About Sixty Years Ago

di _welcometomylife_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


Chapter One


In una cittadina appena a sud del Nevada, nel pieno vigore dell'era digitale, vi era un piccolo sobborgo. Era uno spettacolo nel vero senso della parola. Un quartiere a dir poco pittoresco per niente intaccato dalla modernizzazione dell'uomo, le case in legno sembravano giocattoli, le staccionate bianchissime erano, molto spesso, adornate con rampicanti da cui sbocciavano bellissimi fiori violetti. Insomma, era il posto perfetto, l'ideale per chi voleva godersi la vecchiaia in pace ed è proprio lì che si trovava il nostro amato Michael Holbrook Penniman Jr. 60 anni più vecchio, si trovava nella cucina di casa sua. Rifletteva, come era solito fare davanti alla finestra. Sua figlia lo era venuto a trovare e con se si era portato i suoi due figli poco più che adolescenti, di solito Jenna Margaret Penniman lo veniva a trovare quando doveva recuperare alcune cose dalla soffitta, tutta quella robaccia che a casa sua era di troppo ma che poi all'occasione diventavano importanti.
'Jackson! Mettilo giù non è tuo.' Urlò Jenna a suo figlio che si stava mettendo in tasca un vecchio orologio d'argento. Quel tipetto... Diventava un terrorista ogni giorno che passava, per Michael era troppo da ridere, a volte la figlia lo credeva pazzo, ma lui ci aveva fatto l'abitudine. Finalmente Jenna convinse Jackson a sfilarsi di dosso l'orologio. E oltrepassò il salotto per raggiungere il vecchio Holbrook in cucina. Poggiò l'orologio sul tavolo e cominciò a darsi da fare per lavare i piatti. Michael la guardò in viso, nonostante non fosse più una ragazza aveva ancora un visetto grazioso, angelico. Tutta sua madre.
'A cosa pensi Papà?' Gli chiese Jenna. Lui la guardò con attenzione prima di rispondere.
'Stavo pensando a tua madre piccola mia'. Gli occhi della ragazza si erano sgranati, lasciò i piatti immersi nel sapone e corse fino alla sedia in cui era seduto suo padre.
'Non avevi mai nominato la mamma...' Disse lei con una punta di eccitazione.
'Non mi piace parlare delle cose brutte... Non che tua madre sia stata una cosa brutta, tutt'altro!' 'Papà... Ti prego... Fai uno sforzo! Ho il diritto di sapere qualcosa su chi mi ha dato la vita' Il vecchio, vedendo la ragazza sull'orlo delle lacrime non poté fare a meno di sentirsi in colpa, nella sua infanzia aveva da sempre omesso la verità sulla morte di sua madre. Anzi non ne faceva mai parola e aveva proibito a chiunque di mettere in ballo l'argomento. Naturalmente, Jenna non aveva mai perso l'occasione per mettere sua madre in mezzo nella speranza che il signor Penniman Jr. cambiasse idea e vuotasse il sacco ma sono stati tentativi piuttosto vani.
'Va bene.' Disse dopo uno sbuffo.
'Mamma andiamo oppure no?' Chiese Jamie, il fratello maggiore.
'Andate a guardare la televisione, rimarremo per pranzo.' Rispose Jenna con fermezza per poi ritornare con lo sguardo a suo padre in attesa che iniziasse il suo racconto. 'Ti ho detto che quando ero giovane ero un cantante, ma non ti ho mai detto quali vette ha raggiunto il mio successo! La mia voce raggiungeva delle note altissime, con ammirazione ma anche invidia di tutti...'
'Si papà, ho ascoltato qualcosa, eri piuttosto bravo, ma capisci ora non vai più di moda' disse Jenna ridacchiando tanto per fare al padre un dispetto che nel frattempo la guardava di sottecchi.
'Vuoi sapere si o no?'
'Si. Scusa, continua'
'Come stavo dicendo, ad un certo punto della mia carriera stimavo un grosso successo e le tournée sembravano infinite! Ebbi tempo di fare una piccola sosta soltanto in occasione dell'addio al celibato di un carissimo membro della mia band, Fred Taylor, penso che si chiamasse così. Ci aveva portati a Las Vegas, lui adorava fare le cose per bene. E come ogni addio al celibato che si rispetti, andammo in uno strip club, di quelli che andavano per la maggiore. Non ero molto contento all'idea di entrare in un posto simile, ma allo stesso tempo non volevo deludere i miei amici. Appena entrati nel locale dovevo ammettere, rimasi a bocca aperta. Tutto, dal bar ai pali per le spogliarelliste, sembravano essere al quanto pittoreschi ma del resto era una delle magie di Las Vegas. Comunque sia, eravamo lì da appena due minuti e già il proprietario del casinò si era preso il disturbo di venire a presentarsi, si avvicinò a noi con una bottiglia di champagne dall'aria costosissima e ci strinse la mano calorosamente. "E' un piacere conoscervi, mi chiamo Josef Kosocof, proprietario dell'intero edificio" ci disse con un sorriso a trentadue denti, la sua voce rauca e l'accento russo gli davano un'aria più dura di quello che sembrava ma poco importava poichè, dopo pochi minuti ci sedemmo al nostro tavolo e tutti si diedero alla pazza gioia, alcuni ubriachi dopo solo due bicchieri, altri intenti con le loro 'donne' per così dire, io invece parlavo con questa donna, si chiamava Jessica Price, aveva poco più che vent'anni ma era stata costretta a fare la spogliarellista per poter sopravvivere. I suoi genitori erano morti in un incidente qu
quando ne aveva sedici e non volendo essere sballottata da una famiglia affidataria all'altra, decise di diventare indipendente. Parlare con lei era davvero piacevole, era divertente, spontanea e anche molto intelligente. Poi arrivò il giorno delle nozze, dall'altra sera nessuno si riprese, nemmeno lo sposo che se non altro era stato uno dei più controllati, anzi aveva l'aspetto piuttosto malaticcio e sembrava che sudasse freddo, mi preoccupai, così andai a vedere cosa gli fosse successo.
'Hey, tutto a posto? Oggi ti sposi! Non è incredibile?' Dissi con enfasi.
'Mika, dobbiamo parlare non ce la faccio più' rispose con un tono più che preoccupato.
Lo seguii nella stanza vuota più vicina e parlai per spezzare quel silenzio che si era fatto snervante 'Che succede? Di cosa volevi parlarmi?' Lui mi guardò in tralice con il respiro affannato.
'Ieri sera...'
'Non mi dire che hai tradito Juliette!'
'Cosa? No! Beh... Sono successe cose che... Non mi sono piaciute amico... Per niente. Questa roba mi sta spaventando a morte.'
'Avanti parlami, sii più chiaro per favore' lo esortai, ma fummo interrotti dalla damigella d'onore che annunciava l'inizio della cerimonia.
'Parliamo dopo va bene?' Disse Fred che si avvio quasi di corsa verso l'altare nemmeno avesse i razzi nelle scarpe. Io lo seguii e dopo nemmeno due minuti iniziò la marcia nuziale. Guardai Juliette con il suo abito da sposa e un viso radioso mentre avanzava al passo con la musica. Dopo esserci messi ognuno al proprio posto cominciò la cerimonia. Ero davvero felice per Fred, era parte della famiglia e gli volevo davvero bene, così come per Juliette che era letteralmente fatta per lui inoltre era una donna di una bellezza semplice ma che allo stesso tempo levava il fiato.
'Fred Taylor, vuoi tu prendere Juliette Richards come legittima sposa?' Disse solenne il prete, preparai gli anelli da dare al momento delle promesse ma mentre prendevo la scatolina nella tasca interiore della giacca sentii uno sparo, alzai lo sguardo appena in tempo per vedere il sangue che mi schizzò dritto in faccia, Fred era steso a terra in una pozza di sangue e un'uomo dallo sguardo psichedelico sbandierava una pistola e blaterava qualcosa in russo per poi andarsene di corsa. Non riuscii a fare niente, rimasi lì immobile con gli anelli in mano, tutto intorno a me c'era il caos ma stranamente non sentivo un accidente, la sposa non era più candida e radiosa, il vestito che le fasciava il corpo si era fatto rosso scarlatto e il viso era stato rigato dal trucco colato via con le lacrime. Poi finalmente realizzai, Fred era morto. Non c'era più'.

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


La polizia ci mise poco ad arrivare, ma mai quanto l'F.B.I. Una volta sentito i testimoni e dopo aver portato via il corpo senza vita di Fred, il detective pensò immediatamente ad un'attacco terroristico e chiamò i rinforzi. Io rimasi sotto shock per quasi due ore, non riuscii a parlare per un po'. Di sfuggita vidi Juliette mentre veniva portata via da una damigella, il viso di lei si era fatto rosso, gli occhi gonfi, il vestito grondante di sangue e le sue urla strazianti contribuivano a confondermi.


Ben presto anche io venni portato via, da chi, non ne avevo idea sapevo solo che la mattina seguente ero nuovamente nel mio letto, come se fosse stato tutto un terribile incubo. Feci colazione come al solito, anche se ero un po scosso da ieri sera, dopodiché andai nello studio di registrazione a Los Angeles dove incontrai i miei colleghi che non diedero segno di aver saputo del matrimonio. Anzi andava tutto come al solito. 'Buongiorno!' Disse un tecnico del suono. 'Buongiorno...' Risposi nuovamente confuso.

Forse era stato tutto un sogno. Forse il matrimonio era stato fantastico e io, bevendo troppo, devo essermi scordato di tutto Per poi fare un sogno abbastanza colorito. Ma sì, sicuramente ora Fred era in luna di miele facendo follie assieme a Juliette. A questo pensiero tornai a sorridere come sempre e svolsi il mio lavoro quotidiano. Avevo la settimana talmente piena da non avere tempo per nient'altro. Solo cantare, cantare, registrare, scrivere e ancora cantare. Dopo quasi un mese potei ritornare a Londra, nella mia casa, quella che avevo imparato ad amare come nessun'altra. Ad aspettarmi c'era Taffy, la cagnolina che avevo trovato per caso qualche anno fa. Con un sorriso la accarezzai mentre lei mi faceva le feste e gli diedi un po' di croccantini per farmi perdonare l'assenza prolungata. Mi sedetti sul divano e accesi la televisione.

Mentre facevo zapping tra i canali tv mi venne un tuffo al cuore, le immagini del mio incubo erano state riprodotte al telegiornale, mentre facevano uno Special sul massacro al matrimonio del chitarrista di un noto cantante. '...Mika, il cantante in questione, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, dopo aver parlato con il detective, la sua guardia del corpo e il suo agente lo hanno portato subito via' disse la giornalista. Alle sue spalle c'era il luogo dove era avvenuta la cerimonia finita male. Ogni macchia di sangue era rimasto dov'era. Era tutto reale e io ancora una volta ero rimasto sconvolto, così tanto da sobbalzare quando squillò il cellulare, ci misi un po' a prenderlo visto che intorno a me c'era solo buio. 'Pronto..' Dissi con voce cupa. 'Hey, sono Simon, volevo chiederti se alla fine saresti venuto al funerale di Taylor... Questa domenica.' Fece una pausa, sentii un suono soffocato come se stesse reprimendo la voglia di piangere. 'Juliette ha detto che avrebbe sepolto il corpo dove abita la famiglia, a Londra, quindi pensavamo che saresti potuto venire. Per Fred sarebbe significato tantissimo.' ' Ma che domande, certo che vengo. Fred era un fratello, contate su di me'. Mi sedetti nuovamente sul divano, riattaccai al telefono, e diedi sfogo al mio dolore. Fred, era uno dei miei migliori amici, un bravo ragazzo. E io che lo credevo vivo e vegeto. Le lacrime non finivano più, almeno non finirono finché, sfinito, mi addormentai.

Per recuperare i giorni di lutto che avevo perso durante il mese in America, decisi di prendere l'intera settimana libera. Ero a pezzi. I miei pensieri si erano fatti un'unico groviglio di idee, per scrivere una canzone era una cosa positiva, ma il prezzo era la distruzione dell'anima.

Domenica mattina era ormai arrivata, il vestito nero era pronto per essere indossato, se Fred fosse ancora tra noi, non avrebbe riconosciuto la mia espressione perennemente buia, avrebbe scherzato e avrebbe preso in giro la mia capigliatura riccioluta sempre in disordine. Non avrebbe riconosciuto tutte quelle persone riunite per ricordarlo e per piangerlo, avrebbe dovuto essere una festa. Dopo che il Prete ebbe pronunciato il suo verbo fece parlare alcuni cari di Fred, tra cui Juliette, mamma Taylor e il resto del gruppo che era venuto al suo addio al celibato. Io, non essendo bravo a parole, decisi di cantare una canzone in sua memoria. Era stato forse uno dei momenti più tristi nella mia vita.

'Signor Penniman' mi sentii chiamare, la cerimonia era finita e stavano per seppellire il corpo. Un uomo elegante mi si era avvicinato. 'Molto piacere, sono il dottor Hemsworth' 'piacere mio, signore Michael Penniman, o se preferisce, Mika.' Gli strinsi calorosamente la mano. 'Perfetto, Mika, sono certo che tu sia al corrente dei recenti avvenimenti in quanto testimone oculare del matrimonio andato più che male.' 'Sinceramente signore, sono ancora sotto shock.' 'Beh allora puoi vagamente immaginare quello che provi la povera Juliette. Vede, il giudice ha deciso di affiancarmi a lei per controllare le sue condizioni mentali, dopotutto quello che ha subito potrebbe essere un trauma per tutti. In poche parole sono il suo psicologo...' Mentre parlava, il signor Hemsworth mi portava in un posto sempre più appartato, lontano dalle orecchie indiscrete. 'Okay, ho afferrato' 'Beh, sfortunatamente le sue condizioni sono tutt'altro che nella norma. E' instabile, ha crolli continui e a volte sospettiamo che abbia le allucinazioni. Insomma, per una giovane ragazza che abita da sola non é mai una cosa buona. Purtroppo i suoi genitori sono deceduti parecchi anni prima e suoi parenti sono quantomeno non rintracciabili al momento e non sappiamo più a chi chiedere.' 'Dove vuole arrivare dottore?'
'Le sto chiedendo, di occuparsi di quella ragazza. Sono a conoscenza dei suoi impegni, è un cantante di successo. Dovrà solamente controllare che non faccia gesti stupidi... Almeno finché non si riprende o non ritroviamo qualche parente disposto a riceverla...' Riflettei un momento sulla richiesta del dottore, sarebbe stato un grosso fardello, soprattutto in un momento dove tutti si aspettavano il meglio da me. Alla fine però presi la decisione più ovvia. 'D'accordo. Juliette è come una sorella per me. Posso occuparmene volentieri. Ma... Posso farle una domanda?' Chiesi. 'Certamente, mi dica.' 'Ha saputo qualcosa sull'omicidio di Fred? Insomma...avete preso il suo assassino?' Lo psicologo fece un respiro profondo e si pulì gli occhiali come a prendere tempo per pensare bene alle parole da utilizzare per quel tipo di discorso. 'Ah, figliolo, temo che l'omicidio del signor Taylor rimarrà per lungo tempo un mistero.'

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