Ti amo o ti odio? di CarlottAlien (/viewuser.php?uid=323903)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo e Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Ritorno ***
Capitolo 1 *** Prologo e Capitolo 1 ***
PROLOGO
“Padre,
perché la mamma non è qui con noi?”
“Vedi,
figlia mia, non sempre abbiamo ciò
che vogliamo. Nemmeno se questa fosse una cosa semplice, elementare,
necessaria. Per ora ti basta sapere che tua madre era un grande leader,
dotata
di grande forza e determinazione. In battaglia le brillavano gli occhi.
E ogni
volta che ti guardo, piccola mia, vedo lei. Quando crescerai,
capirai.”
Mi sorrise.
Il sorriso
di mio padre è talmente raro che quel ricordo è
più prezioso dell’oro. Allora
avevo solo otto anni e mia madre mi mancava. Tantissimo.
CAPITOLO 1
La luna era mangiata per
metà quella sera mentre illuminava
la vasta valle dell’Est, dominata dal clan dei Lupi Bruni di
Akeshi. La notte
era tranquilla, quasi tutti i demoni quella sera avevano deciso di
stare al
loro posto e non creare guai, così Hitomi decise di
prendersi una piccola pausa
dal suo giro di ronda. Con un agile balzo salì sulla quercia
secolare che
troneggiava sul lato Ovest della valle e si sedette su uno dei possenti
rami,
ringraziando lo spirito dell’albero per la sua
ospitalità. Lei e la Quercia avevano un
rapporto speciale, si rispettavano e si proteggevano a vicenda,
vegliando
insieme sulla valle dei Lupi.
Sebbene la serata sembrasse
tranquilla, la giovane demone
non si sentiva del tutto a proprio agio. Erano diverse notti, ormai,
che orde
demoniache invadevano il territorio del suo clan senza un apparente
motivo,
come se stessero scappando da qualcosa. Hitomi ne ignorava le cause e
non le
importava granché, visto che i demoni che attraversavano il
confine erano
piuttosto deboli e abbatterli non le costava molta fatica. Doveva solo
tenerli
d’occhio e impedire che facessero troppi danni nelle terre
dei Lupi. Sbuffava
infastidita da quel compito assurdo e privo di senso che le avevano
affidato.
Si chiedeva perché non la facessero scendere direttamente
sul campo di
battaglia quando c’erano dei VERI pericoli. Tuttavia, mentre
riposava
appoggiata al tronco della sua amata Quercia, teneva muscoli e nervi in
tensione, pronta per attaccare. Era lì a tenere
d’occhio il confine grazie ai
suoi sensi particolarmente sviluppati. Infatti, nonostante la sua
giovane età,
era il demone del clan con le capacità sensoriali
più potenti in assoluto,
grazie anche al fatto che possedeva le orecchie e la coda di un vero
lupo.
Hitomi era la primogenita di Akeshi, il capoclan, e suo padre le aveva
detto
che aveva ereditato queste caratteristiche dalla madre, un daiyokai
lupo. Ma
ciò che rendeva Hitomi così speciale,
così diversa da tutti gli altri Lupi Bruni,
erano gli occhi. ‘Paragonabili alla luna, per il loro
splendore, e al ghiaccio
per la spietatezza che celavano’, le diceva sempre suo padre,
tanto che tra i
clan era conosciuta come Hitomi, la
portatrice degli occhi della luna. Tutto questo metteva
innervosiva la
giovane lupa, perché tutti erano un po’ diffidenti
e timorosi nei suoi
confronti. Un Lupo Bruno con gli occhi grigi? Per di più
figlia di una degli
daiyokai più potenti mai esistiti? Un demone così
poteva vuol dire solo due
cose: grossi vantaggi o grossi problemi per tutto il clan. Hitomi
soffriva di
questo, ma non lo faceva mai trasparire e reagiva con freddezza e
indifferenza
a tutti i membri del suo stesso clan. Ma la cosa che le faceva
più male era la
mancanza di sua madre. Aveva ben pochi ricordi di lei e suo padre non
le aveva
mai rivelato il perché della sua scomparsa. Tutto questo
fino ad un anno prima.
Akeshi le raccontò che sua madre era stata uccisa in
battaglia da un daiyokai
cane che le teneva testa come nessun’altro era mai riuscito a
fare. Ma il
capoclan non le rivelò mai il nome del demone che uccise sua
madre, perché
sapeva che la figlia lo avrebbe cercato fino alla disperazione,
mettendo a
rischio la sua vita e trascurando il clan.
‘Lo troverò..quel
maledetto, lo troverò!!’
Hitomi strinse i pugni e
digrignò i denti per la rabbia che
le ribolliva in corpo, quando ad un tratto il suo orecchio destro
captò un
rumore strano proveniente dal confine Ovest, vicino alle Alte Montagne
degli
Spiriti.
‘Una battaglia tra
demoni..’ disse tra sé e sé cercando di
interpretare la battaglia attraverso i
rumori che riusciva a sentire. All’improvviso vi fu
l’esplosione di una delle
due aure demoniache in movimento, che letteralmente cancellò
quella
dell’avversario. Decise che era ora di controllare cosa
diavolo stesse
succedendo nel suo territorio. Si alzò in piedi sul ramo
della Quercia
brandendo Masakari, l’ascia da combattimento simbolo del suo
clan,ereditata dal
padre. La pelliccia che indossava, umida di rugiada, brillava alla luce
della luna,
che ormai splendeva alta nel cielo. Con un balzo scese
dall’albero e scattò con
agilità verso dove si era appena conclusa quella strana
battaglia. I suoi
selvaggi e lunghi capelli dorati ondeggiavano seguendo i suoi
movimenti, mentre
i piedi scalzi sembravano farla volare silenziosamente sopra il
sottobosco.
Quando con lo sguardo scorse le Montagne, un odore nauseabondo le
invase le
narici, costringendola per un attimo a chiudere gli occhi e a coprirsi
il naso
con il braccio nudo.
‘Ma che diavolo..?’
un bruttissimo presentimento si fece largo dentro la sua testa. Da dove
proveniva quello strano odore? Era sicura, non lo aveva mai sentito da
nessuna
parte prima d’ora. Cos’era entrato nel suo
territorio?
Digrignò i denti e
sfoderò gli artigli, stringendo
l’impugnatura di Masakari ancora più forte. Quella
notte avrebbe portato solo
guai, lo sentiva.
Ciao a tutti! ^^
È la mia
prima FF su Sesshomaru, anche se in questo capitolo
Non compare ancora
il nostro principe dei demoni XD
Spero di avervi
incuriosito,
a presto ^^
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2
Arrivata ai piedi dei monti Urishima,
conosciuti anche come
Montagne degli Spiriti, il luogo era immerso in una strana quiete, come
se
tutto forse stato pietrificato. Il silenzio era opprimente.
L’aura che
emanavano quei monti rendeva quasi impossibile la vita lì
intorno, perciò
Hitomi uscì lentamente dall’ombra degli ultimi
alberi della foresta, cercando
qualche segno della battaglia.
Non si sentiva per niente
tranquilla, qualcosa
la agitava e la situazione peggiorò quando
un’altra folata di quello strano
odore le arrivò alle narici. A fatica seguì
quella puzza orrenda fino a
scorgere una grossa macchia nera informe in mezzo ad alcuni arbusti
distrutti.
Si bloccò all’istante, mettendosi in posizione di
guardia e stringendo
l’impugnatura della sua ascia fino ad avere le nocche
bianche. Si avvicinò con
cautela a quella che ormai sembrava una carcassa. La sua puzza era al
limite
della sopportazione e Hitomi non aveva mai sentito un cadavere puzzare
in
quella maniera. Ciò la innervosiva e, quando
arrivò vicina al corpo, il suo
aspetto la inorridì ancora di più.
Era un demone davvero strano, non era
come quelli che di
solito giravano da quelle parti, e lei li conosceva bene tutti quanti.
Aveva
una vaga figura che ricordava quella umana, era privo di qualsiasi
pelliccia o di
piume, anche se grosse ali membranose si diramavano dalla sua schiena
ossuta.
Era armato di tre possenti artigli e alcune zanne spuntavano dalla sua
bocca,
aperta in un urlo terrificante. Ma ciò che rendeva quel
demone inquietanti
erano i due buchi vuoti che spiccavano sul suo volto contorto.
‘Non ha occhi…cosa
è questa roba?’ pensò Hitomi, non
riuscendo a staccare gli occhi dal demone.
All’improvviso gli balenò in mente, come un lampo,
un ricordo di quando era più
piccola. Una storia che gli anziani del suo clan erano soliti
raccontare ai
giovani lupi che, tutti in cerchio attorno al fuoco, ascoltavano le
loro
leggende.
“..non
erano né demoni né esseri umani.
Scendevano silenziosi come spiriti dalle montagne, con le bocche
urlanti da cui
non usciva alcun suono, con occhi che non erano occhi, ma soltanto
buchi neri e
vuoti come le loro anime.”
In quel momento una consapevolezza
agghiacciante si fece
strada nella mente di Hitomi che, d’istinto,
indietreggiò di qualche passo
dalla creatura.
‘Questo…questo è un
Gaki. Che diavolo ci fa qui un demone
dell’Oltretomba…?’
Si credeva che i Gaki fossero
solamente delle leggende,
demoni antichi come lo Spirito del Mondo di cui non si avevano mai
avuto
conferme della loro esistenza. Ma Hitomi sapeva che non era
così, suo padre le
raccontò della Grande Guerra che lui e sua madre dovettero
affrontare contro i
demoni dell’aldilà, torturatori di anime affamati
degli spiriti dei vivi.
Quella guerra fu sempre tenuta nascosta, era pericoloso parlare di
ciò che sta
oltre il confine, perciò solo i daiyokai ne erano a
conoscenza. Tutto ciò la
turbava, poteva essere un solo demone ad aver attraversato la soglia
dell’Oltretomba oppure poteva essere l’inizio di
qualcosa di molto più grande.
Alzò pensierosa lo sguardo
verso le nubi scure che
nascondevano perennemente le cime delle Montagne, ma un altro odore
attirò la
sua attenzione. Annusò l’aria che ora sapeva di
erba fresca, di rugiada e le
balenò in mente l’immagine della luna, ma sentiva
anche l’odore forte e deciso
del sangue e della morte. Si voltò di scatto, stringendo
istintivamente la mano
attorno all’impugnatura di Masakari, e scorse davanti a
sé una figura imponente
che si stagliava nella penombra della boscaglia. La stava fissando,
sentiva il
suo sguardo addosso anche se non riusciva a vederlo in volto.
L’odore di quel
demone l’aveva inebriata, ma si riscosse immediatamente,
tornando alla realtà.
“Tu chi diavolo
saresti?” domandò Hitomi con
aggressività. Non aveva mai visto quel demone nel
suo territorio e la sua aura demoniaca la spaventava ancora di
più. Poteva
essere un daiyokai, ma non ne era sicura. O non voleva crederci. Sapeva
che,
contro di lui, non avrebbe avuto scampo.
Di risposta, il demone
uscì dalla penombra, mostrandosi a
Hitomi. Ora lei poteva vederlo chiaramente, in tutti i suoi due metri
di
altezza. Non sembrava uno dei soliti mostri che giravano da quelle
parti, aveva
il volto di un giovane, ma i suoi lineamenti erano affilati e
taglienti, come
anche il suo sguardo. Aveva un’aria mistica grazie al kimono
bianco che
indossava, pareva non essere il proprietario di quell’aura
mostruosa e di
quelle spade demoniache che portava strette alla cintola. Hitomi
riuscì a
scorgere delle striature sulle guance e una mezzaluna blu che spuntava
sulla
sua fronte, seminascosta da ciuffi di cappelli color della luna. La
pelliccia
bianca che portava sulla spalla destra fece capire a Hitomi che quello
che
aveva di fronte era un demone cane.
Lui continuava a fissarla
intensamente, senza però far
trasparire nessun tipo di emozione, tranne la pura indifferenza per
tutto ciò
che lo circondava. Tutt’ad un tratto le parlò e
per Hitomi sembrò come
risvegliarsi da uno stato di trance,
tale era l’effetto che aveva quel demone su di lei.
“Penso tu abbia
capito.” Le disse, indicando con un impercettibile movimento
dello sguardo la
carcassa del Gaki riverso a terra. “Per puro caso
l’ho trovato sul mio cammino,
cerca di aprire gli occhi. Hai la responsabilità di un
branco.”
Detto questo si voltò e si
diresse verso il cuore della
foresta, sparendo dalla vista di Hitomi, ora parecchio innervosita
dalle parole
di quel tale. Come si permetteva di usare quel tono con lei? Oltretutto
le dava
anche consigli su come gestire un branco! No, di certo non si sarebbe
fatta
mettere i piedi in testa in quel modo.
“Ehi, tu! Come ti
permetti di voltarmi le spalle!!” urlò Hitomi
verso il demone che spariva pian
piano nella foresta. Non si degnò neanche di voltarsi a
risponderle, così lei
corse nella sua direzione, intenzionata più che mai a non
fargliela passare
liscia. Appena mise piede nella foresta,
l’oscurità opprimente che c’era
l’avvolse e ci volle una frazione di secondo prima che i suoi
occhi si
abituassero al buio pesto del bosco.
Ma fu proprio dopo
quell’istante di distrazione che Hitomi
si ritrovò a terra, sovrastata dall’enorme massa
del demone cane che le puntava
una delle sue spade alla gola.
‘No...non può
essere stato così veloce.’ Pensò
Hitomi, che fissava sbigottita e sorpresa quel
demone, che da vicino le sembrava ancora più grande e
imponente. I suoi occhi
dorati, freddi come il ghiaccio, erano puntati in quelli sbarrati di
Hitomi.
“Non fare questo
gioco con me, ragazzina.” Le disse in un tono glaciale che
incuteva ancora più
timore di qualsiasi tono aggressivo. Detto ciò,
rinfoderò la spada e sparì
velocemente tanto quanto gli era servito per atterrare Hitomi. Con lui
sparì
ogni traccia dell’odore di erba che portava con
sé, lasciando Hitomi da sola
ancora stupita di ciò che era appena successo. Ma chi
diavolo era quello li?
Non sapeva se essere più innervosita dai toni che aveva
usato o più intimorita
dalla facilità con cui l’aveva atterrata. Avrebbe
potuto ucciderla. Ma non
l’aveva fatto. Anzi l’aveva avvertita riguardo ai
timori che lei stessa aveva.
Pensò al cadavere del Gaki. Cosa stava per succedere?
Reagì in un baleno,
alzandosi in piedi e scattando verso la sua Quercia. Si
arrampicò agilmente fin
sulla cima. Da lì vedeva ogni singolo angolo della valle che
tanto amava. Ma
non era quello il momento di ammirare il paesaggio. Si protese in
avanti e
ululò. Lanciò un ululato strano, diverso da tutti
gli
altri, che solo un lupo poteva
comprendere. Stava chiamando
suo padre.
Akeshi, come
qualsiasi capoclan rispettabile, rimane sempre col suo branco, tranne
in casi
eccezionali di battaglie particolarmente violente. Anche quella notte
era
rimasto nei pressi della sua tana, seduto di fronte ad un piccolo fuoco
sopra
ad uno spuntone di roccia, a meditare. Nonostante avesse raggiunto
ormai una certa
età, la sua stazza rimaneva sempre imponente e metteva tutti
in soggezione. Il
suo corpo e il suo volto erano ricoperti da decine di cicatrici, segni
indelebili delle sue battaglie, mentre i suoi lunghi capelli e la sua
folta
barba portavano i segni bianchi della vecchiaia. Nonostante avesse
un’espressione molto dura e severa, i suoi occhi erano quelli
di un demone
saggio e che ha affrontato ogni tipo di difficoltà con
coraggio.
Le fiamme si riflettevano sulle sue
iridi scure, mentre il
suo sguardo scrutava il fuoco e la sua mente vagava in profondi
misteri, quando
sentì in lontananza un ululato. Tese meglio le orecchie, e
riconobbe
immediatamente sua figlia che lo chiamava. Capiva dai toni
dell’ululato che
Hitomi si sentiva nervosa e tesa, evidentemente qualcosa di importante
doveva
essere successo.
“Correte, padre, non ci
sono buone notizie.”
Akeshi si alzò in piedi e
la sua ombra si allungò sulla
parete di roccia alle sue spalle, facendolo sembrare ancora
più imponente.
Rispose all’ululato della figlia e scese verso la boscaglia,
correndo agilmente
verso il luogo dove si trovava Hitomi, cogliendo subito il motivo della
sua
agitazione. Sua figlia si trovava ai piedi dei monti Urishima.
“Aspettami.”
Fu la risposta che ricevette
immediatamente dal padre.
Sapeva che lui le avrebbe dato qualche risposta. O almeno lo sperava.
Si era allontanata da quella carcassa
nauseabonda, sedendosi
su un tronco poco distante, senza però perderla di vista.
Tendendo le orecchie,
riusciva chiaramente a sentire i passi di suo padre che si avvicinava a
lei.
Pochi attimi dopo, la figura di Akeshi emerse dal sottobosco,
individuandola
immediatamente e lanciandole uno sguardo intenso. Hitomi
pensò che suo padre
avesse già capito la situazione, anche perché il
fetore di quel cadavere non
era difficile da percepire.
Tra i due non vi furono inutili
parole, una serie di sguardi
e si capirono immediatamente. Hitomi si alzò e condusse il
padre vicino al
corpo del Gaki. Akeshi sembrava indifferente mentre osservava i buchi
neri e la
bocca spalancata del cadavere.
“Un Gaki…”
esordì
il capoclan dopo qualche secondo. “Com’è
finito qui, ne sai qualcosa?” domandò
alla figlia.
“Dovrebbe provenire
dalle montagne. L’ho trovato morto dopo una
battaglia.”
“Una battaglia?”
disse il demone lupo, questa volta fissando sua figlia
dall’alto.
“Ho sentito due
aure scontrarsi e quando sono arrivata qui l’ho trovato
già morto. Mi è bastato
seguire la sua puzza.”
“Quindi non hai
visto cosa è successo?”
“No, ma ho
incontrato il demone che ha ucciso questa roba.”
“Chi sarebbe? Uno
dei nostri?”
“No, era un demone
che non avevo mai visto da queste parti. Un demone cane.”
A quell’affermazione,
Akeshi ammutolì, riflettendo su
qualcosa che Hitomi non capiva. Solo dopo qualche minuto riprese a
parlare.
“Non l’hai seguito
spero.”
Hitomi rimase stupita dalla freddezza
con cui suo padre le
aveva fatto quella domanda così strana.
“No…l’ho lasciato
andare per la sua strada.” Mentì lei. Suo padre la
fissò,con uno sguardo che
non riuscì a decifrare, per un tempo che le sembrava
interminabile.
“Bene, meglio
così. Ora
occupiamoci di questo tanfo.”
Esordì ad un tratto.
“Come?” chiese
Hitomi, perplessa.
“Non rischierò che
qualcun altro trovi questa carcassa come hai fatto tu.
Allontanati.” Detto ciò,
Akeshi puntò il cadavere riverso a terra e lo
incenerì, grazie alla sua potente
aura. Hitomi non poteva crederci.
“Padre, perché lo
avete fatto? Dobbiamo assolutamente avvisare il clan e trovare da
dov’è venuto
quel mostro! Potrebbero arrivarne altri!” esordì
incredula rivolta al padre.
“Non ne arriverà
nessun’altro, te lo assicuro. E ti garantisco anche che
nessuno verrà a sapere
di questo.”
Hitomi era sconvolta. Suo padre le
nascondeva qualcosa, ne
era sicura. Come poteva non capire la
gravità di quella
situazione?
“Ma come fai a non
capire? Dobbiamo andare a fondo di questa cosa e avvisare anche i clan
vicini!
Credi sia normale che un demone dell’Oltretomba trapassi la
soglia ed entri nel
mondo dei vivi?” lo attaccò Hitomi.
“Non ti rivolgere
a me in quel modo, Hitomi!!” tuonò Akeshi,
guardando autoritario sua figlia.
“Comando io qui e tu sei tenuta ad ascoltarmi!”
La giovane lupa era sbigottita.
D’un tratto, il suo stupore
si trasformò in rabbia
verso ciò che le
aveva appena detto suo padre. Come poteva essere così
indifferente? Avrebbe
voluto ribattere, urlare quanto non fosse giusto il fatto di nascondere
ogni
cosa al resto del branco, rischiando che succedesse qualcosa di brutto.
Ma
rimase zitta, strinse i pugni fino a piantarsi gli artigli nei palmi
delle mani
e digrignò i denti. Guardò suo padre inoltrarsi
di nuovo nella foresta,
sparendo nell’ombra e lasciando dietro di sé solo
un segno nero, lì dove c’era
stato il cadavere del demone. Frustrata e arrabbiata,
ringhiò e cominciò a
correre verso Ovest, tornando alla sua Quercia e non seguendo di
proposito suo
padre. Correva veloce, cercando una spiegazione a quello che aveva
fatto suo
padre. Ma non ne trovava.
Arrivò ansimando ai piedi
dell’albero, si arrampicò e salì
in fretta fin sulla cima. Rimase ad ammirare la valle in tutto il suo
splendore. A Est riusciva a scorgere le prime luci dell’alba
e il nuovo giorno
che stava arrivando. Non poteva rischiare che tutto ciò a
cui teneva di più
potesse cadere in rovina solo perché suo padre le teneva
nascosto chissà quale
segreto. Gli avrebbe disubbidito. Avrebbe capito da sola cosa stava
succedendo.
Ciao a tutti! ^^
Spero che questo
capitolo non sia troppo lungo o noioso xD
Spero anche di
rendere la storia interessante
e non banale!
A
presto col prossimo capitolo,
grazie a chi legge ^^
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
CAPITOLO 3
Il sole, mentre
spuntava all’orizzonte, era un’enorme palla di
fuoco che, con i suoi caldi
raggi, inondava tutta la valle dei Lupi Bruni come un oceano di luce,
infiltrandosi tra le folte chiome degli alberi e rendendo la foresta un
luogo
magico.
Mentre la luce si insinuava tra i
rami, le foglie, le radici
degli alberi, entrava nelle tane degli animali annunciando il nuovo
giorno,
facendo sparire progressivamente le ultime ombre della notte ormai
passata,
arrivò anche allo spiazzo dove troneggiava la Grande
Quercia, dipingendola
con i colori caldi del giorno e svegliandola dal suo sonno. Intorno a
quel
maestoso albero regnava un’insolita pace, una sorta di quiete
mistica creata
dalla sua potente aura benevola, che rendeva quel luogo quasi sacro.
Anche Hitomi si godeva il sole appena
tiepido sul viso,
mentre sedeva sopra alla Quercia completamente assorta nei suoi
pensieri.
Grazie a quel luogo e a quell’albero riusciva ad uscire per
un po’ da ciò che
la circondava, dandole la possibilità di scrutare dentro
sé stessa e pensare
con razionalità. Quella mattina, però, il
conflitto interiore con cui aveva a
che fare era parecchio duro da risolvere.
Quella notte non era tornata alla
Tana con suo padre, era
rimasta nella sua foresta cercando di sbollire la rabbia che
l’assaliva ogni
volta che ripensava alla conversazione tra lei e Akeshi.
[…]“Non
ne arriverà nessun’altro, te lo
assicuro. E ti garantisco anche che nessuno verrà a sapere
di questo.”
Così le aveva detto suo
padre, senza darle spiegazioni dopo
aver distrutto il corpo del Gaki morto. Aveva corso per la foresta
finché i
piedi nudi non cominciavano a dolerle. Forse sarà stato il
dolore fisico a
farla tornare in sé, ma dopo aver corso per quasi tutta la
vallata si fermò. La
rabbia era scomparsa, lasciando posto ad un’idea ben chiara e
precisa. Fu
allora che tornò indietro, verso la sua Quercia, si sedette
ed entrò come in
trance, cercando di risolvere quel groviglio di pensieri che aveva
nella testa.
Con l’arrivo del nuovo
giorno arrivò anche per Hitomi la
consapevolezza di ciò che doveva fare, di quello che era
giusto per lei. Si
alzò in piedi, fissando bene la direzione che avrebbe preso
e che, forse,
l’avrebbe allontanata dal suo stesso clan. Sapeva che suo
padre la teneva
costantemente sotto controllo, percependo i suoi movimenti grazie alla
sua
aura. L’aveva tenuta d’occhio tutta la notte, lei
lo sapeva, sentiva
perennemente gli occhi di suo padre addosso, ed era certa che la stesse
osservando anche ora, dalla cima della sua tana con gli occhi della sua
mente
saggia. Appena si sarebbe mossa, pensava, suo padre avrebbe capito dove
si
dirigeva e probabilmente non l’avrebbe ostacolata, ma avrebbe
mostrato verso di
lei la più totale indifferenza, in quanto gli aveva
palesemente disubbidito. Ma
ad Hitomi non importava, sentiva dentro il suo animo che quello che
stava per
fare era giusto, e sarebbe andata avanti dimostrando a suo padre che
ormai era
adulta e sarebbe stata in grado di affrontare decisioni difficili, come
un vero
capoclan.
Scese dall’albero con un
agile balzo e scattò verso il luogo
da cui non distoglieva mai lo sguardo, sapendo che qualsiasi mossa
avrebbe
fatto ne sarebbe venuto a conoscenza da li a breve.
Correva come un predatore affamato
con lo sguardo fisso su
una preda sconosciuta, curioso di sapere il suo sapore. I suoi occhi di
ghiaccio scrutavano la foresta che pian piano mutava intorno a lei. Non
c’erano
rumori, solo il fruscio leggero delle foglie che sfiorava col suo
corpo, che si
muoveva sinuoso nella foresta.
Ad un tratto la boscaglia
cambiò di netto, segno che era
arrivata dove voleva essere. Si fermò di colpo, aspettando e
ascoltando. Nulla.
Nessuno intorno a lei. L’unica presenza pesante che sentiva
costantemente era
quella di suo padre, che per ora osservava le sue mosse. Ma in cuor suo
Hitomi
sapeva che, quando avrebbe accennato il primo passo oltre quel sottile
confine
che era rimasto tra lei e Akeshi, non sarebbe più potuta
tornare indietro, se
non a testa bassa e con la coda tra le gambe. Ma questo non lo avrebbe
mai
fatto, soprattutto con suo padre. Alzò la testa, puntando il
suo sguardo gelido
sul cielo coperto dalle pesanti nubi grigie. Non si guardò
indietro e non ebbe
il minimo rimorso quando partì nuovamente di corsa,
dirigendosi verso i
sentieri che portavano nel cuore dei monti Urishima.
La figura possente
del capoclan dei Lupi troneggiava dall’alto della sua tana,
le spalle solide
come roccia, le mani incrociate dietro l’ampia schiena,
mentre fissava le nubi
scure che circondavano le Montagne degli Spiriti. Lo sguardo era
glaciale,
inchiodato verso quel luogo maledetto dove in quel momento si trovava
sua
figlia. Tutto di lui in quel momento faceva trasparire calma e
sicurezza, come
un essere saggio e controllato, tuttavia, dentro quel possente corpo,
ardeva un
fuoco che sembrava indomabile. Rabbia, disapprovazione, delusione,
preoccupazione, risentimento. Tutto questo era collegato al gesto di
palese disubbidienza
che aveva appena compiuto Hitomi. Lei
sapeva che lui la controllava e, nonostante ciò,
si era presa gioco di lui,
ignorando quello che lui le aveva ordinato.
Lui era
il
capoclan, maledizione!! Per un attimo, un secondo soltanto, Akeshi
perse il
controllo di sé, e questo gli bastò per
disintegrare una parte della parete di
roccia che stava al suo fianco.
‘Calmati ora, non
vorrai perdere il controllo come un ragazzino.’
Il vecchio lupo inspirò
profondamente, imponendo a sé stesso
di calmarsi. Dopotutto, anche se la collera che lo assaliva era tanta,
quella
che si stava cacciando nei guai era pur sempre sua figlia.
‘Oh, Hitomi…perché
stai facendo tutto questo? Cosa vuoi dimostrare?’
Akeshi tornò a fissare le
montagne con uno strano gusto
amaro che gli attanagliava la gola, seguendo l’aura di Hitomi
che, pian piano,
scompariva.
Man mano che si
avvicinava, la giovane lupa cominciava a sentire
l’oppressione della potente
aura demoniaca dei monti Urishima, tanto che dovette frenare la sua
corsa per
cercare di ragionare a mente lucida.
Fissava ora le nude pareti di roccia
che ormai sembravano terribilmente
vicine, pronte a schiacciarla come una mosca. In fondo lei
cos’era in confronto
a quelle entità così antiche e potenti?
L’aura delle montagne
cominciava a offuscarle i pensieri e
confonderle i sensi, ma cercò di sforzarsi e trovare un
passaggio per addentrarsi
nel cuore dei monti. Le pareti di roccia
sembravano impenetrabili, senza alcun foro di entrata, e talmente alte
che
sembravano infinite, come se arrivassero al cielo e lo penetrassero.
‘Maledizione…come
riuscirò ad entrare?’
Le venne un terribile mal di testa e
la vista le si offuscò
per qualche secondo, ma concentrò al massimo la sua aura,
affrontando
apertamente le montagne e i loro spiriti e riacquistando un
po’ della sua
lucidità.
‘La
leggenda…parlava di un sentiero…ma qui sentieri
non sembrano essercene…!’
Hitomi si guardò intorno
in cerca di qualche indizio, magari
una traccia di un demone che aveva risalito la montagna, ma non
trovò nulla.
Doveva prendere una decisione, altrimenti sarebbe rimasta li a vita
senza
concludere nulla. Cercò, per quanto possibile, di
concentrarsi e decise di
seguire il suo istinto: avrebbe proseguito verso il confine Ovest, agli
estremi
del suo territorio, costeggiando la roccia cercando un sentiero.
I suoi sensi ricominciarono ad
offuscarsi, il respiro
divenne affannoso, perse per qualche attimo il senso
dell’orientamento, tanto
che dovette inginocchiarsi nella polvere cercando di riprendersi.
‘Ma…cosa mi sta
succedendo…?’
Gli spiriti delle montagne sembravano
non volerla nel loro
luogo sacro, ma di certo lei non avrebbe lasciato perdere, sarebbe
andata
avanti lo stesso, con o senza il loro consenso. Doveva scoprire cosa
stava
succedendo. Lo voleva.
Si rialzò e
cercò di riacquistare più lucidità
possibile
mentre si incamminava verso Ovest. La giovane lupa, però,
non si era accorta
della presenza che, nell’ombra, seguiva ogni suo movimento,
aspettando il
momento giusto per fare la sua mossa.
Non appena cominciò
a correre, quel senso di oppressione si alleviò abbastanza
da permetterle di
proseguire il suo viaggio. Il vento tra i capelli e tra la pelliccia le
davano
un senso di sollievo, anche se l’aria che circondava quei
monti era pesante e
soffocante.
Sebbene la roccia scorreva alla sua
destra, Hitomi non
notava alcun tipo di cambiamento. Anzi, sembrava sempre uguale, come se
non si
stesse muovendo di un solo centimetro da dove era partita, e questo la
irritava
all’inverosimile.
‘Bastardi, si
stanno prendendo gioco di me!’
Aumentò
l’andatura, sfrecciando tra le rocce e alzando un
lieve polverone dietro di sé. Tuttavia, sebbene andava molto
più veloce, le
montagne sembravano non cambiare, rimanevano sempre identiche a prima,
non uno
spuntone di roccia in più o una crepa in meno. Hitomi si
sentiva presa in giro
da qui demoni insulsi e vigliacchi che non osavano neanche mostrarsi a
lei,
preferivano deriderla alla spalle. Sentiva la rabbia ribollirle dentro,
cominciava a perdere il controllo, odiava
non essere minimamente presa in considerazione. Si
bloccò all’istante,
stringendo i pugni e piantandosi gli artigli nei palmi delle mani,
macchiando la
sabbia del suo sangue. Digrignò i denti e urlò
verso le nubi, compatte sopra la
sua testa, tutta la sua frustrazione.
Fu proprio in quel momento che la
lupa si accorse che
qualcosa intorno a lei era cambiato. La luce era cambiata, sembrava
entrata in
un’altra dimensione. Il cielo non era più grigio
per via delle nubi, ma si era
tinto di un nero pece inquietante, senza fine. La foresta, invece, era
sparita
completamente, inghiottita anche lei da quel manto nero. Tutto era
diventato un
campanello d’allarme, qualcosa stava per succedere, ma la
sola cosa che Hitomi
notò era il sentiero che si apriva di fronte a lei, pronto
per condurla nel
cuore delle montagne. Nulla le suonava strano o fuori posto, davanti a
lei
vedeva solamente la sua metà, ciò che
l’avrebbe portata ad una risposta.
‘Finalmente! Hanno
deciso di farmi passare…’
La lupa scattò in avanti,
imboccando quella via che sembrava
condurla in un posto peggiore dell’inferno.
Fino a quel momento
era riuscito a percepire la sua aura, sebbene con qualche
difficoltà. Ma ora
l’aura di sua figlia era completamente sparita e, per quanto
cercasse quasi
disperatamente una sua traccia, non riusciva a trovarla. Scomparsa,
inghiottita
da quelle montagne maledette.
‘Hitomi, perché…’
Akeshi si passò una mano
sul viso rugoso e segnato dal tempo
e dalle battaglie, pensando alla fine che avrebbe potuto fare sua
figlia se non
fosse intervenuto. No, non poteva permettersi di perdere anche lei.
Balzò giù dalla
sua tana, e cominciò a correre, cercando di
salvare la figlia che rappresentava per lui passato e futuro.
Mentre percorreva
il sentiero che le si era aperto davanti agli occhi, Hitomi decise di
camminare. Non sapeva bene il perché avesse smesso di
correre, ma percepiva una
strana presenza su di lei non appena cominciò a percorrere
quella strada,
perciò decise di andarci piano e tendere al massimo i suoi
sensi. O almeno ci
provava. L’aria era diversa da quella che circondava i monti,
molto peggiore e
più opprimente, tanto che la giovane lupa dovette
socchiudere gli occhi a causa
del terribile mal di testa che le era salito. Nonostante tutto
continuava ad
andare avanti senza mai voltarsi, anche perché una strana
sensazione la colpiva
quando tentava di guardarsi indietro, come se ci fosse
un’entità che non le
staccasse gli occhi di dosso.
‘Non mi farò di
certo intimorire da questi quattro demoni che credono di spaventarmi!
Tsk, cosa
pensano di fare…’
Tuttavia, sentiva con chiarezza che
la sua avanzata era
sempre più faticosa, sia per il suo fisico, indebolito dalle
strane esalazioni
che la circondavano, sia per la sua mente, continuamente oppressa
dall’aura
delle Montagne degli Spiriti. Vedeva ben poco davanti a sé,
la vista le si
appannava di continuo ed ora…non poteva crederci,
addirittura le allucinazioni!
Le sembrò di vedere due spiriti che giocavano davanti a lei
e che la
deridevano. Si, non si sbagliava, la stavano davvero deridendo.
Cercò di urlare la propria frustrazione, ma la bocca era
come legata, era senza saliva e solo tentare di deglutire le provocava
un
bruciore alla gola insopportabile. Sudava, le girava la testa mentre
cercava il
più possibile di trattenere in sé un minimo di
lucidità, ma in un istante le
gambe le cedettero e fu costretta ad inginocchiarsi nella polvere. Ma
quella
era davvero polvere? Aveva una strana consistenza, si portò
le mani davanti
agli occhi e le parve di vedere del sangue.
‘Sangue…? Mio
dio…dove sono?’
Alzò lo sguardo e si
ritrovò in un posto completamente
diverso da quello di prima. Tutto era iniettato di rosso,
l’aria irrespirabile
carica di esalazioni tossiche, urla di anime disperate le rimbombavano
in
testa. Era finita all’inferno?
L’odore acre e pungente di
cadaveri in putrefazione era
talmente forte e insopportabile che Hitomi vomitò. O
credette di vomitare,
ormai non era più sicura di trovarsi nella realtà
oppure in qualche mondo
distorto.
In preda alle allucinazioni vide
avanzare verso di sé, in
mezzo al fumo, una figura alta e slanciata, un essere incappucciato e
coperto
da un lungo manto nero che non lasciava trasparire nulla di
sé. Solo quando fu
a pochi passi da lei, Hitomi poté notare il respiro leggero
che usciva da sotto
il cappuccio.
‘Allora è vivo,
non è uno spirito…’
La lupa lo fissava, cercando di
memorizzare qualche
particolare di quella strana creatura che, ad un tratto, le
parlò.
“Non osare mai
più sfidare il Regno dei Morti. La presunzione è
un peccato che può essere
pagato a caro prezzo.”
L’ultima cosa che Hitomi
vide con chiarezza fu il braccio
scheletrico della creatura che usciva dal suo manto per cercare di
toccarla, prima
di svenire e cadere nel vuoto più nero e profondo.
Si muoveva.
Impossibile, sulle montagne ricordava l’orrenda morsa che le
aveva attanagliato
le gambe, impedendole di muoversi. Un sobbalzo. Eccole, le gambe. Le
sentiva a
penzoloni. Era per caso sospesa?
Non ricordava più nulla
dopo essere svenuta. L’unica
immagine che le balenava in testa era quella creatura nera simile alla
morte
che cercava di toccarla per strapparle l’anima e gettarla in
pasto ai demoni.
Cercò di aprire gli occhi, ma la sua vista era ancora
appannata. Un senso di
nausea le attanagliava lo stomaco, tuttavia sentiva una bella
sensazione sul
suo viso. Era qualcosa di caldo. Subito le venne in mente il sangue che
la
circondava fino a poco tempo prima; ma no, questo non era sangue. Era
morbido
e…profumato. Si, le sue narici erano impregnate non
più dell’odore marcio di
cadaveri ma di un odore fresco di erba e foresta. Quell’odore
le ricordava
qualcosa, ma al momento le sfuggiva, non sapeva perché. La
testa le faceva
terribilmente male. Tentò ancora di aprire gli occhi. Li
socchiuse appena e
riuscì a scorgere un profilo affilato, glaciale e lunghi
cappelli argenti,
prima di svenire di nuovo ed abbandonarsi a quel profumo soave.
Ciao a tutti i
lettori! ^^
Scusate se faccio
così tanta fatica ad aggiornare la storia,
ma
quest’anno ho la maturità
e sono davvero PIENA
di studio e il tempo per scrivere rimane davvero
poco >.<
comunque spero di
aver scritto un capitolo decente e all’altezza delle
vostre aspettative xD
non anticipo nulla,
non mi piace rovinare la sorpresa a nessuno!
A presto! ^^
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
CAPITOLO 4
Rosso. Ogni cosa intorno a lei
era rossa
come il sangue. Esseri mostruosi si contorcevano istericamente urlando
come
dannati, demoni ormai in preda alla follia diventati specchio della
loro stessa
disperazione. Si sentiva intrappolata in quel quadro infernale. Le
mancavano le
forze, si sentiva sempre più debole. Provò a
muoversi per scappare da quella
follia, ma si accorse che una melma scura le stava avvolgendo le gambe,
come se
una creatura enorme la stesse assorbendo all’interno del suo
corpo. Era
viscido. Caldo. Sangue.
Il terrore
la invase
in ogni parte del corpo. Cercava disperatamente di liberarsi, ma la
melma la
risucchiava sempre di più. Non riusciva più a
chiudere gli occhi, costrettai a
guardare lo spettacolo infernale di spiriti divorati dai demoni, urla
atroci,
castighi inflitti alle anime impure. Sentiva che era
sull’orlo della pazzia, si
sarebbe strappata i capelli se solo avesse avuto le mani libere da
quella
gelatina putrefatta. Spalancò la bocca in urlo silenzioso,
lasciando che i
demoni infernali le rapissero anche lo spirito.
Hitomi si svegliò di
soprassalto, la fronte imperlata di
sudore e il corpo tremante, nonostante non facesse per niente freddo.
‘Solo un sogno…era
soltanto un brutto sogno…’
Aveva ancora il fiatone e il cuore le
batteva all’impazzata,
quasi stesse per uscirle dal petto.
‘Calmati Hitomi,
maledizione.’
Si appoggiò con la schiena
al tronco dell’albero che aveva
alle spalle, fece un profondo respiro e solo allora si accorse che le
sue mani
erano strette attorno ad alcuni ciuffi d’erba.
Mollò subito la presa e si
guardò gli artigli sporchi di terra.
‘Cosa mi è
successo…?’
Faceva fatica a pensare, i ricordi le
si mostravano confusi
ed offuscati come mai prima d’ora. Il mal di testa
cominciò a martellarle sulle
tempie, chiuse gli occhi e le massaggiò cercando un
po’ di sollievo.
Riuscì a calmarsi
abbastanza da accorgersi che non era sola,
lì in mezzo alla foresta. Aprì gli occhi e
davanti a lei, seduto ad una certa
distanza, vide il demone con il quale aveva avuto una piacevole
conversazione
il giorno prima. Lui la stava fissando, notò, con uno
sguardo gelido, tagliente
e disprezzante, riusciva a capirlo anche da quella distanza, come se
lei fosse
l’essere che più odiava sulla terra. Ha aspettato
che si svegliasse per
ucciderla forse? Ma come mai allora era lì?
“Che diavolo ci fai
qui?” domandò scocciata, continuando a toccarsi le
tempie ma non perdendo di
vista il demone bianco. Lui, però, non mosse un muscolo,
rimase seduto a
ridosso di un tronco, con una gamba alzata dove appoggiava il braccio
destro.
Non le rispose nemmeno, chiudendo gli occhi.
‘Ma che…mi prende
in giro??’ pensò Hitomi. “Ehi! Sto
parlando con te!” urlò. Il comportamento
Di quell’individuo le dava
veramente sui nervi.
“Potresti
ringraziarmi per aver salvato la tua vita invece di urlare, stupida
ragazzina.”
Rispose atono il demone cane, con una leggera punta di irritazione.
Hitomi rimase di stucco per un
attimo, stupita da quello che
le sue orecchie canine avevano appena sentito. Era davvero
insopportabile!
“E chi ti ha
chiesto di farlo? Avresti potuto lasciarmi li a morire..”
“L’avrei fatto…”
la
interruppe lui aprendo gli occhi e puntandoli dritti in quelli di
Hitomi, a cui
si raggelò il sangue nelle vene. “…solo
che il tuo agire in modo stupido ha agitato
gli spiriti delle montagne e non ho potuto agire tranquillamente. Eri
solamente
un intralcio nel mio cammino.” Sentiva che da un momento
all’altro lui si
sarebbe alzato e l’avrebbe sventrata. Anzi, probabilmente non
l’avrebbe nemmeno
visto mentre la uccideva, tanto era veloce. Non riuscì a
sostenere quello sguardo
troppo pesante anche per una testarda come lei, e si girò,
fissando un punto
indistinto della foresta.
“Tsk…” disse
soltanto. Digrignò i denti, frustrata da quella situazione.
Non le era mai
capitato di non riuscire a sostenere uno sguardo, nemmeno quello di suo
padre
la intimoriva, ma quel demone…aveva qualcosa che le metteva
una tremenda paura
e odiava ammetterlo, anche a sé stessa.
Quell’essere emanava odio puro, non
provava emozioni al di fuori dell’indifferenza e
dell’ira distruttiva che
poteva scatenare.
Si sentì percorrere da un
brivido quando notò che si mosse,
ma quando si voltò vide che se ne stava andando. Rimase
stupita.
“Dove stai
andando??” gli disse alzandosi in piedi e barcollando appena.
La testa le
pulsava in modo insopportabile.
“Sai cosa ti
succederebbe se provassi a seguirmi.” Disse lui continuando a
camminare
imperterrito.
“Aspetta solo un
attimo…! Cosa vuoi che sia un attimo per un demone che
può vivere in eterno…?”
Lui si bloccò, quasi fosse
interessato a quello che Hitomi
stava per dirgli o forse era semplicemente annoiato, chi può
dirlo? Dopotutto,
un misero minuto non era nulla di fronte
all’eternità che aveva davanti.
“Cosa vuoi?”
“Volevo…ringraziarti,
ecco.” Disse Hitomi, un po’ imbarazzata dalla
situazione.
“Solo questo? Dei
miseri ringraziamenti? So di avere una lunga vita ma di certo non
sprecherò del
tempo ascoltando certe idiozie.” Rispose lui, riprendendo a
camminare.
Per l’ennesima volta,
Hitomi rimase senza parole. Che
sfrontato! Dopo che lei lo aveva ringraziato per il suo gesto casuale!
“Ehi, bastardo, sei
stato tu a dirmi che avrei dovuto ringraziarti!!”
sbraitò la giovane lupa verso
l’altro, che nemmeno la badò.
“Ascoltami,
maledizione!!” Hitomi cominciò a camminare nella
sua direzione, quando la sua
voce la bloccò un’altra volta.
“Ti ho detto di non
seguirmi.” La gelò lui. Ma Hitomi non voleva
lasciar perdere, non questa volta.
“Tu sai qualcosa,
non è vero?” cominciò, cercando di
mantenere la calma. “Riguardo a quelle
montagne…ti prego, dimmi quello che sai.”
“Certo che sei
proprio una ragazzina sfrontata e fastidiosa.” Le rispose
gelido.
“Ti…ti prego…!
Aiutami…ne ho bisogno…” Hitomi era
sincera. Fissava il terreno sotto i suoi
piedi, mortificata per quello che aveva appena dovuto dire. La
verità. Sapeva
che avrebbe avuto bisogno di quel demone per scoprire qualcosa, da sola
non
poteva farcela.
Ma non aveva ricevuto risposta.
Nulla. Continuava a fissarsi
i piedi, le orecchie abbassate, ma strinse i pugni quasi facendosi del
male.
“Per favore,
almeno…!” ma si bloccò quando, alzando
gli occhi per affrontare il suo
interlocutore, se lo ritrovò proprio di fronte a lei, ad uno
schiaffo dal suo
viso. La fissava dall’alto, la sua figura imponente
sovrastava Hitomi che si
ritrovò schiacciata sotto quegli occhi d’oro
capaci di congelare l’anima più
calda. Il suo cuore pulsava al massimo mentre lo fissava con gli occhi
sbarrati, credeva che l’avrebbe uccisa quando vide qualcosa
sul suo viso
perfetto.
‘Quello per caso…è
un piccolo sorriso…?’
Una piccola speranza si
aprì nel cuore di Hitomi, che
accennò un piccolo sorriso. La vicinanza al demone le fece
percepire il suo
odore talmente intensamente da farle quasi girare la testa. Quel
profumo di
erba, di foresta, la mandò per un attimo in estasi.
“Mi aiuterai?” disse
in un soffio.
“Verrò io a
cercarti.” Dettò questo sparì come una
folata di vento, lasciandosi alle spalle
solo il suo estasiante odore. Anche se, doveva ammetterlo, si sentiva
un po’
sollevata ora che se ne fosse andato. Quel demone sapeva essere
seducente
quanto terribile.
Si appoggiò di nuovo al
tronco che aveva dietro di sé,
rilassandosi e sorridendo serena. Una speranza faceva breccia nel suo
cuore.
‘Forse posso
farcela…scoprirò la verità.’
Ma non fece a tempo a mettere in
ordine i propri pensieri
che l’ansia e la tensione si impadronirono nuovamente di lei.
Si raddrizzò e
strinse i pugni, i muscoli erano completamente in tensione mentre
fissava un
punto bene preciso alla sua sinistra. Poco dopo, dall’ombra
degli alberi, uscì
una figura imponente quasi quanto quella che fin poco prima si trovava
lì con
lei. Deglutì in modo impercettibile. Suo padre la puntava
con uno sguardo carico
di rabbia e sfida.
Una lieve venticello si
levò nella foresta, scompigliando la
chioma fluente della giovane lupa Hitomi, la quale non si scompose, non
batté
ciglio, tenendo lo sguardo dorato puntato in quello gelido e duro del
padre.
Il capoclan dei Lupi Bruni fissava
sua figlia non muovendo
un solo muscolo, era immobile, statuario e impassibile, ma la rabbia e
l’ira
furente che crescevano in lui potevano essere facilmente notate dalle
vene
pulsanti sulle tempie e dalla mascella contratta.
I due continuavano a sostenere
l’uno lo sguardo dell’altra,
imponendo a loro stessi di non cedere di fronte a chi aveva torto. Era
in corso
una lotta psicologica durissima, soprattutto per Hitomi che odiava questo tipo di confronto con il
padre. Lei si lasciava sempre trasportare dai sentimenti e spesso non
riusciva
a controllare le parole e le azioni, in preda alle sue emozioni. Ma
ciò che più
preoccupava la giovane youkai non era tanto il fatto di aver
disubbidito agli
ordini del padre, quanto il suo recente incontro con il glaciale demone
cane.
Si sa, lupi e cani sono in conflitto da millenni e Akeshi non era il
tipo di
capoclan dalla mente aperta. Detestava i demoni cane
all’inverosimile, lo
avevano umiliato e colpito nel profondo, uccidendo la sua compagna.
Hitomi
sperava che il vento, sempre più forte, avesse confuso le
tracce di odore del
suo nuovo “alleato” con gli innumerevoli odori
della foresta, ma le sue
speranze di dissolsero in un attimo quando notò il naso del
padre arricciarsi.
“Chi c’era qui con te,
Hitomi?” la voce di Akeshi sembrava un tuono, sovrastava
anche il frusciò
intenso delle foglie, arrivando alle sensibili orecchie della youkai
come lame.
Era un tono che non ammetteva giri di parole.
“Questi non sono
affari vostri, padre.” Rispose dura Hitomi, non distogliendo
lo sguardo.
Akeshi perse definitivamente quel
poco di autocontrollo che
gli rimaneva, cosa assai rara.
“Rispondimi!!!”
urlò l’anziano lupo, espandendo la propria aura e
creando un vortice intorno a
loro che costrinse Hitomi a proteggersi con le braccia nude. Proprio
come
arrivò, in un attimo il vortice creato da Akeshi si
dileguò, ma la collera del
demone no, quella rimase viva come una fiamma. Stava cercando di darsi
un
minimo di contegno, ma ciò che la figlia continuava a
fargli, tutti i torti
subiti, lo mandavano in bestia.
Puntò il suo sguardo
rabbioso dritto sulla figlia e si
avvicinò con un solo scatto, con una velocità
strabiliante, al limite del
concepibile, soprattutto per un demone anziano come suo padre. Lui
aveva la
capacità di stupire la figlia anche in situazioni del genere.
“Tu NON sai a cosa
stai andando incontro, NON LO SAI AFFATTO!!” il padre fissava
ora la figlia
dall’alto, troneggiando sulla sua esile figura.
“Stai giocando con il fuoco
Hitomi, e non vuoi ascoltarmi!!”
“Io voglio soltanto
capire, padre!! Perché non me ne date la
possibilità? Mi state vietando
qualsiasi cosa!!” sbottò la ragazza, in preda
anche lei della foga e della
rabbia.
“Sei troppo giovane
per affrontare certi problemi, dovresti concentrarti più sul
tuo futuro e non
su cose non alla tua altezza!!”
“Ma questo E’
il mio futuro!! Voi mi state tappando
le ali, e non solo in questo caso, non mi permettete neanche di cercare
chi ha
ucciso mia madre!! Voi avete gettato la spugna, io no e voi non mi date
fiducia!!” le ultime parole dette da Hitomi furono la goccia
che fece
traboccare il vaso della pazienza di Akeshi. La giovane lupa nemmeno si
accorse, non vide la mano del padre che gli sferrò uno
schiaffo in pieno volto.
La collera di Akeshi era talmente alta per le parole accusatorie
ricevute dalla
figlia che non si preoccupò di quanto forte avesse mosso il
braccio,
accorgendosi solo poi di averle rotto il labbro inferiore. Un rivolo di
sangue
rigò il mento di Hitomi, che guardava incredula il padre.
Lui non le aveva mai
fatto del male, infatti anche Akeshi era parecchio scosso per il suo
gesto, ma
la figlia gli aveva fatto raggiungere un limite mai superato da nessuno.
Nessuno dei due parlò,
entrambi si guardavano sconcertati
per l’accaduto. Il primo a spiccare parola fu Akeshi, che si
girò dando le
spalle alla figlia, e si incamminò verso il clan.
“Prima o poi ti
brucerai con il fuoco con cui giochi, Hitomi, e chissà se io
sarò in grado di
aiutarti in quel momento.” Detto ciò,
sparì di fronte agli occhi ancora
increduli della figlia.
Le ultime parole del padre ferirono
molto la giovane youkai,
che rimaneva immobile senza muovere un solo muscolo. Nemmeno la mente
le dava
qualche consiglio, qualche pensiero. Il nulla più totale.
Quella discussione
col padre aveva ferito entrambi, in modo forse irreparabile. Ad un
tratto,
Hitomi sentì le lacrime salire dentro di lei, come un fuoco
che gli bruciava
gli occhi, così decise di muoversi da quel posto maledetto e
cominciò a correre
‘No, NON DEVO piangere,
maledizione.’
Corse a perdifiato, non sapeva
nemmeno verso dove, correva
come se fosse l’unica cosa che la tenesse in vita, come se
smettesse di muovere
le sue gambe anche il suo cuore avesse smesso di battere. Solo poi si
accorse
di essere arrivata al fiume Ojima che segnava la metà della
valle del suo clan.
Cadde in ginocchio sui ciottoli con il fiato corto e lo sguardo perso
verso i
confini più remoti di quelle terre, che un giorno sarebbero
appartenute a lei.
‘Sempre se mio padre
mi vorrà ancora come figlia…’
pensò amaramente.
Guardò il proprio riflesso
distorto sull’acqua corrente del
fiume, non riconoscendosi più. L’incontro con il
padre l’aveva scossa, non le
era mai successa una cosa del genere. Era sempre stata in grado di
affrontare
situazioni scomode, soprattutto con il padre. Ma stavolta…
‘BASTA Hitomi,
riprenditi!’ si disse. Ma non ne era convinta fin nel
profondo, lo sentiva.
Ripulì il mento dal sangue
e si alzò in piedi, ricominciando
a correre verso il luogo in cui avrebbe trovato un po’ di
pace.
La Grande Quercia
era sempre stata
la più grande amica e confidente della giovane lupa. Certo,
non potevano
parlare, ma la connessione che c’era tra di loro, che Hitomi
sentiva forte
dentro di sé, l’aveva aiutata a superare qualsiasi
ostacolo grazie alla
serenità che quel vecchio albero riusciva a infonderle.
Hitomi amava respirare
l’aria, il profumo che c’erano in quel piccolo
angolo di mondo; amava osservare
come gli esseri viventi si sentissero veramente bene e liberi vicino
alla
Quercia; amava sentirsi parte di quel mondo, quell’albero era
stato sempre il
suo rifugio, aveva sempre preso le sue parti, l’aveva sempre
consolata e
calmata, nonostante Madre Natura gli avesse negato la parola.
La youkai era comodamente appoggiata
al suo ramo preferito,
quello che puntava verso il fiume Ojima, ormai colorato di rosso dalle
luci del
tramonto imminente. Aveva passato una giornata spossante, ne sentiva il
vero
peso solo ora che si era finalmente rilassata. Si sentiva stanca, sia
fisicamente
che mentalmente. La discussione con il padre l’aveva
distrutta.
“Cosa devo fare?”
domandò ad alta voce alzando lo sguardo verso la folta
chioma primaverile
dell’albero. I rami si mossero, quasi rispondendole,
liberando nell’aria
attorno a lei dolci profumi. Chiuse gli occhi, assaporando, con il suo
fiuto
delicato, tutte le sfumature che la brezza le donava. Fiori, corteccia,
resina,
erba…erba. Anche Lui
profumava di
erba fresca, quella appena germogliata in primavera. Un dolce profumo
per un
demone di ghiaccio.
Aprì istintivamente gli
occhi, sorprendendosi di aver
pensato subito a quel demone conosciuto da poco come se fosse la cosa
più
automatica che facesse. Che strano individuo…ne aveva
conosciuti di demoni
spietati, assassini di donne e bambini, divoratori di anime. Esseri
orribili,
di qualsiasi genere, ma un demone come Lui non lo aveva mai incontrato.
Così
misterioso, così inaccessibile…non riusciva a
capire cosa lui volesse da lei,
perché non l’avesse uccisa il giorno del loro
primo incontro. Perché in fondo,
lei sapeva fin troppo bene che Lui l’avrebbe potuta uccidere
senza la minima
indecisione…di colpo le balenò in mente
ciò che le aveva detto suo padre appena
l’aveva incontrata.
…“Chi
c’era qui con te, Hitomi?”…
Perché suo padre le aveva
fatto quella domanda? Aveva
sentito sicuramente l’odore del demone cane. Il suo sguardo,
poi, non lo
avrebbe di certo potuto dimenticare. C’era ira nei suoi
occhi, rabbia nei suoi
confronti, ma c’era anche qualcos’altro. Era Odio, ci avrebbe scommesso. E sapeva che
suo padre, per quanto
arrabbiato potesse essere, non l’avrebbe MAI
odiata. Allora c’entrava per forza quel demone.
Doveva trovarlo. Anche se Lui le
aveva detto di aspettare,
lei non poteva starsene con le mani in mano. Non era di certo il tipo.
Voleva
capire la reazione di suo padre. E poi, a casa ora non poteva
tornarci...
Si decise. Si alzò in
piedi, affinando al massimo tutte le
sue abilità sensoriali. Non sarebbe stato di certo un gioco
da ragazzi
trovarlo. Ma lei ci sarebbe riuscita.
‘E poi…’ si disse
‘non so ancora il suo nome.’
ANGOLO AUTRICE
Prima di
tutto…mi
scuso ENORMEMENTE con tutte le persone che hanno cominciato a leggere
la mia
storia e che hanno temuto, date le circostanze, che non
l’avrei mai conclusa.
Sono tornata!
Ho avuto un
sacco di
problemi, sia di salute che di famiglia…in più
quest’anno ho anche la maturità
e la cosa mi stressa non poco. Ho cercato di ritagliare un
po’ di tempo da
dedicare a voi e alla storia, ma sono riuscita solo oggi a pubblicare
il 4°
capitolo (mannaggia, sono solo al quartooooooo).
Spero di
riuscire ad
aggiornare al più presto, anche per rispetto nei confronti
di chi segue la mia
storia. Vi assicuro, però, che non abbandonerò
questa FF, ci tengo troppo… Mi
scuso ancora con tutti!
Parlando un
po’ del
capitolo…non voglio essere troppo frettolosa nel raccontare,
ma neanche troppo
noiosa, e spero di non esserlo stata! Sesshomaru compare poco
(ahimé), sembra
quasi un personaggio secondario…ma vi assicuro che non lo
è! Più avanti
capirete ^^ non vedo l’ora di proseguire, anche
perché muoio dalla voglia di
raccontare la storia anche dal punto di vista del nostro Principe ^^
Scusate
ancora e
spero che continuiate a commentare e a seguirmi così
numerosi, siete la mia
gioia!
Un bacio, a
presto!
<3
Carlotta
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
CAPITOLO 5
Il sole si rifletteva sulle alte
montagne che confinavano
con le Terre dell’Ovest, facendo brillare i minerali delle
pareti rocciose,
diventate un’esplosione di colori intensi e caldi, come il
cielo prossimo al
tramonto.
Il signore di quelle terre sconfinate
riposava dentro un
anfratto sulle montagne scarlatte, nascosto da occhi indiscreti.
Ammirava fiero
le terre sotto di lui, le Sue
terre,
dove aveva combattuto infinite battaglie, da cui era sempre uscito
fieramente
vincitore. Tutti lo temevano, era conosciuto come Lord Sesshomaru,
figlio del
Grande Demone Cane, che gli lasciò in eredità il
dominio su quelle terre. Qualsiasi
demone lo conosceva. O meglio, non tutti. Perché quella
piccola sfrontata della
figlia di Akeshi non sapeva chi
egli
fosse. Ma dove diamine viveva?
‘Meglio così.’
pensò
il daiyokai. Un piccolo, impercettibile sospiro uscì dalle
labbra
semi-dischiuse del glaciale demone cane, mentre con uno sguardo diverso
da
prima ritornava a fissare le Terre dell’Ovest. Queste
cominciavano a cambiare
tonalità, segno che la notte stava arrivando, pronta a
coprire con il suo manto
scuro ogni cosa. Pensare alla giovane lupa gli aveva fatto riaffiorare
nella
mente ciò che in quei tempi più lo infastidiva. O
meglio dire, preoccupava. Si,
perché anche un daiyokai della potenza e del calibro di
Sesshomaru, a volte, si
preoccupa. Specialmente quando sa che quello che dovrà ben
presto affrontare
sarà rischioso anche per un demone come lui.
La notte era scesa
furtiva come un ladro, ricoprendo ogni cosa con il suo pacato manto
scuro e
addormentando i colori della foresta e le creature che ci vivono
durante il
giorno. Tuttavia, la notte era anche l’inizio di un nuovo
giorno per altri
demoni e animali, che prendevano ora il sopravvento nelle vaste terre
dominate
dagli alberi secolari. Tutto cambiava aspetto e forma. La luna, ormai
quasi
piena, inondava la foresta con la sua luce mistica, rendendola quasi un
posto
fatato; cambiavano i suoni e i rumori che riecheggiavano nelle vaste
lande,
rendendo tutto diverso, come se la foresta della notte e quella del
giorno
fossero due universi distinti; anche l’odore stesso del bosco
mutava, si
addolciva, diventava meno intenso di quello che facevano percepire i
raggi del
sole quando scaldavano i tronchi, l’erba, le foglie.
Hitomi percepiva benissimo questa
metamorfosi della foresta
e ne rimaneva ogni volta estasiata. Amava la notte, amava la luce della
luna,
amava le ombre scure che si muovevano furtive dando sempre un senso di
mistero
a quei luoghi. Purtroppo, però, quella notte non
l’avrebbe passata come al
solito, divertendosi con le creature della foresta o sorvegliando
confini. No,
avrebbe fatto qualcosa di molto più importante ed eccitante
quella notte.
La luna ormai prossima alla
completezza dava carica alla
giovane youkai, che aveva affinato al massimo delle proprie
capacità d’udito,
olfatto e vista alla ricerca del demone cane che, però,
sembrava svanito nel
nulla.
Correva in direzione verso la quale
il demone dai capelli
d’argento era scomparso l’ultima volta che
l’aveva incontrato, verso le
montagne. Ma di lui non aveva trovato ancora nessuna traccia, nemmeno
una
brevissima scia di odore. Nulla.
‘Dove diavolo si è
nascosto quel dannato cane?’ pensava infastidita Hitomi. Era
bravo a
nascondersi, se non voleva essere trovato ci stava riuscendo bene. Ma
la
giovane lupa non sopportava chi si nascondeva, soprattutto se questo
aveva
deciso di aiutarla, in qualche modo.
Si fermò poco prima
dell’inizio dei monti Urishima, era
ancora nascosta nell’ombra degli ultimi alberi. Cominciava ad
innervosirsi, ma
era l’ultima cosa che voleva. Doveva restare calma e lucida.
Quella era una
prova.
Chiuse lentamente gli occhi dorati e
sospirò, liberando la
mente. In fondo, la sua specialità erano proprio i suoi
sensi acutissimi.
Rilassò la muscolatura e concentrò tutta la sua
attenzione sul naso e sulle
orecchie, che non smettevano di muoversi come radar. Sembrava una
statua da
quanto era ferma e composta nella sua posizione, assomigliava quasi ad
una dea
della foresta. La tremula luce della luna che filtrava tra le foglie le
illuminava appena il volto lineare, dando alla sua pelle piuttosto
colorata una
parvenza cinerea, come fosse marmo. La pelliccia che indossava, umida
di
rugiada fresca della notte, risplendeva, impreziosendo la sua figura
alta e
snella, agile e scattante.
Rallentò il proprio
battito cardiaco, che altrimenti le
rimbombava nelle sensibili orecchie, ascoltando fruscii, sibili,
movimenti
provenienti anche da luoghi molto distanti da dove si trovava lei.
Cercava di
focalizzare nella sua mente immagini legate a quei suoni, ma nulla le
ricordava
il demone cane.
Allora concentrò le sue
forze solamente sull’olfatto, gettò
la testa indietro facendo muovere la sua folta chioma aurea e
respirando una
boccata d’aria a pieni polmoni. E sì, eccola
lì; una piccola, impercettibile
traccia di quell’odore così particolare e intenso
da non poter essere
dimenticato. Era Lui, ne era
più che
certa. Aprì gli occhi e scattò fulminea verso
ovest, seguendo il confine delle
montagne, ma sempre tenendosi a debita distanza. L’aveva
trovata, una debole
scia, molto vecchia, forse di alcuni giorni, lasciata dal demone di
ghiaccio.
La seguiva, veloce e silenziosa, quasi avesse paura di spaventarla e di
perderla, facendosi sfuggire così l’unica
possibilità che aveva di trovare quel
dannato demone.
Non appena arrivò al
confine tra le sue terre e quelle
dell’Ovest di bloccò, percependo un picco di
quell’odore. Si era intensificato,
ora lo percepiva quasi come Lui fosse li con lei. Fissò le
alte pareti delle
montagne, scrutandole attentamente. Lui sapeva che lei era li. E si era
lasciato trovare.
Buio. Nient’altro
che un buio opprimente, pesante, regnava in quella grotta. Si faticava
a
scorgere qualsiasi cosa. O quasi. Se ci si concentrava si poteva notare
un
piccolo particolare che risplendeva di una luce propria, fioca, che non
illuminava nulla intorno a sé. Un volto. Mistico, scultoreo,
misterioso. Si
mosse appena, lasciando che alcuni ciuffi argentei venissero illuminati
dal
chiarore argenteo della luna. E, ad un tratto, un sorriso appena
accennato
apparve su quel volto di marmo, disumano nella sua perfezione.
‘Brava questa
ragazzina.’
Hitomi fissava
l’imponente parete rocciosa illuminata dalla luce della luna,
la quale la
faceva risplendere quasi come fosse stata di diamante. Era uscita
completamente
allo scoperto, non si preoccupava più di nascondere la
propria presenza: Lui
sapeva perfettamente che lei si trovava ai piedi delle montagne.
Probabilmente
sapeva anche che Hitomi stava fissando la piccola apertura nascosta tra
gli
spuntoni di roccia. Certo che si era trovato un bel posticino dove
nascondersi!
La parete di fronte a lei era davvero
ripida, a tal punto da
rendere difficile sia la salita ma, soprattutto, la visione di quella
piccola
grotta nascosta. Solo un occhio che conosceva quelle montagne poteva
scorgere
quell’anfratto.
Ora, però, tutta la
difficoltà stava nell’arrivarci, lassù.
‘E’ davvero alto,
quel bastardo salta come una cavalletta.’ Rimuginò
la giovane lupa. Ma quella
era la
Sua notte, la
luna le trasmetteva una carica e
un’energia che le facevano ribollire nelle vene il sangue
demoniaco. Sorrise,
anzi, ghignò, divertita
da quel
continuo senso di sfida che aleggiava tra lei e quel misterioso demone.
Tese ogni singolo muscolo del corpo,
fissando intensamente
la piccola grotta, ora illuminata appena dal chiarore lunare. In un
attimo tese
le gambe muscolose e si lanciò verso l’alto,
spostando appena qualche
centimetro di terra sotto ai piedi nudi. Saltò con destrezza
e leggiadria,
tanto da non emettere nemmeno un piccolo suono, tranne quello labile
dello
spostamento d’aria. Fu rapidissima. Un momento prima era a
terra e l’attimo
dopo si trovava in piedi di fronte alla grotta.
Fissava ora quel buco nero che pareva
senza fine, come se
fosse la strada che conduceva direttamente nel ventre della montagna.
L’ombra
di Hitomi si perdeva in quel mare di pece nera, mentre la sua figura
ancora
tesa si ergeva di fronte all’ingresso. Dentro, il vuoto. O,
almeno, sembrava.
La giovane youkai sentiva che
quella
grotta non era vuota. Sebbene la montagna emanasse una forte aura
demoniaca,
Hitomi percepiva chiaramente l’aura del candido demone.
Sentiva il suo sguardo
puntato su di lei. Per un attimo, un istante soltanto, si sentii
vulnerabile
sotto lo sguardo penetrate che si sentiva addosso, anche se non
riusciva a
vedere gli occhi del suo proprietario.
‘E per fortuna…’
pensò tra sé e sé. Si
perché sapeva, in cuor suo, che se avesse incrociato ora
quegl’occhi ambrati, caldi e gelidi al tempo stesso,
immortali come il loro
possessore, sarebbe stata in balia di quel demone, degli eventi, dei
suoi
istinti resi più aggressivi dal potere della
luna…STOP! No, assolutamente no,
doveva riprendersi, non doveva cedere a quelle sue debolezze.
‘Maledizione, ma
che mi prende? Da quando mi
faccio influenzare in questa maniera dal primo che mi passa sotto il
naso?’
Stizzita dai suoi stessi pensieri, si
riscosse in un attimo,
tornando in sé. Non voleva più aspettare.
“Ehi!” ringhiò
“So
che sei lì dentro e presumo che tu sappia perché
sono qui. Vieni fuori.”
Silenzio. Non un sibilo,
né un rumore. D’un tratto, un
fruscio, lieve, quasi impercettibile.
‘Si è alzato.’
Pensò
Hitomi, perdendo per un attimo un battito.
“Mi disturbi e
pretendi di dettar legge? Sfacciata.”
Quella voce, così
glaciale, indifferente, resa più profonda,
cavernosa, dalla grotta, investì la youkai come
un’onda anomala. Il suo odore
la inebriava come una droga, la sua voce gli rimbombava nelle orecchie
invadendole la mente e impossessandosi dei suoi pensieri.
Cos’erano tutte
quelle sensazioni? Sentiva il cuore accelerarle appena, il sangue che
scorreva
velocemente nel suo corpo, arrivandole alla testa e facendole perdere
per un
istante la missione, i segreti e il motivo per cui si trovava
lì. I suoi
istinti nascosti nella parte più profonda di lei si stavano
risvegliando, e pretendevano di
essere ascoltati.
‘La luna…dev’essere
la luna. È più potente del
solito…’ pensò, cercando di convincere
sé stessa.
“Hai perso la
parola? Non ho tempo da perdere, io.” Detto questo il
misterioso demone bianco
si mostrò a Hitomi, avvicinandosi alla soglia della grotta e
facendosi
illuminare appena dalla luce della notte. La giovane lupa fece appello
a tutto
il suo odio verso quel tipo così arrogante e sfrontato,
fissando un punto
indistinto su quel volto così dannatamente perfetto.
“Sai bene perché
sono qui, non fare l’idiota! Devi aiutarmi.” Disse
Hitomi, mostrando appena i
denti.
“Devo? Io non
devo fare un bel niente,
ragazzina, non ho obblighi verso nessuno.” Rispose glaciale
il demone cane, per
nulla intimorito dalla lieve minaccia della lupa.
“Allora non sei un
demone di parola.”
“Non ti ho mai dato
la mia parola a proposito di nulla.”
“Avevi detto che mi
avresti cercata.” Ritentò Hitomi, stavolta
cercando di sembrare più
controllata.
“L’ho fatto?”
rispose il candido demone. Hitomi non ci vide più.
“Vuoi aiutarmi si o
no?? Perché nemmeno io ho tempo da perdere, se è
per questo, specialmente con
un tizio a caso che invece di avere delle risposte per me ha solo altre
domande!” esplose dalla rabbia, fissandolo ora negli occhi.
Lui, imperturbabile
come sempre. Non una mossa, né un espressione sul viso.
Nulla. Forse un lieve
fastidio nel suo sguardo dopo quell’uscita così
aggressiva di Hitomi.
“Vedi di imparare a
controllarti, ragazzina.” Disse, scomparendo nuovamente
nell’ombra. Anche il
suo odore e la sua aura andavano via via diminuendo. Se ne stava
andando.
‘Eh no, maledizione!
Non mi scappi.’ Pensò la giovane youkai, mentre si
fiondava, anche lei, in
quell’oblio nero.
Nessun odore avevano
quelle montagne. Nessun suono emettevano quelle rocce. Nessuna vita
viveva tra
quelle intricate gallerie. Che posto era mai quello?
Hitomi si accorse che il demone bastardo, come lo aveva chiamato nella
sua mente, non se n’era
andato, non aveva nemmeno tentato di fuggire. Si stava facendo seguire
all’interno di quel labirinto di roccia. L’unico
punto di riferimento che lei
avesse era il Suo odore, che rimaneva immutato anche dentro a quella
montagna
apparentemente morta. Come diavolo faceva Lui ad orientarsi
lì dentro, se
nemmeno lei, con i suoi sensi raffinati, ci riusciva?
“Sesshomaru.” Disse
Lui ad un tratto, senza che Hitomi avesse proferito parola. Lei
restò spaesata.
“Che diavolo vuol
dire?” rispose, forse un po’ troppo sprezzante.
“E’ il mio nome.”
disse soltanto, come se non gli importasse minimamente di come lei gli
si
rivolgesse.
‘Sesshomaru…’
ripensò tra sé e sé la
youkai. Non riusciva a capire cosa quel nome le ricordava. In qualche
lato
recondito della sua memoria doveva aver già sentito quel
nome, lei ne era certa.
Si riscosse dai suoi pensieri quando
andò a sbattere contro
qualcosa di duro ed imponente. La schiena di Sesshomaru.
“Stai attenta,
maledizione.” Disse lui leggermente irritato.
Hitomi si accorse solo ora che
l’aria, laggiù, era diventata
calda all’inverosimile e pressoché irrespirabile.
Odorava di zolfo, di sangue,
di morte. Terribilmente familiare.
Fu
un attimo, un flash che la riportò a qualche giorno prima.
[…]
Alzò lo sguardo e
si ritrovò in un posto completamente diverso da quello di
prima. Tutto era
iniettato di rosso, l’aria irrespirabile carica di esalazioni
tossiche, urla di
anime disperate le rimbombavano in testa. Era finita
all’inferno? […]
Sentiva l’ansia crescerle
dentro, il sudore che le imperlava
la pelle le sembrò come acqua gelida. Tremò, non
sapeva nemmeno lei per cosa,
tante erano le preoccupazioni, i pensieri e i disagi fisici che aveva
in quel
momento. Sesshomaru si mosse. E lei si affrettò a seguirlo,
standogli un po’
più vicino, come se fosse l’unica sua ancora di
salvezza. Stava tornando
all’inferno?
Camminarono ancora,
Hitomi non seppe dire per quanto tempo. I suoi sensi, resi sensibili
dalla
luna, erano nel caos più totale, alche si sentiva spaesata,
confusa. Sudava
freddo, faticava a rimanere lucida.
“Ce la fai?” le
chiese ad un tratto Sesshomaru. Nessun accenno di preoccupazione, ne
tantomeno
di interesse. La considerava forse troppo debole per affrontare
ciò che le
avrebbe mostrato?
“Ovvio.” Rispose
Hitomi, atona.
Le parve di svoltare a sinistra e,
subito dopo, fu luce. Le
parve, anche, di vedere la fine di quell’interminabile
galleria, ma sembrava di
finire direttamente nella fauci di un demone. Vedeva solo fuoco, un
rosso così
intenso che le faceva percepire tutto il calore del cuore della
montagna,
facendole bruciare gli occhi. Li chiuse. Come faceva Sesshomaru a
sopportare
tutto questo? Era uno strazio vero e proprio per i suoi poveri sensi.
Il suo
candido accompagnatore avanzava imperterrito, facendo attenzione a non
toccare
le pareti, che sembrava essersi strette attorno agli indesiderati
ospiti. Ora
Hitomi riusciva a scorgere delle forme abbozzate attorno a lei. Vedeva
la
roccia sudare, pareva squagliarsi
anch’essa a causa di quel calore disumano. Alzò lo
sguardo e fissò Sesshomaru.
La schiena imponente le copriva la visione di quella luce, sembrava
imperturbabile, nulla poteva scalfirlo nella sua imponenza. Ma, quando
un
ciuffo argenteo si spostò, mostrando il collo del demone,
Hitomi notò che anche
lui stava sudando. Lo vide, d’un tratto, appoggiare la mano
sinistra all’elsa
di una delle spade che portava alla cintola. La youkai si
irrigidì di colpo.
Che diavolo succedeva adesso?
“Stai in silenzio
ora. Concentrati e rallenta il battito cardiaco. Non ci devono
sentire.”
Chi non doveva sentirli? Per un
attimo si lasciò invadere dall’agitazione.
Si spostò di lato, voleva disperatamente vedere
ciò che la schiena di
Sesshomaru le nascondeva. Si accorse solo in quel momento che avevano
davvero
raggiunto la fine della galleria, trovandosi a strapiombo su una gola
invasa da
un fuoco che sembrava arrivare direttamente dai gironi infernali. Dalla
voragine provenivano urla assordanti, voci di creature che non potevano
appartenere
al mondo dei vivi. Hitomi si
sentiva
stordita da questi rumori troppo intensi, ma qualcosa
l’attirava
inevitabilmente verso il limite estremo della galleria. Voleva poter
guardare
con i propri occhi chi o cosa
emetteva quelle urla incessanti. In quel momento che si
sentì tirare
all’indietro e fu spinta addosso all’umida roccia.
Quel poco di fiato che le
rimaneva in corpo l’abbandonò, costringendola a
boccheggiare mentre fissava
Sesshomaru con occhi sgranati. L’aveva scagliata con forza
contro la parete e
ora la costringeva a rimanere immobile sotto il suo peso.
“Zitta.” Disse
perentorio.
Proprio mentre lei lottava per
riavere un po’ d’aria lui le
tappò la bocca con una mano artigliata, inchiodandola con lo
sguardo. Un
attimo, e tutto fu buio. Pareva che le fiamme che illuminavano la
galleria e
ardevano nella gola si fossero spente, soffocate. Sesshomaru la
sovrastava con
la sua imponente mole, Hitomi non riusciva a staccare gli occhi dai
suoi, in
preda alla confusione più totale. Poi, un rumore. Sordo,
pacato.
‘Un battito
d’ali..?’ pensò la lupa. Ma non sentiva
la presenza di nessuno, né di un
animale né tantomeno di un demone. Tentò di
muoversi per guardare ciò che
Sesshomaru le nascondeva, ma lui la teneva in una morsa, impedendole
quasi di
respirare. Sentì le gambe cederle. Fu un attimo. Per meno di
un secondo
Sesshomaru allentò la presa su di lei, e Hitomi
riuscì appena a scostare la
candida pelliccia del demone per osservare ciò che era
comparso alla fine del
tunnel.
Morte.
Questo le
parve di vedere. La morte. Il suo corpo si irrigidì
nell’istante in cui vide
quell’abominevole creatura che aveva visto soltanto qualche
giorno prima. Ma
era morta, questa invece era viva,
se
così si poteva dire.
Gli incavi vuoti neri come la pece
del Gaki sembravano scrutare
la galleria alla ricerca di qualcosa. Le mani erano artigliate alla
roccia,
così come i piedi, permettendo al demone
dell’oltretomba di coprire l’apertura
sulla gola. Le grandi ali membranose sbattevano con un ritmo pacato,
quasi
ipnotico, mentre il Gaki emetteva un suono gutturale sempre
più intenso.
Sembrava non riuscire a vederli, per fortuna. Forse Sesshomaru li
aveva, in
qualche modo, mimetizzati agli occhi dell’orrenda creatura.
Ad un tratto, il
Gaki urlò. Quel grido stridulo e malvagio inondò
le gallerie dell’intera
montagna, provocando un dolore inimmaginabile a Hitomi, che si
portò
inutilmente le mani alle orecchie. Si sentì male, la testa
le girava
vorticosamente, era stordita. Avrebbe voluto inginocchiarsi e vomitare,
ma
Sesshomaru la teneva saldamente in piedi. Cominciò a
tremare, a causa degli
spasmi dovuti al dolore. Poi, anche il panico
l’assalì quando vide che il Gaki
stava avvicinando la testa alla schiena di Sesshomaru. Avrebbe voluto
urlare,
ma il demone cane le tappò di nuovo la bocca. Un attimo
dopo, il Gaki si gettò
nel vuoto della gola, urlando ancora. E altre urla risposero in coro.
Sesshomaru allentò la pressione su Hitomi, che stava
lasciando cadere il
proprio corpo inerme, ma subito la riprese, caricandosela sulle spalle.
“Dobbiamo fuggire.”
Disse solo Sesshomaru, poi scattò verso il buio della
galleria.
Hitomi non riusciva
a parlare, tantomeno a correre o a muoversi. Era a malapena cosciente,
sentiva
la morbida pelliccia di Sesshomaru accarezzarle il volto.
‘Che bella
sensazione…’ pensò intontita.
Non vedeva nulla, tutto era
inghiottito dal buio. Niente più
fiamme. Niente più aria intrisa di gas. Niente
più urla. Cominciava a sentirsi
meglio, ma il corpo non rispondeva ancora ai suoi comandi. Sesshomaru
correva
velocissimo, fuggiva da ciò che si erano lasciati dietro.
Forse, quello che
aveva mostrato ad Hitomi era troppo per lei.
Un’ultima svolta e
finalmente vide la candida luce lunare
illuminare l’uscita. Schizzò fuori dalla montagna
e si gettò letteralmente nel
vuoto, trattenendo con più forza Hitomi sulla schiena.
Atterrò in mezzo agli
alberi della foresta, ma non smise comunque di correre. Dovevano
allontanarsi
il più possibile da quelle montagne.
Fiamme. Solo fiamme
regnavano in quella gola angusta. Dozzine di Gaki volavano
nell’aria carica di
gas che odorava di morte e putrefazione. E altrettanti demoni nascevano, estratti dalle rocce. Non
provenivano dall’Oltretomba vero e proprio, ma venivano
letteralmente creati dai cadaveri
di altri demoni, in
cui venivano imprigionate anime corrotte e malvagie, che trasformavano,
poi, i
corpi nella loro forma di Gaki.
Tutto questo era vietato da qualsiasi
legge morale, sia del
mondo dei vivi sia dello stesso mondo dei morti. Non si poteva evocare
le anime
dannate dei morti e farli rivivere, imprigionandoli dentro altri corpi.
Esse
dovevano ricevere la loro punizione, secondo le leggi
dell’Oltretomba, non
ritornare in vita.
Ma tutto questo faceva parte del
piano non di una mente
folle, ne tantomeno corrotta. L’essere che guidava tutto
ciò era pura
malvagità, l’essenza del Male.
“Si…signore…?”
Un piccolo demone, che somigliava
molto di più ad un Goblin,
si avvicinò in ginocchio davanti all’altare su cui
poggiava il trono di colui
che comandava. Egli era di spalle, mentre il suo
servitore tremava sempre di più, cercando le parole giuste
da
dire.
“Pare…che ci fossero
degli intrusi, mio signore…”
La mano artigliata e scheletrica di
quell’essere, artigliò
il poggiolo del suo trono, frantumandole le estremità. Un
suono gutturale
carico d’ira spaventò ancor più il
piccolo demone, che nascose la testa tra le
esili braccia.
“Trovateli.” Ringhiò
il Male. “Ed uccideteli!!”
Era da parecchio
tempo, ormai, che Sesshomaru continuava la sua folle corsa. Cercava un
luogo
pressoché sicuro, lontano dagli esseri che ora abitavano
dentro le montagne.
Quello che aveva visto non gli piaceva per niente, il loro numero
aumentava
pericolosamente, e la preoccupazione di essere stati scoperti si stava
insinuando come un tarlo nella sua testa.
“Sesshomaru…per
favore, fermati.” Sussurrò con filo di voce
Hitomi, ancora aggrappata alla
schiena del demone. Sesshomaru si spostò più
all’interno della foresta, fuori
dal percorso che stava seguendo, e si fermò. Hitomi scese
dalla sua schiena e,
barcollando sulle gambe che ancora non la sostenevano in pieno, si
appoggiò ad
un albero poco distante e vomitò quel poco che aveva nello
stomaco. Tutta la
tensione che aveva accumulato e il disagio fisico di prima sembrano
averle dato
pace, così si abbandonò con la schiena sul tronco
dell’albero, sedendosi
sull’erba fresca e umida della notte. Chiuse gli occhi e
sospirò, sollevata di
non essere più dentro quell’inferno.
“Tutto bene?” le
chiese Sesshomaru, seduto alla giusta distanza da lei.
“Più o meno. Non è
stata proprio una passeggiata…” rispose lei,
ancora con un po’ di fiatone.
“Penso che tu ti sia
resa abbastanza conto in che genere di situazione ti stai cacciando.
Sei
davvero sicura di riuscire ad affrontare tutto questo?” la
voce di Sesshomaru
era tagliente. Nel suo tono non c’era un accusa di debolezza
nei confronti di
Hitomi, ne tantomeno di arroganza. Era soltanto la pura e semplice
verità.
“Sinceramente? Non
lo so…” rispose sospirando la giovane youkai.
“Ma anche se mollassi arrivata a
questo punto cosa cambierebbe? Assolutamente
niente…purtroppo quello che sta
per succedere non è solo un problema tuo, o mio, ma
sarà, purtroppo, un grosso
problema per tutti quanti se non
li fermiamo in tempo.”
Sesshomaru fissava Hitomi mentre lei
perdeva il proprio
sguardo nell’immensità della foresta. Poteva
notare come sembrasse davvero
provata, sia fisicamente che mentalmente, dopo quel breve incontro
nelle
montagne. Il daiyokai si chiedeva se davvero ce l’avrebbe
fatta ad affrontare
una battaglia di dimensioni spropositate come quella che prevedeva.
D’un
tratto, un guizzo fece brillare gli occhi di Hitomi, che ora si era
voltata
verso di lui inchiodandolo con uno sguardo carico di una determinazione
che non
credeva potesse avere.
“Premesso questo…”
disse la lupa. “…allenami, Sesshomaru.”
Il candido demone rimase per un
attimo di stucco, senza però
far trasparire nulla dalla sua maschera glaciale di indifferenza. Lui
allenare
qualcuno? In tutte le centinaia di anni in cui aveva vissuto non aveva mai allenato nessuno, tantomeno aveva
pensato di farlo. Ma ora quella giovane e sfrontata youkai che aveva di
fronte
lo fissava con uno sguardo che pareva non ammettere una risposta
negativa.
“Tsk. Cosa credi,
che io vada in giro ad allenare i primi mocciosi che mi capitano a
tiro? Hai
sbagliato in pieno ragazzina.” Rispose gelido.
“Non te lo sto
chiedendo, infatti.” Disse di rimando Hitomi. Ora Sesshomaru
era davvero sorpreso dalla
sfrontatezza
della figlia di Akeshi.
“Diciamo che la
nostra è una specie di
‘alleanza’.” Continuò Hitomi.
“Penso che di certo non
rifiuteresti l’aiuto di qualcuno che possa coprirti le spalle
in battaglia.”
“Non ho mai avuto
bisogno di nessuno, io.”
“Ma questa non è una
guerra che puoi combattere da solo, e lo sai benissimo anche tu. Potrei
esserti
davvero utile.”
“E come fai a
dirlo?” Sesshomaru si alzò in piedi, mostrandosi
in tutto il suo imponente
fascino misterioso. “Da quello che mi hai mostrato oggi non
sei nemmeno in
grado di sopportare la
presenza
di un
Gaki vivo. E tu mi saresti utile in battaglia?”
“Ho le capacità per
imparare ad essere più forte, lo sai anche tu.”
Rispose perentoria Hitomi,
alzandosi anche lei in piedi e avvicinandosi a Sesshomaru, senza
però aria di
sfida o arroganza.
“Puoi allenarmi e
farmi diventare in grado di sostenere questo tipo di battaglia. Se non
lo farai
tu, lo farò da sola. Devo pur sempre proteggere il mio clan,
la mia non è una
guerra personale.”
I due si fissavano con
un’intensità tale da estraniarli dal
resto del mondo, come se fossero in un universo tutto loro. Hitomi
cercava di
sostenere lo sguardo di Sesshomaru, sempre glaciale e indifferente,
come se
stesse guardando un qualsiasi insetto del bosco. Ma ormai la lupa aveva
capito
che la sua non era proprio solo arroganza. Lui era semplicemente
così. E
l’avrebbe fatta diventare incredibilmente forte.
“Va bene.”
Dopo quello che sembrava un tempo
interminabile, Sesshomaru
acconsentì. E fu allora che il candido demone si sorprese
ancora di più della
giovane che aveva di fronte. Gli stava sorridendo.
Pensò che mai nessuno, prima di allora, gli avesse sorriso
in modo così
sincero. Proprio com’era apparso, il sorriso di Hitomi
sparì, lasciando spazio
ad uno sguardo carico di determinazione.
“Allora, quando
cominciamo?”
Per un attimo, Sesshomaru
tornò con la mente al passato. E
pensò che quella giovane lupa somigliava terribilmente a sua
madre.
Ciao a
tutti!! ^^
Non
smetterò mai di
scusarmi per gli ENORMI e COLOSSALI ritardi che accompagnano questa
storia
>w<
Manca
davvero poco alla
maturità, così poi potrò aggiornare le
mie storie regolarmente, abbiate un po’
di pazienza xD
Spero che il
capitolo
piaccia a tutti e ringrazio specialmente tutti coloro che hanno
aggiunto questa
storia tra le seguite /preferite *piange commossa* grazie davvero a
tutti!!
Pian piano
la storia
sta prendendo forma, ci tengo molto a descrivere gli stati
d’animo e i
sentimenti dei personaggi, vorrei emozionare chi legge come mi emoziono
io
mentre scrivo!
Un bacio a
tutti, a
presto!! <3 <3 <3
CarlottAlien
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
CAPITOLO 6
“Capitano.”
“Aggiornami, Eizo.”
A nessuno era permesso invadere lo
spazio privato del
capoclan. Per tutti vigeva questa regola inviolabile, in qualsiasi
caso, tranne
che per il luogotenente di Akeshi, Eizo, il quale era l’unico
a cui era
permesso entrare nello spazio privato del vecchio lupo. Eizo era il
membro più
anziano del branco insieme ad Akeshi e gli era sempre rimasto fedele,
in
qualsiasi circostanza. Per anni lo aveva affiancato in battaglia, era
il suo
più fidato servitore, ed era per questo che Akeshi gli aveva
ordinato di
ritrovare sua figlia. Da quando avevano avuto quella discussione
parecchio
accesa, Hitomi non era più tornata al clan. E, cosa ancor
più peggiore, l’aveva
scoperta a fare ciò che non doveva
assolutamente fare.
“Avete trovato mia
figlia?” chiese il saggio lupo ad Eizo, mentre gli dava, come
al solito, le
spalle. L’imponenza del capoclan metteva in soggezione
perfino il suo fidato
luogotenente.
“Si, capitano.”
“Allora? Sputa il
rospo, Eizo.” Intimò Akeshi, voltandosi e puntando
i suoi severi occhi dorati
su Eizo.
“Le sue previsioni
erano giuste, purtroppo.” Rispose Eizo, affrontando lo
sguardo severo del suo
capitano. “Sua figlia, la principessa Hitomi, è
uscita dalle montagne quasi in
fin di vita. Ed era in compagnia
del
figlio del Demone Cane Maggiore Inu no Taisho.”
Fu un attimo. L’ira
accecò il capoclan dei Lupi Bruni.
Scagliò un pugno sul terreno sotto i suoi piedi, facendo
tremare la roccia
intorno a lui ed Eizo.
“Maledetto
Sesshomaru.” Sibilò il vecchio lupo tra le zanne
digrignate per la rabbia, gli
occhi erano completamente bianchi e gli artigli quasi del tutto
esposti.
“Eizo…”
“Si, capitano.”
“Riportami
immediatamente mia figlia!!!”
“Ne sei sicura? Non
credere che ci andrò leggero solo perché sei una
ragazzina.”
“Vuoi smetterla di
trattarmi come una mocciosa? Ormai sono una donna adulta anche
io.”
“Ai miei occhi sei
semplicemente una ragazzina. Ho più anni di quanti ne possa
dimostrare.”
“Infatti anche il
tuo linguaggio è parecchio arretrato.”
“Insolente.”
“Allora, quando
cominciamo con gli allenamenti?”
Hitomi si sentì invasa da
una nuova energia quando
finalmente Sesshomaru aveva accettato di allenarla. Faceva fatica a
trattenersi, avrebbe voluto cominciare immediatamente, anche in quella
piccola
radura, ma vedeva che il glaciale demone cane manteneva sempre la sua
solita
calma indifferente agli eventi. E questo non faceva altro che
spazientirla
ancora di più.
“Ehi, vuoi
rispondermi?” domandò irritata Hitomi. Ma si
accorse che Sesshomaru si era
irrigidito, mentre fissava il cuore della foresta con lo stesso sguardo
di un
assassino. La youkai si scoprì quasi spaventata
da quegli occhi così carichi di bramosia di
uccidere. Un attimo dopo anche
lei sentì qualcuno avvicinarsi a loro. E riconobbe
immediatamente chi possedeva
quell’aura così tremendamente familiare.
“Eizo…”
sussurrò.
Cos’era venuto a fare in quel posto il luogotenente di suo
padre…?
“Andiamocene.” Disse
Sesshomaru, d’un tratto.
“Come…che dici? Non
è un nemico, fa parte del mio clan!” rispose
Hitomi, più preoccupata che felice
dell’imminente arrivo di Eizo.
“Appunto.” Le disse
il daiyokai, posando il suo sguardo su di lei. Perché faceva
così?
“Devo almeno dirgli
che va tutto bene! Mio padre l’avrà mandato per
sapere come sto…”
“Senti ragazzina,
prendi la tua decisione. O vieni con me per diventare chi vuoi
essere…” disse
Sesshomaru, voltandole le spalle e incamminandosi verso Ovest.
“…oppure rimani
qui e ti fai riportare sana e salva da tuo padre.” Detto
questo, sparì
nell’immensità della foresta. La giovane si
trovò davanti ad un bivio. Avrebbe
voluto fare la cosa giusta. Ma sapeva fin troppo bene che, se si
sarebbe
trovata faccia a faccia con Eizo, lui non l’avrebbe lasciata
parlare. L’avrebbe
solamente portata da suo padre, e lei non avrebbe più
rivisto Sesshomaru. No,
non lo avrebbe permesso. Voleva diventare più forte. In
fondo, lo faceva anche
per il suo clan.
‘Scusami, padre…’
pensò, allontanandosi nella direzione dov’era
sparito Sesshomaru.
Pochi secondi dopo,
dall’oscurità apparve una figura alta e snella che
indossava un’armatura
slanciata e adatta ai movimenti più scattanti e rapidi, la
quale lasciava
scoperta la muscolatura possente e tonica delle braccia e delle gambe.
I
classici occhi dorati dei Lupi Bruni non smettevano di esaminare la
piccola
radura, dove fino a poco prima c’erano Sesshomaru e Hitomi.
Eizo poteva chiaramente sentire
ancora il loro odore
aleggiare nell’aria. Individuò immediatamente la
direzione che avevano preso
per scappare. Scattò
verso Ovest,
seguendo la labile traccia che i due avevano lasciato. Non li avrebbe
lasciati
andare più lontano di così.
Anche se aveva
mascherato e confuso le loro tracce, Sesshomaru si accorse che il loro
inseguitore gli era ancora alle calcagna.
‘Sono trascorsi
molti anni, ma Eizo non si smentisce mai…Akeshi, hai
sguinzagliato il tuo
lupacchiotto migliore?’ pensò, sprezzante, il
daiyokai. Aumentò l’andatura,
costringendo Hitomi a cercare di stare al suo passo. Dovevano correre
più velocemente,
altrimenti Eizo li avrebbe presto raggiunti. Ma si accorse che la
youkai non si
era ancora del tutto ripresa e che faticava a stare al suo passo.
Ormai sentiva chiaramente
l’odore di Eizo e credette, per un
attimo, che lui potesse addirittura vederli.
“Salta sulle mie
spalle.” Disse, rivolgendosi a Hitomi.
“Ce la faccio.”
Rispose lei, nonostante sentisse le prime gocce di sudore rigarle il
volto.
Doveva ammettere, almeno a se stessa, che faticava a stare al passo di
Sesshomaru. Non capiva, però, perché cercava di
scappare da Eizo.
“Ti ho detto di
saltare sulle mie spalle.” Sesshomaru, questa volta, pareva
quasi minaccioso
nei confronti di Hitomi.
Con non poca riluttanza, Hitomi
balzò sulle spalle del
daiyokai che non parve neanche accorgersene, tanto che
aumentò ancora la sua
andatura, nonostante avesse Hitomi sulle spalle.
‘Formidabile…’
pensò
lei. Ma anche lei sentiva la presenza quasi inquietante di Eizo alle
loro
spalle. Non sapeva perché, ma si sentiva come minacciata dal
luogotenente,
sebbene facesse parte del suo clan. E poi, come mai era così
insistente? Tante,
troppe volte Eizo era venuto a recuperarla da qualche parte per
riportarla da
suo padre, ma non era mai stato così
insistente. Suo padre era davvero così arrabbiato?
All’improvviso,
sentì l’aura di Sesshomaru aumentare in modo
spaventoso. Cosa diavolo voleva fare?
Istintivamente, Hitomi si
aggrappò alla candida pelliccia
del demone. L’aura di Sesshomaru era impressionante e la lupa
era convinta che
quella non era che una piccola dimostrazione del suo vero potere. In un
attimo
i due furono avvolti da una sorta di nuvola, l’aura del
daiyokai si era
condensata attorno a loro.
‘Non posso
crederci…’
Ad Hitomi, ora, non sembrava
più di essere sulle spalle del
gelido demone. Le sembrava estremamente grottesco, ma stava a cavallo di un enorme, candido cane
demoniaco. Oltretutto, stavano volando, sospesi in quella nuvola di
aura
demoniaca. Si azzardò a guardare in basso, giù
verso la nera foresta e, grazie
alla sua vista sviluppata, vide Eizo fermo in piedi con
l’espressione più dura
e severa che lei gli avesse mai visto in volto, mentre li fissava
volare via,
lontano da lui.
L’aria fredda della notte
le pizzicava piacevolmente il
volto. Dopotutto, non era così male volare. Non le sembrava
nemmeno reale, solo
poche volte aveva immaginato di volare, ma solo per potersi avvicinare
alla sua
amata luna. Ed ora, eccola lì, ancora più grande
di come lei la vedesse da
laggiù nella foresta o dalla cima della sua Quercia. La luce
argentea la invase
come un’ondata di fresca energia, donandole una
vitalità che non aveva mai
assaporato. Era quello il vero potere che le offriva la sua luna?
Aprì le braccia verso
l’astro quasi pienamente tondo,
lasciandosi invadere dalla sua energia. La fissava, rapita e quasi
ipnotizzata
dalla sua magia, facendosi trasportare in un altro mondo. Forse
lasciandosi
trascinare oltre il limite. Di colpo sentì come un blackout
nella sua mente,
come se la luna le avesse cancellato ogni possibilità di
pensiero.
Gettò la testa
all’indietro e gli occhi argentei si
illuminarono della stessa luce della luna. Il cuore cominciò
a batterle
velocemente, come se stesse correndo a perdifiato da ore e ore.
Spalancò le
fauci, le zanne ingrossate, e lanciò un ululato a quella
luna che la stava
trascinando via con lei.
Il corpo cominciò a pulsare,
come in preda a fremiti incontrollabili. Ritornò dritta,
vide, per così dire,
la schiena vulnerabile di Sesshomaru e vi piantò gli artigli
terribilmente
lunghi, lacerando la dura pelle del demone. Sesshomaru ruggì
e fissò Hitomi con
i suoi rossi occhi demoniaci. Fu allora che si accorse della trasformazione in atto. Non aveva fatto
caso all’aura di Hitomi aumentata a dismisura e ora la vedeva
in preda ad una
metamorfosi incontrollabile. In un attimo, capì tutto.
Fissò anche lui la luna.
‘Dannazione, la
luna. È una lupa, maledizione.’
Abbassò immediatamente la
traiettoria di volo, nascondendosi
tra le nuvole e impedendo a Hitomi di guardare ancora la luna.
Com’era logico,
la lupa reagì, azzannando il possente collo di Sesshomaru.
Ruggì, non tanto dal
dolore, ma dalla situazione in cui era. Quella ragazzina non era ancora
in
grado di controllare il proprio potere.
Scese in picchiata verso la foresta,
vide gli alberi farsi
sempre più grandi e avvicinarsi pericolosamente. Ormai erano
a pochi metri dal
suolo e, in un istante, Sesshomaru riprese la sua forma umanoide,
balzando
agilmente sull’erba e voltandosi verso Hitomi. Come si
aspettava, la youkai era
perfettamente in piedi davanti a lui, non aveva perso minimamente
l’equilibrio
dopo la rapida trasformazione di Sesshomaru. Gli occhi senza pupille e
completamente argentei, la bocca spalancata e ansante, il suo corpo era
ancora
scosso da fremiti incontrollati. Il demone cane aveva scelto apposta un
luogo
all’ombra degli alberi, in modo da bloccare la trasformazione
di Hitomi. La
luna non filtrava tra le folte chiome verdi.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare
al da farsi che Hitomi
scattò verso di lui, artigli sguainati e zanne scoperte.
Sesshomaru parò un colpo
della youkai col braccio sinistro, bloccandole un polso, ma lei si
avvitò su se
stessa, sferrandogli un calcio inaspettato sulla coscia. Il daiyokai si
inginocchiò e Hitomi affondò una mano artigliata
diretta al petto di
Sesshomaru, ma lui la schivò abilmente.
‘La luna le ha
donato una forza e un’agilità davvero
incredibili.’
Ma il candido demone non si lasciava
intimidire, Hitomi non
era un vero pericolo per lui. Anche se era molto forte e la sua aura
era quasi
al suo stesso livello, rimaneva solo una youkai fuori controllo che non
sapeva
del tutto cosa stava facendo. Lasciava fin troppi spazi aperti e
Sesshomaru li
avrebbe usati per atterrarla e bloccarla. Ma perse la concentrazione un
attimo
soltanto e si ritrovò Hitomi alle spalle, pronta ad
affondare un altro colpo.
Sesshomaru fu costretto ad estrarre Bakusaiga per parare il colpo
inaspettato
di Hitomi. Si ritrovò faccia a faccia con lei e
notò che il suo corpo era al
limite, non riusciva più a contenere l’enorme
potere che aveva dentro. Doveva
finirla in fretta, anche se questo voleva dire ferire Hitomi. Ruppe la
guardia
alla lupa, balzò agilmente indietro, allontanandosi qualche
metro da lei, e
ripose Bakusaiga nel fodero. Scattò in avanti con una
velocità al limite
dell’immaginabile, arrivando di fronte ad Hitomi che nemmeno
se ne rese conto.
Le sferrò un pugno allo stomaco ben assestato, che fece
piegare in due la
giovane youkai facendole mancare il respiro. Poi, un ultimo colpo,
dritto alla
nuca, che la fece schiantare al suolo. Forse ci aveva messo troppa
forza,
pensò. Tuttavia Hitomi, seppur dolorante, era ancora
cosciente, e finché lo era
la sua vera essenza avrebbe avuto la meglio su di lei. Per cui
Sesshomaru si
inginocchiò al suo fianco e le fece un piccolo taglio con
uno dei suoi artigli,
iniettandole una piccola quantità di veleno. In qualche
secondo, Hitomi perse
definitivamente conoscenza.
Sesshomaru la sollevò,
osservandola priva di coscienza.
Com’era possibile che non si rendesse conto della sua forza
immensa?
Decise di portarla via, in un luogo
sicuro, dove avrebbe
potuto riprendersi. Cominciò a correre tra le fronde della
foresta che
cominciava ad illuminarsi delle prime luci del giorno. Il demone cane
si
sorprese nuovamente a pensare a quanto Hitomi fosse simile a sua madre.
Ma non
si sarebbe mai aspettato tutto questo, doveva riuscire a gestirla. Si
concesse,
per un attimo, di guardare ancora una volta la giovane youkai tra le
sue
braccia.
‘Allora è questo il
tuo vero potere, ragazzina?’
Il sole era ormai
alto e regnava incontrastato sulla foresta. Era una giornata limpida,
nessuna
nuvola solcava il cielo, perciò i raggi del sole inondavano
ogni cosa con la
loro luce e il loro tepore. Una lieve brezza si era levata da poco,
regalando
sollievo dal calore del sole.
Hitomi dormiva ancora
all’ombra leggera di un albero,
trovandosi quasi a ridosso di una parete rocciosa che, scaldandosi,
donava un
piacevole tepore al corpo della youkai. La brezza fresca muoveva
continuamente
le foglie delle fronde, lasciando filtrare delle lame di luce che
colpivano il
volto di Hitomi. Mugugnò, un po’ irritata dalla
luce fastidiosa, perciò si girò
sul fianco opposto, dando le spalle alla piccola radura in cui si
trovava. Il
rumore delle foglie mosse dal vento, il canto soave degli uccelli
primaverili,
il dolce profumo dei fiori e dei nuovi germogli donavano finalmente un
po’ di
pace e sollievo ai sensi della lupa. Non si sarebbe alzata per almeno
qualche
ora, se non fosse stato per l’odore intenso che la brezza le
aveva portato. Il suo odore,
inconfondibile, inebriante,
quasi afrodisiaco per lei. Si alzò di scatto, trovandosi con
il volto rivolto
verso la calda roccia. Dov’era finita?
Si voltò di scatto
all’indietro e si rese conto di non
essersi addormentata su qualche ramo della sua Quercia. Vedeva
l’orizzonte e
l’enorme distesa verde che si perdeva a vista
d’occhio, trapassata soltanto dal
fiume Ojima, che però si trovava in una posizione diversa da
come lei era abituata
a guardarlo dalla cima degli alberi. Non era più nelle terre
del suo clan.
Per un attimo il suo cuore perse un
battito, si trovava a
ridosso delle montagne, in una piccola altura nascosta.
‘Sesshomaru…’
Hitomi, d’un tratto, si ricordò del candido demone
e del suo odore che aveva
appena percepito. E, infatti, eccolo lì, nascosto
all’ombra di un albero dal
lato esattamente opposto al suo. La sua aura era ridotta al minimo,
faceva
fatica a percepirla anche ad una distanza così ravvicinata.
Aveva gli occhi
chiusi, le mani incrociate al petto e le gambe piegate.
‘Non l’ho mai visto
così rilassato…starà
dormendo?’
Notò che Sesshomaru non
indossava più la sua pesante
armatura, ma era vestito solamente con il suo candido kimono. Tuttavia
teneva
ben salde le sue spade sotto un braccio, pronto a qualsiasi evenienza.
Sembrava veramente immerso in un
sonno profondo, nemmeno i
raggi che filtravano tra le fronde scosse dal vento lo infastidivano.
Hitomi lo
osservava, come rapita da quella figura quasi mistica che aveva di
fronte. Non
aveva mai avuto l’occasione di guardarlo bene, solo ora
notava la mezzaluna blu
seminascosta dalla frangetta. I lineamenti, solitamente induriti dalle
sue
espressioni severe, ora parevano più morbidi, donandogli
un’espressione serena.
L’argentea chioma fluiva
leggera insieme al vento,
accarezzandogli il volto. Era magnifico, Hitomi non poteva negarlo a se
stessa.
Più lo guardava e più si sentiva inspiegabilmente
attratta da lui. Eppure,
aveva un caratteraccio, non si lasciava avvicinare da nessuno, ma
nonostante
ciò ora sembrava davvero un altro demone, più accessibile.
Quasi non accorgendosi, Hitomi si
stava avvicinando a lui.
Sesshomaru sembrava una calamita che l’attirava a
sé e solo quando Hitomi poté
sentire il respiro del demone cane, si accorse di essergli vicino, troppo vicino. Il suo volto
avvampò
dall’imbarazzo, sembrava una bambina curiosa che fissava
qualcosa con gli occhi
sgranati. Il cuore accelerò i battiti, cercò di
allontanarsi da lui, ma
Sesshomaru aveva già aperto gli occhi, trovandosi la youkai
paurosamente vicina,
col cuore a mille e profondamente imbarazzata. Per un paio di secondi,
che ad
Hitomi parvero secoli, i due si guardarono negli occhi, la lupa
completamente
assorta. Poi l’imbarazzo ebbe la meglio su di lei, che si allontanò
immediatamente, tornando dov’era
prima e nascondendo parte del volto tra le ginocchia.
“Sc…scusami.”
Sussurrò, guardandolo di sottecchi. Lui la fissava,
indifferente. “Un’ape ti
ronzava intorno…” bofonchiò. Si sentiva
davvero in imbarazzo, anche perché
aveva trovato una scusa davvero stupida.
Sesshomaru fissava la giovane youkai,
notando il suo palese
rossore e percependo i battiti accelerati del suo cuore. Anche il suo
odore era
diventato più intenso, il demone cane lo percepiva
addirittura piacevole.
Sorrise inspiegabilmente, non
riusciva a capire nemmeno lui
stesso il perché di quel suo sorriso. Trovava che fosse
piacevole che quella
youkai fosse attratta da lui? Oppure era solamente un sorriso di
scherno?
Hitomi non prese affatto bene quel
sorriso, probabilmente,
pensò, lui la stava deridendo.
“Che hai da sghignazzare?
Mi trovi così divertente?” disse con tono acido e
sprezzante. Sesshomaru non
rispose, allontanando lo sguardo da lei e facendolo vagare verso
l’orizzonte
accesso.
Hitomi non ci vide più.
‘Come si
permette...?? Quel dannato…!! Mi sta sfottendo come se fossi
una ragazzina
ingenua…’
La lupa si sentì ferita,
non sapeva nemmeno lei perché se la
stesse prendendo così tanto.
Vedere
derisi i propri sentimenti non era facile neanche per lei. Si
alzò di scatto,
noncurante del rossore che ancora dominava il suo volto, nonostante,
però, ora
fosse provocato dalla rabbia. Guardò Sesshomaru, fissava
ancora l’orizzonte,
come se lei non esistesse più. Si, ammise a se stessa che si
sentiva davvero ferita dal
comportamento del demone. Non
sapeva perché, ma lo era.
A passo svelto si diresse verso
l’orlo dell’altopiano,
convinta più che mai di piantare in asso
quell’inutile demone. L’aveva solo
cacciata nei guai e per di più non sapeva mantenere la
parola data.
“Dove credi di
andare?” la voce di Sesshomaru la bloccò
all’istante e si maledisse per questo.
Da quando lui aveva questo potere
su
di lei?
“Me ne vado.”
Rispose secca.
“Non volevi disperatamente
farti allenare da me?” la
parole di Sesshomaru sembravano aghi appuntiti che perforavano i suoi
timpani.
“Io non voglio
assolutamente nulla da te!!”
Hitomi esplose, tutte le emozioni contrastanti che le si erano
accumulate
dentro uscirono di getto, ma il glaciale demone non si scompose
minimamente,
rimanendo comodamente seduto.
“Ti avevo chiesto
di allenarmi e sei stato tu ad
accettare!! Ma come pensavo non sei un demone che mantiene la parola
data, a
quest’ora mi starei già allenando per i fatti miei
e sicuramente avrei fatto
molto di più di quanto non ho fatto finora qui!!”
“Senti, ragazzina,
cerca di mantenere un minimo di controllo…”
“Ne ho abbastanza…”
sussurrò Hitomi digrignando i denti. Gli occhi le
bruciavano, sentiva l’ira
montarle dentro ogni secondo di più. Non voleva essere
trattata in quel modo.
Scattò in direzione di Sesshomaru ancora seduto, la mano
chiusa a pugno, le
nocche bianche per la stretta. In un secondo gli fu quasi addosso, i
capelli
argentei si mossero per l’avvicinamento di Hitomi, e fu solo
in quel momento
che Sesshomaru si girò per guardarla negli occhi. La youkai
si sorprese, un
attimo di distrazione e Sesshomaru le era sparito proprio sotto il
naso. Non
riuscì a fermare il proprio pugno, finendo per colpire il
tronco dell’albero
dove, fino a pochi istanti prima, riposava il demone cane. Alcune
schegge si
piantarono tra le nocche della mano di Hitomi, ma non era il dolore a
causarle
quell’espressione completamente attonita. Come aveva fatto
Sesshomaru a
spostarsi così velocemente? Non la stava nemmeno guardando.
“Non sorprenderti.”
Sentì la presenza del
demone alle sue spalle, si voltò di
scattò non sapendo nemmeno cosa fare, era troppo sconvolta
dalle capacità del
daiyokai, ma non fece nemmeno in tempo a voltarsi completamente che lui
l’aveva
già inchiodata all’albero afferrandola per il
collo. Sentiva che non stava
mettendo troppa pressione nella presa, ma sentire i suoi artigli freddi
puntati
direttamente sulla propria gola, vedere quell’espressione
così fredda, i
morbidi lineamenti trasformati in puro marmo, le trasmetteva terrore. Sentiva davvero la paura invaderla dentro, prendendo il
posto della rabbia. Non riusciva nemmeno a sostenere il suo sguardo, ma
se lo sentiva addosso, carico di
odio e di
disprezzo. L’avrebbe uccisa?
“Vedi di
controllarti, stupida ragazzina immatura. Chi ti credi di essere per
affrontarmi in questo modo? Potrei ucciderti, lo sai
bene…” Sesshomaru strinse
la presa sul collo di Hitomi, costringendola a guardarlo negli occhi.
Ora la
paura regnava dentro e fuori della youkai. Guardava Sesshomaru con
occhi
sgranati e impauriti, la bocca spalancata in cerca di aria.
“…ma io non mi
abbasso a queste piccolezze.” Disse infine il daiyokai,
lasciando Hitomi
boccheggiante in cerca di aria.
“Preparati per
cominciare l’allenamento.”
Ma che diavolo era
preso quel dannato? Aveva preso paura sul serio, doveva ammetterlo.
Quegli
occhi…
Basta! Ora doveva concentrarsi.
Finalmente aveva ottenuto
quello che voleva, anche se per poco non ci rimetteva la pelle.
Hitomi si massaggiava ancora il collo
mentre Sesshomaru,
dandole le spalle, indossava la sua armatura. La youkai si
sentì stranamente
agitata. Non lo era mai stata, le piaceva combattere, soprattutto con
la sua
Masakari, ma c’era qualcosa in quel demone che ogni volta la
metteva in
soggezione.
‘Cerchiamo di non
farci ammazzare…’
D’un tratto, Sesshomaru si
voltò, fissando Hitomi dall’alto
della sua imponente stazza.
“Combattimento corpo
a corpo. Fammi vedere cosa sai fare.”
Detto ciò, il daiyokai
scattò verso Hitomi, affondando una
mano artigliata verso il cuore di Hitomi.
‘Maledetto…!’
Hitomi riuscì a schivare a
malapena l’attacco di Sesshomaru,
ma lui era riuscito a romperle la guardia, perciò
continuò l’azione sferrando
un calcio dritto sul fianco destro della lupa, atterrandola.
“Pensi di fare sul
serio o vuoi continuare a giocare, ragazzina? Non voglio perdere tempo.
Concentrati.”
Sesshomaru ritornò
all’attacco, ma la youkai si limitava a
schivare i suoi movimenti con agilità senza contrattaccare.
Studiava le mosse
dell’avversario, ma il daiyokai non era come suo padre, che
le ripeteva sempre
le solite mosse cosicché fosse in grado di anticiparle.
Anzi, cambiava
continuamente attacco, mettendola sempre più in
difficoltà.
“Reagisci!” Le disse
Sesshomaru, aumentando la velocità degli attacchi. Hitomi
ora faticava ad
evitare gli artigli avvelenati dell’avversario. Si
abbassò, Sesshomaru caricò
un calcio, ma Hitomi lo schivò per un soffio, cadendo sulle
sue stesse
ginocchia. In un attimo Sesshomaru le fu sopra, sferrandole un pugno
che la
scaraventò addosso ad un albero.
Hitomi era a terra, i primi lividi
cominciavano a comparire
sul suo corpo.
“Tutto qui? E tu
vorresti combattere?” Sesshomaru la stuzzicava, voleva che la
lupa reagisse in
qualche modo.
Hitomi si sollevò dal
polverone e puntò gli occhi dritti in
quelli di Sesshomaru. Finalmente il demone cane poté vedere
la determinazione e
la voglia di combattere che aspettava. La youkai partì nella
sua direzione ma,
quando gli fu praticamente di fronte, sparì, balzando
agilmente e in modo quasi
impercettibile dietro il daiyokai, che però reagì
parando l’attacco di Hitomi.
“Finalmente.” Disse
il demone cane mentre la youkai si avvitò su se stessa,
caricando un calcio che
per un brevissimo attimo ruppe la guardia a Sesshomaru. Hitomi non si
voleva
lasciar scappare un’opportunità del genere,
caricò un pugno con più aura
possibile e attaccò Sesshomaru, che però si
scansò all’ultimo. La lupa scaricò
il suo attacco sul terreno, facendolo tremare e alzando una
quantità enorme di
polvere e pezzi di terra. Ora il daiyokai non riusciva a scorgere
Hitomi, era molto
brava a camuffare la propria presenza, tuttavia era estremamente
prevedibile.
Parò il calcio che Hitomi gli aveva sferrato cercando di
colpirgli il fianco
destro.
“Non ci siamo.”
Sesshomaru continuava a
mettere in discussione le capacità di Hitomi,
stimolandola a reagire. Ma
questo non faceva che farla arrabbiare di più e questo
incideva sul suo modo di
combattere. Diventava scontata, prevedibile, a volte quasi goffa nei
movimenti.
“Dimostrami la tua
agilità, ragazzina. Non puntare tutto sulla
forza.” Hitomi lo fissava, cercando
di capire dove volesse arrivare.
“Non farti dominare
dalle emozioni. Se non riesci a colpirmi, non innervosirti. Mantieni il
controllo, sii fredda e attaccami.”
Continuarono ininterrottamente per
chissà quanto tempo, Hitomi
non si accorgeva nemmeno delle ore che trascorrevano. Ma il suo corpo
si e dopo
estenuanti ore di combattimento tra lei e Sesshomaru, il suo fisico
cominciava
a dare segni di cedimento. Era ricoperta di lividi dalla testa ai
piedi, aveva
il respiro affannoso e non riusciva nemmeno a mantenere la guardia
coperta
durante la posizione di riposo. Sesshomaru decise che era troppo per
lei, lui
non aveva nemmeno il kimono sporco di terra o sangue, mentre la youkai
era
sfinita.
‘Comprensibile.’ Pensò
quasi con compassione.
Hitomi cercò di rimettersi
in posizione d’attacco,
stringendo denti e pugni.
“Basta.” Disse
perentorio Sesshomaru. Hitomi rimase a bocca aperta.
“Per…perché?”
rispose lei tra un sospiro e l’altro.
“Sei arrivata al
limite, continueremo domani.”
“Sono ancora in
piedi! Combatti Sesshomaru!”
“Fermati!” urlò lui,
bloccando lo scatto della youkai verso di lui. “Ti ho detto
basta, riposati. Un
buon combattente sa riconoscere i propri limiti.”
Hitomi abbassò
istintivamente le orecchie, mortificata. Si
sentiva una bambina al confronto con un combattente esperto come
Sesshomaru.
‘Quanto devo ancora
imparare…’
“Non scoraggiarti.”
Le disse, poi, Sesshomaru, mentre si avviava verso chissà
dove all’interno
della foresta. “Un buon combattente riconosce i propri limiti
e impara a
mascherarli a dovere. Tutti hanno un limite, compreso io.”
Detto ciò sparì,
lasciando Hitomi sola e ancora ansante. La youkai era esterrefatta da
ciò che
le aveva detto Sesshomaru. Le era parso quasi gentile
nei suoi confronti. Di certo non le si sarebbe avvicinato e
le avrebbe dato una pacca sulla spalla dicendole
‘brava’, ma era sempre meglio
di niente.
Sorrise. Non era stata brillante, ma
sentiva che sarebbe
migliorata ogni giorno di più, diventando sempre
più forte. E sarebbe riuscita
a respingere il male che stava per abbattersi su di loro.
ANGOLO
AUTRICE
Ciao a
tutti!!!!!!!
Per prima
cosa voglio
scusarmi con tutti i lettori che stanno leggendo la mia storia per il
mio
infinito ritardo…chiedo perdono ç.ç
*lacrime a volontà*
Ho
finalmente
concluso l’esame di maturità ed ora posso
dedicarmi ad una delle cose che amo
di più: scrivere!!
Delle scuse
particolari le rivolgo a death_thekid99, Nihal_Lupa, Lalla BluEyes e
kaori_kuran per non aver risposto alle vostre splendide
recensioni…ho avuto un
problema col pc e le ho potute leggere solo di
recente…perdonooooo *le lacrime
non smettono, annego*
Comunque sia
sono
davvero molto contenta che la mia piccola storia abbia ricevuto
così tanti
consensi, e che molte persone la stiano leggendo, vi ringrazio tutti
immensamente!!! *profondi inchini*
Detto
ciò, io non
anticipo assolutamente nulla sul proseguimento della storia, anche
perché la
scrivo abbastanza di getto, seguendo le mie emozioni e quello che i
personaggi
mi trasmettono mentre scrivo…per cui aspettatevi di tutto e
di più!!!
Prometto che
mi
impegnerò a postare regolarmente (spero) i vari capitoli, in
modo che la storia
sia più scorrevole…
Un grazie
ancora a
tutti quanti e a presto!!!
Mille baci,
CarlottAlien
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
CAPITOLO 7
Il sole stava ormai scomparendo,
immerso nell’orizzonte.
Pochi raggi rosei rimasero a tingere il cielo con la loro luce, ma la
notte
avanzava prepotente, avvolgendo ogni cosa
nell’oscurità. Le prime, timide
stelle punteggiavano il cielo blu, mentre i rumori della sera
cominciavano a
farsi strada nella foresta. Il calore del sole era scomparso insieme a
lui,
cedendo il posto ad un lieve venticello umido, le cui leggere folate
fecero
rabbrividire Hitomi. Il sudore sul suo corpo ancora caldo cominciava a
raffreddarsi, dandole una sensazione di gelo che mai aveva provato.
Si sentiva completamente svuotata,
privata di tutte le sue
forze. La stanchezza non le permetteva nemmeno di controllare i brividi
di
freddo che la scuotevano. Era spossata, ricoperta di lividi e tagli, e
alcuni
facevano davvero male. L’idea, ora, di trovarsi qualcosa da
mettere sotto i
denti non la stuzzicava per niente. Era troppo stanca e dolorante.
Tuttavia si
rese conto di essere in pessime condizioni, le sue vesti era luride e
stracciate, macchie di sangue e grumi di fango le incrostavano la
pelliccia.
Doveva avere un aspetto orribile, pensò. Decise allora di
cercare una fonte
d’acqua per concedersi un bagno, almeno sarebbe stata una
cosa semplice e si
sarebbe rilassata un po’. Provò a muovere i primi
passi, ma sentì le gambe
cederle e dovette fare uno sforzo enorme per mantenere
l’equilibrio e non
cadere. Avrebbe voluto crollare sulle ginocchia, ma sapeva che se
l’avesse
fatto da lì non si sarebbe più alzata. Non ne
avrebbe avuto la forza.
Facendo appello alle ultime gocce di
energia che le
rimanevano in corpo, provò a muovere i primi passi, cercando
di mantenere
quell’equilibrio precario. Concentrata com’era nel
camminare, si accorse solo
più tardi che non si trovava in pianura, bensì su
un’altura.
‘Quel maledetto,
non poteva trovare un posto più comodo?’
pensò seccata. Si sporse appena per
guardare a che altezza fosse e quel piccolo sbilanciamento per poco non
la fece
cadere giù per il dirupo. Era così malconcia? Se
era in queste condizioni dopo
un solo allenamento, chissà se sarebbe riuscita a
sopportare… No! Non doveva
lasciarsi abbattere. Non ora, non dopo quello che aveva passato e che
aveva
visto. Tutto questo non lo stava facendo solamente per lei,
bensì per il suo clan,
per suo padre, per Sesshomaru…
Si ricosse velocemente dai suoi
pensieri e cercò un modo per
scendere da quella maledetta altura. Ma le alternative erano ben poche:
o
scalare o saltare. Stringendo i denti per lo sforzo compì un
goffo balzo, che
sembrava più un lasciarsi andare che un salto, infatti
atterrò rovinosamente in
mezzo ai cespugli qualche metro più in basso.
Imprecò ad alta voce, e per un
attimo si sentì in imbarazzo. Se Sesshomaru
l’avesse vista in queste
condizioni, così goffa e incapace…
‘E basta, Hitomi!
Che t’importa di quello che pensa di te
quell’arrogante di un cane??’ pensò
sprezzante la youkai. Tuttavia, in cuor suo, sapeva benissimo che
quello che
pensava Sesshomaru le importava, eccome.
Scocciata da questi pensieri assurdi
si rimise, a fatica, in
piedi e, barcollando in quella foresta che non conosceva, cercava col
suo fiuto
una fonte d’acqua. Quasi istintivamente seguiva un percorso,
come se le venisse
naturale, ma lì, intorno a lei, nulla sembrava familiare.
Gli alberi erano diversi,
le loro voci erano diverse, come lo
erano i rumori e i suoni della foresta. Sentiva di non essere a casa
sua,
tuttavia nella foresta si sentiva sicura, protetta
da quel male che stava abbattersi sul suo mondo. Di colpo si rese conto
a cosa
stava andando incontro e, per un attimo, si lasciò prendere
dallo sconforto. Si
appoggiò affaticata ad un albero e, ansante,
cercò di riprendere il controllo
di sé. Ce l’avrebbe fatta? O sarebbe stato tutto
inutile? Sarebbe riuscita ad
ottenere potere a sufficienza per combattere l’oblio che li
stava per
inghiottire? Oppure non sarebbe neanche riuscita a proteggere le
persone che
amava di più?
La giovane youkai sentiva le lacrime
salire prepotentemente.
Erano lacrime di stanchezza, di dolore, di frustrazione, di risposte
che non
avrebbe ricevuto e di domande che non avrebbe voluto farsi.
Involontariamente
pensò a sua madre, a quanto era bella e a quanta sicurezza
aveva e riusciva a
dare a chi le stava attorno. E a quanto le mancava. Il suo dolce
profumo
ambrato, speziato, caldo,
l’accompagnava tutti i giorni, ma sentiva che piano piano
stava svanendo. Si
stava allontanando dal suo passato, dalla Hitomi ancora bambina, dal
ricordo di
sua madre.
La lupa scoppiò in un
pianto silenzioso, sommesso, quasi
come non volesse farsi sentire nemmeno dalle creature vicino a lei,
nemmeno
dagli alberi che la circondavano. Cadde in ginocchio e si
lasciò invadere dal
dolore e sfogò tutta la sua frustrazione in quel pianto che
racchiudeva tutta
la sua sofferenza. Da quanto non piangeva?
Dopo un tempo che non seppe definire,
Hitomi si riscosse,
trovandosi a fissare atona la soffice erba sotto di lei. Si sentiva
svuotata,
priva di qualsiasi emozione. Non sapeva dire se si sentisse davvero bene. Di certo quello sfogo le aveva
cancellato qualsiasi pensiero, sia negativo che positivo. Ora era libera e poteva ricominciare tutto
daccapo, con una mente diversa.
Un leggero alito di vento la fece
rabbrividire e le diede
una scossa che la risvegliò definitivamente da quello stato
di trance, portandole
a portata di naso un olezzo non tanto gradevole. Si rese conto solo in
quel
momento di puzzare da far schifo. Sudore, sangue,
terra…sentiva l’urgenza di
trovare un po’ d’acqua.
Sempre con molta fatica si
rialzò in piedi, appoggiandosi al
tronco dell’albero di fianco a lei, e riprese il cammino che
aveva interrotto.
Durante quel tragitto dalla meta indefinita, trovò qualche
rovo spinoso carico
di bacche, more e quant’altro, e Hitomi decise di farseli
bastare, per quella
sera. Sgranocchiando ogni tanto qualche mora e zoppicando tra le radici
nodose
degli alberi, d’un tratto, come dal nulla, si aprì
davanti a lei una piccola
radura nella fitta foresta, dove un piccolo specchio d’acqua
rifletteva la luce
argentea e affascinante della luna calante. Era uno spettacolo
mozzafiato,
decine di lucciole sfavillavano come stelle ai margini della foresta
invasa
dalle ombre, attirate da quel ruscello che scorreva tranquillo e
inesorabile
come il tempo. Sarebbe stata un’immagine idilliaca per
Hitomi, che si sarebbe
fermata qualche attimo a fissare la sua amata natura. Ma i suoi occhi
erano
troppo stanchi anche per quella visione.
Si trascinò fino alla riva
del ruscello e letteralmente si
lasciò cadere a terra. Non ce la faceva più, il
suo corpo le implorava un po’
di riposo. Inginocchiata sulla terra umida, si tolse la casacca, i
pantaloncini
di pelliccia e li lasciò affianco a lei, sopra un masso.
Fece lo stello con i
gambali e, solo allora, si accorse che tutta la sua divisa avrebbe
avuto
bisogno di una bella rammendata, ma lei non sapeva cucire e se la
sarebbe
tenuta così. Infondo non le importava granché.
Si immerse lentamente nel piccolo
fiume, l’acqua gelida che
scorreva le fece mancare per un attimo il fiato. L’acqua le
arrivava alla
cintola e le ferite le bruciavano da impazzire, ma pian piano il dolore
diventava più pacato, i tagli si pulivano e il gonfiore
delle botte si
attenuava. Arrivò il sollievo. Si immerse completamente in
un colpo solo,
ritornando in superficie ansante a causa dell’acqua
congelata. Nuvole di vapore
si formavano attorno al suo copro caldo e nudo e alla sua bocca, mentre
respirava cercando di sgrovigliare la massa di capelli dorati.
Si appoggiò sulla riva,
ancora immersa nell’acqua corrente
che scivolava sul suo corpo tonico, rilassando completamente i muscoli
e
lasciando che la corrente del fiume le ridonasse vigore.
Buttò la testa
indietro e chiuse gli occhi, godendosi quegli attimi che sapeva, fin
troppo
bene, avrebbe rivissuto chissà quando.
D’un tratto aprì
gli occhi, puntando le sue iridi argentate
verso un punto indefinito del cielo. Si ritrovò a pensare
agli eventi che
avevano riempito le sue ultime giornate; a quegli abomini che si
nascondevano
da vigliacchi nel cuore delle montagne sacre; a suo padre, che in quel
momento
la starà cercando in qualsiasi centimetro delle Terre
dell’Est; e, stranamente,
pensò anche a quello strano
individuo che aveva incontrato per caso qualche giorno prima. Se non
fosse
stato per lui, ora sarebbe sicuramente in giro per la sua amata foresta
ignara
di quello che stava accadendo. Era forse un bene o un male? Chi
può dirlo. Di
certo lei non conosceva la risposta. E, sicuramente, non conosceva
Sesshomaru,
né tantomeno i suoi pensieri né le sue
intenzioni. E chissà se li avrebbe mai
conosciuti o compresi! Di certo ci avrebbe provato, pensò la
lupa. Perché in
fondo, nel suo animo, quel glaciale demone misterioso, indifferente al
mondo e
spietato con chiunque gli stia vicino, non sapeva come né
perché, l’attirava
istintivamente a sé, come faceva la sua amata luna che,
dall’immensità del
cielo, vegliava su di lei.
Ormai era notte fonda,
Hitomi non sapeva per quanto tempo
era rimasta immersa nell'acqua a farsi coccolare dalla corrente dolce.
Aveva
lavato anche i suoi vestiti, strofinandoli sulle candide rocce
levigate.
Emerse, a malincuore, dal torrente, indossando i fradici indumenti.
Raccolse
Masakari, che aveva appoggiato ad un albero accanto a lei, e si
avviò
zoppicando all'altura da cui era venuta. La corrente del piccolo fiume
era
riuscita a donarle un po' di vigore e di sollievo dalle ferite, ma
ciò non
toglieva il fatto che continuavano a farle davvero male.
Arrivò' allo spiazzo
affamata e un po' innervosita dal dolore, tuttavia la giovane lupa non
aspettava altro che godersi un po' di riposo. L'argentea luce della
luna la
illuminava mentre scalava la parete rocciosa, facendo brillare le
piccole gocce
d'acqua sulla pelliccia e sulla chioma dorata. Dopo una scalata che le
parve
interminabile, risalì sullo spiazzo dove qualche ora prima
aveva combattuto contro
Sesshomaru. Chissà , ora, dov'era...si sorprese ad annusare
l'aria, in cerca
del suo odore, ma le pareva lontanissimo, in un luogo inaccessibile.
Voleva
essere lasciato solo, in pace con se stesso, e lei non aveva la minima
intenzione di disturbarlo. Con lo sguardo vagò per quella
piccola, verde,
altura, cercando un posticino dove poter riposare. Non ce la faceva
davvero
più, si sentiva stremata, prosciugata. Voleva solo dormire,
dimenticare...
D'un tratto notò un albero abbastanza robusto, vi si
arrampicò e si sedette
su un ramo piuttosto grosso che potesse reggerla. Appoggiò
la testa sul tronco
e si lasciò completamente
andare,
coccolata da leggere carezze di vento.
Era ormai sera tarda quando Eizo fece
ritorno al Clan dei
Lupi Bruni. L'intero accampamento era immerso nel sonno, tranne che per
le
consuete guardie che rimanevano costantemente all'erta, mantenendo
accese le
fiaccole che circondavano il cuore del clan. Eizo arrivò
silenzioso come
un'ombra, tanto che uno dei guardiani trasalì nel vederlo.
'Le nuove reclute
non sono difficili da riconoscere..' pensò il capitano dei
lupi.
"Signore." disse il giovane
guardiano irrigidendosi e chinando il capo difronte al suo superiore.
"Riposo, ragazzo. Dov'e Akeshi?"
rispose il capitano, puntando il suo gelido sguardo dorato sul giovane.
"E' rimasto
sempre sulla rupe,
signore." Eizo si diresse di gran passo dal capoclan, preparandosi a
portare una grande delusione al vecchio lupo. Akeshi lo aspettava
impaziente di
avere notizie di sua figlia, purtroppo, però, sapeva
già l'amara verità: non
aveva percepito l'odore di Hitomi insieme al suo fidato compagno. Il
capitano
arrivò al cospetto
del suo capo, lo trovò, come sempre, di spalle intento ad
osservare la sua amata vallata, in cerca di
qualsiasi inconveniente che potesse rovinare la pace che regnava in
quelle
terre.
"Signore..." il calvo
condottiero si inginocchiò chinando
il
capo, salutando e mostrando rispetto e devozione al capoclan.
"Eizo..." cominciò quest'ultimo.
"...sono convinto del fatto
che tu abbia svolto il tuo compito al meglio. Purtroppo ciò non è
bastato."
"Sono desolato, signore." Eizo
strinse istintivamente i pugni. Era un vero perfezionista, anche grazie
a
questo suo aspetto sono dovuti i grandi successi ottenuti da Akeshi
nelle
battaglie che lo hanno coinvolto, perciò
il capitano odiava con tutto sé stesso non
riuscire in qualsiasi compito
affidatogli.
"Non rimproverarti,
mio fedele compagno. Purtroppo sappiamo fin troppo bene le
capacità e le
risorse di cui dispone quel mostro di Sesshomaru..." per un attimo,
ancora
una volta, Akeshi sentì la rabbia montare dentro di lui in
modo quasi
incontrollabile, solo avendo pronunciato il nome di quel vile. Inspirò profondamente e represse
l'ira che in quel
momento non avrebbe portato a nulla di buono. Solo in quel momento si
accorse di
essersi trafitto i palmi con i suoi stessi artigli.
'Dov'e' finito il tuo
autocontrollo, Akeshi? Stai perdendo colpi, vecchio mio...' pensò amaramente. Si voltò verso Eizo, il quale
sollevò il capo e
incrociò lo
sguardo severo del capoclan.
"Tuttavia..." il saggio lupo
riprese a parlare, camminando in tondo irrequieto. "...con estremo
rammarico devo mettere da parte, per ora, la questione di mia figlia.
Abbiamo
problemi estremamente più seri da risolvere...aggiornami,
Eizo."
"Signore, l'ultima ricognizione alle
montagne non porta liete notizie. I monti sacri stanno diventando
sempre più
ostili, la forza maligna che vi ha preso dimora li sta inquinando fino
al
midollo. Da quanto siamo riusciti a scoprire, nel ventre della montagna
sta
prendendo forma un'armata spropositata di Goroth. Purtroppo durante la
missione
siamo stati individuati da alcuni Gaki che sorvegliavano la zona. Ho
perso due
dei miei e le montagne sono diventate una fortezza inespugnabile."
Eizo
chinò nuovamente
il capo. Perdere dei
compagni è sempre doloroso, ancor più in una
situazione drammatica come
quella in cui si trovavano i Lupi Bruni. Akeshi non proferì
parola, meditava
sul resoconto appena ascoltato, che non presagiva nulla di buono.
Quella che
abitava le montagna era una forza oscura che, purtroppo, Akeshi
conosceva fin
troppo bene.
"Goroth..."
pensò ad alta voce
il capoclan. "...solo
un essere di pura malvagità è in grado di
trasformare delle anime in demoni
dell'oltretomba..." lo sguardo di Akeshi tornò
a posarsi sul suo sottoposto, il cui volto
serio e composto ebbe, per un attimo, un sussulto, in cui il saggio
lupo vi lesse paura.
"Eizo...sai cosa fare.
Prepara i nostri combattenti. Kundel
è tornato."
Il
sole doveva ancora
sorgere quando Sesshomaru tornò alla
rupe. Trovò Hitomi
già sveglia e pronta
all'addestramento. Non che la cosa lo sorprese, nulla in quel placido
mondo
poteva sorprendere l'animo intriso di indifferenza del grande Signore
dell'Ovest; tuttavia non si aspettava di certo di trovare la lupa in
piedi e
con lo stesso sguardo acceso del giorno prima, nonostante fosse stato
particolarmente pesante per lei.
"Bene. Possiamo cominciare." disse soltanto. Hitomi non
batté
ciglio di fronte alla freddezza con cui si era presentato il demone
cane quella
mattina, era immersa totalmente nell'addestramento. La Hitomi del primo
giorno
l'aveva lasciata nascosta nella foresta a piangersi addosso, quella che
Sesshomaru aveva davanti era una Hitomi pronta alla sfida. I due demoni
si
attaccarono subito frontalmente, incrociando gli sguardi, concentrati
sull'avversario. Entrambi pararono il colpo dell'altro, tuttavia
Sesshomaru
riuscì a respingere Hitomi con più violenza,
allontanandola da lui di qualche
metro.
'Anche oggi mi darà del
filo da torcere, posso scommetterci...'
pensò Hitomi. Quel
giorno, però, a
differenza del precedente, si era prefissata un obbiettivo: doveva
assolutamente riuscire a toccarlo. Anche solamente con un dito, ma
sarebbe
riuscita a rompere le difese del suo avversario.
"In guardia, Sesshomaru!" urlò
prima di scagliarsi nuovamente contro il
demone cane.
Combattevano
assiduamente, nessuno dei due lasciava un attimo di tregua al proprio
avversario. Hitomi attaccava con più precisione e freddezza,
aveva cominciato
a ragionare prima di scegliere che tecnica usare contro il suo
avversario,
tuttavia ciò non
bastava: Sesshomaru non
le risparmiava nulla, e ogni tre per due Hitomi si ritrovava con la
faccia a
terra e con un livido in più.
'E' diversa rispetto a ieri,
più precisa...deve
aver ascoltato quello che le ho detto...' pensò
tra sé e sé il candido demone.
'...ma ancora non basta.'
Tuttavia,
nonostante le nuove e vecchie ferite che cominciavano a pulsare, Hitomi
non si
dava per vinta e stringeva i denti per rimanere lucida e concentrata.
Qualche
colpo ricevuto da Sesshomaru riusciva ad evitarlo e a contrattaccare,
riuscendo
a mantenere il controllo delle sue emozioni, tuttavia non era ancora
riuscita
nemmeno a sfiorarlo. Erano passate ore incessanti di allenamento, ma
Sesshomaru
rimaneva immacolato.
Gli intensi raggi del tramonto
avevano cominciato a tingere
il cielo e il paesaggio di colori caldi e avvolgenti, regalando, per un
attimo,
a Hitomi una vista che le mise serenità. Sesshomaru era di
fronte a lei, anche
la sua imponente stazza veniva irradiata dai caldi raggi del sole, in
contrasto con lo
sguardo gelido che posava su Hitomi. La giovane demone non voleva ancora gettare la spugna e
cercò la forza per
fare un ultimo tentativo. Si
mise in posizione, e ciò provocò l'ilarità del
demone cane.
"Non ne hai ancora avuto abbastanza?
Questa non è una gara tra chi ha più lividi."
disse sprezzante. Hitomi
non lo badò nemmeno,
la sua
concentrazione era al massimo, questa volta ce l'avrebbe fatta. Scattò verso il suo avversario,
attaccandolo
frontalmente. Si avvicinò e,
mentre stava
per colpirlo, si abbassò, schivando il suo contrattacco. Non
vide alcuna
traccia di sorpresa sul suo volto di ghiaccio, ma era convinta che lui
non si
aspettasse un attacco diverso dai soliti. Con uno scatto fulmineo si
portò dietro a
Sesshomaru, tese la mano, sentì per
un attimo la sensazione dei suoi capelli tra le mani... ma non fece in
tempo a
toccarli che ricevette una gomitata direttamente sulla bocca dello
stomaco.
Calò il silenzio,
tutto divenne immobile,
tranne il corpo di Hitomi che si riversava, di nuovo, a terra.
"Credi davvero che toccarmi sia così
semplice?" disse Sesshomaru, con un tono leggermente irritato, non
voltandosi neanche e dando le spalle alla lupa stesa a terra. Stava per
andarsene, ma quando accennò il
primo
passo sentì qualcosa che lo tratteneva.
'Uh..?' si girò
appena e vide la mano sporca di Hitomi
tenergli un lembo dei suoi pantaloni svolazzanti. Il suo volto
tradì la
sorpresa di quel gesto e Hitomi, accorgendosene, sorrise, nonostante
gli
procurasse dolore, in segno di vittoria.
"Non è stato, poi...così
difficile..!" disse, prima di
perdere definitivamente i sensi.
Sesshomaru se ne
andò subito. Lasciò Hitomi stesa sotto a
qualche albero, svenuta, e tornò
al suo "rifugio". Non che un grande
demone come lui avesse bisogno della protezione di una grotta o della
sicurezza
di un tetto sopra alla testa; cercava solamente un luogo in cui poteva
starsene
tranquillo, senza che nessun essere che poteva respirare turbasse la
sua quiete
già precaria. Mille pensieri si susseguivano nella mente di
un demone che aveva
vissuto troppo da avere infinite domande che si accavallavano le une
sulle
altre, giorno dopo giorno, ma troppo poco per riuscire a darle delle
risposte. In questo turbinio di pensieri che affollavano la mente di
Sesshomaru, per un
attimo prese spazio la figura di Hitomi, e lo sguardo del demone cadde
istintivamente sul bordo dei pantaloni,
vicino al piede destro. Era sporco di terra, Sesshomaru ne sentiva il
profumo
umido e muschiato, ma c'era anche una nota leggermente ferrosa: sangue,
non di
certo il suo, ma quello della giovane lupa che era riuscita a
sporcargli le
vesti. Doveva ammettere, almeno a sé stesso, che era rimasto
piacevolmente
sorpreso dalle gesta di quella lupa. Non avrebbe mai creduto che in
soli due
giorni sarebbe riuscita a toccarlo, figuriamoci ad ingannarlo! Eppure,
anche se
in modo un po' grossolano,
era riuscita a
farlo. Forse davvero quella ragazzina sarebbe riuscita a combinare
qualcosa di
buono.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a
tutti!
Mi scuserò
sempre con tutti quelli che seguono questa storia per i miei
incredibili ritardi, però, durante i momenti di
creatività che spuntano ogni momento libero che ho, sono
riuscita a mettere insieme il settimo capitolo, e l'ottavo (per
fortuna) è gia in corso d'opera..
Spero che questa piccolo storiella non sia troppo noiosa, so che in
questo ultimo capitolo manca un pò l'"azione", tuttavia, in
tutte le storie, ci sono dei capitolo morti, e io li utilizzo per
cercare di entrare dentro ai personaggi, nei loro cuori e nelle loro
menti..è difficile e non tutti riescono (figuriamoci io!)
però spero di riuscire a fare in modo che chiunque legga
riesca ad immedesimarsi e a capire le sensazioni che provano i
personaggi di questa storia, anche se è solo
all'inizio..spero di non risultare noiosa anche nelle descrizioni, mi
piace rievocare emozioni con le parole, mentre legge un lettore
dovrebbe riuscire ad avere in testa un immagine nitida delle
ambientazioni di una vicenda..
Detto questo, non manca molto alla vera e propria "action",
già dal prossimo capitolo voglio introdurre scene
più "intense" tra Sesshomaru e Hitomi, e a breve arriveranno
colpi di scena inaspettati!
Un grazie gigantesco a tutti quelli che leggono questa semplice storia,
e un abbraccio caloroso a tutti quelli che se l'appuntano e
recensiscono.
Un bacio,
CarlottAlien
|
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Capitolo 8 *** Ritorno ***
Un caloroso saluto a tutti!
Mi scuso veramente dal profondo del cuore, dopo tanto tempo che non entravo su EFP ho notato che ancora tante persone hanno cominciato a leggere questa mia Fanfiction, si sono appassionate e l'hanno seguita finchè io non l'ho bruscamente interrotta...mi scuso, appunto, con tutti voi che aspettate da tempo un mio segno di vita.
Finalmente sono tornata, anche se non proprio con belle notizie...non ho intenzione di proseguire con questa storia, per lo meno non ora. Non mi vergogno nel dirvi che ho passato momenti difficili, sia personali che familiari, e tutto ciò non ha per nulla giovato alla mia creatività. Il mio amore per questa storia si è affievolito sempre più, tanto da impedirmi di scrivere. Non volevo aggiornare con capitoli scialbi e inutili, che avrebbero deluso sia me che i miei lettori, ma nemmeno sparire così è stato carino da parte mia. Mi scuso veramente tanto con voi, sono sinceramente dispiaciuta...
Comunque assieme al mio ritorno porto anche buone novelle, da quasi un anno sto lavorando ad una nuova storia, sono in dirittura d'arrivo e ci tengo a completarla, così da poterla pubblicare in modo continuo e senza interruzioni! Non do indizi, né svelo particolari, solamente che il personaggio principale tornerà ad essere Sesshomaru, per la mia gioia e spero per quella di molti!
Nemmeno questa storia la do per perduta, la mia vena creativa è tornata a pulsare ed ho già in mente nuovi progetti per Hitomi, che probabilmente porteranno decisive modifiche alla storia già in corso.
Detto questo (e scusandomi ancora), vi do appuntamento a breve con una nuova avventura!
Baci,
Carlotta |
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