- The Slayer - di NanaBianca (/viewuser.php?uid=147961)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono Capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo Capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo Capitolo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo Capitolo ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo Capitolo ***
Capitolo 17: *** Diciassettesimo Capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciottesimo Capitolo ***
Capitolo 19: *** Diciannovesimo Capitolo ***
Capitolo 20: *** Ventesimo Capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventunesimo Capitolo ***
Capitolo 22: *** Ventiduesimo Capitolo ***
Capitolo 23: *** Ventitreesimo Capitolo ***
Capitolo 24: *** Ventiquattresimo Capitolo ***
Capitolo 25: *** Venticinquesimo Capitolo ***
Capitolo 26: *** Ventiseiesimo Capitolo ***
Capitolo 27: *** Ventisettesimo Capitolo ***
Capitolo 28: *** Ventottesimo Capitolo ***
Capitolo 29: *** Ventinovesimo Capitolo ***
Capitolo 30: *** Trentesimo Capitolo ***
Capitolo 31: *** Trentunesimo Capitolo ***
Capitolo 32: *** Trentaduesimo Capitolo ***
Capitolo 33: *** Trentatreesimo Capitolo ***
Capitolo 34: *** Trentaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 35: *** Trentacinquesimo Capitolo ***
Capitolo 36: *** Trentaseiesimo Capitolo ***
Capitolo 37: *** Trentasettesimo Capitolo ***
Capitolo 38: *** Trentottesimo Capitolo ***
Capitolo 39: *** Trentanovesimo Capitolo ***
Capitolo 40: *** Quarantesimo Capitolo ***
Capitolo 41: *** Quarantunesimo capitolo ***
Capitolo 42: *** Quarantaduesimo Capitolo ***
Capitolo 43: *** Quarantatreesimo Capitolo ***
Capitolo 44: *** Quarantaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 45: *** Quarantacinquesimo Capitolo ***
Capitolo 46: *** Quarantaseiesimo Capitolo ***
Capitolo 47: *** Quarantasettesimo Capitolo ***
Capitolo 48: *** Quarantottesimo Capitolo ***
Capitolo 49: *** Quarantanovesimo Capitolo ***
Capitolo 50: *** Cinquantesimo Capitolo ***
Capitolo 51: *** Cinquantunesimo Capitolo ***
Capitolo 52: *** Cinquantaduesimo Capitolo ***
Capitolo 53: *** Cinquantatreesimo Capitolo ***
Capitolo 54: *** Cinquantaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 55: *** Cinquantacinquesimo Capitolo ***
Capitolo 56: *** Cinquantaseiesimo Capitolo ***
Capitolo 57: *** Cinquantasettesimo Capitolo ***
Capitolo 58: *** capitolo 58 ***
Capitolo 1 *** Primo capitolo ***
Capitolo
I
[Prologo]
Al bancone del bar, Alaric
sedeva al solito posto e sorseggiava del
bourbon con un'aria assente. Erano passati quattro mesi dalla
morte di Jenna. Dopo il funerale, si era stabilito a casa di
Elena e Jeremy. Con una voglia di ricominciare innescata più da una forza d'inerzia che da una forza emotiva, i tre
avevano dato vita a una parvenza di unione familiare solida e credibile. Eppure, tra quelle
mura, il dolore dei lutti subiti era ancora palpabile, e anche se il
sostegno reciproco era d'aiuto, ognuno di loro aveva dei momenti in
cui rintanarsi nella propria camera, in compagnia della
solitudine, era d'obbligo. Per Alaric la “stanza”
in questione era il bar: lì, tra la confusione e l'alcool,
assentarsi era più complicato ma, una volta fatto, l'effetto
era più efficace.
***
***
Nel
buio della sua stanza, con gli occhi un po' arrossati, Elena cercava
su internet informazioni sugli omicidi degli ultimi mesi. La furia
assassina di Klaus era l'unica pista da seguire per ritrovare il suo
Stefan, ma era un compito più complicato del previsto. La
polizia non faceva altro che rilasciare false deposizioni per non
eccitare i fanatici dell'Horror che, in corpi dissanguati con strane
punture sul collo, avrebbero visto il caro Conte Dracula in
cerca di vergini. Avrebbero avuto ragione; ma esistono verità
che, alla pari dei vampiri, non possono vivere alla luce del sole.
Si toccò il collo, muovendolo di lato, e fece una lieve
smorfia quando sentì lo scoppiettio che ne derivò. Era
snervante stare dietro ad un computer, sperando in chissà
quale rivelante informazione, mentre il suo Stefan era prigioniero di
un vampiro "barra" licantropo, psicopatico e dispotico. «Toc,
toc!» Dietro di lei, Damon bussava scherzosamente ad una porta spalancata,
facendo anche l'onomatopea del gesto. Elena
trasalì. «Damon...» mormorò, con un lieve
stupore. Non aspettava una sua visita. «Cosa ci fai qui?»
chiese subito dopo, con la solita tensione che la caratterizzava
quando il vampiro era nei paraggi. «...E buonasera anche a
te. Sì, sì. Sto bene. Grazie per l'interessamento!»
rispose lui, con il suo solito modo di fare sexy ma snervante. Lei
scosse la testa, cacciando rumorosamente aria dal naso e nascondendo
inutilmente un mezzo sorriso divertito. «Trovato qualcosa?»
Damon si avvicinò alla scrivania. Per vedere meglio le
scritte sul pc, poggiò la mano sul legno e, di conseguenza, il
suo corpo si piegò in avanti. I due si ritrovarono
pericolosamente vicini, e in quel momento si poterono avvertire, quasi materialmente, l'attrazione di lui e il disagio di lei. Dopo il
loro bacio, la tensione era arrivata a livelli sempre più
alti. Damon, nei limiti dei suoi modi di fare, si comportava come se
nulla fosse successo; lei, invece, quando la vicinanza fisica si
riduceva troppo, manifestava un certo disagio, che invano cercava di
nascondere. Elena sapeva di doversi porre delle domande, ma Stefan,
in quel momento, era sia la priorità che l'alibi per non
affrontare i suoi sentimenti: dei sentimenti nuovi e confusi, che
aveva scoperto solo da quando l'oggetto dell'interesse in questione
aveva rischiato di morire tra le sue braccia. Elena riprese la
concentrazione e si dedicò allo schermo del pc. «Poche
cose e forse neanche rilevanti...» mormorò scoraggiata.
Piccola
“Guida alla lettura” :) Prima
di lasciarvi intraprendere la lettura di questa fic è giusto
che faccia qualche precisazione a riguardo :) Come spiega
l'introduzione, si tratta di un miscuglio tra Buffy e TvD. Cos'ho
preso da Buffy? Prima
di tutto la storia della cacciatrice, ma questa è stata
modificata per meglio adattarsi a The Vampire Diaries. La
cacciatrice in Buffy è affiancata da un osservatore, ed anche
in questa fic è così, però si aggiunge anche una
strega (o uno stregone) e insieme i tre formano la Triade. In
Buffy “Il Consiglio” era un gruppo di persone che gestiva
il tutto. C'è anche qui, ma non è un gruppo di
persone bensì un'entità. Quindi, quando
in questa fic parlo di “Consiglio”
(ad eccezione di alcuni
capitoli ) mi
riferisco sempre a quello della cacciatrice e non a quello di Mystic
Falls^^ Cosa
importante: questa
fic è in revisione.
I capitoli con questa impaginazione (numero del capitolo in alto
e dialoghi negli appositi simboli) sono quelli revisionati e corretti (nei miei limiti xD). Quelli
che invece riportano i dialoghi tra le virgolette, devono essere
ancora corretti^^ Ultima cosa - a chi fosse sfuggita - questa non
è una fic Delena. Detto
questo, ringrazio calorosamente chi proseguirà con la
lettura^^ NaNa***
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Capitolo 2 *** Secondo capitolo ***
Capitolo
II
«A
quanto vedo...gli omicidi più misteriosi si concentrano nella
zona del Tennessee» disse
Damon, leggendo le notizie che apparivano sullo schermo del Pc. «In
effetti è così...» Elena
si alzò dalla sedia. «Ed è per questo che ho
intenzione di recarmi lì. Manca più di una settimana
all'inizio delle lezioni...» continuò,
mentre camminava nervosamente per fare mente locale sul da
farsi. «Non se ne parla. Tu non vai proprio da nessuna
parte!» Damon
bloccò quasi sul nascere le sue agitate confabulazioni. Elena
si arrestò, per poi dirigersi con determinazione verso di
lui. «È di
Stefan che stiamo parlando! Non posso continuare a vagliare
informazioni su internet, come se stessi preparando una
tesina!...Devo fare qualcosa...» gli
replicò, con tono alterato, per poi continuare con più
calma: la calma di chi ha un nodo alla gola. «Devo trovarlo,
Damon» le
si inumidirono gli occhi; era stanca di sentirsi impotente. La
schiena di Damon si mosse impercettibilmente all'indietro, come se
fossero state le parole di Elena a spostarlo. La guardò fisso
negli occhi e fece una mezza smorfia con la bocca. Anche se si
trattava di suo fratello, quegli occhi velati di lacrime erano un
boccone spietatamente amaro. «Lo capisco, Elena. Ma
devi restare al sicuro. Klaus è convinto che tu sia morta ed è
preferibile che resti di questa convinzione! Non ci servono altre
preoccupazioni! Sarò io ad andare...da solo!»
disse
con tono autoritario, scandendo con decisione soprattutto le ultime
due parole. Elena lo fissò per qualche istante, per poi
iniziare a scuotere la testa in segno di negazione. «No,
non posso...non riesco più a starmene qui ad aspettare!»
mormorò, portando
lo sguardo di lato, per poi perderlo nel vuoto. «Ho bisogno di
sapere che sta bene.» Una lacrima le rigò il volto, nonostante il disperato tentativo di mostrarsi forte. Damon
cancellò quel segno di tristezza dal suo viso col pollice: un gesto che includeva una latente e sofferta carezza. «Lo troverò...è
una promessa» le
disse con tono confortante, ma interrompendo quel contatto con una sorta di freddezza. «Ora va a riposare.» Dopo
qualche secondo di esitazione e smarrimento, Elena fece un cenno col
capo. Quella mano leggera sul suo volto aveva avuto l'effetto di
mille dolci parole e, mentre osservava Damon lasciare la sua stanza,
per un attimo, desiderò intensamente che restasse, ma quel
pensiero fu subito annientato.
***
***
Mentre
guidava verso casa, Damon si chiedeva se quel bacio non avesse acceso
in lui delle vane e inconsapevoli speranze. Fino a quel momento,
aveva completamente rinunciato all'idea di poter stare con Elena.
Quando le aveva dichiarato il suo amore per la prima volta, le parole
che aveva pronunciato avevano rispecchiato i suoi più sinceri
pensieri: lui non la meritava. Era Stefan il fratello buono: quello
che lottava attivamente contro il suo lato malvagio. Era lui a
meritare un angelo come Elena al suo fianco. Damon si era rassegnato
al suo ruolo di difensore, che comunque comportava una notevole
frenata ai sui istinti. Anche stare semplicemente al suo fianco per
proteggerla, per Damon, significava meritare quel posto. Tutto per
lui era più difficile, perché proprio non riusciva ad
accendere in sé quella parte di coscienza che dà valore alla
vita umana. Per Damon, solo la vita di Elena era realmente
importante; tutti gli altri erano solo pezzi di carne dal collo
fragile, che valevano quanto fili d'erba calpestati
incurantemente. Damon sapeva cosa lo rendeva tanto diverso dal
fratello — in fondo, anche Stefan era stato un vampiro
criticabile quanto lui. Eppure, il minore aveva trovato in sé
la forza per combattere e controllare la sua natura
—
questo, almeno, fino all'arrivo di Klaus. A
Damon, quella forza mancava: lui non ci aveva mai neanche provato.
Damon aveva amato con tutto sé stesso una donna che non lo
aveva scelto. Per 145 anni aveva detestato Stefan per il semplice
fatto che Katherine avesse trasformato anche lui, per poi scoprire
che era addirittura lui quello che lei amava tra i due. Certe ferite
sono difficili o quasi impossibili da curare. Aprirsi all'umanità,
per un vampiro, vuol dire lasciare libero accesso ad ogni dolore,
misurarsi continuamente con le proprie emozioni e convivere con i
propri tormenti. Stefan doveva confrontarsi con il rimorso per le
vite che aveva spezzato. Damon doveva fare i conti con un
amore mai ricambiato. E il destino, anche questa volta, ad un
secolo e mezzo di distanza, non era stato dalla sua parte: ancora una
donna...ancora secondo. Come accettare il proprio lato umano con
questi presupposti? Le vittime collezionate con gli anni non
sarebbero state un problema per la sua coscienza; la sua natura di
vampiro sarebbe stata per lui una più che valida
giustificazione a ciò che riteneva un semplice allargamento
della catena alimentare. Ma quale scusante aveva per non essere
mai il primo nel cuore della donna che amava? E, soprattutto,
come poteva trovare in sé la forza per mettersi in gioco, se
partiva sconfitto per l'ennesima volta?
***
***
I
dettagli della strada si perdevano a causa dell'alta velocità. Nella
mente, ancora gli occhi di Elena carichi di amore per Stefan. Nel
petto, qualcosa stringeva i suoi polmoni strozzandogli l'aria nella
gola; ma qualcosa catturò la sua attenzione, liberandolo da
quell'opprimente sensazione. Sul ciglio della strada, una donna gli
faceva segno di fermarsi. Damon accostò e
uscì dall'auto con una movenza calma e sicura. Osservò con curiosità la giovane
ragazza dai capelli biondi che lo aveva distolto dai suoi spiacevoli
pensieri e le sue labbra si incresparono in un mezzo e ambiguo sorriso. «Come posso aiutarti?» domandò, col suo solito fascino ipnotico. «Grazie a Dio ti sei
fermato! Iniziavo a temere che non sarei più tornata a casa!
Ho bucato una ruota, ed ho il cellulare completamente scarico...»
disse la ragazza, rincuorandosi. Damon la guardò fisso
negli occhi: delle innocenti iridi color nocciola. «Posso
sapere il tuo nome?» le domandò serafico. E la ragazza si
perse per qualche istante nel fascino elettrico di quello sconosciuto.
«Louren...mi chiamo Louren» rispose, con un lieve
imbarazzo. Damon, con una scintilla di perversione che illuminava i suoi occhi, estese il suo sorriso a tutta la larghezza delle labbra. «Felice di averti incontrata...Louren» un
secondo dopo, i suoi canini affondavano nel collo della ragazza,
facendo scivolare sangue caldo sulla sua candida pelle. Era inutile
urlare e dimenarsi. Il presentimento di Louren... forse non era così
sbagliato!
Grazie
per la lettura :) NaNa***
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Capitolo 3 *** Terzo capitolo ***
Capitolo
ambientato dopo l'episodio 3x01, ma che prende in considerazione solo
i seguenti avvenimenti: - Klaus e Stefan sono alla ricerca di Ray
Sutton. - Elena festeggia il suo compleanno alla Pensione. -
Caroline e Tyler si “dichiarano”. - Elena scopre che
Damon le ha mentito riguardo alle ricerche. - Stefan uccide
Andie. - Stefan chiama Elena, ma resta in silenzio per tutto il
tempo.
Capitolo
III
Per tutta
l'estate non aveva fatto altro che cercare di proteggerla ma, adesso
che aveva scoperto la verità, non aveva più senso
continuare a mentirle. “Stefan non tornerà: non
durante la tua vita.” Perché doveva essere sempre
così duro? La morte di Andie, la sua piacevole distrazione,
forse l'aveva turbato più del previsto. Avrebbe dovuto
trattenere la sua rabbia, invece di sfogarla contro di lei; ma non
c'era riuscito. A ramanzina finita, la tenerezza e la tristezza dei
suoi occhi l'avevano trafitto, togliendogli il respiro e inondandolo
di rimorso; e prendersela con gli oggetti di Stefan non aveva alcun
senso, ma andava fatto! Si recò al Mystic Grill, sperando
di trovarlo ancora aperto: giusto il tempo per un paio di bicchieri.
L'insegna spenta dell'unico bar di Mystic Falls era l'ultima cosa che
avrebbe voluto vedere, e per sua fortuna almeno questa gli fu
risparmiata. Il locale era deserto. Quasi tutti i ragazzi avevano
passato la serata a casa sua per festeggiare il compleanno di Elena.
Nel bar, le uniche persone erano un uomo sulla quarantina seduto ad
un tavolo e una ragazza seduta al bancone. Si accomodò al
bancone a qualche sgabello di distanza dalla ragazza, e fece gesto al
barista di versargli dello scotch. Avrebbe potuto farlo benissimo
a casa sua, ma – dopo tutto quello che era capitato –
vedere la confusione lasciata da quell'orda barbarica di adolescenti
avrebbe solo accentuato il suo nervosismo. C'era qualcosa di
rilassante nel farsi servire da bere in un luogo dalle luci soffuse;
per di più, in quella particolare serata, il Mystic Grill
aveva qualcos'altro di notevolmente apprezzabile: l'assoluto
silenzio, che però fu interrotto brevemente dalla ragazza. «Me
ne porti un'altra?» chiese al barista, riferendosi alla
bottiglia di birra vuota che aveva leggermente agitato. Damon non
l'aveva neanche guardata. Le altre donne, in quel preciso momento,
erano l'ultimo dei suoi pensieri. Si girò per osservarla solo
dopo aver sentito la sua voce. Gli bastò un solo attimo per
squadrarla. I capelli messi dietro l'orecchio gli permisero di
osservare con chiarezza il suo profilo, dolce ma ben marcato. Aveva
occhi grandi – ma non riuscì a distinguerne il colore –
e una bocca abbastanza carnosa. I capelli, portati in quel momento su
una sola spalla, erano lunghi e con dei larghi boccoli verso la
fine. Dopo quel veloce attimo, il vampiro tornò a fissare
il suo bicchiere. Fece una smorfia con mezza bocca. Quella ragazza,
fisicamente, aveva qualcosa che rievocava Katherine: forse i capelli
della stessa lunghezza e ondulazione, e vagamente qualcosa nel
viso; questo lo irritò e lo incuriosì al tempo stesso.
Pensò che, se non fosse stata una pessima serata, l'avrebbe
sicuramente avvicinata col suo infallibile magnetismo. Invece, in
quella circostanza, qualsiasi cosa avrebbe solo potuto infastidirlo,
e dopo quella ragazza non sarebbe stata altro che l'ennesimo corpo da
seppellire nel bosco: una scocciatura che non poteva permettersi. Per
questo se ne stette in silenzio, ma qualcosa continuava ad
incuriosirlo. Non l'aveva mai vista: il che, in una piccola cittadina
come Mystic Falls, era davvero improbabile. Dopo qualche minuto,
la ragazza lasciò i soldi sul banco e si alzò. «Puoi
indicarmi un Motel nelle vicinanze?» domandò al
barista. Damon riprese ad osservarla: aveva ragione, era nuova di
quelle parti. «A dire il vero sono tutti un po' fuori mano,
hai un mezzo per arrivarci? Altrimenti ti chiamo un taxi...» le
rispose il ragazzo, con una vena di premura. «Ho la moto qui
fuori» gli sorrise. Il ragazzo la fissò per un lungo
istante, per poi ricambiare timidamente il sorriso. «Allora
non devi fare altro che imboccare la prima strada a destra e
procedere dritto per un paio di chilometri. Poi troverai delle
indicazioni per raggiungere il Sun Motel...è quello più
vicino» spiegò, mentre passava un panno sul bancone. La
ragazza gli sorrise ancora una volta, aggiungendo un leggero cenno del capo in segno
di ringraziamento, e poi si avviò verso l'uscita. «Una
donna che guida la moto...sexy!» disse il vampiro, rimarcando
l'ultima parola con una scherzosa eccitazione. Non aveva voglia di
socializzare, eppure quelle parole gli erano uscite dalle labbra quasi
involontariamente: forse perché importunare le belle ragazze
era un qualcosa di profondamente radicato nella sua natura. «Peccato che non si possa dire lo stesso di certi metodi di approccio...»
rispose lei con calma, soffermandosi nelle vicinanze del vampiro giusto per quella manciata di secondi. Ancora una volta, la voce della ragazza catturò la
sua attenzione. C'era qualcosa di stranamente accogliente in quella voce: era dolce, un po'
bassa e vagamente musicale, eppure ogni parola era scandita con
decisione: tanto da far percepire una notevole sicurezza di sé. Damon
le sorrise aspramente, come per ingoiare il boccone sgradito. «Ma che caratterino...» e la osservò con aria di sfida. «Be', fai
attenzione durante il tragitto: è pieno di soggetti pericolosi
lì fuori...» concluse spalancando gli occhi, divertito dal
fatto di starsi riferendo a sé stesso. Lei si voltò
guardandolo con intensità: come per accogliere la sua sfida. «È
quello che spero...» sussurrò, con una strana malizia sfavillante. E, in quel
momento, Damon poté guardare con attenzione i suoi occhi:
erano di un nocciola chiaro, dolci e grandi, forse
addirittura un po' troppo grandi, e dalla sclera incredibilmente bianca. Di sicuro
le donavano un aspetto particolare, e il vampiro ne restò
ipnotizzato per un istante. La ragazza gli regalò un'ultima
occhiataccia, prima di fare spallucce e andarsene. Damon, invece,
continuò ad osservarla. Quella ragazza... aveva sfidato
l'uomo sbagliato!
Grazie
per la Lettura^^ NaNa***
|
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Capitolo 4 *** Quarto Capitolo ***
Le
scene in corsivo sono prese interamente
dall'episodio 3x02
Capitolo
IV
Summer passeggiava lentamente per le stradine alberate di quella
piccola cittadina, guardandosi attorno con attenzione per potersi
orientare meglio al ritorno. Alla luce del sole, Mystic Falls le
sembrò più familiare. Anche se in precedenza era stata
lì per un solo giorno, abituata alla dispersività della
metropoli, riuscì a rievocare facilmente i punti principali
del luogo. Il problema era il non avere una meta precisa: il suo
vagare, con quei pochi indizi a sua disposizione, era pressoché
inutile. Si fermò ed estrasse il telefono dalla tasca
anteriore del jeans. Cercò nella rubrica il nome Lily, e
chiamò. «Dimmi che hai qualche altro indizio da
darmi!» disse, appena Lily rispose. «Ho qualche altro
indizio da darti!...È ciò che ti direi se ne avessi!»
«Vai al diavolo!» replicò con finta
rabbia, facendo ridacchiare la compagna. «Mi dispiace, Summer, ma non riesco a trovare
nient'altro...» la voce dell'amica era marcata dalla
desolazione. «Hai idea del tempo che mi ci vorrà? Non
voglio stare qui a lungo. Odio questo posto!» si guardò
intorno «Mi riempe di senso di colpa...». «Mi
sono stancata di ripetertelo, Summer: non è colpa
tua!» «Ummm...perché non lo chiediamo alle
vittime di Klaus?! Oh aspetta! Non possono rispondere! Sono morte!»
obiettò velocemente. «Smettila di torturarti. Anche
se avessi fatto ciò che ti aveva ordinato il Consiglio*,
comunque non avresti potuto ucciderlo! Ergo: Klaus avrebbe comunque
continuato a scorrazzare mietendo vittime!» Summer aprì
la bocca per ribattere, ma fu preceduta da Lily che continuò
tempestivamente: «A proposito, parlando di lui, Kendra sta
seguendo le sue tracce e...beh, lei crede che voglia crearne degli
altri....altri come lui». Summer restò impietrita per
un secondo. «Fantastico! Vuole creare un esercito di
cagnolini assetati di sangue! Ripeti ancora che non è tutta
colpa mia!» disse, con disperato sarcasmo. «Sei una
brava persona, Summer...non puoi incolparti di questo. Ora riprendo le
ricerche e se trovo qualcosa, beh ...inutile dirlo: ti farò
sapere subito» Gli occhi di Summer s'inumidirono fino a pungerle.
«Ok...grazie».
***
***
I raggi del
sole mattutino filtrarono con prepotenza attraverso le tende velate,
puntando con meticolosa cattiveria sul suo occhio destro. Portò
l'avambraccio sul viso, per proteggere le iridi da quella luce
insopportabile e, nel momento in cui aprì gli occhi, anche i
postumi della sbornia si svegliarono! La sera prima, Damon aveva
continuato a bere fino alla chiusura del Mystic Grill. Neanche la
provocazione di quella ragazza era riuscito a smuoverlo e, una volta
tornato a casa, aveva continuato a svuotare le bottiglie residuate
dalla festa. Lo stato in cui si trovava era molto probabilmente
l'equivalente “vampiresco” del coma etilico. Le fitte
nel suo cervello si scatenavano a dozzine ad ogni più
impercettibile movimento, e si domandò se anche questa fosse
una di quelle tante cose amplificate dall'essere un vampiro. Pensò
che quel pietoso stato fosse la giusta punizione al suo
comportamento: al modo in cui aveva trattato Elena. Odiava farla
soffrire, eppure ci riusciva ogni dannata volta. Avrebbe voluto avere
lo stucchevole tatto di un tempo, almeno ogni tanto, giusto per non
trasformare ogni frase in un'affilata lama, ma ormai quel Damon era
morto e sepolto sotto quintali di rancore; eppure doveva imparare a
controllarsi, perché contribuire al suo dolore era ciò che
riusciva a fargli più male. Capì che buttarsi nella
vasca, evitando i soliti bicchieri di Champagne, era la soluzione
migliore.
Dopo qualche ora, Elena bussò alla sua porta
per dargli un'importante notizia: Stefan l'aveva chiamata.
***
***
Elena
era riuscita a farsi dire la verità da Alaric: Stefan e Klaus
erano alla ricerca di lupi mannari. Aspettò con ansia che
Tyler arrivasse al Mystic Grill. In quel momento, lui era l'unico in
grado di darle qualche delucidazione in merito. Poco dopo, lo vide
arrivare. Quando si sedette al suo tavolo, il ragazzo non perse
tempo, e subito le spiegò ciò che voleva sapere,
dandole anche un luogo preciso nel Tennessee, in cui probabilmente
il gruppo di lupi seguito da Klaus si sarebbe riunito. Elena si
avvicinò ad Alaric che, seduto al bancone, sorseggiava un
caffè. «Hai ottenuto niente?» le domandò. «Cosa
ne dici di una bella escursione sulle Smoky Mountains?» fece
lei con sicurezza. «Vuoi dare la caccia a un branco di lupi
durante la luna piena?» l'uomo la guardò
allibito. «Saremo via di lì prima» disse, con
determinazione. «Se tu non vieni con me andrò da
sola!» continuò, non avendo ricevuto una risposta
repentina. Alaric la fulminò con lo sguardo, ma subito dopo
capì di non avere altra scelta.
***
***
Summer**
guardò l'insegna del negozio di antiquariato con una vena di
perplessità; ma da qualche parte doveva pur cominciare! Aprì
la porta, e questa fece muovere il piccolo campanellino alla sua
estremità. Osservò con disapprovazione la mobilia
antiquata sparsa per il negozio, e nel frattempo un anziano e
distinto signore la raggiunse. «Buongiorno signorina, come
posso aiutarla?» domandò garbatamente. «Salve...sto
cercando un oggetto in particolare.» velocemente rovistò
nella borsa. Estrasse un foglio e, ancora piegato, lo passò
al proprietario. Lui lo aprì e diede una rapida occhiata
poi, incuriosito, s'infilò gli occhiali che portava nel
taschino ed osservò meglio. «Un fiore di loto!»
esclamò, con un pizzico di compiacimento per aver capito subito di
che fiore si trattasse. Quella reazione generò in Summer un
immotivato ottimismo «Esattamente! Dovrebbe essere un
medaglione... ma forse con gli anni qualcuno l'ha trasformato in una
spilla o qualcosa del genere...». L'entusiasmo della ragazza
continuò a crescere, ma fu smorzato bruscamente dall'anziano
signore. «Sono davvero desolato, signorina, ma non ho nulla
del genere» le disse, con sincera amarezza, restituendole il
foglio. Summer sorrise, ma il suo sguardo trapelava una notevole
delusione. «La ringrazio ugualmente» disse, con una
dolcezza di cortesia. Il signore ricambiò il sorriso e la
vide lasciare il negozio.
Delusa, riprese il suo cammino in
cerca del successivo negozio d'antiquariato, anche se dentro di sé
sapeva che era la strada più inutile da percorrere: chiunque
avesse avuto un oggetto del genere, di certo non se ne sarebbe
separato. Era il classico cimelio che le famiglie si tramandano per
generazioni e generazioni. Se fosse nata e cresciuta lì,
probabilmente avrebbe chiesto alle madri e alle nonne dei suoi amici.
Ma, a Mystic Falls, Summer non conosceva nessuno. Il suo telefono
squillò e subito lo prese dalla tasca per rispondere:
Kendra** «Ah, vedo che ogni tanto ti ricordi di aggiornare
anche me!» Summer partì con una tempestiva
ramanzina. «Non lamentarti: tu non devi fare altro che
trovare uno stupido medaglione. Io devo tenere d'occhio un antico e
uno squartatore! Non ho molto tempo per le chiamate!» rispose,
con tono deciso ma scherzoso. «Ah, se vuoi fare a cambio per
me non ci sono problemi. Sono io la cacciatrice: dovrei essere io
quella a controllare il “vampilupo” e il suo nuovo
amichetto!... Invece di stare in questo mortorio a cercare chissà
dove questa cianfrusaglia antica!» si sfogò, con una
parlantina rapida. Kendra rise di gusto. «Lo so che
quando non c'è azione soffrì. È per questo che
ti ho chiamata. A quanto pare quei due vogliono attaccare un intero
branco stanotte. Perché non fai una pausa e vieni con me?»
«Umm...in realtà ho appena iniziato, ma... conosci la mia filosofia: non è
mai troppo presto per una pausa!» disse, con una luce di
perverso piacere negli occhi, pregustando la movimentata
serata. «Summer, prima di affilare la spada...lo sai! Il
Consiglio***è stato molto chiaro!» repentinamente,
Kendra cercò di limitare il suo entusiasmo. «Lo
so...lo so. Senza pugnale non possiamo ucciderlo, quindi profilo basso...noia...ancora più noia...noia
mortale! Lo ricordo bene il discorso di Lily. Non Temere!» «Alla
perfezione!» Kendra tornò a ridere, per poi continuare
subito dopo: «Allora Smoky Mountains: Tennessee. Ti conviene
metterti in viaggio da subito se non vuoi arrivare a spettacolino
finito!» «Non me lo perderei per niente al mondo! A
dopo.» La telefonata si concluse, e sul volto di Summer si dipinse un sorriso radioso.
Nda: *Summer
Reed: la famosa cacciatrice. Oltre ad essere un nome che adoro, la
cacciatrice si chiama così per il personaggio a cui si ispira
fisicamente: ovvero Rachel
Bilson (Summer in The O.C.). Nella mia immaginazione, la
cacciatrice è un misto tra quell'attrice e Jessica
Alba. **Kendra Barkley: l'osservatrice. Il suo nome è
un omaggio ad un personaggio apparso in Buffy solo per poche puntate
(che sono bastate a farmela adorare *.*) Ma tengo a precisare che
questo non
è un Cross-over,
quindi i due personaggi non sono collegati in alcun modo. ***Vi
ricordo che mi riferisco al “Consiglio” delle
cacciatrici, e non a quello di Mystic Falls. Grazie
per la lettura^^ NaNa***
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Capitolo 5 *** Quinto Capitolo ***
In
corsivo le scene prese interamente dall'episodio 3x02.
Capitolo
V
Sulle
Smoky Mountains, Elena ed Alaric erano in cammino da un paio d'ore.
Volevano raggiungere il luogo di raduno dei lupi mannari, nella
speranza d'incontrare Stefan. Improvvisamente, la ragazza si sentì
scaraventata nel laghetto adiacente; e quando si sollevò,
liberandosi dell'acqua rimasta sulle ciglia, vide con chiarezza
l'immagine del colpevole. «Esci dall'acqua, Elena!»
disse Damon, dopo aver fatto quell'entrata trionfale. «Se
uscissi dall'acqua mi faresti tornare a casa!» obbiettò
lei, restando immobile in quel punto in cui l'acqua le arrivava al
bacino. «Sì, perché non sono un idiota come
te!» «Ora come ora, vi state comportando tutti e due
come degli idioti» intervenne Alaric, guardando seccato
quell'inutile teatrino. «L'hai abbandonato, Damon»
Elena scosse il capo visibilmente amareggiata. «Non l'ho
abbandonato, Elena. Sono solo realista. Esci dall'acqua!» «No!»
esclamò lei, incrociando le braccia. «Qual è
il tuo grande piano, Elena? Eh? Andare in un campeggio di lupi
mannari, arrostire un marshmallow, e aspettare che Stefan passi di
lì?» asserì nervoso, mentre con nonchalance
entrava anche lui in acqua. «Il mio piano è trovarlo
e aiutarlo, Damon. Non siamo mai stati così vicini a lui, da
quando se n'è andato. Non torno a casa!» «Klaus
pensa che tu sia morta quando ha spezzato la maledizione. Sei in
salvo. Questo...» il vampiro fece un gesto con le mani per
indicare tutto quello che c'era intorno, «questo non è
essere in salvo!» concluse, riferendosi all'assurda
situazione. «Non me ne vado finché non lo troviamo!»
lei, con determinazione, continuava ad opporsi. «Stanotte
c'è la luna piena, Elena!» «Allora lo
troveremo prima! Damon...per piacere» il tono della ragazza si
fece più supplichevole e dolce. «Ok» rispose il
vampiro, dopo averci pensato per qualche secondo: era difficile
resisterle. «Ok. Ma ce ne andremo prima che la luna diventi
piena e io un'esca per i lupi mannari!» precisò subito
dopo. «Lo giuro» rispose lei. «A meno che tu
non voglia rivivere il bacio sul letto di morte» Damon, col suo
solito sarcasmo pungente, non perse l'occasione per
ricordarglielo. «Ho detto che lo giuro!» «Bene!» Entrambi
uscirono dall'acqua e, insieme ad Alaric, s'incamminarono verso il
luogo indicato da Tyler.
***
***
«Toglimi
una curiosità, Kendra: cos'hai messo nel tuo zaino? Sembra che
stia per esplodere!» domandò con interesse Summer,
osservando l'enorme zaino della compagna che le camminava di
fronte. «A volte dimentichi che io, a differenza tua, non
sono una cacciatrice. Non ho la forza per contrastare un vampiro...e
quindi ho bisogno dei miei giocattolini se non voglio finire
all'altro mondo!» rispose la giovane donna di colore. Kendra
non era una cacciatrice: di cacciatrice poteva essercene soltanto
una. Lei era l'osservatrice*, nonché una valida combattente
amatoriale. «Beh, spero che nel tuo arsenale rientrino anche
delle birre, perché io ho bisogno di una pausa. È da
più di due ore che camminiamo» Kendra si girò
e la guardò contrariata «Certo che ho delle birre con
me!...Questa è pur sempre un'escursione!» sdrammatizzò
subito dopo. «Tu sì che sei un'ottima compagna
d'avventura!» affermò con enfasi Summer, mentre cercava
una roccia adeguata su cui poggiarsi. «Per quanto possa
volere bene a Lily... non posso proprio sopportare la sua
alimentazione a base di succhi di sedano e riso al pompelmo!»
continuò. «Ah lo so bene, e lo sa bene anche lei
visto che glielo ripeti ogni volta che la vedi mangiare!» rispose
sorridendo, mentre le porgeva la tanto agognata birra. «Ah
perché quello tu lo chiami mangiare?! Io lo chiamo torturare brutalmente le
proprie papille gustative!» Summer prese la bottiglia, e in
quell'attimo notò gli occhi dell'amica che, come al solito,
avevano cambiato colore: adesso erano di un verde molto scuro, ma
solitamente erano di un grigio che tendeva al viola. Prima di
conoscerla, Summer non aveva mai visto occhi così belli e
particolari. «Che vuoi farci!...Non tutti sono goderecci
come te!» rispose Kendra, continuando a ridacchiare. «Il
fatto è che...ci sono già state tolte tante cose,
dovremmo goderci tutto il resto...almeno fin quando possiamo. Lo sai,
io la penso così» disse, con una serenità che
nascondeva una grande amarezza. Kendra osservò la sua cara
amica e sorrise quasi impercettibilmente. Quelle parole avevano
riportato alla sua mente dei vecchi dolori, ma subito si riprese
guardandola con dolcezza. «Ai piaceri della vita, allora!»
l'osservatrice avvicinò la sua bottiglia a quella di Summer
per brindare. «Ai piaceri della vita!» ripeté
lei allegramente. Subito dopo il tintinnio del loro brindisi,
sentirono pronunciare il nome Damon da una voce femminile: una
voce da cui trapelava ansia e paura. Summer si alzò di
scatto.
***
***
«Dovrebbero
mancare un paio di chilometri» disse Alaric, mentre, col
braccio, si faceva strada attraverso quella fitta vegetazione. «Il
sole sta per tramontare» affermò il vampiro. «Lo
vedo, Damon!» Elena, sentendosi presa in causa da
quell'affermazione, rispose con una lieve vena d'irriverenza. «Era
tanto per dire...» fece lui, cercando di alleggerire il tono
della ragazza. «La luna non raggiungerà il suo apice
ancora per un po', abbiamo tempo» continuò lei. Ad un
tratto, un rumore di rami pestati mandò in allerta Alaric, che
subito puntò la sua balestra. Un uomo, con indosso una maglietta
fradicia di sangue, camminò verso di loro. «Resta dove
sei» ordinò Alaric. Quelle parole destarono
quell'uomo malconcio e confuso, facendogli posare lo sguardo sui
tre. «Un vampiro» sussurrò, riferendosi a
Damon; e in un attimo si fiondò su di lui per
attaccarlo. Damon provò a difendersi mettendogli le mani al
collo, ma l'ibrido, con forza, riuscì ad incastralo vicino ad
un albero. Alaric lo colpì con la sua arma, ma questa non
sortì alcun effetto. Prontamente, Elena estrasse dallo
zaino una granata “strozzalupo”. «Damon!»
pronunciò forte, un secondo prima di lanciargliela. Lui
l'afferrò al volo, e in un attimo questa esplose sul viso del
mannaro. L'ibrido cadde a terra, e subito Damon ne approfittò
per dargli un calcio che lo fece girare su sé stesso,
facendogli perdere conoscenza. «Fammi indovinare...un
ibrido!» intuì Alaric. Damon annuì con
preoccupazione, e subito i tre presero le corde che avevano con sé
per legarlo al tronco di un albero.
***
***
«L'hai
sentito anche tu?» domandò Summer. «Sì,
mi è sembrata la voce di una ragazza, veniva da quella parte!»
«Andiamo...» Summer s'incamminò velocemente
nella direzione indicata da Kendra. Un centinaio di metri dopo,
facendo attenzione a non farsi scoprire, videro tre persone che
legavano una quarta ad un albero. «Che diavolo...»
sussurrò Summer, prima di spalancare gli occhi «Non può
essere...» mormorò ancora. «Cosa non può
essere?» domandò l'amica a bassa voce. Summer non
rispose: era ancora scioccata per ciò che aveva appena
visto. «La ragazza...» sussurrò poi,
incredula. «La ragazza?...chi è? La conosci?»
Kendra era preoccupata ma anche infastidita da tutta quell'enfasi. «È
la doppelganger» rivelò infine la cacciatrice, con
un'espressione stupefatta. «Cosa?! Ma...non è
possibile! Ti sbagli» «No... credimi. La
ricordo bene. È lei, non ho dubbi!» Summer tolse lo
sguardo da Elena e prestò attenzione anche agli uomini che
erano con lei. Uno di loro l'aveva già visto: era il tizio
fastidioso del bar; e data la forza con cui teneva l'ibrido bloccato
all'albero, Summer
capì immediatamente che doveva trattarsi di un vampiro. «Beh,
che diavolo aspetti?! Ascolta quello che dicono!» Kendra cercò
di destarla. L'amica che aveva un'aria frastornata. «Giusto!»
Summer riacquistò lucidità e si concentrò per
sentire cosa stessero dicendo.
***
***
«Queste
corde non lo tratterranno a lungo. Cos'altro abbiamo?» chiese
Damon, guardando Alaric occupato a legare l'ibrido. «Rick,
prendi queste» disse Elena, riferendosi alle corde che stava
cospargendo di verbena. Damon, con distrazione, le prese a posto
dell'umano e subito ne restò scottato. Guardò Elena
con aria di rimprovero. «Ho detto Rick!» si difese la
ragazza. Alaric prese le corde e continuò a legare il
prigioniero «Questa è l'ultima scorta di verbena, non ne
abbiamo abbastanza per trattenerlo» asserì
preoccupato. «Non credo che raggiungeremo quel crinale prima
della luna piena» continuò, guardando in direzione della
meta. Con coraggio, Elena si avvicinò all'ibrido «Se
riusciamo a farlo parlare non ce ne sarà bisogno» disse,
mentre allungava la mano verso il suo volto; ma improvvisamente
quest'ultimo riprese conoscenza facendola indietreggiare. I tre
l'osservarono incuriositi; poi accadde qualcosa d'inaspettato. Le
sue ossa iniziarono a contorcersi e, inevitabilmente, l'ibrido urlò
dal dolore. «Si sta trasformando?!» domandò
Damon. «Non è possibile, è ancora giorno!»
Elena era visibilmente impaurita. «Dillo a lui» disse
Alaric, mentre l'ibrido continuava ad urlare. Prontamente, Damon
si avvicinò per bloccargli le spalle e per spingerle con forza
contro l'albero. «Non ci dovrebbero essere lupi mannari fino
alla luna piena» Elena non sapeva cosa pensare. «Sai...
quelle corde non terranno un lupo» affermò
Alaric. L'ibrido urlò con ancora più voce. «Damon,
dobbiamo andarcene di qui» disse Elena, con preoccupazione, ma
il vampiro continuava a tenerlo. «Dobbiamo andarcene subito
da queste montagne! Damon! Andiamo!» continuò lei
urlando; e, dopo avergli dato un leggero colpo sulla schiena per
incitarlo, i tre scapparono velocemente.
***
***
Appena
i tre si allontanarono, Summer corse verso l'ibrido ancora tenuto
dalle corde. Per un attimo, provò pena per lui, ma, subito
dopo, il suo sguardo si fece glaciale, e con una mossa rapida e
letale gli strappò il cuore. «Wow...come mai gli hai
risparmiato la frase ad effetto?!» domandò Kendra, che
l'aveva appena raggiunta. Summer non le rispose; era ancora
sconvolta per ciò che aveva visto e
seriamente preoccupata per la doppelganger, per potersi divertire a
giocare al terrorismo psicologico con il cattivo di turno. «Dobbiamo
inseguirli! Ho paura che possano essercene altri in giro già
trasformati!» immediatamente, Summer corse nella loro direzione
per raggiungerli. Kendra la osservò, mentre lei era già
distante. «Perché a volte dimentica che non sono
veloce come una cacciatrice?!» si domandò sconsolata,
cercando di starle dietro.
***
***
Il
sole era ormai tramontato e, nell'oscurità, i tre cercavano di
raggiungere la loro auto il più in fretta possibile. Elena
inciampò in una radice e cadde a terra. «Non
muoverti» le ordinò Damon. La ragazza alzò
lentamente lo sguardo: di fronte a lei, un lupo. I
tre restarono immobili, pensando ad un possibile tentativo di fuga,
ma una voce venne in loro soccorso. «Qui bel cagnolino**»
pronunciò una donna, a qualche metro di distanza da
loro. Appena il lupo sentì quella voce, si fiondò
verso di lei, che subito iniziò a correre ad una velocità
sovrannaturale: quella tipica dei vampiri.*** Ormai erano fuori
pericolo, così Elena si alzò, ma con un respiro ancora
affannato dallo spavento. «Chi era quella?» domandò
Alaric. Damon lo guardò scuotendo la testa, come per dirgli
“non ne ho la minima idea”,
ma, in realtà, l'aveva riconosciuta subito; e se qualche
dubbio sul suo aspetto poteva essere dato dall'oscurità,
quella voce, invece, era inconfondibile: era la ragazza del bar.
Nda *L'osservatore
è un essere umano con grandi conoscenze sul mondo
dell'occulto, ed è colui che, di norma, indirizza l'operato
della Triade, scrivendo poi il tutto in appositi diari che vengono
tramandati per generazioni. **Nell'episodio,
è Damon a dirlo: in questa fic, invece, lo dice Summer. ***La
cacciatrice è un essere umano con dei poteri molto simili a
quelli dei vampiri, ma queste cose verranno spiegate più
avanti^^ Nei prossimi capitoli, la fic si differenzierà
sempre di più dagli episodi (è
inevitabile^^). Grazie
per la lettura NaNa***
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Capitolo 6 *** Sesto Capitolo ***
La
prima parte è un misto tra ciò che è accaduto
nell'episodio 3x02 e quello che è necessario ai fini della
fic, ma spiegherò meglio nella Nda in fondo alla pagina :)
Capitolo
VI
Il
sole era tramontato da poco tempo e Stefan camminava per quel fitto
bosco, scrutando il luogo con attenzione. Klaus gli aveva ordinato di
trovare Ray Sutton, l'ibrido che era riuscito a scappare; se non lo
avesse fatto, non avrebbe curato la sua ferita. Credeva di aver perso
le sue tracce, quando, ad un tratto, se lo ritrovò di fronte,
legato e con il cuore ai suoi piedi. Osservò incuriosito
quella scena che proprio non si aspettava di vedere. Sperò che
non fosse opera del fratello; se si fosse trovato anche lui su quelle
montagne, si sarebbe dovuto preoccupare anche per la sua vita.
Slegava quel cadavere, augurandosi che Damon non fosse davvero
così pazzo da inseguirlo in una tana di lupi mannari; ma,
mentre maneggiava le corde, qualcosa lo ustionò, e subito capì
che si trattava di verbena: l'artefice di quell'orrore sapeva bene
con cosa aveva a che fare.
Un paio d'ore più tardi, Klaus lo vide arrivare
con l'ibrido caricato sulle spalle. «Erano diventati
rabbiosi. Ne ho uccisi alcuni, ma gli altri si sono
semplicemente...dissanguati» disse, mentre osservava Stefan
poggiare il cadavere a terra. Si alzò dalla roccia sulla
quale era seduto, per poi continuare: «Alla fine...sono morti
tutti...» e, un secondo dopo, la sua rabbia esplose, facendogli
lanciare la bottiglia di birra che reggeva con la mano destra. In
seguito, emise un urlo furioso e disperato. «Ho fatto tutto
quello che mi è stato detto! Sarei dovuto riuscire a
trasformarli. Ho spezzato la maledizione. Ho ucciso un lupo mannaro,
ho ucciso un vampiro, ho ucciso la doppelganger...» disse, più
a sé stesso che al suo compagno di viaggio. Stefan capì
subito cosa si celava dietro quel fallimento: Elena non era morta,
era per questo che Klaus non riusciva a trasformarli. Con
autocontrollo, cercò di non farsi tradire dal suo
sguardo. Klaus lo fissò attentamente. «La strega...»
sussurrò subito dopo. Stefan non capiva cose volesse
insinuare. «Quella maledetta strega mi ha attaccato durante
la trasformazione! Deve essere stato questo...deve essere per forza
questo!» urlò ancora.* Dopo qualche secondo, Klaus
riprese il controllo di sé. «Stai da schifo...»
mormorò, guardando il braccio dell'altro vampiro. «Se
non ricordo male...sto morendo» rispose Stefan, indicando la
sua ferita, per poi riprendere il discorso: «E tu non vuoi
curarmi». Klaus fissò l'ibrido steso a terra ai suoi
piedi. Era morto, proprio come tutti gli altri... «Dovevo
ucciderlo, non avevo scelta.» Stefan fu costretto a mentire. Non
aveva idea di chi l'avesse ucciso, ma ormai non faceva alcuna
differenza, pensò. «Ti ho deluso, mi dispiace...»
continuò subito dopo, avvicinandosi a Klaus. «Fai quello
che devi.» L'ibrido gli diede le spalle per prendere una
bottiglia di birra, poi si morse la mano, lasciando fluire il sangue
al suo interno. «Salute!» pronunciò, mentre
gliela porgeva. Guardò i cadaveri che aveva attorno a sé,
e diede una valida spiegazione al suo comportamento: «A quanto
pare sei l'unico compagno che mi rimane...»
***
***
Elena
uscì dal bagno e, come molte altre volte, trovò Damon
vicino alla sua finestra. «Cosa ci fai qui?» gli
domandò con un vena di avvilimento. «Quello che
abbiamo fatto oggi...è stato davvero stupido!» «Sei
venuto per infierire, quindi. Hai ragione Damon, è stato
stupido! Contento?» Damon le si avvicinò a passo
lento. «No, Elena. Non sono contento.» La osservò
com'era solito fare: a distanza ravvicinata. «Non avrei
dovuto mentirti su quello che avevo scoperto negli ultimi mesi, lo
so. Come so che non ti arrenderai. Ma lascia che chiarisca un punto
importante: non ti permetterò più di mettere a
repentaglio la tua vita con questi piani stupidi e avventati.»
Si avvicinò ancora di più, per poi proseguire col suo
discorso: «Se sei convinta di riuscire a far rinsavire Stefan.
Va bene! Ti aiuterò!...ma a modo mio!» terminò,
con tono fermo e dispotico. Elena annuì con rammarico e
convinzione. Tra di loro, la solita palpabile tensione.
***
***
«Dove
sei?» chiese Kendra, appena Summer rispose alla sua
chiamata. «Non ne ho idea. Ma ho appena strappato il cuore
all'ennesimo cagnolino della Trudi...» Summer punzecchiò
col piede il lupo che aveva appena ucciso, scrutandolo con
interesse. Kendra alzò gli occhi al cielo e sorrise: la
cacciatrice era ritornata in sé! «Raggiungimi. Ho
trovato una situazione davvero interessante...» disse, mentre
si guardava attorno. Summer riagganciò la telefonata e
attivò il dispositivo di localizzazione del suo telefono.
***
***
Londra,
1504 d.C
«Una
cacciatrice è in assoluto il pasto più prelibato per un
vampiro» asserì Klaus, con la bocca ancora sporca di
sangue, mentre si sedeva sul divano di velluto rosso e poggiava i
piedi sul tavolinetto di fronte. Elijah, seduto su un'altra
poltrona alla sua destra, chiuse di colpo il libro che stava
leggendo. «Parlate seriamente?» gli domandò
seccamente. «Ebbene, sì, caro fratello! Sono
finalmente riuscito ad uccidere quella dannata spina nel mio fianco!»
esclamò, compiacendosi, per continuare subito dopo: «E
non è tutto...». Elijah lo osservava
incuriosito. «Guardate un po' con cosa voleva uccidermi...»
Klaus gli porse il pugnale che reggeva con orgoglio. Il fratello
tolse quell'insolita guaina di legno e lo osservò
attentamente. Era un pugnale d'argento con, al centro dell'elsa, un
fiore: un Fiore di Loto. «Come fate ad essere sicuro che sia
proprio questo?...» domandò scettico. «Lo
ricordo bene, e poi...posso sentirlo... Quando lo tocco, sento il
sangue circolare in ogni millimetro della mia mano» il tono
dell'ibrido era corrotto da una perversa eccitazione. Cinquecento
anni prima, l'aveva gettato in mare, convinto che sarebbe bastato a
sbarazzarsene. A quanto pareva, aveva fatto un grosso sbaglio, ma
l'importante era che adesso fosse ritornato nelle sue mani. «Come
avranno fatto loro a trovarlo?» «Ciò che
conta, caro fratello...è che ora sia mio!» concluse, con
soddisfazione, ricordandosi di averlo sottratto alle gelide mani
della cacciatrice che aveva ucciso. «Cosa è Vostro,
Niklaus? Se posso chiederlo...» domandò una giovane
donna dai capelli neri e gli occhi azzurri, entrata in quel momento
nella stanza. «Lucrezia! Che piacevole coincidenza. Vi sarei
venuto a cercare a breve» fece l'ibrido, con entusiasmo. «Serva vostra, milord. Come
posso esservi utile?» la donna si accomodò
accanto a lui. Klaus fece un cenno col capo a Elijha, e
quest'ultimo capì subito di dover passare il pugnale alla
donna. Appena Lucrezia lo sfiorò, fu pervasa da una forte
sensazione che le fece emettere un leggero gemito. «L'avete
ritrovato!» esclamò stupefatta. Klaus piegò il
busto in avanti per avvicinarsi a lei. «...E ora voglio che
venga distrutto» sussurrò, guardandola con la solita
aria diabolica. La donna si irrigidì, perfezionando la sua
postura. «Impossibile!» asserì con decisione,
ma, prontamente, lo sguardo contrariato di Klaus le fece capire di
dover moderare i toni. «Questo pugnale, milord, è
stato creato dalla Strega Originaria insieme all'incantesimo che dà
vita alle cacciatrici. Insieme costituiscono l'equilibro, perché
in natura non è ammissibile nulla che non possa essere
distrutto» guardò con attenzione Klaus, perché
quel discorso era rivolto a lui soltanto. Quel pugnale era stato
creato appositamente per ucciderlo. «Tra due forze deve
sempre regnare l'equilibrio: altrimenti dominerebbe il caos»
diede un'ultima occhiata al pugnale e poi lo porse al vampiro «E
il Fiore di Loto ...è il simbolo di ciò che per
eccellenza si oppone al caos». L'ibrido afferrò il
pugnale. «Sono spiacente...non c'è nulla che io possa
fare per Voi» terminò Lucrezia, con diplomazia. Lo
sguardo di Klaus la incenerì; Elijah, invece, osservava la
scena con la solita compostezza. «Quanti anni ha compiuto
Vostra figlia, milady?» il tono di Klaus era una nota bassa di
diabolica placidità. La donna deglutì
visibilmente. «Quattordici anni, milord» rispose,
cercando di mantenere il controllo. «Quattordici...crescono
così in fretta...così graziosi...così
vulnerabili...» il suo perfido sguardo lasciò intendere
ogni cosa. «Beh, cara Lucrezia, sono sicuro che troverete al
più presto un modo per risolvere questo mio... fastidioso
problema!» si alzò, e con lui anche Elijah. «Vi
auguro una piacevole serata, milady» prese la sua mano e la
baciò. Lucrezia sembrava essersi pietrificata.
***
***
«Che
senso ha fare tanta fatica per creare degli ibridi...per poi
ucciderli?» domandò Kendra all'amica, che da poco
l'aveva raggiunta. Summer si guardò intorno altrettanto
stupita. «Ad alcuni è stato strappato il cuore,
mentre gli altri sembrano...morti dissanguati. Infatti, se noti bene,
non hanno ferite. Il sangue è fuoriuscito dagli occhi e dalla
bocca...» mentre parlava, Summer cercava di capire l'assurdo
comportamento di Klaus. «Già...è come se
avessero rigettato il sangue bevuto per ultimare la trasformazione»
continuò Kendra. «Wow...» esclamò
improvvisamente Summer. «Cosa?» «Che momento
alla CSI!» continuò con enfasi. «Ma vuoi essere
seria per qualche minuto!» la rimproverò Kendra, anche
se consapevole che sull'amica le ramanzine non sortivano nessun
effetto. «È ovvio! Come ho fatto a non arrivarci
subito!? La doppelganger è ancora viva! Non ho idea di come
abbia fatto a sopravvivere, ma sono certa che sia questa la causa:
deve essere per questo che Klaus non riesce a crearne altri come
lui!» disse Summer, velocemente. «Non ti seguo...»
Quando aveva un'intuizione, Summer tendeva a parlare alla
velocità della luce, e per di più Kendra era avvilita
dai suoi continui sbalzi caratteriali. «Te lo faccio
spiegare meglio dall'esperta in materia...» la cacciatrice
estrasse il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni e chiamò
Lily.
***
***
Londra,
1504 d.C
...È
difficile, o quasi impossibile, fare la cosa giusta, quando la posta
in gioco è tua figlia...
Lucrezia
osservava la sua bambina dormire beatamente. Non poteva permettere
che le accadesse qualcosa: anche se questo significava mettere il
male in notevole vantaggio rispetto al bene. Uscì dalla
camera, e velocemente si diresse verso il salotto. All'interno di
quella stanza, corpi privi di vita e seminudi di giovani donne
giacevano ammucchiati nel centro. «Perdonate il disordine,
milady. Gli altri compagni ed io abbiamo da poco terminato di
banchettare» la voce di Klaus, dietro di lei, la fece
lievemente sussultare. «Figuratevi...» disse, cercando
di mantenere la compostezza, nonostante l'orribile scenario di fronte
ai suoi occhi. «Ma prego, mia cara, accomodatevi»
Klaus indicò una poltrona sulla quale giaceva anche una donna
agonizzante interamente ricoperta di sangue. «Vi ringrazio»
si accomodò. «Immagino che siate qui, mia cara, per
darmi delle buone notizie» affermò
serafico. «Certamente, milord» «Allora? Non
tenetemi sulle spine, cara Lucrezia...» La donna fece un
respiro profondo e cominciò a parlare. «Come vi ho
già spiegato, milord, il pugnale non può essere
distrutto» lo sguardo di Klaus cambiò, ma subito la
donna riprese a parlare «Ma può essere
scomposto». «Spiegatevi meglio...» «Creerò
un incantesimo in grado di scinderlo in tre elementi che verranno
sparsi all'istante per il mondo. Nessuno conoscerà mai la loro
forma né potrà mai ricomporlo, perché farò
in modo che nulla resti impresso nel mio Grimorio. Questo è
tutto ciò che posso fare per Voi...» Klaus restò
in silenzio per quasi un minuto; per Lucrezia fu un tempo
interminabile. «Davvero molto astuto» mise una mano
dietro la schiena e prese il pugnale. «Procedete pure, mia
cara»
***
***
«Ho
un bel rompicapo per te, streghettina nostra!» disse
Summer, mentre impostava il vivavoce. «Se qualcosa fosse
andato storto durante il rituale di Klaus...per esempio...non
saprei...ne butto una a caso: la doppelganger avesse trovato un modo
per sopravvivere, quali pensi potrebbero essere le conseguenze?» «Beh
devi sapere che c'è della matematica anche nella magia, anzi:
soprattutto nella magia!» «La versione breve,
please!» puntualizzò Summer, che non era in vena di
lezioni, ma l'amica continuò con noncuranza. «Come
non detto...» sussurrò demoralizzata la cacciatrice.
«Per rituali di questo tipo la perfezione è
d'obbligo, altrimenti si rischiano delle mancanze direttamente
proporzionali alla percentuale d'imperfezione del rito» «L'ha
detto davvero?! Ha realmente detto “direttamente
proporzionali”?!» bofonchiò Summer, allibita.
Anche Kendra – nonostante non avesse problemi a comprenderla – sembrò
d'accordo con lei. La
stanchezza mette a dura prova la capacità comprensiva e la pazienza di
chiunque! «Lily... tesoro, per cortesia, se proprio non
vuoi farci un riassunto, almeno smettila di usare questi
“nerdologismi”» la implorò Summer,
sperando di avere più fortuna. «Concordo!»
aggiunse Kendra. «Le conseguenze possono essere varie.
Dipende dalla gravità dell'imperfezione, per il caso che mi
hai riportato tu...beh potrebbe essere la mancata trasformazione,
oppure l'opposto come una trasformazione permanente; oppure
ancora...non so, l'incapacità di generare propri simili! Per
ora mi vengono in mente solo queste. Non saprei...ma perché me
lo chiedi? E per inciso: siete davvero meschine, quando non mi
lasciate fare la saputella!» disse velocemente. Le due
sorrisero. «Adesso ho capito dove vuoi andare a parare!»
disse Kendra, che finalmente aveva chiara la situazione. Lily,
invece, brancolava nel buio. «Cosa? Cosa ti è chiaro,
Kendra? Fate capire anche me!» si lamentò la strega. «La
doppelganger è viva!» asserì Summer. Lily
prese una una lunghissima pausa, prima di sentenziare qualcosa:
«Umn...beh chiunque sia stata la strega a trovare una
scappatoia... è davvero brava!... Notevole!» dalla sua
voce trapelò una leggera invidia. «Mi sorprendo del
fatto che tu sia poco sorpresa» affermò Summer,
lievemente confusa. «Da strega – altrettanto brava –
so, che se ci si impegna, un modo per scampare la morte lo si trova
sempre!» Summer e Kendra si lanciarono uno sguardo
d'intesa. «Ovvio che lo sapessi! Insomma... sei la strega
della Triade, sei la migliore del mondo!» Kendra cercò
di risollevare il suo ego. «Grazie per il contentino...non
ce n'era bisogno! Anche se in effetti mi sento meglio!» Kendra
ormai l'aveva capito bene: nel suo gruppo era l'unica sana di mente!
Nda: -
Come avrete capito, Klaus pensa che sia stato l'intervento di Bonnie
ad interferire col rito. Stefan lo capisce e, ovviamente, glielo
lascia credere :) Grazie
per la lettura^^ E un grazie “speciale” alla
dolcissima NanyVale :-* NaNa
|
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Capitolo 7 *** Settimo Capitolo ***
Capitolo
VII
In quella
piccola stanza, l'unica fonte di luce era la lampada poggiata sulla
scrivania; tutto il resto sembrava avvolto dall'oscurità. Seduta
in maniera composta e con l'aria assorta, era una ragazza dalla
carnagione molto chiara con alcune efelidi sugli zigomi e sul naso; i
capelli, rossi e mossi, erano legati da una grande pinza a forma di
farfalla. Gli occhi, di un nocciola molto chiaro, seguivano le parole
di quel diario con una movenza quasi ritmica.
Dal
Diario di William Smith
Londra
1507 d.C
Oggi
sono passati esattamente tre anni dalla morte di Esmaél. Tuttora,
nei miei sogni, anche se sarebbe più corretto chiamarli
incubi, le immagini di quella notte rivivono senza darmi tregua. Nei
loro diari, molti osservatori raccomandano ai loro successori di
tenersi emotivamente distanti dalle cacciatrici, perché queste
sono dei fiori che rapidamente nascono e muoiono; ma sfido chiunque a
non legarsi al proprio compagno di lotta. Esmaél era la
cacciatrice più forte che avessi mai avuto l'onore di
servire. Il fatto che avessimo trovato insieme un pugnale che si
dava ormai per leggenda, per me, era un segno del destino. Avevo
ogni cosa: una cacciatrice degna di questo nome, la leggendaria arma
e la disperata voglia di salvare l'umanità. Sembrava un
momento decisivo: uno di quelli che cambia le sorti del mondo; ed io
ne ero partecipe. In quei giorni, anche il vile tradimento di
Lucrezia mi sembrava più tollerabile. Credevo che ce
l'averemmo fatta anche senza di lei, ma sbagliavo. Se il
Consiglio, per contrastare il male, prevede un osservatore, una
cacciatrice e una strega, evidentemente, la somma di queste tre forze
costituisce il giusto equilibrio tra il bene e il male. Per
contrastare Niklaus noi due non bastavamo... e una valorosa dama è
morta, mentre io sono vivo, seppur per miracolo. Per me questo è
inaccettabile! Ma mi illudo credendo che se sono ancora vivo è
per assolvere ancora qualche compito qui sulla terra. Con tutto
il mio cuore, spero di essere ancora utile... anche se nulla mi
sembra oramai possibile. La nuova cacciatrice che mi è
stata assegnata, Ginevra, non è neanche lontanamente caparbia
e coraggiosa quanto Esmaél, ed io credo fermamente che la
follia, l'istinto e soprattutto il coraggio siano le doti più
vincenti di una cacciatrice. Ma, anche se fosse stata come lei, il
pugnale, la nostra unica speranza, è ormai caduto nelle mani
del nostro nemico. A volte spero che Lucrezia rinsavisca e ritorni
sulla retta via per aiutarci, ma, dentro di me, ho la certezza che
questo non accadrà. La sua anima è oramai troppo
corrotta per sopportare il peso della redenzione. È da
qualche mese che la gente riversa sul suo nome ogni tipo di
maldicenza. Molti dicono che abbia perso la ragione; che passi intere
notti insonni, per poi passare intere giornate a pungersi le braccia
con uno spillo. Altri dicono che la sua moralità sia più
sgretolata del suo patrimonio, e che abbia dovuto maritare sua figlia
con un francese, perché solo oltremare la sua nomea non la
precede. Se solo la metà di queste cose sono vere,
significa che ormai Lucrezia è solo lo spettro della donna che
amavo...
***
***
«Lily, ti
prego, dimmi che hai trovato qualcosa. Qualunque cosa! Ho bisogno di
un punto di partenza» piagnucolò Summer, parlando al
telefono con l'amica. «Sto rileggendo i Diari di William
Smith, nella speranza di trovare qualcosa che ci è sfuggito,
ma per ora ancora niente. Sono spiacente, Summer...» La
cacciatrice emise un gemito di frustrazione, incurvando leggermente
le spalle. «Aspetta, hai detto William Smith? Il tizio del
dito?» «Summer, sii un po' più rispettosa! In
fondo è grazie a quell'uomo che oggi siamo ad un passo dal
pugnale. Comunque, sì, proprio lui. Perché me lo
chiedi?» «Perché mi sono appena ricordata di
una cosa che volevo chiederti da un po', e riguarda appunto il
rispettabile osservatore William Mutilatore di Cacciatrici
Smith!» «Non ce la fai proprio a trattenerti,
vero?!» domandò l'amica, avvilita. «No. Mi è
impossibile! E poi quel tizio ha fatto la sua cacciatrice in mille
pezzi! È inquietante! Anche nella peggiore delle ipotesi,
Kendra non mi farebbe mai nulla del genere!» ci pensò
attentamente, «Almeno spero...». «Ma è
stato per una giu...» la strega non riuscì a terminare
la frase. «Comunque, parlando di lui, e correggimi se
sbaglio: venne mandato in Turchia agli inizi del '500 per cercare la
nuova cacciatrice che il Consiglio aveva
localizzato» «Esattamente...» intervenne
Lily. «Quando la trovò, nel viaggio di ritorno, in un
mercato locale che vendeva manufatti del luogo, la cacciatrice iniziò
ad avere degli strani giramenti di testa, accompagnati da altrettanto
strani spasmi alle mani e, come il diario riporta, “si sentì
chiamata da un pugnale che stava su una bancarella insieme ad altre
cianfrusaglie antiche”...» «Sono sicura che
sul diario non ci sia scritto “cianfrusaglie”!»
puntualizzò l'amica con un tono da ramanzina. «Comunque
ho capito! Vuoi chiedermi se anche tu avvertirai questi sintomi nelle
vicinanze del medaglione. Dico bene?» continuò la
strega, mentre la sua mente avviava una complicata procedura per
darle una risposta esauriente e minuziosa. «No. In realtà
voglio sapere se hai controllato su Ebay, prima di spedirmi in
questa triste cittadina!» affermò Summer, con la solita
parlantina veloce. «A volte, avere a che fare con te mi fa
venire il mal di testa!» disse la strega, dolcemente
demoralizzata. «Però, in effetti, ora che ci
rifletto, quando tocco l'anguilla e la caramella mi formicolano le
mani...» continuò la cacciatrice, senza badare
all'affermazione dell'amica e assumendo una buffa espressione
pensosa. «Il Serpente e la Triluna»
precisò con avvilimento Lily – ormai stanca di combattere – mentre
si chiedeva se fosse lei ad essere troppo pignola oppure Summer ad
essere troppo...Summer!
***
***
Londra
1507 d.C
A notte
inoltrata, qualcuno bussò rumorosamente alla porta di William
Smith. L'uomo camminò velocemente per il corridoio e poco
dopo raggiunse l'ingresso della sua dimora. Aprì la porta e
vide l'ultima persona al mondo che si aspettava di incontrare. «Avete
una bella faccia tosta a presentarvi qui!» asserì
l'uomo, con decisione. «Ho fatto una cosa orribile,
William...» sussurrò la donna in lacrime. William la
osservò attentamente: disordinata, sciatta e con uno sguardo
spento e perso chissà dove. «Se vi riferite al vostro
tradimento, Lucrezia, siete un po' in ritardo per le scuse!»
disse, mentre con la mano si apprestava a chiudere la porta, ma il
braccio della donna lo bloccò prontamente. «Mi
riferisco a qualcosa di molto più orribile...» confessò,
con la mascella tremante. William ci pensò per qualche
secondo, poi la fece entrare. La fece accomodare nel salotto e si
sedette di fronte a lei. «Vi ascolto...» Lucrezia
aveva un'aria spaesata e confusa, ma, dopo un profondo respiro atto a
calmarla, iniziò a parlare: «Ho...condannato l'umanità
a fine certa, William, ma voi potete salvarla» «Non vi
seguo...» disse, cercando di conservare la freddezza. «Il
pugnale...l'ho scomposto» William spalancò gli occhi.
Non aveva ben chiaro cosa avesse fatto la strega, ma subito ne intuì
la gravità. «Niklaus aveva minacciato di uccidere
Caroline...e non potevo permetterlo!» la donna riprese a
piangere più forte. «Calmatevi, Lucrezia. Ho bisogno
di sapere ogni cosa...» pronunciò, reprimendo sia la
rabbia che la compassione; voleva ad ogni costo apparire
distaccato. «Era l'unica alternativa che avevo per salvare
mia figlia. Così ho effettuato l'incantesimo e il pugnale si è
scisso in tre oggetti che si sono sparsi per il mondo» Scosso
da una violenta agitazione, William si alzò iniziando a
respirare con la bocca. «Avete idea della gravità del
gesto che avete compiuto!?» la rimproverò con voce alta
e dura. «Lo so, William. È stato un gesto terribile
ed estremamente egoista...» le lacrime ripresero a scendere
ancora più copiosamente. «Ma non è del tutto
irreparabile...c'è ancora speranza...» rivelò,
infine. «Come, Lucrezia? Come si può rimediare a
questa sciagura?!» Willam s'inginocchiò ai piedi della
donna. «Ho mentito a Niklaus. Gli ho fatto credere che
l'incantesimo non avrebbe lasciato traccia, ma in realtà è
al sicuro» «Come avete fatto?» «Gli ho
detto che avevo escogitato un modo per non lasciare trascritto nulla
dell'incantesimo sul Grimorio. Ma sapevo che non mi avrebbe creduto
così, quella notte, ho scambiato il mio Grimorio con quello di
mia zia. Quando ho effettuato l'incantesimo, ovviamente, sul Grimorio
che avevo davanti non si è impresso nulla. Ma, nonostante ciò,
Niklaus me lo ha sequestrato... non avevo dubbi che l'avrebbe
fatto!» Un mezzo sorriso comparve sulla bocca di William:
come sempre, Lucrezia ne sapeva una più del Diavolo. «Sul
mio Grimorio c'è sia la formula per ricomporlo, sia una
raffigurazione dei tre elementi» «Anche se siete stata
astuta, Lucrezia, come faremo a trovarli?» «Con un
incantesimo di localizzazione che si trova anch'esso impresso in
quelle pagine. Ma adesso dovete ascoltarmi con attenzione, William:
le uniche persone che possono fare da tramite sono Niklaus e una
qualsiasi cacciatrice che abbia sfiorato il pugnale anche per un solo
istante. Dovrete procurarvi le ossa di Esmaél, ne basterà
anche un frammento piccolo. Per quanto riguarda il mio Grimorio,
invece, beh... voi sapete bene quali sono i miei nascondigli»
la donna accennò un mezzo sorriso, ripensando ai tempi in cui
i due erano inseparabili. William si perse nello sguardo di
Lucrezia e, per un attimo, nei suoi occhi, gli parve di vedere la
luce che credeva estinta; ma subito si sentì spaventato
all'idea di ricordare anche il più piccolo sentimento provato
per quella donna, così abbassò il volto
rapidamente. «Bene, lo farò. Ora, se non avete altro
da aggiungere, Lucrezia...potete andare» La donna si alzò,
ma, al posto di incamminarsi verso l'uscita, si avvicinò a
lui. Mentre le lacrime ricominciavano a rigarle il viso, prese il
suo volto tra le mani, avvicinò la fronte alla sua e
bisbigliò: «Il rimorso mi sta consumando, William. So
che il cielo non mi perdonerà...ma non mi interessa. Perché
tanto è solo il vostro perdono che potrà alleggerire
per un istante la mia anima». «Perdonatemi...»
continuò, con una dolcezza intrisa di speranza. William
spalancò i suoi grandi occhi verdi, mentre lei continuava ad
accarezzare il suo viso irruvidito dalla barba. Le afferrò
i polsi con delicatezza, ma solo per distaccare le mani dal suo
volto. «Non posso perdonarvi, Lucrezia» sussurrò,
provando un immenso dolore.
***
***
Summer era
seduta al tavolo del Mystic Grill. Di fronte a lei troneggiavano un
enorme hamburger, patatine fritte, crocchette di pollo e,
immancabilmente, una bottiglia di birra. Il cibo era l'unica
“magra” consolazione, dopo un'intera mattinata
passata a cercare un medaglione che sembrava inesistente. «Adoro
le donne con un sano appetito!» esordì Damon, mentre le
si sedeva di fronte. Finalmente poté osservarla alla luce
del giorno, e non poté negare a se stesso la sua particolare
bellezza. Gli occhi grandi, la capigliatura folta e i lineamenti
definiti – un po' a “bambola di porcellana”–
davano al vampiro l'impressione che fosse uscita da chissà quale
manga. «Seriamente...
in quale prestigiosa Università hai conseguito questo Master
in tecniche di approccio banali e fallimentari?!» chiese
serafica. «Le tecniche sono sopravvalutate. Io punto tutto sulla perseveranza» il vampiro le
dedicò una delle sue espressioni scherzosamente sexy, per poi
continuare con più serietà: «Ora lascia che sia
io a farti una domanda: chi sei?». «Una donna che
vorrebbe pranzare in santa pace!» rispose lei,
repentinamente. Damon mosse le labbra in uno dei suoi famosi
sorrisi finti e provocatori. «Ti ho riconosciuta sulle Smoky
Mountain, chi sei? O meglio, cosa sei?» continuò con più
insistenza, ostentando la sua solita sicurezza. Summer lo guardò
con la compassione che si riserva al solito stupido montato di testa.
Osservandolo su quella montagna, alle prese con l'ibrido, aveva
capito perfettamente che si trattava di un vampiro, ma se pensava di
poter fare il gradasso con lei, solo per questo piccolo dettaglio,
sbagliava di grosso! «Chiariamo una cosa: l'unico motivo per
cui non ti infilo un paletto nel cuore e pongo fine alla tua inutile
esistenza è perché, a quanto ho capito, proteggi la
doppelganger. Ma su queste cose sono un po' volubile...quindi ti
consiglio di non farmi cambiare idea...» gli spiegò con
calma. Poi si alzò e mise le mani sul tavolo, sporgendosi in
avanti, per avvicinare il volto a quello del vampiro. «Per
quanto riguarda tutto il resto, ti dirò solo quello che ti è
dato sapere: Elena deve rimanere in vita. Quindi deve stare il più
possibile lontana da Klaus! Questo significa che, se vi vedrò
ancora nelle sue vicinanze, mi troverò costretta a portavi in
un luogo sicuro personalmente. Ma sia ben chiaro...che lo farò
a calci!» il suo tono si mantenne basso e cordiale, ma lo
sguardo minaccioso lasciava intendere tutta la sua serietà a
riguardo. «Ora, se vuoi scusami!» continuò,
facendo un' ironica e minima riverenza. Poi si voltò, dandogli
le spalle. Damon fece una smorfia di rabbia e la guardò per
tutto il tempo, infastidito dalla sua eccessiva sicurezza. Restò
seduto lì a riflettere. Doveva trovare un modo per capire se
quella donna fosse realmente un pericolo, ma, in quel momento, il suo
telefono squillò. Controllò fugacemente il display, che
segnava anonimo. «Spero che tu sia una donna sexy e
vogliosa!» rispose, in tono giocoso e provocatorio. «In
effetti è così!» Quella voce mutò
rapidamente l'espressione del vampiro, velandola con un alone di
noia, fastidio e, soprattutto, preoccupazione. «Katherine!*»
Nda La
telefonata è quella dell'episodio 3x03, in cui Katherine
rivela a Damon che Stefan si trova a Chicago. Grazie per la
lettura :) NaNa
|
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Capitolo 8 *** Ottavo Capitolo ***
Appoggiato
alla macchina, Damon aspettava che Elena uscisse da scuola. “Damon,
cosa ci fai qui?” gli domandò la ragazza appena lo
vide. “E buongiorno anche a te Elena” rispose il
vampiro visibilmente seccato dal fatto che lei, come sempre,
non gli concedesse neanche il minimo sindacale delle interazioni
sociali. “Qualche novità su Stefan?” domandò,
sorridendo per la sua battutina di rimprovero. “Diciamo che ho avuto una soffiata” Damon
le aprì lo sportello della macchina. “Da chi?”
domandò lei sospettosa.
“Visto
che ci tieni a saperlo. E' stata la tua gemella cattiva” “E
da quando consideriamo Katherine una fonte attendibile?” “Infatti non lo è. Ma è l'unica fonte che
abbiamo!” Elena ci ragionò per qualche secondo.
“Cosa ti ha detto?” domandò con un'evidente
nota di scetticismo. “Ha detto che Bonnie e Clyde sono a
Chicago. Quindi adesso ti accompagno a casa, predi giusto il
necessario e partiamo” Elena lo guardò
sorpresa. “Dici sul serio? Niente: Elena andrò da
solo perché tu devi stare in panchina al sicuro?” Damon
la guardò divertito. “Così mi fai apparire
noioso come Stefan” le lanciò uno dei suoi soliti
sguardi; e la reazione di Elena fu una smorfia contrariata. “Una
volta arrivati lì troveremo un modo possibilmente non stupido
e sicuro per farti parlare con Stefan. Ma è inutile che ti
dica che avremo poco tempo, quindi il tuo...ispirato discorso d'amore
dovrà essere breve ed efficace...” disse caricando la
frase d'enfasi “se vuoi ti prendo qualche Harmony da leggere
durante il viaggio...giusto per prendere qualche spunto...”
aggiunse con la solita ironia.
Elena
era visibilmente infastidita, ma se voleva trovare il suo Stefan
doveva inevitabilmente tollerare la compagnia di Damon che, in fin
dei conti...non le dispiaceva poi tanto.
%%%
Dal
Diario di William Smith
Londra
1508 d.C
Quello
che ho dovuto fare ha messo a dura prova la mia psiche. Altre
agghiaccianti immagini si sono insidiate nel macabro scrigno dei miei
ricordi. Sono tornato nel luogo in cui avevo seppellito il
cadavere di Esmaél. Una piccola altura da cui si vede
interamente il villaggio in cui è cresciuta. Più volte,
durante il suo soggiorno a Londra, mi aveva confessato il desiderio
di ritornare in quei luoghi, affinché la sua anima potesse
vegliare sui suoi cari. Ho fatto così tanto per rispettare la
sua volontà, che il seguito della storia è il segno di
quanto a volte possa essere meschino ed ironico il destino. Durante
il viaggio non ho fatto altro che pensare alle parole di Lucrezia. Mi
aveva detto che per un incantesimo di localizzazione sarebbe bastato
anche un piccolo frammento d'osso; e la mia intenzione iniziale era
esattamente quella. Riesumare il corpo e tagliarne una piccola parte,
magari un dito, per poi seppellirlo nuovamente. Ma poi una strana
ansia ha pervaso la mia anima. Non potevo lasciare il solo tramite
per la localizzazione degli elementi in un unico luogo. E se fosse
successo qualcosa al frammento che portavo con me? Un viaggio così
lungo è sempre pieno di insidie. E se fosse invece successo
qualcosa alla salma di Esmaél? Si pensi all'eventualità
di uno scavo, magari per la creazione di un pozzo; che fine avrebbero
fatto quelle ossa tanto preziose per l'umanità? Mentre
viaggiavo, si faceva sempre più strada in me la convinzione
che quel tesoro andasse dislocato per il mondo, affinché, in
ogni evenienza, ci fosse sempre un modo, una speranza, per
ricostituire il pugnale. Così, una volta arrivato su
quell'altura, ho dedicato qualche munito alla memoria di Esmaél;
poi ho iniziato a scavare.
Lily
continuava a leggere i diari di William Smith nella speranza di
trovare un modo per velocizzare le ricerche dell'amuleto. Ripensava
ai due anni passati alla ricerca della Triluna nel nord
dell'Australia. Purtroppo, l'incantesimo di localizzazione, avendo
come tramite solo l'energia residua impressa nelle ossa della
cacciatrice, non poteva essere preciso, e dava un'area approssimativa
dal raggio di un chilometro. Controllare ogni casa ed ogni luogo in
un raggio di quella portata non era semplice, ma soprattutto
richiedeva tempo. Ma, mentre gli occhi erano fissi sul quel
diario, Lily ripensò alla precedente telefonata con Summer e,
all'improvviso, un'intuizione geniale si palesò nella sua
mente.
%%%
Mentre
Elena metteva nello zaino l'occorrente per il viaggio, Damon
osservava il paesaggio fuori dalla finestra della sua stanza, e
pensava alle parole di quella misteriosa ragazza. Il viaggio che
stavano per fare andava contro tutto quello che gli era stato
intimato. Ma lui non era il tipo che si lasciava spaventare dalle
parole di una ragazzina che si dava delle arie da super donna. Se
era veramente pericolosa come voleva far credere, doveva
dimostrarglielo: altrimenti, che andasse pure al diavolo!
Elena
andò in bagno per prendere l'occorrente da sistemare nel beauty case, e subito il vampiro ne approfittò per frugare nella sua borsa. “Sul
serio Elena? Delle innocentissime mutandine rosa?” disse,
mentre osservava quell'indumento merlettato. Elena, a passo
veloce, si diresse verso di lui e gliele strappò dalle mani,
con uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo se solo fosse stato
cosparso di benzina. Damon fece una faccia allibita. “Ti
ho detto che il discorso deve essere 'breve ed efficace'. Come può
mai essere efficace senza del pizzo nero vagamente trasparente?”
“Potresti,
gentilmente, aspettarmi fuori...oppure in macchina?” chiese
infastidita. “Cerco solo di fare da Cupido!” disse con
il solito surplus di enfasi, mentre Elena, ormai esasperata, lo
spingeva di forza fuori dalla sua stanza.
%%%
Summer
era appena uscita dalla biblioteca di Mystic Falls.
Aveva
visitato l'area dedicata ai cimeli del luogo senza fortuna, e adesso
camminava sconsolata per quelle tranquille stradine. Il telefono
nel suo pantalone iniziò a vibrare e, appena vide che la
chiamata era di Lily, rispose.
“Mi
hai chiamato per darmi delle belle notizie?” chiese speranzosa.
“In
un certo senso sì” Il volto di Summer s'illuminò.
“Spara” “Ho
pensato ad un modo per renderti più recettiva all'oggetto” Il
volto di Summer si dipinse di sospetto.
“Non
vorrai mica farmi del vudù o cose simili? Lo sai come la
penso! Sono inquietanti e nel novanta per cento dei casi hanno un
sapore orribile!” piagnucolò la cacciatrice.
“Preferisci
passare qualche anno lì a Mystic Falls? Beh in effetti il
clima non è male...ma non ti mancherà la Grande Mela?”
disse Lily, con amichevole malignità.
“Mi
avevi già convinta a 'qualche anno'!” Summer aveva
un'espressione di puro avvilimento.
“Bene,
allora preparo l'occorrente e ti raggiungo quanto prima!” “Non
vedo l'ora!” disse con evidente sarcasmo: quanto odiava la
stregoneria!
%%%
Kluas
e Stefan entrarono in un bar dallo stile retrò che richiamava
i tempi del proibizionismo.
C'erano
poche persone, e la barista era di spalle al bancone per sistemare
alcune bottiglie sulle mensole.
“Due
scotch e una consulenza!” disse Klaus. La donna sembrò
arrestarsi per un secondo; poi posò la bottiglia che nel
frattempo reggeva e si girò.
“Klaus...”
sussurrò col tono di chi riceve una visita non gradita.
“Dana
prendi il mio posto” ordinò la barista ad una ragazzina
che puliva i tavoli; ed in seguito fece cenno ai due di
seguirla. “Tu, amico mio, resta pure qui a bere” disse
Klaus a Stefan, che si era mosso per andare con lui.
Stefan
si risedette sullo sgabello, ed osservò con attenzione quella
donna di colore di mezz'età e dai capelli biondi
sfacciatamente tinti, chiedendosi quali fossero i suoi rapporti con
Klaus; ma l'udito da vampiro l'avrebbe presto aiutato a
capirlo. Klaus e la donna si accomodarono in un tavolinetto in
fondo alla sala.
“Cara
Gloria, vedo che il tempo non ti è nemico” disse
l'ibrido con fastidiosa galanteria. “Risparmiami i
convenevoli Klaus”
“Cercavo
solo di essere...amichevole...” disse con volto serafico e tono
minaccioso; ma la strega non sembrava per nulla intimorita.
“Quindi...vuoi
creare altri ibridi? Dico bene? Voci di questa portata girano in
fretta...” “In effetti la mia intenzione è
questa. Ma... diciamo che ho avuto dei problemi di ordine
tecnico” Gloria lo guadò incuriosita e lui
continuò. “Ho fatto tutto quello che dovevo; eppure
non sta funzionando, non riesco a crearne degli altri. Spero che
tu...mia cara amica...possa aiutarmi a capire cos'è andato
storto” Gloria incrociò le braccia ed appoggiò
meglio la schiena alla sedia.
Restò
qualche secondo in silenzio con lo sguardo assorto nel vuoto, mentre
Klaus la osservava aspettando che iniziasse a dire qualcosa in
merito.
“Se
dici di aver fatto tutto, non so cosa pensare...”
“C'è
dell'altro, sono stato attaccato da una strega...durante la
trasformazione...” “Beh in effetti potrebbe essere
questa la causa, ma la realtà Klaus è che solo la
strega che ha dato vita alla maledizione potrà dirti cos'è
stato ad interferire e soprattutto come rimediare” Klaus
ascoltò attentamente.
“Come
possiamo contattarla?” “Ti avviso che non ti farà
piacere quello che sto per dirti” L'espressione di Klaus
trapelò un intento omicida; ma, ancora una volta, la strega
non sembrava spaventata. “L'unico modo per contattarla è
attraverso il solo oggetto che ha creato” Gloria non trascese
nei dettagli: Klaus sapeva bene a cosa si stava riferendo.
Per
qualche secondo il volto del vampiro fu indecifrabile, poi un mezzo
sorriso rassegnato comparve sulle sue labbra.
“Ero
certo che quella decisione prima o poi mi si sarebbe ritorta contro”
Gloria
conosceva bene la storia del pugnale e di Lucrezia Galler; notevole
furbizia, grande talento e... pessima fine. Per secoli si parlò
di lei, di ciò che aveva fatto; ma, soprattutto, per secoli
intere generazioni di streghe e osservatori del Consiglio cercarono
senza successo il suo Grimorio.
“Devi
trovare il suo Grimorio, lì ci sarà sicuramente la
formula per localizzare i tre elementi” suggerì la
strega.
Il
volto di Klaus si rilassò.
“"Fortunatamente, è già in mio possesso” Gloria restò quasi scioccata;
eppure avrebbe dovuto intuire che Klaus non avrebbe mai permesso che
andasse perduto.
“Il
problema, mia cara amica, è che sul Grimorio non c'è
traccia dell'incantesimo a cui ti riferisci. Lucrezia fece in modo da
non lasciare nulla di trascritto...sai com'è...c'era in ballo
la vita di sua figlia” affermò con un sorriso di
compiacimento.
Gloria
sembrò per un attimo divertita; era proprio vero quello che si
diceva di Lucrezia, che ne sapesse una più del Diavolo, ed in
questo caso...di Klaus.
“Ascoltami
Klaus, Lucrezia era una strega molto potente, ma anche molto furba. Non c'è possibilità che l'incantesimo non sia
stato trascritto sul suo Grimorio. Il legame che c'è tra una
strega e il suo libro degli incantesimi è indissolubile. E'
uno mistico stratagemma affinché nulla sia
irreversibile” “Cosa stai cercando di dirmi...” Klaus era furioso, eppure mantenne un tono di voce impassibile per non enfatizzare il fatto che fosse stato letteralmente raggirato.
“Che
è probabile che abbia usato qualche trucchetto di bassa lega
per...oscurarlo temporaneamente...oppure per trascriverlo su qualche
altra pagina. Ma, credimi, se quello che possiedi è davvero il
Grimorio di Lucrezia...l'incantesimo è lì dentro!”
Il
sorriso di Klaus diventò radioso.
Intanto
Stefan aveva ascoltato ogni parola di quel discorso.
Se
davvero stavano così le cose, prima o poi Klaus sarebbe
riuscito a contattare la strega originaria, e allora avrebbe sicuramente
scoperto la verità su Elena. Un brivido percorse la sua schiena: non poteva permetterlo!
Klaus
si avvicinò al compagno e gli cinse le spalle con il braccio.
“Prepara
il passaporto amico mio, Londra ci aspetta”
Nota
dell'autrice:
Spero
che questa storia non stia risultando troppo pensante, perché
a volte ho il serio terrore che lo sia! T.T
In
ogni caso, grazie per la lettura^^
|
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Capitolo 9 *** Nono Capitolo ***
Dal
Diario di William Smith
Londra
1508 d.C
Lucrezia
è morta.
Hanno
trovato il suo corpo privo di vita nella sua abitazione estiva;
dicono che si sia impiccata.
Ma
non riempirò queste pagine con il mio dolore; tanto non
riuscirei ad esprimerlo comunque.
Lo
scopo del diario di un osservatore è lasciare una traccia
dettagliata del proprio operato, affinché questa possa essere
d'aiuto alle successive generazioni di osservatori, streghe e
cacciatrici. Qui non c'è spazio per i miei sentimenti, quindi
farò il possibile per essere obbiettivo ed eloquente.
Ho
avuto risposta da molti colleghi: le ossa di Esmaél stanno
finalmente giungendo alle destinazioni che avevo prefissato. A questo
diario allego le ossa del suo dito indice e l'elenco dei sedici
luoghi in cui verranno custodite le altre.
Eppure,
dopo tutto l'orrore di cui mi sono macchiato mutilando un cadavere
semi decomposto e divenuto ricettacolo di vermi, tutto è stato
vanificato dagli eventi di questi ultimi giorni. Appresa la morte
di Lucrezia, mi sono subito precipitato in quei luoghi dove era
solita nascondere le reliquie importanti. Ho controllato nello
scomparto segreto del camino nella casa di Londra; sotto l'Angelo di
pietra sulla tomba del suo defunto marito, Sir Eric Galler; ed infine
nella stanza segreta dietro la libreria del salotto, nella sua dimora
estiva a nord di Middlesbrough. Ma del suo Grimorio neanche l'ombra.
Inutile aggiungere quanto questa scoperta mi abbia gettato nello
sconforto; eppure dubito che sia caduto nelle mani di Niklaus, sono
certo che Lucrezia non l'avrebbe permesso. Il Consiglio, alla luce
degli ultimi eventi, ha decretato le nuove linee guida da seguire.
Data
la morte di Lucrezia, sarà presto nominata una nuova strega e ,fino a quel momento, saranno sospese le azioni contro
Niklaus.
Le ossa di Esamaél devono essere gelosamente custodite fino al ritrovamento del Grimorio di Lucrezia.
Priorità
assoluta, in questo momento, è trovare la Pietra di Luna; per
quanto riguarda la doppelganger, invece, nel caso quest'ultima
compaia, l'ordine categorico è quello di ucciderla, affinché
Niklaus non possa spezzare la maledizione che blocca l'altra metà
della sua natura.
Se
volessi riassumere tutto ciò che sta accadendo nella mia vita,
brevemente direi:
Che
tutto quello che ho fatto in Turchia è stato vano.
Che
a noi, che dovremmo essere i protettori dell'umanità, è
stato ordinato di sacrificare la vita di una fanciulla che non è
colpevole della sua natura di doppelganger; questa scelta gode del
mio più sincero sdegno.
E
che la donna che amavo ha lasciato questo mondo convinta del mio
odio.
La
mia anima, già duramente provata, è oramai in mille
pezzi.
Spero
solo che l'osservatore che mi succederà sia più degno
di quanto lo sia stato io. Spero che le sue gesta abbiano più
fortuna delle mie...e soprattutto spero che riesca a governare
l'amore meglio di come abbia fatto io. Se avessi eseguito gli ordini
del Consiglio, se solo avessi ucciso Lucrezia, quando questa iniziò
a militare dalla parte di Niklaus, tutto questo non sarebbe mai
accaduto. Le cose sarebbero state molto diverse; forse, con una
strega dalla nostra parte, il pugnale ed il coraggio e la forza di
Esmaél, avremmo vinto. Ma l'amore per quella donna ha fatto sì
che io fossi un pessimo osservatore. Ogni volta che la vedevo, era
sempre la dolce ma lievemente dispotica fanciulla che mi fece
innamorare; credo di non averla mai vista come la cinica strega super
partes che era invece diventata. Anche quando bussò alla mia
porta per fare ammenda, ho dovuto combattere per non perdermi
nell'azzurro dei suoi occhi. Possa il cielo perdonarmi per essermi
macchiato della colpa più grave che può incombere su
chi è detentore delle sorti del mondo, l'amore; perché
questo ti priva di una visuale globale imprigionandoti in un piccolo
mondo in cui regnano solo gli estremi della felicità e del
dolore. Confido fiduciosamente nelle prossime generazioni...per
quanto riguarda me, invece, spero solo che mi sia concesso di
rivedere la donna che non ho mai smesso di amare...
%%%
Elena
e Damon erano in viaggio da pochi minuti.
“Chi
pensi che sia?...Parlo della donna che ci ha salvato sulle Smoky
Mountain” chiese Elena, interrompendo il silenzio.
“Non
ne ho idea. Ma non è il caso di preoccuparsene. Le statistiche dicono che è molto probabile che sia diventata la cena di Fido! ” mentì
spudoratamente.
Elena
gli rispose con uno dei suoi soliti sguardi contrariati.
“Parlando
di cose più importanti, ti ho portato una sorpresa”
allungò la mano sul sedile posteriore e prese un libro che
subito porse ad Elena.
La
ragazza l'osservò attentamente, prima di lanciare l'ennesima
occhiataccia al vampiro.
“Seriamente?
Il diario di Stefan? Damon non invaderò la sua privacy!”
asserì risoluta.
“Quello
è il diario di Stefan?! Pensavo fosse Harry Potter! Come ho
potuto confonderli?!” disse con la solita sfiancante ironia.
“Ascolta.
Sei tu quella a volere la verità ad ogni costo. Ed io lo
rispetto...sarò un libro aperto e dai caratteri cubitali,
promesso!” continuò con teatralità. “Ma
se vuoi saperla proprio tutta Elena, allora devi anche conoscere
Stefan in versione allegro squartatore...” il vampiro afferrò
il diario “se vuoi posso leggerti io qualcosa...”, ma
Elena subito se ne rimpossessò: poi, con titubanza ed un
visibile senso di colpa, iniziò a sfogliare quelle pagine
ingiallite.
%%%
Lily
entrò in un piccolo sgabuzzino illuminato da una traballante
lampadina appesa al soffitto. Sugli scaffali giacevano oggetti di
ogni sorta, da una semplice confezione di candele ad una rosa in un
baratto immersa in uno strano liquido giallino.
Afferrò
uno scrigno di legno ed uscì.
Lo
portò sulla sua scrivania e ne liberò il contenuto; un
teschio ed altre ossa umane, e fece un sorriso divertito pensando di
doversi mettere all'opera nel campo che più amava: la
stregoneria. Poi il suo telefono squillò.
“Summer...pensavo
giusto a te” “Significa che già stai preparando
il Kit della strega cattiva?”
“Diciamo
di sì...” disse, mentre maneggiava il teschio.
“Non
posso oppormi vero? Questo mi fa pensare che nella nostra istituzione
manchi un sindacato delle cacciatrici! Qualcuno deve pur difendere i
nostri diritti!” “Sembri una bambina che non vuole
fare la puntura!”
“E
tu il medico bugiardo che tra poco mi dirà che è rapido
e indolore!”
“Sarà
rapido e indolore!”
“Sono
sicura del contrario!... Ma lo farò... Perché è
quello che fa una cacciatrice... si sacrifica per il bene
dell'umanità...” disse con una dose massiccia di
stucchevole enfasi.
Lily
rise, ed in quel momento sentì l'avviso di chiamata.
“Summer
aspetta in linea. Metto Kendra in conferenza”
“Pronto!
Lily ci sei?” “Sì Kendra, c'è anche
Summer in linea”
“Ahhh
bene, così vi aggiorno insieme. Klaus e lo squartatore sono a
Chicago. Non ho idea di cosa vogliano fare, per adesso sono in un
bar”
“Se
il bar in questione è lo StarDust, è possibile che
siano da Gloria, in fondo è la strega più potente della
zona...evidentemente Kluas è lì per cercare delle
risposte, se è così abbiamo poco tempo prima che scopra
la verità sulla doppelganger!” affermò Lily
seriamente preoccupata. “Il bar è proprio quello!”
Appena
sentì la parola “doppelganger” a Summer venne un
forte timore.
“Ragazze,
devo lasciarvi! Aggiornatemi appena sapete dell'altro” disse la
cacciatrice prima di riagganciare.
“Hei
aspetta! Cosa devi fare di tanto urgente? Summer?... Summer?”
domandava Lily senza ottenere una risposta.
Summer
era seriamente preoccupata che la doppelganger potesse nuovamente
seguire le traccie di Klaus.
Doveva
assolutamente controllare.
Anche
se aveva intimato quell'arrogante vampiro di stare alla larga
dall'ibrido, di certo non si fidava di lui: aveva l'aria del solito
presuntuoso che abbassa la cresta solo a suon di pugni, ma per Summer
questo non era certamente un problema.
%%%
“Leggi
ad alta voce. Mi sto annoiando!” si lamentò Damon.
“Te
lo puoi scordare! E poi sono certa che già sai bene cosa c'è
scritto qui sopra. Altrimenti non me l'avresti dato”
“Hai
indovinato Elena! Ho passato tutta la notte a cancellare le parolacce
e le scene di sesso” si girò per guardare la sua
reazione; com'era prevedibile, una faccia infastidita. “Aaahhh
ma se proprio ci tieni te le posso descrivere...in fondo hai diciotto
anni ora” “Ti ringrazio Damon, ma già ho il
presentimento che questo viaggio mi sembrerà mooolto lungo,
non peggioriamo le cose” gli disse con una vena di acidità.
“Non
sai cosa ti perdi: sono bravo con i dettagli piccanti” affermò
prima di mordersi il labbro inferiore.
Elena
lo riguardò seccata, quando l'immagine proiettata sullo
specchietto retrovisore catturò la sua attenzione. “Ho
come l'impressione che quella moto ci stia seguendo” asserì
dubbiosa.
Damon
guardò a sua volta nello specchio. “Ditemi che è
uno scherzo...” “Cosa ...a cosa ti riferisci?”
ma appena Elena ebbe finito di pronunciare questa frase, con una
forte accelerazione la moto li sorpassò di una decina di
metri, fermandosi in sgommata e bloccando la strada.
Damon
si fermò a giusto un metro di distanza dalla moto.
“Resta
in macchina” ordinò alla ragazza.
Il
vampiro scese dall'auto, ma già sapeva chi si trovava di
fronte; e quindi non restò sorpreso quando la donna si tolse
il casco rivelando la sua identità.
“Ma
che piacevole sorpresa!” esclamò Damon, mentre Summer si
avvicinava.
La
ragazza non perse tempo; gli diede un veloce e potente schiaffo con
il dorso della mano sinistra che fece spostare il vampiro di mezzo
metro, costringendolo a reggersi sul cofano dell'auto. Poi ancora;
gli afferrò il cranio con la mano destra destra e
l'avambraccio con la sinistra, bloccandoglielo dietro la schiena, e
gli spiaccicò per bene il viso sul cofano.
Elena
guardò quella scena e, dopo svariati secondi di sbigottimento,
scese anche lei dall'auto.
“Questi
modi non si addicono ad una signorina!” disse Damon, in notevole difficoltà.
“Vedi...non
te ne faccio una colpa, ho sbagliato io a credere di aver parlato con
un vampiro di intelligenza media. Dimmi, cosa non hai capito della
frase 'la doppelganger deve restare al sicuro'?” disse, mentre
aumentava la pressione sul cranio di Damon.
Intanto
il vampiro emetteva rauchi gemiti di dolore.
“Chi
sei? E come fai a sapere cosa sono?” domandò Elena,
visibilmente impaurita.
“Qui
sono io l'unica nella posizione di poter fare domande! E se non vuoi
che 'impaletti' il tuo amichetto ti conviene rispondermi; perché
siete sulle tracce di Klaus?” “Non dirle niente
Elena...” disse Damon a denti molto stretti.
Summer
aumentò ancora la pressione sul cranio del vampiro ed il
telaio della macchina si deformò sotto di lui.
“Non
è Klaus che stiamo cercando, ma il ragazzo che è con
lui” confessò Elena notevolmente preoccupata per Damon.
“Elena
fermati...non sappiamo se possiamo fidarci!” disse Damon, che
proprio non riusciva a liberarsi da quella morsa.
Summer
se lo tirò dall'avambraccio per rimetterlo in piedi.
“Tu
sei davvero fastidioso!” disse prima di spezzargli il collo con
una mossa rapidissima e decisa.
“Damon!”
esclamò Elena scioccata, mentre il corpo privo di sensi del
vampiro finiva rovinosamente a terra.
Summer
lo guardò con un attimo di soddisfazione, poi si sedette sul
cofano dell'auto.
Elena
corse verso Damon.
“Andiamo,
pochi drammi! E' un vampiro. Un paio d'ore e sarà come nuovo!
Ora torniamo a noi”
Elena
la guardava spaventata.
“Non
fare quella faccia. Non voglio farti del male, al contrario, sono qui
per proteggerti”
“Mi
risulta difficile crederlo” disse Elena, riferendosi a quella
sorta d'imboscata.
“Ammetto
di avere dei metodi d'approccio un tantino bruschi, ma, credimi, ti
puoi fidare di me” Elena la fissò attentamente, e per un
attimo pensò davvero di potersi fidare di lei ; quella ragazza
aveva un viso estremamente dolce ed anche la sua voce aveva un
qualcosa di confortante. Ma subito capì di non potersi fidare
di lei su basi di così poco conto.
“Mi
fiderò se anche tu risponderai a qualche domanda”
“Ok.
D'accordo. Vedi? Ora sono più calma... forse è il tuo
fidanzato a farmi saltare i nervi!” disse, guardando
infastidita quel corpo disteso al suolo.
Elena
sistemò il corpo del vampiro per metterlo in una posizione più confortevole
“Cosa?...No... Lui non è il mio fidanzato” fece, quasi distrattamente, sentendosi un po' stordita per via della strana situazione.
“Come
ti pare...Ritornando a noi. Perché cerchi lo squartatore?”
domandò seria.
“"Non chiamarlo così” bisbigliò Elena con gli occhi
velati di lacrime: faceva male sentire che Stefan era davvero
conosciuto in quel modo.
Summer
subito notò la tristezza sul viso della doppelganger.
“Non
mi starai per dire che...in realtà è proprio lui il tuo fidanzato, vero?!”
asserì visibilmente allibita, sentendo di conoscere già la risposta alla sua stessa domanda. Dal viso di Elena trapelava ogni cosa! E poi perché mettersi alle calcagna di Klaus? Doveva esserci un motivo estremamente valido! Si alzò per contrastare
meglio l'onda d'urto di quell'assurda notizia.
“Lui
non è così...e... vogliamo solo convincerlo a ritornare a casa”
disse con gli occhi ancora più lucidi.
“Non
posso crederci...” sussurrò la cacciatrice, mentre
girava lentamente su se stessa per smaltire quell'informazione.
“Va
bene. Ok. Non voglio giudicare. Quindi...se... sei innamorata di uno
dei più efferati vampiri degli ultimi due secoli: scelte tue!
Fai quello che ti pare! Ma ascoltami bene: Klaus ha intenzione di
creare altri ibridi, e non per organizzare un torneo di Poker, ma per mettere su un vero e proprio esercito; l'unico motivo per cui non
riesce ad attuare il suo piano è perché tu sei ancora
in vita...quindi...te lo chiedo per favore, metti temporaneamente da
parte i tuoi sentimenti...e pensa a quello che succederebbe se Klaus
riuscisse ad ucciderti...” Elena spalancò gli occhi e
senza accorgersene iniziò a stringere il suo ciondolo: il
simbolo del suo legame con Stefan.
Summer
si rese conto di aver scaricato una vera e propria bomba su quella
ragazza e, anche se non condivideva le sue scelte amorose, provò
pena per lei.
“Il
mio obbiettivo non è solo quello di proteggerti...” le
mise le mani sulle spalle; e da quel tocco delicato Elena non ebbe
più dubbi: poteva fidarsi di lei.
“Ucciderò
Klaus...puoi scommetterci! E dopo sarai libera di inseguire il tuo
ragazzo anche in capo al mondo; ma per ora, devi restare al sicuro”
le disse dolcemente.
Elena
annuì, ed in quel momento si sentirono dei gemiti provenire
dal pavimento: Damon si stava lentamente riprendendo.
“Torna
a casa...” sussurrò la cacciatrice, mentre si avviava
verso la moto.
“Aspetta”
disse Elena, facendola girare nuovamente verso di lei.
“Come
ti chiami?...Me l'hai promesso ricordi? Avresti risposto”
chiese Elena con una tenera furbizia.
La
cacciatrice sorrise “Mi chiamo Summer”, poi salì
sulla sua moto e partì.
Nota
dell'autrice: Ciao a tutti^^ come sempre ringrazio chi è
riuscito ad arrivare fin qui^^
Tengo
a precisare una cosa che, già lo so, purtroppo mi farà
perdere il 99% dei lettori (in poche parole resterà solo
NanyVale perché le farò pena xD) ma per correttezza
voglio puntualizzarlo ancora(e dico ancora perché già lo specifico nell'introduzione): questa NON E' UNA FIC DELENA. Anzi questa è una fic nata proprio per punire
Elena per il fatto di non essersi *Bip Damon già dalle prime
puntate della serie xD. Spero che comunque resti qualcuno a
seguirmi... Vi prego!!! Non fatemi sentire sola T.T
Alla
prossima^^
|
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Capitolo 10 *** Decimo Capitolo ***
Per
la gioia di Alice_InWonderland ritorna il corsivo: Dall'episodio
2x19. (Alice...cosa devi fare con quella mazza? O.O No! No!
Noooooooooooo!!!! Aiuto!!!)
Damon
grugnì mantenendosi il collo con la mano; poi, appena
riacquistò lucidità, si fiondò accanto ad Elena
visibilmente preoccupato. “Stai bene? Ti ha fatto del male?”
le domandò con apprensione, guardandola dolcemente e
mettendole le mani sulle spalle. “Sto bene...Torniamo a
casa” rispose infastidita, prima di ignorare il suo sguardo,
liberarsi dalla sua presa e salire in macchina. Il suo
comportamento mandò in confusione Damon, che la seguì
mettendosi al posto di guida. “Allora? Vuoi dirmi cos'è
successo?” domandò seccato dal fatto che Elena sembrava
volersi tenere per sé l'accaduto. “Perché mi
hai mentito?...Ohh aspetta, domanda stupida, dovrei piuttosto
domandare a me stessa perché continuo a fidarmi di te!”
“Ma si può sapere di che diavolo parli?”
domandò il vampiro, mentre continuava a massaggiarsi il
collo. “La ragazza: ci avevi già parlato. Ti aveva
detto che dovevo restare al sicuro. Perché non me l'hai detto?
Perché continui a tagliarmi fuori?” disse con
rimprovero. L'espressione del vampiro si fece
colpevole. “Ascolta...non volevo farti preoccupare; volevo
prima saperne di più” disse parzialmente dispiaciuto. La
ragazza lo guardò attentamente, poi fece un respiro profondo e
si calmò senza darglielo a vedere; in fondo gli risultava difficile arrabbiarsi seriamente con lui. “Portami a casa...” disse con un tono
più basso. “Non mi dirai cos'è successo vero?”
Lei gli lanciò un'altra occhiataccia decisa, e il vampiro capì che non
avrebbe ottenuto nessuna risposta.
%%%
Lily
chiuse il diario di William Smith, che tanto non andava oltre. Da
quello che riportava il diario del successivo osservatore, il suo corpo
venne trovato privo di vita sul letto della sua dimora. Andò
nella sua camera da letto e dall'armadio prese una valigia: doveva
preparare l'occorrente per trascorrere un paio di giorni a Mystic
Falls e, mentre prendeva gli indumenti da potare con sé, il
suo telefono squillò: Summer.
“Non puoi avere
idea di quello che ho scoperto! E' qualcosa che mi sta facendo andare
al manicomio!” iniziò Summer senza perdersi nel galateo
telefonico. “Dimmi...” Lily si preoccupò. “La
Doppelganger è sulle tracce di Klaus...perché è
innamorata dello squartatore!” “Cosa?” domandò
Lily allibita. “Hai capito bene!” La strega si
prese un attimo per elaborare meglio l'informazione. “Sei
arrabbia...o meglio...questo ti fa sentire pentita della scelta che
hai fatto?” le domandò in seguito con voce dolce. Summer
si diede qualche secondo per riflettere. “No... No. Se ho
disubbidito al Consiglio è stato perché quello che mi
chiedeva di fare andava contro i miei principi. Non me ne pentirò
mai. Io posso uccidere vampiri, licantropi, streghe e stregoni passati al
dark side...ma non posso prendermela con una ragazzina indifesa”
mormorò tristemente “Quello che mi fa rabbia, è
il fatto che volevo una vita diversa per lei, volevo appunto salvarla
da tutto questo, ed invece! Al posto di frequentare il capitano della
squadra di football si è innamorata del più psicopatico
vampiro degli ultimi tempi!” Si ammutolì per qualche
altro secondo ”..Beh... credo che questa sia la
dimostrazione del fatto che non si può scappare dal proprio
destino...” “In effetti è proprio impossibile”
affermò la strega. “Non giudico il fatto che si sia
innamorata di un vampiro, insomma, che ipocrita sarei? Vanto ex
esclusivamente vampiri! Ma...andiamo! Stefan Salvatore?! Sarebbe
troppo efferato e psicopatico perfino per me...credo che il fascino
del male abbia comunque un limite!” “Beh...,in
effetti, nella nostra 'lista nera' è al tredicesimo posto”
disse la strega, consultando una pagina della sua agenda. La Triade sapeva bene che non tutti i vampiri e i licantropi erano una minaccia per l'umanità, così cercava di raccogliere quante più informazioni possibili per stilare una classifica di quelli che erano realmente pericolosi. Appena
la strega ebbe finito di pronunciare quella frase, a Summer venne una
sorta d'intuizione. “E se... sbaglio o questo vampiro ha
anche un fratello altrettanto....vampiro?” “Sì,
ricordi bene, dovrebbe chiamarsi Damon se non sbaglio, ma qui sulla
lista non c'è” disse la strega passando il dito sui
venti nomi di quella lista ” Se hai bisogno di informazioni su
di lui, accendo il computer e controllo sul database” “No,
non preoccuparti era... giusto per curiosità” Summer
ricordava bene il nome pronunciato dalla doppelganger: era proprio
lui.
%%%
Stefan
e Klaus varcarono i cancelli del lato ovest del cimitero di HighGate
a Londra. Camminarono per una quindicina di minuti in quel luogo
dall'atmosfera serafica e al contempo inquietante; per poi fermarsi
di fronte ad una piccola nicchia, ricoperta di piante rampicanti e
con due vistosi angeli ai lati dell'ingresso. “Cosa stiamo
cercando?” domandò Stefan, anche se già conosceva
la risposta. “Il regalo di una cara amica” rispose
Klaus con il solito sorriso diabolico, mentre spalancava la
porta. Entrarono in quel piccolo ambiente lievemente illuminato
dalla debole luce che riusciva a penetrare dall'ingresso. Tutto,
all'interno, era fatto in marmo chiaro. Klaus si avviò
verso il centro della nicchia, dove c'era un'imponente tomba
anch'essa in marmo. Appoggiò le mani e con un leggero
sforzo la spostò interamente verso di sé; poi l'aggirò,
e con un gesto fece capire a Stefan di doverlo seguire. Infatti,
dove qualche secondo prima c'era la tomba, erano comparse delle
scale. Klaus scese lentamente, poi prese una delle torce
conficcate nel muro e l'accese con un accendino. Arrivarono in una
piccola stanza segreta, buia e umida ed al centro vie era un grosso
forziere di rame. Klaus sorrise e l'aprì, ma subito quel
sorriso scomparve. Niente. Del Grimorio non vi era traccia. Con
un gesto superfluo e ridicolo, dettato dall'incredulità,
avvicinò la torcia per vedere meglio; ma quello che trovò
fu solo una collana con un pendente a forma di cuore. Klaus la
riconobbe, e le sue grida echeggiarono per tutto il cimitero.
“Non
è possibile! Quella donna...è sempre colpa di quella dannata
donna!” urlò mentre sferrava un calcio al forziere. Lo
sguardo di Stefan era attonito: adesso davvero non sapeva cosa stesse
succedendo.
%%%
Inghilterra
1492 d.C
Katherine correva per il fiorito giardino del
castello. “Mi dovete inseguire” disse
ridendo. “Dovreste prendermi” continuò
fermandosi. “Ma se vi prendessi il gioco finirebbe”
disse Elijah divertito. “Grazie per l'intrattenimento”
“Sembravate tutta sola la dentro, ho avuto compassione per
voi” disse lui dolcemente. Katherine si sedette su di una
panca di pietra. “Klaus aveva promesso di passare la
giornata con me, ma non è ancora tornato a casa da ieri sera”
rivelò sconsolata. “Klaus vive solo secondo le sue
regole” “E' un uomo molto affascinante. Credo che sia
difficile per chiunque resistergli...” “Tuttavia...”
intercalò Elijah “Non comprendo perché mi
corteggi. Sembra che non tenga in alcun modo a me” disse la
ragazza, con ancora più tristezza. “Molte unioni sono
state costruite su molto meno” asserì lui. “E'
sbagliato volere di più?” Elijah si sedette accanto
a lei. “Con Trevor avevate di più?” “Trevor
crede di amarmi, ma il vero amore non è reale a meno che non
sia corrisposto. Siete d'accordo?” Lui stette in silenzio
per qualche secondo. “Io non credo nell'amore Katerina”
asserì con serietà. “E' troppo triste da
accettare My Lord. La vita è troppo crudele. Se smettiamo di
credere nell'amore...perché dovremmo vivere?” Elijah
accennò un sorriso, ed in quel momento vide arrivare Klaus.
%%%
Summer
sorseggiava dello scotch al bancone del Mystic Grill, mentre pensava
a quando, due anni prima, il Consiglio l'aveva mandata lì a
Mystic Falls per uccidere la doppelganger. Ricordò di
averla aspettata all'uscita della scuola seduta nella sua
auto. Neanche per un secondo le era passato per il cervello di
eseguire gli ordini che le erano stati imposti; anche se conosceva
bene le conseguenze a cui andava incontro disubbidendo. Ma non le
importava, non poteva farlo! Non avrebbe ucciso nessun essere umano e
soprattutto non avrebbe ucciso Elena. Si recò a Mystic Falls
solo per curiosità; solo per vedere di persona quella ragazza
con cui aveva qualcosa in comune...
Damon le si sedette
accanto. “Non è serata” disse seria, sperando
di dissuaderlo dall'idea d'importunarla. “Non dirlo a me.
Una pazza mi ha spezzato l'osso del collo” disse con risentita
ironia. “Evidentemente te lo sei meritato” asserì
con calma, mentre si alzava per scappare da quella seccatura. Damon
accennò un mezzo sorriso. “Sai...per la velocità
e per la forza le avrei dato un... settecento anni, un vero peccato
che ci sia una simile mummia in un corpo così sexy” si
morse il labbro inferiore e la guardò famelico. “Com'è
un vero peccato che ci sia un perfetto idiota in un corpo così
sexy” gli sussurrò acidamente prima di avviarsi. La
faccia di Damon si fece indecifrabile: quella donna lo
innervosiva. “Almeno ho indovinato? Mi riferisco
all'età...” Summer si voltò verso di lui
“Neanche lontanamente” “Allora puoi dirmela?
Andiamo, toglimi questa curiosità...ed io ti perdono
per...sai... il torcicollo” “Wow ti ringrazio. Come facevi a sapere che ottenere il tuo perdono era proprio in cima alla lista dei miei pensieri!?” disse con enfasi
e con marcato sarcasmo. Damon la guardava facendo i soliti finti
sorrisi, mentre aspettava la risposta che desiderava. Lei, dopo
averci riflettuto qualche secondo, lo accontentò “Te
lo dico giusto per umiliarti un po'...ventidue” Damon
la guardò sbigottito. “Non può essere...sei
troppo forte per essere un vampiro poppante” “Parti da
un presupposto sbagliato... io non sono un vampiro” Summer
si divertì ad osservare la sua reazione: ma sapeva che non le
avrebbe creduto, e che presto avrebbe tentato qualche stupido modo
per verificarlo. “Buonanotte Damon...Ahhh...mi raccomando,
un cuscino basso; sai...per il torcicollo” si divertì a
deriderlo. Damon la guardò con degli occhi inceneritori:
era un serio problema il fatto che quella donna fosse dannatamente
forte. Odiava sentirsi in svantaggio: già bastava Klaus a
farlo sentire così. Sorseggiò il suo bourbon e si
chiese se fosse il caso di crederle o meno.
%%%
Inghilterra
1492
“Guardate le stelle Katerina?” disse Elijah,
mentre guardava incuriosito il fatto che la ragazza stesse sdraiata a
terra nel mezzo del giardino. Katherine rise garbatamente ed alzò
la schiena restando seduta a terra. “Mi avete scoperta My
Lord” Elijah le si sedette accanto. “Le stelle...la luna...guardare il cielo
mi fa pensare che è lo stesso che osservavo dal giardino di
casa mia” continuò con tristezza. “Vi manca molto la
vostra terra Katerina?” Lo sguardo della ragazza
mutò. “Forse anche più di quanto dovrebbe...”
dal suo volto trapelò una mal celata amarezza. Elijah la osservò
affascinato. “Ho qualcosa per voi” disse prima di
mostrarle una collana con un pendente a forma di cuore. “Oh
mio Dio... è bellissima My Lord” asserì
sinceramente; poi si alzò e spostò i lunghi
capelli per far capire ad Elijah di mettergliela subito. Il
vampiro contemplò per un istante il suo collo: il desiderio
che gli attraversò lo stomaco, però, non era quello di
morderlo. “A quale occasione devo questo gesto così
dolce My Lord?” Elijah sorrise e passò la collana
attorno al collo della ragazza. “Nessuna occasione Katerina;
semplicemente trovo grazioso il fatto che crediate così fortemente
nell'amore. Spero che restiate di questa convinzione per sempre...” disse con
dispiacere: mancavano solo due giorni alla luna piena. “Allora
non me la toglierò mai My Lord, così crederò per
sempre nell'amore...e per sempre mi ricorderò di voi...”
rispose timidamente. Il petto di Elijah si strinse per un secondo.
Sorrise dolcemente “Fareste meglio ad andare a riposare ora
Katerina, si è fatto davvero tardi” suggerì con
voce tenera. La ragazza fece un radioso sorriso ed un'elegante
riverenza “Buonanotte My Lord”. Appena Katherine fu
distante si avvicinò il motivo per per cui Elijah l'aveva
allontanata. “Che scenetta romantica! Ma non credete che sia
stupido omaggiare una fanciulla che tra due giorni sarà...parecchio
morta!?” disse Klaus con la solita perfidia. “Volevo
fare qualcosa per lei appunto perché la sua vita giungerà
presto al termine...” tentò di giustificarsi. Klaus
lo guardò con sospetto. “Siamo vampiri caro
fratello...dimenticarlo ci rende deboli” gli lanciò
un'occhiataccia “Ed io non tollero la debolezza...” si
girò e si avviò verso il castello.
Come
sempre ringrazio chi è arrivato fin qui^^
Ps:
NanyVale dooooveee seeeiiii?!? I Need You!!!! T.T
|
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Capitolo 11 *** Undicesimo Capitolo ***
Klaus
e Stefan si erano accomodati in un tipico bar della zona. Klaus
non aveva ancora proferito parola e continuava a fissare il pendente
di quella collana con un'espressione che era una via di mezzo tra
quella di un pazzo furioso e quella di un uomo fortemente amareggiato
dalla vita. Stefan se ne stava in silenzio; non aveva idea di come
prenderlo, eppure avrebbe tanto voluto capirci qualcosa. Le loro
ordinazioni furono portate da una timida ragazza bionda, maggiormente
intimorita dall'alone di negatività di Klaus. Stefan
sorseggiò la sua birra, Klaus il suo scotch. “Non le
permetterò di rovinare tutto anche questa volta...”
mormorò l'ibrido. “Di chi parli?” azzardò
Stefan con cautela. “Katerina...” sussurrò con
lo sguardo fisso sul pendente. “Cos'ha fatto?” “Ha
rubato ciò di cui non avrebbe neanche dovuto conoscere
l'esistenza” “Katherine è una donna furba...è
sua quella collana?” “E' sua...” “Perché
lasciarla lì?” chiese Stefan, che proprio non riusciva a seguire
le mosse di quella donna. Klaus non rispose subito; si diede qualche secondo per ingoiare tutto l'amaro di quella situazione “Per farmi sapere che ciò
che sto cercando...ciò di cui ho bisogno...è nelle sue
mani” rivelò, poi, con una calma intrisa di rabbia. “Sì, ma
perché?” “Mi deludi amico mio, non ci arrivi?”
Klaus gli diede qualche secondo per riflettere. “Per
farti sapere di avere... della merce di scambio” azzardò
il vampiro. “Esattamente”
%%%
La
sveglia interruppe bruscamente quel sogno che le era già
volato dalla mente. Si girò alla sua destra per spegnere
quell'infernale aggeggio; e con gli occhi ancora chiusi toccò
a casaccio gli oggetti sul comodino. A missione terminata, si girò
alla sua sinistra per crogiolarsi ancora qualche minuto su quel
comodo letto. “Buongiorno dormigliona!” disse Damon
comodamente agiato accanto a lei con le braccia incrociate dietro la
testa. Elena sobbalzò. “Damon, che ci fai qui? E
soprattutto sul mio letto!?” chiese ancora stordita
dal sonno, mentre, nascondendo un sorriso divertito, lo cacciava via con la mano. “Mi assicuro che tu non faccia tardi a scuola” rispose con
ironica naturalezza. Si diresse verso il suo comò e lo
aprì. Prese dal cassetto un reggiseno lilla e un tanga
viola, sotto lo sguardo furente di Elena. “Umm...sì, dovrebbe
andare” mormorò contemplando quegli indumenti. Elena,
come un fulmine, balzò dal letto, gli tolse quella biancheria
dalle mani, e con fare ancora più veloce li riposò nel
cassetto chiudendolo con uno scatto deciso. “Cosa vuoi?” scandì
esasperata. Damon si avviò verso la finestra “Informazioni...”
mormorò serio. “Che genere di informazioni?” “Lo
sai bene” Elena capì immediatamente di cosa
parlava. “Quindi io dovrei dirti tutto, mentre tu puoi
continuare a tenerti le cose per te! Dico bene? Beh, mi dispiace Damon, ma non è così che funzionano le cose!” asserì con un soddisfatto tono dispettoso. Damon aveva sfacciatamente
omesso ciò che sapeva su Summer; stare un po' sulle spine forse gli avrebbe fatto imparare la lezione! “Ok. D'accordo. Ti
dico quello che so. Ieri l'ho incontrata al Mystic Grill e... ci siamo
scambiati qualche ...frase affettuosa. Lei ci ha provato
spudoratamente con me, mentre io...sai...mantenevo le distanze”
Elena lo guardò dubbiosa, e subito il vampiro capì
che non se la sarebbe bevuta. “Ok. E' stata scontrosa e
acida, e l'unica cosa rilevante che mi ha detto è
che lei non è un vampiro” “Come non è un
vampiro?” con quel tono più acuto palesò tutto il suo stupore a riguardo . “...E da questa
domanda devo dedurre che non hai le informazioni che speravo” Elena
assunse un'aria pensierosa. “Andiamo, Elena! Giochiamo nella
stessa squadra, dobbiamo sapere le stesse cose” disse
angelicamente, mentre Elena lo guardava contrariata. Damon predicava
bene e razzolava male! “Seriamente? Proprio tu vieni a
dirmi una cosa del genere?!” “Ah, ma io sono quello incorreggibile! Sei tu
quella brava e giusta. E in quanto tale...devi darmi il buon esempio!” argomentò
con convinzione. Elena, ormai esasperata, decise di parlare. “Si
chiama Summer; ha detto che Klaus vuole creare un esercito di ibridi; ma attualmente non ci riesce perché
io sono ancora in vita...e quindi...la maledizione non è stata
spezzata del tutto, o qualcosa del genere; è qui per
proteggermi e per uccidere Klaus. Questo è tutto quello che
so. Ora puoi lasciare la mia stanza?!” Damon le si avvicinò
a distanza ravvicinata e la guardò fisso negli occhi.
“Metterai il completino che ti ho scelto?” sussurrò
con voce sexy. “Fuori!” Elena gli indicò la porta, ancora una volta, cercando di non sorridere.
%%%
Dal
Diario di Grayson Wood
Vienna
1515 d.C
Per
il mio compleanno, Gisél e Victor si sono impuntati e mi hanno
lasciato la serata libera. Titubante all'idea, ho finito comunque per
cedere al loro amichevole gesto. Ero un po' in ansia al pensiero di
lasciare Gisél. E' stata messa a ruolo solo qualche mese fa.
Ha da poco compiuto quindici anni e per ora ha ucciso solo un
vampiro, e neanche tanto forte; ma, il pensiero che comunque si
trovasse con Victor, mi ha rincuorato permettendomi di prepararmi per
la mia serata di svago con gli amici del circolo. E lo svago era
appunto l'obbiettivo primario, ma come sempre, noi della triade il
lavoro ce lo portiamo ovunque. Sono entrato nel salotto del mio
caro amico Lord Mayer con una cassa di bottiglie di vino per tutti.
L'idea era del solito torneo di carte accompagnato da discorsi da
uomini; denaro, caccia...donne. Ed è qui che ciò che
doveva essere una piacevole serata, si è trasformata nella
solita routine lavorativa. Lord Mayer mi ha informato della nuova
dama di compagnia di sua moglie Adele, risparmio gli apprezzamenti
volgari che ha fatto sul suo corpo, e passo a ciò che ha
acceso la mia curiosità verso quella donna. Ha detto che è
una donna di mondo; nata in Bulgaria, ha vissuto poi qualche anno in
Inghilterra, poi ancora Francia ed ora Austria, sempre da sola. Una
donna così intraprendente non è mai vista di buon
occhio, e chi è del nostro ambito sa che solo una donna
vampiro ha tutto questo bisogno di spostarsi da un luogo ad un
altro. Assalito da questo dubbio ho chiesto al mio caro amico di
presentarmela e lui non ha esitato. Ci siamo recati nell'ala est di
quell'imponente dimora e lì, in una stanza, Lady Mayer
ricamava angelicamente insieme ad una giovane donna. Quando questa sì
è alzata dalla poltrona per presentarsi, il mio volto deve
aver cambiato colore, diventando di un bianco pallido. Era la
doppelganger. Non ne avevo dubbi. L'illustrazione che ci ha fornito
il Consiglio figurava per filo e per segno quella donna. “Lasciate
che vi introduca Miss Katherine Pierce mio caro amico” mi ha
detto Mayer con innocenza. Era chiaro che non sapesse nulla. Come
avrebbe mai potuto. Il compito che ci ha assegnato il Consiglio è
chiaro. La doppelganger deve morire. Il mio predecessore, Sir William
Smith, nell'ultima pagina del suo diario lo definì, se non
erro, un ordine che meritava sdegno, io invece, credo sia la cosa più
giusta da fare. Una vita non vale quella di cento. Ero più
determinato che mai...avrei portato a termine il mio compito.
%%%
Summer
voleva tentare l'ultima spiaggia: l'agenzia di pegni. Se anche qui
avesse fallito, l'alternativa sarebbe stata intrufolarsi in ogni casa
a mo' di Lupin pensò scoraggiata. Entrò in quel
negozio dalle pareti di un verde che godeva di tutto il suo
disappunto. “Buongiorno signorina come posso aiutarla”
disse l'uomo, un po' grassottello e sciatto, dietro al
bancone. “Salve, vorrei sapere se avete un oggetto del
genere” e gli mostrò il disegno che aveva in
borsa. “Ummm...no, proprio così no. Ma di ciondoli a
forma di fiore dovrei averne altri se le interessano”... “Fate
una collezione?” chiese dolcemente indicando la collana della
ragazza. “No...” sorrise “La ringrazio
ugualmente” e si avviò verso l'uscita. “Buona
giornata” disse allegramente di proprietario.
“Un'
agenzia di pegni...Hai bisogno di contanti per mantenerti agli
studi?” disse una fastidiosa voce dietro di lei. Summer
la riconobbe e fece un'espressione di puro avvilimento. “Seriamente,
non hai altro di meglio da fare?” “Beh importunare le
belle ragazze è uno dei miei hobby preferiti. A proposito, se
hai bisogno di soldi puoi tentare in qualche strip club, sono sicuro
che ti prenderebbero” disse dando un'impertinente e fugace
occhiata al suo seno. Summer fece un profondo respiro: si
trovavano nel bel mezzo della strada, non poteva ucciderlo! “Sai
Damon...la vita è un dono prezioso...perché vuoi
privartene?” domandò serafica ma visibilmente sfinita
dalle continue apparizioni di quel tipo. Damon alzò
leggermente le mani in segno di pace. La ragazza decise di
ignorarlo e si avviò per la sua strada, ma il vampiro la
seguì. “Allora, seriamente, cosa stiamo cercando?”
domandò affiancandosi alla ragazza. “Stiamo?!”
ripeté lei sbigottita. “Voglio aiutarti...insomma,
hai detto ad Elena che sei qui per proteggerla ...aiutarti è
il minimo che io possa fare” disse con un tono angelico
sfacciatamente finto. Summer lo guardò con un'espressione
interrogativa e perplessa: quel tipo credeva davvero di essere così
furbo?! “Vuoi aiutarmi?! Bene! Stammi alla larga!”
scandì minacciosa guardandolo negli occhi. “Che c'è?
Hai forse paura che standoti accanto potrei scoprire che in realtà
sei un vampiro?” domandò lui senza abbassare lo
sguardo. Lei l'osservò divertita. “E' la cenere
del tuo orgoglio a farmi questa domanda?” gli domandò
con cattiveria. Lui sorrise falsamente divertito. “Il mio
orgoglio è intatto; cenere invece è ciò che probabilmente
diventeresti se ti togliessi questa bella collanina. Non è
vero?” disse mentre allungava la mano per toccare quel pendente
a forma di rosa; ma subito la cacciatrice gli bloccò il
polso. “Credo che per oggi tu abbia abusato fin troppo della
mia pazienza” disse la ragazza a denti stretti mentre gli
torceva il polso. Damon aveva il volto contorto dal dolore e allo
stesso tempo soddisfatto; pensava di averla smascherata. Rapidamente,
con l'altra mano, prese dalla tasca del pantalone una piccola ampolla
di vetro, la stappò col pollice e versò il contenuto
sul braccio della ragazza; convinto che questa, dal dolore, avrebbe
poi lasciato quella brutale presa. La ragazza osservò
quello strano gesto con curiosità, perplessità e
compassione. “Lasciami indovinare! Verbena!... Dio quanto
sei ridicolo!” con una faccia infastidita lasciò la
presa e si occupò di qualcosa di più importante del suo
interlocutore: il suo braccio bagnato di un liquido
appiccicoso. Damon era scioccato: la verbena non aveva avuto
nessun effetto. “Ok. Ti credo” Summer, che intanto
cercava delle salviettine imbevute nella sua borsa, alzò
momentaneamente lo sguardo killer verso di lui: - Ok. Ti credo -
davvero era convinto di cavarsela come se nulla fosse successo? Ma
quale serio problema psicologico aveva quel tipo? Si domandò. “E
questo cos'è?” disse il vampiro, che aveva buttato
l'occhio nella borsa della ragazza. Prese quel foglio piegato in
quattro e velocemente l'aprì. Tutto sotto lo sguardo furioso e
allibito di Summer. “Ok...questo proprio non dovevi farlo”
bisbigliò la cacciatrice carica di rabbia. “Se stai
cercando qualcosa qui a Mystic Falls, hai bisogno dell'aiuto di
qualcuno del posto non trovi?...E si dia il caso che io sia del posto
da taaanto tempo” disse sventolando quel foglio. Summer
placò momentaneamente la sua furia omicida. Quell'idiota aveva
ragione. Ma non avrebbe mai e poi mai accettato il suo aiuto. C'era
ancora una speranza: Lily. Gli strappò il foglio dalle
mani. “Per oggi la mia pazienza è arrivata al limite:
lasciami in pace” disse con quella calma che precede la
tempesta, a dieci centimetri dal volto del vampiro. Lui osservò
attentamente quegli occhi carichi di determinazione e ferocia ma che
comunque mantenevano un retro di dolcezza, e capì di averla
stuzzicata abbastanza. Di nuovo alzò le mani in segno di resa. “Almeno pensaci...” suggerì con cautela;
poi si fece colpire dall'ultima occhiataccia e la vide avviasi.
%%%
Summer
era seduta sul suo letto con le spalle poggiate allo schienale e le
gambe distese sul materasso. Leggeva le pagine di un diario con
un'espressione infinitamente malinconica e, senza accorgersene,
giocherellava con il pendente della sua collana. Ad un tratto,
una garbata bussata alla porta della sua stanza la destò da
quella concentrazione. Con velocità ripose il diario in un
cassetto del comodino e s'infilò una vestaglia. Aprì
la porta con curiosità. “Stregoneria a domicilio!”
disse allegramente Lily. Summer sorrise e l'abbracciò. “Non
vedevo l'ora che arrivassi” disse con affetto e sincerità. “Sul
serio? … Guarda che ho portato con me tutto il mio spirito
vudù!” asserì scherzosamente alzando la sua
valigia. “Diciamo che le circostanze mi hanno fatto
rivalutare la stregoneria...” il tono di Summer aveva una vena di
abbattimento: in realtà era stato un rompiscatole in
particolare a farle rivalutare la stregoneria!
Nota
dell'autrice:
Ed
eccomi qui con un nuovo capitolo^^ “Già fatto!”
risponde la bambina che fa la pubblicità della Pic. YESSS...ma
questo è l'ultimo aggiornamento alla velocità della
luce, perchè purtroppo il mio bellissimo periodo di ricotta
pura sta giungendo al termine T.T Ma non temete, avendo
all'attivo una sola Fic, di certo non sparirò. Solo che i
capitoli non saranno più così...a raffica xD Penso
che, organizzandomi bene, uno alla settimana è comunque
assicurato! (Vabbè io poi faccio tutti questi
preamboli...ma chi mi calcola?! xD però questo è lo
spazio dell'autrice e quindi mi sento libera di parlare...qualcuno è
interessato a conoscere la mia frustrazione sul fatto che non
esistono più le mezze stagioni? Ok. La smetto. xD) Detto
questo, voglio aggiungere che secondo me qualcuno, leggendo la mia
Fic, di sicuro avrà pensato “Ma questa mette sempre
carne a cuocere!?!?!” in effetti è così xD...però
vi assicuro che ogni Hamburger alla fine avrà il suo panino.
Woow...ma da dove mi esce tutta questa poesia...Ahh ecco è
quasi ora di pranzo! Vabbè come sempre ringrazio chi è
arrivato fin qui^^ E la NanyVale che, presa da una mossa di
compassione, è ritornata!!!^.- Alla prossima!!!
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Capitolo 12 *** Dodicesimo Capitolo ***
Dal
diario di Grayson Wood
Vienna
1515 d.C
La
carrozza mi aspettava fuori al palazzo di Lord Mayer per riportarmi a
casa. Avevo salutato tutti, anche la doppelganger. I suoi modi
erano rispettosi e garbati, e per un breve attimo ho avuto pietà
per lei; ma la salvezza del mondo di certo ha la priorità
sulla vita di una singola fanciulla. Ero indeciso sul da farsi, ma
sentivo una gran voglia di risolvere la cosa al più presto.
Come quando si è affetti da un male fisico e non si vede l'ora
di porvi rimedio: anche se la cura è dolorosa quanto il
male. Così ho preso la mia decisione: avrei agito quella
stessa notte. Non volevo scomodare Gisél e Victor: non
necessitavo di una cacciatrice e di uno stregone per uccidere una
ragazzina. Trovavo ridicola l'idea di elaborare un piano a riguardo;
siamo abituati a fronteggiare ogni sorta di diabolico mostro, per una
fanciulla indifesa sarebbe bastato un cuscino premuto sul viso,
nient'altro. Mi sono avviato verso la carrozza ed ho salutato
tutti facendo un ultimo gesto con la mano. Appena la carrozza si è
allontanata dal palazzo, ho ordinato al cocchiere di fermarsi; sono
sceso e gli ho detto di proseguire senza di me. Ovviamente, l'uomo
mi ha guardato con sospetto, ma io mi sono subito giustificato
dicendo di aver mangiato troppo e di voler fare appunto due passi per
alleggerirmi. Ho aspettato qualche ora per la strada, poi mi sono
avviato. Ciò che giocava in mio favore era la ventennale
amicizia con Lord Mayer. Il suo palazzo lo conoscevo alla perfezione
in ogni metro quadro. Dovevo solo sperare in un po' di buona sorte
che mi avrebbe permesso di agire inosservato. Sono passato per le
stalle, facendo attenzione a non svegliare i due cavalli di Mayer. Lì
c'è una piccola entrata di servizio che solitamente viene
lasciata aperta anche di notte. Sono entrato senza problemi, passando
per la cucina. Lì, una domestica puliva le stoviglie del nostro
banchetto; ed ho camminato alle sue spalle attento
a non fare neanche il più impercettibile rumore. Superato
quell'ostacolo, la strada era spianata. Le luci spente mi rallentavano
agevolandomi al tempo stesso. Ho raggiunto velocemente l'ala in
cui sospettavo avessero accomodato Lady Pierce. Negli anni Adele
ha cambiato molte dame di compagnia: è una donna volubile che si
stanca velocemente delle persone; l'unica costante è la stanza a
loro riservata. Ho osservato attraverso il buco della serratura
per accertarmi che le luci fossero spente. Con
lentezza ho girato il pomello e mosso la porta sperando che questa
non cigolasse. Sono entrato a passo felpato guardandomi attorno: la
luna delineava i contorni dei mobili e rischiarava leggermente anche
il letto su cui la ragazza dormiva beatamente. L'ho osservata
giusto l'attimo necessario a convincermi della necessità del
gesto che avrei di lì a poco compiuto. Le mie azioni, anche
quelle più ignobili, sono purificate dai grandi ideali di cui
sono portatore: non avrei esitato. Ho preso un cuscino e con forza
l'ho premuto contro il suo viso. L'ho sentita svegliarsi ed agitarsi
sotto quella stoffa imbottita di lana; poi è successo qualcosa
che proprio non mi aspettavo. Con forza sono stato scaraventato
contro la parete: il suo candido volto si era trasformato in quello
dei demoni che combattiamo. Il mio stupore ha bloccato ogni possibile
movimento del mio corpo, facendo sì che fossi per lei una
facile preda. Si è scaraventata su di me azzannandomi il
collo; ed in quel momento il dolore mi ha destato permettendomi di
reagire. Fortunatamente ho sempre con me una fialetta di verbena.
L'ho estratta dal mio taschino e l'ho infranta sul suo volto. Gli
occhi hanno cominciato a fumarle e, accecata, mi ha dato un'ultima
spinta e poi è scappata via. Il fracasso ha svegliato Mayer
e sua moglie che mi hanno raggiunto immediatamente. Non ho avuto
scelta, ho dovuto dire loro la verità incitandoli a passare la
notte nella loro dimora al centro di Vienna. Sorvolo i dettagli sulla
loro incredulità. Stamane ho firmato l'atto di proprietà
del loro palazzo. Questo dovrebbe impedire a quel demone di fare del
male ai miei cari amici. Per quanto riguarda l'ordine del Consiglio,
esso è giustamente annullato. Una doppelganger vampira non può
spezzare la maledizione: sono al contempo sollevato e turbato.
%%%
Damon
l'aveva scaraventata contro il muro con violenza, per poi raggiungerla un
instante dopo. La osservò con lo sguardo famelico di chi
sta bruciando dentro. Le sue mani le accarezzarono le cosce dal basso
verso l'alto, con una lentezza densa di desiderio, portando con sé
il raso di quel minuscolo Babydoll. Passarono sull'addome, poi
sfiorarono i seni e terminarono sulle braccia, lasciando che
l'indumento scivolasse elegantemente a terra. Ora, l'unico capo che
ricopriva il suo corpo era un tanga provocatorio, mentre il seno,
prosperoso e tonico, era nudo ed incitava i suoi pettorali, già
liberi da ogni stoffa, a scontrasi contro quell'invitante e fresca
morbidezza. Un ansimo di voglia esasperata precedette un bacio avido
ed incontrollato. E lui sentì le sue labbra che ricambiavano
con lo stesso desiderio; le sue unghie che gli graffiavano lentamente
la schiena e le cosce che gli cingevano la vita con decisione. Gli
sembrò che i sensi si stessero gradualmente fondendo
amplificando la percezione di ogni attimo. La ragazza mosse il
bacino ritmicamente, come per attirare a sé la parte di lui
che già era fuori controllo. Damon, esasperato, le afferrò
i glutei per immobilizzarli, ma poi, con una vena di
autolesionismo, li spinse maggiormente contro il suo basso ventre per
godere di quell'attimo di piacevole tormento. La bocca scese sul
suo collo assaporandone ogni centimetro; poi sollevò quel
corpo leggero e delicato per portare il seno all'altezza delle sue
labbra, ed anche lì, ogni lembo di pelle fu accarezzato dalla
sua lingua. L'olfatto ed il gusto si mischiarono in una sensazione di
dolcezza assuefacente che lo costringeva, suo malgrado, a continuare
con quei lancinanti e sublimi preliminari. Le mani della ragazza
salirono alla nuca per passargli le dita tra i lisci capelli corvini
e per accentuare la pressione contro il suo seno. La sua
voce, che adesso si riduceva a dei gemiti incontrollati, echeggiava
nel cervello del vampiro impossessandosi della sua volontà. Ogni
gesto era dettato solo ed esclusivamente dal disperato bisogno di
placare quelle fiamme che lo stavano bruciando dall'interno...
%%%
“Quindi...cos'hai
in mente?” domandò Summer, prima di ritornare a
sorseggiare il suo caffè macchiato. Lei e Lily stavano
tranquillamente facendo colazione in un piccolo bar, sedute
all'aperto per poter godere appieno del tiepido sole di quella
domenica mattina. “Ricordi quando scherzando mi hai
ricordato che il corpo di Esmaél reagì al pugnale anche
se si trovava a qualche metro di distanza da lei e che tu quando
tocchi gli altri due oggetti senti uno strano formicolio?”
“Sì, certo” “Bene... sappi che la mia
idea è nata proprio da queste due osservazioni” Summer, mentre azzannava i suoi
Pancakes, ascoltava con attenzione. “Devi sapere che quando una cacciatrice tocca il
pugnale, questo lascia impresso una notevole energia nel suo corpo, e questo è il motivo per cui ci serviamo delle ossa di Esamél per gli incantesimi di localizzazione degli elementi.
Ciò avviene perché sono complementari: la strega
originaria diede vita ad entrambi con lo stesso incantesimo, mi
riferisco all'innesco, ovvero l'attivazione dei poteri della
cacciatrice prescelta, e il pugnale” Lo sguardo di Summer
era sempre più attento. “...E questo spiega anche perché
il corpo di Esmaél reagì in quel modo alla sua
vicinanza... dico bene?” aggiunse la cacciatrice, per mettere alla prova
ciò che stava capendo. “Esattamente” Lily
sorseggiò la sua spremuta di carote. “Ora...se il
pugnale fosse al suo stato originario, con la tua naturale sensibilità ad esso, anche se
il campo di ricerca fosse esteso come in questo caso, comunque
avresti un modo per trovarlo: mi riferisco appunto al fatto che
dovresti avvertire dei sintomi simili a quelli che avvertì Esmaél
nelle sue vicinanze. Ma adesso non è più così, perché, essendo il
pugnale diviso, anche la sua energia è divisa...anzi è
anche notevolmente ridotta” “Quindi?!” domandò
Summer, che proprio non capiva dove volesse arrivare l'amica. “Quindi
entro in campo io” rispose allegramente la strega indicandosi,
per poi continuare. “Come ben sai noi possediamo molte delle
ossa di Esmaél, perché il predecessore del signor
Harris... adesso non ricordo il nome...” A quella frase, il
volto di Summer si perse momentaneamente nel vuoto. “Comunque
quel tizio che, almeno questo lo ricordo benissimo, Harris
definiva 'il borioso scellerato' “ continuò Lily,
ridendo dolcemente al ricordo dell'osservatore che aveva preceduto
Kendra; ma, quando notò il sorriso sforzato di Summer, capì
di essere stata indelicata e subito tornò seria. Lily
sapeva che Summer non aveva mai pianto per la sua morte, ma la
riviveva ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome. Era il
grande difetto della sua cara amica: tenersi tutto il dolore dentro e
non lasciargli mai neanche un piccolo spiraglio per
uscire. “Beh..lui voleva tutte le ossa sotto la sua
custodia, e passò gran parte del suo tempo a recuperarle...“
riprese con voce incerta. “Forse voleva farle in brodo...”
asserì Summer, con gelida e distratta ironia, guardando il
fondo del suo bicchiere. Lily notò quel cambiamento nel
tono della sua voce ma, conoscendo l'amica, decise di proseguire con
la spiegazione, senza approfondire un argomento che avrebbe solo
portato all'innalzamento di mille barriere recintate ed
elettrificate. Sorrise meccanicamente e continuò con il suo
discorso. “Beh il mio intento è di usare l'energia
residua delle ossa che abbiamo per...amplificare la tua reattività
all'oggetto, che detto in parole semplici si traduce in una maggiore
sensibilità alla sua vicinanza” Summer elaborò
tutto quello che Lily le aveva appena spiegato. “Quindi se
dovessi trovarmi nel luogo in cui è custodito il medaglione
dovrei avvertire gli stessi sintomi che avvertì Esmaél.
Giusto?” chiese incuriosita e affascinata dalla grande trovata
dell'amica. “Questo...beh non so dirtelo. Personalmente
credo che ogni cacciatrice possa reagire in modo diverso alla
vicinanza del pugnale, ma questo è il mio parere. Di
documentato abbiamo solo l'esperienza di Esmaél quindi non
possiamo fare paragoni. Non voglio mentirti Summer...la verità
è che non ho idea di cosa potresti avvertire...” disse
titubante e dispiaciuta. Summer ci pensò per qualche
secondo. “Ummm....un rito Vudù dagli effetti
collaterali ignoti: come posso rifiutare!?” disse infine con
un dolce e ritrovato umorismo.
%%%
Damon
si svegliò di soprassalto: infastidito e sorpreso. Non
poteva credere di aver fatto un sogno erotico su quella donna così
indisponente ed insopportabile, ma le prove fisiche ad onor del vero
erano inequivocabili. Sì alzò stranito e soprattutto
stizzito. Che fosse una bella donna non poteva negarlo. Se fosse
stata una donna qualsiasi, con quei requisiti, già sarebbe
stata la validissima sostituta di Andie. L'avrebbe soggiogata e poi
si sarebbe divertito a domare il suo caratterino... ed il suo bel corpo;
sarebbe stata la distrazione perfetta. Ed invece, era chissà
quale mostro sbucato dagli inferi con lo scopo di infastidirlo e di
farlo sentire ancora una volta inadeguato a proteggere la donna che
amava. Aprì il rubinetto della vasca da bagno: immergersi
nell'acqua calda era l'unica cosa che in quel momento poteva
rilassare i suoi nervi.
%%%
“Ok.
Facciamolo!” disse Summer alla sua amica, incitandola a
preparare l'occorrente per il rito. In quella piccola stanza di
Motel lo spazio era davvero poco, e Lily dovette ragionarci un po' su
prima di decidere dove disporre i simboli esoterici necessari alla
riuscita dell'incantesimo. Con del sale rosso disegnò tre
stelle a sei punte: due grandi ed una più piccola al centro;
poi contornò a cerchio questi simboli con delle piccole
candele. Prese il piccolo scrigno di legno in cui erano custodite
le ossa della cacciatrice, e le posizionò una per volta al
centro della stella più piccola. “Allora...abbiamo il
teschio, un femore, un pezzo di osso sacro...e questo qui invece non
ho proprio idea di cosa sia!” parlò tra sé e
sé, mentre compiva quel gesto. Summer la guardava con
l'espressione di un bambino all'ambulatorio che ha la consapevolezza
di essere lì per fare un dannatissimo vaccino. Lily fece un
gesto a Summer che le indicava di mettersi al centro di una delle
stelle più grandi. “Siediti in posizione yoga”
suggerì la strega. Un'altra smorfia si dipinse sul volto
della cacciatrice. Subito dopo, anche Lily si posizionò al
centro dell'ultima stella libera. Chiuse gli occhi e le candele si
accesero a mo' di domino. Quando li riaprì, le sue iridi erano
scomparse: gli occhi erano diventati interamente di un azzurrino
luminescente. Summer deglutì lievemente turbata: odiava
vedere l'amica in versione Witch
in Progress
. Potevano passare gli anni, ma proprio non riusciva ad abituarsi a
quell'aspetto glaciale. Come impossessata da chissà quale
forza antica, Lily iniziò a pronunciare delle parole
irripetibili, ed un vento caldo roteò intorno a loro fino ad
arrivare alle ossa. Lì un mini-uragano sembrò
triturarle, ma Summer non ebbe neanche il tempo di meravigliarsi
dello spettacolo che questo vortice, con prepotenza, le giunse alla
bocca, spalancandola, e lasciando che tutto ciò che si era
formato venisse accolto nel suo corpo. Avverì una
sensazione indescrivibile: si sentì incredibilmente forte e debole
nello stesso istante e percepì ogni centimetro del suo corpo.
Il rito durò giusto un minuto, poi la bocca di Summer si
chiuse e le candele si spensero. “Tutto qui!” esclamò
allegramente Lily, che intanto aveva riacquistato il suo dolce
aspetto. “Tutto qui!? Ho appena mangiato un liofilizzato di
cacciatrice!” asserì sconvolta, toccandosi la gola. “Ne
sarà valsa la pena... vedrai!” affermò la strega
soddisfatta del proprio operato.
Nota
dell'autrice. Voglia
di studiare saltami addosso!!! Ieri sera mi sono staccata dai
libri e non ho proprio resistito, se proprio dovevo cazzeggiare,
preferisco fare un altro capitolo^^ Spero che vi piaccia.^^ Ps:
perdonate il tremendo cliché del “sogno erotico”...lo
so è di una banalità assurda, però ritengo che
sia anche veritiero (almeno a me succede sempre di sognarmi in
atteggiamenti equivoci con il desiderato di turno xD) Ringrazio:
Le dolcissime pulzelle che ogni volta mi fanno felice lasciandomi
il loro parere sul capitolo. Chi ha messo questa fic nei
preferiti/seguite (è bello sapere che ci siete) E chi è
arrivato fin qui^^
Alla prossima^^
|
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Capitolo 13 *** Tredicesimo Capitolo ***
In
un piccolo Bed and Breakfast della periferia di Londra, circondato
dal verde e dalla tranquillità, il cadavere insanguinato di un
uomo era agiato su una poltrona, mentre una donna di mezza età,
inginocchiata a terra, puliva con uno straccio le varie macchie di
sangue che riempivano la stanza. “Perdoni il macello Signora
Gibbon, la prossima volta il mio amico ed io cercheremo di non
imbrattarle tutta casa” disse Klaus con un malvagio sarcasmo,
divertito nel vedere la signora ai piedi del cadavere del marito che
puliva il sangue che dal collo gli era sceso fino alle dita e che ora
gocciolava lentamente a terra. “Non devi preoccuparti Klaus,
tu e Stefan siete i benvenuti” rispose gentilmente la donna,
mentre strizzava lo straccio rosso di sangue in una bacinella alla
sua destra.
%%%
Dal
Diario di Stefan Salvatore
Chicago
1922
La
pioggia torrenziale mi toglie ogni voglia di andare in giro per
locali. Per fortuna, ho delle graziose dame a tenermi compagnia. Sono
quattro giovani donne di notevole bellezza. Quella che “mi
sta servendo da bere” in questo momento si chiama Jennifer
Johnson. Le altre tre, si chiamano Cornelia Thomas, Katherine
Jackson e Valery Simmons. Sono qui con me da tre giorni; mi fa sorridere il pensiero di non avere
più un posto dove morderle. Valery a stento si regge in piedi:
penso sarà la prima a finire sul mio muro. E' da parecchio tempo che
non conto le mie vittime. L'ultima volta, ne erano
centosettantaquattro; ma ho vissuto delle notti molto...intense da
quel conteggio. Credo che adesso sfiorino i duecento. Spero davvero
di non aver superato questa cifra...la mia duecentesima vittima dovrà
avere un... trattamento speciale.
Elena, seduta sulla
panca sotto la finestra, leggeva le pagine del diario di Stefan con
attenzione. Ogni parola le sembrava un ago infilato con crudele
lentezza nel cuore. Il suo volto era pallido ed infinitamente
triste: era una lettura dura da digerire, ed in molti tratti quasi
surreale. Non riusciva ad immaginare il suo dolce Stefan in
atteggiamenti tanto inumani. Eppure quella era la sua scrittura...il
suo passato. Si voltò verso il paesaggio stringendo nella mano
il suo ciondolo. Cosa stava facendo in quel momento l'uomo che amava?
Aveva davvero rinunciato alla sua umanità per riprendere con
la sua vecchia vita? Una voce la destò da quei
pensieri. “Sei arrivata al punto in cui il cacciatore spara
a Bambi?” domandò Damon sulla soglia della sua stanza.
Sapeva che quel dispiacere impresso sul suo volto poteva essere
causato solo dal diario di Stefan, e per un momento si sentì
incredibilmente in colpa per averle dato un'ennesima ragione per
soffrire. “Damon... come mai sei qui?” gli domandò,
chiudendo furtivamente il diario. Il vampiro avanzò verso
di lei. “Dice la verità...non è un vampiro”
asserì con serietà. “Allora come fa ad essere
così forte?” “E' quello che vorrei tanto sapere
anch'io...ma vedi, ho un po' di difficoltà ad ottenere delle
informazioni da lei...è un po'...come posso dire, ostile nei
miei confronti” asserì infastidito. “Strano!”
esclamò lei con sarcasmo. “Cosa vorresti dire con quel tono?”
il vampiro, come sempre, toccava con nonchalance le sue cose: questa
volta era il turno di una sfera di vetro appoggiata sul comò. “Che
forse sono i tuoi modi a rendere le persone...ostili” disse, rimproverandolo bonariamente. Damon fece un
sorriso finto: come per mandare giù quel boccone veritiero ma
amaro. Elena notò quell'espressione e si pentì
immediatamente di quelle parole: non voleva essere così dura,
il vampiro aveva semplicemente sbagliato momento per presentarsi
all'improvviso come al suo solito. “Beh... vorrà dire
che le risposte che cerchiamo dovrai ottenerle tu. Sono sicuro che...
con i tuoi modi...riuscirai a farti dire anche come si chiamava il
suo fidanzatino delle medie” disse con ironica amarezza, mentre
si avviava verso la porta. Elena stava per scusarsi, ma Damon
parlò prima di lei. “Ah.. e non preoccuparti,
riusciremo a far ritornare Stefan il noioso e tormentato vampiro che
ami tanto, puoi starne certa” asserì con un misto di
risentimento e premura. La ragazza s'immobilizzò, e restò
in silenzio, mentre Damon lasciava la sua stanza. In quel momento, le si strinse il cuore, ma non riuscì a capire per chi dei due.
%%%
Summer
e Lily erano sedute in macchina. Il volto della cacciatrice era
un manifesto di puro avvilimento. “Andiamo Summer...non è
tanto terribile! In fondo c'è gente che lo fa per
mestiere...” “Sì, è vero! Ed hanno tutto
il mio rispetto...ma il m-i-o mestiere è quello di
'impalettare' brutalmente i cattivi! Non quello di sorridere per
accattivarsi la clientela ” asserì seccata. “Vedila
così: una volta trovato il medaglione potrai divertirti ad
'impalettare' il cattivo più cattivo di tutti!” disse
dolcemente la strega. Summer la osservò attentamente. La
sua argomentazione era stata molto convincente. In effetti, non vedeva
l'ora di misurarsi con Klaus. Era un pensiero che eccitava a
dismisura la sua bellicosa fantasia. “Ok, lo farò.
E quando prenderò Klaus a calci nel sedere sarà anche
per questo!...Forse soprattutto per questo!” asserì con
uno sguardo fiammeggiante. “Brava! Questo è lo
spirito giusto. Ora... tanto per ricordartelo, devi restare lì
per almeno una decina di minuti, e se ne hai la possibilità...
cerca di muoverti un po' per l'ambiente. Non ho dubbi sul fatto che
debba funzionare...solo non so in che misura” spiegò la
strega. “Perché non hai portato con te una
delle due cianfrusaglie? In fondo dovrei reagire allo stesso modo,
non è forse così?” “A dire il vero non è
così. Gli altri due e-le-me-n-ti li hai già toccati e
quindi, anche se minimamente, hanno già impresso la loro
energia in te. In parole semplici, è come se ti fossi abituata
al loro potere. Quindi sarebbe stato inutile portarli con me”
“Capisco...” mormorò Summer, dopo un sospiro di
rassegnazione “Ok. Meglio che mi metta l'anima in pace ed inizi
subito. Ma sappi una cosa, mia cara e rompiscatole amica, quando
stasera avrò bisogno d'alcool per stordire il mio
avvilimento, non vorrò sentire prediche su quanto faccia male al
fegato! Siamo d'accordo?” la cacciatrice la guardò con
un'espressione fintamente minacciosa. Lily rise dolcemente. “Ok.
Ti prometto che terrò a freno la mia vena salutista” “Bene!”
Summer scese dall'auto e si diresse verso la porta di una curata
villetta. Suonò al campanello, ed aspettò che
qualcuno le aprisse. “Salve. Mi chiamo Summer e lavoro per
la DreamAspirator, leader mondiale nella produzione di
aspirapolveri...”
%%%
In
una stanza del Bed and Breakfast, Stefan azzannava il collo di una
giovane ragazza dai capelli castani. “Permetti?”
chiese ironicamente Klaus all'altro vampiro, prima di afferrarle il
polso e servirsi anche lui della vittima agonizzante. Stefan si
staccò da quel collo ormai ridotto a brandelli e si pulì
le labbra rosse di sangue. “Posso sapere come mai ci siamo
stabilizzati qui?” chiese il vampiro. “Non ti piace
questo posto?... Io credo che i Bed and Breakfast siano gli alloggi
ideali per dei vampiri di passaggio: un posto confortevole, un'allegra famigliola
da asservire” indicò il corpo seminudo della figlia dei
proprietari “e il tutto nella massima tranquillità e
riservatezza” concluse tranquillamente. “Quindi è
come sospettavo, hai intenzione di restare qui per qualche tempo. Perché?...” Stefan
bloccò il tergiversare dell'ibrido, riportando la
conversazione su ciò che gli premeva sapere. Klaus lo
guardò seccato. “Ah, mio curioso amico! Sempre a
fare domande!” “Vorrei solo sapere cosa ci facciamo
qui. Non mi sembra chissà quale pretesa” Klaus annuì
con incertezza. “Aspettiamo...” rivelò l'ibrido che
intanto si era avvicinato alla finestra per osservare il cielo
plumbeo e carico di pioggia. Passarono alcuni secondi, e Stefan non
ebbe nessuna precisazione aggiuntiva. “Aspettiamo
cosa?...” “...Che i miei uomini mi portino quella
dannata vampira. Li ho mobilitati tutti, non dovrebbe volerci molto”
asserì con lo sguardo torvo. Stefan restò in silenzio:
aveva ottenuto l'informazione che desiderava.
Sulla soglia
della porta comparve la signora Gibbon. “C'è
dell'altro che posso fare per te Klaus?” chiese
sommessamente. “Signora Gibbon, in effetti c'è da
risolvere una questione urgente” prese una bottiglia di
Champagne dal tavolo e l'agitò. “Abbiamo bisogno di
rifornimenti” “Provvedo subito Klaus” e si
allontanò. Stefan colse la palla al balzo per allontanarsi
momentaneamente dall'ibrido. “Vado con lei, ho bisogno di un
po' d'aria” “Assicurati che prenda delle annate degne
del mio palato...” disse, mentre si accomodava sul divano. Poi
prese la ragazza, se la trascinò addosso e incominciò
a morderle ferocemente la spalla.
%%%
“Allora?
Com'è andata?” chiese Lily, mentre Summer si accomodava
in macchina. “Un fiasco totale” mormorò
demoralizzata. “...E tra l'altro le persone
sono odiose ed opportuniste! Con la scusa della dimostrazione
gratuita, questa vecchiaccia si è fatta pulire tutta casa!”
aggiunse innervosita. “Andiamo.. è un bene! E' una cosa positiva quando hai l'opportunità di visitare
tutte le stanze! Così adesso possiamo escludere questa casa
con assoluta certezza” disse la strega con entusiasmo. “Che
gioia...” mormorò lei con sarcasmo. Odiava quando le
missioni prendevano queste noiosissime pieghe. Lei era fatta per
l'azione! Lily le sorrise dolcemente. “Mentre tu eri via
ha chiamato Kendra. Ha detto che i due si sono stabilizzati in un Bed
and Breakfast a parecchi chilometri da Londra. Penso che Klaus stia
cercando il Grimorio di Lucrezia...o meglio, ciò che lui
crede che sia il Grimorio di Lucrezia. Anche se mi sembra strano che non
l'abbia già recuperato...forse è anche più
sbadato di me e quindi non ricorda dove l'ha messo!” asserì con
autoironia, cercando di tirare su il morale di Summer. La
cacciatrice rise amabilmente. “Ne dubito...” mormorò
scherzosamente.
%%%
In
un'antica enoteca, Stefan manteneva gentilmente un cestino di vimini,
mentre la signora Gibbon lo riempiva di bottiglie pregiate. “Wow...
vedo che Klaus ti sta addomesticando per bene” esclamò una voce
femminile dietro di lui. Stefan riconobbe subito quel tono e non
sembrò sorpreso. “Sapevo che ti saresti fatta
viva...Katherine” disse girandosi. “...E come facevi
ad esserne così certo?” chiese con voce languida, mentre
gli accarezzava il petto. “So che non stai mai lontana dai
tuoi interessi” rispose con voce dura, mentre si staccava da
quel contatto. “Niente di più vero...” la vampira lo
guardò con un ostentato desiderio. Stefan girò il
volto, infastidito da quell'atteggiamento. “Klaus ha
sguinzagliato tutti i suoi seguaci per cercarti... è
pericoloso per te stare così vicina a lui!” “Ti
stai preoccupando per me?” la sua voce era diventata ancora più
civettuola. “Mi sto preoccupando... di quello che potrebbe
ottenere da te” Il volto di Katherine mutò. “Sì...lo
so bene cosa vuole: un vecchio ed impolverato Grimorio. Non ho
nessuna intenzione di darglielo! Puoi stare sereno...” asserì
con tono dispettoso. “In effetti mi solleva saperlo...perché
è esattamente quello che speravo. Ma toglimi una curiosità,
perché gliel'hai rubato?” La vampira, prima di rispondere, fece scivolare
per qualche secondo l'indice sulle bottiglie di vino esposte. “Sapevo che Klaus mi avrebbe dato la
caccia per l'eternità, e quindi avevo bisogno di qualcosa con cui
poter... barattare la mia libertà” “E come mai
non hai già giocato questa carta?” “Vedi
Stefan...perché anche quando ero più ingenua sapevo
perfettamente che il valore di qualcosa si misura in base al suo
bisogno...” “Ma, secondo questo ragionamento, adesso
sarebbe il momento più adatto per effettuare lo scambio...cosa
ti trattiene dal farlo? Sempre che sia davvero questa la tua
intenzione...” “Puoi credermi Stefan. Dopo cinquecento anni passati a scappare da quel pazzo, ho capito che per Klaus
nulla conta quanto la vendetta. Non mi avrebbe mai concesso nulla.
Quindi l'unica soddisfazione che posso prendermi ora è vederlo
dannarsi alla ricerca di qualcosa....che non troverà
mai” Stefan sorrise: anche se per motivi diversi i loro
intenti coincidevano. “Te lo ripeto Katherine... è
pericoloso ...faresti meglio ad andartene” “Te
lo ripeto Stefan: ho passato mezzo millennio a scappare da
Klaus. So badare a me stessa” sussurrò con malizia,
prima di scomparire.
%%%
Al
Mystic Grill, Summer si rimpinzava di cibi pieni di grassi saturi e birra, sotto lo sguardo contrariato di Lily che però,
come promesso, non diceva neanche una parola a riguardo. “Come
puoi vedere ti ho preparato una cartina con tutte le abitazioni di
Mystic Falls, ti conviene aggiornarla man mano, cancellando le case
che hai visitato in giornata” Summer faceva finta di
ascoltare l'amica che sventolava una chissà quale mappa,
mentre in realtà la sua concentrazione era interamente
focalizzata sul cibo. “Purtroppo domani ritorno a New
York...quindi dovrai vedertela da sola” Summer si destò
da quel gozzovigliare frenetico. “Come domani? Di già?”
piagnucolò dispiaciuta. “Ci sono troppe cose
importanti da proteggere lì, non mi sento tranquilla a
starmene così lontana..” disse dolcemente. “Capisco...”
mormorò tristemente. Lily sorrise a quello sguardo
dispiaciuto, ma improvvisamente qualcosa catturò la sua
attenzione. “La doppelganger è qui...” sussurrò.
La strega aveva riconosciuto il suo volto nella ragazza seduta al
bancone. Summer si girò nella sua direzione, e notò
che gli occhi di Elena erano fissi su di lei. La cacciatrice
accennò un titubante sorriso, ed Elena rispose con un sorriso
altrettanto impacciato, poi, con determinazione, si avviò
verso di lei.
Nota
dell'autrice: Lo so, lo so, c'è poco Damon in questo
capitolo... è una sofferenza anche per me quando lui non c'è
T.T ma non temete...più si andrà avanti e più
tutto sarà incentrato su di lui!!!^^ Giurin giurello!!! Il
problema è che i personaggi sono tanti e non posso lasciare
indietro nessuno^^ Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono
questa fic^^
Alla
prossima***
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Capitolo 14 *** Quattordicesimo Capitolo ***
Dopo
quello scambio di sguardi Elena, a passo deciso, si avviò
verso il tavolo. “Ti dispiace se mi siedo?” le chiese
col tono sicuro ma ostentato di chi non vuole apparire
intimorito. Summer fece un sorriso dolce che spazzò via, in
un secondo, il disagio di Elena. “Figurati, accomodati pure”
le rispose con altrettanta dolcezza. La ragazza si sedette accanto
a Lily, che era a sua volta seduta di fronte a Summer. In quel
modo, Elena poteva guardare il suo viso e sperare di cogliere in esso
quelle espressioni che aiutano a constatare la veridicità
delle parole. “Piacere, io sono Lily” disse
teneramente porgendole la mano. Elena nuovamente si sentì
disorientata da tutta quella cortesia. “Elena”
rispose stringendo la mano sottile e curata della strega. “Ti
offro da bere, cosa prendi?” chiese Summer, alzando la mano per
farsi notare dal cameriere. “Ti ringrazio, ma sto a posto
così” “Cosa!? Neanche per sogno! Già la
signorina qui presente è una salutista convinta che non beve
alcolici. Ho bisogno che almeno tu mi faccia compagnia!” disse
scherzosamente. “Summer non è lei se non fa
rimpinzare di cibo e alcool le persone che le stanno intorno. Ti
conviene accettare, perché quando diventa insistente è
una vera rompiscatole!” aggiunse Lily. A quelle parole
Summer rispose con una smorfia di finta arrabbiatura. Elena rise
dolcemente a quella scena. “Beh in questo caso, prenderò
una birra. Grazie” Intanto Matt si era avvicinato al tavolo
guardando Elena con complicità. “Me la porti una
birra occhioni blu?!” chiese la cacciatrice. Il ragazzo
sorrise timidamente a quell'apprezzamento “Certo” Summer
tornò a guardare Elena, questa volta con un'aria più
seria. “Allora...cosa vuoi sapere?” le chiese con
tranquillità prima di sorseggiare la sua bevanda: non aveva
dubbi sul fatto che fosse lì per improvvisare un
interrogatorio. Elena si diede qualche secondo. “Cosa
sei?...cioè... non sei un vampiro e mi sembri una normalissima
ragazza, come fai ad essere così forte?” “E'
importante per te saperlo?” chiese Summer dopo aver scambiato
uno sguardo d'intesa con l'amica. “Sei piombata nella mia
vita dicendomi di stare momentaneamente lontana dal mio ragazzo e di
volermi proteggere, credo che avere qualche informazione in più
a riguardo rientri nel pacchetto. Non trovi?” Intanto un
altro ragazzo le aveva portato l'ordinazione. Summer ragionò
brevemente sulla cosa, poi guardò Lily come per avvisarla di
ciò che avrebbe fatto. “Ok. Io... sono la
cacciatrice” Il volto di Elena era confuso. “Una
cacciatrice... di vampiri?” “Vampiri, licantropi, streghe...tutto
ciò che sia una minaccia sovrannaturale per il mondo!” Elena
necessitò di qualche istante per elaborare
l'informazione. “Come fai ad essere così forte, ti
sei dovuta allenare oppure ...questi poteri ti sono stati...dati?”
chiese vagliando le varie ipotesi che stesso in quel momento le
passavano per la testa. “In un certo senso mi sono stati
dati. Quando sono comparsi i primi vampiri, una strega ha fatto in modo che ci potesse essere qualcuno in grado di contrastarli, e da quella sorta d'incantesimo è nata la prima cacciatrice. Ma la nostra forza è soggettiva e soprattutto non siamo immortali come i vampiri. Semplicemente, quando una cacciatrice muore ne viene chiamata in carica un'altra. In breve: la cacciatrice non è altro che una ragazza che
nasce con un potere potenziale che si manifesta solo se il destino, alla morte della precedente cacciatrice,
la sceglie. Beh, come avrai capito, io sono stata una tra queste. E' un po' complicato,
spiegarti tutto per bene richiederebbe tempo...” Summer cercò
di spezzare un discorso che sarebbe stato lungo e complesso. “Ok...
va bene così. Ti ringrazio per avermelo detto” Summer
sorrise per la tenerezza di Elena. “C'è qualcos'altro
che vuoi sapere?” “Beh hai detto che il tuo intento è
quello di uccidere Klaus...se è così, perché non
l'hai già fatto?” “Ottima domanda. Beh non l'ho
ancora affrontato semplicemente perché ho bisogno di un'arma
speciale per farlo, ed è proprio ciò che sto cercando
qui a Mystic Falls” spiegò prima di addentare delle
patatine fritte. Elena stava per chiedere qualcosa a riguardo, ma
in quel momento vide il volto sereno della cacciatrice mutare
bruscamente. Si girò nella direzione in cui Summer era
rivolta e anche lei cambiò espressione. Damon aveva appena
messo piede al Mystic Grill. Entrambe sperarono che il vampiro non
avesse intenzione di unirsi a loro, ma quella preghiera mentale fu
subito spazzata via dalla sua camminata spavalda e diretta. “Un
tavolo pieno di belle ragazze! Vi dispiace se mi unisco a voi?”
disse sedendosi accanto alla cacciatrice. Elena e Summer gli
fecero un'occhiataccia fulminea, mentre Lily guardava la scena
incuriosita. Damon rispose allo sguardo della cacciatrice con
un'espressione altrettanto infastidita. “Non ci conosciamo,
sono Damon Salvatore” disse, subito dopo, porgendo la mano a
Lily. La strega guardò Summer con un'espressione di
rimprovero. Perché l'amica non le aveva raccontato la storia
per intero? Si domandò innervosita. Lily guardò la
mano e la ignorò volutamente. “La fama la precede
signor Salvatore” rispose aspramente. Damon sorrise e ritirò
la mano, per poi appoggiare i gomiti sulla spalliera. Le punte del
medio e dell'anulare della sua mano destra sfiorarono la spalla di
Summer che trasalì impercettibilmente. “Credo sia
ora di andare...” disse la cacciatrice rivolgendosi all'amica;
poi si alzò, lasciò i soldi sul tavolo e fece un
sorriso alla doppelganger. “Passa una bella serata...Elena”
disse teneramente rimarcando il nome della ragazza, per precisare che
il saluto era rivolto esclusivamente a lei. Rivolse un'altra
occhiataccia a Damon, mentre Lily si alzava a sua volta. “E'
stato un piacere...” disse la strega rivolgendosi, anche lei,
solo alla ragazza. Elena sorrise dolcemente ad entrambe, ma quando
queste si allontanarono si voltò
minacciosamente verso il vampiro. “Perché mi guardi
in quel modo? I miei modi sono stati gentili...sono state loro ad
essere scortesi” asserì con finta innocenza: sapeva benissimo
che bastava semplicemente la sua presenza ad innalzare nelle persone
un muro di ostilità. Elena gli fece un'ultima occhiataccia di rimprovero, poi prese la sua birra e si diresse verso il bancone.
%%%
Lily
si mise al volante della sua auto, ma non era intenta a
partire. Summer notò quella titubanza e capì subito
da cosa derivava. “Lo so, non ti ho detto che il fratello
dello squartatore è il BadyGuard di Elena, ho sbagliato:
perché ogni cosa deve essere trascritta in quei noiosissimi
diari. Lo so. Ti chiedo scusa...” La strega, dopo aver
ascoltato ciò per cui stava aspettando, mise in moto
l'auto. “Il fatto è che...mi sembra davvero strano
che tu non me l'abbia detto, come mi è sembrato ancora più
strano il tuo comportamento di prima. Da quando ti lasci intimorire e
scappi via? Insomma, è un vampiro che puoi uccidere ad occhi
chiusi. Perché hai sentito il bisogno di andartene? Di solito
quando qualcuno che ti infastidisce ti ronza intorno rispondi a tono
fino a quando non cede e se ne va...” asserì
incuriosita, ma poi non diede a Summer neanche il tempo necessario
per rispondere. “Sei attratta da lui! Dico Bene?” domandò incredibilmente calma. “Che cosa!? Ovvio che no!
E quest'assurdità da dove uscirebbe?!” rispose la cacciatrice sforzandosi si apparire tranquilla. Lily le lanciò uno
sguardo sospettoso che oltrepassò i suoi occhi per scrutarla
in profondità. Summer si sentì intrappolata da
quelle assurde supposizioni e da quello sguardo interrogatorio. “Ti
ho detto che non è così!... Non è altro che un vampiro da quattro soldi
che sa solo darsi arie da super uomo! Per di più è
snervante e di una banalità che fa cadere le braccia!”
asserì con tono ancora più pacato e controllato. “Ma
non puoi negare che sia notevolmente bello. In fondo non ho mica
detto che sei innamorata di lui, ho semplicemente detto che ne sei
attratta...intendevo solo fisicamente” Summer ascoltò attentamente
le parole dell'amica e capì di aver avuto una reazione
esagerata al Grill, scappando via, ma non poteva farci nulla: quel vampiro aveva l'innato potere di
innervosirla. Stette in
silenzio per qualche secondo: il tempo di una veloce analisi di
coscienza. “...Ok...Forse...Potrei...Essere...Fisicamente...Attratta...Da
lui...” asserì come se quelle parole le fossero state
estirpate da dentro con una tenaglia: non poteva credere a ciò
che aveva appena detto! Lily sorrise divertita ma si sentì
anche lievemente sconcertata. Conosceva Summer da sette anni ormai;
l'amica non aveva mai avuto difficoltà ad ammettere di provare
dell'attrazione fisica per qualcuno, umani o vampiri che fossero.
Perché adesso era tanto difficile per lei?
%%%
Dopo
qualche minuto, Damon la raggiunse e si sedette sullo sgabello
accanto al suo. “Allora...sei riuscita a farti dire come si
chiamava il suo fidanzatino? Anzi no, lasciami indovinare...si
chiamava Derek...ha la faccia di quella che si innamora dei Derek!”
disse scherzosamente. Elena fece un sorriso sfibrato. Anche se non
aveva apprezzato la sua inutile entrata in scena, non riusciva a
tenergli il broncio più di tanto. “Esistono facce del
genere? E la tua quale sarebbe allora?” domandò ridendo,
per poi pentirsene un attimo dopo. Ad entrambi vennero in mente le
stesse immagini; il letto, la dichiarazione ed il bacio. Un attimo
di disagio carico di tensione si creò tra i due. Gli occhi di
Elena si bloccarono per un istante sulle labbra di Damon, che per un
momento non seppe cosa rispondere. “Allora? Vuoti il sacco
oppure vuoi tenermi sulle spine come l'ultima volta?” disse
infrangendo la densità dell'attimo e riportando la
conversazione sul giusto binario. “Ok. Te lo dico, ma solo
perché sono certa che non mi daresti pace altrimenti!”
rispose sollevata dal fatto che il vampiro non avesse usato quella
frase uscita per caso come un pretesto per discutere di un argomento
tabù. “Sentiamo...” “Beh...dice di
essere la cacciatrice. Hai mai sentito nulla a riguardo?” “Mi
prendi in giro! ...Credevo fosse una leggenda metropolitana con lo
scopo di spaventare i vampiri: alla pari dell'uomo nero creato per
spaventare i bambini cattivi...non posso credere che esista
realmente!” “E' ciò che mi ha detto! Ma cosa si
dice in giro di preciso?” domandò Elena con lo scopo di
mettere a paragone dicerie e realtà. “Beh prima di
tutto che sia muscolosa e terrificante. E per quanto detesti quella
donna devo ammettere che è tutto meno che terrificante...”
disse con un chiaro e forte riferimento sessuale. A
quell'affermazione, Elena si sentì stranita. “Sei...sei
attratto da lei?” chiese titubante. “Cosa? Io attratto
da lei?! ...Certo che no! Neanche per sogno!... Ma hai visto i suoi modi?! Un iceberg
trasmetterebbe più calore!” “A dire il vero
con me è stata molto gentile...anzi...direi amichevole. E
comunque intendevo attratto...solo fisicamente” continuò
ancora con titubanza: non capiva bene il perché, ma voleva una
risposta. “Beh... fisicamente... non posso negare che
sia..attraente...ma sai bene come siamo fatti noi uomini a
riguardo...non basta poi molto per entrare....in quel genere di
grazie” disse con tono allusivo e sexy, ma consapevole del
fatto di star volutamente sminuendo la cosa. “Come mai ti
interessa tanto?” domandò con intensità: il treno
della conversazione stava deragliando di nuovo. Elena si sentì
nuovamente a disagio: le aveva chiesto qualcosa a cui non sapeva
proprio rispondere. “Beh...sai come siamo fatte noi donne a
riguardo...” decise di parafrasarlo per sbloccare
quell'ennesimo momento di elettricità. Damon fece un
sorriso di circostanza: quale risposta poteva mai aspettarsi? “Devo
scappare, ho promesso a Bonnie che sarei passata da lei” disse
dopo aver guardato l'ora sul display del suo telefono; poi si alzò
e si mise la giacca. “Ah quasi dimenticavo, ha detto anche
che qui a Mystic Falls sta cercando un'arma che può uccidere
Klaus, forse dovremmo darle una mano. Non trovi?” disse mentre
si aggiustava i capelli intrappolati nel giubbotto. “Non
credo sia necessario, insomma, se è davvero la cacciatrice
sarà abituata a cose di questo genere, non trovi?” disse mentendo
sulle sue intenzioni: in realtà ci aveva già pensato
nel momento in cui aveva preso quel foglio dalla sua borsa e aveva
visto il disegno di quello strano medaglione. “Ahh...Ok...se
pensi che non sia il caso...” disse con titubanza, sorpresa da
quella risposta “Beh... vado...” Il vampiro la salutò
facendo un leggero cenno col capo ed un sorriso. Elena ricambiò
il sorriso e poi si avviò velocemente verso l'uscita.
“Dello
scotch...” disse al barista. Damon ragionò su ciò
che era appena successo; per la seconda volta in quella serata non
capiva il significato delle sue azioni. Perché aveva mentito
ad Elena sulla sua intenzione di voler aiutare la cacciatrice? Bevve
un sorso di scotch e si interrogò anche sulla prima azione
della serata che non aveva avuto alcun senso. Perché le aveva
volutamente sfiorato la pelle?
Nota
dell'autrice: Lo scorso capitolo è stato talmente
incentrato su Klaus, Stefan e Katherine (fronte inglese insomma -_-)
che ho sentito il bisogno di scrivere rapidamente questo capitolo.
Quando la voglia di Damon chiama xD (...e soprattutto quando la
voglia di studiare scappa in Messico-_-') Come sempre ringrazio
chi è arrivato fin qui^^ Alla prossima***
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Capitolo 15 *** Quindicesimo Capitolo ***
Il
taxi si fermò fuori la lussuosa dimora dei Lockwood. Il
tassista si affrettò a scendere per aprire lo sportello alla
donna che aveva accompagnato fin lì, poi altrettanto
velocemente aprì il portabagagli per prendere le valigie. Un
trolley appoggiato male al suolo si ribaltò a terra. La
donna si tolse gli occhiali da sole e lanciò un'occhiataccia
all'uomo. “Mi scusi” disse sommessamente prima di
metterlo nella giusta posizione: l'aria altezzosa e isterica di
quella donna lo innervosiva a dismisura. Lei non rispose, si
limitò a guardarlo con sufficienza. “Tenga pure il
resto” gli disse dandogli un biglietto da cinquanta per un conto di
appena trenta dollari. Il signore prese il denaro e la
ringraziò facendo anche un cenno col capo. Subito rientrò
in macchina e tirò un sospiro di sollievo: quella donna
avrebbe messo a disagio chiunque, pensò.
%%%
Lily
partì di primo mattino. Con la solita premurosa gentilezza
aveva pensato di non svegliare Summer, lasciandola riposare
beatamente. Le aveva lasciato le chiavi dell'auto sul comò
decidendo di affrontare il viaggio di ritorno in autobus. Il
biglietto che le aveva lasciato le spiegava il perché –
Sarà più facile portarti dietro tutta l'attrezzatura da
finta rappresentante con l'auto! Buon lavoro! - le aveva anche fatto
il disegnino di uno smile che fa la linguaccia. Summer si svegliò
qualche ora dopo. Il pensiero di doversi mettere all'opera in
qualcosa di così snervante e noioso era un trattore che
passava con sadica lentezza sul suo connaturato entusiasmo. Lesse
il biglietto dell'amica e sorrise impercettibilmente: il non potersi
muovere con la sua Ducati SuperBike nera e metallizzata era un'altra
cosa da aggiungere alla lista delle cose che odiava di quell'assurda
missione.
%%%
Carol
Lockwood si avviò a passo svelto verso la porta di ingresso.
Il suono del campanello le aveva fatto venire un leggero brivido
dietro la schiena: tre bussate brevi ed immediatamente consecutive.
Carol sapeva benissimo chi avrebbe visto una volta aperto la
porta. “Blair...che piacevole sorpresa” disse con un
sorriso sforzato e quindi asimmetrico e tardivo. “Risparmia
l'ipocrisia e le frasi di circostanza per gli elettori Carol...”
disse senza degnarla di uno sguardo ed entrando con passo deciso
nella dimora. “Tyler è qui?” chiese subito
dopo, guardandosi attorno con palesato dissenso. “E' a
scuola” rispose Carol mantenendo il controllo della sua
voce. Nella classifica delle persone che odiava, la sorella
maggiore del suo defunto marito occupava le prime tre
posizioni. Blair Lockwood, con i suoi boccoli larghi di un castano
ramato, gli occhi verdi dal taglio felino e la pelle leggermente
abbronzata e luminosa di chi passa intere giornate nelle spa,
poteva anche nascondere i suoi cinquant'anni, ma nulla di lei
camuffava il carattere dispotico e altezzoso: né i modi, né
l'impostazione della voce e né l'abbigliamento
tassativamente firmato dalla testa ai piedi. In cinque
decadi di vita aveva collezionato: una laurea in giurisprudenza
conseguita a Princeton, usata più per elogiarsi che per
praticare un vero e proprio mestiere, tre lussuosi matrimoni finiti
in altrettanti cospicui divorzi e nessun figlio. Carol non
apprezzava nulla di lei e la sua presenza in quel momento era ciò
che normalmente si può definire 'un pessimo modo per iniziare
la giornata'. “Allora Blair...come mai qui a Mystic Falls?”
“Ne parleremo con calma, adesso indicami la mia camera...”
la donna afferrò i suoi bagagli e le sorrise fintamente. Carol
sorrise con altrettanto sforzo. Se l'intenzione di Blair era quella
di restare, per lei sarebbero stati dei giorni duri.
%%%
Cinque
case visitate senza alcun successo e la lancetta dell'orologio che
aveva superato da pochi minuti le dodici erano le giuste e
ragionevoli motivazioni per concedersi una birra seduta al tavolino
del bar. Aveva preso dalla sua borsa la cartina fatta da Lily per
cancellare le abitazioni in cui era stata. Per quanto Mystic Falls
fosse una piccola cittadina, contava più di milleduecento
abitanti, per un totale di trecentonovantasette abitazioni: lei ne
aveva visitate in tutto solo nove. Sospirò avvilita
pensando che avrebbe dovuto impegnarsi di più se non voleva
protrarla per le lunghe, ma per lei era qualcosa di veramente
snervante. Avere a che fare con le persone a volte è peggio
del doversi confrontare con dei mostri: almeno i mostri sei
legittimato ad ucciderli... “Quindi fammi capire bene, tra
un'impalettata e un'altra vendi aspirapolveri? Come mai? Le
cacciatrici non hanno uno stipendio?” Damon si era
materializzato sulla sedia di fronte alla sua. Summer abbassò
la cartina mostrandogli un'occhiataccia omicida. “Adesso ti
sei messo anche a spiarmi?...Dimmi un po' Damon la tua vita è
davvero così triste da non avere nulla di meglio da fare!”
disse con acidità. “Vedila così...se sono
occupato a darti fastidio non posso fare del male alle persone...”
disse serafico, facendo il suo classico movimento con le sopracciglia
e prendendo la bottiglia di Summer. “Otterrei lo stesso
risultato uccidendoti...e credimi...mi stai davvero tentando....”
disse riprendendosi la birra con un movimento veloce e
deciso. “Tratti sempre così le persone che vogliono
aiutarti? Oppure lo fai solo con me?” “Ahhh giusto!
L'avevo rimosso...vuoi aiutarmi! Ed in quale modo esattamente? Perchè
non credo che tu possa essermi utile contro Klaus...Penso che
dovresti scegliere delle buone azioni un po' più... alla tua
portata. Ehi prima ho visto che la ragazza dietro al bancone aveva
delle grosse difficoltà ad aprire un barattolo:
forza Damon! Sii il suo eroe!” lo schernì con rapidità
e cattiveria. Il vampiro incassò il colpo con un respiro un
po' più sonoro ed un sorriso di plastica. “OK... Ammetto che
contro Klaus non potrei fare molto. Ma posso aiutarti a trovare ciò
che stai cercando. Andiamo, vuoi davvero continuare con questa
pagliacciata della rappresentanza? Ti ho seguita per tutta la
mattina: hai perso un'infinità di tempo in chiacchiere del tutto inutili. E poi come pensi di cercare a fondo in una casa
approfittando solo degli attimi di distrazione degli idioti di
turno?...Fidati: posso rendere tutto questo molto più veloce!...”disse
serio. “Uno: non devo cercare un bel niente, devo solo stare
lì per un po'. Due: non accetterei mai il tuo aiuto perché
la tua sola vicinanza mi provoca lo stesso effetto di un'unghia che
raschia una lavagna!” asserì aspramente alzandosi. “L'antipatia è reciproca...” disse con
un sorriso serafico, ma poi il suo volto diventò serio ed afferrò
rapidamente il suo polso. “Quindi non credere che voglia farlo
perché ho piacere a stare in tua compagnia... Lo faccio perché
voglio Klaus morto tanto quanto lo vuoi tu” aggiunse con tono volutamente duro, e le sue iridi
azzurre, determinate e serie, sembrarono scalfire per un attimo
l'impassibilità di Summer. Lei si liberò da quella
presa che intanto il vampiro aveva allentato. “Lavoro da
sola Damon...mettitelo in testa...” disse con freddezza prima
di voltarsi per andarsene. Damon la osservò mentre si
incamminava. Ammise tra sé e sé di aver nuovamente
cercato di proposito il suo contatto fisico: un contatto che
gli dava una sensazione strana, che non riusciva a decifrare ma che
sentiva necessaria.
%%%
Summer
era stata ancora una volta turbata dal contatto fisico di Damon. Se
non avesse avuto quella conversazione con Lily avrebbe potuto
tranquillamente ingannarsi definendolo un sintomo fisico del
disprezzo, ma ormai non poteva più farlo. Si avviò
verso l'ennesima abitazione. Suonò il campanello della
famiglia McDougall, ma dopo vari minuti in cui nessuno era venuto ad
aprirle si girò per andarsene. Proprio in quel momento aprì
un distinto signore di mezz'età. “Posso aiutarla?”
le chiese con voce profonda. Summer si girò e restò
impacciata per un paio di secondi. “Sì...sono una
rappresentate della DreamAspirator, sua moglie è in casa?”
“No, in questo momento è a lavoro” “Capisco.
Beh passerò la prossima volta allora. Buona giornata”
disse prima di avviarsi. “Signorina, aspetti. Crede che solo
mia moglie possa decidere sugli acquisti?” le domandò
con un sorriso. “No. Non intendevo dire questo...”
rispose con imbarazzo. “Allora si accomodi e faccia pure il
suo lavoro...” disse ancora con un sorriso smagliante,
spalancandole la porta di casa. Summer ebbe un attimo di
incertezza, poi si avviò verso l'ingresso. Si accomodarono
in cucina. Un luogo talmente splendente e asettico che lasciava
pensare più alla vetrina di un mobilificio che ad un reale
angolo di abitazione. La cacciatrice era fortemente concentrata
sulle sue sensazioni e si guardava intorno con circospezione.
“Allora, quali sono le gradi qualità del suo
prodotto?” chiese ancora l'uomo con gentilezza. Summer si
destò nuovamente. “Sì certo, prima di tutto,
la grande versatilità degli accessori che permettono con pochi
gesti di poter pulire tutta la casa” Summer aveva aperto la
valigia contenente l'aspirapolvere e gli accessori per mostrarli
all'uomo. “Questo è il corpo dell'aspirapolvere:
premendo questo pulsante l'accessorio si stacca e si possono inserire
i vari accessori, come la scopa elettrica, il tubo, il battitore per
i materassi...” spiegò mentre rovistava nella borsa per
mostrare tutto ciò che aveva. “Quindi è utile
anche in camera da letto...” mormorò l'uomo. Quelle
parole diedero a Summer un senso di viscidume che si attaccava
addosso, e solo in quel momento notò l'aria lasciva dell'uomo
che la guardava con l'intensità di macchinario per le
radiografie. “Certamente...” rispose con un tono di
sfida che fu, però, mal interpretato dall'uomo che subito si
avvicinò a lei. “Beh... allora forse la dimostrazione
dovrebbe iniziare proprio da lì...” sussurrò
facendo scivolare la mano sui glutei della ragazza. “Per me
può iniziare anche qui...” sussurrò lei con
libidine...prima di sferrargli una ginocchiata nel basso
ventre. L'uomo subito si piegò in due e si inginocchiò
a terra per il dolore. “Ma si può sapere che diavolo avete in testa voi
uomini?!...Quanto più fate ribrezzo e siete dei rammolliti, più vi sentite irresistibili ed invincibili!" il suo discorso generalizzato prese una strana piega "Voglio dire...e io
dovrei accettare il suo aiuto come se non sapessi fare il mio lavoro?! Come se non fossi in grado di cavarmela da sola!?
Ho passato la vita intera facendo affidamento solo su me stessa! Adesso viene lui con
la sua aria da tenebroso vampiro conoscitore del mondo e vorrebbe insegnarmi il
mio mestiere. Tsk, incredibile!" quella parentesi dettata dall'inconscio si concluse riportandola alla realtà "E lei, invece, dovrebbe solo
vergognarsi!” disse con velocità rimettendo il tutto nel
suo borsone. L'uomo si alzò con difficoltà. Non
aveva capito nulla del suo confusionario discorso; sapeva solo di
essere infinitamente adirato. “Non finisce qui!” le
intimò con tono minaccioso. Summer, che si era già avviata,
ritornò davanti a lui. “Ha perfettamente ragione...”
gli sferrò un potente schiaffo “Finisce
qui!”. L'uomo cadde a terra e perse conoscenza, mentre Summer
si avviava nuovamente verso l'uscita. Si sedette in macchina e
restò per qualche secondo con le mani fisse sul volante. Per
quanto fosse forte di carattere ed abituata a cose decisamente
peggiori, quella disgustosa scena era comunque qualcosa che
l'aveva infastidita e turbata, facendole detestare ancora di più
quella parte della missione. Fece un sospiro e si avviò
verso le altre mete che aveva prestabilito. Il suo lavoro doveva
continuare.
%%%
Damon
sorseggiava dello scotch seduto sul divano di casa sua, quando
qualcuno bussò alla porta. “Ehi Rick...” disse
appena vide l'amico sulla soglia. “Fammi capire bene Damon,
siamo stati una squadra per tutta l'estate ed ora certe cose se non
me le dice Elena rischio di non saperle?!” disse Alaric con
rimprovero, entrando a passo deciso in casa. “Non fare il
geloso. E' stato bello...ma non sei il mio tipo!” disse per poi
continuare a sorseggiare il suo drink. “Una
cacciatrice...pensavo fosse una leggenda...” mormorò
l'umano ancora incredulo. “Siamo in due” “Cosa
pensi di fare a riguardo?” “Niente” rispose il
vampiro con enfasi. “Come niente?” “Ascolta;
mi sono anche offerto di aiutarla, ma non ha accettato. Vuole
cavarsela da sola. Fine della storia. Non insisterò. In fondo
quello è il suo mestiere. Noi non dobbiamo fare altro che
metterci comodi...ed aspettare che lei risolvi nostri problemi”
asserì sedendosi nuovamente sul divano e mentendo anche ad
Alaric sulle sue intenzioni: non si sarebbe arreso, l'avrebbe
convinta ad accettare il suo aiuto. “Beh...se la pensi così.
Ok. Ce ne staremo da parte” lo guardò attentamente “Ma
se succede qualcosa...voglio saperlo! Sono stato
chiaro?” “Chiarissimo... “ disse con quel suo
classico sorriso di strafottenza.
%%%
Altre
quattro case visitate senza successo. Anche se era solo
all'inizio, l'ottimismo di Summer iniziava a vacillare. Ricordò
che la ricerca della Triluna nel nord dell'Australia era durata due
anni. Lì Lily non aveva avuto questa brillante intuizione,
eppure tutto sembrava più facile e scorrevole, forse perché
non era sola. Kendra e Lily oltre ad essere delle valide colleghe
erano anche delle ottime amiche: insieme sapevano trovare il lato
divertente di ogni cosa e, anche in quel frangente, la missione era stata
più tollerabile. Ora la noia faceva da padrona. Ferma
sul ciglio della strada, con le mani ferme sul volante, Summer chiuse
gli occhi e sospirò, poi li aprì e con sguardo deciso
fece inversione. Non poteva credere di starlo facendo sul serio:
preferiva la compagnia di quell'arrogante vampiro alla noia della
solitudine, pensò. Ma in realtà la solitudine per lei
non era mai stata un problema; in quel momento qualsiasi scusa era
buona come alibi per mascherare un'attrazione davvero difficile da
ammettere.
Angolino
di NaNa: Allora...come potete
vedere: altra carne a cuocere^^ non odiatemi!!! E con questo mi
riferisco alla “new entry “che farà solo una
comparsa rapida e fastidiosa xD Però penso che un po' di
problemi siano necessari...cioè..mica può filare tutto
liscio come l'olio?!!! Dico questo perché ho paura di starvi
annoiando: ho notato che c'è stato un brusco calo delle
letture e questo mi rattrista davvero molto perché è il
pensiero che ci sia qualcuno a leggere che mi fa venire voglia di
passare tempo libero a scrivere T.T Cmq ringrazio di cuore chi è
riuscito ad arrivare fin qui^^ Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto^^ Alla prossima***
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Capitolo 16 *** Sedicesimo Capitolo ***
Alaric
aveva lasciato casa sua da una mezz'ora, quando qualcuno bussò
nuovamente alla sua porta. Damon andò ad aprire con
un'espressione seccata: da quando riceveva tutte queste visite?
Pensò. “Tu...” mormorò stupito. “Domani
alle nove fuori al parco. Sii puntuale e non farmene pentire!”
disse Summer, con tono autoritario e braccia conserte, prima di
dargli le spalle. “Come hai fatto a trovarmi?” chiese
incuriosito e stranamente agitato dal fatto di trovarsela di fronte
all'improvviso: fino a quel momento era sempre stato lui a
cercarla. “Tu come fai a trovarmi ogni volta?”
rilanciò lei, voltandosi. “Ho i miei metodi” “Beh
anch'io ho i miei metodi” e si avviò lasciando Damon
sulla soglia che continuava a fissarla stranito e confuso da
quell'improvviso cambiamento.
%%%
Quella
sera, Alaric ed Elena si destreggiarono in cucina cercando di
preparare una sostanziosa lasagna. “Non trovi che il
comportamento di Damon sia un po' strano, cioè...da quando è
così arrendevole? Possibile che arrivi una cacciatrice in
città e lui decida di farsi da parte? ” chiese Elena,
mentre mescolava il sugo. “E' di Damon che stiamo
parlando...c'è da sorprendersi solo quando fa cose logiche e
normali” rispose Alaric, mentre stendeva la pasta sulla
teglia. Elena rise dolcemente. “Su questo non posso che
darti ragione. Però...non so...non mi sembra da lui. Tutto
qui” disse prima di assaggiare il sugo. Il volto di Alaric
si irrigidì. Per quanto a lui non dispiacesse la compagnia di
Damon, di certo non poteva essere felice del fatto che lui ed Elena
fossero sempre più complici. “Vi siete avvicinati
molto quest'estate...” asserì cercando di instaurare una
conversazione che rimandava da troppo tempo. “Sì è
vero...ma mai quanto voi due, visto che mi avete mentito per tutto il
tempo” disse con tono basso ma accusatorio. Alaric non aveva
pensato ad una simile risposta. Elena aveva ragione e questo gli fece
capire di non essere nella giusta posizione per fare delle paternali:
anche se lo avrebbe tanto voluto. “Colpito e affondato!”
si limitò a dire sorridendo. “Comunque devo essere
sincero, non disapprovo totalmente la scelta di Damon, insomma...è
più normale che sia una cacciatrice ad occuparsi di Klaus che
noi...non trovi?” Elena fece un sorriso ed un segno
d'approvazione col capo, ma il suo sguardo si scurì
leggermente al pensiero di Stefan ancora in balia di quel pazzo.
%%%
Mancavano
cinque minuti alle nove e Summer era appena arrivata fuori al parco
di Mystic Falls. Si era posizionata fuori all'ingresso assumendo
una posa aggressiva: braccia conserte e sguardo minaccioso. Alle
nove e tre minuti Damon si materializzò dietro di lei. “Già
di pessimo umore?” le disse. Lei si girò con una
lentezza carica di nervosismo. “Potrebbe mai essere
diversamente?!” asserì avvilita dal pensiero di dover
avere a che fare con lui già di primo mattino. “Andiamo...
rilassati! Oggi, con il mio prezioso aiuto, farai il triplo del
lavoro nella metà del tempo” disse compiacendosi. Summer
lo guardò contraria. “Sentiamo, qual è il tuo
geniale piano?” “Lo vedrai...Allora da dove
iniziamo?”chiese con entusiasmo. “Prima voglio
stabilire delle regole” disse lei. “Chissà
perché la cosa non mi sorprende...”asserì
lui. Lei si limitò a fargli un'occhiataccia. “Primo:
non devi toccarmi. Neanche con un dito...il tuo contatto mi
infastidisce più della tua faccia!” disse
acidamente. Il vampiro alzò le mani e fece uno sguardo
ironico che diceva 'non mi permetterei mai'. “Secondo: in
mia presenza non ammazzi nessuno. Provaci e non avrai il tempo di
pentirtene!” Ancora lo sguardo di Damon mostrò la
sua approvazione. “Qualcos'altro?” chiese con un
sorriso sornione. “Per adesso basta così...”
rispose lei con finta cordialità. “Allora...da dove
iniziamo?” “La casa in fondo alla strada”
rispose guardando nella direzione stabilita. Damon fece il tipico
gesto di galanteria con la mano che dà la precedenza alle
signore ma, come sempre, anche nel più innocente dei
tentativi, ogni suo gesto sembrava una presa in giro. Summer
chiuse gli occhi e respirò rumorosamente: alle nove e otto
minuti i suoi nervi erano già tesi.
%%%
Blair
raggiunse la cognata nella sala da pranzo. Carol, come ogni
mattina, leggeva il giornale sorseggiando del caffè amaro e
mangiando una frittella ai mirtilli. Blair la guardò
nauseata. “Buongiorno Blair” disse Carol con una gioia
così finta da farla sembrare la protagonista di una telenovela
da quattro soldi. “Tsk! Frittelle...Cosa sei una teenager?
Poi non lamentarti quando le gonne a tubino ti fanno sembrare un
rosbif!” asserì, mentre poggiava delicatamente sul
tavolo il suo piatto con ananas e kiwi a fettine. “Buon
appetito anche a te...” rispose con un sorriso: alle nove e
venti muniti, Carol desiderò che quella giornata passasse il
più in fretta possibile.
%%%
Damon
e Summer si fermarono fuori l'entrata della dimora dei Frinn. La
cacciatrice aspettava delucidazioni in merito al grande piano del
vampiro, ma quest'ultimo restò in silenzio mentre suonava il
campanello. Summer decise di assecondarlo curiosa di vedere cosa
avesse escogitato. Dopo poco una signora un po' minuta dall'aria
dolce aprì. “Buongiorno” disse con aria
spaesata. Damon le mise le mani sulle spalle e sorrise. “Mi
risponda sinceramente signora Frinn: è da sola in casa?”
disse guardandola con la concentrazione necessaria alla
soggiogazione. “Sì” rispose la donna sotto
l'effetto dell'ipnosi. Intanto Summer guardava la scena
visibilmente contrariata. “Bene, adesso lei ci inviterà ad entrare
e quando ce ne andremo non ricorderà assolutamente nulla.
Chiaro?” “Prego, accomodatevi, quando ve ne andrete io
non ricorderò nulla” pronunciò con calma. “Bene!”
Damon sfoggiò il solito sorriso furbo e nuovamente fece
cenno a Summer di avviarsi per prima. “Dovevo
aspettarmelo...” mormorò lei guardandolo con
disappunto. “Certo che dovevi aspettartelo! Cosa credevi?
Che mi sarei vestito da tecnico della Tv via cavo?! No
Summer...queste buffonate sono il tuo campo...” disse
seguendola. “Ok. Terza regola: mancami di rispetto un'altra
volta e ti torcerò il collo così tanto che quando ti
sveglierai potrai contemplarti le natiche!” gli disse con calma
omicida avvicinandosi al suo viso. “Umm è un modo
poco carino per dirmi che ho bel culo?” sussurrò con
aria sexy e divertita, e per un'istante gli occhi caddero sulle sua
labbra. Summer sentì lo stesso disagio di quando l'aveva
sfiorata al Mystic Grill. “E' un modo poco carino per dirti
che non devi abusare della mia pazienza...” mormorò,
e per un attimo anche i suoi occhi caddero sulle sue labbra. Ancora
una volta il vampiro alzò le mani: un gesto che questa volta
doveva far intendere 'cercherò di fare il bravo', ma, come
sempre, nulla di Damon infondeva quella speranza. Summer si rese
conto di aver avuto una pessima idea. La vicinanza di Damon le
scatenava delle strane sensazioni: un'alternanza di disprezzo e
desiderio che avevano come risultanza fisica un tremore interno
incontrollato. La cacciatrice temeva che quelle assurde sensazioni
potessero interferire o almeno confonderla su ciò che sperava
di sentire nelle abitazioni che doveva visitare. Come avrebbe
fatto a distinguerle? ...Sperò che il medaglione avesse un
effetto potente; o almeno più potente di quello del
vampiro.
La cacciatrice lo guardò con la solita aria
minacciosa e poi si allontanò per girovagare un po'
nell'abitazione. La signora Frinn era andata in cucina e pelava delle
verdure come se nulla fosse successo. Damon faceva finta di
guardarsi intorno, mentre in realtà, con la coda dell'occhio,
osservava Summer. La squadrò con attenzione. Osservò
le gambe affusolate messe in bella mostra dalla cortissima minigonna
di jeans e risaltate dagli stivali lunghi fino al ginocchio. Notò
la maglietta grigia aderente che, per quanto non fosse scollata,
stringeva le sue forme evidenziando la vita sottile ed il seno
leggermente prosperoso. Damon era innamorato di una donna che non
poteva avere ed ora era anche sessualmente attratto da una donna che
gli avrebbe spezzato le braccia al minimo contatto. Qual era il suo
dannato problema? Pensò avvilito. “Quindi stiamo
cercando un medaglione a forma di fiore ho capito bene?”
domandò il vampiro. “Non stiamo cercando un bel
niente...” “Quindi siamo qui per....” il vampiro
iniziò la frase sperando che Summer la continuasse. Summer
sospirò, poi ragionò per qualche secondo. Se doveva
collaborare con lui tanto valeva che sapesse ogni cosa. “Siamo
qui per vedere se ho qualche reazione, se il medaglione è in
questa casa dovrei...sentirlo, quindi non c'è bisogno di
rovistare tra le cose di queste persone!” disse con un
crescendo di nervosismo, notando che Damon non si faceva remore a
rovistare nei cassetti altrui. Con velocità si affrettò
a chiudere il cassetto in cui Damon stava frugando e nel violento
gesto fu coinvolto anche il dito del vampiro. Damon emise un
gemito e sventolò un paio di volte la mano, più per
riflesso che per far passare una lieve sensazione che era già
svanita. “Possibile che tu debba essere sempre così
violenta?!” disse con tono alto. “Possibile che tu
debba essere sempre così... Damon!”rispose
stizzita. “Neanche mi conosci come fai a dirlo!?” “Non
ci vuole molto per inquadrarti!” “Questo è
quello che credi tu, perché sei solo una presuntuosa!” “Io
sarei presuntuosa! E tu cosa saresti allora?!”urlò, ma
poi si calmò d'improvviso pensando bene a chi aveva di fronte:
un idiota. “Ok... Basta così, come immaginavo è
stata una pessima idea...” disse lei, voltandosi ed uscendo
rapidamente da quella casa. Damon la seguì, ed una volta
chiusa la porta l'aria assente della signora Frinn si scrollò
lasciandola con una stranissima sensazione. “Summer
aspetta!” “Cosa?!” chiese furiosa
voltandosi. “Siamo incompatibili... è vero.
Però...proviamoci: solo per oggi!” il tono del vampiro
trapelò un sincero intento di collaborazione: non capiva il
perché, ma non voleva che finisse. Summer sospirò
guardando di lato. Aveva visto nello sguardo di Damon qualcosa di
leggermente diverso e questo la sorprese e la turbò, poi annuì
col capo voltandosi nuovamente verso di lui. “Ok. Solo per
oggi” asserì titubante. Il vampiro si sentì
stranamente sollevato e le sorrise.
%%%
“Carol,
Carol, Carol...sempre ad organizzare queste stupide feste”
disse Blair vedendo la cognata indaffarata ad impartire ordini allo
staff sulla disposizione dei tavoli. Carol aspettò che
tutti si allontanassero prima di risponderle. “Come ben sai
queste feste hanno uno scopo preciso” disse, mentre di avviava
verso il gazebo. “Giusto...il consiglio deve radunarsi...”
sussurrò con enfasi. Discutere di questi affari in giardino
fece sentire Carol visibilmente a disagio. “Perchè
sei qui Blair?...” le chiese con serietà, sperando di
ottenere una risposta esauriente. “Ahhh ma come sei
petulante Carol, non potresti semplicemente goderti la mia
compagnia!?” disse con ironia: sapeva bene di non essere un
ospite gradito. Carol la guardò contrariata. “Se
vuoi scusarmi...devo continuare con i preparativi” disse
cercando di mantenere la calma, ancora una volta.
%%%
Casa
Randal
“Puoi togliermi qualche curiosità?”
domandò Damon, seduto su una poltrona singola della casa che
stavano controllando. “Dipende...Il tuo scopo è
quello di farmi innervosire?” chiese Summer che, invece,
gironzolava per l'abitazione osservando il mobilio. “Non è
mai uno scopo per me! E' una cosa che mi viene naturale, è il
mio dono!” disse con ironia. Summer cercò di
nascondere quel mezzo sorriso che le nacque sul volto, ma il vampiro
lo notò ugualmente. “Cosa vuoi sapere?” chiese
con un tono calmo. “Beh...se ne sentono di cose in giro su
voi cacciatrici...per esempio è vero che non potete essere
soggiogate?” “Vero” “Ummm... e che
avete lo stesso udito dei vampiri?” “Parzialmente
vero. Se ci concentriamo il nostro udito è più
sviluppato di quello degli esseri umani, ma non ai livelli di quello
dei vampiri” rivelò maneggiando uno strano soprammobile
a forma di unicorno. “Che guarite velocemente?” “Vero,
ma anche in questo caso la guarigione non è veloce quanto
quella dei vampiri” “Qual è la tua taglia di
reggiseno?” Summer lo fulminò con lo sguardo. “Non
ti arrendi proprio mai vero?” chiese, ma con un tono armai più
rassegnato che combattivo. Il vampiro scosse il capo in segno di
negazione con un'espressione angelica. Ancora una volta Summer
cercò di non sorridere. “Qui non c'è
niente...” asserì. “Scusi il disturbo signora
Randal” disse ironicamente la cacciatrice alla signora che
lavorava a maglia su una poltrona. Nuovamente, quando sentì
il rumore della porta che si chiudeva, lo stato mentale della donna
si riattivò lasciandole una curiosa sensazione.
%%%
Casa
Swann
“Wow questa casa sembra un orto botanico”
asserì Damon dopo aver soggiogato l'uomo che vi abitava:
l'abitazione era piena di piante di ogni specie. “Hanno
anche un pappagallino. Ripeti piccolo: Damon è un idiota!”
disse la cacciatrice avvicinandosi alla gabbia.
Damon sorrise infastidito, avvicinandosi anche lui alla
gabbia. “Ripeti questo invece: Summer è una donna
isterica!” Lei, prontamente, arricciò il naso guardandolo
con finta rabbia. Il vampiro senza accorgersene si ritrovò
a sorriderle dolcemente e questo infastidì la ragazza che si
allontanò turbata. “Vado al piano di sopra”
asserì senza voltarsi. Damon la guardò stranito; non
poteva negare a sé stesso di provare un'attrazione particolare per
lei, e si innervosì pensando alla sua prima regola: niente
contatti fisici.
Angolino
di NaNa*** Ed
eccomi di nuovo^^...Vi avevo detto che avrei rallentato ed invece
eccomi come sempre alla velocità della luce!!!^^ Quando non
mi vedrete più saprete che sarà perchè ho
procrastinato lo studio così tanto da trovarmi come al solito
alle strette e tutta esaurita, ma fa niente...in un modo me ne esco
sempre xD Come potete vedere tra Damon e Summer le cose stanno
iniziando a smuoversi. Ho paura di far procedere le cose troppo
velocemente, ma d'altra parte so anche che l'attrazione fisica è
una cosa difficile da contenere, quindi non sorprendetevi quando
questi due si salteranno addosso xD Per quanto riguarda il lato
sentimentale, se vi aspettate cose del tipo “Ti amo...”
“No io Ti amo di più” “Sei la mia vita”
...”E tu sei il mio trottolino amoroso” (vabbè
avete capitoxD) sappiate che avete sbagliato fic xD perchè ho
una vera e propria avversione per questo genere di cose xD
Scusatemi...ma proprio non fanno per me, ci sarà del
romanticismo...ma sotto mille strati di negazionexD Chiedo venia a
tutte le romanticone!!!ma a mio avviso i sentimenti si dimostrano con
i fatti e non con gli sproloqui!!!xD Come sempre ringrazio chi
segue questa fic. A volte ci penso e mi meraviglio da sola...Ci sono
davvero persone che leggono quello che scrivo?! o.O Mah... Cmq,
davvero, non posso fare altro che ringraziarvi tantissimo^^ Nuove
persone hanno messo questa fic tra le seguite ed io resto sempre così
*.* che bello!!! Me felice*.*!!! Grazie davvero. Al prossimo
capitolo^.- Un bacio!!!
|
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Capitolo 17 *** Diciassettesimo Capitolo ***
Casa
Louis
Damon
aveva appena soggiogato un uomo sulla quarantina. “Umm
le due meno venti e quante case abbiamo visitato?... Questa è
l'ottava? Giusto?” appena avanzò il prmo passo
nell'abitazione il vampiro si compiacque velatamente. “E'
la decima e lo sai benissimo. Ma visto che dubito che tu sia stato
mai utile a qualcuno nella vita... per questa volta ti lascerò
gongolare!” rispose lei con meschina ironia. “Quindi...stai
dicendo che ti sono utile?” ma il vampiro usò quelle
parole a suo vantaggio, e Summer si girò per guardarlo con
un'espressione allibita. “Tu
di un discorso recepisci solo quello che ti fa comodo vero?” “Se
con questo vuoi dire che ho una grande capacità di sintesi,
sì!” Damon le dedicò uno dei suoi soliti sorrisi
caustici, e lei girò il volto nella direzione opposta. Summer
non sapeva se doveva ridere o doveva schiacciargli la testa contro un
muro. Ogni cosa che Damon diceva creava due emozioni che entravano
immediatamente in conflitto. L'uomo
andò nel suo studio e continuò con il suo lavoro a
computer, mentre Damon e Summer continuavano a fare il tour della
casa. Summer
entrò in cucina e notò la pattumiera colma di scatole
di porzioni monodose di cibo di varie nazionalità. “Questo
signore è il classico single che alterna ogni giorno cibo
cinese, thailandese, e giapponese” asserì distrattamente
con una lieve venatura di compatimento. Quell'affermazione
mise un tarlo nella testa di Damon: voleva capire se anche lei era
una donna single. “E
tu, invece? Che tipo sei?” chiese, fingendo che la domanda
fosse buttata lì a caso, ma sperando in realtà che la
ragazza includesse nella risposta il particolare che gli premeva
sapere. “Donna
single che, quando non si trova a dover lavorare fuori sede, ama
cucinare e cenare con del buon vino a fare da accompagnamento”
disse distrattamente, mentre faceva scorrere le dita sul top della
cucina, ma poi se ne pentì. Perché gli aveva detto una
cosa così personale? Damon
sorrise: il particolare era uscito fuori. “E
dova si trova esattamente...questa sede?” continuò, per
inglobare la domanda precedente in un interesse più
generale. Summer
ritornò sulla difensiva. “Questi
non sono affari tuoi. Credo di aver già soddisfatto abbastanza
la tua curiosità” disse indispettita avvicinandosi a
lui. “In
realtà non l'hai fatto proprio sulla cosa che più mi
premeva sapere” mormorò con libidine, posando
maliziosamente lo sguardo sul seno della ragazza. “Sono
le due meno venti... e
non vedo l'ora che questa giornata giunga al termine!” disse
con calma esasperazione, allontanandosi per non ucciderlo. Il vampiro
sorrise divertito. Summer
andò in soggiorno, e osservò le foto che scorrevano
sullo schermo di una cornice digitale posata su un caminetto dallo
stile moderno. Almeno
si rallegrò del fatto che quell'uomo, pur non essendo sposato,
avesse parecchi amici, visto che le foto in questione riprendevano
molti momenti di vacanza di un'allegra comitiva. Damon
la raggiunse e lei avvertì la sua presenza alle sue
spalle. “Adesso
toglimela tu una curiosità, che rapporto c'è tra te ed
Elena? Ho notato che vi dite tutto...Siete migliori amiche?” il
tono di Summer fu ironico ma vagamente aspro. Questa
volta fu Damon a mettersi sulla difensiva. “...E
questi invece non sono affari tuoi” mormorò con una
calma scontrosa. Summer
notò la sua reazione con curiosità “Interessante...
“ mormorò. “Cosa?!”
chiese lui con una nota di fastidio. “Ho
taccato un nervo scoperto...” sussurrò lei, a distanza
ravvicinata dal suo viso. “Non
ho nessun nervo scoperto...” Damon la guardò dritto
negli occhi, e rispose con un tono irato ma ancora passivo. “Provi
a convincere me o te stesso?” lei rispose mostrandogli un
sorrisetto provocatorio. “Non
prendermi per il verso sbagliato...” il vampiro la guardò
con ancora più rabbia e le quelle parole furono pronunciate a
denti stretti: Elena era un argomento delicato e lei si stava
impicciando decisamente troppo! “Altrimenti
cosa?” Summer si sentì tesa ma per nulla
impaurita. Damon
la guardò ancora un malo modo e poi si allontanò. “Sai
una cosa...adesso sono io ad averne abbastanza!” asserì
rabbiosamente avviandosi verso la porta. Lei
restò
immobile per qualche secondo, poi decise di raggiungerlo in
giardino. “Damon
aspetta!” “Cosa?!”
chiese nervosamente voltandosi. La
cacciatrice lo osservò per una frazione di secondo, poi
accennò un mezzo e titubante sorriso. “E'
solo per oggi...” Damon
guardò di lato per non osservare quello sguardo che per un
attimo aveva avuto il potere di turbarlo sul serio. Un espressione
che per un piccolo istante gli era sembrata...dolce. Annuì
restando in silenzio e poi si avviarono verso l'ennesima casa.
Casa
Barkley
Damon
soggiogò la signora Barkley e lei tornò in cucina a
lavare le stoviglie. I
due gironzolarono per casa separatamente senza dirsi una parola. Dopo
un po' Damon si accomodò su un divano del soggiorno. Si
sentiva strano. Se ne sarebbe dovuto andare, invece era lì,
nell'ennesima casa. Osservò nuovamente Summer con la coda
dell'occhio, e pensò di aver trovato la risposta al suo
comportamento: quando era con lei il sangue non affluiva al cervello
perché si concentrava da tutt'altra parte. Era
inutile cercare spiegazioni più complesse a qualcosa di così
primordiale. Il
sesso. Era
solo ed esclusivamente la voglia di sesso che gli premeva.
Nient'altro, pensò. Summer
notò l'alone scuro sul volto di Damon e questo la fece sentire
a disagio. Non
ne capiva il perché, ma il suo silenzio, con suo grande
stupore, era più insopportabile delle sue snervanti
chiacchiere. “Quest'odore
di pasta al forno mi sta facendo venire fame...” disse la
cacciatrice entrando in salotto ed annusando la scia di profumo che
proveniva dalla cucina. Damon
la osservò per qualche secondo, mentre Summer con aria
visibilmente annoiata guardava i quadretti appesi alla
parete. “Signora
Barkley” esclamò catturando l'attenzione della
cacciatrice e facendo precipitare lì la signora. “Sì”
rispose la padrona di casa con l'aria assente frutto
dell'ipnosi. “Dovrebbe
invitarci a pranzo” disse il vampiro, mentre le sue pupille si
dilatavano e si stringevano velocemente. “Damon!”
esclamò Summer contrariata, ma anche divertita da quei modi
assurdi. “Dovreste
restare a pranzo” disse cordialmente la donna. “Non
è il caso signora Barkley, ma grazie ugualmente per questo
spontaneo
invito”
rispose Summer stando al gioco. Damon
restò sorpreso dalla risata che accompagnò la frase
della cacciatrice: non se l'aspettava. “Ma
la signora insiste” continuò con il suo solito modo di
fare. “Insisto”
ribadì lei. “Smettila”
Summer lo riprese ancora con un tono canzonatorio e divertito; ma
Damon, adesso che aveva trovato il modo di farla sorridere, di certo
non si sarebbe fermato. “Neanche
per sogno. Ho fame” si alzò dal divano per mettere un
braccio intorno alla spalla della signora. “Allora...cosa
ci offre di buono?” mormorò alla donna, conducendola in
cucina. Summer
li fissò allibita. Damon era incorreggibile, ma non poteva
negare che quel modo di fare era dannatamente accattivante. Li
raggiunse in cucina dove vide il vampiro già seduto a tavola a
comportarsi come se si trovasse a casa sua. Summer
cercava davvero con tutte le forze di non sorridere. Avrebbe dovuto
fargli una ramanzina, ma in fin dei conti non aveva avuto un'idea
così malvagia: i vampiri fanno cose decisamente di
peggiori. Si
sedette di fronte a Damon. “Grazie
per l'invito signora Barkley. E' stata davvero molto gentile”
asserì guardando per un attimo il vampiro negli occhi. La
signora servì ad entrambi la pasta appena sfornata. “Signora
avrebbe anche del vino?” domandò innocentemente Summer,
mentre infilzava la pasta con la forchetta. Damon
si stupì, e questa volta fu lui a non riuscire a trattenere il
sorriso.
Casa
Patterson
Damon
soggiogò una coppia di anziani signori dalla postura un po'
curva e i capelli bianchi. Lui
e la cacciatrice avanzarono qualche passo nella dimora, e vennero
subito investiti dalla penombra. A
causa delle tapparelle chiuse per i due terzi, la luce che filtrava
era davvero poca, e solo a sprazzi le pareti e i mobili erano
illuminati dal rossastro chiarore pomeridiano. Gli anziani
signori, soggiogati a continuare ciò che stavano facendo, si
presero per mano e, insieme, con un'andatura flemmatica e incerta
salirono le scale per recarsi al piano superiore. Summer sorrise
nel vedere quella tenera scena, mentre Damon si era già
allontanato dirigendosi in salotto. Dopo un paio di minuti, lei si
trovò a girovagare con aria scocciata in cucina, ma, in quel
momento, dei forti e chiari mugolii la destarono dalla noia dei sui
pensieri. Damon, che si trovava da tutt'altra parte, sentendo quei
libidinosi lamenti, decise di raggiungerla. “Ditemi
che è uno scherzo...” asserì Summer, che aveva
notato un bicchiere d'acqua sul tavolo con accanto uno scatolino. “Mi
sa che abbiamo
interrotto un momento romantico!” disse divertito Damon, quando
fece capolino nella cucina. “"Romantico e programmato!" Summer gli
mostrò la scatola senza aggiungere altro. A
Damon sfuggì una brevissima risata a labbra serrate: era una confezione di Viagra. "Intraprendente il nonnino!" I
mugolii diventarono più forti, e la cacciatrice alzò
gli occhi al soffitto sentendosi in difficoltà. “E
ora? Cosa facciamo?” chiese, facendo l'ennesima smorfia dopo
aver ascoltato un forte gemito dell'uomo: quei due erano
eccessivamente rumorosi. “Beh
potremmo seguire il loro esempio...” propose Damon con libidine
e con un chiaro sottofondo di divertimento. Gli
occhi di Summer lo fulminarono repentinamente: quella frase scherzosa aveva avuto il potere di attanagliare la bocca del suo stomaco! Damon
ritornò serio “Andiamo... qual è il problema? Noi
stiamo al piano di sotto, e quanto dobbiamo restare? Dieci
minuti?” Summer
annuì titubante, ma, dopo quel gesto, un urlo di piacere la fece
quasi rabbrividire. “No.
Non ce la faccio! Non riesco a concentrarmi. Falli smettere! ”
le uscì di getto, ma subito si accorse di aver detto una grossa assurdità, sentendosi ancora più imbarazzata per quella gaffe. “Cosa?! Dovrei andare
lì dentro e soggiogarli per farli smettere?! Toglitelo dalla
testa!” esclamò nauseato al solo pensiero. “Bene,
allora vuol dire che torneremo un'altra volta...”
quella situazione la metteva a
disagio, e la presenza di Damon enfatizzava e peggiorava la cosa. Summer si rese conto che la compagnia del vampiro la faceva sentire incredibilmente – e smisuratamente – nervosa. “Andiamo! Non credi di esagerare?... Non ti facevo
così pudica...” Damon non la prese sul serio: a lui,
quella situazione, non faceva né caldo né freddo. “Non
si tratta di pudore! Si tratta di rispetto per gli altri!” non
le andava di invadere la privacy di quelle persone. Già si
sentiva a disagio all'idea di dover far ricorso alla soggiogazione
del vampiro; quello, era decisamente troppo! Voleva andarsene.
“Summer
non fare la ragazzina, devi stare qui solo per una decina di minuti!”
disse con voce calma ma decisa, mettendole le mani sulle spalle. A
quel contatto, Summer avvertì una sensazione troppo forte per
poterla gestire. Era un calore elettrico che le pervadeva il corpo e
la accendeva di un desiderio che voleva assolutamente rifiutare e
rigettare, così lo guardò con un'immeritata
ostilità. “Ti
avevo detto di non toccarmi...” mormorò con sguardo
freddo e voce bassa carica di sdegno. Damon
si stupì di quella reazione. Non si aspettava
un simile disprezzo, soprattutto dopo quasi una giornata passata
insieme. Lo detestava davvero così tanto da non riuscire a
sopportare neanche un contatto così innocuo?! Abbassò
le mani con lentezza e con uno sguardo che invano cercava di
nascondere l'amarezza. “"Torna qui quando ti pare Summer. Per me la giornata è giunta al termine...” mormorò con
una controllata freddezza; poi si voltò e si incamminò
verso l'ingresso senza voltarsi. Summer
restò immobile, e solo quando senti il rumore della porta che
si chiudeva riuscì ad elaborare un pensiero a riguardo: era
stata troppo dura...persino per lui.
Casa
Salvatore
Damon
era sdraiato sul letto. Sul comodino alla sua destra, tassativamente
un bicchiere di scotch. Non poteva credere di essere stato trattato
in quel modo. Non dopo essersi sforzato, nei suoi limiti
caratteriali, di collaborare con lei. Erano
le unici e mezza e si chiese se fosse il caso di restare a casa a
rimuginare, oppure fare una capatina al Mystic Grill, ma in quel
momento qualcuno bussò alla sua porta. Quando
aprì, proprio non si aspettava di trovarsela di fronte. “Che
ci fai qui?” le domandò con uno sguardo che non
trapelava nessuna emozione. Summer
teneva entrambe le mani nelle tasche posteriori della minigonna e
guardò Damon con un'aria semi-dispiaciuta. Il
vampiro le fece segno di entrare, e poi la fissò con volto
duro aspettando che proferisse parola. “Mi
hai dato della ragazzina... e la cosa mi ha fatto innervosire...ma
riconosco... di aver esagerato...” disse con difficoltà
quella che era una palese bugia: era stato il suo tocco a metterla in
crisi. Damon
fece una smorfia con la bocca. “Scuse
accettate, puoi andare ora...” le indicò la porta con
una caricata dose di freddezza. Summer
scosse la testa con incredulità. Era stato difficile per lei
fare un simile gesto, ma era anche stato stupido da parte sua credere
che lui l'avrebbe capito, pensò. Si
avviò verso l'uscita, ma le parole del vampiro la
fermarono. “Sai...non
ti credo...” Summer
si voltò verso di lui guardandolo confusa. “Non
sono stupido Summer, ti ho detto cose peggiori, quindi non
mentirmi...” si avvicinò, e con aria di sfida le poggiò
delicatamente le mani sulle spalle. Nuovamente,
a quel contatto Summer sentì di tremare internamente, ma
decise di restare impassibile per non dargli
soddisfazioni.
L'intento
di Damon, era quello
di scatenare la stessa reazione di disprezzo che lei aveva avuto
qualche ora prima. E, mentre la toccava, capì perché
quella reazione l'aveva ferito così tanto: lui provava solo
piacere quando sfiorava il suo corpo, e non poteva accettare che la
cosa non fosse reciproca. Come
sempre la “reciprocità” non era nel suo destino,
pensò. Più
volte gli occhi del vampiro caddero sulle sue labbra, e invano cercò
di capire le emozioni della ragazza che si nascondevano dietro
un'armatura di impassibilità. Con
aria di sfida e sensualità, fece scivolare le mani lungo le
braccia e, una volta arrivate ai gomiti, le spostò sulla vita
afferrandola con decisione. Summer
non sapeva come reagire: quel contatto faceva fremere ogni millimetro
del suo corpo. “...Cosa
stai cercando di dimostrare?” gli chiese con un filo di voce,
che quasi sembrò un lungo ansimo. Damon
non rispose; non capiva perché Summer continuasse a fingere
che quel contatto non le provocasse nulla, ma la tensione gliela
leggeva ormai negli occhi. E per un secondo venne sfiorato dall'idea
che lei potesse provare le sue stesse sensazioni. Il
vampiro approfittò
di
quella presa per avvicinarla a sé, e l'intensità che si
creò tra i due raggiunse livelli per lei intollerabili. “Basta
così...” disse nervosamente liberandosi e dirigendosi
verso la porta, ma il vampiro le si parò davanti, e in un
attimo Summer se lo ritrovò tra le braccia senza neanche
rendersene conto. Damon
l'aveva
travolta con il suo corpo con una rapidità che non ti da il
tempo di ragionare o di mettere semplicemente a fuoco quello che sta
accadendo. Lei si ritrovò a ricambiare il suo bacio e a
sentire la sua mano tra i capelli e lungo la schiena, e fu l'istinto
a ordinarle di cingergli il collo con le braccia. Poi,
quando ciò che stava succedendo le apparve
più chiaro, nuovamente si sentì disorientata dal
ritrovarsi trascinata a super velocità sopra un mobile, con
Damon che le sollevava la gonna e le afferrava il tanga con
l'esasperazione che si dedica ad un terribile male da estirpare; e lo
vide scivolare lungo le gambe insieme a quel briciolo di volontà
a cui sperava ancora di appigliarsi. Sentì le sue mani
liberarla dalla maglietta ed appropriarsi con decisione di ogni
centimetro di pelle conquistato; e poi sentì ancora la sua
lingua scendere dal collo fino al seno. A
quel punto, capì che era inutile sentirsi una spettatrice
passiva; ormai non poteva più tornare indietro, tanto valeva
prendersi quello che desiderava...
Damon
non riusciva a capire la motivazione che si celava dietro
quell'azione; era stato un gesto che aveva oltrepassato i meccanismi
della sua volontà surclassando il suo potere decisionale. Quel
momento di vicinanza sembrava irreale: una confusa parentesi
all'interno del tempo. In quella frazione di secondo pensò
che, nella peggiore delle ipotesi, al massimo gli avrebbe spezzato
l'osso del collo, ed invece lei ricambiò il suo bacio con la
stessa passione, spiazzandolo e incendiandolo al tempo stesso. Mentre
famelico si nutriva del suo seno, si ritrovò a sentire le mani
di Summer tra i capelli: proprio come l'aveva sognato. E, proprio
come in quel sogno, i suoi gemiti e il suo profumo sembravano dettare
le regole di ogni sua carezza. Si sentì come una bomba pronta
ad esplodere, e la mano delicata che gli sbottonò la cintura
fu l'innesco di un pericoloso conto alla rovescia. Le
loro labbra si avvicinarono nuovamente, e si meravigliò,
ancora una volta, del fatto che fremessero quanto le sue. E
quando sentì una mano tra i capelli, e l'alta impegnata nel
delicato compito di liberarlo dall'oppressione dei boxer, gli sembrò
di esplodere dentro e di bruciare fuori*; e solo quando si ritrovò
dentro di lei riacquistò quel minimo di lucidità che ti
permette di godere senza l'impressione d'impazzire.
Angolino
di NaNa: *Negramaro=
Senza Fiato (Dio quanto è bella quella canzone *.*)
Ed
eccomi di nuovo^^ Con questo capitolo dichiaro conclusa la prima
parte della fic, quella introduttiva che ha dato più spazio al
pugnale e all'introduzione dei nuovi personaggi. Dal prossimo
capito inizia la seconda parte, quella “Friends” in cui
si vedrà crescere il rapporto tra Damon e
Summer. Poi...mooooolto più avanti ci sarà la terza
parte, quella dell'azione. E dopo questa piccola delucidazione in
merito, vi saluto e vi ringrazio come sempre per la lettura. Sì,
dico proprio a te lettore che hai appena finito il capitolo!!!
GRAZIE!!!*.* Non ci fate caso ho dimenticato di prendere gli
psicofarmaci -_-'''' Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto^^ Al prossimo***
|
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Capitolo 18 *** Diciottesimo Capitolo ***
Mystic
Falls 1864
Due corpi ansanti si muovevano sinuosamente
sotto un casto lenzuolo bianco, mentre la luce rossastra del lume
rifletteva sul muro le ombre di quell'ardente attimo. Un gemito
più forte uscì dalle labbra dell'uomo che si muoveva
ritmicamente tra le pallide gambe di una donna dal lunghi capelli
castani. L'acme del piacere colse entrambi nello stesso istante, e
subito dopo l'uomo le si posizionò di lato, continuando a stringerla
tra le forti braccia. “Non avete idea di quanto sia bello il
vostro volto quando è in preda al piacere...” sussurrò
dolcemente, scostando una ciocca di capelli dal volto imperlato di
sudore della donna. “Allora il merito è vostro...”
bisbigliò con voce ancora ansante. L'uomo sorrise, mentre
continuava a contemplare ed accarezzare dolcemente ciò che lui
riteneva la cosa più bella esistente al mondo. “Adesso
devo andare...”sussurrò nuovamente la donna. “Non
fatelo...addormentatevi tra le mie braccia...” sussurrò
stringendola di più a sé. “Magari la prossima
volta” disse sorridendo e con un tono da contentino. “E' ciò che dite sempre... No. Questa volta non vi lascerò andare. Vi
voglio tutta per me...” asserì con decisione aumentano
la forza della sua presa. Lo sguardo della donna si fece
freddo. “Lasciatemi Damon” ordinò, mentre le
sue pupille si dilatavano e stringevano velocemente. Damon allentò
immediatamente la presa, e la vide alzarsi e rivestirsi con
rapidità. “Buonanotte...” gli sussurrò
con una vena di sadismo prima di chiudere la porta. “Buonanotte
Katherine...” rispose lui, ancora sotto l'effetto della
soggiogazione. Quando sentì il rumore della porta che si
chiudeva, lo sguardo di Damon riacquistò lucidità
lasciandogli una smorfia di dolore sul volto. Ogni notte era una
crudele storia che si ripeteva. Lui era il primo a cui Katherine
faceva visita, mentre Stefan era il secondo. Eppure, era il volto del fratello che lei vedeva ogni mattina al suo risveglio, e
questo faceva sì, che nel suo cuore, Stefan fosse il primo e
lui il secondo...
***
***
Furono
ore costituite interamente da attimi incontrollati, voraci e
infuocati. Attimi in cui la passione ti consuma e ti rigenera al
tempo stesso. Attimi che non sono dettati dalle parole ma
esclusivamente dai gemiti. Entrambi avevano risucchiato l'essenza
dell'altro in preda al proprio bisogno viscerale di porre fine a quel
tormento. E dopo che, tra ansimi e sguardi ingordi, l'apice del
piacere li aveva sorpresi nuovamente, la fiamma della passione poteva
considerarsi finalmente estinta. Ora i due giacevano sul grande
letto di Damon l'uno affianco all'altra, nudi, ansanti, muti e
rinchiusi nei loro pensieri. Dopo qualche minuto, la cacciatrice
spezzò l'impasse di quell'attimo alzandosi per andare alla
ricerca dei propri abiti sparsi tra il letto di Damon e l'ingresso
della casa. Trovò la minigonna accanto alla porta della
stanza e subito la raccolse per infilarsela; poi continuò a
guardarsi intorno alla ricerca dei restanti indumenti, ma evitando
volutamente di guardare nella direzione del vampiro. Damon la
guardò divertito: la cacciatrice era visibilmente a
disagio. Subito si adoperò in ciò che meglio gli
riusciva: far innervosire il prossimo. “E dimmi... hai
sentito qualche strana...intensa... magari sconvolgente... sensazione
in queste ore?” Summer lo fulminò con lo sguardo. “Mi
riferisco al medaglione ovviamente...percepito nulla?!” disse
con un sorriso sornione, divertendosi a rigirare il dito nella
piaga. “Potresti farmi la cortesia di evitare di parlare?!... La tua voce in questo momento è
l'ultima cosa al mondo che voglio ascoltare...” disse sentendosi tremendamente infastidita, come se la voce di Damon fosse
stata davvero, come lei l'aveva precedentemente definita, un'unghia
che raschia una lavagna. Damon osservò quella reazione
incuriosito e divertito; ed utilizzò la super velocità
per pararsi nuovamente di fronte a lei. “Hai ancora il mio
profumo addosso e già sei in fase di negazione?”sussurrò
con aria sexy e tono di sfida, afferrando i suoi fianchi con
decisione. Summer lo guardò con uno sguardo
omicida. “Buonanotte Damon...” disse prima di
coglierlo di sorpresa spezzandogli l'osso del collo. Il corpo del
vampiro cadde esanime a terra e lei lo lasciò incurantemente
lì. Il problema principale, in quel momento, era trovare
tutti gli indumenti per andarsene il prima possibile da quella casa.
***
***
Dal
diario di Stefan Salvatore
Chicago
1922
Qui
con me c'è Mary Bertrad: colei che sarà la mia
duecentesima vittima. In questo momento è priva di
conoscenza. Ho legato i suoi polsi ai braccioli della sedia e l'ho
imbavagliata a dovere. Non voglio sentire grida...voglio solo
compiacermi del terrore nei suoi occhi, delle lacrime che
verserà...del tremore che invaderà il suo corpo,
quando, una volta svegliatasi, vedrà il demone impossessarsi
del mio volto...
Elena chiuse rapidamente il diario. Non
voleva più proseguire con la lettura: non ce la faceva. Pensò
che fosse meglio passare direttamente alla parte in cui Lexi
iniziava il suo 'programma di riabilitazione', in fondo era questo
ciò che le premeva sapere. Sapeva che in quel diario
avrebbe trovato cose raccapriccianti, ma non voleva che il ricordo di
Stefan fosse rimpiazzo dalle raffigurazioni mentali di ciò che
leggeva; non ora che Stefan era lontano da lei e non poteva perdersi
nel verde chiaro e dolce dei suoi occhi. Elena spense la luce del
lume sul suo comodino. Anche se adesso sembrava più arduo
che mai, doveva cercare di dormire almeno un po'.
***
***
Damon
si svegliò con un lancinante dolore alla testa. Confuso e
stordito, constatò di trovarsi nudo e sul gelido pavimento
della sua stanza. “Mi ha spezzato il collo?!...”
bisbigliò allibito.
***
***
A
mattino inoltrato, Summer faceva colazione al bar con l'aria stanca
di chi non è riuscito a dormire. Ripensava continuamente
alla giornata precedente, e tutto le sembrava semplicemente assurdo.
Tutto era accaduto troppo velocemente e si odiava per aver dato a
quell'arrogante vampiro una simile soddisfazione. Non poteva negare
di aver passato una delle notti più infuocate della sua vita,
ma odiava il pensiero di aver dato a Damon un modo in più per
infastidirla, e neanche il tempo di finire questo pensiero che se lo
ritrovò seduto accanto. “Sei stata davvero molto
scortese...” “Lo sai che questo si chiama stalking,
vero?” “Vuoi denunciarmi?” chiese
divertito. “Non ce n'è bisogno. So farmi giustizia da
sola” mormorò con sguardo compiaciuto. “L'ho
notato” disse infastidito. “Cosa vuoi?!” domandò
con tono isterico. “Beh...non si lavora oggi?” “Stai
scherzando spero!” la cacciatrice era allibita. “Niente
affatto...quello che è successo non cambia nulla...almeno non
per me” disse fingendo disinteresse e provocandola
volutamente. Il nervosismo di Summer salì alle
stelle. “Invece per quanto riguarda me ha cambiato il
livello di sopportazione nei tuoi confronti. Credimi, si è
abbassato di parecchio!” asserì minacciosa. “Lo
so...ne ho avuto un assaggio” disse toccandosi e piegando il
collo. Summer gli fece un sorriso diabolico poi sorseggiò
il suo caffè. “Quindi...mi stai dicendo che la nostra collaborazione
finisce qui?...” “L'avevamo stabilito già ieri
che non sarebbe continuata, di cosa ti meravigli?” “Giusto...e
per quanto riguarda il sesso, invece?” disse mordendosi il
labbro inferiore e guardandola con libidine, ma il tutto condito con
un sottofondo di ironia. A Summer andò il caffè di
traverso, e tossì un paio di volte prima di rispondere. “Hai
proprio voglia di scherzare a quanto vedo...” Damon avvicinò
il suo viso a quello di lei. “...Ti avrò tutte le
volte che vorrò...” sussurrò serio. Summer si
sentì scossa: nuovamente preda di quell'odioso fascino. “Sei
un povero illuso...” sussurrò con tono di sfida e
assolutamente convinta del fatto che non avrebbe più
ceduto. “Staremo a vedere...” disse, per poi
scomparire subito dopo.
Angolino
di NaNa:
Ciao
a tutti^^ Come avrete notato questo capitolo è più
corto degli altri. In verità in questi giorni non ho molto
tempo per scrivere, perché hanno ben pensato di caricarmi di
impegni. Questo capito è un piccolo pensiero per la mia
dolcissima NanyVale, per non tenerla troppo sulle spine sull' “After
Sex” dei protagonisti xD Cmq, al di là della
lunghezza, spero l'abbiate apprezzato ugualmente. Un bacione e al
prossimo capitolo che, vi avverto, tarderà ad arrivare. Sorry
:( Grazie come sempre a tutti quelli che sono arrivati fin
qui^^ Buon weekend!!!
|
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Capitolo 19 *** Diciannovesimo Capitolo ***
Avviso:
Capitolo moooolto ispirato alla puntata 3x04 Infatti, sia
in questo capitolo che nel successivo, sono riportate alcune frasi
dell'episodio; come sempre...queste frasi sono in Corsivo.
Summer
uscì dalla dimora dei Callen con un volto visibilmente
scoraggiato e annoiato, probabilmente a causa delle tre case visitate
senza alcun successo, e per di più riprendendo quella
snervante farsa della rappresentante di aspirapolveri. Stava
posando l'ingombrante valigia nel bagagliaio dell'auto, quando una
fastidiosa voce alle sue spalle le provocò un brivido di
nervosismo dietro la schiena. “Ammettilo che il mio aiuto
rendeva tutto più facile” Damon le spostò i
capelli sulla spalla sinistra “...e divertente...”
sussurrò nell'orecchio destro. Summer restò immobile
ed in silenzio: ancora una volta preda di quel tremore interno, caldo
e incontrollato. Il vampiro avvicinò il corpo alla sua
schiena, mettendole un braccio intorno alle spalle e l'altro intorno
alla vita, e con dolcezza e calma iniziò a baciarle il
collo. “Smettila...” sussurrò lei con un filo
di voce troppo flebile. Damon aumentò la forza della sua presa. “Perché
non me l'hai detto anche ieri sera?!...Forse perché eri troppo
occupata ad ansimarmi nell'orecchio per farmi capire che non ne avevi
mai abbastanza?...” sussurrò per poi morderle
delicatamente il lobo. Summer deglutì visibilmente, e il
suo respiro si fece più affannoso. Sentiva di non avere il controllo sulle sue reazioni fisiche e non le era mai capitato! Odiava il modo in cui la faceva sentire! Damon aveva ragione: lei
lo desiderava e, se il vampiro avesse continuato con quei modi,
avrebbe nuovamente ceduto, ma non poteva. Doveva sopprimere sul
nascere quella disdicevole situazione! Si girò lentamente.
Lo guardò negli occhi, per poi prendere il suo volto tra le
mani, così delicatamente da far sembrare quel gesto una doppia
carezza. A quel tocco Damon trasalì impercettibilmente, e
subito pregustò il bacio che avrebbe decretato la sua
vittoria su quella donna. Ma quel bacio non arrivò e, pochi
istanti dopo, per il vampiro fu il buio totale. Summer gli aveva
nuovamente spezzato l'osso del collo. Velocemente la cacciatrice
caricò il suo corpo in macchina: quella storia doveva
finire...e lei sapeva esattamente cosa fare!
***
***
“Lo
sceriffo Forbes...” disse Blair avvicinandosi alla
donna. “Blair...che sorpresa! Carol non mi ha avvisata del
tuo arrivo...” “Non ne avevo dubbi...non sono un
argomento piacevole per mia cognata, ma la cosa è reciproca!
Sei qui per dare una mano?” disse riferendosi ai preparativi
per la festa. Liz sorrise; l'acidità di Blair nei confronti
di Carol era cosa nota, quindi decise di non lasciarsi mettere a
disagio da quelle parole. “Sì, sono qui con mia
figlia. Lei adora rendersi utile in queste cose, poi beh... non so se
Carol te l'ha accennato, ma lei e Tyler si stanno frequentando”
disse con gioia. “Davvero? No, in effetti Carol non mi ha
detto nulla a riguardo...beh non posso che essere contenta per loro
due allora, tua figlia è davvero deliziosa Liz” Lo
sceriffo sorrise. “Ascolta...avrei delle domande da
farti...riguardano mio fratello Mason...” disse guardandosi
intorno con circospezione. “Ci sono problemi?” chiese
con apprensione. “E' da quando è venuto qui che non
ho più sue notizie, l'ho cercato ovunque Liz, e per quanto
Mason sia un tipo sbandato...si è sempre fatto sentire, almeno
ogni tanto...” si prese una lunga pausa “temo che gli sia
successo qualcosa...” Liz la guardò con
preoccupazione. Lei non sapeva nulla a riguardo, ma, date le ultime
scoperte, temeva che quella scomparsa avesse a che fare con i vampiri
di cui solo recentemente aveva scoperto l'identità. “Hai
fatto bene a parlarmene Blair... Vedrò di fare il
possibile...” disse con tono preoccupato. Blair sorrise
garbatamente. Caroline, in quel momento indaffarata a sistemare le
luci nel gazebo, vide la madre parlare con la zia di Tyler, e decise
di avvicinarsi per avere modo di salutarla. “Salve signora
Lockwood” disse con tono gentile. In un primo momento la
donna le sorrise, poi, improvvisamente, il suo volto divenne
cupo. “Ciao Caroline...Beh è ora che vada... “
disse facendo un sorriso a Liz e lanciando un'occhiataccia a
Caroline, che si sentì subito gelata da quella ventata di
ostilità. La ragazza incrociò lo sguardo di Tyler
che si trovava dall'altra parte del giardino, e decise di
raggiungerlo. “Tua zia è stata davvero molto
scortese...” si lamentò. “Conoscendola, mi meraviglierei del contrario!” rispose il ragazzo cercando di
consolarla, ma ugualmente vide il broncio sul muso della sua
vampiretta. L'abbracciò teneramente. “Andiamo non
te la prendere...se non le piaci, pazienza! Significa che non sa
valutare le persone...” le disse con dolcezza, prima di darle
un tenero bacio. Caroline sorrise...eppure aveva un brutto
presentimento.
***
***
Damon
si risvegliò nuovamente con un dolore tremendo al
collo. Stordito e disorientato, questa volta, con stupore e
rabbia, constatò di trovarsi nel salotto di casa sua, seduto e
con i polsi e le caviglie incatenati rispettivamente ai braccioli e
ai piedi della sedia. “Che diavolo...” bisbigliò
nervosamente, cercando di fare forza nelle braccia per liberasi, ma
quelle catene erano troppo resistenti persino per lui. “Ti
sei ripreso...” mormorò Summer entrando nella
stanza. “Che diavolo significa questa pagliacciata! ...e per
inciso, la tua fissazione per il mio collo sta diventando snervante e
scontata!” asserì furioso, cercando ancora di
liberarsi. “Sssshhh” sussurrò lei posando il
dito indice sulle sue labbra. Damon era visibilmente
confuso. Piano, la ragazza appoggiò il ginocchio sulla
sedia, tra le sue cosce, e sfiorando il cavallo dei pantaloni, poi,
con sensualità, sbottonò lentamente i bottoni della sua
camicia. Damon sentì quel tocco delicato sul suo petto, e
questo gli provocò un fremito interno che portò calore
in tutto il suo corpo. “Ahhh beh, se l'intenzione è
questa...ti perdono anche per avermi spezzato il collo...per la terza
volta...” disse in preda all'eccitazione, sentendo scivolare le
sue mani sul suo petto ormai completamente nudo. Summer tolse il
ginocchio da quella posizione per rimettersi di fronte a lui; poi gli
accarezzò la guancia facendo scendere la mano prima sul collo,
poi al centro del petto ed infine sull'addome, inginocchiandosi
contemporaneamente. “Sì, è ufficiale. Questa faccenda inizia a piacermi...”
sussurrò con voce corrotta dal piacevole pensiero delle sue labbra su di lui, ma appena finì
quella frase, Summer, in netto contrasto con le sue fantasie, gli infilzò un paletto nel fegato. Il
vampiro emise un forte gemito di dolore. “Sei impazzita!”
urlò allibito; poi, chiedendosi dove avesse preso quel dannato
aggeggio, guardò a terra e, accanto ai suoi piedi, ne vide
un'altra decina insieme ad alcuni flaconcini di vetro. Damon
iniziò a preoccuparsi seriamente. “Ok...Ho capito, ti
piace il gioco duro! Ma dovremmo almeno stabilire una parola
salvagente, non trovi?!” disse ironicamente a denti stretti, cercando
nuovamente di liberarsi da quelle catene. “Niente potrà
salvarti...” sussurrò lei con aria omicida. “Tu
sei totalmente pazza!” le disse con voce irata, e ancora più
accanito su quelle catene. Summer sorrise divertita. “Allora
Damon, ti spiego le regole. Sono molto semplici, quindi anche un
idiota come te può afferrarle. Io faccio delle domande e tu
rispondi...facciamo una prova: chi comanda tra noi due?” “Stai
scherzando spero!?...trova qualcun altro disposto ad alimentare il
tuo ego, non contare su di me!” disse con ira. “Risposta
sbagliata” sussurrò prima di conficcargli un paletto
nella spalla. Nuovamente Damon urlò per il
dolore. “Dimmi...mi darai ancora fastidio una volta finito
il gioco?” “Ahh...Fastidio è dire poco!
Sarò il tuo incubo!” disse
minaccioso. “Risposta sbagliata!” gli conficcò
un paletto nel polmone. “...E quello che temevo! Sei troppo
stupido anche per un gioco così semplice... Non so se l'hai
notato Damon...ma stai perdendo!” disse con perfida ironia. Il
vampiro era furioso. Summer afferrò i suoi capelli
tirandogli la testa all'indietro. “Di nuovo...continuerai a
darmi fastidio?” L'orgoglio del vampiro non cedeva. “Tutte
le volte che vorrò...” La cacciatrice sorrise
diabolicamente. “Ummm... lascia che ti disinfetti le ferite...”
prese una delle fialette e, con lentezza, versò il contenuto
sulla lacerazione al petto. La pelle del vampiro iniziò a
fumare, e lui fece di tutto per sopprimere le urla, ma fu quasi
impossibile. “Continuerai a darmi fastidio?” chiese
nuovamente con un tono più alto. “Puoi scommetterci!
Ti darò la caccia anche in capo al mondo e mi sentirò
soddisfatto solo quando ti avrò fatto il triplo di quello che
stai facendo a me!” disse con voce affannata e
rabbiosa. “Risposta sbagliata” rispose, prima di
conficcargli un paletto vicinissimo al cuore. Il vampiro si gelò
per un secondo: un centimetro più a sinistra e sarebbe stato
pelle grigia raggrinzita. Summer continuò a versargli
addosso la verbena facendo fumare nuovamente la sua
pelle. “Continuerai a darmi fastidio Damon?” “Falla
finita e uccidimi! Perché la risposta sarà sempre sì!
...Ora più che mai!” disse ancora più
furioso. “Perché dovrei ucciderti subito...quando
posso continuare a divertirmi ? ...” disse infilando lentamente
un paletto al centro del suo addome. Nuovamente il vampiro emise
soffocati gemiti di dolore. “Se l'avessi saputo prima che la tua
pazzia sarebbe arrivata a questi livelli, quella
scopata deludente me la sarei risparmiata molto volentieri!” disse con cattiveria e con voce corrotta dal dolore,
che ormai era diventato insostenibile. Lo sguardo della
cacciatrice diventò torvo; poi gli diede un potente schiaffo
in pieno viso che fece sanguinare il suo naso. “Bene, vuol
dire che ho raggiunto il mio obbiettivo...” disse con tono
basso e calmo: Damon aveva capito che era meglio starle alla larga, ed proprio ciò che lei voleva. Giusto? Un attimo di ansia, rinnegato all'istante, le strinse il petto. Il vampiro la guardò con un'espressione confusa e poi, nuovamente,
tutto si fece buio.
***
***
Liz
raggiunse sua figlia che da poco aveva smesso di parlare con
Tyler. “Sai qualcosa su Mason Lockwook?” le domandò
a bassa voce e senza tergiversare. Lo sguardo di Caroline lasciò
trapelare una certa preoccupazione. “Cosa sai Caroline?”
domandò con più severità. “E' morto”
rivelò dispiaciuta. “Cosa?! Quando pensavi di
dirmelo?! E soprattutto come? O meglio...chi è stato?”
chiese con agitazione, afferrando il braccio della figlia. “Damon...”
bisbigliò lei. Lo sceriffo emise un sospiro. La faccenda
iniziava a complicarsi.
***
***
La
suoneria del telefono lo svegliò con ciò che in quel
momento percepì come puro sadismo: quella musichetta non gli
era mai sembrata tanto irritante. Era come se il cervello fosse
appannato e assopito, ed il più misero rumore o fonte di luce
avevano il potere di scatenare delle violente scosse elettriche. Si
guardò intorno per capire cosa fosse successo. Si ritrovò
seduto su una sedia con la pelle arrossata in molti punti, e delle
lunghe scie di sangue seccato. Subito ricordò tutto, e
istintivamente mosse le braccia con forza per liberarsi; ma fu un
gesto inutile, era già libero: le catene e i paletti erano
stati tolti. Ancora dolorante si mosse per prendere il telefono
dalla tasca; sul display compariva la scritta 'Sceriffo
Forbes'. “Pronto...” disse con voce rauca. “Damon
dobbiamo parlare. Verrai alla festa dei Lockwood vero?” “Ahhh
già... l'avevo dimenticato. Sì, certo ci vediamo
lì” “Bene, a dopo allora” disse prima di
riagganciare. Damon andò verso il frigo e subito si prese
una dose di sangue. Si sentiva incredibilmente debole, ma
soprattutto adirato e umiliato. Chi si credeva di essere per
trattarlo così? Credeva che avrebbe ceduto al dolore
implorando pietà? E poi che senso aveva avuto per lei
quella buffonata? Credeva, in quel modo, di modificare il suo
comportamento? Cos'era nella sua mente malata? Un vampiro da
laboratorio? Pensò. Finì velocemente di bere e si
diresse nella sua stanza: aveva decisamente bisogno di un bagno
caldo.
***
***
“Mi
sembra strano che Damon non sia passato per casa... di solito lo fa
sempre prima di venire a queste feste...” disse distrattamente
Elena, mentre passeggiava per il giardino illuminato e addobbato
della lussuosa villa dei Lockwood. “Già, diciamo che
per lui ogni scusa è buona per passare per la tua camera...”
rispose di getto Alaric. “Ok. Se hai qualcosa da dire Rick,
dilla!” disse la ragazza fermandosi; anche la volta precedente
aveva avuto l'impressione che le parole di Rick avessero un qualcosa
di inespresso. Alaric era titubante, eppure proprio non riusciva a
mandare giù l'avvicinamento tra i due, quindi decise di dire
la sua una volta per tutte. “Non voglio che tu veda in Damon
cose che non ci sono...” “A cosa ti
riferisci...spiegati meglio” “Parlo dell'umanità,
Elena” “Quindi Damon è abbastanza umano per
esserti amico ma non lo è abbastanza per essere mio amico. E'
questo quello che vuoi dire?” chiese con voce alterata. “Dico
che a me sembra che per te sia molto più di un amico...”
Lo sguardo di Elena mutò. “Ti sbagli...”
asserì, accompagnando quelle parole con un movimento di
negazione del volto. “Forse sì, ma quello che so di
per certo Elena è che non voglio vederti soffrire...” “Non
accadrà...ora se vuoi scusarmi, vado a cercare Caroline”
disse un attimo prima di allontanarsi. Quella breve conversazione
l'aveva decisamente infastidita.
***
***
“Damon,
finalmente sei qui” disse Liz non appena lo vide varcare il
cancello di casa Lockwood. “Di cosa volevi parlarmi? E'
successo qualcosa?” Liz si guardò attentamente
intorno per assicurarsi che la conversazione non fosse origliata da
nessuno e, una volta notato che tutti gli invitati erano presi dalla
musica e dal buffet, si sentì libera di parlare. “Si
tratta di Mason: la sorella maggiore, Blair, è venuta in città
per indagare sulla sua scomparsa. Credimi, la conosco bene Damon. Era
molto amica di mia sorella, è una donna tenace...se ha qualche
sospetto andrà fino in fondo alla faccenda...e...Beh Caroline
mi ha detto tutto...” bisbigliò guardandolo con
disapprovazione. Lo sguardo di Damon era frustrato, quella
giornata peggiorava di minuto in minuto. Mentre i due parlavano,
Blair, nascosta dietro al gazebo, li osservava da lontano con
notevole attenzione. “Dovresti insegnare a tua figlia il
significato della parola 'discrezione'” disse con
rimprovero. “Seriamente? Tu vai in giro ad uccidere le
persone e poi vorresti farmi la predica su come essere un buon
genitore?! Ascoltami bene Damon il fatto che siamo in buoni
rapporti non significa che improvvisamente approvi il tuo stile di
vita!” “Ummm...dimmi un po' Liz è questo
quello che c'è scritto nella tua sentenza di divorzio sotto la
casella 'motivazione'?!” chiese con ironia, riferendosi
all'omosessualità dell'ex marito. Liz lo guardò
divertita, ma subito dopo il suo sguardo ritornò
preoccupato. “Cosa facciamo?” chiese la donna con
serietà. “Beh per adesso cerca solo di
depistarla...” Liz annuì e i due si separarono.
***
***
“Credo
che Alaric stia davvero esagerando...tra me e Damon non c'è
nulla, perché si preoccupa tanto?!” chiese retoricamente
all'amica vampira. Caroline fece uno sguardo di dissenso che Elena
colse al volo. “Credi...credi che abbia ragione?” La
vampira si diede qualche secondo per rispondere. “Dico che,
da quando non c'è Stefan tu e Damon passate davvero molto
tempo insieme...” “Come amici, siamo semplicemente
amici!”asserì con fermezza. “Elena, mi conosci,
non sono il tipo di ragazza che tiene la sua opinione chiusa a chiave
in un cassetto, quindi, visto che me lo stai chiedendo, sarò
schietta e sincera come sempre: A mio parere... sei attratta da lui
ma non vuoi ammetterlo!” disse caricando quelle parole di
convinzione. “No, Ti sbagli...” rispose, ma con fin
troppa enfasi. “Sul serio Elena? Vuoi continuare a
negarlo?” “Ti sto dicendo che non è
cosi...” “Andiamo Elena! Qual è il problema?
Ammettilo, una volta per tutte: sei attratta da lui...in tutto il suo
fascino da fratello cattivo!” argomentò con maggiore
animazione. “No” rispose lei con decisione. “No:
non sei attratta da lui? O no: non vuoi ammetterlo?”
domandò con più insistenza. “Non posso,
Caroline!” asserì con tono alterato. “Se
lo ammettessi...se lo pensassi, anche solo per un secondo...questo
come mi farebbe apparire?” continuò a voce più
bassa e titubante. “Semplicemente umana Elena...”
rispose guardandola con dolcezza. Il volto di Elena si perse nel
vuoto. “Caroline ci sono dei problemi con la musica..puoi
darmi una mano?”urlò in quel momento Tyler, a qualche
metro di distanza, alzando anche la mano per farsi notare. Elena fece
un sorriso all'amica per farle capire di poter tranquillamente dare
una mano al ragazzo, e Caroline ricambiò il sorriso con
complicità per poi avviarsi verso Tyler. Elena rimase
impietrita da ciò che le era appena uscito dalle labbra. Forse
la questione era più seria di quanto non volesse
ammettere. Poco dopo, la voce di Damon la destò dai suoi
pensieri. “Ti vedo turbata...hai saputo del nuovo
problemino?” “Cosa?! No...di cosa parli?” “La
zia di Tyler è qui per cercare Mason...” “In
effetti...questo è un bel problema” gli disse con aria
di rimprovero. “Cosa facciamo?” continuò. “Beh...per
me può benissimo raggiungere il fratellino...Dov'è che
si trova? Ah sì, sotto terra!” disse con un sorriso
diabolico e sornione. “Non dirlo neanche per
scherzo...” “Infatti sono serio Elena...quella donna
può diventare un problema..ed io...beh i problemi tendo ad
ucciderli!” Lo sguardo di Elena si fece agitato e
preoccupato. “Ci sono altri modi per risolvere le situazioni
Damon...non tutto deve per forza finire in tragedia...” “E
questi altri modi sarebbero...?” “Beh... potresti
usare il tuo fascino...” disse buttando la questione
sull'ironia. “Tsk...questa tizia avrà tipo
cinquant'anni...No Elena, ti ringrazio, ma le MILF le lascio
volentieri ai ragazzini...” La ragazza lo guardò
contrariata. “Damon te lo chiedo per cortesia...cerca di
controllati...” disse, per poi allontanarsi subito dopo. Damon
accennò una smorfia di fastidio; iniziava ad averne seriamente
abbastanza di persone che non facevano altro che giudicarlo e, in
quella particolare giornata, sembrava davvero l'imperativo di
tutti!
Angolino
NaNa*** Evviva
me!!!xD Nonostante tutto, sono riuscita anche questa volta a trovare
il tempo di aggiornare...mi compiaccio da sola xD Spero sia così
anche per il prossimo capitolo perchè, come avrete intuito,
sono collegati; visto che gli avvenimenti si svolgono nell'arco della
stessa giornata. Chi ricorda l'episodio 3x04 avrà più o
meno capito dove voglio andare a parare!xD Come sempre “mi
rubo” dalla serie ciò che mi piace e soprattutto ciò
che mi serve. Spero che questa mia scelta non vi dispiaccia^^ Ora
passo ai ringraziamenti: in primis le dolcissime recensitrici che mi
fanno felice ogni volta lasciandomi il loro parere. E poi,
ovviamente, tutti quelli che stanno seguendo questa fic. Spero stia
continuando a piacervi...perché se vi siete subiti ben 18
capitoli di questa roba mi illudo che vi stia piacendo^^( a meno che
voi non siate lettori sadici in cerca di fic che annichiliscano i
vostri neuroni!!! In fondo è pur sempre un'eventualità...)
Ma come sempre finisco col divagarexD Quindi
….semplicemente... Grazie e alla prossima^^
|
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Capitolo 20 *** Ventesimo Capitolo ***
A
party concluso, i membri del consiglio raggiunsero Carol Lockwood nel
suo studio. Blair si era accomodata su di un divano al centro
della sala. Quando Damon varcò la soglia della stanza,
subito capì chi fosse la famosa sorella di Mason, visto che
c'era un unico volto nuovo tra tutti gli altri. Decise di sedersi
accanto a lei e la donna, appena lui si sedette, fece una smorfia
ambigua: un misto di rabbia e stupore. “Non ci siamo mai
visti, sono Damon Salvatore, lieto di conoscerla” il vampiro le
porse la mano, ma la donna si limitò a lanciargli
un'occhiataccia infastidita. “Vorrei poter dire lo
stesso...” rispose con acidità. Damon la guardò
sorpreso e lievemente agiato; una reazione del genere poteva
significare una sola cosa: Blair aveva già intuito
qualcosa. Il vampiro stava per accennare una frase, quando Carol
prese parola per ringraziare tutti della loro presenza e subito dopo,
lasciò la scena allo Sceriffo Forbes. Liz tranquillizzò
tutti spiegando che, dalla primavera trascorsa, non si erano più
verificati incidenti legati ai vampiri, e immediatamente il volto di
tutti si fece più sereno. Carol riprese il
discorso. “Bene... Possiamo affermare che il peggio sia
passato. C'è nessuno che voglia aggiungere qualcosa?”
chiese lanciando un'occhiata fugace a tutti i membri. “Io...se
permetti!” Blair si fece avanti con i soliti modi
indisponenti. Lo sguardo di Damon si fece torvo, e appoggiò
i gomiti allo schienale del divano con un atteggiamento da gradasso;
era proprio curioso di sapere cosa avesse di così importante
da dire. La donna si alzò in piedi e si posizionò
accanto alla scrivania al centro della sala. Carol fece un sorriso
di circostanza. Non aveva dubbi sul fatto che Blair avesse qualcosa
da aggiungere: per lei ogni occasione era buona per mettersi sotto i
riflettori. “Vogliamo davvero starcene con le mani in mano
aspettando la prossima tragedia? Se si sono verificati degli
episodi...significa che sono tornati...” dedicò a Damon
uno sguardo particolare che il vampiro non riuscì a
decifrare. “E proprio per questo suggerisco di fare qualcosa
di più del semplice aspettare. Vogliamo davvero mettere così
a rischio la vita dei ragazzi? Da anni i membri del consiglio fanno
uso di verbena...ma è giusto che questa protezione sia
limitata alle sole famiglie fondatrici?...Io suggerisco di mettere la
verbena negli impianti idrici...di servirla nei bar mischiata alle
bevande... Di distribuirla nelle scuole sotto forma di vaccini
influenzali. A mio parere tutti i cittadini di Mystic Falls meritano
di essere protetti!” continuò con fin troppa
enfasi. Quel discorso sorprese tutti, e subito si creò un
vociferare che Carol spezzò riprendendo la parola. “Bene
Blair...sicuramente le tue argomentazioni sono
valide...Beh...valuteremo la cosa e decideremo in seguito. Per
attuare un piano del genere c'è bisogno di una stima sulla
quantità di verbena necessaria...non è semplice.
Propongo di rimandare la questione alla prossima riunione con dei
dati più certi alla mano...Per adesso direi che è
tutto. Grazie per essere venuti. Alla prossima riunione!”
concluse, cercando di affievolire il fervore che si era creato con i
suoi soliti modi diplomatici. Carol non poteva negare che le idee
di Blair fossero buone, ma non sopportava il suo modo teatrale di
prendere le redini della situazione. Fino a prova contraria era lei
il Sindaco. Blair non si era mai interessata né al Consiglio,
né più in generale a Mystic Falls; quella sua
improvvisa premura aveva un qualcosa di sospetto. Tutti sembravano
d'accordo con Carol: quelle idee si sarebbero discusse alla prossima
riunione. L'unico con lo sguardo teso e torvo era Damon. Quelle
proposte rivoluzionarie gli avrebbero complicato di parecchio la
vita. Il vampiro si avvicinò a Blair. “Davvero
delle idee ammirevoli...” asserì con una falsità
malcelata. “Credo che oggi giorno i vampiri siano molto più
socialmente inseriti di quanto non lo fossero un tempo...”
Blair lo guardò con aria di sfida e Damon le sorrise con il
solito fare sornione. “Buonanotte Blair” disse con
tono altrettanto combattivo. “Buonanotte Damon...”
Blair lo fulminò nuovamente con lo sguardo e lo vide darle le
spalle. Il vampiro lasciò la stanza insieme agli altri
membri del Consiglio, e subito si diresse in giardino dove Alaric ed
Elena lo stavano aspettando. “Houston abbiamo un
problema!” esordì avvicinandosi. “Problemi
con la riunione?” chiese Elena. “Direi proprio di sì.
La zia di Tyler si sta rivelando una rogna ancora più
fastidiosa del previsto. Sì è data arie da leader,
proponendo idee assurde: una a caso?! Vuole mettere la verbena nel
sistema idrico della città!” “Beh...forse
non è una cattiva idea, cioè ti aiuterebbe a mantenere
il controllo ora che Stefan non è qui...” Elena
pronunciò quelle parole con naturalezza senza badare alla
possibile reazione del vampiro. “Mantenere il controllo? E
dimmi un po' Elena, dopo mi darete anche una scossa elettrica quando
farò il cattivo e un cioccolatino quando farò il
bravo?!...Ho un'idea migliore: la faccio fuori subito!”asserì
con determinazione. “E' la zia di Tyler, Damon...”
tenne a precisare la ragazza. “Vorrà dire che a Natale Tyler avrà un regalo in meno da fare!” rispose lui
con la solita tracotanza. “Andiamo Damon...”
Alaric si parò di fronte a lui sperando di porre fine a quella
discussione. “Togliti di mezzo Rick...” gli
disse Damon con ostilità. “Non accadrà...”
Alaric gli posò minacciosamente una mano sul petto e Damon, in
quel momento, si assicurò che l'amico avesse il suo anello al
dito. “Ok Rick...E' ora del tuo funerale temporaneo!”
asserì prima di spezzargli l'osso del collo. “Damon,
no!” urlò Elena sconvolta: non si aspettava una
simile reazione. “Che diavolo ti prende?!” gli
chiese subito dopo, abbassandosi verso Alaric. Il vampiro non le
rispose e si diresse con aria minacciosa verso l'ingresso della
dimora da cui era appena uscito.
***
***
Carol
e Liz stavano discutendo sul discorso di Blair, quando quest'ultima
entrò nella stanza con la sua solita aria da prima donna. “Se
fossi in te non mi fiderei di quella donna” Blair si rivolse a
sua cognata con l'aria di chi ha scoperto qualcosa ed è pronto
a svelare le carte. “Di cosa parli?” chiese Carol
confusa. Blair guardò Liz con aria minacciosa “Dov'è
Tyler?”chiese, senza curarsi della precedente domanda. “Ha
accompagnato Caroline a casa..” rispose il sindaco che proprio
non riusciva a spiegarsi quegli atteggiamenti. “Allora è
meglio che vada a recuperarlo prima che la biondina lo riduca a
brandelli...” asseì tenendo lo sguardo fisso su Liz. Lo
sceriffo capì subito l'antifona e si sentì
pietrificata: Blair sapeva della natura di Caroline. “Ma di
che diavolo parli?” Carol, invece, brancolava nel buoi ed era
sempre di più agitata. Blair volse lo sguardo verso di lei
e mise una mano sul fianco sorridendo con un velo di meschinità. “Sei
la solita ingenua Carol...sei circondata da vampiri e ti lasci
manovrare da loro come una marionetta. E senza neanche bisogno della
soggiogazione!” asserì con cattiveria. “Lasciami
spiegare Blair...” la voce di Liz era lievemente affannata
dall'agitazione. “Lascia che sia io a farlo!” Damon
fece il suo ingresso nella stanza con l'andatura sicura che lo
contraddistingueva. “Ed eccoti qui...chissà perché
la cosa non mi sorprende. Sei venuto in soccorso della tua complice?”
disse Blair, sicura di ciò che diceva. Le era bastato un
attimo per smascherarlo; avrebbe riconosciuto quell'odore anche a
metri di distanza. “Adesso basta, spiegatemi cosa sta
succedendo!” Carol era visibilmente scossa; non aveva la
minima idea di cosa stesse succedendo. “Te lo spiego subito:
quest'uomo e la figlia del caro sceriffo... sono dei vampiri!”
asserì con calma Blair. Carol sembrava sotto shock e guardò
entrambi sentendosi spaesata. “E' vero quello che sta
dicendo?” chiese infine voltandosi verso Liz. “Posso
spiegati Carol...” sussurrò lo sceriffo. Carol la
guardò allibita. Il fatto che non stesse smentendo era una
solida ammissione di colpa. Si voltò anche verso Damon con uno
sguardo di delusione e rabbia. “Non guardarmi in quel
modo!... Tuo figlio è un lupo mannaro! Guarderai come un
mostro anche lui?” rivelò senza mezzi termini. “Tyler
ha scatenato la maledizione?!” chiese Blair sconvolta. Non
poteva crederci. Non poteva essere vero. Il suo adorato nipote non lo
meritava! “Ed il fatto che tu sia a conoscenza della
maledizione mi fa capire come hai fatto a riconoscere sia me che
Caroline...” disse facendole capire di aver intuito il suo
segreto. “Adesso basta! Non
voglio più ascoltarvi! Devo cercare Tyler!” Carol era
sempre più sconvolta. Ora cosa c'entrava Tyler? Si allontanò
immediatamente: doveva trovare suo figlio. “Brava Carol vai
a prendere il tuo cagnolino...” disse con cattiveria il
vampiro. “Aspetta vengo con te!” aggiunse Liz
seguendola, ma non prima di aver lanciato un'occhiataccia a
Damon. “Bene...a quanto pare siamo rimasti da soli...”
il vampiro on perse tempo e subito cercò di
intimorirla. “Dovrebbe suonarmi come una minaccia?”
ma Blair non mostrava nessuna paura. “Dipende dalla tua
perspicacia...” “Cosa vuoi fare? Vuoi uccidermi perché
ti ho smascherato? E dimmi...dopo sarà il turno di Carol?
...Ucciderai uno ad uno tutti quelli che scoprono il tuo segreto?”
chiese con la solita sicurezza. “Perchè no?!”
per Damon quello non era certamente un problema. “Non ti
conviene metterti contro di me... e tra l'altro...sono piena di
verbena dalla testa ai piedi...” sussurrò minacciosa per
poi allontanarsi con passo svelto ma sicuro. Damon aspettò
qualche secondo prima di raggiungerla in corridoio. “Beh la
verbena non ti impedirà di perdere l'equilibrio...”
disse ironicamente, dandole una spinta che la fece scivolare giù
per le scale. In quel momento entrò Elena, e vide tutta la
rovinosa caduta della donna, che finì esanime ai suoi
piedi. “Problema risolto!” asserì Damon,
dall'alto delle scale, con soddisfazione. Subito Elena cercò
di soccorrere la donna. “Non puoi più fare queste
cose, Damon! Non in questa città. Non vicino a me!”
il suo rimprovero era pieno di delusione: non si aspettava più
dei gesti così efferati da parte del vampiro. Damon si
avviò verso di lei. “Perché no? Niente che
non abbia già fatto prima...Perché è diventato
così importante per te tenermi sotto controllo?!” “Perchè
non voglio che tu sia ciò che tutti credono che tu sia!”
urlò lei con voce corrotta. “Cosa?! Un mostro? Mi
dispiace deluderti Elena, ma l'ultima volta che ho controllato ero
ancora un vampiro!” “Vorrei che non ti
comportassi come tale!” rispose lei con tono altrettanto
alterato. “Io non sono Stefan!” si avvicinò
al suo volto. “Cosa ne dici di smetterla di provare a
trasformarmi in lui!” disse a denti stretti prima di
allontanarsi da quella casa.
***
***
Summer
se ne stava seduta sul suo letto con le gambe incrociate. Era
arrivata alle ultime pagine del libro che stava leggendo; purtroppo
quella scevra stanza di motel non le offriva molte distrazioni. Aveva
appena girato la pagina, quando una violenta bussata alla sua porta
la destò. La cacciatrice sorrise. Sapeva benissimo chi era
che bussava alla sua porta in quell'ora tarda. Cercò
velocemente per la stanza la sua vestaglia di seta nera per coprirsi;
Summer aveva sempre usato i Babydolls come pigiama, ed aprire al
vampiro con quella tenuta sarebbe risultato davvero equivoco! Vide
la vestaglia su una sedia all'angolo della stanza e la infilò
rapidamente. Quando aprì la porta, vide Damon con un volto
annerito dalla rabbia e dallo stress di quell'assurda
giornata. “Accomodati...” gli disse senza il minimo
cenno di paura. Lo fece soprattutto per dimostrargli che per lei non
era un problema invitarlo nella sua stanza. Semplicemente non lo
temeva: la differenza tra loro era abissale. Il vampiro varcò
la soglia in silenzio. “Sei qui in cerca di vendetta?...”
la cacciatrice formulò quella domanda con un enfatico
sottofondo di ironia. “Finisce qui Summer! Ritieniti pure
soddisfatta. Non voglio avere nulla a che fare con una psicopatica
come te! Ho fin troppe persone in torno che non fanno altro che farmi
saltare i nervi...e di te posso fare volentieri a meno!” disse
con tono deciso. Se fosse stato forte quanto lei, probabilmente
l'avrebbe uccisa oppure l'avrebbe ricambiata con la stessa moneta,
ma, con quei presupposti, non poteva fare diversamente. Era andato lì
solo per chiarire quel punto. Quelle parole colsero la cacciatrice
di sorpresa, e la caricarono anche di un'indecifrabile ansia: non si
aspettava una simile resa. “Bene...” asserì. “Però
almeno una cosa te la riconosco...ti sei presa la briga di trattarmi
come un mostro...e, devo ammetterlo, almeno questo l'ho davvero apprezzato,
perché essere trattato come un essere umano è di gran
lunga più snervante!” Summer si sedette all'angolo
del letto. “Credi di essere un mostro?” “Vediamo...sono
un vampiro...ho appena ucciso una donna...Tu che ne dici?” A
Summer sfuggì una sonora risata che sorprese il
vampiro. “Lascia che ti dica una cosa Damon...Ho ucciso il
primo vampiro anche prima di dare il mio primo bacio...conosco i veri
mostri!... Ho ucciso vampiri che tenevano le loro vittime in celle
frigorifere o in camere riscaldate solo per bere il loro sangue alla
temperatura che più gradivano...” si alzò per
avvicinarsi a lui “ Ce ne sono alcuni che tengono le loro
vittime incatenate in scantinati per mesi e mesi come se fossero
delle botti di vino” si avvicinò ancora di più “
E tre anni fa ho ucciso un vampiro che si nutriva solo ed
esclusivamente di infanti...” a quelle parole la cacciatrice
notò una lievissima nota di disgusto nello sguardo di Damon,
nonostante il vampiro cercasse in tutti i modi di restare
impassibile. Lui non si era mai spinto a fare cose così
macabre. “Tu... non sei un mostro, forse ti piacerebbe! Ma
lasciatelo dire da una che se ne intende...non sei altro che il
Coniglietto Pasquale di Vampirolandia!” disse sbeffeggiandolo.
“Se tu fossi stato un mostro... la tua amicizia con Elena non
sarebbe bastata a salvarti...” terminò seria. Il vampiro era
sconcertato. “Se non mi consideri un mostro, perché
l'hai fatto?...Perché mi hai torturato?” “Semplicemente
perché mi irriti...” “Cosa?!” Esclamò
allibito. “Mi hai torturato solo perché ti irrito!?”
ripeté ancora incredulo. “Sul serio? Mi stai
giudicando?” disse lei ridendo “Tu perché hai
ucciso una donna questa sera?” gli domandò subito
dopo. “Beh voleva mettermi i bastoni tra le ruote ed era il
modo più veloce ed efficace per risolvere la questione...e per
di più oggi è stata davvero una pessima giornata...”
disse con sguardo accusatorio, ma accennando anche un mezzo sorriso;
aveva capito dove voleva andare a parare con il suo discorso: non
erano poi tanto diversi. Summer sorrise a sua volta. “Per
un vampiro anche la ragione più banale è sufficiente
per porre fine alla vita di una persona...le vostre sensazioni, le vostre emozioni sono amplificate e per questa ragione portate ogni reazione all'estremo. Ovviamente non approvo quello
che hai fatto Damon, ma in un certo senso lo capisco. Forse perché, come ogni cacciatrice, ho una sorta di ...chiave di lettura dei vampiri...Se ci pensi, per noi è indispensabile, perché per sconfiggere un
nemico devi necessariamente conoscerlo...ma, soprattutto, dopo tanti
anni passati ad impalettare i cattivi...Beh si impara a riconoscere
quelli che cattivi lo sono sul serio...da quelli che assecondano la loro natura solo perché il contrario sarebbe troppo impegnativo, e quindi a volte fingono...o addirittura si sforzano di esserlo...”disse guardandolo con un accenno velato di
dolcezza. Solo in quel momento realizzò che pensava quelle cose di lui: l'aveva sempre considerato irritante, ma non le era mai sembrato un mostro. “Beh, penso che tu mi abbia messo nella categoria sbagliata! Credi davvero che io non abbia mai ucciso solo per il
gusto di farlo?! Oppure non mi sia mai divertito ad infliggere dolore?! Ti posso assicurare che l'ho fatto! Ed è stato anche molto soddisfacente...”
disse con enfasi, cercando di salvare quella facciata di malvagità che la
cacciatrice aveva ben pensato di demolire. “Uuh ma che
cattivone!” disse, sbeffeggiando nuovamente quel tentativo di
apparire diabolico. Proprio non voleva capire che era abituata ad
avere a che fare con soggetti di gran lunga peggiori di lui! Ma soprattutto tagliò corto per cercare di allontanarlo; la sua vicinanza la stava mettendo nuovamente a disagio. Damon, intanto,
la guardava allibito. “Beh...se non hai altro da dirmi,
e non hai intenzione di provare ad uccidermi, puoi anche andare...hai
interrotto la mia lettura!” continuò la cacciatrice
indicandogli la porta. Il vampiro si sentiva spiazzato. Un'intera
giornata fatta di persone che l'avevano giudicato facendolo sentire
più mostro di quello che era, e adesso lei lo derideva per
essersi definito tale. Si sentiva davvero confuso, ma soprattutto
affascinato da quell'assurda donna. L'unica cosa che in quel momento
sapeva di per certo era che la rabbia si stava diradando lasciando
nuovamente posto a quell'incredibile attrazione che provava per
lei. La desiderava...ancora una volta... Summer osservò
il suo volto con attenzione; il suo discorso l'aveva scosso e quegli
occhi azzurri, in quel momento così enigmatici e persi,
stavano di nuovo facendo vibrare la sua pelle. Damon le si
avvicinò, e con l'indice sciolse il leggero nodo della
vestaglia. Quasi non lo fece con intenzione; era ancora una volta un
gesto che trascendeva la sua ragione. Forse erano stati quei toni più
pacati a dargli l'incipit; ma ormai non aveva più importanza,
perché la sua inerzia lo incitava a continuare, e, con lo
sguardo fisso sulle sue labbra, le aprì la vestaglia. Summer
restò impietrita: fu qualcosa che davvero non si
aspettava. “Cosa credi di fare?!” gli domandò
con voce flebile , mentre Damon le faceva scivolare le mani sulle
spalle per far cadere a terra quella stoffa nera e leggera. Il
vampiro contemplò quel corpo formoso, coperto da un minuto
indumento di pizzo nero, bramandolo con un'intensità che
trapelava da ogni respiro. “Domani mi lascerò
torturare...” sussurrò un attimo prima di baciarle il
collo, afferrandole i fianchi con sicurezza. La cacciatrice
trasalì. “Tutta questa pena per una scopata
deludente?...” mormorò, parafrasando quell'affermazione
che, anche se detta in un momento di giustificata rabbia, l'aveva
ferita. Il vampiro non rispose, fu l'intensità con cui la guardò negli occhi a farlo per lui. Summer avrebbe voluto reagire, ma la
vicinanza di quel corpo le provocava una sensazione di tepore a cui
era difficile rinunciare. Non capiva perché lo detestasse e
lo desiderasse così tanto, ma il suo corpo, ancora una volta,
stava vincendo sulla sua volontà, sottomettendosi al quel
tocco delicato e travolgente. Il vampiro avvicinò
leggermente la bocca alla sua, e lei restò immobile fino a
quando non la sentì sulla propria. Le loro labbra si
incontrarono di nuovo con una passionalità calma ed intensa
che subito acquistò un crescente fervore. Il vampiro, con
velocità, la trascinò contro il muro, bloccandola con
il proprio corpo. “Domani mi lascerò torturare...”
ripeté in preda all'eccitazione tra un bacio e un altro... “Ma, se permetti,
adesso è il mio turno...” sussurrò con tracotanza e passione,
prima di scoprirle il seno per morderlo avidamente. Un forte
gemito uscì dalle sue labbra; per Summer quella suonò
come la minaccia più bella mai ricevuta...
Angolino
di NaNa*** Ce
l'ho fatta!!!Con una fatica immensa, ma ce l'ho fatta!!! xD Questi
due capitoli sono stati pesantissimi da scrivere, forse perchè
li ho scritti di notte e li ho corretti nei vari momenti di pausa
dallo studio... orari non proprio felicissimi insomma xD Per di più
sono stati anche quelli più lunghi...Cmq non potete immaginare
la mia gioia per l'essere arrivata fin qui: questi avvenimenti per me
segnano un traguardo. Non pensavo che sarei riuscita ad arrivarci xD
ed invece eccomi!!! La paura di perdermi nei miei stessi
intrighi c'è semprexD...ma per ora sono sopravvissuta fin qui
e mi sento davvero davvero soddisfatta!!!^^ Spero che questo
capitolo vi sia piaciuto...perdonatemi se questi due sono stati
pesanti xD i prossimi, anche se devo darmi un attimo per chiarirmi le
idee, dovrebbero essere più leggeri (almeno credoxD
...ripeto...devo pensare un attimo a come gestirli xD) Grazie per
la lettura^^ Alla prossima***
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Capitolo 21 *** Ventunesimo Capitolo ***
L'acme
del piacere si avvicinava a suo grande malincuore. Damon avrebbe
voluto muoversi tra le sue gambe ancora per un po', ma i suoi ansimi
non glielo permettevano: quella cadenza quasi regolare, mischiata ad
un sottofondo di affanno, si insidiava nel suo cervello prendendone
quasi il comando. Un forte gemito uscì dalle sue labbra e,
appena ebbe smaltito quell'attimo di piacere, si abbassò sul
suo seno per dargli un ultimo bacio, ammirandone la rotondità
e la morbidezza. Si spostò mettendosi accanto a lei,
leggermente più in alto e girato sul fianco, e con dolcezza le
accarezzò i capelli sulla fronte. “E queste moine
cosa sarebbero?”chiese lei, fulminandolo con lo
sguardo. “Coccole del dopo sesso?!” rispose lui, con
un tono di ovvietà. Cosa potevano mai essere? “Cosa
sei un orsetto gommoso? Vestiti e Vattene!” Summer lo spinse
fuori dal letto con la mano. “Cercavo solo di essere
gentile!” erano gesti di prassi, di circostanza, non
significavano nulla, ma tutte le sue "distrazioni" ne
avevano sempre beneficiato. Questa volta, però, Damon aveva
dimenticato con chi aveva a che fare! Doveva aspettarselo che non
avrebbe gradito! “Beh te le potevi risparmiare! Queste cose
mi danno solo il voltastomaco!” “Meglio così!
Vorrà dire che la prossima volta stroncherò ogni
galanteria sul nascere!” esclamò lui innervosito, mentre
si rimetteva i pantaloni. Una seccatura in meno, pensò con
rabbia. “Non ci sarà 'una prossima volta'!”
asserì lei, con tono alto e convinto. “Andiamo... lo
sai benissimo che ci sarà! Non che mi faccia piacere, sia
chiaro! Se dipendesse da me ti eviterei come la peste!” obiettò
lui, con ancora più fervore. Sentiva di non avere il controllo
della cosa e quindi, mentalmente, si esonerava da ogni
responsabilità. “Cosa vorresti insinuare?! Che sarei
io a volerlo?! Ti faccio notare che non è partita da me la
cosa... né questa volta, né la precedente!” Il
vampiro si trovò ad aprire per un attimo la bocca inutilmente:
non sapeva come ribattere. “Beh... la forza per opporti ce
l'hai, perché non l'hai fatto?” gli uscì subito
dopo. “Perché non la smetti di baciarmi?!”
contrattaccò lei. “Perché non ammetti che ti
piace quando lo faccio?!” “Perché non ammetti
che lo fai perché ti piace?!” “Perché
dovrei ammettere una cosa non vera?!” “Beh... perché
dovrei farlo io?!” “Ok. Sai che ti dico, tutto questo
è irrilevante! Perché noi continueremo a farlo! Quindi
fattene una ragione!” asserì infine con foga, un attimo
prima di uscire dalla camera sbattendo la porta; e solo quando si
trovò fuori il vampiro concepì l'assurdità che
aveva appena pronunciato. Un mezzo soffio d'aria, che sostituiva
una risata sconcertata, uscì dalle labbra di Summer. Con quale
irragionevole coraggio sfoderava queste assurde prese di potere?!
***
***
“Come
ti senti?” Domandò Elena ad Alaric che aveva appena
ripreso conoscenza. L'uomo, steso sul divano, si schiarì la
voce toccandosi il collo. “Vivo...” sussurrò
con voce flebile e stanca. “Bevi...” la ragazza gli
porse un bicchiere d'acqua. “Cos'è successo?”
le domandò lui, appena ne ebbe bevuto un sorso. “Beh...
Damon ti ha spezzato il collo, poi ha spinto la zia di Tyler giù
per le scale ed è andato via” rivelò lei con
rammarico e con una lieve rabbia verso sé stessa per aver
lasciato che ciò accadesse. “E' morta?” chiese,
mettendosi a sedere. “Quando è arrivata l'ambulanza
era in fin di vita. Il resto non lo so, chiederò domattina a
Tyler” La ragazza fece un sospiro. “Avanti Rick.
Sentiti pure libero di dirlo...” “Cosa?! Te l'avevo
detto?! Naaa lascerò che tu ti faccia da sola un giudizio a
riguardo...” “Beh... credimi, ci sto provando, ma non
so proprio cosa pensare...” sussurrò lei, tenendo lo
sguardo basso. “Beh, in questo caso allora, lascia che ti
dia una mano. Mi ha ucciso Elena, so che ha visto l'anello, ma questo
non significa niente. E se non avesse funzionato?! Non ci si può
fidare di lui...” Elena annuì. “Ora
perdonami, ma dopo un breve decesso ci vuole una lunga doccia!”
disse per sdrammatizzare, alzandosi. Elena gli sorrise dolcemente, ma
il suo sguardo era ancora turbato.
***
***
Summer
si era svegliata tardi: probabilmente aveva spento la sveglia nel
sonno. Ma, nonostante ciò, con determinazione decise che
quel giorno si sarebbe data da fare: non voleva tirare quella
missione per le lunghe, voleva passare rapidamente
all'azione! Parcheggiò l'auto di fronte alla prima casa
della lista. Velocemente uscì e si diresse verso il
bagagliaio per prendere la borsa ma, appena l'aprì, sentì
l'irritante voce di Damon. “Posa quell'affare...” le
aveva detto, con tono autoritario. “Vattene!” ordinò
lei minacciosa. Il vampiro chiuse il bagagliaio con una mossa
decisa. “Ok. Forse non ti è ancora chiaro che voglio
liberarmi di Klaus alla svelta, e senza il mio aiuto perdi solo
tempo, quindi non fare storie e seguimi!” replicò lui
con arroganza, prima di avviarsi verso la dimora. Summer lo
osservò allibita eppure, nonostante il sangue che le ribolliva
dalla rabbia, decise di seguirlo. Non poteva dargli torto: senza di
lui perdeva troppo tempo. “Buongiorno signora Tacher.
Adesso, con il suo gentile invito, entreremo e gironzoleremo un po'
per casa, ma tanto quando ce ne andremo non ricorderà nulla!
Quindi continui pure a fare le inutili cose che stava facendo!”
disse il vampiro, con disinvoltura. La signora annuì e li
fece accomodare. “Ok, accetterò il tuo aiuto, ma non
fare lo spaccone! A meno che tu non voglia essere torturato ancora un
po'... ovviamente” disse lei, con l'aria di una diavoletta
dispettosa. “... E tu?... vuoi esserlo?” chiese lui,
sensualmente, facendole capire di starsi riferendo alle 'torture' che
le aveva fatto la sera precedente. Summer si limitò a
fargli un'occhiataccia e si aggirò per la casa allontanandosi
da lui. La signora Tacher, invece, aveva ripreso con le pulizie
domestiche che Damon aveva interrotto. “Parlami un po' di
te...” disse ad alta voce il vampiro per farsi sentire da
Summer, che si trovava nella stanza affianco. “No!” “Di
dove sei?” le domandò ancora, incurante della precedente
risposta. “Non ti riguarda!” “Quando sei
diventata una cacciatrice?” “Non ho voglia di
dialogare con te, se non ti è chiaro!” “Trovi
che io sia più affascinate o più
irresistibile?” Summer, trovandosi in un'altra stanza, si
sentì libera di sorridere. “Se la giocano all'ultimo
sangue più idiota e più irritante!” E in un
attimo se lo ritrovò alle spalle. “Te l'hanno mai
detto che sei odiosa?” le bisbiglio all'orecchio, con una
sensualità che innescava brividi. “Te l'hanno mai...”
Summer sospese di colpo quella frase “Che diavolo stai
facendo?!”chiese poi allibita, riferendosi al fatto che il
vampiro le stesse stringendo il seno con la mano sinistra e stesse
intrufolando la destra nel jeans. “Ammazzo il tempo...”
le sussurrò ancora con libidine, dandole in seguito dei
piccoli baci sul collo. “Ed io ammazzerò te se non la
smetti subito!” asserì lei, con rabbia mista a
eccitazione. Damon la girò e con impeto la trascinò
sulla scrivania in fondo alla stanza, infilandole la mano sotto la
maglia con l'intento di sbottonarle il reggiseno e continuando a
torturarle il collo di baci. “Damon questo non è né
il luogo né il momento” mormorò lei, con voce
alterata dal piacere. Il vampiro si arrestò
all'istante. “Umm quindi c'è sia un luogo che un
momento! Ovvero... una prossima volta!” disse con aria
soddisfatta. La cacciatrice era stupefatta: Damon non smetteva mai
di sorprenderla. “Ok...va bene! Potrebbero esserci delle
prossime volte...” ammise titubante. “Addirittura al
plurale...la cosa si fa davvero interessante!” Damon si morse
il labbro inferiore come era solito fare quando faceva dei pensieri
maliziosi. Summer lo fulminò bonariamente con lo sguardo,
decidendo poi di sorvolare. “Ma di certo non mentre stiamo
lavorando. Non so se ti è chiaro Damon, ma devo essere
concentrata!” il suo tono era severo ma con una nota di
dolcezza: come se lui fosse stato un bambino dispettoso e lei la
maestrina esasperata. “Ok...farò il bravo!”
Damon usò il suo più riuscito volto da angelo, che
comunque appariva poco credibile, e indietreggiò di un passo
con le mani alzate in un segno di resa. Summer sorrise: non poteva
negare che Damon stesse rendendo la sua missione un tantino più
divertente.
Angolino
di NaNa*** Lo so...questo capitolo
è piccolo^^ Chiedo venia, ma mi serve come collegamento con il
prossimo che sarà un po' più lungo e particolare, poi
capirete il perché ^.- Spero che comunque vi sia
piaciuto^^ Ora vado a chiamare “chi l'ha visto” perché
ho perso la mia Nanyvale... Nany ti dedico una frase che Damon
dice ad Elena... “I Can't Lose You!!!” dove sei
finitaaaaaaa?!?! xD Come sempre, grazie per la lettura^^ Alla
prossima***
|
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Capitolo 22 *** Ventiduesimo Capitolo ***
Damon
se ne stava steso sul divano della signora Morgan, incurante del
fatto che fosse bianco e che probabilmente le scarpe l'avrebbero
sporcato. “Allora, senti qualcosa?” chiese a Summer,
che era appena entrata in soggiorno. “Niente...”
mormorò lei con avvilimento, sedendosi su una poltroncina ed
osservando per un attimo la noncuranza del vampiro, che come sempre
si sentiva a suo agio in ogni casa. “Se vuoi posso aiutarti
io... a sentire qualcosa...” rispose lui con malizia e
giocosità. La cacciatrice gli fece un'occhiataccia repentina. “Se
ti riferisci alla rabbia, credimi, stai già facendo un ottimo
lavoro!” “Devi essere sempre così acida?”
chiese lui, alzandosi: le aveva detto che si sarebbe comportato bene,
ed infatti la sua intenzione era semplicemente quella di scherzare,
perché doveva essere sempre così ostile? “E tu
devi essere sempre così... inopportuno?” rispose con una
nota di stizza, alzandosi a sua volta. “Inopportuno...”
ripeté il vampiro: quella parola l'aveva particolarmente
infastidito. “Sai Summer, per quanto riguarda la nostra
'prossima volta'... “ iniziò con tono dispettoso e
saccente. La cacciatrice fece una faccia contrariata: con una
simile premessa non poteva aspettarsi nulla di buono. “Sentiamo...”
“E' chiaro che mi desideri... e di certo...non posso
biasimarti” il vampiro si indicò e si guardò
con contemplazione. La cacciatrice, invece, alzò un
sopracciglio ed incrociò le braccia al petto: era proprio
curiosa di capire dove volesse andare a parare. “Ma ti
ostini a farla sembrare una cosa che parte solo da me e questa storia
inizia davvero a seccarmi...” Summer lo guardava con
un crescendo di curiosità. “Perciò sappi che
da questo momento la finirò di importunarti...” “Bene...anzi,
perfetto!” esclamò lei con soddisfazione. “Il
che significa...” continuò lui subito dopo “Che
dipenderà tutto da te...” La cacciatrice sentì
il sangue ribollirle nelle vene. Cosa significava? Che doveva essere
lei a cercarlo e a prendere l'iniziativa? Se lo poteva scordare! “Sai
benissimo che non accadrà...” e la sua voce suonò
per ciò che era: una chiara sfida. “Beh...Vorrà
dire che non ci sarà nessuna prossima volta...” le
sussurrò lui a qualche centimetro dal volto e con quello
sguardo magnetico, che mandava in tilt i sensi di qualsiasi
interlocutrice di sesso femminile. Summer si sentì tremare
di collera, ma mantenne la calma, dimostrando un grande
autocontrollo. “Meglio così. E comunque il pensiero
di rifare sesso con te non mi alletta più di tanto...”
cercò di non far trapelare dalla voce tutta la rabbia che
provava in quel momento: voleva disperatamente farla sembrare
un'affermazione veritiera. “Umm eppure qualche ora fa mi era
sembrato il contrario...” sussurrò lui con voce
maledettamente sexy, guardandola con una subdola aria di
innocenza. La sicurezza che trapelava dallo sguardo del vampiro
era forse il più potente degli afrodisiaci; ma Summer cercò
in tutti i modi di mantenere un'aria disinteressata. “Beh ti
sei sbagliato...” Il vampiro fece una smorfia con le
labbra. Sapeva benissimo di non essersi sbagliato, eppure decise di
stare al suo gioco. “Se lo dici tu...” sussurrò
quindi, con uno sguardo quasi diabolico, tanta era la spavalderia che
mal celava dietro quel velo di sufficienza. Summer sorrise con un
surplus di autocontrollo che sfociò inevitabilmente nella falsità e poi
cercò un pretesto qualunque per cambiare argomento: “Qui
non c'è niente, possiamo anche andare”
***
***
Durante
il cambio della lezione, Elena incrociò Tyler e Caroline per
il corridoio della scuola. “Tyler, come sta tua zia?”
chiese la ragazza con preoccupazione. “E' in coma, ma i
medici dicono che ci sono buone probabilità che si
riprenda...” “Mi dispiace davvero tanto...”
ammise lei, con un filo di voce quasi colpevole. Tyler le sorrise
dolcemente “Si rimetterà, mia zia è un osso duro”
ammise simulando allegria. “E tua madre, invece?” Caroline
fece uno strano sguardo, mentre Tyler trovò difficoltà
nel cominciare la frase:“...Sta bene...è sotto shock più
per quello che ha scoperto su di me che per le condizioni di mia zia
a dire il vero” E il suo tono rivelò la strana ironia di
quella circostanza. “Mia madre le ha raccontato tutto, o
almeno, tutto quello che lei sa!” intervenne Caroline. “E'
molto in collera con Damon. Insomma, l'ha ingannata per tutto il
tempo” aggiunse Tyler. “Beh, se può consolarla,
non è l'unica persona ad essere in collera con lui” “Ti
riferisci a te o ad Alaric?” chiese Caroline, con la solita
schiettezza. “Entrambi. Per ragioni diverse, ma lo siamo
entrambi...” Caroline annuì ed in quel momento il
suono della campanella mise fine alla loro conversazione.
***
***
“Questi
Mayer hanno un gusto per l'arredamento davvero pessimo...”
ammise Damon, guardandosi intorno. Evidentemente non apprezzava
quella mescolanza tra classico e moderno, che dava più
l'impressione di un'esposizione mal organizzata di un mobilificio che
di una casa. “Concordo...” disse Summer, focalizzando
la sua attenzione su ciò che doveva essere una sorta di vaso
antico su un mobiletto d'acciaio, che sembrava più indicato
per appoggiarvi gli alcolici. “Wow siamo d'accordo su
qualcosa. Ho visto un calendario in cucina, vado a segnare l'evento”
disse Damon. Summer la percepì come una battuta, ma, quando
vide il vampiro avviarsi con frettolosità ,le sorse un piccolo
dubbio. Ed in effetti, quando lo raggiunse, lo trovò intento a
scarabocchiare sul calendario. Aveva cerchiato la data con un
pennarello trovato lì vicino e ora stava scrivendo
qualcos'altro. Summer lesse con inevitabile e crescente nervosismo: “Stranamente
non ha nulla da contestare...” “La vuoi finire di
comportarti ogni volta come se stessi a casa tua?!” lo
rimproverò subito dopo. “Ok devo segnare anche
l'orario, perché a quanto pare il momento è già
volato via...” “Parlo seriamente Damon. Ti metti a
stappare bottiglie di vino, a sporcare divani con le scarpe ed ora
anche a scarabocchiare... presto si spargerà la voce di un
fantasma dispettoso che mette a soqquadro tutte le case di Mystic
Falls!” “Umm simpatica come idea! Sai, hai ragione,
dovremmo rendere il nostro passaggio ancora più
visibile” “Meno male che suggerivo di fare il
contrario...” disse con avvilimento. Il vampiro le fece un
sorriso di menefreghismo e Summer capì di aver fatto un grave
errore. Damon iniziò ad aprire tutti i mobili della cucina
per sbirciarne il contenuto, e passava al successivo lasciando il
precedente tassativamente aperto. Summer sospirò
nervosamente e si mise dietro di lui a chiuderli. “Uh le
adoro!” disse il vampiro, afferrando una busta di patatine
trovata nel mobile. Era chiaro che lo faceva solo per
irritarla. Il vampiro aprì la busta, ne prese giusto una e
poi la lasciò sul tavolo. La vena sulla tempia di Summer
iniziò a pulsare visibilmente. Con rapidità gli
afferrò il collo e lo scaraventò sul pavimento,
bloccandolo con il proprio corpo messo a cavalcioni sul suo. “Quando
hai finito di fare il bambino dispettoso avvisami, così potrò
riprendere a concentrarmi e a cercare di sentire qualcos'altro, oltre
alla rabbia e al nervosismo che mi provochi!” esclamò,
tenendo la presa sul collo, ma con una forza tale da potergli
comunque permettere di respirare. Quel gesto fece sentire il
vampiro più offeso di quanto avesse quantificato. Subito
ribaltò la situazione, invertendo le loro posizioni e
bloccandole le spalle con le mani. Per quanto si detestassero,
entrambi sentirono l'elettricità che emanavano i loro corpi;
il desiderio che prendeva fuoco nei loro occhi. “Beh, allora
qui puoi continuare anche da sola. Adesso ho altro da fare...”
Damon vinse la sua eccitazione e si alzò “Ci vediamo
domani” Poi si diresse verso la porta, senza neanche aspettare
una sua risposta. Summer si alzò e lo guardò
allontanarsi, anche lei senza proferire una parola. Quell'uscita di
scena l'aveva davvero sorpresa.
***
***
Summer
si diresse al Mystic Grill per mangiare un boccone e bere una birra
in santa pace. Se Damon aveva davvero di meglio da fare, forse
sarebbe davvero riuscita a starsene lì tranquillamente. Si
sedette al tavolo ed ordinò un panino e una birra, ed appena
il cameriere si allontanò il suo telefono iniziò a
vibrare: era Kendra. “Ehi è da un bel po' che non ci
sentiamo. Lily mi ha detto che sei a Londra...” disse
Summer. “Sì, e sono ancora qui. E' successa una cosa
interessante qualche giorno fa...” “Ti ascolto” “Ho
visto lo squartatore parlare con la doppelganger, o meglio, colei che
pensavo fosse la doppelganger!” “In effetti non è
proprio possibile che fosse lei: non ha lasciato Mystic Falls neanche
per un attimo. Chi era?” “Era Katherine Pierce. Non ne
ho dubbi! Quando hanno finito di parlare lei si è
volatilizzata...volatilizzata alla maniera dei vampiri,
intendo!” “Cosa? Ma non è stata bruciata in una
chiesa proprio qui, a Mystic Falls?” “In effetti è
ciò che sappiamo, ma evidentemente ha trovato un modo per
scappare...” “Beh in questo caso credo che avviserò
Elena. Deve sapere che in giro c'è un vampiro uguale a
lei...” “In effetti, se vogliamo proteggerla forse è
il caso che lo sappia. Sono sicura che se sapesse dell'esistenza
della sua doppelganger, Katherine non ci metterebbe molto a rapirla
ed offrirla come merce di scambio per la sua libertà. Klaus
l'avrà cercata ovunque per vendicarsi. Su questo non ho
dubbi...” “Giusto. Mi viene da pensare che forse la
storia della Chiesa era solo una messa in scena...” “In
effetti è molto probabile. Beh io comunque resterò qui.
E appena scopro qualcos'altro ti faccio sapere...” “Ok.
Ciao” Summer agganciò la telefonata. Il suo volto
trapelava una nota di turbamento.
***
***
Damon
si intrufolò nella stanza di Elena, e lì aspettò
che la ragazza entrasse. Elena se lo ritrovò seduto sulla
panca. “Cosa ci fai qui Damon?” gli chiese con
freddezza. “Sono venuto a chiederti se la megera è
morta oppure devo andare a terminare l'opera. Sai, ieri mi hai fatto
arrabbiare e sono andato via senza controllare, ma non preoccuparti,
ti ho già perdonata!” Elena lo guardò
contrariata. “E' in coma. Ed in effetti ti devo delle scuse
Damon. Devo scusarmi con te per aver creduto che tu potessi essere
diverso; devo scusarmi per aver avuto fiducia in te... e sì,
hai ragione, forse volevo trasformarti in Stefan, senza pensare che
questo non potrà mai accadere. Tu non sarai mai come lui...”
concluse con voce calma ma irata.
I'm
Still Here - Goo Goo Dolls
♫ I
am a question to the world, Not an answer to be heard. All a
moment that's held in your arms. And what do you think you'd ever
say? I won't listen anyway… You don't know me, And
I’ll never be what you want me to be♫
“Sono
una domanda per il mondo e non una risposta da essere ascoltata è
tutto un momento che è stretto tra le tue braccia e cosa
pensi che diresti mai? io non ascolto più, in ogni caso tu
mi ignori ed io non sarò mai quello che tu vuoi io sia”
Damon
si sentì inevitabilmente ferito, ma il suo volto mostrò
la solita faccia tosta di sempre. “Beh per me è un
sollievo sapere che non diventerò mai come lui: un vampiro
frustrato che vuole giocare a fare l'umano, ritornando a scuola e
facendo il teenager con tanto di problemi sentimentali e turbamento
esistenziale. Io sono un vampiro Elena. Se a volte lo dimentichi il
problema è tuo. Fai bene a chiedermi scusa, perché hai
davvero peccato di presunzione se hai creduto, anche per un solo
istante, di trasformarmi in qualcosa che non potrò mai
essere!” esclamò, anche lui con una voce calma ma piena
di rabbia. “Ed invece potresti Damon! Ma non vuoi. E' questo
il problema. E' questa la differenza tra te e Stefan. A te non
importa del dolore che causi agli altri con il tuo
comportamento...”
♫ And what do
you think you'd understand? I'm a boy, no, I'm a man.. You can
take me and throw me away. And how can you learn what's never
shown? Yeah, you stand here on your own. They don't know me
'cause I'm not here. ♫
“E
cosa pensi che capiresti? sono un ragazzo, non un uomo puoi
prendermi e gettarmi via e come puoi imparare quello che non è
mai stato spiegato? si, tu stai qui tutta sola loro non mi
conoscono perchè io non sono qui”
“Sai...
non voglio sminuire quest'immagine di malvagità che mi stai
attribuendo perché, a dire il vero, la trovo molto
gratificante... ma lascia che ti chieda una cosa Elena: cosa pensi
che stia facendo in questo momento Stefan? Mh? Pensi che stia in giro
a distribuire pasti caldi ai barboni? Che stia aiutando le vecchiette
ad attraversare la strada? Te lo dico io... sta rifacendo tutto ciò
che c'è in quel diario che ti ho dato! Lui causa del dolore e
poi passa il resto dell'esistenza a dannarsi di ciò che ha
fatto, maledicendo la propria natura. Scusami se non faccio lo
stesso! Perdonami se il mio comportamento rispecchia ciò che
sono! Hai ragione Elena: io non voglio cambiare, e non lo farò
mai!”
♫And I want a moment to be
real, Wanna touch things I don't feel, Wanna hold on and feel I
belong. And how can the world want me to change, They’re
the ones that stay the same. The don’t know me, 'Cause
I’m not here. ♫
“E
voglio un momento per essere reale voglio toccare cose che non
riesco a sentire voglio tenere duro e sentire che appartengo a
qualcosa e il mondo come può volere che io cambi? loro
sono i primi che restano gli stessi loro non mi conoscono perchè
io non sono qui”
Quelle
parole, Elena le avvertì come una pugnalata in pieno cuore.
Non poteva pensare che Stefan stesse davvero rifacendo del male alle
persone. Era un pensiero che le bruciava l'anima. Ma non importava.
Lui, a differenza di Damon, poteva cambiare perché lo voleva;
e lei sarebbe stata al suo fianco pronta ad aiutarlo. “Come
vuoi tu Damon. Adesso, per favore, va via...” e la sua voce, a
tratti, uscì lievemente soffocata. Damon percepì
ogni nota repressa dal suo turbamento, e per un istante il petto gli
fece dannatamente male. Sentì che l'unica soluzione era
scappare da quella situazione e lo fece. Un secondo dopo Damon
scomparve dalla visuale di Elena.
***
***
Summer
si era avviata verso casa di Elena. Non appena l'ebbe intravista,
qualcosa aveva catturato la sua attenzione: era la macchina
parcheggiata fuori il vialetto. Quella stessa macchina, una camaro blu, l'aveva vista
fuori al garage di Damon, la sera in cui era andata lì per
accettare il suo aiuto. Aveva intuito che c'erano molte
probabilità che potesse essere proprio la sua e, con
curiosità, si era avvicinata in maniera furtiva alla casa. Se
Damon era davvero lì, aveva pensato, di certo non voleva
interrompere un momento romantico tra i due, perché, per
quanto Damon potesse essere scontroso a riguardo, non lasciando
trapelare informazioni, lei l'aveva capito benissimo che tra i due
scorreva del tenero. Aveva fatto il giro della casa e,
concentrandosi per ascoltare ogni rumore, si era fermata quando aveva
sentito chiaramente delle voci, riconoscendo sia quella del vampiro che quella della doppelganger. “E' in coma... ed in effetti
ti devo delle scuse Damon...” Summer aveva ricoosciuto
chiaramente la voce di Elena. E In un primo momento aveva pensato di
andarsene, ma poi qualcosa l'aveva trattenuta: quei toni alterati
erano troppo interessanti e lei voleva capire cosa fosse
successo. Era rimasta sotto la finestra di Elena fino al termine
del discorso, poi, sbirciando dietro l'angolo, aveva visto Damon
uscire a gran velocità per poi mettersi al volante della sua
auto. In quel momento aveva provato un grande senso di tristezza.
Se aveva capito bene, se davvero Damon era innamorato di lei, quel
discorso doveva essere stato una gran bella batosta per lui. Un
discorso che lei aveva trovato molto ingiusto, ma, d'altra parte,
comprensibile. Elena, da umana, aveva solo una visione di ciò
che era giusto e sbagliato: vedeva bianco o nero (anche se poi la sua
storia con Stefan era una pura contraddizione). Ora guardava il
posto dove prima era parcheggiata l'auto e si sentiva davvero
dispiaciuta per Damon ed anche in colpa per come l'aveva trattato.
Non poteva negare che fosse fastidioso, ma se lui era fatto così
di certo non poteva essere l'ennesima persona ad avere da ridire sul
suo comportamento. Lei non poteva... non con il suo passato. Decise
di abbandonare momentaneamente l'idea di avvisare Elena; non era il
momento opportuno per parlare con lei.
***
***
Una
volta rientrato in casa, il primo pensiero di Damon fu dirigersi
verso il mobile bar per servirsi dello Scotch. Il paragone con
Stefan era sempre qualcosa di snervante. Sì, l'aveva
capito: Stefan, sarebbe stato sempre e solo Stefan, perchè lui
era quello buono, quello che tutti amavano. Al secondo bicchiere,
qualcuno bussò alla sua porta. Quando aprì, con suo
grande stupore vide Summer. “Ti avverto che in questo
momento non sono dell'umore adatto per avere a che fare con te...”
l'ammonì subito. Dopo quello che era successo con Elena,
l'idea di battibeccare con la cacciatrice non lo allettava per
niente: voleva stare da solo. “Non preoccuparti, sono
passata solo per ringraziarti” disse lei, porgendogli una delle
due bottiglie di birra che reggeva. Damon avvertì un senso
di disorientamento. Cos'era? Uno scherzo? “Per cosa
esattamente?” chiese, con una sorta di prudenza, prendendo la
birra: davvero non capiva a cosa si stesse riferendo. “Beh,
per quanto tu possa risultarmi irritante, non posso negare che senza
il tuo aiuto non avrei visitato neanche la metà delle
abitazioni... perciò… grazie...” ammise lei,
titubante. La stupefazione s'impossessò del volto di Damon,
facendolo faticare a conservare un volto impassibile. Ma questa
davvero non se l'aspettava! “Beh, tolgo il disturbo. Ci
vediamo domani” disse lei, per poi voltarsi ed avviarsi verso
la sua moto. Ma Damon fece qualche passo verso di lei dicendo:
“Summer...” La cacciatrice si girò e vide
Damon sedersi sul gradino in legno. Fu la luce rossastra del
tramonto, particolarmente suggestiva e radiosa, a incitarlo ad
accomodarsi lì. “Beh a questo punto non ha senso
bere da soli. Non trovi?” il vampiro la invitò a
sedersi.
♫And you see the things they
never see All you wanted, I could be Now you know me, and I'm
not afraid And I wanna tell you who I am Can you help me be a
man? They can't break me As long as I know who I am ♫
“E
tu vedi le cose che loro non vedranno mai tutto quello che volevi
io fossi adesso mi conosci, e non ho paura e voglio dirti chi
sono puoi aiutarmi ad essere un uomo? loro non possono
spezzarmi fino a quando so chi sono”
Summer
accettò quell'invito e si sedette accanto a lui. “Ah!
Non così vicina! Altrimenti potrei interpretarlo come un
tentativo di corteggiamento” disse lui, scherzando con
enfasi. Lei ridacchiò con dolcezza. “Beh in
effetti i presupposti ci sono tutti: sono stata gentile, ti ho
offerto da bere, manca solo una cosa...” E sbottonò
leggermente la maglietta per lasciare intravedere la scollatura. Al
vampiro uscì un soffio di risata e poi deglutì il sorso
di birra che pizzicava la sua lingua. “Ottima mossa!”
disse con allegria, stando al suo gioco; poi bevve un altro sorso di
birra, non prestando attenzione più di tanto a quel gesto: lei
aveva voglia di scherzare, evidentemente, e la vide sorridere
dandogliene conferma. “Sai... ne ho conosciuti pochi di
vampiri che frequentano degli umani...” “Ed in effetti
starne alla larga è la cosa più saggia da fare. Tranne
per mangiarli, ovviamente!” Summer ridacchiò ancora e
Damon si sentì quasi spiazzato dalla mancanza di sguardi di
disapprovazione. “Tu come ti consideri? Non ti ritieni
umana?” Summer si diede qualche secondo per riflettere e poi
disse: “No”. Stette in silenzio per qualche secondo e
poi specificò i sui pensieri a riguardo. "No, in
verità c'è solo una cosa che mi fa sentire umana...”
e quell'ammissione fu sorretta da uno strano sguardo
rassegnato. “Cosa?” Lei lo guardò negli
occhi. Non capiva il perché, ma in quel momento si sentì
incredibilmente a suo agio, come se Damon fosse stato una presenza
remota e naturale della sua vita, alla pari della percezione della
propria ombra. “Il peso della morte...” confessò. “Che
vuoi dire?” chiese lui, prima di bere un altro sorso. “Forse
non te lo ricordi, ma, quando sei umano, ogni tanto ti capita di
riflettere sulla vita e ti... senti schiacciato da quello che
vorresti realizzare, dalle esperienze che vorresti fare... dai
sentimenti che vorresti provare, perché sai che c'è un
termine. Io credo che per una cacciatrice questa sensazione sia anche
più amplificata rispetto ad un essere umano, perchè
noi... beh non siamo proprio famose per la nostra longevità...
Ed è davvero solo questo ciò che mi fa sentire umana...
il pensiero della morte...” Damon, dopo aver ascoltato le
sue parole con attenzione, annuì lievemente. “In
effetti hai ragione, è una sensazione che non ricordo più.
Beh un bel punto a favore dei vampiri: abbiamo una bella seccatura in
meno!” concluse, facendo un mezzo sorriso. Lei ricambiò
il sorriso, ornandolo di dolcezza. Gli aveva confessato qualcosa di
personale, pentendosene quasi all'istante, eppure, contro ogni
aspettativa, la risposta di Damon non l'aveva infastidita, anzi:
aveva avuto una sottile nota di sincerità, che l'aveva
piacevolmente sorpresa. “Sai Damon, non sei poi così
pessimo come credevo...” annunciò giocosamente, dandogli
una piccola spinta con la spalla. “Wow! Anche un prototipo
mal riuscito di complimento! Attenta Summer: potrei davvero iniziare
a pensare che tu voglia sedurmi...” rispose lui, in tono
scherzoso; ma poi il suo volto diventò sempre più
serio, sintomo della voglia di baciarla che diventava sempre più
pressante. Ma non poteva. Doveva trattenersi. Doveva tenere fede alle
sue parole: doveva partire da lei, almeno per una volta. “Beh...”
sussurrò lei, guardandolo intensamente “forse è
così...” Quelle parole cambiarono improvvisamente
tutte le carte in tavola ed il vampiro si sentì immediatamente
libero di avvicinare il volto al suo, che, con suo piacevole stupore,
si muoveva nella direzione opposta e con lo stesso obbiettivo.
♫And
I want a moment to be real, Wanna touch things I don't feel, Wanna
hold on and feel I belong. And how can the world want me to
change, They’re the ones that stay the same. They can't
see me, 'But I'm still here. ♫
“E
voglio un momento per essere reale voglio toccare cose che non
riesco a sentire voglio tenere duro e sentire che appartengo a
qualcosa e il mondo come può volere che io cambi? loro
sono i primi che restano gli stessi loro non possono vedermi, ma
io sono ancora qui”
Le
loro labbra s'incontrarono in un lungo attimo di incertezza, come se
non si fossero mai sfiorate prima. E si alzarono senza perdere il
contatto, per sentire il loro corpi più vicini con un
abbraccio intriso di una passione che cresceva ogni attimo.
♫
They can’t tell me who to be, ‘Cause I’m not
what they see. And the world is still sleepin’, While I
keep on dreamin’ for me. And their words are just
whispers And lies that I’ll never believe ♫
“Loro
non possono dirmi chi essere perchè non sono quello che
vedono e il mondo continua a dormire mentre io continuo a
sognare per me e vorranno solo sussurri e bugie in cui non
crederò mai”
Un
secondo dopo, si ritrovarono dentro casa, senza sapere chi avesse
trascinato chi. Si desideravano entrambi con lo stessa intensità
e con la stessa forza. Ed uno ad uno i loro indumenti caddero al
suolo, per poi ritrovarsi nudi sul letto del vampiro per godere del
calore del loro contatto, della reciproca voglia di stare insieme.
♫
And I want a moment to be real, Wanna touch things I don't
feel, Wanna hold on and feel I belong. And how can they say I
never change They’re the ones that stay the same. I’m
the one now, ‘Cause I’m still here. ♫
“E
voglio un momento per essere reale voglio toccare cose che non
riesco a sentire voglio tenere duro e sentire che appartengo a
qualcosa e il mondo come può volere che io cambi? loro
sono i primi che restano gli stessi sono l'unico adesso, perchè
sono ancora qui”
Angolino
di Nana*** Ciao
a tutti.^^ Inizio col dirvi di che canzone si tratta: E' la
bellissima “I'm Still Here” dei Goo Goo Dolls *.* Ora,
il mio intento non era quello di fare in modo che il capitolo
accompagnasse la canzone, ma il contrario, quindi non l'ho
approfondita tantissimo. Ce l'ho semplicemente messa nei momenti in
cui la ritenevo opportuna. Di momenti “sonori” come
questi ce ne saranno altri, non tantissimi, ma essendo la musica la
mia “musa” trovo importante mettere le canzoni che mi
hanno, appunto, ispirata. Vi ripeto, non adatterò il
capitolo in modo che rispecchi quanto più fedelmente possibile
la canzone, perché non posso farlo più di tanto, mi
sembrerebbe una forzatura e alla fine ne uscirebbe fuori solo un
pasticcio^^ Comunque spero che l'idea vi sia piaciuta
ugualmente^^ Passando al capitolo... Al di là del
rapporto Damon-Summer, secondo me questo è quello che sarebbe
successo se, dopo l'episodio 3x04, non fosse venuto Klaus, ovvero un
bel “Tutti contro Damon” Anche se il rapporto tra
Damon ed Elena si sta allentando un po', non considerate questo come
un punto di rottura, assolutamente!!! Il loro legame ci sarà
fino alla fine della fic, con alti e bassi, ma ci sarà
sempre^^ Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come
sempre ringrazio tutti per la lettura^^ Alla prossima^^
|
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Capitolo 23 *** Ventitreesimo Capitolo ***
Quel
momento di piacere sbollì il desiderio di entrambi, ed ancora
una volta si trovarono nudi ed affannati uno accanto all'altra. Nella
stanza si sentiva solo il loro respiro, che piano iniziava a
regolarizzarsi. Summer si sentiva in notevole disagio; il fatto di
avergli mostrato una sorta di interesse la faceva sentire in
difficoltà; la faceva sentire ancora più nuda di
com'era, e sperò con tutte le sue forze che il vampiro non
facesse le sue solite battutine irritanti; non voleva maltrattarlo,
ma se proprio andava a cercarsela di certo non gli avrebbe
risparmiato una palettata! Damon si girò sul fianco nella
sua direzione con il gomito piegato sotto la testa, e in quell'attimo
la cacciatrice sospettò che presto avrebbe detto qualcosa di
inopportuno. “Puoi restare a dormire qui se vuoi...io non
sono maleducato e scorbutico come te...” disse con naturalezza
e ironia. Aveva sempre permesso alle sue 'distrazioni' di dormire con
lui; era un vampiro non un animale. Summer si meravigliò. “Non
è il caso...”rispose più imbarazzata che
infastidita. Si alzò per andare alla ricerca dei suoi
indumenti, ed i primi ad essere localizzati furono il tanga ed il
jeans. Il vampiro si alzò e si rimise i boxer; non si sentì
sorpreso da quella risposta, ma dal fatto che non avesse obiettato
sull'ironica critica che aveva pronunciato sul suo comportamento
della serata precedente. Summer, che intanto aveva messo il reggiseno,
si guardava intorno in cerca della
maglia. “Credo sia al piano di sotto...” le disse
capendo cosa stava cercando. Summer annuì ed uscì
dalla stanza. Il vampiro percepì ancora una volta il suo
disagio e la seguì. La cacciatrice trovò la maglia
sul divano del salotto e subito la indossò. “Beh...a
domani” gli disse facendo un sorriso impacciato e dirigendosi
verso la porta. Il vampiro la raggiunse, e poi restò fermo
sullo stipite appoggiandosi con l'avambraccio. “A domani...”
le disse guardandola mentre si allontanava. Non gli aveva spezzato l'osso del collo: poteva considerarlo un buon segno.
***
***
Quella
mattina, fu Damon a dover aspettare per qualche minuto l'arrivo di
Summer. La vide avvicinarsi con la sua solita camminata sicura, i
capelli che ondeggiavano ad ogni suo passo, ed un vestitino verde che
metteva in risalto tutte le sue curve. “Sei già qui,
notevole!” disse la cacciatrice porgendogli un bicchiere da
asporto di caffè. “Tu che hai pensiero gentile per
me, questo è notevole!” disse afferrando il
bicchiere. “E' da quando ti conosco che godi della mia
gentilezza... ti lascio vivere! Più gentile di così...” “Ed
eccola che ritorna acida...” “Per te...non smetterò
mai di esserlo” “Stiamo insieme da tre minuti e già
mi hai stancato, il tuo è un dono Summer...” Lei
sorrise e subito si incamminarono verso la prima destinazione.
***
***
Elena
vide Caroline parcheggiare l'auto al solito posto, e decise di
aspettarla fuori l'ingresso della scuola per poterle parlare. “Buon
dì!” disse la vampira con la solita esuberanza appena la
vide. “Ciao...” rispose lei un po' più
cupa. “Ehi...è successo qualcosa?” “Ieri
ho avuto un'altra discussione con Damon” “Lasciami
indovinare; discussioni del tipo ' Damon sei sempre il solito vampiro
psicopatico che non vuole proprio smetterla di uccidere brutalmente
le persone; e tu Elena non vuoi proprio capire che devo farlo perché
per me è importante mantenere inalterata la mia immagine di
vampiro tenebroso e sexy! E' andata più o meno così?”
chiese la bionda. Elena sorrise. “In un certo senso
sì...” disse divertita. “Onestamente
Caroline...credi che stia cercando di cambiarlo?” chiese
seria. “Onestamente, sì, ma è comprensibile
Elena...è ovvio che vorresti far riaffiorare la sua
umanità...solo che con Damon non so quanto sia
possibile...” Elena restò muta per qualche
secondo. “Vorrei solo che la smettesse di uccidere le
persone...non mi sembra molto...” ammise subito dopo. “Ovvero
vorresti che la smettesse di essere impulsivo, menefreghista, cinico
e crudele...andiamo Elena...è il 90% del suo carattere...”
“Beh ...allora forse ha ragione! Sono stata una stupida a
pensare che potesse cambiare... il fatto è che...” si
ammutolì per un attimo “non riesco a smettere di
crederci...ogni dannata volta credo che sia quella buona...ed
invece...” ammise con amarezza. Caroline stava per iniziare
una frase, ma la campanella stroncò la loro conversazione. Le
due si sorrisero e si avviarono verso le loro aule.
***
***
Summer
e Damon gironzolarono per la casa dei McLouren, come sempre, cercando
di fare qualcosa per non annoiarsi. Il vampiro decise di
rovistare tra i file del computer. “Questo signor McLouren
oltre ad essere un accanito scaricatore di porno deve avere anche un'amante, ha delle e-mail salvate in una cartella nascosta di una
certa... Lana Miller...e sono anche piuttosto piccanti!”
ammise divertito, continuando a rovistare nelle cartelle del
pc. “Potresti evitare di violare la privacy di questo
pervertito?” disse Summer con un tono calmo; ormai aveva
rinunciato alle ramanzine. “Senti qui... ' non vedo l'ora di
vederti per fare l'amore con te tutta la notte, solo a pensarci mi
sembra di perdere il controllo, non farmi aspettare...ti voglio
quanto prima...la tua micetta infuocata!” lesse con aria
divertita, cercando di dare un tono da donna focosa alla sua
voce. Summer rise: come sempre Damon era incontenibile. “Questo
tizio è furbo...le salva oscurando l'indirizzo e-mail...”
aggiunse. “Perché ti interessa? Vuoi un incontro con
una micetta infuocata?” chiese divertita. “Meglio! Le
voglio mandare un e-mail così spinta da poter avere solo
due esiti...o lasciare il Signor McLouren senza amante, oppure fargli
passare la notte più assurda, scandalosa e traumatica della
sua vita! Questo è di gran lunga più divertente!”
disse diabolico. “Non ti permetterò di interferire
con la vita di queste persone!” disse con tono più alto
spegnendo il computer. “Sei la solita guastafeste!”
disse alzandosi. “Almeno potresti darmi un diversivo per non
farmi annoiare, al posto di contestare tutto quello che faccio...”
continuò con tono allusivo afferrandole i fianchi. “...E
questo diversivo sarebbe fare sesso in ogni casa che visitiamo?”
chiese con voce sensuale. “Esattamente...” il vampiro
le fece scivolare la mani lungo i glutei. “Scordatelo!”
gli afferrò i polsi e si staccò da quella presa. “Sei
una micetta surgelata...” disse con giocosità. Summer
si sforzò per non sorridere ma fu inutile: Damon aveva sempre
la risposta pronta.
***
***
In
casa Galler, Damon sembrava starsene buono sul divano a giocare col
cellulare, mentre Summer ce la metteva proprio tutta per cercare di
captare qualcosa. Si guardò intorno, e per un attimo il suo
sguardo si posò sul vampiro. Lo guardò con una sorta di
dolcezza; le sembrava strano che se ne stesse buono senza dare
fastidio. “Sai...” disse il vampiro accorgendosi del
suo sguardo. “Ieri sera mi sei sembrata un po' strana...” “A
cosa ti riferisci?” “Beh...sei letteralmente
sgattaiolata via..” “Avrei dovuto farti due
coccole?...” disse con una giocosa malignità. “L'ho capito
che la tenerezza non è il tuo forte...ma non c'è
neanche bisogno di scappare in quel modo!” “Passo con
te gran parte della giornata...perdonami se la sera non vedo l'ora di
starmene un po' per fatti miei!” Il vampiro era allibito;
non aveva mai incontrato una donna con una simile indipendenza
affettiva. “Wow tu si che sai come far sentire un uomo un
oggetto!” disse, parlando in generale: a lui interessava ben poco. “Non fare la finta femminuccia" lo canzonò "...e poi ho troppa
stima di me per lasciarmi coccolare da un uomo
innamorato perso di un'altra ragazza!” “Di che diavolo
parli?” chiese con un tono più aspro. “Lo sai
benissimo!” disse riferendosi ad Elena. Il vampiro ci
pensò per qualche secondo. “D'accordo vorrà
dire che mi lascerò trattare come un oggetto. In fondo il ruolo di sex toy mi si addice!” non volle
contestare. Se lei aveva capito, era decisamente meglio così.
Era meglio che le cose fossero chiare fin dal primo momento. Nel suo
cuore c'era solo Elena, e se lei voleva essere distante per questa
ragione, di certo non poteva darle torto, pensò. “Ma
quando vorrai delle coccole...sappi che non te le farò! Sarò
gelido e distante...” continuò con tono dispettoso. “Beh, in quel caso... Troverò un modo per trattenere le mie lacrime!” disse
ironicamente. Il vampiro le lanciò
un cuscino sul volto, divertito e infastidito da quel poco interesse
che mostrava nei suoi riguardi. Lei con la super velocità
si mise a cavalcioni su di lui e lo soffocò con quello stesso
cuscino. “Non provocami!” disse divertita. Il
vampiro si liberò del cuscino con un gesto che la cacciatrice
non ostacolò, e si morse il labbro inferiore costatando che i
loro bacini fossero in una posizione invitante. “Non
pensarci neanche!” disse lei alzandosi e capendo subito le sue
cattive intenzioni. “Vorrà dire che aspetterò
stasera per fartela pagare...” sussurrò guardandola con la solita
aria da sciupa femmine. “Dai per scontato che io voglia
passare la serata con te... ed è un grosso errore!” “Dì
quello che vuoi! Sono sicuro che stasera ti vedrò fuori la
porta di casa a implorare sesso con uno sguardo languido!”
asserì con la solita presunzione. “Se lo dici tu...”
Summer non aveva voglia di combattere contro quell'ego smisurato.
“Credo che per oggi possa bastare così... adesso
voglio stare un po' da sola..." il suo volto si fece chiaramente dispettoso "Sai... per far crescere il mio desiderio...”
concluse con sfacciata ironia, ponendo fine alla giornata lavorativa. Il
vampiro si alzò e si avvicinò a lei. “Stasera...questa
tua insolenza sarà severamente punita...”le sussurrò
con aria sexy e di sfida prima di avviarsi verso la porta. Lei lo
guardò scettica; poteva dire quello che voleva, ma quella sera
avrebbe avuto una sonora bidonata!
***
***
Summer,
dopo aver gironzolato per Mystic Falls per fare del sano shopping, si
era recata al Grill per prendersi una birra. Lo faceva quasi sempre
prima di ritornare in quella triste stanza di Motel. Quando entrò,
notò che Elena era seduta al tavolo con una ragazza bionda e,
quando i loro sguardi si incrociarono, la salutò facendole un
sorriso. Elena si allontanò un momento da Caroline per
raggiungerla al bancone. “Ciao...” le disse
titubante. La cacciatrice sorrise nuovamente. “Ascolta...so
che mi hai detto di stare alla larga da Stefan e da questa faccenda,
ma mi è davvero difficile... vorrei almeno sapere se sta
bene...” “Ah lui è Klaus sono vivi e
vegeti...le persone che hanno avuto a che fare con loro invece...beh
lo sono un po' meno!” disse con risentita ironia. Elena non
badò a quell'affermazione. “Dove si trovano?”
“Attualmente sono a Londra...ma che e non ti salti in mente
di raggiungerli!” disse con un tono fintamente
minaccioso. “Tranquilla...ho capito che devo restare al
sicuro, ma proprio non riesco a starmene con le mani in mano, con
tutta quest'inattività mi sembra di allontanarmi da lui ogni
giorno...almeno permettimi di aiutarti con le tue ricerche...
“ “Perderesti solo tempo Elena...Anche se mi costa
ammetterlo, l''aiuto di Damon è già
sufficiente...” “Cosa? Damon ti sta aiutando?”
chiese sorpresa. “Sì...e ...mi sorprende che tu non
lo sappia...” ammise confusa. Le era parso di capire che tra
lei e Damon non ci fossero segreti. “Beh ..evidentemente
aveva una buona ragione per non dirmi nulla...” Elena si
sentiva nervosa. Che bisogno c'era di mentirle? “Forse
voleva solo tenerti fuori da questa storia, in fondo meno sai e più
sei al sicuro Elena...” cercò di giustificarlo: non voleva che tra di loro le cose si complicassero ulteriormente. La
ragazza annuì. “Sei sicura che non possa esserti
d'aiuto in nessun modo?...” continuò. “Sicura...”
disse dolcemente, ma, per un brevissimo attimo, il pensiero che
potesse esserci anche lei nelle case che visitava con Damon la
infastidì. Elena annuì nuovamente. “C'è
una cosa che devi sapere...” La ragazza la guardò con
attenzione. “Beh... in circolazione c'è un vampiro
con le tue stesse sembianze, si tratta della precedente doppelganger,
anche se qui ci sono io a proteggerti, voglio che tu faccia
ugualmente attenzione” “Ti riferisci a
Katherine...” “Già sapevi della sua esistenza?”
chiese meravigliata, quelle persone sapevano molto più di
quello che credeva. “Non preoccuparti...ormai so come
gestirla...” La cacciatrice annuì; se diceva così,
significava che l'aveva addirittura già incontrata. “Ritorno
dalla mia amica” disse facendole un cenno e riavviandosi verso
Caroline. La cacciatrice mosse il capo per congedarla.
“C'è
qualcosa che non mi hai detto Elena?” l'ammonì subito la
vampira, quando questa si riaccomodò al tavolo. “Ci
hai origliate!?” Elena era allibita, ma vedendo lo sguardo
risoluto dell'amica capì che ormai era a dir poco impossibile
mantenere il segreto.
***
***
Il
campanello suonò, e il suo ego si riempì di
soddisfazione: Summer aveva resistito anche meno del previsto, pensò
il vampiro dirigendosi verso la porta con un sorriso
beffardo. “Visto?! Non riesci proprio a stare senza di me!”
disse convinto aprendo la porta; ma Summer non c'era...era
Elena. “Scusami, forse aspettavi qualcun'altra...magari la
cacciatrice?” disse facendogli capire di sapere tutto a
riguardo. “Lasciami indovinare... hai scoperto che ti ho
mentito e sei venuta ad urlare quanto sia un vampiro cattivo e
inaffidabile! Dico bene?” disse con la solita
teatralità. Intanto la ragazza era entrata in casa. “A
dire il vero, sono venuta a chiederti scusa...per davvero questa
volta” disse seria. Il vampiro ne restò sorpreso e
non seppe cosa rispondere. “Hai ragione...ho provato a
cambiarti...e non ne ho nessun diritto, mi dispiace...” “Scuse
accettate” disse il vampiro ancora un po' incredulo. La
ragazza si avvicinò. “Perché mi hai mentito?
Riguardo alla cacciatrice, perché non mi hai detto che la
stavi aiutando?” chiese con calma. Il vampiro non seppe cosa
rispondere, perché in realtà non era chiaro neanche a
lui. “Volevo tagliartene fuori...e ...non avrei dovuto...”
disse con rammarico. “Siamo amici Damon, per quanto le
nostre opinioni possano essere divergenti... per quanto i nostri
caratteri possano scontrarsi... siamo amici, ed abbiamo un obbiettivo
in comune. Non puoi tagliarmi fuori...non è giusto...ho
bisogno di sapere...” gli disse con la sua incredibile
dolcezza. Il vampiro annuì con una vena di dispiacere;
quando Elena era così dolce stava incredibilmente male, perché
doveva trattenere tutta la voglia di lei, ed era una sofferenza ogni
dannata volta. “Summer mi ha detto che il mio aiuto non è
necessario, ma voglio saperlo da te, è davvero così?”
Il vampiro annuì. “Sì, è così...”
“Bene, allora, mi arrendo e mi metto in panchina, però
niente più segreti...ok? Voglio sapere ogni cosa...” gli
disse con tenerezza e giocosità. “Ok...”
rispose con altrettanta dolcezza. La ragazza si avviò verso
la porta. “Ah Damon...Rick è davvero
arrabbiato...” “Solo perché l'ho ucciso? Quel
tipo è davvero permaloso...” disse con ironia. Elena
sorrise con titubanza e chiuse la porta.
Il vampiro si sentì
spiazzato. Sarebbe stato sempre e solo quello per lei: un amico.
Quella parola bruciava ogni fibra del suo corpo. Non sarebbe mai
stato il tipo d'uomo che lei avrebbe amato: non sarebbe mai stato
Stefan. Si rese conto che negli ultimi giorni la ricerca del
medaglione con Summer l'aveva aiutato a non pensare. Ed era questo
quello di cui aveva bisogno, una dannatissima distrazione! Ma dov'era
proprio adesso che ne aveva più bisogno?! Prese le chiavi
dell'auto e veloce uscì di casa.
***
***
Summer
ce l'aveva fatta: aveva resistito alla tentazione di andare da lui.
Si era infilata sotto la doccia e poi si era preparata per mettersi a
letto con un libro acquistato quello stesso pomeriggio. In quella
deprimente stanza di Motel non c'era neanche la televisione. Aveva
deciso di restare lì come buon auspicio, pensando che così
la missione sarebbe durata poco. Piccole superstizioni personali che
come sempre risultano illusorie. Adesso stava valutando seriamente
l'idea di prendere una casa in affitto, anche se il solo pensiero
rendeva l'idea di ritornare presto a New York davvero lontana. Accese
il lume sul comodino e aprì il libro alla pagina della
premessa, quando sentì una nevrotica bussata alla porta. Un
brivido percorse la sua schiena; poteva essere una sola
persona. Questa volta non si preoccupò neanche di mettersi
la vestaglia; non poteva essere che lui, ed ormai conosceva il suo
corpo alla perfezione. “Cosa vuoi?!” disse
istericamente aprendo. “Complimenti Summer! Hai dimostrato
di potermi resistere...” disse entrando con prepotenza. “E
non potevi aspettare domani per dirmelo?” lo guardò
incuriosita “Che diavolo fai?” gli chiese. Il vampiro
aveva aperto il suo armadio, aveva afferrato tutti i suoi vestiti e
li aveva gettati sul letto. “Dov'è la tua valigia?”
chiese guardandosi intorno. La cacciatrice non sapeva cosa
rispondere: era forse impazzito? “Oddio...è una
chitarra quella!?...Ok... mi sforzerò anche di sentirti
strimpellare quell'affare...” disse afferrando la custodia che
si trovava in un angolo della camera. “Si può sapere
che diavolo hai in mente di fare?” “Vestiti!” le
disse gettandole addosso uno dei vestiti che aveva messo
disordinatamente sul letto. “Io non faccio un bel niente! Ti
conviene parlare, prima che diventi violenta!” disse
innervosita dal caos che aveva generato in quella sola manciata di
minuti. “Vieni a stare da me!” aveva trovato una
valigia rigida sotto al letto, ed ora stava gettando i vestiti al suo
interno come se fossero panni gettati in un cesto da mercato. La
cacciatrice era così confusa da sentirsi stordita. “Sei forse impazzito?! Non verrò mai a stare da te! Già ti
sopporto troppe ore al giorno...” “Credi che a me
faccia piacere averti intorno!? Ti prego, non lusingarti! Ma hai il
potere di distrarmi ed io...Beh ho parecchi pensieri a cui non voglio
pensare!” “Ma di che diamine parli!? E smettila di
trattare la mia roba in questo modo!” disse avvicinandosi e
chiudendo la valigia con forza. Il vampiro fece appena in tempo a
togliere la mano. “Andiamo...preferisci davvero restare il
questo squallidissimo Motel?!” “Preferisco restare
lontana da te!” “Ma io ho una
cucina...” “Wow...susciterai l'invidia di tutti...”
disse con ironia; che diavolo significava quell'affermazione? “Non
ti manca cucinare i tuoi elaborati pranzetti accompagnati da del buon
vino?...”chiese con enfasi, cercando di corromperla. Summer
si stupì; Damon l'ascoltava! “Andiamo Summer...non
siamo neanche ad un quinto del lavoro...vuoi davvero restare
qui?” “In effetti avevo intenzione di andarmene...ma di certo
non verrò a casa tua! Non possiamo stare sotto lo
stesso tetto! Significherebbe stare insieme 24 ore su 24 e non so se posso resistere senza ucciderti!” “Beh,
scopriamolo!” disse riaprendo la sua valigia. “Damon
fermati!” “Ormai ho deciso Summer...verrai da me punto
e basta! Fattene una ragione!” “Cosa sarebbero questi
discorsi da cavernicolo!? Non puoi decidere per me!” “Ah
sì che posso; l'ho già fatto!” disse chiudendo la
sua valigia e portandola fuori la camera. “Ok...”
disse parandosi di fronte a lui. Solo la violenza l'avrebbe fermato,
ma aveva deciso di non usarla, anche se il vampiro gliela estirpava
dalle mani. “Ok...Dammi una decina di minuti per vestirmi e
per prendere tutte le mie cose...” se ne stupì lei per
prima: l'aveva convinta. “Ti aspetto in macchina...”
disse avviandosi. La cacciatrice si vestì velocemente,
prese uno zaino che il vampiro non aveva visto, o che aveva
volutamente ignorato, e lo riempì con il resto delle sue cose;
poi si diresse verso l'auto di Damon e lo poggiò al posto del
passeggero. “Ti sto dietro con la moto...” gli disse
ancora stralunata e incredula.
Angolino
di NaNa*** E
rieccomi, con questi momenti un po' Fluff ^^ Ce ne saranno
parecchi, io mi esaurisco perchè penso “Ma in questo
capitolo non è successo niente!!!”xD e mi
rimprovero...ma intanto sono necessari...quindi dovrete
sorbirveli!!!xD Come vedete anche il rapporto tra Damon ed Elena è
altalenante... Mi auguro che tutto in questa fic sia
altalenante...visto che la fine è lunga di certo non voglio
annoiarvi...oddio!!! L'intenzione almeno è quella xD Come
sempre ringrazio: Le ragazze adorabili e carinissime che recensiscono
facendomi davvero tanto tanto felice!!! Le persone che mettono
questa fic nelle preferite/seguite, anche loro mi fanno felice...e
chi segue in silenzio, sperando di scrivere, un giorno, un capitolo
che susciti la voglia di lasciarmi un commentino^^ Un bacione a
tutti^^ Alla prossima
|
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Capitolo 24 *** Ventiquattresimo Capitolo ***
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Damon
uscì dall'auto, prese i bagagli e si avviò verso l'entrata
della dimora. Summer scese dalla moto e lo seguì, ma una
volta arrivata all'ingresso qualcosa la bloccò. “Che
diavolo fai lì impalata?! Entra!” la redarguì lui,
con i suoi soliti modi sgarbati. “Non posso credere di
essermi lasciata convincere...” mormorò ancora
incredula, avanzando il fatidico passo all'interno della casa. Damon
ignorò quell'affermazione e si avviò verso le
scale. Summer lo seguì, e il vampiro si fermò
all'ingresso della stanza successiva alla sua. “Prima le
signore... “ disse facendola entrare. Summer si guardò
intorno; la stanza era molto simile a quella di Damon come stile e
grandezza. Subito notò l'armadio: grande il triplo rispetto a
quello del Motel. Notò una porta alla sinistra; l'aprì,
e fu meravigliata dalla vista di un bagno color crema, non grande
quanto quello di Damon, ma decisamente accogliente e pieno di
comfort. “Devo ammettere che come sistemazione non è
affatto male...” affermò leggermente meno scettica
riguardo a quell'assurda decisione, presa più per porre fine
alla discussione con Damon che per una razionale valutazione dei pro
e dei contro. Il vampiro poggiò le sue cose in un angolo e
poi le si avvicinò. “E per di più... adesso ti
ho a portata di mano...” sibilò al suo orecchio,
abbracciandola da dietro con un braccio, e intrufolando la mano
destra tra le sue cosce. La cacciatrice, con una mossa rapida e
decisa, afferrò l'avambraccio di Damon e, facendoglielo
passare sopra la testa, si trovò dietro di lui bloccandogli il
braccio contro la schiena. “Ripeto....come sistemazione non
è male...peccato che la compagnia sia pessima!” asserì
con tono alterato. “Beh... di certo non ci annoieremo...”
la voce del vampiro era corrotta dal leggero dolore che Summer stava
infliggendo alla sua spalla a causa della torsione. La cacciatrice
lo liberò da quella presa. “Ora, se permetti, devo
sistemare tutte le cose che hai gettato senza criterio nella mia
valigia...” disse spingendolo fuori. Il vampiro si fermò
di forza alla soglia. “Cosa?! Vorresti mandarmi a letto
senza cena!?” chiese allibito guardandola
famelico. “L'intenzione è proprio quella! Buonanotte
Damon!” rispose risoluta, chiudendogli la porta in faccia. Il
vampiro restò lì, per una manciata di secondi, con un
faccia sconvolta. Da quando non aveva più potere sulle donne?!
***
***
Qualcosa
evidentemente era andato storto. La sua determinazione aveva ceduto
all'improvviso. Perché se lo ritrovò addosso come
un'onda impetuosa che con la sua forza ti trascina a riva. Summer
sentiva di non avere nessun controllo; il suo petto ed i suoi seni si
sfregavano ai ritmi che imponeva il vampiro, che audace si muoveva
tra le sue gambe. Sentì le sue labbra carnose sulle proprie,
poi le sentì scendere sul collo, e poi ancora per tutta la
distanza che lo separava dal seno. Il vampiro sì accanì
per qualche minuto su quei morbidi rigonfiamenti, e poi continuò
a baciare avidamente ogni centimetro di pelle, fino ad arrivare ai
punti più sensibili del suo corpo. Un forte gemito uscì
dalle labbra della cacciatrice, che di colpo....si
svegliò. “Buongiorno dormigliona!” il sorriso
beffardo di Damon, che le stava sdraiato accanto, lasciò
intendere a Summer ogni cosa. Lo guardò infuriata: entrare
nel suo sogno era stato un colpo davvero basso! “E' normale
per te sbavare così tanto ?!...oppure questo è un caso
isolato causato da un sogno...particolarmente interessante?!”
le chiese divertito. “Vattene” scandì
furibonda. “Quindi tu dormi in babydoll...questa è
una cosa davvero ammirevole! Tutte le donne dovrebbero farlo!”
affermò, alzando il lenzuolo per sbirciarne il contenuto,
senza badare all'ira della cacciatrice che si alzava come il mercurio
di un termometro vicino ad una stufa. “Va Via”
articolò nuovamente, tirandosi il lenzuolo sul petto e
mettendosi a sedere. “Sai... adesso ho capito perché
non vuoi dormire con me... “ la fissò con attenzione “A
prima mattina...sei ...davvero orribile!” disse pensando il
contrario. “Ok, adesso basta!” la cacciatrice si alzò
e si diresse verso l'armadio. Prese tutti gli abiti in una sola
volta e li gettò sul letto. “Come diavolo mi è
saltato in mente di assecondarti!?” si rimproverò
prendendo la valigia posta sotto il letto. Il vampiro si alzò
avvicinandosi a lei. “Vieni!” disse prendendola per la
mano e trascinandola fuori dalla stanza. La cacciatrice si
ammutolì e lo seguì, odiandosi per il fatto di provare
piacere in quel semplice contatto. Il vampiro la condusse al piano
di sotto e in breve raggiunsero la cucina. “Non te ne puoi
andare! Ho riempito ogni mobile... ed il frigo...credo che stia per
esplodere!” “Sei andato a fare la spesa?” gli
chiese sorpresa. “Beh sì... se per fare la spesa
intendi soggiogare qualcuno per farla al posto tuo!” Summer
sorrise, e in quel gesto contorto percepì una nota di
dolcezza. Sospirò con aria arrendevole, pensando che
sarebbe rimasta lì fino a quando non avesse trovato un'altra
sistemazione. “Beh...in questo caso” gli sorrise
ancora “... cosa vuoi per colazione?” Il vampiro fece
un sorriso diabolico; poi la scaraventò sul tavolo e la baciò
con passione. Lei non fece resistenza; capì di avergli
resistito fin troppo.
***
***
Elena
e Caroline stavo entrando nella scuola, quando la vampira vide
arrivare il suo ragazzo. I due si baciarono teneramente, sotto lo
sguardo lievemente imbarazzato dell'unica umana. “Mia zia si
è svegliata...” rivelò il licantropo ad
entrambe. Elena sorrise. “Non puoi immaginare quanto sia
sollevata...quando la dimetteranno?” domandò con
apprensione. “Tra un paio di giorni...” “Dovrei
portarle dei fiori...oppure dei cioccolatini...o forse entrambe le
cose!” intervenne Caroline, pensando ad un modo per conquistare
la simpatia della zia del suo ragazzo. “Se cerchi di fare la
ruffiana con lei...credimi se ne accorgerà e ti detesterà
ancora di più!” disse con dolcezza. Elena sorrise
ancora una volta. “Che intendi con detesterà ancora
di più!? Pensi che mi detesti?! Perché dovrebbe
farlo?!...Cioè...sono adorabile!... tutti i parenti
impazziscono per me! Soprattutto le nonne!...Uffa Perché non
hai una nonna?!” si lagnò con enfasi la vampira, mentre i
due entravano nell'edificio divertiti dai suoi viaggi mentali.
***
***
Dopo
quell'attimo di passione ed una rapida doccia, i due si prepararono
per uscire. “E' tardissimo...” asserì Summer
tra sé e sé raggiungendo Damon all'ingresso. “Se
la sera mi mandi a letto senza cena...la mattina sono doppiamente
affamato...quindi, che ti serva da lezione!” disse con calma,
mentre si metteva la giacca. Summer lo guardò
contrariata. “Guarda che non ti stavo accusando di
niente...era solo un'affermazione! E comunque non dare per scontato
che io voglia fare sesso con te tutte le sere...A proposito...com'è
la politica sugli ospiti? Non dovrò mica avvisarti! Spero...”
disse seria. In fondo non poteva negare di aver fatto un pensierino
malizioso sul cameriere dagli occhi blu del Grill. “Puoi
fare quello che ti pare...” rispose con freddezza. Damon si
sorprese di quanto quell'affermazione l'avesse infastidito; ma forse
solo perché non voleva estranei in giro per casa,
pensò. Uscirono e Damon si diresse verso l'auto. “Andiamo
con la moto!” disse la ragazza lanciandogli le chiavi. “Non
riesci proprio a stare lontana dal mio corpo, vero?!” asserì
con la solita presunzione afferrandole. La ragazza gli fece
un'occhiataccia e si sedette dietro di lui. Sarebbe stata una
convivenza davvero difficile, pensò.
***
***
“Come
ti senti?” domandò Carol non appena mise piede nella
camera di Blair. “Sono stata meglio” rispose
debolmente. “Ti rimetterai presto...” Carol cercò
di essere rassicurante, in fondo, dopo tutto ciò che era
successo, dopo tutto quello che aveva scoperto, capì che anche
un personaggio come Blair poteva essere rivalutato. “Quel
vampiro ha i minuti contati...” bisbigliò con un filo di
voce quasi impercettibile e con uno sguardo furente. “Adesso
devi pensare solo a rimetterti in forze...nient'altro.”
***
***
In
casa Wilmore, Damon aveva trovato una lavagnetta con un gessetto.
L'aveva divisa in due con una linea verticale e aveva scritto
'pro' a sinistra e 'contro' a destra; poi aveva riempito la colonna
pro con una sola parola: sesso. Con un volto serafico la mostrò
a Summer. La cacciatrice rise con una nota di avvilimento. “Che
diavolo sarebbe?” chiese quasi dolcemente. “Pro e
contro della nostra convivenza” “Quindi l'hai capito
che non intendo restare da te...?!” Summer ci aveva pensato;
non poteva stare lì, si sarebbe cercata una casa e poi sarebbe
scappata via come il vento! “Ed io ho messo a punto questo
supporto visivo a posta per farti valutare meglio la cosa”
“Bene...allora, contro: il nervosismo che mi provochi mi
farà venire le rughe prima del tempo!” Il vampiro
scrisse 'rughe' nella colonna dei 'contro'. “Pro: sesso”
rispose lui indicando la parola sulla lavagna. “Contro: mi
sembrerà di non avere neanche un attimo di privacy” Il
vampiro scrisse 'mancanza di privacy' nella rispettiva colonna. “Pro:
sesso” continuò lui. “Non ha senso riempire la
colonna dei pro con la parola sesso, possiamo farlo anche senza
abitare sotto lo stesso tetto!” Il vampiro girò la
lavagna, e prima di ogni 'sesso' mise il simbolo matematico del
'più'. La mostrò nuovamente a Summer, che invano
cercò di trattenere la risata. “Lascia perdere
Damon...stasera prenderò il mio portatile e mi metterò
a cercare un'abitazione...e tu non potrai
impedirmelo!” “Andiamo...non credi di esagerare? In
fondo è quasi mezzo giorno ed io sono ancora vivo...significa
che non è poi così terribile” disse posando la
lavagna dove l'aveva trovata. “Fammi capire bene Damon, da
cosa ti distraggo esattamente?” Summer aveva capito benissimo;
era innamorato della ragazza di suo fratello; era questo il pensiero
che doveva evitare, ma era curiosa di sentire la sua risposta. Poi,
però, vide il volto del vampiro diventare cupo e se ne
pentì. “Beh tante cose...il buco nell'ozono per
esempio...” come sempre si nascose dietro un muro
d'ironia. Summer sorrise. “Ah beh... se è per
questo allora, sono felice di esserti d'aiuto” disse con
dolcezza e giocosità, capendo l'antifona. “Pro: non
mi dispiace averti intorno...” ammise il vampiro senza
guardarla e facendo finta di rovistare distrattamente tra le cose dei
Wilmore. Summer finse di non badare a quell'affermazione, ma dopo
poco si rese conto di stare ancora sorridendo. “Qui non c'è
niente...” asserì poco dopo per interrompere quello
strano silenzio.
***
***
“Abbiamo
visitato quindici case, penso che per oggi possa bastare” disse
Summer uscendo insieme a Damon dalla dimora dei Tanner. “Ok...”
rispose il vampiro. Tra i due si creò un attimo di disagio: finalmente era arrivato il momento di separarsi. “Beh...Penso
che andrò al Grill a bere qualcosa” disse Summer. “Vado
al Grill a farmi un giro di Scotch” asserì Damon. I due
avevano parlato contemporaneamente. Si creò l'ennesimo momento di disagio. Si sorrisero con titubanza e si avviarono
verso la moto.
***
***
“Tu
bancone - io tavolo” disse Summer appena di due misero piede al
Grill. “Perfetto” rispose Damon, e si allontanarono
all'istante. Entrambi capivano che non potevano stare tutto quel
tempo insieme; era una situazione assurda. Il vampiro vide Alaric
seduto al bancone e si accomodò accanto a lui. “Hai
una bella cera Rick! Nessuno penserebbe che di recente sei morto...”
“Va al diavolo Damon!” l'ammonì subito senza
voltasi. “Niente rancori! Ok?! Ero piuttosto incazzato quel
giorno...succede, quando le persone mi dicono quello che dovrei ...o
peggio...quello che sarebbe giusto fare!” asserì con un
tono duro. “Mi hai ucciso Damon!” scandì con
rabbia. “Andiamo...ti ho fatto di peggio! Ricordi?! Ho
trasformato tua moglie in un vampiro, e ci ho fatto anche sesso prima
di ucciderla, se hai superato questo, penso che un breve sonnellino
sia sorvolabile! Non trovi?!” Alaric lo guardò con
uno sguardo furioso. “Sei solo uno stronzo...” mormorò
alzandosi. In quel momento la vicinanza di Damon era
intollerabile. Damon fece una smorfia indecifrabile e poi fece
segno al barista di versargli dello scotch. Si guardò
intorno; Alaric se n'era già andato, e fu colpito
dall'immagine di Summer vicino a Matt, che sorrideva un po'
troppo. Usò il suo superudito per ascoltare.
“Me
la porti una birra occhioni blu...” gli disse dolcemente. Il
ragazzo sorrise e diventò leggermente rosso. “Puoi
chiamarmi Matt” rispose timidamente. “Summer” I
due si strinsero la mano. “Arrivo subito con la tua
birra...Summer” asserì, ancora un po' intimorito. Appena
Matt si allontanò dalla ragazza, Damon la raggiunse,
accomodandosi di fronte a lei. Summer lo guardò
contrariata. “Il bancone è dall'altra parte”
affermò infastidita. “Ho pensato ad un povero gattino
bloccato su un albero...e ho sentito il bisogno di distrarmi...!”
mormorò angelico. “Oh ma che animo sensibile...”
affermò lei con giustificato scetticismo. Il ragazzo arrivò
con la birra di Summer. “Grazie mille...Matt” sussurrò
con libidine. Il ragazzo arrossì ancora e si congedò. Damon
osservò la scena inconsciamente infastidito. Summer sollevò
la birra per proporre un brindisi. “Alla tua sensibilità...”
proferì con palese ironia. Il vampiro sorrise. “Alle
distrazioni...” disse avvicinando il bicchiere alla
bottiglia. In quell'istante il telefono del vampiro vibrò.
Era un messaggio di Elena - Devo parlarti, puoi passare da me?-
Damon lo lesse subito. “Sai Summer, le tue tacite
preghiere sono state esaudite..” disse porgendole un mazzo di
chiavi. Lei le afferrò; era ovvio che fossero quelle di
casa. Lo guardò incuriosita in attesa di maggiori
dettagli. “Per qualche ora hai casa tutta per te...Potrai
cucinare e bere tutto il vino che vuoi senza avermi tra i piedi!
Approfittane!” “Wow...non posso credere che tu mi
stia finalmente lasciando un po' in pace...” “E invece è proprio così. Ma
sappi che dopo avrò bisogno di una doppia dose di
distrazione...”asserì, con un chiaro riferimento
sessuale che la cacciatrice colse al volo. “Vai al
diavolo, Damon” rispose con un tono da cantilena, come se glielo avesse detto per la milionesima volta di fila. Il vampiro
sorrise e si avviò verso l'uscita.
***
***
“Allora...di
cosa volevi parlarmi?” le chiese comparendo accanto alla
finestra. La ragazza, che intanto si stava spazzolando i capelli,
sussultò leggermente. “La zia di Tyler si è
ripresa...” rivelò con voce preoccupata. Alaric, alle
prese con i fornelli, sentì delle voci, e incuriosito si avviò
verso le scale. “...Quindi dovrò andare a terminare
l'opera. Beh grazie per avermi avvisato!” disse ironicamente,
generando una smorfia contrariata sul volto della ragazza. Alaric
riconobbe chiaramente la voce di Damon, e si avviò verso la
stanza di Jeremy per ascoltare meglio quella conversazione. “Lo
sai che non è quello che voglio...” disse lei. “Ed
è appunto per questo che volevo che lo sapessi da me...ti
prego Damon, non c'è bisogno di ucciderla, dirò a Tyler
di convincerla a lasciare la città non appena si sarà
ripresa” “Quella donna è un licantropo Elena...
credi davvero che non vorrà vendicarsi? E ti ricordo che tra
qualche giorno ci sarà la luna piena...” disse
avvicinandosi. “La convinceremo in tempo... fidati di me”
insistette con apprensione. “E come?! Dicendole... 'non era
nei piani che lei sopravvivesse Miss Lockwood, ma visto che è
capitato, per favore, dimentichi l'accaduto e se ne vada..' Dubito
che un approccio del genere possa funzionare” “E cosa
vorresti fare?! Ucciderla solo perché è
sopravvissuta?!” “Esattamente” disse con
naturalezza. Intanto, Alaric, nascosto nel bagno comunicante,
sentiva ogni cosa. La ragazza gli afferrò la mano, e il
vampiro trasalì leggermente. “Damon... andiamo, ti
chiedo solo un po' di tempo per parlarle... “ sussurrò
dolcemente, cercando di convincerlo a desistere. “Non ti
assicuro niente Elena...” disse un attimo prima di sparire.
***
***
Come
le aveva promesso, Damon lasciò a Summer il tempo per godersi
un po' di privacy. Quando entrò, tutte le luci erano spente
ad eccezione di quella della cucina. Si avviò e sentì
della musica; ma lei non c'era. Seguì la musica e capì
che la ragazza doveva trovarsi in veranda. Quando aprì la
porta che dava all'esterno, trovò il tavolino apparecchiato e
illuminato da delle candele; due bottiglie di vino, di cui una
rigorosamente vuota, e Summer che ballava sul muretto, con un
vestitino rosso ed un calice di vino in una mano. La cacciatrice
non si era accorta della presenza del vampiro e continuava a ballare
sulle note di Smooth
di Santana e Rob Thomas . Damon incrociò le braccia e
si appoggiò allo stipite della porta guardandola incuriosito e
divertito; e solo dopo un po' la cacciatrice notò la sua
presenza. Lo vide e continuò a ballare senza farsi
problemi; poi appoggiò il bicchiere sul muretto, e con
l'indice fece cenno al vampiro di avvicinarsi. Con aria divertita,
Damon salì sul muretto, insinuò la sua gamba tra quelle
della ragazza a mo' di Lambada ♫ Gimme your heart, make it real
or else forget about it ♫ poi afferrò la sua mano,
poggiandole l'altra sul fianco, e le fece inarcare la schiena a tempo
di musica. La ragazza si girò appoggiando la schiena al suo
petto, poi piegò il gomito per accarezzargli i capelli e si
portò la mano del vampiro sul ventre. “Ceni a lume di
candela... ti scoli due bottiglie di vino... ti metti a
ballare...vedo con piacere che sai divertiti anche da sola!” le
sussurrò all'orecchio. La ragazza continuò a muovere
il bacino ritmicamente, strusciandolo con sensualità contro il
suo corpo e facendolo impazzire. “Andiamo a ballare sul
tetto...” suggerì col tono di chi è chiaramente
brillo. Il vampiro sorrise: due bottiglie di vino forse erano
troppe anche per una cacciatrice. “Ubriaca come sei
rischieresti di cadere...” bisbigliò
premurosamente. “Non fare il guastafeste!... E poi non sono
ubriaca!” con la super velocità, in un attimo si trovò
sul colmo del tetto e continuò a ballare. Damon la
raggiunse e la tirò a sé per improvvisare qualche altro
passo di danza. “...E poi se dovessi cadere ci saresti tu a
prendermi...” continuò lei. “Ah.. se fossi in
te non lo darei per scontato! Non dimenticare che mi hai
torturato...potrei cogliere l'occasione per vendicarmi...” la
sua ironia fu così velata da lasciare spazio al dubbio. “Beh..
c'è solo un modo per scoprirlo...” con l'andatura
incerta di chi ha bevuto troppo, la cacciatrice si diresse verso la
fine del colmo sotto lo sguardo incuriosito di Damon. Guardando
il vampiro con determinazione, aprì le braccia e si lasciò
cadere all'indietro. Per un nanosecondo Damon restò
immobile ed allibito, ma subito la raggiunse per prenderla in
braccio. “Sei impazzita o cosa?!” disse arrabbiato e
sollevato. “Visto?! Sei un tenero Coniglietto Pasquale...”
mormorò divertita. Il vampiro si infastidì. “Buona
notte Summer” disse, prima di togliere le braccia per lasciarla
cadere a terra. “Ahi!” le uscì, quando il suo
fondo schiena toccò il suolo. “E rimetti tutto in
ordine!” continuò allontanandosi. Sul volto del vampiro
c'era un sorriso; quella ragazza era irritante, nevrotica e
violenta...ma era davvero un'ottima distrazione!
Angolino
NaNa*** Ciao a
tutti^^ come potete vedere sto gettando le basi per un po'
d'azione...in fondo mica possiamo aspettare Klaus... xD che noia
altrimenti!!! Come sempre spero che il capitolo sia piaciuto e
ringrazio tutti^^ Alla prossima^^
|
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Capitolo 25 *** Venticinquesimo Capitolo ***
Avviso:
Come nel capitolo precedente, i collegamenti all'interno della pagina vi
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Ancora
un po' assonnato, Damon scese al piano di sotto per raggiungere Summer
che canticchiava allegramente in cucina. La vide già
preparata per uscire, con un volto riposato e sorridente, mentre
sistemava dei Muffin in un piatto da portata. “Ecco cos'è
questo strano odore...” “Li ho appena
sfornati...assaggia...” disse allegramente porgendogliene
uno. Il vampiro prese il dolce e la guardò stranito. “Non
dovresti essere preda dei postumi della sbornia? Come diavolo fai ad
essere così pimpante?” il vampiro era incredulo. Si
aspettava di trovarla con i capelli arruffati, il volto pallido e
l'aria stordita. Aveva pensato anche ai possibili modi per prenderla
in giro. “Non ho mai avuto i postumi della sbornia, credo
sia uno dei pochi privilegi dell'essere una cacciatrice...”
asserì prima di azzannare il suo muffin; e gustò quel
piccolo morso compiacendosi del suo operato. “Cosa c'è?
Non ti piacciono le scagliette di cioccolato? Avresti preferito dei
grumi di sangue?” chiese con ironia, constatando che non aveva
ancora assaggiato quel piccolo dolce. Damon le fece uno dei suoi
soliti sorrisi finti, e poi gli diede un morso. Si sorprese del
fatto che fosse buono. “Ummm quindi sai fare altre cose
oltre a spezzarmi il collo e rompermi le scatole.... sono
sorpreso!” “E tu Damon? Quali altre cose sai fare
oltre a farmi innervosire...” il vampiro le si avvicinò
e, abbracciandola da dietro, le baciò il collo mettendole una
provocatoria mano sul seno “e molestarmi sessualmente?”
continuò divertita passandogli le dita tra i capelli. “Tante
altre cose...ma al momento queste sono quelle che mi riescono
meglio!” sussurrò girandola e sollevandola per i glutei
per farla sedere sul mobile. Entrambi si contemplarono le labbra
per qualche istante e poi si baciarono con desiderio.
***
***
Blair
iniziava a sentirsi meglio; quella mattina era riuscita anche a
mettersi a sedere senza l'aiuto di nessuno. Le sue ossa si stavano
rimarginando velocemente, al punto che avrebbe dovuto lasciare presto
l'ospedale per non destare sospetti. E stava guardando la
televisione con disinteresse, quando ricevette una visita totalmente
inaspettata.
***
***
“Oggi
pomeriggio vorrei passare a trovare la zia di Tyler...” disse
Elena, mentre percorrevano il corridoio che le avrebbe portate
nell'aula di chimica. “Perché?” le domandò
Caroline con sospetto. “Voglio parlarle di Damon... Voglio
convincerla a sorvolare sull'accaduto” “Sorvolare
sull'accaduto! Elena, quella donna è rotolata per una rampa di
scale e non si è rotta l'osso del collo per puro
miracolo!” “Lo so Caroline... ma se non la
convinco...Damon potrebbe fare qualche altra sciocchezza...”
asserì preoccupata. “Damon farà comunque
quello che gli pare Elena...” concluse la vampira mettendosi a
sedere al suo posto. A Elena non importava; doveva tentare lo
stesso.
***
***
In
casa Thomas, Damon se ne stava nel salotto seduto su una poltrona di
pelle nera e con i piedi poggiati sul tavolino di fronte. Summer lo
raggiunse sedendosi su un'altra poltrona. Appoggiò i gomiti
sulle cosce reggendosi il volto con le mani. “Più o
meno quante case abbiamo visitato?” gli domandò
sconfortata. “In totale...credo poco più di una
settantina...” Damon sorrise “Andiamo ..in fondo, più
tempo ci vorrà e più tempo passeremo insieme...”
aggiunse ironicamente per provocarla un po'. “Che gioia...”
rispose lei con una totale mancanza di entusiasmo. Il vampiro le
fece una smorfia. “Giusto, dimenticavo che sto parlando con
la Summer vestita...” Lei lo guardò
incuriosita. “Cosa vorresti dire...” “Che hai
una doppia personalità: la Summer vestita non mi sopporta e mi
ucciderebbe ogni volta che apro la bocca... La Summer nuda invece...è
molto felice di avermi tra i piedi... e soprattutto dell'uso che
faccio della mia bocca...” continuò la frase con un
crescendo di sensualità. Summer girò il volto di
lato allibita. “Ok, Damon ...diciamo che c'è una
parte di me...che apprezza l'unica cosa di te che da valore alla tua
altrimenti inutile esistenza...” disse con una vena di
acidità. “Se ammetti che sono un fenomeno a letto
Summer...devi metterci un'offesa ben peggiore vicino...altrimenti
resta un complimento!” disse con la solita presunzione,
togliendo i piedi dal tavolino e incrociando le mani dietro la
nuca. “Io no ho de...” la ragazza bloccò quella
frase. Che senso aveva ribattere...Damon sentiva solo quello che
voleva sentire! “Lascia perdere...” si alzò per
allontanarsi. Il confine tra l'uso delle parole e quello della
violenza fisica stava per essere oltrepassato. Damon la vide
allontanarsi visibilmente stizzita. “Dimmi un po', stasera
sono invitato anch'io a queste tue serate di cena, alcool a fiumi e
danza... oppure devo lasciarti da sola di nuovo?” “Eri
stato tacitamente invitato anche ieri...sei stato tu a tornare più
tardi del previsto...” la cacciatrice si fermò e gli
rispose con un tono calmo, ma senza voltarsi. Il vampiro
sorrise. “Allora stasera non mancherò...” Summer
si avviò verso un'altra stanza.
***
***
Carol
Lockwood incontrò Elena e Caroline nel corridoio
dell'ospedale. “Ragazze cosa ci fate qui? E' successo
qualcosa?” disse teneramente. Tyler le aveva detto tutto,
anche di come Caroline l'avesse aiutato a superare quei terribili
momenti della trasformazione, e si era quindi convinta, anche se con
difficoltà, che potessero esserci anche dei 'vampiri
buoni'. “In verità siamo qui per parlare con vostra
cognata” ripose Elena. “Parlare...di cosa
esattamente?” “Vorremmo convincerla a lasciare la
città. Damon potrebbe essere un pericolo per lei...”
continuò Caroline, che, anche se con scetticismo, aveva deciso
di appoggiare l'idea di Elena. “Capisco...” mormorò
la donna con un volto pensieroso. “Beh...allora andiamo!”
continuò subito dopo, pensando che in fin dei conti le ragazze
avessero avuto una buona idea.
“Ciao Blair... “
disse Carol entrando nella stanza con le ragazze a seguito. “Lei
che ci fa qui?” domandò con voce dura riferendosi a
Caroline. “Forse è il caso che vada...” sibilò
la ragazza, pensando che forse la sua presenza avrebbe solo
ostacolato quel tentativo. “No Caroline resta pure...”
la bloccò Carol. “Non è cattiva Blair...e poi
lei e Tyler stanno insieme...” “Tsk...un vampiro e un
licantropo che stanno insieme...” sussurrò
scettica. “Beh...cosa volete dirmi? Perchè ho il
sospetto che questa non sia una visita di cortesia...” continuò
con un tono aspro. “Vorremmo... che lei valutasse l'idea di
lasciare la città al più presto...” disse Elena
con voce titubante. “E perché mai dovrei farlo? Ah
sì, giusto, a causa di quel vampiro che ha tentato di
uccidermi...” asserì con un'acida ironia. “Non
fare così Blair... Damon è fuori controllo...e tu sei
in pericolo...” Carol cercò di farla ragionare, pur
conoscendo la sua risaputa testardaggine. “Sia chiaro che io
non temo nessuno, ma Mystic Falls non è più casa mia
già da molto tempo... quindi era già mia intenzione
quella di andarmene...Perciò toglietevi pure quell'espressione
di finta preoccupazione dal volto...” la sua intenzione di
andarsene era reale, ma non prima di essersi vendicata. Ma in quel
momento finse di arrendersi, perché il contrario avrebbe messo
in allerta tutti ed interferito con i suoi piani. “E' la
cosa migliore Blair...” affermò Carol. “E poi
la nostra preoccupazione non è affatto finta...”
aggiunse Caroline; ma l'espressione glaciale della donna le fece
subito capire che forse era meglio tacere. Elena si sentì
sollevata. A differenza di ciò che credeva Damon, la donna non
era intenzionata a vendicarsi e lei non vedeva l'ora di dirglielo.
***
***
“Allora?
Sei riuscita a convincerla?” chiese Alaric quando Elena entrò
in casa. “Sì... non sarebbe rimasta a Mystic Falls in
ogni caso... quindi non è stato difficile...” ammise
contenta. “Meglio così...” “Adesso
voglio subito avvisare Damon...” disse la ragazza estraendo il
telefono dalla borsa. Alaric annuì, sentendosi infastidito
da quel nome.
***
***
“Signora
Gardner il mio bicchiere è vuoto!” disse Damon,
comodamente agiato lungo la poltrona, facendo oscillare il bicchiere
e provocando quel leggero tintinnio di ghiaccio contro il
vetro. “Arrivo subito” disse la signora sotto
l'effetto dell'ipnosi. “Non solo ti comporti come se fossi a
casa tua...adesso devi anche rendere queste persone i tuoi servetti
personali?” disse con un tono di rimprovero. “Ma che
dici?! Alla signora fa piacere avermi come ospite. Vero?”
chiese con il suo solito sorriso sornione. “E' un vero
piacere averti qui” rispose mentre gli versava a bere. Summer
lo guardò contrariata e innervosita. “Adesso basta.
Signora Gardner non faccia nulla di ciò che dice questo losco
individuo!” le ordinò, afferrandola per le spalle e
guardandola intensamente negli occhi. La donna riprese coscienza
di sé. “Chi siete? Cosa ci fate in casa mia?”
domandò spaventata. “Che diavolo hai fatto?”
domandò Damon, alzandosi. “Opss.... giusto!”
Summer realizzò solo in quel momento che sciogliere la
soggiogazione avrebbe significato anche dover dare delle
spiegazioni. “Sistemala...” disse spostandola quasi di
peso verso Damon, facendogli capire di doverla risoggiogare, ma la
donna interpretò male quelle parole, spaventandosi a morte. Si
liberò e corse verso la cucina. “Cosa volete farmi?! Andate via!”
urlò prendendo il telefono con una mano tremante, intenta a chiamare
la polizia. “Che diavolo hai combinato?” ridomandò
Damon, che non riusciva a capire cosa fosse successo. “Te lo
spiego dopo, ora va a risoggiogarla!” disse dandogli una
spinta. Il vampiro le fece una smorfia, e poi subito si parò
velocemente davanti alla signora. “Signora Gardner...è
tutto ok...e quando ce ne andremo lei non ricorderà nulla”
La donna posò il telefono. “Ora spiegami cos'è
successo!” la intimò con voce autoritaria. “Ho
semplicemente sciolto la sua soggiogazione...ed ammetto che è
stata una cosa non proprio intelligentissima...” ammise
titubante. “Non intelligentissimo è un nuovo sinonimo
per stupido!?” “Ehi!...Non ci ho pensato!Ok?! Non
sarebbe successo se non avessi fatto il prepotente come al solito!”
disse innervosita. “Non sarebbe successo se TU non avessi
fatto la rompiscatole come al solito!” ribatté
altrettanto spazientito. “Beh non sarei così
rompiscatole se TU la smettessi di fare il bullo con queste persone!”
disse urlando, ma poi se ne pentì; si era ripromessa di non
giudicarlo e, anche se il vampiro faceva di tutto per farla
innervosire, decise di calmasi. “Lascia perdere Damon...”
continuò a voce più bassa avviandosi verso un'altra
stanza. Il vampiro era pronto a ribattere e non capiva quella resa
improvvisa. “Un tempo mi avresti già
impalettato...cos'è cambiato?” chiese seguendola. “Mi
sto sforzando di accettarti per il presuntuoso e irritante vampiro
che sei... tutto qui! Ma se vuoi un'impalettata non ci sono
problemi...basta dirlo!” Il vampiro restò
piacevolmente sorpreso da quell'affermazione. “Dipende?
Impalettarmi ti ecciterebbe e ti porterebbe ad abusare del mio corpo
all'istante?” chiese scherzosamente. Summer rise, lasciando che
l'irritazione scivolasse via. “Assolutamente no!” “Allora
ne farò volentieri a meno...” disse
sorridendole. “Sai...non sapevo di questo potere...”continuò
poco dopo. “...A volte capita di trovare il covo di un
vampiro in cui ci sono delle persone soggiogate, e se non puoi
ucciderlo subito, magari perché è scappato in tempo,
beh... è l'unico modo per salvare quelle persone...è
una delle nostre abilità più importanti” raccontò
appoggiandosi alla parete con le mani dietro la schiena. Per un
attimo Damon cercò di immaginarsi la sua vita, e capì
che forse non era per nulla semplice essere una cacciatrice. “Credo
sia più utile il potere antisbornia!” asserì lui
ironicamente. Summer rise dolcemente. “In effetti è
il mio preferito...” Il quel momento il telefono di Damon
vibrò: era una chiamata di Elena. Il vampiro fece un
sorriso a Summer e si allontanò. “Mi hai chiamato per
dirmi che la tua è stata un'idea stupida e che la megera
licantropa sta venendo a uccidermi? Non preoccuparti...me
l'immaginavo!” “Al contrario....lascerà la
città!” “E tu, giustamente, te la sei bevuta!
Piccola, dolce...innocente Elena...” disse con ironia. “Parlava
sul serio...puoi stare tranquillo Damon...”rispose con tono
seccato. “Se lo dici tu...” il vampiro era scettico a
riguardo. Sapeva che quella donna non si sarebbe arresa, ma era
meglio far credere ad Elena quello che voleva. “E tu invece?
Cosa mi racconti? Ci sono novità?” chiese la ragazza per
sapere della sua collaborazione con Summer. Damon si ammutolì
per un istante. Avrebbe dovuto dirgli che la cacciatrice ora stava da
lui? Si chiese in quell'attimo. “Nessuna...calma piatta...”
rispose subito dopo. “Ok, Beh...tienimi
aggiornata” “Senz'altro...” Il vampiro chiuse
la chiamata. “Penso che qui possa bastare...” disse
Summer appena lo vide entrare nella stanza. “Che ne dici di
smetterla per oggi, è quasi sera...e tu hai una cena da
prepararmi...” suggerì con delicatezza. Summer annuì
e si avviarono verso casa.
***
***
Il
vampiro prese una bottiglia di champagne dal soggiorno. “Vado
a mettermi in ammollo per un paio d'ore...” disse salendo le
scale. “Bravo togliti dai piedi!” rispose lei
scherzosamente avviandosi in cucina.
Dopo qualche ora il
vampiro la raggiunse in veranda. Come la sera prima, la trovò
illuminata da delle candele. Il tavolino era graziosamente
apparecchiato e Summer in quel momento stava stappando una bottiglia
di vino rosso. In sottofondo c'era della musica e in un angolo
vide che, come il giorno prima, Summer aveva collegato lo stereo al
suo iPod. “Devo dire che questo è un trattamento di
gran classe...” ammise raggiungendola. “Non credere
che l'abbia fatto per te...è così che sono abituata a
cenare...” gli rispose porgendogli un bicchiere di vino. Damon
la osservò attentamente. Non aveva nulla di particolare
addosso; un semplicissimo vestito nero che le arrivava al ginocchio,
eppure gli sembrò incredibilmente bella. “... sei
una donna che sa come viziarsi Summer...” disse sedendosi. Sul
piatto da portata c'erano delle bracioline di carne al marsala con
svariati contorni, e il vampiro non fece complimenti a servirsi. “Beh
anche tu...sei stato in ammollo nella vasca da bagno per due ore
scolandoti una bottiglia di champagne! Questa, devo rubartela!”
disse allegramente. “Beh visto che tu stai condividendo il
tuo momento intimo con me, potrei fare lo stesso...” sussurrò
con charme. “Mi stai invitando nella tua vasca da bagno?”
chiese con un tono altrettanto seducente. “E' davvero
grande per una persona sola...” “Ummm...beh lo
prenderò in considerazione...” Il vampiro le sorrise
ed assaggiò la carne. “Sei insopportabile...ma devo
ammettere che almeno sai cucinare” La cacciatrice gli diede
un piccolo calcio da sotto la tavola e poi sorrise sorniona.
***
***
Blair
rispose al telefono. “No...non si è ancora fatto
vivo...credi che verrà stanotte?” “Ne sono
abbastanza certo...” disse il suo interlocutore. “Beh...ho
nascosto la siringa di verbena che mi hai dato sotto al cuscino.
Dovrei farcela...” “In ogni caso, mi apposterò
fuori l'ospedale per controllare... Una volta addormentato potrai
farne ciò che vuoi...ma deve restare in vita Blair, voglio
fidarmi...” “Puoi stare tranquillo... Voglio solo
divertirmi un po'...”
***
***
La
cena fu consumata in fretta tra una chiacchiera irriverente e
un'altra. “Bene...abbiamo finito...adesso lasciami in pace!”
disse la cacciatrice versandosi un altro bicchiere di vino. Damon
si alzò porgendole la mano. “Ti ricordo che la serata
comprendeva anche la danza...” Summer ci pensò per
qualche secondo e poi afferrò la sua mano. “Ok...
sarà l'iPod a decidere...” disse avviando la
riproduzione casuale. L'iPod scelse Wishing
On A Star di Rose Royce e, quando Summer capì di che
canzone si trattava, si sentì incredibilmente a disagio
all'idea di ballare un lento con lui. Il vampiro l'attirò
a sé, mettendole una mano sul fianco ed afferrandole la mano
con l'altra. Iniziarono con i passi base di un qualsiasi lento, e
subito tra di loro si creò una strana atmosfera. La fece
volteggiare, per poi cingerle la vita con un braccio per farla aderire nuovamente al suo corpo. Ancora qualche altro passo, e poi le fece
inarcare la schiena per poi farla risalire lentamente ♫A time when
you would be♫ Entrambi si meravigliarono del modo in cui si
intendevano alla perfezione. I loro movimenti si completavano come se
fossero stati stabiliti in precedenza. Entrambi percepirono la magia
di quel momento in cui si sentivano rapiti l'uno dagli occhi
dell'altra. La canzone finì e restarono per qualche secondo
vicini in un corteggiamento di labbra. “Perché non andiamo di sopra? ...”
suggerì Damon con un sibilo di voce. “Perché possiamo restare
qui...” bisbigliò lei, prendendogli la mano. Al vampiro quell'idea
piacque ancora di più, e la guardò come se
stesse già provando piacere. Lei lo fece accomodare sulla
sedia e si sistemò a cavalcioni su di lui con un fare sensuale e
provocatorio. Finalmente le loro labbra si sfiorarono, ed il
vampiro fece scivolare dolcemente le sue mani sulle sue cosce
scoprendole e facendo arricciare sempre di più la stoffa; poi
gli sfilò il vestito accarezzandole le braccia. Le labbra
di Summer scesero sul suo collo, mentre gli accarezzava i capelli con
una mano e lo liberava dalla camicia con l'altra. Quella sera la
loro passione si sarebbe bruciata fuori ad una veranda illuminata
dalla flebile luce delle candele e con della musica lenta a fare da sottofondo ai loro gemiti.
***
***
Damon
si svegliò nel cuore della notte. Si vestì rapidamente,
ma cercando di non fare rumori che potessero svegliare Summer che
dormiva nella stanza affianco. Uscì di casa, e con la super
velocità in un attimo si trovò fuori
l'ospedale. Soggiogò la guardia ed entrò senza
problemi; poi soggiogò anche l'infermiera di turno per farsi
dire il numero della stanza di Blair Lockwood. Entrò a
passo felpato e la vide dormire profondamente. Due dita strette
alla gola per qualche minuto sarebbero state sufficienti per
togliersi di mezzo quell'incredibile seccatura. Le afferrò
il collo con una mano, ed in quell'attimo la donna si
svegliò. “Contenta Blair? Sono venuto a farti
visita..” disse con malvagia ironia, mentre faceva forza contro
il suo collo. La donna cercò di liberarsi; stava
soffocando, ma dopo un attimo di disorientamento prese la siringa di
verbena nascosta sotto al cuscino e cercò di colpirlo. Ma fu
inutile, Damon se ne accorse in tempo e le bloccò il polso con
la mano libera. Blair era quasi al limite; si dimenava ma era
inutile. Era troppo debole in quel momento per contrastarlo; ma, in
quell'attimo, qualcuno venne silenziosamente in suo soccorso. Damon
sentì qualcosa pungergli il collo. E prima che le palpebre si
abbassassero definitivamente riuscì a riconoscere il volto del
suo aggressore. Era Alaric.
Angolino
NaNa Allora,
come potete vedere i toni tra i due sono sempre più calmi e
sciolti e sono presi l'uno dall'altra sempre di più. Non c'è
amore...non ancora...Ce ne vorrà di tempo^^ Per ora Summer è
convinta di potersi spupazzare Damon senza provare nulla e lo stesso
vale per lui...e noi glielo lasceremo credere ancora per un po'. Come
avrete notato dalla fine del capito...ci sarà un po' di
movimento. Perdonatemi, ma per quanto siano carini e necessari questi
momenti Fluff...ho bisogno di un po' d'azione^^ Spero che il
capitolo vi sia piaciuto^^ Come sempre ringrazio in primis chi
recensisce: siete la mia ricompensa per il dolore al sedere che mi
viene a stare seduta a scrivere xD E tutti quelli che seguono^^ Un
bacione...alla prossima
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Capitolo 26 *** Ventiseiesimo Capitolo ***
Nel
2001, in Italia, fu decretata una legge che prevedeva la
chiusura di tutti gli orfanotrofi. La mattina in cui i responsabili
dell'Istituto G. Rinaldi appresero la notizia, fu caratterizzata da
una forte agitazione generale. L'Istituto si occupava di tredici
orfani, e il temine massimo per la chiusura era fissato per la fine
del 2006; ciò significava mobilitarsi per trovare una famiglia
affidataria ad ogni bambino.
Santa
Maria Di Leuca, Italia Aprile 2004
Serena era ritornata il quel fatiscente orfanotrofio nei pressi di
Leuca. Non poteva lamentasi, era stata una sua scelta quella di farsi
odiare dall'ennesima famiglia affidataria al punto di farli tirare
indietro sull'adozione. Aveva fatto bene i suoi calcoli; se lei
fosse stata rimandata indietro, l'istituto sarebbe sopravvissuto fino
al 2006 e lei in quell'anno avrebbe compiuto diciassette anni. Dopo
qualche mese avrebbe compiuto diciotto anni, e nessuno le avrebbe
potuto imporre di appartenere ad una famiglia. Sarebbe finalmente
diventata padrona di sé stessa! Così aveva preferito
rendere la sua convivenza con i Longo un'esperienza invivibile. Erano
brave persone che lei aveva portato all'esasperazione a causa del suo
comportamento ai limiti del bullismo, un po' come aveva fatto anche
con la signora Rizzo, la direttrice dell'orfanotrofio; non era una
donna malvagia, ma Serena riusciva a tirare fuori il peggio di lei.
Finito l'anno di affidamento i coniugi Longo erano andati dalla
direttrice con uno sguardo amareggiato ed imbarazzato, dicendo che
non avrebbero avviato la pratica per l'adozione. La signora Rizzo
non ne fu sorpresa; i Longo erano la quinta famiglia che rifiutava
l'adozione di Serena. La donna ricordò che, in una fresca
mattina di Aprile, l'aveva trovata fuori alla porta dell'Istituto
avvolta in un asciugamano bianco e in fin di vita: era nata da poche
ore. Aveva deciso di chiamarla Serena, perché era una neonata
che piangeva raramente, e quelle rare volte in cui lo faceva era
quasi impossibile accorgersene. Con gli anni, però, quel
nome non aveva rispecchiato l'evolversi del suo carattere; sempre
chiuso, indisponente ed aggressivo. Quando tutti i bambini si
riunivano in cortile a divertirsi come potevano, con dei gessetti
colorati o con un malandato pallone di cuoio, lei preferiva
sgattaiolare fuori per raggiungere Punta Ristola; lo sperone roccioso
più a sud della regione. Restava lì fino al tramonto,
per poi tornare ed entrare, con un'incredibile faccia tosta, per
l'ingresso principale. Era diventata talmente un'abitudine, che la
signora Rizzo col tempo aveva anche smesso di punirla per le sue
fughe. Essere mandata a letto senza cena o essere rinchiusa in uno
sgabuzzino per la ragazza non erano più un castigo: erano
diventate cose di routine.
Serena stava sistemando le sue cose
nell'armadio. In quel grande dormitorio ormai era rimasta da sola,
tutti gli altri bambini avevano trovato una famiglia; e ce n'erano alcuni, quasi più teppisti di lei, su cui nessuno avrebbe mai
scommesso un soldo. Aveva dato qualche colpo di spazzola
ai suoi lunghi capelli castani per poi avviarsi verso l'uscita; ma la
signora Rizzo le si parò davanti. “Dove credi di
andare?” le domandò con voce severa. “Fuori”
rispose la ragazza con la solita impertinenza. “Se credi di
poter fare i tuoi comodi ti sbagli...” La ragazza la snobbò
avanzando qualche passo verso l'uscita. “Fermati ti ho
detto!” urlò con severità. “Altrimenti
cosa?” chiese con calma e con aria di sfida. “Lasciala
perdere...tanto quando l'istituto chiuderà lei finirà
in mezzo alla strada a fare la prostituta... Tanto vale che
cominci già da subito...” intervenne l'odiosa
signora che si occupava della mensa che, da brava pettegola qual'era,
subito era accorsa a vedere la scena. Serena non fu scalfita da
quella volgare affermazione; era ormai abituata alla grossolanità
di quella donna, ed avanzò ancora di qualche passo. “Credi
di poter fare la prepotente anche con me!?” disse la Rizzo
afferrandole il braccio con forza e trascinandola nel dormitorio. La
ragazzina cercò di opporre resistenza, ma la presa della
direttrice era troppo salda per potersi liberare. “Farsi
cacciare dall'ennesima famiglia è stata una mossa davvero
stupida Serena! Perché non intendo più tollerare
niente! Non tollererò più la tua insolenza e
soprattutto non tollererò più le tue fughe! Per mia
sventura sono responsabile di te fino ai tuoi 18 anni e credimi...da
oggi fino a quel giorno ti terrò rinchiusa in questo
dormitorio!” disse a denti stretti trascinandola fin dentro la
stanza, per poi chiuderla a chiave. Il volto di Serena trapelava
una rabbia immensa. Cercò di aprire la finestra, ma subito
notò il lucchetto d'acciaio che la bloccava. Prese un lenzuolo
e lo attorcigliò intorno alla mano per rompere il vetro,
sperando che in questo modo non facesse rumore. Veloce uscì,
sfregiandosi il braccio con del vetro rimasto di lato; poi si diresse
verso il cortile per raggiungere l'uscita secondaria. Corse
più che poteva verso la sua adorata Punta Ristola. Aveva
bisogno di vedere il mare; aveva bisogno di sentire quel senso di
libertà che le dava perdere lo sguardo su qualcosa di così
sconfinato e meraviglioso. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto
dopo... ma tanto la sensazione di rancore verso la vita e di
incertezza sul futuro l'accompagnavano fin da quando aveva
memoria. Arrivò lì, e subito l'odore del mare e la
vista del tramonto la fecero sentire meglio. Serena sentiva un
groppo alla gola; un pianto conservato da quindici anni che non aveva
mai trovato modo di uscire; troppo ostacolato dall'orgoglio e dalla
paura di non riuscire a smettere. “E' un paesaggio davvero
bellissimo...” disse una voce dolce e calda alle sue
spalle. Serena si girò. “...Mi presento, sono
Eleanor” continuò la giovane ragazza dai capelli rossi e
l'aria dolce “Ma puoi chiamarmi Lily”
***
***
Summer
scese giù in cucina per preparare la colazione. Quella
mattina aveva voglia di pancakes con sciroppo d'acero e, mentre li
preparava, pensò che su quello di Damon avrebbe disegnato uno
Smile con i canini, giusto per prenderlo un po' in giro. Passò
più di mezz'ora, e non lo vide arrivare. I pancakes erano
diventati freddi. Decise di andarlo a svegliare, in fondo non
poteva aspettare che si svegliasse da solo; avevano delle case da
visitare! Bussò alla sua camera un paio di volte e, dopo un
minuto, non sentendo alcuna risposta, decise di aprire la porta e di
svegliarlo, magari con una secchiata d'acqua. Spalancò la
porta e subito notò il letto intatto. Di Damon non c'era
traccia. Incuriosita scese nuovamente al piano di sotto. Controllò
in soggiorno, ma non era neanche lì. Pensò che fosse
uscito a fare qualche commissione, anche se il pensiero di lui che
aveva qualcosa da fare non la convinceva. Ritornò in cucina
per fare colazione; di certo non lo avrebbe aspettato un minuto di
più. Dopo un po' arrivò una chiamata di
Lily. “Buongiorno” “Ehi! Come va con la
ricerca? Qualche novità?” “Nessuna...”
disse versandosi del caffè. “Capisco... e con il
vampiro sexy invece?” domandò con la sua vocina
dolce. “Ehh...” Summer non sapeva cosa rispondere. “Ci
sei andata a letto!” esclamò la strega. “Come
diavolo hai fatto?... E' vero che sei una strega, ma non ti ho mai
visto nessuna sfera di cristallo...” “Non ne ho
bisogno... era chiaro che sarebbe andata a finire così! E quel
tuo nanosecondo di esitazione è stato rivelatore! Non puoi
nascondermi nulla Summer...arrenditi e raccontami tutto!” “Siamo
andati a letto insieme...cos'altro c'è da aggiungere? Vuoi che
ti faccia un disegnino e te lo mandi per fax?” “Ci
sono tante cose da sapere....tipo, è successo solo una
volta?” “Svariate...” “Svariate!?
Summer hai intenzione di avere una relazione con quel
tipo!?” “Relazione?! Tsk.. Assolutamente No! Ti faccio
notare che Mystic Falls è una cittadina davvero noiosa...e
...diciamo... che ho trovato qualcosa di divertente da fare!”
“Diciamo pure 'da farti'!...” continuò la
strega ridendo
***
***
Santa
Maria di Leuca, Italia Aprile 2004
Serena
non rispose. La snobbò e si avviò verso la sua
non-meta. Continuò a camminare lungo la costa raccogliendo
di tanto in tanto qualche rametto di legno. Quando il sole fu
sostituito dalla luna, l'aria si fece fredda. Serena raggiunse un
tratto di spiaggia sabbioso, e, con i pezzi di legno che aveva
trovato, cercò di accendere un fuoco. Aveva un accendino nella
tasca destra del jeans. Dai Longo aveva coniato un nuovo gioco,
accendere dei piccoli pezzi di carta arrotolati per poi lanciarli sui
mobili. Puntualmente la signora Longo le sequestrava l'accendino, e
altrettanto puntualmente lei andava a fregarselo dal tabaccaio di
turno per ricominciare. Quella sera l'accendino non voleva
funzionare. Se esiste il Karma, in quel momento le stava presentando
il conto. Quello stupido affare emetteva delle stupide ed inutili
scintille, e dopo svariati tentativi, con un gesto di rabbia lo
lanciò a mare. Scoraggiata si sedette sulla sabbia con le
gambe portate al petto ed il mento tra le ginocchia. L'aria fredda le
aveva gelato la pelle delle braccia lasciate scoperte dalla maglietta
a mezze maniche, e solo in quel momento Serena si accorse di avere
del sangue secco sul braccio destro. “Se vuoi posso aiutarti
io...” Serena riconobbe alle sue spalle la voce di quella
ragazza. Si girò verso di lei, ed in quell'istante il
mucchietto di legno prese fuoco facendo una fiamma così alta e
viva da spaventarla. “Come hai fatto?!” “Con
la magia...” disse la ragazza sedendosi accanto a lei. “Sì,
certo...vai a raccontare queste cretinate alle fattucchiere del
paese...loro di sicuro ti crederebbero!” la ragazzina si alzò
e la guardò con scetticismo, non capì quale fosse stato
il trucco dietro quella fiamma, ma di sicuro c'era una spiegazione
più logica. “Hai mai pensato che la vita che stai
vivendo sia totalmente sbagliata...che nel bene o nel male, non sia
quella giusta...?!” “Credo che tutti pensino questa
cosa...” Serena si arrestò, credeva davvero che quelle
parole fossero semplice senso comune, ma qualcosa in quella frase le
risuonò dannatamente giusto. Serena passava la sua vita con
la sensazione di trovarsi sul treno sbagliato. “C'è
una nuova vita che ti sta aspettando...non è una vita
facile...e bella o brutta...questo dipenderà da te...ma almeno
è la tua, è quella giusta!” disse con l'amarezza
di chi si era già trovato a vivere quel genere di
esperienza. “Oh mio Dio no... non dirmi che sei una
'chiesarola' che vuole cercare di portarmi in comunità o cose
simili. Senti...rispetto le tue scelte...ma hai decisamente sbagliato
soggetto!” disse allontanandosi di qualche passo. “Fermati...”
pronunciò con calma. Serena si accorse di non riuscire più
a muovere il suo corpo, era intrappolata in sé stessa. “Cosa
mi hai fatto? Perché non riesco a muovermi!” esclamò
spaventata. Lily le si avvicinò e con dolcezza passò
la mano sulla sua ferita; subito il sangue ed il graffio
scomparvero. “Ok..Ok...ti credo! Sai usare la magia! Ma
liberami... ti prego!” Cercò di muoversi con tutte
le sue forze, e quando l'incantesimo fu spezzato perse l'equilibrio
cadendo a terra. Indietreggiò strusciando
all'indietro. “Cosa vuoi farmi?!” le chiese con voce
tremante. “Di certo non è mia intenzione farti del
male, puoi stare tranquilla...” rivelò con voce dolce,
accovacciandosi di fronte a lei. Serena non le credeva. “Hai
fame?...C'è un ristorante da queste parti?” La
ragazzina annuì. Si avviarono verso il centro di Leuca in
silenzio, camminando fianco a fianco. Quando Serena si accorse che
Lily si era distratta a guardare il mare, subito ne approfittò
per correre lontano, ma in un attimo la strega le si parò
davanti. “Non puoi scappare...ma te lo ripeto Serena...non
ti farò del male...puoi stare tranquilla...”
***
***
Summer
aveva provato a chiamarlo sul cellulare almeno una decina di volte,
ma quello di Damon non aveva campo. Si era fatto davvero tardi, e
la sua rabbia aveva superato l'atmosfera raggiungendo le più
lontane costellazioni. Se aveva intenzione di oziare quel giorno,
avrebbe potuto tranquillamente avvisarla, ma sparire in quel modo era
stato davvero un gesto da cafone! Il pensiero di dover riprendere
quella stupida aspirapolvere l'avviliva immensamente, e, pur di
trovare una giustificazione per disertare il lavoro, decise di andare
a cercarlo. Una palettata, quel giorno, non gliel'avrebbe tolta
nessuno!
***
***
Boston,
Massachusetts Aprile 2004
L'aereo
stava per atterrare; Serena capì perfettamente la frase
pronunciata dall'hostess. Lily le aveva fatto un incantesimo, la
lingua non sarebbe stata un problema. Le parole della ragazza,
piano la convinsero. Le parlò dei vampiri, della magia e del
ruolo di cacciatrice che presto avrebbe ricoperto. Lentamente Serena
se n'era convinta; più che altro perché era meglio
credere a quelle assurdità che alla realtà. Ora
guardava quella grande metropoli dal finestrino del taxi, tutto era
incredibilmente grande e caotico, ma ciò che la colpì
maggiormente fu l'aria irrespirabile e la luce del sole che aveva
qualcosa di diverso. Non aveva nessun bagaglio con sé. I
vestiti che indossava gliel'aveva dati Lily. Non aveva nulla di
materiale a cui tenere particolarmente, nessuno da salutare, e
neanche un ricordo felice a cui aggrapparsi. Forse per questo era
stato così facile per lei accettare tutti quei
cambiamenti. Prima di partire Lily le aveva fatto fare delle foto
tessera. Con la magia l'aveva unite a dei documenti che già
aveva preparato per lei. “Ho scelto Summer Reed, ma una
volta arrivate a Boston potremo farne altri con il nome che vorrai
ovviamente...” le aveva detto con la solita dolcezza. “Va
bene questo...” a Serena non importava, un nome valeva un
altro, e quello non suonava neanche tanto male.
Angolino
di NaNa Ma
quanto è cattiva la vostra NaNa xD ?! Avrete letto il
capitolo...curiose di sapere che fine ha fatto Damon...ed invece eccovi
una palla di capitolo in cui non c'è traccia del vampiro xD
Hihihiihihihiihihi ( <----risata diabolica) Allora voglio
precisare che il passato di Summer l'ho ambientato a Leuca, ma io non
ci sono mai stata, e non sono neanche pugliese, quindi perdonate la
mancanza anche del minimo sindacale di descrizioni xD Per me è
importante che Summer sia europea... Una cosa che non sopporto dei
telefilm e che si verificano delle coincidenze assurde che si
potrebbero motivare con un minimo di fantasia ed invece ...niente.
Pensiamo a TVD...Katherine si reca alla pensione dei Salvatore e
Mystic Falls...150 anni dopo, la doppelgenger nasce proprio lì.
Woooooow!!! ...Vabbè vi avviso che anche in questa fic, ci
sarà una coincidenza ASSURDA...che vi farà rimanere
così O.O quindi per pararmi il sedere non sarò aspra
più di tanto su questa cosa e la smetto qui!!!xD Non so se
questa cosa vi sia piaciuta...come nel caso dei diari ho paura di
aver fatto una scelta che può portare a perdere interesse per
la fic, perchè magari la rende pesante. Ma se c'è una
cosa che mi caratterizza è che sono “la ragazza delle
scelte impopolari” xD Quindi vado sempre per la mia
strada...tanto nella peggiore delle ipotesi, comunque resterà
Nanyvale perché ormai si è affezionata a me e non vuole
farmi piangere...vero? *.* Voglio precisare,però, che il fatto che Summer sia nata in Italia...non vuol dire che sia italiana xD Non dimenticate che è stata trovata fuori ad un orfanotrofio^^...le sorprese non mancheranno^^ Ringrazio chi è arrivato fin
qui...rassicurandovi che nel prossimo capitolo si scoprirà che
fine ha fatto il nostro bel vampiro xD Un bacione...alla prossima
^.-
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Capitolo 27 *** Ventisettesimo Capitolo ***
Damon
stava finalmente riprendendo conoscenza. Quando la vista si fece
meno offuscata, capì di trovarsi nella prigione dei Lockwood.
Alaric gli aveva tirato un brutto scherzo! I polsi e le
caviglie erano bloccate dalle catene fissate al muro. Se non riusciva
a liberarsi Tyler trasformato in lupo, lui non aveva alcuna
chance. “Ben svegliato...” disse Blair
avvicinandosi. “Tsk...E' stato un grosso errore quello di
non fare il tuo corpo in mille pezzi...” disse a denti
stretti. I passi di Blair risuonavano in quel tetro posto rendendo
l'atomsfera ancora più inquietante. “Beh...hai perso
la tua occasione...e se permetti, questa è la mia...”
sussurrò con perfidia prima di infilzargli un paletto
nell'addome.
***
***
Quella
mattina Alaric era distratto. Aveva preferito organizzare la
lezione in modo che i ragazzi facessero dei quiz sul libro. Lui
guardava fuori dalla finestra visibilmente pensieroso. Non sapeva se
poteva fidarsi di Blair.
***
***
Summer
era andata al Grill e poi ancora in giro per tutta Mystic Falls, ma
di Damon non c'era traccia. Provò ancora a chiamarlo sul
cellulare, ma la situazione non era cambiata. Iniziava ad essere
preoccupata: non che le importasse di lui... Damon era semplicemente
utile ai fini della sua missione, pensò. Il pomeriggio
sarebbe andata a domandare ad Elena, forse l'avrebbe trovato lì.
***
***
Blair
gli afferrò i capelli per portare la sua testa all'indietro,
poi con cattiveria gli versò della verbena sul volto. Gli
occhi del vampiro fumarono ed urlò dal dolore. Blair, in un
angolo, aveva posizionato un cumulo di pezzetti di legno della forma
e della dimensione di una matita. Ne prese una decina e iniziò
a conficcarli nelle braccia e sul petto del vampiro. “Stronza di una
megera!” imprecò in preda al dolore. Blair aveva
un'espressione soddisfatta sul volto, e, mentre si divertiva a
torturarlo, ricevette la visita di Alaric. “Allora ti stai
divertendo?” le chiese guardando Damon con derisione. In
realtà, però, era andato lì per controllare che
la donna rispettasse la sua parola. Voleva solo vendicarsi; voleva
che imparasse la lezione, ma non voleva di certo ucciderlo. “Tu...non
credere che la passerai liscia!” disse il vampiro a denti
stretti. “E cosa farai Damon? Mi ucciderai? … Perchè
mi è sembrato che per quel genere di reazione bastasse molto
meno...” Il vampiro lo guardò con aria omicida. Ok,
se doveva soffrire, almeno non doveva essere il solo! “Di un
po' Blair...quando siete diventati amici del cuore, Alaric ti ha per
caso raccontato di come ci siamo sbarazzati del cadavere di Mason?”
rivelò con lo scopo di condividere quelle 'piacevoli'
sensazioni. “Non sei altro che un idiota...” bisbigliò
Alaric. Così, li avrebbe fatti uccidere
entrambi! “Cosa?...Mason...Siete stati voi?” mormorò
Blair sotto shock. Il suo fratellino era morto: morto per mano di quei due! Il dolore le fece mancare il respiro. “Non è così che è
andata Blair...” cercò di giustificarsi l'umano. Lo
sguardo della donna, dopo quel momento di intenso smarrimento, diventò furioso. Con rapidità si avvicinò
a lui; gli diede una spinta che lo scaraventò con violenza
sulle rocce, e subito perse conoscenza. Non aveva avuto la forza per
fronteggiare Damon, ma di certo non era un problema prendersela con
un umano. Si avvicinò e si accertò che fosse ancora
in vita. Il tutto sotto lo sguardo di Damon, che iniziava a
pentirsi di essersi lasciato accecare dalla rabbia. Blair lo
trascinò accanto a lui incatenandolo a sua volta. “Vi
torturerò con atroce lentezza fino a farvi morire...”
sussurrò. Damon doveva pensare alla svelta ad un piano.
***
***
“Come,
"è sparita"?” disse Carol che aveva da poco risposto al
telefono di casa. In quel momento, Blair entrò nel
salotto. “Ah...Grazie a Dio è qui! Sì, certo,
passerò oggi pomeriggio per firmare le pratiche di dimissione. Buonagiornata”
disse vedendola e rincuorandosi. “Come ti è
saltato in mente di lasciare l'ospedale in quel modo!?” la
rimproverò subito dopo, avvicinandosi. “"Mi stavo annoiando...”
asserì Blair, con la solita aria snob. “Sai che è
pericoloso stare qui...” “Lo so, lo so, dammi solo qualche
giorno per riprendermi, e poi me ne andrò... non temere!”
disse con enfasi e noia. Le seriviva giusto il tempo per torturare
e per sbarazzarsi di quei due.
***
***
Summer
bussò alla porta di Elena e la ragazza aprì poco
dopo. “Summer...cosa ci fai qui?” “Di un po'
Elena...Damon è qui con te?” “No...non l'ho visto
oggi. E' successo qualcosa?” “Non ne ho idea...è
da ieri sera che non lo vedo... stamattina sono entrata in camera sua, ed il letto era
intatto. Per di più il suo telefono non prende...hai idea di
dove possa essere?” continuò. Elena scosse
leggermente il capo in segno di negazione visibilmente preoccupata,
poi le sorse un terribile dubbio. “Aspetta...vieni con me!”
disse avviandosi nell'ultimo luogo dove sperava che fosse.
***
***
Blair
si era data qualche attimo da sola nella sua stanza. Si asciugò
le lacrime e con uno sguardo determinato si avviò verso il
comò. In quel cassetto, aveva nascosto alte fiale di verbena e
paletti. Li infilò in borsa ed uscì. “Vado a
rimettermi in sesto con un po' di sano shopping” urlò
per farsi sentire da Carol.
***
***
Boston,
Aprile 2004
Lily e Summer erano arrivate fuori alla dimora del
signor Harris, il suo futuro osservatore. Una graziosa villetta a
due piani circondata da un giardino molto curato. Lily bussò
al campanello e, poco dopo, un signore sulla quarantina, dal volto
dolce e leggermente increspato da una barba curata, aprì. Lui
e Summer si osservarono con attenzione. Summer venne colpita dagli
occhi castani che trasmettevano dolcezza, ed in generale dalla sua
aria bonacciona. Il signor Harris venne particolarmente colpito
dall'aria corrugata della ragazza e dai suoi occhi grandi ed
espressivi. “Entrate...” disse subito, spostandosi per
lasciare spazio. “Dove sono le valige?...” domandò
con gentilezza per aiutarle. “Non ce ne sono...”
rispose Lily “Dopo andremo a fare shopping” disse
sorridendole dolcemente. “Ah, ok...” il signor Harris
era sempre più incuriosito da quella ragazzina. “Io
sono Philip Harris, sarò il tuo osservatore...credo che Lily
ti abbia già spiegato molte cose...il resto le scoprirai col
tempo” disse porgendole la mano. La voce di quell'uomo era
profonda e trasmetteva una sensazione di calore, ma Summer se ne
sentì intimorita. La ragazzina gli strinse la mano “Summer
Reed” rispose, facendogli capire di non voler avere più
nulla a che fare con il suo passato. “Vieni...ti mostro la
tua stanza...” continuò facendola salire al piano di
sopra. Summer si guardò intorno, ogni cosa in quella casa era
rifinita con gusto, e la grande quantità di piante da interno
la ravvivavano immensamente.
***
***
Elena
bussò alla porta di casa Lockwood. “Aspetta un
attimo...tu e Damon...avete dormito insieme?” domandò
alla cacciatrice, mentre aspettava che Carol aprisse. Come aveva fatto a non pensarci subito? “Beh..sì, facciamo sesso, se è questo quello che mi stai domandando. Per il resto, dormo nella stanza affianco! Tengo a precisarlo!” rivelò con tranquillità. E poi, in quel modo, cercò anche di farle capire che il loro strano rapporto non significava nulla. Elena accusò il colpo, un'altra cosa
che scopriva per bocca di Summer e non di Damon: l'aveva invitata a
stare da lui. Non sapeva cosa provare a riguardo, ma non sopportava l'idea che il vampiro le avesse nuovamente omesso qualcosa. Voleva chiederle qualcos'altro, ma, in quel momento, la signora Lockwood
aprì la porta. “Elena...dimmi...” disse
garbatamente. “Signora Lockwood...Damon è
scomparso...” Carol guardò per qualche secondo
Summer. “Lei sa tutto...si senta libera di parlare...”
continuò la ragazza. “Blair è uscita
dall'ospedale...dovrei preoccupami? Dovremmo cercarla? Pensi che
Damon voglia farle qualcosa?” “Ho paura del
contrario...” ammise Elena con agitazione. “Elena...non
dire assurdità... “ poi osservò meglio il volto
preoccupato della ragazza. “Pensi davvero che Blair abbia
architettato qualcosa?” “Non lo so, ma penso che
dovremmo mettere in conto una sua possibile vendetta...” Carol
ci pensò bene; in effetti la parola vendetta suonava bene
accanto al nome di Blair. “Non so che dirti Elena...cosa
dovremmo fare?” “... Ha idea di un luogo dove
potrebbe averlo portato?” “Mi viene in mente solo la
vecchia prigione nel bosco...” “Giusto, allora se
permette andremo a controllare lì...” “Aspettate
vengo con voi...” Carol si allontanò un momento per
prendere la sua borsa. “Di un po', cos'ha combinato Damon?”
chiese Summer bisbigliando. “Ha ….cercato di uccidere
la cognata di questa donna...” “Ummm...” Summer
non sembrava per niente sorpresa.
***
***
Alaric
si era svegliato, e subito constatò di essere stato
incatenato. “Sei un idiota Damon...” mormorò
con voce corrotta dal dolore; si accorse di star perdendo sangue
dalla fronte. “Bella faccia tosta che hai? Almeno io non ti
ho condannato a morte alle spalle...” “Nessuno dei
due sarebbe morto se ti fossi chiuso quella dannata bocca!”
urlò stizzito. “E' cosa avresti fatto? Saresti venuto
a salvarmi al galoppo di un cavallo bianco?” “Non
avrei lasciato che ti uccidesse! Volevo solo fartela pagare...”
disse toccandosi la testa ed emettendo in seguito un gemito di
dolore. Un piccolo granello di senso di colpa aleggiò nella
coscienza di Damon. “Ne usciremo...” disse il vampiro
alzandosi. “Ne dubito...” replicò Blair
avvicinandosi. Diede una ginocchiata al vampiro che lo fece
stendere nuovamente a terra, poi prese la fialette di verbena e
gliela versò addosso con sadica lentezza. “Non ne
uscirete vivi da questa prigione...” asserì
diabolicamente, tra le urla del vampiro. Finita la fialetta si
avvicinò ad Alaric. “Non credere che mi sia
dimenticata di te...” gli diede un potente calcio nelle costole
che lo spostò della lunghezza che gli permettevano le catene.
***
***
Boston,
Aprile 2004
Lily
bussò nuovamente al campanello del signor Harris; lei e Summer
erano stracolme di borse, avevano passato il pomeriggio a fare
shopping, ed era ormai diventato buio. “Ah...siete
tornate!...giusto in tempo per la cena!” disse
allegramente. “Venite...” continuò e le fece
subito accomodare fuori la veranda. Fuori era tutto illuminato da
delle piccole lanterne, e la tavola era imbandita di piatti da
portata fin nei minimi angoli. “Questa da oggi è casa
tua...quindi... non fare complimenti e accomodati” le aveva
detto con la solita gentilezza, spostandole la sedia. Durante la
cena Lily raccontò al signor Harris del viaggio e di come
avesse convinto Summer a partire con lei. La ragazza invece stette in
silenzio per tutto il tempo. A fine cena il signor Harris si alzò
e si diresse in cucina. Al suo ritorno teneva tra le mani una torta
di compleanno. La poggiò sul tavolo ed accese le candeline.
“Oggi è il tuo compleanno...dovresti esprimere un
desiderio” le suggerì con voce dolce. Summer guardò
per un attimo quella torta e si sentì disturbata. In quel
momento odiò la gentilezza di quell'uomo, odiò Lily,
odiò ogni cosa, e senza spegnere le candeline o dire altro se
ne andò nella sua stanza. Chiuse la porta alle sue spalle e
si lasciò scivolare a terra.
***
***
Le
tre raggiunsero la prigione dei Lockwood, e mentre si avvicinavano,
si facevano sempre più chiare e sonore le urla di Damon. “Oh
mio Dio Elena...avevi ragione...” asserì Carol
preoccupata. Summer con la super velocità decise di
oltrepassarle. Quando entrò in quelle segrete, vide una
donna che gli stava conficcando un paletto nella spalla. Subito la
scaraventò lontano con una potentissima spinta. Liberò
Damon dalle catene, ed in quell'attimo anche Carol ed Elena
arrivavano. Elena subito notò la presenza di Rick e andò
in suo aiuto. Carol, invece, corse vicino a Blair, che si stava
alzando con difficoltà. “Questa donna è stata
anche più sadica di te...” ammise quasi scherzosamente e
sfinito dal dolore. “Lo vedo...” rispose dolcemente,
mentre lo aiutava a liberarsi. “Cosa ti è saltato in
mente Blair?” la rimproverò Carol. “Hanno
ucciso Mason...devono pagare!” disse minacciosa, ma Carol cercò
di bloccare il suo intento di riavvicinarsi al vampiro. Appena
Damon fu libero dalle catene si parò di fronte a lei. Con una
spinta si liberò di Carol, e poi, in un attimo troppo breve
per essere messo a fuoco, spezzò il collo a Blair, che cadde
esanime ai suoi piedi. “Damon no!” urlarono sia Alaric
che Elena. Fu una scena rapida e brutale, e subito dopo Damon si
guardò intorno come per assorbire quel dissenso. Carol era
sotto shock, non poteva credere di aver assistito ad una scena
simile. Summer non seppe cosa provare a riguardo; ma era un vampiro
che era stato torturato...non si poteva aspettare nient'altro! Damon
si avviò barcollando verso l'uscita e Summer lo seguì.
***
***
Boston,
Aprile 2004
Poco
dopo, Summer, stesa sul letto, sentì la voce del signor Harris
che con la chitarra cantava una canzone. Non la conosceva, e solo
parecchio tempo dopo avrebbe saputo che si trattava di una canzone di
Springsteen. La sua voce era dolce sulle note basse e leggermente
stonata su quelle alte, ma soprattutto aveva qualcosa che ti entrava
dentro. Summer si sentiva arrabbiata e infastidita, ma, anche se
non era felice, in quella città, in quella casa, in quella
stanza e su quel letto, sentì di trovarsi al posto giusto, al
momento giusto.
***
***
Summer
e Damon entrarono in casa. “Va a sederti sul divano...ti
porto del sangue” disse premurosamente, vedendo che il vampiro
aveva delle difficoltà a reggersi in piedi. Damon
annuì. Poco dopo Summer arrivò con il sangue. Il
vampiro lo bevve tutto d'un sorso, e subito tutte le sue ferite si
rimarginarono. “Ho decisamente bisogno di un bagno...”
disse alzandosi. Summer annuì e lo vide allontanarsi. Damon
aveva portato una donna a torturarlo, ed anche lei l'aveva fatto
neanche una settimana prima; Damon era proprio come la vecchia lei,
tirava fuori il peggio delle persone, pensò. Summer era
cambiata grazie al signor Harris, un uomo che per quattro anni era
stato la famiglia che non aveva mai avuto e le aveva donato un amore
immenso che lei non aveva mai sentito di meritare. Forse anche
per Damon sarebbe successo lo stesso, forse un giorno sarebbe stato
proprio l'amore di Elena a cambiarlo, pensò.
***
***
Qualche
ora dopo Summer sentì bussare alla porta e, pensando che il
vampiro stesse ancora in ammollo nella vasca, andò ad
aprire. “Ehi” disse Elena non appena la cacciatrice le
aprì. “Damon è andato a farsi un bagno...ma
credo che abbia finito, sono passate quasi due ore!” disse
facendola entrare. “Da quanti giorni stai qui?” le
chiese con una curiosità che lei stessa non si spiegava. “Un
paio...anche se sembrano molti di più” rispose con tono
scherzoso. Elena sorrise. “Vado a vedere se ha finito...”
disse la ragazza avviandosi.
Elena bussò alla porta
della sua stanza. “Entra...” disse il vampiro che, in
quel momento, si stava abbottonando la camicia. “Sei tu...”
aggiunse, quando vide che si trattava di Elena. “Come ti
senti?” “Incazzato come uno che è stato
torturato per ore!” “Alaric mi ha raccontato
tutto...” “Beh...Come hai potuto constatare le tue
informazioni non sono state... attendibili...” disse con voce
dura. “Damon sei andato in ospedale in piena notte per
ucciderla?! Cosa ti aspettavi?!” chiese con voce
alta. “Certamente non mi aspettavo di trovare Alaric pronto
a pugnalarmi alle spalle!” “Non sarebbe successo se
non fossi andato lì...niente di tutto questo sarebbe
successo...” “Sai Elena...è stata una giornata
davvero pesante...perdonami se non ho voglia di sentire la tua
predica!” “Perché mi fai questo Damon...perché
continui a mentirmi e ad agire alle mie spalle... credevo... che la
mia amicizia fosse importante per te!” Damon si sentì
investito da quelle parole. Non sopportava di vederla così
adirata nei suoi confronti, ma lei, come sempre, non faceva altro che
giudicarlo. Avrebbe dovuto dirle che per lui non era importante la
sua amicizia: era importante ogni cosa di lei, perché l'amava,
anche adesso che lo guardava con occhi pieni di rancore. Ma, per
orgoglio o per rabbia, non uscì nulla di tutto questo. “Hai
finito?” le chiese con freddezza. Elena fece una smorfia con
la bocca. “Si...” sussurrò andandosene.
***
***
Quella
sera, Damon restò nella sua camera. Non aveva voglia di cenare
con Summer... voleva stare per conto suo a commiserarsi di quanto
fosse snervante essere il fratello cattivo. Poi sentì il
suono di una chitarra, e poco dopo la voce di Summer che
cantava. Come aveva immaginato, era davvero intonata.
Behind
Blue Eyes/Cover
♫No
one knows what it's like To be the bad man To be the sad
man Behind blue eye No one knows what it's like To be
hated To be fated To telling only lies♫
“Nessuno
sa come ci si sente Ad essere l'uomo cattivo Ad essere l'uomo
triste Dietro gli occhi azzurri. E nessuno sa Come ci si
sente ad essere odiato Ad essere accusato di dire solo bugie“
Un
sorriso stranito si dipinse sul volto del vampiro. Cos'era uno
scherzo? Voleva prenderlo in giro? Farlo innervosire? Pensò
ascoltando le parole. Ma poi annientò subito quel pensiero stupido: Summer cosa poteva mai saperne di lui? Con suo grande stupore si accorse di non
provare fastidio, anzi: la voce di Summer era calda... ed aveva
qualcosa di avvolgente, qualcosa che sembrava entrargli nel sangue.
♫
But my dreams They aren't as empty As my conscience seems to
be I have hours, only lonely My love is vengeance That's
never free ♫
“Ma
i miei sogni non sono così vuoti Come sembra essere la mia
coscienza. Ho ore, in totale solitudine Il mio amore è
una vendetta Che non è mai libera.“
Summer, come ogni volta in cui si ritrovava a pensare alla sua adolescenza e in particolare al signor Harris, si mise a suonare la chitarra.
Non aveva mai imparato a farlo bene, perché il tempo non gliel'aveva mai concesso; e sapeva suonare poche canzoni: quelle che più le piacevano. Mentre cantava, pensava che Damon, di lì a poco, sarebbe entrato dalla porta dicendole di smetterla con quello schiamazzo, e lei avrebbe dovuto fare di tutto per non arrabbiarsi, per non dargli l'ennesima palettata della giornata.
♫ No one knows what it's like To feel
these feelings Like I do And I blame you
No one bites
back as hard On their anger None of my pain and woe Can show
through♫
“Nessuno
sa come ci si sente A provare questi sentimenti Come faccio
io, e me la prendo con te
Nessuno si trattiene così
tanto dalla sua rabbia. Nessun mio dolore né
disgrazia Può trasparire”
♫
No one knows what its like To be mistreated, to be defeated Behind
blue eyes No one knows how to say That they're sorry and don't
worry I'm not telling lies
But my dreams they aren't as
empty As my conscious seems to be I have hours, only lonely My
love is vengeance That's never free♫
“Nessuno
sa come ci si sente Ad essere maltrattato, ad essere
sconfitto Dietro gli occhi azzurri. Nessuno sa come dire che
è dispiaciuto e non ti preoccupare, non dico bugie.
Ma
i miei sogni non sono così vuoti Come sembra essere la mia
coscienza. Ho ore, in totale solitudine Il mio amore è
una vendetta Che non è mai libera”
Damon
bussò alla camera di Summer. “Entra pure...”
lei aspettò che entrasse e poi continuò “Se sei venuto a
dirmi che ti sto dando fastidio...non temere la smetto subito...”
cercò di anticiparlo per non arrabbiarsi, poi poggiò
la chitarra a terra. Damon la vide seduta sul davanzale della
finestra e si avvicinò a lei. “No...non mi dai
fastidio...” “Allora, cosa c'è?” chiese
lei. Damon aveva uno sguardo strano. “Volevo dirti che... ho
apprezzato il fatto che tu sia venuta a darmi una mano...”
disse con difficoltà e titubanza, appoggiandosi con il fondo
schiena al davanzale. Summer sorrise: Damon aveva uno strano modo per dire 'grazie'. “E' stata Elena a trovarti...è solo
lei che devi ringraziare...“ rivelò con voce
dolce. Anche se si vergognava di sé stessa, aveva sentito
ogni cosa della sua precedente conversazione con Elena. Damon annuì con lo sguardo perso nel
vuoto. “...Sai...penso che se non l'avessi fatto tu l'avrei
fatto io...” aggiunse lei. “Cosa?!”
“Uccidere quella donna!...solo io posso divertirmi a
torturati!” disse allegramente, cercando di tirargli su il
morale. Damon
sorrise. “Te lo ripeto...è stata anche più
sadica di te... e per una cacciatrice...essere superata in cattiveria
da un licantropo...beh...credo che sia una vera e propria vergogna! Dovresti sentirti imbarazzata!” disse, schernendola teneramente. “Era
un licantropo?” la cosa le sembrò moralmente più accettabile: licantropi e vampiri che si facevano la guerra era all'ordine del giorno. “Sì...” Damon notò una
strana espressione sul volto di Summer, un misto di dolcezza ed
orgoglio, e proprio non riusciva a spiegarsela. “Non
guardarmi in quel modo...non mi sarei fatto problemi ad ucciderla
neanche se fosse stata un'umana...” disse con freddezza,
infastidito da quello sguardo. “Puoi sforzarti quanto vuoi
Damon...ma non riesco a vederti come un mostro...non ci riesco
proprio...” disse con voce sempre più bassa,
accorgendosi di starsi avvicinando alle sue labbra. Damon era
entrato in quella stanza con l'intento di distrarsi da quei pensieri
che gli facevano male, ma quando avvicinò le labbra a quelle
di Summer, per un attimo, realizzò di volerla baciare, non
perché fosse la sua distrazione...ma perché era lei.
Angolino
di NaNa*** Allora...da
una parte ho fatto la cattiva nel capitolo precendente mettendo il
nostro vampirino da parte, ma d'altra parte ho fatto la brava
aggiornando alla velocità della luce^^ Allora...perché
il capitolo precedente? Perchè per me è importante
cercare, nei miei limiti, di far capire perché i personaggi
fanno quello che fanno.
Per
quanto riguarda questo capitolo, invece, spero vi sia piaciuto^^ Ps:
la canzone è Behind blue eyes nella versione dei Limp Biskit,
ma, per dare meglio l'idea, il link porta ad una cover cantata da una
ragazza con la chitarra^^ Un bacione...alla prossima!!!
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Capitolo 28 *** Ventottesimo Capitolo ***
Klaus,
immobile davanti alla finestra, fissava quel ciondolo a forma di
cuore con un'espressione di furia passiva. Conosceva la vampira fin troppo bene per potersi illudere, anche per un solo istante, che non ci fosse un incantesimo di protezione dalle localizzazioni sul quel dannato ciondolo. Erano trascorsi dieci
giorni, e i suoi uomini sparsi per il mondo non l' avevano ancora
trovata, ma, in fondo, in cinquecento anni, la vampira
aveva intelligentemente perfezionato e raffinato la sua 'arte della fuga'; di certo
non poteva aspettarsi nulla di diverso. Pensò che di questo
passo non l'avrebbe mai trovata: poteva essere ovunque. L'unico modo
per contattarla era far sì che fosse lei stessa a volerlo
incontrare. Ma in che modo? Klaus non aveva nulla per far presa su
di lei; Katherine era una vampira che amava solo se stessa. E
fu mentre pensava a questa verità che un ricordo riaffiorò con
nitidezza nella sua mente.
Inghilterra 1492
“Dov'è
il mio adorato agnello sacrificale?” domandò Klaus ad
Elijah, che se ne stava seduto su una poltrona a leggere un
libro. “L'ho vista nei giardini... passeggiava con Travor”
disse cercando di mostrare un certo distacco. “Ahhh...quella
Katerina! E' proprio una donna che fa strage di cuori...non trovate
fratello?” disse con una sottile furbizia, ricordandosi del
dono che il fratello le aveva fatto solo qualche giorno prima. “E'
un'umana di notevole bellezza...ma...è pur sempre un'umana...”
rispose con ancora più distacco. Intanto Klaus li osservava
dalla finestra e con il suo udito finissimo ascoltò il loro
discorso. “Non capisco proprio cosa amiate di me Travor... a
palazzo ci sono dame molto più belle...” sussurrò
con i suoi modi civettuoli. “Nessuna dama è più
bella di voi Katherine...” Travor le accarezzò il volto
“La vostra pelle...è luminosa come una perla...”
poi prese tra le dita una ciocca dei suoi capelli “I vostri
capelli...sono seta pregiata...e i vostri occhi...sono il ritratto
della dolcezza...” Katherine sorrise timidamente. “Voi
mi adulate troppo...” rispose con finta timidezza. “Non
mi sembrerà mai abbastanza...” ribadì
lui.
Klaus sorrise diabolicamente. A Katherine importava
solo di sé stessa, e lui avrebbe fatto leva proprio sull'unica
cosa in grado di smuoverla...la sua vanità. Raggiunse
Stefan nel salotto e gli sorrise. “Si ritorna a Chicago
amico mio!” gli disse con entusiasmo. Stefan era
preoccupato; forse Klaus aveva trovato un modo per riavere il suo
Grimorio.
***
***
Dopo
quell'ennesimo momento di passione, il vampiro, ancora ansante, si
sdraiò di lato alla cacciatrice mettendosi a pancia sotto;
sentiva la palpebre farsi sempre più pesanti, aveva avuto una
giornata davvero intensa. Summer si mise sul fianco di fronte a
lui e, senza pensarci più di tanto, iniziò ad
accarezzargli i capelli tra la nuca ed il collo. Il vampiro si
godette quelle carezze rilassandosi ancora di più, ma poi ebbe
la malaugurata idea di parlare. “Dovevo essere brutalmente
torturato per meritare due coccole?” disse assonnato. Il
quel momento, Summer realizzò ciò che stava facendo, e
si sentì subito a disagio. “Sì! E adesso
sparisci!” gli diede una spinta che lo fece roteare, mettendolo supino. “Sei sempre la solita scorbutica” farfugliò
alzandosi e dirigendosi verso la porta completamente nudo.
***
***
Boston,
Aprile 2004
Il signor Harris insegnava 'storia del vecchio
continente' al Boston College. Non era raro che gli osservatori
fossero anche degli insegnanti, e per lui essere un professore era
più un piacevole hobby che un lavoro. Qualche giorno prima
dell'arrivo di Summer, aveva sentito vociferare i ragazzi su delle
strane sparizioni avvenute nei dormitori. Erano scomparse ben tre
ragazze in soli due mesi. Così il signor Harris iniziò
con i pattugliamenti della zona. In secoli di caccia, le streghe
avevano escogitato mille modi per localizzare i vampiri, ma erano
tutti alquanto artificiosi e poco pratici. La rivoluzione arrivò
con una strega che non aveva nulla a che fare con la Triade; Emily
Bennet, nel 1860, mise a punto una bussola il grado di localizzarli.
Fece credere a tutti, soprattutto alla vampira che serviva, Katherine
Pierce, che fosse un'invenzione di un cittadino del luogo, ma le
streghe capirono subito che si trattava di una sua creazione;
era stato un modo per far capire alle sue colleghe di non averle
tradite. In poco tempo, la bussola divenne lo strumento più
utilizzato dalla Triade del Consiglio. Una sera il signor Harris la
estrasse dal taschino e girovagò per il campus fino a quando
questa non iniziò a muoversi. La bussola lo condusse fino alla
biblioteca e lì, tra i vari scaffali, si fermò
indicando una coppia di ragazzi; una ragazza dai capelli bruni
ed un ragazzo biondo. Quando la ragazza se ne andò, la bussola
restò ferma: il vampiro era il ragazzo.
***
***
“E'
ora di alzarsi Damon!” esclamò Summer spalancando le
tende, e lasciando che la luce filtrasse prepotentemente nella
stanza. “Lasciami in pace...” mugolò il vampiro
girandosi dall'altra parte. “Neanche per sogno! Alzati!”
asserì tirandogli le coperte di dosso. Scoprì il
corpo del vampiro constatando che fosse ancora nudo, e subito girò
il volto da un'altra parte per non sentirsi tentata. “Perché
non ti stendi tu invece?” chiese con il suo solito tono sexy e
sfrontato, incrociando le mani dietro la nuca e mettendo ogni
centimetro del suo corpo in bella mostra. “Alzati!”scandì
lei rivoltandosi verso di lui con uno sguardo
infuriato. “Andiamo...vieni a farmi due coccole come ieri
sera...” asserì con ironica malignità; sapeva che
quella frase l'avrebbe fatta scattare e, come aveva previsto, subito
se la ritrovò inginocchiata sul letto a stringergli il collo
con forza. “Prova a dire un'altra volta un'assurdità
del genere e non rivedrai più la luce del sole” scandì
con aria minacciosa. “Ironico detto ad un vampiro...vuoi
rubarti il mio anello?” chiese con voce soffocata. “No!
Voglio privare l'anello del suo proprietario!... Però...a
pensarci...mi hai dato un bel suggerimento!” disse lasciando la
presa sul collo per sfilagli l'anello con rapidità. Come
sempre, Summer era più veloce e forte di lui, e in attimo il
vampiro sentì ogni centimetro della sua pelle bruciare. Veloce
si andò a mettere in un angolo all'ombra. “Sei
impazzita?!” Damon era infuriato. Summer chiuse le
tende. “Lo riavrai quando sarai pronto per uscire...”
disse giocherellando con la sua refurtiva e dirigendosi verso la
porta. Il vampiro fece una smorfia infastidita; con quella pazza
non ci poteva proprio avere a che fare!
***
***
Boston,
Aprile 2004
Summer aveva compiuto 15 anni; era pronta per
affrontare il suo primo vampiro. Era emozionata all'idea; Lily le
aveva parlato dei poteri che avrebbe dovuto avere, ma lei continuava
a sentirsi la stessa. Quel pomeriggio, Harris la convocò
nel salotto. Seduta sul divano c'era anche Lily. Harris aspettò
che la ragazza prendesse posto e poi iniziò a parlare. “Devi
sapere Summer...che ogni anno nascono centinaia di potenziali
cacciatrici, ma per diventarlo è necessaria una condizione,
ovvero che alla morte della cacciatrice in carica la potenziale non
abbia ancora compiuto 15 anni. Tra le quelle che restano, sarà
chiamata in carica quella potenzialmente più forte, ed è
tramite un rito magico che la strega del Consiglio” il signor
Harris indicò Lily “oppure il Consiglio stesso, scopre
la sua identità”. Summer annuì. “Ora..come
avrai capito, la nuova cacciatrice sei tu, il rito ci ha portato da
te, ma i tuoi poteri non si sono ancora manifestati...e questo
perché...ciò accade nella prima lotta; dovrai
affrontare il primo vampiro così come sei, ma, man mano,
sentirai un enorme potere crescere dentro di te. Tutto sta
nell'affrontare la paura iniziale...ma vedrai che col tempo...ti
risulterà tutto più facile...” concluse con
dolcezza. Summer si limitò ad annuire ancora, come sempre
non era molto loquace. Non si sentiva spaventata, e quella per lei
era la prova del nove. I poteri di Lily l'avevano convinta che quelle
assurdità potevano essere vere, ma per crederci al cento per
cento, doveva vedere un vampiro e soprattutto doveva affrontarlo;
solo allora tutto sarebbe stato finalmente definito e reale.
***
***
Il
vampiro si recò in cucina e vide Summer che preparava la
colazione. Appena la ragazza lo vide gli lanciò il suo
anello. “Ho preparato le uova strapazzate...”disse,
mettendogliele in un piatto. Il vampiro afferrò al volo il
suo anello con un volto infastidito. “Sei stata davvero
molto... molto scortese...” le si parò davanti. “Tu
come ti sentiresti se ti togliessi il tuo bel ciondolo..?..”
continuò, toccando quel pendente a forma di rosa che Summer
portava tutti i giorni. Il volto di Summer diventò
gelido. “Impara una cosa di me Damon...o-di-o quando un
estraneo tocca la mia collana” disse con freddezza
stringendogli il polso con forza ed allontanandolo dal suo
petto. Damon non si aspettava un comportamento simile. Come
quando, con la stessa espressione, una settimana prima le aveva detto
di non toccarla. E poi quella parola risuonò nella sua testa
dandogli un enorme fastidio che neanche lui si spiegava.
'Estraneo'... era giusto che lei lo definisse così, in fondo
si conoscevano solo da una ventina di giorni, eppure quella parola
era risuonata forte, un po' meschina e a parer suo...del tutto
inappropriata. Il vampiro si allontanò stizzito. “Non
mangi?” chiese la ragazza con un tono più dolce; si era
accorta subito di essere stata un po' troppo dura, ma quella collana
per lei aveva un forte valore affettivo, e toccarla significava invadere la
sfera dei suoi sentimenti. Il vampiro si diresse verso il frigo
per prendere una sacca di sangue; poi, prima di cominciare a bere,
gliela mostrò con freddezza. Non aggiunse nulla e se ne
andò in salotto.
***
***
Boston,
Aprile 2004
Quella sera Harris, Lily e Summer si recarono al
Boston College. Di nuovo, con la sua bussola, Harris cercò
il vampiro dai capelli biondi che aveva individuato qualche sera
prima. Quando lo videro aggirarsi per i giardini del Campus subito
i tre lo pedinarono in modo molto palese; Harris voleva che fosse
lui stesso a condurli in un luogo isolato. Il vampiro fece
esattamente ciò che l'osservatore aveva previsto: si era
accorto della loro presenza e li aveva condotti nella zona meno
trafficata del College per capire chi fossero, cosa volessero e,
eventualmente, sbarazzarsi di loro. “Posso esservi d'aiuto?”
chiese il vampiro con un tono arrogante. Harris fissò
Summer cercando in lei un segno d'approvazione. Vide che la
ragazza era visibilmente nervosa, e le mise una mano sulla spalla,
facendole un rassicurante sorriso. Summer annuì e si avviò
verso di lui brandendo il suo paletto. Al vampiro uscì una
sonora risata. “Cosa vorresti fare... ragazzina?”
disse guardandola con compassione. In quel momento il suo volto si
trasformò, e Summer per un attimo si sentì
terribilmente spaventata. Prese coraggio e si avvicinò. Gli
sferrò un calcio nell'addome che però non sortì
alcun effetto sul vampiro. Ancora una volta rise di gusto. “Non
so cosa diamine abbiate in mente voi tre...ma sono sicuro che mi
divertirò...” disse, afferrandola per il collo e
sollevandola da terra. A Summer cadde il paletto dalle mani. Lily
si era mossa per intervenire, ma Harris le mise un braccio davanti
per fermarla. “Devi darle fiducia..” le disse con il
suo solito tono calmo e rassicurante. La strega annuì e tornò
ad osservare la scena con preoccupazione. Summer sentiva di
soffocare, e prontamente gli diede un calcio sotto al mento; ma
questa volta la forza era aumentata, e il vampiro, preso alla
sprovvista, lasciò la presa. Summer cadde a terra e tossì
un paio di volte. “Chi diavolo sei?” le domandò
il vampiro, mentre si reggeva il mento dolorante. La cacciatrice
lo guardò minacciosa; si avvicinò e gli sferrò
un calcio come il precedente, solo che questa volta il vampiro venne
scaraventato contro un albero. Si avvicinò nuovamente a
passo sicuro e gli diede un pugno sulla mandibola, poi ancora un
altro e ancora un altro calcio. Il vampiro decise di scappare
servendosi della sua velocità, ma Summer gli si parò
davanti. In quel momento se ne stupì lei per prima, era stata
velocissima. Con un altro pugno lo fece cadere a terra. Harris le
lanciò il paletto, e con rapidità lo afferrò per
piantaglielo subito nel cuore. Vide il vampiro diventare grigio e
raggrinzito, e una sensazione di potere pervase il suo corpo. Le
venne da sorride...come non aveva mai sorriso in vita sua. Le era
piaciuto combattere; ed in quel momento l'adrenalina nel suo corpo la
fece sentire felice ed euforica...avrebbe voluto subito affrontarne
un altro! “Sei stata bravissima...” disse Lily
avvicinandosi, e la ragazza le sorrise per la prima volta. La
strega fece una mossa con la mano; come se al suo interno ci fosse
stato qualcosa da spremere, e il vampiro divenne cenere. Harris
restò colpito, nella sua vita aveva avuto altre quattro
cacciatrici, ma nessuna era stata così valida contro il primo
vampiro. La guardò meravigliato pensando che, un giorno,
quella tormentata ragazzina dal carattere scontroso, sarebbe
diventata fortissima.
Angolino
di NaNa*** Nuovo
capitolo: come sempre...Damon e Summer sulla solita altalena
sentimentale, più un po' di passato della cacciatrice,
sperando che non abbia appesantito la lettura^^ Sul fronte inglese
qualcosa inizia a smuoversi, ma non gioite, la fine è
lontanissima, quindi dovrete sopportarmi ancora per un po'^^ Un
bacione a tutti quelli che mi stanno seguendo e, come sempre, grazie
per essere arrivati fin qui^^ Alla prossima^^
|
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Capitolo 29 *** Ventinovesimo Capitolo ***
Boston,
Ottobre 2004
Il signor Harris era un personaggio alquanto
bizzarro. Aveva sempre un aspetto curatissimo, ed era sempre
vestito con un certo gusto. Ma adorava anche stare in pantofole, ed
infilarsele era la prima cosa che faceva una volta tornato a casa.
Quando usciva a volte dimenticava di infilarsi le scarpe, e solo
arrivato fuori al vialetto se ne accorgeva; poi tornava indietro, e
quando usciva per la seconda volta gli capitava di dimenticare
qualcosa che prima aveva ricordato, come la borsa oppure il telefono.
La sera amava strimpellare la chitarra, sia elettrica che acustica,
oppure ascoltare della musica ad alto volume gustandosi del vino e
fumando un sigaro. Una sera Summer uscì dalla sua stanza e
si sedette sulle scale per osservarlo. Harris stava cantando Street
of Fire di Springsteen, suonandola con la chitarra elettrica ma,
essendo lui intonato solo sulle note basse, quella canzone fu
l'esibizione più inascoltabile a cui Summer avesse assistito
fino a quel momento; ed in cinque mesi di convivenza di canzoni ne
aveva ascoltate tante! Ad Harris piaceva anche la Lirica, e molte
volte si stendeva sulla sdraio in veranda ed ascoltava intere opere
ad alto volume, incurante delle lamentele dei vicini. 'Nessun Dorma'
era la sua Area preferita, e la cantava con una tale enfasi, magari
sollevando il bicchiere di vino e mettendo un piede su una sedia, che
a volte Summer era costretta a sorridere suo malgrado. Anche
quella sera, senza accorgersene, gli stava sorridendo, e a canzone
finita Harris notò la sua presenza. “Di un po'...ti
piacerebbe imparare a suonare la chitarra?” le domandò
con entusiasmo.
***
***
Poco
dopo Summer lo raggiunse in salotto. “Andiamo?” gli
domandò con dolcezza. Si sentiva ancora in colpa per come
l'aveva trattato in cucina, ed il fatto che il vampiro le avesse
risparmiato le solite avance sessuali mattutine era la conferma del fatto
che almeno un po' doveva essersela presa. Ma, in realtà, il fastidio
di Damon era durato poco, in fondo l'aveva definito per quello che
era, e lei dal canto suo non era altro che una distrazione; erano
pari. Si sentì uno sciocco ad essersela presa per una cosa
così stupida e soprattutto insignificante. Si alzò,
ed insieme a Summer si avviò verso la porta.
***
***
L'aereo
atterrò a Chicago la mattina seguente. Più volte
Stefan aveva tentato di domandare all'ibrido quali fossero i suoi
nuovi piani, e altrettante volte Klaus aveva tergiversato per poi
dirgli che sarebbe stata una divertente sorpresa. In breve tempo
arrivarono allo StarDust, il bar di Gloria. A quell'ora del
mattino il bar era deserto; c'era solo la strega che puliva il
bancone. Gloria li vide entrare “Klaus...Mi hai portato il
Grimorio?” chiese con un'assoluta mancanza di
entusiasmo. “Diciamo che ho una piccola questione da
risolvere per poterlo riavere...” La strega lo guardò
incuriosita, e fece cenno ad entrambi di sedersi. “Sarebbe?” Klaus
le porse il ciondolo di Katherine. “Voglio che tu faccia
un incantesimo alla proprietaria di questo ciondolo...” “Che
tipo di incantesimo?” Un ghigno comparve sul volto
dell'ibrido. “Voglio che tu...la
renda...orripilante!” Stefan e Gloria lo guardarono
sbigottiti. “Cosa?! Ho... capito bene...vuoi..vuoi che la
renda brutta?” Gloria non poteva credere alle sue
orecchie. “Esattamente...ed anche alla svelta!” Gloria
annuì con titubanza. Non sarebbe stato un problema, ma di
certo non si sarebbe mai aspettata una richiesta simile da un vampiro
millenario; queste le sembravano più che altro vendette
adolescenziali!
***
***
Damon
e Summer entrarono nella prima casa della mattinata. La
cacciatrice aveva portato con sé il suo portatile, e subito
cercò una postazione per poterlo usare. Lo sistemò
sul tavolo della cucina e lo accese. Visto che la sera era
occupata a fare sesso con Damon, doveva necessariamente ottimizzare
il tempo nelle varie case per cercare un'altra sistemazione. “Cosa
fai?” le chiese il vampiro poco dopo. “Lo sai
bene...devo cercare una casa...” disse con lo sguardo
concentrato sul pc. Il vampiro si avvicinò e glielo
chiuse. “Scordatelo!” asserì con
decisione. “Non facciamo altro che litigare Damon...”
disse con rassegnazione. “E con questo?” “Come
'e con questo'?! Non possiamo stare sotto lo stesso tetto!”
disse riaprendo il suo Laptop. “Sono io quello che
stamattina ha rischiato di bruciare! Dovrei essere io a non voler
stare con te! Ma, come ti ho già spiegato, ne ho bisogno per
distrarmi...pensavo di essere stato chiaro!” asserì
spostando il computer ed appoggiando il fondo schiena al tavolo. “Mi
stai dicendo...che dovrei restare con te fino alla fine della
missione?” “Esattamente!” “Ma lo sai
che rischi di non sopravvivere, vero?” “E' un
rischio che sono disposto a correre...” le accarezzò il
viso con il dorso della mano “soprattutto se continuerai a
farmi le coccole...” continuò sbeffeggiandola ancora. Lo
sguardo della cacciatrice lo incenerì, e subito afferrò
la sua mano per torcergliela. Il vampiro grugnì leggermente
dal dolore. “Ok, chiariamo questa cosa una volta per
tutte! E' stato un momento di debolezza in cui mi hai fatto pena!
Tutto qui! Puoi infierire quanto vuoi, ma sappi che ogni volta
che lo farai...sentirai dolore! A te la scelta!” disse
lasciando la presa ed alzandosi. “Questo tuo atteggiamento
da 'cacciatrice forzuta e prepotente' inizia ad essere davvero
stancante!” disse innervosito, mentre si teneva la mano
dolorante con l'altra. “Vogliamo parlare del tuo
atteggiamento alla 'Io Tarzan, tu Jane'!? Non sono neanche libera di
cercare casa perché, per qualche assurda ragione, hai deciso che devo sopportarti per
tutta la durata della missione! Questo, è stancante!”
urlò spazientita. Il vampiro sorrise, in effetti non poteva
negare che i suoi modi fossero da perfetto cavernicolo. “Se
io sono Tarzan di certo tu non sei Jane...” prese le guance
della ragazza tra le mani schiacciandole delicatamente e infine arricciò il naso in una smorfia provocatoria
“al massimo...sei una scimmietta dispettosa!” asserì
con un tono dolce; in fondo si
divertiva quando Summer perdeva le staffe! La cacciatrice cercò
di restare seria ed arrabbiata, ma non ce la fece proprio a
trattenere la risata. “Impalettati!*” gli disse
ridendo, ma subito dopo le labbra del vampiro la colsero di sorpresa
baciandola dolcemente. “Stai - ricambiando - il bacio - di
un estraneo!” farfugliò il vampiro tra un bacio e un
altro. La cacciatrice lo strinse con più forza a sé,
come per cancellare ciò che gli aveva detto qualche ora
prima. Damon avvertì quella pressione contro il suo corpo e
si sentì sollevato...e ancora una volta stupido. Perché
gli importava tanto? Ma di colpo Summer si allontanò dalle
sue labbra spingendolo. “No...no....non posso credere che sia successo davvero” mormorò
preoccupata e sconvolta. “Che ti prende?” il vampiro la guardò con aria confusa. “Dobbiamo fare sesso! Subito!” rispose
lei agitata. “Ok...” rispose lui sbottonandole la
camicetta. Se lo diceva lei! “Non qui, vampiro mononeurone!” gli
diede un piccolo schiaffetto sulla mano “Dobbiamo ritornare
subito a casa!” continuò ancora più agitata, Il
vampiro non ci capiva niente. “Potresti gentilmente
spiegarmi!” fece ancora più confuso, e con un'evidente nota di fastidio nella voce. La cacciatrice iniziò a camminare
avanti e indietro in preda al nervosismo. “Non possiamo
darci un bacio... e basta! Cosa siamo? Dei fidanzatini liceali?
Muoviti, dobbiamo andare!” disse trascinandolo per la
mano. “Aspetta un momento...quindi ora do-bbi-a-mo fare
sesso...perchè non possiamo darci... un bacio... e basta?”
domandò incredulo. Summer era sempre la
solita pazza. “Esattamente!” Il vampiro ci ragionò
per qualche istante. “Ummm...No ....non tornerò a
casa..” asserì con tono dispettoso. “Vorrà
dire che contravverrò alle mie regole e lo faremo qui!”
Per Summer era una cosa impensabile, non poteva essere successo
davvero! Non potevano davvero essersi dati 'un bacio e basta', era
inaudito! Iniziò a sbottonargli la camicia, ma il vampiro
la fermò. “Ah, no, no, no,no,no! Ieri mi hai
coccolato e oggi mi hai dato un bacio fine a sé stesso
Summer...rassegnati! Dovrai vivere con il peso di questa vergogna!”
la schernì con enfasi e visibilmente divertito. “Stai
scherzando spero!” “Sono serissimo” adorava
farla innervosire! “Non riuscirai a resistermi!”
asserì sicura di sé. “Mettimi alla prova!”
sussurrò divertito.
***
***
In
cinquecento anni di fuga Katherine aveva imparato che per non essere
trovato dal tuo nemico devi stargli continuamente alle spalle. E così
era solita fare con Klaus. Mentre lui sguinzagliava i suoi uomini
chissà dove, lei era sempre nelle sue vicinanze e, appunto per
questo, doppiamente allerta. Così, quando Klaus e Stefan
partirono per Chicago, lei arrivò con il volo seguente. Aveva
subito intuito che il vampiro sarebbe andato da Gloria; forse cercava
un modo per fare a meno di quell'impolverato Grimorio.
***
***
Il
vampiro e la cacciatrice entrarono nell'ennesima casa. “Allora?!
Quando inizierai a sedurmi?” chiese il vampiro con i soliti
modi snervanti. “Sto aspettando che mi passi la rabbia!”
“...Ok, allora nel frattempo possiamo stabilire le
condizioni...” “Condizioni?” “Se non
riuscirai a portarmi a letto prima della mezza notte, quello sarà
stato ufficialmente 'un bacio e basta', il che significa che potrò prenderti
in giro per l'eternità, e tu dovrai sopprimere tutta la voglia di
violenza che comporterà. Ci stai?” Summer
era allibita. “...Ok Damon, ma se ci riesco, non solo non
potrà essere considerato 'un bacio e basta', ma non potrai più
neanche pronunciare la parola con la 'C', e se lo
farai...sarò libera di torturarti con inaudita crudeltà. Ti
sta bene?” Damon ci ragionò un istante, poi, sicuro
di vincere, accettò. “Perfetto, abbiamo un accordo!
Ma...rinfrescami la memoria...qual è la parola con la
'C'...Ah, sì, giusto, ti riferisci alle Co-cco-le che mi hai
fatto ieri sera...che smemorato...” asserì facendole uno
dei suoi classici sorrisi provocatori. Summer lo guardò con
un'espressione omicida e Damon, continuando a sorriderle con
impertinenza, si allontanò per andarsene nel salotto. Poco
dopo la cacciatrice lo raggiunse, e lo vide come al suo solito
disteso sul divano con un bicchiere di scotch in mano, noncurante del
fatto che fosse ancora mattina. Summer aveva riflettuto sul da
farsi, il suo abbigliamento quella mattina giocava in suo favore; una
camicetta a maniche lunghe viola ed una minigonna di jeans davvero
molto corta. Si avvicinò al vampiro con sicurezza e poi
lasciò cadere un piccolissimo pezzetto si stoffa rosa sul suo
petto. Il vampiro prese quel piccolo indumento e lo osservò
con sospetto. “Non ci casco...non sono tue... le avrai prese
in qualche cassetto...” affermò con sicurezza. Tra le
sue mani c'era un piccolo tanga rosa merlettato. La cacciatrice si
abbassò verso di lui mettendo le mani sul divano e
mostrandogli la scollatura che aveva preventivamente
accentuato. “Perché non verifichi tu stesso...”
sussurrò sfidandolo. Il vampiro, convinto che stesse
bluffando, fece salire dolcemente le punte delle sue dita
dall'interno coscia fino al 'luogo del delitto' e, quando appurò
la veridicità delle parole di Summer, ritirò subito la
mano. “Vedo che non perdi tempo...” disse lui
sentendosi a disagio; quella scollatura e la consapevolezza che lei
fosse senza mutandine non erano nemici facili da affrontare! La
cacciatrice gli sorrise diabolicamente e si rimise dritta. “Non
credere che basti questo giochetto a farmi cedere...” asserì
sicuro. “E queste...sono prigioniere di guerra!”
continuò infilandosi le mutandine in tasca. La cacciatrice
sorrise ancora e si andò a sedere su un divano dove lui
potesse osservarla bene. Prese una rivista da sopra al tavolino e poi
accavallò le gambe con sensualità “Hai ragione
Damon...sono stata una sciocca a pensare che sarebbe bastato così
poco...” disse con una calmissima ironia; glielo leggeva in
faccia che avrebbe ceduto. Il vampiro continuava a fingere
indifferenza, ma l'occhio continuava a cadergli dove non doveva
cadere! Se quella mattina avessero fatto sesso probabilmente
sarebbe stato più facile resistere, invece quella gli sembrava
una vera e propria tortura! Summer sfogliava distrattamente le
pagine del giornale, mentre nella testa del vampiro il pensiero che
lei fosse senza mutandine si faceva sempre più invadente. Si
alzò per andare in un'altra stanza, e appena lasciò il
salotto un sorriso perfido e divertito comparve sul volto di Summer.
***
***
Katherine
viaggiava sempre e solo con il bagaglio a mano e quindi, in ogni
luogo in cui andava, faceva razzie nelle più lussuose
boutique. Quella mattina i negozi di Chicago non furono
risparmiati, e Katherine passeggiava ispezionando con attenzione le
vetrine, ma senza abbassare la guardia neanche per un
secondo. Camminava con la solita andatura sicura, e quando le
passò accanto un ragazzo di notevole bellezza subito azzardò
un'audace sorriso, ma lui si limitò a farle uno sguardo
stranito. La vampira fece una smorfia infastidita; probabilmente
era un noiosissimo ragazzo fidanzato e fedele. Si soffermò
fuori ad una vetrina che catturò la sua attenzione, e subito
decise di entrare. Immediatamente le si avvicinò una
zelante commessa. “Posso aiutarla?” le chiese con
cortesia. “Seguimi...” sussurrò la vampira
ipotizzandola. Katherine si aggirò per il negozio dando
tutto ciò le interessava alla commessa e, quando la quantità
di vestiti arrivò alle spalle della ragazza, le disse di
portare tutto nello spogliatoio. La commessa sistemò con
cura ogni cosa nella cabina e poi la lasciò per far entrare
Katherine. La vampira si tolse la maglia distrattamente, ma
qualcosa catturò la sua attenzione. Era lo specchio. Quando si
rivoltò per guardarsi il suo cuore si arrestò per un
istante. Non poteva essere sua quell'immagine riflessa! Doveva
esserci un errore! Mosse un po' il braccio incredula...era proprio
lei! Un urlo le uscì dalle labbra e subito la commessa
accorse in suo aiuto. “Va fuori!” le ordinò la
vampira. Non poteva credere ai suoi occhi. I lucenti capelli erano
diventati una massa crespa e se li toccò per capire se lo
specchio stesse davvero riflettendo la realtà, ma il tatto non
poteva ingannarla. Si toccò il viso; le sue sopracciglia
erano diventate folte e molto ravvicinate; l'occhio sinistro era
eccessivamente strabico; il volume del naso era raddoppiato; le
labbra erano rimaste pressoché identiche, ma dei vistosi peli
erano cresciuti agli angoli; sul mento le era comparso un orribile
neo, ed anche se i vestiti che indossava continuavano ad essere della
sua taglia, qualcosa era visibilmente peggiorato anche nelle sue
forme. Non poteva credere ai suoi occhi e soprattutto non riusciva
a capire cosa le fosse successo, ma poi un semplice calcolo
matematico venne in suo soccorso; Klaus più Gloria,
equivalevano a quell'orribile immagine riflessa allo specchio! Non
poteva essere diversamente!
Angolino
di NaNa***
* il termine corretto ovviamente è "impalati!", però non rendeva la stessa idea xD
Eniwuei xD eccomi
di nuovo qui^^ Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto e
ringrazio: In primis: le dolcissime ragazze che recensiscono, cosa
farei senza di voi?!*.* Chi mette questa fic nelle
Preferite/Ricordate/Seguite è anche questa una cosa che mi fa
molto molto piacere *.* e tutti quelli che (citando il capitolo) mi
seguono e basta! xD un bacione a tutti. Alla prossima***
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Capitolo 30 *** Trentesimo Capitolo ***
Katherine
uscì dal negozio con un'espressione di rabbia mista ad
avvilimento. Prese il telefono dalla borsa e subito chiamò
Stefan. “E' lì con te?” chiese non
appena il vampiro accettò la chiamata. Stefan si trovava
ancora nel bar con Klaus e Gloria, e quando il suo telefono squillò
l'ibrido l'osservò con attenzione e curiosità. Stefan
non avrebbe voluto passarglielo; aveva paura che Katherine fosse
subito disposta a dargli il Grimorio, ma in quel momento
l'espressione sospettosa di Klaus non gli lasciò molta
scelta. “Intendi Klaus...sì è
qui” “Passamelo!” L'ibrido, che già
stava ascoltando ogni cosa, sorrise divertito e prese il telefono
dalla mano di Stefan. “Katherine... a cosa dobbiamo il
piacere di questa telefonata?” disse con la sua solita e
pungente ironia. “Non giocare all'ignaro Klaus...so che ci
sei tu dietro quello che mi è successo! E devo dire che
proprio non mi aspettavo un colpo così basso da un vampiro
millenario... a quanto vedo l'influsso generazionale colpisce anche
voi originari” “Anche un vampiro millenario deve
adeguarsi ai tempi mia cara Katherine... ed oggi la bellezza è
preziosa quanto l'oro. Non trovi?” “Non credere di
avermi in pugno Klaus, ho mille risorse...” “Ahh
questo lo so benissimo... Ma quando le tue risorse si esauriranno,
sentiti pure libera di richiamare...sono favorevole alle
trattative...” Il vampiro sorrise e pose fine alla
chiamata. Katherine non gli credeva. Lo conosceva fin troppo bene
per sapere che lui non era il tipo da negoziazioni: per Klaus ogni
cosa gli era dovuta. Noleggiò subito un'auto; ad ovest del
Lago Michigan c'era una persona che poteva aiutarla.
***
***
Summer
raggiunse Damon in quella che probabilmente era la camera della
figlia dei Butler. Lo trovò a leggere con attenzione le pagine
di un diario rosa. “Vedo che non ti stanchi proprio mai di
invadere la privacy degli altri...” “Ho una
coinquilina molto riservata...devo soddisfare la mia curiosità
in altri modi... e questa Ashley è una vera
sgualdrinella...qui dentro c'è dell'ottimo materiale!”
disse sedendosi sul letto poggiando le spalle allo schienale. La
cacciatrice si mise a cavalcioni su di lui prendendo il diario e
buttandolo a terra. Il vampiro dovette nuovamente fare i conti col
fatto che lei non portasse le mutandine e si sentì
avvampare. “Migliore del nostro?...” bisbigliò
al suo orecchio prima di iniziare a baciargli il collo. “Il
nostro è imbattibile..” disse afferrandola per i fianchi
e godendosi la sua vicinanza. Come sempre la cacciatrice aveva
un ascendente immenso su di lui, e il suo corpo reagiva
infischiandosene della sua volontà; ma con determinazione
approfittò di quella presa per posizionarla sotto di
lui. Summer sorrise convinta di aver già vinto, ma il
vampiro portò le sue gambe sulle spalle. Prese le mutandine
che aveva in tasca e, con estrema sensualità, gliele rimise. “...Ma
quella di oggi è una pagina che resterà bianca...”
le sussurrò con presunzione prima di alzarsi. Summer
sorrise, il fatto che fosse combattivo era una delle cose che stava
iniziando ad adorare di lui, ma essere rifiutata in quel modo per lei
era intollerabile! Decise che avrebbe giocato solo un'altra carta, e
avrebbe aspettato la sera per scoprirla. “Sai Damon...penso
che per adesso mi concentrerò solo sul medaglione...”
disse alzandosi e lasciando la stanza. Damon restò sorpreso,
ma subito capì che la cacciatrice aveva in mente qualcosa.
***
***
Katherine
si recò in una piccola cittadina sul Lago Michigan. Lì
conosceva Amanda, una potente strega che le doveva un favore. Bussò
alla sua porta con nervosismo, e quando la donna aprì, com'era
prevedibile, non la riconobbe. “Posso esserle d'aiuto?”
chiese gentilmente. Amanda era una donna di mezz'età, dai
capelli biondi e l'aspetto molto curato. “Sono Katherine...”
disse con acidità. “Non credo di conoscerla...”
asserì con incertezza: quella voce le sembrava
familiare. “Katherine Pierce...” ammise a denti
stretti. La donna la guardò sbigottita, ma subito capì
che quell'aspetto era frutto di un incantesimo. “Entra...”
le disse osservandola ancora con stupore. “Il motivo della
tua visita mi sembra ovvio...” continuò la strega facendola
accomodare. “E' stata Gloria...” disse la
vampira. Amanda si sedette accanto a lei. “Sai che non
sono forte quanto lei...” ammise subito: non poteva
aiutarla. “Mi devi un favore Amanda...lo sai bene”
asserì col solito tono minaccioso La strega si ricordò
di quando, una decina d'anni prima, Katharine aveva trasformato suo
figlio in un vampiro. Adam aveva una rara forma di cancro al
Pancreas, e la magia poteva solo alleviare i suoi sintomi, ma non
curarlo; sarebbe morto nel giro di un anno se Katherine non avesse
accettato la sua richiesta. Per la vampira non fu un problema
esaudire quel desiderio; sapeva quanto potesse essere utile avere un
conto in sospeso con una strega. “Lo so bene Katherine...ma
spezzare un incantesimo di Gloria non è un compito alla mia
portata...” ammise con onestà. In fondo, anche Amanda
voleva liberarsi del debito che aveva nei confronti della vampira.
Sapeva che di lei non ci si poteva fidare. Katherine si alzò
ed iniziò a camminare nervosamente per la stanza. Quello
che diceva Amanda era vero; Gloria era una delle streghe più
potenti al mondo, non a caso era al servizio di Klaus. “Perché
ti ha fatto questo?” “Non è stata una sua
idea...diciamo... che ha ricevuto l'ordine da un nemico di vecchia
data. E, proprio per questo motivo, non posso avvicinarmi a lei in
questo momento, devo risolvere la questione in un altro modo” “Non
c'è un altro modo Katherine... anche se volessi provarci,
avrei comunque bisogno del suo Grimorio ...” La vampira
sorrise con avvilimento; Klaus l'avrebbe sorvegliata ventiquattro ore
su ventiquattro, sarebbe stato impossibile recuperare il Grimorio.
Tanto valeva affrontarlo direttamente! “Beh...almeno un po'
di verbena non puoi negarmela...” La strega annuì;
il debito con Katherine sarebbe stato saldato un'altra volta.
***
***
Damon
era sorpreso del fatto che Summer avesse gettato la spugna. Non era
da lei! E non poteva negare che l'idea di essere sedotto gli piaceva,
anche se poteva seriamente rischiare di perdere. Era la quarta
casa che visitavano, e la cacciatrice non aveva prestato al vampiro
nessuna particolare attenzione. “Ti sei già arresa?”
domandò prendendola per i fianchi. “La giornata è
lunga Damon...per adesso voglio concentrarmi solo sulla missione...”
disse staccandosi da quella presa. “Giusto! Prima il dovere
e poi il piacere... sempre che tu riesca ad ottenerlo...ovviamente”
disse con la solita sicurezza di sé. La cacciatrice gli
sorrise senza ribattere, poi lo ignorò per tutto il tempo.
***
***
Katherine
aveva nuovamente chiamato Stefan, ma questa volta fu direttamente
l'ibrido a rispondere mettendola in vivavoce. “Allora
Katherine...hai già esaurito le tue risorse?” “Cosa
vuoi Klaus?” chiese conoscendo già la risposta. “Il
Grimorio che hai ben pensato di rubarmi...“ “Chi mi
assicura che mi farai ritornare normale?” Klaus fece cenno a
Gloria di parlare. “Te lo assicuro io …quando Klaus
toccherà ciò che vuole da te, ritornerai come prima”
intervenne la strega. Intanto Stefan osservava la scena con
preoccupazione; Klaus era prossimo a scoprire la verità! La
vampira ci ragionò ancora per qualche secondo. “Mi
servono un paio di giorni per recuperarlo...” “Non uno
di più!” disse l'ibrido agganciando la
chiamata.
***
***
“Direi
che per oggi più bastare...” disse Summer alla
quindicesima casa. “Allora...adesso cosa farai? Sfodererai
un altro po' di biancheria intima?” chiese il vampiro, mentre
lasciavano l'abitazione. Summer gli sfiorò il petto con
sensualità. “Perché non vai a bere qualcosa al
Grill...così avrò il tempo di farmi bella per te!...” asserì con una subdola malizia, contornata dall'ironia più sfacciata.
“Ummm...e quanti giorni ti occorrono esattamente?”
come sempre il suo hobby preferito era farla innervosire. Quella
carezza sul petto si trasformò in una gomitata nello
stomaco. “Ok...almeno spero che ne valga la pena...” asserì il
vampiro con voce lievemente soffocata.
***
***
Alaric
vide Damon seduto al bancone e si avvicinò sedendosi accanto a
lui. Il vampiro lo guardò per un secondo senza dire una
parola. “Non è finita Damon...” “A
cosa ti riferisci?” “A Blair...” “Non
può essere sopravvissuta! E' impossibile!” al vampiro stava andando il drink di traverso. “Infatti è definitivamente morta...puoi stare tranquillo...” “Bene...perché altrimenti
questa volta le avrei dato fuoco!... Di cosa parli?” “Quando
sono andato all'ospedale...” “Per complottare contro
di me...” intervenne subito con risentita ironia. Alaric sorrise. “Per
complottare contro di te...mi ha detto che se lei fosse morta sarebbe
venuto qualcuno a vendicarla...” asserì con
serietà. Damon bevve il resto dello scotch tutto in un
sorso. “Beh...questo qualcuno dovrà mettersi in
fila!” Damon non era per nulla preoccupato. Avere dei nemici
per lui era ordinaria amministrazione. Il vampiro si alzò e
Alaric gli sorrise “Beh è fortunato allora...perché
si è appena liberato un posto!” disse facendogli capire
che per lui era acqua passata. Damon sorrise a mezze labbra. “Questo
giro te lo offro io” lo stesso valeva per lui, così lasciò i soldi sul bancone per
offrirgli il drink, e poi si allontanò per ritornare a casa.
***
***
Damon
entrò in casa senza la minima idea su cosa aspettarsi, ma lo
divertiva il pensiero della scommessa e di come avrebbe preso in giro
Summer quando avrebbe perso. Il salotto era vuoto e così
anche la cucina. Andò in camera sua e la trovò
seduta sul letto. La stanza era buia ed illuminata da tante piccole
candele. Lei indossava un piccolo Babydoll nero di un tessuto velato
e trasparente. “Candele?...E' questa la tua arma segreta?”
disse chiudendosi la porta alle spalle. La cacciatrice si alzò
e si avvicinò a lui. Mise tutti i capelli su una spalla ed
appoggiò la schiena al suo petto. Damon divenne subito
nervoso. “Cosa significa?” “Che puoi
mordermi...” sussurrò dandogli maggiormente il collo e
portandosi le mani di Damon sul ventre. Il sangue delle
cacciatrici era qualcosa di sublime per un vampiro. Amplificava ogni
sensazione e dava un forte senso di piacere e, su un vampiro
relativamente giovane come Damon, che sicuramente non l'aveva mai
assaggiato, avrebbe avuto l'effetto che Summer sperava. Il vampiro
esitò per qualche minuto sul suo collo incerto sul da
farsi. Damon aveva sentito parecchie storie riguardo a quel
sangue. Si diceva che aveva un sapore diverso...che dava delle strane
e forti sensazioni. Non avrebbe mai pensato di trovarsi un giorno in
una situazione simile, con l'opportunità di poterlo bere. Solo
non capiva perché fosse l'arma segreta di Summer. Sangue e
sesso per un vampiro è un piacevole connubio, che però può
essere tranquillamente scisso. “Allora?...” chiese la
cacciatrice aspettando che la mordesse. Il vampiro fece uscire i
suoi canini e si avvicinò ancora di più alla pelle
della ragazza, poi, dopo ancora un attimo di esitazione, li fece
affondare nella sua carne. Il vampiro avvertì
immediatamente un sapore diverso; più intenso. Subito ogni
senso si acutizzò. Quell'attimo sembrò vissuto a
rallentatore e i gemiti di Summer gli entrarono nella testa
stordendolo. Sentì ogni fibra del suo corpo attivarsi ed
ogni emozione si amplificò, soprattutto quella che più
gli premeva in quel momento: l'eccitazione. Il desiderio si
impossessò di lui come una lieve corrente elettrica che gli attraversava il
corpo. Scaraventò Summer sul letto posizionandosi tra le sue
gambe e si attaccò nuovamente al suo collo con una fame
insaziabile. Summer aveva previsto ogni attimo di quella reazione,
ma aveva tralasciato l'effetto che avrebbe avuto su di lei. Il dolore
era qualcosa di irrisorio, ma ciò che la colpì e la
turbò fu l'espressione di Damon. Vederselo addosso trasformato
in vampiro la infastidì facendola sentire stupida. Tutto di
quella faccenda le sembrò stupida, ed il suo orgoglio faceva
da capofila. Era arrivata a tanto solo per non sentirsi ripetere
più da Damon che l'aveva coccolato; la infastidiva troppo il
pensiero di essere stata tenera con lui, e dentro di sé si
ripeteva che non ne capiva il perché, quando in realtà
lo sapeva benissimo: le era piaciuto. Ma, adesso che Damon era su di
lei a toccarla affamato di sesso e sangue, sentiva solo una
sensazione di angoscia e di disgusto. "Basta, Damon. Fermati!" disse con voce scossa, ma il vampiro non l'ascoltò continuando a toccarla e a nutrirsi di lei con maggiore veemenza. Summer lo allontanò dandogli
una spinta e, dopo averlo guardato con amarezza, con calma si avviò
verso la sua stanza. Damon restò immobile con il respiro
affannato. Doveva smaltire tutte quelle sensazioni prima di dire o
fare qualsiasi cosa. Ma, quando la vide allontanarsi, il sangue che
aveva ancora in circolo amplificò quell'attimo stringendogli
il petto e togliendogli il respiro.
***
***
Summer
prese della garza dal mobiletto del suo bagno e poi si andò a
sedere sul letto premendosela contro la ferita. Dopo qualche
minuto Damon bussò alla sua porta ed entrò. Fu
sorpreso nel vedere Summer che gli sorrideva. “Pensavo che
sarei riuscito a controllarmi. Non volevo...” disse
seriamente rammaricato. “Damon, sono stata
io a volerlo...non devi preoccuparti...” lo interruppe dolcemente, ma con un velo
d'amarezza sul volto. Damon restò sorpreso dai suoi toni tranquilli... privi della solita combattività. “Beh..Non posso biasimarti: se avessi
vinto sarei stato una vera seccatura!” asserì
scherzosamente sedendosi accanto a lei. “Beh...fai pure del
tuo peggio Damon...perché hai vinto...” ammise con voce
dolce. Il vampiro prese la garza dalla mano di Summer e gliela
appoggiò sul collo con una leggera pressione. Lei lo lasciò
fare, sorprendendosi di tutta quell'apprensione. “No
Summer...non ho vinto..." fece una lunga pausa guardandola intensamente "Perché non vedo l'ora di perdere...” sussurrò caricando quelle parole di desiderio.
Gli occhi caddero sulle sue labbra, e le bramò con lo stesso
fervore di prima ma più controllato.
Lay
it Down - Aerosmith
♫ Ruby
red... her lips were on fire Do me with a kiss if you please Tell
me what your sweet heart desires Tell me how you want it to
be
'Cause if it's love you want Then you won't mind a
little tenderness That sometimes is so hard to find ♫
“Rosso
rubino...le sue labbra erano in fiamme Dammele con un bacio per
favore Dimmi che cosa desidera il tuo dolce cuore Dimmi come
vuoi che sia
Perché se è l'amore ciò che
desideri Allora non mente un po 'di tenerezza Che a volte è
così difficile da trovare”
Summer
sorrise. Non si aspettava una simile ammissione. Avvicinò
le labbra a quelle del vampiro e gli diede un piccolo e dolce
bacio. “Questo... era fine a sé stesso...”
sussurrò subito dopo. Il vampiro sorrise. “Allora...
ce ne vorrà un altro per farmi perdere” asserì con un tono scherzoso e allusivo.
♫ Tell
me how you feel when we make love Tell me is it real or just make
believe You will never know what you are made of 'Til you open
up your heart to receive 'Cause if the love you got is that same
old crime We're talkin''bout tenderness that's so hard to find And
I'm here to remind you ♫
“Dimmi
come ti senti quando facciamo l'amore Dimmi che è vero o
solo finzione Tu non saprai mai di cosa sei fatto fino a quando
non aprirai il tuo cuore per ricevere Perché se l'amore
che hai è lo stesso vecchio crimine Stiamo parlando di
tenerezza che è così difficile da trovare E io sono
qui per ricordartelo”
Summer
lo baciò facendolo sdraiare, e subito le mani del vampiro
l'accarezzarono con passione e dolcezza, liberando il suo corpo da
quella stoffa velata. Quando Damon la vide completamente nuda i
suoi pensieri confermarono le sue parole; non avrebbe potuto
resistere ancora a lungo.
♫
Lay it down Make it alright Lay it down I'll hold you so
tight ♫
Summer gliela aveva data ufficiosamente
vinta dandogli quel piccolo 'bacio fine a sé stesso', ma alle undici e
tredici minuti il vampiro aveva ufficialmente perso...e ad entrambi andava
bene così.
Angolino
di NaNa*** Ciao
a tutti^^ Che cosa strana arrivare al 30esimo capitolo - quello
che più o meno aveva stabilito per la fine della fic - e
capire invece di avere ancora tanto da scrivere o.O ….ma
quanto cavolo mi verrà lunga questa storia xD Cmq vi
comunico che per me i tempi sono maturi...Summer e Damon finalmente
stanno per capire di essere... (rullo di tamburi).....AMICI!!!^^ Eh
sì^^ quei due si stanno legando ma, Damon considera ancora
Summer la sua distrazione e Summer, invece, lo considera ancora il
vampiro belloccio da *Bip. Ma qualcosa sta per cambiare...o
meglio...stanno per succedere i casini xD Ma basta con gli
spoiler...come sempre ringrazio tutti e spero che il capitolo sia
piaciuto^^ e che soprattutto Damon non sia risultato ooc. Un
bacione...alla prossima!!!
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Capitolo 31 *** Trentunesimo Capitolo ***
A
differenza di ciò che credeva Klaus, il prezioso Grimorio era
ancora custodito nel cimitero di HighGate. Katherine l'aveva
semplicemente spostato in un'altra cripta nel lato Est; era sempre
stata del parere che le cose sotto al naso sono quelle maggiormente
introvabili, così aveva preferito lasciarlo lì, perché
era sicura che il vampiro l'avrebbe cercato nei luoghi più
disparati e lontani. La vampira aveva affrontato il viaggio con un
forte senso di disagio. Non era facile per lei, che era sempre stata
bellissima, trovarsi nei panni di una donna che era il contrario
figurato dell'avvenenza. Katherine aveva un vizio, si specchiava
in ogni dove; ogni superficie in grado di riflettere la sua immagine
aveva sempre avuto la sua attenzione, anche per un solo secondo.
Adesso, invece, la vampira evitava volutamente ogni cosa che
riflettesse il suo nuovo e orripilante aspetto. Durante il volo
che l'avrebbe ricondotta a Londra pensò al da farsi, ed ogni
piano le sembrò privo di una via d'uscita. Aveva pensato di
rivelare a Klaus il luogo del nuovo nascondiglio ma, conoscendolo,
avrebbe comunque preteso che fosse andata lei stessa a
recuperarlo. Il secondo piano prevedeva di far consegnare il
Grimorio da un umano soggiogato, ma sicuramente Klaus se lo sarebbe
preso senza restituirle la sua bellezza. Il vampiro era un uomo
di parola: se lei glielo avesse portato di persona avrebbe mantenuto il
patto facendola ritornare come prima, ma se avesse escogitato un
qualsiasi modo per evitarlo si sarebbe indispettito prolungandole
quell'agonia. La conoscenza del modus operandi dell'ibrido, acquisita
in cinquecento anni di fuga, era l'unica cosa che per adesso giocava
in suo favore. Quindi decise che sarebbe stata lei in persona a
consegnarglielo, anche se non aveva la minima idea di cosa sarebbe
successo dopo.
***
***
Quando
la passione giunse al termine, Summer e Damon sciolsero il loro
abbraccio per smaltire separatamente il proprio piacere, e come
sempre si trovarono ognuno dalla sua parte del letto, ansanti e
immersi nei propri pensieri. Il momento successivo all'intimità
non prevedeva coccole, ed il vampiro ne era sempre più
infastidito; non perché le volesse, ma perché
ciò accadeva proprio in quel particolare lasso di tempo in cui lui prendeva
maggiormente contatto con sé stesso, e soprattutto con il
fatto di non avere al suo fianco la donna che amava; era il momento
in cui aveva maggiormente bisogno di una distrazione, ed invece
Summer si trasformava in un agglomerato di cubetti di ghiaccio. La
cacciatrice si girò sul fianco dandogli le spalle. “Perché
non sei ancora in camera tua?!...” disse con voce assonnata. Le
palpebre iniziavano a sfuggire al suo controllo e Summer voleva
essere lasciata in pace. Il vampiro la guardò allibito. “Ma
non avevamo dato via libera ai baci privi di finalità
sessuali? … Dov'è il mio bacio della buona
notte?”chiese con il solito tono indisponente. “L'unica
via libera è quella che conduce alla porta Damon...”
rispose senza scomporsi; aveva trovato la posizione giusta per
dormire, non l'avrebbe mai abbandonata per battibeccare col
vampiro! Damon era ancora più allibito, come al solito
Summer lo trattava come una prostituta! Anche lui era freddo e
distaccato ma non raggiungeva quei livelli neanche con le ragazze che
soggiogava...perfino Caroline aveva avuto il privilegio di ricevere
due coccole insignificanti! “Non mi va di alzarmi...Stanotte
dormo qui!” impose con impertinenza. “Scordatelo...e
non costringermi ad usare la violenza...” rispose con voce
ancora più assonnata e quasi soffocata nel cuscino, ma, quando
sentì il vampiro muoversi per sistemarsi meglio sotto la
coperta, capì a malincuore di dover rinunciare a quel dolce
attimo che la stava conducendo delicatamente tra le braccia di
Morfeo. Il vampiro la ignorò sfacciatamente, e lei si alzò
con lentezza mettendosi a sedere. “Damon... sarò
rapida e concisa: noi non dormiremo insieme, né ora né
mai! Quindi alzati e vattene, prima che mi ritornino le forze e ti
infilzi con la prima cosa di legno appuntita che mi capiti a tiro!”
asserì con una placidità che incuteva timore. Il
vampiro si mise a sedere stizzito. “Mi dici che diavolo di
problema hai?” domandò con voce dura. Summer ci
ragionò. Non voleva litigare, così disse semplicemente
la verità, senza contornarla di offese e minacce. “Non
ho nessun problema Damon...semplicemente...trovo che sia una cosa
intima...e...non mi va di farla con te...” ammise con
titubanza: non poteva confessargli la vera motivazione che si celava dietro quella negazione. Il vampiro fece un sorriso meccanico per attutire il
colpo. Sì sentì infastidito più che ferito, ma
subito capì di non poterla biasimare: se per lei era una cosa
di una certa importanza non era giusto insistere. Lui non aveva mai
dato considerazione al fatto di dormire nello stesso letto: era una
semplice comodità logistica. Nella sua lunga vita aveva
dormito con molte donne; anche Andie si era fermata spesso per la
notte. L'unica con cui non aveva mai dormito era Katherine. Lei aveva
sempre passato la notte con Stefan, e in quel momento le parole di
Summer aggiunsero una nuova sfumatura a quei ricordi. Anche per
Katherine, evidentemente, rappresentava un gesto intimo che non aveva voluto
condividere con lui. Ed erano considerazioni che facevano male anche
ora che non era più innamorato di lei, perché gli
ricordavano quanto fosse amara la vita dell'eterno secondo e quanto
fosse ancora più dura da accettare adesso che era secondo per
la seconda volta. Annuì e si alzò. “Come
ti pare...” disse per poi raggiungere la porta e chiudersela alle
spalle. Summer non sapeva come interpretare quella resa. Per un
attimo ebbe il timore di essere stata troppo dura, ma subito si
discolpò. Damon era innamorato di un'altra donna, quindi era giusto che lei mantenesse le distanze. Non
poteva rischiare di affezionarsi. Loro due non avrebbero mai dormito
insieme, pensò.
***
***
Katherine
raggiunse il cimitero di HighGate e subito raggiunse l'ala Est. Lì,
in una piccola cripta di proprietà di una famiglia chiamata
Farrel, spostò una bara di marmo, poi sollevò una
mattonella e prelevò il Grimorio. Katherine cambiava
nascondiglio ogni dieci anni, ma era rimasto in quel cimitero per più
di duecento; doveva essere la chiave per riottenere la sua libertà
ed invece sarebbe servito a ridarle il suo aspetto: l'ultima cosa da
perdere che le restava.
***
***
Damon
si svegliò a causa di un intenso aroma che gli arrivò
alle narici. Si girò dalla parte della finestra, ma la luce
del sole gli entrò prepotentemente negli occhi. Si rigirò
nuovamente, e accanto a lui notò qualcosa di strano. Era
Summer, seduta con le spalle poggiate allo schienale e le gambe
distese e incrociate. Il vampiro alzò la schiena
sostenendosi con i gomiti, poi aprì e chiuse le palpebre con
forza per far adattare gli occhi alla luce. “Sei davvero
incoerente Summer...Prima mi cacci dal tuo letto e poi vieni a
reclamare del sesso mattutino...” disse con voce ancora
assonnata mettendosi sul fianco con il gomito piegato e la mano a
sostegno della testa. “Ma non preoccuparti...non te lo
negherò...” con il suo solito modo di fare sexy e
presuntuoso le accarezzò la gamba partendo dal
ginocchio. Summer lo guardò in malo modo, poi prese una
tazza di caffè che aveva in precedenza sistemato sul comodino
e gliela porse con un gesto meccanico e stizzito. Il vampiro la
prese sorprendendosi. Summer gli aveva portato il caffè a
letto: aveva per caso battuto la testa? “Sai Damon...mi
stavo proprio chiedendo perché non sono mai gentile nei tuoi
confronti...grazie per avermelo ricordato!” disse stizzita
alzandosi, ma il vampiro poggiò la tazza sul comodino e le
afferrò il polso trascinandosela affianco. Le accarezzò
nuovamente la gamba fino ad arrivare al nodo della vestaglia, e lo
slacciò con calma scoprendo il suo corpo con altrettanta
lentezza, poi guardò quel Babydoll rosa e celeste con un magnetismo che
la fece trasalire. Summer lo desiderava ogni volta con la stessa
intensità con cui lo detestava, e si odiava immensamente
quando si sentiva impotente e schiava di quell'attrazione troppo
forte per essere fronteggiata. “Faremo tardi...”
sussurrò con un filo di voce corrotto dal piacere che gli
procuravano i baci che Damon stava dando al suo collo. “Avresti
dovuto pensarci prima...” mormorò lui scoprendole il
seno e accogliendolo delicatamente nella mano.
***
***
Caroline
velocizzò umanamente il passo per raggiungere Bonnie ed Elena
che stavano vicino all'ingresso della scuola. “Sono una
persona orribile!” esordì non appena le
raggiunse. “Perché dici questo?” chiese
Bonnie. “Oggi pomeriggio ci sarà il funerale della
zia del mio ragazzo, ed io non potrò stargli accanto perché
sono impegnata con i preparativi della festa di sabato!...Sono una
persona orribile!...Un'ottima organizzatrice di feste...ma una
persona orribile!” “Non può sostituirti
nessuno?” chiese Elena, divertita dai soliti teatrini
dell'amica. “Se mi facessi sostituire, ogni cosa che ho
pianificato per due mesi verrebbe annientato dall'incompetenza
altrui!” calmò il tono della sua voce “...Ma... è
l'unica soluzione...non posso lasciare Ty da solo, Blair era l'ultimo
parente che gli restava oltre sua madre...” disse con
dispiacere. “Facciamo così, perché non ti fai
sostituire da noi...ti assicuro che seguirò le tue direttive
alla lettera in ogni inutile ed eccessivo dettaglio! Per te va bene
Elena?” intervenne Bonnie con la sua solita disponibilità. “Per
me non ci sono problemi, ti aiuto volentieri, e ti assicuro anch'io
di non interferire in nessun modo con le tue decisioni sul tema,
sulla musica...e... tutto quello che ha progettato la tua mente
iperattiva!” “Ragazze...questa è musica per le
mie orecchie! Vi adoro!” disse con entusiasmo
abbracciandole. “Allora nella pausa pranzo vi preparerò
dei grafici con tutte le cose da fare... mi raccomando voglio essere
aggiornata di continuo e dovrete...” disse con velocità,
mentre si avviavano, ma Elena la interruppe. “Caroline come
sta Tyler?” domandò con apprensione. La vampira
ritornò subito seria. “Arrabbiato...sta bene, ma è
arrabbiato...” “Mi dispiace tanto...sento che è
tutta colpa mia...” disse Elena ripensando a quella sera a casa
dei Lockwood: forse erano state proprio le sue parole ad istigare
Damon contro Blair, quel 'ti aiuterebbe a mantenere il controllo'
era stato il fuoco alla dinamite, pensò. “Non devi
dirlo neanche per scherzo Elena, la colpa è di Damon...come
sempre!” intervenne Bonnie. La vampira annuì
dolcemente dando ragione alla strega. Entrambe condividevano lo
stesso pensiero: Elena non doveva sentirsi in colpa per le malefatte
di Damon, non era giusto!
***
***
In
casa Trinner, Damon e Summer cercavano come sempre di far trascorre
il tempo. Summer si mise a rovistare nella libreria in cerca di
qualche testo interessante, mentre Damon si mise a rovistare nel
mobile bar in cerca di qualche annata interessante, ma trovò
solo del Bourbon scadente. Se ne versò comunque un
bicchiere. “Sai...il tuo fondo schiena e l'alcool sono le
cose che più mi danno la forza di sopportarti...” ammise
teatralmente prima di bere. “Questa è bella...saresti
TU a sopportare ME...”asserì lei allibita. “Ovvio!...sei
tu ad essere isterica, manesca e fredda quanto la Groenlandia...anche
se ieri...mi sei sembrata... dolce...devo dire che quel tuo bacio
fine a sé stesso è stato davvero piacevole...”
asserì con un'ironia finalizzata a far esplodere la sua
rabbia. Per Damon far innervosire Summer era ciò che faceva
scorrere velocemente il tempo! “Stai camminando su un
terreno minato Damon...” rispose con una calma omicida. Sapeva
che l'avrebbe fatta pentire di quel gesto! Era sicura che sarebbe
successo! “Ho semplicemente riportato i fatti così
come sono accaduti.... E devo dire che sono un po' turbato...temo... che tu ti stia innamorando di me...il che sarebbe più
che comprensibile... Ma vorrei che le cose fossero chiare Summer...io
sarò sempre e solo un dotato, esperto e piacevole
intrattenimento sessuale...nient'altro...”disse con enfatica e ironica
costernazione, spostandole una ciocca di capelli dal viso. Summer
lo guardò allibita ma anche visibilmente divertita, ed infatti
le uscì una sonora e spontanea risata. Damon si sentì
infastidito da quella reazione. Doveva arrabbiarsi...non doveva
ridere. Perché diavolo stava ridendo? “Beh, grazie per
l'avvertimento...” disse continuando a ridere. Quel pensiero
avrebbe potuto divertirla all'infinito; ammetteva di avere una forte
attrazione per lui, ma associare Damon alla parola 'amore' per lei
era la barzelletta del secolo! Era inverosimile quanto una scimmia
che si laurea in Fisica Quantistica. Summer continuava a ridere,
mentre Damon la guardava sempre più innervosito. “Sai...
credo che per oggi possa bastare...ho bisogno di bere qualcosa di
meglio per poterti sopportare!” disse avviandosi verso la
porta. “Andiamo...non dirmi che te la sei presa?...Da quando
sei così sensibile?!” disse continuando a ridere.
***
***
“Sei
davvero appiccicosa per essere una donna che non si sta innamorando
di me!” disse Damon tenendole la porta del Grill. “A
differenza di te, io non vado svuotando mobili bar che non mi
appartengono! E non è colpa mia se questo è l'unico bar
di Mystic Falls!” rispose entrando. “Bene...allora
come al solito 'io bancone e tu tavolo', perché sopportarti
ventiquattro ore su ventiquattro sta diventando davvero pesante!”
ribatté lui. “Beh non sono stata io a deciderlo...è
stato un certo Tarzan!” Damon sorrise divertito, poi notò
Alaric seduto al tavolo e subito mise una mano dietro la schiena di
Summer per indirizzarla nel suo cammino. “Che diavolo
fai?” “Cambio di programma...voglio presentarti un
amico...” “Ma non dovevamo stare lontani?” Summer
si ritrovò davanti all'uomo che aveva visto incatenato insieme
a Damon. “Alaric – Summer, Summer –
Alaric” Alaric, che stava correggendo dei compiti, fu
destato dalla voce di Damon. Si alzò per dare la mano alla
ragazza. “In effetti ci siamo già visti in
quella...particolare situazione” disse Alaric, e il vampiro
fece subito spallucce sedendosi. “Sono felice di conoscerti
in un contesto ...più normale...” continuò. “A
dire il vero per me era un contesto normale anche quello...”
disse scherzosamente mettendosi a sedere. “Giusto,
dimenticavo che sei la cacciatrice...” rispose divertito. Summer
sorrise. “Elena mi ha detto che tu e Damon state cercando un
pugnale...come procede?” Summer sorrise ancora: iniziò
a pensare che a Mystic Falls la discrezione fosse l'eccezione e non
la regola. “In realtà stiamo cercando un fiore di
loto; potrebbe essere qualsiasi cosa... un amuleto, una spilla, il
pendente di una collana...” a quel punto tanto valeva
dirglielo, magari aveva delle informazioni a riguardo. “Cerca
di ricordare Rick...Non è che nel tuo portagioie c'è
qualcosa di simile?” intervenne il vampiro. Alaric fece un
mezzo sorriso. “I fiori non mi donano... però...” Summer
e Damon prestarono subito attenzione. “Sabato danno una
festa a scuola...se è stato trasformato in un gioiello è
possibile che qualche ragazza voglia metterlo... Perché non
venite anche voi?” “In effetti non è male come
idea...e poi di solito le feste di quel liceo hanno sempre un certo
risvolto tragico...sono davvero imperdibili!” disse in vampiro
con la solita mancanza di tatto. Summer sorrise. “Vale la
pena tentare... in fondo sono qui già da parecchi giorni... e
...il tuo amico è davvero insopportabile, non vedo l'ora di
sbarazzarmene!” Rick rise di gusto. “Ti
capisco...Damon fa questo effetto!” “Cos'è? Una
coalizione?...E poi ricorda che sono IO a sopportare TE!” disse
mettendo un braccio intorno alle spalle di Summer. “Ripeterlo
non lo renderà vero Damon...non è così che
funziona...” asserì guardandolo divertita. Alaric
osservò quella strana scenetta con sospetto. “A
quanti anni sei diventata una cacciatrice?” chiese incuriosito.
Quella ragazza gli sembrava fin troppo normale per poter fronteggiare
Klaus. “Quindici...” rispose lei senza
esitazione. “Eri una ragazzina...la tua famiglia lo sapeva?
...Oppure sei dovuta scappare di casa?” Il volto di Summer
mutò rapidamente. “Non avevo una famiglia a cui dirlo
quindi...non ho avuto problemi” disse sorridendo, ma con una
nota di difficoltà. “Scusami sono stato invadente”
Alaric si sentì leggermente imbarazzato. “Non
preoccuparti” Summer gli sorrise, ma si sentì a
disagio, così cercò nell'ambiente qualsiasi cosa che
potesse fungere da diversivo. Notò Matt al bancone e subito
decise di sfruttare la cosa. “Ora, se volete scusarmi...ho
un barista da molestare!” disse alzandosi. Alaric sorrise,
sentendosi in colpa per averla messa in difficoltà. Damon,
invece, aveva osservato tutta la scena con una particolare
attenzione, e quando la vide avvicinarsi a Matt qualcosa nel suo
sguardo mutò, ed Alaric lo notò subito. “Complimenti
Rick, ti sei aggiudicato il premio 'Miglior domanda indiscreta'!”
disse il vampiro. “Ammetto di essere stato un vero
cafone...ma di un po'...cosa c'è tra voi due?” “C'è...
dell'ottimo sesso...” “Solo sesso?” domandò
con sospetto. “Cos'altro potrebbe mai esserci?” disse
con lo sguardo rivolto verso il bancone. “Beh...se lo dici
tu. Ci vediamo sabato ...” disse alzandosi e per nulla convinto
di quelle parole. Il vampiro annuì; la sua attenzione
era ancora rivolta ad una scena che non gli provocava nessuna
emozione, ma che non riusciva a non guardare.
Angolino
di NaNa***
Allora...classico
capitolo transitorio dove in pratica non succede nulla^^ Spero non
vi abbia annoiato. Come sempre ringrazio di cuore tutti quelli
che sono arrivati fin qui. Spero di riuscire ad aggiornare presto,
ma in questi giorni sono stata un po' bloccata perché non sono
dell'umore adatto xD Però farò il possibile per non
farvi aspettare^^ Un bacione a tutti^^ Ciao
|
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Capitolo 32 *** Trentaduesimo Capitolo ***
New
York, Settembre 2008
Il luogo di residenza della Triade era
solitamente quello dove risiedeva l'osservatore. I potenziali
osservatori erano persone del tutto ignare del compito che avrebbero
potuto ricoprire. Erano persone che si avvicinavano al mondo
dell'occulto in maniera del tutto autonoma, spinte principalmente
dalla loro curiosità e dalla loro passione per la materia;
infatti, non di rado capitava che fossero dei professori o degli
archeologi. Come accadeva per le cacciatrici e per le streghe, era un
rito a scegliere quello più degno di ricoprire la carica. Dopo
la morte del signor Harris, Lily e Summer si trasferirono a New York.
La nuova osservatrice, Kendra Barkley, era una stimata archeologa ,
nonché professoressa alla Columbia University. Era una
donna di colore di notevole bellezza, dagli occhi grigi che a tratti
diventavano viola e i capelli ricci e voluminosi. Quando venne
chiamata in carica per diventare la nuova osservatrice della Triade
aveva trent'anni, ma Summer e Lily la scambiarono per una studentessa
universitaria. Tra lei e Lily nacque una simpatia immediata, mentre
Summer, subito dopo la morte di Harris, ritornò ad essere la
ragazza chiusa ed introversa di un tempo, che difficilmente dava
l'opportunità alle persone di farsi conoscere. Tra lei e
Kendra, per i primi periodi, ci furono solo scontri, ma, qualche mese
dopo, un sentimento comune le fece avvicinare.
***
***
Tornati
a casa, Summer se ne andò in camera sua e si chiuse nel bagno
per farsi una doccia. Lei e Damon non avevano parlato, ma il
vampiro era rimasto incuriosito a quella strana reazione al Grill;
gli era sembrata nervosa e a disagio e questo gli faceva pensare che
Alaric avesse messo il dito in una piaga di cui lui non sapeva
nulla. Approfittando del fatto che Summer fosse in bagno entrò
nella sua stanza. Sul comodino c'era la collana che gli era
proibito toccare. La prese e la osservò con attenzione, ma di
certo non avrebbe scoperto nulla osservandola. La posò e aprì
il cassettino del comodino. Dentro c'erano dei bracciali, il suo Ipod
ed un diario. Lo prese e si sedette sul letto. Nella prima pagina
c'era scritto:
Philip Harris: anno 2005 Cacciatrice in
carica: Summer Reed Strega in carica: Eleanor Coleman
Damon
sfogliò quelle pagine con curiosità.
26
Gennaio 2005
Ieri
notte, in un locale della periferia di Boston, Summer ha individuato
un vampiro; si faceva chiamare David Gonzales. Summer avrebbe dovuto
chiamare per avvisare me e Lily, ma come sempre ha preferito fare di
testa sua. Si è lasciata corteggiare e si è fatta
portare nella sua dimora. Lui l'ha aggredita subito. A detta di
Summer, se n'è sbarazzata in pochi minuti, ed io le credo: tra
le cacciatrici che ho avuto lei è la più forte, ma
anche la più testarda e sconsiderata. Nella sua cantina ha
trovato dei cadaveri vecchi di settimane, e stamane Lily ed io ci
siamo recati lì per eliminare ogni traccia; quel luogo era
fatiscente e tetro. Summer, invece, era a scuola. Finalmente sta
iniziando ad inserirsi ed è sempre meno scontrosa. Ha un
carattere forte; odia mostrarsi debole, odia mostrare di avere
paura... e per questo affronta sempre ogni cosa a testa alta e con
una certa spavalderia. Questa è la sua forza e la sua
debolezza. Ma con il tempo maturerà, ne sono certo. Capirà
che non c'è niente di sbagliato nella paura, che ammettere le
proprie debolezze è la strada per arrivare alla vera forza, e
che i sentimenti sono ciò che più spingono una
cacciatrice alla sopravvivenza. Lei è restia ad ogni
sentimento... è chiusa in sé stessa. Eppure ogni tanto
mi sorride con una certa spontaneità, ed in quei momenti vedo
ciò che è realmente e non ciò che finge di
essere. Con gli anni diventerà la persona che è
destinata a diventare...che nulla ha a che fare con la ragazzina
introversa che è oggi. Un giorno imparerà ad amare, e
questo, insieme alla sua forza, sarà ciò che la farà
sopravvivere. E ne sono sicuro...lei sopravviverà...
Summer
uscì dal bagno e restò impietrita quando vide Damon sul
suo letto che leggeva il diario di Harris. Il vampiro alzò
lo sguardo verso di lei. "Chi è questo Philip
Harris?... E perché scriveva tutto quello che facevi?"
chiese per poi continuare a sfogliare quelle pagine. Summer andò
verso di lui a passo svelto è subito prese il diario. "Come
ti sei permesso di rovistare tra le mie cose?!" disse adirata,
rimettendo il diario nel cassetto. "Quindi...è come
immaginavo... hai anche tu un nervo scoperto..." mormorò
con la solita insolenza, alzandosi e avvicinandosi a lei. "Chi
era?...un ex fidanzato? E' lui che ti ha regalato quella preziosa e
intoccabile collanina?" continuò per farla esplodere di
rabbia come sempre, ma questa volta notò uno sguardo che non
aveva mai visto; gli occhi di Summer diventarono lucidi e le sue
guance si fecero rosse di rabbia. "Hai oltrepassato il limite
Damon..." bisbigliò sentendosi avvampare. Subito prese la
valigia da sotto al letto. "Vuoi andartene?...Andiamo non
credi di esagerare?" Summer si arrestò. Non poteva
credere alle sue orecchie. "Sai Damon... non pretendo da te
il comportamento leale che ci si aspetta da un amico...perché
è chiaro che non lo siamo...ma non pensavo che mi avresti
trattata alla pari di quegli sconosciuti di cui non ti importa nulla
violando la loro privacy senza il minimo riguardo...credevo... di
potermi aspettare almeno un minimo di rispetto da te..." gli
disse amareggiata e delusa per poi continuare a riempire la sua
valigia. Damon provò una sensazione che non riusciva ad
identificare e tanto meno a spiegarsi. Sapeva solo che quello che
pensava Summer non era vero...e soprattutto che non voleva che se ne
andasse. 'Ho sbagliato...Ma non è come credi...Hai il
mio rispetto!' era ciò che voleva dirle, ma le
ammissioni di colpa, e le parole in generale, non erano il suo forte;
anche un secco 'Mi dispiace' – in quella particolare circostanza di estrema colpevolezza – era decisamente fuori
discussione! Eppure sentiva di dover fare qualcosa per fermarla. Non
poteva lasciare che se ne andasse, il petto gli si stringeva al solo
pensiero. Le prese dolcemente la mano e la guardò con tutto
ciò che provava. "Non farlo. Non te ne andare..." bisbigliò
serio e costernato. Summer si sentì investita da quello
sguardo; Damon sembrava seriamente dispiaciuto, e il modo dolce con
cui le stava tenendo la mano le trasmetteva un calore che non aveva
mai provato. Damon aveva esagerato, e lei si sentiva arrabbiata,
offesa e amareggiata, ma osservò la sua mano e poi lo guardò
di nuovo negli occhi; sembrava davvero pentito e, malgrado tutto il
rancore che provava, non riuscì a resistergli. "E'
l'ultima volta che riesci a fermarmi..." sussurrò
seria. Il vampiro annuì con altrettanta serietà,
sentendosi sollevato. Non voleva che se ne andasse, e capì che
quello che le aveva fatto era stato davvero stupido. Summer lasciò
la sua mano e si riavvicinò alla sua valigia. "Adesso...
lasciami da sola..." bisbigliò senza guardarlo. Il
vampiro annuì ancora e lasciò la stanza. Appena
sentì il rumore della porta che si chiudeva, Summer aprì
il cassetto e sfiorò quel diario. Damon non poteva immaginare
quanto fosse importante per lei.
***
***
Damon
andò nella sua stanza. Vederla con gli occhi lucidi era
stato qualcosa che non si aspettava e che gli aveva provocato una
sensazione che non riusciva a capire. L'unica cosa certa era che
in quel momento gli era sembrata bella...incredibilmente
bella. Ripensò alle sue parole 'non si aspettava da lui
che si comportasse da amico'. Non ci aveva mai riflettuto, ma in
effetti loro non erano amici. Erano solo due persone che facevano
sesso. Nient'altro, pensò. Però, anche se la logica gli
imponeva d'infischiarsene, quel pensiero lo infastidì
terribilmente. In seguito pensò a ciò che aveva letto
su quel diario. Quell'uomo doveva conoscere Summer meglio di chiunque
altro, ed il vampiro si chiese una cosa in particolare: perché
tanta importanza alla sopravvivenza? Poi ricordò ciò
che gli aveva detto Summer parecchi giorni prima 'Noi cacciatrici
non siamo famose per la nostra longevità' e tutto fu
chiaro. Summer, come tutte le altre cacciatrici, rischiava di avere
una vita breve. 'La sua distrazione' stava funzionando alla
perfezione; per tutta la sera Damon non riuscì a pensare ad
altro che a lei.
***
***
Katherine
era ritornata a Chicago con il prezioso Grimorio. Aveva bevuto la
verbena che gli aveva dato Amanda per proteggersi dai possibili
soggiogamenti di Klaus. Il suo corpo si era ormai abituato ma,
inevitabilmente, ogni volta che la beveva la gola le bruciava e le
saliva un acido conato di vomito; niente, in confronto alle torture
che Klaus le avrebbe inflitto. La voglia di riappropriarsi al più
presto del suo aspetto vinceva sulla paura. Non ce la faceva più
a vedersi in quel corpo che non suscitava nessun desiderio. Entrò
nel bar anche se fuori c'era un cartello con scritto 'chiuso'. La
porta era aperta e cigolò leggermente. Si avviò
verso il bancone e lì si girò intorno. La luce del sole
entrava dalle finestre e le sedie erano ribaltate sui tavolini. "C'è
nessuno?" domandò con voce seccata. Un attimo dopo
sentì delle fitte attraversargli la testa, e poi per lei fu il
buio più totale.
***
***
Lentamente
Summer aprì gli occhi. Un raggio di sole le colpiva l'occhio,
ma, soprattutto, un odore di caffè le invadeva le narici. Si
alzò con lentezza e notò sul comodino una tazza
fumante. Fece un mezzo sorriso. Aveva ragione: Damon era
seriamente dispiaciuto e, dato il suo caratteraccio, quello era il
massimo che poteva fare per dimostrarglielo. Ne bevve un sorso
sorprendendosi del fatto che l'avesse perdonato. Davvero non se lo
spiegava...
***
***
Katherine
riprese conoscenza. Aveva la vista abbagliata e la testa ancora
dolorante. "Finalmente ti sei svegliata Katerina..."
bisbigliò Klaus di fronte a lei. Katherine si trovava in
una stanza piccola e poco illuminata dove c'era solo un letto, un
tavolino, un armadio e la poltrona su cui era seduta. Klaus teneva
le mani poggiate ai braccioli e la osservava divertito a distanza
ravvicinata. "Ti ho portato il Grimorio...ridammi il mio
aspetto..." disse con voce leggermente tremante. Klaus
sorrise. "Resta immobile" disse soggiogandola, ma la
verbena nel suo sangue aveva già fatto effetto, così
dovette fingere che le sue parole l'avessero realmente immobilizzata.
Klaus prese uno specchio da sopra al tavolo e la fece specchiare;
era ritornata come prima. Istintivamente Katherine stava per
portarsi le mani al viso, ma subito capì che era un trucco di
Klaus per vedere se fosse priva di verbena. Così mantenne il
controllo e restò immobile. L'ibrido sorrise pensando di
averla in pugno. "Cosa mi farai adesso?" chiese con il
cuore in gola. "Ho l'intera eternità per
pensarci...adesso ho questioni più importanti da risolvere..."
disse riposando lo specchio sul mobile. Katherine deglutì
visibilmente. Doveva fuggire il prima
possibile. "Ora...seguimi...voglio renderti partecipe della
mia gioia..." disse avvicinandosi alla porta. Katherine
si alzò e lo seguì.
***
***
Summer
si vestì ed uscì dalla stanza, ed in quello stesso
istante anche Damon uscì dalla sua. Si guardarono per un
secondo sentendosi entrambi a disagio, poi Summer decise di
sorridergli. Il vampiro abbozzò un mezzo sorriso di
risposta. "Se stasera dobbiamo andare al ballo dobbiamo
tornare presto a casa..." disse Damon avviandosi verso le
scale. "E perché?" "Beh...per farti bella
ti ci vorranno almeno cinque ore...oggi sei particolarmente
orribile!" asserì con la solita ironia. Il volto di
Summer mutò da 'calmo' a 'seccato' nel giro di un
nanosecondo. Lo afferrò per il collo trascinandolo vicino
al muro. Damon sorrise; il suo contatto fisico era esattamente ciò
che stava aspettando. "Possibile che tu debba sempre trovare
il modo di irritarmi!?" ma quasi non riuscì a finire la
frase. Damon le mise una mano tra i capelli ed avvicinò il suo
volto al suo per baciarla con passione. Summer lasciò la
presa e restò con le braccia distese, mentre lui, al
contrario, l'abbracciava con trasporto. Damon, sentendo che il suo
abbraccio non era ricambiato, pose fine al bacio e la guardò
dolcemente spostandole una ciocca di capelli dal viso. Pensò
che fosse ancora arrabbiata, ma un secondo dopo fu Summer a baciarlo
sbottonandogli la camicia. "Così faremo tardi..."
disse lui con dolcezza. "Vorrà dire che al ballo sarò
la più brutta..." rispose lei scherzosamente. Lui
prese il suo viso tra le mani e lo accarezzò con
dolcezza. "...Sarai odiosamente bella..." sussurrò
prima di ribaciarla con passione.
***
***
Klaus
e Katherine scesero al piano inferiore, e la vampira capì di
trovarsi ancora nel bar di Gloria. Al centro della sala la strega
aveva preparato un cerchio di candele e dentro vi aveva riposto il
Grimorio. Nell'angolo della stanza vide Stefan e tra loro ci fu uno
sguardo di qualche secondo. Entrambi erano prigionieri di
Klaus. Gli occhi dell'ibrido brillavano di una luce vittoriosa.
Finalmente le cose procedevano per il verso giusto. Gloria avrebbe
fatto ricomparire l'incantesimo oscurato da Lucrezia, poi avrebbero
cercato i tre elementi usando il suo stesso corpo come tramite per la
localizzazione e, una volta trovati, Gloria avrebbe ricomposto il
pugnale. In seguito avrebbero contattato quella maledettissima strega
originaria che gli avrebbe detto cosa era andato storto nel rito
e cosa poteva fare per rimediare. C'era un bel po' da fare. Ma la
strada, ora che era ritornato in possesso del Grimorio, gli sembrava
spianata. Avrebbe avuto il suo esercito di ibridi e non sarebbe stato
più...un unico esemplare; ce ne sarebbero stati altri come lui
e sarebbe diventato il leader di una nuova stirpe di demoni
invincibili! Il suo destino stava per compiersi! Sorrise quasi
emozionato, e tutto ciò che gli era andato storto per
quell'attimo fu superato da quella nuova speranza. Gloria aprì
il Grimorio all'ultima pagina. Una pagina vuota. In piedi, davanti
al cerchio di fuoco, sollevò una mano mettendola
parallelamente al Grimorio. Si concentrò e mormorò
delle parole in una lingua antica. Una lingua che Stefan e Katherine
non capivano, ma che Klaus conosceva benissimo. Le fiamme si
alzarono di quasi un metro e poi ritornarono subito normali. Gloria
guardò in basso: sulla pagina vuota non comparve nulla. Lo
sbigottimento sul suo volto preoccupò anche Klaus. "Cosa
succede?" domandò l'ibrido con voce dura. Gloria
raccolse il Grimorio da terra ed iniziò a sfogliarlo. Pensò
che forse Lucrezia l'avesse collocato in un'altra pagina. Ma le
sfogliò tutte e non trovò nulla. "Cosa succede
Gloria?" ripeté il vampiro. "L'incantesimo non
c'è...." rivelò incredula. Eppure lei non aveva
sbagliato nulla. "Allora ritenta!" impose il vampiro
con voce dura. "Non dipende dal mio incantesimo..."
farfugliò, mentre continuava a sfogliare quelle pagine, poi
qualcosa la colpì; gli incantesimi contenuti in quel libro
erano troppo semplici, addirittura banali, quello non poteva essere
il Grimorio di una strega appartenente alla Triade! "Questo
non è il Grimorio di Lucrezia..." rivelò
sorpresa. Katherine e Stefan, intanto, osservavano la scena
confusi e spaventati dalla faccia dell'ibrido. "Non è
possibile... è quello che ha usato quella sera! Ero di fronte
a lei e gliel'ho sequestrato subito! Deve essere per forza il
suo!..." l'ibrido si arrestò e si voltò verso
Katherine. "A meno che..." la prese per il collo e la
incastrò con violenza nel muro. "Credevi di
ingannarmi!?" disse a denti stretti stringendo la presa sul
collo. "No...te lo assicuro...è quello che avevi nella
cripta..." disse con difficoltà. "Non credo sia
opera sua..." intervenne Gloria che continuava a sfogliare
quelle pagine. "Allora chi è stato!? Chi l'ha
sostituito?!" urlò Klaus lasciando la presa sul collo
della vampira. "Credo sia stata Lucrezia stessa..."
asserì la strega. Klaus si avvicinò a Gloria e prese
il Grimorio. L'osservò attentamente, e per lui non c'erano
dubbi, era lo stesso che aveva sottratto dalle mani di Lucrezia
quella sera in cui il pugnale fu scomposto. Klaus, con rabbia, lo
scaraventò sul muro; poi ribaltò un tavolo urlando come
un pazzo furioso. Non poteva crederci! Era di nuovo al punto di
partenza! Ed era tutta colpa di quella streghetta da quattro soldi
che l'aveva attaccato durante la trasformazione! Il suo respiro
era affannato ed il suo sguardo omicida. Con la super velocità
si avvicinò a Katherine. "Resta qui e non ti azzardare
a scappare" disse convinto di soggiogarla. "Tu...vieni
con me!" continuò rivolgendosi a Stefan. Il vampiro lo seguì
senza battere ciglio. Klaus era furioso, e in quel momento non gli
andava di pensare ad un piano alternativo. L'unica cosa che gli
premeva era la vendetta. Bonnie doveva morire.
Angolino
di NaNa*** Come
potete vedere il terreno si sta facendo fertile per un po'
d'azione^^ Come sempre spero di non avervi annoiato. Spero che
Damon non sia risultato ooc. E spero che la storia stia
continuando a piacervi..altrimenti ditemelo, così mi do
all'ippica^^ Ringrazio come sempre i recensori, chi mette questa
storia nelle Preferite/Seguite/Ricordate e chi legge^^ Un bacione
a tutti^^ alla prossima
|
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Capitolo 33 *** Trentatreesimo Capitolo ***
Sabato
26 Novembre 2011
***
Chicago ore 8:43 ***
Kendra, seduta nella sua auto, vide
Katherine entrare nel bar di Gloria con un Grimorio tra le mani. Lei
sapeva benissimo che il Grimorio posseduto da Klaus non era quello di
Lucrezia, ma come ogni altro membro della Triade che avesse ricoperto
un ruolo durante i secoli, temeva il giorno in cui l'avrebbe
scoperto. Klaus stava cercando un modo per creare altri ibridi, e il
vero Grimorio era l'unica soluzione; solo la strega originaria
avrebbe potuto dargli le giuste direttive per ultimare la sua
trasformazione; queste, a parere di Lily, si traducevano in un unico
e semplice gesto, uccidere la doppelganger. Appostata nella sua auto,
Kendra non perdeva d'occhio quel bar neanche per un secondo.
***
Mystic Falls ore 10:33 ***
Caroline era in trepidazione. Con
il programma della serata nella mano sinistra e una penna blu nella
mano destra, contrassegnava con un cuoricino tutto ciò che era
stato ultimato. Alcuni ragazzi sistemavano le luci, mentre altri
assemblavano i macchinari per il fumo. Le ragazze si occupavano
degli addobbi. Per l'occasione erano state sistemate, lungo le
pareti, delle poltrone a sacco dai colori sgargianti e, sui tavoli
dove sarebbero stati serviti gli aperitivi, delle 'Lava Lamp'
altrettanto colorate. Al centro della palestra, in alto, era stata
montata una sfera a specchi. Tutto quello che Caroline aveva
progettato dall'inizio dell'ultimo anno stava finalmente prendendo
forma: avrebbe trasformato la palestra della scuola nello Studio 54.
***
Chicago ore 11:12 ***
Kendra stava sorseggiando l'ennesimo
caffè della giornata, mentre sfogliava svogliatamente le
pagine del giornale. Fare gli appostamenti stava diventando qualcosa
di veramente noioso, ma, in fondo, era lei 'l'osservatrice', e quindi era
ovvio che le toccasse 'osservare'. Lily era occupata con la ricerca
della cenere di quercia bianca, mentre Summer era alla ricerca del
fiore di Loto; ognuna di loro aveva un compito noioso e ingrato da
svolgere. L'unica soluzione era rassegnarsi. Ma in quel momento
accadde qualcosa. Kendra vide Klaus e lo squartatore uscire
velocemente dal bar. L'ibrido aveva lo sguardo torvo e gli occhi
iniettati di sangue. Kendra intuì che Klaus avesse scoperto la
verità sul Grimorio: nient'altro gli avrebbe potuto procurare
una simile espressione. Lo vide mettersi in macchina con il
vampiro a seguito, e subito dopo accese la sua per inseguirli. Non
aveva idea di dove fossero diretti...ma l'avrebbe scoperto.
***
Mystic Falls ore 13:20 ***
Damon e Summer, in casa Jackson,
come sempre cercavano modi per far scorrere velocemente il tempo. Il
vampiro, come al solito, frugava nel mobile bar della casa in cerca
di qualcosa da bere. Summer, che aveva già gironzolato per
tutte le stanze, ritornò nel salotto. “Fortuna che reggi
bene l'alcool, altrimenti saresti ancora più
insopportabile...” affermò lei con tranquillità. “Invece
tu da ubriaca sei di gran lunga più piacevole...dovresti
seguire il mio esempio...” disse versandosi da
bere. “Intendi... passare dall' Happy Hour all' Happy
Day?!..Certo Damon... tutti dovrebbero seguire il tuo
esempio! ” disse con ovvia ironia. “Esattamente!” rispose,
pur cogliendo il suo sarcasmo. Summer rise guardando di lato, ed
il vampiro le si avvicinò mettendole una mano sui fianchi e
baciandole il collo. Summer chiuse gli occhi per un secondo in più
godendosi quei piccoli baci. “Sei particolarmente
appiccicoso questa mattina...” disse scostandosi. “...temo...
che tu ti stia innamorando di me...” disse con enfasi,
scimmiottando ciò che le aveva detto il giorno prima. Damon
sorrise. “...Non vorrei offenderti Summer...ma sei
decisamente brutta per i miei canoni...” asserì
scherzosamente; di donne belle come lei ne aveva viste poche persino
in una vita lunga come la sua. “Umm...eppure stamattina mi
è parso di sentire che alla festa di questa sera, secondo te,
sarei stata...odiosamente bella” ribadì con un tono
enfatico e dispettoso. Damon le si avvicinò mettendole le
mani sulle guance con dolcezza. “Summer... volevo fare
sesso... Avrei detto qualsiasi cosa!” affermò
scherzosamente; ma il suo tono non lo salvò da una gomitata in
pieno addome. Summer, dopo averlo colpito, si allontanò con
il solito sguardo irritato, mentre il vampiro sorrise. Per lui
provocarla era qualcosa di irresistibile!
***
Strada Statale I-80 E ore 15:18 ***
L'auto di Klaus correva sull'autostrada ad una velocità sempre superiore ai 150 km/h e
Kendra, con la sua utilitaria, riusciva a stargli dietro con grande
difficoltà. Erano passate quattro ore, e l'ibrido
continuava imperterrito per quella strada. Kendra non aveva idea di
dove fosse diretto, ma poi un terribile dubbio la mise in
allarme. “Chiama Lily” disse. Ed il telefono collegato
all'auto effettuò subito la chiamata. La strega rispose
quasi subito. “Ehy Kendra...qualche novità?” “Temo
che Klaus abbia scoperto che quello in suo possesso non è il
Grimorio di Lucrezia...ora lo sto inseguendo, siamo sulla Statale
80...e credo che sia diretto a New York...” disse con
agitazione. “E' impossibile che abbia trovato un modo per
localizzare il vero Grimorio...l'ho protetto da ogni incantesimo
localizzatore...” “Eppure la Statale 80 porta dritta a
New York Lily... non so, ho un brutto presentimento. Credi che dovrei
avvisare Summer?” “Meglio di no..la metteresti solo in
agitazione e piomberebbe qui immediatamente; è meglio che lei
resti a Mystic Falls a proteggere la doppelganger... ti ripeto che
dubito che abbia trovato un modo per localizzare il vero Grimorio.
Gloria è potente...ma non credo che il suo potere arrivi a
tanto...per quanto riguarda Klaus, anche se dovesse presentarsi qui,
so come tenergli testa...quindi puoi stare tranquilla. In ogni
caso...dimmi se cambia qualcosa...” disse con la sua solita
voce calma e dolcissima. Kendra era davvero preoccupata, ma Lily,
con la sua nota pacatezza, era riuscita a calmarla. “Certo...ci
sentiamo dopo” disse chiudendo la chiamata.
***
Mystic Falls ore 17:45 ***
Damon e Summer avevano deciso che
la dimora dei Carring sarebbe stata l'ultima. Il salotto di quella
casa era piena di acquari bellissimi, e Summer si era piagata per
osservare meglio i pesciolini colorati. Aveva l'aria di una
bambina meravigliata e Damon, seduto sulla poltrona, si ritrovò
a guardarla con dolcezza senza accorgersene. “Hai un vestito
per stasera? ...Altrimenti posso accompagnarti a fare shopping se
vuoi...” Summer si rimise dritta. “Non ce n'è
bisogno... non sono più una liceale che deve necessariamente
avere qualcosa di adeguato, uno a caso dei vestiti che ho
nell'armadio andrà più che bene...” disse ancora
assorta in quello spettacolo. “Come vuoi...ma vedi di non
farmi fare brutta figura...sono uno degli scapoli più ambiti
della città, non posso presentarmi ad un ballo con un
mostriciattolo...” Summer sorrise, lo sapeva benissimo che
non diceva sul serio ed era il solito giro di parole per farla
innervosire. “Parli come se dovessimo andare al ballo come
una coppia...” ribadì lei con calma osservando
l'acquario successivo. “Beh pensavo che saremmo andati
insieme... come una coppia di amici, ma giusto...dimenticavo che noi
non lo siamo...” il vampiro non pronunciò quella frase a
caso. Anche se il suo ego gli imponeva categoricamente di
fregarsene...qualcosa in quell'affermazione l'aveva smosso in
profondità e non riusciva a non far emergere la cosa; lo
infastidiva troppo. Summer per un momento si chiese cosa significasse quella frase...poi ricordò di averglielo detto lei in
preda alla rabbia la sera prima. “Infatti...quindi ognuno
per conto suo...” disse seria. Il vampiro la guardò
con impassibilità. Le parole di Summer significavano che
poteva andare lì e conquistare, davanti ai suoi occhi, tutte le ragazze che voleva.
Bene! Cosa poteva volere di più?!... Eppure il suo volto non
mostrava la minima gioia.
***
Mystic Falls ore 19:30 ***
“Che cos'hai? Ti vedo
pensierosa...” chiese Bonnie mentre si metteva il mascara.
Elena era andata a casa sua per prepararsi. Quello era il primo ballo
a cui doveva partecipare senza Stefan. I precedenti erano stati pieni
di ansia e terrore, ma con Stefan accanto tutto le sembrava
sopportabile. Ora che lui non c'era, l'idea di divertirsi
spensieratamente era ancora più lontana di quando la sua vita
era in pericolo. Bonnie lo sapeva, e le aveva imposto di prepararsi a
casa sua per distrarla il più possibile. Quella sera
dovevano solo pensare a divertirsi.
***
Mystic Falls ore 20:15 ***
Damon bussò alla porta della
camera di Summer. “Entra pure...” disse lei mentre si
metteva degli orecchini. Il vampiro entrò e la guardò
con attenzione. Aveva un vestitino a fantasia fucsia molto corto, con
una cintura bianca sotto al seno e dei vistosi stivali bianchi che
arrivavano al ginocchio. “Hai detto che il tema della
serata è lo Studio 54... vado bene vestita così?”
disse toccandosi il vestito. “Sì...può
andare...e devo ammettere che truccata sei decisamente meno
disgustosa...” disse notando quel leggero velo di trucco.
Summer lo guardò con il solito volto contrariato ma
tenero. Ormai aveva capito che arrabbiarsi era inutile ma,
soprattutto, Damon le sembrava sempre più dolce, e le solite
cattiverie gratuite che adorava regalarle iniziavano ad avere un
altro sapore.
***
New York ore 20:30 ***
Lily non aveva più avuto notizie
da Kendra, ed iniziava seriamente a preoccuparsi. Spostò
un comodino della sua camera da letto e lì c'era un grosso
buco nel muro dove aveva nascosto il Grimorio. Passò la mano
bisbigliando una frase in una lingua antica e il muro si ricompose.
Era una di quelle piccole faccende che si rimandano all'infinito, ma
visto che Klaus si stava dirigendo a New York, la prudenza non era
mai troppa.
***
Mystic Falls ore 21:05 ***
Damon e Summer misero piede nella
palestra della scuola; la festa era iniziata da mezz'ora. La
canzone Loving
Is Really My Game, insieme alle luci psichedeliche e il fumo
bianco, li accolsero in quello squarcio ben organizzato di passato;
Caroline aveva fatto un buon lavoro, al vampiro sembrò davvero
di essere ritornato ai tempi dello Studio 54. “Ahhh gli anni
settanta...” asserì con nostalgia. “Cosa facevi
in quegli anni?” domandò Summer. “Che
domande!...andavo in giro a fare il Tony Manero della situazione! Mi sembra ovvio!” disse
muovendosi a ritmo di musica. Summer rise con il solito
scuotimento di testa di compatimento. “Vuoi una
dimostrazione?!” chiese trascinandosela a sé facendola
piroettare. Summer sorrise ancora, ma in quella posizione notò
il suo Matt in un angolo della sala. “Magari dopo...”
disse sciogliendo la sua presa e allontanandosi. Il vampiro si
sorprese, e quando la vide avvicinarsi a Matt il sangue gli salì
alla testa. Fece una smorfia stizzita e si allontanò.
“Allora?
Che ve ne pare?” chiese con entusiasmo Caroline ad Elena e
Bonnie che stavano ballando al centro della pista. “E'
incredibile! Credo sia la festa più bella mai organizzata a
scuola!” disse Elena facendole brillare gli occhi. “E'
tutto bellissimo!” aggiunse Bonnie. “Lo so! Finirò
dritta nell'annuario come la miglior organizzatrice di tutti i
tempi!” disse con entusiasmo la vampira. Le altre due si
sorrisero. “Ma che trio carino!...Volete farmi da Damon's
Angels?" disse il vampiro mettendo un braccio sulla spalla di Elena ed
un altro sulla spalla di Bonnie. La strega e la vampira si limitarono
a guardarlo contrariate e si allontanarono senza dirgli una parola,
mentre Elena restò lì con lui. “Alaric me l'ha
detto che saresti venuto...Summer è con te?” disse la
ragazza con freddezza. “Diciamo... che è
qui...”rispose buttando l'occhio per capire cosa stesse
succedendo tra lei e Matt; e li vide ballare insieme provando un
forte nervosismo. “Andiamo...non dirmi che ce l'hai ancora
con me!” disse notando lo sguardo torvo della ragazza. “Non
mi risulta che tu abbia fatto qualcosa per farti perdonare ...”
ripose acidamente. Lo sguardo del vampiro mutò; lui sentiva
di non avere nulla da farsi perdonare. “Forse perché
non credo sia il caso...” disse con altrettanta acidità. Elena
lo guardò allibita. “Lascia perdere Damon...non ho
voglia di sprecare fiato” disse prima di
allontanarsi.
“Ciao...” disse la cacciatrice
sfoderando un dolce sorriso. “Ehy....cosa ci fai qui?”
chiese sorpreso. Matt era andato al ballo da solo, e fu felice di
vedere il volto di una così bella e spudorata
corteggiatrice. “Controllo che voi ragazzini pestiferi
facciate i bravi e, soprattutto, che rimaniate sobri....” gli fece un
altro sorriso “Faccio da chaperone”. “Beh...io
sono ancora sobrissimo...”disse giocosamente alzando le
mani. “Ottimo...vorrà dire che non mi pesterai i
piedi...” lo prese per mano e lo trascinò al centro
della pista. Matt la fece volteggiare e lei cambiò visuale.
In quel momento vide Damon vicino ad Elena e provò una strana
sensazione al petto; come se si fosse stretto all'improvviso
togliendole un respiro, ma quella sensazione scomparve subito e lei
si concentrò sugli occhioni blu di Matt.
Elena si era
allontanata e lui non digeriva la vista di Summer che ballava con
Matt. La canzone cambiò ed il dj scelse Boogie
Wonderland. La canzone iniziò e lui si avvicinò
alla cacciatrice. “La riavrai dopo...” disse a Matt
prendendo Summer per la mano, poi la trascinò di forza al
centro della pista. “Che diavolo vuoi fare?” chiese
contrariata, ma subito il vampiro le dimostrò le sue abilità
di ballerino facendola girare velocemente per poi farla ritornare di
fronte a lui. “Voglio mostrare a questi poppanti come si ballava in quegli anni...” disse facendola girare di nuovo. Si mise le
mani di Summer intorno al collo ed in seguito le fece inarcare la schiena per poi
risalire insieme a lei strusciando il volto sul suo addome e al
centro del suo petto. La fece volteggiare ancora sollevandole
ritmicamente la gonna, e quando arrivarono al momento della presa
intorno a loro si creò un vero e proprio cerchio
d'ammirazione.
Elena era ritornata accanto a Bonnie e
Caroline. “E' lei la famosa cacciatrice?” domandò
Bonnie. “E' lei...” rispose Elena mentre li osservava
ballare. “Wow...Sbaglio o Damon sta ..sorridendo...?”
notò Caroline con stupore. “Già...è
quasi inquietante...” aggiunse Bonnie. Elena provò
una sensazione che non riusciva a spiegarsi, tutto ciò che
sapeva e che non riusciva a distogliere lo sguardo da quei due.
***
Strada Statale I-80 E ore 21:15 ***
Klaus continuava a
percorrere quel lungo tratto di autostrada ad una velocità
altissima. Il suo sguardo era ancora furioso, e Stefan non aveva
proferito parola. Non aveva idea di dove volesse andare. Kendra
continuava a stargli dietro con difficoltà. L'ibrido faceva
dei sorpassi a dir poco folli. L'osservatrice era ancora convinta
che la sua meta fosse New York, ma un cambio di direzione da parte
dell'ibrido la costrinse a rivalutare le sue teorie. Klaus svoltò
sulla statale 476 e Kendra attivò il navigatore della sua auto
per capire dove conducesse quella strada. Quando vide che Mystic
Falls era uno degli sbocchi di quell'autostrada chiamò subito
Lily. “Kendra...finalmente!...Cos'è successo?”
chiese la strega. “Mi sono sbagliata! Sta andando a Mystic
Falls!” asserì preoccupata. “Pensi che abbia
scoperto la verità sulla doppelganger?” “Forse
sì...ma a dire il vero non ho idea di cosa sia successo nel
bar di Gloria..L'unica cosa certa è che senza il pugnale non
possiamo fare molto contro di lui...” “Questo è
vero...comunque vi raggiungerò quanto prima...solo che ho
lasciato la mia auto a Summer...dovrò prendere la tua” “Fai
pure...ma sbrigati...Summer è forte, ma non abbastanza per
fronteggiare Klaus...avremmo bisogno anche di te” “Sarò
lì il prima possibile...tu intanto avvertila...” “Certo...”
disse chiudendo la chiamata per indirizzarne subito un'altra a
Summer, ma il suo telefono squillava a vuoto.
A Stefan mancò
il respiro quando capì l'intenzione dell'ibrido di recarsi a
Mystic Fall. Doveva fare qualcosa per avvisare Damon, ma non poteva
fare nulla con Klaus seduto sul sediolino accanto. Si erano
fermati a fare benzina qualche chilometro prima e sarebbe bastata per
tutto il tragitto. Stefan si sentiva il cuore in gola. Se Klaus
avesse scoperto che Elena era ancora in vita non avrebbe esitato
neanche un secondo ad ucciderla! Doveva fare qualcosa!
***
Mystic Falls ore 21:30 ***
La canzone era finita, e Damon e
Summer si sorpresero di quanto si fossero divertiti a ballare
insieme. Avevano ormai capito di avere un'affinità fisica
incredibile; avrebbero potuto ballare qualsiasi cosa facendola
risultare agli occhi degli spettatori come un ballo preparato da
settimane. Ballare era qualcosa che gli veniva naturale quanto stare
insieme sotto le lenzuola. Si guardarono per qualche secondo
ancora con il respiro e il battito del cuore accelerati, ed entrambi
pensarono che un bacio avrebbe reso quel momento perfetto, ma, al
contrario, optarono per una separazione immediata. “Ritorno
da Matt...” “Vado a cercare Elena...” dissero
contemporaneamente. Si sorrisero e si allontanarono. Dopo
qualche secondo, Summer si girò e guardò Damon che si
affrettava a cercare la sua Elena e, dopo qualche altro secondo,
Damon si girò e guardò Summer che raggiungeva
Matt.
Angolino
di NaNa*** Come sempre... parto con l'idea che mi ci vogliano
poche righe per dire una cosa, e invece finisco col dover spezzare un
capitolo^^ La vostra NaNa è davvero prolissa xD Allora...il
balletto di Damon e Summer (con tanto di canzone in sottofondo) è ispirato ad un balletto di “So You Think You Can Dance” e
potete vederlo, se vi va...premendo qui
^^ ( visto che sono incapace, scritto non rende quanto in video
xD) Ma ripeto...è solo ISPIRATO, ovviamente non ce li vedo a fare tutte quelle mosse xD Altra cosa che non frega a nessuno xD ma tengo cmq a precisare
è che le strade e i tempi di percorrenza sono reali...e
ringrazio il mio caro amico Google per avermi aiutato xD Come
potete vedere il capitolo porta la data del 26 Novembre...ho sforato
con i tempi di un bel po'....perché la fic finisce il 31
dicembre...ma dubito che riuscirò a finirla per quella data
xD Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto^^ Oggi un
ringraziamento particolare va a tutte quelle persone che hanno
recensito, visto che la fic ha superato le 100 recensioni!!!(ME
FELICE*.*) non me lo immaginavo e, soprattutto, non credo di meritare
il tempo che mi avete dedicato; ma tutto quello che posso dire è
GRAZIE DI CUORE!!!*.* se non fosse per voi, che mi date la carica
ogni volta, probabilmente la fic non sarebbe ferma...MA DI
SICURO...non sarebbe al 33esimo capitolo!!! Ancora GRAZIE!!!*.* Un
bacione e ...alla prossima^_-
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Capitolo 34 *** Trentaquattresimo Capitolo ***
***
Mystic Falls ore 21:35 ***
Damon non aveva nessuna
intenzione di andare da Elena: non aveva voglia di sentire prediche.
Quindi non aveva idea del perché avesse detto a Summer che
sarebbe andato a cercarla. Il vampiro aveva sentito il bisogno di
allontanarsi da lei, ma, come gli capitava spesso ultimamente, faceva
quel che faceva senza capirne il perché. Fu fermato da
Alaric. “Allora? Come procede la vostra ricerca?” gli
chiese l'umano. “Non ne ho idea. Devi chiederlo alla
cacciatrice...” Il volto di Alaric si velò di
serietà, poi disse: “Pensi che possiamo fidarci di
lei?” Damon si arrestò per un istante, chiudendosi
nei propri pensieri. Non aveva mai dubitato di Summer, e non era da
lui. Si ritrovò ad osservarla e notò che stava ballando
un lento con Matt. “Vuole Klaus morto tanto quanto lo
vogliamo noi... e questo mi basta” Alaric annuì,
voltandosi anche lui verso la ragazza. “Umm... A quanto vedo
il timido Matt ha fatto colpo!” La mascella del vampiro
s'irrigidì prontamente. “Evidentemente ha un debole
per i ragazzini insignificanti!” affermò, con un tono
duro. Alaric lo guardò con una vena di sospetto, dicendo:
“Mi sembri un tantino geloso...” E il vampiro ricambiò
con uno sguardo allibito e rispondendo: “Tsk. Che
assurdità...” “Strano, perché da quando
abbiamo iniziato a parlare non hai smesso di guardarla neanche per un
secondo...” Tutto il fastidio provato dal vampiro bruciò
e trapelò da un'occhiataccia parzialmente minacciosa. “Di
un po' Rick, qual è il problema? Sei a corto di pettegolezzi
da mandare a Gossip Girl? Tsk... Mi sembra di parlare con 'una'
Teenager...” Alaric ridacchiò allegramente. Damon si
stava scaldando fin troppo: era chiaro che provasse qualcosa per
lei! “Hai ragione! Forse il mio problema è che passo
troppo tempo con gli adolescenti. Evidentemente sono contagiosi!”
disse scherzosamente per placare il tono del vampiro. Damon li
osservò ancora, e qualcosa gli fece schizzare la pressione
alle stelle: le loro labbra... si stavano avvicinando troppo...
decisamente troppo! Il vampiro si allontanò senza degnare
Alaric di una risposta: la sua attenzione era rivolta interamente a
quella scena.
“Allora Matt, come si spiega un ragazzo
così carino che va ad un ballo da solo?” Il ragazzo,
come sempre, si sentì tremendamente imbarazzato; Summer era
troppo diretta per un ragazzo timido come lui, ma questa cosa gli
piaceva: il suo temperamento sicuro gli ricordava la schiettezza di
Caroline e la sua bellezza semplice lo riportava alla dolcezza di
Elena. “E' stato un anno difficile e... la vita sociale ne
ha risentito” disse un po' impacciato e con quel classico alone
di tristezza che lo caratterizzava; a Summer quegli occhi blu
infinitamente tristi piacevano da morire! Lo guardò con
tenerezza. “Beh, Matt...vengono degli anni che fanno
decisamente schifo!” disse con rassegnata allegria “Ma
poi il tempo passa... e le cose belle ritornano. Poi spariscono e poi
ritornano ancora” continuò con dolcezza. Matt le sorrise
con il solito imbarazzo: quella ragazza gli piaceva perché
irradiava un senso di forza contornato da un qualcosa di confortante.
Pensò che fosse il suo sorriso a fare quell'effetto, perché
era perfetto, dolce e luminoso. Piano avvicinò le labbra a
quelle della ragazza. La musica creò l'atmosfera giusta e non
gli sembrò di star affrettando le cose. Summer capì
che Matt stava per baciarla e per un attimo il suo cuore si fermò
pensando a Damon; era come se lo stesse tradendo, ma capì
immediatamente che era una sensazione priva di fondamento. Tra loro
non c'era nulla e per di più lui era innamorato di Elena. Se
si fosse fermata per lui, sarebbe stata una vera stupida; eppure non
riusciva a non pensare a quell'odioso vampiro. Damon spezzò
quella magia, posizionandosi dietro la ragazza e mettendole un
braccio attorno al collo. “Gli chaperone gli adolescenti li
sorvegliano: non li molestano! Cattiva, cattiva ragazza!”
disse, allontanandola dall'abbraccio di Matt. “Non
ringraziarmi Matt, te ne libero volentieri!” aggiunse,
trascinandola ancora più lontano. Matt e Summer non avevano
avuto neanche il tempo di replicare, perché il vampiro era
stato il solito uragano d'irriverenza. Summer si sentì
avvampare per l'imbarazzo: da una parte voleva strangolarlo con tutta
la forza che aveva in corpo e da un'altra si sentiva stranamente
sollevata. “Si può sapere che diavolo vuoi?!”
domandò infuriata. “Sbaglio o sei qui per cercare un
medaglione? Mi sembra che tu stia facendo tutt'altro!” la
rimproverò duramente lui. “Devo solo stare attenta
alle sensazioni che provo Damon. E sarebbe più facile se mi
lasciassi in pace e la smettessi di farmi innervosire!” ribadì
lei, con altrettanto nervosismo. “Sii più specifica
Summer: devo lasciarti in pace, oppure devo lasciarti in pace col
moccioso dagli occhioni blu?!” disse stizzito, scimmiottando il
modo in cui lei era solita chiamare Matt. Entrambi
s'immobilizzarono per un secondo chiedendosi cosa stesse succedendo.
A Summer quella sembrò una scenata di gelosia in piena regola,
ma non poteva essere, perché tra di loro non c'era niente.
Quindi che diavolo di problema aveva? Dopo un attimo di
disorientamento, con un tono più calmo, disse: “Non
capisco quale sia la differenza...” E il vampiro non sapeva
cosa rispondere e tanto meno sapeva il perché di quella
scenata fuori luogo. “Sto aspettando una risposta...”
aggiunse lei, mentre lo guardava incuriosita. Una musica più
ritmica venne in soccorso del vampiro, che subito l'attirò a
sé facendola volteggiare. ♫Knock
on wood♫ Damon
si ritrovò alle spalle della ragazza. “Lascia
perdere. Adesso ho bisogno del tuo corpo...” le sussurrò
all'orecchio con un tono sexy e autoritario. La cacciatrice si
sentì fremere e non capì le sue intenzioni, ma lui la
fece volteggiare nuovamente, palesando la sua necessità di
rimettersi al centro dell'attenzione. E quello strano
comportamento le fece passare tutta la rabbia nel giro di un secondo.
Damon era sempre il solito! Il vampiro si morse il labbro col
solito fascino giocoso, trascinando il suo corpo in una sequenza di
mosse da cui non poteva scappare e che, soprattutto, la facevano
divertire. Ancora una volta, intorno a loro si creò uno spazio
contornato da giovani in contemplazione. Quei due erano
fenomenali!
Alaric aveva assistito a tutta la scena con una
certa dose di curiosità. Damon sembrava più preso di
quanto ammettesse. Elena gli si avvicinò e lui le
sorrise. “Sbaglio o Damon sta sorridendo?” chiese
Rick, con un certo stupore. Elena alzò un sopracciglio:
anche Alaric aveva notato ciò che non era sfuggito neanche a
Caroline. “No Rick. Non ti sbagli...” disse provando
ancora quella sensazione di disagio che l'aveva colta prima.
***
Strada Statale I 476 E ore 22:04 ***
“Chiama Summer”
disse nuovamente Kendra. Ma il telefono della cacciatrice squillava
senza che lei rispondesse. L'osservatrice era sempre più
agitata. “Chiama Lily” il telefono effettuò la
chiamata e la strega rispose quasi subito. “Kendra, dove
sei?” “Ancora sulla 476. Dovrei arrivare a Mystic
Falls tra meno di un'ora e non riesco a rintracciare Summer!” “Anche
io sto provando a chiamarla, ma il telefono squilla a vuoto. Io
dovrei arrivare lì tra un'ora e mezza... Klaus?“ “Non
l'ho perso d'occhio neanche per un istante e inizio a temere che si
sia accorto che lo sto seguendo...” “Fa' attenzione.
Comunque, per arrivare lì il prima possibile, sono arrivata a
punte di 170 Km/h . Mi sa che ti arriveranno un bel po' di multe!”
disse la strega per sdrammatizzare. Kendra ridacchiò
scuotendo il capo. “Basta che arrivi in tempo!”
“Ah... mille anni di stregoneria e nessuna strega è
riuscita a mettere a punto il teletrasporto! Giuro che una volta
ucciso Klaus mi ci dedicherò giorno e notte!” asserì
con enfasi. “Risolveresti un bel po' di problemi!”
rispose allegramente l'osservatrice. “Ora attacco e provo a
richiamare Summer. Ci sentiamo dopo” continuò con più
serietà.
“Perché siamo diretti a Mystic
Falls?” chiese Stefan, interrompendo quel silenzio che andava
avanti da più di dieci ore. “Ho una strega da fare in
mille pezzi...” mormorò Klaus con uno sguardo da pazzo
furioso. Mettendo una mano nella tasca del suo cappotto, Stefan,
alla cieca, aveva premuto il tasto 1 e poi quello di chiamata del suo
telefono: era la chiamata rapida salvata con il numero di Damon.
Aveva aspettato qualche secondo e poi aveva fatto a Klaus quella
domanda. Era tutto ciò che poteva fare per avvertire il
fratello, e sperava davvero che avesse funzionato.
***
Mystic Falls ore 22:10 ***
La canzone finì e i due
terminarono di ballare abbracciati e sorridenti. Si guardarono con
dolcezza e le loro labbra si avvicinarono. “Non siamo venuti
qui come una coppia, se ci baciamo, ci roviniamo la piazza a
vicenda...” mormorò lei scherzosamente. A Damon in
quel momento non importava, voleva baciarla e, soprattutto, doveva
delimitare il suo territorio! Così ricoprì velocemente
i centimetri che li separavano e la baciò con passione.
Elena
guardò Damon e Summer baciarsi appassionatamente, ed ebbe la
conferma di ciò che sospettava. Tra loro due c'era qualcosa, e
quel pensiero fu un boccone inaspettatamente amaro. Anche Matt li
vide e decise di farsi da parte. Damon come rivale era l'ultima cosa
che gli serviva nella vita!
Le loro labbra si allontanarono
dolcemente e una sensazione di disagio li pervase di nuovo. Entrambi
provavano una sensazione forte e trascendentale che li univa con la
stessa forza con cui li separava. “Vado a prendere da bere!”
disse Summer. “Vado fuori a prendere aria!” asserì
Damon nello stesso istante. Si sorrisero e si allontanarono,
ancora una volta.
Summer andò a prendere da bere,
recuperando anche la sua pochette lasciata sui gradini. L'aprì
ed estrasse il telefono: c'erano quindici chiamate perse di Kendra e
otto di Lily. Con agitazione corse fuori e chiamò
Kendra. “Cosa succede?” domandò
preoccupata. “Finalmente! Klaus sta venendo lì...” “Cosa?!
Perché? Ha scoperto di Elena?” “Non ne ho
idea... Comunque siamo vicini... tempo mezz'ora e saremo entrambi lì,
mentre Lily arriverà verso le undici e mezza” “Ok.
Ci sentiamo dopo” Summer pose fine alla telefonata per correre
in palestra.
Damon si versò da bere e poi estrasse
distrattamente il telefono dalla sua tasca per controllare l'ora.
Notò una chiamata in segreteria e subito si allontanò
per ascoltarla. Era un messaggio parecchio disturbato con delle
voci in lontananza, ma, grazie al suo udito da vampiro, riuscì
a capire ogni cosa.
Lui e Summer si scontrarono casualmente
vicino l'ingresso della palestra. “Klaus sta venendo qui!”
dissero entrambi. “Tu come fai a saperlo?” chiese
Summer. “Mio fratello mi ha lasciato un messaggio in
segreteria” “Ha scoperto di Elena?” “No,
sta venendo qui per uccidere Bonnie!” “Chi è
Bonnie?” “E' la strega che ha cercato di ucciderlo
durante la trasformazione” disse lui, guardandosi intorno
alla ricerca delle ragazze. “Ascolta Damon, prendi Elena e
portala il più lontano possibile ”propose lei, prendendo
il suo volto tra le mani con una dolcezza che sorprese entrambi. “E
tu cosa farai?” “Resterò qui a proteggere la
strega!” “Non se ne parla. Non ti lascio da sola!”
asserì lui, serio e preoccupato. E quelle parole colmarono
Summer di stupore: non si aspettava una simile apprensione. Prese
il suo volto ancora più delicatamente, accarezzandolo
quasi. “Non sono io la damigella in pericolo Damon. Devi
proteggere Elena. Deve restare al sicuro. Ok?” sussurrò
con dolcezza. Il vampiro annuì. Che diavolo gli era saltato
in mente? Era ovvio che dovesse pesare prima e soprattutto ad Elena!
“Vieni dobbiamo trovarle alla svelta!” disse poi,
prendendola per la mano. Poco dopo, le videro in fondo alla sala
che scherzavano con un loro compagno di classe. “Ci serve
privacy, vai a scaricare gli ormoni altrove!” esclamò il
vampiro soggiogando il ragazzo, che si mosse all'istante. “Cosa
vuoi Damon?” il tono acido di Bonnie. “Klaus sta
venendo ad ucciderti e sono indeciso su cosa regalargli per
ringraziarlo!” rispose lui con giustificata malignità. “Cosa?!”
quella era l'ultima cosa che Bonnie si aspettava in quel
momento. “Devi andartene alla svelta da Mystic Falls Elena.
Klaus non deve assolutamente sapere che sei in vita...”
intervenne Summer. “Ma se Klaus sta venendo qui significa
che con lui c'è anche Stefan...” e negli occhi della
doppelganger si accese un vivido barlume di speranza. “Sì
Elena, è probabile! Ma questo non è il momento adatto
per una riconciliazione! Devi andartene subito...” asserì
la cacciatrice con un tono più duro e perentorio. “No!
E poi non lascerò Bonnie...” asserì lei,
risoluta. “Elena non dire assurdità. Devi metterti in
salvo! Io posso farcela... fidati!” la rassicurò la
strega. “Bene, hai sentito? La cacciatrice e la strega
terranno tutto sotto controllo. Ora muoviti!” Damon, con i
soliti modi autoritari, afferrò bruscamente il suo
braccio. “No...” continuava la ragazza. “Ah
con le buone non si ottiene mai niente” sospirò ed
asserì enfaticamente il vampiro, per poi caricarsela sulla
spalla come un sacco di patate. “Mettimi giù
Damon...” Elena era allibita: Damon era il solito
cavernicolo! “Cosa?! Non ti sento: la musica e troppo alta!”
esclamò lui, ironicamente. “Mi senti benissimo Damon,
mettimi giù!”continuò lei, ma il vampiro la
ignorò volutamente. “Bene. Tenetemi aggiornato e...”
si voltò verso Summer e la guardò con preoccupazione
“cercate di restare in vita...” La cacciatrice gli
sorrise dolcemente. “Bonnie...” pronunciò Elena
con un volto carico di preoccupazione. “Tranquilla Elena. Ho
tutto sotto controllo” la strega le dedicò un sorriso
rassicurante. Damon si avviò verso l'uscita con Elena
ancora caricata sulla spalla e la portò fino alla macchina,
incurante delle sue lamentele. La mise giù e le aprì
lo sportello con una galanteria che contrastava con tutto ciò
che aveva fatto fino a quel momento. Lei lo guardò stizzita
ed entrò in macchina. “Non posso crederci. Dopo aver
passato un'intera estate a cercarlo... ora sono io a dovermi
allontanare da lui!” borbottò contrariata e
triste. “Devi pensare a restare in vita Elena...”
rispose lui, con l'atteggiamento maturo di un genitore, mettendo in
moto l'auto. “Amh, felice di sapere che ti importa ancora
qualcosa di me...” asserì lei, quasi imbronciata. Damon
si girò verso la ragazza e la guardò con una serietà
disarmante. “A me importerà sempre di te …
Elena...” e pronunciò quelle parole con l'intensità
che lo caratterizzava nei momenti importanti. Tra di loro si creò
il classico minuto di tensione. Elena si sentì pervadere da
una felicità rassicurante, sentendo quelle parole, e Damon si
sentì altrettanto contento per aver messo fine a
quell'incomprensione. Lui l'avrebbe sempre protetta e soprattutto
l'avrebbe sempre messa al primo posto. Perché l'amava...
l'amava ancora...
Angolino
di NaNa*** Ed
eccomi qui^^ Lo so, lo so! Klaus si sta facendo attendere:
perdonatemi^^...ma vi ripeto, so di essere prolissa! ed infatti, nel
prossimo capitolo, dopo ben 170 pagine di word...FINALMENTE ...Damon
e Summer capiranno di essere AMICI!!! Yeahhhhh!!! *.* Sono emozionata
all'idea di scrivere uno dei capitoli per cui è nata la fic^^
I'M HAPPY^^ Come sempre spero di non avervi annoiato...lo so, ogni
cosa è tirata per le lunghe...(Per non parlare del rapporto
Damon/Summer che procede con la velocità di un bradipo -_-)
però spero davvero che non stiate perdendo interesse^^ Un
bacione e ...al prossimo capitolo *.*
|
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Capitolo 35 *** Trentacinquesimo Capitolo ***
Le
ragazze, insieme ad Alaric, erano nel corridoio della scuola e
pensavano al da farsi. Summer si voltò verso Bonnie e la
guardò con apprensione. “Se Klaus sta venendo qui per
ucciderti è probabile che sia diretto a casa tua...” La
strega si sentì raggelare, ma poi ci ragionò
attentamente cercando di mantenere la calma. “Sì, è
probabile, ma l'unica strada per arrivarci è quella che passa
per la scuola; quando vedrà che c'è una festa in atto
sicuramente vorrà controllare” “Allora sarà
meglio restare qui, così tuo padre non correrà
rischi...” intervenne Alaric. La strega annuì
preoccupata. “Bene, vuol dire che non dobbiamo fare altro
che aspettarlo...” Summer non sembrava agitata quanto gli altri
due. “Ti vedo tranquilla...l'hai già affrontato in
passato?” domandò l'umano. “A dire il vero
no...il piano era recuperare prima il pugnale e poi affrontarlo; non
ha molto senso fronteggiare un nemico che non può essere
ucciso. Non trovi?” Summer era preoccupata nella misura in cui
era eccitata; l'idea di misurarsi con un avversario così forte
era qualcosa di elettrizzante, e se avesse avuto il pugnale ne
sarebbe stata addirittura felice. “Sì, è
giusto...” Alaric, invece, era decisamente teso; Bonnie non era
riuscita ad uccidere Klaus neanche durante la trasformazione,
significava che poteva fare ben poco contro di lui. “Caroline?”
domandò Rick. “Ho preferito non dirle
nulla...” “Si...capisco...” Summer non aveva
idea di chi stessero parlando, ed il fatto di doversi ritrovare fra i
piedi delle persone che non conosceva, in un momento così
delicato, la infastidiva. “Tu sei un umano...dovresti
metterti in salvo...” con quel tentativo sperava di avere una
persona in meno a cui pensare. “Forse non avrò nessun
potere...ma che razza di uomo sarei se vi lasciassi da sole?” Summer
sorrise ma non ne fu contenta; a quanto aveva capito era un amico
stretto di Damon e, se gli fosse successo qualcosa, lei non se lo
sarebbe perdonato. “Come preferisci...Beh...è inutile
stare qui, tanto vale ritornare in palestra... sarà lui a
trovarci...” Alaric e Bonnie annuirono e la seguirono, e nel
frattempo lei mandò un messaggio a Kendra.
***
***
Damon
percorreva una strada isolata e poco illuminata a gran velocità,
mentre Elena fissava il suo telefono sperando in qualche notizia da
parte di Bonnie. “Siamo quasi arrivati...” “Dove?”
chiese la ragazza, destandosi dalla sua preoccupazione. “Qui
vicino c'è un Motel...se sarà il caso passeremo la
notte lì...” In altre occasioni Damon avrebbe contornato
una simile frase di allusioni ironiche e provocatorie, ma, in quel
momento, il suo nervosismo non gli permise di essere frivolo. Elena
non aveva mai passato una notte con Damon e quel pensiero fece
battere forte il suo cuore e fece sudare rapidamente le sue mani, ma
quelle risposte fisiologiche la riempirono di vergogna e senso di
colpa. Lei era innamorata di Stefan...non poteva provare delle
sensazioni simili per suo fratello! Annuì cercando di non
lasciar trapelare il suo disagio, ma Damon, quel gesto, non lo notò
neanche. Era incredibilmente preoccupato e se ne sorprendeva. Non
credeva di tenere così tanto alla vita di Summer.
***
***
Klaus
era arrivato a Mystic Falls e la sua guida era ritornata ad essere
meno spericolata. Guardò lo specchietto retrovisore e notò
un'auto blu. Gli venne il forte dubbio di essere stato pedinato; ma
chi poteva essere il folle da osare tanto!? Non se ne curò:
chiunque fosse, avrebbe assaggiato la sua furia omicida alla pari
della strega. “Indicami la strada...” ordinò a
Stefan. Il vampiro si odiò, ma non aveva altra scelta.
Sperò che Damon avesse ricevuto il messaggio...o che almeno
non fosse la classica serata da pigiama party. La vita di Bonnie, per
quanto gli fosse cara, per lui non era nulla paragonata a quella di
Elena. “Devi passare per la scuola e poi devi girare a
destra” disse sentendosi un verme.
Quando arrivarono
fuori la scuola entrambi notarono le decorazioni e i tanti gruppetti
di ragazzi che parlavano e scherzavano tra di loro. Era chiaro
che avessero organizzato un ballo. All'ibrido si illuminarono gli
occhi. Si sarebbe divertito più del previsto! Stefan,
invece, si sentì raggelare, e sperò con tutte le sue
forze che Damon avesse portato Elena lontano da
quell'edificio. “Cambio di programma...” l'ibrido
parcheggiò l'auto sull'aiuola causando la curiosità dei
ragazzi. Restò qualche secondo fermo per osservare il
comportamento del conducente dell'auto sospetta; ma questa andò
dritta e alla stessa velocità. Quando le due vetture furono
parallele, Klaus volle notare con precisione chi ci fosse
all'interno, e vide una donna di colore abbastanza giovane. Capendo
di essersi sbagliato scese dall'auto. L'ibrido percorse il tratto
che lo separava dall'entrata con un sorriso diabolico impresso sul
volto. Lui e Stefan fecero il loro ingresso e l'ibrido non perse
tempo. Fermò un ragazzo che gli era passato di fronte
mettendogli una mano sul petto “Sto cercando Bonnie...” “Non
so neanche di chi stai parlando...” rispose con aria
scocciata. “Risposta sbagliata” con un gesto
rapidissimo gli spezzò l'osso del collo. Il ragazzo cadde a
terra esanime, ma tutti pensarono che fosse semplicemente
svenuto. Bonnie notò il putiferio, avvistò Klaus e
gli si avvicinò con coraggio. “Non fare il codardo e
prenditela con chi può darti del filo da torcere” L'ibrido,
vedendosela di fronte, sorrise soddisfatto; ucciderla, in fondo, era
solo un dettaglio di poco conto che si sarebbe esaurito in un attimo,
pensò. “Sei convinta di potermi
fronteggiare...esilarante...” asserì con la solita
placidità diabolica che lo contraddistingueva. Intanto gli
altri si erano affrettati a chiamare un'ambulanza. A gestire la
situazione c'era Caroline, che non si era minimamente accorta della
presenza dell'ibrido. Summer ed Alaric osservarono tutta la scena
a distanza. “Seguimi...” la strega, con coraggio, lo
condusse in uno dei corridoi più lontani ed isolati. Stefan
li seguì in silenzio; Bonnie gli aveva dedicato una sola
occhiataccia carica di sdegno. Vederlo al servizio di Klaus, per lei
che aveva accettato con grande difficoltà il fatto che fosse
un vampiro, era stata una grande delusione. In pochi minuti si
trovarono nel corridoio più lontano rispetto alla palestra. La
strega si fermò, mentre Klaus e Stefan si allontanarono di un
paio di metri. “Sei molto sicura di te per essere sola
contro due vampiri...anzi un vampiro e un ibrido estremamente
potente” Klaus era il solito presuntuoso. “Spiacente
Klaus, ma dovrai rivedere i tuoi calcoli...” Summer pronunciò
quelle parole sbucando dall'angolo del corridoio insieme ad Alaric
che subito lo colpì con la sua balestra. Il paletto si
conficcò nell'addome dell'ibrido, ma per lui quel colpo fu
paragonabile ad una puntura d'insetto. “Sei talmente
patetico... che mi fai vergognare di aver preso in prestito
quell'inutile corpo...” asserì a denti stretti estraendo
il legno dalla carne. Summer lo guardò con spavalderia
tenendo le braccia conserte. Non avrebbe mostrato neanche un briciolo
di timore, non era da lei. “Lascia che me ne occupi io...”
Stefan aveva un'occasione per mostrare all'ibrido un po' di falsa
fedeltà. Preferiva prendersela con Alaric consapevole che
qualsiasi cosa gli fosse accaduta avrebbe avuto il suo anello a
salvarlo, e Klaus, di questo, non ne era a conoscenza. Subito fece
comparire i suoi canini e lo aggredì. L'ibrido lo guardò
con soddisfazione credendolo un gesto di lealtà. Alaric si
sentì i denti di Stefan conficcati nella carne; il vampiro
sapeva che lui, avendo il suo anello, non faceva uso di verbena e
così andò a colpo sicuro. Summer intervenne subito
afferrandolo per il collo. Lo trascinò fino a sbatterlo contro
gli armadietti che si deformarono sotto il suo corpo. Klaus
osservò quella scena incuriosito. “Notevole...pensavo
fossi un'umana...ma a quanto vedo...mi sbagliavo...” l'ibrido
era piacevolmente incuriosito. “Infatti non lo sono...”
lasciò la presa sul collo di Stefan e si avvicinò a
Klaus “Sono la cacciatrice...” continuò con
sicurezza guardandolo fisso negli occhi. “Vorrà dire
che le cose saranno più divertenti del previsto...”
bisbigliò con un filo di voce diabolico e spavaldo. Stefan
spalancò gli occhi; pensava che la cacciatrice fosse solo una
leggenda metropolitana. Klaus già pregustava il suo
sangue. Summer sarebbe stata la nona cacciatrice tanto stupida da
affrontarlo, ed avrebbe fatto la fine delle altre otto, sarebbe stata
la sua prelibata cena. “Sbarazzati dell'umano e della
strega...io devo divertirmi con questa coraggiosa signorina...”
la sua collera verso Bonnie venne rimpiazzata dall'eccitante idea di
uccidere l'ennesima cacciatrice. Stefan eseguì gli ordini
e subito ritornò ad attaccare Alaric, ma qualcosa, in
quell'attimo, gli punse il collo e subito la sua vista si fece
offuscata per poi sfociare in un buio totale. Era stato un dardo
di verbena lanciato da una donna nascosta nel buio. Quando questa
venne alla fioca luce che entrava dalle vetrate dell'uscita
d'emergenza e da altre luci artificiali più lontane, l'ibrido
la riconobbe subito. Era la donna di colore che aveva visto
nell'auto.
***
***
Damon
ed Elena erano finalmente giunti a destinazione. Damon aveva
scelto un motel che si trovava in un luogo
sperduto ed isolato: per arrivarci avevano attraversato stradine buie che avrebbero messo inquietudine a chiunque. I due si
sistemarono nella stanza indicata dalla proprietaria: un piccolo ambiente dalle pareti bianche
dove c'era solo un letto con i due comodini ed un armadio un po' datato. Subito
la ragazza si avviò verso l'ampia finestra e guardò
all'esterno con un volto pensieroso e agitato. Qualche secondo
dopo si soffermò sull'immagine di Damon riflessa nel vetro.
Osservò i suoi gesti e lo vide sedersi all'angolo del letto
con i gomiti poggiati sulle cosce; il suo sguardo era perso nel
vuoto. La ragazza si girò e si avvicinò sedendosi
accanto a lui. “Sono al sicuro qui Damon...va da lei...”
Quel tono dolce gli provocò una sensazione piacevole che
contrastò con la durezza della sua risposta. “Perché
dovrei?...” “Perché è evidente che tieni
a lei e sei preoccupato...” “Conosco quella donna da
cinque minuti Elena...” cercò di mostrarsi freddo ed
impassibile, ma un nodo alla gola gli impedì di
continuare. “Il tempo non significa niente Damon...è
chiaro che siete legati...” Quella frase lo fece innervosire
a dismisura. No, non era vero... e a dirla tutta Summer in lui non
vedeva neanche un amico, e per questo si sentì ancora più
stupido a sentirsi un verme per averla lasciata da sola! Ed Elena,
invece, era come se lo stesse spingendo tra le sue braccia! Questi
due pensieri amplificarono quel senso di solitudine che lo
accompagnava da tutta la vita. “Ti fa sentire meglio... Il
pensiero che io possa innamorarmi di un'altra donna...?” chiese
con una lieve durezza senza voltarsi a guardarla. Elena si sentì
a disagio; quello era un argomento che non poteva
affrontare. “No...Non è come credi...sono solo felice
per te...tutto qui” cercò di chiudere quel discorso
scomodo, ma quelle parole fecero solo irritare Damon ancora di
più. Felice?! Felice di cosa?! … Quella parola
riecheggiò nella sua mente accendendolo di rabbia. Come poteva
lei essere felice per lui...quando lui non lo era per niente! Si
alzò stizzito. “Lascia perdere Elena...non sono in
vena di discorsi stucchevoli e privi di senso!” Il suo
tono, duro e a tratti acido, intimò Elena a non
replicare. Damon andò in bagno per versarsi dell'acqua
fredda sul volto. Si specchiò detestando la sua immagine;
aveva lasciato Summer da sola contro Klaus, e per di più non
riusciva neanche ad essere gentile con la donna che amava. Come
sempre non si sentì degno di niente, ma almeno sentiva di aver
fatto la cosa più giusta. Doveva proteggere Elena, e non
importava quanto fosse difficile respirare in quel momento. Non si
spiegava perché si sentisse così male al pensiero di
perdere Summer. Non era amore...ne era sicuro. Ma le persone che,
come lei, lo accettavano per quello che era, erano rare, ed
affezionarsi era inevitabile. Fece una mezza smorfia elaborando quel
pensiero assurdo. Era affezionato a Summer, finalmente riusciva ad
ammetterlo almeno a sé stesso.
***
***
Kendra
aveva ricevuto il messaggio di Summer. L'aveva informava del fatto
che probabilmente Klaus si sarebbe fermato al liceo di Mystic Falls,
quindi, quando il vampiro fermò l'auto, lei non si sorprese e
neanche si voltò a guardarlo. Continuò il tragitto per
una ventina di metri, poi scese dall'auto e si affrettò a
raggiungere la scuola. Arrivata all'ingresso prese la sua bussola,
e subito questa la condusse nel luogo esatto dello scontro. Liz era
arrivata a scuola poco dopo l'ambulanza, quando i paramedici avevano
già accertato la morte del ragazzo. Poi, insieme a Caroline,
che aveva insistito per andare con lei, si era recata all'ospedale
per avere qualche ulteriore informazione. La bussola, quindi, la
portò dritta da Klaus senza la minima interferenza. Vide lo
squartatore intento ad aggredire un uomo, e subito sparò un
colpo che finì sul suo collo, e quando si mise alla luce Klaus
la guardò con un'espressione di estrema rabbia. Klaus
odiava quando le persone riuscivano a farla franca; e la sua
ossessione per Katherine ne era la dimostrazione. Quando vide la
donna che aveva lasciato andare, convinto di aver preso solo un
abbaglio, la pressione schizzò a livelli intollerabili. Quella
donna l'aveva seguito da Chicago ed era riuscita a mettere K.O Stefan
con uno stupidissimo dardo di verbena. Era un'offesa. Un'offesa
insopportabile. Si accanì contro di lei con una velocità
elevatissima, e le diede un colpo con il dorso della mano così
potente da scaraventarla contro gli armadietti e farla
svenire. Quell'azione stupì tutti, e Summer non riuscì
ad accettarla. Si avvicinò rapidamente al vampiro e gli
diede un pugno sul volto. Klaus si spostò di un metro, e
subito portò la mano al viso per togliere la goccia di sangue
che gli usciva dal labbro. Dovette subito fare i conti con una
dura realtà: Summer era più potente di quanto
immaginava. Non perse altro tempo, e le si parò di fronte
dandole una spinta che la scaraventò contro la vetrata della
porta. Questa si deformò frantumandosi ma restando compatta, e
alla cacciatrice si fecero solo dei piccolissimi tagli dietro la
schiena. Cadde a terra e non ebbe il tempo di rialzarsi; Klaus
l'afferrò per i capelli per sbattere il suo volto contro gli
armadietti ed un altro taglio le si fece sotto l'occhio. “Dobbiamo
aiutarla!” Alaric, caricò la sua balestra, pronto a
dargli un altro, seppur inutile, colpo. “Lascia fare a
me...” Bonnie trovò la giusta concentrazione ed iniziò
a farfugliare le parole di un incantesimo. Summer, nel frattempo,
aveva reagito ed aveva dato a Klaus un altro pugno sul volto ed un
calcio nell'addome. La magia di Bonnie iniziò a fare
effetto, e l'ibrido iniziò a provare del dolore che ostacolava
i suoi movimenti. Sentiva delle fitte lungo tutto il corpo che si
concentravano maggiormente nel cranio. Urlò dal dolore e
Summer continuò a colpirlo con più violenza. Klaus
aveva osato colpire Kendra e questo l'aveva fatta infuriare. Con
uno sforzo di volontà l'ibrido riuscì a vincere quel
dolore, e quel contrattacco mentale Bonnie se lo sentì sulla
pelle come un colpo diretto. L'ibrido colpì nuovamente
Summer scaraventandola contro il muro. In quel momento si sentì
invincibile, ma qualcosa smosse nuovamente le sue viscere
contorcendole in ogni loro millimetro. Sì girò e
vide un volto nuovo. Era una ragazza dai capelli rossi e dalla
corporatura minuta.
***
***
Damon
controllava il suo cellulare ogni minuto. Era inutile farlo; se fosse
arrivato un messaggio, oppure una chiamata, l'avrebbe sentito, eppure
era un gesto meccanico che non riusciva a frenare. Lo stesso valeva
per Elena. Entrambi sentivano lo stesso sentimento di impotenza e
preoccupazione. Non avevano idea di cosa stesse succedendo a Mystic
Falls, e questo pensiero li faceva impazzire. I pensieri di Elena
vagavano soffermandosi a turno su tutte le persone care lasciate
nelle grinfie di Klaus, ed un pensiero più forte di tutti era
rivolto a Stefan. Elena si chiedeva che ruolo avrebbe avuto in quella
faccenda. Da quale parte si sarebbe schierato...se sarebbe
sopravvissuto, e a tratti gli occhi le si inumidivano riflettendo
maggiormente la luce bianca del neon. Quando Damon la guardava, in
quei particolari momenti, sapeva che i suoi pensieri erano rivolti al
fratello, ed il cuore gli si stringeva. Odiava vederla in quello
stato e, per quanto gli risultasse difficile ammetterlo, era un
sentimento che avevano in comune. Stefan era suo fratello e non
poteva fare a meno di preoccuparsi anche per lui. “Basta...non
posso restare qui!” Elena spezzò quel silenzio
dirigendosi nervosamente verso la porta, ma il vampiro le si parò
davanti. “Dove pensi di andare?!” la fulminò
con quegli occhi azzurri e prepotenti e la bloccò afferrandola
per le braccia. “Vuoi farlo anche tu Damon... Ammettilo! Non
dirmi che tu riesci a startene qui con le mani in mano... perché
non ti crederei!” Elena si dimenava cercando di liberarsi dalla
sua presa. “Certo che non riesco a starmene qui! Non è
da me e mi sto odiando! Ma Klaus non deve sapere che sei in vita
Elena...non ci metterebbe molto ad ucciderti... e dopo... oltre ai
vampiri e ai licantropi in giro scorrazzerebbero anche dei simpatici
ibridi...se sei sicura di poterlo sopportare va...va pure...”
Damon lasciò la presa e le fece spazio. Sapeva che la sua
coscienza non le avrebbe permesso di muoversi da quel motel, la
conosceva bene. Ed infatti Elena restò immobile per qualche
secondo, poi con calma si riavviò verso la finestra. Damon
stava facendo appello a tutte le sue forze per tenere a bada la sua
impulsività, e il comportamento di Elena non lo aiutava. Lui
stava male quanto lei, eppure doveva resistere e, se era il caso,
doveva essere forte per entrambi.
***
***
Kendra
aveva rigirato il messaggio a Lily. Una volta arrivata a Mystic
Falls il navigatore la condusse al liceo e lì, non ebbe
bisogno di nessuna bussola; riusciva a sentire la presenza di Klaus
con un'estrema chiarezza. Si addentrò per i corridoi della
scuola e percepì anche l'essenza di un'altra strega. Affrettò
il passo e vide Summer in difficoltà ed una ragazza che
cercava invano di ridurre il potere di Klaus. Con la dolce calma
che la caratterizzava, prese la mano di Bonnie e le
sorrise. Bisbigliarono all'unisono le stesse parole e Klaus accusò
il colpo. Alaric guardava la scena consapevole e schiacciato dalla
sua impotenza. Quando Klaus si voltò verso le streghe
dovette abbattere il suo orgoglio ed accettare la momentanea
sconfitta. Due streghe, una cacciatrice più forte delle norma
ed un umano impertinente erano decisamente troppo! Diede un'altra
spinta a Summer con le ultime forze, poi velocemente caricò
Stefan sulle spalle e scappò dileguandosi. Summer si rialzò
lentamente, e il volto di Lily le trasmise la solita sensazione
rassicurante. La strega lasciò la mano di Bonnie che ancora
la guardava meravigliata. Era come se riuscisse a sentire tutto il
suo immenso potere, ma soprattutto fu colpita dal suo aspetto etereo
e positivo. Lily notò Kendra svenuta in un angolo e subito
corse da lei. La strega
si inginocchiò e prese delicatamente la sua testa mettendosela
sulle gambe. “Kendra...” bisbigliò cercando di
infonderle le energie per riprendersi, ma qualcosa non quadrava.
L'energia non riusciva a fluire dentro il suo corpo. Sussurrò
ancora il suo nome, ma una dura consapevolezza fece scendere delle
grosse lacrime sulle sue guance. Summer si avvicinò con
un'andatura dolorante. Bonnie ed Alaric, che in quel momento erano
più vicini, capirono subito cosa fosse successo e, rivedendo
mentalmente il colpo di Klaus, capirono che il collo della donna era
stato spezzato ancor prima che questa finisse contro gli armadietti;
ma in quel momento tutti pensarono che fosse solo svenuta a causa del
dolore. Lily piangeva emettendo dei piccoli mormorii; tutto di lei
tendeva alla calma, persino il dolore. Summer si avvicinò
ancora, ed il silenzio e l'aria costernata di Bonnie ed Alaric resero
quei passi qualcosa di surreale; un'esperienza a metà tra il
sogno e la realtà. Quando vide le lacrime di Lily che
stringeva in volto di Kendra contro il petto, sentì di dover
indietreggiare di un passo. “No...” sibilò
sentendosi soffocare. Riguardò Bonnie ed Alaric che
cercavano di proferire qualche parola, e Summer ebbe paura di
ascoltare. Qualsiasi parola, in quel momento, avrebbe rotto il
fragile equilibrio che la manteneva ancora in piedi. “No...”
bisbigliò ancora, e sentì il bisogno di uscire perché
le pareti la stavano schiacciando. Corse fuori e si allontanò
dalla scuola. Usò la sua velocità per andare lontano.
Era come se stesse cercando Klaus oppure una strada che conduceva ad
un'altra realtà dove nulla era accaduto. Si ritrovò
nel parco e si appoggiò ad un albero. Tutto le sembrava
ancora ovattato e irreale.
Sia
- Lullaby
♫
Send a wish upon a star Do the work and you'll go far Send a
wish upon a star Make a map and there you are ♫
“Affida
un desiderio a una stella Fai il tuo dovere e arriverai
lontano Affida un desiderio ad una stella Crea una mappa ed
ecco dove sei”
Si
lasciò cadere sul prato. I suoi occhi erano lucidi e lo sguardo
rivolto verso l'alto a fissare le stelle. Era un modo per sfruttare
la gravità a suo favore e far sì che le lacrime le
restassero dentro. Non poteva piangere, perché aveva il coraggio per
affrontare ogni sorta di demone ma non quello della morte delle
persone a lei care.
♫
Send a hope upon a wave A dying wish before the grave Send a
hope upon a wave For all this souls you failed to save ♫
“Affida
una speranza a un'onda Un ultimo desiderio prima della
tomba Affida una speranza a un'onda Per tutte le anime che non
sei riuscito a salvare”
Sentiva
il peso della morte di Kendra schiacciarle il petto, e la rivedeva
mentalmente in ogni istante e in ogni azione mancata. La realtà,
però, le sembrava ancora alterata, e per brevi istanti credeva
che tutto fosse ancora da decidere, di avere ancora il potere di
cambiare le cose, ma erano illusioni che svanivano con la stessa
velocità con cui nascevano, e si sentiva come un ubriaco sul
ciglio di un baratro.
♫
And you stood tall Now you will fall Don't break the spell Of
a life spent trying to do well ♫
“E
sei sempre rimasto in piedi Ora invece cadrai Non rompere
l'incantesimo Di una vita trascorsa cercando di fare le cose
per bene”
***
***
La
tanto attesa telefonata era finalmente arrivata. Bonnie aveva
chiamato Elena per raccontarle sommariamente cosa fosse accaduto. La
ragazza aveva messo il vivavoce per far sentire anche a Damon e,
quando Bonnie disse che erano arrivate due amiche di Summer ed una di
loro era morta, il vampiro provò una stretta al petto. In
pochi minuti Bonnie cercò di spiegare ogni cosa, ma
soprattutto che per il momento il pericolo era scampato; Klaus era
fuggito e sarebbe stato alla larga da Mystic Falls per un bel
po'. Damon prese la sua giacca e la mise sulle spalle di Elena. “A
questo punto è inutile restare qui...” il vampiro pensò
all'assurdità della situazione; era da solo con Elena, ma non
vedeva l'ora di tornare a casa. Il fatto che un'amica di Summer fosse
morta gli creava un enorme senso di agitazione, perché troppe
erano le domande che gli passavano per la testa. Era un'amica cara?
Stava soffrendo? Come si doveva comportare? Cosa doveva dirle?
Entrarono in macchina restando in silenzio. Come sempre Elena si
attribuiva la colpa di tutto, e il suo sguardo lo mostrava
chiaramente. Se solo Stefan fosse rimasto a Mystic Falls, tutto
sarebbe stato più tollerabile, ed invece il destino li voleva
ancora lontani. “E' andato tutto per il meglio...perché
hai quella faccia?” La ragazza scosse il capo con lo sguardo
fisso nel vuoto. “Mi sento solo stanca...” quella
frase non si riferiva ad una questione fisica. Elena era stanca di
tutto il resto e, in quel momento, desiderò con tutte le sue
forze una vita normale. “Guardami... “ il vampiro
catturò quello sguardo assente indirizzandolo sul suo “Finirà
Elena...troverò il modo per uccidere Klaus e tu riavrai la tua
libertà...e Stefan....te lo prometto...” Damon fu
dolce e rassicurante e lei annuì accennando anche un mezzo
sorriso.
***
***
Summer
si alzò. Era stata con lo sguardo perso nel buio della
notte il tempo necessario a reprimere tutto ciò che
provava. Avrebbe chiuso le sue emozioni per tutto il tempo che
sarebbe stato necessario, proprio come aveva fatto dopo la morte di
Harris. Non avrebbe versato lacrime e non avrebbe mostrato nessun
dolore. Sarebbero rimasti lì a logorarle l'anima, e magari si
sarebbero fatti compagnia, ma sarebbero rimasti sempre dentro di lei,
perché se c'era una cosa di cui aveva paura era dare loro
libero sfogo. Temeva che qualcosa in lei si sarebbe irrimediabilmente
spezzato, e quest'eventualità la terrorizzava.
Damon
aveva accompagnato Elena da Bonnie ed era ritornato subito a casa.
Summer non c'era, e lui stette tutto il tempo nell'atrio ad
aspettarla. Si sentiva nervoso e si detestava, perché non
era da lui pensare agli altri. Se ne stava seduto sullo scalino
aspettando che lei rientrasse e, quando finalmente sentì il
rumore della porta, si alzò. Summer entrò e la sua
espressione ebbe il potere di raggelarlo. Non sembrava la stessa. I
suoi occhi erano spenti e la sua mascella irrigidita. Al vampiro
passò per la testa di chiederle 'come stai?' ma subito
capì che sarebbe stata una domanda troppo stupida. “Ho
saputo...e...mi dispiace” abbozzò quelle parole
sentendosi a disagio, perché, oltre ai suoi limiti
caratteriali, era come se si trovasse di fronte una persona che non
aveva mai visto. Lei annuì con disinteresse e si avviò
verso la rampa di scale. In quel momento al vampiro fu tutto
chiaro. Erano incredibilmente simili, e in Summer rivide sé
stesso il giorno della morte di Rose.
♫
Send a question in the wind It's hard to know where to begin So
send the question in the wind And give an answer to a friend ♫
“Affida
una domanda al vento E' difficile capire da dove iniziare Allora
affida una domanda al vento e dai una risposta ad un amico”
Decise
di fare per Summer ciò che Elena fece per lui, e ciò
che avrebbe voluto che lei continuasse a fare. Le si parò
davanti e l'abbracciò. Summer restò impassibile e le
sue braccia restarono distese lungo il corpo; non avrebbe mai
ricambiato. “Wow...anche un abbraccio...qual è la
prossima mossa?... Mi preparerai una cioccolata calda e dei
biscotti?” disse con freddezza, divincolandosi da quella presa
che non faceva altro che infastidirla. Il vampiro non si sentì
offeso; probabilmente, se fosse capitato a lui, avrebbe detto
qualcosa di simile. E, proprio perché erano così
simili, Damon sapeva esattamente cosa fare. Summer si liberò
da quella presa e salì fino in cima alle scale. Nuovamente,
il vampiro le si parò davanti e l'abbracciò. “Forse non ti è chiaro Damon, ma mi
stai dando solo il voltastomaco...” Summer si liberò da
quell'ennesima presa con ancora più forza e camminò
verso la sua stanza.
♫
Place your past into a book Put in everything you ever took Place
your past into a book Burn the pages let them cook ♫
“Metti
il tuo passato in un libro Mettici tutto ciò che hai
preso Metti il tuo passato in un libro Brucia le pagine, falle
cuocere”
Summer
non si spiegava il suo comportamento. Cosa voleva dimostrare? Cosa
sperava di ottenere? Entrò nella sua stanza e, ancora una
volta, Damon le comparve di fronte abbracciandola con una forza
maggiore. “Lasciami in pace...” pronunciò a
denti stretti, ma il vampiro aumentò la pressione della sua
presa. “Ti ho detto di lasciarmi!” lo scaraventò
contro il muro con una spinta, ma Damon rapidamente le si avvicinò
per continuare con tutta la forza che aveva. Summer continuò
a dimenarsi, ma le forze iniziarono a mancarle. D'un tratto si sentì
svuotata e debole, e invano cercò nuovamente di liberarsi.
♫
And you stood tall Now you will fall Don't break the spell Of
a life spent trying to do well ♫
“E
sei sempre rimasto in piedi Ora invece cadrai Non rompere
l'incantesimo Di una vita trascorsa cercando di fare le cose
per bene”
“Ti
ho detto di lasciarmi Damon! Lasciami!” ma, senza che avesse il tempo di
realizzarlo, si trovò con la testa sul suo petto a piangere le
lacrime che invano aveva cercato gelosamente di
custodire. “Lasciami...” continuò
singhiozzando, ma lui non la lasciò neanche per un secondo. E
quando le forze di Summer si esaurirono del tutto, facendole piegare le ginocchia, lui si abbassò insieme a lei, continuando a tenerla
stretta, quasi cullandola. Se ne sarebbe vergognata e
probabilmente l'avrebbe rinnegato fino alla fine dei suoi giorni, ma
la verità era una e inequivocabile: quella sera tutte le
insormontabili barriere che la proteggevano vennero distrutte e
oltrepassate e Damon... riuscì a sfiorarle l'anima.
♫
Send a wish upon a star ♫
“Affida
un desiderio a una stella”
Angolino
di NaNa*** Mi
chiedo se qualcuno sia realmente riuscito ad arrivare qui giù
xD Un vero e proprio capitolo/papiro xD Come avrete capito...
quando posso cerco di farvi sorridere...perché so che poi
verranno momenti come questi in cui forse dovrei allegare degli
antidepressivi al capitolo xD Io comunque ne sono soddisfatta :D
e voglio dedicarlo alla carissima Alice_inWonderland
perché con
i suoi preziosi consigli mi sprona sempre a migliorare^^ (Alice
probabilmente risponderà “Avrei preferito qualcosa di
soldi!” xD) (Nany non essere gelosa...I Love You...and You
Know!!! :D) Allora...spero che il capitolo non vi abbia
deluso^^ Come sempre ringrazio tutti^^ Un bacione e... alla
prossima!
Ps: quel “La conosco da 5 minuti...” è
ciò che Damon dice a Stefan dopo la morte di Rose, ed io, come
sempre, faccio la ladra xD
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Capitolo 36 *** Trentaseiesimo Capitolo ***
Stefan
si svegliò con lentezza provando un forte senso di
disorientamento. Aveva la bocca impastata, la vista offuscata e per
di più percepiva un senso di scomodità che non
risparmiava nessuna parte del suo corpo. Dopo qualche secondo
realizzò di trovarsi rannicchiato sul sedile posteriore della
macchina di Klaus. Gli ultimi secondi vissuti prima di perdere
conoscenza gli ritornarono alla mente accompagnati da delle
spiacevoli fitte alle tempie. Si guardò intorno, ma capì
subito di trovarsi in luogo dove non era mai stato. Era una sorta di
parcheggio isolato, e di fronte a lui lampeggiava la scritta di un
bar. Sentendosi ancora frastornato scese dall'auto ed entrò
nel locale. Quando mise piede in quella classica taverna dall'aria
rustica, vide Klaus seduto al bancone che sorseggiava ciò che
probabilmente era dello scotch. Intorno a lui: tavolini ribaltati,
corpi dilaniati, chiazze di sangue e silenzio. L'aria torva
dell'ibrido, che pur avvertendo la sua presenza di non si voltò
a guardarlo, gli lasciò intendere l'esito di quell'avventata e
assurda missione omicida.
***
***
Elena
e Bonnie parlarono per quasi tutta la notte. Elena volle sapere per
filo e per segno tutto ciò che era accaduto, soprattutto le
parti che riguardavano Stefan. “Non era lo stesso
Elena...Aveva uno sguardo spento, e per di più ha aggredito
Alaric...” Bonnie riportò la sua versione della storia
con le impressioni che aveva avuto a riguardo; per lei, Stefan, ora
che girava nell'orbita di Klaus, aveva di nuovo rinunciato alla sua
umanità, e non voleva che Elena si ostinasse ad amare il
ricordo di una persona che era ritornata ad essere un mostro. “Sì,
ma Stefan sa del suo anello, stava solo reggendo il gioco Bonnie... è
così...deve essere per forza così!” ad Elena,
invece, il fatto che lui avesse attaccato Alaric era la conferma di
ciò che sperava con tutta sé stessa; Stefan non aveva
rinunciato alla sua umanità, ed era al servizio di Klaus solo
per tenere al sicuro lei e Damon. Questo pensiero rinnovò la
sua fiducia nel futuro e la fece stare subito meglio.
***
***
Dalla
finestra entrarono i primi chiarori dell'alba. Summer e Damon se
ne stavano sdraiati sul letto in religioso silenzio. Lei,
accoccolata sul suo petto, aveva esaurito tutte le lacrime di cui
disponeva, ed ora non faceva altro che respirare con lo sguardo fisso
in un punto indefinito. Damon, con la punta delle dita, le
sfiorava il braccio dalla spalla fino al gomito per poi risalire e
riscendere con estrema delicatezza. Summer si sentiva
incredibilmente a disagio, e restava immobile nella paura di
incontrare lo sguardo di Damon. Tra le tante emozioni con cui doveva
aveva a che fare in quel momento, c'era anche l'imbarazzo. Non aveva
mai pianto davanti a nessuno. Ricordò che quando il signor
Harris morì, si chiuse nella sua stanza, si lasciò
cadere dietro la porta, concedendosi due lacrime silenziose, e poi si
obbligò a smettere. Quella stessa sera andò a caccia di vampiri, sentendosi più distaccata e spietata del solito. Non aveva mai pianto così tanto, ed
ora si sentiva svuotata ma anche piacevolmente leggera. Il problema,
in quel momento, era solo Damon; lei non aveva mai mostrato il suo
dolore o le sue debolezze a nessuno, e non sapeva come comportasi, ma
le parole del vampiro dettarono la scena togliendole ogni altra
opzione. “Vuoi che ti lasci riposare?” Summer pensava
che la voce di Damon, in quel frangente così inviolabile, le
sarebbe risultata qualcosa di stonato e fastidioso, ed invece, con
suo grande stupore, le risuonò gradevole e dolce. Annuì
pensando di aver momentaneamente scansato un attimo di tremendo
imbarazzo; avrebbe solo dovuto tenere la testa bassa ed aspettare che
il vampiro uscisse dalla stanza. Ma non andò così. Damon
si spostò sul fianco facendo sì che lei si ritrovasse
con la schiena sul materasso. Summer continuò ad eludere i
suoi occhi, ma quando il vampiro le accarezzò dolcemente il
viso non poté fare a meno di guardarlo. Il vampiro provò
una sensazione con non riuscì a decifrare, ma soprattutto si
sentì strano all'idea di doverla lasciare. Accarezzò
il suo volto e osservò quel sangue secco che aveva sotto
l'occhio - il segno di quel taglio rimarginato - con apprensione e dispiacere. Gli occhi si soffermarono
anche sulle sue labbra. Le desiderò intensamente, ma cambiò
rotta posandole un delicato bacio sulla fronte. Summer restò
impietrita e, quando lui si scostò dal suo corpo, si sentì
improvvisamente raggelare. Damon la vide trasalire e le sistemò
addosso la coperta con un gesto non troppo accurato: volle farla
sembrare un'azione meccanica ed istintiva. Si alzò dal
letto e cercò un ultimo sguardo di Summer prima di andarsene,
ma quando questo non arrivò tempestivamente si girò e
si avviò verso la porta. Solo quando Damon fu di spalle lei lo
guardò provando una sensazione che le strinse il petto. Le
bastarono pochi minuti per cadere in un sonno profondo, al contrario
di Damon che, entrato nella sua stanza, non ci provò
neanche a riposare; subito si riempì la vasca per smaltire un
po' di stress e per interrogarsi sulle strane sensazioni che provava.
***
***
Damon
si stava abbottonando la camicia quando il campanello di casa
suonò. Subito andò ad aprire, e decisamente non si
aspettava la persona che gli comparve davanti. “Summer è
in casa?” Lily gli fece un'occhiataccia contrariata, e non lo
degnò neanche di un saluto. Lei non amava avere a che fare con
i vampiri e, anche se non giudicava le scelte di Summer, di certo non
le capiva. Damon le fece segno di accomodarsi. “E'
qui...ma si è appena addormentata, ed anche se probabilmente
sei la sua amichetta del cuore, non ti permetterò di
svegliarla” l'insolenza, come sempre, era il suo marchio di
fabbrica. “Non sei nella posizione di poter fare il gradasso
con me Damon, quindi ti consiglio vivamente di moderare i toni...”
Lily, anche in quel caso, mantenne la solita calma e gli parlò
con un tono placato e relativamente diplomatico. Il vampiro fece
una smorfia infastidita. Ne aveva abbastanza di tutte le persone più
forti di lui che non gli permettevano di essere prepotente; era una
falciata al suo carattere! “Quindi cosa farai? Andrai a
svegliarla, dopo che ha passato un'intera
notte a piangere, solo per non darmela vinta? ” le disse con la consueta arroganza.
Lily si immobilizzò con un'espressione
sorpresa. “Summer...Summer ha pianto?” la strega era
incredula. “E' quello che si fa in questi casi...o almeno
quello che fate voi donne...noi uomini siamo meno rumorosi!” Lily
si voltò in alto verso la rampa di scale. Damon sembrava serio,
e lei non riusciva a credere alle sue orecchie. “Ho bisogno
di parlarti Damon...ma non qui” Il vampiro la guardò
incuriosito, poi fece una smorfia di assenso e con la mano le indicò
la porta.
***
***
Damon
e Lily decisero di andare al Grill e presero posto al bancone
ordinando subito da bere. “Allora?...Cosa devi dirmi?”
a Damon venne servito il suo scotch e guardò nauseato
quell'assurdo centrifugato di frutta e carote che aveva ordinato la
strega. “Davvero Summer ha pianto?” “Perché
ti sorprendi tanto?...E' per caso un'automa di tua creazione?”
il vampiro non riusciva mai ad essere serio, e diceva sempre qualche
parola di troppo. “Non è da lei...e soprattutto non è
da lei farlo davanti agli altri...se lo ha fatto con te” si
girò a guardarlo “Significa che per lei sei
importante...” Lily, in quel momento, realizzò che non
poteva più trattare Damon con disprezzo. Se Summer ci aveva
visto del buono, allora doveva fidarsi del parere della sua amica. Il
vampiro annuì sentendosi spiazzato e vagamente
terrorizzato. Anche lei era importante per lui, ma questa
consapevolezza iniziava a schiacciarlo. “Allora
Lily...Summer mi ha parlato dell'incantesimo che le hai
fatto...sicura che funzioni? Abbiamo visitato già un terzo
delle case e lei non ha sentito niente...” preferì
cambiare argomento. “Il medaglione può essere ovunque
Damon...potreste anche trovarlo nell'ultima casa che vi resterà
da visitare...statisticamente non lo esclude nulla...” Damon
per un attimo ci sperò, ma subito rinnegò quel pensiero
sentendosi ridicolo. “Beh Damon...ripasserò
stasera... prenditi cura di lei!” la strega si alzò e si
infilò il suo cappotto. Il vampiro annuì, riprovando
nuovamente quella strana oppressione al centro del petto che iniziava
davvero ad infastidirlo.
***
***
Damon
ritornò a casa e subito si diresse verso la stanza di
Summer. Bussò leggermente, ma aprì senza aspettare
una risposta. Lei stava ancora dormendo, e si avvicinò al
comodino posandoci sopra il cibo da asporto che aveva preso al Grill
per lei. La osservò e con un gesto istintivo le accarezzò
i capelli, ma quel lieve spostamento bastò a svegliarla. “Non
volevo svegliarti...” sussurrò. Summer si girò
nella sua direzione e lui si accovacciò per
guardarla dritto negli occhi. Lei si sentiva ancora imbarazzata e
a disagio, ma lo sguardo dolce del vampiro la costrinse a rivelare
ciò che aveva pensato per tutta la notte. “Quindi è
così? Oltre a non essere un mostro... sei addirittura un bravo ragazzo
...” Damon sorrise, anche Rose, in punto di morte, gli aveva
detto qualcosa di simile. “Ti sbagli...sono cattivo...e te
lo dimostro subito” Damon prese il telefono dalla tasca del
pantalone e le scattò una foto. “Questo, Summer, è
il tuo attuale aspetto!” disse mostrandogliela. Summer
afferrò il telefono con velocità alzando la schiena;
aveva gli occhi gonfi e tutto il mascara sciolto. “Ok. Cattivo è dire poco! Sei
un essere abietto!” si sentì avvampare, ma non ebbe il
tempo di riversargli addosso tutta la dovuta rabbia, perché
Damon si affrettò a baciarla. Summer ricambiò il suo
bacio passandogli una mano tra i capelli, ma quando questo finì
si sentì nuovamente a disagio. Si guardò intorno e
cercò subito un diversivo. “Cosa mi hai portato?”
chiese, guardando in direzione del comodino. “Praticamente
tutto quello che c'è sul menù del Grill” “Non
credi di aver esagerato?” Summer sorrise nel vedere quella
montagna di pacchetti che ricoprivano il mobile, e il vampiro lo
notò sentendosi soddisfatto. “Ma se mangi per quattro
persone!” “Non è vero, e comunque vai al diavolo!” “Ummm...il
fatto che riesci ad inveire contro di me... significa che stai
meglio?” Il tono del vampiro passò da giocoso a dolce
nel giro di un attimo, ma lo sguardo di Summer si fece infinitamente
triste. “Significa che...sto cercando di non
pensarci...” Damon capì di aver fatto un grosso
errore ad averglielo ricordato, ma subito cercò di
rimediare. “Fammi spazio” usò il solito tono
dispotico, ed alzò le coperte scoprendola. “Cosa?!
No! Neanche per sogno! Lasciami in pace!” Summer era
esterrefatta; cosa gli faceva credere che lo volesse ancora nel suo letto? Per i suoi gusti, si era mostrata debole abbastanza.
Ma il vampiro le mise un braccio dietro la schiena e l'altro sotto le
ginocchia, e la gettò sull'altra piazza del materasso. Si
sdraiò sul letto mettendo le mani incrociate dietro la nuca e
Summer lo guardò allibita; Tarzan era tornato alla
riscossa! “Potresti gentilmente lasciarmi da sola?” il
'gentilmente' era ovviamente ironico. Il vampiro scosse
dispettosamente la testa in segno di negazione. “Damon!” la cacciatrice iniziò ad arrabbiarsi bonariamente, ma
il vampiro si girò sul fianco e l'attirò a sé
facendo aderire i loro corpi e facendole appoggiare la testa sul suo
braccio. Summer sospirò rassegnata. “Non farai mai
niente di quello che ti dico, vero?” sussurrò teneramente, facendogli
delle carezze dietro l'orecchio. Il vampiro chiuse gli occhi ed
annuì come un bambino soddisfatto delle proprie marachelle. In
quel momento Summer capì che Damon si stava prestando ad
essere la sua distrazione; ed inoltre realizzò che aveva
passato un'intera notte a coccolarla, e questo significava che lei
non gli avrebbe mai più negato un po' di tenerezza, perché
quell'antipatico vampiro se l'era guadagnata tutta.
***
***
Klaus
e Stefan misero piede nel bar di Gloria. L'ibrido non aveva
proferito parola e Stefan, anche se era curioso, non domandò
nulla riguardo alla serata. Erano le sette di sera, e Klaus si
meravigliò del fatto che il bar fosse chiuso. Per un attimo
venne colto da un tremendo dubbio, ma entrando nella sala notò
Gloria che puliva il bancone. La strega alzò lo sguardo
verso di lui. “Sei tornato!?” L'ibrido non rispose
e continuò ad avvicinarsi. “Vieni...c'è una
cosa che devi vedere” la strega si asciugò le mani con
uno straccio e lo condusse per le scalette che portavano alla sua
stanza. Stefan li seguì in silenzio. Quando Gloria aprì
la porta, Klaus vide Katherine legata alla sedia ed
imbavagliata. “Cosa significa?” “Credo che
sia tollerante alla verbena...ha provato a scappare e...mi ha dato un
bel po' di filo da torcere...” Gloria si tolse il foulard e
fece vedere a Klaus il segno del suo morso. L'ibrido si avvicinò
a Katherine con un'aria torva ma piacevolmente incuriosita. “Ahhh
Katerina...tu e i tuoi giochetti...” disse osservandola nei
suoi occhi carichi di terrore. “Quanto tempo ci vuole per
smaltire la verbena?” “Due o tre giorni...dipende
dalla quantità che ha ingerito...” Klaus le afferrò
il collo e lo strinse con forza. Katherine, che già era
imbavagliata, non riuscì a respirare e si sentì morire.
“Quando tornerò...mi divertirò a torturati
nei modi più crudeli che si possano concepire...” Klaus
lasciò la presa sul suo collo e Katherine iniziò a
tossire dentro la stoffa. “Come quando tornerai? Dove stai
andando?” Gloria era preoccupata, significava che avrebbe
dovuto badare a quella vampira pericolosa e instabile. “Ritorniamo
a Londra...” Stefan, ovviamente, si sentì preso in
causa e si chiese quando sarebbe finita quella dannata storia.
***
***
Damon
si addormentò, e quando aprì gli occhi si ritrovò
da solo sul letto di Summer. Sentì il rumore dell'acqua e capì
che lei stava sotto il getto della doccia. Si chiese per quanto
tempo avesse dormito con lei affianco, ma subito si rimproverò
mentalmente per quel pensiero scemo e di poco conto. Si alzò
e si avviò in salotto dove lo attendeva la sua amata bottiglia
di scotch, ma il campanello suonò senza neanche dargli il
tempo di finire il primo bicchiere di una lunga lista. Andò
ad aprire e, come immaginava, si trovò davanti la strega. Con
un gesto della mano la fece accomodare. “Vuoi dello scotch?”
chiese, mostrando il suo bicchiere. “No, ti ringrazio.
Summer?” “E' sotto la doccia...segui il rumore
dell'acqua e troverai la sua camera!” i convenevoli si erano
esauriti offrendole da bere; accompagnarla fino alla stanza
dell'amica sarebbe stato decisamente troppo! Lily annuì e
si avviò per la rampa di scale. Entrò nella stanza
di Summer e dopo qualche minuto la vide uscire dal bagno con un
asciugamano intorno al corpo. La cacciatrice restò
impietrita e poi portò il volto verso il basso. “Mi
dispiace...ti ho lasciata da sola...” asserì con
titubanza. Il senso di colpa, per aver lasciato Lily da sola ad
occuparsi del corpo di Kendra, non l'aveva abbandonata neanche per un
istante. “Non devi preoccuparti...so quanto sia difficile
per te...” Lily, come al solito, con i suoi modi angelici, la
rassicurò facendola sentire un po' meglio. Summer annuì
e si diresse verso il comò per prendere della biancheria. “E
quindi...hai pianto?” le domandò sentendosi ancora
incredula. Summer s'immobilizzò. “Suppongo che sia
stato Damon a dirtelo...” La strega annuì e Summer si
sedette sul letto accanto all'amica. “Ho reagito come una
persona normale... adesso quanto tempo ci vorrà prima che
riesca a sentirmi meglio?” chiese ingenuamente guardandola con
gli occhi lucidi. Summer aveva reagito alla morte del signor Harris
in tutt'altro modo. Si era chiusa in sé stessa e per parecchio
tempo si era sentita in un ruolo recitato, in cui nulla le veniva
spontaneo e tutto era visto e vissuto con distacco. Adesso, invece,
si sentiva sé stessa e se ne sorprendeva. Lily le sorrise
dolcemente. “Kendra... ci mancherà sempre...ma con i
giorni...quel dolore forte che sentiamo adesso passerà...dobbiamo
solo aspettare... ma non si sa mai quanto” alla strega si riempirono gli occhi di lacrime,
ma si sforzò di mantenere il sorriso. Summer annuì
“Dov'è ora?” “L'agenzia di pompe funebri
sta portando il suo corpo a New York...ed io una volta ritornata lì
mi occuperò del funerale...parto adesso” “Vengo
con te...” Summer non voleva più lasciarla da sola,
adesso sentiva di poter gestire la cosa senza dover
scappare. “Bene...allora ti aspetto in macchina” la
strega si alzò ed uscì dalla stanza per permettere a
Summer di prepararsi. Arrivò in salotto e con un cenno del
capo salutò Damon.
Qualche minuto dopo il vampiro vide
Summer scendere con una borsa in mano. “Dove vai?”
“Torno a New York per qualche giorno...” il vampiro
capì subito che aveva delle questioni da sbrigare a causa
della morte della sua amica, ma quella notizia lo spiazzò
ugualmente. Annuì e la vide avvicinarsi alla porta. Subito
fece una faccia contrariata. Se ne andava così? Senza
neanche salutarlo? Summer aprì la porta e si voltò
verso di lui. “Damon....Grazie!” disse sorridendo. Il
vampiro le sorrise, ma quando sentì il rumore della porta che
si chiudeva una sensazione di vuoto lo pervase annientando
quell'espressione. Si guardò intorno e la casa gli sembrò
immensa.
***
***
Qualche
ora dopo, qualcuno bussò nuovamente alla sua porta e subito
pensò che fosse lei. Aprì e si ritrovò di
fronte Elena. “E' successo qualcosa?” chiese
scostandosi per farla entrare, e soprattutto notando la sua aria
cupa. “No. Sono.. solo passata per chiederti come sta
Summer...” “Summer sta bene...” “E'
bello che tu le sia stato accanto...” la ragazza lo guardò
con orgoglio. La sera prima, Damon non aveva perso tempo a correre da
lei, e questo Elena l'aveva percepito con chiarezza. Damon si sentì
infastidito. Ancora quella sensazione di oppressione al petto che non
riusciva a spiegarsi. Era legata a Summer, eppure quando stava con
lei non la provava. Quindi erano gli altri a provocargliela; loro e
quelle dannatissime congetture da vecchie pettegole! “Cosa
ti fa pensare che le sia stato accanto?” “Non ne ho
dubbi Damon...ieri eri preoccupato per lei e non puoi negarlo...” Il
respiro di Damon si fece più sonoro. Odiava! Odiava
immensamente quando gli altri gli facevano notare questo genere di
cose! La sua umanità...era quello il problema! Forse stava
dannatamente venendo a galla e gli altri lo stavano notando. Era
snervante! “Ok Elena. Mi hai smascherato! Sono un tenero
orsacchiotto pieno di apprensione per gli altri...quando mi ricordo
di non ucciderli, ovviamente!” “Puoi dire quello che
vuoi Damon...ma sono i fatti quelli che contano...” “Come
vuoi Elena...ora se vuoi scusarmi, Summer è momentaneamente
partita ed io vorrei godermi un po' di ritrovata privacy...magari... standomene nudo per casa. Ah ma se vuoi
restare lo stesso per me non ci sono problemi... sarei una vera
carogna a privarti di un simile spettacolo!“ il vampiro iniziò
a sbottonarsi la camicia ed Elena lo guardò
contrariata. “Messaggio ricevuto!” disse arrabbiata e
divertita dirigendosi verso la porta. Damon era davvero al limite
della sopportazione. Nuovamente si ritrovò a notare quanto la
casa gli sembrasse enorme, vuota e silenziosa senza Summer, e quella
sensazione lo faceva impazzire. Se il loro rapporto era davvero
diventato così intimo come dicevano gli altri allora...era il
caso di distruggerlo!
Angolino
di NaNa*** Eccomi
qui^^ Come potete vedere sono sempre la solita cattivona pronta a
cambiare le carte in tavola! XD Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono questa
fic ed oggi un ringraziamento particolare va a tutti quelli che hanno
messo la fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite ...perché ormai
avete superato la 50ina!!!Me felice *.* Spero che il capitolo vi
sia piaciuto^^ Un bacione a tutti!!!
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Capitolo 37 *** Trentasettesimo Capitolo ***
Quella
sera, Summer ritornò nel suo appartamento e girovagò
per le stanze sentendosi strana. Era come se mancasse qualcosa
eppure, dopo aver controllato un'infinità di volte, tutto le
sembrò in ordine come l'aveva lasciato. Entrò nella
piccola stanza dove teneva la scrivania e due librerie e prese dallo
scaffale un album fotografico. Tutte le sue foto erano lì.
Sulle pareti e sulle mensole non ce n'erano. Ma adesso voleva farlo;
voleva scegliere qualche foto di gruppo da mettere sul comò.
Così, dopo un'attenta selezione, scelse una foto in cui
Kendra, Lily e lei erano in Australia in cerca della Triluna, ed
un'altra in cui Lily, il Signor Harris e lei erano a Parigi in cerca
del Grimorio di Lucrezia. Mettendole nelle rispettive cornici
provò un senso di nostalgia smisurato; quelle persone erano la
sua famiglia ed ora le restava solo Lily.
***
***
Lily
era una persona zelante ed operosa. Riuscì ad organizzare il
funerale di Kendra in pochissimo tempo, ed il pomeriggio seguente al
loro rientro a New York, già si trovarono al Green-Wood per
seppellire la salma dell'amica. Il cielo era grigio e l'aria era
carica di umidità. Summer si guardò intorno e
riconobbe, tra le tante persone, solo due volti, quelli dei genitori
dell'ex marito di Kendra. Gli si avvicinò facendo loro le
condoglianze. Stringere la mano a quei due anziani signori la riportò
mentalmente nel preciso momento in cui li conobbe. Richard, il loro
unico figlio e marito di Kendra, era morto cercando di salvare la
moglie dall'attacco di un vampiro. Lui sapeva ogni cosa, perché
la sua asfissiante gelosia nei confronti di Kendra l'aveva portato in
situazioni in cui non doveva essere coinvolto. Una tragica sera si
ritrovò immischiato in una delle loro abituali ronde finite in
scontro, e nessuna delle tre poté fare qualcosa per salvarlo.
Summer si voltò verso la tomba di Kendra; la loro amicizia
nacque in quel periodo. Entrambe avevano un terribile lutto da
superare.
***
***
Boston,
Maggio 2005
L'intuizione
che ebbe Lily, vista a posteriori, poté sembrare un vero e
proprio 'uovo di colombo'... Harris le lasciava libero accesso
agli archivi e lei, come se i diari degli osservatori fossero
romanzi, li divorava con curiosità e trasporto. Tra i suoi
osservatori preferiti c'era William Smith; di lui adorava il suo
amore trascendentale per Lucrezia. Il fatto che si fosse tolto la
vita, solo perché non riusciva a convivere con il peso della
sua morte, per Lily era qualcosa di veramente romantico e straziante.
Lei era la classica sognatrice che piangeva per ogni scena romantica
di un libro o di un film. Quando lesse che William Smith non riuscì
a trovare il Grimorio della strega, fece una domanda spontanea,
legittima e innocente al signor Harris. “Qualcuno ha mai
pensato che potesse essere stata sua figlia a prenderlo?”
Tempo
quindici giorni e lei, Summer ed Harris si recarono in Francia alla
ricerca del Grimorio.
***
***
La
funzione stava per iniziare e Summer andò a mettersi vicino a
Lily. “Chi sono tutte queste persone?” bisbigliò
per farsi sentire solo dalla strega. “Credo che siano
colleghi...e molti ex studenti...” Summer annuì. Fu
felice di vedere così tante persone al funerale dell'amica.
La cerimonia fu breve e semplice, ma Summer si sentì a
disagio a vivere quel momento circondata da persone che non
conosceva. Il prete disse solo cose banali e standardizzate, e solo
quando fu Lily a prendere parola si poté sentire nell'aria
qualcosa che richiamava davvero Kendra. Quelli furono i momenti più
duri per Summer, perché sentiva le lacrime prendere vita agli
angoli degli occhi, ma non avrebbe mai potuto versarle davanti a degli
sconosciuti. In quel momento pensò a Damon.
***
***
La
cerimonia finì e Lily e Summer andarono a prendere un caffè
nel loro solito bar. “Quando ripartirai?” “Stesso
stasera... Non ha senso restare qui. Almeno a Mystic Falls ho
qualcosa che mi terrà la mente occupata” “Ti
riferisci a Damon?” la voce di Lily, come sempre, era innocente
e priva di malizia. A Summer andò il caffè di
traverso e si sentì avvampare. “Mi riferisco alla
ricerca del medaglione” pronunciò quelle parole con
lentezza e serietà, ma dentro di sé, non poteva negare di
avere voglia di stare con lui. La strega le sorrise senza
aggiungere altro. “Quando ci sarà assegnata la nuova
osservatrice?” Summer decise di cambiare discorso; temeva che
la strega volesse approfondire l'argomento 'Damon'. “Devono
passare tre fasi lunari...quindi non prima di tre mesi...” La
cacciatrice annuì, era un dettaglio che aveva
dimenticato. “Non trovi strano che il Consiglio non si sia
ancora pronunciato sulla mia punizione? In fondo è passato più
di un anno e mezzo...” Summer non dimenticava di avere questa
questione in sospeso; aveva violato le regole decidendo di
risparmiare la vita ad Elena, e il Consiglio non gliel'avrebbe fatta
passare liscia; era poco ma sicuro! Lily si agitò
visibilmente ed afferrò il menù aprendolo. “Non
ne ho idea...mi sa che ordinerò un muffin!” La sua
reazione fu strana. Lily che prendeva un muffin, poi, era decisamente
inverosimile! Summer, con l'indice, abbassò il menù
dietro il quale si stava nascondendo l'amica e la guardò con
sospetto. “Cosa mi stai nascondendo?” “Niente!
Assolutamente niente!” la voce della strega risuonò
squillante ed alterata. “Lily!?” Summer non se la
beveva, la conosceva fin troppo bene. “Sai...mi sono appena
ricordata di avere delle commissioni da sbrigare...” la strega
prese la borsa poggiata sulla sedia e afferrò frettolosamente
il portafoglio. “Offro io...allora passerò a
salutarti più tardi” lasciò i soldi sul tavolino
e si avviò verso l'uscita senza aspettare una risposta. Summer
la seguì con lo sguardo, poi velocemente si alzò per
raggiungerla in strada. “Lily! Fermati!” le afferrò
la spalla immobilizzandola e la strega si girò mostrandole
degli occhi carichi di lacrime. “Ho sbagliato! Avrei dovuto
dirtelo subito lo so! Ma adesso non è il momento!” La
strega sembrava sconvolta e confusa. “Non è il
momento per dirmi cosa? Lily... cosa sta succedendo?... “
Summer si immobilizzò per un istante realizzando cosa stava
nascondendo “Riguarda il Consiglio... Tu... sai cos'ha deciso e
non mi hai detto niente. E' così?” Summer alzò
leggermente il tono della sua voce e la guardò incredula. Lily
volse lo sguardo verso il basso e le lacrime iniziarono a rigarle il
volto. “Mi dispiace...io... non sapevo come
dirtelo...” Summer si sentì stringere il petto. Lily
era una ragazza estremamente dolce e, anche se aveva sbagliato, non
voleva che reagisse così. “Lily...guardami...qualsiasi
cosa sia...l'affronterò! Sono io che l'ho deciso...e sapevo
che sarei andata in contro a delle conseguenza! Ma devi dirmi di cosa
si tratta e devi farlo adesso!” cercò di essere dolce e
rassicurante, non voleva che Lily stesse male per qualcosa di cui era
l'unica responsabile. La strega si asciugò le lacrime e
annuì. “Non...non potrai mantenere la tua promessa
Summer... Mi dispiace...” Summer spalancò gli occhi,
ma fece di tutto per sembrare tranquilla. “Sai...questo... è
un argomento che dovremmo affrontare a casa...non in mezzo alla
strada” si sforzò di essere allegra e tranquilla, ma
dentro di lei, qualcosa si era spezzato.
***
***
La
strega originaria doveva rimediare ai propri errori... Tutte le azioni di una strega sono assoggettate all'equilibrio imposto dalla natura: romperlo significa dovervi subito porre rimedio. In opposizione
ai vampiri, ai licantropi e all'ibrido creò qualcosa che
avrebbe potuto fronteggiare queste tre entità più forti
degli esseri umani in modo da ristabilire l'equilibrio. Con un
incantesimo innescò una catena di potenziali combattenti. La
loro giovinezza doveva contrapporsi all'antichità che avrebbe
caratterizzato i vampiri: infatti, raggiunta la maturità, la
combattente sarebbe stata rimpiazzata dalla sua più degna
sostituta in età da sviluppo, così che il nuovo potesse
sempre contrapporsi al vecchio. Non poteva nascere da una
discendenza licantropa, e non poteva essere trasformata in vampiro.
La combattente nasceva e moriva da umana. La strega diede vita ad
una quercia il cui legno avrebbe potuto uccidere la prima generazione
di vampiri, e forgiò un pugnale d'argento che, invece, avrebbe
potuto uccidere i licantropi originari. Poi, in opposizione
all'imbattibilità dell'ibrido, prese un ramo della quercia,
prese il pugnale e vi versò il sangue Niklaus. “Almeno
tu... sarai un Fiore di Loto...dovrai solo accettare quello che ho in
serbo per te...” Il pugnale subì una
trasformazione. Sull'elsa comparve un Fiore di Loto e il legno
divenne la sua guaina.
***
***
Summer
preparò del Tè da offrire a Lily. La strega era anche
più desolata e sconvolta di lei. “Perché non
me l'hai detto subito?” non era un'accusa, il suo tono
continuava ad essere dolce. “Perché... credo di aver
scoperto un'altra scappatoia...e volevo esserne sicura, così
ti avrei dato una notizia cattiva ed una buona..” La strega
prese la tazza con entrambe le mani e tirò su col naso. “Di
cosa parli?” “...In un diario del 1300 un osservatore
parla di una cacciatrice che fu uccisa da Klaus. Il suo corpo, però,
non fu trovato, ma fu avvistato qualche anno dopo...capisci? Lei era
viva!” “Quindi?” “Quindi...Credo...che
Klaus l'abbia trasformata in un vampiro...altrimenti non si spiega
come sia ricomparsa pur essendo stata chiamata in carica un'altra
cacciatrice...” Summer rise perplessa. “No...non è
possibile una cacciatrice non può essere trasformata...Me
l'hai spiegato tu stessa, la natura non lo concede...” “Sì...è
vero...ma il sangue di Klaus potrebbe essere diverso! ..Ne sono
abbastanza sicura...” Summer scosse la testa. “Ascolta
...se anche fosse, la promessa che ho fatto ad Harris non ha nulla a
che fare con questo...” “Sì, invece! Gli hai
promesso che saresti sopravvissuta, che avresti raggiunto l'età
per essere sostituita...” “Gli ho promesso...
Lily...che avrei visto l'alba dei miei venticinque anni... e questo
accadrà! Il fatto che continuerò ad essere la
cacciatrice in carica...non cambia nulla...” Summer pronunciava
quelle parole senza crederci. Cambiava invece; cambiava ogni cosa.
Voleva essere la prima nella storia ad essere sostituita per
“vecchiaia” e non per morte. In mille anni non era mai
successo. Era talmente impensabile che una cacciatrice sopravvivesse
che tutta la spiegazione col passare dei secoli si era ridotta al
semplice “Morta una se ne fa un'altra”. Ma la strega
originaria era un'entità di bontà e di giustizia, non
avrebbe mai concepito nulla di così estremo. Eppure erano rare
le cacciatrici che riuscivano ad arrivare ai vent'anni. Nessuna si
era mai liberata. Ma Harris in Summer vedeva una forza diversa, e
glielo fece promettere sul suo letto di morte. “Harris
voleva che tu ti liberassi...e se il Consiglio non te lo concede per
punizione...allora diventare un vampiro sarebbe una soluzione
alternativa, pensaci! Verrebbe subito attivata un'altra
cacciatrice...” Lily posò la tazza sul tavolo e prese le
mani di Summer tra le sue “Tra qualche mese compirai ventitré
anni Summer...sei già una delle cacciatrici più anziane
della storia...Se sei riuscita a sopravvivere...era per quella
promessa...per la voglia che hai di avere una vita normale, non dico
che questo si realizzerà diventando un vampiro...ma almeno...
sarai libera...” Summer lasciò le mani di Lily per
alzarsi e camminare nervosamente per la stanza. “Anche se tu
avessi ragione...Harris non avrebbe mai voluto che io diventassi un
vampiro... non potrei mai farlo!....Evidentemente... non è nel
mio destino...essere libera...” pensò ai suoi quindici
anni chiusa in un orfanotrofio ed al resto passati da cacciatrice;
Summer non era stata padrona della sua esistenza neanche per un
giorno! “Ma va bene! Lo accetterò e ...combatterò
fino alla fine...” terminò il suo discorso con un
sorriso. Sapeva che Lily ci stava male, ed infatti non riusciva ad
accettarlo. Summer era la sua famiglia e non poteva pensare di
perdere anche lei. Inoltre aveva sofferto e combattuto fin troppo.
Lily annuì, ma le sue intenzioni a riguardo erano ben
altre; non si sarebbe arresa! Avrebbe fatto qualsiasi cosa e a
qualunque costo! “Scusami...per non avertelo detto
subito...” “Non fa niente...Ehi ma quindi sei stata
contatta dal Consiglio!...quindi li hai visti! Che tipi sono?”
Summer usò un tono rapido e allegro per sdrammatizzare quel
momento, e soprattutto per togliere quel velo di tristezza dal volto
dell'amica. Lily la guardò divertita. “Guarda...che
'Il Consiglio' non sono un gruppo di persone... non è altro
che un'entità...una sorta di fantasma...ma più...
corporeo...” “Davvero? Io ho sempre creduto che
fossero un insieme di tizi in giacca e cravatta!” Lily rise
rallegrandosi. “Niente di tutto questo...è un'entità
dalle fattezze femminili..anche se è difficile dirlo...la sua
pelle è fatta di ali di farfalle e al posto degli occhi ha
qualcosa di molto luminescente...diciamo che...in teoria è
qualcosa di bello...ma quando lo vedi fa un po'
paura...” “Ummm...vorrà dire che quando sarò
convocata al suo cospetto...mi procurerò un mega retino!”
“Summer! Sii più rispettosa!” Lily si guardò
intorno un po' impaurita. Quell'essere, anche se buono, l'aveva
davvero spaventata!
***
***
Nina,
Pinta e solo Maria, visto che di 'Santo' non aveva un bel niente;
erano questi i nomi che Damon aveva dato alle graziose dame che gli
tenevano compagnia. Non poteva fare altrimenti; pur sforzandosi,
proprio non riusciva a ricordare i loro nomi. Forse, perché
non li aveva proprio ascoltati. Si era recato al college più
vicino e si era imbucato ad una festa in cerca di dolci e saporite
distrazioni. Queste tre ragazze - una bionda dagli occhi castani,
un'altra mora dagli occhi verdi, ed un'altra dai capelli ricci e
dagli occhi nerissimi - si erano praticamente fiondate su di lui con
la rapidità e la fame di un falco che ha avvistato la sua
preda. Le tre l'avevano corteggiato instaurando una sorta di
competizione ma lui, nella sua grande magnanimità, aveva
deciso di portarsele a casa tutte.
I
was Wrong - Social Distortion
♫ Oh,
when I was young I was so full of fear I hid behind anger held
back the tears ♫
“Quando
ero giovane Ero così pieno di paura Mi
nascondevo dietro la rabbia Trattenevo
le lacrime”
Entrarono
in casa già ebbri dell'alcool consumato alla festa, e le
ragazze non gli diedero neanche il tempo di chiudere la porta. Erano
state soggiogate per non avere paura del fatto che fosse un vampiro,
e questo le aveva eccitate ed intrigate a dismisura. Lo bloccarono
sulla porta d'ingresso e iniziarono a spogliarlo avidamente. La
castana, che lui chiamava Pinta, gli sbottonò la camicia per
baciare il suo petto con lo scopo di raggiungere il più
peccaminoso dei traguardi. “Ahh Pinta... sapevo che tu
saresti stata quella che mi avrebbe dato più soddisfazioni!”
disse prendendo il suo volto tra le mani. “Perchè
continui a chiamarmi Pinta? Guarda che ho un nome! Ed è anche
molto bello” il suo fare civettuolo fu qualcosa che lo
infastidì enormemente e capì subito di essersi
sbagliato; sarebbe stata la più rompiscatole! “Oh
ne sono certo zuccherino...ma vedi...non mi interessa! Quindi che ne dici di trovare un
impiego più... costruttivo... per quella boccuccia impertinente! Mh?!”
l'aveva liquidata alla svelta per baciare appassionatamente la
bionda, ovvero Maria, che gli aveva tolto la camicia graffiandogli la
schiena. “Così! Brave! Sono il nuovo
mondo...scopritemi!” asserì in preda all'euforia
alcolica.
♫ It was
me against the world I was sure that I'd win But the world
fought back, punished me for my sins I felt so alone So
insecure I blamed you instead, made sure I was hear And they
tried to warn me Of my evil ways But I wouldn't hear what they
had to say I was wrong Self destruction's got me again I was
wrong I realize now that I was wrong ♫
“Ero
contro al mondo Ero sicuro che avrei vinto Ma il mondo combatté
contro di me, Mi punì per i miei peccati Mi
sono sentito così solo, così insicuro Invece
ho dato la colpa a te, Mi sono assicurato di essere ascoltato E
hanno provato ad avvertirmi Dei miei modi diabolici Ma non ho
voluto ascoltare cos'avevano da dirmi Mi
sbagliavo L'autodistruzione
mi ha preso ancora Mi
sbagliavo Adesso capisco che mi sbagliavo”
Dopo
la terza bottiglia di scotch, si ritrovò inginocchiato sul
tappeto del salotto tra le gambe di Nina, mentre Maria e Pinta,
gelose ed eccitate, continuavano ad accarezzarlo e a torturarlo di
morsi e baci. “Non temete... ce n'è anche per voi...”
afferrò Maria e la baciò.
♫
And I think about my loves Well, I've had a few Well, I'm sorry
that I hurt them Did I hurt you too? I took what I wanted Put
my heart on the shelf But how can you love when you don't love
yourself? ♫
“E
penso ai miei amori Beh, ne ho avuti alcuni Beh, mi dispiace di
averli feriti Ho ferito anche te? Ho preso quello che volevo Ho
messo il mio cuore sullo scaffale Ma
come puoi amare se non ami te stesso?”
Si
allontanò da loro per dedicarsi alla regina delle distrazioni,
Sua Maestà Alcool, ma le incitò a continuare per il
piacere della sua vista. Il bello di quelle ragazze era che non
necessitavano di alcuna soggiogazine. Cento cinquant'anni di
gozzovigliare vampiresco avevano perfezionato il suo radar
“trova-sgualdrine”. Alzò
il volume dello stereo fino a renderlo quasi insopportabile. Voleva
stordire ogni suo senso. Aveva bisogno di annientare e dimenticare
ogni cosa che si avvicinasse al mondo delle emozioni. Controllò
rapidamente il telefono e vide un messaggio di Summer che diceva che
sarebbe tornata a breve. Fece una smorfia e lo spense, per poi
fiondarsi nuovamente tra le braccia delle sue pupille. Non provava
niente, eppure riusciva a non pensare, e questo gli bastava.
♫
I was wrong Self destruction's got me again I was wrong I
realize now that I was wrong I was wrong, yeah I was wrong ♫
“Mi
sbagliavo L'autodistruzione
mi ha preso ancora Mi
sbagliavo Adesso capisco che mi sbagliavo Mi sbagliavo, si, mi
sbagliavo”
Lasciò
che Maria si mettesse a cavalcioni su di lui e, finalmente, il
momento che le ragazze attendevano con ansia, arrivò. Lasciò
spuntare i canini e li affondò nel collo della ragazza. Le
altre due guardarono quella scena meravigliate e bramando il loro
turno. Pinta, per impressionarlo, leccò il sangue che era
colato sulla schiena di Maria, ma Damon la ignorò prendendo il
polso di Nina e mordendolo. Pinta sarebbe stata l'ultima, e forse
anche l'unica a morire, perché era ruffiana e impertinente;
quindi lo meritava!
♫
I grew up fast And I grew up hard Something was wrong from the
very start I was fighting everybody I was fighting
everything But the only one that I hurt was me I got society's
blood running down my face Somebody help me get outta this
place How could someone's bad luck last so long? Until I
realized that I was wrong♫
“Sono
cresciuto velocemente E sono cresciuto duramente Qualcosa era
sbagliato dall'inizio Combattevo tutti Combattevo ogni cosa Ma
l'unico che ho ferito è me stesso Ho
il sangue della società che corre sulla mia faccia Qualcuno
mi aiuti ad andare via da questo posto Come
può la sfortuna di qualcuno durare così a lungo? Fino
a quando non ho capito che mi sbagliavo”
Ballò
sul tavolino con Nina reggendo la sua immancabile bottiglia di
Scotch. Maria era sdraiata sul divano completamente priva di forze,
mentre Pinta ballava sensualmente sperando di catturare la sua
attenzione, ma lo sguardo del vampiro era spento e la sua mente era
proiettata in un luogo oscuro lontano da quell'insoddisfacente
realtà.
♫I
was wrong Self destruction's got me again I was wrong I
realize now that I was wrong I was wrong Self destruction's got
me again I was wrong The only moment that I was me I was
wrong♫
“Mi
sbagliavo L'autodistruzione
mi ha preso ancora Mi
sbagliavo Adesso capisco che mi sbagliavo Mi
sbagliavo L'autodistruzione
mi ha preso ancora Mi
sbagliavo” L'unico momento in cui sono stato me stesso Mi
sbagliavo”
Summer
parcheggiò la moto affianco alla macchina di Damon. Sentì della musica ad alto volume provenire dalla casa e si
avviò incuriosita. Quando entrò, nel salotto, vide
Damon in boxer seduto sul divano, con tre ragazze in biancheria
intima che gli si strusciavano addosso senza remore.
Angolino
di NaNa*** Come
potete vedere...la storia delle cacciatrici la sto modificando
parecchio...ma in fondo, è vero che ho preso spunto da Buffy
ma il tutto deve ricollegarsi all'universo TVD (e alle cretinate che
partorisco xD) quindi è inevitabile stravolgere un po' le
cose^^ Come sempre spero che il capitolo sia piaciuto^^ Spero
di riuscire ad aggiornare per Natale...ma, nel caso non dovessi
riuscirci, Buone feste a tutte^^ Alla prossima!!!
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Capitolo 38 *** Trentottesimo Capitolo ***
“Senza
tentativi non possono esserci fallimenti; senza fallimenti non può
esserci umiliazione” William James
Summer
restò impietrita, ma fece appello a tutte le sue forze e si
sforzò di apparire tranquilla. Damon le fece un sorriso
sornione, mentre le ragazze la guardarono come
se fosse stata un ospite indesiderato. “Vedo...che hai
compagnia...” Summer glielo disse con un sorriso, ma dentro
stava tremando di rabbia. Damon si avvicinò a lei mettendo
l'avambraccio sul muro. “Non mi aspettavo che tornassi così
presto...altrimenti...beh... avrei nascosto tutto sotto al tappeto!”
il suo umorismo fu indisponente e meschino,
e la guardò con un'espressione di sfida che non venne
ricambiata. Summer, infatti, restò impassibile. Capì
che il suo tono era intenzionalmente provocatorio, e per di più
lei l'aveva avvisato del suo arrivo con un messaggio. C'era qualcosa
nel suo comportamento che proprio non quadrava, e pensò che
forse era dovuto a qualcosa che l'aveva turbato.
Ma cosa? Sapeva che non sarebbe stato sempre il Damon premuroso che l'aveva coccolata tutta la notte, ma quel comportamento e quello sguardo ostile, erano troppo accentuati. “E' casa tua Damon puoi fare quello che vuoi...
spero solo che tu non le abbia soggiogate per venire a letto con
te...” la frase continuava con un 'perché sarebbe
davvero squallido', ma Summer preferì omettere quella parte
per non indispettirlo ulteriormente. Damon si stava comportando in
quel modo strano per qualche ragione - ne era sicura - e lei voleva solo capire
quale. “Tsk...credi che ne abbia bisogno?... Queste
oche mi hanno sbavato dietro dal primo momento!...Le ho
soggiogate solo per non farle spaventare del fatto che sono un
vampiro...” “Ma come ti permetti!” “Ehi!”
lo ripresero Maria e Nina; le aveva chiamate 'oche' senza il
minimo tatto. “Chiudete il becco!” il vampiro si girò
nella loro direzione per soggiogarle. “...E per farle stare
zitte!” disse continuando il discorso che stava facendo con
Summer. Summer annuì, non capiva se doveva sentirsi più
disgustata per il comportamento di Damon o per quello delle tre
ragazze. “Beh...non voglio disturbare... continua pure a
divertirti...” continuò sulla linea del tono pacato
facendo sentire Damon emotivamente confuso. Il vampiro la vide
salire le scale, e subito un forte senso d'angoscia divampò nel suo petto
rendendo doloroso ogni respiro. Capì di aver rovinato ogni
cosa, e senza neanche un valido motivo. Pinta gli si avvicinò
accarezzandogli la spalla, ma lui la fulminò con lo
sguardo. “Sparisci!” le ordinò a denti stretti,
poi si voltò e guardò anche le altre. “Andate
via e dimenticate ogni cosa!” Le ragazze raccolsero i loro
indumenti, ma il vampiro non tollerò la loro vista neanche per
un secondo in più. “Ora!” L'effetto della
soggiogazione le costrinse ad uscire dalla dimora ancora mezze nude.
Damon si versò dello scotch. Era certo che Summer avrebbe
fatto qualche scenata violenta delle sue, ed invece era rimasta calma
e impassibile, facendogli realizzare quanto poco le importasse di
lui. Il bicchiere di scotch venne fatto fuori in un solo sorso per
poi essere scaraventato verso il camino.
***
***
Summer
entrò nella sua stanza e respirò forte. Che stupida
era stata a pensare di correre da Damon per poter stare meglio! Si
sentì così ridicola d'avvampare, e velocemente corse
verso la finestra per spalancarla e prendere aria. Quando si
affacciò vide le tre ragazze andarsene a passo svelto e ancora
svestite. Non capiva quello che c'era dietro al comportamento di
Damon. Non riusciva proprio a comprenderlo! Ed in fondo neanche
doveva importarle, eppure non riusciva a non stare male. Pensò
che fosse a causa di tutto il resto. Pensò di aver iniziato
solo in quel momento ad elaborare le parole di Lily. Si sedette
sul letto. Il Consiglio aveva eliminato il termine della sua
carica, e quindi sarebbe stata una cacciatrice fino alla morte. La
speranza di riuscire a compiere venticinque anni per sentirsi
finalmente libera era andata in fumo...e adesso non le restava più
niente. Era sicuramente questo pensiero, unito alla morte di
Kendra, a farla stare male, pensò. Damon non c'entrava niente,
lui poteva fare quello che voleva. Tra di loro non c'erano legami.
***
***
La
mattina seguente Damon trovò Summer in cucina intenta a
preparare la colazione. “Pensavo di dover preparare qualcosa
anche alle tue amiche...ma a quanto pare se ne sono andate...”
mentre preparava le frittelle, Summer cercava di apparire
disinteressata. Lo sapeva che Damon le aveva cacciate, ma era
curiosa di sentire la sua versione dei fatti. Damon le si
avvicinò. Si sentiva impazzire; da un lato la
desiderava con tutte le forze, mentre dall'altro sapeva che lei aveva uno
strano effetto sulla sua umanità, e quindi doveva starle alla
larga. Per di più, il disinteresse che aveva mostrato nei suoi confronti l'aveva fatto innervosire in un modo che non si aspettava. “Le ho uccise...erano diventate snervanti...” pronunciò, con un tono crudele e cinico.
Inventò quella bugia per farsi odiare. Ormai il suo intento
era quello. Ma Summer aveva visto quelle ragazze andarsene con le
proprie gambe, e ancora una volta si chiese cosa fosse successo al
vampiro. Che senso aveva mentire? Ma poi ricordò di quando
anche lei agiva in modi discutibili ed apparentemente privi di senso.
Ricordò che, quando aveva dodici anni, un bambino ruppe la
finestra del dormitorio con un sasso e lei se ne addossò la
colpa, non perché volesse difendere l'altro bambino, ma per
farsi volutamente rimproverare dalla direttrice. Essere odiati e
ovviamente meno impegnativo dell'essere amati, perché puoi
permetterti il lusso di non fare nulla. Non devi necessariamente
tentare di fare la cosa giusta e se non ci sono tentativi non ci sono
neanche fallimenti. Tutta la tua vita si svolge su un basso profilo e
non devi impegnarti per niente e per nessuno se non per te stesso.
Damon in quel momento voleva farsi odiare. Voleva sabotare tutto
quello che di buono aveva fatto, perché sapeva di non poter
competere con le aspettative; aveva mostrato il suo lato umano, e questo l'aveva messo in crisi. Ormai Summer l'aveva capito, e sapeva
anche come rompergli le uova nel paniere. “Cosa vuoi per
colazione?” Damon la guardò stranito. “Ti
ho appena detto che ho ucciso quelle tre ragazze... “ “Sì,
ho sentito” “E non hai nulla da dirmi a
riguardo?” “Sei un vampiro Damon...e i vampiri
uccidono le persone...” “Giusto... ma tu sei la
cacciatrice, e la cacciatrice uccide i vampiri cattivi che uccidono
le persone. Sbaglio, forse?” “No, non sbagli...ma...”
Summer si allontanò dai fornelli per avvicinarsi a lui “Sono
abbastanza folle da volerti essere amica Damon...” gli
accarezzò le guance prendendole tra le mani. “Probabilmente...
continuerai ad assecondare la tua natura, a fare delle scelte sbagliate... cose discutibili ...ma io sarò dalla
tua parte...pronta anche a prendere le tue difese se sarà necessario...”
gli sussurrò quelle parole con tutta la dolcezza che aveva in
corpo, caricate anche dalla stanchezza e dalla tristezza che portava
dentro, e sentì il volto irrigidito di Damon sciogliersi sotto
il tocco delle sue mani. Summer aveva cominciato quel discorso per non stare al suo gioco, ma pronunciando quelle parole capì di averlo fatto soprattutto perché desiderava dirgli quelle cose, perché credeva ad ogni parola che
gli aveva detto. Damon le era stato accanto in uno dei momenti più
duri della sua vita, e questo lei non lo avrebbe mai dimenticato; non avrebbe mai dimenticato tutto il buono che aveva visto in lui. Il
vampiro si sentì mancare il respiro. Perché non urlava?
Perché non si arrabbiava? Perché non lo odiava? La
guardò spaesato per qualche secondo, poi gli occhi si
soffermarono sulle sue labbra. Si morse il labbro inferiore per non
essere tentato di avvicinarlo al suo, poi le afferrò i polsi
ed allontanò le mani dal suo viso. “Devo andare...”
bisbigliò con un sospiro disperato, e si avviò verso la
porta della cucina lasciando Summer spiazzata.
***
***
Damon
girovagò per Mystic Falls senza una meta, ma quando passò
per il bar della città vedendo seduta al tavolino Carol Lockwood,
subito pensò che infierire su una povera donna dai nervi a
pezzi gli avrebbe sicuramente tirato su il morale. “Buongiorno
Carol!” il vampiro sfoderò un sorriso accattivante e
vagamente diabolico. Carol si guardò intorno
infastidita. “Cosa vuoi Damon?” “Rilassati
Carol...voglio solo fare due chiacchiere...” le si sedette di
fronte, incurante del fatto che lei non lo desiderasse. “Beh
Damon...perdonami se non mi va di conversare con te!” il sindaco
bisbigliò per non farsi sentire, e sperò che il suo
nervosismo non desse nell'occhio. “Andiamo...in fondo
abbiamo molto di cui parlare, non trovi?... Dimmi un po' come hai
superato la cosa? Antidepressivi? Ansiolitici? ...Scotch?” Carol
cercò di restare composta, ma Damon la stava facendo davvero
innervosire. “Vuoi sapere come faccio a tirare
avanti...bene! Non penso!..Non penso al fatto che Tyler sia un
licantropo, non penso al fatto che sia fidanzato con una vampira, non
penso al fatto...che TU Damon... abbia passato tutto il tempo ad
ingannarmi con un'incredibile faccia tosta! ...Perché se mi
soffermo a pensare...rischio di crollare...lo ammetto...” Carol
rivelò la sua frustrazione con rabbia e risentimento,
pronunciando quelle parole a denti stretti e guardandolo con contrarietà e
disperazione. “Ora...se vuoi scusarmi!” si alzò
con nervosismo: la vista di Damon aveva dato un pessimo inizio a
quella giornata. “Carol...non è tanto grave il fatto
che Tyler sia un licantropo...che sia fidanzato con
Caroline!...quello!...è seriamente preoccupante!” Carol
gli dedicò un'occhiataccia e se ne andò. Damon, invece,
restò lì. Quella conversazione l'aveva illuminato su
qualcosa. Pensare...lo stava facendo crollare. Era questo il suo
problema! Si interrogava su ogni minima sensazione...e non doveva più
farlo! Perché stava impazzendo! Lui e Summer erano diventati
amici; ed era ovvio che la sua amicizia stesse cambiando qualcosa in
lui. Ma il modo in cui si stava preoccupando era eccessivo! Non era
innamorato di lei, quindi qual era il problema? Si alzò
prendendo una decisione; da quel momento non avrebbe più
pensato a niente. Avrebbe solo vissuto le emozioni che gli si
presentavano senza farsi domande. Era l'unico modo per restare vicino
a Summer senza impazzire.
***
***
Summer
era rimasta in casa. Non aveva voglia di fare nulla, e non era da
lei. Se ne stava nella sua camera ad ascoltare la musica e a
riflettere su tutto quello che le era capitato. Strinse il suo
ciondolo pensando al Signor Harris. Le parole di Lily erano state un
discorso confusionario di un'amica troppo apprensiva. Anche se
avessero trovato un modo per ottenere il sangue di Klaus, cosa le
assicurava che avrebbe funzionato? Doveva credere ad un osservatore
che poteva benissimo aver preso una svista? E, cosa più
importante, lei non voleva diventare un vampiro. Sarebbe stata
l'ennesima schiavitù. In ogni caso sarebbe stata schiava di un
oggetto che la proteggesse dal sole, schiava delle sue emozioni e
soprattutto schiava dell'eternità. Non era quello che
desiderava. Diventare un vampiro era un'opzione valida solo in
alternativa alla morte, ma non in alternativa ad una vita umana da
cacciatrice. Inoltre le sarebbe sembrato di barare, ed invece doveva
essere responsabile delle sue azioni! Sentì bussare alla
porta e si mise a sedere. “Entra...” Damon entrò
e le si posizionò davanti osservandola. Il suo imperativo era
'non pensare!', ed in quel momento sentiva il bisogno del contatto
con sua pelle. Le accarezzò il volto e si piegò per
baciarla, ma Summer strinse il suo collo con una mano e lo spinse
lontano da lei. “Cosa pensi di fare?!” era furiosa.
Dopo quello che aveva visto la sera prima, se sperava di toccarla era
un povero illuso! Damon si toccò la gola guardandola
allibito. “Fino a prova contraria Summer...sei la mia
distrazione! Cosa pensi che voglia fare?” “Beh il
fatto che ti abbia quasi spezzato il collo Damon...E' la prova
contraria!” “Mi dici che diavolo ti prende adesso? Che
ne è del discorso stucchevole di questa mattina?” Summer
si alzò avvicinandosi con aria minacciosa. “Il
discorso di stamattina, Damon, riguardava l'amicizia! Se hai
bisogno di sesso, chiama una delle tante oche prive di dignità
di tua conoscenza!” Da dove usciva quella rabbia? Summer si pentì immediatamente di
quelle parole, e si rese conto di stare nascondendo una sorta di
gelosia dietro uno stupido perbenismo che non le
apparteneva. “Beh...almeno io, certe cose, ho il buon gusto di farle in tua assenza!” Che diavolo era quel tono pieno di risentimento? Damon capì subito di essersi liberato di quel
veleno che si portava dentro dalla festa della scuola. Davvero l'aveva infastidito così tanto? si domandò. “E questa da dove uscirebbe?! Di cosa stai parlando?” “Parlo
del moccioso insignificante che stavi per baciare al ballo Summer! Ecco di cosa parlo!“
Damon si sentì più leggero, ma quando
vide il volto sorpreso di Summer si pentì immediatamente di
ciò che le aveva indirettamente confessato. Ma, d'altra parte,
lei aveva mostrato lo stesso fastidio. Furono colti da un impasse
in cui non seppero cos'altro dire o fare. Entrami soddisfatti e
pentiti delle proprie parole, ed innervositi e contenti delle parole
dell'altro. Il vampiro guardò verso la finestra con la
mascella contratta e il respiro profondo di chi sta smaltendo la
rabbia, poi scosse lievemente la testa e si mosse per andarsene. Summer, dopo aver elaborato quella frase, lo guardò
dolcemente. "Damon..." pronunciò, facendolo fermare. Mise fine a quel tentativo di fuga facendogli una carezza sul volto che subito cambiò
la sua fisionomia. Damon chiuse un momento gli occhi per
sentire il calore di quel gesto e dopo la guardò facendole un
mezzo sorriso. Evitare di parlare era la cosa più saggia da fare...per tipi come loro due! Le
mise le mani sui fianchi e l'attirò a sé, ed entrambi corteggiarono un po' le labbra dell'altro, prima di baciarsi: fu un tacito modo per mettere in chiaro che tutto era passato all'istante, e che la voglia di battibeccare era stata sconfitta da altro. “E quindi ora siamo...amici di letto?”chiese, dopo quel bacio lento, sereno e carico di un bisogno reciproco. Lei gli
accarezzò ancora le guance in un dolce movimento dei pollici. "Amici di letto..." rispose teneramente, per poi ribaciarlo. Damon ricambiò sentendosi subito meglio. Non l'aveva persa, anzi: erano diventati amici. E finalmente si accorse
delle sensazioni che gli procuravano quei baci. Aveva
passato un'intera giornata fatta di sesso e alcool, ma niente si era
avvicinato alle emozioni di quel momento. Ogni carezza ed ogni bacio
gli entravano sotto la pelle attraverso un piccolo e caldo fremito.
La fece sdraiare sul letto e la guardò con desiderio,
realizzando quanto gli fosse mancata. Ma, nell'attimo in cui avvicinò
nuovamente le labbra alle sue, il vampiro decise che non avrebbe più
pensato a niente. Parole dette o ascoltate. Gesti compiuti o
ricevuti. Non avrebbe più pensato a niente, perché non era
necessario. Non poteva rischiare di perdere quelle sensazioni, che lo distraevano dai suoi tormenti e che lo
facevano sentire vivo, solo per delle stupide domande dettate da
altrettanto stupide crisi esistenziali. La liberò dal jeans
ed accarezzò e baciò la parte interna delle sue gambe
con un desiderio che rese il suo tocco denso e avido. Summer gli
accarezzò il volto per trascinarselo addosso e per baciarlo
con passione. Tutto quello che desiderava era perdersi nuovamente
nelle sue carezze per non pensare a niente. Non voleva neanche
interrogarsi sugli strani comportamenti di Damon. Non voleva
scambiare per gelosia, quella che poteva essere solo una possessività
dettata dalla vanità e dall'orgoglio. Non voleva addentrarsi
in un territorio contrassegnato da una bandierina che portava il nome
di Elena. Non voleva rischiare di legarsi troppo, e quindi di soffrire per lui; così lo
baciò e si sottomise alla volontà della passione
decidendo che, all'argomento 'Damon', non avrebbe più
pensato: se lo sarebbe solamente goduto, proprio come aveva fatto fino a quel momento. Loro erano soltanto amici. Quei sentimenti che iniziava a provare per lui...erano soltanto le varie sfumature d'affetto che si provano per un amico.
Angolino
di Nana*** Eccomi
qui^^ ho voluto pubblicare prima di Natale questo capitoletto
dedicato interamente a Damon e Summer *.* giusto per la gioia delle
romanticone...(un nome a caso...NanyVale xD)...visto che con questo
capitolo inizia UFFICIALMENTE
la fase “LOVE” Passando
ad altro, vorrei spiegarvi le ragioni che mi hanno spinta a
modificare la storia della cacciatrici (lo so che non frega niente a
nessuno xD ma le scrivo lo stesso). Perché
le mie cacciatrici sono in carica solo per 10 anni? Se
io fossi la strega incaricata a creare queste giovani guerriere,
terrei in considerazione un fattore importante: Le motivazioni
sono alla base dei comportamenti umani. Una cacciatrice deve
essere molto motivata per estrinsecare tutto il suo potenziale. Una
povera condannata a morte, con il passare del tempo, non avrà
tutta questa voglia di combattere e vincere...perché comunque
vada la sua vita sarà sempre quella, e secondo me, dopo un
po',diventa “pesante” avere sulle spalle le sorti del
mondo. In quest'evenienza, la cacciatrice si sentirà la 'carne
da macello' del Consiglio. Se invece ha la possibilità di
liberarsi da questa “maledizione” allora chi ha la forza
mentale per farlo si impegnerà e cercherà di
sopravvivere per raggiungere i 25 anni. Quindi → + motivazione →
+ voglia di combattere → + cattivoni morti. Ovviamente tra le
cacciatrici ci potrebbero essere anche delle super idealiste che lo
farebbero con gioia per un bene supremo, ma io ho pensato per lo più
alle ragazze normali che vorrebbero una vita tranquilla. Inoltre, non dimenticate che le strege sono soggette agli equilibri della natura!^.- (<---questa faccina sta a significare che sono cose che scoprirete più avanti) Perché
le mie cacciatrici non possono essere trasformate in vampiri? Perché
secondo me, se ci fosse quest'opportunità, in parecchie la
coglierebbero al volo. Io stessa penserei...”Ma chi me lo fa
fare? Adesso risparmio la vita a questo vampiro scemo e mi faccio
trasformare così questo fardello se lo piange un'altra!!!”
(...meno male che non sono una super eroina altrimenti il mondo
sarebbe spacciato!!! xD) Persino Summer, per quanto sia
orgogliosa e combattiva, dopo otto anni di combattimento valuta la
cosa senza escluderla al 100% Inoltre, anche in questo caso c'è una cosa molto importante che scoprirete più avanti^^ Tutto qui^^ volevo solo condividere
le seghe mentali che ci sono dietro questa fic xD Come sempre,
spero che il capitolo vi sia piaciuto^^ Vi Auguro Buon
Natale Un
bacione a tutte!!!
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Capitolo 39 *** Trentanovesimo Capitolo ***
Summer
ci era riuscita. Mantenendo la calma, era riuscita a guastare il
piano del vampiro di sabotare ogni cosa. Gli aveva impedito di chiudersi in sé
stesso. Non aveva idea di cosa l'avesse portato a quel comportamento,
e neanche voleva chiederselo. Probabilmente riguardava Elena, ma non
voleva pensarci. Voleva solo sentirselo addosso e lasciarsi
trasportare dai suoi movimenti. Lo strinse forte a sé,
perché era quello che le andava di fare. In quella giornata,
aveva visto il suo volto diventare prima freddo, poi spaesato ed in
fine adirato. Adesso, quello che vedeva muoversi sopra di lei, era il
Damon di sempre, quello che piano si stava facendo strada nel suo
cuore come stava facendo adesso nella sua carne: con una dolcezza
nascosta sotto quintali di spavalderia. Lo strinse perché
lui la stringeva con lo stesso desiderio di vicinanza, e l'orgasmo fu
solo una perentesi di quel momento. Li deconcentrò per un
lungo istante ma non li allontanò. Restarono uniti mettendosi
sul fianco. Petto contro petto, e con le labbra che si incontravano
per darsi dei piccoli e fugaci baci. Lei gli accarezzava i
capelli, mentre la mano del vampiro percorreva su e giù la
lunghezza della coscia che lei teneva avvinghiata al suo corpo: con
l'altro braccio, invece, la teneva più stretta a sé
cingendole le spalle. I battiti delle loro ciglia erano lenti e
pesanti, e i loro respiri lunghi e profondi. Il vampiro notò
la differenza. Era la prima volta che stavano così vicini dopo
il sesso, e le coccole di Summer lo riempirono di calore. “Come
stai?” non aveva dimenticato quello che le era successo. Quanto
aveva pianto; e, nonostante il suo comportamento da vero stronzo, ora
la stringeva, come se nulla fosse successo. Lei, con gli occhi
chiusi, annuì. “Meglio...cerco di pensare ad altro”
si avvicinò al suo viso sfiorandogli le labbra. Damon
sorrise e la strinse più forte a sé. Sentiva di essere
lui ciò a cui lei stava pensando, e quel pensiero lo rese
inconsciamente felice. “A cosa esattamente...” il suo
bisogno di sicurezza non si placava mai: voleva sentiglielo dire.
Chiuse gli occhi e attese la sua risposta. “Ahhh...Sto
pensando a Matt!” Summer sospirò e pronunciò quel
nome caricandolo di un'enfasi palesemente ironica. Il vampiro,
ancora con gli occhi chiusi, fece una smorfia infastidita e trasformò
la sua presa in un doloroso pizzico, ma poi li aprì e la
guardò con intensità. “Davvero andresti a
letto con lui?” per farle capire la serietà della sua
domanda, evitò di chiamarlo 'il moccioso insignificante'.
Summer ridacchiò per quella presa semi-violenta, e poi ragionò
per qualche secondo su quella domanda inaspettata e dal retrogusto
piacevole. “Beh...Sì!...in fondo... tra di noi non
c'è nessuna esclusiva...ieri sera sei stato molto chiaro a
riguardo...” lei ormai non ci pensava più a Matt. Era
stato solo un fugace e malizioso capriccio, ma volle mettere in
chiaro le cose. Se lui era libero di fare quello che voleva, lo era
anche lei. In fondo, era stato lui a sbatterle in faccia quella
realtà; ed ora era curiosa di sapere cosa pensava a
riguardo. Il vampiro accusò il colpo, ma non potette darle
torto. “E se invece la volessi?” se ne sorprese lui
per primo, ma era quello che voleva; un'esclusiva su di lei, perché
non voleva dividerla con nessuno. Summer si sentì
spiazzata, e quella domanda la fece stare inaspettatamente bene. Lo
sapeva che quelle tre oche avevano avuto solo un ruolo marginale nel
suo piano di farla allontanare, ma ci era stata male lo stesso.
Quelle parole, invece, cambiarono ogni cosa. “Se tu la
volessi... non mi peserebbe dartela, ma la verità è
che...l'esclusività...dovrebbe essere una cosa reciproca...”
pronunciando quelle parole Summer realizzò qualcosa che la
riempì di tristezza. “Ed io... non potrò mai
averla su di te...” “Davvero pensi che
non possa rinunciare alle sgualdrine di turno per te...?”
Summer sorrise, fu bello sentirselo dire, ma il suo discorso era
riferito ad un'altra donna. “Non è di loro che sto
parlando” si prese una lunga pausa “...ci sarà
sempre lei Damon...e capirai che non posso limitare la mia libertà con questi presupposti. Non avrebbe senso. Ed è per questo che tra di noi... non ci
sarà mai nessuna esclusiva...” Damon chiuse gli occhi
ed annuì con amarezza. Summer si riferiva ad Elena, ed ancora
una volta non poté ribattere. Sentì la sua mano posarsi
sul volto accarezzandolo dolcemente, e ne sentì ancora il
calore. Ma il vampiro non riusciva a sopportare quel pensiero.
Summer era l'ennesima donna che non poteva avere. Non poteva
essere sua, perché lui apparteneva ad un'altra donna che non
ricambiava il suo amore. Come sempre, si sentiva destinato alla
solitudine, però, in quel momento, il corpo nudo della
cacciatrice placò quell'inquietudine avvolgendolo con il suo
tepore. La baciò con trasporto. Avrebbe voluto
contestare la cosa, ma Summer era diventata una sua amica, e non poteva
prenderla in giro. Non poteva metterle un cartello di proprietà
privata senza darle lo stesso diritto; ma lui non l'amava, quindi
quel privilegio non poteva darglielo. Eppure, mentre la baciava
scivolando nuovamente tra le sue gambe, sentì che lei era
tutto ciò che desiderava ed un 'non potrei sopportare di
vederti con un altro' mentale si trasformò in un “Varrà
dire...che ti porterai quel moccioso sulla coscienza!”
verbale.
Damon annuì e lei gli accarezzò il
volto stando male senza darlo a vedere. Summer avrebbe voluto che lui
aggiungesse dell'altro, qualsiasi cosa; e si sentì stupida,
perché sapeva che non sarebbe mai stato suo. Quella
piccola consapevolezza iniziava a starle stretta bruciandole nel petto in un modo che non riusciva a spiegarsi. Damon
la baciò mettendosi su di lei, e poco dopo quel cercarsi
frenetico divenne l'inizio di un nuovo ritmo. Il vampiro entrò
ancora nel suo corpo con qualcosa di inespresso e disperato impresso
sul volto. Si impossessò di lei con un desiderio devastante
ed avido trasmettendole tutta la voglia che aveva di farla sua, e lei, inizialmente,
lo percepì come un contentino, ma quando le sussurrò
“Vorrà dire... che ti porterai quel moccioso sulla
coscienza!” con eccitazione e serietà, si sentì
felice e quasi in colpa per il piacere che quella frase diede alla spinta del vampiro.
***
***
Il
taxi fermò Klaus e Stefan nei pressi dell' Hollad Park, di
fronte ad un lussuoso palazzo dall'imponente cancellata in ferro
battuto. L'ibrido suonò il campanello e poco dopo il cancello
si aprì. Si guardò intorno notando quanto fosse
cambiato quel posto in cinquecento anni. Quella era l'ex dimora di
Lucrezia, in cui lui aveva vissuto per una decina d'anni. Dopo la
morte della strega, una vampira appartenente alla sua cerchia più
ristretta se n'era impossessata trasformandola, con gli anni, in una
dimora di lusso in cui venivano ospitati i vampiri che per qualche
periodo non avevano voglia di scorrazzare per il mondo. Klaus non
amava stare lì,; era un posto troppo esposto e chi vi
risiedeva doveva fare fin troppa attenzione a non dare nell'occhio.
Cinquecento anni prima, quando poteva disseminare corpi lungo i
corridoi senza doversi preoccupare di nulla, era un posto decisamente
migliore per viverci! Il portiere, un umano soggiogato, li
accompagnò fino all'appartamento richiestogli da Klaus: la
residenza di Bree. L'uomo li accompagnò alla porta, suonò
il campanello e poi se ne andò. Poco dopo, una vampira
dalla capigliatura nera di un riccio selvaggio e con degli occhi
verdi e freddi, aprì. “Klaus...ma che piacevole
sorpresa!” la vampira lo fece accomodare, e poi guardò
Stefan con curiosità ed interesse. “Chi è la
tua nuova puttanella?” si avvicinò al vampiro e l'annusò
con un solo respiro partito dal petto e terminato sul
collo. “Ummm...meno di duecento anni...sei un tenero
cucciolo!” Stefan la guardò allibito sentendosi in
notevole disagio. “Lascialo in pace Bree...” Kluas
prese posto nel salotto sedendosi sul divano e mettendo i piedi sul
tavolino. “Accomodati Stefan...e non lasciarti intimorire
...Bree è un po' eccentrica!” La vampira fece
scorrere la mano lungo il petto di Stefan sorridendogli con malizia,
e poi raggiunse l'ibrido. “Allora... Klaus...è un bel
po' che non ti fai vivo da queste parti...” “Sono
stato impegnato...” “Giusto, dimenticavo che sei
finalmente riuscito a spezzare la maledizione! Ma ho saputo che
qualcosa è andato storto....allora? Qual è l'intoppo?
Perché non riesci a creare il tuo esercito di soldatini
pelosi?” “Non mancarmi di rispetto
Bree!” “Andiamo...ci conosciamo da settecento
anni...concedimela qualche battutina!” Klaus le fece
un'occhiataccia e decise di lasciar correre. “Non so cosa
sia andato storto, so solo che per trovare un rimedio ho bisogno del
Grimorio di Lucrezia” Bree si alzò per dirigersi
verso il mobile bar, poi versò lo scotch in due bicchieri e li
servì ai suoi ospiti. “Beh? E perché non l'hai
ancora fatto? Non ricordi dove l'hai messo?” Klaus le fece
un altro sguardo contrariato. “Lucrezia mi ha ingannato
Bree...quel Grimorio non era il suo!” Bree si servì
da bere e tornò a sedersi sul tavolino. “Umm...La sua
fama da subdola stronza...a cinquecento anni dalla sua morte regge
ancora! Non c'è che dire...quella donna resterà un
mito...” “Potresti smettere di idolatrarla?!”
Klaus a denti stretti, le fece capire che il suo comportamento lo
stava davvero innervosendo, così lei alzò la mano e il
bicchiere in segno di pace. “...E dimmi... Sei qui perché
pensi che il Grimorio possa essere ancora in questa casa?”
“Diciamo che lo spero...” Bree si alzò. “In
cinquecento anni questo posto ha subito centinaia di ristrutturazioni
Klaus...se fosse uscito qualcosa, l'avresti saputo!” L'ibrido
si alzò a sua volta, era troppo nervoso anche per stare
seduto. “Deve pur essere da qualche parte! Dove sono finite
le cose di Lucrezia? Voglio ogni cosa! Ogni diario! Ogni
lettera...ogni lista della spesa! Qualsiasi cosa!” urlò
camminando nervosamente per il salotto. La vampira bevve il suo
scotch ragionando sulle parole dell'ibrido. “Dopo la sua
morte ...la figlia ritornò dalla Francia per occuparsi del
cadavere e dei suoi beni. Vendette quasi tutto...e le poche cose che
portò con sé erano appunto la corrispondenza...ed altri
bauli di oggetti personali. Dubito che riusciremo mai a trovare
qualcosa...” Bree rievocò quei giorni con precisione.
Si guardò intorno ricordando le vecchie fattezze di quella
dimora e ricordò il preciso momento in cui, dopo la morte di
Lucrezia, Caroline sistemò le cose della madre in un baule. La
vampira la lasciò da sola in ciò che all'epoca era il
salone, ma duecento anni dopo, durante la ristrutturazione, gli
operai trovarono uno scomparto segreto dietro il camino di quella
stanza, e fu in quel momento che Bree ricollegò quella che
poteva essere una possibile soluzione. Klaus terminò il suo
scotch in un solo sorso e Stefan osservò la scena sentendosi
confuso come al solito. “Qui...dietro al camino...durante la
prima ristrutturazione fu trovato un scomparto segreto...” Bree
si avvicinò al camino spento poggiando la mano sul ripiano di
marmo. “Cosa c'era dentro?” Klaus sembrò
riprendersi, ma il suo entusiasmo fu smorzato alla svelta. “Nulla...”
la vampira scosse il capo con desolazione. Klaus urlò dalla
rabbia, e con l'avambraccio scaraventò per l'aria tutti i
fronzoli sistemati sul ripiano del camino. Bree non si scompose, era
abituata alle sue sfuriate, mentre Stefan ne restò scosso solo
per qualche secondo. “Calmati e ascoltami Klaus...potrebbe
averlo preso Caroline!... Lei non sapeva nulla di tutta la faccenda,
ma come ogni ragazzina figlia di una strega non vedeva l'ora di
mettere le mani sul Grimorio della madre...” L'ibrido
ascoltò quelle parole attentamente e si calmò
intravedendo una nuova speranza. “Vorrà dire che la
nostra prossima meta sarà la Francia...” disse rivolto
nella direzione di Stefan “ ...e tu Bree...verrai con noi!”
Era l'unica pista da seguire; non ce n'erano altre, e l'ibrido
iniziava ad essere stanco di quel destino che voleva ostacolarlo ad
ogni costo. Lui voleva il suo esercito...non voleva più
sentirsi unico e solo.
***
***
L'ennesimo
momento di passione della giornata volse al termine, e nuovamente
restarono vicini. Summer, accoccolata sul suo petto, si godeva le
carezze che Damon stava facendo ai suoi lunghi capelli. “Non
andiamo in giro per case?” il vampiro era sorpreso
dall'insolita voglia di oziare della cacciatrice. “Si è
fatto tardi...e poi non ne ho voglia...” dal suo tono Damon
capì che non era in vena di ritornare a pensare alla sua
missione. Evidentemente, quello che avevano fatto per tutto il
pomeriggio, era esattamente ciò che le serviva per
riprendersi. “Perché non ammetti semplicemente di voler stare
ancora tra le mie braccia?!” cercò di farla sorridere
ritornando ad essere il solito vampiro dispettoso. “Perché
non vai a quel paese!?” Summer rispose senza muoversi, restando
con la testa sul suo petto. “Perché non posso
muovermi, una certa signorina assetata di sesso mi sta appiccicata
come un adesivo!” Summer si sollevò sorreggendosi con
l'avambraccio, e lo sfidò ad andarsene. “Beh...Adesso
sei libero di andare Damon...” “E dovrei
crederti?...Ma se mi stai stuprando con gli occhi!” Summer
guardò di lato per non incontrare il suo sguardo, ma lo stesso
le venne da ridere. Il vampiro l'afferrò per i fianchi
mettendola sotto di lui. “Ok Summer, per la tua gioia, sono
pronto per il terzo round! Devi solo dire che mi vuoi...” “Cosa?!
...Te lo puoi scordare!” Il vampiro la guardò
scettico. “...Questo significa...che ne hai abbastanza dei
miei baci?!” le baciò il collo fino a scendere sul seno,
e sentì il respiro di Summer farsi più
sonoro. “Esattamente...” pronunciò con un filo
di voce, mentre il vampiro posizionava la testa tra le sue
gambe. Dopo qualche minuto, Summer si ritrovò ad ansimare e
a stringere le lenzuola con forza, ma il suo piacere fu spezzato sul
più bello dalla perfidia del vampiro, che risalì
ritornando all'altezza del suo volto. “Stai ansimando un po'
troppo per essere una donna che ne ha abbastanza...” Summer
lo afferrò per le guance e se lo trascinò vicino alle
labbra, ma il vampiro, a pochi centimetri da quel contatto, oppose
resistenza facendo schioccare la lingua sul palato un paio di volte
come segno di negazione. “Devi dire che mi vuoi...” si
inginocchiò tra le sue gambe e fece scorrere le mani sul suo
ventre fino ad arrivare ai seni. Li strinse con decisione facendole
inarcare la schiena per quel misto di piacere e dolore. “Sto
aspettando...” la guardò con quel suo fare da gradasso,
e rifece scorrere le sue mani sul suo corpo per afferrarle i glutei
ed avvicinarli al suo bacino. Summer alzò la schiena per
avvicinarsi nuovamente al suo viso. Cercò di baciarlo, ma il
vampiro, nonostante l'avesse abbracciata prontamente, continuava ad eludere quel contatto, rimandando il momento
in cui le loro labbra e i loro corpi si sarebbero nuovamente e dolcemente
uniti. “Voglio sentirtelo dire....” ne sentiva il
bisogno; per qualche ragione oscura alla sua coscienza, aveva bisogno
di sentirsi desiderato; e quella pantomima erotica, serviva solo ad
appagare quel desiderio. Summer gli accarezzò il volto e,
anche se l'orgoglio voleva vincere, capì che Damon, quelle
parole, voleva sentirsele dire realmente, glielo leggeva negli occhi;
e, per di più, la mancanza di distanza tra le loro parti
intime aveva consumato la forza che le restava per resistere. Così
accarezzò il suo volto e, con un sorriso dolce e degli occhi
carichi di desiderio, glielo sussurrò. “Ti
voglio...” il suo tono fu delicato, sensuale e disarmante. Il
vampiro la guardò con una soddisfazione priva di vanto, e
subito la baciò scivolando dentro di lei con dolcezza. Quelle
parole non furono spontanee ma furono lo stesso importanti, perché
Damon riuscì ad ottenere ciò che voleva: in quel momento, si
sentì desiderato.
***
***
Si
ritrovano per la terza volta a coccolarsi affettuosamente; poi il
vampiro decise di andarsene nella sua stanza. Non voleva annullare
quella piccola conquista sentendosi dire da Summer di non voler
dormire con lui. Così le lasciò un piccolo bacio sulla
fronte e le augurò la buona notte. “Anche a te...”
Summer accarezzò il suo viso e gli diede un bacio sulle labbra
rapido e tenero, facendolo sorridere. Il vampiro si alzò e
ritornò nella sua stanza contento ma vagamente amareggiato dal
fatto che lei non lo avesse incitato a dormire lì. Ma quei
sentimenti che entrambi iniziavano a provare erano ancora un frutto
acerbo, e per quel traguardo serviva ancora del tempo.
Angolino
di NaNa*** Ho
voluto fare un regalo di Natale a Damon e Summer facendoli stare
un'intera giornata a letto *.* sono sicura che almeno loro avranno
gradito xD Voi??? xD Spero di non essere stata volgare. Per il
resto...come potete vedere c'è un nuovo personaggio...questa
Bree, che è un tipetto alquanto particolare^^ Dal prossimo
aggiornamento i capitoli porteranno una data. Come già vi ho
detto la fic finisce il 31 Dicembre, quindi potrete farvi un'idea
sull'avanzamento. Ormai stiamo davvero agli sgoccioli, eppure tra
Damon e Summer le cose proseguiranno così...loro saranno
convinti di essere semplici amici ancora per un bel po'. Quando
capiranno di essere innamorati? Esterneranno i loro sentimenti? Ed
Elena? Il piccolo Matt rischia davvero di essere brutalmente ucciso?
... Chi *Bip è questa Bree?....Lo scoprirete nelle prossime
puntate xD Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e
ringrazio tutti^^ Al prossimo^^
|
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Capitolo 40 *** Quarantesimo Capitolo ***
Mystic
Falls, Novembre 2010
Damon
l'attendeva seduto sulla panca sotto la finestra. Elena uscì
dal bagno mettendosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio; non lo
notò, fu la voce del vampiro ad informarla della sua
presenza. “Bel pigiamino...” Lei rispose dopo
l'istante necessario ad elaborare la sua immagine. “Sono
stanca, Damon” Il vampiro si alzò e camminò
verso di lei facendo dondolare la collanina che lei credeva di aver
perso. “Ti ho riportato questa” Lei la guardò
meravigliata “Pensavo di averla persa” Il vampiro
scosse la testa e lei sorrise muovendosi per afferrarla. “Grazie” Ma
il vampiro la ritirò verso di sé impedendoglielo. “Ti
prego, dammela” Elena sembrava preoccupata; lì dentro
c'era la verbena, ed il fatto che lui esitasse a restituirgliela la
inquietava. “Ho solo una cosa da dire...” “Perché
devi dirla con il mio ciondolo in mano?” era spaventata. Cosa
voleva dirle? “Beh...perché... quello che sto per
dire è forse la cosa più egoista che abbia mai detto
nella mia vita” la sua voce era strozzata e i suoi occhi
lucidi. “Damon non farlo...” forse aveva capito di
cosa si trattava. “No, almeno una volta devo dirlo. E tu
devi solo sentirtelo dire” si avvicinò a lei “Ti
amo, Elena... ed è proprio perché ti amo...che non
posso essere egoista con te. Per questo non puoi saperlo. Io non ti
merito...ma mio fratello sì. Con gli occhi ancora più
lucidi le diede un tenero bacio sulla fronte. Cercò lo sguardo
della ragazza, ma lei era troppo tesa per poterlo ricambiare. Il
vampiro le accarezzò i capelli, incurante del suo
disagio. “Dio, quanto vorrei che non dovessi
dimenticarlo...” Elena lo guardò stranita. “Ma
devi...” un lacrima accompagnò quella soggiogazione
rigandogli il volto, e nel tempo di un battito di ciglia...era già
andato via. Elena...non l'avrebbe mai ricordato.
***
1 Dicembre ***
Summer
e Damon erano ritornati a lavoro. Nella dimora dei Farrel
cercavano di passare il tempo a modo loro. Si erano fiondati sul
divano con rapidità, baciandosi con passione. Sembravano due
adolescenti in piena agitazione ormonale. “Damon! Damon!
Damon!” Summer cercò di smorzare quell'entusiasmo, ma il
vampiro non smetteva di baciarla. Una leggera spinta fu l'unica
soluzione. “Che c'è?!” quella breve domanda
Damon la canzonò con noia. Solo un motivo indiscutibilmente
valido aveva il diritto di interrompere quel piacevole molestarsi
frenetico! “Così non va...devo concentrami!”
Summer si alzò e si allontanò di qualche passo per
uscire dall'orbita sessualmente magnetica del vampiro. Damon fece una
smorfia: proprio come immaginava, i giusti presupposti per
interrompere quell'attimo di trasporto... non sussistevano! Si alzò
a sua volta e la raggiunse abbracciandola da dietro. “Ok...tu
concentrati pure...farò tutto io!” le baciò il
collo e intrufolò la mano sotto la sua maglietta per
afferrarle il seno. “Damon, no!” dopo qualche secondo
di godimento, Summer si allontanò a malincuore. “E
poi... mi mette a disagio l'idea di fare certe cose in casa di queste
persone...mi fa sentire...una pervertita!” in tutto quel
trambusto, avevano dimenticato che la signora Farrel, una dolcissima
ottantenne, stava proprio in quella stanza, seduta su una vecchia poltrona
a lavorare a maglia con l'espressione beata e ignara di chi è
stato soggiogato per stare tranquillo; e Summer si voltò nella
sua direzione per constatare quel dettaglio che le era temporaneamente sfuggito, dando prova che gli
ormoni, oltre al senso del pudore, possono offuscare anche la
vista! Damon le si avvicinò nuovamente mettendole le mani
sui fianchi. “Dammi carta bianca Summer...e dopo SI'... che
ti sentirai una pervertita!” e lo disse come se fosse un motivo
di vanto. “Non ne ho dubbi!” rispose lei ridendo: Damon
era irrecuperabile! Il vampiro riprese a baciarle il
collo. “Damon...sono seria! Dobbiamo trovare una
soluzione...” il suo tono dolce e pacato fu corrotto dal
piacere di quel contatto. “Te l'ho appena suggerita! Tu ti
concentri sul medaglione...mentre io mi concentro... su altre
cose....” fece scorrere le mani sul jeans per afferrarle i
glutei. “Ho un'idea migliore...” Summer con dolcezza,
prese il suo volto tra le mani “Io in una stanza...e tu in
un'altra!” e poi staccò i suoi tentacoli dal
sedere. “Quest'idea è pessima! E secondo te come
dovrei smaltire tutta questa...tensione...che si è
accumulata?” era chiaro il riferimento al "Damonietto" nei suoi
pantaloni, che quella mattina era particolarmente vivace! “Beh
Damon...sono sicura che alla signora Farrel non dispiacerebbe...una
bella...botta di vita!” rimise le mani sul volto del vampiro e
lo girò nella direzione della simpatica nonnina, che nel
frattempo si era dolcemente appisolata. “Di' pure di
resurrezione!... per la vita siamo arrivati tardi!” il vampiro
non era per niente d'accordo, ed entrambi risero guardandosi con
tenerezza. Summer si girò per allontanarsi, ma Damon le
afferrò tempestivamente la mano e la trascinò a sé
per darle 'un ultimo bacio'. Quando le loro labbra si
allontanarono, si guardarono con un'espressione incantata: entrambi
si sentirono rapiti dagli occhi dell'altro; poi Summer gli fece un
sorriso e si avviò verso un'altra stanza lasciando la sua mano
con un'estrema e delicata lentezza.
***
***
(Foto
J.D :D )
Boston,
Maggio 2007
Al
suo ultimo anno di liceo, Summer venne incoronata Regina della
scuola. A farle da Re, quella magica sera, c'era Joe Donovan, che
tutti chiamavano semplicemente J.D. Erano stati eletti perché
erano la coppia più bella. Entrambi soggetti da copertina; lei
bella e dannata, lui bello e angelico. J.D aveva una carnagione
chiara, dei capelli di un castano chiaro e degli occhi azzurri dal
taglio dolce, ed era un vampiro. Fu lui ad insegnare a Summer che non
tutti i vampiri sono cattivi. Le fece scoprire tutte le sfaccettature
dell'essere immortale, ma tra le tante cose, a Summer restò
indelebile un banale pezzo di conversazione avuto in una delle loro
prime uscite.
“Perché vai a scuola? Ti piace così
tanto fare il teenager?” J.D era un tipo alla moda -nel
senso che amava dettarla- gioviale, allegro e giocherellone. A scuola
lo adoravano tutti e tutte, perché era il classico personaggio
accattivante che sapeva farsi amare. “Per un vampiro la vita
sociale è una necessità Summer. Con la
solitudine...tendiamo a diventare dei mostri; ma dà ad un
vampiro un legame, di qualsiasi sorta, ed anche se non lo vorrà,
resterà ancorato alla sua umanità. E' per questo che le
persone sono importanti per me...non voglio essere un mostro...voglio
sentirmi umano!”
Fu un amore particolare quello tra J.D
e Summer. Lui adorava ogni cosa di lei, ma soprattutto impazziva per
quel senso di irraggiungibilità che trasmetteva. Il fatto che
fosse una cacciatrice, che fosse un mix di forza e fragilità,
di calore e freddezza, la rendevano una sfida continua, e lui amava
le sfide.
Quella sera, Joe noleggiò una
Limousine. Suonò il campanello con l'agitazione di un vero
adolescente, e si ritrovò davanti la simpatica figura del
signor Harris, che lo accolse con un sorriso. “Tu devi essere
J.D, entra pure giovanotto ultracentenario, Summer mi ha detto che di
te ci si può fidare...” “Ed è la verità
signor Harris...” Joe si addentrò nel salotto,
posizionandosi sotto le scale. Amava le scene da film, e sapeva che
Summer sarebbe stata bellissima. “Ahh non ne ho dubbi, un
ragazzo che passa ...quanto...due ore? A 'gelatinarsi' i capelli di
certo non avrà il tempo di andare in giro ad ammazzare le
persone!” Harris notò il look curato del vampiro; e
dall'aspetto capì subito che Summer aveva ragione; J.D
sembrava il classico bravo ragazzo. Harris odiava che Summer
frequentasse un vampiro: lui odiava i vampiri; ma la sua pupilla, da
quando stava con lui, era sempre più solare, ed Harris, per
questo semplice ma rilevante motivo, avrebbe potuto sorvolare
qualsiasi cosa. “Ed è proprio così, la
gelatina mi è più vitale del sangue
signore!” L'osservatore rise mettendogli un braccio intorno
alle spalle. In quel momento, Summer fece la sua apparizione in un
vestito lungo di un rosso lampone, arricciato sul lato e i capelli
lasciati sciolti con dei boccoli definiti a regola d'arte. J.D,
proprio come immaginava, restò senza fiato. Harris, invece, si
fece prendere dall'euforia. “Sei bellissima Summer! Non vi
muovete, devo prendere la macchina fotografica!” l'osservatore
corse in cucina. In quel frangente, Summer scese per le scale con
la classica lentezza imposta dal tacco a spillo. “Sono senza
parole...” J.D la baciò e poi le porse i fiori da
mettere sul polso. “Beh...anche tu non sei male...”
non amava adularlo, anche perché era una cosa che faceva
benissimo da solo. “Non sono male? … Ma se sono di
una bellezza folgorante e divina!” Summer sorrise, anche
quando si pavoneggiava, Joe restava sempre simpatico. “Maledetta
ed infernale tecnologia!” Harris ritornò lottando con la
fotocamera digitale. “Lasci fare a me signor Harris...”
J.D prese l'aggeggio dalle mani dell'osservatore. “Andiamo!
Ma se avrai il triplo dei miei anni...” era decisamente
scettico. “Ecco fatto! Deve solo premere questo pulsante!”
gli ridiede la fotocamera e si mise in posa vicino a Summer. “Come
hai fatto?!” l'osservatore si sentì vecchio ed incapace,
ma subito si fece rimpossessare dalla gioia del momento. “...Ok!
Fatemi un bel sorriso!” Summer dapprima alzò gli
occhi al cielo, poi sorrise, perché adorava quando Harris le
faceva da padre. L'osservatore li accompagnò alla porta, e
li osservò con gli occhi luminosi di un genitore nel momento
in cui realizza che la sua bambina sta
crescendo. “Divertitevi!...Possibilmente restando vestiti!”
il suo tono non fu autoritario; fu una semplice e dolce
richiesta. Summer e J.D si guardarono sorridendo; Harris
apparteneva a quella generazione in cui tutti aspettavano il giorno
del ballo di fine liceo per perdere la verginità; ma quelle
raccomandazioni, in quel caso, erano tardive. “Non si
preoccupi Signor Harris, non dimentichi che sono un uomo d'altri
tempi!” J.D lo rassicurò con il suo solito tono allegro
e giocoso. Harris li salutò con la mano sorridendo, ma
quando chiuse la porta di casa, i ragazzi gli sentirono farfugliare
qualcosa. “...Ed intanto con la tecnologia è più
capace di me...questa proprio non me la spiego...”
°°°
♫ I
Don't Feel Like Dancin' ♫
La
palestra della scuola non sembrava la stessa con tutti quegli addobbi
e quelle luci colorate. J.D trascinò Summer a sé per
ballare e per farla ridere. La sua era una sorta di danza comica, che
però non sfociava mai nel ridicolo; forse perché era
bellissimo, o forse perché c'era un'energia particolare nei suoi gesti che gli consentiva di fare e dire qualunque
cosa. Tutte le ragazze guardavano Summer con invidia, senza sapere
che della sua vita c'era ben poco da invidiare. Quando la musica
finì un ragazzo salì sul palco per nominare il Re e la
Regina; e quando Summer sentì pronunciare il suo nome e quello
di J.D si sentì spesata. A lei quelle cose non interessavano.
Cosa avrebbe mai dovuto dire a tutti quelli che l'avevano votata?
Avete sbagliato...non sono la Principessa...sono il guerriero che
di solito affronta il drago! Joe capì subito il suo
disagio, e le mise un braccio intorno alle spalle per
rassicurarla. “Tranquilla...faccio tutto io!”
Salirono sul palco e una ragazza li incoronò. “Discorso!
Discorso! Discorso!” fecero i ragazzi in coro. Il disagio di
Summer si faceva sempre più forte, ma J.D prese parola
togliendole l'impiccio. “Wow...non ce l'aspettavamo...ma, ad
essere sinceri... aver depredato queste coroncine di plastica a chi
magari le desiderava sul serio...Beh...che dire...ha reso questa
serata ancora più magica! Grazie, Grazie di cuore!”
Summer fu la prima a ridere. J.D non avrebbe potuto fare discorso
migliore, e tutti in sala scoppiarono a ridere, ad eccezione,
ovviamente, di quelli che avevano la coda di paglia.
°°°
La
serata volse al termine e i due si avviarono, mano nella mano, verso
la Limousine. “Ascolta...lo so che la sera del ballo non
vuoi mai andare in albergo perché...” “è un
cliché da verginelli sfigati” dissero insieme
sorridendo “Ma la serata non può finire qui...quindi
metti questa e fidati di me!” Joe le diede una benda nera da
mettere sugli occhi e Summer la guardò con un attimo di
perplessità. “Sul serio? E' proprio
necessaria?” “Sì...” Joe l'aiutò a
mettersela e poi la fece accomodare in macchina. Dopo circa mezz'ora
l'autista li lasciò fuori un edificio. Joè prese la
mano di Summer per guidarla, e si avviò verso l'entrata. “Non
potete entrare qui!” disse la guardia all'ingresso. “Sì
che possiamo!” Joe lo soggiogò, e in un attimo il
problema fu risolto. Summer ascoltò incuriosita, e dopo
qualche altro passo riconobbe la sensazione di vertigine e i rumori
tipici di un grande ascensore. Qualche altro passo ancora, più
qualche scalino, e fu colta da una raffica di vento freddo. Joe le
tolse la benda e Summer vide un'oscurità ammantata di
luci. “Dove siamo?” “Sul grattacielo più
alto di Boston...” La cacciatrice arrivò fino al
cornicione con un'espressione meravigliata. “Lo so che adori
le lucine nel buio...era da tanto che volevo portarti qui...” “Perché
l'hai fatto solo adesso?” domandò con lo sguardo assorto
nel paesaggio. Sotto e sopra di lei c'era un manto nero colmo di
piccole luci della città ed astri del cielo. Joe stette un
attimo in silenzio. Era rimasto qualche passo dietro di lei, ed
osservò i suoi capelli mossi dal vento quasi
ipnotizzato. “Perché questo è il posto che ho
scelto...per dirti che ti amo...Ti amo Summer...” Summer
restò impietrita e non riuscì a voltarsi. “Sapevo
che ti sarebbe piaciuto...sapevo... che stasera saresti stata così
bella da non lasciarmi altra scelta che dirtelo...” il suo
sguardo si fece immensamente triste “..sapevo... che avresti
irrigidito le spalle, proprio come hai fatto quando te l'ho detto.. e
sapevo che dopo saresti rimasta immobile...come stai facendo adesso”
i suoi occhi diventarono lucidi “So...che in questo momento il
tuo volto è spesato e confuso...so che è così...perché
non provi quello che provo io...e so che ora stai pensando a cosa
rispondermi...ma non devi, non devi dirmi niente...devi solo
voltarti...” Summer non ci riusciva ancora, si sentiva
immobilizzata. “Girati e baciami Summer!” Joe chiuse
gli occhi permettendo a due copiose lacrime di rigargli il volto
“Baciami come se mi amassi...” Il vampiro sentì
il suo orgoglio precipitare fino al piano terra di quel grattacielo;
ma non riuscì a fare diversamente. L'amava e non poteva più
tenerselo dentro. Lei capì che stava piangendo, e si sentì
soffocare dal dolore. Si girò e rapidamente si avvicinò
a lui per abbracciarlo, e Joe soffocò il resto del suo pianto
sulla sua spalla ricambiando quell'abbraccio con la stessa forza con
cui l'amava. Summer provava un sentimento forte per lui. Joe era
il suo primo ragazzo, e sentiva per lui tutto l'amore di cui era
capace a quei tempi; ma non era abbastanza. Era ancora troppo chiusa
e troppo spaventata per lasciarsi trasportare dalle emozioni e questo
Joe, con i suoi centoventi anni di vita, l'aveva capito bene. Si
abbracciarono e si baciarono con l'amara disperazione della fine. Joe
sapeva che il tempo non avrebbe cambiato nulla. C'era un barriera
dentro di lei che lui non riusciva ad oltrepassare, e questo non
sarebbe mai cambiato; ne sarebbe sempre rimasto fuori e al
gelo. Restarono stretti a lungo, poi si guardarono capendo che il
momento di separarsi era arrivato. In silenzio arrivarono fino alla
Limousine. Joe le aprì lo sportello “Ho bisogno di fare
due passi...” disse con voce bassa guardando l'asfalto. Summer
gli accarezzò il volto e lo guardò con
apprensione. “Tranquilla...ti prometto che non leggerai sul
giornale...'vampiro si impaletta dopo una delusione d'amore'”
nonostante tutto, aveva ancora la forza per farla sorridere. Summer
gli lasciò un bacio sulla guancia pieno di dolcezza, e lui
chiuse gli occhi sapendo che quello sarebbe stato il loro ultimo
contatto. “Ci vediamo lunedì...” cercò
ancora di tranquillizzarla per farla salire in macchina; ma Joe
sarebbe partito quella sera stessa e non si sarebbero mai più
rivisti.
Angolino
di NaNa*** Ok...questo
1 dicembre ho dovuto spezzarlo perché devo scrivere davvero
tante cose prima di dare un senso al resto (Lo sapete...sono
prolissa!) e non voglio rischiare di affrettare o arronzare gli
eventi (Pubblicare mi da una pausa per riflettere) Le scene
romantiche non sono il mio forte (come se ne avessi uno -_-'') e mi
sento strana a scriverle...perchè davvero non mi appartengono.
Quindi spero di non essere stata banale e noiosa. Non so...io ho
la sensazione di starmi dilungando troppo...e ho paura che questa fic
stia diventando una palla apocalittica. Ma non posso farci
niente...per me gli antecedenti sono importantissimi!...al massimo
posso chiedervi scusa!!!SERIAMENTE!!! Ringrazio i miei recensori
perchè come sempre non mi fanno sentire sola; siete state
carinissime a chiedermi il seguito, ma non penso proprio che ci
sarà^^ Però mancano ancora una quindicina di capitoli
alla fine, quindi non vi preoccupate...mi dovrete sopportare ancora
per un po'^^ Ritornando al capitolo....come colonna sonora era
d'obbligo rispolverare uno dei tormentoni di quell'anno. Ve la
ricordavate?... Io la sto ascoltando a ripetizione da due
giorni....Maledetti siano i tormentoni!!! xD Vabbè..passo
alle solite, ma non meno importanti, cose: Spero che il capitolo
vi sia piaciuto E ringrazio tutti quelli che sono arrivati a
leggere fin qui. Alla prossima^^
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Capitolo 41 *** Quarantunesimo capitolo ***
***
1 Dicembre ***
Damon
era seduto sul divano e beveva dello scotch. A intervalli fissava
infastidito quella nonnina che riprendeva conoscenza emettendo una
sorta di singhiozzo, per poi riappisolarsi dopo pochi secondi. La
sua infinita, e particolare, bontà gli faceva veniva voglia di
spezzarle il collo per liberarla da quella tremenda agonia chiamata
'vecchiaia'; ma gli altri l'avrebbero accusato senza capire la
nobiltà del suo gesto, e quindi bofonchiò solamente
reprimendo i suoi istinti. “Possiamo andare, qui non c'è
niente!” Summer interruppe i sui pensieri, avvisandolo e
avviandosi verso la porta. Lui si alzò e la raggiunse con
un'espressione di pura collera. “Summer!”le afferrò
il braccio e la fece girare verso di sé. Il suo intento era
quello di farle una ramanzina, ma gli bastò un attimo per
trasformare la rabbia in eccitazione; gli bastò un suo
sguardo. La baciò con passione stringendola con la forza
necessaria a farla aderire al suo corpo, e lei ricambiò con la
stessa intensità. Le afferrò i glutei sollevandoli, e
costringendola ad cingerlo con le gambe per avere più
stabilità. Se la portò di peso fino alla colonna che
precedeva l'ingresso della dimora, e quasi la schiacciò con il
suo corpo. Liberò le sue labbra solo per passare ai baci
sul collo. “Damon...Damon... fermati!” lo supplicò
in preda all'eccitazione. “Prova a ridirmelo con un tono più
convinto!” le tappò nuovamente la bocca baciandola. Lei
gli accarezzò il volto e poi usò quella presa per
staccarlo almeno dalle labbra. “Abbiamo una missione Damon!
Non possiamo perdere tempo...” il suo tono, questa volta,
riuscì ad essere serio e controllato. Il vampiro si liberò
dalla sua presa, e si allontanò di un passo. Era tremendamente
arrabbiato. “Ok Summer...stabiliamo delle regole! Non si
esce di casa senza aver prima fatto sesso!” fu serio e
autoritario, ma Summer non poté fare altro che
ridere. “Cosa?!” “Hai capito bene! Non
puoi pretendere che io resista per tutto il giorno. Questa voglia di
fare sesso con te mi sta facendo impazzire! Ed è una violenza psicologica che
non sono disposto a tollerare!” il vampiro era seriamente
arrabbiato, e si riferiva al fatto che lei, quella mattina, piena di
senso di colpa per aver oziato il giorno precedente, non aveva voluto
perdere tempo a dedicargli le dovute attenzioni, e lui questo non lo
riusciva proprio a digerire. Summer elaborò quelle parole
comprendendo che, nel modo più contorto possibile, erano una
sorta di complimento. Sorridendo, si avvicinò a lui e gli
accarezzò i capelli. “Solo tu potevi dire una cosa
relativamente dolce in un modo relativamente odioso!” Il
vampiro fece un mezzo sorriso, ma evitò di guardarla negli
occhi, e si concentrò su un albero alla sua destra. Anche lui
elaborò per bene il modo in cui aveva formulato quella frase, e si sentì
incredibilmente a disagio: quel desiderio si era palesato con troppa enfasi per avere a che fare solo con il sesso. Schiuse le labbra per sentenziare qualcosa, ma Summer lo baciò tempestivamente, e in meno di un
minuto la loro attrazione arrivò nuovamente a livelli intollerabili.
Anche lei era ormai al limite. “In
macchina! Adesso!” azzardò lui con la solita tracotanza;
ma sapeva che avrebbe ricevuto un secco 'neanche per sogno' come
risposta. “Ok!” Summer, invece, lo stupì. Lo
prese per mano, e insieme si avviarono verso l'auto. Damon si mise
alla guida, e fece giusto il tratto di strada necessario ad aggirare
la casa della signora Farrel per addentrarsi in una parte più
boschiva. Spento il motore della macchina, venne il buio della
ragione. Summer si maledì per aver scelto di indossare
dei Jeans, ma, neanche il tempo di pensarlo, e il vampiro gliel'aveva
già sfilati. Abbassarono i sedili e Damon si mise su di
lei. Afferrò il suo tanga con un'espressione di puro fastidio;
altri secondi da perdere. Si slacciò la cintura abbassando
i pantaloni quel tanto che bastava, e finalmente si instaurò
il tanto agognato contatto. Stavano impazzendo, ma appena si
unirono ritrovarono un senso di pace; e fu veloce, confusionario e
scomodo ma assolutamente necessario! Il piacere li colse entrambi
nello stesso momento, e Damon, dopo averle dato qualche tenero bacio
sulle labbra, si sdraiò al suo posto con un braccio piegato
sotto la testa. Entrambi smaltirono quell'attimo con un respiro
affannato e uno sguardo confuso; poi si guardarono cercando
nuovamente un contatto. Si presero distrattamente per mano e
risero lievemente per l'assurdità di quella
situazione. Summer, con la mano libera, prese il cappotto
incastrato tra il sedile e la portiera e lo usò per coprirsi,
poi si posizionò sul fianco; il tutto senza lasciare la mano
di Damon. Il vampiro si voltò verso di lei, ed entrambi si
guardarono per un po' giocherellando con le dita, ma senza prestare
attenzione a quel contatto. “Hai ragione...non possiamo
uscire di casa senza farlo...” ammise dolcemente. “I
miei complimenti Summer...Finalmente inizi a mostrare un po' di senso
della priorità!” Entrambi risero, e il vampiro si
ritrovò a scuotere leggermente la testa per l'incredulità;
farlo in macchina era sempre stato uno sfizio, mai una
necessità! Summer pensò ai periodi della sua
adolescenza. Neanche in quegli anni aveva provato quel trasporto che
provava stando con Damon. Erano due persone adulte e vaccinate che si
stavano comportando come dei ragazzini; ma entrambi si erano
ripromessi di non farsi domande, e quindi vivevano quelle sensazioni
senza farsi problemi e senza andare a fondo, cercando complicate
spiegazioni. Lui era convinto dell'insostituibilità di Elena,
e lei era sicura di non potersi innamorare di nessuno. “Torniamo
a casa?...Ho bisogno di darmi una sistemata...” Il vampiro
annuì, e in quel momento i due realizzarono di stare mano
nella mano come due teneri fidanzatini. Si sentirono a disagio, e
subito troncarono quel contatto.
***
***
Boston,
Maggio 2007
Mentre
la Limousine la riportava a casa, Summer non faceva altro che
ripetersi mentalmente di essere un mostro. Era impossibile non
amare J.D. Tutte le altre ragazze avrebbero fatto pazzie per stare al
suo posto; perché era bello, dolce, solare ed incredibilmente
affascinante. Arrivò alla conclusione di avere un problema.
Forse era nata senza quella parte di cervello adibita alle emozioni.
Forse era un alieno. Forse era un essere cattivo e demoniaco incapace
di provare affetto. Furono tante le spiegazioni che cercò di
darsi. Non si sentiva una persona normale; era convinta di avere
qualcosa di tremendamente sbagliato. Provava certamente qualcosa
per J.D. Eppure non era abbastanza. Perché si rendeva conto di
non aver speso neanche una lacrima; per quanto le facesse male, i
suoi occhi erano asciutti. Sì, era l'unica spiegazione, era
un mostro incapace di provare affetto! Egoisticamente pensò
che a lei bastava averlo vicino. Le bastava la sua presenza, perché
forse J.D era più un amico che l'amore della sua vita. E tutto
il dolore che stava provando non era altro che senso di colpa, perché
non avrebbe mai voluto vederlo soffrire in quel modo. Il pensiero
che, nonostante tutto, l'avrebbe rivisto a scuola, seduto al solito
banco e con il solito sorriso, calmò la sensazione di
oppressione nel suo petto permettendole di respirare meglio. Ma non
avrebbe mai dimenticato i suoi occhi colmi di lacrime, e il modo
dolce in cui l'aveva stretta piangendo. Lei aveva cercato di
ricambiare quei gesti con tutto l'affetto di cui era capace, ma
dubitava che fosse servito a qualcosa, perché ripeté a
sé stessa di non essere altro che un mostro. L'autista
fermò l'auto, e lei scese ringraziandolo. Entrò in
casa e notò una flebile luce bluastra provenire dal salotto.
Era il signor Harris che, seduto sulla poltrona, guardava un
documentario. “Sei diventata una Regina...” disse con
un lieve affanno. Summer, in quel momento, ricordò di avere
ancora la coroncina in testa, e gli sorrise, ma il suo aspetto la
preoccupò facendola avvicinare. Era imperlato di sudore e,
anche se era difficile dirlo con quella luce, le sembrava
pallido. “Ti senti bene Phil?” Lui alzò lo
sguardo per osservarla meglio, ma un capogiro gli offuscò la
vista, e un dolore alla bocca dello stomaco lo assalì di
colpo. “Phil, Phil, che ti succede?” domandò
spaventata, ma l''osservatore aveva difficoltà a respirare e
non riusciva a risponderle. Summer prese velocemente il telefono
dalla sua borsa per chiamare un'ambulanza. Harris perse conoscenza e
lei lo adagiò a terra per fargli un massaggio cardiaco. Quando
arrivò l'ambulanza furono i paramedici con i defibrillatori a
continuare, e subito dopo lo caricarono sulla barella per portarlo al
più vicino ospedale.
Nella sala d'aspetto, Summer si
sentiva priva di ogni forza. Era tutto irreale, e il bianco della
struttura non aiutava. Camminò nervosamente avanti e
indietro, e ad un tratto venne distratta dalla sua immagine riflessa
nel vetro della finestra. Notò di avere ancora quella stupida
coroncina in testa, e se la tolse con velocità e nervosismo.
La fece in quattro pezzi e la gettò nel cestino più
vicino. La sua vita era tutto...tranne che una favola.
°°°
Summer
ritornò a scuola una settimana dopo. Harris era sopravvissuto,
ed era ritornato a casa. Aveva insistito affinché Summer non
si perdesse l'ultima settimana di scuola prima del diploma. L'aveva
tranquillizzata il pensiero che Lily fosse con lui, ma si sentiva
ugualmente male all'idea di lasciarlo. Aveva seriamente temuto di
perderlo, e la paura non era ancora stata smaltita del tutto, ma lo
accontentò perché non riusciva a fare
diversamente. Arrivata all'ingresso la sua amica Jenny si affrettò
a raggiungerla. “Allora? Cosa vi è successo?”
le domandò con apprensione. “A cosa ti riferisci?”
Summer non capiva. Aveva perso l'intera settimana, ma perché
parlava al plurale? “Ovvio! Parlo di te e J.D... Siete mancati per un'intera
settimana! Cos'è successo? Il Re e la Regina si sono concessi
una romantica luna di miele?” Jenny fece uno dei suoi soliti
guardi sognanti. Aveva i capelli biondi e dei grandi occhi color
nocciola. Era espansiva e fin troppo ficcanaso, ma inverosimilmente
era una delle poche persone che Summer riusciva a frequentare. “Non
proprio...” se avesse raccontato a Jenny quello che era
accaduto, probabilmente la ragazza sarebbe morta di vergogna per aver
formulato quell'ipotesi incredibilmente inappropriata. Poi Summer
elaborò le sue parole. J.D si era assentato per un'intera
settimana; questa notizia le fece mancare il respiro. Andò
in classe e si sedette al solito posto. La lezione iniziò, e
J.D non si era presentato. Summer si girò verso il suo banco
sentendosi vuota e smarrita. Le ore di lezione passarono, e dopo
la terza quel disagio che provava diventò intollerabile. Non
aveva bisogno di nessuna ufficializzazione, se lo sentiva, J.D se
n'era andato. Ma perché non le aveva detto addio? Chiese il
permesso di uscire, e velocemente raggiunse il bagno. Un capogiro
le fece raggiungere il water quasi barcollando, e fece appena in
tempo a vomitarci dentro.
°°°
Harris
era stato fortemente indebolito dall'attacco cardiaco, ma nonostante
le sue condizioni andò alla cerimonia dei diplomi con un
sorriso stampato sulle labbra. Summer odiava salire sui palchi, ma
per fortuna non era altro che una stretta di mano e la consegna di un
pezzo di carta. Ce la poteva fare! Quello che proprio le era sembrato
intollerabile durante quei giorni, erano state le domande che
riguardavano J.D. L'avevano sfibrata. Lily ed Harris la guardarono
con orgoglio, e in quel momento Summer realizzò che,
nonostante tutto, era bello voltarsi per cercare lo sguardo di
qualcuno. Era bello avere qualcuno. E si sentì fortuna, perché
Harris era ancora vivo. Se avesse avuto solo un'altra occasione di
parlare con J.D, il giorno della consegna dei diplomi non le
sarebbe sembrato tanto intollerabile. Ma lui non si fece vivo, e il
suo diploma fu l'unico a non essere consegnato.
°°°
Quella
sera Harris bussò alla sua porta. Entrò e si sedette
accanto a lei. “Questo è per te...” le porse
uno scatolino di velluto nero, e lei lo guardò
incuriosita. “Avanti...aprilo...” Lei lo aprì
e vide una collana d'oro bianco, con un pendente a forma di rosa, e
delle piccole gocce di rugiada verde acqua alle estremità dei
petali. “E' bellissima...” sussurrò lievemente
imbarazzata. Non aveva mai ricevuto un regalo così
importante. “E' un cimelio di famiglia...era di mia
madre...” “Se è così non posso
accettarla Phil...” lo chiuse e glielo porse, ma lui non lo
afferrò. “Certo che puoi...sei come una figlia per
me...è giusto che sia tua!” le fece una carezza sui
capelli e si alzò con le difficoltà imposte dalla sua
convalescenza. Lei lo guardò spaesata e non seppe cosa
rispondere. Aveva la gola legata. “Ascolta... so che non
hai intenzione di continuare gli studi, ma ne sarei davvero felice se
decidessi di andare al College, devi comunque pensare al tuo futuro
Summer...quindi, durante quest'estate, pensaci bene. Ok?” usò
il solito tono allegro e lasciò la stanza. Avrebbe voluto
dirle tante altre cose, ma sapeva che l'avrebbe solo messa in
difficoltà; la conosceva bene. Lei sorrise e subito indossò
la collana che avrebbe portato ogni giorno della sua vita.
***
***
A
fine giornata, Damon e Summer erano riusciti a visitare sedici
case. Avevano cenato insieme, ed ora se ne stavano abbracciati,
seduti a terra accanto al camino. Damon teneva la schiena poggiata
al divano, e Summer era seduta tra le sue gambe con la schiena sul
suo petto. Restarono per un po' in silenzio assorti nello
scoppiettio del legno, poi Damon la strinse più forte
appoggiando il mento sulla sua spalla. Guardò la famosa e
intoccabile collanina e volle fare una prova: se davvero erano
diventati amici, come lei sosteneva, allora doveva poterla toccare
senza il rischio di essere malmenato. Afferrò il pendente e
ci giocherellò con le dita. Lei lo lasciò fare
standosene tranquilla. “Chi te l'ha regalata?” lei non
reagiva, e quindi era il caso di calcare la mano. “Perché
dai per scontato che me l'abbia regalata qualcuno?” “Ci
tieni troppo per averla presa al mercatino dell'usato...” Lei
sorrise e stette in silenzio. “Allora?...” non
mollava, voleva saperne di più. Chi era stato?...Un ex
fidanzato? “Mi stai chiedendo di parlarti del mio nervo
scoperto Damon...” Summer restò calma e ancora
accoccolata su di lui. “Beh..ma gli amici parlano tra di
loro...e noi siamo amici, giusto?” “...Giusto...e
quindi...se io ti facessi qualche domanda sul t-u-o nervo scoperto mi
risponderesti...Vero?” le cose dovevano essere reciproche. Il
vampiro ci pensò, e dopo un po' annuì “Ma visto
che sono stato io il primo a chiederlo...inizi tu!” Summer
gli sorrise. “Me l'ha regalata il mio primo osservatore... e
lui... per me è stato la famiglia che non ho mai avuto...è
per questo che questa collana è così
importante...” Damon annuì soddisfatto. Summer
parlava al passato, era chiaro che fosse morto, quindi non si
addentrò oltre. E poi non si trattava di un ex, e questo lo
fece sentire stranamente sollevato. “Ora tocca a te...”
fece lei. “Non vedo proprio cosa ci sia da chiedere...”
Damon si rabbuiò per un istante. “Le hai mai detto
quello che provi per lei?” Il vampiro esitò per
qualche secondo. “Due volte...” e poi stette in
silenzio. Per lui il discorso si chiudeva lì. “Sto
aspettando maggiori dettagli...” lei, invece, voleva sapere di
più. Il vampiro fece un respiro profondo e decise di
accontentarla. “La prima volta...gliel'ho fatta
dimenticare...e la seconda...beh è stata la classica
confessione sul letto di morte...” era difficile parlarne. “Di
cosa stavi morendo...coma etilico?” Summer notò la sua
espressione cupa, e volle sollevare gli animi sperando di ottenere
qualche informazione in più. Lui rise guardandola con un
volto dolcemente contrariato “Ero stato morso da un
licantropo...” “Come hai fatto a sopravvivere?”
sapeva che per i vampiri era letale. “Il sangue di Klaus è
la cura...e questo è il motivo per cui mio fratello gli fa da
dama di compagnia. Ha barattato se stesso per salvarmi...”
Damon, dicendolo, riuscì finalmente a realizzarlo. Stefan si
era sacrificato per lui. “Ummm un vero mago delle contrattazioni! Io, per salvarti la vita, gli avrei offerto al massimo un fermacarte!” ancora
volle buttarla sul ridere, e la reazione del vampiro fu la stessa.
Summer lo faceva divertire. “Tu, Summer, sei davvero una donna insopportabile!”
la prese per i fianchi e la girò verso di sé; poi le
morse umanamente e scherzosamente il collo facendo anche un
“Gnam-Gnam-Gnam” di onomatopea. Lei rise e poi gli
afferrò il volto per guardarlo seriamente. “Perché
la prima volta gliel'hai fatta dimenticare?” “Non
credi di star esagerando con le domande?” chiese con il suo
tono dispettoso ma dolce. “Voglio saperlo...” era
seria. Voleva assolutamente saperlo, e il vampiro la guardò
decidendo di accontentarla per l'ennesima volta. “Perché...non
era giusto che lo sapesse...tutto qui” “Ti
sbagli!...non avresti dovuto farglielo dimenticare!” lo disse
istintivamente senza neanche pensarci più di tanto. E solo
dopo realizzò che forse lei, al suo posto, avrebbe fatto
qualcosa di simile. “Sono il vampiro cattivo Summer...quello
che uccide le persone senza pensarci due volte e senza provare il
minimo rimorso! Che senso aveva farglielo sapere?...Non mi avrebbe amato in ogni caso...” rispose di getto per poi
pentirsene. Quel discorso stava entrando troppo in profondità
e non voleva. Summer si inginocchiò tra le sue gambe e gli
accarezzò il volto. “Se si è innamorata di tuo
fratello, detto 'lo squartatore', non vedo perché non possa
innamorarsi di te...” il suo tono fu sincero, dolce e rassicurante, e Damon
si sentì spiazzato. Era come se l'avesse reso facile e
possibile; mentre la realtà era ben diversa, lui era quello
che non veniva mai ricambiato dalle donne che amava. La guardò con dolcezza, perché
per un attimo le sue parole erano riuscite a farlo sentire meglio. A
farlo sentire un uomo che meritava amore come chiunque altro, poi si
chiuse nuovamente nella muraglia delle sue
insicurezze. “Adesso possiamo parlare
d'altro!?” “Certo!...Mister cliché!” “Perché
sarei Mister cliché?” questa non se l'aspettava. Da dove
usciva? “Andiamo...'ti amo detto sul letto di morte'...è
la cosa più scontata del mondo!” Ancora una volta lo
schernì per farlo ridere. Damon le afferrò le spalle
per farla aderire al tappeto e si posizionò tra le sue gambe
tendendola bloccata. “E di un po' saputella, tu cosa
diresti all'uomo della tua vita in punto di morte?” le chiese
divertito. “Beh...gli direi...”Summer lo guardò
con intensità accarezzandogli il volto. “Ricorda..." prese una lunga pausa "di
annaffiare le mie piante!” e poi disintegrò quell'enfasi
dicendo una stupidaggine. Damon rise scuotendo la testa, e poi la
baciò. “Disdici il mio abbonamento a
Vogue!...Veglierò sempre su di te: anche quando andrai a
letto con un'altra!” continuò con teatralità, tra
un bacio e un altro, sperando di farlo ridere ancora. Damon si
allontanò dal suo collo per osservarla con aria
divertita. “Conoscendoti ho paura che davvero ne saresti
capace...” le accarezzò il viso e la guardò
perdendosi in lei “...Ricordami di non essere mai l'uomo della
tua vita!” continuò con un'ironia estremamente
dolce. “Tranquillo, non c'è pericolo...Sei troppo
scontato!” lei lo guardò allo stesso modo,
rispondendogli con altrettanta giocosità e dolcezza. Il
vampiro, per attutire quella frecciatina, arricciò il naso
fintamente infastidito. “Scontato...ummm...Facciamo
così...prova a ridirmelo tra un paio d'ore!” usò
il suo tono sexy e provocatorio, e poi le sbottonò con
sensualità la camicia. “Perché...cos'hai
intenzione di farmi?” sussurrò passandogli la mano tra i
capelli. “Cose che neanche immagini...”
Angolino
di NaNa*** Emmmm....come
avrete intuito...sarà un Dicembre di fuoco!!!xD Ho aspettato
tanto per far evolvere le cose tra questi due (dandomi mille pizzichi
sulla pancia) e ora finalmente posso darmi al Romanticismo-Erotico
che li caratterizza xD Vabbè io spero di non essere stata
volgare però, come sempre, a voi l'ardua sentenza^^ Ho
deciso di non rompere più le balle con le mie mille
insicurezze!!! Ogni volta che devo mettere un antecedente mi
faccio prendere dal panico e da mille pippe mentali. (E se l'ho resa
pesante?...E se poi uno si scoccia di leggere?... Ma chi Bip sono per
propinare personaggi che esistono solo nella mia testa? ...e così
via xD) Ma alla fine: questa è la fic! Così come la
voglio! Chi apprezza me lo farà sapere; a chi non non dice
nulla...non mi dirà nulla; a chi non piace, o smetterà
di leggere o userà le utilissime bandierine arancioni per
dirmi datti all'ippica!!!xD Ma non devo dimenticare che questa fic la
sto scrivendo per me^^ Ps: La mia carissima Alice
– che forse dovrei iniziare a chiamare Beta xD – mi ha
fatto notare che nel cap precedente non ho collocato temporalmente il
“Ti amo” che Damon dice ad Elena. Ho corretto questa
dimenticanza mettendo, giustamente, “Novembre, 2010” la
data della messa in onda statunitense^^ Detto questo...Auguro
a tutte un felicissimo Anno Nuovo!!! Sperando
che il 2012 porti a tutte un ragazzo bello e buono come Ian!!!^^ Ma
sì...anche a chi un ragazzo già ce l'ha...perché
...”Two is better than One” xD (Sono pessima...lo so
xD) Alla prossima^^
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Capitolo 42 *** Quarantaduesimo Capitolo ***
***
5 Dicembre ***
Lily
continuava le sue ricerche sulla cenere di quercia bianca. Aveva
contattato una strega nel Minnesota che sosteneva di avere
informazioni a riguardo, e ora stava preparando i bagagli intenta a
partire. Si avvicinò al comò, e il suo sguardo
venne rapito dalla foto sul ripiano. La ritraeva insieme a Kendra
e Summer ad una festa a cui avevano partecipato l'anno prima. La
guardò con tristezza pensando a quanto si divertivano insieme,
ma poi un altro pensiero più importante occupò la sua
mente: Kluas. Il compito di Kendra era quello di tenerlo d'occhio,
mentre lei e Summer si occupavano delle rispettive ricerche. Ora non
avevano idea di dove fosse. Lasciò perdere i bagagli perché
le passò per la testa un'idea fulminea. Rovistò tra le
mensole dove riponeva gli oggetti magici, e prese il bauletto dove
erano custodite le ossa di Esmaél. Ne era rimasto un solo frammento, ma per ciò che aveva in mente sarebbe bastato. Lo prese, e
liberò velocemente il ripiano della sua scrivania per
sistemare una cartina del mondo piuttosto grande. Mise l'ossicino
in un bicchiere colmo d'acqua e afferrò una candela. Pronunciò
una delle sue irripetibili formule, e l'acqua, all'interno del
bicchiere che manteneva con la mano sinistra, diventò rossa e
iniziò a bollire. Quando Lily smise di parlare l'acqua si
fermò, e la candela che reggeva con la mano destra si accese.
La strega la capovolse per gettare una goccia di cera sulla cartina e
questa, dal centro, si spostò in alto e leggermente a desta,
solidificandosi esattamente su Parigi. C'è un legame
indissolubile tra un morto e il suo uccisore, e Lily non aveva fatto
altro che sfruttarlo.
***
***
Damon
aprì gli occhi convinto di avere Summer al suo fianco.
L'ultima cosa che ricordava era di averla tenuta tra le braccia, e
poi doveva essersi addormentato. Fece una smorfia infastidita.
Che bisogno c'era di andarsene?
Si erano scambiati persino delle confidenze, possibile che non
volesse ancora dormire con lui? Si alzò e andò
nella stanza di Summer. La vide muoversi e mugolare, e capì
che doveva essersi svegliata in quel momento. Si sdraiò sul
letto e Summer si girò per accoccolarsi sul suo petto. Lui
l'abbracciò, ma con un volto lievemente contrariato. “Se
ti piacciono le coccole mattutine...mi spieghi che senso ha
sgattaiolare via dal mio letto?” Lei mugolò ancora
una volta prima di rispondere. “Ne abbiamo già
parlato...” la sua voce era bassa e ancora assonnata, e si
sistemò meglio sul suo petto in cerca della posizione del capo
più confortevole. “Quindi...siamo amici, ma non così
amici da poter dormire insieme...” “Non si tratta di
questo... “ “E di cosa si tratta?” il suo tono
fu più duro, e contrastò con la dolcezza delle sue
carezze. Lei capì che non era il momento più adatto
per ricevere delle coccole e, con un'espressione un po' annoiata,
alzò leggermente la schiena sorreggendosi sui gomiti. “Non
mi è mai capitato Damon... Non ho mai dormito con nessun uomo:
forse perché è una cosa che mi metterebbe a disagio. Mi
muoverei in continuazione, e non riuscirei a dormire dando solo
fastidio a chi mi sta accanto...non devi prenderla come una questione
personale...” era una sorta di mezza verità, ed in più
ci sarebbe stato da aggiungere che non se la sentiva di condividere
un momento così intimo con un uomo innamorato di un'altra
donna: soprattutto se l'uomo in questione era Damon. Lui ascoltò
con attenzione tranquillizzandosi: quella di Summer sembrava solo una
banale fissazione irrazionale e generalizzata. Non l'aveva mai fatto
con nessuno, e questo pensiero acquietò quel senso di rifiuto
che l'aveva portato a farle quella sorta di ramanzina. Summer lo
vide annuire e decise di rimettersi tra le sue braccia. Damon
riprese a coccolarla pensando che, in fondo, gli sarebbe piaciuto
essere il primo...
***
***
Klaus,
Stefan e Bree erano arrivati a Parigi la sera prima, alloggiando, su
lamentala di Bree, in un lussuoso Hotel. La mattina seguente Klaus
e Stefan si recarono in un Centro di Studi Araldici. Klaus suonò
spazientito il campanellino posto sulla scrivania, e dopo poco arrivò
una giovane ed avvenente ragazza. “Buongiorno. Come posso
aiutarla?” “Ho bisogno di una ricerca. Caroline
Galler, una londinese arrivata in Francia nel 1517” “Queste
sono tutte le informazioni che possiede? Sicuro di non sapere altro?”
la ragazza annotò quei dati su un quaderno, focalizzando lì
tutta la sua attenzione. “Figlia di una dannatissima donna
di nome Lucrezia!” La ragazza alzò lo sguardo con
un'espressione stranita; c'era fin troppa foga nelle parole di Klaus,
per essere uno, che in teoria, non avrebbe mai potuto conoscere una
donna vissuta nel 1500. “Beh, signore, per uno studio del
genere solitamente occorrono dai 3 ai 7 mesi...” “Ti
do al massimo 10 giorni...” sussurrò soggiogandola. “Non
dipende da me signore...” “Allora va a chiamare il tuo
responsabile...” La ragazza si voltò e si avviò
verso l'ufficio del suo dirigente. Stefan, come sempre, si limitò
ad osservare la scena.
***
***
Damon
aveva avuto il suo, ormai fisso e necessario, sesso mattutino, e
quindi era riuscito a stare tranquillo per gran parte delle ricerche
di quella giornata. Nel pomeriggio, però, iniziò a
mostrare segni d'insofferenza. Rovistò nei mobili della
signora Torrens, scoprendo tragicamente che in quella casa non c'era
nulla di alcolico. “Possibile che non ci sia una goccia
d'alcool?! Che razza di problema avete in questa casa?” “Siamo
tutti astemi” rispose la donna sotto l'effetto della sua
soggiogazione. Damon grugnì di rabbia e noia. Raggiunse
Summer che se ne stava nella camera da letto e curiosava tra le
immagini della cornice digitale. “Hai finito? Voglio
andarmene da qui...” si sedette sul letto accanto a lei, e poi
lasciò cadere la schiena all'indietro mettendo le mani
dietro la nuca. “Come mai tutta questa fretta?” “Mi
sto annoiando e non c'è alcool!” Lei sorrise, e poi
si sdraiò a sua volta mettendosi sul fianco con la testa
sorretta dalla mano. “Ci vorrà solo qualche altro
minuto...poi potremmo anche prendere una pausa per andare a bere
qualcosa al Grill se ti va...” sussurrò dolcemente
giocherellando con il bottone della camicia del vampiro. Lui annuì
e la guardò con desiderio; la sua sola voce era in grado di
accendere la voglia di un contatto di qualsiasi genere. Accarezzò
la mano che Summer gli aveva messo sul petto con la punta delle
dita. “Beh... però questi minuti sarebbero più
sopportabili...se la mia distrazione mi distraesse...” lo disse
con malizia e con un'incredibile voglia di ricevere un bacio, ma il
volto di Summer si rabbuiò di colpo, e subito ritirò la
mano alzandosi. “Devo concentrarmi...” fu stranamente
fredda, e si avviò verso un'altra stanza. L'aveva
infastidita il termine 'distrazione'. L'aveva tollerato per tutto il
tempo, scherzandoci a sua volta, ma in quel particolare momento
l'aveva ferita. Era solo questo: una distrazione. Quel pensiero le
fece improvvisamente male. Damon la guardò stranito. Non
capiva cose le fosse accaduto. Si alzò è la
raggiunse. “Che succede?” le afferrò il braccio
facendola girare verso di sé, e si sentì spiazzato
dalla sua espressione glaciale. “Niente” si liberò
da quella presa scuotendo le spalle e si allontanò. “Possiamo
andare...e poi anch'io ho bisogno di bere qualcosa” continuò
senza guardarlo, avviandosi verso l'ingresso. Damon non capì,
ma stette in silenzio e, da bravo maschilista, attribuì quel
cambiamento d'umore alla risaputa vena lunatica che caratterizza le
donne.
***
***
Arrivarono
al Grill in religioso silenzio, e Summer camminò verso il
bancone ignorando la sua presenza. Damon, infastidito dal suo
comportamento, si diresse verso i tavoli prendendo posto. La
osservò per tutto il tempo. Proprio non capiva cosa le fosse
accaduto. Quando sul suo volto comparve una smorfia di rabbia.
Dietro al bancone c'era Matt.
“Cosa ti porto?” le
chiese con la solita gentilezza, ma Summer restò con il volto
basso e perso chissà dove, senza accorgersi che si trattava di
Matt. “Una birra..” il suo tono era quasi assente, e
Matt intuì subito che c'era qualcosa che la turbava. “Tutto
bene?” in quel momento, Summer riconobbe la sua voce, e alzò
lo sguardo verso di lui sorridendogli. Annuì senza dire
niente e Matt, con la sensibilità che lo contraddistingueva,
cercò di andare in fondo alla faccenda. “Sicura? A me
non sembrerebbe...” “Sì...tranquillo, va tutto
bene” “Ma tu e Damon non state insieme? Come mai lui è
seduto al tavolo? Avete litigato?” “Noi...Non stiamo
insieme...” Matt non capì la situazione, ma volle
essere gentile nonostante il timore di dover avere a che fare con
Damon. In fondo, era attratto da lei. “Beh..allora devo
offrirti una birra. Perché la politica del bar ce lo impone
con tutte le ragazze single, giù di corda, e...particolarmente belle...” concluse
la frase con un incredibile imbarazzo; le porse un'altra birra e
finalmente riuscì a farla sorridere. “Sei gentile...e
dimmi...anche assumere dei baristi così carini è
imposto dalla politica del bar?” Matt riuscì a guarire
quella parte di autostima che Damon aveva ferito, e si sentì
in vena di flirtare. Tanto...lei era solo una distrazione! Il
ragazzo le sorrise timidamente, e poi fu chiamato da un altro
cliente. Le fece un cenno per congedarsi e Summer gli sorrise
ancora. Damon aveva ascoltato ogni cosa e si avvicinò a lei
con un'espressione torva e fiammeggiante. “Quando avrai
finito di provarci con i mocciosi, dimmelo!” “Mi
spieghi che problema hai?” come si permetteva di trattarla in
quel modo. Proprio lui non ne aveva nessun diritto! “Non ho
nessun problema Summer. Sei tu ad averne...” Lei cercò
di ribattere, ma non ne ebbe il tempo. “Ti aspetto in
macchina....voglio tornare a casa” le fece un'occhiataccia e si
avviò verso l'uscita. Quello spettacolino l'aveva nauseato e
infastidito e, se fosse rimasto lì dentro, probabilmente
l'avrebbe ucciso. Lei restò lì a finire la sua
birra. In quel momento, tra di loro, regnava solo l'incomprensione.
Dopo
qualche minuto Summer lo raggiunse, e lo trovò seduto al posto
di guida, con un braccio appoggiato allo sportello e con il pollice a
sfiorarsi il labbro inferiore; non gliel'aveva mai visto fare, forse
era la sua posa pensosa. Chiuse il suo sportello, e il vampiro
mise in moto l'auto senza guardarla e senza dire una parola; e i
dieci minuti necessari a raggiungere casa sembrarono per entrambi
interminabili. Entrarono in casa e il vampiro la vide avviarsi
rapidamente verso la rampa di scale. Non riuscì a
trattenersi, la rabbia era troppa. Era questo il motivo della sua
freddezza? Si era stancata di lui? Voleva dell'altro? “Quindi
è cosi?...Non ti basto?... Pensi che quel moccioso possa
scoparti meglio di come faccio io?” le gettò addosso
quelle parole con un tono pacato ma carico di risentimento. Lei
s'immobilizzò. “Non osare parlarmi in questo modo
Damon! Ti ricordo che non sei il mio fidanzato!...sono libera di fare quello che voglio...” anche il suo tono fu
pieno di rabbia ma per nulla altisonante. Il vampiro le si
posizionò davanti spingendola contro il muro e bloccandola con
le braccia. “Il fatto che io non sia il tuo fidanzato
non significa che tu non sia mia!” lo disse a denti
stretti con rapidità, fermezza e convinzione, e solo un attimo
dopo si accorse di quanto fosse stata egoistica e stupida quella
frase. La guardò intensamente e col respiro affannato; se avesse avuto un cuore attivo i suoi battiti sarebbero stati incredibilmente accelerati. Summer si sentì subito
spiazzata. Non era stata sua intenzione farlo ingelosire, ma quelle
parole, per quanto contorte, le sembrarono perfette, e lo guardò
con un'immediata dolcezza. Quella frase aveva avuto un retrogusto di
possessività che le era piaciuto, così appoggiò
la testa al suo petto e fece scorrere le mani sulla sua schiena
rendendolo un dolce abbraccio. L'aveva fatto involontariamente, ma
Damon aveva detto la cosa più giusta. Lui si sentì inizialmente spiazzato, poi ricambiò cingendole le spalle. Non capiva cosa stesse
accadendo, ma Summer gli sembrò nuovamente quella di sempre, e
soprattutto sentì il pericolo 'moccioso occhi blu' momentaneamente scampato. Si sentì un idiota per quello che le aveva
detto e per i toni che aveva usato, ma era stato più forte di
lui. Non sopportava l'idea che fosse libera di provarci con qualcun
altro. Non voleva che lei desiderasse nessun
altro. Doveva esserci soltanto lui. “E' così
sbagliato che io ti voglia solo per me?” sussurrò quasi
assente, e più a se stesso, poggiando il mento sulla sua spalla. Sapeva che non era
giusto: conosceva la risposta. Non poteva pretendere che fosse sua,
però non riusciva ad accettarlo, era più forte di lui.
Di nuovo Summer si sentì meglio. Anche se non era una
grande sostenitrice dei dialoghi, in quel momento sentiva che delle
rassicurazioni verbali erano tutto ciò di cui aveva bisogno.
Così, dopo quella frase, lo strinse ancora più
forte. L'abbraccio si sciolse leggermente, e si guardarono con
un'espressione piena di sentimenti soffocati. Summer annuì
perché un sì era l'unica risposta giusta, e il
vampiro le sorrise amaramente, accettando il fatto di non poter avere
voce in capitolo. Lei lo guardò con dolcezza, e poi trovò
il coraggio di lasciar fuoriuscire qualcosa dalla cassaforte blindata
in cui erano custoditi i suoi sentimenti. In questo caso:
l'insicurezza. “Perché lo vuoi? Perché vuoi
che sia tua?” sussurrò con difficoltà; non era da
lei addentrarsi in simili discorsi, ma ne sentiva il
bisogno. “Perché...” Damon si prese una lunga
pausa per realizzare ciò che le avrebbe detto “non
riesco a sopportare il contrario” e finalmente, con dolcezza,
riuscì ad ammetterlo. L'intensità tra loro arrivò
a livelli elevatissimi: stavano venendo a galla troppe emozioni
represse. Lei annuì, ma volle capire cos'altro c'era dietro
quell'affermazione. Troncò ogni contatto con lui e lo guardò
cercando di non lasciar trapelare il suo nervosismo. “Devo
farti una domanda...e voglio... che tu sia sincero...” Il
vampiro annuì con serietà. “Pensi a lei quando
vieni a letto con me?” si tolse un macigno dal petto rivelando
a sé stessa e a Damon quella paura. Il vampiro era
incredulo. Era davvero questo il suo problema? Pensava davvero una
simile assurdità? “Come diavolo ti salta in mente
una cosa del genere!? No!...Certo che no!” quel tono, leggermente
più alto, spezzò in parte la tensione che si era
creata. Per un attimo si sentì quasi arrabbiato, ma il volto
dolce e un po' spaesato di Summer spazzò via quei sentimenti
sbagliati lasciando la strada libera a quelli giusti. Lei si sentì
rincuorata ma non ancora convinta, aveva bisogno di sentire qualcosa
di più, ma non osò fargli altre domande. Il vampiro
le afferrò i fianchi, e l'attirò a sé, facendo
risalire i già elevatissimi livelli di tensione. “Perché
me l'hai chiesto?” sul volto di Damon c'era un'espressione
velatamente felice, ma non si spiegava neanche lui perché, in
quel momento, si sentisse in quel modo. Lei, invece, si sentiva
tremendamente a disagio, però si sforzò di continuare
il discorso, perché non poteva fare diversamente. La
competizione con Elena era qualcosa che iniziava a farle
male. “Perché...voglio sapere se vieni a letto con me
solo perché hai bisogno di una distrazione...oppure....”il
continuo le si strozzò in gola, era troppo imbarazzante: non
ce la faceva a continuare! “Sai una cosa...lascia
perdere!...è tutto ok!” Summer si liberò dalla
sua presa simulando un'espressione serena, e si voltò per
avviarsi verso le scale. Lui intuì subito il continuo della
frase, e si sentì felice al pensiero che per lei fosse una
cosa importante. E capì anche cosa l'aveva turbata: prima le
aveva dato della distrazione, ma
era ovvio che non fosse più solo questo. Possibile che davvero
non l'avesse capito? Era diventata molto di più, e già
da tempo. Possibile che fosse così insicura a riguardo? Si
sentì felice, stupidamente felice. “Vengo a
letto con te perché mi piaci Summer...” Lei
s'immobilizzò: era esattamente ciò che voleva
chiedergli. “Credi davvero che mi farei tutti questi
problemi di gelosia per una ragazza qualunque?!” L'aveva
chiamata per nome: gelosia. L'aveva ammesso, e non riusciva a
crederci! Forse, in seguito, l'avrebbe rinnegato fino alla fine dei suoi giorni; ma, in quel momento, non se ne pentì di averglielo detto. Era maledettamente vero. Summer si girò verso
di lui, e lo guardò sentendosi felice ma ancora estremamente
imbarazzata. Damon prese il suo volto tra le mani e annuì
ripetendolo, questa volta più per sé stesso che per
lei. “Mi piaci... instabile cacciatrice rompiscatole
e violenta!” Lei gli sorrise sentendo dentro di sé la
leggerezza dell'elio. Probabilmente, se Damon non avesse tenuto il
suo volto tra le mani, sarebbe volata per la casa sbattendo con la
testa contro il soffitto. Lui la guardò con dolcezza per
qualche altro secondo, e poi la baciò. Sentì di aver
fatto la cosa più giusta ammettendolo, perché lei non
l'aveva mai guardato in quel modo. Nei suoi occhi c'era una luce nuova che
aveva avuto il potere di disarmarlo. Per entrambi, fu un bacio intriso di felicità
e di quell'amore di cui non erano ancora consapevoli. “E
io?... io ti piaccio?” dopo il bacio, Damon, volle smorzare
quell'enfasi, chiedendoglielo con un'espressione di falsa
serietà. “Ummm...vediamo...sei fastidioso,
irritante...hai dei seri problemi d'alcolismo, sei una sorta di
cavernicolo...No! Non direi!” ma il suo volto rivelò tutt'altro. Lui, ancora con il suo volto
tra le mani, arricciò il naso per mostrarle un finto
disappunto. “Ok...te la sei andata a cercare!” se la
caricò sulle spalle a mo' di sacco di patate. “Cosa
vuoi fare?!” domandò sorpresa e divertita, mentre Damon
saliva su per le scale. “Tarzan vuole entrare in morbida caverna di
Jane!” e se la portò nella stanza per dimostrale quanto
gli piacesse.
***
***
Summer
stava preparando la cena, disturbata dai continui tentativi di Damon
di riportarla di nuovo a letto, quando il telefono squillò.
Lo afferrò con le difficoltà imposte dalla presa
del vampiro, che le baciava il collo abbracciandola da dietro. “Ehi
Summer. Ti disturbo?” Il vampiro, che riusciva a sentire
tutto, annuì visibilmente continuando a toccarla ovunque. Si,
Lily per lui stava disturbando eccome! Summer rise
silenziosamente. “No...non preoccuparti! Ehi ma sbaglio o sei per
strada?” “Non sbagli. Sto andando nel Minnesota, spero
solo che non si tratti dell'ennesimo buco nell'acqua. Ascolta, ho
localizzato Klaus, è in Francia!” “Umm pensi
che stia seguendo la stessa pista che seguimmo noi?” Il
vampiro le morse il lobo dell'orecchio; non la smetteva di essere
piacevolmente dispettoso. Lei lo guardò buffamente
contrariata, ma poi gli fece subito una carezza sul volto “Credo
proprio di sì. Penso che si sia rivolto anche lui ad uno
storico, o qualcosa di simile...non credo possegga qualcosa di
Caroline per poter localizzare le sue ossa con l'aiuto di una
strega...” “Beh...quando arriverà alla tomba
troverà il simpatico biglietto di Harris...” Summer
sorrise nel ripensare a quanto fosse scherzoso il suo
osservatore. “Già... non oso immaginare la sua
faccia!” Lily rise a sua volta. “Prima di
chiudere, volevo dirti che ti ho mandato il file che mi avevi
chiesto. L'hai già visto?” Summer si sentì
in difficoltà, e subito sperò che la telefonata si chiudesse lì. “No... A dire il vero non ho proprio controllato
la mia e-mail, lo farò al più presto. Grazie per
avermelo mandato!” E sperò con tutte le sue
forze che Lily non aggiungesse altro. Le aveva chiesto qualche
informazione su Damon, giusto per curiosità, ma se il vampiro
l'avesse saputo avrebbe sicuramente mal interpretato quel gesto. “Di
nulla, ci sentiamo domani” “Ciao” Summer tirò
un sospiro di sollievo e spense il fornello, perché Damon, con
le sue insistenti carezze, aveva vinto!
Angolino
di NaNa*** Finalmente!!!
Sono stata bloccatissima in questi giorni...(sarà lo stress da
calendario degli esami -_-''') Fatto sta che proprio non riuscivo
a scrivere...e per un attimo sono realmente andata nel panico! Come
sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto^^anzi che non vi abbia
deluso. E' stato un momento delicato e in questi casi il panico è
focalizzato su Damon. E' stato OOC??? Ringrazio i recensori
che, come al solito, sono la mia benzina! xD Tutti quelli che
continuano a mettere questa storia nelle Preferite/Seguite/Ricordare
(scusate se non vi ringrazio mai mettendo i vostri nomi...ma....mi
sembrerebbe di violare la vostra privacy xD - i miei soliti ingrippi
mentali – Sorry!) E, ovviamente, tutti i lettori anonimi^^
(ok, sì, siete sempre alla fine dei ringraziamenti, ma non per
questo siete meno importanti, chiunque sia arrivato a leggere fin
qui, essendosi sorbito più di 200 pagine scritte da me, mi ha
fatto davvero un grande onore!!!^^) Baci e...Alla prossima^^
sperando di non bloccarmi di nuovo!!!
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Capitolo 43 *** Quarantatreesimo Capitolo ***
***
8 Dicembre ***
Lily
aveva le sue manie; una di queste era catalogare e schedare qualsiasi
cosa. Aveva fatto così anche con i vampiri. Aveva associato
avvistamenti di vampiri e sparizioni misteriose creando una vera e
propria Lista Nera di quelli più pericolosi ed efferati: i
vampiri da uccidere al più presto. In questa lista compariva
Stefan Salvatore, ma non c'era traccia di Damon. Le informazioni su
di lui erano poche. Per Summer solo un dato, tra quelle righe, era
davvero rilevante....
Quella mattina fu lei ad andare nella
sua stanza. Poggiò una tazza di caffè sul comodino
e aspettò che si svegliasse sdraiandosi accanto a lui. Osservò
il suo volto addormentato respirando la serenità che
quell'immagine emanava. In quei minuti scrutò ogni minimo
particolare sentendosi rapita dai quei lineamenti marcati ma
estremamente dolci, e quello di accarezzargli i capelli fu un gesto
quasi involontario. Damon avvertì quel contatto e aprì
gli occhi sentendosi disorientato per una manciata di
secondi. Sorrise e l'attirò a sé mettendole la mano
dietro la schiena. Restarono in silenzio e in quella posizione per un
po' di tempo. “Che progetti hai per stasera?” chiese
Summer, quasi bisbigliando per non rompere la quiete di quel
momento. Damon mugolò per schiarire la voce ancora
assonnata, per poi mettersi supino, trascinando Summer su metà
del suo corpo. Mise l'avambraccio sulla fronte e pensò. Che
razza di domanda era? “Vediamo... stasera...penso di fare
sesso con la mia coinquilina” gettò immediatamente lo
sguardo nella sua direzione per vedere la sua reazione, che non fu
altro che una risatina divertita. “Andiamo...sono
seria” “Anch'io sono serio” aspettò di
rivederla sorridere per poi continuare “perché me lo
chiedi? Cosa vorresti fare?” e glielo domandò con un
tono di voce così dolce da poter significare solo 'chiedi e
sarai accontentata'. “Quello che vuoi...” Summer
non capiva. Possibile che davvero non avesse progetti per la
serata? Damon si girò nuovamente sul fianco tendendola tra
le braccia. Non capiva da dove diavolo spuntasse quello strano
discorso. Ci pensò un attimo, e poi ricordò la data.
Otto dicembre: il suo compleanno. Ma Summer non poteva esserne a
conoscenza! Lui non l'aveva detto a nessuno. Probabilmente, sulla
terra, solo Stefan conosceva la data del suo compleanno. Decise di
continuare imperterrito sulla sua strada. “Te l'ho
detto...voglio fare sesso con la mia coinquilina... fino a farla
supplicare per farmi smettere!” spalancò gli occhi e fece
la sua voce teatrale per dare un toccò di drammaticità
a quella prospettiva tutt'altro che drammatica. Summer rise ancora
“Beh..conoscendo la tua coinquilina...ti stancherai prima che
possa accadere!” Damon emise un mugolio di piacere prima di
avvicinarsi per baciarla. “Sfida accettata!” le sussurrò con presunzione. Si
baciarono e poi l'espressione di Summer ritornò più
seria. “Davvero vuoi stare con me stasera?” Damon
la guardò con sospetto. Era da un mese che passavano insieme
tutte le sere. Perché in quel particolare giorno doveva
cambiare qualcosa? Era chiaro che sapesse. Per un attimo brevissimo,
il suo volto diventò triste ripensando alla sua domanda. Sì,
voleva stare con lei, ma era anche l'unica scelta possibile
pensandoci bene. Quali alternative c'erano? Annuì per
darle conferma. Summer gli sorrise, ma non le era sfuggito
quell'attimo di tristezza nei suoi occhi. Era per Elena? Avrebbe
voluto passare la serata con lei? Quel pensiero le strinse il
petto soffocandola, ma se era davvero Elena la persona con cui volava
stare, lei avrebbe realizzato quel desiderio, anche a costo di starci
male, perché era il suo compleanno e voleva solo che lui, per
quel giorno, fosse davvero felice.
***
***
Katherine
non si nutriva di sangue da giorni. La sua pelle era diventata
grigiastra e raggrinzita. Gloria l'aveva incatenata nelle segrete
del suo bar, e difficilmente le si accostava. La strega sapeva che la
vampira era pericolosa; ne aveva avuto conferma neanche una settimana
prima, quando, convinta che fosse sotto l'effetto della soggiogazione
di Klaus, aveva abbassato la guardia lasciando che riuscisse a
mordendole il collo. Gloria assumeva verbena, ma per Katherine,
arrivata a quei livelli di tolleranza, non faceva nessuna differenza.
La strega aveva dovuto scatenare tutto il suo potere per metterla
K.O, ed ora stava allerta ventiquattro ore su ventiquattro. Non
voleva convivere con un simile pericolo; ma l'ibrido continuava a non
dare sue notizie, e quindi lei non poteva fare altro che aspettarlo
nella speranza che la vampira avvizzisse sempre di più, e
sempre più rapidamente.
***
***
Damon
la guardò con un velo di sospetto per tutto il giorno. Se lei
sapeva, perché non aveva detto quelle stupide frasi di
circostanza? Non che gli importasse, ma era da tempo che non sentiva
quelle insignificanti parole. Auguri...Buon
Compleanno...erano parole lontane legate alla sua vita mortale.
Da vampiro non aveva mai festeggiato il suo compleanno. Che senso
aveva? Gli anni passavano fin troppo velocemente. Perché
festeggiarli? E poi con chi? Ma se Summer sapeva, perché il
discorso si era chiuso in quel modo? Perché non aveva detto
quelle stupide parole? Non le meritava forse?
Si era fatto
ormai pomeriggio, e in casa della famiglia Green i due si
stuzzicavano parlando della nuova e insensata sfida decretata dal
vampiro. Damon, abbracciandola da dietro, le faceva una sorta di
solletico e, simulando una voce femminile, disse ciò che,
secondo le sue aspettative, lei avrebbe detto quella notte. “Ahhh
Damon, ti prego basta! Tutti questi orgasmi mi faranno venire un
ictus!” Summer non poteva fare altro che ridere. “Solo
tu potevi concepire una scommessa così assurda!...Ma fa pure
Damon! Illuditi di poter vincere! In ogni caso andrà tutto a
mio vantaggio!” Damon le sorrise: Summer aveva ragione.
Perdere per lei significava aver vissuto la notte di sesso più
intensa della sua vita. In quale universo la si sarebbe mai potuta
definire sconfitta? Le uniche perdite, quella notte, le avrebbe
subite il materasso: le molle sì che sarebbero state
sconfitte! Summer si girò verso di lui per baciarlo, e fu
un bacio corrotto dal sorriso di entrambi. “Ma, sbaglio?..O
così non fai altro che ammettere di non averne mai abbastanza
di me?” sussurrò con le sopracciglia alzate e con
un'aria da saputello dispettoso. Summer non sapeva cosa ribattere.
In effetti aveva ragione. Ma l'orologio della cucina che segnava le
16:47 la deconcentrò da quella domanda. “Oh no! E'
tardi! Devo andare!” si svincolò dalla presa di Damon,
lasciandolo nella perplessità. “Come è tardi?
Dove devi andare?” Cos'era? Una scusa per non rispondere?
Eppure la vide avviarsi nel salotto in cerca della sua borsa con una
certa agitazione. “Ho delle commissioni da sbrigare! Ci
vediamo stasera!” gli lasciò un veloce bacio sulle
labbra e si avviò con rapidità verso l'uscita. Damon
non ebbe neanche il tempo di fare altre domande: Summer si era
dileguata.
***
***
Summer
si prese un minuto di riflessione prima di suonare al campanello di
quella dimora. Fissò quella porta sentendosi in una situazione
di stallo. Lo faccio o non lo faccio? Questa domanda l'assillò
fino a quando, con impeto, non suonò per poi ritrarre subito
il dito. Elena aprì dopo poco. “Summer...”
non si aspettava una sua visita, e lei sembrava vagamente
agitata. “E' successo qualcosa?” continuò con
apprensione. “Niente!” le uscì quasi squittendo
“non preoccuparti è tutto ok” Elena le fece
segno di entrare e lei si accomodò. Pensò di non
essere mai stata a casa sua. Ne avrebbe approfittato anche per
verificare la presenza del medaglione. “Dimmi...”
Elena la condusse in cucina. “Posso offrirti qualcosa da
bere? Ho della birra...del succo..” “Sto bene così,
grazie!” non si era mai sentita così agitata in sua
presenza, e non si spiegava il perché di tutto quel
disagio. “Ho intenzione di organizzare una cena...sai...per
Damon” “In che senso per Damon?” Elena non
capì. Perché Damon aveva bisogno di una cena? Summer
la guardò con perplessità. Possibile che lei non
sapesse nulla del suo compleanno? Non poteva credere che se ne fosse
dimenticata: non le sembrava il tipo. Pensò subito che fosse
stato il vampiro a mantenere uno stupido segreto di stato a riguardo.
Come ipotesi, rispecchiava di più la personalità di
Damon. Così evitò il discorso; se voleva, doveva essere
lui stesso a dirglielo. “Beh...l'ho... un po' monopolizzato
a causa delle ricerche, quindi vorrei...beh...farlo stare un po' con
i suoi amici. Tutto qui. Tu ed Alaric siete liberi
stasera?” “Sì...sì...per me va bene, e
penso che anche per Rick non dovrebbero esserci problemi...”
quella proposta l'aveva colta di sorpresa, ma le era sembrata subito
un'idea carina. Era da tanto che non stavano tutti
insieme. “Perfetto...allora vi aspetto per le nove!”
Summer non vedeva l'ora di andarsene, e quindi si avviò verso
la porta. “Ok, allora a stasera” Elena l'accompagnò
sentendosi stranita. Da quando c'era Summer, Damon si faceva vedere
sempre meno, e lei iniziava a sentire la sua mancanza.
***
***
Summer
camminava per le strade di Mistic Falls a passo svelto. Aveva
fatto una lunga lista della spesa, e ora doveva affrettarsi a
comprare tutto l'occorrente per mettersi subito al lavoro dietro ai
fornelli. Passeggiando, la sua vista venne catturata da un abito
in una vetrina. Lo guardò tentata. Quella sera lei sarebbe
stata oscurata dalla presenza di Elena. Forse un vestito per
l'occasione era proprio quello che ci voleva per reggere la
concorrenza, ma subito scosse la testa per scacciare via quel
pensiero. Summer sapeva benissimo che ci sarebbe stata sempre lei nel
suo cuore. Perché adesso le importava tanto? Si allontanò
di qualche passo dalla vetrina, ma poi li rifece subito in
retromarcia. Pensò che i vestiti più carini li aveva in
lavanderia; che non aveva portato niente di particolarmente bello da
New York, e forse l'occasione lo richiedeva. Pensò a tante
cose guardando assorta la vetrina del negozio. Tutte banali scuse per
sostituire quel primo fastidioso pensiero e per comprare quel dannato
abito. Entrò facendosi convincere da tutte quelle stupide
giustificazioni, ma lo fece solo ed esclusivamente perché
stava male al pensiero che Damon, quella sera, avrebbe avuto gli
occhi puntati solo ed esclusivamente sulla sua amata Elena.
***
***
Damon
si versò dello scotch. Si chiese dove diavolo fosse finita
Summer. L'aveva letteralmente lasciato in asso. Ma dopo pochi minuti
sentì dei rumori provenire dalla porta. Era lei che, carica di
buste della spesa, cercava di entrare in casa. Il vampiro accorse
in suo aiuto. “Era questa la commissione urgente? Shopping
estremo?” “Sì, stasera abbiamo ospiti” “Cosa?!
Chi?!” la sua espressione era a metà tra la sorpresa e
il fastidio. “Ho invitato Elena e Alaric, saranno qui per le
nove...devo sbrigarmi...” Entrarono in cucina e, dopo aver
posato tutte le buste sul tavolo, Summer si affrettò a mettere
un grembiule per cucinare tutto ciò che aveva in mente, ma per
prima cosa mise uno scatolo marrone e dorato nel frigo, sperando che
Damon non prestasse attenzione a quel gesto: quella era la sua
torta! Damon osservò la scena sentendosi confuso e ancora
più sospettoso. Addirittura una cena? Adesso ne era sicuro al
cento per cento che lei sapesse. Non poteva essere una coincidenza! E
lo stava facendo per lui? Un mezzo sorriso stranito comparve
sulla sua bocca. Si appoggiò allo stipite della porta
mettendo le braccia conserte, e osservò la scena. Summer
aveva acceso la radio, perché quando si metteva ai fornelli
solitamente canticchiava e ballava. Quella scena gli piacque. La casa
gli sembrò piena, calda, viva e colorata. Non si era mai
sentito così a suo agio tra quelle mura, eppure era casa sua.
Avanzò qualche passo verso di lei. “Ti do una
mano...” prese alcuni alimenti ancora nelle buste della spesa e
li sistemò sul tavolo. “Damon Salvatore...adesso non
verrai a dirmi che sai anche cucinare?” Summer era divertita
e piacevolmente sorpresa da quel gesto. Lui, invece, la guardò
con la solita intensità, gettando anche uno sguardo languido
nella sua scollatura. “Sono pieno di risorse Summer... “
e come sempre, ogni cosa che diceva, era contornato da un immancabile
riferimento sessuale.
***
***
Qualche
ora dopo tutto fu pronto per la cena. Summer, nel salotto,
sistemava le ultime cose per imbandire la tavola. C'era un
sorriso sul suo volto. Lei e Damon avevano cucinato insieme, e si
erano divertiti più del previsto. Lui era stato anche un
valido collaboratore, e aveva fatto volare quelle ore con le sue
battutine mordaci e qualche graditissima molestia sessuale. Mentre
sistemava le posate, Summer si sentiva stranamente felice. Vide
l'ora segnata sul grande orologio a pendolo, e constatò che
mancava solo un'ora alle nove. Il suo volto si fece subito più
serio. Doveva andare a prepararsi; a ora di cena l'attenzione di
Damon sarebbe stata focalizzata tutta su Elena. Si innervosì
per quanto la turbasse quel pensiero. A lei non doveva importare!
Eppure si affrettò ad ultimare la tavola per correre a fare
una doccia e a indossare l'abito che aveva acquistato per
l'occasione. Si avviò verso la rampa di scale e buttò
un'occhiata veloce nel salotto. Damon si stava rilassando sul
divano bevendo un bicchiere di scotch. Sorrise e pensò che
tutto questo lo faceva solo perché lui era suo amico. Non
c'era nessun altra ragione. Non doveva esserci nessun altra
ragione.
***
***
Quell'abito
blu notte con le bretelline sottili e lungo fino a qualche centimetro
sopra al ginocchio le stava alla perfezione. Era stretto, e questo
metteva in risalto la sua figura longilinea; ma il suo petto era fin
troppo prosperoso in proporzione al resto del corpo, e il merletto
nero del vestito sembrava messo apposta per focalizzare lì
tutta l'attenzione. Aveva coperto le gambe con delle calze nere
molto velate ed aveva indossato delle décolleté dal
tacco alto, ma non vertiginoso, e il risultato finale fu solo uno:
ridicola! Si sentiva ridicola! Si guardò allo specchio per
parecchi minuti sentendosi solo ed esclusivamente ridicola. Il
vestito era semplice, ma troppo elegante per una cena in casa.
Stupida, stupida, stupida! Si disse mentalmente guardandosi, e mentre
si osservava pensava a cos'altro avrebbe potuto indossare. Damon
passò per la sua stanza, e la osservò dalla soglia
della porta lasciata aperta. Summer lo vide avvicinarsi dal riflesso
dello specchio e cercò di non lasciar trapelare il suo
nervosismo continuando a fissare la sua immagine. Il vampiro le si
fermò alle spalle e osservò il suo riflesso. Avvicinò
il suo corpo al suo e le cinse la vita con un braccio. Il suo
sguardo si posò prima sull'immagine completa e poi su quel
merletto nero. Il suo cervello, in quel momento, aveva messo un
cartello con su scritto 'chiuso per eccessiva eccitazione'. I suoi
occhi sembravano persi in chissà quale pensiero, e tra di loro
si creò un magnetismo quasi tangibile. Il vampiro non
riusciva a dire niente. Avrebbe solo voluto possederla in
quell'istante, in quella posizione e davanti a quello specchio.
Nient'altro. Come diavolo le era saltato in mente di organizzare
quella cena? Il suo piano per la serata - sesso con la coinquilina -
era molto meglio! Ora, per realizzarlo, avrebbe dovuto aspettare, e
questo pensiero lo fece quasi arrabbiare. Con la mano libera le
sollevò il vestito per togliersi un atroce dubbio che si
rivelò fondato. Il suo tocco mostrò la balza
dell'autoreggente, e lui continuò a spingere la stoffa più
in alto, mostrando prima il pallore della carne e poi ancora il pizzo
nero del tanga. Era questo il suo regalo di compleanno? Voleva
torturarlo eccitandolo, per poi costringerlo a fare il bravo a causa
degli ospiti? Quella provocazione non sarebbe rimasta impunita! La
loro sfida sarebbe stata l'occasione definitiva per farle capire chi
comandava! Summer si sentiva paralizzata. Il volto di Damon era
inespressivo, ma i suoi occhi la stavano spogliando e possedendo nel
più travolgente dei modi. “Non hai idea di quello che
ti aspetta...” le sussurrò con un filo di voce quasi
diabolico sfiorandole l'interno coscia. Quella frase le entrò
dentro scombussolando ogni centimetro del suo corpo, ed un ansimo
esasperato precedette il loro bacio. La passione durò
giusto un minuto, e poi venne interrotta dal suono del campanello.
Damon allontanò le sue labbra con avvilimento. Sì, era
chiaro: Summer aveva intenzione di torturarlo! La guardò
con una sorta di collera e si allontanò dalla stanza per
andare ad aprire. Lei si sentiva stravolta: Damon era più
agguerrito del solito. Ma si sentì anche felice. I fatti
dimostravano che il vampiro aveva gradito il suo look, così
decise di non cambiarsi e di aggiungere solo un cardigan di lana per
coprire le braccia e rendere il vestito meno elegante.
Damon
andò ad aprire e fece un gesto per farli accomodare
accompagnato da uno dei suoi soliti sguardi ironici. “Abbiamo
portato il vino” iniziò Rick. “E il Dessert”
continuò Elena mostrando il pacchetto. “Devo dire che
quest'invito mi ha sorpreso..” Alaric davvero non se
l'aspettava. Da quando Damon era quel genere di padrone di casa? “Non
dirlo a me!” la sua risposta chiarì tutto. Non era stata
minimamente una sua idea. Summer li raggiunse e li salutò. I
quattro presero posto a tavola. Elena di fronte a Damon. Summer alla
destra del vampiro e di fronte a Rick. “E' stato molto
carino da parte tua organizzare questa cena, in effetti era da
parecchio che non ci riunivamo...” Elena spezzò
quell'iniziale silenzio, riferendosi a Summer ma guardando Damon. Era
una frase rivolta più che altro a lui, e il vampiro ricambiò
il suo sguardo cogliendo in parte quella velatissima
ramanzina. “Figurati e poi...è un occasione per
conoscersi” Summer notò subito il loro scambio di
sguardi, e si sentì avvampare. “Giusto...non ti nego
che vorrei farti mille domande...non capita tutti i giorni di
conoscere una cacciatrice...” “A tua disposizione
Rick” “Già... dimenticavo che il tuo nuovo
hobby è fare la vecchia pettegola!” Damon temeva che
fosse indiscreto e troppo diretto come l'ultima volta che aveva avuto
modo di parlare con lei. In quel modo, sperò di
ricordarglielo. Summer ed Elena risero. “Sentiti libero
di farmi tutte le domande che vuoi Rick” Summer si alzò
per servire gli antipasti. “Grazie per il via libera, tu
però dimmelo quando diventerò troppo indiscreto! Ma
intanto... perché non ci raccontate le ultime novità...”
ovviamente Alaric si riferiva alle ricerche, a Klaus, a
Stefan... “Beh Rick...forse ti sconvolgerà saperlo...
Ma di recente ho perso la mia verginità!” Damon iniziò
subito a stabilire i toni della serata. “Ok, sarà
meglio aprire subito il vino. Non posso ascoltare certi discorsi da
sobrio!” “La tua vita sessuale sarà
sicuramente interessante Damon...ma penso che Rick volesse sapere
qualcosa sulle vostre ricerche” Elena volle mettere i puntini
sulle “i”, pur di sapere qualcosa che potesse
riguardare Stefan “Ancora niente ma, più o meno,
calcolando il numero di case che ci resta da visitare... dovremmo
finire per la metà di Gennaio...” Summer prese parola
prima che Damon potesse sviare il discorso con le sue battutine. Era
ovvio che Elena volesse saperlo; in fondo si trattava della futura
libertà di Stefan. “E una volta trovato il
medaglione?” Rick cominciò con le sue domande. “Lily
provvederà ad unirlo agli altri elementi in nostro
possesso...e da lì, beh dovrebbe comparire il
pugnale...” “Quindi è questo che avete
intenzione di fare? Parlare di Klaus per tutto il tempo?... Adesso
sono io quello che ha bisogno di bere!” Damon allungò la
mano per prendere la bottiglia di vino.
Per gran parte della
cena, l'argomento principale fu proprio Klaus, e solo al secondo
piatto i toni si fecero meno seriosi. Alaric raccontò del
modo in cui Damon l'aveva ucciso la prima volta, ma con ironia, senza
alcun risentimento, e Damon guardava Summer annuendo compiaciuto.
“Quindi è così che siete diventati
amici?...l'hai ucciso?” Summer era divertita, suonava proprio
da Damon. Il vampiro le mise un braccio intorno alle spalle. “Di
cosa ti meravigli? Anche noi siamo diventati amici in modo... non
convenzionale...Devo ricordati tutte le volte che mi hai spezzato
l'osso del collo?” ripensò agli inizi della loro
conoscenza e la guardò con una dolcezza che non sfuggì
a nessuno. Soprattutto Elena restò spiazzata dallo sguardo
di Damon. Inoltre, quella sembrava una cena organizzata da una coppia
di freschi sposini. “Quindi è questo che siete? Solo
amici?” Alaric non se la beveva, e iniziò con la sua
indiscrezione. “Cos'altro potremmo mai essere?”
dissero le stesse parole allo stesso momento guardando prima Rick e
poi voltandosi l'uno verso l'altra. “Beh...niente...è
solo che...mi sembrate molto affiatati...tutto qui” Rick guardò
Damon con un sorriso caustico, e il vampiro contrattaccò con
uno sguardo inceneritore. “E' vero...lo siete...”
aggiunse Elena con una sorta di dolcezza nella voce. Damon la
guardò intensamente cercando di decifrare quel tono, ma Summer
interruppe quel silenzio imbarazzante proponendo il dessert. “Abbiamo
portato dei pasticcini...” specificò Elena
alzandosi. “Bene...allora avremo una doppia scelta perché
abbiamo anche ...” Summer si voltò verso Damon e
continuò la frase con una sorta di dolcissima ironia “una
torta...” “Una torta...” ripeté il
vampiro. Addirittura una torta, pensò divertito. “Sì...una
torta...” si guardarono capendosi. Ormai era tutto troppo
palese. “Elena potresti darmi una mano?” Summer mise
fine a quello sguardo d'intesa, lasciandolo con un sorriso sulle
labbra. “Certo” “Vi dispiace se noi, nel
frattempo, ci appartiamo fuori?” chiese Alaric, includendo
Damon nel suo discorso. “Il fatto che non sia più
vergine non ti autorizza a provarci con me Rick, ho pur sempre una
moralità... tra una trasgressione e un'altra!” Summer
ed Elena risero portando gli occhi al cielo, mentre Rick, per stanare
la 'paura' del vampiro di essere sedotto e abbandonato, gli mostrò
il motivo di quella richiesta: due cubani. Il vampiro ne prese uno
ed annuì compiaciuto. Non era male come idea! “Andate
pure...” Summer si sentiva contenta. Voleva solo che Damon
passasse una bella serata, e lui le dedicò uno sguardo sereno
che la convinse di aver fatto la cosa più giusta.
Damon
e Alaric andarono in veranda con un cubano in una mano e un bicchiere
di scotch nell'altra. L'umano si appoggiò alla ringhiera,
mentre il vampiro si sedette a terra portando le ginocchia la
petto. Accesero i loro sigari e stettero in silenzio per qualche
minuto godendosi quel forte aroma di tabacco. “Allora...cosa
c'è tra voi due?” Alaric insisteva. Lo vedeva diverso,
più rilassato, ed era ovvio che dipendesse da lei. Il
vampiro lo guardò infastidito. “Siamo amici,
nient'altro! Se vuoi alimentare la tua vena romantica guarda qualche
soap opera. Non assillare me...” “Quindi adesso siete
amici?... Qualche settimana fa non era altro che l'ennesima
distrazione...” “E con questo?” Damon rispose
di getto, ma quelle parole gli entrarono dentro facendolo riflettere.
Sì era la sua distrazione, ed ora invece era molto di
più, ma questa era una cosa che riguardava solo loro! Odiava
quell'insopportabile gossip che si era creato intorno a quella
faccenda. Erano solo amici. Non c'era niente di strano. Niente su cui
spettegolare. “Beh... può darsi che tra un paio di
settimane sarete molto di più...” Damon sospirò
con avvilimento. “Ahhh... sono sicuro che quelle due in
cucina stanno facendo discorsi più virili di questo...” Alaric
rise. Forse stava esagerando, ma lo divertiva andare in fondo a
quella faccenda. Lo divertiva vederlo in difficoltà. “Dico
solo che... dal modo in cui la guardi ...si potrebbe pensare a molto
di più di una semplice amicizia...tutto qui!” “La
guardo con gli occhi di un uomo che non vede l'ora di strapparle i
vestiti...e se tu fossi dotato di testosterone lo capiresti senza
fraintendere...” Alaric rise facendo una nuvola di fumo
spezzettato dal movimento delle labbra. “E' molto bella...lo
riconosco...ma toglimi una curiosità: cosa indossa Elena
stasera?” banale curiosità. Voleva semplicemente capire
com'era frammentata l'attenzione del vampiro ora che c'era un'altra
donna. “E questo cosa sarebbe?... Un test che hai letto
sull'ultimo numero di Cosmopolitan?” Damon iniziava a sentirsi
avvilito. Dove voleva andare a parare? “Rispondi...”
Questa volta il fumo che gli uscì dalle labbra fu un getto
continuo e veloce, e la sua voce fu calma e seria. Damon alzò
gli occhi al cielo sentendosi spazientito. “Una minigonna
nera, un maglione bordeaux e degli stivali neri. Contento?...
“ Alaric annuì. Quella domanda non aveva nessun
valore scientifico, ma secondo lui, la risposta significava che i
suoi occhi erano ancora puntati su entrambe. Ma questo era solo un
suo pensiero, la realtà poteva essere ben diversa. Il
vampiro spense il suo sigaro, si alzò e poi sospirò
teatralmente. “I miei complimenti Rick! Sei riuscito a
rendere questa conversazione l'esperienza più gay della mia
vita!”
Elena e Summer stavano sgomberando la tavola per
fare spazio ai dolci. “E' stato molto gentile da parte tua
organizzare questa serata per Damon...” Elena ne era felice
davvero, eppure si sentiva strana al pensiero di non essere più
l'unica a preoccuparsi per lui. “Mi sta dando un grande
aiuto e poi... se lo merita” Elena percepì la
dolcezza e i sentimenti che nascondevano quelle parole e volle sapere
qualcosa in più. “Posso farti una domanda
indiscreta?” Summer cercò di mantenere la calma, ma
sapeva benissimo cosa voleva chiederle “Certo...” “Cosa
c'è fra voi due?” Summer sorrise; erano le esatte
parole che immaginava. “Siamo amici...” “Beh..a
me sembrate molto di più” il suo tono fu indecifrabile:
apprensivo, ma fin troppo veloce. “Andiamo a letto insieme
Elena, ma non significa niente” la guardò nuovamente
cercando di non lasciar trapelare le sue emozioni, ma era quasi
impossibile nascondere interamente tutta la tristezza che provava “E'
innamorato di te...e lo sai...” Vide il volto spaesato di
Elena e si pentì di averla messa a disagio, ma volle
continuare ugualmente, perché ne sentiva il bisogno. Doveva
sapere. Lei ricambiava il suo amore? “E tu? Cosa provi per
lui?” quella domanda fu un sussurro. Era tremendamente
indiscreta, ma quel tono la fece scivolare nella mente di Elena
andando a invadere aree a cui neanche lei osava
avvicinarsi. “Io...amo Stefan!” le rivelò con
un leggero tremolio. Summer la guardò con una sorta di
dolcezza. “Questo...non risponde alla domanda che ti ho
fatto...” nella sua voce c'era una nota marcata di amarezza.
Avrebbe egoisticamente preferito un secco 'niente', invece,
era evidente che anche lei provasse qualcosa per lui. L'aveva capito
dal modo in cui l'aveva guardato per tutta la serata. Si era sentita
ridicola per aver messo un vestito, ma lei era altrettanto elegante e
sexy. Forse l'aveva fatto senza neanche accorgersene, ma si era
preparata con cura esclusivamente per lui. Era fuori
discussione. Ripensò alle parole di Damon; c'era una
dichiarazione d'amore che Elena non ricordava, e forse questo avrebbe
potuto cambiare le cose tra di loro. Summer avrebbe potuto farle
ricordare ogni cosa. Avrebbe solo dovuto guardarla negli occhi
dicendoglielo. Per lei sarebbe stato un gioco da ragazzi sciogliere
la soggiogazione di Damon, ma non ne ebbe il coraggio. Qualcosa di
tremendamente egoistico la frenava. Elena non sapeva cosa
ribadire, ma il suo disagio fu spezzato dall'entrata degli altri
due. Summer si avvicinò a Damon porgendogli un
coltello. “Potresti tagliare la torta?” sulle sue
labbra c'era un sorriso beffardo. L'aveva letteralmente obbligato
a festeggiare il suo compleanno, e il vampiro annuì divertito
“Certo” Prese il coltello dalla sua mano e la guardò
con dolcezza ed eccitazione. Si rimisero a tavola e il vampiro,
per tutto il tempo del dessert, tenne la mano sulla gamba di Summer
accarezzandola con discrezione e sensualità. Ogni tanto, le
lanciava anche dei fugaci sguardi carichi di desiderio, e questo la
rese felice, perché Damon, quella sera, aveva avuto occhi
anche per lei.
Trascorsero un'altra oretta tra convenevoli e
battutine, poi Alaric pronunciò la famosa frase “Beh...Si
è fatto tardi” Summer annuì e Damon li
accompagnò alla porta. Rick si avviò più
velocemente lasciando Elena accanto al vampiro. “E' stato
bello...trascorrere un po' di tempo insieme...” gli disse
guardandolo dritto negli occhi. “Sì...è
vero...” Damon ricambiò il suo sguardo con altrettanta
intensità e la vide sorridergli per poi allontanarsi. Il
vampiro rientrò in casa sentendosi stranito. I discorsi di
Rick, quella cena, Elena... Summer, tutto era solo una gran
confusione. Entrò nel salotto e vide Summer intenta a
sparecchiare la tavola. Si fermò ad osservarla per una
manciata di secondi e poi si avvicinò a lei. La girò
verso di sé baciandola con passione ed accarezzando le sue
gambe, dal basso verso l'alto, affondando le dita nella carne e
sollevando il vestito fino a scoprire nuovamente la biancheria. Le
afferrò i glutei e la sollevò leggermente per farla
sedere sul tavolo, il tutto continuando a baciarla con la voglia
disperata che si era accumulata in quelle ore. “Damon,
Damon, aspetta...” fece lei mentre lui le dava fiato tra un
bacio e un altro. “Ho aspettato fin troppo...”non
aveva intenzione di lasciarla, e fece scorrere le labbra lungo il suo
collo inebriandosi del suo profumo. Summer gli passò le
mani tra i capelli e poi cercò di allontanarlo dalla sua
pelle. “Ho bisogno di un minuto...” sussurrò
con difficoltà; Damon non era l'unico ad essere arrivato al
limite. “Ti raggiungo in camera...” continuò
sperando che accettasse. Damon ci pensò per un istante, poi
decise di accontentala. Evidentemente voleva fargli qualche altra
sorpresa, e non voleva guastargliela: era curioso. Annuì
guardandola con occhi famelici e poi si avviò verso la sua
camera. Si sistemò sul suo letto tenendo la schiena
appoggiata ai tanti cuscini che ricoprivano lo schienale, e alzò
il volto verso il soffitto cercando di sbollire la sua
eccitazione. Quando riabbassò lo sguardo la trovò
sulla soglia della stanza che reggeva una fetta di torta con sopra
una candelina accesa. Lui sorrise sentendosi avvilito e divertito.
Era questo il motivo per cui non stava già godendo tra le sue
gambe? Doveva spegnare una stupida candela? Mentre lei si
avvicinava lui continuò a sorriderle con dolcezza. Il momento
delle stupide frasi di circostanza era arrivato. Summer si sedette
di fronte a lui con un sorriso dolce stampato sulle labbra, e aspettò
in silenzio che lui sentenziasse qualcosa. “Ho vissuto
abbastanza per poter affermare con certezza che le candeline non
funzionano” “Beh...ma non puoi mai sapere quand'è
la volta buona. Tenta...magari ti porto fortuna...” Damon
fece una smorfia di accondiscendenza e poi soffiò senza
esprimere nessun desiderio. “Visto? Non funziona...” "Sono
passati solo pochi secondi...come fai a dirlo?”
“Semplice...sei ancora vestita!” Summer rise e
appoggiò la torta sul comodino. Se era quello il suo
desiderio era giusto che lo accontentasse. Si alzò e lasciò
scivolare a terra il cardigan; poi, con sensualità, fece
cadere le bretelline sulle braccia e si sfilò piano il vestito
fino a restare in intimo. Damon la osservò affascinato; la
sua bellezza stava mettendo a dura prova la sua resistenza. Summer
mise un ginocchio sul letto e si piegò verso di lui per
accarezzargli i capelli sulla fronte. “Buon compleanno...”
gli sussurrò con sensualità e dolcezza. Damon le
sorrise. In quel momento, si sentiva felice, e non ricordava l'ultima
volta in cui si era sentito così. Le afferrò i
fianchi e l'adagiò sul letto, mentre lei continuava ad
accarezzargli i capelli. “Perché i tuoi amici non lo
sanno?” Damon scosse la testa “Non do più
importanza a queste cose...” “Dovresti dargliene
invece...” Il vampiro quasi non l'ascoltò; era
incantato dalla sua bellezza e la baciò per poi interrompere
quel contatto. Aveva ancora un punto importante da chiarire. “Hai
invitato Elena...pensavo fossi gelosa di lei...” cercò
di farglielo ammettere. In fondo lui l'aveva fatto. Ora toccava a
lei. Con un sorriso compiaciuto sulle labbra, le accarezzò
il seno aspettando la sua risposta, ma Summer non riuscì a
dirlo. Non riusciva ad ammetterlo neanche a sé stessa. Non
gliel'avrebbe mai detto! “Ti sbagli...tra noi quello geloso
sei tu... l'hai ammesso tu stesso!” Damon la guardò
indispettito. Un'altra cosa che le avrebbe dolcemente fatto
pagare! “Non ricordo di non aver detto nulla di tutto
questo... “ col suo tono dispettoso mentì palesemente
per farla innervosire. E il risultato fu che un attimo dopo se la
ritrovò addosso a cavalcioni e con uno sguardo omicida. Lui,
con velocità, capovolse immediatamente la situazione e le
bloccò i polsi con le mani. “Sarai anche più
forte di me Summer...ma in camera da letto comando io! E ora...se
permetti...” le sfilò il tanga con una sensualità
diabolica “Ho un'assurda scommessa da vincere...” Summer
non poté fare altro che ansimare al suo tocco. Damon aveva ragione:
in quel campo era lui a dominare, e la travolse con l'impeto di
quella passione accumulata durante la giornata. E fu dolce e
prepotente come solo lui sapeva essere. Non avrebbe mai vinto la
scommessa, perché Summer non ne avrebbe mai avuto abbastanza
di lui; ma lei non glielo disse per godere di tutti i suoi
tentativi.
Damon la baciò con passione. Forse avrebbe
dovuto dirle grazie per tutto quello che aveva fatto per lui,
ma quella non era una parola che apparteneva al suo vocabolario;
soprattutto quando il suo significato era troppo sincero. Tutto
quello che poteva fare per dimostrarle quanto le fosse grato, era
donarle una notte che non avrebbe mai dimenticato.
Angolino
di NaNa*** Chiedo
scusa per questo capitolo lunghissimo!!! Spero che non vi abbia
annoiato. Come sempre ringrazio tutti, ma non aggiungo altro
perché...questo capitolo mi ha sfinita xD Conservo le ultime
forze per rispondere alle recensioni che sono state più del
solito facendomi davvero felice^^ Ahhh una cosa devo aggiungerla per forza, il compleanno è quello di Ian^^(Non sono riuscita a trovare la data di compleanno di Damon...ma sono felice così^^mi è piaciuto scrivere questo capitolo^^) Alla prossima. Ciao
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Capitolo 44 *** Quarantaquattresimo Capitolo ***
[Tutto
quello che fa Damon è inevitabilmente Lemon]
***
11 Dicembre ***
Quella
domenica mattina, Summer venne svegliata dalla suoneria del telefono
che, a causa dell'assoluto silenzio, risultò doppiamente
altisonante. Vide l'orario e il nome del disturbatore: ore 6:34,
Lily. Accettò la chiamata con il cuore in gola: temeva che
fosse successo qualcosa. “Lily! È tutto ok?”
“Tutto bene, grazie. E a te?” Lily rispose con un
tono calmo e allegro. Summer restò in silenzio e allibita
per qualche secondo. “Lily...sono le sei e mezza...perché
mi hai chiamata?” La strega, nel suo piccolo appartamento,
stava cucinando una delle sue brodaglie salutiste. Era solita
svegliarsi presto la mattina, quindi non capì perché
Summer tenne a specificare l'orario. “Perché ho avuto
un'idea...” Dal tono della sua voce, Summer capì che
non era successo assolutamente niente, e si mise a sedere stizzita e
con l'aspetto pallido e intontito di chi è stato crudelmente
svegliato. “E non potevi aspettare qualche ora per dirmela?”
“Perché avrei dovuto aspettare?” Lily proprio
non capiva il problema. “Niente...lascia perdere!” non
aveva ancora la forza per combattere: era troppo presto, considerando
anche il fatto che Damon avesse lasciato la sua stanza solo qualche
ora prima. “Sentiamo...di che idea si
tratta?” “Allora...ricordi quando ti ho parlato di
quella cacciatrice che forse è stata trasformata da
Klaus?” “Si...certo...” “Beh, tu hai
perfettamente ragione ad essere scettica...in fondo quell'osservatore
può davvero aver preso una svista. E anche se in qualche modo
riuscissimo a procurarci il sangue di Klaus sarebbe un vero azzardo
cercare di trasformarti. Insomma, se non dovesse funzionare tu
resteresti....beh...morta!” Summer cercò di ascoltare
attentamente nonostante il sonno. Il discorso di Lily fin lì
non faceva una piega. Per ultimare la trasformazione bisogna morire
con il sangue del vampiro in circolo, e se quella ipotesi fosse stata
errata, se il sangue di Klaus non avesse avuto nessun effetto, come
il sangue degli altri vampiri, lei sarebbe morta. Era un rischio
troppo grande: altro motivo per cui Lily doveva togliersi
quell'assurda idea dalla testa. “Lily... arriva al
punto...” “Beh il punto è questo: chi meglio
della strega originaria può dirci se questa cosa è vera
o falsa? E' stata lei a creare l'innesco e tutte le regole a cui è
assoggettato. Contattandola avremo la certezza assoluta...” “Ma
per contattare la strega...” “Ci vuole il pugnale. In
fondo è quello che Klaus sta cercando di fare per chiederle
cosa è andato storto nel rito per spazzare la maledizione. Ma
visto che noi siamo molto più avanti di lui...la contatteremo
per primi! E se è come credo. Se davvero il sangue di Klaus
può trasformarti..beh allora dovremmo solo trovare il modo di
procurarcelo, ma non dimenticare che ne bastano poche gocce. Una
pugnalata sanguinolenta andrà più che bene”
concluse con entusiasmo. Summer restò allibita per qualche
secondo. Lily come sempre pensava a tutto! “Ascolta...è
indubbio che questa sia una buona idea. Ma dimentichi una cosa
importante...io non voglio diventare un vampiro!” “Ma
Summer...” “Ascolta Lily...apprezzo davvero tutto
quello che stai facendo per me...ma va bene così. Davvero! Non
morirò solo perché solitamente le cacciatrici non
arrivano all'età della prima ruga... io le vedrò! Puoi
stare tranquilla...mi riempirò di zampe di gallina e capelli
bianchi. Te l'assicuro!” cercò di farla sorridere perché
conosceva i livelli di apprensione dell'amica, e Lily ascoltò
cercando di capire la sua scelta. “Come vuoi...”
bisbigliò poco convinta. “Bene, ora se permetti
voglio tornare a dormire!” “Cosa? Stavi ancora
dormendo...ecco perché hai specificato l'orario! Ma non è
un po' tardi per dormire..” “Ciao Lily...”
Summer attaccò lasciandola a metà del discorso. Cercò
di rimettersi a letto e di richiudere gli occhi, ma ormai il danno
era fatto. Si alzò e si avviò verso la camera di
Damon. Non aveva idea del perché volesse stare accanto a
lui. Molto probabilmente stava dormendo, e pensò che forse lo
faceva appunto perché adorava osservare il suo volto
addormentato: la rilassava. Ma in questa cosa non c'era nulla di
sentimentale, continuò a pensare. Aprì piano la
porta e, dopo qualche passo felpato, cercò di intrufolarsi nel
suo letto senza fare movimenti bruschi, ma Damon era già
sveglio e le puntò addosso quelle iridi azzurre mettendola
lievemente in imbarazzo. Summer cercò di mostrarsi
tranquilla sdraiandosi accanto a lui. “Già ti manco?”
chiese con dolcezza, mentre l'attirava a sé. “Non
dire assurdità...” la sua voce dolce, insieme al fatto
che si stesse accoccolando tra le sue braccia, contrastò col
significato delle sue parole. “Allora perché sei
qui?” sul volto del vampiro c'era un sorriso di presunzione. Lo
sapeva che voleva stare accanto a lui; lo sentiva dal modo in cui si
sistemava sul suo petto. Summer non sapeva cosa ribattere, così
lo baciò sperando di zittirlo. “Non mi hai
riposto...” a bacio concluso, il vampiro contestò il
sabotaggio di quella conversazione che, in fin dei conti, andava
tutta a suo favore. “Infatti sto cercando di sviare
l'argomento...” lo baciò di nuovo, ma il vampiro mise
nuovamente termine a quel contatto. “Beh..non ci
riuscirai...” Summer si sistemò a cavalcioni su di
lui e si liberò del babydoll restando in tanga. “Ok...ci
sei riuscita!” le parole persero importanza di fronte al suo
seno, e il vampiro alzò rapidamente la schiena per tapparsi la
bocca... a modo suo.
***
***
I
tre vampiri si erano stabiliti in una piccola casa nella periferia di
Parigi. A nulla erano servite le proteste di Bree che, abituata al
lusso, voleva restare in quello sfarzoso Hotel a cinque stelle da cui
si vedeva la Tour Eiffel. Klaus amava sentirsi libero di uccidere, e
sterminare un'allegra famigliola per impossessarsi della loro casa
era uno dei suoi giochetti preferiti. Agli studiosi a cui aveva
affidato le ricerche sulla possibile ubicazione della tomba di
Caroline serviva ancora un'altra settimana, e lui attendeva quel
giorno con un'aria torva e minacciosa. Persino Bree, che lo
conosceva da settecento anni, evitava di rivolgergli la parola. In
quel periodo, per l'ibrido, tutto andava per il verso sbagliato.
Sembrava il risultato di una combinazione astrale che giocava tutto
in suo sfavore, e ne aveva abbastanza. Lui aveva bisogno del suo
esercito di schiavi fedeli e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di
ottenerlo.
Lui e Stefan se ne stavano in salotto a dissanguare
le ennesime vittime: uno sfortunato rappresentate porta a porta e la
domestica. In quel momento entrò Bree, con il suo look un
po' stravagante e una decina di buste nelle mani. “Vedo che
sei andata a fare shopping” Klaus si allontanò dal
rappresentante per avvicinarsi alla vampira. “Ovvio! Non mi
va di stare qui a poltrire come voi due. Sono nella città
della moda, approfittarne è un ottimo diversivo per non
annoiarmi...” adagiò le buste al suolo chinandosi, ma
poco dopo sentì la mano del vampiro stringerle il mento
costringendola a rimettersi dritta. “Ti avevo detto di
restare qui Bree... non sono dell'umore adatto per tollerare le tue
frivolezze!” era nervoso. Qualsiasi cosa era in grado di farlo
infuriare, e il menefreghismo di Bree, in quel momento, era in cima
alla lista. La lasciò andare guardandola con rabbia, e la
vampira si portò le mani al viso per sfregare la parte
dolorante. Stefan osservò la scena, e venne colpito dallo
sguardo di Bree; quando l'ibrido le inveiva contro lei, più
che terrorizzata, sembrava sinceramente dispiaciuta.
***
***
Per Damon, la giornata non poteva iniziare in modo migliore. Sentire
il suo bacino muoversi su di lui per regalargli piacere, per poi
afferrarlo per imporne il ritmo; lasciarla stendere sul petto
per sentire la morbidezza del suo seno; spostare le mani sulla sua
schiena per accarezzarla; girarsi per metterla sotto il proprio corpo
e appagare quell'insaziabile voglia di dominazione; godere della vista
dei suoi seni che si muovevano con la stessa cadenza di quelle dolci spinte;
ascoltare i suoi ansimi sentendo di perdere il controllo; baciarla
per sentirla ancora più vicina; sentire le sue braccia
avvinghiarsi alla schiena e avvertirne il calore; perdere a voglia di
resistere in un attimo che ti imprigiona e ti libera; e in fine
smaltire quello stordimento sul suo seno ascoltando i battiti del suo
cuore e sentendo le sue dita tra i capelli.
Damon se ne stette con
la testa sul suo petto per un periodo più lungo del
necessario. Se ci pensava si odiava, ma adorava quegli attimi in cui
lei lo coccolava col respiro ancora affannato dal piacere. Adorava
sentire le sue mani tra i capelli e quel senso di serenità che
gli trasmetteva. Stette in quella posizione fino a quando ne sentì
il bisogno, poi ribaltò la situazione risalendo più in
alto del suo volto e lasciandola adagiare al suo petto. In quel
momento la sensazione cambiò: provò uno strano calore e
un altrettanto strana voglia di sentirla sua, e quel pensiero lo
mandò nel panico costringendolo a spezzare quell'atmosfera
idilliaca. “Dovremmo alzarci... il medaglione non ci farà
la cortesia di trovarsi da solo...” Summer, tra le sue
braccia, ripensava alle parole di Lily, e non aveva ascoltato nulla
di quello che aveva detto Damon. “Ehi...” il vampiro
si abbassò per mettersi all'altezza del suo volto. Il suo
intuito gli diceva che qualcosa non andava. Con quel movimento
Summer si ridestò e Damon le sorrise con apprensione. “Mi
ascolti?” “Scusa ero distratta...” gli
sorrise. “L'ho notato...” le sussurrò
dolcemente, ma poi si insospettì. A cosa stava pensando? “E
devo dire che la cosa mi ha infastidito...dovresti pensare solo a me
quando sei tra le mie braccia!” il suo tono si fece dispettoso
ma conservò un retrogusto di dolcezza. Lei gli sorrise e
gli accarezzò la guancia sfiorandola col pollice. Si
osservarono in silenzio per un lungo istante, e poi il vampiro spezzò
nuovamente il silenzio. “Mi stai guardando come se avessi
qualcosa di dolce da dirmi...” disse, con una vaga ma percepibile nota di presunzione. Damon capì che le
emozioni che provava erano come un elastico, se si allontanava lo
tirava fino all'estremo sentendosi poi catapultato sempre più
vicino a lei. Non aveva idea di cosa diavolo significasse: quelle
sensazioni lo spaventavano e lo emozionavano al tempo stesso. Voleva
sentirsi dire qualcosa, qualunque cosa. Non voleva sentirsi il solo
in quel vortice di strane emozioni: voleva che ci fosse anche lei.
“Beh ti sbagli, perché non avrò mai nulla di
carino da dire ad un cavernicolo presuntuoso come te!” spiegò
divertita, mentre gli metteva le braccia intorno al collo. “Ummm
eppure mi pare di ricordare che una certa persona...sarebbe stata
sempre dalla mia parte...pronta anche a prendere le mie difese...”
Damon fece una sua pessima imitazione, facendola avvampare di
vergogna. “Ok..questo non dovevi farlo!” ma Summer non
ebbe neanche il tempo di pensare alla giusta punizione
corporale. “Sta zitta e baciami!” il vampiro si
divertì a farla arrabbiare, era più forte di lui! E la
baciò con una passione che fece sbollire immediatamente la
rabbia e l'imbarazzo di Summer. “Visto? Non sei altro che un
cavernicolo...” gli accarezzò i capelli “Ma mi
piaci...così come sei...” glielo sussurrò quasi
distrattamente, ma a Damon quelle parole entrarono dentro come un
fluido che riscalda ogni centimetro del tuo corpo. La baciò
con tutta la tenerezza di cui era capace sentendosi stupidamente
felice. Summer, invece, non realizzò quello che gli aveva
detto; era troppo presa dal suo sguardo per dare peso alle sue
parole. Gli erano semplicemente uscite dal cuore in un momento in cui
aveva abbassato la guardia. “Dovremmo prenderci una pausa
dalle ricerche...in fondo è domenica...” non aveva
voglia di pensare al medaglione. Aveva bisogno di una pausa da Klaus,
dal pugnale, dai vampiri e da tutto il resto. Voleva stare solo con
Damon. Il vampiro emise un mugolio godereccio. “Ottima
idea...” e subito si riposizionò tra le sue gambe per il
bis. “Ma con questo non voglio dire che ho intenzione di
stare chiusa in casa a fare sesso con te! Passiamo tutto il tempo
chiusi qui dentro oppure nelle case che visitiamo. Usciamo!...ho
bisogno d'aria...” Damon annuì lievemente
amareggiato, ma poi si rallegrò subito; significava che
avrebbero fatto sesso altrove! Non c'era da scoraggiarsi! “Dove
vorresti andare?” “Beh...sei tu il vampiro
ultracentenario che conosce queste zone come le sue tasche...dovresti
decidere tu!” “Bene, ma ci sarà da camminare...
quindi metti qualcosa di comodo!...e di facilmente sfilabile!”
***
***
Stefan,
nel bagno della sua stanza, si lavava il volto per cancellare ogni
traccia di sangue dalle labbra e dal mento. Per un attimo restò
a fissare l'acqua rossastra che riempiva il lavabo e che fluiva
attraverso le tubature creando un piccolo vortice di risucchio. Ne
restò ipnotizzato per una manciata di secondi e poi passò
a guardarsi il volto finalmente pulito. Uscì dal bagno
spegnendo la luce. La sua stanza era buia, e solo il bagliore
della notte, che entrava dai vetri della finestra, rischiarava
leggermente l'ambiente. Andò verso il letto e accese il
lume sul comodino. In quella stanza aveva trovato un buon libro da
leggere e avrebbe passato la notte in quel modo. Lo stress aveva reso
Klaus un pazzo più maniacale del solito, obbligando gli altri
due a restare in casa. La luce illuminò la stanza e Stefan
notò Bree seduta su una poltrona in una lunga camicia da notte
di pizzo nero e una vestaglia coordinata. “Posso esserti
d'aiuto” caricò quella frase di una velata ed acida
ironia. “Mi annoiavo...e...speravo che tu potessi tenermi
compagnia...” la vampira indicò il tavolinetto accanto
alla poltrona, e prese la bottiglia di champagne e i due calici che
vi aveva riposto sopra. “In realtà...non sono in
vena...di compagnia...” cercò di enfatizzare l'ultima
parola per farle capire l'antifona. Non avrebbe passato la notte con
lei se era questo quello che voleva. Bree non si scompose e
sorrise con le sue labbra sottili creando una piccola fossetta
all'angolo della bocca. Si versò lo champagne e fece
aderire meglio il suo corpo allo schienale della poltrona. “Sai
Stefan...all'inizio non capivo perché Klaus ti avesse scelto
come suo cagnolino fedele...poi ho avuto modo di osservarti, e
finalmente ci sono arrivata...” sorseggiò il suo
champagne con un modo di fare ammaliante e saccente. Stefan,
incuriosito, mise le sue mani dietro la schiena una sopra l'altra e
si piegò leggermente verso di lei. “E il motivo per
cui Klaus mi avrebbe scelto sarebbe...” “Il motivo,
mio caro Stefan, lo conosci bene” lo guardò affascinata,
poi si alzò per dirigersi verso la finestra e guardare il
panorama. Stefan la osservò aspettando che continuasse. Era
una cosa che gli interessava. Non si spiegava il perché di
quel comportamento; Klaus avrebbe potuto ucciderlo, oppure ricattarlo
in altri modi, invece sembrava solo interessato ad averlo
vicino. “C'è un abisso di dolore dentro di te...e
questo è davvero affascinate” Stefan sorrise. “Perché
pensi questo?” “Dentro di te Stefan, coesistono il
bene e il male. Sei il più innocente degli esseri umani, e il
più efferato dei vampiri. Ed è una combinazione
piuttosto rara e decisamente intrigante..” Stefan non
volle smentire. Non poteva smentire. “E secondo te... è
questo a rendermi interessante agli occhi Klaus?” Bree fece
una silenziosa e breve risata. “E' come quando un donnaiolo
incontra una verginella col giusto potenziale per diventare una
rinomata sgualdrina. E' attratto dalla sua innocenza e sa che
trascinarla nel peccato è un piacere che può
addirittura superare quello fisico. Il bene e il male dentro di te
sono perfettamente bilanciati e questo, paradossalmente, ti fa oscillare agli estremi dell'uno e dell'altro...Per te è una
maledizione...ma per Klaus, invece, è una sfida! Portarti dalla
parte del male, annientare ogni frammento della tua umanità,
per lui sarebbe un piacere immenso. Ma ogni piacere ha un prezzo. In
questo caso è il rischio. Facendo di te quello che vuole,
Klaus avrebbe un degno braccio destro ma anche un temibile nemico”
si voltò verso di lui “E' inevitabile...” Stefan
ascoltò incuriosito e vagamente affascinato. Si avviò
verso il tavolinetto e si versò da bere. “Sei
un'attenta osservatrice Bree...e dal modo in cui parli si direbbe che
conosci Klaus molto bene. Che rapporto c'è tra di voi? Se non
sono indiscreto ovviamente...” “No, non preoccuparti.
Puoi chiedermi qualsiasi cosa. Non sono una persona riservata...credo
che la riservatezza sia una peculiarità delle anime
tormentate... concordi con me?” sorrise diabolicamente per
rimarcare l'indirizzo della sua frecciatina. Stefan fece un mezzo
sorriso. “E dunque...” “Klaus ed io ci siamo
conosciuti nel 1306. Ero una cacciatrice all'epoca...e avevo
vent'anni. Onestamente, non vedevo l'ora di togliermi quel fardello
di dosso riposandomi sotto un metro di terreno” sorrise
ripensando a quei tempi lontani “Quando mi trovai a dover
lottare contro Klaus, lui...in qualche modo lo capì. Capì
che desideravo la morte e Klaus... si sa...non ama concedere le grazie!
Così volle fare un esperimento. Le cacciatrici non possono
diventare vampiri. Lui lo sapeva, ma sapeva anche che il suo sangue
era diverso. Così...eccomi qui. Dopo settecento anni ancora in
semi vita a godere di una semi libertà. Cosa mi lega a Klaus?
Gratitudine...nient'altro che gratitudine” “Adesso
percepisco una nota di riservatezza. Cosa succede? Questo è un
argomento che ti tormenta?” Stefan capì subito che c'era
dell'altro. Bree sorrise. “Non c'è che
dire...Klaus è un vero scopritore di talenti” alzò
il calice come per brindare alla sua arguzia. Si sedette sul
bracciolo della poltrona e fissò il suo bicchiere con una
profonda amarezza. “Amare Klaus...è come amare...un
libro, un'opera d'arte, una melodia... Non sono cose che prendono
vita per ricambiare!” sorrise con tristezza “Puoi solo
ammirarle, ascoltarle...e godere del riflesso di fascino che ti
lascia l'averle conosciute ...è una forma diversa d'amore: è un
amore tra elementi eterogenei...così lontano e intangibile da essere solo un'amara
illusione...” si alzò per ritornare alla finestra e
osservare le stelle. “E tu Stefan... il tuo che tipo di
amore è?” “Cosa ti fa credere che sia
innamorato?” “Il tormento rende la voce stonata...e
non sei l'unico ad avere un buon udito” Stefan restò
in silenzio; non aveva voglia di parlare di Elena con Bree. “Ahhh
caro Stefan...di qualunque forma sia il tuo amore...non sarà
mai felice!” si rigirò verso di lui aggiungendo enfasi
al suo tono “Quale umana accetterebbe il mostro che c'è
in te...e quale mostro accetterebbe invece l'agnellino?!...Ehh no,
non sarà mai un amore felice...tu non sarai mai
felice...ma come tutti del resto!... E c'è un retrogusto di
consolazione in questo. Non trovi?” si fermò a pochi
centimetri dal suo volto. “Se permetti, sono stanco, vorrei
riposare...” disse con gentilezza. Non voleva far trapelare il
turbamento derivato dalle sue parole. Bree sorrise e fece un
teatrale gesto di accondiscendenza. La verità era sempre
qualcosa di scomodo, ma lei era troppo schietta per non dire ciò
che pensava. Fece qualche passo e prese la bottiglia di
champagne. “Bene! Vorrà dire che mi terrò
compagnia da sola... in fondo chi sa godere della solitudine meglio
di un vampiro ultracentenario? Giusto? La compagnia è qualcosa
di cui hanno bisogno gli umani...o chi vuole giocare ad esserlo,
ovviamente!...Buonanotte Stefan!”
***
***
Damon
e Summer camminavano per il fitto bosco di Mystic Falls. Ad un tratto
un percorso in discesa rese ancora più difficili quei passi
ostacolati dalle pietre e dai rami. “Manca ancora molto?”
domandò Summer. Reggeva un ingombrante cestino da picnic che
le ostacolava i movimenti già messi a dura prova dalla natura
selvaggia. “Ancora un po'... dai faccio io...“ Damon
si fermò e prese il cestino dalle sue mani, ma lei se lo
riprese immediatamente. “Vai a fare il cavaliere con le
donzelle in pericolo Damon... io sono la cacciatrice, non te lo
dimenticare!” fu giocosamente scorbutica per sopperire all'imbarazzo; l'improvvisa galanteria di Damon l'aveva colta di sorpresa. “Fa come ti pare...” fece
stizzito. Come sempre, quando cercava di essere gentile, lei non glielo
concedeva. Si avviò lasciandola indietro di qualche
passo. “Tanto per la cronaca...isterica d'una
cacciatrice...questo è il posto in cui Klaus ha spezzato la
maledizione” Summer si immobilizzò guardandosi
attorno e Damon lo percepì fermandosi a sua volta. “Ummm
ottima scelta Damon...davvero romantico!” “Non è
questo il posto! Ma di certo non ti sto portando in un luogo
romantico...non vedo perché dovrei fare qualcosa di romantico
con te!” “Giusto...” sorrise, ma il suo tono fu triste e
amareggiato. Già, perché mai avrebbero dovuto fare
qualcosa di romantico insieme? Ma quei pensieri vennero rimpiazzati
dalla strana atmosfera che caratterizzava quello scenario. Lì
Klaus aveva spezzato la maledizione uccidendo un vampiro, un
licantropo ed Elena. Il vampiro notò il suo sguardo e
subito si pentì di essere stato così acido, ma poi capì
che la sua attenzione era rivolta alla natura che li
circondava. “Perché ti sei imbambolata a guardare
questo posto? Cos'ha di speciale?” “Niente...pensavo
solo che.. semmai dovessi affrontare Klaus qui a Mystic Falls, mi
piacerebbe farlo qui...” “E perché?” “Niente
in particolare...sarebbe solo ironico ucciderlo nello stesso luogo in
cui è riuscito a spezzare la maledizione...ed io adoro
l'ironia. Soprattutto quando va a scapito dei cattivi!” Damon
le sorrise. “E la mia? Quale sarebbe la mia morte ironica?”
prese il suo collo tra le mani e la guardò con
dolcezza. “Beh...potrei... affogarti in una vasca da bagno
colma di champagne...” “Ummm mi piace! Ok, hai il
permesso di uccidermi...soprattutto se vorrai abusare del mio
corpo prima di farlo!” Summer rise volgendo lo sguardo di
lato, e il vampiro lo notò ricordando che lo faceva sempre,
non l'aveva mai vista ridere con il volto dritto di fronte a lei;
questa cosa gli piacque, gli sembrò un vizio carino. La
baciò con dolcezza e poi la prese per mano per condurla nel
luogo che aveva scelto per il loro picnic.
***
***
Il
freddo di dicembre, mischiato all'umidità del posto, entrava
nella carne quasi pungendola, ma ne valeva la pena. Il sole si
rispecchiava sulla superficie rendendo la parte alta della
cascata un bagliore di luminescenza, mentre nella parte inferiore, dove l'acqua si scontrava con altra acqua, si creava una sorta di nube bianca che ostacolava la vista degli altri dettagli; e intorno a loro la natura invernale ornava lo scenario con i toni del bronzo. A Summer sembrava di stare in
uno splendido dipinto. Persino il rumore della natura era alla
giusta tonalità. Tutto era perfetto. “Questo posto è
bellissimo...” Summer si sentiva incantata e, dopo aver
impresso nella mente ogni riquadro di quel posto, aprì il
cestino e tirò fuori una coperta che subito stese a terra. “E'
uno dei posti più belli di Mystic Falls, ci venivo sempre da
bambino...” il vampiro si sedette sulla coperta e la prese per
mano per farla sedere tra le sue gambe. “Beh non so quale
sia la tua concezione di romanticismo Damon...ma questo posto è
davvero romantico” Il vampiro l'abbracciò tenendo lo
sguardo fisso sulla cascata. “In effetti...potrebbe esserlo...” fece, simulando di proposito un po' d'indifferenza a riguardo. Summer
gli sorrise, sentendosi felice per quel gesto incredibilmente dolce.
***
***
Qualche
ora dopo le bottiglie di vino che avevano riempito il cestino erano
già materiale da riciclo. Se ne stavano sdraiati sulla
coperta a baciarsi come due ragazzini innamorati che non riescono a
staccarsi, ma delle goccioline sui loro volti li costrinsero a
separare le loro labbra. Non ci fu neanche il tempo di
congetturare la possibilità di un'acquazzone, perché
questo si scaraventò su di loro con una forza che ti bagna
dalla testa ai piedi in pochi secondi. “Ma vogliamo
scherzare!?” imprecò il vampiro. Si stava rilassando e
ora, invece, era fradicio d'acqua piovana. Summer alzò lo
sguardo al cielo con un'espressione divertita. “Andiamo, non
te la prendere, gli imprevisti rendono le giornate più
interessanti” “Beh se è così allora, più
che interessante...rendiamola memorabile!” il vampiro la baciò
con passione, poi prese la sua mano e attraversarono il bosco correndo ad una velocità a tratti umana e a tratti sovrannaturale. Giunsero alla macchina e il vampiro
la mise in moto senza rinunciare a baciarla; e il tragitto che li
condusse a casa fu percorso con una guida distratta dalla passione.
Arrivarono a casa e si bagnarono ancora baciandosi fino al tratto
che li separava dall'ingresso. Poi i loro fradici vestiti caddero uno ad uno sul pavimento fino al vano doccia. Lì,
il calore dell'acqua, li liberò dal gelo della
pioggia.
Angolino
di NaNa*** Allora...
Sono in pieno stress da esami, quindi non ho la mente molto
concentrata sulla fic. Il risultato è questo capitolo a cui, a
parer mio, manca decisamente qualcosa. Però spero che
l'abbiate apprezzato lo stesso. Come sempre ringrazio tutti quelli
che sono arrivati fin qui^^ Alla prossima^^
|
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Capitolo 45 *** Quarantacinquesimo Capitolo ***
***
14 Dicembre ***
Boston,
Luglio 2008
Erano
passati due mesi da quando il signor Harris era morto in un letto
d'ospedale a seguito del secondo infarto. Summer passava le sue
giornate in veranda, seduta sulla sedia di vimini su cui Phil era
solito fumare il suo sigaro accompagnandolo con un bicchiere di
Bourbon. Fissava le piante del giardino che lui curava con amore:
margherite, begonie, rose e lobelie; lei non le curava, e ogni giorno
le vedeva appassire sempre di più sotto il caldo sole di
luglio. Il signor Harris le aveva lasciato tutto ciò che
possedeva. Fino all'ultimo dei suoi giorni aveva ribadito quanto la
vedesse come una figlia: la figlia testarda e problematica che non
ho mai avuto, le aveva detto facendola sorridere per un'ultima
volta. Phil l'aveva amata come una figlia, ed era quella
consapevolezza che, in quel periodo, fece emergere in Summer un
pensiero che lei aveva soppresso per quasi vent'anni. Se un uomo con
cui non condivideva nessun legame genetico era stato capace di amarla
come una figlia perché i suoi veri genitori l'avevano
abbandonata? Lily la raggiunse in veranda e si sedette accanto a
lei senza dire una parola. “Con la magia...saresti in grado
di rintracciare la donna che mi ha partorita?” biascicò
dopo un lungo silenzio. Lily restò quasi impietrita. Quella
era la prima frase di senso compiuto che Summer pronunciava in due
mesi; e non si sarebbe mai aspettata nulla di simile: non da lei. Non
aveva mai parlato del suo passato e neanche aveva mostrato interesse
a conoscerlo. Ma era indubbio che fosse stata la morte di Phil a
sollevare in lei certi quesiti. La strega ricordò che
Summer non aveva portato nulla con sé nel suo viaggio per
Boston; quindi era chiaro che Summer non possedesse nessun cimelio di
famiglia. Questo rendeva impossibile quel genere di ricerca anche a
una strega potente come lei. Lily scosse la testa desolata. “Avrei
bisogno di un suo oggetto personale...” “Si certo...”
Summer le abbozzò un sorriso mal riuscito e poi si alzò.
“Vado a fare due passi...” aggiunse dirigendosi verso
la porta che conduceva alla cucina. Lily la osservò
sentendosi inutile. Per Summer doveva essere una cosa importante; era
troppo orgogliosa per chiedere una cosa del genere; averlo fatto
significava sentirne un vero bisogno. La strega non si perse
d'animo. C'erano tanti altri modi per scoprire la verità e,
qualche giorno dopo, partì per iniziare le sue ricerche. “Ho
bisogno di una pausa, e vorrei rivedere i luoghi dove sono
cresciuta...ti dispiace se parto per una decina di giorni?” le
disse prima di andare. Mentì, ma era per una giusta causa. “Fa
pure...per me non ci sono problemi” Summer si sorprese, ma capì
che in fondo anche Lily aveva bisogno di elaborare il lutto. Così
approvò la sua scelta lasciandole via libera. Non sarebbe
stato un problema occuparsi della caccia da sola.
Lily
partì raggiungendo il piccolo paesino in cui aveva incontrato
Summer. Aveva deciso di condurre le ricerche a sua insaputa;
perché sapeva che lei non gliel'avrebbe concesso.
L'orfanotrofio era stato chiuso da diversi anni, ma non fu
difficile trovare la vecchia direttrice. Summer, nella sua terra
natale, era stata data per dispersa così, per evitare inutili
giri di parole, inutili giustificazioni sulle sue domande, Lily usò
una sorta d'ipnosi. Scoprì che per il paese si sapeva anche
più di ciò che conosceva Summer; forse perché
lei non aveva mai fatto domande a riguardo. Era un piccolo paesino
sul mare che contava più o meno mille abitanti. Con le domande
giuste, la verità sarebbe venuta a galla. Così Lily
scoprì che Summer veniva chiamata l'austriaca. Lily non
lo sapeva: Summer non aveva mai raccontato nulla a riguardo. La
cacciatrice non si era mai addentrata a conoscere l'origine di quel
soprannome, aveva sempre pensato che le fosse stato affibbiato per la
sua espressione – a quei tempi – seria e severa: un soprannome che richiamava un
immaginario sbagliato ma giustificato dai precedenti storici:
soprattutto in un paesino di persone dai capelli bianchi. Summer non
aveva mai prestato attenzione a quel nomignolo. L'ex direttrice
spiegò a Lily che quel soprannome le era stato dato a causa
delle origini della madre: una giovane ragazza di diciannove anni che
partorì grazie all'aiuto dell'anziana levatrice del posto. Di
questa ragazza si sapeva solo che si chiamava Elisabeth, e che con
lei c'era un'altra ragazza di nome Sabine. La direttrice le
raccontò altri dettagli non molto rilevanti, così Lily
decise di cercare quella famosa levatrice. La strega trovò
quasi subito quella donna dai capelli bianchi e l'aria un po'
rimbambita: aveva quasi ottant'anni e si chiamava Clara. Lily fece
un grande sforzo per estrarre delle parole concrete da un discorso
che a tratti si trasformava in un farfugliare privo di senso. Capì
che Clara ospitò quella ragazza in casa sua per circa un
mese. Elisabeth le aveva mentito per tutto il tempo dicendo che
una volta partorita la bambina sarebbe tornata in Austria con lei.
Nel momento del parto ci furono alcune complicazioni e Clara uscì
veloce di casa per contattare il medico della zona il cui studio si
trovava alla fine di quello stesso viale. Fu una cosa di pochi
minuti, ma al suo ritorno le due e la bambina non c'erano più;
ed in seguito scoprì che quella stessa bambina era stata
lasciata fuori la porta dell'istituto del paese. Lily domandò
alla donna se, nella fretta di scappare, le ragazze avessero lasciato
qualche oggetto personale, e la donna si allontanò con
un'andatura traballante per raggiungere la camera da letto per poi
ritornare con uno scatolo di cartone. Lo aprì mostrando a Lily
il contenuto. Poche cose: delle mollettine per i capelli e un paio di
asciugamani, tutte cose lasciate in bagno a causa della fretta. Lily
prese uno di quegli asciugamani e notò delle iniziali ricamate
nell'angolo destro E.V.L. Portò quell'oggetto con sé
e per tutta notte non fece altro che concentrarsi per visualizzare in
nome celato dietro quelle lettere; poi, dopo qualche ora ci riuscì:
Elisabeth Von Lemberg.
***
***
Damon
e Summer erano appena usciti dalla dimora dei Doreland: un altro buco
nell'acqua. Si diressero verso l'abitazione successiva e Damon la
bloccò afferrandola per il braccio. “La prossima
casa è quella dei Farner: sono nel Consiglio e quindi assumono
verbena...” il vampiro spiegava l'imprevisto pensando ad una
possibile soluzione. “Beh... allora... dovremmo inventare
qualcosa” Continuarono a camminare, e una volta arrivati
fuori l'abitazione la soluzione si palesò davanti ai loro
occhi. Il vampiro lesse la scritta sul cartello infisso in giardino
con un mezzo sorriso sulle labbra: Vendesi. “Soluzione
trovata. Reggimi il gioco...” mise un braccio intorno alle
spalle della cacciatrice e camminarono verso la porta d'ingresso che
in quel momento era già spalancata. Il vampiro suono il
campanello e all'entrata giunse un'elegante signora sulla
quarantina. “Damon Salvatore giusto?” fece la donna
indicandolo col dito. “Giusto...” il vampiro le dedicò
uno dei suoi famosi sorrisi ammalianti. “Prego accomodati”
la donna, pur conoscendo l'esistenza dei vampiri, non si fece
problemi ad accettare in casa uno tra i più validi membri del
consiglio. “Come posso aiutarti?” li fece accomodare
in salotto, ma loro restarono in piedi e ancora ravvicinati da quel
contatto. “Beh...fuori questa bellissima casa c'è un
cartello con scritto vendesi, e noi... dobbiamo acquistarne
una. Le dispiace se diamo un'occhiata?” “Certo che no
ovviamente! Ma come mai questa decisione?... La tua villa è
una delle più belle di Mystic Falls...” “Ma
quella casa è anche di mio fratello, diciamo che... la mia
dolce metà ed io vorremmo trasferirci in un posto tutto
nostro” disse, includendo Summer nella conversazione: era in vena di scherzi. La
cacciatrice non aveva badato a quel discorso per concentrarsi sul
medaglione, ma quell'ultima frase la costrinse a girarsi verso di lui
con uno sguardo allibito. Era questo che intendeva con 'reggimi il
gioco'? Summer si girò verso la signora sfoderando un
ampio e finto sorriso. “Quindi questa bellissima ragazza è
la tua fidanzata?! Come ho fatto a non capirlo subito?
Congratulazioni cara..” prese la mano di Summer tra le sue,
come un gesto di conoscenza e di felicitazione. Damon sorrise
sornione aumentando la pressione della sua presa per farla aderire
maggiormente al lato del suo corpo. Summer lo guardò
nuovamente sbigottita, ma poi sorrise. Bene, se il vampiro voleva
giocare, lei avrebbe giocato! “Grazie, anche se a dire il
vero...ci sposiamo solo perché sono incinta!” Damon
la guardò sorpreso e divertito: Summer aveva preso parte alla falsa in un modo del tutto inaspettato! La signora la guardò con perplessità, non
sapeva cosa rispondere ad un affermazione del genere, quindi optò
per i convenevoli, accompagnandoli anche con un finto
sorriso. “Beh...allora le congratulazioni
raddoppiano!” Entrambi si strinsero maggiormente regalandole
una posa da copertina. “Ma prego...Venite..vi faccio vedere
la casa...” la signora li condusse al piano superiore facendoli
entrare in ciò che era ancora la stanza della figlia. I due
intanto si tenevano giocosamente per mano. “Tesoro
guarda...questa potrebbe essere la camera della nostra piccola
Charly!” esclamò entusiasta la cacciatrice. La signora
la guardò con sospetto, le sembrava troppo magra per essere al
terzo mese, ma il suo maglioncino largo poteva concedere il beneficio
del dubbio. Damon la guardò divertito e anche sorpreso. Sua
madre era una donna francese di nome Charline, e questa coincidenza
lo fece sorridere. In America, però, quel nome era
prevalentemente maschile. “Tesoro...Charlie è un nome
da maschio! Cerchiamo di non far diventare nostra figlia un maschiaccio
scontroso come la madre!” “Charly è più
adatto a una bambina! E poi chi sarebbe il maschiaccio scontroso?!”
contestò con fervore e con un tono omicida. “Vedi?!
Mi riferivo appunto a quest'atteggiamento!... Questa bambina è
condannata ad essere isterica come la madre!” “Bella
faccia tosta Damon, sarei più tranquilla se non mi offendessi
in continuazione!” In quel momento, entrambi non capirono
la distinzione tra finzione e realtà. Stavano litigando
veramente o lo stavano facendo per finta? “Parlatemi del
vostro matrimonio!” la signora Farner cercò di calmare
le acque facendo dirottare l'argomento su altro. I due si
strinsero nuovamente sfoderando un altro inquietante sorriso. “E'
fissato per la fine di giugno...” improvvisò Summer. La
donna sorrise, i matrimoni la entusiasmavano. “Avete già
scelto la marcia nuziale?... personalmente adoro Schubert!” “In
realtà...abbiamo pensato ad una classica marcia
nuziale...suonata con la chitarra elettrica da un sosia di Elvis!” La
signora si immobilizzò con un sorriso di cortesia, mentre
Damon se la rise sotto i baffi. “Sarà una
cerimonia molto tradizionale...tranne per il fatto che il prete si
lancerà con il paracadute da un elicottero e...visto che il
matrimonio si celebrerà su una scogliera...beh... avremo tutti
le dita incrociate!” anche il vampiro diede via libera alla sua
crudele immaginazione. Questa volta fu Summer a diventare rossa
per trattenere la risata. La donna era ancora più
allibita. “Oh...e a fine serata saranno lanciate in aria
cinquecento lanterne...questo, statisticamente, potrebbe causare
qualche grave incidente aereo...ma in fondo è per una giusta
causa. Dico bene?”Summer continuò ad arricchire di
particolarità quel matrimonio immaginario. Damon ascoltò
con divertimento e interesse. La signora era sempre più
scioccata e preferì fare domande più semplici. “E...
come fiori?” “Crisantemi! Sa... per ricordare
tutte le persone morte che parteciperanno all'evento....con lo
spirito!” Damon pensò che, ad un possibile matrimonio,
almeno metà degli invitati sarebbero stati vampiri...sposo
compreso! Era giusto sottolineare questo dettaglio! La signora non
sapeva più cosa pensare, i due, invece, si guardavano con
intesa; poi Damon volle aggiungere dell'altro per ridare un minimo di credibilità alla scena. “Ma nella
camera della nostra prima notte... mia moglie troverà un letto
di rose...” prese la sua mano e la baciò con un fare galante, ma pronunciare quella frase gli fece uno strano effetto; si
pentì immediatamente di quell'affermazione così
sdolcinata, ma subito annientò quel pensiero stupido: era per finta, stavano giocando, non aveva senso sentirsi stranito. Quelle parole non erano altro che finzione...giusto?! Summer lo guardò
con dolcezza. “Sei molto dolce... ma sul serio? Con una
spiaggia a nostra disposizione vogliamo davvero chiuderci in una
camera d'albergo la nostra prima notte?” Summer si mise di
fronte a lui e gli sfiorò il petto con la mano. Lui sorrise
con lo sguardo perso in una notte di passione sul mare. Le loro labbra si
avvicinarono corteggiandosi, ma poi qualcosa li fermò, raggelandoli. Ancora
quella sensazione. Stavano scherzando, giusto? Non c'era nessun desiderio o voglia inespressa in quelle parole, in quella finzione ingigantita ed enfatizzata; eppure la realtà e la
fantasia sembravano due colori mischiati che avevano dato vita ad una
nuova tonalità di cui non si conosceva il nome. Si
ridestarono allontanando i loro volti. Ma la signora Farner, in quello
sguardo, aveva visto il loro unico momento di normalità, un momento
in cui il loro amore era stato così palese da poter essere percepito
anche da un estraneo. “Beh...Bellissima casa signora Farner,
la prenderemo sicuramente in considerazione! Grazie per averci
dedicato il suo tempo” Damon mise di nuovo il braccio intorno
alle spalle di Summer, e insieme si avviarono rapidamente verso
l'ingresso. Sentirono entrambi il bisogno di fuggire rapidamente da
quella messa in scena. “Figuratevi...è stato un
piacere!” disse la signora restando ferma alla soglia
dell'ingresso. I due fecero un gesto di saluto col capo per
congedarsi ma, una volta date le spalle alla signora, lei sentenziò
qualcosa che li bloccò. “E di nuovo
congratulazioni...siete una bellissima coppia!” il suo sguardo
e il suo tono furono così sinceri da costringerli a guardarsi
negli occhi con un'espressione stranita. Il vampiro, come
risposta, le sorrise, e in quel momento sentì il bisogno di
rompere il contatto fisico che aveva con Summer. Anche lei si
separò da Damon nello stesso istante senza capirne il
perché. Si allontanarono da quell'abitazione per
raggiungere quella successiva. “Beh...devo ammettere che è
stato divertente!” Summer ruppe quel momento di disagio
riportando tutto alla normalità. Damon sorrise “E'
carina l'idea delle lanterne...forse l'unica che non è
interamente da buttare...” Summer sorrise “Mi
piacciono le lucine nel buio...beh ma anche l'idea della scogliera
non è male...” Il vampiro rise mettendole una mano
sul fianco, e si trovarono a camminare fianco a fianco senza neanche
accorgersene. “Già...e poi, in caso di ripensamento
immediato, basta una bella spinta! E il problema è risolto!”
Damon, come sempre, era l'uomo dalle soluzioni semplici e
veloci. “Sempre che il prete sia sopravvissuto al volo e sia
riuscito a celebrare le nozze!” specificò lei
mettendogli la mano dietro la schiena. “Ovvio!”
***
***
Boston,
Agosto 2008
“Quindi
era questo il vero motivo del tuo viaggio?” Summer era
sconvolta, non si aspettava nulla di simile. Quella sera di
agosto, mentre cenavano in veranda, quella notizia arrivò come
una raffica di vento invernale. “Non volevo agire alle tue
spalle...mi dispiace” Lily era combattuta. Non sapeva se quel
gesto lo si poteva definire giusto o sbagliato; quello che sapeva e
che l' aveva fatto per Summer, nella speranza di farla stare meglio,
ma iniziava a dubitarne seriamente. Summer sorrise, certo che non
voleva agire alle sue spalle: non era una cosa da Lily. Era stata lei
a chiederle delle informazioni a riguardo, e Lily se ne era caricata
il peso. Non poteva avercela con lei. “Non devi
scusarti...sei stata gentile...” le sorrise dolcemente per
cancellare quell'alone di preoccupazione che si era formato sul volto
della strega “Allora? Cos'hai hai scoperto?” “Prima
di parlarti di lei...è giusto che tu sappia che è
morta...sei mesi fa, in un incidente stradale” preferì
rivelarlo subito, senza darle il tempo di farsi illusioni. Summer
deglutì visibilmente. Non riusciva a decifrare la sua
reazione. Non era dispiacere, non era gioia, ma neanche
indifferenza. “Beh...questo mi priva di ogni scelta a
riguardo...e forse è meglio così” se fosse stata
in vita forse le sarebbe venuta voglia di conoscerla, il fatto che
fosse morta, invece, la liberava dalla confusione. Eppure la notizia
le lasciò un sapore amaro in bocca“ Come si
chiamava?” “Elisabeth Von Lemberg” Summer
fece un mezzo sorriso “Von Lemberg...fa tanto nobil donna” “In
effetti è così...è una delle famiglie austriache
più facoltose...” Per Summer quella rivelazione fu
come una pugnalata in pieno petto. Avrebbe preferito una povera
squattrinata, magari con problemi d'alcoolismo. Invece sua madre era
una viziata borghese che probabilmente l'aveva abbandonata per non
deludere il facoltoso paparino. Si sentì bruciare dentro, e si
preoccupò del suo aspetto; probabilmente era diventata rossa,
e non voleva che Lily vedesse quella reazione. Non voleva che
percepisse il suo turbamento, così si alzò e si
avvicinò alla ringhiera dandole le spalle. “Ha
sposato un notaio che sono riuscita a rintracciare abbastanza
facilmente...se vuoi posso organizzare un incontro...”
“No..No...lascia perdere...va bene così” Era
davvero grata a Lily per aver fatto quelle ricerche al posto suo, ma,
in quel caso, avrebbe preferito non sapere.
Per i giorni
successivi Summer non fece altro che pensare a quella donna. Sperò
di aver formulato un pensiero sbagliato: magari c'era davvero una
buona ragione per cui sua madre l'aveva abbandonata. Decise di
accettare la proposta di Lily, e la strega combinò un incontro
con l'uomo che aveva sposato Elisabeth.
Vienna,
Agosto 2008
La
domestica le fece accomodare nel salotto di quello splendido attico
al centro di Vienna. Un mobilio di gran classe color ciliegio
impreziosito da una tappezzerie rosso porpora. Sulle pareti
spiccavano imitazioni di quadri molto famosi, tutti ornati da
lavoratissime cornici dorate: un lusso ordinario e decisamente
ostentato. Un uomo dagli occhi verdi, i capelli castani e un'aria
gentile ed educata le raggiunse facendole accomodare. “Nicolas
Schneider...molto lieto” strinse loro la mano. Le due si
presentarono, e quando l'uomo strinse la mano di Summer, lei si
chiese se quello fosse suo padre. “Quindi ...conoscevate mia
moglie...” Nicolas prese posto sulla poltrona sedendosi di
fronte a loro. “A dire il vero no...” iniziò
Lily; Summer sembrava intrappolata nei suoi pensieri. L'uomo le
guardò incuriosite. “Non è un argomento
facile... ma beh...ecco...” Lily si sforzava di parlare al
posto di Summer, ma anche lei si sentiva stranamente agitata. Non era
un discorso facile da affrontare. “Sua moglie ha avuto una
figlia all'età di diciannove anni?”fece Summer con
rapidità. Quella situazione per lei era troppo irreale, e
quindi voleva che finisse alla svelta. “Cosa?...una
figlia?...io...non saprei... “ l'uomo era scioccato. “Quando
ha conosciuto Elisabeth?” continuò con durezza. Voleva
togliersi quel dubbio. Quello che le stava seduto di fronte era suo
padre? “Cinque anni fa...era una tirocinante della società
legale di mio padre...” rivelò confuso. Summer
annuì, almeno il primo dubbio era stato debellato. Eppure per
un brevissimo attimo sperò che fosse lui, ma quella speranza
non aveva nulla a che fare con quell'uomo o con l'impressione che le
aveva fatto; solo sarebbe stato bello mettere fine a quella storia.
Quella rivelazione, invece, poneva un altro interrogativo. L' uomo
cercò di realizzare. Quelle ragazze erano piombate in casa sua
dicendo delle cose assurde, ma in quel momento, osservando Summer con
più attenzione, nei suoi occhi, negli zigomi, nel modo in cui
era seduta e nella sua aria corrucciata vide la moglie. “E'
quella bambina...saresti tu...” Nicolas non poteva crederci.
Probabilmente per cose del genere occorrevano prove genetiche e
quant'altro, ma non aveva dubbi. Non poteva essere figlia di
nessun'altra. C'era troppo di Elisabeth in lei. La sua amata
Elisabeth. Summer annuì con freddezza. “Sì...sì...le
somigli...” gli occhi si velarono di lacrime. Se sua moglie
fosse stata ancora in vita, probabilmente una notizia del genere
l'avrebbe fatto infuriare. Ma lei era morta, e lui aveva la
possibilità di guardarla ancora tramite gli occhi di Summer.
Non c'era spazio per la rabbia. A lei quell'informazione suonò
come una nota stonata. Un'altra cosa che avrebbe preferito non
sapere. Si guardò intorno e sul mobile alla sua destra notò
una cornice. Girò subito il capo per non focalizzarsi
sull'immagine. Non voleva vedere il volto di Elisabeth. Sarebbe stata
una scoperta fastidiosa che l'avrebbe solo tormentata. “Una
volta mi ha parlato di un errore di gioventù a cui aveva
rimediato...ma...non avrei mai immaginato nulla del genere...”
fu lo shock di Nicolas a parlare, e solo dopo si rese conto di quanto
fossero brutali quelle parole. “Mi dispiace...non volevo
dire...” “Non si preoccupi...” reagì
ancora con freddezza, ma dentro di lei qualcosa si era mosso
scombussolandole le viscere. Un errore rimediato, ecco come la
definiva. In quel momento Summer riuscì a rispondere ad una
delle tante domande che l'aveva tormentata da quando Lily le aveva
parlato di lei. Se era austriaca, perché non l'aveva partorita
nel suo paese? Ma ora, la risposta era semplice: per non farsi
ritrovare. “Mia moglie è morta sei mesi fa...io non
sono tuo padre...ma farò di tutto per aiutarti a trovarlo...
puoi starne certa!” voleva sinceramente aiutarla e non solo.
Voleva conoscerla, scoprire cos'altro avesse ereditato dalla moglie.
“Non è necessario...a dire il vero...non so neanche
perché sono qui...” Summer si alzò. Non le
interessava conoscere l'identità di suo padre. Lei aveva avuto
un padre: Philiph Harris. “I genitori di Elisabeth sono in
vita? Forse loro potrebbero aiutarci...” Lily, con la solita
mancanza di malizia, cercò di fare il possibile per aiutarla.
Sapeva che Summer era troppo sconvolta per fare domande, quindi cercò
di fare il possibile per allungare la conversazione. Per scoprire
dell'altro. “Ragazze...io mi metterò a disposizione,
ma state lontane dai Von Lemberg...anche se sono i genitori della mia
defunta moglie...non ho problemi a dire quello che penso di loro.
Sono persone avide ed egoiste...penseranno che siete opportuniste in
cerca di denaro e faranno appello al fatto che Elisabeth era figlia
adottiva pur di sbarazzarsi di voi...ve lo assicuro. Me ne occuperò
io...vi aiuterò ...farò il possibile!” Nicolas si
alzò. Voleva aiutarla e non voleva che si appellasse a quelle
arpie. Avrebbero solo peggiorato le cose. Lui invece si sarebbe
dedicato anima e corpo. “Come figlia adottiva?” Lily
non se l'aspettava. Sperava almeno di poter dare a Summer dei nonni:
nonni amorevoli, ed invece pure quella speranza si stava sgretolando
davanti ai suoi occhi. “Sì...loro non potevano avere
figli...” Nicolas continuò a parlare tenendo lo sguardo
fisso su Summer. Lei, invece, aveva focalizzato l'attenzione su un
falso d'autore di Caravaggio. Ne aveva abbastanza di quella
conversazione. Voleva andarsene. “Ve lo ripeto....vi aiuterò
io...datemi solo il tempo di realizzare e riflettere...” “Non
deve preoccuparsi di nulla signor Schneider. Scusi il disturbo”
Summer non voleva saperne niente. Per di più iniziava ad
odiare il modo in cui Nicolas la guardava. Tutta quell'apprensione
solo perché assomigliava a sua moglie: una donna che aveva
abbandonato una neonata in fin di vita fuori ad un orfanotrofio, e
quell'uomo sembrava pazzo di lei! Quello sguardo diede a Summer un
senso di nausea, così si avviò verso la
porta. “Aspetta...Summer...rincontriamoci...” le si
parò davanti coprendo la distanza che li separava con dei
passi rapidi e agitati. “Non credo di voler sapere
dell'altro signor Schneider. Grazie per il suo tempo” lei si
scansò guardandolo con freddezza. Non avrebbe mai più
rivisto quell'uomo.
Boston,
Settembre 2008
Summer
stava impacchettando le sue cose. Il Consiglio si era pronunciato: la
nuova osservatrice si trovava a New York e il suo nome era Kendra
Barkey. Non la conosceva, ma già la odiava. Nessuno avrebbe
potuto sostituire Harris, ed il fatto di doversi trasferire, di dover
lasciare quella casa, rendeva il lutto ancora più doloroso. Le
sembrava di perderlo per la seconda volta. La notte era ormai calata
e si avvicinò alla finestra per osservare le stelle. Dalla sua
stanza si vedeva la veranda e gli sembrò di ritornare al
giorno del suo quindicesimo compleanno quando Harris, da quelle
stessa veranda, cantò Growin
up in un modo dolce e stonato. Sorrise con gli occhi velati di
lacrime, ma Lily bussò alla sua porta destandola. La strega
si avvicinò con un'aria colpevole e con uno scatolino nero in
una mano. “Devo confessarti una cosa...” Summer la
guardò sorpresa pur aspettandosi l'argomento del discorso. “Il
signor Schneider...l'ho incontrato una seconda volta...” “Perché?”
lo domandò con un tono freddo. Lily non avrebbe dovuto. “Gli
ho chiesto un oggetto personale di Elisabeth. Gli ho detto che
serviva per la prova del dna... ma lui non ha voluto darmi niente per
farlo, ha detto che non c'è n'era bisogno...però mi ha
dato questi...voleva che li avessi tu...” Lily le diede lo
scatolino. Summer lo aprì per curiosità: erano un
paio di orecchini, probabilmente i preferiti di Elisabeth; li guardò con disprezzo, poi chiuse velocemente l'astuccio e lo ridiede a Lily. “Non
voglio nulla che sia appartenuto a quella donna Lily...perché
l'hai fatto?” “Avevo bisogno di un suo oggetto
personale. Nicolas aveva detto che Elisabeth era stata adottata
così...grazie a questi...sono riuscita a ripercorrere il tuo
albero genealogico. Volevo trovare un parente in vita Summer...
volevo darti qualcuno... perché so quanto sia difficile per te
il fatto che Harris non ci sia più...speravo di...” Lily
iniziò a piangere. Summer non era l'unica che sentiva la
mancanza dell'osservatore. Summer le si avvicinò mettendole
una mano sulla spalla e guardandola con dolcezza. “Va tutto
bene Lily, ti ringrazio...sei stata dolce...” le tolse una
lacrima dal viso col pollice. “Allora? Cos'hai
scoperto?” “Non c'è nessuno Summer...sono morti
tutti...” Lei sorrise con titubanza. “Ok...credimi,
non è un dramma...anzi è meglio così...” “Ma
c'è dell'altro...” Il volto di Summer si fece serio e
preoccupato. “Andando a ritroso con le generazioni...sono
arrivata ad un nome Summer...Petrova...” “Ma
quella...” “E' la discendenza a cui è legata la
maledizione di Klaus...” Summer si diede un attimo per
realizzare. “E questo cosa significa?” “In
teoria niente...non è altro che una coincidenza...non sei la
doppelgenger....” Summer annuì, ma questa proprio non se
l'aspettava. “Ed è possibile...cioè...una
cacciatrice con il sangue dei Petrova? Quante possibilità
c'erano?” Lily si sedette sul letto. “E' come la
lotteria...una combinazione di numeri consecutivi sembra
un'assurdità...ma in realtà ha la stessa probabilità
di uscita di ogni altra combinazione...mi dispiace Summer...volevo
aiutarti invece...ti ho solo sbattuto in faccia delle verità
scomode...mi dispiace davvero tanto...” Summer si sedette
accanto a lei, e le diede una piccola spinta con la spalla. “Sei
una buona amica Lily... e ti ringrazio. Per quanto possa essere
sconcertante sapere certe cose...il dubbio è anche
peggio...” Lily annuì sentendosi un po' meglio. “Ma
adesso andiamo in cucina...Ho seriamente bisogno d'alcool!”
fece scherzosamente prendendole la mano. Aveva davvero bisogno di
elaborare l'ennesima assurdità della sua vita.
Mystic
Falls, Maggio 2008
Summer
se ne stava seduta in macchina. Il Consiglio aveva dato un nuovo
ordine: uccidere la doppelgenger. Lily le aveva stampato una foto
di Elena che aveva trovato sul sito del liceo di Mystic Falls. La
squadra di football, l'anno precedente, aveva vinto il campionato, ed
Elena in quell'occasione era stata la capo cheerleader. La vide
uscire da scuola nella sua uniforme e con i capelli raccolti in una
coda. Summer non aveva pensato neanche per un secondo di poter
eseguire quell'ordine. Lily l'aveva avvisata delle possibili
conseguenze, ma non le importava. Quando vide Elena provò
una strana sensazione. Quella era l'unica persona al mondo con
cui condivideva qualcosa di genetico, anche se si trattava di una parte
infinitesimale che non bastava neanche a definirle cugine di
ventesimo grado. Mise in moto l'auto e si allontanò da Mystic
Falls, sperando che almeno Elena potesse avere una vita più
tranquilla e serena della sua. Non l'avrebbe uccisa, al contrario,
l'avrebbe protetta.
***
***
Dopo
cena Summer se ne andò in veranda. L'aria era fredda e
pungente e, seduta sul dondolo con le gambe portate al petto, nascose
le mani nelle ampie maniche del cardigan. I suoi respiri
diventavano piccole nuvole, ma sentiva il bisogno di stare da sola a
fissare le stelle: le sue adorate lucine nel buio. C'era qualcosa
che non quadrava nel suo stato d'animo, e non riusciva a capire cosa,
ma Damon destò i suoi pensieri raggiungendola e fermandosi di
fronte a lei con un braccio dietro la schiena. Summer lo guardò
con un'espressione interrogativa, e poco dopo Damon rivelò il
contenuto della mano nascosta. Summer vide un piccolo affarino
quadrato e non riuscì a capire di cosa si
trattasse. “Cos'è?” “Una lanterna
voltante” Lei sorrise e la prese con entusiasmo. Non se
l'aspettava, ma come sempre Damon riusciva a sorprenderla. Il
vampiro le porse un accendino e una penna presi dalla tasca
posteriore del pantalone. “Devi scrivere un desiderio prima
di accenderla...” “Ora credi nei
desideri?” “Ovvio che no! Voglio solo assecondare
una cacciatrice credulona!” Summer sorrise e, poggiandosi al
tavolinetto, scarabocchiò qualcosa sul piccolo foglietto
allegato alla lanterna. “Beh Damon...ti dimostrerò
che i desideri...possono diventare realtà!” L'accese e dopo la
lasciò volare. La guardò con gli occhi incantati e
felici di una bambina, mentre Damon, per la maggior parte del tempo,
tenne lo sguardo fisso su di lei: su quelle iridi scure su cui si
rifletteva la luce della lanterna. Restarono in silenzio ad
osservare quel bagliore dorato che combatteva l'oscurità
della notte fino a quando non fu più visibile, poi Summer si
voltò verso il vampiro. “E' stato un gesto davvero
molto dolce...” si sentiva quasi imbarazzata a pronunciare
quelle parole. Da quando avevano recitato quella falsa dei
fidanzatini, Summer si sentiva strana. Damon sorrise mettendole le
mani sui fianchi. “Ti sbagli...è stato un gesto cattivo! Perché quando il tuo desiderio non si avvererà
io potrò dirti: te l'avevo detto Summer! Sei solo una credulona!”
pronunciò quelle parole scherzose con dolcezza e Summer
sorrise. “Beh è un vero peccato...significa che
questa sera andrò in bianco..” già sapeva come controbattere al suo giochino. “Che vuoi
dire?” “Beh...sul bigliettino ho scritto
sesso...quindi Damon, stasera puoi venire a letto con me...o con la
tua amata ragione! A te la scelta...” “Questa non me
la bevo! Da quando io sarei diventato un desiderio?...E' ovvio che
stai mentendo...” “Beh Damon...questo non potrai mai
saperlo!” “Sei una donna diabolica e meschina Summer!
Non ti meravigliare quando arriveranno le pratiche del divorzio!”
l'attirò a sé facendo aderire i loro
bacini. “Giusto...avevo dimenticato che abbiamo solo sei
mesi per organizzare il matrimonio più pacchiano del secolo!”
lei gli cinse il collo con le braccia e baciò quelle labbra
sorridenti. Si baciarono a lungo e con dolcezza, poi il vampiro si
allontanò dolcemente. “Sai... anche se un figlio è
una cosa irrealizzabile...” Damon iniziò quel discorso con dolcezza,
e a Summer sembrò che stesse per dire qualcosa di bello,
qualcosa di romantico, ma la sua speranza fu presto annienta
“dovremmo provarci! Non possiamo arrenderci!” La
cacciatrice rise scuotendo la testa: doveva aspettarselo! “Giusto!...
Ma se ci proviamo già da stasera... realizzi il mio desiderio
Damon... sicuro di poter rinunciare ad avere ragione!?” Il
vampiro fece finta di pensarci. “Beh per la nostra Charly...
questo ed altro!” e poi la baciò ancora, questa volta
con una crescente passione. Summer non aveva scritto sesso.
Anche lei non credeva ai desideri, perciò, al posto di qualsiasi altra cosa in cui poter stupidamente sperare, aveva scritto
Charly. Qualcosa di certamente irrealizzabile. Eppure si
chiese perché fosse stata la prima cosa a venirle in mente.
Avrebbe potuto scrivere una parola qualsiasi, e invece scelse il nome di quella figlia immaginaria. Pensò che
qualcosa in quella giornata aveva punto la sua anima dandole un senso
d'angoscia, e aveva avvertito nuovamente quella sensazione solo
qualche minuto prima. Poi capì. Era stato pensare al mese di
giugno: un mese in cui lei probabilmente non sarebbe stata a Mystic
Falls. Immaginò un mese di giugno a New York...senza Damon, e
questo la fece stare male. Fin troppo male per potersi ancora illudere che fosse solo un amico. Mise fine a quel
bacio e lo guardò per degli interminabili secondi. Le
sembrò di osservarlo per la prima volta, ma di conoscerlo da
sempre. E finalmente lo capì: lo amava. La nebbia di scuse e alibi che le oscuravano
la vista si era ormai diradata, facendo battere forte il suo cuore. Lo amava. Damon non aveva dovuto abbattere nessuna delle sue barriere. Era sempre stato lì, dentro di lei, doveva solo
incontrarlo e guardarlo per un solo attimo privo di paura. Lo amava. E non riusciva a crederci, ma quello che
provava era troppo forte, e ora anche immensamente chiaro. Accarezzò
il suo volto per imprimerlo sotto la pelle: per ricordare quel
momento in ogni sua forma, poi lo baciò. E fu un bacio così
diverso da sentirlo come se fosse stato il primo. Lo amava. Ma
lui amava un'altra donna, e quel primo bacio ebbe un inevitabile
retrogusto di tristezza.
Angolino
di NaNa*** Alla
domanda: La lanterna avvererà il desiderio di Summer? La
risposta è no, probabilmente è stata fabbricata in
Cina, non in Wonderland xD Ho un avviso
da fare: causa studio
non potrò aggiornare la fic per un bel po' di tempo.
Sorry :( ma ho bisogno di un Full Immersion. Più che
mettere un capitolo avviso ho preferito dedicare alla fic un altro
po' di tempo e scrivere questo capitolo in cui viene finalmente
svelata la coincidenza assurda! Sì...Summer è una
Petrova. La cosa ha un rilievo minimo ai fini della trama. E quindi non cambia
nulla.
Spero che la cosa non vi sia
sembrata banale o eccessiva^^ Il perché di questa cosa sarà spiegata in una one shot Extra che parla degli originari, e che scriverò una volta finita la fic^^ Nel terzo capitolo lascio intendere
qualcosa: Damon vede Summer per la prima volta e qualcosa rievoca Katherine, ma è solo una sensazione, poi non ci penserà
più. Anche nei capitoli successivi, la lieve apprensione che
Summer ha nei confronti di Elena...dipende appunto da questo^^ Ecco
svelato un piccolo mistero. Con questo capitolo si chiudono tutti
gli specchietti sul passato e finalmente Summer capisce di essere
innamorata di Damon (era ora!!!xD) Adesso è il turno di
Damon!!!*.* Come sempre spero che il capitolo non vi abbia deluso
o annoiato. E ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui.
Purtroppo il prossimo capitolo si farà attendere...ma
spero che, nel frattempo, non vi dimentichiate di questa fic^^ Un
bacione...Ciao***
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Capitolo 46 *** Quarantaseiesimo Capitolo ***
[Ognuno
vive la propria vita e paga il proprio prezzo per viverla. Oscar
Wilde]
Mystic
Falls, Settembre 2010
Damon
si versò dello scotch e mosse qualche passo sicuro con
l'intento di dirigersi nella sua camera, ma una presenza lo
immobilizzò. Centoquarantacinque anni di dolorosa attesa si
concentrarono in un brivido gelido che scosse la sua schiena, ma si
girò mostrandosi impassibile. «Sei molto coraggiosa a
venire qui...» si voltò lentamente e poi mise a fuoco
l'immagine di quella donna tanto amata e tanto odiata. «Volevo
dirti addio» la voce melodiosa e sicura di Katherine, seduta
sul divano, scatenò un'infinità di ricordi un tempo
felici; ma che ora non erano altro che prove di una presa in
giro. «Te ne vai così presto?» ancora una
volta, cercò di simulare un tono di voce distaccato. «So
capire quando non sono desiderata» «Non fare il
broncio...non è attraente per una donna della tua età!» «Ahi!»
la vampira accusò quel colpo basso sorprendendosi della sua
durezza e di quel tono di voce tracotante: non era più il
Damon che ricordava. Il vampiro svuotò il contenuto del
bicchiere in un solo sorso e la ignorò dirigendosi verso le
scale, ma la vampira gli si parò davanti. «Che c'è?
Niente bacio d'addio?» «Perché invece non ti
uccido?» Lei abbozzò una brevissima risata. «Che
ci fai qui?» il vampiro la guardò con intensità;
come per scrutare i sui intenti. Sapeva che nel suo ritorno non c'era
nulla di improvvisato. «Nostalgia, curiosità,
eccetera...» «Sono molto più bravo io con le
battute enigmatiche. Cosa stai tramando, Katherine?» «Credimi,
Damon. Quando starò tramando qualcosa, te ne accorgerai»
avanzò verso di lui «Forza. Baciami!...o uccidimi. Quale
delle due sceglierai, Damon? Sappiamo entrambi che sei in grado di
fare solo una di queste due cose...» sussurrò con
presuntuosa malizia, avvicinando le labbra a quelle del vampiro. Lui
si scostò alla svelta, ma nuovamente lei gli si parò
davanti scaraventandolo a terra con una spinta. La vampira si
adagiò sul suo corpo con sensualità «Mio dolce e
innocente Damon» sussurrò avvicinandosi al suo
volto. Lui le afferrò il collo, e girandosi la catapultò
sul pavimento bloccandola con il proprio peso; ma Katherine subito
capì le intenzioni che si celavano dietro il suo sguardo, e un
sorriso diabolico mutò le sue labbra prima che queste
venissero baciate con passione. «Così va meglio!»
l'eccitazione alterò la voce della vampira. Lo scaraventò
contro la parete e gli sbottonò frettolosamente la camicia;
poi accarezzò avidamente il suo petto prima di ribaciarlo con
foga. Lui ricambiò quei gesti con un desiderio crescente,
e si scostò dalla sua bocca solo per passare le labbra su
tutta la lunghezza del suo collo. «Ok, aspetta» il
vampiro, con voce ansante, smorzò l'enfasi, e si frenò
appellandosi ad ogni briciolo di autocontrollo. Katherine fece una
smorfia contrariata. Adesso che problema aveva? «Breve
pausa» continuò lui, con una sorta d'affanno. La
vampira lo spintonò facendolo allontanare di qualche passo. Il
suo volto manifestava appieno il suo fastidio. «Ho una
domanda. Rispondi e torneremo a fare fuochi d'artificio. Rispondi
bene... e dimenticherò gli ultimi 145 anni in cui mi sei
mancata. Dimenticherò quanto ti ho amata. Dimenticherò
tutto e potremo ricominciare daccapo» la sua voce iniziò
a tremare «Questo può essere il nostro momento decisivo,
perché abbiamo tempo. È il bello dell'eternità»
si avvicinò a lei «Ma, almeno per una volta, ho bisogno
della verità» le accarezzò i capelli con dolcezza
e disperazione, ma la vampira lo interruppe. «Fermati»
sussurrò con un'espressione desolata. Damon continuò
ad accarezzarla, e la guardò con gli occhi lucidi di chi ama
disperatamente. «So già qual è la tua domanda.
E la risposta» Il cuore del vampiro si fermò
aspettando quelle parole decisive. Centoquarantacinque anni di
attesa e dolore racchiusi in un momento di vulnerabilità, in
cui un'anima può tornare alla luce o inabissarsi nelle
tenebre. «La verità è che...non ti ho mai
amato» pronunciò con teatrale costernazione «È
sempre stato Stefan...» Katherine prese le sue mani e le scostò
dal viso fingendosi dispiaciuta, poi si allontanò lasciandolo
solo. Damon si sentì mancare l'aria: la sua speranza di
ricominciare, di non essere più solo, di sentirsi finalmente
amato, era stata fatta a pezzi; e la sua anima avrebbe nuovamente
assorbito il colore delle tenebre in cui era sprofondata...
***
18 Dicembre ***
Bassa
Normandia, Francia
«Mi
perdoni Padre, perché ho peccato...» bisbigliò
Klaus in un confessionale di mogano scuro situato in una delle chiese
più antiche di quel piccolo paesino sul mare a nord della
Francia. I risultati delle ricerche araldiche erano finalmente
giunti. La salma di Caroline Galler, divenuta Caroline Leroy in
seguito al suo matrimonio con un nobile francese, che all'epoca era
il proprietario di quelle terre, era stata custodita nella cripta
della chiesa del luogo: il tipico trattamento riservato
esclusivamente alle famiglie nobili. Klaus, insieme a Bree e
Stefan, quel pomeriggio si era recato lì per cercare il
Grimorio all'interno della tomba della strega. Aveva ordinato a
Stefan e Bree di restare fuori; il vampiro aveva ubbidito all'ordine,
mentre Bree si era addentrata nella chiesa spinta dalla sua solita
curiosità amplificata dal vivace senso di ribellione. Aveva
visto Klaus addentrarsi nel confessionale e si era nascosta dietro
una colonna portante per ascoltare ciò che sicuramente sarebbe
stata un'assurda conversazione; ma lei lo conosceva bene: confessarsi
prima di uccidere un Prete era uno dei suoi giochetti
preferiti. «Quali sono i tuoi peccati, figliolo?» la
voce del Prete era leggermente tremante, e dalle piccole fessure a
forma di rombo del pannello che li separava, Klaus poté
scorgere la capigliatura bianca dell'uomo. «Non ho peccati
da raccontare, Padre. Con le azioni si misurano gli uomini: delle
creature con cui non posso paragonarmi. Io non commetto peccati,
Padre. Io sono il peccato. Io non opero il male. Io sono
il male. Le tenebre indirizzano le mie azioni proprio come la luce
guida le sue. È la vita, Padre. Il destino ci assegna dei
ruoli, ed il mio è quello di essere portatore di morte, perché
la morte è ciò che sono» lo sguardo del
vampiro era fisso di fronte a sé, e bisbigliava quelle parole
senza essere presente a sé stesso: era un'estraneazione voluta
quanto inconsapevole. Il Prete era sconcertato, ma, nei suoi
quarant'anni da confessore, aveva sentito i più assurdi e
svariati deliri. Non stava a lui giudicare, doveva solo cercare di
capire cosa tormentasse l'anima di quel ragazzo dall'accento
straniero. «Perché parli così di te stesso,
figliolo?» «Perché è quello che sono,
Padre. Sono l'opposto di quello in cui lei crede» «Tu
non credi in Dio, figliolo?» «Oh, sì, Padre. Ci
credo. E credo anche che abbia fatto un ottimo lavoro: un mondo pieno
di fedeli servitori che lo amano ciecamente. Davvero ammirevole: Dio
è un vero talento» «Le persone amano Dio perché
Lui ama loro. E ama anche te, figliolo» «E mi dica,
Padre, è professando assurdità di questo genere che Dio
si è assicurato il suo devoto esercito?... Lui non sa neanche
cosa farsene di voi. Figuriamoci se vi ama. Probabilmente, per lui
non siete altro che un vano tentativo di colmare il vuoto della
solitudine... e su questo non posso biasimarlo...» «Dio
ci insegna ciò che è alla base delle relazioni umane,
figliolo. Se non vuoi sentirti solo, devi avere intorno delle persone
che ti amino, ma per far sì che ciò avvenga...devi
necessariamente amare» Klaus si prese un lungo istante di
silenzio. Sempre l'amore: quel dannato amore di cui tutti parlano.
Quel maledetto amore che riesce a dare un senso alla vita delle più
inutili creature. Quell'odioso sentimento che non aveva mai provato.
Sembrava il centro dell'universo, e questo era irritante. Il suo
sguardo si riaccese di coscienza. «Beh, Padre, a differenza
di Dio, una volta ottenuto ciò che mi occorre non avrò
bisogno di inscenare simili buffonate per avere il mio esercito. A
differenza di Dio...» si alzò con lentezza «Non ho
bisogno di ricevere amore» poi con velocità lasciò
la sua postazione per raggiungere quella del Prete. Lo afferrò
per il collo sollevandolo da terra e rivelandogli il suo vero
aspetto: quello del mostro che era. «L'amore è per i
deboli! Il vostro Dio lo sa, ed è per questo che si nasconde in cielo!»
la pelle intorno ai suoi occhi si riempì di venature scure. Il
cuore anziano del Prete galoppò all'impazzata in preda allo
spavento. «Che razza di demonio sei?» sibilò
con voce soffocata; ma poco dopo l'ibrido abbandonò in malo
modo la presa lasciandolo accasciare sul suo sgabello rivestito di
velluto. «Dio non si nasconde. Lui agisce per opera dei
puri di cuore» balbettò tremante tenendosi il collo
dolorante con la mano. Qualche anno prima, un uomo accompagnato da
due giovani ragazze, aveva fatto visita alla sua cappella, dicendo
strane assurdità sulla possibile visita di un mostro. Aveva trovato uno strano libro in una delle tombe della cripta; e per portalo con sé all'Università di Boston fece una generosissima offerta di denaro. Gli era
sembrata una brava persona, e gli regalò anche un bellissimo
crocifisso che da quel giorno aveva sempre portato con sé.
Ora, quelle che aveva ritenuto strane farneticazioni, avevano
finalmente acquisito un senso. Mai si sarebbe aspettato nella vita di
vedere il diavolo in persona! «Beh, Padre, i puri di
cuore...» gli afferrò la mascella col pollice e l'indice
«hanno il collo fragile!» stava per spezzarglielo, ma le
parole tremanti del Prete lo frenarono in tempo. «Mi avevano
avvisato del tuo arrivo. Uccidimi pure. Non ho paura di morire, mi
aspetta un senso di pace che un demonio come te non potrà mai
provare!» Klaus s'immobilizzò. L'avevano avvisato del
suo arrivo? Chi? Chi era stato in quella chiesa prima di lui? Un
atroce dubbio lo pervase, ed usò quella stessa presa sul volto
del Prete per rimetterlo in piedi. «Chi? Chi ti ha avvertito
del mio arrivo?!» chiese, soggiogandolo con voce irata. «Non
ha importanza. Tanto non troverai quello che stai cercando!» quei racconti, quel libro: ormai era tutto chiaro. Klaus lo guardò con sospetto. Cosa
voleva dire? Cosa ne poteva sapere lui del Grimorio? L'uomo non
aveva risposto alla sua domanda: era chiaro che fosse sotto l'effetto
della verbena. Lo vide tremare e stringere forte il suo
crocifisso. «Staremo a vedere» lo sfidò a
denti stretti, e con un gesto rapido gli strappò la catenina
dal collo. «Conducimi alla cripta» scandì
facendo l'ennesimo tentativo e, quando il Prete smise di tremare e si
mosse per uscire dal confessionale, capì che la sua intuizione
era stata giusta: la verbena si trovava nel crocifisso. Il prete
lo condusse nei sotterranei della chiesa e, facendo attenzione a non
farsi scoprire, Bree continuò ad assistere a quegli
avvenimenti. La cripta era scavata nel terreno, e dei materiali da
costruzione situati negli angoli lasciarono intendere al vampiro che
quel macabro ambiente era in fase si ristrutturazione, forse per una
successiva apertura al pubblico. Vari archi conducevano in ambienti
diversi; e il tutto era illuminato da poche e flebili lampadine dalla
luce rossastra, che a malapena riuscivano a rischiarare lo spazio in
cui erano collocate. Il prete si fermò: il suo obbligo di
condurre Klaus nella cripta era stato assolto. «Bene. Ed ora
mostrami la tomba di Caroline Leroy» Assimilato il nuovo
ordine, l'anziano si mosse nuovamente, e lo condusse in un ambiente
più separato, dove due tombe di pietra troneggiavano al centro
della stanza: quelle di Gustav e Caroline Leroy. Kluas sorrise
diabolicamente e lesse le incisioni sulla pietra con
soddisfazione. Con una sola mano spostò il pesante
coperchio; e le ossa ingiallite di Caroline lo fecero sorridere per
un secondo, ma, dopo un'occhiata più attenta, quel sorriso
scomparve lasciando spazio solo alla contrarietà e all'ira. Il
vecchio aveva ragione: lì dentro c'erano solo ossa, ma del
Grimorio non vi era traccia. Si avvicinò al Prete con
rapidità, e nuovamente gli afferrò il collo
sollevandolo da terra. «Chi ha preso il Grimorio?»
ancora una volta la sua voce irata fu accompagnata dalla
soggiogazione. «Un uomo di nome Philiph Harris» Klaus
grugni dalla rabbia: non aveva la più pallida idea di chi
fosse. In un impeto di rabbia accecante prese una pala
dall'angolo alla sua destra e colpì l'anziano prete sulla
tempia così forte da ucciderlo sul colpo e da renderlo
irriconoscibile. Urlò ancora, e la pala insanguinata venne
sbattuta sulla pietra della tomba spezzandosi una volta scontrato il
margine. Un altro urlo, e poi dei respiri affannosi sbollirono
quell'attimo di tormento. Si avvicinò ancora alla tomba e
guardò quelle ossa con odio, poi qualcosa catturò la
sua attenzione: era un fogliettino di carta incastrato tra i denti
del teschio. L'ibrido lo prese e lo aprì: “Sei arrivato
tardi” quella scritta lo sbeffeggiò ancora, e la firma
di quel biglietto lo fece nuovamente infuriare “Philip Harris”.
Chi diavolo era? Come aveva osato mettergli i bastoni tra le ruote?
Come aveva osato prenderlo in giro?! Accartocciò quella
carta e poi la mise nervosamente in tasca. Il nome di quell'uomo era
l'unico appiglio per poter ritrovare il suo prezioso Grimorio.
L'intuizione di Bree era stata corretta: l'aveva preso Caroline,
ma erano arrivati tardi; ancora una volta la ruota del destino aveva
girato in suo sfavore facendolo tremare di collera. Bree
assistette alla scena sapendo che, in un simile impeto di rabbia, se
Klaus l'avesse vista l'avrebbe uccisa. Velocemente scappò
verso l'esterno della chiesa, e appena incontrò lo sguardo di
Stefan, che era rimasto fuori, piegò gli angoli della bocca
all'ingiù lasciandogli intuire l'ennesimo fallimento
dell'ibrido. «Se ci tieni alla pelle non fargli domande»
gli suggerì affiancandosi a lui e voltandosi verso l'entrata
dell'edificio con un moto di nervosismo misto a paura. Stefan
restò impassibile, e qualche secondo dopo Klaus uscì
dalla chiesa con un'espressione folle e torva. L'ibrido non disse
nulla. Si limitò a raggiungere la macchina, e gli altri due lo
seguirono in religioso silenzio.
***
***
Damon
si svegliò e, quando notò l'altra piazza del materasso
vuota, una smorfia comparve sul suo volto: come sempre, Summer aveva
preferito ritornare nella sua stanza. Stette nel letto per qualche
minuto, poi la voce allegra della ragazza lo incuriosì
facendolo alzare. Damon sentì la sua voce provenire dalla
cucina; stava canticchiando come al suo solito. La vide dietro i
fornelli con un'espressione solare e vestita di una sola vestaglia di
raso, corta e di un verde petrolio lucido che esaltava la sua
carnagione colorita. Lei lo vide e gli sorrise; a prima mattina,
con indosso i soli boxer e con i capelli scompigliati e l'aria un po'
assonnata era anche più bello del solito. «Ho
preparato i pancakes alla banana» spense il fornello e sistemò
l'ultimo pancakes sopra ad un piatto dove ce n'erano altri messi a
pila. Il vampiro le si avvicinò e l'abbracciò da
dietro cingendole le spalle, e poi le lasciò qualche piccolo
bacio sul collo che costrinsero Summer a piegalo di lato per dargli
maggiore spazio per agire. «...E questo spiega il motivetto irritante di Banana
Pancakes. Ma... come mai così di buon umore?» chiese, tra
un bacio e un altro. Summer sorrise: era lui la ragione del suo
buon umore. «Nessun motivo...» fece con
indifferenza. «Sicura?» bisbigliò al suo
orecchio con una sensualità che la fece rabbrividire «Non
c'entra niente il fatto che stanotte hai goduto più del
solito, ansimando come non avevi mai fatto?» la sua mano
scivolò al cento del petto e dell'addome insinuandosi tra la
stoffa della cintura per scioglierla con lentezza. Le loro notti di
passione diventavano sempre più intense e travolgenti, e come
al solito Damon se ne assumeva il pieno merito. Il respiro di
Summer si fece subito più affannato e, nel momento in cui il
vampiro, accarezzandole le spalle, fece scivolare a terra la sua
vestaglia lasciandola nuda, deglutì visibilmente. «Ti
faccio impazzire di piacere...ammettilo» sussurrò con la
solita tracotanza, mentre le posizionava una mano sul ventre e con
l'altra le accarezzava il seno con la delicatezza che si dedica a un
fiore. Summer si lasciò sfuggire un flebile ansimo. Non
poteva dargli torto: la faceva impazzire, e ora che finalmente si era
accorta di amarlo le sensazioni si erano amplificate donandole
emozioni che non aveva mai provato. «Non sei altro che il
solito presuntuoso, Damon. E mi dispiace, ma ti stai
sopravvalutando...» Summer si girò per non sentirsi più
preda del suo tocco; poi mise le braccia intorno al suo collo con
giocosa dolcezza. Damon la guardò intensamente e con un
velato alone di sfida. Le afferrò i glutei e la sollevò
leggermente per adagiarla sul mobile della cucina; poi le mani salirono
sulla schiena, e una delle due continuò il percorso fino alla
nuca fermandosi tra i capelli. Sul suo sguardo famelico si dipinse un
sorriso demoniaco, e quella carezza si trasformò in una presa
di capelli prepotente ma innocua, che la costrinse a piegare il collo
all'indietro. Avvicinò le labbra a quelle di Summer, e lei
poté sentire il suo respiro che dolcemente le solleticò
la bocca. «Mi sa che devo rinfrescarti la memoria...»
sibilò diabolico mentre, senza lasciare la presa sui suoi
capelli, afferrava lo sciroppo d'acero posto accanto al piatto da lei
preparato. Summer restò piacevolmente impietrita e, quando
sentì lo sciroppo scivolarle sul collo, sul seno e sull'addome
un altro gemito sfuggì al suo controllo.
***
***
Klaus
non aveva proferito parola per tutto il lungo viaggio di
ritorno. Quella sera si chiuse nella sua camera e stette parecchio
tempo davanti alla porta finestra a fissare la neve che ricopriva le
strade e le case. I fischi del vento ne lasciavano intuire la forza,
e l'ibrido era assorto in quel momento con uno sguardo perso. La
stanza era illuminata dalle immagini della televisione privata
dell'audio, e sui muri si riflettevano delle luci bluastre
intermittenti. Bree bussò piano alla sua porta
interrompendo quell'attimo d'introspezione. «Entra...» La
vampira aprì la porta per poi chiuderla lentamente alle
spalle. Si avvicinò a lui tenendo in bella mostra una
bottiglia di Bourbon. «Se non ricordo male, è il tuo
preferito» gli mostrò quella bottiglia di Ballantine's
invecchiato trent'anni e l'ibrido annuì
impercettibilmente. Sì, era il suo preferito: lo conosceva
bene. Aprì la bottiglia e ne versò il contenuto nel
bicchiere, poi glielo passò. L'ibrido lo prese continuando
a guardare il paesaggio, poi abbassò lo sguardo per fissare
l'alcool. Bree restò in silenzio, e anche lei si perse in
quello scenario di vento e neve. «E così...credi di
amarmi» Klaus portò di nuovo lo sguardo di fronte a sé.
Qualche sera prima, aveva visto Bree entrare nella stanza di Stefan.
Ne era stato incuriosito, e l'impeto di ascoltare lo aveva sentito quasi
come un obbligo. Aveva sentito Bree blaterare delle vere e proprie
assurdità: lo amava, e aveva paragonato quell'amore a quel
sentimento sublime che ti lega all'arte e alla musica. L'aveva sempre
sospettato, ma non si era mai soffermato a pensarci. Non provava
nulla per lei. Ma i suoi sentimenti l'avevano incuriosito: l'amore
lo incuriosiva, e lo faceva nella stessa misura in cui lo
irritava. Bree lo fissò sentendosi smarrita. Non avrebbe
mai pensato di doversi trovare ad affrontare un simile discorso con
lui. Aveva sempre pensato che i suoi sentimenti sarebbero sempre
stati un tabù inconfessabile, perché Klaus non
concedeva spiragli a simili discorsi. Erano impensabili. Non sapeva
cosa fare. Non sapeva cosa dire. Era totalmente impreparata. «Il
verbo credere lascia spazio all'incertezza» disse, sperando che
quella risposta per lui fosse abbastanza esaustiva. Klaus bevve
un sorso di bourbon e continuò a non concederle neanche il più
fugace occhiata. «Se è così...allora dillo»
il suo sguardo era assente, e quel tono di voce non trasmetteva
nessun calore. La sua richiesta sembrava dettata più da una
sorta di interesse scientifico, che da un bisogno d'emozione. Bree
si sentiva a disagio. Perché le stava facendo questo? Che
senso aveva estirparle quelle parole? Cosa poteva mai farsene?
Eppure, dopo settecento anni, era inutile esitare. Le si era
presentata l'occasione per liberarsi e non poteva sprecarla. Il gelo
della situazione era il prezzo da pagare per essersi innamorata di
Klaus. «Ti amo» liberò con calore, e poté
scorgere sul volto dell'ibrido un piccolo e indecifrabile mutamento
d'espressione. Klaus voltò finalmente lo sguardo verso di
lei, e Bree, in quel semplice gesto, vide qualcosa di rassicurante
che le diede la forza di continuare. Gli afferrò la mano
con dolcezza, e l'ibrido posò uno sguardo confuso sul quella
sorta di carezza. «Non sei solo, Klaus. Permettimi di starti
accanto» sussurrò con occhi lucidi. Klaus la fissò
attentamente. Sciolse quelle presa e portò quella stessa
mano sul volto della donna per accarezzarlo. «Hai
ascoltato...» bisbigliò, capendo che si era intrufolata
nella chiesa origliando il suo discorso. Bree annuì con
nervosismo. Paura e piacere si alternavo nel giro di brevi istanti, e
il suo corpo era in balia del volere dell'ibrido. «Non avrei
dovuto farlo. Lo so» Klaus le si avvicinò. Baciò
le sue labbra e, quando la passione di lei crebbe, si allontanò
di qualche centimetro lasciandola ansante di desiderio. «No.
Non avresti dovuto» sussurrò con un velo di dispiacere.
Continuò ad accarezzarle il volto; l'altra mano, invece,
perforò velocemente il suo torace raggiungendo il suo cuore.
Come sempre, l'impulsività e l'orgoglio dettavano le sue
azioni più rapide, punendolo con un fugace istante di
pentimento e angoscia. Due copiose lacrime nacquero agli angoli
esterni dei grandi occhi verdi della vampira e Klaus stette immobile
per qualche secondo ad osservarla; il tempo di lasciar scivolare
quelle gocce fino al mento, poi, con rapidità, la privò
del suo cuore ritrovandosi a stringerlo fino a deformarlo. Il
corpo privo di vita di Bree cadde al suolo, ma sul suo volto, oltre
alle lacrime, c'era anche un impercettibile sorriso; perché
nell'attimo un cui Klaus le aveva attraversato il petto, nonostante
la crudeltà di quell'azione, nei suoi occhi lucidi la vampira
aveva intravisto un breve ma intenso attimo di umanità.
L'ibrido restò a lungo a fissare il corpo esanime di
Bree. Sentirsi amato dalla vampira non gli aveva fornito nessun
elemento per comprendere quel sentimento a lui così estraneo.
Quella dichiarazione non aveva generato in lui nessuna particolare
emozione; eppure ammise a sé stesso che, per un breve istante,
quelle parole avevano ridimensionato lo spazio di desolazione in cui
orbitava la sua esistenza, permettendogli di scorgere, in lontananza,
la figura sbiadita di qualcuno; ma era troppo poco: il gioco non
valeva la candela. Il corpo privo di vita di Bree accentuava la
sua unica convinzione a riguardo: l'amore è una debolezza, e
le persone deboli sono le prime a morire.
***
***
«Che
tristezza. Mormorò Dorian Gray, con gli occhi ancora fissi sul
suo ritratto. Che tristezza! Diventerò vecchio, orribile,
spaventoso, mentre questo ritratto rimarrà giovane per sempre.
[…] Se soltanto potesse accadere il contrario! Se soltanto
fossi io a rimanere giovane e fosse il ritratto ad invecchiare! Per
questo...per questo, darei qualsiasi cosa! […] Sì,
darei anche l'anima...» Summer, seduta accanto al camino
tra le gambe di Damon, con la schiena poggiata al suo petto e
ricoperta fino al seno da un caldo piumone, leggeva il secondo
capitolo del libro che avevano deciso di leggere insieme; ma, a
quelle parole, la cacciatrice si fermò ad osservare lo
scoppiettio del legno lasciando che le fiamme rapissero i suoi
pensieri Damon notò quella lunga pausa e la guardò
incuriosito. «Tutto ok?» le cingeva la vita con
entrambe le braccia, e in quel momento la strinse leggermente più
forte. Summer si ridestò «Sì, certo», e
poi gettò rapidamente gli occhi sul libro per ritrovare il
punto in cui si era fermata. «A me non sembra» Damon
prese il libro dalle sue mani e lo allontanò. «Ho
detto che va tutto bene» «No, non è vero. Dimmi
cosa c'è che non va» avevano passato insieme una domenica
spensierata e tranquilla, e l'aveva vista felice e sorridente per
tutto il tempo; quell'attimo di tristezza era stato visibile e fin
troppo chiaro per lui che ormai conosceva ogni sua espressione alla
perfezione. Summer stette in silenzio per qualche secondo con un
viso contrariato: i soliti modi di Damon! Ma poi capì che
forse era il caso parlare con lui di quell'argomento che ultimamente
la tormentava. «Ok...»
fece con una sorta di rassegnazione, per poi prendersi un secondo di
pausa «Com'è? L'immortalità, intendo,
com'è?» «Beh, l'hai sentito Dorian! Non
invecchi, non avvizzisci. Chi non lo vorrebbe!?» asserì
scherzoso per poi darle un bacio sulla spalla. «Lascia
perdere Dorian! Voglio un resoconto specifico da chi è
veramente immortale...» Summer rispose con altrettanta
giocosità, e quando lui abbassò il capo per baciarle la
spalla, lei accostò la fronte alla sua per un attimo sentito
da entrambi con la stessa dolce intensità. «Beh...perdi
il senso del tempo. E più vivi e più ti allontani dalle
cose che ti premevano da mortale. Scopri di poter fare tutto quello
che vuoi. Il mondo intero è fatto per esaudire i tuoi
desideri, tanto che ad un certo punto non sai più cosa
desiderare. E per quanto riguarda “l'anima al diavolo”...beh...
l'immortalità ti fa sentire superiore. Ti senti sul gradino
più alto...e quando è così, non hai problemi a
schiacciare tutti quelli che si trovano sotto di te» si sentiva
libero di parlare: sapeva che lei non lo giudicava. «Perché
me lo chiedi? Ci stai pensando? Vuoi che ti trasformi?» le
propose con un dolce sorriso. Gli sarebbe piaciuto: l'avrebbe sentita
sua. «Una cacciatrice non può diventare un vampiro.
Il vostro sangue non ha alcun effetto su di noi. Non può
neanche guarirci...anche se...a detta di Lily... il sangue di Klaus
potrebbe essere diverso» Damon assimilò quelle
informazioni con interesse: erano cose che non sapeva. «Beh,
a me ne è rimasto. Vogliamo fare un esperimento?» «E
rischiare di morire? No, grazie!» Summer rispose con lo stesso
livello d'ironia del vampiro: era un azzardo troppo grande per
poterlo prendere seriamente in considerazione. «E se ne
avessi la certezza? Lo faresti?» Damon si fece improvvisamente
serio, e lei, prima di rispondere, ci ragionò per qualche
istante. «No... Non lo farei. Avrei paura di perdere di
vista quelle piccole cose che mi rendono felice. Avere il fiato della
morte sul collo mi ha insegnato ad apprezzare ogni cosa, dalla più
banale, come godersi una cena in veranda, alla più importante...come i veri amici. Mi ha insegnato che non bisogna
dare nulla per scontato...e come immaginavo e come tu mi hai confermato...è la percezione del tempo a dare valore alle cose...» «Beh ma, sbaglio, oppure
ti libereresti di questa seccatura di essere una
cacciatrice?...potresti essere libera. E non è detto che ciò
che ti fa felice adesso non possa farti felice anche da vampiro. Non
è detto che tu debba perdere il...metro del giudizio! Potresti
essere un vampiro equilibrato. Non ho la minima idea di come lo si
diventi, ma credo che sia possibile!» concluse con autoironia
facendola ridere. Damon sapeva cosa stava facendo: stava cercando di
convincerla; e mentre lo faceva si chiedeva perché per lui
fosse così importante. Conosceva bene i tormenti di quel
genere di esistenza, eppure, stando con Summer, li aveva quasi
dimenticati, tanto da rendere quel tentativo di corruzione un gesto
fatto con le migliori intenzioni. «Questo è vero. Ma
c'è anche dell'altro. La verità è che...essere una
cacciatrice, mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo
niente prima di questo. Nel momento in cui lo sono diventata le
difficoltà sono aumentate, è ovvio; e il rischio di
morire ogni volta non è certamente piacevole, però... è
grazie a quello che sono che ho vissuto i momenti più
significativi della mia vita. E mi riferisco a tutte le persone che
ho incontrato e che per me sono diventate importanti: come il signor
Harris, Lily...Kendra...» Summer si fermò, ma sentiva il
bisogno di dirglielo, nonostante l'imbarazzo e il disagio «...Come
te, Damon...» bisbigliò, sentendo il cuore fermarsi dall'agitazione. Gli occhi le diventarono lucidi e si sentì
immobilizzata dalla tensione che si venne a creare. Lo amava ed era
diventata una delle persone più importanti della sua vita: era
giusto che lo sapesse. Probabilmente era tutto ciò che avrebbe
mai potuto confessargli a riguardo. Un “ti amo” avrebbe
solo generato un silenzio che avrebbe significato “io amo
un'altra” e Summer non poteva permettersi un simile dolore. Ce
n'erano stati fin troppi nella sua vita: questo non lo avrebbe
sopportato. Così azzardò quella frase che non
necessitava di una risposta, lasciandole una sorta di beneficio del
dubbio, anche se di dubbi lei non ne aveva. Damon amava Elena. Lo
sapeva fin troppo bene. Il vampiro si sentì investito dalle
sue parole e prese un respiro così profondo da perfezionare la
sua postura. La guardò sentendosi spiazzato, fin troppo. Quelle parole gli erano entrate nella carne, accendendolo di un desiderio
che era nato nel basso ventre, ma che poi era improvvisamente morto
nello stomaco, lasciandogli una strana sensazione di scompiglio. «E con questo voglio dire... che mi
sentirei un'ingrata e una codarda a voltare le spalle al mio destino.
Tutto qui» Summer concluse velocemente il suo discorso per
affievolire la tensione, e per spezzare l'incantesimo che la
imprigionava in un mondo azzurro cielo; poi sentì la mano di
Damon sulla guancia che la indirizzava delicatamente verso le sue
labbra. Il vampiro la baciò con un trasporto momentaneamente privo di
passione, ma pieno di molto altro. La baciò perché desiderava le sue labbra, e
perché era tutto ciò che il suo corpo gli suggeriva di
fare. Non riusciva a decifrare le sensazioni che provava, ma in quel
momento lo avevano riempito facendolo stare incredibilmente
bene. Forse, se avesse realizzato di essere innamorato di lei,
avrebbe capito che quel surplus di emozioni con cui la stava baciando
non era altro che la gioia di un sentimento ricambiato.
Angolino
di NaNa*** Eccomi
qui :D Sono riuscita a trovare un po' di tempo per aggiornare, ma
il prossimo capitolo è davvero un'incognita. Non ho proprio
idea di quando potrò ri-permettermi un po' di tempo per
scrivere :( Sorry.
Allora, parlando del capitolo: - La
scena iniziale è quella della 2x01. Voglio precisare che tutte
le scene riportate hanno un loro fine specifico in questa storia
(nulla è messo a caso, e anche il fatto che i capitoli abbiano
una data ha il suo perché^^) - Il libro che Summer sta
leggendo, ovviamente, è “Il ritratto di Dorian Gray”
di Oscar Wilde; ed anche la frase a inizio capitolo è presa da
quel libro - Spero di non aver urtato la sensibilità
religiosa di nessuno (essendo atea, ho scritto cercando di starne
fuori il più possibile. Non è mia intenzione entrare
nel merito di queste cose; ho solo riportato un dialogo, così
come me lo sono immaginato^^) - Spero che i personaggi non siano
risultati ooc - Come sempre, prima li creo e poi li distruggo xD
(Bree, Blair, Kendra...Faccio stragi!!!xD) Chi sarà il
prossimo? xD - Riconosco che questo capitolo è un vero e
proprio azzardo, ma a me piace e spero che a qualcuno sia piaciuto
altrettanto. - Ultima cosa: Klaus a volte mi arrapa più di
Damon (non so quanto vi possa interessare, ma è così
xD)
Ho aperto un account facebook - nanabianca
efp – e se qualcuno vuole può aggiungermi. A me non
può fare altro che piacere^^
Come sempre, spero che il
capitolo non vi abbia deluso, annoiato o fatto letteralmente schifo
xD Come vi ho già detto, il
prossimo capitolo si farà attendere quanto questo se non di
più :( Sono
davvero dispiaciuta ma non posso fare altrimenti – come se
fregasse a qualcuno della mia assenza xD – comunque, tengo a
scusarmi lo stesso.
Ringrazio:
Le persone che
mi lasciano il loro parere – vi
adoro *.* - Tutte
le persone che hanno aggiunto la fic nelle
Preferite/Ricordate/Seguite E tutti i lettori anonimi.
Prima
di salutarvi, vorrei consigliarvi una fic su Klaus “Shattered
- Take me Home To my Love” della bravissima EleanorMair.
E' solo
all'inizio ma è una fic davvero intrigante (nonché
scritta benissimo)^^
Adesso è davvero tutto^^ quindi
vi saluto. Un grosso bacione!!!
|
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Capitolo 47 *** Quarantasettesimo Capitolo ***
Mystic
Falls, Settembre 2010
Elena
aveva appena terminato di lavarsi i denti e si guardò allo
specchio per qualche secondo. Sul suo volto era segnata la stanchezza
della giornata, insieme alla preoccupazione che ora le premeva di
più: Katherine. Entrò nella sua stanza e sussultò
dallo spavento, non capendo subito che l'uomo seduto sul suo letto
altri non era che Damon. «Mi hai spaventata» proferì
dopo un forte sospiro. «Faccio solo la mia parte nella ronda
di quartiere» rispose lui con un tono di voce privo d'emozione
e uno sguardo assente. Elena camminò verso il
comò. «Grazie. Ti stai prendendo cura di noi. Di
me...» «Sono fatto così. Sono una fidata
guardia del corpo. Calmo durante le crisi» l'enfasi di
quell'affermazione lasciò intendere che si fosse concesso
qualche bicchiere di troppo. «Hai bevuto!» affermò
Elena in un preoccupato sospiro. Il vampiro fece il gesto del
“poco” unendo debolmente il pollice e l'indice. «...E
sei arrabbiato. Non è una buona combinazione» aggiunse
con apprensione. «Nooo. Non sono arrabbiato. Si arrabbia
soltanto chi ha dei sentimenti» nella voce del vampiro c'era
una marcata nota di disgusto. Elena scosse il capo con
scetticismo. «Ti prego, Damon. Tu hai... dei sentimenti» Lui
voltò lentamente lo sguardo verso di lei. «Ti
sorprende che io abbia creduto che mi avresti baciata. Non riesci
neanche a immaginare che io possa credere che vorresti ricambiare?»
il suo tono fu un crescendo di agitazione. «Damon...»
iniziò lei, ma lui la interruppe continuando. «Che
quello che abbiamo fatto qui significhi qualcosa? Sei una bugiarda,
Elena. Tra noi due c'è qualcosa, e lo sai. E stai mentendo a
me, stai mentendo a Stefan, e soprattutto stai mentendo a te stessa.
Posso dimostrartelo» e la baciò con la stessa folle
disperazione con cui aveva pronunciato quelle parole. «No»
riuscì a sibilare lei, prima che il vampiro legasse le lebbra
alle sue. «Damon, no. Che cosa ti prende?» «Stai
mentendo» il suo sguardo era sempre più avulso e
proiettato in una sua personale realtà. «Tu sei più
di questo. Ti prego!» Elena cercò di farlo ritornare in
sé, ma le sue parole, in quel momento, si perdevano nel vuoto
della coscienza del vampiro. «Ti sbagli» cercò
di ribaciarla, ma lei riuscì a divincolarsi. «Damon
io tengo molto a te. Ascolta: tengo molto a te. Davvero ma...io amo
Stefan. Sarà sempre e solo Stefan» Lui fece una
smorfia di disturbo; quelle parole gli rimbombarono nel petto in
tutta lo loro inconsapevole spietatezza. «Elena, cosa sta
succedendo?» chiese con apprensione Jeremy entrando nella
stanza. «Niente Jeremy. Va tutto bene. Torna a letto»
Elena cercò di evitare un possibile scontro tra i due
sminuendo l'accaduto. «No, non va bene» Damon si voltò
verso il ragazzo. «Vuole essere un vampiro...»
sussurrò subito dopo, e poi si scaraventò su di lui con
velocità stringendogli il mento con la mano. «No,
Damon! Fermati!» urlò Elena spaventata. «Vuoi
liberarti dal dolore? È la cosa più facile del mondo.
La parte di te che prova qualcosa sparisce. Devi solo spingere
l'interruttore e zac!» con una mossa rapida e poco pensata gli
spezzò l'osso del collo. «No!» urlò la
ragazza in preda alla paura, alla disperazione e all'odio,
raggiungendo velocemente il corpo esanime del fratello. Copiose
lacrime le sgorgarono immediatamente dagli occhi e l'agitazione
spezzò tutti i suoi respiri impedendole d'inspirare tutto
l'ossigeno di cui necessitava in quel momento; poi notò
l'anello al dito di Jeremy e riuscì a tranquillizzarsi, ma non
risparmiò al vampiro un'ultima occhiataccia carica di
sdegno.
Damon ritornò a casa e subito si versò
dello scotch. Bevve giusto un sorso di liquore e poi il bicchiere fu
scaraventato dritto nel camino frantumandosi in piccoli pezzi. Per
un fugace attimo si pentì di ciò che aveva fatto; ma
poi quel rimorso venne spazzato via da una crudele convinzione che
quella sera si marchiò a fuoco nella sua anima: nel bene o nel
male, nessuno gli avrebbe mai concesso un briciolo d'amore...
***
21 Dicembre ***
Il
volo che aveva ricondotto Klaus e Stefan a New York era atterrato da
poche ore. Stefan, in un'auto sottratta ad un povero malcapitato,
guidava seguendo le indicazioni che portavano a Chicago. Klaus era
sempre più silenzioso, e intuire le sue mosse diventava sempre
più difficile. Mentre la strada prendeva vita in un flusso
di immagini rapide e ininterrotte, il vampiro pensava agli ultimi
mesi passati in balia dell'ibrido. Il fatto che Klaus
avesse ucciso Bree aveva acuito il suo senso d'impotenza verso la
situazione. La vampira era una delle sue più fedeli
servitrici, eppure l'ibrido non ci aveva pensato due volte a farla
fuori. Stefan ignorava il motivo che avesse spinto Klaus verso quel
gesto estremo, e nonostante la poca simpatia provata per Bree, non
riusciva a non provare pena per quella donna uccisa per mano
dell'uomo che più amava. La sera in cui si era presentata
nella sua stanza, la vampira aveva fatto un discorso a cui Stefan
aveva partecipato con in minino indispensabile dell'eloquio; non
aveva voluto ribattere, né tanto meno aveva voluto aprirsi con
lei. Eppure le parole della vampira l'avevano in qualche modo
segnato. Avevano acceso in lui delle dolorose consapevolezze. Il suo
destino era l'infelicità; e gli unici attimi di gioia, quelli
vissuti con Elena, non sarebbero stati altro che ricordi con cui
avrebbe potuto paragonare l'aridità della realtà
attuale. Niente sarebbe stato più come prima. Quest'ultimo
cedimento aveva contrassegnato la sua definitiva resa all'oscurità;
e non provare niente, spegnare ogni emozione, era l'unica cosa che
gli avrebbe permesso di continuare quella non vita.
***
***
Dal
diario di Elena Gilbert
Caro
diario, Mancano pochi giorni al Natale. È una data che
quasi mi spaventa. L'anno scorso ho vissuto il primo Natale senza
i miei genitori. Quest'anno, all'appello, mancheranno Jenna e
Stefan. Tutto quello che voglio è che questi giorni passino
in fretta. Così in fretta da non poterli vivere
realmente. La morte è un dolore che ti porti dentro e non
ti lascia mai, ma ha il triste rimedio della rassegnazione. Il
fatto che Stefan non sia qui con me, invece, non riesco ad
accettarlo. Da quando è partito con Klaus, l'unico contatto
che ho avuto con lui è stata una breve telefonata. Quella
chiamata in cui lui non ha detto nulla...ed io avrei dato qualsiasi
cosa per sentire la sua voce.
***
***
Stefan
e Klaus erano ritornati allo StarDust. Quando Gloria li vide
entrare nel locale per un piccolo istante si sentì sollevata.
Prima finiva quella storia e meglio era. Il bar era completamente
vuoto e la luce del sole mattutino filtrava prepotentemente
attraverso le vetrate. «Sei tornato... Hai trovato il
Grimorio?» chiese posando il panno con cui stava pulendo il
bancone e avviandosi verso di lui. L'ibrido si limitò a
guardarla con uno sguardo torvo e ad estrarre dalla tasca anteriore
del Jeans un quadratino di carta. «Trova quest'uomo»
Klaus gli porse quel biglietto e poi la oltrepassò per
dirigersi dietro al bancone; e mentre Gloria leggeva la scritta lui
si versò da bere. Stefan intanto si accomodò su uno
sgabello ed appoggiò i gomiti al bancone intrecciando le dita
all'altezza del suo mento. Gloria capì subito che quel
“Philip Harris” era la chiave per ritrovare il Grimorio e
che la scritta “sei arrivato tardi” era l'ultima
beffa che il destino aveva regalato all'ibrido. Il suo volto si
fece subito preoccupato: aveva da dire qualcosa che avrebbe
certamente scatenato la sua ira. «Questo non è un
oggetto personale, Klaus. Quello che mi chiedi di fare è
impossibile...» L'ibrido si voltò verso di lei e,
reggendo ancora il bicchiere con lo scotch che si era da poco
versato, la raggiunse con un'andatura lenta. Si fermò ad un
passo da lei e la guardò negli occhi con il solito sguardo
risoluto e terrificante. «Allora rendilo possibile»
scandì con una ferocia passiva, per poi oltrepassarla di nuovo
sorseggiando la sua bevanda. Gloria deglutì visibilmente.
Quello che Klaus le chiedeva di fare era davvero complicato, ma se ci
teneva alla vita non poteva ribattere. Osservò quel foglio
di carta e decise di mettersi al lavoro. Sarebbe stato difficile.
Tremendamente difficile. Le streghe utilizzano gli oggetti personali
per localizzare le persone perché questi, a lungo andare,
assorbono l'energia del proprietario; ed è proprio quel flusso
trascendentale che permette alle streghe di sintonizzarsi fino a
localizzare quella stessa energia. Un foglio di carta scarabocchiato
per una manciata di secondi non aveva potuto assorbire alcunché
dal proprietario, però, guardandolo ancora, Gloria si rese
conto di possedere qualcosa di molto importante che, inizialmente,
non aveva considerato: un nome. Si recò nella sua stanza per
mettersi subito all'opera; forse, con una dose massiccia d'impegno e
l'aiuto degli spiriti, ci sarebbe riuscita.
***
***
Summer,
sdraiata sul letto con la pancia in giù e la schiena inarcata
perché sorretta dal gomito, sfogliava le pagine di un libro
illustrato. Era un libro sul Caravaggio e, arrivata alla pagina
dove compariva Narciso, Summer s'ipnotizzò a guardare
quell'immagine. Era il dipinto che aveva visto a casa di Nicolas
Schneider. La casa dove aveva vissuto quella che, geneticamente, era
stata sua madre. Si chiese se fosse stata quella donna ad acquistare
quel falso d'autore. Narciso. Era ironico che in quella dimora
troneggiasse un dipinto del genere, e Summer sorrise con disprezzo.
Quella donna non l'aveva mai amata. Neanche per un secondo. E per
quanto lei, per tutto l'arco della sua vita, si fosse ripetuta che
non le importava, dentro di sé portava un senso
d'inadeguatezza che non l'aveva mai abbandonata. Era un sentirsi
inidoneo a ricevere amore; ed anche nei momenti della sua vita in cui
l'aveva ricevuto, trovando conferma di poterlo meritare, l'aveva
avvertito come un errore di valutazione da parte degli altri. Come se
dentro di lei ci fosse stato qualcosa di tremendamente sbagliato che
rendeva l'indifferenza la normalità, e l'amore un grosso
sbaglio. L'esempio più lampante era il signor Harris, che
l'aveva amata come una figlia, ma Summer ancora non si spiegava come
fosse stato possibile. Quei pensieri furono destati da Damon che,
mettendo un ginocchio sul letto, le accarezzò la gamba, per
poi poggiare anche l'altro ginocchio ed abbassarsi col volto fino al
suo fondo schiena. Il vampiro contemplò la biancheria
della ragazza, che inutilmente copriva quello che presto si sarebbe
preso. Erano piccoli ritagli di pizzo blu che presto avrebbero avuto
a che fare con la sua insaziabile voglia di lei. Diede un bacio ad
un gluteo e subito dopo accarezzò l'altro mordendosi il
labbro. Damon percorse le sue forme con un tocco denso di desiderio e
con uno sguardo di pura venerazione, limitando la sua istintività
a favore del piacere visivo. Summer sorrise. «Ho trovato
questo libro di raffigurazioni di Caravaggio in salotto. Ma dubito
che sia tuo. Non mi sembri il tipo che si mette a contemplare
un'opera d'arte!» disse scherzosamente, mentre il vampiro
continuava ad accarezzare il suo sedere in tutta la sua
rotondità. Ascoltando quelle parole Damon si arrestò
e fece una smorfia di disappunto. «E cosa starei facendo
adesso?!» esclamò con un'ironica contrarietà, poi
sorrise e si sdraiò mettendosi sul fianco. Summer fece
altrettanto e il vampiro, che aveva calcolato con precisione la
distanza, si ritrovò con il volto parallelo al suo seno. Lei
gli accarezzò i capelli. «Wow...un complimento...»
infierire fu d'obbligo: un apprezzamento così esplicito da
parte sua era da considerarsi un evento raro. Il vampiro si
avvicinò per appoggiare le labbra sui morbidi rigonfiamenti
che straripavano dal reggiseno. «Ebbene sì, ma era rivolto solo al tuo fondo schiena, e soprattutto...non ti
ci abituare!» continuò a baciare con lentezza la sua
pelle, respirandone il profumo e lasciandosi invadere da quel senso
di tranquillità che gli trasmetteva. L'eccitazione stava
nascendo nel suo corpo sotto forma di veloci e caldi brividi, ma lui
volle smorzare quella sensazione per godere ancora un attimo di
quella pace, così chiuse gli occhi ed appoggiò la
fronte al suo seno. La risposta di Summer si limitò a un
soffio di risata, e continuò a passargli le dita tra i capelli
pensando a quanto fosse bello in quei pochi attimi in cui la smetteva di
fare il cavernicolo per concedersi qualche debolezza. Lo amava sempre
di più. E sempre più fitto diventava quel dolore che si
mescolava all'amore. Il dolore dato dalla consapevolezza di non
essere ricambiata, che rendeva quel sentimento una morbida e calda
stoffa che le sfiorava la pelle, ma che nascondeva delle piccole e
pungenti spine che la pizzicavano limitando i tuoi movimenti. Era così
che Summer si sentiva: limitata. E i confini delle sue azioni erano
Elena e la paura di esporsi; di confessargli il suo amore e ricevere
un freddo rifiuto. La paura di provare un dolore più grande
della sua forza. Il vampiro si godette appieno quell'attimo in cui
la sofferenza scivolava fuori ad ogni respiro facendolo sentire
leggero. Le carezze di Summer penetravano nella sua pelle con un
calore che si distribuiva in tutto il suo freddo corpo e, prima di
annientare quella debolezza, le passò la mano dietro la schiena
per stringerla maggiormente a sé; per affondare maggiormente
nella sua carne e per ricevere un'ultima e intensa ondata di
calore. Poi si sentì schiacciato da quella sua stessa
voglia di rifugiarsi in lei, perché ancora non riusciva a
perdersi nelle sue emozioni. Le sue azioni si frenavano su un confine
sottile che non riusciva ad oltrepassare; un confine che delimitava
la confusione dettata dalla paura e dall'istinto, dalla calma data dalla
consapevolezza e dall'amore. Damon lasciò che l'eccitazione
lo pervadesse ritornando completamente in sé. Il suo tocco
salì fino al gancio del reggiseno e dopo, quella stessa mano,
accompagnò la bretellina lungo il braccio, accarezzando con
delicatezza la distanza che lo separava da una visuale che non
riusciva mai a stancarlo. Summer si lasciò travolgere dai
suoi gesti mettendosi prima supina e poi sollevandosi sui gomiti,
mentre lui si alzò semplicemente con la schiena, per avere una
prospettiva totale di quel corpo che presto sarebbe stato nuovamente
suo. Osservò la rotondità dei suoi seni sfiorandoli
delicatamente con le dita, e poi la sua attenzione passò ad
una ciocca di capelli. L'afferrò e gliela sistemò sul
petto con un senso quasi artistico, come se la stesse preparando per
un ritratto. La osservò nel modo in cui si ammira qualcosa di
incredibilmente bello, con un'espressione incantata e beata,
meravigliata e completamente rapita. Fece arrivare la mano fino al
collo, fino ad intrecciare le dita ai cappelli dietro la sua nuca;
poi avvicinò le labbra alle sue e la baciò con
un'intensità libera da ogni desiderio pressante ma schiava di
un sentimento ancora latente, assaporando un piccolo assaggio di quella
dolce consapevolezza che tardava ad arrivare.
***
***
Klaus
era andato a sbollire la sua frustrazione chissà dove, e
Stafan ne aveva approfittato per allontanarsi dal bar di Gloria e per
ritornare nel suo vecchio appartamento. Entrò in quella
palazzina lievemente fatiscente e, salendo le scale che lo avrebbero
ricondotto a quella che un tempo era la sua casa, si vide proiettato
in tutte quelle volte in cui non aveva fatto quel tragitto da solo.
Aprì la porta e mosse qualche passo all'interno. Il bagliore
che proveniva dalla finestra metteva in risalto numerosi granelli di
polvere che ondeggiavano spinti dagli spifferi d'aria. Un flusso di
ricordi gli attraversò la coscienza e gli sembrò di
avvertire delle urla stridule e persino l'odore del sangue. Insieme
a Klaus, Stefan era ritornato ad essere un mostro, eppure, quelle
mura, avevano visto anche di peggio. Quella proiezione di se stesso
lo fece rabbrividire nonostante la sua rinuncia alle emozioni. Si
avvicinò a uno scaffale bianco, sulle cui mensole erano
poggiati pochi libri impolverati. Spostò il mobile per
accedere allo scomparto segreto. A prima vista, solo delle innocue
mensole piene di bottiglie semivuote di alcolici. Si girò alla
sua destra e vide quella lista sterminata di nomi: le sue vittime.
Stefan prese il portafoglio dalla tasca posteriore del Jeans ed
estrasse un foglio mal strappato di quaderno. Lo aprì e diede
un'occhiata fugace a quei quarantatré nomi che presto avrebbe
trascritto sul muro. Pensò ad Elena. Lei non meritava di stare
con un simile mostro, e si rese conto di quanto fosse stato egoista a
trascinarla nella sua vita. Un errore che non avrebbe più
commesso. Si sarebbe solamente limitato a proteggerla; ma lo avrebbe
fatto rimanendo ad una giusta e tormentata distanza.
***
***
Il
sole stava ormai per tramontare, e nel bar di Gloria tutto era
rischiarato da una luce rossastra. L'ibrido entrò nel locale
facendo suonare il campanellino attaccato alla porta. Fece qualche
passo arrivando al bancone e tamburellò le dita sul legno
guardandosi attorno. Stefan non c'era e subito si chiese dove fosse
andato. Si versò dello scotch e poi proseguì il suo
tour. Si avvicinò alla porta della stanza di Gloria e,
affinando l'udito, la sentì confabulare qualcuna delle sue
formule. Sorrise: la strega era al lavoro, e quindi preferì
non disturbarla. Camminò lungo il corridoio fino ad arrivare
ad una porta. L'aprì e la luce morente del sole che filtrava
da una piccola finestra quadrata illuminò le scale di quello
scantinato lasciandogliele percorrere a passo sicuro. A metà
rampa, alla sua destra, già poté scorgere il corpo di
Katherine i cui polsi erano legati a delle catene inchiodate al muro.
Klaus sorrideva, mentre la vampira lo guardava con aria
stanca. L'ibrido prese una sedia e si avvicinò maggiormente
a lei. Le si sedette di fronte con lo schienale rivolto verso
l'addome e bevve un sorso dello scotch rimasto nel suo bicchiere. «Ah
Donne! Ossessionate dalle diete fino a ridurvi ad un mucchietto
d'ossa!» sorrise nel vederla pallida e con il volto scavato.
Katherine non assumeva sangue da settimane, e aveva a stento la forza
per girare un po' il volto nella direzione dell'ibrido. «Devo
ammetterlo, Klaus: lasciarmi avvizzire è davvero generoso da
parte tua. Vedo che i secoli ti hanno addolcito» sibilò
con voce rauca. Katherine sapeva bene che l'ibrido aveva in serbo
cose orribili per lei, eppure voleva che quel supplizio iniziasse subito,
perché l'attesa era anche peggio. Ogni giorno passato da sola
in quello scantinato era una tortura mentale insostenibile. Ormai la
sua ora era arrivata. Era sfuggita a Klaus per cinquecento anni e adesso era davvero finita. Non c'era più scampo. Per anni aveva temuto la
follia dell'ibrido immaginando tutte le atroci torture che le avrebbe
fatto, e ora il suo incubo si era inesorabilmente realizzato. Katherine non riusciva
a visualizzare nessuna via di fuga. La fortuna che l'aveva sempre
assistita l'aveva definitivamente abbandonata; e ora voleva solo che
tutto iniziasse e finisse quanto prima, ma l'attesa, quella, proprio
non la reggeva più. Klaus sorrise giocherellando con il suo
bicchiere. «Sai, Katerina, in mille anni ho torturato
davvero tante persone, e quasi tutte hanno fatto lo stesso stupido
errore di valutazione: pensare che farmi innervosire servisse ad
abbreviare la loro pena, conducendoli ad una rapida morte. Pensavo
che almeno tu avresti capito che non è nel mio stile concedere
sconti, ma a quanto pare mi sbagliavo. L'angoscia deve essere una
sensazione davvero atroce se ha influito persino sulla tua capacità
di giudizio!» l'enfasi teatrale dell'ibrido era carica di
crudeltà, e lo sguardo della vampira si perse in un angolo
buio dello scantinato. Klaus si alzò dalla sedia e, per
riprendere il controllo dei suoi occhi, le si accovacciò di
fronte sollevandole il mento con l'indice. «Ora, mia cara,
lasciami dire ciò che già sai, ma che a quanto pare
muori dalla voglia di ascoltare. La sensazione di morte che provi
adesso. Questo senso di spegnimento, di aridità, questa sete
di sangue che ti contorce le budella...beh, Katerina, quando inizierò
con te, provare quello che provi adesso sarà ciò che
potrai considerare uno dei tuoi giorni migliori! Quindi non fare
l'errore degli altri, mia cara. Goditi questi momenti, perché
saranno rari...» Katherine lo guardò negli occhi, ma
per un attimo la vista le si abbagliò e si sentì più
fredda di quanto fosse abituata ad essere. «Klaus, dovrei
parlarti» dall'alto delle scale, Gloria cercò di
catturare la sua attenzione. L'ibrido tenne lo sguardo fisso sulla
vampira per un altro secondo, e poi le porse il suo bicchiere
concedendole quelle due dita di scotch rimaste. Katherine lo
afferrò con un polso tremante e poi lo vide allontanarsi. Si
guardò intorno e le mancò il respiro constatando ancora
una volta che a quella situazione non vi era alcuna via di fuga. Ma
la verità era che l'angoscia, l'ansia e la sete di sangue
occupavano tutti suoi pensieri impedendole di arrivare alla soluzione
più ovvia.
***
***
La
strega lo condusse nel salone del bar. «Allora, mia cara
Gloria, cos'hai scoperto?» chiese col sorriso e col tono di
voce di chi tollera solo buone notizie. Appoggiò un gomito
al bancone e scrutò la strega aspettando che sentenziasse
qualcosa. «Sono riuscita a trovarlo, Klaus» L'ibrido
sorrise, ma Gloria smorzò quella gioia sul nascere. «...ma
la situazione è più complicata del previsto» Klaus
le lanciò un'occhiataccia omicida, ma la strega si fece
coraggio e continuò. «Quest'uomo è morto
Klaus. Ho provato per ore a rintracciarlo facendo appello a tutto il
mio potere e non ci sono riuscita. Così ho provato a
contattare gli spiriti dell'aldilà e loro mi hanno dato
conferma di ciò che temevo. Ormai questo signor Harris
appartiene al loro mondo» L'ibrido espirò
rumorosamente col naso. «Beh, sei una strega, Gloria. Non ti
deve essere difficile contattare un morto! Quest'uomo non è la
strega originaria, è uno spiritello qualunque. Quindi
improvvisa qualche giochino da Luna Park e contattalo!» il suo
tono fermo e autoritario non concedeva repliche, ma ugualmente Gloria
tenne a spiegare la situazione. «Non è così
semplice, Klaus. Lo sai bene: le sedute spiritiche sono una strada a
doppio senso. Riuscirò a contattarlo solo se anche lui vorrà
comunicare con me!» «Vorrà dire che ci proverai
fin quando non si stancherà di essere disturbato. Quindi ti
consiglio di iniziare da subito!» Gloria sospirò e
annuì guardandolo con rabbia mista a rassegnazione. Si
avviò verso il tavolinetto più vicino, e con un
semplice gesto della mano accese la candela che vi era sistemata nel
centro. Si sedette e appoggiò i palmi delle mani sul
legno. Chiuse gli occhi e si concentrò farfugliando una sorta
di cantilena. Dopo un paio di minuti, aprì gli occhi e la
candela si spense. Seduto sulla sedia di fronte alla sua vide un
distinto uomo di mezz'età, con gli occhi verdi, gli occhiali,
e i capelli e la barba di un castano brizzolato. L'uomo la guardò
con curiosità, poi appoggiò i gomiti al tavolo e
incrociò leggermente le dita tenendole all'altezza del
mento. Klaus osservava con attenzione la scena, ma lui, al
contrario della strega, non vedeva nulla. «Grazie per aver
risposto subito alla mia chiamata, Signor Harris» «Sono
un gentiluomo. Non avrei mai potuto ignorare la chiamata di una bella
donna» si girò verso Klaus «Nonostante le sue
discutibili amicizie!» Gloria lanciò un'occhiata
fugace all'ibrido, ma, com'era prevedibile, lui non riusciva a vedere
e sentire nulla, così ritornò ad osservare lo
spirito. «Conosce già il motivo per cui l'ho
contattata?» «Ah sì, certo! Il Grimorio di
Lucrezia. Beh, oltre alla galanteria non posso negare di essermi
preso la briga di venire fin qui dal regno dei morti solo per poter
dire a Klaus, che per quanto mi riguarda... può andare a farsi
fottere!» asserì con un tono calmo e con un sorriso
sereno. Gloria lo guardò con perplessità. Pensava
che il problema principale sarebbe stato entrare in contatto con lui;
non aveva calcolato una simile reazione da parte dello spirito. Girò
il volto nella direzione di Klaus, che mostrava un sorriso
soddisfatto dall'esito della seduta. «Non intende
collaborare» rivelò con titubanza. A quelle parole il
Signor Harris le mostrò un volto contrariato. «Andiamo?!
Sul serio?! Mi sta censurando?! Ha mille anni: non otto!» il
fantasma si alzò dalla sedia, ovviamente, senza provocare il
minimo spostamento di quest'ultima, e iniziò a camminare
nervosamente avanti e indietro. «È inammissibile che io non
possa prendermi questa soddisfazione! Voglio parlare con lui! Mi
faccia parlare direttamente con lui!» obbiettò con
animazione. Il volto di Klaus mutò rapidamente accendendosi
di rabbia, e inutilmente cercò di aguzzare la vista verso un
qualcosa che non poteva vedere. «Questa è un opzione
che non gli è concessa! Trova un modo per farlo parlare!»
«Tsk! Davvero divertente! Vuole fare il gradasso con un
morto...» Philiph lo guardò con compatimento. «Mi
dica dove si trova il Grimorio signor Harris, non mi costringa ad
intervenire in altri modi» la strega stava bluffando; non c'era
assolutamente nulla che poteva fare contro di lui, e Philiph lo
sapeva bene. «E mi dica...cos'ha intenzione di fare? Perché,
per quello che ne so, voi streghe non avete molta voce in capitolo
sull'aldilà. Quindi eviti queste sceneggiate intimidatorie,
Gloria, perché non spaventano proprio nessuno» il signor
Harris ritrovò la sua calma e la strega continuò ad
interrogarlo, ingoiando quell'amaro boccone di verità. «Se
non ha intenzione di aiutarci, perché è qui?» «Mi
sembra di averglielo già detto: educazione,
galanteria...voglia di dire a questo patetico individuo che sta solo
perdendo il suo tempo...» Gloria lo guardò con
rassegnazione. «Non vuole aiutarci, Klaus. È entrato
in contatto con me solo per farmelo sapere, e non posso costringerlo
in alcun modo» la strega era giustificatamente agitata. «Questa
censura edulcorata delle mie parole inizia ad essere davvero
fastidiosa...devo ammetterlo!» confabulò irritato il
fantasma. «Trova un modo per farmi parlare direttamente con
lui!» ordinò l'ibrido a denti stretti, mentre i suoi
occhi si assottigliavano dalla rabbia. «Vede?! Anche lui è
del mio stesso parere. Quindi mi perdoni, ma non mi lascia altra
scelta!» La strega non ebbe il tempo di pensare o dire
nulla. Lo spirito di Harris le attraversò il corpo
insinuandosi con prepotenza. Klaus osservò lo strano scatto
della donna, che con un gesto rapido chiuse gli occhi e raddrizzò
la schiena attaccandola allo schienale. Quando riaprì gli
occhi, Klaus vide le sue pupille enormemente dilatate e decisamente
più scure. Gloria prese un profondo respiro e poi chiuse ed
aprì le mani con rapidità osservandosele. «Bene.
Finalmente possiamo parlare senza intermediari!» il signor
Harris era finalmente libero di parlare con Klaus. Aveva il pieno
controllo sul corpo della strega, e subito si alzò per
dirigersi verso il bancone. «Ben ritornato tra i vivi,
signor Harris!» l'ibrido sorrise. Parlare direttamente con lui
era proprio quello che desiderava. Philiph si versò del
bourbon e ne bevve un sorso chiudendo gli occhi per gustarlo
appieno. «Ah adesso sì, che mi sento vivo!»
esclamò alzando leggermente il bicchiere verso Klaus. «Allora,
signor Harris, sono davvero curioso, perché ha preso il mio
Grimorio?» Klaus mantenne la calma sicuro che presto avrebbe
finalmente ottenuto quello che desiderava. «Ognuno ha i suoi
hobby, Klaus: c'è chi dipinge soldatini, chi colleziona
monete...e chi si diverte a mettere i bastoni tra le ruote agli
ibridi!» Klaus lo fulminò con lo sguardo, e in un
lampo afferrò il corpo della strega per il collo e lo incastrò
al muro. «Non giocare con la mia pazienza!» scandì
iniziandosi a scaldare. «Perché, altrimenti cosa
farai?... Non puoi uccidermi più di quanto non sia già
morto» la sua voce era corrotta dalla mancanza d'ossigeno, ma
conservava un chiaro tono beffardo. Klaus fece una smorfia
infastidita e poi lo lasciò in malo modo facendolo cadere a
terra. Harris rise. Le esperienze prossime alla morte sono quelle
che ti fanno sentire vivo...persino da morto. «Dimmi dov'è
il Grimorio» l'ibrido si allontanò, capendo che la
violenza fisica, purtroppo, non sarebbe servita a nulla. Philiph
si alzò e avanzò qualche passo sicuro verso di
lui. «Dimmi un po', Klaus. Cosa speri di ottenere?» si
fermò a pochi centimetri dal suo volto. «L'hai
uccisa, Klaus» rivelò enfaticamente, facendo spalancare
gli occhi dell'ibrido. «Credi davvero che basti ricomporre
il pugnale per risolvere i tuoi problemi? Credi davvero...che lei
sia disposta ad aiutarti? L'hai uccisa, Klaus» Harris si
divertì a dare un tono teatrale alle sue affermazioni, in
fondo il suo intento era proprio quello di sbeffeggiarlo fino a dare
una profonda pugnalata al suo borioso senso di onnipotenza. «Come
fai a saperlo?» bisbigliò. Lo sguardo di Klaus si
perse in un riaffiorare di ricordi. Tanto antichi quanto rinnegati.
Ricordi della sua famiglia. Della tirannia di suo padre, del rapporto
solido con i fratelli e di sua madre: la strega originaria. Ricordò
l'attimo in cui scoprì cos'aveva fatto. Aveva creato un
pugnale in grado di ucciderlo. Ricordò la rabbia, la
delusione, il senso di smarrimento ed infine la furia che lo aveva
portato ad ucciderla. Era stato tradito da colei che lo avrebbe
dovuto solo amare e proteggere. Era stato ingannato dal fugace attimo
in cui aveva creduto alle sue parole “Non è come
credi, Niklaus. Dovevo ristabilire l'equilibrio che io stessa ho
turbato. Nessuno può essere immortale, la natura non lo
concede, ma tu sarai un fiore di loto, figlio mio. Devi credermi.
Devi solo accettare quello che ho in serbo per te e andrà
tutto bene”. Come poteva crederle? Quella donna aveva
segnato la sua condanna a morte, e ucciderla, ripagarla con la stessa
moneta, era l'unica cosa giusta da fare. L'aver bisogno di lei per
completare la trasformazione era il torto più crudele che
potesse serbargli il destino. Il pensiero di dover rifare i conti con
quella donna lo faceva infuriare; perché lo costringeva a
riprendere il contatto con quel piccolo angolo della sua soffocata
coscienza in cui riviveva l'insopportabile dolore di quel tradimento.
Ma non importava; avrebbe trovato un modo per costringerla ad
aiutarlo. Proprio come avrebbe fatto con Harris. La rabbia colorì
il suo viso per poi farlo sbiadire velocemente; e dopo aver
riacquistato distanza da quei tormentati ricordi, risollevò il
volto per incrociare gli occhi della strega. «Beh, è
il vantaggio dell'essere morti. La conoscenza diventa un grande dono
condiviso e puoi sapere tutto ciò che hai sempre desiderato
conoscere. Ma è un vantaggio spietatamente ironico: finalmente
sai ogni cosa, ma non puoi più intervenire in alcun modo...»
mentre parlava, Philiph giocherellava con il bicchiere posto sul
bancone. «Beh, questo è un dettaglio irrilevante. La
costringerò a parlare proprio come costringerò te!»
«Fa pure Klaus. Minacciami quanto ti pare. Non vedo l'ora
di sentirmi spaventato...» ancora una volta il tono dello
spirito fu beffardo e insolente. «Troverò, torturerò
e ucciderò ogni singola persona con cui condividi anche il più
insignificante frammento genetico. Cancellerò la tua intera
discendenza dalla faccia della terra nel più atroce dei
modi...» «Mi dispiace per lo zio Thomas, allora. È
l'unico parente in vita che mi resta. Anche se con i suoi novantatré
anni... penso che abbia fatto il suo qui sulla terra...» Harris sorrise. Con le persone che più amava, Summer e Lily, non condivideva nessun legame di sangue; e quella era solo l'ennesima minaccia a vuoto da parte dell'ibrido. Klaus
ne aveva davvero abbastanza di sentirsi preso in giro da quell'uomo.
La sua pazienza arrivò al limite. «Per l'ultima volta: dimmi dov'è il Grimorio!» afferrò nuovamente il
collo della strega, questa volta con più forza e con uno
sguardo furente privo di ogni briciolo di lucidità. «Arrenditi,
Klaus. Non c'è più nulla che tu possa fare»
farfugliò con la difficoltà imposta dalla violenta
presa, e infine sul suo volto comparve un ultimo dileggiante
sorriso. Un secondo dopo, le iridi della strega ritornarono
normali e Klaus se ne accorse lasciando la presa. La donna prese una
sonora boccata d'aria toccandosi il collo dolorante: non ricordava
assolutamente nulla di quanto fosse accaduto. L'ibrido si
allontanò da lei. Con rabbia prese uno sgabello e lo usò
per scaraventare in aria tutti gli alcolici sistemati sul bancone e
poi, con un'altra mossa lo sbatté sul ripiano rompendolo. I
due piedi di legno gli rimasero nelle mani, e in quell'attimo Klaus
focalizzò l'immagine di ciò che considerava la causa di
tutte le sue sventure. Colei che l'aveva obbligato a quel calvario
scappando di fronte al destino, pur di continuare a condurre un'inutile e miserabile esistenza: Katherine. Se fosse stata un tranquillo
agnello sacrificale, come il fato aveva stabilito, niente di tutto
quello sarebbe accaduto, e lui avrebbe già avuto il suo fedele
esercito. Era colpa sua. Lei era la causa di ogni sua sciagura! Con
un volto segnato dalla ferocia, gettò a terra uno dei due
pezzi di legno e brandì l'altro a mo' di paletto. Percorse con
velocità la distanza che lo separava dallo scantinato e poi,
con un calcio, staccò la porta dallo stipite facendola
scivolare lungo le scale. Katherine sentì il forte boato, ma
non ebbe il tempo di realizzare cosa fosse stato a provocarlo. Un attimo dopo, si
ritrovò l'ibrido ad un palmo dal naso. L'aveva sollevata da terra afferrandola per la gola, e nella mano destra stringeva con forza
un paletto improvvisato. Il suo sguardo non l'aveva mai terrorizzata tanto. «Le tue preghiere sono state
esaudite, Katerina. La mia vendetta inizia adesso!» Klaus la colpì
nell'addome con rapidità e forza. Da quel preciso momento, la vampira non avrebbe più avuto nessun attimo di pace.
***
***
Alaric
sedeva al bancone del Grill in compagnia del suo più caro
amico: il bourbon. Solo l'alcool riusciva ad ascoltare il flebile
suono della sua angoscia e a dargli una brillante soluzione ai suoi
problemi, che si traduceva in una semplice assunzione di altro
alcool. Il Mystic Grill, quella sera, era particolarmente popolato
di adolescenti. Tutti volti che incrociava puntualmente ogni mattina.
Era il grande difetto di Mystic Falls: pochi locali e sempre la
stessa gente; ma quando l'uomo buttò un'occhiata fugace alla
sua sinistra, verso l'entrata, un volto nuovo catturò la sua
attenzione. Una donna, nel tentativo di trovare chissà cosa
all'interno della sua borsa, aveva finito per rovesciarne a terra
l'intero contenuto. Nessuno accorse in suo aiuto, ed anche Alaric
si limitò a guardarla incuriosito. La donna aveva un
aspetto maturo, forse aveva la sua stessa età se non maggiore;
aveva dei lunghi capelli corvini, lisci e splendenti, gli occhi neri
e la carnagione vagamente abbronzata. L'aspetto snello e
l'abbigliamento curato accesero in Alaric quella maschile propensione
alla caccia che in lui era da tempo assopita. La signora si
sedette a qualche sgabello di distanza e si guardò intorno con
aria seccata; forse anche lei era infastidita da tutti quei ragazzini
che facevano confusione. Per un secondo il suo sguardo si posò
su Alaric, ma fu solo un'occhiata rapida e veloce; poi ordinò
da bere guardando il display del suo cellulare. Alaric osservò
il fondo del suo bicchiere. Sapeva bene che non stava facendo altro
che farsi trascinare dalla vita senza reagire in alcun modo. Ma non
gli andava di combattere, e nessuno poteva impedirgli di condurre
quella sorta di non vita; eppure quella donna accendeva in lui una
strana curiosità, così pensò ad un possibile
approccio per poi annientare quell'idea giusto un secondo dopo. No.
Non gli andava, pensò prima di bere l'ultimo sorso
dell'ennesimo bicchiere. Il barista servì un Martini alla
donna, e questa, con un gesto maldestro quasi assurdo, si versò
metà del contenuto addosso: dritto sull'aderente gonna a
tubino. Alaric la guardò ancora, e sulla sua bocca comparve
un mezzo sorriso. «Questa non è una delle sue
giornate migliori a quanto vedo...» azzardò con un
approccio disinteressato all'esito. Non aveva sfoderato nessuna frase
da rimorchio, perché se l'istinto l'aveva incitato a parlare
la ragione l'aveva poi smorzato con una fredda indifferenza. La
donna, mentre si asciugava con dei tovagliolini, voltò lo
sguardo verso di lui e sorrise con educazione. «Ammetto...
di essere una persona maldestra» disse, per poi ignorarlo e
tornare al suo drink. Alaric la guardò incuriosito e poi
fece segno al barista di raggiungerlo. Poco dopo alla donna venne
servito un altro Martini. «Da parte del signore»
aggiunse il ragazzo. La donna si voltò nuovamente verso
Alaric, e gli fece un sorriso che lo incitò ad annullare la
distanza di due sgabelli che li separava. «Beh, grazie!»
la donna afferrò il bicchiere e lo sollevò per
ringraziarlo. «Però, mi raccomando, questo è
per lei: non per la sua gonna!» Alaric non era proprio in vena
di un approccio galante. L'alcool e il suo risentimento nei confronti
della vita l'avevano prosciugato di ogni fantasia: di quella speranza
nell'amore che ti invoglia e ti spinge con predisposizione verso le
alte persone. La donna, sorpresa e divertita da quell'atteggiamento,
gli porse la mano con un sorriso «Clarissa Parker».
«Alaric Saltzman» disse, notando la fermezza della
sua stretta. Clarissa, ritirando la mano, col gomito urtò
il bicchiere vuoto, rovesciandolo sul tavolo, ma senza farlo
rompere. Alaric fece l'ennesima espressione divertita. «Beh,
Clarissa Parker, lei è una donna davvero imbranata» il
tono di Rick fu affabile al punto da far passare quelle parole
proprio per ciò che erano: una constatazione obbiettiva. Lei
prese il bicchiere per rimetterlo nella giusta posizione abbozzando
una risata. «E lei, Alaric Saltzman, è un uomo che
non teme di sembrare un maleducato» anche lei pronunciò
quella frase con un tono canzonatorio ma allegro. Alaric le
sorrise con una sorta di amarezza. «In effetti hai centrato
in pieno il problema, Clarissa. Se fossi ancora il tipo d'uomo che si
preoccupa dell'apparenza forse non starei ad ubriacarmi in un bar
pieno di miei studenti!» La donna lo ascoltò con
interesse. A prima vista le sembrava un brav'uomo, ma era ovvio che
fosse tormentato da qualcosa. Sorrise, pensando di aver trovato una
buona compagnia. In un momento simile, forse non avrebbe tollerato un
tipo allegro e felice. «Quindi sei un professore...»
affermò, decidendo di non addentrarsi in faccende personali.
«Di storia...e tu?» «Chirurgo» Alaric
la guardò allibito sperando che stesse scherzando. «Mi
aspettavo che facessi quella faccia. Ebbene sì, sono un
chirurgo. Ed anche molto rinomato. Il problema è che sono così
concentrata durante le ore di lavoro che quando esco dall'ospedale
divento un'imbranata cronica. Ecco svelato il mio terribile segreto»
fece con enfasi. «Beh, il tuo segreto è al sicuro. Ma
sappi che, nonostante questa rivelazione, da te non mi farei operare
comunque: non dopo averti vista maneggiare quel Martini!» Clarissa
non riusciva a capire il suo comportamento. Voleva chiaramente
abbordarla eppure le sue parole erano un continuo inno al
menefreghismo. Rise di gusto: quell'uomo la divertiva. «Quindi
lavori all'ospedale. Eppure non ti ho mai vista...» la sua
acquisita diffidenza lo portò dritto al sodo. «Non
mi hai mai vista perché sono di Los Angeles» il suo tono
fu abbastanza tranquillo, ma Rick volle sapere di più. Ormai
era più forte di lui: non si fidava dei volti nuovi. «E
cosa ti ha portata a Mistyc Falls?» Lo sguardo della donna
si fece improvvisamente serio e triste. «Diciamo che sono
venuta a fare visita ad un'amica...» «Allora come mai
sei qui tutta sola?» Clarissa voleva evitare l'argomento;
eppure trovò stupida l'idea di mentire. Pensò che il
suo dolore glielo si poteva leggere sul volto, quindi optò per
la verità. «È morta il mese scorso. Sono venuta a
portare dei fiori alla sua tomba» Si odiava per non averlo
fatto prima. La sua amica era stato un pilastro fondamentale della
sua esistenza, eppure il suo lavoro non le aveva concesso di recarsi
lì neanche per il suo funerale. Ricordò tutto quello che
l'amica aveva fatto per lei. Di come l'aveva aiutata a superare uno
dei drammi focali della sua vita facendole accettare la sua terribile
natura. Sarebbe stata sempre in debito con lei. Nonostante la sua
morte. «Mi dispiace...» Alaric si sentì a
disagio, ma nessuno meglio di lui poteva capirla. Lei
sorrise. «Beh, è ora che vada. Grazie per il drink»
nonostante la piacevole conoscenza, non le andava più di stare
in mezzo alla confusione. Alaric le fece un sorriso dolce. «Ti
rivedrò, Clarissa?» Lei, prima di rispondere, esitò
qualche istante. «Resterò qui solo per qualche
giorno...» voleva dirgli di no, ma poi il continuo non combaciò
con l'intento iniziale «ma sono stata invitata al Gala di
Beneficenza e...in effetti mi farebbe piacere avere un
accompagnatore» «Beh, Clarissa, oltre ad assere
imbranata sei davvero sfacciata...» disse ironicamente,
facendola sorridere ancora «volentieri!... Ma so che si tratta
di un evento riservato alle famiglie fondatrici. Come hai ottenuto
l'invito? Hai qualche parente qui a Mystic Falls?» non mollava,
ormai la diffidenza era insidiata in ogni sua cellula. «No.
Infatti è stata il sindaco ad invitarmi. È la cognata della
mia... defunta... amica» Alaric si sentì lievemente
turbato. Non poteva crederci. I suoi sospetti, che sembravano a lui
stesso il frutto di una cautela portata all'esasperazione, si erano
alla fine rivelati fondati. «Quindi la tua amica era...»
«Blair Lockwood, la conoscevi?» chiese lei, con una
certa innocenza. Rick, sentendo nuovamente quel nome, ricordò
ogni cosa di quei giorni, ma soprattutto ricordò ciò
che Blair gli disse quando andò a trovarla all'ospedale “Damon
deve stare attento a ciò che fa. Posso assicurarle, signor
Saltzman, che se dovessi morire per mano di quel vampiro, la cosa non
resterebbe impunita”. «Solo di vista...» si
limitò a dire, mentre mille supposizioni prendevano vita nella
sua testa. Lei annuì «Allora, domenica alle otto?»
«Perfetto» Alaric le sorrise e la vide allontanarsi.
Poi svuotò il suo bicchiere di bourbon facendone un solo
sorso. Doveva parlare al più presto con Damon.
Angolino
di NaNa*** Eccomi
ritornata dopo una lunga assenza^^ Questo capitolo è
davvero lungo e immagino che me ne starete dicendo di tutti i colori
xD Sorry! Ma pensate che questo capitolo non è altro che
“l'inizio della fine” La scena iniziale, ovviamente,
è quella della 2x01 e penso che l'abbiate riconosciuta subito.
Come sempre, ripeto che queste scene hanno il loro perché
all'interno della storia, altrimenti eviterei di mettercele, visto
che sono scene abbastanza note^^ In questo capitolo c'è
poco “Dammer” semplicemente perché nei prossimi
tutto sarà incentrato su di loro. Anzi, su Damon *.* Altra
cosa: una volta finita la fic scriverò una one shot che
parlerà solo ed esclusivamente degli originari. Questo per una
semplice questione di completezza. Ho preferito non inserire quello
che vorrei scrivere in “formato flashback” perché
i capitoli stanno già diventando molto lunghi e perché
il finale dovrebbe essere abbastanza chiaro anche senza. Non è
altro che un mio sfizio dettato dalla voglia di coerenza^^ In
definitiva non sarà altro che una “lettura facoltativa”
fatta per chi volesse avere un quadro più completo^^ Sono
stata bloccatissima in questo mese e questo capitolo è stato
uno dei più difficili da terminare, quindi ringrazio tutte le
dolci pulzelle che mi hanno lasciato una parolina d'incoraggiamento.
Siete state davvero vitali^^ Ringrazio anche chi ha messo questa
fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite E i lettori anonimi^^ Vi
adoro tutti!!! Spero di non avervi annoiato con questo papiro, e
vi saluto sperando di poter aggiornare presto^^ Un bacione
gradissimo NaNa***
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Capitolo 48 *** Quarantottesimo Capitolo ***
***
24 Dicembre ***
La
luce di un sole soffocato dalle nuvole donava alla stanza un bagliore
grigio e azzurrino. Damon si stava intrufolando sotto le coperte
accanto al corpo di Summer. Non gli importava di svegliarla, anzi:
il vampiro era particolarmente motivato ad infastidirla. Doveva
svegliarsi subito! L'imperativo di quella particolare giornata era:
portarla ad una dolce esasperazione! La ragazza gli dava le
spalle, e lui le si accostò spostandole i capelli per
lasciarle dei piccoli baci sul collo. Summer percepì la presenza
del vampiro tra la veglia e il sonno; poi una sorta di piacevole
solletico la fece definitivamente svegliare. Sorridendo e tenendo gli
occhi ancora chiusi, le uscì un mugolio godereccio nonostante
le labbra serrate, e il vampiro sorrise a sua volta. «Fingere
di dormire non ti salverà dalle mie molestie!» disse,
con un tono fintamente minaccioso, mentre le accarezzava il
braccio. «Cosa ti fa credere che voglia salvarmi?» lei
afferrò la sua mano, e la portò al petto costringendolo
ad abbracciarla. Questa volta il mugolio uscì dalle labbra
del vampiro, che da leggermente sollevato sul gomito si lasciò
andare poggiando il capo sul cuscino. «Da quando ammetti
così apertamente di essere pazza di me?» la sua
tracotanza era mattiniera quanto lui. «Io non sono pazza di
te, Damon. Al massimo, mi fai diventare pazza: il che è
ben diverso!» con un'espressione divertita, Summer prese il telefono dal suo comodino per
controllare l'ora. Il vampiro, anche se stava alle sue spalle,
fece ugualmente una smorfia fintamente infastidita e, con prepotenza, le mise una
mano sul ventre per avvicinarla a sé. «Adoro quando
mi istighi al sesso violento già di primo mattino!» le
diede un giocoso morsetto sulla spalla, e lei rise per poi sospirare
debolmente. «Spiacente, Damon. Dovrai vendicarti un'altra
volta! È tardi. Dobbiamo sbrigarci» si divincolò
dalla sua presa per alzarsi, e per recuperare la vestaglia lasciata
disordinatamente su una poltroncina. «Oggi ho da fare. Non
ho tempo da perdere nelle case altrui. Quindi ritorna immediatamente
qui, e subisci la tua punizione!» asserì con la solita
presunzione, mettendosi supino e con le mani intrecciate dietro la
nuca. Summer s'infilò la vestaglia e lo guardò
incuriosita; poi poggiò un ginocchio sul letto e gattonò
verso di lui. «E quale reato avrei commesso... esattamente?»
fece con un tono civettuolo, mettendosi a cavalcioni su di lui, e
avvicinandosi con le labbra al suo collo. «L'imputata non
ammette di essere pazza del qui presente, e questo reato è
punibile con una lunga serie di sculacciate...» le afferrò
i glutei con una sensuale prepotenza. «E cosa posso fare per
ridurre la mia pena, signor Giudice?» Summer continuò a
stuzzicargli il collo fino ad arrivare al lobo
dell'orecchio. «Beh...mi vengono in mente un bel po' di
cose...» mormorò, con voce eccitata; ma lei
s'immobilizzò di colpo alzando la schiena per mettersi dritta
«Cos'hai di tanto importante da fare?». Da quando il
vampiro aveva impegni? Un dubbio di nome Elena le pizzicò il
petto. «Summer...siamo nel mezzo di cose più importanti!» asserì contrariato, muovendosi agitato sotto di
lei, per poi alzarsi a sua volta con la schiena per raggiungerla e
baciarla; ma lei si scostò all'indietro di qualche centimetro
«Andiamo, voglio saperlo...». Damon alzò gli
occhi al cielo e si rigettò sul materasso «Non sono
affari tuoi» disse, con un sorrisetto dispettoso, rimettendo le
mani dietro la nuca. «Bene. In questo caso, ti auguro una
buona giornata, Damon!» Summer si alzò repentinamente.
Se l'intento del vampiro era quello d'indispettirla, c'era riuscito
perfettamente! «Cosa?! Dove credi di andare?!» le si
materializzò di fronte con velocità, e le poggiò
le braccia sulle spalle serrandosele con una stretta di mani. «Non
dimenticare che abbiamo stabilito delle regole...» con il suo
tono fascinoso e irriverente, le ricordò la sola e unica
regola che avevano stabilito “Fare sesso prima di uscire di
casa!”. «Beh, come avrai capito...oggi mi va
d'infrangere la legge!» la ragazza si divincolò
riuscendo ad uscire dalla stanza, ma il vampiro le si parò
nuovamente davanti, questa volta mettendole le mani sulle spalle con
delicatezza. «Summer...non fare cose di cui ti
pentiresti...» le suggerì, con una sorta di cantilena
apprensiva, intrisa di presunzione. «Sai benissimo che mi
implorerai di tornare presto a casa. Ed in quel caso, non so se mi
andrà di essere clemente dopo un simile...oltraggio alla
Corte!» la guardò famelico, com'era solito fare durante
i loro battibecchi, ma Summer ricambiò con un'occhiataccia di
sfida. Non riusciva a controllare la sua gelosia; ed il solo
pensiero che lui potesse passare la giornata con Elena la mandava al
manicomio. «Beh, Vostro Onore, è un rischio che sono
disposta a correre...» con un gesto degli avambracci si liberò
dall'ennesima presa del vampiro, che la guardò con collera. Si
affrettò a scendere le scale, e Damon continuò ad
osservarla stranito, interrogandosi su quella strana reazione.
***
***
Damon
uscì da un piccolo negozietto con un'espressione soddisfatta
dipinta sul volto. Mentre si avviava per un'altra stradina, prese il
telefono dalla tasca posteriore del jeans e chiamò
Alaric. «Damon! Finalmente! Sono giorni che provo a
chiamarti!» «Lo ammetto: sono stato poco reperibile
ultimamente. Ma ho letto il tuo messaggio. Allora? Di cosa devi
parlarmi con tanta urgenza?» «Sono cose di cui
dobbiamo discutere da vicino...» «Hai finalmente
trovato un bravo ragazzo con cui sistemarti?» La voce di
Alaric era diventata improvvisamente seria, e Damon sentì
l'obbligo di smorzare quell'enfasi! «Non fare l'idiota»
lo redarguì l'umano, mantenendo un tono calmo. «Tra
mezz'ora al Grill!» Damon arrivò alla sua
macchina. «Perfetto»
***
***
Summer
camminava per le stradine di Mystic Falls senza una precisa meta.
Damon era uscito per fare chissà cosa, chissà dove, e
la gelosia, il pensiero che ciò che stesse facendo potesse in
qualche modo riguardare Elena, la logorava con un male piccolo ma
fastidiosamente continuo. Sui marciapiedi regnava una patina di
ghiaccio, e all'estremità dei palazzi troneggiavano dei
piccoli cumuli di neve. Il suo sguardo si posava distrattamente
sulle vetrine e sulle lucine che addobbavano i locali. Un'idea
malsana le passò per il cervello, e subito capì che
avrebbe combattuto tutto il giorno con quella stupida scelta, ma non
poteva ignorare che fosse la Vigilia di Natale. Si ritrovò
nella zona residenziale. Passò di fronte a un'abitazione che
ancora doveva essere ispezionata e si fermò. Attraverso la
finestra, vide un'allegra famiglia che addobbava l'albero. Pensò
che fosse giusto prendersi qualche giorno di pausa. Non era bello
entrare nelle case altrui e soggiogare le persone interrompendo dei
calorosi attimi familiari. Ricordò il fervore natalizio che
caratterizzava il signor Harris in quei giorni. Lui, le lucine, le
decorazioni: in quel periodo dell'anno, ritornava ad essere un
bambino, e con il suo entusiasmo coinvolgeva tutte le persone che gli
orbitavano intorno; pesino Summer, che il Natale l'aveva sempre
detestato. Con Philiph tutto aveva ritrovato un significato, ma
questo si era poi perso dopo la sua morte. Summer non l'aveva più
festeggiato, e in quel momento capì come avrebbe passato il
resto della sua giornata. Non voleva tornare ad essere la ragazza
chiusa e indolente di un tempo. Non era più una ragazzina: era
tempo d'imparare ad affrontare i dolori e a cacciarli fuori, perché
tenerseli dentro non faceva altro che logorarle l'anima. Harris e
Kendra non c'erano più: doveva accettarlo e andare avanti,
nonostante tutto. E poi, forse, sarebbe anche riuscita a non pensare
a Damon insieme ad Elena.
***
***
Alaric
avanzò il primo passo all'interno del Grill. Diede un'occhiata
rapida all'intero locale e, tra la confusione, scorse la figura del
vampiro sistemato ad un tavolo, che sorseggiava una birra. Si
avvicinò a lui con un passo rapido. «Sei qui da
molto?» «Qualche minuto. Non credere che ti stessi
aspettando con ansia: sono in buona compagnia...» il vampiro
alzò leggermente la mano per mostrargli la bottiglia. Alaric
si liberò del cappotto e si sedette di fronte a lui. «Allora?
Come mai quest'urgenza di parlarmi?» fece il vampiro, con la
solita insofferenza. Rick si guardò intorno, appoggiò
i gomiti sul tavolo, e si protese leggermente verso di lui. «Qualche
giorno fa, qui al Grill, ho conosciuto una donna...» «Beh,
mi fa piacere che tu stia uscendo dal letargo, ma non era il caso di
disturbarmi...» Damon fece uno dei suoi soliti sorrisi
provocatori, e l'umano scosse lievemente il capo con
rassegnazione. «Questa donna...era amica di Blair
Lockwood» Il vampiro elaborò quell'informazione,
cestinando immediatamente ogni sorta di preoccupazione a
riguardo. «Pensi che sia la famosa persona in cerca di
vendetta?!» caricò quella domanda di un'inquietante e
artificiosa enfasi, appunto perché non si sentiva minimamente
intimorito. «È quello che credo, sì»
Alaric cercò di riportare la giusta serietà al
discorso, ignorando i suoi teatrini. «Di un po'...com'è
questa donna?» il tono sospettoso di Damon aveva un qualcosa di
velatamente allusivo. «Beh, è una donna che a prima
vista sembra un'imbranata, ma in realtà è sveglia...
intelligente...ed anche molto attraente» mentre parlava, Alaric
fece cenno al cameriere di portargli lo stesso che stava bevendo
l'amico. Nella distrazione non colse la subdola insinuazione del
vampiro, così andò a parare proprio dove lui voleva
portarlo. «Umn...capisco...» mormorò, con la
solita presunzione di chi crede di aver intuito tutto. «Cosa?»
questa volta, all'uomo non sfuggì quella sottile nota di
saccenteria. «Beh, per come la vedo io: hai conosciuto una
donna che ti interessa. Sei attratto da lei, e non vedi l'ora di
farci sesso, ma, ormai, sei convito che tutte le donne che finiscono
a letto con te siano condannate a morte certa! Trova un modo per
superare la cosa, Rick, se non vuoi che ti venga data una verginità ex novo...
ad honorem!» L'uomo ingoiò quel boccone amaro
mantenendo un'espressione neutra. Di certo non poteva mostrare di
sentirsi ferito; né tanto meno poteva aspettarsi del tatto da
parte di uno che spezzava colli con la facilità con cui si
svita il tappo di una bottiglia. «Non è così...»
si limitò a dire, cercando di controllare il tono della sua
voce. «Ah, no? Hai detto di averla conosciuta
qualche giorno fa. Non stiamo in una metropoli. Se mi stesse
cercando, mi avrebbe già trovato. E ti posso assicurare che
non ho avvertito niente di strano: nessun pedinamento, nessuna
minaccia di morte e neanche il più impercettibile presagio di
sventura! Ti stai allarmando inutilmente. Probabilmente questa donna
non sa niente di questa storia, e forse − dico forse −
potrebbe essere colei che smuoverà la triste esistenza che ti sei
auto-imposto; ed invece, con questo tuo atteggiamento da uccellaccio
del malaugurio, mi costringerai a versare il suo sangue e a
prolungare la tua astinenza da sesso... per nulla». Terminato
il suo discorso, Damon bevve un sorso di birra. Alaric gli lanciò
un'occhiata guardinga. «E da quando per te sarebbe un
problema spargere il sangue di un innocente?» Il vampiro
deglutì visibilmente e lo fulminò con lo sguardo. «Non
lo è, infatti» «Stai sottovalutando la cosa,
Damon. Questa donna può essere pericolosa... e tu hai scelto
il momento meno indicato per innamorarti» «Cosa?!»
gli uscì con un tono di voce leggermente acuto, e seguito da
un flebile colpetto di tosse, che aveva lo scopo di liberarlo
dall'aria rimasta nei polmoni − in quel momento stretti in una
strana morsa. Mise un gomito sullo schienale del divanetto, e
concentrò la vista sul punto più lontano del
locale. «Io non sono innamorato di Summer» asserì,
con un sottofondo quasi impercettibile di risatina gutturale,
contraendo gli zigomi in un sorriso semi-aperto di cui non era
consapevole. Alaric lo guardò allibito. Ma chi diavolo
voleva ingannare? I suoi modi ortodossi e la parlantina
irriverente non erano cambiati, ma il suo volto era un manifesto di
serenità. «Chi ha parlato di Summer?...» fece,
con un sorrisino sornione. Damon, ancora una volta, lo incenerì
con lo sguardo. «Andiamo, ammettilo! Summer è
passata dall'essere la tua distrazione, all'essere la causa di quel
sorriso idiota che hai stampato sulla faccia. E tutto
quest'ottimismo?! Da dove esce?! Andiamo, Damon...ammettilo!» Intanto
un ragazzo portò l'ordinazione di Alaric. «Ammetto...»
iniziò, rimarcando la parola con durezza «che la sua
compagnia non mi dispiace; che è senza dubbio una bella donna,
e che il sesso tra noi è...fenomenale!» Il vampiro
s'interruppe per poi continuare quella sorta di
auto-analisi. «Ammetto... che mi diverto a battibeccare con
lei, che mi piace sentirla canticchiare e che...» per un attimo
il suo sguardo si perse addolcendosi «adoro quando sorride e
gira il volto di lato come per nascondermelo...» ma poi si
ridestò indurendo nuovamente i suoi lineamenti «ma
definire queste cose amore...è ridicolo!»
concluse, con una marcata asprezza. «Giusto, perché
per te l'amore non è altro che correre dietro alle ragazze
innamorate di tuo fratello!» «Di un po', Rick? Da dove
proviene tutta quest'indole romantica? Se il tuo nuovo hobby è
quello di scrivere romanzi Harmony, non contare su di me come fonte
d'ispirazione!» In quel momento, il telefono di Damon vibrò;
e subito lo liberò dalla tasca del jeans per leggere il
messaggio che gli era appena arrivato: “Avevi ragione: non
vedo l'ora di vederti rientrare in casa. Muoio dalla voglia di fare
con te... quello che ho in mente da stamattina. Torna presto!
Summer.”. Damon sorrise con soddisfazione, ma nel suo
stato d'animo non mancò un sentore di sospetto: non era da lei
arrendersi così facilmente, né tanto meno sbandierare
così apertamente la resa. «Ora, se vuoi scusarmi,
Rick. Ho di meglio da fare...» Damon si alzò e indossò
la sua giacca di pelle nera. «Aspetta! Cosa intendi fare
con Clarissa?» Il vampiro sembrava eccessivamente
tranquillo a riguardo, ma Alaric, al contrario di lui, si sentiva
agitato: forse perché riconosceva la sua parte in quei tragici
eventi. «Umm... È così che si chiama la donna
pericolosa...e sexy?» Damon tirò su la lampo, e lo
guardò con il solito modo di fare ammiccante. «Sii
serio...almeno ogni tanto» «Beh, io non farò un
bel niente, Rick. L'unico che dovrebbe fare qualcosa, o meglio farsi qualcuna , sei tu.
Credimi: ne hai bisogno!» lasciò i soldi sul tavolo e si
mosse di qualche passo, prima che la voce di Alaric intervenisse per
fermarlo. «Verrà al Gala di Beneficenza. Tu ci
sarai?» Damon ci ragionò per qualche
istante. «Sì...penso proprio di sì»
ancora una volta si girò per andarsene, ma Alaric bloccò
nuovamente la sua fuga, facendolo rigirare nella sua
direzione. «Damon...Buon Natale» disse con voce
pacata, col preciso intento d'indispettirlo; e, come previsto, la
reazione del vampiro fu una smorfia nauseata disegnata, però,
su un'espressione divertita.
***
***
Summer,
davanti allo specchio della sua camera, visionava attentamente il suo
look. Aveva improvvisato una mise natalizia con dei pantaloncini
rossi con una piccola cintura nera, degli stivali neri, una camicetta
bianca e il rigoroso cappello della ricorrenza. Pensò al
messaggio che aveva mandato a Damon qualche ora prima, e si sentì
avvampare. E se fosse stato con Elena? Uno scherzetto innocuo si
sarebbe trasformato in un trionfo d'umiliazione. In quel momento, fu
pervasa da una voglia di autolesionismo. Magari delle testate nel
muro l'avrebbero deconcentrata da quell'opprimente sensazione, ma un
rumore d'auto la salvò da quegli intenti. Uscì dalla
stanza e percorse con rapidità le scale; poi poggiò le
spalle alla parete tenendo le mani incrociate dietro la
schiena. Damon fece il suo ingresso e sorrise vedendola conciata
in quel modo. Le si avvicinò con dei passi calmi e sicuri, e
con altrettanta tracotanza si liberò del suo giubbotto
lanciandolo sul primo mobile nei paraggi. «Devo ammettere
che non mi aspettavo di vincere con tanta facilità. Sono
piacevolmente sorpreso...anche se non dovrei esserlo. Sei pazza di
me: il tuo messaggio è stato molto chiaro a riguardo»
uno sguardo arrogante precedette un bacio sulle labbra che
rapidamente si spostò sul collo. Summer sorrideva
lasciandolo gongolare. Il vampiro appoggiò una mano alla
parete e con l'altra le accarezzò la gamba. «Quindi
ti perdono...e mi sta anche bene che tu voglia cambiare giochino...»
nuovamente, le sue labbra si posarono sul collo della ragazza
emettendo dei piccoli gemiti. «Sono stato un bambino molto,
molto cattivo, Mamma Natale, ma non ho la minima intenzione di
rinunciare ai miei giocattoli! Come la vogliamo mettere?!»
disse, con un tono da seduttore diabolico ed irriverente, più
che da bambino. A Summer sfuggì una breve risata, ma poi lo
guardò simulando uno sguardo compassionevole. «Mi
dispiace deluderti, Damon, ma hai chiaramente frainteso il mio
messaggio» Damon s'immobilizzò guardandola
contrariato, e Summer, con un sorriso radioso, ne approfittò
per prenderlo per mano e condurlo in salotto. Damon vide un enorme
albero di Natale montato accanto al camino, e una confusione di
scatoloni e luci aggrovigliate sparsi un po' ovunque. «Ho
già sistemato le luci, dobbiamo solo decorarlo!» disse
con gioia, facendogli capire che ciò che moriva dalla voglia
di fare con lui era appunto decorare l'albero. «No!»
la sua voce restò bassa e tranquilla, ma il vampiro scosse il
capo per palesare tutto il suo dissenso «toglitelo dalla testa!».
Un ennesimo sguardo le fece capire quanto ritenesse insensata
quella proposta: non avrebbe mai fatto una cosa del genere,
soprattutto se l'alternativa era fare sesso! Si girò per
allontanarsi, ma la voce di Summer lo immobilizzò. «Hai
ragione, è una cosa stupida. Tra l'altro questa è casa
tua...sono stata invadente...» si rattristì di colpo. La
reazione del vampiro era stata più che giusta. Che diavolo le
era saltato in mente? Eppure, lo aveva fatto solo per distrarsi, per
non trascorrere quei giorni festivi a compatirsi con il ricordo di
momenti felici ma troppo lontani. In quel momento, la risposta di
Damon aveva fatto crollare quella speranza di evasione, facendole
provare solo un tremendo imbarazzo.
Let
Me Fall For You - David Cook
“Mi
sbagliavo, mi sbagliavo, Pensando che il mio cuore potesse essere
solo mio. Ero forte, ero forte, Quando ho avuto un motivo per
resistere. Fammi innamorare, Fammi innamorare di te Fammi
innamorare di te”
Damon
le si avvicinò guardandola con estrema dolcezza e posandole le
mani sulle spalle. «Sì, Summer. Tu sei
decisamente...invadente...»
lo disse perché era la verità. Summer l'aveva invaso
riempiendo i suoi vuoti e le sue giornate. Tutto era ormai intriso di
lei. Soprattutto quella casa, che non gli era mai sembrata tanto sua.
Lei lo guardò con incertezza: la dolcezza del suo tono
contrastava con il significato letterale di quella parola, e non
sapeva cosa pensare. «Ok. Hai vinto...» Damon mise
fine a quel dolce contatto, e si avvicinò al mobile bar per
versarsi dello scotch. «Adesso mi siederò qui, e ti
aiuterò...supportando o biasimando le tue scelte sulla
decorazione - il che dipenderà dall'angolazione in cui vedrò
il tuo fondo schiena mentre metterai le palline. Questo è il
massimo che posso fare, Summer!» si accomodò sul divano,
stendendosi. Lei sorrise scuotendo la testa per i suoi soliti
modi, ma si sentì incredibilmente felice per quel gesto. «Beh,
immagino che dovrò accontentarmi...» prese un paio di
sfere rosse da uno degli scatoloni posti sull'altro divano e si avviò
verso l'albero. Sistemò la prima, e quel gesto fu seguito
con repentinità da un mugolio contrariato del
vampiro. «Sicura?! Io la metterei più in basso...»
pronunciò con un tono sexy, facendole sfacciatamente capire
quell'invito a mostrargli il fondo schiena nella sua angolazione
preferita. Gli occhi della ragazza rotearono con un divertito
avvilimento. «Per me sta benissimo lì dove l'ho
messa, Damon. Se non ti sta bene puoi venire a spostarla tu stesso!»
Intanto, Summer aveva preso altre palline ed era intenta a
sistemarle. Il vampiro si alzò e si avvicinò
all'albero. Con un fare provocatorio, tolse alcune delle
decorazioni che lei aveva sistemato con accortezza. «Che
stai facendo?!» gli chiese con scetticismo. Era chiaro che non
fossero accorgimenti estetici, ma solo tentativi di
provocazione. «Voglio giocare...» sussurrò
diabolico. «A cosa?» il tono di Summer era un misto di
pazienza e rassegnazione. «Beh, mettiamola così. Ho
crudelmente rapito le tue palline e se vuoi riaverle...beh...devi
pagare il loro riscatto!» «Non può definirsi
gioco se va tutto a tuo vantaggio» asserì lei,
ridendo dolcemente. «E invece sì. È la prima
regola dello Strip Christmas: tutto va a vantaggio di Damon» «Umn
e chi le avrebbe scritte le regole di questo gioco?» «Ah,
non ne ho idea. Ma è sicuramente uno a cui devo un grosso
favore. Ora, Summer, se vuoi riavere questa pallina...dovrai
mostrarmi qualcosa di altrettanto bello e...rotondo» gli occhi
del vampiro si posarono sulla sua scollatura con il solito fare
lussurioso. Summer, come sempre, rise girando la testa di lato, e
in quell'attimo Damon si ritrovò ad osservarla, e a pensare
alla conversazione avuta con Rick.
“Non
guardare in basso, non guardare in basso Ormai è troppo
tardi per prenderla con calma. Voltati, voltati Dammi una
ragione per lasciarsi andare Fammi innamorare, Fammi innamorare di
te Fammi innamorare di te”
Si
chiese perché quel gesto gli piacesse tanto, ma poi capì
che le risposta era semplice: perché era lei a farlo. Lei
acconsentì col capo, e dopo, con aria divertita, sbottonò
un paio di bottoni della camicetta facendogli intravedere la parte
alta del reggiseno. Damon la guardò soddisfatto ma denegò
ugualmente col capo. «Questa è una pallina davvero
molto bella, Summer. È persino decorata...Vale sicuramente di
più!» Summer lo guardò negli occhi, e liberò
dai passanti altri due bottoni. Il vampiro poté finalmente
godere appieno della vista di quel reggiseno in pizzo nero e, con
un'aria compiaciuta e infervorata, passò la pallina
incriminata nella mancina, e usò la mano destra per attirare
Summer a sé. Baciò le sue labbra con passione, e poi
afferrò con dolce prepotenza quel morbido riscatto, facendole
emettere un piccolo gemito. Le sue labbra scesero lungo il collo
fino ad arrivare al seno, ma lei interruppe quel contatto con
un'allegra contrarietà. «Penso che questo basti e
avanzi, Damon. Rimettila al suo posto» Il vampiro fece una
smorfia infastidita, e rimise la sfera sull'albero con un gesto
scocciato. «Non è lì che stava!» lo
redarguì con severa dolcezza. «Perché? Cosa
cambia?» «Non vedi? L'hai messa troppo vicina a
quest'altra!» Summer spostò quello scempio estetico,
rimettendola al giusto posto. «E dimmi un po'... su quale
enciclopedia hai studiato la distanza che deve intercorrere tra una
pallina decorativa e un'altra?» Damon riprese il suo
bicchiere di scotch e, appoggiandosi al bracciolo del divano, osservò
con curiosità il modo in cui Summer disponeva i decori. «E'
una cosa che si stabilisce ad occhio, Damon. Ma non te ne faccio una
colpa...voi uomini su certe cose sembrate miopi!» Summer pensò
che fosse il caso di richiudere la camicia per fargli capire di dover
stare buono ancora per un po', e sentì puntati addosso gli
occhi contrariati del vampiro. «Questo perché la
vista degli uomini solitamente si focalizza su cose più
interessanti...non di certo su delle stupide decorazioni!»
“E'
quasi giunto al termine Sono appeso a un filo. Con tutte le
parole che non hai mai detto
Sto affondando Allora
dimmi cosa fare Non ho niente a cui aggrapparmi. Fammi
innamorare di te”
Damon,
rassegnandosi momentaneamente, si riaccomodò sul divano e,
commentucoli dispettosi a parte, per un po' se ne stette tranquillo,
sorridendo alle spalle di Summer, perché divertito da quella
situazione. Di certo, non si sarebbe mai aspettato di passare il
Natale in quel modo. Summer aveva riempito anche quella giornata da
lui tanto odiata. La cacciatrice aveva quasi terminato, quando
avvertì una sorta di lieve frustata sulla spalla. Non capì
cosa fosse stato a provocarla, e si girò spaesata vedendo
arrivare una sorta di lazzo sulla sua testa. Damon aveva ben pensato
di crearlo con un cordone decorativo; ed ora che l'aveva catturata,
stava tirando la corda nella sua direzione. Summer, stando al
gioco, indietreggiò verso di lui, regalandogli quell'illusione
infantile. Il vampiro fece uno dei suoi soliti mugolii
goderecci. «Ho catturato una cacciatrice...davvero ironico!»
disse, per poi baciarle il collo con quella voglia che era stanco di
sopprimere. «Oggi sei particolarmente allegro» Summer
lo disse con gioia, ma poi si gelò di colpo. Nella sua mente
annebbiata dalla gelosia, Damon aveva trascorso la mattinata con
Elena. Era stato questo a renderlo così vivace? «No:
sono particolarmente eccitato...» rispose, continuando la sua
opera. Summer si liberò da quella corda dorata che la
imprigionava, provocando la contrarietà del vampiro, che la
ripagò tempestivamente con una smorfia. «Ho quasi
finito...» il suo tono era spento, così come il suo
sguardo, ma il vampiro la girò verso di sé e la baciò
sulle labbra con intensità. Non voleva mollare, ma Summer mise
fine anche a quel contatto. Damon, visibilmente imbronciato, con
un piccolo gesto del dito indice fece cadere una pallina a
terra. «Damon...» lo canzonò lei, con una
dolcezza che non meritava. «Lo sai che quando non mi presti
le dovute attenzioni divento dispettoso. Quindi non lamentarti!»
Summer scosse la testa con rassegnazione, risistemò il
decoro e si allontanò per prendere lo scaletto. «Cosa
devi fare con quell'affare?» chiese, cercando volutamente di
apparire annoiato. «Devo mettere il puntale, Damon. E la
levitazione non rientra nei miei poteri...» Il vampiro le si
mise alle spalle e si abbassò; poi le cinse le ginocchia con
le braccia e si alzò sollevandola da terra. Summer rise e,
poggiando una mano alla sua spalla, riuscì a decorare anche
l'ultimo pezzo.
“Per
tutto il tempo, per tutto il tempo Tu eri colei che mi ha aiutato
a continuare come un segno, come un segno tu eri la voce che
sapeva la verità Fammi innamorare, Fammi innamorare di
te Fammi innamorare di te”
«Puoi
rimettermi giù ora» «Grazie...»
sussurrò, mentre il vampiro la faceva scivolare su di sé
con sensualità. Summer mise i piedi a terra, ma il vampiro
continuò a stringerla. «E adesso? Cos'altro vuoi
fare?» domandò, con voce calma e calorosa. Summer si
perse nella dolcezza del suo sguardo, e per risposta si girò
gettandogli le braccia al collo per baciarlo. In quel momento,
voleva dimenticare tutti i suoi dubbi e le sue paure per sciogliersi
tra le sue braccia. «Beh, se me l'avessi fatto capire
subito... sarei stato molto più collaborativo!» Damon le
fece un sorriso, per poi ribaciala subito dopo.
“Lasciami
cadere come un sasso nell'acqua Lasciami cadere come un aereo che
cade dal cielo Lasciami schiantare, lascia bruciare tutto il mio
cuore Insegnami a volare”
***
***
Elena
era rintanata nella sua stanza, seduta sulla panca sotto la
finestra. Non le andava di fare nulla, e invano aveva cercato di
distrarsi con uno dei tanti romanzi rimandati da tempo. A tratti, il
suo sguardo si perdeva verso il paesaggio. Sentì suonare il
campanello, e dopo un attimo di incertezza si alzò per andare
alla porta. Osservò il fratello che, nella sua stanza, con le
cuffie ben in vista, scarabocchiava qualcosa sul suo album da
disegno, e proseguì. Quando aprì la porta, dopo
l'ennesimo suono, l'immagine dei suoi amici la stupì facendola
sorridere. Caroline era di fronte a lei, e reggeva una teglia
ricoperta d'alluminio. Al suo fianco c'erano Matt e Bonnie, e più
indietro spiccava la figura di Tyler. Elena fece una smorfia
incuriosita. «Siamo l'associazione “niente muso
lungo a Natale”, passiamo di casa in casa e obblighiamo le
persone a festeggiare» esordì la vampira. Elena
sorrise spalancando la porta. «Accomodatevi» disse
ridendo. «Ragazzi non dovevate, davvero. È la vigilia
di Natale e dovreste stare con le vostre famiglie» Elena cercò
di controllare la sua voce per non farla tremare, ma ugualmente, in
qualche nota, si percepì il suo dolore. Era la Vigilia di
Natale, ma in casa sua non c'era nulla che lo ricordasse. «Beh,
mia madre mi ha mandato un messaggio di auguri da chissà quale
luogo della Florida...» disse Matt, liberandosi del
cappotto. «La mia lavora! ...Come al solito» Caroline
le affibbiò quella teglia di biscotti per potersi liberare del
soprabito. «Mio padre è dallo zio Eric, e sai che
preferisco mille volte stare qui con voi!» asserì,
Bonnie. «E mia madre è così presa
dall'organizzazione del Gala, che a stento si accorgerà della
mia assenza...» concluse Tyler. In quel momento, Jeremy fece
il suo ingresso nel salotto salutando Bonnie con un veloce bacio
sulle labbra. «Cosa ci fate qui?» era sorpreso quanto
la sorella. I due avevano tacitamente stabilito di non festeggiare,
perché non c'era nulla per cui farlo, ma i loro amici, a
quanto pareva, non erano d'accordo! «Vogliono obbligarci a
festeggiare!» spiegò Elena, dirigendosi verso la
cucina. «Esattamente, quindi ora vai in garage, e prendi
l'albero e gli addobbi! Perché la prima fase della nostra
missione è quella decorativa!» Bonnie mise una mano
dietro la schiena del ragazzo per indirizzarlo fuori, e lui annuì
sorridendo.
***
***
Damon
si era allontanato dal corpo di Summer per andare ad alimentare il
fuoco del camino. Compiendo quel gesto, diede un'occhiata di striscio
a quell'albero di Natale facendo un mezzo sorriso. Quando il nuovo
pezzo di legno iniziò a bruciare di una fiamma viva, ritornò
verso di lei, che se ne stava rannicchiata sul divano coperta da un
grande piumone. Damon si accomodò dietro di lei e la
strinse tra le braccia. A quel contatto, Summer si adagiò bene
sul suo corpo emettendo un impercettibile gemito. Il vampiro le
baciò i capelli «Stamattina ho visto Alaric...» Summer
girò il capo per vedere il suo profilo. Improvvisamente, si
sentì leggera. Per tutto il giorno, non aveva fatto altro che
convincersi che lui ed Elena avessero passato la mattinata insieme.
Quella rivelazione improvvisa generò un immediato sorriso, che
però si estinse nel momento in cui il vampiro continuò
a parlare. «Ha detto che probabilmente c'è qualcuno
che vuole farmi fuori. Un'amica di quella donna che ho ucciso il mese
scorso...» Summer si preoccupò immediatamente. Sapeva
che Damon era il tipo di soggetto che collezionava nemici, ma non
aveva mai riflettuto su una simile evenienza. «Cos'hai
intenzione di fare?» si tolse dalle sue braccia per sedersi di
fronte a lui. «Non ne ho idea. Ma a dire il vero, credo non
ci sia nulla di cui preoccuparsi. Ultimamente Rick è parecchio
fantasioso. Succede...quando decidi di rinnegare la realtà!»
il vampiro appoggiò un gomito allo schienale per sostenersi il
capo con la mano. Summer lo scrutò attentamente con
un'espressione impensierita. «Se è preoccupato a
riguardo, evidentemente ha avvertito qualcosa di strano. Dovresti
prendere la cosa più seriamente...» disse risoluta ma
con un tono pacato. Il vampiro le sorrise con mezza bocca. Non
aveva mai elaborato nessun pensiero a riguardo, ma in quel momento
gli giunse una rivelazione ovvia: Summer si preoccupava per lui.
Glielo leggeva negli occhi, e in quell'attimo gli ritornò alla
mente la seconda parte della conversazione avuta con l'amico. «Se
è per questo, Alaric è anche convinto che noi due siamo
perdutamente innamorati l'uno dell'altra...dovrei prendere sul serio
anche questo?» lo disse con calma e con un tono basso, senza
mai togliere lo sguardo dal volto di Summer. Voleva vedere la sua
reazione. Non sapeva perché lo stesse facendo. Non aveva preso
seriamente le parole di Rick. Eppure, per qualche assurda ragione
inconscia, quell'argomento gli era uscito dalle labbra. Si chiese il
perché, ma soprattutto cercò in Summer una minima
espressione facciale da poter interpretare; lei, però, in un
primo istante restò impassibile ed in seguito gli fece un
sorriso. «Come gli salta in mente? Si vede lontano un miglio
che a stento riusciamo a sopportarci!» fece con ironia,
ostentando un sorriso fin troppo divertito. Summer aveva sentito il
sangue gelarsi nelle vene. In quel momento, si era irrigidita
percependo ogni muscolo del suo corpo. Il vampiro aveva pronunciato
quella frase con una tranquillità disarmante; il che poteva
significare solo che a lui, quella prospettiva, non faceva né
caldo né freddo. Anzi, il fatto che gliel'avesse presentata
con quell'impassibilità la rendeva la barzelletta del
secolo. Summer cercò con tutte le forze di apparire
tranquilla. Percepì ogni millimetro del suo volto, capendo di
non poter gestire tutti quei muscoli facciali senza sembrare finta.
Anche sorridere le apparve così difficile da avere paura del
risultato finale. Si sentiva accaldata, e maledì i suoi occhi
per essersi inumiditi. Cercò di sembrare calma, ma
quell'attimo le sembrò una tortura; e lo sguardo fisso del
vampiro non l'aiutava. Addirittura lo piegò leggermente con lo
scopo di osservarla meglio, poi le sorrise. Damon non aveva
avvertito nulla di strano, a parte un lieve cambiamento nei suoi
occhi. Ne restò deluso. Ma cercò di non darlo a vedere.
In fondo... cosa si poteva mai aspettare? Cosa voleva che gli
dicesse? Ma poi, perché gli importava? Non capiva quello che
stava provando, ma anche lui scaricò tutto sull'ironia per
sembrare tranquillo. «Sul serio, Summer? Non cogli neanche
l'occasione per dirmi che sei pazza di me?» «No,
perché non è così!» affermò lei,
simulando un tono divertito. Si alzò e velocemente si guardò
intorno per cercare i suoi abiti. Non aveva più forze per
reggere quell'attimo. Aveva bisogno di scappare da lui per dare al
suo corpo il modo di sfogare tutto il dolore che aveva dentro. A
Damon non importava niente di lei: questa consapevolezza la faceva
quasi soffocare. Il pensiero di provare amore per lei, per il
vampiro, era addirittura un motivo di scherzo. Summer non poteva
crederci! Il dolore la stava logorando. Damon le afferrò
il polso trascinandola verso di sé. «Dove credi di
andare?...» in quel momento, riuscì a vedere in lei un
lieve turbamento. E poi perché se ne stava andando? Da quando
lui era il tipo che si fermava al primo round? Per un attimo pensò
che fossero state le sue parole a turbarla e, senza capirne il
perché, in quello stesso attimo sentì qualcosa di molto
simile alla felicità; poi, però, ricordò che
Summer gli era sfuggita tra le mani anche quella mattina, e con la
stessa espressione alterata: quindi, la sua stranezza non poteva
dipendere da quella frase. «In cucina a preparare la cena
e...a mangiucchiare qualcosa» Summer si concentrò sui
suoi vestiti, trovando la scusa per non guardarlo negli occhi, ma il
vampiro l'afferrò nuovamente facendola avvicinare al suo
volto. «Fammi capire bene, mi stai piantando in asso per
degli stuzzichini?» «Esattamente!» esclamò
lei, facendo nuovamente appello alle sue forze per sembrare naturale
e vivace. «Summer...niente è più
appetibile di me!» «E invece sì, Damon. Fattene
una ragione...» ancora una volta, rispose con ironia e dolcezza
per non fargli sospettare nulla. L'ultima cosa che voleva era che lui
capisse il suo turbamento e i sentimenti che si celavano dietro
quella fuga. Con un ultimo finto sorriso si allontanò da
lui. Damon decise di non insistere, e la guardò stranito.
Summer aveva qualcosa che non andava, e lui doveva
necessariamente capire cosa. Si vestì rapidamente e si avviò
verso la cucina. Si appoggiò allo stipite della porta
incrociando le braccia. Summer stava lavando delle verdure, e lui la
osservò incuriosito. Restò lì giusto un minuto,
e poi, stranito e confuso, decise di andarsene nella sua
stanza. Voleva darle del tempo per stare da sola, ma dopo niente
l'avrebbe salvata.
Summer, mentre cercava di distrarsi accanto
ai fornelli, sentì la presenza del vampiro all'ingresso della
cucina. Lo ignorò volutamente sperando che se ne andasse. I
suoi occhi erano così lucidi da velarle la vista. Sentiva di
non poter fare nulla per calmarsi, e sperò con tutte le sue
forze che Damon se ne andasse. Che non le desse, guardandola,
un'ennesima motivazione per odiarsi. Poco dopo, la sua preghiera fu
esaudita. In quel momento, una lacrima fece capolino sulla guancia, e
lei l'asciugò tempestivamente, detestandosi come poche volte
nella sua vita. Non era da lei avere delle reazioni simili. Non era
da lei sentirsi debole. Non era da lei correre dietro ad un ragazzo
innamorato di un'altra. Semplicemente, non era da lei amare. Ma le
era capitato, e non riusciva a fare nulla per non provare quello che
provava. Non riusciva a non amarlo, e non riusciva a non soffrire per
il fatto che Damon non fosse suo.
***
***
In
cucina, Elena stava sistemando in un vassoio i biscotti fatti da
Caroline. Sorrideva, sentendo i vari schiamazzi provenienti dal
salotto: i suoi amici erano alle prese con le lucine dell'albero e
con le ferree direttive organizzative ed estetiche di Caroline. Matt
la raggiunse per non lasciarla sola neanche per un attimo. Nessuno
più di lui capiva cosa stava provando l'amica. Elena gli
sorrise porgendogli il vassoio. «Care ha pensato a tutto!»
«Beh, anch'io mi sono sforzato di fare la mia parte!»
Matt, dal tascone della sua felpa, tirò fuori una fiaschetta e
gliela porse. Elena gli sorrise, e non rifiutò un sorso di
quello che il bruciore nella sua gola identificò come
scotch. «Come stai?» le domandò con
apprensione. «Sicuramente meglio di prima» Elena
lanciò un'occhiata fugace al salotto, poi si girò verso
l'amico e lo guardò con dolcezza «Grazie...»
***
***
Summer
si addentrò nel salotto. Nonostante quell'assurda
conversazione avuta con Damon, voleva ugualmente sistemare il suo
regalo sotto l'albero. L'ambiente era illuminato dalla luce
rossastra e irrequieta delle fiamme che divampavano nel camino; e le
luci dell'albero accentuavano quell'effetto. Summer sistemò
il suo pacchetto e sorrise fiaccamente. Con una sensazione di
debolezza e di vuoto, si avvicinò al mobile bar e si versò
del bourbon; poi si sistemò di fronte al camino e si sedette a
terra, incrociando le gambe, e appoggiando le spalle al
divano. Teneva il bicchiere stretto con entrambe le mani, e
fissava il liquore con un'aria assente. A tratti si sentiva le
guance arrossate e gli occhi inumiditi. Poco dopo, sentì i
passi del vampiro farsi sempre più vicini, e continuò a
tenere lo sguardo basso, anche quando lui fece il suo ingresso nel
salotto. Damon si sedette di fronte a lei portando le ginocchia al
petto e poggiandoci sopra i gomiti «Ti stavo aspettando...». La
guardò con attenzione e con dolcezza. «Ti avrei
raggiunto tra un minuto...» ancora con lo sguardo fisso sul
bicchiere, la ragazza rispose con un tono di voce spento. Damon le
sollevò il mento con l'indice. «Cos'hai?»
sussurrò, scrutandola con apprensione. Lei scosse il capo
sorridendo sforzatamente. Damon poggiò le mani a terra
indietreggiando con la schiena, ma continuando ad esaminarla. Non gli
andava di vederla in quello stato. C'era qualcosa che la turbava, e
lui doveva capire cosa, o perlomeno doveva trovare un modo per farla
sorridere. Si distrasse girando lo sguardo in direzione
dell'albero e notò uno scatolo ricoperto da una carta rossa e
da un fiocco dorato. «E quello? Cosa sarebbe?» Summer
alzò gli occhi verso di lui sorridendo. «Non sei
stato poi così cattivo...» Damon afferrò quel
pacco con un'espressione sorpresa. «Basta che non vai a
sbandierarlo in giro. Ne va della mia reputazione...» Lei
rise debolmente. «Posso aprirlo adesso o devo aspettare
mezzanotte?» si sentiva stranito all'idea di reggere tra le
mani un regalo di Natale. «Puoi aprirlo quando vuoi...»
mormorò lei, continuando ad eludere il suo sguardo. Il
vampiro lo scartò con calma guardandolo incuriosito e, quando
la carta fu mezza tolta, vide che si trattava di una cornice
digitale. «Credi che abbia delle foto da metterci?»
chiese, dolcemente divertito. «Non lo so...ma vedrai che ce
ne sono già alcune...» Damon ancora più
incuriosito, estrasse l'aggeggio dallo scatolo. Si guardò
intorno e, senza alzarsi, staccò dalla corrente una serie di
mini-luci dell'albero per inserire l'alimentatore. In quel
frangente, Summer si sentì avvampare dall'imbarazzo. Aveva
visto solo il lato positivo di quell'idea ma, adesso che si era
concretizzata, gli effetti collaterali le stavano inesorabilmente
piombando addosso. Summer si sentì tremendamente a disagio,
e solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stato azzardato
quel gesto: ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Damon
vide le foto inserite e sorrise. Erano degli autoscatti che avevano
fatto alla cascata, e c'era una foto in particolare su cui lui si
fissò per qualche secondo. Erano loro due, abbracciati, lui
dietro di lei, che sorridevano all'obbiettivo con una gioia che il
vampiro non avrebbe mai immaginato di vedersi sul volto. «Non
ci avevo mai pensato mai io...dovrei fare il fotomodello!» gliela mostrò, anche per avere il futuro
alibi per tenere quella foto fissa sul comodino. «Andiamo, guardami bene! Hai mai
visto qualcosa di più bello?!» A Summer sfuggì
una risata animata, e lui la guardò con dolcezza, sentendosi
parzialmente soddisfatto. «Mi piace...» sussurrò
serio e sereno. Lei annuì con degli occhi lucidi, e il
vampiro la scrutò nuovamente, costringendola ad abbassare lo
sguardo. Damon, mettendo una mano dietro la schiena, prese un
astuccio incastrato nel jeans e tenuto nascosto dal maglione, e
glielo porse con un movimento calmo e fluido. Summer guardò
incuriosita quella piccola custodia rettangolare di velluto blu, e
l'afferrò con esitazione «Che cos'è?». «Cosa
potrebbe mai essere?» Lei lo aprì, e al suo interno
vide un bracciale fatto di rose argentate e pietre verdi. Damon le aveva fatto
un regalo di natale: non riusciva a crederci! «Damon è...
bellissimo...» lo guardò quasi incantata, stupendosi di
quanta accortezza avesse avuto nel cercare qualcosa di così
simile alla sua preziosa collana. Era stato questo l'impegno
assolto in mattinata? Si sentì una stupida per tutte le
elucubrazioni mentali che aveva creato, ma capì di non poter
essere completamente ragionevole quando si trattava di lui: lo amava,
e la gelosia faceva parte di quel grosso pacchetto d'emozioni. Il
vampiro liberò il bracciale dai laccetti che lo tenevano fermo
e glielo mise. «È per dirti che anche tu... rientri
nella ristretta lista di persone a cui tengo...» Damon non
aveva dimenticato l'attimo in cui lei gli aveva confessato di
ritenerlo una persona importante. Si chiese più volte perché
non le avesse risposto. Ma, adesso, la cosa importante, era che
avesse finalmente rimediato. Lei si sentì quasi mancare il
respiro. Aveva pensato tante volte a quel momento, al silenzio del
vampiro, e altrettante volte ci era stata male. «E
chissà... forse un giorno questo bracciale diventerà
intoccabile quanto la tua collana» disse ancora,
sistemandoglielo alla perfezione. Summer sorrise con una nuova
luce sul volto. Pensò che, sicuramente, non sarebbe mai stata
l'amore della sua vita, ma, in quell'attimo, sapere di avere comunque
un piccolo angolino nel suo cuore bastò a renderla felice: a
liberarla dall'angoscia e dal tormento che l'avevano perseguitata per
tutto il giorno. Gli gettò le braccia al collo per
baciarlo, e il vampiro si stese a terra, accarezzando il suo corpo
con altrettanta foga. Entrambi erano carichi dell'entusiasmo dato
dal gesto dell'altro. «Umm mi piace il modo in cui mi stai
ringraziando» mormorò, sovrastandola e liberandola dai
vestiti. Con un tocco lento, le accarezzò la coscia fino ad
arrivare al seno. «Ma non mi basta: devi ammette di essere
pazza di me» disse con una voce esasperata dall'eccitazione,
prima di riempirsi la bocca con la sua carne. «Ancora con
questa storia?» fece lei, divertita e ansante. Il vampiro
allontanò le labbra dal suo seno solo quando si sentì pienamente
soddisfatto. «Sì!» esclamò, tenendo lo
sguardo fisso su quel terreno appena conquistato, e mordendosi il
labbro subito dopo. «Perché?» lei lo liberò
dal maglione, per poi baciarlo e cambiare le carte in tavola
mettendosi sopra di lui. «Forse perché io lo sono di
te...» sussurrò in preda al desiderio, mentre lei gli
baciava il collo e si muoveva sinuosamente sul suo bacino col preciso
scopo di farlo impazzire. Summer ascoltò quelle parole e
si immobilizzò, per un attimo in cui il vampiro riprese il
controllo sovrastandola nuovamente. Pensò che quella frase
non fosse altro che il risultato di quella foga, ma, nonostante
ciò, Summer riuscì a sentirsi immensamente felice. Tra
loro le parole compromettenti erano rare e striminzite ma, quando
venivano liberate, suonavano con una nota disarmante. Damon si
liberò dei restanti indumenti che lo separavano da lei. Non
aveva prestato la minima attenzione alle sue stesse parole. Non aveva
idea che, in realtà, erano state uno spiraglio di
consapevolezza sfuggito al buio con prepotenza: proprio come un raggio di sole che
riesce a perforare le nubi. Damon non sentiva il
bisogno di filosofeggiare sui suoi sentimenti, semplicemente perché
questi erano concreti tra le sue mani, e li poteva stringere e
baciare senza farsi problemi a riguardo. Così il vampiro
scivolò nel suo corpo con l'irrequietezza di chi cerca
ansiosamente la pace; la toccò con l'avidità di chi è
perennemente insoddisfatto; e la baciò con quell'amore che
riusciva a trapelare solo quando poteva nascondersi nel disordine dei
sensi.
***
***
I
due se ne stavano stesi sul tappetto: abbracciati, nudi e ancora
leggermente ansanti. «Adesso, vuoi dirmelo?...»
sussurrò Damon, mentre le accarezzava la spalla. «Cosa?»
Summer, se ne stava beata in quella dolce stretta. Iniziava a sentire
le palpebre pesanti, ma il continuo delle parole del vampiro la
svegliarono da quel torpore. «Qual è il problema. E
non mentire dicendo “niente”. Lo so bene quando
c'è qualcosa che non va: il faccino triste ti rende
particolarmente brutta» Summer sorrise: poteva dirle
qualsiasi cosa quando la guardava con quegli occhi dolci. «Va
tutto bene, Damon. Davvero» era in fase di rassegnazione. Stava
cercando di sentirsi serena, e di soffocare il pensiero che fosse
un'altra la donna a regnare nel cuore dell'uomo che amava. Gli
fece una carezza sul volto. «Buonanotte...» sussurrò,
dopo avergli lasciato un delicato bacio sulle labbra; poi si alzò,
e senza voltarsi si avviò verso la rampa di scale. Damon la
osservò con uno sguardo poco convinto e soprattutto
amareggiato. Summer aveva reso palese ed esecutivo il fatto che non
avrebbero dormito insieme neanche quella notte. Quelle
dimostrazioni d'affetto l'avevano illuso facendoglielo credere; ed
invece lei gli era sfuggita per l'ennesima volta, spezzando quella
magia, e lasciandogli provare uno strano senso d'angoscia. Quel
comportamento lo spiazzava; ma più di tutto non riusciva a
capire perché gli importasse tanto. L'uno o l'altra si
sarebbero cercati la mattina seguente, eppure il vampiro ne era
sempre più infastidito. Non capiva quello che provava. Ne
prendeva atto, ma non riusciva a darsi una spiegazione logica. Questo
succedeva perché le nuvole che oscuravano la sua ragione,
impedendogli di arrivare a quella conclusione così ovvia,
erano ancora troppo dense e cupe; e il problema paradossale con
questo genere di nubi è che vengono spazzate via solo da un
forte vento di tempesta...
Angolino
di NaNa*** ♫
It's almost over.
I'm hanging by a thread. With all the words. You never
said.♫ Scusate, stavo canticchiando^^ Allora. Capitolo
Fluffosissimo: l'ultimo
capitolo fluffosissimo. Perché
tra poco la vostra Nana, scatenerà l'inferno!
Muahahaha xD Scusate per questi aggiornamenti sempre più
lenti. Ma, oltre alla lunghezza dei capitoli - che si è
estesa a più del doppio - ormai vado in contro a delle vere e
proprie crisi da “ansia da prestazione” che mi tengono
bloccata un bel po'. Per i prossimi capitoli, che sono uno più
lungo e spinoso dell'altro, non so proprio che tempi mi ci vorranno
:( Sorry Come sempre spero che il capitolo non vi abbia deluso,
annoiato, fatto schifo o peggio. E spero che Damon non vi sia
risultato ooc (mi è difficile gestire il vampirozzo ora
che è felicemente innamorato ma ancora inconsapevole di
esserlo xD) Ringrazio
chi mi ha lasciato un commentino ♥♥♥ Chi
ha messo questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite^^ E tutti i
lettori in generale^^
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Capitolo 49 *** Quarantanovesimo Capitolo ***
***
25 Dicembre *** Parte
1^
Incatenata
ad una sedia, con delle corde intrise di verbena, Katherine emetteva
urla lancinanti, mentre la pelle le si bruciava fino a consumarsi,
fino a lasciar intravedere il rosso vivo della carne. L'uomo le
concedeva qualche minuto, giusto il tempo della guarigione, per poi
aprire nuovamente le tapparelle del piccolo finestrino dello
scantinato in cui era rinchiusa. Quello, era il trattamento che
Klaus aveva stabilito per la vampira, dal momento in cui il sole
sorgeva, fino al suo tramontare. Da giorni, Katherine non sentiva
altro che dolore e stordimento. Giorni in cui i suoi aguzzini –
degli umani soggiogati – si alternavano facendole ogni sorta di
tortura ordinata dall'ibrido. Quando la sofferenza diventava
estenuante, e il corpo non reggeva più, la vampira perdeva i
sensi, e quelli erano gli unici attimi di riposo di cui poteva
beneficiare. Neanche di notte le era concessa la pace; e vi erano
volte in cui il dolore fisico, di fronte al tormento psicologico,
diventava addirittura irrisorio.
***
***
Gli
occhi di Carol Lockwood, in quella particolare giornata, erano più
splendenti del solito. Amava smisuratamente organizzare eventi, e il
Gala di Beneficenza era uno dei suoi preferiti. Mentre guardava
tutti i suoi collaboratori muoversi freneticamente all'interno della
casa, ognuno con un compito da svolgere per rendere la serata
assolutamente perfetta, le veniva involontariamente da
sorridere. Tyler percorse le scale con fretta, voleva uscire di
casa alla svelta per non essere catturato dal vortice organizzativo
della madre, potenziato all'estremo dall'aiuto di Caroline; ma non ce
la fece in tempo. Occhi azzurri e felici gli si puntarono contro
immobilizzandolo. «Cercavo proprio te, tesoro...»
cominciò la madre, facendo roteare gli occhi del ragazzo, che
vedeva la sua idea di svignarsela frantumarsi in tanti piccoli
pezzi. Il ragazzo sorrise sforzatamente avvicinandosi, e Carol
estrasse dalla sua agenda una busta da lettere. «Questo è
l'elenco delle persone che hanno offerto qualcosa per l'asta di
stasera solo all'ultimo momento» disse, per poi rendere il suo
tono più frivolo: «Quando si tratta di beneficenza
alcune persone hanno da pensarci all'infinito...». «Comunque,
dovresti farmi la cortesia di andare a ritirarli. Sono oggetti di
valore, Ty. Posso fidarmi solo di te» concluse, guardandolo con
dolcezza. A quella prova di fiducia, il ragazzo non seppe
rifiutare. Aprì la busta, e vide l'infinita sfilza di nomi
e oggetti da ritirare. «Mi ci vorrà tutto il
pomeriggio!» obbiettò di getto. «Andiamo, non
essere esagerato. Il Gala inizia alle sette: c'è tutto il
tempo per portarli qui e per catalogarli» Gli occhi di
Tyler rotearono ancora: in verità, la sua preoccupazione non
era rivolta minimamente al Gala, ma esclusivamente al suo tempo
libero. Rassegnandosi, sventolò il foglio, sorrise
forzatamente, e si allontanò. «Mi raccomando, fai
attenzione!» aggiunse la donna, con un tono leggermente più
alto, per farsi ascoltare dal figlio, già distante.
***
***
Summer,
nella sua stanza, seduta sul davanzale della finestra, ascoltava
della musica, canticchiando. A tratti, le sue dita giocherellavano
col bracciale regalatole da Damon, e sorrideva vedendo i candidi
fiocchi di neve che cadevano giù con grazia e lentezza: le
sembrava che stessero danzando per lei, ma, probabilmente, quella
strana illusione, era solo un effetto collaterale dell'innamoramento,
che rendeva ogni cosa più bella. Damon bussò alla
sua porta un paio di volte, ma poi, in mancanza di una risposta,
decise di aprila per sbirciare all'interno della stanza. Vide Summer con le
auricolari nelle orecchie e le sorrise, avvicinandosi. La ragazza
lo guardò incuriosita: Damon reggeva una scatola bianca,
ornata da un fiocco azzurro. Il vampiro la poggiò sul
letto, e Summer gli si accostò togliendosi le
auricolari. «Cos'è?» chiese, guardandola con
interessare. «Aprilo e lo scoprirai...» Lei, dopo
un momento di esitazione, si sedette sul letto e la aprì. Era
un abito da sera blu notte, di chiffon e raso. Guardò Damon
con un'aria confusa. «Abbiamo un Gala a cui partecipare, e
voglio che tu sia per lo meno guardabile!» fece lui, col suo
“diversamente adorabile” tono. Dopo un'occhiata
contrariata, Summer gli sorrise dispettosamente. «Sei
diventato una sorta di antipatica fata madrina?» domandò
allegramente, alzandosi, e togliendo l'abito dalla sua confezione, per
ammirarlo interamente. La ragazza si avviò verso lo
specchio e se lo sistemò sul corpo per immaginarselo
addosso. Damon la raggiunse, restando alle sue spalle e posandole
le mani sui fianchi. «No. Ma a pensarci bene la fata madrina
ed io abbiamo una cosa molto importante in comune...»
«Sarebbe?» Summer lo guardò con
diffidenza. «Beh, entrambi abbiamo una bacchetta dai poteri
magici!...Solo che la mia è più potente!» rivelò,
col suo solito modo di fare malizioso, allusivo e divertente. Summer rise
scuotendo la testa con rassegnazione: il vampiro era un caso
clinico. «È stato un pensiero molto dolce, Damon»
rimarcò, facendogli capire che, nonostante la precedente
offesa, aveva davvero apprezzato quel gesto; e poi continuò:
«Ma non ho nessuna intenzione di venire con te. Odio gli eventi
cittadini: sono pieni di gente spocchiosa e noiosa» «Questo
è vero, ma noi dobbiamo farlo per lavoro, Summer» Damon
si allontanò per sedersi sul letto. «Cosa vuoi
dire?» «Voglio dire che l'80% delle persone invitate
sono membri del Consiglio. Ovvero i proprietari della case che noi
non abbiamo ancora visitato, perché non abbiamo idea su come
entrarci» «Forzerò la serratura e tu resterai
fuori a fare da palo: problema risolto!» propose lei, facendolo
sorridere. «Anche questo è vero. Ma non ti ho ancora
detto tutto. Stasera ci sarà un'asta di beneficenza. Ovvero,
molti di questi umani spocchiosi si libereranno delle loro
cianfrusaglie inutili, facendosi passare per
benefattori...» «Quindi...se per caso qualcuno
mettesse all'asta il fiore di loto, questo potrebbe passare in una
casa già visitata, e noi staremo punto e daccapo»
concluse Summer, annoiata al pensiero di doverci andare per
forza. «Esattamente. Andiamo, ti ho persino preso un bel
vestito! Il minimo che tu possa fare per ringraziarmi è
metterlo affinché io possa toglierlo!». Summer si
avvicinò a lui, posando un ginocchio sul letto, e prendendo
dolcemente il suo viso tra le mani. «Beh, in questo
caso...sopporterò la serata solo in vista di quel
momento...» Il vampiro emise un mugolio godereccio. Afferrò
i suoi fianchi avvicinandoli a sé, e poi la baciò con
la foga di chi non è intenzionato a smettere. «Cosa
fai?! Dobbiamo prepararci!» obiettò allegramente, mentre
il vampiro faceva scendere le labbra sul suo petto. «Lo so, ma non
posso farci nulla. Ho un sovraccarico di magia!»
***
***
Il
nervosismo di Carol trapelava dai suoi occhi, con una chiarezza
inequivocabile: mancavano due ore all'evento, e non vi era ancora
alcuna traccia di Tyler. Caroline fu costretta a prendere il
telefono e chiamarlo. «Dimmi che, al mio tre, entrerai da
quella porta!» esordì, con entusiasmo. «Caroline...»
Tyler cercò d'iniziare il suo discorso, ma la ragazza partì
col suo speranzoso conteggio. «Uno!» «Caroline...» «Due!» «Caroline!»
riprovò, con più insistenza. «Non entrerai al
tre, vero?!» fece sconsolata. «No. Mi ci vorrà
ancora un po'. Non è colpa mia: la metà delle persone
su questa lista sono vecchie mummie vogliose di raccontare la loro
intera vita a qualcuno. Non è facile scappare garbatamente
dalle loro case!» «Allora... non essere
garbato!» «Care...» fece, con un dolcissimo tono
canzonatorio. «Ok. Cercherò di tranquillizzare tua
madre, e di non lasciarmi intimorire dall'inquietante strato di
tensione che le aleggia intorno! Ma tu cerca di fare presto!»
come sempre, la vampira parlava alla velocità della
luce. Tyler rise con tenerezza. «Cercherò di
arrivare quanto prima, te l'assicuro» «Ok...» il
tono della vampira era un concentrato di avvilimento, e Tyler
sorrise, immaginandosi la sua faccia in quel momento.
***
***
Il
sole era calato da qualche ora, e il giardino di casa Lockwood era
illuminato da tante lucine gialle sistemate in ogni dove. All'intero
della dimora, la luce soffusa e la musica di sottofondo, lasciava
intendere che tutto fosse ormai pronto per l'evento preferito dal
Sindaco. «Vai pure...ti raggiungo dopo» disse Alaric,
fermandosi sull'uscio. «L'aspetterai qui?» Elena
sapeva bene che l'amico doveva incontrare Clarissa: il nuovo
potenziale problema. Alaric annuì e sorrise nervosamente:
si sentiva stranamente agitato; forse perché non ricordava
l'ultima volta in cui aveva dato appuntamento ad una donna, prima
della sua storia con Jenna. «Ok. Allora...ci vediamo dopo!»
Elena lo guardò con una sorta d'apprensione, poi gli sorrise
ed entrò.
***
***
«Se
non ti dai una mossa, arriveremo a serata finita» Damon entrò
nella camera di Summer, con lo sguardo concentrato sul polsino della
sua camicia. «Ho quasi finito...» rispose lei, con la
voce strana di chi non può chiudere le labbra. Quando il
vampiro alzò lo sguardo verso di lei, la vide intenta a
mettersi il rossetto. Restò un momento imbambolato, per quanto
le sembrò bella in abito da sera; e pensò a quanto
avrebbe dovuto faticare per non dirglielo. «Umn...sei meno
orribile del previsto!» commentò, simulando un tono
sollevato, e assorbendo divertito la repentina occhiataccia di
Summer. «Da quando ho smesso di essere violenta te ne stai
davvero approfittando, Damon!» sistemò il trucco nel
beauty e diede un'ultima spazzolata ai capelli. «Questo è
vero...» il vampiro le si avvicinò, sfiorando con le
dita il bracciale che le aveva regalato. «Come mai hai
smesso di esserlo?» domandò subito dopo, con voce calma,
e a qualche centimetro di distanza dalle sue labbra, facendola quasi
rabbrividire. Summer si sentì incredibilmente tesa, ma poi
smorzò quella sorta di trance in cui era caduta, rispondendo a
tono: «In verità non l'ho fatto: sto semplicemente conservando tutta la
violenza per quando ne dirai una grossa!» si allontanò
da lui per avvicinarsi alla porta. «Ah...quindi devo
impegnarmi di più!»
***
***
Tyler
aveva finalmente completato la sua lista. Era riuscito ad uscire
anche dall'ultima casa: quella di un'anziana signora che proprio non
voleva mollarlo, raccontandogli per filo e per segno cosa facessero i
nipoti, ed offrendogli in continuazione dei biscotti. Adesso
guardava soddisfatto la scatola sistemata sul sedile del passeggero.
Il Gala era già iniziato, e, nella sua testa, sentiva la
ramanzina della madre, come una sorta di fastidiosa allucinazione.
Pigiò il piede sull'acceleratore nella speranza di
risparmiarsela, ma, ad un tratto, una buca inaspettata gli fece
perdere il controllo dell'auto, facendola sbandare leggermente. Tyler
proseguì per qualche metro, ma poi fu costretto a fermarsi,
perché qualcosa nella vettura continuava a rendere la guida
instabile. Uscì per controllare: ruota anteriore
bucata. «Grandioso...» mormorò seccato.
***
***
«Sei
un uomo che mantiene la parola data, Alaric Saltzman!»
pronunciò una voce schietta alle sue spalle. Alaric si
voltò e le sorrise. «...E quando la parola data
prevede il freebar, lo sono ancora di più!» Clarissa
rise di gusto: iniziava ad adorare il suo assurdo modo di fare. «Tu
sì che sai come non lusingare una donna!» Lui la
guardò con dolcezza, notando l'abito nero che le fasciava le
curve snelle, e i capelli raccolti in un'elegante pettinatura. «Sei
davvero molto bella...» bisbigliò con sincerità. Lei
ne rimase piacevolmente sorpresa; e si ritrovò anche lei a
notare quanto Alaric fosse affascinante in smoking, e soprattutto
senza l'aria da bevitore incallito, che l'aveva negativamente
caratterizzato, al loro primo incontro. «Oh, beh, in questo
caso...mi costringi a ritirare quello che ho detto!» Alaric
le sorrise offrendole il braccio, ed insieme varcarono l'ingresso
della dimora.
***
***
Damon
e Summer fecero il loro ingresso al Gala, dirigendosi a passo spedito
verso il salone principale. Un cameriere si avvicinò
offrendo loro dello champagne, e Summer ne prese un bicchiere: «Ok.
Non è poi così male...» constatò,
guardandosi intorno. «Visto?! Ed inoltre ti sei accaparrata
l'accompagnatore più bello di Mystic Falls. Cosa si può
volere di più?» pronunciò, col suo ferrato tono
compiaciuto. «Un Damon più modesto?!» ribatté
lei; ma lui scosse prontamente il capo, per rimarcare l'impossibilità
della cosa. «Damon!» lo chiamò Alaric, mentre
li raggiungeva. Fece un cenno di saluto a Summer, e poi si voltò
verso il vampiro con uno sguardo serio. «Ehi, Rick»
fece velocemente Damon, mentre anche lui prendeva dello champagne dal
vassoio del cameriere che gli era passato accanto. «Avrei
bisogno di parlarti...» il tono di Alaric era calmo, ma
nascondeva una nota di agitazione. «Vi lascio soli...»
Summer capì subito di cosa dovevano discutere: Damon gliene
aveva parlato il giorno prima, e pensò che, forse, Alaric si
sarebbe sentito più a suo agio senza di lei. «Puoi
restare...tanto sicuramente riguarda la fantomatica sexy Killer!»
Damon, come sempre, non si faceva problemi di
discrezione. «Tranquilli, parlate pure...io vado a fare
rifornimenti!» la ragazza sollevò il suo bicchiere di
champagne quasi terminato, e, dopo aver fatto loro un sorriso, si
allontanò. «Allora, è qui?» fece il
vampiro, con un tono a metà tra il disinteresse e la
noia. «Sì, adesso è con Carol...» Alaric
si preoccupò di abbassare il tono della sua voce, e poi si
avvicinò maggiormente al vampiro. «Ho dell'erba
strozzalupo con me, sto cercando il momento giusto per
usarla». «Prova tra i preliminari e il sesso!»
propose Damon, facendogli poi un sorriso sornione. «È
la tua vita ad essere in gioco, Damon! Dovresti prenderla più
seriamente. Ma giusto...dimenticavo che la freccia di Cupido ti ha
bersagliato la ragione!» le frecciatine erano all'ordine del
giorno; e Alaric sapeva bene che quel particolare argomento lo faceva
innervosire. Il vampiro lo guardò in malo modo; quelle
congetture lo infastidivano in un modo che non riusciva a
comprendere. Trascendeva le insinuazioni e andava oltre. Era una
sfera delicata dei sui sentimenti, che neanche lui osava violare: il
che significava che gli altri non potevano neanche avvicinarvisi!
Eppure, la sua collera restò scherzosa, perché tra lui
e Rick le cose funzionavano così: potevano dirsene
tranquillamente di tutti i colori. «Semplicemente, non mi
va di essere paranoico, signor Nicholas
Sparks! Ma grazie ugualmente per il consiglio non richiesto!»
fece con acidità. Alaric sorrise, divertito e contento per
aver scatenato la reazione di fastidio che desiderava. «Te
la presenterò alla prima occasione» disse allegramente,
allontanandosi dal vampiro.
Damon camminò per la sala
in cerca di Summer, ma fu intercettato da Elena che gli si parò
davanti. «Ehi...» fece la ragazza con
dolcezza. «Ehi...» il vampiro si sentì stranito
trovandosela di fronte; ed in quell'attimo entrambi si accorsero di
quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui si erano
visti. «Alaric ti ha parlato di Clarissa?» chiese lei,
con apprensione. «Me ne ha parlato...vuole essere sicuro che
non sia un licantropo, ma a mio parere credo che stia alzando un
polverone per nulla!» «E se invece avesse
ragione?» «Beh, se Alaric dovesse avere
ragione...Cappuccetto Rosso mi sarà debitrice di un grosso
favore!» La preoccupazione di Elena soppresse un iniziale
sorriso. «Damon...ti prego» pronunciò, con voce
dolce e quasi supplichevole. «Cosa?!» il tono del
vampiro, invece, non nascose il fastidio dato da quelle parole:
odiava quando le persone volevano indirizzarlo verso un'ipotetica
cosa giusta da fare! «Voglio solo evitare altri spargimenti
di sangue...tutto qui!» riprese lei; poi, per acquietare i
toni, gli sorrise buttandola sull'ironia: «In fondo...a Natale
sono tutti più buoni!» Damon rise
leggermente. «Sai...conoscevo il tizio che ha coniato questa
frase: indovina un po'...era un vampiro!» Elena, questa
volta, non riuscì a trattenere il sorriso. «Promettimi
solo che non farai cose avventate...» gli raccomandò,
infine. Damon non rispose nulla. Annuì con poca convinzione
interna, e la vide allontanarsi.
***
***
Summer
camminava reggendo due bicchieri di champagne, e si guardava intorno
alla ricerca del vampiro. Quando lo vide accanto ad Elena, a
sorriderle affettuosamente, si senti paralizzata; poi, con uno scatto
quasi meccanico, si girò dando loro le spalle. Si avvicinò
al primo tavolo, e vi poggiò il bicchiere che aveva preso per
Damon, bevendo il suo in un solo sorso. Un uomo alla sua destra,
che si stava servendo degli antipasti la guardò
incuriosito. Aveva occhi verdi e capelli castani; e anche se il
suo volto era irruvidito dalla barba, quell'uomo possedeva una
bellezza delicata. «Lo champagne a volontà è
l'unico motivo valido per partecipare a certi eventi...tolta la
beneficenza ovviamente!» le disse. «Come darle
torto...» Summer lo guardò, provando un forte senso di
deja vu. «La prego, non mi dia del lei. Sono Eric Swann»
l'uomo le porse la mano, e lei, in quell'attimo, si ricordò di
lui. Era stato una delle prime persone soggiogate da Damon, per
aiutarla nella ricerca. «Summer Reed» rispose,
ricambiando la stretta. «Gli Swann sono tra le famiglie
fondatrici?» domandò subito dopo, con curiosità:
Damon l'aveva soggiogato, eppure il vampiro le aveva detto che
all'evento avrebbero partecipato per lo più membri del
consiglio cittadino. «Oh, no. Sono stato invitato in quanto
architetto paesaggista di Mystic Falls. Hai detto di chiamarti
Summer...questa è davvero una coincidenza
divertente...» Summer lo guardò stranita. «Vedi...è
da circa un mese che il mio pappagallino non fa altro che dire
“Summer è una donna isterica!”. Non ho
proprio idea di dove possa averlo sentito! Soprattutto se in giro c'è
una Summer con un sorriso così dolce!». Lei sorrise
forzatamente; adesso ricordava perfettamente chi fosse, ovvero Mister
orto Botanico, e sorrise più ripensando a Damon che istruiva
quel pappagallino contro di lei, che per i complimenti di
Eric. «Beh, in effetti è davvero una strana coincidenza!» Subito dopo, girando lo sguardo di lato, Summer notò
Damon, che la osservava con uno sguardo torvo, e quindi decise di
raggiungerlo. «Mi stanno cercando. È stato un
piacere» fece infine con dolcezza. «Anche per me»
rispose lui, leggermente amareggiato dal fatto che le sue lusinghe
non avessero fatto colpo. «Vedo che non posso lasciarti da
sola neanche un attimo...» Damon concentrò lo sguardo su
altro, e irrigidì la mascella. Aveva ascoltato ogni cosa di
quel patetico tentativo di corteggiamento, e anche lui, come Summer,
aveva riconosciuto quell'uomo. Quello che non riusciva a digerire,
era il modo in cui lei gli aveva sorriso. Davvero trovava
simpatico quell'idiota?! «Questa dovrebbe essere una scenata
di gelosia?» Summer si sentì felice per quello strano
atteggiamento. Adorava quando Damon mostrava intolleranza verso gli
uomini che ci provavano con lei. «Tsk...Forse è
quello che ti piacerebbe...» fece il vampiro, con acidità. Lo
sguardo di Summer mutò rapidamente, perché lui, con
cattiveria, aveva colto nel segno: sì, era quello che le
sarebbe piaciuto. «Vai al diavolo, Damon» mormorò,
incenerendolo con lo sguardo. «Si può sapere cosa ti
prende, adesso?!» Damon le afferrò il braccio. Non
capiva la sua reazione. Doveva essere lui quello arrabbiato! Non lei!
«Lasciami!» Summer si liberò dalla sua presa,
e si allontanò velocemente, sotto lo sguardo confuso e
contrariato del vampiro. Quando uscì dalla sala, Damon si
avvicinò al buffet, e guardò intensamente l'oggetto del
loro litigio. «Sta lontano da lei!» scandì a
denti stretti, soggiogandolo: quel tipo, anche se lo considerava un
perdente, era di bell'aspetto, e lui non poteva permettere che ci
provasse ancora con lei.
***
***
«Problemi
in paradiso?» Alaric aveva assistito a tutta la scena, e non
aveva saputo rinunciare all'idea d'infierire amichevolmente. «Non
dovresti tenere sott'occhio la tua nuova potenziale defunta
fidanzata?» rispose, guardandolo di sbieco. «Sta
parlando ancora con Carol, e tu sei davvero un grande stronzo!»
questa volta, fu difficile trattenersi. «L'ho sentito
dire...» ma il vampiro risollevò subito i toni,
facendolo sorridere. Alaric si voltò verso lo studio di
Carol, e vide Clarissa chiudere la porta alla sue spalle. «Eccola,
è lei» mosse il volto per indicarla, e subito il vampiro
si voltò il quella direzione. «Scusami, Carol mi ha
trattenuta più del previsto...» la donna posò la
mano sul petto di Alaric. «Figurati. Vorrei presentati un
mio carissimo amico, Damon Salvatore» l'umano le mise una mano
dietro la schiena e con l'altra indicò Damon. «Clarissa
Parker» fece lei, porgendogli la mano. «Molto piacere»
Damon ricambiò la stretta, scrutandola con attenzione. Davvero
doveva temere quella donna? Gli sembrava più un ex modella
stagionata, che una possibile assassina. «Lei ha una mano
davvero fredda, signor Salvatore...» «...O forse è
lei ad averla incredibilmente calda...» rispose, con un tono
calmo ma vagamente irriverente. «Clarissa è un
rinomato chirurgo di Los Angels...» Alaric cercò di
alleggerire la strana tensione che si era creata tra i due. «Un
chirurgo...quindi avrà sicuramente una notevole destrezza con
gli oggetti taglienti! Davvero interessante...» ma il vampiro
non mollava, e quella scherzosa insinuazione fuori luogo fu
contrattaccata da un'occhiataccia da parte dell'umano; Clarissa,
invece, si limitò a sorridere con un'espressione
stranita. «Sbaglio, o la donna che è appena uscita in
terrazza è Summer? Mi era parso di capire che la stessi
cercando...» Alaric pensò che fosse il caso di
allontanare i due, prima che le battutine del vampiro complicassero
maggiormente la situazione. «Proprio così...è
stato un vero piacere» Damon avrebbe voluto divertirsi ancora
un po', ma la voglia di andare da Summer, in quel momento, godeva
della precedenza. «Lo stesso vale per me, signor Salvatore»
disse educatamente la donna. Damon sorrise forzatamente. Si
allontanò di qualche passo per poi essere fermato dalle parole
di Alaric. «Ah, Damon...di che colore è il vestito di
Elena?» fece, con un sorriso sornione. Damon lo incenerì
con lo sguardo senza rispondergli, ma, quando si girò, un
mezzo sorriso comparve sulle sue labbra: la loro era un'amicizia
davvero assurda!
***
***
Caroline
era preda dell'ansia. Provava a chiamare Tyler ma le sue chiamate
andavano a vuoto. Non aveva idea che il ragazzo fosse alle prese con
un cambio di ruota, e avesse lasciato il telefono sul cruscotto. Ogni
tanto Carol le passava accanto, e la guardava con insistenza,
costringendola a sorridere desolata e a scuotere la testa, per farle
capire che non riusciva a rintracciare il figlio in nessun modo. Alla
settima chiamata, finalmente Tyler rispose. «Cos'è
successo? È da un'ora che provo a chiamarti!» esordì
la ragazza. «Ruota bucata, ma ho risolto, sarò lì
tra un quarto d'ora. Assicurati che mia madre abbia bevuto abbastanza
da essere allegra. Dopo una giornata del genere l'ultima cosa che
voglio è una sua predica!» «Beh...non è
stata certo colpa tua. Comunque la tranquillizzerò io, e se
non dovessi riuscirci...allora sì: chiederò aiuto
Mister bourbon!» Tyler rise dolcemente «Confido in te.
A dopo» Caroline si mescolò alla folla in cerca del
Sindaco. «Signora Lockwood!» «Hai avuto
notizie di Ty, cara?» «Ha avuto problemi con l'auto,
ma sta per arrivare» «Oh mio Dio, ma sta bene, vero?»
il colorito di Carol cambiò repentinamente. «Sì,
certo, non è stato nulla di grave» Carol annuì
sollevata. «L'asta era prevista per le otto, e noi avremo
bisogno di tempo per catalogare i nuovi oggetti. Ho sbagliato, non
avrei dovuto accettare delle donazioni all'ultimo minuto...»
disse nervosamente. «Ce la faremo in tempo, signora
Lockwood, intanto, se mi permette, vorrei dire ai musicisti di
suonare qualcosa di ballabile. Ci farà guadagnare tempo» Carol
annuì. «Ottima idea. Mi sei stata di grande aiuto,
Caroline» La vampira sorrise gioiosamente: quella, era
musica per le sue orecchie!
***
***
Summer
se ne stava in terrazza, nonostante il freddo che le pungeva la
pelle. Cercò di riscaldarsi le braccia sfregandosele
delicatamente, ma l'aria di dicembre era decisamente più forte
di lei. Damon era stato il solito insensibile. L'aveva fatta soffrire
vederlo scherzare con Elena, e quel semplice contentino di gelosia le
sarebbe bastato per stare almeno un po' meglio; ed invece il vampiro
non le aveva concesso neanche quello. Improvvisamente, parte del
freddo cessò: era Damon che le aveva poggiato la giacca sulle
spalle. «Cosa vuoi?» chiese con
freddezza. Damon la oltrepassò, appoggiandosi alla
ringhiera. «Cosa voglio?! Summer, dovrei essere io quello
arrabbiato, non tu!» asserì con voce ferma. «Davvero?
E Perché mai?» «Perché?!» ripeté
lui allibito, per poi continuare: «Stavi flirtando con Ace
Ventura proprio davanti ai miei occhi, Summer! Ecco perché!»
la sua voce diventò leggermente più alta, e solo a
frase finita se ne rese conto, restandone sorpreso e quasi
immobilizzato. «Ci hai addirittura ascoltati...»
bisbigliò lei, con una ritrovata luce sul volto, per poi
riprendere il discorso: «Quindi ho ragione: la tua è una
scenata di gelosia in piena regola». Il vampiro evitò
di guardarla negli occhi. Certo che lo era! Tra di loro non c'erano
obblighi di alcun genere, ma Summer lo sapeva bene che non doveva
farlo in sua presenza. Gliel'aveva già fatto capire! Anche se
voleva esplodere di rabbia, cercò di moderare le sue
reazioni. «Ok. D'accordo. Chiedimi se sono geloso di te»
fece, con un tono rassegnato. «Sei geloso di me, Damon?»
in attesa di quella risposta, a Summer brillarono nuovamente gli
occhi. «Assolutamente no!» affermò con
decisione, facendo rapidamente mutare l'espressione della ragazza.
«Ma sono tentato di spezzare il collo a tutti quelli che ci
provano con te» continuò subito dopo, col tono veloce e
basso di chi ha difficoltà ad ammettere qualcosa. Quelle parole non erano state messe in programma, eppure avevano trovato un modo per uscire dalle sue labbra. Lo
sguardo della ragazza si riaccese di nuovo. «Credo che
questa sia una valida definizione di gelosia!» asserì,
gongolando internamente. «No. Non lo è!»
con un tono fermo e dispettoso, fece crollare, per l'ennesima
volta, le aspettative di Summer. Ma era più forte di lui: non voleva darle ulteriori soddisfazioni! Quella mezza confessione, doveva bastarle! «Perché non lo vuoi
ammettere?! In fondo l'hai già fatto, perché ora vuoi
rimangiartelo?!» chiese, con una lieve esasperazione nella
voce. Era la sua paura che veniva a galla. Pensò che quella
piccola fiamma di gelosia che provava per lei si fosse già
estinta; e quella prospettiva era infinitamente deludente. «Appunto!
L'ho già detto! Perché vuoi sentirtelo dire ancora?!»
rispose lui, con rapidità e agitazione, per poi irrigidirsi
ancora una volta. Deglutì con forza, e cercò lui stesso
una risposta a quella domanda. Perché voleva che le mostrasse
la sua gelosia? Era per soddisfare il suo ego, o perché voleva
realmente che lui provasse quel sentimento? Era una sorta di vanità,
oppure era altro? E se fosse stato altro, come avrebbe dovuto
interpretarlo? Come avrebbe dovuto sentirsi? Ma, soprattutto, gli
importava davvero saperlo? Cosa cambiava? Damon era assorto in
domande che per troppo tempo aveva evitato di porsi. L'aveva fatto
per godersi quel rapporto con tranquillità, ma, adesso,
qualcosa stava inevitabilmente venendo a galla. Le sollevò
il mento con l'indice, e la guardò con un'espressione
spaesata: «Perché vuoi sentirtelo dire?...»
ripeté bisbigliandolo, con voce bassa e quasi strozzata in
gola. Il suo respiro era schiavo di un ritmo ansioso, e quell'attesa
gli sembrò un momento avulso dalla realtà. Summer lo
guardava negli occhi senza proferire parola, e Damon voleva solo
cercare di capire cosa si nascondesse dietro quello sguardo, cosa
stesse provando, ma, soprattutto, voleva capire cosa stesse provando
lui stesso, perché tutto gli sembrava privo di senso. Le sue
emozioni non avevano senso! Quella strana agitazione che condizionava
il suo respiro non aveva senso! E neanche il fatto che si sentiva
quasi immobilizzato dalla tensione e ipnotizzato da lei aveva
senso! Voleva una risposta a tutto. Voleva capire. Sentiva che
c'era un grosso pezzo del puzzle che mancava all'appello, e adesso lo
voleva. Sentiva un dannato bisogno di chiarezza. «Damon!»
una voce dietro di loro spezzò quella tensione, facendo
sentire Summer sollevata e accendendo lo sguardo inceneritore del
vampiro. «Scusate. Ho... per caso interrotto qualcosa?»
continuò Alaric, avvicinandosi. «Niente, non
preoccuparti...» rispose Summer, togliendosi la giacca di Damon
e porgendogliela «Stavo giusto per rientrare...»
continuò, guardando il vampiro con un'espressione che lui non
riuscì a decifrare. Summer entrò nuovamente nella sala,
tirando un inaspettato sospiro di sollievo. L'unica risposta a quella
domanda era: “Perché è tutto quello che posso
avere!”; una frase troppo compromettente per essere
pronunciata. Il cuore le batteva all'impazzata. Esporsi così
tanto era stata una stupidaggine. Doveva fare più attenzione,
se non voleva rischiare di confessare un sentimento dall'esito troppo
doloroso, che avrebbe solo cambiato le cose in modo irreparabile. Lei
non voleva perderlo. Non voleva perdere quello che avevano: qualunque
cosa fosse. Anche se questo voleva dire sentirsi schiacciata da dei
sentimenti inconfessabili. E si sentiva una stupida e una perdente
all'idea di doversi accontentare, ma lo amava, e non riusciva a fare
diversamente: il suo orgoglio era stato sconfitto da un sentimento
infinitamente più forte.
Damon afferrò la giacca
e continuò ad osservare Summer, fino a quando non fu più
visibile. Alaric, invece, notò lo sguardo spaesato del
vampiro, compiacendosi del fatto di avere ragione: quello, era
inequivocabilmente il volto di un uomo innamorato. «Allora,
cosa ne pensi di Clarissa?» chiese, catturando finalmente la
sua attenzione. A Damon servì un lungo istante per smaltire
tutto quel miscuglio di emozioni, poi tornò in sé e,
col suo solito modo di fare, disse: «...È abbastanza
attraente. Hai la mia benedizione. Torna pure agli atti
impuri!» «Potresti essere serio almeno per un
minuto?!» a volte, per Alaric, era davvero snervante avere a
che fare con lui. «Cosa vuoi che ti dica, Rick?! Non so
riconoscere un licantropo a prima vista e, per quanto ne so, per loro
il chip non è ancora obbligatorio!» continuò
animatamente, ma poi lo sguardo serio dell'amico lo costrinse a
rivedere i suoi toni. «Hai detto di avere dell'erba
“strozzalupo” con te. Se proprio vuoi toglierti
questo dubbio, dagliela!» propose, con un'insolita serietà,
per poi riprendere con un tono più ambiguo: «A meno che
tu non abbia paura di scoprire che si tratti realmente di un
licantropo...». «Perché mai dovrei averne
paura?» domandò, irrigidendosi. «Perché
ti darebbe conferma di avere davvero un pessimo radar per le donne!»
Damon ritornò il solito, riportando la conversazione nella
loro modalità preferita, ovvero, quella dominata dalle allegre
frecciatine. «Sai...parlando di paura di scoprire la
verità... oggi è un gran giorno per te, Damon: è
sempre al gran ballo che il principe scopre di amare la principessa!»
Alaric ripensò al suo sguardo, e mettere il dito nella piaga
fu una tentazione implacabile. Il vampiro gli lanciò
un'occhiataccia fulminea. «Beh, ti ringrazio infinitamente,
per avermi spoilerato il finale del romanzo rosa che stai
scrivendo...» gli mise una mano sulla spalla, «Ho davvero
temuto di doverlo leggere!» concluse, con un tono
sollevato. Alaric rise brevemente, e Damon andò alla
ricerca della sua principessa.
***
***
Ritornò
nel salone principale, e vide Summer appoggiata ad una parete, con
l'espressione di chi è fisicamente in mezzo alla folla ma
mentalmente altrove. Le si avvicinò con la solita andatura
sicura: c'era un discorso in sospeso che necessitava di un
approfondimento, ma poi decise di posticiparlo, e di tenderle la mano
con un gesto galante. Lei, distratta dai suoi pensieri, notò
la sua presenza solo quando le fu accanto. «E adesso cosa vuoi,
Damon?» fece impassibile, ignorando quell'invito. Il gesto
di galanteria del vampiro si trasformò in una mossa di ovvietà. «Beh, visto che questo è
un Gala di Beneficenza è giusto che faccia la mia parte...
concedendo il primo ballo alla più brutta della festa!» Lei
lo guardò allibita, esclamando: «Hai la minima idea di
quanto ti detesti?!» con un tono acuto ed esasperato. Il
vampiro sorrise, e poi l'attirò a sé, mettendole una
mano dietro la schiena. «No, Summer. Non ne ho idea...
perché non mi detesti» prese la sua mano con un gesto
delicato, per poi riprendere il discorso con altrettanta dolcezza: «E
mi chiedo come sia possibile...». Il volto del vampiro ebbe
il potere di dissuaderla da ogni tentativo di fingersi
distaccata. Opporsi le fu impossibile, così si lasciò
trascinare al centro della sala, dove anche altre coppie si stavano
posizionando.
You
and Me - Lefehouse
La
band ingaggiata da Caroline iniziò a suonare, e le luci della
sala si affievolirono gradualmente. Summer cercava di non
lasciarsi catturare dallo sguardo di Damon, che le risultava più
intenso e magnetico del solito. Il vampiro la guardava come se in lei
stesse cercando qualcosa di piccolo, ma inestimabile; e Summer si
sentiva intrappolata nei suoi occhi, così azzurri e spendenti,
da darle un senso d'infinito.
...And
I don't know why I can't keep my eyes off of you
Con
un movimento dolce e inaspettato, Damon avvicinò il volto a
quello di Summer, che titubante si lasciò andare maggiormente
sulla sua spalla. Il vampiro sapeva che molte volte avrebbe fatto
meglio a restare in silenzio, ma quello era ciò che
era: un tipo che fa contorcere i nervi; e si stupiva di come Summer
continuasse a sopportarlo. Con lei, sentiva di non doversi mai
limitare, di poter essere sé stesso, nel bene e nel male; e
avrebbe voluto poterglielo dire, almeno una volta, senza rischiare di
rovinare ogni cosa con qualche parola fuori luogo, ma capì che
forse non ci sarebbe mai riuscito; così, con dolcezza,
appoggiò la guancia alla sua fronte, sperando che almeno i
gesti avessero più fortuna delle parole.
All
of the things that I want to say just aren't coming out right I'm
tripping on words
Ma,
dopo un po', qualcosa che gli opprimeva il petto lo fece distanziare,
per poterla guardare nuovamente negli occhi. Era quel dubbio che non
poteva più aspettare, quel discorso interrotto bruscamente,
quella verità dentro di lui che, quella sera, arrivata al
limite, cercava di uscire in ogni modo: di trovare uno spiraglio, una
via di fuga tra l'oscurità e le nubi, tra le paure e le false
convinzioni. «Prima ti ho fatto una domanda...voglio una
risposta» le disse calmo, ma con una fermezza che non lasciava
via di scampo.
There's
something about you now I can't quite figure out Everything she
does is beautiful Everything she does is right
***
***
Finalmente,
Tyler fece il suo ingresso al Gala, e Caroline, vedendolo, si sentì
subito più leggera. «È tutto tuo!»
esclamò il ragazzo, porgendole un pesante scatolone, «Io
ho bisogno di una doccia!» riprese rapidamente, per evitare che
gli venissero affibbiati altri incarichi, e mostrandole le mani
ancora parzialmente sporche del grasso della macchina. Caroline
gli sorrise, sollevando leggermente la scatola in segno di
ringraziamento, e poi, velocemente, si avviò verso la sala
dove si sarebbe tenuta l'asta.
***
***
Summer
si sentì nuovamente spaesata; Damon aveva riaperto un discorso
che lei aveva erroneamente dato per scampato. Il cuore iniziò
a batterle in modo irregolare e quasi doloroso. Senza conoscere
esattamente le parole che avrebbe pronunciato, stava per bisbigliare
qualcosa, ma, ad un tratto, tutto le sembrò farsi più
grande e vicino, poi immediatamente più piccolo e lontano,
dandole un forte senso di vertigine. Chiuse gli occhi e, quando li
riaprì, tutto diventò gradualmente sbiadito, fino ad
oscurarsi totalmente. Summer crollò, esanime, tra le
braccia di Damon, che la prese prontamente in braccio. «Summer...»
bisbigliò lui, allarmato e confuso. Tutti si arrestarono
per vedere cosa fosse successo, e Damon si fece spazio tra la folla
curiosa, per portarla nello studio di Carol. Caroline, in
un'altra sala, notò quella brusca interruzione della musica, e
si avviò svelta verso il salone principale. «Perché
la musica si è fermata?» domandò ad Elena, che,
avendo assistito alla scena, stava raggiungendo il vampiro, per
dargli il suo aiuto. «Summer è svenuta. Damon l'ha
portata nello studio» Il quel momento, le due vennero
raggiunte dal Sindaco. «Caroline, cos'è successo?! Mi
hanno detto che una ragazza si è sentita male...» «È
così, ma non è nulla di grave, me ne occupo io, signora
Lockwood. Ma qualcuno dovrebbe dire ai musicisti di riprendere a
suonare...» Caroline le mise una mano dietro la schiena per
incitarla. La presenza di Carol, in quel momento, poteva essere
problematica, dato il rancore che ancora provava per il
vampiro. «Giusto... ma avvisami immediatamente se la cosa è
di più grave di un semplice svenimento» «Certamente»
Caroline ed Elena la videro avviarsi, e subito ne approfittarono per
raggiungere Damon.
Il vampiro l'adagiò sul divano,
che le controllò il polso, risultandogli inspiegabilmente
debole. Summer era incredibilmente pallida, e lui le accarezzò
dolcemente la fronte, provando un senso di stringimento al petto,
soprattutto perché non aveva idea di cosa le fosse
accaduto. Elena e Caroline lo raggiunsero, aprendo la porta senza
bussare, ed assistendo a quel gesto premuroso che il vampiro
interruppe delicatamente. «Cosa l'è successo?»
domandò Elena, con apprensione. «Non ne ho
idea...stava bene fino ad un attimo prima...» Damon non
riusciva a capire. Non l'aveva mai vista neanche stanca, ma poi ci
arrivò: non poteva essere nient'altro... «Dev'essere
entrato qualcuno con il medaglione. Chi è stato l'ultimo ad
entrare?» «Tyler...è entrato Tyler con gli
oggetti per l'asta» rispose Caroline, non capendo cosa
c'entrasse lui con con il malessere di Summer. «Dev'essere
tra quelli...» mormorò il vampiro, alzandosi. «Puoi
restare con lei?» chiese ad Elena, con un volto preoccupato e
un tono dolce. «Sì, certo» In vampiro
annuì. «Andiamo...» disse, infine, rivolgendosi
alla vampira.
***
***
I
due vampiri entrarono nella sala adibita all'asta, e si recarono
dietro al palchetto dove, su un grande tavolo, erano sistemati degli
oggetti dall'aria datata. «Sono tutti lì dentro, li
stavo numerando» Caroline, su richiesta del vampiro, indicò
una grande scatola alla fine del tavolo. Damon scavò
frettolosamente al suo interno. Aprì qualche astuccio di
gioielleria senza successo, poi, in fondo, trovò piccolo
sacchettino di velluto blu. Lo aprì, e finalmente lo vide: un
piccolo fiore di loto argentato. Qualcuno l'aveva trasformato in una
spilla. «È questo!» disse certo, stringendolo
con forza nella mano destra, e allontanandosi senza prestare
attenzione alla vampira. «Fantastico...e adesso come lo
spiego a Carol?!» esclamò lei, seriamente avvilita.
***
***
Damon
raggiunse velocemente lo studio. «Come sta?» chiese
avvicinandosi. «Non si è ancora ripresa» Elena
si alzò dal tavolinetto di fronte al divano su cui si era
seduta per avvicinarsi a Damon. «Ok. non preoccuparti, resto
io con lei» Elena annuì. «L'hai trovato?»
chiese con curiosità. Era un momento che anche lei aspettava
da tempo. Così tanto tempo da sembrarle solo una storiella
inventata; ma il vampiro annuì sorridendo e
rincuorandola. Elena sorrise a sua volta e lasciò la
stanza, capendo la sua voglia di stare accanto a Summer. Damon si
sedette sul divanetto all'altezza dei suoi fianchi, e riprese ad
accarezzarle il volto, pensando che probabilmente era il caso di
affidare la spilla a qualcun altro − dato l'effetto che aveva
avuto su Summer − ma poi quest'ultima emise un mugolio, sintomo
che si stesse finalmente svegliando. Lentamente, aprì gli
occhi con un'espressione confusa, e la testa che le sembrava il
nucleo di una centrale elettrica. «Damon...cosa mi è
successo?» chiese, con una sorta di affanno. «Mi
dispiace...è stata colpa mia» le accarezzò ancora
il viso, guardandola con una dolcezza e una premura infinita, per poi
continuare con serietà e costernazione: «Stasera sono di una bellezza che stende...». Summer,
nonostante lo stato in cui si trovava, non riuscì a trattenere
una breve risata. Piano, le scariche nel cervello le sembrarono
affievolirsi, ed anche la vista le ritornò del tutto
chiara. «Ok... non posso prendermene tutto il merito!»
Damon, vedendola sorridere, si sentì più sollevato, e
le mostrò il tanto agognato fiore di loto. Summer sgranò
gli occhi. «Oh mio Dio! L'hai trovato!» non riusciva a
crederci. Dopo tutti quegli anni passati alla ricerca dei tre
elementi, finalmente erano tutti in suo possesso! Lo afferrò e
lo guardò meravigliata e ancora incredula. «E sarebbe
stato quest'affarino a mettermi K.O?» Summer si alzò con
la schiena, e prontamente Damon cercò di aiutarla. «Sto
bene, tranquillo. Mi sto già abituando alla sua presenza»
fece lei, con la dolcezza che meritava il vampiro. Summer si alzò,
e iniziò a camminare per lo studio, tenendo l'oggetto stretto
nella mano. «Non posso crederci...» bisbigliò,
ancora stralunata: quel momento le sembrava un sogno. Damon si
alzò a sua volta, e si appoggiò alla scrivania
sorridendo, e mettendo le braccia conserte. «E ora?...
Questo cosa significa?» chiese, con una sorta di felicità
nello sguardo. Summer s'immobilizzò, restando a fissare il
fuoco del camino. Solo in quell'attimo, realizzò cosa
significava quel ritrovamento. Si girò con lentezza verso
Damon, e lo guardò sentendo il cuore paralizzato e
schiacciato. «Significa...» quasi non ce la faceva a
pronunciare il seguito della frase, ma sentì di doverlo fare,
per concretizzarlo in tutto il dolore che le avrebbe provocato, ma
che non poteva rimanere in sospeso: «che me ne vado...»
concluse, col sorriso dolce e forzato di chi non vuole assolutamente
piangere. Passarono degli interminabili secondi, in cui i due si
guardarono senza la forza di dire altro, ma poi Summer spezzò
quell'impasse, perché gli occhi le si stavano inumidendo, e il
cuore le stava battendo in modo così frenetico da costringerla
a scappare via, per liberarsi dall'assurda convinzione che potesse
esplodere da un momento all'altro «Sai...l'incantesimo mi ha
stravolta. Preferisco tornare a casa. Ci vediamo dopo...» fece,
senza più guardarlo negli occhi, con lo sguardo basso, e i
movimenti veloci di chi teme di essere fermato. Uscì dalla
stanza chiudendo la porta alle sue spalle. Sentiva per davvero il
bisogno di correre a casa, lontana da tutta quella confusione, da
quei rumori e da quelle voci, che in quel momento non le risultavano
altro che fastidiosi e ovattati ronzii.
Damon si limitò
ad annuirle, con uno sguardo che sembrava fisso in un punto preciso,
ma che in realtà era perso in sé stesso; e nell'attimo
in cui Summer uscì dalla stanza, il lieve rumore della porta
gli echeggiò dentro, percependolo come un'onda d'angoscia che
si propagava verso ogni estremità della sua carne, e poi tutto
fu improvvisamente chiaro: l'amava. Come diavolo aveva fatto a
non capirlo prima?! Un flusso d'immagini gli scorse davanti agli
occhi, impreziosite da un significato, che cambiava tutto ciò
che in precedenza era stato erroneamente interpretato, e
distrattamente, o volutamente, ignorato.
«Significa...che
me ne vado...» «Forse
un giorno questo bracciale diventerà intoccabile quanto la tua
collana...» «Mi
riferisco a tutte le persone che per me sono diventate
importanti...Come te, Damon...» «Eppure
mi pare di ricordare che una certa persona sarebbe stata sempre dalla
mia parte...» «Ti
sbagli...tra noi quello geloso sei tu...» «Perché...non
riesco a sopportare il contrario» «Non
vedo perché non possa innamorarsi di te...» «Almeno
io, certe cose, ho il buon gusto di farle in tua assenza!» «Quindi
è così? Oltre a non essere un mostro... sei addirittura
un bravo ragazzo» «Non
se ne parla...non ti lascio da sola» «È
l'ultima volta che riesci a fermarmi» «Ma
non avevamo dato via libera ai baci privi di finalità
sessuali?» «Ripeterlo
non lo renderà vero, Damon. Non è così che
funziona!» «C'è...
dell'ottimo sesso!» «Questo...
era fine a sé stesso» «Sono
io quello che stamattina ha rischiato di bruciare!» «Vogliamo
parlare del tuo atteggiamento alla Io Tarzan, tu Jane!?» «Dovevo
essere brutalmente torturato per meritare due coccole?» «Puoi
sforzarti quanto vuoi, Damon...ma non riesco a vederti come un
mostro...» «Un
tempo mi avresti già impalettato...cos'è cambiato?»
«Come
sistemazione non è male...peccato che la compagnia sia
pessima!» «Credi
che a me faccia piacere averti intorno!? Ti prego, non
lusingarti!» «Sai,
Damon...non sei poi così pessimo come credevo...» «Anche
un prototipo mal riuscito di complimento!» «Cosa
sei, un orsetto gommoso?! Vestiti e Vattene!» «Domani
mi lascerò torturare...» «Mi
darai ancora fastidio una volta finito il gioco?» «Hai
ancora il mio profumo addosso e già sei in fase di negazione?»
«Cosa
stai cercando di dimostrare?» «Possibile
che tu debba essere sempre così violenta?!» «Otterrei
lo stesso risultato uccidendoti...e mi stai davvero tentando!» «Io
attratto da lei...Neanche per sogno! Un iceberg trasmetterebbe più
calore...» «La
vita è un dono prezioso...perché vuoi privartene?!»
«Una
pazza mi ha spezzato l'osso del collo!» «Tu
sei davvero fastidioso!» «Fai
attenzione durante il tragitto: è pieno di soggetti pericolosi
lì fuori» «Me
ne porti un'altra?»
L'amava:
tutto aveva finalmente un senso. Gli occhi gli si inumidirono, e
il respiro gli s'indebolì, privandolo crudelmente
dell'ossigeno necessario. Tutti i suoi comportamenti, tutte le sue
emozioni, erano state guidate da un amore vissuto alla cieca. Ma,
ora che i suoi occhi erano addirittura spalancati, quel sentimento
era perfettamente chiaro, e Damon poteva finalmente capire il perché
di ogni cosa. Era come se l'avesse sempre amata, dal primo
momento; perché solo questa conclusione poteva spiegare con
coerenza le sue azioni; quella raffica di ricordi che l'avevano
addirittura immobilizzato. Come quella sera al Grill in cui, pur
senza voglia, gli fu inevitabile parlare con lei; come il fatto che
avesse mentito ad Elena e Alaric sulla sua intenzione di aiutarla
nelle ricerche; quell'attrazione fisica che non riusciva a
controllare, e che lo portava a cercare in ogni modo il contatto con
la sua pelle; quell'assurda decisione di farla vivere a casa sua; il
fatto che l'avesse consolata per tutta la notte, senza sentirne il
minimo peso; il suo allontanamento, quando quei sentimenti si stavano
facendo troppo chiari, e la successiva decisione di ovattarli, pur di
continuare a stare con lei; quella gelosia insostenibile, che gli
infiammava il petto, quando qualcuno le si avvicinava; la voglia di
sentirla sua, al punto di volerla trasformarla in un vampiro;
l'impegno che ci aveva messo per trovarle un regalo che fosse
perfetto; e, soprattutto, il dolore che provava adesso, consapevole
del fatto che lei se ne sarebbe andata: che presto o tardi quella
situazione sarebbe inevitabilmente cambiata. Tutte queste cose, si
potevano spiegare solo con quella parola che per mesi si era
nascosta, in silenzio, dentro di lui, pur di non spaventarlo, e per
cercare di sopravvivere e di crescere. Perché Summer era stata
questo: un piccolo seme, già dentro di lui, germogliato con la
sua presenza, e diventato, in seguito, così grande da
infrangere, con i suoi rami, ogni sua barriera. Summer l'aveva colto
di sorpresa dall'interno. Le mura che lo proteggevano, erano state
inaspettatamente distrutte dalla parte opposta; perché lei,
per tutto quel tempo, era rimasta nascosta dentro di lui; ma ora che
poteva finalmente percepirla, in tutta la sua essenza, Damon se la
sentiva sotto la pelle, dentro il sangue, e impressa in quell'anima
data per persa. Ripensò a tutte le allusioni di Alaric, e
si sentì terribilmente arrabbiato per il fatto che se ne
fossero accorti prima gli altri. Pensò ad Elena...davvero
non aveva idea del colore del suo vestito; e si chiedeva se l'avesse
dimenticato, oppure non l'avesse proprio notato. Come aveva fatto
a non capire che i suoi sentimenti per lei erano cambiati?! Come
aveva fatto a non notare che non si sentiva più attratto dalle
sue labbra?! Si sentiva incredibilmente stupido all'idea di non
aver riconosciuto i suoi stessi sentimenti, ma, in fondo, ne capiva
il motivo. Non aveva mai vissuto l'amore nella sua forma più
felice e spensierata. Nella sua lunga vita, quel sentimento era
sempre stato, in qualche modo, associato al dolore; ed era stata
proprio la mancanza di quest'ultimo ad impedirgli di riconoscerlo. In
quelle settimane, per Damon, l'amore era stato un limpido oceano in
cui nuotare liberamente; e solo ora che quell'acqua incontaminata si
era macchiata del nero dell'angoscia, riusciva finalmente a
percepirne l'estensione; ed era un amore smisurato, proprio come
l'ansia di perderla, che, in quel momento, risucchiava il suo respiro
dandogli la sensazione di annegare. Quella consapevolezza era
venuta allo scoperto con violenza, perché aveva portato con sé
tutte le paure e le insicurezze che gli erano state risparmiate in
precedenza, facendolo sentire completamente disarmato, di fronte a
quell'imprevista raffica di incertezze. Summer provava
dell'affetto per lui, ne era sicuro; ma adesso non gli bastava. Da
lei voleva il suo stesso amore; ma si chiedeva se fosse realmente
possibile. Damon sentiva che quel genere di cose non appartenevano
al suo destino. Non era da lui essere ricambiato dalla donna che
amava; non lo sentiva possibile, neanche ora che non doveva
contendersela con suo fratello. E se l'avesse fatto davvero? Se
Summer avesse davvero deciso di andarsene, come avrebbe dovuto
interpretarlo? Come un chiaro segnale del suo
disinteresse? Quella dannata consapevolezza aveva fatto il suo
ingresso solo da pochi minuti, e già lo stava uccidendo, con
tutto il suo seguito di lancinanti dubbi.
Angolino
di NaNa: “Ehilà...
c'è neeeessssssuuuunooooo!?!?!” Da quando i miei
aggiornamenti si sono rallentati, ogni volta che pubblico mi sento
sempre una povera particella di sodio! XD Solite cretinate a
parte, trovo
importante spendere due paroline sul “flashback” di
questo capitolo:
le parti in rosa, ovvero le parole di Summer, non fanno capire a
Damon ciò che lei prova (visto che per lui sarà il
“demone” dei prossimi capitoli xD) ma solo ed
esclusivamente quello che prova lui. Non tutte le frasi sono “momenti
importanti”, ma per Damon, in quel frangente, anche le piccole
cose trovano un significato^^. Come avrete notato, vanno
dall'ultima frase di Summer (ovvero dalla doccia fredda xD) fino al
momento in cui lui ascolta per la prima volta la sua voce, e
incuriosito si gira per guardarla. Ovviamente, spero che questo
capitolo non sia risultato troppo scontato e banale (hanno trovato il
fiore ad un asta...”Wooow...complimenti NaNaBianca: fantasia ai
massimi livelli -_-'''”, “Lo so, uffiiii, ma mi piaceva
il fatto che loro si stessero focalizzando sulle case, per poi
trovarlo in tutt'altro scenario” :D) Comunque, in tal
caso...sorry :( ma mi giustifico dicendo che la mia è solo una
povera testolina atrofizzata! Non potete pretendere chissà
cosa...quindi siate comprensive T-T Come sempre ringrazio tutti
quelli che sono arrivati fin qui, nonostante i papiri mastodontici. E
spero davvero che questo capitolo non abbia deluso troppo le vostre
aspettative. Ringrazio chi troverà un po' di tempo per
lasciarmi un commentino*.*, e
chi vorrebbe trovarlo solo per insultarmi, ma poi si asterrà
gentilmente dal farlo, per non farmi piangere :D (ovviamente scherzo,
sono ben accette anche le critiche...sempre meglio dell'indifferenza
xD) Altra cosa che voglio dire:
non
fatevi aspettative sulla seconda parte del capitolo!!! (che,
tra l'altro, prevede solo poche scene che non ho voluto mettere in
questo, perché non volevo rischiare di
arronzarle) Ripeto: è vero, Damon ha finalmente capito i
suoi sentimenti (quest'anno le campane non suonano per la Pasqua, ma
per lui!xD) però questo non vuol dire che adesso sarà
tutto rosa e fiori. Anzi, le cose diventeranno gradualmente più
problematiche e contorte. Purtroppo abbiamo a che fare con due
zucconi: non dimenticatelo! xD ed io vi avevo avvisato che questa
fic, sul piano sentimentale, avrebbe fatto buttare il sangue. E se
non l'ho fatto...emmm ...lo sto facendo adesso xD (i lettori
preparano i forconi, ma NaNa scappa veloce come il vento!!!) Detto
questo - dalla buca in cui mi sono nascosta per non essere picchiata
– vi auguro una buona Pasqua e una divertentissima
Pasquetta!!! Ora vi saluto e sparisco...*puff*
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Capitolo 50 *** Cinquantesimo Capitolo ***
Alla mia
piccola e dolce Nanyvale
Alla
mia preziosa Alice_InWonderland
Alla
mia insostituibile Avevanospentoanchelaluna
***
25 Dicembre *** Parte
2^
Gloria
camminava per il lungo corridoio che collegava la sua casa al bar. Sì
immobilizzò un istante, quando sentì le terribili urla
della vampira che provenivano dallo scantinato; e si chiese se fosse
il caso di alzare il volume della musica, all'interno della sala, per
evitare che qualcuno le sentisse. Restò immobile per qualche
secondo. Non si sarebbe mai aspettata, nella sua vita, di favorire
così tanto il male: di far parte della combriccola di Klaus.
Perché era esattamente ciò che era successo. Era
finita nell'oscuro vortice dell'ibrido, e non sapeva come uscirne...o
almeno come uscirne viva. Klaus era troppo potente persino per
lei, e, soprattutto, era immortale. Gli spiriti avrebbero
perdonato la sua passività? Si chiese, vergognandosi di ciò
che era diventata. Klaus la raggiunse mettendole un braccio
intorno alle spalle. «Non trovi che sia un suono melodioso,
mia cara?» domandò con compiacimento. Aveva soggiogato
una ragazza affinché frustasse la vampira con delle corde
intrise di verbena. Era principalmente con i trattamenti notturni che
Klaus amava sbizzarrirsi, ma, in ogni caso, l'importante era che
Katherine non avesse neanche un attimo di pace. Gloria fu
investita da un forte odore d'alcool. Da quando avevano contattato
Philiph Harris senza successo, l'ibrido non faceva altro che bere e
inventare nuovi e fantasiosi modi per torturare la sua prigioniera.
In quei giorni, Gloria l'aveva anche vista ricoperta di aghi di legno
- in stile agopuntura - costretta a restare immobile, per non
rischiare la vita a causa del legno conficcato troppo vicino al
cuore. Ma, nonostante tutto, la vampira mostrava ancora un notevole
attaccamento alla vita. «Questa storia durerà ancora
per molto?» chiese di rimando, con freddezza. Perché
Klaus era ancora lì? Perché non la lasciava in pace?
«Fino a quando sarà divertente...quindi sì:
ancora per molto!» asserì, con un tono corrotto dalla
poca lucidità mentale, e da quell'inoffuscabile cattiveria che
lo aveva reso celebre. Gloria irrigidì la mascella,
mostrandogli tutto il suo disappunto. «Oh... non fare quella
faccia, mia cara... » bisbigliò avvicinando il suo volto
a quello della strega, «A meno che tu non voglia fare compagna
a Katerina, ovviamente...» continuò, in un bisbiglio
diabolico. Gloria si fece coraggio, liberandosi da quella presa e
parandoglisi di fronte. Quella situazione era diventata
insostenibile. Era sempre stata una strega temuta e rispetta, non
riusciva più a sopportare i modi di Klaus. Ormai sentiva
di stare per raggiungere il limite della sopportazione. «Vi
voglio fuori dal mio bar, Klaus» disse risoluta, guardandolo
con fierezza. Klaus sorrise, quasi divertito: probabilmente era
l'alcool a rendere quella richiesta ancora più esilarante. «Ci
vuoi fuori?!...» ripeté con enfasi, ridicolizzando quel
coraggioso tentativo, poi le afferrò la mascella col pollice e
l'indice e la trascinò al muro. «Non dimenticare con
chi stai avendo a che fare, Gloria!» mormorò, con uno
sguardo folle e inceneritore, per poi lasciare quella violenta
presa. «Ma... d'accordo. Ci vuoi fuori?! Bene!...Trova una
soluzione! » il suo sguardo ritornò improvvisamente
lucido, tanto da lasciare un fremito di terrore sulla pelle della
strega. Klaus le fece un'altra occhiataccia, e poi si allontanò
verso l'uscita. Aveva bisogno d'aria per smaltire la sbronza, ma,
soprattutto, per pensare.
***
***
Caroline
raggiunse Elena in terrazza. «Tyler sta parlando con sua
madre...» iniziò, vagamente tesa. «Credi che ci
saranno problemi?» Elena, che fino a quel momento aveva tenuto
lo sguardo fisso sul paesaggio, si voltò verso di lei. «A
quanto pare l'assicurazione copre anche lo...smarrimento»
disse, ammiccando, per far capire all'amica la bugia che avevano
inventato, «quindi non dovrebbero essercene...» concluse,
rassicurandola. Elena annuì. Tyler si era addossato la colpa
della perdita, e pensò che, come sempre, erano i suoi amici a
pagare il prezzo di tutto quello che accadeva. Caroline notò
quello sguardo triste, associandolo ad altro. «Allora?! Hai
qualcosa da dirmi...per la serie “inconfessabili segreti da
confessare soli ai morti”?!...in questo caso: me!» fece,
col suo solito modo di fare. «A cosa ti riferisci?»
Elena non capiva: Caroline le sorrideva con aria
apprensiva. «Andiamo, Elena. L'hai visto anche tu il modo in
cui Damon la guardava...» la vampira la osservò
attentamente per poi continuare: «Ti sta bene?» Elena
si prese una lunga pausa, ritornando a fissare il paesaggio. Esitò
un istante, poi sorrise e le rispose: «Avevi ragione. Sono
attratta da lui. In tutta la sua gloria di fratello cattivo...»
mentre lo diceva, Elena continuava a sorridere. Si sentiva come
liberata da un grosso peso. Finalmente riusciva ad ammetterlo
serenamente; e con altrettanta tranquillità, continuò
il suo discorso: «Ma amo Stefan...e non vedo l'ora che ritorni:
perciò, sì, mi sta più che bene» concluse,
annuendo. In quell'istante, Elena capì cos'era stato a rendere
facile quell'ammissione. Il cuore di Damon, ormai, apparteneva ad un'altra donna. Era come se quell'attrazione non fosse più un
pericolo. Era attratta da lui, perché Damon era maledettamente
affascinante, ma amava Stefan, e questo non sarebbe mai cambiato. E
fu facile ammetterlo anche perché il suo confessore era
Caroline, ed Elena sapeva bene che lei non l'avrebbe mai
giudicata. In quel momento, pensò a Damon, e quasi si sentì
felice per lui. Era come se tutto stesse andando nella giusta
direzione, e quel ritrovamento, la famosa arma per uccidere Klaus,
rendeva più tangibile la speranza di riavere Stefan.
***
***
Ad
ogni colpo, la vampira portava il busto leggermente in avanti,
digrignando i denti. La sua schiena era ricoperta di abrasioni che
guarivano con lentezza. Katherine era incredibilmente debole. La
ragazza che la frustava − mentre lei era inginocchiata a terra
con i polsi legati da delle catene − aveva lo sguardo perso di
chi è stato soggiogato, e non ha idea di quello che sta
facendo. La mente della vampira era intorpidita dal dolore e, a
tratti, tutto diventava sbiadito e confuso. La ragazza si fermò
improvvisamente. Katherine, incuriosita, girò il volto per
vedere cosa fosse accaduto, e la vide tra le braccia di Stefan, che
l'adagiava con delicatezza a terra. Il vampiro, sorprendendo la
ragazza alla spalle, le aveva iniettato del sonnifero; giusto per
concedere alla vampira un po' di riposo, nel frattempo in cui Klaus
era lontano dal bar. Stefan sapeva bene che, al suo risveglio, la
ragazza non avrebbe ricordato nulla, e avrebbe continuato ad eseguire
i suoi ordini. «Dormirà per una mezz'ora, non potevo
dargliene di più...non ho idea di quando tornerà Klaus»
spiegò Stefan, prendendo una sacca di sangue che aveva
lasciato sulle scale per porgerla alla vampira. Katherine sorrise,
mettendosi a sedere, ed afferrando quel gradito e inaspettato
pasto. «Felice di vedere che ti importa ancora di me...»
esclamò con voce rauca, alzando fiaccamente quella sacca, come
per simulare un brindisi. «Non dico che non lo meriti...ma
non approvo questi metodi» Stefan la guardò con la
solita serietà. Era vero: dopo tutto quello che gli aveva
fatto, Katherine non meritava nessuna pietà. Eppure il vampiro
era riuscito ad averne, nonostante tutto. «Non approvi
questi metodi...ironico, detto da uno squartatore!» lei ghignò
quasi; probabilmente, il suo ego aveva visto in quel gesto, molto più
di quello che in realtà c'era. «Goditi il tuo riposo,
Katherine» Stefan si inchinò leggermente, rispondendo,
in quel modo, ad un “grazie” mai nato; poi si voltò
in direzione delle scale e la lasciò sola in quel regalato attimo
di pace.
***
***
Summer
ritornò a casa chiudendo velocemente la porta d'ingresso alle
sue spalle. Due lacrime le rigarono le guance, ma lei le asciugò
prontamente. Si sentiva una stupida, come ogni volta in cui si
ritrovava a piangere. Quel gesto non le apparteneva, eppure era
diventato dannatamente frequente. Da quando le si erano aperti i
rubinetti? Pensò infastidita. Era più forte prima di
incontrare Damon o, almeno, era più recintata! Adesso un
senso di oppressione al petto le faceva quasi male. Non aveva idea di
come affrontare la cosa, ma, in quel momento, non voleva neanche
pensarci. Si recò in camera sua e chiamò Lily. Il
telefono squillò un po' prima che la strega rispondesse. «Ehi,
Summer...» fece, con voce sorpresa. Era abbastanza tardi, e non
si aspettava una sua chiamata. «Dimmi un po' l'incantesimo
prevedeva di uccidermi?! Questo stupido fiorellino mi ha fatto
perdere i sensi...» si lamentò animatamente, cercando di
pronunciare quelle parole senza lasciar trapelare nulla del suo
dolore. «Oh mio Dio, Oh mio Dio! Non posso crederci! Summer!
Ce l'abbiamo fatta...non mi sembra vero!» Lily esultò
con tutta l'energia che aveva in corpo, e Summer sorrise
immaginandosela a saltellare per tutta la stanza. «E già...»
fece lei, priva dello stesso entusiasmo. Non riusciva a provare
neanche la minima gioia a riguardo, nonostante gli anni di ricerca.
Si guardava intorno riuscendo solo a pensare che presto se ne sarebbe
andata. Che tutto era finito. «E quindi sei svenuta? Forse
ho usato troppe ossa! Mi dispiace, ma adesso come ti senti?»
chiese l'amica, una volta smaltita la gioia. «Sto bene
tranquilla e poi... è il destino di noi povere cacciatrici
essere le cavie di voi streghe cattive!» Summer cercò di
essere sempre la stessa, ma gli occhi le pungevano
fastidiosamente. Lily rise allegramente, per poi chiederle ciò
che più le premeva: «Allora? Tornerai domani stesso a
New York?... Non vedo l'ora di vederlo!». Summer sentì
il respiro strozzarsi in gola. Avrebbe voluto inventare mille scuse
per restare lì, ma non poteva. Doveva aiutare Lily con le
ricerche della cenere di quercia bianca: non poteva fare finta che
non ci fosse nessuna missione da portare a termine. «Domani!?...sì,
certo!» rispose, odiandosi, sentendosi male, con gli occhi
colmi di lacrime, col cuore in fiamme, con la voglia di rimangiarselo
immediatamente e, soprattutto, pervasa dalla tremenda angoscia che
accompagna la fine di qualcosa... la fine di qualcosa di
bello. «Perfetto! Vorrà dire che ti aspetterò,
così partiremo insieme... Finalmente! Mi sto annoiando e
deprimendo a condurre le ricerche da sola... L'ultima è stata
l'ennesimo buco nell'acqua. Ma questa strega che ho contattato
qualche giorno fa dice che sua nonna l'ha eredita dalla sua bisnonna,
che, ai suoi tempi, l'ha ricevuta da un vampiro che non vedeva l'ora
di uccidere Klaus! Ma che è poi morto nel tentativo...» «E
tu credi che tutto questo giro di parole sai attendibile?» fece
Summer, perplessa. «Non ne ho idea. Fatto sta, che la
ricerca di questa cenere mi sembrava la cosa più facile...ed
invece... ora è l'ultimo ingrediente che ci manca» la
voce di Lily trapelava tutta la sua frustrazione. Era ad un passo dal
pugnale. Era ad un passo dal compiere l'incantesimo del secolo: ricostruire il pugnale scomposto dalla famosa strega Lucrezia Galler.
Non le sembrava vero... «Ingrediente...parli come se stessi
preparando un calderone!» «Beh, in effetti sarà
qualcosa di simile...ma parlami del fiore di loto! Dove l'hai
trovato?» il tono più acuto di Lily, lasciò
intendere un ritrovato entusiasmo. «Ad un'asta di
beneficenza. È stato Damon a portarmici, se non fosse stato
per lui...» Lily interruppe prontamente il discorso di
Summer: «Avverto una marcata nota di tristezza. Sei dispiaciuta
all'idea di doverlo lasciare?» fece, con una dolcissima
malizia. Sapeva bene che Summer si era affezionata al vampiro. La
cacciatrice si sentì quasi paralizzata da quella domanda, ma
cercò di controllare la sua voce. In quel momento, non
riusciva neanche a pensarci: parlarne era fuori discussione! «Sono
solo stanca» rispose repentinamente per poi celare l'angoscia
dietro la solita ironia: «Il tuo incantesimo è stato
devastante. Dovresti far firmare una liberatoria prima di farli!»
concluse, sperando di eludere quel doloroso discorso. Persino il
semplice respirare le faceva male, dover nominare Damon sarebbe stato
davvero troppo! Lily ridacchiò graziosamente. «Ok. La prossima
volta lo farò! Quindi...a domani sera?» chiese, con voce
allegra. Quel domani...quel dannato domani, le sembrò una
pugnalata al petto velenosa e profonda. «Sì...certo»
rispose, con un tono forzatamente tranquillo, mentre gli occhi le si
colmavano nuovamente di lacrime. «Non vedo l'ora! E mi
raccomando: bevi tanta acqua!» Lily, ripensando all'effetto collaterale dell'incantesimo, non riuscì a
trattenere la sua vena apprensiva. «Lo farò, non preoccuparti...»
Summer rispose con un tono assente, e mise fine a quella chiamata con uno sguardo perso nel vuoto.
***
***
Damon,
ancora nello studio di Carol, se ne stava seduto sul divano, con i
gomiti sulle ginocchia e le dita intrecciate all'altezza delle
labbra. Guardava il fuoco del camino con uno sguardo assorto. Quello
che doveva fare, era alzarsi e andare da Summer, eppure sentiva di
dover aspettare ancora un po'. Si sentiva agitato, perché
sapeva che l'avrebbe guardata con occhi differenti, e quella certezza
riusciva quasi a spaventarlo. Si chiedeva cosa avrebbe provato, cosa
avrebbe fatto, cosa avrebbe detto... Qualcuno bussò alla
porta, ma lui non rispose, e, dopo un po', la vide spalancarsi: era
Elena. «Non hai risposto...» mormorò lei,
giustificandosi per il fatto che fosse entrata senza
permesso. «Avanti» Damon fece uno dei suoi soliti
sorrisi a mezze lebbra, e lei sorrise di rimando, a quella simpatica
risposta tardiva. «Dov'è Summer?» Elena era
ritornata lì per assicurarsi che la ragazza stesse bene, e si
sorprese quando, ispezionato rapidamente l'ambiente, non la vide. «È
andata a casa...» lo sguardo di Damon si fissò
nuovamente sul fuoco, e nella sua voce Elena percepì qualcosa
di strano, ed anche il fatto che Summer se ne fosse andata senza di
lui le risultò sospetto. «Tutto bene?» chiese
con apprensione. «Certo» il vampiro annuì,
alzandosi. Non poteva più starsene lì a rimuginare:
doveva vederla. «Finita l'asta andremo tutti al grill per
festeggiare il ritrovamento della famosa arma in grado di uccidere
Klaus. Ti unisci a noi?» chiese allegramente, guardandolo con
attenzione per cercare di capire cosa rendesse Damon così
stralunato. «No...No a dire il vero...preferisco tornare a
casa. Voglio assicurarmi che stia bene...» Elena annuì,
e il vampiro si avviò aprendo la porta, ma tendendo poi la
mano fissa sul pomello. «Ah, Elena...» Damon si voltò
nuovamente verso di lei, «Ti sta bene il verde» concluse,
con un tono pacato e un sorriso liberatorio. Avrebbe sempre tenuto in modo
particolare a lei, ma, adesso, era solo una sorta di sentimento
fraterno quello che si celava dietro ai suoi occhi. Lei lo guardò
stranita, mentre il vampiro chiudeva la porta alle sue spalle.
***
***
In
terrazza, Alaric stava raggiungendo Clarissa reggendo due bicchieri
di champagne. «A lei...» fece con una galanteria
scherzosa, offrendoglielo. Cercò di mantenere il
controllo: aveva mischiato dell'estratto di strozzalupo alla bevanda;
ed ora non doveva fare altro che aspettare il resoconto. «Grazie»
Clarissa avvicinò il bicchiere a quello di Rick per poi
aggiungere: «A cosa brindiamo?» «Alle nuove
conoscenze...» Rick la guardò intensamente. Lasciò
tintinnare i due bicchieri facendola sorridere, e subito dopo portò
il suo alle labbra per incitarla a fare lo stesso. Clarissa
avvicinò il bicchiere al volto, ma poi qualcosa nel suo
sguardo cambiò repentinamente. Appoggiò il bicchiere
sul largo parapetto, e prontamente usò la mano appena
liberata, per affondarla nei capelli di Rick e per baciarlo. Alaric
non sia aspettava nulla del genere: fu un gesto veloce e inaspettato;
e si chiese se non fosse altro che uno stratagemma per evitare di
bere. In fondo, Clarissa quella sera aveva avuto modo di associarlo a
Damon e, se davvero i lupi più esperti riuscivano a fiutare
l'odore dei vampiri, era inevitabile che lei avesse alzato la
guardia, pensò. Eppure, Alaric non riuscì a
fermarsi. Le cinse la vita con il braccio per avvicinarla a sé,
e si godette appieno quel bacio. Non poteva negare a sé stesso
di essere incredibilmente attratto da lei. Piano, le loro labbra
si allontanarono, e, con la coda dell'occhio, Clarissa notò
che tutte le persone si stavano velocemente recando al piano
inferiore: evidentemente l'asta stava per iniziare. «Alle
nuove conoscenze...» ripeté lei, con un sorriso
malizioso, facendolo sorridere. «Dovresti bere il tuo
champagne, è davvero ottimo» insistette lui. «Lascia
perdere lo champagne...» Clarissa lo prese per mano,
trascinandolo all'interno della dimora. Alaric non capiva le sue
intenzioni. Dove lo stava portando? Forse aveva capito ogni
cosa, e quindi stava solo cercando un luogo appartato per aggredirlo, pensò. La donna
aprì la porta di una stanza, e sorrise constatando che fosse una camera da
letto. Non le importava di chi fosse. Trascinò Alaric al
suo interno e lo bloccò alla porta col suo corpo. Nuovamente
lo baciò con passione. Rick non sapeva cosa pensare. Se
Clarissa avesse davvero capito la situazione, avrebbe dovuto vederlo
come un nemico. Non aveva senso il fatto che lo stesse baciando.
Alaric capì che, forse, nella sua mente aveva creato qualcosa
che non esisteva. Quella seconda vita così oscura e dolorosa
lo aveva infettato così tanto da fargli vedere con occhi
critici e timorosi qualsiasi cosa. La baciò con passione e
le portò le mani sui fianchi. Afferrò la stoffa del suo
vestito e la sollevò fino a scoprirle interamente le gambe,
coperte da delle autoreggenti nere. Le sue mani percorsero la forma
dei suoi glutei con veemenza, fino ad afferrarli con decisione, e ad
imporre a Clarissa di cingerlo con le gambe. La portò di peso
fino al letto, afferrando prontamente la lampo del vestito. La parte
superiore scivolò verso il basso facendo sì che quella
stoffa si riducesse ad una massa informe che le copriva solo il basso
ventre. Non dovendo combattere contro nessun reggiseno, Alaric
abbassò il volto per baciare i suoi seni, respirandone
avidamente il profumo. Non riusciva a pensare a nient'altro.
Alaric, in quel momento, si sentiva vivo come non gli accadeva da
tempo. Negli ultimi mesi, si era talmente crogiolato nella
passività, che aveva dimenticato il vero sapore della vita,
che è proprio come quello dello champagne: non lo bevi tutti i giorni, e
quando capita è solo un attimo di piacevole frizzantezza che
ti stuzzica il palato, ma che dura giusto il tempo di buttarlo giù.
Alaric aveva dimenticato che uno dei significati della vita più
lampanti è quello di aspettare quegli attimi in cui ti senti vivo
davvero: attimi che, nonostante tutto, nonostante i dolori più
insopportabili, alla fine arrivano sempre. Così, si perse
con entusiasmo in quel momento di follia adolescenziale, senza più
pensare a nulla.
***
***
Summer,
nella sua stanza, camminava nervosamente avanti e indietro. Non
sapeva da quanto tempo lo stesse facendo: sapeva solo che non
riusciva a smettere. Si torturava il labbro inferiore con i denti,
strofinava ripetutamente le mani sul vestito, faceva dei respiri rapidi e profondi, e proprio non riusciva a fermare quei fastidiosi
gesti. Non riusciva a sentirsi tranquilla. Era tormentata, agitata,
frustata e, irragionevolmente, tutto quello che desiderava, era ciò
da cui era scappata: Damon. Quando sentì il rumore della
porta d'ingresso, sì sentì ancora più
irrequieta, tirando, allo stesso tempo, un sospiro di sollievo. Tutte
le sue emozioni erano opposti che si scontravano. L'ansia la
immobilizzò completamente. Sentiva i passi di Damon farsi
sempre più vicini: proprio come il suo cuore che diventava
gradualmente più sonoro e rimbombate. Le mani le sudarono
improvvisamente, e quando lo sentì dietro di sé, si
girò cercando in tutti i modi di fingersi calma. Damon la
fissava in modo strano. Indossava solo i pantaloni e la camicia dello
smoking e Summer, sorridendo, pensò che come al solito avesse
lanciato incurantemente la giacca e la cravatta su qualche divano del
salotto. Sorrise ancora, deglutendo forte. «Sei tornato...»
mormorò con voce emozionata, ma Damon non le rispose. Rimase
fermo sulla soglia, leggermente poggiato allo stipite, continuando ad osservarla con uno sguardo
serio che non l'aiutava a calmarsi. «Ho chiamato Lily...è
al settimo cielo! Ormai solo lei sa da quanto aspetto questo
momento...» Summer cercava di aprire un discorso che il vampiro
non sembrava intenzionato a voler approfondire. Se ne stava ancora
fermo, con le mani nelle tasche, a scrutarla con un'espressione
indecifrabile. Summer non sapeva cos'altro dire per costringerlo a
parlare. Aveva bisogno di ascoltare la sua voce. Di sentirgli dire
qualunque cosa, ma Damon non sembrava disposto ad esaudire la sua
preghiera. Si girò dandogli le spalle e, mettendo un
braccio dietro la schiena per indicargli la cerniera del vestito, gli
fece capire di aver bisogno del suo intervento. «Mi
aiuti...» fece, quasi impacciata, sperando, almeno, nella sua
solita e maliziosa ironia, ma lui continuò imperterrito col suo silenzio. Damon restò immobile per un
altro secondo, poi si mosse in azioni che bloccarono il cuore di Summer, rendendola ancora più
agitata. Non c'era nulla di strano in quello che Damon aveva fatto,
eppure, lei strinse le spalle e respirò profondamente, lasciandosi poi irrigidire dalla
tensione.
Wanderwall
- Ryan Adams Version
Today
is gonna be the day That they're gonna throw it back to you By
now you should've somehow Realized what you gotta do Oggi
sarà il giorno in cui ti verrà data di nuovo
un'opportunità Ormai avrai perfino capito quello che
devi fare
Damon
era certo che ai suoi occhi non sarebbe stata più la stessa, e
vedendola, ne aveva avuto la semplice conferma. Adesso era la
donna che amava. La donna che aveva finalmente capito di amare. E
tutto gli sembrava diverso. O, forse, era semplicemente lui a
sentirsi diverso.
Era la donna che amava, e poteva
stingerla e baciarla. Era la donna che amava, e voleva che
lui la spogliasse. Era la donna che amava, ed era libero di
fare l'amore con lei...
Damon non aveva più un cuore
che batteva, eppure, qualcosa nel suo corpo fremeva, facendolo
sentire incredibilmente vivo in ciò che sembrava un sogno. Uno
di quei sogni così belli, da non averlo mai vissuto neppure a
livello onirico, perché neanche la sua psiche più
recondita aveva mai osato fargliene dono. Ma, adesso, Damon
sentiva di avere l'occasione di vivere quelle emozioni in cui non
aveva più sperato; e l'aveva aspettata così tanto...da
sentirsene addirittura spaventato.
I
don't believe that anybody Feels the way I do about you now Non
credo che nessuno provi ciò che io provo per te adesso
Avanzò
di un passo per accendere un lume alla sua destra; poi ritornò
indietro, spense la luce e chiuse la porta, il tutto con una movenza
flemmatica e controllata, e si chiese per quale ragione Summer avesse
visibilmente irrigidito le spalle. Con dei passi altrettanto
lenti, si avvicinò a lei. Arrivato alla sua schiena,
indugiò per un lungo istante, rapito dal modo in cui la luce
si rifletteva sulla sua pelle in bagliori dorati, che la rendevano
ancora più splendente ai suoi occhi. Le spostò i
capelli di lato, e la sentì prima rabbrividire e poi
sciogliersi sotto il suo tocco. Afferrò la lampo e
l'abbassò con lentezza e sensualità. L'aveva
spogliata tante volte, velocemente e avidamente, senza mai rendersi
conto di nulla. Quella sera, invece, tutti i suoi movimenti sarebbero
stati pacati e dolci. Ne avrebbe vissuto pienamente ogni attimo,
perché non ricordava l'ultima volta in cui poteva vantare di
aver fatto qualcosa di simile al fare l'amore. Forse non c'era mai
stato, nella sua vita, un momento simile. Nonostante i suoi
sentimenti passati, si rendeva conto di non poter definire amore quel
modo in cui Katherine lo soggiogava e lo usava a suo piacimento come
un lussurioso giocattolo: quei sentimenti unilaterali che si
scagliavano verso un muro d'indifferenza, palesandosi solo nel dolore
dell'urto. Non erano altro che fantasia, tutte le volte in cui aveva
immaginato il corpo di Elena al suo fianco. E tutte le altre donne
collezionate nella sua lunga vita, tutto quello che aveva vissuto,
tutte le notti di passione, erano stati solo insignificanti
fiammiferi dalla fiamma effimera quanto inutile, bruciati in un lampo
che non aveva lasciato altro che il lontano e insoddisfacente
riverbero di ciò che poteva realmente essere l'amore. Damon si
era talmente abituato all'aridità della sua esistenza, che non
aveva riconosciuto, in Summer, quella pioggia fresca di emozioni che
aveva accarezzato la sua pelle. Non aveva mai dubitato del destino
d'infelicità che lo attendeva; quell'infelicità che,
ironicamente, sembrava il traguardo di ogni sua scelta. Damon si era
inesorabilmente piegato a quella convinzione, tanto da chiudere gli
occhi persino di fronte all'unica cosa bella che gli era capitata
nella vita.
Backbeat
the word was on the street That the fire in your heart is out I'm
sure you've heard it all before But you never really had a
doubt Cala
il ritmo è di dominio pubblico che quel calore nel tuo
cuore si è spento Sono sicuro che ne hai già sentito
parlare e non ti è venuto mai nemmeno un dubbio
Ma,
adesso, la vedeva chiaramente in tutto ciò che
rappresentava. Summer era a pochi centimetri da lui. Damon
poteva unirsi a ciò che più amava, e gli sembrava quasi
irreale che il fato gli avesse concesso quell'opportunità. In
quel momento, nient'altro aveva importanza. Non esisteva nessun
passato da ricordare con rabbia e tristezza. Non esisteva nessun
domani in cui lei se ne sarebbe andata. Non esistevano missioni
da portare a termine. Non esistevano nemici da temere.
Esistevano solo loro due.
Damon aveva chiuso la porta,
affinché tutto si concentrasse in quello spazio, in cui
neanche ai gemiti e alle ombre era concesso di scappare. Con
delle carezze sulle spalle, fece scivolare le bretelline del vestito
lungo le sue braccia, poi le mani si posarono sull'addome e infine
sui suoi fianchi, incentivando la movenza elegante e discreta con cui
il vestito scivolava a terra. Abbassò il volto sul suo
collo per sentire il profumo della sua pelle, e chiuse lentamente gli
occhi, quando lei gli accarezzò dolcemente la guancia roteando
il viso nella sua direzione. Dopo qualche istante, Summer si girò
completamente, facendo scivolare entrambe le mani sul suo petto. Lo
guardò protendendosi verso il suo volto, e lui le afferrò
delicatamente le guance, per indirizzare un bacio, esitato per un
interminabile secondo sulle sue labbra. Come se avesse dovuto
baciarla per la prima volta, Damon dovette fare i conti con quel
fremito di sensazioni, che quasi inibivano i suoi movimenti; ma poi
chiuse ancora gli occhi, e la baciò con lentezza. A tratti,
l'emozione gli toglieva il fiato, tanto da costringerlo a fermarsi,
respirandole qualche istante sulle labbra, per poi riprendere con più
desiderio e dolcezza. La mano del vampiro scese lungo la sua
schiena e, dopo qualche leggera carezza, le dita s'intrufolarono
sotto il gancio del reggiseno. Ci giocò per qualche secondo,
prima di sbottonarlo e di liberarla da quella stoffa, con un gesto
paziente e delicato. Tra un bacio e un altro, con pochi passi
raggiunsero il letto, e Summer si sedette, accarezzandogli il collo
con una mano e sbottonandogli la camicia con l'altra. Damon, con
un ginocchio poggiato sul materasso e il busto piegato verso di lei,
le passò una mano tra i capelli e, col dorso dell'altra,
accarezzò la rotondità del suo seno fino alla punta;
poi, afferrandola per il fianco, la incitò a sdraiarsi,
seguendola a sua volta. Il vampiro fece scivolare i propri
indumenti con una rapidità fluida e silenziosa, ma, quando le
dita s'impossessarono dell'intimo di Summer, con una vena quasi
autolesionista, volle godersi quella conquista, imprimendo ai suoi
movimenti una lentezza densa e bramosa. E mentre le loro ombre
giocavano con la flebile luce di quell'unico lume acceso... dei
sonori sospiri iniziarono a frantumare il silenzio...
La paura
strozzava la gola di entrambi soffocando quella verità
compromettente, ma che ugualmente trovava modo di uscire allo
scoperto. Intrise nelle carezze, nascoste negli sguardi, e
palpitanti in quella voglia implacabile di avvicinarsi fino a non
voler sentire confini, quelle parole non dette riuscivano a
trasmettere ad entrambi parte di quell'immenso calore che li avrebbe
investiti, se solo avessero avuto il coraggio di pronunciarle. I
loro corpi si cercavano con un desiderio nuovo e trascendentale. La
passione, quella sera, non era la solita fiamma che li bruciava: era
un tenue fuoco che li scioglieva; e magma denso e lento era ciò
che scorreva tra di loro: era ciò di cui erano fatte le loro
mani. E in ogni sospiro viveva un silenzioso ti amo. Ogni
carezza era un prezioso dono fatto all'altro. Ogni sguardo era il
mescolarsi di due anime, che si amavano nella misura in cui temevano di
perdersi, ma che, proprio per questo, in quel momento, si univano con
un'intensità che si proiettava nell'infinito.
I
don't believe that anybody Feels the way I do about you now Non
credo che nessuno provi ciò che io provo per te adesso
Avvolto
dalle sue braccia, Damon si muoveva con una cadenza dolce e costante,
simile a quella forza placida che spinge le onde, quando il mare è
calmo. A tratti, rallentava il suo ritmo fino all'esasperazione,
come se avesse voluto punirsi per tutte le volte in cui l'aveva fatto
senza capire quanto lei fosse importante; ma, soprattutto, lo faceva
per illudersi che quel momento potesse essere eterno. Affondò
il mento e le labbra nella sua spalla, avvertendo le dita di Summer
che scorrevano tra i suoi capelli. Finalmente poteva perdersi in
lei. Poteva vivere un attimo di felicità puro e
incontaminato. Poteva sentirsi libero da quelle pesanti catene di
sofferenza che legavano la sua anima alle porte dell'inferno.
Non
era un momento perfetto, perché sentiva di amarla con tutto sé
stesso, ma non aveva idea di cosa lei stesse provando. Non era un
momento perfetto, perché voleva disperatamente dirglielo, ma
la paura uccideva ogni suo tentativo. Eppure non voleva
pensarci... non quella notte. Non era la perfezione ciò che
cercava: forse, nella sua disillusa vita da vampiro, non aveva avuto mai neanche il coraggio di
desiderarla. Voleva semplicemente sentirsi felice, con la speranza
di poter continuare ad esserlo, ed era esattamente ciò che gli
era stato concesso. Pensò che, probabilmente, fosse solo uno
stupido ad illudersi; a credere realmente di stare facendo l'amore
con lei. Quel segreto nascosto tra le lenzuola richiedeva una
reciprocità che non poteva vantare, ma Damon, almeno per
quella notte, voleva credere fortemente che anche lei stesse provando
i suoi identici sentimenti. E farlo non gli risultava difficile,
perché Summer lo accarezzava e lo baciava con una dolcezza
carica di calore. Era attenta e presente in ogni minimo sguardo che
le dedicava, e lo ricambiava con occhi lucidi e sereni. Occhi a
cui Damon si era ormai arreso, rifugiandosi totalmente in quello
strano senso di protezione dal dolore che solo lei riusciva a
donargli, e che l'aveva sempre stranito, spaventato e
allontanato. Ma, adesso, il vampiro era finalmente consapevole dei
suoi sentimenti: era libero di perdersi in tutto ciò che lei
aveva da offrirgli; e, almeno per quella notte, ne avrebbe preso e
vissuto solamente il bello, mettendo da parte ogni incertezza, ma,
soprattutto, dimenticando un'intera vita di sofferenza in quel
vortice d'amore caldo e confortante.
And
all the roads we have to walk along are winding And all the lights
that lead us there are blinding E
tutte le strade che dobbiamo percorrere sono tortuose E tutte le
luci che ci guidano sono accecanti
Senza
spezzare quel ritmo, Summer roteò su di lui, sollevò il busto e fece scorrere le mani sul suo petto. Aveva bisogno
di ammirare il suo volto in una delle prospettive che più adorava; di
perdersi in quegli occhi azzurri e brillanti che acceleravano i battiti
del suo cuore, e di ritornare a bramare quella bocca dolce e irresistibile, che le stringeva il
petto con un nodo di dolcezza e passione. Ma Damon si sollevò con la schiena per raggiungerla,
perché non riusciva a rinunciare al contatto dei suoi seni
contro il suo torace e, più di ogni altra cosa, perché
voleva continuare a baciarla.
Tra respiri intensi e gemiti
incontrollati, il desiderio di bisbigliare quelle due parole era
forte e pressante. Summer avrebbe voluto essere coraggiosa nei
sentimenti proprio come lo era in battaglia. Avrebbe voluto dirgli
quello che provava per lui, senza la paura del dolore che sarebbe
scaturito da un suo silenzio; giusto per liberarsi di
quell'insostenibile peso sul suo petto, di quella disperata voglia di
fargli capire quanto fosse importante per lei. Damon la stringeva
con vigore, facendole sentire quello che non aveva mai avuto il
coraggio di desiderare espressamente: di sentirsi debole tra braccia
forti e rassicuranti; di sentirsi, per un solo istante, la
principessa da salvare e non il guerriero costretto ad affrontare il
drago. Summer sentiva quel senso di protezione che nella sua vita
aveva desiderato tanto quanto lo aveva rinnegato. In quel momento,
era libera di sentirsi fragile, perché Damon, quella sera, con
quegli atteggiamenti maturi e confortanti, e quegli occhi luminosi e
presenti, riusciva a far riaffiorare quella parte di sé che
lei che non osava mostrare a nessuno: la ragazza che aveva un
disperato bisogno di un attimo di serenità; di sentirsi libera
dal peso del mondo, e di sentirsi indifesa ma priva di paura tra le
braccia di qualcuno che l'avrebbe protetta. Summer avrebbe voluto
dirgli quelle due parole e molto altro, ma, quella sera, tutto quello
che poteva sperare, era che lui comprendesse quanto fossero intense
le emozioni che stava vivendo, e che percepisse almeno parte
dell'amore con cui gli stava donando sé stessa, quasi fino a volersi consumare tra le sue mani, pur di non vivere l'attimo in cui si
sarebbero separati.
There
are many things that I would Like to say to you. I don't know
how Sono
tante le cose che mi piacerebbe dirti ma non so come
Damon
l'adagiò nuovamente sul letto per riprendere il controllo.
Il piacere, in quel frangente inviolabile, aveva avuto un ruolo
esclusivamente marginale: era stato solo il contorno delle loro
sensazioni, ma, adesso, si stava inesorabilmente amplificando,
facendosi sentire in tutta la sua travolgente intensità. I
suoi gemiti, il calore del suo corpo, il profumo della sua pelle, la
morbidezza dei suoi seni, la dolcezza delle sue carezze, l'intensità
del suo sguardo... tutto si stava riducendo e concentrando; tutto si
stava pressando in quell'attimo di puro piacere, che sarebbe esploso
impetuosamente, ridando poi la giusta dimensione ad ogni cosa.
Un
sonoro ansimo uscì dalle loro labbra, spinto da un impulso
forte e liberatorio. Un fremito caldo e travolgente percorse le
loro schiene costringendoli ad inarcarle, per poi rilassarle in un
vuoto di forze. Damon, col respiro ancora affannato, adagiò
la guancia sul suo seno. Sorrise, quando si accorse di conoscere alla
perfezione i battiti del suo cuore. Il suo amore era una scoperta
recente, eppure, quei battiti li aveva sempre ascoltati... Si
mise di lato, sdraiandosi a pancia sotto, con un braccio piegato
sopra la testa e l'altro sul petto di Summer, per accarezzarle la
guancia col pollice. Si avvicinò ulteriormente per
lasciarle un tenero bacio sulla spalla, e poi poggiò
nuovamente la testa sul cuscino, continuando a guardarla, con un
sorriso discreto stampato sulle labbra, ed uno aperto e radioso
impresso negli occhi. Il volto del vampiro era sereno, rilassato,
luminoso e dolce, e Summer si sentì rapita da quella visione,
ricambiando con la stessa identica voglia di sorridere, e
accarezzandogli l'avambraccio con la punta delle dita. Tempo
qualche minuto, e i loro corpi avrebbero ricominciato a cercarsi col
solito ardore frenetico che li caratterizzava, ma niente avrebbe mai
superato quello che c'era appena stato: il modo in cui entrambi
avevano silenziosamente confessato il loro amore.
Because
maybe You're gonna be the one who saves me And after all You're
my wonderwall Perché
forse sarai colei che mi salverà E dopotutto sei la
mia ancora di salvezza
***
***
Mano
nella mano, come due teneri complici, Alaric e Clarissa lasciarono la
dimora Lockwood, con un sorrisino compiaciuto impresso sul volto. Lui
aveva la camicia sgualcita e il papillon slacciato; lei, invece,
aveva i capelli sciolti e leggermente arruffati. Alaric
l'accompagnò fino alla macchina. «Beh, grazie per la
splendida serata» disse lei, allusiva, dopo che Rick le ebbe
aperto lo sportello. «Di nulla...» Alaric la guardò
con altrettanta malizia, per poi continuare: «E dimmi...posso
sperare di rivederti, Clarissa, o sei la classica mangiatrice di
uomini che poi si dà alla fuga?» Lei si lasciò
andare in una fragorosa risata. «Beh...Puoi provare a
chiamarmi domani e...scoprirlo da solo!» rispose allegramente,
prima di lasciargli un lungo bacio sulle labbra. Alaric aspettò
che sistemasse per bene il lungo abito nell'auto, prima di chiudere
lo sportello. Sorrise ancora, mentre Clarissa si allontanava in
retromarcia. Era come se tutta la questione legata a Blair si
fosse rimpicciolita magicamente. L'unica cosa a cui riusciva a
pensare, era la voglia di rivederla.
***
***
Damon
la teneva tra le braccia, accarezzandole la spalla con la punta delle
dita. Sentiva il respiro di Summer diventare sempre più
profondo e regolare. Era chiaro che si stesse addormentando, e questo
significava che il momento da lui tanto temuto era inesorabilmente
arrivato. Summer non aveva mai voluto dormire insieme a lui: l'aveva
ribadito più volte. E nonostante quello strano voto di
silenzio, il vampiro preferì parlare, prima che lo facesse
lei. Perché detto da lei avrebbe fatto decisamente più
male. «Ti lascio riposare...» bisbigliò
amaramente, alzandosi leggermente, e scostando il braccio che
avvolgeva le spalle di Summer. Tutta la felicità provata
fino a quel momento si stava crudelmente polverizzando, ma poi
Summer gli mise un braccio intorno alla vita incitandolo a
ristendersi: «Resta qui...» bisbigliò in un filo
di voce. Nel momento in cui Damon aveva pronunciato quelle parole,
tutta la fiacchezza di Summer era svanita in un lampo, trasformandosi
in una repentina voglia di stringerlo con più forza. Non
voleva assolutamente che se ne andasse, e quell'invito uscì
dalle sue labbra con un tono dolce e quasi infantile; ma, subito
dopo, Summer s'irrigidì di colpo. «Sempre se...ti
va...ovviamente» continuò con imbarazzo e titubanza.
Gliel'aveva negato tante volte...con quale coraggio gliel'aveva
proposto? Pensò agitata, mentre aspettava una risposta
trattenendo quasi il respiro. Voleva disperatamente passare con
lui ogni secondo rimasto. Poco importava delle sue strane
paranoie... Poco importava di Elena... Voleva stare tra le sue
braccia...almeno per quella notte. Damon annui stranito, ma poi,
con una ritrovata serenità sul volto, di nuovo la fece
sistemare sul suo petto. Il vampiro tirò quasi un sospiro di
sollievo. Se Summer l'avesse rifiutato, si sarebbe sentito a dir poco
devastato; ed invece Damon riprese a sorridere e a stringerla con
gioia tra le braccia; mentre lei regolarizzava nuovamente il suo
respiro, sentendosi tranquilla come non le era mai stato
concesso. Quando Summer, completamente addormentata, si girò
scostandosi da lui, Damon la osservò incuriosito, e ancora una
volta la tristezza si impossessò dei suoi lineamenti, pensando
che, probabilmente, gli aveva concesso di dormire con lei solo perché
quella sarebbe stata la loro ultima notte insieme. Si sdraiò
supino incrociando le mani dietro la nuca. Nuovamente, l'angoscia
s'impossessò del suo petto, ma, dopo qualche minuto, Summer si
girò di nuovo verso di lui, rannicchiandosi sotto la sua
spalla. Damon sorrise, rigirandosi verso di lei e accarezzando
impercettibilmente la sua fronte. Decise di non pensare più
a nulla. Voleva solo addormentarsi con la confortante e dolce
consapevolezza di ritrovarsela a fianco al suo risveglio; così
chiuse gli occhi serenamente, lasciandosi andare solo alle sensazioni
più piacevoli. ...Ed entrambi, quella notte, non si
sentirono soli...
...come
fa questo amore che, dall'ansia di perdersi, ha avuto, in un
giorno, la certezza di aversi... Dolcenera
– F. De André
Angolino
di NaNa Eccomi qui^^ Come potete
vedere dalle dediche, questo è un capitolo molto importante
per me*.* e quindi è inevitabile spenderci due
paroline^^ Ho enfatizzato molto questo momento per Damon per una
semplice ragione: Questo poverino non ha mai avuto la LIBERTA' di
fare l'amore con la donna che ama. Una volta diventato vampiro, Damon
ha ricordato tutte le volte in cui Katherine lo ha soggiogato e,
nonostante i suoi forti sentimenti per lei, con lei non è mai
stato “libero”...è stato sempre e solo una pedina
nelle mani del suo egocentrismo. Elena per lui non è stata
altro che immaginazione (il poverino non ha mai avuto la libertà
di fare un tubo con lei!><'''e...lasciatemelo dire senza
linciarmi: è una figa di legno!xD) e, ovviamente, tutte le
centinaia di donne che ha avuto nella sua vita (con cui veramente
poteva essere libero di fare quello che voleva) non hanno significato
nulla. Con Summer, anche se non sa ciò che lei prova,
almeno ha la libertà di starle accanto, di vivere quel momento
in piena coscienza e tranquillità. E lo fa volendosi illudere
che l'amore che lui prova sia lo stesso che prova lei. Giustamente,
tutto quello che Summer fa, va ad alimentare questa sua “momentanea
convinzione”(visto che lei lo ama tanto quanto lui ama lei, il
suo amore trapela da ogni suo gesto) perciò, pur senza
dichiararsi, entrambi vivono una notte d'amore piena ed
intensa. Anche, e soprattutto, per quello che dice il caro De
André^^ Questo, è ciò che volevo “creare”. È
stato abbastanza complicato, e ho i miei seri dubbi sul fatto di
esserci riuscita, per questo ho trovato necessario aggiungere questa
piccola “spiegazione” Non dimenticate che sono solo
una scrittrice di fan fic novellina (che a malapena sa un po'
d'italiano! xD) e quindi devo inevitabilmente scontrarmi con i miei
limiti, ma soprattutto devo renderli a voi lettori. In poche
parole: se ho fatto solo un gran casino...PERDONATEMI!!! xD Tengo
davvero tanto a questo capitolo e l'avrei voluto all'altezza delle
mie aspettative...ma alla fine sono stata costretta a pubblicarlo,
perché non ce la facevo più a sbatterci la testa
xD Probabilmente, le dediche a inizio capitolo vi avranno un po'
illuso, facendovi credere che sarebbe successo chissà cosa (vi
aspettavate chissà quale dialogo stra-romantico! Dite la
verità!xD) Nel precedente capitolo vi avevo avvisate di non
farvi aspettative ù.ù (quindi non datemi della cattiva
xD) Ma, come sempre, spero di non avervi deluso troppo. Detto
questo, la fic ha superato le 150000 parole!!!Yuupppiiii (Ma che
Yuppi?!?!?-_-''' Sono sempre più esausta T-T... mi sa che non scriverò
mai più una long!!!xD) Ringrazio davvero infinitamente
chiunque le abbia lette. ♥♥♥
Grazie mille
♥♥♥ Ringrazio:
tutte le ragazze che mi hanno sostenuta lasciandomi anche solo una
delle 233 bellissime recensioni che ho ricevuto^^ E le due persone
che mi hanno lasciato una recensione con un messaggio privato
:D Grazie di cuore... Mi avete dato un
supporto che non sentirò mai di meritare!!! Ringrazio
ancora: Le 32
persone che hanno messo questa fic nelle preferite Le 8
che l'hanno messa nelle ricordate E le 55
che l'hanno aggiunta alle seguite ♥♥♥
Grazie mille II... La vendetta!
♥♥♥
(<--- sono scema, lo so xD) E, ovviamente, ringrazio le tre
dolci fanciulle a cui è dedicato il capitolo. ♥♥♥
Siete le mie Wonderwalls
♥♥♥ Alla
prossima***
|
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Capitolo 51 *** Cinquantunesimo Capitolo ***
L'amore è una forma di esaurimento nervoso. L. De Crescenzo
***
26 Dicembre ***
I
raggi del sole, che filtravano a sbarre orizzontali attraverso la
veneziana di quel piccolo finestrino, erano un'atroce condanna
mattutina che oramai si ripeteva abitualmente. La pelle di Katherine
bruciava fino ad emettere un lieve odore di fumo, ma il ragazzo
soggiogato ad inclinare le lamelle si fermava sempre in tempo; e
altrettanto tempo le dava per riprendersi, per poi continuare. «Buon
giorno, raggio di sole!» infierì Klaus, dall'alto
della rampa di scale. Sul suo volto era stampato un sorrisino
divertito. Ogni cosa, dei suoi millenari piani, era andata in fumo, e
riservare lo stesso trattamento alla vampira sembrava l'unica
gioia che gli rimaneva. Si avvicinò a lei col solito passo
tracotante. Katherine non rispose, e il ragazzo – dalla
corporatura robusta e l'aspetto bonaccione – continuò
col suo operato, facendole emettere delle urla stridule. Klaus
osservò compiaciuto, ma poi si voltò verso il ragazzo
per dirgli: «Basta così, lasciaci soli». Il
giovane si mosse all'istante per lasciare lo scantinato. L'ibrido
sistemò le veneziane ad un'angolatura che lasciasse entrare la
giusta quantità di luce, senza bruciare viva la sua
prigioniera. «Allora, Katerina, ti stai godendo la tua
permanenza qui?» chiese serafico, prendendo una sedia per
sistemarla di fronte a quella su cui era legata la vampira. Poggiò
il busto allo schienale, e, con un sorriso crudele, aspettò
che sentenziasse qualcosa. «Ti prego basta...»
sussurrò, con un filo di voce esausta. «Di già?!
Siamo appena all'inizio, mia cara. Cosa sono pochi giorni in
confronto ai secoli che passeremo insieme?!» «Ti
prego smettila...» continuò lei. Era totalmente
stordita, e i suoi occhi vagavano senza meta per gli angoli bui dello
scantinato. «Oh, e perché dovrei?» fece, quasi
divertito. «Perché...sono l'unica che può
aiutarti!» lo sguardo di Katherine si posò su quello
dell'ibrido, che subito mutò espressione. «Aiutarmi
in cosa?» domandò, assottigliando gli occhi. «So
che non riesci a creare altri ibridi...Posso aiutarti a trovare una
soluzione, Klaus. Concedimi di aiutarti» la voce di Katherine
era debole e affannata. Klaus la guardò con un misto di
interesse ed ira. Era ovvio che lei sapesse dei suoi insuccessi!
Quella dannata vampira sapeva sempre ogni cosa! Per un attimo, gli
balenò in mente l'idea di prestare ascolto alle sue
argomentazioni. Non poteva negare tutto ciò di cui era stata
capace quella donna: era riuscita a scappare al rituale, aveva
simulato la sua morte, era riuscita a sottrargli il grimorio ed era
riuscita a sfuggirgli per ben cinquecento anni. «E dì un
po'... cosa vorresti in cambio?» era chiaro che il primo punto
da chiarire fosse quello. «La possibilità di
scappare» azzardò, ma Klaus la guardò con un'aria
divertita; tanto da costringerla a perfezionare la sua postura e a
tirare fuori le ultime energie rimaste. Era la sua chance per giocare
la sua unica carta. L'aveva aspetta per giorni e non poteva
sprecarla! Così cercò di dare più tono alla sua
voce, continuando il suo discorso: «So bene che non mi
concederai mai il tuo perdono. Quella è stata un'illusione di
gioventù durata pochi anni, giusto il tempo di capire con chi
avevo a che fare. Perciò, quello che voglio... è solo
la possibilità di tornare a scappare» Klaus
la guardò con una vena di compatimento. Era chiaro che fosse
solo uno dei suoi trucchetti! Così disse: «Un tentativo
davvero divertente, Katerina. Ci hai provato!...ma dubito che tu
possa davvero trovare una soluzione al mio problema. Perciò,
risparmia il fiato per urlare: ti servirà per sopportare
meglio il dolore!». L'ibrido si mosse per alzarsi, ma le
parole di Katherine lo fermarono: «Mi conosci bene, Klaus. Ti
ho dato del filo da torcere come nessun altro, e dentro di te sai
bene che sono la sola che può davvero aiutarti...» il
tono animato della vampira mostrava tutta la sua volontà,
tanto da concederle nuovamente l'attenzione di Klaus. «Bene,
parla pure. Sono curioso di sapere cos'hai in mente» l'ibrido
poggiò i gomiti sullo schienale, portando i pollici sotto al
mento e incrociando le dita all'altezza delle labbra. «Ho la
tua parola? Mi concederai di scappare?» «Hai la mia
parola» fece, divertito da ciò che considerava solo un
patetico teatrino. «Allora preparati a mantenerla, perché
so esattamente cos'ha interferito col rituale...» «Cosa
vuoi dire?» lo sguardo di Klaus si assottigliò quasi
preventivamente: come se avesse intuito che ciò che avrebbe
ascoltato non gli sarebbe piaciuto. «Elena...è ancora
viva!» rivelò con coraggio. Klaus si alzò di
scatto, guardandola con aria minacciosa. «L'ho uccisa con
le mie stesse mani, Katerina. E ti consiglio vivamente di non farmi
venire la voglia di rivivere quel glorioso momento! Perché
l'unica cosa che otterresti sarebbero solo delle torture più
fantasiose!» si voltò per andarsene, ma ancora una volta
le parole della vampira lo fecero indugiare. «Ha trovato un
modo per sopravvivere, ed è certamente questo ad aver interferito col
rito. Non so come abbia fatto, ma è così,
puoi credermi!» Katherine continuò con tutte le forze di cui
disponeva. Era la sua unica carta e doveva giocarla fino alla
fine. L'ibrido poggiò le mani sui braccioli della sedia su
cui era legata la vampira; e quella posa lo portò a doversi
piegare verso di lei. La guardò negli occhi con uno dei suoi
più riusciti sguardi terrificanti, articolando un: «No,
non posso!». Era ovvio che non potesse fidarsi di lei! Sarebbe
stato uno stupido a farlo! Ma Katherine portò
un'argomentazione in suo favore tremendamente valida: «In
questo caso...ti ricordo che ormai sono priva di verbena». Klaus
esitò per qualche istante. Non voleva stare al suo gioco;
eppure la disperazione, data dal fatto di non avere più alte
strade da seguire, alimentò quel briciolo di curiosità
che, crudelmente, accendeva in lui delle speranze. «È
la verità?» chiese, soggiogandola. «Sì.
È la verità» Klaus spalancò gli occhi.
Non poteva crederci! Ma non bastava! Non poteva essere! Così
continuò con quell'interrogatorio forzato dai suoi poteri:
«Quando è stata l'ultima volta in cui l'hai vista?...in
vita, ovviamente» Katherine non aveva il controllo sulla sua
volontà, ma non le importava. Era uno di quei rari casi in cui
dire la verità giocava in suo favore. «Quando sono
stata alla pensione dei Salvatore per dare il tuo sangue a Damon. Era
con lui» Il volto di Klaus si accese improvvisamente
di una ritrovata scintilla di vita. Katherine non poteva mentire; in
tutti quei giorni, il suo corpo aveva sicuramente smaltito la
verbena. E dunque era questo!? Non riusciva a crederci! In quel
momento, dentro di lui, la rabbia e la gioia erano in perfetto
equilibrio; tanto da non innescargli nessuna reazione fisica: erano
tutte bloccate in una fase di stallo; ma non se ne fece un problema!
Avrebbe avuto tempo e modo di viverle una ad una! Per adesso, ciò
che per lui aveva importanza, era il fatto di avere di nuovo una
strada da seguire. «Beh, grazie per l'informazione!»
pronunciò ironico e sorridente, muovendosi per
allontanarsi. «Mi hai dato la tua parola» Katherine
sapeva bene che quella era stata una mossa azzardata. L'esito
negativo era stato messo in conto, eppure voleva tentare fino alla
fine; perché è sempre il coraggio di perseverare nelle
proprie mosse a fare la differenza! Klaus si voltò verso di
lei, riavvicinandosi con un fare serafico. «E devo dire che
è stato un raggiro davvero ben architettato e...coraggioso! Ma
se credi davvero che ti lascerò andare...ti sbagli di grosso,
mia cara!» disse divertito; ma poi la guardò con degli
occhi fiammeggianti e le afferrò il mento con l'indice e il
pollice, bisbigliando: «Dovrei strapparti la pelle via dalla
carne solo per avermelo tenuto nascosto fino a questo momento!
Ritieniti miracolata per il fatto che ora le mie priorità
siano altre!... Se pensavi davvero di riottenere la libertà...
sei una povera illusa!» «Forse sì. Mi sono
illusa, perché ti ricordavo un uomo di parola» disse, con
la difficoltà imposta dalla presa dell'ibrido. Klaus la
lasciò, guardandola con un'espressione indecifrabile.
«Beh, ti renderai conto che dopo una presa in giro non ci si può appellare a nulla, Katerina. Neanche all'onore di un uomo d'altri tempi!» ma lo disse
senza crederci. Proveniva da un'epoca in cui l'onore era tutto. Non
aveva mai mancato la sua parola; e la dimostrazione vivente era Damon
Salvatore: il vampiro più irritante che avesse mai incontrato,
vivo e vegeto grazie alla parola data a suo fratello. Già...Stefan!
In tutti quei mesi, era sempre stato al suo fianco; aveva assistito
ad ogni suo tentativo, come ad ogni suo fallimento, ed ora un'atroce
dubbio bruciava nel suo petto, infiammando la sua
pelle. «Ma...d'accordo! Facciamo così: la tua libertà
dipenderà dalla mia prossima domanda...» disse calmo,
piegandosi nuovamente verso di lei. Klaus sapeva bene che la
risposta di Katherine avrebbe avuto il potere di cambiare il
baricentro delle sua collera; sarebbe stato altro a stabilire la
sorte della vampira. «Stefan lo sapeva?» chiese,
soggiogandola. «Sì. Lo sapeva» In quel
momento, la rabbia di Klaus ebbe una sorta d'implosione. L'avrebbe
conservata fino a tempo debito, facendola esplodere come meritava!
Ma, in quel frangente, le sue preoccupazioni furono immediatamente
altre: doveva preparare alla svelta un piano d'azione. «Mi
serve un'altra strega...» il suo tono pacato la fece sembrare
quasi l'inizio di una chiacchierata amichevole, «e sono pronto
a scommettere che quando ti ho tirato quel divertente scherzetto
dell'aspetto fisico ti sei inutilmente rivolta a qualcuna nelle
vicinanze. Dico bene? Chi? E soprattutto dove posso trovarla...»
la fece sembrare una richiesta garbata, ma, in realtà, anche
quella raffica di domande fu seguita dalla soggiogazione. «Amanda
Lennon. Ad est del Lago Michigan» Klaus sorrise, poi, con
calma, slegò le corde che tenevano i suoi polsi legati.
Katherine restò immobile, speranzosa quanto terrorizzata. Con
un gesto della mano, l'ibrido le fece cenno di alzarsi, e lei,
nonostante la debolezza, lo fece quasi di scatto; ma poi restò
immobile in attesa della successiva mossa del suo aguzzino. Dalla
tasca anteriore del suo pantalone, Klaus prese il bracciale di
Katherine; quel gingillo di argento e ametiste che la proteggeva dal
sole. Glielo mise con una movenza placida: un fare tranquillo che
associato a lui metteva solo un profondo senso d'inquietudine. La
guardò negli occhi e le disse: «Adesso sai quello di cui
sono capace, Katerina. Sai esattamente quello che ti aspetta; e la
tua fuga, con questa nuova consapevolezza, beh... la considero parte
della tua tortura, perché sai bene che prima o poi finirai
nuovamente nelle mie mani, e la prossima volta...sarà per
sempre». Prese un secondo di pausa – giusto il tempo per
godersi la vista di quel lieve tremore che scuoteva la pelle della
vampira - e poi continuò: «Sei libera di
scappare...». Katherine, facendo appello a delle forze
latenti, scappò velocemente, creando una raffica di vento. In
quell'attimo, iniziò il suo nuovo calvario. Klaus aveva
ragione: la consapevolezza può essere la peggiore delle
torture, ma Katherine si sarebbe abituata anche a quella,
consapevole, più che mai, del fatto che la fuga sarebbe stata
per sempre la sua non-vita.
***
***
Damon
aprì gli occhi lentamente. Delle dense nubi oscuravano il
cielo, e la luce che filtrava dalla finestra era di un leggero
bagliore argentato. Si girò di lato, e vide la schiena di
Summer ricoperta fino alla metà dal piumone. Piegò un
braccio e lo mise sotto la testa. Si sentiva incredibilmente
sereno, ma quasi agitato all'idea di vederla aprire gli occhi...di
sentire la sua voce. La notte precedente aveva avuto un qualcosa
di magico, e lui non poteva fare altro che sentirsi stranito da tutte
quelle sensazioni che provava. Summer si girò verso di lui
ancora con gli occhi chiusi, e Damon le si avvicinò facendola
involontariamente svegliare. Lei mugolò sentendosi leggermente
confusa, e il vampiro le mise una mano sul fianco per incoraggiarla
ad avvicinarsi. Lei lo fece con un sorriso, adagiando la testa sulla
spalla del vampiro. Restarono in silenzio per un po', a sfiorarsi con
le dita e con i profili dei loro volti, e a giocare con l'intrecciò
delle loro gambe. Damon si sentiva pervaso da una sensazione di
pienezza, e a tratti gli veniva da sorridere. Quello strano senso
di pace non gli apparteneva, lo straniva. Sapeva che lo avrebbe
atteso un dolce risveglio...eppure, quel momento, era anche più
di quello che aveva immaginato. Le dita di Summer gli sforavano il
petto facendo ghirigori che gli solleticavano la pelle, il profumo
dei suoi capelli lo faceva rilassare e le sue labbra, che gli
sfioravano il collo, svegliavano il suo desiderio con delicatezza,
facendogli percepire pienamente ogni piccolo brivido. «Avevi
detto che ti saresti sentita a disagio a dormire con me. Che ti
saresti mossa in continuazione e che mi avresti solo disturbato. Ma,
a parte qualche gomitata ben piazzata, devo ammettere che sei stata
davvero tranquilla. Quindi sputa il rospo, perché non volevi
dormire con me?» chiese lui, con un tono calmo e basso per non
stonare l'atmosfera, e continuando a sfiorare con le dita la
lunghezza dei suoi fianchi. «Dici sul serio? Sono stata
tranquilla?» la voce di Summer suonò dolce e quasi
infantile, e Damon la guardò con curiosità. Perché
se ne sorprendeva? «Sì, lo sei stata. E ora dimmi la
verità!» «La verità è
imbarazzante» Summer si nascose quasi nel suo petto. Non aveva
voglia di parlarne, ma, com'era prevedibile, Damon insistette: «Sì,
lo è il più delle volte! Ti ascolto...» Summer
si mise supina, continuando a tenere la testa sul suo braccio e,
intrecciando le dita sullo stomaco, iniziò a raccontare: «Sono
cresciuta in un orfanotrofio e...» teneva lo sguardo fisso sul
soffitto e sorrideva leggermente a causa dell'imbarazzo. Era strano
parlare di certe cose, soprattutto perché si accorgeva con
stupore di non provare più sentimenti negativi verso quei
ricordi, così continuò il suo discorso: «quindi
dormivo in un grande dormitorio insieme ad altri bambini.
E...capitava spesso che avessi degli incubi molto vividi...»
roteò gli occhi: non poteva credere che stava davvero per
dirglielo! «Puntualmente, qualcuno di loro me lo faceva
notare prendendomi in giro e mettendomi in imbarazzo...»
Summer era ancora più imbarazzata. Quei ricordi, rivissuti ad
alta voce, le sembravano terribilmente stupidi, forse perché
appartenevano ad un passato troppo lontano, ma ormai non aveva più
senso fermarsi: «Ed era la cosa che più non sopportavo
di quel posto; ma, soprattutto, non lo sopportavo perché...era
una cosa che non riuscivo a controllare, non dipendeva da me, e non
potevo impedirlo in nessun modo, così... quando sono diventata
una cacciatrice, e mi sono trasferita dal mio osservatore, per la
prima volta ho avuto una camera tutta mia» Summer si rigirò
verso di lui, concludendo quell'imbarazzante ammissione: «E da
allora...non ho più voluto dormire con nessuno!... Perché
nessuno doveva saperlo o preoccuparsene o...» «O conoscere quelle che potevano essere
le tue paure?!...» intervenne Damon, scrutandola con attenzione.
Summer abbassò subito lo sguardo. In quel momento, si sentiva
tremendamente ridicola: erano cose che non aveva mai confessato a
nessuno e forse mai neanche elaborato consciamente. Avrebbe dovuto
tenere quelle motivazioni imbarazzanti per sé! Si rimproverò
mentalmente, ma la verità era che con Damon si sentiva fin
troppo a suo agio per continuare a combattere per non mostrare ciò
che era nella sua totalità. «È una cosa
stupida, lo so. E detta ad alta voce è anche peggio!»
concluse, ridacchiando. Si era fatta condizionare tante volte da ciò
che adesso le appariva una cosa priva di senso! Ma fu felice che
quella piccola paranoia fosse crollata grazie a Damon e
soprattutto...con Damon! Addormentarsi serenamente tra le sue braccia
era stata una delle sensazioni più liberatorie e dolci della
sua vita. «Sì, lo è. È davvero
stupida!» fece lui, divertito. Summer lo guardò
fintamente corrucciata, ma poi Damon aggiunse: «Ma anche...
vagamente adorabile...», e immediatamente lei lo guardò
con un'estrema dolcezza. «Davvero?» fece, con un tono
nuovamente infantile. Damon sorrise divertito, e soprattutto,
pervaso da un'incredibile voglia di stringerla a sé, più
di quanto non stesse già facendo. Non avrebbe mai potuto
immaginare nulla di tutto quello, e capì di conoscere davvero
poche cose del suo passato; ma, ormai, sembrava che ogni cosa che lei
facesse o dicesse, avesse solo il potere di farlo sentire ancora più
innamorato. Si chiese se le sue emozioni stessero trapelando dal suo
volto, e se ne sentì quasi spaventato. Così, la
paura di mostrare i suoi veri sentimenti, si nascose dietro la sua
immortale ironia: «Tu sai cosa significa vagamente,
vero?» le chiese, sminuendo l'affermazione precedente col
solito tono giocoso e provocatorio. Summer gli scoccò
un'occhiataccia seguita da una smorfia. Sembrava quasi pronta per un
attacco fisico, ma poi sentì la mano di Damon dietro la
schiena che l'attirava maggiormente verso il suo corpo. Lui,
sorridendo, l'abbracciò prontamente, annientando con dolcezza
ogni possibile offensiva. «Quindi sei cresciuta in un
orfanotrofio, eh? Questo spiega la tua eccessiva devozione alla
carica di cacciatrice. Pensi che saresti stata una sorta di
irrecuperabile teppistella, se non fossi stata la prescelta?»
in quella stretta pressante, Damon si concesse giusto qualche
centimetro di spazio per guardarla negli occhi. «Non tutti
quelli che escono da un orfanotrofio diventano dei delinquenti!»
fece seria, liberandosi dalla sua presa, per mettersi nuovamente
supina. Damon ancora steso sul fianco, alzò leggermente la
schiena, sostenendosi la testa con la mano. «Ma io sì,
lo sarei stata sicuramente!» ammise lei, subito dopo. In
quel momento, Summer concretizzò dentro di sé le parole
del vampiro. Aveva colto in pieno nel segno! Sì sentiva quasi
riconoscente verso quella misteriosa forza che l'aveva scelta come
cacciatrice: come se fosse stata salvata da qualcosa di peggio; e per
la prima volta realizzò che, in verità, nel profondo
della sua anima, non aveva mai voluto liberarsi da quel ruolo; ne era
quasi spaventata all'idea. In tutta la sua vita, non si era mai
sentita libera, e la libertà era ciò che,
apparentemente, aveva sempre cercato, ma, in realtà, era anche
ciò che più la spaventava. Cosa sarebbe stata se non
fosse mai diventata una cacciatrice? Ma, soprattutto, cosa sarebbe se
non lo fosse più? Guardò Damon, sentendosi quasi
spaventata dal modo in cui riusciva a leggerla, ma soprattutto dal
modo in cui la portava a mettersi in discussione. «Umn,
interessante, quindi tu... credi realmente che ti sia andata meglio,
diventando questa sorta di psicopatica cacciatrice che sei ora!
Davvero divertente!» fece lui, col preciso scopo di
provocarla. «Ok, questa me la paghi!» Summer,
sovrastandolo col proprio corpo, gli diede un piccolo morso sulla
spalla. Damon sorrise, e in quell'attimo la sua eccitazione prese
vita con irruenza, ma la voglia di certezze lo portò a
reprimerla e a rimandarla. «E quindi...sono il primo.
Giusto?» aveva intuito perfettamente quella possibile risposta
che giocava tutta in suo favore, eppure la guardò ugualmente
speranzoso. «Giusto, ma non gongolare!» Summer, ancora
stesa su di lui, gli accarezzò la guancia col pollice. «Non
lo farò! Anche perché mi risulta difficile
crederlo...Andiamo, possibile che in tutti questi anni tu non abbia
mai avuto un fidanzato che si sia opposto alla cosa?» Damon
sentiva il bisogno di andare in fondo alla questione. L'amava, e
doveva cercare di capire che posto avesse nel suo cuore. «Certo
che l'ho avuto! Ma... non è mai riuscito a convincermi» Damon,
contrariamente alle sua parole, gongolò internamente; e quella
rivelazione lo fece sentire così sicuro da indurlo a
continuare coll'interrogatorio: «Umn...ed era...una storia
seria? Un amore epico?» fece, con un'enfasi giocosa. Si
aspettava un secco “no”, dato il fallimento di cui si era
macchiato questo fantomatico ex. Summer si scostò da lui,
mettendosi nella sua stessa posizione. Sorrise nostalgicamente,
ripensando ai periodi in cui stava con J.D. «In un certo
senso, sì. Lui...era il classico ragazzo perfetto che si
incontra solo nelle favole, ed era davvero importante per me...lo
sarà sempre» concluse, chiedendosi dove fosse finito.
Avrebbe sempre tenuto in modo particolare a lui: era stato un pezzo
importante e indelebile della sua vita. «Come mai è
finita?» chiese Damon con voce atona. Solitamente, per gli
amori passati ci si aspetta sempre un po' di astio; e, invece,
sentirla parlare di un ex con una simile dolcezza, l'aveva mandato in
crisi - nonché fatto infuriare. «Disse di amarmi...ed
io non gli risposi...» rivelò lei, quasi con difficoltà.
Sì sentiva ancora tremendamente in colpa; ma l'amore che
provava per Damon le aveva finalmente fatto capire che certe cose non
si possono controllare o giostrare a proprio piacimento. Non avrebbe
mai potuto amare J.D semplicemente perché lo meritava: non era
così che funzionava l'amore. Grazie a Damon, Summer aveva
smesso di considerarsi un mostro senza cuore. Adesso lo sapeva:
poteva amare...poteva amare immensamente. Il vampiro deglutì
con forza. Avrebbe voluto sentire qualsiasi altra cosa; e quello fu
un colpo estremamente duro! Quella, ormai, era la sua più
grande paura, e immaginare, anche per un solo istante, di rivivere
con lei, quello che aveva passato con Katherine ed Elena, lo
terrorizzò. Con lei sarebbe stato anche peggio, perché
Summer l'aveva vissuta pienamente come se fosse stata sempre e solo
sua. Summer ricordava con una simile dolcezza qualcuno che non
aveva amato; e lui, allora? Che posto aveva nel suo cuore? Aveva
qualche speranza di essere corrisposto? Il fatto che lo considerasse
importante non aveva più il giusto peso, visti i precedenti.
Tutte le conferme accumulate si frantumarono di colpo. Scostò
le coperte con un fare irrequieto, perché sentiva quasi di non
riuscire a respirare. Summer, invece, scosse leggermente la testa:
non le andava di perdersi nei ricordi. «Ma...perché
stiamo parlando di queste cose?» fece, con un tono malizioso e
divertito, baciandogli il collo per fargli intendere di voler fare
altro. Damon sorrise, sentendo in quel contattato un minimo di
speranza che riaffiorava. In fondo, avevano dormito insieme: lei
l'aveva concesso a lui! Doveva dannatamente significare qualcosa!
Riprese coraggio, abbracciandola col fare impetuoso che precede la
passione. «Perché adesso non hai scampo, dovrai
dormire con me ogni notte, ma prometto di non prenderti in
giro...almeno non sempre!» disse autoritario e giocoso, per poi
darle rapidamente un profondo bacio; ma Summer interruppe quel
contatto con uno sguardo carico di tristezza. Il petto iniziò
a farle male e l'aria nei polmoni non le sembrò
abbastanza. «Damon...Parto stasera...» bisbigliò
con difficoltà. Se n'era quasi dimenticata, ma le parole del
vampiro avevano fatto riemergere quella triste e inevitabile
realtà. Al vampiro sfuggì un soffio d'aria intriso
di collera. Allora era proprio come aveva pensato! Gli aveva concesso
quella notte solo perché stava per partire! Solo perché
era l'ultima! Non perché lui significasse più degli
altri uomini che erano passati nel suo letto! Come aveva fatto a
crederlo!? Come aveva fatto ad illudersi!? Si sentì un povero
idiota! Il suo sguardo si raggelò all'istante e poi, con un
tono acido, le disse: «E dimmi un po'...quand'è che hai
deciso di tagliarmi fuori da questa storia?!» Aveva deciso
di partire: non poteva crederci! Il petto gli si strinse di
dolore e rabbia, fino a fargli male. Non poteva accettarlo! Non
poteva credere che non lo avesse interpellato in nulla, decidendo la
sorte di quella missione tutta da sola! Summer si sentì bruscamente
investita dalle sue parole e dal suo sguardo, e cercò
di sfumare quella collera con un tono infinitamente dolce: «Sei
stato un aiuto prezioso, Damon, davvero, più di quanto tu
possa immaginare...ma...è la Triade ad occuparsi di queste
cose. Non posso coinvolgerti...» cercò di fargli una
carezza sul volto, ma Damon la scansò prontamente, facendo
quasi una smorfia di disprezzo. Summer sentì gli occhi
inumidirsi. Ma non poteva pentirsi delle sue parole; aveva detto
quello che pensava sul serio: non poteva lasciare che Damon fosse
coinvolto in una futura azione contro Klaus; non lo avrebbe mai
permesso! Non lo avrebbe mai messo in pericolo! Il vampiro alzò
la schiena, dicendo: «La Triade...com'è che non mi trovo
con i conti?!» scese dal letto, trafiggendola con lo sguardo, e
poi, con un tono di una crudeltà sottile e spietata, si
rispose da solo: «Ah giusto! Perché una di voi è
morta!». Il vampiro uscì dalla stanza sbattendo la
porta, e Summer restò quasi paralizzata da quella reazione.
Non poteva credere che avesse usato la morte di Kendra per sfogare la
sua rabbia! Lui sapeva più di chiunque altro quanto le facesse
male! Non poteva credere che fosse successo davvero. Non l'aveva mai
visto così arrabbiato...
***
***
Klaus
raggiunse Gloria nella sua stanza. Aprì la porta senza bussare
e la vide seduta ad una piccola scrivania, mentre consultava il suo
grimorio. «Risparmia il tuo tempo, Gloria. Ho appena
scoperto la causa del problema» esclamò, avvicinandosi e
poggiando una mano alla superficie della scrivania. «Sarebbe?...» la strega chiuse il suo grimorio, guardandolo con
un'espressione confusa. «La doppelganger è
viva!» Gloria spalancò leggermente gli occhi dallo
stupore, mormorando: «Incredibile, ha trovato un modo per
sopravvivere...» Klaus, con uno scatto nervoso, si allontanò
da lei per poi gironzolare per la stanza. «Ah...queste
Doppelganger! Così dannatamente attaccate alla loro inutile
vita!» pronunciò enfaticamente, spostando un gingillo
trovato sulla grande cassettiera della stanza. «Cosa intendi
fare?» Gloria, ancora da seduta, si girò
perpendicolarmente alla sedia per osservarlo meglio, poggiando poi
l'avambraccio sullo schienale. «Questo devi dirmelo tu, mia
cara...» Gloria ci pensò per un lungo istante. Poteva
seguire due strade: ingannarlo consigliandogli di uccidere
direttamente la doppelganger, oppure dirgli la verità ed
essere poi costretta a fare la sua porte. Scelse la seconda, perché
capì che un Klaus insoddisfatto e incollerito l'avrebbe
perseguitata per tutta la vita. In quel modo, invece, una volta
terminato il tutto, poteva avere la speranza di riavere indietro la
sua vita...la sua libertà. «Servirà un
incantesimo di ripristino...» Klaus la guardò
incuriosito, incrociando le braccia al petto. «Spiegati
meglio» La strega si alzò, avvicinandosi a lui. «Ogni
rito lascia impresso nel luogo del suo svolgimento dell'energia
residua. Quando un incantesimo non va a buon fine, e non si possono
ricreare le stesse condizioni iniziali*, basta amplificare l'energia
del luogo. Ma è inutile che ti dica, che certe condizioni,
quelle richieste dalla natura, devono necessariamente essere le
stesse...». Klaus ci pensò giusto un secondo prima di
rispondere: «Ti riferisci alla luna piena». «È
una condizione che la magia non può riprodurre...per il resto,
invece, dovrai solo ucciderla nello stesso luogo del rito, e mentre
io pronuncerò l'incantesimo di ripristino...» «Quando
ci sarà la prossima?» chiese l'ibrido con eccitazione.
Gli sembrava tutto incredibilmente facile! «Domani»
Gloria lo guardò con perplessità, Klaus ne era
visibilmente entusiasta, e lei temeva una sua azione troppo
avventata, che rischiava di rovinare ogni cosa. Se Klaus non si fosse
liberato della maledizione, probabilmente lei non si sarebbe mai
liberata di lui! «Penso che convenga aspettare il prossimo
mese...farlo domani sarebbe troppo avventato» «Questa
è una scelta che non ti riguarda!...ed io non aspetterò
più un solo giorno!» la trucidò con lo sguardo e
poi, con tono autoritario disse: «Prepara l'incantesimo!»
un sorriso malefico si dipinse sul suo volto...«al resto ci
penserò io!»
***
***
Summer
aveva terminato di preparare le sue valigie. Si guardava intorno
come se la realtà fosse alterata: come se si trovasse in una
sorta di sogno - o meglio incubo - tangibile. A tratti le mancava
il respiro. Non poteva credere di stare così male! Era
tutto troppo difficile, e il comportamento di Damon non le facilitava
le cose. Era stato incredibilmente meschino, eppure non riusciva a
provare rabbia verso di lui. Tutti i suoi pensieri erano rivolti ad
un possibile discorso da fargli. Doveva fargli capire l'importanza che aveva avuto per la missione, e, soprattutto, quanto tenesse a lui e quanto per lei
fosse difficile lasciarlo; il tutto senza sconfinare in eccessivi
sentimentalismi: Summer temeva che un saluto del genere sarebbe
inevitabilmente sfociato in un “ti amo”, e non
voleva...non poteva. Diede un'ultima occhiata veloce alla stanza
ed uscì. Le restavano ancora delle cose da fare, prima di
lasciare Mystic Falls.
Arrivata giù alla rampa di
scale, diede un'occhiata fugace al salotto. Damon si stava versando
da bere, ed anche lui le rivolse una rapida occhiata, per poi portare
subito lo sguardo di fronte a sé, irrigidendo la mascella in
un'espressione adirata. Summer non riusciva a capire tutto
quell'astio nei suoi confronti; l'unica cosa certa era che le faceva
dannatamente male. Decise di ignorarlo, così non disse
nulla e si avviò verso la porta. «Non dimentichi le
tue valigie?» chiese Damon, facendo immobilizzare Summer
all'ingresso. Lei non si voltò. Controllando la sua voce,
per non lasciar trapelare nessuna emozione, si limitò a dire:
«Ho ancora delle cose da fare...partirò più
tardi». Damon le si avvicinò e, con un fare
scocciato e meschino, le disse: «Beh, assicurati di non
lasciare nulla, non voglio la seccatura di doverti spedire delle
cose!» la guardò con rabbia, bevendo poi un sorso del
suo scotch. Summer si girò verso di lui e sorrise
forzatamente, per poi rispondergli: «Puoi stare tranquillo,
Damon. Anche se dovesse succedere, non farti problemi. Una volta che
me ne sarò andata potrai anche dimenticarti di me!» il
suo tono fu un crescendo di note che si strozzavano nella gola, e si
odiò per il fatto che non fosse riuscita a nascondere
perfettamente il suo turbamento. «Bene! Perché l'idea
è proprio quella...» concluse Damon, girandosi ed
avviandosi verso la rampa di scale. Summer sorrise di triste
incredulità, scuotendo anche leggermente la testa, poi aprì
la porta ed uscì di casa, e una volta chiusa alle sua spalle
le sembrò di aver trattenuto il respiro per ore. Perché
si comportava così?! Perché le stava facendo
volutamente male?!
Damon restò immobile per qualche
secondo. Non aveva idea del perché si stesse comportando in
quel modo, sapeva solo che gli faceva un male cane, ma non riusciva
ad evitarlo. Capì che se quello era un vano tentativo di
proteggersi dal dolore, aveva decisamente sbagliato i tempi: era
troppo tardi! Nulla gli avrebbe impedito di soffrire. Ammantare ogni
cosa di rabbia non aveva senso, eppure – forse – rendeva
le cose un briciolo più facili: non lo capiva bene. Ma, in
verità, gli sembrava di non capire più nulla, e
soprattutto di non avere il controllo di sé stesso.
***
***
Nonostante
il modo in cui l'aveva trattata, fu più forte di lei. Summer
suonò il campanello di casa Gilbert, e ansiosa aspettò
che qualcuno aprisse la porta. «Summer...» fece
curioso Alaric, sorpreso di ritrovarsela di fronte. «Ehi»
Alaric la guardò intontito per qualche secondo, e poi
disse: «Se cercavi Elena l'hai mancata per poco. È
uscita qualche minuto fa» Summer scosse leggermente il
capo. «No, in verità, cercavo te» «Beh...Accomodati»
l'uomo si scansò per farla passare. «Posso offrirti
qualcosa da bere?» «No, grazie» rispose
leggermente nervosa. Si era sempre sentita a suo agio con Rick, ma,
in quel frangente, Summer si sentiva agitata; probabilmente a causa
di quella mezza-discussione-anomala avuta con Damon; ma decise
di non pensarci. «Allora, di cosa devi parlarmi?» Summer
esitò per qualche istante, prima di cominciare: «Ascolta,
so che è una cosa tra te e Damon e che non mi riguarda, ma ho
bisogno di sapere quello che hai scoperto ieri su quella donna. Se
davvero è un licantropo, e soprattutto se è una
minaccia per Damon, me ne occuperò io...com'è giusto
che sia» Alaric la guardò con dolcezza. «No,
credo di aver esagerato e... di essere stato davvero troppo paranoico
a riguardo!» ammise con un tono auto-ironico. Aveva chiamato
Clarissa solo qualche ora prima, chiedendole di andare a cena, e lei
aveva acconsentito tranquillamente. Non c'era stato nulla di sospetto
nei suoi comportamenti. «Ne sei sicuro?» «Ne
sono abbastanza sicuro...» nonostante tutto, i sui precedenti
non gli permettevano di essere tranquillo al 100%, eppure voleva
fidarsi, perché si sentiva incredibilmente sereno dopo la
notte passata con lei. Visibilmente preoccupata, Summer annuì
con un'espressione pensierosa. «Beh io sto per partire, ma
se dovesse succedere qualcosa... per favore, chiamami» estrasse
dalla sua borsa un biglietto col suo numero di telefono e glielo
porse. Alaric lo afferrò, e poi la scrutò con
un'amichevole attenzione. «Devi tenere davvero molto a
lui...» Summer si sentì quasi travolta da quelle
parole. Ormai sapeva bene quello che provava, eppure, sentirselo dire
da qualcun altro, aveva avuto un qualcosa di diverso: di
tremendamente concreto. «Adesso devo proprio andare»
il suo tono manifestò tutto il suo disagio. Alaric le
sorrise. «Ti accompagno alla porta» disse, indicando
la via con la mano. Una volta arrivata sull'uscio, Summer si girò
verso di lui. «Potresti...evitare di dirgli che sono
passata?» lo chiese con un accenno di imbarazzo; ma quella
richiesta per lei ebbe un qualcosa di inevitabile. «Sì,
certo» Alaric sorrise ancora, capendo che di quel passo, quei
due non si sarebbero mai dichiarati. Eppure, quello che c'era tra di
loro, era incredibilmente evidente. Vide Summer annuire e poi
allontanarsi.
***
***
Stefan
entrò nel bar di Gloria, facendo suonare il piccolo
campanellino posto sulla porta. Ogni volta che poteva,
sgattaiolava per fare delle lunghe passeggiate atte a schiarire le
sue idee. «Dove sei stato, amico mio? Ti stavo aspettando
con ansia!» esclamò Klaus, seduto al bancone, con un
bicchiere di bourbon tra le mani. Stefan lo guardò con
un'espressione preoccupata. «In giro a prendere un po'
d'aria. È successo qualcosa?». Klaus fece una smorfia
di tranquillità, prima di dire: «Ho solo scoperto che la
tua fidanzata è ancora in vita e sono in trepidazione all'idea
di ucciderla per la seconda volta!». Gli sorrise
angelicamente. Stefan si sentì paralizzato, e se avesse
avuto un cuore attivo ne avrebbe sentito ogni battito con un' eco
rimbombante. Un attimo dopo, senza pensare più di tanto, si
scagliò contro Klaus, per cercare di sferrargli un pungo, ma
quest'ultimo lo bloccò prontamente, chiudendo il suo pugno
nella mano e torcendogli il braccio. Stefan, col viso arrossato,
emise dei soffocati mugolii di dolore. «Cosa speri di
fare!?» bisbigliò l'ibrido, con aria diabolica,
continuando con la sua mossa, fino a costringerlo ad
inginocchiarsi. «Lascia che ti spieghi la situazione. Adesso
io andrò a Mystic Falls, ucciderò la tua ragazza, poi
ritornerò qui...e ti posso assicurare che tutte le torture che
ho fatto a Katherine - paragonate a quelle che ho in serbo per te -
le si potranno definire coccole!» Klaus mollò la presa,
e Stefan si prese il polso dolorante con l'altra mano per cercare di
attenuare il dolore. «È stata lei a dirtelo?»
chiese a denti stretti, ma con un'aria rassegnata. Doveva
aspettarselo! «Devo ammetterlo: quella vampira sa sempre
come cavarsela...Anche se la sua buona stella non l'aiuterà
per sempre!» ritornò a sorseggiare il suo bourbon, per
poi poggiare il bicchiere sul bancone, «Ora, caro Stefan...
seguimi!» Klaus si avviò verso la porta che
conduceva al corridoio che collegava il bar al resto della dimora,
ma, quando vide che Stefan non si muoveva di un passo, bisbigliò:
«Come desideri!» Con velocità l'ibrido si
scagliò su di lui e, a suon di calci e pugni che lo sbattevano
contro le varie pareti, lo portò fino allo scantinato. Con
l'ennesimo calcio fece rotolare Stefan giù per le scale; lui,
invece, scese tranquillamente con la solita andatura disinvolta. Lo
afferrò per il collo e lo portò di forza accanto alla
parete con le catene. Stefan, malconcio e indebolito, non poté
fare altro che lasciarsi incatenare. «Ah...sei stato una
vera delusione, Stefan» iniziò con teatralità,
legando il primo polso. Il volto del vampiro era un ammasso livido
ricoperto di sangue. «Avevo grandi progetti per te! Ti
vedevo al mio fianco a guidare insieme un glorioso esercito di ibridi
e invece... non sei altro che il solito patetico vampiro che si è
lasciato infettare dalle emozioni! Ma non temere! Le orribili torture
che ho in mente per te tempreranno il tuo spirito!» concluse
con enfasi, mettendo l'ultima catena. «Ora, mio caro amico,
resta pure qui ad aspettare la tua condanna per aver tradito la mia
fiducia, mentre io vado a Mystic Falls a porre fine alla vita di
Elena una volta per tutte. Ma non temere... anche se ti perderai lo
spettacolino, farò sicuramente delle foto ricordo del lieto
evento! E dopo ci divertiremo a guardarle insieme!» gli mise
una mano sulla spalla, in un classico gesto amichevole, e poi si
avviò, chiudendo la porta dello scantinato alle sue spalle.
Nel corridoio, trovò a terra il telefono di Stefan, e sorrise
mettendolo in tasca.
Il vampiro respirava a difficoltà:
le ecchimosi sul volto si stavano gonfiando a dismisura, e i suoi
occhi erano colmi di lacrime. Il peggio era inevitabilmente
arrivato, e Stefan non poteva fare nulla per impedirlo!
***
***
Damon,
con lo sguardo fisso sulla finestra della sua stanza, vide Summer
avviarsi verso l'ingresso, e quindi si affrettò a ritornare
nel salotto, per rimettersi sul divano e fingere di essere
completamente disinteressato del suo arrivo. Summer entrò,
e si avviò con passo veloce e diretto verso la rampa di scale,
ma poi il suo volto, quasi meccanicamente, girò in direzione
del salotto. Ancora una volta, si guardarono per un interminabile
secondo: lui scostante, lei confusa e amareggiata. Summer si girò
per avviarsi nella sua stanza, ma poi si voltò nuovamente
verso di lui. «Sai...non ho idea del perché tu ti
stia comportando come un grande stronzo! Ma lascia che ti ringrazi,
Damon! Renderai il momento del nostro saluto decisamente più
facile!» esclamò, con una ritrovata grinta. Non ne
poteva più di quell'atteggiamento! Damon si alzò dal
divano e le si avvicinò con un passo deciso ed uno sguardo che
emanava scintille. «Bene, allora preparati ad essermi ancora
più riconoscente! Perché non ho ancora finito...»
iniziò con voce ferma, per poi continuare: «Ti ho
aiutata, Summer. Per tutto questo tempo noi due siamo stati una
squadra. E ora, invece?! Trovato il fiorellino, hai impacchettato le
tue cose, pronta ad andartene come se nulla fosse; come se la mia
parte si fosse esaurita col soggiogare un paio di idioti; come se non
potessi essere utile a nient'altro! Come se fossi il classico buono a
nulla che deve stare in disparte! Beh...Perdonami se non mi va di
farti un cartellone d'addio!» il suo tono stizzito, un misto
tra denti stretti e acida ironia, lasciarono Summer sbigottita. Non
aveva idea che Damon potesse provare tutta quella rabbia verso di lei
e verso quella faccenda; così cercò, con un tono calmo,
di spiegargli quello che aveva cercato di dirgli quella mattina: «Ti
sbagli! Non è così! Se non voglio coinvolgerti... non è
perché credo che tu non sia in grado di aiutarmi. Come potrei?
Andiamo...lo sai bene! Se non fosse stato per te starei ancora
cercando! Lo faccio solo perché non è compito tuo,
Damon. Tutto qui» Lui si sentì travolto dal suo
sguardo e dal suo tono di voce, ma ugualmente sputò altre
scuse, altre motivazioni secondarie esplicate con rabbia, ed
ingigantite fino all'invero simile, pur di non lasciar intendere le
prime, ovvero l'amore e il disperato bisogno che nulla della loro
relazione cambiasse, almeno non in peggio! Come invece si stava
proiettando davanti ai suoi occhi. «Beh, forse te ne sei
dimenticata, Summer, ma Klaus è anche un mio problema! Ha
letteralmente sequestrato mio fratello e non viene qui ad uccidere
Elena solo perché la crede morta! Non puoi tagliarmene fuori!
Non riguarda solo te e la dannatissima Triade di cui fai parte!
Riguarda anche me!» sperò che quell'argomentazione
bastasse a farla rimanere, oppure a farle capire di dovergli dare un
ruolo definito all'interno di quella storia. Summer ascoltò
con attenzione, eppure, la sua visione distorta delle cose - perché
alterata dalla gelosia - le fece sembrare che il nome di Elena fosse
il perno dell'intero discorso. Era per lei? Si chiese trafitta da un
dolore insopportabile. «E quindi...cosa vuoi fare?»
chiese atona, cercando disperatamente di non lasciar trapelare il suo
turbamento. Damon non lo sapeva; la verità era che si stava
appigliando a qualsiasi cosa, pur di non farla finire lì. «Beh
per adesso tutto quello che voglio è vedere questo
maledettissimo pugnale. Almeno questo...penso che me lo devi. Quindi
dì a Lily di mettere il suo kit da fattucchiera in un borsone
e di venire qui! Perché tu non vai da nessuna parte!»
Summer guardò di lato, perché non riuscì più
a reggere lo sguardo di Damon senza sentire gli occhi diventare
umidi. Se fosse dipeso da lei, gli avrebbe concesso tutto quello che
chiedeva, ma quella era una cosa momentaneamente impossibile.
«Sarebbe del tutto inutile, il pugnale non può
ancora essere ricomposto. Manca ancora qualcosa...e se me ne vado
così presto è appunto per aiutare Lily con le sue
ricerche. Ma va bene, se ci tieni. Una volte trovato l'ultimo
ingrediente, verremo qui. Hai ragione... almeno questo te lo devo»
suonava strana l'idea di doverlo rivedere una volta lasciata quella
casa - una volta spezzato quello starno rapporto indefinito che li
univa; era un pensiero che la spaventava per il dolore di cui sarebbe
stato inevitabilmente carico, eppure acconsentì alla sua
richiesta, perché non riusciva a negarglielo. Aveva fatto
davvero tanto per lei... Damon annuì avvilito. Il suo
teatrino non aveva funzionato, se ne stava per andare comunque. «Cosa
manca ancora?» chiese, con voce impercettibilmente
affannata. «La cenere di una quercia creata dalla strega
originaria per uccidere la prima generazione di vampiri...senza di
quella non possiamo procedere» Damon si sentì
improvvisamente più leggero, e con un tono di voce più
calmo le domandò: «Umn...e dove avete in mente di
cercarla, esattamente?» incrociò le braccia al petto con
un'espressione interessata. Summer sospirò con una lieve
afflizione: il pensiero del noiosissimo calvario che
l'attendeva. «In verità non ne ho idea. È da mesi che Lily si mette in contatto con
tutte le streghe che ne hanno sentito parlare...non ho idea di chi
sarà la prossima, ma non abbiamo altre piste da
seguire». Damon sorrise con un fare sornione. «Beh,
se non doveste trovarla...fatemi uno squillo. Dovrei averne ancora un
po'» Summer lo guardò sbigottita. «Dici sul
serio?!» fece, col serio dubbio che fosse uno dei suoi soliti
scherzi. «Dico sul serio» il suo volto aveva ritrovato
tutta la sua luminosità. «Come fai ad averla?!»
Lily la cercava da anni; e l'aveva cercata in templi, cattedrali,
rovine di antiche civiltà, ed infine aveva spulciato i nomi di
quasi tutte le streghe del globo. Che diavolo ci faceva a casa di
Damon Salvatore? «Beh, diciamo che me l'ha venduta un tizio dicendomi
che era roba buona...ma sai come funzionano queste cose: mai
tradire il tuo fornitore di fiducia!» Summer sorrise con un
avvilimento divertito. «Storia lunga?*» fece, capendo
l'antifona. «Yep!» Entrambi si ritrovarono a
sorridersi serenamente. Tutta la conversazione si era alleggerita
di colpo, portando un senso di pace. Avevano trovato una valida scusa
per passare altro tempo insieme, e questo era tutto ciò che
volevano. «Beh, in questo caso...ho una telefonata da fare!»
disse Summer, facendogli capire che avrebbe subito avvisato
Lily. Damon annuì, e i due si guardarono con quella gioia
che precede un bacio dopo una lite, ma entrambi si trattennero.
Entrambi si chiedevano se gli avvenimenti della giornata avessero in
qualche modo cambiato il loro rapporto - o quello che diavolo
era. Summer si avviò sulla rampa di scale e Damon la
osservò, battendo ripetutamente il palmo sul passamano, fin
quando non gli fu inevitabile chiederglielo: «E
quindi...litigare ti rende la nostra separazione più facile,
eh?» il suo era un chiaro tono indagatore; e mentre aspettava
una risposta, si mordicchiava il labbro inferiore, ripensando
attentamente a tutto quello che si erano detti. Summer lo osservò
con dolcezza e poi, con un tono altrettanto caloroso, rispose:
«Insieme...abbiamo passato davvero tanto tempo, e
salutarti...potrebbe risultarmi più difficile del
previsto». Damon annuì sentendosi leggermente deluso:
risposta dolce ma vaga, o almeno troppo vaga per il suo bisogno di
certezze! Ripensò a quella mattinata rovinata dalla sua
acidità, e meditò su quello che le aveva fatto. Usare
la morte di Kendra contro di lei non era stato bello, e si sentì
tremendamente dispiaciuto, così disse: «Beh allora
avresti dovuto cogliere l'occasione questa mattina...sai quando sono
stato...parecchio stronzo!» Summer capì subito che,
dietro quel tono esitante e quello sguardo dispiaciuto, si
nascondevano delle scuse - delle scuse alla Damon - così gli
sorrise dolcemente. «Avevi le tue ragioni per esserlo...»
Si guardarono con intensità, ancora una volta pervasi da
quell'irrequieta voglia di baciarsi...di stare vicini, ma,
nuovamente, entrambi si limitarono a causa di quell'assurdo timore
che il loro rapporto fosse finito quella mattina. «Vado a
chiamare Lily» Summer spezzò il silenzio, e garbatamente
si voltò per raggiungere la sua stanza. Damon la osservò
per tutto il tempo. Per entrambi era sempre più difficile
reprimersi ma sempre più terrificante esporsi, e l'impasse era
l'inevitabile risultante.
***
***
Lily
rispose alla chiamata dopo pochi squilli: «Summer! Tutto bene?
Come mai non sei ancora arrivata?». «Beh...c'è
stato un piccolo cambio di programma, dovrai essere tu a venire qui a
Mystic Falls...» «Perché?» «Beh,
perché la cenere che stiamo cercando...c'è l'ha Damon!»
rivelò sentendosi ancora incredula, «È disposto a
darcela, ma vuole che il pugnale venga ricomposto qui. È stato
molto categorico a riguardo! Ma se ci pensi ci ha risparmiato un bel
po' di fatica...» le ultime frasi furono un crescendo di
semi-felicità. «Davvero c'è l'ha lui?! Come fa
a ritrovarsela?!» il tono acuto di Lily palesava tutta la sua
sorpresa a riguardo. «Non me l'ha spiegato. Ha detto che è
una lunga storia» «Ok... ma onestamente non capisco
il motivo della sua richiesta. Voglio dire...perché vuole che il pugnale venga
ricostituito lì? Non è che si è innamorato di te
e vuole solo una scusa per non lasciarti andare!?» esclamò
tra il serio e il divertito. «Lily! Che diavolo dici!»
quell'affermazione le aveva fatto lo stesso effetto di un'unghia che raschia
la lavagna; forse perché era ovvio che una parte di lei -
quella con cui aveva più difficoltà ad avere a che fare
– aveva sperato in qualcosa del genere, e il suo sguardo si
fece improvvisamente triste al pensiero di ciò che le suonava
come un'illusione e nient'altro. «Ti assicuro che non è così!
E tu vedi decisamente troppe telenovele!» continuò,
cercando di ironizzare al massimo la cosa. «Sono una persona
romantica, non posso farci niente!» Lily era ancora poco
convinta, e per cercare di capire meglio domandò: «Ma
scusa, allora come giustifichi questa sua strana
pretesa?» «Semplicemente...Non vuole sentirsi
tagliato fuori e spera di poter fare la sua parte per proteggere le
persone che ama. Tutto qui» rivelò con amarezza,
pensando ad Elena. «Vedi?! L'amore c'entra sempre!»
«A parlare con te si rischia il coma diabetico! Possiamo
ritornare sull'argomento principale?» il tono di Summer era in
un misto di noia e divertimento. «Ok...» canzonò
prontamente Lily, per poi continuare subito dopo: «Allora...beh,
sarò lì domani. Lo sai, devo andare a recuperare gli
altri due elementi nei loro nascondigli; ma dovrei arrivare nel primo
pomeriggio». «Perfetto!» «Mi sembri
quasi sollevata del fatto di non dover partire! Non è che sei
tu ad esserti innamorata di lui?!» Lily simulò un tono
enfaticamente sconvolto. «Lily!» ma Summer la
richiamò subito all'ordine. «Ok, va bene!»
canzonò nuovamente, «Ci vediamo domani!» «A
domani!»
***
***
Damon
se ne stava sul divano, con i piedi poggiati al tavolinetto ed un
bicchiere di scotch nella mano destra, che roteava lentamente e
soprattutto assorto nei suoi pensieri. Non aveva mai litigato in
quel modo con Summer. Come si era risolto il tutto? Si chiedeva,
senza riuscire a darsi una risposta. Il fatto che avessero dormito
insieme e la successiva litigata, per lui segnava una sorta di tacita
fine: come se quella situazione indefinita si fosse spezzata per via
degli eventi. Voleva andare in camera sua e baciarla. Voleva
stringerla forte, tanto da sentire che non sarebbe mai potuta andare
via dalle sue braccia. Eppure non ci riusciva. Qualcosa lo frenava;
ed era una sorta di bilancia su cui Damon stava mettendo tutto quello
che li riguardava. Voleva cercare di capire che posto avesse nel
suo cuore. Perché tra loro incertezze e sicurezze sembravano
alternarsi per stare sempre in parità. Il fatto che ci
fosse stato un ex perfetto, a cui lei non era riuscita a dire
ti amo, lo mandava in crisi! Aveva sempre sospettato che
Summer non fosse una ragazza dall'innamoramento facile, ma averne la
certezza, frantumava tutte quelle piccole conferme che aveva avuto
fino a quel momento; come il fatto che gli avesse detto di ritenerlo
una persona importante, come la sua voglia di vederlo geloso... tutto
era stato sminuito bruscamente, e questo lo gettava sul divano
privandolo della forza per fare qualsiasi altra cosa. Il telefono,
all'interno della tasca del pantalone, vibrò, e, una volta
afferrato, controllò con attenzione il nome che compariva sul
display. «Rick! Lasciami indovinare: mi hai chiamato per
dirmi che hai trovato l'amore della tua vita!» fece, con
sdolcinata enfasi, per poi continuare con rapidità: «Oppure
per chiedermi di venirti a salvare perché adesso sei legato
alla sedia dove sei stato torturato per ore! Tengo le dita incrociate
per la seconda ipotesi! Movimenterebbe un po' la serata!» in
effetti, si chiedeva come fosse finita la questione “possibile
licantropa killer”. «Niente di tutto questo...»
Rick sorrise divertito. Si stava preparando per la sua cena con
Clarissa. Una cena per cui lui si era stabilito una regola: niente
interrogatori strani dettati da istinti paranoici! Doveva godersela,
perché grazie a lei si sentiva tornato nuovamente alla vita!
«E allora racconta...» «Non c'è molto
da dire: ho sbagliato a giudicarla. Dubito che sia qui per uccidere
qualcuno! Lo ammetto: mi sono fatto prendere dal filone tragico che
solitamente caratterizza le nostre vite» «Tutta questa
serenità zen significa che ci hai fatto sesso?» «Questi
non sono affari tuoi!» lo canzonò l'umano, scegliendo
dall'armadio la camicia più indicata. «Umn..riservatezza!
Ho due ipotesi anche per questa: la prima è che la donna in
questione ha davvero fatto colpo, e la seconda è che ha
gusti strani; e quindi ti ha coinvolto in cose vergognose che ti
hanno poi fatto dondolare sotto il getto freddo della doccia. Anche
in questo caso, tengo le dita incrociate per la seconda!» «Perché
non mi parli un po' della tua love story, invece? Ho saputo
che Summer sta per andarsene...» Damon mutò
rapidamente espressione. «Chi te l'ha detto?» «Lei
in persona. Qualche ora fa è stata qui» «E...per
quale motivo?» «Non te lo immagini?!...Voleva
accertarsi che Clarissa non fosse un licantropo. Ti vuole al sicuro
e, a dirla tutta, mi ha anche chiesto di non fartelo sapere» si
sentiva strano al pensiero di non aver mantenuto la parola, ma la
verità era che lo preferiva a spasimare per Summer, anziché
per Elena. Alaric non avrebbe mai parteggiato per nessun vampiro,
quando si trattava di lei, e soprattutto vedeva in Summer una figura
forte in grado di tenere testa al vampiro. «Umn...e noto con piacere che non hai esitato neanche due secondi a dirmelo!
Beh...Spero che tu non scopra mai dove custodisco il mio diario
segreto, pretty little liar! Mi metteresti in imbarazzo davanti a tutta la scuola!» Damon
scherzò con un surplus d'allegria: quella notizia l'aveva alleggerito all'istante. Rick ridacchiò
brevemente, poi rispose: «Credo solo che certe cose vadano
incentivate. Soprattutto quando c'è di mezzo un caratteraccio
come il tuo! Non ho dubbi sul fatto che tu possa rischiare di
rovinare ogni cosa!» Damon assottigliò lo sguardo:
Dio, quanto odiava quando gli veniva detta la verità! «Beh...Ti
stai impicciando in cose che non ti riguardano» disse con voce
dura. «Umn riservatezza...mi chiedo quale delle due ipotesi
sia la tua!» Alaric si divertì a mettere il dito nella
piaga, e si convinse di aver fatto la cosa più giusta a non
mantenere la parola data. «Buona serata, Rick. E mi
raccomando, se mai dovessi finire nudo e ammanettato in un sudicio
motel...aspetta la donna delle pulizie, non contare su di me!» «Non
lo farò!»
Damon si chiese perché diavolo
stesse ancora indugiando, seduto su quel divano a rigirare tra le
mani uno stupido bicchiere di scotch. Con la
notizia data da Alaric, l'ago della bilancia - anche se di poco - aveva oscillato nuovamente in suo favore; e adesso non aveva
alcun senso essere intimorito da tutto quello che era
accaduto. Sarebbero stati insieme fino alla fine; e se Summer
avesse avuto obiezioni a riguardo, avrebbe dovuto fare i conti col
suo incredibile magnetismo sessuale e con la sua risaputa
insistenza! Si alzò, e con un passo deciso e sicuro, si
avviò verso la sua stanza. Spalancò la porta senza
bussare, e la vide accanto al letto, intenta a togliere dal borsone
ciò che le sarebbe servito per il rinvio della partenza. Si
avvicinò a lei senza mai fermarsi, afferrò i suoi
fianchi e la baciò con tutto quel carico di emozioni
accumulate: l'amore, la paura di perderla, la felicità di
avere ancora del tempo a disposizione, la voglia di scusarsi, il
bisogno di sentire il suo corpo accanto al proprio... Fu un bacio
travolgente e inaspettato; e Summer aveva avuto giusto il tempo di
guardarlo con aria confusa, prima di esserne travolta. Finito
l'effetto dell'impeto, Damon distanziò il volto di qualche
centimetro per osservare la sua reazione. La guardò
attentamente per ciò che gli sembrarono degli interminabili
secondi, ma poi lei lo baciò con altrettanta foga, debellando
ogni suo dubbio. Entrambi sentivano il bisogno di stare vicini, di
cancellare le emozioni negative di quella giornata, bruciandole col
calore del loro contatto. Con un gesto veloce, Damon l'adagiò
sul letto, prendendo posto tra le sue gambe con la solita traboccante
sicurezza. Il loro fervore si accanì sui vestiti, che
vennero eliminati rapidamente. E, immediatamente, tutto risultò
lontano: le paure, le finte ostilità, la missione... Tutto
perse importanza di fronte alla disperata voglia di stare insieme.
***
***
«E
così...sei stata da Rick...» affermò Damon, mentre le
accarezzava la schiena con la punta delle dita. La luce soffusa e
il rumore del vento erano la soffice cornice del momento. Summer,
accoccolata tra le sue braccia, scostò lievemente la testa per
osservarlo meglio. «Allora avevi ragione! È davvero
una pettegola!» esclamò divertita, per nascondere
l'imbarazzo. «Sì, non dovevi fidarti» Damon la
guardò intensamente, «Allora? Perché l'hai
fatto?». Lei sentì i polmoni stretti in una morsa, e
maledisse Rick per non aver tenuto la bocca chiusa. Che bisogno c'era
di spifferargli ogni cosa?! «Perché torturarti e
attentare alla tua vita è una mia esclusiva!» Summer
cercò di portare il discorso sui soliti livelli d'ironia, ma
per un attimo lo sguardo intenso di Damon l'aveva schiacciata,
privandola di ogni forza. Il vampiro ridacchiò con una
sorta di lieve amarezza impressa sul volto. Avrebbe voluto sentirsi
dire qualcosa di più: delle parole che lo avrebbero fatto
sentire più sicuro: qualcosa che avrebbe spazzato via i suoi
insopportabili dubbi, e quindi, quella risposta ironica, lo deluse
inevitabilmente; ma poi Summer, con dolcezza, bisbigliò: «Ti
va di restare qui...nonostante le gomitate». Visto tutto
quello che era capitato, sentì il bisogno di chiederglielo:
Damon poteva aver cambiato idea sul fatto di dormire insieme, e lei
tentò speranzosa e spaventata da un possibile rifiuto. Damon,
facendo delle smorfie, indugiò fintamente, ma poi, con la
solita vena giocosa, disse: «Mi va...ma tu cerca di
trattenerle!». Lei sorrise, sentendosi leggera. «E
se dovessi avere degli incubi? Domani mi prenderesti in giro?»
gli servì la battuta su un piatto d'argento. Continuare a
scherzare con lui, come avevano sempre fatto, era ciò che più
desiderava in quel momento; ma poi il vampiro la sorprese,
mormorando: «Non li avrai...». Summer lo guardò
incuriosita. «Come fai a dirlo?» «Perché
se dovesse accadere...» Damon si girò sul fianco per
avere il suo viso di fronte; e Summer lo seguì nei movimenti
poggiando la testa al suo braccio. «Interverrei facendoti
sognare qualcosa di bello...» continuò, con un'estrema
dolcezza. Summer si perse nei suoi occhi limpidi e seri, sentendo
i suoi diventare umidi, e sentendo la pelle del viso infiammarsi come
brace ardente. Damon la guardò con tenerezza. Aveva
semplicemente detto la verità, e volle godersi quel momento,
prima di camuffarlo dietro le solite maschere. «E quando
dico qualcosa di bello, ovviamente intendo me!» aggiunse poco
dopo, facendola sorridere. Summer ridacchiò con la solita
rassegnazione. Per un attimo ci aveva creduto...e per quell'attimo il
suo cuore si era quasi fermato! «Non si potrebbe avere
qualcosa di meglio?!» obbiettò, con una finta aria
insoddisfatta. «Meglio di me c'è solo la mia versione
senza veli!» Summer ridacchiò nuovamente,
avvicinandosi a lui per scoccargli un bacio; ma prima di farlo
esclamò: «Sei il solito presuntuoso!». Lui
sorrise sulle sue labbra e l'abbracciò roteando su di
lei. «Sì, e tu sei pazza di me! Ammettilo una buona
volta!» fece giocoso, ma poi lei gli accarezzò il viso
e, con una simulata sufficienza, disse: «Ok...potrei essere
vagamente pazza di te!». Il volto di Damon si accese di
luce, e subito la baciò con un trasporto caldo e
avvolgente. «Aspetta ma tu... sai cosa significa vagamente,
vero!?» continuò lei, sminuendo ancora di più
quell'affermazione per vendicarsi di quella mattinata infernale, ma,
soprattutto, per non fargli percepire la reale importanza di quelle parole. Damon le fece una smorfia minacciosa e,
divertiti e stranamente spensierati, i loro corpi rotolarono
nuovamente su quelle lenzuola setose e un po' sgualcite. Sarebbero
stati totalmente felici, se tutto quello che c'era tra di loro non
fosse stato continuamente filtrato dalle loro insicurezze. Damon e
Summer non riuscivano a vedere quel quadro generale, che invece era
incredibilmente chiaro a tutti gli altri, perché entrambi
erano ancorati alle loro paure, che quasi distorcevano la realtà
rendendogliela incomprensibile. E una cosa certa e ovvia che si sa
sulle paure è che alcune passano, altre non passano mai, e
altre ancora, invece, passano troppo tardi...
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di insonnia? Leggete gli ultimi capitoli di The Slayer! Mastodontici
papiri che vi accompagneranno dolcemente tra le braccia di morfeo!
xD Ordinateli subito! In regalo un pungiball a forma di
NanaBianca su cui potrete sfogare la vostra rabbia!
Ok...stronzate
a parte (il che sarà difficile visto che ho notato una
correlazione positiva tra lunghezza del capitolo e follia del mio
angolino xD) Ho delle Nda “serie” da fare per quelle
poche lettrici che sono ancora sveglie. Allora, le condizioni
irripetibili a cui si riferisce Gloria riguardano la pietra di luna.
Nel telefilm, la fanno sembrare unica. Come se fosse una sorta di
santo graal o cose simili. In realtà non è così
rara (penso che Klaus l'avrebbe potuta anche trovare su e-bay a un
buon prezzo) ma ho voluto seguire il filone del telefilm^^ E quindi
il rito sarà diverso. Per la “lunga storia”
ovviamente mi riferisco a quella della seconda stagione (il pugnale
la cenere...ecc) L'episodio della terza (non ricordo quale) in cui
Elena pugnala alle spalle Rebekah, mi ha dato conferma di ciò
che sospettavo: la cenere ce l'ha ancora Damon. Ovviamente la
citazione iniziale è riferita a queste due teste di
cavolfiore, che mi stanno mandando al manicomio. E qui si spiega il
perché io abbia messo i famosi flashback sui “pali”
di Damon, perché li considero una parte importante di questa
storia. Altra cosa, finalmente con i prossimi capitoli (sperando
che vengano alla luce) avrò l'occasione di dimostravi non solo
che nulla è dato al caso, ma anche che ho disseminato un po'
di falsi finali all'interno della fic. Quindi preparatevi a un bel
po' di sorprese!!! Spero che il papi...emm capitolo vi sia
piaciuto o, almeno, non vi abbia fatto schifo...e soprattutto spero
che i personaggi non siano risultati ooc, soprattutto Klaus (in mia
difesa, dico che nella seconda stagione ha lasciato andare Katherine
per molto meno. Qui ho fatto del mio meglio per “motivare”
la cosa)
Come sempre, ringrazio di cuore le dolcissime ragazze che
mi hanno lasciato un commentino ( senza il quale mi sarebbe arrivata
forte e chiara l'antifona “Datti all'ippica!” xD) - È
grazie al vostro sostegno che riesco a ritagliare un po' di tempo
per portare avanti questa fic!!! Perciò grazie mille!!! E
ringrazio ovviamente chiunque abbia letto, e manderò
tante coccole virtuali a chi troverà un minutino per recensire
(nel bene, nel male e
nel neutro) questo capitolo (e fu così che “vecchiomaniaco69”
scrisse la sua prima recensione!!! xD)
Ok,
adesso devo proprio dissolvermi!!!xD Quindi...Alla prossima!!!
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Capitolo 52 *** Cinquantaduesimo Capitolo ***
Questo
capitolo è Lungo Questo capitolo è Sadico Questo
capitolo è Lemon Questo capitolo è
Inevitabilmente Dedicato alla mia Alice_InWonderland!
Nda
Iniziali: -
In grassetto le frasi prese direttamente dal Telefilm - Il
capitolo riprende gli avvenimenti del: 12° (per la questione
Grayson Wood) 17° (questione “inizio imbarazzante”
xD) 30° (per la questione “Amanda&Katherine” e
“sangue delle cacciatrici”) - Chi non ha idea di come
sia fatta una Triluna, può cliccare qui -
Si consiglia la lettura al solo pubblico adulto... ...no vabbè
scherzo xD, però è davvero “a pelo di rating”! Ci
vediamo giù!
***
27 Dicembre *** Parte 1^
Stefan
aprì lentamente gli occhi, sentendosi confuso e
disorientato. I polsi incatenati alla parete. La pelle
ricoperta di scie di sangue secco. Due flebo che gli partivano
dalla piegatura delle braccia, iniettandogli della soluzione
fisiologica mischiata ad una piccola quantità di verbena: la
giusta quantità per fargli sentire un bruciore lento, continuo
ed insopportabile. Stefan non ricordava neanche quando gli fossero
state messe, e se lo chiese più volte senza successo; ma,
soprattutto, si domandava chi fossero quelle tre persone sdraiate a
terra prive di conoscenza. Si sentiva intontito, frastornato e
debole, e capiva ben poco di quello che gli accadeva
intorno.
«Ssshh, non avere paura!» diretto verso
lo scantinato, Klaus soggiogò la giovane donna che trascinava
per il braccio, stanco del modo animato in cui si dimenava. La
sera prima, aveva ucciso tre persone entrate nel bar: un uomo adulto
di origine indiana, una ragazza bionda che a stento doveva avere
vent'anni, ed un ragazzo più grandicello con gli occhiali e
l'abbigliamento un po' ricercato. Aveva fatto bere loro il suo
sangue. Era riuscito a contattare solo due dei suoi uomini fidati
sparsi per il mondo, e li aveva indirizzati a Mystic Falls, col
preciso ordine di posizionarsi allo sbocco della strada principale
per evitare che qualcuno lasciasse la cittadina. Il giorno 27 di quel
freddo mese di dicembre, a nessuno sarebbe stato concesso di lasciare
Mystic Falls. Ma non bastava. Aveva bisogno di altri soldati pronti a
difenderlo e a fronteggiare gli imprevisti. Così, camminò
per il tragitto che lo separava dallo scantinato, trascinando quella
donna a cui non era più concesso di avere paura. Entrò
e scese giù per la rampa di scale, facendo poca attenzione
alla difficoltà con cui la sua prigioniera si muoveva,
ostacolata da quella stretta presa sul suo braccio. Vide con
soddisfazione che i ragazzi stavano lentamente riprendendo
conoscenza. Tutti e tre erano confusi e pervasi da un incredibile
mal di testa. «Ben alzati, miei nuovi compagni d'avventura!»
ai tre, la voce dell'ibrido suonò come una forte fitta
elettrica nel cervello. «Chi sei?! E cosa ci hai fatto?!»
domandò la ragazza, con voce tremante, guardandosi intorno con
aria spaventata, soprattutto quando i suoi occhi si posarono su
Stefan. «Lo scoprirete presto. Ma adesso immagino che sarete
affamati...» Avvicinò a sé la donna che
stringeva saldamente, per morderle il collo e far zampillare il suo
sangue. «Adesso sei libera di avere paura...»
bisbigliò, soggiogandola nuovamente, e poi, con un sorrisino
malefico, la fece avanzare di un passo per mostrare lo spettacolo
alle sue nuove creature. La donna venne scossa da un forte tremito
di terrore, prima di essere gettata tra le braccia dei tre che,
sentendo l'odore del sangue e il suono rimbombante di quella vena sul
collo che pulsava freneticamente, si accanirono su di lei con
un'inaspettata ferocia. La donna urlò con tutto il fiato in
gola, dimenandosi energicamente, ma i tre non le lasciarono scampo, e
presto non ebbe le forze per emettere neanche il più
impercettibile suono. Klaus guardava la scena con soddisfazione.
Si avvicinò a Stefan, che intanto assisteva a quell'orrore,
sentendosi disgustato ma anche inevitabilmente attratto. L'ibrido
gli mise una mano sulla spalla, in uno di quei gesti solitamente
amichevoli. Sospirò con teatralità e poi disse: «Ah,
il primo pasto lo si riduce sempre a brandelli! Sono momenti davvero
emozionanti...non trovi?» Stafan deviò il volto da
quello scenario, doppiamente infastidito da quelle parole. «E
tu, Stefan?! Ricordi il sapore del primo sangue che hai assaggiato?
Immagino che ti sia piaciuto da impazzire...» Stefan
spalancò gli occhi, sentendosi rabbrividire al ricordo di quei
momenti...al pensiero di suo padre. Per il vampiro l'odio verso se
stesso era sempre il nemico più duro con cui fare i conti, e
sembrava che l'ibrido avesse tutti gli elementi per ferirlo nel
profondo, per tormentare ogni angolo oscuro della sua psiche. Essere
legato, e quindi costretto a fare da spettatore a uno spettacolo di cui si
era reso partecipe troppe volte, mandava in crisi la sua personalità
duale che si scontrava nel territorio neutro della sua anima,
facendogli incredibilmente male. Era come se l'ibrido conoscesse alla
perfezione ogni suo tormento, e non esitava a mostrarglieli pur di
saziare l'incredibile fame della sua vendetta. Stefan non rispose
e l'ibrido continuò: «Sei silenzioso, amico mio! Beh,
pazienza, tanto avremo modo di fare delle lunghe chiacchierate,
perché...» lo guardò attentamente per soggiogarlo
«Tu resterai qui...fino al mio ritorno». Stefan sgranò
gli occhi, sentendo in quell'ordine ogni briciolo di speranza che
veniva inesorabilmente spazzato via. Come avrebbe fatto a salvare
la sua Elena? Klaus si allontanò, dando un'ultima occhiata
al corpo di quella donna diventato ormai solo un ammasso di carne
informe ricoperto di sangue. Chiuse la porta dello scantinato
dietro di sé. Prima di partire, aveva un'altra importante
faccenda da sbrigare...
***
***
Non
serviva alzarsi dal letto per percepire l'aria di bufera che
caratterizzava quella mattina. Il forte rumore del vento e il
grigiore che invadeva la stanza lasciavano intuire che presto il
manto di neve che ricopriva Mystic Falls si sarebbe alzato
ulteriormente. Damon e Summer si svegliarono quasi
contemporaneamente, a causa di una forte raffica che aveva provocato
chissà quale danno all'esterno della casa. Si guardano con
dolcezza, avvicinandosi e rannicchiandosi maggiormente sotto il
morbido piumone. Entrambi, ripensando alla mattinata precedente,
erano quasi spaventati all'idea di proferire parola. Il fatto che
la loro separazione fosse stata rinviata a pugnale ricomposto
li aveva tranquillizzati. Quella faccenda risultava così
lontana, astratta e fantasiosa da non indurli a crederci realmente.
Quel fatidico momento era diventato irreale come una fiaba, come le
solite date da fine del mondo che poi si rivelano essere
giorni qualsiasi, ma tutti li aspettano con ansia pur senza crederci
minimamente. Sembrava tutto lontano e sbiadito... Entrambi
erano pervasi da una sensazione che incitava al silenzio. Nella
stanza aleggiava la stessa eco tacita che caratterizza le
cattedrali e i templi, e che induce le persone a rispettarne la
sacralità. Non avrebbero parlato... Non avrebbero
rovinato nuovamente quel momento, inquinandolo con la tristezza della
realtà e con l'ambiguità delle parole. Così
le loro dita iniziarono a solleticare delicatamente il corpo
dell'altro, e i profili dei loro volti si avvicinarono sfiorandosi
con la punta dei nasi e sfociando, con lentezza, in un dolce bacio.
***
***
Klaus
arrivò in una piccola cittadina ad Est del Lago Michigan.
Aveva ottenuto le informazioni di cui necessitava da un poliziotto
soggiogato e, una volta arrivato a destinazione, suonò il
campanello di quella dimora dall'esterno in stile rustico. L'alba
era passata solamente da poche ore, ma la signora che aprì la
porta era già vestita e curata nel suo aspetto fin nei minimi
dettagli. «Posso esserle d'aiuto?» chiese cordialmente
la donna, puntando con curiosità le sue iridi celesti
sull'uomo. «Certo che puoi essermi d'aiuto, mia cara!
Altrimenti non sarei qui...» Klaus teneva le mani unite dietro
la schiena, e piegò il busto leggermente in avanti, con quel
suo solito fare da gentleman. Amanda fece una smorfia confusa e
vagamente preoccupata. «Chi è lei?» «Adoro
le domande dirette! Fanno risparmiare un bel po' di tempo. Sono
Klaus, e visto che sei una strega mi sembra davvero superfluo
aggiungere altro...». La donna spalancò gli occhi in
preda al terrore: Klaus, il famoso vampiro originario. L'ibrido,
approfittando di quell'attimo di sbigottimento da parte della donna,
con un fare pacato e tranquillo, continuò il suo discorso:
«Ora, mia cara, fammi la cortesia di risparmiami tutto il
patetico teatrino di te che spaventata ti appelli speranzosa al fatto
che io non possa entrare in questa casa...parliamoci seriamente:
nulla che una tanica di benzina non possa risolvere! E una volta raso
al suolo questa sorta di rudere, non avresti più nessun modo
per sfuggirmi. Perciò, cara Amanda, ti consiglio di essere
collaborativa...non ho tempo per queste pagliacciate!». «Cosa
vuoi?» chiese con voce tremante, restando ancora nella sua
dimora. «Te lo spiegherò strada facendo...»
Klaus, con un gesto della mano, le indicò l'auto parcheggiata
davanti all'ingresso, e Amanda capì subito di non avere altra
scelta. Non poteva contrastare in nessun modo un vampiro originario.
***
***
La
passione finì, tramutandosi in un vortice di dolcezza. Damon
le lasciò dei piccoli baci sul collo che le solleticarono
piacevolmente la pelle. Lei sorrise e, prima di alzarsi dal letto,
segnò la fine di quel momento con un dolce bacio sulle
labbra. Il vampiro si mise supino con le mani dietro la nuca, e
osservò i movimenti di Summer con un sorriso sereno impresso
sulle labbra. Lei infilò un piccolo babydoll verde acqua e
si diresse verso la specchiera. Il riposo notturno e la passionalità
mattutina di Damon avevano reso i suoi capelli un ammasso di nodi,
così prese la spazzola e iniziò a districarli,
osservando di tanto in tanto la figura del vampiro che si rifletteva
nella parte destra dello specchio. Titubante rallentò i
suoi movimenti. «Non te l'ho mai chiesto...ma... ti
pesa...il fatto di doverti trattenere?» domandò incerta,
ricordando quell'unica volta in cui gli aveva permesso di bere il suo
sangue. Damon capì immediatamente a cosa lei si stesse
riferendo. Non gli pesava, ma per lui era dannatamente difficile,
soprattutto per la particolarità del suo sangue che ne
accendeva maggiormente la voglia; ma se poi metteva in conto anche
l'amore per lei, che lo portava a desiderarla ossessivamente, allora
diventava una vera tortura! «Diciamo che non è
facile...ma lo si fa...» disse con una vena di amarezza. Forse,
se il sangue di Sammer non fosse stato così speciale,
l'avrebbe sicuramente invogliata a rifarlo. Ma Damon ricordava bene
le sensazioni di quell'unica volta in cui l'aveva bevuto. Quel sangue
era troppo intenso e potente, e lui non era riuscito a gestire le
forti emozioni che gli aveva dato. Ne era stato risucchiato, perdendo
il controllo di se stesso; e anche se con Summer non correva alcun
rischio di ucciderla - perché la forza per sottrarsi non le
mancava – non voleva ugualmente rischiare; ma non poteva
negare di averci pensato più e più volte, soprattutto
ora che bere il suo sangue per lui avrebbe avuto un significato del
tutto diverso. Summer annuì poco convinta, per poi
continuare a spazzolarsi i capelli. Negli ultimi giorni ci aveva
pensato numerose volte, ma non aveva ancora avuto il coraggio di
lasciarglielo fare; non perché avesse paura del dolore fisico
o del fatto che lui potesse perdere il controllo, ma perché
temeva di rivedergli sul volto quell'espressione assetata di sesso
che le avrebbe ricordato che per lui non era altro che quello. Aveva
paura di intravedere - nei suoi gesti alterati dai poteri psicoattivi
del suo sangue - qualcosa di profondo e veritiero che le avrebbe dato
conferma del fatto che per lui non sarebbe mai stata nulla di più
di un momentaneo rimpiazzo; così, tolse di mezzo quel
discorso, continuando a spazzolare i suoi capelli. Damon, non
sentendo altre parole sull'argomento, sorrise con una vena di
rassegnazione, ma pensando che fosse meglio così. E
ricordare quegli avvenimenti lo portò a rivivere gran parte
del tempo che avevano passato insieme fin dall'inizio. «Sai...non
ci siamo mai presentati» notò, quasi divertito. «Cosa?!»
fece Summer di getto, ancor prima di fare mente locale per capire se
il vampiro avesse ragione o meno. «Non ci siamo mai
presentati. Io ho iniziato a chiamarti per nome perché me
l'aveva detto Elena...e tu hai fatto lo stesso con me. No. Non ci
siamo mai presentati». Damon ricordava bene; e il fatto che tra
loro non ci fosse mai stata una stretta di mano che segnava l'inizio
alimentava la loro sensazione di conoscersi da sempre. Summer gli
sorrise, rievocando anche lei l'inizio di tutto. «Vuoi una
presentazione postuma?» propose, guardandolo con aria
divertita. Damon, con la super velocità e completamente nudo,
le si parò davanti, poggiando le braccia rigide sulle sue
spalle e chiudendole poi in una stretta di mani distanziata dalla
nuca della ragazza. Con giocosità, disse: «Perché
no?! Damon Salvatore, affascinante vampiro che ti sfilerà le
mutandine alla prima occasione!» Lei, come al suo solito,
ridacchiò dolcemente, guardando di lato. «Beh, Summer
Reed, sanguinaria cacciatrice che ti spezzerà il collo subito
dopo!» Damon, a sua volta, emise un soffio di risata,
sciogliendo le braccia e portando le mani sulle sue guance per
baciala delicatamente; poi si allontanò in cerca dei suoi
boxer, ricordando nuovamente gli albori della loro storia: «E
se non sbaglio...tutto è iniziato perché abbiamo
sorpreso due vecchietti a fare gli sporcaccioni e tu, turbata
e imbarazzata, te la sei presa con me, ma io, col mio incredibile
fascino...col mio magnetismo...» s'infilò i boxer e si
avvicinò a lei, indicandosi «col mio sex-appeal... sono
riuscito a tramutare quell'astio in attrazione fatale, a debellare quel fastidioso pudore e a renderti
schiava della mia prestanza fisica e delle mie incredibili doti
amatorie!» Summer si sforzò di guardarlo con
compatimento, ma la verità era che si sentiva annegare in un
mare di imbarazzo. Quel ricordo la metteva terribilmente a disagio.
In quell'occasione, si era comportata come una ragazzina; e questo
perché, in quei giorni, quando si trovava in presenza di
Damon, si sentiva incredibilmente tesa. Se quell'evenienza si fosse
verificata con qualcun altro, probabilmente avrebbe vissuto la cosa
con più scioltezza, vedendone solo il lato divertente; ma,
all'epoca, Damon innescava e inibiva al tempo stesso tutta la sua
attrazione per lui, rendendola nervosa e agitata come mai si era
sentita in vita sua. E quel ricordo imbarazzante, rivissuto tramite
le parole di un Damon eccessivamente sicuro di sé, le stava
mostrando il fondo di quel mare di vergogna che la stava
inesorabilmente inghiottendo. Chiudendo gli occhi con forza per un
lungo secondo, alzò la mano all'altezza della spalla in un
gesto che voleva quasi frenare l'onda d'urto delle sue
parole. «Damon, questa storia è già ridicola
di per sé, non ha bisogno delle tue fantasiose rivisitazioni!»
disse tra il disagio e il divertimento. Il vampiro le si avvicinò,
abbracciandola da dietro. «Allora dimmelo tu, saputella.
Com'è iniziata?» Il cuore di Summer si bloccò
per un istante, ma pensò che qualsiasi scusa sarebbe stata
anche più imbarazzante della verità. «Beh...diciamo
che...mi hai toccata quando ti avevo espressamente detto di non
farlo...» rivelò in un filo di voce incerto, perché
carico d'emozione, vergogna e repentino pentimento; il tutto,
osservandolo tramite il riflesso dello specchio con dei piccoli
sguardi fugaci e poi vaganti. Damon sorrise come un diavoletto
dispettoso. Il suo gongolamento interno era così traboccante
da sfociare in superficie attraverso i suoi occhi fieri e tramite
l'increspatura maliziosa delle sue labbra. Approfittando della
presa sui suoi fianchi, la girò verso di sé con un fare
spavaldo e autoritario. «Umn...Quindi mi hai desiderato fin
dall'inizio...allora dimmi un po'... cosa c'era di tanto fantasioso
nelle mie parole?» bisbigliò con sicurezza e con
un'intensità negli occhi che faceva evaporare. Summer si
sentì immobilizzata dall'imbarazzo, e si pentì
maggiormente di quel frangente di estrema sincerità. Come
sarebbe sfuggita ad un Damon gongolante, quando già
normalmente la sua presunzione sfiorava la stella più vicina
alla terra?! Il vampiro la guardava con eccessiva soddisfazione,
ma, nonostante i suoi atteggiamenti, non era il vanto ciò che
cercava: voleva solo delle conferme che gli dessero una maggiore
sicurezza; e il fatto che lei l'avesse desiderato dal primo momento,
proprio come era capitato a lui, lo rassicurava, andando ad
aggiungere sassolini al piatto di quella bilancia che Damon voleva
vedere pendere definitivamente in suo favore, prima di esporsi e di
confessarle tutto quello che provava per lei. Non riusciva ad essere
coraggioso: non dopo 150 anni passati ad amare Katherine e dopo aver
rivissuto un riassunto di quella dolorosa storia con Elena. Voleva
sentirsi dire un “anch'io!”. Chiedeva così
tanto?! Non avrebbe sopportato nulla di diverso. Non questa
volta. Non con Summer... Il telefono sul comò venne in
soccorso della cacciatrice, vibrando e infrangendo quegli sguardi
ipnotizzati. Lei, con rapidità, lo prese per leggere il
messaggio che le era appena arrivato: «È Lily, dice che
farà qualche ora di ritardo per via della bufera...». Riposò
il telefono sul comò, e Damon obiettò subito qualcosa:
«Leggilo per intero...». Summer lo guardò
confusa, dicendo: «È quello che ho fatto, non dice
altro...» Il vampiro prese il telefono per leggere a sua
volta: «No, non è vero...e infatti c'è scritto:
“Farò qualche ora di ritardo. Ci sono dei rallentamenti
a causa del mal tempo”... continua pure a fare sesso
sfrenato con Damon, tu che hai la fortuna di poterlo fare! Io me ne
starò qui, bloccata nel traffico, ad invidiarti, proprio come
tutto il resto dell'universo femminile! Baci, Lily!» il suo
tono, lineare e sicuro, poteva quasi far passare per vera quella che
non era altro che un'improvvisazione fantasiosa...e
presuntuosa. Summer rise, scuotendo la testa con rassegnazione, e
Damon, poggiando nuovamente il telefono sul mobile, continuò
col suo teatrino: «Dovremmo seguire il suo consiglio. Lily è
una strega davvero potente, non vorrei che si arrabbiasse...»
si finse addirittura intimorito, pur di dar credito alle sue
fandonie. Lei non ebbe neanche il tempo di ribattere giocosamente,
perché Damon se la caricò sulla spalla, per portarsela
al piano di sotto: era stanco della comodità del letto! Lei
ridacchiò, sentendo di non poter fare altro. «Ah,
beh...se lo dice lei!» disse allegramente, assecondandolo.
***
***
L'auto
di Klaus si fermò fuori allo StarDust, ed immediatamente
Amanda collegò quell'inaspettata sciagura a Katherine Pierce.
Era stata lei, solo qualche settimana prima, a chiederle aiuto per
fronteggiare un incantesimo lanciato da Gloria; e il fatto che ora si
trovasse di fronte al suo bar non poteva essere una semplice
coincidenza! Durante il tragitto, Klaus le aveva semplicemente
detto di aver bisogno di lei per fronteggiare un'altra
strega. L'ibrido aveva rivisto bene i suoi calcoli. Nell'ultima
visita a Mystic Falls, si era imbattuto in due streghe ed una
cacciatrice. Non poteva ritornare lì impreparato! Aveva
bisogno di piccolo esercito per la sua battaglia. Niente poteva
andare storto. Il tempo a disposizione era troppo poco.
Gloria
puliva il bancone con un panno umido e, quando il campanellino
attaccato alla porta suonò, guardò curiosa Klaus con
Amanda al suo seguito. «Fammi la gentilezza di andarli a
chiamare, mia cara. Dobbiamo sbrigarci!» le disse Klaus, con
una perversa luce negli occhi. Gloria, capendo subito che si stava
riferendo ai nuovi vampiri, annuì dirigendosi verso lo
scantinato. Amanda la osservò sentendosi smarrita. Se anche
una strega potente come Gloria era succube di Klaus, lei non aveva
nessuna speranza!
La ragazza, rannicchiata in un angolo,
mentre guardava inorridita il corpo esanime e ricoperto di sangue di
quella donna che Klaus aveva offerto loro come primo spuntino,
piangeva emettendo dei sonori singhiozzi. Non capiva nulla di
quello che stava accadendo, sapeva solo che non riusciva a trattenere
le lacrime. L'uomo di origine indiana se ne stava in silenzio, ma
ugualmente il terrore lo si vedeva stampato sul suo volto. Il
ragazzo, invece, camminava nervosamente avanti e indietro, e Stefan
osservava la scena, sentendosi sempre più debole e
frastornato. «Cosa ci ha fatto?!» chiese la ragazza,
in uno spasmo di singhiozzi che non accennavano a darle tregua. «È
come se fossimo diventati dei cannibali...o qualcosa di simile»
rispose il ragazzo, continuando a muoversi agitatamente. Avevano
paura di chiedere a Stefan come mai fosse legato e ridotto in quello
stato. Quasi temevano che saperlo avrebbe aumentato la loro
possibilità di fare la stessa fine; ma la disperata voglia di
chiarezza del ragazzo lo costrinse a combattere quella
preoccupazione: «Ehi tu...sai dirci qualcosa? Chi è
questo pazzo? E cosa ci ha fatto?» ma Stefan non rispose. Lo
guardava visibilmente privo di lucidità. «Ehi, mi
senti?» continuò con più insistenza, scuotendolo
leggermente. «Vi ha trasformato in vampiri...» il tono
di Stefan risuonò come un rumore rauco e ovattato. «Cosa?!»
esclamò la ragazza, ancora più sconvolta, mentre
l'indiano ascoltava attentamente tutto ciò che si
dicevano. «Ma dai! E tu gli credi anche! Quel pazzo l'avrà
drogato...» il ragazzo pensò subito che in quelle flebo
doveva esserci qualcosa di dannatamente potente. «Ma ti
rendi conto di quello che abbiamo fatto!? Abbiamo ucciso quella
donna...ne abbiamo bevuto il sangue!» contestò la
ragazza. «So benissimo quello che abbiamo fatto! Ma questa
storia è troppo assurda!» il ragazzo si sedette accanto
lei, passandosi nervosamente le dita tra i capelli. L'indiano era
scettico quanto il ragazzo, ma non poteva negare il fatto di essersi
nutrito di quella donna proprio come un vampiro. Notò la
piccola veneziana e, mettendosi di lato, l'aprì leggermente
per far passare un filo di luce. Mise la mano verso il raggio di sole
e, immediatamente, questa iniziò a fumare sotto lo sguardo
attonito degli altri due. La ritirò con velocità e con
un volto spaventato ed incredulo: la sua pelle si era bruciata per un
semplice raggio di sole! «Non posso crederci...» fece
il ragazzo, mentre la ragazza piangeva ancora più forte. Il
rumore della porta che si apriva fece scattare tutti e, dall'alto
della rampa di scale, comparve la figura di Gloria. «Venite,
Klaus vuole vedervi...» La strega aspettò che i tre
salissero e poi, dopo aver chiuso la porta dello scantinato, aprì
la mano, mostrandone il contenuto: delle cose che erano state
sottratte loro mentre erano privi di conoscenza. «Questi
sono vostri, riprendeteli! Vi proteggeranno dalla luce del sole». Il
ragazzo prese un vistoso anello tribale, mentre la ragazza e l'uomo
le loro rispettive collane.
Klaus si servì dello
scotch, e fece un gesto col bicchiere per offrirlo anche ad Amanda,
ma lei denegò col capo. «Ah, eccovi qui!»
esclamò l'ibrido con entusiasmo, quando i tre fecero il loro
ingresso nel salone del bar. «Perché ci hai
trasformato in dei mostri?!» chiese la ragazza, più
impaurita da ciò che era diventata che da
Klaus. «Andiamo...evitiamo le scenate melodrammatiche! Vi ho
reso delle creature superiori, dovreste ringraziarmi! Ora, ditemi i
vostri nomi...» Klaus si avvicinò alla ragazza, che più
di tutti sembrava non voler collaborare. «Ti ho detto di
dirmi il tuo nome...» scandì, con uno sguardo
terrificante che bastò a farle capire chi
comandava. «Sarah...» rispose con riluttanza. L'ibridò
sorrise soddisfatto e poi guardò il ragazzo, che rispose
repentinamente: «Bryan». «Zahir...» disse
infine l'indiano. «Bene, seguitemi, ci aspetta un lungo
viaggio e una serata davvero movimentata!» Klaus avanzò
di un passo, per poi rigirarsi, esclamando: «Vi ho detto di
seguirmi!» con un tono più duro. L'ibrido si avviò
verso la porta con tutti al seguito, ma poi uno strano presentimento
lo immobilizzò sulla soglia. Un pensiero di nome Stefan.
Poteva lasciarlo da solo? Bastava il fatto di averlo
soggiogato? Si girò e guardò tutti; poi lo sguardo
si focalizzò sul ragazzo e su Amanda. «Ho cambiato
idea...» disse, ormai sicuro di quella decisione, «Voi
due, venite con me!». L'ibrido li condusse nello scantinato.
Aveva fatto la sua scelta: aveva deciso di rinunciare alla strega,
confidando fiduciosamente nel potere di Gloria, e sperò con
tutto se stesso di non doversene pentire; ma quel breve e intenso
presentimento aveva attivato un allarme che non riusciva più a
spegnare. Il pensiero che Stefan potesse scappare lo mandava al
manicomio. Non poteva permettere che accadesse! Si sarebbe sentito
uno zimbello. «Voglio che voi facciate la guardia al mio
prigioniero...» disse, scrutando il ragazzo e la strega con un
fare dispotico. «Ora...e mi riferisco soprattutto a te, mia
cara Amanda, lasciate che vi mostri un piccolo anticipo di ciò
che succede a chi delude le mie aspettative e soprattutto a chi osa
tradire la mia fiducia!». Si accanì con velocità
contro Stefan, infilando l'indice e il medio nei suoi occhi fino a
schiacciare l'intero palmo sul suo viso, per far sì che quella
presa fosse il più profonda possibile. Stefan urlò dal
dolore, mentre del sangue rigava velocemente le sue guance. Dopo
dei lunghi secondi, Klaus sfilò le dita, prendendo un
fazzoletto dalla sua tasca con un'espressione seccata: odiava
sporcarsi le mani, ma in alcuni casi era d'obbligo! Bryan e Amanda
guardarono la scena immobilizzati da un terrore che toglieva il
respiro. «Al mio ritorno voglio ritrovarlo qui» disse,
soggiogando il suo nuovo suddito; poi si girò verso la strega,
guardandola con serietà. «Prendetelo come un ordine...ma
anche come un consiglio...» concluse, col classico tono che
poteva alludere solo alla vendetta.
***
***
Mentre
abbottonava con cura la sua camicia, osservando il grande letto dalle
lenzuola sgualcite, Alaric sorrideva compiaciuto. Sorrise
maggiormente, pensando alla conversazione avuta con Damon. Aveva
passato la notte nudo in un motel, ma non era stato né
ammanettato e né torturato. Quella previsione si era avverata
solo nella sottintesa metà positiva. Clarissa uscì dal
bagno, con indosso un piccolo asciugamano che le cingeva il corpo
imperlato d'acqua, e si sedette all'angolo del letto. Scrutò
Alaric con un sorrisino malizioso, anche lei assorta nel ricordo
recente dell'intimità bruciata tra quelle mura. «E
ora? Quando posso sperare di rivederti?» fece lui, sistemandosi
il colletto. «Ho il volo domattina all'alba...e stasera ceno
con Carol...» Clarissa, con un tono dispiaciuto, gli fece
intendere che il suo breve soggiorno a Mystic Falls era giunto al
termine. «Umn preferisci Carol Lockwood a me...la mia
performance è stata davvero così deludente?!»
disse, con l'ironia sicura di chi sa di aver fatto un buon
lavoro. Lei rise delicatamente, per poi aggiungere: «Gliel'ho
promesso...». «Sul serio?...Mi stai dicendo che
dobbiamo salutarci qui?» mentre sistemava i polsini, il tono di
Alaric si fece più grave. Clarissa si alzò e giocò
con i bottoni della sua camicia. «Ti sto dicendo...che il
capodanno a Los Angeles è davvero ben organizzato. Dovresti
pensarci...» la sua voce suonò dolce ma vagamente
incerta. Sapeva di chiedergli tanto, ma voleva ugualmente
provarci. «Posso pensarci. Ma intanto perché non
resti per qualche altro giorno? Prometto di migliorare!»
concluse, con un'autoironia ancora più marcata, facendola
ridere nuovamente. «Sono un chirurgo, Rick. Queste sono
libertà che non posso concedermi così su due piedi...»
lo guardò con tristezza. Rick annuì, e per un attimo
pensò di offrirsi per accompagnarla e aspettare con lei
all'aeroporto, ma poi si trattenne, pensando che fosse ancora troppo
presto per gesti del genere. «Allora...per ora ci salutiamo
qui» disse, facendole capire che l'idea di fare una breve
vacanza nella sua città era stata messa in conto. «Ci
salutiamo qui...» lei si alzò sulle punte per baciarlo
dolcemente.
***
***
Sopra
ad un improvvisato nido d'amore, creato con un piumone steso a terra
e dei cuscini, se ne stavano sdraiati sul fianco, nella stessa
direzione e con le gambe leggermente piegate. Damon, dietro di lei,
si muoveva con una lentezza dolce, che speranzosa voleva ingannare la
tirannia del tempo concesso ai corpi che si uniscono. Il calore del camino li raggiungeva,
investendoli con un tepore avvolgente, che fronteggiava il freddo del mese, senza
costringerli a nascondere i loro corpi nudi sotto un'altra
coperta. La mano di Damon scendeva leggera lungo la linea del suo
fianco, e il braccio che poggiava a terra, su cui Summer aveva
adagiato il capo, la cingeva fino ad accarezzarle la spalla. Il
vampiro si era imposto un ritmo dolce e poco cadenzato, dettato dalla
voglia di far durare quel momento il più a lungo possibile.
Le lasciava dei caldi baci sulla spalla e sulla schiena, godendo
del flebile suono dei suoi respiri affannati. Summer, con la punta
delle dita, sfiorava il suo avambraccio, creando linee immaginarie
che andavano e venivano. Dopo un po', passò la mano dietro
l'orecchio, a mo' di pettine, facendo roteare il gomito sulla testa,
per liberare quella parte di collo da ogni ciocca di capelli. Damon
colse ogni istante di quel sensuale gesto, ma soprattutto notò
il movimento successivo con cui Summer gli diede il collo. Il
dubbio lo pervase, lasciandolo un attimo intontito. Voleva che
la mordesse? Ma poi soppresse subito quel pensiero, credendo
di aver frainteso.
Con dei piccoli baci a labbra dischiuse,
assaporò tutta la lunghezza del suo collo e, una volta
arrivato al lobo dell'orecchio, lei, con voce ansante, bisbigliò:
«Non trattenerti...». La voglia di viverlo in tutta
la sua natura aveva vinto sulle sue paure. Lo desiderava in tutto
ciò che era... Damon spalancò gli occhi. Anche se lo
aveva sospettato per un breve istante, quella proposta l'aveva sorpreso
ugualmente. Allora il discorso precedente non era nato caso! Ci
aveva pensato! Lo voleva anche lei... In contraddizione alla sua
natura istintiva e passionale, Damon indugiò, incerto sul da
farsi. Non aveva mai desiderato tanto il suo sangue, eppure la
paura di non riuscire a controllarsi, di diventare il mostro assetato
di quell'unica volta in cui l'aveva provato, lo spaventava, frenandolo; ma
Summer continuava a distendere il suo collo in cerca di quel
contatto, e il vampiro in lui percepiva quel sangue che fluiva nelle
sue vene come una sorta di eco frastornante. Lo desiderava... immensamente... Ma
doveva essere qualcosa di più, qualcosa di significativo. «Ad
una condizione...» mormorò, prima di sfilare il braccio
su cui lei teneva poggiata la testa. Quel gesto la costrinse ad
alzare la schiena e a sorreggersi col gomito e, per quel rapido
frangente, Summer tenne lo sguardo fisso su di lui per osservare con
curiosità tutti i suoi movimenti. Damon si era trasformato
per mordersi il polso, e poi aveva rimesso il braccio nella stessa
posizione di prima, facendola nuovamente distendere. Summer guardò
quella ferita con esitazione. Gli occhi le si inumidirono,
splendendo del suo amore per lui. Il fatto che volesse scambiare
il suo sangue con lei, aveva debellato immediatamente tutte le sue
paure. Quale motivo aveva per volerlo in maniera tanto
categorica? Damon l'aveva addirittura posta come condizione
assoluta; e quel gesto caricò il momento di una complicità
forte e profondamente intima. Summer sentì il suo cuore
esplodere, frantumandosi in caldi brividi d'emozione che percorrevano
ogni lembo della sua pelle. Non aveva mai bevuto il sangue di un
vampiro, ma non esitò oltre prima di avvicinare le labbra per
assaggiarlo e per constatare che le provocava un leggerissimo
stordimento. Damon sorrise, sentendo dentro di lui una sorta di
indescrivibile leggerezza. Si sentì accettato,
voluto...desiderato. Si posizionò alla meglio, ristabilendo
quel contatto intimo e provocandole un morbido sussulto di piacere.
Subito dopo, avvicinò le labbra al suo collo. Indugiò
ancora per un lungo istante, ma poi, con delicatezza, la morse per
assaggiare nuovamente quel sangue doppiamente speciale.
We
Found Love- Cover version
Yellow
diamonds in the light And we’re standing side by side As
your shadow crosses mine What it takes to come alive Diamanti
gialli nella luce E stiamo l’uno accanto all’altra Come
la tua ombra che attraversa la mia Quello che ci serve per tornare
a vivere
Gli
bastò un solo attimo per rivivere le intense emozioni che quel
sangue era in grado di suscitare. Improvvisamente, ogni cosa
sembrò più vivida, più reale e irreale al tempo
stesso: era come sentirsi frastornato nella piena lucidità. I
colori, i suoni, gli odori... tutto si fondeva in un'unica e nuova
percezione. Quel sangue magnificava ogni sensazione, amplificava
ogni emozione e intensificava all'estremo ogni fremito di piacere,
portandolo e frenandolo ai limiti di quella delicata soglia che
rasenta il dolore. Damon si sentì travolgere da quel
momento, ma senza sentirsene spaventato, perché, a differenza
dell'ultima volta, non era l'eccitazione la sensazione che lo
dominava; non era la sete ciò che più gli premeva; era
solo l'amore ciò che si stava glorificando intorno e dentro di
lui, fino a sentirlo come un qualcosa di tangibile che scorreva,
caldo e lento, in ogni centimetro del suo corpo. Riusciva a
sentire alla perfezione il cuore di Summer che pulsava accelerato e
forte: così forte da rimbombargli dentro, fino a dargli
l'illusoria sensazione che fosse il suo ad essere ritornato a
battere. Si allontanò dal suo collo col respiro affannato
da quel piacere che a tratti gli sembrava insostenibile. Le afferrò
dolcemente il mento per farle girare il busto verso di lui e per
baciarla; e altro sangue si mischiò su quelle labbra macchiate
della loro essenza.
Shine
a light through an open door Love and life I will divide Turn
away cause I need you more Feel the heartbeat in my mind Una
luce brilla attraverso una porta aperta Separerò amore e
vita Voltati perché ho ancora bisogno di te Sento il
cuore che batte nella mia testa
Damon
ritornò a nutrirsi di lei, e Summer fece altrettanto con
lui. Si sentiva travolta da un piacere mai provato, soprattutto
quando il godimento di Damon sfociava in degli ansimi sonori che
facevano vibrare la sua pelle. I canini le avevano provocato un
dolore lievissimo e attenuato immediatamente dal modo dolce e
premuroso con cui Damon succhiava il suo sangue. A tratti, sentiva
degli strani cali di forza che rilassavano ogni parte del suo corpo,
lasciandola nella completa balia del vampiro; e si rese conto che non
avrebbe mai potuto farlo con nessun altri se non con Damon; perché
di lui, ormai, si fidava ciecamente, e poteva vivere quelle emozioni
appieno, sentendosi al sicuro e lasciandosi andare totalmente. Il
vampiro strinse delicatamente il suo seno, facendo affondare le dita
nella sua morbida carne, e la punta inturgidita gli solleticò
il palmo, regalandogli l'ennesimo fremito; poi, nel disperato
tentativo di restituirle almeno parte delle emozioni che lei gli
stava donando, fece scorrere la mano sul suo ventre e poi lungo la
gamba, fino ad afferrarla nella parte posteriore del ginocchio. La
sollevò, portandosela sul fianco e lasciandosi cingere da
quella presa; poi fece nuovamente scivolare la mano sulla sua
pelle, percorrendo l'interno coscia con una sensualità bramosa
e finalizzata. Le dita si stazionarono sul fulcro del suo piacere,
sfiorandolo con con un tocco leggero, sicuro ed esperto. Un
fremito, che sfociò in un forte ansimo, scosse la ragazza che,
poco dopo, bisbigliò: «Non ti fermare...» con un
filo di voce quasi supplichevole, e mentre i suoi occhi vagavano per
la stanza in cerca di chissà quale appiglio visivo,
nell'ingenuo tentativo di non lasciar sfuggire neanche uno di quegli
intensi attimi di piacere. Quel bisbiglio sembrò attraversare la pelle del vampiro, scuotendo il suo stomaco e innescando tutta la
sua voglia di arrivare fino all'apice di quelle sensazioni. Così, Damon
si mise maggiormente di sbieco, per rendere i suoi movimenti più
veloci e profondi, il tutto senza mai fermare il tocco della sua
mano. In un istante, sentì ogni centimetro della sua carne infiammarsi
sotto la spinta pressante di quel nuovo livello di emozioni; e iniziò
a muoversi con quell'irrequietezza che ti priva della ragione, che ti
sottomette al piacere e che ti manda in paradiso se c'è
l'amore. Summer intrufolò il braccio sotto quello del
vampiro, e lui si chiese per quale ragione lo stesse obbligando ad una
posizione che ostacolava il modo in cui la sfiorava. Di riflesso, si
sollevò leggermente con la schiena, sorreggendosi col gomito e
lasciando che la nuca di Summer si appoggiasse all'avambraccio, il
tutto continuando a toccarla delicatamente. Lei gli rivelò il
suo intento, affondando le unghie nella parte esterna del suo gluteo,
in una chiara supplica a possederla con ancora più vigore, e
quel gesto bramoso lo fece sentire talmente schiavo di quel ritmo
già cadenzato e potente, quel ritmo che ora reclamava una
sorta di urgenza illusoria, che, per un lungo istante, il vampiro si sentì
quasi smarrito in se stesso, perché ormai privo dell'arbitrio
sui suoi movimenti. Terminò di bere il suo sangue, solo
quando i gemiti di Summer si fecero così sonori e regolari da
costringerlo a respirare con la bocca, come se loro due fossero
stati un tutt'uno inscindibile che viveva gli stessi brividi. Furono
minuti intensi, pressanti, infuocati, travolgenti. E mentre l'apice
del piacere di Summer si contraeva prorompente su di lui, Damon sentì
di perdere ogni aderenza con ciò che lo tratteneva alla
realtà, lasciandosi andare totalmente in quello stato
sublimato di coscienza. Roteò su di lei, affondando il mento
nella sua spalla in un movimento carico di tenerezza, e decretò
la conclusione di quel frangente irripetibile con delle spinte lente,
piene e incredibilmente sentite. Quel momento l'aveva travolto,
sconvolto, disorientato e inghiottito in un vuoto ignoto ma
rassicurante al tempo stesso. L'orgasmo aveva acquietato i suoi
sensi ma senza farlo sentire svuotato: l'aveva semplicemente liberato
dell'eccesso di emozioni; e così, colmo di un amore sempre più
forte, si rilassò, lasciando cadere la testa sul cuscino,
mentre Summer si girava, mettendosi di fronte a lui. Damon, ancora
con gli occhi chiusi per smaltire quel forte residuo di piacere,
cercò un contatto con la sua pelle, e quindi posò la
mano sul suo bacino per incitarla ad avvicinarsi. Quando aprì
gli occhi, la guardò, sentendosi meravigliato ed estasiato da
tutto quello che aveva appena provato grazie a lei.
It’s
the way I’m feeling I just can’t deny But I’ve
gotta let it go Il modo
in cui mi sento non lo posso negare Ma devo lasciarlo andare
Summer
lo guardò con dolcezza, sentendosi come prigioniera di un
incanto. Ogni volta che gli occhi di Damon erano così lucenti
e sereni il suo amore per lui le stringeva il petto fino a farle
male. Gli posò una mano sulla guancia per solleticargliela
delicatamente con le dita e poi gli sorrise.
We
found love in a hopeless place Abbiamo
trovato l’amore in un luogo senza speranza
«Hai
le labbra sporche di sangue...» bisbigliò il vampiro,
dolcemente gongolante. Summer avvicinò la fronte alla sua,
leggermente imperlata, e poi sussurrò: «Anche tu...». E
si guardarono per un lungo e felice istante, prima di baciarsi
nuovamente.
***
***
Stefan
aveva ancora la vista annebbiata a causa del colpo inferto da Klaus.
Gli occhi gli si erano rimarginarti lentamente a causa della
debolezza, e un odioso velo ombrato non accennava a togliersi anche
per via di quella dannata verbena che gli entrava in circolo con una
lentezza sadica, stordendolo e infiammando le sue viscere. Bryan
camminava nervosamente avanti e indietro, torturandosi l'unghia del
pollice ornato dal suo vistoso anello. Amanda, invece, si era
seduta su di un piccolo sgabello, e stava lavorando a maglia con
dell'occorrente di sorta trovato in uno dei tanti scatoloni di quel
ripostiglio, che aveva ispezionato per fronteggiare l'ansia, la noia
e il disagio. Eludeva lo sguardo di Stefan. Percepiva in lui qualcosa
di buono, e questo la metteva ancora più a disagio. Quella
situazione le sembrava irreale. Ad un tratto, una forte raffica di
vento spalancò la porta dello scantinato, e subito dopo Bryan
cadde a terra esanime: sulla sua schiena un paletto piantato
all'altezza del cuore. «Tu...» mormorò la
strega, mentre gli occhi di Stefan si spalancavano dallo stupore. «Ti
trovo bene, Amanda. Hai un nuovo taglio di capelli?» chiese
Katherine, con ironia, dirigendosi verso Stefan. La vampira aveva
velocemente riacquistato la sua bellezza e la sua sicurezza: tutto
ciò che le era stato tolto in quel mese di
tortura. Prontamente, liberò Stefan della flebo, ma, subito
dopo, una forte raffica di potere la scaraventò contro il
muro. «Non posso lasciartelo fare, Katherine. Non posso
mettermi contro Klaus...» asserì agitata la strega. «Ti
ricordo che mi devi un favore, Amanda!» il tono duro di
Katherine fu accompagnato da uno sguardo truce. «Lasciala in
pace... tanto non c'è nulla da fare» intervenne Stefan
con voce stanca e addolorata «Klaus mi ha soggiogato per farmi
restare qui...». Katherine ascoltò con attenzione.
Quello era un problema di una notevole rilevanza, ma poi si voltò
nuovamente verso la strega. «Sono certa che la nostra cara
Amanda può fare qualcosa anche per questo...» «Ti
ho già detto che non ti aiuterò, Katherine. È
solo colpa tua se mi trovo in questa situazione!» «Questo
è vero...ma abbiamo un conto in sospeso. Adam è vivo
grazie a me, non dimenticarlo...» La vampira rovistò
distrattamente in uno degli scatoloni, e poi continuò il suo
discorso: «È da un bel po' che non lo vedo...si è
trasferito in Florida, giusto? Non te l'ho mai detto, ma aveva una
cotta terribile per me. Chissà forse un giorno diventerò
la tua futura nuora...» la sua ironia era finalizzata a farle
capire che la sua ira si sarebbe riversata su suo figlio. Con
sicurezza andò a liberare Stefan dalle catene, lui, però,
non poteva fare altro che restare immobile e rigido. «Cosa
vuoi che faccia...» disse la strega con durezza, dopo averci
riflettuto attentamente. «Aiutalo» fece la vampira in
un tono netto. Amanda, dopo uno sguardo riluttante, si avvicinò
a Stefan. «Posso solo aiutarti a liberare la mente. Non
posso sciogliere la soggiogazione di un vampiro. Significa che
dipenderà tutto da te...» Stefan annuì. «Cosa
devo fare?» chiese con voce affannata e debole. Amanda prese
le sue mani e chiuse gli occhi. «Trova la forza...»
propose semplicemente. Stefan, dopo un attimo di perplessità,
si sforzò per avanzare di un passo, ma fu tutto inutile.
Sentiva l'energia di Amanda fluire attraverso le sue braccia,
dandogli un minimo di sollievo dal dolore e facendo sentire la sua
testa più leggera, ma ugualmente non riusciva a ribellarsi a
quell'ordine, e, dopo un po', delle gocce di sudore freddo iniziarono
ad imperlargli il viso. «Non ci riesco...» mormorò
avvilito. Amanda, ancora con gli occhi chiusi per non spezzare il
flusso di energia, con calma disse: «Concentrati su ciò
che ti da la forza...su tutto ciò che ti mette in moto...su
ciò che da senso alla tua vita...». E Stefan non
poté fare altro che pensare ad Elena. Era la sua vita ad
essere in gioco, e lui non poteva permettere che Klaus la uccidesse.
Ripensò ai suoi sorrisi, alla sua voce, al modo in cui si
aggiustava i capelli che le cadevano sul viso, al profumo vanigliato
della sua pelle, alle notti piene d'amore; e con un grugnito di
dolore, di sforzo, e di rabbia verso Klaus riuscì a
riacquistare il controllo dei suoi arti. In una mossa potente e
veloce, uscì da quello scantinato, ritrovandosi accanto al
bancone del bar con un respiro incredibilmente affannato. Amanda
guardò la vampira con aria severa. Sapeva bene che quel gesto
avrebbe scatenato l'ira di Klaus, ma, almeno, Adam sarebbe stato
lontano dai guai. «Il nostro debito è saldato,
Katherine. Non voglio avere più nulla a che fare con te»
pronunciò con voce pacata ma carica di rabbia. «Come
desideri...» fece lei civettuola; poi, con un gesto rapido e
totalmente inaspettato, strappò via il cuore della strega,
facendola cadere a terra. Katherine non aveva più bisogno di
lei; e quello, in un ottica relativa, lo si poteva considerare anche
un gesto magnanimo: Klaus le avrebbe fatto di peggio! La vampira
raggiunse Stefan nel bar, e lo vide mantenersi al bancone con la
schiena piegata, perché ancora incredibilmente debole.
Katherine, dalla borsa che portava a tracolla, prese una sacca di
sangue e gliela porse; poi lo sorpassò, sfiorando con le dita
il bancone e rigirandosi verso di lui. Stefan, dopo aver preso la
sacca, la guardò con sospetto. «Perché l'hai
fatto? Perché sei venuta a salvarmi? Cosa c'è
dietro?» «Pensa quello che vuoi, Stefan. Ma non ti
avrei mai lasciato in balia di un Klaus vendicativo...» Il
vampiro fece appello a tutte le sue forze per rimettersi
dritto. «Andiamo Katherine. A te importa solamente di te
stessa, è sempre stato così...» disse, con un
tono calmo e vagamente amareggiato da tutto ciò che in passato
Katherine aveva significato per lui. «Sappiamo entrambi
che non è vero. Ti amavo, Stefan» Katherine, per
distogliere lo sguardo da lui, afferrò il cellulare posto sul
bancone digitandone distrattamente i tasti. «L'umanità
è la più grande debolezza di un vampiro. Per quanto sia
facile spegnerla, continua a lottare per cercare di riaffiorare,
e...» gli lanciò il telefono «A volte
glielo concedo...». Stefan poteva anche non crederci, ma
non lo avrebbe abbandonato! Il vampiro restò immobile. Non
sapeva cosa pensare a riguardo. Si sentiva confuso, perché
aveva sempre dato per estinta ogni fiamma di umanità in
lei. Katherine si avviò verso l'uscita. «Buona
fortuna, Stefan. Ne serve un bel po' contro Klaus...» «Abbiamo
la cacciatrice dalla nostra parte. Chissà, forse questo farà
la differenza...» disse, pensando alla sua ultima visita a
Mystic Falls. Katherine ridacchiò crudelmente, rigirandosi
verso di lui. «Tsk...Se fossi in te non ne sarei così
sicuro e starei con gli occhi doppiamente aperti...» si
avvicinò a lui «Una delle principali missioni della
Triade è quella di uccidere la doppelganger. E Dubito che le
cose siano cambiate... Prendono ordini da un'entità che dirige
il loro operato e, a quanto ne so, alla cacciatrice non è
permesso di disubbidire...» Stefan la guardò
attentamente. Quasi non riusciva a seguila: Katherine, come sempre,
la sapeva molto più lunga di lui. «E quindi...hanno
provato ad ucciderti...» intuì, cercando di avere
qualche altra informazione. Lei, con un volto leggermente
annoiato, iniziò a raccontare: «Nel 1515 il loro
osservatore, un tizio di nome Grayson Wood, cercò di
soffocarmi nel sonno, ma all'epoca ero già diventata un
vampiro e quindi riuscii a sfuggirgli senza grossi problemi. Ma se a
farlo fosse stata la cacciatrice...dubito che oggi sarei stata qui!»
concluse seccata. Non le andava di rivivere mentalmente tutti i
calvari della sua vita: era appena sfuggita alla furia vendicativa
dell'ibrido. «Klaus, la Triade... Jonathan Gilbert ...devo
ammettere che hai avuto le tue buone ragioni per simulare la tua
morte...». Stefan ripensò a quei tempi lontani, e
dentro di lui scattò una sorta di comprensione verso di lei.
Cercò di mettersi nei suoi panni, e capì di aver
pronunciato quelle parole ammorbidendole con un perdono nascosto tra
le righe. Capì che ognuno ama nella misura in cui ne è
capace, e riuscì finalmente a crederle. L'aveva amato...ed ora
l'aveva anche salvato. Lei decise di non approfondire oltre quel
discorso. Il ricordo di quel tempo in cui due fratelli, nei limiti di
ciò che era diventata, le avevano fatto rivivere le gioie
dell'amore e dell'umanità. «Fai attenzione, Stefan.
Chissà, forse un giorno ci rivedremo...» disse, per poi
svanire in una raffica di vento. Stefan sorrise, ma poi il suo
volto divenne cupo dalla preoccupazione. Elena era in pericolo, e lui
doveva avvisare subito Damon.
***
***
Summer
girovagava nervosamente per il soggiorno. Lily le aveva mandato un
altro messaggio in cui l'avvisava che sarebbe arrivata a Mystic Falls
in breve tempo. Damon era relativamente più tranquillo.
Beveva dello scotch, guardando il paesaggio ricoperto di neve, e, di
tanto in tanto, lanciava qualche occhiata fugace a Summer. Il
campanello suonò e velocemente lei andò ad
aprire. «Vendo Kit ammazza ibridi. Può interessarle
qualcosa?!» la voce di Lily suonò allegra come al
solito, mentre sollevava la sua borsa, fingendosi una venditrice
porta a porta. Era al settimo cielo, e le grandi iridi color nocciola
trapelavano tutto il suo entusiasmo. «Ehi...» fece
dolcemente Summer, abbracciandosela in una presa stritolatrice. Damon
osservò incuriosito quella steghetta minuta dall'abbigliamento
eccentrico e vivace, e dai capelli rossicci raccolti in un trionfo di
pinzette a forma di farfalla. «Damon» disse la strega,
in segno di saluto, e il vampiro le fece una mezza smorfia di
rimando. Per lui quella faccenda stava diventando dannatamente
reale, e l'ansia iniziò a stringergli il petto. «Dove
mi sistemo?» Lily tolse la pensante tracolla e si guardò
intorno. «In salotto...» Summer le fece strada dove
aveva preventivamente fatto un po' di spazio, spostando un
divano. Lily posò la borsa a terra. «Allora?
Dov'è?» chiese felice ed agitata. Summer rovistò
nella tasca del suo pantalone ed estrasse il famoso fiore. «Oooh
che carino!» il tono della strega suonò stridulo e un
po' infantile «Che peccato che debba diventare un pugnale...mi
starebbe così bene!» adorava gli accessori a forma di
farfalle e fiori, e lo afferrò, dirigendosi verso il mobile
con lo specchio. Lo posizionò al centro del suo petto con
un leggero broncio sul viso e, in quel preciso attimo, lo sguardo le
si perse nel vuoto. Sembrò essersi tramutata in una statua di
cera. Summer la guardò con apprensione, ma senza
preoccuparsene eccessivamente: l'aveva già visto accadere
diverse volte. «Perché si è imbambolata?»
chiese Damon, avvicinandosi a Summer. «Sssshh» fece
lei, incitandolo ad abbassare il tono della voce, per poi continuare
in un bisbiglio: «Lily è una strega molto sensitiva.
Evidentemente sta vedendo qualcosa...»
Il
vento scuoteva le foglie degli alberi e i fili d'erba, dando vita
alla dolce melodia della natura. Una boccata d'aria fresca e pura le
riempì i polmoni. Lily si trovava in un bosco, esattamente
dietro ad una capanna di legno. Una donna, da un altarino di pietra,
prese dell'erba e la mise in una ciotola. Lily, da grande esperta in
materia, non dovette pensarci più di tanto prima di capire che
si trattava di Salvia Divinorum. La donna, con un macinino di
pietra, iniziò a triturare le foglie rendendole una
poltiglia. Lily la guardò incuriosita, senza potersi
spostare, senza essere libera di cambiare la visuale a suo
piacimento. Improvvisamente, le venne mostrato l'altare di pietra.
Dei fiori di loto rosa troneggiavano nel centro e, sotto di essi,
spiccava un pugnale. La donna riversò il contenuto
verdognolo in un'altra ciotola contenente del sangue, mischiando poi
quella viscosa miscela con un bastoncino di legno. «Il
sangue delle future guerriere...» pronunciò, riversando
quel contenuto sui fiori di loto. Prese un'altra ciotola con
dell'altro sangue e compì lo stesso gesto. «Il sangue
dell'ibrido...» disse ancora. Poi, prese il ramo di un albero e
la punta si incendiò con un suo sguardo. La donna adagiò
quel legno sull'altare, dando fuoco al tutto e sussurrando le parole
di un incantesimo. Lily capì perfettamente cosa rappresentava
quella scena. Era il momento in cui era stato creato il pugnale. Da
quel fuoco prese vita un'alta fiammata che esplose in cielo in tante
scie dorate che si scagliavano per il mondo, e Lily nuovamente capì
di cosa si trattava: era l'innesco, il potere delle potenziali
cacciatrici. Il fuoco sull'altare si spense e la strega afferrò
ciò che ne era rimasto. Un pugnale con al centro dell'elsa un
Fiore di Loto dai primi sei petali - quelli che contornavano la
corolla - di un colore rosa tenue. «Almeno tu sarai un fiore
di loto...e forse...lo saranno anche gli altri» bisbigliò
la donna, sfiorando i petali di quel pugnale. Subito dopo, fu scossa
da un sussulto, e Lily provò i suoi stessi brividi. «Quindi
il mio sangue serviva a questo...» il tono deluso e amareggiato
di Klaus.
Lo
sguardo di Lily si riaccese nuovamente, e si guardò intorno
sentendosi momentaneamente spaesata. «Allora? Cos'hai
visto?» chiese Summer con curiosità, mentre Damon
incrociava le braccia al petto, mostrando anche lui con un certo
interesse. «Beh...credo di aver visto l'origine di tutto...o
almeno del pugnale» «E allora? racconta! Voglio
sapere!» si lamentò Summer. «Magari
dopo...adesso voglio ricomporlo! Se aspetto ancora un minuto rischio
d'impazzire! Stanotte non ho neanche dormito, all'idea!» Lily
era troppo emozionata per perdersi nei racconti. In fondo aveva visto
cose di cui già conosceva la storia, anche se l'ultima frase
della strega l'aveva messa in confusione. Il loto è ciò
che ristabilisce l'equilibrio; e l'equilibrio si sarebbe ristabilito
con la morte dell'immortale. Ma perché anche “gli
altri”? Forse quel pugnale aveva effetto su tutti i vampiri
originari? Decise di non pensarci, amava rimuginare sulle cose con
una certa calma, ed ora la sua mente era troppo focalizzata su altro
per poter dare importanza alle visioni! «Ok...»
canzonò Summer «Voglio aiutarti, cosa posso
fare?». Lily, intanto, stava sfogliando le pagine del
Grimorio di Lucrezia. «Beh... potresti creare il cerchio di
sale, ho la scatola nella borsa» Summer prese lo scatolo, ma
Damon glielo strappò dalle mani. «Lascia, faccio io!»
il vampiro voleva assolutamente distrarsi. L'angoscia lo stava
uccidendo. «Andiamo...che ne sai tu di queste cose?!»
disse lei, riprendendolo. Anche Summer stava cercando di impiegare la
mente in altro per non farsi schiacciare dall'ansia. Cosa ne sarebbe
stato di loro, una volta ricomposto il pugnale? Damon lo prese
nuovamente. «Nulla, ma credo di saper fare un cerchio con
del sale, Miss
sono odiosamente perfettina e so fare tutto io!»
esclamò scherzosamente, facendo una finta smorfia
infastidita. A quelle parole, Lily, paladina della verità,
sentì di dover intervenire: «Ti sbagli, Damon. Ci
sono un bel po' di cose che Summer non sa fare...» la voce
della strega suonò candida e priva di malizia; perché
lei era come una bambina, faceva il grande errore di considerare la
verità una cosa innocua. «Umn interessante...e
sarebbero?» domandò, mentre giocava con Summer a
spostare continuamente la posizione della scatola per non fargliela
afferrare. La cacciatrice lanciò repentine occhiatacce ad
entrambi. Lily prese il sale dalle mani di Damon per porre fine a
quella disputa infantile, e iniziò a preparare il cerchio,
dicendo le prime cose che le venivano in mente; che, per una mera
questione logica, erano quelle in cui lei era maggiormente
portata. «Beh...per prima cosa non sa cucire neanche un
bottone; poi non sa installare un programma sul computer senza
mandarlo totalmente in tilt» «Lily!» esclamò
Summer, guardandola minacciosamente di sbieco, ma ormai la strega
aveva già ingranato la marcia del discorso. «Al liceo
aveva dei voti ai limiti della “recuperabilità”
in matematica e chimica. E per di più una volta l'ho portata
con me ad un corso di pittura e...beh... l'insegnante ha detto che
nei suoi vent'anni di carriera non aveva mai visto una persona tanto
negata! Voleva persino restituirle la retta!» Lily terminò
il suo elenco, sotto lo sguardo omicida di Summer. Era ovvio che
anche lei avesse i suoi limiti, ma non voleva che Damon li
conoscesse! Già vedeva nulle le sue chance si essere amata, ci
mancava solo Lily che sbandierava i suoi difetti! Damon la guardò
con aria divertita e teneramente perfida. «Ah...quindi se
non avessi avuto i tuoi poteri di cacciatrice saresti stata un
impiastro totale!» le si avvicinò per bisbigliarle
all'orecchio: «Beh...Questo sì che completa il quadro!»
ovviamente, Damon si riferiva al quadro di tutto quello che aveva
capito di lei. A quanto fosse cambiata la sua opinione col passare
delle settimane, e a quanto le apparisse sempre più fragile e
insicura; e Damon, ormai, amava sia la corazza che quello che vi era
nascosto dentro. Approfittando della distrazione di Lily, le lasciò
un discreto e veloce bacio sulla guancia, e poi si allontanò
con innocente indifferenza, come se lui non avesse fatto nulla. Lei
sentì un caldo fremito dietro la schiena. Da quando era
diventato così dolce? Lo osservò con la coda
dell'occhio, respirando profondamente; poi la sua attenzione si
focalizzò sull'amica. «Grazie mille, Lily!» il
tono di Summer risultò chiaramente ironico...a Damon, che le
fece un sorrisino maligno, ma non a Lily che, un po' sovrappensiero,
rispose candidamente: «Di nulla!... Aspetta ma di cosa?!».
Summer scosse la testa con rassegnazione, mormorando un: «Lascia
perdere...» La cacciatrice si avvicinò al cerchio
dove Lily aveva posizionato - formando un triangolo - il Serpente, la
Triluna e il Fiore di Loto. «L'anguilla e la caramella...da
quanto tempo!» esclamò sfiorandoli, e provocando lo
sguardo contrariato della strega che si era stancata di ripeterle che
non doveva chiamarli così. «Perché mi
formicolano sempre le mani quando li tocco?» «Beh,
già te lo dissi, ma adesso ne ho avuto la conferma, la
cacciatrice e il pugnale sono cose complementari. Quella che senti è
una sorta di radiazione. Hai bevuto tanta acqua come ti ho detto?
Dovrebbe alleviare un po' questo genere di sintomi...» «Sì,
mamma!» Summer la guardò dolcemente, ma poi, sospettosa
e lievemente agitata, disse ancora: «Aspetta, non mi starai
mica dicendo che questa roba è cancerogena, vero?!». «Queste
sono radiazioni magiche, Summer. Sono molto diverse da quelle che
intendi tu, quindi no. Ma in effetti hai sollevato un quesito
interessante...» Lily andò verso la sua borsa per
prendere un sacchetto, e Summer osservò tutti i suoi movimenti
con un'espressione sconcertata. «Come “ho
sollevato un quesito interessante”?!
Cosa vorresti dire?!» la voce le usci stridula e vagamente
piagnucolosa «Lily!». Ma lei non accennava a volerle
rispondere e, infatti, disse tutt'altro: «Potresti metterla al
centro del triangolo?» le porse il sacchetto, sorridendo
sorniona. Adorava quando Summer andava in paranoia. L'avrebbe tenuta
sulle spine per un bel po'. «Ora avrei bisogno della
cenere...» si rivolse a Damon, che annuì e si recò
verso il mobile in cui era custodita. «Cos'è questa
roba?» chiese Summer, mentre, rassegnata all'angelica crudeltà
dell'amica, faceva quello che le era stato richiesto. «Segatura
di quercia» «Uhm...Dovevo immaginarmelo che almeno
uno dei cinque ingredienti l'avremmo trovato da Ikea!»
bisbigliò, facendo ridacchiare la strega. Ce la stava mettendo
tutta per distrarsi, ma quel cerchio magico che piano si riempiva,
rendeva sempre più inesorabile il contatto con quella realtà
da cui si era estraniata per tutto il giorno. Damon porse la
cenere a Lily. Il vampiro se ne stava in silenzio con lo sguardo
cupo. Adorava sentire Summer così allegra, ma era
inevitabilmente intimorito all'idea di vedere quel maledetto pugnale,
perché non aveva idea di quello che sarebbe successo dopo.
Lily sparse la cenere sulla segatura e poi, con il Grimorio alla
mano, e scossa da un brivido di fibrillazione, iniziò a
pronunciare la formula per la ricomposizione. Damon e Summer non
capivano assolutamente nulla di ciò che stava farfugliando, ma
qualcosa di strano, nell'aria, si avvertì all'istante. Poco
dopo, gli oggetti si sollevarono di circa mezzo metro, e il sale
bianco, con cui Lily aveva disegnato il cerchio, divenne
improvvisamente di un rosa acceso che illuminava di quel colore tutta
l'area interna, come una colonna luminescente che sbiadiva la sua
luce in funzione dell'altezza. La segatura e la cenere si
mescolarono, creando una sorta di mini-vortice che girava intorno
agli elementi. La Triluna si posizionò nel centro. Il serpente
prese vita, ma senza mutare il colore grigiastro dato dal materiale
di cui era fatto: l'argento; e, dopo svariate piroette, passò
al centro della Triluna, irrigidendosi e trasformandosi in una lama.
La Triluna si trasformò nell'elsa, e il Fiore di Loto si
posizionò al centro di essa. I sei petali centrali si
illuminarono, diventando di un rosa tenue e vagamente perlato; e il
turbinio di segatura e cenere si concentrò intorno alla lama,
girando con una velocità crescente, fino a stabilizzarsi e a
trasformarsi definitivamente in una guaina rigida. Piano, la luce
si affievolì fino a spegnersi, e il pugnale si adagiò
al suolo. Lily, con un luccichio di soddisfazione negli occhi, lo
prese, sfiorando il Fiore di Loto - proprio come la strega della sua
visione - e subito fu pervasa da una strana e forte sensazione. Fu
come varcare i cancelli della morte e andare ancora oltre, in uno
spazio ancora più buio, per poi ritornare attraverso un
sentiero di luce.
Lily non badò più di tanto a
quella sensazione, considerandola una normale conseguenza della sua
ricettività. «Ce l'abbiamo fatta...» bisbigliò
incredula, porgendo poi il pugnale a Summer. «Già...»
fece lei, pervasa da un'angoscia smisurata. Osservò
attentamente quel pugnale, constatando che fosse molto più
piccolo di come lo immaginava. Un forte formicolio perse vita nel suo
braccio, e sentì una sorta di strana sensazione
d'appartenenza: era come se quel pugnale fosse destinato a lei, e lei
ad esso; e finalmente capì il senso di quella
“complementarità” tanto menzionata da Lily.
Subito dopo, lanciò un'occhiata a Damon, sentendosi smarrita e
quasi priva di forze. Il vampiro fece lo stesso, provando le sue
identiche sensazioni. Le sorrise, cercando di nascondere l'angoscia;
poi si girò verso Lily, dicendo: «E ora? Cosa si
fa?». «Beh, in verità adesso vorrei usarlo per
cercare di invocare la strega originaria. Voglio chiederle se il
sangue di Klaus può trasformare una cacciatrice in un vampiro.
Mi ci vorranno un paio d'ore per trovare la giusta via di
contatto...ma tanto Klaus si trova ancora a Chicago, abbiamo tutto il
tempo per pianificare la giusta offensiva... » Lily non aveva
dimenticato quella faccenda. Voleva a tutti i costi liberare la sua
amica. Non trovava giusto che fosse solo Summer a pagare per una
scelta che anche lei condivideva pienamente. Se quello era il solo
modo per far sì che Summer si liberasse dall'obbligo di essere
una cacciatrice – trovando così una scappatoia alla
punizione del Consiglio - allora l'avrebbe convinta a diventare un
vampiro ad ogni costo. Summer annuì dandole l'Ok,
consapevole del fatto che non sarebbe riuscita a persuaderla
ugualmente; mentre Damon pensava compiaciuto a quell'evenienza che
per lui sarebbe stata a dir poco perfetta! Summer libera da obblighi
e immortale proprio come lui. Per un attimo, il suo destino di
solitudine e infelicità sembrò dissolversi; e il fatto
di farla innamorare di lui gli sembrò solo un dettaglio a cui
avrebbe rimediato col tempo. Per una mera questione di scrupolo,
Lily si avvicinò alla sua borsa per prendere la mappa su cui
aveva fatto l'incantesimo di localizzazione grazie al frammento
d'osso di Esmaél. La stese sul tavolinetto e l'aprì in
ogni sua piegatura per avere conferma delle sue parole, ma, quando
gli occhi si posarono sulla città di Chicago, con suo grande
stupore, non vide nessuna goccia di cera. «Ma che..»
gli occhi della strega vagarono velocemente per l'intera cartina e
poi, rallentando, si posarono su Mystic Falls. La goccia era lì.
Klaus era lì. «Cosa succede?» chiese Summer,
notando il cambiamento del suo colorito e guardandola con
preoccupazione. «Mi sa che ho parlato troppo presto. Klaus è
qui... o meglio, lo sarà tra meno di un'ora...» Lily,
osservando con attenzione la distanza tra la goccia di cera e il
centro di Mystic Falls, cercò di quantificare il tempo che
avevano a disposizione. «Credi che abbia scoperto di Elena?»
il tono di Summer era preoccupato e agitato. Proprio come Lily, aveva
erroneamente pensato di avere più tempo a disposizione. «Non
ne ho idea...ma è da mettere in conto» Damon,
intanto, guardava quel pugnale con una sorta di rabbia. «Beh,
che venga pure! Tanto il Miracle
Blade
per farlo a fettine ce l'abbiamo. È pronto per l'utilizzo,
giusto?!» tolse il pugnale dalle mani di Summer per osservarlo
meglio «Questa storia mi ha davvero stancato! Voglio farla
finire il prima possibile!» Lei, a causa di quelle parole e
di quel gesto, fu scossa da un tremito d'agitazione. No! Damon doveva
starne fuori! Già per lei era una preoccupazione fin troppo
ingestibile il fatto di dover coinvolgere Lily, che considerava come
la sua famiglia. Non poteva permettere che Damon corresse dei rischi!
Non era compito suo fare queste dannate cose! Riprese rapidamente
il possesso dell'arma. «Chiariamo una cosa, Damon. Io ho il
pugnale, non noi!» articolò, cercando di mantenere la
calma, ma facendogli chiaramente capire di doverne stare fuori. «Con
questo cosa vorresti dire?!» la guardò, quasi
incenerendola. Se pensava di escluderlo, sbagliava di grosso! Non
poteva immaginarsela da sola contro Klaus! Il solo pensiero gli
toglieva il respiro e bruciava ogni anfratto delle sue
viscere. «Quello che hai capito» ribatté lei
con la stessa combattività; ma poi le parole di Lily
stroncarono quella piccola discussione: «Stasera c'è la
luna piena...». «E con questo?» chiese Damon,
dandole solo un'occhiata fugace, per non spezzare troppo il modo
contrariato e fiammeggiante con cui guardava Summer. Lily rispose
alla sua domanda, con una giustifica preoccupazione nel tono della
sua voce: «Se Klaus ha scoperto che Elena è ancora in
vita, è possibile che voglia tentare un incantesimo di
ripristino. Una sorta di mezzo rituale che ristabilisce l'energia di
quello fallito. Gloria gliene avrà sicuramente parlato e se è
così...se non sto sbagliando...dobbiamo tenere Elena lontana
dal luogo del sacrificio. Dobbiamo portarla via da Mystic
Falls» «Spiegati meglio!» Damon non era riuscito
a cogliere pienamente il suo discorso, e quindi intervenne Summer,
dicendogli qualcosa che forse avrebbe già dovuto confessargli:
«Per tutto questo tempo, ho fatto credere ad Elena di dover
stare al sicuro. Le ho fatto credere che se fosse morta la
maledizione si sarebbe spezzata, ma non è così.
Gliel'ho detto solo per proteggerla e per tenerla lontana da Klaus.
L'unico modo che lui ha per spezzare la maledizione è uccidere
Elena nello stesso luogo del rito e mentre una strega pronuncia un
incantesimo di ripristino...». Lily si accodò a quel
discorso, col suo solito linguaggio pacato e chiaro: «Uno dei
compiti della Triade è sempre stato quello di dare la caccia
alla doppelganger; di fare tutto il possibile affinché la
maledizione non fosse spezzata. Quindi, in teoria, avremmo dovuto
ucciderla prima che Klaus venisse a conoscenza della sua esistenza,
oppure dopo, ovvero quando abbiamo scoperto che il rito non era
andato a buon fine, appunto perché lei era riuscita a
salvarsi. Questo per evitare che lui lo facesse in seguito e nel modo
giusto che gli avrebbe poi permesso di spezzare la maledizione. Ma
capirai che è una cosa che va contro i nostri principi.
Abbiamo preferito non dire nulla di tutto questo ad Elena per non
caricarla di un ulteriore peso. Ma se davvero Klaus ha scoperto ogni
cosa, allora è importante che lei sappia, e soprattutto che
vada il più lontano possibile da Mystic Falls, almeno fin
quando ci sarà la luna piena...» Damon si sentiva
frastornato da tutta quella raffica di informazioni; ma, soprattutto,
si sentiva arrabbiato. Perché Summer non gliel'aveva detto.
Perché diavolo lo escludeva da ogni cosa!? Ma il tempo che
ebbe per pensarci fu poco, perché il suo telefono squillò,
interrompendo quella catena di pensieri. Vedendo il numero, Damon
rispose all'istante. «Stefan...» «Klaus sta
venendo lì, Damon. Devi portare Elena in un luogo sicuro!»
dal rumore di traffico di sottofondo, Damon capì che il
fratello si trovava in un auto. La rivelazione di Stefan eliminò
ogni “forse”
dai discorsi sul possibile motivo dell'arrivo di Klaus. «E
per te un luogo sicuro sarebbe?!...» a quando pareva era
un'opinione collettiva il fatto che Elena dovesse andare via da lì,
così Damon iniziò a pensare al da farsi. «Portala
alla casa sul lago, io vi raggiungerò il prima possibile» Il
vampiro annuì a se stesso, riflettendoci. «Ok. Cerca di
sbrigarti...». La telefonata sembrava conclusa in
quell'istante, quando Stefan esclamò: «Damon...Non
fidarti della cacciatrice! È possibile che voglia Elena morta
tanto quanto Klaus!» Damon mise fine alla chiamata, con uno
sguardo indecifrabile. Lo sapeva anche Stefan! Quella era la
goccia. Guardò Summer con amarezza e delusione, prima di
allontanarsi in sala da pranzo per smaltire la collera in un attimo
di solitudine. Posò entrambe le mani sul tavolo,
abbassando la testa. Summer, che aveva ascoltato quella
telefonata, lo seguì dopo pochi secondi. «Sai bene
che non lo farei mai...» disse, con voce costernata,
avvicinandosi a lui. Damon annuì. Questo lo sapeva...ma non
era quello il dannato problema! «Lo so. Quello che non so è
perché io sia venuto a conoscenza di questa storia soltanto
adesso...» la voce uscì bassa e calma, dominata dalla
sola tristezza. Summer si avvicinò ulteriormente e poi, con
gli occhi lucidi e un tono dolce, disse: «Avrei dovuto
dirtelo...mi dispiace...». Sfiorò la sua mano,
accarezzandola. Damon non poteva sapere che per lei era troppo
difficile parlare di Elena, di ogni cosa che riguardasse lei. Odiava
quando lui pronunciava il suo nome. Le faceva maledettamente male. E
se non gli aveva parlato di quella storia, era solo per non rischiare
di vedere il suo amore per lei riflesso nei suoi occhi. Sarebbe stata
un'immagine che si sarebbe cucita sul suo cuore, pungendone ogni
battito. Il suo tono di voce e il suo tocco delicato l'avevano
sciolto in pochi attimi, e l'amore prese il sopravvento su tutto;
così, Damon le fece uno sguardo arrendevole che le mostrò
il suo perdono. Lei, rincuorandosi almeno di questo, continuò,
concentrandosi sulla questione principale: «Adesso devi andare,
Damon. Elena è in pericolo e tu... devi proteggerla»
mormorò, mettendo fine a quel contatto e guardandolo con
serietà. «Devo proteggere anche te!» ancora in
quella posizione, Damon tenne lo sguardo fisso di fronte a sé,
pensando ad una soluzione che salvasse la vita di tutti. Pensò
di farle scappare entrambe e di affrontare Klaus da solo. Per
Damon, quella era l'unica soluzione! «Io me la so cavare,
Damon. Devi andare da lei...» cercò di controllare la
sua voce; di non lasciar trapelare le sue emozioni: la gioia di
sentirlo ostinato a volerla proteggere e il dolore di doversi fare da
parte. «Non ti lascerò combattere contro Klaus. L'ho
già fatto una volta e non lo farò una seconda!»
Damon si mosse in uno scatto deciso, mettendosi di fronte a lei e
guardandola con una determinazione che sembrava volesse imprigionarla
in una stretta autoritaria. «E cosa vorresti fare?»
chiese lei, in un momentaneo impeto di rassegnazione, probabilmente
dettato dall'infantile voglia di sentirsi, per un solo attimo, la sua
principessa da salvare. «Voglio piantargli quel dannato
pugnale nel cuore e porre fine a questa storia una volta per tutte!
Ecco cosa voglio fare!» Ma poi le parole del vampiro
l'allontanarono dal mondo delle fiabe per riportarla alla realtà.
Summer non poteva assecondare la sua sindrome del principe sul
cavallo bianco! Era lei la cacciatrice! Era lei il guerriero nato per
maneggiare quel pugnale! Ed invece Damon si era auto-proclamato
eroe indiscusso di quella missione, ignorando totalmente il ruolo di
Summer. Ma la triste verità era che, in quel frangente, lei e
Lily erano le sole a poter fare qualcosa. In un'analisi
oggettiva, Damon non era abbastanza forte per fronteggiare Klaus.
Avrebbe solo rischiato la vita inutilmente, e lei non poteva
lasciarglielo fare! Doveva allontanarlo, anche a costo di farsi
odiare. Così, con voce bassa e controllata, disse: «Ascolta...
volevi un ruolo all'interno di questa storia e te lo sto dando.
Portando Elena lontano da qui mi saresti di grande aiuto. Ma contro
Klaus...» il cuore le si strinse in una morsa «Mi saresti
solamente d'intralcio...». Dovette farlo, necessariamente.
Doveva ristabilire i ruoli, prendendo in mano la situazione.
L'avrebbe odiata, ne era sicura, perché ormai conosceva bene
il suo orgoglio. Damon non le avrebbe mai perdonato quelle
parole, ma non aveva importanza; ciò che contava era che lui
si mettesse in salvo, portando Elena con sé. Gli occhi le
si inumidirono, e fece uno sforzo immane per controllarsi e per
reggere il suo sguardo il più a lungo possibile. Quelle
parole arrivarono su di lui con una forza quasi tangibile,
investendolo, e scaraventando la sua anima chissà dove; e il
momento in cui quest'ultima era scivolata via dal suo corpo lo si era
potuto distinguere con chiarezza sul suo volto, improvvisamente
spento e disorientato, privo di ogni aderenza con quello che gli
accadeva intorno. Dopo qualche secondo, Damon riacquistò
quel minimo di lucidità che gli permetteva di reagire. Le
fece una smorfia che diceva “Come vuoi” e, senza emettere
alcun suono, si voltò, dirigendosi verso la porta. La
chiuse con un colpo secco, ma privo di un'eccessiva violenza; e nel
momento in cui mise piede fuori, Damon ricordò di dover
respirare. Il rumore della porta fece scendere una lenta lacrima
sul volto di Summer. Avrebbe voluto corrergli dietro, rimangiandosi
tutto in quel preciso istante per poi baciarlo profondamente, ma non
poteva. Il petto le bruciava, riducendo i suoi respiri a degli
spasmi; lo stomaco le si stritolava in dolorose morse; gli occhi le
pungevano, infastidite da ogni minima fonte di luce. Per la prima
volta nella sua vita odiò ciò che era: odiò il
suo essere la cacciatrice; ma lo era e non poteva farci nulla.
Avrebbe sofferto, avrebbe combattuto e avrebbe sperato sempre nel suo
perdono. Non le era concesso nulla di diverso. Damon restò
immobile fuori l'ingresso della sua dimora. Le mani nelle tasche e il
volto rivolto verso l'alto. Voleva solo proteggerla, ma non ne era
in grado. Era la dura realtà che doveva accettare. Summer non
aveva bisogno di lui, non ne avrebbe mai avuto. Quella sensazione
d'inutilità e impotenza si bloccava al centro della sua gola,
strozzandogliela. Ma ciò che gli faceva più male,
era il fatto che quella consapevolezza gli fosse stata data da lei in
persona. Come lo considerava? Cosa pensava di lui? Lo reputava un
incapace? E, soprattutto, si sarebbe mai innamorata di un uomo più
debole di lei? Quei pensieri lo caricavano di vergogna e
afflizione. Quelle parole l'avevano ferito e fatto sanguinare
velocemente fino a farlo morire. Ed ora, era un corpo doppiamente
privo di vita quello che doveva muoversi verso la direzione
oggettivamente più giusta: verso la casa di Elena; perché,
dentro di sé, Damon non sentiva più nulla. Era un
involucro vuoto; e avanzò i primi passi, sentendosi come una
busta di plastica trascinata dal vento. Lily entrò nella
sala da pranzo per capire cosa stesse succedendo, perché Damon
se ne fosse andato in quel modo, e, quando vide Summer che si
asciugava le lacrime, dandole velocemente le spalle per non farsi
vedere, capì che, forse, ciò che le aveva detto il
giorno precedente, in tono da battutina amichevole, era proprio la
verità: Summer era innamorata di lui. Non c'erano altre
spiegazioni, perché lei non piangeva mai. Erano davvero
diventate così intime le cose tra di loro? «Summer...»
bisbigliò dispiaciuta. Lei si girò, mostrandole un
sorriso forzato e chiedendole rapidamente: «Quanto tempo
abbiamo?». Lily capì immediatamente che l'amica non
le avrebbe parlato, che non le avrebbe raccontato nulla di ciò
che era successo con Damon: la conosceva fin troppo bene. «Non
molto...Cosa facciamo?» domandò, con rassegnazione. «Lo
intercettiamo» il suo sguardo si fece improvvisamente freddo,
mentre pensava che la miglior difesa è l'attacco. Soffrire
per amore era un lusso che una cacciatrice non poteva
permettersi. Non c'era più tempo per sentirsi debole. Era
ora d'indossare nuovamente la sua armatura di carattere e tornare a
combattere.
Nda
Serie: - La
questione della morte di Elena non è stata affrontata in
precedenza per non caricare i capitoli di cose che sarebbero servite
più avanti. Il punto è questo: il rito non è
andato a buon fine, e l'ho immaginato vincolante al negativo per
Klaus, ovvero l'ho legato ad un altro incantesimo (quello di
ripristino) In questo modo, se Elena fosse finita sotto una macchina,
morendo incidentalmente, la maledizione non sarebbe stata spezzata.
Tutto qui. Il perché Summer abbia celato la cosa a Damon,
penso di averlo chiarito nel capitolo. E, per inciso, Damon non sa
neanche della questione della punizione del Consiglio. - Le frasi
di Katherine sono prese dall'episodio 3x09. Per quanto riguarda lei,
la mia Alice ha sollevato un bel quesito: Cos'avrebbe fatto Katherine
se, alla domanda di Klaus ( Stefan lo sapeva? ) non fosse stata
soggiogata? La vera Katherine non lo so. Ma quella di questa fic
avrebbe fatto la stessa identica cosa. L'avrebbe condannato per
liberarsi e poi sarebbe andata ad aiutarlo. Ovviamente faccio sempre
del mio meglio per non sfociare nell'ooc, ma sta a voi giudicare ( e
lanciare pomodori nel caso...) - Abbiamo scoperto il segreto che
c'è dietro al sangue delle cacciatrici. La strega originaria,
durante l'incantesimo che le ha “create”, ha mischiato
del sangue alla Salvia Divinorum. Questa pianta contiene la
Salviorana A
riconosciuta
come la più potente sostanza psicoattiva naturale (wiki font
xD). Infatti, veniva anticamente utilizzata nei riti di
divinazione. Ok. Ma perché Esther l'ha fatto? ...lo
scoprirete solo leggendo^^ - Il flash che vede Lily è una
parte dell'extra sulle origini che sto preparando (mi sta venendo un
misto tra TvD e Full Metal Alchemist xD)
Nda
diversamente serie: -
La posizione del Kamasutra fatta da Dam&Sum è quella del
cucchiaio, che poi sfocia nella sua variante più animata,
ovvero il cucchiaio d'argento( o cucchiaio con presa del boa xD)
...ok, la smetto!!!xD (però l'avevo scritto “diversamente
serie” xD) Ovviamente (breve attimo di lucidità)
spero di non essere stata volgare; ma purtroppo la primavera si fa
sentire ed io ne sono stata contagiata in pieno. Abbiate pietà!!!
Sono i miei ormoni xD non è colpa mia!!! - Ho rotto il
piffero con le canzoncine, lo so, ma sopportatemi xD La versione
originale di Rihanna non c'entrava nulla e così sono andata
a cercare una cover più adatta. Non preoccupatevi di prepararmi
una "base di ricovero"...ci sta già pensando Alice
xD
Niente...sono stravolta. Questo capitolo è
lunghissimo, e non spero neanche in qualche recensione, perché
dubito davvero che qualcuno arriverà alla fine T-T In ogni
caso - se mai qualcuno dovesse riuscire in questa titanica impresa –
Grazie!!!*-* Davvero T-T
Nda
dolorosa: A
causa degli impegni sto seriamente pensando di stoppare per qualche
mese. Ultimamente, il tempo è davvero poco per potermi
dedicare a dei capitoli così lunghi. Anche se non frega a
nessuno, tengo ad avvertirvi preventivamente. Se dovessi prendere
questa decisione, pubblicherò un capitolo avviso. Ovviamente
mi scuso tantissimo, ma purtroppo la realtà ha il brutto vizio
di assorbire tutto il tempo T-T.
Ora vi saluto. Con la
convinzione di parlare al vuoto, perché ho la certezza
matematica che un capitolo così lungo non se lo filerà
nessuno xD xD In ogni caso... Ringrazio le nuove persone che
hanno messo la fic nelle preferite!!!*-* E tutti quelli che
continueranno a seguire questa fic, nonostante le dimensioni e
nonostante i ritardi!!!^^ Alla prossima!!! Un bacio.
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Capitolo 53 *** Cinquantatreesimo Capitolo ***
Jane
Levy, nel ruolo di Eleanor Coleman, ovvero Lily^^
***
27 Dicembre *** Parte
2^
Damon
spalancò la porta di casa Gilbert senza bussare. A passo
svelto, raggiunse la cucina, mettendo dapprima in allerta e poi
sorprendendo i tre che stavano consumando la cena in
tranquillità. «Damon, che ci fai qui?» la voce
un po' acuta di Elena, che lo guardava incuriosita. «Alzati,
dobbiamo andare via da qui, e alla svelta!» il tono di Damon
risultò duro, meccanico, inanimato, e il suo sguardo non fu da
meno: la fermezza autoritaria imposta dalla circostanza non era nulla
paragonata alla crudeltà con cui il vampiro stava cercando di
annientare la sua anima, pur di non sentire dolore, pur di non
risentire la voce di Summer, che a tratti veniva evocata dalla sua
mente come una sorta fantasma. «Cosa?! Damon, che sta
succedendo?!» Elena si alzò con un fare agitato, e anche
Alaric e Jeremy fecero lo stesso, i loro volti preoccupati quanto
interrogativi. Ma il vampiro aveva dato loro le spalle, per
dirigersi nuovamente verso l'ingresso. Dall'appendiabiti, afferrò
il giubbotto di Elena. I tre lo seguirono. «Damon,
parla!» fece la ragazza, ormai stanca e spazientita da quei
modi. Il vampiro le porse il giubbotto, dicendo: «Klaus, sta
venendo qui. Ha scoperto che sei viva» nuovamente, la sua voce
risultò impassibile. Si avviò verso la porta, senza
neanche dare alla ragazza il tempo di smaltire quell'informazione,
l'aprì e le fece cenno di uscire. Il suo sguardo e i suoi
atteggiamenti erano glaciali, privi di coscienza: quest'ultima era
interamente impegnata nel duro compito di non pensare alle parole di
Summer: se abbassava la guardia, anche per un solo istante, se si
distraeva, risentiva quella frase che gli squarciava il petto come
una fredda lama. “Mi saresti solamente d'intralcio...”
Non poteva permettersi di soffrire: certe situazioni non lo
concedono; ma, soprattutto, lui non voleva. «No!»
esclamò la ragazza con decisione «Sono stanca di
scappare, Damon. Non lo farò...». «Elena non
dire assurdità...» obbiettò subito il fratello,
sotto l'occhiata accondiscendente di Alaric. Il vampiro la
incenerì con lo sguardo, avvicinandosi a lei con dei passi
diretti e sicuri. «E di un po', qual è l'alternativa?
Mh?! Aspettare Klaus, farlo accomodare, invitarlo a cena e discutere
cordialmente della possibilità di non farti fuori? È
questo il tuo piano?!» «Non ho nessun piano, è
vero, ma non voglio scappare, Damon. Non più...» lo
sguardo di Elena gli tenne testa, ma gli occhi di Damon si accesero
di una rabbia algida. Ora ci si metteva anche lei a farlo
sentire un incapace!? Cosa pensava? Che a lui facesse piacere
scappare in quel modo? Che fosse da lui? Lo faceva esclusivamente per
proteggerla! Maledizione! Stava dannatamente facendo quello che gli
altri volevano! Quello che gli era stato detto di fare! Stefan
la voleva al sicuro alla casa sul lago e Summer la voleva lontana da
Klaus, proprio come desiderava che lui stesse fuori dai piedi!
Possibile che neanche questo andasse bene?! Cosa
diavolo pretendevano tutti?! Se fosse stato per lui, i piani
sarebbero stati ben diversi. Ma non poteva fare di testa sua: lui
doveva stare in panchina, lui sarebbe stato solamente
d'intralcio... «Forse ha ragione, che senso ha?
Piuttosto, a che punto siete con il pugnale? Dov'è
Summer?». Damon fulminò all'istante anche Alaric, ma
si sforzò ugualmente di mantenere quella calma che tutti
stavano mettendo a dura prova. Summer … perché
l'aveva nominata?! Una
fitta, una pugnalata, fredda, spietata. Ma il volto del
vampiro restò immutato, congelato da quel freddo invernale che
stava invitando dentro di sé, pur d'intorpidire tutto ciò
che gli faceva male. «Il pugnale è stato ultimato. E
la cacciatrice e la strega ci faranno guadagnare tempo...»
rispose con distacco. Si voltò verso Elena e disse: «Ma
se Klaus riesce a mettere le mani su di te...sarà tutto vano,
Elena, perciò infila quel dannato cappotto e non fare storie!»
scandì quelle parole con una calma inquietante, tanto del
nervosismo che si poteva avvertire in quel tono lineare, che proprio
non voleva lasciare spazio alla volontà altrui. «No.
Dovremmo aiutarle...» lei scosse la testa con lo sguardo basso,
perso in un punto indefinito del pavimento. «Elena, non dire
sciocchezze, dobbiamo andarcene» intervenne Jeremy. Una
smorfia di furia rassegnata, e divenuta quindi passiva, modellò
le labbra del vampiro. Ok, era chiaro che dovesse cambiare
sistema! «E se ti dicessi...che è stato Stefan a
suggerirmi di portarti via di qui...» una scia di voce sicura,
seducente, velatamente diabolica. Lo sguardo di Elena mutò
all'istante: sembrò improvvisamente più sveglia, più
presente, come se le avessero gettato sul viso dell'acqua
ghiacciata. «Hai parlato con lui?!...Dove si trova?»
chiese in un sussurro colmo di speranza. «Non ne ho idea,
ma ci raggiungerà alla casa sul lago. Ah, ma se vuoi restare
qui, gli dico subito di fare marcia indietro. A te la scelta...»
disse, con i soliti modi tracotanti, dandole quel finto arbitrio, che
increspò le sue labbra in un ghigno vittorioso. Elena
infilò il cappotto, guardandolo di sbieco, e lui rispose con
un sorriso caustico. Alaric gettò un mazzo di chiavi che
Damon afferrò al volo. «Andiamo con la Jeep...» Si
avviarono verso l'auto e, prima di entrare, Alaric si voltò
verso Jeremy. «Forse dovremmo avvisare Bonnie...in fondo
l'ultima volta sono riuscite ad avere la meglio perché c'era
anche lei» «È dagli zii, non tornerà
prima di sabato. Posso provare a chiamarla, ma comunque le ci
vorrebbero circa 10 ore di macchina e...in verità...vorrei
lasciarla fuori da questa storia» disse, cercando
l'approvazione nello sguardo di Elena, che annuì
dolcemente. «Capisco...» mormorò Rick,
tamburellando le dita sul tettuccio. Subito dopo, si accomodò
al suo posto accanto al vampiro. Elena si sentì sollevata
nel sapere che l'amica non sarebbe stata coinvolta in quella
battaglia, e sorrise ancora al fratello, per fargli capire di aver
fatto la scelta più giusta. Damon, invece, avrebbe
preferito non ascoltare quell'avvilente versione dei fatti. Ce
l'avrebbero fatta senza l'aiuto di Bonnie? Ancora una volta,
quella dannata voce prese vita nella sua mente e, nel momento in cui
mise in moto l'auto, lo costrinse a chiudere gli occhi con forza. Ci
combattette ancora, dolorosamente, e poi riuscì a metterla a
tacere. Stava facendo la cosa più giusta. Stava
facendo ciò che gli altri volevano. Stava lasciando Mystic
Falls. In ogni caso, lì sarebbe stato solamente
d'intralcio...
***
***
Summer se
ne stava poggiata alla moto con le braccia conserte. Alle sue spalle,
i riverberi rossastri di un sole all'ultimo atto accendevano di
riflessi ramati alcune ciocche dei suoi larghi boccoli. Sopra di lei,
il cielo era conteso tra il giorno e la notte, e di fronte ai suoi
occhi, da dietro ad una collina dal contorno ancora visibile e
pronunciato, presto sarebbe sorta la luna, che avrebbe fatto sia da
spettatrice indiscreta che da protagonista ignara. Sul manto
stradale, la neve si era sciolta rapidamente, lasciando sull'asfalto
uno strato scivoloso, mentre ai lati della strada il bianco era
ancora presente in piccoli cumuli sparsi. Il freddo pungeva la sua
pelle accaldata dalla tensione, e quel contrasto colorava le sue
guance di un rosa acceso. Dalla posa ferma, per nulla tremante,
sembrava che la leggera maglia nera, di una lanetta sottile e dallo
scollo pronunciato e arrotondato, fosse sufficiente a fronteggiare la
bassa temperatura. Nascosto in una tasca interna dello smanicato
di jeans, il pugnale. Nella mano destra, un paletto che roteava
nervosamente. Un sguardo gelido come la notte che si apprestava ad
arrivare. Summer non si sentiva tranquilla o sicura di sé
come la prima volta in cui l'aveva affrontato, al ballo della
scuola. C'era qualcosa di nettamente diverso nel suo stato
d'animo, così come più generalmente in lei. Era
sempre stata combattiva, bellicosa, istintiva. Il doversi misurare
con un nemico forte e temuto da tanti l'aveva sempre eccitata e mai
spaventata. Ora, invece, c'era qualcosa di diverso nel suo stato
d'animo, ma non era propriamente paura, era una sua contorta
sfumatura, era una paura legata ad altro...era in qualche modo legata
a Damon. Lui l'aveva cambiata: aveva portato del valore alla sua
vita, l'aveva accesa di significato; e solo in quell'attimo Summer
capì di aver finalmente acquisito la paura di perderla. Forse,
fino a quel momento, quel coraggio estremizzato altro non era stato
che indolenza verso la sua stessa vita, pensò. Forse, pur non
avendo un interruttore per le emozioni, come i vampiri, era
riuscita ugualmente ad estraniarsi da se stessa. Il ruolo era
diventato la sua vita. Lei stessa era stata la prima
vittima della cacciatrice che sarebbe diventata. Adesso,
invece, si sentiva pienamente cosciente di sé e padrona della
realtà che la circondava. Quel nuovo livello di consapevolezza
l'aveva scossa, facendola sentire presente nel suo stesso corpo,
finalmente presente in tutta l'interezza delle sua anima e nelle
nuove sfumature di cui si era colorata grazie all'amore, ma questo
comportava una marea di messe in discussioni e dubbi che non
l'avevano mai scalfita prima.
Di lì a poco, sarebbe
passato Klaus. Quella era l'unica via di accesso a Mystic Falls. La
strada per lasciare la cittadina era invece situata ad ovest, e
sarebbe stata quella percorsa da Damon per raggiungere la casa sul
lago. Summer aveva l'occasione di uccidere Klaus quella sera
stessa, in fondo, avevano finalmente recuperato il pugnale. Quella,
poteva essere la fine di ogni cosa; eppure non riusciva a sentirsi
sicura di sé. Era da cinquecento anni che il pugnale non
veniva maneggiato da una cacciatrice, e se non ne fosse stata
all'altezza? Perché proprio lei? Cercò di
debellare ogni insicurezza, pensando ad altro, ma ogni volta che i
pensieri cambiavano tipo di angoscia, rincontrava mentalmente gli
occhi spenti e feriti di Damon, e subito un nodo alla gola le
impediva di respirare. Se quella sera fosse morta, non avrebbe
avuto neanche l'occasione per chiedergli di perdonarla. Avrebbe
chiuso gli occhi per sempre, ricordando il suo volto amareggiato e
freddo. Si costrinse a focalizzare la sua attenzione su altro: non
poteva pensare a lui in un momento simile, per quanto le risultasse
impossibile. Doveva concentrarsi solo su Klaus.
Lily dava
l'impressione di essere tranquilla. Si era accovacciata di fronte
alla moto, e faceva passare il tempo giocando col suo telefono. A
vederle, non sembrava che fosse lei la più grande tra le due.
Ma la strega affrontava ogni situazione in un modo particolare:
spirituale, pacato, ottimista, proprio come lei. Le cose
sarebbe andate com'era destino che andassero.
L'ibrido
percorreva quelle strade alla velocità imposta dal manto
stradale scivoloso. Il sole era appena tramontato e per l'apice della
luna piena mancava ancora del tempo. A tratti, faceva smorfie
infastidite dai singhiozzi di Sarah, e si chiese perché non
avesse lasciato quella lagna al bar con Amanda, invece di rinunciare
a Bryan, che sembrava più accondiscendente e controllato, ma
poi capì che si trattava appunto di questo: si fidava più
di lui; Sarah andava tenuta sotto controllo, proprio come tutti i
vampiri fastidiosamente emotivi. Fu costretto a frenare, vedendo
di fronte a sé una moto al centro della strada – in
perpendicolare al senso di marcia – e due ragazze in una posa
rigida, come se si fossero fermate lì ad aspettare
qualcosa. La macchina slittò lievemente. Non le
riconobbe all'istante, ma non gli ci volle molto. Come diavolo
facevano a sapere del suo arrivo? Si domandò, mentre una
smorfia di rabbia gli sfigurava il viso. «Cosa succede? Chi
sono?» domandò Gloria, seduta accanto a lui. «Scendete!»
ordinò a voce bassa e controllata. Klaus uscì
dall'auto, guardando quelle due con un'espressione
truce. Improvvisamente, uno strano tremore scosse il suo corpo e
la testa gli girò per un istante. Era ovvio che non fosse
paura. Ma allora cosa diavolo era stato? La sensazione
passò velocemente e lui l'attribuì erroneamente alla
rabbia. Non poteva immaginare che il pugnale fosse a pochi metri da
lui. Avanzò di qualche passo, posizionandosi di fronte alla
sua auto. «Vedo che siete ben informate su ogni mio
spostamento! Com'è che si chiama questo?...Stalking?!» Summer
gli lanciò un'occhiata compassionevole e poi si voltò
verso l'amica, dicendo: «Sai, Lily, credevo che la cosa
peggiore fosse avere a che fare con lui, ma mi sbagliavo: avere a che
fare con lui che cerca di fare il simpatico è
decisamente peggio!». La strega ridacchiò prontamente
e Klaus le incenerì con lo sguardo. Lily e Gloria si
fissarono per un intenso istante: era come se entrambe avessero
saputo in anticipo che prima o poi sarebbe successo, che si sarebbero
scontrate. Almeno Lily, nella sua grande ricettività,
proiettata molte volte anche verso il futuro, non ne aveva mai avuto
alcun dubbio. L'ibrido fu felice di notare che all'appello
mancasse una strega, e fu ancora più soddisfatto di se stesso
per aver lasciato Amanda a fare la guardia a Stefan. Summer,
dall'aria spaesata, confusa e spaventata che avevano gli altri due
vampiri, capì subito che non erano altro che novellini. Il
problema era solo Klaus. «Sei davvero impertinente per
essere una cacciatrice che brandisce un semplice paletto contro un
vampiro immortale, ma mi piace. Questa tua presunzione renderà
ancora più soddisfacente l'attimo in cui berrò tuo
sangue...» «E tu sei piuttosto arrogante per essere un
originario con due vampiri novellini a fargli da bodyguard. Cosa c'è?
Non ti sentivi sicuro a venire qui da solo? Temevi che ti avremmo
fatto la bua come l'ultima volta?!». Il volto
dell'ibrido si accese della sua ira: la cacciatrice aveva pronunciato
una verità scomoda, e l'avrebbe pagata a caro prezzo! «Mi
hai davvero stancato» bisbigliò in un filo di voce colmo
di rabbia «Zahir, Sarah... non deludetemi! Ma non uccidetela,
il sangue delle cacciatrici va bevuto caldo! Farle esalare l'ultimo
respiro è un privilegio che tocca solamente a me...»
concluse diabolicamente, sotto lo sguardo combattivo di Summer. Klaus
si poggiò all'auto, mettendo le braccia conserte. «Tu,
Gloria...occupati della strega...».
Quasi subito, Gloria
stese il braccio destro all'altezza del petto e con il palmo rivolto
verso Lily; lei, invece, stese entrambe le braccia, spalancando le
dita e unendo i due indici e i due pollici, in modo da formare un
triangolo, che prendeva di mira il petto dell'altra strega. Il loro
potere scosse i rami degli alberi, dando vita ad un rumoroso
fruscio. Tra loro era una lotta a distanza, in cui ognuna cercava
di prendere il controllo sul corpo dell'altra, fino a farlo
cedere. Le pupille di entrambe si dilatarono, mentre sentivano una
forte raffica di potere spingere verso la propria per guadagnare
sempre più spazio. Entrambe, per conquistare il controllo dei
vasi sanguigni dell'altra, e quindi provocarne la rapida morte,
cercavano d'invadere l'invisibile area di potere atta a proteggerle.
La prima che ci sarebbe riuscita avrebbe vinto. Ma subito l'energia
delle due sembrò in perfetto equilibrio. Lily se ne sorprese;
aveva sempre creduto di essere più forte di lei, ma poi un
veloce ragionamento riaccreditò la sua convinzione:
l'incantesimo per ricostituire il pugnale era stato più
impegnativo del previsto, le sue forze erano quindi notevolmente
ridotte.
Intanto, Zahir si era materializzato alle spalle di
Summer, e prontamente l'aveva serrata in una morsa, chiudendo le mani
sul suo addome. Summer, in quella posizione, aveva le braccia
bloccate. Decise di lasciare la presa sul suo paletto, facendolo
cadere a terra; in quell'attimo, Sarah si sferrò su di lei,
ma, rapidamente, la cacciatrice l'allontanò con un calcio.
Appellandosi alla sua forza, afferrò le mani di Zahir,
sollevandole fin sopra la testa per liberarsi. Le tenne ancora ferme
nella sua morsa e, girandosi verso di lui, lo distanziò con un
potente calcio nell'addome. In un istante, riprese il suo paletto e,
con una gomitata ben piazzata, si liberò della ragazza, che
intanto l'aveva nuovamente attaccata. Nel momento in cui cadde a
terra, Summer ne approfittò, inginocchiandosi e piantandole il
paletto nel cuore, che decretò la fine della sua breve vita da
vampira. Zahir si rialzò, le si avvicinò con rapidità
e afferrò i suoi capelli, sbattendola di forza contro la moto,
che si rovesciò sotto il peso del suo corpo e la potenza di
quel colpo. Mentre Summer era parzialmente distesa sul mezzo,
sentendo ogni suo pezzo in doloroso contatto con la sua carne, lui le
piazzò un calcio nelle costole, facendole emettere un
soffocato gemito di dolore. Si stava preparando per il secondo, ma
lei afferrò il suo piede, tirandolo verso di sé e
facendolo cadere a terra. Recuperò nuovamente il paletto ed
anche per lui venne la fine. Zahir, come Sarah, si raggrinzì
ingrigendosi. Summer si rialzò con lentezza, premendo la
mano sulla costola dolorante. Lei e l'ibrido si guardarono con aria
di sfida. Entrambi carichi di rabbia e di voglia di ridurre l'altro
in poltiglia.
Tra le due streghe, l'energia continuava ad
equipararsi, bloccandole in uno stallo in cui non era concesso loro
neanche un attimo di distrazione. La loro offensiva era invisibile
ma si percepiva in tutta la sua forza: attorno ai loro corpi ogni
traccia di neve sembrava essersi vaporizzata e delle foglie secche
roteavano velocemente, delineando i confini della loro orbita di
potere.
***
***
Sull'asfalto
bagnato, la jeep sfrecciava a gran velocità. Il buio
intorno, una nebbia leggera, la strada illuminata dal solo bagliore
dai fari. Le gomme adatte e la bravura di Damon impedivano alla
vettura di sbandare rovinosamente. Lo sguardo del vampiro era
fisso di fronte a sé. Non voleva pensare, non voleva
sentirsi in quel modo. Voleva, e doveva, respirare
regolarmente. Tutta la rabbia e lo stress caricate sulla mascella,
divenuta ancor più pronunciata. Cosa stava facendo lei
adesso? Stava affrontando Klaus? Ce l'avrebbe fatta? Non
voleva pensare, ma era troppo difficile. Ad ogni respiro, il petto
gli si chiudeva in una morsa lenta e dolorosa. Come si sarebbe
sentito se le fosse successo qualcosa? No! Lei non lo
voleva...non aveva bisogno di lui... E lui non doveva
pensarci! Doveva smetterla di torturarsi! Tanto non
poteva fare nulla. Lui... sarebbe stato solamente
d'intralcio... E Damon stava annientando se stesso, pur di non
soffrire. Dentro di sé, preferiva lasciare spazio ad un arido
e indolore senso di vuoto, pur di non sentire l'eco aspra di quelle
parole. “Mi saresti solamente d'intralcio...”
Dopo
il breve discorso di Damon, per spiegare ad Elena la questione del
rito di ripristino, il silenzio aveva conquistato la vettura,
invadendola con una tensione cupa e palpabile. Forse, era stato il
modo sbrigativo e duro con cui Damon aveva esposto la faccenda a far
intendere che le chiacchiere, in quel particolare momento, non erano
gradite, ma l'assenza di suoni amplificava i timori di tutti, in un
vortice di pensieri scomodi. A tratti, Elena, seduta sul sedile
posteriore opposto a quello del vampiro, lo guardava percependo che
qualcosa, nel suo stato d'animo, non andava. I suoi occhi spenti,
stanchi, persi, non potevano ingannarla. Intuì che il
problema fosse Summer. Ricordava bene la volta precedente in cui si
era dovuto allontanare da lei, lasciandola sola contro Klaus, per
metterla in salvo; per lui era stato terribile, e non osava
immaginare a come dovesse sentirsi adesso: ora che il suo amore per
lei era diventato chiaro e palpabile. Voleva dire
qualcosa...fargli una domanda a riguardo o dirgli semplicemente che
bastavano Alaric e Jeremy a proteggerla, ma quello che le uscì
di bocca, posando per un breve istante gli occhi sulla strada, fu
solo un: «Damon, fermati!» Una ragazza se ne stava
immobile davanti alla traiettoria dell'auto. Damon non sembrava
intenzionato a voler frenare. Al massimo avrebbe provato a sterzare
leggermente. Non gli importava di trascinarsi il corpo di chissà
chi lungo il tragitto. Non gli importava di nulla. Non in
quel preciso momento. Dentro di lui, c'era solo il vuoto, mentre
continuava per la meta prestabilita. In quella frazione di
secondo, fu Alaric ad intervenire prontamente, tirando il freno a
mano con forza. La macchina, dopo aver slittato rumorosamente per
qualche metro, si arrestò mettendosi in obliquo. La ragazza,
invece, era rimasta immobile ed impassibile. «Che diavolo ti
salta in mente!?» lo rimproverò Alaric, liberandosi
dalla cintura di sicurezza. La ragazza non si era mossa, e l'umano
pensò che si trovasse in stato confusionale o qualcosa di
simile. Di certo, non poteva ignorarla! «Non abbiamo tempo
da perdere!» obbiettò il vampiro, seccato, crudele,
freddo, fulminandolo repentinamente con lo sguardo. Alaric uscì
dall'auto, ancora più convinto che la ragazza avesse bisogno
d'aiuto. Le si avvicinò. «Tutto bene?»
domandò, notando la folta capigliatura, riccia e castana, e il
giubbotto di un rosso acceso. «Oh...Sto bene...ma posso
stare meglio!» prontamente, la ragazza lo afferrò per il
collo, avvicinandolo a sé per morderlo. Era un
vampiro. «Che diavolo...» bisbigliò Damon,
vedendo la scena e uscendo rapidamente dall'auto. Riuscì a
liberare l'amico da quella presa, allontanando la vampira con una
spinta che la scaraventò a qualche metro di distanza. Dietro
di loro, intanto, compariva la figura di un uomo che ridacchiava con
sicurezza. Aveva capelli neri, lunghi e legati in una coda, un
cappotto di pelle marrone e le mani ornate di vistosi anelli. «Mi
sa che sono proprio loro...» disse, rivolgendosi alla vampira.
Intanto, Elena e Jeremy erano usciti dall'auto, e la vampira guardò
con attenzione il volto della doppelganger, dando conferma all'amico:
«Dici bene, Zach, è lei, non ho dubbi...»
confrontò l'immagine di Elena con la foto che Klaus le aveva
mandato sul cellulare. L'ibrido aveva mandato due dei suoi uomini
fidati a controllare la strada che non avrebbe percorso: aveva messo
in conto anche una possibile fuga. Alaric premeva la mano sulla
parte del collo sanguinante. Damon cercò di prendere il
controllo della situazione, afferrando la vampira alle spalle, per
tentare di immobilizzarla. Zach andò subito in suo
soccorso. Rick approfittò del fatto che il vampiro avesse
catturato l'attenzione su di sé per incitare Jeremy, quello
più vicino all'auto, a prendere la borsa di armi all'interno
del portabagagli: «Prendi la borsa, Jeremy!» La
vampira riuscì a sciogliere la presa di Damon e l'altro
vampiro lo colpì prontamente al volto, causandogli dei tagli
per via dei vari anelli. Jeremy afferrò la balestra, e
subito la lanciò ad Alaric. L'umano l'afferrò al
volo, e non perse tempo a caricarla e a puntarla contro la schiena
del vampiro. «Cosa speri di fare?» la vampira lo colse
sul fatto, e prontamente gli comparve davanti dandogli un potente
schiaffo col dorso della mano. L'arma cadde a terra, ed Elena
l'afferrò senza esitare e colpendo la vampira. Il paletto le
finì tra le costole e, mentre cercava di estrarlo, alle sue
spalle, Jeremy gliene piazzò un altro nel cuore. Intanto,
Damon teneva testa al vampiro; si stringevano in prese veloci e
violente che non davano scampo a nessuno dei due. Elena puntò
la balestra, esitando per non colpire l'amico e, quando l'attimo fu
in suo favore, colpì il vampiro in un fianco. Damon,
mettendosi alle sue spalle, ne approfittò per bloccarlo in una
forte presa. «Lanciami un paletto!» disse, Alaric al
giovane Gilbert. Jeremy gli lanciò uno dei tanti paletti
contenuti nel borsone, e lui lo afferrò con sicurezza. Damon,
capendo l'intento dell'amico, fece appello a tutte le sue forze per
cercare di tenere fermo il vampiro, che si dimenava
agitatamente. «Sbrigati...» biascicò a denti
stretti, mentre l'umano si avvicinava. Un attimo dopo, Alaric gli
ficcò il paletto nel cuore senza esitazioni. Damon lasciò
che il corpo raggrinzito del vampiro scivolasse a terra, e guardò
l'amico con un'espressione passivamente innervosita, dicendo:
«Ricordatene, la prossima volta che vorrai fare il buon
samaritano!» «Non posso darti torto...» ammise
Rick, con voce affannata. «E quindi Klaus l'aveva messo in
conto...» constatò Elena, fissando i corpi ingrigiti dei
due vampiri. «Già, e a questo punto credo sia meglio
proseguire, tornare indietro potrebbe essere anche peggio!»
suggerì Alaric. Gli altri tre annuirono, intenti a voltarsi
verso l'auto per proseguire, ma un ringhiare rabbioso catturò la
loro attenzione. Un manto grigio reso splendente dalla luce della
luna, occhi gialli e feroci, zanne in vista ricoperte di bava. Ci
fu solo il tempo di mettere l'immagine a fuoco, perché il lupo
si scagliò velocemente contro Damon, gettandolo a terra col
proprio peso. Gli altri restarono impietriti: quella scena li aveva
colti di sorpresa; soprattutto Rick, che non sapeva cosa pensare. Era
Clarissa il lupo che stava attaccando il suo amico? Ma, dopo
quell'attimo di smarrimento, subito incitò Elena a prendere
una granata di strozzalupo dalla sua borsa. La ragazza obbedì
e gliela lanciò. L'umano l'afferrò, la disinnescò
con velocità e la gettò sul lupo. Nell'attimo
successivo all'esplosione, l'animale emise dei deboli guaiti di
dolore, accasciandosi di lato, e Damon ne approfittò per
strappargli il cuore. Alaric dapprima rimase impietrito e poi fu
pervaso da una violenta voglia di inveire contro il vampiro. Sapeva
che c'era la possibilità che potesse trattarsi di Clarissa,
perché l'aveva fatto? Perché doveva sempre fare così?
Perché non aveva esitato neanche un attimo? Nel suo petto,
la rabbia divampò in pochi istanti, ma poi si spense con
altrettanta velocità, quando vide la spalla di Damon segnata
dai denti del mannaro e la sua inevitabile espressione di
dolore. «Damon!» Elena corse verso di lui, guardandolo
con immediata apprensione. «Tranquilla, a casa ho ancora del
sangue. Dovrebbe bastare...» disse, scostando leggermente il
giubbotto di pelle, per valutare meglio l'entità del danno
«spero solo che non abbia una data di scadenza. Non ho un altro
fratello così pazzo da barattare sé stesso per
salvarmi!». Non poteva crederci! Che stupido era stato a
sottovalutare quella situazione! Avrebbe dovuto strapparle il cuore
da umana! Il semplice fatto che fosse amica di quell'arpia che
l'aveva torturato era una motivazione più che sufficiente!
Almeno per lui. Stupido, si ripeté mentalmente. Elena
annuì sentendosi subito sollevata, e il vampiro si avviò
verso l'auto. Indugiò con la mano sullo sportello aperto,
osservando Rick che guardava il corpo del lupo con uno sguardo
indecifrabile. Il vampiro e la ragazza si scambiarono uno sguardo
d'intesa, e lei si avvicinò ad Alaric, mettendogli una mano
dietro la schiena in un gesto di conforto. «Rick...»
pronunciò debolmente, ma lui la interruppe subito: «Va
tutto bene, Elena. Non preoccuparti...» Con lo sguardo
basso, si avviò verso l'auto, e Damon lo guardò con
apprensione, ma senza proferire parola. Non si pentiva di quello che
aveva fatto, ma non poteva negare, almeno a se stesso, di essere
dispiaciuto per l'amico. Un attimo di rimorso gli strinse il
petto, e sembrò aggiungersi spietatamente a tutto il dolore e
la rabbia che si portava dentro. Ancora una volta, si costrinse a
spegnere tutto. A far scivolare via ogni cosa, lasciandosi pervadere
da una sensazione di vuoto. Solo così sarebbe sopravvissuto a
quella notte infernale, una notte in cui il destino sembrava volesse
sbattergli in faccia tutti i suoi soliti errori: come quello di
innamorarsi di donne che possedevano tutti gli strumenti del mestiere
per ferirlo a regola d'arte. Tutti i suoi limiti fisici: non era
in grado di proteggere la donna che amava, e quanto pareva neanche se
stesso. E tutti i suoi difetti caratteriali: come l'impulsività,
che non gli lasciava spazio ai dubbi sul da farsi ma spalancava la
porta ai successivi rimorsi. L'avrebbe uccisa lo stesso se non
l'avesse morso? Probabilmente sì, perché quello era ciò
che era! Ma non poteva combattere anche contro il senso di
colpa, non quella notte! Vuoto, doveva far sì che
ogni cosa scivolasse via da lui. Vuoto, doveva e voleva sentirsi
vuoto. Nel frattempo, Jeremy aveva nascosto i corpi dei
vampiri e quello del lupo tra dei folti cespugli ai margini della
strada. Quando ebbe finito, anche lui entrò in macchina. In
un doveroso silenzio, i quattro ripartirono, diretti verso la casa
sul lago.
***
***
Lily
continuava ad indirizzare il suo potere verso Gloria. L'energia,
tra le due, continuava ad equipararsi. Ma il Consiglio, come membro
della Triade, sceglie sempre la strega o lo stegone più forte
al mondo: il che significava che Lily poteva farcela. Doveva solo
concentrarsi e fondersi con la natura che la circondava in un attimo
di pura forza. Bastava un solo attimo per vincere...
Klaus
si distanziò dall'auto, avanzando qualche passo verso Summer,
che immobile lo guardava con aria di sfida. Lo temeva, non poteva
negarlo. Prima di quel momento, era sempre stata la rabbia la sua
forza motrice. Scaricava contro i nemici tutto il rancore che si
portava dentro. Ora, invece, Summer non sentiva più nessuna
sorta di rabbia dentro di lei. Damon aveva assorbito tutta la sua
oscurità, purificandola da ogni dolore. Tutto ciò
che le aveva sempre fatto male era stato ridimensionato, sfumato,
acquietato. Con la sua presenza, con quel vortice di serenità
e spensieratezza, Damon aveva cancellato tutto il male che si portava
dentro. Ma ora, dalla sua parte, Summer aveva un'arma ben più
potente della rabbia: l'amore. Avrebbe tratto la sua forza dalla
disperata voglia di salvare le persone che amava: Damon e Lily. Non
avrebbe esitato a dare la sua vita per loro!
La
cacciatrice, il pugnale, Klaus. La loro complementarità
si percepiva nell'aria. «Prego, prima le donne...»
disse l'ibrido, sfidandola con sicurezza. Summer lo guardò
di sbieco. Bene, se lo voleva lui! Con una mossa veloce, si
posizionò alle sue spalle, afferrandolo per il braccio e
torcendoglielo subito dopo. Quella mossa costrinse l'ibrido a
chinarsi con la schiena, e Summer, con l'altra mano, ne approfittò
per spiattellare il suo volto sul cruscotto dell'auto. «Tutto
qui quello che sai fare?!» Klaus, con un gesto del braccio
libero, prima scostò la mano con cui Summer teneva la sua
testa e poi, appellandosi a tutta la sua forza, roteando verso di
lei, le diede una gomitata sul viso, costringendola a lasciare la
presa. Si materializzò alle sue spalle e le cinse con
forza. Summer, stretta in quella morsa, poteva muovere solo gli
avambracci. Inutilmente teneva le mani sulle braccia del vampiro,
cercando di allontanarle dal suo corpo, Klaus era troppo
potente. L'ibrido si trasformò, e non esitò oltre
prima di affondare i canini nel collo della cacciatrice. Fu un morso
violento, doloroso, avido, che nulla aveva a che fare col modo
delicato con cui l'aveva fatto Damon solo qualche ora prima. Un
gemito di dolore uscì dalle sue labbra, mentre l'ibrido si
gustava quello che per lui era un elisir di auto-esaltazione. Il
sangue delle cacciatrici aveva sempre portato all'estremo il suo
senso di onnipotenza. Klaus si sentiva un Dio in terra. Sicuro,
potente, invincibile. Non accennava a lasciare il suo collo, e
lei usò quel minino di mobilità concesso alle sue
braccia per sbottonare lo smanicato e arrivare alla tasca interna:
quella in cui era contenuto il pugnale. Con un gesto discreto delle
dita, lo liberò della guaina, che quindi rimase nel giubetto,
lo impugnò e con una mossa veloce lo conficcò
nell'addome dell'ibrido, graffiandosi il fianco a causa della poca
libertà di movimento data dalla presa ferrea. Klaus fu
colto da un dolore improvviso e lancinante. Lasciò cadere le
braccia, portandosi subito le mani sulla ferita, e indietreggiò
di qualche passo. Qualcosa gli aveva colpito la parte laterale
dell'addome, qualcosa che aveva provocato delle scariche elettriche
rosse sulla zona colpita. Non aveva mai sentito, in mille anni di
vita, un dolore tanto intenso. Fu costretto ad inginocchiarsi per
far fronte a quel tormento, mentre quelle fastidiose scariche
elettriche bruciavano ogni anfratto delle sue viscere. «Cosa
mi hai fatto?» biascicò affannato. La vista
momentaneamente appannata dal dolore, ma poi, quando fu più
chiara, tra le mani di Summer, lo vide: quel dannato pugnale. Come
faceva ad essere al suo stato originario?! Perché ce l'avevano
loro?! Come avevano fatto?! Ma poi capì... Philiph
Harris. Quelle due dovevano aver avuto a che fare con
quell'uomo. Un membro della Triade, ovvio! Come aveva fatto
a non pensarci subito?! Chi altri poteva avere interesse a
mettergli i bastoni tra le ruote?! Bene! Voleva dire che le
avrebbe uccise anche per vendicarsi di quel terribile affronto! Di
quella presa in giro che continuava a bruciargli l'orgoglio! Ma
Klaus non ebbe neanche il tempo di rialzarsi; Summer gli piazzò
un calcio sotto la mandibola, spostandolo di qualche metro. L'ibrido
cercò di rimettersi in piedi, asciugandosi il sangue che
macchiava le sue labbra. Il pugnale. Ormai contava solo
quello! Pesino Elena e il rito erano passati in secondo piano.
Avrebbe aspettato il mese successivo. Non importava! Ma, il
pugnale, quello doveva essere suo! Era l'unica cosa al mondo
in grado di ucciderlo. «Dammi quel pugnale!» ordinò
a denti stretti. «Vieni a prenderlo!» Con un
ringhio di rabbia, nonostante il dolore, Klaus si fiondò sulla
cacciatrice. Un calcio, un pugno, un altro calcio, cercava di
sottrarglielo, ma Summer subiva, pur di non lasciarglielo
prendere.
Lily non potette dare loro neanche un'occhiata
fugace, non poteva distrarsi, ma sentì chiaramente la sua
amica in difficoltà. Doveva fare alla svelta! Doveva darle
una mano! Si concentrò al massimo, intonando una sorta di cantilena. Percepì ogni più
lieve rumore della natura, e poi, finalmente, lo sentì: il cuore di Gloria.
Lo sentì pulsare con chiarezza, e riuscì a
visualizzarlo, a prenderne il controllo, a stringerlo mentalmente,
fino a rallentare gradualmente ogni suo battito. In meno di un
minuto, Gloria cadde a terra esanime. Lily si sentiva stanca,
incredibilmente priva di forze, ed anche in colpa per aver ucciso, ma
in quel momento doveva pensare solo a Summer. Le sue energie erano
allo stremo, così, guardando la luna, decise di sfruttare il
suo potere. Con un gesto della mano, come a voler schiacciare
qualcosa di inesistente, Lily si appellò alla forza della luna
per innescare la trasformazione dell'ibrido, con i suoi poteri,
invece, la inibiva, lasciandolo, in questo modo, in uno spietato
limbo di dolore. Klaus sentì ogni osso del suo corpo
spezzarsi senza un fine. Sentiva la trasformazione avviarsi senza il
suo controllo, e, per qualche ragione, essa non sfogava, lacerando
ogni suo tessuto interno e costringendolo a contorcersi dal
dolore. Si accasciò a terra tra urla lancinanti, e Summer
ne approfittò per sferrargli un altro calcio. L'ibrido
venne catapultato a qualche metro di distanza, e Summer brandì
il pugnale in una stretta decisa per la resa dei conti definitiva.
Non aveva più scampo. Per l'ibrido era arrivata la
fine. «Spiacente, Klaus, ma non ho tempo di aspettare che
mille anni di inutile vita ti scorrano davanti agli occhi!» «A
posto di fare l'impertinente...perché non dai un'occhiata alla
tua amica?!» disse a fatica, ma in un attimo in cui il dolore
gli aveva dato tregua. Summer si voltò in direzione della
strega: pallida, tremante, madida di sudore e con uno sguardo privo
di coscienza. L'ibrido approfittò di quella distrazione per
scappare. Era troppo debole e mal concio per affrontare una
cacciatrice armata di quel maledetto pugnale. E, in pochi secondi, si
ritrovò immerso nel bosco di Mystic Falls. Gloria, Sarah,
Zahir erano tutti morti, e lui era di nuovo solo, con un taglio
sull'addome che non accennava a rimarginarsi.
«Lily!»
esclamò, con voce colma di apprensione e paura, mentre la
scuoteva leggermente, tenendola per le spalle. Le gambe della
strega, messe in evidenza dal sottile leggings nero e dal cappottino
largo di un rosso lampone, tremavano vistosamente, e quando quel
movimento ebbe termine, la ragazza chiuse definitivamente gli occhi,
perdendo i sensi tra le braccia della cacciatrice. Summer
s'inginocchiò, continuando a tenerla stretta. Le accarezzò
la fronte. I suoi capelli erano bagnati di sudore e la sua pelle era
fredda, pallida e lucida come una statua di cera. «Lily...»
bisbigliò in lacrime, tra lo spavento e un senso d'impotenza,
ma la strega non accennava a svegliarsi.
***
***
Alaric,
seduto sul divano, si rigirava il telefono tra le mani con
un'espressione spenta. Damon si stava versando dello scotch;
facendogli un cenno, seguito da un mugolio, cercò di offrirne
anche a lui, ma, dopo uno sguardo velocissimo, Alaric abbassò
il volto e denegò col capo in un movimento quasi privo di
forze. «Ti fa male?» chiese Elena al vampiro, tenendo
tra le mani delle coperte che aveva intenzione di sistemare sui
divani. «È ancora sopportabile, soprattutto con la
giusta dose di sedativo» Damon sollevò leggermente il
suo bicchiere, facendo uno dei suoi soliti sorrisini caustici. La
ferita iniziava a pulsargli in dolorosi spasmi. La ragazza annuì,
per poi voltarsi verso Rick: il suo viso stanco e pallido le
stringeva il petto. «...Non possiamo essere sicuri che sia
lei, in fondo, poteva anche essere un semplice lupo. Di questi
periodi non sono rari!» cercò di scuotere l'amico da
quello stato di torpore mentale. Le faceva male vederlo in quelle
condizioni, proprio ora che aveva iniziato a reagire alla vita. «Se
fosse stato un lupo qualsiasi, sarei già guarito!»
obbiettò Damon, con un tono duro, prima di bere una lunga
sorsata di liquore. «Giusto...» mormorò lei,
ancora più costernata. «Non devi preoccuparti,
Elena. Solo che adesso...vorrei starmene un po' da solo...»
Alaric tenne lo sguardo basso, soprattutto per non incontrare
nuovamente quello di Damon. Non gli portava rancore, era ovvio che
sarebbe andata a finire in quel modo, eppure non voleva guardarlo,
aveva bisogno di un po' di tempo per metabolizzare quella faccenda.
La ragazza annuì. «Al piano di sopra c'è
la camera dei miei genitori...» Alaric non se lo fece dire
due volte e si congedò rapidamente. Jeremy, intanto, se ne
stava nella sua camera a rispolverare vecchi ricordi di quando lui ed
Elena erano bambini. Damon se ne stava immobile davanti alla
finestra, con lo sguardo fisso sul paesaggio e la mascella
serrata. Ogni tanto roteava il liquore nel suo bicchiere,
fissandolo in una sorta di trance. «E tu? Mi dici cosa ti
prende?» Elena gli si avvicinò, poggiandosi con la
schiena alla parete. «A cosa ti riferisci?» bevve un
sorso di scotch e concentrò nuovamente il suo sguardo sul
lago, divenuto specchio di quel cielo stellato. «Al fatto
che sei più accigliato del solito. Andiamo, Damon. Te lo si
legge in faccia che c'è qualcosa che non va. È per
Summer, Vero?» Il vampiro non rispose, il suo sguardo restò
fisso sullo scenario. Quel nome era una pugnalata al suo petto.
Era stanco di sentirlo pronunciare. Elena lo guardò con
dolcezza, percependo la sua angoscia. «Apprezzo che tu
voglia restare qui a proteggermi, ma la luna ha quasi raggiunto il
suo apice e qui con me ci sono Alaric e Jeremy con i loro anelli.
Sono al sicuro, Damon. Va' da Summer...». Ancora! Era
proprio necessario pronunciare il suo nome?! «Lei...non
ha bisogno di me» i suoi lineamenti si marcarono di
un'ulteriore durezza. «Forse è così...»
Elena incurvò la schiena verso di lui, per scrutare alla
perfezione tutto ciò che si celava dietro ai suoi occhi «Ma
sei tu ad avere bisogno di andare da lei...» concluse con voce
calma e bassa. In quel momento, gli occhi del vampiro, ancora
fissi di fronte a sé, brillarono di quella luce che solo un
sottile velo di lacrime sa donare. I suoi lineamenti si
ammorbidirono all'istante, sciogliendosi infine in uno sguardo che
inteneriva e che mostrava il modo in cui quella storia lo stava
logorando. Il petto gli si strinse in una morsa priva di
ossigeno. E Damon, in quel nodo alla gola, sentì di
ritornare pienamente in sé. Sì, aveva bisogno di
andare da lei! Ma aveva paura di andare lì e poi
scoprire di essere davvero inutile come lei l'aveva fatto sentire, di
non essere in grado di proteggere la donna che amava. Paura di
essere davvero... “solamente d'intralcio...” Nessun
uomo vuole sentirsi così di fronte alla donna che ama. Eppure
ogni istante lontano da lei era una tortura peggiore della vergogna e
del senso di morte. Quel tentativo di annientare sé stesso
lo aveva ucciso mille volte in una sola manciata d'ore. Non
era meglio morire una sola volta per la donna che amava?! Non
poteva più stare lì. Ormai l'aveva capito. Ormai
era di nuovo in sé, in una sorta di rassegnazione
combattiva. I suoi occhi erano ritornati a brillare. Aveva
fatto tutto ciò che gli altri avevano
voluto che facesse. Aveva fatto decidere agli altri
cosa fosse giusto fare. Da quando lui era così? Da
quando non faceva solo ed esclusivamente di testa sua? Da quando
non era la mina vagante incontrollabile? Aveva
deciso di spegnersi, pur di non sentire dolore. Aveva annientato
sé stesso, lasciandosi trascinare dal volere degli altri. Si
era limitato a fare ciò che avevano stabilito...e non era da
lui, non era nel suo stile neanche ascoltarli gli altri! Figuriamoci
attenersi ai loro stupidi piani! Che diavolo stava
facendo ancora lì?! Doveva correre da Summer e sperare che
non fosse troppo tardi, perché altrimenti l'eternità
concessa ai vampiri non gli sarebbe bastata per perdonarselo! Elena
confermò i suoi pensieri: «Ti conosco, Damon. So che se
non lo farai...non riuscirai mai a perdonartelo...». Quell'anima
ritornatagli nel petto sembrò accendersi di una fiamma
portatrice dell'energia di cui le parole di Summer l'avevano
privato. Era ritornato in sé. E nel bene e nel male, adesso
i giochi li conduceva lui! Come avrebbe dovuto fare sin
dall'inizio! Guardò Elena con apprensione. Avrebbe voluto
stare lì a proteggerla, perché le voleva bene e perché
lo doveva a Stefan, ma non poteva stare con lei...non questa volta, e
lei gli sorrise capendo il suo intento. Stavano per dirsi
qualcosa, quando il rumore della porta che si spalancava li mandò
in allerta...
Alaric si era seduto all'angolo del letto
matrimoniale ricoperto da un piumone a quadroni dall'aria un po'
datata. Guardò il telefono quasi con aria stanca...stanca
di quella realtà che sembrava volesse prendersi gioco di
lui. Se lo rigirò ancora tra le mani e poi, in uno scatto
veloce, dettato da uno stupido barlume di speranza, la chiamò.
Ma il telefono di Clarissa squillava a vuoto. Era ovvio che
sarebbe andata così. Lo sapeva bene. Eppure, aveva
sentito il bisogno di farlo...
***
***
Summer
varcò la soglia del pronto soccorso con il corpo esanime di
Lily tra le braccia. Venne subito raggiunta da un'infermiera con
una barella. «Cosa le è successo?» chiese,
mentre la spingeva verso la saletta del primo soccorso. «È
svenuta...» si limitò a dire. Il cuore che le
rimbombava nel petto, gli occhi lucidi messi a dura prova da
quell'infernale luce bianca. «Ha battuto la testa,
quando è caduta?» Avevano raggiunto la postazione,
ed ora l'infermiera stava scoprendo le caviglie e il petto di Lily
per l'elettrocardiogramma. «No...no l'ho presa in tempo»
rispose con voce bassa e frastornata. Il suo sguardo era assente.
Tutto le appariva strano e confuso, e gli altri due infermieri che la
raggiunsero li aveva avvertiti come folate di vento. I due uomini
presero posto intorno a Lily, chi le prelevava il sangue, chi le
misurava la pressione. Le loro voci, che comunicavano valori che
lei non comprendeva, le vorticavano intorno, facendole girare la
testa. In quel piccolo angolo di pronto soccorso, delimitato da
una tendina grigia, Summer guardava il tutto sentendosi disorientata;
stringeva al petto il cappotto dell'amica e non aveva idea di quando
gliel'avessero tolto, quando l'avesse afferrato tra le sue mani. Ma
aveva importanza? La luce a neon accentuava il suo senso di
vertigine. L'infermiera le si avvicinò nuovamente, questa
volta con una cartellina alla mano. «Come si chiama la
paziente?» «Eleanor
Coleman» «Anni?» «Ventisette...» «Prende
farmaci, soffre di qualche patologia?» «No...no sta
bene...» come si sentì stupida a formulare quella
risposta in quel modo! Con quel filino di voce che a malapena si
sentiva. Doveva essere sembrata proprio stupida in quel momento,
pensò, ma senza che le potesse importare minimamente. Si
sentiva come una bambina smarrita in una folla di adulti. Un
medico si avvicinò a Lily e lesse rapidamente i dati raccolti
dagli infermieri. Le controllò le pupille con una piccola
lucina e poi disse: «È in coma ipoglicemico. Datele 50
ml di soluzione glucosata e portatela in rianimazione». Poi
si allontanò, sotto lo sguardo contrariato di Summer, che in
quel momento poteva solo limitarsi ad un broncio infantile. Coma.
Come aveva potuto pronunciare quella parola con tanta leggerezza?! Un
infermiere afferrò la barella per seguire le indicazioni del
medico; Summer la seguì per qualche metro, per poi essere
bloccata tempestivamente all'entrata di un corridoio dalla porta
automatica di un celeste ceruleo. «Mi dispiace, ma non può
seguirla in rianimazione. La prego di attendere in
sala...» «Cosa?!...No...» bisbigliò a
voce bassissima, continuando a guardare il corpo di Lily che man mano
si allontanava. Eppure, in quel momento, Summer si sentì così
debole da lasciarsi sovrastare dalla forza dell'infermiera. La
porta automatica si chiuse davanti ai suoi occhi. Un peso che le
schiacciava il petto e un'infinita voglia di piangere. Si
accomodò su una delle tante sedie metalliche messe a fila. Tra
le mani sudate, il cappotto color lampone di Lily. Perché
tutto il resto doveva essere così dannatamente bianco?
***
***
Gli occhi di
Damon ed Elena si spalancarono di stupore. Stefan era immobile
sulla soglia. L'invito ad entrare l'aveva già avuto in
precedenza, eppure sentiva qualcosa che lo bloccava. Si fece
forza, avanzando un paio di passi e, mettendo le mani nelle tasche
com'era solito fare, annuì impercettibilmente con uno sguardo
che invano cercava di nascondere il suo disagio. Elena lo guardava
senza la forza di proferire alcuna parola; sentiva il cuore che le
batteva nel petto con una forza quasi dolorosa. Damon, con calma,
sembrò avviarsi verso di lui, ma poi si avvicinò al
mobile bar per versarsi dell'altro liquore. «Scotch?»
alzò il bicchiere in direzione del fratello, che subito gli
concesse un mezzo e fugace sorriso, scuotendo la testa in segno di
negazione. Elena e Stefan si scrutavano senza dire nulla: lo
sguardo di lei era fisso, mentre quello del vampiro si riduceva a
pochi attimi intervallati. Damon bevve una lunga sorsata. «Bene,
visto che sei qui, ritorno a Mystic Falls...» disse, prendendo
le chiavi dell'auto poggiate accanto alla bottiglia. Cercò di
badare ai suoi movimenti: non voleva che Stefan si accorgesse del
giubbotto lacerato, non voleva che vedesse quel maledetto
morso. L'ennesimo. «Per farti uccidere da Klaus?»
il fratello girò il volto nella sua direzione. «Non
posso negare che sia uno dei possibili scenari!» rispose lui,
con nonchalance. «Non ha senso che tu vada lì, Damon.
A quanto ho capito sarà la cacciatrice ad occuparsi di lui. È
così?» «Sì, è così...»
Il vampiro dovette fare i conti con l'ennesima fitta al petto. «Sa
come ucciderlo?» «Ha un pugnale forgiato
appositamente per lui...» Damon giocherellò col suo
bicchiere «perché pensavi che volesse uccidere Elena?»
«È stata Katherine a dirmelo, ha detto che le
cacciatrici prendono ordini da un'entità a cui non possono
disubbidire e, a quanto pare, uno di questi ordini è uccidere
la doppelganger...» Elena non ne fu sorpresa: Damon le aveva
spiegato brevemente anche quella faccenda, e poi, in quel momento,
tutta la sua attenzione e il suo interesse erano focalizzati su
Stefan. «Tsk...puoi stare tranquillo, te lo assicuro! Questa
cacciatrice qui disubbidirebbe a chiunque!» Damon sorrise a
mezze labbra, era proprio da Summer essere la mosca bianca della sua
stirpe. Il volto del vampiro si ammorbidì all'istante «E
poi...non farebbe mai nulla del genere... ». Stefan non si
lasciò sfuggire quello sguardo, e capì subito che tra
loro due doveva essersi instaurato una sorta di legame. Altrimenti,
perché tutta quella voglia di ritornare lì? Ma
ugualmente non gli avrebbe fatto correre rischi! «Beh, se
davvero ha un'arma per sconfiggere Klaus...andrò io a darle
una mano!» si mosse per voltarsi, ma il tono autoritario e duro
di Damon ebbe il potere di raggelarlo. «No, Stefan, tu non
andrai da nessuna parte! Il tuo posto è qui con la tua
ragazza che in tutti questi mesi non ha fatto altro che
aspettarti! Mi pare che abbiate un bel po' di cose da chiarire, dico
bene? E dubito che proporre il gioco del silenzio possa esserti
d'aiuto!» «Non ti lascerò andare!» gli si
parò davanti. «E invece lo farai!» disse con
voce bassa ma scandita e dispotica «E vorrei che per una buona
volta tu la smettessi di dimenticare chi, tra noi due, è
il fratello maggiore!» prese una breve pausa che ometteva un:
“chi deve proteggere chi!”. «Credo sia
finalmente arrivato il momento di ristabilire i ruoli, fratellino...»
continuò e, dopo avergli dedicato un altro sguardo
autoritario, si voltò verso il mobile su cui era poggiato il
suo bicchiere per riafferrarlo «...e in ogni caso...»
scolò tutto il liquore rimasto in un solo sorso «gli
atti eroici vanno lasciati a chi non ha nessun idillio da perdere!»
concluse, con un tono ironico e disilluso. «Damon...»
Stefan aprì la bocca per fermarlo, ma subito incontrò
gli occhi del fratello che, carichi di determinazione e di mille
parole taciute, lo zittirono all'istante. Damon aveva uno sguardo
risoluto, fiero, maturo, uno sguardo che il minore non gli aveva mia
visto prima; e, in un fugace istante di dolcezza, attraverso quella
limpida coltre di ghiaccio, Stefan aveva intravisto anche tutto
l'amore che si nascondeva dietro di essa. Ne restò
pietrificato, senza la forza di reagire, mentre Damon si avviava
verso la porta. Il suo discorso...i suoi occhi... Era da
prima che nelle loro vite piombasse Katherine, che Stefan non si
sentiva così protetto e... amato dal fratello. Si
chiese se avesse frainteso, ma lo conosceva fin troppo bene per
lasciarsi pervadere dai dubbi. Entrambi, se lo volevano, potevano
comunicarsi l'infinito attraverso un solo sguardo. Non voleva che
lui ritornasse a Mystic Falls, eppure capì che ciò
Damon gli aveva detto era profondamente vero: il suo posto, in quel
momento, era accanto ad Elena; era stato lui a portare tutto quel
calvario nella sua vita e, soprattutto, l'amava. Doveva restare lì
a proteggerla, ma sapeva bene che ogni minuto, dal preciso momento in
cui avrebbe sentito il rumore dell'auto che partiva, sarebbe stato
per lui una tortura peggiore di quelle infertegli da Klaus.
Stefan
puntò i suoi occhi chiari sulla ragazza e lei, lentamente, gli
si avvicinò...
***
***
Gli ci
vollero un paio d'ore e il sangue di un'intera famigliola per far sì
che la ferita si rimarginasse. Non aveva mai provato nulla di
simile. In mille anni l'avevano attraversato centinaia di lame,
ma nulla poteva paragonarsi al dolore infernale che gli aveva
provocato quel piccolo affarino, che poteva essere scambiato per un
tagliacarte! Si recò a casa Gilbert, ma, proprio come si
aspettava, tutte le luci erano spente e anche concentrando l'udito
non si captava nessun rumore. Era ovvio che l'avessero avvisata! In
ogni caso, Gloria era morta, il rituale era andato a monte, ma Elena
sarebbe stata un ostaggio perfetto per farsi rendere il pugnale. Poco
dopo, si recò a casa Salvatore. Anche lì non vi era
anima viva. Stizzito prese il telefono per chiamare Zach, ma il
gesto si ridusse a una serie di squilli a vuoto. Ancora più
innervosito si diresse sulla strada che lui e Kally avrebbero dovuto
sorvegliare. Una volta giunto lì, si guardò intorno: la
luce della luna enfatizzava tetramente il leggero strato di nebbia
che aleggiava in quel luogo umido. Chiamò nuovamente Zach, ma
subito il rumore della suoneria lo colse di sorpresa; lo seguì
a passo lento, privo di curiosità. Si aspettava esattamente
ciò che di lì a poco avrebbe visto: il corpo dei due
vampiri nascosti tra i cespugli, a pochi metri dalla strada, entrambi
con un paletto nel cuore. La bocca dell'ibrido si mosse in una
contrazione di rabbia, gli occhi vitrei, senz'anima, guardavano quel
luogo in cerca di un possibile scenario, che non gli risultava
difficile immaginare. Damon, forse aiutato da Bonnie e da
quell'umano insignificante! Erano passati di lì, era ovvio che
fossero stati loro, e Klaus non aveva idea di dove potessero essere
diretti. Ma adesso la questione più importante, quella che
aveva la priorità su tutto, era togliere quel pugnale dalle
mani della cacciatrice! Una volta risolto quel problema, avrebbe poi
pensato a cercarli ed ucciderli tutti, uno ad uno, con atroce
crudeltà, soprattutto Damon, giusto per avere qualcos'altro di
divertente da raccontare a Stefan. Klaus decise di tornare
indietro. La ferita si era rimarginata, e lui aveva una cacciatrice
da uccidere!
***
***
Damon
si fermò a qualche metro di distanza dalla porta, l'indice e
il pollice destro a giocare col portachiavi, lo sguardo fisso sul
lago. Prima di uscire aveva guardato il fratello, intensamente,
forse perché, in quell'attimo, aveva rivisto se stesso
sdraiato sul suo letto tra le braccia di Elena, immaginando quello
che poteva essere stato il suo aspetto, il morso di Tyler logoro e
infetto, la pelle lattea e lucida di sudore, preludio della morte che
lo attendeva ansiosamente, ma ch'era poi rimasta a bocca asciutta
proprio grazie a Stefan, che aveva sacrificato se stesso, ritornando
ciò che era, ciò che odiava, pur di salvarlo. Damon
sapeva che nel suo sguardo c'era stato un attimo di debolezza, in cui
il timore di non rivederlo mai più aveva lasciato trapelare il
suo amore per lui, quel legame indissolubile che immortale viveva
dietro rancori, rabbia e rimorsi, quel sentimento che era come il
sole nascosto dalle nuvole: quando il vento spazzava via le nubi, esso
splendeva sempre con la stessa forza. “Per tutto questo
tempo ho dato la colpa a lui. Dì a Stefan che mi dispiace...”
Sorrise a mezze labbra, sentendosi in pace con se stesso. Se
gli fosse capitato qualcosa, Elena gliel'avrebbe sicuramente detto,
non ne aveva dubbi. Distese il collo, rivolgendo lo sguardo alle
stelle, e lasciando che anche i suoi pensieri cambiassero
rotta. Summer... Sarebbe
andato da lei e, con la solita e incredibile faccia tosta,
avrebbe fatto di tutto per proteggerla. E
non importava ciò che lei diceva. Non importava ciò
che lei pensava. “Mi saresti solamente
d'intralcio” Ad un tratto, quelle parole non gli fecero
più male. Erano state le sue paure, le sue insicurezze a
renderle maledettamente dolorose. Non era forse la verità
che lui era infinitamente più debole di Klaus?! Ma ora
neanche la verità poteva scalfirlo. Damon era ritornato in
sé, e si sentiva più forte di prima. Sarebbe andato
da lei, da lei che non lo voleva tra i piedi, e l'avrebbe
protetta, avrebbe protetto colei che non lo considerava in grado
di farlo. Ma non aveva importanza. Quando l'orgoglio va
in frantumi per amore i suoi cocci non fanno mai rumore: essi si
posano con delicatezza sul lato soffice della dignità. E Damon
si sarebbe presentato lì con un sorriso quasi beffardo, per
farle capire che lui ci sarebbe sempre stato, con o senza il suo
permesso. E con la stessa tracotanza si sarebbe riappropriato di quel
ruolo da protagonista che gli spettava di diritto. Doveva solo
sperare che non fosse troppo tardi. Un peso sul suo petto, un
nodo alla sua gola. Se le fosse accaduto qualcosa, se non
avesse fatto in tempo, non se lo sarebbe mai perdonato: l'odio verso
se stesso l'avrebbe logorato fino alla fine dei suoi giorni. Il
suo sguardo si perse in quel manto di oscurità e piccole
luci. Damon, senza rendersene conto, in un pensiero flebile che a
lui non era dato neanche ascoltare, affidò le sue speranze a
quelle stelle. Non aveva idea di quanto fosse inutile
farlo. Nessuna di quelle stelle avrebbe brillato quanto lui...
Ringraziamenti^^ Allora,
prima di rompere con le mie note, serie o stupide che siano, è
doveroso da parte mia fare dei ringraziamenti. Quello più
lampante va ad EleanorMair
per il bellissimo banner *-* che prestissimo sarà inserito nel
primo capitolo della fic *-* Già mi emoziono all'idea di
averla come lettrice, poi lei mi fa anche di questi regali
inaspettati ed io, a parte rotolare dalla gioia, non so come
ringraziarla!!!*-* Intanto, invito le amanti di Klaus a seguire la
sua bellissima fic “Shattered
– Take me home to my Love -” un vero gioiellino: un
mix tra passato e presente, dove nulla è dato al caso!!! Il
secondo ringraziamento va a Sam (ovvero Coquelicot
[ex avevanospentoanchelaluna]). È stata lei a trovare il
volto di Lily (cambiandole anche il colore degli occhi da azzurri in
castani*-*) e ditemi se non è perfetta!!!*-* Sapevo che
potevo fidarmi di lei!!! Di suo, di questo fandom, vi consiglio
una bellissima raccolta che ha terminato da un po', ovvero: “Do
You still Know me?” Lei, lo dico sempre, è la
Regina delle drabble!!!^^ Ultima, ma non meno importante, è
meiosetsuna^^
La piccolina bella, munita di barbaro coraggio, ha letto e recensito
tutti i capitoli della fic!!! E questa titanica impresa merita un
ringraziamento speciale^^ Di suo, tengo a consigliare l'Os che più
mi ha emozionato all'interno di questo Fandom, ovvero: “To
Live and Die in Dixie” una fic storica su Damon davvero
stupenda!*-*
Vi
ringrazio davvero tanto, ma soprattutto mi
onora
avere delle fantastiche scrittrici come voi come lettrici ^^
Ora ho l'anima
in pace, e quindi posso passare alle mie solite cretinate^^
Salve
sono NanaBianca e questa è The Slayer, qualcuno se ne
ricorda?! xD Sono passati quasi due mesi dal mio ultimo
aggiornamento, quindi mi aspetto una bella palla di fieno che mi
rotola intorno xD Comunque, nel caso ci sia qualcuno, ho una Nda
Seria da fare:
La magia_ Il Caso
Clinico In TvD, quando una strega fa un uso eccessivo del
suo potere perde sangue dal naso. Questo fa pensare ad un aumento
della pressione sanguigna e la relativa rottura dei capillari.
Quindi, la sua conseguenza estrema dovrebbe essere l'ictus. Ma,
sinceramente, non sono d'accordo. Penso sia una scelta più che
altro "scenica", giusto per far vedere un po' di sangue. La
magia dovrebbe essere qualcosa legata all'energia, e quindi le sue
conseguenze dovrebbero incidere a livello metabolico. Ecco perché
la scelta del coma ipoglicemico per Lily. Ora, di queste cose non
me ne intendo, me ne sono andata per una ipotesi, dettata anche dalle
mie esigenze. Queste sono cose legate alla fantasia e quindi godono
di una certa libertà interpretativa; questo per dire che ad
obbiezioni a riguardo risponderò in maniera educata e matura,
dicendo: “La fic è mia, si fa a modo mio, gne gne gne
gne!!!” ù.ù
Vediamo se ho altre cose
da aggiungere....emmm...niente, questo è stato un capitolo di
semi-tempesta. Il prossimo sarà molto più “intenso”
a livello emozionale...credo, boh... lo sarà per me almeno,
visto che piango e rido come una pazza solo all'idea di
scriverlo!!!xD Visto che sono semi-reduce da un tremendo blocco
del fanwriter, non so il prossimo aggiornamento quando ci sarà
(questi giorni di mal tempo sono stati una manna dal cielo!!!) In
questo periodo, scrivere è stata dura; il sostegno delle dolci
fanciulle che ho ringraziato prima, e di tutte quelle che in qualche
modo mi hanno fatto sentire la loro presenza, è stato vitale^^
Quindi grazie di cuore^^ Spero di
poter riapparire presto...ma ne dubito..-_-''''' Intanto, spero
che l'ennesimo rotolone vi sia piaciuto^^ In caso contrario, e nel
caso l'aveste stampato (che spreco di carta e inchiostro!), potete
sempre usarlo per asciugare i vetri appena lavati!^____^ Ok...devo
proprio dissolvermi perché sto partendo per la solita
tangente!!!xD Una bacione e buone vacanze, nel caso non
dovessi riuscire a pubblicare il prossimo entro una data decente!!!
Baciiiiiiiiiiiiiiii
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Capitolo 54 *** Cinquantaquattresimo Capitolo ***
Una
Supernova è una stella che esplode. L’esplosione di
Supernova rappresenta l’ultimo atto, distruttivo e
spettacolare, del ciclo evolutivo di stelle massive.
***
28 Dicembre *** Parte
1^
I colori di
una natura invernale, i cartelli stradali, le varie recinzioni delle
proprietà private, il nero della notte e la luce bianca delle
stelle: l'alta velocità fondeva tutti quei dettagli in una
scia sfocata di colori scuri. Lo sguardo di Damon era fisso,
concentrato al massimo sulla strada, per cercare di distrarsi da quel
turbinio di emozioni che vorticavano, veloci e implacabili, al centro
di un unico pensiero. E se fosse arrivato tardi?
Oh
the night makes you a star And it holds you cold in its arms La
notte ti trasforma in una stella E ti stringe al freddo tra le sue
braccia
La
preoccupazione stringeva il suo petto in una morsa priva di pietà,
e Damon sentiva che fosse giusto così. Non meritava nessuna
pietà. Le sue emozioni erano libere di farlo a pezzi: l'aveva
lasciata, se n'era andato da Mystic Falls, aveva permesso alle parole
di ferirlo; sentiva che tutto ciò che provava, tutto ciò
che metteva a dura prova il ritmo del suo respiro, era giusto e
meritato. Ma ora, tutto quello che doveva fare era pigiare
sempre di più sull'acceleratore. Essere lì in tempo
era tutto ciò che importava. Neanche
per un attimo poteva immaginare lo scenario in cui lui, arrivato troppo tardi, non
riusciva a salvarla e la vedeva soccombere davanti ai suoi occhi.
Era un pensiero che lo bruciava, lo logorava e poi lo uccideva. Che
Summer ricambiasse o meno il suo amore perse importanza di fonte a
quell'evenienza.
You`re
the one to whom nobody verses I Love You Unless you say it first
Tu sei
l'unico a cui nessuno dice Ti Amo A meno che tu non lo dica per
primo
Era
stato anche quel pensiero – l'ennesimo amore non ricambiato –
ad amplificare ed esasperare la sua reazione. Si era sentito
impotente di fronte alla situazione e debole dinanzi a quelle iridi
determinate che amava con tutto se stesso e che, proprio per questo,
avevano avuto il potere di annientarlo. Damon si era annullato per
non affrontare quel dolore; si era allontanato, illusoriamente
convinto di potergli sfuggire.
So
you lie there holding your breath And its strange how soon you
forget That you`re like stars Così
giaci lì, trattenendo il respiro Ed è strano come in
fretta dimentichi Che sei come le stelle
Ma
ora che lo aveva combattuto e vinto, la sua anima si era accesa di
una nuova luce. Sarebbe stato una stella nella notte più
buia. Sarebbe stato il suo eroe. La forza era una necessità
sovrastimata: era il coraggio a fare la differenza! E lui
avrebbe messo in gioco ogni cosa, pur di porre fine a quella
battaglia, pur di salvare la donna che amava.
They
only show up when it`s dark Cause they don`t know their worth
Esse si
mostrano solo quando è buio Perché non conoscono il
loro valore
***
***
Elena
gli si avvicinò con un passo lento; Stefan tenne lo sguardo
basso, fin quando lei non gli fu così vicino da accarezzare il
suo volto. Con un movimento titubante ma che conservava una certa
naturalezza, lo abbracciò dolcemente. Stefan restò
immobile, impassibile, mentre dentro di lui i soliti conflitti
prendevano vita bruciandogli il petto. L'amava, e quel contatto
era un attimo di schiarita di un cielo grigio, acqua fresca sulle
fiamme dell'inferno, ma non poteva assecondare ciò che lei
stava tacitamente chiedendo: un ritorno al passato, a prima che Klaus
entrasse nelle loro vite. Con l'ibrido, Stefan era ritornato ad
essere “lo squartatore”. Il
mostro aveva vinto ancora. Quanti anni aveva impiegato
Lexi a farlo rinsavire? E quanti ne aveva impiegati lui per
raccogliere i cocci di se stesso? Non poteva dimenticare, non
poteva perdersi in quell'abbraccio. Non poteva fare finta che
nulla fosse accaduto, come invece stava facendo lei, che lo stringeva
con il solito fare caloroso e rassicurante. Stefan scrollò
le spalle per porre fine a quella presa ed Elena sciolse il suo
abbraccio, guardandolo con aria comprensiva. Sapeva di dover affrontare un lato della sua
anima che non conosceva: sapeva di dover combattere una dura battaglia. «Dobbiamo parlare...» iniziò
con voce bassa; era al corrente di ogni cosa — di tutti i crimini
di cui si era macchiato –, ma non le importava, e lui doveva
saperlo! «Non abbiamo nulla da dirci!» disse,
allontanandosi da lei e avviandosi verso la finestra. «Sì,
invece. Stefan, non mi importa di ciò che è accaduto in
questi mesi» gli si avvicinò con rapidità «Ti
amo e abbiamo la possibilità di stare di nuovo insieme. Adesso
conta solo questo...» con dolcezza gli accarezzò il
braccio, ma il vampiro si allontanò anche da quell'ennesimo
contatto. La guardò negli occhi con una serietà arida,
volutamente priva di sentimenti. «Sono venuto qui per
proteggerti, Elena. Per impedire a Klaus di completare la sua
trasformazione, ma, dopo questo, non ci sarà nessun
noi...voglio che sia chiaro» «È perché
hai ricominciato a nutrirti di sangue umano?! Puoi superarlo, Stefan.
L'hai già fatto una volta e ci riuscirai ancora. Lo faremo
insieme!» gli dedicò un'occhiata speranzosa, atta ad
infondergli la forza di cui quella scelta necessitava, ma quel muro
da abbattere si rivelò più spesso del previsto: «Allora
non ti è chiaro. Io non voglio più stare con te,
ed ora per favore lasciami in pace!» Il vampiro si
allontanò, dirigendosi verso la porta. Uscì e si recò
sul piccolo ponte che dava sul lago. Elena restò immobile,
turbata e ferita ma non ancora sconfitta.
***
***
A
Lily fu assegnata una stanza singola, e Summer la raggiunse appena le
fu comunicato il numero. In quell'ambiente dal mobilio bianco e
metallico, ora rischiarato dalla flebile luce dell'alba, la osservava
dormire beatamente. Sembrava che stesse ancora in coma:
l'immobilità e il sonno profondo trasmettevano uno strano senso di
pesantezza. Un'infermiera entrò per sistemarle una flebo;
quando Summer chiese informazioni, lei non riuscì a dirle
nulla, se non di aspettare l'arrivo del medico. L'infermiera si
congedò e lei si avvicinò nuovamente alla strega.
Osservò i capelli scompigliati e il volto rilassato, ritornato
leggermente più colorito. Fece un sorriso, pensando che
l'amica fosse più forte di quanto mostrasse il suo dolce
aspetto. Aveva rischiato di perderla e il suo mondo si era
fermato, aspettando il responso dei medici per ricominciare a girare
o precipitare rovinosamente nel vuoto. Insieme al signor Harris, Lily era ciò
che di più simile ad una famiglia avesse mai avuto. L'aveva
sempre vista come una sorella maggiore ma anche come una sorta di
figura materna: in fondo, era stata lei a darle quel nome e quella
nuova vita; era stata Lily ad occuparsi di lei per tutto il periodo
della sua adolescenza. Il sentimento che le univa era lucido e
obiettivo come l'amicizia e viscerale e infinito come un legame di
sangue. Poco dopo la dottoressa la raggiunse. Solito camice
bianco, scarpe gommate verdi, donna dall'età avanzata ma
dall'aspetto curato, un taglio di capelli corto e portato volutamente
brizzolato. «Salve, sono la dottoressa Farnell, lei è
una parente?» «Summer Reed» rispose stingendo la
sua mano «No, ma sono il suo primo contatto per le
emergenze». La dottoressa controllò la cartellina.
Annuì: il nome combaciava con quello riportato sul
foglio. «Come sta?» chiese Summer. «Non deve
preoccuparsi, signora Reed. La sua amica ha risposto alla
rianimazione uscendo dal coma...» la dottoressa diede
un'occhiata a Lily, avvicinandosi e sistemando il filo della
flebo. «La cosa che ci ha stupiti è
che si sia riaddormentata subito. Solitamente i pazienti che escono
dal coma ipoglicemico hanno una risposta immediata. In tanti anni di
lavoro né i miei colleghi né io abbiamo mai visto un
corpo tanto stremato. In ogni caso, adesso è fuori pericolo: i
suoi valori sono tornati nella norma. Ha solo bisogno di molto riposo
e poi si rimetterà completamente. Fortunatamente, il coma
ipoglicemico è anche quello più facilmente reversibile.
Ovviamente, quando la paziente si sarà svegliata dovremo
indagare sulle cause di questo malore, affinché non si ripeta.
Ci saranno un po' di esami da fare, ma questo è tutto, può
stare tranquilla» «Ho capito, grazie» Summer
aveva una visione anche più chiara di quella dei medici. Era
ovvio che il suo corpo fosse arrivato al limite. Tra il pugnale,
Gloria e Klaus era un vero miracolo che l'amica fosse ancora in
vita! «Mi dispiace dover essere fiscale, ma l'orario di
visite inizierà tra un'ora, dopo potrà stare con lei
fino alle nove. È la regola...». La voce della
dottoressa la destò dai ricordi di quella notte troppo
movimentata. «Sì, capisco...» si sentiva
frastornata, agitata, ma soprattutto stanca. Era come se tutta le
tensioni e le paure accumulate le stessero piombando addosso di
colpo. La dottoressa le fece un sorriso e poi si avviò,
dandole un altro minuto. Summer si avvicinò al letto. Con
un'espressione dolce, fece una carezza leggera alla sua fronte.
Sorrise sentendosi finalmente sollevata. Che cosa assurda che
la Cacciatrice dovesse attenersi alle regole di un ospedale, senza
poter stare con la sua amica! Eppure, nel sentore di riconoscenza
che in quel momento nutriva verso i dottori che si erano occupati di
Lily, decise di sottostare alle loro regole, così si avviò
verso la sala d'aspetto, ma non prima di averle dedicato l'ennesimo
sguardo colmo d'affetto.
***
***
Il
cielo si stava gradualmente rischiarando, e la consapevolezza del
tempo trascorso schiacciava ancora di più il petto di Damon,
già messo a dura prova dalle troppe emozioni condite da un
pungente rimorso. Lanciava delle rapide occhiate al telefono
lasciato sul cruscotto. Doveva chiamarla! Doveva assolutamente
avere sue notizie! Ma cosa diavolo doveva dirle?! E, soprattutto,
avrebbe risposto? E se si fosse trovata nel mezzo della
battaglia? Damon non aveva la più pallida idea di dove
fosse, e non poteva perdere tempo a cercarla chissà
dove. L'insegna stradale che indicava la direzione di Mystic Falls
lo fece scattare come una molla, decidendo per lui. Afferrò il
telefono. Doveva farsi forza e chiamarla, sperando solo che
rispondesse. Non c'era tempo per nessuna forma di disagio, imbarazzo,
rancore o per tutte le altre innumerevoli emozioni che riempivano il
suo cervello, e che non avrebbe neanche saputo denominare. Indugiò
ancora un attimo. Il pensiero di risentire la sua voce lo faceva
sentire tremendamente nervoso: non riusciva ad ignorare totalmente
ciò che era accaduto, il gelo che era sceso tra di loro.
Eppure non poteva esitare ulteriormente, doveva mettere da parte ogni
cosa. Ci sarebbe stato il tempo anche per chiarire, ma l'importante,
ora, era accertarsi che stesse bene e conoscere il luogo in cui si
trovava.
And
I think you need to stop following misery`s lead Shine away,
shine away, shine away! E
penso che tu debba smettere di seguire la via dell'infelicità Splendi
in lontananza!
Il
telefono squillò a lungo, alimentando crudelmente la sua
ansia, la sua paura, ma anche il suo senso di disagio, poi la sua
voce: «Damon...» bassa, dolce, stanca. Il vampiro
deglutì forte, come a mandare giù ogni insicurezza,
insieme al timore. Aveva risposto: Summer stava bene. «Dove
sei?» chiese con voce ferma. «All'ospedale. Lily ha
usato troppo potere, ma ora sta bene...» «Resta lì.
Sto arrivando...» «Damon...» Il vampiro
attaccò, senza ascoltare ciò che lei aveva da dirgli.
Non poteva ascoltare altro! Lily era all'ospedale: lo scontro
era avvenuto e lui non era stato presente. E se fosse successo
qualcosa a Summer? Un dolore al petto. La velocità
dell'auto che raggiungeva il suo limite. La luce dell'alba che
sfumava il nero della notte.
***
***
Appena
iniziò l'orario di visite, Summer ritornò nella stanza
di Lily; la luce del giorno l'aveva illuminata maggiormente, eppure, quella mattina, il cielo era soffocato da delle nubi
dense e cupe, che ricoprivano ogni cosa con un manto d'ombra. Lily continuava a dormire. A detta della dottoressa
le occorreva un lungo riposo per riprendersi del tutto. L'importante,
per Summer, era che fosse fuori pericolo, che non le fosse accaduto
nulla di grave. Seduta sul letto, all'altezza del suo bacino,
prese la mano della strega tra le sue, guardandola con dolcezza. «Oh,
ma che scenetta commuovente...» la voce perfida e inconfondibile
di Klaus la fece quasi sobbalzare. Si voltò verso di lui e
lo vide entrare con passo sicuro, la maglia nera squarciata nel punto
in cui l'aveva colpito, gli occhi carichi d'odio. Summer si alzò
sfoderando un'aria tranquilla, che nascondeva alla perfezione tutta
la sua preoccupazione. Lily era priva di forze e Damon stava per
raggiungerla. Doveva mandarlo via il prima possibile! «Sapevo
che ti avrei trovata qui. La tua amica aveva una gran brutta cera»
lesse velocemente solo la prima riga della cartellina posta
all'estremità del letto di Lily «addirittura in coma»
poi la posò «Be' non posso dire che non se la sia andata
a cercare!». «Questo non è il luogo adatto...»
disse con una cadenza flemmatica, controllata e lievemente
minacciosa. Klaus fece un sorriso caustico. Sì, in effetti
non potevano sfidarsi lì dentro. Diede un'occhiata alla
strega: gli sarebbe piaciuto strapparle il cuore in quel preciso
istante, ma sarebbe stato un gesto troppo vile anche per un demonio
come lui. «E per te quale sarebbe un luogo adatto?»
Summer ci pensò attentamente: doveva avere il tempo per
mettere Damon in salvo. Se fosse stato necessario, l'avrebbe
incatenato in qualche angolo remoto di Mystic Falls! E poi c'era
Lily. Doveva mettere in salvo anche lei! Doveva tenerla fuori da
quella storia! «Quello in cui hai
spezzato la maledizione, alle undici. Solo tu, io e il pugnale, proprio come la
strega originaria voleva. Che ne dici?» L'ibrido la scrutò
attentamente. Quella cacciatrice, con quei suoi modi sicuri, a brevi
attimi, aveva il potere di intimorirlo, ed era una sensazione che
odiava! «Cosa mi da la certezza che tu non stia aspettando
che la tua amichetta si svegli!? Oppure che non stia aspettando
rinforzi di altro genere?». L'aveva preso per un idiota o
cosa?! Erano da poco passate le otto, perché avrebbe dovuto
aspettare tanto? «Il fatto...» gli si avvicinò
guardandolo fisso negli occhi «che ti sto dando la mia parola.
Non voglio che lei si svegli. Non voglio coinvolgere né lei, né
nessun altro. Voglio affrontarti da sola!» Investito dal
tono di quella sfida, da quelle iridi scure e combattive che
preannunciavano guerra, Klaus decise di crederle: in fondo, quella
era una prospettiva che andava tutta a suo vantaggio. Quella
cacciatrice era forte e determinata, ma senza la strega valeva ben
poco! Se ne sarebbe sbarazzato velocemente e si sarebbe riappropriato
di quel pugnale, con fin troppa facilità. «Devo
ammetterlo, stanotte ti sei battuta con valore...ti sei guadagnata il
mio rispetto. Quindi...d'accordo. Se è questo il modo in cui
desideri morire...sarai accontenta» la guardò, facendole
un sorriso beffardo «Non farmi aspettare!»
L'originario
sparì velocemente, e tutta la tensione di Summer collassò
di colpo in un attimo in cui le pareti della stanza sembrarono
avvicinarsi e allontanarsi rapidamente. Subito si avviò verso
la finestra. Damon stava per arrivare, e lei doveva accertarsi che
Klaus non restasse nei paraggi. Ma era abbastanza sicura che l'ibrido
avesse creduto alla sua parola. In effetti non avrebbe mai potuto
tradirla. Non si trattava solo di una mera questione d'onore:
combattere da sola contro Klaus era ciò che più
desiderava. Pensò a Damon. Aveva attaccato ancor prima che
potesse chiedergli se fosse andato tutto bene. La sua voce l'aveva
fatta fremere, ed il fatto che di lì a poco l'avrebbe visto la
metteva in agitazione. Damon stava ritornando a Mystic Falls, e
questo significava che aveva portato Elena in salvo. Ma perché
non era rimasto con la doppelganger? Perché stava ritornando
da lei? Come avrebbe dovuto comportarsi? Dopo tutto quello che
era accaduto, dubitava di riuscire a perseguire nel suo intento di
mostrarsi fredda e velenosa pur di allontanarlo. La verità era
che sentiva un disperato bisogno di lui...
***
***
Stefan
era rientrato in casa. Elena lo fissava senza dire nulla e con un
broncio corrucciato. Aveva deciso di dargli tregua, ma solo perché
capiva di non poter insistere troppo. In modi diversi, quella
situazione era difficile per entrambi. Aveva tentato di rimediare
una sorta di colazione per Alaric e Jeremy con dei cibi a lunga
conservazione lasciati lì da un bel po'. L'ultima volta in cui
aveva messo piede in quella baita era stata proprio con Stefan. Anche
in quell'occasione aveva dovuto combattere con una conoscenza più
approfondita della sua natura, ma il suo amore ne era uscito più
forte, ed era convinta che avrebbero superato anche quella crisi.
Stefan, di fronte alla finestra, teneva lo sguardo fisso sul
panorama. Si sentì come catapultato nel passato, a quando
Damon venne chiamato alle armi nell'Esercito degli Stati Confederati,
per combattere quella guerra in cui non credeva. Guardava fuori
dalla finestra e sentiva quello stesso senso di angoscia e impotenza che l'aveva tormentato in quei lunghi mesi. Rivide se
stesso in quei giorni, vestito degli abiti dell'epoca, il giardino
fiorito di casa sua, il suo cuore pervaso da un senso di ammirazione.
La speranza che Damon tornasse a casa, sano e salvo, con tutti gli
arti al loro posto e con lo stesso sorriso di sempre. Ma Stefan,
ormai, non era più quello stesso sedicenne, non ce l'avrebbe
fatta a lungo a restare inerme in quella casa, sapendolo alle prese
con Klaus. Il tempo che si era concesso per stare lì era poco:
se Damon non avesse dato sue notizie, sarebbe ritornato anche lui a
Mystic Falls.
***
***
Summer
se ne stava seduta su una scomoda sedia di metallo posta accanto al letto
dell'amica. Il volto di Lily le sembrava ancora più colorito,
eppure continuava a non muoversi. Summer la guardava con
un'espressione intenerita. Mancavano più di due ore allo
scontro con Klaus, e l'unica cosa che voleva era che Lily continuasse
a dormire per tutto il tempo, che restasse fuori da quella
storia, nonostante il suo importante ruolo all'interno della Triade. «Come sta?» la voce di Damon, dietro di lei,
le fece mancare un battito. Iniziò a tremare leggermente, e
combatté col suo corpo per non darlo a vedere, per alzarsi e
girarsi verso di lui mostrandosi tranquilla. Il suoi occhi, le sue labbra, i
suoi lineamenti... era come se fosse passato un secolo. «Il
suo corpo è stremato, ma sta bene. Ha solo bisogno di riposo».
Damon annuì debolmente. Si sentiva più agitato del
previsto. I due si guardarono fisso negli occhi per degli
interminabili secondi; entrambi visibilmente a disagio ma sollevati
dal fatto che l'altro stesse bene; entrambi colmi di una voglia
immensa e viscerale di abbracciarsi con forza, ma frenati dalla
situazione e da quella strana sensazione che li bloccava dopo ogni
litigio: quell'assurda convinzione che ogni cosa fosse finita
irrimediabilmente; e tutto a causa di quel rapporto poco
convenzionale che non aveva mai trovato un chiarimento, una
definizione... una qualunque sorta di stabilità! «Le darei il mio sangue,
ma temo che possa farle più male che bene!» disse
ironicamente, per distogliere lo sguardo da lei e posarlo su Lily, ma
Damon si pentì immediatamente di quelle parole su cui non
aveva riflettuto. «Che vuoi dire?» Summer, pur non
capendo a cosa lui si stesse riferendo, lo domandò con un tono
lievemente allarmato; poi, osservandolo attentamente, vide il suo
giubbotto lacerato da dei segni inconfondibili: erano strappi di
denti aguzzi. «Damon...» aggiunse con preoccupazione,
avanzando di un passo e alzando leggermente la mano per
sfiorarlo; ma lui mosse la spalla in un morbido scatto all'indietro,
quasi d'istinto, bloccando l'intenzione della ragazza di avvicinarsi.
Lui stesso non capì il motivo di tutta quella ritrosia:
era come se il contatto di Summer avesse potuto in qualche modo
ferirlo. Aveva creduto di riuscire a gestire meglio le sue
emozioni, ed invece queste erano più confuse del previsto. Gli
occhi si posarono sulle labbra di Summer, che teneva lo sguardo basso
a causa di quel gesto, e fu pervaso da una smisurata voglia di baciarla;
allora capì che se lei lo avesse toccato, o anche solo sfiorato, gli sarebbe stato
difficile – se non impossibile – trattenere la voglia di farlo, e non
voleva. Non voleva baciarla. Anche se l'aver immaginato il peggio
rendeva ancor più pressante quel desiderio. Era lì per
lei, con l'orgoglio messo da parte e il bisogno di far rivalere quel
ruolo attivo che lei, con le sue parole, aveva demolito e
ridicolizzato, ma non poteva baciarla, non dopo ciò che gli
aveva detto. Lo desiderava infinitamente, ma non poteva. Doveva a se
stesso almeno quella resistenza. «Tranquilla, ho ancora un
bel po' di tempo prima che inizi a fare un male cane e a provocarmi
le allucinazioni!» disse scherzosamente, cercando di smorzare
la tensione che lui stesso aveva peggiorato. Summer gli si
avvicinò ulteriormente; capì che il vampiro era in
collera con lei e non poteva biasimarlo. In fondo era stata una sua
scelta quella di allontanarlo, era preparata a quella reazione, per
quanto le facesse male; ma ora la sua preoccupazione principale era
quel morso, così, con un volto serio e fiammeggiante, disse:
«Se è il sangue di Klaus ciò che ti occorre, lo
avrai, Damon. Puoi starne certo...». Il cuore agitato, gli occhi
lucidi, avrebbe fatto di tutto, ma Damon sarebbe guarito! Le
labbra del vampiro si mossero in una smorfia di disappunto quasi
impercettibile. Ancora quell'inversione di ruoli fastidiosa e
irritante! Era lui a dover avere cura di lei, non il contrario! «Ti
stai preoccupando inutilmente. Il sangue di Klaus è
imbottigliato e chiuso in un cassetto. Piuttosto, cos'è
successo? » il suo tono ancora forzatamente freddo, e vide
Summer che gli dava rapidamente le spalle per infilare il giubbotto
di jeans. Liberò i capelli dalla stoffa, mentre diceva:
«Te lo dirò strada facendo, devi bere quel sangue prima
che inizi a farti male...» Summer non poteva tollerare oltre la
vista di quel morso. Il pensiero che lui fosse stato attaccato da un
licantropo la torturava. Clarissa! Avrebbe dovuto strapparle il cuore
al minimo sospetto! Ed erano pensieri fin troppo crudeli, che non le appartenevano, ma
Summer sentiva il respiro che le mancava e il cuore che le rimbombava
nel petto così forte da sentirlo addirittura nelle tempie: in quel momento
non era in sé. L'agitazione era dipinta sul suo volto nei suoi
toni più accesi. «Ci sono già passato, c'è
ancora tempo. Adesso dovremmo pensare a Klaus...» «No,
Damon, adesso non posso pensare a Klaus! In questo momento non
posso pensare a nient'altro!» esclamò con voce alta e
ferma, mentre due lacrime prendevano vita agli angoli interni dei
suoi occhi: Lily, adesso lui, troppo era lo stress che si stava accumulando al centro del suo torace. Si voltò verso l'amica per accertarsi di non
averla svegliata e per dare le spalle a Demon, poi asciugò
quelle lacrime ancor prima che potessero rigarle le guance. Il
vampiro osservò la sua reazione, sentendo il petto esplodere
quasi dolorosamente. «Fin quando quella ferita non sarà
guarita, tutto il resto verrà dopo, perciò...te lo
chiedo per favore...andiamo a casa...» la voce soffocata da un
pianto trattenuto con la forza, lo sguardo basso. Lui ne restò
sorpreso. Il torace che adesso gli si infiammava con
lentezza. Possibile che non avesse pensato che il suo
comportamento della notte trascorsa altro non fosse che
preoccupazione per lui? In quel momento, era palese che
Summer non desiderasse altro che vedere quella ferita infetta
rimarginarsi al più presto. Il vampiro si sentì
quasi frastornato da quella raffica di pensieri ed emozioni che lo
assalirono di colpo. «Ti aspetto in macchina» disse,
per schiarirsi le idee e dare a Summer un altro minuto per
salutare l'amica. Lei annuì, consapevole di non essere
riuscita a controllare la sua reazione; si sentì tremendamente
in imbarazzo, ma il vampiro uscì dalla stanza, dandole anche
l'opportunità di calmarsi.
Summer si concesse un ultimo
minuto con Lily. Esisteva la seria evenienza che non l'avrebbe più
rivista, e una lacrima le rigò la guancia, mentre le posava un
bacio sulla fronte. Si sarebbe ripresa, ne era certa, perché
l'amica era un'autentica forza della natura. Le sorrise, mentre mille
ricordi della loro amicizia le riaffioravano nella mente.
Damon
l'attendeva poggiato allo sportello della jeep di Elena. Ripensava
a tutto ciò che si erano detti: alla foga con cui Summer aveva
ribadito di non poter pensare a nient'altro che a lui. Si sentiva
strano. In fondo, perché se ne sorprendeva tanto? Gli
aveva mostrato più volte di tenere a lui, perché non
gli sembrava mai abbastanza?. Damon era stanco di dover
interpretare gesti, soprattutto perché la sua insicurezza a
riguardo non faceva altro che sminuirli. Ora aveva un dannato
bisogno di parole... Summer uscì dall'ospedale. I suoi
capelli sobbalzavano leggeri ad ogni suo passo. Per Damon era
incredibilmente bella anche con quell'aria stanca e provata, con
quegli occhi un po' arrossati e i capelli non proprio in ordine. La
ragazza fece una rapida espressione interrogativa, notando quella
jeep al posto della Camaro del vampiro, e si chiese cosa fosse
capitato, come avesse avuto quel morso. L'aveva ferito pur di tenerlo
lontano dai pericoli, e a quanto pareva non era servito a
nulla. Entrò in auto e Damon fece altrettanto. Dopo aver
messo la cintura di sicurezza, Summer raccolse i capelli tra le
mani e, dopo averli girati un paio di volte, li sistemò sulla
spalla: era solita farlo, perché non sopportava di tenerli tra la schiena e il sedile. Damon osservò quel
gesto con la coda dell'occhio e subito fu colpito dalla vista di due
piccole macchie di sangue sul suo collo, macchie inconfondibili. Era
stata morsa da un vampiro, forse da Klaus – non poteva esserne sicuro –, e questo fece avvampare il suo petto. Nessuno poteva farle del male! E poi...il sangue di
Summer era suo...suo soltanto! Se chiudeva gli occhi, se si
concentrava, poteva sentirlo ancora dentro di sé: Summer era nelle
sue vene, ed era una sensazione che nessun umano avrebbe mai potuto
capire. Quel legame che ora scorreva tra di loro era viscerale come
nient'altro al mondo. Il respiro gli si fece affannoso dalla
rabbia, ma cercò di calmarsi per non mostrarle il suo
turbamento. Mise in moto l'auto e si allontanò
dall'ospedale. «Allora? Cos'è successo? »
chiese subito dopo con voce atona. Tra di loro aleggiava una tensione
elettrica e palpabile, creata dai troppi sentimenti che entrambi
soffocavano dentro di loro. «Klaus si è presentato
qui con una strega e altri due vampiri. Io mi sono occupata di loro,
mentre Lily teneva testa alla strega. Contro quei due non è
stato difficile, ed anche Lily non ha avuto grosse difficoltà,
ma contro Klaus...» prese una breve pausa imposta da un momento
di afflizione «Lei ha esaurito tutto il suo potere ed io non
sono riuscita a finirlo... è scappato appena sono andata in
suo soccorso... » lo sguardo basso, le mani che si torturavano
a turno. Damon aveva ascoltato attentamente, provando una rabbia
crescente. Forse in tre avrebbero potuto vincere! E invece lei
aveva preferito ferirlo ed allontanarlo. Perché doveva essere
così dannatamente cocciuta?! «Hai idea di dove
possa essere andato?» lo sguardo fermo di fronte a sé,
la voce ancora controllata, quasi meccanica. «No...»
si sentì sporca a mentirgli. Forse era anche peggio di quel
“mi saresti solamente d'intralcio”,
che infiammava la sua coscienza. Ma lui doveva continuare a
stare fuori da quella storia, ed era stato un vero e proprio miracolo
che i due non si fossero incrociati all'ospedale. Non poteva
forzare ulteriormente la sorte! Non poteva dirgli la verità! Damon
annuì, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla
strada. Poi, nuovamente il bruciore al petto, e fu inevitabile
chiederglielo: «Chi è stato a morderti?» un tono
lineare corrotto da una nota stonata, che invano cercava di
nascondere la rabbia. Summer dapprima lo guardò
incuriosita, poi, ripensando alla lotta, capì mettendosi una
mano sul collo: aveva completamente dimenticato quel morso, non aveva
idea che fosse rimasto del sangue a prova dell'accaduto. «Klaus...»
sussurrò, sentendosi in difficoltà. Ripensò
al pomeriggio precedente, a prima che tutta quella situazione
precipitasse inaspettatamente, alla passione che c'era stata tra di
loro, al modo in cui avevano scambiato il loro sangue e a come tutto
si fosse poi frantumato nel lasso di poche ore. Quel ricordo
intensificò il suo respiro mettendola a disagio. Si
sarebbero mai più toccati in quel modo? L'avrebbe mai
ribaciato? L'aveva perso per sempre? Gli occhi le si
inumidirono, e quindi cercò di distrarsi: aveva cose più
importanti a cui pensare, come quel dannato morso! «A
te? Cos'è successo?» chiese in un misto di senso di
colpa, dolore e rabbia. «Siamo stati attaccati da due
vampiri mandati lì da Klaus e, quando siamo riusciti ad
ucciderli, la cara Clarissa ci ha colti di sorpresa, facendo uno
spuntino con la mia spalla. Ma, “piccoli”
intoppi a parte, abbiamo raggiunto la baita in poco tempo, e ora
Elena è sotto la protezione di Stefan. Fine della storia»
Damon si accorse di aver leggermente addolcito il tono della sua
voce, pur continuando a non guardarla. Nonostante questo, percepì
che lei gli stava annuendo. Se vi era ancora un alone di rabbia
residuata nei suoi confronti, con la sua presenza, si stava
velocemente dissolvendo, anzi: quel tono dolce e quegli occhioni
tristi lo stavano mandando al manicomio; eppure, Damon si stava
trattenendo con tutto se stesso: non riusciva a non essere freddo,
non riusciva a sciogliersi. Si chiese se la causa fosse ancora da
attribuire all'eco spietata delle parole della sera prima, o se
invece fosse semplicemente colpa di tutta quella faccenda, del modo
in cui lo faceva sentire impotente, incapace di proteggere la donna
che amava. Summer era stata morsa, aveva rischiato di perdere la sua
amica, aveva affrontato altri due vampiri e Klaus. Damon capì
che non riusciva a perdonarsi di essersene andato, di aver lasciato
che le sue paure trionfassero. Se avessero unito le forze, invece di
separarsi, probabilmente avrebbero vinto! E tutta quella rabbia
contro di sé finiva inevitabilmente per riversarsi su di lei,
che erroneamente attribuiva quell'astio a ciò che gli aveva
detto. La cacciatrice si sentiva tremendamente in colpa, e non
desiderava altro che un'occasione, un attimo per dirgli che le
dispiaceva. Una fitta di dolore gli fece chiudere gli occhi con
violenza, e per un secondo Damon perse il controllo dell'auto.
«Damon...» Summer lo guardò con immediata
apprensione, il respiro corrotto dall'angoscia. Voleva tornare presto
a casa, voleva che quella ferita guarisse il prima possibile! Ne
aveva un disperato bisogno. «Va tutto bene...» disse,
ma con voce incrinata dal dolore. Erano ore che quel morso non
gli dava tregua! Lei estrasse il pugnale dalla tasca interna
del suo giubbotto. Liberò la lama dalla guaina di legno;
aveva colpito Klaus all'addome, lì sopra doveva esserci il suo
sangue, eppure la lama ne uscì perfettamente pulita, senza
neanche un alone. Avvilita da quella strana proprietà, sperò
con tutte le sue forze che il sangue posseduto da Damon fosse ancora
in grado di guarirlo. Rimise il pugnale nella sua guaina e notò
qualcosa che la incuriosì, e di cui non si era accorta in
precedenza: per un breve istante, quel gesto faceva illuminare i sei
petali centrali del fiore di loto. Ma non ebbe tempo per
approfondire quel pensiero: Damon aveva parcheggiato l'auto sul
vialetto di casa sua, e l'attenzione di Summer si era focalizzata
nuovamente su di lui.
Il vampiro entrò nella sua
stanza, seguito dalla cacciatrice. Si liberò del giubbotto
di pelle, guardando infastidito quelle lacerazioni: Perché
dovevano essere sempre i suoi capi preferiti ad avere la
peggio? Summer se ne stava a qualche metro di distanza; lo
osservava con la coda dell'occhio, girovagando nervosamente per la
stanza con i pollici infilati nelle tasche posteriori del jeans. Tra
di loro la tensione non accennava a sciogliersi. Damon percepiva
con chiarezza il suo disagio, quel nervosismo che caratterizzava ogni
suo respiro, i muscoli tesi, lo sguardo assorto in chissà
quali pensieri. Si liberò della camicia, poggiandola con
noncuranza su una sedia. Si avviò verso il letto e si sedette
poco distante dal comodino. Dal primo cassetto estrasse la famosa
boccetta per cui Stefan aveva sacrificato se stesso. In
quell'occasione, a Damon era bastato un solo sorso per guarire; il
resto l'aveva conservato per le future emergenze, ma mai si
sarebbe aspettato di doverne fare nuovamente uso in quello stesso
anno. Afferrò la bottiglietta, tendendo l'indice sul tappo
e il pollice sulla base. La capovolse e sorrise: come ogni essere
sovrannaturale che si rispetti, il sangue di Klaus aveva conservato
le sue caratteristiche; ad un'attenta analisi, colore e densità
gli parvero inalterati. Avrebbe dovuto fare affetto! Pensò
speranzoso ma con un'inevitabile punta di scetticismo. Una fitta
di dolore lo investì nuovamente, facendogli chiudere gli occhi
con rapidità e forza. Era un bruciore spietato che
sfociava in ciò che sembrava una violenta scarica
elettrica. Summer osservava il tutto con discrezione, non voleva
che Damon si accorgesse ulteriormente della sua ansia, ma quella
ferita, umida e infetta, le faceva male come se fosse stata sul suo
corpo. Sentiva lo stomaco in subbuglio: un senso di vuoto e di nausea che
attanagliava la sua parte più alta. Aveva una disperata voglia
di urlargli contro. Perché indugiava? Perché non lo
beveva subito? Perché voleva farla impazzire? «Qualcosa
non va?» disse cercando di apparire calma. Il passo
successivo sarebbe stato fargli inghiottire quel sangue con la
forza! Il vampiro fece una smorfia e scosse la testa. Captò
la sua angoscia e si divertì a temporeggiare, dando l'ennesima
occhiata alla boccetta. Era bello vederla così preoccupata
per la sua salute. Se avesse aspettato ancora, probabilmente sarebbe
ritornata la cacciatrice violenta e intrattabile del loro inizio.
Amava anche lei. Amava ogni sua sfaccettatura. Ed amava
quando gli mostrava il suo interesse: lo faceva stare bene. Decise
di non farla soffrire ulteriormente, ed anche lui era ansioso di
togliersi quell'atroce dubbio. Aprì la boccetta e bevve una
lunga sorsata di sangue. Un paio di secondi dopo aver deglutito,
la ferita si rimarginò fino a sparire. «Voilà!»
esclamò, sentendosi sollevato. Per tutto il tempo, il
dubbio sulla sua efficacia era stata una vocina incessante, ed
invece, contro ogni sfavorevole aspettativa, era miracolosamente guarito. Lo
sguardo di Summer, contratto e agitato, si ammorbidì acquisendo una dolcezza immediata. Di colpo annientò
ogni forma di disagio e si avvicinò a lui con passo
svelto. Osservò quella ferita con un'espressione sollevata
ma quasi infantile: una sorta di tenero broncio, perché il
vampiro avrebbe dovuto farlo subito! Il suo cuore si liberò di quell'angoscia che lo schiacciava crudelmente. Sfiorò la sua spalla, e in quel contatto Damon
avvertì un'elettricità che lo fece fremere. In
piedi, tra le gambe del vampiro, Summer faceva scorrere le dita, affondando i polpastrelli nella sua
pelle, per accertarsi che non fosse solo un'illusione, che fosse
guarito realmente, poi... La voglia di toccarlo... La
voglia di lui... Il cuore che iniziava a battere forte, il
respiro che diventava l'epicentro attivo delle sue emozioni e,
soprattutto, Damon che – a differenza della reazione avuta in
ospedale – non si scostava, la lasciava fare restando
perfettamente immobile. Piano, la loro tensione si sciolse nel
calore di quella carezza; e i due avvertirono ogni istante di quel
cambiamento, dei loro corpi che reagivano a quel tocco fremendo e poi
fondendosi nel desiderio che esso trovasse una ragione per
prolungarsi. La mano arrivò alla base del suo collo, e
Summer vi poggiò anche l'altra, per una carezza che voleva trasformare il volto di Damon in una preziosa coppa tra le sue mani. Fu un movimento lento,
intenso, bramoso di dolcezza e accompagnato da uno sguardo
imbarazzato e colpevole, che a stento riusciva a trovare la forza di
reggere quello del vampiro per un tempo che andasse poco oltre il
mero istante. Damon si lasciava travolgere dalle sue carezze senza
la forza di dire nulla, debole sotto il suo tocco, schiacciato dal
suo amore, che non gli permetteva di opporre un'ulteriore resistenza.
La voglia di baciarla lo stava uccidendo, voleva una cura
anche per quella! Mosse da un vento forte, dense nubi si
muovevano rapidamente, e ombre morbide e irrequiete si creavano sui
loro lineamenti, in quella stanza dove si respirava un clima di
irrealtà: quella luce fioca che filtrava dalle finestre
sembrava creare un velo opaco sui loro occhi, già stanchi e
provati da mille emozioni. Quando le mani raggiunsero la loro
meta, Summer deglutì a vuoto: troppa era la tensione a
cui stava andando in contro. In un impeto di coraggio, lo guardò
negli occhi. Il cuore mosso da tumulti irregolari e dolorosi. Si
osservarono intensamente, in ciò che sembrava una gara a chi si
perdeva maggiormente negli occhi dell'altro. Summer aveva la sua
occasione. Il tempo era poco, e lei sentiva il disperato bisogno di
ricevere il suo perdono. Ciò che gli aveva detto per
allontanarlo era stato troppo meschino, e le riecheggiava nella mente
facendole lo stesso male che aveva provato Damon. In quel momento
l'aveva trovato necessario, ma ora non riusciva più a
convivere con quel peso. Non ce la faceva. Non era così
forte. Doveva rimediare. «Ti ho detto delle cose
orribili, parole che non meriti e che non rispecchiano il modo in cui
ti vedo; e so che non ho il diritto di chiedertelo ma...» la
voce ridotta ad un bisbiglio soffocato da un probabile pianto «Puoi
perdonarmi?». Gli occhi lucidi, mentre accarezzava le
guance di Damon con dolcezza. Senza il controllo sui suoi gesti, si
lasciò travolgere dal suo bisogno di lui, e quindi avvicinò
il volto al suo con una movenza lenta e titubante, impaurita da un
possibile rifiuto. Ma, a quelle parole, il petto del vampiro non
poté fare altro che stringersi. Aveva sofferto per nulla,
lei l'aveva fatto solo per proteggerlo. Perché quella
ragione così semplice era stata così difficile da
comprendere? Non aveva nulla da perdonarle, se non il fatto
che la sua dolcezza, in quel momento, stesse mettendo a repentaglio
il suo intento di darsi un contegno, di non mostrare palesemente
quanto fosse impetuosa la voglia di lei e quanto fossero andate al
diavolo le parole della sera precedente! Fece di tutto per
trattenere quel sorriso che energico voleva nascere sulle sue labbra,
quindi restò serio, cercando di darsi un'aria
indecifrabile. «Dipende. Stai per baciarmi?» ma,
inevitabilmente, nei suoi occhi non mancò una luce di giocosa
malizia. E fu un respiro di leggerezza quello che riempì i
polmoni di Summer, che sentì in quelle parole la sicurezza di
cui necessitava per lasciarsi catturare dall'orbita delle sue
labbra. «E tu? Stai per rifiutare?» fece con un'ironia
che, nonostante tutto, nascondeva un'insistente punta di fondata insicurezza, ma,
ugualmente, ancor prima della risposta del vampiro, si avvicinò
ancora di più, e poi, finalmente, vide lui che faceva
altrettanto. Sul volto di Damon, un sorrisetto furbo prese vita
con forza suo malgrado, che dispettoso avrebbe voluto continuare a tenerla
sulle spine. «Ho l'aria di uno che sta per rifiutare un
bacio?!» poi colmò velocemente la distanza che li
separava. E le loro labbra si ritrovarono dopo un'attesa fin
troppo lunga... Entrambi ai limiti della loro resistenza, in
quel bacio trovarono un attimo di quiete nella piena tempesta dei loro dubbi; e le
loro bocche, in pochi istanti, si animarono del desiderio esasperato
che gravava sui loro petti. Le mani sui suoi fianchi e le dita
che agili, discrete, quasi furtive, le sollevavano la maglia in cerca della
sua pelle, Damon aveva finalmente avuto ciò di cui
necessitava, ma adesso la voglia stava sfociando in altro: il loro
desiderio era paragonabile ad un bimbetto viziato in un negozio di
giocattoli. Quel bacio non voleva essere inizio e fine, voleva
prepotentemente investirsi di un ruolo, voleva essere la premessa dei
loro corpi che si univano con la solita passione alimentata da una
nuova e disperata urgenza. Ma non c'era tempo per ciò che
desideravano, ed era una verità nota ad entrambi. Le labbra
si allontanarono di poco, calde, ansati, ancora bisognose ma
tristemente rassegnate. Continuando ad accarezzargli le guance, Summer accostò la fronte alla sua. Il tempo stava per
scadere... Presto avrebbe dovuto affrontare Klaus. «Vorrei
solo trovare un modo per ringraziarti di tutto quello che hai fatto
per me...» fu un pensiero espresso a voce. Lei sola poteva
capire l'incipit di quella frase sussurrata con sincerità e
amarezza. Damon aveva fatto per lei più di chiunque altro:
aveva assorbito il veleno che scorreva nelle sue vene, le aveva
mostrato la grandezza del suo cuore, le aveva fatto conoscere aspetti
di se stessa che aveva sempre ignorato, aveva attutito il suo dolore
ma, soprattutto, l'aveva fatta rinascere in una nuova forma. Summer
non era più la stessa ragazza arrivata a Mystic Falls in cerca
di un Fiore di Loto: era diventata lei stessa quel fiore, e Damon era
stata la forza che, dall'oscurità del fondale, l'aveva spinta
verso la superficie dell'acqua, facendo brillare il suo colore alla
calda luce del sole. «Non ho fatto niente,» ammise
lui, con uno sguardo confuso e triste «ma se proprio vuoi fare
qualcosa per me...» perfezionò la sua postura,
guardandola con serietà. Damon sapeva bene che ciò
che stava per dire poteva suonare stonato, ma non gli importava. Si
armò della sua fierezza, di uno sguardo colmo di dignità,
e la sua voce assunse quel tono rassicurante e maturo che, nonostante
la dolcezza, non ammetteva repliche: «Dammi quel pugnale.
Lascia che sia io ad affrontare Klaus...». Poi l'amore
conquistò il suo spazio, e la voce si fece lievemente
soffocata: «Lascia che ti protegga...». Uno sguardo
ancora più risoluto, fiamme ardenti nel ghiaccio più
limpido. Era il suo desiderio, tutto ciò che voleva, tutto
ciò di cui aveva bisogno per stare bene con se stesso, perché
il contrario l'avrebbe logorato irrimediabilmente. Un silenzio
quasi sacrale scese per un tempo apparentemente lungo ma che in
realtà non poteva essere quantificato: la loro personale
percezione sfasava e annullava ogni oggettività.
Quel
momento era simile ad un sogno: gli attimi sobbalzavano irregolari,
il tempo non era più una scia, una linea da percorrere, era un
ritrovarsi in uno sguardo e poi in un altro ancora, con il tutto e il
niente tra di essi.
Gli occhi luminosi e fissi su di lei;
il respiro che, spietatamente interrotto, attendeva la sua risposta
per rianimarsi; la speranza che quelle parole non divenissero
soltanto un crudele trionfo di umiliazione. Lei sorrise,
intenerendo maggiormente il suo sguardo e continuando ad accarezzare
le sue guance con i pollici, che andavano e venivano dagli angoli
della sua bocca fino alla parte alta degli zigomi: un movimento
leggero, delicato...straripante d'amore. Lui voleva
disperatamente proteggerla, e quella dignitosa supplica accese il
petto di Summer di un calore rassicurante. Aveva ancora paura
di quelle due parole, ma che senso aveva tacergli tutto il
resto? Quale paura poteva avere di confessare dei
sentimenti che non richiedevano necessariamente una risposta? Perché
non fargli sapere, una volta per tutte, quanto per lei fosse
importante? Se esisteva un momento per farlo, era
ineluttabilmente quello. «Per tutta la vita, mi sono sempre
sentita esposta ad ogni cosa. Mi sono sempre sentita sola e in un
luogo dove non c'erano ripari di alcun genere...» gli occhi le
si colmarono di lacrime. «Tu...» il cuore che
le martellava nella testa, le guance che s'incendiavano «sei
stato il mio primo rifugio...». Vide gli occhi del vampiro
spalancarsi e cercò di non lasciarsi intimorire, continuando
il suo discorso, seppur ostacolata da un imbarazzo che sgretolava la
sua voce: «Le tue braccia... sono state il primo
posto in cui mi sia sentita libera dal peso di ciò che sono, lontana dal dolore che comporta e al sicuro come non mi è concesso di essere...»
in quel mondo che ora le appariva irreale, le sembrava di morire
tra le braccia del suo dolore. Il vampiro continuava a fissarla, la sua bocca
leggermente schiusa, un'aria visibilmente disorientata. Summer
cercò di farsi forza; deglutì e poi continuò,
provando a non far tremare la sua voce, a darle una cadenza più
veloce e sicura, ma due lacrime, pesanti e veloci, le rigarono le
guance, tradendola a priori. «Tu, Damon, sei stato il
primo a vedere le mie debolezze e il primo a curare le mie
ferite...perché sei stato l'unico a cui l'abbia mai
permesso...» un altro respiro, altra forza da trovare. Stava
addirittura piangendo. Perché le risultava così
difficile? Perché aveva la sensazione di sprofondare in un
vuoto da cui non avrebbe saputo riemergere? Il vampiro
continuava a non proferire parola, sembrava che stesse trattenendo il
respiro, il suo sguardo le appariva dolorosamente indecifrabile, ma
ormai non importava, doveva concludere il suo discorso: «E se
potessi farmi proteggere da qualcuno, tu saresti il solo a cui
permetterei di farlo, e so... che ne saresti capace come nessun
altro...» in un movimento delle labbra corrotto dal pianto, da
quel mento che non riusciva a non tremare, si sforzò di
sorridergli «Ma questo – una damigella da portare in salvo – non è quello che sono. Forse è solo una piccola parte di me...ma di una me debole a cui non posso lasciare spazio per esistere...» cercò di
ridare un suono deciso alla sua voce «Sono la cacciatrice,
Damon. Non posso lasciarti fare ciò che mi chiedi, tocca a me
soltanto. Ma devi avere fiducia in me» annuì
leggermente, più a se stessa che a lui, e poi terminò:
«Posso farcela...» ma, accompagnate da altre due lacrime,
quelle ultime parole squittirono leggermente, sintomo di una
sicurezza vacillante quanto ostinata a volersi mostrare
rassicurante.
Le labbra leggermente dischiuse, come a voler
facilitare quel respiro divenuto quasi impegnativo, gli occhi spalancati
rifulgenti di lacrime imprigionate, Damon deglutì forte, e i
muscoli tesi del collo lo resero ancora più visibile. Le
parole di Summer gli echeggiavano nella testa. Il primo.
L'unico. Il solo. Le sue lacrime... Cosa stava cercando
di dirgli? Un attimo di vita che si addensava nel suo petto. No,
non doveva più farsi domande, non poteva più dare adito
alle incertezze. Non vi erano più dubbi. Era tutto troppo
chiaro, bello, disarmante. Summer lo amava. E i ricordi
passati si mischiarono al presente, donandogli una sicurezza
schiacciante.
Perché quel momento sembrava
un'illusione? Perché a tratti tutto sembrava fermo,
immortalato da una colata di cera bianca?
In quel
frangente, e per la prima volta nella sua vita, Damon percepì
pienamente la mancanza di un cuore che batteva nel suo petto. A
quella sensazione di vuoto non ci aveva mai badato; ora, invece, la
sua assenza acquisiva una strana rilevanza.
Il suo cuore
avrebbe dovuto scandire quel tempo che ora vorticava incontrollato
intorno a loro, rinchiusi in una bolla al di fuori di esso.
Avrebbe
dovuto sentirlo, avrebbe dovuto battere forte, esplodergli nel petto,
fargli male, rimbombare, ancora e ancora, fino alla fine di quel
momento irreale. Invece, erano altre le sensazioni che lo dominavano.
Tutto ciò che di vivo c'era nel suo corpo fremeva
agitatamente: un tremore simile al formicolio che sussegue la fine di
un lungo torpore. Il suo respiro era lento, impercettibile,
ostacolato da qualcosa che lo bloccava: l'aria restava principalmente
nella gola, sembrava non riuscisse a raggiungere i polmoni, e neanche
a scappare via dalla bocca. Che suono avrebbe avuto la sua
voce? Alzò il braccio per raggiungere la mano che Summer
teneva sulla sua guancia e che continuava ad accarezzarlo. In ciò
che sarebbe potuto sembrare un semplice movimento governato dalla lentezza,
il vampiro aveva invece dovuto lottare con tutte le sue forze per non
tremare; e quello sforzo era poi sfociato nei suoi occhi, divenuti
ancor più brillanti, ancor più schiavi di quelle
lacrime arginate, che forse sarebbero esplose impetuosamente, se solo
a quel discorso si fosse aggiunto un dolce e desiderato Ti
Amo. Posò la mano su quella di lei, stringendola
delicatamente e senza allontanarla dal suo viso; chiuse gli occhi, si
perse maggiormente all'interno di quella carezza, piegando di poco il
collo, affondandoci con tenerezza, e poi, prima di ritornare a
fissare i suoi occhi, con una lentezza dolce e intensa le baciò il palmo. Fece
salire il suo tocco fino alla sua guancia, fino ad asciugare l'ultima
lacrima che aveva versato; l'altra mano, invece, l'attirò
maggiormente a sé, facendo aderire i loro corpi il più
possibile.
Quanto stava durando quel momento? Quanto
tempo era passato da quando lei aveva terminato di parlare? Tutto
era divenuto ancora più irreale: il senso del tempo era stato
la vittima privilegiata di quei sentimenti taciuti oltre la soglia
della paura.
Smarrito in un vortice di pensieri
confortanti e disarmanti, in una felicità agognata così
tanto da spaventarlo, Damon non sapeva cosa dire. Sussurrò
il suo nome, pur non avendo nessun discorso formulato nella sua
mente: «Summer...». Respirando attraverso le
labbra dischiuse, scosse lievemente il capo, come a voler mettere in
ordine quel flusso di pensieri e ricordi che si accalcavano
sfrenatamente. Cosa doveva rispondere? Quali erano le parole
giuste? Come poteva farle capire che le parole non dette erano
arrivate con chiarezza, e che erano le stesse che albergavano nel suo
cuore? Ci fu una pausa, al vampiro sembrò breve, ma
forse fu nuovamente la cadenza anomala del tempo a fargliela sembrare
così. Quei sensi confusi erano la risultante di quel
vortice di emozioni destabilizzanti. La felicità...
era destabilizzante, o almeno lo era per Damon. Ad essa si poteva
attribuire la dolce colpa di quel sogno difficile da controllare.
Damon avvertiva la sua piena presenza: corpo e anima erano più
desti che mai, ma era come se non avesse il pieno controllo di sé:
travolto e sconvolto da tutto ciò che gli era stato
confessato, da quell'amore quasi tangibile che ora era finalmente
chiaro, perfettamente leggibile negli occhi di Summer, colmi di
lacrime e della dolcezza più disarmante. Lei lo
amava. L'anima del vampiro si era dolcemente acquietata, aveva
finalmente smesso di gridare, e nelle carezze di lei aveva trovato un
luogo caldo, avvolgente e sicuro in cui rannicchiarsi e
riposare. Damon sapeva di doverle dire qualcosa, qualcosa che
potesse darle le stesse conferme di cui lei gli aveva fatto dono, ma
quel momento era sfuggito dai suoi occhi, ancora troppo meravigliati
e smarriti, quasi improvvisamente: Summer aveva sigillato le sue
labbra nell'ennesimo bacio colmo d'amore e dolore. Il tempo
scorreva in modo irregolare per entrambi, ma per lei, che si era
esposta, che aveva messo a nudo i suoi sentimenti in parole e
lacrime, esso agiva lentamente, nella sua sfumatura più
dolorosa e torturante. Quel bacio servì a spezzarlo, a
liberarla dalla prigionia dell'attesa. Stretta in quell'abbraccio
vigoroso, si ritrovò a cavalcioni su di lui, senza ricordare
il momento esatto in cui si fosse messa in quel modo: era stata
travolta da quella passione che cancella dalla mente i gesti appena
compiuti per proiettarsi continuamente in quelli sempre
futuri. Summer lo aveva baciato per colmare quel silenzio,
troppo convinta del suo incrollabile amore per Elena e troppo
consapevole di non potersi permettere di soffrire, soprattutto non in
un momento del genere. Perché Damon non le aveva subito
detto qualcosa? Perché aveva esitato? Era stata lei
ad impostare il discorso in maniera tale da lasciare spazio al
silenzio, eppure non riusciva a non starci male. Sapeva che, pur
non avendo pronunciato quelle due parole, il suo sentimento si era
palesato con forza. Allora perché lui non
parlava? Aveva paura di ferirla? Stava trovando le parole
giuste per dirle che Elena era ancora la prima? A differenza
del vampiro, erano pochi i gesti di conferma su cui Summer poteva
contare: c'era stata la gelosia, certo, ma bastava a prova di un
sentimento grande come l'amore? Fin dall'inizio della loro storia,
Damon aveva messo tra loro un paletto di nome Elena e non l'aveva mai
rimosso. Era sempre e solo questo ad inibire il suo coraggio, a
rendere quel Ti Amo mancato un mostro reso ancor più
spaventoso da mille leggende. Damon non le aveva mai dato delle
sicurezze concrete, delle parole o dei gesti in cui poter sperare
realmente. Era diventato sempre più dolce, non poteva
negarlo, ma quale dolcezza avrebbe riservato ad Elena? Come
poteva togliersi l'atroce dubbio di una medaglia d'argento se il
vampiro continuava a restare in silenzio? L'insicurezza e la
disperazione attanagliavano il suo cuore, spingendola a non
affrontare quelle paure e a prolungare quel bacio quasi
appositamente. Se erano parole di consolazione quelle che
l'aspettavano, non voleva ascoltarle! Adesso, doveva fare i
conti con Klaus; la sua concentrazione doveva focalizzarsi solo su
quello; sapeva di non possedere le forze per affrontare entrambe le
cose. Dopo altri istanti racchiusi in quella dolce parentesi nel
mezzo della realtà, ansanti misero termine all'ennesimo bacio.
Summer, con la fronte nuovamente poggiata sulla sua, continuava ad accarezzargli il volto. Il respiro affannoso che solleticava le labbra del vampiro
che la guardava come se lei segnasse la fine di una guerra.
Finalmente felice. Leggero. Un'isola scorta dopo un
naufragio durato cento cinquant'anni. Era il primo nel suo
cuore... Le tensioni accumulate in una vita di rabbia e
rancore si erano sciolte fluidamente, e Damon era diventato amore
liquido tra le sue mani. In quel frangente, aveva dimenticato ogni
cosa. Tutta la sua sofferenza era scivolata in un oblio, ma,
soprattutto, il vampiro aveva dimenticato di trovarsi nel mezzo di
una battaglia: per lui esisteva solo la voglia di perdersi in altri
baci, carezze e sguardi; e la sua mente era già proiettata in
quella scena: la voleva nuda sul suo corpo, con i capelli che gli
solleticavano la pelle; voleva godere della vista delle sue guance
accaldate dal piacere; ascoltare i suoi ansimi e sperare di udire un
Ti Amo tra di essi, o indurla a pronunciarlo con un “dimmelo”
sussurrato sulle sue labbra. Un bacio leggero sul collo, un altro
sul petto e un altro ancora sul seno, appena sopra la scollatura
della maglia, Damon stordiva la sua ragione con quel suo profumo
d'estate. Ancora in silenzio, ansante, fremente di desiderio,
disperatamente bisognoso di scivolare nella sua pelle, di
concretizzare quella felicità, di far esplodere quel momento
sotto pressione del loro amore, dei loro corpi schiavi del piacere,
stava per riunire le labbra alle sue, ma le parole di Summer lo
gelarono all'istante. «Devo andare...» bisbigliò
con amarezza, mentre gli accarezzava i capelli sulla fronte: neanche
per un attimo lei aveva potuto dimenticare la presenza minacciosa di
Klaus, che incombeva sui suoi pensieri come asfissiante fumo nero; il
tempo a disposizione era giunto al termine, e Damon doveva restare al
sicuro, ormai Summer ne era tristemente consapevole. E le sue
parole agirono come una doccia fredda, riportando Damon alla realtà.
L'idillio finì di colpo, bruscamente, e un'ansia smisurata gli
invase il petto. Le mani che tenevano i fianchi di lei strinsero
maggiormente la sua carne, in una presa autoritaria. «Dove?!
A cercare Klaus?! Toglitelo dalla testa, non lo affronterai da sola!»
il tono basso ma agguerrito, gli occhi fiammeggianti e risoluti «non
te lo lascerò fare!». La sua voce era tornata. Ma
perché era stato in silenzio fino a quel momento? Perché
alla fine non era riuscito a confessarle quello che provava? E
perché non ci riusciva neanche adesso? Se lo chiese più
volte, mentre aspettava la reazione di Summer.
Fino a quel
momento, il tempo era stato scandito dalle loro emozioni: erano stati
attimi di gioia fin troppo veloci per lui, ed attimi di lento
tormento per lei; ma ora che le loro emozioni si erano livellate
nell'inquietudine e nella paura di perdersi, esso aveva ripreso a
scorrere alla stessa velocità per entrambi.
«Lo
so...» Summer sorrise tristemente. Smise delicatamente di
accarezzarlo, ma riportò entrambe le mani sulle sue
guance. Finalmente lo sentiva parlare. E forse la sua ostinazione
nel volerla proteggere era tutto ciò che poteva avere, pensò
dolorosamente rassegnata. Continuò a guardarlo con estrema
dolcezza e poi, a voce bassa, disse: «Come so che non mi perdonerai per quello che sto per fare» gli occhi le si
riempirono nuovamente di lacrime «Ma, se puoi, cerca almeno di
capirlo...» scosse il capo, guardandolo con amore «Non
posso rischiare di perderti...». L'ennesima lacrima le rigò la
guancia. Quel momento segnava la fine di tutto. E senza neanche il
tempo di chiedersi a cosa lei si riferisse, di guardarla con aria
confusa, la mente di Damon fu invasa dal buio. In un movimento rapido
e sofferto, Summer gli aveva spezzato l'osso del collo, poi, cingendo
le sue spalle con un braccio e afferrando la sua nuca con l'altra
mano, lo tenne stretto al petto per un lungo istante, inspirando il
suo profumo. Con delicatezza, adagiò il suo capo al cuscino,
posandogli anche i piedi sul letto. Gli accarezzò dolcemente
la fronte, tremendamente dispiaciuta per il dolore che avrebbe
sentito al suo risveglio. Ma era stato un gesto necessario: Damon non
avrebbe mai accettato la sua scelta, non le avrebbe mai permesso di
affrontare Klaus da sola. Il tempo di un'ultima carezza, di
guardarlo con amore, chiedendosi se sarebbe stata l'ultima volta, e
poi si allontanò dalla sua stanza.
Rapidamente,
raggiunse l'auto di Lily, parcheggiata di fronte alla dimora. Aprì
il portabagagli e sollevò la copertura nera e vellutata del
doppio fondo. Al suo interno vi era un baule rettangolare, sottile e
rigido, con un manico di cuoio nel centro. Lo portò in
camera sua e lo sistemò sul letto. Lo aprì. Paletti,
spade e pugnali di ogni genere: l'arsenale personale di Kendra; e
Summer pensò a lei, quando afferrò le due spade
visibilmente più pregiate: avrebbe sicuramente apprezzato la
sua scelta. Le battaglie finali devono essere affrontate con
stile, diceva sempre l'osservatrice. Lasciò la stanza e,
percorrendo il corridoio, diede un'ultima occhiata al corpo di
Damon. Respirò profondamente, e poi pensieri bellicosi e
spietati plasmarono il suo sguardo, rendendolo determinato e
fiammeggiante.
***
***
Klaus
se ne stava al centro di quello spazio, invaso dai ricordi. Lì,
aveva spezzato la maledizione: quel posto avrebbe dovuto segnare la
fine del suo calvario e l'inizio di una nuova e gloriosa era, ed
invece quel rito non era stato altro che una presa in giro da parte
del destino. La scelta di quel luogo lo innervosiva a dismisura.
Continuò a perdersi in quei ricordi: lo scenario era
nettamente cambiato da quella notte, in cui tre cerchi di fuoco e tre
donne impaurite avrebbero dovuto segnare l'avvento dell'inferno, del
suo trionfo; ora l'inverno aveva preso il sopravvento, ricoprendo
quel terreno con un sottile strato di neve, che metteva ancora più
in evidenza il perimetro circolare del luogo. Adesso sembrava
un'arena. Gli alberi spogli sarebbero stati gli unici spettatori
della sua vittoria. Perché quella cacciatrice, senza la sua
strega, non aveva possibilità di vincere! Era riuscita a
colpirlo, di questo ne prendeva atto. Cinquecento anni prima, Esmaél,
con quello stesso pugnale, non era riuscita neanche a graffiarlo, ma
questo non significava nulla! Lei sarebbe morta e lui avrebbe
trionfato: la sua mente non ammetteva scenari diversi da quello! Una
volta uccisa la cacciatrice, avrebbe trovato una nuova strega ed
Elena, e la maledizione sarebbe stata spezzata una volta per tutte!
Poco dopo, Summer si materializzò alle sue spalle. La
super velocità aveva reso quella comparsa un atto quasi
spettrale. Klaus avvertì la sua presenza e si girò
con tracotante lentezza. «Adoro le persone puntuali!»
disse, osservando di sbieco le due spade strette dalle sue mani, con
le punte che sfioravano il suolo. «Poche chiacchiere, Klaus.
Piuttosto...» gli lanciò una spada, e lui l'afferrò
con una mossa di riflesso «cerchiamo di renderlo
epico!». L'ibrido la guardò attentamente con un
sorrisino sia compiaciuto che di circostanza: la grinta di quella
ragazza lo sorprendeva, agitandolo al tempo stesso. «Come
desideri. Ma ricorda di essere stata tu a volerlo!» non perse
tempo, si scagliò su di lei con un primo colpo alto, che la
cacciatrice parò senza problemi, poi ancora un altro, dalla
parte opposta, ed uno basso. L'originario capì che non
sarebbe stato facile come si aspettava. Quella ragazza aveva una
fiamma viva e agguerrita che le ardeva negli occhi: gli suggeriva che
si sarebbe battuta fino alla morte. Odiava quel genere di
cacciatrice! Quelle che si abituavano così tanto al pensiero
della morte, che finivano per diventare le sue più degne
rappresentanti! Ed in effetti, era ciò che Summer era
sempre stata, una portatrice di morte, proprio come lui, ma adesso
era molto di più, ed era molto più pericolosa. La
cacciatrice, quel ruolo che aveva sempre vestito alla perfezione,
fino ad entrarle nelle vene, aveva trovato una valida alleata: una
ragazza innamorata. Quell'anima divisa in due nell'amore aveva
trovato la sua perfetta unione, il suo giusto equilibrio.
E
non era più la storia di una cacciatrice che, per
sopravvivere, uccideva la debole ragazza, che le sarebbe stata
altrimenti d'intralcio; esse avevano finalmente trovato un accordo,
un punto in comune per collaborare e vincere.
Altri colpi,
lame che si incrociavano ad X, emettendo lo stridulo rumore del ferro
battuto. Entrambi a voler guadagnare spazio sull'altro, entrambi
sorretti da forti motivazioni, che esasperavano la loro voglia di
vincere.
Era la battaglia finale, quella che ogni
cacciatrice teme e sogna. Erano sentimenti che si tramutavano in
nuova forza; era coraggio che, chiamato a proteggere gli altri, ad
andare oltre i confini della propria persona, trovava la sua massima
glorificazione.
Ancora colpi, altri rumori, il cielo che
con le sue nubi dense non concedeva spiragli alla luce del
sole. L'ibrido dovette fare i conti con la forza inaspettata della
cacciatrice, non sembrava la stessa ragazza con cui si era battuto la
sera prima: una luce accecante come la rabbia e pura come l'amore
faceva brillare i suoi occhi. La concentrazione, la grinta e
l'ostinazione con cui Summer si batteva riuscivano a smuovere la
sicurezza di Klaus, che non era mai stato messo in una simile
difficoltà da un avversario.
E se ne sorprendeva lei
stessa della forza che possedeva, di quel surplus di energia che
accompagnava ogni suo movimento. Era la disperazione? Era il suo
scatto finale? Sapeva bene che quella forza se da un lato
l'aiutava dall'altro la consumava velocemente...
Summer,
in un momento in cui l'ibrido le fu più vicino, afferrò
il polso con cui lui teneva la spada, e poi subito anche l'altro. Una
lotta di forza che durò meno di un minuto e poi lo allontanò
con un calcio. Klaus barcollò lievemente ma, quasi
immediatamente, si lanciò su di lei emettendo un ringhio
rabbioso. La sua abilità l'aveva colto di sorpresa, ma era
arrivato il momento di reagire! Prima che lei potesse alzare
la lama contro di lui, mettendosi più di lato, l'ibrido riuscì
ad afferrarle il polso che maneggiava la spada, poi, tenendolo fermo
e posizionandosi alle sue spalle, cercò di tagliarle la gola,
ma Summer, con il braccio libero, allontanava quella mano per non
farsi tagliare. L'ibrido si trasformò, mettendo in vista i
canini aguzzi. Con un gesto del mento liberò il suo collo
dalla maggior parte dei capelli e poi la morse avidamente. Iniziò
a bere il suo sangue, gustandolo come se fosse stato lo champagne
della vittoria. Summer doveva resistere, se avesse ceduto, se la
debolezza avesse preso il sopravvento, la lama della spada le avrebbe
lacerato la gola. Cercava di farsi forza con tutta se stessa,
sudando ed emettendo soffocati gemiti di dolore. La mano con
cui allontanava la spada che iniziava a tremare, l'altro braccio
immobilizzato dalla sua stretta. Restarono bloccati in quella
posizione per qualche minuto: dietro di lei, Klaus, con la sua
mancina, teneva la mano destra di Summer bloccata sul suo fianco, con
l'altro braccio, cinto intorno alla sua spalla, cercava di tagliarle
la gola, il tutto continuando a nutrirsi del suo sangue. Un senso
di freddo che invadeva il suo corpo, un sudore algido che le bagnava
i capelli. Ma non poteva arrendersi! Non era ancora finita! Con
uno sforzo immane, dettato per lo più da un'incredibile forza
emotiva, Summer riuscì ad allontanare la spada di Klaus e a
liberare il suo collo, con un movimento secco verso il lato opposto
al volto dell'ibrido, ma questo le provocò una lacerazione
profonda e dolorosa. Girando parzialmente su se stessa, con un calcio
ben piazzato nel suo addome riuscì a liberare anche l'altro
braccio da quella presa. Subito si portò la mano sul collo.
Era sfuggita alla morsa di una trappola senza poterla allentare: la
sua carne bruciava e zampillava sangue, mentre la debolezza le
provocava un leggero abbagliamento di vista e un forte senso di
vertigine. Klaus la guardava con uno sguardo assetato e avido: il
sangue della cacciatrice gli era entrato in circolo, amplificando la
sua sete di potere e illuminando le sue sicurezze. Le venature scure
intorno ai suoi occhi gli donavano l'aspetto di un vero demonio,
mentre si asciugava il sangue che ancora colorava le sue
labbra. «Però! Davvero impressionante! Sei riuscita a
ritardare di qualche minuto il momento della tua morte! Devi esserne
davvero fiera...» Sorrise beffardo: anche se gli sembrava
più agguerrita, forte e resistente della sera precedente,
sentiva di poter vincere. Summer lo guardò di sbieco. «Mi
sembrava di avertelo già fatto capire: non sono in vena di ascoltare queste tue patetiche battute da film!» E lo scontro
riprese nuovamente.
***
***
In
lenti attimi di stordimento, Damon riprese conoscenza. La vista
leggermente offuscata, il collo dolorante. Si alzò con
la schiena, mettendosi a sedere. Dopo ulteriori secondi di
disorientamento, riuscì a mettere a fuoco ciò che era
successo: Summer gli aveva spezzato l'osso del collo. Perché
l'aveva fatto? Cosa diavolo aveva in mente? Si alzò e
con un fare rapido prese una camicia dall'armadio. Mentre la
indossava, si avviò verso la stanza di Summer. Com'era
prevedibile, lei non c'era. Il baule posto sul letto lo incuriosì,
facendolo avvicinare. Lo osservò attentamente: era un vero e
proprio arsenale da guerra. In quel momento, capì che Summer
gli aveva mentito spudoratamente: sapeva bene dove fosse Klaus! E
non lo voleva tra i piedi! Era chiaro! Avrebbe dovuto sentirsi
arrabbiato, e in un primo istante fu così: la collera gli
bruciò il petto; ma subito capì che non c'era tempo per
sentirsi in quel modo. Velocemente, uscì di casa raggiungendo
la jeep. Dove potevano essere?
Un ringhio di fastidio e
preoccupazione precedette la messa in moto. Il vampiro iniziò
a girovagare per le strade di Mystic Falls senza una meta. Il
petto stretto in una morsa, il nervosismo alle stelle, l'angoscia che
dava vita a pensieri scomodi. “Non posso perderti...”
la voce di Summer che echeggiava nella sua testa. Da una parte
lo scioglieva e dall'altra lo faceva infuriare! E lui,
allora? Poteva?! Dio, quanto odiava il fatto di non essere forte
quanto lei! Se lo fosse stato, le avrebbe sottratto il pugnale,
l'avrebbe legata e rinchiusa nella sua cantina fino alla fine di
quella storia! Odiava quando non poteva fare il prepotente! Era per
questa dannata ragione che l'amava così tanto? Perché
non aveva il minimo controllo su quella cacciatrice psicopatica e
impulsiva? Era convinta che lui non l'avrebbe perdonata ed
invece poteva, perché erano dannatamente simili e poteva
capirla meglio di chiunque altro. Adesso sapeva ciò che
lei provava... Adesso poteva affrontare ogni cosa!
Isn`t
it time you got over how fragile you are? Non
è tempo di porre fine a quanto tu sia fragile?
Tentò
di calmarsi per la seconda volta. Doveva necessariamente mantenere la
lucidità. Cercò di pensare, di fare mente locale, di
cercare degli indizi nelle precedenti conversazioni, ma nulla: non
aveva idea di dove potessero essere. Pensò di chiamare Liz
per far localizzare il telefono di Summer con il GPS; ma poi ricordò delle chiare parole della ragazza – dette
quasi per scherzo e in un momento di tranquillità – che
potevano rispecchiare la realtà: “Se mai dovessi
affrontare Klaus, qui a Mystic Falls, mi piacerebbe farlo nello
stesso luogo in cui ha spezzato la maledizione”. L'inversione
di marcia fece sgommare le ruote segnando l'asfalto. Si stava
facendo guidare dall'istinto e non sapeva se quella fosse la scelta giusta, ma, in mancanza di momentanee alternative, Damon
si avviò verso il bosco. La macchina lasciava il centro
cittadino in manovre azzardate e curve veloci, palesando l'ansia incontrollata del suo guidatore. Il vampiro aveva
assaporato un momento di felicità puro e tangibile, ed ora era
come se lo stesse ripagando con gli interessi. La sua anima come schiacciata
dalla paura di perderla. Sì addentrò con l'auto fin
dove gli fu possibile e poi uscì rapidamente per continuare
con la super velocità, sperando, con tutte le sue forze, che
fosse il luogo giusto.
Shine
- Anna Nalick
***
***
Ancora
lame che cozzavano, altri rumori ferrosi, Summer e Klaus si
scontravano senza darsi tregua. L'ibrido era sempre più
colpito dalla combattività di quella ragazza: nessuna
cacciatrice gli aveva mai dato tanto filo da torcere, non si era mai
sentito tanto in difficoltà. Da dove diavolo prendeva tutta
quella forza? Decise di non farsi intimorire, la tenacia
della cacciatrice avrebbe solo glorificato maggiormente il momento
della sua vittoria, pensò, mentre schivava un altro
fendente. La vista di Summer subì l'ennesimo calo
improvviso. Ce la stava mettendo tutta per essere all'altezza di
Klaus, ma quello sforzo fisico eccessivo stava esaurendo tutte le sue
energie: era una macchina che, spinta al massimo della sua velocità,
consumava velocemente tutto il suo carburante. In quell'attimo,
Klaus ne approfittò per un attacco più deciso.
Oltrepassò l'addome della ragazza con un colpo netto e poi
cacciò fuori la lama con un ghigno stampato sul viso. Si
godette la scena di lei che si toccava la pelle con un 'espressione
pallida di dolore e morte e poi esclamò: «Questa è
la tua fine!» un altro colpo, ma lei non si arrendeva. Non
poteva perdere! Non era ancora tempo per morire! Fino al suo
ultimo respiro, avrebbe combattuto con coraggio: Klaus doveva
morire prima di lei! Cercò di annidare il dolore in
qualche angolo remoto della mente, con la consapevolezza che presto
sarebbe dovuta andare lì a riprenderlo. Non poteva
arrendersi, doveva resistere ancora un po'. Parò il
colpo di Klaus, facendo roteare la sua spada in senso
antiorario. «L'hai dato per certo troppo presto!»
quando quest'ultima fu nel suo punto più basso, con una mossa
di agilità, riuscì a strattonarla dalle mani
dell'ibrido. La spada finì a qualche metro di distanza e Klaus
la seguì con lo sguardo. In quell'attimo di distrazione, con
un calcio ben piazzato, Summer lo fece cadere a terra, e per lui non
ci fu neanche il tempo di mettere a fuoco l'intera scena, che fu
rapida, spietata, bruciata velocemente dalla rabbia e dalla
disperazione della cacciatrice. Summer conficcò la spada al
centro del suo esofago, fino a bloccarlo al suolo. Nell'istante in
cui Klaus emise un colpo di tosse colmo di sangue, la cacciatrice
estrasse il pugnale dalla tasca interna del suo giubbotto, con un
movimento del pollice lo liberò dalla guaina, che quindi cadde
a terra, poi si inginocchiò e colpì il cuore
dell'ibrido con forza e velocità, facendo penetrare la lama
fino all'elsa. Rabbia e disperazione avevano animato quel gesto,
rendendolo liberatorio e benefico. La mano di Summer iniziò a
tremare: non riusciva a crederci! Un urlo forte e rauco
uscì dalle labbra dell'ibrido: la sua carne fu pervasa da
scosse elettriche di colore rosso scarlatto, gli occhi spalancati,
gli arti che si muovevano in scatti convulsi. Summer si alzò
indietreggiando. Non poteva crederci: era tutto finito! Piano
arrivò al tronco di un albero, vi si poggiò e continuò
ad osservare quella scena cruenta con un'espressione incredula. Nel
momento in cui la schiena aderì al legno pesantemente, un
senso di estrema debolezza pervase ogni centimetro del suo corpo. Il
dolore all'addome si animò all'istante: le viscere le si
contorcevano in movimenti infuocati. Diede un'occhiata alla sua
ferita per valutarne l'entità: il sangue
colava lentamente ma senza accennare a fermarsi, il tessuto di jeans
che fasciava le gambe era divenuto logoro e scuro. Era troppo debole,
e la sua pelle non riusciva a guarire con la solita velocità.
Un colpo di tosse le fece sputare altro sangue, che a fatica pulì
con la mano. Su di lei, un sentore di morte era sceso come un velo
nero messo davanti ai suoi occhi. Tutto stava diventando irreale: il
corpo di Klaus, nella neve, che si contorceva e piano moriva sembrava
solo un sogno. Persino le sue grida si erano improvvisamente
ovattate, sostituite da insistenti ronzii che accentuavano i suoi
capogiri. La debolezza le impediva di compiere qualsiasi gesto:
avrebbe dovuto correre al più vicino ospedale, ma in quel
momento le sarebbe risultato impegnativo e lancinante anche un
semplice passo in avanti. Ma per lei non aveva importanza: se il suo
destino era quello di morire in quell'istante lo avrebbe accettato,
felice di aver portato a termine la sua missione, di aver liberato il
mondo da un terribile demone, ma, soprattutto, di aver protetto le
persone che amava. Damon. Lily. La sua vittoria era
dedicata esclusivamente a loro. Si chiese se Harris e Kendra
l'avessero vista, se fossero stati fieri di lei. Un sorriso
comparve sul suo volto, mentre le palpebre diventavano sempre più
pesanti. I battiti del cuore sempre più irregolari, il
viso sempre più pallido. Alzò il volto verso il
cielo, respirando pesantemente: adesso era diventata una tortura
anche quel gesto così naturale e semplice. Davanti ai suoi
occhi un ricordo così vivido da sembrare reale: la vista del
mare che la calmava da bambina; e ricordò che quello stesso colore l'aveva visto
più volte negli occhi di Damon, quando il cielo era scuro. Due copiose lacrime le
rigarono il volto. Gioia mista a dolore, ma anche alla paura
della morte, che colpisce anche i guerrieri più
valorosi. Chiuse gli occhi, voleva solo riposare, ma non le
fu concesso. Improvvisamente, come un incubo che ritornava con
insistenza, una risata, arrochita e perfida, la riportò in
vita all'istante. Summer spalancò gli occhi per lo stupore:
Klaus aveva alzato un braccio ed ora si stava liberando della spada
che lo teneva incastrato al suolo. Lei guardava senza la forza di
emettere alcun suono, neanche di battere ciglio. Cosa significava?
Non poteva essere! Dove aveva sbagliato?! Non poteva aver mancato il
suo cuore, non era possibile! Ma allora...cosa stava succedendo?
Klaus gettò di lato la spada con un'espressione
infastidita, si alzò col busto, guardò il pugnale e poi
lo estrasse dal suo petto. Il suo volto assunse delle terribili
espressioni di dolore, le urla soffocate dall'orgoglio. Le
scariche elettriche non smettevano di torturare le membra del suo corpo,
che quindi continuava a bruciare internamente, senza dargli un accenno di tregua. «I
miei complimenti, cacciatrice, sei riuscita ad uccidere il
lupo...» mormorò con voce affannata dal dolore ed
uno sguardo feroce. Summer aprì ancora di più gli
occhi, il respiro le si bloccava in gola. Cosa voleva
dire? L'originario si guardò intorno, afferrò la
guaina di legno adagiata sulla neve e osservò Summer con aria
truce ma vittoriosa. Ci aveva pensato innumerevoli volte, aveva avuto
quel sospetto per mille anni e alla fine si era rivelato
fondato. «Ora lascia che ti mostri quello che avresti dovuto
fare... per uccidere il vampiro...» prese la guaina e
foderò la lama: i sei petali centrali del fiore di loto si
illuminarono all'istante. Summer deglutì forte, adesso capiva
ogni cosa: la guaina era di legno, un doppio colpo. Perché
nessuno gliel'aveva detto? Perché nessuno ne era a conoscenza?
Klaus si alzò a fatica, il suo corpo era stremato e
dolorante, ma doveva necessariamente trovare le ultime energie:
quella donna non poteva continuare a vivere, non dopo quello che
aveva osato fargli! «Lascia che te lo mostri sulla tua
dannatissima pelle!» e in un attimo le si scagliò addosso.
Summer non poté fare altro che chiudere forte gli occhi; aveva
cercato di scansarsi, ma il suo corpo non aveva collaborato: era
troppo debole per uno scatto di velocità, era troppo debole
per ogni cosa; ma, soprattutto, era ancora preda dello shock, di
quella rivelazione che non si sarebbe mai aspettata. Stava per
morire, così com'era morta ogni sua speranza, ogni gioia
provata per quella vittoria illusoria. Tenne gli occhi chiusi per
qualche secondo, ma quando il tempo che avrebbe dovuto decretare la
sua morte passò senza che lei avesse avvertito nulla, li
riaprì con forza, e tutto quello che vide furono le iridi di
Damon, azzurre e luminose, che si offrivano a lei in un
ultimo sguardo pieno d'amore.
We`re
all waiting Waiting on your Supernova Cause that`s who you
are Stiamo
tutti aspettando Aspettando la tua Supernova Perché
questo è ciò che sei
Il
cuore di Summer sembrò collassare, implodere fino a generare
un vuoto che inghiottiva e smarriva. Quello sguardo parve
durare un'eternità. Parole taciute risplendevano in quelle
iridi di cielo addensato: l'amore che si confessava nel solo modo in
cui ora poteva, perché non aveva più tempo per
esprimersi a voce. Damon ci era riuscito, l'aveva salvata. Sul
suo volto era impresso un bagliore di serenità. Aveva salvato la
donna che amava e che ricambiava il suo amore. Una luminosità
che contrastava con l'oscurità a cui stava andando in
contro. Una stella nel suo ultimo attimo di vita che esplodeva
con forza, donando luce all'intera galassia. Una Supernova. Damon
chiuse gli occhi per sempre, mentre Klaus estraeva il pugnale dal suo
cuore con un gesto secco e carico di un'ulteriore collera: quella
comparsa lo aveva colto di sorpresa, guastando la sua ultima azione.
Potendo vedere solo la sua schiena, l'ibrido non aveva idea di chi
fosse lo sfortunato cavaliere che aveva sacrificato la sua vita per
proteggere la cacciatrice. Il vampiro cadde esanime sul corpo di
Summer, che subito lo sostenne abbracciandolo, poi la terra sembrò
sgretolarsi sotto ai suoi piedi, sentì la sua anima
precipitare in quel baratro, e le gambe accompagnarono quella
sensazione inginocchiandosi pesantemente. Lo teneva tra le braccia
con un'espressione priva di coscienza, ancora estraniata da quella
realtà che presto l'avrebbe annientata. Corpo e anima in
tempi sfasati: l'anima ancora congelata nell'attimo addietro, nello
sguardo dolce di Damon. La vista ridotta ad un velo bianco calato
improvvisamente sui suoi occhi. Dopo averlo osservato bene, Klaus
riconobbe quell'uomo senza sforzo: Damon Salvatore. Perfetto!
Pensò crudelmente. Alla fine aveva avuto anche la sua
vendetta su Stefan! Con delicatezza, la cacciatrice accarezzò
il volto del vampiro. «Damon...» bisbigliò,
nell'ingenua illusione che potesse svegliarsi. «Damon...»
continuò senza che lui potesse ascoltarla e, inesorabilmente,
la realtà, la consapevolezza che non lo avrebbe mai più
rivisto con gli occhi aperti che le sorrideva dolcemente, magari dopo
la solita battutina irriverente, scatenò tutto il dolore che
era capace di provare. Lacrime copiose, veloci, pesanti, le
rigarono il volto. Una sensazione di soffocamento, mille
pugnalate fredde nel suo cuore, il mondo che si riduceva fino a
stritolarla. Non poteva essere vero! Non era giusto! Aveva
fatto di tutto per proteggerlo! Non poteva finire così! Klaus
osservò la scena con distacco. Ascoltò attentamente
il cuore di Summer: irregolare e tendenzialmente debole. La scrutò
minuziosamente: lordata di sangue e pallida. Sarebbe morta di lì
a poco, ma sembrava che la sua anima stesse già bruciando
all'inferno. Era amore tutto quel dolore che sfigurava il suo
viso? Che continuava a far sgorgare inutili lacrime dai suoi
occhi? Allora quella sarebbe stata la sua giusta punizione! La
cacciatrice amava quell'irritante vampiro...ottimo! L'avrebbe
pianto fino al suo ultimo respiro! Era una vendetta perfetta. Lei
gli aveva tolto ciò che aveva agognato per mille anni, il suo
riscatto, la sua unica possibilità di libertà e
salvezza. No, non poteva ucciderla! Per lei quella veloce
liberazione dal dolore non sarebbe stata altro che un regalo! Con
le ultime energie, si allontanò addentrandosi nel bosco. C'era
una strega che poteva svegliarsi da un momento all'altro e lui non
era in condizione di affrontarla: il suo corpo continuava a bruciare,
e per di più ora doveva sbarazzarsi di quel pugnale per
l'ennesima volta, e doveva farlo prima che finisse nuovamente in mani
nemiche. Doveva scappare lontano, prima che quella semi-vittoria gli
sfuggisse dalle mani.
Della fuga di Klaus, Summer non se ne
accorse neanche. In quel momento, il suo cuore, i suoi occhi e tutti
i suoi pensieri erano rivolti a Damon: tutto ciò che li
circondava, semplicemente, non esisteva. Con la schiena poggiata
al tronco dell'albero, Summer continuava a stringere a sé il
suo corpo, quasi cullandolo. I capelli attaccati al viso dalle
lacrime e dal sudore. Le labbra singhiozzanti, deformate dal dolore,
poggiate sulla fronte del vampiro. Le lacrime le scivolavano lungo
le guance e bagnavano la pelle fredda di Damon, divenuta bianca come
la neve che dominava lo scenario. Summer fece una carezza al suo
viso, a quell'espressione di tenerezza congelata dalla morte. No!
Non poteva essere quella la realtà! Era ingiusto! Era
dannatamente ingiusto! «Damon, no!... Ti prego...» corrotta dai singhiozzi, una
supplica ingenua affinché lui riaprisse gli occhi, affinché
il tempo tornasse indietro, affinché ci fosse un minimo di
giustizia.
Won`t
you shine, shine, shine, shine over shadow? Non
vuoi brillare sull'oscurità?
Un'altra
carezza col dorso delle dita, leggere e quasi esitanti. «Io
ti amo...» parole soffiate sul suo volto da labbra
contratte, bagnate di lacrime. L'anima che si lacerava, che si
strappava irrimediabilmente. Nella sua mente quella frase aveva
sempre avuto un'eco di dolore, ma era nulla in confronto a ciò che
stava provando adesso.
E nell'attimo in cui sono
rapportate alla morte, tutte la paure si rimpiccioliscono, fino a
diventare insignificanti paranoie... Quel fantasma, adesso, non
era altro che un'ombra innocua.
Damon era morto e quelle,
ormai, erano parole che non attraversavano la sua pelle, che non
riempivano il suo cuore, che non s'imprimevano nei suoi occhi
azzurri, che si sarebbero spalancati di gioia e stupore. Parole che
si perdevano nel vuoto, che si riducevano ad un sibilo trascinato via
dal vento, che morivano insieme alla stessa speranza che le aveva
generate. Lui non si sarebbe svegliato solo per quel motivo: era
una fantasia illogica, che nel momento in cui si confrontava alla
realtà diveniva spietata e crudele.
Shine,
shine, shine, shine over shadow! Splendi
sull'oscurità!
Era
troppo tardi per dirgli che lo amava. Era troppo tardi per ogni
cosa. E non vi era stato neanche il tempo per un addio. Damon
non avrebbe mai più riaperto gli occhi. Come avrebbe
fatto a sopportare una vita in cui le sarebbe mancato in ogni
istante?! Lo strinse a sé con più forza.
Malgrado l'urto doloroso della realtà, non riusciva ad
arrendersi all'idea che quello non fosse altro che un corpo vuoto,
che Damon fosse svanito per sempre. Lo strinse a sé quasi
per cercarlo, per percepire qualcosa della sua essenza, ed
aggrapparsi a quest'ultima fino alla fine. Ma quello era solo il
suo corpo: Damon non c'era più. Presto o tardi avrebbe
dovuto accettarlo. E Summer si sentì sollevata al pensiero
che il suo cuore stesse cedendo... che presto sarebbe morta con
lui...
And
you`ve only begun to shine... E
hai appena iniziato a brillare...
***
***
Nel
mezzo del bosco, Klaus fu costretto a fermarsi a causa di una fitta
al petto che sembrò squartarglielo: l'effetto tramortente del
pugnale non si era ancora placato. Si poggiò ad un albero per
riprendere fiato. Il suo lato mannaro era stato ucciso, e
probabilmente era quest'ultimo a continuare a bruciare
incessantemente nelle sue viscere. Diede un'occhiata a quell'arma.
Era stata sua madre a crearla... Sua madre aveva creato un
pugnale appositamente per ucciderlo. Lo considerava un
abominio, più degli altri suoi figli? Era stata lei a
tramutarli in vampiri, era stata lei a tradire Mikael e a renderlo
diverso dagli altri! A farlo vivere con l'odio perenne di quell'uomo
che era costretto a chiamare padre. Gli errori di quella donna
continuavano a perseguitarlo, anche a mille anni di distanza, anche
dopo averle strappato il cuore. Mikael gli aveva giurato vendetta e
diventare un ibrido, metter su un esercito di esseri più
potenti dei vampiri, poteva essere la sua unica salvezza. Ora
era condannato! Avrebbe dovuto passare l'eternità a scappare
da quell'uomo! Il rancore, amplificato dall'effetto
psicoattivo del sangue della cacciatrice, che ancora circolava nel
suo corpo, divampò nel suo petto in una fiamma gelida che si
propagò fino alla gola. Il viso avvampò di rabbia, gli
occhi si colmarono di lacrime e, in un attimo, esse rigarono il suo
volto. Tutto ciò che aveva agognato per mille anni era andato
perduto. Asciugò la prova di quelle emozioni traditrici col
dorso della mano, ricoperto dalla stoffa leggera della sua maglia.
Rimise la guaina a quel pugnale e lo infilò nel jeans. Un
dettaglio importante era sfuggito ai suoi occhi lucidi: i petali del
fiore che si illuminavano erano soltanto cinque...
Yeah,
you`ve only begun to shine...
Angolino
di Nana
Eccomi
qui dopo il solito ritardo mostruoso. La lunghezza del capiro
(capitolo+papiro)
è stata una delle cause di questo ritardo. Ma bando alle
ciance:
La citazione a inizio capitolo è stata presa
dal
sito www.lngs.infn.it
Stefan,
in questo capitolo, era
in modalità
3x03, ricordate?
Ho
scritto che Damon non credeva nella guerra, perché gli stati
Confederati erano quelli che lottavano (tra le tante ragioni) per
mantenere la schiavitù, e mi piace pensare che lui fosse
contrario. La guerra civile americana è un terreno a me
oscuro, non mi addentro, ma se ho fatto una gaffe vi prego di
segnalarmela.
Klaus accetta la sfida di Summer, credendo alle
sue parole. Si allontana addirittura dall'ospedale. Mi piace
evidenziare questo suo aspetto di “uomo d'altri tempi” e
di questa importanza legata alla parola data. Come tutte sappiamo,
Klaus proviene da un'epoca in cui le persone andavano in contro a
vere e proprie obbligazioni a fronte di una stretta di mano; ora
questa cosa si è persa e si apre la bocca un po' a sproposito,
così, quando posso, mi piace mettere in evidenza questa cosa
(come nel cap. 51) e niente, questa più che una nota è
una precisazione sulle scelte che prendo. Anche in questa fic,
Klaus ha il problemino del padre che vuole farlo fuori!!! (ma, in
fondo, chi non ha problemi di questo tipo?!) Spero che non sia
sembrato troppo Ooc con le sue lacrimucce: ricordate che aveva ancora
il sangue di Summer in circolo. *Nana si para il culetto*
Molte
cose sono state lasciate indietro (come la questione
Alaric/Clarissa), ma sapete bene che a tempo debito ritornerà
tutto^^
La frase di Summer che viene in mente a Damon – quella sul luogo dello scontro – è quella del 44° cap. Pensavate che quella gita fosse stata messa a caso?^.-
Altre cose rilevanti non credo ce ne siano state,
quindi passo avanti (una
raffica di frutta e ortaggi maturi colpisce Nana xD Le lettrici
rivoglio Damon!) *Nana
fa la gnorri e fischietta*
Come
sempre ringrazio con tutto il cuore tutte le persone che mi
lasceranno una traccia del loro passaggio con una recensione, anche
piccola piccola*-* E
quelli che mi fanno sentire la loro presenza tenendo questa fic nelle
Preferite/Ricordate/Seguite.
E
poi il solito ringraziamento generale a tutti, ma
dico tutti,
quelli che hanno letto l'ennesimo capiro.
Spero che il capitolo sia piaciuto (Non puntare così
in alto!) Spero che non sia stato un magone insostenibile (Ecco,
sei sulla strada giusta!) Spero che non vi abbia fatto schifo!
(Meglio, ma è ancora tanto!) Spero che qualcuno l'abbia
letto!!!^-^ (Bingo! Hai il vuoto intorno!)
Andiamo Palla di
Fieno ...nessuno ci vuole!!! :(
*Nana piange, ma nessuno la
calcola. Palla di Fieno la consola e tra loro due nasce l'amore. Si
sposano e vivono per sempre felici e contenti* :D Nella mente del
lettore aleggia una domanda: ma questa che si fuma?o.O
Ok,
ritorno seria: il capitolo è molto lungo e pesante. È
stato impegnativo da scrivere e sono seriamente terrorizzata all'idea
di pubblicarlo. Nel bene o nel male, piaciuto o non piaciuto,
spero che vi sia arrivata qualche piccola emozione. Purtroppo non
riesco mai a rendere le cose esattamente come le vorrei, ma almeno ci provo, e voi
siete testimoni del mio impegno (qualcuno ha notato che mi sto
sforzando di scrivere in italiano non fantasioso?! Che poi la
cosa mi riesca o meno, quello è un altro paio di maniche
ù.ù) Prima o poi imparerò, e allora vi farò
versare fiumi di lacrime!!!xD Muahhahahaha!!!
Alla
prossimaaaaa Ciauuuuuuuuuu!!!!!
|
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Capitolo 55 *** Cinquantacinquesimo Capitolo ***
Ad
Alice che non mi ha permesso di rinunciare. Ad Alice
a cui va il mio impegno nel continuo tentativo di migliorare. Ad
Alice l'accenno di Bondage che non potevo evitare xD
Proprio
come la strega della sua visione, Lily sfiorò i petali del
Fiore di Loto, e subito fu pervasa da una strana e forte
sensazione. Fu come varcare i cancelli della morte e andare ancora
oltre, in un luogo ancora più buio, per poi ritornare
attraverso un sentiero di luce. [The
Slayer – Cap. 52°]
***
28 Dicembre *** Parte
2^
Il
mondo le appariva irreale. Il biancore della neve creava un riverbero
accecante che le pungeva gli occhi; e il grigio denso del cielo la
sovrastava trasmettendole una sensazione di pesantezza quasi
asfissiante. Gli occhi le facevano male, mentre scrutavano il
luogo, quasi in cerca di un piccolo angolo in cui la realtà
dei fatti fosse meno dolorosa. Privo di vita tra le sue braccia, il
capo di Damon era rilassato sul suo petto. Summer avvertiva la totale
mancanza di ogni tipo di rigidità nel corpo del vampiro; e
adesso sentiva che anche il proprio andava lentamente affievolendo le
ultime energie che le permettevano di restare vigile: a stento
sentiva la forza per mantenere il collo dritto e le braccia salde e
protettive attorno al corpo di lui. Tutto sembrava avvolto da una
nebbia che la nascondeva allo scorrere del tempo. Quanto aveva
pianto? Summer non riusciva a quantificarlo; ma ora i suoi occhi
reclamavano una pausa da quelle lacrime che l'avevano svuotata di
ogni goccia di vita. Eppure era ancora lì, viva, a chiedersi
perché il suo corpo si ostinasse a combattere: a rigenerarsi e
a fronteggiare le tante ferite. Lei non aveva più nessuna
voglia di vivere, ormai. In quell'attimo pensò che fosse il
desiderio di vendetta ad aggrapparsi con le unghie a quel mondo che
ora non le apparteneva più. Klaus? Dov'era finito?
Quando era scappato? Perché non l'aveva uccisa? Ma se
era davvero quel pensiero ciò che la manteneva
in vita, la vendetta sbagliava i suoi conti: Summer non poteva allontanarsi, non poteva muoversi neanche di
un millimetro: farlo significava distanziare il corpo di Damon dal
suo, e non ne aveva il coraggio: il gelo le avrebbe investito la pelle facendole rivivere la sua morte e portando con sé
nuove e devastanti emozioni, che non avrebbe avuto la forza di riaffrontare. In fondo, che c'era di male a voler morire
avvolta da ciò che restava del calore di Damon? Gli
occhi si posarono nuovamente su di lui, e le lacrime ripresero a
percorrerle le guance, come se in quel breve istante d'inattività
si fossero rigenerate in tutta la loro pienezza. La bocca le si
contrasse in una smorfia sofferente. Perché non moriva?
Perché il suo maledettissimo cuore non si fermava? Era
come se il suo corpo continuasse a lottare per osservare fino alla
fine quei lineamenti di cui era immensamente innamorata. Ma Summer
sapeva che quegli occhi non si sarebbero riaperti, che non le
avrebbero più mostrato quelle iridi di cielo in cui lei aveva
trovato il proprio paradiso. Quindi, perché? Perché
si stava aggrappando ostinatamente ad una vita che non voleva più
vivere? Il pianto riprese il suo fervore; e, mentre gli posava
il mento sul capo, fece scorrere le dita in quella massa di capelli
corvini per far aderire maggiormente il volto del vampiro al suo
seno. Quella ritrovata forza di singhiozzare, seppur sommessamente,
diede altro suono ai sibili di quel vento gelido, che faceva vibrare
le ultime foglie secche ancorate ai rami degli alberi. Perché?
Perché non moriva? Perché il Cielo non la liberava da
quella sofferenza? Continuava a chiedersi, mentre lo stringeva a
sé con una forza che si misurava in dolore; poi, mentre
l'ennesimo singhiozzo le bloccava il respiro, un pensiero, veloce ma
afferrabile, fece spalancare i suoi occhi. Come se la mente le avesse
mostrato un benevolo spettro, con le mani tremanti allontanò
il capo di Damon per osservarlo meglio; e il suo cuore si mosse in un
battito violento e quasi doloroso, quando ciò che vide si
agganciò al pensiero che l'aveva portata ad agire, come una
sorta di perfetto ingranaggio. Il volto del vampiro era niveo, perfetto,
bello come lo era sempre stato, nei suoi lineamenti decisi che si
addolcivano nella morbidezza delle labbra rosate e
carnose. Perché la sua pelle non si era raggrinzita,
come quella di tutti i vampiri quando vengono colpiti in pieno cuore
da un paletto di legno? Un fremito di agitazione, fatto di
speranza e fantasia, le percorse lo stomaco fino a bloccarlesi nella
gola. Passò ansiosamente la mano sulla schiena di Damon,
proprio all'altezza del suo cuore; e sotto il tocco delle sue dita,
tra la stoffa lacerata, sentì che la pelle del vampiro era
completamente rimarginata: liscia come se nulla l'avesse colpito.
Com'era possibile? Il suo pensiero volò subito al
sangue di Klaus, che egli aveva bevuto poco prima, anche se non capiva
in quale modo avesse potuto proteggerlo: in fondo, quel pugnale era
stato creato appositamente per uccidere il vampiro originario... Summer
non riusciva a darsi una spiegazione motivata e coerente. Lo guardò
stupefatta: la voglia di illudersi era immensa e pari solo alla paura
di auto-ingannarsi, esponendosi ad altro e insopportabile dolore; ma
la prima vinse la seconda, poiché spinta da quella forza
sognatrice e ostinata intorno alla quale orbita ogni grande amore.
Quella speranza richiese una dose di ossigeno tale da farla
ansimare; e ora il suo petto si muoveva rapidamente, seppur compresso
dalla forza con cui aveva stretto nuovamente Damon a sé; e
quando il cuore decelerò il ritmo del suo battito, quel
pensiero assunse contorni ancor più reali, nonostante la sua
totale mancanza di spiegazioni razionali. Scostò nuovamente il
volto del vampiro per osservarlo, per far sì che quella pelle
immutata desse maggiore forza alle sue convinzioni o, almeno, al
disperato bisogno di queste ultime. No! Non poteva essere soltanto
un'illusione! Damon si sarebbe svegliato! L'avrebbe fatto, ne era
sicura! Il contrario avrebbe impresso nella sua anima una
dannazione peggiore di quella che le si prospettava: perché
tutto ciò che viene amplificato dall'aspettativa nella sua
mancata realizzazione trova una doppia dose di amarezza; e Summer non
avrebbe retto nuovamente quel dolore, non ora che la speranza l'aveva
dolcemente affievolito. Non voleva neanche pensarci. Aveva trovato
una fantasticheria pronta a fronteggiare quella tremenda realtà,
e in essa voleva riporvi tutta la sua fede; voleva credere di avere
ragione, sebbene quel pensiero non potesse avvalersi di nessuna
logica conosciuta: Summer non aveva mai visto nulla di simile. Nessun
vampiro era mai rimasto immutato dopo un colpo al cuore inferto con
un paletto di legno. E se quel legno fosse stato creato per avere
effetto solo ed esclusivamente su Klaus? Era un'ipotesi
improbabile ma infinitamente più logica di quella legata al
sangue. Fatto era che le sembrava di brancolare in un labirinto buio,
ma ora finalmente dotato di una via d'uscita certa. Era questo
il motivo per cui il suo corpo continuava a resistere? Summer si
convinse che una parte di lei – quella più recondita
alla sua coscienza – lo avesse già capito, e che fosse
stato proprio questo a tenerla in vita. Perché... sì!
Fino a quando Damon non avesse riaperto gli occhi, lei sarebbe
sopravvissuta! «Damon...» bisbigliò con
dolcezza, scuotendolo delicatamente, e mentre nei suoi occhi
tremavano lacrime di lucente speranza. Ma il vampiro rimaneva
immobile, privo di vita. La sua anima era ormai lontana dal suo corpo,
come da quel mondo materiale e definito: era imprigionata in un luogo
primordiale e tetro. Al contrario di ciò di cui si era
convinta Summer, in quel momento, Damon era morto.
***
***
Un
raggio di sole era riuscito a farsi spazio tra le dense nubi, ed ora
colpiva le palpebre di Lily, facendole reagire prontamente. Un
profondo senso di disorientamento e fiacchezza le dava la sensazione
che qualcosa di immensamente pesante la stesse schiacciando sul
materasso, e ciò durò per un lungo istante; poi la
strega si alzò con la schiena, guardandosi intorno con aria
confusa. Si trovava su di un letto d'ospedale posizionato
nell'angolo di una piccola stanza. Di fronte a lei vi era un
armadietto metallico e alla sua destra una finestra da cui si
intravedevano i contorni delle colline e il cielo plumbeo. Mise a
sedere, toccando il camice grigio che le avevano infilato. Cos'era
successo? Nella sua mente ancora il ricordo frastornante del
cuore di Gloria... e poi la Luna, Klaus, Summer di lì a poco
per ucciderlo. Non ricordava nient'altro. Dov'era Summer? Sì
alzò dirigendosi verso l'armadietto; vide che gli indumenti
che le erano stati tolti e il suo cappottino lampone erano stati
sistemati con cura al suo interno. Frugò nell'ampia tasca del
cappotto per prendere il telefono. Provò a chiamare Summer, ma
la segreteria partì tempestivamente. Nel petto della strega un
nascente senso d'angoscia la destò definitivamente dal lieve
torpore residuo. Ricordò per un breve istante una luce
accecante, un rumore assordante ed il volto di una donna con un
camice bianco e i capelli corti e brizzolati, che la guardava
dall'alto. Cosa le era capitato? Mentre si rivestiva, si
avvicinò al letto per sbirciare nella sua cartella medica. Era
stata in coma! Non riusciva a crederci... non riusciva a
focalizzare il momento in cui fosse successo, ma ricordava
chiaramente la stanchezza che aveva invaso il suo corpo; aveva
sfruttato il potere della luna contro Klaus, ma plasmarlo secondo le
sue necessità era stato faticoso, proprio come uccidere Gloria
e ricomporre il pugnale. Non ce l'aveva fatta; e un senso d'impotenza
l'assalì, facendole provare qualcosa di molto simile alla
vergogna. Ma Summer? Dov'era? Al peggio non voleva neanche pensarci.
La conosceva bene: era certa che fosse stata lei a metterla in salvo.
Certo, avrebbe potuto ottenere conferma dagli infermieri, ma preferì
non farlo: non voleva che le facessero perdere del tempo prezioso con
le solite noie burocratiche. Era stata Summer a portarla lì,
ne era sicura; e questo significava che lei era riuscita a salvarsi.
Ma perché ora non era lì con lei? Dov'era
andata? Che fine aveva fatto Klaus? Infilò il suo
cappottino e legò velocemente i capelli nel suo solito
chignon, mantenuto dalle tante pinze a forma di farfalla. I suoi
gesti erano veloci ma riuscivano a mantenere una certa precisione.
Lily riusciva a conservare la calma anche quando il suo cuore era in
subbuglio. Lì dove le persone si facevano prendere dall'ansia
e dai gesti convulsi ed inutili, lei riusciva ad essere pragmatica e
controllata; ed uscì da quella stanza con una nonchalance
tale da non farla saltare agli occhi degli infermieri, rapidamente
convinti che fosse una delle tante rappresentanti farmaceutiche che
solitamente facevano visita ai medici. E quando l'addetto alla
sorveglianza cercò di fermarla, lei non fece altro che
farfugliare una delle sue formule, continuando a camminare con calma,
e questi si imbambolò, dimenticandola all'istante. Quando fu
fuori dall'ospedale, però, il suo passò accelerò
inevitabilmente. Arrivata al parcheggio, scelse velocemente
un'auto. Con un gesto della mano fece scattare la serratura,
mettendola automaticamente in moto. Lily odiava servirsi di questi
mezzucci, ma sapeva bene che vi erano casi in cui erano necessari.
Sperò di poterla restituire una volta vinta la battaglia, ma
quel pensiero fu sostituito rapidamente da cose più
importanti: ora doveva stabilire la sua meta; e, dopo averci
riflettuto brevemente, decise di recarsi a casa di Damon: lì
vi era la mappa localizzatrice, creata sfruttando il legame tra il
corpo di Klaus e l'anima di Esmaél, ovvero sfruttando il
rancore di un morto verso il suo uccisore. Era certa che questa le
avrebbe dato la sua giusta ubicazione e lì, forse, avrebbe
trovato anche Summer.
Le ci vollero pochi minuti per
raggiungere il pensionato; Lily uscì rapidamente dalla piccola
monovolume grigia e si affrettò ad entrarvi. Sentiva il
cuore batterle nel vuoto dello stomaco, mentre spalancava la porta e
pronunciava:« Summer, Summer, sei qui?», ma aspettandosi
a priori di percepire solo un avvilente silenzio come risposta. Varcò
la soglia della camera di Summer e lì, sul letto, vide
l'arsenale di Kendra in bella mostra, notando subito che al suo
interno mancavano delle spade. Angosciata, uscì dalla stanza
dell'amica per entrare in quella di Damon e cogliere altri indizi;
dopo una prima occhiata, che le aveva fatto sembrare quel gesto
inutile, venne colpita dall'immagine di una bottiglietta posata sul
comodino. Al suo interno era chiaramente contenuto del sangue; si
avvicinò e l'afferrò. Un attimo dopo, una visione del
passato le invase la mente con forza: era Klaus che premeva il pugno,
facendo sgorgare sangue al suo interno. Lily spalancò gli
occhi. Il sangue di Klaus in quella boccetta, poteva essere?
Eppure, le sue visioni non avevano mai fallito. La sistemò
velocemente nella sua borsa. Se avesse trovato Summer in difficoltà,
o peggio, avrebbe provato a darglielo. E se...e se quel sangue
fosse già servito per guarirla? Perché l'aveva trovato
sul comodino? Per cosa era servito? Tutte quelle domande la
facevano stare incredibilmente male. Ma non era da lei pensare subito
al peggio, e quindi cancellò quel pensiero dalla sua mente
ancor prima di averlo formulato nella sua interezza. Raggiunse il
salotto e si inginocchiò di fronte al piccolo tavolinetto,
posando le mani sulla mappa. Gli occhi scorsero i perimetri di Mystic
Falls quasi febbrilmente, ma nulla! La
goccia di cera era sparita. Com'era stato possibile? Solo
la morte di Klaus poteva annullare quell'incantesimo e, per un
breve istante, quella consapevolezza la fece sentire felice e
sollevata; ma i suoi poteri sensitivi erano troppo forti affinché
non percepisse la nota stonata della realtà dei fatti; così
il suo entusiasmo si dissolse rapidamente. Se Klaus era morto, doveva
averne la certezza, e soprattutto doveva accertarsi che Summer
fosse sopravvissuta. Con la gola stretta in un nodo, si alzò,
pronta ad uscire. L'unico luogo che le veniva in mente, per ora, era
quello in cui si era svolto l'ultimo scontro. Doveva recarsi lì
e cercare indizi di ciò che era accaduto dopo il suo
svenimento...
***
***
Buio.
Silenzio. Ormai si sentiva parte inscindibile di quella dimensione
fatta di sola oscurità. Tutto ciò che percepiva
sembrava essere fuori come dentro di lui; ma quel tutto si riduceva
ad un senso di tenebra che lo avvolgeva da ogni lato, ad una
pesantezza che schiacciava la sua anima nella profondità di
quello spazio. Damon era divenuto il vuoto, il buio fitto, il
silenzio; e non poteva scindere da questi elementi. Erano ciò
che adesso era, e ciò che percepiva sarebbe sempre stato.
Aveva oltrepassato il mondo dei morti, finendo nella desolazione del
nulla, con una sola goccia di coscienza a renderlo consapevole di
quella dannazione. Ma poi, improvvisamente, in quel manto di tenebra
densa, scorse un punto di luce, inizialmente piccolo ma via via
sempre più grande ed accecante; e sentì la sua anima
che, inchiodata al fondo di quella dimensione da catene di rimorso e
colpa, diveniva inaspettatamente leggera, fino a sentirla attratta
con forza da quella stessa luce. E come un Fiore di Loto che dal
fondo di uno stagno viene spinto dall'acqua verso la sua superficie,
per emergere, limpido e pulito, alla calda luce dal sole, Damon
attraversò l'oscurità di quella dimensione...ed
aprì gli occhi. Prese aria con una forte boccata,
sentendosi confuso e smarrito, accecato dalla luce e frastornato da
ogni minimo suono. Le braccia di Summer lo tenevano saldamente; e lui
posò la mano sul suo avambraccio stringendolo con forza; poi
la guardò come se fosse stata lei lo spettro tornato dal mondo
dei morti. «Summer...» pronunciò affannato.
Avvertiva il suo corpo come una centrale di nervi in piena
attivazione: un formicolio forte e incessante tormentava ogni
centimetro della sua carne; e continuava a respirare come se fosse
stato ore sott'acqua. Summer gli sorrise in una smorfia di pianto.
Non poteva crederci...si era svegliato! Non era stata soltanto una
sua fantasia forzata! Era successo davvero! Damon aveva riaperto gli
occhi! «Ti sei svegliato...» sussurrò con
voce bassa e delicata, e mentre nei suoi occhi brillava una gioia
infinita. Accarezzò la sua guancia col pollice; e Damon,
ancora stordito e confuso, fece forza sulla schiena per non gravarla
del suo peso. Il vampiro avrebbe desiderato un attimo in più
per smaltire quelle strane sensazioni, quel senso di vita che
scorreva nel suo corpo frenetico e agitato, quei formicolii
incessanti, quella sensazione di pesantezza alla testa che faceva
apparire tutto più accecante e contornato, ma non gli fu
concesso. Summer chiuse gli occhi stancamente, crollando su di lui; e
in quel gesto Damon percepì la vita che la abbandonava
inesorabile. «Summer...» pronunciò, posando una
mano sulla sua nuca, e mentre il peso dell'angoscia gli schiacciava
il petto. Poi, quando poggiò l'altra mano a terra, intento a
sollevarsi, sotto il suo palmo sentì la neve di una strana
consistenza; si guardò attorno e vide di trovarsi in una pozza
del suo sangue. Capì, allora, che non vi era tempo per cercare di
ricordare o anche solo di pensare a ciò che era accaduto.
Invertì le posizioni, facendole adagiare la testa sul petto.
“Non lasciarmi...” era l'unico pensiero che
riusciva a formulare, ed era ripetuto in continuazione, come se la
sua interruzione potesse provocare qualcosa di fatale ed
irreparabile. «Summer...» la scosse delicatamente per poi
accarezzarle la guancia. Era pallida come la cera, e il suo respiro
era talmente debole da risultare percettibile solo a sensi
sovrannaturali come i suoi. Istintivamente, il vampiro si portò
il polso alle labbra per morderlo, ma poi la voce di lei si manifestò
in un ricordo chiaro e vivido: ”Una cacciatrice non può
diventare un vampiro. Il vostro sangue non ha alcun effetto su di
noi. Non può neanche guarirci...anche se...a detta di Lily...
il sangue di Klaus potrebbe essere diverso”. Quindi prese
il suo corpicino tra le braccia e la portò a casa.
***
***
Lily
si era recata nel luogo dello scontro. Quel tratto di strada ora
illuminato da un flebile riverbero diurno le appariva totalmente
diverso dalla sera prima; ma a conferma dell'avvenuto vi erano delle
prove inequivocabili. La moto di Summer e l'auto di Klaus erano
parcheggiate all'estremità della strada, a metà tra
l'asfalto e il terriccio. Era stata sicuramente opera di qualcuno,
perché le ricordava ben piazzate al centro della strada. Si
avviò ai margini dell'asfalto e, dopo un tratto di qualche
metro, in cui gli stivali affondavano in un terreno umido e morbido,
nascosti tra fango e foglie secche vi erano i corpi dei due vampiri
uccisi da Summer. Lily chiuse la mano a pugno, come se al suo interno
vi fosse stato qualcosa da spremere, e nel lasso di qualche istante i
due corpi si incendiarono, diventando polvere. Ormai non aveva più
dubbi sul fatto che fosse stata Summer a sistemare le cose. Provò
a richiamarla, ma la segreteria continuò a ripetere il suo
snervante messaggio. In quel momento, Lily non sapeva cosa fare, ma
nel riporre il telefono nella borsa la mano urtò un aggeggio
che lei riconobbe subito. Era una bussola: una di quelle bussole di
cui si serviva solitamente Kendra per localizzare i vampiri. Senza
perdere tempo, Lily la aprì, aspettando che l'ago si
stabilizzasse sulla destinazione; ed esso si fermò
rapidamente, come se in quella cittadina vi fosse un solo vampiro.
Per ciò che lei sapeva, Damon era lontano da Mystic Falls:
dunque pensò subito si trattasse di Klaus. Rientrò in
auto, intenta a scoprirlo.
***
***
Damon
spalancò la porta di casa sua con un violento colpo di spalla.
Se non fosse stato preda dell'agitazione più logorante, si
sarebbe accorto di aver percorso il tragitto ad una velocità
nettamente superiore rispetto alla solita; ma per ora la percezione
di se stesso si riduceva nell'avvertire l'invisibile cappio della
paura stretto intorno alla gola. Portò Summer nella sua camera
e l'adagiò sul letto. Si avvicinò al comodino e, dopo
un attimo di incredulità, realizzò che, su quella
superficie di ciliegio scuro, della bottiglietta contenente il sangue
di Klaus non vi era traccia. In una sorta di negazione, sfiorò
con le dita la superficie di legno; e il suo sguardo palesò
quanto quella realtà gli apparisse inconcepibile,
inaccettabile, dannatamente inopportuna e crudele! Dove diavolo
era finita quella boccetta? Era sicuro di averla posata lì,
come era sicuro che al suo interno vi fosse ancora del sangue.
Dov'era, adesso? Dove diavolo era? Frugò febbrilmente
nei cassetti, ma non vi trovò nulla. Si passò le mani
tra i capelli, in un attimo in cui respirare gli parve l'esperienza
più dolorosa che avesse mai provato. Non aveva tempo da
perdere e quella dannata bottiglietta non si trovava! Non poteva
crederci! Non poteva essere vero! In un impeto di rabbia e
afflizione, con un gesto della mano scaraventò il comodino
lontano dal letto, facendolo ribaltare e rompere in più punti.
Diede un'occhiata al resto della camera, ma nulla! Di quel dannato
sangue non vi era traccia! E Damon continuava a non crederci, a
ripetersi che non poteva essere vero. Forse era solo un sogno, pensò.
Forse era morto e quello era il suo personale inferno. In fondo, la
sua più grande paura prima di morire era stata proprio quella:
il non riuscire a salvarla. Ma ce l'aveva fatta! Ne era sicuro!
Aveva donato la sua vita per lei! Ricordava di averla vista
poggiata ad un albero, mentre Klaus si scaraventava su di lei
brandendo il pugnale. Inizialmente, il suo intento era stato quello
di spingere Summer lontana da quell'attacco; ma, quando aveva capito
che non ce l'avrebbe fatta in tempo, non aveva esitato a mettersi tra
i due e a farle da scudo, sperando solo che lei trovasse un modo per
mettersi in salvo. Perché le cose stavano andando in quel
modo? Perché lui era vivo, mentre Summer stava morendo? Dopo
l'ultima, inutile, occhiata alla stanza, si sedette accanto a lei e
le accarezzò la guancia col pollice. Delle copiose lacrime
iniziarono a bagnare le sue guance. «Non lasciarmi...»
sussurrò con voce soffocata. Ma, mentre Damon poggiava la
fronte sulla sua, lasciando cadere le lacrime sulla sua pelle, Summer
restava immobile, visibilmente priva di vita. «Non farlo.
Non ti azzardare neanche a non darmi il tempo di salvarti. Non lo
perdonerei a me stesso ma non lo perdonerei neanche a te...».
Continuando ad accarezzare la sua guancia, la baciò
dolcemente; poi, in un attimo in cui la sua anima bruciò di
consapevolezza, le sussurrò un: «Ti amo anch'io...»
ammantato di dolcezza ma colmo di un dolore infernale. Erano queste
le parole che avrebbe dovuto pronunciare dopo il discorso che Summer
gli aveva fatto solo un'ora prima. In quel momento, aveva avvertito
solo una raffica di pensieri confusi, ma ora capiva che era
semplicemente questa la risposta che avrebbe dovuto darle, sebbene
lei avesse evitato di dirglielo espressamente. Ma adesso non
aveva tempo per incolparsi e darsi dello stupido. Avrebbe significato
ammettere che quelli erano i suoi ultimi istanti. E... no! Non
Poteva! Doveva reagire! Quel dannato sangue non si
trovava, e questo significava che le cose andavano fatte in maniera
tradizionale: doveva portarla in ospedale. Così le mise un
braccio dietro la schiena e l'altro dietro le ginocchia, ma poi,
nell'attimo in cui avrebbe dovuto alzarsi per portarla via da quella
casa, poggiò invece le spalle allo schienale del letto,
continuando a tenerla fra le braccia. Lui avrebbe dovuto essere
morto, che diavolo ci faceva nel mondo dei vivi? Era chiaro
che qualcosa l'avesse protetto. Non sapeva cosa, ma intuiva che
poteva dipendere dall'aver bevuto il sangue di Klaus: era probabile
che fosse ancora in circolo nel suo corpo; e quindi valeva la pena
tentare. Ma un dolore agli zigomi rese faticoso ciò che per
lui rappresentava la norma. Damon non riuscì a capire perché
i suoi canini fossero spuntati con una simile difficoltà; e
mentre si mordeva il polso, pensò che fossero ancora i postumi
di quella pseudo-morte – in fondo, il suo corpo era ancora
pervaso da stranissime sensazioni, e alcune di queste si erano
addirittura acutizzate. Avvicinò il polso alle labbra di
Summer, sussurrando: «Avanti...cerca di berlo» e
riponendo in quel filo di voce tutte le sue speranze. Era certo che
in lei vi fosse ancora un soffio di vita: lo sentiva; proprio come
sentiva che il tempo a disposizione era poco. E mentre la metteva in
una posizione in cui il sangue fosse facilitato a scenderle lungo la
gola, teneva poggiate le labbra sulla sua fronte, lasciandole dei
piccoli baci, come se fosse stata una bambina da incoraggiare; perché
non desiderava altro che lei riaprisse i suoi grandi occhi, sempre
dolci e vivaci, e che gli dicesse qualcosa...qualunque
cosa! Questi attimi di tormento gli parvero interminabili; e
senza badare a ciò che accadeva nella sua mente, in pensieri
veloci e sfuggenti, vi paragonò tutti gli istanti di
sofferenza che aveva provato nella sua lunga vita. Ora, come il più
delle volte in cui il vecchio e il nuovo vengono messi a confronto,
la dipartita di Katherine, il ricordo dei propri occhi posati sul lago
in attesa di raggiungerla nel mondo dei morti, sembrava un evento
arido e sbiadito. Adesso non riusciva a credere di stare provando
tutto quel dolore, quella paura e quel rimprovero insieme: credeva
esistesse comunque un limite al modo in cui un uomo può
sentirsi morire; e, soprattutto, non poteva credere che ogni attimo
della sua vita si riducesse a quest'unica, esemplare punizione. In
quel momento, gli pareva di vivere una sorta d'infernale resa dei
conti; perché nella sofferenza che provava, Damon sentiva
sempre una scomoda punta di giustizia; e ciò, più di
ogni altra cosa, nei decenni trascorsi aveva rappresentato
il residuo immortale della sua umanità. Ma ora non vedeva nulla
di equo in ciò che stava accadendo. Non poteva finire
così! Summer non doveva essere il prezzo da pagare per i suoi
sbagli! Non lo avrebbe permesso! Avrebbe pagato in un altro
modo...tutto ma non lei! «Fallo per me...»
continuò, mentre le lacrime che scorrevano dai suoi occhi non
accennavano ad arrestarsi. Poi, come un incubo che termina nel
momento peggiore, sentì le labbra di lei che si muovevano
sulla pelle del suo polso. Damon emise dalla bocca tutta l'aria che
aveva nei polmoni, aspettando con impazienza che lei riaprisse gli
occhi; e quando finalmente lo fece, lui non poté fare altro
che sorriderle, poggiando nuovamente la fronte sulla sua, come per
liberarsi dalla debilitante stanchezza causata dalla troppa tensione.
«Damon...» fece lei, con un filo di voce flebile,
mentre si alzava leggermente con la schiena per sedere meglio, ma
senza permettergli di allontanarsi dal suo viso. Poi, ancora
incredula ma felice, passò una mano sul petto di lui. «Non
mi sembrava vero. Per un attimo ho creduto di averlo solo immaginato!
E invece ce l'hai fatta! Ti sei svegliato! Ce l'hai fatta davvero!»
disse, abbracciandolo con impeto e iniziando a piangere. «Già.
Non per vantami, ma a quanto pare sono indistruttibile!... Oppure non
sono gradito neanche all'inferno. Scegli la versione che preferisci,
tanto mi lusingano entrambe! » rispose con una giocosità
atta ad alleggerire il suo umore, sorridendo e cullandola: ma lei
continuava a piangere disperatamente, stringendolo con forza, come
per accertarsi che quel momento non fosse solo la proiezione di
un'anima morente. «Ehi, ssshh, va tutto bene...è
andato tutto bene...» Damon cercò di calmarla,
stringendola con una gioia liberatoria. Era salva e poteva di nuovo
tenerla tra le braccia. Perché lei stava piangendo? Non
c'era più nulla di cui disperarsi... «No, non è
vero. Non va tutto bene. Ho fallito. Ho rovinato ogni cosa: non sono
riuscita ad uccidere Klaus...» lo strinse con tutta la forza
che aveva «ed ho solo rischiato di perderti...» e riprese
a piangere con maggiore agitazione. Come poteva perdonarsi ciò
che era successo? Avrebbe dovuto
uccidere Klaus e mettere in salvo le persone che amava, ed invece la
piega che avevano preso gli eventi era stata tutt'altra. Era
solo colpa sua! Se Damon aveva rischiato di morire, era a causa
sua! «Ma non mi hai perso... quindi smettila di
piangere...» Damon accarezzò il suo volto, scostandoselo
momentaneamente dalla spalla «E poi sei tu quella che fino ad
un attimo fa era in fin di vita...». E fu in quel momento
che Summer si accorse che le guance del vampiro erano segnate dalle
lacrime. Gli accarezzò dolcemente il viso; e Damon, investito
da un lieve disagio, si mosse morbidamente, abbassando gli occhi per
non incontrare i suoi: solo ora realizzava di aver pianto; e sperò
con tutte le sue forze che lei non dicesse nulla... che non ancorasse la sua attenzione a quelle ciglia
ancora bagnate e pesanti. Ma la reazione di Summer non fu altro che una voglia
viscerale di baciarlo fino a consumarlo; e, quando lo fece, l'impeto
fu di una tale forza che tra di loro fu annullato ogni spazio, perché
stretti in un abbraccio pressante e quasi doloroso, vivo del residuo
di disperazione che li aveva assaliti e bisognoso di manifestare
tutta la felicità che non riuscivano ad esprimere a voce. Ed
entrambi non avevano voglia di porsi domande. Cosa avesse salvato
lui...cosa avesse salvato lei... Avrebbero analizzato tutto in un
secondo momento. Ora esistevano solo labbra che si univano,
lingue che si sfioravano, mani che si cercavano, bocche che
ansimavano, anime che si completavano... Ma quella violenta passione si
trasformò presto in sola dolcezza, poiché frenata dalla
triste razionalità imposta dal momento. Damon, steso sul fianco e con
la testa sostenuta dalla mano, con sguardo serio, disse: «Mi
hai fatto spaventare...e non deve succedere mai più!» e
quest'ordine fu accompagnato da una dolce carezza alla sua guancia;
ma Summer, anche se a malincuore, la interruppe mettendosi a
sedere. Lei, che era l'unica e sola cacciatrice, non poteva
accettare simili discorsi. Damon sembrava non voler capire il suo
ruolo, i suoi doveri verso l'umanità; ma lei non poteva
dimenticarli, magari facendogli sdolcinate promesse in cui gli
assicurava che non sarebbe accaduto mai più, che sarebbe stata
al sicuro tra le sue braccia. Lei non poteva più permettere
che Damon si immischiasse nelle sue faccende. Non poteva rischiare di
perderlo ancora. Ma cercò di spiegarglielo con un tono di voce
caloroso e dolce: «Succederà, invece» fissò un un punto idefinito per un lungo istante, e poi continuò «Damon
tutto questo... Klaus, le battaglie, il pericolo...non è altro che la mia vita... la vita della cacciatrice. Ma tu... tu non
devi fartene carico. Metterti tra me e Klaus è stata la cosa
più nobile che potessi fare ma è anche quella che non
potrò mai perdonarti. Non dovevi farlo...e devi promettermi
che non succederà mai più! Perché... se tu fossi...»
ma non riuscì a proseguire. Il vampiro alzò la
schiena, mettendosi seduto e poggiandosi nuovamente alla spalliera.
«Sai, Summer, puoi continuare a dirmi che sei la
cacciatrice tutte le volte che vuoi, puoi anche provare a sfinirmi se
ti fa piacere. Ma non cambia che l'ho fatto, lo rifarei e lo farò
di nuovo se sarà necessario. Prima lo accetti e meglio sarà
per entrambi! Non mi farò da parte solo perché qualche idiota
ha stabilito che tutti i fardelli sovrannaturali sono esclusiva tua!
Io continuerò a proteggerti. Accettalo!» disse con tono
pacato ma colmo di ostinazione e prepotenza. «Come fai a
pensare che si tratti solo di questo?! Del mio ruolo... Damon, io non
voglio che tu mi protegga, perché potrebbe significare
perderti! E non posso rischiarlo! Non potrei sopportarlo di nuovo!
Non ne avrei la forza!» si sentì mancare l'aria,
mentre ripercorreva mentalmente tutto il dolore che aveva provato.
Scosse la testa, cercò di alzarsi, ma Damon intervenne
prendendola con forza tra le braccia e lasciando che lei crollasse in
un nuovo pianto. «Lasciami! La cosa non si risolverà
così! Con te che passi sopra a ciò che dico,
fregandotene e facendo di testa tua! Perché, perché non
vuoi capirlo!? Perché sei così stupido!?» si
agitò, dimenandosi e provando a divincolarsi dall'abbraccio
del vampiro, che però la teneva stretta in una presa forte e
rassicurante; e lei, sentendosi esausta, mise la testa sulla sua
spalla e versò lacrime di resa. «Perché non lo
vuoi accettare?! Sei tu, sei tu che devi farlo! Non io!»
concluse, con una vocina quasi infantile. Damon si era limitato
ad assorbire quella sfuriata con un sorriso sereno ed una presa salda
e tranquillizzante. La capiva, la capiva benissimo. E, anche se non
desiderava altro che vederla sorridere, tutti quei singhiozzi e
quelle lacrime che ancora stava versando per lui lo riempivano di
dolcezza, facendolo sentire felice: erano sintomi di quel sentimento
ricambiato, di cui era ormai certo, e che non doveva fare altro
che trasformarsi in qualcosa di definito. Continuava a tenerla
tra le braccia, pensando che finalmente aveva l'occasione di
dimostrarle che poteva proteggerla da qualunque cosa: sia dai nemici
che dal dolore. Damon voleva farle capire che ci sarebbe sempre stato
e che, con quella stessa presa salda, avrebbe messo un divisorio tra
lei e tutto ciò che poteva farle del male. «Hai finito?»
disse poi dolcemente; e Summer si perse nel calore della sua voce,
calmandosi e nascondendo il volto nella sua spalla. In quell'attimo,
pensò a qualcosa a cui non aveva avuto il coraggio di pensare
per tutto quel tempo in cui aveva creduto che Damon fosse morto tra
le sue braccia. Il vampiro l'aveva salvata. Le aveva donato la sua
vita... e questo poteva significare una cosa sola. Finalmente calma
ma con un cuore che iniziava ad agitarsi frenetico, si scansò
quel tanto che bastava per guardare il volto del vampiro; e lui,
sentendola meno agitata, non esitò ad allentare la presa.
«Dimmi solo perché...perché l'hai fatto...»
sussurrò lei, con un filo di voce carico di timidezza ed
emozione, e mentre nei suoi occhi già brillava il riverbero
della risposta. Il vampiro ricambiò il suo sguardo,
persistendo nella sua espressione serena, in quei muscoli lievemente
contratti, che non dovevano fare altro che sfociare in un sorriso di
definitiva e dolce resa. Doveva dirglielo, proprio come aveva fatto
solo qualche minuto prima; ma questa volta lei doveva ascoltarlo,
doveva accogliere quel “ti amo” dentro di sé
ed accettarlo come indiscutibile motivazione al fatto che lui si
sarebbe sacrificato per lei altre mille volte. Ma, improvvisamente,
in quelli che per lui furono dei lunghi istanti, ebbe l'impressione
che il mondo si fosse lentamente fermato, fino a percepirlo
soffocante e sbiadito; poi sentì i suoi sensi acuirsi e la
percezione focalizzarsi esclusivamente su ogni centimetro del suo
corpo, e capì che, dentro di sé, tra il formicolio
incessante e quelle strane e brevi fitte di dolore, c'era
qualcos'altro che non andava; e, nell'attimo successivo, Damon lo
sentì con estrema chiarezza: forte e rumoroso, che si agitava
nel suo petto e che scandiva quel momento come se non si fosse mai
congelato nella primavera del 1864. Il suo cuore batteva. Batteva
davvero. Ma lui era un vampiro, e vampiri non hanno un cuore che
batte! Che diavolo stava succedendo?! Eppure era proprio così:
quel vecchio agglomerato di cellule velenose batteva come se farlo
fosse stato del tutto normale; e quei lineamenti congelati nella
nascita di un sorriso non poterono fare altro che appassire
rapidamente, lasciando che la luce negli occhi gli si spegnesse e che
la felicità provata si frantumasse. «Beh... perché...
te l'ho detto che ti avrei protetta...» bisbigliò con un'allegria forzata, accarezzandole una ciocca di capelli con tutta la
dolcezza che poteva concederle in quel momento così assurdo «E
intendo farlo fino alla fine...». Negli occhi di lei leggeva
chiaramente il senso di delusione e smarrimento, e si odiava con
tutto se stesso per questo; ma non ci riusciva: non riusciva a dirle
che l'amava in un momento in cui gli pareva che la sua identità
si stesse rapidamente sgretolando. Un cuore che batteva. Aveva di
nuovo un cuore che batteva. E non sapeva come diamine fosse stato
possibile e neanche voleva curarsene; desiderava solo che si
fermasse! Perché lo aveva scoperto da pochi minuti e già
non sopportava più quel rumore che, per sua dannazione,
sembrava ovattare tutto il resto... Summer annuì
debolmente, gli occhi le si riempirono di lacrime e adagiò
nuovamente la fronte sulla sua spalla, soffocando con forza ogni
singhiozzo, sforzandosi di piangere in assoluto silenzio. E provando
uno smisurato senso di vergogna, ebbe l'assurdo timore che il vampiro
potesse leggerle il pensiero: o, meglio, potesse leggere la
presunzione che aveva avuto aspettandosi un “ti amo”; in
fondo, perché avrebbe dovuto amarla? Cos'aveva di speciale?
Si chiedeva, mentre la sua anima veniva ripetutamente calpestata
da quelle parole mancate. Eppure Damon aveva sacrificato la sua vita
per lei... Possibile che l'avesse fatto solo per un sentimento
d'amicizia? Non le era difficile pensare che il vampiro fosse
capace di incredibili gesti di cavalleria, ma questo le pareva
troppo. Doveva esserci per forza un posto speciale per lei nel suo
cuore, ma forse non era grande come aveva sperato, pensò.
Altrimenti perché negarle
quelle due parole, dopo tutto quello che avevano passato? Ma
ora sapeva soltanto che provava una strana sensazione a farsi
coccolare dalle stesse mani che le avevano spezzato il cuore; era di
una crudeltà così ironica che il dolore le sembrava
quasi irreale...
***
***
La
bussola aveva condotto Lily al Mystic Grill e ora, con suo grande
stupore, puntava in direzione di una ragazza bionda, seduta ad un
tavolo insieme ad un ragazzo atletico dai capelli
nerissimi. Caroline, come in ogni notte di luna piena, era stata
accanto a Tyler per tutto il tempo; ed ora i due stavano stuzzicando
qualcosa al Grill, come da tenera coppietta quali erano. Lily non
ebbe sensazioni negative riguardo a quella vampira; sapeva bene che
alcuni di loro riuscivano ad integrarsi e a condurre esistenze
relativamente umane. Ma non riusciva a spiegarsi perché la
bussola non segnasse altre presenze. Damon era chissà dove a
proteggere Elena, ma Klaus? Dov'era finito? Possibile che Summer
fosse davvero riuscita ad ucciderlo? Lily, conoscendola, non lo
credeva impossibile, eppure qualcosa, nella sua mente, continuava a
tenerla in allerta, dicendole che quella storia non si era ancora
conclusa. Uscì dal Mystic Grill. Sarebbe ritornata
all'ospedale: forse Summer era ritornata lì per accertarsi che
lei stesse bene.
***
***
Damon
continuava ad accarezzarle i capelli con estrema dolcezza; sapeva che
quella tenerezza non bastava a curare il male che le aveva fatto, ma
quel senso di disagio continuava ad essere più forte di lui.
Tristemente, si rese conto di poterla proteggere da qualsiasi cosa
meno che da se stesso; e ciò lo faceva sentire ancora più
debole e smarrito di quanto non stesse già facendo quel cuore
clandestino. Summer teneva la fronte sulla sua spalla, e lui, come un
ladro che nasconde una refurtiva, temeva che potesse sentire il suo
battito; ma ciò non avvenne. Ora che si erano ritrovati,
la paura li aveva abbandonati per fare spazio ad altre emozioni:
entrambi sentivano un crescendo di rabbia verso colui che aveva
provato a separarli. E fu Summer la prima a reagire. Non ce la faceva
più a stare tra le sue braccia, facendosi domande su domande.
Ora la vendetta era l'unico pensiero che accoglieva di buon grado: in
fondo, solo Damon poteva batterla nella sottile arte della mutazione
del dolore in rabbia e violenza. Allontanò il volto dalla
spalla del vampiro, prendendo aria dalla bocca a causa di quel
respiro reso irregolare dai singhiozzi trattenuti. Senza la forza di guardarlo negli occhi, si liberò dall'abbraccio
del vampiro, che preda della colpa non ebbe il coraggio di opporsi. Si
alzò, dicendo: «Il destino del mondo è davvero in
pessime mani. Sto qui a piagnucolare, mentre Klaus è diretto
chissà dove con il pugnale...» si asciugò una
lacrima «non ho più tempo da perdere». E la
sua acida auto-critica e quel tono duro furono interpretati da Damon
nel modo giusto: era stato lui a farla chiudere nuovamente nella sua
corazza di cacciatrice; e sapeva che ora vi sarebbe stata un'altra
lotta di potere, come sapeva che questa volta avrebbe dovuto vincerla
a tutti i costi. L'aveva tenuta tra le braccia, cercando di ignorare
i suoi vestiti sporchi di sangue, il modo in cui Klaus l'aveva ridotta,
ma ora quel pensiero bruciava la sua carne e accelerava i battiti di
quel dannato cuore. No, Summer non lo avrebbe affrontato di nuovo!
La scrutava attentamente, mentre lei, dinanzi allo specchio, cercava
di dare un ordine al suo aspetto. Osservava ogni mutamento del suo
sguardo e sapeva che in quel momento lei viveva con disagio l'essere
rivestita di abiti sporchi di sangue: erano il simbolo della sua
sconfitta; e la conosceva fin troppo per non sapere che avrebbe
desiderato cambiarsi ma che non avrebbe perso tempo a farlo. E mentre
lei raccoglieva i capelli in un alta coda, Damon aprì il primo
cassetto del comodino alla sua destra, ovvero quello che si era
salvato dalla sua furia devastatrice, per afferrare un oggetto
metallico e metterlo nella tasca posteriore del pantalone. Si alzò
a sua volta e si sbottonò la camicia, gettandola poi sul
letto. Lanciate attraverso lo specchio, tra di loro vi furono delle
occhiate cariche di disagio. Summer si era armata della sua
maschera preferita, quella di combattente solitaria il cui cuore è
nascosto in un blocco di cemento. Solo in quel modo poteva
fronteggiare la situazione e far sì che la sua delusione
d'amore non influisse sulla sua forza. Damon non le aveva detto che
l'amava, quando lei l'aveva creduto con ogni respiro della sua anima.
Ora doveva accettarlo e farsi forza: avrebbe sofferto quando avrebbe
potuto permetterselo. Ma adesso Klaus era diretto chissà dove
con il pugnale. Non c'era più tempo da perdere. Doveva
ucciderlo! Doveva esorcizzare tutto il dolore che aveva provato,
perché, nonostante tutto, nonostante le tante lacrime versate,
lo sentiva ancora dentro di sé, pronto a pungerla da un
momento all'altro. «Spero che tu ti renda conto che non
abbiamo tempo per litigare...» Summer sperò di
risolvere la cosa pacificamente, in modo da non sprecare altri minuti
preziosi. Ma era impossibile: erano entrambi troppo ostinati e
cocciuti per un approccio del genere; e Damon, che si trovava di
fronte all'armadio per scegliere il nuovo indumento sacrificabile, si
girò lentamente verso di lei, incenerendola con lo sguardo. «E
se invece volessi?... Mh? Cosa faresti? Ovvieresti al problema
spezzandomi di nuovo il collo?» L'aver previsto la sua
reazione gli permise di risponderle con un tono asciutto; sapeva bene
che il tempo delle coccole e delle parole dolci era ormai finito, per
lasciare spazio a quello delle lotte con lame affilate. Adesso erano
di nuovo il vampiro arrogante e la cacciatrice prepotente: due
uragani pronti a scontrarsi. «Se tu non mi lasciassi altra
scelta...sì! È quello che farei» «Be'
allora fa' pure, non ho altre scelte da darti!» Summer gli
afferrò il collo, trascinandolo e bloccandolo alla più
vicina parete, ma poi indugiò per qualche secondo. Non voleva
farlo, non in quel modo; era scorretto e brutale affrontarlo così
apertamente, ma sapeva di non poter esitare oltre; e poi Damon le
sembrava fin troppo passivo: quella sicurezza stampata sul suo viso
la insospettiva, alimentando la sua convinzione che non vi fosse
altra scelta, altro modo di proteggerlo. Ma quell'attimo di
esitazione, fatto di dita troppo morbide sul suo collo, per lei segnò
una sconfitta confusa quanto rapida. Un ghigno aveva increspato un
angolo delle labbra del vampiro, e un secondo dopo questi aveva preso
l'oggetto che teneva nella tasca posteriore del jeans, legandolo a
quel polso la cui mano stazionava incerta sul proprio collo. Summer non
aveva fatto neanche in tempo a chiedersi dove diavolo avesse preso
quelle manette: Damon l'aveva scaraventata a terra con forza, proprio
accanto ad uno dei grandi piedi di legno che sorreggevano il letto, e
dietro vi aveva congiunto anche l'altro polso, in modo da completare
la sua rapida azione. «Damon! No! Non puoi! Non puoi farlo
davvero! Dannazione!...Slegami!» Summer si agitava nervosamente
ma invano. Non poteva credere di essere stata tradita da quell'attimo
di esitazione: attimo in cui era stato proprio il suo amore e il suo
rispetto per lui ad avere la meglio! Ed ora Damon la osservava
dall'alto, con un ghigno soddisfatto impresso sul volto. «Pretesa
piuttosto alta per chi mi ha spezzato il collo e non avrebbe esitato
a rifarlo, non trovi!? » No, non era vero! Lei aveva
esitato, maledizione! E adesso,
a quanto pareva, ne avrebbe pagato le conseguenze... «Non
puoi paragonare le due cose! Era mio dovere farlo! Ho tutto il
diritto di lasciarti fuori da questa storia! Questa è una
guerra che devo affrontare da sola, Damon. Sola! Dio
Santo!...Slegami! Ti ho detto di slegarmi!» il nervosismo la
faceva agitare convulsamente; ma un lampo d'incredulità la
fece calmare per un breve istante: «E poi mi dici dove diavolo
hai preso queste manette!?» «Diciamo che...non ti
piacerebbe saperlo!» Damon sembrava visibilmente divertito.
Adorava avere potere su di lei, farla innervosire e soprattutto non
dargliela vinta! Ritornò al suo armadio per scegliere la
camicia, mentre lei ancora strepitava: «Damon! Damon, ti prego,
non farlo! Klaus si sarà già ripreso, ed è più
forte di quanto immagini...Ti farai solo ammazzare, e questa volta
definitivamente!» «Be' in questo caso...al massimo ti
avrò rubato l'idea!» Summer strinse i denti dalla
rabbia, ma poi si arrese fintamente. In un attimo di lucidità,
aveva trovato il modo per liberarsi: non avrebbe dovuto fare altro
che incurvare la schiena, portando le ginocchia all'altezza delle
spalle, mettere i piedi sotto alle aste di legno che vi erano tra un
piede del letto e l'altro, e fare da leva con le gambe. Solo in quel
modo sarebbe riuscita ad alzare quel pesantissimo letto, che, ad
occhio, doveva pesare almeno mezzo quintale. Soffiò aria
dalla bocca in segno di una contrarietà ormai sfinita e
vinta. «Bene, Damon, fa' pure! Fa' come credi. Se è
il suicidio ciò a cui stai puntando, allora puoi stare certo che rispetterò la tua scelta e non ti fermerò!»
Damon posò la camicia sul letto, trattenendo un sorriso:
la adorava, quando ce la metteva tutta per risultare credibile e poi
falliva miseramente! La guardò con sospetto. Cosa si
nascondeva dietro quel mutamento improvviso? Era solo la rabbia a
parlare? O c'era dell'altro? Con un'aria di sfida ornata della
solita tracotanza, si sbottonò la cintura sotto lo sguardo
stranito di lei, che non riusciva ad interpretare le intenzioni che
si celavano dietro la forzata freddezza dei suoi occhi. «Che
vuoi fare?» domandò quindi con tono incerto. «Qualcosa
che sta davvero iniziando a piacermi...» e la sua voce suonò
una nota di diabolica placidità, nonostante l'immortale
sottofondo di benevola ironia. Si inginocchiò e le afferrò
le caviglie, cercando di unirle; ma Summer, dopo un primo momento di
incredulità, iniziò ad opporsi con tutte le sue forze.
«Sei impazzito, o cosa? Damon! Fermati! Smettila subito!».
Non capiva cosa stesse succedendo, ma le mani di Damon le risultavano
inaspettatamente forti. Sapeva che molte volte, per divertimento e
per galanteria, le aveva lasciato fare la prepotente; ma non credeva
che avesse potuto nasconderle una simile forza. Forse era lei ad
essere ancora debole, pensò ma confutando quasi subito
quell'ipotesi. Ma allora? No... Non poteva essere... Damon
aveva meno di duecento anni, non poteva fare di lei ciò che
voleva! Era impossibile! Eppure si rese conto che anche
qualche minuto prima, quando l'aveva scaraventata a terra, l'aveva
sorpresa con una velocità impensabile per un vampiro giovane
come lui. Che diavolo succedeva? Le proteste di Summer
furono inutili: in pochi gesti, Damon riuscì a legarle i
piedi; proprio come se avesse intuito che nella mente di lei già
vi fosse il modo di liberarsi. Ancora inginocchiato, avanzò
sul suo corpo, sedendo a cavalcioni sul suo addome e tenendole i
gomiti bloccati a terra. «Damon, ti prego, non farlo.
Andremo insieme, lo affronteremo insieme. Ma Slegami…ti
prego...» gli occhi di Summer si colmarono di lacrime, mentre
il peggio invadeva i suoi pensieri, avvelenandoli. Ma,
con la sua solita espressione dispettosa, Damon fece schioccare la
lingua sul palato un paio di volte. «Alla collaborazione ci
avresti dovuto pensare prima di attaccarmi. Ora il mio animo
sensibile e ferito non ti vuole tra i piedi!» e il suo tono
suadente continuava ad essere una snervante presa in giro. «Perché
ti stai comportando in questo modo?! Come fai ad essere così
sicuro di te!? La verità è che ti farai ammazzare, ti
farai ammazzare e basta! » sentì come qualcosa che le
schiacciava il cuore «E non puoi pretendere che io me ne stia
qui a pensare al peggio! Perché continui a non capirlo?... Non
posso starmene qui...» e le lacrime nacquero impetuose tra ciò
che erano violenti spasmi. Un forte senso di angoscia e claustrofobia
le attanagliò lo stomaco. L'intera stanza sembrava pressarsi
sul suo petto. L'aria le risultava rarefatta, tanto da costringerla
ad ansimare con forza. La testa le sembrava pesante quintali; e gli
arti le dolevano a causa dell'inutile sforzo che facevano per
liberarsi. Non poteva credere di essersi fatta mettere K.O così
facilmente. Non poteva credere di non essere in grado di fermarlo.
L'avrebbe perso, l'avrebbe perso di nuovo. Questa volta per
sempre! Non poteva, non poteva lasciarlo andare! Damon la
osservò con un'espressione intenerita; poi passò una
mano sulla sua guancia, asciugandole le lacrime con una dolcezza tale
da farla calmare all'istante. Sarebbero sempre stati il vampiro
arrogante e la cacciatrice prepotente, ma l'amore che adesso regnava
tra di loro era troppo forte per fermarsi di fronte a quelle semplici
maschere, senza comprendere tutto ciò che si nascondeva dietro
quei plateali gesti di facciata. Entrambi erano altalenanti come le
onde del mare, ma sarebbero sempre stati acqua che incontra altra
acqua: persone simili che riuscivano a scrutarsi oltre il vetro opaco
delle loro anime. «Non devi piangere. Non hai niente di cui
preoccuparti. Finire all'altro mondo rientra nei miei piani solo
quando significa impedirlo a te...» e il suo tono rassicurante
e dolce sembrò posarsi come una piuma sul cuore agitato di
Summer, che regolarizzò il suo battito, nonostante le emozioni
devastatrici che avevano fatto da eco a quella frase. Perché,
perché continuava ad inviarle segnali contrastanti? Perché
la illudeva e la uccideva in continuazione? Damon fece
scorrere le mani su di lei, lentamente, dal collo fino a quei polsi
legati, abbassandosi col busto in un movimento carico di
un'anticipazione erotica sfacciatamente voluta. Le sue mani
irradiavano un calore che accendeva fantasie impronunciabili, rese
maggiormente inopportune dal momento delicato; e quando le sue labbra
furono ad un soffio da quelle di lei, con un filo di voce colmo di
una sensualità impertinente, le sussurrò: «E
poi...legarti mi è piaciuto fin troppo per non tornare a
completare l'opera!» E a Summer parve che il respiro le si
spezzasse in quel preciso istante, ancor prima che le labbra di Damon
si posassero dolcemente sulle sue. Sentì di non potersi
sottrarre a quelle emozioni dense d'amore, vibranti di eccitazione,
che percorrevano il suo corpo in caldi e lussuriosi fremiti. E quando
il bacio ebbe fine, lei sorrise di una disperazione dolcemente
arrendevole. «Come fai a scherzare in un momento del
genere?!» chiese quindi, con voce amorevole e divertita.
Neanche in quell'insolita circostanza poteva negare che la
particolare vivacità di spirito con cui Damon affrontava le
situazioni era tra le qualità che più amava di
lui. Damon si alzò, riprese la sua camicia e la infilò
aggiustandosi il colletto. «Mai stato più serio!»
disse, lasciando la stanza. E la sentì più volte
pronunciare il suo nome, mentre si avviava verso la rampa di scale.
Improvvisamente, percepì una fitta di dolore alle tempie, e
attorno ai suoi occhi comparvero le solite venature scure di quando
si trasformava in un vampiro. Fu costretto a poggiarsi alla parete, e
la rampa di scale dinanzi ai suoi occhi sembrò più
volte restringersi per poi allungarsi. Il suo corpo era preda di
strane sensazioni, che divenivano progressivamente più intense
e dolorose; ma decise di non badarci: un vampiro originario, un'arma
per ucciderlo e una donna da cui ritornare; doveva focalizzarsi solo
su questo. Al resto – a se stesso e a tutte quelle domande che
necessitavano di una risposta – avrebbe pensato dopo...
***
***
Elena,
seduta sul divano a braccia conserte, lanciava delle occhiate a
Stefan cariche di rimprovero. Il vampiro si ostinava a non volerle
parlare; e lei stava iniziando a spazientirsi. Sì alzò
con impeto, dirigendosi verso la finestra di fronte alla quale Stefan
se ne stava fermo a fissare lo scenario. Appena la ragazza gli si
avvicinò, egli esordì con un: «Non ho voglia di
parlarne...» una sorta di cantilena che doveva stroncare ogni
suo tentativo sul nascere. Elena lo guardò di sbieco,
indietreggiò di un passo e prese il suo giubbotto
dall'appendiabiti; poi, una volta indossato, afferrò la
maniglia per uscire da quella baita divenuta troppo opprimente. «Non
puoi startene fuori. È pericoloso» Stefan si avvicinò
a lei in un istante, mettendo la mano sulla porta per non fargliela
aprire. «Resterò dentro solo per parlare!» Ma
Stefan abbassò repentinamente lo sguardo, lasciando scivolare
la mano verso il basso, sempre più debolmente; e da quel gesto
Elena capì che avrebbe continuato nel suo silenzio. «Bene.
Vuol dire che non è poi così pericoloso...»
disse, uscendo e dirigendosi verso il piccolo ponte. Stefan ritornò
alla finestra, questa volta per tenere lo sguardo fisso su di lei.
Anche se era difficile per lui pensare alla peggiore delle ipotesi,
capì che quel luogo che li aveva protetti per la notte ora
iniziava a non essere più tanto sicuro. Se fosse accaduto il
peggio, Klaus avrebbe scoperto l'esistenza di quella baita senza
grosse difficoltà. Ma, in quell'attimo, il suo dolore per aver
anche solamente pensato al caso in cui la cacciatrice non fosse
riuscita ad uccidere Klaus, e che quindi fosse accaduto qualcosa
anche a Damon, si manifestò sul suo volto con una chiarezza
inequivocabile. «Credi che abbiano qualche chance si
farcela?» la voce di Jeremy che gli si avvicinava e che aveva
letto le emozioni del vampiro con fin troppa facilità. «Non
so... ma presto tu ed Alaric dovrete portare Elena in un altro posto,
lontano da qui. A Klaus basterebbe dare un'occhiata ai registri
immobiliari per scoprire l'esistenza di questa baita. Ormai inizia a
non essere più un luogo sicuro...» e diede un'altra
occhiata ad Elena, sperando che rientrasse al più presto.
Jeremy annuì e si ritrovò anch'egli a fissare la
ragazza. «E tu? Cosa farai?». «Qualunque
cosa...pur di non stare semplicemente ad aspettare delle notizie.
Damon avrebbe dovuto farmi sapere qualcosa già da qualche
ora...» «Quanto tempo pensi che possa passare prima
che accada il peggio?» Stefan gli lanciò un'occhiata
incuriosita. Che razza di domanda era? Ma poi il ragazzo
continuò, spiegandosi meglio: «Ieri erano i vampiri
della cripta e Katherine, adesso Klaus...quanto tempo pensi che
passerà prima che si arrivi all'irreparabile? Che lei muoia o,
peggio, che sia costretta a trasformarsi in un vampiro...» Stefan
trattenne il respiro per qualche istante. Il messaggio tra le righe
l'aveva colpito in profondità, nel luogo in cui risiedevano le
dure consapevolezze. «Mi pare che tu abbia qualcosa da
proporre...avanti, dillo. Credo che tu ne abbia tutto il diritto...»
e a quel punto, Stefan desiderò che lui parlasse apertamente:
voleva che qualcuno gli dicesse che, per Elena, lui era soltanto uno
sbaglio; perché quelle poche ore trascorse con lei, seppur in
silenzio, avevano iniziato a far vacillare tutta la forza delle sue
scelte: l'allontanasi da lei per riportare normalità e
serenità nella sua vita. E Jeremy accolse quell'invito,
esplicando la sua semplice visione delle cose: «Prima che tu
entrassi nella sua vita, mia sorella era solo una ragazza che aveva
perso i genitori... Adesso è una ragazza costretta a scappare in
piena notte, perché un vampiro originario ha bisogno del suo
sangue per creare altri ibridi come lui...no, amico. Non ho soluzioni
da proporre, puoi trarre le conclusioni da solo...» poi,
mettendo le mani nelle tasche e curvando un po' le spalle, si avviò
nuovamente verso la rampa di scale.
***
***
In
un battito di ciglia, Damon si ritrovò sul luogo dello
scontro; e vedere con calma lucida la chiazza creata dal sangue di
Summer lo rese furioso e bisognoso di una vendetta impellente e
spietata. Senza perdere tempo, si mise alla ricerca di tracce:
nonostante la velocità elevata, il passaggio dell'ibrido
doveva aver lasciato segni visibili su quella natura invernale, da
rami spezzati a striature sul terreno. Damon, con fatica, cercò
di non perderne neanche una, giusto per orientarsi sulla possibile
direzione presa dal suo nemico. Ma ben presto scoprì che
queste terminavano in un tratto in cui il bosco era tagliato in due
dalla strada statale. Era ovvio, quindi, che Klaus avesse preso
un'auto. Sull'asfalto, i segni lasciati dai pneumatici lasciavano
intuire che una macchina avesse fatto una brusca inversione per
ritornare verso nord. Così fece marcia indietro, ripercorrendo
la strada fatta, con l'intento di perlustrare tutta Mystic Falls, per
accertarsi di aver avuto la giusta intuizione. Ma, ad un tratto,
senza che lo avesse previsto, i suoi canini spuntarono dolorosamente
per poi ritrarsi, mentre le venature intorno ai suoi occhi comparvero
e scomparvero più volte, pungendogli la pelle come se fossero
state formate da minuscole spine. La vista calò improvvisamente, riducendosi
ad una sorta di velatura opaca; ogni minimo suono venne amplificato,
fino a divenire insopportabile; e quel dannato cuore sembrava volesse
schernirlo, battendo all'impazzata. E ora che quelle sensazioni
iniziavano seriamente a preoccuparlo, Damon avrebbe solo voluto
sapere a cosa stava andando in contro; perché tutto, nel suo
corpo, sembrava presagire l'avvento di quell'Inferno che aveva
misteriosamente scansato...
*****
*****
Angolino
di NaNa
Ed
eccomi qui dopo una lunghissima assenza^^ *20
kg di pomodori maturi colpiscono Nana, ma lei ne approfitta per fare
le conserve... * Il fatto è questo: è da settembre
che il lavoro sta occupando l' 80% del mio tempo; non sono ancora
riuscita a trovare un equilibrio e dubito fortemente di
trovarlo. In questo periodo mi sono ritrovata a dover mettere in
discussione tante cose, proprio come a dover rinunciare a
tante cose... e, per una questione di priorità, questa fan fic
è stata una delle prime cose a cui ho tagliato la testa. E
nei momenti in cui il senso di colpa per questa storia lasciata a
metà mi assaliva, mi ritrovavo davanti ad un foglio che
restava bianco per troppo tempo. Per non parlare di un un
tentativo di plagio che mi ha nauseata e resa ostile a questo sito
per un bel po'. Poi il sostegno della mia cara Alice e un paio di
giorni di febbre hanno fatto il “miracolo”...e quindi
ecco questo capitolo, in cui, sinceramente, non speravo più. Essendo
stata ferma per parecchio, ed essendo una che perde la mano
velocemente, non ho idea di cosa ne sia uscito fuori. In ogni caso,
spero che l'abbiate trovato leggibile e magari anche piacevole.
Questo 28 dicembre è diviso in tre parti, l'ultima,
ovvero la prossima, sarà bella lunghetta, questo perché
sarà piena di tutte quelle domande tra personaggi che sono
mancate in questo capitolo: ovvero, come ha fatto a salvarsi Damon e
come invece ha fatto Summer. (in questo c. le ho volutamente evitate
per non essere troppo ripetitiva, e poi perché sia per D che
per S l'importante è stato che l'altro si sia salvato) In
ogni caso, la risposta alle due cose sarà ovviamente
collegata, ma a questa si arriverà piano piano, visto che
tutti brancolano nel buio. Le poche ipotesi che sono state
avanzate dai due, lo dico già, sono sbagliatissime. La
vostra Nana è troppo contorta per prendere strade così
facili. Ed il mancato “ti amo” di questo capitolo ne è
l'esempio più lampante. La strada verso la felicità
è lunga. Per Damon stanno per arrivare momenti difficili e,
inevitabilmente, questi si ripercuoteranno anche su Summer. Questo
capitolo è stato abbastanza divertente da scrivere. Ormai
tutti sono ad un passo dall'esaurimento nervoso xD In questa
circostanza Summer è stata molto emotiva, ma, visto tutto
quello che ha passato, mi è sembrato più che normale.
Voi che ne dite? Prestissimo ritornerà ad essere la ragazza
che piange in silenzio e in piena solitudine, ma qualcosa, in lei,
dallo scorso capitolo, un po' è cambiato per sempre. Ora che
ha fatto capire a Damon quanto tiene a lui, in futuro sarà
meno difficile per lei aprirsi con quella dolcezza che farà
tanto bene al nostro...vampiro (?). Damon, invece,..beh per Damon
le cose si complicheranno davvero tanto (già mi immagino la
voce della mia cara IanSom che mi dice che ce l'ho con lui xD)
Neanche io ho la piena visione delle sue future reazioni, perché,
lasciatemelo dire senza linciarmi, Damon è morto davvero.
Paradossalmente, con questo cuore che batte e questa inspiegabile
forza, il Damon che conosciamo è morto per sempre. Ci
saranno dei cambiamenti notevoli per lui, non so quanto potranno
piacervi; io come sempre continuo sulla mia strada, sperando solo che
apprezziate le mie idee, ma non mi offenderò se qualcuno
dovesse abbandonare la fic^^ Sono gusti...
E dopo queste
anticipazioni, come sempre passo a ringraziare tutti quelli che mi
lasciano una traccia del proprio passaggio in questa storia,
recensendo e/o tenendo questa fic nelle
Preferite/Ricordate/Seguite*-* E ovviamente ringrazio tutti
quelli che continuano a seguire questa fic in silenzio ma, spero, con
lo stesso interesse^^ Grazie
di cuore. Senza di voi il mondo mi sembrerebbe senza nutella^^
Sul
prossimo capitolo, purtroppo, posso solo dire che farò il
possibile, ma non posso fare promesse. Quindi un semplice...alla
prossima^^
|
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Capitolo 56 *** Cinquantaseiesimo Capitolo ***
Angolino
di Nana Nota
(dolente) iniziale. Buonsalve^^ Oggi sono sopra,
e questo è un brutto segno. Ebbene, dopo averci riflettuto
parecchio, ho deciso di non continuare questa fic. Negli ultimi mesi
ho sempre attribuito i miei ritardi alla mancanza di tempo (fattore
che ha comunque inciso notevolmente) ma, facendo una profonda
analisi di coscienza, mi sono resa conto che il problema principale è
che ormai mi manca sia l'entusiasmo che la pazienza per portarla
avanti. Mi sento svuotata di tutto ciò che mi faceva vivere quest'hobby con gioia ed impegno. Detto in poche parole: sono una fanwriter
arrivata alla frutta xD Ma ho speso davvero molto tempo ed energie in questa storia; pregi e difetti (i tanti difetti!) è la mia "creatura", e nessuno voleva vederne la fine più di me. Perciò
quest'ammissione, anche se può sembrare un avviso a cuor
leggero, per me non è nulla di facile. Inoltre, provo uno schiacciante
senso di mortificazione verso tutte le persone che sono arrivate fin
qui. Per me ha rappresentato una splendida esperienza, che mi ha
fatto conoscere persone meravigliose, mi ha fatto vivere attimi di
spensieratezza e mi ha insegnato davvero tanto. Ma mi rendo conto che
per un lettore una storia incompiuta non è altro che una perdita di tempo, e
di questo sono dispiaciuta in un modo che davvero non riesco ad
esprimere. Quindi spero con tutto il cuore che riusciate a perdonarmi. Perché sono davvero grata a tutte le persone che
hanno condiviso quest'esperienza con me: da quelle che che hanno
semplicemente letto a quelle che hanno addirittura trovato il tempo e
la voglia di lasciarmi un parere. Vi devo molto e vi ringrazio con
tutto il mio cuore. Questo sito è pieno di autrici davvero
brave, il cui talento tende a demoralizzare chi è ben
consapevole di avere delle lacune e dei limiti, e vi posso assicurare
che io non avrei mai avuto il coraggio di proseguire, se non avessi
trovato un minimo di sostegno. Mi sarei vergognata dopo pochi capitoli, e probabilmente non
avrei aperto word per tutto il resto della mia vita xD Quindi GRAZIE
a tutte quelle persone che mi hanno dato il coraggio di continuare.
GRAZIE per tutto quello che mi avete
permesso di imparare :) In ogni modo, sperando di non essere
colpita da una raffica di oggetti acuminati (lo so, ne avete tutto il
diritto, ma io ho ancora delle cose da dire!) voglio spiegare come
mai qui sotto c'è un capitolo. Beh, prima di tutto trovavo
davvero triste lasciarvi solo con un avviso. Secondo, in realtà
questo è il penultimo capitolo che pubblico, perché,
nonostante le serie difficoltà che ultimamente ho con la
scrittura, ho deciso di fare un ultimo sforzo e portare la fic alla
fine del 28 dicembre, che non solo segna un traguardo importante per
la sottoscritta, ma svela almeno il 70% dei “misteri” di
questa storia. È una cosa che faccio per me stessa e per
quelle poche lettrici che vorranno leggere, nonostante il mio avviso.
Ma trovavo giusto avvertire da adesso, per permettervi di scegliere
se leggere o meno questo capitolo alla luce di questa news. So che
sembra un'assurdità arrendersi al 90% della fic, ma,
credetemi, se lo faccio, è perché davvero sento di non
riuscire ad andare oltre. Ringrazio, saluto e chiedo scusa con
tutto il cuore a chi si ferma qui. Gli altri mi troveranno giù
:)
A
te, che mi sei entrata nel cuore con immediatezza. A te, che mi
hai dato il tuo supporto, anche quando lo rifuggivo. A te, che
sei la dolcezza fatta Gattina
:* ♥
♥ ♥ ♥ ♥ ♥
E
a te, che sei la mia Fata Madrina...
Niente! ù.ù Perdona l'Eros privo di peli e di
sguardi “tu sai cosa”ù.ù Ps: Se qualcuno
mi accuserà di aver calcato la mano la colpa sarà
esclusivamente tua, sallo!xD Ma
ovviamente tanto amore anche per te! :* ♥
♥ ♥ ♥ ♥ ♥
***
28 Dicembre *** Parte 3^
Armata di tutte
le energie che possedeva, Summer cercava di sfregare le caviglie,
nella speranza di allentare il nodo fatto da Damon, ma quella cintura
di cuoio si stava rivelando un nemico più ostile del previsto.
Il piede del letto a cui era
stata legata, con la sua forma quadrata e il notevole spessore, costringeva il suo collo ad un'inclinazione laterale,
che lo irrigidiva e lo indolenziva di minuto in minuto. I polsi se
la cavavano altrettanto male: ricoperti da numerose striature rosse –
una per ogni tentativo di forzare le manette – , insieme alle
mani avevano ormai perso la loro sensibilità; e stessa sorte
si sarebbe estesa presto anche alle braccia, che già
formicolavano fastidiosamente, in segno di una circolazione sanguigna
troppo arrendevole. Ma quei continui tentativi di liberazione –
animati da rabbia e insofferenza – avevano di positivo che le
impedivano di concentrarsi sul peggio – su Damon e la sua
gloriosa quanto stupida idea di affrontare Klaus da solo –, e
quindi di lasciarsi annientare dalla disperazione. Ed era quasi
riuscita ad allentare quello strettissimo nodo, quando finalmente
sentì il rumore della porta d'ingresso e la voce di Lily, che
la chiamava facendo in modo che la sua voce risuonasse in tutta la
casa. Summer rilassò quel corpo divenuto un ammasso di
tensione nervosa e urlando: «Lily! Lily, sono di sopra!»,
sentì che finalmente gli eventi ricominciavano a girare in suo
favore. La strega salì velocemente i gradini della rampa di
scale e poco dopo entrò nella stanza, esclamando il suo nome e
inginocchiandosi rapidamente accanto a lei. «Non riuscivo a
trovarti da nessuna parte ed ero sempre più spaventata. Cos'è
successo? Chi è stato a legarti?», chiese, iniziando a
slegarle le caviglie. «Damon...», rispose Summer, con
voce seccata da un vago senso d'imbarazzo, mentre Lily, con l'aiuto
della magia, le liberava anche i polsi. «Mi ha ammanettata per
andare a cercare Klaus da solo...», aggiunse, cercando di dare
una parvenza di normalità a quella strana situazione. «Però!»,
la strega rilassò i glutei sui polpacci, posò entrambe
le mani sulle ginocchia e poi osservò attentamente l'amica.
«C'è da ammettere che siete spiriti affini!» E
Summer, sostenendosi sui gomiti, le scoccò un'occhiataccia,
che subito si tramutò in un mezzo sorriso divertito: non
poteva obbiettare le sue parole e, soprattutto, era felice che lei
stesse bene. Durante il suo scontro con Klaus aveva seriamente temuto
di non rivederla mai più, e adesso si sentiva semplicemente
felice di dover rifare i conti con la sincerità fin troppo
spontanea che caratterizzava la sua insostituibile amica. «Cos'è
successo?», continuò la strega, con la solita
apprensione, amplificata dalla vista dei suoi abiti sporchi di
sangue. «Te lo spiego dopo», Summer si alzò,
massaggiò brevemente il polso più arrossato e si avviò
verso la porta, «adesso devi dirmi dov'è Klaus...» Lily
si alzò a sua volta e, guardandola con costernazione, le
disse: «Vorrei, ma mi è impossibile. L'incantesimo che
ho legato alla mappa è fuori uso.» «Come “fuori
uso”?», quelle parole per Summer suonarono prive di
senso. Da quando gli incantesimi potevano guastarsi? Era diretta
verso il salotto, ma quella notizia la fece voltare velocemente in
direzione della sua stanza, con Lily che la seguiva e le parlava
ansiosamente: «Non so cosa sia successo, ma...» Ma non
ricevendo nessuna attenzione, la strega si sentì costretta ad
usare un tono più deciso e autoritario: «Summer, devi
spiegarmi ogni cosa. Altrimenti posso fare ben poco. Sono stata qui
circa venti minuti fa e non c'eri... Ti ho cercata ovunque. Dov'eri?
Cos'è successo?» Summer, preda dell'ansia e della
voglia di agire alla svelta, frugava febbrilmente nei cassetti in
cerca di qualcosa, ma questo non le impedì di risponderle:
«Beh, l'ultima cosa che ricordo è che ero in fin di
vita, credendo che Damon fosse morto.» Ora aveva aperto le ante
dell'armadio, in cerca di una scatola riposta sul fondo. «Poi
mi sono svegliata qui, col suo polso premuto sulle labbra...»,
portò la scatola di cartone sul letto, per aprirla ed
ispezionarne il contenuto con un nervosismo crescente. Lily la
guardava con aria confusa. Pur sforzandosi, non riusciva a seguire il
suo discorso. «Eri in fin di vita?! Aspetta, come “il
suo polso”?», esclamò, in una sorta
d'interrogatorio apprensivo. «Summer, non è possibile!
Il sangue dei vampiri non può guarirti!» Ne era
ovviamente felice, ma quel racconto era privo di fondamento. E a
differenza della cacciatrice, che affrontava le situazioni avverse
passando subito all'azione e quelle a suo favore senza rimuginarci
mai più di tanto, Lily era una donna che doveva sempre
riflettere su tutto: non ammetteva la mancanza di coerenza e le cose
illogiche, neanche quando giocavano a suo vantaggio. Cercava sempre
il significato e la spiegazione razionale di tutto; e quando si
trovava di fronte ad un evento poco chiaro, le sembrava che il mondo
smettesse di girare e che solo la soluzione dell'enigma potesse farlo
ripartire. Summer arrestò quella ricerca frenetica e si
avvicinò alla compagna. «No, dei comuni vampiri no,
ma penso che tu abbia ragione. Poco prima Damon aveva bevuto il
sangue di Klaus, per curare il morso di un licantropo. Sono sicura di
averglielo detto che il sangue dei vampiri non può guarire le
cacciatrici, ma a quanto pare deve averlo dimenticato, ed è
stata una fortuna: se mi avesse portata all'ospedale sarebbe stato
inutile... Se non mi avesse dato il suo sangue probabilmente sarei
morta...» A quelle parole il colorito già pallido
della strega sbiancò ulteriormente, e la guardò
spalancando gli occhi e farfugliando un appena udibile:
«Summer...» «Che succede?» La cacciatrice
osservò quel mutamento repentino con curiosità: a
livello somatico i turbamenti di Lily erano sempre riconoscibili, a
chi come lei la conosceva da tempo. Ed infatti, poco dopo, con lo
sguardo colpevole e terrorizzato dal pensiero di aver messo a
repentaglio la vita dell'amica, la strega confessò ciò
che le stava inumidendo gli occhi: «Forse non l'aveva
dimenticato...» Il cuore iniziò a pulsarle frenetico.
«Prima ho trovato una boccettina sul comodino e quando ho
capito che si trattava del sangue di Klaus...», la voce venne
corrotta da un'ansia crescente, «ho deciso di portarla con
me...e...», e la osservò con un'agitazione che la faceva
addirittura tremare, «Summer, io... non potevo saperlo!» «Beh,
in effetti questo spiegherebbe il comodino ribaltato... Forse Damon
ha pensato che sia stato lui a nasconderlo!», osservò la
cacciatrice, ricordando particolari che le apparivano poco chiari e
cercando di sdrammatizzare; ma quando capì che Lily aveva
bisogno di un conforto serio, glielo diede con tutta la dolcezza che
meritava; così posò le mani sulle sue spalle e disse:
«Ehi, Lily. Va tutto bene. Come puoi ben vedere sono viva e
vegeta! E avevi ragione... il sangue di Klaus ha avuto effetto anche
su di me... Non è il caso di agitarsi...» La strega
le annuì, sentendosi più calma e Summer le sorrise,
riprendendo a guardarsi intorno. «Ero convinta di avere una di
quelle dannate bussole di Kendra. E invece sono sempre ovunque solo
quando non servono!», esclamò con avvilimento,
rivelandole cosa stava cercando con tanta urgenza. «Ne ho
una io ma, se mi dici che Damon è qui, è chiaro che non
funzioni. Segnala solo la presenza di una vampira bionda...» Sebbene
Summer non avesse idea di chi potesse essere, l'informazione non la
sorprese più di tanto: aveva sempre sospettato che a Mystic
Falls vi fossero molti più esseri sovrannaturali di quanti ne
conoscesse. Ma adesso le sue preoccupazioni erano ben
altre! «Perfetto!», fece con ironia, uscendo dalla
stanza. «Fammi capire bene: il coma ha mandato in tilt tutti i
tuoi incantesimi?! Non era mai successo niente di simile!» «Lo
so, ma dubito che abbia a che fare con me.» Lily la seguì
nuovamente, capendo che adesso era diretta in soggiorno. Ed infatti,
pochi secondi dopo, si trovarono di fronte al tavolinetto su cui la
strega, la sera prima, aveva posato la mappa localizzatrice. «Bene.
Allora... ti prego, fanne funzionare almeno uno.» Summer indicò
quella cartina, con gli occhi che le si inumidivano fino a brillare,
«Damon non è abbastanza forte per affrontare Klaus da
solo...» E Lily la guardò intenerita. L'amore che
provava per Damon traspariva dal suo volto con una luce che la strega
non le aveva mai visto prima. Le sembrava quasi... diversa dalla
ragazza che conosceva come le sue tasche. «Avevo creato
questa mappa sfruttando il rancore di Esmaél», afferrò
la cartina per osservarla meglio. «L'incantesimo poteva
esaurirsi solo con la morte di Klaus... Non ho idea di cosa possa
aver interferito», concluse con voce dispiaciuta. «Io
ce l'ho...», Summer ripensò alla sua lotta con l'ibrido
e capì di non poter continuare a tenere Lily all'oscuro di
tutto. «Hai ragione, se non ti racconto cos'è successo
puoi fare ben poco. Klaus è morto, ma a quanto pare non del
tutto... beh non che prima fosse vivo...» Ma l'ibrido era
rognoso anche come racconto. «Che vuoi dire?» Summer
prese un attimo di pausa per decidere da dove far partire il suo
discorso e poi iniziò a raccontare: «Dopo che sei
svenuta, Klaus è scappato, ma poi si è presentato in
ospedale, e per cercare di allontanarlo gli ho proposto di sfidarci
nel luogo in cui ha spezzato la maledizione. Così ci siamo
affrontati e – non so come – sono riuscita a piantargli
il pugnale nel cuore. Ma dopo un paio di minuti... si è...
semplicemente ripreso, e mi ha detto che avevo ucciso solo la sua
parte mannara; che per ucciderlo del tutto avrei dovuto dargli un
secondo colpo, col pugnale foderato della guaina...» Lily
aveva ascoltato il suo racconto con gli occhi che le si erano
spalancati sempre di più ad ogni parola, e alla fine aveva
esclamato: «La guaina è di legno... come ho fatto a non
pensarci!», con un tono sorpreso, colpevole, ma anche
stranamente euforico. «Ma c'è dell'altro...»,
disse Summer, consapevole di non averle ancora esposto la questione
più spinosa: «Ero più morta che viva, non
riuscivo a muovermi, Klaus stava per pugnalarmi, ma Damon si è
messo tra di noi e si è preso il colpo al cuore con la guaina
al posto mio...» «Cosa?! Con la guaina? Ma è di
legno e mi hai appena de...» «Già... non so
come sia stato possibile, ma Damon è vivo.» Summer sentì
un nodo alla gola, che però sciolse rapidamente, per
aggiungere: «Il resto è confuso... Klaus deve averci
dato per spacciati entrambi, pensando a rifugiarsi chissà
dove. E per quanto riguarda Damon... qualcosa deve averlo protetto,
perché si è svegliato come se fosse soltanto svenuto,
mi ha portata qui ed è riuscito a salvarmi.» Si avvicinò
all'amica, guardandola con aria implorante, «E adesso io devo
salvare lui... Ti prego, Lily. Falla funzionare.» «Vorrei,
Summer. Davvero. Ma la goccia di cera è sparita ed ora capisco
anche il perché...» «Beh, ma Klaus ora è
di nuovo in piedi», rimarcò la cacciatrice, con una
speranza che le illuminava gli occhi, «non puoi farlo
daccapo?» «Purtroppo no. Quello che ho utilizzato era
l'ultimo frammento d'osso di Esmaél...» Lily odiava
sentirsi impotente, e in quel momento le pesava ancora di più.
Sopraffatta da tutte quelle informazioni, che a lei – bisognosa
com'era di trovare un nesso a tutto – risultavano criptiche e
senza un'apparente logica, non riusciva a concentrarsi su un problema
alla volta: probabilmente perché tutto le sembrava disgiunto e
collegato al tempo stesso; e questo vortice di pensieri senza via
d'uscita la faceva impazzire, allontanandola sempre di più da
quelle soluzioni semplici che giacevano ad un palmo dal suo
naso. «Bene.» Summer annuì, guardandosi
intorno, in uno stato di riflessione che la portò all'unica
soluzione possibile: «Vuol dire che dovrò perlustrare
Mystic Falls da cima a fondo.» «Risparmiati la
fatica», ma la voce di Damon suonò contestuale al rumore
della porta che si apriva. «L'ho già fatto
io...» «Damon...», sussurrò Summer,
mentre il macigno che le schiacciava il petto si polverizzava ad ogni
passo che lui avanzava verso di lei. «Klaus è
riuscito a scappare», le disse Damon, scrutandola con una
strana intensità e visibilmente infastidito dalla realtà
dei fatti: aveva ispezionato la zona più volte, ma di Klaus
neanche l'ombra; poi il vampiro si girò verso Lily e, col
solito tono teatrale e corrosivo, aggiunse: «Allora, potente
strega della Triade, quale magia ci proponi per ritrovarlo?» Damon
aveva ascoltato l'ultima parte della loro conversazione e tutto gli
era risultato abbastanza chiaro: la mappa non funzionava perché
la temporanea morte di Klaus l'aveva mandata in tilt e Summer era la
solita cocciuta, che non sarebbe riuscito a tenere a bada neanche se
rinchiusa in una gabbia controllata da leoni... ma era stata in pena
per lui nello stesso modo in cui lui lo era stato per lei... Lily
scorse nello sguardo del vampiro la stessa fiamma che ardeva negli
occhi di Summer. Entrambi erano mossi da emozioni violente, che
oscillavano dall'amore alla vendetta; entrambi avrebbero messo a
soqquadro il mondo intero pur di vendicare ciò che era stato
fatto all'altro; entrambi sentivano l'urgenza di esorcizzare il
dolore subito e assicurarsi di non provarlo mai più. E si
rendeva conto di quanto fossero simili loro e di quanto fosse
abissale la differenza tra loro e lei. Lily sentiva un disperato
bisogno di studiare la situazione con la calma che richiedeva,
perciò, col solito candore che caratterizzava la sua voce, gli
disse: «Potresti darmi la tua mano?» Ma Damon, che
custodiva il segreto di quel cuore che batteva con la stessa
intensità con cui esso lo tormentava, era più
suscettibile e diffidente che mai, così articolò un:
«Perché?», che l'avrebbe incenerita, se solo la
strega non fosse stata un tipo altamente imperturbabile. «Beh...»,
fece lei con innocenza, «vorrei iniziare col capire cosa ti ha
protetto dal colpo del pugnale... Puoi aiutarmi?» E gli offrì
la mano, aspettandosi che lui vi posasse la sua: se avesse avuto una
delle sue solite visioni, forse sarebbe riuscita a capirci qualcosa,
o almeno avrebbe avuto altri elementi su cui riflettere. «No.»
Ma il vampiro rifiutò senza pensarci due volte; poi, con falsa
cordialità, inclinò leggermente il capo, per
enfatizzare anche le successive parole sprezzanti: «Perché
non mi sembra la questione più urgente al momento.»
Proprio come immaginava, la strega l'aveva colpito nel suo terrore
più grande. Damon preferiva rimanere all'oscuro di tutto, pur
di non diffondere quella notizia, che gli avrebbe dato parvenze umane
strette e inopportune. E mentre Lily lo guardava con sospetto,
aggiungendo il suo comportamento alla lista dei dati su cui
rimuginare, Summer si affrettò a dire: «Andiamo, che ti
costa...», non riuscendosi a spiegare lo strano astio che il
vampiro sembrava provare per la strega. «Tempo che non
abbiamo! Dovrebbe pensare ad escogitare un modo per ritrovare Klaus,
invece di perdere tempo su cose che possono aspettare!» E il
forte disagio di Damon, che si manifestava nel tono combattivo e
aspro, si abbatté anche su di lei: «Devo per caso
ricordarti che il pugnale è finito nelle sue mani!?» Ma
il vampiro venne gelato dalle sue stesse parole, che lo riportarono al momento in cui aveva consolato
Summer proprio per la severità con cui si era colpevolizzata per l'accaduto.
Quell'ultima frase era risuonata come un rimprovero, aveva sgretolato tutto ciò che aveva fatto per farla sentire meglio; e lo sguardo
adombrato della cacciatrice lo punì passivamente, facendo nascere in lui
un senso di colpa schiacciante nella stessa misura in cui lo sentiva
meritato. «No...», fece lei, con lo sguardo
leggermente basso per non incrociare i suoi occhi, «non c'è
bisogno che me lo ricordi...» E a quelle parole il petto del
vampiro si strinse dolorosamente. E fu investito da una voglia
viscerale di abbracciarla fino a cancellare quel senso di tristezza
che l'aveva sopraffatta e di scusarsi tacitamente, per poi dirle che
tutto sarebbe andato per il meglio; ma questi dolci propositi vennero
ostacolati sia dalla rigida circostanza che dalla presenza della
strega. «Sai...», Lily si voltò verso Summer,
«Damon ha ragione. Devo riflettere e trovare un'altra
soluzione...», e poi si avviò con nonchalance in
direzione della porta. «Dove stai andando?», fece la
cacciatrice, mentre Damon la guardava con occhi che le facevano la
stessa domanda, ma condita da un'imprecazione. «All'ospedale.
Ho delle dimissioni da firmare e un'auto da restituire.» E
sia la cacciatrice che il vampiro non poterono credere alle loro
orecchie, lasciandosi pervadere dal medesimo pensiero: era davvero il
caso di pensare a cose del genere in un momento simile? Ma Lily
non sembrava curarsi dei loro sguardi allibiti, mentre afferrava la
maniglia e diceva: «Nel frattempo dovreste dire ad Elena di
ritornare qui...» E solo la conoscenza decennale che le
univa permise a Summer di annientare l'ennesima ondata di stupore e
dire: «È in un luogo sicuro, perché dovremmo
farla ritornare?» «Perché Klaus si è
allontanato da Mystic Falls e adesso potrebbe essere ovunque. Se vi
crede morti entrambi ed ha il pugnale, Elena è l'unica ragione
per cui potrebbe ritornare. Ed ora che la notte di luna piena è
passata, non ha più senso che stia lontana da casa sua. Certo,
qui farà da esca, ma sarà molto più al sicuro a
Mystic Falls, sotto la nostra protezione, che altrove.» E con
quella parlantina pacata e sicura, che alla fine riusciva ad imporsi
anche su caratteri esuberanti e bellicosi, come quelli degli altri
due, Lily si palesava per la despota di zucchero che in realtà
era. «Ci vediamo dopo!», aggiunse infine, chiudendosi la
porta d'ingresso alle spalle. «Lily!», e Summer rimase
con quell'esclamazione a mezz'aria, mentre Damon, per tutto il tempo,
si era semplicemente limitato a guardarla allibito; poi la
cacciatrice si voltò verso di lui e, con uno sguardo
nuovamente livido, disse: «Ci pensi tu?» In fondo,
Elena rientrava nella giurisdizione del vampiro, pensò,
mentre la gelosia – anche solo per una banale telefonata –
le rodeva il fegato. Ma adesso il suo cattivo umore era peggiorato
anche dal ricordo di tutto ciò che le aveva fatto. L'aveva
legata e fatta dannare, come solo Damon Salvatore sapeva fare. «Sei
arrabbiata?», fece lui, con la tranquillità beffarda di
chi è consapevole di doversi aspettare una ramanzina, ma non
ne è per nulla intimorito. Summer, che si stava avvicinando
alla rampa di scale, si girò per guardarlo negli occhi. «Hai
idea di quello che mi hai fatto passare?!», rispose con voce
bassa ma soffocata di rabbia. «Sì, Summer. Credo di
averne un'idea molto precisa...», e il sorrisetto bonario del
vampiro insieme ai suoi occhi sereni furono un chiaro riferimento a
quei comportamenti eticamente discutibili, che però li
rendevano simili e quindi reciprocamente inattaccabili. E con il
movimento delle sue iridi castane, Summer disegnò un
immaginario arco di colpevolezza. Lei gli aveva spezzato l'osso del
collo: erano pari; il messaggio le era arrivato chiaro, forte e
stranamente ammantato di dolcezza. Gli fece un mezzo e dolce
sorriso di complicità e poi si mosse per salire le scale. Ma
Damon osservò i suoi movimenti, per poi pronunciare un: «Dove
vai?», che la immobilizzò, lasciandola sospesa al quarto
gradino. E Summer si voltò nuovamente verso di lui, che se ne
stava immobile alla fine della rampa, per dirgli: «Approfitto
del momento introspettivo di Lily per fare una doccia...» «La
tua amica è strana.» Summer gli sorrise dolcemente.
«È solo meno impulsiva e più riflessiva di
noi...» Ma il vampiro ricambiò la sua dolcezza con la
malizia: «Già... noi siamo teste calde...» E in un
attimo le afferrò il polso, facendola cadere su di sé,
labbra contro labbra, per poi stringerla rapidamente in un forte
abbraccio, che subito le ridiede l'equilibrio. E si baciarono e si
sorrisero come se la minacciosa situazione che incombeva su di loro
avesse perso improvvisamente tutto il suo schiacciante peso. «Non
doveva liberarti...», si lamentò il vampiro, dopo un
mugolio lussurioso e riferendosi alla strega. Lily stava attentando
al suo segreto e, soprattutto, aveva guastato il suo giochino
bondage: meritava tutta l'antipatia di cui era capace. E sul volto
di Summer comparve quel sorriso libero e radioso, che solo lui sapeva
far nascere con tanta spensieratezza. «Sul serio? Avresti
approfittato della situazione nel bel mezzo dell'apocalisse?» Il
vampiro aggrottò le sopracciglia con aria pensosa: «Davvero
lo metti in dubbio?» E dopo la breve risata di Summer –
che con i suoi occhi lucidi gli confessava quanto lo trovasse un caso
patologico e quanto lo amasse così com'era – si
baciarono nuovamente e col solito trasporto; ma poi lo sguardo le
si spense di colpo, e con triste delicatezza mise fine a quel
contatto. «Pensa ad avvisare Elena...», lo redarguì
in un sussurro dolce e bonario, girandosi e salendo di nuovo le
scale. Ma per ricatturare il suo sguardo il vampiro afferrò la
sua mano, per poi lasciarla andare con estrema lentezza: il tempo di
scrutare il suo volto con attenzione e chiedersi quale preoccupazione
l'avesse fatto oscurare in quel modo. E quando Summer non fu più
nel suo campo visivo, Damon prese il telefono dalla tasca posteriore
del pantalone, si diresse verso il salotto e chiamò Stefan,
che rispose quando lo scotch che stava versando nel suo bicchiere
preferito raggiunse la quantità desiderata. «Damon.
Cos'è successo?», gli chiese. Ma il maggiore ignorò
quella domanda, concentrandosi su tutt'altro: «Allora,
fratellino, come sta andando l'opera di riappacificazione tra anime
gemelle? Dilaniante, lunga e strappalacrime come nelle telenovela,
oppure siete già nudi?» «Cos'è successo,
Damon?», scandì l'altro, ma rassicurato almeno in parte
dal tono frivolo del fratello. «Domanda semplice, risposta
complicata. Le cose si sono rivelate più contorte del
previsto, ma per farla breve: la cacciatrice è riuscita a
pugnalare Klaus, ma per funzionare a dovere il pugnale richiedeva un
secondo colpo con la guaina di legno: colpo che non ha ricevuto e
che, tra parentesi, ho provato sulla mia pelle, scoprendo quanto sia
spiacevole...», e il vampiro parlava in funzione di quei dolori
incessanti, che non smettevano di tormentare il suo corpo: in quel
momento la sua vista aveva subito l'ennesimo calo, portando con sé
tutte le sue forze. E respirando a fatica, il vampiro si appoggiò
alla parete e avvicinò il bicchiere alle labbra, con uno
sforzo che gli fece tremare il braccio. «Come “l'hai
provato sulla tua pelle?”», domandò Stafan, con
una lieve punta di agitazione nella voce. «Nel senso più
letterale che puoi immaginare. Ma è una lunga storia, dovrai
aspettare il film.»* Vi fu un momento di silenzio e poi una
semplice domanda: «Stai bene?» Il vampiro fece un
mezzo sorriso, guardando attentamente nel suo bicchiere, con quegli
occhi che adesso avevano ripreso a funzionare correttamente. «Vivo
e vegeto a quanto puoi sentire... oserei dire fin troppo!» E
adesso il riferimento era rivolto a quel cuore che continuava a
martellare nel suo petto, scatenando tutta la rabbia passiva che era
in grado di provare. «Che vuoi dire?» «Lascia
perdere.» Ma Damon celò il suo segreto anche a lui.
Nessuno... non doveva saperlo nessuno! «Come vuoi.
Cosa facciamo adesso? Chi ha il pugnale?» «Ottime
domande. Il pugnale è caduto nelle mani di Klaus e, adesso, tu
impacchetti la tua dolce Elena e la riporti qui. Abbiamo bisogno di
un'esca», fece il vampiro con fin troppa semplicità.
«Voglio sperare che tu stia scherzando, Damon. Cosa ti fa
pensare che la riporterò lì?», e il tono di
Stefan rivelò tutta la sua contrarietà, ma Damon, con
una serietà caustica, rispose: «Ascoltami bene. Klaus si
è già sbarazzato di questo pugnale in passato, e se
vogliamo avere una chance di ucciderlo nel secolo che interesserà
la vita della tua umana fidanzata, tutto quello che possiamo fare è
cercare di agire alla svelta. Altrimenti preparati a trasformarla in
un vampiro e a chiedere a Katherine consigli sulla latitanza!»
Ma quando fu investito dal silenzio che esprimeva tutta l'angoscia
del fratello, Damon si sforzò di addolcire il suo tono:
«Ascolta... ci saremo noi due, una cacciatrice e una strega a
proteggerla», bevve un altro sorso di scotch, che subito gli
ricordò un'altra persona. «E un umano sul baratro
dell'alcolismo, se consideriamo anche Rick», aggiunse, con un
mezzo sorriso. «Non le succederà niente...», e poi
si avvalse di quei forti sentimenti che Stefan – non conoscendo
gli ultimi risvolti – credeva ancora vivi in lui e disse: «Sai
bene che non metterei mai la sua vita in pericolo...» E
quella profonda amicizia, a cui lui aveva dato una parvenza d'amore
per convincere il fratello, sortì l'effetto sperato,
portando quest'ultimo a chiedere: «Cosa dobbiamo fare?», con una
sorta di rassegnata convinzione nella voce. «Tornate a
Mystic Falls, ma non qui. Porta Elena direttamente a casa sua –
a differenza di questa casa, lì Klaus non può entrare –
e poi... resta semplicemente con lei e assicurati che non voglia fare
la martire. Nel frattempo noi penseremo ad un piano.» «Bene»,
fu la semplice risposta di Stefan; ma poi, prima che il maggiore
ponesse fine alla chiamata, si affrettò ad aggiungere: «E
Damon... spero che la pugnalata sia stata dolorosa come dici, ma...
mi fa piacere che non ti abbia fatto fuori...» Damon schiuse
le labbra per dire qualcosa, ma alla fine non riuscì a
formulare nulla. E dopo attimi di silenzio stranamente intensi e
surreali, la telefonata si interruppe per volere del fratello
minore. Il vampiro posò il bicchiere ormai vuoto sul
tavolinetto e ripensò a quella conversazione. Non poteva
credere di aver appoggiato la tesi della strega, ma, più di
ogni altra cosa, la sua attenzione si focalizzò su un piccolo
dettaglio: sull'aver detto a Stefan di trasformare Elena in un
vampiro; e subito capì che quel pensiero era stato messo in
evidenza da un evento che non poteva ignorare: come lui, Summer aveva
il sangue di Klaus in circolo nel proprio corpo...
***
***
Summer provò
un impagabile senso di libertà, quando poté finalmente
sbarazzarsi di quegli abiti consunti e gettarsi nel vano
doccia. L'acqua calda purificò i suoi capelli da ogni
traccia di terriccio e la sua pelle da ogni scia di sangue. Ma
soltanto parecchi minuti dopo, i suoi muscoli cominciarono a
rilassarsi, liberando il suo corpo da tutta la tensione accumulata. E
tra le gocce d'acqua si persero anche due lacrime, scivolate vie
insieme al sovraccarico di stress. Ma la rabbia... quella non
l'avrebbe mai abbandonata. I pugni di Summer si sarebbero sempre
stretti al bruciante ricordo di Klaus e degli avvenimenti di quegli
ultimi mesi. L'ibrido aveva ucciso Kendra, ed era stato ad un passo
dal portarle via anche Damon. Adesso non era più una battaglia
tra forze notoriamente contrapposte. Adesso era una questione
strettamente personale. E Summer giurò a se stessa che si
sarebbe vendicata; e dopo avergli inflitto atroci sofferenze, quel
giorno Klaus avrebbe finalmente cessato di esistere...
***
***
Con le mani sul
volante di una macchina dal motore spento, Lily rifletteva sull'onda
di informazioni che l'aveva travolta. Sentì di aver fatto la
cosa più giusta ad abbandonare quella casa. Doveva analizzare
il tutto con la dovuta calma, e le sarebbe stato semplicemente
impossibile farlo sotto l'aura di impazienza, che aleggiava intorno
alle teste degli altri due. Afferrò la borsa, sistemata sul
sedile del passeggero, e ne estrasse la bussola. Come immaginava,
l'ago era rivolto ad Est, in direzione del Mystic Grill. Se
l'aggeggio avesse funzionato a dovere, avrebbe dovuto puntare di
fronte a lei e segnalare la presenza di Damon. Perché non
lo faceva? La bussola era mossa da un incantesimo, un incantesimo
che non poteva spezzarsi a metà. Doveva funzionare
perfettamente o non funzionare del tutto, pensò,
sentendosi ancora più confusa. E visto lo strano comportamento
del vampiro, Lily iniziò ad avere seri sospetti su di lui. Era
chiaro che nascondesse loro qualcosa. Ma cosa? E, soprattutto,
perché? Mise in moto l'auto ed uscì dal vialetto,
diretta realmente all'ospedale.
*****
*****
Quando Summer
uscì dal bagno, i capelli un po' arruffati e vestita della
sola vestaglia a kimono verde acqua, trovò Damon seduto sul
suo letto, con i gomiti poggiati sulle cosce e le dita che
s'intrecciavano e si sfregavano in movimenti lenti, che gli
conferivano un aspetto fin troppo pensoso. Come per dargli atto di
avere piena coscienza della sua presenza, Summer posò un lungo
sguardo su di lui, che venne ricambiato con altrettanta intensità.
Poi si avvicinò alla cassettiera in cui teneva riposta la
biancheria, afferrò un tanga color lavanda e lo indossò
con un gesto che trasmetteva sia la tranquilla intimità delle
coppie consolidate che l'inevitabile punta di malizia tipicamente
femminile; e quegli attimi ingannevoli – fatti di dita leggere
e innocenti che sfioravano e delineavano quelle gambe nude quasi fino
all'inguine – furono catturati dalla mente attenta di Damon,
che con abilità riuscì a goderseli dietro sguardi privi
di ogni interesse: la sua passione, ora repressa da pensieri
prioritari, avrebbe riacquisito il controllo solo al momento opportuno, ma le avrebbe fatto pagare quella dispettosa provocazione con tanto di
salati interessi. «Sei stata tu a prendere il sangue di
Klaus?», le chiese quindi con voce calma, continuando a
fissarla con una serietà che non gli apparteneva. «Intendo...
dopo che mi hai “delicatamente” spezzato il
collo...» Summer fu scossa da uno strano fremito di disagio
ed emozione, e mentre si chiedeva cosa fosse stato a provocarlo –
se la sua aria quasi severa o la sua voce più limpida e
sensuale del solito –, eluse il suo sguardo, portando la
propria attenzione su una ciocca di capelli; e la serrò
facendola scorrere tra l'indice e il medio, per poi ispezionarne la
punta con meticolosa e inutile accuratezza. «È stata
Lily. Mi stava cercando e ha pensato di portarlo con sé in
vista del peggio.» E una volta chiuse le labbra, cercò
di combattere il potere che esercitava su di lei, guardandolo
nuovamente. «Beh, ti assicuro che il peggio è stata
proprio la parte in cui non l'ho trovato.» Ma il bagliore
azzurro dei suoi occhi e quella risposta repentina le annientarono il
respiro, facendole capire che Damon, fin quando non le avesse parlato
espressamente, mettendo in chiaro i propri sentimenti, l'avrebbe
fatta sentire sempre in quel modo: col cuore pronto a cessare di
battere da un momento all'altro. «In verità...
pensavo che mi avessi dato il tuo sangue... perché te ne fossi
dimenticato...», pronunciò con voce incerta, con lo
sguardo nuovamente basso e le mani che adesso giocavano col nodo
della cintura. «Non dimentico le cose importanti», ma
Damon ricatturò i suoi occhi e la guardò con
un'intensità che la fece sentire spogliata della carne. «E
il sangue di Klaus che circolava nel mio... era la classica... ultima
speranza.» Le fece un mezzo sorriso e Summer annuì
quasi impercettibilmente, deglutendo forte. Si avvicinò alla
finestra e focalizzò la sua attenzione sul paesaggio: il
tramonto rendeva quella distesa di pini un'unica macchia scura, che
si opponeva con prepotenza ai suoi toni caldi e quasi abbaglianti.
«Sai, in verità non avevo mai creduto alle parole di
Lily. Pensavo fosse solo una delle sue fantasiose supposizioni,
dettata per lo più dal suo ottimismo. Non la conosci, ma ti
posso assicurare che la sua vena ottimista è come la fantasia
di un bambino: totalmente priva di limiti!» Per smorzare quella
strana tensione, Summer aveva cercato di dare alla sua voce una
cadenza allegra e giocosa, ma l'attimo di silenzio che seguì
la rese ancora più agitata, costringendola a tenere lo sguardo
fisso di fronte a sé; e quando Damon le disse: «E
invece... è vero. Il sangue di Klaus ti ha guarita e questo
significa che forse... potresti diventare un vampiro... se lo
volessi...», si sentì quasi grata verso se stessa per
non aver visto il suo volto e, soprattutto, per non avergli dato modo
di vedere il rapido cambiamento del proprio. «Già...»,
sibilò con una malinconia che non riusciva a spiegarsi e con
lo sguardo ancora fisso su quella natura dominata dalle sfumature di
rosso. Senza capirne il motivo, aveva sempre odiato quel discorso;
eppure, pochi secondi dopo, sentì inevitabile chiedergli: «Hai
mai pensato di trasformarmi?» E quella voce corrotta
dall'imbarazzo e da un vago senso di paura ammorbidì i
lineamenti del vampiro, riempiendo i suoi occhi di una ritrovata
dolcezza, che subito andò a discapito di quella strana
serietà. Non gli era sfuggito l'attimo in cui le proprie
parole avevano avuto il potere di irrigidire le sue spalle. Damon
sapeva bene che per lei quello era un argomento delicato – un
argomento che era preferibile non affrontare – ma, in quel
momento, senza comprendere cosa lo spingesse a farlo, desiderava
cogliere ogni indizio che gli permettesse di capire il suo volere a
riguardo. Vampira o cacciatrice, sentiva che l'avrebbe amata allo
stesso modo; ma ora che il sangue di Klaus circolava anche nel suo
corpo, rendendo possibile quella scelta, riteneva giusto
ricordargliela, sebbene lei, in passato, gli avesse già
ribadito che non era sua intenzione voltare le spalle al suo ruolo di
cacciatrice e lui ne avesse ascoltato con attenzione ogni parola: da
quelle più chiare a quelle omesse, che forse risultavano
oscure anche a lei stessa. «Qualche volta...», confessò
poco dopo, con un tono dolce e un sorrisetto obliquo appena
accennato: erano state fin troppe le volte in cui aveva fantasticato
su quello scenario. Tenendo lo sguardo basso, Summer girò
il collo verso di lui, e quel flebile «Davvero?» suonò
la nota dolce e infantile di quando qualcosa la sorprendeva,
riempiendo il suo cuore di quella gioia timorosa, che prima di
esplodere richiedeva certezze preventive.
**
Bloodstream (Quartet Session) **
♫Words
can relay nice They can cut you open And then the silence
surrounds you and haunts you ♫
Nella
stanza ogni cosa era calata nell'ombra e Damon osservava il corpo di
Summer, che appariva come una sagoma scura, contornata da un
riverbero ramato quasi accecante, i cui raggi filtravano attraverso i
suoi capelli come bagliori che si stagliano nel buio ascetico di una
cattedrale. «Sì...», rispose, riportando lo
sguardo di fronte a sé e mettendo le mani nelle tasche. «Anche
se l'immagine era più o meno sempre la stessa...» Poi si
voltò nuovamente verso di lei, che teneva ancora il collo
abbassato e girato di lato e, mentre ascoltava il mormorio dolce e
titubante della sua voce, ne osservò attentamente il profilo,
rapito dai movimenti incerti e sensuali delle sue labbra. «E...
sarebbe?» Damon non le rispose e Summer, le unghie che si
torturavano e lo sguardo ora fisso su di esse, capì di dover
insistere: «Andiamo, voglio saperlo...», ma parlava a
voce bassa e controllata, per evitare che l'emozione desse picchi
acuti al tremito delle sue parole. «Come lo faresti?» Il
vampiro sorrise a mezze labbra, si alzò e si avvicinò a
lei, dando a tutti i suoi movimenti una voluta cadenza flemmatica; e
quando si ritrovò alle sue spalle, le mani ancora nelle
tasche, indugiò per un altro, lungo istante. Poi, con voce
pacata e sicura, decise di descriverle la sua fantasia: «Ti
farei indossare una vestaglia di seta, simile a questa, ma di un
colore scuro e lunga fino al pavimento...» E, sebbene sapesse
che quelle parole avrebbero innescato emozioni violente e difficili
da controllare, si rendeva conto che adesso, anche volendo, non
sarebbe riuscito a fermarsi... «Sotto ti vorrei con quel
babydoll nero velato sui fianchi e con i laccetti rosa che si
slacciano al centro del petto: l'unico che ti ho sempre tolto con
delicatezza, appunto perché mi piace.» E i loro occhi
s'incrociarono attraverso il vetro, in un riflesso che
scomparve rapidamente, senza riuscire ad imprimere anche quei sorrisi
di complicità, causati dal ricordo di tutte quelle volte in
cui il piccolo indumento aveva fatto impazzire quel vampiro che
adesso liberava una mano dalla tasca per raccoglierle i capelli e
sfiorarle il collo con falsa casualità. «Ti
sistemerei i capelli su una sola spalla e poi libererei l'altra dalla
vestaglia», pronunciò quelle parole lasciando che
l'altra mano scorresse sulla sua spalla per far scivolare la stoffa
leggera del suo kimono; e, corteggiando la sua pelle con le labbra,
si fece tentare dal dolce profumo che emanava e da quel fremito di
eccitazione che l'aveva scossa visibilmente, ma, voglioso di giocare
ancora, s'impose di prevalere sul viscerale bisogno di assaporarla.
«Ti stringerei a me...», fece scivolare la mano sotto
il suo seno e in un attimo, in uno scatto deciso, il suo avambraccio
si trasformò in una morsa che la intrappolò a lui. E
Summer si sentì travolta da brividi troppo forti, quando il
suo bacino premuto sul proprio fondo-schiena le rivelò
l'eccitazione che Damon non si curava di celare e che, un attimo
dopo, con un sorrisetto ironico, fu lui stesso a rimarcare: «E
ammetto... che mi sarebbe difficile nascondere... che il solo
pensiero di farlo... di possederti totalmente...» E adesso le dita del
vampiro le scorrevano sul basso ventre, scostando la vestaglia e
intrufolandosi sotto l'elastico del tanga, per seguirne la linea con
crudele lentezza, «mi fa impazzire come
quegli attimi in cui a separarmi dal piacere c'è solo del
pizzo colorato e fin troppo sottile...» E, sebbene lei facesse di tutto per non farglielo
notare, Damon godeva della vista del suo profilo corrotto
dall'insostenibile attesa del piacere e del suo corpo scosso da quei
tremiti che non poteva evitare. Quel dolce tormento a cui lei
resisteva a fatica rappresentava la sua piccola vittoria, la sua
angelica vendetta: in fondo, era stata lei la prima a provocare,
si disse, compiaciuto del suo dispettoso operato, ma consapevole di
essersi imbattuto in una strana occasione per confessarle cose che
pensava e sognava da tempo, proprio come la sua voglia di vivere quel
singolare tipo di emozioni e di farla sua, tramutando il loro amore
in qualcosa di eterno; e ciò era incentivato da quel momento
quasi surreale, che annientava preoccupazioni di ogni genere. Tutte
le angosce di Damon sul futuro, su Klaus, su quel cuore che batteva,
su quei dolori incessanti, erano state frantumate da quella fantasia,
che adesso sembrava la meta della sua intera vita. «Ritarderei
il momento...», continuò, «baciandoti il collo con
lentezza.» E posò le labbra sul suo collo per un primo
bacio, «per sentirti sempre più tesa», poi un
altro, «eccitata», un altro ancora, «impaziente»,
e infine portò le labbra al suo orecchio, «ansiosa di
essere mia...» E il forte fremito che scosse la pelle di
Summer vibrò sulla sua, trasmettendogli le stesse, intense
emozioni, che per un istante gli fecero temere di perdere il
controllo, ma non nella misura necessaria a farlo smettere: «Ti
scoprirei il seno... perché non potrei farne a meno...»,
e le sue dita continuarono a spogliare la spalla già libera
dalla vestaglia, fino a mostrargli il seno e a costringerlo a
deglutire con forza la voglia di tenerlo tra le labbra.
«L'accarezzerei piano...», e continuando a concretizzare
quella fantasia sotto il tocco delle sue dita, ne accarezzò le
morbide curve, per poi sfiorarne più volte la punta con una
lenta oscillazione del pollice; e il gemito che lei soffocò
repentinamente lo istigò a sussurare: «Sentendomi soddisfatto ad ogni sospiro che faticheresti a
trattenere...», poiché non poté fare a meno di
sorridere compiaciuto, nel sentirla completamente preda della sua
voce e delle sue mani; e si chiese per quanto ancora avrebbe
resistito, cercando inutilmente di nasconderglielo. Ma, anche se
avesse voluto, Summer non avrebbe potuto reagire in alcun modo. Si
concedeva passivamente perché ciò era l'unica opzione
che Damon le offriva. Sconvolta dai caldi fremiti che le
procuravano la sua voce e le sue carezze, non poteva fare altro che
starsene immobile: completamente imprigionata in quella dimensione
irreale, creata da quella sensualità oscura e predominante,
che il vampiro sprigionava quando il suo preciso scopo era farla
impazzire. Ma in quel flusso di parole suadenti si nascondevano anche
verità compromettenti, e Summer capiva che la sua inerzia
dipendeva soprattutto dalla flebile speranza che lui continuasse a
parlare... che le permettesse di cogliere parole che avrebbero curato
le infinite ferite del suo cuore, attenuando sia le sue remote
insicurezze che il recente dolore per quel “Ti amo”,
che non le era stato concesso. Era fortemente intenzionata a
resistergli, ma in quel momento Damon la strinse a sé con
maggiore veemenza, corrompendo il tono della sua voce con note
esasperate e passionali: «Ma poi ti mostrerei che la mia
esitazione ha comunque un limite. Che l'attesa consuma entrambi con
lo stesso desiderio, con la stessa voglia di perdere il
controllo...», e questa volta il seno glielo strinse con
prepotenza, constatando soddisfatto che adesso lei respirava in
maniera convulsa, totalmente sciolta nelle sue mani. Ma poi,
allarmato dalla sua stessa tensione, da quella voglia di lei che
ormai lo incendiava, decise di intimorirla, nella speranza di
allontanarla sia da quella pericolosa idea che da se stesso, per
evitare l'irreparabile: «E allora non riuscirei a trattenermi
oltre: i miei canini affonderebbero nella tua carne con una forza che
faticherei a gestire; il tuo sangue mi riscalderebbe la gola, per poi
invadere il mio corpo con lo stesso calore; mentre tu... sentiresti
il tuo farsi sempre più freddo e debole... e in quel momento
ti accorgeresti di essere completamente in balia delle mie mani... di
ogni mio volere...» E le sottili venature intorno ai suoi occhi
comparvero rapidamente, per poi scomparire altrettanto velocemente,
sotto il controllo di una volontà che adesso faticava a
gestirle. Le braccia continuavano a stingere Summer con forza, mentre
la voce gli diveniva sempre più oscura e quasi minacciosa:
«Gli ultimi battiti del tuo cuore palpiterebbero sotto la mia
pelle; la tua vita scivolerebbe via dai miei respiri; e, nonostante
il tuo coraggio, ti sarebbe inevitabile farti sopraffare dalla paura
della morte, che ti stringerebbe il petto fino a impedirti di
respirare...» Chiuse gli occhi e respirò profondamente:
doveva controllarsi e combattere quella violenta voglia del suo
sangue, che ora gli pulsava nelle tempie, stordendolo. I suoi dolori
si accentuarono di colpo, così come gli esordi di quelle
trasformazioni incontrollate, ma si appellò a tutte le sue
forze e alla fine riuscì nuovamente a dominarsi. E lentamente
Summer sentì la sua stretta che si ammorbidiva quasi fino a
cullarla, proprio come la sua voce che adesso si scioglieva nel
sussurro intriso di dolcezza di un uomo innamorato che, nonostante i
propositi contrastanti, non riusciva a nasconderle la verità:
«Ma, in quell'istante, i tuoi ultimi pensieri s'imprimerebbero
nei miei occhi senza segreti... e si trasformerebbero in tutto ciò
che vorresti... perché controllerei il tuo ultimo sogno,
liberandoti da ogni paura, creando qualunque fantasia ti piacerebbe
vivere realmente. E alla fine moriresti tra le mie braccia», e
riprese a baciarle la pelle, questa volta a labbra dischiuse per
godere appieno del suo sapore, «sentendoti calma», e
dalla spalla arrivò alla base del collo, «al sicuro»,
per poi continuare fino all'orecchio, «mia per sempre...» E
con gli occhi chiusi, posò la fronte sulla sua nuca,
inspirando profondamente il profumo dei suoi capelli e sentendo una
sensazione simile alla stanchezza. In quel momento si sentì
quasi sollevato: stava riuscendo a tenere a bada quell'eccitazione
che gli contraeva l'addome e gli tormentava l'inguine, proprio come
stava riuscendo a dominare quelle trasformazioni involontarie che
gli facevano scoppiare la testa e calare la vista; ma poi Summer, gli
occhi lucidi e il respiro corrotto dall'emozione, inclinò
maggiormente il collo, offrendoglielo come un chiaro pegno d'amore. E
per un attimo entrambi si sentirono rigidi e immobilizzati: tesi come
corde di un violino che avrebbe suonato quel requiem al primo soffio
di vento. Ma il vampiro ritornò subito in sé,
scuotendo flebilmente il capo, in segno di un rifiuto che
l'eccitazione gli impediva di esprimere a voce. Era forse
impazzita?, si chiese incredulo. Damon pensava fosse fin troppo
chiaro che non potesse farlo realmente... Con quei presupposti il
rischio era troppo elevato. In fondo, non vi era nessuna certezza che
il sangue di Klaus avrebbe funzionato, anzi: in realtà ad esso
non vi si poteva attribuire neanche la certezza di quella miracolosa
guarigione. Era stato davvero il sangue di Klaus l'elemento
determinante? Si chiese, in quel particolare momento in cui la
ragione avrebbe messo in dubbio anche le verità più
universali. E poi, se anche avesse voluto bere il suo sangue senza
quel fine, in quelle condizioni fisiche precarie non era certo che
sarebbe riuscito a fermarsi; ma si rendeva conto che ciò
faceva parte di quell'assurdo segreto custodito con ostinazione, che
rendeva impossibile a Summer immaginare il grosso rischio a cui andava in contro offrendosi a lui. Per Damon, la cosa più giusta da fare era
rimandare quel discorso a pugnale recuperato; eppure... la vista che
quasi gli si offuscava; il suo profumo; il modo sensuale con cui
muoveva il suo corpo e il bisogno viscerale di sentire la sua essenza
scorrere nel proprio; le sue dita tra i capelli, come spinta
subliminale verso il suo collo; il proprio nome sussurrato dalle sue
labbra con un desiderio disperato e lancinante; il pensiero che lei
gli si stesse offrendo totalmente, che lo amasse fino a volergli
donare la sua vita... E in un attimo di prevalenza dei sensi su ogni
possibilità di controllo, i canini del vampiro penetrarono
nella sua carne, sprigionando quel sangue che l'avrebbe fatto
impazzire.
♫I
think I might've inhaled you I could feel you behind my
eyes You've gotten into my bloodstream I could feel you
floating in me♫
E
nel gemito di Summer quel crescendo di emozioni – divenuto
insostenibile per entrambi – si concretizzò con forza,
portando con sé un inevitabile senso di realtà su ciò
che stava accadendo e su ciò che avrebbe comportato. Pur
non sapendosi spiegare il perché, Summer non aveva mai
desiderato essere un vampiro: quel pensiero la pervadeva di una
strana angoscia che la portava a sopprimerlo a priori, senza mai
darle l'occasione di rifletterci davvero. Eppure, in quel momento,
Damon voleva che fosse sua per sempre, e sembrava che per lei
nient'altro avesse importanza. Nella sua anima non esisteva alcun
tipo di timore, perché tra le sue braccia Summer sentiva che
tutto sarebbe andato per il verso giusto. Era sicura di ciò
che provava per lui... e adesso anche di ciò che lui provava
per lei. Le parole di Damon le avevano attraversato la pelle,
scivolando nel suo petto con un'intensità crescente, divampata
nel bruciante desiderio di essere eternamente sua... a qualunque
costo! Quelle parole l'avevano colmata della felicità che
attendeva da tempo. E adesso, per quei canini acuminati che le erano
entrati nella carne con l'impeto urgente del bisogno, Summer non
riusciva a sentire neanche il più insignificante dolore: le
emozioni che provava le trasmettevano un piacere così
primordiale e feroce da sovrastare ogni altra percezione. In quel
momento, nel desiderio che li univa regnava qualcosa di sacro e
profano. L'amore che si glorificava nella morte. Ma ciò non la
spaventava – non dopo tutto quello che Damon le aveva
confessato. Voleva essere sua. Nient'altro. E adesso il
vampiro si nutriva di lei con una foga che le toglieva il respiro e
le infiammava la pelle, concretizzando quel bisogno improvviso, sorretto da un desiderio trascendentale e remoto.
Sentiva le sue braccia che le comprimevano e le avvolgevano il corpo
con una passione avida di possesso... avida di lei; e Summer pressò
le mani sulle sue – su quella che premeva sul seno e quella che
stringeva il fianco – per dimostrargli che quella forza –
così impetuosa da sembrare violenta – non le faceva
alcun male... che avrebbe sopportato qualunque cosa... Damon
allontanò le labbra dal suo collo, respirando profondamente e
tenendo gli occhi chiusi per qualche secondo; poi il suo abbraccio si
trasformò in una presa che la voltò verso di sé;
e quando se la ritrovò di fronte e si accorse del modo in cui
lo guardava – quegli occhi carichi di desiderio e amore –
non poté fare altro che baciarla profondamente, sperando che
lei capisse che era principalmente l'amore il sentimento che lo stava
facendo impazzire. E alla fine di quel contatto, il vampiro incenerì
con lo sguardo quella vestaglia che continuava a nascondere lembi di
pelle a cui non poteva rinunciare e, con una veemenza fin troppo
impetuosa per della stoffa che si sarebbe arresa a poco più di
un suo soffio, ne sciolse rapidamente il nodo, ma senza poi curarsi
di farla cadere: le mani si erano stazionate con fermezza sulle rotondità dei fianchi, immobilizzate dai troppi desideri che si contendevano il primato sull'azione successiva; e le curve morbide dei seni e di quelle che delineavano la
vita e il basso ventre, enfatizzate da un sensuale gioco di luci ed ombre,
si erano riflesse nei suoi occhi azzurri, colmandoli di meraviglia e
ipnotizzandoli all'istante. Ma quello sguardo innamorato si fece ben
presto anche famelico e demoniaco, un fedele manifesto di schiavitù
verso ogni sensazione che provava; e, con l'ultimo residuo di
lucidità, alzò una mano, passò le dita tra i suoi capelli e avvicinò
la fronte alla sua. «Devi fermarmi...», soffiò
sulle sue labbra, con voce preoccupata, ma con gli occhi di un demone
che si redime solo perché troppo stanco per combattere ancora.
Ma Summer, un brivido caldo che le attraversava il ventre, accarezzò
il suo viso, posò un bacio delicato sulle sue labbra, vissuto
con estrema pienezza da entrambi, e infine inclinò
lateralmente il capo, in segno di un ennesimo e chiaro consenso. E
il vampiro le avrebbe sorriso di gioia, se qualcosa d'indecifrato non
glie lo avesse impedito, costringendolo a cercare nelle profondità
del suo stato d'animo il verdetto dei suoi reali
sentimenti a riguardo; ma quando si accorse di una goccia di sangue
che scivolava lenta sul petto di Summer, preparandosi a macchiare di rosso
il candore del suo seno, sentì di esplodere e bruciare per una
seconda volta, portando nel rogo ogni possibile chance
d'introspezione. E in quegli attimi che gli divorarono la ragione, le
uniche preoccupazioni furono cingere i suoi glutei con un braccio,
sollevarla da terra, incastrarla al muro, lasciarsi avvinghiare dalle
sue gambe e unire le labbra alle sue; e vi era qualcosa nei gemiti
che Summer si lasciava sfuggire tra un bacio e un altro, che gli
faceva intuire con chiarezza quanto lei trovasse rovente il tocco di
quella mano libera, le cui dita affondavano nella sua carne,
scorrendo lente e conquistatrici dalla schiena alla coscia. La
sollevò ancora e finalmente poté schiudere le labbra
sul suo seno, schiacciarlo sotto la propria voracità e
impadronirsi di quella punta inturgidita che, sottomessa ad una
lingua instancabile, creava fremiti di desideri spinti, che vibravano nel corpo di entrambi, forti e incessanti; ma poi la bocca del vampiro
proseguì verso l'alto per purificare
la sua pelle da quella provocatoria scia di sangue ed appropriarsi
nuovamente del suo collo, e in quel momento Damon si sentì
travolgere da un'emozione ancora più estasiante e violenta: una forza spinta dalle tenebre, che si nutriva del proprio autocontrollo con
la stessa implacabilità con cui lui si nutriva del suo sangue.
E il vampiro era insaziabile. Inarrestabile. Preda di un'estasi fatta
di luce e oscurità. E come quei canini appuntiti, anche il
basso ventre rivendicava il proprio ruolo, anelando la carne di lei
con bramosa urgenza e costringendolo a combattere una difficile lotta
contro boxer e pantaloni divenuti troppo stretti. Quell'erezione
impossibile da governare sporcava la loro unione spirituale di un
desiderio puramente fisico; ed era questo – anche più di
quei dolori insistenti – che lo dilaniava senza tregua:
che la sua già incontrollabile eccitazione fosse dannatamente
amplificata; che volesse fare l'amore con lei e che quel languore gli
pulsasse incessantemente nell'inguine, tormentandolo con voglie che
non poteva soddisfare. Ma lei era la donna che amava, e Damon non
poteva mischiare il bisogno di sangue e di carne quando il fine
ultimo era la sua morte, neanche quando questo si traduceva in una
sorta di avvilente tortura. Summer ansimava, dimenava i glutei,
intrufolava la mano sotto la sua camicia e gli graffiava la schiena;
faceva scorrere le dita dell'altra nei suoi capelli corvini e lo
pressava su di sé, sul proprio collo; si donava completamente,
dandogli l'impagabile sensazione di non avere alcun limite su ciò
che poteva farle... E ormai Damon sentiva chiaramente il gelo
inesorabile della morte, che si faceva strada sulla pelle della donna
che gli aveva ridato la vita: il cuore che le batteva lentamente; gli
ultimi suoi pensieri dietro i propri occhi : ricordi di loro due
insieme, felici. La stava uccidendo e non riusciva a fermarsi. E,
contro ogni tenebrosa aspettativa, non vi era neanche un briciolo di
paura nel suo cuore a cui lui potesse appigliarsi per frenarsi. In
quel vortice di frenesia, in cui l'amore più puro si scontrava
con la passione più oscura, tutto sarebbe finito e
ricominciato. E lui avrebbe aspettato il suo ritorno dal regno dei
morti, tenendola stretta e al sicuro nel calore di un abbraccio colmo
d'amore. Ma poi, in un attimo in cui un altro suo ricordo gli si
palesava nella mente, Damon sentì la propria voce, nella
mattina seguente la notte d'amore più intensa della sua lunga
vita, che pronunciava: “Quindi sei cresciuta in un
orfanotrofio... Questo spiega la tua eccessiva devozione alla carica
di cacciatrice.”; e poi la voce di lei, in un altro dei
loro tanti momenti d'intimità: “Essere una
cacciatrice mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo
niente prima di questo.” E quel cuore che gli batteva
frenetico nel petto si arrestò di colpo, gelandogli l'intero
corpo. Come poteva ignorare tutto ciò che aveva compreso di
lei? Come poteva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita? No. Non
poteva farlo. Non poteva trasformarla. Non ancora, almeno. E poi...
se il sangue di Klaus non avesse funzionato? Se quel poco in circolo
nel proprio corpo fosse bastato solo a guarirla, ma non fosse
abbastanza per trasformarla? Cosa diavolo stava facendo?, si
rimproverò, allontanando le labbra dal suo collo con un gemito
che gli fece contrarre l'addome, fino a spezzargli il respiro. E
inducendola a rimettere i piedi a terra, sciolse la presa intorno ai
suoi fianchi per poi guardarla con occhi umidi di un misto di
spavento e pentimento; ma Summer, le palpebre che le si chiudevano
stancamente, era troppo debole per accorgersene, e a stento riusciva
a capire cosa le stesse accadendo. Il vampiro si morse il polso e –
invertendo le loro posizioni – si mise spalle al muro,
lasciando che lei posasse il capo sul proprio petto; poi si apprestò
a portare il polso alle sue labbra, accarezzandole dolcemente la nuca
con l'altra mano, nella speranza che quelle premure avessero il
potere di attenuare sia il dolore della sua ferita che il proprio
senso di colpa. E per smaltire rapidamente quel piacere residuo –
in una sorta di autopunizione – si appellava ad ogni granello
del suo autocontrollo, ma Summer, anche ora che aveva riacquistato le
forze, continuava a bere dalla sua carne con una strana voracità,
che glielo rendeva ancora più difficile. Soltanto adesso lei
si accorgeva che il sangue di Damon aveva qualcosa di diverso,
rispetto alla prima volta in cui l'aveva assaggiato. Le sensazioni
che le donava erano cambiate nettamente: non più un senso di
debolezza e stordimento, ma un vero e proprio piacere che dilagava
nel proprio corpo, riscaldandolo in ogni sua fibra. Ed entrambi si
sentivano come sostanze fluide che si mescolavano in continuazione...
Un piacere dolce e avvolgente che continuava a mettere a dura prova
la resistenza del vampiro, che adesso aveva ripreso a boccheggiare, sopraffatto dal nuovo livello di calore che gli lambiva i boxer;
ma, quando Summer allontanò il polso dalle labbra, chiudendo
gli occhi e affondando maggiormente il volto nel suo petto, lui posò
lo sguardo sul suo corpo seminudo – coperto solo da quel
minuscolo tanga e da quel kimono che aveva resistito all'impeto,
arricciandosi nelle pieghe dei gomiti – e si sentì
schiacciato sia dal dolce desiderio di fare l'amore con lei che
dall'amara e assoluta certezza che non sarebbe riuscito a trattenersi
per l'ennesima volta. Quindi, con mani che faticavano a non tremare,
afferrò quella stoffa leggera e la ricoprì quasi fino
al collo; poi, con uno sguardo in cui la somma di amore e
preoccupazione equivale a una profonda tenerezza, nascose il mento
nei suoi capelli e la avvolse in un abbraccio traboccante di
dolcezza. Doveva proteggerla da se stesso, e quella di spegnere il
fuoco della passione era una soluzione giusta quanto sofferta. Così,
normalizzando piano i loro respiri, restarono a lungo fermi in quella
posizione. A tratti, il vampiro temeva che lei potesse sentire il
battito del proprio cuore, e lo manifestava con profondi respiri
colmi di ansietà; ma, fortunatamente per lui, adesso Summer
teneva la nuca poggiata nell'incavo della sua spalla e, soprattutto,
era totalmente focalizzata su una serie di pensieri, che però
ruotavano intorno ad un'unica domanda: perché Damon non
l'aveva trasformata?
«Perché ti sei fermato?»,
sibilò poco dopo, quasi spaventata dalla propria voce. E
ancora lievemente ansante, il vampiro scosse il capo, guardando fisso
di fronte a sé. «Non posso. Non posso farlo senza la
certezza di vederti riaprire gli occhi e poi... non è quello
che voglio.» E a Summer si gelò il sangue nelle vene,
mentre Damon afferrava le sue spalle per guardarla negli occhi e
aggiungere: «Non posso essere egoista. Non su questo. Non con
te. Se vuoi cambiare ciò che sei... devi farlo solo per te
stessa, e in questo momento...», inclinò lievemente il
capo, guardandola con dolcezza, «non sarebbe così.»
«Che vuoi dire?», chiese Summer, senza la forza
d'incrociare i suoi occhi e col cuore stretto in una morsa di
paura. Le mani del vampiro raggiunsero le sue guance e con
delicati movimenti dei pollici vi disegnarono piccoli archi. «Voglio
dire... che questa è una scelta da cui non si torna indietro,
ed è troppo grande... troppo grande perché io possa
portarne il peso da solo...», confessò infine, come se
le stesse chiedendo scusa. E lo sguardo di Summer si spense di
colpo, sintomo di una felicità sfumata troppo rapidamente.
Afferrò i suoi polsi e li abbassò lentamente, ponendo
fine al quel dolce contatto; poi, con un filo di voce che cercava di
non tradire il suo turbamento, replicò: «Vuoi dirmi...
che non hai mai trasformato nessun altra donna?» E si strinse
nella sua vestaglia e si allontanò di qualche passo, perché
la tensione non le permetteva di reggere la sua vicinanza. Il
vampiro mise le mani nelle tasche e, con la cadenza veloce e un po'
agitata di chi è consapevole di essere stato frainteso, disse:
«Certo! Donne di cui non mi importava niente! E neanche per un
secondo mi sono chiesto se se ne siano pentite, se abbiano finito con
l'odiarmi, se per loro sia stato un dono o una dannazione! Perché
non mi interessa e per me non sarà mai un problema!» Poi
la guardò con intensità, addolcendo il tono della sua
voce: «Ma... credi davvero che possa fare lo stesso anche con
te?» E a Damon venne in mente Katherine. Si chiese se la
vampira avesse mai pensato a ciò che gli aveva fatto, ciò
di cui l'aveva privato; se avesse mai preso in considerazione i suoi
sentimenti o per lei non fosse stato altro che un giocattolo da
rendere indistruttibile... eterno. Ma non poteva illudersi di non
conoscere quell'avvilente risposta. Vi erano stati momenti in cui
aveva desiderato sentirsi nuovamente umano con la nostalgia forte e
dilaniante delle possibilità che vengono negate per sempre,
ma sotto la schiacciante consapevolezza di essere cambiato troppo
anche per poterlo solo immaginare; adesso voleva soltanto che Summer
non provasse mai emozioni simili. Ormai conosceva bene i tormenti
della sua anima di cacciatrice, e voleva solo che lei desiderasse
quella vita esclusivamente per se stessa, così da non
potersene mai pentire, qualunque cosa fosse accaduta in seguito;
perché Damon stava morendo: adesso finalmente se ne rendeva
conto. La fine di quell'idillio aveva portato con sé delle
angoscianti consapevolezze. Il pugnale non poteva averlo risparmiato:
lo stava uccidendo lentamente. Quella condizione fisica che
peggiorava di minuto in minuto non poteva avere altro esito. E se lei
si fosse trasformata solo per amore e lui fosse morto poco dopo,
l'avrebbe condannata ad una dannazione eterna. Una dannazione che lui
conosceva bene. E l'amava troppo per non pensare alle conseguenze
delle proprie azioni. Ma per Summer, troppo tormentata dalle sue
insicurezze, quel discorso suonava come un: “Fallo per te
stessa perché, quando avrò Elena e non ci sarà
più nulla tra di noi, tu continuerai ad essere un vampiro!”.
Damon continuava a non essere esplicito e lei continuava a sentirsi
seconda; ed ogni cosa aveva il potere di demolire le poche certezze
che riusciva faticosamente a conquistare. Adesso tutta la felicità
provata si era trasformata nella sua dilaniante controparte. Un
dolore che la stava consumando rapidamente. Ed ogni volta che il
vampiro le dava una speranza per poi ritrattarla, Summer sentiva che
di lei non rimanevano neanche delle misere briciole. Ciò
che le faceva più male era che il vampiro adesso sapesse bene
quali erano i suoi sentimenti, eppure sembrava ignorarli ed aggirarli
senza curarsi di chiarirli; e proprio per questo, nonostante la sua
indole fosse quella di assorbire e soffrire in silenzio, con voce
bassa ma soffocata dal risentimento, le fu inevitabile dirgli: «Beh,
Damon, per quanto mi riguarda c'è solo una cosa che potrebbe
farmela sembrare una dannazione! Ma evidentemente la conosci già!
Ed è solo questo a frenarti, nient'altro!», perché
dava per scontato che nella sua mente fosse sempre presente Elena, e
che fosse stato il pensiero di quest'ultima a frenarlo in tempo,
salvandolo da quel “peso che non avrebbe potuto portare”.
E tutte le dolci parole che Damon aveva pronunciato prima di morderla
adesso non le risultavano altro che una spudorata presa in giro, che infiammava
ogni cellula del suo corpo. Ma nella realtà oggettiva – non in quella
distorta dalle sue paure – Damon era persino troppo concentrato
su di lei, per capire chi fosse il reale destinatario di
quell'accusa. «Si può sapere di che diavolo stai
parlando?», domandò quindi, scrutandola con attenzione.
Ma Summer, ignorandolo, si diresse verso l'armadio per recuperare dei
vestiti; e con mani quasi tremanti di rabbia afferrò un jeans
e un maglione, senza neanche guardarli. «Rispondi»,
scandì Damon, raggiungendola e afferrando il suo braccio.
«Lasciami, non voglio più parlarne. Hai
perfettamente ragione, Damon. Non voglio diventare un vampiro»,
lo guardò negli occhi, cercando di tramutare il suo dolore in
odio, «non ho ragioni per volerlo diventare!», e sperò
con tutte le sue forze nel risultato di quello sguardo; ma adesso non
ce la faceva più a reggere la sua vicinanza e desiderava solo
scappare da lui, quindi scandì un autoritario: «Lasciami!»,
dal momento che il vampiro non mollava la sua presa. Poi cercò
di divincolarsi, ma invano: Damon era troppo forte e troppo ostinato
a voler chiarire, per permetterle di allontanarsi. «No»,
rispose quindi, con un tono risoluto. «Dovremmo continuare a
parlarne invece, perché credo che tu abbia capito ben poco di
quello che ho detto», lasciò la presa sul suo braccio,
guardandola con serietà, «altrimenti non avresti reagito
così...» Summer contrasse l'addome fino ad emettere
un flebile soffio d'aria dalla bocca. Voleva continuare a
prenderla in giro? «E come avrei dovuto reagire?»,
chiese, con una luce di sfida che le brillava negli occhi.
«Sentiamo.» Ma combattere non era nelle intenzioni del
vampiro, anzi: voleva soltanto che lei si calmasse; così si
armò del suo fascino adorabile e disse: «Beh, se tu
avessi capito ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi
avresti sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore. E,
tanto per la cronaca, dubito che sarei riuscito ad opporre
resistenza!». E alla sua conclusione seguì un'occhiata
che fece sentire Summer spogliata di ogni indumento come di tutta la
sua rabbia, tanto da farle odiare soltanto il fatto di non potergli
resistere. «Bene», appallottolò i suoi abiti e
li abbracciò, come se fossero stati l'orsetto di una bambina
imbronciata; poi si sedette sul letto e gli dedicò lo sguardo
attento di chi davanti ha un avversario a cui tocca la prima mossa.
«Ti ascolto...» Damon si voltò verso la
finestra per lasciarsi distrarre dal paesaggio. Mentre lei stava
visibilmente ribollendo, lui si sentiva solo divertito e intenerito,
e avrebbe voluto sorridere e scuotere la testa, per dimostrarglielo
apertamente; ma alla fine tutto si era ridotto ad una mezza
increspatura delle sue labbra, per ridare serietà ad un
momento che presto ne avrebbe richiesta fin troppa. Così le si
avvicinò e, sotto il suo sguardo sorpreso e incerto, le si
accovacciò di fronte. «Tu non vuoi diventare un
vampiro...», iniziò, con voce profonda e dolce. E
Summer, in un gesto spazientito, che serviva a placare almeno parte
del suo nervosismo, sistemò sul materasso gli abiti che teneva
tra l'addome e gli avambracci ed eluse volutamente il suo sguardo.
«Eppure non mi sembra di averti fermato», disse,
sfregando nervosamente le mani sulle cosce, dall'inguine alle
ginocchia, e continuando a guardare ogni cosa fuorché lui. Ma
Damon afferrò le sue mani, con un tocco delicato che le
provocò un brivido e che, soprattutto, la obbligò a
fare i conti con quegli occhi traboccanti di dolcezza. «Lasciami
finire», ordinò poi, con una risolutezza bonaria, che
privò Summer della forza di dire altro. «Tu non vuoi
diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il posto
di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi.» E Damon si accorse
con dispiacere che qualcosa, nell'atteggiamento di Summer, era
cambiato all'istante. La cacciatrice aveva irrigidito la sua postura
e aveva iniziato a respirare con una cadenza placida e fin troppo
controllata. Ma, nonostante questo, Damon continuò con quel
discorso che adesso non poteva più interrompere: «Il
solo pensiero di non essere più la cacciatrice, di non avere
più una missione, un ruolo prestabilito, un'identità di
riferimento... ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover
ridefinire te stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei
adesso e tutto ciò che eri prima di diventarlo...», e il
vampiro sperò che quel discorso avesse a che fare solo con
lei, e che non toccasse anche se stesso, riferendosi a quel cuore che
aveva ripreso a battergli nel petto, «e senti di non esserne
pronta.» Inclinò lievemente il capo con uno sguardo al
contempo dolce e amareggiato: Summer si era irrigidita maggiormente,
il suo volto era così spento da sembrare finto. E Damon sapeva
bene che ciò dipendeva dal muro di ostilità che lei
stava erigendo prontamente, per proteggersi da quelle parole troppo
vere per essere pronunciate; così, continuando ad accarezzare
il dorso delle sue mani con dei lenti movimenti dei pollici, cercò
di addolcire maggiormente il tono della sua voce: «E questo
perché sei piena di stupide insicurezze... che io trovo
adorabili», diede un veloce bacio alle sue dita, «ma che
prima o poi dovrai affrontare... E io voglio solo che tu lo faccia
quando ti sentirai pronta a farlo. Non potrei mai trasformarti in un
vampiro, sapendo che non è ciò che realmente vuoi,
sapendo che lo fai solo...», e cercò i suoi occhi,
sperando inutilmente che lei ricambiasse il suo sguardo, «per
quello che provi per me...» E vi fu un attimo di silenzio lungo
per lui e insostenibile per lei, che poi venne spezzato dalla
conclusione di quel discorso: «Non potrei sopportare di vederti
infelice, e soprattutto non potrei sopportare di esserne la causa.»
Damon aspettava una risposta, ma Summer sembrava essersi
congelata: la sua era un'espressione priva di ogni emozione, se non
addirittura priva della vita stessa. Erano scuse. Quelle di
Damon erano solo scuse, bugie, fantasiose invenzioni, tutto fuorché
la verità, pensò. Ed era convinta di ciò in
cui credeva, perché era sicura di non avergli mostrato neanche
l'ombra di una remota esitazione. Si era concessa a lui senza paura e
senza incertezze. Ne era sicura. E adesso Damon si stava solo
arrampicando sugli specchi per non dirle la verità: che non
era lei la donna che voleva per sempre al suo fianco. Sapeva bene che
Damon era consapevole del proprio amore, ma acquisire pienamente
quella certezza, sentendola dalle sue labbra, l'aveva ferita con una
crudeltà sottile e degradante. “Per quello che provi
per me...”, questa frase le riecheggiava nella testa in
modo spietato. Aveva suonato una nota unilaterale e umiliante. E
l'aveva privata delle ultime forze residue, che le permettevano di
reggere quella dolorosa situazione. «Il tuo discorso è
finito?», chiese quindi, con un tono pacato e freddo. E
Damon la guardò con apprensione, contrito per via dell'esito
che avevano avuto le sue parole. «Summer...», sussurrò
flebilmente. Quel discorso aveva toccato i suoi nervi scoperti, ne
era certo, e Damon si sentì tremendamente in colpa per aver
portato a galla ciò che evidentemente lei non era ancora in
grado di affrontare. «Bene», Summer si alzò,
afferrando nuovamente i suoi vestiti, «perché ne ho
abbastanza.» E il vampiro si rimise in posizione eretta,
seguendola con lo sguardo e pronunciando nuovamente il suo nome,
questa volta in maniera più udibile e come una sorta
d'incitamento a restare. Ma questo non fece altro che innescare la
rabbia di Summer, inducendola a voltarsi verso di lui per dirgli:
«Complimenti, Damon. Sei stato davvero bravo a improvvisare
queste massime di psicologia spicciola per girare intorno al vero
problema, i miei complimenti! Ci vuole davvero molta fantasia per
riuscirci!» E sebbene non avesse urlato, la potenza mancata di
quelle parole le era scoppiata nel petto, costringendola ad un
respiro affannato. Damon le si avvicinò, afferrando
nuovamente il suo braccio. «Ok, allora ripetilo, dimmi che
sbaglio. Ma questa volta guardami», suggerì con serietà,
visto che lei continuava a non degnarlo di uno sguardo. Ma per Summer
tutto ciò che lui diceva non era altro che un'invenzione, un
agglomerato di patetiche scuse, col vile intento di scaricare la
colpa su di lei. Non poteva esserci nulla di vero! Cosa poteva
saperne lui di cosa rappresentava per lei essere la cacciatrice,
quando neanche lei stessa lo sapeva? E se non riusciva a guardarlo
negli occhi per più di un istante era solo per evitare che
delle lacrime la tradissero. Ma questo aveva a che fare solo con i
suoi sentimenti per lui. Sentimenti che a lui non importava di
calpestare. Nient'altro! E in quel momento, un ricordo le abbagliò
la mente, portando con sé altro, intollerabile dolore. Il
fuoco del camino che illuminava il salotto. Damon seduto sul tappeto,
la sua schiena poggiata al divano. Lei inginocchiata tra le sue
gambe. “Le hai mai detto quello che provi per lei?”
“Due volte...” Troppi secondi di silenzio. “Sto
aspettando maggiori dettagli...” Lui che respirava
profondamente, l'amarezza ad adombrare il suo volto. “La
prima volta gliel'ho fatta dimenticare e la seconda... è stata
la classica confessione sul letto di morte.” E quando
la mente di Summer ritornò al presente, tutto era divenuto
ancora più oscuro ed opprimente. Due volte. Le aveva detto
che l'amava due volte. Adesso capiva ogni cosa. Damon voleva
rendere chiaro che Elena sarebbe stata sempre la prima: era per
questo che, quando si trattava di lei, a quel “ti amo”
poteva soltanto girarci intorno, senza mai poterlo pronunciare
apertamente, pensò, preda di una visione contorta delle
cose e mentre il petto le si stringeva dolorosamente, impedendole di
respirare. «Lascia che te lo chieda di nuovo», disse
con calma, sfidando i suoi occhi con la forza vuota della
rassegnazione e il triste scudo dell'ironia, «il tuo
illuminante discorso è finito?» E si sentiva stanca,
sfibrata, priva di ogni goccia di vita. L'unica cosa in cui sperava
era un'acida risposta conclusiva, che ponesse fine a tutto. Voleva
allontanarlo per poter riprendere a respirare regolarmente e pensare
a tutto meno che a lui. Ma la reazione del vampiro fu anche peggiore
di quella che immaginava, perché, lasciando la presa sul suo
braccio e allargando le proprie, questi sbottò un: «Cos'altro
dovrei dirti?!», con un tono sfinito, che risuonò
inevitabilmente brutale. Damon non riusciva a capire dove
sbagliava, ma quando ascoltò il suo flebile «Niente»
di risposta, seguito dagli occhi che le diventavano lucidi e il labbro inferiore
che le tremava lievemente, capì ogni cosa... e si sentì
uno stupido. «Non devi dirmi niente», aggiunse subito
dopo, sorridendogli per non piangere, e mentre il petto del vampiro
si stringeva fino a fargli male. Poi si congedò rapidamente,
chiudendosi in bagno, sotto lo sguardo smarrito di lui, che in
quell'attimo non era riuscito a reagire. Come aveva fatto a non
capire che tutto si riduceva a quelle tre parole? Come aveva fatto a
non capirla? Come diavolo faceva a farla soffrire anche quando ce la
metteva tutta per essere una persona migliore? Eppure, Damon era
certo di ciò che le aveva detto. Non poteva essersi sbagliato:
il suo astio derivava soprattutto dal non riuscire ad accettare
quella verità, ne era sicuro... Si avvicinò alla porta
del bagno, l'avambraccio destro sullo stipite, la fronte su di esso,
e la mano sinistra sulla maniglia. Doveva solo fare una leggera
pressione ed entrare. Dirle che l'amava. Dirle che era una stupida
insicura. Dirle che aveva dovuto combattere con tutte le sue forze
per non essere egoista e non farla sua per sempre. E poi? La
mano che stazionava sulla maniglia aveva iniziato a tremare
visibilmente e la vista gli si era ridotta ad un ammasso di puntini
colorati, che gli ronzavano davanti agli occhi, fastidiosi ed
insistenti. Se avesse aperto la porta in quel momento, probabilmente
non sarebbe riuscito neanche a vederla. Cosa avrebbe dovuto dirle?
Ti amo, ma non esserne troppo felice perché sto morendo? E,
mentre la mano scivolava via dalla maniglia, arrendendosi alle sue
paure, si rendeva conto che infliggerle quel silenzio non era
corretto, alla pari di quanto sentiva di non poter fare nulla di
diverso: per adesso la preferiva chiusa in quel bagno a piangere
perché lo considerava uno stronzo, piuttosto che tra le sue
braccia a piangere perché era prossimo alla morte. Non era
ancora pronto per quello... E il rumore della porta d'ingresso lo
liberò almeno in parte dai sensi di colpa, inducendolo ad
uscire da quella stanza, resasi testimone di come un amore come il
loro può sfiorare le vette del paradiso e sprofondare
nell'inferno, nel lasso di un semplice tramonto. Pochi passi
fuori, Damon vi trovò la strega, col suo sguardo attento e
indagatore, ma la solita aria perennemente serena. «Allora?
Trovato un modo per localizzare Klaus?», le chiese, col tono
seccato di chi parla invogliato dalla sola circostanza. Lily fece
una leggera smorfia con la bocca, poi disse: «A dire il vero
no...» «Beh, togliti pure quel muso lungo dalla
faccia. Per quanto mi riguarda non ci speravo più di tanto
nella tua utilità.» E detto questo il vampiro, le mani
nelle tasche, la oltrepassò dandole le spalle. Lily si
voltò per guardarlo e chiedersi cosa ci trovasse Summer in un
tipo così arrogante, soprattutto dopo aver avuto un fidanzato
come J.D., che impersonava cordialità e solarità come
nessun altro. Ma poi ingoiò quel boccone di scortesia e lo
chiamò, fermando la sua avanzata verso la rampa e facendolo
girare. «Volevo chiederti scusa», gli si avvicinò,
estraendo dalla borsa la bottiglietta contenente il sangue di Klaus,
«sono stata io a prenderla. E mi dispiace. Devo averti fatto
vivere dei momenti terribili.» Nonostante la sincera
gentilezza, alimentata dalla gratitudine per aver salvato Summer,
Lily gli porse quella boccetta, sperando unicamente che lui la
afferrasse, sfiorando la sua mano: i suoi dubbi su di lui erano
ancora forti, ma visto che la calma era la sua principale virtù,
avrebbe tentato un paio di volte con le buone, prima di
immobilizzarlo con i suoi poteri e distruggere il suo snervante ego
una volta per tutte. Ma il vampiro, infastidito soprattutto da
quella parlantina smielata, che aveva rievocato il momento più
angoscioso della sua vita con una semplicità imperdonabile, la
scrutò di sbieco, dicendo: «Il tempismo non è il
tuo forte, messaggio ricevuto.» Poi il suo sguardo cadde sulla
boccetta e aggiunse: «E quella puoi rimetterla dove l'hai
trovata.» Se la strega pensava di fregarlo, sbagliava di
grosso! Toccarla era l'ultima cosa che avrebbe fatto al mondo,
ora più che mai. E si voltò, dandole nuovamente le
spalle, per poi sentire con sollievo il rumore dei suoi passi
arrendevoli, che si dirigevano verso la stanza di Summer. E quando
udì anche il rumore della porta, Damon si sentì
finalmente libero di poggiarsi alla parete: la testa aveva iniziato a
girargli vorticosamente, rendendo la sua discesa al piano terra
qualcosa di arduo e faticoso. Si diresse verso il salotto quasi
barcollando, e lì si sedette sul divano, passandosi
ripetutamente le dita tra i capelli. Comprimere le tempie gli donava
brevi attimi di sollievo a cui non poteva rinunciare. E solo parecchi
minuti dopo riacquistò quel minimo di forze necessario a farlo
rialzare e fargli versare dello scotch nel bicchiere. Ma nell'attimo
dopo aver sollevato la bottiglia, questa finì fragorosamente a
terra, e Damon ebbe giusto un altro istante di tempo per raggiungere
la cucina, prima di vomitare sangue nel lavello e sentirsi morire. Si
sentì gelare, iniziò a tremare ed ogni cosa si perse
nel buio...
Nota Finale: *Battuta di Damon, di non so quale episodio xD OK, come
sempre può sembrare che Damon non ci abbia capito una mazza,
ed invece vi assicuro che è proprio il contrario: il suo
problema è che capisce anche troppo. E sono felice che il
prossimo (ultimo) capitolo lo riscatti pienamente. Spero di non
essere stata volgare, ma so di aver calcato un po' la mano e quindi
metto in conto possibili lamentele xD Tutta colpa di Alice, non mia
ù.ù È stata lei a provocarmi xD E sono felice
che l'abbia fatto perché queste due teste di provola mi
mancheranno da morire, e sono felice di aver fatto il pieno di loro
in questo capitolo^^ ***Alice In The Heart!!!*** Per il resto,
Lily sarà il personaggio chiave del prossimo capitolo. E la
nostra stracazzutissima strega ci mostrerà di che pasta è
fatta!!! ù.ù Oh yeah!!! Già so che questo mio
blocco del Fanwriter mi darà la morte, ma ce la metterò
tutta per pubblicarlo quanto prima. È una promessa. Ringrazio
le poche lettrici volenterose arrivate fin qui^^ e spero che il
solito capiro non vi abbia annoiate.^^ Una raffica di baci!!!!
Alla prossima!!!:*:*:*
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Capitolo 57 *** Cinquantasettesimo Capitolo ***
Buonsalve.
Questo è solo metà del capitolo “rivelatore”
che avevo promesso. Non so se riuscirò a portarlo a termine.
Onestamente ne dubito, ma mi dispiaceva tenere questo poveretto sul
pc, separato dagli altri qui su efp. ^^ Ergo: ignoratemi! xD Un
saluto dalla vostra latitante NanaBianca.
***
28 Dicembre *** Parte 4^
Facendosi
distrarre della sua missione, dal suo ruolo di cacciatrice e in
particolare dalla voglia di uccidere Klaus con la meritata crudeltà,
Summer era riuscita a versare meno lacrime di quante ne richiedesse
la situazione. Guardarsi allo specchio e ripetersi di essere la
prescelta, di avere obbiettivi che andavano al di là della
propria persona, l'aveva sempre aiutata a spegnere ogni emozione
ritenuta sgradita. L'immagine riflessa sullo specchio sembrava quella
della sua sagoma inanimata; e ciò significava che Summer,
magari con uno sforzo maggiore rispetto al passato, riusciva ancora
ad annientare, o almeno zittire, la parte fragile di se stessa, che
adesso era più loquace e vibrante che mai. Aveva versato
lacrime tanto silenziose e discrete da darle un senso di
soffocamento, aveva indossato il jeans e il maglione bordeaux presi a
casaccio dall'armadio senza il minimo sostegno da parte dei muscoli,
e adesso, nonostante tutto, era pronta ad uscire dal bagno e
affrontare Lily, facendo finta che nulla fosse successo. Si
sforzò anche di fare un debole sorriso alla specchiera, come
da preparazione a una scenetta teatrale, ma questo la fece sentire
soltanto più patetica. «Ehi...», esordì
con un sibilo stanco ma allegro, chiudendosi la porta alle spalle.
«Allora? Com'è andata la meditazione? Sei riuscita a
capirci qualcosa?» Si sedette sul letto, alla destra della
strega, per infilare gli stivali di pelle. Lily, che rigirava tra
le mani quella boccetta che, a dispetto dell'ordine di Damon, non
aveva ancora messo al suo posto, piano si voltò verso di lei,
dicendo: «Non molto, a dire il vero. O meglio...». Si
alzò per fare qualche passo atto a chiarirle i pensieri e poi
continuò: «Che il pugnale abbia un doppio utilizzo non
mi sorprende; anzi, a pensarci è anche abbastanza logico. Sono
stata una stupida a non intuirlo prima. Insomma... la cenere, la
segatura... avevo tutte le informazioni per arrivarci. Per il resto
invece...». Posò la boccetta sul comodino con una
movenza estremamente lenta e delicata, come se quel surplus di tempo
potesse portarla alla verità, poi puntò i suoi occhi
nocciola sull'amica e, con un volto traboccante di serietà,
disse: «Summer, dubito che sia stato il sangue di Klaus a
salvarti...» La cacciatrice fu scossa dal brivido gelido di
uno spavento a posteriori, inutile quanto inevitabile. Non era stato
il sangue di Klaus a guarirla... Quindi... se Damon non si fosse
fermato dal bere il suo sangue... E fu come se tutta l'audacia e la
sicurezza provate col vampiro si fossero sciolte in quel preciso
istante, quando la vita ormai era un fattore assicurato quanto la
tristezza consolidata che portava dentro. Si alzò per
smaltire quelle emozioni e si avvicinò alla grande specchiera
che si erigeva dalla cassettiera più imponente della stanza.
«Ma... è l'unica spiegazione che abbia un minimo di
senso! Sai meglio di me che il sangue dei comuni vampiri non ha
effetto sulle cacciatrici, e sei stata tu stessa ad ipotizzare che il
sangue di Klaus potesse avere un effetto diverso. Perché
adesso dici una cosa del genere?» «Semplicemente...
dubito che possa agire per via indiretta. Tutto qui. Stenterei a
crederlo anche se Damon ne avesse bevuto una bottiglia intera.»
La strega tornò a sedere sul letto, sostenendosi pesantemente
sui palmi. «Dev'esserci dell'altro... qualcosa che non riesco a
capire, ma che ha sicuramente a che fare con Damon e il
pugnale.» Summer, il volto pallido e lucido, stava legando i
suoi capelli in una disordinata treccia, più per tenersi
occupata che per una reale esigenza estetica. E se Lily avesse
ragione?, pensava, sentendo il sangue pulsarle nelle tempie. Aveva
rischiato di morire e non riusciva a crederci. Il fatto che Damon non
l'amasse abbastanza da volerla trasformare in un vampiro le aveva
salvato la vita, e questo creava emozioni difficili da elaborare. Un
dio ironico e bastardo le imponeva di sentirsi felice e sollevata per
quella vita che le scorreva ancora nelle vene, ma, allo stesso tempo
e con una crudeltà sottile, l'aveva privata dell'amore che ne
avrebbe acceso quel senso che mancava da sempre. «Che vuoi
dire?», chiese, cercando tuttavia di apparire calma. Confessare
all'amica ciò che vi era stato poco prima tra lei e Damon, era
l'ultima cosa che le andava di fare! «Ho provato una strana
sensazione quando ho toccato il pugnale: uno strano senso di morte e
di rinascita. Mi risulta difficile spiegarlo a parole, ma...»
Lily fu colta da un breve istante d'incertezza, prima di continuare
il suo discorso: «Summer, credo che Damon ci stia nascondendo
qualcosa...» «Andiamo... perché dovrebbe
farlo?», rispose lei, quasi di getto, mentre adesso rovistava
nel beautycase in cerca di qualcosa che potesse compiere un miracolo
sulle sue occhiaie. Da quante ore non dormiva? Perché ogni
cosa si stava concentrando nel lasso di quelle giornate che
scorrevano via troppo rapide? Quella congettura non aveva sfiorato
Summer neanche con la sua ombra e, nonostante il tentativo, la strega
non aveva avuto dubbi sul fatto che l'amica non avrebbe condiviso i
suoi sospetti; così smise di osservarla, per riprendere il
filo dei suoi pensieri, espressi poi a voce come per liberarsene: «Se
solo avessi avuto più tempo... Avrei potuto contattare la
strega che l'ha creato e farmi dire ogni cosa, soprattutto se è
possibile per una cacciatrice diventare un vampiro». Lo sguardo
s'indirizzò sul comodino e sulla boccetta che vi era posata
sopra. «Damon ha persino il sangue di Klaus... Non posso
credere di aver avuto il pugnale tra le mani e di non aver avuto la
possibilità di farlo! Mi sarebbero bastate un paio d'ore per
mettermi in contatto con lei!» E il dubbio intorno al quale
orbitava quel discorso, l'incertezza di Lily nell'affermare che una
cacciatrice potesse diventare o meno un vampiro, continuò a
mettere a dura prova la pressione sanguigna della diretta interessata, che subì
l'ennesimo e brusco calo. Come aveva potuto essere così
impulsiva? Perché, in quel momento, tra le braccia di Damon,
ogni cosa le era sembrata dannatamente giusta? E cosa sarebbe
successo se lui non si fosse fermato? Sarebbe realmente morta? Ancora
stentava a credere alle parole della strega. Ma, adesso, con il
palese rifiuto di Damon, per Summer l'eventualità di
trasformarsi in un vampiro si chiudeva per sempre. Così,
interrompendo quel discorso che l'amica non aveva ancora terminato,
disse: «Sai, Lily... ci ho riflettuto...», nell'ultima
ora più che in tutta la sua vita, «tanto...». Si
sedette nuovamente accanto alla strega, sfoderando un'aria tranquilla
e addirittura serena. «E, credimi, va bene così. Non
devi preoccuparti di questo; anzi, in verità ho già un
piano d'azione: quando sarò vecchia farò la punta al
mio bastone, così sarà una temibile arma
ammazza-vampiri di notte e un validissimo sostegno per la schiena di
giorno! Ti piace come idea?», chiese, sorridendo e cercando di
vaporizzare i toni seri di quel discorso; ma il volto della strega si
rabbuiò di colpo, provocandole una sensazione di solitudine e
di gelo. Lily si alzò per avvicinarsi alla sua valigia posta
ai piedi del letto; s'inginocchiò e vi rovistò dentro.
«Certo», mormorò, «dovremmo richiedere il
brevetto...», ma il suo tono era privo di entusiasmo e quasi
apatico. «E ora?», domandò Summer, reclinando
giocosamente il capo per osservarla meglio. «Mi dici che ti è
preso?» Ma Lily continuava a frugare nel suo borsone,
gettando le mani quasi a casaccio: non aveva la minima idea di cosa
cercare, voleva solo distrarsi da tutto ciò che aveva da dire.
«Niente», rispose quindi, cacciando un maglione rosa per
analizzarlo come non aveva fatto neanche nel momento
dell'acquisto. «No. Non dire “niente”. Non è
vero! Cos'hai?», insistette Summer, prima di scoprirlo da sola,
esclamando: «Sei arrabbiata con me!», con un'aria quasi
incredula. Neanche sforzandosi, riusciva a ricordare l'ultima volta
in cui aveva visto l'amica così contrariata da
qualcosa. «Certo che no!», ma, mentendo più a
se stessa che a Summer, Lily continuava a distrarsi volutamente,
torturando quella lana intrecciata come se la scelta del suo
abbigliamento fosse una questione di vita o di morte. «Non
mentire, lo riconosco quando sei arrabbiata. Ti si fa la fronte
rugosa», e Summer lo disse perché la sua faccia era
davvero diventata in quel modo: le si erano formate delle piccole
rughe tra le sopracciglia, ed altre più lunghe e orizzontali
sulla fronte, che sembravano tagliarla in tre parti uguali. «E
lasciatelo dire: sembri davvero una strega cattiva quando diventi
così!», concluse, ma con una voce dolce, atta a
sdrammatizzare. Ma Lily, la cui unica ossessione si riduceva
proprio alle rughe – tanto che in molti correlavano il suo
carattere mite al bisogno di non stressare la pelle –, si
avvicinò rapida alla specchiera per verificare la veridicità
di quell'informazione che però smentì a priori, ovvero
ancor prima di ispezionare ogni centimetro della propria fronte con
lo sguardo attento di un falco: «Non ho nessuna ruga!» E,
una volta rilassato il volto e sistemato una delle tante pinzette a
forma di farfalla, si riavvicinò alla sua valigia con una
calma visibilmente costruita. «E invece ci sono! Allora?
Cos'ho fatto? Quanto sei arrabbiata?», fece la cacciatrice,
vogliosa di sapere quale fosse il problema, ma anche lievemente
divertita. «Umh? Da uno a dieci?» «Non sono
arrabbiata», replicò la strega, nuovamente intenta a
cercare il nulla. «Cinque? Sei?» «Ti dico che
non sono arrabbiata!», ma una nota alta tradì il suo
proposito di sorvolare la questione. «Sei e mezzo? Sei e tre
quarti?», continuò Summer, come se stesse gettando le
basi di un'asta. «Ok, forse sei», esclamò la
strega di getto, per poi valutare quella scelta con più
attenzione, in ciò che sembrò un crescendo di
consapevolezza: «Anzi, sette. Otto. Otto e mezzo!». «Sì,
otto e mezzo!», decretò poi, alla fine di quella rapida
ma profonda analisi di coscienza. «Wow», sussurrò
Summer, investita e sorpresa da quella risposta. «Otto e mezzo.
Sono davvero nei guai...», e capì che la situazione,
nonostante le apparenze, era estremamente seria. «Allora?
Cos'ho fatto?» E dopo svariati secondi di silenzio, in cui la
strega guardava tutto fuorché lei, Summer continuò con
un: «Mi rispondi?», che subito venne seguito da
un'espressione sospettosa. «Non mi dirai che... Non sarà
mica perché non mi dispero all'idea di rimanere una
cacciatrice per sempre? Vero?», chiese, rendendo quell'ultima
parola una sorta di accusa alla sua pedanteria sull'argomento. «Certo
che non ti disperi, Summer. Tu non desideravi altro!», borbottò
la strega, continuando a non guardarla. «Cosa?!», e il
tono acuto della cacciatrice manifestò il suo grado di
sorpresa e contrarietà. «E quest'assurdità da
dove uscirebbe?!» «Sai bene che è la verità!»,
sbottò la strega, seppur con un tono di voce controllato e
basso, alzandosi e guardandola finalmente negli occhi. «No!»,
fu la risposta repentina, prolungata e acuta dell'altra, seguita da
un più incerto e sospeso: «Non...». Guardando
di lato, la cacciatrice si diede giusto pochi secondi di pausa, ma
che a livello introspettivo bastarono a far luce sulla verità:
«Ok. E se anche lo volessi, umh? Cosa ci sarebbe di male? Forse
non mi dispero perché sono fatta così...» E
mentre il suo tono diveniva più enfatico, quella
consapevolezza acquisiva una forma sempre più delineata e
chiara. «Amo essere la prescelta, Lily! Amo essere l'unica e
sola cacciatrice, e voglio esserlo fino alla fine dei miei giorni!
Hai ragione! Sei contenta, ora? Sai cosa farei se non fossi più
la cacciatrice?» Ma la strega non si scompose e, col suo
modo pacato, lo sguardo attento e la postura corretta, le replicò:
«Sì, Summer. Lo so perfettamente. Ti sentiresti in colpa
e soprattutto responsabile verso la nuova, spaesata quindicenne
costretta a portare questo fardello al posto tuo. La metteresti sotto
una campana di vetro e ti comporteresti come se fossi ancora tu la
cacciatrice in carica. Probabilmente la nuova cacciatrice non
saprebbe neanche che forma ha un paletto...» E Summer si
rese conto che lei stessa non avrebbe saputo trovare parole più
precise e veritiere di quelle pronunciate dalla sua amica. Ma questo
non fece altro che confonderla maggiormente. Se la conosceva così
bene, se sapeva che le cose sarebbero andate in quel modo, perché
s'incaponiva tanto? «Allora... vedi? Per me essere o non
essere la cacciatrice ufficiale non fa alcuna differenza.» «La
fa, la fa eccome. Come fai a non capire?», le domandò,
con una lieve nota di rimprovero, sedendosi accanto a lei e
guardandola con un'apprensione materna. «Il Consiglio ti ha
condannata a morte, Summer. Per quanto tu sia forte... e
combattiva... hai comunque un limite: non puoi continuare a fare
questo per tutta la vita. A venticinque anni il corpo inizia ad
invecchiare. Per un essere umano significa svegliarsi una mattina e
ritrovarsi con un capello bianco; per una cacciatrice significa
raggiungere il massimo delle proprie forze, della propria
sopportazione mentale e fisica, e non riuscire ad andare oltre. È
per questo che la natura ha stabilito un subentro. È la forza
della giovinezza a doversi opporre all'antichità dei vampiri.
Perché la maggior parte delle volte la natura è fatta
di equilibri... ma in altre è fatta di contrapposizioni. E il
Consiglio lo sa bene, proprio come sa che una volta superato il
termine avresti i minuti contati... Ma anche se non fosse questo
il problema, anche se tu riuscissi a tenere duro per tutti gli anni a
venire... la libertà è la differenza. Il tuo potere,
come quello di ogni cacciatrice, è strettamente legato a
Klaus. Al tuo compito di ucciderlo. E fin quando non riusciremo a
sbarazzarci di lui, il Consiglio potrà continuare a darti
ordini a cui non potrai disubbidire. Adesso ti ha tolto il limite
della carica solo per esserti rifiutata di uccidere una ragazza
innocente. Cosa vorrà la prossima volta? E come ti punirà
se ti rifiuterai?» Cercò gli occhi della cacciatrice,
sperando di trasmetterle quell'ansia che non riusciva a scalfirla. Ma
Summer si alzò, dirigendosi verso il mobile a specchiera. I
suoi pensieri erano rivolti principalmente a quella consapevolezza
che stava prendendo forma nel suo cuore. Non aveva mai desiderato
liberarsi del suo ruolo di cacciatrice; anzi, la punizione del
Consiglio non l'aveva mai turbata più di tanto, proprio perché
in verità non aveva mai desiderato altro. Le cose stavano
davvero così? Oppure si stava facendo suggestionare da delle
parole dette più per apparire forte che per altro? «Capisco
che tu sia preoccupata», le disse, «ma non devi. Me la
caverò lo stesso. E per quanto riguarda il Consiglio...»
Si guardò allo specchio ed ebbe la sensazione di vedere
un'immagine in cui non si riconosceva, come se quella discussione
interiore si stesse riflettendo anche a livello somatico. «Beh...
può inventarsi quello che vuole, non ho paura di lei; anzi,
fammi la cortesia di usare i tuoi poteri per fulminarmi, il giorno in
cui avrò paura di un essere con le fattezze di una winx!»,
cercò di ironizzare come al suo solito, ma la vista del
bracciale regalatole da Damon, che in quel momento era riposto su
quella cassettiera lucida, incrinò la sua voce con una chiara
nota di tormento. «Non ho paura di niente...», sibilò,
afferrandolo per indossarlo. La sua unica e più grande paura,
quella di un amore non ricambiato, si era avverata solo qualche
minuto prima, e in tutto ciò che vi era in quelle parole, lei
vi credeva davvero. Ora sentiva di poter affrontare qualsiasi altra
cosa le riservasse il destino: niente l'avrebbe fatta star male nel
modo in cui ci era riuscito Damon. E se ripensava anche alla
sofferenza che aveva provato nel momento in cui l'aveva creduto
morto, si sentiva a dir poco invincibile. Sentiva che neanche la più
dura delle prove a cui poteva sottoporla il Consiglio, poteva avere
come esito tutto il dolore che aveva provato nelle ultime ore.
Neanche se quest'ultima avesse lavorato di crudele e sadica
fantasia! Ma, a quell'affermazione, il tono di Lily non poté
fare altro che inasprirsi, seppur nei limiti della sua diplomazia e
delicatezza: «È molto più spaventosa e potente di
quanto immagini. Se avessi un minimo di buon senso, se ti importasse
realmente qualcosa della tua vita, la temeresti, proprio come hanno
fatto centinaia di cacciatrici prima di te. E sopratutto non dire che
non hai paura di niente». Eppure, arrivata a quel punto, i suoi
occhi si velarono di tristezza e dolcezza e, sebbene preferisse
tenere certi pensieri per sé, le fu inevitabile dirle ciò
che aveva sempre pensato: «Ce l'hai eccome, Summer. Solo che
hai paura delle cose sbagliate... Ed essere la cacciatrice... è
solo la scusa che utilizzi puntualmente per non affrontarle. Ed è
per questo motivo che non vuoi liberarti di questo ruolo». Summer
emise un lievissimo gemito d'aria atto a svuotare i suoi polmoni,
quasi quell'ossigeno rappresentasse l'affermazione di Lily e quella
reazione fisica il palese rigetto di essa. «E dimmi...»,
esordì con un fare sapiente, sicura di non essersi mai tirata
indietro di fronte alle sfide. «Quando non avrei affrontato
qualcosa?» «Quando il signor Harris è morto,
per esempio. Non hai versato neanche una lacrima, non hai mostrato
nessuna emozione, ti sei comportata da perfetto automa, da perfetta
cacciatrice. Quella sera stessa sei addirittura andata a caccia, come
se non ti fosse stato concesso neanche un giorno di riposo. Ma in
realtà sei stata tu a non volerlo. A non volere neanche un
giorno per pensare ad un uomo che ti aveva amata come una figlia ...
per affrontare un dolore a cui avevi pienamente diritto. E usi questo
schema con tutto, dalle cose più serie a quelle più
ordinarie, come il collage. Hai gettato la spugna anche prima di
frequentare la prima lezione, quando invece avevi promesso ad Harris
che avresti almeno tentato. E tutto con la solita giustificazione:
che la tua vita non te lo permetteva. Sono certa che non ti è
mai passato per la mente che forse avevi solo paura di fallire, come
ogni normalissimo studente. E tutti gli uomini che sono entrati nella
tua vita dopo J.D?! Non hai dato loro neanche il tempo di farsi
conoscere, che li hai cacciati dal tuo letto come se ti avessero
fatto chissà quale torto imperdonabile a mostrare interesse
per te, a volerti donare il loro affetto, a voler avere cura di
te...» E come se quelle parole avessero avuto un peso
materiale, Summer si sentì completamente schiacciata, priva di
ogni granello di forza. Sentire Lily pronunciare il nome di Harris
aveva lacerato il tempo. Le aveva inumidito gli occhi e stretto la
gola in una morsa spietata. Aveva pensato a tutto, meno che a questo.
La morte del suo osservatore era stata una sfida che non aveva
affrontato? La risposta era sì, e Lily aveva dannatamente
ragione su tutto, o quasi... «Io... non sono più
così», sibilò Summer, sedendosi nuovamente
accanto all'amica, gli occhi spalancati, timorosi di chiudersi per
non dare vita alle lacrime. Si voltò verso di lei e aggiunse:
«E vorrei tornare ad esserlo... Credimi, in questo momento, lo
vorrei con tutte le mie forze. Ma dubito che ci riuscirei...» E
Summer avrebbe davvero voluto ritornare ad essere quella ragazza che
non si misurava mai con i suoi sentimenti, che non si innamorava e
che non metabolizzava la perdita delle persone che amava, ma ormai
non era più così. E il ricordo della morte di Kendra
venne ad avvalorare quella consapevolezza. In quell'occasione aveva
addirittura disertato i suoi doveri di cacciatrice per
rifugiarsi tra le braccia di Damon; e aveva desiserato con tutta se
stessa che da quelle braccia non vi fosse via d'uscita. Aveva
permesso a quel vampiro di portare almeno un po' del dolore che la
stava schiacciando. E lo aveva fatto entrare dentro di sé, nel
buio torbido della sua anima, come non aveva mai concesso a
nessuno. Lily posò con delicatezza la mano sulla sua e con
la solita voce dolce, che quasi evocava immagini di ruscelli immersi
nel verde, le disse: «Lo so, scusami, sono stata brusca e ho
tirato fuori cose passate che non avevo mai avuto il coraggio di
dirti. Mi dispiace. Lo so... So che sei cambiata... So chi ti ha
cambiata... ma... credo solo che non sia abbastanza. In fondo, sei
innamorata, giusto? Allora perché non riesci a desiderare la
libertà neanche adesso? Vorrei solo che tu capissi che non ti
verrebbe tolto nulla. Niente di ciò che sei. E, se lo vorrai,
potrai continuare a combattere, ma con la differenza che sarà
Summer Reed a volerlo fare come valore aggiunto alla sua vita, e non
la vita stabilita da altri e che usa come alibi per non mettersi in
gioco in nient'altro. Ho solo paura che continuando ad essere la
cacciatrice, avrai sempre qualcosa dietro cui nasconderti. E, non
fraintendermi, alla fine lo facciamo tutti e non c'è niente di
male... È solo che... in tutti questi anni ti ho vista eludere
più emozioni di quante ne hai vissute». Fece una pausa e
poi aggiunse: «Ma potrei anche sbagliare. I capelli rossi mi
renderanno una strega stereotipata, ma almeno non possiedo nessuna
sfera di cristallo. Perciò, ho solo una domanda, ma la
risposta devi darla solo a te stessa, non a me. Quando è stata
l'ultima volta in cui essere la cacciatrice ha agito da freno in
qualcosa che volevi o che avresti dovuto fare?». A Summer,
in un primo momento, quella domanda suonò strana, come se ad
essa non avrebbe mai potuto dare una vera risposta, ma poi rivide se
stessa, prima che tutto accadesse: le sue mani sul volto di Damon,
dopo che questi aveva bevuto il sangue di Klaus; l'occasione di
dirgli che lo amava persa in una convinzione che adesso le appariva
vuota: lei era la cacciatrice e non poteva permetterselo in un
momento in cui da lei dipendevano le sorti di una missione troppo
importante. Paura. Nient'altro che paura. Aveva eluso anche e
soprattutto questo. Ed ora, ancora come se fosse tornata indietro nel
tempo, rivedeva Damon accovacciato di fronte a lei, dopo aver bevuto
il suo sangue, che con dolcezza teneva le sue mani tra le proprie e
le spiegava il motivo per cui non l'aveva trasformata, i suoi occhi
azzurri traboccanti della dolcezza più pura: “Tu non
vuoi diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il
posto di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi. Il solo pensiero di
non essere più la cacciatrice, di non avere più una
missione, un ruolo prestabilito, un'identità di riferimento...
ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover ridefinire te
stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei adesso, tutto ciò
che eri prima di diventarlo e tutto ciò che invece dovrai
essere. E questo perché sei piena di stupide insicurezze...
che io trovo adorabili, ma che prima o poi dovrai affrontare. E io...
voglio solo che tu lo faccia quando ti sentirai pronta a farlo. Non
potrei mai trasformarti in un vampiro, sapendo che non è ciò
che realmente vuoi, sapendo che lo fai solo... per quello che provi
per me.” Tutte quelle parole che prima erano scivolate sulla
sua corazza, adesso le entravano dentro con la potenza di un tifone.
Lily e Damon avevano capito quelle verità prima di lei. E
Damon non l'aveva trasformata perché sapeva che dopo la sua
identità si sarebbe frantumata, rendendola inevitabilmente
infelice. Aveva capito che lo stava facendo solo ed esclusivamente
per lui ed era riuscito a fermarsi in tempo. E Summer sentì
nel petto l'esplosione di calore e gioia che si prova quando ci si
innamora nuovamente di una persona che non si ha mai smesso di amare:
quel livello successivo, messo sempre in discussione dall'erronea
consapevolezza di non poter provare un amore che vada oltre quello
che già si prova. Adesso lo sentiva dentro di sé come
una fonte di luce accecante, e moriva dalla voglia di stringere Damon
contro il suo petto, con tutto l'amore che poteva trasmettergli. E
sorrise, ripensando a lui che le diceva: “Se tu avessi capito
ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi avresti
sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore!”. Sì.
Era esattamente tutto ciò che desiderava! Il vampiro era stato
profetico anche su questo! Ma si poteva essere così
stupidi da non capire niente di se stessi? Da aspettare che fossero
gli altri a portare luce sulla propria natura?, si rimproverò,
sentendosi una sorta di giocattolo con un difetto di fabbrica. Lily
teneva la mano sulla sua, e Summer sentiva di provare per lei un
affetto che non avrebbe mai saputo esprimere a parole. Qualcosa che
sembrava esistere a prescindere da loro due, dal loro incontro, dalla
loro amicizia. Qualcosa segnato nell'universo, inoppugnabile come una
delle leggi che lo governano e dall'origine altrettanto
misteriosa. Sentiva una voglia irrefrenabile di correre da Damon,
eppure non riusciva a porre fine a quel contatto. E quando la strega
fece cadere la schiena sul materasso per osservare il soffitto come
se lì vi fossero scritti i suoi pensieri, lei fece lo stesso,
convinta di avere tutto il tempo del mondo per abbracciare Damon e
solo quell'istante per tenere la mano di Lily; così rivolse il
palmo verso l'alto e le loro dita s'intrecciarono, come unica
conclusione possibile al loro battibecco. Tra di loro vi fu un
lungo silenzio. Lily sapeva bene che Summer stava assimilando tutto
ciò che le aveva detto, proprio come sapeva che su
quell'argomento non aveva bisogno di aggiungere altro, così
decise di dirottare la conversazione su nuovi e più leggeri
temi: «Ma ci pensi!? Sei entrata nella storia! Le future
generazioni di membri della Triade ti ricorderanno come l'abile
cacciatrice che ha ucciso il lato mannaro di Klaus e che ha debellato
ogni rischio di una futura invasione di Ibridi!», e la sua voce
suonò come quella enfatica e teatrale che fa da narratore ad
un trailer. «No, ti sbagli. Ricorderanno te come l'abile
strega che ha intuito dove si trovava il Grimorio di Lucrezia e che è
riuscita a ricomporre il famigerato pugnale», cercò
di imitare il suo tono cinematografico, ma poi il senso di sconfitta
e la tristezza guastarono la sua voce, sfumandola di fiacchezza: «Io
sarò solo la cacciatrice che ha bruciato l'occasione del
secolo, ma che dico, del millennio! Che si è fatta sottrarre
il pugnale costato anni di ricerca... e che ha rischiato di perdere
l'uomo che ama...», e quell'ultima frase fu solo un bisbiglio,
troppo imbarazzata al pensiero che Damon potesse sentirla e ancora
tramortita dal ricordo di ciò che aveva passato. «Sei
sempre la solita! Stai sempre a svalutare tutto quello che fai e a
vedere il bicchiere mezzo vuoto!», la redarguì
dolcemente la strega, ma per nulla sorpresa dal pessimismo
sinceramente autodenigrante della sua amica. «Sarà...»,
Summer alzò la schiena, rimettendosi a sedere. «Ma
l'unico bicchiere pieno che voglio vedere adesso è un calice
di vino! E lo riempirò fino all'orlo, solo ed esclusivamente
per la tua gioia! Contenta?» «Dipende! È un
principio di ottimismo?», chiese Lily, mettendosi anche lei a
sedere. «No», fece l'altra, alquanto categorica. «Ma
dopo il quarto bicchiere lo sarà sicuramente!» E si
sorrisero con una ritrovata complicità, spostando poi
l'attenzione su quelle dita ancora intrecciate, che Summer sciolse
con una lieve punta d'imbarazzo. Ma poi la strega sussurrò:
«La tua mano...», e l'aria si fece nuovamente densa di
serietà. «La mia mano, cosa?», chiese Summer,
osservando con attenzione le sue dita. «Come ho fatto a non
pensarci prima!? Tu hai toccato il pugnale, Summer. Ricordi quando ti
ho parlato dell'energia che s'imprime nelle cacciatrici quando lo
toccano? È per questo che ci siamo sempre servite delle ossa
di Esmaél per ritrovare gli elementi!» «Ok. Il
vino può aspettare», Summer afferrò il concetto e
le offrì entrambe le mani. «Sono tutte tue.» Ma
poi le ritirò, fingendosi timorosa: «Sempre che le mie
ossa vadano bene intere. Perché se volessi farmi a pezzettini,
muoverei qualche piccola obiezione a riguardo. Sappilo!». «Puoi
stare tranquilla», rispose la strega, ristabilendo quel
contatto che adesso Summer le offriva con un sorriso... che però
non fu ricambiato. «Anche se...» «Anche se?»
La cacciatrice inclinò lievemente il capo, cercando di
comprendere il repentino cambio d'umore dell'amica, che poco dopo le
disse: «Non riesco a sentire niente...» «Lily...»,
Summer la guardò con occhi carichi di apprensione. «Sei
sicura di stare bene?» «Te lo assicuro.» E la
strega lasciò con delicatezza le sue mani, aggiungendo: «Se
avvertissi qualcosa di strano, te lo direi». Poi le sorrise per
rassicurarla, perché – in cuor suo – era certa di
ciò che diceva. Non sentiva nulla di strano rispetto al
solito, e la sua amarezza derivava solo dal non capire cosa stesse
succedendo. Perché in Summer non riusciva ad avvertire neanche
un minimo cenno di quella radiazione magica che si stabilisce tra una
cacciatrice e il pugnale? Summer annuì credendo alle sue
parole, ma poi un rumore fragoroso destò entrambe, facendo
girare i loro volti in direzione della porta. «Cos'è
stato?», domandò la strega, intenta ad alzarsi. Ma
Summer bloccò sul nascere quel tentativo, dicendo: «Lascia
stare, proveniva dal salotto. Damon deve aver fatto cadere qualcosa».
Ma quell'affermazione suonò una nota irreale. Il vampiro che
faceva cadere qualcosa... Con i suoi riflessi sovrannaturali non era
molto credibile, e Summer si convinse di aver pronunciato quella
frase solo per dissuadere l'amica dal seguirla. Il solo nominarlo
aveva riacceso in lei tutta la voglia di stare con lui, di gettargli
le braccia al collo e baciarlo, e sentiva che non avrebbe potuto
attendere un secondo di più. «Tu perché non
cerchi di riposare?», propose, nuovamente concentrata su Lily.
«Forse sei solo stanca...» Aspettò che l'amica
le annuisse per sorriderle ed avviarsi verso la rampa di scale, col
cuore che le batteva così forte da farla sentire stordita e
con l'emozione che le stringeva il petto fino a soffocarla. Mentre
scendeva giù per i gradini che la separavano dal salotto,
sentiva che sarebbe semplicemente morta se non avesse fatto l'amore
con lui. E se nella sua mente balenava un lampo di ricordo di ciò
che le aveva detto solo poco prima, del modo in cui l'aveva sfiorata
e baciata, della passione rovente con cui si era nutrito del suo
sangue, lo stomaco le si chiudeva e il desiderio diventava così
forte da farla stare quasi male. «Damon», esclamò
una volta arrivata in salotto, cercandolo con lo sguardo, ma
scrutando solo una stanza vuota, illuminata dalla poca legna che
ardeva nel caminetto. «Damon?» Si guardò
rapidamente intorno e poi si accorse dei frammenti di una bottiglia
infranta sul suolo; la macchia scura del bourbon che impregnava il
tappeto, l'odore pungente dell'alcol e nessuna traccia del
vampiro. Lo cercò nella sua stanza, ma senza trovarlo.
Così, mossa dall'istinto, si diresse in cucina, e ad una prima
occhiata tutto le parve in ordine; ma poi la vista si focalizzò
sul lavandino, notando qualcosa di strano. I bordi erano sporchi di
sangue e, man mano che si avvicinava, quella chiazza diveniva sempre
più estesa, fino a ricoprire interamente il fondo di uno dei
due lavabi. Ma Summer non ebbe neanche il tempo di formulare un
veloce pensiero a riguardo. A terra, con la schiena poggiata su
un'anta del mobile, gli occhi aperti ma totalmente assenti e la pelle
nivea e lucida come quella di una candela, Damon sembrava una
marionetta a cui avevano tagliato i fili. Il cuore di Summer mancò
tutti i battiti che la separavano fisicamente da lui, e solo quando
gli si inginocchiò accanto questo riprese a batterle
regolarmente, seppur nella maniera più dolorosa
possibile. «Damon! Damon, cos'hai?!» domandò,
con la voce corrotta dall'agitazione e dalla paura. Accarezzò
il suo volto, sperando di ottenere almeno un cenno di risposta.
Mento, gola e petto ricoperti di sangue, e il cuore di Summer che
precipitava fino a creare una voragine. «Damon, rispondimi.
Ti prego!» E questa volta gli occhi del vampiro si mossero
verso di lei, ma continuando a sembrare vuoti e senza permettere a
Summer di capire se fosse nuovamente cosciente. Gli accarezzò
la fronte, tanto bollente da peggiorare il suo stato di agitazione, e
finalmente il vampiro diede un segno di vita più concreto: un
movimento del volto verso la spalla della ragazza, lo sguardo stanco
e smarrito. Damon ricordava l'attimo in cui aveva vomitato nel
lavandino, poi una sensazione di gelo e la forza nelle gambe che si
era affievolita rapidamente, fino a farlo scivolare a terra. Adesso
che aveva ripreso un minimo di conoscenza, qualcosa era nettamente
peggiorato. Alla sensazione di gelo si erano sostituite delle vampate
di calore insopportabili; ma erano i polmoni gli organi che lo
tormentavano di più: adesso riusciva a percepire con chiarezza
ogni boccata d'aria, perché queste bruciavano nel suo petto
come se in quei polmoni vi fosse qualcosa che infiammasse l'ossigeno.
Il sudore algido si trasformò presto in un mare di goccioline
calde che gli attaccavano gli abiti alla pelle, e la testa gli doleva
così tanto da da lasciargli immaginare che vi fossero milioni
di spilli elettrificati conficcati nelle profondità del suo
cranio. Voleva dirle qualcosa, ma non ce la faceva. L'unico gesto
che gli riuscì fu quello di poggiare la fronte sulla sua
spalla, lentamente e con la speranza di trovarvi riposo. Lei lo
accarezzò con un fare materno, per poi imporsi di spezzare
quell'attimo di dolcezza e angoscia e reagire; così fece
passare il braccio del vampiro intorno alle sue spalle e si alzò,
trascinandolo con sé. Damon si muoveva, ma solo con una forza
di riflesso e passiva. Il suo corpo era pesante quasi quanto quello
di un cadavere. «Andiamo di sopra...», mormorò
lei, avanzando verso la rampa di scale con Damon che camminava a
fatica. Il vampiro le sembrava ritornato in sé, ma ancora privo delle forze
necessarie a mostrarle un minimo cenno di lucidità. Arrivati
in cima alle scale, Summer urlò il nome della strega, per far
sì che la raggiungesse. E lei lo fece subito dopo, nell'esatto
momento in cui la cacciatrice lo stava aiutando a stendersi sul
letto. Sembrava che ogni respiro esalato dal vampiro gli bruciasse il
petto e Summer faceva di tutto per non piangere. In quel momento non
sarebbe servito a nulla, si ripeteva, cercando di farsi forza. «Cosa
gli è successo?», domandò Lily. «Non ne
ho idea.» Summer si avviò verso il bagno per prendere un
asciugamano e qualcosa che potesse fungere da catino. «Sono
andata in cucina e... l'ho trovato a terra in questo stato...»,
le parole le uscivano ansiose e soffocate, mentre riponeva il tutto
sul comodino, con le mani che le tremavano vistosamente. «Damon,
ti prego, dimmi qualcosa...», rivolgendosi a lui, la sua voce
acquisì una marcata nota di dolcezza, mentre con una mano gli
accarezzava i capelli sulla fronte e con l'altra gli puliva il mento
e il collo, con un panno inumidito. Ma il vampiro boccheggiò
scuotendo il capo, come a voler esprimere l'impossibilità di
esaudire quella richiesta. Non poteva parlare con ogni molecola di
ossigeno che bruciava nel suo petto e nella sua gola. Intanto Lily
gli si era avvicinata, ed ora lo guardava quasi immobilizzata da un
mix di pensieri che le attraversavano la mente come fulmini. Poi, con
uno scatto deciso, cercò di afferrare la sua mano. Una visione
le avrebbe chiarito le idee, ma Damon, nonostante il dolore, sembrò
percepire quell'intenzione, come se l'avesse sentita aleggiare
intorno a lei, e rapidamente portò la mano all'addome per non
fargliela afferrare. Ma, come da risposta, il volto di Lily –
sempre morbido e addolcito da un'aura di letargia – s'indurì
della stessa serietà scrupolosa di un medico, e il successivo
movimento con cui afferrò la mano di Damon fu uno scatto
felino che non ammetteva fughe di alcun genere. E il vampiro,
visibilmente provato dal suo corpo che bruciava, dalla testa che
esplodeva e dallo stomaco che si contorceva, non poté fare
nulla per impedirlo. Lily venne pervasa dalla stessa visione che
l'aveva colpita quando aveva toccato il pugnale per la prima volta.
Una sensazione che sapeva di morte, un buio fitto e poi una luce
accecante, ma nient'altro. Poi, qualcosa di più fisico, un
rimbombo familiare, le invase i canali uditivi, fino a sentirlo
martellare dentro di sé. Gli occhi chiusi si spalancarono
lentamente e con stupore, mentre leggeva una chiara supplica in
quelli azzurri sfiniti di Damon. Il suo cuore batteva, e lo
sguardo che lui le dedicò prontamente – un misto di
senso di colpa e disagio, di paura, disgusto e smarrimento –
conteneva la tacita preghiera di non rivelare quello che, a quanto
pareva, era il suo segreto: il motivo per cui era stato così
riluttante a collaborare con lei. E a Lily servì meno di un
secondo per decidere che lei non lo avrebbe fatto. Pur non capendone
il motivo, non sarebbe stata lei a dirlo a Summer, se quello non era
il volere del diretto interessato. E poi vi erano questioni molto
più importanti. Il cuore di Damon che batteva era solo la
punta dell'iceberg di ciò che adesso percepiva. Vi era
un'energia ribollente e crescente, dentro di lui. Era della stessa
materia di cui erano fatte le scintille di vita, ma era densa e
unificata, e si forgiava nel suo corpo in un crescendo irrefrenabile.
Lily ne percepiva la luminosità e la purezza. Era una forza
smisurata, vibrante di vita e splendente di fuoco; una forza mai
avvertita prima, in nessun essere vivente, che quasi la spaventava.
Quasi temeva che Damon potesse esplodere, portando l'universo con
sé. E fu proprio la potenza di quell'energia a far balenare
nella mente della strega una soluzione che avrebbe potuto portare
risposte alle sue domande. Summer guardava la scena, sentendosi
impotente. Le lacrime le pungevano gli occhi e il naso, e la gola era
così stretta da accentuare ogni deglutizione. Gli occhi
saettavano da Lily a Damon, sperando che la strega vedesse qualcosa
d'importante o che lui fosse in grado di parlare, ma alla fine fu lei
stessa a infrangere la tensione sacrale di quel momento, chiedendo
alla strega: «Hai visto qualcosa?». «No. Nulla
di rilevante.» Lily posò la mano di Damon sul materasso,
e lui quasi la ringraziò con lo sguardo per quella risposta
studiatamente vaga. Poi la strega si voltò verso Summer,
dicendo: «Ma ho un'idea. Vado a prendere le cose che mi
servono...» E la cacciatrice ebbe soltanto la forza di
annuire, mentre la vedeva lasciare la stanza. Si sedette accanto a
Damon, accarezzandogli con la punta delle dita il dorso di quella
mano che lui aveva riposato nuovamente sul proprio addome. Damon
cambiava continuamente la posizione del capo, come in cerca di una
boccata d'aria che non fosse incendiaria, e Summer lo guardava con il
petto pressato dall'angoscia. Voleva dirgli qualcosa, chiedergli cosa
gli fosse successo, cosa l'avesse fatto stare male, ma quasi temeva
di parlargli per paura che si sforzasse troppo nel tentativo di darle
una risposta. Ma poi fu il vampiro stesso a rompere quella catena
di gemiti di sofferenza, mormorando: «Mi dispiace... mi
dispiace...», affannato e lacerato in ogni dove dal dolore.
«Non volevo farti soffrire.» «Sshh...»
Summer, gli occhi ora bagnati dalla sua tenerezza, gli passò
il panno umido sulle tempie per eliminare le goccioline di sudore e
rinfrescarlo. «Va tutto bene; anzi, mi hai salvato la vita,
Damon. Lily pensa che non sia stato il sangue di Klaus a salvarmi;
dice che non può averlo fatto per via indiretta. Quindi... non
avrebbe funzionato. Se non ti fossi fermato in tempo, non mi sarei
trasformata in un vampiro. Sarei morta. Mi hai salvata, Damon. Due
volte. E adesso è il mio turno. Perciò, se ce la fai a
dirmi qualcosa... ti prego, fammi capire cosa ti è successo,
cosa ti ha fatto stare male...» Un pensiero doloroso le soffocò
la voce: «È stato il mio sangue? Sono stata io?».
Damon si affrettò a sibilare un veloce «No...»,
perché non voleva che si sentisse in colpa neanche per un
secondo; poi una fitta all'addome lo costrinse a urlare e a
contorcersi su se stesso, e la mano strinse con forza quella di
Summer senza averlo meditato. «È stato il pugnale»,
confessò, con la voce stritolata dal tormento. «Avrei
dovuto dirtelo, ma...» «Sshh...» Le mani di
Summer rastrellarono i suoi capelli con delicatezza, trasmettendogli
tutto l'amore che le riempiva il cuore, con un riverbero fatto di
calma e sicurezza. «Lo so. avrei fatto lo stesso.» E lei
capì che, se si fosse trovata nella sua stessa situazione,
avrebbe agito allo stesso modo, perciò non vi era necessità
di spiegazioni di alcun genere. Loro erano troppo simili per non
comprendersi e perdonarsi. E stava per pronunciare che avrebbe
fatto l'impossibile, pur di farlo stare bene, ma quell'intento fu
bloccato dall'entrata nella stanza di Lily, che reggeva il suo
Grimorio e una ciotola colma di erbe. «Cosa vuoi fare?»,
chiese Summer, preoccupandosi anche per lei. L'amica era da poco
uscita dal coma ed era come se i suoi poteri si fossero prosciugati,
o almeno questo era ciò che lei percepiva; ma Lily sapeva bene
che le sue forze erano inalterate e che tutti i suoi fallimenti
dipendevano da altri fattori. E questa sicurezza gliela si poteva
leggere sul volto determinato ma disteso, preoccupato ma
straordinariamente fiducioso. «Un incantesimo che mi
ricondurrà alla causa del suo male.» Lily aveva
sistemato il Grimorio a terra, di fronte al comodino, ed ora stava
posizionando la ciotola al lato del letto, all'altezza dell'addome
del vampiro, per mescolarne il contenuto con le mani: petali di Iris
e Radice del Diavolo. «Vedresti solo Klaus che dà
una pugnalata al suo cuore, Lily. Non è il caso che ti
affatichi per qualcosa che sappiamo già», replicò
Summer, cercando di farle cambiare idea. «Quest'incantesimo
è molto più potente di ciò che pensi. Non si
limiterà a mostrarmi il colpo di Klaus, ma andrà più
indietro. Mi mostrerà il principio: in pratica come si è
arrivati a tutto questo. È forse l'incantesimo più
potente che conosco», disse, con l'eccitazione febbrile che la
pervadeva quando doveva cimentarsi in qualcosa di apparentemente più
grande di lei. «Più la causa è remota e più
richiede energia e concentrazione. Stabilirò un contatto
fisico con Damon, gli terrò la mano, e tu dovrai accertarti
che io non la lasci per nessuna ragione al mondo. Interrompere la
connessione potrebbe costarmi la vita.» E la semplicità
con cui lo spiegò aveva dell'incredibile, soprattutto per le
orecchie di Summer, la cui emotività era già messa a
dura prova da ogni sorta di stress che poteva colpirla. «E tu
sei davvero convinta che ti lascerò fare una cosa del genere?!
Ti ricordo che sei appena uscita dal coma, non hai ancora
riacquistato le forze e l'origine del pugnale risale a più di
mille anni fa! Quindi: scordatelo!», l'angoscia dava alla sua
voce una nota finale di affanno, e concluse mormorando un «non
posso lasciartelo fare...» carico di tutta la preoccupazione
che le schiacciava il petto. Ma la strega, al contrario di lei,
appariva inverosimilmente tranquilla. E le rispose: «Summer,
non nego che sia rischioso. Ma se l'ho proposto è perché
sento di poterlo fare. E poi non devi preoccuparti per la lontananza
temporale. In altre condizioni non l'avrei mai fatto, non avrei avuto
le forze necessarie per intraprendere un viaggio mentale così
lungo nel tempo, ma adesso ho a disposizione una fonte di energia che
potrà permettermelo...» Nei suoi occhi appariva una
luce di furbizia, e quel modo astuto con cui si teneva sul vago non
preannunciava nulla di buono. Così Summer abbozzò una
mezza domanda: «E sareb... », che poi smorzò,
dandosi da sola quella risposta che reputava inconcepibile. «Damon!
Sei impazzita!? Lui non sta bene! Non puoi usare le sue energie! È
la cosa più assurda che potessi concepire!», ribadì
con un nervosismo elettrico. «Summer, calmati. Damon sta
letteralmente ribollendo di energia! Non ne risentirà in
nessun modo», le posò le mani sulle spalle per
tranquillizzarla. «Ascolta, posso farcela io e può
sopportarlo lui. Devi solo avere fiducia in me!» «Ho
fiducia in te, ma... andiamo! Quello che hai in mente è
assurdo!» la sua voce assunse una cadenza veloce e quasi
isterica, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime bollenti:
«Lily, tra te e me, la pazza che ha idee sconsiderate sono io!
Non tu! Il tuo buon senso non può venire a mancare proprio
adesso! Io non posso farcela! Mi sento impotente... e spaventata... e
l'ultima volta che mi sono sentita così...» Harris era
su di un letto d'ospedale, troppo anziano e troppo amante dei Cubani
per un trapianto di cuore che potesse andare a buon fine, e il nodo
che le strinse la gola riportò a galla ogni emozione vissuta e
annientata in quei terribili giorni. «Lo so...», Lily
capì subito a cosa si stava riferendo, e quella presa sulle
sue spalle si trasformò nell'esordio di piccole carezze colme
d'affetto. «Ma non hai nulla da temere. Andrà tutto
bene. E quando sarò ritornata al mio stato di coscienza...
beh... non posso assicurarti che avrò una soluzione, o una
cura, ma almeno avremo un punto di partenza. Questo te lo
prometto...» Summer mosse il capo ancora titubante e
incerta e con gli occhi lucidi di lacrime, ma poi sentì la
voce di Damon che la chiamava, mentre con fatica si sollevava sui
gomiti. Le annuì come per dirle che lui ne era in grado. E
tutta la tenerezza che provava per quelle crisi di nervi dal
retrogusto di dolcezza, brillava nei suoi occhi azzurri con una luce
radiosa quanto libera. Il vampiro ripensò alla donna algida e
violenta che aveva conosciuto e portato a letto per compiacere il
proprio ego, rapportandola alla donna fragile ed emotiva, piena di
amore e di paure, che adesso aveva di fronte e che amava con tutto se
stesso e, nonostante il dolore, gli fu inevitabile sorriderle. Così,
quella decisione divenuta unanime, sembrò aleggiare intorno a
loro, con tutta la pesante gravità che richiedeva. «Dammi
il tempo di cambiare l'acqua...», mormorò Summer, con lo
sguardo basso del disappunto e della sconfitta, portando quella
bacinella di sorta in bagno, perché ormai sporca del sangue
che aveva tolto dal petto di Damon. Lily aspettò che
risistemasse il tutto sul comodino e poi le disse: «Devi solo
accertarti che il contatto non si interrompa e tutto andrà per
il meglio». E, nonostante la sua sicurezza, anche lei, in quel
momento, avvertì la pericolosità di ciò che
stava per fare. Soprattutto ciò che avrebbe comportato per la
sua vita, se avesse fallito. Ma di quel timore ucciso sul nascere,
lei non volle mostrare neanche il debole fantasma. Summer annuì
e poi andò a sistemare altri cuscini sotto la schiena di
Damon, e in quei movimenti vi furono carezze fugaci e latenti, che il
vampiro non poté fare a meno di notare ed apprezzare. Lily
si inginocchiò al lato del letto e con un fiammifero diede
fuoco alle erbe che aveva sistemato nella ciotola. Un fumo delicato
per l'Iris ed uno più aromatico per la Radice del Diavolo le
invasero le narici. Ma prima che tutto avesse inizio, Summer
mormorò un «grazie», che la strega, pur
ricambiando con un sorriso, non sentì pienamente meritato: la
sua sete di conoscenza aveva influito su quella scelta in maniera
considerevole, e sentiva la sincera riconoscenza di Summer come una
ricompensa troppo preziosa per qualcosa di macchiato dall'egoismo. Ma
tenne quei pensieri per sé ed inalò quell'esalazione
con un respiro profondo e sonoro: quelle piante avrebbero accentuato
le sue doti percettive e divinatorie, aiutandola nel percorso mentale
più lungo che avesse mai dovuto intraprendere. Con voce bassa,
intonò una nenia incomprensibile agli altri due e afferrò
la mano di Damon, accostandola alla fronte. L'aria si fece densa e
pesante, vibrante di magia e carica di preoccupazioni, e piano gli
occhi nocciola della strega vennero inghiottiti dalle tenebre,
diventando completamente neri. Le ciocche rosse che sfuggivano alle
pinzette fluttuavano verso l'alto, e Damon iniziava ad avvertire una
sorta di pesantezza nel braccio, che diveniva sempre più
intorpidito e formicolante, e il tutto si univa a quei dolori che non
smettevano di tormentarlo, ma che adesso, per necessità e per
orgoglio, avrebbe combattuto con tutte le sue forze. Pochi secondi
dopo, Lily era già entrata nello stato di trance che l'avrebbe
condotta in un viaggio mentale lungo mille anni, e il contatto tra
lei e Damon non doveva interrompersi per nessuna ragione al mondo.
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Capitolo 58 *** capitolo 58 ***
58dapubblicare
NdA: In corsivo le visioni di
Lily.
***28 Dicembre***
Parte 5^
Il focolaio
rettangolare, piazzato al centro della capanna, la illuminava
proiettando ombre traballanti sulle assi di legno che rivestivano le
sue pareti.
Un bambino che
mostrava cinque o sei anni, gli occhi neri e i capelli scuri legati in
una coda, osservava una donna dalla pelle incredibilmente chiara, che
sistemava dei tessuti in un baule. I suoi capelli biondi prendevano le
sfumature rossastre della brace.
«Madre, perché
dobbiamo andarcene?» domandò con un broncio che contraeva le sue
labbra. La donna lo guardò con aria amorevole. Si avvicinò a lui,
inginocchiandosi per incrociare i suoi occhioni tristi e per posare le
mani sulle sue piccole spalle. «Questa terra, Finn, è malata. Ha
portato via il tuo fratellino. Ce ne andiamo affinché non accada mai
più.» E il suo tono di voce dolce e tranquillo fece distendere le
labbra del bambino, sebbene la sua espressione non apparisse ancora del
tutto convinta. «Dalle altre parti non accadono cose brutte?» la sua
voce sottile e innocente.
«Non dove
stiamo andando. Tua madre ha parlato con gli spiriti della natura.
Dicono che esiste una terra dove le persone sono forti e sane...» gli
accarezzò la guancia paffuta per poi continuare: «Una terra dove non ci
accadrà nulla di brutto. E tu avrai altri fratellini e sorelline con
cui giocare» il suo sguardo si rabbuiò. «E niente potrà portarteli via.»
Il bambino
annuì con un'aria serena ma titubante.
*** ***
Una donna di
colore osservava il gruppo di persone che le si stava avvicinando. Un
piccolo calesse caricato di bauli, un uomo che indirizzava il passo del
cavallo, tenendo stretta nella mano destra la fune che lo legava, una
donna che tra le braccia reggeva un neonato ed un bambino piccolo che
seduto che faceva dondolare le gambe paffute.
«Vi stavo
aspettando...» esordì la donna di colore, come se li avesse attesi da
tempo. «Sono stati gli spiriti ad avvertirmi del vostro arrivo» guardò
intensamente la donna dai capelli biondi. «Ed immagino che siano stati
essi a condurvi qui.»
«Il mio nome è
Maikal e loro sono mia moglie Esther e i miei figli. Abbiamo bisogno di
un posto dove accamparci...»
«Posso?» disse,
rivolgendosi alla donna e stendendo le braccia per afferrare la
creatura che teneva stretta al petto. La donna le porse il bambino
senza esitazione e l’altra lo cullò subito con l’aria amorevole di chi
non aspettava altro.
«Io sono Ayana,
e voi siete i benvenuti nel mio villaggio...»
***
***
«Le vostre
capanne sono molto diverse dalle nostre...» disse Ayana, rivolta a
Mikeal che livellava una tavola di legno.
«Ho notato...
le nostre sono fatte per durare!»
Esther cullava
il suo bambino e Ayana le si avvicinò per sfiorare la sua piccola
guancia.
«Il piccolo
Elijah è un bambino davvero silenzioso.»
«Non perde
tempo a piagnucolare, è un vero uomo. Come lo è anche Finn.» Mikael
osservò con orgoglio il figlioletto che a, qualche metro di distanza,
radunava dei rami che sarebbero serviti per il tetto.
«Anche se... »
intervenne Esther con uno strano tremolio nella voce. «Non saranno mai
forti come gli uomini del tuo villaggio, Ayana»
E il suo era lo
sguardo di chi voleva sviscerare un mistero, ma questo atteggiamento
portò l’altra a irrigidirsi prontamente per ribattere: «C'è una cosa
che dovete necessariamente sapere, sulla mia gente. Loro sono forti, ma
la loro forza ha un prezzo.» Poggiò una mano sulla parete di legno,
come per sorreggersi leggermente, per poi continuare: «Durante le notti
di luna piena, dovrete restare nascosti nelle caverne ai piedi della
cascata. Ne va della vostra vita.» L’aria grave, carica di
preoccupazione e serietà.
«Perché mai
dovremmo nasconderci?» di risposta gli occhi di Mikael si iniettarono
velocemente di sangue.
«Perché la luna
piena…» ma Ayana non ebbe timore di rispondere a quello sguardo truce:
«Li trasforma in lupi…»
***
***
Sulla riva di
un lago immerso nella natura più fitta, dove i pochi raggi di sole che
riuscivano filtrare mostravano con forza la loro luce vittoriosa, un
uomo dalla carnagione scura e lunghi capelli neri, con le gambe
nell’acqua fino alle ginocchia, raccolse un grande fiore di loto.
«Questi fiori
nascono e crescono sott’acqua, nell’oscurità più profonda, fin quando
non sono pronti ad emerge, mostrando a tutti il loro bellissimo colore.»
«Sono
bellissimi…» sussurrò Esther, in preda ad un incanto.
L’uomo le si
avvicinò, facendo scorrere tra le dita le ciocche dei suoi capelli.
«I tuoi capelli
che splendono come oro, sono bellissimi, Esther»
«Honami…»
un flebile sussurro che precedette un lungo bacio.
*** ***
Nel retro della
sua dimora, Esther teneva ferme le zampe e le ali di un grosso tacchino
sul ceppo di un albero; poi il suo sguardo si posò sulla giovane donna
bionda che invece gli teneva ferma la testa con una mano e con l’altra
brandiva un’accetta, e con nervosismo le disse: «Rebekah, cosa stai
aspettando?»
«Va bene, non è
facile come pensavo, lo ammetto» guardò il tacchino con aria
arrendevole. «Mi sta fissando...» e la mano che teneva l’arma le vibrò
vistosamente.
«Forse si è
innamorato di te, sorellina!» la voce di un ragazzo alle sue spalle,
che subito si accostò per vedere meglio la scenetta.
«Non mi fai
ridere, Niklaus!»
Il giovane si
mise di fronte alla ragazza con le braccia incrociate, aspettando di
assistere allo spettacolo, ma Rebekah sembrava ancora più frenata di
prima.
«E invece tu
che non riesci a decapitare un tacchino, sei davvero esilarante!
Andiamo sorellina, nessun uomo sposerebbe una donna che non è capace di
badare alla cena!»
«Stai zitto!»
l’ira concreta negli occhi della ragazza.
«Altrimenti
cosa? Manderai il tuo promesso sposo a beccarmi i piedi?»
«Per amore
degli spiriti, Rebekah, uccidi questa bestia!» urlò Esther spazientita.
«E tu, Niklaus, renditi utile, anziché perdere il tuo tempo ad
infastidire tua sorella!»
«Infatti,
Niklaus, già sprechi parte della tua giornata a corteggiare una donna
che preferisce chiaramente Elijah a te, per il resto cerca di renderti
utile...»
«Questi non
sono affari tuoi!» ma il cambiamento repentino del volto del ragazzo
non spaventò la sorella, che aggiunse: «Se voi due fate la corte ad una
donna che ha avuto un bastardo, ti assicuro che sono affari di
famiglia. Dico bene, madre?»
«Rebekah!»
«Sicura che sia
questo? Non è che sei solo gelosa di tutte le attenzioni che riceve?
Hai quasi sedici anni, sorellina, quante proposte di matrimonio hai
ricevuto?»
«Adesso basta!»
urlò Esther. «Tu taglia questo maledetto collo e tu, Niklaus, va' a
tagliare della legna!»
In quel momento
si avvicinò Elijah con un carico di quaglie e fagiani legati da
una corda e i due ragazzi ebbero giusto un attimo per guardarsi in
cagnesco, prima che Klaus si allontanasse per eseguire gli ordini della
madre.
«Elijah, tu
invece vieni con me.» lo intercettò prontamente Esther.
Rebekah,
invece, si concentrò sul suo tacchino e alla fine riuscì finalmente a
decapitarlo.
*** ***
Klaus reggeva
il corpo di un ragazzo tra le braccia, urlando: «Madre! Madre!» con un
tono disperato.
«Henrick!»
gridò Rebekah, avvicinandosi frettolosamente ai fratelli.
Klaus posò il
corpo del giovane ragazzo a terra, il cui addome sembrava essere stato
smembrato da grossi artigli.
Subito dopo
anche Esther, Elijah e Ayana gli si avvicinarono.
La madre si
inginocchiò per accarezzare il capo del ragazzo ferito, poi bisbigliò
più volte dei “no” di incredulità e sgomento, prima di chiedere: «Cos'è
successo?»
«I lupi...»
mugolò Klaus con l’aria di un bimbo spaventato, sedendosi sull'erba.
«Mi dispiace, mi dispiace così tanto...» aggiunse, visibilmente
sconvolto.
«Dobbiamo
salvarlo!» Esther si rivolse ad Ayana con occhi supplichevoli, carichi
di speranza. «Ti prego, deve esserci un modo!»
Ayana,
anch'essa inginocchiata accanto al corpo di Henrick e il volto come un
manifesto di costernazione, le rispose: «Gli spiriti non ci
concederanno un modo, Esther. Tuo figlio è morto.»
«No. No...» i
sussurri di Esther mentre il dolore le infiammava il petto. «No!» gridò
forte, mentre gli altri intorno a lei piangevano silenziosamente.
*** ***
Il fuoco di
numerose candele illuminava la loro capanna.
Luci rosse,
irrequiete e spettrali, danzavano col buio fitto della notte.
«Potremmo
accrescere tutto quanto…» Mikael posò una mano sulla spalla della
moglie. «La nostra famiglia, potrebbe vivere per sempre!»
«A quale
costo?» domandò Ayana. «Questa magia di cui parli avrà delle
conseguenze» Poi il suo discorso si indirizzò verso l’amica, sperando
di sortire un maggiore effetto: «Questo è il preludio di un flagello,
Esther!» guardò nuovamente entrambi. «Gli spiriti vi si rivolteranno
contro.»
«Ti prego,
Ayana» la supplicò Esther, con voce tremante, ma l'altra scosse il capo
in segno di negazione, rispondendole: «Non ho intenzione di prendervi
parte», prima di lasciare la loro dimora.
Mikael chiuse
la porta e si avvicinò alla moglie. «Se lei non proteggerà la nostra
famiglia» le accarezzò dolcemente il volto. «Allora è tutto nelle tue
mani, amore mio.»
*** ***
I polsi della
prima doppelganger erano stati legati ad una delle travi di legno
orizzontali che strutturavano la parte alta della dimora.
Il fuoco del
focolare era quasi spento e si riduceva al crepitare del carbone. Poche
candele illuminavano l’inquietante scenario. La doppelganger,
completamente nuda, aveva la bocca riempita di stracci che le
impedivano di urlare. Ma i suoi occhi dicevano chiaramente che non
l'avrebbe fatto. Sembrava fosse caduta in uno stato di trance: che lei
fosse ovunque, meno che in quella stanza.
La strega
originaria ripeteva una flebile nenia, mentre calma affilava la punta
del suo coltello. I piedi della doppelganger fluttuavano ad una ventina
di centimetri dal pavimento.
La strega le si
avvicinò, continuando a pronunciare la sua formula e, dopo averle
dedicato un lungo sguardo, piantò il pugnale nell'addome della ragazza,
all'altezza dell'ombelico. Il sangue zampillò per un secondo, per poi
scenderle rapidamente lungo le gambe e infine gocciolare sul pavimento,
creando chiazze scure. Esther si voltò per prendere una ciotola e,
quando si rigirò verso di lei, notò che il sangue sulla terra battuta
aveva preso una strana forma circolare, con quattro nodi*, e
inarrestabile scorreva su quella figura. Esterh sembrava non capirne il
significato, quindi si affrettò a disegnare quel simbolo sulla ciotola
di coccio, che subito dopo avrebbe usato per raccogliere il sangue
della doppleganger.
***
***
«Cosa ci fai
qui, Ayana?» chiese Esther, mentre lavava i panni al fiume, ora
visibilmente seccata da quella visita.
«Sono venuta ad
implorarti di non portare a termine il rito, è un grosso sbaglio,
Esther. Sto solo cercando di proteggerti da un immenso dolore.»
«Cosa vuoi
saperne tu, del mio dolore. La tua gente è forte, immune ad ogni male.
Non puoi capire!»
«La mia gente
paga le conseguenze delle mie azioni! La loro non è una benedizione,
Esther, è una maledizione!» Poi Ayana cercò di moderare i suoi toni,
sperando che le sue parole potessero far desistere l’amica: «I tuoi
figli saranno corrotti dal male, l'immortalità che vuoi donare loro ha
un prezzo. Diventeranno creature assetate di sangue...» fece scivolare
lo sguardo sulla scia d’acqua limpida. «Ti assicuro che non resterà
niente di loro…»
«Quindi è come
pensavo, sei stata tu...» Esther afferrò le sue braccia e la scosse
leggermente. «Che cosa hai fatto? Come hai fatto a renderli così?»
«Avevo un
figlio... Askar. Un giorno venne attaccato da un lupo. Lo stava
sbranando sotto i miei occhi e lui stava morendo. Non ero sola, con me
c'era un'altra donna del villaggio. Invocai tutte le forze del mio
corpo... ed anche quelle che non avevo: le presi dalla natura, da tutto
ciò che mi circondava. Il terreno divenne arido, le foglie degli alberi
si bruciarono, e poco dopo il lupo si accasciò su mio figlio, morì e
venne assorbito dal suo corpo, e forse questo sarebbe bastato, per
salvargli la vita. Ma io volevo di più, e per rendere una vita
immortale, come ben sai, è necessario un sacrificio. Così lo feci. Mio
figlio si rialzò poco dopo, non più da umano: era diventato qualcosa di
più. Ma i segni di quella magia oscura comparvero sul suo volto quasi
immediatamente. Segni neri, sulle sue tempie e intorno ai suoi occhi.»
«Hai
sacrificato quella donna?» intuì Esther, in un sussurrò sentito, che
palesava tutta la sua attenzione.
«Non lei. La
mia amica aspettava un bambino» la voce di Ayana era soffocata dal
rimpianto e dalla vergogna. «Un bambino che nacque morto, portando con
sé la vita della madre...»
«E tuo figlio?
Cosa gli è successo?»
«Mio figlio
cambiò. Radicalmente. Divenne forte, agile, imbattibile. La luna mutava
il suo aspetto e lo rendeva un lupo assetato di sangue, ma anche quando
non lo era... l'unica cosa a tenerlo in vita erano...»
«Cosa?» fece
Esther, per porre fine al lungo silenzio di Ayana.
«Cuori di
esseri umani. Strappati dai loro petti e consumati ancora caldi del
calore della vita che portavano con essi. Non era più mio figlio. Era
un abominio...»
La strega prese
un’altra pausa e poi continuò: «Quando gli abitanti del villaggio
iniziarono a sospettare di lui, il padre di Honami, decise di
giustiziarlo. Lo legarono ad un albero, pronti a colpirlo con le loro
frecce, ma... in quel momento... Askar si trasformò in lupo, sebbene
fosse ancora giorno, e li morse. Morse tutti gli uomini del
villaggio. Quel morso, li trasformò in creature simili a lui, ma
fece anche peggio: il seme di quella maledizione si tramanda ai posteri
e se questi fanno ciò per cui Askar stava per essere condannato - se
essi uccidono - vengono colpiti inevitabilmente anche loro. È stato un
suo modo per dire... che nessuno era così diverso da lui da poterlo
giudicare.»
Ayana prese le
mani dell’amica tra le sue e continuò: «Esther, lo so. So che Niklaus
non è figlio di Mikael. È figlio di Honami, non è così?»
Lo sguardo di
Esther che si spalancava di stupore e terrore, mentre Ayana riprendeva
il suo discorso: «Non puoi proseguire nel tuo intento. Niklaus
ucciderà; e quando lo farà la maledizione lo trasformerà in un lupo e,
insieme a ciò in cui lo vuoi trasformare, solo gli dèi sanno quale
abominio diventerà. Non puoi permettere che ciò accada.»
Esther ritrasse
subito le mani, mostrando tutto il suo disappunto. «Mio figlio non
ucciderà, e di certo non sarà mai un abominio! Questo è ciò che
accaduto a te. Non accadrà alla mia famiglia. Tutto quello che voglio
fare è proteggerli!»
«Era ciò che
volevo anch'io...» la voce flebile di Ayana, ormai consapevole di non
poter cambiare i loro intenti.
*** ***
«È tutto
pronto?» chiese Mikael, avvicinandosi a sua moglie. La solita luce
rossastra del focolare illuminava la stanza, ed Esther aveva tra le
mani il recipiente di coccio su cui aveva riportato lo strano simbolo
apparso nella notte della morte della doppelganger.
«Sì...»
disse, aggiungendo vino al sangue e mescolando poi con un lungo
bastoncino di legno.
«Sei scossa per
quello che hai fatto a Tatia?»
«No» si voltò
verso il marito per sostenere fiera il suo sguardo. «I nostri figli
vivranno per sempre, e non voglio che spendano l'eternità a litigare
per una donna! Col tempo la dimenticheranno e ritorneranno ad amarsi
come due fratelli dovrebbero sempre fare!»
«E noi? Cosa
dobbiamo fare adesso?»
«Appena
torneranno, faremo bere loro questo vino mischiato al sangue di Tatia.
Poi invocherò gli spiriti del sole per la vita e quelli della quercia
per l'immortalità. E dopo... dovrai ucciderli»
Mikael annuì.
«E tu? Sarai tu
ad uccidermi oppure dovrò farlo da solo?»
Il volto di
Ester si contorse dallo stupore e disse: «Volete trasformarvi anche
voi?»
«Un padre che
non è forte quanto i suoi figli rischia di non essere rispettato come è
giusto che sia!»
E dopo un
attimo di esitazione, la moglie accettò: «Va bene, lo farò. Ma prima
dobbiamo pensare alla fase finale del rito.»
«Sarebbe?»
«Dovrete bere
il sangue di un essere umano nel pieno della sua vita...» La tacita
richiesta di procurare l’ennesima vittima.
«Me ne occupo
subito...»
*** ***
Mikael entrò
nella sua dimora con l'impeto di una tempesta.
Afferrò Esther
per le spalle e la inchiodò al muro con brutalità.
«Come hai
potuto?»
«Di cosa state
parlando?» balbettò la strega, impaurita dai suoi occhi iniettati di
sangue.
«Di cosa sto
parlando?!» urlò in un'eco di rabbia, sbattendola con forza sul loro
talamo di paglia e pellicce, per poi raggiungerla e strattonarla per i
capelli.
«Si è
trasformato sotto i miei occhi. Quel buono a nulla! Sapevo! Sapevo che
non poteva essere mio figlio! Di chi è? Con chi hai osato disonorarmi?»
urlò, continuando a stringere i suoi capelli. Piegato su di lei, i loro
volti erano a pochi centimetri di distanza.
«Mi dispiace,
Mikael, mi dispiace, ti prego non fargli del male...»
«A chi non
dovrei fare del male? Eh? Chi? Al tuo amante o a quell'abominio di
vostro figlio?» lasciò la presa sui capelli per darle un potente
schiaffo sul viso, che le fece sanguinare il labbro.
«Allora chi non
dovrei uccidere?!»
«Klaus... Klaus
non ha nessuna colpa!» esclamò in un continuo di singhiozzi.
«Non avrà colpa
ma è il segno della mia umiliazione! E avrà quello che merita! In
quanto all'altro, invece, lo ucciderò stanotte stessa, quindi dimmi chi
è stato!» la sua voce erano tuoni dirompenti e nei suoi occhi
brillavano saette di pura rabbia, ma Esther continuava a piangere e non
riusciva, non voleva, rispondere.
«Parla,
maledizione!» le diede l'ennesimo schiaffo, e la testa della donna urtò
contro le assi di legno, i suoi capelli biondi si macchiarono di sangue
quasi istantaneamente.
«Bene, se non
vuoi parlare... Li ucciderò tutti!»
«No, Mikael, vi
imploro, non hanno colpa!» Esther avvolse le sue ginocchia con le
braccia, ma Mikael la prese per il collo e la inchiodò al muro.
«Non osare
toccarmi!» articolò a denti stretti, allontanandola poi con un calcio.
«No, non posso
lasciarvelo fare...» Esther alzò il palmo della sua mano contro di lui,
e Mikael venne colto da delle fitte che lo costrinsero a tenersi le
tempie. Ma questo durò solo pochi secondi. L'uomo si riprese,
avvicinandosi come una furia.
«Come osi? Dopo
quello che mi hai fatto, hai addirittura il coraggio di usare il tuo
potere contro di me!» Strinse il suo collo inchiodandola nuovamente al
muro.
«Stanotte
ucciderò ogni licantropo di questo villaggio, e puoi stare certa che
tra di essi ci sarà anche il padre di quell'abominio! Addio, Esther!» e
detto questo sbatté il suo cranio contro le assi, per farle perdere i
sensi. Poi uscì da casa con l'espressione di chi non sarebbe mai più
tornato.
***
***
«Esther!»
esclamò agitata Ayana, quando, entrando nella dimora, vide il volto
tumefatto della donna. Le si avvicinò e le accarezzò i capelli. «È
stato Mikael? Non è così?»
L'altra fece
solo un flebile cenno d'assenso col capo, aveva l'aria stanca e
afflitta.
«Lascia che ti
guarisca...» disse, prendendo la mano della donna, che si lasciava
andare alle sue premure passivamente.
«Tuo marito ha
ucciso quasi tutti gli uomini lupo del villaggio, e stato un miracolo
che abbia risparmiato i bambini. Mi dispiace Esther, c'era anche
lui...»
E in quel
momento le guance di Esther si bagnarono di calde lacrime e le rispose
:«Avevi ragione, Ayana... É stato uno sbaglio... è stato tutto uno
sbaglio...»
«Sh…» provò a
tranquillizzarla, asciugandole una lacrima col pollice.
«I miei figli
non sono più gli stessi. Sono pervasi da una brama di sangue che non
riescono a domare, e Niklaus...»
«Lo so. Sono
qui per questo. Non si può tornare indietro Esther, ma possiamo evitare
che le cose peggiorino. Tuo figlio è l'incontro del mio sbaglio con il
tuo. È un essere troppo potente e la sua natura va limitata. Inoltre...
se trasformasse degli uomini lupo in creature della notte come lui, ce
ne sarebbero altri e non possiamo permetterlo. Abbiamo turbato
l'equilibrio della natura.»
«Come posso
rimediare? Farò qualunque cosa!» il tono di Esther che diventava più
agitato e disperato.
Ayana sciolse
il nodo di un sacchetto che teneva legato alla sua cintura e ne
estrasse una pietra ovale di un colore bianco traslucido, poi gliela
porse spiegando la sua idea: «Questa è una pietra di luna. Devi usarla
per sigillare la natura di licantropo di Klaus...»
«In che modo?»
«Quando la
prossima luna piena raggiungerà il suo apice, dovrai versarvi sopra il
sangue di Nikluas e quello della vittima che hai sacrificato per la
trasformazione. Ne hai ancora?»
Esther annuì ed
Ayana riprese il suo discorso:
«Gli spiriti ti
aiuteranno, suggerendoti le parole. La natura ti darà il potere e, per
tutte le altre lune a venire, la pietra rappresenterà uno scudo tra la
luna e il suo potere di trasformare Niklaus. Una volta che
l'incantesimo sarà completato, questa pietra diventerà indistruttibile.»
Intanto le
ferite di Esther si erano rimarginate.
*** ***
Stesa sul
letto, Esther indossava una sola camicia di cotone ingiallita; teneva
le maniche arrotolate fino ai gomiti, e sulle braccia e sulle gambe
erano chiari i segni di piaghe infette.
I suoi occhi
erano cerchiati di nero e sulle sue guance erano chiaramente visibili i
segni della denutrizione.
Le labbra
violacee e secche reclamavano di essere inumidite.
Ayana aprì
piano la porta della dimora e, senza che l'altra dicesse nulla, dopo
averla osservata attentamente, si avvicinò al tavolo, prese dell'acqua
fresca dalla brocca, la versò in un bicchiere e lo portò alle labbra
della strega, aiutandola ad alzare la schiena quel tanto che bastava.
«Gli spiriti mi
stanno punendo, Ayana, e non li biasimo. Mikael ha ucciso tutti gli
uomini lupo del tuo villaggio e miei figli stanno facendo scempio di
tutto ciò che è rimasto. Hanno una brama di sangue che non posso
contenere e temo… che abbiano iniziato a trasformare altre persone.
Merito tutto ciò che la natura mi sta facendo!»
«Pensi che gli
spiriti ti si siano rivoltati contro, ma ti assicuro che non è così. Ti
stanno solo spingendo ad agire. Ti stanno dicendo che, sebbene tu abbia
limitato la natura di Niklaus, ci sono ancora equilibri che sono stati
turbati, e devi porvi rimedio.»
Esther le
dedicò uno sguardo interrogativo, e quindi l’amica continuò: «Ciò che
stai vivendo, Esther, l'ho vissuto anch'io. Dopo ciò che ho fatto a mio
figlio, gli spiriti hanno flagellato il mio corpo. Ed anche io ho
pensato che fosse stata una punizione, ma non era così. È il modo degli
spiriti per comunicarci che ciò che abbiamo creato turba i loro
equilibri. Trasmettono sul nostro corpo ciò che noi abbiamo fatto
loro. All’ordine naturale e prestabilito delle cose.»
«Come hai
fatto? Come hai fatto a rimediare?»
«Per rimediare
bisogna comprendere il problema, Esther. In questo caso, credo che il
problema sia ancora Niklaus. Come mio figlio, credo sia diventato un
essere immortale, è la loro natura ambivalente a renderli invincibili.
Mio figlio era diventato un uomo lupo, riuscendo a conservare i suoi
poteri di stregone. La maledizione che ha lanciato agli uomini del
villaggio ne è la prova. Lui era divenuto immortale e la natura non può
ammetterlo. Tutte le creature devono avere un punto debole. Una fine.
Tutto deve poter soccombere e rinascere in altra forma. È questa la
legge che non può essere violata in alcun modo, è questo il flagello
che gli spiriti della natura stanno marchiando sul tuo corpo.»
«Se mi stai
dicendo che dovrei uccidere mio figlio, per salvarmi dall'ira degli
dèi, risparmia il tuo fiato Ayana.» Esther, con le poche forze che
aveva, cercò di mettersi a sedere, sorreggendosi pesantemente sulle
braccia.
«Non è
necessario che tu lo uccida, ma devi creare qualcosa in grado di farlo.»
Da un fodero di
cuoio che teneva legato alla cintura, Ayana estrasse un pugnale
d'argento, sulla cui elsa era forgiata l'immagine di una Triluna.
«Questo è il pugnale che ho creato per mio figlio. Il primo uomo lupo»
se lo rigirò un paio di volte tra le mani e poi lo consegnò ad Esther.
«Pensi che
possa avere effetto anche su Niklaus?»
«No. Ma sarà il
tuo punto di partenza. Conosci bene ciò che hai creato, e saprai cosa
fare per rendere questo pugnale efficace anche su di lui. Ma c'è
dell'altro...» Ayana si alzo per avvicinarsi alla finestra. I suoi
occhi proiettati con attenzione sulle foglie degli alberi che venivano
mosse dal vento. «Come hai detto prima, i tuoi figli stanno
iniziando a trasformare altri uomini. Se questo continuerà, dovremo
assicurarci che ci sia qualcosa a proteggere le persone comuni per
tutti i secoli a venire. Ed io stavo pensando ad una stirpe di
guerriere…» si avvicinò di nuovo ad Esther per sederle accanto. «Daremo
loro la forza in cambio del loro asservimento alla natura. Dovranno
mantenere l’equilibrio tra il bene e il male. Potranno rimediare ai
nostri errori. Che ne pensi? Mi sembra uno scambio equo…»
Esther si
limitò ad annuire, mentre Ayana si avvicinava al tavolo e prendeva un
asse di legno su cui vi era intagliato qualcosa che lei sembrava
conoscere bene. «Come fai a conoscere questo simbolo?»
«Mi è apparso
in sonno. Tu sai cosa vuol dire?» Esther mentì, troppo visibilmente.
«È il simbolo
di coloro che ritorneranno.»
«Cosa vuoi
dire?»
«Che la loro
esistenza è stata legata per sempre alla persona per cui sono state
sacrificate: significa che torneranno fin quando questi resteranno in
vita...»
«Perché?»
«Perché solo il
sangue che ha modificato la natura di un essere per la prima volta ha
potere di intervenire ancora su di loro.
È il modo che
ha la natura per tutelarsi da ciò che noi streghe possiamo creare. Di’
la verità… Questo simbolo non l'hai sognato: è stato creato dal sangue
di Tatia. Dico bene? Io l'ho visto quando Lien ha partorito quel
bambino nato morto. Un giorno quel bambino rinascerà, e il suo sangue
avrebbe il potere di mutare la natura di mio figlio. Potrei riavere
indietro il mio Askar. Ma, anche se conoscessi l’aspetto che avrebbe
avuto negli anni quel bambino, che senso avrebbe? Se lo facessi, se
intervenissi ancora sulla natura di Askar, lui mi odierebbe più di
quanto non faccia già. Nessuno sa rinunciare al potere dopo averne
goduto. Anzi: il potere non sembra mai abbastanza…»
Lo sguardo di
Esther trapelò tutto il turbamento che avevano procurato le rivelazioni
di Ayana ma, nonostante ciò, con voce dura le disse: «Io non potrei mai
privare i miei figli del loro potere. Il potere è ciò che li protegge!»
«Il potere ha
prezzo. Sempre!» ribatté prontamente Ayana, per poi continuare: «Noi
streghe siamo le serve della natura. E puoi vedere sul tuo corpo cosa
accade quando usiamo i nostri poteri per i nostri interessi,
contravvenendo alle sue regole! I tuoi figli sono schiavi della notte e
il mio popolo paga la sua forza con i patimenti della trasformazione.
Il potere puro, privo di contropartita, è concesso solo agli dèi,
Esther. Nessuno mai, sulla terra, godrà di questo privilegio…»
Dedicò un altro
sguardo compassionevole all’amica e poi fece per congedarsi: «Adesso
devo andare…»
«Ayana!»
pronunciò Esther per frenarla. «Penserò io alla stirpe di guerriere.
Hai ragione. Gli esseri umani hanno bisogno di qualcuno che li protegga
da ciò che abbiamo creato…»
Ayana annuì e
lascio la capanna.
***
***
Esther poggiò
una ciotola di legno sul pavimento. Nel luogo esatto in cui era
avvenuto il sacrificio di Tatia; poi, in piedi e con il palmo della
mano rivolto verso il basso, parallelo a quel preciso punto, pronunciò
una breve formula. Pochi attimi dopo il pavimento trasudò gocce di
sangue, che piano percorrevano i contorni della ciotola, per poi
stazionarsi nel centro; la strega la afferrò e si recò alle spalle
della capanna, per posarla su di un altarino di pietra. Prese della
Salvia Divinorum** e la mise in un’altra ciotola, poi con un mortaio di
legno, iniziò a triturare le foglie rendendole una poltiglia.
Dei fiori di
loto rosa troneggiavano al centro di quell’altare e, sotto di essi,
spiccava un pugnale con una triluna incisa sull'elsa.
La strega
riversò il contenuto verdognolo nella ciotola contenente del sangue di
Tatia, e poi mischiò quella viscosa miscela con un bastoncino di legno.
«Il sangue
delle future guerriere...» pronunciò, riversando la mistura sui fiori
di loto.
Prese un'altra
ciotola con dell'altro sangue e compì lo stesso gesto.
«Il sangue
dell'ibrido...» disse ancora. Prese il ramo di una quercia e la punta
si incendiò con un suo sguardo. Adagiò quel legno sull'altare, dando
fuoco al tutto e sussurrando le parole di un incantesimo. Da quel fuoco
prese vita un'alta fiammata che esplose in cielo in tante scie dorate
che si scagliavano per il mondo: l'innesco, il potere delle potenziali
guerriere. Le potenziali cacciatrici.
Il fuoco
sull'altare si spense e la strega afferrò ciò che ne era rimasto: un
pugnale con al centro dell'elsa un Fiore di Loto dai primi sei petali -
quelli che contornavano la corolla - di un colore rosa tenue.
«Almeno tu
sarai un fiore di loto... e forse... lo saranno anche gli altri»
bisbigliò, sfiorando i petali di quel pugnale. Subito dopo, fu scossa
da un sussulto.
«Quindi il mio
sangue serviva a questo!» il tono deluso e amareggiato di Niklaus, che
aveva assistito alla scena.
Esther gli si
avvicinò, amorevole e costernata.
«Non è come
pensi, figlio mio. Devi solo accettare quello che ho in serbo per te, e
andrà tutto bene. Gli dèi saranno messi sul fatto compiuto, quando
diventerai uno di loro. Ma non posso dirti altro. Devi solo fidarti di
me.»
Ma il figlio
non si mostrava convinto, anzi: la collera prendeva colore sulle sue
guance e riduceva i suoi occhi a due strette fessure.
Esther gli
accarezzò la guancia con una mano e con l’altra gli porse il pugnale.
«Se non mi credi, pendilo. È tuo.»
***
***
La luna piena
fendeva il nero della notte con un biancore niveo e prepotente.
Niklaus
spalancò con forza la porta della capanna, tanto da romperla sul colpo.
«Cosa mi avete
fatto? Cosa mi avete fatto?» urlò in preda alla furia più dirompente,
afferrando le spalle della madre e scuotendole con veemenza.
«Per amore
degli dèi, calmati, Niklaus?»
«Calmarmi! Come
potrei? Prima il pugnale ed ora questo!» le diede una spinta che le
fece urtare la schiena alla parete.
«Non è come
credi, figlio mio. Gli spiriti mi hanno costretta a rimediare, ma non è
come sembra! Io non ti farei mai del male!»
«Voi… voi avete
distrutto ciò che mi rendeva invincibile! Come posso credervi?» Il
volto livido di chi si sente tradito.
«Non ho avuto
altra scelta. Ma devi credermi, figlio mio!» le lacrime che rigavano le
guance della strega, ora in ginocchio davanti al figlio.
Klaus afferrò
la madre per il collo per rimetterla in posizione eretta, poi con
la mano libera afferrò il pugnale che teneva legato alla cinta e a
denti stretti le domandò: «Questo pugnale… Questo pugnale è davvero in
grado di uccidermi?»
«Sì, è così. Ma
tu devi solo lasciare che le cose seguano il loro corso, Niklaus. Non
devi temere. E alla fine vedrai che non voglio fare altro che
proteggerti. Voglio solo proteggere i miei figli!»
«Fareste meglio
a proteggere voi stessa…» sussurrò diabolicamente e con lo
sguardo alienato, prima di conficcare il pugnale nel cuore della madre.
Qualche secondo
impietrito di fronte a quel corpo ormai privo di vita, e poi il vampiro
sparì nel nulla.
Una farfalla si
posò leggera sulla fronte della strega.
***
***
Su quella scogliera a strapiombo sul
mare, Klaus osservava il pugnale con occhi velati di lacrime
strabordanti di collera. Indugiò a lungo, come per imprimerlo nella
mente in ogni millimetro e poi, con un gesto violento, lo scaraventò in
mare, tanto lontano da farlo perdere nell'orizzonte.
***
***
Mentre Lily continuava il suo
percorso mentale, lo stato fisico di Damon continuava a peggiorare. Sul
suo volto era segnata la sofferenza che gli procurava ogni semplice
boccata d'aria, e cambiava continuamente la posizione del capo, come se
in quei rapidi intervalli di tempo vi fosse un debole ma necessario
attimo di tregua.
Summer, seduta accanto a lui,
continuava a rinfrescargli la fronte, sperando di donargli almeno un
po' di sollievo.
Il vampiro posò gli occhi sulla
strega e poi chiese: «Cosa pensi che stia vedendo?» come per distrarsi
dal suo dolore.
«Non saprei...» Summer affondò il
panno nel catino, lo strizzò e poi lo ripiegò con cura. «Ma immagino
che siano le classiche cose…» glielo passò piano sulla fronte, sostando
qualche secondo in più sulle tempie. «Lotte di potere, amore, gelosia,
vendetta...» E la sua voce, già pressata dalla gravità del momento,
celava un riferimento a tutto ciò che stava provando.
Damon scrutò attentamente il suo
volto, per poi chiederle: «E tu?»
«Io cosa?» fece lei di rimando.
Il vampiro ammorbidì il suo
sguardo, ma un velo di autocommiserazione ne oscurò la dolcezza. «Cosa
vedi?» specificò, con la voce intinta nell'amarezza della risposta che
lui stesso si sarebbe dato, un termine ignoto il cui significato
oscillava dal perdente al moribondo: tutto ciò che lui sentiva di
essere in quel preciso istante.
Summer riprese a bagnare il panno,
come per distogliere lo sguardo da quello di Damon e più in generale da
quella situazione: lui steso sul letto in fin di vita e Lily che
rischiava di perdere la sua al primo inconveniente. Ma, nonostante il
suo sforzo di eludere lo scenario, quell'immagine si palesò nella sua
mente anche peggio di come appariva nella realtà; e una voce dentro di
lei rispose alla domanda del vampiro, senza troppi giri di parole: “La
mia sconfitta”.
In quel momento, Damon e Lily in
bilico tra la vita e la morte rappresentavano la sua sconfitta, perché
se fosse riuscita ad uccidere Klaus, a portare a termine la missione
della sua vita, niente di tutto quello sarebbe mai accaduto.
Probabilmente sarebbe passata a miglior vita, ma le persone che più
amava al mondo sarebbero state al sicuro, e a lei non interessava
nient’altro che questo; ma sopprimendo quell’eco veritiera e spietata
che rimbombava nella sua testa, si sforzò di sorridere, replicando: «Un
vampiro che non si dovrebbe sforzare e che invece chiacchiera come se
fosse al bar!» col tono da ramanzina più dolce che potesse fare.
Ma Damon non badò alle sue parole,
domandandole: «Vuoi sapere cosa vedo io?» E nella sua voce vi era una
serietà contrita che fece sentire Summer improvvisamente gelida.
«Cosa?» mormorò, quasi spaventata.
Ma il vampiro si affrettò ad
annientare quel pathos artificiale, dicendole: «Un' infermierina
davvero molto sexy!»
Si era pentito quasi immediatamente
di quella domanda: non voleva mostrarle nulla del tormento che
corrodeva la sua autostima. Non voleva rivelarle quanto quella
situazione lo logorasse e lo facesse sentire debole. E fu felice di
cogliere al balzo quell'opportunità di tramutare tutto in ironia.
Summer non poté fare a meno di
sorridergli, sentendosi sommersa dalla tenerezza. «Fantasie erotiche
attualmente impraticabili a parte» articolò, continuando a fronteggiare
le goccioline di sudore che nascevano dai capelli del vampiro. «Farei
qualunque cosa per farti stare meglio...» E il suo sguardo si perse nel
vuoto, rapito da un senso d’impotenza che la faceva sentire smarrita
nel vortice degli scenari alternativi che si sarebbero sostituiti a
quella situazione, se solo avesse vinto contro Klaus.
«Be’, in effetti c'è una cosa che
potresti fare…» la voce di Damon suonava rauca e sfinita, ma conservava
la solita sfumatura ilare e fascinosa. «Potresti tenere questa frase a
mente per quando avrò la forza di approfittarne!»
E a Summer questa volta sfuggì un
inevitabile soffio di risata. «Ok, lo farò» ma subito annientato da
quel senso d’inadeguatezza che proprio non voleva abbandonarla. «Ma per
adesso puoi scegliere tra cuscini extra, altri panni inumiditi e acqua.
Perciò... cosa preferisci?»
«Scotch!» fu la risposta secca e
decisa del vampiro.
«Sono seria» ribadì lei, in una
sorta di lamentela ammantata di dolcezza.
«Io lo sono di più!»
«Damon...» E la voce di Summer che
si riduceva ad un bisbiglio caloroso, palesò il problema che si celava
dietro quella richiesta: non se la sentiva di lasciare la stanza; era
rischioso, o meglio, era un rischio che non valeva la pena di correre
per cose futili come l'alcol!
«Summer, sto tenendo la mano di
Lily come se la mia sorellina maggiore mi stesse accompagnando allo
scuolabus! Lo scotch è l'unica cosa che può aiutarmi!» Damon capiva la
sua riluttanza, perfettamente, ma non avrebbe rinunciato alla sua
richiesta: data la particolare circostanza, il suo bisogno d'alcol era
sincero, genuino e soprattutto lecito!
Così, sopraffatta dal desiderio di
farlo stare meglio, Summer disegnò un arco di amorevole sconfitta con
le sue iridi nocciola e si convinse. «Ci metto un secondo...» disse,
lasciando un chiaro “non mollare la presa!” tra le righe. Damon annuì e
lei si avviò rapida in salotto.
*** ***
«Una
cacciatrice è in assoluto il pasto più prelibato per un vampiro!»
asserì Klaus, con la bocca ancora sporca di sangue, mentre si sedeva su
un divano di velluto rosso e poggiava i piedi sul tavolinetto di fronte.
Elijah, seduto
su una poltrona alla sua destra, chiuse di colpo il libro che stava
leggendo e gli disse: «Parlate seriamente?»
«Ebbene, sì,
caro fratello! Sono finalmente riuscito ad uccidere quella dannata
spina nel mio fianco!» esclamò Klaus, compiacendosi, per poi continuare
subito dopo: «E non è tutto.»
Intanto Elijah
lo osservava incuriosito.
«Guardate un
po' con cosa voleva uccidermi...» Klaus gli porse un pugnale, che fino
a quel momento aveva tenuto dietro la schiena.
Il fratello
tolse quell'insolita guaina di legno e lo osservò attentamente. Era un
pugnale d'argento con, al centro dell'elsa, un fiore: un Fiore di Loto.
«Come fate ad
essere sicuro che sia proprio questo?» domandò scettico.
«Lo ricordo
bene, e poi... posso sentirlo. Quando lo tocco, sento il sangue
circolare in ogni millimetro della mia mano» il tono dell'ibrido era
corrotto da una perversa eccitazione.
«Come avranno
fatto loro a trovarlo?»
«Ciò che conta,
caro fratello... è che ora sia mio!» concluse, con soddisfazione,
ricordandosi di averlo sottratto alle gelide mani della cacciatrice che
aveva ucciso.
«Cosa è Vostro,
Niklaus? Se posso chiederlo...» domandò una giovane donna dai capelli
neri e gli occhi azzurri, entrata in quel momento nella stanza.
«Lucrezia! Che
piacevole coincidenza! Vi sarei venuto a cercare a breve» fece
l'ibrido, con entusiasmo.
«Serva vostra,
milord. Come posso esservi utile?» la donna si accomodò accanto a lui.
Klaus fece un
cenno col capo a Elijha, che subito capì di dover passare il pugnale
alla donna.
Appena Lucrezia
lo sfiorò, qualcosa le fece emettere un leggero gemito.
«L'avete
ritrovato!» esclamò stupefatta.
Klaus piegò il
busto in avanti per avvicinarsi a lei.
«E ora voglio
che venga distrutto...» sussurrò, guardandola con la solita aria
diabolica.
*** ***
La notte era
illuminata da un manto di stelle che si addensavano in fasci
luminescenti, segnando quasi un confine tra quelle più remote e sole.
Elijha, Klaus e Lucrezia si lasciavano il castello alle spalle, per
dirigersi in un'ala del giardino dove era stato preparato un focolare
ed un altare di pietra. Lucrezia, i lineamenti delicati, i grandi occhi
azzurri e i capelli neri, che raccolti in un’elaborata acconciatura le
ricadevano a piccoli ricci sul viso, posò il pugnale sull'altare di
pietra e sull'erba adiacente vi posò un Grimorio.
Si voltò verso
Klaus aspettando un chiaro segno di assenso, che arrivò subito dopo:
«Procedi pure, mia cara.»
La donna chiuse
gli occhi e, intonando una nenia di parole antiche, protese le mani
verso il pugnale, i palmi verso il basso, e poi li alzò come per
indicare le stelle. Il pugnale, avvolto da un bagliore luminescente di
un rosa pallido, si librò da quell'altare come per raggiungere
anch'esso le stelle. Il vestito blu dai ricami dorati della strega
ondeggiava come mosso da un forte vento, così come i capelli dei due
osservatori. Klaus ed Elijah tenevano il collo disteso per scrutare con
attenzione lo scenario.
Improvvisamente
il pugnale si illuminò per intero, tanto da lasciare intravedere solo
la sua forma; poi questa esplose in tre scie luminose che si dispersero
rapidamente in cielo.
Il vento si
diradò all'istante e Lucrezia si voltò verso Klaus: le mani ora posate
sull'addome, una sopra l'altra, in attesa di un suo cenno.
La bocca
dell'ibrido si distese in un sorrisetto di soddisfazione, e restò vari
secondi a guardare il manto stellato.
«I miei
complimenti, Lucrezia.»
«Confido nel
vostro onore, Niklaus.»
«Potete stare
serena, mia cara.» disse l'ibrido, avvicinandosi al Grimorio per
afferrarlo. «Vostra figlia godrà di un'immunità perenne. Per quanto
riguarda voi, invece, tutto dipenderà sempre e solo dalla vostra
condotta.»
«Credo di
avervi dato prova più che valida della mia fedeltà.»
Klaus sfogliò
il Grimorio con un sorrisetto diabolico impresso sul volto.
«Lo riconosco
ma, se permettete, questo lo terrò io. Adesso siete libera di andare,
mia cara. »
«Serva vostra,
milord.» Lucrezia fece un breve inchino e poi si avviò verso il
castello.
***
***
Summer sistemò un cuscino dietro la
sua schiena, per permettere al vampiro di bere il suo scotch, assumendo
una posizione più confortevole.
«Sai...» fece Damon dopo qualche
sorso, per poi ripassarle il bicchiere. «Quando ho acconsentito a
questa cosa non immaginavo che potesse essere tutto così patetico!» la
voce affannata e la mente stanca e confusa, mentre ripoggiava
pesantemente la schiena sui cuscini.
Lui agonizzante costretto a tenere
la mano di una strega antipatica! Che fine indegna, pensava.
«Ti prometto che nulla di tutto
questo finirà mai su facebook!» Summer cercò di ironizzare, nei limiti
della sua preoccupazione, ma questa si acuì maggiormente, quando il
vampiro perse nuovamente il colorito, diventando cera morbida.
«Damon…» sussurrò cercando di
riportare a sé quegli occhi che girovagavano per la stanza, confusi e
visibilmente alienati.
«Me lo merito. Merito di morire...»
la voce flebile del vampiro fece fermare il cuore di Summer, facendole
sentire una fitta di dolore al centro del petto.
«No… Damon…» continuò,
accarezzandogli la guancia, sperando che il vampiro riacquistasse
lucidità.
«Elena...»
E quel nome fece brillare di
lacrime gli occhi della cacciatrice, che però non pose fine al delicato
contatto. «No, Damon, sono io, Summer. Le tue sono solo allucinazioni.»
Ma la mente del vampiro era
altrove, precisamente nella notte in cui il morso di un licantropo
stava per strapparlo nuovamente alla vita.
«Me l'hai promesso... hai promesso
che lo dirai a Stefan» il suo pensiero era rivolto al fratello, a tutto
il rancore e le parole non dette che avevano allungato la loro
distanza, e che non avrebbe voluto portarsi all’altro mondo.
«Elena...» continuò, mentre altre
lame affilate attraversavano il petto di Summer che, poco dopo, si
arrese a quel crudele gioco del destino, sussurrandogli: «Lo farò. Ma
adesso cerca di riposare...»
E il vampiro chiuse gli occhi per
qualche minuto per poi riaprirli con forza: adesso vedeva Summer, la
sua mente era ancora annebbiata e disorientata, ma era lei, in quel
momento, l’indiscusso oggetto delle sue confuse confabulazioni.
«Sciogli i capelli…» le chiese,
mentre la cacciatrice ancora credeva che davanti ai suoi occhi
stazionasse l’immagine di Elena. «Li portavi sciolti la prima volta che
ti ho vista…»
E Summer, seppur convinta di non
essere lei la protagonista di quel racconto, piano si sciolse la
treccia per accontentarlo, facendo di tutto per trattenere le lacrime
che prendevano sempre più spazio nei suoi occhi.
Il vampiro si sforzò di prendere i
suoi capelli tra le dita.
«È un posto oscuro, quello in cui
sono finito. Non c'è nulla... neanche me stesso...» e ora la sua mente
era proiettata in quel luogo in cui era finita la sua anima, quando in
questo mondo non era altro che un corpo freddo tra le braccia di Summer.
«Damon...» sussurrò lei, con il
cuore che si sbriciolava ad ogni sua parola.
«Voglio portare il tuo ricordo con
me... Me lo concederanno un ricordo? Mi concederanno di portarti con
me?» la voce sempre più flebile, gli occhi sempre più assenti. E Summer
non poté più trattenere le lacrime; dolcemente gli disse: «Non
ritornerai lì, te lo assicuro. Puoi chiudere gli occhi, puoi riposare.
Li riaprirai... ed io sarò qui.»
E rassicurato da quelle parole, il
vampiro chiuse stancamente gli occhi e si addormentò.
***
***
Damon le
lasciava dei caldi baci sulla spalla e sulla schiena, godendo del
flebile suono dei suoi respiri affannati. Summer, con la punta delle
dita, sfiorava il suo avambraccio, creando linee immaginarie che
andavano e venivano. Dopo un po', passò la mano dietro l'orecchio, a
mo' di pettine, facendo roteare il gomito sulla testa, per liberare
quella parte di collo da ogni ciocca di capelli.
Damon colse
ogni istante di quel sensuale gesto, ma soprattutto notò il movimento
successivo con cui Summer gli diede il collo.
Con dei piccoli
baci a labbra dischiuse, il vampiro assaporò tutta la lunghezza del suo
collo e, una volta arrivato al lobo dell'orecchio lei, con voce
ansante, bisbigliò: «Non trattenerti...»
Damon spalancò
gli occhi e indugiò a lungo, poi mormorò: «Ad una condizione...»
sfilando il braccio su cui lei teneva poggiata la testa.
Il vampiro si
morse il polso e lo avvicinò alle labbra di Summer, poi lambì il suo
collo e face affondare i suoi canini anche lì…
*** ***
Lily sparse la
cenere sulla segatura e poi, con il Grimorio alla mano, pronunciò la
formula per la ricomposizione del pugnale.
Poco dopo, gli
oggetti si sollevarono di circa mezzo metro. Il sale bianco, con cui
aveva disegnato il cerchio, divenne improvvisamente di un rosa acceso
che illuminava di quel colore tutta l'area interna, come una colonna
luminescente che sbiadiva la sua luce in funzione dell'altezza.
La segatura e
la cenere si mescolarono, creando una sorta di mini-vortice che girava
intorno agli elementi. La Triluna si posizionò nel centro. Il serpente
prese vita, ma senza mutare il colore grigiastro dato dal materiale di
cui era fatto: l'argento; e, dopo svariate piroette, passò al centro
della Triluna, irrigidendosi e trasformandosi in una lama. La Triluna
si trasformò nell'elsa, e il Fiore di Loto si posizionò al centro di
essa. I sei petali centrali si illuminarono, diventando di un rosa
tenue e vagamente perlato; e il turbinio di segatura e cenere si
concentrò intorno alla lama, girando con una velocità crescente, fino a
stabilizzarsi e a trasformarsi definitivamente in una guaina rigida.
Piano, la luce
si affievolì fino a spegnersi e il pugnale si adagiò al suolo.
***
***
Prendendo una forte boccata d’aria,
il vampiro si svegliò di colpo.
Ci fu un attimo di chiaro
disorientamento sul suo volto, ma Summer capì che, rispetto a prima,
aveva riacquistato la lucidità; infatti poco dopo le chiese: «Cos'è
successo?» timoroso che durante la sua dipartita mentale fosse accaduto
qualcosa di grave.
«Ti sei addormentato, ma solo per
pochi minuti. Come ti senti?»
«Il bruciore mi sta dando una
tregua. Tu invece? Mi sembri scossa...»
Al vampiro non era sfuggito l’alone
di tristezza che stendeva un velo cupo sui suoi occhi; ed infatti
Summer non faceva altro che farsi schiacciare dal pensiero di Elena, ma
in quel frangente cercò di non darlo a vedere, e si concentrò sulla
seconda cosa che la metteva in tremenda agitazione; quindi si voltò
verso Lily per indirizzare verso di lei anche l’attenzione di Damon e
disse: «Inizio ad essere preoccupata, guarda le sue vene, ed è sempre
più pallida...»
E la cacciatrice si riferiva al
fatto che, intorno agli occhi dell’amica, vistosi capillari neri
vibravano colorando il sottile strato di pelle tra di essi di un viola
scuro traslucido. Lily era chiaramente allo stremo.
***
***
«E quindi Klaus
l'aveva messo in conto...» constatò Elena, fissando i corpi ingrigiti
di due vampiri.
«Già, e a
questo punto credo sia meglio proseguire, tornare indietro potrebbe
essere anche peggio!» suggerì Alaric.
Gli altri tre
annuirono e sembravano intenti a voltarsi verso l'auto per proseguire,
ma un ringhiare rabbioso catturò la loro attenzione.
Un manto grigio
reso splendente dalla luce della luna, occhi gialli e feroci, zanne in
vista ricoperte di bava.
Il lupo si
scagliò velocemente contro Damon, gettandolo a terra col proprio peso.
Gli altri restarono impietriti per un lungo attimo di smarrimento, poi
Elena prese una granata di strozzalupo dalla sua borsa e la lanciò ad
Alaric.
L'umano
l'afferrò, la disinnescò con velocità e la gettò sul lupo.
Nell'attimo
successivo all'esplosione, l'animale emise dei deboli guaiti di dolore,
accasciandosi di lato, e Damon ne approfittò per strappargli il cuore.
Ma ormai la
spalla del vampiro era segnata dai denti del mannaro.
«Damon!»
esclamò Elena, avvicinandosi rapida a lui e guardandolo con immediata
apprensione.
«Tranquilla, a
casa ho ancora del sangue. Dovrebbe bastare...» rispose il vampiro,
scostando leggermente il giubbotto di pelle, per valutare meglio
l'entità del danno. «Spero solo che non abbia una data di scadenza. Non
ho un altro fratello così pazzo da barattare sé stesso per salvarmi!»
*** ***
Damon afferrò
la bottiglietta, tenendo l'indice sul tappo e il pollice sulla base. La
capovolse e sorrise, quando vide che il sangue contenuto al suo interno
era ancora liquido. Una fitta di dolore lo investì, facendogli chiudere
gli occhi con rapidità e forza.
Summer
osservava la scena cercando di nascondere la sua ansia, poi disse:
«Qualcosa non va?»
Il vampiro fece
una smorfia e scosse la testa; poi aprì la boccetta e bevve una lunga
sorsata di sangue.
Un paio di
secondi dopo aver deglutito, la ferita si rimarginò fino a sparire.
«Voilà!»
esclamò, con un’espressione visibilmente sollevata
***
***
Il corpo di
Klaus giaceva nella neve, con visibili scariche elettriche rossastre
che non smettevano di torturare le membra del suo corpo; poi l’ibrido
raccolse le ultime energie per alzarsi.
«I miei
complimenti, cacciatrice, sei riuscita ad uccidere il lupo...» mormorò
con voce affannata dal dolore ed uno sguardo feroce.
Summer,
poggiata stancamente ad un albero, mentre le sue ferite sanguinavano
senza sosta, spalancò gli occhi dall’incredulità.
L'originario si
guardò intorno, poi si chinò per afferrare la guaina di legno adagiata
sulla neve.
«Ora lascia che
ti mostri quello che avresti dovuto fare... per uccidere il vampiro»
Prese la guaina e foderò la lama: i sei petali centrali del fiore di
loto si illuminarono all'istante. Summer deglutì forte e poi chiuse
stancamente gli occhi, aspettando la fine.
«Lascia che te
lo mostri sulla tua dannatissima pelle!» e in un attimo l’ibrido le si
scagliò addosso, ma quel colpo invece oltrepassò il cuore di Damon, che
velocemente si era fiondato su di lei per proteggerla, chiudendo poi
gli occhi tra le sue braccia…
***
***
Il corpo di Lily iniziò a vibrare
vistosamente, mettendo in agitazione gli altri due. Summer si affrettò
a stringere tra le proprie mani quelle della strega e del vampiro, per
evitare che quel tremore potesse rompere il loro contatto.
«Lily! Lily svegliati! Ti prego!»
la incitò la cacciatrice, in un crescendo di tensione e scuotendo
quelle mani serrate. E dopo una manciata di secondi, che a Summer
sembrarono interminabili, la strega riacquistò il suo aspetto, sebbene
risultasse ancora estremamente pallida.
Fece qualche respiro profondo,
mentre piano faceva capire alla cacciatrice di poter lasciare la presa
sulle sue mani; poi si massaggiò le tempie, tenendo gli occhi chiusi,
nel tentativo di riprendere aderenza col presente.
«Lily! Stai bene? Come ti senti?»
Summer controllò la sua voce per paura di peggiorare l’evidente mal di
testa della strega, la quale si limitò ad annuire.
Lily prese un attimo di
raccoglimento, come per assemblare ricordi, pensieri e teorie, poi capì
di dover tranquillizzare i due che la osservavano come se il tempo si
fosse fermato. «Tranquilli, sto bene, ma...» si alzò fiaccamente e poi,
rivolgendosi esclusivamente a Summer, disse: «Dobbiamo parlare!»
Si avviò verso il corridoio, senza
degnare Damon di uno sguardo, e Summer la raggiunse pochi attimi dopo,
chiudendo la porta della camera alle sue spalle.
«Se mi hai portata in disparte per
dirmi che sta morendo, risparmiatelo! Non lo permetterò! Farò qualunque
cosa! Anche da agnello sacrificale se può servire! Ma dimmi che c’è una
soluzione…» nel suo tono un crescendo di disperazione, che poi sfociò
in una supplica sussurrata a labbra tremanti. «Ti prego…»
«Summer, calmati!» Lily poggiò
dolcemente le mani sulle sue spalle per rincuorarla. «Damon non sta
morendo. Al contrario: la sua energia vitale continua a crescere in
modo esponenziale!»
La cacciatrice tirò un sonoro
respiro di sollievo, ma quei polmoni liberi vennero subito schiacciati
da un repentino senso di colpa. «Allora... cos'ha? Perché mi hai
portata qui? Lily parlami! Se è stata colpa mia, devi dirmelo!»
Sul volto di Lily comparve
un’espressione interrogativa. «Perché dovrebbe essere colpa tua?»
«È il mio sangue che ha
rigettato... Io...» A Summer le parole uscivano con la difficoltà di
chi vive il timore di aver fatto un grosso, irreparabile, errore.
«Gliel'ho fatto bere poco prima che tu tornassi. E se prima stava
male... be’... il mio sangue ha peggiorato ogni cosa. È questo che
senti il bisogno di dirmi in disparte, non è vero?»
«Il tuo sangue...» mormorò la
strega, ripercorrendo le immagini che aveva visto, fino ad un punto ben
preciso. «Gliel'hai fatto bere anche prima del mio arrivo da New York,
dico bene?»
«Sì...»
«Be’... allora sento di poter
affermare con certezza che gli hai salvato la vita, Summer. Se non
avesse avuto anche il tuo sangue in circolo oltre a quello di Klaus,
quando è stato pugnalato, non ho dubbi, Damon sarebbe morto.»
Interruppe il rassicurante contatto
che aveva concesso all’amica, perché gesticolare con le mani l’avrebbe
aiutata a comporre il complesso puzzle delle scene viste nel suo lungo
percorso mentale. «Ascolta, ho un’infinità di informazioni da elaborare
al momento, ma di una cosa sono certa: la Strega Originaria era la
madre di Klaus, e ha dovuto creare il pugnale per pareggiare i conti
con la natura. Ma era pur sempre sua madre…»
«E quindi?»
«E quindi adesso finalmente mi
spiego perché il sangue delle cacciatrici risulti tanto appetibile per
i vampiri. È stata lei a renderlo così! La strega originaria voleva
assicurarsi che Klaus avesse in circolo il sangue della cacciatrice,
nel caso questa fosse riuscita ad ucciderlo con il pugnale. Si è basata
su un principio molto semplice: il sangue della vittima che trasforma
un essere umano in un essere sovrannaturale è l'unico che può avere
effetto sulla natura di quell'essere. È per questo che la natura
prevede un doppelganger: la vita di queste vittime viene legata per
tutti i secoli a venire all'essere per cui sono stati sacrificati,
soprattutto se sono morti per dare loro l'immortalità. Prendi Elena, è
stato il suo sangue a liberare la parte licantropa di Klaus. Capisci?
La Strega Originaria ha trovato una scappatoia: un modo per ingannare
la natura. Ha usato il sangue della prima doppelganger per creare la
stirpe delle cacciatrici, in modo che questa proprietà si estendesse a
tutte le potenziali. Tutto questo per dare una seconda chance a Klaus,
e anche al resto dei suoi figli. A questo punto sono anche convinta che
sia stato proprio il sangue di Damon a guarirti. Non so bene cosa gli
stia accadendo, ma il suo corpo è pieno di un'energia primordiale così
pura... che in questo momento il suo sangue potrebbe compiere qualsiasi
miracolo! Non mi sorprende che abbia avuto effetto anche su di te.»
«Ma quindi... se Damon non sta
morendo...» rispose la cacciatrice, sentendosi solo parzialmente
rincuorata. «Perché sta così male?»
«E questo è ciò che sento il
bisogno di dirti in disparte. Summer, credo che il dolore sia dovuto
appunto a questa... fase di transizione.»
«Transizione per diventare cosa?»
«Mi spiace, ma non ne ho idea. La
sua energia è diversa da quella di ogni essere che abbia mai
incontrato. Esseri umani, vampiri, licantropi, streghe, potenziali
cacciatrici, ogni creatura ha un'energia unica dentro di sé ma simile a
quella degli altri membri della sua specie. Ciò che avverto in Damon
invece è semplicemente... unico! Quindi non so... non so cosa dobbiamo
aspettarci.» Interruppe brevemente il suo discorso perché comprendeva
l’angoscia della sua amica; quindi cercò di addolcire al massimo i suoi
toni per quella demoralizzante fase conclusiva. «Quello che so… è che
sarà una lunga notte per lui e tu... puoi solo stargli accanto e...
cercare un modo per dirglielo...»
Le labbra di Summer si mossero in
un mezzo sorriso abortito all'istante.
«Damon ha già ascoltato ogni
cosa...»
«Mi dispiace, ma considerando che
l'alternativa era la morte... qualsiasi cosa diventerà, qualunque cosa
avesse in mente la strega originaria per Klaus... dubito sarà poi così
terribile.»
«Come puoi dire questo? Quella
donna ha trasformato i suoi figli in vampiri.»
«Sì, è vero. Ma, nonostante tutto,
lo ha fatto solo per proteggerli...»
Ora vado a scrivere sul mio diario
tutto ciò che ho visto. Non voglio rischiare di dimenticare nulla. Ci
sono ancora tante cose su cui devo riflettere...»
*** ***
Quando Summer entrò nella stanza,
trovò Damon ancora steso sul letto, ma con la schiena sollevata dai
gomiti. Si sedette con il busto roteato verso di lui che, sforzandosi
ancora, si mise a sedere, poggiandosi leggermente allo schienale e
portando i gomiti sulle ginocchia piegate. «Le credi davvero? Credi
davvero che non stia per morire?» fece con aria scettica, confermandole
che non gli fosse sfuggita neanche una virgola di quel discorso
incentrato su di lui.
«Lily non mi avrebbe mai dato
questa speranza se non ne fosse stata assolutamente sicura.»
«E quindi...» il vampiro le dedicò
uno sguardo che addensava, in pochi secondi, tutta la loro,
incredibile, intesa. «Siamo fatti per salvarci a vicenda...»
Lei gli sorrise dolcemente, quasi
imbarazzata. «A quanto pare, sì...»
E negli occhi Damon aveva una luce
che rifletteva lo stesso amore che lei gli trasmetteva senza
riserve.
«Be’ spero solo che il mio corpo
non cambi... addominali del genere non si trovano facilmente in natura,
per non parlare dei miei occhi!» e quel cambio ti tono fu necessario
per sciogliere la densità di quel momento.
«Ebbene, sì. Il mondo dei vampiri
sta per perdere il suo più bel rappresentante!» rispose lei
prontamente, passando delicatamente le dita sulla sua guancia.
E visto che Summer gli aveva
servito l’auto-contemplazione su di un piatto d’argento, Damon rispose:
«Parole tue…» come se quella fosse stata una conclusione oggettiva e
unanime, di cui lui, umilmente, non si sarebbe mai vantato! Ma nel
frattempo il suo volto si era piegato leggermente, come per affondare
nelle carezze di Summer. «Un tempo odiavi coccolarmi... Dicesti anche
che non l'avresti mai fatto. Cos'è cambiato?»
Summer muoveva le sue dita come se
fosse stata prigioniera di un incanto. «Mi hai dimostrato che te le
meriti... E poi...» Poi sembrò svegliarsi all’improvviso, consapevole
che la realtà era un posto scomodo per chi come lei viveva all’ombra di
un altro cuore; quindi pose fine a quel delicato contatto, suscitando
la repentina curiosità del vampiro che le domandò: «E poi?» come per
impedirle di scappare dai sui stessi stati d’animo. «Se hai
qualcosa da dirmi... dovresti farlo adesso» perseverò, cercando di
attirare nuovamente lo sguardo di Summer, su cui si era palesato con
forza il disagio.
«Nulla d'importante!» fece lei,
divincolandosi verbalmente. Ma il vampiro sembrava più determinato che
mai a sciogliere l’ingarbugliata matassa dei loro sentimenti.
Nonostante le rassicurazioni di Lily, Damon sentiva che non ci sarebbe
stata un’altra occasione per mettere a nudo le loro emozioni.
Non voleva fare affidamento su di
un domani incerto, in cui sarebbe stato un chissà cosa unico nella sua
specie; e soprattutto non voleva più vivere oscillando sul sottile filo
delle incertezze affettive!
«I tuoi occhi mi dicono il
contrario» continuò quindi con insistenza, mettendola sempre più alle
strette, e soprattutto ignaro di aver nominato “Elena” poco prima,
spezzandole per l’ennesima volta il cuore.
E Summer si sentì quasi sotto
attacco, tanto da sentire il bisogno di innalzare il suo fedele scudo
di negazione e ironia. «L'unica cosa che possono dire i miei occhi è
che non dormo da troppe ore!»
«Summer!» ma il tono serio di Damon
e soprattutto il suo sguardo risoluto e perforante, riuscirono ad
intrappolare la cacciatrice in quello che presto sarebbe diventato uno
spietato sprazzo di realtà. «Lily potrebbe anche avere ragione. Domani
potrei aprire gli occhi e magari avere anche lo stesso corpo… ma potrei
non essere più la persona che conosci. E se così non fosse, sarebbe
solo questione di tempo. La natura di vampiro ha divorato tutto ciò che
ero da umano senza darmi il tempo di mettere via nulla. E la stessa
cosa sta per succedere adesso e non ha nessun senso negarcelo! Tutto
quello che mi sta accadendo… non porterà a nulla di buono…»
E Summer si sentì nuda e
vulnerabile di fronte a quella prospettiva di inevitabile dolore, e
invano cercò ancora di difendersi: «No... No! Questo non devi dirlo
neanche...»
Ma Damon sembrava non volerle
concedere nessuna via di fuga. «È la verità e la conosci bene!
Perciò... se hai qualcosa da dirmi, Summer. Fallo adesso!»
«No... No. Devi smetterla di dirlo
e anche solo di pensarlo... noi…» eppure la cacciatrice continuava a
difendersi, eludendo il suo sguardo e rifugiandosi in una sua personale
realtà. «Noi abbiamo tempo. Tempo per parlarci e… per litigare come
facciamo sempre. E questo perché andrà tutto bene. Vedrai...»
Così Damon sussurrò il suo nome con
una dolcezza che sgretolò una volta per tutte le sue barriere difensive
«Summer...»; e vide il suo labbro inferiore tremare, mentre gli occhi
le si riempivano di lacrime.
«No...no... non sarebbe giusto...»
mormorò, sentendosi schiacciata dal peso della lucidità.
E a Damon gli si strinse il cuore e
quasi si pentì di essere stato così pressante; quindi cercò di
alleggerire nuovamente i toni, dicendo: «Sul serio? Vogliamo confidare
nella giustizia divina? Io l’ho sempre immaginata come una donna
frigida e moralista e per ovvie ragioni non sono mai stato ben voluto
dalle donne frigide e moraliste. Ho fatto cose orribili, Summer…» prese
il suo piccolo volto tra le mani e lo accarezzò. «Gli happy ending non
fanno parte del mio destino. Ma forse, se per un attimo la smettiamo di
pensare a ciò che accadrà domani, possiamo fare finta che questo
momento lo sia…» altre carezze, piene ma incredibilmente delicate. «Il
nostro lieto fine…»
«No…» e una lacrima scese lenta
sulla guancia di Summer, che però continuò a trovarsi in palese
disappunto. Quindi afferrò delicatamente i suoi polsi e pose fine alle
sue carezze, per alzarsi e avvicinarsi alla finestra. «Non mi
convincerai… Non voglio parlarti come se tutto debba finire stanotte. E
questo perché… quello che ti è successo è tutta colpa mia, ed io farò
qualunque cosa per rimediare!» Si asciugò rapidamente quelle lacrime
traditrici.
«Summer…» ricominciò il vampiro,
ormai più sfinito dalla sua testardaggine che dal dolore incessante.
«Nulla di ciò che è successo è colpa tua. E poi Lily è stata chiara. Se
non ti fossi fidata di me, se non mi avessi fatto bere il tuo sangue...
adesso non sarei altro che un corpo rinsecchito in mezzo al bosco! Mi
hai salvato la vita. E qualunque cosa accadrà adesso, tu non hai nulla
da rimproverarti, perché io avrei trovato altri mille modi per mettermi
tra te e Klaus. E né tu, con la tua mania di spezzarmi il collo, né
lui, né nessun altro avrebbe potuto impedirmelo! Pensavo di essere
stato chiaro su questo!»
«Lo so…» si voltò nuovamente verso
di lui. «Sei testardo e incosciente. Ormai ti conosco bene…»
«Sul serio? Pensi davvero che sia
stato solo il mio temperamento a mettermi tra te e Klaus? Mi sembra un
po’ riduttivo… Non trovi?» ribadì, quasi prendendola in giro.
«Lo so… lo so che non mi avresti
mai lasciata sola. E lo stesso vale per me.» Summer ritornò rapidamente
accanto a lui, questa volta sedendosi su una gamba ripiegata, per poter
stare faccia a faccia col vampiro. «Ed è appunto per questo che devi
credermi e soprattutto devi fidarti di me. Perché se ciò che temi
dovesse rivelarsi vero, se domani tu dovessi svegliarti e non sentirti
più te stesso, io farò qualunque cosa per farti ritornare esattamente
ciò che sei adesso. È una promessa, Damon. Io… non permetterò a niente
e nessuno di cambiare ciò che sei! E poi…» E poi finalmente Summer
metabolizzò quel “secondo posto” che la spaventava tanto e, a
differenza di ciò che aveva sempre creduto, non si era mai sentita
tanto forte. «Quando tutto sarà finito… farò tutto ciò che un'amica può
fare per dimostrare ad Elena che meriti il suo amore, tanto quanto
Stefan. Poi sarà libera di scegliere ma, almeno per una volta, una sola
volta, dovrà vederti per come sei realmente, tutto il buono di cui sei
capace, al di là dei tuoi colpi di testa da vampiro impulsivo e
testardo. Dovrà vederti con i miei occhi…»
E alla fine era caduta nella
trappola del vampiro. I suoi sentimenti bloccati sul fondale da
un’ancora di paura e insicurezza, ora galleggiavano finalmente su acque
cristalline.
«Perché mai dovresti fare una cosa
del genere?» sussurrò Damon, sorpreso dalla strana piega che aveva
preso il suo discorso. Con gli occhi spalancati dallo stupore, quasi
gli mancò il respiro, quando realizzò che lei lo amava anche più di
quanto sperasse.
E Summer, raccogliendo tutte le
forze che aveva per sostenere il suo sguardo, piano rispose: «Perché
qualcosa mi dice che amarti mi farà meno male, se saprò che sei felice…
Perché io ti amo, Damon.» poi non ce la fece più e guardò di lato. «A
questo punto pensavo l’avessi capito!» concluse con dolorosa
autoironia, lasciandosi sfuggire anche un rapidissimo soffio di risata,
e mentre gli occhi cercavano di stazionarsi sulla porta, un po’ per non
riaffrontare quelli del vampiro, un po’ per stabilire una via di fuga
da quel momento.
E Damon, ancora incredulo e
travolto dalla forza di quell’amore assoluto, schiuse le labbra, ma poi
gli ci vollero dei secondi extra per riuscire a parlare: «Ci vuole una
considerevole dose di pazzia per stare accanto ad una persona
innamorata di un'altra e offrirsi addirittura di fare da cupido...»
«Lo so…» Summer annuì, ancora senza
incrociare il suo sguardo. La voglia di scappare lontano…
Il volto del vampiro si sciolse di
dolcezza. La sua anima aveva finalmente trovato la pace, e adesso non
doveva fare altro che condividerla con lei.
«Quello che a quanto pare non sai,
è che io voglio stare con te. A questo punto pensavo l’avessi capito.»
confessò parafrasandola. Perché avevano vissuto le stesse, stupide,
paure.
E quando quelle parole fecero
voltare Summer per incrociare nuovamente gli occhi del vampiro, i due
si scambiarono un sorriso di liberazione e complicità, che scaraventò
via l’enorme macigno che entrambi portavano sul petto. Poi lui prese il
suo volto tra le mani e la baciò come se fosse stata una necessaria
boccata d’ossigeno dopo una lunga apnea.
«Ti amo, Summer. Ti amo anch’io»
continuò Damon, con la fronte poggiata sulla sua e le dita che ancora
le accarezzavano il collo, perdendosi nei capelli.
Poi si baciarono ancora e Damon si
stese sul letto, portandola con sé con la mano che aveva messo dietro
la sua schiena.
«Ne sei sicuro?» domandò Summer
che, stesa accanto a lui, gli accarezzava delicatamente una guancia.
Nella sua voce una sfumatura infantile d'incredulità e stupore.
«Transizione e dolore infernale a
parte, credo di essere ancora nel pieno delle mie facoltà mentali.
Quindi sì. Ne sono sicuro.»
Il vampiro le sorrise, continuando
ad accarezzarle la schiena. «Avrei dovuto dirtelo prima… mi spiace… »
Soltanto adesso si rendeva conto di quanto dolore le avesse procurato
con i suoi silenzi.
«É tutto ok…» ma il volto di Summer
si illuminò della felicità più pura, facendogli capire che tutto il
male era stato spazzato via di colpo. «Avrai tutte le occasioni che
vuoi per ripetermelo…» perché adesso l’imperativo era aggrapparsi con
le unghie a quell’istante, facendo finta che poi nulla sarebbe
cambiato...
Ora la cosa importante era stare
stesi insieme su quel letto, dove niente avrebbe potuto disturbare la
loro felicità, neanche il dolore fisico che provava Damon: era vivo e
loro due si amavo.
Ritagliato nel tempo e nello
spazio, quello era il loro Happy Ending…
If
I lay here
If
I just lay here
Would you lie with
me and just forget the world?
*Il simbolo in questione è la stella dell’Eire
** La salvia
Divinorum contiene una potente sostanza psicoattiva
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