His missing half

di Lulyblu_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Confusion ***
Capitolo 2: *** His walls ***
Capitolo 3: *** A thousand kisses under the stars ***



Capitolo 1
*** Confusion ***


1 Settembre 2013, Newport, Rhode Island.

Confusione.

Questo era ciò che provava Isabelle Logan quella normalissima mattina di inizio settembre, una mattina che fino ad un mese fa avrebbe considerato uguale a tutte le altre, niente di più, niente di meno.  Ma in quel momento  di normale non c’era un bel niente, non c’era niente che lei considerasse familiare o anche solo lontanamente riconoscibile, tutto era estraneo e la sensazione di disagio che l’aveva colpita non appena scesa dall’aereo non sembrava scemarsi. L’auto stava attraversando un vialetto alberato ai cui lati si estendevano file di piccole villette di colori diversi: ognuna era differente dall’altra ma vi era comunque una sorta di noiosa somiglianza fra esse. Monotonia, pensò Isabelle e probabilmente quell’idea non l’avrebbe abbandonata nel corso del tempo. Le mancavano già i grattacieli di Cleveland, così alti da sembrare addirittura soffocanti ma anche terribilmente accoglienti e protettivi. Uno scudo. Aveva viaggiato tanto in giro per il mondo e mai era rimasta ferma in un luogo per più di tre anni ma Cleveland era diventata la sua casa, la sua certezza, il suo rifugio e credeva che lì vi avrebbe trovato finalmente un po’ di pace… questo fino a trenta giorni fa.

Sua madre, Rebecca Logan, era una donna sempre affaccendata, succube del lavoro e innamorata di sua figlia. Era incredibilmente bella con il suo caschetto bruno e gli occhi ambra, le mani piccole e in ordine: mani che in quel momento stringevano il volante mentre guidava alla volta del Newport High School.

“Vedrai, ti piacerà stare qui. Potrai finalmente ambientarti come si deve e farti degli amici.”

La verità era che Isabelle amici non ne voleva, non ne voleva perché di carattere era sempre stata troppo debole per dire addio a qualcuno ed i suoi continui trasferimenti di certo non le sarebbero stati d’aiuto. “Lo hai detto anche degli ultimi tre posti in cui siamo state.”

“Ne abbiamo già parlato. Il mio lavoro qui è definitivo e- non guardarmi così- continuerà ad esserlo. E inoltre te l’ho promesso: niente più trasferimenti.” Dichiarò accostando davanti ad un alto edificio di mattoni rossi, circondato da un prato verde molto curato e abbellito da un enorme orologio che segnava le 9.

Merda

“Mamma sono in ritardo, devo scappare” le lasciò un bacio sulla guancia e si sporse oltre la portiera aperta.

“Aspetta! A che ora devo venirti a prendere?”

“Camminerò un po’. La strada la ricordo.”

E Rebecca non ebbe modo di ribattere, Isabelle era già corsa via.
 
**
 
L’aula numero 13, ovvero l’aula di matematica, era l’inferno sulla terra. Decine di banchi erano stati accostati al muro, così come la lavagna, e gli studenti erano sparsi e divisi in gruppi. Tuttavia il casino allucinante scomparve quando Isabelle fece il suo ingresso e trenta paia di occhi si immobilizzarono su di lei. Deglutì e porse il foglietto del ritardo al professore mollemente abbandonato sulla sedia, i piedi sulla cattedra. Anche egli la notò ma non si scomodò più di tanto nel presentarla.

“Benvenuta signorina Logan. Spero che possa trovarsi bene con noi.” E la congedò con un gesto della mano. In contemporanea il trambusto riprese e tutti parvero dimenticarsi di lei. O quasi tutti…

“Ciao!” Belle sobbalzò leggermente alla voce squillante che la richiamò “mi chiamo Emma, Emma Right. Tu sei?”

Emma era una ragazza bassina e filiforme, dai capelli color carota e le lentiggini spruzzate sotto gli occhi verdi. Era davvero carina e le stava porgendo una mano.

Belle la strinse. “Isabelle Logan.”

“Sei nuova?”

Annuì. “M sono appena trasferita da Cleveland.”

“Cleveland? Figo! Ci sono stata l’anno scorso. E come mai adesso ti ritrovi a vivere in questa palla di Newport?”

“Per il lavoro di mia madre.”

“Uh, certo è un bel cambiamento. Insomma i grattacieli di Cleveland non sono facili da dimenticare.”

Belle sorrise e anche Emma lo fece, di riflesso.

Quelle due andavano già d’accordo.  
**
 
Alla pausa pranzo Isabelle entrò in mensa accompagnata da Emma, che non l’aveva lasciata un attimo sola in tutte le ore precedenti. E in quel momento, accomodate in un tavolino laterale, la rossa descriveva minuziosamente le persone da cui Belle avrebbe dovuto stare lontana.

“Quella è Jacquiline” disse, indicando una stangona dalle gambe lunghe, i capelli biondi e il sorriso malizioso che sedeva sopra un ragazzo con un cappellino da baseball. “E’ una troia, stalle lontana e vivrai in pace. Mentre quello è Tom” indicò il ragazzo col cappello “è il capitano della squadra di basket. Tutto muscoli, niente cervello e pisello sempre sull’attenti. In poche parole? Uno schifo.”

Belle rise per l’audacia e la lingua biforcuta della sua nuova ed unica amica.

“Quello è il gruppo dei secchioni, quelli lì fanno parte della redazione del giornale scolastico, mentre quelli dell’annuario.” Indicò tre diverse postazioni. “Lì c’è il club degli scacchi e da quella parte…” ma le parole persero consistenza alle orecchie della mora quando dall’altro capo della sala fece il suo ingresso un ragazzo- e che ragazzo!- che attirò subito la sua attenzione: alto, almeno sul metro e ottantacinque, capelli bruni e dal fisico tonico e muscoloso o, almeno, questo fu ciò che lei carpì guardando la sua maglia attillata. Non riuscì a capire di che colore fossero gli occhi, poiché troppo lontana, ma dedusse che fossero chiari; l’abbronzatura risaltava sotto i vestiti blu e la sua bocca stava rosicchiando distrattamente una delle stanghette degli occhiali da sole. Camminava lentamente, affiancato da un altro ragazzo della sua stessa stazza che, probabilmente, gli stava raccontando qualcosa e, dai movimenti che faceva con la testa, Isa capì che non era poi così interessato alla conversazione.

“Quello è Lucas Williams e mi sa che attirato la tua attenzione” la canzonò, dandole una spallata leggera per ridestarla.

Funzionò. “Di chi parli?”

“Oh, ti ho beccata cara! Te lo sei mangiato con gli occhi, forse hai pure sbavato.”

“Io non…”

“Ma tranquilla, è una reazione abituale. A tutte le ragazze viene quasi un infarto quando lo guardano.”

Lucas si sedette a pochi metri di distanza da lei e girò la testa per dare un’occhiata alla sala. Sembrava non importargli minimamente della presenza delle tre ragazze che tentavano, invano, di attaccare bottone con lui.

“E’ il ragazzo più popolare della scuola ma è un tipo strano.”

“Perché dici così?”

“Perché contrariamente a quelli della sua “specie”, lui ha un cervello. Vedi, lui non se la tira e non cammina per i corridoi ammiccando e guardando i culi delle ragazze. Lui sta sempre in silenzio e si guarda intorno, scannerizza ogni cosa. Molte persone dicono che è così che capisce com’è fatta la gente, lui studia e guarda da lontano. E’ molto chiuso e solo la cerchia ristretta dei suoi amici può vantarsi di conoscerlo bene.”

Isabelle chiuse gli occhi e per un attimo soltanto s’immaginò stretta fra quelle braccia, assaggiata da quelle labbra, circondata dal suo calore. Quando lì riaprì notò che il suo sguardo stava ancora vagando per la mensa, finché non si posò su di lei. Lucas spalancò impercettibilmente la bocca e Isabelle si sentì arrossire quando lo vide ruotare leggermente la testa di lato, con espressione curiosa. Voleva disperatamente distogliere lo sguardo dal suo ma si sentiva attratta da lui e avvertiva un legame impossibile da scindere. Non seppe quanti secondi o addirittura minuti passarono a guardarsi ma fatto sta che nessuno dei due fu disposto a girarsi dall’altra parte e ad interrompere quel filo conduttore.  E, Dio, avrebbero potuto continuare per chissà quanto se la campanella non fosse suonata. Isabelle imprecò mentalmente e, risvegliatasi dal suo stato di trans, fu immediatamente trascinata via da Emma ma, con i libri stretti al petto e il corpo a fuoco, non poté evitare di lanciare un’ultima occhiata a Lucas. Gli sorrise timidamente, senza sapere neanche il perché, e le girò quasi la testa quando constatò che lui la stava seguendo con lo sguardo.  
**
Lucas aveva le mani sudate mentre aspettava quell’idiota del suo amico Josh che si stava intrattenendo a parlare con una ragazzina, probabilmente del primo anno.

Pedofilo

Aveva un gran mal di testa ed una fame da lupi e si maledisse per non aver messo sotto i denti qualcosa all’ora di pranzo. Ma aveva avuto delle buone ragioni per distrarsi, anzi…più che buone. Immaginava ancora quegli occhi azzurri puntati su di lui e aveva una voglia implacabile di rivedere quel sorriso che gli aveva tolto il fiato per cinque secondi. Non la conosceva, ad essere sinceri non l’aveva mai vista e non riusciva a capacitarsi di come una sconosciuta avesse potuto colpirlo cosi tanto. Aveva trascorso le tre ore successive a pensare a lei e, man mano che i minuti passavano, dentro di lui cresceva la voglia di andarla a cercare. Stupido, si disse. Le era sembrata così delicata e sottile, un ramoscello facilmente spezzabile e aveva sentito l’irrefrenabile impulso di stringerla e di proteggerla da tutti i pericoli esterni.
Josh sembrò avere clemenza di lui e chiuse la conversazione con la sua nuova preda, sorridendo compiaciuto e infilando il biglietto col numero di telefono dentro la tasca della giacca. Almeno adesso poteva tornare a casa.

“Scusa amico” chiuse lo sportello “avevo da fare.”

Per tutta risposta Lucas mise la cintura di sicurezza e lanciò un’ultima occhiata all’ingresso scolastico, con la speranza di vederla. Niente. Sospirò e diede gas… magari domani sarebbe stato più fortunato. Josh non si accanì davanti al mutismo del suo migliore amico, poiché abituato a quel genere di silenzio da parte sua, ma capì che in lui c’era qualcosa che non andava dalle sopracciglia aggrottate.

“Che succede?”

Lucas esitò un attimo prima di rispondere. “Oggi ho visto una ragazza a scuola, stava insieme alla sorella di Right.”
“E perché sei così pensieroso?” domandò Josh, con tono malizioso.

“Non lo so. Mi ha colpito, tutto qui.”

Josh si grattò il mento fingendo un’aria pensosa. “Mmm, si chiama Isabelle Logan. E’ appena arrivata da Cleveland.”

Isabelle. Lucas pensò che non potesse esistere nome più appropriato per quella ragazza. “E tu come fai a sapere tutte queste cose?”

“Ho i miei informatori, lo sai.”

Pettegolo

Isabelle. Bene, sapeva il suo nome e questo era già un passo in avanti. Voleva conoscerla… a tutti i costi. Senza rendersene conto un sorrisino si formò sulle sue labbra e questa cosa non sfuggì all’occhio attento di Josh.
 


**
Ciao a tutti, sono tornata ma questa volta con una storia romantica. Mi dispiace non aver aggiornato più la fan fiction ma il tempo e l'aspirazione si sono eclissati. Tuttavia spero di riuscire a pubblicare presto. 
Questa è la mia nuova storia ed è un esperimento. Oggi pomeriggio ho immaginato queste scene e adesso... eccole qui!
Spero che questo breve capitolo vi abbia fatto incuriosire almeno un po', so che la trama magari è uguale a tutte le altre dove c'è la nuova arrivata e il figo della scuola che se la tira ma Lucas sembra diverso, no? Non so, datele una possibilità e fatemi sapere che ne pensate. Credo che aggiornerò ogni domenica perchè durante la settimana il tempo mi manca. 
Ci vediamo al prossimo aggiornamento e per qualsiasi cosa o chiarimento io sono qui!

Kisses 

 

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Capitolo 2
*** His walls ***


A Fabiola, perché ormai sei una parte di me.

8 Settembre 2013, Newport High School

“Allora? Novità?” Emma le venne incontro e la sua voce la strappò dal mondo dei sogni nonostante fosse sveglia da già quattro ore. Era stato un trauma alzarsi quella mattina e non l’aveva aiutata il fatto di essere andata a dormire alle due di notte per studiare matematica.
“Buongiorno anche a te, Emma.”
“Sì, sì, come ti pare. Allora? Novità?” ripeté.
“Riguardo a cosa?”
“Ma come a cosa! Non è successo niente con Mr-Fusto-dagli-occhi-di-ghiaccio?”
Ancora quel soprannome! Emma lo aveva affibbiato a Lucas il mercoledì prima, dopo essersi accorta delle reciproche occhiate che la sua amica e il ragazzo si lanciavano da lontano. Era impazzita per l’entusiasmo e nemmeno i moniti di disapprovazione di Isabelle erano riusciti a farla desistere.
“Cosa sarebbe dovuto succedere?” chiese mentre si trascinava verso una panchina in fondo al cortile della scuola. “Non parliamo neppure.”
“Oh ma non fate altro che spogliarvi con gli occhi a scuola, sembra sempre che lui voglia saltarti addosso!”
“Evidentemente solo tu hai notato queste cose.”
Emma fece una smorfia ma non replicò e Isabelle la ringraziò mentalmente per aver chiuso la bocca. Diamine, le voleva bene ma a volte riusciva ad essere davvero insistente! Anche se comunque la sua amica aveva ragione: lei e Lucas non avevano fatto altro che guardarsi per tutta la settimana da lontano ma nessuno dei due aveva fatto in modo che la situazione prendesse una piega diversa. 
“Palla!” le sue riflessioni furono interrotte da un tonfo sordo e, immediatamente, nella sua visuale entrò a far parte un pallone da calcio. Isabelle si piegò in avanti, lo raccolse e poi si alzò ma, tuttavia, rischiò di ritrovarsi di nuovo per terra non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Lucas Williams. Le si mozzò il respiro e s’irrigidì e quella confusione non le permise di vedere la reazione che ebbe lui: come la prima volta che l’aveva vista, aprì leggermente la bocca e un lievissimo ansimo scappò da essa. I suoi occhi si soffermarono sulle labbra rosee di Isabelle e Lucas dovette mordersi l’interno della guancia per non buttarsi su di esse.
‘Imbecille che non  sei altro! Non spaventarla.”  Pensò Lucas.
“Ti ha colpito?” Lucas aveva la voce roca e un po’ affaticata e Isabelle si chiese se fosse stato per la corsa dal campo, dall’altra parte del cortile. Rimase immobile, come incatenata ai suoi occhi, cercando di formulare una risposta sensata.
“No, t-tranquillo.” Oh, il balbettio no.
La voce di Isabelle invece era leggera e a malapena udibile. Aveva delle sfumature di dolcezza e insicurezza e tali emozioni esprimevano i suoi occhi.
Piccola cerbiatta.’
Isabelle si accorse di essere rimasta impalata con la palla stretta fra le mani. La allungò a Lucas e lui fece per afferrarla ma all’improvviso venne spinta in avanti da due ragazze che si rincorrevano e si sarebbe ritrovata spalmata a terra se il ragazzo non l’avesse prontamente sorretta. Alzò la testa e quasi inalò l’ultimo respiro quando si accorse di quanto fossero vicini, praticamente ad un palmo di naso.  Le sue mani le cingevano i fianchi mentre il mento di Isabelle era poggiato sul suo petto.
“Stai bene, Isabelle?” le chiese, stringendola più intensamente. Come sapeva il suo nome?
Belle annuì, incapace di parlare. Aveva la bocca troppo secca. Lucas la rimise in piedi e poi si piegò per riprendere la palla.
“Ci vediamo in giro, Belle.” Si allontanò di qualche passo ma poi sembrò ripensarci e si riavvicinò a lei nuovamente “non vedo l’ora.” Le sussurrò all’orecchio, lasciandole una lieve carezza sulla guancia che le fece salire i brividi.
**

“Quella ragazza ti sta fottendo il cervello, amico.” Josh se ne stava appoggiato alla portiera della sua auto, gli occhiali da sole calati sul naso, lo sguardo rivolto a tutti gli studenti ma a nessuno in particolare e quell’atteggiamento mostrava la sua vera natura: Josh era da tutti considerato un ragazzo strafottente e pieno di vizi, in primis c’era quello del fumo, arrogante per gli sconosciuti, saccente, uno che parlava troppo ma non concludeva niente e inoltre non c’era niente che amasse particolarmente. Le ragazze gli cadevano praticamente ai piedi e sarebbe stata una bugia dire che lui non usasse questo piccolo particolare a suo vantaggio, in quanto aveva ormai perso il conto delle esperienze di una notte che aveva avuto. Ma Josh amava fare esperienza e per questo ripudiava le relazioni fisse.  Di Lucas, invece, si poteva dire che fosse praticamente tutto il contrario del suo migliore amico: strafottente era decisamente l’ultimo aggettivo che qualcuno potesse affibbiargli, non aveva vizi particolari, se non quelli del caffè caldo la mattina e delle felpe con i cappucci, considerato un ragazzo di ghiaccio dagli sconosciuti e un gran osservatore dagli amici più stretti. Amava molte cose ma aveva sempre provveduto a tenerle nascoste, onde evitare complicazioni. Molte persone non l’avrebbero mai detto ma Lucas era un gran sognatore che si era rinchiuso nel suo mondo ed il suo frequente mutismo non era altro che il solo modo di comunicare che aveva trovato per rivolgersi a chi non lo capiva e mai l’avrebbe fatto. E questo era ciò che Lucas bramava maggiormente: comprensione. Non credeva nel destino e questa sua ferma convinzione lo aveva spinto a cercare di prevedere sempre ogni attimo della sua vita e a fare in modo che questo andasse secondo i suoi piani. Lucas sembrava sempre immobile e impassibile ma la verità era che non sarebbe mai esista una persona più movimentata di lui. Solo Josh era riuscito a valicare le sue mura e ad entrare nel suo mondo ma il processo era stato lungo e difficile e, anche se non l’avrebbe detto facilmente, essere il migliore amico di Lucas era l’unica cosa che amava. E Lucas era fiero di avere un amico come Josh, un amico che potesse riuscire a capirlo e a giustificare i suoi silenzi che, talvolta, diventavano davvero opprimenti. E, forse, anche Isabelle era riuscita ad afferrare questa parte di lui perché Lucas non avrebbe mai dimenticato la sensazione di vuoto che aveva provato quando gli intensi occhi azzurri della ragazza si erano immobilizzati nei suoi quella volta in mensa, non avrebbe mai dimenticato l’immediata completezza che aveva sostituito quella sensazione di disagio e, di certo, non avrebbe mai dimenticato il suo corpo piccolo e da proteggere, le sue labbra e il loro colore roseo, i capelli lunghi e ribelli, le unghie mangiucchiate e la testa confusa e questo perché una cosa che Lucas amava erano, appunto, i dettagli.
“Ci vediamo domani, Josh. Ciao Lucas.” La voce squillante di Jacquiline non smosse Lucas dai suoi pensieri e la bionda sembrò rimanerci male ma andò via come se nulla fosse.
“Non capisco cosa ci trovi in quella ragazza, Jacquiline ti viene dietro da una vita e tu non hai mai preso in considerazione l’idea di metterti con lei.”
“Solo un idiota si fidanzerebbe con una troia, Josh. E a quanto pare tu lo sei.” Lo mise a tacere, beccandosi un’occhiata divertita dell’amico.
“E allora provaci, no? Vai da Belle.”
Facile a dirsi. Lucas sentiva ancora la sua pelle calda sotto le dita e aveva dovuto infilarsi le mani sotto le gambe per evitare di toccarsele, durante le lezioni. Quella ragazza lo confondeva un sacco. Si erano guardati tutta la settimana e, per quanto Lucas avesse provato ad ignorarla, i suoi occhi non avevano fatto altro che cercarla ogni istante. E, doveva ammetterlo, vederla lo faceva calmare.
“Non so neanche se le interesso.” Mormorò.
Josh sbuffò seccamente. “Di solito sono le ragazze a farsi tutte queste rogne” lo prese in girò “e comunque devi darti una mossa se non vuoi che quel coglione di Tuller te la rubi da sotto il naso.”
E con un cenno del mento indicò a Lucas l’entrata dove un Mark Tuller dal sorriso perverso parlava –o meglio dire importunava- un’Isabelle Logan dall’espressione decisamente infastidita. Si sentì pervadere dal nervosismo alla vista di quel cetriolo montato troppo vicino alla ragazza che, aveva stabilito, fosse di sua proprietà e non ci vide più nel momento in cui una mano di quello andò a finire sul fianco di lei. Partì alla carica, con Josh che se la rideva alle sue spalle, ignorando le occhiate curiose di chi, con finta nonchalance, lo guardava. Dal canto suo, Mark Tuller si sarebbe aspettato chiunque tranne Lucas Williams quando una mano si posò duramente sulla sua spalla e il sorriso arrogante che aveva stampato in faccia si dissolse alla sua vista.
“Tuller, levati dai piedi.” Se non fosse stato per Isabelle, che si era riaccesa grazie alla sua presenza, lo avrebbe di sicuro riempito di insulti e gli avrebbe insegnato la lezione: ciò che era di sua proprietà non andava toccato. La ragazza abbassò lo sguardo, reprimendo un sorriso, e si spostò al fianco di Lucas, automaticamente, trasmettendogli i suoi più sentiti ringraziamenti per averle risparmiato quella seccatura.
“S-scusa, Lucas.” E in un attimo sparì.
“Ti stava dando fastidio?” le chiese, cercando disperatamente di non soffermarsi a guardare le sue labbra.
“Niente di irrisolvibile, per fortuna...” si morse un labbro per tentare di eliminare l’imbarazzo “grazie.”
“Non ho fatto niente di ché. Tuller deve imparare a tenere le mani apposto e a capire quando una ragazza è infastidita.”
“Io non ero infastidita.”
Bugia
“Sicura? Perché a me è sembrato che tu lo fossi parecchio.” Sorrise divertito.
“E da cosa lo avresti dedotto?”Anche lei non poté evitare di usare un tono divertito.
Si spostò alle sue spalle e poggiò le mani su di esse, facendole un lieve massaggio con l’intento di farla rilassare, ma ottenne l’effetto opposto “eri rigida” le disse, e poi mettendosi nuovamente di fronte a lei, le passò il pollice sul labbro inferiore –in quell’istante Belle immaginò di essere andata a fuoco- “ti mordevi il labbro e i tuoi occhi erano puntati a terra” le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio “degli occhi così belli sono fatti per essere guardati.”
Non seppe l’esatto momento in cui si ammutolirono, né quando la mano di Lucas le cinse la schiena, perché tutto ciò che in quel momento vedeva e, soprattutto, voleva vedere era lui. Un ragazzo che nemmeno conosceva ma sembrava esserle entrato dentro in maniera indescrivibile e la verità le arrivò in un lampo: lui le piaceva, non era semplice attrazione verso un ragazzo bellissimo e, in qualche modo, misterioso, era qualcosa di più e in quegli istanti Belle fu alla sua completa mercé, avrebbe fatto qualsiasi cosa lui le avesse chiesto.
“Sono Lucas.”
Belle ridacchiò “Lo sapevo già. E so anche che tu sai già il mio nome.”
“Colpevole! Sì, hai ragione” erano ancora tremendamente vicini, ignari o solo indifferenti a tutti gli occhi puntati su di loro “E dimmi, Belle, sai già che questo sabato ci sarà una festa sulla spiaggia?”
“Mi dispiace, non ne ero al corrente.” E invece lo sapeva eccome, poiché Emma aveva parlato di questa “super festa” praticamente per tutta la giornata, ma fece finta di niente per evitare che il sorriso speranzoso di Lucas sparisse.
Dio, è bellissimo
“E, mmm non so, ti piacerebbe venirci con me? Infondo mi devi un favore per averti salvata da quel cetriolo di Tuller.”
Isabelle rise di gusto per la battuta e per il soprannome e dentro di lei sentiva già i coriandoli cominciare a fluttuare. Non riusciva a crederci.
“Accetto, ma solo perché ti devo un favore.” Rispose e, caspita, avrebbe voluto urlarlo fino a sgolarsi: quella era probabilmente una delle bugie più false che avesse mai detto.
“Ci vediamo domani, allora.”
Belle annuì e lo congedò con il sorriso più grande che avesse mai fatto, mostrando i denti bianchi e dritti.
Dio, è bellissima

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Hi guys, I'm back!
Ho un nuovo capitolo che sono riuscita a scrivere in questi due giorni e spero davvero che vi piaccia. Vorrei ringraziare Fabiola per avermi aiutata a scriverlo e per aver scelto con me i volti da dare ai personaggi e Ylenia per essermi sempre accanto e per sostenermi sempre. Spero di riuscire ad aggiornare entro il fine settimana. La storia sta prendendo una bella piega e mi piace il carattere di Lucas... è davvero strano.
Se volete dirmi qualcosa sapete dove trovarmi.
Al prossimo aggiornamento.

Kisses


Colton Haynes alias Lucas 


Emily Rudd alias Isabelle


Francisco Lachowski alias Josh


Lindsay Jordan alias Emma 

 

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Capitolo 3
*** A thousand kisses under the stars ***




12 settembre 2013, Spring Street

A thousand kisses under the stars

“Ripetimi di nuovo perché sono qui.” Si lamentò per, forse, la centesima volta in cinque minuti, Isabelle.

“Perché Lucas ti ha invitata alla festa sulla spiaggia e il tuo guardaroba non contiene niente che possa essere usato per questa occasione.” Le ripeté Emma, con voce cantilenante.

“Tu a cosa avevi pensato?”

“Beh, innanzi tutto ci vuole un costume. Ne hai uno decente?”

Isabelle scosse il capo, rammentando che l’unico costume da bagno che le stesse fosse rimasto a Cleveland.

“Bene, quindi ci serve un bikini e un vestito” la afferrò per un braccio e la trascinò nel camerino, mentre Isabelle sbuffava irritata, completamente contraria all’idea di passare le due ore successive a fare da manichino ad Emma.
 
**
Dire che Isabelle si sentisse terribilmente in imbarazzo con quel mini abito indosso era riduttivo, in realtà aveva voglia di scappare a gambe levate mentre raggiungeva l’area della spiaggia in cui era stata allestita la festa, gli occhi della maggior parte delle ragazze fissi su di lei, invidiosi e derisori. Cercò di calarsi ulteriormente il vestito ma, ad ogni passo, esso risaliva di nuovo. Emma l’aveva abbandonata un’ora prima per andarsi a preparare e adesso lei si ritrovava da sola a camminare in mezzo a gente sconosciuta –o appena intravista a scuola- senza sapere dove dirigersi. Cavolo, avrebbe dovuto fare conoscenza con qualcuno. Tuttavia la sua ancora di salvezza arrivò proprio in quell’istante, dietro di lei.

“Temevo non venissi.” Lucas era l’incarnazione della tentazione in persona, con i capelli mori scompigliati, gli occhi azzurri splendenti di chissà quale emozione, i primi tre bottoni della camicia aperti, i jeans stretti e le vans scure. Sì, era proprio la tentazione. 

“Perché?” gli chiese, dopo un istante di esitazione. Isabelle era l’incarnazione della bellezza, con i capelli raccolti in una treccia laterale, gli occhi verd’azzurri luminosi, le labbra più rosse del solito, il vestito bianco e le gambe scoperte.

“Perché non ci siamo visti durante la settimana.”

“Beh, io c’ero. Eri tu a mancare.”

Rise. “Touché. Sono stato fuori.” Anche la ragazza aveva avuto lo stesso timore, andando avanti con i giorni e notando la sua continua assenza. Non era neanche sicura che si sarebbe presentato alla festa.

“Una vacanza?”

“Una specie.” E la mezza risposta che diede le fece capire che volesse chiudere l’argomento. Si grattò la nuca, per un attimo leggermente confuso, e poi le si avvicinò, per farsi sentire al di sopra della musica alzata al massimo “ti va di ballare?”

Isabelle annuì, nonostante il ballo non fosse proprio una delle cose che amasse fare, ma non ebbe tempo per riflette su questo piccolo particolare perché Lucas, inaspettatamente, la prese per mano e la condusse al centro della pista, riparandola da chi, ad inizio serata, era già ubriaco fradicio. E la gente continuava a parlare e a creare fandonie e pettegolezzi alla vista di Lucas Williams mano nella mano con la nuova arrivata, di cui nessuno sapeva niente, se non che, in pochissimi giorni, fosse riuscita a conquistare il ragazzo più ambito del liceo, che d’interesse particolare per qualcuna non ne aveva mai mostrato. E che invece, adesso, a due settimane dall’inizio della scuola, non riusciva a far altro che guardare sempre Isabelle Logan. La portò al centro della pista e immediatamente l’adrenalina li invase e cominciarono a muoversi a tempo, ancheggiando e saltando, stretti tra duecento corpi sudati, legati ognuno agli occhi chiari dell’altro, come sempre. E l’eccitazione che si respirava non poté graziarli, tanto che anche loro cominciarono a mettersi più in mostra, Isabelle con il cuore che batteva all’impazzata e un sorriso gigante sul suo volto, Lucas con la sua altezza torreggiante, un’erezione che stava nascendo e un senso di pace che da tempo non sentiva. Inutile dire che il merito fosse di Belle. Si strinsero maggiormente, accostando i bacini che sfregavano fra di loro, mentre Lucas la prendeva per la vita e Isabelle gli cingeva il collo con le braccia e nascondeva il viso in esso per respirare il suo profumo… il migliore che avesse mai sentito. La musica fu un continuo crescendo e i due ragazzi ballarono per un tempo indefinito, estranei a tutto ciò che li circondasse, restii di una settimana impegnativa e pronti per una notte di puro divertimento e, sicuramente, cambiamenti. Isabelle non si accorse nemmeno dell’arrivo di Emma e la rossa non glielo fece nemmeno notare, sicura di rompere il magnetismo appena creatosi sennò.

“Balli così con tutte le ragazze che conosci appena?” gli chiese, un po’ affaticata e accaldata da tutti quei passi di danza.

“In realtà non l’ho mai fatto, questa è la prima volta.”

“E questo dovrebbe spingermi a sentirmi lusingata?”

“Ovviamente. Non accade tutti i giorni.”

“E come mai questa cosa sta accadendo proprio con me?” sondò il terreno, curiosa e preoccupata dalla risposta che Lucas le avrebbe potuto dare.

“Perché penso che ne valga la pena.” Belle avrebbe voluto che continuasse, che le spiegasse il significato di quella risposta vaga e troppo generica, voleva che le confidasse i suoi pensieri e le motivazioni del perché avesse scelto di conoscere proprio lei, che si era sempre sentita un po’ troppo diversa dalle altre. Ma Lucas abbandonò i suoi fianchi e la prese nuovamente per mano, allontanandola –così come l’aveva portata- dalla calca. Era un’emozione strana quella s’impossessava di Belle quanto toccava Lucas, non riusciva a spiegarsela o a darle un significato, nonostante il fatto che tutto ciò fosse avvenuto solo un numero ristrettissimo di volte. Tutto ciò che riusciva a dire era che lui le trasmetteva tranquillità, magari attraverso la sua statura che riusciva a farla sentire al sicuro, o attraverso i suoi modi di fare sempre seri e un po’ misteriosi.                                                                                                                       
Allontanarsi dalla pista le permise di prendere un po’ d’aria e di guardarsi intorno ma non riuscì ad identificare la maggior parte dei volti presenti, un po’ per le scarse conoscenze, un po’ per la testa in subbuglio e per le dita ancora saldamente intrecciate a quelle di lui. Non ne voleva proprio sapere di mollare la presa.

“Vuoi qualcosa da bere?” domandò, giocando con l’estremità della sua treccia.

“Sì, quello che prendi tu.”

Annuì. “Okay, aspettami qua.” Isabelle lo guardò allontanarsi, con la mano improvvisamente infreddolita, e si morse un labbro davanti alle sue spalle larghe e il busto stretto, il fisico da nuotatore. A Cleveland non aveva mai incontrato qualcuno bello come lui o anche minimamente interessante, non che lei fosse Megan Fox in carne ed ossa, ma nella sua vecchia scuola i ragazzi erano tutti degli idioti, malati di sesso ed egoisti, dediti agli sport violenti e a passatempi poco raccomandabili. Ovviamente parlare in generale sarebbe stata una carognata da parte sua, poiché certa che l’idiozia non si fosse impossessata di proprio tutto il genere maschile ma i numerosi soggetti che le si erano presentati, nel corso dei tre anni precedenti, erano finiti col fare un buco nell’acqua ed essere etichettati come “pericolo sopravvivenza umana.” Di bravi ragazzi non aveva mai avuto il piacere di conoscerne, aveva sempre creduto che si nascondessero e che non volessero dare nell’occhio, perché il detto era risaputo: in natura vince il più forte. E Belle forte non lo era mai stata, non ci era nata e non lo era diventata col tempo: era stata costretta a crescere velocemente, con i continui trasferimenti di sua madre, le abitudini diverse da imparare, le amicizie mancate, i ricordi non troppo allegri. Si poteva quasi dire che avesse condotto una vita di solitudine fino alla settimana prima e aver trovato Emma l’aveva stupita all’inizio, poiché si considerava incapace di avere amicizie e di legare con qualcuno, ma la presenza della rossa diventava ogni giorno sempre più importante. Sperava solo di non dover andare via nuovamente perché, in caso, questa sarebbe stata la volta buona per soffrire davvero e il dolore era una prospettiva aberrante ai suoi occhi. Isabelle voleva solo un po’ di amore, quello che sua madre le aveva dato con fin troppa premura ma che non aveva mai ricevuto da un fratello, amico o fidanzato; voleva qualcuno che l’abbracciasse nelle giornate di pioggia perché aveva una gran paura dei temporali, qualcuno che le tenesse compagnia nelle giornata noiose, qualcuno che potesse dipendere da lei. Isabelle aveva tanto bisogno di calore, perché non ne aveva mai ricevuto e, a dirla tutta, aveva fatto in modo di non riceverne più da quando l’unico punto fermo della sua vita l’aveva lasciata all’età di otto anni.

Un urlo la ridestò e immediatamente si chiese dove fosse finito Lucas, ormai sparito da un bel po’ di tempo. Si guardò in giro numerose volte prima di intravederlo accanto al banco degli alcolici in compagnia di… Jacquiline. Lei era vicina –troppo vicina- e con un mano gli accarezzava i capelli scuri, mentre sporgeva il seno in avanti per metterlo in risalto e Lucas non faceva niente per allontanarla o fermarla. Quando lui si girò nella sua direzione era troppo tardi perché Belle era già corsa via, verso la parte opposta. Correre sulla sabbia si rivelò un’impresa straziante ma non poté farne a meno: era troppo arrabbiata, e gelosa, e doveva assolutamente scappare. Sentì dei passi veloci dietro di lei e poi venne afferrata e girata, Lucas in prima visuale.

“Non so cos’hai visto, ma non è successo assolutamente niente!”

“Oh non dirlo! Io so cos’ho visto. Ho visto lei e ho visto te. Vicini. E sai cosa? Non so neanche perché me la sto prendendo così tanto! Noi due…”

Lucas la baciò, tacendola, stordendola. Le circondò il viso con le mani morbide mentre la sua bocca sfiorava gentile la sua, come se temesse di farle male, in un minimo contatto. E Isabelle si sentì mancare al punto che dovette aggrapparsi alle sue spalle per non cadere. Non aveva esperienza, non sapeva cosa fare e seguì l’istinto quando sentì la lingua di Lucas spingere per farle aprire le labbra. Il bacio divenne più profondo, disperato, accanito mentre le lingue si attorcigliavo e si muovevano in una danza frenetica e instabile, duellando e lambendo, in un unico intreccio di sentimenti che ancora non avevano un nome ben preciso ma che stavano già cominciando a delinearsi. Lucas se la spinse contro il petto, allietato dall’idea di essere riuscito a baciarla, la cosa che desiderava ormai da due settimane. Ma Belle pensò che fosse durato troppo poco quando lui si staccò con le mani incrociate poco sopra il suo sedere.

“Noi due cosa?” le sussurrò

“Noi due non siamo niente.” Rispose, ancora stordita da quel cumulo di passione sperimentata per la prima volta.

Non avrebbe potuto desiderare un primo bacio migliore.

Lucas sorrise e si sedette sulla sabbia, trascinando Isabelle sulle sue gambe piegate. La ragazza lo assecondò carezzandogli le guance accaldate e scombinandogli i capelli.

“Voglio conoscerti” proferì lui, stringendola “voglio sapere chi è Isabelle Logan. E voglio che lei sia mia.”

“Isabelle vuole conoscere Lucas, solo Lucas.”

“Quindi non siamo ancora niente?”

Belle rise e si avvicinò un po’ di più, annuendo.

“In questo caso… mi piacerebbe proprio essere il tuo niente.” E la ribaciò di nuovo, con più passione di prima, come se fosse la cosa che desiderasse fare di più al mondo, senza se e senza ma. Con Isabelle si sentiva se stesso senza parlare, niente forzature o domande inopportune, perché Belle non aveva intenzione di mettergli fretta, anche se le cose da chiedergli erano tante, e sarebbe stata disposta ad aspettare che lui si confidasse con lei, per primo. Rimasero stesi sulla sabbia per ore a guardare il cielo scuro contornato di stelle farsi sempre più chiaro, fino a quando il sole non fece il suo timido ingresso alle sei del mattino; la voglia di dormire era andata a farsi fottere verso le tre, quando Belle aveva provato inutilmente a chiedere gli occhi, accucciata accanto a Lucas, ma il finale era stato ben diverso da quello previsto e molto più piacevole.

“Rimarrei così per ore.” Gli occhi di Lucas sembravano ancora più rilucenti grazie alla luce dell’alba e non smettevano di scrutare quelli di Isabelle, stretta fra le sue braccia, con la speranza di assorbire un po’ del suo calore.

“Mmm”

“Questo significa ‘oh lo penso anche io’?”

“Può darsi.” Borbottò, leggermente assonnata.

“Dovremmo tornare a casa.” Lanciò un’occhiata alle sue spalle, mentre gli ultimi superstiti della festa correvano verso le loro auto, un po’ brilli, ma ancora elettrizzati per la nottata.

“Tutti si saranno chiesti dove siamo finiti.” Rispose, allungando la mano dietro la nuca di Lucas per avvicinarlo a sé, mentre le loro labbra si incrociavano per la millesima volta in quella notte che era stato il primo passo verso un qualcosa da costruire e preservare.

“Non. Importa.” Mugugnò Lucas fra un bacio ed un altro.

E più i minuti passavano, più Isabelle si rendeva conto di perdere pian piano la testa per lui, irrimediabilmente. E se perdere la testa per lui significava farsi trafiggere dagli sguardi di tutta la scuola, di sopportare i suoi cambiamenti d’umore e le sue risposte vaghe… lei era più che disposta a farlo. Ma l’avrebbe pensata allo stesso modo quando sarebbe venuta a conoscenza del segreto che Lucas cercava in tutti i modi di nascondere? 

***
Il capitolo number three è arrivato e con esso il bacio. All'inizio pensavo fosse un po' prematuro metterlo già nel terzo ma mi è sembrato l'unico sbocco per mandare avanti la scena. Vi chiedo scusa per gli errori ma non l'ho riletto perchè devo scappare. Lo farò dopo. 
Al prossimo aggiornamento, 

kisses. 



 

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