mentre sembrava perso nei meandri di un ragionamento senza via d’uscita, mentre lottava con la sua razionalità che cominciava a vacillare col passare delle ore lontano da Lei.
Si sentiva il responsabile di quella situazione più di quanto non lo fosse invece lei, che aveva creato quella dannata droga mesi addietro.
Shinichi era in lotta con il suo buon senso e con un sentimento che si rendeva conto di provare sempre di più solo ora che aveva perso la sua anima gemella: la razionalità gli sottolineava che aveva fatto bene a lasciarla andare senza incontrarla, che era stato meglio così, ma il cuore gli urlava che era un Idiota e che si era lasciato scappare la cosa più importante della sua vita, permettendole di scivolare via dalle sue mani con la stessa semplicità di un getto d’acqua sulla pelle.
Il ragazzo chiuse gli occhi ancora una volta, tentando di mantenere a freno il suo impulso di correre alla stazione, prendere il primo treno per Komatsu e raggiungerla per dirle tutto ciò che aveva seppellito nei meandri di se stesso fino a quel momento.
Ma non lo fece: doveva tenerla al sicuro e per farlo, come aveva detto ad Haibara mesi prima*, doveva essere disposto anche a perderla.
-Andiamo a casa- mormorò qualche secondo dopo, uscendo dal suo dibattito interiore e passandole accanto con lo sguardo chino e le mani nelle tasche dei jeans. Shiho lo seguì appena con lo sguardo, poi prese a camminare a sua volta, tenendo un passo un po’ più lento per lasciargli il suo spazio: sapeva che detestava essere visto mentre esternava anche solo apparentemente i suoi sentimenti e sapeva anche che tra loro, per quanto impercettibile, ci sarebbe stata sempre una barriera.
Nessuno poteva essere davvero se stesso in presenza dell’altro, perché entrambi lottavano col proprio orgoglio cercando di apparire intaccabili da ogni avvenimento.
Entrambi nascondevano la propria vera natura.
***
 
Ran alzò la testa dal suo banco al suono della campanella dell’intervallo, rendendosi conto che per le prime due ore della giornata non aveva ascoltato nemmeno una parola del professore di Letteratura giapponese, una delle sue materie preferite.
Era a Komatsu da appena pochi giorni, ma già trovava tutto dannatamente noioso e sbagliato, tutto semplicemente una montatura ridicola. Osservò le maniche della sua camicia bianca e sospirò scocciata: faceva talmente caldo che aveva abbandonato la giacca beige sullo schienale della sua sedia ancor prima che la lezione cominciasse.
-Emm… Ciao!- una ragazza dai capelli corti e spettinati, che ricordava lontanamente Masumi Sera, appoggiò le mani sul suo banco sorridendole con un paio di occhietti nocciola e una spruzzata di lentiggini in viso. -Sei appena arrivata… Sembravi voler stare da sola, ma… Volevo presentarmi: sono Kyoshin Akira- sorrise ancora mentre al suo fianco arrivava un’altra ragazza dai capelli tinti rosso mogano, mossi e setosi fino alle spalle, un paio di grandi occhioni verdi e un sorriso davvero invidiabile.
-Ciao! Io sono Utsukushi Nanako- si presentò mentre si sbottonava il bottone della giacca della divisa con le dita affusolate e le unghie con il french.
Ran le fissò qualche secondo curiosa, poi sorrise un po’: non era proprio dell’umore per fare amicizia, ma non voleva comunque sembrare scortese.
-Piacere mio- “Sei Noriyuki Nene!” -Noriyuki Nene-
-Noriyuki-san- disse Akira amichevole -Sappiamo che ti sei trasferita da Tokyo, vero?-
La karateka riportò velocemente alla mente le parole che Jodie le aveva ben scandito prima di partire…
“-Ti chiami Noriyuki Nene, hai 17 anni e sei nata il 5 Settembre…-
-Perché cambiare anche la data del mio compleanno!?- sbottò Ran furiosa e sdegnata mentre quella scuoteva il capo.
-Ran, non possiamo far rimanere nulla di te. Comunque, dicevo, sei nata a settembre e hai vissuto per tutto questo tempo a Tokyo. Ti sei trasferita a Komatsu perché tua madre ha avuto un trasferimento di lavoro. A Tokyo frequentavi il liceo Furinkazan e abitavi a Ueno. La tua vita è stata sempre normalissima, hai avuto un gatto per 5 anni, tua nonna preparava dei mochi squisiti quando era in vita e il tuo sogno più grande è diventare un chirurgo. Non hai mai praticato il karate a livello agonistico e hai avuto un ragazzo di nome Daichi per tre mesi prima di trasferirti-
Ran battè gli occhi sconvolta: se era un sogno, avrebbe voluto davvero tanto qualcuno che la svegliassi al più presto”
Ovviamente non aveva nessuna intenzione di tirare fuori la storia della nonna e i mochi, né tantomeno del gatto… Cosa rimaneva?  Ah sì: il chirurgo e il fidanzato immaginario.
-Vero- rispose un po’ distratta, tentando di mantenere presente che non doveva mandare il lavoro dell’FBI alle ortiche rivelando chi era davvero o sarebbe stata costretta a trasferirsi ancora.
-Allora? Come va?- un ragazzo dai capelli neri e spettinati spuntò alle spalle di Akira, scompigliando la zazzera scura della ragazza, che fece una smorfia.
-Bene, fino a quando non c’eri tu!- si finse sdegnata lei mentre quello le faceva la linguaccia, per poi voltarsi verso Ran e fare un ampio e amichevole sorriso.
-Non badare a queste due pazze, sono buone in fondo. Io sono Akira, Akira Toriyama- si presentò facendole l’occhiolino mentre Ran lo scrutava a fondo, sorpresa.
-Akira Toriyama?- ripeté in un sussurro, per poi osservare i tre davanti a sé ridere.
-Io e lui siamo omonimi- spiegò la ragazza Akira, indicandosi il petto -Lui è Akira-kun, io sono Akira-chan per distinguerci-
-Entrambi col nome di quel grande genio di mangaka che muore e resuscita in continuazione peggio di suo figlio Goku…- aggiunse Akira-kun beccandosi uno scapaccione da Akira-chan.
-Akira Toriyama non è morto! È il web che fa girare delle bufale assurde…-
-Sarà- alzò le spalle Akira-kun mentre Nanako osservava Ran sorridendo.
-Sono due fanatici del mangaka se non si fosse capito- le sussurrò divertita mentre lei fissava i due stranita. Si alzò dal suo posto e fece un piccolo inchino per presentarsi, ma il ragazzo la fermò con il gesto di una mano.
-Noriyuki Nene, 17 anni, edochiana- disse ridacchiando mentre lei annuiva confusa -Lo sanno tutti ormai-
-Akira-kun! Non è carino dire così!- lo rimproverò Nanako fulminandolo e poi fissando Ran mortificata, ma lei scosse il capo abbozzando un sorriso.
-Non ha tutti i torti, no? Penso sia l’unica cosa che si sappia di me in classe…- rispose la karateka allentandosi il fiocco al collo e frenando a stento la tentazione di lanciarlo fuori dalla finestra aperta della classe. Che razza di uniforme…
-Beh, Noriyuki-san…- cominciò Akira-chan sorridendole, ma Ran scosse il capo.
-Emm… Preferirei che usaste il nome per chiamarmi- sorrise in imbarazzo: quel cognome non se lo sarebbe ricordata mai e poi mai -Io non ho mai amato tanto distacco tra compagni di classe- aggiunse poi mentre un sorriso si apriva sul volto di tutti e tre i ragazzi.
-Nene-chan!- urlò la ragazza dai capelli spettinati battendo le mani al petto tutta euforica mentre Akira-kun alzava gli occhi al cielo.
-Non ti ha detto: “Fa’ la pazza con il mio nome!” -
-Uffa- lei gonfiò le guance contrariata -Perché mi smonti sempre, Akira-kun?!-
-Perché sei una pazza otaku che ha ereditato questa malattia dal suo nome uni-sex che a sua volta era quello del Sensei…-
-Akira Toriyama non è morto! Non parlare di lui al passato!- sbraitò scocciata la ragazza scaldandosi mentre Ran sentiva un sorriso aprirsi in viso, finchè non scoppiò letteralmente a ridere lasciando i tre sorpresi.
Era la prima volta che rideva da quando era a Komatsu.
-Ah-ah!- il ragazzo le batté una mano sulla spalla ridacchiando -Ma allora sai anche ridere oltre che avere una faccia impassibile-
-Akira-kun!- esclamarono in coro le due ragazze agitate, ma Ran scosse ancora il capo continuando a ridacchiare.
-Tranquille-
La classe si era svuotata per via dell’intervallo e a parte loro quattro non c’era più nessuno. Ran osservò i suoi nuovi compagni serena, poi si rivolse ad uno ad uno.
-Akira-chan- sorrise mentre quella saltellò euforica con le guance arrossate dalla felicità -Akira-kun- quello le ammiccò -Nanako-chan-
-Nana-chan basta- disse lei agitando una mano davanti al viso.
-Nana-chan-
-Hey ragazze- il ragazzo si sedette sul banco di Ran e portò le braccia dietro la testa -Che ne dite se dopo la scuola andassimo al karaoke per dare il benvenuto a Nene?-
La versione femminile di Akira si voltò verso “Nene” con gli occhi a cuoricino, prendendo poi a saltellare sul posto come una pazza e urlare “Sì, dai! Sì, dai!” mentre il ragazzo alzava gli occhi a cielo.
-Vedi a vedere e leggere troppi anime e manga come si diventa?- disse ridendo in direzione di Ran che ridacchiò scuotendo il capo mentre la ragazza dai capelli corvini si scaldava.
-Ma dai…- mormorò Ran.
-AKIRA-KUN! PIANTALA! Anche tu sei un otaku!- urlò quella saltandogli addosso e prendendo a dargli gomitate nelle costole, quando Nanako, ridacchiando rassegnata, intervenne staccandola.
-Akira-chan, dai… Lo sai che lo dice per provocarti-
-Questo dannato genio del computer!- sbraitò lei incrociando le braccia al petto mentre quello scoppiava a ridere piegandosi in due.
-Non è certo colpa mia se il Sensei mi ha trasmesso la sua genialità in informatica anziché in anime e manga…-
-Qualcosa contro gli anime e i manga?!-
-Ma se li leggo e vedo anche io! Lo hai appena detto anche tu!-
-Ma fanno sempre così?- domandò Ran divertita mentre Nana al suo fianco si portava un palmo sulla faccia scuotendo la testa senza speranza.
-Sì, tutti i giorni...- rispose sconsolata mentre i due continuavano a punzecchiarsi -Sono amici di infanzia: si conoscono da una vita- aggiunse poi mentre il sorriso sul viso della karateka cominciò a scemare lentamente.
Amici di infanzia.
Dannazione, ma perché ce n’erano dappertutto…
-Allora per il karaoke?-
Ran sprofondò di nuovo nei suoi pensieri, mentre le immagini di lei e Shinichi che si punzecchiavano tornavano vive nella sua mente come se accadute il giorno prima.
-Nene-chan?-
Shinichi. Lui era a Tokyo, a casa sua, a fare chissà che… Organizzazioni… FBI…
-Nene-chan!- la voce dei tre in coro la fece sobbalzare mentre tornava alla realtà stanca, come se avesse intrapreso un viaggio di intere settimane. Dai loro sguardi notò che sembravano preoccupati, ma quella strana sensazione di malinconia e rabbia le aveva attanagliato lo stomaco per l’ennesima volta e non sarebbe stato facile farla andare via.
-Scusate- mormorò abbassando lo sguardo mentre i tre notavano che era tornata al suo umore di quando era entrata in classe la mattina prima.
Non potevano immaginare cosa la tormentasse tanto, ma erano certi che doveva essere qualcosa di importante, perché non le fecero domanda, ma Nana le mise una mano sulla spalla sorridendole con dolcezza.
-Nene-chan, ti farà bene il karaoke- mormorò annuendo mentre lei alzava lo sguardo indecifrabile.
-Sì…- si limitò a risponderle per poi sprofondare di nuovo nei suoi pensieri, raccogliendosi dentro a riccio come aveva fatto da quando era partita per Komatsu.

*
 (ep 270 jap)


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa :)
So, tadaima ^^
Lo so, avevo detto sarebbe stato un capitolo dinamico... Ma mi ero confusa con il prossimo O_O
Wari neh, minna ^^"
Il prossimo lo sarà: promesso 
*---*
Allora!!!!!!!!!!!! :D
Abbiamo la prima comparsa dell'Organizzazione... che a quanto pare ha ben in mente cosa fare, eh? xD
Ma cosa succederà?! o____O
E poi uno Shinichi in lotta con se stesso e una Ran che stringe amicizia con tre nuovi compagni :)
GRAZIE a chi mi sta seguendo, recensendo o anche solo leggendo *-*
Al prossimo capitolo!

Mangakagirl!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 6.

Osservò con distacco la figura davanti a sé mentre quella fumava tranquilla immersa nella semioscurità della stanza invasa dal fumo e dall’odore di candele alla vaniglia sparse ovunque. Si passò una mano sui lunghi e ondulati capelli biondo pallido spostandoli all’indietro e abbozzando un piccolo sorriso quando sentì gli occhi del suo capo attraversare con lo sguardo il suo corpo sinuoso avvolto nella tuta nera in pelle.
Non le piaceva quella situazione perché tutto non tornava come avrebbe dovuto: le stava nascondendo qualcosa e qualsiasi cosa fosse non le piaceva. Mosse appena le mani poggiate sui braccioli della poltrona in pelle nera su cui sedeva e poi accavallò le gambe dall’altra parte, poggiando i sottili tacchi a spillo per terra.
-Parlami di lei- ordinò il suo interlocutore squadrandola divertito mentre lei abbozzava un altro sorriso sentendo per qualche secondo il sangue gelare nelle vene. Per quanto fosse la sua preferita, non riusciva affatto a sentirsi a suo agio.
-Cosa vuoi sapere?- chiese portando la sigaretta che stringeva tra l’indice e il medio destro alla bocca. Ne aspirò una grande boccata cercando di rilassarsi mentre la figura sorrideva melliflua sorseggiando un bicchiere di Brandy senza espirare la boccata di fumo che aveva appena inspirato.
-Tutto ciò che sai, mia cara Vermouth- il suo tono si fece divertito ma allo stesso tempo minaccioso -Ma se ometterai qualcosa sappi che lo capirò: ogni cosa che io voglio, la ottengo-
L’americana sorrise e poi si lasciò andare ad una vera e propria risata alzando il capo all’indietro e cercando di apparire il più naturale possibile grazie alle sue doti da attrice davvero ammirabili.
-Non ti mentirei mai, lo sai-
-Oh, lo spero tanto per te, darling- finì quello sorridendo con occhi folli e sguardo fisso, divorandola come se fosse un’insignificante moscerino sotto una campana di vetro.
***
 
Ran seguì i due Akira e Nanako per le sconosciute strade di Komatsu tenendo il capo chino e fissando i mocassini che strisciavano sull’asfalto. Karaoke?
No, non ne aveva proprio voglia. Ma non voleva risultare scortese nei confronti dei tre “amici” che erano stati così carini da inserirla subito nel gruppo: in fondo, avrebbero anche potuta lasciarla nel suo angolino, e invece…
-Akira-chan stona come una campana, Nene-chan! Preparati a tapparti le orecchie- Akira-kun sfotté la sua compagna battendole una mano sulla spalla mentre quella gonfiava le guance inviperita.
-Io non stono come una campana!-
-Hai ragione: come l’intero campanile!- aggiunse Nana ridendo e beccandosi da quella un’occhiataccia paurosa.
-Basta! Cosa sono queste coalizioni?!- si lamentò la ragazza voltandosi poi verso Ran che camminava qualche passo dietro di loro. La osservò qualche istante addolcendo gli occhi e poi scambiandosi un’occhiata coi due amici, poi si fermò e aspettò che lei le arrivasse davanti. -Nene-chan, per caso c’è qualche cosa che non va? Non ti senti bene?-
Ran alzò lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi nocciola e rimase ad osservarla qualche secondo, senza sapere bene cosa dire. Quando uno strano brivido le percorse la schiena, costringendola a voltarsi di scatto alle sue spalle, ma non vide nessuno a parte qualche passante che svolgeva la sua vita indisturbato, portando borse piene di nuovi acquisti o 24 ore nere alla mano.
Impressione? O qualcuno la stava davvero seguendo? Doveva essere il fatto che non era abituata ad essere seguita dagli agenti dell’FBI… Sì, probabilmente erano loro.
-Nene- Akira-kun le passò una mano davanti al viso, preoccupato -Ma… Sta succedendo qualcosa?-
-Come?- domandò stralunata Ran cadendo dalle nuvole voltandosi verso di lui, che la studiò a fondo negli occhi per alcuni secondi -Non andiamo più al karaoke?-
I tre rimasero allibiti, poi Nanako si fece avanti e le fece un sorriso un po’ incerto, indicandole un edificio a pochi metri da loro.
-Siamo arrivati- disse avviandosi verso le porte scorrevoli in vetro che recavano diverse insegne di negozi presenti nell’edificio, tra cui la scritta “KARAOKE”. Akira-kun si guardò attorno pensieroso, intuendo che probabilmente il suo problema era la sensazione di essere seguita, ma non essendoci nessun sospettabile in giro sospirò e seguì le tre.
Saliti al tredicesimo piano dell’edificio entrarono in una stanza piccolina ma graziosa, con un grosso schermo piatto a cui era collegata una console super tecnologica e quattro microfoni. Akira-chan si fiondò su quello arancione, lo accese e cominciò a cantare senza nemmeno che la musica fosse stata scelta mentre Nanako alzava gli occhi al cielo.
-Templi…!- esclamò un po’ esasperata prendendo poi il microfono rosa e passandone uno lilla a Ran, che lo accettò senza molto entusiasmo mentre Akira-kun accendeva la console tutto euforico.
-Bene gente! Sotto al primo! Abbiamo l’intera lista di canzoni mondiali a disposizione. Che volete cantare?-
Le due ragazze si voltarono vero Ran entusiaste, ma la videro sedersi su uno dei divanetti panna della stanza con un’espressione pensierosa in volto: ma chi era che poteva avere motivi per seguirla?
E no, lei non avrebbe cantato: aveva ben altro in mente…
Quella situazione e Lui in particolare ormai era al centro di tutti i suoi pensieri, sfortunatamente…
E pensare che solo pochi giorni prima adorava il fatto che fosse sempre il suo primo pensiero.

 
***
 
Shinichi osservò il suo riflesso allo specchio dopo essersi asciugato il viso dall’acqua gelida con cui l’aveva appena sciacquato. La frangetta umida gli copriva gli occhi blu come l’oceano che lo scrutavano spenti e tristi attraverso il riflesso cristallino della superficie specchiata.
Si chiedeva come ancora riuscisse a sostenere il suo stesso sguardo dopo quello che aveva fatto: dopo aver lasciato andare Ran senza nemmeno lottare. Uscì dal bagno sentendosi colpevole, affondando le mani umide nelle tasche dei jeans, e percorse il salotto a piccoli passi, avviandosi poi in biblioteca quasi per caso, guidato dalle sue stesse gambe.
Il suo sguardo cadde sullo spazio vuoto che c’era sulla quarta mensola da terra, tra “Lo studio in rosso” e “Il mastino dei Baskerville”. Poggiò il dito indice e medio nel vuoto polveroso e le lasciò scorrere per un po’, ripensando a quando lì in mezzo giaceva “Il segno dei quattro”, il suo libro preferito.
Aveva lasciato una parte di sé in quel libro, e sperava tanto che così fosse arrivata anche a Lei, che ora era lontana chilometri da Tokyo, sotto un altro cielo, un altro tempo, un'altra vita.
Non sapeva se Ran sarebbe riuscita a decifrare il suo codice, ma se da un lato sperava di sì, dall’altro sperava tanto di no: voleva farle sapere cosa davvero provava per lei, ma sapeva che così la separazione sarebbe stata solo peggiore.
Si voltò verso la scrivania e per un attimo ebbe un flashback… Uno dei tanti a dire il vero. Poggiò i palmi rivolti all’ingiù sul legno di noce lucidato e osservò l’ombra del suo viso per alcuni secondi, mentre le immagini di quello che era accaduto anni prima tornavano alla mente repentine…

“-Shinichi!- urlò Ran entrando nella biblioteca euforica, indossando un abito giallo a fiori bianchi e azzurri: il caldo estivo era quasi insopportabile -Shinichi- ripeté delusa guardandosi attorno ma non vedendolo da nessuna parte. Il ragazzo, nascosto all’ultimo piano della libreria, quello in cui c’era il corridoio che permetteva di camminare tranquillamente, la spiò sorpreso: non sapeva sarebbe arrivata così presto. Ran 14enne fece alcuni passi verso la scrivania, percorrendone il bordo con l’indice destro e osservando il suo riflesso con un sorriso amaro. Il ragazzo, posando “Dentro la mente del Serial Killer” sulla pila di 11 libri l’uno sopra l’altro che aveva eretto sul pavimento, si sporse dal balconcino in legno e sorrise poggiando le braccia incrociate sulla ringhiera.
-Yo Ran!- la salutò rivolgendole un sorriso furbetto godendosi l’espressione spaventata del suo volto, sorpresa di vederlo spuntare dal nulla.
-Baro! Mi hai fatto spaventare!-
-Wari wari- ridacchiò lui spostandosi un ciuffetto dagli occhi -Che ci fai qui già a quest’ora? Mamma aveva detto che saresti arrivata per l’ora di cena…-
-Infatti sono le 19.00- gli fece notare la ragazzina ridacchiando mentre lui sbarrava gli occhi.
Non era possibile, perché solo fino a qualche minuto prima erano le 15.00… Non potevano essere le…
19.00.
Shinichi lanciò un’occhiata al suo orologio da polso incredulo, poi passò nuovamente lo sguardo a Ran.
-Sorpreso, Tantei-san?-
-Certo! Sono entrato qui dentro che erano le 3 e ora…-
-Beh, come si suol dire… Quando una cosa piace il tempo vola, no?-
Shinichi scese le scale che portavano a terra e si avvicinò a Ran mostrandole il libro che stava leggendo mentre lei indietreggiava spaventata dal titolo.
-Noooo, mettilo via!- si lagnò mentre quello rideva prendendola in giro.
-Che lagna che sei!-
-Smettila!- Ran gli diede un piccolo pugno in testa, senza l’intento di volergli fare male, e lui fece una smorfia, bloccandole il polso con la mano destra, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso senza accorgersene.
-Vorresti fare del male al tuo migliore amico?- domandò furbetto e ammiccante mentre lei assottigliava lo sguardo stizzita.
-Tsk! Sì se lui mi vuole fare i dispetti…- rispose lei avvicinandosi sempre di più per sfida, ma senza accorgersene entrambi erano quasi sdraiati sulla scrivania, inarcati all’indietro con la schiena. Yukiko irruppe nella biblioteca per avvisarli che era pronto, ma rimase qualche secondo incredula alla loro vista.
-Emmm… Ragazzi… Sarebbe pronto…- mormorò incerta, scoppiando poi a ridere mentre i due avvampavano.
Shinichi liberò immediatamente il polso della ragazza e si allontanò in gran fretta con le guance scarlatte e accaldate.
-S-scusa…- mormorò pianissimo, sicuro che lei non lo avesse sentito, ma Ran scosse il capo puntato a terra.
-N-nulla…-“

Shinichi tornò alla realtà data la piccola, quasi impercettibile, scossa di terremoto che aveva smosso la casa e la città per un paio di secondi. In Giappone era così frequenti che nessuno ci faceva mai caso o si faceva prendere dal panico: erano all’ordine del giorno una media di tre scosse.
Si voltò verso l’alto, vedendosi di nuovo affacciato alla balconata dell’ultimo piano per alcuni secondi, poi scosse il capo capendo che era inutile ripensare ai tempi passati.
Ran era a Komatsu.
Lui a Tokyo.
Se fosse uscito vivo da tutta quella storia, sarebbe già stata una fortuna.
-Kudo, andiamo a fare qualche ricerca- Shiho si affacciò all’interno della biblioteca e attirò l’attenzione del ragazzo, che annuì in sua direzione. Seguì la ragazza nel salotto, ma poi le fece strada su per la scala di legno lucido che portava al piano di sopra, provocando un dolce rumore ad ogni scalino. Si diresse verso la prima camera di fronte alla rampa di scale, aprì la porta quasi stupendosi di compiere quella che un tempo era stata un’azione quotidiana che si ripeteva più volte al giorno: si ritrovò immerso nel profumo della sua stanza un po’ in disordine e polverosa. La osservò con occhi spenti rivolgendo la sua attenzione a qualche dettaglio che solitamente, prima di trasformarsi in Conan, non lo avrebbe mai colpito, poi entrò immergendosi nel suo ambiente e andò a sedersi alla scrivania di ciliegio, facendo segno a Shiho di raggiungerlo. La scienziata si sedette con le braccia incrociate e i suoi soliti occhi vacui, poi posò lo sguardo attorno a sé con curiosità per la prima volta nonostante fosse già entrata lì dentro, osservandosi attorno: era interessante vedere la camera di Shinichi Kudo, che quasi non si considerava umano e per il quale quindi non si riusciva quasi mai ad immaginare una vita ordinaria.
-Direi di iniziare a parlare di Loro- cominciò Shinichi portando entrambe le mani sotto al mento, concentrandosi -Se vuoi sconfiggere il tuo nemico, devi anche conoscerlo…-
-Da chi cominciamo?- domandò Shiho tornando a porgli attenzione. Gli occhi del ragazzo saettarono sul suo viso repentini e pensosi, poi si assottigliarono un po’ per focalizzare bene l’obbiettivo di quella chiacchierata.
-Gin- rispose soddisfatto della sua decisione -Cominciamo da lui…-
La schiena della 19enne venne percorsa da un brivido incontrollato, repentino e freddo: il solo nome di quell’uomo era capace di risvegliare in lei terribili ricordi…
-Lui è proprio come lo vedi… Spietato, senza un briciolo di umanità, un assassino…-
-Non c’è altro? Non so… Qualcosa che è successo tra te e lui di significativo che possa esserci di aiuto…?- buttò lì il ragazzo senza rendersi conto del grande errore.
Uno dei ricordi peggiori di Shiho Miyano riaffiorò dagli angoli remoti della sua memoria, lasciandola pietrificata mentre le immagini le scorrevano davanti agli occhi come un film…

“Non appena si guardò attorno trascinando il trolley fuori dall’aeroporto, la figura di Vodka fece capolino alla sua vista, sorridendole senza gioia. Inghiottì la saliva con ribrezzo, poi lo raggiunse a passo lento e forzato senza guardarlo nelle lenti scure degli occhiali. Era stata chiamata da Gin poche ore prima: Anokata la rivoleva in Giappone.
I suoi studi in America erano finiti, la 16enne doveva cominciare la sua carriera nell’Organizzazione: gli ordini erano stati fin troppo chiari.
Salì a bordo della Porsche 356A nera come la notte di Gin, sistemò il suo piccolo bagaglio accanto a sé e puntò lo sguardo fuori dal finestrino senza dire una parola mentre Vodka, sorridente, saliva al posto di guida e metteva in moto.
-Fatto buon viaggio, Sherry?- scoppiò a ridere mentre lei taceva, chiudendosi su se stessa e pensando solo al momento in cui avrebbe riabbracciato sua sorella dopo un anno di lontananza e appena 3 chiamate contate.
***
-Questo sarà il tuo laboratorio momentaneo- affermò Vodka sbrigativo spingendola oltre la soglia di una porta in ferro dentro un laboratorio di medie dimensioni che puzzava di chiuso e muffa, e che era quasi del tutto spoglio se non per un tavolo da laboratorio con sopra attrezzature di ogni genere, un divano e una poltrona sgualciti. L’uomo le indicò il tavolo con il capo e tirò fuori dalla tasca interna della sua giacca nera come la pece un biglietto con scritto sopra il nome di un composto. Glielo porse con divertimento, poi sorrise ancora con un ghigno. -Hai 5 ore per preparare quella roba… Anokata vuole una prova delle tue capacità-
Shiho prese il biglietto e lo scrutò con serietà, poi alzò lo sguardo nell’uomo e si rivolse a lui con distacco.
-Dov’è mia sorella?-
-Ahah- Vodka si voltò verso la porta e si avviò fuori dal laboratorio con indifferenza mentre i suoi passi rimbombavano attorno -In missione: vi rivedrete tra tre giorni- affermò prima di incrociare il suo sguardo un’ultima volta, per poi chiudere la porta con forza. Il rumore della serratura che veniva chiusa rimbombò ovunque nel laboratorio in modo secco e metallico, ma a Shiho non importava: si sentiva più sicura lontana da quei tipi.
***
Il composto doveva riposare per all’incirca mezzoretta e poi sarebbe stato pronto, per cui si appoggiò con la schiena alla sedia e rilassò i muscoli contratti delle spalle sospirando e chiudendo gli occhi: avrebbe avuto ancora due ore a disposizione per stare da sola prima che qualcuno si sarebbe ricordato di lei…
Il rumore metallico della serratura la fece sobbalzare con forza dalla sedia, facendola voltare di scatto verso la porta e incrociare per la prima volta dopo un anno gli occhi freddi di Gin. L’uomo dai capelli color platino le sorrise con la sua solita espressione assassina, entrò nel laboratorio silenzioso e chiuse a più mandate la porta, facendo rimbombare ovunque il rumore e rabbrividire la 16enne.
Perché stava chiudendo?
L’uomo in nero si avvicinò a lei con calma, ghignando ancor più quando si alzò in piedi visibilmente agitata.
-Sherry-
-Gin- rispose poggiando una mano sulla sedia e stringendo forte -Hai bisogno di qualcosa?- domandò cercando di fingersi impassibile il più possibile mentre quello si fermava ad un metro da lei.
-A che punto sei arrivata?- chiese indicando con un cenno di capo le provette in cui il composto verde smeraldo si rimescolava come in tempesta. Shiho le guardò solo per un secondo, poi tornò a fissare lui con diffidenza.
-Deve riposare per mezz’ora… Poi sarà completo-
-Bene- Gin fece un altro passo verso di lei, che indietreggiò verso la scrivania cercando di apparire indifferente.
-Dov’è mia sorella?- domandò ancora mentre lui sorrideva.
-In missione-
-Voglio vederla- affermò autoritaria lei facendosi avanti -E’ un anno che non…-
Con un gesto repentino, Gin la afferrò per un polso e la attirò a sé con forza, fissandola deciso negli occhi con aria furiosa.
-Tu non “vuoi”. Tu fai quello che decido io- affermò scandendo bene ogni parola mentre il cuore di lei martellava contro il petto furioso. L’uomo stette in silenzio qualche altro secondo, poi sorrise e le afferrò anche l’altro polso. -Come è andata in America, Sherry?- domandò divertito con tono basso mentre lei inorridiva della sua vicinanza.
-Lasc…- provò a dire, ma le labbra di lui sbatterono violentemente contro le sue, mordendola e gustandola con voracità. I suoi mugugni non servirono a nulla, lui le portò entrambe le braccia dietro la schiena bloccandola e aumentò la passione dei baci, per poi infilarle a forza la lingua in bocca ed esplorare ogni angolo famelico. Quando finalmente si staccò, Shiho fece per urlare disgustata, ma lui la colpì con un violento schiaffo in pieno viso scaraventandola sul divano rosso e sgualcito del laboratorio, lasciandola senza fiato. La ragazza portò una mano alla guancia sconvolta, poi si voltò spaventata verso di lui e lo vide lasciar cadere l’impermeabile nero a terra con gesto secco e avvicinarsi con determinazione al divano, salendole poi addosso con un ghigno.
In un attimo ogni cosa fu chiara e Shiho urlò, per poi trovarsi con la bocca tappata e il viso di lui a pochi centimetri dal suo.
-Ora proveremo a fare un bel giochino da grandi, ti va?- le domandò piano con scherno mentre lei cominciava a piangere disperata e lui si sbottonava i pantaloni -Bentornata a casa, Sherry- disse malefico con aria trionfante prima di cominciare.
***
Le mani di lei tremavano terribilmente, facendo tintinnare tra loro le provette mentre versava il contenuto di una nell’altra. I suoi occhi erano gonfi di pianto e il suo corpo scosso da brividi di freddo e fitte di dolore. Tappò la fiala velocemente, poi la porse a Gin, accanto a lei, senza guardarlo continuando a tremare visibilmente: aveva finito solo pochi minuti prima. Lui la prese soddisfatto tra le dita e la scrutò controluce, per poi annuire. Abbassò il viso sopra la sua spalla e soffiò sul suo collo poche, ma paurose parole.
-Ottimo lavoro, mia cara. Domani giocheremo ancora- posò le labbra sul suo collo -Non vedo l’ora-
Il cuore di Shiho perse più di un battito mentre l’uomo scoppiava a ridere e si chiudeva con forza la porta in metallo alle spalle. La ragazza si lasciò cadere a terra sulle ginocchia e scoppiò in lacrime urlando con tutto il fiato che aveva in gola: era finita, avevano vinto ancora una volta.”

Il dolore che aveva provato, le spinte dell’uomo, i suoi ansimi e gemiti, le sue risate rimbombarono nella sua mente proprio come erano rimbombate in quei momenti attorno a lei, dentro al laboratorio. Udiva ancora in lontananza le sue urla di dolore e di disperazione, ancora sentiva sulle braccia e sul collo le unghie di lui conficcarsi nella carne con violenza per fare bene presa su di lei. Stava tremando proprio come quella volta, sentiva le lacrime premere per uscire.
Shinichi la osservò in silenzio cercando di capire cosa le prendesse, poi le toccò un braccio per attirare la sua attenzione e lei sobbalzò spaventata, quasi credendo di trovarsi Gin davanti. Gli occhi color oceano del ragazzo, però, le fecero capire che era al sicuro, che Gin non c’era e la salda presa di lui sulle sue spalle la rassicurò un po’ mentre il liceale la scrutava serio: Shinichi aveva capito.
-Haibara, sei al sicuro ora- affermò piano e serio stringendo la presa -Non gli permetterò mai più di farti del male. Te lo giuro- aggiunse poi prima che lei annuisse incerta, liberandosi dalla sua presa un po’ brusca per non smentire il suo carattere distaccato.
-Vado un secondo in bagno- mormorò fuggendo a passo spedito dalla stanza con gli occhi del ragazzo puntati addosso. Si chiuse in bagno a chiave e si avvicinò al lavabo specchiandosi nella specchiera enorme scelta dal raffinato gusto della signora Kudo.
Vide una ragazza dagli occhi arrossati scrutarla dall’altro lato e la lasciò piangere in silenzio senza vergogna, mentre anche l’ultimo di quel ricordo riaffiorava repentino…

“-Shiho!- Akemi sorrise correndole in contro mentre lei era di spalle e l’abbracciò cingendola da dietro la schiena -Sorellina, che bello rivederti!- esclamò chiudendo gli occhi e annusando il suo odore familiare che tanto le era mancato, ma quello di qualcun altro le fece sbarrare gli occhi e staccarsi veloce. La 16enne si voltò verso di lei con lentezza, affogando gli occhi colmi di pianto nei suoi e tacendo mentre quella inorridiva associando quella puzza di fumo e colonia datata ad una persona: Gin.
-Shiho…- quella si coprì il viso con le mani come se provasse vergogna e lei l’abbracciò baciandole il capo e lasciando che si rifugiasse tra le sue braccia come un cucciolo impaurito, tremante e singhiozzante. Il cuore le si dilaniò mentre scopriva che il destino toccato a lei anni prima si era abbattuto anche sulla sorella che amava con tutta se stessa.
-Scapperemo da qui, te lo giuro- le sussurrò poi in un orecchio cercando di rassicurarla mentre le carezzava i capelli -Non ci avranno per sempre tesoro, è una promessa: ti porterò fuori da questa dannata Organizzazione, fosse anche l’ultima cosa che faccio-

***
 
Ran non era stata molto di compagnia al karaoke, lo riconosceva. Non aveva fatto altro che alzarsi e guardare fuori dalla finestra la città, con occhi spenti e la mente altrove mentre i tre dietro di lei cantavano e cercavano di coinvolgerla il più possibile.
Ma nulla.
Le piacevano molto quei tre e i loro caratteri esuberanti, specie quelli dei due otaku, ma non riusciva a sentirsi pienamente serena come avrebbe dovuto.
Il peggio fu quando, malauguratamente, Nanako volle cantare “Your best friend” di Mai Kuraki: a quel punto lei aveva preso la sua cartella, aveva chiesto scusa, detto che non stava bene, e tirato dritto fino a casa.
Affondò il viso nelle mani, i gomiti appoggiati sulla scrivania chiara sotto la finestra della sua stanza. Osservò come anche a Komatsu le gocce di pioggia si schiantassero irrimediabilmente sul suolo, sull’erba, sul vetro senza scampo, ascoltando il loro rumore persa in un altro mondo e seguendo la loro scia mentre scorrevano verso il basso.
Shinichi.
Cosa stava facendo? Con chi era? Era davvero in pericolo?
Si maledisse qualche secondo dopo, battendosi un palmo sulla fronte, chiudendo gli occhi e dandosi della stupida.
Pensava ancora a lui? Davvero? Dopo quello che era successo? Quello che l’aveva costretta a fare?
Con nervoso si alzò strisciando la sedia a terra e gettandosi sul suo letto con poca grazia, posandosi una braccio sulla fronte fissando il soffitto bianco che ormai conosceva a memoria. Ascoltò il suo respiro per alcuni secondi, poi chiuse gli occhi cercando di liberare la mente.
Fare i compiti? Non se ne parlava: quella non era la sua scuola e lei non voleva cominciare quella nuova vita. Rivoleva la sua vecchia. Fare i compiti sarebbe stato come arrendersi alla nuova realtà e cercare di riprendere una routine e lei questo non lo voleva affatto.
Una piccola scossa di terremoto fece tremare Komatsu e le fondamenta della sua nuova dimora, muovendo il suo letto come se fosse su un materassino gonfiabile che galleggia sulle onde del mare. Un dolore al fianco la costrinse a spalancare gli occhi e a scattare a sedere, ritrovandosi in grembo un libro dalla copertina scarlatta e consumata.
“Il segno dei quattro” era caduto dalla mensola sopra il suo ventre, colpendola con l’angolo della copertina.
-Dannazione- imprecò la bassa voce prendendolo con disprezzo e fulminandolo con lo sguardo come a volerlo incenerire.
“Sembrava importante quando me lo ha dato…”
La voce di Jodie le rimbombò nella mente per l’ennesima volta, bloccando il suo gesto di portare il libro nuovamente sulla mensola.
Importante.
Osservò la copertina per qualche secondo ed ebbe l’impressione, portandolo vicino al viso, che quel libro avesse il suo odore, la sua essenza.
-Dannazione- imprecò di nuovo Ran rendendosi conto di quanto, ancora, ne fosse attratta: Shinichi era la sua droga per quanto le costasse ammetterlo, la sua ragione di vita.
Prese a sfogliarne le pagine con stizza, cercando di capire perché fosse così “importante”, ma non trovò nulla: nessuna sottolineatura, sarebbe stato un sacrilegio anche solo scriverci sopra con la matita a quanto diceva lui, nessuna orecchia per non perdere una pagina importante, nulla.
Qualche minuto dopo vi rinunciò e sollevò nuovamente il libro per porlo sulla mensola, quando un bigliettino, incastrato dietro l’incollatura della copertina, scivolò fuori repentino cadendo sulle coperte magenta arricciate dal suo peso. La karateka sbarrò gli occhi sorpresa prendendolo in mano quasi tremante, lo aprì e non ebbe dubbi: quella scrittura, un po’ obliqua e ordinata, l’avrebbe riconosciuta tra mille.
Shinichi.
Lesse una serie di numeri rimanendo qualche secondo perplessa.
3-35. 3-79. 3-125 …      
Cosa diavolo…?!
Un codice: certamente, Shinichi Kudo non si poteva smentire, no?
Sbuffò e fu quasi sul punto di gettare libro e bigliettino nel cestino della carta, ma poi qualcosa la trattenne.
Era importante dicevano? Beh, lo avrebbe scoperto: in fondo non aveva più nulla da perdere.
Si alzò dal letto poggiando le piante nude sul fresco pavimento chiaro, si sedette nuovamente alla scrivania con il libro in mano e accese la lampada prendendo un pezzetto di carta e una penna blu. Avrebbe dovuto decifrarlo, era un codice, ma quale criterio aveva scelto Shinichi per formularlo?
Ci pensò su qualche secondo, entrando nella mente di quello che credeva essere la persona che meglio conosceva al mondo, poi provò a buttare già qualche ipotesi.
Il tre si ripeteva per un po’… Corrispondeva forse ad un numero civico? Ad un autobus? Un mese, marzo?
Ma perché inserirlo proprio in quel libro che lui amava alla follia e da cui non si sarebbe mai separato?
All’improvviso, dopo svariate ipotesi, quella giusta si affacciò nella sua mente quasi per caso: se il primo numero si fosse collegato alla pagina e il secondo all’ordine in cui compariva la parola tra le righe…
La ricerca cominciò frenetica: Ran prese a sfogliare l’opera con fretta, ansiosa di scoprire se la sua deduzione fosse corretta.
“-Per scoprire se quello che pensi sia davvero la giusta deduzione, allora non ti resta che provarlo-“ aveva detto Shinichi tempo prima, quando aveva dovuto provare che Aya, la sua compagna di classe che lavorava al supermarket, non era la vera responsabile dei furti che da tempo assalivano il negozio. *Ep 369 ita
Ancora lui, ancora una volta… Era davvero ovunque Shinichi, non poteva negarlo…
Man mano che il tempo passò, una frase si venne a comporre sul foglietto, lasciando la ragazza allibita e allo stesso tempo creandole un moto di rabbia dentro.
“Non sarò con te quando leggerai questo messaggio. Avrei voluto dirti la verità, davvero, ma non ne ho avuto il tempo. O forse il coraggio. I nemici mi hanno in pugno ora. Spero che le nostre vite torneranno presto quelle di prima, ma se dovessi morire… Voglio che tu sappia che ti amo davvero e che per me sei sempre stata importante”
I suoi occhi azzurro-lilla batterono per alcuni interminabili secondi increduli, incapaci di pensare che lui, Lui avesse davvero scritto quel biglietto. Dopo tutto ciò che le aveva fatto, quello che aveva creato…
Si alzò in piedi furiosa, con il sangue che bolliva nelle vene e una gran voglia di prendere a pugni qualcosa. Lanciò il libro nel cestino della carta e conservò il biglietto nel portafogli: lo avrebbe imparato a memoria.
Uscì dalla camera ed entrò nel bagno, chiudendolo a chiave e cominciando a sfilarsi i vestiti dalla testa. Aprì l’acqua della vasca e la fece riempire osservando il livello crescere minuto dopo minuto, per poi infilarcisi dentro trattenendo un gemito quando la sentì scottante sulla pelle. Ma nulla era quello confronto a ciò che aveva dentro.
“Spero che le nostre vite torneranno presto quelle di prima, ma se dovessi morire… Voglio che tu sappia che ti amo davvero e che per me sei sempre stata importante”
Davvero credeva che sarebbe bastato un biglietto? Davvero era così idiota da pensare che con quelle poche frasi avrebbe sistemato tutto?!
Le lacrime salirono repentine agli occhi, bruciando agli angoli come lava bollente, ma lei lottò qualche secondo con se stessa, sentendo la gola ardere per il magone che l’aveva assalita da quando aveva lasciato camera sua.
“Voglio che tu sappia che ti amo davvero”
-Non è vero!- urlò scoppiando finalmente a piangere dal nervoso e affondando il mento nell’acqua -Se davvero mi amassi non mi avresti fatta arrivare fino a qui! Non avresti lasciato a qualcun altro il compito di spiegarmi tutto! Non l’avresti fatto, Shinichi!-
La sua voce rimbombò ovunque nel bagno, ma anche nella casa vuota, mentre i suoi singhiozzi si aggiungevano repentini al tutto.
Non poteva accettarlo, no: non si sarebbe lasciata incantare.
Non stavolta.
Sarebbe partita l’indomani mattina stesso con primo treno per Tokyo: sarebbe andata da lui a chiedergli spiegazioni. Voleva la verità ora. Basta bugie, basta scuse, basta scaricare la responsabilità agli altri, sugli altri.
L’avrebbe affrontata anche se non voleva, perché lei non era un giocattolo o uno stupido detective immaginario: era una persona vera e lui non doveva permettersi di giocare così con lei e con il suo cuore in quel modo disumano.

 
***
 
-E Silver Bullet?- domandò con voce sicura nell’oscurità al suo interpellato preferito mentre quello sorrideva.
-Oh, non credo che lui sappia di essere monitorato 24 ore su 24… Ma si sta mobilitando con la traditrice per arrivare a capo di qualcosa- rispose Bourbon mellifluo mentre sorseggiava dal suo bicchiere il liquore suo omonimo con estrema tranquillità. La figura davanti a lui sorrise maligna, per poi alzarsi in piedi e attraversare la stanza fino ad un mobile in legno intagliato molto pregiato in stile barocco, arrivato direttamente dall’Italia. Aprì un cassetto con le sue dita affusolate e ne estrasse fuori una serie di documenti, tornò alla sua scrivania e poggiò i fogli sopra, per poi prendere una penna e cominciare ad aggiornare le varie voci lasciate in sospeso.
-Il nostro Silver Bullet crede di poterci portare allo scoperto…- affermò sicura la figura sottovoce mentre Bourbon rideva -Ben presto si renderà conto che non è così… Non è vero?-
-Il secondo Proiettile d’Argento si andrà a conficcare in un muro proprio come il primo, non temere-
L’altra persona sorrise e il suo sorriso rivelò il suo incontenibile desiderio di uccidere.
-Faremo fuori ogni proiettile, Bourbon. Così come Rye, anche lui dovrà morire-

 
***
 
Ran ficcò nella borsa di scuola un basco blu jeans, un paio di occhiali da sole scuri, una camicia bianca in morbido cotone, un jeans blu scuro elasticizzato ed un elastico  per capelli. Diede un’occhiata al portapenne e ai libri che aveva tirato fuori dalla cartella e, per rallentare qualsiasi sospetto, li nascose nell’armadio in modo che i genitori non li trovassero entrando in camera, per poi indossare la divisa scolastica tremenda della sua nuova scuola e avviarsi all’entrata come ogni giorno. Si infilò le Converse alte azzurre ed uscì senza degnare di un saluto la madre, che dentro stava lavando le stoviglie della colazione prima di andare al lavoro.
La donna sospirò sentendo la porta di casa chiudersi, ma non disse nulla: in fondo da quando erano a Komatsu, Ran era diventata così ormai. Vivere con lei e Kogoro non era facile, ma in quel periodo, almeno col marito, si era presa una pausa da ogni discussione.
La karateka avvistò la macchina del nuovo agente dell’FBI all’angolo della loro via provando il solito brivido da quando era cambiato 5 giorni prima, poi si avviò tentando di apparire disinvolta verso la via della scuola, sentendo in lontananza il rombo del motore che si metteva in moto per seguirla.
Non erano stati avvisati che l’agente che doveva tenerli sotto controllo sarebbe cambiato, ma ciò non significava nulla: erano stati tenuti all’oscuro di moltissime cose fino a quel momento, no? Quel cambiamento era una di quelle evidentemente.
Ran si destreggiò tra i passanti diretti con frenesia al proprio posto di lavoro, poi svoltò verso sinistra anziché destra, dirigendosi veloce verso la stazione di Komatsu per prendere il primo treno per Tokyo. Una strana sensazione si fece sentire per l’ennesima volta in quei giorni, quando si voltò per controllare se l’auto del nuovo agente le fosse alle calcagna come sempre: da quando quel tipo era cambiato, si sentiva perennemente pedinata e osservata. Il che avrebbe dovuto essere normale, eppure…
Raggiunse in fretta la stazione e ad un certo punto non avvistò più la macchina del tipo, bensì sentì la sua presenza fin troppo vicina a sè e questo non le piacque affatto. Prese a correre destreggiandosi tra le centinaia di persone dirette a prendere il treno con il cuore in gola, lanciandosi furiose occhiate all’indietro e sentendo uno strano rimbombo di passi nella testa. Si stava facendo suggestionare o era tutto vero?
Corse fin dentro la stazione, poi si infilò nel bagno delle donne come una furia, andando nel più nascosto e chiudendocisi dentro a chiave con forza. Appoggiò la schiena contro la porta e chiuse gli occhi, sentendo il fiatone arrancare lungo i polmoni e il cuore battere così forte da farle pulsare le tempie mentre rivoli di sudore scendevano repentini lungo la sua fronte. Doveva calmarsi. Aveva appena iniziato la sua missione!
Aprì con mani tremanti la zip della borsa, poi tirò fuori i suoi abiti e si cambiò in fretta, nascondendo la divisa dentro la cartella e controllando che nella tasca dei jeans ci fossero i soldi che aveva nascosto a casa con cura in modo da non perderli. Legò i capelli in un’alta coda di cavallo, indossò il basco e inforcò gli occhiali sul naso che, data la meravigliosa giornata di sole, sarebbero passati più che inosservati. Ritrovò il respiro regolare e poi uscì dal bagno con discrezione, trovandolo vuoto. Uscita dalla porta principale dei servizi, si guardò attorno senza sentire nuovamente la sensazione provata poco prima, così si avviò agli armadietti della stazione, nascose nel numero 216 la cartella e conservò con cura la chiave in tasca, raggiungendo poi l’area biglietti. Cercò nella tabella il primo treno che partiva per Tokyo, inserì i soldi nella macchinetta e lo acquistò velocemente, correndo poi al binario 13 dato che sarebbe arrivato in meno di due minuti. Riuscì a salire su per un pelo sentendo di nuovo la strana sensazione di pedinamento addosso, e si gettò sul sedile con sollievo non appena le porte si chiusero e il treno cominciò a sfrecciare levitando sulle rotaie a velocità incredibile.
Ce l’aveva fatta.

 
***
 
Alla stazione di Komatsu l’agente dell’FBI sorrise accendendosi una sigaretta nonostante in divieto di fumare e prese dalla tasca il cellulare, digitando un rapido messaggio e spedendolo soddisfatto al numero 969#0858#6261.
“La nostra principessa sente la mancanza dell’argento, proprio come previsto”
La risposta arrivò pochi secondi dopo, chiara e concisa, facendo nascere un malefico sorriso sul voltò del mittente.
“E noi ci faremo trovare pronti per fonderli insieme”

 
***
 
-Anokata è di Tottori?- domandò tastinando al pc il liceale 18enne, beccandosi un’occhiata confusa da Haibara che, al suo fianco, stava facendo altre ricerche sul suo pc portatile portato in camera del ragazzo.
-Perché me lo chiedi?-
-Perché il prefisso inserito da Vermouth quella volta che mi ha rapito era 0858… E se non sbaglio è quello di Tottori- rispose lui alzando le spalle mentre la scienziata ragionava sui suoi ricordi. Tottori… era mai stato nominato dall’Organizzazione?
-Non lo so sinceramente… Quando si nominava Anokata, c’era sempre molta discrezione nel farlo-
-Ma gli altri l’hanno mai visto?- insistette Shinichi, fermandosi a guardarla in viso. Gli occhi in quel momento grigi della ragazza si specchiarono nei suoi e lei impiegò qualche secondo a rispondere.
-Akemi sì, ma io no..,-
-Tua sorella ha visto Anokata?!- esclamò esterrefatto il ragazzo afferrandola per le spalle e trovandosi così a pochi centimetri dal suo viso. Le guance di lei si colorarono appena, poggiò le mani sul suo petto per allontanarlo, ma sentì i pettorali sotto le dita e rimase come paralizzata per alcuni secondi.
Kudo stava diventando un bel problema in quelle condizioni… Con quell’aspetto…
-Non mi ha mai detto nulla- tolse finalmente le mani da lui e si divincolò dalla sua presa con gesto brusco, tornando a tastinare al suo pc con forza -Non avrebbe potuto comunque… è morta qualche mese dopo averlo incontrata e noi non ci siamo più viste né sentite in quel lasso di tempo-
-Merda- mormorò lui passandosi fremente una mano tra i capelli -Se tu avessi avuto qualche informazione in più, a quest’ora…-
-Nulla- tagliò corto Shiho sentendo il cuore tornare normale e riprendendo a respirare regolarmente -Ma posso affermare con certezza una cosa-
-Cosa?-
I loro occhi si fusero nuovamente insieme e un brivido percorse la schiena di Haibara, che deglutì a fatica reggendo lo sguardo serio di lui, troppo serio e concentrato per fare caso alle sue emozioni.
-Anokata ottiene tutto quello che vuole: sempre. E non lascia mai la sua sede da dove controlla ogni cosa. Gin diceva che lui controlla tutto da dove gli altri non possono vederlo: vede anche i più piccoli dettagli di ciò che accade. Penso quindi che Anokata, anche se non sembra…-
-Risieda direttamente nel covo dell’Organizzazione?- finì lui stupito.
Shiho annuì appena, battendo le palpebre spaventata al solo immaginare quel luogo che una volta era il Covo, ma che adesso era cambiato. Sicuramente era stato spostato, ma doveva essere ancora appartato e nascosto agli occhi di tutti…
-Quindi… se trovassimo il Covo, troveremmo anche Anokata? Non è pericoloso per lui? Intendo, risiedere nel Covo con gli altri membri… Se la polizia o l’FBI li seguisse arriverebbe direttamente a lui-
-Anokata ha a disposizione ogni mezzo che gli occorra per la fuga: lui può tutto Kudo, tutto. Forse non ti è chiaro questo…-
-Haibara, è una persona, potente, ma pur sempre una persona: non può ottenere a fare tutto ciò che vuole- insistette Shinichi sorridendole sicuro cercando di tranquillizzarla, ma quella scosse la testa.
-Tu non capisci…- sussurrò lei, quando lui le posò una mano sulla sua, facendola sobbalzare paurosamente. Si voltò di scattò verso il ragazzo ed ebbe un tuffo al cuore incrociando nuovamente i suoi occhi blu come l’oceano. Il cuore cominciò a batterle furioso contro lo sterno e sentì il sangue pulsarle nelle vene forte, rimbombandole nella testa mentre lui sorrideva rassicurante.
-Noi li batteremo, Shiho- disse lasciandola di stucco, prima che lei sentisse il bisogno di avvicinarsi più a lui, di cercare il suo calore rassicurante, il suo profumo al muschio bianco. Shinichi rimase sorpreso quando la vide scattare in piedi e allontanarsi di qualche passo annuendo.
-Sì… Ora…-
-Che ti prende?- domandò preoccupato mentre quella scuoteva il capo.
-Il professore ha deciso di accettare il programma alla fine- annunciò per cambiare argomento mentre la saliva cominciava ad azzerarsi -Lo sapevi?-
Shinichi cadde dalle nuvole e scosse il capo, alzandosi a sua volta in piedi e avvicinandosi nuovamente a lei, che sembrava in seria difficoltà a trattenere la sua voglia di stargli accanto.
-Partirà per Osaka a momenti…- aggiunse un po’ tremante, voltandosi poi verso la porta della camera e uscendo a passo spedito -L’ho convinto io alla fine-
-Brava!- esclamò il detective soddisfatto e gioioso con gli occhi vispi e allegri per la bella notizia.
-Sì- tagliò corto Shiho tornando in sé dopo aver preso un bel respiro -Perciò vado a vedere se le valigie sono pronte… Continueremo il nostro discorso più tardi-
La ragazza scese velocemente le scale e aprì con decisione la porta d’ingresso, uscendo e inspirando a pieni polmoni l’aria fresca di quella mattina presto di maggio. Autocontrollo. Kudo amava un’altra: non c’era posto per lei nel suo cuore.
Prima avrebbe cercato di imporlo a se stessa, prima avrebbe smesso di soffrire.
La porta alle sue spalle si aprì e lei sobbalzò così vistosamente che Shinichi la scrutò stranito, assottigliando gli occhi.
-Chi hai visto?- domandò con tono basso e serio infilandosi il giubbino in pelle, lasciandola qualche secondo confusa mentre si guardava attorno sospettoso. Haibara si mosse in gran fretta sul selciato del giardino scuotendo il capo.
-Piantala di starmi addosso: mi irriti-
-Come sarebbe?!- esclamò lui chiudendo la porta e seguendola verso la casa del dottore, dove Jodie aprì con un sorriso sollevato in viso. I due entrarono dentro e diedero un’occhiata ai borsoni pieni delle cose del professore, che fissò il liceale con sguardo affranto e carico di tristezza. In pochi secondi lo raggiunse e poi lo strinse a sé stritolandolo con le lacrime agli occhi.
-Doc, non respiro!- mugugnò Shinichi rispondendo con qualche pacca all’abbraccio mentre il suo viso diventava viola a causa della poca aria a disposizione nei polmoni.
-Shinichi, ti ho visto nascere! Sei come un figlio per me- piagnucolò l’anziano allentando la presa -Voglio vederti crescere ancora, sposarti, tirarti su una famiglia!-
Il ragazzo ritrovò l’aria e lo guardò sorridendo un po’ in imbarazzo.
-Dottore, non faccia così…-
-Non fare cavolate, ragazzo mio, ti prego!- insistette il dottore -Prudenza figliolo-
-Stia tranquillo, professore- lo rassicurò Shinichi col suo sguardo furbetto, ma responsabile allo stesso tempo -Non mi farò atterrare: vinceremo noi questa battaglia-
Il vecchio annuì scompigliandogli i capelli, poi si voltò verso Ai e le sorrise paterno, andando ad abbracciare anche lei. La ragazza rispose dapprima fredda, poi si sciolse abbastanza, ignorando le occhiate divertite di Shinichi.
-Non fargli fare cavolate, Ai-kun. So che tu sei più responsabile di lui- le sussurrò ricevendo un piccolo cenno di capo come risposta mentre scioglievano l’abbraccio. Shinichi nel frattempo si avvicinò all’agente dell’FBI e ne approfittò per parlarle.
-Jodie-san-
-Dimmi, Cool Guy-
-Ha notizie di Ran?- domandò lui un po’ incerto, tentando di mostrarsi comunque abbastanza distaccato dalla faccenda: l’emotività non era da Shinichi Kudo.
-Nulla… Per cui penso non ci siano novità. Abbiamo un nuovo agente che li sta seguendo, un tipo attento mi hanno detto. Appena saprò qualcosa al riguardo…- Shinichi annuì, per poi sbarrare gli occhi al ricevere la notizia successiva -Piuttosto, volevo parlarti di Hattori…-
-Hattori? Mi dica- disse agitato lui annuendo e tirando fuori le mani dalle tasche.
-Sta venendo a Tokyo… Non ha accettato il programma e vuole capire che sta succedendo da vicino- affermò con un sospirò la donna, mentre il colorito del detective dell’est diveniva simile a quello di un lenzuolo.
-Sta scherzando, spero!-
-Magari…-
-Ma… Non potete permetterglielo! Avvisate i suoi genitori! Si rende conto del pericolo…?-
-Noi sì e anche lui: ma sta arrivando comunque, Cool Guy. Sapevamo che non avrebbe accettato, no? Non possiamo coinvolgere anche i suoi genitori, o dovremmo a loro volta inserirli nel programma e ci sono già abbastanza persone coinvolte- l’agente si avvicinò alla porta e prese un borsone del Doc mentre quest’ultimo si impossessava dell’altro e usciva con lei di casa. Shinichi li vide salire in macchina, diretti all’aeroporto per prendere il volo Tokyo-Osaka, con gli occhi fissi davanti a sé e uno strano presentimento che gli attanagliava lo stomaco.
Avrebbe dovuto immaginare che quel pazzo testardo si sarebbe catapultato lì senza la minima prudenza, lo conosceva bene.
-Non dirmi che non te lo aspettavi?- domandò Shiho arrivando al suo fianco con le braccia incrociate, rivolgendogli una lunga occhiata con il suo sguardo grigio ghiaccio in attesa di una sua risposta. Lui si voltò e sospirò alzando gli occhi al soffitto, passandosi una mano tra i capelli.
-Sì, ma speravo ancora nel suo buon senso… Che a quanto pare non è mai esistito, però. O forse è andato a farsi fottere…- sospirò mentre le note di Nanatsu no ko gli rimbombavano ancora nella mente, poi si voltò verso la ragazza dando un’occhiata all’ora.
-Avevamo deciso che non avremmo sprecato nemmeno un minuto con le mani in mano, ricordi? Approfittiamo del tempo che abbiamo prima del suo arrivo per svolgere qualche altra ricerca…- la scienziata alzò un sopracciglio incrociando nuovamente le braccia al petto, sopra la maglietta in cotone rosa pastello che quasi non le si addiceva: i vestiti che aveva comprato in fretta e senza troppa attenzione qualche giorno prima, dato che era quasi totalmente senza, erano semplici e femminili, di colori chiari e delicati.
-Finalmente Kudo Shinichi ha deciso di tornare a fare il detective- disse ironica mentre l’altro sbuffava -Cosa hai in mente?- domandò poi interessata con il suo solito tono atono e molto più adulto ora che era 19enne. Il ragazzo si strinse nel giubbino in pelle nera e le sorrise indicandole il suo, appeso all’attaccapanni, color beige chiaro.
-Si va al California Hotel: avranno lasciato delle tracce sul luogo, non credi?- domandò sicuro, inclinando la testa di lato e facendole l’occhiolino mentre gli occhi di lei si sbarravano un po’ sorpresi.
Perché quel ragazzo aveva quel dannato effetto su lei, ora?
Qualche secondo dopo, la ragazza sorrise e chiuse gli occhi, portando le braccia lungo il corpo e avvicinandosi all’attaccapanni. Prese il giubbino e lo infilò con lentezza, piazzando il cellulare dentro la tasca sinistra e poi rivolgendo lo sguardo verso di lui.
-Non sono tipi da lasciarsi tracce dietro… Ma non abbiamo nulla di meglio da fare, no? O forse hai qualche altra idea?- affermò ironica mentre lui alzava gli occhi al cielo con un sospiro un po’ esasperato.
-Andiamo-
Raggiungere l’hotel fu abbastanza veloce col taxi che avevano preso strada facendo, dopo aver capito che i mezzi pubblici non sarebbero stati la soluzione migliore a quell’ora del mattino, in cui tutta Tokyo si avviava in fretta al lavoro. Shinichi alzò lo sguardò oltre il vetro del taxi assottigliando gli occhi mentre uno strano ricordo si affacciava nella sua mente…

“-Il tassista non sarà contento se gli bagni tutti i sedili!- affermò esasperato mentre lei gli sorrideva serena infilando la mano nella tasca della salopette marrone. Ne tirò fuori un fazzoletto e glielo sventolò sotto il naso sicura di sé.
-Non preoccuparti, li asciugherò con questo prima di scendere- affermò prima che l’aria proveniente dall’esterno le sfilasse il quadrato di stoffa dalle dita.”**

-Kudo- Shiho lo scosse per una spalla, guardandolo interrogativa quando lui le rivolse uno sguardo sorpreso. -Saremmo arrivati- disse alzando le spalle in risposta alla sua muta domanda: -Che succede?-
Shinichi pagò il taxi senza voler sapere ragioni di dividere il prezzo con la scienziata, poi scese dal mezzo osservando l’edificio con aria assorta: il retro che dava sulla piscina aveva ancora le finestre rotte e i muri bruciati, sia dall’esterno che dall’interno, ma il resto dell’hotel era del tutto agibile. Gli inservienti andavano avanti e indietro senza sosta, pulendo e ordinando alla perfezione ogni particolare mentre i clienti cominciavano a scendere nel ristorante enorme e di lusso per la prima colazione. Per qualche secondo il liceale riportò alla mente il momento il cui era esplosa la bomba che corrispondeva al “tremolio” dell’indovinello, poi si sentì chiamare una seconda volta dalla voce della socia, che lo fulminò stavolta senza mezze misure.
-Oh, ti vuoi dare una svegliata?- lo rimproverò avviandosi scocciata verso la hall, dove una ragazza in tailleur viola e chignon le sorrise cordiale. Shinichi la seguì in fretta, dimezzando la distanza tra loro, poi rivolse un cenno di saluto alla donna cercando di apparire il più possibile educato e discreto.
-Buongiorno-
-Buongiorno-
-Desiderate prenotare? Una matrimoniale?- domandò lei cominciando a tastare sul computer per controllare quali stanze fossero libere mentre le gote del liceale si coloravano un po’.
-No no, ma le pare?! Nulla di simile…!-
-Vogliamo porle alcune domande- si intromise Haibara scoccandole un’occhiata severa e velenosa -Stiamo per entrare nel mondo del giornalismo e abbiamo un compito da sostenere per essere ammessi che consiste nello scrivere alcuni scoop. Cosa sa dirci sulla festa organizzata all’incirca una settimana, dieci giorni fa?-
Shinichi si voltò verso la ragazza sorpreso per l’idea geniale, poi si riprese, tirò fuori il suo taccuino per appuntare ogni dettaglio e si fece serio, rientrando finalmente nel suo ruolo di detective. La donna in tailleur sbarrò gli occhi sorpresa, poi portò una mano sotto al mente alzando gli occhi verso destra.
-Dunque… Non sappiamo molto nemmeno noi di quella festa. Non abbiamo mai visto chi l’ha organizzata: abbiamo ricevuto tutti i dettagli per telefono e per via email- il liceale scattò all’erta, appuntando ogni parola con velocità e precisione -Era un uomo… Giovane mi hanno detto, ma io non ho parlato con lui personalmente. Non ha badato a spese e ha dato ogni singolo ordine con sicurezza: sembrava che sapesse perfettamente cosa volesse…-
-A che nome ha organizzato tutto? E gli invitati? Sugli inviti c’era il logo del vostro hotel…- Haibara assottigliò gli occhi, tenendo bene a mente le domande da fare senza “tradirsi”.
-Mi faccia pensare…- la donna strinse gli occhietti scuri dietro lo spesso strato di mascara -Mouro Taro… Sì, si chiamava proprio così!- esclamò soddisfatta -Per quanto riguarda gli inviti, ha fornito la lista con i nomi degli invitati e l’ha spedita all’hotel che ha provveduto ad avvisare tutti con la proprio carta intestata-
Haibara e Shinichi vennero percorsi da un brivido lungo la schiena e si guardarono per alcuni secondi in silenzio, leggendo sui propri volti i veri significati di ciò che avevano appena scoperto.
-Cos’altro sa?!- domandò un po’ aggressivo lui battendo poi i palmi delle mani sul bancone, mentre la consapevolezza che tutto, nei minimi dettagli, era stato creato apposta per loro, cresceva ogni secondo che passava. La donna fece un passo indietro scuotendo il capo sorpresa mentre una ciocchetta scura scappava dallo chignon.
-N-nulla… Questo è tutto ciò che sappiamo…-
-Il motivo del ricevimento?-
-Voleva organizzare una festa, tutto qui… Che altro motivo dovrebbe esserci?- ribatté lei, portando poi una mano sotto il mento agitata -Ma voi siete davvero dei giornalisti?-
-Sì- tagliò corto Haibara fulminando Shinichi che, accanto a lei, fissava il pavimento con un rivolo di sudore che, repentino, gli solcava la fronte dal nervoso. Il telefono dell’hotel squillò e la ragazza afferrò il braccio di lui allontanandosi dal bancone mentre la donna andava a rispondere ancora incerta. Shiho la seguì con lo sguardo e aspettò che si allontanasse lasciando la reception scoperta dopo aver detto al suo interlocutore: -Lo so che è mattina ma qualcuno deve stare al bancone… Ok, ma solo un paio di minuti, ok?-
-Fammi da palo- sussurrò Shinichi a alla ragazza mentre quella lo guardava sorpresa, comprendendo il suo piano con un paio di secondi di ritardo. Lui si fiondò immediatamente al posto della donna, entrando nei documenti del computer con velocità e cercando tra le cartelle il suo obbiettivo.
-Sbrigati- mormorò Shiho guardandosi attorno con discrezione, mentre solo qualche cliente passava ignaro davanti a loro, mezzo intontito dal sonno.
-Sto facendo più in fretta che posso- rispose lui stizzito, per poi assottigliare gli occhi alla vista della cartella “Mouro-sama”. -Bingo- sussurrò soddisfatto trovando all’interno un’altra cartella “Lista invitati” e aprendola con rapidità. Scorse i nomi in ordine alfabetico, poi premette F3 e fece spuntare la barra “ricerca parole”, inserendo dentro il nome “Kudo Shinichi”. “Nessun risultato” recitava la scritta spuntata fuori dopo “Invio”, e il ragazzo chiuse il tutto con velocità, tornando al fianco della socia e seguendola a passo spedito fuori dall’hotel appena qualche secondo prima che la donna in tailleur tornasse.
Qualche metro fuori dall’edificio, scosse la testa all’occhiata di Shiho e sorrise nervosetto.
-Il mio nome non c’è proprio come immaginavamo… Hanno spedito il mio invito personalmente, inserendo loro l’indirizzo e il bigliettino a parte. Il proiettile d’argento sul tavolo era proprio per me-
-Ovvio- rispose Shiho -Ecco le conferme ai nostri dubbi…- aggiunse con tono un po’ agitato, avviandosi in strada a passo spedito mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere sull’asfalto, riempiendolo di macchioline d’acqua sporca.
-Anagrammano anche il proprio nome ora… Si stanno davvero divertendo alle nostre spalle, Haibara-
-Come se non l’avessimo riconosciuto- la ragazza si abbottonò la giacchetta fino al collo, stringendovicisi dentro il più possibile dato il vento freddo che tirava in vista dell’imminente tempesta. -Mouro Taro = Amuro Tooru-
-Già- finì Shinichi, prendendo poi a correre per le vie mentre l’acqua scendeva ora a secchiate, infradiciandoli fino al midollo mentre la puzza di umidità si insinuava a fondo nelle loro narici insieme allo smog e alla polvere sottile delle auto.

* Ep 369 ita
** Ep: Shinichi a New York


Mangakagirl's Corner:
OLèèèèè! 
Minna Konnichiwa xDDD Sono tornata presto perchè l'altro capitolo era troppo banale! u.u
Posso dire che sono moooooolto soddisfatta di questo invece? *--*
E' il mio preferito e il più lungo della storia e... Direi che ne succedono di cose, eh? xD
FINALMENTE è arrivata quella dinamicità che mancava finora ^^
Allora allora... Codici cifrati, flashback legati al passato, nuove scoperte, trditori in vista, detective che tornano all'attacco... Ho dimenticato niente? .-.
Per quanto riguarda Haibara e Gin: io sono sicura che quel verme le abbia fatto qualcosa e penso proprio che quel qualcosa sia accaduto come ho scritto. Povera stella :(
Per quanto riguarda il suo rapporto con Shin... Beh, resistere non può resistere o sarebbe aliena, ma sono soci e collaborano proprio come tali, no? :)
Ran, il codice di Shin e il suo ritorno a Tokyo: chi diceva che era una lagna? LOL Chi sosteneva che non poteva risolvere il codice?? u.u L'ho elaborato su una versione PDF trovata sul web, per cui se provate con altre versioni ovviamente non coincideranno le parole ai numeri perchè sono traduzioni diverse :S
Dicevo? Ah sì! Ran prende la situazione in mano! Vai così Ran!
Shinichi torna ad fare il detective e cosa si scopre? Beh, l'Organizzazione ha pensato a tutto nei minimi dettagli u.u
I dialoghi tra Anokata e Vermouth e Bourbon vi piacciono? *-*
Hattori non accetta il programma e Agasa sì: ho invertito i ruoli ^^
Beh, non vi trattengo oltre, ma voglio le vostre recensioni, i vostri pensieri, ditemi TUTTO! *--*
Grazie a tutti come sempre <3
Al prossimo capitolo in cui i due, finalmente, si incontrano e... Scatenate l'Inferno.
Mangakagirl!!!

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 7

Ran scese dalla metropolitana che dalla stazione l’aveva portata sin dietro casa di Shinichi, inspirò a pieni polmoni l’aria umida di Tokyo, su cui da poco si era abbattuto un temporale prematuro dell’imminente stagione delle piogge, poi prese a camminare in gran fretta calandosi meglio il basco sul capo. Sentiva la lunga coda di cavallo batterle sul collo fastidiosa e si strinse più nel giubbino in pelle quando una ventata repentina la travolse provocandole un brivido. Pochi minuti dopo, Villa Kudo fece capolino davanti ai suoi occhi azzurro-lilla furiosi e lei, inspirando ancora una volta, poggiò una mano sul cancello in ferro della casa, notando con sorpresa che era aperto.
“Meglio” pensò “eviteremo di dover discutere inutilmente per farsi aprire”. Camminò sul ciottolato provocando il meno rumore possibile, poi posò il dito sul campanello e suonò con furia, imprimendo persino troppa forza e rischiando di fare incastrare all’interno il pulsante. Da dentro sentì dei rumori agitati, sembrò addirittura che qualcosa fosse caduto a terra, poi un rumore secco fece capire che la serratura della porta era scattata, e un ragazzo col fiatone, tutto trafelato, spuntò sulla soglia armeggiando con i bottoni della propria camicia.
Shinichi incrociò gli occhi azzurro-lilla di lei sbarrando i propri, per poi sussurrare il suo nome agitato mentre la ragazza stringeva forte le labbra, furiosa.
-Vedo che sei sorpreso- mormorò lei piena di odio prima che lui le chiedesse cosa diavolo le era passato per la testa -Pensavi mi sarei arresa alla spiegazione striminzita che ho ricevuto? Sei davvero un codardo, lo sai?- aggiunse velenosa facendo un passo avanti -Mi hai rovinato la vita, Shinichi! Con che coraggio hai spedito l’agente Jodie a spiegarmi tutta la faccenda invece di presentarti di persona?! Ma chi credi che sia? Un giocattolo?! Un tuo sottoposto?! Credi che possa aspettarti per sempre o che possa accontentarmi di misere spiegazioni date in tutta fretta, per poi accettare di cambiare la mia vita come se nulla fosse?!-
Shinichi fece per rispondere, ma poi ci ripensò e assunse un’espressione impassibile e la guardò freddo, facendo un passo indietro come a creare una barriera tra loro.
-Sei venuta per dirmi questo?-
-Perché, non avrei dovuto?!-
-No. Mi dispiace. Ora devi andartene via: non sai che pericolo stai correndo-
-Io non vado da nessuna parte!- inveì Ran sentendosi ferita nel profondo -Voglio che tu mi dia una spiegazione plausibile a tutto ciò, voglio sentire dalle tue labbra perché sono stata trattata in questo modo!-
Il ragazzo rimase in silenzio a guardarla, quando un rumore improvviso attirò l’attenzione di Ran che si voltò versò l’interno della casa interrogativa, seguita dallo sguardo di lui. Entrambi si fermarono a guardare Shiho che scendeva le scale per vedere cosa succedeva mentre si infilava una maglia enorme di Shinichi addosso, senza indossare nulla sotto, con il respiro affannato che riempiva l’ambiente circostante. Ran batté le palpebre qualche secondo sconvolta, poi si voltò verso di lui di scatto, notando i capelli disordinati, le guance arrossate e il respiro velocizzato che coronava il suo armeggiare coi bottoni della camicia che sembrava appena essere stata indossata.
In un secondo tutte le sembrò chiaro e fece un salto indietro, sbarrando le palpebre intimorita dal ragazzo che aveva davanti e che sembrava non riconoscere più all’improvviso.
-Ma certo…- mormorò sconvolta, poi la rabbia montò dentro e alzò la voce -Ma certo, adesso capisco tutto! Io mi trasferisco per colpa tua a Komatsu, la mia famiglia è costretta a cambiare identità e lavoro per te, e tu passi il tuo tempo a scopare con quella lì, vero!?-
Shinichi sentì un tuffo al cuore e riacquistò il suo temperamento di sempre, lasciando perdere l’idea di mostrarsi indifferente e distaccato: Ran stava decisamente fraintendendo.
-Ran, stai vaneggiando! Ok, adesso tu non capisci, ma devi andartene! Subito! Sei in peric…- ma non finì la frase, che la ragazza gli assestò una potente cinquina sulla guancia destra con le lacrime agli occhi, guardandolo con dolore dritto nelle iridi blu come l’oceano. Un oceano che in quel momento sembrava in tempesta.
-Sei un bugiardo! Uno schifoso bugiardo! Perché hai scritto quel messaggio, allora? Per farmi soffrire ancor più non è, vero? Perché non sei contento se non lo faccio!-
Il ragazzo sbarrò gli occhi portandosi lentamente una mano alla guancia, senza riuscire a dire nulla per qualche secondo, poi si riprese facendo un passo verso di lei preoccupato.
-L’hai già decifrato?- domandò rendendosi conto solo in quel momento che aveva sbagliato a scrivere quel biglietto e ad infilarlo nel libro, a cedere ai sentimenti: Holmes aveva ragione.
-Certo che l’ho decifrato! Credevi non ne sarei stata all’altezza? Forse quella lo è più di me, vero? Ecco perché tanto stupore! Mi hai sempre preso in giro, per tutti questi anni! Mi hai solo illusa, mi hai mentito!- pianse la ragazza urlando come una furia, chiudendo i pugni e fissando il capo a terra rigida. Shinichi abbassò a sua volta la testa verso il ciottolato del giardino, affranto, incassando parola per parola senza fiatare: d’altronde aveva ragione lei, no? Cosa aveva fatto fino a quel momento lui?
-Io ti odio, Shinichi- aggiunse infine amaramente Ran, fissandolo per alcuni interminabili secondi come se potesse infondergli i sentimenti che provava, dentro.
-Torna a casa- mormorò lui, mantenendo gli occhi coperti dietro la frangetta corvina verso il basso, mentre lei fece un passo indietro scuotendo il capo.
-Non c’è bisogno che tu me lo dica: posso benissimo andarci da sola senza i tuoi consigli. Divertiti con la tua nuova amichetta- rispose delusa, incredula delle sue stesse parole, riabbassando poi il capo e facendo dietro front rumorosamente sulle pietruzze del selciato -Addio-. Cominciò a percorrere la strada fino al cancello, poi svoltò a destra e sparì dietro il muro in cemento che circondava Villa Kudo, sparendo dalla vista di lui e di Shiho, che nel frattempo si era avvicinata alla soglia della porta senza parole.
-Sei scemo?- domandò poi, fissandolo truce mentre lui teneva ancora il capo verso terra -La lasci andare così? Senza nemmeno spiegarle che io e te siamo solo soci? La perderai per sempre, Idiota-
-Io l’ho già persa- rispose Shinichi piano, fissandola poi negli occhi cerulei e lasciandola di stucco per la risposta inaspettata -Quando ho mandato Jodie a spiegarle tutto, ho capito che l’avrei persa per sempre. E così è stato. E anche chiarire che io e te siamo solo soci non la riporterebbe indietro. È meglio così…-
-Kudo…-
-La seguirò solo per accertarmi che prenda il treno per Komatsu sana e salva e che ci torni. Tu aspettami qui- fece per incamminarsi verso il cancello, ma la ragazza lo bloccò per un polso, passandogli poi nella mano una spilla verde a forma di detective.
-Hai il cellulare sotto carica… Potrebbe servirti per rimanere in contatto. Non si sa mai- disse seria fissandolo a lungo negli occhi, mentre lui osservava la spilla e poi la posava nella tasca dei jeans, annuendo un po’ incerto; si liberò dalla sua presa facendo scivolare le dita in quelle di lei. Per un momento ebbe la sensazione che Shiho volesse trattenerlo, ma poi sentì la mano cadere sul fianco e lei fece un mezzo passo indietro, indicandogli con gli occhi il cancello. Qualche secondo dopo afferrò il giubbino in pelle nera dall’appendiabiti e corse fuori, in strada, seguendo la via che Ran stava percorrendo per arrivare alla stazione di Beika e ripartire per Komatsu.
Haibara chiuse la porta di Villa Kudo e andò ad infilarsi un pantalone di Yukiko, quando l’accensione di un motore conosciuto le provocò un brivido lungo la schiena.
Quel rumore, quel suono sinistro, quel rombo…
Corse alla finestra che dava sul retro della casa e la vide: la Porche di Gin stava partendo piano, con i finestrini oscurati che non permettevano di capire che ci fosse alla guida e all’interno.
Il terrore si impossessò del suo corpo e subito prese a tremare da capo a piedi, rimanendo paralizzata alcuni secondi fissando sbalordita il punto in cui, fino a quel momento, era rimasta parcheggiata l’auto dei suoi incubi, poi sentì una scossa dentro e corse al telefono di Villa Kudo col cuore in gola.
Erano stati tenuti sotto controllo tutto il tempo, dal primo istante: era stata tutta una trappola. Loro li volevano tutti, dal primo all’ultimo, e avevano aspettato il momento buono per intervenire: il loro abbassare la guardia era stata l’occasione migliore per Loro. L’Organizzazione li aveva giocati tutti.
Tuuu. Tuuu. Tuuu.
-Pronto?-
-Agente Jodie!- quasi urlò con la voce rotta dalla paura -Siamo stati tratti in inganno: è tutta una trappola!-
-Haibara, calmati! Che cosa vuoi dire?-
-Gin sta seguendo Kudo e Mouri! Li prenderà in men che non si dica!-
-Cosa?! Ma… Ran è a Komatsu, Haibara! Come…-
-No, Mouri è a Tokyo! È appena arrivata… Devo seguirli…-
-No no! Aspettaci lì, non ti muovere Haibara!-
-Ma…-
-Ascoltami! Se li segui prenderanno anche te e sarà finita! Rimani dove sei e non ti muovere, sto arrivando con il resto della squadra! Ci servi tu per trovarli-
-Sono a casa di Kudo. Lui e la ragazza stanno andando alla stazione-

 
***
 
Ran svoltò a destra un’altra volta, asciugandosi in fretta le lacrime che le offuscavano la vista col dorso della mano.
Illusa.
Era stata un’illusa a credere anche solo per un secondo a tutte le belle parole che lui le aveva rivolto negli anni.
Ora capiva che Komatsu era l’unica via per dimenticare, per ricominciare. Si era fatta già qualche amico, Akira-kun, Akira-chan e Nana-chan, avrebbe fato nuove amicizie e forse avrebbe riempito il vuoto che Shinichi le aveva appena scavato dentro con un’altra persona. Avrebbe trovato qualcuno di sincero, senza detective per la testa sempre e comunque. Qualcuno che fosse l’esatto contrario di Lui.
Alzò gli occhi fissando l’uscita dal vicolo scorciatoia che aveva preso, fermandosi con un sobbalzo quando vide uscire dalla Porche parcheggiata proprio davanti alla fine della via un uomo dai lunghi capelli col platino. Il suo ghigno malefico, i suoi abiti neri, la sua immancabile sigaretta stretta tra le labbra non lasciavano dubbi sulle sue intenzioni: voleva lei. Quello fece qualche passo in avanti, tenendo le mani in tasca e squadrandola coi suoi occhi famelici, e Ran cominciò a muoversi all’indietro con sguardo spaventato, cercando comunque di mantenere la calma e non urlare.
Gin cominciò a ridacchiare, godendo alle sue espressioni di terrore, poi, con uno scatto in avanti, riuscì ad afferrarla e a stringerla forte contro il suo petto, puntandole la sua fidata Beretta alla tempia.
-Ci si rivede finalmente, Bocconcino- le mormorò sensuale in un orecchio mentre Ran cacciava un urlo di puro terrore, tentando di liberarsi con il karate. Ma fu tutto inutile.
Shinichi comparve all’inizio del vicolo trafelato dalla corsa, e quando il suo sguardo cadde su Gin e Ran, i suoi occhi si sbarrarono all’istante, rimanendo senza fiato.
Bourbon spuntò dietro di lui e lo afferrò alle spalle a tradimento ridendo, spingendolo verso Ran e il collega come se stesse trascinando un bambino nonostante lui tentasse in ogni modo di liberarsi. Erano stati intrappolati: Loro avevano avuto la situazione in pugno sin dall’inizio.
-Lasciala immediatamente!- esordì il liceale cercando di sporgersi verso Ran mentre Gin rideva di gusto.
-Kudo Shinichi, che temerario. Credi di poter spaccare il mondo sempre e comunque, non è vero?-
Lui gli rivolse un’espressione di puro odio e fece per inveirgli contro, quando una scarica elettrica di una stun gun dietro al collo gli fece perdere i sensi, stordendolo.
L’ultima cosa che vide mentre le sue palpebre si abbassavano traditrici, fu l’espressione terrorizzata di Ran che lo supplicava di aiutarla.

 
***
 
Shinichi si sentì trascinare di peso da sotto le spalle, tenuto da una presa rude e massiccia di due mani possenti: Vodka. La sua vista cominciava a rischiararsi a poco a poco, i suoni venivano percepiti ancora ovattati, l’odore che arrivava alle narici era fumo misto muffa e stantio.
Si sentì sbattere a terra con poca grazia, ma il colpo gli servì per svegliarsi del tutto dallo stato di trance in cui era caduto a causa della stun gun. Si guardò attorno confuso, poi Ran gli fu sbattuta addosso senza mezze maniere, facendolo spaventare quando la vide pallida come un lenzuolo.
-Stai bene?- le chiese prendendole una spalla e scuotendola, ma non ricevette risposta. Vodka afferrò la ragazza per i capelli e la sbatté dietro la schiena di lui, per poi costringere i due a tenere le braccia dietro la schiena e legarli insieme stretti, graffiando la pelle dei loro polsi con una corda logora e vecchia. L’uomo sorrise soddisfatto del proprio lavoro da dietro le lenti scuro, poi fece un passo indietro e li scrutò qualche secondo.
-Cominciate a dire le vostre ultime preghiere, perché tra poco raggiungerete l’Inferno- affermò con una risata sadica, prima di sparire dietro una porta in ferro e sbatterla con forza, facendo rimbombare ovunque il suo suono metallico e freddo.


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa!
OOOOOPS! O.O
Il capitolo è dannatamente corto o sbaglio? ^^"
Wari neh, non volevo D: ma ci sarà un motivo se è venuto così... Credo...
In ogni caso :D
Salve gente! Abbiamo nuova carne da mettere al fuoco ^^
L'incontro tra Ran e Shinichi... Che ne pensate? D:
C'è stato un grosso malinteso direi... O_O
E l'organizzazione abbiamo capito che li pedinava ogni secondo...
Se vi state chiedendo: -Ma perchè la macchina di Gin era fuori dall'abitazione di Shin?-
La risposta è: vi ricordate la telefonata della spia dell'altra volta?
Bene!
Ecco come Gin sapeva dell'arrivo di Ran e del perchè la stesse aspettando.
Ed ecco che dal prossimo capitolo ci ritroviamo all'inizio della storia :D
Spero vi sia piaciuto il capitolo e di non aver commesso errori...
Grazie a chi mi sta seguendo! <3
Alla prossima,
Mangakagirl!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 8

Il buio li avvolgeva come una coperta pesante e soffocante, che rendeva i loro respiri affannati e veloci. Il gelo e l’umidità che li circondava rendeva quell’atroce attesa quasi peggiore dell’evento stesso, mentre il rumore di piccole sfere d’acqua che si infrangevano al suolo, lontano da loro, si diffondeva tutto attorno.
Tic. Tic. Tic.
Un corvo si appollaiò con forza sbatacchiando le ali sopra quello che rimaneva della cornice di una finestra andata distrutta metri e metri sopra la loro testa, al di fuori della quale la notte procedeva apparentemente sicura, mascherando con l’abilità che sono lei riusciva a mettere in scena, quella che di lì a poco sarebbe stata la fine.
Game over. Capolinea. Fine dei giochi.
C’erano milioni di modi con cui segnare quell’inesorabile parola: Fine.
Era la fine, la fine che entrambi stavano guardando coi loro stessi occhi nell’oscurità della stanza e che li stava logorando dall’interno insieme all’immancabile paura che si portava dietro in ogni occasione.
Il dolore dei polsi legati tra loro era nulla confronto a ciò che stavano passando: il silenzio che li divorava permetteva sia ad uno che all’altra di pensare a tutto ciò che avevano perso fino a quel momento, a ciò che non avevano fatto e non si erano detti.
Avevano perso la loro libertà, la loro speranza, il loro futuro.
Ma soprattutto, avevano perso la fiducia reciproca e la loro profonda amicizia di 18 anni.
Shinichi si mosse appena mentre, col capo chino, sentiva il silenzio e il senso di colpa logorarlo centimetro dopo centimetro, premendo sulle sue spalle con forza, schiacciandolo a terra senza pietà.
La schiena di Ran, contro la sua, venne percorsa da un brivido mentre singhiozzava in silenzio, mordendosi a sangue le labbra per non fare uscire i gemiti e mostrarsi debole davanti a lui, lui che le aveva mentito per tutto quel tempo.
Il ragazzo sembrò quasi risvegliarsi grazie a quella piccola scossa e voltò il capo per quanto riuscisse all’indietro, verso di lei, che era legata contro la sua schiena da ore ormai e che non faceva altro che piangere. Il polsi erano escoriati e chiedevano pietà, le gambe flesse si erano atrofizzate già da tempo ad entrambi, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di lamentarsi o di dire qualcosa fino a quel momento.
Shinichi intravedeva solo i suoi capelli corvini e spettinati data la corsa e il corpo a corpo che avevano dovuto sostenere, le ciocche tirate in disordine dietro le orecchie e il profilo dello zigomo, rigato da spesse lacrime cristalline e amare.
C’era riuscito: per l’ennesima volta era riuscito a farla piangere. Si odiò con tutto se stesso fremendo udibilmente e stringendo forte gli occhi, per poi ritornare a fissarsi in grembo con sguardo spento e rassegnato.
Era colpa sua se si trovavano nelle mani dell’Organizzazione, che di lì a poco sarebbe arrivata ad ucciderli senza pietà.
Già si figurava Gin con la sua Beretta e quel suo terrificante ghigno sulla faccia mentre li puntava. Avrebbe giocato con loro come fossero il suo cibo preferito, li avrebbe ridotti allo stremo senza pietà, facendosi pregare di essere uccisi. Nonostante tutto ciò potesse sembrare impossibile, il ragazzo ne era convinto: Gin lavorava sempre nel modo più veloce e inosservato, ma essendo nel suo ambiente, nella sua tana, avrebbe potuto sperimentare quanto voleva ogni forma di tortura, o di piacere per lui.
-Mi dispiace- pronunciò all’improvviso a voce bassa e carica di colpevolezza, pur sapendo benissimo che Ran, dietro di lui, non l’avrebbe perdonato. -Mi dispiace davvero, Ran. L’ultima cosa che volevo era finire a questo punto-
-È tardi ormai per scusarsi, non credi?- mormorò amara lei, smettendo di singhiozzare ma lasciando ugualmente le lacrime scendere sulle guance: non le importava se lui l’avrebbe definita debole o frignona, perché quello non erano lacrime di paura.
Erano lacrime di odio.
-Ti odio. Ti odio con tutta me stessa. Sei riuscito a rovinarmi la vita e a portarmi tra le braccia della Morte- aggiunse con rammarico ferendo profondamente il detective, che incassò ogni singola parola con lo sguardo basso e in silenzio.
Non aveva nemmeno argomentazioni per difendersi, perché Ran stava dicendo la verità: erano in quella situazione solo a causa sua.
-Lo so- riuscì a pronunciare solo, poco dopo, mentre lei si muoveva frenetica alle sue spalle, tentando di sottrarsi al contatto che era obbligata ad avere con la sua schiena.
Anche quello era diventato insopportabile ormai.
Anche solo la sua presenza lo era.
Shinichi chiuse gli occhi, desiderando ardentemente di non averla mai conosciuta: non per lui, che la amava con tutto se stesso e che era disposto a morire pur di saperla risparmiata, ma per lei.
Lei avrebbe avuto una vita felice se solo non si fossero mai incontrati: sarebbe potuta uscire con Sonoko molte più volte, a caccia di ragazzi; si sarebbe potuta fidanzare con un ragazzo normale, uno di quelli che amano la musica elettronica e le patitine fritte, le serate al cinema fino a tardi a sciropparsi le commedie kitsh; avrebbe potuto vedersi con lui tutte le volte che voleva, senza sorbirsi milioni di volte i racconti di un detective immaginario e dei suoi casi impossibili; avrebbe trovato una spalla su cui piangere nei momenti di debolezza; avrebbe sperimentato cosa davvero significava “amare” una persona e magari si sarebbe sposata con lui, avrebbe avuto dei figli, una famiglia, un lavoro gratificante e un futuro sereno.
Invece no, aveva incontrato lui: uno stakanovista di gialli, capace solo di mettere se stesso in primo piano, capace solo di parlare delle sue imprese, di quelle di Holmes e di quanti goal avesse segnato il suo giocatore preferito nella partita della sera prima.
Ran si era sempre meritata di meglio di lui: ma lei aveva ascoltato i suoi “Perciò aspettami, perché tornerò presto”, i suoi “Sto risolvendo un caso molto complicato, non posso tornare”, i suoi “Sei come un caso difficile e complicato. Anche se fossi Holmes per me sarebbe impossibile decifrare il cuore della donna che amo”.
Holmes!
Da non credere… Come aveva fatto a mettere in mezzo alla sua dichiarazione d’amore Holmes?
-Mi dispiace Ran- ripeté sempre più avvilito e furioso con se stesso -Sono riuscito a rovinare tutto. Non sono riuscito a renderti felice… Persino davanti al Big Ben sono stato così Idiota da mettere in mezzo un personaggio immaginario per dichiararmi… Non ho avuto il coraggio di dirti in faccia come sta la realtà-
Lo disse, perché tanto non avrebbe più avuto nessun’altra occasione per farlo.
Sentì Ran smettere di muoversi, sospirare affranta e incrociare le gambe con un piccolo gemito dato che aveva dovuto risvegliarle. Non diceva nulla, non sembrava nemmeno che lo avesse ascoltato e questo fece davvero male.
Sarebbero morti così? Sarebbe finito tutto così?
Beh, in fondo, era quello che si meritava, no?
Rimanere da solo, sapere di aver fatto soffrire la persona più importante della sua vita.
Sospirò affranto e scosse le spalle cercando di resistere al dolore delle articolazioni bloccate da troppo in quella posizione scomoda e innaturale, rendendosi poi conto che aveva sicuramente anche coinvolto Ran in quel movimento e che forse lei non aveva apprezzato molto.
-Ran- sussurrò poggiando piano la testa contro quella di lei, che sembrava sul punto di allontanarsi anche questa volta -La verità è…-
Tacque qualche secondo cercando di fare la cosa migliore: non era facile dirlo in quella situazione, se ne rendeva conto, e forse pareva anche scontato… Ma era quello che davvero provava.
-…Che ti amo davvero e che mi pento di avertelo tenuto nascosto fino ad oggi. So che mi reputi un misero e bastardo bugiardo, ma ti giuro che questa volta non sto mentendo: questa è davvero la verità- chiuse gli occhi e sospirò.
Avevano vinto Loro.
Era finita. Era davvero finita questa volta.
Il capo di Ran si inarcò all’indietro, spingendo un po’il suo in avanti e risvegliandolo dallo stato di trance in cui sembrava essere caduto.
-Stiamo per morire- sussurrò lei all’improvviso, infrangendo il silenzio che li inghiottiva insieme al buio.
Shinichi si fermò ad ascoltare qualche secondo il ticchettio assordante della goccia d’acqua che continuava a scagliarsi al suolo con violenza lontana da loro, svuotando la mente e lasciandosi avvolgere dal tempo che scorreva inesorabilmente.
-Sì, stiamo per morire- affermò atono fissando un punto davanti a sé, avvolto nell’oscurità. -Sarò con te tutto il tempo, qualsiasi cosa accadrà- aggiunse poi chiudendo gli occhi e sentendo la schiena di lei rilassarsi contro la sua per la prima volta da quando erano stati rapiti. Ran annuì mentre le lacrime ricominciavano a scorrere repentine sul suo volto, mutilato dal dolore.

 
***
 
Haibara fissò dritto davanti a sé nervosa, tormentandosi le dita delle mani con frenesia mentre stringeva gli occhiali da inseguimento appartenuti a Conan Edogawa solo qualche giorno prima, seguendo il segnale che proveniva dalla spilla di Shinichi che si trovava al covo degli Uomini in Nero.
-Giri a destra- ordinò ad Akai, alla guida del pick up dell’FBI, per indicargli la via per raggiungere l’amico prigioniero. -Kuso, kuso, kuso…- sussurrava tra sé ogni volta che il segnale sembrava sul punto di sparire e poi ricompariva magicamente sulla lente sinistra. Afferrò il telefono e mandò un messaggio ad Hattori alla velocità della luce, tastinando sul touch screen quasi con troppa foga.
“Dimmi che stai arrivando, Osaka”
La repentina risposta del ragazzo la fece tranquillizzare appena.
“Sto andando più forte che posso, ma ne ho ancora per un po’! Osaka non è dietro l’angolo, Macbeth”
-Kuso- sussurrò ancora lei, cacciando con foga il cellulare dentro la tasca del jeans e poi tornando a fissare gli occhiali fremendo.
-Manca molto?- domandò con tono teso Jodie lanciandole un’occhiata dal sedile anteriore.
-Almeno un’altra trentina di chilometri- rispose lei agitata, cercando poi di inspirare col naso per calmarsi e regolarizzare la respirazione.
Ma era tutto inutile.
Kudo era in mano agli uomini che le avevano rovinato la vita e, forse, era anche già stato eliminato…

 
***
 
Tempo dopo, non avrebbe saputo dire quanto, Shinichi sentì la porta di ferro del luogo in cui si trovavano aprirsi e il suo cigolio si diffuse ovunque, rimbombando talmente forte che il corvo appollaiato sulla finestra spalancò le enormi ali lanciando un suono gracchiante e stridulo dal suo becco e spiccando il volo verso un luogo più sicuro, quasi come se avesse intuito il pericolo che si stava diffondendo nella stanza...
Il liceale si voltò verso il nuovo arrivato e lo vide avanzare con andatura dondolante e divertita, lasciando i lunghi capelli color platino svolazzare sul suo giaccone nero come la notte. L’uomo li raggiunse in poco tempo, tenendo tra le mani la sua fidata e inseparabile Beretta nera, sfiorandola come se fosse una figlia da amare e proteggere. Ghignò verso i due con aria sadica, poi si inginocchiò alla loro altezza mantenendosi in equilibrio sugli avampiedi con leggerezza e scosse il capo divertito.
-Credevi davvero che saresti scappato in eterno, piccolo detective?- domandò col suo tono di ghiaccio e l’alito fetido di fumo mentre Shinichi, con le labbra serrate, lo squadrava con odio profondo.
-Lascia andare lei: non c’entra nulla in tutto questo- affermò sicuro, sfiorando con le proprie dita legate dietro la schiena quelle di Ran, che accolse il contatto caldo della sua pelle con sorpresa. Gin si voltò verso Ran, poi sorrise e le sputò su una guancia sprezzante, mandando il cervello di Shinichi in bestia. Il ragazzo scattò verso di lui per quanto possibile, ma si trascinò dietro la ragazza e si fermò per evitare di farle male o farla cadere mentre l’uomo rideva di gusto.
-Cosa vorresti farmi, Kudo? Non capisci che per te è finita?- rise chiudendo gli occhi e gettando capo e capelli all’indietro.
-Bastardo, non osare mai più di mancarle di rispetto!- urlò furibondo lui in risposta, prima che Gin si alzasse e lo puntasse con la Beretta alla spalla, ridendo.
-Anokata mi ha avvisato del tuo spirito temerario, Kudo… Proprio ora abbiamo appena finito una bella chiacchierata su di te. Ma il tuo è tutto fiato sprecato- abbassò l’arma, per poi assestargli un forte calcio al ventre, facendolo piegare in due dal dolore.
Shinichi rimase senza fiato piegato in avanti, con Ran trascinata verso la sua schiena che tremava da capo a piedi, poi si rimise seduto lentamente, tentando di mantenere la posizione eretta e guardare l’uomo che aveva davanti in faccia. -Silver Bullet, il ragazzo che dovrebbe mandarci tutti in galera- rise ancora Gin -Uccidervi troppo in fretta sarebbe uno spreco… Troppo facile: voglio vedervi soffrire e pregarmi di spedirvi all’inferno- aggiunse abbassandosi nuovamente all’altezza di Shinichi e ridendo davanti ai suoi occhi, cominciando poi a colpirlo ripetutamente fino a spaccargli un angolo del labbro inferiore. Shinichi sputò sangue mentre riceveva un altro colpo al ventre, poi vide l’uomo fare il giro e andare da Ran, dietro di lui, che lo guardò spaventata, ma pronta comunque al dolore.
-N-no… Lei no!- ordinò brusco il liceale con la voce strascicata per la ferita al labbro, gettandosi di lato e trascinandosi dietro la ragazza, per poi girarsi verso Gin -Fa tutto quello che vuoi su di me, ma non toccare lei-
-Ooo, ma che cavaliere! Sai, non mi sono mai piaciuti i gentiluomini come te: tutta falsità la vostra- rispose quello dandogli una forte ginocchiata alla testa, tanto che il ragazzo la piegò di lato gemendo e accovacciandosi su se stesso quando cominciò a ricevere una scarica di colpi in ogni parte del corpo.
-Smettila!- urlò Ran con la voce incrinata mentre i gemiti del ragazzo le riempivano dolorosamente le orecchie. Gin si fermò fulminandola con lo sguardo, stizzito di essere stato interrotto in uno dei suoi passatempi preferiti, poi osservò come aveva ridotto il liceale e rise di gusto, accendendosi una sigaretta con svogliatezza e inspirandone una grande boccata dal filtro mentre si abbassava sui talloni.
-Sentito, ti fai difendere da una ragazza- mormorò sputandogli in faccia il fumo mentre lui lo guardava da sotto la frangetta, sudato e col fiatone -Patetico-
Il suono metallico della Beretta rimbombò tutto attorno mentre quello la puntava al ventre del ragazzo, poggiando la canna gelata sulla sua t-shirt bianca. Gin soppesò la pressione sul grilletto, poi sorrise goduto avvicinandosi di più al suo viso.
-Sono stanco di giocare con te. Credevo sarebbe stato più divertente, ma mi rendo conto che mi sbagliavo: sei inerme al mio cospetto e preferisco divertirmi con la tua amichetta. O sì, con lei sarà uno sballo: la farò urlare così forte che la sentirai dall’Inferno. Le tue ultime parole, Kudo?- sussurrò serio mentre la canna si infilava di più nella sua carne. Il detective fece per rispondere, ma un urlo di dolore interruppe ogni pensiero si fosse articolato nella sua mente, facendogli sbarrare gli occhi. Gin cadde a terra contorcendosi mentre dalla sua schiena cominciava a fluire sangue caldo e scarlatto e una serie di passi affrettati si facevano strada nel buio e nel silenzio di quel posto isolato dal mondo.
-Hai finito di giocare ora, Gin- affermò sicuro di sé Shuichi Akai mentre col suo fucile in mano si inoltrava verso di loro seguito da una Shiho Miyano seria e armata di pistola.
-Rye, o m-meglio… Silver Bullet. O forse p-preferisci Akai?- domandò ironico da terra il biondo, tentando di mettersi seduto e si reimpossessarsi della sua Beretta finita a qualche metro da lui, ma Shiho la calciò via in fretta e gli puntò la pistola contro, catturando l’attenzione su di sé. -Sherry- ridacchiò lui con un gemito -Ma guarda, la squadra dei traditori al completo…-
-Taci!- urlò la scienziata colpendolo col gancio delle pistola ad una tempia, aprendogli una ferita da cui cominciò subito a fluire altro sangue.
-B-bastarda- digrignò lui tra i denti mentre Shuichi lo afferrava per un braccio trascinandolo verso la porta da cui erano arrivati.
-Slegali e portali alla macchina come abbiamo deciso. Noi pensiamo al resto- affermò spiccio e deciso l’agente, colpendo l’uomo con un calcio per farlo camminare mentre la scienziata si accovacciava accanto a Shinichi e lo guardava preoccupata.
-State bene?- domandò trafficando con le corde smunte che legavano i due liceali, mentre il ragazzo annuiva massaggiandosi i polsi non appena furono liberi.
-Che sta succedendo, Haibara?- domandò alzandosi in piedi gemendo un po’ per i colpi ricevuti e impossessandosi della Beretta del suo aggressore mentre anche Ran si alzava.
-Jodie ha radunato la squadra… Siamo entrati solo grazie a Kir che abbiamo scoperto essere ancora viva per fortuna: senza infiltrato non saremmo qui. Camel, Black, Akai e altri agenti hanno attaccato l’edificio: stanno cercando i membri ovunque per arrestarli. Questo posto è enorme- spiegò in fretta Haibara facendo strada verso la porta, quando Shinichi la fermò per un polso sorprendendola.
-Io devo cercare Anokata- affermò serio mentre la ragazza sbarrava gli occhi e Ran li guardava incapace di capire cosa stesse accadendo -Tu e Ran andate alla macchina come ha detto Akai e restateci, io devo andare…-
-Tu sei pazzo- la ragazza si liberò dalla presa e afferrò lui per un polso -Non vai da nessuna parte, Kudo: tu vieni con me alla macchina-
-No, penso di aver capito dove sia nascosto… Devo andare, Haibara!-
-Ci penserà l’FBI, lo dirai a loro…-
-No, penso di sapere dove si trova, Gin è appena stato da lui- affermò deciso lui -Voglio vedere l’uomo che ci ha rovinato la vita in faccia-
I suoi occhi brillavano di blu vivo e brillante, elettrico, che lasciarono entrambe le ragazze sbigottite: Shinichi sprizzava determinazione e serietà da tutti i pori nonostante le ammaccature che gli avevano gonfiato il labbro inferiore e il dolore ai punti colpiti dai colpi di Gin. Shiho rimase incerta sul da farsi qualche secondo, tentando di focalizzare la cosa migliore in quel momento: lasciarlo andare da solo era fuori questione, ma portarsi dietro quella ragazza…
-Ascoltami, lui non può andare da solo- si voltò verso Ran con decisione -Non appena uscirai di qui devi girare a destra e andare dritta fino alla fine del corridoio. Poi svolti di nuovo a destra e corri alla porta che vedi davanti a te, esci e ti dirigi verso quella specie di fontana diroccata che c’è in un angolo remoto del “giardino” che circonda l’edificio. La macchina è dietro un alto cespuglio di edera, non puoi sbagliarti. Chiuditici dentro e aspetta che arrivi qualcuno, ok?-
-Non ci penso nemmeno- la voce autoritaria di Ran fece voltare Shinichi di scatto verso di lei, che ricambiò il suo sguardo determinata quasi quanto lui nei confronti di Anokata -Io vengo con voi-
-Assolutamente no, segui le istruzioni di Haibara e va’ in macchina-
-Io non accetto ordini da nessuno di voi due, intesi?- ribatté Ran voltandosi in particolar modo verso l’altra ragazza, che la fulminò severa con lo sguardo mentre incrociava le braccia al petto con decisione.
Voleva rischiare di morire? Beh, era libera di farlo: le ci aveva provato a proteggerla.
-Ran, per l’amor del Cielo…!- esclamò stizzito da tanta cocciutaggine Shinichi, che la prese per le spalle e la guardò dritta nelle iridi azzurro-lilla -Questo non è un gioco: quello stava per ucciderci, te ne rendi conto?!-
Lei ricambiò lo sguardo senza paura, aspettando che andasse avanti per ribattere nuovamente ai suoi ordini, ma lui scosse improvvisamente il capo sospirando esasperato e chiudendo gli occhi. Si voltò poi verso Shiho e annuì debolmente, lasciandole andare le spalle e cercando di riportare alla lucidità il cervello. -D’accordo verrai con noi, ma devi promettermi che farai ogni cosa che ti diremo: se ti dico di scappare, voglio che tu scappi senza ribattere, chiaro?-
-Non faccio promesse che non posso mantenere, Kudo- mormorò in risposta lei assottigliando gli occhi- Del resto, è quello che hai fatto tu finora, no? Non mantenere le proprie promesse-
-Ran, non è il momento…-
-Se dovete fare salotto allora andiamo tutti e tre in macchina, ci prendiamo un the e discutiamo di questa faccenda- tagliò corto Haibara ricordando loro che c’era anche lei lì, ad ascoltare la loro conversazione apparentemente infantile. Il liceale le rivolse uno sguardo serio, poi annuì dandole ragione e si incamminò verso l’uscita di quel posto con decisione. I loro passi rimbombarono nell’ambiente circostante con forza, inoltrandosi nel buio come pipistrelli; Shinichi seguì il suo istinto con un po’ di incertezza: non era sicuro che la strada che stavano percorrendo fosse giusta, e non sapeva nemmeno se Anokata si trovasse davvero dove pensava potesse essere. Gin aveva detto che aveva parlato con lui fino all’attimo prima e Haibara aveva affermato che teneva sotto controllo ogni angolo dell’edificio che faceva da covo senza lasciarsi sfuggire nessun dettaglio. Ciò poteva significare che stava in un posto vicino, ma lontano da occhi indiscreti, dove erano collegati magari una serie di monitor che riproducevano i filmati di telecamere sparse nell’edificio, quell’edificio gigantesco che sembrava senza fine a quanto aveva detto la sua socia…
Un fulmine squarciò la mente di Shinichi, che si voltò verso Haibara interrogativo e sorpreso allo stesso tempo della domanda che stava per formulare.
-Dove siamo?- chiese rendendosi conto che era stato portato nell’edificio privo di sensi e che non poteva sapere quale struttura avesse.
-È un ex magazzino a 5 piani nella periferia di Tokyo. So che pensavi fossimo a Tottori- aggiunse quando lui fece per interromperla -Ma il covo si sposta molto spesso e può darsi che il numero di Anokata avesse quel prefisso quella volta solo perché era lì momentaneamente…-
Shinichi sembrò riflettere qualche secondo, per poi orientarsi nuovamente guardandosi attorno con attenzione.
-L’FBI è in giro per arrestare i membri presenti qui dentro?-
-Esatto-
-Allora noi andiamo in sala macchine- affermò sicuro nonostante non c’entrasse nulla con quanto appena detto, riprendendo a camminare veloce per i corridoi dal pavimento grezzo e sporco, che calpestato emetteva un suono stridulo e strascicato. Ran batté le palpebre più volte, cercando di capire chi fosse Anokata e di pensare cosa sarebbe successo una volta trovato “questo uomo”, quando il ragazzo, una decina di minuti dopo aver girato un terzo di edificio e i sotterranei, si fermò davanti ad una porta che arrecava la scritta “Sala macchine: divieto di accesso ai non autorizzati”.
-Perché pensi possa essere qui dentro?- sussurrò Shiho posandogli una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione nel buio che li circondava, ma non ottenne risposta. La Beretta che Shinichi teneva in mano fece scattare la sicura e fu puntata saldamente in avanti, mentre il detective posava la mano sulla maniglia di ottone della porta: lui era certo delle sue deduzioni.
-Occhi aperti- sussurrò, prima di spalancare con forza e di entrare con determinazione all’interno della stanza, i capelli che ricadevano davanti agli occhi dal veloce spostamento d’aria.
La stanza era nella penombra, illuminata da candele sparse qua e là che emanavano un dolce odore di vaniglia ovunque, mescolandosi a quello di fumo e alcol. Alcuni monitor, come previsto, trasmettevano le immagini delle telecamere sparse nell’edificio, e una riprendeva proprio il punto in cui erano i tre ragazzi qualche secondo prima, davanti alla porta.
Una figura sedeva alla scrivania al fondo della stanza fumando lentamente e con tranquillità una sigaretta di quelle costose, che emanava un rivolo di fumo lento e grigiastro dall’odore particolare. Sulla scrivania, alla destra di Anokata, c’era un bicchiere colmo di ghiaccio e di un liquore color miele che attendeva di essere bevuto, un posacenere stava poco più lontano; una serie di documenti correlati di fotografie di alcune persone giacevano davanti al boss in ordine sparso, ma tutti arrecavano il timbro DELETED nell’apposito spazio rettangolare alla fine della pagina, illuminati da un’altra candela nuova e poco consumata che rischiarava l’intera scrivania.
Gli occhi di Shinichi e Shiho si dilatarono all’istante non appena scorsero i tratti del famoso boss dell’Organizzazione, che sorrise con tranquillità soffiando dalle labbra una grossa boccata di fumo con classe senza nemmeno guardarli negli occhi.
-I was waiting for you, Silver Bullet- sussurrò con voce soave.
Il liceale sentì la saliva azzerarsi all’interno della bocca mentre la donna seduta alla scrivania alzava gli occhi nei suoi per la prima volta, sorridendo ancora.
Le iridi erano verde prato, luminose in maniera innaturale, evidenziate dallo spesso ma perfettamente applicato mascara nero che ricopriva le ciglia, lunghe e girate verso l’esterno; i capelli erano liscissimi, rossi rubino, con una frangetta corta e tagliata alla perfezione quasi da sembrare finta nonostante i capelli fossero assolutamente veri; i tratti non erano affatto giapponesi, bensì occidentali, con zigomi alti che davano al viso un’espressione di perenne tranquillità e scherno allo stesso tempo; le labbra, spesse e a forma di cuore, erano ricoperte da uno strato di rossetto nero come la notte che risaltava violentemente sulla carnagione pallida della donna. Indossava un top viola molto scollato che sottolineava il formoso seno in modo elegante, mentre sotto portava dei jeggins elasticizzati e molto attillati blu tendenti al nero, e un paio di scarpe dal tacco alto e a spillo dello stesso colore.
Non poteva avere più di 30 anni.
-Oh, sorpreso?- domandò Anokata con un pesante accento americano ricordando terribilmente quello di un’altra donna che i tre conoscevano bene -Immaginavo che saresti rimasto senza parole, Silver Bullet. O meglio… Kudo Shinichi- ridacchiò bevendo poi avidamente dal suo bicchiere senza aspirare il fumo dalla bocca, voltandosi in seguito verso la scienziata con aria goduta. -Welcome home, Sherry. Sei cresciuta parecchio dall’ultima volta: sei una donna in tutto e per tutto ormai. Se ti vedesse la povera Akemi…- aggiunse squadrandola da capo a piedi mentre quella provava gelo nelle ossa, come se le stesse leggendo l’anima -Oh, peccato che non possa: è morta- aggiunse con scherno ridacchiando e pronunciando quelle parole con superficialità.
Il suo sguardo poi ricadde su Ran che si strinse nelle spalle come per proteggersi, ricevendo un sorrisino divertito da parte sua.
-And you must be Angel. Nice to meet you, darling. Chris aveva proprio ragione su di te: hai un’aria così pacifica, da ragazza pronta ad aiutare sempre il prossimo in ogni momento… Just like an Angel-
-Parlaci di te, invece- affermò sicuro Shinichi, interrompendo i suoi discorsi e puntandole l’arma contro come a metterla in guarda mentre lei riportava lo sguardo su di lui serena.
-I’m Anokata. Cosa vuoi sapere, Silver Bullet?-
-Tutto- pronunciò serio lui, facendo un passo avanti.
-Oh, dear, metti giù quella pistola: non spareresti mai- lo schernì divertita, facendolo infuriare -Il tuo animo è troppo puro per togliere la vita ad una persona. Ma comunque, dato che non uscirete vivi da qui, vi racconterò qualcosa di me. Contenti?- domandò accendendosi un’altra sigaretta come in procinto di raccontare una favola.
-Siamo tutt’orecchie-
-Well. Il mio nome è Millicent Vineyard- sorrise al vedere impallidire le gote del detective e della scienziata, che conoscevano bene, molto bene, l’altra persona con quel cognome -E sì, come avrete capito, sono la sorella di Chris-

 


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa LOL
Oooooooooooooooooooooops! Sono in ritardo? ^^
Wari neh, minna, ma sono stata molto occupata ^^"
Allora allora... Emmm: so benissimo che Gosho ha detto che Anokata è comparso nei primi 30 voumi del manga  e che quindi è qualcuno che abbiamo già visto, ma questa è una FF e tutto si può (pur rimanendo nell'IC a mio parere... e mi sembra di essere rimasta tale ^^) per cui ho immaginato che Anokata fosse in realtà la sorella di Vermouth u.u
Oh, nel prossimo si faranno scoperte molto O_O
u.u
Spero il capitolo vi sia piaciuto, anzi...   che la storia vi stia piacendo con la piega che ha preso ^^"
Fatemi sapere T^T
Grazie a chi mi sta seguendo! Grazie mille <3
A presto!
Mangakagirl!
Ps: il disegno l'ho fatto io come sempre :)



 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 9

Anokata sorrise passando un dito sul bordo del bicchiere di whisky sporco di rossetto nero, godendosi le espressioni di terrore di Haibara, a pochi metri da lei, che ancora le puntava la pistola contro, quella consegnatale da Shuichi prima di raggiungere il covo. Quella donna, Millicent Vineyard, sorella di Vermouth che la odiava con tutta se stessa e le aveva dato la caccia per mesi e mesi, standole col fiato sul collo.
Quella donna, Anokata, aveva distrutto la sua vita e quella della sua famiglia.
-Tu sei…- Shinichi rimase con la bocca socchiusa, incapace di parlare: non aveva più di 30 anni, ma allora come…?
-Molto giovane?- rise lei portando entrambe i dorsi delle mani sotto al mento -Non poi così tanto, dear. In fondo… I’m 69 years old-
Il liceale rimase allibito, del tutto sconvolto dalla notizia, battendo più e più volte le palpebre e facendo vacillare la pistola puntata addosso alla donna in modo evidente. Non era possibile che Anokata avesse 69 anni, perché era evidentissimo che era una 25-30enne.
Shiho cominciò a tremare visibilmente, lasciando che le iridi dei suoi occhi cerulei si dilatassero dalla paura. Ran sentì il fiato mancare ai polmoni qualche secondo, chiedendosi come diavolo potesse essere vero ciò che quella nuova tizia aveva appena detto, ma una sua risata riportò i tre alla realtà.
-Oh dear! Siete sconvolti! Dovreste vedere le vostre facce… You look like ghosts! Che dite, parto dal principio?- al silenzio dei tre si rilassò sulla sua sedia, affondando il mento sulle dita della mani incrociate sotto di esso. -Mi chiamo Millicent Vineyard, detta Milly dai miei amici più stretti… Non il vostro caso ci terrei a precisare. Sono sorella maggiore di Vermouth, esatto, e non fate quelle facce- aggiunse prima che a Shinichi venisse un infarto al sentire la conferma dei suoi sospetti -Non ci trovo nulla di male in fondo…- rise -Solo che più che sorelle, noi siamo state un po’ come madre e figlia: ci passiamo 18 anni e i nostri genitori sono morti quando lei aveva solo due anni, per cui la sua custodia è andata a me. Immaginate che inferno sia stato: una 20enne nel fiore degli anni che doveva badare ad una lattante in fasce che necessitava di cure, di essere seguita e cresciuta… Una giovinezza persa, insomma-
Millicent si fermò per alcuni secondi, accendendosi un’altra sigaretta e inspirandone a fondo il fumo dal filtro, per poi buttarlo fuori con una grossa boccata soddisfatta mentre i suoi occhi brillavano, forse ripensando al passato.
-Ma era l’unica persona che mi rimaneva della mia famiglia, per cui fui obbligata a starle dietro e la crebbi come una figlia… She called me “Mummy”. Pitiful… Le cantavo persino la canzoncina “Nanatsu no Ko” per farla addormentare la sera…- disse sprezzante passandosi una mano sugli occhi, scuotendo il capo e ridacchiando schifata.
-Nanatsu no Ko!- Shinichi sbarrò gli occhi collegando solo in quel momento ogni pezzo del puzzle che riguardava quella canzone e il numero di telefono che aveva ascoltato… Milioni di volte si era fatto domande su domande per capire il significato di quella canzone, e ora scoprire che il tutto era legato ad un rapporto di parentela…
-Ahaha sì, proprio così: vedo che l’avevi riconosciuta… Ma scommetto che ti sei scervellato come un pazzo per capire perché proprio quella! Nessuno collegava quella canzone per bambini a me e mia sorella: d’altronde nessuno nell’Organizzazione sa che siamo sorelle. That was our secret- si toccò il labbro truccato di nero con fare sensuale -E così ho deciso di metterla come melodia che componeva il numero per farmi contattare dai miei sottoposti, in modo da non dimenticare mai che quella piccola bastarda era la causa della mia giovinezza andata perduta. So, man mano che Chris cresceva io cercavo di ottenere dalla vita quello che mi era stato tolto facendo conoscenza con i più alti funzionari della società, politici, scienziati… Sono sempre stata una donna molto intelligente e questo mi ha anche sempre reso sveglia e aperta a nuove idee e invenzioni. Inoltre, ero e sono tuttora terribilmente suadente: stregare gli uomini era il mio passatempo preferito… Hanno sempre fatto tutto quello che volevo!- rise gettando la testa all’indietro e facendo inorridire i tre che non si perdevano una parola.
-Frequentavo diversi laboratori di ricerca e in uno, guarda caso, indovinate un po’ chi incontrai? Surprise!- scoppiò ancora a ridere puntando gli occhi in quelli di Shiho -Atsushi Miyano vi dice qualcosa di sicuro, specie a te Sherry, right? Well, diventammo presto soci io e tuo padre: un uomo così di larghe vedute, dai buoni propositi e voglia di volontà… Un genio sprecato in ricerche contro i tumori e quant’altro. Ma io puntavo più in alto, e anche lui sotto quell’aria da uomo di fede pronto a sacrificarsi per l’umanità e gli altri: fu così che investimmo il nostro tempo e denaro in qualcosa che tutti sognano da sempre, dall’antichità, dalla notte dei tempi e che nessuno ha mai ottenuto… the eternal life- finì sorridendo melliflua mentre a Shinichi si accapponava la pelle.
-La vita eterna?- ripeté sconvolto attirando l’attenzione su di sé.
-Of course, my dear! La mia giovinezza era andata persa per colpa della mia adorata sorellina, io volevo riprendermela ad ogni costo: avevo il cervello, avevo i soldi, ma non avevo un socio abbastanza intelligente con cui arrivare al mio obbiettivo: Miyano fu il soggetto ideale da cui essere affiancati.
Le nostre ricerche proseguirono per molti mesi, sembrava non esserci speranza… Finchè un giorno non giungemmo ad una delle sostanze più importanti del mondo: l’NDTH4210, l’elisir di lunga vita che esisteva solo nelle favole e che era in grado di farci ringiovanire a nostro piacimento. God, I still remember that great day!- i suoi occhi brillarono intensamente di verde, quasi come kryptonite, finchè non riprese a parlare.
-Nel tempo che passò per crearlo feci conoscenza con altri altissimi pezzi grossi della società, nonché con i migliori cecchini, killer e assassini del Giappone: perchè ogni cosa che io voglio la ottengo, sempre- sottolineò l’ultima parola con forza -E per ottenere ciò che volevo non mi bastavano più il fascino e il sesso… Mi serviva poter dominare sulla gente con la forza.
La nostra sostanza aveva un meccanismo semplice: ogni grammo che si assumeva, ringiovaniva di un anno il soggetto. Oh, Sherry, non fare quella faccia: non credere di essere l’unica a saper giocherellare con le provette! Sono una delle più importanti chimiche del paese dopotutto- si arricciolò una ciocca rubino con fare orgoglioso -A quell’epoca io avevo 48 anni, il mio corpo si era sformato nonostante non avessi avuto figli e la mia pelle era ringrinzita: avevo perso la mia bellezza da tempo ormai e nulla avrebbe potuto riportarla indietro se non l’NDTH, la mia bambina. Ma Miyano non era più concorde con l’assunzione: aveva conosciuto una certa Elena in quel periodo e quel dannato angelo infernale lo stava portando fuori dal mio controllo… Arrivò a dirmi: -Cosa te ne farai della vita eterna se le persone attorno a te moriranno? Rimarrai da sola-
Tsk! Come se a me potesse importare! Avevo perso già tutto ciò che c’era di importante e volevo solo riavere la mia giovinezza: rivolevo il mio tempo, rivolevo una vita in cui dominare sugli altri, in cui dimostrare al mondo che io ero e sono l’unica padrona di tutto. Inoltre, una volta assunto il farmaco non si invecchia più: bastava decidere l’età e… Puff! Chris infatti ne assunse per gioco giusto un paio di grammi per tornare 28enne per sempre, mentre io ne assunsi ben 22: volevo essere una 26enne, giovane, bella, persino più piccola di mia sorella visto che avevo passato tutta la vita a vederla fiorire e sbocciare mentre io rinsecchivo come una prugna secca di giorno in giorno... It seems a dream, doesn’t it?-
-Non è affatto come un sogno- la interruppe Shinichi riprendendo il controllo di se stesso e scrutandola a fondo negli occhi -Miyano aveva ragione: cosa ti rimarrà quando anche l’ultimo membro della tua famiglia morirà? Sarai sola. Cosa avrai a quel punto?-
Anokata scoppiò a ridere forte, sprezzante, divertita più che mai mentre finiva la sua sigaretta e la spegneva con nonchalance sul piattino posacenere che aveva davanti, accavallando ora la gamba destra sulla sinistra, ora la sinistra sulla destra.
-Vermouth was right, Silver Bullet: il tuo spirito di giustizia non ti abbandona nemmeno per un secondo. Fa parte del tuo animo. Provi pena per me che potrei rimanere sola anche se sono la tua assassina- alzò un sopracciglio sorridendo melliflua -Ammirevole- sussurrò infine.
-Pena, hai detto bene- disse Shinichi facendosi ancor più serio -Nient’altro: penso solo che tu sia una persona vuota e priva di sentimenti. Se hai vissuto solo per ottenere la giovinezza eterna, la tua non è stata una vita felice, ma una vita inutile. Non si vive solo per godere di se stessi e di ciò che si possiede: si vive per poter lasciare una traccia di sé nel mondo, per fare qualcosa di buono per gli altri- concluse disgustato, scuotendo il capo mentre gli occhi di lei saettavano fiammanti nei suoi: stava per caso accusandola di avere avuto una vita peggiore della sua?
-Oh Silver Bullet, non farmi la morale- disse cambiando tono -Parli tu che fino a ieri era un bambino! Non sei altro che un moccioso: la mia vita è stata decisamente migliore della tua. Io ho ottenuto ogni cosa volessi: tu no. Sei debole, non sei più famoso: sei solo un vago ricordo di qualcuno. Vali meno di zero. Cos’hai quindi tu? Nulla. - concluse sprezzante e con tono basso fulminandolo.
-Non è vero- affermò sicuro Shinichi, per poi rivolgere una breve ma intensa occhiata a Ran che rimaneva ferma a pochi metri da lui, fissando Anokata come incantata -Io non avrò ottenuto la cosa che più desideravo dalla vita, ma ci sono andato vicino. Non ho potuto lottare come volevo fare per averla, ma solo per non metterla a repentaglio… Anche se ora lo è. Ma almeno prima ero contento di saperla al sicuro, però-
-Sentimentale… Just like Miyano- riprese Anokata velenosa e stizzita -Anche lui ragionava così… Sempre appiccicato ad Hell Angel, sempre a preoccuparsi di lei e delle sue gravidanze… E quando si è accorto che la nostra stava diventando una grande società, che non era più il laboratorio del piccolo chimico che credeva lui, ma un’organizzazione con gente seria e disposta a tutto pur di ottenere soldi e ogni ben di Dio, è cominciato a diventare fastidioso.
“Milly, non ti rendi conto di dove stai andando”, “Adesso basta, quella è gente pericolosa, stanne fuori…” bla bla bla… Your daddy was veeeeeeery bored, Sherry! Mi sono ritrovata a doverlo ricattare per fargli creare l’APTX, rendiamoci conto!- esclamò con finto rammarico, per poi scoppiare a ridere -Gli avrei ucciso moglie e bambine se solo si fosse ribellato ai miei comandi, e questo servì a spaventarlo e a convincerlo a collaborare… Ma poi si è rivelato una pedina scomoda, di quelle da far mangiare al nemico e allora… Puf!- i suoi occhi saettarono soddisfatti sulla ragazza di fronte a lei -Ucciso insieme a quell’angelo infernale- sussurrò articolando con le labbra nere in modo cattivo.
Shiho tremò da capo a piedi, tentando di mantenere la calma, di respirare, ma non resistette e rialzò l’arma verso di lei fuori di sé.
-ZITTA!- urlò con la voce incrinata e gli occhi spalancati -Non azzardarti a parlarne come se nulla fosse! Hai ucciso i miei genitori come se fossero delle pedine da gioco! Mio padre si fidava di te!-
-Poor Sherry, sono stata una cattiva amica? È questo che vuoi dirmi?- disse con finta tristezza, mettendo le labbra a mo’ di bacio e sfiorandosele con la punta delle unghie smaltate di nero, poi alzò le spalle ridendo -Beh, me ne farò una ragione. Comunque non è stata una grande perdita, darling: tu e tua sorella avete preso il suo posto, no? Avevo i miei tappabuchi e questo era sufficiente per me- pronunciò con noncuranza come se stesse parlando di oggetti -Grandi doti, mia cara: sei riuscita ad arrivare alla fine della formula dei tuoi genitori senza nemmeno consultarti con loro. Congratulations!- batté le mani con scherno -Poi però accadde qualcosa…- il suo tono si abbassò  -E questo non mi piacque per niente. Mi arrivò la notizia che tu, la migliore scienziata al mio servizio, eri scappata dall’Organizzazione. Non potevo credere alle mie orecchie- si finse stupita sbarrando gli occhi -Mi cominciai a chiedere dove fossi potuta andare dato che ormai eri totalmente sola al mondo! Avevo ucciso la tua sorellina solo qualche settimana prima… Doveva esserci qualcosa che mi era sfuggito. E infatti trovai le risposte nel mio rassegno giornaliero alle vittime dei miei cecchini. Sono solita schedare ogni vittima che cade per mano nostra, e tra queste lessi il nome di un certo Kudo Shinichi, solo il detective liceale più famoso della città. Rimasi allibita di saperlo morto per mano nostra e lessi a fondo il suo caso con interesse, per poi fare caso ad un piccolo dettaglio: appena due giorni prima era segnalato che Sherry aveva visitato la casa della vittima per accertarsi della sua morte. Altro dettaglio: su Kudo era stato sperimentato per la prima volta l’APTX4869 del quale non si sapevano ancora bene se gli effetti erano i desiderati sulle persone o meno… Così mi venne un dubbio: e se Sherry avesse mentito sulla sua morte e fosse andata da lui? E se si fosse messa sulle sue tracce dopo aver scoperto che forse l’APTX non uccideva come si pensava?-
I cuori di Shiho e del liceale persero più di un battito: non potevano credere che per tutto quel tempo Anokata avesse saputo tutto su loro. Erano stati attenti ad ogni dettaglio, avevano cercato di annullare le loro vecchie esistenze, di cancellare le tracce del loro passaggio, eppure lei aveva capito tutto dall’inizio. Forse Haibara aveva ragione, pensò Shinichi, forse era vero che ogni cosa che Anokata voleva la otteneva.
-Oh, don’t make that kind of face, guys- rise Anokata tamburellando le unghie nere sulla superficie lucida della scrivania -Credevate davvero di poterla fare a me? A me? Vi ho detto che ogni cosa voglia io la ottengo, in ogni modo. Scoprire se foste vivi o meno non mi è parso tanto irraggiungibile, sapete? Vi siete lasciati dietro così tanti elementi che avrei potuto riempire un libro intero! Ho raccolto informazioni su di te, Sherry, anche grazie a mia sorella Chris però. Ti odiava a tal punto da cercarti in ogni dove proprio come Gin: non voleva lasciare perdere l’idea di trovarti. Eri la sua ossessione, parlava sempre di te… Scoprimmo che eri viva e che gironzolavi per Beika-cho indisturbata e affiancata da alcuni marmocchi, uno in particolare che spesso spuntava anche in televisione affiancato da Mouri Kogoro o Kaito Kid era visibilmente somigliante proprio a quello Shinichi Kudo che doveva essere morto secondo il tuo rapporto. Ooooh, via, non fate quelle facce ho detto…- Shinichi e Shiho erano dello stesso colore della cera che si stava sciogliendo nel piattino sulla scrivania -Non è poi la fine del mondo se siete stati dei buoni a nulla: mi avete semplificato il lavoro!-
Le gole di entrambe erano secche e ardenti: avevano sbagliato tutto, dall’inizio alla fine: nascondersi? Quella donna si era infilata ovunque: era impossibile farlo.
-Ma davvero ancora credevate nel vostro stupido piano? Davvero pensavate di non essere stati scoperti? How pitiful guys! Ho lavorato nei più importanti laboratori del paese, studiare quell’elementare sostanza è stato semplicissimo. Sin dalla prima analisi mi è stato chiaro tutto: l’APTX ringiovaniva anziché uccidere producendo a grandi quantità l’enzima telomerasi che ricostruiva le sequenze nucleotidiche delle cellule andate perse durante la duplicazione di quelle stesse.
Cominciai a seguire passo passo i vostri movimenti, osservai le vostre mosse: quel marmocchio con gli occhiali era un elemento da non sottovalutare. Aveva diverse informazioni su di noi, conoscenze nell’FBI… Aveva avuto contatti con molti dei miei membri e sembrava persino conoscere il mio numero. Ogni tanto tornava ad essere Kudo con l’aiuto di un antidoto sperimentale, ma tentava si sgominarci quasi sempre nelle sue vesti di Conan Edogawa. Oh sì: ricorderai sicuramente il caso nell’hotel di Haido, dove ho fatto fuori Pisco e quasi fatto uccidere Sherry, vero Silver Bullet? Ti diedi questo nome ispirandomi a quello di Akai Shuichi, altro genio che voleva sgominarci. Tsk, patetico… Ho chiesto a Kir di farlo fuori in segno di fedeltà nei nostri confronti e quello è finito all’altro mondo: altro che FBI e CIA!- rise sprezzante e diabolica mentre Shinichi si malediva internamente per tutti quegli sbagli commessi: ora che ci faceva caso erano davvero tanti. -E così ho studiato il piano della bomba nell’hotel per cominciare la vostra caccia e attirarvi in trappola. È stato tutto così dannatamente facile!- rise forte -Avete subito chiesto aiuto all’FBI una volta sentito il pericolo… Davvero una mossa astuta. Ma mandare via dalla città la tua bella, Kudo, senza nemmeno parlarle…-
Shinichi strinse la presa attorno alla pistola con rabbia mentre la donna lo scherniva con sguardo magnetico: quella donna era davvero riuscita a mettere le mani su tutto ciò che li riguardava. Era stato uno sciocco ad illudersi che i suoi cari fossero al sicuro…
-L’edificio è pieno di agenti: lo sai che non hai possibilità di fuga, vero?- domandò poi determinato, cercando di apparire forte e con la situazione ben salda in pugno, ma si irritò ancor di più alla risposta della donna.
-Oh, tu credi?- Anokata poggiò nuovamente le mani sotto la mento e osservò i documenti che aveva davanti con fare divertito. Il primo riportava un nome: SHINICHI KUDO, e sotto, nel rettangolo apposito, capeggiava il timbro DELETED; il secondo SHIHO MIYANO, con sotto lo stesso timbro del primo. Il terzo recava il nome di Ran e la stessa dicitura nel rettangolo: era un lavoro svolto davvero alla perfezione. -Non mi importa affatto se quelli dell’FBI cattureranno i miei cecchini… Ne troverò altri non appena andrò via di qua- aggiunse tranquilla passando un dito sul bordo dei fogli mentre il liceale fremeva infastidito da tanta sicurezza.
-Tratti i tuoi stessi uomini come oggetti: sei davvero una persona pessima- disse schifato Shinichi fissandola serio nel viso coperto dalla frangetta rossa rubino.
-In fondo per me sono solo pedine, Kudo- la donna alzò gli occhi su di lui divertita -Come lo sei tu e come lo è stata Angel per arrivare a te. Sapevo che avrebbe ceduto alla tentazione di tornare d te… Cosa può fermare una ragazza innamorata dopo tutto?-
Gli occhi di Ran si abbassarono repentini al suolo in ombra mentre l’assassina rideva divertita più che mai in modo sprezzante: dannazione, persino quella donna aveva capito i suoi sentimenti per quel viscido bugiardo!
-Sapevo che avrei di nuovo fuso l’argento con la sua principessa: era quello che volevo e… Guardate un po’! Siete qui! By the way… Tornando alla mia storia, devo dire che Chris si è rivelata molto più utile e disponibile di quanto pensassi per quanto riguardava te, Sherry… Ma non posso dire lo stesso su Silver Bullet-
Il ragazzo batté le palpebre sorpreso mentre la donna rivolgeva di nuovo lo sguardo color prato su di lui, facendo una smorfia divertita.
-Exactly. Estorcerle informazioni su di te non è stato facile, dear. Non cedeva proprio… Nemmeno sotto tortura ha aperto bocca, la piccola bastarda- dalle sue parole cominciò a trapelare l’odio profondo che provava nei confronti della sorella -Le ho aperto il petto a crudo, ho riso mentre mi supplicava di fermarmi, urlava di dolore e il sangue scorreva a fiumi dalla profonda ferita che le incidevo sul petto come se stessi tagliando una fetta di torta, ma niente: non ha ceduto nonostante le avessi anche promesso che l’avrei risparmiata in cambio delle informazioni che volevo. Ti ammirava così tanto che sperava che un giorno saresti riuscito a sgominare me e la mia organizzazione, che mi avresti fatta scendere dal mio piedistallo. Anche lei ti chiamava Silver Bullet, il Proiettile d’Argento capace di uccidere la mia organizzazione immortale quanto un vampiro… Sembrava quasi amarti, Kudo, voleva che tu fossi il suo cavaliere pronto a trarla in salvo dalla strega cattiva e il suo sortilegio...  
Ed è per questo che l’ho uccisa- sussurrò piano e con soddisfazione senza provare un minimo di ribrezzo o rimorso per quello che aveva appena detto.
I cuori dei tre persero un battito mentre Anokata, davanti a loro, finiva il suo alcolico e posava il bicchiere sul tavolo indifferente. La mente di Shinichi si rifiutò di collegare quello che aveva appena detto con ciò che davvero significava.
Vermouth era morta… Morta per mano della sorella… Morta per mantenere il suo segreto… Morta per lui con la speranza che distruggesse quella dannata Organizzazione di cui era obbligata a fare parte.
-Hai ucciso tua sorella?- domandò con ribrezzo Ran rompendo il silenzio formatosi e facendo un mezzo passo indietro mentre Millicent si alzava dalla sua sedia facendo lentamente il giro della scrivania con una pistola tra le dita e si appoggiava con il fianco al bordo.
-Angel, are you surprised?- sorrise velenosa portando una pistola sotto al mento con semplicità -In fondo, era solo una dei tanti che lavoravano per me. Mi aveva mentito: a chi importava più di lei?-
-Ma era tua sorella!- insistette Ran ora sconvolta -Come hai potuto farlo?!-
-Non ti sorprendere, Ran- intervenne Shinichi impugnando meglio l’arma tra le mani e riprendendo il controllo di sé -Non ha cuore, non le importa di nulla. È una assassina. È fiato sprecato-
-So, ascolta Silver Bullet, Angel- rise Anokata con scherno indicandolo con un dito -Anche perché sarà l’ultima volta che potrai farlo…-
Un colpo partì repentino dalla sua arma, colpendo di striscio l’omero di Shinichi che era riuscito a scansarsi per un pelo dalla sua traiettoria solo all’ultimo.
Il tutto accadde molto velocemente: Shiho sparò alla donna davanti a sé con determinazione, ma questa si spostò agilmente ferendola ad un polpaccio, per poi correrle in contro e colpirla con il gancio dell’arma in pieno viso facendola urlare di dolore e mancandole l’occhio solo per pelo.
-Haibara!- gridò Shinichi tenendosi la ferita con una mano e voltandosi verso la ragazza caduta a terra che si copriva il volto dolorante. Il liceale si voltò verso Anokata e le saltò addosso con forza, ferendola alla spalla sinistra anche se solo di striscio. La donna imprecò e puntò al suo petto.
Lo scontro non era pari: lei mirava ad ucciderlo, lui no.
-Goodbye- disse divertita sparando senza esitazione, ma la pallottola volò versò l’alto quando Ran, afferratala per le spalle, la scaraventò a lato, verso la scrivania.
-Shit!- imprecò quella spostandosi i capelli dal viso con un manata e puntando i suoi occhi furiosi sulla karateka che la fissava col fiatone, pronta all’attacco. -Vuoi giocare, Tesoro?- domandò saltandole addosso con una mossa di karate, sorprendendola non poco. Anokata la colpì velocemente e con precisione, stendendola a terra furente e respirandole sul collo: le sue tecniche erano davvero stupefacenti. Le si sedette sul ventre e le puntò la pistola in viso, ansimando.
-Die, Angel: fall to the Hell- urlò prima di premere il grilletto, ma un dolore alla mano le fece volare l’arma in un angolo della stanza, costringendola a voltarsi verso il colpevole: Shinichi, furente, la puntava con la sua pistola serio dopo aver colpito con una pallottola la sua arma.
-Levati immediatamente da lei!- urlò sparando un altro colpo verso il suo braccio, che lei schivò alzandosi in fretta in piedi e imprecandogli contro in americano. Corse verso il mobile barocco in legno intagliato con sopra una candela e afferrò un flaconcino rimasto fino a quel momento inosservato agli occhi di tutti, gettandolo poi a terra con un sorriso.
Il fumo del fumogeno appena esploso si sparse ovunque invadendo i polmoni dei tre ragazzi che cominciarono a tossire come forsennati coprendosi la bocca e il naso con il dorso del braccio, mentre Anokata si dileguò repentina nell’ombra, ridendo.
-Merda, non dobbiamo perderla!- riuscì ad urlare il liceale correndo verso Haibara e afferrandola per un braccio per alzarla da terra. Quella annuì tossendo e tolse la mano dal bozzo gonfio e violaceo che si stava allargando sul suo zigomo, lasciandosi trascinare da lui verso Ran. Shinichi prese anche lei per un polso e trascinò entrambe fuori dalla stanza a tentoni, seguiti dal fumo del fumogeno che si espandeva nel corridoio buio e desolato. Si guardò attorno tossendo e arrancando un po’, poi si voltò a destra e a sinistra per capire dove fosse andata quella lurida donna. Vide la luce delle scale filtrare appena e capì che doveva essere scesa da quella parte dato che la porta si stava chiudendo proprio in quel momento.
-Andiamo- incoraggiò le due ragazze correndo verso le scale, seguendo il rumore dei suoi tacchi a spillo che rimbombavano ad ogni scalino in tutta la rampa.
Arrivato al pianterreno, Shinichi si ritrovò sul retro dell’enorme edificio e si guardò attorno ansiosamente, per poi vedere un’auto sgommare veloce sull’asfalto a qualche metro da lui e imboccare la superstrada abbandonata ormai da anni che portava fino a Yokohama.
In un attimo tutto gli fu chiaro e imprecò sonoramente ad alta voce, per poi stringersi l’omero a causa di una fitta di dolore alla ferita che sanguinava e lasciava una scia scarlatta su tutto l’avambraccio. Si voltò verso Haibara notando solo in quel momento quanto il suo volto fosse gonfio sul lato destro, quello colpito dall’arma della donna, ma poi si riprese e parlò con tono determinato.
-Haibara, dov’è l’auto dell’FBI?-
-Scordatelo- risposte lei decisa intuendo da subito dove si sarebbe esaurita la conversazione -Non la seguirai-
-Tu e Ran non la seguirete- la interruppe lui facendo un passo verso di lei -Io devo andare anche se non sei d’accordo: non mi importa-
-Io vengo- si intromise Ran beccandosi le occhiatacce di entrambi -Non mi lascerai per l’ennesima volta, non dopo avermi trascinato fin qui…-
-Io non ti ho trascinata qui!- Shinichi mozzò la sua frase a metà -Questo non è un gioco, Ran! Dobbiamo tenere le situazioni personali fuori da questa faccenda… Haibara, questa dannatissima auto dov’è?!-
La scienziata incrociò le sue iridi color oceano e sentì un tuffo al cuore dalla determinazione che sprigionavano, poi sbuffò sonoramente assottigliando le palpebre fino a quasi far sparire le pupille.
-Ok, ma verrò anche io con te- precisò subito, voltandosi poi con fretta e avviandosi un po’ zoppicante per la ferita al polpaccio in un angolo remoto del cortile attorno all’edificio. Ovunque c’erano erbacce, cespugli di rovi e calcinacci sbriciolati a rendere l’atmosfera più decadente di quanto in realtà fosse; le foglie secche, marce e residue dal lontano autunno ingombravano ancora il selciato e scrocchiavano calpestate dai tre, che in fretta raggiunsero il muro di cemento che segnava il limite del cortile. Haibara si infilò dentro un rampicante e vi passò attraverso senza difficoltà grazie allo spazio ricavato dall’FBI al loro arrivo, si levò alcune foglie di dosso e poi uscì all’esterno ritrovandosi a pochi metri dall’auto che Jodie aveva lasciato aperta per loro. Shinichi vi si fiondò in fretta dentro nonostante il terribile dolore a tutto il corpo, allacciò la cintura mentre anche la scienziata montava sopra, accanto a lui, e Ran si metteva dietro con sicurezza.
-E come pensi di trovarla, genio?- domandò stizzita Shiho sistemando lo specchietto laterale in modo che il ragazzo riuscisse a guidare al meglio mentre proprio quest’ultimo si occupava di quello retrovisore e stringeva il cambio con la mano sinistra per riprendere confidenza con il mezzo.
Aveva imparato a guidare alle Hawaii 4 anni prima, trovando la cosa quasi elementare, e anche se aveva guidato solo per il periodo della vacanza ricordava benissimo come si faceva. Accese il motore con un rombo girando la chiave lasciata da Jodie nel quadro, fece rombare l’auto per qualche secondo, poi tolse il freno a mano, mise la retro e con una forte sgommata andò all’indietro. Si bloccò di colpo facendo sbattere Shiho, che ancora non aveva la cintura allacciata, contro il sedile e provocando la sua espressione sdegnata, poi ingranò la prima per partire veloce verso la superstrada imboccata da Anokata.
-Hai trovato me e Ran con gli occhiali da inseguimento, vero?- domandò senza togliere gli occhi dalla strada, accelerando con forza e cambiando marcia con determinazione mentre lei si allacciava la cintura e tirava fuori dalla tasca interna del giubbino gli occhiali un po’ ammaccati.
-Ti ricordo che funzionano solo se c’è un emittente di segnale, Kudo- disse lei scettica -Cosa pensi di seguire, le onde del cervello di quella pazza omicida?-
Shinichi sorrise ingranando un’altra marcia e lanciando un’occhiata a Ran dallo specchietto: era seduta con le labbra serrate e lo sguardo arrabbiato puntato verso di lui, come a volergli parlare solo con quello.
-Perché credi che le sia saltata addosso, prima?- rispose voltando alla curva della strada girando il volante con entrambe le mani -Per sperimentare le ebrezza di provarci con una 69enne?-
Ran strinse le palpebre furiosa e fece per dire qualcosa, ma Shiho coprì la sua voce sorpresa, accendendo gli occhiali e notando un puntino bianco muoversi sul quadro verde.
-Le hai piazzato una cimice addosso?!-
Il liceale sorrise furbetto e determinato, per poi lanciare un’occhiata alla lente illuminata di verde: si muoveva verso Nord-Ovest.
-Allora, dove sta andando la nostra amica?- domandò glissando la risposta alla domanda precedente e contraendo il viso in una smorfia di dolore mentre il braccio gli doleva e lo stomaco, colpito poco prima, gli si attorcigliava come un nodo.
-Nord-Ovest…-
-Sì, ma perché?-
Shiho rifletté qualche secondo tra sé e sé, per poi sbarrare lentamente gli occhi con sorpresa. Aprì immediatamente il cruscotto davanti a sé e frugò tra i fogli che c’erano dentro, tirando poi fuori una piantina della città. Sfogliò in fretta le pagine fino ad arrivare alla tavola 14, dove seguì col dito il percorso della superstrada e annuì convinta.
-Lo sapevo…-
-Sarebbe?-
-Sta andando all’aeroporto abbandonato che c’è a circa 150 chilometri da qui. Sta attuando il così detto “Piano di fuga”-
-Interessante- commentò ironico Shinichi lanciando un’occhiata al contachilometri che segnava i 120 chilometri orari -Ma potresti tradurre anche per i non membri di quella setta corvina?- domandò premendo di più sull’acceleratore mentre Ran, dietro, sentiva il corpo appiattirsi sempre più contro al sedile.
-Ha un elicottero personale: so che lo ha usato già usato in passato, ma non ho mai capito dove lo tenesse- rispose lei chiudendo la cartina di nuovo dentro al cruscotto e trovandosi pressata contro al sedile per l’alta velocità. -Mi chiedo come farà a manovrarlo del tutto da sola…-
-Oh, ma non è sola- rispose Shinichi - Sapeva che c’era il rischio che l’FBI ci trovasse. In macchina con lei ho visto Bourbon a cui avrà ordinato di stare pronto a scappare: ha tenuto il novellino, il pezzo migliore, al sicuro in vista di una possibile fuga. Sempre poi che quello sia davvero un novellino … Non mi stupirei se avesse preso il Bibitone della Giovinezza anche lui. Probabilmente a Komatsu Ran era pedinata da qualcuno che ha avvisato Gin e Vodka di venirci a rapire quando lei sarebbe arrivata a Tokyo, e quei due hanno avvisato la cara Milly-
-Merda, era tutto calcolato…-
-Come siete entrati nell’edificio?- domandò Shinichi curioso dandole appena un’occhiata di sfuggita.
-Kir- rispose in fretta lei -Quando tu sei stato portato lì dentro, lei ha contattato Jodie all’improvviso dopo mesi e mesi di assenza. Immagina lo stupore nostro… Comunque quando siamo arrivati ci è venuta in contro e ci ha fatti entrare dentro il Covo: probabilmente Anokata si è accorto troppo tardi del tradimento-
-Hidemi Hondo: le dobbiamo sicuramente un grande favore- commentò il ragazzo riconoscente.
-Già- commentò la ramata prima di notare una curva molto larga alla fine delle strada. Si voltò verso Shinichi convinta che avrebbe cominciato a rallentare, ma inorridì quando lo vide assottigliare concentrato gli occhi verso la strada. -Kudo, la curva… Rallenta-
Ma il liceale afferrò il volante con entrambe le mani e strinse forte le dita attorno ad esso, per poi premere di più sull’acceleratore provocando un rombo sordo tutt’attorno. Ran si afferrò alla maniglia interna della portiera appena in tempo prima che la curva arrivasse inevitabilmente in pochi secondi.
Shinichi imboccò la curva e sterzò il volante rivolgendolo nel verso di quest’ultima, le ruote si girarono, ma cominciarono a slittare per le leggi fisiche verso l’esterno. Così il ragazzo girò in fretta il volante verso l’esterno della curva per raddrizzare la macchina che cominciava a sbandare come nei testacoda, tenne il piede ben saldo sull’acceleratore e poi virò il voltante nuovamente nel verso della curva, ingranando la quinta e raddrizzando in fretta l’auto per riprendere la strada rettilinea tra le grida terrorizzate di Shiho e Ran.
La scienziata, imboccata nuovamente la superstrada in rettilineo, si voltò verso di lui furiosa e lo mangiò vivo sia con le parole che con lo sguardo mentre il cuore le batteva a mille.
-Dannazione, ti sei bevuto il cervello, Kudo?! Volevi forse ammazzarci tutti per finire all’altro mondo prima che ci ci spedisca Anokata?!-
-Non potevo rallentare o avrei perso troppo tempo poi a recuperare la velocità- rispose semplicemente lui, lanciando un’occhiata enigmatica a Ran che, spaventata, si teneva una mano sul petto respirando forte. -Haibara, Hattori non stava venendo a Tokyo prima di tutto questo casino?- domandò in fretta riflettendo tra sé e sé sul piano che si stava lentamente figurando nella sua mente. La scienziata annuì, voltandosi verso di lui interrogativa.
-Cosa vuoi da lui? L’avevo chiamato per dirgli di venire qui alla svelta prima di raggiungere voi al Covo…-
-Voglio che lo richiami e gli dici di andare all’ex aeroporto dove stiamo andando noi… In fretta anche. Anzi, metti il vivavoce, ci parlo io…-
La scienziata tirò fuori dalla tasca del giubbino il cellulare, ma sbarrò gli occhi notando lo schermo touch-screen totalmente incrinato: la caduta di poco prima aveva mandato in fumo i risparmi di quasi due mesi.
-Merda, il telefono è in frantumi- imprecò lanciandolo nel cruscotto -Il tuo è sotto carica a casa…-
-Prendi- Ran, con stizza per la familiarità tra i due, le lanciò il suo rosa in grembo e tornò appoggiata al sedile con le braccia incrociate e le labbra rigide, ma per quanto si fingesse dura e distaccata, il suo cuore dentro doleva da impazzire: quella ragazza e Shinichi erano molto, troppo intimi…
I loro modi di rivolgersi l’un l’altra, i loro sguardi, la loro complicità… Shinichi si era subito fiondato su di lei dopo che Anokata l’aveva colpita, e sempre da lei era andato prima di prenderla per un braccio e trascinarla fuori dalla camera piena di fumo. Shiho le rivolse un’occhiata seria, aprì il telefonino e cercò il nome di Hattori in rubrica, per poi premere il verde e mettere il vivavoce.
Tuuu. Tuuu. Tuuu.
Il suono del telefono fu l’unico a rompere il profondo silenzio che era sceso nell’automobile: Shinichi rifletteva e cercava di mantenere il controllo della macchina sparata a tutta velocità mentre Shiho stava col braccio a mezz’aria, tenendo l’apparecchio vicino al socio che non poteva distrarsi dalla guida. Quando quasi trenta secondi dopo Hattori rispose, la tensione dei tre si allentò un po’.
-Pronto?- l’accento del Kansai si diffuse nell’abitacolo repentino e un po’ metallico -Ran, sei tu? Dove sei? Stai bene?- domandò preoccupato il ragazzo mentre alla sua voce si sovrapponeva il rumore di motori accesi.
-Hattori, sono Kudo- rispose Shinichi sbrigativo -Sta’ tranquillo, noi stiamo bene, ma…-
-Kudo!- lo interruppe l’altro -Dannazione a te, mi stai facendo perdere 20 anni di vita, razza di idiota patentato! Dove sei? Sei ancora in mano a quei bastardi?!-
-Hattori, ascoltami!- alzò la voce il liceale dell’est autorevole -Non c’è tempo per le spiegazioni, dove sei tu?-
-Al casello dell’autostrada per entrare a Tokyo, sono fermo a fare la coda per pagare manualmente il biglietto: se non volevo una volante della polizia alle calcagna, dovevo per forza fermarmi e fare il bravo cittadino-
-Perfetto- Shinichi sorrise -Se guardi bene, dopo il casello dovrebbe esserci un cartello con scritto “Superstrada Tokyo-Yokohama”, lo vedi?-
Heiji si sporse dalla sua moto col busto in avanti, salendo sulla punta dei piedi mentre rimaneva aggrappato al volante con le mani. Il suo sguardo vagò tra le miriadi di cartelli blu e verdi che indicavano le varie vie da seguire per raggiungere la propria meta, quando quello designato da Kudo gli balzò all’occhio.
-Sì-
-Bene, appena paghi l’autostrada prendi quell’uscita e percorri tutta la strada fino alla fine, senza mai fermarti, ok? Noi stiamo andando all’ex aeroporto che c’è proprio alla fine, ci stiamo viaggiando dentro, capito?-
-Prendere la superstrada e arrivare all’ex aeroporto… Chiaro. Quanto ci dovrei mettere?-
-Sono all’incirca 150 chilometri, vedi di dare gas senza ammazzarti- si raccomandò il ragazzo di Tokyo assottigliando gli occhi mentre l’amico finiva di pagare nel frattempo il biglietto del casello.
-Ci vediamo lì allora- Heiji sorrise chiudendo la telefonata, calò il casco sul capo e partì subito con un rombo di motore verso l’uscita per la superstrada abbandonata, in cui nessuno girava.
Shinichi fece segno ad Haibara di chiudere e la ragazza eseguì l’ordine fissando il telefono di Ran per qualche secondo, pensosa. Lanciò un’occhiata dallo specchietto retrovisore alla karateka e osservò con attenzione la sua espressione spenta e puntata sul proprio grembo: faceva la dura davanti a Kudo, ma in realtà era palese che stava soffrendo terribilmente. Con un sospiro la scienziata si voltò e le porse il telefono con la destra, incrociando il suo sguardo risentito.
-Grazie- disse quando lei lo prese con distrazione -E… Penso che alla fine di questa faccenda ci siano parecchie cose che io e te dovremo chiarire-
-Non ce n’è bisogno- rispose lei secca -So già tutto quello che dovrei sapere…-
-No- Shiho scosse la testa decisa -Tu hai frainteso ogni cosa, Mouri, ma capisco la tua rabbia…-
-No invece: tu hai il tuo ragazzo accanto ora, no? Come potresti capire qualcosa del genere?- disse ironicamente Ran sorridendo amara, lanciando poi uno sguardo a Shinichi che, dietro al suo sedile, ascoltava la conversazione in silenzio senza intervenire. -Ragazzo che non ha nemmeno il coraggio di parlare ora… Sei patetico- aggiunse piano delusa.
-Mettiamo subito in chiaro una cosa- Shiho parve stizzita e continuò prima ancora che Shinichi aprisse bocca -Lui e io non stiamo insieme: noi siamo solo soci. Soci in affari, soci di lavoro, soci di misfatte, chiamale come vuoi, ma soci. E non siamo andati a letto insieme- sottolineò con forza poi, lanciando un’occhiata a Shinichi che arrossì appena mentre manteneva il voltante con entrambe le mani.
-Non è il momento per affrontare certi argomenti- disse semplicemente quello scuotendo il capo e stringendo con più forza il volante -Ne parleremo dopo che tutto questo sarà finito…-
La scienziata pensò che a volte l’idiozia di Kudo riusciva davvero sfiorare il limite e anche sfondarlo volendo: sarebbe stata l’occasione buona per cominciare a montare lo spiegone che avrebbe dovuto tenere a Ran dopo tutto quel casino per dimostrarle la sua innocenza, eppure lui sembrava non accettare gli imput che lei gli aveva lanciato. Sbuffò spostandosi con stizza le ciocche dal viso, sfiorandosi il grosso e violaceo livido che le invadeva mezza faccia a causa di quella dannata donna americana. Un gemito bassissimo da parte di Shinichi le fece capire che la ferita doveva dolergli abbastanza e gli rivolse un’occhiata preoccupata, valutando se poteva fare qualcosa per lui o meno.
All’improvviso però si ricordò che l’FBI non sapeva dove fossero e che probabilmente si sarebbe preoccupata una volta accortasi della loro scomparsa, così disse a Ran di chiamare l’agente Jodie per avvisarla di dove si trovavano e di dirle di raggiungerli lì al più presto. La karateka, seppur di malavoglia, annuì e fece il numero dell’ex professoressa, riferendole il tutto e trovandosi con un timpano fracassato.
-VOI COSA AVETE FATTO, SCUSA?! MA IL BUON SENSO DOVE L’AVETE MESSO, DAMN!- urlò Jodie mentre si catapultava fuori dall’edificio verso il secondo mezzo con cui erano arrivati fin lì.
-Digli di non fare cazzate- disse brusco Akai al suo fianco mettendo in moto il motore dopo aver lanciato il fucile sul sedile posteriore -Stiamo arrivando-
***
 
I cancelli ferrosi e arrugginiti del vecchio aeroporto comparvero finalmente all’orizzonte e a Shiho si attorcigliò lo stomaco: dovevano solo sperare che Anokata non fosse già arrivata al suo elicottero o la speranza di potersi finalmente vendicare sarebbe stata vana. Shinichi valutò bene le distanze che lo separavano dai cancelli, poi sorrise con un ghigno notando che lei e Bourbon stavano scendendo dall’auto solo in quel momento.
-Bingo- mormorò a denti stretti posando la mano sul freno a mano e trattenendo il fiato -Tenetevi forte- disse semplicemente prima che, pochi secondi, ma molti metri dopo, girasse il volante con forza in prossimità dei cancelli, tirando il freno a mano verso l’alto, frenando e facendo slittare l’auto con una sgommata sull’asfalto, consumandone le gomme sonoramente. La forza d’attrito permise alla macchina di rimanere incollata alla strada seppur con difficoltà, mentre i tre dentro vennero sbalzati con forza verso sinistra, finchè Shinichi, col piede quasi a sfondare il freno, non riuscì ricontrollare l’auto, fermarla e riprendere fiato.
-Cazzo, Kudo!- urlò sdegnata Shiho rimanendo col fiato sospeso e il cuore in gola altri 5 secondi buoni, mentre Ran dietro riapriva gli occhi terrorizzata. Il liceale lanciò una breve occhiata alle due, poi aprì la portiera con uno scatto levandosi la cintura e prendendo la pistola che gli era caduta ai piedi.
-Vado a fermarla- affermò sbrigativo correndo verso l’entrata cercando di ignorare il dolore ovunque mentre Shiho si voltava verso Ran seria, riprendendo anche lei possesso della sua pistola.
-Io vado con lui…-
-Vengo anche io-
Un sospiro rassegnato della scienziata precedette il rumore di due portiere che si spalancarono nello steso istante: in fondo, come sarebbe riuscita a trattenerla a quel punto?
Kudo aveva bisogno di aiuto e lei non poteva perdere tempo con una bambina capricciosa.
Ran rimise piede sull’asfalto con gioia e corse dietro l’altra con una certa agitazione in corpo mentre il sole che tramontava all’orizzonte illuminava il cielo di arancione. Non sapeva bene cosa sarebbe successo a quel punto, ma era arrivata fino a lì e arrendersi prima della fine le sembrava davvero da vigliacchi. Osservò la chioma ramata di Shiho muoversi leggiadra nel vento, seguendola con occhi spenti e stanchi: come aveva potuto lui…?
Però forse cominciava a capire: lei era così risoluta, determinata, sicura di sé. Si vedeva che era tesa, impaurita, ma che stava lottando, stava affrontando quel problema nonostante le difficoltà: lei invece cosa aveva fatto fino a quel momento?
Aveva accettato la sorte che le era stata affibbiata da qualcun altro, aveva seguito i suoi a Komatsu pur non volendo, era tornata solo per chiarire il significato del biglietto nel libro…
L’improvviso fermarsi della ramata la scosse dai suoi pensieri costringendola a fissare davanti a sé con sorpresa: erano arrivate in un grosso piazzale in cemento con alcune righe bianche e sbiadite tracciate sopra. Al coronare tutto c’era poi un piccolo elicottero nero e lucido con il portellone aperto e le pale in lento movimento. Vide il ragazzo che fino a pochi giorni prima era stato il suo sogno di una vita avvicinarsi al mezzo con sicurezza mentre la donna dai capelli rosso rubino, scossi dal vento mosso dalle pale, si voltava verso di loro sorpresa, per poi abbandonarsi ad un sorriso velenoso. Si fermò sui suoi tacchi alti e sottili mostrando la sua figura slanciata con fierezza, poi estrasse dalla tasca del jeggins una piccola pistola che aveva preso dal cruscotto della macchina e la puntò con semplicità verso il ragazzo, alzando le spalle.
-Oh, what a nice surprise!- esclamò con finto divertimento -Non credevo mi avreste trovata anche qui… Are you magic, Silver Bullet?-
-No, ma sono comunque capace di chiuderti al fresco- rispose sicuro Shinichi alzando la pistola verso la sua figura, camminando a passo moderato verso di lei. Gli occhi verde prato della donna si ridussero a fessure seppur il sorriso non scemava dal suo volto, poi riprese a parlare.
-Oh… Davvero ancora credi che vincerai contro di me, Silver Bullet? Un 18enne con una ferita al braccio, totalmente malconcio, con un labbro spaccato e una pistola con solo più un paio di colpi?- lo canzonò scoppiando a ridere mentre il detective alzava le spalle con indifferenza.
-Sarò anche un 18enne con una ferita al braccio, totalmente malconcio, un labbro spaccato e una pistola con solo più un paio di colpi, ma non sono un vigliacco e non mi arrendo. Hai rovinato la vita di troppe persone, ma non riuscirai a fuggire questa volta, Millicent Vineyard-
-Really?- domandò abbassando il tono la donna, stringendo la pistola con più sicurezza -Non ti credo, mio caro… Io ottengo tutto ciò che voglio: ricordatelo Silver Bullet. E ora voglio che tu e quelle due sgualdrine moriate- aggiunse prima di sparare.
La figura di Shinichi si piegò in avanti con forza quando il proiettile penetrò repentino nella sua carne, mentre il cuore di Ran perdeva un battito al sentire lo sparo rimbombare attorno. Portò le mani davanti alla bocca lasciando uscire solo un gemito strozzato, osservando scioccata il ragazzo che si era inginocchiato a terra, tremante di dolore, con una pozza scarlatta che cominciava ad allargarsi sotto di lui.
-Oddio, Kudo…- mormorò Shiho preoccupata, ma qualche secondo dopo afferrò Ran per un polso e si tuffò dietro un pilastro di cemento per proteggersi dalla scarica di proiettili che la donna stava indirizzando verso di loro. Entrambe urlarono quando un paio sfiorarono le loro caviglie e braccia bruciandole, ma fortunatamente nessuno si conficcò in profondità. I capelli di Shiho si librarono davanti ai suoi occhi cerulei mentre lei ansimava accovacciata a terra accanto ad una Ran tremante e impaurita; qualche secondo dopo si sporse sopra il pilastro e puntò con la pistola Anokata che, a sua volta, puntava Shinichi per finirlo.
-No, non lo farai bastarda!-
Chiuse un occhio e rese salda la presa sull’arma con entrambe le mani, poi sparò ferendola alla coscia e facendola urlare. Uscì dal suo nascondiglio raccomandando a Ran di stare nascosta e corse verso il Boss con determinazione mentre quella, ferita, si trascinava verso l’elicottero imprecando.
Ma un nuovo sparo fece sobbalzare nuovamente le ragazza: Shinichi, sebben ferito e piegato su se stesso, aveva puntato all’altra gamba della donna e lei era caduta sul gradino che portava all’interno del mezzo, afferrandosi la nuova ferita dopo aver lanciato un grido.
-You, bastard!- urlò arrancando all’interno dell’elicottero con il fiatone e con evidente difficoltà mentre il liceale sorrideva e Shiho lo afferrava per una spalla chiedendogli come stesse. Millicent si voltò verso il guidatore con fatica, ansimando rumorosamente.
-Parti Bourbon- ordinò autorevole osservando la figura dell’uomo davanti ai comandi che però non rispondeva agli ordini come avrebbe dovuto. Anokata batté gli occhi un paio di secondi, poi ripeté l’ordine con più forza facendo risuonare il rumore metallico della sua arma benché fosse vuota, cercando di intimidirlo per affrettare i tempi. La figura dell’uomo finalmente si mosse nell’oscurità dell’elicottero con lentezza e sorridendo, quando un paio di occhi smeraldini fecero capolino alla visuale della donna, trionfanti.
-Destinazione, mia cara? La galera, non è vero?- Hattori si godé tutte le espressioni di sorpresa che inondarono il viso di Millicent che, indietreggiando, quasi inciampò sul corpo di Bourbon che giaceva stordito a terra, senza sensi. In un attimo fece per scendere dall’elicottero e correre via, ma Shinichi si parò davanti al portellone con entrambe le mani poggiate sul metallo del mezzo e un sorriso affaticato ma trionfante in volto.
-Fine dei giochi, Anokata- mormorò mentre Heiji riusciva a farle saltare di mano la pistola con un colpo secco e un’auto si avvicinava rombando all’aeroporto. La donna scosse il capo cercando di scappare facendosi strada a colpi di karate, ma, essendo ferita ad entrambe le gambe, il detective dell’ovest riuscì a bloccarla dalle braccia con facilità, trattenendola mentre lei si dimenava.
-Oi oi, buona!- esclamò il ragazzo in Osakaben scocciato -Se non ti è chiara la situazione, dolcezza…-
-Stai per andartene a dormire- finì roco per lui Shinichi puntandole l’orologio anestetizzante addosso e sparando l’ago soporifero sul suo collo. Gli occhi di Millicent si chiusero a rallentatore mentre il suo corpo si rilassava, afflosciandosi a terra tra le braccia di Hattori, che scosse il capo emettendo uno “Tsk!” sdegnato.
-Donne… E poi dicono che non sono imparentate col Diavolo!- esclamò abbandonando il corpo dell’americana giù dall’elicottero con poca grazia e scendendo dal mezzo con un salto, per poi sorridere a Shiho che lo fissava con un sorriso riconoscente a pochi metri da lui.
-Tempismo perfetto, Osaka- commentò sincera mentre il ragazzo le ammiccava furbetto.
-Sempre a vostra disposizione, Lady Macbeth- rispose voltandosi poi verso Ran -E tu come stai, Ran?-
La karateka annuì senza riuscire però a togliere gli occhi da Shinichi, che all’improvviso, mentre Jodie e altri agenti dell’FBI correvano verso di loro urlando i loro nomi, si accasciò a terra reggendosi il ventre ferito. Heiji si voltò sentendo il rumore del suo corpo sbattuto a terra e sobbalzò, correndo subito a sostenerlo.
-Kudo!- lo chiamò mentre quello lo guardava dolorante da sotto la frangetta, coperto di sudore freddo -Kudo, resisti, ora andiamo in ospedale…-
-Cool Guy, Hattori!- urlò Jodie raggiungendoli trafelata -Che succede?! Oddio, è ferito…-
-Dobbiamo portarlo in ospedale con l’auto auto…-
-Akai!- urlò l’agente annuendo -Occupati tu di Anokata, io devo portare i ragazzi in ospedale… Sono feriti-
L’uomo annuì lanciando un’occhiata a Shinichi, per poi abbassarsi su Anokata, caricarsela su una spalla e fare segno agli altri colleghi di perquisire l’elicottero.
-C’è anche Bourbon lì dentro- disse Shiho verso di lui mentre seguiva Jodie per uscire dall’aeroporto. Hattori caricò di peso l’amico e si passò un suo braccio attorno alle spalle, aiutandolo a camminare fino all’uscita mentre Ran li seguiva irrequieta, lanciando occhiate preoccupate a Shinichi. Ma quando Shiho si avvicinò a lui e il ragazzo allungò un braccio verso di lei per aiutarsi a sorreggersi, sentì un moto di rabbia salirle dentro: con lei, nonostante gli fosse abbastanza vicina, non l’aveva fatto.
All’improvviso il ricordo di quella mattina, uno Shinichi trafelato e in procinto di spogliarsi, o rivestirsi, dipendeva dai punti di vista, si fece strada nella sua mente repentino, mandandole in tilt il cervello: lui e quella ragazza erano decisamente più che “soci”.
Salì in macchina con stizza seguendo il filo delle sue fantasie, ritrovandosi malauguratamente dietro tra Shiho e uno Shinichi più che dolorante che chiedeva ad Hattori di essere mosso piano. Guardò il ragazzo del Kansai con la tentazione di chiedergli di prendere tutto e andare via insieme, lasciare quei due da soli e tornare a Tokyo a piedi, lontani da loro, ma non lo fece. Heiji aiutò Shinichi a sistemarsi alla bell’e meglio, poi le rivolse un’occhiata e le domandò con lo sguardo cosa non andasse, non ottenendo risposa. Jodie mise in moto non appena il detective dell’ovest si sedette davanti e partì veloce verso l’ospedale più vicino, facendo rombare il motore.
Shinichi trattenne un gemito di dolore con fatica non passando di certo inosservato, e Shiho si sporse oltre Ran per vederlo meglio in faccia e aiutarlo in qualche modo. Notò che la grossa chiazza di sangue scarlatto che gli stava impregnando i vestiti all’altezza dell’ombelico era sempre più grande e tirò fuori dal suo pantalone un fazzoletto di stoffa bianca che passò a Ran.
-Premiglielo sulla ferita, sta perdendo troppo sangue- disse seria indicandogli con un cenno di capo il ragazzo alla sua destra, mentre il cuore di Ran cominciò a battere furioso contro lo sterno. La fulminò malamente con lo sguardo come se potesse mangiarla viva, per poi sentire all’interno di sé la sua coscienza strepitare.
Era gelosa di lui? Per questo reagiva così?
Scosse il capo e tirò fuori dalla sua tasca il proprio fazzoletto, prese quello della scienziata con poca grazia per poi unirlo con il suo. Si voltò verso Shinichi e li premette entrambi con forza sulla sua ferita, facendolo sobbalzare dal dolore. Il liceale cominciò a gemere sdegnato mentre lei si voltava con nonchalance verso Heiji, che fissava la scena interrogativo.
-Così va bene per fermare il sanguinamento?- gli chiese scocciata, per poi ricevere un suo cenno di capo incerto e sconvolto: Ran amava Kudo, che diavolo le succedeva?
-Ran, fa’ piano- si lamentò Shinichi posando le mani sulla sua per diminuire la pressione e allontanarla, ma lei non cedette e si accigliò di più.
-Se non vuoi morire dissanguato, sta’ zitto e stringi i denti senza lagnarti- disse scorbutica e senza mezze misure sconvolgendo i presenti non poco: erano tutti abituati ad una Ran dolce e comprensiva…
Che fine aveva fatto ora che il ragazzo che amava stava male?
-Sì, ma non posso non lagnarmi se una pazza furiosa mi sta praticamente infilando due dita nella ferita solo perché vuole fermare l’emorragia!- rispose sdegnato e dolorante il detective rivolgendole un’occhiataccia, ma quella tacque distogliendo lo sguardo mentre il silenzio calava nell’auto come la notte fa sul giorno.
Ma perché diavolo era così nervosa dopotutto? Di certo non c’entrava la faccenda del fazzoletto dato da quella tipa ramata, in fondo ci avrebbe pensato anche lei di lì a poco…
Un altro gemito sdegnato di Shinichi la fece sobbalzare e fissare il ragazzo dispiaciuta, creandole un senso di colpa all’interno. Fece per chiedergli scusa, ma la voce autoritaria e stizzita di Shiho le mandò il cervello in panne, facendola infuriare.
-Non è il caso di premere così forte solo perché hai della rabbia repressa. Non vedi che gli fai solo più male?- affermò con disprezzo incrociando le braccia al petto e lo sguardo con il suo, sfidandola silenziosamente senza timore. Alle volte quella ragazza sapeva essere davvero stupida se ci si metteva…
Ran sentì le guance avvampare, un po’ per l’imbarazzo per il richiamo e un po’ per la rabbia che quella tipa dai capelli ramati e lo sguardo adulto le faceva salire lungo il collo. Il cuore cominciò a battere furioso contro le sterno, guidando le sue mani a staccarsi dal ventre di Shinichi e a voltare il corpo verso di lei. Assottigliò gli occhi e con aria di sfida le domandò:
-Vuoi venire forse tu al mio posto?-
-Tsk, giochiamo, Mouri?-
-Dimmelo tu, Haibara. Ah no, questo non sarà sicuramente il tuo nome…-
-Miyano per te- rispose la scienziata ironica, alzando un sopracciglio ma sentendo le braccia tremare: stava esagerando quella ragazzina viziata.
-Miyano- ripeté la karateka con disprezzo -Allora, vuoi fare cambio di posto? Sei molto intima con lui d’altronde… No?-
-Ti sei fatta un’idea del tutto sbagliata, te l’ho già detto- rispose Shiho mentre Hattori, sconvolto, si voltava a rallentatore fissandole con occhi sbarrati: non riusciva a capire un’acca della loro discussione, ma una cosa era certa: vedere Ran litigare con Lady Macbeth era a dir poco terrorizzante.
-Ancora con questa storia?- Ran si accigliò voltandosi con stizza ancor più verso di lei mentre Shinichi, dall’altra parte, chiudeva gli occhi mordendosi il labbro inferiore: non solo il dolore della ferita stava diventando insopportabile, ma anche tutta quella situazione lo era ormai.
Hattori cercò il suo sguardo con insistenza, ma nonostante lui lo avesse notato con la coda dell’occhio, tenne il suo assolutamente basso. Non poteva spiegare tutto in quella situazione, con Jodie presente…
-Vorresti negare l’evidenza, Miyano? Vi ho visti stamattina: non ci sono dubbi su ciò che avevate appena fatto, a mio parere…- il sorriso senza gioia di Shiho la fece imbestialire.
-Hai paura di aver perso il primato nel suo cuore, non è vero?- disse atona lasciando sia Ran che Shinichi che Hattori di stucco -Fa male perdere l’unica persona che ritieni importante nella vita, non è così?-
-Non è questo…-
-So cosa si prova a vedere tutte le persone a cui tieni allontanarsi da te o arrendersi al fatto che non potranno mai essere tue. Credevi ti sarebbe stato per sempre accanto? L’ha fatto ma non te ne sei accorta: la colpa è solo tua quindi, non credi?-
Gli occhi di Ran vacillarono paurosamente mentre le sue labbra si dischiudevano: il vero significato, pungente e terribilmente reale di quelle ultime parole, le invase la mente privandola del raziocinio. Era vero, lei aveva avuto Shinichi accanto per tutto quel tempo, non era mai stata abbandonata come credeva, eppure non se ne era accorta… O meglio, non aveva accettato la cosa.
Il suo sguardo, perso nel vuoto, si abbassò lentamente di fronte a sé, quando la frenata un brusca di Jodie la scosse un po’.
L’agente saltò giù dall’auto e corse all’interno del pronto soccorso chiedendo di portare una sedia a rotelle per Shinichi che sicuramente non avrebbe potuto camminare; Hattori scese dall’auto con agilità e corse ad aprire la portiera dell’amico, slacciandogli la cintura e aiutandolo a mettersi in piedi dopo avergli cinto le spalle con un braccio. Shiho rivolse un’ultima occhiata a Ran, per poi uscire dal mezzo con indifferenza e seguire il detective dell’Est che veniva spinto via da un infermiere all’interno dell’edificio.
I pensieri della karateka si sovrapponevano senza sosta insieme alle parole della ramata: lei e Shinichi a Tropical Land, l’arrivo di Conan, le chiamate dell’amico sbrigative e superficiali, le notti passate a piangere per lui, i sentimenti confessati al piccolino senza neanche sapere chi fosse in realtà…
“Credevi ti sarebbe stato per sempre accanto? L’ha fatto ma non te ne sei accorta: la colpa è solo tua quindi, non credi?”
Terribilmente vero.
Era una bambina, una ragazzina, aveva avuto ragione Akai quando l’aveva definita tale giorni e giorni prima, non ricordava nemmeno quando.
-Ran-la voce di Hattori la riportò alla realtà qualche minuto dopo. Batté le palpebre con sorpresa, per poi voltarsi verso di lui e incrociare il suo sguardo che le sorrideva malinconico. Le porse una mano e annuì -Vieni dai-
Ran prese la mano del detective provando immediato sollievo allo scontrarsi con il suo calore amico, uscì poi dalla macchina guardandolo tristemente. Il ragazzo dalla pelle olivastra le passò un braccio attorno alle spalle e la spinse con affetto dentro l’ospedale, guidandola per i corridoi e rivolgendole qualche occhiata di rassicurazione. Un’ infermiera li notò e chiese loro se avessero bisogno di aiuto.
-Credo che lei debba essere visitata… Oggi è stata un po’ troppo strapazzata- scherzò Heiji annuendo poi allo sguardo incerto della karateka, che cercò rassicurazione in lui. -Ti aspetto qui, tranquilla-
Osservò la figura di lei sparire oltre una porta con l’infermiera, poi si voltò verso la fine del corridoio e raggiunse la sala d’attesa a passo spedito, strisciando le Blazer blu sul pavimento lindo dei reparti. La figura di Haibara si presentò alla sua vista seduta su una poltroncina della sala con le gambe accavallate e le braccia strette al petto. La raggiunse osservandola con attenzione, stupito di quanto fosse affascinante ora che era adulta nonostante l’aspetto da cariatide e il carattere intrattabile, poi le si sedette accanto e si scompigliò i capelli con forza.
-Kudo?-
-Lo hanno appena portato in sala operatoria-
-Ah- rispose annuendo e guardando attorno a sé lo spazio deserto, dove risuonavano solo i rumori dei distributori automatici che facevano girare le ventole al loro interno. -Che diavolo avete combinato tu e…?-
-Nulla- lo interruppe Shiho -E’ lei che pensa il contrario- aggiunse alzandosi in piedi e raggiungendo l’infermiera che le faceva segno di seguirla per medicare il viso tumefatto e i graffi che aveva addosso. Heiji si ritrovò più confuso di quanto già non fosse, poi si grattò il mento sospettoso cercando Jodie in giro per sapere se lei conosceva qualche dettaglio in più di quella faccenda, ma nulla: era solo.


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwaaaa :D
Eccomi con il nono capitolo e...
Boh, non so bene cosa dire se non che è lunghissimo e che... E' forse il più impegnativo che ho scritto ^^
Tutta la storia di Anokata, tutte le informazioni che conosciamo ecc ecc non sono state facili da collegare e accordare, inoltre è una delle prime volte che affronto un capitolo d'azione e sparatorie... Per cui ditemi come è venuto e che ne pensate di tutto ciò *--*
Vi è piaciuto? Vi aspettavate certi avvenimenti? Ho fatto morire Vermouth, sì ^^"... Non odiatemi xD E' anche un personaggio che mi piace abbastanza devo dire... u.u
Ah sì! VISTO CHE E' ARRIVATO HATTORI ALLA FINE? XDD
Immaginate cosa sarebbe successo senza di lui?? D:
Ora abbiamo Shin ferito, Shiho e Ran in guerra (ditemi che non sono andata OOC vi prego!!!!!!!!) e... Boh, il resto vedremo ^^
Lascio a voi la sentenza :)
Grazie a chi mi segue <3 
A presto!
Mangakagirl!

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

 Capitolo 10

Shinichi aprì gli occhi e fu subito accecato da un bagliore bianco e fastidioso: il sole era sorto da tempo e rischiarava l’ambiente circostante riflettendo i suoi raggi ovunque. Il liceale sentì mani e piedi intorpiditi, la gola secca e una fitta dolorosa al ventre e all’omero che gli ricordarono i fatti avvenuti il giorno prima: avevano sconfitto Anokata.
Si mise a fatica seduto afferrandosi con i pugni ai lembi delle lenzuola, arricciandole disordinatamente, forzando più sul braccio sano che sugli addominali scolpiti da dio greco che dolevano terribilmente a causa della ferita. Stropicciò il cuscino scocciato e vi sprofondò contro esausto dal lieve sforzo appena effettuato, per poi far vagare lo sguardo nella stanza. Un mazzolino di tulipani rossi immersi in un vasetto pieno d’acqua attirarono la sua attenzione, facendogli battere le palpebre sorpreso. Qualcuno era già andato al suo capezzale…
Taku, manco fosse morto!
La porta si spalancò e un’agente Jodie molto sorpresa di vederlo già sveglio gli sorrise sollevata.
-Cool guy! Ti sei svegliato grazie al Cielo, avevo il presentimento che ti fossi ripreso!- rise la donna avvicinandosi al suo letto con passi affrettati sui suoi stivali neri alti fino al ginocchio. Prese una sedia da un angolo remoto della stanza e la piazzò accanto al materasso del ragazzo, rivolgendogli poi un’occhiataccia risentita con i suoi occhietti azzurri e occidentali -Piccolo ragazzino incosciente, volvevi forse ammazzarti?!- esclamò accigliata piazzando le braccia sui fianchi mentre Shinichi batteva le palpebre confuso -E non fare l’innocente con quegli occhietti blu da santarellino, hai dimenticato che hai inseguito Anokata da solo ieri? Incosciente!-
Il liceale sorrise colpevole distogliendo lo sguardo dal suo, ridacchiando.
-Andiamo, agente Jodie…-
-Ah-ah- lei scosse la testa alzando il dito indice davanti alla sua faccia -Decidere di inseguire il capo di una delle organizzazioni più pericolose del Giappone senza non solo avvertire l’FBI, ma anche trascinandosi dietro due ragazzine: dove l’avevi lasciato il buon senso?!- esclamò sdegnata gesticolando animatamente -Non appena ti sarai ripreso come si deve, noi due faremo un bel discorsetto Cool guy- lo mise in guardia con aria severa, per poi però sorridere qualche secondo dopo e scompigliargli i capelli sollevata -Ma per ora lasciamo perdere il tutto… L’importante è che tu sia sano e salvo e che ti riprenda in fretta-
Si alzò dalla sedia e gli fece l’occhiolino, raggiungendo poi la porta e aprendola con una gran fretta.
-Vado a chiamarti Hattori che sta impazzendo da ieri: vuole vederti, urlarti contro, insultarti, parlare e sapere tutti i dettagli di quello che hai combinato in sua assenza- ridacchiò scuotendo il capo divertita -Che ragazzo insolito che è… Ah!- aggiunse prima di sparire oltre la soglia. Si voltò verso di lui e gli sorrise materna, addolcendosi e sospirando.
-Sei stato davvero bravo, Cool Guy- ammise -Un potenziale futuro membro per una squadra dell’FBI. Non mi stupirei se Black ti avesse già messo gli occhi addosso-
Pochi attimi dopo la porta si chiuse e Shinichi rimase qualche secondo a riflettere sulle ultime parole della donna.
Un membro dell’FBI, lui? Oh no, non faceva per lui quella vita.
Shinichi Kudo era un detective, il migliore detective del Giappone: qualsiasi lavoro non sarebbe stato adatto a lui, perché lui il suo sogno lo aveva e lo avrebbe realizzato.
Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi e di ignorare il dolore che lo divorava ovunque, ma la quiete durò appena una trentina di secondi, fino a quando l’uragano Hattori non irruppe nella stanza come una furia, spalancando la porta e sbattendola con forza.
-Oooo! Era ora che il Bell’addormentato si decidesse a svegliarsi! Stavo per venire a prenderti a ceffoni, razza di idiota!- il dialetto del Kansai si fece a stento capire in mezzo ad una trentina di “Sah” e “Ya” -Non solo vengo a sapere che sei tornato adulto definitivamente, ma inoltre vengo chiamato da Miss Sbadiglio-sempre per salvarti la pelle perché qualcuno ha deciso di affrontare una donna diabolica da solo e qui nessuno vuole dirmi nulla del perché è venuto fuori tutto questo casino! Ora tu sputerai fuori tutto! Sah!- lo assalì coi suoi soliti modi spicci e poco aggraziati che fecero aggrottare le sopracciglia del ragazzo di Tokyo, irritato da quel tono così alto, incomprensibile e trapanante.
-E’ sempre un così grande piacere rivederti, Hattori- rispose ironico mentre si sedeva accanto al letto con aria più serena dopo essersi accorto che l’umorismo non gli mancava, dandogli un colpetto al braccio sano con il pugno.
-Come stai?- gli chiese qualche secondo dopo scrutandolo a fondo negli occhi blu come l’oceano che battevano stanchi e spenti.
-Bah, direi peggio di alcune volte… Meglio di altre ancora-
-Aaaaah, piantiamola con ‘sti preamboli campati per aria: cerchi sempre di fare il figo, tu-
-Sei qui per scassare le palle o per qualcosa di costruttivo, Hattori?- si stizzì il liceale dell’est incrociando le braccia al petto.
-Sono qui per soddisfare la mia sete di conoscenza, razza di permaloso del cavolo! Quindi passiamo al sodo: in soldoni, che hai combinato?- tagliò corto quello, curioso fino al midollo con la frenesia addosso che sprizzava da tutti i pori. Shinichi batté perplesso le palpebre non comprendendo a pieno cosa intendesse l’amico.
-Riguardo che…?-
-Tra te, Ran e Macbeth, Baho!- rispose battendosi un palmo sulla fronte scuotendo il capo -Non sto parlando mica della Principessa sul pisello! Su, muoviti!-
-Oh… quello-
-Allora?!- lo incalzò il ragazzo di Osaka impaziente, sporgendosi verso di lui mentre l’altro alzava le spalle fissando davanti a sé, fingendo indifferenza.
-Beh, in soldoni come dici tu, Ran pensa che io e Haibara siamo finiti a letto insieme-
Il sorriso di Heiji scemò all’istante, lasciando spazio allo sconvolgimento più totale, tanto che la mascella arrivò a sfiorargli il pavimento. Passarono qualche secondo di silenzio duranti i quali il cervello del ragazzo stentò a funzionare, quando…
-C-cosa hai detto, scusa?!- urlò rischiando di ribaltare la sedia all’indietro e battere le ginocchia contro il bordo in legno del letto.
-Ci ha beccati in un momento un po’ inopportuno, critico diciamo, e ha frainteso…-
-Come come come?!- esclamò Heiji senza più ritegno avvicinandosi a lui con lo sguardo più sconvolto che mai -Cioè… Con “critico” intendi che tu e Lady Macbeth…-
-Baro!- Shinichi arrossì e si agitò tra le lenzuola, dandogli una manata per allontanarlo in malo modo da sé -Ma no! Ti pare?!-
-Potresti muoverti a spiegare?! Grazie!- Heiji si indispettì sentendo i nervi a fior di pelle mentre l’altro incrociava le braccia al petto.
-Quando Ran è arrivata a casa mia ieri mattina, io e Haibara eravamo fradici a causa del temporale che ci aveva beccati dal ritorno da un’indagine. Appena entrati, per evitare una polmonite, abbiamo cominciato a spogliarci e lei era con me perché aveva lasciato le chiavi della casa del Doc sul tavolino di casa mia: le ho detto di indossare gli abiti di mia madre per non farla tornare fuori al freddo.
La casa era un disastro, figurati: chi ha avuto tempo di occuparsene da quando siamo finiti in mezzo a questo casino… Inoltre la sera prima avevo amabilmente deciso di buttare i cuscini del divano e di rovesciare l’intero mobilio del tavolino basso a terra dal nervoso… Non guardarmi in quel modo, anche io a volte sbotto!- si giustificò in imbarazzo e stizzito al suo sguardo sconvolto -Eravamo accaldati dalla corsa, trafelati… Insomma, quando è arrivata la situazione era equivocabile- tagliò corto non vedendo reazioni da parte del migliore amico, che lo fissava quasi scettico di ciò che stava dicendo.
-Ma tu poi hai chiarito tutto, vero?- domandò Hattori assottigliando gli occhi mentre l’altro abbassava lo sguardo sulle coperte.
-Beh… no-
-Cosa?!-
-In quel momento mi interessava che tornasse a Komatsu al sicuro, non avevo tempo di spiegarle ogni cosa e smentire i suoi sospetti. Lo capisci o no?- rispose deciso col tono di chi non aveva altro da aggiungere.
-No! Kudo, capisco che volevi proteggerla e tutto, ma così Ran pensa che tu sia davvero andato a letto con Haibara!-
-Ma vah?!- Shinichi batté una mano sulle lenzuola provocando alcuni cerchi su di esse -Non lo avevo mica capito, Hattori!- aggiunse più sarcastico che mai mentre l’altro assottigliava gli occhi cominciando a perdere le staffe. -Ho dato la prerogativa ad altro, ti ho detto…- ripeté a denti stretti guardandolo dritto negli occhi. -Quando eravamo prigionieri le ho detto ciò che provo per lei, senza giri di parole- ci tenne a precisare stringendo il lenzuolo nel pugno destro mentre le parole del giorno prima gli risuonavano martellanti nella testa.
“La verità è… Che ti amo davvero”
-Ma non è servito a nulla-
-Cioè, lei…?- Hattori trattenne il fiato finchè i loro occhi non si incrociarono ancora una volta, tesi e arrendevoli, facendo passare alcuni attimi di silenzio.
-Nulla, Hattori: l’ho persa per ora. E per sempre se nulla cambia-
-No, vado a parlarle io- il detective di Osaka si alzò in piedi sotto lo sguardo sorpreso di Shinichi, che lo afferrò per un polso con forza tentando di riportarlo a sedere sulla sedia. Quello si voltò verso di lui guardandolo interrogativo.
-Kudo…?-
-Non voglio che ti immischi in questa storia, Hattori: è una cosa che non ti riguarda!-
-Come sarebbe? Beh, non mi importa cosa pensi tu, e poi non è questo il Kudo che conosco- sottolineò fissandolo duro in viso con una certa linea di delusione -Una volta non ti saresti mai arreso così facilmente, ora sembra che tu abbia perso la voglia di combattere per lei!
Eppure tu hai sempre lottato per quello che volevi, Kudo, a maggior ragione se si trattava di Ran! Che fine ha fatto il mio migliore amico?- domandò mentre quello abbassava il capo, lasciando che la frangia gli coprisse gli occhi blu come il mare.
Che fine aveva fatto Shinichi Kudo? Si era forse arreso?
No, affatto.
-Hattori, guarda io non mi sono arreso- disse deciso alzando lo sguardo nei suoi occhi verde smeraldo, che attendevano una spiegazione -Ma guarda in che situazione mi trovo ora: mi hanno appena tolto una pallottola dal ventre, ho un braccio ferito e non ho nemmeno la forza di reggermi in piedi. Non posso affrontare questa situazione così, non ora.
Ma in ogni caso io non mi arrendo, Hattori: lo Shinichi Kudo che ricordi esiste ancora-
-Hai bisogno di tempo, quindi? Stai dicendo che vuoi guarire prima di affrontarla?-
-Sto dicendo che voglio rimettermi per avere la forza di vincere anche questa battaglia-
Heiji sospirò e si passò una mano dietro al collo alzando gli occhi al soffitto, poi si liberò dalla presa dell’amico che sembrava essersi calmato un po’ e annuì, facendo un passo indietro. -Ok, ti credo- aggiunse qualche secondo dopo allontanandosi dal letto mentre Shinichi lo guardava allarmato.
-Dove stai andando?- domandò tentato di alzarsi e ricorrerlo per fermarlo, qualsiasi cosa avesse in mente.
-In bagno-
-Hattori…-
-Torno subito-
-HATTORI!- urlò Shinichi prima che la porta si chiudesse e lui rimanesse solo nella stanza. Fece per alzarsi, ma un dolore acutissimo alla ferita lo costrinse a ricadere sul materasso, facendogli battere un furioso pugno sulle lenzuola.
-Cazzo, Hattori!- imprecò scuotendo il capo furioso: sapeva benissimo che l’amico, testardo com’era, stava andando da Ran.
***
 
Si diresse fuori dalla stanza con determinazione, percorrendo in fretta e furia i corridoi dell’ospedale fino alla saletta d’attesa, dove sapeva che Ran si trovava aspettando di essere dimessa dopo una notte passata in osservazione. Entrando nella sala, Heiji sentì la voce dell’agente Jodie risuonare nel silenzio mattutino e si fermò rizzando le orecchie in cerca di informazioni importanti.
-L’intervento di Shinichi è andato bene- disse la donna osservando il leggero annuire di Ran intenta a fissare fuori dalla finestra sulla quale era seduta. L’agente sospirò abbassando lo sguardo, un po’ scocciata dalle sue poche reazioni alla notizia.
 -Ascolta Ran, so bene che sei arrabbiata con lui. Ne hai tutte le ragioni… Ma è pur sempre il tuo migliore amico e soprattutto il ragazzo che ami. Perché io lo so che adesso vorrai smentirmi, ma so anche che non lo farai guidata dal cuore, ma dalla rabbia che ti mangia viva da quando sei andata a Komatsu. Lo conosci da tutta la vita e lui ha appena rischiato la sua: ha bisogno di te Ran, e tu di lui- Jodie le posò una mano sulla spalla ma lei rimase immobile, come se le parole la trapassassero senza toccarla davvero.
Sentiva la voce di Jodie, la sua predica sul fatto che lui era debole e che non era il momento di fare i bambini, eppure non poteva accettare ciò che le diceva.
Aveva ragione, era furiosa, e questo doveva bastare a giustificarla, no? Perché insistere tanto?
-E’ nella stanza 501. Se tu potessi anche solo…-
-Grazie agente, ma ora dovrebbe tornare a casa: manca da chissà quanto- la congedò fredda Ran, voltandosi verso di lei con aria da cariatide e occhi spenti, come se non vedesse nulla davanti alle sue pupille. Quella sospirò stizzita, fece per dire qualcosa, ma ci ripensò e la salutò con distacco, uscendo dalla saletta e passando accanto ad Hattori con un’occhiata sdegnata che sembrava dire “Provaci tu, io non ci riesco”.
Il ragazzo del Kansai annuì piano, mettendo poi su un sorrisino dei suoi e entrando nella saletta con scioltezza, le mani nelle tasche dei jeans scuri, la felpa verde smeraldo che richiamava il colore dei suoi occhi. Raggiunse la grande finestra sulla quale lei era seduta e le si sedette di fronte, incrociando i loro occhi.
-Hey- mormorò con il suo solito tono amichevole, trasmettendole calore.
-Hey- sorrise lei sollevata nel vederlo, riprendendosi dal suo stato di statua marmorea -Anche tu hai cambiato identità o è un onore che è toccato solo a me?- domandò un po’ ironica, voltandosi meglio verso di lui e incrociando una gamba sull’altra, mantenendo le braccia abbandonate in grembo.
-Emmm… No- Heiji provò un lieve moto di imbarazzo e ridacchiò -Purtroppo io mi sono dovuto tenere la mia vera identità… Che sfiga, eh?-
Ran annuì, trasformando il suo sorriso in uno amaro.
-Già, come pensavo le cose migliori toccano sempre a me… Scommetto inoltre che tu eri anche già a conoscenza della vera identità di Shinichi Kudo, vero?- disse e schietta, lasciandolo senza parole per controbattere: dannazione, era lui che doveva prenderla in contropiede, non il contrario!
-Ran, lui…-
-No, non me lo dire: voleva proteggermi per cui non poteva dirmi nulla bla bla bla…?- lo interruppe ironica -Beh, per la cronaca, sono stata comunque in pericolo!- assottigliò gli occhi accigliata, non ricordando per nulla la vera Ran che tutti conoscevano.
-Questo è vero, ma lui ha fatto di tutto per evitare la cosa…-
-Quindi stai dicendo che è colpa mia se siamo stati rapiti? Colpa mia che sono ritornata a Tokyo per avere una dannata spiegazione?!- alzò un sopracciglio infastidita, ma quello scosse la testa in fretta.
-Non l’ho mai detto, non fare la vittima. Volevo solo ricordarti che lui ti ha protetta: sempre- sottolineò con cura, cercando di pungerla nel profondo; Ran però scosse la testa, alzando le spalle indifferente.
-Forse è vero, ma mi ha fatta soffrire. E tanto anche…-
-È il tuo migliore amico e il mio migliore amico. Credimi, lui…-
-Lo credevo anche io, Hattori-
-Credevi?- ripeté sorpreso il ragazzo del Kansai mentre un colombo planava vicino al vetro della finestra, sbatacchiando agitato le ali come allarmato dalla piega che stava prendendo quella conversazione -Ran, è ancora il tuo migliore amico! Dannazione, avete vissuto 18 anni della vostra vita insieme…-
-Credevo perché fino a 17 anni fa ero sicura che lui non fosse quello che si è rivelato! Ora invece, dopo un anno di bugie, mi sono resa conto che…-
-Cosa, Ran?- domandò Hattori serio mentre lei si spostava con furia i capelli dietro le orecchie.
-Senti, se sei qui per farmi la predica ci ha già pensato Jodie, non ti preoccupare- tagliò corto stizzita, facendo per alzarsi. Ma poi ci ripensò -Se sei qui invece perché vuoi parlare della lieta novella…-
-Giusto…- Heiji ridacchiò grattandosi il capo con la mano destra -Volevo appunto parlare di questo-
-Oh, allora sai già che è andato a letto con quella Miyano o come diavolo si chiama… Non ha perso tempo a spargere la notizia vedo, deve andarne molto fiero- disse ironica e pungente, spostando lo sguardo su un punto indefinito del pavimento mordendosi il labbro inferiore con rabbia.
-Lui non è andato a letto con Miyano, Ran. Mi sono fatto spiegare ogni cosa e…-
-La situazione era inequivocabile, Hattori! La casa, i vestiti, il fiatone… Se avessi visto con i tuoi occhi quello che ho visto io, la penseresti come me-
-Sì, ma fammi finire almeno una frase! Ieri mattina a Tokyo ha diluviato. Kudo e Haibara erano fuori e si sono presi la pioggia. Quando sei arrivata da loro si stavano cambiando per non prendersi una polmonite e tu hai frainteso il fiatone e il disordine per…-
-Ma davvero ti aspetti che ci creda?!- Ran batté le palpebre sconvolta mentre Heiji si stupiva di tanta testardaggine. -Questa sembra più una favola, non un fatto realmente accaduto!-
-Ma me lo ha appena detto Kudo, Ran! Perché non vuoi…?!-
-Ha mentito, Hattori, men-ti-to! Non ha fatto altro negli ultimi mesi!- quasi urlò la karateka battendo un pugno sul marmo della finestra e sporgendosi in avanti verso di lui nervosa, coi capelli che scendevano da dietro le orecchie a davanti i suoi occhi furenti.
-Ran, lui ti ama! Ma come fai a non capirlo?! Lo conosco così bene che sono pronto a scommettere che piuttosto che andare a letto con una che non sei tu farebbe voto di castità!- affermò scaldandosi alla sua espressione scettica e stizzita.
-Piantala Hattori, ok?!- affermò austera e seria la ragazza -Stai cadendo nel ridicolo adesso!-
-Ma credi davvero che ti avrebbe raccontato tutte quelle frottole per il puro gusto di farlo? È stato obbligato, Ran, l’ha fatto per te! Ma cos’è che non capisci?!- Hattori cominciò a marcare il suo Osakaben, diventando un insieme di Ya, Sah e altre abbreviazioni quasi incomprensibili per un edochiano poco abituato. Ma Ran comprese a pieno e si sentì ferita nel profondo, rimproverata come una bambina.
Non era lei che non capiva, erano gli altri che non comprendevano a fondo come si sentisse a causa di Shinichi…
-Non l’avrebbe mai fatto se non fosse stata una questione di vita o di morte, lo sai anche tu e me lo stai confermando tacendo…- insistette il ragazzo mettendole una mano sulla spalla e catturando il suo sguardo nel proprio, tentando di farla ragionare.
-Ma se mi amava davvero, Hattori, non mi avrebbe mentito! Quando ci si ama non si vuole vedere l’altra persona soffrire, e lui invece non ha fatto nulla per evitarlo. Ho passato notti e giorni interi in pena per lui, a piangere, a sperare in una sua cazzo di chiamata o messaggio o segnale di vita, ma nulla! E lui era lì con me, cavolo! Era Conan! E Conan vedeva come stavo e sapeva che sarebbe bastato poco per sollevarmi il morale…-
-Preferiva saperti viva, Baho!- Heiji sbottò sbraitando quasi incomprensibilmente, prendendola ora per entrambe le spalle mentre quella abbassava il capo stringendo forte denti e labbra dal nervoso e dal magone che le montava dentro come ai vecchi tempi, quando era la fragile Ran che tutti adoravano e trattavano come una bambolina.
-Davvero rinunci a tutto ciò che avete passato, condiviso, vissuto insieme per una tua semplice supposizione e perché non vuoi accettare il suo più che valido motivo per cui non ti ha detto nulla?- disse deluso, non sapendo bene che risposta aspettarsi nonostante fosse un detective: ma Kudo aveva ragione, Ran era un caso difficile e complicato, pieno di sentimenti confusi e fuorvianti…
-Non è solo questione di credere o no alla faccenda di quello che è successo tra lui e Miyano…- disse lei in risposta -…Ma anche tutto il resto: ha mandato altri a dirmi la verità, per esempio. Capisci ora? Ho cambiato la mia vera identità per lui, mi sono trasferita, ho cambiato vita eppure lui non ha avuto il coraggio di presentarsi da me… Come può pretendere ora che io mi presenti da lui come se nulla fosse?-
-Stai sbagliando tutto, Ran-
La ragazza sentì il nervoso montare di nuovo dentro, alzò il capo e si liberò dalla sua presa alzandosi in piedi e fulminandolo.
Possibile che anche quando aveva ragione lei, alla fine passava per la parte del torto?
-Ma tu cosa faresti al mio posto, Hattori?! Vorrei vedere qualsiasi altra persona al mio posto!-
-Sarei arrabbiato come te, non lo nego, ma capirei anche che quella persona lo ha fatto per me e gliene sarei grato visto che era l’unico modo per salvarmi la vita!-
-Ma come si fa ad essere grati a qualcuno che ti ha spezzato il cuore e fatta soffrire per un anno intero, giorno e notte, con la sua assenza?! Lui mi ha mentito, mi ha distrutta, mi ha illusa!-
A quel punto, Heiji si alzò a sua volta dal davanzale e assunse una delle espressioni più serie della sua vita, puntando lo sguardo dritto nelle iridi azzurro-lilla della ragazza, che cominciavano a velarsi di calde lacrime cristalline.
-Dovresti davvero capire quali sono i principi dell’amore, Ran, perché ora come ora, l’unica cosa che si può dire di te, è che non li ha proprio capiti- disse atono, passandole accanto deciso e lasciandola da sola a fissare la finestra paralizzata, con solo i capelli lisci e leggeri che svolazzavano sulle sue spalle a causa del forte spostamento d’aria provocato dal passaggio del ragazzo.
***
 
Heiji entrò nella stanza 501 scuotendo il capo e grattandosi la testa con forza, sentendo una strana sensazione di oppressione a comprimergli il petto.
Shinichi, non appena lo vide, si mise più dritto a sedere e lo fulminò deciso e furioso con il suo profondo sguardo blu da lasciare senza fiato.
-Sei andato in bagno, eh?- disse ironico con tono brusco e la voglia di saltargli addosso e vendicarsi alle stelle.
-Già, c’era la fila- rispose quello con sguardo distratto e serio, ripensando alla sua discussione appena finita, dove si era reso conto dell’immaturità di tutti e due i suoi amici.
-23 minuti e 57 secondi. Dovevano esserci davvero centinaia di persone!-
Shinichi si scoprì sentendo caldo dal nervoso e si voltò verso Hattori, seduto di nuovo sulla sua sedia, con l’intenzione di urlargli subito addosso.
-Mi hai cronometrato? Dovevo mancarti davvero tanto, Kudo…-
-Hattori ora piantiamola!- il detective dell’est sbottò -Ti avevo detto di starne fuori, dannazione!-
-Sono andato in bagno infatti!-  mentì Heiji deciso, ma l’altro non ci cascò e se lo mangiò con gli occhi.
-Puoi prendere per il culo Kazuha se vuoi, l’FBI, i tuoi genitori o l’imperatore in persona, Hattori! Ma non puoi prendere per il culo me, chiaro?! Che cosa le sei andato a dire?- quasi urlò furioso mentre il detective dell’ovest assottigliava scocciato gli occhi e lo squadrava con distacco.
-Niente, volevo solo chiederle come stava…-
Shinichi scattò dal materasso e lo afferrò per il colletto della felpa, guardandolo dritto negli occhi e sfidandolo determinato mentre quello rispondeva serio allo sguardo.
-La morfina ti dà alla testa, amico-
-Smettila di dire cazzate, ok?-
-E tu piantala di fare cazzate, ok?- rispose Heiji liberandosi dalla presa brusco, proprio mentre qualcuno bussò alla porta bianca della stanza.
Shinichi osservò la nuova arrivata con sguardo indecifrabile sentendo il nervoso fluire dentro come lava, seguendo i suoi movimenti mentre quella entrava nella stanza innaturalmente, come fosse un automa.
Shiho chiuse la porta con delicatezza, si voltò verso i due detective con sguardo serio, lasciando che loro scorgessero sul suo viso ancora gonfio il livido viola e nero che le occupava tutto il lato sinistro sotto lo zigomo. Si andò a sedere sul bordo della finestra alla destra di Shinichi, poi incrociò le braccia al petto lasciando le gambe dondolare verso il pavimento e alzando un sopracciglio.
-Le vostre urla si sentono dal fondo del corridoio- affermò atona mentre l’ex calciatore si rimetteva seduto con la coperta sulle gambe e l’aria di chi non voleva più discutere.
-Poco importa- rispose.
-Come ti senti?- domandò quella pochi secondi dopo, scrutandolo come se fosse un curioso caso di alieno appena sbarcato da Marte poche ore prima. Il liceale fece una smorfia, sminuendo la sua situazione.
-Tu piuttosto? Come va il viso?- rispose fissandola mentre lei si sfiorava il livido con l’indice e il medio sinistri lentamente, senza levargli gli occhi di dosso. Si alzò e gli andò vicino, sedendosi poi sul bordo del letto e continuando a fissarlo in silenzio, come incantata. Shinichi batté gli occhi mantenendo lo sguardo leggermente interrogativo, poi sobbalzò quando lei lo scoprì per fissare il suo ventre ferito.
-Emmm…- improvvisò lui arrossendo mentre Hattori sghignazzava con una mano a nascondergli mezza faccia. Si beccò l’occhiata truce del migliore amico, ma non resistette a fare un suo commento, tanto per smorzare la situazione tesa di poco prima.
-Oi oi, Macbeth, se vuoi vi lascio da soli…-
-Taci- rispose quella senza nemmeno guardarlo in viso, ma alzando la maglia del pigiama di Shinichi per osservare come era medicato. Il liceale posò le dita sulla sua mano e la scostò in imbarazzo un po’ bruscamente, tossicchiando.
-Haibara, non è che eviteresti certi atteggiamenti? Sono imbarazzanti! Grazie!-
-Lei dov’è?- domandò quella, interrompendolo come se nemmeno lo avesse sentito. I loro sguardi si mantennero seri per diversi secondi, con Shinichi che sfumava tornando al suo colorito normale, poi quello alzò le spalle una seconda volta, battendo gli occhi con lentezza.
-Chiedilo a lui- indicò l’amico accanto con lo sguardo -D’altronde, è lui che finora è stato con lei- aggiunse con fastidio mentre l’interpellato faceva finta di non aver capito il suo doppio significato.
-Non è più qui- rispose -E’ stata dimessa e, a quest’ora, è sicuramente già andata via per tornare a casa. So che l’Occhan e sua moglie stanno tornando a Tokyo: l’FBI li ha avvisati di quanto accaduto-
Shiho fissò Shinichi come aspettandosi una sua reazione a quelle parole, ma il ragazzo, lo sapevano bene tutti e due i presenti, era orgoglioso e non manifestò nemmeno un’emozione a quelle parole: si finse indifferente.
-Perché volevi saperlo?- domandò poi, alzando lo sguardo nel suo, che in quel momento era grigio ghiaccio.
-Volevo solo sapere come si stava evolvendo la situazione, tutto qui-
-Vedi di non fare come lui- Shinichi si voltò verso Heiji, che sbuffò cominciando a scocciarsi di tanto rancore.
-Io non c’entro nulla in questa faccenda- la scienziata si alzò continuando a fissarlo negli occhi -Sono affari tuoi questi, non miei-
-Perfetto- il liceale sorrise furbetto -Fortuna che qualcuna che lo capisce c’è-
Shiho si voltò verso l’altro detective, lo squadrò da capo a piedi, poi si cacciò due ciuffi dietro le orecchie e si diresse alla porta della stanza con indifferenza.
-Io sono stata dimessa e ho un sacco di cose da sistemare ora che sono tornata adulta. Ti chiamo più tardi per sapere come va. Osaka- fissò il ragazzo del Kansai negli occhi -Ci si vede-
-Ciao Macbeth-


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa :D
Ok, dopo un ritardo clamoroso, dopo una riscrittura drastica dell'intero capitolo...
ECCOCI QUAAAA!
Sì, sono tornata u.u Non so per la gioia o la diperazione di quanti, ma... Sono qui ;)
Non date la colpa a me, ma alla mia dannatissima scuola! Ultime due settimane = INFERNO peggio del resto dell'anno (e per me è sempre Inferno... Vi lascio immaginare! -___-)
In ogni caso non ce ne frega più niente, siamo in vacanza... Parliamo del capitolo!
Ran incazzata nera, Shin e Hattori che discutono, Ran che discute con Hattori... 
Il mio scopo era non far andare Shin OOC... Ci sono riuscita??
Per come è ora è accettabile diciamo... Abbastanza IC credo, ma dovete dirmelo voi ^^
Siamo al capolinea D; Nel senso che, sì, il prossimo capitolo chiude la storia T^T
Che succederà??
Come si concluderà questa guerra tra Ran & Shin?
Purtoppo devo ancora correggere l'ultimo capitolo, per cui arriverà non so quando... In ogni caso in queste vacanze penso, perchè quando la scuola ricomincerà di nuovo non avrò tempo -__-
Taku! Chi mi capisce? D:
GRAZIE a tutti coloro che mi stanno seguendo e recensendo e perdonate se non ho ancora risposto alle vostre recensioni: lo farò a breve, promesso! ^^"
Alla prossimo e ultimo capitolo :')
Mangakagirl!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 11

Shiho batté le scarpe un paio di volte sullo zerbino di casa Mouri, calibrò la forza da mettere nel pugno per bussare, poi batté tre colpi né troppo secchi né troppo deboli. Si tirò le ciocche dietro le orecchie sfiorandosi per sbaglio lo zigomo e provando dolore, quando la serratura della porta scattò mostrando una Ran sorpresa.
-Ah, sei tu…- mormorò assottigliando gli occhi infastidita mentre la ramata lasciava cadere le braccia lungo i fianchi. I loro sguardi si soppesarono per alcuni secondi interminabili, poi Shiho ruppe finalmente il silenzio.
-Posso parlarti un attimo?- domandò infilando le mani in tasca e aspettando una risposta che tardò ad arrivare. Ran valutò attentamente le conseguenze della sua scelta, quando infine si spostò dalla soglia facendole cenno di entrare. Chiuse la porta alle spalle della scienziata, poi la guidò nella sua stanza passando in mezzo ad una casa praticamente vuota: i mobili erano stati coperti col cellofan e stipati tutti in un angolo: l’unico posto in cui stare seduti era il letto di camera sua.
Ran le fece cenno di sedersi e aprì la finestra per addolcire una vampata di caldo che sentiva risalirle il collo sino ai capelli: era evidente che quella ragazza già la stava innervosendo.
Shiho si sedette sul materasso senza tanti problemi, lanciandosi un’occhiata attorno finchè anche la karateka non si trovò un posto dove stare comoda sul davanzale della finestra. Appoggiò i palmi della mani sul marmo freddo, reggendo lo sguardo in quel momento grigio ghiaccio della “rivale”, poi annuì invitandola a parlare.
-Sarò chiara- incominciò lei senza scomporsi -Non sono qui per dirti: “Torna con Kudo, sta soffrendo” e sdolcinatezze varie, non sono proprio il tipo- Ran sorrise ironica dondolando piano le gambe avanti e indietro -Sono qui solo per raccontarti come ha vissuto gli ultimi mesi che tu ti sei “persa” e per chiarire un piccolo dettaglio-
Gli occhi di Shiho si assottigliarono un po’ mentre il silenzio si diffondeva attorno a loro: a causa della casa mezza vuota, le voci rimbombavano con una fastidiosa eco.
-Io e lui non e ripeto ancora “non” siamo andati a letto insieme- scandì quasi come se avesse davanti una bambina, dettaglio che a Ran non sfuggì per nulla e che la fece innervosire ancora di più -Detto ciò, non insisterò più nel dirtelo: sta a te usare il buon senso per capire come stanno davvero le cose-
-Grazie- disse ironica l’altra arricciando un sopracciglio mentre la scienziata incrociava braccia e gambe e poggiava la schiena sul muro rilassandosi.
-Ora passiamo ad altro… Ti starai chiedendo perché sia piombata nella vita di Kudo se ero un membro dell’Organizzazione, vero?-
-Eh…- l’ironia di Ran diede parecchio fastidio alla ramata, che fu sul punto di risponderle con una battuta pungente, ma che all’ultimo riuscì a trattenersi.
-Da quello che avrai capito grazie ad Anokata, mio padre ero un membro sin dall’inizio, con mia madre e mia sorella Akemi. Quando nasci in una situazione del genere, difficilmente ne esci con facilità… In ogni caso, dopo aver finito di creare l’APTX e in seguito alla scoperta del tradimento di Akai, Anokata ha ordinato che mia sorella fosse uccisa e così decisi di suicidarmi anche io-
La scienziata fece una piccola pausa, rendendosi conto solo in quel momento che quella storia, oltre a lei, la conoscevano solo Kudo e Agasa a grandi linee…
Rivelarla proprio a Ran le provocava una sensazione stranissima: quella ragazza che allo stesso tempo reputava puerile per certe cose, era dannatamente simile a sua sorella Akemi da ricordargliela in continuazione…
-Comunque- riprese qualche secondo dopo con tono di voce più basso, decidendo che era l’unico modo per dare una spiegazione abbastanza esaustiva ad una faccenda durata più di un anno -Per farlo scelsi di assumere la mia stessa creazione, ma questa non esaudì il mio desiderio: mi trasformò in una bambina. Il caso volle che giorni prima fossi stata a casa di Kudo per accertarmi che fosse davvero morto, ma avevo notato che i vestiti di quando era bambino erano spariti dai cassetti e così feci due più due… Anche lui, molto probabilmente, doveva essere tornato bambino come me. Fin qui tutto chiaro?-
-Non ho 5 anni- le fece notare Ran con stizza, incrociando le braccia al petto e squadrandola seria -Puoi anche evitare di parlarmi come se fossi una bambina-
-Beh, sono scappata dal covo dell’Organizzazione e sono andata a casa di Kudo sperando di trovarlo, ma pioveva, ero sfinita e così sono svenuta davanti a casa di Agasa…- tagliò corto la scienziata trattenendosi dall’alzarsi e andarsene -Lui mi ha trovata e accolta in casa sin da subito, io gli ho spiegato la faccenda, mi sono iscritta alla scuola elementare Teitan e lì ho finalmente incontrato Kudo. All’inizio mi odiava, giustamente… Ma poi abbiamo cominciato a collaborare alla ricerca di informazioni lasciate da mia sorella sull’Organizzazione e siamo diventati soci. Soci e basta, fino a ieri, a oggi… Così saremo anche domani e giorni a venire, ok?-
-Cos’altro devi aggiungere?- la ragazza dagli occhi azzurro-lilla glissò la risposta mentre l’altra si spostava i ciuffi della frangetta dagli occhi.
-Solo che per tutti questi mesi Kudo mi ha tormentata chiedendomi assiduamente l’antidoto per tornare adulto… La maggior parte delle volte per te, per proteggerti, per le ricorrenze a cui non voleva mancare, per dichiararsi nei momenti meno opportuni…-
Il cuore di Ran fece una mezza capriola mentre distoglieva prontamente lo sguardo da quello della ragazza, che la squadrava scettica e con un sorrisino pungente sulle labbra: oh sì, lei sapeva anche della dichiarazione a quanto pareva.
Shiho si alzò in piedi e diede una breve occhiata attorno a sé sistemandosi i pantaloncini stropicciati per via della posizione in cui era seduta, poi si voltò verso di lei tornando la solita cariatide di sempre e alzò le spalle con fare vacuo.
-Quel ragazzo è un idiota: chiedeva l’antidoto per passare del tempo accanto a te e smettere di farti soffrire e guarda ora come lo ripaghi tu... Faceva di tutto per vedere un tuo sorriso, Mouri, quindi fossi in te ci rifletterei su prima di buttare una vita al vento- disse piano sostenendo senza timore il suo sguardo duro e tagliente - Comunque, ciò che dovevo dirti te l’ho detto… Fa’ un po’ come meglio credi ora, ma non accusare mai nessun altro per i tuoi errori- le voltò le spalle camminando lentamente verso il soggiorno per raggiungere la porta d’ingresso -Potrai solo rimpiangere te stessa per le tue scelte…- aggiunse infine soffermandosi accanto allo stipite della porta, poi raggiungere il pianerottolo e chiudere la porta dietro di sé.
“Non lo hai fatto per Kudo, lo hai fatto per te” cercò di autoconvincersi incamminandosi nuovamente per la strada diretta a casa del professore Agasa “E solo perché era giusto che lei sapesse come stavano davvero le cose…”
Assottigliò gli occhi e si fermò al semaforo rosso aspettando che le macchine passassero mentre il vento le scuoteva i capelli ramati.
“Mentire a se stessi non è facile, non è vero?”
Attraversò lentamente pensando al ragazzo che aveva trascinato in quella storia e che da tempo aveva rubato il cuore di troppe persone…
Forse anche il suo nonostante non volesse assolutamente ammetterlo.
Ma lei era Shiho Miyano, era quella ragazza enigmatica e impassibile che tutti scambiavano per una cariatide e che spesso evitavano per il carattere chiuso e di poche parole: non avrebbe più ceduto a nessun sentimento.
Nemmeno a quello d’amore.
***
 
-No che non ero morta o sparita!- Rena Mizunashi, o meglio Hidemi Hondo, ridacchiò in imbarazzo mentre Camel e Jodie, davanti a lei, la fissavano un po’ truci all’interno dell’appartamento di Black dove tutti erano stati invitati per parlare del caso appena conclusosi.
La ragazza dai ciuffi ricci e gli occhi assolutamente uguali a quelli del fratello Eisuke, sorseggiò la sua tazza di tè con aria vagamente imbarazzata mentre Jodie si voltava sconsolata verso Akai, decisamente rilassato al suo fianco.
-Tra te che ti sei finto deceduto per mesi e mesi e Rena che sparisce all’improvviso nel nulla e poi ricompare magicamente non so chi sia peggio…-
-Hey, senza di me non sareste entrati nel Covo!- sbraitò un po’ sdegnata Rena arrossendo mentre poggiava la tazza sul tavolo -Per lo meno un po’ di riconoscenza!-
-Riconoscenza?!-
-Mi sono intrufolata di nuovo nell’Organizzazione, sì: riconoscenza! E se io non mi fossi accorta dei movimenti sospetti di Anokata e non avessi assistito alla cattura di Kudo e della ragazza mi spiegate come li avreste salvati? E vi ricordo anche che io faccio parte della CIA e non dell’FBI… Dovreste ringraziarmi per avervi avvisati comunque- disse Hidemi con un sorriso un po’ scocciato mentre la collega americana sbuffava sonoramente accanto a lei.
-Ok ok, su questo ti do ragione, ma… Hai finto di uccidere un tuo quasi collega!-
rispose Jodie ancora sdegnata ripensando a ciò che era accaduto mesi prima, quando aveva appreso la notizia del cadavere di Shuichi Akai rinvenuto dalla polizia.
-Siamo agenti dell’FBI… o CIA- affermò Shuichi prima che Rena ribattesse; alzò le spalle portando una mano verso il naso, rendendosi conto solo con ritardo che non portava più gli occhiali: l’abitudine di alzarli sul naso che avevano tutti quelli che li portavano gli era rimasta. -Il nostro obiettivo è sempre quello di portare la missione a termine, non importa con che mezzi. Dico bene, Black?- si rivolse poi all’uomo che entrò nel soggiorno con un plico di fogli tra le braccia.
Il vecchio sorrise e poi si inginocchiò davanti al tavolino basso posando le scartoffie su di esso e alzando gli occhi sui suoi agenti.
-In ogni caso la missione è stata portata a termine dopo anni di lavoro: l’Organizzazione è stata assicurata alla giustizia e noi possiamo tornarcene in America ora- dietro gli occhiali spessi, Jodie vide chiaramente l’ammirazione che il suo capo aveva nei loro confronti -Ottimo lavoro a tutti, ragazzi. Sono fiero di voi-
Camel sorrise, poi si alzò in piedi stiracchiando le braccia verso l’alto e offrendosi di andare a preparare altro tè.
Hidemi si alzò a sua volta e si propose di dargli una mano, mentre Black andava a rispondere al telefono fisso che squillava sonoramente nella camera accanto.
Così il silenzio calò nel soggiorno come la nebbia sulle città la mattina e Jodie sospirò, guardando poi di soppiatto un Akai intento a studiarsi attorno con fare tranquillo e a suo agio.
-Non abbiamo avuto molto modo di parlare di noi da quando sei tornato…- mormorò piano e un po’ tesa mentre l’uomo sorrideva un po’ beffardo.
-La priorità era su altro, no?-
-Già…- la donna chiuse la mani a pugno in grembo, per poi fissarlo a lungo aspettando lui aggiungesse qualcosa, ma quello non fiatò.
-Shuu- Jodie ruppe il silenzio -Sono contenta che tu sia vivo e che…-
La donna si morse le labbra rosse fissando le proprie gambe coperte solo da un sottile collant chiaro: no, lei sapeva cosa era giusto.
Non avrebbe ceduto.
-Che…?- domandò l’uomo fissandola in attesa che continuasse. Lei alzò gli occhi nei suoi e sorrise fingendosi più entusiasta di com’era in realtà.
-Che potremo nuovamente lavorare in squadra!- disse alzandosi in piedi e stiracchiandosi come aveva fatto anche Camel poco prima -Vado a vedere a che punto sono quei due con il tè… Scommetto che non hanno chiuso bene il bollitore, o a quest’ora sarebbero già tornati-
Si avviò in fretta alla porta della cucina sotto il suo sguardo attento.
Shuichi battè piano gli occhi, poi li chiuse alzando il viso verso l’alto: sarebbe tornato presto al lavoro, con una nuova missione.
Avrebbe ricominciato.
***
 
Kogoro ed Eri tornarono a casa poco dopo che Shiho se ne fu andata, raggiungendo di corsa Ran, abbracciandola e poi facendole una ramanzina che sembrava non voler finire mai.
-Ran, me che diavolo ti è saltato in mente?!- quasi urlò Kogoro passandole una mano sui capelli -Hai rischiato la vita! Te ne rendi conto?!-
-Mi spiace papà, ma io dovevo sapere…-
-Non ci hai nemmeno avvisati! Credevamo fossi a scuola! Ci hai fatti spaventare da morire!- la interruppe Eri dura, sfogando tutta la tensione che aveva accumulato durante le ore di assenza della figlia.
La karateka cercò di giustificarsi ancora, ma alla fine li lasciò sfogarsi e urlare capendo che la loro era tutta preoccupazione: qualsiasi spiegazione, al momento, sarebbe stata inutile.
Kogoro inveì contro Shinichi con appellativi poco educati, dei quali i meni scurrili furono “Bastardo detective figlio di cagna” o “Miserabile verme lurido” e cominciò a battere le mani sul tavolo furioso, urlando e agitandosi mentre il viso gli si colorava di un acceso rosso fiammante.
Ran non difese il ragazzo come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione tempo prima, ma lo lasciò fare mentre si rintanava in camera sua e si chiudeva dentro con un sospiro, ascoltando ancora la voce del padre attraverso la porta.
Il telefono della ragazza vibrò qualche secondo dopo dentro la sua tasca, facendole battere sorpresa le palpebre mentre sullo schermo compariva il kanji di un nome: Akira-chan.
Dannazione, e ora?!
Meditò accuratamente se rispondere o meno alla chiamata, quando infine decise che sarebbe stata la cosa migliore: loro erano stati corretti nei suoi confronti, gentili e disponibili. Una spiegazione per la sua assenza era d’obbligo…
-Pronto- disse con un sorriso incerto sulle labbra rosee mentre dall’altra parte sentiva in sottofondo la voce di Akira-kun che canticchiava una canzone di un anime.
-Nene!- esclamò Akira-chan sollevata -Nene, finalmente hai risposto! Eravamo preoccupati!-
-Akira-chan… Gomenne, non volevo farvi preoccupare- ammise sincera la ragazza di Tokyo appoggiandosi con la schiena al muro freddo della sua stanza.
-Stai bene? Dove sei? A casa tua non c’è nessuno… Io e gli altri eravamo venuti a trovarti, ma nessuno ha aperto e…-
-Akira- la interruppe Ran con tono serio -Io non sono più a Komatsu: sono tornata a Tokyo-
La ragazza dall’altra parte rimase senza parole, sbarrando gli occhi e sentendo per un momento il cuore perdere un battito dalla sorpresa. L’amico accanto a lei notò il suo cambiamento e subito si avvicinò al cellulare, tentando di captare qualche parola proveniente dall’altra parte.
-Come sarebbe, Nene?- domandò l’otaku con un filo di voce mentre il cuore le batteva forte nel petto e un moto di tristezza la assaliva.
-È una faccenda lunga… Non posso dirti molto. Mi dispiace che ci siamo potuti conoscere per così poco tempo, ma siete stati degli amici fantastici- ci tenne a dire la karateka mentre sentiva gli occhi inumidirsi -Sono stata bene con voi, anche se la situazione non era delle migliori…-
-Ma perché sei tornata a Tokyo?- insistette Akira-chan mentre il suo migliore amico sbarrava gli occhi sorpreso, per poi sfilarle il telefono dalla mani.
-Nene, come sarebbe a dire?!- domandò allarmato.
-Mi dispiace Akira-kun- rispose piano Ran con un sospiro -Sono successe delle cose e… Non tornerò più-
-No!- disse dispiaciuto il ragazzo scuotendo il capo -Ma come? Davvero?-
-Sì- annuì l’altra -Ma non temete… Un giorno ci rivedremo, ne sono certa. Potreste venire a Tokyo a fare un salto, potrei farvi vedere la città… Possiamo ancora sentirci se vi va!-
Akira-chan, che aveva messo il vivavoce e sentito tutto, avvicino il telefono a sé scuotendo il capo.
-Ma non sarà la stessa cosa, Nene!- piagnucolò -Noi stavamo diventando un bel gruppo!-
-Hey stordita- le disse Akira-kun scompigliandole i capelli -Hai sentito, no? Non può tornare a Komatsu, il suo posto è Tokyo: lì era felice, non qui-
-Ma…- tentò di ribattere lei, ma quello scosse il capo. Riprese il telefono in mano e sorrise, come se Ran potesse vederlo.
-Nene, verremo senz’altro a trovarti Tokyo nelle vacanze. E poi, come dici tu, possiamo benissimo continuare a sentirci, no?-
-Certo!- Ran lasciò le lacrime scorrere lungo le guance ed annuì -Allora vi aspetto a luglio, ragazzi-
-Contaci, Nene!- affermò sicuro Akira-kun facendo l’occhiolino alla migliore amica, che si era appoggiata sulla sua spalla sconfortata -Non vediamo l’ora di rivederti-
-Ciao ragazzi- disse piano Ran sdraiandosi sul suo letto.
-Ciao Nene-chan-
***
 
Con stupore, poco dopo la chiamata, Ran andò ad aprire ad alcuni agenti dell’FBI che avevano riportato le sue cose e tutti i beni della famiglia a Tokyo, così passò il resto della giornata a trasformare nuovamente quell’appartamento nella sua casa.
Si gettò di peso sul letto solo alle 23.11 e chiuse gli occhi inspirando l’odore di pulito che aleggiava dopo aver rimesso tutto apposto. Sospirò soddisfatta sentendosi finalmente tornata alla vita di sempre e si voltò su un fianco, fissando l’armadio di fronte a sè.
Ogni cosa era tornata al suo posto: i libri, i post-it, il portapenne della scrivania, la lampada, le kokeshi, il barattolino di vernice colorata…
Assottigliando gli occhi, folgorata da uno strano ricordo, Ran si alzò a sedere sul letto e, voltandosi verso la scrivania, notò il portafoto con la foto di Tropical Land messo all’ingiù.
Si alzò lo prese in mano, osservò la foto che vi era dentro con malinconia, passando un dito sul bordo scheggiato della cornice che si era rotta a furia di essere sballottata di cassetto in cassetto, di scatolone in scatolone.
Tropical Land… Shinichi l’aveva portata lì in seguito alla vittoria del torneo nazionale di karate, ma anche per sdebitarsi: in fondo, anche se lui sosteneva il contrario, il suo telefono era finito nel tombino dell’acquario per colpa sua…!*
Stranamente sentì un moto di tristezza nascerle dentro nell’appurare che si era rovinata e subito batté gli occhi confusa, rendendosi conto che fino a qualche ora prima, forse, non se ne sarebbe nemmeno preoccupata più di tanto.
Posò la foto sulla scrivania sorpresa, poi immagini di quel giorno al parco di divertimenti e all’acquario le pervasero la mente, aggredendola come facevano i suoi avversari durante un incontro.
Si voltò attorno in cerca di un piccolo bambino in cui trovare conforto, ma non lo trovò e fu in quel momento che sentì una fitta trafiggerle il petto.
Si sentiva sola.
Sola come quando lui non c’era.
Sola come quando lo amava ma non poteva stargli accanto.
Indietreggiò verso il muro spaventata dai suoi stessi sentimenti che stavano rinascendo come un tempo, o forse solo riemergendo dalla rabbia che negli ultimi tempi l’aveva posseduta da mattino a sera.
Si trovò con le spalle al muro e si lasciò scivolare a terra passandosi una mano tra la frangetta con gli occhi sbarrati e le labbra dischiuse: il cuore le batteva a mille dentro al petto mentre il magone le bruciava la gola ardentemente, gocce di sudore freddo le attraversavano il collo e la fronte repentine.
Si rese conto che il vuoto dentro faceva male, che il silenzio e la solitudine che la circondavano erano innaturali, che ogni cosa no, non era tornata come prima come credeva.
Dov’era quella manina calda si poggiava nella sua fredda e fragile e la scaldava da dentro, facendola sentire meno sola?
Dov’era e, meglio ancora, chi era ora quel bambino che per mesi e mesi l’aveva consolata e sostenuta?
Capì che rivoleva Conan a rassicurarla, a farla sorridere; voleva urlare il suo nome e vederlo entrare nella sua stanza e chiamarla “Ran-neechan” come una volta.
Anzi, no.
Quello che davvero voleva, per quanto cercasse di negarlo a tutti, a se stessa per prima, era riavere Shinichi accanto.
Affondò il viso nella mani e senza nemmeno rendersene conto cominciò a piangere.
Perché sì, era vero, le aveva mentito, l’aveva tenuta fuori dalla sua vita, l’aveva fatta soffrire come mai aveva pensato si potesse, ma alla fine lo sapeva anche lei che era stato obbligato.
Le parole di Hattori, di Haibara, persino di Jodie, cominciarono a sovrapporsi nella sua mente e a premerle nel petto come un fendente, penetrando nel cuore lentamente, provocandole dolori lancinanti che si manifestava ad ogni singhiozzo strozzato che la scuoteva da capo a piedi.
Lei lo rivoleva.
Voleva Lui perché solo Lui avrebbe saputo consolarla in quel momento, voleva incrociare nuovamente i suoi occhi sorridenti e sentirsi al sicuro tra le sue braccia.
Eppure sapeva in cuor suo che era tardi: aveva finito si distruggere quello che c’era tra loro andandosene via dall’ospedale senza nemmeno accertarsi di come stesse.
Avevano entrambi lacerato e frantumato la loro amicizia.
Avevano distrutto il loro Amore a vicenda.
***
 
-RAN!- Sonoko le saltò addosso quasi buttandola giù dalla sedia mentre lei sistemava il portapenne sul banco due giorni dopo essere tornata a casa. Jodie l’aveva chiamata la sera prima e l’aveva informata che era stata nuovamente iscritta al Teitan e che poteva cominciare le lezioni già da quella mattina.
La notizia era stata accolta con un po’ di sorpresa, ma la karateka apprezzò il ritorno a scuola quasi con sollievo: almeno non avrebbe pensato a Lui e al casino che aveva combinato con la sua testardaggine…
Ran posò gli occhi azzurro-lilla sulla migliore amica e le sorrise mentre quella si asciugava col dorso della mano le palpebre umide e cercava di riprendersi.
-Oooo Sonoko, vieni qui- disse dolcemente abbracciandola mentre quella si stringeva al suo petto singhiozzando.
-C-come hai p-potuto l-lasciarmi?- piagnucolò mentre l’altra sospirava con un sorriso.
-Te l’ho detto per messaggio, sono successe tante cose e… Comunque ora sono tornata-
-Ancora non puoi dirmi cosa è successo?- Sonoko la fissò un po’ triste staccandosi dall’abbraccio mentre l’altra scuoteva il capo dispiaciuta -Non è giusto, lo sai!? Ma tu stai bene ora, vero?-
-Certo- mentì Ran mettendo su uno dei migliori sorrisi che riuscisse ad improvvisare. Sonoko fece per dirle qualcos’altro, ma un ragazzo la chiamò dal corridoio per una faccenda urgente e lei si allontanò in tutta fretta fuori dall’aula imprecando contro lo scocciatore mentre il sorriso dell’altra scemava lentamente. Abbassò lo sguardo sul suo banco e seguì con gli occhi una piccola incisione su di esso, chiudendo a pugno la mano destra.
Stava bene? No, non stava bene per niente.
Shinichi era in ospedale e lei non aveva chiesto a nessuno notizie sulle sue condizioni… Non perché non volesse, ma perché dopo quello che gli aveva detto non riusciva a prendere il telefono a e a fare il suo numero, non riusciva a credere di parlargli e di chiedergli: -Hey! Come va?-
-Yo, Ran-kun!-
La voce di Sera la scosse come se un tornado fosse appena sbarcato in classe, facendola sussultare vistosamente sul posto e strisciare la sedia sul pavimento. I suoi occhi incrociarono quelli verdi della ragazza dall’aria mascolina e tentò di abbozzare un sorriso mentre il cuore batteva furioso nel petto. La detective le si sedette davanti con aria un po’ assorta e poi le sorrise con allegria.
-Sono contenta che tu sia finalmente tornata! Cavolo, quando il prof ha detto che ti eri trasferita all’improvviso mi è preso un colpo!- mise su una faccia imbronciata -E non si dice alla tua Sera-chan?!-
-Mi spiace…- mormorò Ran con un sorriso incerto, per poi sobbalzare quando quella appoggiò entrambe le mani sulle sue guardandola seria negli occhi.
-So quello che è accaduto, Ran-kun- mormorò piano mentre l’altra sbarrava gli occhi sorpresa -Ho un segreto anche io: sono la sorella di Shuichi Akai-
La karateka sentì la terra mancarle sotto i piedi e il fiato farsi corto: possibile che tutti fossero coinvolti in quella faccenda in qualche modo?
-Tu…?-
-Sì, lo sono davvero. Mi dispiace di non avertelo mai detto, ma credevo che mio fratello fosse morto e ho avuto la conferma che fosse vivo solo qualche giorno fa. Mi sono fatta raccontare tutto per integrare le ricerche che avevo fatto alla tua partenza, su Kudo, sull’Organizzazione eccetera…-
-Oh- Ran batté gli occhi perplessa -Ok…- aggiunse stupita passandosi una mano tra la frangetta mentre l’altra sospirava sentendosi un po’ in colpa per aver mantenuto il segreto fino a quel momento: Ran le piaceva, era una brava amica, le dispiaceva averle mentito.
-Volevo chiamarti, ma ho capito che farlo avrebbe implicato metterti in pericolo e così ho lasciato perdere… So che tu e Kudo siete finiti in mano a quella cagna e che lui è in ospedale ora…-
-Sai come sta?- si affrettò a chiedere di getto l’altra, lasciando Masumi un po’ sorpresa.
-Tu non…?-
-È una storia lunga- si affrettò a giustificarsi Ran incerta mentre Sera annuiva, anche se confusa e sorpresa -Non lo vedo da quando sono stata dimessa dall’ospedale… So solo che Hattori è tornato ad Osaka, poi più nulla-
-Si sta riprendendo bene ho saputo. Andrò a trovarlo domani pomeriggio a dire il vero. Ma è un po’ giù di corda mi hanno detto… Non che si stia strappando i capelli, ma non è il solito Kudo sborone e pieno di sé che ricordo-
La ragazza dell’Agenzia annuì piano sentendo il cuore incrinarsi un po’, senza nemmeno far caso al doppio significato di ciò che aveva appena detto Sera: lei lo ricordava? Sarebbe venuto naturale chiedersi come facesse dato che, in teoria, non si erano mai visti…
All’improvviso la classe cominciò a riempirsi di studenti in vista dell’imminente lezione e Sera si fece più vicina a lei per farsi sentire.
-Anche tu non sei molto in forma a quanto vedo…-
-Sono ancora scossa da quanto accaduto- rispose lei alzando lo sguardo agitata nel suo, ma quando la detective fece per dire qualcos’altro, Sonoko tornò in classe e raggiunse di nuovo Ran travolgendola con un altro abbraccio.
La karateka lanciò un’occhiata supplichevole a Masumi, che annuì e si alzò allontanandosi vero il suo banco lasciando la gonna ondeggiare attorno alle sue gambe bianche come il latte.
No, non era il caso che Sonoko sentisse certi discorsi…
***
 
Sera arrivò davanti alla camera 501 ed esitò con una visibile incertezza davanti alla porta, sentendo una lieve sensazione di groppo alla gola dall’emozione.
Finalmente l’avrebbe rivisto per la prima volta dopo anni e anni, finalmente avrebbe incrociato nuovamente il suo sguardo da detective adulto, avrebbe osservato il suo fisico perfetto, avrebbe impresso nuovamente la sua voce nella mente.
Perché lei era rimasta stregata da lui anni prima, il giorno del primo incontro.
Shinichi sembrava non ricordare quasi nulla di lei: aveva infatti solo la sensazione di averla già vista, ma nulla di più.
Lei invece non aveva dimenticato per niente il suo viso, i suoi occhi, il suo portamento fiero, la sua risata cristallina.
Masumi non aveva mai dimenticato quel ragazzo che l’aveva spinta a diventare una detective come lui.
Prese coraggio e bussò alla porta con leggerezza un paio di volte, finchè il tono da adulto di un ragazzo dall’interno non le diede il permesso di entrare.
Abbassò con difficoltà la maniglia in metallo che scottava contro la sua pelle nonostante fosse ghiacciata, poi aprì la porta venendo subito invasa dal calore della stanza.
Shinichi rimase sorpreso davanti alla vista di Sera e quella sorrise arrossendo leggermente sulle gote mentre i suoi occhi verdi si illuminavano di gioia.
Era proprio come lo ricordava.
-Ciao!- disse chiudendosi la porta alle spalle e attendendo che lui pronunciasse parola, anche se Shinichi proprio non sapeva come comportarsi:
Sera conosceva solo Conan in fondo, ma non lui. Per cui, cosa…? Perché…?
-Ah…- improvvisò agitato prima che lei scoppiasse a ridere divertita e un po’ colpevole.
-Non volevo metterti in crisi, Kudo-kun- si passò una mano tra i ciuffi neri mentre quello si sentiva sempre più confuso -Io… Sono la sorella di Shuichi Akai e… Beh, so tutto di te e del tuo segreto-
Arrossì un po’ nel dirlo mentre la gola del liceale si seccava.
Lei sapeva tutto. Ogni cosa? Bene!
-Ah… B-bene…?- Shinichi scoppiò a ridere cercando di rilassarsi un po’ -Così tu sai di me e di quello che è successo? Credevo che l’FBI sapesse tenere certi segreti!-
-Mea culpa- ammise Masumi alzando un braccio colpevole -Ecco… Ho indagato su te e sulla tua vita e ho scoperto quasi tutto da sola… Ma quando ho saputo della “resurrezione” di mio fratello, non ho saputo resistere. Ho tormentato un po’ Jodie, un po’ Shu-nii per avere le informazioni che desideravo e un po’ mi sono arrangiata-
-Oh- il liceale si grattò la testa -Non credevo sarei stato oggetto di tanto interesse…-
-Lo sei- non riuscì a trattenersi la ragazza -E non solo per me, direi…- scherzò mascherando il vero significato di ciò che aveva appena detto. Il moro sospirò, sentendosi lusingato da quelle parole: la sua fama colpiva ancora, sempre e comunque.
All’improvviso un lampo gli folgorò la mente e alzando lo sguardo vide la ragazza sedersi nella sedia accanto al suo letto, osservandola mentre le labbra si schiudevano incontrollabilmente.
-Dannazione, adesso mi spiego perché eri tanto familiare!- esclamò sorridendo divertito -Sei uguale ad Akai!-
-E tu sei uguale a come eri da bambino!- esclamò Sera ridendo mentre le guance le si coloravano di un rosa acceso -Mi stupisco che le persone non abbiamo mai capito chi eri… Compresa Ran!-
-Ran- l’entusiasmo di lui si esaurì un po’ -Beh, in effetti me lo sono sempre chiesto anche io- aggiunse con un sospiro mentre la ragazza lo fissava con il cuore a mille.
Era davvero lui, era proprio come lo ricordava…
-Mi ha detto che non vi vedete dal giorno in cui è stata dimessa…- riprese lei poco dopo lisciandosi la gonna sulle gambe con fare distratto -Non so i dettagli di cosa è successo tra voi, ma è preoccupata per la tua salute nonostante possa sembrare il contrario-
Shinichi la fissò a lungo, inclinando leggermente a lato la testa, poi si rilassò contro al cuscino e sorrise spostando lo sguardo davanti a sé.
-Sempre a preoccuparsi degli altri…-
-Soprattutto se “gli altri” sei tu- ci tenne a ricordargli mentre quello la fissava sorpreso -Ooooh, andiamo! Non fare quella faccia- esclamò sorridendogli -E’ palese che siete innamorati-
***
 
Erano quasi 10 giorni che la vita di Tokyo aveva ripreso il suo corso come poche settimane prima, ma a Ran parve che la sua vecchia routine non fosse mai tornata. Spesso si voltava verso la porta di ingresso e aspettava che un bambino aprisse e si annunciasse con un gioioso “Tadaimaaa!” entrando in casa, o lo immaginava camminare per l’appartamento portando tra le braccia libri e libri gialli impilati gli uni sugli altri, per poi spargerli sul tavolino basso davanti al divano e leggerli uno dietro l’altro.
 Ricordava come con amore andava a scompigliargli i capelli durante la lettura e gli porgeva una tazza colma di cioccolata calda e densa, o come lo chiamava a gran voce per dirgli che la cena era pronta.
Sospirò spostandosi i ciuffi dietro le orecchie e constatando quanto quella routine le mancasse, quanto Conan fosse importante per lei… Quanto lo era Shinichi.
Per quanto tentasse di negarlo a se stessa, per quanto volesse tenerlo nascosto nel punto più remoto del suo cuore, le mancava da impazzire.
Il suo vuoto le creava un dolore immenso e penetrante e più cercava di non pensarlo, più si imponeva di spegnere i sentimenti che provava per lui, più soffriva e si sentiva morire dentro, come una pianta che richiede acqua per vivere ma che non viene mai innaffiata. Tentare di non amarlo non la portava che ad amarlo ancora di più.
Shinichi Kudo era una dannazione e una benedizione allo stesso tempo, era la droga di cui non poteva fare a meno, quella che più teneva lontana da se stessa, più sentiva il bisogno di assumere.
***
 
Sonoko decise di prendere il coraggio in mano e di guardare seriamente la sua migliore amica negli occhi, che riconosceva gonfi di pianto e spenti.
-Sei andata a Komatsu perché i tuoi hanno avuto una promozione di lavoro. Hai tenuto il cellulare sempre spento e con il numero delle persone che potevano chiamarti bloccato- la voce spenta della ragazza fece trasalire la karateka che, seduta al suo banco, cercava di risolvere un paio di disequazioni che avrebbe dovuto fare per casa ma che non era riuscita a finire troppo presa com’era dal pensiero di Shinichi.
-A chi credi sia andata bene questa balla del trasferimento? A me no, sai?- Sonoko la afferrò per le spalle costringendola a guardarla negli occhi -Ran, cosa è successo davvero in quelle settimane in cui non eri a Tokyo?-
Ma l’FBI era stata chiarissima, lampante: non dire nulla a nessuno. Nemmeno ai parenti più stretti.
-Papà ha voluto…-
-Oh, per favore!- Sonoko la interruppe prima ancora che cominciasse ad improvvisare -Non me la bevo, Ran! E questi occhi?- le passò un dito sotto le ciglia inferiori dell’occhio sinistro -Stai piangendo da giorni. Ma perché? Per chi?-
Il silenzio della karateka era tradito dal suo cuore veloce e dal petto che si alzava e abbassava repentino. No, non voleva cedere al pianto per l’ennesima volta, già bastavano le volte che piangeva a casa, eppure Sonoko era lì e si aspettava la verità, ma il fatto di non poterle dire nulla…
-Sonoko… Non posso dirti nulla. Non ora almeno- ammise con tono triste e sguardo mortificato mentre l’altra sbuffava sdegnata.
-Ma quando? Ran io non voglio più vederti così! Sei la mia migliore amica, mi hai mollata senza una spiegazione, sei partita… Stai di nuovo piangendo come facevi prima…- gli occhi di Sonoko si rabbuiarono all’istante mentre si sedeva di fronte a lei lentamente -C’entra ancora lui, non è così?- domandò piano colpendo in pieno la mora.
Ran si morse il labbro inferiore sentendo gli occhi bruciare e la gola ardere in preda al più totale magone. Si impose autocontrollo, non poteva cedere o si sarebbe tradita ancora, eppure nominarlo anche solo per allusioni la faceva sentire davvero male.
-No- rispose poco convincente.
-Non è vero!- l’ereditiera scosse il capo decisa -So che c’entra lui! Cosa ti ha fatto stavolta? Sei scappata con lui? Siete nei guai?-
Ran voltò in fretta il capo dall’altra parte dell’aula e si alzò di scatto strisciando la sedia sul pavimento lindo dell’aula, ma Sonoko non demorse e si alzò a sua volta, afferrandola per un polso.
-Ti sta facendo di nuovo soffrire, lo vedi?! Dannazione, ma perché non lo dimentichi, Ran?! Dove ti ha portata? Che cosa hai fatto con lui a Komatsu, sempre che tu sia andata davvero lì…?-
-Io non l’ho visto a Komatsu- la karateka si liberò dalla presa voltandosi a guardarla. Sostenne lo sguardo per alcuni secondi nel silenzio più totale dell’aula vuota mentre tutti erano in palestra a vedere il combattimento di kendo organizzato dalla scuola e cercò di non scoppiare in lacrime respirando piano -Sì, c’entra lui, lo ammetto… Ma non posso dirti più di questo Sonoko-
-Ran, perché…?-
-Per favore!- la ragazza dagli occhi azzurro-lilla scosse la testa facendo un passo indietro -Non posso risponderti, ma ti chiedo di fidarti di me! Lui… Non è solo lui ad avere sbagliato, la colpa è anche mia…-
-Colpa?- la Suzuki si mosse veloce verso di lei preoccupata e confusa -Di cosa? Cosa avete fatto?-
Ran scosse il capo, per poi sorriderle dispiaciuta senza aggiungere altro.
L’ereditiera sembrò offesa, fece un passo indietro e la squadrò seria da capo a piedi per interminabili secondi, poi sospirò e annuì chiudendo gli occhi.
-Un giorno voglio che tu mi dica la verità, Ran…- mormorò mentre quella annuiva con un sospiro rassegnato. -E voglio spaccare la faccia a quel pezzo di stronzo del ragazzo che ami…- aggiunse a denti stretti fissando seria davanti a sé mentre un urlo sonoro proveniente dalla palestra invadeva il corridoio: il Teitan aveva vinto lo scontro.

***
 
Nello stesso momento in una stanza di ospedale, Shinichi stava seduto sul suo letto pensoso e rapito dal lieve tepore che lo circondava grazie al clima di fine maggio che ancora non sembrava voler risentire dell’imminente stagione delle piogge.
-Vorrei chiederti un favore- disse il ragazzo tormentandosi le dita della mani con forza mentre Sera, accanto al suo letto, lo fissava cercando di apparire il più serena possibile.
-Dica tutto, Kudo- scherzò usando il “Lei” mentre quello sorrise vagamente divertito: aver scoperto che, proprio come ricordava bene, loro si erano già incontrati anni prima era stata una grande sorpresa e aveva subito provato per lei un moto di fiducia.
Gli piaceva il fatto che andasse ogni pomeriggio a trovarlo e che gli parlasse di Ran o di come aveva deciso di diventare anche lei una detective.
-So come poter riacquistare la fiducia di Ran, ma non posso riuscirci da solo- ammise un po’ incerto mentre la ragazza maschiaccio si passava una mano tra i capelli neri e corti con il viso interrogativo. Il silenzio si aprì tra i due repentino e la detective attese che continuasse con impazienza, cercando di formulare il vari modi con cui Shinichi Kudo avrebbe potuto riconquistare una ragazza.
Era non poco curiosa e soprattutto desiderosa di sapere… D’altronde, in un angolo remoto del suo cuore, avrebbe voluto essere lei la fortunata…
Fiori, cioccolatini e sdolcinatezze varie erano da escludere: sarebbe stato molto più probabile che la Torre di Tokyo si animasse di vita propria e decidesse di andarsene a spasso per la città piuttosto che Shinichi Kudo si comportasse come la massa informe di ragazzi ordinari che rifilavano quella roba alle proprie amate.
Libri, Holmes, regali di vario genere legato ai gialli? Beh, forse quelle cose erano adatte a riconquistare lui e non propriamente lei …
Restava un posto, e se non andava errato era proprio il luogo da cui tutto aveva avuto inizio…
-Conosci il parco Tropical Land?- domandò Shinichi guardandola pensoso mentre quella annuiva con un cenno di capo, sorridendo soddisfatta delle sue deduzioni.
-L’ho sentito nominare da molti in effetti…-
-Ho bisogno che tu ci porti Ran- spiegò mentre lei si appoggiava con il mento al palmo della mano.
-Io?- domandò interrogativa mentre lui annuiva.
-Sì, ma non preoccuparti, ci sarò anche io- si rese conto che stava solo confondendo di più le cose, così ricominciò da capo grattandosi la testa -Insomma, quello è il luogo da cui è cominciata tutta questa storia. Vorrei che tu la portassi lì e che vi inoltraste nella folla fino a perdervi di vista-
Gli occhi di Sera si illuminarono furbetti e la ragazza ridacchiò annuendo.
-Soda soda, ho capito! Lascio a te il resto, no?-
-Beh, sì…-
-Per me è ok! Allora, quando porto Ran a Tropical Land, “il luogo dove tutto ebbe inizio”?- domandò euforica.
-Appena esco di qui, per cui domani-
-Domani…? Non perdiamo tempo, vedo!-
-Ne abbiamo già perso fin troppo-
-A che ora, Holmes?-
-Verso le 17.00 in prossimità della Fontana. C’è sempre un sacco di coda per entrare nel cinema 4D lì accanto, per cui dovresti riuscire a perderla di vista facilmente se passi in mezzo alla folla…-
-Yosh!- l’euforia della ragazza rallegrò il liceale, che la fissò divertito mentre faceva il saluto dei Marines e si alzava in piedi tutta contenta agitando la gonna della divisa blu cobalto del Teitan ovunque. Per quanto fosse una ragazza, era talmente mascolina che non riusciva nemmeno a portare gli abiti femminili…
-Grazie, Sera-
-Di nulla, Kudo. Ah!- si voltò in tutta fretta prima di aprire la porta della stanza per tornare a casa -Non accetto un fallimento in questa missione, chiaro soldato?-
Il detective assottigliò gli occhi facendo un sorrisino tirato e sussurrando un “Oi oi” a bassa voce, quando quella scoppiò a ridere e alzò una mano in segno di saluto.
-Ja nah, Kudo!-
-Ciao ciao…- rispose lui prima che la porta si chiudesse e il silenzio calasse nella stanza. Si guardò attorno mentre il sole colorava ogni cosa con i suoi tiepidi raggi primaverili e cominciò a definire i dettagli del suo piano per il giorno dopo.
Shinichi Kudo fallire?
Mai.
Sera appoggiò la schiena alla porta della stanza e abbassò il capo mentre un sorrisino amaro si apriva sul suo volto mentre abbassava gli occhi a terra.
Ran, Tropical Land… Avrebbe dovuto immaginarlo.
C’era posto solo per lei e non per altre.
Lo aveva sempre saputo in fondo.
***
 
Lei Tropical Land non voleva nemmeno più sentirla nominare, figurarsi metterci piede.
Eppure, per qualche strano caso del destino, aveva lasciato che Masumi, presentatasi all’improvviso alla sua porta, la portasse a fare un “giretto” per distrarsi e alleggerire un po’ le borse violacee che da giorni albergavano sul suo viso. Aveva indossato i primi indumenti che aveva trovato dall’armadio: una maglia a manica corte bianche, un paio di bermuda grigi e un golfino nero con la zip.
Aveva semplicemente seguito Sera lungo tutto il tragitto cercando di starle al passo mentre questa saltellava con un grillo da un autobus all’altro, da un marciapiede all’altro.
La karateka aveva strisciato così tanto le suole delle Converse azzurre sull’asfalto che ora tutti i bordi interni erano consumati in maniera obliqua e, nella fretta di seguire l’amica, non si era nemmeno accorta di aver lasciato il portafogli a casa.
Sera era riuscita a stordirla con un turpiloquio così lungo su Holmes, casi, detective, fratelli, mode da non seguire e chissà quante altre cose che Ran aveva finito per non rendersi nemmeno conto di dove l’aveva portata.
Solo quando ebbe incrociato con lo sguardo un enorme scritta che sormontava l’entrata di un parco che ben conosceva si rese conto della trappola in cui era incappata: TROPICAL LAND.
Quelle due semplici, ma taglienti parole, erano riuscite a svegliarla del tutto e a farle trovare la voglia di opporsi alle scelte di Masumi che si era avviata a grandi passi verso l’entrata.
-No! Non ci entro io lì dentro!- esclamò decisa -Inoltre non ho nemmeno il portafogl…-
-Shhhh!- Sera le tappò la bocca ridendo e tirando fuori dalla tasca due biglietti per il parco -Li ho vinti alla lotteria del quartiere: non dovrai pagare nulla- la afferrò ancora per un polso e la spinse verso l’entrata mentre quella strisciava le suole a terra, opponendosi con imbarazzo mentre tutti le fissavano interrogativi.
-Non costringermi ad usare il karate, Sera-chan…!- si lamentò divincolandosi a destra e a sinistra con forza.
-Pratico il Jeet Kune Do: sai benissimo che posso atterrarti prima ancora che tu alzi una gamba per colpirmi. L’ho già fatto una volta, ricordi?- la chiuse con un sorriso furbetto la detective lasciandola senza parole.
-Hey!- esclamò sdegnata la mora -Non te la tirare, ora!-
Ma Masumi corse verso il centro della piazza principale del parco ridendo come una bambina e poi urlando di gioia, guardando Ran con gli occhi che brillavano mentre lei la raggiungeva cercando di guardarsi attorno il meno possibile: odiava quel posto ormai.
-Non mi piace qui… Io torno a casa, ok?- disse dispiaciuta cercando di apparire il più gentile possibile, ma l’altra mise su il muso rabbuiandosi come un’eclissi di sole.
-Mi stai dicendo che dopo che ti ho portata qui per farti divertire, tu vuoi andartene lasciandomi sola come un cane?- domandò con tono distaccato e offeso facendo sentire in colpa Ran, che cercò di mettere su una scusa decente per congedarsi. Ma che alla fine sospirò e cedette, abbozzando un lieve sorriso.
-Dove si va?- domandò piano mentre gli occhi di Sera, orgogliosa di se stessa per le sue doti da attrice, si riaccendevano come lampadine.
-Seguimi!- esclamò prendendola per l’ennesima volta per un polso e cominciando a correre tra le urla sdegnate di una Ran stizzita.
-Sì, ma non correre, Sera!-
La detective non la ascoltò minimamente e si destreggiò con cura tra i passanti, i bambini e i tipi vestiti da pupazzi giganti mascottes del parco che invadevano ogni angolo del luna park strapieno come sempre.
Sentiva il cuore battere forte nel petto e lanciava continue occhiate all’orologio del suo Ony Xperikan per essere sicura che ogni cosa filasse liscia. Ran sospirò e fece per deviare verso destra quando davanti a loro si parò l’enorme coda che c’era da fare per entrare nel cinema 4D, ma Sera sembrò puntare proprio la folla e accelerò il passo trattenendola per il polso con più forza.
-Sera, ma non per di qui…!- tentò di sviarla la karateka indicandole la folla, ma era troppo tardi: le due si ritrovarono incastrate nella marmaglia umana che sbraitava al loro passaggio e ben presto la mano di Sera mollò il polso della ragazza, che arrestò la sua corsa guardandosi attorno col fiatone. -SERA-SAAAN!- urlò a gran voce voltandosi ovunque per individuarla tra la folla, finchè una mano non la afferrò nell’esatto punto che fino a pochi secondi prima stringeva l’amica e non la trascinò verso destra con forza.
Ran tentò di opporsi e capire chi ci fosse dall’altra parte, quando individuò alcuni ciuffi corvini muoversi veloci tra la folla in modo terribilmente familiare.
No. Non voleva assolutamente, non era ancora pronta…
Si ritrovò in pochi secondi dall’altra parte della calca di gente e riprese a respirare regolarmente senza essere più oppressa da tutte le persone, ma il ragazzo che la teneva stretta con la sua mano sembrava non volerla proprio lasciarla andare mentre correva verso un luogo familiare in cui era stata già due volte.
-No! Aspetta!- urlò Ran prima che lui la obbligasse ad entrare nell’esatto centro della fontana di Tropical Land, dove gli spruzzi di acqua si eressero alti e giocosi attorno a loro, isolandoli dal mondo.
Shinichi si voltò e incrociò il suo sguardo azzurro-lilla con occhi seri, facendo un passo verso di lei determinato. Ran portò una mano al petto che si alzava e si abbassava come un forsennato per la corsa e mantenne lo sguardo nel suo un po’ arrabbiata, cercando di capire cosa diavolo avesse in mente ora.
-Cosa significa tutto questo?- domandò piano tentando di apparire distaccata prima che lui facesse deciso un altro passo verso di lei.
-Che ho ancora 55 secondi per riconquistarti- rispose quello sbrigativo lasciandola di stucco prima di annullare totalmente la distanza tra loro e fare incontrare le loro labbra per la prima volta.
Ran sbarrò gli occhi inerme, incredula, senza fiato e lasciò che il ragazzo giocasse teneramente con la sua bocca, assaporandola piano e sfiorandola delicatamente, strofinandola contro la sua e poi staccandosi lentamente da lei proprio quando la fontana cessò i suoi spruzzi e loro tornarono al mondo, come se fino a quel momento fossero stati in un altro universo.
Shinichi fece un mezzo passo indietro riaprendo piano gli occhi e poi fissandola in silenzio mentre lei alzava lo sguardo nel suo, tremando e sfiorandosi appena la bocca rosea con l’indice destro dall’unghia violacea per via dell’agitazione.
Shinichi Kudo, il ragazzo che più amava al mondo e che più allo stesso tempo le stava rendendo la vita un Inferno, l’aveva appena baciata.
Gli schiamazzi dei bambini, le risate delle persone, la musica del parco ricominciarono ad invadere le orecchie di entrambi mentre il tempo riprendeva a scorrere imperterrito come se nulla fosse successo qualche attimo prima.
I suoi occhi erano fissi in quelli di Shinichi, tremavano lucidi e sembravano voler dirgli qualcosa, quando il liceale capì che era il momento di riprendere parola.
-So che ho sbagliato, Ran. So che negli ultimi mesi non ho fatto altro che mentirti e farti soffrire, ma quello che ti ho detto nel biglietto e nella cantina in cui eravamo rinchiusi è la verità. Sapevo che nessuna parola sarebbe riuscita a farti riacquistare fiducia in me e così l’unico modo che ho trovato per farlo è stato questo- il ragazzo fece un altro passo indietro assottigliando gli occhi rassegnato -Forse non lo vedrai nemmeno tanto nel mio stile, hai ragione, nemmeno io credevo che avrei mai fatto qualcosa di simile, ma era la mia ultima speranza. Non voglio obbligarti a fare nulla che non vuoi, Ran, è una cosa che non ho mai voluto.
Perciò se ora vorrai urlarmi addosso, sfogarti su di me o andartene, sei perfettamente libera di farlo. Se non vorrai vedermi mai più ti basterà mollarmi qui e sparirò per sempre dalla tua vita. Ciò che davvero voglio è che tu sia felice e accetterò ogni tua decisione, qualsiasi cosa comporterà-
Le parole di Shinichi, seppur tristi, furono pronunciate in modo serio e conciso: il liceale non voleva più procurarle dolore, non sopportava più essere la fonte di ogni sua dannazione: non si stava arrendendo, stava facendo solo la cosa che riteneva più giusta per lei.
E se avesse sofferto per la sua mancanza, avrebbe imparato a convivere con il dolore, a buttare giù il groppo amaro che gli si sarebbe formato in fondo alla gola ogni giorno, a rassegnarsi alla realtà.
Avrebbe imparato ad accettare di non esistere per lei e lo avrebbe fatto col pensiero che in quel modo sarebbe stata felice.
Era pronto a farlo anche mesi prima, quando ne aveva parlato con Haibara. **
-Sarà come non averti mai conosciuto?- soffiò Ran sottovoce mentre lui, incassando il colpo, annuì piano osservando i suoi occhi azzurro-lilla senza mai staccare lo sguardo. La karateka annuì a sua volta e abbassò il capo a terra, sulle sue Converse azzurre meditando cosa fosse davvero giusto: cosa voleva davvero?
Era stanca di soffrire, stanca di essere presa in giro, stanca di essere sempre l’ultima a sapere le cose.
Non era giusto che si ritrovasse a rischiare la vita per lui e per i suoi guai, non voleva più passare ogni giorno a piangere in silenzio indossando una maschera non appena era in compagnia di qualcuno. L’idea di stare lontana da quel ragazzo, quel detective stakanovista, significava non essere più in pericolo, non soffrire più, non dover più sopportare le sue storie.
Allora forse era la soluzione migliore.
Alzò lo sguardo e incrociò quello dell’amico di infanzia che attendeva in silenzio il suo verdetto finale: i suoi occhi erano di un magnifico blu come l’oceano più puro, eppure in quel momento erano in tempesta.
Si capiva benissimo che Shinichi Kudo, che era pur sempre un umano ed era innamorato, era preoccupato.
Ran ne fu quasi felice: finalmente stava capendo cosa si provava, finalmente non era l’unica a sentire gli effetti di quel dannato amore a senso unico…
Le sue gambe volevano voltarsi e partire in quarta verso l’uscita del parco: sarebbe stata libera, non si sarebbero mai più visti.
Per lei lui non sarebbe più esistito, per lui lei sarebbe stata solo un lontano ricordo.
Ma nella sua mente si aprì una voragine e il cuore cominciò a batterle all’impazzata contro le costole, quasi come se avesse intenzione di frantumarle in mille pezzi.
Ma che diavolo stava pensando?
Stava rinunciando a lui, al ragazzo che era stato in grado di farla sentire nello stesso momento la più felice ed infelice persona al mondo?
Quello che l’aveva salvata quante volte… Infinite?
Quello che le era sempre stato accanto nei momenti più difficili, anche quando non lo sapeva?
Stava rinunciando a quel ragazzo che la faceva sentire bene con la sua sola presenza, quello che aspettava da tempo e che era sparito per proteggerla?
Ran affogò lo sguardo in quello di lui e in un attimo tutto fu chiaro: capì cosa davvero l’avrebbe resa felice.
Scattò in avanti e gli saltò al collo stringendolo a sé mentre quello allargava le braccia sorpreso e sbarrava gli occhi fissando i suoi capelli castani che svolazzavano al vento. La sentì cominciare a tremare sulla sua spalla mentre alzava la testa dall’incavo tra la clavicola e il collo, incrociò i suoi grandi occhi pieni di lacrime e poi la vide sorridere rimanendo di stucco.
 Non capiva bene cosa stesse accadendo, non capiva cose le passasse per la testa, ma rispose repentino e con un tuffo al cuore al bacio che lei gli diede qualche secondo dopo, chiudendo gli occhi e inclinando a lato la testa. Shinichi fece scorrere le dita nel suoi capelli lunghi e setosi, inspirò a fondo il suo profumo alla vaniglia e la strinse con forza al suo petto rendendosi conto che tutto quello significava solo una cosa: non l’aveva persa per sempre.
Non era successo: Ran era lì, era di nuovo con lui.
Le loro lingue si scontrarono repentine ma con dolcezza, Shinichi le prese il viso tra le mani e lo tenne come se fosse la cosa più preziosa al mondo mentre le bocche emettevano schiocchi sonori.
Appena sembravano sul punto di separarsi, le labbra di uno dei due si reimpossessavano veloci di quello dell’altro come due calamite. Ad entrambi sembrava un sogno: si stavano baciando di nuovo e questa volta perché entrambi lo volevano.
Perché si amavano.
Fu Shinichi a separarsi dal bacio e ad affogare lo sguardo subito in quello della più bella ragazza della Terra, sorridendole come mai aveva fatto prima mentre le sfiorava delicatamente una guancia con due dita.
-Hai scelto Tropical Land perché qui è dove tutto ha avuto inizio?- domandò piano Ran beandosi della sua bellezza mentre quello annuiva sereno.
-Qui ho commesso l’errore più grande della mia vita e qui avevo intenzione di riparlo. Ho sbagliato ad entrare in quel vicolo lasciandoti da sola… Ma in questo modo, vivendo accanto a te ogni giorno, ascoltando ciò che davvero pensavi, provando sulla mia pelle il tuo stesso dolore, mi sono finalmente reso conto di quanto tu sia importante per me-
La karateka lasciò scorrere le lacrime sulle guance e sorrise con un singhiozzo, per poi appoggiare il capo al suo petto e lasciarsi abbracciare forte.
Capì che quella era la decisione migliore: una vita senza Shinichi non sarebbe stata vita.
-Scusami per come mi sono comportata negli ultimi giorni…- mormorò appoggiando il capo al suo petto, inspirando il suo odore -Sono stata una stupida…-
-Koishiteru- le sussurrò il ragazzo in un orecchio prima che lei sbarrasse gli occhi sorpresa e cercasse di nuovo il suo sguardo: i suoi occhi non erano più in tempesta, erano blu come l’oceano più calmo che avesse mai visto.
Di quella frase capì il vero significato con alcuni secondi di ritardo, e fu immensamente felice: Koishiteru era il modo giapponese più importante di tutti per dire “Ti amo”.
“Daisuki” era comune, esprimeva affetto, ma non era abbastanza per loro.
“Aishiteru” era già più importante, ma per Shinichi non era l’espressione giusta: lui aveva usato “Koishiteru” perché quel verbo significava amare una persona e voler passare il resto della propria vita con lei.
Perché Lui non voleva più perderla: voleva amarla per sempre.
-E io di più- sussurrò prima di baciarlo ancora e annullare nuovamente la realtà che li circondava.
C’erano solo loro finalmente, solo due anime che finalmente si erano di nuovo incontrate.
Solo due cuori che ormai battevano all’unisono l’uno per l’altro.
 

*Mi riferisco all’ultimissimo file uscito in Giappone, l’884, da cui siamo venuti a sapere di questa notizia J
** Ep 270 jap

 

Mangakagirl’s Corner:
Minna Konnichiwaaaa :D
Eccomi eccomi! Ok, sono ritardo di quasi tre settimane… Ma era il finale, dovevo aggiustarlo per bene! >_<
Tutti i pezzi del puzzle dovevano combaciare, mi ci è voluto tempo, ma credo di essere soddisfatta di come è venuto il risultato! *-*
Voi che ne pensate? Credevate che i due non si sarebbero riappacificati? xD
Ma ASSOLUTAMENTE NO!  u.u Non potevo fare una cosa del genere :’) Già sono stata cattiva come sempre per tutta la storia… Muahuahua LOL
Allora, io spero si sia capito tutto: molte informazioni sono fresche fresche, sbarcate direttamente dal Giappone da poco tempo.
Mi riferisco al sentimento che si suppone Sera provi per Shinichi, al loro incontro in un tempo non ancora definito dall’autore, al fatto che ormai abbiamo tutti capito che lei è la sorella di Shuichi Akai, e al caso dell’acquario che Gosho ha appena pubblicato in Giappone. (questo ancora non è nemmeno stato definitivamente tradotto)
Non so quanti di voi siano al passo con il manga originale, ma io lo sono e… ^^” Mi spiace per chi è stato spoilerato, ma comunque l’avvertimento nella storia c’era per cui… Eravate preparati ^^
Spero il finale vi sia piaciuto e di non essere andata OOC >___<
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno seguito la storia, l’hanno aggiunta alle preferite, ricordate, seguite…
A chi mi ha aggiunta come autrice preferite *-* <3
Un ringraziamento speciale a Hoshi Kudo, che (magari non lo ricorderà xD) ma mi ha dato una marea di consigli durante la stesura che procede da agosto fino ad oggi LOL Grazie Neechan :’)
E un ringraziamento anche a mio cugino con cui, sempre questa estate, (Sì, è una storia centenaria ^^”) ho passato intere serate ad elaborare le scene d’azione della sparatoria con Anokata.
Minna ARIGATO! <3
Spero di tornare presto con nuove FF :D
Alla prossima :D
Mangakagirl!

 
 
 
 
 
 

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