Cambiare vita

di Colli58
(/viewuser.php?uid=154391)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambiare ***
Capitolo 2: *** Famiglia in crescita ***
Capitolo 3: *** Tre donne ***
Capitolo 4: *** Drammaticamente bello, spaventosamente coinvolgente ***
Capitolo 5: *** Nella buona e nella cattiva sorte ***
Capitolo 6: *** Prognosi incerta, forse qualche giorno, forse qualche decennio ***
Capitolo 7: *** Non devi cercare le parole, devono uscirti dal cuore come sangue dalle vene ***
Capitolo 8: *** Sarà sempre molto personale per me ***



Capitolo 1
*** Cambiare ***


Castle era disteso sul divano facendo zapping con il televisore, accanto a lui, Kate distesa di traverso, appoggiava stancamente la testa sulle sue gambe.
“Dammi una sola ragione Castle, per cui io debba mettermi vestiti imbarazzanti e andare a zonzo per un parco pieno di milionari annoiati che tirano mazzate a piccole palline e poi le guardano cadere.” Disse sbuffando.
“Detto così sembra piuttosto doloroso…”
“Castle!” Ringhiò Kate, cercando di mettere le redini ai pensieri assurdi del suo uomo.
“Ma è solo il golf: si socializza, si scambiano battute mediocri, si mangia in club esclusivi e si spettegola sulle mogli altrui.” Rispose Castle ridendo.
“Dopo questa descrizione così esaustiva, ora sì che sono entusiasta…” Replicò sarcastica. Sbuffò annoiata e si voltò alzando il viso per incrociare lo sguardo di Castle.
“Al Randall ci sono anche molti posticini interessanti per appartarsi… piccole macchie di verde, boschetti dove nascondersi per un’avventura…”
Kate non sapeva se ridere o arrabbiarsi per quell’assurda proposta. Ma Castle non aveva ancora finito.
“La sera, se il tempo è buono, c’è un’atmosfera magica ed il prato… è morbido.” Continuò giocherellando con un ciuffo dei suoi capelli.
“La tua immaginazione non ha confini, almeno spero che sia solo quella, non sono sicura di voler sapere di più.” Castle guardò il soffitto cercando di ricordare qualcosa e lei gli diede un colpo al braccio col dorso della mano. La gelosia di Kate lo riempì di orgoglio.
“Vorresti portarmi a giocare a golf per lanciarti in una nuova esperienza di sesso?” Lo guardò incuriosita, non ancora sicura delle sue reali intenzioni.
Il sorriso di Castle divenne più malizioso. “Non ti sei mai tirata indietro su queste cose…”
Lei si morse le labbra fissandolo intensamente.  “Lo stai proponendo seriamente?”
“Non lo vuoi provare? Potrebbe essere più piacevole di quanto pensi.” Rispose di nuovo Castle andando a posare il telecomando.
Kate osservò gli occhi divertiti del suo uomo, farsi anche più furbi e lei sorrise, raccogliendo la provocazione.
“E perché no? Ma di notte è troppo facile…” rispose quindi andando ad umettarsi le labbra. Castle deglutì.
“Allora ci vieni?”
“No!” Rispose lei tornando a voltarsi verso il televisore, ma osservando con la coda dell’occhio le sue mosse.
“Ok, stavo scherzando!”
“Non lo stavi facendo.” Replicò Kate divertita dal loro ennesimo assurdo battibecco. I loro piccoli scontri verbali erano un toccasana per il suo morale a terra in quel periodo. Castle era sicuramente l’uomo migliore che potesse avere accanto dopo il suo repentino licenziamento dall’FBI.
Aveva speso migliaia di parole per convincerla che la sua onestà e la sua integrità avevano intimorito l’FBI, sicuro che il loro mescolare e nascondere le carte alla bisogna fosse ben distante dalla sua naturale e inflessibile indole. Non sbagliava, la conosceva piuttosto bene. Castle aveva brillantemente definito il tormentone della McCord sull’essere all’oscuro di un disegno più grande non solo un brutto motto vagamente profetico, ma anche un bavaglio di comodo: il ricatto, l’omissione della verità ed i giochi di potere erano cose all’ordine del giorno se lo scopo era la sicurezza nazionale. Aveva riso di gusto anche se era uno dei momenti peggiori della sua carriera.
Castle l’aveva rassicurata argomentando tutte le sue doti e ciò che l’FBI aveva perso licenziandola. Era stato adorabile e nonostante la lontananza avesse comunque pesato molto su di lui, era sinceramente dispiaciuto della sua defezione. Per Castle il suo rientro a New York avrebbe risolto molti problemi, nonostante i vantaggi che ne poteva trarne era stato dapprima deluso quanto lei, stupito e irritato. Si era prodigato in mille modi per alleviare la sua delusione.
Lo amava moltissimo anche per quello, per ogni minuto passato a sentire le sue assurde proposte fatte solo per distrarla dall’amarezza che sentiva, dalla sensazione di fallimento che non riusciva a scrollarsi di dosso.
“…però anche il baseball è un gioco in cui si lancia e si batte una palla” Lo sentì spiegare mimando un colpo con la mazza e cercando di attirare nuovamente la sua attenzione. “Non ci vedo molta differenza…”
“Non ti azzardare a paragonare le due cose.” Kate si alzò e lo guardò con aria di sfida.
“Tecnicamente…” iniziò a spiegare lui ma Kate gli mise una mano sulla bocca.
“No, non sono paragonabili né tecnicamente né socialmente.” Replicò di nuovo Kate con insistenza.
Castle la prese per la vita e se la tirò addosso per stuzzicarla. “I giocatori professionisti di baseball non mi sembrano così modesti nei compensi. Diciamo che i giocatori di golf, i soldi li fanno in altro modo.”
Con gli occhi a fessura Kate congelò il suo uomo con una sola occhiata. “Ci hai provato, ma non funziona.” Rispose scuotendo il capo e strizzando il muso in quell’espressione un po’ indispettita che Castle adorava sbaciucchiare. Si avvicinò per baciarla sul naso ma fu allontanato con un palmo di mano.
“Eh no. Promettimi che non mi chiederai di venire a giocare a golf, né per lo sport tantomeno per il sesso che potremmo fare.” Sentenziò trattenendo un sorriso.
“Allora spara, figurativamente s’intende.” Specificò. “Dimmi tu cosa vuoi fare! Possiamo però escludere ancora lo sci per quest’anno? Il mio ginocchio fa un po’ i capricci.” Disse allungando le sue mani sotto la sua maglia e lei rise per il solletico che lui aveva iniziato a fargli, spazzando via le nuvole nere che stavano imperversando per la sua mente.
“Solo perché non lo tieni allenato come devi. Sei pigro.”
Castle scosse il capo. “Da solo mi annoio…”
Kate roteò gli occhi, ma solo per abitudine. Si stava sforzando di non lasciarsi andare a lui, sebbene quello che desiderasse veramente era una fuga da tutto, dalla realtà e dalle delusioni lavorative.
“Perché non la piscina? Ti farebbe bene del moto, mia splendida balena bianca.” Disse lei cercando di fermare le sue dita con brevi gesti meccanici.
Castle ignorò per una volta il doppio senso latente, su cui spesso avevano discusso tra le lenzuola, e si concentrò sul solo significato letterario di quella definizione.
“Forse ti ho reso troppo facile la caccia?” Le mani di Castle diminuirono la velocità, andando a sfiorare la pelle calda sotto il suo seno. Lei negò con il capo abbassando la guardia. “Non proprio.”
Il suo viso stupito portò Kate a scuotere il capo sorridendo.
“Avevo le tue attenzioni, ma per arrivare al tuo cuore…” aggiunse pensando a quante volte si erano girati intorno. “Tu cercavi di arrivare al mio cuore?”
“Cercavo di evitare di innamorarmi di un folle scrittore vanesio, e mi sono scoperta innamorata di un meraviglioso, dolcissimo, generoso, folle scrittore vanesio!”
Castle stavolta riuscì a darle un bacio sul naso.  “Una valanga di ottimi aggettivi.”
“E non sono nemmeno tutti.” Aggiunse divertita. “Ho evitato quelli peggiori.”
“Spiritosa…” Lui abbassò lo sguardo sul suo corpo.
“Però saprei quale moto fare proprio ora…” disse accarezzando sensualmente il suo ventre sotto la maglia.
Lei appoggiò la testa sul suo torace. “Sei incredibile.”
“Altro ottimo aggettivo…” Mormorò al suo orecchio. “Adesso aspetto di sentire quelli spinti...” La baciò tra i capelli e mosse le labbra sulla sua tempia, mentre le mani si facevano più audaci, scendendo verso il fondoschiena. Kate sbuffò.
“Sai mi è mancato molto questo angolino da baciare…” disse piano spostando le labbra sulla sua clavicola appena scoperta dalla maglia a collo largo. “E quest’altro…” disse spostando con un dito il collo della sua maglia e posando poi le labbra sopra la cicatrice in centro al suo petto.
Lei sospirò ed emise un mugolio di approvazione. Castle sorrise sentendo finalmente il corpo di Kate sciogliersi dalla tensione accumulata. La lontananza gli aveva fatto apprezzare anche di più il contatto con la sua pelle, il piacere che le sue mani gli regalavano, il suo profumo, la voluttà che sprigionava il suo corpo agile ed elastico. Ma anche una sensazione di completezza, non si era mai sentito così bene come tra le sue braccia.
“Piscina. Ottimo. Pochi indumenti per frequentarla. Ne possiedo una tutta mia.” Elencò compiaciuto.
“Visto che abbiamo qualche giorno libero e qui sta per rientrare la mia numerosa famiglia più simpatici scrocconi al seguito, che ne dici di tornare negli Hemptons? La piscina tutta per noi… saremo soli tutto il tempo ed i vestiti potrebbero essere un optional non necessario…” Lei annuì giocherellando con le sue mani e sfregando il naso sulla sua guancia. Il sorriso di Kate si allargò sulle sue labbra mentre Castle la baciava dolcemente. Kate andò ad approfondire il bacio con voracità ma il campanello fece sobbalzare entrambi.
Castle chiuse gli occhi. “Pace finita…” mormorò con aria contrita.
Kate si alzò con decisione dal divano, come se all’improvviso fosse diventato ustionante.
“La valigia è già pronta. Preparo il costume, tu apri la porta o i tuoi penseranno al peggio.”
“Pensavo che il costume non ci servisse…” replicò Castle andando ad aprire la porta.
Martha entrò con un paio di grandi borse da shopping. “Richard caro, eri occupato?” Disse divertita.
“Sì madre. Perspicace…”
Alexis arrivò accompagnata da Pi con borse della spesa piene di frutta esotica e verdure.
“Scorte per l’inverno?” Chiese Castle indispettito. A costo di essere considerato meschino e anche un po’ taccagno, voleva riuscire a fare quella domanda che stava lì appesa alla punta della lingua da un po’, quella domanda che sorgeva spontanea alla vista di quanta roba Pi riusciva a consumare e a ridurre a poltiglie disgustose e dall’aspetto dubbio.
“Ciao papà… non indovinerai mai cosa abbiamo scoperto. A due isolati da qui hanno aperto questo nuovo store con un’incredibile varietà di frutta e verdura proveniente da ogni angolo del mondo.” Disse elettrizzata.
“Davvero Mister C, un’esperienza straordinaria.” Aggiunse Pi solennemente.
“E immagino che la mia carta di credito abbia coperto tutte le spese, dalla boutique al negozio di frutta esotica…” Pi lo guardò con un’espressione idiota e Alexis sembrò irrigidirsi.
La sua espressione cambiò e inviò al padre un’occhiata stizzita, ma non replicò. Trascinò quindi Pi verso la cucina ignorandolo completamente. Martha scosse il capo e indirizzò al figlio uno sguardo deplorevole. Castle alzò le spalle e sgranò gli occhi. “Ehi…” fu solo in grado di dire indicando la cucina mentre qualcosa di metallico cadeva rumorosamente a terra.
Sbuffò e guardò il soffitto, tornando a prendere il telecomando per poi spegnere il televisore.
“Kate non è con te?” Martha si guardò in giro stupita di non vedere la donna al suo fianco. Negli ultimi giorni erano stati anche più inseparabili del solito.
“E’ di là a preparare la borsa.” Rispose posando il telecomando sul mobile e sistemando il divano.
Martha si avvicinò. “Se ne va?” Chiese dubbiosa.
“Ce ne andiamo.” Specificò. “Passiamo qualche giorno negli Hemptons prima che lei torni a lavorare al distretto.”
Si allontanò verso il suo ufficio e Martha lo seguì. “Tesoro, vorrei farti notare che Alexis non ha apprezzato la tua battuta di poco fa. Non era molto educata nei confronti del nostro ospite.”
Castle sbuffò di nuovo. “Non è un mio ospite, se non l’hai notato è una convivenza che mi è stata imposta, ma sono fortunatamente maggiorenne, sono ricco e ho alcune opzioni possibili a mio favore.”
Martha sospirò cercando di ignorare le sue parole. Era inutile insistere alimentando altre discussioni che in quel momento potevano risultare imbarazzanti nei confronti di Alexis e Pi. “Tesoro, quando pensi che verrà a stare da noi Kate?”
“Non lo so mamma, ne parleremo con calma.” Rispose mentre raccoglieva il suo portatile e lo metteva al sicuro nella sua custodia per portarlo con sé.
La donna sentendo di star parlando con un muro, alzò le mani in un gesto di rinuncia e si avviò verso la propria stanza. Castle chiamò il guardiano della villa negli Hemptons e diede alcune disposizioni sul necessario per il week – end. Chiuse lo schermo su cui campeggiava la timeline appena abbozzata per il suo nuovo libro e cercò il caricabatteria del suo cellulare da portare con sé quando Alexis comparve sulla porta.
“Te ne vai di nuovo?” Chiese in tono sterile, ma le braccia incrociate sul petto in segno di difesa indicavano a Castle che sua figlia era di cattivo umore.
“Ci prendiamo qualche giorno al mare prima che Kate torni al lavoro.” Avrebbe dovuto fargli le sue scuse per le battute di poco prima ma la ragazza entrò decisa.
“E questo puoi spiegarmi cosa significa?” Disse quindi mostrando un plico di fogli. Castle fece qualche passo avanti verso di lei, prese i documenti e li scorse rapidamente. Nella confusione dei giorni appena passati se n’era scordato: era il contratto di affitto per l’appartamento di Washington che era arrivato per posta, ma in realtà, visti i cambiamenti avuti nell’ultima settimana, avrebbe dovuto disdire.
“Dovrò mandarlo al mio avvocato per farlo revocare. Ormai non serve più.” Disse ripiegandolo e mettendolo sulla propria scrivania.
Alexis lo guardò stupita. “Non hai altro da dirmi? Oltre che insultare Pi?”
Castle guardò suo figlia e la vide arrabbiata come non mai. “Mi è uscita una battutaccia, mi dispiace…” iniziò a dire ma lei continuò.
“Stavi per trasferirti a Washington senza dirmelo? E a nonna e a me non ci hai pensato?” Alexis era furiosa. Rossa in viso più dei suoi stessi capelli, puntava sul padre uno sguardo feroce. Castle scosse il capo. “Non era una cosa definitiva, così potevamo stare un po’ insieme ed io… beh posso scrivere ovunque.” Replicò cercando di spiegarsi ma lei non glielo permise.
“Non hai risposto alla mia domanda. E di me e nonna? O forse ora nella tua vita c’è solo lei e non ti interessa nessun altro. Non ti interessa nemmeno la tua vita a New York o tua figlia?”
Castle aprì la bocca, troppo sorpreso della sua aggressività per riuscire in pochi secondi a dare una risposta così lei lo incalzò di nuovo.
“Certo Pi è di troppo e allora tu scappi con lei a Washington e ora che non ci va più? Troverai un’altra casa in cui stare con lei? Non ti serviamo più?”
“Alexis ma che cosa stai dicendo? Tu e nonna siete importanti per me e lo sai, farei qualunque cosa per te, qualunque cosa. Però vedi… stiamo costruendo un rapporto serio e abbiamo bisogno di un po’ di privacy…”
Alexis lo interruppe di nuovo. “Perché fare sesso qui non vi basta, non c’è abbastanza privacy? Forse andava meglio quando stavo alla Columbia così avevate campo libero?” Sbottò di nuovo. Castle si arrabbiò a sua volta, punto sul vivo su qualcosa che riteneva un’accusa ingiusta da parte sua.
 “Non ho mai voluto che tu andassi via e lo sai. Ma per il mio desiderio di restare solo con lei il sesso non è certo la sola ragione: voglio un rapporto solido e la privacy, la tranquillità ci servono per parlare di noi, per pianificare un futuro. Non certo come te che passi il tuo tempo con quell’ameba che non ha nemmeno un cognome per apostrofarsi. Il tuo futuro è vivere in una capanna nella giungla?” Replicò quasi urlando.
Kate ascoltò la scena dalla camera da letto, ma nonostante le parole di Alexis avessero colpito molto anche lei, non reputò di doversi intromettere: stavano emergendo i problemi che negli anni si erano venuti a creare senza che nessuno dei due avesse mai avuto modo di affrontarli. Forse quello sfogo era un bene. Aveva subodorato da tempo qualche malumore nella ragazza, non si aspettava però una reazione tanto feroce nei suoi confronti.
“Pi è quello che è, uno spirito libero, non hai voluto nemmeno provare a conoscerlo. Tu invece sei diventato maturo e responsabile tutto ad un tratto? O forse scimmiotti di esserlo per poter avere la scusa di correre dietro a Kate in ogni angolo del mondo?”
Castle rimase allibito alle parole così cattive nei confronti di lui e di Kate. Non aveva mai pensato di trovarsi così distante da sua figlia.
“Che ti ha fatto Kate? Pensavo ti piacesse…” Replicò, sgomento.
La ragazza scosse il capo. “Mi piaceva di più quando ti teneva a distanza, ma anche lei è finita nel tuo letto come tante altre, solo che tu da quando c’è lei non vedi altro.”
Castle non replicò, quasi inorridito dalle parole dette con rabbia da sua figlia. Cominciava a capire come mai Alexis si era trincerata dietro a qualcosa come quel ragazzo scomodo per dargli apertamente fastidio. Non riusciva a credere che fosse un atteggiamento di pura provocazione. Che fine aveva fatto la sua assennata figlia?
“Lo pensi davvero?” Chiese abbassando il tono della voce. “Pensi questo di lei?”
Alexis fece un sorriso forzato tanto da sembrare un ghigno malefico. Non l’aveva mai vista così arrogante nei suoi confronti, così sprezzante ma non rispose direttamente.
“Dovrai lasciarci le penne per capire che forse c’è qualcosa di sbagliato in questa storia?”
Castle espirò contrito. Rimase in silenzio e sedette sul bordo della scrivania. “Vedo che hai già emesso la tua sentenza. Alexis non è così…”
Kate chiuse gli occhi e si appoggiò alla porta, ingoiando un boccone amaro. Alexis vedeva come un errore la loro relazione. Era sua figlia, non avrebbe mai potuto competere.
Castle rimase in silenzio mentre sua figlia lo fissava. “Cosa intendi fare? Il tuo egoismo sta distruggendo la nostra famiglia, papà. Guardati intorno. Meno di un mese fa stavi per morire avvelenato a causa sua e ora ti ci vuoi ributtare in pieno? Perché so che tornerai al distretto con lei. Sei prevedibile.”
Per la prima volta Castle scorse tristezza negli occhi di Alexis e le sua guance si bagnarono di lacrime.
Lui si alzò e le si avvicinò. “Zucca, tu sei la mia bambina, e non potrei ma fare a meno di te. Mai. Per te io ci sarò sempre, lo sai.”
“Senti papà non voglio sentire altro.” Sbottò Alexis.
“Ma lo dovrai sentire! Non so che cosa ti ha fatto Kate per arrivare a dire tanto contro di lei, ma tesoro…” Deglutì la saliva, spaventato e dispiaciuto. “Non ho mai voluto allontanarmi da te, ti avrei fatto avere una stanza nell’appartamento di Washington e sarei comunque tornato spesso a casa. Non c’è stato tempo di parlarne purtroppo, e ora la cosa non ha più importanza.”
Alexis scosse il capo.
“Tesoro, non ti sei mai comportata così in passato. Perché lo stai facendo proprio con lei?”
“Gina non ha mai rischiato di farti uccidere almeno due o tre volte l’anno…” Valutò amaramente Alexis.
Castle strinse gli occhi. Non poteva essere solo quello. “Hai mai pensato che io amassi veramente Gina?”
“Ero troppo giovane allora papà.” Rispose Alexis.
“Dimmelo. Avevi capito che non l’amavo?” Tornò a chiedere con insistenza.
La ragazza annuì. “Però sai che amo Kate?” Gli occhi di Castle si velarono e la sua vista si fece sfocata. Uno dei suoi peggiori incubi poteva dirsi fatto realtà.
“Alexis, sei gelosa di Kate? Della nostra relazione? Perché? Non mi porterà mai via da te, mai…” disse cercando di avvicinarsi a lei.
Alexis stava trattenendo le lacrime e si irrigidì. “Sono anni che lei ti ha allontanato da tutto!” Disse puntando le braccia verso il basso.
“No, non da te e da nonna. Per voi ci sono sempre! Ho abbandonato altre cose, sì lo ammetto. Ma non è una minaccia. Non voglio che la consideri tale. Lei ti capisce, spesso mi aiuta ad affrontare i cambiamenti della tua vita, che evita che io me la prenda per cose stupide. Non è una rivale né una minaccia al nostro rapporto. Sei ingiusta!” Castle tornò a spiegare con forza. La sua delusione stava montando proporzionalmente alla sua rabbia.
“Ma sei pronto ad andartene via con lei senza pensarci due volte! E allora vattene negli Hemptons e restaci!” Replicò la ragazza, correndo via e salendo le scale.
“E’ proprio quello che intendo fare!” Rispose sbattendo con violenza la porta del suo ufficio.
Castle emise un urlo rabbioso in contemporanea con la figlia al piano superiore.
 
Se la situazione fosse stata meno seria, forse avrebbe potuto ridere sul tempismo dello sfogo di padre e figlia, ma dopo aver udito quella conversazione, Kate si sentì a disagio. Amava Castle e gli sembrava un brutto sogno pensare che sua figlia potesse cercare di dividerli obbligandolo a scegliere tra loro due. Si sedette sul letto e finì di sistemare la sua borsa. Ripose la roba di Castle nel suo armadio e quando si voltò per uscire lo trovò fermo a guardarla sulla porta della camera.
“Immagino tu abbia sentito tutto.” Disse entrando.
“Purtroppo sì.”
“Kate, non capisco… Da dove è venuto tutto quell’astio?” Disse ancora furioso da quello scontro.
Cominciò a cercare nervosamente nei suoi armadi e prese il suo borsone da viaggio, andando poi ad aprire alcuni cassetti della biancheria per trarne convulsamente qualcosa che il cervello non definiva.
Si voltò di nuovo verso Kate che lo guardava dispiaciuta.
“Non ha mai fatto così, ha accettato tutte le mie precedenti ragazze, e il matrimonio con Gina senza discutere. Mi ha sempre detto che se fossi stato felice lo sarebbe stata anche lei…” Continuò a dire mentre gettava vestiti a caso nel borsone.
“Castle…” provò a interromperlo lei, ma senza ottenere l’effetto desiderato.
“Ho passato tutta la mia vita ad occuparmi di lei, ora come può dare a me dell’egoista? Finalmente trovo la donna della mia vita e che amo alla follia, e lei che fa? Mi chiede di lasciar perdere perché è pericoloso e perché la sto trascurando?”
Kate sospirò appoggiandosi al muro, inutile cercare di fermarlo, doveva lasciarlo sfogare.
“Lei è passata dalle serate di studio alle convention in costumi succinti e sono io quello che è cambiato?”
Kate abbassò il capo. “Non credo sia il caso di rivangare, è stata una sciocchezza.”
Castle la ascoltò appena. “Sto facendo qualcosa di serio ed onesto, qualcosa di utile al prossimo, qualcosa che stranamente non è mai stato nel mio stile di vita e per una volta so che cosa voglio con chiarezza. Perché crede che la mia scelta non sia dettata dalla maturità ma solo dall’incoscienza? Se c’è una cosa che hai portato prepotentemente nella mia vita è stato proprio il realismo! Ma ai suoi occhi rimango egoista e incosciente? Come può dirlo!” Disse alzando finalmente lo sguardo su di lei cercando aiuto.
Kate gli si avvicinò. “Rick calmati…”
“Questa è l’ultima opportunità che mi sono dato, io voglio che funzioni con te, so che funzionerà! Perché vuole negarmi di essere felice?” Si fermò un istante ansimando per la rabbia e la delusione che gli stava ribollendo in corpo. “Gli ho dato tutto…” disse gettando sul letto un paio di jeans. Si mise le mani tra i capelli mentre le lacrime si facevano strada sul suo viso.
Kate lo abbracciò appoggiando la testa alla sua spalla. “E’ solo un momento di rabbia.” Lo rincuorò.
“Vedrai, quando si calmerà tornerete a parlarvi e troverete una soluzione. Lei ti adora, ha solo paura di perderti.” Aggiunse stringendolo.
“Non lo so più. Non la riconosco più…” Castle avrebbe voluto urlare di nuovo.
“Finisco di preparare la mia borsa, ce ne andiamo.” Disse quindi abbassando la voce. Kate lo bloccò negando con il capo.
“Voglio andare via da qui. Ti prego, sto soffocando…”
“Non è il momento adatto. Non riusciresti ad essere sereno, e torneremmo indietro subito.” Gli disse con un mezzo sorriso. “Sei arrabbiato ma ti passerà e allora vorrai parlarle.” Sperava di convincerlo a non ignorare quello scontro, non se lo sarebbe mai perdonato se la situazione fosse degenerata.
“Non vuoi andare al mare?” Mormorò tra i suoi capelli, osservando la sua sola borsa pronta, poggiata a terra.
“Lo vorrei, ma in questo momento è più importante che resti qui.”
Castle appoggiò la fronte alla sua. “Non vorrai andartene senza di me…”
Kate piegò il capo. “Forse dovrei.”
Castle scosse il capo. “Resta. Sei la donna che amo, non rinuncerò a te.” Kate prese il suo viso tra le mani.
“Alexis era arrabbiata, voleva ferirti, voleva ferire entrambi. Più tardi, quando si sarà calmata prova a parlare di nuovo con lei, ok?”
“Riesci pure a difenderla nonostante ti abbia insultato?"
Kate sospirò. "Non è così grave, penso di capire cosa stia provando."
"Beh, io no davvero. Ma che cosa le è preso?”
“Un attacco di pubertà tardiva?” Ironizzò per dimostrarsi meno preoccupata.
Castle annuì affranto e lei lo baciò con dolcezza.
“Non mi ritengo egoista se decido di non voler scegliere, vi voglio entrambe nella mia vita.”
Kate sorrise. Era così adorabile. Avrebbe lottato a lungo per lei, come già aveva fatto, ma non gli avrebbe mai permesso di perdere l’amore di sua figlia.
Dovevano solo chiarirsi, Alexis avrebbe capito, era sempre stata una ragazza intelligente e sensibile. Avrebbe certamente capito. Inoltre sperava che anche Martha avesse sentito il loro alterco, l’attrice da donna acuta quale era, sapeva come gestire la propria famiglia ed il suo intervento poteva essere d’aiuto molto più del proprio.
“Non sei egoista, al contrario.” Replicò accarezzandogli il viso.
_______________________________________________________________________

Mini storia di un paio di capitoli...
C'è così tanto materiale in giro che tutto mi ispira!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Famiglia in crescita ***


Martha aveva sentito tutto e la discussione l’aveva amareggiata molto. Immaginava che prima o poi sarebbe accaduto, ma sperava che Alexis nonostante tutto reagisse in modo più maturo. Anche lei si era spaventata, giusto una manciata di settimane prima, per il rischio che Richard aveva corso, non lo negava, però vedeva suo figlio innamorato e pronto a confrontarsi con ogni genere di difficoltà per stare con Kate, poteva solo apprezzarne gli sforzi fatti. Era così inusuale per Richard essere disposto a modificare tanto le proprie abitudini pur di trovare un modo per vivere quella relazione indubbiamente seria e problematica.
Le sue precedenti mogli erano il frutto della sua fama e dei suoi soldi e a parte accontentarle nei loro capricci, il suo stile di vita non aveva subito molti cambiamenti, se si escludeva la nascita di Alexis ovviamente. La cosa non valeva per Kate che era stata una conquista vera, giorno dopo giorno. Martha capiva il valore di quella relazione più di chiunque perché vedeva in quella donna un amore sincero per suo figlio, una storia che si basava su solide fondamenta e non quelle vacue del benessere e della notorietà. Ogni madre sperava di vedere il proprio figlio felice: la sua attesa era stata lunga e lastricata da donne troppo esuberanti ed egoiste prima che nella sua vita approdasse Katherine Beckett. Kate gli faceva bene, lo rendeva un uomo migliore, meno infantile. Era anche in grado di capire che come coppia avevano bisogno di intimità, di privacy anche solo per parlare del loro futuro. Alexis era ancora troppo scossa da quanto era successo a Washington, aveva percepito la novità riguardante il nuovo appartamento quasi come un abbandono, così avrebbe dovuto parlarle con calma per farle capire il vero motivo. Si augurò che Kate non se ne fosse avuta a male per le parole sprezzanti di Alexis, contava sulla sua obbiettività di donna indipendente e matura.
Non la vide abbandonare la stanza di Richard quindi poteva considerarlo un buon segno. Mancavano ancora un paio d’ore alla cena, forse con gli animi più calmi avrebbe potuto fare qualcosa di buono per quelle due anime testarde. Oppure li avrebbe spronati a fare di meglio, perché la situazione stava diventando insostenibile. Tollerando la presenza di Pi che rendeva Richard intrattabile, Alexis invece si muoveva per casa e fuori casa come se la sua vita passata non fosse mai esistita. Kate ovviamente era al centro delle attenzioni di Richard ed Alexis subiva la devozione del padre per la sua compagna come un’intemperanza di un uomo poco maturo e irresponsabile, inoltre reagiva contro di lei colpevolizzandola inconsciamente di averla spodestata dal primato di essere l’unica creatura amata incondizionatamente da Richard.
Richard forse stava crescendo, Alexis stava vivendo una fase turbolenta della sua crescita e la sua famiglia allargandosi diventava molto più complicata da gestire, gli serviva ben più di un bicchiere di vino rosso per affrontare la cosa.

Alexis era entrata in camera sua sbattendo la porta furiosamente e facendo trasalire Pi che se ne stava in panciolle sdraiato sul letto ascoltando musica e leggendo un libro.
“Immagino che quello che mio padre ha detto poco fa non ti abbia fatto piacere…” sbottò vedendolo rilassato, forse troppo.
“Alexis, tuo padre è un padre, hanno sempre qualcosa da dire. Il mio mi criticava sempre per tutto, per i miei gusti, per le mie abitudini, così io mi sono fatto di nebbia.” Rispose posando il libro sul ventre e guardandola con un mezzo sorriso.
Alexis si asciugò gli occhi nervosamente. “Cosa hai fatto?” Chiese non capendo la sua affermazione.
“Me ne sono andato e da allora faccio quel che voglio.” Disse con tranquillità. “Per esperienza ti dico che tuo padre è strano, ma Mister C non è malvagio. Non l’ho mai sentito rifiutarti qualcosa oppure trattarti male.” Aggiunse indicandogli di sedere accanto a lui con un sorriso.
Alexis lo fulminò. “Tranne oggi?” Sbottò mettendo le mani sui fianchi.
Pi alzò le spalle. “Era solo un po’ di sarcasmo, cosa che gli viene proprio alla grande. Si vede che per tuo padre non è un bel periodo: la sua donna non se la sta passando bene, e lui probabilmente è preoccupato. Poi questi malumori vengono fuori nei momenti sbagliati.” Spiegò continuando a ondeggiare il capo a tempo di musica.
“Secondo te prendere un appartamento a Washington senza informarmi della sua decisione di trasferirsi lì non è una cosa che possa farmi male?”
Pi fece un fischio. “Una casa in capitale non è a tutti! Magari ci si poteva andare per qualche giorno. E poi questa casa rimarrebbe mezza vuota, potrebbe fare al caso nostro…” Alexis gli lanciò addosso una sua maglietta, lasciata appoggiata come le altre sulla sedia della scrivania.
“Ma tu non riesci a capire? Ci avrebbe lasciati qui da soli per stare con lei!”
 “Ho lasciato Amsterdam da molti mesi e sono qui con te da due, cosa c’è di così strano? Sta cercando di trovare il suo posto nel mondo. E’ questione di karma.” Pi alzò le spalle.
“Ma tu non hai figli, non hai delle responsabilità su una famiglia!” Replicò dura Alexis.
Pi si corrucciò. “Beh non hai cinque anni e nemmeno Mrs. R. E poi anche tu stai cercando al tua strada, me lo hai detto chiaramente. Quando ci siamo conosciuto in Costa Rica non cercavi anche tu un segno da seguire? Tuo padre ha trovato Miss B e ora sta seguendo il suo destino e noi stiamo pensando alla stessa cosa.” Le parole di Pi erano dirette e semplici e la fecero infuriare di più al solo pensiero che avesse un barlume di ragione.  Sedette sul letto espirando esasperata, sfregandosi di nuovo gli occhi che bruciavano da nuove lacrime.
“Ma lui non può fare così, non può gettare la sua vita. Ha rischiato di morire!”
Pi la guardò pensando a cosa dire. “Perché non può? Ti ha cresciuto, provvede a te, ti protegge e ti vuole bene, ma a parte questo se vuole vivere la sua vita come preferisce credo sia in suo diritto, come quello di tutti…”
Alexis lo guardò stupita dalle sue parole. Ok, il suo spirito libero si stava dimostrando fin troppo comprensivo nelle libertà che si stava prendendo suo padre dalla vita.
“Credi che sia cosciente di quello che sta facendo? La sua infatuazione per Kate lo distruggerà.”
Pi scosse il capo. “Perché Mister C non dovrebbe volerlo? Mi sembra cotto di lei ma non dà l’idea di essere nato ieri, da quanto mi hai detto ne ha avute di avventure nella sua vita.” Rispose annuendo col capo.
“Sei stata tu a dirmi che usciva con un’oca diversa ogni fine settimana…”
“Ma lui non si è mai allontanato da me, non in questo modo…” disse ancora irata ma abbassando il tono di voce.  Pi giocherellò con il bordo del libro.
“E’ solo un cambiamento geografico, il suo cuore non ti lascerà mai comunque. Lo percepisco come una… tua fonte di energia, un chakra fuori dal tuo corpo. Mi hai detto che avete uno speciale legame, vedrai starete sempre bene se vi dite la verità e cosa provate, però meglio che non urli con lui.” Disse gesticolando con le mani, mimando una sfera in espansione.
“Io non ho urlato…”
“Beh visto che hai quasi distrutto la porta...” Commento indicando l'ingresso.”
Alexis sbuffò esasperata.
Aveva descritto la capacità protettiva di suo padre in un modo molto bello, anche se non se lo meritava vista la scarsa considerazione che aveva per lui.
“E’ sempre stato il mio punto di riferimento, mi ha sempre protetto…”
“Quando l’ho conosciuto non l’avevo notato, ma Mister C ha un’aura strana, come uno scudo protettivo per proteggere chi ama.  E’ molto forte.” Descrisse di nuovo.
Alexis rise. “Oh, quello è il potere Jedi, è la forza…” replicò divertita pensando che il padre avrebbe adorato quella descrizione. “Ma guai a te se glielo vai a dire!” Lo riprese minacciandolo.
“Non ti mancano i tuoi genitori?” Chiese quindi guardando il viso disteso del suo ragazzo. Dalla tranquillità con cui si esprimeva sembrava avesse avuto ben altre esperienze nella vita.
“No, mia madre mi fa avere i soldi necessari per vivere come voglio, ma non è mai stata molto presente. Il mio vecchio lo sopportavo appena. No, non mi mancano. Ma tuo padre invece è fico." Spiegò.
“Vedere quel contratto mi ha mandato su tutte le furie…” Ammise parlando più a stessa che a Pi.
“Perché?”
“Ma che diavolo hai nel cervello? Quando lui sta con Kate si infila in un guaio dopo l’altro, ci mancava solo che sparisse con lei a D.C. così era la volta buona che non avremmo più avuto sue notizie! Qui possiamo andare al distretto se non riusciamo a contattarlo, ma al FBI non ci sarebbe stato nessuno a darci risposte.” rispose sfregandosi il viso.
“Ci sarebbe stata Miss B.”
Pi aveva dei pensieri forse fin troppo elementari per il suo umore.
“Si chiama Kate comunque o Detective Beckett…” Lo corresse con un cipiglio da maestrina.
Pi fece una smorfia sotto i suoi baffetti. “Mister C ha del fegato. Per il mio vecchio il massimo del rischio era avventurarsi in metropolitana.”
Alexis si alzò e andò a sedersi alla sua scrivania, non prima di aver liberato la sua sedia dal cumulo di vestiti del ragazzo. Un po’ si sentiva in colpa per aver aggredito suo padre, ma quante cose doveva sopportare prima che lui capisse che la sua vita stava andando a rotoli.
“Andiamo dolcezza, vieni qui rilassati, non puoi fare granché se questa è la sua scelta…”
La ragazza non rispose. Persino Pi la stava irritando, lui non capiva davvero la situazione e forse non aveva nemmeno le basi familiari per poter comprendere il suo stato d’animo.
“Puoi lasciarmi da sola?” Disse guardando il ragazzo in modo deciso.
Pi si alzò e annuì ciondolando. “Accenditi una candela profumata, fai un po’ di yoga…”
Alexis si alzò. “Ok, ok ma ora puoi andartene per un po’? Vorrei restare sola.” Replicò aprendo la porta.
Il suo stile New Age in quel momento era completamente fuori luogo e non avrebbe aiutato lei a ritrovare il buonsenso nel padre.
Il ragazzo se ne andò portando con se il libro che stava leggendo alzando le spalle con noncuranza.
Alexis si tuffò sul letto supina e si perse a guardare il soffitto, proiettando con la mente i suoi ricordi più belli vissuti con il padre. La sua presenza continua, tutte le cose che avevano vissuto insieme, i progetti, le avventure al museo e le grandiose feste di compleanno. E poi i lavori scolastici, le feste di natale a pattinare e la cioccolata calda dopo. Le sedute di scherma in soggiorno, le lunghe battaglie verbali su chi fosse il personaggio più intrigante di Harry Potter, ed il laser tag in giro per casa spostando mobili e suppellettili. Persino le carrucole mobili dal soffitto per calarsi a sorpresa. La sua presenza era stata così avvolgente che aveva lenito la mancanza di sua madre.
Il tempo per quei giochi era finito, stava cercando la propria strada, ma il suo era stato un padre che aveva vissuto con lei e per lei ed il distacco si stava dimostrando particolarmente doloroso. Pensava di essere la prima a fare un passo per allontanarsi ed invece suo padre stava vivendo un amore importante ed era stato il primo ad allontanarsi. Non lo aveva mai visto così, non aveva mai visto quello sguardo prima. Le altre sue donne non avevano mai significato nulla al confronto di Kate e da che i suoi sentimenti erano diventati palesi in famiglia, lo aveva percepito sempre più distante.
Nonostante fosse stata più giovane e ingenua non le era stato difficile capire che Gina non aveva rubato il suo cuore veramente, c’era stato affetto e comprensione per un po’. Ma amore no e le altre bionde esplosive e sciacquette in cerca di notorietà non le aveva mai nemmeno prese in considerazione.
Non sapeva che cosa fare. Un tempo le sarebbe bastato poco per dirottare le sue attenzioni su di lei, ma qualcosa era cambiato radicalmente e si ricordava con fin troppa chiarezza il giorno in cui era successo. Kate era stata ferita e stava rischiando di morire e suo padre stava morendo con lei, nella sua anima. Si era creato un legame così forte senza che nemmeno i due sapessero di amarsi, e la loro reciproca dipendenza era diventata quasi una simbiosi. Era una cosa così surreale e romantica allo stesso tempo tanto che sembrava uscita da un libro.
Nessuno oltre lei si era accorto che, nonostante la lontananza che ne era seguita, suo padre aveva stretto un nodo intorno al proprio cuore così forte da renderlo refrattario alle attenzioni degli altri? Era andato avanti a testa bassa trattenendo quel dolore chiuso in sé per mesi e poi lei era tornata da lui come se niente fosse e se l’era ripreso. Non aveva avuto più dubbi sui suoi sentimenti nei confronti di Kate, ma non era in grado di capire cosa veramente animasse lei, almeno fino a che il padre gli aveva confessato che stavano insieme. Kate era un incognita e non era prevedibile. Aveva previsto che le cose con Gina non avrebbero funzionato a lungo, perché suo padre in sua compagnia si annoiava, a meno che non organizzasse cose assurde per passare il tempo e lo shopping non lo aveva distratto a lungo. Per suo padre la noia era il primo sintomo di malessere e non si era mai annoiato stando con Kate, se si escludeva il periodo in cui si era rotto il ginocchio sciando, però lo scherzo che tutti insieme gli avevano fatto come regalo di compleanno era stato grandioso.
Doveva ammettere che Kate era in gamba e lo aveva saputo capire al volo, nessuno aveva mai ideato qualcosa di tanto perfetto per suo padre. Lei era in grado di capirlo, di affascinarlo e farlo divertire. Non era in cerca del suo denaro, era fiera e indipendente. Diversa dalle precedenti donne Alexis riusciva a capire che nelle mani di una donna così forte suo padre non aveva scampo, ma romanticamente parlando era anche la donna giusta per lui. Era molto bella, intelligente, intrigante e vivace, probabilmente passionale quanto lui visto il tempo che passavano insieme.
“Già, è perfetta per lui…” mormorò sfregandosi gli occhi.
Quella consapevolezza non la aiutava però a sciogliere il dilemma che la dilaniava: non voleva perdere suo padre, l’unico genitore di cui si fidava davvero, ma saperlo innamorato di una donna stupenda era una lama a doppio taglio. Come riuscire ad essere felice per lui quando vedeva anche il rischio che correva? Se non avesse funzionato che ne sarebbe stato del cuore di suo padre? Si sentiva in balia di sentimenti così contraddittori che non riusciva a trovare pace. Prese il cuscino e se lo mise sulla faccia emettendo un altro grido di rabbia soffocato. Il guaio era che Beckett piaceva molto anche a lei.
 
 
La borsa di Kate era abbandonata ancora sul pavimento, così come i suoi vestiti e quelli di Rick.
Erano distesi entrambi sotto le lenzuola.
Alcune volte il sesso leniva temporaneamente il dolore, e per Castle era stato un momento di sollievo in quel pomeriggio che si preannunciava difficile. Aveva chiuso la porta d’ingresso, l’aveva sollevata e poi distesa sul letto, le aveva chiesto amore senza dire una parola in più. Si erano amati in silenzio, con movimenti sensuali e dolci allo stesso tempo. Si erano abbandonati al semplice contatto della loro pelle e delle loro anime. Un’ora dopo erano ancora nel letto, giocherellando con le loro mani, scambiandosi tenerezze.
“Sei più romantica di quanto vuoi ammettere…” mormorò Castle dopo che lei gli aveva posato un bacio sul torace. Kate gli diede un piccolo morso. “Ti è tornato l’uso della parola.” Rispose con un mezzo sorriso.
“Avevo le labbra occupate…” disse facendo scorrere le dita della sua mano destra sul segno rosso sul seno di Kate, dove aveva a lungo trattenuto la sua bocca. Lei si guardo.
“Fortunatamente è poco visibile.”
Risero entrambi. Castle inspirò e poi chiuse gli occhi.
“Tu riesci a farmi bruciare l’anima, riesci ad esasperarmi, ad eccitarmi, e a calmarmi…” Espirò tornando a guardarla.
“Tante cose.” Rispose Kate compiaciuta da quella esternazione. “Preferisco eccitarti, però anche le altre cose possono andare.” Riuscì ancora a farlo ridere. Ma il viso di Caste tornò a corrucciarsi, e poté chiaramente vedere le nuvole nere andare ad oscurare nuovamente i suoi pensieri tormentati.
“Vedi che avevo ragione?” Mormorò accarezzando il viso del suo uomo.
Lui respirò forte annuendo. “E’ mia figlia, e non la riconosco più…” Scosse il capo. “Grazie per avermi impedito di scappare via. Se fossi stato lontano avrei voluto tornare.” Lei sorrise.
“Mi conosci così bene? Non rischierò di essere troppo prevedibile per te?” Gli domandò cercando il suoi occhi bassi sul suo torace.
Lei negò. “Sei un buon padre e l’amore per tua figlia non può essere né banale né prevedibile, solo importante.” Rispose alzando lo sguardo verso di lui.
“Le cose che mi ha detto…” cominciò a dire. Kate si sollevò e si mise a sedere.
“Per quanto mi riguarda non mi sono offesa, te lo assicuro, anche se le sue parole sono state piuttosto dure. E' tormentata da qualcosa, è evidente. Tu parlale e non lasciare passare la giornata.” Disse infine alzandosi e allungando una mano verso di lui per invitarlo a fare altrettanto. “Tra poco è ora di cena, dovremmo fare una doccia e rivestirci.”
“Mi dispiace per gli Hemptons.” Replicò Rick, contrito.
Kate raccolse il suo intimo e gli regalò un sorriso malizioso. “Considero l’invito ancora valido per un altro week-end.” Aggiunse trascinandolo verso il bagno. “Muoviti prima che entri qualcuno!”
“Non ti sei posta questo problema prima…” mugugno Castle sospinto dalla sua veemenza.
“Non ci ho nemmeno pensato. O meglio… non volevo farlo.”
 
Kate fu la prima ad abbandonare la loro stanza, speranzosa di trovare Martha in cucina e fu così. Si scambiarono un’occhiata di comprensione.
Poi notò Pi seduto sul divano assorto nella lettura e completamente isolato dal mondo grazie al suo ipod.
“E’ qui da molto?” Chiese Kate, e Martha scosse il capo.
“La sua giornata è andata peggio della tua tesoro…” Rispose con leggerezza. “Alexis lo ha buttato fuori dalla stanza!” La solita perspicace Martha. Era quello che sperava di sentire.
“Ti aiuto…” aggiunse Kate avvicinandosi.
“Grazie cara. Credo che per una sera farò a meno della sola frutta e mi dedicherò a qualcosa di meno salubre! Et voilà! Maiale!” Disse mostrando a Kate alcune piccole salsicce da cucinare con il vino bianco che stava sorseggiando. Kate immaginò volesse rabbonire Castle preparando una cena con qualche vizio per lui. Notò anche le formine per i muffin al cioccolato.
“Come state tu e Richard?” Chiese quindi con un mezzo sorriso. Martha cercava di essere leggera però immaginava che il momento fosse critico.
Kate le sorrise di rimando. “Non l’ha presa molto bene, però vuole parlarle di nuovo.” Rispose prendendo alcune verdure per preparare un’insalata mista.
“E tu?” Martha la guardò fermandosi un momento. Kate scosse il capo. “So che è stato un momento di rabbia, posso capire la reazione di Alexis. Spero solo non persegua la strada che ha intrapreso…” disse continuando ad affettare le carote.
“Lo spero anche io darling, non vorrei mai vedere una cosa del genere. Sarebbe terribile.”
Kate le sorrise. Martha era sempre molto gentile, nonostante tutto quello che le aveva fatto passare. Si chiedeva quanto lei la capisse e comprendesse il suo legame con il figlio.
“Martha io…” Disse evitando il suo sguardo, ma la donna si girò e prese le sue mani.
“Lo so, non sarei qui ora se non pensassi che lo ami veramente. Ti confesso che il mio atteggiamento verso Meredith e Gina non è stato nemmeno lontanamente gentile o accomodante.” Kate sorrise ricambiando lo sguardo divertito e un po’ colpevole della donna. Martha alzò la mano. “Mai stata in cucina con una delle due, troppo primedonne per me e qui la star voglio comunque restare io…”
“Non ho intenzione di spodestare il tuo primato.” Replicò Kate. La donna le fece l’occhiolino. “Tu potresti, ma non vuoi, è ben diverso.”
Martha era davvero una donna in gamba, nascondeva abilmente la sua intelligenza e il suo acume dietro alle vesti dell’attrice consumata e frivola, ma non le sfuggiva nulla. Ed il buon cuore doveva essere genetico.
In quel momento Alexis scese le scale e si trovò di fronte alle due donne. Arrossì violentemente nel vedere Kate sorriderle. Si sentiva in imbarazzo e non sapeva che fare. O meglio lo sapeva ma ignorava quanto Kate sapesse o avesse sentito e quindi fino a che punto spingersi.
“Pi è fossilizzato sul divano da una mezz’ora…” le disse Martha indicando la sua posizione con un moto del capo. Alexis si voltò e lo raggiunse in soggiorno senza dire niente, non era ancora dell’umore giusto per riprendere a discutere. Si sedette e accese la tv.
Martha guardò Kate e alzò gli occhi. “Castle…” disse sbuffando. “Non farti mai assimilare dalla loro testardaggine.” Mormorò per evitare che Alexis sentisse. Kate fu grata a Martha del suo atteggiamento comprensivo. Quella discussione andava ad aggravare il suo già cattivo umore a causa del lavoro.
Grande settimana…” pensò continuando a prendere il necessario per la cena.
Si mise a preparare la tavola per cinque, quando Pi la raggiunse, considerato che Alexis lo stava ignorando e non ne capiva la ragione. La tensione che aleggiava in tutta la casa era così palpabile che persino per un indole disinteressata come la sua stava diventando fastidiosa.
“L’aiuto io Miss B.” Disse prendendo piatti e guardando inorridito la padella con le salsicce al vino e le patate croccanti. Si guardò intorno e Martha gli indicò il frigorifero. “C’è tutta quella meravigliosa frutta Pi, preparane un po’, ma ti avverto…” Fece una pausa ad effetto. “Per il bene di tutti in questa casa, sarà meglio non fare commenti sbagliati sul contenuto di carne di questo piatto.”
Pi annuì aprendo la bocca ma Martha lo bloccò facendogli il segno di stare in silenzio. Alexis continuava a guardare distrattamente la televisione, ignorando tutti i presenti.
La tavola fu preparata, Pi pulì e affettò la frutta e Martha si occupò del vino mentre Kate finiva di cuocere la pasta e preparare un soffritto a base di verdure. Martha sorrise. “Ottimo compromesso tesoro…” e Kate annuì. “La verdura la preferisco in questa forma piuttosto che in centrifuga…” rispose a bassa voce.
Castle riemerse infine dalla sua camera, vestito in jeans e camicia. Si era rasato e sembrava tranquillo, ma quando passò davanti al divano in cui era seduta Alexis i loro sguardi si incrociarono in modo fugace per poi tornare ad ignorarsi. Kate notò quel comportamento e ne fu dispiaciuta, non era un buon segno.
Entrambi sembravano in difficoltà, tesi ed imbarazzati. Dovevano rompere il ghiaccio ma Kate non sapeva proprio come fare e non era dell’opinione che fare battute fosse il modo giusto.
“La cena è servita” dichiarò Martha asciugandosi le mani dopo averle lavate. “Katherine puoi regolare il timer per i muffin?” Le chiese e lei regolò la sveglia del forno.
Castle sorrise a Kate e da sua madre ricevette un sorrisino di circostanza ma cercò di concentrarsi sulla cena.
“Finalmente della carne!” Disse apprezzando il profumo delle salsicce al vino.
Andò a sedersi al suo posto a capotavola, mentre Kate, accanto a lui, gli diede un’occhiata seria e lui annuì. “Ok, ok…” mormorò a bassa voce.
L’ultima a sedersi a tavola fu Alexis che sedette accanto a Pi, nel posto più lontano dal padre.
Martha sospirò. “Bene, direi che la cena sarà un successo…” aggiunse con sarcasmo rivolta a Kate che le donò un sorriso forzato. Mangiarono in un silenzio inusuale per loro, interrotto solo dal chiacchiericcio di Martha con Pi e Kate. Di tanto in tanto Castle cercava gli occhi della figlia senza esito, e quando lui tornava a concentrarsi sul piatto, lei faceva altrettanto.
“Come mai hai cucinato carne nonna? Lo sa che Pi ed io non ne mangiamo.” Disse con tono freddo.
Martha sorrise. “Mi andava di fare qualcosa di diverso, ma c’è frutta e verdura a volontà tesoro.” Rispose con garbo mentre Castle scuoteva la testa.
“Fino a pochi mesi fa non hai ma disdegnato un bel filetto al pepe…” replicò Castle e lei alzò le spalle.
“E con questo? Fino a pochi mesi fa eri più divertente…” replicò Alexis pungente.
Castle la guardò ingoiando un pezzo della sua salsiccia. “Anche tu, eri decisamente più divertente.”
Kate cercò di restare impassibile, ma quella discussione stava diventando imbarazzante.
“Certo una cena democratica non è più contemplata nel tuo nuovo stile di vita? O dovremmo tutti essere assimilati…” aggiunse con sarcasmo.
“Ah! Nonna ha cucinato per te per tenerti buono, ma forse non sei più in grado di notarlo.”
Castle sorrise con sarcasmo. “Che sono pur sempre il padrone di casa?”
“Vuoi rinfacciarci anche quello?
“Forse dovrei visto che te lo stai dimenticando.”
Martha osservò il loro comportamento cercando di capire se avesse prima o poi avuto un termine, ma quando i loro sguardi si incrociarono ed entrambi distolsero lo sguardo indispettiti, l’attrice pensò di aver raggiunto il massimo della sua sopportazione.
“Oh, andiamo voi due vedete di finirla. Non so chi dei due è più infantile!” Disse alzandosi.
“Ma guardatevi, state tenendo il muso come due scolaretti!” Disse spostando la sedia per allontanarsi dalla tavola. Poi tornò sui suoi passi e sorrise a Kate e a Pi. “Voi cari potete restare se volete, ma devo dire una cosa un po’… schietta a questi due.” Cercò di apostrofarli ma non gli venne nulla di abbastanza valido per descriverli.
Pi fece per alzarsi ma Kate gli fece cenno con la testa di tornare a sedere. Entrambi facevano parte del problema ed entrambi dovevano restare e capire cosa ne sarebbe stato di loro in quella discussione.
“Nonna non ho intenzione di ascoltare la tua predica su cosa io debba pesare di mio padre!” Alexis si alzò e Martha la fulminò con lo sguardo. Castle dal canto suo era piuttosto abituato alle discussioni con sua madre e non aveva accennato a contraddirla, forse anche lui era troppo stanco della situazione e Kate gli donò un mezzo sorriso per incoraggiarlo a restare calmo. Quando era nervoso il suo sarcasmo diventava tagliente e la discussione a tavola ne era un esempio lampante.  
“Non so che vi sta capitando, non so dove è finita tutta la vostra complicità, ma adesso davvero state esagerando. Avete buttato alle ortiche tutta la vostra capacità di dialogo solo perché state cambiando la vostra vita e non siete in grado di gestirla? Io di cambiamenti ne ho visti così tanti che potrei scriverci un libro, ma sono ancora qui con voi.” Sbottò passando lo sguardo di volta in volta dal viso della nipote al viso del figlio. “E mi meraviglio di entrambi per essere così infantili da non provare a fare di meglio.” Disse indicandoli con il dito indice della mano. “Con tutte le arie che vi date mi state deludendo…”
“Madre…” Castle la riprese con tono scocciato.
“Attenta nonna, potrebbe buttarti fuori di casa, è lui il padrone no?” Castle si girò verso Alexis indispettito.
Martha sbuffo. “Ti conviene non fiatare cara, adesso intendo parlare io!”
“Tu sei suo padre, il primo passo sta a te…” Disse rivolta a Rick. “E tu signorina… mi deludi molto se pensi di aprire una guerra così senza una ragionevole spiegazione.” Aggiunse rivolta ad Alexis.
La ragazza si girò verso sua nonna. “Non dovresti nemmeno intrometterti, la mia ragione io l’ho data è lui che non si sta comportando da padre!”
Castle buttò il tovagliolo sul tavolo. “Da padre? Fino ad ora mi sembra di averti sempre assecondato, di averti protetto e di aver cercato di capire le tue scelte ma certe… beh certe non mi sono per niente chiare!” rispose con veemenza indicando Pi.
“Lui cosa c’entra in tutto questo? Il problema non è certo Pi!” replicò Alexis tornando a sedere sotto lo sguardo vigile della nonna.
Castle la guardò stupito. “Allo stesso modo in cui c’entra Kate. Fa parte delle nostre vite. Tu sai cosa significa lei per me e nonostante tu lo sappia non hai intenzione di volermi perdonare per essermi innamorato!”
Alexis sussultò sulla sedia per la ferocia con cui il padre le stava parlando.
“Tu non lo conosci!” replicò Alexis quasi urlando.
“Esatto. Non so nemmeno chi sia Pi. Da dove viene, cosa cerca e soprattutto cosa cerchi tu in lui! Me l’hai portato a casa e mi hai imposto di accettarlo. E ho anche cercato di farlo, ma tu a parte criticarmi delle mie scelte di vita hai forse dato spiegazioni? Tu puoi criticare me ed io non posso fare il contrario?” Il tono di entrambi si stava alzando. Kate strinse il ginocchio di Castle con una mano sotto il tavolo e lui la guardò comprendendo il suo stato di alterazione.
“Mister C”
“Zitto Pi!” Replicarono all’unisono padre e figlia.
Il Ragazzo sbuffò e cercò un appiglio in Martha che gli diede un buffetto sulla spalla.  “Non te la prendere, non sei tu il vero problema…” gli disse amabilmente.
Kate si appoggiò allo schienale della sedia guardando Martha consolare Pi. Lei scosse il capo esasperata.
Alexis si alzò di nuovo di scatto. “Sono adulta papà, posso fare quello che voglio. Non è poi quello che fai tu? Fare quello che ti pare senza chiedere, senza avvertire?” Disse per poi voltarsi e salire le scale di corsa.
“Maledizione!” sbottò Castle alzandosi a sua volta e dirigendosi verso il suo studio.
Pi guardò verso Kate e verso Martha chiedendo il permesso di assentarsi. “Potrei…” Martha disse di sì e poi lo redarguì: “fai in modo che quella ragazza non esca da questa casa è chiaro?”
Forse la presenza del coltello da carne in mano alla donna era stato più convincente delle parole, ma di fatto Pi annuì e si diresse verso le scale per raggiungere Alexis.
“Mi dispiace, non è andata come volevo…” ammise Martha tornando a sedere sconsolata.
“Direi di no” rispose Kate, guardando preoccupata verso l’ufficio di Rick.
Martha prese il suo bicchiere e lo riempì. “Non li sto capendo più. Tu ci riesci?”
Kate annuì. “Si purtroppo credo di capire…” Martha la invitò a continuare con uno sguardo mesto ed un cenno col bicchiere pieno.
“Quando mia madre è morta, con mio padre le cose sono diventate difficili. Con lui non avevo lo stesso legame che avevo con mamma. Eravamo entrambi feriti e a modo nostro credevamo di essere i soli ad esserlo, così non riuscivamo a parlare. Quando mio padre ha iniziato a bere le cose sono degenerate. Sono passati anni prima che riuscissimo ad avere un vero chiarimento. Tutti e due sapevamo che cosa stava succedendo ad entrambi e nonostante tutto non ci siamo capiti.”  Disse alzandosi e iniziando a sgomberare la tavola.
Martha si bevve il suo bicchiere in un sorso. “Almeno tu hai la situazione chiara…”
“Mi dispiace per Washington, so che è in parte colpa mia, di ciò che ho chiesto a Rick. Non immaginavo che saremmo arrivati a questo punto.”
Martha si alzò e la raggiunse in cucina. “Tesoro, tu e Richard siete in una fase delicata del vostro rapporto, sta provando a gestire la situazione e… beh ha sofferto molto la tua lontananza. Ha voluto fare un passo in più. Se il tuo lavoro avesse funzionato, un cambiamento si sarebbe reso necessario.”
Kate posò i bicchieri sporchi sul lavandino. “Lo avrei voluto con me.”
“Lo so, cara.”
“Lo avresti accettato?” La donna annuì vigorosamente.
“Una madre sa quasi sempre quando è il momento di lasciar andare un figlio. Spesso però un figlio non sa quando è il momento di lasciare andare un genitore. Non lo vorremmo mai.” Rispose serena.
Kate pensò al tempo in cui aveva vissuto solo in funzione del desiderio di dare giustizia a sua madre. Anche lei non aveva voluto lasciarla andare per anni. Lo aveva fatto solo quando Rick era entrato prepotentemente nel suo cuore e aveva cercato aiuto per superare quel muro che gli impediva di amarlo come desiderava.
“E’ proprio vero Martha…” rispose continuando a sistemare la cucina.
Entrambe si voltarono nel vedere Pi scendere le scale.
“Ok, vado a farmi un giro per un po’…” disse con un sorriso spento.
Martha gli sorrise. “Ti ha cacciato eh? Non stare fuori troppo e sta attento.” Quando il ragazzo lasciò la casa, Martha si voltò verso Kate. “Alexis deve essere davvero fuori di sé.”
Kate la osservò muoversi con tranquillità, non sembrava preoccupata come lo era lei, presa un po’ alla sprovvista da quella nuova sfuriata. All’improvviso le azioni di Martha gli sembrarono più chiare e più drastiche che mai.
“Li hai portati all’esasperazione perché sai che capitolano in meno tempo?” Le domandò incerta sulle parole da usare. La donna si voltò gongolando.
“Di solito il senso di colpa funziona su enrambi, stavolta sono arrivati ad un picco sorprendente, ma sono convinta che fosse necessario.”
Lo sguardo stupito di Kate la invitò a continuare.
“Se li conosco abbastanza ora se ne staranno tutte due a crogiolarsi nei bei ricordi del passato e si sentiranno in colpa per le cattiverie che si sono scambiati.  Due coccole e Richard si scioglierà come un gelato al sole, raggiungendo Alexis. Ma questa incombenza spetta a te, mia cara ragazza!” Le disse facendo l’occhiolino. “E che la fortuna ci assista!”
___________________________________________________

Adoro Martha, un po' pazza e un po' saggia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tre donne ***


Castle se ne stava seduto a bere uno scotch nel suo ufficio, ancora scosso per la discussione avuta a cena. Aveva perso le staffe ma Alexis era stata di nuovo tagliente più di un rasoio.
Non aveva mai imposto la sua autorità a casa e non aveva mai minacciato di cacciare qualcuno tantomeno sua figlia, quindi quelle sue illazioni erano del tutto fuori luogo così come era successo poche ore prima. Non poteva dare troppe colpe a sua madre per aver innescato un nuovo scontro verbale, lei voleva solo che il confronto tra loro avesse luogo, ma forse era stato troppo presto e di certo gli animi non si erano placati.
Lui si era rilassato parlando e facendo l’amore con Kate, aveva pensato positivamente immaginando che Alexis si sarebbe calmata e avrebbe rivalutato le sue parole con più lucidità. Si stava illudendo di poter chiarire velocemente la situazione, ma la ferocia della ragazza lo aveva spiazzato nuovamente infrangendo le sue speranze.
Si alzò, uscì sulla porta e si fermò sentendo Kate raccontare di sé ed il padre a Martha, affaccendate in cucina a sistemare quel che restava di quella infelice cena. Si appoggiò allo stipite e rimase ad ascoltarle. Sentire Kate palare del suo passato era una cosa rara, vederla aprirsi con sua madre era una novità promettente, soprattutto perché significava che molte delle sue barriere psicologiche erano crollate non solo per lui e con lui.
Era felice ed allo stesso modo dispiaciuto di aver portato Kate a ricordare momenti dolorosi del suo passato e si sentiva anche più stupido per non averlo capito. Ma era così arrabbiato con Alexis che il suo ego aveva di nuovo oscurato la sua ragione.
Tornò sui suoi passi e andò in camera da letto. Si stese e si mise le mani sul volto.
Si sentiva sottosopra, esausto, arrabbiato e deluso ed il tutto stava accadendo quando doveva essere felice di stare per convolare a nozze con la donna che amava. Inoltre doveva restare sereno per lei che aveva bisogno del suo sostegno ed invece l’aveva trascinata in una lite familiare.
Non voleva perdere Alexis, prendersi cura di lei, dopo l’abbandono di Meredith, era stato tutto il suo mondo, la ragione per cui non si era abbandonato ad alcool ed eccessi per dimenticare il primo vero fallimento della sua vita, la ragione che gli aveva impedito di andare in pezzi.
Essere ripagati con il tradimento non era certo la moneta che si era aspettato per aver dato a Meredith ogni possibilità di essere felice e ora anche lei... Non poteva negare che Alexis fosse anche figlia di sua madre, però non si era comportata mai in modo così meschino nei suoi confronti.
Perché la gelosia per Kate la stava facendo diventare velenosa quanto sua madre?
Perché la sua vita per una volta non andava avanti per una volta senza intoppi? In fondo non stava chiedendo la luna. Ma la cosa più dolorosa era ritrovarsi lì da un giorno all’altro, con il cuore colmo di dubbi.
Dubbi su ciò che aveva fatto per lei in passato, su come aveva cresciuto sua figlia, sui valori che credeva di aver instillato in lei e su ciò che poteva aver omesso.
Domande a cui non sapeva dare nessuna risposta utile e si sentiva come se la testa gli stesse per esplodere.
Dal suo tormento poteva solo uscire una creatura assurda e malvagia perché sentiva che la sua innata positività lo stava abbandonando come un ratto che scappa da una nave che affonda.
Sentì la porta della sua stanza aprirsi e Kate entrare nella penombra.
“Stai bene?” Gli chiese sedendo sul letto. Castle scosse il capo. “No. Mia madre?”
Kate si tolse le scarpe. “Martha è dispiaciuta. Sperava di farvi ragionare, ma ha detto che siete due Castle e che siete testardi allo stesso modo. Inoltre Alexis ha mandato Pi a farsi un giro…”
“Bene…” replicò Castle e lei gli lanciò addosso il cuscino.
“Sei arrabbiata anche tu con me?” Chiese lui alzandosi a sedere.
“No, Castle. Sono dispiaciuta per quello che è successo. Dare addosso a Pi non è corretto, in verità non l’hai mai ascoltato. Gli hai mai chiesto cosa ci fa qui?” Chiese quindi andando a sdraiarsi accanto a lui, riprendendo il suo cuscino tra le braccia. Castle si girò su un fianco e rimase ad osservarla appoggiato alla sua stessa mano. Le tolse il cuscino e andò a posare la testa tra le sue mani, baciando il suo ventre.
“In effetti non ho mai avuto occasione di farlo. Il suo modo di fare mi urta…” replicò ma le sue scuse sembravano deboli anche a sé stesso.
“Lo so ma è il ragazzo di Alexis e prima o poi dovrai imparare a conoscerlo, lui e… quelli che verranno.”
“Altri? Sei qui per tranquillizzarmi o mandarmi direttamente al manicomio?” Chiese di rimando, cercando di alzare la testa ma Kate la trattenne al suo petto.
“Continuare a negare le cose ovvie non le renderà meno vere.” Lo rimproverò a bassa voce.
Castle emise un gemito sordo. “Il primo che mi taccia di vivere nelle favole lo mando a fare un corso accelerato di realismo da te.”
Kate lo baciò sulla testa e poi lo accarezzò, ma non rispose. Rimase in silenzio, pensierosa, facendo scivolare le dita tra i capelli lisci di Castle, con un movimento lento e cadenzato.
Castle sospirò e ruppe quel silenzio che stava sembrando punitivo nei suoi confronti, parlando ancora sprofondato col viso nel suo grembo.
“Pensi che io abbia torto?” Gli chiese speranzoso mentre Kate continuava ad accarezzare i suoi capelli.
“State sbagliando entrambi in qualche modo. Siete troppo testardi e orgogliosi per ascoltarvi veramente.” Castle deglutì. “Non mi ha certo dato tregua a cena.”
“Tu non hai mantenuto la calma.”
“Come potevo, mi ha di nuovo sputato addosso veleno!”
Kate scosse il capo sospingendo Castle verso la sua parte del letto. “Non permettere al tuo ego di prevaricare, altrimenti non riuscirai mai a sapere che cos’ha.”
“Lo so che cos’ha! E’ impazzita come sua madre!” Replicò sbuffando. “Però mamma poteva anche aspettare per quell’entrata ad effetto!” aggiunse grattandosi la testa.
“Tua madre ha un piano…” replicò Kate.
Lui la guardò come se avesse visto una creatura aliena. “Mia madre ha un piano? Ero già preoccupato prima, ora posso dirmi terrorizzato…” Kate sorrise. Il suo uomo nella paura reagiva con un sarcasmo pungente e si comportava come un bambino cocciuto.
“Beh, sta facendo leva sul vostro senso di colpa per farvi arrivare ad un dialogo. Inoltre…” disse andando a giocherellare con il suo colletto aperto. Si morse le labbra e poi scosse il capo, incredula per quello che stava facendo. Sospirò e si mise a sedere.
“Pensa che se io ti dedico un po’ di… coccole, tu deporrai le armi e andrai a parlare con tua figlia.” Chiarì candidamente.
Castle sbottò. “Vuoi manipolarmi anche tu come fa lei?”
Kate fece una smorfia. “No, non direi se consideri che te lo sto raccontando.”
“Il senso di colpa è dannatamente sopravvalutato.” Rispose Castle scuotendo il capo.
“Ma funziona e tu ami tua figlia, tua madre lo sa.”
“E credi che basti? Che mi basti dopo quello che mi ha detto? Non l’ho mai trattata così e non capisco perché lei lo sta facendo con me!”
Kate si abbassò e gli diede un bacio sul naso. “Non credo serva a molto.”
“Mh…” mormorò Castle sfregandosi le mani sul viso.
“So di non poter fare molto per te se non… ripeterti di avere pazienza e cercare di parlarle con calma, ma la tua reazione così sanguigna in mia difesa non farà altro che alimentare la sua rabbia.”
Castle si accigliò. “Dovrei permettere che ti insulti?”
“So difendermi da sola, ma continuo a pensare che Alexis stia tenendo un atteggiamento provocatorio nei tuoi confronti per urtarti volutamente e ci sta riuscendo benissimo.”
“…mettendo anche te nel calderone. Non voglio che ti detesti.” Castle si appoggiò alla testiera del letto.
Kate si sedette davanti a lui. “Alla sua età si cambia. Alexis è una giovane donna che sta cercando la sua strada e cerca un nuovo equilibrio nella sua vita e per sé stessa. Ha 19 anni ed è nel pieno di quella difficile fase in cui si definisce la propria identità.” Spiegò prendendo la mano di Castle tra le proprie. Era calda, morbida.
“Ma questo cosa c’entra con noi? Come fa a credere che tu mi possa allontanare da lei?” Castle chiese contrito.
“Beh ha avuto paura di perderti a Washington, e non era la sola.” Mormorò scuotendo il capo. Lei stessa aveva combattuto contro il terrore che l’aveva colta nel saperlo in quelle condizioni, lo stava per perdere e stava accadendo a causa sua. Erano stati fortunati. Abili sì, ma anche molto fortunati.
“Sto facendo questa vita da ormai cinque anni, perché questa scenata solo ora?” Kate si chiese come poteva quell’uomo essere tanto intelligente quanto ingenuo. “Davvero me lo chiedi? Lo hai detto a cena…”
Castle mosse ritmicamente la testa contro la testiera di pelle.
“L’ho detto così di getto…”
Kate sospirò. “C’è qualcosa di vero in quella frase, Rick.”
“Sperava che io mi stancassi come è successo in passato ed invece mi sono innamorato di te.” Mormorò pesando ad alta voce.
“Ed il peggio per lei è venuto quando tu hai corrisposto il miei sentimenti.” Spiegò quindi più a sé stesso che a Kate, la quale aveva evidentemente già compreso la situazione con più chiarezza.
“Sì. Credo che questa sia una delle ragioni…” Kate fece un sorriso mesto.
Il viso di Castle si fece teso e gli occhi si arrossarono.
“Non mi ha mai visto innamorato prima.” Mormorò stringendo le labbra con forza.
“E sei innamorato di una donna che ti fa rischiare la vita periodicamente. Un quadro perfetto.”
Castle si morse le labbra. “E una mia scelta Kate, non è colpa tua.”
“Potrei impedirtelo.” Sibilò guardando la sua grande mano tra le proprie.
“Lo vuoi davvero?” Chiese incredulo. Kate scosse il capo alzando gli occhi per incrociare quelli del suo uomo.
Castle se la tirò vicino e baciò la sua fronte, ma Kate si divincolò.
“Ehi…” si lamentò Castle.
“Niente manipolazione ricordi?” Lo riprese cercando di alleggerire la tensione di quel momento. Castle era sicuramente angosciato, ma doveva pensare con lucidità per il bene del loro futuro e quello di sua figlia.
“Probabilmente Alexis è preoccupata di perderti, ma non solo fisicamente. Forse crede di non poter più contare su di te, sul tuo sostegno nelle sue scelte ora che ci sono io.” Spiegò cercando di trovare altre ragioni se non quella della gelosia fine a sé stessa che poteva essere l’unico scoglio vero contro il futuro di entrambi. Castle l’avrebbe difesa strenuamente, ma la rottura tra i due non era in alcun modo accettabile.
“Fino ad ora non ha parlato di scelte per sé stessa, ma solo di quanto sono stupido e insensibile nei suoi confronti e nei confronti di mia madre.”
Kate scosse il capo. “Non lo so, è solo una sensazione.”
“Saranno gli ormoni.” Replicò stizzito.
“Castle…” Lo richiamò lei. Lui andò ad accarezzare il suo collo con il dorso delle dita.
“Non mi farai nemmeno due coccole? Prometto che non la considererò una manipolazione…”
Kate scosse il capo, facendo una smorfia. Scese dal letto e gli sorrise prima di entrare in bagno.
Castle sbuffò.
“Ah… il senso di colpa!” Esclamò esasperato. Ci mancava sua madre con le sue teorie, chissà magari le aveva recuperate da qualche manuale di cinema e ne stava facendo un dannato buon uso, lo doveva ammettere. Sua madre era la regina dei sensi di colpa, anche nel passato. Kate aveva ragione: funzionavano maledettamente bene.  Però non si sentiva pronto a discutere di nuovo con Alexis, non con quei toni e soprattutto avendo in mente gli orrendi e furibondi litigi che aveva avuto con Meredith durante la loro separazione, perché non lo avrebbero aiutato a gestire la situazione nel modo più utile. Perdere le staffe una terza volta avrebbe fatto più danni.
Allo stesso tempo non voleva deludere né Kate, né sua madre né tantomeno sua figlia e doveva essere proprio lui a comportarsi da padre come ci si aspettava, però in quel momento era troppo arrabbiato, troppo teso e avrebbe finito per litigare di nuovo. No, non era ancora i momento adatto.
Si alzò e si svestì svogliatamente, rimettendosi addosso la tuta comoda che usava come pigiama. Voleva solo buttarsi nel letto con Kate tra le braccia e arrivare al giorno dopo senza altre pugnalate.
Tornò lentamente verso il suo ufficio e si riprese il bicchiere di scotch quando Kate lo raggiunse in silenzio, sfilandoglielo di mano.  Ne bevve un sorso e poi lo posò.
“Cerchiamo di dormire un po’… domani risolveremo la cosa, vedrai.” Passò le mani sulle sue spalle. Erano rigide ed il collo era teso come una corda di violino.
“Da quando sei diventata così positiva?”
Lei gli sorrise. “Da quando frequento un tizio… uno scrittore davvero particolare.”
Castle la prese per la vita, se la tirò contro e cercò le sue labbra con impeto. Lei non gliene negò.
“E se le coccole le faccio io a te?” Chiese lui con gli occhi fissi in quelli di lei.
Kate scosse il capo. “Non so, credo sia la stessa cosa…”
 
Erano circa le due di notte e Alexis non riusciva a chiudere occhio, rotolandosi nel suo letto come se quest’ultimo fosse all’improvviso diventato urticante.
Nella sua mente si accavallavano pensieri e sensazioni differenti, pensieri riguardanti lei e suo padre, lui e Kate. La frase che gli aveva rivolto a cena, che lei non lo stava perdonando per essersi innamorato riverberava nella sua mente come un eco che andava a scavare profondamente nella sua anima.
Si era inferocita ancora di più quando Pi gli aveva chiesto candidamente se c’era del vero, così lei l’aveva spedito a farsi un giro. Già perché Pi aveva cercato di parlarle, di farle capire che era normale che sua padre amasse, scegliesse la propria vita e decidesse quale rischio correre, come lei del resto. Ma non si parlava del padre di Pi, ma del suo, il suo compagno di giochi, di avventure. Il suo pazzo, irrazionale, fantasioso e irriverente padre. L’uomo che aveva sfidato i professori della sua scuola per permetterle di giocare a calcio, che aveva pazientato al freddo sugli spalti per sostenerla nelle sue partite. Che ne era stato di lui?
E poi sua nonna si era messa a riprenderli entrambi davanti a Pi e Kate come se fossero due bambini. Si era sentita a disagio.
Si chiese se ci fosse qualcuno ancora in grado di capirla in quella casa, anche se non riusciva ad essere in collera con sua nonna, in fondo lei era solo infastidita dei loro litigi. E poi non sapeva nemmeno se Pi era rientrato. Quella casa cominciava a diventare stretta in tanti modi.
Prima di cena Kate le aveva sorriso e si era trovata impreparata a quel gesto di gentilezza. Ma perché Kate non voleva capire che suo padre era tutto ciò che aveva sempre avuto? Che non poteva fargli rischiare la vita come faceva lei ogni giorno?
Le cose dal suo rientro a New York erano peggiorate. Sperava che l’inizio dei corsi al college avrebbe risolto quell’assurdo modo di coesistere con la sua famiglia, ma troppe cose non andavano bene e ogni volta che suo padre usciva di casa rischiava di non rientrare. Come poteva essere serena nello stare lontano? Era proprio cambiato tutto.
Il suo stomaco brontolò, la cena era stata breve e aveva mangiato poco, Pi non era ancora rientrato e così lei decise di alzarsi e dedicarsi a trovare qualche avanzo per rinfrancare lo stomaco e, sperava, anche lo spirito. Così avrebbe chiamato Pi e l’avrebbe aspettato al suo rientro. Del resto si era arrabbiata con lui a causa della sua domanda, ma forse avrebbe dovuto dargli più spiegazioni.
Uscì dalla propria stanza raggiungendo le scale a piedi nudi.
La zona giorno era al buio così come la cucina. Fu sollevata dal trovare il locale vuoto, non aveva una gran voglia di incontrare qualcuno.
Scese silenziosamente le scale e raggiunse la cucina, accendendo una delle luci del bancone.
Aprì il frigorifero e tolse un piatto di melone e papaia già affettati.
Poi guardò verso il surgelatore e l’aprì andando a prendersi un vasetto di gelato alla crema. Pi non si sarebbe offeso se per consolarsi della giornata orrenda si fosse concessa qualche cucchiaio di gelato.
“Bene, affoghiamo tutti i nostri dolori, chi con il gelato chi con il bourbon…”
Le parole dette a mezza voce la fecero trasalire e la chioma rossastra di sua nonna comparve dal divano insieme ad una mano alzata con un bicchiere.
“Sei tu nonna, non volevo interrompere la tua sessione di meditazione…” replicò Alexis prima di richiudere il frigorifero.
Martha si voltò regalandole un sorriso spento e ignorando volutamente il sarcasmo della nipote.
“Pi non è ancora rientrato, così ho approfittato qualche minuto per concedermi una pausa d riflessione al buio proprio qui.” Disse con un tono sommesso.
“Oppure volevi vedere se qualcuno tra me e mio padre cercava una tregua?” Rispose in tono seccato.
“Forse, ma ho i miei buoni motivi ragazzina. Non usare quel tono con me.”
Alexis intuì che sua nonna aveva bevuto qualche bicchiere in più e la verità tendeva a uscirle di bocca in modo meno sofisticato e più diretto, ma non senza lasciare il segno voluto.
“E lo so che mi stai guardando male da laggiù, ma non sai cosa significhi per me vedervi accapigliarvi in questo modo. Fa male al cuore tesoro.” Aggiunse Martha posando il bicchiere sul proprio petto.
Alexis sedette al bancone aprendo il suo gelato e guardandolo con attenzione.
“Nonna non è colpa mia…” si giustificò senza staccare lo sguardo dal gelato. “Mi spieghi perché tu non sei arrabbiata con lui per la sua scelta di seguire Kate a DC? Ci avrebbe lasciato sole!” Sbottò irritata.
“Ah! Tuo padre non mi ha mai lasciata sola, non sai quante volte l’ho lasciato solo io… e ci si è messa pure tua madre…” Disse Martha, guardando verso di lei ma fissando un immaginario punto nel vuoto.
“L’ho lasciato solo a fare sbagli su sbagli e dio sa quanti ne ho fatti io. Ma siamo qui, siamo ancora qui e sono fortunata ad avere un figlio così.” Ribadì con serietà e senza alcun velo di ironia nella voce.
Alexis scosse il capo. “Si comporta da incosciente nonna e per te quello che è successo a Washington non significa niente?”
Martha si raddrizzò e stavolta andò a posare il bicchiere sul tavolino da caffè.
“Significa tante cose, significa che Richard non può e non vuole restare lontano da Kate. Significa che il loro lavoro insieme è importante quante la loro relazione, significa che mio figlio sta crescendo nonostante tutto.”
“Ma nonna, di che lavoro stiamo parlando? Quello è solo un brutto gioco! Come puoi accettare che rischi così la sua vita?”
Martha rise. “Una madre lo fa da quando mette al mondo un figlio tesoro. Lui si attarda su un’attività certamente più pericolosa, ma ora c’è qualcuno che lo ama e che gli guarda le spalle mentre lo fa. E credo che ormai si renda conto della sua utilità, anche se può sembrare un gioco incosciente non è più così.”
Alexis scosse il capo, turbata dalle parole di sua nonna.
“Era molto peggio non sapere nulla e poi scoprire che per scrivere un libro aveva stretto amicizia con un mafioso.” Aggiunse Martha guardando verso la finestra.
Alexis guardò sua nonna riuscendo a capire le sue ragioni sebbene non le condividesse.
“Erano parentesi che si aprivano e si chiudevano…”
“Ma duravano anche anni tesoro.”
La donna si alzò e la raggiunse al bancone della cucina.
“Tuo padre si è sempre cacciato nei guai per fare le sue ricerche, forse non lo ricordi? Kate lo ama e lo terrà al sicuro. E poi ci sono Javier e Kevin, il capitano Gates e gli altri colleghi del distretto.” Disse andando a prendere dal cassetto delle posate un cucchiaio in più.
“La parentesi Beckett sta durando davvero molto.” Commentò Alexis.
“E dubito che si concluderà brevemente.” Rispose Martha.
“Non lo so. Per Kate farebbe qualunque cosa. Anche…” Alexis cercò gli occhi di sua nonna.
Lei annuì. “Prendersi una pallottola al posto suo? Probabile. L’abbiamo già vista questa scena. Ma lo farebbe anche per amor tuo. Non sottovalutare l’amore di un genitore per un figlio.” Martha assaporò il gelato. “Escludiamo però da questo assioma tua madre.” Entrambe risero.
Alexis annuì. “Non essere così cinica nonna, non lo potremmo mai sapere.”
“Ne sono ben lieta.” Sentenziò Martha con un gesto della mano.
“Ma se poi con Kate non funzionasse? Se anche con lei finirà in un disastroso divorzio?”
Martha scosse il capo. “Non lo possiamo prevedere. Se lo potessi fare sarei miliardaria!”
“Nonna ti prego…”
“Osserva com’è diverso Richard con lei. Tende a non nascondersi sempre dietro alle buffonate o ai giochi. Affronta paure, momenti difficili, non teme di mostragli quello che è veramente. E’ un ottimo segno.”
“Vorrei che me ne avesse parlato, che mi avesse raccontato tutto.” Alexis giocherellò con il cucchiaio, e prendendo distrattamente un pezzo di melone.
Martha mugugnò qualcosa mentre gustava il suo gelato. Poi si voltò a guardare la nipote con serietà.
“Tu hai dei segreti con tuo padre, lui lo sa e fatica a parlarti. Ma sta anche succedendo il contrario, perché anche tu lo stai evitando… E francamente non so quali segreti abbia lui visto che ormai Kate è parte della nostra famiglia da tempo…”
“Questo non è vero.” Rispose seccata Alexis.
“Sicura? Sicura di avergli mai parlato di ciò che pensi della sua relazione con Kate? A parte le parole che gli hai rivolto oggi… Per inciso Kate ha sentito tutto. Tesoro, davvero puoi dire quelle cose?”
Alexis avvampò. “No, non direi…” Martha la studiò di sottecchi ondeggiando il cucchiaio come un arma.
“Forse non te ne sei accorta ma negli ultimi tempi quella che si nascondeva entrando in casa e asportando cibo eri tu e tuo padre ha dovuto installate una bomba ad inchiostro per scoprirti. Sei davvero certa di aver parlato limpidamente di te a tuo padre?”
“Non posso proprio dirgli tutto sai, ci sono cose che è bene che non sappia!” Sbottò punta sul vivo.
Martha sorrise. “Come darti da fare con i ragazzi immagino… Si è bene che tuo padre non sappia i dettagli, i padri non amano mai questi dettagli!”
Alexis richiuse stizzita la scatola del gelato.
“Sono cose normali, ci sono passata anche io ai miei tempi. Non mi scandalizzo di certo, ma non è il caso di farne un dramma.”
“Qui non sono io a farne un dramma.”
“No? Scusa ma fino a poco fa pensavo che fossi tu a drammatizzare in merito alla compagna di letto di tuo padre...” Rispose Martha mimando le virgolette con le dita delle mani, tanto che Alexis rimase a bocca aperta, stupita dall’abilità oratoria di sua nonna. L’aveva portata dove voleva lei? Si trovò in scacco.
“Non giudico Kate, giudico solo i rischi in cui incorre papà al suo fianco.”
“Oh, bambina, ci sono rischi con o senza Katherine Beckett, ma in sua compagnia è più felice. Tanto mi basta.”
Martha accarezzò la spalla della nipote.
“Pensaci su… Ora ti lascio finire il tuo gelato con calma. Poi ripesca il nostro Pi greco prima che lo trovino a dormire in strada…” disse Martha baciandola sulla testa e abbandonando il cucchiaio nel lavandino.
“Buonanotte nonna. Ti voglio bene anche io.”
 
Kate si ritrovò sveglia nel cuore della notte senza alcuna coperta addosso. Si alzò a sedere e si girò verso Castle che si agitava nel sonno stringendo le coperte con le mani. Mormorava qualcosa di incomprensibile contorcendo e tirando a se le coperte come a volersi fare scudo da qualcosa.
Lei lo afferrò per le spalle nel tentativo di svegliarlo. “Castle… avanti svegliati è un brutto sogno.” Gli disse scuotendolo vigorosamente.
Castle spalancò gli occhi gridando “Ananas!”
“Pensavo che la tua parola di sicurezza fosse mele…” Ironizzò posando una mano sul suo torace e cercando di calmarlo.
“E’ stato orrendo!” Replicò Castle ansante. Sprofondò nel cuscino allontanando le coperte che lo stavano facendo sudare. Kate strizzò gli occhi e ripeté: “ananas?”
Castle si passò le mani sul viso.
“Ero circondato da un esercito di banane con stupidi baffetti ed enormi forchette come armi. Erano alte almeno due metri e mi stavano accerchiando. Poi la fila di banane si è aperta in due, un po’ come le acque del mar rosso nei dieci comandamenti tanto per intenderci…”
Kate sorrise trattenendo una risata. La descrizione era già curiosa. Attese il resto cercando di concentrarsi sul restare seria.
“Ed è comparso un enorme ananas. Solo che era bianco con le foglie arancioni. Mi guardava con malignità e si è avvicinato a me cercando di afferrarmi con le sue braccia lunghe e sottili, simili a liane, le cui superfici erano ricoperte di piccole lame taglienti. Mentre cercavano di afferrarmi mi tagliavano la pelle delle braccia e delle gambe…”
“Banane e ananas antropomorfi...” Commentò Kate. “Comprensibile, in fondo hai mangiato pesante a cena.”
Rispose con tranquillità sorridendogli.
“Davvero spaventoso Kate, chissà che mi avrebbe fatto quel mostruoso ananas!”
Castle la guardava con gli occhi spalancati.
“Davvero Castle? Un ananas con le foglie arancioni?”
“Già…” rispose lui con solennità.
Stavolta Kate rise. Castle mise il broncio.
“Certo divertiti pure, ma io stavo per essere seviziato da un ananas gigante, avresti sentito le mie urla di dolore.”
“Castle è stato un brutto sogno. E io mi sono svegliata perché tu ti stavi agitando, non avrei permesso a quell’ananas di metterti le mani addosso. Promesso.” Lo schernì Kate e lui la prese per i fianchi.
“Ti sarebbe piaciuto vedermi torturare?” Le disse mentre cercava di trattenerla a sé.
“Dai tuoi stessi incubi? Non ho un’immaginazione così perversa.” Rispose lei prendendo il suo viso tra e mani.
“Ananas con i capelli rossi? Banane con i baffetti? Non ti sembrano volti familiari?”
Castle fece una smorfia. “Proprio così!”
Kate cercò di sistemare le coperte e poi sbuffò. “Visto che siamo entrambi svegli e che… tu hai evidentemente bisogno di parlare, ora vado a fare un caffè. Per te forse una camomilla…”
Castle sbuffò alzandosi e rigirando il cuscino umido. “Appiccica…”
Kate gli diede il suo e lei buttò quello di Castle contro il proprio lato della testiera. “Intanto che vado a prendere qualcosa da bere lascialo prendere aria.” Commentò schioccando al suo uomo uno sguardo severo.
“Come vuoi. Ma detesto la camomilla, portami dell’acqua. Anzi vengo con te…”
Kate lo fermò con una mano. “Stai qui tranquillo. Rilassati, arrivo tra pochi minuti ok?” Lui mugugnò qualcosa annuendo. “A cuccia Castle…” gli disse baciandolo e facendo scivolare via le sua mani dai propri fianchi.
“Non sarai ancora in tregua spero… Ho bisogno di coccole!” Piagnucolò e Kate sorrise lasciando la stanza, sperando di non disturbare troppo Pi, ammesso che lui stesse dormendo ancora sul divano. Portare con sé Castle avrebbe alimentato polemiche nel suo uomo lievemente alterato. Meglio fare da sola.
Sorrise pensando all’ananas. Solo Castle riusciva a rendere tutto così assurdo, la sua fervida immaginazione aveva trasformato della semplice frutta nel suo tormentato rapporto con la figlia.
Quando uscì dalla stanza si stupì di trovare le luci della cucina accese e Alexis appoggiata al bancone mentre mandava messaggi con il telefono. Di PI nessun segno.
“Pi non è ancora ritornato?” Chiese ad Alexis che trasalì notando la sua presenza.
Alexis scosse il capo, ma non pronunciò parola.
“E’ tutto a posto?” Aggiunse Kate guardando di sottecchi la ragazza, ma affaccendandosi per preparare un caffè. Alexis alzò le spalle ma non rispose. Kate vide la sua reazione e preferì non aggiungere altro.
“Perché poi dovrebbe interessarti?” Chiese all’improvviso Alexis.
Kate scosse il capo. “Stare fuori a quest’ora non è proprio sicuro.” Rispose con tranquillità.
“Ma tu lo fai spesso…” replicò la ragazza, continuando a giocherellare con il telefono.
“E’ il mio lavoro, sono armata e… beh non sono sola.” Rispose riponendo accuratamente il contenitore ermetico del caffè, non prima di aver odorato il meraviglioso profumo che emanava quella miscela.
Alexis alzò il viso. “Certo, mio padre!”
Kate si voltò a guardarla. “Esatto. E non solo…”
Alexis sosteneva lo sguardo di Kate cercando di capire quale fossero le intenzioni della donna, ma lei non perse la calma e le regalo un ennesimo sorriso prima di voltarsi e prendere dalla credenza due tazze per il caffè.
“Tuo padre ha avuto un incubo” spiegò senza bisogno di guardare la ragazza. “Ha sognato di essere aggredito da un ananas albino dalla chioma arancione e da un orda di banane giganti con i baffi e armate di forchette.”
Alexis abbassò lo sguardo, quella descrizione la stava divertendo. Era tipico di suo padre avere una mente così contorta. “Lui adora farsi coccolare…” mormorò.
Kate annuì. “Come un bambino.”
Alexis raccolse il piatto della frutta e lo andò a riporre in frigorifero insieme al gelato.
“Non volevo disturbarti, tra poco ho finito.” Aggiunse Kate, notando i movimenti tesi della ragazza.
Alexis la guardò con decisione. “Non fa nulla. Pi sta rientrando e io torno a dormire.” Disse poi abbandonando la cucina. Kate si morse le labbra. Non era facile per lei rompere il ghiaccio ma doveva farlo, doveva tendergli una mano.
“Mi dispiace davvero molto per la storia di Washington.” Disse prima che la ragazza arrivasse alla rampa di scale. Alexis si fermò.
“Davvero? Però vuoi mio padre con te, perché non temi che possa succedere di nuovo?”
Kate la guardò voltarsi con il viso arrossato.
“Non posso escludere nulla a priori. Non faccio un lavoro prevedibile purtroppo. Ma tuo padre è… la parte migliore di questo lavoro ormai.”
Alexis tornò sui propri passi. “Perché mio padre, tra tutti i super poliziotti che potevi avere accanto a te, perché proprio mio padre?” Chiese senza timore di sostenere lo sguardo della detective. Stavolta voleva andare fino in fondo.
“Perché è l’unico che ha capito, che è rimasto, che ha lottato…”
“Tanto ci voleva per conquistarti?” Replicò Alexis, in un mix di rabbia e curiosità. Davvero quella donna era così difficile?
Kate scosse il capo. “Tanto ci voleva per salvarmi dalle barriere che io stessa mi ero costruita. Fin dal primo giorno ha capito e ha insistito. Ha scavato fino ad arrivare a strapparmi via da quella vita buia.” Spiegò senza guardarla in viso. Dirle quelle cose le stava costando, ma in fondo ne valeva la pena se Alexis avesse capito che amava sinceramente suo padre, come non era mai accaduto prima.
“Ci sono stati momenti dove mio padre ha vacillato, si è fatto male con te, lo so…”
“Eri a cimitero, in ospedale. Ha visto tutto.” Rispose annuendo.
“E allora perché volevi portarlo lontano?” Alexis era emozionata e arrabbiata allo stesso tempo.
Kate prese un lungo respiro e la guardò. “Volevo averlo accanto, e la cosa assurda è che per ben due volte ero convinta che lui stesse per lasciarmi e invece… ha fatto un passo avanti. Ha uno strano modo di dimostrarmi il suo amore, ma lo fa con una tenacia che adoro.” Kate deglutì. “Ma credimi non gli avrei mai permesso di allontanarsi da te. Da questa casa in modo definitivo. Sarei tornata io.”
Alexis si mise una mano sulla fronte.
“Ma se avesse funzionato nell’fbi?” Insistette Alexis.
Kate negò con il capo. “Non so se davvero c’era la possibilità di andare avanti. Ci sono cose che non riesco a fare. Non so ne sarei stata capace. Non riesco ad ignorare le ingiustizie.”
“Ma se…” Iniziò a dire.
“Ma non è successo. Siamo qui e non ho intenzione di fare del male a tuo padre, tantomeno allontanarlo da te. Lo amo per quello che è, buffo, divertente, intelligente e con un cuore grande.” Kate si mise le mani sui fianchi. Osservò il caffè uscire nella caraffa e preparò le tazze.
Alexis rimase ferma, lo sguardo su di lei e gli occhi rossi. “Ti adora…”
“Adora te di più: sei sua figlia e sta male per questo vostro litigio. Aggiunse in tono più mesto.
“Anche se reagisce come stasera?” Chiese Alexis.
“Sì.” Puntualizzò Kate. “Fa anche fatica ad accettare i tuoi cambiamenti, si è reso conto che sei cresciuta e non riesce ad accettare la cosa. Ma su questo aspetto ci sto lavorando.” Ammise con un mezzo sorriso.
Alexis scosse il capo. “Non ho bisogno del tuo aiuto.”
Kate si umettò le labbra. “Lo so. Voglio solo farti sapere che ti capisco e che… nonostante quello che puoi pensare di me, lo amo davvero.” Lo sguardo di Beckett stavolta non era sfuggevole, era diretto e serio.
Alexis si morse le unghie, pensando alle sue parole.
L’odore del caffè si stava spandendo nell’aria e il profumo donava una sensazione di casa e di sicurezza che Kate amava percepire.
“Prima o poi spiccherai il volo, inizierai una vita tutta tua, per tuo padre non sarà una passeggiata. Pensi che restare solo a saperti chissà dove con un uomo lo possa rendere felice? Dovrà abituarsi all’idea.”
“Non dirmi anche tu che ogni padre lo fa.” Rispose la ragazza, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, quasi irritata dall’ennesima spiegazione su come siano i padri. Prima Pi, poi sua nonna e adesso Kate.
“Ma è così, almeno se è un uomo che si definisce tale. Anche il mio lo ha fatto. E’ stato difficile fargli digerire i miei ragazzi. Beh… tranne Rick. Lui gli è piaciuto subito.” Le sue donne si guardarono. Non c’era tensione tra loro, almeno a Kate così sembrava: Alexis era agguerrita ma meno ostile.
“Ma non può certo scegliere per me. E poi si sta comportando molto male con PI.” Rispose alzando le mani.
Kate scosse il capo. “Nessuno può scegliere con chi vuoi passare il tuo tempo, o la tua vita. Non puoi nemmeno imporlo a tuo padre. Lo so, dovrà lavorare molto per accettare Pi, ma non è una cosa impossibile.”
Scherzò facendole l’occhiolino. Alexis aprì la bocca, stupita per la seconda volta nella nottata.
Kate aveva ragione, doveva ammetterlo anche se le piaceva poco. Persino Pi aveva avallato quelle tesi. La bilateralità delle loro azioni portava ripercussioni direttamente sull’altro e se non trovavano un punto di dialogo si sarebbero fatti del male o addirittura persi.
“Mi dispiace di aver detto quelle cose Kate. Ero arrabbiata con papà.” Si scusò guardandola.
Kate finì di riempire le tazze e zuccherò il caffè. Sorrise e le si avvicinò. “Lo capisco.”
Alexis sorrise di rimando voltandosi verso la porta dell’ufficio di suo padre, lo vide lì fermo, appoggiato allo stipite. Kate gli fece un cenno della testa. Alexis sospirò.
_____________________________________________________
Siamo forse arrivati al dunque?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Drammaticamente bello, spaventosamente coinvolgente ***


"Da quanto sei li?” Chiese Alexis, non del tutto sorpresa della presenza del padre sulla porta del suo ufficio.
Kate gli sorrise socchiudendo gli occhi. Guardò poi Alexis nella speranza che la ragazza non si desse alla fuga, dopotutto quello sembrava essere un buon momento per un chiarimento. Sempre che Rick non decidesse di rovinare tutto con un moto d’orgoglio. Ma i due Castle sembravano abbastanza calmi, ed il suo uomo sembrava anche un po’ stremato. I capelli arruffati, la vestaglia da camera blu aperta e le occhiaie gli davano un’aria pesta. Sperò che intenerisse Alexis come stava intenerendo lei.
Castle mosse il capo piegandolo leggermente di lato. “Da troppo poco tempo per aver avuto modo di ascoltare le vostre parole… ma quanto basta per avere una volta di più la conferma di ciò che desidero.”
Entrambe le donne lo guardarono incuriosite.  Kate gli fece cenno con il capo di avvicinarsi.
“Ci stavi spiando?” Ironizzò con un sorriso dolce.
“No, in realtà non tornavi con il caffè…” replicò alzando le spalle.
Alexis abbassò gli occhi sul piano del bancone. Suo padre era capace di rese davvero imprevedibili, ma qualcosa in lei la stava facendo trattenere dall’andare ad abbracciarlo. Forse era solo orgoglio?
“Siete entrambe stupende, non potevo non osservarvi insieme.” Mormorò Castle a bassa voce. “Ed è questo che voglio.” Disse ad Alexis indicando con la mano nella loro direzione.
“Cosa Papà?” Chiese lei con il volto teso.
Castle si fermò accanto a Kate. “Una famiglia unita. Una famiglia, intera, unita. Nessuna scelta.”
Kate espirò. Non era una richiesta poi così lontana da lei. Dalla scomparsa di sua madre non aveva più percepito quel calore donatogli dallo stare in famiglia fino a che era stata invitata ad una cena con tutta la famiglia Castle, quando lei e Rick erano soltanto amici. Si era sentita bene, a casa e quel sentimento l’aveva spaventata e di nuovo fatta fuggire da lui. Chiuse gli occhi annuendo.
Alexis alzò lo sguardo sul padre.
“Mi dispiace davvero tanto zucca, per quello che ti ho detto… per Washington, dovevo parlartene. Ma eri lontana, e non potevo perdere anche Kate.” Spiegò Castle appoggiandosi al bancone. Una mano di Kate gli scivolò sulla spalla in una carezza dolce.
Alexis scosse il capo. “Ma non mi hai perso papà, sei stato tu a tenermi fuori da tutto…”
“Parigi ha cambiato tante cose, tesoro, lo sai. Ce lo siamo detti prima della tua partenza. E lo so che sono un padre iperprotettivo, ma c’è anche chi mi fa giustamente notare che tu…” la indicò allungando la mano verso di lei. Alexis tentennò alcuni secondi prima di cedere ed afferrarla.
“Stai diventando donna ed io non ti avrò con me per sempre.” Finì tirandola dolcemente a se per poi abbassare lo sguardo verso i suoi occhi. Alexis era commossa, ma l’espressione determinata non l’aveva abbandonata.  Kate si mosse alle spalle di Rick. “Vi lascio parlare” Mormorò facendo scivolare la mano sulla sua spalla. Alexis la fermò con un gesto. “No, rimani, quello che dobbiamo dirci riguarda anche te.”
Rick annuì e Kate tornò sui propri passi.
“Mi dispiace papà…” disse Alexis con voce rotta dall’emozione. “Ma ci sono volte che non mi lasci scelta.”
“Non volevo farti del male.” Rispose Castle. Alexis si avvicinò e Castle l’abbracciò come faceva quando era piccola.
Kate prese la sua tazza di caffè e ne bevve un sorso. Era un buon inizio. Sedette sullo sgabello del bancone osservando padre e figlia tornare a stabilire un dialogo. Non sarebbe stato facile, ma era una scena comunque molto bella. Le piaceva molto vedere Castle comportarsi da padre. Era una garanzia per il futuro. Si rese conto del significato del suo stesso pensiero e cercò di non dare a vedere il suo profondo coinvolgimento limitandosi ad accarezzare la tazza del caffè.
“Vieni, parliamo un po’.” Disse Castle, trattenendo Alexis sotto il suo braccio e imitò Kate, andando a sedersi su uno degli sgabelli della cucina, proprio davanti a lei. Alexis si sistemò accanto al padre.
“Ti chiedo scusa per Washington e l’appartamento. Dovevo parlartene prima. Però... le cose con Kate non stavano andando bene, era difficile vederla e le avevo promesso di non fare nulla di stupido. Non più…” prese a dire Castle guardando di tanto in tanto la sua compagna. La vide sorridere.
“Lo so, ma ammetterai che da quando c’è lei non riesco più a parlarti. Sei sempre preoccupato, strano, oppure nei guai…” Rispose Alexis, cercando di calmare la sua voce. “Non sapevo più che cosa fare!”
“Ma perché non mi hai fermato, perché non venire a parlarmi?”
Alexis si guardò le mani, sfregandole nervosamente tra loro. “Prima la promozione del libro ed io ero in Costa Rica, e poi andavi e venivi da DC… Era tutto così misterioso. E poi il veleno…”
“E’ stata una brutta avventura. Ne siamo usciti come altre volte. Noi ci guardiamo le spalle a vicenda…” aggiunse Castle cercando di nuovo gli occhi di Kate. Alexis scosse il capo.
“Succede spesso che sei nei guai.” Replicò scambiando anch’essa un’occhiata con Kate. Lei si morse le labbra.
“Questo non ti vieta di chiamarmi. Ti avrei raggiunto, anche in Costa Rica.”
Alexis sospirò cercando di trovare l’incipit giusto al suo discorso
“Che cosa ti sta succedendo tesoro?” Chiese di nuovo Castle.
“Ultimamente mi è difficile stare in questa casa, questa situazione mi sta stretta…” Iniziò a dire.
Castle pensò come prima cosa al fatto che condivideva la sua opinione, ma l’espressione di Alexis era troppo tesa per prendere il discorso con leggerezza. “Per via di Kate?” Entrambi i Castle si voltarono a guardarla e lei si sentì a disagio. Castle allungò una mano e afferrò per qualche istante le sue dita ferme sulla tazza di caffè. Il suo sguardo era intenso e le stava dicendo di non preoccuparsi.
Alexis le sorrise. “Non proprio Kate, la vostra relazione è solo uno dei cambiamenti.” Castle e Kate si guardarono stupiti da quella sua rivelazione. Forse un po’ confusi viste le parole che si erano scambiati durante il giorno, anche se Alexis si era già scusata con Kate per la sua battuta di pura provocazione.
“Beh, vorrei che viveste in modo più sereno, correndo meno rischi. Però non è causa tua.” Ammise Alexis tornando a guardare il padre. Capiva il loro stupore, doveva riuscire a parlare con loro a cuore aperto.
Castle sorrise debolmente. “Riguarda me?” Chiese infine preoccupato.
“Sì, ho paura che tu ti faccia male, che tu possa stare male. Non solo per Kate” disse rivolta a lei, “ma per il lavoro che fai. Non so se posso allontanarmi con tranquillità.”
Castle deglutì e gli occhi di Kate fissarono al giovane donna con stupore e comprensione allo stesso tempo.
“Allontanarti? Perché? Per andare dove?” Chiese preoccupato.
“Per vivere la mia vita. Non so chi sono, ma so cosa voglio fare… e ho paura di non riuscire a fare nulla di buono continuando a vivere così.” Disse alzandosi e guardando il padre in volto, per la prima volta lo vide stanco, addolorato e anche invecchiato.
Castle era sorpreso da quella motivazione che non aveva un reale coinvolgimento con la ragione del discutere dell’intera giornata. Sembrava che fosse tutto incentrato su Kate ed il loro rapporto ed invece sua figlia stava vivendo un momento difficile della sua crescita. Sospirò sentendosi cadere.
“Hai diciannove anni, è un periodo di confusione. Speravo che a te non accadesse, sembravi più matura di altri tuoi coetanei e molto più di quanto lo ero io alla tua età.”
Alexis sorrise. “So che voglio trovare la strada per me, costruire il mio futuro. Ho degli obbiettivi, anche se non sono del tutto chiari…”
“E’ normale per la tua età…”
“Tu alla mia età sapevi cosa volevi fare?”
Castle si raddrizzò sulla schiena, continuando ad accarezzare la mano di Kate con dolcezza, per darsi conforto.
“Avevo scritto un paio di romanzi di successo, passavo il mio tempo sperperando il denaro che avevo guadagnato. Sapevo solo di voler continuare a scrivere, per il resto nessun progetto a meno che il godersi la vita in gozzoviglie ed eccessi sia un progetto…”
“Direi di no.” Valutò Alexis.
“Tre anni dopo sei arrivata tu e tutto il mio mondo è cambiato.”
Alexis lo guardò negli occhi, era emozionato. “E’ stato un cambio drammatico?”
“Oh, sì. Drammaticamente bello, spaventosamente coinvolgente! Ho cambiato il mio modo di vivere e amare grazie a te dal primo momento in cui ti ho tenuta in braccio.”
Kate sorrise ascoltandolo. Gli aveva parlato spesso di come si era sentito diventando padre. Provava una forte attrazione per lui mentre lo sentiva parlare delle sue esperienze di padre e non riusciva a spiegarsi perché. Forse quel famoso orologio biologico con cui quasi tutte le donne si dovevano scontrare stava suonando vigorosamente i suoi rintocchi o forse semplicemente il suo uomo sapeva mettere in mostra i propri sentimenti in modo tale da renderlo irresistibile ai suoi occhi. Oppure entrambe le cose.
“Hai avuto paura?” Chiese di nuovo Alexis.
“Da non respirare. Da non chiudere occhi la notte. Ma sono sopravvissuto.” Spiegò espirando.
Alexis giocherellò con le proprie mani. “Fortunatamente non ho questo problema…”
“Grazie a dio… Questo mi solleva molto.” Sospirò Castle alzando gli occhi al cielo. Kate gli diede un colpo sul braccio.
“Papà!” lo richiamò Alexis scuotendo il capo.
Kate scosse il capo, Castle riusciva a infilarsi così spesso in discorsi non del tutto idonei al momento. Ma almeno Alexis non si era offesa e la tensione si era vistosamente smorzata.
“Se ti dicessi che non so più se restare alla Columbia?”
Castle la guardò con preoccupazione. “Perché, c’è qualcosa che vuoi fare d’altro? Dove vorresti andare?”
“Non fraintendermi, voglio fare il college e laurearmi, ma non so se il corso di studi che ho iniziato mi interessa ancora in questo modo.”
“Ti direi di cambiare università.”
“Ma tutti i soldi che hai già messo nei miei studi?”
Castle gli regalò un sorriso mesto. “Ho qualche fondo extra tesoro.” Rispose facendole l’occhiolino.
“Ma perché senti di non aver più affinità con questo corso di studi?” Chiese per capire meglio la situazione. Qualcosa stava avvenendo in Alexis, una presa di coscienza di sé stessa che le faceva mettere in dubbio le scelte fatte.
“Tutto questo parlare di ecologia, di ricerche umanistiche, spesso rimane nel cassetto. Viaggiando mi sono resa conto che sono parole che continuano a rimanere nel cassetto. Non si realizza nulla di concreto.”
Alexis si mise a camminare avanti e indietro davanti al padre. Lui la guardò, orgoglioso di quella creatura tanto fragile quanto determinata.
“Voglio quindi fare qualcosa di vero. Ho iniziato a pensare che forse medicina o le ricerche in farmacologia siano più adatte a me. Voglio fare qualcosa di utile, non scrivere trattati su come potrebbe essere economicamente e socialmente il mondo senza poter fare nulla!”
Alexis era infervorata dal suo discorso. Castle annuì.
“Alla Columbia c’è solo medicina narrativa, ma io vorrei fare medicina vera. Le facoltà sono tutte umanistiche ma io vorrei prima laurearmi in qualcosa di mirato. Però non so cosa…”
Castle ascoltò con interesse, scambiando di tanto in tanto occhiate di intesa con Kate.
“Dove vorresti provare? La New York University ha la facoltà di medicina ma post laurea. Dovrai fare altri test di ammissione e…”
Alexis annuì. Si avvicinò e tornò a sedersi accanto al padre. “Sarà costoso.”
“Questo non è un problema. Tu scopri cosa vuoi fare e dove, poi decideremo tutto il resto. Puoi prenderti anche un po’ di tempo per pensarci, ma non trascurare la scelta. Certe cose vanno fatte a tempo debito, poi possono diventare più difficili.”
“Lo so, comunque troverò un lavoro che mi aiuti nelle spese, serviranno per il nuovo appartamento.” Rispose Alexis con un sorriso abbozzato e teso.
Castle sgranò gli occhi. Ecco di cosa stava parlando quando pensava ad allontanarsi. Guardò Kate in cerca di aiuto e poi tornò a scrutare il volto corrucciato della figlia.
“Vedi, Pi ed io abbiamo deciso di trovarci un posto nostro. Qui non possiamo essere noi stessi.” Spiegò innocentemente Alexis ma Castle divenne cianotico.
“Voi stessi?” Ripeté quasi senza fiato. Kate gli prese dolcemente la mano. Lui tornò a respirare.
“Tu vuoi cambiare corso di studi, trovare casa con quel ragazzo che hai conosciuto da poco e andartene?”
L’espressione di Castle era di puro terrore.
“Castle…” lo richiamò Kate per farlo tornare in sé. Se si fosse alterato tutta la discussione avuta fino a quel momento sarebbe stata vanificata. Doveva tenerlo calmo, farlo ragionare.
La ragazza si mosse con una parvenza di tranquillità, ma sapeva che le sue parole erano una bomba per l’animo di suo padre. “E’ la cosa migliore per tutti, tu avresti casa libera per stare con Kate e comunque io non abiterei lontano… ma questa è una decisione che mi sento di portare avanti, ho bisogno di una mia dimensione.”
“No, no no… tu non puoi dire sul serio! Alexis è troppo presto, sei troppo giovane per una convivenza. E poi che farete, come vi manterrete? New York è costosa… e hai solo 19 anni.”
Alexis deglutì impaziente di replicare. “Lo hai fatto anche tu, se non sbaglio. Cosa c’è di male?”
Castle sbuffò e negò con il capo. “Era diverso, io non l’ho fatto con piena coscienza della cosa, ero ricco e stupido e mi sono comunque infilato nei guai.”
“Avere me è stato un guaio?” Alexis lo riprese con un cipiglio stizzito.
“No, però poteva diventarlo… almeno per tua madre se io non mi fossi preso le mie responsabilità. Alexis fa in modo che non succeda a te!” Replico Castle spaventato.
“Non sono una sprovveduta, prendo le mie precauzioni.”
“Non credo di voler approfondire questo argomento.  Ma… come puoi conoscerlo a fondo, lo hai incontrato solo pochi mesi fa… Come puoi pensare di convivere con una persona così…”
“Così come papà? Tu certo non lo conosci… Conoscevi così bene mamma quado ci sei andato a convivere?” Alexis stava tornando ad arrabbiarsi e Castle abbassò gli occhi cercando appigli per farla ragionare.
Kate sospirò. Forse era il caso di intervenire. 
“Alexis tuo padre sta solo cercando di proteggerti. Come tu desideri che lui sia al sicuro da una vita di rischi accanto a me, lui desidera la stessa cosa per te.” Cercò di spiegare guardando la ragazza e poi tornando sugli occhi spaventati di Rick.
Alexis la guardò. “Tu, nonna, Pi… avete passato la giornata a dirmi che i padri si comportano in questo modo e che non ci posso fare molto se non accettare la situazione. Allora perché non potete far capire anche a lui che sono maggiorenne e voglio vivere la mia vita.”
I tre si scambiarono uno sguardo. Kate si soffermò sul viso di Rick, provato e in ansia. Castle aprì la bocca per parlare ma si limitò a scuotere il capo.
“Entrambi avete ragione.” Iniziò a dire Kate. “Lui ti vuole proteggere, tu devi iniziare la tua vita. Hai pensato alle conseguenze, alle responsabilità e alle implicazioni di una vita a due?” Chiese quindi Kate con gentilezza.
Alexis annuì. “Sì, ho pensato a come organizzarci, al lavoro e allo studio. A come potrebbe essere difficile ma anche soddisfacente allo stesso tempo.”
“Già…” aggiunse Castle con amarezza. “E poi era Washington il problema?” Castle si sentiva tradito.
Guardò la figlia con un’espressione amareggiata e chiuse gli occhi.
“Per favore, pensarci ancora un po’, prenditi del tempo per valutare attentamente la situazione, non essere avventata.” Kate strinse la mano di Rick con quanta forza aveva in corpo. Lo poteva percepire il suo dolore ed in parte lo capiva. Ma Alexis era una giovane donna con tutte le sue contraddizioni.
“Non credo che cambierò idea.” Rispose con decisione la ragazza.
Castle le sorrise debolmente. “Allora posso tenere la casa di Washington…” mormorò abbassando il capo. Era deluso. Molto deluso da quella situazione, come poteva Alexis accontentarsi di un mangia-banane?
“Papà!” sbottò Alexis.
“Perché non me lo hai detto prima? Perché farmi una scenata su Kate e sulla decisione di seguirla a Washington quando tu stessa avevi già deciso di andartene?”
Castle era tornato ad arrabbiarsi, il tono della voce era basso ma aspro. Kate strinse la sua mano tanto che lui si voltò a guardarla con stupore. Lo sguardo addolorato di Kate lo fece tornare in sé.
Alexis incrociò le mani sul petto. “Te l’ho detto, negli ultimi tempi sei sempre stato preso con Kate. E poi non sarei andata a vivere in un’altra città. Al massimo a qualche isolato di distanza.”
Castle non credeva a quello che stava succedendo. Respirò per calmarsi, concentrandosi sul contatto con la mano di calda di Kate.
“Ok.” Replicò nel panico. “Ok…”  Ripeté per autoconvincersi che tutto andava bene.
“Quando intendevi farlo?”
“Al tuo rientro da DC, ma poi Kate è stata licenziata così non c’è stato modo di dirtelo.”
Castle ingoiò la saliva. “Parliamo della tua gelosia nei suoi confronti?” Cambiò volutamente discorso, cercando di focalizzarsi su un punto cruciale che pesava sul suo cuore come un macigno, ma che in confronto alla bordata che sua figlia gli aveva appena lanciato, era l’argomento più leggero della serata. Kate comunicò con una stretta di mano, di prendere le cose con calma e si stava sforzando di farlo.
“E’ per la nostra relazione in genere o solo per i rischi che corro?”
“Tutti e due papà. E non credere, mi piace Kate e la stimo molto.”
Per il discorso che si stava intavolando di nuovo Kate si sentì di troppo, ma lo sguardo dolce e spaventato del suo uomo la convinse più di tutto che il toro andava affrontato per le corna. Si concentrò sulla ragazza e sperò che nulla di sgradevole venisse a galla da quella discussione.
“…però quando lei è diventata la tua fidanzata ho cominciato a vederti cambiate, il vostro legame…” Alexis continuò con tono più basso e una marcata venatura di amarezza. “Prima c’eravamo solo noi poi…”
“Poi lei è entrata nella mia vita seriamente e hai avuto paura che io ti dimenticassi?”
Alexis annuì. “E’ puerile, lo so. La guardi in quel modo, le stai sempre accanto, la segui ovunque!”
Gli sguardi delle due donne si incrociarono più volte. Kate riusciva a capirla, pensando alla loro storia, al loro profondo legame: lei era entrata a far parte della sfera emotiva del padre molto prima dell’inizio della loro relazione. Ma come prima aveva definito quel tempo come semplice amicizia, solo perché lei si era imposta di credere che lo fosse, i sentimenti di Rick al contrario erano stati più evidenti dei suoi, palesi agli occhi della sua famiglia. Lei aveva preso possesso del cuore di Rick molto prima di averlo tra le braccia. Alexis lo aveva capito da tempo. Si immaginò quanto preoccupante fosse stato per lei e sua nonna, vederlo crogiolarsi in un amore difficile, pericoloso ai loro occhi, ma soprattutto non corrisposto. Si sentì in colpa.
Castle guardò Kate e negò con la testa. “Non ovunque… Voglio raccontarti una cosa.”
Alexis si appoggiò al bancone in attesa del suo racconto. Era di nuovo bello come quando era piccola, starsene accanto a suo padre in attesa che lui le raccontasse una storia, anche se immaginava che quella che stava per uscire dalle sue labbra doveva essere di più seria natura.
Probabilmente era anche l’ultima occasione di averlo per sé. Aveva visto il dolore negli occhi del padre, ma era determinata a portare avanti la sua scelta. L’avrebbe osteggiata, in fondo era un padre e anche molto apprensivo. Ci sarebbero voluti mesi se non anni prima che lui potesse accettare la sua decisione.
“Il giorno prima del tuo diploma l’ho lasciata.” Kate aprì la bocca e poi si umettò le labbra. Non riusciva a capire dove Castle voleva arrivare raccontando la disavventura che l’aveva portata diritta nelle sue braccia.
Alexis scosse il capo. “Ma allora non stavate insieme…” disse spostando gli occhi dal padre alla donna.
“No, ma lei voleva combattere una guerra che avrebbe perso e che l’avrebbe condotta alla morte. Non ce l’ho più fatta. Non volevo vederla morire e così l’ho lasciata sola e sono tornato a casa. Il giorno dopo io ti ho accompagnata con nonna alla cerimonia di diploma facendo finta che tutto andasse bene, era un giorno importante per la tua vita, niente della mia doveva interferire. Hai fatto quello splendido discorso sui cambiamenti, sul voltare pagina e dire addio.”
Kate abbassò il capo. Sentì la mano di Rick saldamente ancorata alla sua muoversi in una carezza.
“Te lo ricordi?” Chiese Alexis emozionata.
“E’ stato memorabile.”
“Però l’amavi già da tempo… Sarai stato malissimo.”
“E’ stato così infatti, ma ero così orgoglioso di te che per un po’ quelle tue parole mi hanno sostenuto. Dovevo voltare pagina e dirle addio.” Castle riprese ossigeno.
“Poi cosa è successo?”
“Lei è tornata da me. Aveva rischiato di morire e l’unica cosa che desiderava ero io. Per un attimo ho anche dubitato di volerla fare entrare…” Alexis non riusciva a capire.
Kate sentì gli occhi farsi di fuoco e cercò di reprimere le lacrime pensando a quella giornata orrenda finita invece nel modo più bello che potesse immaginare. Aveva accettato i suoi sentimenti per Castle, lo aveva cercato ed infine si erano abbandonati a quell’amore negato per anni.
Era stata una delle notti più importanti della sua vita e sperava di viverne molte altre accanto a lui.
Castle sorrise ad entrambe. “Avevo preso una decisione che non sarei riuscito a sostenere, che in cuor mio non volevo. Mi sono reso conto che tu stavi per prendere il volo, lei stava per morire. Vi avrei perso entrambe contemporaneamente. E non volevo che accadesse.”
Alexis sembrò rimuginare. “Hai fatto un errore lasciandola sola?”
“Sì. Ringrazio il cielo per averla portata da me quella sera. Ma ho sbagliato anche con te non parlandoti della serietà dei miei sentimenti, di cosa provavo, di cosa sognavo. Forse perché stavo perdendo anche io le speranze.” Si voltò e appoggiò la testa a quella di Kate. Lei non si mosse, si limitò a chiudere gli occhi e a fargli un carezza tra i capelli.
Castle inspirò forte vedendola commossa.
Alexis pensò al dolore che già una volta aveva visto nei suoi occhi e quanto spaventoso fosse stato quel momento per lui. Poi lui continuò.
“Sono stato egoista nel tenere per me anche quello che è successo dopo. Dovevo spiegarti cosa significa per me, la considero la mia ultima possibilità di essere felice, tesoro. Non la voglio sprecare. Questa è la ragione per cui ci sto mettendo tutto me stesso. E poi è venuto fuori D.C. ”
“Lo so che non è come le altre papà. Lo vedo.” Kate strinse le labbra.
“Però ora mi hai detto che te ne vuoi andare, nel pomeriggio hai insinuato che non dovrei amare Kate…” Castle la guardava con un’espressione contrita e Alexis capì di aver fatto un terribile errore.
“Papà era solo uno sfogo…” cercò di giustificarsi, ma fu Castle stavolta a parlare.
“Sto perdendo mia figlia e vorresti che io rinunciassi anche alla donna che amo?” Chiese con profonda amarezza e le lacrime agli occhi. “Perché?”
“Non voglio che rinunci a Kate, non voglio che tu rischi la vita in quel modo.”
“Ed io non desidero che tu getti alle ortiche la tua.” Replicò deciso. “Direi che siamo pari?”
Kate lo trattenne per qualche secondo. “Castle no…”
La calda luce della cucina non riusciva a rendeva in alcun modo confortevole il silenzio che era calato tra i due. Castle si alzò dallo sgabello e andò alla finestra. Kate scosse il capo, affranta.
“Io non rischio la vita ogni giorno…” spiegò lei innocentemente.
“Tua nonna mi ha fatto notare che lei è fatta così e anche se l’amo non la posso cambiare. In realtà non la voglio cambiare, ma voglio fare il possibile affinché la nostra storia funzioni.”
Una dopo l’altra le argomentazioni di Castle erano una dichiarazione d’amore. Kate sentì i brividi corrergli lungo la schiena e lo stomaco serrarglisi in una morsa. Stavano parlando di lei e non sapeva che dire. Poteva solo dire che lo amava, che lo avrebbe protetto. Lo aveva già spiegato ad Alexis, non sapeva che altro aggiungere.
“E’ per questo che sei così? Papà ti sei fatto arrestare, ti ha quasi ucciso un misterioso veleno…”
Castle si voltò a guardare Kate. “E’ stato un errore. Mi piace lavorare con lei, mi mancava.”
“Ti ci sei buttato con tutta l’anima vero?”
“Pensa che tua nonna è convinta del contrario.” Cercò di sorridere ma avrebbe voluto piangere. Castle pensò al momento stesso in cui aveva deciso di chiederle di sposarlo, alla paura che lei non volesse, che preferisse la carriera alla sua vita con lui. Era stato un salto nel buio, nonostante qualche mese prima fosse stato lui a vacillare di fronte alla sua domanda sul futuro, domanda che aveva sviato con troppa superficialità e si era trovato a pentirsene. Respirò forte per tornare a focalizzarsi sulle sue donne, pensando a cosa fare.
“Potremmo trovare un accordo…” Iniziò a dire per enunciare l’unica soluzione pacifica che gli si era formata in testa ma che gli stava costando molto.
Kate si sorprese della calma improvvisa che Castle aveva assunto, semplicemente scambiando uno sguardo con lei. Triste e amareggiato, imbronciato e altrettanto deciso a continuare.
Castle si voltò a guardare la propria figlia, vedendo in lei alcuni tratti della madre e anche la propria assurda testardaggine decuplicata.
“Vorrei che tu accettassi la mia scelta di vita con Kate. Io cercherò di fare altrettanto con te e Pi.”
Alexis annuì. “Più che reciproca comprensione mi sembra un trattato.”
“Vuoi che lo sia?” Lei negò con il capo.
Kate sospirò. “Alexis te lo prometto, lo terrò al sicuro. Non me lo perdonerei, so bene cosa significa perdere un genitore…”
Castle tornò ad avvicinarsi alle sue due donne.
“Kate non vuole dividerci. Però l’amo e le ho chiesto di sposarmi perché non voglio vivere senza di lei.”
Alexis tornò a scrutare l’espressione di Kate. “Non lo fai per dovere, o perché è la cosa giusta da fare…”
“Proprio così.” Castle appoggiò le mani sulle spalle della figlia. “Ma tu lo sai bene.” La ragazza lo ammise con un sì sospirato. “Quello che vivo con lei mi dà energia, mi fa alzare presto la mattina per andare al distretto, mi rende vitale e meno pigro. Mi entusiasma e mi coinvolge.”
“Non ti annoi” finì Alexis con sicurezza. “So che è la donna che fa per te.” Disse rivolta a Kate, che le sorrise di rimando, di nuovo stupita da quelle parole, di quanto bene conoscesse il padre persino nelle sfumature personali come l’annoiarsi nel vivere un rapporto a due. Sentì che la tensione li stava abbandonando. Percepiva che quel dialogo stava per giungere alla sua conclusione.
“Ma tu puoi sempre contare su di noi, in ogni momento se ne avrai bisogno.” Replicò Kate, allungando una mano verso di lei, andando a posarla sopra quella di Castle sulla sua spalla.
Alexis sorrise. “Parigi mi ha dato un’idea di quel che mio padre è in grado di fare, ma non voglio ripetere quella brutta esperienza!”
Castle strabuzzò gli occhi annuendo. “E no, nemmeno io. Però puoi contarci, sempre.”
Kate sorrise, vedendolo cedere. Il viso di Castle si rilassò e lei lo avvicinò regalandogli un bacio sulla guancia, per poi scambiare un abbraccio di intesa con Alexis. Castle sorrise nel vederle fare pace.
“Parliamo di Pi vuoi?” Iniziò a dire Alexis, un po’ sulle spine. Kate si allontanò andando a prendere la tazza di caffè di Castle e porgendogliela. Era tiepido ma ancora buono.
“Tieni, hai bisogno di energie…” mormorò facendo l’occhiolino ad Alexis. La ragazza rise poi tornò a sedersi.
Castle aprì la bocca per elencare tutta una serie di cose ma la figlia riuscì ad anticiparlo.
“L’ho conosciuto al campo, lui era quello più a suo agio di tutti. Era tranquillo e mi ha preso subito in simpatia. Abbiamo cominciato a fare le nostre attività insieme e… beh ci siamo trovati subito in sintonia. Mi proteggeva durante le escursioni, sa essere molto abile sai. Non cerca nulla di particolare, vive alla giornata cercando di trovare un equilibrio con l’ambiente. Ama la natura, cerca di essere sempre positivo. Vuole fare un lavoro che concretamente possa dare un aiuto importante nella conservazione delle risorse sostenibili. E’ molto dolce, rilassante, creativo.”
Castle strinse gli occhi. Non voleva andare a fare domande di cui non voleva sentire una risposta vera.
“E’ una storia importante al punto di andare a vivere insieme?”
“Lo è papà, mi piace molto, sto bene con lui.”
“Stare bene non è abbastanza…” mormorò Castle. “Ne so qualcosa.”
Il discorso era chiaro. “Sto costruendo anche io il mio rapporto con lui…”
“Immagino sia così.” Replicò Castle cominciando a cedere alla rassegnazione. Per quanto si sforzasse di essere positivo, non riusciva a trovare un solo aspetto che lo rendesse almeno ottimista sulla decisione di Alexis.
“Kate verrai a vivere qui?” Chiese quindi Alexis rivolta alla donna che si trovò spiazzata.
Castle inclinò il capo. “Spero abbia ancora voglia di sposarmi dopo questa giornata.”
Kate gli lanciò uno sguardo furbo e poi si avvicinò. “Beh, ci sono tante cose di cui non abbiamo ancora parlato.” Replicò guardando il suo uomo. Sedette accanto a lui. “Ma credo che nel matrimonio la convivenza sia una condizione… standard…” aggiunse notando lo sguardo perso del suo uomo. Era silenzioso e buffo con quei capelli arruffati.
“Mi vuoi ancora?” Chiese Castle e lei gli diede una piccola spinta con la spalla. “Direi di sì.”
“Allora trasloca al più presto!” Finì col dire Castle e Kate rise alzando gli occhi al soffitto.
“Ti chiedo ancora scusa Kate Non volevo insinuare che fossi come le altre.” Si scusò Alexis con un mezzo sorriso.
“Più che insinuare lo hai detto ad alta voce e lei era nella stanza accanto, ma tranquilla, è molto comprensiva nei tuoi confronti, lo è meno con me!” Rispose Castle e Kate scosse il capo.
Alexis emise un lamento contrito. “Ma siete sempre così?” Kate annuì e Castle le cinse la vita con un braccio.
“Ci sono giornate anche peggiori.” Replicò divertita.
Castle allungò la mano verso la figlia.
“Verrà a vivere qui, certamente. Però vorrei che capissi i motivi del mio bisogno di stare un po’ solo con lei.”
Entrambe lo guardarono in attesa di spiegazioni.
“Non è certo in discesa la sua vita, anzi…” Spiegò Castle tenendo saldamente il braccio attorno alla vita di Kate. Non ha preso bene il licenziamento dall’FBI e volevo farla distrarre un po’ prima del suo rientro. Quando tornerà al distretto e si sentirà di nuovo utile e valida nel suo lavoro, starà meglio. Per il momento posso solo coccolarla e cercare di distrarla.” Chiarì muovendo lo sguardo da Kate ad Alexis. Kate si sentì invadere di nuovo da quel calore e da quel benessere che l’aveva confortata più di una volta.
“E’ fortunata ad aver trovato te. Anche e alcune volte non riesci ad essere molto sveglio.” Rispose Alexis con un sorriso sornione. Kate fu felice di vedere i due tornare a punzecchiarsi.
“Vuoi ricominciare?” Chiese lui guardandola di sottecchi. Lei scosse il capo.
“State attenti al distretto ok? Tutti e due.”
“Lo faremo. Non è l‘FBI, niente virus sperimentali.” Rispose Kate facendo un gesto scaramantico con le dita.
“Cercate di stare attenti comunque.”
“Ti voglio bene anche io zucca!” Ripose Castle prendendola tra le braccia e stringendola a se.
“Pace fatta?” Chiese Alexis.
Castle annuì e Alexis sorrise. “Mi aiuterai?”
“Ad alcune condizioni. Ti pagherò gli studi, se vorrai fare medicina ti asseconderò, ma voglio vederti realizzare qualcosa con quei soldi, non vivere alla giornata e pagarci l’affitto. Pi dovrà prendersi le sue responsabilità e trovare lavoro. O diventerò un papà molto antipatico…”
Alexis annuì. “Ok. Come ti dicevo anche io troverò un lavoretto…”
“Medicina non è uno scherzo. Si parla di dodici o quattordici ore di lavoro al giorno se arriverai alla laurea. Non potrai lavorare.” Spiegò Castle con serietà. “Quindi pondera bene le tue decisioni tesoro.”

________________________________________
Ed io che pensavo di chiudere con questo capitolo, poi mi sono resa conto che le cose a dire erano ancora molte.
Perdonate il papiro!!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nella buona e nella cattiva sorte ***


Castle era rimasto in piedi in cucina, appoggiato la bancone, sorseggiando pensieroso un caffè ormai freddo, mentre Alexis finiva di sistemare distrattamente alcune stoviglie sulle mensole, in attesa che Pi fosse di ritorno.
Alcuni, forse troppi minuti di silenzio li avvolsero, anche se il tumulto dei pensieri di padre a figlia potevano sentirsi aleggiare nell’aria quasi come un temporale.
Kate prese la sua tazza ormai vuota lasciandola nel lavandino e chiedendosi se fosse il caso di evitare che Castle ingerisse del caffè. L’adrenalina che aveva avuto in corpo per tutta la giornata poteva dirsi sufficiente, inoltre era fin troppo silenzioso dopo aver stretto quel patto con sua figlia. Forse non era sicuro delle sue parole e lei stessa intuiva che per Castle era stato frutto di un grosso sforzo di autocontrollo e, perché no, anche di magnanimità. Certo non poteva dirsi un capitolo chiuso, ma solo una tregua pacifica che sperava fosse costruttiva per entrambi. Qualche nuvola nera campeggiava all’orizzonte, l’unica speranza era quella di portare il suo uomo ad essere pronto con un provvidenziale ombrello formato gigante.
Con la coda dell’occhio osservò il lembo di un inequivocabile sgargiante vestaglia da notte, scomparire dietro al muro che separava la zona giorno dal corridoio verso la camera degli ospiti, nonché stanza da letto di Martha. Sorrise tra sé pensando che la donna aveva tenuto i suoi occhi materni attenti su di loro per tutta la discussione e non ne era affatto sorpresa.
In quel momento Pi rientrò infreddolito dall’umidità della notte, stupito nell’osservare i presenti nella cucina a quell’ora improbabile.
“Ehi Mister C, party delle tre?” Chiese sorridendo ma il suo entusiasmo venne smorzato dallo sguardo teso di Alexis e quello funereo di suo padre.
Pi ignorò gli sguardi pesanti e aggiunse guardando il padrone di casa corrucciato: “Mister C non ha un bell’aspetto. Sta bene?”
 “Sì, sta bene!” Si affrettò a dire Alexis. “Beh abbiamo avuto modo di parlare un po’…” specificò avvicinandosi al ragazzo in modo protettivo.
 Castle fece un sorriso sghembo e Kate lo prese per una mano e lo tirò verso la loro stanza da letto.
“E’ tardi e credo sia il caso che ce ne andiamo tutti a riposare un po’. Ci rilassiamo e domani andrà meglio.” Aggiunse guardando Castle con un’espressione severa.
“Sì, certo riposare, ma…” replicò l’uomo guardando prima Alexis e poi Pi, “noi domani mattina dobbiamo fare una chiacchierata.” Intimò quindi a Pi.
“In tarda mattinata possibilmente…” consigliò Kate, cercando di rendere meno imperiose le parole di Castle, tanto che Alexis le sorrise grata per quell’intervento.
Castle tornò a guardarla annuendo. “Sì. Tarda mattinata…” ripeté come un automa.
Era davvero stanco. La spossatezza non era fisica, era principalmente psicologica e lo aspettava il resto della nottata probabilmente fatta di incubi ben peggiori di quello che aveva avuto in precedenza.
Sorrise alla figlia salutandola con la mano e lei rispose con lo stesso cenno.
Si lasciò trascinare in camera da letto da Kate, non sentendo nemmeno in corpo la forza per poter reagire.  In realtà non voleva reagire, voleva trovare un angolo di paradiso nella sua mente per isolarsi dal pensiero di sapere Alexis prossima all’abbandono di quella casa. Durante la giornata era passato da un dubbio odioso, ad una realtà ben più orrenda.
Il self control che le aveva infuso la presenza di Kate era stato molto valido, si rese conto di essere stato ad un passo da un nuovo litigio e la sua decisione gli tornava alla mente come necessaria ma crudele e completamente contro natura per il suo naturale istinto paterno.

Pi osservò la coppia allontanarsi e poi si voltò verso Alexis per avvolgerla in un abbraccio. Alexis attese il necessario affinché il padre fosse sufficientemente lontano per raccontare al suo ragazzo l’accaduto.
“Papà ed io ci siamo chiariti e… gli ho comunicato la nostra decisione di andare a vivere insieme.” Spiegò a bassa voce ma con un certo entusiasmo.
 “Fantastico, sono ancora vivo… Alexis forse esageravi su di lui.” Rispose Pi toccandosi il petto.
“Non hai notato lo guardo che ti ha rivolto al tuo arrivo?” Commentò Alexis un po’ seccata al pensiero, ma almeno suo padre aveva accettato di fare il primo passo, quello di parlare con Pi l’indomani.
“L’ho visto un po’ sbattuto, pensavo non avesse digerito il maiale.” Valutò il ragazzo grattandosi la barba distrattamente. “Però avevamo deciso di farlo insieme e dopo il rientro di Miss B al distretto.”
Alexis annuì e poi lo obbligò a sedere. “Doveva andare così ma gli eventi mi hanno portato ad un anticipazione del discorso. Mi dispiace.”
“Ok. E’ andata?” Chiese quindi per avere ragguagli in merito.
“In un certo senso è andata. Ma sarà dura, mi rendo conto che le cose non si sistemeranno a breve.”
Pi alzò le spalle. “Prima o poi gli passerà. A cena è stato… una furia.” Disse sgranando gli occhi pensando che Castle avesse le sue ragioni. Pi non riteneva di considerarle sbagliate se le si vedeva dal suo punto di vista, il difficile stava nel fargli capire che c’erano altri buoni punti di vista.
Alexis iniziò a sistemare il divano affinché tornasse ad essere il giaciglio per la notte di Pi. “Eh beh… avevi anche ragione sui miei sentimenti verso di lui.” Si scusò.
“Non vuoi che sposi miss B?”
“No, sul fatto che non lo perdonavo per essersi innamorato. Un po’ ho paura di perderlo. Kate è stata molto rassicurante. Lei è in gamba, mi piace e papà l’adora però... c’è una parte di me che lotta con questa idea.”
Pi le accarezzò la testa rossa. “Non devi competere con lei, non c’è ragione.”
Alexis sorrise. “Lo so ma è qualcosa di istintivo e basta.”
“Dovrò dormire ancora su divano?” Osservò dando una mano alla ragazza.
“Non è il caso di tirare troppo la corda. Anche se papà non è felice di questa mia decisione vuole aiutarmi per il college e per la scuola di medicina post laurea. Gli sto chiedendo molto…”
Pi le sorrise dolcemente. “Alexis, non c’è bisogno che ti scusi. Lo capisco, questa è casa di Mister C e dobbiamo sottostare alle sue regole. Non va poi così male.”
Una volta sistemate lenzuola e coperte, Alexis si sedette sul divano.
“Non smetterà di andare al distretto.” Disse con un tono più sommesso. Pi annuì. “Lo dici come se fosse un argomento in discussione, a me non è mai sembrato ci fosse molto da discutere.” Aggiunse candidamente sedendo accanto a lei e abbracciandola.
“Certo… perché il padre a rischio è il mio!” Sbottò Alexis.
“Gli somigli, hai anche tu questo sarcasmo quando sei arrabbiata…” Rispose Pi alzando le spalle.
“Tu sei così convinto che sia la cosa giusta? Perché?” Chiese Alexis sconsolata.
“Oh Alexis sono così carini insieme: lui parla parla… è il lato fantasioso, lei è quella che lo rimette in riga, il lato pragmatico. Sono adorabili anche quando discutono. Sono come quelle coppie di pappagallini…” mimò con le mani un tenero idillio tra i pollici e gli indici di entrambe le mani.
Alexis lo fulminò con lo sguardo. “Paragonare mio padre e la sua futura moglie ad una coppia di inseparabili non è un immagine così gradevole ai miei occhi, non credi?”
Pi tentennò con il capo. “A me non sembra una cosa così brutta. Sono davvero carini! Solo che tu non li vedi con gli stessi occhi.”
“Fai sembrare mio padre infantile più di quel che è.” Aggiunse Alexis cercando di scacciare l’immagine che Pi aveva creato nella sua mente con quel paragone.
“Non so se è infantile, in fondo sta bene, è la sua vita. Sa cosa vuole e lui indubbiamente vuole Miss B ed il distretto. E’ il suo karma.” Commentò cercando di convincere Alexis.
“Sai, abbiamo fatto un patto. Io accetto Kate e lui accetta te.” Spiegò Alexis.
“Accettare nel senso di acconsentire…?” Pi si meritò uno sguardo deplorevole e lui sorrise. “Mister C scrive romanzi gialli basati su omicidi realistici, non è così stupido quello che ho chiesto.”
Alexis rise e apprezzò l’ironia. “Mi raccomando domani, quando parlerai con lui…”
Pi la guardò con aria interrogativa. “Sii te stesso, ma non così te stesso…” Alexis abbassò le spalle scuotendo il capo. Stava chiedendo l’unica cosa che non voleva, ovvero mostrare Pi per quello che non era.
“Non fa nulla, sii te stesso e basta.” Disse prima di baciarlo e poi lasciarlo per andare a dormire nella propria stanza.

Quando Castle giunse nella propria stanza si lasciò cadere a peso morto sul letto sotto gli occhi attoniti di Kate, la quale aveva ormai capito che la notte sarebbe stata lunga e probabilmente priva di sonno.
Sbuffò con la faccia immersa nelle coperte. Lei andò a infilarsi nel letto. Sentiva freddo. Castle si sollevò quel tanto per togliersi la vestaglia da camera per poi buttarla con noncuranza verso la sedia.
Rotolò sulla schiena fino a raggiungere il proprio lato del letto, ma non si coricò. Rimase sdraiato a guadare il soffitto con espressione grave e sospirò a lungo.
“Rick…” lo richiamò Kate per riportarlo indietro da quel baratro di pensieri preoccupati in cui era caduto.
Lui si voltò verso di lei e accennò un sorriso.
“Grazie.” Disse lui a bassa voce. “La tua presenza è stata determinante.” Chiuse gli occhi cerchiati e li strinse.
Kate si sporse verso di lui. “Te la sei cavata egregiamente. Con qualche sbavatura… ma è andata bene.”
“Non so, se prima non capivo quale rimostranza avesse contro di te, adesso proprio non riesco a capire quale futuro possa vedere accanto a Pi.”
Castle si mosse voltandosi sul fianco. “E’ troppo giovane…”
“Non è la fine del mondo. Avrete ancora tempo di parlarvi e di capirvi. Però non puoi fare molto in questo momento, hai fatto quanto potevi. Cerca di chiudere gli occhi qualche ora, riposati.”
Gli disse Kate facendo scorrere le sue dita tra i capelli lisci del ciuffo e sollevandoglieli dalla fronte, in un amorevole gesto di conforto.
“Ok, cerchiamo di dormire un po’.” Rispose Castle con un mezzo sorriso. “Ne abbiamo bisogno entrambi.” Disse guardando l’ora sulla sveglia appoggiata sopra il comodino. Erano le tre e mezza. Allungò la mano per spegnere la lampada. Si raddrizzò a sedere e poi si fece posto sotto le coperte, scivolando sulla schiena, avvicinandosi a Kate. Lei avvertì con piacere il tepore del suo corpo. Solo in quel momento si era resa conto che la tensione accumulata durante quel confronto non le aveva fatto percepire il freddo. Castle era caldo e confortevole, così lei si avvicinò a lui in cerca di quell’aura di calore che sapeva emanare.
Castle le diede un bacio tra i capelli. “Sono felice che non ce l’abbia con te comunque.”
Lei sorrise. “Anche io.”
“Buonanotte Kate.”
“Notte.” Rispose lei chiudendo gli occhi. “Cerca di dormire.” Ripeté.
Castle rimase fermo sentendo il suo respiro farsi regolare.
La guardò a lungo, posando gli occhi stanchi sui suoi capelli, sulla sua testa reclinata al cuscino accanto a lui.
Bella, intelligente e determinata. Profonda ed emotivamente capace di colpirlo, avvolgerlo, confortarlo.
Ma nonostante la tranquillità che la sua presenza riusciva a donargli, nonostante la stanchezza lo stava mettendo al tappeto, il pensiero fisso di Alexis gli fece concentrare lo sguardo su un angolo buio della stanza e della mente. Che futuro poteva prospettarsi a sua figlia per una scelta del genere? Perché voleva fare un passo così importante a soli 19 anni? Perché non si voleva godere più libertà e anche gli agi di una vita comoda come quella che lui poteva permettergli di fare? Perché voleva prendere un impegno così difficile rischiando di perdersi gli ultimi anni di spensierata giovinezza, magari finendo in un matrimonio sbagliato come aveva fatto lui. La sua vita era stata costellata da errori che sua figlia aveva vissuto accanto a lui, sebbene alcune volte in tenera età. Non poteva non averne notato gli effetti collaterali spiacevoli, le serate passate a bere fino a stare male.
Sbuffò e scosse il capo cercando di allontanare quella sensazione di errore e di inadeguatezza che sentiva attanagliargli gli arti. Si mosse e sentì Kate muoversi di conseguenza. Cercò di tenersi calmo per non farla svegliare, passando inesorabili minuti a controllare il proprio respiro e il battito cardiaco.
Ma i pensieri tornarono, impetuosi a fargli visita. I ricordi dell’infanzia di Alexis, che più volte aveva ripercorso in giornata tornarono ai suoi occhi e una volta di più si sentì frustrato e deluso per la strada che stava per intraprendere. Si mosse agitato per l’ennesima volta andando a svegliare definitivamente Kate.
La donna sospirò, si alzò sulle braccia e accese la luce allungandosi verso il comodino. Guardò il suo uomo e scosse il capo.
“Vuoi parlarne ancora un po’?” Chiese e lui cercò di scusarsi.
“Mi dispiace piccola.” Disse alzandosi e afferrando il proprio cuscino. “Ti lascio dormire in pace, vado a mettermi sulla poltrona dell’ufficio. Preferirei il divano ma è già occupato.” Disse con il suo solito sarcasmo ma Kate afferrò il cuscino dell’uomo e lo tirò con un colpo secco, trascinando con sé anche un Castle impreparato a quella reazione, facendolo ricadere sul letto.
“Rick Castle, dove credi di scappare?” Chiese in tono perentorio, tono a cui Castle sapeva di non avere scampo.
“Hai bisogno di riposo ed io continuò ad agitarmi e così…” cercò di spiegare ma Kate lo ammutolì con un bacio mozzafiato. Castle restituì il bacio con altrettanto trasporto e finì col tornare sotto le lenzuola.
Quando il suo uomo fu di nuovo sotto le coperte con lei, Kate puntò i suoi occhi in quelli azzurri e un po’ spaesati di lui.
“Ho accettato di sposarti non certo per farti dormire sulla sedia alla prima difficoltà. E poi non è nemmeno un nostro litigio.” Sentenziò usando un tono più dolce del precedente. Castle si sentì un po’ stupido.
“Hai ragione ma sai, questa cosa di Alexis imperversa nella mia mente, appena cerco di chiudere gli occhi…”
“Altri ananas con banane armate?”
“Anche peggio. Ma tu cerca di dormire, io mi arrangio. Non credo riuscirò a essere rilassato stanotte.”
Lei lo guardò con occhi di chi stava per affrontare una sfida importante. “Le dovresti conoscere quelle paroline che si dicono sull’altare…”
“Il Sì?” Kate negò con la testa.
Castle strizzò gli occhi. “Nella buona e nella cattiva sorte…” mormorò di nuovo piacevolmente sorpreso della sua reazione e sorrise riuscendo a capire le intenzioni di Kate.
Lei si morse le labbra. “Appunto.”
“Mi sento così impreparato. So di non avere scuse, ma credimi se ti dico che quella ragazza è testarda più di me e farà ciò che vuole infischiandosene dei miei consigli. Non volevo far diventare questa giornata un incubo anche per te, volevo solo portarti al mare e distrarti un po’. Mi dispiace.” Ripeté per l’ennesima volta in quella giornata. Castle le prese le mani e Kate lo guardò con serietà.
“Non ti devi certo scusare con me perché ami tua figlia. E’ un lato di te che amo, non pensare nemmeno per un istante che mi sia di peso. Però lascia che io ti aiuti a… venire a capo di questa situazione. Non voglio starne fuori…” Spiegò con calma. Lui sorrise, accarezzandole le mani e facendo scorrere i pollici su dorso di quelle di lei.
“Non voglio tenerti fuori. Senza di te stasera io avrei fatto un gran casino.” Ammise.
Lei tornò ad abbassare lo sguardo. Sospirò e appoggiò la testa a quella di lui. Quelle parole la confortavano, entrambi dovevano imparare a muoversi l’una verso l’altro cercando di non farsi bloccare da barriere psicologiche.
“Non è mia figlia ma le voglio bene e ti capisco, so che non è facile per te.” Aggiunse lei muovendo la testa contro quella di Rick, come un gatto che fa le fusa. “Potrei ripetertelo all’infinito se ti potesse far stare meglio.”
“Ne sono felice…” rispose lui in tutta sincerità. L’aveva coinvolta, voleva così. Era felice che lei non trovasse la cosa semplicemente noiosa o di troppo.
“E poi ho preso freddo ai piedi poco fa, ho bisogno del tuo calore.” Aggiunse Kate cercando di smorzare la tensione. Era un momento in cui lasciarsi andare a quelle sensazioni brucianti che si sentiva dentro non avrebbe aiutato il suo uomo. Il desiderio che aveva di lui avrebbe forse spento per qualche ora le preoccupazioni di Castle ma non le avrebbe dissolte.
Lui sorrise divertito da quella sua richiesta indiretta. Allungò le mani lungo le gambe di lei, facendole piegare le ginocchia fino a raggiungere i suoi piedi. Uno alla volta le tolse i calzini ai piedi e li strinse tra le mani, sfregandoli vigorosamente.
“La decisione di Alexis ti spaventa come spaventa ogni padre che si rispetti…” commentò quindi cercando di trovare le parole adatte per tranquillizzarlo.
Castle annuì col capo. “Mi chiedo se non abbia imparato niente dai miei errori.”
Kate sospirò. “E’ una ragazza con la testa sulle spalle. Sembra una decisione presa con la testa e non solo con il cuore.”
“O con gli ormoni.” Finì Castle.
Kate gli scoccò un’occhiata pungente.
“Ok, a lei piace Pi ma è un amore importante? Non basta stare bene insieme Kate, io e te lo sappiamo, non basta per convivere, per affrontare il problemi della vita. Io stesso ho fatto tanti errori per arrivare fino a qui.” Continuò Castle.
“E di noi, puoi dire la stessa cosa?” Chiese lei accarezzandogli il torace e avvicinandosi a lui per quanto poteva. I massaggi ai piedi che le stava facendo erano piuttosto piacevoli e le sue mani calde avevano già portato alla giusta temperatura le sue estremità.
Castle la guardò seriamente. “Certamente non è affatto la stessa cosa. Tra noi è diverso.” Non si aspettava quel genere di domanda da lei. “Hai forse dei dubbi su noi due?” Chiese preoccupato.
Kate scosse il capo. “No, dubbi ne ho avuti troppi per troppi anni. No, solo non puoi paragonare la nostra relazione alla loro Rick, noi abbiamo avuto la nostra dose di esperienze. Al contrario loro sono giovani e la vita non li ha ancora messi alla prova. Ma questo non significa che la loro storia non sia vera, che il loro non sia amore solo perché non è sofferto.”
Castle si sporse in avanti e andò a lasciare un baciò sulle braccia che Kate allungava verso di lui.
Il loro amore era stato sofferto, negato, allontanato per poi tornare a sconvolgere le loro anime con più forza di prima. Forse la difficoltà di arrivare a lei gli aveva donato un metro differente per misurare l’importanza di una relazione, ma Castle percepiva con assoluta certezza che con lei era tutto diverso. Vero? Sì. Vero, tangibile e maledettamente bello.
Lei fece scivolare i suoi piedi lungo le gambe dell’uomo, raddrizzando le ginocchia e permettendogli di avvicinarsi fino ad abbracciarlo mettendogli le mani attorno al collo.
“Non voglio vederla fare sbagli di cui si potrebbe pentire.” Mormorò Castle stringendo Kate a sé e riprendendo a baciare la sua testa. Kate chiuse gli occhi godendosi quelle attenzioni. Era così strano per lei attardarsi in coccole simili eppure così bello da sembrare irreale.
“Non potrai impedirle di fare le sue esperienze. Gli errori fanno parte della vita. Lei potrà comunque contare su di te, questo glielo devi far capire.”
“Ma non voglio diventare nonno prima di…” Castle si fermò prima di andare a toccare un tasto forse troppo prematuro.
“Di?” Chiese Kate alzando gli occhi e puntandoli in quelli di lui.
“Prima dei 60 o 65 anni?” Disse sbarrando gli occhi.
Kate lo fissò. “Di?” ripeté per dargli un’ultima chance di dire la verità.
“Di… dargli un fratellino o una sorellina.” Terminò Castle titubante.
Kate arricciò il naso divertita, Castle intuì che non era sorpresa. “Ok, ottimo motivo.” Rispose tranquillizzandolo. Si guardarono con un sorriso complice, anche se nessuno aveva ancora una vera volontà di affrontare quell’argomento. Non ancora.
“Ok…” Rispose Castle di rimando. Kate prese ad accarezzargli lentamente le tempie, imprimendo una leggera pressione sui lobi con movimenti circolari dei pollici. Rick chiuse gli occhi e mugugnò compiaciuto.
“Se questo è quello che intendeva mia madre sul fatto di manipolarmi per farmi capitolare, prendo in considerazione l’idea di abbonarmi.”
“Credo che tu abbia già stipulato con me un patto che preveda un abbonamento di lunga durata.” Commentò Kate ridendo.
“Allora ammetti che mi stai distraendo?” Mormorò lui sempre ad occhi chiusi.
“Non era questa la mia intenzione, solo quella di trovare un modo per farti addormentare.”
“Come con i bambini?”
“Più o meno.” Rispose lei, infilando i piedi tra quelli di lui e appoggiando meglio la testa sul cuscino.
“Funziona.” Bofonchiò Rick aprendo e richiudendo gli occhi, muovendo compiaciuto la sua testa per alcuni secondi. In pochi minuti si addormentò e Kate lo seguì di lì a poco.

________________________________________________________
Due coppie a confronto. E poi ci stava un momento di approfondimento Caskettoso... Ho bisogno di romanticismo, si nota?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Prognosi incerta, forse qualche giorno, forse qualche decennio ***


Nel buio della stanza Alexis riuscì solo a rotolarsi così tante volte nel letto fino a far diventare nuovamente sé stessa il ripieno di un grosso cannolo di lenzuola e coperte. Era agitata. La nottata aveva in un certo modo portato il profetico consiglio, ma suo padre non aveva reagito benissimo alla sua notizia. Forse aveva ragione Pi, avrebbe dovuto aspettare che i tempi fossero più maturi, che Kate avesse ripreso il suo lavoro al distretto per poter avere suo padre in una condizione psicologica più favorevole. Certo non poteva aspettare fino alle loro nozze, ci sarebbe voluta una vita considerato che la data non era ancora stata fissata, ma se suo padre fosse tornato al distretto con Kate la sua mente sarebbe stata ottenebrata dalle mille elucubrazioni sui casi di omicidio e non sarebbe stato così ostico arrivare ad una soluzione pacifica.
Si alzò e accese la lampada costatando che erano solo le sei e trenta. Non aveva dormito granché e si domandò se suo padre se ne stesse sveglio ad arrovellarsi nei medesimi pensieri.
Ripensò all’accaduto e valutò che la presenza di Kate era stata più che provvidenziale per calmarlo, per farlo ragionare. L’aveva colpita la sua esclamazione di preoccupazione quando suo padre si era alzato e allontanato, arrabbiato con lei per aver incentrato tutta la discussione sulla sua gelosia invece che sui reali problemi della strada che stava per intraprendere. Purtroppo aveva capito lei stessa di aver fatto un enorme sbaglio a mescolare le due cose, portando suo padre a fraintendere le sue intenzioni. Non voleva manipolare la sua attenzione confondendole due discussioni. Lei era preoccupata per lui. Punto. Poi che la sua vita dovesse cambiare era una necessità che doveva accettare. Ma l’intervento di Kate e la sua partecipazione emotiva avevano riportato il suo possessivo padre a ragionare. L’accordo che avevano stipulato era certamente molto più di quanto si fosse immaginata per la giornata visti i toni delle parole che erano volate.
Però c’era un passo ancora importante da affrontare: Pi doveva parlare con lui e l’evento la preoccupava. Era evidente che non erano in sintonia, suo padre e Pi erano molto diversi, sia nella cultura che negli interessi. Parlavano letteralmente due lingue diverse e beh… suo padre era sulla difensiva. Era come fare breccia nelle mura del fosso di Helm senza l’uso dell’esplosivo.
Ma il primo passo era quello di poter saggiare il suo umore e la sua reazione al risveglio, durante la colazione. Quel momento poteva rivelarsi decisivo.
Di nuovo si trovò suo malgrado a contare su Kate per sperare nella possibilità che il padre potesse trascorrere una nottata rilassante, se così si poteva definire. Certo non voleva pensare al sesso, era un’immagine che non voleva crearsi nella mente, ma non era ingenua: poteva percepire con estrema chiarezza il magnetismo che legava i due, per come si giravano intorno anche solo per preparare una colazione. Il magnetismo lo aveva avvertito anche quando erano solo colleghi: i loro movimenti reciproci durate alcune delle serate passate a casa loro, risultavano misurati e controllati forzatamente come se lo starsi lontani ed evitare un qualsiasi contatto fisico costasse loro fatica. Quindi, per ironia del destino, lei era la l’unica che poteva in un modo o nell’altro calmare il padre, e nonostante fosse stata prevenuta nei suoi confronti, non come semplice donna, ma come detective le cui attività col padre risultavano rischiose per entrambi, doveva per forza contare su di lei per uscire in modo pacifico da quella situazione. Si sentì contorta e fuori tono. Non era da lei fare pensieri così contraddittori. Era un po’ come fare il gioco della margherita: mi piace e non mi piace.
C’erano molte ragioni per cui lei le piaceva, altre per cui lei indirettamente non le piaceva. Ma era il suo lavoro a non piacerle più? Oppure solo perché la loro unione aveva portato suo padre a sbilanciarsi di più?
Sbuffò. “Sì, Kate mi piace.” Ammise per la seconda volta in quella giornata. Oppure era la terza?
Se doveva andare oltre, quello era il pensiero che doveva governare la sua mente. Doveva lasciare suo padre nelle sue mani e per farlo doveva fidarsi. Lo aveva fatto per tanto tempo, doveva solo dimenticare che loro due erano fidanzati e che stavano per sposarsi.
Non era una cosa da poter dimenticare. Non poteva nemmeno dimenticare i precedenti matrimoni di suo padre, ma soprattutto i divorzi, li aveva vissuti tutti e due purtroppo.
“No, Kate è Diversa. Diversa.” Sorrise a quel pensiero. Lo era davvero molto.
Prese in mano la foto del giorno del diploma che se ne stava in bella mostra in una cornice sul comodino. Osservò con attenzione l’espressione del padre, chiedendosi quanto dolore nascondesse in realtà quel sorriso, soprattutto a causa di quello che gli aveva confidato la notte stessa. Aveva dissimulato tutta la sua disperazione pur di non deluderla. Passò delicatamente la mano su quei sorrisi. Era stata una giornata così bella, sbronza notturna a parte, tanto importante per lei da non aver notato nessun malessere negli occhi di suo padre. Ma forse lei si era solo convinta che il velo di malinconia che aveva scorto in lui fosse causato da quel rito di passaggio che prevedeva la sua crescita e il trasferimento al college. Così non aveva notato nulla di più. Un po’ quella rivelazione l’aveva lasciata di stucco. Suo padre era riuscito a staccare la spina con lei. Anche solo per una giornata e poi, il legame tra i loro due cuori si era comportato come un potente elastico che non si era rotto, ma aveva richiamato le due estremità l’una contro l’altra con più forza di prima.
Forse quello era stato destino. Forse quello era l’universo che parlava come spesso suo padre usava definire gli eventi chiave della vita.
E poi Parigi aveva reso le cose difficili e suo padre era diventato anche più protettivo, riportando la sua autonomia indietro di almeno 5 anni. Non ne avevano più parlato, come non aveva più fatto cenno a quell’evento che lo aveva messo di fronte ad una figura paterna di cui spesso si era fatto un’immagine ipotetica. Era come se suo padre avesse riposto tutto in un cassetto in attesa di qualcosa.
Era stato un anno di cambiamenti così radicali da portarli in luoghi della mente così distanti? Quell’evento li aveva allontanati nonostante tutto?
Pensò di nuovo al loro patto. Lei era la parte in vantaggio, non poteva negarlo, perché a lei piaceva Kate, un po’ meno i rischi del suo lavoro, mentre a suo padre Pi evidentemente non piaceva quindi la strada, che prevedeva essere in salita, si era sicuramente addolcita dalla volontà espressa di accettarlo per il bene del loro rapporto padre – figlia.
Nel caso infelice in cui suo padre avrebbe continuato a osteggiare la loro scelta, sapeva che doveva andare avanti per la propria strada. Ma la rottura con lui era un aspetto così doloroso anche solo da pendere in considerazione. Era già stato faticoso vedere quel suo allontanarsi, quel suo concentrarsi su Kate, l’idea di rompere definitivamente con lui la spaventava moltissimo. Si era comportata con decisione nel pomeriggio che a cena, ma la realtà dei fatti era diversa: anche se era arrabbiata con lui continuava a volergli un mondo di bene.
Le sue parole erano state accomodanti nonostante tutta l’amarezza con cui le aveva pronunciate, e non del tutto prive di comprensione. Quando le aveva chiesto se voleva che la sua proposta di pace divenisse un trattato non era stato imperioso, ma solo triste, amareggiato. Nemmeno lui voleva ferirla, questo lo aveva capito anche se gli era costato così tanto le aveva teso la mano.
Prima di congedarsi per la notte si erano salutati con un sorriso.
Doveva quindi essere fiduciosa e aspettarsi il meglio da lui. Era in grado di farlo, doveva soltanto capire le sue ragioni. Rise pensando che quel soltanto poteva diventare una barriera insormontabile. Tornò a sdraiarsi, tuffando la testa nel cuscino morbido. Era inutile continuare quel tormento. Tarda mattinata aveva detto Kate, probabilmente per far riposare suo padre e metterlo in grado di essere senziente e abbastanza riposato per ragionare o quantomeno per controllare la propria emotività. Sapeva davvero come trattarlo, non c’era nulla da obbiettare e la nottata stessa ne era un folgorante esempio. Però non sembrava ci fosse nulla di sbagliato, i modi di Gina e quelli di sua madre erano stati ben più manipolatori. Kate sembrava soltanto essere lì per sostenerlo, non per imporgli il suo pensiero. Era un buon inizio, un buon auspicio per il futuro che lo aspettava. Alexis strinse le labbra.
Era stata precipitosa. Sua nonna aveva avuto ragione e lei si era comportata come una ragazzina gelosa. L’immagine che aveva dato di sé poteva sembrare davvero odiosa, però anche lui…
In fondo le proprie preoccupazioni erano vere e non solo ipotesi astratte. Sospirò stremata. Chiuse gli occhi trattenendo la cornice sul suo petto. “Conto su di te papà…” Mormorò.

Quando Kate aprì gli occhi si trovò di fronte l’espressione buffa di Castle ancora sprofondato nel sonno. La mano di lui appoggiata sul suo fianco e le proprie mani affondate nel suo torace caldo. 
Sbuffò trattenendo un sorriso. Era adorabile e le sue labbra carnose si muovevano leggermente durante le respirazione. Cercò di non muoversi per evitare di svegliarlo, ma cercò di capire l’ora dalla luce che filtrava attraverso la finestra oscurata. Doveva essere mattina presto a giudicare dalle sue abitudini, lei si svegliava poco prima delle sette per prepararsi ad andare al lavoro. Potevano però essere già le otto passate vista la luce del giorno. Sospirò compiaciuta del tepore del letto e del corpo di Castle accanto al suo. Le sue mani ancora appoggiate a lui cominciarono a sentire il bisogno di muoversi, di accarezzare quell’enorme torace caldo.
Pensò a quanto le era mancato mentre se ne stava in un letto sola a Washington. Quanto le era mancata la sua presenza intorno mentre discutevano il caso. La sua presenza in macchina, le sue strampalate teorie che per l’ambiente FBI forse non erano poi così improbabili. Non poter discutere il caso, non poter condividere le proprie divergenti opinioni sui sospettati.
Non poter condividere il caffè alla mattina, il divano comodo davanti alla tv, il cibo cinese o italiano.
per quanto le avesse fatto male l’essere stata licenziata dall’FBI valutò che quel posto era il luogo in cui voleva stare. Un luogo non solo fisico. Castle era la differenza abissale tra un lavoro impegnativo ma annichilente e una vita vera e piena. In fondo lei voleva quella vita piena, ne era stata certa quando aveva acconsentito a sposarlo.
I suoi sentimenti per lui la stavano rendendo poetica e sdolcinata ma si sentiva elettrizzata da quella rivelazione quasi come una ragazzina.
Si concentrò sul calore del letto e cercò di ignorare l’impellente esigenza di muovere i piedi. Era troppo presto per svegliarlo, così abbassò il capo e si impose di dormire ancora un po’, ma mentre muoveva involontariamente i piedi intorpiditi sentì la mano di lui aprirsi ed afferrare il suo fianco in modo più deciso. Si sentì trascinare verso di lui. Alzò lo sguardo e vide due occhi socchiusi, ancora assonnati e un sorrisetto compiaciuto. “Mi piace il tuo profumo di ciliegie…” mormorò affondando il naso nei suoi capelli.
“Da quanto sei sveglio?”
“Mezz’ora forse di più, non so.”
“Hai finto di dormire?” Chiese Kate stupita.
“Si, detesti che io ti guardi dormire.” Rispose con voce grave e tornando a chiudere gli occhi.
“Beh, è inquietante.” Sbottò Kate con un mezzo sorriso. Quella discussione tornava spesso, ma in verità aveva smesso da molto di trovare inquietante il suo sguardo su di sé. Solo avrebbe dato chissà cosa per sapere cosa stesse pensando mentre lo faceva. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo, non per paura di chissà che risposta, ma solo perché Rick sapeva essere disarmante nei momenti di dolcezza e a lungo non si era sentita pronta ad un discorso disarmante.
“Non direi, sono il tuo fidanzato, non un serial killer maniaco.”  Replicò lui posandole un bacio sulla testa.
“A cosa stavi pensando?” Chiese lei quindi trovando il momento idoneo a quella domanda.
Castle inspirò. “Ti contemplavo, non pensavo a molto.” Rispose con leggerezza.
“Tu pensi anche quando dormi Rick, non mi sembra una cosa da te.” Kate fece scorrere le mani su suo torace fino ad arrivare ai suoi fianchi. Con un braccio cinse la sua vita, con l’altro tornò a far scorrere la mano verso il suo petto.
“Non ti sfugge niente detective. Sei preoccupata delle mie malsane elucubrazioni?”
“Stanno per finire in un tuo libro?” rispose lei di rimando.
Lui si allontanò per guardarla negli occhi. “No, questa sei tu, sei la mia Kate e non Nikky Heat.”
Colpita e affondata. Risposta disarmante come previsto. Kate sorrise. 
“Quindi a cosa pensavi?”
“Che sei bellissima anche quando sei senza trucco e con i capelli arruffati dal sonno. Che sei adorabile quando sei rilassata e non mi strapazzi. Il tuo odore di ciliegie mi attira come un’ape sul miele e non so perché riesco a trovarlo più eccitante di un afrodisiaco. Che mi sento fortunato e che sono molto innamorato di te a tal punto da litigare con me stesso per decidere se svegliarti per fare l’amore o continuare a lasciarti dormire tranquilla.”
Kate deglutì. “Non stavi pensando a nulla direi…” rispose con un velo di ironia ma spiazzata dalla seconda bordata di pensieri disarmanti e bellissimi.
Lui annuì. “Quindi che lato di te ha vinto?”
“Nessuno dei due, il lato eccitabile ha avuto partita vinta in quanto tu ti sei svegliata da sola, ma quello responsabile ha voluto fingere di dormire perché si sentiva in colpa per averti tenuto in piedi stanotte e per averti fatto prendere freddo.” Valutò con un tono più divertito e Kate allungò le dita della sua mano fino a toccare le sue labbra.
“Ma mi hai scaldato.”  Rispose con serietà. Castle sembrava stranamente sereno rispetto ai tormenti di quando erano tornati a dormire, il sonno ristoratore aveva dato i suoi frutti. “E che frutti…” pensò vedendolo sorridere allegro, distratto ed eccitato.
“Lo so, ma voglio ancora fare l’amore con te.” Le sue mani cominciarono a risalire lentamente lungo la pelle della sua schiena, sotto la sua maglia abbondante.
Lei alzò il viso e aprì la bocca accogliendo un bacio famelico. Kate si sentì di nuovo prendere fuoco come era successo nel pomeriggio del giorno prima. Rise mentre le solleticava la schiena all’altezza del suo reggiseno, nell’intento di slacciarglielo, cosa che accadde dopo soli pochi secondi. Liberò le sue gambe da quelle di lui mentre si sollevava sulle le braccia per guardarla meglio.
“C’è ancora molto tempo perché sia tarda mattinata…” ammiccò lei divertita, dandogli il via libera. Lui sorrise estasiato e con gli occhi fiammeggianti di eccitazione.
“Niente blocco delle coccole?” Chiese con uno sguardo pungente.
“Nessun limite…” rispose Kate mordendosi le labbra.
“Non raffreddarti di nuovo, chiudo la porta…” Mormorò uscendo dalle coperte e andando a chiudere a chiave la porta d’ingresso, tornando verso il letto si levò la maglietta e la gettò per terra, senza scollare gli occhi da Kate che lo guardava con altrettanta avidità. Kate alzò le coperte per agevolare il suo ritorno ed insieme scomparvero in un igloo di lenzuola.
Un paio di ore dopo la doccia calda cadeva lungo i loro corpi ancora uniti sotto la doccia. A dividerli solo un misero velo di doccia schiuma. Castle fece scorrere le sue mani sulla schiena di Kate, ancora ebbro del piacere che avevano condiviso, completamente perso nelle sensazioni stupende che gli stava regalando la sua pelle di seta e l’acqua calda che li stava fasciando.
Il viso affondato nel suo collo, le mani di lei tra i suoi capelli, e miliardi di piccole scosse elettriche che lo pizzicavano sul tutto il corpo come effetto collaterale del contatto tra i loro corpi.
Kate alzò la sua testa con le mani, cercando di guardarlo negli occhi nonostante l’acqua continuasse a scorrere. “E’ ora di uscire…” mormorò riportandolo alla realtà. “Ti aspetta un compito importante stamattina.” Aggiunse seria.
Lui mugugnò dispiaciuto dall’aver perso quel contatto con il suo collo.
“Non intendo mancare, non ti preoccupare.” Rispose con serietà. Lei gli sorrise facendogli scivolare le dita sul viso. La barba era ricresciuta, gli piaceva anche così.
Castle chiuse l’acqua mentre Kate allungava una mano verso l’apertura del box doccia.
Riacquistarono il controllo dei propri arti fino a raggiungere i loro accappatoi, ma Kate si infilò in quello di lui, permettendo ai loro corpi di stare uniti ancora qualche secondo. Lui chiuse il grande accappatoio dietro la sua schiena e la strinse a sé sospirando.
“Grande risveglio…” mormorò compiaciuto ma stavolta con uno sguardo serio.
“Meriti una colazione con i fiocchi!” Aggiunse facendo scorrere su e giù le mani sulla sua schiena per asciugarla.
Lei negò con il capo. “Tu raditi e finisci di prepararti, mi asciugo per bene e la colazione te la preparo io.”
“Ma hai già preparato la cena ieri sera.” Replicò curioso.
Kate sorrise tornando a liberarsi delle sue braccia e del suo comodo accappatoio formato coppia.
“Vorrà dire che mi porterai la colazione a letto in altre occasioni.” Lui annuì compiaciuto osservandola fasciarsi in una spugna e asciugarsi rapidamente. La osservò frizionarsi i capelli e correre scalza verso la stanza da letto per recuperare dell’intimo. Era spettacolare e inebriante in ogni sua forma.
Si guardò allo specchio, pensando a quello che doveva fare.
Si sentiva bene, la mattinata con lei era iniziata in modo strepitoso, ma sapeva di non poter scappare alle sue responsabilità di padre anche se in quel preciso istante avrebbe voluto rapire la sua conturbante musa e strascinarla negli Hemptons per una lunga maratona che avrebbe replicato in piscina quanto successo sotto la doccia.
Però doveva affrontare un discorso padre / fidanzato della figlia, una di quelle cose per cui nonostante ci fosse la necessità dell’uso della parola, cosa in cui era anche piuttosto abile, non si sentiva né pronto né all’altezza.
Allo stesso tempo non voleva deludere la sua famiglia, ma davvero non sapeva che cosa fare, da che parte iniziare. Sapeva di dover evitare il panico. Sapeva di non doversi arrabbiare e provare a trovare un filo logico nei discorsi sgrammaticati di Pi.
Si guardò di sottecchi. No, quel pensiero non era adatto ad aprire la mente ed evitare di partire prevenuto. Guardò i propri occhi stanchi, ma ancora eccitati dalle ultime due vivacissime ore di gioco con Kate e non se ne pentì nemmeno per una frazione di secondo.
Si preparò la schiuma da barba e se la spalmò sulle mani prima di metterla sul viso. Ci giocherellò un po’ facendo una scultura. Cercò di scolpirci una Devil Tower ma capì come mai anche il protagonista di Incontri ravvicinati del terzo tipo non ci fosse riuscito. Si applicò per lunghi minuti fino a che si trovò di fronte ad uno sguardo tra il divertito e l’accigliato. Sorrise con un’espressione colpevole a Kate che lo guardava dallo specchio sulla porta del bagno. Si era già rivestita con una tuta comoda e aveva i capelli ancora umidi ma li stava ancora frizionando con una spugna. Si avvicinò a lui e gli diede un leggero colpo con la spalla.
“Cosa ti sembra?” Chiese Castle mostrandole la mano coperta di schiuma da barba.
“Un modo per tergiversare.” Rispose lei con un leggero cipiglio. Lui capì che non era realmente arrabbiata ma annuì.
“Preparo la colazione.” Aggiunse lei dandogli un sonoro schiaffo sulle natiche che lo fece ridere.
“Scappa piccola perché potrei ricominciare.” La minacciò e lei si allontanò ridendo per nulla intimorita, allacciandosi i capelli umidi in una coda alta.

Martha scivolò fuori dalla propria stanza fasciata nella sua sgargiante vestaglia da notte. Quello che aveva sentito durante la notte, il simposio rappacificatore tra figlio e nipote le era sembrato un passo grandioso e la presenza di Kate era stata indubbiamente regolatrice. Aveva fatto un po’ da refrigerante per Richard e una voce obiettiva per Alexis.
Si avvicinò a passi lenti verso il divano e guardò Pi ancora immerso nel sonno.
“Pi è ancora vivo…” mormorò sorridendo. Nello stesso istante Kate uscì dallo studio di Rick e i loro sguardi si incrociarono. “Kate è ancora viva…” Le disse indicandola con la mano. Kate la raggiunse sorridendo.
“Stai facendo la conta dei feriti?” Le chiese accettando di buon grado l’abbraccio materno della donna.
“Meravigliosa creatura, direi di sì.” Rispose dirigendosi con lei verso la cucina cercando di evitare la roba di Pi sparsa sul pavimento.
“Richard?” Chiese infine bisbigliando.
“E’ in bagno. Leggere contusioni, una seria ferita all’orgoglio paterno. Prognosi incerta, forse qualche giorno, forse qualche decennio.” Rispose in modo professionale.
“Ah! Il mio bambino non cambierà mai.” Valutò la donna sorridendo con ironia.
“Alexis?”
“Qualche contusione con prognosi direttamente proporzionale a quella del padre.” Valutò scuotendo il capo.
“E tu mia cara? Tutto bene?” Kate sembrava radiosa e rilassata agli occhi di Martha, quella pace che una donna viveva subito dopo una tempesta ormonale molto ben condivisa con un uomo.
Kate distolse lo sguardo da quello indagatore di lei e annuì. “Tutto ok Martha.” La donna le pose la propria mano sulla sua.
“Il tuo intervento è stato meravigliosamente provvidenziale.” Commentò.
Kate negò con il capo. “Non ti devo raccontare nulla immagino…”
“Detective fino al midollo?”
Kate le indicò la vestaglia. “Corpo del reato vistoso, impossibile da non notare…” si giustificò sorridendo. “Ma non ho proprio messo in atto la tua strategia.” Valutò corrucciata.
La donna la guardò con sorpresa giocherellando con la propria vestaglia. Poi strinse gli occhi in uno sguardo penetrante e batté sulla sua mano un paio di buffetti soddisfatti.
“Tu mia cara sei una sorpresa continua. E non immagini quanto questo mi faccia felice.” Ribatté tornando a cercare nel frigorifero una bevanda dissetante.
“Almeno non del tutto…” confessò Kate pensando a quanto successo poco prima in camera da letto.
Martha sorrise e annuì. “Hai ottenuto uno splendido risultato comunque.”
Kate cercò nella credenza il necessario per cucinare una colazione degna degli esuberanti sforzi del suo uomo, scoprendosi affamata.
“E poi confesso che adoro sapere che ti presenterai in cucina con qualcosa addosso.” Valutò Martha muovendo le mani in direzione dei pantaloni di Kate la quale sgranò gli occhi e poi li richiuse ricordando il fastidio che aveva provato nel vedere Meredith gironzolare per la cucina con addosso niente più che la propria biancheria. Annuì sorridendole. “Eh già…” replicò scambiando uno sguardo d’intesa con la donna più anziana.
“Vuoi che ti cucini qualcosa Martha?” Chiese quindi cercando di farsi un’idea di cosa preparare.
La donna sorrise. “Fai tu, qualsiasi cosa faccia piacere a Richard farà piacere anche a me. La giornata deve incominciare bene e dal tempo che si sta prendendo in bagno direi che è già iniziata in modo interessante per lui.”
Kate arrossì sotto lo sguardo ammiccante di una donna che aveva già capito tutto. E poi era lei la detective fino al midollo. “Le tue previsioni per l’incontro fatidico della giornata?” Chiese quindi per sviare il discorso.
Martha sorseggiò il suo succo di albicocche con la stessa grazia di un flute di champagne, sedendo composta sullo sgabello. Martha era sempre una diva anche all’alba. Del resto raramente si mostrava senza un po’ di trucco per ringiovanirsi.
“Nuvole all’orizzonte ma con potenziale sereno a fine giornata. Ho fiducia in Richard… e nel tuo savoir faire.”
Kate sorrise versando latte e farina in una ciotola per preparare l’impasto per le frittelle. Prese dal frigorifero alcuni pezzi di frutta già sbucciata e li tagliò a dadini versandoli nell’impasto.
“Lo spero anche io Martha, non è piacevole vedere certi scontri tra loro.” Valutò abbassando ulteriormente la voce. “E doloroso vederlo così arrabbiato, così ferito.”
Martha tornò ad avvicinarsi a lei. “Seriamente bambina, tu sei la cosa più bella che potessi sperare per mio figlio.” Le disse mettendole una mano sulla spalla.
“Ed eccolo qui il nostro eroe!” Disse con un tono di voce più acuto, ma sempre cercando di mediare per non svegliare Pi, che a giudicare dal fatto che non si era ancora destato aveva il sonno pesante come un macigno.
Castle sopraggiunse, sbarbato, pettinato e con addosso una comoda tuta.
“Buongiorno mamma…” replicò Castle sporgendosi per controllare la presenza di Pi sul divano e non certo per verificare se dormisse o meno.
Kate sorrise e lui andò a dare un bacio in fronte a sua madre. Poi si voltò verso Kate e aggiunse.
“E di nuovo buongiorno a te mia signora…” le disse prendendola per i fianchi e dandole un bacio sulle labbra. Kate arrossì di nuovo, ma lo lasciò fare. Era di buon umore, meglio assecondarlo.
“Frittelle!” Commentò felice all’indirizzo dell’occupazione di Kate la quale roteò gli occhi. Non sarebbe certo cambiato, ma nemmeno voleva che accadesse. Quale uomo si alzava dopo una notata passata a farsi domande sul futuro della propria figlia e riusciva ad essere felice anche solo per una semplice colazione a base di frittelle?
“Programmi per la giornata Richard?” Lo stuzzicò Martha mentre lui abbandonava il contatto con Kate e andava a cercare la paletta per rivoltare le frittelle nei cassetti della cucina. Poi prese il necessario per friggere e accese la piastra sotto la padella con olio e in cui fece scivolare voluttuosamente una noce di burro.
“Una tarda mattinata di apertura e dialogo…” Mormorò serio tornando accanto a Kate e scambiando con lei uno sguardo di assenso.
“Goloso fino all’ultimo.” Lo stuzzicò Kate osservando il burro sciogliersi e fare quella schiuma bianca che rendeva i dolci fritti più buoni ma anche più pesanti.
“Assolutamente. Ho bisogno di calorie.” Osservò facendole l’occhiolino.
“Se dovessi allontanarmi troverei ancora una casa al mio ritorno?” Aggiunse Martha.
Rick la guardò con quello sguardo sornione di chi sta sulla difensiva.
“Mamma, crollerà il mondo ma tu sarai sempre qui.” Rispose annuendo.
Martha rise allegramente. Richard era tornato sfacciato e sarcastico, ottimo segno, significava che stava bene.
Alexis scese le scale già vestita e pronta per la colazione. Guardò la famiglia riunita in cucina e Pi dormire profondamente.
“Non si è svegliato?” Chiese incuriosita. Martha le sorrise.
“Buongiorno tesoro.” Le disse andandole incontro e dandogli una abbraccio.
“Ehi…” la salutò Castle un po’ teso nel vederla e Kate si limitò a sorriderle e a farle cenno con il capo.
Martha indicò Pi e poi scosse il capo. “Forse le cannonate tesoro, ma finché dorme lasciamolo riposare.”
Alexis annuì. “Ieri sera è tornato tardi.” Spiegò giustificandolo.
Castle rigirò le frittelle che Kate aveva delicatamente immerso nell’olio e attese che fosse Alexis stessa ad avvicinarsi a lui.
“Siamo golosi stamattina.” Valutò la ragazza scoccando al padre uno sguardo severo prima di sciogliersi in un sorriso.
“E’ solo per stamattina.” Rispose lui rispondendo al sorriso con un gesto della testa. Alexis rise e andò a dare un abbraccio al padre e Kate e Martha si guardarono sorridendo complici.
“Primo scoglio superato.” Pensò Martha e a giudicare dal respiro profondo preso da Kate anche lei aveva avuto il medesimo pensiero. Nonostante tutta la tensione che tra i due poteva ancora sentirsi, il passo di riconciliazione era stato fatto. Martha osservò Kate e Alexis parlare piano della colazione e interagire senza tensione. Tra le due non c’erano scogli. Alexis aveva forse capito di essersi comportata da ragazzina immatura nei suoi confronti a giudicare dalla serenità con cui stavano ridendo del contenuto calorico della colazione.
Su quel fronte la guerra era chiusa con trattato di pace ratificato. Dal lato padre figlia forse la tregua stava giungendo al trattato, ma c’era ancora una voce da discutere prima di poter chiudere definitivamente le belligeranze.
Pi sbadigliò rumorosamente muovendosi sul divano e aprendo gli occhi annebbiati sull’intera famiglia Castle al completo in cucina. Si mise a sedere e sorrise stropicciandosi il viso.
“Buongiorno famiglia Castle…” Mormorò. “In questa casa le riunioni familiari sono un’abitudine?” Chiese quindi incuriosito mentre Alexis andava a dargli il buongiorno.
Alla spicciolata tutti risposero al suo saluto.
Martha e Kate notarono l’imbarazzo di Castle mentre Alexis dava un bacio al suo ragazzo. Kate gli diede una leggera spinta con la spalla. “Lo hai fatto anche tu poco fa davanti a tua madre.” Mormorò a denti stretti.
Lui la guardò “Mia madre è abituata io…” fece una smorfia e Kate lo riprese con lo sguardo.
Martha scosse il capo.
Pi si alzò stiracchiandosi poco elegantemente e Alexis lo trascinò al piano di sopra per prepararsi.
Martha sorrise. “Beh, di sicuro una tradizione di famiglia c’è: quella che le donne si impongono sui propri uomini.”
Castle si girò per commentare ma riuscì ad evitare di formulare ad alta voce una battuta poco gentile nei confronti di sua madre. Non se lo meritava in fondo, lei non aveva avuto tutte le colpe per il suo passato.
Kate si sorprese a scrutare la sua espressione d’un tratto fattasi seria e gli chiese tacitamente che cosa lo turbasse. Lui scosse il capo incrociando il suo sguardo. “Era solo un pensiero…”
Martha preparò la tavola e aiutò Kate a preparare frutta per Pi. Castle finì di cuocere le frittelle e le mise in tavola con lo sciroppo. Giocherellò in silenzio con le gocce di cioccolato e poi tornò a guardare Kate affaccendata in cucina. Preparò il caffè e si dedicò a fare un paio di ricami sulla schiuma del cappuccino senza staccare gli occhi da lei. Era così a suo agio in cucina, con sua madre, in quella casa.
Era felice di averla riavuta a New York, felice di poter lavorare con lei di nuovo. Orgoglioso di poter avere una creatura tanto speciale da amare e con cui confidarsi oltre sua madre, quella sua felicità doveva per forza essere oscurata della decisione di Alexis di abbandonare la loro casa? Perché non poteva rimandare il tutto, magari di qualche decennio? Strabuzzò gli occhi e si trovò a dover evitare gli sguardi attenti di Kate e Martha che sembrava lo stessero osservando con estrema attenzione. Erano preoccupate, non aveva dubbi e lo stavano monitorando. Era quasi sicuro che da qualche parte in quella casa ci fosse un apparato a cui una sonda impiantata di nascosto nel suo cuore stava inviando messaggi sul suo stato d’animo. Loro capivano tutto. Sapevano tutto. Quello sì che era realmente inquietante: essere un libro aperto per le sue donne.
Alexis tornò a scendere le scale e si diresse decisa ad aiutare le altre due donne di casa.
Castle si sentì molto orgoglioso di essere il re di quel regno, e un po’ meno nel dover trovare il modo di accettare che la sua giovane ape regina sciamasse in un altro alveare. Rassettò il soggiorno e riordinò il divano smontando il giaciglio di Pi.
Alexis gli si avvicinò.
“Papà?” Lo richiamò e lui si voltò con un sorriso.
“Volevo solo dirti che ieri sera…”
“Tesoro troveremo una soluzione ok?” La fermò lui con dolcezza. Sorrise alla sua bambina pensando a quanto fosse cresciuta.
“Non volevo mischiare i due argomenti volontariamente papà. Non volevo che fraintendessi…” iniziò a dire.
Castle le fece cenno di seguirla nel suo ufficio.
Kate e Martha seguirono la scena con interesse sempre più crescente, e con un velo di apprensione.
Alexis sorrise sedendo sulla poltrona davanti al padre.
“Ho sbagliato a mischiare le due cose, la mia gelosia per Kate e Washington con la decisione di andare a vivere con Pi. Non voglio prenderti in giro o manipolarti. Ieri sera quando ti sei arrabbiato ho capito di aver sbagliato tutto in quel discorso. Sono cose diverse.” Si scusò contorcendosi le mani.
Castle sospirò. La guardò seriamente e prendendosi il giusto tempo per cercare le parole.
“Non nego che la cosa mi abbia ferito molto, ma sono felice che tu me l’abbia detto.” Castle le sorrise e inlei si sciolse un nodo sul cuore.
“Non sei mai stata così, non volevo credere che tu fossi così…”
“Contorta? Malvagia?”
“Sì.” Rispose l’uomo.
“Hai pensato che fossi come mamma?” Commentò Alexis con un mezzo sorriso. Lui la guardò sorpreso.
“Esattamente come lei. E questo sì che mi ha terrorizzato!” Ironizzo.
“Beh… non voglio essere come lei. Le voglio bene ma non un mio modello di vita.” Valutò Alexis.
Castle sorrise. “Ma stato più d’accordo.”
“Non ne ho parlato con lei di questa decisione.” Aggiunse mordendosi le dita.
Castle si limitò ad annuire.
“Non mi chiedi il perché?”
Lui scosse il capo. “Tua madre non ha preso una decisione con te da sempre, non c’è stata per nessun tuo passo importante, lei arrivava a cose finite e fingeva di aiutarti regalandosi una vacanza costosa dove voleva lei. Non è un persona su cui contare.”
“Appunto. Ma voglio contare sempre su di te papà, anche se ultimamente siamo in disaccordo. Tu, nonna… e perché no anche Kate.” Spiegò con fervore sporgendosi avanti col busto.
“Kate lo sai ha avuto una vita difficile. Ma aveva una madre davvero speciale e che le è stata accanto fino a che non gliel’hanno strappata via. Sa cosa significa avere una famiglia unità. Lei ha perso molto oltre alla madre. Non vuole essere una ragione di rottura tra noi. Potrà esserti d’aiuto molto più di tua madre. Ne sono più che certo.” Lei sorrise annuendo.
“E’ una donna in gamba.” Mormorò Alexis.
Castle si sporse verso di lei. “Manterrò la mia promessa zucca, parlerò con Pi e cercherò di esservi d’aiuto. Sei più importante di qualsiasi litigio. Però non voglio vederti gettare la tua vita. Vuoi contare su di me? Fallo sempre e torna a casa se le cose non funzionano. Non fare i miei stessi errori tesoro.” Lo sguardo serio del padre la fece commuovere. Gli occhi divennero rossi.
“Funzionerà papà. Fidati.”
Lui scosse il capo. “E se non funziona non nascondermelo. Io sarò qui.” Disse puntando con forza il dito indice verso il basso.
Alexis si alzò e sedette accanto a lui abbracciandolo. Poi si scambiarono un nuovo sorriso e lei tornò in cucina velocemente, per essere d’aiuto.
Castle uscì dal proprio ufficio sotto lo sguardo vigile di Martha e Kate, e sorrise loro camminando lentamente.
Si diresse alla porta per andare a ritirare la posta.
Uscì completamente immerso dal pensiero positivo che sua figlia aveva preso ben poco dell’indole volubile della madre. Sapeva che quando perseguiva uno scopo lo faceva con serietà e impegno lodevoli e avrebbe fatto il possibile, ma desiderava che lei potesse tornare indietro senza sentirsi umiliata nel caso in cui qualcosa fosse andato storto.
Quando rientrò Pi stava scendendo le scale a lunghi passi. Si fermò accanto a lui sull’ultimo gradino e tornò ad osservare le sue tre donne affaccendate in cucina.
“Sono tre splendide donne Mister C e lei deve andarne davvero fiero.” Esclamò Pi e lui si ritrovò a guardarlo come se lo vedesse per la prima volta.
Non immaginava che da una creatura tanto astratta uscisse un’espressione tanto bella.
Annuì col capo. “Sì, ne sono fiero. E sono anche molto protettivo nei loro confronti.” Aggiunse seriamente.
Pi strinse le labbra sotto i suoi baffetti. “Sono davvero fantastiche e la capisco. Aspetto con ansia di poterle parlare in privato.” Rispose allontanandosi e andando a prendere il suo posto al tavolo da pranzo.
Castle si appoggiò alla balaustra delle scale dondolando la posta che aveva in mano distrattamente.
Forse c’era una speranza per Pi.

______________________________________________
Rieccomi! Papiro day... scusate, ho elucubrato molto nelle settimane passate.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Non devi cercare le parole, devono uscirti dal cuore come sangue dalle vene ***


La colazione venne consumata in serenità. Era un sabato mattina di quelli da ricordare, almeno così Martha giudicò. In quel quadro di calma apparente si intravedevano davvero spiragli di cielo sereno.
A tavola Richard aveva parlato del più e del meno con la sua solita verve vivace e Alexis e Pi avevano partecipato con ilarità alle sue battute. Più silenziosa Kate osservava di volta in volta lui e la figlia, immersa in chissà quali pensieri. Martha si trovò per la prima volta nella vita ad essere veramente interessata ai pensieri che affliggevano la sua futura nuora, pensieri che certamente erano meno materiali rispetto alle sue precedenti consorti i quali non meritavano nemmeno di essere presi a titolo di paragone.
La osservò a lungo tenersi in disparte dai discorsi, guardare Richard con sguardi alcune volte seri altri divertiti, ma stranamente non entrare nel discorso. Martha si alzò per portare il proprio piatto al lavello e riporlo in lavastoviglie. Kate la raggiunse dopo alcuni minuti facendo altrettanto.
“Se mangio dell’altro esplodo. Devo fare un po’ di moto.” Le disse con un sorriso e strabuzzando gli occhi.
Martha ondeggiò il capo. “Non me lo far notare tesoro, io sono notoriamente pigra, e quindi cerco di essere pigra anche con la forchetta. Tu però sei in splendida forma cara.”
Kate scosse il capo. “Dovrò rimettermi a fare box in palestra e poi ho deciso di portare Rick in piscina. Gli farà bene.”  Martha la guardò con curiosità.
“E lo hai comunicato all’interessato?” Chiese appoggiandosi al lavandino.
Kate la osservò stupita. “Ne stavamo parlando ieri pomeriggio prima del vostro arrivo. Mi sembri sorpresa.” Valutò quindi con un sorriso.
“Richard è molto pigro.” Rimarcò sottolineando la parola molto allungando il suono della emme.
“lo so.” Rispose lei.
“E ha accettato di fare sport con te?” Martha era davvero incredula.
Kate annuì. “Ho ancora qualche carta da giocare con lui.” Rispose facendole l’occhiolino.
Martha mormorò un “Wow!” Mimato con le mani. “Sono molto impressionata.”
Kate strinse un occhio facendo un’espressione buffa. “Ma non so per quanto riuscirò a coinvolgerlo, è davvero molto pigro.” Aggiunse ridendo.
“Sei preoccupata?” Chiese infine Martha.
Kate scosse il capo. “No, perché?”
“Ti ho visto distratta a tavola, non sei entrata nel discorso.” Osservò la donna guardandola con dolcezza.
“Ah, Martha in realtà…” Kate si spostò i capelli dalla fronte. “In realtà stavo solo godendomi la colazione in famiglia. E’ stato molto piacevole.” Ammise.
Martha le fece scorrere una mano sulla spalla. “La prossima volta organizziamo un bel brunch domenicale e invitiamo anche tuo padre, così la famiglia sarà al completo.”
Kate sorrise abbassando lo sguardo. “Grazie Martha, sei gentile.” La donna fece svolazzare la sua vestaglia e si allontanò ammiccando.
“Vado a ristrutturare la mia immagine da diva, hai il controllo del regno mia cara.”
Kate annuì ridendo e mettendosi le mani sui fianchi. “Terrò alte le bandiere.” Replicò.
“Quali bandiere?” Chiese Castle raggiungendola e portando con sé alcuni piatti sporchi per cominciare a rassettare la zona pranzo.
“Oh, nulla, una cosa tra donne.”
“Che prevede bandiere?” Chiese di rimando Rick più curioso che mai.
“Ed il controllo di un regno.” Rispose Kate sorridendo e tenendo le mani ben salde sui propri fianchi.
Lui acuì lo sguardo su di lei. “Un re non è nulla senza la sua regina…” valutò consapevole di aver dato a lei la condivisione dello scettro del potere. Lei sorrise e lui la baciò.
“Ehm… “ Li interruppe Alexis.
“Che ne dite se i nostri due uomini si fanno due passi da soli? Papà potrebbe accompagnare Pi a ritirare i libri che ha prenotato alla biblioteca pubblica.
Forse Alexis voleva trovare il modo di uscire da quella situazione tesa il prima possibile, ma dopo quella simpatica e piuttosto distesa colazione, Rick sperava almeno in un'altra ora di calma.
Si trovò quindi spiazzato. Pi lo stava guardando annuendo.
“Ok” rispose e Kate strinse la sua mano confortandolo. “Direi che è una buona idea.” Valutò quindi la donna, pensando che lontano dagli occhi interessati Rick e Pi potevano parlare liberamente. Era anche vero che dopo le sfuriate del giorno prima il suo uomo poteva essere un po’ suscettibile, ma forse farsi due passi in tranquillità, stare all'aperto avrebbe dato loro un certo agio per essere loro stessi senza influenze. E poi se erano in pubblico Rick non avrebbe mai dato in escandescenza.
Forse Alexis lo sapeva, forse con la sua proposta mirava a quello, doveva quindi fidarsi di lui.
“Mi vado a cambiare…” osservò Castle e Pi si ricordò di non aver nemmeno tagliato la barba.
“Un minuto e vado a sistemarmi.” Replicò e Alexis scosse il capo.
Entrambi gli uomini di incamminarono in opposte direzioni.
“Credi che ce la faranno?” Chiese Alexis dubbiosa.
Kate continuò a caricare la lavastoviglie. “Sopravvivranno.”
“Uomini…” Valutò Alexis e Kate rise pensando che per la ragazza quel tipo di exploit non calzava ancora del tutto a pennello. Fortuna voleva che Castle si fosse già allontanato.
“Beh è quello che si dice no?” Replicò Alexis lievemente imbarazzata. Kate annuì. “Non sono sempre facili da gestire ma… non possiamo farne a meno.” Disse guardandola di sottecchi.
Alexis si stava mordendo le unghie distrattamente. Forse il pensiero di sapere Pi alla sola mercé del padre non la tranquillizzava, ma era stata una sua scelta quindi Kate pensò ci fosse dell’altro.
Kate si voltò verso di lei e si appoggiò col fianco al bancone della cucina.
“Ti preoccupa molto vero?” Le disse distraendola.
Alexis mosse il capo. “Sono così diversi.” Valutò con serietà.
“Non per questo significa che non riusciranno a capirsi, tuo padre alcune volte carbura lentamente, ma poi è in grado di rifarsi. E poi ha molto spirito di osservazione e sa calarsi nei problemi delle persone. Riuscirà a trovare il modo di comunicare.” Rispose Kate continuando a giocherellare con un canovaccio.
“Del resto se vuoi che parlino da soli ti fidi di entrambi.” Rimarcò Kate.
“Conto su entrambi e penso sia un discorso che debbano affrontare tra uomini. Stando soli potranno essere più… diretti.”
Kate sorrise. “Diretti?”
“Beh dipende da discorsi che mio padre vorrà intavolare. Inoltre il suo spirito di osservazione può diventare molesto se esagera.”
“Non credo vorrà parlare di sesso, a quanto ho capito il discorso padre e figlia sul sesso è stato molto illuminante per lui. Gli dovrebbe bastare.”
Alexis rise e annuì. “E’ stato strano ma allora era anche divertente dopotutto.” Commentò.
“Però sai non so più a cosa pensare.” Aggiunse facendosi di nuovo pensierosa. “Papà è cambiato, quindi non so bene cosa aspettarmi.”
Kate si morse le labbra. “Cambiato in che modo? Tra noi tuo padre è probabilmente quello che è cambiato meno.”
“Le sue reazioni sono più… serie, meno giocose del passato.”
“Si chiama maturità.” Definì Kate con un sorriso divertito.
Alexis si voltò a guardarla con curiosità. “Per papà credo che non sia la definizione più calzante! Tu se cambiata?”
“Sì, moltissimo.”
“Non l’avrei mai detto.” Rispose la ragazza scuotendo il capo.
“Tuo padre è stato determinante in questo. Senza di lui…” Kate sorrise imbarazzata. Alexis la guardava con più curiosità di prima.
“Tanto per chiarirci, anche parlare di questi cambiamenti è una novità per me…” Disse sorridendo.
“Sei piuttosto riservata.” Valutò Alexis.
Kate annuì. “Già...”
Alexis si toccò una ciocca di capelli e poi deglutì cercando di trovare le parole giuste per fare quella domanda. “Il giorno del mio diploma… E’ davvero cambiato tutto tra voi?”
La donna sospirò annuendo.
“In un giorno?”
“Non esattamente. Mi ci sono voluti mesi. Poi ci sono stati problemi, il suo allontanamento e il suo addio. Quel giorno ho definitivamente accettato quello che provavo per lui, con tutto quello che ne sarebbe seguito. Se lo avessi perso non me lo sarei mai perdonata.”
Alexis le sorrise. “Trovi sia difficile da amare?”
Kate rimase spiazzata da quella domanda. “No, no… Però lui è Richard Castle.” Scosse il capo sorridendo a quelle paure che aveva avuto per anni.
“Con una vita non sempre edificante.” Aggiunse Alexis a terminare quella mezza frase.
“Però papà non è tutto quello che si dice su di lui.”
Kate si trovò d’accordo. Annuì passandosi una mano sul viso. “Ho imparato a conoscerlo.”
Trovò le sue parole sincere e se ne compiacque.  Poi trasse un profondo respiro e guardò verso le scale. Pi ci avrebbe messo un po’.
“Sarà comunque una cosa nuova per papà e non so…” Mormorò.
Kate strinse le labbra. “Saprà stupirti ancora. Lo fa spesso… intendo tirare fuori conigli da improbabili cappelli.” Alexis rise.
“Lo spero tanto. Se non dovesse accettare Pi, non tornerò sulle mie decisioni.” Disse con sincerità.
Kate abbassò lo sguardo. “Lo immagino. Ma non ti abbandonerà mai, su questo puoi contarci, anche se non sarà facile.”
“Papà è permaloso.” Confermò Alexis sorridendo e allentando la tensione.
“Vado a vedere se tuo padre trova i calzini…” disse Kate ridendo e abbandonando il canovaccio sul tavolo prima di dirigersi verso la stanza da letto. Forse era il caso di andare a verificare in che stato si trovasse il suo uomo. Entrò in camera da letto e lo vide abbottonarsi lentamente la camicia davanti allo specchio.
 Si appoggiò allo stipite e attese qualche secondo fino a che lui si accorse della sua presenza.
“Sei agitato?”
“Lo ero meno al mio primo matrimonio.” Confessò con un sorriso. “Ma lo sarò sicuramente tantissimo al nostro.” Aggiunse a mo’ di scusa per aver fatto un paragone infelice.
Kate lo raggiunse e si frappose tra lui e lo specchio. Lo aiutò ad abbottonarsi la camicia e lui si lasciò fare docilmente, felice della sua presenza.
“Non so da che parte iniziare Kate, non so nemmeno che dire. Mi sento… mi sento assolutamente impreparato.” Mormorò cercando i suoi occhi.
“Se gli parli con sincerità andrà tutto bene.” Rispose lei facendo scivolare le mani sul suo torace mentre lui si infilava la camicia nei pantaloni.
“Se sarò sincero potrei non essere gentile. Alexis si infurierà ed io la perderò per sempre.” Rispose sistemandosi ma senza allontanarsi da lei.
Kate sorrise pensando che padre e figlia erano fin troppo simili. Stessi pensieri, stesse preoccupazioni.
“Non essere drastico e resta calmo. Pi non è un ragazzo aggressivo, non ti farà stizzire. Cerca di conoscerlo meglio.” Valutò lei.
Lui scosse il capo. “Ma se non sopporto nemmeno l’idea di sapere che ha un nome ridicolo come Pi e senza la e perché la grammatica è un’opinione…” disse sbuffando.
Lei gli diede un colpo con la mano sul torace. “Smettila. Vedi di tornare nei ranghi. E non mi dire che non sei capace di investirlo di domande da quella più banale a quelle più imbarazzanti!” Lo riprese ma con un sorriso.
“No, quelle imbarazzanti non le voglio fare… Non voglio sentire la risposta.”
Castle fece una smorfia poi spalancò gli occhi tappandosi le orecchie.
“Le domande più banali! Certo.” Replicò quindi con un mezzo sorriso prendendo Kate per le spalle e dandogli un bacio in fronte.
Lei roteò gli occhi. Poi tornò a giocare con i suoi bottoni.
“C’è qualcosa che ti turba? La mia è stata una battuta infelice, lo so.” Chiese lui vedendola seria all’improvviso.
“Devo dirti una cosa prima che tu esca.” Mormorò a bassa voce.
Castle strinse le mani sulle spalle di lei e la guardò preoccupato. “Sono tutto orecchi.” Disse pensando che quella sarebbe stata una giornata faticosa quanto la precedente. Non immaginava quale fosse la ragione della serietà di Kate soprattutto dopo la piacevole mattinata.
“Prima a tavola è stato molto bello. Adoro la tua famiglia…”
“La nostra” la corresse lui.
Lei sorrise. “Ho commesso un errore pensando di allontanarti da questa casa, da questa nostra famiglia. Il mio è stato un gesto di egoismo.”
Castle strinse gli occhi e la tirò a sé abbracciandola e ondeggiando lentamente come a volerla cullare. “Non hai fatto nulla che io non volessi, non ti avrei fatto partire da sola. Non ti avrei mai lasciata sola.” Kate si strinse a lui appoggiando la testa sul suo torace.
“Mi sento a casa…” Mormorò sorridendo mentre Castle le baciava la fronte e raggiungeva poi le sue labbra.
Dondolarono qualche secondo spostando il peso da una gamba all’altra concedendosi quel bacio romantico e poi si sorrisero sereni fronte contro fronte.
“Ora vai a parlare con Pi. Andrai alla grande.” Gli disse mentre lui indietreggiava andando a raccogliere la giacca sul letto.
“Biblioteca pubblica e via…” Si disse Castle cercando di caricarsi. “Domande elementari.” Aggiunse sistemandosi il colletto. Kate gli regalò un sorriso divertito e la sua occhiata pungente allo stesso tempo.
“Uno strano mix…” rispose lui. “Incredibile come te.” Finì prima di uscire dalla stanza.

Pi osservava Castle guidare la sua berlina con estrema serietà. Erano usciti dal loft e Castle aveva proposto di uscire in auto. Da che avevano lasciato il garage del palazzo non aveva ancora detto nulla e così pensò di provare a rompere il ghiaccio. “Mister C, Alexis mi ha detto che lei è uno dei benefattori della biblioteca pubblica.” Disse cercando di richiamare la sua attenzione. Lui annuì ma non proferì parola.
“Mister C?” Chiese di nuovo Pi.
“Castle.” Rispose lui.
“Eh?”
“Sono Castle, Mister Castle, Signor Richard, fai tu ma non solo Mister C. Non sono una consonante Pi, tantomeno un rapper.” Rispose con lentezza scandendo le parole.
“Vorrei che ti mi chiamassi Signor Castle se non ti da problemi.” Rimarcò l’uomo sotto lo sguardo attonito del ragazzo, il quale annuì poco convinto.
“Certo Mister C… astle.”
Castle continuò a guidare in silenzio per ancora lunghi minuti senza che Pi osasse aggiungere altro.
Sembrava perso nei suoi pensieri e così era.
Castle non si stava concentrando su quello che poteva dire a Pi, stava piuttosto ripensando alle parole che Kate gli aveva rivolto prima di uscire. Quella donna sapeva come stupirlo ogni giorno e pensare a una vita senza di lei non era più concepibile. Le aveva chiesto scusa per averlo involontariamente allontanato da casa, ma la decisione era stata sua. Non avrebbe accettato di viverle lontano, non avrebbe accettato di perderla.”
“Ti dispiace se prima facciamo una deviazione?” Chiese all’improvviso all’indirizzo di Pi che trasalì.
“No, certo nessun problema… Ma potevamo prendere un taxi…” Rispose.
Castle sospirò. “Del resto la biblioteca era solo un espediente per farci parlare ed in quelle sale ad alta voce non è permesso.”
“Ha intenzione di urlare?” Chiese il ragazzo stupito.
“No! Ma che… vai a pensare no!” Sottolineò con forza.
“Ok!” Rispose Pi tornando a guardare la strada.
Castle cercò di concentrarsi. “Domande semplici” disse ad alta voce.
“Che razza di domande?” Replicò Pi.
“Al massimo di che genere.” Rispose Castle, guardandolo di sfuggita.
Pi scosse il capo. “Non capisco…”
“Come ti chiami?” Chiese infine Castle.
Il ragazzo sorrise. “Lo sa come mi chiamo mister C… aastle.” Finì con fatica.
“Credo tu ce la possa fare Pi. Ripetilo tante volte fino a che non ti sarai dimenticato di cosa significa, ma lo saprai pronunciare.” Replicò Castle con un ghigno. Svoltò ad un incrocio andando a dirigersi verso un isolato ben lontano dalla biblioteca pubblica e Pi cercò di fare mentalmente quello che gli era stato chiesto dal suo strano interlocutore. Pi osservò Castle e cercò di capire il suo umore.
“E’ arrabbiato? Lo è con me?” Chiese infine.
“No, non sono arrabbiato, ma fidati sono curioso. Molto. Come ti chiami?” Tornò a chiedere.
Castle raggiunse un viale alberato e andò a parcheggiare la macchina accanto all’entrata di quello che Pi costatò essere un cimitero.
“Come ti chiami Pi, realmente. Nome e cognome. Da dove vieni, chi sono i tuoi genitori e soprattutto dove sono.” Chiese Castle addolcendo il tono della voce.
Scese dall’auto ed il ragazzo fece altrettanto.
“E me lo vuole chiedere in un cimitero?” Domandò titubante.
Castle fece un ghigno divertito e diabolico. “Non intendo scolpirlo su una lapide, certo potrebbe essermi utile per il futuro, dipende da come ti comporterai.”
Pi guardò Castle leggermente preoccupato. “Lei è davvero un tipo strano lo sa?”
Castle annuì dirigendosi verso il piccolo chiosco di fiori dove una signora anziana stava seduta creando composizioni floreali. Le indicò un’orchidea bianca e lei gliela porse avvolgendo il gambo in un foglio di carta cerulea. Pi notò una certa dimestichezza tra i due mentre Castle pagava il conto.
“Arrivederci signor Castle.” Lo salutò la donna e Pi ebbe conferma ai suoi sospetti.
Castle gli indicò di seguirlo nel cimitero e il ragazzo si avviò al suo fianco tenendo le mani in tasca.
“Quindi come ti chiami? Perché sei qui a New York, perché a casa mia?” Aggiunse mentre camminava lentamente. “Io non ti conosco, Alexis pensa che tu sia un ragazzo speciale, dimostramelo. Raccontami di te.”
Chiarì con dolcezza.
Pi sorrise e strinse le labbra. “Pensa che non sia all’altezza di Alexis vero?” Disse il ragazzo, andando al sodo, ma Castle lo fermò con una mano.
“Forse. Ma ripeto io non so chi sei.”
“Mi chiamo Pierre, Pierre Duncan. Sono nato a Montreal, ma non ci ho mai vissuto.” Disse quindi ondeggiando la testa e la spalle.
Castle riprese a camminare lentamente. “Pi è quindi un diminutivo di Pierre.” Commentò.
“E così Mister Castle.” Rispose.
“Vedi che vai già meglio?” Castle Sorrise forzatamente. “Quindi dove hai vissuto?” Chiese curioso.
“Ah, prima a Boston, poi i miei si sono traferiti in Olanda per lavoro. Così vivo ad Amsterdam più o meno da quindici anni.” Rispose.
Castle si fermò all’incrocio con un vialetto. “Cosa fanno i tuoi? Vivono ancora in Olanda?”
Pi tentennò. “Sì, sono ancora lì. Mia madre è un dirigente della ABM Amro mentre mio padre si occupa di import export. Tulipani, fiori…”
Castle annuì compiaciuto. Era originario di una famiglia benestante ed era anche la ragione per cui poteva permettersi di gironzolare per il mondo senza pensieri. Ma dal suo tono di sufficienza percepiva che Pi non aveva un buon rapporto né col suo passato né con i suoi genitori.
“Ci vai d’accordo?” Incalzò quindi sempre più curioso. Il ragazzo negò.
“Da quanto sei lontano da casa, oltre ai due mesi passati sul mio divano?” Castle riprese a camminare dirigendosi verso le ultime file di un campo.
“Parecchio. Sono mesi che non li vedo né li sento. Ho fatto cinque mesi con Greenpeace e poi ho partecipato a quel progetto umanitario in Costa Rica. Ero già lì da tre mesi quando ho conosciuto Alexis.”
“Quasi un anno, è notevole. Ma di che vivi? Loro sanno dove sei?” Continuò Castle.
Pi alzò le spalle. “Sanno quello che gli scrivo di tanto in tanto. Mia madre mi passa dei soldi, ma io preferisco arrangiarmi con dei lavoretti. Mio padre… beh lui è come se non esistesse. Non ci parliamo da tempo.”
“Per quale ragione?”
“Voleva impormi la sua vita. Ma non era la mia…” si giustificò.
“Quando hai capito che Alexis era mia figlia?” Chiese Castle andando a scavare più a fondo.
“Me lo ha detto lei dopo qualche settimana che ci conoscevamo, non leggo i suoi romanzi, in tutta onestà non sono il mio genere.” Spiegò con un sorriso teso.
 “Non sono un cacciatore di dote se è questo che dubita.” Rimarcò Pi stringendo le labbra.
Castle lo squadrò, guardandolo negli occhi. “Che studi hai fatto?” Chiese quindi e Pi sentì di essere come ad un colloquio di lavoro ma molto più rischioso ed impegnativo.
“Ho fatto studi di agronomia perché mio padre mi voleva inquadrare nella sua azienda. Poi ho fatto alcuni anni di università ma non ho conseguito la laurea. Me ne sono andato prima.” Spiegò.
“Perché?”
“Non era un mondo che faceva per me.”
“E qual è il mondo che fa per te?” Replicò Castle con sarcasmo.
“Oh lei è davvero molto sarcastico… Lo fa sempre quando è sulla difensiva.”
“So fare di peggio. Fidati.” Pi deglutì piuttosto preoccupato. A colazione lo scrittore sembrava piuttosto rilassato. La presenza della sua compagna o della madre lo rendeva più trattabile, ma in quel momento un pizzicore molesto al mento lo stava avvertendo che scherzare con quell’uomo era da farsi solo sotto stretta sorveglianza delle donne della sua famiglia.
Le amava molto e lui era sicuramente un intruso ai suoi occhi, lo aveva capito però Alexis era importante e il futuro che volevano insieme non era così impossibile. Però quell’uomo era imprevedibile, troppo intelligente per lui, troppo acuto e Pi si sentì per la prima volta molto a disagio.
Non aveva pensato di sentirsi così alle strette, ma del resto non aveva avuto modo di conoscere il padre di Alexis veramente. Era sempre stato fuori casa almeno fino al ritorno di Miss B a New York.
Forse la scelta di Alexis di farli parlare da soli non era stata un’idea felice.
Camminarono lentamente sull’erba rasata.
Castle continuò ad avanzare fino a fermarsi davanti ad un cippo di marmo scuro a metà di una lunga fila.
Quando lesse il nome sulla lapide che Castle aveva raggiunto Pi si fermò di colpo.
“E la madre di Miss B!” Disse stupito.
“Beckett, te ne prego.” Replicò Castle correggendolo di nuovo. “Sì è lei.”
Castle appoggiò la candida orchidea alla base della lapide e tolse quella ormai appassita. Pi capì che l’uomo era uso fare quel gesto con una certa frequenza.
Guardò la lapide scura e lesse l’epitaffio.
“Bello” Commentò.
“Per quanto lo possa essere una lapide.” Castle tornò ad alzarsi ed allontanarsi andando a gettare il fiore appassito nell’apposito cesto.
Il sole era alto, ma la brezza era vivace e portava con sé una certa frescura. Castle si soffermò a guardare il cielo terso dai venti in alta quota. Il cimitero era vuoto, solo poche persone si potevano scorgere qua e là camminare placidamente tra le lapidi. Per essere tarda mattinata era poco affollato. Di solito quando ci veniva trovata varia umanità a passeggio alla ricerca di un po’ di pace dal caos della città.
Quel posto lo lasciava sempre pieno di dubbi, ma era un posto che aveva imparato a visitare con rispetto e devozione e lo faceva all’insaputa di Kate. Forse però era giunta l’ora di raccontarglielo. In fondo non c’era nulla di male e quando sarebbe stata pronta per farlo forse l’avrebbero visitato insieme.
Sospirò cercando di concentrarsi su Pierre. Era strano poterlo appellare con un nome vero, lo rendeva più umano e meno alieno. Lo guardò con occhi seri e inclinò il capo osservandolo con attenzione.
“Dimmi di più di te e Alexis. Perché lei? Perché la mia bambina.”
Pi sorrise. “Beh lei è suo padre, sa meglio di me che splendida persona sia sua figlia…” Iniziò a dire ma lo vide scuotere il capo, mettendo le mani in tasca.
“Lo so, ma anche una semplice amica può essere splendida. C’è però una bella differenza tra un’amica e un amore.” Sottolineò Castle con decisione.
“Non sono bravo con le parole come lo è lei, Mister Castle.” Si giustificò Pi e Castle tornò a posare gli occhi su di lui. Si passò una mano tra i capelli mossi dal vento e si girò fermando il suo sguardo sulla lapide di Johanna Beckett.
“Ti darò un indizio su quello che voglio sentire da te.” Disse con calma.
“Sai perché vengo qui?” Chiese quindi al ragazzo indicando la lapide, ma non attese una risposta.
“C’è stata una notte in cui nella mia testa è sorta una domanda. Semplice ma estremamente crudele.” Disse a bassa voce. “Ho tra le braccia una donna che è capace di stravolgermi l’anima, farmi bruciare fino al midollo, per poi calmarmi, rilassarmi e farmi sentire in paradiso. Una donna intelligente, bellissima, forte e fragile allo stesso tempo e che mi fa sentire completo. Una creatura che mi diverte, mi intriga, mi tiene sulla corda e mi inchioda anche solo con uno sguardo. Una donna estremamente sexy e al medesimo tempo dolcissima, che può rendermi schiavo con una semplice carezza o un bacio.”
Pi fischiò, stupito da quella descrizione.
“E quella notte mi sono fatto una domanda. Mi sono chiesto se sua madre non fosse morta in quel vicolo, io avrei mai conosciuto Kate? Sarebbe stata la stessa persona? Probabilmente no.”
Pi riuscì a sentire il dubbio nelle parole di Castle. Era davvero un grande con le parole.
“Vengo qui e le porto un fiore perché ho come la sensazione di essere in debito con questa donna. Un debito enorme. Lei è morta e Kate è diventata quello che è anche a causa del suo omicidio, così che io la potessi incontrare e imparare ad amare.” Castle deglutì.
“Forse è assurdo pensare a queste cose, in fondo i disegni del destino ci sono ignoti. Però mi faccio spesso questa domanda. Anche stamattina.” Finì facendo qualche passo.
Pi si morse un’unghia abbassando il capo e sembrando pensieroso.
“Adoro Kate con ogni cellula del mio corpo. So che lei è la mia metà, quella che ho cercato per anni” Spiegò Castle.
“Così come io ora ti ho detto queste cose, allo stesso modo voglio sapere perché credi che Alexis sia quella giusta per te.” Il viso di Castle era teso e Pi respirò facendo un fischio.
“Domanda importante mister Castle.” Commentò.
Castle lo guardò attendendo una risposta.
“Io non saprei come dirlo…”
“Non devi cercare le parole, devono uscirti dal cuore come sangue dalle vene.” Stavolta le parole di Castle lo impressionarono. Gli occhi dell’uomo erano arrossati e feroci.
“Non voglio vedere mia figlia confondere una cotta adolescenziale per un amore vero se posso evitarle il dolore che ne può nascere. Non le permetterò di andarsi a complicare la vita con una convivenza senza una minima possibilità di futuro. So di cosa parlo, perché l’ho vissuto sulla mia pelle.”
“Mister Castle noi stiamo bene insieme.” mormorò Pi sentendosi a disagio.
“Stare bene non basta. Ci vuole di più per affrontare una vita a due. Molto di più.” Spiegò gesticolando tornando ai pensieri che aveva condiviso con Kate prima di addormentarsi.
Castle si impose di calmarsi. Guardò la tomba di Johanna Beckett e scosse il capo.
“Nonostante lei non ci sia più io sono qui a cercare la sua approvazione. Tu devi conquistarti la mia se vuoi che io accetti la vostra convivenza.  Anche se Alexis perseguirà la sua scelta a testa bassa comunque.”
Castle respirava con la bocca semiaperta e il busto leggermente piegato in avanti.
Pi non riuscì a replicare. Così Castle, stizzito, si voltò scuotendo il capo.
“Non riesci nemmeno a dirmi cosa ami di lei…” disse con amarezza. “Come puoi pensare di andarci a convivere se non conosci i tuoi sentimenti?” Si mosse lentamente cercando di raggiungere il vialetto ghiaioso.
“Non sono forte con le parole, ma posso dirle che Alexis è davvero speciale.” Iniziò a dire Pi.
Castle si fermò e si voltò attendendo il resto.
“Al campo in Costa Rica molti dei ragazzi erano lì per evadere dalla routine della vita di città ma lei era davvero convinta dell’utilità del suo lavoro. Era convinta che lavorare e aiutare quella gente potesse essere un gesto da imitare e da consigliare perché era giusto nei confronti di chi ha meno e vive di stenti. Ci credeva veramente e ci metteva tutta sé stessa. Anche quando non era forte abbastanza si intestardiva e si impegnava fino a farcela.”
Castle sorrise. Non disse nulla e annuì. Pi cercò di continuare andando a raccogliere i pensieri.
“Ok, forse le sembrerò un po’ strano per il suo stile di vita, ma io adoro il modo con cui Alexis affronta le cose, è decisa ma è anche disposta a parlarne.”
Al quelle parole Castle strinse gli occhi. “Alcune volte.” Replicò.
“No, non tra noi, è romantica ma anche decisa e lo è davvero molto nel sostenere le sue posizioni.”
Castle rise. “Oh, sì fin troppo. Ieri mi è bastato come tocco finale.” Commentò.
“Voglio starle accanto perché è un anima pura, sincera e corretta. E poi mi fa impazzire a…” disse Pi guardando il suo interlocutore con occhi furbi e notò il volto di Castle farsi scuro di nuovo.
“No, Pierre non allarghiamoci su quella sfera.”
“Ma lei mi ha parlato di Miss Beckett.” Rispose stupito per l’essere stato chiamato con il suo nome per esteso.
“Non così a fondo e non è tua figlia. Alexis è mia figlia…” Sottolineò Castle con un velo di ironia.
Pi annuì. “Afferrato.”
“L’ami? Ne se sicuro? La vita di coppia è molto più che l’idea romantica dell’innamoramento.”
Pi sorrise e disse di sì in un sussurro estatico. “Moltissimo.”
Il silenzio calò di nuovo e da un certo punto di vista Pi ringraziò la sua buona stella per il posto poco convenzionale che Mister Castle aveva scelto per fare quella chiacchierata. Sicuramente era molto meglio della biblioteca e l’aria tranquilla del luogo doveva avere un influsso benefico sui nervi del suo interlocutore.
“Lo so che è preoccupato Mister Castle. Ma le assicuro che mi occuperò di Alexis con molta serietà. Non ho mai conosciuto una ragazza così gentile e intelligente e senza pretese nonostante la sua estrazione sociale, di solito sono tutte molto altezzose, ma Alexis è… diversa!” Spiegò.
“Lo sai che se le fai del male ti inseguirò in capo al mondo e non sarò gentile vero?”
Il viso di Pi si fece corrucciato. “Alexis mi ha raccontato di Parigi. Credo che lei non sia la sola persona di cui io dovrò temere le ire.” Castle annuì.
“Anche lei non va d’accordo con suo padre?” Chiese Pi incuriosito.
“Non lo conosco nemmeno. Ho giusto scoperto chi sia. Ma questo è un altro argomento.” Liquidò la discussione Castle con un tono severo. Pi si morse la lingua, avrebbe dovuto evitare quella domanda vista la sua reazione. Era stato un passo falso.
“Non pensavo mi avesse minacciato.” Replicò il ragazzo con un respiro lungo per liberarsi dell’inquietudine che Castle gli aveva messo in corpo.
“Non è una minaccia, è solo un preavviso.” Sottolineò lo scrittore.
“La vita a New York costa Pierre, come intendi fare per mantenere un affitto, per vivere decorosamente? Non desidero che Alexis perda anni di studio o che viva in un letamaio.”
Il ragazzo prese a camminare accanto all’uomo, stringendo le labbra.
“Ho intenzione di prendermi tutte le mie responsabilità. Alexis ed io abbiamo fatto un prospetto dei costi molto dettagliato e ci siamo prefissi degli obbiettivi.” Cominciò a dire.
“Che lavoro intendi fare?” Chiese Castle incuriosito.
“Sto facendo dei colloqui al dipartimento delle politiche agricole di New York e ho già passato alcune selezioni. I libri che devo ritirare alla biblioteca servono per approfondire l’argomento del settore su cui andrò ad operare.”
“Politiche agricole a New York? Esistono davvero?”
“Certamente.”
“E cosa coltivano? Grattacieli?” Rispose Castle divertito e Pi ridacchiò sorpreso del suo improvviso buonumore soprattutto dopo le parole dure di pochi minuti prima.
Era un uomo decisamente strano. Alexis lo aveva edotto su quanto potesse essere surreale e paranoico suo padre, sprezzante e allo stesso tempo molto comprensivo e dolce. Aveva pensato che fossero parole di parte, dettate dall’amore di una figlia per il padre. L’uomo che aveva conosciuto, placido e sarcastico fino allo sfinimento era solo una parte di lui. Evidentemente quando sentiva che qualcuno delle persone che amava poteva essere in difficoltà diventava un leone. Era un uomo pericoloso da affrontare come nemico, ma come amico doveva essere davvero di buon cuore, doveva quindi cercare di restare dalla sua parte e non sarebbe sempre stato facile.
“Pierre?” Domandò Castle vedendolo assorto.
“Oh sì, più che altro è incentrato sul mantenimento del verde e delle risorse sostenibili nell’area metropolitana e nelle zone di cuscino nell’entroterra.”
Castle strabuzzò gli occhi. Tutto sommato Pierre sembrava anche in grado di sostenere un discussione professionale. Era riuscito a spiegargli perché amava Alexis e le sue argomentazioni erano state abbastanza valide da essere prese in considerazione. Conosceva piuttosto bene il suo carattere e questo gli dava dei punti. Aveva capito quanto straordinarie erano le donne della sua famiglia e ora stava sostenendo una tesi di lavoro alternativa ma reale e non campata per aria.
Era un buon inizio. Si sentì placare l’animo e pensò a quanto detto da Alexis. Che Pierre era una creatura semplice. Era quello che era senza nascondersi.
“Un progetto interessante. I parchi metropolitani sono importanti per la qualità della vita e dell’aria. Che cosa andrai a fare nello specifico? Di che tipo di impiego parliamo?”
Castle indicò l’uscita sempre camminando lentamente.
“Un impiego a tempo determinato per due anni. Poi dipende dai risultati del programma. L’obbiettivo dell’ufficio per cui lavoro è il controllo e la reintegrazione delle varie specie di imenotteri nei parchi associate alla possibilità di dedicare aree a zone floreali e a piante da frutto non arboree.” Spiegò Pi e Castle lo guardò con interesse.
“Api? Andrai a lavorare per ripopolare New York di api?” Chiese quindi aprendo la portiera della macchina.
Pi sorrise annuendo. “Esatto Mister Castle. Le api sono creature fondamentali per il mantenimento del verde, e soprattutto delle colture.”
“E tu che sei fruttariano certo non ne puoi fare a meno. Ma lo sai che poi andrai ad ingrassare i rivenditori di insetticidi?” Disse scuotendo il capo e Pi assunse uno sguardo serio.
“E’ una lotta che dovremmo affrontare con le giuste campagne nelle scuole e in tv se fosse possibile. Ma ci vogliono soldi e quindi le scuole sono il primo passo per la diffusione di questo progetto.”
Spiegò il ragazzo con convinzione.
Castle si appoggiò al volante. “Ok, è tutto molto bello, ma a costo di sembrarti venale, quale sarà il tuo stipendio?”
Pi annuì serio. “Si parla di 500 dollari a settimana per il primo anno. Lo so non è certo molto considerato il dover pagare un affitto e l’assicurazione sanitaria e così via. Ma vanno aggiunti 200 dollari al mese di rimborsi spese e trasporti. Non ho intenzione di sprecare nemmeno un centesimo.”
La macchina ripartì e Castle si prese qualche secondo per valutare la cosa.
“Immagino che troverete una casa in zona Columbia University…”
“Per dare ad Alexis meno distanze possibili da percorrere.” Rispose tempestivamente Pi.
Castle si fece silenzioso. Non poteva dire che era una grande opportunità ma era un lavoro in cui credeva e doveva farsene una ragione. Lo stipendio di lui sommato a qualche centinaio di dollari a settimana per un part time fatto da Alexis non garantiva molto margine dopo aver pagato i conti di affitto e bollette varie.
Si morse il labbro. Poi alzò la testa e annuì.
“Ok…”
“Non ho intenzione di deludere Alexis.” Rimarcò Pi e Castle si voltò per guardarlo in viso per qualche frazione di secondo.
“Come ho detto ad Alexis, se questa vostra decisione è ponderata, potrò anche accettarla. Ribadisco anche a te che non intendo permetterle di usare i soldi dei suoi studi per pagare l’affitto o le bollette. Il mio legale controllerà lo stato dei depositi quindi saprò tutto.” Chiarì con calma e serietà.
“Non intendo mancarti di rispetto Pierre ma speravo in una vita più brillante per Alexis. Spero ardentemente che questo sia solo un trampolino di lancio per qualcosa in più, per una carriera. Sii uomo e cerca di garantirle lo stile di vita che merita. So che Alexis si adatta, la conosco, ma sono io a non volere che si accontenti.”
Spiegò quindi guardandolo di tanto in tanto.
Pi respirò profondamente. “Glielo prometto, vedrà non la deluderò. Cercherò di far avere ad Alexis il meglio che potrò. La capisco.”
“Ma se non funziona e siete nei guai venite da me ok? Se non ti appoggi ai tuoi genitori Pierre, fidati almeno di me, anche nel caso in cui Alexis non volesse parlarmene. Soprattutto se dovesse decidere di nascondermi problemi finanziari o altro. E’ orgogliosa e non vorrà farlo. Ma tu vieni a me. Chiaro?”
“Limpido.”
“Perfetto.” Concluse Castle e Pi tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
Quando raggiunsero la biblioteca pubblica Castle si fermò all’ingresso parlando amabilmente con uno degli operatori che conosceva bene. Attese che Pi prendesse i suoi libri muovendosi tra gli scaffali e andando a sedersi nella saletta in cui Kate lo aveva arrestato. Sorrise divertito da quel ricordo e un po’ meno al ricordo successivo e all’angoscia di quei momenti.
Si guardò in giro, assorto nelle preoccupazioni per il futuro. Era così strano pensare che Alexis aveva ormai diciannove anni e stava per andarsene di casa. Quante cose avevano vissuto insieme, solo loro due persino in quel posto. Il loro sodalizio si stava sciogliendo lentamente a favore di una famiglia più ampia.
Pierre si era dimostrato un ragazzo assennato dopotutto. Che poteva dire? Forse non era l’ideale di fidanzato che un padre sogna per la figlia, ma sembrava onesto e quello era la prima cosa che importava: che fosse sincero con Alexis. Sarebbe andato a fondo, avrebbe cercato informazioni ma con prudenza, per non offendere ne lui ne Alexis, ma sentiva che fosse suo dovere di padre tutelare gli interessi della figlia. Avrebbe vegliato su di lei comunque anche se si fosse allontanata.
Sorrise ad alcune persone che lo avevano riconosciuto ma fortunatamente lo lasciarono in pace.
Con la mente fece un rapido excursus sugli eventi salienti della sua vita e si trovò a contarne a sufficienza per la sua età. Non si era certo annoiato ma non sentiva più come una volta il brio del cacciarsi nei guai per scoprire come andava a finire. Per una volta sentì di volere che la stabilità e la costruzione di un rapporto vero fossero alla base della sua vita. Non si voleva annoiare, ma voleva essere sentimentalmente stabile, sia come padre che come futuro marito di Kate. La vita accanto a lei gli avrebbe riservato sicuramente altre avventure.

____________________________________________________________
Siamo quasi alla fine. Una discussione alquanto strana...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sarà sempre molto personale per me ***


Pi se ne stava seduto in macchina aspettando distrattamente Castle, il quale si era fermato a prendere un paio di cose da Starbuck. Dalla macchina poteva vedere distintamente l’interno del locale e Castle parlare sorridendo con alcune ragazze che lo circondavano. Era una star del resto, soprattutto a New York.
Si grattò il capo ripensando alla chiacchierata avuta. Era sempre più convinto che le cose sarebbero andate bene soprattutto perché Castle si era rivelato il brav’uomo che sua figlia aveva descritto.
Ce l’avesse avuto lui un padre così dinamico, così vitale. Suo padre era un burocrate sedentario, qualcosa di peggio di un bancario e forse appena sopra l’esattore delle tasse.
Era stato abbastanza semplice alla fine, gli era bastato essere sincero e dirgli la verità su quello che pensava di Alexis. Forse il suo particolare modo di vivere lo rendeva piuttosto comprensivo nei confronti delle diversità del prossimo, ma aveva immaginato un confronto più aggressivo.
Certo la sua faccia all’ingresso del cimitero gli aveva fatto passare un brutto quarto d’ora, ma poi aveva solo cercato di carpire i suoi sentimenti, spronandolo ad aprire il cuore come aveva fatto lui. Era stato bravo, aveva tirato fuori parole molto intense che lo avevano spinto a fare altrettanto. Non sapeva nemmeno di essere in grado di esternare pensieri così profondi. Doveva essere molto innamorato della sua famiglia e soprattutto di Miss Beckett perché le sue non sembravano citazioni, non erano poesie o qualche stralcio da un’opera di Shakespeare. Non che conoscesse Shakespeare, ma molti lo citavano.
Però Mister Castle era uno scrittore moderno, scriveva di omicidi sanguinosi e di orrori quotidiani, chissà come gli riusciva anche di essere poetico. Non l’avrebbe mai detto.
Guardò di nuovo annoiato verso il negozio e vide Castle firmare autografi su alcune fascette da bicchiere di quelle ragazze che erano irrimediabilmente agitate nel riceverlo.
Lo vide sorridere di nuovo e poi uscire in fretta con in mano un paio di tazze.
Non aveva voluto nulla da bere, il caffè non era una bevanda sana secondo il suo parere, probabilmente Mister Castle aveva preso lo stesso qualcosa per lui.
Apri la sua portiera in fretta e gli piazzò in mano il vassoio.
“Ok, reggi e non rovesciare.” Disse solo richiudendo la sua portiera e girando intorno all’auto per raggiungere la posizione del guidatore.
Quando salì in macchina mise in moto velocemente e si immise nel traffico.
“Non riuscivo ad andarmene!” Disse facendo poi un fischio. “Alcune mie fans sono molto espansive.”
“L’ho notato. Ci ha impiegato un bel po’. Ma io comunque non bevo caffè…” commentò Pi e Castle scosse il capo. “E’ per Beckett. Ho cercato di fare in fretta ma non potevo andarmene così su due piedi.”
“Perché no?” Chiese Pi.
“Beh, sono mie fans, non sarebbe stato carino non trovi?”
“Ma se le davano fastidio…” Replicò alzando le spalle.
“Mi hanno fermato per un autografo, mi hanno fatto i complimenti per Frozen Heat. Sono persone a cui piace il mio lavoro e comprano i miei libri, non le posso certo liquidare in malo modo.”
“Ah beh sono clienti.”
“Non è così… sono fans. E’ diverso. Hai mai chiesto un autografo a qualcuno?”
Pi negò con il capo. “Non sono cose che mi interessano…”
Castle espirò guardando la strada. “Nemmeno per un musicista?”
“No. Ammiro la loro arte, posso essere entusiasta del loro lavoro, ma un autografo a che serve?”
“A collezionarli.” Rispose Castle.
Pi lo guardò in modo vacuo, non comprendendo la necessità di accumulare firme di personaggi famosi.
“Miss Beckett ha i suoi autografi?” Chiese di rimando.
“Lei ha me in persona!” Castle sorrise sornione. “E sì, ne ha qualcuno.” Ammise compiaciuto di sé stesso. “Da prima che la conoscessi, anche se lei non lo vuole ammettere, era una mia fan da molto tempo.”
“Credo che Miss Beckett abbia un effetto ipnotico su di lei.” Valutò Pi, stranito dalla reazione dell’uomo. Quando parlava di lei, lo vedeva illuminarsi.
Castle lo guardò sorpreso. “Ipnotico? Ha molti altri… effetti… ma ipnotico direi di no.”
“E allora come lo spiega che le porta il caffè prima di pranzo? Abbiamo fatto colazione da poco e non sta andando al lavoro.”
“Che le piace il caffè! Tanto…” Castle rispose pensando a quanto la sua compagna adorasse sorseggiare il caffè caldo, di come l’aiutava a concentrarsi e a rilassarsi allo stesso tempo. Poi indicò la pila di libri posata sui sedili posteriori.
“Hai parecchio da studiare vedo.” Pi si voltò e annuì. “Oh, sì. Ma sono libri che si lasciano leggere.”
Castle lo guardò. “Davvero?” Chiese incuriosito. Pierre non leggeva romanzi gialli, perché non erano il suo genere, ma si adoperava per leggere mattoni sulla vita delle api e la loro cura.
Alexis aveva cercato un uomo che nemmeno lontanamente gli assomigliava, lui e Pi erano distanti anni luce e l’unica cosa che li legava era solo Alexis stessa.
Però a mente fredda valutò che qualsiasi ragazzo che poteva essere anche solo simile a lui non avrebbe mai potuto avvicinarsi a sua figlia, lo avrebbe eliminato fisicamente prima.
Gli sembrava addirittura ironico pensare che forse Pierre era il male minore rispetto alla possibilità di avere intorno un proprio clone, un ragazzone un po’ donnaiolo e anche un po’ infantile. Divertente e ricco sì, e poi? All’età di Pierre lui non era stato un esempio di virtù e morigeratezza.
Non poteva escludere che Alexis sarebbe diventata la sua ancora di salvezza da una vita dissoluta come Kate si era rivelata per lui, ma a quale costo? E poi non gli sarebbe piaciuta l’idea di avere per casa un suo sé stesso più giovane con cui competere.
Guardò il ragazzo seduto accanto a lui. Immaginò una carrellata di uomini possibili, ma alla fine riuscì a trovare in ognuno di quei cliché un orrendo difetto: un avvocato sempre troppo impegnato e meschino, un banchiere truffatore, un broker fedifrago, un pittore squattrinato e succhia-sangue. A lui era capitato un ambientalista un po’ hipster e un po’ hippy. Sospirò scuotendo il capo.
Dopo una mezz’ora di traffico, raggiunse il garage interrato del proprio palazzo e attese che le porte telecomandate si aprissero. “Tornando alla nostra breve discussione di prima, Pierre…”
“Quella sulle fans?”
“No, quella su Alexis e la vostra convivenza…”
“Ah, pensavo fosse un discorso chiuso.” Replicò il ragazzo.
Castle lo guardò con gli occhi a fessura. “Finché starai con mia figlia non sarà mai un capitolo chiuso.”
Rispose serio. “Vorrò sempre il meglio per lei e di conseguenza non smetterai mai di essere sotto esame. Amo mia figlia incondizionatamente. Niente di personale per te, ma…”
Pi annuì. “Ok, Mister Castle.”
“Ma sarà sempre molto personale per me…” Aggiunse confuso delle proprie parole.
“Probabilmente quando sarò padre capirò meglio.” Interloquì Pi, annuendo con il capo.
“Bada che non avvenga presto.” Grugnì Castle.

Alexis si stava muovendo nervosamente tra il soggiorno e la cucina. Era ansiosa e guardava continuamente il display del telefonino in attesa di un segnale da Pi che però non stava giungendo.
Si domandò quanto tempo avrebbe richiesto quel confronto, quanto suo padre avrebbe voluto sapere di Pi, del suo passato e del suo stile di vita.
Suo padre sapeva scavare a fondo e aveva molta pazienza nel farlo. Poteva diventare peggio di un inquisitore se lo avesse voluto. L’attesa la stava logorando. Kate si era andata a sedere nell’ufficio di suo padre e stava leggendo uno dei nuovi titoli che lui aveva acquistato da poco. Sembrava tranquilla mentre lei stava scavando la famosa fossa dell’attesa direttamente nel pavimento del soggiorno.
Sua nonna era trincerata nella sua stanza. Sapeva che nel pomeriggio aveva un incontro con alcuni suoi studenti per andare a vedere uno spettacolo Off Broadway, quindi non avrebbe dovuto trattenersi ancora molto. Pero era sicuramente curiosa di conoscere l’esito di quella uscita, immaginò che si stesse attardando per comparire a tempo debito.
Camminò fino alla finestra e guardò per la centesima volta verso il basso. Non c’era nessuno ancora all’orizzonte, sebbene dalla sua posizione si poteva scorgere il viale davanti al portone del palazzo. Tornò sui suoi passi, transitando davanti alla porta aperta dell’ufficio di suo padre. Guardò di nuovo Kate seduta comoda sulla poltrona di pelle, con le lunghe gambe sollevate e appoggiate su uno dei braccioli.
“Ok, sono nervosa!” Aggiunse come indotta a parlare dallo sguardo interrogativo della donna. “Solo un po’…” Le rispose con ironia Kate mettendo un segnalibro nella pagina che stava leggendo.
“E’ interessante?” Chiese Alexis entrando nella stanza. Parlare con lei l’avrebbe distratta un po’ da quella logorante attesa.
Kate scosse il capo. “Ho iniziato da poco, ma non mi ha ancora preso del tutto.”
“Di che parla?”
“Di uno spietato killer svedese…” Rispose Kate mostrandole la copertina.
Alexis rise. “Nel tuo tempo libero non vorresti leggere qualcosa di diverso, che non abbia a che fare con omicidi?
“Beh, potrebbe sembrare un po’ da malati, ma questo genere mi ha affascinato da molto prima di diventare un detective della omicidi.” Posò il libro sul tavolo. “E’ così che ho conosciuto tuo padre.” Finì con una smorfia.
Alexis si sedette sulla poltrona di fronte a lei.
“Hai mai fatto code per avere un suo autografo?” Le chiese incuriosita. Sapeva che Kate era stata una sua fan, almeno questo glielo aveva raccontato suo padre, ma lui poteva essere un po’ di parte in quella storia. Il punto di vista di Kate era una novità.
“Sì, una volta sola.” Rispose con serietà.
“E ti è bastato? Sai tutte quelle ragazze agitate e sbavanti...” Alexis spalancò gli occhi e guardò il soffitto.
Kate rise annuendo. “Sei stata spesso con lui a questi eventi?”
“Solo quando non avevo nessuno che si occupasse di me e quindi papà mi portava con sé, ma Paula non gradiva. L’immagine di Richard Castle padre di famiglia non era esattamente quello che pubblicizzava la Black Pown.”
“In realtà vendevano il donnaiolo insieme al romanzo.” Commentò Kate.
“Mmm tra un matrimonio e l’altro... Su che libro?” Chiese quindi sempre più curiosa.
“Storm season. Ma in realtà volevo farmi autografare A Rose for Everafter.”
“Wow! Cosa ti ha scritto nella dedica?”
“Che aveva occhi magnetici.” Rispose per lei Castle, comparendo sulla porta tenendo in mano il vassoio con i due caffè. Kate sorrise. “Cominciavamo a darvi per dispersi.”
Alexis schizzo via dalla sedia con impeto e quasi travolse il padre guardando oltre.
“Siete tornati finalmente, Pi dov’è? E’ andato tutto bene?” Chiese non vedendolo.
“Pierre… sta bene. E’ vivo…” sottolineò con ironia, “e sta sistemando i suoi libri.” Aggiunse Castle osservando il sorriso sorpreso di Kate.
“Ed è andato tutto bene…” Le disse prima di lasciarle libero il passaggio sulla porta.
Alexis sorrise agitata ma non restò, corse verso il soggiorno. Castle si voltò verso Kate e alzò le spalle.
“Non conto più nulla!” Replicò fingendosi abbattuto. Kate lo invitò a sedere accanto a lei.
“Pierre?” Chiese lei incuriosita.
“Ebbene si chiama così, lo avresti mai detto? Pierre Duncan.”
“Ho letto i dati sui suoi documenti.” Rispose lei.
“Lo sapevi?” Chiese incuriosito.
“FBI, Rick e non dirò altro.” Disse prendendo il suo caffè e togliendo il tappo per potersi gustare l’aroma di quella delizia alla caffeina. Rick la guardò con uno stupore pieno di ammirazione.
“Ha fatto indagini su di lui? E’ così?” Insisté compiaciuto.
Kate mantenne la sua flemma cercando di non dare una risposta chiara, ma il sorriso compiaciuto di lui la fece cedere e gli lanciò una delle sue occhiate esasperate come a sottolineare l’ovvietà della cosa.
“Perché non me l’hai raccontato? Avrei voluto sapere tutto!” Sbottò lui facendosi imbronciato.
Kate gli diede una leggera spinta al torace. “Volevo essere sicura di chi ospitavi in casa tua…”
“Nostra.” Corresse di nuovo lui.
Lei si prese un lungo sorso del suo caffè. La sicurezza di quella famiglia gli stava molto a cuore.
“Sei andato a leggere la dedica? Quando?” Chiese lei cambiando il discorso, rosa dalla curiosità.
“Quando ho passato un’intera notte perso nei tuoi occhi. Una delle prime volte a casa tua…”
Kate lo guardò con stupore, cercando di fare mente locale sulla possibile nottata. Riuscì a ricordare una notte intensa, coinvolgente: si erano amati, avevano parlato a lungo ed erano tornati ad amarsi. Lei era crollata nel sonno prima di lui all’alba.
“Non potevo non averli mai notati. Se avevi fatto la coda per avere un mio autografo dovevo averti notata. Così mentre dormivi ho frugato tra i tuoi libri.”
Lei sbuffò impreparata.
“Beh, ti avevo notata.” Aggiunse lui stringendo le spalle e guardandola divertito.
“Volevi solo far colpo su una ragazza…” minimizzò Kate.
Castle inclinò il capo e fece una smorfia. “No, non scrivevo spesso dediche del genere. E’ rischioso.” Rispose facendo l’occhiolino.
Kate rise. “Questa scoperta ti galvanizza vero?”
“Immensamente.” Rispose annuendo e i suoi occhi tradirono tutta la sua ilarità.

Alexis si era precipitata in soggiorno. “Ehi!” disse a Pi aiutandolo a sistemare i libri sul tavolino da caffè. Una volta che ebbero le mani libere saltò al collo del ragazzo e lo baciò.
“Tutto bene, tuo padre non mi ha divorato.” Rispose andando a stringere con altrettanta irruenza Alexis.
“E’ stato difficile, che cosa ti ha detto?” Chiese di getto ma abbassando la voce in un sussurro cospiratorio, dopotutto non era molto lontano.
Pi sorrise. “Mister Castle è un uomo comprensivo. Avevi ragione.”
“Ok, ma di cosa avete parlato?” Alexis era impaziente e la sua agitazione fece sorridere Pi che la guardò divertito.
“Calma, calma, ti dico tutto.” Le disse andando a sedersi sul divano. “Mi ha chiesto di me, da dove venivo. Non hai mai detto a tuo padre come mi chiamo!”
Alexis si accigliò. “Non credevo fosse necessario visto che non ne hai fatto parola quando vi ho presentato.”
“Beh, non è che c’è stato molto tempo, tuo padre se n’è andato a Washington con il primo aereo.”
“Ah, già. Non me lo ricordare.” Replicò Alexis. “Ma continua…”
Pi sorrise grattandosi la barba. “Mi ha chiesto dei miei genitori, di cosa ho fatto prima di arrivare da voi in questa casa.”
“E lui che ha detto?”
“Mi ha ascoltato. Mi ha chiesto dei miei studi e dei miei viaggi.” Rispose Pi con tranquillità.
Alexis sorrise timidamente. “Non è da lui essere così blando.”
“Beh quando mi ha chiesto il mio nome e cognome fuori dal cimitero un po’ ho dubitato delle sue intenzioni vista l’espressione che aveva in viso...” Pi accentuò la sua frase muovendo la testa e spalle in avanti.
“Ma non eravate andati alla biblioteca comunale?”
“In realtà ci siamo andati dopo, ha cambiato strada. Quando siamo usciti è rimasto silenzioso per un po’. Poi siamo andati al cimitero dove è sepolta la madre di Miss Beckett.” Chiarì Pi con tranquillità.
“Davvero?” Alexis era sorpresa.  “Che cosa ha fatto lì?”
“Una cosa molto carina: ha portato i fiori sulla sua tomba.”
“E poi che è successo?” Incalzò Alexis sempre più stupita. Suo padre aveva ancora dei segreti a quanto pare, anche se molto meno torbidi del passato.
“Poi abbiamo parlato. Voleva sapere di me e di te, di cosa provo per te.” Pi strinse le sue mani intorno alla vita di Alexis.
“E tu cos’hai risposto?”
“Inizialmente ero un po’ preoccupato, sai il posto, le domande… Mi ha detto una cosa su di lui e la ragione per cui era andato lì, il perché visita la tomba di Mrs Beckett. E così mi ha spiegato cosa voleva da me. Io però l’ho fatto un po’ arrabbiare perché ero impreparato, non sono certo un poeta né un oratore, lui è portentoso con le parole, ma io...”
Alexis lo fermò. “Non ti sto seguendo. Non voleva spaventarti o minacciarti?”
“Quello lo ha fatto dopo...” Alexis rimase a bocca aperta.
“Ti ha davvero minacciato?”
“Sì, però è stato meno peggio del previsto… La parte più difficile è stata parlargli del nostro incontro di quello che provo per te. Ti assicuro che dopo la sua tirata su Miss Beckett quello che potevo dire io erano bruscolini a confronto.”
Alexis guardò verso l’ufficio con aria dubbiosa. Si era aspettata quella reazione da parte di suo padre, però la faccenda del cimitero l’aveva confusa, e le sembrava davvero strano che avesse parlato con Pi della sua relazione con Kate.
“Cosa ti ha detto su Kate?” Chiese a bassa voce.
Pi scrollò le spalle. “Ha detto cose stupende, davvero, non saprei nemmeno ripetertele, ma era solo un modo per farmi capire che voleva da me qualcosa di sincero e che venisse direttamente dal cuore. Ha detto che lo stare bene insieme non bastava, che doveva esserci di più.”
“Lo ha detto anche a me.”
“Credo abbia ragione.” Aggiunse Pi e Alexis strizzò gli occhi. “Li stai chiamando tutti con il nome per esteso…” Osservò con curiosità.
“Mi ha detto che lui non è una consonante. E io nemmeno. E’ stato convincente.” Pi annuì con il capo.
“Quindi tutto bene?”
“Se farò il bravo.” Aggiunse Pi con un aria soddisfatta sotto i suoi baffetti.
“Hai discusso i termini del fare il bravo con lui?” Alexis sapeva che suo padre poteva rivelarsi cavilloso e subdolo per i propri interessi. Pi negò con il capo.
Alexis si alzò e lentamente si diresse verso lo studio del padre. La discussione come descritta da Pi era un po’ surreale, ma in realtà non sembrava avessero poi discusso di possibilità e di permessi. Suo padre era stato molto più modesto del suo solito.
Quando giunse davanti alla porta entrò osservandolo sorseggiare il suo caffè seduto sul bracciolo della poltrona e parlando a bassa voce con Kate.
“Quindi l’hai minacciato…” Disse con aria indispettita, pungolandolo.
“Non ho fatto niente del genere!” Replicò Castle alzandosi, preso alla sprovvista da quella reazione e guardando Pi con aria interrogativa.
“Non ti ho minacciato…” si rivolse al ragazzo indicandolo con la mano aperta.
“Sì, ma non è grave…” aggiunse Pi imbarazzato e cercando di minimizzare.
“No, non era una minaccia, semplicemente un consiglio!” Sbottò sorpreso.
Kate posò lentamente il proprio caffè e studiò le reazioni dei tre con curiosità. La situazione sembrava uscita dal copione di un episodio di una sit-com in cui Alexis era stata fagocitata dalla sua stessa tensione e stava andando in escandescenza per una cosa da poco.
“Un avviso…” Aggiunse Pi.
“Lo hai minacciato in un cimitero…” Incalzò di nuovo Alexis.
“No!” rispose Castle.
“Beh, eravamo al Greenwood…” iniziò a dire Pi ma Castle lo fermò con una mano.
“Non sto parlando del luogo, sto parlando della minaccia!”
Alexis si mise tra Pi ed il padre.
“Allora lo ammetti!” Replicò con un sorrisetto diabolico.
“Gli ho soltanto detto che se ti avesse fatto del male lo avrei inseguito in capo al mondo…”
“E non sarebbe stato gentile.” Finì di raccontare Pi.
Martha rise alle loro spalle. “Ah, quella non è una minaccia, è una blanda realtà da tenere in considerazione per il futuro.” Kate le sorrise.
Alexis si voltò a guardare sua nonna.
“Tesoro, mio padre ha accolto il mio primo ragazzo con un winchester ed è ancora vivo per raccontarlo.” Aggiunse Martha sorridendo. “Il secondo credo avesse minacciato di investirlo con l’auto... Per il terzo credo avesse preparato qualche intruglio spacca budella. Poi sui successivi credo si fosse rassegnato.”
Castle rivolse a sua madre uno sguardo esasperato e disse: “Grazie per il colorito quadretto ma io non ho fatto nulla del genere.”
“Alexis, stai esagerando, tuo padre è stato anche gentile dopotutto.” Chiarì Pi, confuso.
“Dopotutto?” Gracchiò Castle con un acuto di troppo nella voce. “Pierre, diglielo che era solo un consiglio.”
Martha si guardò intorno. “Chi è Pierre?”
Castle, Alexis e Kate davanti a lei indicarono Pi contemporaneamente.
“Ah! Bel nome caro, dovresti usarlo.” Rispose la donna e Kate riuscì a fatica a trattenere nuovamente una risata. Alexis scosse il capo, nascondendo così un sorriso divertito. Sua nonna era sempre più eterea.
Castle le si avvicinò. “Gli ho solo detto di guardarsi bene dal farti del male tesoro, se questa la consideri una minaccia gratuita allora ok, sono colpevole.” Le disse con serietà.
Alexis sembrò tornare a studiare le reazioni di suo padre.
“Non l’ho mai fatto per le tue ex, magari funziona, avrei dovuto provarci.” Aggiunse Martha girando i tacchi e tornando in soggiorno con un sorriso sulle labbra. Suo figlio si era comportato da padre e da quello che aveva sentito non aveva fatto altro che provare a conoscere Pi. Sorrise pensando che in fondo tra i due quella meno paziente e più irrequieta si era dimostrata Alexis. Richard avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche tentare di farsi piacere qualcuno non proprio in sintonia con le sue corde.
“Non te l’ho mai impedito madre.” Replicò Castle.
Pi dietro ad Alexis, posò delicatamente le mani sulle spalle. “Rilassati Alexis, hai capito male.”
Castle si voltò e guardò Kate in cerca di supporto e lei si alzò.
“Divertente direi. Ma credo non ci sia niente di grave, vero Pierre?” Commentò e il ragazzo annuì.
Castle si tolse la giacca e la posò sulla sedia della sua scrivania prima di appoggiarvisi, trincerandosi dietro ad un muso lungo e guardando la figlia con un mix di disappunto e delusione.
Kate sorrise e scosse il capo. Alexis non poteva aver perso del tutto il suo autocontrollo, la sua ironia era palese, ma Castle era stato preso in contropiede in quello scherzo e un po’ si dispiacque per lui. Accarezzò un braccio a Rick per dargli conforto, osservando le reazioni di Alexis con più interesse. Le capacità recitative in fondo erano di famiglia.
“E’ così, mi ha detto delle cose positive Alexis” aggiunse Pi, convinto di aver creato tensioni inutili. Alexis si stava dimostrando molto difficile da gestire.
“Abbiamo parlato dei vostri progetti, delle possibilità che ha per il lavoro e per il futuro. E’ davvero così strano per te che io mi preoccupi per il tuo futuro?” Castle sottolineò guardando la figlia, un po’ stanco di quelle sue altalenanti reazioni. “E’ così difficile da capire che non accetterò che lui prenda questa vostra decisione con leggerezza?”
Alexis sospirò. Suo padre non aveva capito il suo scherzo. Vide su di sé lo sguardo acuto di Kate, a lei non l’avrebbe fatta ma suo padre sembrava realmente in ansia e non era giusto continuare a torturarlo. Era stato anche più comprensivo del previsto. Era il suo super papà dopotutto e non l’aveva delusa.
Sorrise divertita avvicinandosi al padre. “Te l’ho fatta!”
Castle boccheggiò stupito. Poi l’abbracciò stringendola con forza. “Tu mi farai invecchiare prima del tempo!” Commentò espirando rumorosamente. Tornò ad allontanarla e la guardò negli occhi con serietà.
“Voglio che ti sia ben chiaro che questa casa sarà sempre la tua casa, che potrai tornarci se ne sentirai la necessità. Comunque sia non avere fretta di andartene zucca…”
Alexis scosse il capo. “Ci sono tante cose da preparare, ci vorrà un po’ di tempo. Non scomparirò dall’oggi al domani.
“Ok, ok, lasciami il tempo di abituarmici.”
“Certe cose per essere meno dolorose vanno fatte velocemente. Come strappare via un cerotto.” Valutò Pi e Castle lo fulminò con lo sguardo.
“Pierre devo cambiare idea?” Replicò.
Kate si avvicinò a Pi e lo sospinse verso il soggiorno. “Vieni, non vorrai giocarti l’opportunità che ti ha dato.”
Castle tornò ad rivolgersi a sua figlia. “No tesoro, niente strappi secchi. Fa le cose con calma.”
“Non è poi così male.” Mormorò Alexis.
Castle la guardò accarezzandole i capelli rossi. “No, è un ragazzo sincero.” Lei sorrise rattristata dallo sguardo serio del padre.
“Non nego di sperare per te un futuro più roseo di quello che riesco a intravedere ora. Pierre ha dei progetti e penso non siano nemmeno così assurdi. Forse non lo faranno diventare ricco, ma sembrano concreti, lavorare per un dipartimento della città di New York è un’opportunità.” Disse con più calma.
“Quindi se vorrete fare quel passo non mi opporrò ma sono sempre convinto che sia prematuro.” Detto questo si sfregò il viso con le proprie mani, per poi tornare a guardare sua figlia.
Lei sorrise, emozionata. Lo guardò di nuovo con quegli occhi pieni di amore e di tenerezza come quando era piccola. Si avvicinò e tornò a sprofondare nel suo abbraccio.
“Non faccio mai scelte non ponderate papà. Mi conosci.” Lui scosse il capo.
“Sei cambiata. Lo siamo un po’ tutti.” Valutò Castle.
“Già, ma non voglio che ci impedisca di parlare. Non voglio perderti di vista di nuovo.”
Castle scosse il capo. “Te l’ho detto, Kate non mi allontanerà da te.”
Alexis rise. “Papà ho capito. Ho parlato con lei e so che non ha colpe. So che ti ama e ti starà accanto ma qualche volta torneremo a prenderci del tempo per noi?”
“Se tu lo vuoi, io sono d’accordo.”
“E non devi preoccuparti per me, andrà tutto bene. Tu piuttosto cerca di non strafare…”
Suggellarono quel patto con una stretta vigorosa poi si diressero lentamente verso il soggiorno per raggiungere gli altri.
“Ma perché siete andati al Greenwood?” Chiese Alexis con curiosità e si scontrò con gli occhi altrettanto curiosi di Kate.
“Ci vado di tanto in tanto. Porto un fiore sulla tomba di tua madre.” Disse direttamente a Kate. “Te lo avrei detto…” Kate non disse nulla. Abbassò il capo e si limitò ad annuire. Alexis comprese che per lei quello era un argomento ancora un po’ troppo personale e che persino suo padre ci andava con i piedi di piombo.
Un po’ si dispiacque, l’aveva coinvolta molto ma arrivare a coinvolgere sua madre in quella giornata pazzesca non era certo previsto.
“Avevo bisogno di un posto tranquillo per parlare con Pierre.” Aggiunse a bassa voce, cercando di giustificarsi.
Kate si morse il labbro osservando padre e figlia di nuovo in sintonia e ne fu sinceramente felice.
Per un po’ Castle si sarebbe tranquillizzato, ma lo attendeva a breve il passo più difficile, quello della partenza di Alexis per una nuova avventura: la sua vita.
Pi strinse la mano che Castle gli stava offrendo.
“Il mio consiglio vale sempre… Non te lo dimenticare.” Sottolineò e Alexis scosse il capo espirando.

I ragazzi abbandonarono il soggiorno trasportando i volumi di Pi verso il piano superiore e pianificando cosa fare nel week-end che li attendeva.
Castle li osservò salire le scale. Sentì una stretta allo stomaco e una sensazione di ineluttabilità.
Si mise le mani nelle tasche dei jeans, stringendo i pugni. Due mani lo presero alla sprovvista, scivolando sulle sue braccia. Era rimasto di nuovo solo con Kate.
“Va tutto bene?” Chiese lei vedendolo assorto.
Caste si voltò e sorrise mesto. “Questo è uno di quei momenti della vita dove sai che non c’è ritorno. Dove sai che tutto cambierà e nulla sarà come prima.” Commentò guardandola negli occhi.
Lei annuì. “So bene come ci si sente.” Strinse le mani sulle sue braccia e gli regalò un sorriso tirato.
“Credi che sia stupido a sentirmi così?” Tolse le mani dalle tasche e prese quelle di lei per poi condurla al divano.
“No, però cerca di vedere le cose con più positività, in fondo per Alexis si apre una nuova vita, piena di prospettive e possibilità. Devi esserne felice.”
Castle sbuffò, mettendole un braccio intorno alle spalle. “Non mi riesce di esserne felice, non ancora. E’ troppo presto.” Aggiunse di nuovo appoggiando la testa a quella di lei. Stettero in silenzio per qualche minuto, in cui Kate si limitò ad accarezzargli la testa dolcemente, muovendo i polpastrelli tra i suoi capelli.
“Ti chiedo scusa… te lo dovevo dire.” Disse infine Castle cambiando discorso. Lei capì e strinse le labbra.
“Da quanto lo fai?” Lui si allontanò quel tanto per guardarla negli occhi. Spostò le proprie mani posandole sulle ginocchia.
“Da quando stiamo insieme. Ci vado di tanto in tanto. Ti dispiace?” Chiese confuso. Kate sembrava rattristata ma non si era messa sulla difensiva e di questo si sentì sollevato.
“Al contrario, mi fa piacere.” Rispose dolcemente.
“Vuoi sapere perché?”
Lei scosse il capo. “Va bene così Castle. Le saresti piaciuto.” Sorrise guardandolo. Così buffo, così emotivo. Come poteva non amare in lui quell’autentica partecipazione alla sua vita? Si era fatto in strada in lei con sentimenti e cuore e giudicava il suo gesto adorabile.
“Papà si chiedeva chi le portava le orchidee bianche. Sei tu quindi.” Commentò con un velo di ironia e accompagnando le sue parole con uno sguardo divertito.
“Sì. Tranquillizza tuo padre…” Rispose Castle stringendo le labbra con aria colpevole e poi tornò a farsi serio.
Si voltò e sprofondò nel divano, espirando rumorosamente. “Mi sento a pezzi.” Appoggiò la testa allo schienale rovesciandola all’indietro e guardando il soffitto senza metterlo a fuoco veramente. La tensione nervosa aveva abbandonato il suo corpo lasciandolo esausto.
“Ventiquattr’ore intense.” Commentò Kate avvicinandosi più a lui. Raccolse le ginocchia al petto e lo guardò. Castle si spostò il ciuffo dalla fronte. “In ogni modo è sabato e abbiamo ancora parecchie ore da goderci prima del tuo rientro al distretto. Vuoi che partiamo per gli Hamptons? La tua valigia è ancora pronta.”
Kate si umettò le labbra. “Ci aspettano almeno tre ore di macchina visto che è sabato. Te la senti?”
“Se vuoi ci andiamo. Volevo dedicarti un po’ di coccole e hai finito per essere tu di sostegno a me. Voglio sdebitarmi per questa cosa…” Rispose Castle tornando a raddrizzare la testa e voltandosi verso Kate che inclinò la propria per appoggiarla alla sua spalla. “Non è necessario.”
“Per questi due giorni sono a tua disposizione, scegli come vuoi passare il week-end.” Aggiunse Castle, con più convinzione.
“Beh… potremmo…” iniziò a dire lentamente Kate, “potremmo starcene qui tranquilli. Tua madre esce e da quanto ho capito anche Pi ed Alexis escono per un giro e un cinema.”
Lui la guardò e attese con interesse crescente.
“E visto che sei stanco e questo divano e molto comodo, potremmo anche rilassarci qui e dedicarci ad una maratona di film.”
Gli occhi di Castle si fecero luminosi e scuri per l’eccitazione.
“Quali titoli vuoi vedere? Ho un grandioso assortimento.” Chiese raddrizzandosi all’improvviso.
“Abbiamo una maratona John Woo che ci aspetta da un anno e mezzo e tu hai appena acquistato un cofanetto di blu ray che fa al caso nostro…” Kate fece scivolare la sua mano sul collo di lui.
Castle la strinse a sé. “Posso preparare il mio contenitore gigante di pop corn…” Aggiunse sorridendo.
“E una bottiglia di vino rosso, di quello che adoro.” Finì lei annuendo.
“Eccome!” Gli occhi allegri di Castle si sciolsero in uno sguardo dolce e Kate si trovò completamente in balia dei suoi sentimenti per lui. Era un’espressione che conosceva e che affondava radici profonde nel suo cuore.
“Sei incredibile. Preferisci un week-end a casa piuttosto che una gita al mare.” Commentò Castle a bassa voce.
Lei inspirò annuendo. “Hai già affrontato troppe sfide per questa giornata. Meglio un rilassante pomeriggio sul divano.” Sentenziò.
Castle fece scivolare le mani sulla schiena di lei, accarezzandola dolcemente.
“Non voglio stare senza di te nemmeno un giorno. Come sono riuscito a resistere tanto mentre eri a Washington?” Kate prese il suo viso tra le mani e lo baciò. “Mettendoti nei guai?”
“Spiritosa…”
Martha osservò tutto dal corridoio. Si era preparata per uscire animata da una nuova serenità dopo aver sentito quello scambio di battute tra Richard e Alexis.
La situazione si era definitivamente e positivamente risolta e ora in casa Castle sembrava tornata la quiete. Richard si era comportato da adulto alla fine, provando ad andare incontro ad Alexis e cercando di essere comprensivo. Non dubitava che fosse un padre stupendo per lei, ora aveva l’opportunità di diventare anche un ottimo marito. Era fiera di lui, dell’uomo che era diventato. Raggiunse quindi i due al divano.
“Guai a te Richard se te la fai scappare.” Disse alle loro spalle prendendoli alla sprovvista.
“Mamma…” Si lamentò Castle ma lei girò elegantemente attorno al divano per arrivare di fronte a loro. Si abbassò e diede un bacio in fronte prima a Kate poi a Richard.
“Siete splendidi cari, splendidi.” Disse emozionata prima di voltarsi e lasciare la stanza e i due completamente stupiti.
Uscì sistemandosi gli occhiali da sole con il solo intento di nascondere l’emozione che stava provando. Adorava la sua famiglia e come stava crescendo. Si sentiva bene, protetta e quella sensazione già più volte aveva cancellato in lei tutte le tracce del dolore e della solitudine che aveva vissuto, dei sensi di colpa che l’avevano tormentata per aver fatto crescere Richard senza un padre, di avergli nascosto la verità su di lui.
Alexis, la sua piccolina stava iniziando a vivere la propria vita e, nonostante le preoccupazioni fossero vivide, non poteva che essere felice delle possibilità che il futuro le stava riservando.
Richard e Katherine stavano per sposarsi, portando la vita di suo figlio ad un nuovo livello di completezza, chissà che entro un paio di anni non sarebbe divenuta di nuovo nonna.
Si strinse nel leggero soprabito entrando nell’ascensore. Si guardò nello specchio e si sorrise: la vita sapeva essere sorprendentemente bella.

______________________________________________

Sono arrivata alla fine.
Ringrazio tutte le fanciulle che mi hanno seguito in questa mia elucubrazione, sopportando il fatto che sono prolissa e che non ho dei tempi di pubblicazione costanti.
Grazie per gli splendidi commenti:
Rebecca, Monica, Diletta, Debora, Stefania e tutti quelli che hanno partecipato.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2227233