- The Slayer -

di NanaBianca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono Capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo Capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo Capitolo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo Capitolo ***
Capitolo 16: *** Sedicesimo Capitolo ***
Capitolo 17: *** Diciassettesimo Capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciottesimo Capitolo ***
Capitolo 19: *** Diciannovesimo Capitolo ***
Capitolo 20: *** Ventesimo Capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventunesimo Capitolo ***
Capitolo 22: *** Ventiduesimo Capitolo ***
Capitolo 23: *** Ventitreesimo Capitolo ***
Capitolo 24: *** Ventiquattresimo Capitolo ***
Capitolo 25: *** Venticinquesimo Capitolo ***
Capitolo 26: *** Ventiseiesimo Capitolo ***
Capitolo 27: *** Ventisettesimo Capitolo ***
Capitolo 28: *** Ventottesimo Capitolo ***
Capitolo 29: *** Ventinovesimo Capitolo ***
Capitolo 30: *** Trentesimo Capitolo ***
Capitolo 31: *** Trentunesimo Capitolo ***
Capitolo 32: *** Trentaduesimo Capitolo ***
Capitolo 33: *** Trentatreesimo Capitolo ***
Capitolo 34: *** Trentaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 35: *** Trentacinquesimo Capitolo ***
Capitolo 36: *** Trentaseiesimo Capitolo ***
Capitolo 37: *** Trentasettesimo Capitolo ***
Capitolo 38: *** Trentottesimo Capitolo ***
Capitolo 39: *** Trentanovesimo Capitolo ***
Capitolo 40: *** Quarantesimo Capitolo ***
Capitolo 41: *** Quarantunesimo capitolo ***
Capitolo 42: *** Quarantaduesimo Capitolo ***
Capitolo 43: *** Quarantatreesimo Capitolo ***
Capitolo 44: *** Quarantaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 45: *** Quarantacinquesimo Capitolo ***
Capitolo 46: *** Quarantaseiesimo Capitolo ***
Capitolo 47: *** Quarantasettesimo Capitolo ***
Capitolo 48: *** Quarantottesimo Capitolo ***
Capitolo 49: *** Quarantanovesimo Capitolo ***
Capitolo 50: *** Cinquantesimo Capitolo ***
Capitolo 51: *** Cinquantunesimo Capitolo ***
Capitolo 52: *** Cinquantaduesimo Capitolo ***
Capitolo 53: *** Cinquantatreesimo Capitolo ***
Capitolo 54: *** Cinquantaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 55: *** Cinquantacinquesimo Capitolo ***
Capitolo 56: *** Cinquantaseiesimo Capitolo ***
Capitolo 57: *** Cinquantasettesimo Capitolo ***
Capitolo 58: *** capitolo 58 ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***




Capitolo I

[Prologo]




Al bancone del bar, Alaric sedeva al solito posto e sorseggiava del bourbon con un'aria assente.
Erano passati quattro mesi dalla morte di Jenna.
Dopo il funerale, si era stabilito a casa di Elena e Jeremy.
Con una voglia di ricominciare innescata più da una forza d'inerzia che da una forza emotiva, i tre avevano dato vita a una parvenza di unione familiare solida e credibile. Eppure, tra quelle mura, il dolore dei lutti subiti era ancora palpabile, e anche se il sostegno reciproco era d'aiuto, ognuno di loro aveva dei momenti in cui rintanarsi nella propria camera, in compagnia della solitudine, era d'obbligo.
Per Alaric la “stanza” in questione era il bar: lì, tra la confusione e l'alcool, assentarsi era più complicato ma, una volta fatto, l'effetto era più efficace.



*** ***


Nel buio della sua stanza, con gli occhi un po' arrossati, Elena cercava su internet informazioni sugli omicidi degli ultimi mesi. La furia assassina di Klaus era l'unica pista da seguire per ritrovare il suo Stefan, ma era un compito più complicato del previsto. La polizia non faceva altro che rilasciare false deposizioni per non eccitare i fanatici dell'Horror che, in corpi dissanguati con strane punture sul collo, avrebbero visto il caro Conte Dracula in cerca di vergini. Avrebbero avuto ragione; ma esistono verità che, alla pari dei vampiri, non possono vivere alla luce del sole.
Si toccò il collo, muovendolo di lato, e fece una lieve smorfia quando sentì lo scoppiettio che ne derivò.
Era snervante stare dietro ad un computer, sperando in chissà quale rivelante informazione, mentre il suo Stefan era prigioniero di un vampiro "barra" licantropo, psicopatico e dispotico.
«Toc, toc!» Dietro di lei, Damon bussava scherzosamente ad una porta spalancata, facendo anche l'onomatopea del gesto.
Elena trasalì. «Damon...» mormorò, con un lieve stupore. Non aspettava una sua visita.
«Cosa ci fai qui?» chiese subito dopo, con la solita tensione che la caratterizzava quando il vampiro era nei paraggi.
«...E buonasera anche a te. Sì, sì. Sto bene. Grazie per l'interessamento!» rispose lui, con il suo solito modo di fare sexy ma snervante.
Lei scosse la testa, cacciando rumorosamente aria dal naso e nascondendo inutilmente un mezzo sorriso divertito.
«Trovato qualcosa?» Damon si avvicinò alla scrivania.
Per vedere meglio le scritte sul pc, poggiò la mano sul legno e, di conseguenza, il suo corpo si piegò in avanti.
I due si ritrovarono pericolosamente vicini, e in quel momento si poterono avvertire, quasi materialmente, l'attrazione di lui e il disagio di lei.
Dopo il loro bacio, la tensione era arrivata a livelli sempre più alti. Damon, nei limiti dei suoi modi di fare, si comportava come se nulla fosse successo; lei, invece, quando la vicinanza fisica si riduceva troppo, manifestava un certo disagio, che invano cercava di nascondere. Elena sapeva di doversi porre delle domande, ma Stefan, in quel momento, era sia la priorità che l'alibi per non affrontare i suoi sentimenti: dei sentimenti nuovi e confusi, che aveva scoperto solo da quando l'oggetto dell'interesse in questione aveva rischiato di morire tra le sue braccia.
Elena riprese la concentrazione e si dedicò allo schermo del pc.
«Poche cose e forse neanche rilevanti...» mormorò scoraggiata.





Piccola “Guida alla lettura” :)
Prima di lasciarvi intraprendere la lettura di questa fic è giusto che faccia qualche precisazione a riguardo :)
Come spiega l'introduzione, si tratta di un miscuglio tra Buffy e TvD.
Cos'ho preso da Buffy?
Prima di tutto la storia della cacciatrice, ma questa è stata modificata per meglio adattarsi a The Vampire Diaries.
La cacciatrice in Buffy è affiancata da un osservatore, ed anche in questa fic è così, però si aggiunge anche una strega (o uno stregone) e insieme i tre formano la Triade.
In Buffy “Il Consiglio” era un gruppo di persone che gestiva il tutto.
C'è anche qui, ma non è un gruppo di persone bensì un'entità.
Quindi,
quando in questa fic parlo di “Consiglio” (ad eccezione di alcuni capitoli ) mi riferisco sempre a quello della cacciatrice e non a quello di Mystic Falls^^
Cosa importante:
questa fic è in revisione.
I capitoli con questa impaginazione (numero del capitolo in alto e dialoghi negli appositi simboli) sono quelli revisionati e corretti (nei miei limiti xD).
Quelli che invece riportano i dialoghi tra le virgolette, devono essere ancora corretti^^
Ultima cosa - a chi fosse sfuggita - questa
non è una fic Delena.
Detto questo, ringrazio calorosamente chi proseguirà con la
lettura^^
NaNa***








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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***




Capitolo II




«A quanto vedo...gli omicidi più misteriosi si concentrano nella zona del Tennessee» disse Damon, leggendo le notizie che apparivano sullo schermo del Pc.
«In effetti è così...»
Elena si alzò dalla sedia. «Ed è per questo che ho intenzione di recarmi lì. Manca più di una settimana all'inizio delle lezioni...» continuò, mentre camminava nervosamente per fare mente locale sul da farsi.
«Non se ne parla. Tu non vai proprio da nessuna parte!»
Damon bloccò quasi sul nascere le sue agitate confabulazioni.
Elena si arrestò, per poi dirigersi con determinazione verso di lui.
«È
di Stefan che stiamo parlando! Non posso continuare a vagliare informazioni su internet, come se stessi preparando una tesina!...Devo fare qualcosa...» gli replicò, con tono alterato, per poi continuare con più calma: la calma di chi ha un nodo alla gola.
«Devo trovarlo, Damon»
le si inumidirono gli occhi; era stanca di sentirsi impotente.
La schiena di Damon si mosse impercettibilmente all'indietro, come se fossero state le parole di Elena a spostarlo. La guardò fisso negli occhi e fece una mezza smorfia con la bocca. Anche se si trattava di suo fratello, quegli occhi velati di lacrime erano un boccone spietatamente amaro.
«Lo capisco, Elena. Ma devi restare al sicuro. Klaus è convinto che tu sia morta ed è preferibile che resti di questa convinzione! Non ci servono altre preoccupazioni! Sarò io ad andare...da solo!»
disse con tono autoritario, scandendo con decisione soprattutto le ultime due parole. Elena lo fissò per qualche istante, per poi iniziare a scuotere la testa in segno di negazione.
«No, non posso...non riesco più a starmene qui ad aspettare!»
mormorò, portando lo sguardo di lato, per poi perderlo nel vuoto. «Ho bisogno di sapere che sta bene.» Una lacrima le rigò il volto, nonostante il disperato tentativo di mostrarsi forte.
Damon cancellò quel segno di tristezza dal suo viso col pollice: un gesto che includeva una latente e sofferta carezza.
«Lo troverò...è una promessa»
le disse con tono confortante, ma interrompendo quel contatto con una sorta di freddezza. «Ora va a riposare.»
Dopo qualche secondo di esitazione e smarrimento, Elena fece un cenno col capo. Quella mano leggera sul suo volto aveva avuto l'effetto di mille dolci parole e, mentre osservava Damon lasciare la sua stanza, per un attimo, desiderò intensamente che restasse, ma quel pensiero fu subito annientato.


*** ***


Mentre guidava verso casa, Damon si chiedeva se quel bacio non avesse acceso in lui delle vane e inconsapevoli speranze.
Fino a quel momento, aveva completamente rinunciato all'idea di poter stare con Elena. Quando le aveva dichiarato il suo amore per la prima volta, le parole che aveva pronunciato avevano rispecchiato i suoi più sinceri pensieri: lui non la meritava. Era Stefan il fratello buono: quello che lottava attivamente contro il suo lato malvagio. Era lui a meritare un angelo come Elena al suo fianco. Damon si era rassegnato al suo ruolo di difensore, che comunque comportava una notevole frenata ai sui istinti. Anche stare semplicemente al suo fianco per proteggerla, per Damon, significava meritare quel posto. Tutto per lui era più difficile, perché proprio non riusciva ad accendere in sé quella parte di coscienza che dà valore alla vita umana. Per Damon, solo la vita di Elena era realmente importante; tutti gli altri erano solo pezzi di carne dal collo fragile, che valevano quanto fili d'erba calpestati incurantemente.
Damon sapeva cosa lo rendeva tanto diverso dal fratello — in fondo, anche Stefan era stato un vampiro criticabile quanto lui. Eppure, il minore aveva trovato in sé la forza per combattere e controllare la sua nat
ura questo, almeno, fino all'arrivo di Klaus. A Damon, quella forza mancava: lui non ci aveva mai neanche provato. Damon aveva amato con tutto sé stesso una donna che non lo aveva scelto. Per 145 anni aveva detestato Stefan per il semplice fatto che Katherine avesse trasformato anche lui, per poi scoprire che era addirittura lui quello che lei amava tra i due. Certe ferite sono difficili o quasi impossibili da curare. Aprirsi all'umanità, per un vampiro, vuol dire lasciare libero accesso ad ogni dolore, misurarsi continuamente con le proprie emozioni e convivere con i propri tormenti.
Stefan doveva confrontarsi con il rimorso per le vite che aveva spezzato. Damon doveva fare i conti con un
amore mai ricambiato.
E il destino, anche questa volta, ad un secolo e mezzo di distanza, non era stato dalla sua parte: ancora una donna...ancora secondo.
Come accettare il proprio lato umano con questi presupposti?
Le vittime collezionate con gli anni non sarebbero state un problema per la sua coscienza; la sua natura di vampiro sarebbe stata per lui una più che valida giustificazione a ciò che riteneva un semplice allargamento della catena alimentare.
Ma quale scusante aveva per non essere mai il primo nel cuore della donna che amava?
E, soprattutto, come poteva trovare in sé la forza per mettersi in gioco, se partiva sconfitto per l'ennesima volta?


*** ***


I dettagli della strada si perdevano a causa dell'alta velocità.
Nella mente, ancora gli occhi di Elena carichi di amore per Stefan.
Nel petto, qualcosa stringeva i suoi polmoni strozzandogli l'aria nella gola; ma qualcosa catturò la sua attenzione, liberandolo da quell'opprimente sensazione. Sul ciglio della strada, una donna gli faceva segno di fermarsi.
Damon accostò e uscì dall'auto con una movenza calma e sicura. Osservò con curiosità la giovane ragazza dai capelli biondi che lo aveva distolto dai suoi spiacevoli pensieri e le sue labbra si incresparono in un mezzo e ambiguo sorriso.
«Come posso aiutarti?» domandò, col suo solito fascino ipnotico.
«Grazie a Dio ti sei fermato! Iniziavo a temere che non sarei più tornata a casa! Ho bucato una ruota, ed ho il cellulare completamente scarico...» disse la ragazza, rincuorandosi.
Damon la guardò fisso negli occhi: delle innocenti iridi color nocciola.
«Posso sapere il tuo nome?» le domandò serafico. E la ragazza si perse per qualche istante nel fascino elettrico di quello sconosciuto. «Louren...mi chiamo Louren» rispose, con un lieve imbarazzo.
Damon, con una scintilla di perversione che illuminava i suoi occhi, estese il suo sorriso a tutta la larghezza delle labbra. «Felice di averti incontrata...Louren» un secondo dopo, i suoi canini affondavano nel collo della ragazza, facendo scivolare sangue caldo sulla sua candida pelle.
Era inutile urlare e dimenarsi. Il presentimento di Louren... forse non era così sbagliato!




Grazie per la lettura :)
NaNa***



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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***


Capitolo ambientato dopo l'episodio 3x01, ma che prende in considerazione solo i seguenti avvenimenti:
- Klaus e Stefan sono alla ricerca di Ray Sutton.
- Elena festeggia il suo compleanno alla Pensione.
- Caroline e Tyler si “dichiarano”.
- Elena scopre che Damon le ha mentito riguardo alle ricerche.
- Stefan uccide Andie.
- Stefan chiama Elena, ma resta in silenzio per tutto il tempo.



Capitolo III




Per tutta l'estate non aveva fatto altro che cercare di proteggerla ma, adesso che aveva scoperto la verità, non aveva più senso continuare a mentirle.
Stefan non tornerà: non durante la tua vita.”
Perché doveva essere sempre così duro?
La morte di Andie, la sua piacevole distrazione, forse l'aveva turbato più del previsto. Avrebbe dovuto trattenere la sua rabbia, invece di sfogarla contro di lei; ma non c'era riuscito. A ramanzina finita, la tenerezza e la tristezza dei suoi occhi l'avevano trafitto, togliendogli il respiro e inondandolo di rimorso; e prendersela con gli oggetti di Stefan non aveva alcun senso, ma andava fatto!
Si recò al Mystic Grill, sperando di trovarlo ancora aperto: giusto il tempo per un paio di bicchieri. L'insegna spenta dell'unico bar di Mystic Falls era l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere, e per sua fortuna almeno questa gli fu risparmiata.
Il locale era deserto. Quasi tutti i ragazzi avevano passato la serata a casa sua per festeggiare il compleanno di Elena. Nel bar, le uniche persone erano un uomo sulla quarantina seduto ad un tavolo e una ragazza seduta al bancone.
Si accomodò al bancone a qualche sgabello di distanza dalla ragazza, e fece gesto al barista di versargli dello scotch.
Avrebbe potuto farlo benissimo a casa sua, ma – dopo tutto quello che era capitato – vedere la confusione lasciata da quell'orda barbarica di adolescenti avrebbe solo accentuato il suo nervosismo. C'era qualcosa di rilassante nel farsi servire da bere in un luogo dalle luci soffuse; per di più, in quella particolare serata, il Mystic Grill aveva qualcos'altro di notevolmente apprezzabile: l'assoluto silenzio, che però fu interrotto brevemente dalla ragazza.
«Me ne porti un'altra?» chiese al barista, riferendosi alla bottiglia di birra vuota che aveva leggermente agitato.
Damon non l'aveva neanche guardata. Le altre donne, in quel preciso momento, erano l'ultimo dei suoi pensieri. Si girò per osservarla solo dopo aver sentito la sua voce.
Gli bastò un solo attimo per squadrarla. I capelli messi dietro l'orecchio gli permisero di osservare con chiarezza il suo profilo, dolce ma ben marcato. Aveva occhi grandi – ma non riuscì a distinguerne il colore – e una bocca abbastanza carnosa. I capelli, portati in quel momento su una sola spalla, erano lunghi e con dei larghi boccoli verso la fine.
Dopo quel veloce attimo, il vampiro tornò a fissare il suo bicchiere. Fece una smorfia con mezza bocca. Quella ragazza, fisicamente, aveva qualcosa che rievocava Katherine: forse i capelli della stessa lunghezza e ondulazione, e vagamente qualcosa nel viso; questo lo irritò e lo incuriosì al tempo stesso. Pensò che, se non fosse stata una pessima serata, l'avrebbe sicuramente avvicinata col suo infallibile magnetismo. Invece, in quella circostanza, qualsiasi cosa avrebbe solo potuto infastidirlo, e dopo quella ragazza non sarebbe stata altro che l'ennesimo corpo da seppellire nel bosco: una scocciatura che non poteva permettersi. Per questo se ne stette in silenzio, ma qualcosa continuava ad incuriosirlo. Non l'aveva mai vista: il che, in una piccola cittadina come Mystic Falls, era davvero improbabile.
Dopo qualche minuto, la ragazza lasciò i soldi sul banco e si alzò.
«Puoi indicarmi un Motel nelle vicinanze?» domandò al barista.
Damon riprese ad osservarla: aveva ragione, era nuova di quelle parti.
«A dire il vero sono tutti un po' fuori mano, hai un mezzo per arrivarci? Altrimenti ti chiamo un taxi...» le rispose il ragazzo, con una vena di premura.
«Ho la moto qui fuori» gli sorrise.
Il ragazzo la fissò per un lungo istante, per poi ricambiare timidamente il sorriso.
«Allora non devi fare altro che imboccare la prima strada a destra e procedere dritto per un paio di chilometri. Poi troverai delle indicazioni per raggiungere il Sun Motel...è quello più vicino» spiegò, mentre passava un panno sul bancone.
La ragazza gli sorrise ancora una volta, aggiungendo un leggero cenno del capo in segno di ringraziamento, e poi si avviò verso l'uscita.
«Una donna che guida la moto...sexy!» disse il vampiro, rimarcando l'ultima parola con una scherzosa eccitazione. Non aveva voglia di socializzare, eppure quelle parole gli erano uscite dalle labbra quasi involontariamente: forse perché importunare le belle ragazze era un qualcosa di profondamente radicato nella sua natura.
«Peccato che non si possa dire lo stesso di certi metodi di approccio...» rispose lei con calma, soffermandosi nelle vicinanze del vampiro giusto per quella manciata di secondi.
Ancora una volta, la voce della ragazza catturò la sua attenzione. C'era qualcosa di stranamente accogliente in quella voce: era dolce, un po' bassa e vagamente musicale, eppure ogni parola era scandita con decisione: tanto da far percepire una notevole sicurezza di sé.
Damon le sorrise aspramente, come per ingoiare il boccone sgradito. «Ma che caratterino...» e la osservò con aria di sfida. «Be', fai attenzione durante il tragitto: è pieno di soggetti pericolosi lì fuori...» concluse spalancando gli occhi, divertito dal fatto di starsi riferendo a sé stesso.
Lei si voltò guardandolo con intensità: come per accogliere la sua sfida.
«È quello che spero...» sussurrò, con una strana malizia sfavillante. E, in quel momento, Damon poté guardare con attenzione i suoi occhi: erano di un nocciola chiaro, dolci e grandi, forse addirittura un po' troppo grandi, e dalla sclera incredibilmente bianca. Di sicuro le donavano un aspetto particolare, e il vampiro ne restò ipnotizzato per un istante.
La ragazza gli regalò un'ultima occhiataccia, prima di fare spallucce e andarsene. Damon, invece, continuò ad osservarla.
Quella ragazza... aveva sfidato l'uomo sbagliato!



Grazie per la Lettura^^
NaNa***



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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


Le scene in corsivo sono prese interamente dall'episodio 3x02


Capitolo IV


Summer passeggiava lentamente per le stradine alberate di quella piccola cittadina, guardandosi attorno con attenzione per potersi orientare meglio al ritorno. Alla luce del sole, Mystic Falls le sembrò più familiare. Anche se in precedenza era stata lì per un solo giorno, abituata alla dispersività della metropoli, riuscì a rievocare facilmente i punti principali del luogo. Il problema era il non avere una meta precisa: il suo vagare, con quei pochi indizi a sua disposizione, era pressoché inutile.
Si fermò ed estrasse il telefono dalla tasca anteriore del jeans. Cercò nella rubrica il nome Lily, e chiamò.
«Dimmi che hai qualche altro indizio da darmi!» disse, appena Lily rispose.
«Ho qualche altro indizio da darti!...È ciò che ti direi se ne avessi!»
«Vai al diavolo!» replicò con finta rabbia, facendo ridacchiare la compagna.
«Mi dispiace, Summer, ma non riesco a trovare nient'altro...» la voce dell'amica era marcata dalla desolazione.
«Hai idea del tempo che mi ci vorrà? Non voglio stare qui a lungo. Odio questo posto!» si guardò intorno «Mi riempe di senso di colpa...».
«Mi sono stancata di ripetertelo, Summer: non è colpa tua!»
«Ummm...perché non lo chiediamo alle vittime di Klaus?! Oh aspetta! Non possono rispondere! Sono morte!» obiettò velocemente.
«Smettila di torturarti. Anche se avessi fatto ciò che ti aveva ordinato il Consiglio*, comunque non avresti potuto ucciderlo! Ergo: Klaus avrebbe comunque continuato a scorrazzare mietendo vittime!» Summer aprì la bocca per ribattere, ma fu preceduta da Lily che continuò tempestivamente: «A proposito, parlando di lui, Kendra sta seguendo le sue tracce e...beh, lei crede che voglia crearne degli altri....altri come lui».
Summer restò impietrita per un secondo.
«Fantastico! Vuole creare un esercito di cagnolini assetati di sangue! Ripeti ancora che non è tutta colpa mia!» disse, con disperato sarcasmo.
«Sei una brava persona, Summer...non puoi incolparti di questo. Ora riprendo le ricerche e se trovo qualcosa, beh ...inutile dirlo: ti farò sapere subito»
Gli occhi di Summer s'inumidirono fino a pungerle. «Ok...grazie».


*** ***


I raggi del sole mattutino filtrarono con prepotenza attraverso le tende velate, puntando con meticolosa cattiveria sul suo occhio destro.
Portò l'avambraccio sul viso, per proteggere le iridi da quella luce insopportabile e, nel momento in cui aprì gli occhi, anche i postumi della sbornia si svegliarono!
La sera prima, Damon aveva continuato a bere fino alla chiusura del Mystic Grill.
Neanche la provocazione di quella ragazza era riuscito a smuoverlo e, una volta tornato a casa, aveva continuato a svuotare le bottiglie residuate dalla festa. Lo stato in cui si trovava era molto probabilmente l'equivalente “vampiresco” del coma etilico.
Le fitte nel suo cervello si scatenavano a dozzine ad ogni più impercettibile movimento, e si domandò se anche questa fosse una di quelle tante cose amplificate dall'essere un vampiro.
Pensò che quel pietoso stato fosse la giusta punizione al suo comportamento: al modo in cui aveva trattato Elena. Odiava farla soffrire, eppure ci riusciva ogni dannata volta. Avrebbe voluto avere lo stucchevole tatto di un tempo, almeno ogni tanto, giusto per non trasformare ogni frase in un'affilata lama, ma ormai quel Damon era morto e sepolto sotto quintali di rancore; eppure doveva imparare a controllarsi, perché contribuire al suo dolore era ciò che riusciva a fargli più male.
Capì che buttarsi nella vasca, evitando i soliti bicchieri di Champagne, era la soluzione migliore.

Dopo qualche ora, Elena bussò alla sua porta per dargli un'importante notizia: Stefan l'aveva chiamata.


*** ***


Elena era riuscita a farsi dire la verità da Alaric: Stefan e Klaus erano alla ricerca di lupi mannari.
Aspettò con ansia che Tyler arrivasse al Mystic Grill. In quel momento, lui era l'unico in grado di darle qualche delucidazione in merito. Poco dopo, lo vide arrivare.
Quando si sedette al suo tavolo, il ragazzo non perse tempo, e subito le spiegò ciò che voleva sapere, dandole anche un luogo preciso nel Tennessee, in cui probabilmente il gruppo di lupi seguito da Klaus si sarebbe riunito.
Elena si avvicinò ad Alaric che, seduto al bancone, sorseggiava un caffè.
«Hai ottenuto niente?» le domandò.
«Cosa ne dici di una bella escursione sulle Smoky Mountains?» fece lei con sicurezza.
«Vuoi dare la caccia a un branco di lupi durante la luna piena?» l'uomo la guardò allibito.
«Saremo via di lì prima» disse, con determinazione.
«Se tu non vieni con me andrò da sola!» continuò, non avendo ricevuto una risposta repentina.
Alaric la fulminò con lo sguardo, ma subito dopo capì di non avere altra scelta.


*** ***


Summer** guardò l'insegna del negozio di antiquariato con una vena di perplessità; ma da qualche parte doveva pur cominciare!
Aprì la porta, e questa fece muovere il piccolo campanellino alla sua estremità.
Osservò con disapprovazione la mobilia antiquata sparsa per il negozio, e nel frattempo un anziano e distinto signore la raggiunse.
«Buongiorno signorina, come posso aiutarla?» domandò garbatamente.
«Salve...sto cercando un oggetto in particolare.» velocemente rovistò nella borsa.
Estrasse un foglio e, ancora piegato, lo passò al proprietario.
Lui lo aprì e diede una rapida occhiata poi, incuriosito, s'infilò gli occhiali che portava nel taschino ed osservò meglio.
«Un fiore di loto!» esclamò, con un pizzico di compiacimento per aver capito subito di che fiore si trattasse.
Quella reazione generò in Summer un immotivato ottimismo «Esattamente! Dovrebbe essere un medaglione... ma forse con gli anni qualcuno l'ha trasformato in una spilla o qualcosa del genere...».
L'entusiasmo della ragazza continuò a crescere, ma fu smorzato bruscamente dall'anziano signore.
«Sono davvero desolato, signorina, ma non ho nulla del genere» le disse, con sincera amarezza, restituendole il foglio.
Summer sorrise, ma il suo sguardo trapelava una notevole delusione.
«La ringrazio ugualmente» disse, con una dolcezza di cortesia.
Il signore ricambiò il sorriso e la vide lasciare il negozio.

Delusa, riprese il suo cammino in cerca del successivo negozio d'antiquariato, anche se dentro di sé sapeva che era la strada più inutile da percorrere: chiunque avesse avuto un oggetto del genere, di certo non se ne sarebbe separato. Era il classico cimelio che le famiglie si tramandano per generazioni e generazioni. Se fosse nata e cresciuta lì, probabilmente avrebbe chiesto alle madri e alle nonne dei suoi amici. Ma, a Mystic Falls, Summer non conosceva nessuno.
Il suo telefono squillò e subito lo prese dalla tasca per rispondere: Kendra**
«Ah, vedo che ogni tanto ti ricordi di aggiornare anche me!» Summer partì con una tempestiva ramanzina.
«Non lamentarti: tu non devi fare altro che trovare uno stupido medaglione. Io devo tenere d'occhio un antico e uno squartatore! Non ho molto tempo per le chiamate!» rispose, con tono deciso ma scherzoso.
«Ah, se vuoi fare a cambio per me non ci sono problemi. Sono io la cacciatrice: dovrei essere io quella a controllare il “vampilupo” e il suo nuovo amichetto!... Invece di stare in questo mortorio a cercare chissà dove questa cianfrusaglia antica!» si sfogò, con una parlantina rapida.
Kendra rise di gusto.
«Lo so che quando non c'è azione soffrì. È per questo che ti ho chiamata. A quanto pare quei due vogliono attaccare un intero branco stanotte. Perché non fai una pausa e vieni con me?»
«Umm...in realtà ho appena iniziato, ma... conosci la mia filosofia: non è mai troppo presto per una pausa!» disse, con una luce di perverso piacere negli occhi, pregustando la movimentata serata.
«Summer, prima di affilare la spada...lo sai! Il Consiglio***è stato molto chiaro!» repentinamente, Kendra cercò di limitare il suo entusiasmo.
«Lo so...lo so. Senza pugnale non possiamo ucciderlo, quindi profilo basso...noia...ancora più noia...noia mortale! Lo ricordo bene il discorso di Lily. Non Temere!»
«Alla perfezione!» Kendra tornò a ridere, per poi continuare subito dopo: «Allora Smoky Mountains: Tennessee. Ti conviene metterti in viaggio da subito se non vuoi arrivare a spettacolino finito!»
«Non me lo perderei per niente al mondo! A dopo.»
La telefonata si concluse, e sul volto di Summer si dipinse un sorriso radioso.



Nda:
*Summer Reed: la famosa cacciatrice. Oltre ad essere un nome che adoro, la cacciatrice si chiama così per il personaggio a cui si ispira fisicamente: ovvero Rachel Bilson (Summer in The O.C.). Nella mia immaginazione, la cacciatrice è un misto tra quell'attrice e Jessica Alba.
**Kendra Barkley: l'osservatrice. Il suo nome è un omaggio ad un personaggio apparso in Buffy solo per poche puntate (che sono bastate a farmela adorare *.*)
Ma tengo a precisare che questo
non è un Cross-over, quindi i due personaggi non sono collegati in alcun modo.
***Vi ricordo che mi riferisco al “Consiglio” delle cacciatrici, e non a quello di Mystic Falls.
Grazie per la lettura^^
NaNa***








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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


In corsivo le scene prese interamente dall'episodio 3x02.



Capitolo V



Sulle Smoky Mountains, Elena ed Alaric erano in cammino da un paio d'ore. Volevano raggiungere il luogo di raduno dei lupi mannari, nella speranza d'incontrare Stefan.
Improvvisamente, la ragazza si sentì scaraventata nel laghetto adiacente; e quando si sollevò, liberandosi dell'acqua rimasta sulle ciglia, vide con chiarezza l'immagine del colpevole.
«Esci dall'acqua, Elena!» disse Damon, dopo aver fatto quell'entrata trionfale.
«Se uscissi dall'acqua mi faresti tornare a casa!» obbiettò lei, restando immobile in quel punto in cui l'acqua le arrivava al bacino.
«Sì, perché non sono un idiota come te!»
«Ora come ora, vi state comportando tutti e due come degli idioti» intervenne Alaric, guardando seccato quell'inutile teatrino.
«L'hai abbandonato, Damon» Elena scosse il capo visibilmente amareggiata.
«Non l'ho abbandonato, Elena. Sono solo realista. Esci dall'acqua!»
«No!» esclamò lei, incrociando le braccia.
«Qual è il tuo grande piano, Elena? Eh? Andare in un campeggio di lupi mannari, arrostire un marshmallow, e aspettare che Stefan passi di lì?» asserì nervoso, mentre con nonchalance entrava anche lui in acqua.
«Il mio piano è trovarlo e aiutarlo, Damon. Non siamo mai stati così vicini a lui, da quando se n'è andato. Non torno a casa!»
«Klaus pensa che tu sia morta quando ha spezzato la maledizione. Sei in salvo. Questo...» il vampiro fece un gesto con le mani per indicare tutto quello che c'era intorno, «questo non è essere in salvo!» concluse, riferendosi all'assurda situazione.
«Non me ne vado finché non lo troviamo!» lei, con determinazione, continuava ad opporsi.
«Stanotte c'è la luna piena, Elena!»
«Allora lo troveremo prima! Damon...per piacere» il tono della ragazza si fece più supplichevole e dolce.
«Ok» rispose il vampiro, dopo averci pensato per qualche secondo: era difficile resisterle.
«Ok. Ma ce ne andremo prima che la luna diventi piena e io un'esca per i lupi mannari!» precisò subito dopo.
«Lo giuro» rispose lei.
«A meno che tu non voglia rivivere il bacio sul letto di morte» Damon, col suo solito sarcasmo pungente, non perse l'occasione per ricordarglielo.
«Ho detto che lo giuro!»
«Bene!»
Entrambi uscirono dall'acqua e, insieme ad Alaric, s'incamminarono verso il luogo indicato da Tyler.


*** ***


«Toglimi una curiosità, Kendra: cos'hai messo nel tuo zaino? Sembra che stia per esplodere!» domandò con interesse Summer, osservando l'enorme zaino della compagna che le camminava di fronte.
«A volte dimentichi che io, a differenza tua, non sono una cacciatrice. Non ho la forza per contrastare un vampiro...e quindi ho bisogno dei miei giocattolini se non voglio finire all'altro mondo!» rispose la giovane donna di colore.
Kendra non era una cacciatrice: di cacciatrice poteva essercene soltanto una. Lei era l'osservatrice*, nonché una valida combattente amatoriale.
«Beh, spero che nel tuo arsenale rientrino anche delle birre, perché io ho bisogno di una pausa. È da più di due ore che camminiamo»
Kendra si girò e la guardò contrariata «Certo che ho delle birre con me!...Questa è pur sempre un'escursione!» sdrammatizzò subito dopo.
«Tu sì che sei un'ottima compagna d'avventura!» affermò con enfasi Summer, mentre cercava una roccia adeguata su cui poggiarsi.
«Per quanto possa volere bene a Lily... non posso proprio sopportare la sua alimentazione a base di succhi di sedano e riso al pompelmo!» continuò.
«Ah lo so bene, e lo sa bene anche lei visto che glielo ripeti ogni volta che la vedi mangiare!» rispose sorridendo, mentre le porgeva la tanto agognata birra.
«Ah perché quello tu lo chiami mangiare?! Io lo chiamo torturare brutalmente le proprie papille gustative!» Summer prese la bottiglia, e in quell'attimo notò gli occhi dell'amica che, come al solito, avevano cambiato colore: adesso erano di un verde molto scuro, ma solitamente erano di un grigio che tendeva al viola. Prima di conoscerla, Summer non aveva mai visto occhi così belli e particolari.
«Che vuoi farci!...Non tutti sono goderecci come te!» rispose Kendra, continuando a ridacchiare.
«Il fatto è che...ci sono già state tolte tante cose, dovremmo goderci tutto il resto...almeno fin quando possiamo. Lo sai, io la penso così» disse, con una serenità che nascondeva una grande amarezza.
Kendra osservò la sua cara amica e sorrise quasi impercettibilmente. Quelle parole avevano riportato alla sua mente dei vecchi dolori, ma subito si riprese guardandola con dolcezza.
«Ai piaceri della vita, allora!» l'osservatrice avvicinò la sua bottiglia a quella di Summer per brindare.
«Ai piaceri della vita!» ripeté lei allegramente.
Subito dopo il tintinnio del loro brindisi, sentirono pronunciare il nome Damon da una voce femminile: una voce da cui trapelava ansia e paura.
Summer si alzò di scatto.


*** ***


«Dovrebbero mancare un paio di chilometri» disse Alaric, mentre, col braccio, si faceva strada attraverso quella fitta vegetazione.
«Il sole sta per tramontare» affermò il vampiro.
«Lo vedo, Damon!» Elena, sentendosi presa in causa da quell'affermazione, rispose con una lieve vena d'irriverenza.
«Era tanto per dire...» fece lui, cercando di alleggerire il tono della ragazza.
«La luna non raggiungerà il suo apice ancora per un po', abbiamo tempo» continuò lei.
Ad un tratto, un rumore di rami pestati mandò in allerta Alaric, che subito puntò la sua balestra.
Un uomo, con indosso una maglietta fradicia di sangue, camminò verso di loro.
«Resta dove sei» ordinò Alaric.
Quelle parole destarono quell'uomo malconcio e confuso, facendogli posare lo sguardo sui tre.
«Un vampiro» sussurrò, riferendosi a Damon; e in un attimo si fiondò su di lui per attaccarlo.
Damon provò a difendersi mettendogli le mani al collo, ma l'ibrido, con forza, riuscì ad incastralo vicino ad un albero.
Alaric lo colpì con la sua arma, ma questa non sortì alcun effetto.
Prontamente, Elena estrasse dallo zaino una granata “strozzalupo”.
«Damon!» pronunciò forte, un secondo prima di lanciargliela.
Lui l'afferrò al volo, e in un attimo questa esplose sul viso del mannaro.
L'ibrido cadde a terra, e subito Damon ne approfittò per dargli un calcio che lo fece girare su sé stesso, facendogli perdere conoscenza.
«Fammi indovinare...un ibrido!» intuì Alaric.
Damon annuì con preoccupazione, e subito i tre presero le corde che avevano con sé per legarlo al tronco di un albero.


*** ***


«L'hai sentito anche tu?» domandò Summer.
«Sì, mi è sembrata la voce di una ragazza, veniva da quella parte!»
«Andiamo...» Summer s'incamminò velocemente nella direzione indicata da Kendra.
Un centinaio di metri dopo, facendo attenzione a non farsi scoprire, videro tre persone che legavano una quarta ad un albero.
«Che diavolo...» sussurrò Summer, prima di spalancare gli occhi «Non può essere...» mormorò ancora.
«Cosa non può essere?» domandò l'amica a bassa voce.
Summer non rispose: era ancora scioccata per ciò che aveva appena visto.
«La ragazza...» sussurrò poi, incredula.
«La ragazza?...chi è? La conosci?» Kendra era preoccupata ma anche infastidita da tutta quell'enfasi.
«È la doppelganger» rivelò infine la cacciatrice, con un'espressione stupefatta.
«Cosa?! Ma...non è possibile! Ti sbagli»
«No... credimi. La ricordo bene. È lei, non ho dubbi!» Summer tolse lo sguardo da Elena e prestò attenzione anche agli uomini che erano con lei. Uno di loro l'aveva già visto: era il tizio fastidioso del bar; e data la forza con cui teneva l'ibrido bloccato all'albero,
Summer capì immediatamente che doveva trattarsi di un vampiro.
«Beh, che diavolo aspetti?! Ascolta quello che dicono!» Kendra cercò di destarla. L'amica che aveva un'aria frastornata.
«Giusto!» Summer riacquistò lucidità e si concentrò per sentire cosa stessero dicendo.


*** ***


«Queste corde non lo tratterranno a lungo. Cos'altro abbiamo?» chiese Damon, guardando Alaric occupato a legare l'ibrido.
«Rick, prendi queste» disse Elena, riferendosi alle corde che stava cospargendo di verbena.
Damon, con distrazione, le prese a posto dell'umano e subito ne restò scottato.
Guardò Elena con aria di rimprovero.
«Ho detto Rick!» si difese la ragazza.
Alaric prese le corde e continuò a legare il prigioniero «Questa è l'ultima scorta di verbena, non ne abbiamo abbastanza per trattenerlo» asserì preoccupato.
«Non credo che raggiungeremo quel crinale prima della luna piena» continuò, guardando in direzione della meta.
Con coraggio, Elena si avvicinò all'ibrido «Se riusciamo a farlo parlare non ce ne sarà bisogno» disse, mentre allungava la mano verso il suo volto; ma improvvisamente quest'ultimo riprese conoscenza facendola indietreggiare.
I tre l'osservarono incuriositi; poi accadde qualcosa d'inaspettato.
Le sue ossa iniziarono a contorcersi e, inevitabilmente, l'ibrido urlò dal dolore.
«Si sta trasformando?!» domandò Damon.
«Non è possibile, è ancora giorno!» Elena era visibilmente impaurita.
«Dillo a lui» disse Alaric, mentre l'ibrido continuava ad urlare.
Prontamente, Damon si avvicinò per bloccargli le spalle e per spingerle con forza contro l'albero.
«Non ci dovrebbero essere lupi mannari fino alla luna piena» Elena non sapeva cosa pensare.
«Sai... quelle corde non terranno un lupo» affermò Alaric.
L'ibrido urlò con ancora più voce.
«Damon, dobbiamo andarcene di qui» disse Elena, con preoccupazione, ma il vampiro continuava a tenerlo.
«Dobbiamo andarcene subito da queste montagne! Damon! Andiamo!» continuò lei urlando; e, dopo avergli dato un leggero colpo sulla schiena per incitarlo, i tre scapparono velocemente.


*** ***


Appena i tre si allontanarono, Summer corse verso l'ibrido ancora tenuto dalle corde. Per un attimo, provò pena per lui, ma, subito dopo, il suo sguardo si fece glaciale, e con una mossa rapida e letale gli strappò il cuore.
«Wow...come mai gli hai risparmiato la frase ad effetto?!» domandò Kendra, che l'aveva appena raggiunta.
Summer non le rispose; era ancora sconvolta per ciò che aveva visto e seriamente preoccupata per la doppelganger, per potersi divertire a giocare al terrorismo psicologico con il cattivo di turno.
«Dobbiamo inseguirli! Ho paura che possano essercene altri in giro già trasformati!» immediatamente, Summer corse nella loro direzione per raggiungerli.
Kendra la osservò, mentre lei era già distante.
«Perché a volte dimentica che non sono veloce come una cacciatrice?!» si domandò sconsolata, cercando di starle dietro.


*** ***


Il sole era ormai tramontato e, nell'oscurità, i tre cercavano di raggiungere la loro auto il più in fretta possibile.
Elena inciampò in una radice e cadde a terra.
«Non muoverti» le ordinò Damon.
La ragazza alzò lentamente lo sguardo: di fronte a lei, un lupo.

I tre restarono immobili, pensando ad un possibile tentativo di fuga, ma una voce venne in loro soccorso.
«Qui bel cagnolino**» pronunciò una donna, a qualche metro di distanza da loro.
Appena il lupo sentì quella voce, si fiondò verso di lei, che subito iniziò a correre ad una velocità sovrannaturale: quella tipica dei vampiri.***
Ormai erano fuori pericolo, così Elena si alzò, ma con un respiro ancora affannato dallo spavento.
«Chi era quella?» domandò Alaric.
Damon lo guardò scuotendo la testa, come per dirgli
non ne ho la minima idea”, ma, in realtà, l'aveva riconosciuta subito; e se qualche dubbio sul suo aspetto poteva essere dato dall'oscurità, quella voce, invece, era inconfondibile: era la ragazza del bar.



Nda
*L'osservatore è un essere umano con grandi conoscenze sul mondo dell'occulto, ed è colui che, di norma, indirizza l'operato della Triade, scrivendo poi il tutto in appositi diari che vengono tramandati per generazioni.
**Nell'episodio, è Damon a dirlo: in questa fic, invece, lo dice Summer.
***La cacciatrice è un essere umano con dei poteri molto simili a quelli dei vampiri, ma queste cose verranno spiegate più avanti^^
Nei prossimi capitoli, la fic si differenzierà sempre di più dagli episodi
(è inevitabile^^).
Grazie per la lettura
NaNa***



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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


La prima parte è un misto tra ciò che è accaduto nell'episodio 3x02 e quello che è necessario ai fini della fic, ma spiegherò meglio nella Nda in fondo alla pagina :)



Capitolo VI



Il sole era tramontato da poco tempo e Stefan camminava per quel fitto bosco, scrutando il luogo con attenzione. Klaus gli aveva ordinato di trovare Ray Sutton, l'ibrido che era riuscito a scappare; se non lo avesse fatto, non avrebbe curato la sua ferita. Credeva di aver perso le sue tracce, quando, ad un tratto, se lo ritrovò di fronte, legato e con il cuore ai suoi piedi.
Osservò incuriosito quella scena che proprio non si aspettava di vedere. Sperò che non fosse opera del fratello; se si fosse trovato anche lui su quelle montagne, si sarebbe dovuto preoccupare anche per la sua vita.
Slegava quel cadavere, augurandosi che Damon non fosse davvero così pazzo da inseguirlo in una tana di lupi mannari; ma, mentre maneggiava le corde, qualcosa lo ustionò, e subito capì che si trattava di verbena: l'artefice di quell'orrore sapeva bene con cosa aveva a che fare.

Un paio d'ore più tardi, Klaus lo vide arrivare con l'ibrido caricato sulle spalle.
«Erano diventati rabbiosi. Ne ho uccisi alcuni, ma gli altri si sono semplicemente...dissanguati» disse, mentre osservava Stefan poggiare il cadavere a terra.
Si alzò dalla roccia sulla quale era seduto, per poi continuare: «Alla fine...sono morti tutti...» e, un secondo dopo, la sua rabbia esplose, facendogli lanciare la bottiglia di birra che reggeva con la mano destra. In seguito, emise un urlo furioso e disperato.
«Ho fatto tutto quello che mi è stato detto! Sarei dovuto riuscire a trasformarli. Ho spezzato la maledizione. Ho ucciso un lupo mannaro, ho ucciso un vampiro, ho ucciso la doppelganger...» disse, più a sé stesso che al suo compagno di viaggio.
Stefan capì subito cosa si celava dietro quel fallimento: Elena non era morta, era per questo che Klaus non riusciva a trasformarli.
Con autocontrollo, cercò di non farsi tradire dal suo sguardo.
Klaus lo fissò attentamente. «La strega...» sussurrò subito dopo.
Stefan non capiva cose volesse insinuare.
«Quella maledetta strega mi ha attaccato durante la trasformazione! Deve essere stato questo...deve essere per forza questo!» urlò ancora.*
Dopo qualche secondo, Klaus riprese il controllo di sé.
«Stai da schifo...» mormorò, guardando il braccio dell'altro vampiro.
«Se non ricordo male...sto morendo» rispose Stefan, indicando la sua ferita, per poi riprendere il discorso: «E tu non vuoi curarmi».
Klaus fissò l'ibrido steso a terra ai suoi piedi. Era morto, proprio come tutti gli altri...
«Dovevo ucciderlo, non avevo scelta.» Stefan fu costretto a mentire. Non aveva idea di chi l'avesse ucciso, ma ormai non faceva alcuna differenza, pensò.
«Ti ho deluso, mi dispiace...» continuò subito dopo, avvicinandosi a Klaus. «Fai quello che devi.»
L'ibrido gli diede le spalle per prendere una bottiglia di birra, poi si morse la mano, lasciando fluire il sangue al suo interno.
«Salute!» pronunciò, mentre gliela porgeva. Guardò i cadaveri che aveva attorno a sé, e diede una valida spiegazione al suo comportamento: «A quanto pare sei l'unico compagno che mi rimane...»


*** ***


Elena uscì dal bagno e, come molte altre volte, trovò Damon vicino alla sua finestra.
«Cosa ci fai qui?» gli domandò con un vena di avvilimento.
«Quello che abbiamo fatto oggi...è stato davvero stupido!»
«Sei venuto per infierire, quindi. Hai ragione Damon, è stato stupido! Contento?»
Damon le si avvicinò a passo lento.
«No, Elena. Non sono contento.» La osservò com'era solito fare: a distanza ravvicinata. «Non avrei dovuto mentirti su quello che avevo scoperto negli ultimi mesi, lo so. Come so che non ti arrenderai. Ma lascia che chiarisca un punto importante: non ti permetterò più di mettere a repentaglio la tua vita con questi piani stupidi e avventati.» Si avvicinò ancora di più, per poi proseguire col suo discorso: «Se sei convinta di riuscire a far rinsavire Stefan. Va bene! Ti aiuterò!...ma a modo mio!» terminò, con tono fermo e dispotico.
Elena annuì con rammarico e convinzione. Tra di loro, la solita palpabile tensione.


*** ***


«Dove sei?» chiese Kendra, appena Summer rispose alla sua chiamata.
«Non ne ho idea. Ma ho appena strappato il cuore all'ennesimo cagnolino della Trudi...» Summer punzecchiò col piede il lupo che aveva appena ucciso, scrutandolo con interesse.
Kendra alzò gli occhi al cielo e sorrise: la cacciatrice era ritornata in sé!
«Raggiungimi. Ho trovato una situazione davvero interessante...» disse, mentre si guardava attorno.
Summer riagganciò la telefonata e attivò il dispositivo di localizzazione del suo telefono.


*** ***

Londra, 1504 d.C


«Una cacciatrice è in assoluto il pasto più prelibato per un vampiro» asserì Klaus, con la bocca ancora sporca di sangue, mentre si sedeva sul divano di velluto rosso e poggiava i piedi sul tavolinetto di fronte.
Elijah, seduto su un'altra poltrona alla sua destra, chiuse di colpo il libro che stava leggendo.
«Parlate seriamente?» gli domandò seccamente.
«Ebbene, sì, caro fratello! Sono finalmente riuscito ad uccidere quella dannata spina nel mio fianco!» esclamò, compiacendosi, per continuare subito dopo: «E non è tutto...».
Elijah lo osservava incuriosito.
«Guardate un po' con cosa voleva uccidermi...» Klaus gli porse il pugnale che reggeva con orgoglio.
Il fratello tolse quell'insolita guaina di legno e lo osservò attentamente. Era un pugnale d'argento con, al centro dell'elsa, un fiore: un Fiore di Loto.
«Come fate ad essere sicuro che sia proprio questo?...» domandò scettico.
«Lo ricordo bene, e poi...posso sentirlo... Quando lo tocco, sento il sangue circolare in ogni millimetro della mia mano» il tono dell'ibrido era corrotto da una perversa eccitazione. Cinquecento anni prima, l'aveva gettato in mare, convinto che sarebbe bastato a sbarazzarsene. A quanto pareva, aveva fatto un grosso sbaglio, ma l'importante era che adesso fosse ritornato nelle sue mani.
«Come avranno fatto loro a trovarlo?»
«Ciò che conta, caro fratello...è che ora sia mio!» concluse, con soddisfazione, ricordandosi di averlo sottratto alle gelide mani della cacciatrice che aveva ucciso.
«Cosa è Vostro, Niklaus? Se posso chiederlo...» domandò una giovane donna dai capelli neri e gli occhi azzurri, entrata in quel momento nella stanza.
«Lucrezia! Che piacevole coincidenza. Vi sarei venuto a cercare a breve» fece l'ibrido, con entusiasmo.
«Serva vostra, milord. Come posso esservi utile?» la donna si accomodò accanto a lui.
Klaus fece un cenno col capo a Elijha, e quest'ultimo capì subito di dover passare il pugnale alla donna.
Appena Lucrezia lo sfiorò, fu pervasa da una forte sensazione che le fece emettere un leggero gemito.
«L'avete ritrovato!» esclamò stupefatta.
Klaus piegò il busto in avanti per avvicinarsi a lei.
«...E ora voglio che venga distrutto» sussurrò, guardandola con la solita aria diabolica.
La donna si irrigidì, perfezionando la sua postura.
«Impossibile!» asserì con decisione, ma, prontamente, lo sguardo contrariato di Klaus le fece capire di dover moderare i toni.
«Questo pugnale, milord, è stato creato dalla Strega Originaria insieme all'incantesimo che dà vita alle cacciatrici. Insieme costituiscono l'equilibro, perché in natura non è ammissibile nulla che non possa essere distrutto» guardò con attenzione Klaus, perché quel discorso era rivolto a lui soltanto. Quel pugnale era stato creato appositamente per ucciderlo.
«Tra due forze deve sempre regnare l'equilibrio: altrimenti dominerebbe il caos» diede un'ultima occhiata al pugnale e poi lo porse al vampiro «E il Fiore di Loto ...è il simbolo di ciò che per eccellenza si oppone al caos».
L'ibrido afferrò il pugnale.
«Sono spiacente...non c'è nulla che io possa fare per Voi» terminò Lucrezia, con diplomazia.
Lo sguardo di Klaus la incenerì; Elijah, invece, osservava la scena con la solita compostezza.
«Quanti anni ha compiuto Vostra figlia, milady?» il tono di Klaus era una nota bassa di diabolica placidità.
La donna deglutì visibilmente.
«Quattordici anni, milord» rispose, cercando di mantenere il controllo.
«Quattordici...crescono così in fretta...così graziosi...così vulnerabili...» il suo perfido sguardo lasciò intendere ogni cosa.
«Beh, cara Lucrezia, sono sicuro che troverete al più presto un modo per risolvere questo mio... fastidioso problema!» si alzò, e con lui anche Elijah.
«Vi auguro una piacevole serata, milady» prese la sua mano e la baciò.
Lucrezia sembrava essersi pietrificata.



*** ***


«Che senso ha fare tanta fatica per creare degli ibridi...per poi ucciderli?» domandò Kendra all'amica, che da poco l'aveva raggiunta.
Summer si guardò intorno altrettanto stupita.
«Ad alcuni è stato strappato il cuore, mentre gli altri sembrano...morti dissanguati. Infatti, se noti bene, non hanno ferite. Il sangue è fuoriuscito dagli occhi e dalla bocca...» mentre parlava, Summer cercava di capire l'assurdo comportamento di Klaus.
«Già...è come se avessero rigettato il sangue bevuto per ultimare la trasformazione» continuò Kendra.
«Wow...» esclamò improvvisamente Summer.
«Cosa?»
«Che momento alla CSI!» continuò con enfasi.
«Ma vuoi essere seria per qualche minuto!» la rimproverò Kendra, anche se consapevole che sull'amica le ramanzine non sortivano nessun effetto.
«È ovvio! Come ho fatto a non arrivarci subito!? La doppelganger è ancora viva! Non ho idea di come abbia fatto a sopravvivere, ma sono certa che sia questa la causa: deve essere per questo che Klaus non riesce a crearne altri come lui!» disse Summer, velocemente.
«Non ti seguo...»
Quando aveva un'intuizione, Summer tendeva a parlare alla velocità della luce, e per di più Kendra era avvilita dai suoi continui sbalzi caratteriali.
«Te lo faccio spiegare meglio dall'esperta in materia...» la cacciatrice estrasse il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni e chiamò Lily.


*** ***


Londra, 1504 d.C


...È difficile, o quasi impossibile, fare la cosa giusta, quando la posta in gioco è tua figlia...

Lucrezia osservava la sua bambina dormire beatamente.
Non poteva permettere che le accadesse qualcosa: anche se questo significava mettere il male in notevole vantaggio rispetto al bene.
Uscì dalla camera, e velocemente si diresse verso il salotto.
All'interno di quella stanza, corpi privi di vita e seminudi di giovani donne giacevano ammucchiati nel centro.
«Perdonate il disordine, milady. Gli altri compagni ed io abbiamo da poco terminato di banchettare» la voce di Klaus, dietro di lei, la fece lievemente sussultare.
«Figuratevi...» disse, cercando di mantenere la compostezza, nonostante l'orribile scenario di fronte ai suoi occhi.
«Ma prego, mia cara, accomodatevi» Klaus indicò una poltrona sulla quale giaceva anche una donna agonizzante interamente ricoperta di sangue.
«Vi ringrazio» si accomodò.
«Immagino che siate qui, mia cara, per darmi delle buone notizie» affermò serafico.
«Certamente, milord»
«Allora? Non tenetemi sulle spine, cara Lucrezia...»
La donna fece un respiro profondo e cominciò a parlare.
«Come vi ho già spiegato, milord, il pugnale non può essere distrutto» lo sguardo di Klaus cambiò, ma subito la donna riprese a parlare «Ma può essere scomposto».
«Spiegatevi meglio...»
«Creerò un incantesimo in grado di scinderlo in tre elementi che verranno sparsi all'istante per il mondo. Nessuno conoscerà mai la loro forma né potrà mai ricomporlo, perché farò in modo che nulla resti impresso nel mio Grimorio. Questo è tutto ciò che posso fare per Voi...»
Klaus restò in silenzio per quasi un minuto; per Lucrezia fu un tempo interminabile.
«Davvero molto astuto» mise una mano dietro la schiena e prese il pugnale.
«Procedete pure, mia cara»



*** ***


«Ho un bel rompicapo per te, streghettina nostra!» disse Summer, mentre impostava il vivavoce.
«Se qualcosa fosse andato storto durante il rituale di Klaus...per esempio...non saprei...ne butto una a caso: la doppelganger avesse trovato un modo per sopravvivere, quali pensi potrebbero essere le conseguenze?»
«Beh devi sapere che c'è della matematica anche nella magia, anzi: soprattutto nella magia!»
«La versione breve, please!» puntualizzò Summer, che non era in vena di lezioni, ma l'amica continuò con noncuranza.
«Come non detto...» sussurrò demoralizzata la cacciatrice.
«Per rituali di questo tipo la perfezione è d'obbligo, altrimenti si rischiano delle mancanze direttamente proporzionali alla percentuale d'imperfezione del rito»
«L'ha detto davvero?! Ha realmente detto “direttamente proporzionali”?!» bofonchiò Summer, allibita. Anche Kendra – nonostante non avesse problemi a comprenderla – sembrò d'accordo con lei. La stanchezza mette a dura prova la capacità comprensiva e la pazienza di chiunque!
«Lily... tesoro, per cortesia, se proprio non vuoi farci un riassunto, almeno smettila di usare questi “nerdologismi”» la implorò Summer, sperando di avere più fortuna.
«Concordo!» aggiunse Kendra.
«Le conseguenze possono essere varie. Dipende dalla gravità dell'imperfezione, per il caso che mi hai riportato tu...beh potrebbe essere la mancata trasformazione, oppure l'opposto come una trasformazione permanente; oppure ancora...non so, l'incapacità di generare propri simili! Per ora mi vengono in mente solo queste. Non saprei...ma perché me lo chiedi? E per inciso: siete davvero meschine, quando non mi lasciate fare la saputella!» disse velocemente.
Le due sorrisero.
«Adesso ho capito dove vuoi andare a parare!» disse Kendra, che finalmente aveva chiara la situazione.
Lily, invece, brancolava nel buio.
«Cosa? Cosa ti è chiaro, Kendra? Fate capire anche me!» si lamentò la strega.
«La doppelganger è viva!» asserì Summer.
Lily prese una una lunghissima pausa, prima di sentenziare qualcosa: «Umn...beh chiunque sia stata la strega a trovare una scappatoia... è davvero brava!... Notevole!» dalla sua voce trapelò una leggera invidia.
«Mi sorprendo del fatto che tu sia poco sorpresa» affermò Summer, lievemente confusa.
«Da strega – altrettanto brava – so, che se ci si impegna, un modo per scampare la morte lo si trova sempre!»
Summer e Kendra si lanciarono uno sguardo d'intesa.
«Ovvio che lo sapessi! Insomma... sei la strega della Triade, sei la migliore del mondo!» Kendra cercò di risollevare il suo ego.
«Grazie per il contentino...non ce n'era bisogno! Anche se in effetti mi sento meglio!»
Kendra ormai l'aveva capito bene: nel suo gruppo era l'unica sana di mente!



Nda:
- Come avrete capito, Klaus pensa che sia stato l'intervento di Bonnie ad interferire col rito. Stefan lo capisce e, ovviamente, glielo lascia credere :)
Grazie per la lettura^^
E un grazie “speciale” alla dolcissima NanyVale :-*
NaNa






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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo ***






Capitolo VII





In quella piccola stanza, l'unica fonte di luce era la lampada poggiata sulla scrivania; tutto il resto sembrava avvolto dall'oscurità.
Seduta in maniera composta e con l'aria assorta, era una ragazza dalla carnagione molto chiara con alcune efelidi sugli zigomi e sul naso; i capelli, rossi e mossi, erano legati da una grande pinza a forma di farfalla. Gli occhi, di un nocciola molto chiaro, seguivano le parole di quel diario con una movenza quasi ritmica.




Dal Diario di William Smith


Londra 1507 d.C



Oggi sono passati esattamente tre anni dalla morte di Esmaél.
Tuttora, nei miei sogni, anche se sarebbe più corretto chiamarli incubi, le immagini di quella notte rivivono senza darmi tregua.
Nei loro diari, molti osservatori raccomandano ai loro successori di tenersi emotivamente distanti dalle cacciatrici, perché queste sono dei fiori che rapidamente nascono e muoiono; ma sfido chiunque a non legarsi al proprio compagno di lotta.
Esmaél era la cacciatrice più forte che avessi mai avuto l'onore di servire.
Il fatto che avessimo trovato insieme un pugnale che si dava ormai per leggenda, per me, era un segno del destino.
Avevo ogni cosa: una cacciatrice degna di questo nome, la leggendaria arma e la disperata voglia di salvare l'umanità.
Sembrava un momento decisivo: uno di quelli che cambia le sorti del mondo; ed io ne ero partecipe. In quei giorni, anche il vile tradimento di Lucrezia mi sembrava più tollerabile. Credevo che ce l'averemmo fatta anche senza di lei, ma sbagliavo.
Se il Consiglio, per contrastare il male, prevede un osservatore, una cacciatrice e una strega, evidentemente, la somma di queste tre forze costituisce il giusto equilibrio tra il bene e il male.
Per contrastare Niklaus noi due non bastavamo... e una valorosa dama è morta, mentre io sono vivo, seppur per miracolo.
Per me questo è inaccettabile! Ma mi illudo credendo che se sono ancora vivo è per assolvere ancora qualche compito qui sulla terra.
Con tutto il mio cuore, spero di essere ancora utile... anche se nulla mi sembra oramai possibile.
La nuova cacciatrice che mi è stata assegnata, Ginevra, non è neanche lontanamente caparbia e coraggiosa quanto Esmaél, ed io credo fermamente che la follia, l'istinto e soprattutto il coraggio siano le doti più vincenti di una cacciatrice. Ma, anche se fosse stata come lei, il pugnale, la nostra unica speranza, è ormai caduto nelle mani del nostro nemico.
A volte spero che Lucrezia rinsavisca e ritorni sulla retta via per aiutarci, ma, dentro di me, ho la certezza che questo non accadrà.
La sua anima è oramai troppo corrotta per sopportare il peso della redenzione.
È da qualche mese che la gente riversa sul suo nome ogni tipo di maldicenza. Molti dicono che abbia perso la ragione; che passi intere notti insonni, per poi passare intere giornate a pungersi le braccia con uno spillo. Altri dicono che la sua moralità sia più sgretolata del suo patrimonio, e che abbia dovuto maritare sua figlia con un francese, perché solo oltremare la sua nomea non la precede.
Se solo la metà di queste cose sono vere, significa che ormai Lucrezia è solo lo spettro della donna che amavo...


*** ***


«Lily, ti prego, dimmi che hai trovato qualcosa. Qualunque cosa! Ho bisogno di un punto di partenza» piagnucolò Summer, parlando al telefono con l'amica.
«Sto rileggendo i Diari di William Smith, nella speranza di trovare qualcosa che ci è sfuggito, ma per ora ancora niente. Sono spiacente, Summer...»
La cacciatrice emise un gemito di frustrazione, incurvando leggermente le spalle.
«Aspetta, hai detto William Smith? Il tizio del dito?»
«Summer, sii un po' più rispettosa! In fondo è grazie a quell'uomo che oggi siamo ad un passo dal pugnale. Comunque, sì, proprio lui. Perché me lo chiedi?»
«Perché mi sono appena ricordata di una cosa che volevo chiederti da un po', e riguarda appunto il rispettabile osservatore William Mutilatore di Cacciatrici Smith!»
«Non ce la fai proprio a trattenerti, vero?!» domandò l'amica, avvilita.
«No. Mi è impossibile! E poi quel tizio ha fatto la sua cacciatrice in mille pezzi! È inquietante! Anche nella peggiore delle ipotesi, Kendra non mi farebbe mai nulla del genere!» ci pensò attentamente, «Almeno spero...».
«Ma è stato per una giu...» la strega non riuscì a terminare la frase.
«Comunque, parlando di lui, e correggimi se sbaglio: venne mandato in Turchia agli inizi del '500 per cercare la nuova cacciatrice che il Consiglio aveva localizzato»
«Esattamente...» intervenne Lily.
«Quando la trovò, nel viaggio di ritorno, in un mercato locale che vendeva manufatti del luogo, la cacciatrice iniziò ad avere degli strani giramenti di testa, accompagnati da altrettanto strani spasmi alle mani e, come il diario riporta, “si sentì chiamata da un pugnale che stava su una bancarella insieme ad altre cianfrusaglie antiche”...»
«Sono sicura che sul diario non ci sia scritto “cianfrusaglie”!» puntualizzò l'amica con un tono da ramanzina.
«Comunque ho capito! Vuoi chiedermi se anche tu avvertirai questi sintomi nelle vicinanze del medaglione. Dico bene?» continuò la strega, mentre la sua mente avviava una complicata procedura per darle una risposta esauriente e minuziosa.
«No. In realtà voglio sapere se hai controllato su Ebay, prima di spedirmi in questa triste cittadina!» affermò Summer, con la solita parlantina veloce.
«A volte, avere a che fare con te mi fa venire il mal di testa!» disse la strega, dolcemente demoralizzata.
«Però, in effetti, ora che ci rifletto, quando tocco l'anguilla e la caramella mi formicolano le mani...» continuò la cacciatrice, senza badare all'affermazione dell'amica e assumendo una buffa espressione pensosa.
«Il Serpente e la Triluna» precisò con avvilimento Lily – ormai stanca di combattere – mentre si chiedeva se fosse lei ad essere troppo pignola oppure Summer ad essere troppo...Summer!


*** ***


Londra 1507 d.C


A notte inoltrata, qualcuno bussò rumorosamente alla porta di William Smith.
L'uomo camminò velocemente per il corridoio e poco dopo raggiunse l'ingresso della sua dimora.
Aprì la porta e vide l'ultima persona al mondo che si aspettava di incontrare.
«Avete una bella faccia tosta a presentarvi qui!» asserì l'uomo, con decisione.
«Ho fatto una cosa orribile, William...» sussurrò la donna in lacrime.
William la osservò attentamente: disordinata, sciatta e con uno sguardo spento e perso chissà dove.
«Se vi riferite al vostro tradimento, Lucrezia, siete un po' in ritardo per le scuse!» disse, mentre con la mano si apprestava a chiudere la porta, ma il braccio della donna lo bloccò prontamente.
«Mi riferisco a qualcosa di molto più orribile...» confessò, con la mascella tremante.
William ci pensò per qualche secondo, poi la fece entrare.
La fece accomodare nel salotto e si sedette di fronte a lei.
«Vi ascolto...»
Lucrezia aveva un'aria spaesata e confusa, ma, dopo un profondo respiro atto a calmarla, iniziò a parlare: «Ho...condannato l'umanità a fine certa, William, ma voi potete salvarla»
«Non vi seguo...» disse, cercando di conservare la freddezza.
«Il pugnale...l'ho scomposto»
William spalancò gli occhi. Non aveva ben chiaro cosa avesse fatto la strega, ma subito ne intuì la gravità.
«Niklaus aveva minacciato di uccidere Caroline...e non potevo permetterlo!» la donna riprese a piangere più forte.
«Calmatevi, Lucrezia. Ho bisogno di sapere ogni cosa...» pronunciò, reprimendo sia la rabbia che la compassione; voleva ad ogni costo apparire distaccato.
«Era l'unica alternativa che avevo per salvare mia figlia. Così ho effettuato l'incantesimo e il pugnale si è scisso in tre oggetti che si sono sparsi per il mondo»
Scosso da una violenta agitazione, William si alzò iniziando a respirare con la bocca.
«Avete idea della gravità del gesto che avete compiuto!?» la rimproverò con voce alta e dura.
«Lo so, William. È stato un gesto terribile ed estremamente egoista...» le lacrime ripresero a scendere ancora più copiosamente.
«Ma non è del tutto irreparabile...c'è ancora speranza...» rivelò, infine.
«Come, Lucrezia? Come si può rimediare a questa sciagura?!» Willam s'inginocchiò ai piedi della donna.
«Ho mentito a Niklaus. Gli ho fatto credere che l'incantesimo non avrebbe lasciato traccia, ma in realtà è al sicuro»
«Come avete fatto?»
«Gli ho detto che avevo escogitato un modo per non lasciare trascritto nulla dell'incantesimo sul Grimorio. Ma sapevo che non mi avrebbe creduto così, quella notte, ho scambiato il mio Grimorio con quello di mia zia. Quando ho effettuato l'incantesimo, ovviamente, sul Grimorio che avevo davanti non si è impresso nulla. Ma, nonostante ciò, Niklaus me lo ha sequestrato... non avevo dubbi che l'avrebbe fatto!»
Un mezzo sorriso comparve sulla bocca di William: come sempre, Lucrezia ne sapeva una più del Diavolo.
«Sul mio Grimorio c'è sia la formula per ricomporlo, sia una raffigurazione dei tre elementi»
«Anche se siete stata astuta, Lucrezia, come faremo a trovarli?»
«Con un incantesimo di localizzazione che si trova anch'esso impresso in quelle pagine. Ma adesso dovete ascoltarmi con attenzione, William: le uniche persone che possono fare da tramite sono Niklaus e una qualsiasi cacciatrice che abbia sfiorato il pugnale anche per un solo istante. Dovrete procurarvi le ossa di Esmaél, ne basterà anche un frammento piccolo. Per quanto riguarda il mio Grimorio, invece, beh... voi sapete bene quali sono i miei nascondigli» la donna accennò un mezzo sorriso, ripensando ai tempi in cui i due erano inseparabili.
William si perse nello sguardo di Lucrezia e, per un attimo, nei suoi occhi, gli parve di vedere la luce che credeva estinta; ma subito si sentì spaventato all'idea di ricordare anche il più piccolo sentimento provato per quella donna, così abbassò il volto rapidamente.
«Bene, lo farò. Ora, se non avete altro da aggiungere, Lucrezia...potete andare»
La donna si alzò, ma, al posto di incamminarsi verso l'uscita, si avvicinò a lui.
Mentre le lacrime ricominciavano a rigarle il viso, prese il suo volto tra le mani, avvicinò la fronte alla sua e bisbigliò: «Il rimorso mi sta consumando, William. So che il cielo non mi perdonerà...ma non mi interessa. Perché tanto è solo il vostro perdono che potrà alleggerire per un istante la mia anima».
«Perdonatemi...» continuò, con una dolcezza intrisa di speranza.
William spalancò i suoi grandi occhi verdi, mentre lei continuava ad accarezzare il suo viso irruvidito dalla barba.
Le afferrò i polsi con delicatezza, ma solo per distaccare le mani dal suo volto.
«Non posso perdonarvi, Lucrezia» sussurrò, provando un immenso dolore.


*** ***


Summer era seduta al tavolo del Mystic Grill. Di fronte a lei troneggiavano un enorme hamburger, patatine fritte, crocchette di pollo e, immancabilmente, una bottiglia di birra.
Il cibo era l'unica “magra” consolazione, dopo un'intera mattinata passata a cercare un medaglione che sembrava inesistente.
«Adoro le donne con un sano appetito!» esordì Damon, mentre le si sedeva di fronte.
Finalmente poté osservarla alla luce del giorno, e non poté negare a se stesso la sua particolare bellezza.
Gli occhi grandi, la capigliatura folta e i lineamenti definiti – un po' a “bambola di porcellana”– davano al vampiro l'impressione che fosse uscita da chissà quale manga.
«Seriamente... in quale prestigiosa Università hai conseguito questo Master in tecniche di approccio banali e fallimentari?!» chiese serafica.
«Le tecniche sono sopravvalutate. Io punto tutto sulla perseveranza» il vampiro le dedicò una delle sue espressioni scherzosamente sexy, per poi continuare con più serietà: «Ora lascia che sia io a farti una domanda: chi sei?».
«Una donna che vorrebbe pranzare in santa pace!» rispose lei, repentinamente.
Damon mosse le labbra in uno dei suoi famosi sorrisi finti e provocatori.
«Ti ho riconosciuta sulle Smoky Mountain, chi sei? O meglio, cosa sei?» continuò con più insistenza, ostentando la sua solita sicurezza.
Summer lo guardò con la compassione che si riserva al solito stupido montato di testa. Osservandolo su quella montagna, alle prese con l'ibrido, aveva capito perfettamente che si trattava di un vampiro, ma se pensava di poter fare il gradasso con lei, solo per questo piccolo dettaglio, sbagliava di grosso!
«Chiariamo una cosa: l'unico motivo per cui non ti infilo un paletto nel cuore e pongo fine alla tua inutile esistenza è perché, a quanto ho capito, proteggi la doppelganger. Ma su queste cose sono un po' volubile...quindi ti consiglio di non farmi cambiare idea...» gli spiegò con calma. Poi si alzò e mise le mani sul tavolo, sporgendosi in avanti, per avvicinare il volto a quello del vampiro.
«Per quanto riguarda tutto il resto, ti dirò solo quello che ti è dato sapere: Elena deve rimanere in vita. Quindi deve stare il più possibile lontana da Klaus! Questo significa che, se vi vedrò ancora nelle sue vicinanze, mi troverò costretta a portavi in un luogo sicuro personalmente. Ma sia ben chiaro...che lo farò a calci!» il suo tono si mantenne basso e cordiale, ma lo sguardo minaccioso lasciava intendere tutta la sua serietà a riguardo.
«Ora, se vuoi scusami!» continuò, facendo un' ironica e minima riverenza. Poi si voltò, dandogli le spalle.
Damon fece una smorfia di rabbia e la guardò per tutto il tempo, infastidito dalla sua eccessiva sicurezza.
Restò seduto lì a riflettere. Doveva trovare un modo per capire se quella donna fosse realmente un pericolo, ma, in quel momento, il suo telefono squillò. Controllò fugacemente il display, che segnava anonimo.
«Spero che tu sia una donna sexy e vogliosa!» rispose, in tono giocoso e provocatorio.
«In effetti è così!»
Quella voce mutò rapidamente l'espressione del vampiro, velandola con un alone di noia, fastidio e, soprattutto, preoccupazione.
«Katherine!*»



Nda
La telefonata è quella dell'episodio 3x03, in cui Katherine rivela a Damon che Stefan si trova a Chicago.
Grazie per la lettura :)
NaNa




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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo ***




Appoggiato alla macchina, Damon aspettava che Elena uscisse da scuola. “Damon, cosa ci fai qui?” gli domandò la ragazza appena lo vide.
“E buongiorno anche a te Elena” rispose il vampiro visibilmente seccato dal fatto che lei, come sempre, non gli concedesse neanche il minimo sindacale delle interazioni sociali.
“Qualche novità su Stefan?” domandò, sorridendo per la sua battutina di rimprovero.
“Diciamo che ho avuto una soffiata” Damon le aprì lo sportello della macchina.
“Da chi?” domandò lei sospettosa.

Visto che ci tieni a saperlo. E' stata la tua gemella cattiva”
“E da quando consideriamo Katherine una fonte attendibile?”
“Infatti non lo è. Ma è l'unica fonte che abbiamo!”
Elena ci ragionò per qualche secondo.
“Cosa ti ha detto?” domandò con un'evidente nota di scetticismo.
“Ha detto che Bonnie e Clyde sono a Chicago. Quindi adesso ti accompagno a casa, predi giusto il necessario e partiamo”
Elena lo guardò sorpresa.
“Dici sul serio? Niente: Elena andrò da solo perché tu devi stare in panchina al sicuro?”
Damon la guardò divertito.
“Così mi fai apparire noioso come Stefan” le lanciò uno dei suoi soliti sguardi; e la reazione di Elena fu una smorfia contrariata.
“Una volta arrivati lì troveremo un modo possibilmente non stupido e sicuro per farti parlare con Stefan. Ma è inutile che ti dica che avremo poco tempo, quindi il tuo...ispirato discorso d'amore dovrà essere breve ed efficace...” disse caricando la frase d'enfasi “se vuoi ti prendo qualche Harmony da leggere durante il viaggio...giusto per prendere qualche spunto...” aggiunse con la solita ironia.

Elena era visibilmente infastidita, ma se voleva trovare il suo Stefan doveva inevitabilmente tollerare la compagnia di Damon che, in fin dei conti...non le dispiaceva poi tanto.



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Dal Diario di William Smith


Londra 1508 d.C



Quello che ho dovuto fare ha messo a dura prova la mia psiche.
Altre agghiaccianti immagini si sono insidiate nel macabro scrigno dei miei ricordi.
Sono tornato nel luogo in cui avevo seppellito il cadavere di Esmaél.
Una piccola altura da cui si vede interamente il villaggio in cui è cresciuta. Più volte, durante il suo soggiorno a Londra, mi aveva confessato il desiderio di ritornare in quei luoghi, affinché la sua anima potesse vegliare sui suoi cari. Ho fatto così tanto per rispettare la sua volontà, che il seguito della storia è il segno di quanto a volte possa essere meschino ed ironico il destino.
Durante il viaggio non ho fatto altro che pensare alle parole di Lucrezia.
Mi aveva detto che per un incantesimo di localizzazione sarebbe bastato anche un piccolo frammento d'osso; e la mia intenzione iniziale era esattamente quella. Riesumare il corpo e tagliarne una piccola parte, magari un dito, per poi seppellirlo nuovamente. Ma poi una strana ansia ha pervaso la mia anima. Non potevo lasciare il solo tramite per la localizzazione degli elementi in un unico luogo. E se fosse successo qualcosa al frammento che portavo con me? Un viaggio così lungo è sempre pieno di insidie. E se fosse invece successo qualcosa alla salma di Esmaél? Si pensi all'eventualità di uno scavo, magari per la creazione di un pozzo; che fine avrebbero fatto quelle ossa tanto preziose per l'umanità?
Mentre viaggiavo, si faceva sempre più strada in me la convinzione che quel tesoro andasse dislocato per il mondo, affinché, in ogni evenienza, ci fosse sempre un modo, una speranza, per ricostituire il pugnale.
Così, una volta arrivato su quell'altura, ho dedicato qualche munito alla memoria di Esmaél; poi ho iniziato a scavare.


Lily continuava a leggere i diari di William Smith nella speranza di trovare un modo per velocizzare le ricerche dell'amuleto. Ripensava ai due anni passati alla ricerca della Triluna nel nord dell'Australia. Purtroppo, l'incantesimo di localizzazione, avendo come tramite solo l'energia residua impressa nelle ossa della cacciatrice, non poteva essere preciso, e dava un'area approssimativa dal raggio di un chilometro. Controllare ogni casa ed ogni luogo in un raggio di quella portata non era semplice, ma soprattutto richiedeva tempo.
Ma, mentre gli occhi erano fissi sul quel diario, Lily ripensò alla precedente telefonata con Summer e, all'improvviso, un'intuizione geniale si palesò nella sua mente.



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Mentre Elena metteva nello zaino l'occorrente per il viaggio, Damon osservava il paesaggio fuori dalla finestra della sua stanza, e pensava alle parole di quella misteriosa ragazza. Il viaggio che stavano per fare andava contro tutto quello che gli era stato intimato. Ma lui non era il tipo che si lasciava spaventare dalle parole di una ragazzina che si dava delle arie da super donna.
Se era veramente pericolosa come voleva far credere, doveva dimostrarglielo: altrimenti, che andasse pure al diavolo!

Elena andò in bagno per prendere l'occorrente da sistemare nel beauty case, e subito il vampiro ne approfittò per frugare nella sua borsa.
“Sul serio Elena? Delle innocentissime mutandine rosa?” disse, mentre osservava quell'indumento merlettato.
Elena, a passo veloce, si diresse verso di lui e gliele strappò dalle mani, con uno sguardo che avrebbe potuto incenerirlo se solo fosse stato cosparso di benzina.
Damon fece una faccia allibita.
“Ti ho detto che il discorso deve essere 'breve ed efficace'. Come può mai essere efficace senza del pizzo nero vagamente trasparente?”

Potresti, gentilmente, aspettarmi fuori...oppure in macchina?” chiese infastidita.
“Cerco solo di fare da Cupido!” disse con il solito surplus di enfasi, mentre Elena, ormai esasperata, lo spingeva di forza fuori dalla sua stanza.



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Summer era appena uscita dalla biblioteca di Mystic Falls.

Aveva visitato l'area dedicata ai cimeli del luogo senza fortuna, e adesso camminava sconsolata per quelle tranquille stradine.
Il telefono nel suo pantalone iniziò a vibrare e, appena vide che la chiamata era di Lily, rispose.

Mi hai chiamato per darmi delle belle notizie?” chiese speranzosa.

In un certo senso sì”
Il volto di Summer s'illuminò.

Spara”
“Ho pensato ad un modo per renderti più recettiva all'oggetto”
Il volto di Summer si dipinse di sospetto.

Non vorrai mica farmi del vudù o cose simili? Lo sai come la penso! Sono inquietanti e nel novanta per cento dei casi hanno un sapore orribile!” piagnucolò la cacciatrice.

Preferisci passare qualche anno lì a Mystic Falls? Beh in effetti il clima non è male...ma non ti mancherà la Grande Mela?” disse Lily, con amichevole malignità.

Mi avevi già convinta a 'qualche anno'!” Summer aveva un'espressione di puro avvilimento.

Bene, allora preparo l'occorrente e ti raggiungo quanto prima!”
“Non vedo l'ora!” disse con evidente sarcasmo: quanto odiava la stregoneria!



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Kluas e Stefan entrarono in un bar dallo stile retrò che richiamava i tempi del proibizionismo.

C'erano poche persone, e la barista era di spalle al bancone per sistemare alcune bottiglie sulle mensole.

Due scotch e una consulenza!” disse Klaus.
La donna sembrò arrestarsi per un secondo; poi posò la bottiglia che nel frattempo reggeva e si girò.

Klaus...” sussurrò col tono di chi riceve una visita non gradita.

Dana prendi il mio posto” ordinò la barista ad una ragazzina che puliva i tavoli; ed in seguito fece cenno ai due di seguirla.
“Tu, amico mio, resta pure qui a bere” disse Klaus a Stefan, che si era mosso per andare con lui.

Stefan si risedette sullo sgabello, ed osservò con attenzione quella donna di colore di mezz'età e dai capelli biondi sfacciatamente tinti, chiedendosi quali fossero i suoi rapporti con Klaus; ma l'udito da vampiro l'avrebbe presto aiutato a capirlo.
Klaus e la donna si accomodarono in un tavolinetto in fondo alla sala.

Cara Gloria, vedo che il tempo non ti è nemico” disse l'ibrido con fastidiosa galanteria.
“Risparmiami i convenevoli Klaus”

Cercavo solo di essere...amichevole...” disse con volto serafico e tono minaccioso; ma la strega non sembrava per nulla intimorita.

Quindi...vuoi creare altri ibridi? Dico bene? Voci di questa portata girano in fretta...”
“In effetti la mia intenzione è questa. Ma... diciamo che ho avuto dei problemi di ordine tecnico”
Gloria lo guadò incuriosita e lui continuò.
“Ho fatto tutto quello che dovevo; eppure non sta funzionando, non riesco a crearne degli altri. Spero che tu...mia cara amica...possa aiutarmi a capire cos'è andato storto”
Gloria incrociò le braccia ed appoggiò meglio la schiena alla sedia.

Restò qualche secondo in silenzio con lo sguardo assorto nel vuoto, mentre Klaus la osservava aspettando che iniziasse a dire qualcosa in merito.

Se dici di aver fatto tutto, non so cosa pensare...”

C'è dell'altro, sono stato attaccato da una strega...durante la trasformazione...”
“Beh in effetti potrebbe essere questa la causa, ma la realtà Klaus è che solo la strega che ha dato vita alla maledizione potrà dirti cos'è stato ad interferire e soprattutto come rimediare”
Klaus ascoltò attentamente.

Come possiamo contattarla?”
“Ti avviso che non ti farà piacere quello che sto per dirti”
L'espressione di Klaus trapelò un intento omicida; ma, ancora una volta, la strega non sembrava spaventata.
“L'unico modo per contattarla è attraverso il solo oggetto che ha creato” Gloria non trascese nei dettagli: Klaus sapeva bene a cosa si stava riferendo.

Per qualche secondo il volto del vampiro fu indecifrabile, poi un mezzo sorriso rassegnato comparve sulle sue labbra.

Ero certo che quella decisione prima o poi mi si sarebbe ritorta contro”

Gloria conosceva bene la storia del pugnale e di Lucrezia Galler; notevole furbizia, grande talento e... pessima fine. Per secoli si parlò di lei, di ciò che aveva fatto; ma, soprattutto, per secoli intere generazioni di streghe e osservatori del Consiglio cercarono senza successo il suo Grimorio.

Devi trovare il suo Grimorio, lì ci sarà sicuramente la formula per localizzare i tre elementi” suggerì la strega.

Il volto di Klaus si rilassò.

"Fortunatamente, è già in mio possesso”
Gloria restò quasi scioccata; eppure avrebbe dovuto intuire che Klaus non avrebbe mai permesso che andasse perduto.

Il problema, mia cara amica, è che sul Grimorio non c'è traccia dell'incantesimo a cui ti riferisci. Lucrezia fece in modo da non lasciare nulla di trascritto...sai com'è...c'era in ballo la vita di sua figlia” affermò con un sorriso di compiacimento.

Gloria sembrò per un attimo divertita; era proprio vero quello che si diceva di Lucrezia, che ne sapesse una più del Diavolo, ed in questo caso...di Klaus.

Ascoltami Klaus, Lucrezia era una strega molto potente, ma anche molto furba. Non c'è possibilità che l'incantesimo non sia stato trascritto sul suo Grimorio. Il legame che c'è tra una strega e il suo libro degli incantesimi è indissolubile. E' uno mistico stratagemma affinché nulla sia irreversibile”
“Cosa stai cercando di dirmi...” Klaus era furioso, eppure mantenne un tono di voce impassibile per non enfatizzare il fatto che fosse stato letteralmente raggirato.

Che è probabile che abbia usato qualche trucchetto di bassa lega per...oscurarlo temporaneamente...oppure per trascriverlo su qualche altra pagina. Ma, credimi, se quello che possiedi è davvero il Grimorio di Lucrezia...l'incantesimo è lì dentro!”

Il sorriso di Klaus diventò radioso.


Intanto Stefan aveva ascoltato ogni parola di quel discorso.

Se davvero stavano così le cose, prima o poi Klaus sarebbe riuscito a contattare la strega originaria, e allora avrebbe sicuramente scoperto la verità su Elena. Un brivido percorse la sua schiena: non poteva permetterlo!


Klaus si avvicinò al compagno e gli cinse le spalle con il braccio.

Prepara il passaporto amico mio, Londra ci aspetta”



Nota dell'autrice:

Spero che questa storia non stia risultando troppo pensante, perché a volte ho il serio terrore che lo sia! T.T

In ogni caso, grazie per la lettura^^

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Capitolo 9
*** Nono Capitolo ***



Dal Diario di William Smith


Londra 1508 d.C




Lucrezia è morta.

Hanno trovato il suo corpo privo di vita nella sua abitazione estiva; dicono che si sia impiccata.

Ma non riempirò queste pagine con il mio dolore; tanto non riuscirei ad esprimerlo comunque.

Lo scopo del diario di un osservatore è lasciare una traccia dettagliata del proprio operato, affinché questa possa essere d'aiuto alle successive generazioni di osservatori, streghe e cacciatrici. Qui non c'è spazio per i miei sentimenti, quindi farò il possibile per essere obbiettivo ed eloquente.

Ho avuto risposta da molti colleghi: le ossa di Esmaél stanno finalmente giungendo alle destinazioni che avevo prefissato. A questo diario allego le ossa del suo dito indice e l'elenco dei sedici luoghi in cui verranno custodite le altre.

Eppure, dopo tutto l'orrore di cui mi sono macchiato mutilando un cadavere semi decomposto e divenuto ricettacolo di vermi, tutto è stato vanificato dagli eventi di questi ultimi giorni.
Appresa la morte di Lucrezia, mi sono subito precipitato in quei luoghi dove era solita nascondere le reliquie importanti.
Ho controllato nello scomparto segreto del camino nella casa di Londra; sotto l'Angelo di pietra sulla tomba del suo defunto marito, Sir Eric Galler; ed infine nella stanza segreta dietro la libreria del salotto, nella sua dimora estiva a nord di Middlesbrough. Ma del suo Grimorio neanche l'ombra. Inutile aggiungere quanto questa scoperta mi abbia gettato nello sconforto; eppure dubito che sia caduto nelle mani di Niklaus, sono certo che Lucrezia non l'avrebbe permesso.
Il Consiglio, alla luce degli ultimi eventi, ha decretato le nuove linee guida da seguire.

Data la morte di Lucrezia, sarà presto nominata una nuova strega e ,fino a quel momento, saranno sospese le azioni contro Niklaus.

Le ossa di Esamaél devono essere gelosamente custodite fino al ritrovamento del Grimorio di Lucrezia.

Priorità assoluta, in questo momento, è trovare la Pietra di Luna; per quanto riguarda la doppelganger, invece, nel caso quest'ultima compaia, l'ordine categorico è quello di ucciderla, affinché Niklaus non possa spezzare la maledizione che blocca l'altra metà della sua natura.

Se volessi riassumere tutto ciò che sta accadendo nella mia vita, brevemente direi:

Che tutto quello che ho fatto in Turchia è stato vano.

Che a noi, che dovremmo essere i protettori dell'umanità, è stato ordinato di sacrificare la vita di una fanciulla che non è colpevole della sua natura di doppelganger; questa scelta gode del mio più sincero sdegno.

E che la donna che amavo ha lasciato questo mondo convinta del mio odio.

La mia anima, già duramente provata, è oramai in mille pezzi.

Spero solo che l'osservatore che mi succederà sia più degno di quanto lo sia stato io. Spero che le sue gesta abbiano più fortuna delle mie...e soprattutto spero che riesca a governare l'amore meglio di come abbia fatto io. Se avessi eseguito gli ordini del Consiglio, se solo avessi ucciso Lucrezia, quando questa iniziò a militare dalla parte di Niklaus, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Le cose sarebbero state molto diverse; forse, con una strega dalla nostra parte, il pugnale ed il coraggio e la forza di Esmaél, avremmo vinto. Ma l'amore per quella donna ha fatto sì che io fossi un pessimo osservatore. Ogni volta che la vedevo, era sempre la dolce ma lievemente dispotica fanciulla che mi fece innamorare; credo di non averla mai vista come la cinica strega super partes che era invece diventata. Anche quando bussò alla mia porta per fare ammenda, ho dovuto combattere per non perdermi nell'azzurro dei suoi occhi. Possa il cielo perdonarmi per essermi macchiato della colpa più grave che può incombere su chi è detentore delle sorti del mondo, l'amore; perché questo ti priva di una visuale globale imprigionandoti in un piccolo mondo in cui regnano solo gli estremi della felicità e del dolore. Confido fiduciosamente nelle prossime generazioni...per quanto riguarda me, invece, spero solo che mi sia concesso di rivedere la donna che non ho mai smesso di amare...


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Elena e Damon erano in viaggio da pochi minuti.

Chi pensi che sia?...Parlo della donna che ci ha salvato sulle Smoky Mountain” chiese Elena, interrompendo il silenzio.

Non ne ho idea. Ma non è il caso di preoccuparsene. Le statistiche dicono che è molto probabile che sia diventata la cena di Fido! ” mentì spudoratamente.

Elena gli rispose con uno dei suoi soliti sguardi contrariati.

Parlando di cose più importanti, ti ho portato una sorpresa” allungò la mano sul sedile posteriore e prese un libro che subito porse ad Elena.

La ragazza l'osservò attentamente, prima di lanciare l'ennesima occhiataccia al vampiro.

Seriamente? Il diario di Stefan? Damon non invaderò la sua privacy!” asserì risoluta.

Quello è il diario di Stefan?! Pensavo fosse Harry Potter! Come ho potuto confonderli?!” disse con la solita sfiancante ironia.

Ascolta. Sei tu quella a volere la verità ad ogni costo. Ed io lo rispetto...sarò un libro aperto e dai caratteri cubitali, promesso!” continuò con teatralità.
“Ma se vuoi saperla proprio tutta Elena, allora devi anche conoscere Stefan in versione allegro squartatore...” il vampiro afferrò il diario “se vuoi posso leggerti io qualcosa...”, ma Elena subito se ne rimpossessò: poi, con titubanza ed un visibile senso di colpa, iniziò a sfogliare quelle pagine ingiallite.


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Lily entrò in un piccolo sgabuzzino illuminato da una traballante lampadina appesa al soffitto. Sugli scaffali giacevano oggetti di ogni sorta, da una semplice confezione di candele ad una rosa in un baratto immersa in uno strano liquido giallino.

Afferrò uno scrigno di legno ed uscì.

Lo portò sulla sua scrivania e ne liberò il contenuto; un teschio ed altre ossa umane, e fece un sorriso divertito pensando di doversi mettere all'opera nel campo che più amava: la stregoneria. Poi il suo telefono squillò.


Summer...pensavo giusto a te”
“Significa che già stai preparando il Kit della strega cattiva?”

Diciamo di sì...” disse, mentre maneggiava il teschio.

Non posso oppormi vero? Questo mi fa pensare che nella nostra istituzione manchi un sindacato delle cacciatrici! Qualcuno deve pur difendere i nostri diritti!”
“Sembri una bambina che non vuole fare la puntura!”

E tu il medico bugiardo che tra poco mi dirà che è rapido e indolore!”

Sarà rapido e indolore!”

Sono sicura del contrario!... Ma lo farò... Perché è quello che fa una cacciatrice... si sacrifica per il bene dell'umanità...” disse con una dose massiccia di stucchevole enfasi.

Lily rise, ed in quel momento sentì l'avviso di chiamata.

Summer aspetta in linea. Metto Kendra in conferenza”

Pronto! Lily ci sei?”
“Sì Kendra, c'è anche Summer in linea”

Ahhh bene, così vi aggiorno insieme. Klaus e lo squartatore sono a Chicago. Non ho idea di cosa vogliano fare, per adesso sono in un bar”

Se il bar in questione è lo StarDust, è possibile che siano da Gloria, in fondo è la strega più potente della zona...evidentemente Kluas è lì per cercare delle risposte, se è così abbiamo poco tempo prima che scopra la verità sulla doppelganger!” affermò Lily seriamente preoccupata.
“Il bar è proprio quello!”

Appena sentì la parola “doppelganger” a Summer venne un forte timore.

Ragazze, devo lasciarvi! Aggiornatemi appena sapete dell'altro” disse la cacciatrice prima di riagganciare.

Hei aspetta! Cosa devi fare di tanto urgente? Summer?... Summer?” domandava Lily senza ottenere una risposta.

Summer era seriamente preoccupata che la doppelganger potesse nuovamente seguire le traccie di Klaus.

Doveva assolutamente controllare.

Anche se aveva intimato quell'arrogante vampiro di stare alla larga dall'ibrido, di certo non si fidava di lui: aveva l'aria del solito presuntuoso che abbassa la cresta solo a suon di pugni, ma per Summer questo non era certamente un problema.



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Leggi ad alta voce. Mi sto annoiando!” si lamentò Damon.

Te lo puoi scordare! E poi sono certa che già sai bene cosa c'è scritto qui sopra. Altrimenti non me l'avresti dato”

Hai indovinato Elena! Ho passato tutta la notte a cancellare le parolacce e le scene di sesso” si girò per guardare la sua reazione; com'era prevedibile, una faccia infastidita.
“Aaahhh ma se proprio ci tieni te le posso descrivere...in fondo hai diciotto anni ora”
“Ti ringrazio Damon, ma già ho il presentimento che questo viaggio mi sembrerà mooolto lungo, non peggioriamo le cose” gli disse con una vena di acidità.

Non sai cosa ti perdi: sono bravo con i dettagli piccanti” affermò prima di mordersi il labbro inferiore.

Elena lo riguardò seccata, quando l'immagine proiettata sullo specchietto retrovisore catturò la sua attenzione.
“Ho come l'impressione che quella moto ci stia seguendo” asserì dubbiosa.

Damon guardò a sua volta nello specchio.
“Ditemi che è uno scherzo...”
“Cosa ...a cosa ti riferisci?” ma appena Elena ebbe finito di pronunciare questa frase, con una forte accelerazione la moto li sorpassò di una decina di metri, fermandosi in sgommata e bloccando la strada.

Damon si fermò a giusto un metro di distanza dalla moto.

Resta in macchina” ordinò alla ragazza.

Il vampiro scese dall'auto, ma già sapeva chi si trovava di fronte; e quindi non restò sorpreso quando la donna si tolse il casco rivelando la sua identità.

Ma che piacevole sorpresa!” esclamò Damon, mentre Summer si avvicinava.

La ragazza non perse tempo; gli diede un veloce e potente schiaffo con il dorso della mano sinistra che fece spostare il vampiro di mezzo metro, costringendolo a reggersi sul cofano dell'auto. Poi ancora; gli afferrò il cranio con la mano destra destra e l'avambraccio con la sinistra, bloccandoglielo dietro la schiena, e gli spiaccicò per bene il viso sul cofano.

Elena guardò quella scena e, dopo svariati secondi di sbigottimento, scese anche lei dall'auto.

Questi modi non si addicono ad una signorina!” disse Damon, in notevole difficoltà.

Vedi...non te ne faccio una colpa, ho sbagliato io a credere di aver parlato con un vampiro di intelligenza media. Dimmi, cosa non hai capito della frase 'la doppelganger deve restare al sicuro'?” disse, mentre aumentava la pressione sul cranio di Damon.

Intanto il vampiro emetteva rauchi gemiti di dolore.

Chi sei? E come fai a sapere cosa sono?” domandò Elena, visibilmente impaurita.

Qui sono io l'unica nella posizione di poter fare domande! E se non vuoi che 'impaletti' il tuo amichetto ti conviene rispondermi; perché siete sulle tracce di Klaus?”
“Non dirle niente Elena...” disse Damon a denti molto stretti.

Summer aumentò ancora la pressione sul cranio del vampiro ed il telaio della macchina si deformò sotto di lui.

Non è Klaus che stiamo cercando, ma il ragazzo che è con lui” confessò Elena notevolmente preoccupata per Damon.

Elena fermati...non sappiamo se possiamo fidarci!” disse Damon, che proprio non riusciva a liberarsi da quella morsa.

Summer se lo tirò dall'avambraccio per rimetterlo in piedi.

Tu sei davvero fastidioso!” disse prima di spezzargli il collo con una mossa rapidissima e decisa.

Damon!” esclamò Elena scioccata, mentre il corpo privo di sensi del vampiro finiva rovinosamente a terra.

Summer lo guardò con un attimo di soddisfazione, poi si sedette sul cofano dell'auto.

Elena corse verso Damon.

Andiamo, pochi drammi! E' un vampiro. Un paio d'ore e sarà come nuovo! Ora torniamo a noi”

Elena la guardava spaventata.

Non fare quella faccia. Non voglio farti del male, al contrario, sono qui per proteggerti”

Mi risulta difficile crederlo” disse Elena, riferendosi a quella sorta d'imboscata.

Ammetto di avere dei metodi d'approccio un tantino bruschi, ma, credimi, ti puoi fidare di me” Elena la fissò attentamente, e per un attimo pensò davvero di potersi fidare di lei ; quella ragazza aveva un viso estremamente dolce ed anche la sua voce aveva un qualcosa di confortante. Ma subito capì di non potersi fidare di lei su basi di così poco conto.

Mi fiderò se anche tu risponderai a qualche domanda”

Ok. D'accordo. Vedi? Ora sono più calma... forse è il tuo fidanzato a farmi saltare i nervi!” disse, guardando infastidita quel corpo disteso al suolo.

Elena sistemò il corpo del vampiro per metterlo in una posizione più confortevole

Cosa?...No... Lui non è il mio fidanzato” fece, quasi distrattamente, sentendosi un po' stordita per via della strana situazione.

Come ti pare...Ritornando a noi. Perché cerchi lo squartatore?” domandò seria.

"Non chiamarlo così” bisbigliò Elena con gli occhi velati di lacrime: faceva male sentire che Stefan era davvero conosciuto in quel modo.

Summer subito notò la tristezza sul viso della doppelganger.

Non mi starai per dire che...in realtà è proprio lui il tuo fidanzato, vero?!” asserì visibilmente allibita, sentendo di conoscere già la risposta alla sua stessa domanda. Dal viso di Elena trapelava ogni cosa! E poi perché mettersi alle calcagna di Klaus? Doveva esserci un motivo estremamente valido! Si alzò per contrastare meglio l'onda d'urto di quell'assurda notizia.

Lui non è così...e... vogliamo solo convincerlo a ritornare a casa” disse con gli occhi ancora più lucidi.

Non posso crederci...” sussurrò la cacciatrice, mentre girava lentamente su se stessa per smaltire quell'informazione.

Va bene. Ok. Non voglio giudicare. Quindi...se... sei innamorata di uno dei più efferati vampiri degli ultimi due secoli: scelte tue! Fai quello che ti pare! Ma ascoltami bene: Klaus ha intenzione di creare altri ibridi, e non per organizzare un torneo di Poker, ma per mettere su un vero e proprio esercito; l'unico motivo per cui non riesce ad attuare il suo piano è perché tu sei ancora in vita...quindi...te lo chiedo per favore, metti temporaneamente da parte i tuoi sentimenti...e pensa a quello che succederebbe se Klaus riuscisse ad ucciderti...”
Elena spalancò gli occhi e senza accorgersene iniziò a stringere il suo ciondolo: il simbolo del suo legame con Stefan.

Summer si rese conto di aver scaricato una vera e propria bomba su quella ragazza e, anche se non condivideva le sue scelte amorose, provò pena per lei.

Il mio obbiettivo non è solo quello di proteggerti...” le mise le mani sulle spalle; e da quel tocco delicato Elena non ebbe più dubbi: poteva fidarsi di lei.

Ucciderò Klaus...puoi scommetterci! E dopo sarai libera di inseguire il tuo ragazzo anche in capo al mondo; ma per ora, devi restare al sicuro” le disse dolcemente.

Elena annuì, ed in quel momento si sentirono dei gemiti provenire dal pavimento: Damon si stava lentamente riprendendo.

Torna a casa...” sussurrò la cacciatrice, mentre si avviava verso la moto.

Aspetta” disse Elena, facendola girare nuovamente verso di lei.

Come ti chiami?...Me l'hai promesso ricordi? Avresti risposto” chiese Elena con una tenera furbizia.

La cacciatrice sorrise “Mi chiamo Summer”, poi salì sulla sua moto e partì.



Nota dell'autrice:
Ciao a tutti^^ come sempre ringrazio chi è riuscito ad arrivare fin qui^^

Tengo a precisare una cosa che, già lo so, purtroppo mi farà perdere il 99% dei lettori (in poche parole resterà solo NanyVale perché le farò pena xD) ma per correttezza voglio puntualizzarlo ancora(e dico ancora perché già lo specifico nell'introduzione): questa NON E' UNA FIC DELENA. Anzi questa è una fic nata proprio per punire Elena per il fatto di non essersi *Bip Damon già dalle prime puntate della serie xD. Spero che comunque resti qualcuno a seguirmi... Vi prego!!! Non fatemi sentire sola T.T

Alla prossima^^




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Capitolo 10
*** Decimo Capitolo ***



Per la gioia di Alice_InWonderland ritorna il corsivo: Dall'episodio 2x19.
(Alice...cosa devi fare con quella mazza? O.O No! No! Noooooooooooo!!!! Aiuto!!!)



Damon grugnì mantenendosi il collo con la mano; poi, appena riacquistò lucidità, si fiondò accanto ad Elena visibilmente preoccupato.
“Stai bene? Ti ha fatto del male?” le domandò con apprensione, guardandola dolcemente e mettendole le mani sulle spalle.
“Sto bene...Torniamo a casa” rispose infastidita, prima di ignorare il suo sguardo, liberarsi dalla sua presa e salire in macchina.
Il suo comportamento mandò in confusione Damon, che la seguì mettendosi al posto di guida.
“Allora? Vuoi dirmi cos'è successo?” domandò seccato dal fatto che Elena sembrava volersi tenere per sé l'accaduto.
“Perché mi hai mentito?...Ohh aspetta, domanda stupida, dovrei piuttosto domandare a me stessa perché continuo a fidarmi di te!”
“Ma si può sapere di che diavolo parli?” domandò il vampiro, mentre continuava a massaggiarsi il collo.
“La ragazza: ci avevi già parlato. Ti aveva detto che dovevo restare al sicuro. Perché non me l'hai detto? Perché continui a tagliarmi fuori?” disse con rimprovero.
L'espressione del vampiro si fece colpevole.
“Ascolta...non volevo farti preoccupare; volevo prima saperne di più” disse parzialmente dispiaciuto.
La ragazza lo guardò attentamente, poi fece un respiro profondo e si calmò senza darglielo a vedere; in fondo gli risultava difficile arrabbiarsi seriamente con lui.
“Portami a casa...” disse con un tono più basso.
“Non mi dirai cos'è successo vero?”
Lei gli lanciò un'altra occhiataccia decisa, e il vampiro capì che non avrebbe ottenuto nessuna risposta.


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Lily chiuse il diario di William Smith, che tanto non andava oltre. Da quello che riportava il diario del successivo osservatore, il suo corpo venne trovato privo di vita sul letto della sua dimora.
Andò nella sua camera da letto e dall'armadio prese una valigia: doveva preparare l'occorrente per trascorrere un paio di giorni a Mystic Falls e, mentre prendeva gli indumenti da potare con sé, il suo telefono squillò: Summer.

“Non puoi avere idea di quello che ho scoperto! E' qualcosa che mi sta facendo andare al manicomio!” iniziò Summer senza perdersi nel galateo telefonico.
“Dimmi...” Lily si preoccupò.
“La Doppelganger è sulle tracce di Klaus...perché è innamorata dello squartatore!”
“Cosa?” domandò Lily allibita.
“Hai capito bene!”
La strega si prese un attimo per elaborare meglio l'informazione.
“Sei arrabbia...o meglio...questo ti fa sentire pentita della scelta che hai fatto?” le domandò in seguito con voce dolce.
Summer si diede qualche secondo per riflettere.
“No... No. Se ho disubbidito al Consiglio è stato perché quello che mi chiedeva di fare andava contro i miei principi. Non me ne pentirò mai. Io posso uccidere vampiri, licantropi, streghe e stregoni passati al dark side...ma non posso prendermela con una ragazzina indifesa” mormorò tristemente “Quello che mi fa rabbia, è il fatto che volevo una vita diversa per lei, volevo appunto salvarla da tutto questo, ed invece! Al posto di frequentare il capitano della squadra di football si è innamorata del più psicopatico vampiro degli ultimi tempi!”
Si ammutolì per qualche altro secondo
”..Beh... credo che questa sia la dimostrazione del fatto che non si può scappare dal proprio destino...”
“In effetti è proprio impossibile” affermò la strega.
“Non giudico il fatto che si sia innamorata di un vampiro, insomma, che ipocrita sarei? Vanto ex esclusivamente vampiri! Ma...andiamo! Stefan Salvatore?! Sarebbe troppo efferato e psicopatico perfino per me...credo che il fascino del male abbia comunque un limite!”
“Beh...,in effetti, nella nostra 'lista nera' è al tredicesimo posto” disse la strega, consultando una pagina della sua agenda. La Triade sapeva bene che non tutti i vampiri e i licantropi erano una minaccia per l'umanità, così cercava di raccogliere quante più informazioni possibili per stilare una classifica di quelli che erano realmente pericolosi.
Appena la strega ebbe finito di pronunciare quella frase, a Summer venne una sorta d'intuizione.
“E se... sbaglio o questo vampiro ha anche un fratello altrettanto....vampiro?”
“Sì, ricordi bene, dovrebbe chiamarsi Damon se non sbaglio, ma qui sulla lista non c'è” disse la strega passando il dito sui venti nomi di quella lista ” Se hai bisogno di informazioni su di lui, accendo il computer e controllo sul database”
“No, non preoccuparti era... giusto per curiosità” Summer ricordava bene il nome pronunciato dalla doppelganger: era proprio lui.



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Stefan e Klaus varcarono i cancelli del lato ovest del cimitero di HighGate a Londra. Camminarono per una quindicina di minuti in quel luogo dall'atmosfera serafica e al contempo inquietante; per poi fermarsi di fronte ad una piccola nicchia, ricoperta di piante rampicanti e con due vistosi angeli ai lati dell'ingresso.
“Cosa stiamo cercando?” domandò Stefan, anche se già conosceva la risposta.
“Il regalo di una cara amica” rispose Klaus con il solito sorriso diabolico, mentre spalancava la porta.
Entrarono in quel piccolo ambiente lievemente illuminato dalla debole luce che riusciva a penetrare dall'ingresso.
Tutto, all'interno, era fatto in marmo chiaro.
Klaus si avviò verso il centro della nicchia, dove c'era un'imponente tomba anch'essa in marmo.
Appoggiò le mani e con un leggero sforzo la spostò interamente verso di sé; poi l'aggirò, e con un gesto fece capire a Stefan di doverlo seguire.
Infatti, dove qualche secondo prima c'era la tomba, erano comparse delle scale.
Klaus scese lentamente, poi prese una delle torce conficcate nel muro e l'accese con un accendino.
Arrivarono in una piccola stanza segreta, buia e umida ed al centro vie era un grosso forziere di rame.
Klaus sorrise e l'aprì, ma subito quel sorriso scomparve.
Niente.
Del Grimorio non vi era traccia.
Con un gesto superfluo e ridicolo, dettato dall'incredulità, avvicinò la torcia per vedere meglio; ma quello che trovò fu solo una collana con un pendente a forma di cuore. Klaus la riconobbe, e le sue grida echeggiarono per tutto il cimitero.

Non è possibile! Quella donna...è sempre colpa di quella dannata donna!” urlò mentre sferrava un calcio al forziere.
Lo sguardo di Stefan era attonito: adesso davvero non sapeva cosa stesse succedendo.



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Inghilterra 1492 d.C

Katherine correva per il fiorito giardino del castello.
“Mi dovete inseguire” disse ridendo.
“Dovreste prendermi” continuò fermandosi.
“Ma se vi prendessi il gioco finirebbe” disse Elijah divertito.
“Grazie per l'intrattenimento”
“Sembravate tutta sola la dentro, ho avuto compassione per voi” disse lui dolcemente.
Katherine si sedette su di una panca di pietra.
“Klaus aveva promesso di passare la giornata con me, ma non è ancora tornato a casa da ieri sera” rivelò sconsolata.
“Klaus vive solo secondo le sue regole”
“E' un uomo molto affascinante. Credo che sia difficile per chiunque resistergli...”
“Tuttavia...” intercalò Elijah
“Non comprendo perché mi corteggi. Sembra che non tenga in alcun modo a me” disse la ragazza, con ancora più tristezza.
“Molte unioni sono state costruite su molto meno” asserì lui.
“E' sbagliato volere di più?”
Elijah si sedette accanto a lei.
“Con Trevor avevate di più?”
“Trevor crede di amarmi, ma il vero amore non è reale a meno che non sia corrisposto. Siete d'accordo?”
Lui stette in silenzio per qualche secondo.
“Io non credo nell'amore Katerina” asserì con serietà.
“E' troppo triste da accettare My Lord. La vita è troppo crudele. Se smettiamo di credere nell'amore...perché dovremmo vivere?”
Elijah accennò un sorriso, ed in quel momento vide arrivare Klaus.


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Summer sorseggiava dello scotch al bancone del Mystic Grill, mentre pensava a quando, due anni prima, il Consiglio l'aveva mandata lì a Mystic Falls per uccidere la doppelganger.
Ricordò di averla aspettata all'uscita della scuola seduta nella sua auto.
Neanche per un secondo le era passato per il cervello di eseguire gli ordini che le erano stati imposti; anche se conosceva bene le conseguenze a cui andava incontro disubbidendo. Ma non le importava, non poteva farlo! Non avrebbe ucciso nessun essere umano e soprattutto non avrebbe ucciso Elena. Si recò a Mystic Falls solo per curiosità; solo per vedere di persona quella ragazza con cui aveva qualcosa in comune...

Damon le si sedette accanto.
“Non è serata” disse seria, sperando di dissuaderlo dall'idea d'importunarla.
“Non dirlo a me. Una pazza mi ha spezzato l'osso del collo” disse con risentita ironia.
“Evidentemente te lo sei meritato” asserì con calma, mentre si alzava per scappare da quella seccatura.
Damon accennò un mezzo sorriso.
“Sai...per la velocità e per la forza le avrei dato un... settecento anni, un vero peccato che ci sia una simile mummia in un corpo così sexy” si morse il labbro inferiore e la guardò famelico.
“Com'è un vero peccato che ci sia un perfetto idiota in un corpo così sexy” gli sussurrò acidamente prima di avviarsi.
La faccia di Damon si fece indecifrabile: quella donna lo innervosiva.
“Almeno ho indovinato? Mi riferisco all'età...”
Summer si voltò verso di lui “Neanche lontanamente”
“Allora puoi dirmela? Andiamo, toglimi questa curiosità...ed io ti perdono per...sai... il torcicollo”
“Wow ti ringrazio. Come facevi a sapere che ottenere il tuo perdono era proprio in cima alla lista dei miei pensieri!?” disse con enfasi e con marcato sarcasmo.
Damon la guardava facendo i soliti finti sorrisi, mentre aspettava la risposta che desiderava. Lei, dopo averci riflettuto qualche secondo, lo accontentò
“Te lo dico giusto per umiliarti un po'...ventidue”
Damon la guardò sbigottito.
“Non può essere...sei troppo forte per essere un vampiro poppante”
“Parti da un presupposto sbagliato... io non sono un vampiro”
Summer si divertì ad osservare la sua reazione: ma sapeva che non le avrebbe creduto, e che presto avrebbe tentato qualche stupido modo per verificarlo.
“Buonanotte Damon...Ahhh...mi raccomando, un cuscino basso; sai...per il torcicollo” si divertì a deriderlo.
Damon la guardò con degli occhi inceneritori: era un serio problema il fatto che quella donna fosse dannatamente forte. Odiava sentirsi in svantaggio: già bastava Klaus a farlo sentire così.
Sorseggiò il suo bourbon e si chiese se fosse il caso di crederle o meno.


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Inghilterra 1492

“Guardate le stelle Katerina?” disse Elijah, mentre guardava incuriosito il fatto che la ragazza stesse sdraiata a terra nel mezzo del giardino.
Katherine rise garbatamente ed alzò la schiena restando seduta a terra.
“Mi avete scoperta My Lord”
Elijah le si sedette accanto.
“Le stelle...la luna...guardare il cielo mi fa pensare che è lo stesso che osservavo dal giardino di casa mia” continuò con tristezza.
“Vi manca molto la vostra terra Katerina?”
Lo sguardo della ragazza mutò.
“Forse anche più di quanto dovrebbe...” dal suo volto trapelò una mal celata amarezza.
Elijah la osservò affascinato.
“Ho qualcosa per voi” disse prima di mostrarle una collana con un pendente a forma di cuore.
“Oh mio Dio... è bellissima My Lord” asserì sinceramente; poi si alzò e spostò i lunghi capelli per far capire ad Elijah di mettergliela subito.
Il vampiro contemplò per un istante il suo collo: il desiderio che gli attraversò lo stomaco, però, non era quello di morderlo.
“A quale occasione devo questo gesto così dolce My Lord?”
Elijah sorrise e passò la collana attorno al collo della ragazza.
“Nessuna occasione Katerina; semplicemente trovo grazioso il fatto che crediate così fortemente nell'amore. Spero che restiate di questa convinzione per sempre...” disse con dispiacere: mancavano solo due giorni alla luna piena.
“Allora non me la toglierò mai My Lord, così crederò per sempre nell'amore...e per sempre mi ricorderò di voi...” rispose timidamente.
Il petto di Elijah si strinse per un secondo. Sorrise dolcemente “Fareste meglio ad andare a riposare ora Katerina, si è fatto davvero tardi” suggerì con voce tenera.
La ragazza fece un radioso sorriso ed un'elegante riverenza “Buonanotte My Lord”.
Appena Katherine fu distante si avvicinò il motivo per per cui Elijah l'aveva allontanata.
“Che scenetta romantica! Ma non credete che sia stupido omaggiare una fanciulla che tra due giorni sarà...parecchio morta!?” disse Klaus con la solita perfidia.
“Volevo fare qualcosa per lei appunto perché la sua vita giungerà presto al termine...” tentò di giustificarsi.
Klaus lo guardò con sospetto.
“Siamo vampiri caro fratello...dimenticarlo ci rende deboli” gli lanciò un'occhiataccia “Ed io non tollero la debolezza...” si girò e si avviò verso il castello.




Come sempre ringrazio chi è arrivato fin qui^^

Ps: NanyVale dooooveee seeeiiii?!? I Need You!!!! T.T



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Capitolo 11
*** Undicesimo Capitolo ***




Klaus e Stefan si erano accomodati in un tipico bar della zona.
Klaus non aveva ancora proferito parola e continuava a fissare il pendente di quella collana con un'espressione che era una via di mezzo tra quella di un pazzo furioso e quella di un uomo fortemente amareggiato dalla vita.
Stefan se ne stava in silenzio; non aveva idea di come prenderlo, eppure avrebbe tanto voluto capirci qualcosa.
Le loro ordinazioni furono portate da una timida ragazza bionda, maggiormente intimorita dall'alone di negatività di Klaus.
Stefan sorseggiò la sua birra, Klaus il suo scotch.
“Non le permetterò di rovinare tutto anche questa volta...” mormorò l'ibrido.
“Di chi parli?” azzardò Stefan con cautela.
“Katerina...” sussurrò con lo sguardo fisso sul pendente.
“Cos'ha fatto?”
“Ha rubato ciò di cui non avrebbe neanche dovuto conoscere l'esistenza”
“Katherine è una donna furba...è sua quella collana?”
“E' sua...”
“Perché lasciarla lì?” chiese Stefan, che proprio non riusciva a seguire le mosse di quella donna.
Klaus non rispose subito; si diede qualche secondo per ingoiare tutto l'amaro di quella situazione “Per farmi sapere che ciò che sto cercando...ciò di cui ho bisogno...è nelle sue mani” rivelò, poi, con una calma intrisa di rabbia.
“Sì, ma perché?”
“Mi deludi amico mio, non ci arrivi?” Klaus gli diede qualche secondo per riflettere.
“Per farti sapere di avere... della merce di scambio” azzardò il vampiro.
“Esattamente”



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La sveglia interruppe bruscamente quel sogno che le era già volato dalla mente. Si girò alla sua destra per spegnere quell'infernale aggeggio; e con gli occhi ancora chiusi toccò a casaccio gli oggetti sul comodino. A missione terminata, si girò alla sua sinistra per crogiolarsi ancora qualche minuto su quel comodo letto.
“Buongiorno dormigliona!” disse Damon comodamente agiato accanto a lei con le braccia incrociate dietro la testa.
Elena sobbalzò.
“Damon, che ci fai qui? E soprattutto sul mio letto!?” chiese ancora stordita dal sonno, mentre, nascondendo un sorriso divertito, lo cacciava via con la mano.
“Mi assicuro che tu non faccia tardi a scuola” rispose con ironica naturalezza.
Si diresse verso il suo comò e lo aprì.
Prese dal cassetto un reggiseno lilla e un tanga viola, sotto lo sguardo furente di Elena.
“Umm...sì, dovrebbe andare” mormorò contemplando quegli indumenti.
Elena, come un fulmine, balzò dal letto, gli tolse quella biancheria dalle mani, e con fare ancora più veloce li riposò nel cassetto chiudendolo con uno scatto deciso.
“Cosa vuoi?” scandì esasperata.
Damon si avviò verso la finestra “Informazioni...” mormorò serio.
“Che genere di informazioni?”
“Lo sai bene”
Elena capì immediatamente di cosa parlava.
“Quindi io dovrei dirti tutto, mentre tu puoi continuare a tenerti le cose per te! Dico bene? Beh, mi dispiace Damon, ma non è così che funzionano le cose!” asserì con un soddisfatto tono dispettoso. Damon aveva sfacciatamente omesso ciò che sapeva su Summer; stare un po' sulle spine forse gli avrebbe fatto imparare la lezione!
“Ok. D'accordo. Ti dico quello che so. Ieri l'ho incontrata al Mystic Grill e... ci siamo scambiati qualche ...frase affettuosa. Lei ci ha provato spudoratamente con me, mentre io...sai...mantenevo le distanze”
Elena lo guardò dubbiosa, e subito il vampiro capì che non se la sarebbe bevuta.
“Ok. E' stata scontrosa e acida, e l'unica cosa rilevante che mi ha detto è che lei non è un vampiro”
“Come non è un vampiro?” con quel tono più acuto palesò tutto il suo stupore a riguardo .
“...E da questa domanda devo dedurre che non hai le informazioni che speravo”
Elena assunse un'aria pensierosa.
“Andiamo, Elena! Giochiamo nella stessa squadra, dobbiamo sapere le stesse cose” disse angelicamente, mentre Elena lo guardava contrariata. Damon predicava bene e razzolava male!
“Seriamente? Proprio tu vieni a dirmi una cosa del genere?!”
“Ah, ma io sono quello incorreggibile! Sei tu quella brava e giusta. E in quanto tale...devi darmi il buon esempio!” argomentò con convinzione.
Elena, ormai esasperata, decise di parlare.
“Si chiama Summer; ha detto che Klaus vuole creare un esercito di ibridi; ma attualmente non ci riesce perché io sono ancora in vita...e quindi...la maledizione non è stata spezzata del tutto, o qualcosa del genere; è qui per proteggermi e per uccidere Klaus. Questo è tutto quello che so. Ora puoi lasciare la mia stanza?!”
Damon le si avvicinò a distanza ravvicinata e la guardò fisso negli occhi.
“Metterai il completino che ti ho scelto?” sussurrò con voce sexy.
“Fuori!” Elena gli indicò la porta, ancora una volta, cercando di non sorridere.



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Dal Diario di Grayson Wood


Vienna 1515 d.C


Per il mio compleanno, Gisél e Victor si sono impuntati e mi hanno lasciato la serata libera. Titubante all'idea, ho finito comunque per cedere al loro amichevole gesto. Ero un po' in ansia al pensiero di lasciare Gisél. E' stata messa a ruolo solo qualche mese fa. Ha da poco compiuto quindici anni e per ora ha ucciso solo un vampiro, e neanche tanto forte; ma, il pensiero che comunque si trovasse con Victor, mi ha rincuorato permettendomi di prepararmi per la mia serata di svago con gli amici del circolo. E lo svago era appunto l'obbiettivo primario, ma come sempre, noi della triade il lavoro ce lo portiamo ovunque.
Sono entrato nel salotto del mio caro amico Lord Mayer con una cassa di bottiglie di vino per tutti. L'idea era del solito torneo di carte accompagnato da discorsi da uomini; denaro, caccia...donne. Ed è qui che ciò che doveva essere una piacevole serata, si è trasformata nella solita routine lavorativa.
Lord Mayer mi ha informato della nuova dama di compagnia di sua moglie Adele, risparmio gli apprezzamenti volgari che ha fatto sul suo corpo, e passo a ciò che ha acceso la mia curiosità verso quella donna. Ha detto che è una donna di mondo; nata in Bulgaria, ha vissuto poi qualche anno in Inghilterra, poi ancora Francia ed ora Austria, sempre da sola. Una donna così intraprendente non è mai vista di buon occhio, e chi è del nostro ambito sa che solo una donna vampiro ha tutto questo bisogno di spostarsi da un luogo ad un altro.
Assalito da questo dubbio ho chiesto al mio caro amico di presentarmela e lui non ha esitato. Ci siamo recati nell'ala est di quell'imponente dimora e lì, in una stanza, Lady Mayer ricamava angelicamente insieme ad una giovane donna. Quando questa sì è alzata dalla poltrona per presentarsi, il mio volto deve aver cambiato colore, diventando di un bianco pallido. Era la doppelganger. Non ne avevo dubbi. L'illustrazione che ci ha fornito il Consiglio figurava per filo e per segno quella donna.
“Lasciate che vi introduca Miss Katherine Pierce mio caro amico” mi ha detto Mayer con innocenza. Era chiaro che non sapesse nulla. Come avrebbe mai potuto. Il compito che ci ha assegnato il Consiglio è chiaro. La doppelganger deve morire. Il mio predecessore, Sir William Smith, nell'ultima pagina del suo diario lo definì, se non erro, un ordine che meritava sdegno, io invece, credo sia la cosa più giusta da fare. Una vita non vale quella di cento. Ero più determinato che mai...avrei portato a termine il mio compito.




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Summer voleva tentare l'ultima spiaggia: l'agenzia di pegni.
Se anche qui avesse fallito, l'alternativa sarebbe stata intrufolarsi in ogni casa a mo' di Lupin pensò scoraggiata.
Entrò in quel negozio dalle pareti di un verde che godeva di tutto il suo disappunto.
“Buongiorno signorina come posso aiutarla” disse l'uomo, un po' grassottello e sciatto, dietro al bancone.
“Salve, vorrei sapere se avete un oggetto del genere” e gli mostrò il disegno che aveva in borsa.
“Ummm...no, proprio così no. Ma di ciondoli a forma di fiore dovrei averne altri se le interessano”... “Fate una collezione?” chiese dolcemente indicando la collana della ragazza.
“No...” sorrise “La ringrazio ugualmente” e si avviò verso l'uscita.
“Buona giornata” disse allegramente di proprietario.

“Un' agenzia di pegni...Hai bisogno di contanti per mantenerti agli studi?”
disse una fastidiosa voce dietro di lei.
Summer la riconobbe e fece un'espressione di puro avvilimento.
“Seriamente, non hai altro di meglio da fare?”
“Beh importunare le belle ragazze è uno dei miei hobby preferiti. A proposito, se hai bisogno di soldi puoi tentare in qualche strip club, sono sicuro che ti prenderebbero” disse dando un'impertinente e fugace occhiata al suo seno.
Summer fece un profondo respiro: si trovavano nel bel mezzo della strada, non poteva ucciderlo!
“Sai Damon...la vita è un dono prezioso...perché vuoi privartene?” domandò serafica ma visibilmente sfinita dalle continue apparizioni di quel tipo.
Damon alzò leggermente le mani in segno di pace.
La ragazza decise di ignorarlo e si avviò per la sua strada, ma il vampiro la seguì.
“Allora, seriamente, cosa stiamo cercando?” domandò affiancandosi alla ragazza.
“Stiamo?!” ripeté lei sbigottita.
“Voglio aiutarti...insomma, hai detto ad Elena che sei qui per proteggerla ...aiutarti è il minimo che io possa fare” disse con un tono angelico sfacciatamente finto.
Summer lo guardò con un'espressione interrogativa e perplessa: quel tipo credeva davvero di essere così furbo?!
“Vuoi aiutarmi?! Bene! Stammi alla larga!” scandì minacciosa guardandolo negli occhi.
“Che c'è? Hai forse paura che standoti accanto potrei scoprire che in realtà sei un vampiro?” domandò lui senza abbassare lo sguardo.
Lei l'osservò divertita.
“E' la cenere del tuo orgoglio a farmi questa domanda?” gli domandò con cattiveria.
Lui sorrise falsamente divertito.
“Il mio orgoglio è intatto; cenere invece è ciò che probabilmente diventeresti se ti togliessi questa bella collanina. Non è vero?” disse mentre allungava la mano per toccare quel pendente a forma di rosa; ma subito la cacciatrice gli bloccò il polso.
“Credo che per oggi tu abbia abusato fin troppo della mia pazienza” disse la ragazza a denti stretti mentre gli torceva il polso.
Damon aveva il volto contorto dal dolore e allo stesso tempo soddisfatto; pensava di averla smascherata.
Rapidamente, con l'altra mano, prese dalla tasca del pantalone una piccola ampolla di vetro, la stappò col pollice e versò il contenuto sul braccio della ragazza; convinto che questa, dal dolore, avrebbe poi lasciato quella brutale presa.
La ragazza osservò quello strano gesto con curiosità, perplessità e compassione.
“Lasciami indovinare! Verbena!... Dio quanto sei ridicolo!” con una faccia infastidita lasciò la presa e si occupò di qualcosa di più importante del suo interlocutore: il suo braccio bagnato di un liquido appiccicoso.
Damon era scioccato: la verbena non aveva avuto nessun effetto.
“Ok. Ti credo”
Summer, che intanto cercava delle salviettine imbevute nella sua borsa, alzò momentaneamente lo sguardo killer verso di lui: - Ok. Ti credo - davvero era convinto di cavarsela come se nulla fosse successo? Ma quale serio problema psicologico aveva quel tipo? Si domandò.
“E questo cos'è?” disse il vampiro, che aveva buttato l'occhio nella borsa della ragazza. Prese quel foglio piegato in quattro e velocemente l'aprì. Tutto sotto lo sguardo furioso e allibito di Summer.
“Ok...questo proprio non dovevi farlo” bisbigliò la cacciatrice carica di rabbia.
“Se stai cercando qualcosa qui a Mystic Falls, hai bisogno dell'aiuto di qualcuno del posto non trovi?...E si dia il caso che io sia del posto da taaanto tempo” disse sventolando quel foglio.
Summer placò momentaneamente la sua furia omicida. Quell'idiota aveva ragione. Ma non avrebbe mai e poi mai accettato il suo aiuto.
C'era ancora una speranza: Lily.
Gli strappò il foglio dalle mani.
“Per oggi la mia pazienza è arrivata al limite: lasciami in pace” disse con quella calma che precede la tempesta, a dieci centimetri dal volto del vampiro.
Lui osservò attentamente quegli occhi carichi di determinazione e ferocia ma che comunque mantenevano un retro di dolcezza, e capì di averla stuzzicata abbastanza.
Di nuovo alzò le mani in segno di resa.
“Almeno pensaci...” suggerì con cautela; poi si fece colpire dall'ultima occhiataccia e la vide avviasi.



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Summer era seduta sul suo letto con le spalle poggiate allo schienale e le gambe distese sul materasso.
Leggeva le pagine di un diario con un'espressione infinitamente malinconica e, senza accorgersene, giocherellava con il pendente della sua collana.
Ad un tratto, una garbata bussata alla porta della sua stanza la destò da quella concentrazione. Con velocità ripose il diario in un cassetto del comodino e s'infilò una vestaglia.
Aprì la porta con curiosità.
“Stregoneria a domicilio!” disse allegramente Lily.
Summer sorrise e l'abbracciò.
“Non vedevo l'ora che arrivassi” disse con affetto e sincerità.
“Sul serio? … Guarda che ho portato con me tutto il mio spirito vudù!” asserì scherzosamente alzando la sua valigia.
“Diciamo che le circostanze mi hanno fatto rivalutare la stregoneria...” il tono di Summer aveva una vena di abbattimento: in realtà era stato un rompiscatole in particolare a farle rivalutare la stregoneria!





Nota dell'autrice:

Ed eccomi qui con un nuovo capitolo^^
“Già fatto!” risponde la bambina che fa la pubblicità della Pic.
YESSS...ma questo è l'ultimo aggiornamento alla velocità della luce, perchè purtroppo il mio bellissimo periodo di ricotta pura sta giungendo al termine T.T
Ma non temete, avendo all'attivo una sola Fic, di certo non sparirò. Solo che i capitoli non saranno più così...a raffica xD
Penso che, organizzandomi bene, uno alla settimana è comunque assicurato!
(Vabbè io poi faccio tutti questi preamboli...ma chi mi calcola?! xD però questo è lo spazio dell'autrice e quindi mi sento libera di parlare...qualcuno è interessato a conoscere la mia frustrazione sul fatto che non esistono più le mezze stagioni? Ok. La smetto. xD)
Detto questo, voglio aggiungere che secondo me qualcuno, leggendo la mia Fic, di sicuro avrà pensato “Ma questa mette sempre carne a cuocere!?!?!” in effetti è così xD...però vi assicuro che ogni Hamburger alla fine avrà il suo panino. Woow...ma da dove mi esce tutta questa poesia...Ahh ecco è quasi ora di pranzo!
Vabbè come sempre ringrazio chi è arrivato fin qui^^
E la NanyVale che, presa da una mossa di compassione, è ritornata!!!^.-
Alla prossima!!!






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Capitolo 12
*** Dodicesimo Capitolo ***




Dal diario di Grayson Wood



Vienna 1515 d.C


La carrozza mi aspettava fuori al palazzo di Lord Mayer per riportarmi a casa.
Avevo salutato tutti, anche la doppelganger. I suoi modi erano rispettosi e garbati, e per un breve attimo ho avuto pietà per lei; ma la salvezza del mondo di certo ha la priorità sulla vita di una singola fanciulla.
Ero indeciso sul da farsi, ma sentivo una gran voglia di risolvere la cosa al più presto. Come quando si è affetti da un male fisico e non si vede l'ora di porvi rimedio: anche se la cura è dolorosa quanto il male.
Così ho preso la mia decisione: avrei agito quella stessa notte.
Non volevo scomodare Gisél e Victor: non necessitavo di una cacciatrice e di uno stregone per uccidere una ragazzina. Trovavo ridicola l'idea di elaborare un piano a riguardo; siamo abituati a fronteggiare ogni sorta di diabolico mostro, per una fanciulla indifesa sarebbe bastato un cuscino premuto sul viso, nient'altro.
Mi sono avviato verso la carrozza ed ho salutato tutti facendo un ultimo gesto con la mano.
Appena la carrozza si è allontanata dal palazzo, ho ordinato al cocchiere di fermarsi; sono sceso e gli ho detto di proseguire senza di me.
Ovviamente, l'uomo mi ha guardato con sospetto, ma io mi sono subito giustificato dicendo di aver mangiato troppo e di voler fare appunto due passi per alleggerirmi. Ho aspettato qualche ora per la strada, poi mi sono avviato.
Ciò che giocava in mio favore era la ventennale amicizia con Lord Mayer. Il suo palazzo lo conoscevo alla perfezione in ogni metro quadro. Dovevo solo sperare in un po' di buona sorte che mi avrebbe permesso di agire inosservato.
Sono passato per le stalle, facendo attenzione a non svegliare i due cavalli di Mayer. Lì c'è una piccola entrata di servizio che solitamente viene lasciata aperta anche di notte. Sono entrato senza problemi, passando per la cucina. Lì, una domestica puliva le stoviglie del nostro banchetto; ed ho camminato alle sue spalle attento a non fare neanche il più impercettibile rumore. Superato quell'ostacolo, la strada era spianata. Le luci spente mi rallentavano agevolandomi al tempo stesso.
Ho raggiunto velocemente l'ala in cui sospettavo avessero accomodato Lady Pierce. Negli anni Adele ha cambiato molte dame di compagnia: è una donna volubile che si stanca velocemente delle persone; l'unica costante è la stanza a loro riservata.
Ho osservato attraverso il buco della serratura per accertarmi che le luci fossero spente.
Con lentezza ho girato il pomello e mosso la porta sperando che questa non cigolasse. Sono entrato a passo felpato guardandomi attorno: la luna delineava i contorni dei mobili e rischiarava leggermente anche il letto su cui la ragazza dormiva beatamente.
L'ho osservata giusto l'attimo necessario a convincermi della necessità del gesto che avrei di lì a poco compiuto. Le mie azioni, anche quelle più ignobili, sono purificate dai grandi ideali di cui sono portatore: non avrei esitato.
Ho preso un cuscino e con forza l'ho premuto contro il suo viso. L'ho sentita svegliarsi ed agitarsi sotto quella stoffa imbottita di lana; poi è successo qualcosa che proprio non mi aspettavo.
Con forza sono stato scaraventato contro la parete: il suo candido volto si era trasformato in quello dei demoni che combattiamo. Il mio stupore ha bloccato ogni possibile movimento del mio corpo, facendo sì che fossi per lei una facile preda.
Si è scaraventata su di me azzannandomi il collo; ed in quel momento il dolore mi ha destato permettendomi di reagire. Fortunatamente ho sempre con me una fialetta di verbena. L'ho estratta dal mio taschino e l'ho infranta sul suo volto. Gli occhi hanno cominciato a fumarle e, accecata, mi ha dato un'ultima spinta e poi è scappata via.
Il fracasso ha svegliato Mayer e sua moglie che mi hanno raggiunto immediatamente. Non ho avuto scelta, ho dovuto dire loro la verità incitandoli a passare la notte nella loro dimora al centro di Vienna. Sorvolo i dettagli sulla loro incredulità. Stamane ho firmato l'atto di proprietà del loro palazzo. Questo dovrebbe impedire a quel demone di fare del male ai miei cari amici. Per quanto riguarda l'ordine del Consiglio, esso è giustamente annullato. Una doppelganger vampira non può spezzare la maledizione: sono al contempo sollevato e turbato.



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Damon l'aveva scaraventata contro il muro con violenza, per poi raggiungerla un instante dopo. La osservò con lo sguardo famelico di chi sta bruciando dentro. Le sue mani le accarezzarono le cosce dal basso verso l'alto, con una lentezza densa di desiderio, portando con sé il raso di quel minuscolo Babydoll. Passarono sull'addome, poi sfiorarono i seni e terminarono sulle braccia, lasciando che l'indumento scivolasse elegantemente a terra. Ora, l'unico capo che ricopriva il suo corpo era un tanga provocatorio, mentre il seno, prosperoso e tonico, era nudo ed incitava i suoi pettorali, già liberi da ogni stoffa, a scontrasi contro quell'invitante e fresca morbidezza. Un ansimo di voglia esasperata precedette un bacio avido ed incontrollato. E lui sentì le sue labbra che ricambiavano con lo stesso desiderio; le sue unghie che gli graffiavano lentamente la schiena e le cosce che gli cingevano la vita con decisione. Gli sembrò che i sensi si stessero gradualmente fondendo amplificando la percezione di ogni attimo.
La ragazza mosse il bacino ritmicamente, come per attirare a sé la parte di lui che già era fuori controllo. Damon, esasperato, le afferrò i  glutei per immobilizzarli, ma poi, con una vena di autolesionismo, li spinse maggiormente contro il suo basso ventre per godere di quell'attimo di piacevole tormento.
La bocca scese sul suo collo assaporandone ogni centimetro; poi sollevò quel corpo leggero e delicato per portare il seno all'altezza delle sue labbra, ed anche lì, ogni lembo di pelle fu accarezzato dalla sua lingua. L'olfatto ed il gusto si mischiarono in una sensazione di dolcezza assuefacente che lo costringeva, suo malgrado, a continuare con quei lancinanti e sublimi preliminari.
Le mani della ragazza salirono alla nuca per passargli le dita tra i lisci capelli corvini e per accentuare la pressione contro il suo seno.
La sua voce, che adesso si riduceva a dei gemiti incontrollati, echeggiava nel cervello del vampiro impossessandosi della sua volontà. Ogni gesto era dettato solo ed esclusivamente dal disperato bisogno di placare quelle fiamme che lo stavano bruciando dall'interno...



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“Quindi...cos'hai in mente?” domandò Summer, prima di ritornare a sorseggiare il suo caffè macchiato.
Lei e Lily stavano tranquillamente facendo colazione in un piccolo bar, sedute all'aperto per poter godere appieno del tiepido sole di quella domenica mattina.
“Ricordi quando scherzando mi hai ricordato che il corpo di Esmaél reagì al pugnale anche se si trovava a qualche metro di distanza da lei e che tu quando tocchi gli altri due oggetti senti uno strano formicolio?”
“Sì, certo”
“Bene... sappi che la mia idea è nata proprio da queste due osservazioni”
Summer, mentre azzannava i suoi Pancakes, ascoltava con attenzione.
“Devi sapere che quando una cacciatrice tocca il pugnale, questo lascia impresso una notevole energia nel suo corpo, e questo è il motivo per cui ci serviamo delle ossa di Esamél per gli incantesimi di localizzazione degli elementi. Ciò avviene perché sono complementari: la strega originaria diede vita ad entrambi con lo stesso incantesimo, mi riferisco all'innesco, ovvero l'attivazione dei poteri della cacciatrice prescelta, e il pugnale”
Lo sguardo di Summer era sempre più attento.
“...E questo spiega anche perché il corpo di Esmaél reagì in quel modo alla sua vicinanza... dico bene?” aggiunse la cacciatrice, per mettere alla prova ciò che stava capendo.
“Esattamente” Lily sorseggiò la sua spremuta di carote.
“Ora...se il pugnale fosse al suo stato originario, con la tua naturale sensibilità ad esso, anche se il campo di ricerca fosse esteso come in questo caso, comunque avresti un modo per trovarlo: mi riferisco appunto al fatto che dovresti avvertire dei sintomi simili a quelli che avvertì Esmaél nelle sue vicinanze. Ma adesso non è più così, perché, essendo il pugnale diviso, anche la sua energia è divisa...anzi è anche notevolmente ridotta”
“Quindi?!” domandò Summer, che proprio non capiva dove volesse arrivare l'amica.
“Quindi entro in campo io” rispose allegramente la strega indicandosi, per poi continuare.
“Come ben sai noi possediamo molte delle ossa di Esmaél, perché il predecessore del signor Harris... adesso non ricordo il nome...”
A quella frase, il volto di Summer si perse momentaneamente nel vuoto.
“Comunque quel tizio che, almeno questo lo ricordo  benissimo, Harris definiva 'il borioso scellerato' “ continuò Lily, ridendo dolcemente al ricordo dell'osservatore che aveva preceduto Kendra; ma, quando notò il sorriso sforzato di Summer, capì di essere stata indelicata e subito tornò seria.
Lily sapeva che Summer non aveva mai pianto per la sua morte, ma la riviveva ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome. Era il grande difetto della sua cara amica: tenersi tutto il dolore dentro e non lasciargli mai neanche un piccolo spiraglio per uscire.
“Beh..lui voleva tutte le ossa sotto la sua custodia, e passò gran parte del suo tempo a recuperarle...“ riprese con voce incerta.
“Forse voleva farle in brodo...” asserì Summer, con gelida e distratta ironia, guardando il fondo del suo bicchiere.
Lily notò quel cambiamento nel tono della sua voce ma, conoscendo l'amica, decise di proseguire con la spiegazione, senza approfondire un argomento che avrebbe solo portato all'innalzamento di mille barriere recintate ed elettrificate.
Sorrise meccanicamente e continuò con il suo discorso.
“Beh il mio intento è di usare l'energia residua delle ossa che abbiamo per...amplificare la tua reattività all'oggetto, che detto in parole semplici si traduce in una maggiore sensibilità alla sua vicinanza”
Summer elaborò tutto quello che Lily le aveva appena spiegato.
“Quindi se dovessi trovarmi nel luogo in cui è custodito il medaglione dovrei avvertire gli stessi sintomi che avvertì Esmaél. Giusto?” chiese incuriosita e affascinata dalla grande trovata dell'amica.
“Questo...beh non so dirtelo. Personalmente credo che ogni cacciatrice possa reagire in modo diverso alla vicinanza del pugnale, ma questo è il mio parere. Di documentato abbiamo solo l'esperienza di Esmaél quindi non possiamo fare paragoni. Non voglio mentirti Summer...la verità è che non ho idea di cosa potresti avvertire...” disse titubante e dispiaciuta.
Summer ci pensò per qualche secondo.
“Ummm....un rito Vudù dagli effetti collaterali ignoti: come posso rifiutare!?” disse infine con un dolce e ritrovato umorismo.



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Damon si svegliò di soprassalto: infastidito e sorpreso.
Non poteva credere di aver fatto un sogno erotico su quella donna così indisponente ed insopportabile, ma le prove fisiche ad onor del vero erano inequivocabili.
Sì alzò stranito e soprattutto stizzito. Che fosse una bella donna non poteva negarlo. Se fosse stata una donna qualsiasi, con quei requisiti, già sarebbe stata la validissima sostituta di Andie. L'avrebbe soggiogata e poi si sarebbe divertito a domare il suo caratterino... ed il suo bel corpo; sarebbe stata la distrazione perfetta. Ed invece, era chissà quale mostro sbucato dagli inferi con lo scopo di infastidirlo e di farlo sentire ancora una volta inadeguato a proteggere la donna che amava.
Aprì il rubinetto della vasca da bagno: immergersi nell'acqua calda era l'unica cosa che in quel momento poteva rilassare i suoi nervi.



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“Ok. Facciamolo!” disse Summer alla sua amica, incitandola a preparare l'occorrente per il rito.
In quella piccola stanza di Motel lo spazio era davvero poco, e Lily dovette ragionarci un po' su prima di decidere dove disporre i simboli esoterici necessari alla riuscita dell'incantesimo.
Con del sale rosso disegnò tre stelle a sei punte: due grandi ed una più piccola al centro; poi contornò a cerchio questi simboli con delle piccole candele.
Prese il piccolo scrigno di legno in cui erano custodite le ossa della cacciatrice, e le posizionò una per volta al centro della stella più piccola.
“Allora...abbiamo il teschio, un femore, un pezzo di osso sacro...e questo qui invece non ho proprio idea di cosa sia!” parlò tra sé e sé, mentre compiva quel gesto.
Summer la guardava con l'espressione di un bambino all'ambulatorio che ha la consapevolezza di essere lì per fare un dannatissimo vaccino.
Lily fece un gesto a Summer che le indicava di mettersi al centro di una delle stelle più grandi.
“Siediti in posizione yoga” suggerì la strega.
Un'altra smorfia si dipinse sul volto della cacciatrice.
Subito dopo, anche Lily si posizionò al centro dell'ultima stella libera.
Chiuse gli occhi e le candele si accesero a mo' di domino. Quando li riaprì, le sue iridi erano scomparse: gli occhi erano diventati interamente di un azzurrino luminescente.
Summer deglutì lievemente turbata: odiava vedere l'amica in versione
Witch in Progress . Potevano passare gli anni, ma proprio non riusciva ad abituarsi a quell'aspetto glaciale.
Come impossessata da chissà quale forza antica, Lily iniziò a pronunciare delle parole irripetibili, ed un vento caldo roteò intorno a loro fino ad arrivare alle ossa. Lì un mini-uragano sembrò triturarle, ma Summer non ebbe neanche il tempo di meravigliarsi dello spettacolo che questo vortice, con prepotenza, le giunse alla bocca, spalancandola, e lasciando che tutto ciò che si era formato venisse accolto nel suo corpo.
Avverì una sensazione indescrivibile: si sentì incredibilmente forte e debole nello stesso istante e percepì ogni centimetro del suo corpo.
Il rito durò giusto un minuto, poi la bocca di Summer si chiuse e le candele si spensero.
“Tutto qui!” esclamò allegramente Lily, che intanto aveva riacquistato il suo dolce aspetto.
“Tutto qui!? Ho appena mangiato un liofilizzato di cacciatrice!” asserì sconvolta, toccandosi la gola.
“Ne sarà valsa la pena... vedrai!” affermò la strega soddisfatta del proprio operato.






Nota dell'autrice.
Voglia di studiare saltami addosso!!!
Ieri sera mi sono staccata dai libri e non ho proprio resistito, se proprio dovevo cazzeggiare, preferisco fare un altro capitolo^^
Spero che vi piaccia.^^
Ps: perdonate il tremendo cliché del “sogno erotico”...lo so è di una banalità assurda, però ritengo che sia anche veritiero (almeno a me succede sempre di sognarmi in atteggiamenti equivoci con il desiderato di turno xD)
Ringrazio: Le dolcissime pulzelle che ogni volta mi fanno felice lasciandomi il loro parere sul capitolo.
Chi ha messo questa fic nei preferiti/seguite (è bello sapere che ci siete)
E chi è arrivato fin qui^^

Alla prossima^^








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Capitolo 13
*** Tredicesimo Capitolo ***



In un piccolo Bed and Breakfast della periferia di Londra, circondato dal verde e dalla tranquillità, il cadavere insanguinato di un uomo era agiato su una poltrona, mentre una donna di mezza età, inginocchiata a terra, puliva con uno straccio le varie macchie di sangue che riempivano la stanza.
“Perdoni il macello Signora Gibbon, la prossima volta il mio amico ed io cercheremo di non imbrattarle tutta casa” disse Klaus con un malvagio sarcasmo, divertito nel vedere la signora ai piedi del cadavere del marito che puliva il sangue che dal collo gli era sceso fino alle dita e che ora gocciolava lentamente a terra.
“Non devi preoccuparti Klaus, tu e Stefan siete i benvenuti” rispose gentilmente la donna, mentre strizzava lo straccio rosso di sangue in una bacinella alla sua destra.



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Dal Diario di Stefan Salvatore



Chicago 1922


La pioggia torrenziale mi toglie ogni voglia di andare in giro per locali. Per fortuna, ho delle graziose dame a tenermi compagnia.
Sono quattro giovani donne di notevole bellezza.
Quella che “mi sta servendo da bere” in questo momento si chiama Jennifer Johnson.
Le altre tre, si chiamano Cornelia Thomas, Katherine Jackson e Valery Simmons.
Sono qui con me da tre giorni; mi fa sorridere il pensiero di non avere più un posto dove morderle. Valery a stento si regge in piedi: penso sarà la prima a finire sul mio muro. E' da parecchio tempo che non conto le mie vittime. L'ultima volta, ne erano centosettantaquattro; ma ho vissuto delle notti molto...intense da quel conteggio. Credo che adesso sfiorino i duecento. Spero davvero di non aver superato questa cifra...la mia duecentesima vittima dovrà avere un... trattamento speciale.


Elena, seduta sulla panca sotto la finestra, leggeva le pagine del diario di Stefan con attenzione. Ogni parola le sembrava un ago infilato con crudele lentezza nel cuore.
Il suo volto era pallido ed infinitamente triste: era una lettura dura da digerire, ed in molti tratti quasi surreale. Non riusciva ad immaginare il suo dolce Stefan in atteggiamenti tanto inumani. Eppure quella era la sua scrittura...il suo passato. Si voltò verso il paesaggio stringendo nella mano il suo ciondolo. Cosa stava facendo in quel momento l'uomo che amava? Aveva davvero rinunciato alla sua umanità per riprendere con la sua vecchia vita?
Una voce la destò da quei pensieri.
“Sei arrivata al punto in cui il cacciatore spara a Bambi?” domandò Damon sulla soglia della sua stanza. Sapeva che quel dispiacere impresso sul suo volto poteva essere causato solo dal diario di Stefan, e per un momento si sentì incredibilmente in colpa per averle dato un'ennesima ragione per soffrire.
“Damon... come mai sei qui?” gli domandò, chiudendo furtivamente il diario.
Il vampiro avanzò verso di lei.
“Dice la verità...non è un vampiro” asserì con serietà.
“Allora come fa ad essere così forte?”
“E' quello che vorrei tanto sapere anch'io...ma vedi, ho un po' di difficoltà ad ottenere delle informazioni da lei...è un po'...come posso dire, ostile nei miei confronti” asserì infastidito.
“Strano!” esclamò lei con sarcasmo.
“Cosa vorresti dire con quel tono?” il vampiro, come sempre, toccava con nonchalance le sue cose: questa volta era il turno di una sfera di vetro appoggiata sul comò.
“Che forse sono i tuoi modi a rendere le persone...ostili” disse, rimproverandolo bonariamente.
Damon fece un sorriso finto: come per mandare giù quel boccone veritiero ma amaro.
Elena notò quell'espressione e si pentì immediatamente di quelle parole: non voleva essere così dura, il vampiro aveva semplicemente sbagliato momento per presentarsi all'improvviso come al suo solito.
“Beh... vorrà dire che le risposte che cerchiamo dovrai ottenerle tu. Sono sicuro che... con i tuoi modi...riuscirai a farti dire anche come si chiamava il suo fidanzatino delle medie” disse con ironica amarezza, mentre si avviava verso la porta.
Elena stava per scusarsi, ma Damon parlò prima di lei.
“Ah.. e non preoccuparti, riusciremo a far ritornare Stefan il noioso e tormentato vampiro che ami tanto, puoi starne certa” asserì con un misto di risentimento e premura.
La ragazza s'immobilizzò, e restò in silenzio, mentre Damon lasciava la sua stanza.
In quel momento, le si strinse il cuore, ma non riuscì a capire per chi dei due.



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Summer e Lily erano sedute in macchina.
Il volto della cacciatrice era un manifesto di puro avvilimento.
“Andiamo Summer...non è tanto terribile! In fondo c'è gente che lo fa per mestiere...”
“Sì, è vero! Ed hanno tutto il mio rispetto...ma il m-i-o mestiere è quello di 'impalettare' brutalmente i cattivi! Non quello di sorridere per accattivarsi la clientela ” asserì seccata.
“Vedila così: una volta trovato il medaglione potrai divertirti ad 'impalettare' il cattivo più cattivo di tutti!” disse dolcemente la strega.
Summer la osservò attentamente. La sua argomentazione era stata molto convincente. In effetti, non vedeva l'ora di misurarsi con Klaus. Era un pensiero che eccitava a dismisura la sua bellicosa fantasia.
“Ok, lo farò. E quando prenderò Klaus a calci nel sedere sarà anche per questo!...Forse soprattutto per questo!” asserì con uno sguardo fiammeggiante.
“Brava! Questo è lo spirito giusto. Ora... tanto per ricordartelo, devi restare lì per almeno una decina di minuti, e se ne hai la possibilità... cerca di muoverti un po' per l'ambiente. Non ho dubbi sul fatto che debba funzionare...solo non so in che misura” spiegò la strega.
“Perché non hai portato con te una delle due cianfrusaglie? In fondo dovrei reagire allo stesso modo, non è forse così?”
“A dire il vero non è così. Gli altri due e-le-me-n-ti li hai già toccati e quindi, anche se minimamente, hanno già impresso la loro energia in te. In parole semplici, è come se ti fossi abituata al loro potere. Quindi sarebbe stato inutile portarli con me”
“Capisco...” mormorò Summer, dopo un sospiro di rassegnazione “Ok. Meglio che mi metta l'anima in pace ed inizi subito. Ma sappi una cosa, mia cara e rompiscatole amica, quando stasera avrò bisogno d'alcool per stordire il mio avvilimento, non vorrò sentire prediche su quanto faccia male al fegato! Siamo d'accordo?” la cacciatrice la guardò con un'espressione fintamente minacciosa.
Lily rise dolcemente.
“Ok. Ti prometto che terrò a freno la mia vena salutista”
“Bene!” Summer scese dall'auto e si diresse verso la porta di una curata villetta.
Suonò al campanello, ed aspettò che qualcuno le aprisse.
“Salve. Mi chiamo Summer e lavoro per la DreamAspirator, leader mondiale nella produzione di aspirapolveri...”



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In una stanza del Bed and Breakfast, Stefan azzannava il collo di una giovane ragazza dai capelli castani.
“Permetti?” chiese ironicamente Klaus all'altro vampiro, prima di afferrarle il polso e servirsi anche lui della vittima agonizzante.
Stefan si staccò da quel collo ormai ridotto a brandelli e si pulì le labbra rosse di sangue.
“Posso sapere come mai ci siamo stabilizzati qui?” chiese il vampiro.
“Non ti piace questo posto?... Io credo che i Bed and Breakfast siano gli alloggi ideali per dei vampiri di passaggio: un posto confortevole, un'allegra famigliola da asservire” indicò il corpo seminudo della figlia dei proprietari “e il tutto nella massima tranquillità e riservatezza” concluse tranquillamente.
“Quindi è come sospettavo, hai intenzione di restare qui per qualche tempo. Perché?...” Stefan bloccò il tergiversare dell'ibrido, riportando la conversazione su ciò che gli premeva sapere.
Klaus lo guardò seccato.
“Ah, mio curioso amico! Sempre a fare domande!”
“Vorrei solo sapere cosa ci facciamo qui. Non mi sembra chissà quale pretesa”
Klaus annuì con incertezza.
“Aspettiamo...” rivelò l'ibrido che intanto si era avvicinato alla finestra per osservare il cielo plumbeo e carico di pioggia.
Passarono alcuni secondi, e Stefan non ebbe nessuna precisazione aggiuntiva.
“Aspettiamo cosa?...”
“...Che i miei uomini mi portino quella dannata vampira. Li ho mobilitati tutti, non dovrebbe volerci molto” asserì con lo sguardo torvo.
Stefan restò in silenzio: aveva ottenuto l'informazione che desiderava.

Sulla soglia della porta comparve la signora Gibbon.
“C'è dell'altro che posso fare per te Klaus?” chiese sommessamente.
“Signora Gibbon, in effetti c'è da risolvere una questione urgente” prese una bottiglia di Champagne dal tavolo e l'agitò.
“Abbiamo bisogno di rifornimenti”
“Provvedo subito Klaus” e si allontanò.
Stefan colse la palla al balzo per allontanarsi momentaneamente dall'ibrido.
“Vado con lei, ho bisogno di un po' d'aria”
“Assicurati che prenda delle annate degne del mio palato...” disse, mentre si accomodava sul divano. Poi prese la ragazza, se la trascinò addosso e incominciò a morderle ferocemente la spalla.



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Allora? Com'è andata?” chiese Lily, mentre Summer si accomodava in macchina.
“Un fiasco totale” mormorò demoralizzata.
“...E tra l'altro le persone sono odiose ed opportuniste! Con la scusa della dimostrazione gratuita, questa vecchiaccia si è fatta pulire tutta casa!” aggiunse innervosita.
“Andiamo.. è un bene! E' una cosa positiva quando hai l'opportunità di visitare tutte le stanze! Così adesso possiamo escludere questa casa con assoluta certezza” disse la strega con entusiasmo.
“Che gioia...” mormorò lei con sarcasmo. Odiava quando le missioni prendevano queste noiosissime pieghe. Lei era fatta per l'azione!
Lily le sorrise dolcemente.
“Mentre tu eri via ha chiamato Kendra. Ha detto che i due si sono stabilizzati in un Bed and Breakfast a parecchi chilometri da Londra. Penso che Klaus stia cercando il Grimorio di Lucrezia...o meglio, ciò che lui crede che sia il Grimorio di Lucrezia. Anche se mi sembra strano che non l'abbia già recuperato...forse è anche più sbadato di me e quindi non ricorda dove l'ha messo!” asserì con autoironia, cercando di tirare su il morale di Summer.
La cacciatrice rise amabilmente.
“Ne dubito...” mormorò scherzosamente.



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In un'antica enoteca, Stefan manteneva gentilmente un cestino di vimini, mentre la signora Gibbon lo riempiva di bottiglie pregiate.
“Wow... vedo che Klaus ti sta addomesticando per bene” esclamò una voce femminile dietro di lui.
Stefan riconobbe subito quel tono e non sembrò sorpreso.
“Sapevo che ti saresti fatta viva...Katherine” disse girandosi.
“...E come facevi ad esserne così certo?” chiese con voce languida, mentre gli accarezzava il petto.
“So che non stai mai lontana dai tuoi interessi” rispose con voce dura, mentre si staccava da quel contatto.
“Niente di più vero...” la vampira lo guardò con un ostentato desiderio.
Stefan girò il volto, infastidito da quell'atteggiamento.
“Klaus ha sguinzagliato tutti i suoi seguaci per cercarti... è pericoloso per te stare così vicina a lui!”
“Ti stai preoccupando per me?” la sua voce era diventata ancora più civettuola.
“Mi sto preoccupando... di quello che potrebbe ottenere da te”
Il volto di Katherine mutò.
“Sì...lo so bene cosa vuole: un vecchio ed impolverato Grimorio. Non ho nessuna intenzione di darglielo! Puoi stare sereno...” asserì con tono dispettoso.
“In effetti mi solleva saperlo...perché è esattamente quello che speravo. Ma toglimi una curiosità, perché gliel'hai rubato?”
La vampira, prima di rispondere, fece scivolare per qualche secondo l'indice sulle bottiglie di vino esposte.
“Sapevo che Klaus mi avrebbe dato la caccia per l'eternità, e quindi avevo bisogno di qualcosa con cui poter... barattare la mia libertà”
“E come mai non hai già giocato questa carta?”
“Vedi Stefan...perché anche quando ero più ingenua sapevo perfettamente che il valore di qualcosa si misura in base al suo bisogno...”
“Ma, secondo questo ragionamento, adesso sarebbe il momento più adatto per effettuare lo scambio...cosa ti trattiene dal farlo? Sempre che sia davvero questa la tua intenzione...”
“Puoi credermi Stefan. Dopo cinquecento anni passati a scappare da quel pazzo, ho capito che per Klaus nulla conta quanto la vendetta. Non mi avrebbe mai concesso nulla. Quindi l'unica soddisfazione che posso prendermi ora è vederlo dannarsi alla ricerca di qualcosa....che non troverà mai”
Stefan sorrise: anche se per motivi diversi i loro intenti coincidevano.
“Te lo ripeto Katherine... è pericoloso ...faresti meglio ad andartene”
“Te lo ripeto Stefan: ho passato mezzo millennio a scappare da Klaus. So badare a me stessa” sussurrò con malizia, prima di scomparire.



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Al Mystic Grill, Summer si rimpinzava di cibi pieni di grassi saturi e birra, sotto lo sguardo contrariato di Lily che però, come promesso, non diceva neanche una parola a riguardo.
“Come puoi vedere ti ho preparato una cartina con tutte le abitazioni di Mystic Falls, ti conviene aggiornarla man mano, cancellando le case che hai visitato in giornata”
Summer faceva finta di ascoltare l'amica che sventolava una chissà quale mappa, mentre in realtà la sua concentrazione era interamente focalizzata sul cibo.
“Purtroppo domani ritorno a New York...quindi dovrai vedertela da sola”
Summer si destò da quel gozzovigliare frenetico.
“Come domani? Di già?” piagnucolò dispiaciuta.
“Ci sono troppe cose importanti da proteggere lì, non mi sento tranquilla a starmene così lontana..” disse dolcemente.
“Capisco...” mormorò tristemente.
Lily sorrise a quello sguardo dispiaciuto, ma improvvisamente qualcosa catturò la sua attenzione.
“La doppelganger è qui...” sussurrò. La strega aveva riconosciuto il suo volto nella ragazza seduta al bancone.
Summer si girò nella sua direzione, e notò che gli occhi di Elena erano fissi su di lei.
La cacciatrice accennò un titubante sorriso, ed Elena rispose con un sorriso altrettanto impacciato, poi, con determinazione, si avviò verso di lei.







Nota dell'autrice:
Lo so, lo so, c'è poco Damon in questo capitolo... è una sofferenza anche per me quando lui non c'è T.T ma non temete...più si andrà avanti e più tutto sarà incentrato su di lui!!!^^ Giurin giurello!!!
Il problema è che i personaggi sono tanti e non posso lasciare indietro nessuno^^
Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono questa fic^^

Alla prossima***



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Capitolo 14
*** Quattordicesimo Capitolo ***





Dopo quello scambio di sguardi Elena, a passo deciso, si avviò verso il tavolo.
“Ti dispiace se mi siedo?” le chiese col tono sicuro ma ostentato di chi non vuole apparire intimorito.
Summer fece un sorriso dolce che spazzò via, in un secondo, il disagio di Elena.
“Figurati, accomodati pure” le rispose con altrettanta dolcezza.
La ragazza si sedette accanto a Lily, che era a sua volta seduta di fronte a Summer.
In quel modo, Elena poteva guardare il suo viso e sperare di cogliere in esso quelle espressioni che aiutano a constatare la veridicità delle parole.
“Piacere, io sono Lily” disse teneramente porgendole la mano.
Elena nuovamente si sentì disorientata da tutta quella cortesia.
“Elena” rispose stringendo la mano sottile e curata della strega.
“Ti offro da bere, cosa prendi?” chiese Summer, alzando la mano per farsi notare dal cameriere.
“Ti ringrazio, ma sto a posto così”
“Cosa!? Neanche per sogno! Già la signorina qui presente è una salutista convinta che non beve alcolici. Ho bisogno che almeno tu mi faccia compagnia!” disse scherzosamente.
“Summer non è lei se non fa rimpinzare di cibo e alcool le persone che le stanno intorno. Ti conviene accettare, perché quando diventa insistente è una vera rompiscatole!” aggiunse Lily.
A quelle parole Summer rispose con una smorfia di finta arrabbiatura.
Elena rise dolcemente a quella scena.
“Beh in questo caso, prenderò una birra. Grazie”
Intanto Matt si era avvicinato al tavolo guardando Elena con complicità.
“Me la porti una birra occhioni blu?!” chiese la cacciatrice.
Il ragazzo sorrise timidamente a quell'apprezzamento “Certo”
Summer tornò a guardare Elena, questa volta con un'aria più seria.
“Allora...cosa vuoi sapere?” le chiese con tranquillità prima di sorseggiare la sua bevanda: non aveva dubbi sul fatto che fosse lì per improvvisare un interrogatorio.
Elena si diede qualche secondo.
“Cosa sei?...cioè... non sei un vampiro e mi sembri una normalissima ragazza, come fai ad essere così forte?”
“E' importante per te saperlo?” chiese Summer dopo aver scambiato uno sguardo d'intesa con l'amica.
“Sei piombata nella mia vita dicendomi di stare momentaneamente lontana dal mio ragazzo e di volermi proteggere, credo che avere qualche informazione in più a riguardo rientri nel pacchetto. Non trovi?”
Intanto un altro ragazzo le aveva portato l'ordinazione.
Summer ragionò brevemente sulla cosa, poi guardò Lily come per avvisarla di ciò che avrebbe fatto.
“Ok. Io... sono la cacciatrice”
Il volto di Elena era confuso.
“Una cacciatrice... di vampiri?”
“Vampiri, licantropi, streghe...tutto ciò che sia una minaccia sovrannaturale per il mondo!”
Elena necessitò di qualche istante per elaborare l'informazione.
“Come fai ad essere così forte, ti sei dovuta allenare oppure ...questi poteri ti sono stati...dati?” chiese vagliando le varie ipotesi che stesso in quel momento le passavano per la testa.
“In un certo senso mi sono stati dati. Quando sono comparsi i primi vampiri, una strega ha fatto in modo che ci potesse essere qualcuno in grado di contrastarli, e da quella sorta d'incantesimo è nata la prima cacciatrice. Ma la nostra forza è soggettiva e soprattutto non siamo immortali come i vampiri. Semplicemente, quando una cacciatrice muore ne viene chiamata in carica un'altra. In breve: la cacciatrice non è altro che una ragazza che nasce con un potere potenziale che si manifesta solo se il destino, alla morte della precedente cacciatrice, la sceglie. Beh, come avrai capito, io sono stata una tra queste. E' un po' complicato, spiegarti tutto per bene richiederebbe tempo...” Summer cercò di spezzare un discorso che sarebbe stato lungo e complesso.
“Ok... va bene così. Ti ringrazio per avermelo detto”
Summer sorrise per la tenerezza di Elena.
“C'è qualcos'altro che vuoi sapere?”
“Beh hai detto che il tuo intento è quello di uccidere Klaus...se è così, perché non l'hai già fatto?”
“Ottima domanda. Beh non l'ho ancora affrontato semplicemente perché ho bisogno di un'arma speciale per farlo, ed è proprio ciò che sto cercando qui a Mystic Falls” spiegò prima di addentare delle patatine fritte.
Elena stava per chiedere qualcosa a riguardo, ma in quel momento vide il volto sereno della cacciatrice mutare bruscamente.
Si girò nella direzione in cui Summer era rivolta e anche lei cambiò espressione.
Damon aveva appena messo piede al Mystic Grill.
Entrambe sperarono che il vampiro non avesse intenzione di unirsi a loro, ma quella preghiera mentale fu subito spazzata via dalla sua camminata spavalda e diretta.
“Un tavolo pieno di belle ragazze! Vi dispiace se mi unisco a voi?” disse sedendosi accanto alla cacciatrice.
Elena e Summer gli fecero un'occhiataccia fulminea, mentre Lily guardava la scena incuriosita.
Damon rispose allo sguardo della cacciatrice con un'espressione altrettanto infastidita.
“Non ci conosciamo, sono Damon Salvatore” disse, subito dopo, porgendo la mano a Lily.
La strega guardò Summer con un'espressione di rimprovero. Perché l'amica non le aveva raccontato la storia per intero? Si domandò innervosita.
Lily guardò la mano e la ignorò volutamente.
“La fama la precede signor Salvatore” rispose aspramente.
Damon sorrise e ritirò la mano, per poi appoggiare i gomiti sulla spalliera. Le punte del medio e dell'anulare della sua mano destra sfiorarono la spalla di Summer che trasalì impercettibilmente.
“Credo sia ora di andare...” disse la cacciatrice rivolgendosi all'amica; poi si alzò, lasciò i soldi sul tavolo e fece un sorriso alla doppelganger.
“Passa una bella serata...Elena” disse teneramente rimarcando il nome della ragazza, per precisare che il saluto era rivolto esclusivamente a lei.
Rivolse un'altra occhiataccia a Damon, mentre Lily si alzava a sua volta.
“E' stato un piacere...” disse la strega rivolgendosi, anche lei, solo alla ragazza.
Elena sorrise dolcemente ad entrambe, ma quando queste si allontanarono si voltò minacciosamente verso il vampiro.
“Perché mi guardi in quel modo? I miei modi sono stati gentili...sono state loro ad essere scortesi” asserì con finta innocenza: sapeva benissimo che bastava semplicemente la sua presenza ad innalzare nelle persone un muro di ostilità.
Elena gli fece un'ultima occhiataccia di rimprovero, poi prese la sua birra e si diresse verso il bancone.



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Lily si mise al volante della sua auto, ma non era intenta a partire.
Summer notò quella titubanza e capì subito da cosa derivava.
“Lo so, non ti ho detto che il fratello dello squartatore è il BadyGuard di Elena, ho sbagliato: perché ogni cosa deve essere trascritta in quei noiosissimi diari. Lo so. Ti chiedo scusa...”
La strega, dopo aver ascoltato ciò per cui stava aspettando, mise in moto l'auto.
“Il fatto è che...mi sembra davvero strano che tu non me l'abbia detto, come mi è sembrato ancora più strano il tuo comportamento di prima. Da quando ti lasci intimorire e scappi via? Insomma, è un vampiro che puoi uccidere ad occhi chiusi. Perché hai sentito il bisogno di andartene? Di solito quando qualcuno che ti infastidisce ti ronza intorno rispondi a tono fino a quando non cede e se ne va...” asserì incuriosita, ma poi non diede a Summer neanche il tempo necessario per rispondere.
“Sei attratta da lui! Dico Bene?” domandò incredibilmente calma.
“Che cosa!? Ovvio che no! E quest'assurdità da dove uscirebbe?!” rispose la cacciatrice sforzandosi si apparire tranquilla.
Lily le lanciò uno sguardo sospettoso che oltrepassò i suoi occhi per scrutarla in profondità.
Summer si sentì intrappolata da quelle assurde supposizioni e da quello sguardo interrogatorio.
“Ti ho detto che non è così!... Non è altro che un vampiro da quattro soldi che sa solo darsi arie da super uomo! Per di più è snervante e di una banalità che fa cadere le braccia!” asserì con tono ancora più pacato e controllato.
“Ma non puoi negare che sia notevolmente bello. In fondo non ho mica detto che sei innamorata di lui, ho semplicemente detto che ne sei attratta...intendevo solo fisicamente”
Summer ascoltò attentamente le parole dell'amica e capì di aver avuto una reazione esagerata al Grill, scappando via, ma non poteva farci nulla: quel vampiro aveva l'innato potere di innervosirla.
Stette in silenzio per qualche secondo: il tempo di una veloce analisi di coscienza.
“...Ok...Forse...Potrei...Essere...Fisicamente...Attratta...Da lui...” asserì come se quelle parole le fossero state estirpate da dentro con una tenaglia: non poteva credere a ciò che aveva appena detto!
Lily sorrise divertita ma si sentì anche lievemente sconcertata. Conosceva Summer da sette anni ormai; l'amica non aveva mai avuto difficoltà ad ammettere di provare dell'attrazione fisica per qualcuno, umani o vampiri che fossero. Perché adesso era tanto difficile per lei?



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Dopo qualche minuto, Damon la raggiunse e si sedette sullo sgabello accanto al suo.
“Allora...sei riuscita a farti dire come si chiamava il suo fidanzatino? Anzi no, lasciami indovinare...si chiamava Derek...ha la faccia di quella che si innamora dei Derek!” disse scherzosamente.
Elena fece un sorriso sfibrato. Anche se non aveva apprezzato la sua inutile entrata in scena, non riusciva a tenergli il broncio più di tanto.
“Esistono facce del genere? E la tua quale sarebbe allora?” domandò ridendo, per poi pentirsene un attimo dopo.
Ad entrambi vennero in mente le stesse immagini; il letto, la dichiarazione ed il bacio.
Un attimo di disagio carico di tensione si creò tra i due. Gli occhi di Elena si bloccarono per un istante sulle labbra di Damon, che per un momento non seppe cosa rispondere.
“Allora? Vuoti il sacco oppure vuoi tenermi sulle spine come l'ultima volta?” disse infrangendo la densità dell'attimo e riportando la conversazione sul giusto binario.
“Ok. Te lo dico, ma solo perché sono certa che non mi daresti pace altrimenti!” rispose sollevata dal fatto che il vampiro non avesse usato quella frase uscita per caso come un pretesto per discutere di un argomento tabù.
“Sentiamo...”
“Beh...dice di essere la cacciatrice. Hai mai sentito nulla a riguardo?”
“Mi prendi in giro! ...Credevo fosse una leggenda metropolitana con lo scopo di spaventare i vampiri: alla pari dell'uomo nero creato per spaventare i bambini cattivi...non posso credere che esista realmente!”
“E' ciò che mi ha detto! Ma cosa si dice in giro di preciso?” domandò Elena con lo scopo di mettere a paragone dicerie e realtà.
“Beh prima di tutto che sia muscolosa e terrificante. E per quanto detesti quella donna devo ammettere che è tutto meno che terrificante...” disse con un chiaro e forte riferimento sessuale.
A quell'affermazione, Elena si sentì stranita.
“Sei...sei attratto da lei?” chiese titubante.
“Cosa? Io attratto da lei?! ...Certo che no! Neanche per sogno!... Ma hai visto i suoi modi?! Un iceberg trasmetterebbe più calore!”
“A dire il vero con me è stata molto gentile...anzi...direi amichevole. E comunque intendevo attratto...solo fisicamente” continuò ancora con titubanza: non capiva bene il perché, ma voleva una risposta.
“Beh... fisicamente... non posso negare che sia..attraente...ma sai bene come siamo fatti noi uomini a riguardo...non basta poi molto per entrare....in quel genere di grazie” disse con tono allusivo e sexy, ma consapevole del fatto di star volutamente sminuendo la cosa.
“Come mai ti interessa tanto?” domandò con intensità: il treno della conversazione stava deragliando di nuovo.
Elena si sentì nuovamente a disagio: le aveva chiesto qualcosa a cui non sapeva proprio rispondere.
“Beh...sai come siamo fatte noi donne a riguardo...” decise di parafrasarlo per sbloccare quell'ennesimo momento di elettricità.
Damon fece un sorriso di circostanza: quale risposta poteva mai aspettarsi?
“Devo scappare, ho promesso a Bonnie che sarei passata da lei” disse dopo aver guardato l'ora sul display del suo telefono; poi si alzò e si mise la giacca.
“Ah quasi dimenticavo, ha detto anche che qui a Mystic Falls sta cercando un'arma che può uccidere Klaus, forse dovremmo darle una mano. Non trovi?” disse mentre si aggiustava i capelli intrappolati nel giubbotto.
“Non credo sia necessario, insomma, se è davvero la cacciatrice sarà abituata a cose di questo genere, non trovi?” disse mentendo sulle sue intenzioni: in realtà ci aveva già pensato nel momento in cui aveva preso quel foglio dalla sua borsa e aveva visto il disegno di quello strano medaglione.
“Ahh...Ok...se pensi che non sia il caso...” disse con titubanza, sorpresa da quella risposta “Beh... vado...”
Il vampiro la salutò facendo un leggero cenno col capo ed un sorriso.
Elena ricambiò il sorriso e poi si avviò velocemente verso l'uscita.

“Dello scotch...” disse al barista.
Damon ragionò su ciò che era appena successo; per la seconda volta in quella serata non capiva il significato delle sue azioni. Perché aveva mentito ad Elena sulla sua intenzione di voler aiutare la cacciatrice?
Bevve un sorso di scotch e si interrogò anche sulla prima azione della serata che non aveva avuto alcun senso. Perché le aveva volutamente sfiorato la pelle?



Nota dell'autrice:
Lo scorso capitolo è stato talmente incentrato su Klaus, Stefan e Katherine (fronte inglese insomma -_-) che ho sentito il bisogno di scrivere rapidamente questo capitolo. Quando la voglia di Damon chiama xD (...e soprattutto quando la voglia di studiare scappa in Messico-_-')
Come sempre ringrazio chi è arrivato fin qui^^
Alla prossima***











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Capitolo 15
*** Quindicesimo Capitolo ***




Il taxi si fermò fuori la lussuosa dimora dei Lockwood.
Il tassista si affrettò a scendere per aprire lo sportello alla donna che aveva accompagnato fin lì, poi altrettanto velocemente aprì il portabagagli per prendere le valigie.
Un trolley appoggiato male al suolo si ribaltò a terra.
La donna si tolse gli occhiali da sole e lanciò un'occhiataccia all'uomo.
“Mi scusi” disse sommessamente prima di metterlo nella giusta posizione: l'aria altezzosa e isterica di quella donna lo innervosiva a dismisura.
Lei non rispose, si limitò a guardarlo con sufficienza.
“Tenga pure il resto” gli disse dandogli un biglietto da cinquanta per un conto di appena trenta dollari.
Il signore prese il denaro e la ringraziò facendo anche un cenno col capo.
Subito rientrò in macchina e tirò un sospiro di sollievo: quella donna avrebbe messo a disagio chiunque, pensò.



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Lily partì di primo mattino. Con la solita premurosa gentilezza aveva pensato di non svegliare Summer, lasciandola riposare beatamente. Le aveva lasciato le chiavi dell'auto sul comò decidendo di affrontare il viaggio di ritorno in autobus. Il biglietto che le aveva lasciato le spiegava il perché – Sarà più facile portarti dietro tutta l'attrezzatura da finta rappresentante con l'auto! Buon lavoro! - le aveva anche fatto il disegnino di uno smile che fa la linguaccia.
Summer si svegliò qualche ora dopo. Il pensiero di doversi mettere all'opera in qualcosa di così snervante e noioso era un trattore che passava con sadica lentezza sul suo connaturato entusiasmo.
Lesse il biglietto dell'amica e sorrise impercettibilmente: il non potersi muovere con la sua Ducati SuperBike nera e metallizzata era un'altra cosa da aggiungere alla lista delle cose che odiava di quell'assurda missione.



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Carol Lockwood si avviò a passo svelto verso la porta di ingresso.
Il suono del campanello le aveva fatto venire un leggero brivido dietro la schiena: tre bussate brevi ed immediatamente consecutive.
Carol sapeva benissimo chi avrebbe visto una volta aperto la porta.
“Blair...che piacevole sorpresa” disse con un sorriso sforzato e quindi asimmetrico e tardivo.
“Risparmia l'ipocrisia e le frasi di circostanza per gli elettori Carol...” disse senza degnarla di uno sguardo ed entrando con passo deciso nella dimora.
“Tyler è qui?” chiese subito dopo, guardandosi attorno con palesato dissenso.
“E' a scuola” rispose Carol mantenendo il controllo della sua voce.
Nella classifica delle persone che odiava, la sorella maggiore del suo defunto marito occupava le prime tre posizioni.
Blair Lockwood, con i suoi boccoli larghi di un castano ramato, gli occhi verdi dal taglio felino e la pelle leggermente abbronzata e luminosa di chi passa intere giornate nelle spa, poteva anche nascondere i suoi cinquant'anni, ma nulla di lei camuffava il carattere dispotico e altezzoso: né i modi, né l'impostazione della voce e né l'abbigliamento tassativamente firmato dalla testa ai piedi.
In cinque decadi di vita aveva collezionato: una laurea in giurisprudenza conseguita a Princeton, usata più per elogiarsi che per praticare un vero e proprio mestiere, tre lussuosi matrimoni finiti in altrettanti cospicui divorzi e nessun figlio.
Carol non apprezzava nulla di lei e la sua presenza in quel momento era ciò che normalmente si può definire 'un pessimo modo per iniziare la giornata'.
“Allora Blair...come mai qui a Mystic Falls?”
“Ne parleremo con calma, adesso indicami la mia camera...” la donna afferrò i suoi bagagli e le sorrise fintamente.
Carol sorrise con altrettanto sforzo. Se l'intenzione di Blair era quella di restare, per lei sarebbero stati dei giorni duri.



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Cinque case visitate senza alcun successo e la lancetta dell'orologio che aveva superato da pochi minuti le dodici erano le giuste e ragionevoli motivazioni per concedersi una birra seduta al tavolino del bar.
Aveva preso dalla sua borsa la cartina fatta da Lily per cancellare le abitazioni in cui era stata. Per quanto Mystic Falls fosse una piccola cittadina, contava più di milleduecento abitanti, per un totale di trecentonovantasette abitazioni: lei ne aveva visitate in tutto solo nove.
Sospirò avvilita pensando che avrebbe dovuto impegnarsi di più se non voleva protrarla per le lunghe, ma per lei era qualcosa di veramente snervante. Avere a che fare con le persone a volte è peggio del doversi confrontare con dei mostri: almeno i mostri sei legittimato ad ucciderli...
“Quindi fammi capire bene, tra un'impalettata e un'altra vendi aspirapolveri? Come mai? Le cacciatrici non hanno uno stipendio?” Damon si era materializzato sulla sedia di fronte alla sua.
Summer abbassò la cartina mostrandogli un'occhiataccia omicida.
“Adesso ti sei messo anche a spiarmi?...Dimmi un po' Damon la tua vita è davvero così triste da non avere nulla di meglio da fare!” disse con acidità.
“Vedila così...se sono occupato a darti fastidio non posso fare del male alle persone...” disse serafico, facendo il suo classico movimento con le sopracciglia e prendendo la bottiglia di Summer.
“Otterrei lo stesso risultato uccidendoti...e credimi...mi stai davvero tentando....” disse riprendendosi la birra con un movimento veloce e deciso.
“Tratti sempre così le persone che vogliono aiutarti? Oppure lo fai solo con me?”
“Ahhh giusto! L'avevo rimosso...vuoi aiutarmi! Ed in quale modo esattamente? Perchè non credo che tu possa essermi utile contro Klaus...Penso che dovresti scegliere delle buone azioni un po' più... alla tua portata. Ehi prima ho visto che la ragazza dietro al bancone aveva delle grosse difficoltà ad aprire un barattolo: forza Damon! Sii il suo eroe!” lo schernì con rapidità e cattiveria.
Il vampiro incassò il colpo con un respiro un po' più sonoro ed un sorriso di plastica.
“OK... Ammetto che contro Klaus non potrei fare molto. Ma posso aiutarti a trovare ciò che stai cercando. Andiamo, vuoi davvero continuare con questa pagliacciata della rappresentanza? Ti ho seguita per tutta la mattina: hai perso un'infinità di tempo in chiacchiere del tutto inutili. E poi come pensi di cercare a fondo in una casa approfittando solo degli attimi di distrazione degli idioti di turno?...Fidati: posso rendere tutto questo molto più veloce!...”disse serio.
“Uno: non devo cercare un bel niente, devo solo stare lì per un po'. Due: non accetterei mai il tuo aiuto perché la tua sola vicinanza mi provoca lo stesso effetto di un'unghia che raschia una lavagna!” asserì aspramente alzandosi.
“L'antipatia è reciproca...” disse con un sorriso serafico, ma poi il suo volto diventò serio ed afferrò rapidamente il suo polso. “Quindi non credere che voglia farlo perché ho piacere a stare in tua compagnia... Lo faccio perché voglio Klaus morto tanto quanto lo vuoi tu” aggiunse con tono volutamente duro, e le sue iridi azzurre, determinate e serie, sembrarono scalfire per un attimo l'impassibilità di Summer.
Lei si liberò da quella presa che intanto il vampiro aveva allentato.
“Lavoro da sola Damon...mettitelo in testa...” disse con freddezza prima di voltarsi per andarsene.
Damon la osservò mentre si incamminava.
Ammise tra sé e sé di aver nuovamente cercato di proposito il suo contatto fisico: un contatto che  gli dava una sensazione strana, che non riusciva a decifrare ma che sentiva necessaria.



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Summer era stata ancora una volta turbata dal contatto fisico di Damon.
Se non avesse avuto quella conversazione con Lily avrebbe potuto tranquillamente ingannarsi definendolo un sintomo fisico del disprezzo, ma ormai non poteva più farlo.
Si avviò verso l'ennesima abitazione.
Suonò il campanello della famiglia McDougall, ma dopo vari minuti in cui nessuno era venuto ad aprirle si girò per andarsene.
Proprio in quel momento aprì un distinto signore di mezz'età.
“Posso aiutarla?” le chiese con voce profonda.
Summer si girò e restò impacciata per un paio di secondi.
“Sì...sono una rappresentate della DreamAspirator, sua moglie è in casa?”
“No, in questo momento è a lavoro”
“Capisco. Beh passerò la prossima volta allora. Buona giornata” disse prima di avviarsi.
“Signorina, aspetti. Crede che solo mia moglie possa decidere sugli acquisti?” le domandò con un sorriso.
“No. Non intendevo dire questo...” rispose con imbarazzo.
“Allora si accomodi e faccia pure il suo lavoro...” disse ancora con un sorriso smagliante, spalancandole la porta di casa.
Summer ebbe un attimo di incertezza, poi si avviò verso l'ingresso.
Si accomodarono in cucina. Un luogo talmente splendente e asettico che lasciava pensare più alla vetrina di un mobilificio che ad un reale angolo di abitazione.
La cacciatrice era fortemente concentrata sulle sue sensazioni e si guardava intorno con circospezione.
“Allora, quali sono le gradi qualità del suo prodotto?” chiese ancora l'uomo con gentilezza.
Summer si destò nuovamente.
“Sì certo, prima di tutto, la grande versatilità degli accessori che permettono con pochi gesti di poter pulire tutta la casa” Summer aveva aperto la valigia contenente l'aspirapolvere e gli accessori per mostrarli all'uomo.
“Questo è il corpo dell'aspirapolvere: premendo questo pulsante l'accessorio si stacca e si possono inserire i vari accessori, come la scopa elettrica, il tubo, il battitore per i materassi...” spiegò mentre rovistava nella borsa per mostrare tutto ciò che aveva.
“Quindi è utile anche in camera da letto...” mormorò l'uomo.
Quelle parole diedero a Summer un senso di viscidume che si attaccava addosso, e solo in quel momento notò l'aria lasciva dell'uomo che la guardava con l'intensità di macchinario per le radiografie.
“Certamente...” rispose con un tono di sfida che fu, però, mal interpretato dall'uomo che subito si avvicinò a lei.
“Beh... allora forse la dimostrazione dovrebbe iniziare proprio da lì...” sussurrò facendo scivolare la mano sui glutei della ragazza.
“Per me può iniziare anche qui...” sussurrò lei con libidine...prima di sferrargli una ginocchiata nel basso ventre.
L'uomo subito si piegò in due e si inginocchiò a terra per il dolore.
“Ma si può sapere che diavolo avete in testa voi uomini?!...Quanto più fate ribrezzo e siete dei rammolliti, più vi sentite irresistibili ed invincibili!" il suo discorso generalizzato prese una strana piega "Voglio dire...e io dovrei accettare il suo aiuto come se non sapessi fare il mio lavoro?! Come se non fossi in grado di cavarmela da sola!? Ho passato la vita intera facendo affidamento solo su me stessa! Adesso viene lui con la sua aria da tenebroso vampiro conoscitore del mondo e vorrebbe insegnarmi il mio mestiere. Tsk, incredibile!" quella parentesi dettata dall'inconscio si concluse riportandola alla realtà "E lei, invece, dovrebbe solo vergognarsi!” disse con velocità rimettendo il tutto nel suo borsone.
L'uomo si alzò con difficoltà. Non aveva capito nulla del suo confusionario discorso; sapeva solo di essere infinitamente adirato.
“Non finisce qui!” le intimò con tono minaccioso.
Summer, che si era già avviata, ritornò davanti a lui.
“Ha perfettamente ragione...” gli sferrò un potente schiaffo “Finisce qui!”. L'uomo cadde a terra e perse conoscenza, mentre Summer si avviava nuovamente verso l'uscita.
Si sedette in macchina e restò per qualche secondo con le mani fisse sul volante.
Per quanto fosse forte di carattere ed abituata a cose decisamente peggiori, quella disgustosa scena era comunque qualcosa che l'aveva infastidita e turbata, facendole detestare ancora di più quella parte della missione.
Fece un sospiro e si avviò verso le altre mete che aveva prestabilito.
Il suo lavoro doveva continuare.



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Damon sorseggiava dello scotch seduto sul divano di casa sua, quando qualcuno bussò alla porta.
“Ehi Rick...” disse appena vide l'amico sulla soglia.
“Fammi capire bene Damon, siamo stati una squadra per tutta l'estate ed ora certe cose se non me le dice Elena rischio di non saperle?!” disse Alaric con rimprovero, entrando a passo deciso in casa.
“Non fare il geloso. E' stato bello...ma non sei il mio tipo!” disse per poi continuare a sorseggiare il suo drink.
“Una cacciatrice...pensavo fosse una leggenda...” mormorò l'umano ancora incredulo.
“Siamo in due”
“Cosa pensi di fare a riguardo?”
“Niente” rispose il vampiro con enfasi.
“Come niente?”
“Ascolta; mi sono anche offerto di aiutarla, ma non ha accettato. Vuole cavarsela da sola. Fine della storia. Non insisterò. In fondo quello è il suo mestiere. Noi non dobbiamo fare altro che metterci comodi...ed aspettare che lei risolvi nostri problemi” asserì sedendosi nuovamente sul divano e mentendo anche ad Alaric sulle sue intenzioni: non si sarebbe arreso, l'avrebbe convinta ad accettare il suo aiuto.
“Beh...se la pensi così. Ok. Ce ne staremo da parte” lo guardò attentamente “Ma se succede qualcosa...voglio saperlo! Sono stato chiaro?”
“Chiarissimo... “ disse con quel suo classico sorriso di strafottenza.



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Altre quattro case visitate senza successo.
Anche se era solo all'inizio, l'ottimismo di Summer iniziava a vacillare.
Ricordò che la ricerca della Triluna nel nord dell'Australia era durata due anni. Lì Lily non aveva avuto questa brillante intuizione, eppure tutto sembrava più facile e scorrevole, forse perché non era sola. Kendra e Lily oltre ad essere delle valide colleghe erano anche delle ottime amiche: insieme sapevano trovare il lato divertente di ogni cosa e, anche in quel frangente, la missione era stata più tollerabile.
Ora la noia faceva da padrona.
Ferma sul ciglio della strada, con le mani ferme sul volante, Summer chiuse gli occhi e sospirò, poi li aprì e con sguardo deciso fece inversione.
Non poteva credere di starlo facendo sul serio: preferiva la compagnia di quell'arrogante vampiro alla noia della solitudine, pensò. Ma in realtà la solitudine per lei non era mai stata un problema; in quel momento qualsiasi scusa era buona come alibi per mascherare un'attrazione davvero difficile da ammettere.






Angolino di NaNa:
Allora...come potete vedere: altra carne a cuocere^^ non odiatemi!!! E con questo mi riferisco alla “new entry “che farà solo una comparsa rapida e fastidiosa xD Però penso che un po' di problemi siano necessari...cioè..mica può filare tutto liscio come l'olio?!!! Dico questo perché ho paura di starvi annoiando: ho notato che c'è stato un brusco calo delle letture e questo mi rattrista davvero molto perché è il pensiero che ci sia qualcuno a leggere che mi fa venire voglia di passare tempo libero a scrivere T.T
Cmq ringrazio di cuore chi è riuscito ad arrivare fin qui^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto^^
Alla prossima***






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Capitolo 16
*** Sedicesimo Capitolo ***





Alaric aveva lasciato casa sua da una mezz'ora, quando qualcuno bussò nuovamente alla sua porta.
Damon andò ad aprire con un'espressione seccata: da quando riceveva tutte queste visite? Pensò.
“Tu...” mormorò stupito.
“Domani alle nove fuori al parco. Sii puntuale e non farmene pentire!” disse Summer, con tono autoritario e braccia conserte, prima di dargli le spalle.
“Come hai fatto a trovarmi?” chiese incuriosito e stranamente agitato dal fatto di trovarsela di fronte all'improvviso: fino a quel momento era sempre stato lui a cercarla.
“Tu come fai a trovarmi ogni volta?” rilanciò lei, voltandosi.
“Ho i miei metodi”
“Beh anch'io ho i miei metodi” e si avviò lasciando Damon sulla soglia che continuava a fissarla stranito e confuso da quell'improvviso cambiamento.



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Quella sera, Alaric ed Elena si destreggiarono in cucina cercando di preparare una sostanziosa lasagna.
“Non trovi che il comportamento di Damon sia un po' strano, cioè...da quando è così arrendevole? Possibile che arrivi una cacciatrice in città e lui decida di farsi da parte? ” chiese Elena, mentre mescolava il sugo.
“E' di Damon che stiamo parlando...c'è da sorprendersi solo quando fa cose logiche e normali” rispose Alaric, mentre stendeva la pasta sulla teglia.
Elena rise dolcemente.
“Su questo non posso che darti ragione. Però...non so...non mi sembra da lui. Tutto qui” disse prima di assaggiare il sugo.
Il volto di Alaric si irrigidì. Per quanto a lui non dispiacesse la compagnia di Damon, di certo non poteva essere felice del fatto che lui ed Elena fossero sempre più complici.
“Vi siete avvicinati molto quest'estate...” asserì cercando di instaurare una conversazione che rimandava da troppo tempo.
“Sì è vero...ma mai quanto voi due, visto che mi avete mentito per tutto il tempo” disse con tono basso ma accusatorio.
Alaric non aveva pensato ad una simile risposta. Elena aveva ragione e questo gli fece capire di non essere nella giusta posizione per fare delle paternali: anche se lo avrebbe tanto voluto.
“Colpito e affondato!” si limitò a dire sorridendo.
“Comunque devo essere sincero, non disapprovo totalmente la scelta di Damon, insomma...è più normale che sia una cacciatrice ad occuparsi di Klaus che noi...non trovi?”
Elena fece un sorriso ed un segno d'approvazione col capo, ma il suo sguardo si scurì leggermente al pensiero di Stefan ancora in balia di quel pazzo.



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Mancavano cinque minuti alle nove e Summer era appena arrivata fuori al parco di Mystic Falls.
Si era posizionata fuori all'ingresso assumendo una posa aggressiva: braccia conserte e sguardo minaccioso.
Alle nove e tre minuti Damon si materializzò dietro di lei.
“Già di pessimo umore?” le disse.
Lei si girò con una lentezza carica di nervosismo.
“Potrebbe mai essere diversamente?!” asserì avvilita dal pensiero di dover avere a che fare con lui già di primo mattino.
“Andiamo... rilassati! Oggi, con il mio prezioso aiuto, farai il triplo del lavoro nella metà del tempo” disse compiacendosi.
Summer lo guardò contraria.
“Sentiamo, qual è il tuo geniale piano?”
“Lo vedrai...Allora da dove iniziamo?”chiese con entusiasmo.
“Prima voglio stabilire delle regole” disse lei.
“Chissà perché la cosa non mi sorprende...”asserì lui.
Lei si limitò a fargli un'occhiataccia.
“Primo: non devi toccarmi. Neanche con un dito...il tuo contatto mi infastidisce più della tua faccia!” disse acidamente.
Il vampiro alzò le mani e fece uno sguardo ironico che diceva 'non mi permetterei mai'.
“Secondo: in mia presenza non ammazzi nessuno. Provaci e non avrai il tempo di pentirtene!”
Ancora lo sguardo di Damon mostrò la sua approvazione.
“Qualcos'altro?” chiese con un sorriso sornione.
“Per adesso basta così...” rispose lei con finta cordialità.
“Allora...da dove iniziamo?”
“La casa in fondo alla strada” rispose guardando nella direzione stabilita.
Damon fece il tipico gesto di galanteria con la mano che dà la precedenza alle signore ma, come sempre, anche nel più innocente dei tentativi, ogni suo gesto sembrava una presa in giro.
Summer chiuse gli occhi e respirò rumorosamente: alle nove e otto minuti i suoi nervi erano già tesi.



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Blair raggiunse la cognata nella sala da pranzo.
Carol, come ogni mattina, leggeva il giornale sorseggiando del caffè amaro e mangiando una frittella ai mirtilli.
Blair la guardò nauseata.
“Buongiorno Blair” disse Carol con una gioia così finta da farla sembrare la protagonista di una telenovela da quattro soldi.
“Tsk! Frittelle...Cosa sei una teenager? Poi non lamentarti quando le gonne a tubino ti fanno sembrare un rosbif!” asserì, mentre poggiava delicatamente sul tavolo il suo piatto con ananas e kiwi a fettine.
“Buon appetito anche a te...” rispose con un sorriso: alle nove e venti muniti, Carol desiderò che quella giornata passasse il più in fretta possibile.



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Damon e Summer si fermarono fuori l'entrata della dimora dei Frinn.
La cacciatrice aspettava delucidazioni in merito al grande piano del vampiro, ma quest'ultimo restò in silenzio mentre suonava il campanello.
Summer decise di assecondarlo curiosa di vedere cosa avesse escogitato.
Dopo poco una signora un po' minuta dall'aria dolce aprì.
“Buongiorno” disse con aria spaesata.
Damon le mise le mani sulle spalle e sorrise.
“Mi risponda sinceramente signora Frinn: è da sola in casa?” disse guardandola con la concentrazione necessaria alla soggiogazione.
“Sì” rispose la donna sotto l'effetto dell'ipnosi.
Intanto Summer guardava la scena visibilmente contrariata.
“Bene, adesso lei ci inviterà ad entrare e quando ce ne andremo non ricorderà assolutamente nulla. Chiaro?”
“Prego, accomodatevi, quando ve ne andrete io non ricorderò nulla” pronunciò con calma.
“Bene!”
Damon sfoggiò il solito sorriso furbo e nuovamente fece cenno a Summer di avviarsi per prima.
“Dovevo aspettarmelo...” mormorò lei guardandolo con disappunto.
“Certo che dovevi aspettartelo! Cosa credevi? Che mi sarei vestito da tecnico della Tv via cavo?! No Summer...queste buffonate sono il tuo campo...” disse seguendola.
“Ok. Terza regola: mancami di rispetto un'altra volta e ti torcerò il collo così tanto che quando ti sveglierai potrai contemplarti le natiche!” gli disse con calma omicida avvicinandosi al suo viso.
“Umm è un modo poco carino per dirmi che ho bel culo?” sussurrò con aria sexy e divertita, e per un'istante gli occhi caddero sulle sua labbra.
Summer sentì lo stesso disagio di quando l'aveva sfiorata al Mystic Grill.
“E' un modo poco carino per dirti che non devi abusare della mia pazienza...”
mormorò, e per un attimo anche i suoi occhi caddero sulle sue labbra.
Ancora una volta il vampiro alzò le mani: un gesto che questa volta doveva far intendere 'cercherò di fare il bravo', ma, come sempre, nulla di Damon infondeva quella speranza.
Summer si rese conto di aver avuto una pessima idea. La vicinanza di Damon le scatenava delle strane sensazioni: un'alternanza di disprezzo e desiderio che avevano come risultanza fisica un tremore interno incontrollato.
La cacciatrice temeva che quelle assurde sensazioni potessero interferire o almeno confonderla su ciò che sperava di sentire nelle abitazioni che doveva visitare.
Come avrebbe fatto a distinguerle? ...Sperò che il medaglione avesse un effetto potente; o almeno più potente di quello del vampiro.

La cacciatrice lo guardò con la solita aria minacciosa e poi si allontanò per girovagare un po' nell'abitazione. La signora Frinn era andata in cucina e pelava delle verdure come se nulla fosse successo.
Damon faceva finta di guardarsi intorno, mentre in realtà, con la coda dell'occhio, osservava Summer.
La squadrò con attenzione. Osservò le gambe affusolate messe in bella mostra dalla cortissima minigonna di jeans e risaltate dagli stivali lunghi fino al ginocchio. Notò la maglietta grigia aderente che, per quanto non fosse scollata, stringeva le sue forme evidenziando la vita sottile ed il seno leggermente prosperoso.
Damon era innamorato di una donna che non poteva avere ed ora era anche sessualmente attratto da una donna che gli avrebbe spezzato le braccia al minimo contatto. Qual era il suo dannato problema? Pensò avvilito.
“Quindi stiamo cercando un medaglione a forma di fiore ho capito bene?” domandò il vampiro.
“Non stiamo cercando un bel niente...”
“Quindi siamo qui per....” il vampiro iniziò la frase sperando che Summer la continuasse.
Summer sospirò, poi ragionò per qualche secondo.
Se doveva collaborare con lui tanto valeva che sapesse ogni cosa.
“Siamo qui per vedere se ho qualche reazione, se il medaglione è in questa casa dovrei...sentirlo, quindi non c'è bisogno di rovistare tra le cose di queste persone!” disse con un crescendo di nervosismo, notando che Damon non si faceva remore a rovistare nei cassetti altrui.
Con velocità si affrettò a chiudere il cassetto in cui Damon stava frugando e nel violento gesto fu coinvolto anche il dito del vampiro.
Damon emise un gemito e sventolò un paio di volte la mano, più per riflesso che per far passare una lieve sensazione che era già svanita.
“Possibile che tu debba essere sempre così violenta?!” disse con tono alto.
“Possibile che tu debba essere sempre così... Damon!”rispose stizzita.
“Neanche mi conosci come fai a dirlo!?”
“Non ci vuole molto per inquadrarti!”
“Questo è quello che credi tu, perché sei solo una presuntuosa!”
“Io sarei presuntuosa! E tu cosa saresti allora?!”urlò, ma poi si calmò d'improvviso pensando bene a chi aveva di fronte: un idiota.
“Ok... Basta così, come immaginavo è stata una pessima idea...” disse lei, voltandosi ed uscendo rapidamente da quella casa.
Damon la seguì, ed una volta chiusa la porta l'aria assente della signora Frinn si scrollò lasciandola con una stranissima sensazione.
“Summer aspetta!”
“Cosa?!” chiese furiosa voltandosi.
“Siamo incompatibili... è vero. Però...proviamoci: solo per oggi!” il tono del vampiro trapelò un sincero intento di collaborazione: non capiva il perché, ma non voleva che finisse.
Summer sospirò guardando di lato. Aveva visto nello sguardo di Damon qualcosa di leggermente diverso e questo la sorprese e la turbò, poi annuì col capo voltandosi nuovamente verso di lui.
“Ok. Solo per oggi” asserì titubante.
Il vampiro si sentì stranamente sollevato e le sorrise.



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“Carol, Carol, Carol...sempre ad organizzare queste stupide feste” disse Blair vedendo la cognata indaffarata ad impartire ordini allo staff sulla disposizione dei tavoli.
Carol aspettò che tutti si allontanassero prima di risponderle.
“Come ben sai queste feste hanno uno scopo preciso” disse, mentre di avviava verso il gazebo.
“Giusto...il consiglio deve radunarsi...” sussurrò con enfasi.
Discutere di questi affari in giardino fece sentire Carol visibilmente a disagio.
“Perchè sei qui Blair?...” le chiese con serietà, sperando di ottenere una risposta esauriente.
“Ahhh ma come sei petulante Carol, non potresti semplicemente goderti la mia compagnia!?” disse con ironia: sapeva bene di non essere un ospite gradito.
Carol la guardò contrariata.
“Se vuoi scusarmi...devo continuare con i preparativi” disse cercando di mantenere la calma, ancora una volta.



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Casa Randal

“Puoi togliermi qualche curiosità?” domandò Damon, seduto su una poltrona singola della casa che stavano controllando.
“Dipende...Il tuo scopo è quello di farmi innervosire?” chiese Summer che, invece, gironzolava per l'abitazione osservando il mobilio.
“Non è mai uno scopo per me! E' una cosa che mi viene naturale, è il mio dono!” disse con ironia.
Summer cercò di nascondere quel mezzo sorriso che le nacque sul volto, ma il vampiro lo notò ugualmente.
“Cosa vuoi sapere?” chiese con un tono calmo.
“Beh...se ne sentono di cose in giro su voi cacciatrici...per esempio è vero che non potete essere soggiogate?”
“Vero”
“Ummm... e che avete lo stesso udito dei vampiri?”
“Parzialmente vero. Se ci concentriamo il nostro udito è più sviluppato di quello degli esseri umani, ma non ai livelli di quello dei vampiri” rivelò maneggiando uno strano soprammobile a forma di unicorno.
“Che guarite velocemente?”
“Vero, ma anche in questo caso la guarigione non è veloce quanto quella dei vampiri”
“Qual è la tua taglia di reggiseno?”
Summer lo fulminò con lo sguardo.
“Non ti arrendi proprio mai vero?” chiese, ma con un tono armai più rassegnato che combattivo.
Il vampiro scosse il capo in segno di negazione con un'espressione angelica.
Ancora una volta Summer cercò di non sorridere.
“Qui non c'è niente...” asserì.
“Scusi il disturbo signora Randal” disse ironicamente la cacciatrice alla signora che lavorava a maglia su una poltrona.
Nuovamente, quando sentì il rumore della porta che si chiudeva, lo stato mentale della donna si riattivò lasciandole una curiosa sensazione.



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Casa Swann

“Wow questa casa sembra un orto botanico” asserì Damon dopo aver soggiogato l'uomo che vi abitava: l'abitazione era piena di piante di ogni specie.
“Hanno anche un pappagallino. Ripeti piccolo: Damon è un idiota!” disse la cacciatrice avvicinandosi alla gabbia.
Damon sorrise infastidito, avvicinandosi anche lui alla gabbia.
“Ripeti questo invece: Summer è una donna isterica!”
Lei, prontamente, arricciò il naso guardandolo con finta rabbia.
Il vampiro senza accorgersene si ritrovò a sorriderle dolcemente e questo infastidì la ragazza che si allontanò turbata.
“Vado al piano di sopra” asserì senza voltarsi.
Damon la guardò stranito; non poteva negare a sé stesso di provare un'attrazione particolare per lei, e si innervosì pensando alla sua prima regola: niente contatti fisici.






Angolino di NaNa***
Ed eccomi di nuovo^^...Vi avevo detto che avrei rallentato ed invece eccomi come sempre alla velocità della luce!!!^^
Quando non mi vedrete più saprete che sarà perchè ho procrastinato lo studio così tanto da trovarmi come al solito alle strette e tutta esaurita, ma fa niente...in un modo me ne esco sempre xD
Come potete vedere tra Damon e Summer le cose stanno iniziando a smuoversi.
Ho paura di far procedere le cose troppo velocemente, ma d'altra parte so anche che l'attrazione fisica è una cosa difficile da contenere, quindi non sorprendetevi quando questi due si salteranno addosso xD
Per quanto riguarda il lato sentimentale, se vi aspettate cose del tipo
“Ti amo...” “No io Ti amo di più” “Sei la mia vita” ...”E tu sei il mio trottolino amoroso” (vabbè avete capitoxD) sappiate che avete sbagliato fic xD perchè ho una vera e propria avversione per questo genere di cose xD Scusatemi...ma proprio non fanno per me, ci sarà del romanticismo...ma sotto mille strati di negazionexD Chiedo venia a tutte le romanticone!!!ma a mio avviso i sentimenti si dimostrano con i fatti e non con gli sproloqui!!!xD
Come sempre ringrazio chi segue questa fic. A volte ci penso e mi meraviglio da sola...Ci sono davvero persone che leggono quello che scrivo?! o.O Mah...
Cmq, davvero, non posso fare altro che ringraziarvi tantissimo^^
Nuove persone hanno messo questa fic tra le seguite ed io resto sempre così *.* che bello!!! Me felice*.*!!!
Grazie davvero.
Al prossimo capitolo^.-
Un bacio!!!






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Capitolo 17
*** Diciassettesimo Capitolo ***




Casa Louis

Damon aveva appena soggiogato un uomo sulla quarantina.
Umm le due meno venti e quante case abbiamo visitato?... Questa è l'ottava? Giusto?” appena avanzò il prmo passo nell'abitazione il vampiro si compiacque velatamente.
E' la decima e lo sai benissimo. Ma visto che dubito che tu sia stato mai utile a qualcuno nella vita... per questa volta ti lascerò gongolare!” rispose lei con meschina ironia.
Quindi...stai dicendo che ti sono utile?” ma il vampiro usò quelle parole a suo vantaggio, e Summer si girò per guardarlo con un'espressione allibita.
Tu di un discorso recepisci solo quello che ti fa comodo vero?”
Se con questo vuoi dire che ho una grande capacità di sintesi, sì!” Damon le dedicò uno dei suoi soliti sorrisi caustici, e lei girò il volto nella direzione opposta.
Summer non sapeva se doveva ridere o doveva schiacciargli la testa contro un muro. Ogni cosa che Damon diceva creava due emozioni che entravano immediatamente in conflitto.
L'uomo andò nel suo studio e continuò con il suo lavoro a computer, mentre Damon e Summer continuavano a fare il tour della casa.
Summer entrò in cucina e notò la pattumiera colma di scatole di porzioni monodose di cibo di varie nazionalità.
Questo signore è il classico single che alterna ogni giorno cibo cinese, thailandese, e giapponese” asserì distrattamente con una lieve venatura di compatimento.
Quell'affermazione mise un tarlo nella testa di Damon: voleva capire se anche lei era una donna single.
E tu, invece? Che tipo sei?” chiese, fingendo che la domanda fosse buttata lì a caso, ma sperando in realtà che la ragazza includesse nella risposta il particolare che gli premeva sapere.
Donna single che, quando non si trova a dover lavorare fuori sede, ama cucinare e cenare con del buon vino a fare da accompagnamento” disse distrattamente, mentre faceva scorrere le dita sul top della cucina, ma poi se ne pentì. Perché gli aveva detto una cosa così personale?
Damon sorrise: il particolare era uscito fuori.
E dova si trova esattamente...questa sede?” continuò, per inglobare la domanda precedente in un interesse più generale.
Summer ritornò sulla difensiva.
Questi non sono affari tuoi. Credo di aver già soddisfatto abbastanza la tua curiosità” disse indispettita avvicinandosi a lui.
In realtà non l'hai fatto proprio sulla cosa che più mi premeva sapere” mormorò con libidine, posando maliziosamente lo sguardo sul seno della ragazza.
Sono le due meno venti... e non vedo l'ora che questa giornata giunga al termine!” disse con calma esasperazione, allontanandosi per non ucciderlo. Il vampiro sorrise divertito.
Summer andò in soggiorno, e osservò le foto che scorrevano sullo schermo di una cornice digitale posata su un caminetto dallo stile moderno.
Almeno si rallegrò del fatto che quell'uomo, pur non essendo sposato, avesse parecchi amici, visto che le foto in questione riprendevano molti momenti di vacanza di un'allegra comitiva.
Damon la raggiunse e lei avvertì la sua presenza alle sue spalle.
Adesso toglimela tu una curiosità, che rapporto c'è tra te ed Elena? Ho notato che vi dite tutto...Siete migliori amiche?” il tono di Summer fu ironico ma vagamente aspro.
Questa volta fu Damon a mettersi sulla difensiva.
...E questi invece non sono affari tuoi” mormorò con una calma scontrosa.
Summer notò la sua reazione con curiosità Interessante... “ mormorò.
Cosa?!” chiese lui con una nota di fastidio.
Ho taccato un nervo scoperto...” sussurrò lei, a distanza ravvicinata dal suo viso.
Non ho nessun nervo scoperto...” Damon la guardò dritto negli occhi, e rispose con un tono irato ma ancora passivo.
Provi a convincere me o te stesso?” lei rispose mostrandogli un sorrisetto provocatorio.
Non prendermi per il verso sbagliato...” il vampiro la guardò con ancora più rabbia e le quelle parole furono pronunciate a denti stretti: Elena era un argomento delicato e lei si stava impicciando decisamente troppo!
Altrimenti cosa?” Summer si sentì tesa ma per nulla impaurita.
Damon la guardò ancora un malo modo e poi si allontanò.
Sai una cosa...adesso sono io ad averne abbastanza!” asserì rabbiosamente avviandosi verso la porta.
Lei restò immobile per qualche secondo, poi decise di raggiungerlo in giardino.
Damon aspetta!”
Cosa?!” chiese nervosamente voltandosi.
La cacciatrice lo osservò per una frazione di secondo, poi accennò un mezzo e titubante sorriso.
E' solo per oggi...”
Damon guardò di lato per non osservare quello sguardo che per un attimo aveva avuto il potere di turbarlo sul serio. Un espressione che per un piccolo istante gli era sembrata...dolce.
Annuì restando in silenzio e poi si avviarono verso l'ennesima casa.

Casa Barkley

Damon soggiogò la signora Barkley e lei tornò in cucina a lavare le stoviglie.
I due gironzolarono per casa separatamente senza dirsi una parola.
Dopo un po' Damon si accomodò su un divano del soggiorno.
Si sentiva strano. Se ne sarebbe dovuto andare, invece era lì, nell'ennesima casa. Osservò nuovamente Summer con la coda dell'occhio, e pensò di aver trovato la risposta al suo comportamento: quando era con lei il sangue non affluiva al cervello perché si concentrava da tutt'altra parte.
Era inutile cercare spiegazioni più complesse a qualcosa di così primordiale.
Il sesso. Era solo ed esclusivamente la voglia di sesso che gli premeva. Nient'altro, pensò.
Summer notò l'alone scuro sul volto di Damon e questo la fece sentire a disagio.
Non ne capiva il perché, ma il suo silenzio, con suo grande stupore, era più insopportabile delle sue snervanti chiacchiere.
Quest'odore di pasta al forno mi sta facendo venire fame...” disse la cacciatrice entrando in salotto ed annusando la scia di profumo che proveniva dalla cucina.
Damon la osservò per qualche secondo, mentre Summer con aria visibilmente annoiata guardava i quadretti appesi alla parete.
Signora Barkley” esclamò catturando l'attenzione della cacciatrice e facendo precipitare lì la signora.
Sì” rispose la padrona di casa con l'aria assente frutto dell'ipnosi.
Dovrebbe invitarci a pranzo” disse il vampiro, mentre le sue pupille si dilatavano e si stringevano velocemente.
Damon!” esclamò Summer contrariata, ma anche divertita da quei modi assurdi.
Dovreste restare a pranzo” disse cordialmente la donna.
Non è il caso signora Barkley, ma grazie ugualmente per questo spontaneo invito” rispose Summer stando al gioco.
Damon restò sorpreso dalla risata che accompagnò la frase della cacciatrice: non se l'aspettava.
Ma la signora insiste” continuò con il suo solito modo di fare.
Insisto” ribadì lei.
Smettila” Summer lo riprese ancora con un tono canzonatorio e divertito; ma Damon, adesso che aveva trovato il modo di farla sorridere, di certo non si sarebbe fermato.
Neanche per sogno. Ho fame” si alzò dal divano per mettere un braccio intorno alla spalla della signora.
Allora...cosa ci offre di buono?” mormorò alla donna, conducendola in cucina.
Summer li fissò allibita. Damon era incorreggibile, ma non poteva negare che quel modo di fare era dannatamente accattivante.
Li raggiunse in cucina dove vide il vampiro già seduto a tavola a comportarsi come se si trovasse a casa sua.
Summer cercava davvero con tutte le forze di non sorridere. Avrebbe dovuto fargli una ramanzina, ma in fin dei conti non aveva avuto un'idea così malvagia: i vampiri fanno cose decisamente di peggiori.
Si sedette di fronte a Damon.
Grazie per l'invito signora Barkley. E' stata davvero molto gentile” asserì guardando per un attimo il vampiro negli occhi.
La signora servì ad entrambi la pasta appena sfornata.
Signora avrebbe anche del vino?” domandò innocentemente Summer, mentre infilzava la pasta con la forchetta.
Damon si stupì, e questa volta fu lui a non riuscire a trattenere il sorriso.

Casa Patterson

Damon soggiogò una coppia di anziani signori dalla postura un po' curva e i capelli bianchi.
Lui e la cacciatrice avanzarono qualche passo nella dimora, e vennero subito investiti dalla penombra. A causa delle tapparelle chiuse per i due terzi, la luce che filtrava era davvero poca, e solo a sprazzi le pareti e i mobili erano illuminati dal rossastro chiarore pomeridiano.
Gli anziani signori, soggiogati a continuare ciò che stavano facendo, si presero per mano e, insieme, con un'andatura flemmatica e incerta salirono le scale per recarsi al piano superiore.
Summer sorrise nel vedere quella tenera scena, mentre Damon si era già allontanato dirigendosi in salotto.
Dopo un paio di minuti, lei si trovò a girovagare con aria scocciata in cucina, ma, in quel momento, dei forti e chiari mugolii la destarono dalla noia dei sui pensieri. Damon, che si trovava da tutt'altra parte, sentendo quei libidinosi lamenti, decise di raggiungerla.

“Ditemi che è uno scherzo...” asserì Summer, che aveva notato un bicchiere d'acqua sul tavolo con accanto uno scatolino.
Mi sa che abbiamo interrotto un momento romantico!” disse divertito Damon, quando fece capolino nella cucina.
"Romantico e programmato!" Summer gli mostrò la scatola senza aggiungere altro.
A Damon sfuggì una brevissima risata a labbra serrate: era una confezione di Viagra. "Intraprendente il nonnino!"
I mugolii diventarono più forti, e la cacciatrice alzò gli occhi al soffitto sentendosi in difficoltà.
E ora? Cosa facciamo?” chiese, facendo l'ennesima smorfia dopo aver ascoltato un forte gemito dell'uomo: quei due erano eccessivamente rumorosi.
Beh potremmo seguire il loro esempio...” propose Damon con libidine e con un chiaro sottofondo di divertimento.
Gli occhi di Summer lo fulminarono repentinamente: quella frase scherzosa aveva avuto il potere di attanagliare la bocca del suo stomaco!
Damon ritornò serio “Andiamo... qual è il problema? Noi stiamo al piano di sotto, e quanto dobbiamo restare? Dieci minuti?”
Summer annuì titubante, ma, dopo quel gesto, un urlo di piacere la fece quasi rabbrividire.
No. Non ce la faccio! Non riesco a concentrarmi. Falli smettere! ” le uscì di getto, ma subito si accorse di aver detto una grossa assurdità, sentendosi ancora più imbarazzata per quella gaffe.
“Cosa?! Dovrei andare lì dentro e soggiogarli per farli smettere?! Toglitelo dalla testa!” esclamò nauseato al solo pensiero.

“Bene, allora vuol dire che torneremo un'altra volta...” quella situazione la metteva a disagio, e la presenza di Damon enfatizzava e peggiorava la cosa. Summer si rese conto che la compagnia del vampiro la faceva sentire incredibilmente – e smisuratamente – nervosa.
“Andiamo! Non credi di esagerare?... Non ti facevo così pudica...” Damon non la prese sul serio: a lui, quella situazione, non faceva né caldo né freddo.

Non si tratta di pudore! Si tratta di rispetto per gli altri!” non le andava di invadere la privacy di quelle persone. Già si sentiva a disagio all'idea di dover far ricorso alla soggiogazione del vampiro; quello, era decisamente troppo! Voleva andarsene.
Summer non fare la ragazzina, devi stare qui solo per una decina di minuti!” disse con voce calma ma decisa, mettendole le mani sulle spalle.
A quel contatto, Summer avvertì una sensazione troppo forte per poterla gestire. Era un calore elettrico che le pervadeva il corpo e la accendeva di un desiderio che voleva assolutamente rifiutare e rigettare, così lo guardò con un'immeritata ostilità.
Ti avevo detto di non toccarmi...” mormorò con sguardo freddo e voce bassa carica di sdegno.
Damon si stupì di quella reazione. Non si aspettava un simile disprezzo, soprattutto dopo quasi una giornata passata insieme. Lo detestava davvero così tanto da non riuscire a sopportare neanche un contatto così innocuo?!
Abbassò le mani con lentezza e con uno sguardo che invano cercava di nascondere l'amarezza.
"Torna qui quando ti pare Summer. Per me la giornata è giunta al termine...” mormorò con una controllata freddezza; poi si voltò e si incamminò verso l'ingresso senza voltarsi.
Summer restò immobile, e solo quando senti il rumore della porta che si chiudeva riuscì ad elaborare un pensiero a riguardo: era stata troppo dura...persino per lui.



Casa Salvatore

Damon era sdraiato sul letto. Sul comodino alla sua destra, tassativamente un bicchiere di scotch. Non poteva credere di essere stato trattato in quel modo. Non dopo essersi sforzato, nei suoi limiti caratteriali, di collaborare con lei.
Erano le unici e mezza e si chiese se fosse il caso di restare a casa a rimuginare, oppure fare una capatina al Mystic Grill, ma in quel momento qualcuno bussò alla sua porta.
Quando aprì, proprio non si aspettava di trovarsela di fronte.
Che ci fai qui?” le domandò con uno sguardo che non trapelava nessuna emozione.
Summer teneva entrambe le mani nelle tasche posteriori della minigonna e guardò Damon con un'aria semi-dispiaciuta.
Il vampiro le fece segno di entrare, e poi la fissò con volto duro aspettando che proferisse parola.
Mi hai dato della ragazzina... e la cosa mi ha fatto innervosire...ma riconosco... di aver esagerato...” disse con difficoltà quella che era una palese bugia: era stato il suo tocco a metterla in crisi.
Damon fece una smorfia con la bocca.
Scuse accettate, puoi andare ora...” le indicò la porta con una caricata dose di freddezza.
Summer scosse la testa con incredulità. Era stato difficile per lei fare un simile gesto, ma era anche stato stupido da parte sua credere che lui l'avrebbe capito, pensò.
Si avviò verso l'uscita, ma le parole del vampiro la fermarono.
Sai...non ti credo...”
Summer si voltò verso di lui guardandolo confusa.
Non sono stupido Summer, ti ho detto cose peggiori, quindi non mentirmi...” si avvicinò, e con aria di sfida le poggiò delicatamente le mani sulle spalle.
Nuovamente, a quel contatto Summer sentì di tremare internamente, ma decise di restare impassibile per non dargli soddisfazioni.

L'intento di Damon, era quello di scatenare la stessa reazione di disprezzo che lei aveva avuto qualche ora prima. E, mentre la toccava, capì perché quella reazione l'aveva ferito così tanto: lui provava solo piacere quando sfiorava il suo corpo, e non poteva accettare che la cosa non fosse reciproca.
Come sempre la “reciprocità” non era nel suo destino, pensò.
Più volte gli occhi del vampiro caddero sulle sue labbra, e invano cercò di capire le emozioni della ragazza che si nascondevano dietro un'armatura di impassibilità.
Con aria di sfida e sensualità, fece scivolare le mani lungo le braccia e, una volta arrivate ai gomiti, le spostò sulla vita afferrandola con decisione.
Summer non sapeva come reagire: quel contatto faceva fremere ogni millimetro del suo corpo.
...Cosa stai cercando di dimostrare?” gli chiese con un filo di voce, che quasi sembrò un lungo ansimo.
Damon non rispose; non capiva perché Summer continuasse a fingere che quel contatto non le provocasse nulla, ma la tensione gliela leggeva ormai negli occhi. E per un secondo venne sfiorato dall'idea che lei potesse provare le sue stesse sensazioni.
Il vampiro approfittò di quella presa per avvicinarla a sé, e l'intensità che si creò tra i due raggiunse livelli per lei intollerabili.
Basta così...” disse nervosamente liberandosi e dirigendosi verso la porta, ma il vampiro le si parò davanti, e in un attimo Summer se lo ritrovò tra le braccia senza neanche rendersene conto.
Damon l'aveva travolta con il suo corpo con una rapidità che non ti da il tempo di ragionare o di mettere semplicemente a fuoco quello che sta accadendo. Lei si ritrovò a ricambiare il suo bacio e a sentire la sua mano tra i capelli e lungo la schiena, e fu l'istinto a ordinarle di cingergli il collo con le braccia.
Poi, quando ciò che stava succedendo le apparve più chiaro, nuovamente si sentì disorientata dal ritrovarsi trascinata a super velocità sopra un mobile, con Damon che le sollevava la gonna e le afferrava il tanga con l'esasperazione che si dedica ad un terribile male da estirpare; e lo vide scivolare lungo le gambe insieme a quel briciolo di volontà a cui sperava ancora di appigliarsi.
Sentì le sue mani liberarla dalla maglietta ed appropriarsi con decisione di ogni centimetro di pelle conquistato; e poi sentì ancora la sua lingua scendere dal collo fino al seno.

A quel punto, capì che era inutile sentirsi una spettatrice passiva; ormai non poteva più tornare indietro, tanto valeva prendersi quello che desiderava...

Damon non riusciva a capire la motivazione che si celava dietro quell'azione; era stato un gesto che aveva oltrepassato i meccanismi della sua volontà surclassando il suo potere decisionale. Quel momento di vicinanza sembrava irreale: una confusa parentesi all'interno del tempo. In quella frazione di secondo pensò che, nella peggiore delle ipotesi, al massimo gli avrebbe spezzato l'osso del collo, ed invece lei ricambiò il suo bacio con la stessa passione, spiazzandolo e incendiandolo al tempo stesso.
Mentre famelico si nutriva del suo seno, si ritrovò a sentire le mani di Summer tra i capelli: proprio come l'aveva sognato. E, proprio come in quel sogno, i suoi gemiti e il suo profumo sembravano dettare le regole di ogni sua carezza. Si sentì come una bomba pronta ad esplodere, e la mano delicata che gli sbottonò la cintura fu l'innesco di un pericoloso conto alla rovescia.
Le loro labbra si avvicinarono nuovamente, e si meravigliò, ancora una volta, del fatto che fremessero quanto le sue.
E quando sentì una mano tra i capelli, e l'alta impegnata nel delicato compito di liberarlo dall'oppressione dei boxer, gli sembrò di esplodere dentro e di bruciare fuori*; e solo quando si ritrovò dentro di lei riacquistò quel minimo di lucidità che ti permette di godere senza l'impressione d'impazzire.



Angolino di NaNa:
*Negramaro= Senza Fiato (Dio quanto è bella quella canzone *.*)

Ed eccomi di nuovo^^
Con questo capitolo dichiaro conclusa la prima parte della fic, quella introduttiva che ha dato più spazio al pugnale e all'introduzione dei nuovi personaggi.
Dal prossimo capito inizia la seconda parte, quella “Friends” in cui si vedrà crescere il rapporto tra Damon e Summer.
Poi...mooooolto più avanti ci sarà la terza parte, quella dell'azione.
E dopo questa piccola delucidazione in merito, vi saluto e vi ringrazio come sempre per la lettura.
Sì, dico proprio a te lettore che hai appena finito il capitolo!!! GRAZIE!!!*.*
Non ci fate caso ho dimenticato di prendere gli psicofarmaci -_-''''
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto^^
Al prossimo***



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Capitolo 18
*** Diciottesimo Capitolo ***



Mystic Falls 1864

Due corpi ansanti si muovevano sinuosamente sotto un casto lenzuolo bianco, mentre la luce rossastra del lume rifletteva sul muro le ombre di quell'ardente attimo.
Un gemito più forte uscì dalle labbra dell'uomo che si muoveva ritmicamente tra le pallide gambe di una donna dal lunghi capelli castani.
L'acme del piacere colse entrambi nello stesso istante, e subito dopo l'uomo le si posizionò di lato, continuando a stringerla tra le forti braccia.
“Non avete idea di quanto sia bello il vostro volto quando è in preda al piacere...” sussurrò dolcemente, scostando una ciocca di capelli dal volto imperlato di sudore della donna.
“Allora il merito è vostro...” bisbigliò con voce ancora ansante.
L'uomo sorrise, mentre continuava a contemplare ed accarezzare dolcemente ciò che lui riteneva la cosa più bella esistente al  mondo.
“Adesso devo andare...”sussurrò nuovamente la donna.
“Non fatelo...addormentatevi tra le mie braccia...” sussurrò stringendola di più a sé.
“Magari la prossima volta” disse sorridendo e con un tono da contentino.
“E' ciò che dite sempre... No. Questa volta non vi lascerò andare. Vi voglio tutta per me...” asserì con decisione aumentano la forza della sua presa.
Lo sguardo della donna si fece freddo.
“Lasciatemi Damon” ordinò, mentre le sue pupille si dilatavano e stringevano velocemente.
Damon allentò immediatamente la presa, e la vide alzarsi e rivestirsi con rapidità.
“Buonanotte...” gli sussurrò con una vena di sadismo prima di chiudere la porta.
“Buonanotte Katherine...” rispose lui, ancora sotto l'effetto della soggiogazione.
Quando sentì il rumore della porta che si chiudeva, lo sguardo di Damon riacquistò lucidità lasciandogli una smorfia di dolore sul volto.
Ogni notte era una crudele storia che si ripeteva. Lui era il primo a cui Katherine faceva visita, mentre Stefan era il secondo.
Eppure, era il volto del fratello che lei vedeva ogni mattina al suo risveglio, e questo faceva sì, che nel suo cuore, Stefan fosse il primo e lui il secondo...



*** ***


Furono ore costituite interamente da attimi incontrollati, voraci e infuocati.
Attimi in cui la passione ti consuma e ti rigenera al tempo stesso.
Attimi che non sono dettati dalle parole ma esclusivamente dai gemiti.
Entrambi avevano risucchiato l'essenza dell'altro in preda al proprio bisogno viscerale di porre fine a quel tormento.
E dopo che, tra ansimi e sguardi ingordi, l'apice del piacere li aveva sorpresi nuovamente, la fiamma della passione poteva considerarsi finalmente estinta.
Ora i due giacevano sul grande letto di Damon l'uno affianco all'altra, nudi, ansanti, muti e rinchiusi nei loro pensieri.
Dopo qualche minuto, la cacciatrice spezzò l'impasse di quell'attimo alzandosi per andare alla ricerca dei propri abiti sparsi tra il letto di Damon e l'ingresso della casa.
Trovò la minigonna accanto alla porta della stanza e subito la raccolse per infilarsela; poi continuò a guardarsi intorno alla ricerca dei restanti indumenti, ma evitando volutamente di guardare nella direzione del vampiro.
Damon la guardò divertito: la cacciatrice era visibilmente a disagio.
Subito si adoperò in ciò che meglio gli riusciva: far innervosire il prossimo.
“E dimmi... hai sentito qualche strana...intensa... magari sconvolgente... sensazione in queste ore?”
Summer lo fulminò con lo sguardo.
“Mi riferisco al medaglione ovviamente...percepito nulla?!” disse con un sorriso sornione, divertendosi a rigirare il dito nella piaga.
“Potresti farmi la cortesia di evitare di parlare?!... La tua voce in questo momento è l'ultima cosa al mondo che voglio ascoltare...” disse sentendosi tremendamente infastidita, come se la voce di Damon fosse stata davvero, come lei l'aveva precedentemente definita, un'unghia che raschia una lavagna.
Damon osservò quella reazione incuriosito e divertito; ed utilizzò la super velocità per pararsi nuovamente di fronte a lei.
“Hai ancora il mio profumo addosso e già sei in fase di negazione?”sussurrò con aria sexy e tono di sfida, afferrando i suoi fianchi con decisione.
Summer lo guardò con uno sguardo omicida.
“Buonanotte Damon...” disse prima di coglierlo di sorpresa spezzandogli l'osso del collo.
Il corpo del vampiro cadde esanime a terra e lei lo lasciò incurantemente lì.
Il problema principale, in quel momento, era trovare tutti gli indumenti per andarsene il prima possibile da quella casa.



*** ***


Dal diario di Stefan Salvatore



Chicago 1922


Qui con me c'è Mary Bertrad: colei che sarà la mia duecentesima vittima.
In questo momento è priva di conoscenza.
Ho legato i suoi polsi ai braccioli della sedia e l'ho imbavagliata a dovere.
Non voglio sentire grida...voglio solo compiacermi del terrore nei suoi occhi, delle lacrime che verserà...del tremore che invaderà il suo corpo, quando, una volta svegliatasi, vedrà il demone impossessarsi del mio volto...

Elena chiuse rapidamente il diario. Non voleva più proseguire con la lettura: non ce la faceva. Pensò che fosse meglio passare direttamente alla parte in cui Lexi  iniziava il suo 'programma di riabilitazione', in fondo era questo ciò che le premeva sapere.
Sapeva che in quel diario avrebbe trovato cose raccapriccianti, ma non voleva che il ricordo di Stefan fosse rimpiazzo dalle raffigurazioni mentali di ciò che leggeva; non ora che Stefan era lontano da lei e non poteva perdersi nel verde chiaro e dolce dei suoi occhi.
Elena spense la luce del lume sul suo comodino.
Anche se adesso sembrava più arduo che mai, doveva cercare di dormire almeno un po'.



*** ***


Damon si svegliò con un lancinante dolore alla testa.
Confuso e stordito, constatò di trovarsi nudo e sul gelido pavimento della sua stanza.
“Mi ha spezzato il collo?!...” bisbigliò allibito.



*** ***


A mattino inoltrato, Summer faceva colazione al bar con l'aria stanca di chi non è riuscito a dormire.
Ripensava continuamente alla giornata precedente, e tutto le sembrava semplicemente assurdo. Tutto era accaduto troppo velocemente e si odiava per aver dato a quell'arrogante vampiro una simile soddisfazione. Non poteva negare di aver passato una delle notti più infuocate della sua vita, ma odiava il pensiero di aver dato a Damon un modo in più per infastidirla, e neanche il tempo di finire questo pensiero che se lo ritrovò seduto accanto.
“Sei stata davvero molto scortese...”
“Lo sai che questo si chiama stalking, vero?”
“Vuoi denunciarmi?” chiese divertito.
“Non ce n'è bisogno. So farmi giustizia da sola” mormorò con sguardo compiaciuto.
“L'ho notato” disse infastidito.
“Cosa vuoi?!” domandò con tono isterico.
“Beh...non si lavora oggi?”
“Stai scherzando spero!” la cacciatrice era allibita.
“Niente affatto...quello che è successo non cambia nulla...almeno non per me” disse fingendo disinteresse e provocandola volutamente.
Il nervosismo di Summer salì alle stelle.
“Invece per quanto riguarda me ha cambiato il livello di sopportazione nei tuoi confronti. Credimi, si è abbassato di parecchio!” asserì minacciosa.
“Lo so...ne ho avuto un assaggio” disse toccandosi e piegando il collo.
Summer gli fece un sorriso diabolico poi sorseggiò il suo caffè.
“Quindi...mi stai dicendo che la nostra collaborazione finisce qui?...”
“L'avevamo stabilito già ieri che non sarebbe continuata, di cosa ti meravigli?”
“Giusto...e per quanto riguarda il sesso, invece?” disse mordendosi il labbro inferiore e guardandola con libidine, ma il tutto condito con un sottofondo di ironia.
A Summer andò il caffè di traverso, e tossì un paio di volte prima di rispondere.
“Hai proprio voglia di scherzare a quanto vedo...”
Damon avvicinò il suo viso a quello di lei.
“...Ti avrò tutte le volte che vorrò...” sussurrò serio.
Summer si sentì scossa: nuovamente preda di quell'odioso fascino.
“Sei un povero illuso...” sussurrò con tono di sfida e assolutamente convinta del fatto che non avrebbe più ceduto.
“Staremo a vedere...” disse, per poi scomparire subito dopo.



Angolino di NaNa:

Ciao a tutti^^
Come avrete notato questo capitolo è più corto degli altri.
In verità in questi giorni non ho molto tempo per scrivere, perché hanno ben pensato di caricarmi di impegni.
Questo capito è un piccolo pensiero per la mia dolcissima NanyVale, per non tenerla troppo sulle spine sull' “After Sex” dei protagonisti xD
Cmq, al di là della lunghezza, spero l'abbiate apprezzato ugualmente.
Un bacione e al prossimo capitolo che, vi avverto, tarderà ad arrivare. Sorry :(
Grazie come sempre a tutti quelli che sono arrivati fin qui^^
Buon weekend!!!




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Capitolo 19
*** Diciannovesimo Capitolo ***




Avviso: Capitolo moooolto ispirato alla puntata 3x04
Infatti, sia in questo capitolo che nel successivo, sono riportate alcune frasi dell'episodio; come sempre...queste frasi sono in Corsivo.



Summer uscì dalla dimora dei Callen con un volto visibilmente scoraggiato e annoiato, probabilmente a causa delle tre case visitate senza alcun successo, e per di più riprendendo quella snervante farsa della rappresentante di aspirapolveri.
Stava posando l'ingombrante valigia nel bagagliaio dell'auto, quando una fastidiosa voce alle sue spalle le provocò un brivido di nervosismo dietro la schiena.
“Ammettilo che il mio aiuto rendeva tutto più facile” Damon le spostò i capelli sulla spalla sinistra “...e divertente...” sussurrò nell'orecchio destro.
Summer restò immobile ed in silenzio: ancora una volta preda di quel tremore interno, caldo e incontrollato.
Il vampiro avvicinò il corpo alla sua schiena, mettendole un braccio intorno alle spalle e l'altro intorno alla vita, e con dolcezza e calma iniziò a baciarle il collo.
“Smettila...” sussurrò lei con un filo di voce troppo flebile.
Damon aumentò la forza della sua presa.
“Perché non me l'hai detto anche ieri sera?!...Forse perché eri troppo occupata ad ansimarmi nell'orecchio per farmi capire che non ne avevi mai abbastanza?...” sussurrò per poi morderle delicatamente il lobo.
Summer deglutì visibilmente, e il suo respiro si fece più affannoso. Sentiva di non avere il controllo sulle sue reazioni fisiche e non le era mai capitato! Odiava il modo in cui la faceva sentire!
Damon aveva ragione: lei lo desiderava e, se il vampiro avesse continuato con quei modi, avrebbe nuovamente ceduto, ma non poteva. Doveva sopprimere sul nascere quella disdicevole situazione!
Si girò lentamente. Lo guardò negli occhi, per poi prendere il suo volto tra le mani, così delicatamente da far sembrare quel gesto una doppia carezza.
A quel tocco Damon trasalì impercettibilmente, e subito pregustò il bacio che avrebbe decretato la sua vittoria su quella donna. Ma quel bacio non arrivò e, pochi istanti dopo, per il vampiro fu il buio totale.
Summer gli aveva nuovamente spezzato l'osso del collo.
Velocemente la cacciatrice caricò il suo corpo in macchina: quella storia doveva finire...e lei sapeva esattamente cosa fare!

*** ***

Lo sceriffo Forbes...” disse Blair avvicinandosi alla donna.
“Blair...che sorpresa! Carol non mi ha avvisata del tuo arrivo...”
“Non ne avevo dubbi...non sono un argomento piacevole per mia cognata, ma la cosa è reciproca! Sei qui per dare una mano?” disse riferendosi ai preparativi per la festa.
Liz sorrise; l'acidità di Blair nei confronti di Carol era cosa nota, quindi decise di non lasciarsi mettere a disagio da quelle parole.
“Sì, sono qui con mia figlia. Lei adora rendersi utile in queste cose, poi beh... non so se Carol te l'ha accennato, ma lei e Tyler si stanno frequentando” disse con gioia.
“Davvero? No, in effetti Carol non mi ha detto nulla a riguardo...beh non posso che essere contenta per loro due allora, tua figlia è davvero deliziosa Liz”
Lo sceriffo sorrise.
“Ascolta...avrei delle domande da farti...riguardano mio fratello Mason...” disse guardandosi intorno con circospezione.
“Ci sono problemi?” chiese con apprensione.
“E' da quando è venuto qui che non ho più sue notizie, l'ho cercato ovunque Liz, e per quanto Mason sia un tipo sbandato...si è sempre fatto sentire, almeno ogni tanto...” si prese una lunga pausa “temo che gli sia successo qualcosa...”
Liz la guardò con preoccupazione. Lei non sapeva nulla a riguardo, ma, date le ultime scoperte, temeva che quella scomparsa avesse a che fare con i vampiri di cui solo recentemente aveva scoperto l'identità.
“Hai fatto bene a parlarmene Blair... Vedrò di fare il possibile...” disse con tono preoccupato.
Blair sorrise garbatamente.
Caroline, in quel momento indaffarata a sistemare le luci nel gazebo, vide la madre parlare con la zia di Tyler, e decise di avvicinarsi per avere modo di salutarla.
“Salve signora Lockwood” disse con tono gentile.
In un primo momento la donna le sorrise, poi, improvvisamente, il suo volto divenne cupo.
“Ciao Caroline...Beh è ora che vada... “ disse facendo un sorriso a Liz e lanciando un'occhiataccia a Caroline, che si sentì subito gelata da quella ventata di ostilità.
La ragazza incrociò lo sguardo di Tyler che si trovava dall'altra parte del giardino, e decise di raggiungerlo.
“Tua zia è stata davvero molto scortese...” si lamentò.
“Conoscendola, mi meraviglierei del contrario!” rispose il ragazzo cercando di consolarla, ma ugualmente vide il broncio sul muso della sua vampiretta.
L'abbracciò teneramente.
“Andiamo non te la prendere...se non le piaci, pazienza! Significa che non sa valutare le persone...” le disse con dolcezza, prima di darle un tenero bacio. Caroline sorrise...eppure aveva un brutto presentimento.


*** ***

Damon si risvegliò nuovamente con un dolore tremendo al collo.
Stordito e disorientato, questa volta, con stupore e rabbia, constatò di trovarsi nel salotto di casa sua, seduto e con i polsi e le caviglie incatenati rispettivamente ai braccioli e ai piedi della sedia.
“Che diavolo...” bisbigliò nervosamente, cercando di fare forza nelle braccia per liberasi, ma quelle catene erano troppo resistenti persino per lui.
“Ti sei ripreso...” mormorò Summer entrando nella stanza.
“Che diavolo significa questa pagliacciata! ...e per inciso, la tua fissazione per il mio collo sta diventando snervante e scontata!” asserì furioso, cercando ancora di liberarsi.
“Sssshhh” sussurrò lei posando il dito indice sulle sue labbra.
Damon era visibilmente confuso.
Piano, la ragazza appoggiò il ginocchio sulla sedia, tra le sue cosce, e sfiorando il cavallo dei pantaloni, poi, con sensualità, sbottonò lentamente i bottoni della sua camicia.
Damon sentì quel tocco delicato sul suo petto, e questo gli provocò un fremito interno che portò calore in tutto il suo corpo.
“Ahhh beh, se l'intenzione è questa...ti perdono anche per avermi spezzato il collo...per la terza volta...” disse in preda all'eccitazione, sentendo scivolare le sue mani sul suo petto ormai completamente nudo.
Summer tolse il ginocchio da quella posizione per rimettersi di fronte a lui; poi gli accarezzò la guancia facendo scendere la mano prima sul collo, poi al centro del petto ed infine sull'addome, inginocchiandosi contemporaneamente.
“Sì, è ufficiale. Questa faccenda inizia a piacermi...” sussurrò con voce corrotta dal piacevole pensiero delle sue labbra su di lui, ma appena finì quella frase, Summer, in netto contrasto con le sue fantasie, gli infilzò un paletto nel fegato.
Il vampiro emise un forte gemito di dolore.
“Sei impazzita!” urlò allibito; poi, chiedendosi dove avesse preso quel dannato aggeggio, guardò a terra e, accanto ai suoi piedi, ne vide un'altra decina insieme ad alcuni flaconcini di vetro.
Damon iniziò a preoccuparsi seriamente.
“Ok...Ho capito, ti piace il gioco duro! Ma dovremmo almeno stabilire una parola salvagente, non trovi?!” disse ironicamente a denti stretti, cercando nuovamente di liberarsi da quelle catene.
“Niente potrà salvarti...” sussurrò lei con aria omicida.
“Tu sei totalmente pazza!” le disse con voce irata, e ancora più accanito su quelle catene.
Summer sorrise divertita.
“Allora Damon, ti spiego le regole. Sono molto semplici, quindi anche un idiota come te può afferrarle. Io faccio delle domande e tu rispondi...facciamo una prova: chi comanda tra noi due?”
“Stai scherzando spero!?...trova qualcun altro disposto ad alimentare il tuo ego, non contare su di me!” disse con ira.
“Risposta sbagliata” sussurrò prima di conficcargli un paletto nella spalla.
Nuovamente Damon urlò per il dolore.
“Dimmi...mi darai ancora fastidio una volta finito il gioco?”
“Ahh...Fastidio è dire poco! Sarò il tuo incubo!” disse minaccioso.
“Risposta sbagliata!” gli conficcò un paletto nel polmone.
“...E quello che temevo! Sei troppo stupido anche per un gioco così semplice... Non so se l'hai notato Damon...ma stai perdendo!” disse con perfida ironia.
Il vampiro era furioso.
Summer afferrò i suoi capelli tirandogli la testa all'indietro.
“Di nuovo...continuerai a darmi fastidio?”
L'orgoglio del vampiro non cedeva.
“Tutte le volte che vorrò...”
La cacciatrice sorrise diabolicamente.
“Ummm... lascia che ti disinfetti le ferite...” prese una delle fialette e, con lentezza, versò il contenuto sulla lacerazione al petto.
La pelle del vampiro iniziò a fumare, e lui fece di tutto per sopprimere le urla, ma fu quasi impossibile.
“Continuerai a darmi fastidio?” chiese nuovamente con un tono più alto.
“Puoi scommetterci! Ti darò la caccia anche in capo al mondo e mi sentirò soddisfatto solo quando ti avrò fatto il triplo di quello che stai facendo a me!” disse con voce affannata e rabbiosa.
“Risposta sbagliata” rispose, prima di conficcargli un paletto vicinissimo al cuore.
Il vampiro si gelò per un secondo: un centimetro più a sinistra e sarebbe stato pelle grigia raggrinzita.
Summer continuò a versargli addosso la verbena facendo fumare nuovamente la sua pelle.
“Continuerai a darmi fastidio Damon?”
“Falla finita e uccidimi! Perché la risposta sarà sempre sì! ...Ora più che mai!” disse ancora più furioso.
“Perché dovrei ucciderti subito...quando posso continuare a divertirmi ? ...” disse infilando lentamente un paletto al centro del suo addome. Nuovamente il vampiro emise soffocati gemiti di dolore.
“Se l'avessi saputo prima che la tua pazzia sarebbe arrivata a questi livelli, quella scopata deludente me la sarei risparmiata molto volentieri!” disse con cattiveria e con voce corrotta dal dolore, che ormai era diventato insostenibile.
Lo sguardo della cacciatrice diventò torvo; poi gli diede un potente schiaffo in pieno viso che fece sanguinare il suo naso.
“Bene, vuol dire che ho raggiunto il mio obbiettivo...” disse con tono basso e calmo: Damon aveva capito che era meglio starle alla larga, ed proprio ciò che lei voleva. Giusto? Un attimo di ansia, rinnegato all'istante, le strinse il petto. Il vampiro la guardò con un'espressione confusa e poi, nuovamente, tutto si fece buio.


*** ***


Liz raggiunse sua figlia che da poco aveva smesso di parlare con Tyler.
“Sai qualcosa su Mason Lockwook?” le domandò a bassa voce e senza tergiversare.
Lo sguardo di Caroline lasciò trapelare una certa preoccupazione.
“Cosa sai Caroline?” domandò con più severità.
“E' morto” rivelò dispiaciuta.
“Cosa?! Quando pensavi di dirmelo?! E soprattutto come? O meglio...chi è stato?” chiese con agitazione, afferrando il braccio della figlia.
“Damon...” bisbigliò lei.
Lo sceriffo emise un sospiro. La faccenda iniziava a complicarsi.


*** ***


La suoneria del telefono lo svegliò con ciò che in quel momento percepì come puro sadismo: quella musichetta non gli era mai sembrata tanto irritante. Era come se il cervello fosse appannato e assopito, ed il più misero rumore o fonte di luce avevano il potere di scatenare delle violente scosse elettriche.
Si guardò intorno per capire cosa fosse successo.
Si ritrovò seduto su una sedia con la pelle arrossata in molti punti, e delle lunghe scie di sangue seccato.
Subito ricordò tutto, e istintivamente mosse le braccia con forza per liberarsi; ma fu un gesto inutile, era già libero: le catene e i paletti erano stati tolti.
Ancora dolorante si mosse per prendere il telefono dalla tasca; sul display compariva la scritta 'Sceriffo Forbes'.
“Pronto...” disse con voce rauca.
“Damon dobbiamo parlare. Verrai alla festa dei Lockwood vero?”
“Ahhh già... l'avevo dimenticato. Sì, certo ci vediamo lì”
“Bene, a dopo allora” disse prima di riagganciare.
Damon andò verso il frigo e subito si prese una dose di sangue.
Si sentiva incredibilmente debole, ma soprattutto adirato e umiliato.
Chi si credeva di essere per trattarlo così?
Credeva che avrebbe ceduto al dolore implorando pietà?
E poi che senso aveva avuto per lei quella buffonata? Credeva, in quel modo, di modificare il suo comportamento? Cos'era nella sua mente malata? Un vampiro da laboratorio? Pensò.
Finì velocemente di bere e si diresse nella sua stanza: aveva decisamente bisogno di un bagno caldo.


*** ***


Mi sembra strano che Damon non sia passato per casa... di solito lo fa sempre prima di venire a queste feste...” disse distrattamente Elena, mentre passeggiava per il giardino illuminato e addobbato della lussuosa villa dei Lockwood.
“Già, diciamo che per lui ogni scusa è buona per passare per la tua camera...” rispose di getto Alaric.
“Ok. Se hai qualcosa da dire Rick, dilla!” disse la ragazza fermandosi; anche la volta precedente aveva avuto l'impressione che le parole di Rick avessero un qualcosa di inespresso.
Alaric era titubante, eppure proprio non riusciva a mandare giù l'avvicinamento tra i due, quindi decise di dire la sua una volta per tutte.
“Non voglio che tu veda in Damon cose che non ci sono...”
“A cosa ti riferisci...spiegati meglio”
“Parlo dell'umanità, Elena”
“Quindi Damon è abbastanza umano per esserti amico ma non lo è abbastanza per essere mio amico. E' questo quello che vuoi dire?” chiese con voce alterata.
“Dico che a me sembra che per te sia molto più di un amico...”
Lo sguardo di Elena mutò.
“Ti sbagli...” asserì, accompagnando quelle parole con un movimento di negazione del volto.
“Forse sì, ma quello che so di per certo Elena è che non voglio vederti soffrire...”
“Non accadrà...ora se vuoi scusarmi, vado a cercare Caroline” disse un attimo prima di allontanarsi. Quella breve conversazione l'aveva decisamente infastidita.


*** ***


Damon, finalmente sei qui” disse Liz non appena lo vide varcare il cancello di casa Lockwood.
“Di cosa volevi parlarmi? E' successo qualcosa?”
Liz si guardò attentamente intorno per assicurarsi che la conversazione non fosse origliata da nessuno e, una volta notato che tutti gli invitati erano presi dalla musica e dal buffet, si sentì libera di parlare.
“Si tratta di Mason: la sorella maggiore, Blair, è venuta in città per indagare sulla sua scomparsa. Credimi, la conosco bene Damon. Era molto amica di mia sorella, è una donna tenace...se ha qualche sospetto andrà fino in fondo alla faccenda...e...Beh Caroline mi ha detto tutto...” bisbigliò guardandolo con disapprovazione.
Lo sguardo di Damon era frustrato, quella giornata peggiorava di minuto in minuto.
Mentre i due parlavano, Blair, nascosta dietro al gazebo, li osservava da lontano con notevole attenzione.
“Dovresti insegnare a tua figlia il significato della parola 'discrezione'” disse con rimprovero.
“Seriamente? Tu vai in giro ad uccidere le persone e poi vorresti farmi la predica su come essere un buon genitore?! Ascoltami bene Damon il fatto che siamo in buoni rapporti non significa che improvvisamente approvi il tuo stile di vita!
“Ummm...dimmi un po' Liz è questo quello che c'è scritto nella tua sentenza di divorzio sotto la casella 'motivazione'?!” chiese con ironia, riferendosi all'omosessualità dell'ex marito.
Liz lo guardò divertita, ma subito dopo il suo sguardo ritornò preoccupato.
“Cosa facciamo?” chiese la donna con serietà.
“Beh per adesso cerca solo di depistarla...”
Liz annuì e i due si separarono.


*** ***


Credo che Alaric stia davvero esagerando...tra me e Damon non c'è nulla, perché si preoccupa tanto?!” chiese retoricamente all'amica vampira.
Caroline fece uno sguardo di dissenso che Elena colse al volo.
“Credi...credi che abbia ragione?”
La vampira si diede qualche secondo per rispondere.
“Dico che, da quando non c'è Stefan tu e Damon passate davvero molto tempo insieme...”
“Come amici, siamo semplicemente amici!”asserì con fermezza.
“Elena, mi conosci, non sono il tipo di ragazza che tiene la sua opinione chiusa a chiave in un cassetto, quindi, visto che me lo stai chiedendo, sarò schietta e sincera come sempre: A mio parere... sei attratta da lui ma non vuoi ammetterlo!” disse caricando quelle parole di convinzione.
“No, Ti sbagli...” rispose, ma con fin troppa enfasi.
“Sul serio Elena? Vuoi continuare a negarlo?”
“Ti sto dicendo che non è cosi...”
“Andiamo Elena! Qual è il problema? Ammettilo, una volta per tutte: sei attratta da lui...in tutto il suo fascino da fratello cattivo!” argomentò con maggiore animazione.
“No” rispose lei con decisione.
No: non sei attratta da lui? O no: non vuoi ammetterlo?” domandò con più insistenza.
Non posso, Caroline!” asserì con tono alterato.
Se lo ammettessi...se lo pensassi, anche solo per un secondo...questo come mi farebbe apparire?” continuò a voce più bassa e titubante.
Semplicemente umana Elena...” rispose guardandola con dolcezza.
Il volto di Elena si perse nel vuoto.
“Caroline ci sono dei problemi con la musica..puoi darmi una mano?”urlò in quel momento Tyler, a qualche metro di distanza, alzando anche la mano per farsi notare. Elena fece un sorriso all'amica per farle capire di poter tranquillamente dare una mano al ragazzo, e Caroline ricambiò il sorriso con complicità per poi avviarsi verso Tyler.
Elena rimase impietrita da ciò che le era appena uscito dalle labbra. Forse la questione era più seria di quanto non volesse ammettere.
Poco dopo, la voce di Damon la destò dai suoi pensieri.
“Ti vedo turbata...hai saputo del nuovo problemino?”
“Cosa?! No...di cosa parli?”
“La zia di Tyler è qui per cercare Mason...”
“In effetti...questo è un bel problema” gli disse con aria di rimprovero.
“Cosa facciamo?” continuò.
“Beh...per me può benissimo raggiungere il fratellino...Dov'è che si trova? Ah sì, sotto terra!” disse con un sorriso diabolico e sornione.
“Non dirlo neanche per scherzo...”
“Infatti sono serio Elena...quella donna può diventare un problema..ed io...beh i problemi tendo ad ucciderli!”
Lo sguardo di Elena si fece agitato e preoccupato.
“Ci sono altri modi per risolvere le situazioni Damon...non tutto deve per forza finire in tragedia...”
“E questi altri modi sarebbero...?”
“Beh... potresti usare il tuo fascino...” disse buttando la questione sull'ironia.
“Tsk...questa tizia avrà tipo cinquant'anni...No Elena, ti ringrazio, ma le MILF le lascio volentieri ai ragazzini...”
La ragazza lo guardò contrariata.
“Damon te lo chiedo per cortesia...cerca di controllati...” disse, per poi allontanarsi subito dopo.
Damon accennò una smorfia di fastidio; iniziava ad averne seriamente abbastanza di persone che non facevano altro che giudicarlo e, in quella particolare giornata, sembrava davvero l'imperativo di tutti!





Angolino NaNa***
Evviva me!!!xD Nonostante tutto, sono riuscita anche questa volta a trovare il tempo di aggiornare...mi compiaccio da sola xD
Spero sia così anche per il prossimo capitolo perchè, come avrete intuito, sono collegati; visto che gli avvenimenti si svolgono nell'arco della stessa giornata. Chi ricorda l'episodio 3x04 avrà più o meno capito dove voglio andare a parare!xD Come sempre “mi rubo” dalla serie ciò che mi piace e soprattutto ciò che mi serve. Spero che questa mia scelta non vi dispiaccia^^
Ora passo ai ringraziamenti: in primis le dolcissime recensitrici che mi fanno felice ogni volta lasciandomi il loro parere.
E poi, ovviamente, tutti quelli che stanno seguendo questa fic. Spero stia continuando a piacervi...perché se vi siete subiti ben 18 capitoli di questa roba mi illudo che vi stia piacendo^^( a meno che voi non siate lettori sadici in cerca di fic che annichiliscano i vostri neuroni!!! In fondo è pur sempre un'eventualità...)
Ma come sempre finisco col divagarexD
Quindi ….semplicemente... Grazie e alla prossima^^






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Capitolo 20
*** Ventesimo Capitolo ***




A party concluso, i membri del consiglio raggiunsero Carol Lockwood nel suo studio.
Blair si era accomodata su di un divano al centro della sala.
Quando Damon varcò la soglia della stanza, subito capì chi fosse la famosa sorella di Mason, visto che c'era un unico volto nuovo tra tutti gli altri. Decise di sedersi accanto a lei e la donna, appena lui si sedette, fece una smorfia ambigua: un misto di rabbia e stupore.
“Non ci siamo mai visti, sono Damon Salvatore, lieto di conoscerla” il vampiro le porse la mano, ma la donna si limitò a lanciargli un'occhiataccia infastidita.
“Vorrei poter dire lo stesso...” rispose con acidità.
Damon la guardò sorpreso e lievemente agiato; una reazione del genere poteva significare una sola cosa: Blair aveva già intuito qualcosa.
Il vampiro stava per accennare una frase, quando Carol prese parola per ringraziare tutti della loro presenza e subito dopo, lasciò la scena allo Sceriffo Forbes.
Liz tranquillizzò tutti spiegando che, dalla primavera trascorsa, non si erano più verificati incidenti legati ai vampiri, e immediatamente il volto di tutti si fece più sereno.
Carol riprese il discorso.
“Bene... Possiamo affermare che il peggio sia passato. C'è nessuno che voglia aggiungere qualcosa?” chiese lanciando un'occhiata fugace a tutti i membri.
“Io...se permetti!” Blair si fece avanti con i soliti modi indisponenti.
Lo sguardo di Damon si fece torvo, e appoggiò i gomiti allo schienale del divano con un atteggiamento da gradasso; era proprio curioso di sapere cosa avesse di così importante da dire.
La donna si alzò in piedi e si posizionò accanto alla scrivania al centro della sala.
Carol fece un sorriso di circostanza. Non aveva dubbi sul fatto che Blair avesse qualcosa da aggiungere: per lei ogni occasione era buona per mettersi sotto i riflettori.
“Vogliamo davvero starcene con le mani in mano aspettando la prossima tragedia? Se si sono verificati degli episodi...significa che sono tornati...” dedicò a Damon uno sguardo particolare che il vampiro non riuscì a decifrare.
“E proprio per questo suggerisco di fare qualcosa di più del semplice aspettare. Vogliamo davvero mettere così a rischio la vita dei ragazzi? Da anni i membri del consiglio fanno uso di verbena...ma è giusto che questa protezione sia limitata alle sole famiglie fondatrici?...Io suggerisco di mettere la verbena negli impianti idrici...di servirla nei bar mischiata alle bevande... Di distribuirla nelle scuole sotto forma di vaccini influenzali. A mio parere tutti i cittadini di Mystic Falls meritano di essere protetti!” continuò con fin troppa enfasi.
Quel discorso sorprese tutti, e subito si creò un vociferare che Carol spezzò riprendendo la parola.
“Bene Blair...sicuramente le tue argomentazioni sono valide...Beh...valuteremo la cosa e decideremo in seguito. Per attuare un piano del genere c'è bisogno di una stima sulla quantità di verbena necessaria...non è semplice. Propongo di rimandare la questione alla prossima riunione con dei dati più certi alla mano...Per adesso direi che è tutto. Grazie per essere venuti. Alla prossima riunione!” concluse, cercando di affievolire il fervore che si era creato con i suoi soliti modi diplomatici.
Carol non poteva negare che le idee di Blair fossero buone, ma non sopportava il suo modo teatrale di prendere le redini della situazione. Fino a prova contraria era lei il Sindaco. Blair non si era mai interessata né al Consiglio, né più in generale a Mystic Falls; quella sua improvvisa premura aveva un qualcosa di sospetto.
Tutti sembravano d'accordo con Carol: quelle idee si sarebbero discusse alla prossima riunione. L'unico con lo sguardo teso e torvo era Damon. Quelle proposte rivoluzionarie gli avrebbero complicato di parecchio la vita.
Il vampiro si avvicinò a Blair.
“Davvero delle idee ammirevoli...” asserì con una falsità malcelata.
“Credo che oggi giorno i vampiri siano molto più socialmente inseriti di quanto non lo fossero un tempo...” Blair lo guardò con aria di sfida e Damon le sorrise con il solito fare sornione.
“Buonanotte Blair” disse con tono altrettanto combattivo.
“Buonanotte Damon...” Blair lo fulminò nuovamente con lo sguardo e lo vide darle le spalle.
Il vampiro lasciò la stanza insieme agli altri membri del Consiglio, e subito si diresse in giardino dove Alaric ed Elena lo stavano aspettando.
Houston abbiamo un problema!” esordì avvicinandosi.
“Problemi con la riunione?” chiese Elena.
“Direi proprio di sì. La zia di Tyler si sta rivelando una rogna ancora più fastidiosa del previsto. Sì è data arie da leader, proponendo idee assurde: una a caso?! Vuole mettere la verbena nel sistema idrico della città!”
Beh...forse non è una cattiva idea, cioè ti aiuterebbe a mantenere il controllo ora che Stefan non è qui...” Elena pronunciò quelle parole con naturalezza senza badare alla possibile reazione del vampiro.
“Mantenere il controllo? E dimmi un po' Elena, dopo mi darete anche una scossa elettrica quando farò il cattivo e un cioccolatino quando farò il bravo?!...Ho un'idea migliore: la faccio fuori subito!”asserì con determinazione.
“E' la zia di Tyler, Damon...” tenne a precisare la ragazza.
“Vorrà dire che a Natale Tyler avrà un regalo in meno da fare!” rispose lui con la solita tracotanza.
Andiamo Damon...” Alaric si parò di fronte a lui sperando di porre fine a quella discussione.
Togliti di mezzo Rick...” gli disse Damon con ostilità.
Non accadrà...” Alaric gli posò minacciosamente una mano sul petto e Damon, in quel momento, si assicurò che l'amico avesse il suo anello al dito.
“Ok Rick...E' ora del tuo funerale temporaneo!” asserì prima di spezzargli l'osso del collo.
Damon, no!” urlò Elena sconvolta: non si aspettava una simile reazione.
Che diavolo ti prende?!” gli chiese subito dopo, abbassandosi verso Alaric.
Il vampiro non le rispose e si diresse con aria minacciosa verso l'ingresso della dimora da cui era appena uscito.


*** ***


Carol e Liz stavano discutendo sul discorso di Blair, quando quest'ultima entrò nella stanza con la sua solita aria da prima donna.
“Se fossi in te non mi fiderei di quella donna” Blair si rivolse a sua cognata con l'aria di chi ha scoperto qualcosa ed è pronto a svelare le carte.
“Di cosa parli?” chiese Carol confusa.
Blair guardò Liz con aria minacciosa “Dov'è Tyler?”chiese, senza curarsi della precedente domanda.
“Ha accompagnato Caroline a casa..” rispose il sindaco che proprio non riusciva a spiegarsi quegli atteggiamenti.
“Allora è meglio che vada a recuperarlo prima che la biondina lo riduca a brandelli...” asseì tenendo lo sguardo fisso su Liz.
Lo sceriffo capì subito l'antifona e si sentì pietrificata: Blair sapeva della natura di Caroline.
“Ma di che diavolo parli?” Carol, invece, brancolava nel buoi ed era sempre di più agitata.
Blair volse lo sguardo verso di lei e mise una mano sul fianco sorridendo con un velo di meschinità.
“Sei la solita ingenua Carol...sei circondata da vampiri e ti lasci manovrare da loro come una marionetta. E senza neanche bisogno della soggiogazione!” asserì con cattiveria.
“Lasciami spiegare Blair...” la voce di Liz era lievemente affannata dall'agitazione.
“Lascia che sia io a farlo!” Damon fece il suo ingresso nella stanza con l'andatura sicura che lo contraddistingueva.
“Ed eccoti qui...chissà perché la cosa non mi sorprende. Sei venuto in soccorso della tua complice?” disse Blair, sicura di ciò che diceva. Le era bastato un attimo per smascherarlo; avrebbe riconosciuto quell'odore anche a metri di distanza.
“Adesso basta, spiegatemi cosa sta succedendo!” Carol era visibilmente scossa; non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo.
“Te lo spiego subito: quest'uomo e la figlia del caro sceriffo... sono dei vampiri!” asserì con calma Blair.
Carol sembrava sotto shock e guardò entrambi sentendosi spaesata.
“E' vero quello che sta dicendo?” chiese infine voltandosi verso Liz.
“Posso spiegati Carol...” sussurrò lo sceriffo.
Carol la guardò allibita. Il fatto che non stesse smentendo era una solida ammissione di colpa. Si voltò anche verso Damon con uno sguardo di delusione e rabbia.
“Non guardarmi in quel modo!... Tuo figlio è un lupo mannaro! Guarderai come un mostro anche lui?” rivelò senza mezzi termini.
“Tyler ha scatenato la maledizione?!” chiese Blair sconvolta. Non poteva crederci. Non poteva essere vero. Il suo adorato nipote non lo meritava!
“Ed il fatto che tu sia a conoscenza della maledizione mi fa capire come hai fatto a riconoscere sia me che Caroline...” disse facendole capire di aver intuito il suo segreto.
“Adesso basta! Non voglio più ascoltarvi! Devo cercare Tyler!” Carol era sempre più sconvolta. Ora cosa c'entrava Tyler? Si allontanò immediatamente: doveva trovare suo figlio.
“Brava Carol vai a prendere il tuo cagnolino...” disse con cattiveria il vampiro.
“Aspetta vengo con te!” aggiunse Liz seguendola, ma non prima di aver lanciato un'occhiataccia a Damon.
“Bene...a quanto pare siamo rimasti da soli...” il vampiro on perse tempo e subito cercò di intimorirla.
“Dovrebbe suonarmi come una minaccia?” ma Blair non mostrava nessuna paura.
“Dipende dalla tua perspicacia...”
“Cosa vuoi fare? Vuoi uccidermi perché ti ho smascherato? E dimmi...dopo sarà il turno di Carol? ...Ucciderai uno ad uno tutti quelli che scoprono il tuo segreto?” chiese con la solita sicurezza.
“Perchè no?!” per Damon quello non era certamente un problema.
“Non ti conviene metterti contro di me... e tra l'altro...sono piena di verbena dalla testa ai piedi...” sussurrò minacciosa per poi allontanarsi con passo svelto ma sicuro.
Damon aspettò qualche secondo prima di raggiungerla in corridoio.
“Beh la verbena non ti impedirà di perdere l'equilibrio...” disse ironicamente, dandole una spinta che la fece scivolare giù per le scale.
In quel momento entrò Elena, e vide tutta la rovinosa caduta della donna, che finì esanime ai suoi piedi.
“Problema risolto!” asserì Damon, dall'alto delle scale, con soddisfazione.
Subito Elena cercò di soccorrere la donna.
Non puoi più fare queste cose, Damon! Non in questa città. Non vicino a me!” il suo rimprovero era pieno di delusione: non si aspettava più dei gesti così efferati da parte del vampiro.
Damon si avviò verso di lei.
Perché no? Niente che non abbia già fatto prima...Perché è diventato così importante per te tenermi sotto controllo?!
Perchè non voglio che tu sia ciò che tutti credono che tu sia!” urlò lei con voce corrotta.
Cosa?! Un mostro? Mi dispiace deluderti Elena, ma l'ultima volta che ho controllato ero ancora un vampiro!
Vorrei che non ti comportassi come tale!” rispose lei con tono altrettanto alterato.
Io non sono Stefan!” si avvicinò al suo volto.
Cosa ne dici di smetterla di provare a trasformarmi in lui!” disse a denti stretti prima di allontanarsi da quella casa.


*** ***


Summer se ne stava seduta sul suo letto con le gambe incrociate. Era arrivata alle ultime pagine del libro che stava leggendo; purtroppo quella scevra stanza di motel non le offriva molte distrazioni.
Aveva appena girato la pagina, quando una violenta bussata alla sua porta la destò.
La cacciatrice sorrise. Sapeva benissimo chi era che bussava alla sua porta in quell'ora tarda.
Cercò velocemente per la stanza la sua vestaglia di seta nera per coprirsi; Summer aveva sempre usato i Babydolls come pigiama, ed aprire al vampiro con quella tenuta sarebbe risultato davvero equivoco!
Vide la vestaglia su una sedia all'angolo della stanza e la infilò rapidamente.
Quando aprì la porta, vide Damon con un volto annerito dalla rabbia e dallo stress di quell'assurda giornata.
“Accomodati...” gli disse senza il minimo cenno di paura. Lo fece soprattutto per dimostrargli che per lei non era un problema invitarlo nella sua stanza. Semplicemente non lo temeva: la differenza tra loro era abissale.
Il vampiro varcò la soglia in silenzio.
“Sei qui in cerca di vendetta?...” la cacciatrice formulò quella domanda con un enfatico sottofondo di ironia.
“Finisce qui Summer! Ritieniti pure soddisfatta. Non voglio avere nulla a che fare con una psicopatica come te! Ho fin troppe persone in torno che non fanno altro che farmi saltare i nervi...e di te posso fare volentieri a meno!” disse con tono deciso. Se fosse stato forte quanto lei, probabilmente l'avrebbe uccisa oppure l'avrebbe ricambiata con la stessa moneta, ma, con quei presupposti, non poteva fare diversamente. Era andato lì solo per chiarire quel punto.
Quelle parole colsero la cacciatrice di sorpresa, e la caricarono anche di un'indecifrabile ansia: non si aspettava una simile resa.
“Bene...” asserì.
“Però almeno una cosa te la riconosco...ti sei presa la briga di trattarmi come un mostro...e, devo ammetterlo, almeno questo l'ho davvero apprezzato, perché essere trattato come un essere umano è di gran lunga più snervante!”
Summer si sedette all'angolo del letto.
“Credi di essere un mostro?”
“Vediamo...sono un vampiro...ho appena ucciso una donna...Tu che ne dici?”
A Summer sfuggì una sonora risata che sorprese il vampiro.
“Lascia che ti dica una cosa Damon...Ho ucciso il primo vampiro anche prima di dare il mio primo bacio...conosco i veri mostri!... Ho ucciso vampiri che tenevano le loro vittime in celle frigorifere o in camere riscaldate solo per bere il loro sangue alla temperatura che più gradivano...” si alzò per avvicinarsi a lui “ Ce ne sono alcuni che tengono le loro vittime incatenate in scantinati per mesi e mesi come se fossero delle botti di vino” si avvicinò ancora di più “ E tre anni fa ho ucciso un vampiro che si nutriva solo ed esclusivamente di infanti...” a quelle parole la cacciatrice notò una lievissima nota di disgusto nello sguardo di Damon, nonostante il vampiro cercasse in tutti i modi di restare impassibile. Lui non si era mai spinto a fare cose così macabre.
“Tu... non sei un mostro, forse ti piacerebbe! Ma lasciatelo dire da una che se ne intende...non sei altro che il Coniglietto Pasquale di Vampirolandia!” disse sbeffeggiandolo. “Se tu fossi stato un mostro... la tua amicizia con Elena non sarebbe bastata a salvarti...” terminò seria.
Il vampiro era sconcertato.
“Se non mi consideri un mostro, perché l'hai fatto?...Perché mi hai torturato?”
“Semplicemente perché mi irriti...”
“Cosa?!” Esclamò allibito.
“Mi hai torturato solo perché ti irrito!?” ripeté ancora incredulo.
“Sul serio? Mi stai giudicando?” disse lei ridendo “Tu perché hai ucciso una donna questa sera?” gli domandò subito dopo.
“Beh voleva mettermi i bastoni tra le ruote ed era il modo più veloce ed efficace per risolvere la questione...e per di più oggi è stata davvero una pessima giornata...” disse con sguardo accusatorio, ma accennando anche un mezzo sorriso; aveva capito dove voleva andare a parare con il suo discorso: non erano poi tanto diversi.
Summer sorrise a sua volta.
“Per un vampiro anche la ragione più banale è sufficiente per porre fine alla vita di una persona...le vostre sensazioni, le vostre emozioni sono amplificate e per questa ragione portate ogni reazione all'estremo. Ovviamente non approvo quello che hai fatto Damon, ma in un certo senso lo capisco. Forse perché, come ogni cacciatrice, ho una sorta di ...chiave di lettura dei vampiri...Se ci pensi, per noi è indispensabile, perché per sconfiggere un nemico devi necessariamente conoscerlo...ma, soprattutto, dopo tanti anni passati ad impalettare i cattivi...Beh si impara a riconoscere quelli che cattivi lo sono sul serio...da quelli che assecondano la loro natura solo perché il contrario sarebbe troppo impegnativo, e quindi a volte fingono...o addirittura si sforzano di esserlo...”disse guardandolo con un accenno velato di dolcezza. Solo in quel momento realizzò che pensava quelle cose di lui: l'aveva sempre considerato irritante, ma non le era mai sembrato un mostro.
“Beh, penso che tu mi abbia messo nella categoria sbagliata! Credi davvero che io non abbia mai ucciso solo per il gusto di farlo?! Oppure non mi sia mai divertito ad infliggere dolore?! Ti posso assicurare che l'ho fatto! Ed è stato anche molto soddisfacente...” disse con enfasi, cercando di salvare quella facciata di malvagità che la cacciatrice aveva ben pensato di demolire.
“Uuh ma che cattivone!” disse, sbeffeggiando nuovamente quel tentativo di apparire diabolico. Proprio non voleva capire che era abituata ad avere a che fare con soggetti di gran lunga peggiori di lui! Ma soprattutto tagliò corto per cercare di allontanarlo; la sua vicinanza la stava mettendo nuovamente a disagio.
Damon, intanto, la guardava allibito.
“Beh...se non hai altro da dirmi, e non hai intenzione di provare ad uccidermi, puoi anche andare...hai interrotto la mia lettura!” continuò la cacciatrice indicandogli la porta.
Il vampiro si sentiva spiazzato. Un'intera giornata fatta di persone che l'avevano giudicato facendolo sentire più mostro di quello che era, e adesso lei lo derideva per essersi definito tale. Si sentiva davvero confuso, ma soprattutto affascinato da quell'assurda donna. L'unica cosa che in quel momento sapeva di per certo era che la rabbia si stava diradando lasciando nuovamente posto a quell'incredibile attrazione che provava per lei.
La desiderava...ancora una volta...
Summer osservò il suo volto con attenzione; il suo discorso l'aveva scosso e quegli occhi azzurri, in quel momento così enigmatici e persi, stavano di nuovo facendo vibrare la sua pelle.
Damon le si avvicinò, e con l'indice sciolse il leggero nodo della vestaglia. Quasi non lo fece con intenzione; era ancora una volta un gesto che trascendeva la sua ragione. Forse erano stati quei toni più pacati a dargli l'incipit; ma ormai non aveva più importanza, perché la sua inerzia lo incitava a continuare, e, con lo sguardo fisso sulle sue labbra, le aprì la vestaglia.
Summer restò impietrita: fu qualcosa che davvero non si aspettava.
“Cosa credi di fare?!” gli domandò con voce flebile , mentre Damon le faceva scivolare le mani sulle spalle per far cadere a terra quella stoffa nera e leggera.
Il vampiro contemplò quel corpo formoso, coperto da un minuto indumento di pizzo nero, bramandolo con un'intensità che trapelava da ogni respiro.
“Domani mi lascerò torturare...” sussurrò un attimo prima di baciarle il collo, afferrandole i fianchi con sicurezza.
La cacciatrice trasalì.
“Tutta questa pena per una scopata deludente?...” mormorò, parafrasando quell'affermazione che, anche se detta in un momento di giustificata rabbia, l'aveva ferita.
Il vampiro non rispose, fu l'intensità con cui la guardò negli occhi a farlo per lui.
Summer avrebbe voluto reagire, ma la vicinanza di quel corpo le provocava una sensazione di tepore a cui era difficile rinunciare.
Non capiva perché lo detestasse e lo desiderasse così tanto, ma il suo corpo, ancora una volta, stava vincendo sulla sua volontà, sottomettendosi al quel tocco delicato e travolgente.
Il vampiro avvicinò leggermente la bocca alla sua, e lei restò immobile fino a quando non la sentì sulla propria.
Le loro labbra si incontrarono di nuovo con una passionalità calma ed intensa che subito acquistò un crescente fervore.
Il vampiro, con velocità, la trascinò contro il muro, bloccandola con il proprio corpo.
“Domani mi lascerò torturare...” ripeté in preda all'eccitazione tra un bacio e un altro...
“Ma, se permetti, adesso è il mio turno...” sussurrò con tracotanza e passione, prima di scoprirle il seno per morderlo avidamente.
Un forte gemito uscì dalle sue labbra; per Summer quella suonò come la minaccia più bella mai ricevuta...




Angolino di NaNa***
Ce l'ho fatta!!!Con una fatica immensa, ma ce l'ho fatta!!! xD
Questi due capitoli sono stati pesantissimi da scrivere, forse perchè li ho scritti di notte e li ho corretti nei vari momenti di pausa dallo studio... orari non proprio felicissimi insomma xD Per di più sono stati anche quelli più lunghi...Cmq non potete immaginare la mia gioia per l'essere arrivata fin qui: questi avvenimenti per me segnano un traguardo. Non pensavo che sarei riuscita ad arrivarci xD ed invece eccomi!!! 
La paura di perdermi nei miei stessi intrighi c'è semprexD...ma per ora sono sopravvissuta fin qui e mi sento davvero davvero soddisfatta!!!^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...perdonatemi se questi due sono stati pesanti xD i prossimi, anche se devo darmi un attimo per chiarirmi le idee, dovrebbero essere più leggeri (almeno credoxD ...ripeto...devo pensare un attimo a come gestirli xD)
Grazie per la lettura^^
Alla prossima***



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Capitolo 21
*** Ventunesimo Capitolo ***





L'acme del piacere si avvicinava a suo grande malincuore.
Damon avrebbe voluto muoversi tra le sue gambe ancora per un po', ma i suoi ansimi non glielo permettevano: quella cadenza quasi regolare, mischiata ad un sottofondo di affanno, si insidiava nel suo cervello prendendone quasi il comando.
Un forte gemito uscì dalle sue labbra e, appena ebbe smaltito quell'attimo di piacere, si abbassò sul suo seno per dargli un ultimo bacio, ammirandone la rotondità e la morbidezza.
Si spostò mettendosi accanto a lei, leggermente più in alto e girato sul fianco, e con dolcezza le accarezzò i capelli sulla fronte.
“E queste moine cosa sarebbero?”chiese lei, fulminandolo con lo sguardo.
“Coccole del dopo sesso?!” rispose lui, con un tono di ovvietà. Cosa potevano mai essere?
“Cosa sei un orsetto gommoso? Vestiti e Vattene!” Summer lo spinse fuori dal letto con la mano.
“Cercavo solo di essere gentile!” erano gesti di prassi, di circostanza, non significavano nulla, ma tutte le sue "distrazioni" ne avevano sempre beneficiato. Questa volta, però, Damon aveva dimenticato con chi aveva a che fare! Doveva aspettarselo che non avrebbe gradito!
“Beh te le potevi risparmiare! Queste cose mi danno solo il voltastomaco!”
“Meglio così! Vorrà dire che la prossima volta stroncherò ogni galanteria sul nascere!” esclamò lui innervosito, mentre si rimetteva i pantaloni. Una seccatura in meno, pensò con rabbia.
“Non ci sarà 'una prossima volta'!” asserì lei, con tono alto e convinto.
“Andiamo... lo sai benissimo che ci sarà! Non che mi faccia piacere, sia chiaro! Se dipendesse da me ti eviterei come la peste!” obiettò lui, con ancora più fervore. Sentiva di non avere il controllo della cosa e quindi, mentalmente, si esonerava da ogni responsabilità.
“Cosa vorresti insinuare?! Che sarei io a volerlo?! Ti faccio notare che non è partita da me la cosa... né questa volta, né la precedente!”
Il vampiro si trovò ad aprire per un attimo la bocca inutilmente: non sapeva come ribattere.
“Beh... la forza per opporti ce l'hai, perché non l'hai fatto?” gli uscì subito dopo.
“Perché non la smetti di baciarmi?!” contrattaccò lei.
“Perché non ammetti che ti piace quando lo faccio?!”
“Perché non ammetti che lo fai perché ti piace?!”
“Perché dovrei ammettere una cosa non vera?!”
“Beh... perché dovrei farlo io?!”
“Ok. Sai che ti dico, tutto questo è irrilevante! Perché noi continueremo a farlo! Quindi fattene una ragione!” asserì infine con foga, un attimo prima di uscire dalla camera sbattendo la porta; e solo quando si trovò fuori il vampiro concepì l'assurdità che aveva appena pronunciato.
Un mezzo soffio d'aria, che sostituiva una risata sconcertata, uscì dalle labbra di Summer. Con quale irragionevole coraggio sfoderava queste assurde prese di potere?!


*** ***

Come ti senti?” Domandò Elena ad Alaric che aveva appena ripreso conoscenza.
L'uomo, steso sul divano, si schiarì la voce toccandosi il collo.
“Vivo...” sussurrò con voce flebile e stanca.
“Bevi...” la ragazza gli porse un bicchiere d'acqua.
“Cos'è successo?” le domandò lui, appena ne ebbe bevuto un sorso.
“Beh... Damon ti ha spezzato il collo, poi ha spinto la zia di Tyler giù per le scale ed è andato via” rivelò lei con rammarico e con una lieve rabbia verso sé stessa per aver lasciato che ciò accadesse.
“E' morta?” chiese, mettendosi a sedere.
“Quando è arrivata l'ambulanza era in fin di vita. Il resto non lo so, chiederò domattina a Tyler” La ragazza fece un sospiro.
“Avanti Rick. Sentiti pure libero di dirlo...”
“Cosa?! Te l'avevo detto?! Naaa lascerò che tu ti faccia da sola un giudizio a riguardo...”
“Beh... credimi, ci sto provando, ma non so proprio cosa pensare...” sussurrò lei, tenendo lo sguardo basso.
“Beh, in questo caso allora, lascia che ti dia una mano. Mi ha ucciso Elena, so che ha visto l'anello, ma questo non significa niente. E se non avesse funzionato?! Non ci si può fidare di lui...”
Elena annuì.
“Ora perdonami, ma dopo un breve decesso ci vuole una lunga doccia!” disse per sdrammatizzare, alzandosi. Elena gli sorrise dolcemente, ma il suo sguardo era ancora turbato.



*** ***


Summer si era svegliata tardi: probabilmente aveva spento la sveglia nel sonno.
Ma, nonostante ciò, con determinazione decise che quel giorno si sarebbe data da fare: non voleva tirare quella missione per le lunghe, voleva passare rapidamente all'azione!
Parcheggiò l'auto di fronte alla prima casa della lista.
Velocemente uscì e si diresse verso il bagagliaio per prendere la borsa ma, appena l'aprì, sentì l'irritante voce di Damon.
“Posa quell'affare...” le aveva detto, con tono autoritario.
“Vattene!” ordinò lei minacciosa.
Il vampiro chiuse il bagagliaio con una mossa decisa.
“Ok. Forse non ti è ancora chiaro che voglio liberarmi di Klaus alla svelta, e senza il mio aiuto perdi solo tempo, quindi non fare storie e seguimi!” replicò lui con arroganza, prima di avviarsi verso la dimora.
Summer lo osservò allibita eppure, nonostante il sangue che le ribolliva dalla rabbia, decise di seguirlo. Non poteva dargli torto: senza di lui perdeva troppo tempo.
“Buongiorno signora Tacher. Adesso, con il suo gentile invito, entreremo e gironzoleremo un po' per casa, ma tanto quando ce ne andremo non ricorderà nulla! Quindi continui pure a fare le inutili cose che stava facendo!” disse il vampiro, con disinvoltura.
La signora annuì e li fece accomodare.
“Ok, accetterò il tuo aiuto, ma non fare lo spaccone! A meno che tu non voglia essere torturato ancora un po'... ovviamente” disse lei, con l'aria di una diavoletta dispettosa.
“... E tu?... vuoi esserlo?” chiese lui, sensualmente, facendole capire di starsi riferendo alle 'torture' che le aveva fatto la sera precedente.
Summer si limitò a fargli un'occhiataccia e si aggirò per la casa allontanandosi da lui. La signora Tacher, invece, aveva ripreso con le pulizie domestiche che Damon aveva interrotto.
“Parlami un po' di te...” disse ad alta voce il vampiro per farsi sentire da Summer, che si trovava nella stanza affianco.
“No!”
“Di dove sei?” le domandò ancora, incurante della precedente risposta.
“Non ti riguarda!”
“Quando sei diventata una cacciatrice?”
“Non ho voglia di dialogare con te, se non ti è chiaro!”
“Trovi che io sia più affascinate o più irresistibile?”
Summer, trovandosi in un'altra stanza, si sentì libera di sorridere.
“Se la giocano all'ultimo sangue più idiota e più irritante!” E in un attimo se lo ritrovò alle spalle.
“Te l'hanno mai detto che sei odiosa?” le bisbiglio all'orecchio, con una sensualità che innescava brividi.
“Te l'hanno mai...” Summer sospese di colpo quella frase “Che diavolo stai facendo?!”chiese poi allibita, riferendosi al fatto che il vampiro le stesse stringendo il seno con la mano sinistra e stesse intrufolando la destra nel jeans.
“Ammazzo il tempo...” le sussurrò ancora con libidine, dandole in seguito dei piccoli baci sul collo.
“Ed io ammazzerò te se non la smetti subito!” asserì lei, con rabbia mista a eccitazione.
Damon la girò e con impeto la trascinò sulla scrivania in fondo alla stanza, infilandole la mano sotto la maglia con l'intento di sbottonarle il reggiseno e continuando a torturarle il collo di baci.
“Damon questo non è né il luogo né il momento” mormorò lei, con voce alterata dal piacere.
Il vampiro si arrestò all'istante.
“Umm quindi c'è sia un luogo che un momento! Ovvero... una prossima volta!” disse con aria soddisfatta.
La cacciatrice era stupefatta: Damon non smetteva mai di sorprenderla.
“Ok...va bene! Potrebbero esserci delle prossime volte...” ammise titubante.
“Addirittura al plurale...la cosa si fa davvero interessante!” Damon si morse il labbro inferiore come era solito fare quando faceva dei pensieri maliziosi.
Summer lo fulminò bonariamente con lo sguardo, decidendo poi di sorvolare.
“Ma di certo non mentre stiamo lavorando. Non so se ti è chiaro Damon, ma devo essere concentrata!” il suo tono era severo ma con una nota di dolcezza: come se lui fosse stato un bambino dispettoso e lei la maestrina esasperata.
“Ok...farò il bravo!” Damon usò il suo più riuscito volto da angelo, che comunque appariva poco credibile, e indietreggiò di un passo con le mani alzate in un segno di resa.
Summer sorrise: non poteva negare che Damon stesse rendendo la sua missione un tantino più divertente.





Angolino di NaNa***
Lo so...questo capitolo è piccolo^^ Chiedo venia, ma mi serve come collegamento con il prossimo che sarà un po' più lungo e particolare, poi capirete il perché ^.-
Spero che comunque vi sia piaciuto^^
Ora vado a chiamare “chi l'ha visto” perché ho perso la mia Nanyvale...
Nany ti dedico una frase che Damon dice ad Elena... “I Can't Lose You!!!” dove sei finitaaaaaaa?!?! xD
Come sempre, grazie per la lettura^^
Alla prossima***





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Capitolo 22
*** Ventiduesimo Capitolo ***





Damon se ne stava steso sul divano della signora Morgan, incurante del fatto che fosse bianco e che probabilmente le scarpe l'avrebbero sporcato.
“Allora, senti qualcosa?” chiese a Summer, che era appena entrata in soggiorno.
“Niente...” mormorò lei con avvilimento, sedendosi su una poltroncina ed osservando per un attimo la noncuranza del vampiro, che come sempre si sentiva a suo agio in ogni casa.
“Se vuoi posso aiutarti io... a sentire qualcosa...” rispose lui con malizia e giocosità.
La cacciatrice gli fece un'occhiataccia repentina.
“Se ti riferisci alla rabbia, credimi, stai già facendo un ottimo lavoro!”
“Devi essere sempre così acida?” chiese lui, alzandosi: le aveva detto che si sarebbe comportato bene, ed infatti la sua intenzione era semplicemente quella di scherzare, perché doveva essere sempre così ostile?
“E tu devi essere sempre così... inopportuno?” rispose con una nota di stizza, alzandosi a sua volta.
“Inopportuno...” ripeté il vampiro: quella parola l'aveva particolarmente infastidito.
“Sai Summer, per quanto riguarda la nostra 'prossima volta'... “ iniziò con tono dispettoso e saccente.
La cacciatrice fece una faccia contrariata: con una simile premessa non poteva aspettarsi nulla di buono. “Sentiamo...”
“E' chiaro che mi desideri... e di certo...non posso biasimarti” il vampiro si indicò e  si guardò con contemplazione.
La cacciatrice, invece, alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia al petto: era proprio curiosa di capire dove volesse andare a parare.
“Ma ti ostini a farla sembrare una cosa che parte solo da me e questa storia inizia davvero a seccarmi...”
Summer lo guardava con un crescendo di curiosità.
“Perciò sappi che da questo momento la finirò di importunarti...”
“Bene...anzi, perfetto!” esclamò lei con soddisfazione.
“Il che significa...” continuò lui subito dopo “Che dipenderà tutto da te...”
La cacciatrice sentì il sangue ribollirle nelle vene. Cosa significava? Che doveva essere lei a cercarlo e a prendere l'iniziativa? Se lo poteva scordare!
“Sai benissimo che non accadrà...” e la sua voce suonò per ciò che era: una chiara sfida.
“Beh...Vorrà dire che non ci sarà nessuna prossima volta...” le sussurrò lui a qualche centimetro dal volto e con quello sguardo magnetico, che mandava in tilt i sensi di qualsiasi interlocutrice di sesso femminile.
Summer si sentì tremare di collera, ma mantenne la calma, dimostrando un grande autocontrollo.
“Meglio così. E comunque il pensiero di rifare sesso con te non mi alletta più di tanto...” cercò di non far trapelare dalla voce tutta la rabbia che provava in quel momento: voleva disperatamente farla sembrare un'affermazione veritiera.
“Umm eppure qualche ora fa mi era sembrato il contrario...” sussurrò lui con voce maledettamente sexy, guardandola con una subdola aria di innocenza.
La sicurezza che trapelava dallo sguardo del vampiro era forse il più potente degli afrodisiaci; ma Summer cercò in tutti i modi di mantenere un'aria disinteressata.
“Beh ti sei sbagliato...”
Il vampiro fece una smorfia con le labbra. Sapeva benissimo di non essersi sbagliato, eppure decise di stare al suo gioco.
“Se lo dici tu...” sussurrò quindi, con uno sguardo quasi diabolico, tanta era la spavalderia che mal celava dietro quel velo di sufficienza.
Summer sorrise con un surplus di autocontrollo che sfociò inevitabilmente nella falsità e poi cercò un pretesto qualunque per cambiare argomento: “Qui non c'è niente, possiamo anche andare”


*** ***


Durante il cambio della lezione, Elena incrociò Tyler e Caroline per il corridoio della scuola.
“Tyler, come sta tua zia?” chiese la ragazza con preoccupazione.
“E' in coma, ma i medici dicono che ci sono buone probabilità che si riprenda...”
“Mi dispiace davvero tanto...” ammise lei, con un filo di voce quasi colpevole.
Tyler le sorrise dolcemente “Si rimetterà, mia zia è un osso duro” ammise simulando allegria.
“E tua madre, invece?”
Caroline fece uno strano sguardo, mentre Tyler trovò difficoltà nel cominciare la frase:“...Sta bene...è sotto shock più per quello che ha scoperto su di me che per le condizioni di mia zia a dire il vero” E il suo tono rivelò la strana ironia di quella circostanza.
“Mia madre le ha raccontato tutto, o almeno, tutto quello che lei sa!” intervenne Caroline.
“E' molto in collera con Damon. Insomma, l'ha ingannata per tutto il tempo” aggiunse Tyler.
“Beh, se può consolarla, non è l'unica persona ad essere in collera con lui”
“Ti riferisci a te o ad Alaric?” chiese Caroline, con la solita schiettezza.
“Entrambi. Per ragioni diverse, ma lo siamo entrambi...”
Caroline annuì ed in quel momento il suono della campanella mise fine alla loro conversazione.


*** ***


“Questi Mayer hanno un gusto per l'arredamento davvero pessimo...” ammise Damon, guardandosi intorno.
Evidentemente non apprezzava quella mescolanza tra classico e moderno, che dava più l'impressione di un'esposizione mal organizzata di un mobilificio che di una casa.
“Concordo...” disse Summer, focalizzando la sua attenzione su ciò che doveva essere una sorta di vaso antico su un mobiletto d'acciaio, che sembrava più indicato per appoggiarvi gli alcolici.
“Wow siamo d'accordo su qualcosa. Ho visto un calendario in cucina, vado a segnare l'evento” disse Damon.
Summer la percepì come una battuta, ma, quando vide il vampiro avviarsi con frettolosità ,le sorse un piccolo dubbio. Ed in effetti, quando lo raggiunse, lo trovò intento a scarabocchiare sul calendario.
Aveva cerchiato la data con un pennarello trovato lì vicino e ora stava scrivendo qualcos'altro.
Summer lesse con inevitabile e crescente nervosismo: “Stranamente non ha nulla da contestare...”
“La vuoi finire di comportarti ogni volta come se stessi a casa tua?!” lo rimproverò subito dopo.
“Ok devo segnare anche l'orario, perché a quanto pare il momento è già volato via...”
“Parlo seriamente Damon. Ti metti a stappare bottiglie di vino, a sporcare divani con le scarpe ed ora anche a scarabocchiare... presto si spargerà la voce di un fantasma dispettoso che mette a soqquadro tutte le case di Mystic Falls!”
“Umm simpatica come idea! Sai, hai ragione, dovremmo rendere il nostro passaggio ancora più visibile”
“Meno male che suggerivo di fare il contrario...” disse con avvilimento.
Il vampiro le fece un sorriso di menefreghismo e Summer capì di aver fatto un grave errore.
Damon iniziò ad aprire tutti i mobili della cucina per sbirciarne il contenuto, e passava al successivo lasciando il precedente tassativamente aperto.
Summer sospirò nervosamente e si mise dietro di lui a chiuderli.
“Uh le adoro!” disse il vampiro, afferrando una busta di patatine trovata nel mobile.
Era chiaro che lo faceva solo per irritarla.
Il vampiro aprì la busta, ne prese giusto una e poi la lasciò sul tavolo.
La vena sulla tempia di Summer iniziò a pulsare visibilmente.
Con rapidità gli afferrò il collo e lo scaraventò sul pavimento, bloccandolo con il proprio corpo messo a cavalcioni sul suo.
“Quando hai finito di fare il bambino dispettoso avvisami, così potrò riprendere a concentrarmi e a cercare di sentire qualcos'altro, oltre alla rabbia e al nervosismo che mi provochi!” esclamò, tenendo la presa sul collo, ma con una forza tale da potergli comunque permettere di respirare.
Quel gesto fece sentire il vampiro più offeso di quanto avesse quantificato.
Subito ribaltò la situazione, invertendo le loro posizioni e bloccandole le spalle con le mani. Per quanto si detestassero, entrambi sentirono l'elettricità che emanavano i loro corpi; il desiderio che prendeva fuoco nei loro occhi.
“Beh, allora qui puoi continuare anche da sola. Adesso ho altro da fare...” Damon vinse la sua eccitazione e si alzò “Ci vediamo domani” Poi si diresse verso la porta, senza neanche aspettare una sua risposta.
Summer si alzò e lo guardò allontanarsi, anche lei senza proferire una parola. Quell'uscita di scena l'aveva davvero sorpresa.


*** ***


Summer si diresse al Mystic Grill per mangiare un boccone e bere una birra in santa pace. Se Damon aveva davvero di meglio da fare, forse sarebbe davvero riuscita a starsene lì tranquillamente.
Si sedette al tavolo ed ordinò un panino e una birra, ed appena il cameriere si allontanò il suo telefono iniziò a vibrare: era Kendra.
“Ehi è da un bel po' che non ci sentiamo. Lily mi ha detto che sei a Londra...” disse Summer.
“Sì, e sono ancora qui. E' successa una cosa interessante qualche giorno fa...”
“Ti ascolto”
“Ho visto lo squartatore parlare con la doppelganger, o meglio, colei che pensavo fosse la doppelganger!”
“In effetti non è proprio possibile che fosse lei: non ha lasciato Mystic Falls neanche per un attimo. Chi era?”
“Era Katherine Pierce. Non ne ho dubbi! Quando hanno finito di parlare lei si è volatilizzata...volatilizzata alla maniera dei vampiri, intendo!”
“Cosa? Ma non è stata bruciata in una chiesa proprio qui, a Mystic Falls?”
“In effetti è ciò che sappiamo, ma evidentemente ha trovato un modo per scappare...”
“Beh in questo caso credo che avviserò Elena. Deve sapere che in giro c'è un vampiro uguale a lei...”
“In effetti, se vogliamo proteggerla forse è il caso che lo sappia. Sono sicura che se sapesse dell'esistenza della sua doppelganger, Katherine non ci metterebbe molto a rapirla ed offrirla come merce di scambio per la sua libertà. Klaus l'avrà cercata ovunque per vendicarsi. Su questo non ho dubbi...”
“Giusto. Mi viene da pensare che forse la storia della Chiesa era solo una messa in scena...”
“In effetti è molto probabile. Beh io comunque resterò qui. E appena scopro qualcos'altro ti faccio sapere...”
“Ok. Ciao” Summer agganciò la telefonata.
Il suo volto trapelava una nota di turbamento.


*** ***


Damon si intrufolò nella stanza di Elena, e lì aspettò che la ragazza entrasse.
Elena se lo ritrovò seduto sulla panca.
“Cosa ci fai qui Damon?” gli chiese con freddezza.
“Sono venuto a chiederti se la megera è morta oppure devo andare a terminare l'opera. Sai, ieri mi hai fatto arrabbiare e sono andato via senza controllare, ma non preoccuparti, ti ho già perdonata!”
Elena lo guardò contrariata.
“E' in coma. Ed in effetti ti devo delle scuse Damon. Devo scusarmi con te per aver creduto che tu potessi essere diverso; devo scusarmi per aver avuto fiducia in te... e sì, hai ragione, forse volevo trasformarti in Stefan, senza pensare che questo non potrà mai accadere. Tu non sarai mai come lui...” concluse con voce calma ma irata.

I'm Still Here - Goo Goo Dolls



I am a question to the world,
Not an answer to be heard.
All a moment that's held in your arms.
And what do you think you'd ever say?
I won't listen anyway…
You don't know me,
And I’ll never be what you want me to be♫



Sono una domanda per il mondo e non
una risposta da essere ascoltata
è tutto un momento che è stretto tra le tue braccia
e cosa pensi che diresti mai?
io non ascolto più, in ogni caso
tu mi ignori ed io non sarò mai
quello che tu vuoi io sia”



Damon si sentì inevitabilmente ferito, ma il suo volto mostrò la solita faccia tosta di sempre.
“Beh per me è un sollievo sapere che non diventerò mai come lui: un vampiro frustrato che vuole giocare a fare l'umano, ritornando a scuola e facendo il teenager con tanto di problemi sentimentali e turbamento esistenziale. Io sono un vampiro Elena. Se a volte lo dimentichi il problema è tuo. Fai bene a chiedermi scusa, perché hai davvero peccato di presunzione se hai creduto, anche per un solo istante, di trasformarmi in qualcosa che non potrò mai essere!” esclamò, anche lui con una voce calma ma piena di rabbia.
“Ed invece potresti Damon! Ma non vuoi. E' questo il problema. E' questa la differenza tra te e Stefan. A te non importa del dolore che causi agli altri con il tuo comportamento...”

♫ And what do you think you'd understand?
I'm a boy, no, I'm a man..
You can take me and throw me away.
And how can you learn what's never shown?
Yeah, you stand here on your own.
They don't know me 'cause I'm not here. ♫


E cosa pensi che capiresti?
sono un ragazzo, non un uomo
puoi prendermi e gettarmi via
e come puoi imparare quello che
non è mai stato spiegato?
si, tu stai qui tutta sola
loro non mi conoscono perchè io non sono qui”


Sai... non voglio sminuire quest'immagine di malvagità che mi stai attribuendo perché, a dire il vero, la trovo molto gratificante... ma lascia che ti chieda una cosa Elena: cosa pensi che stia facendo in questo momento Stefan? Mh? Pensi che stia in giro a distribuire pasti caldi ai barboni? Che stia aiutando le vecchiette ad attraversare la strada? Te lo dico io... sta rifacendo tutto ciò che c'è in quel diario che ti ho dato! Lui causa del dolore e poi passa il resto dell'esistenza a dannarsi di ciò che ha fatto, maledicendo la propria natura. Scusami se non faccio lo stesso! Perdonami se il mio comportamento rispecchia ciò che sono! Hai ragione Elena: io non voglio cambiare, e non lo farò mai!”

♫And I want a moment to be real,
Wanna touch things I don't feel,
Wanna hold on and feel I belong.
And how can the world want me to change,
They’re the ones that stay the same.
The don’t know me,
'Cause I’m not here. ♫


“E voglio un momento per essere reale
voglio toccare cose che non riesco a sentire
voglio tenere duro e sentire che
appartengo a qualcosa
e il mondo come può volere che io cambi?
loro sono i primi che restano gli stessi
loro non mi conoscono perchè io non sono qui”


Quelle parole, Elena le avvertì come una pugnalata in pieno cuore. Non poteva pensare che Stefan stesse davvero rifacendo del male alle persone. Era un pensiero che le bruciava l'anima. Ma non importava. Lui, a differenza di Damon, poteva cambiare perché lo voleva; e lei sarebbe stata al suo fianco pronta ad aiutarlo.
“Come vuoi tu Damon. Adesso, per favore, va via...” e la sua voce, a tratti, uscì lievemente soffocata.
Damon percepì ogni nota repressa dal suo turbamento, e per un istante il petto gli fece dannatamente male. Sentì che l'unica soluzione era scappare da quella situazione e lo fece. Un secondo dopo Damon scomparve dalla visuale di Elena.


*** ***


Summer si era avviata verso casa di Elena. Non appena l'ebbe intravista, qualcosa aveva catturato la sua attenzione: era la macchina parcheggiata fuori il vialetto. Quella stessa macchina, una camaro blu, l'aveva vista fuori al garage di Damon, la sera in cui era andata lì per accettare il suo aiuto.
Aveva intuito che c'erano molte probabilità che potesse essere proprio la sua e, con curiosità, si era avvicinata in maniera furtiva alla casa. Se Damon era davvero lì, aveva pensato, di certo non voleva interrompere un momento romantico tra i due, perché, per quanto Damon potesse essere scontroso a riguardo, non lasciando trapelare informazioni, lei l'aveva capito benissimo che tra i due scorreva del tenero.
Aveva fatto il giro della casa e, concentrandosi per ascoltare ogni rumore, si era fermata quando aveva sentito chiaramente delle voci, riconoscendo sia quella del vampiro che quella della doppelganger.
“E' in coma... ed in effetti ti devo delle scuse Damon...” Summer aveva ricoosciuto chiaramente la voce di Elena. E In un primo momento aveva pensato di andarsene, ma poi qualcosa l'aveva trattenuta: quei toni alterati erano troppo interessanti e lei voleva capire cosa fosse successo.
Era rimasta sotto la finestra di Elena fino al termine del discorso, poi, sbirciando dietro l'angolo, aveva visto Damon uscire a gran velocità per poi mettersi al volante della sua auto.
In quel momento aveva provato un grande senso di tristezza. Se aveva capito bene, se davvero Damon era innamorato di lei, quel discorso doveva essere stato una gran bella batosta per lui. Un discorso che lei aveva trovato molto ingiusto, ma, d'altra parte, comprensibile. Elena, da umana, aveva solo una visione di ciò che era giusto e sbagliato: vedeva bianco o nero (anche se poi la sua storia con Stefan era una pura contraddizione).
Ora guardava il posto dove prima era parcheggiata l'auto e si sentiva davvero dispiaciuta per Damon ed anche in colpa per come l'aveva trattato. Non poteva negare che fosse fastidioso, ma se lui era fatto così di certo non poteva essere l'ennesima persona ad avere da ridire sul suo comportamento. Lei non poteva... non con il suo passato. Decise di abbandonare momentaneamente l'idea di avvisare Elena; non era il momento opportuno per parlare con lei.


*** ***


Una volta rientrato in casa, il primo pensiero di Damon fu dirigersi verso il mobile bar per servirsi dello Scotch.
Il paragone con Stefan era sempre qualcosa di snervante.
Sì, l'aveva capito: Stefan, sarebbe stato sempre e solo Stefan, perchè lui era quello buono, quello che tutti amavano.
Al secondo bicchiere, qualcuno bussò alla sua porta.
Quando aprì, con suo grande stupore vide Summer.
“Ti avverto che in questo momento non sono dell'umore adatto per avere a che fare con te...” l'ammonì subito. Dopo quello che era successo con Elena, l'idea di battibeccare con la cacciatrice non lo allettava per niente: voleva stare da solo.
“Non preoccuparti, sono passata solo per ringraziarti” disse lei, porgendogli una delle due bottiglie di birra che reggeva.
Damon avvertì un senso di disorientamento. Cos'era? Uno scherzo?
“Per cosa esattamente?” chiese, con una sorta di prudenza, prendendo la birra: davvero non capiva a cosa si stesse riferendo.
“Beh, per quanto tu possa risultarmi irritante, non posso negare che senza il tuo aiuto non avrei visitato neanche la metà delle abitazioni... perciò… grazie...” ammise lei, titubante.
La stupefazione s'impossessò del volto di Damon, facendolo faticare a conservare un volto impassibile. Ma questa davvero non se l'aspettava!
“Beh, tolgo il disturbo. Ci vediamo domani” disse lei, per poi voltarsi ed avviarsi verso la sua moto.
Ma Damon fece qualche passo verso di lei dicendo: “Summer...”
La cacciatrice si girò e vide Damon sedersi sul gradino in legno. Fu la luce rossastra del tramonto, particolarmente suggestiva e radiosa, a incitarlo ad accomodarsi lì.
“Beh a questo punto non ha senso bere da soli. Non trovi?” il vampiro la invitò a sedersi.

♫And you see the things they never see
All you wanted, I could be
Now you know me, and I'm not afraid
And I wanna tell you who I am
Can you help me be a man?
They can't break me
As long as I know who I am ♫


“E tu vedi le cose che loro non vedranno mai
tutto quello che volevi io fossi
adesso mi conosci, e non ho paura
e voglio dirti chi sono
puoi aiutarmi ad essere un uomo?
loro non possono spezzarmi
fino a quando so chi sono”


Summer accettò quell'invito e si sedette accanto a lui.
“Ah! Non così vicina! Altrimenti potrei interpretarlo come un tentativo di corteggiamento” disse lui, scherzando con enfasi.
Lei ridacchiò con dolcezza.
“Beh in effetti i presupposti ci sono tutti: sono stata gentile, ti ho offerto da bere, manca solo una cosa...” E sbottonò leggermente la maglietta per lasciare intravedere la scollatura.
Al vampiro uscì un soffio di risata e poi deglutì il sorso di birra che pizzicava la sua lingua.
“Ottima mossa!” disse con allegria, stando al suo gioco; poi bevve un altro sorso di birra, non prestando attenzione più di tanto a quel gesto: lei aveva voglia di scherzare, evidentemente, e la vide sorridere dandogliene conferma.
“Sai... ne ho conosciuti pochi di vampiri che frequentano degli umani...”
“Ed in effetti starne alla larga è la cosa più saggia da fare. Tranne per mangiarli, ovviamente!”
Summer ridacchiò ancora e Damon si sentì quasi spiazzato dalla mancanza di sguardi di disapprovazione.
“Tu come ti consideri? Non ti ritieni umana?”
Summer si diede qualche secondo per riflettere e poi disse: “No”.
Stette in silenzio per qualche secondo e poi specificò i sui pensieri a riguardo.
"No, in verità c'è solo una cosa che mi fa sentire umana...” e quell'ammissione fu sorretta da uno strano sguardo rassegnato.
“Cosa?”
Lei lo guardò negli occhi. Non capiva il perché, ma in quel momento si sentì incredibilmente a suo agio, come se Damon fosse stato una presenza remota e naturale della sua vita, alla pari della percezione della propria ombra.
“Il peso della morte...” confessò.
“Che vuoi dire?” chiese lui, prima di bere un altro sorso.
“Forse non te lo ricordi, ma, quando sei umano, ogni tanto ti capita di riflettere sulla vita e ti... senti schiacciato da quello che vorresti realizzare, dalle esperienze che vorresti fare... dai sentimenti che vorresti provare, perché sai che c'è un termine. Io credo che per una cacciatrice questa sensazione sia anche più amplificata rispetto ad un essere umano, perchè noi... beh non siamo proprio famose per la nostra longevità... Ed è davvero solo questo ciò che mi fa sentire umana... il pensiero della morte...”
Damon, dopo aver ascoltato le sue parole con attenzione, annuì lievemente.
“In effetti hai ragione, è una sensazione che non ricordo più. Beh un bel punto a favore dei vampiri: abbiamo una bella seccatura in meno!” concluse, facendo un mezzo sorriso.
Lei ricambiò il sorriso, ornandolo di dolcezza. Gli aveva confessato qualcosa di personale, pentendosene quasi all'istante, eppure, contro ogni aspettativa, la risposta di Damon non l'aveva infastidita, anzi: aveva avuto una sottile nota di sincerità, che l'aveva piacevolmente sorpresa.
“Sai Damon, non sei poi così pessimo come credevo...” annunciò giocosamente, dandogli una piccola spinta con la spalla.
“Wow! Anche un prototipo mal riuscito di complimento! Attenta Summer: potrei davvero iniziare a pensare che tu voglia sedurmi...” rispose lui, in tono scherzoso; ma poi il suo volto diventò sempre più serio, sintomo della voglia di baciarla che diventava sempre più pressante. Ma non poteva. Doveva trattenersi. Doveva tenere fede alle sue parole: doveva partire da lei, almeno per una volta.
“Beh...” sussurrò lei, guardandolo intensamente “forse è così...”
Quelle parole cambiarono improvvisamente tutte le carte in tavola ed il vampiro si sentì immediatamente libero di avvicinare il volto al suo, che, con suo piacevole stupore, si muoveva nella direzione opposta e con lo stesso obbiettivo.

♫And I want a moment to be real,
Wanna touch things I don't feel,
Wanna hold on and feel I belong.
And how can the world want me to change,
They’re the ones that stay the same.
They can't see me,
'But I'm still here. ♫


“E voglio un momento per essere reale
voglio toccare cose che non riesco a sentire
voglio tenere duro e sentire che
appartengo a qualcosa
e il mondo come può volere che io cambi?
loro sono i primi che restano gli stessi
loro non possono vedermi, ma io sono ancora qui”


Le loro labbra s'incontrarono in un lungo attimo di incertezza, come se non si fossero mai sfiorate prima.
E si alzarono senza perdere il contatto, per sentire il loro corpi più vicini con un abbraccio intriso di una passione che cresceva ogni attimo.

♫ They can’t tell me who to be,
‘Cause I’m not what they see.
And the world is still sleepin’,
While I keep on dreamin’ for me.
And their words are just whispers
And lies that I’ll never believe ♫


“Loro non possono dirmi chi essere
perchè non sono quello che vedono
e il mondo continua a dormire
mentre io continuo a sognare per me
e vorranno solo sussurri
e bugie in cui non crederò mai”


Un secondo dopo, si ritrovarono dentro casa, senza sapere chi avesse trascinato chi.
Si desideravano entrambi con lo stessa intensità e con la stessa forza.
Ed uno ad uno i loro indumenti caddero al suolo, per poi ritrovarsi nudi sul letto del vampiro per godere del calore del loro contatto, della reciproca voglia di stare insieme.

♫ And I want a moment to be real,
Wanna touch things I don't feel,
Wanna hold on and feel I belong.
And how can they say I never change
They’re the ones that stay the same.
I’m the one now,
‘Cause I’m still here. ♫



E voglio un momento per essere reale
voglio toccare cose che non riesco a sentire
voglio tenere duro e sentire che
appartengo a qualcosa
e il mondo come può volere che io cambi?
loro sono i primi che restano gli stessi
sono l'unico adesso, perchè sono ancora qui”



Angolino di Nana***
Ciao a tutti.^^
Inizio col dirvi di che canzone si tratta: E' la bellissima “I'm Still Here” dei Goo Goo Dolls *.*
Ora, il mio intento non era quello di fare in modo che il capitolo accompagnasse la canzone, ma il contrario, quindi non l'ho approfondita tantissimo. Ce l'ho semplicemente messa nei momenti in cui la ritenevo opportuna. Di momenti “sonori” come questi ce ne saranno altri, non tantissimi, ma essendo la musica la mia “musa” trovo importante mettere le canzoni che mi hanno, appunto, ispirata.
Vi ripeto, non adatterò il capitolo in modo che rispecchi quanto più fedelmente possibile la canzone, perché non posso farlo più di tanto, mi sembrerebbe una forzatura e alla fine ne uscirebbe fuori solo un pasticcio^^ Comunque spero che l'idea vi sia piaciuta ugualmente^^
Passando al capitolo...
Al di là del rapporto Damon-Summer, secondo me questo è quello che sarebbe successo se, dopo l'episodio 3x04, non fosse venuto Klaus, ovvero un bel “Tutti contro Damon”
Anche se il rapporto tra Damon ed Elena si sta allentando un po', non considerate questo come un punto di rottura, assolutamente!!!
Il loro legame ci sarà fino alla fine della fic, con alti e bassi, ma ci sarà sempre^^
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Come sempre ringrazio tutti per la lettura^^
Alla prossima^^



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Capitolo 23
*** Ventitreesimo Capitolo ***






Quel momento di piacere sbollì il desiderio di entrambi, ed ancora una volta si trovarono nudi ed affannati uno accanto all'altra. Nella stanza si sentiva solo il loro respiro, che piano iniziava a regolarizzarsi.
Summer si sentiva in notevole disagio; il fatto di avergli mostrato una sorta di interesse la faceva sentire in difficoltà; la faceva sentire ancora più nuda di com'era, e sperò con tutte le sue forze che il vampiro non facesse le sue solite battutine irritanti; non voleva maltrattarlo, ma se proprio andava a cercarsela di certo non gli avrebbe risparmiato una palettata!
Damon si girò sul fianco nella sua direzione con il gomito piegato sotto la testa, e in quell'attimo la cacciatrice sospettò che presto avrebbe detto qualcosa di inopportuno.
“Puoi restare a dormire qui se vuoi...io non sono maleducato e scorbutico come te...” disse con naturalezza e ironia. Aveva sempre permesso alle sue 'distrazioni' di dormire con lui; era un vampiro non un animale.
Summer si meravigliò.
“Non è il caso...”rispose più imbarazzata che infastidita.
Si alzò per andare alla ricerca dei suoi indumenti, ed i primi ad essere localizzati furono il tanga ed il jeans.
Il vampiro si alzò e si rimise i boxer; non si sentì sorpreso da quella risposta, ma dal fatto che non avesse obiettato sull'ironica critica che aveva pronunciato sul suo comportamento della serata precedente.
Summer, che intanto aveva messo il reggiseno, si guardava intorno in cerca della maglia.
“Credo sia al piano di sotto...” le disse capendo cosa stava cercando.
Summer annuì ed uscì dalla stanza. Il vampiro percepì ancora una volta il suo disagio e la seguì.
La cacciatrice trovò la maglia sul divano del salotto e subito la indossò.
“Beh...a domani” gli disse facendo un sorriso impacciato e dirigendosi verso la porta.
Il vampiro la raggiunse, e poi restò fermo sullo stipite appoggiandosi con l'avambraccio.
“A domani...” le disse guardandola mentre si allontanava. Non gli aveva spezzato l'osso del collo: poteva considerarlo un buon segno.


*** ***


Quella mattina, fu Damon a dover aspettare per qualche minuto l'arrivo di Summer.
La vide avvicinarsi con la sua solita camminata sicura, i capelli che ondeggiavano ad ogni suo passo, ed un vestitino verde che metteva in risalto tutte le sue curve.
“Sei già qui, notevole!” disse la cacciatrice porgendogli un bicchiere da asporto di caffè.
“Tu che hai pensiero gentile per me, questo è notevole!” disse afferrando il bicchiere.
“E' da quando ti conosco che godi della mia gentilezza... ti lascio vivere! Più gentile di così...”
“Ed eccola che ritorna acida...”
“Per te...non smetterò mai di esserlo”
“Stiamo insieme da tre minuti e già mi hai stancato, il tuo è un dono Summer...”
Lei sorrise e subito si incamminarono verso la prima destinazione.


*** ***


Elena vide Caroline parcheggiare l'auto al solito posto, e decise di aspettarla fuori l'ingresso della scuola per poterle parlare.
“Buon dì!” disse la vampira con la solita esuberanza appena la vide.
“Ciao...” rispose lei un po' più cupa.
“Ehi...è successo qualcosa?”
“Ieri ho avuto un'altra discussione con Damon”
“Lasciami indovinare; discussioni del tipo ' Damon sei sempre il solito vampiro psicopatico che non vuole proprio smetterla di uccidere brutalmente le persone; e tu Elena non vuoi proprio capire che devo farlo perché per me è importante mantenere inalterata la mia immagine di vampiro tenebroso e sexy! E' andata più o meno così?” chiese la bionda.
Elena sorrise.
“In un certo senso sì...” disse divertita.
“Onestamente Caroline...credi che stia cercando di cambiarlo?” chiese seria.
“Onestamente, sì, ma è comprensibile Elena...è ovvio che vorresti far riaffiorare la sua umanità...solo che con Damon non so quanto sia possibile...”
Elena restò muta per qualche secondo.
“Vorrei solo che la smettesse di uccidere le persone...non mi sembra molto...” ammise subito dopo.
“Ovvero vorresti che la smettesse di essere impulsivo, menefreghista, cinico e crudele...andiamo Elena...è il 90% del suo carattere...”
“Beh ...allora forse ha ragione! Sono stata una stupida a pensare che potesse cambiare... il fatto è che...” si ammutolì per un attimo “non riesco a smettere di crederci...ogni dannata volta credo che sia quella buona...ed invece...” ammise con amarezza.
Caroline stava per iniziare una frase, ma la campanella stroncò la loro conversazione.
Le due si sorrisero e si avviarono verso le loro aule.


*** ***


Summer e Damon gironzolarono per la casa dei McLouren, come sempre, cercando di fare qualcosa per non annoiarsi.
Il vampiro decise di rovistare tra i file del computer.
“Questo signor McLouren oltre ad essere un accanito scaricatore di porno deve avere anche un'amante, ha delle e-mail salvate in una cartella nascosta di una certa... Lana Miller...e sono anche piuttosto piccanti!” ammise divertito, continuando a rovistare nelle cartelle del pc.
“Potresti evitare di violare la privacy di questo pervertito?” disse Summer con un tono calmo; ormai aveva rinunciato alle ramanzine.
“Senti qui... ' non vedo l'ora di vederti per fare l'amore con te tutta la notte, solo a pensarci mi sembra di perdere il controllo, non farmi aspettare...ti voglio quanto prima...la tua micetta infuocata!” lesse con aria divertita, cercando di dare un tono da donna focosa alla sua voce.
Summer rise: come sempre Damon era incontenibile.
“Questo tizio è furbo...le salva oscurando l'indirizzo e-mail...” aggiunse.
“Perché ti interessa? Vuoi un incontro con una micetta infuocata?” chiese divertita.
“Meglio! Le voglio mandare un e-mail così spinta da poter avere solo due esiti...o lasciare il Signor McLouren senza amante, oppure fargli passare la notte più assurda, scandalosa e traumatica della sua vita! Questo è di gran lunga più divertente!” disse diabolico.
“Non ti permetterò di interferire con la vita di queste persone!” disse con tono più alto spegnendo il computer.
“Sei la solita guastafeste!” disse alzandosi.
“Almeno potresti darmi un diversivo per non farmi annoiare, al posto di contestare tutto quello che faccio...” continuò con tono allusivo afferrandole i fianchi.
“...E questo diversivo sarebbe fare sesso in ogni casa che visitiamo?” chiese con voce sensuale.
“Esattamente...” il vampiro le fece scivolare la mani lungo i glutei.
“Scordatelo!” gli afferrò i polsi e si staccò da quella presa.
“Sei una micetta surgelata...” disse con giocosità.
Summer si sforzò per non sorridere ma fu inutile: Damon aveva sempre la risposta pronta.


*** ***


In casa Galler, Damon sembrava starsene buono sul divano a giocare col cellulare, mentre Summer ce la metteva proprio tutta per cercare di captare qualcosa.
Si guardò intorno, e per un attimo il suo sguardo si posò sul vampiro. Lo guardò con una sorta di dolcezza; le sembrava strano che se ne stesse buono senza dare fastidio.
“Sai...” disse il vampiro accorgendosi del suo sguardo.
“Ieri sera mi sei sembrata un po' strana...”
“A cosa ti riferisci?”
“Beh...sei letteralmente sgattaiolata via..”
“Avrei dovuto farti due coccole?...” disse con una giocosa malignità.
“L'ho capito che la tenerezza non è il tuo forte...ma non c'è neanche bisogno di scappare in quel modo!”
“Passo con te gran parte della giornata...perdonami se la sera non vedo l'ora di starmene un po' per fatti miei!”
Il vampiro era allibito; non aveva mai incontrato una donna con una simile indipendenza affettiva.
“Wow tu si che sai come far sentire un uomo un oggetto!” disse, parlando in generale: a lui interessava ben poco.
“Non fare la finta femminuccia" lo canzonò "...e poi ho troppa stima di me per lasciarmi coccolare da un uomo innamorato perso di un'altra ragazza!”
“Di che diavolo parli?” chiese con un tono più aspro.
“Lo sai benissimo!” disse riferendosi ad Elena.
Il vampiro ci pensò per qualche secondo.
“D'accordo vorrà dire che mi lascerò trattare come un oggetto. In fondo il ruolo di sex toy mi si addice!” non volle contestare. Se lei aveva capito, era decisamente meglio così. Era meglio che le cose fossero chiare fin dal primo momento. Nel suo cuore c'era solo Elena, e se lei voleva essere distante per questa ragione, di certo non poteva darle torto, pensò.
“Ma quando vorrai delle coccole...sappi che non te le farò! Sarò gelido e distante...” continuò con tono dispettoso.
“Beh, in quel caso... Troverò un modo per trattenere le mie lacrime!” disse ironicamente.
Il vampiro le lanciò un cuscino sul volto, divertito e infastidito da quel poco interesse che mostrava nei suoi riguardi.
Lei con la super velocità si mise a cavalcioni su di lui e lo soffocò con quello stesso cuscino.
“Non provocami!” disse divertita.
Il vampiro si liberò del cuscino con un gesto che la cacciatrice non ostacolò, e si morse il labbro inferiore costatando che i loro bacini fossero in una posizione invitante.
“Non pensarci neanche!” disse lei alzandosi e capendo subito le sue cattive intenzioni.
“Vorrà dire che aspetterò stasera per fartela pagare...” sussurrò guardandola con la solita aria da sciupa femmine.
“Dai per scontato che io voglia passare la serata con te... ed è un grosso errore!”
“Dì quello che vuoi! Sono sicuro che stasera ti vedrò fuori la porta di casa a implorare sesso con uno sguardo languido!” asserì con la solita presunzione.
“Se lo dici tu...” Summer non aveva voglia di combattere contro quell'ego smisurato.
“Credo che per oggi possa bastare così... adesso voglio stare un po' da sola..." il suo volto si fece chiaramente dispettoso "Sai... per far crescere il mio desiderio...” concluse con sfacciata ironia, ponendo fine alla giornata lavorativa.
Il vampiro si alzò e si avvicinò a lei.
“Stasera...questa tua insolenza sarà severamente punita...”le sussurrò con aria sexy e di sfida prima di avviarsi verso la porta.
Lei lo guardò scettica; poteva dire quello che voleva, ma quella sera avrebbe avuto una sonora bidonata!


*** ***


Summer, dopo aver gironzolato per Mystic Falls per fare del sano shopping, si era recata al Grill per prendersi una birra. Lo faceva quasi sempre prima di ritornare in quella triste stanza di Motel.
Quando entrò, notò che Elena era seduta al tavolo con una ragazza bionda e, quando i loro sguardi si incrociarono, la salutò facendole un sorriso.
Elena si allontanò un momento da Caroline per raggiungerla al bancone.
“Ciao...” le disse titubante.
La cacciatrice sorrise nuovamente.
“Ascolta...so che mi hai detto di stare alla larga da Stefan e da questa faccenda, ma mi è davvero difficile... vorrei almeno sapere se sta bene...”
“Ah lui è Klaus sono vivi e vegeti...le persone che hanno avuto a che fare con loro invece...beh lo sono un po' meno!” disse con risentita ironia.
Elena non badò a quell'affermazione.
“Dove si trovano?”
“Attualmente sono a Londra...ma che e non ti salti in mente di raggiungerli!” disse con un tono fintamente minaccioso.
“Tranquilla...ho capito che devo restare al sicuro, ma proprio non riesco a starmene con le mani in mano, con tutta quest'inattività mi sembra di allontanarmi da lui ogni giorno...almeno permettimi di aiutarti con le tue ricerche... “
“Perderesti solo tempo Elena...Anche se mi costa ammetterlo, l''aiuto di Damon è già sufficiente...”
“Cosa? Damon ti sta aiutando?” chiese sorpresa.
“Sì...e ...mi sorprende che tu non lo sappia...” ammise confusa. Le era parso di capire che tra lei e Damon non ci fossero segreti.
“Beh ..evidentemente aveva una buona ragione per non dirmi nulla...” Elena si sentiva nervosa. Che bisogno c'era di mentirle?
“Forse voleva solo tenerti fuori da questa storia, in fondo meno sai e più sei al sicuro Elena...” cercò di giustificarlo: non voleva che tra di loro le cose si complicassero ulteriormente.
La ragazza annuì.
“Sei sicura che non possa esserti d'aiuto in nessun modo?...” continuò.
“Sicura...” disse dolcemente, ma, per un brevissimo attimo, il pensiero che potesse esserci anche lei nelle case che visitava con Damon la infastidì.
Elena annuì nuovamente.
“C'è una cosa che devi sapere...”
La ragazza la guardò con attenzione.
“Beh... in circolazione c'è un vampiro con le tue stesse sembianze, si tratta della precedente doppelganger, anche se qui ci sono io a proteggerti, voglio che tu faccia ugualmente attenzione”
“Ti riferisci a Katherine...”
“Già sapevi della sua esistenza?” chiese meravigliata, quelle persone sapevano molto più di quello che credeva.
“Non preoccuparti...ormai so come gestirla...”
La cacciatrice annuì; se diceva così, significava che l'aveva addirittura già incontrata.
“Ritorno dalla mia amica” disse facendole un cenno e riavviandosi verso Caroline.
La cacciatrice mosse il capo per congedarla.

“C'è qualcosa che non mi hai detto Elena?” l'ammonì subito la vampira, quando questa si riaccomodò al tavolo.
“Ci hai origliate!?” Elena era allibita, ma vedendo lo sguardo risoluto dell'amica capì che ormai era a dir poco impossibile mantenere il segreto.


*** ***



Il campanello suonò, e il suo ego si riempì di soddisfazione: Summer aveva resistito anche meno del previsto, pensò il vampiro dirigendosi verso la porta con un sorriso beffardo.
“Visto?! Non riesci proprio a stare senza di me!” disse convinto aprendo la porta; ma Summer non c'era...era Elena.
“Scusami, forse aspettavi qualcun'altra...magari la cacciatrice?” disse facendogli capire di sapere tutto a riguardo.
“Lasciami indovinare... hai scoperto che ti ho mentito e sei venuta ad urlare quanto sia un vampiro cattivo e inaffidabile! Dico bene?” disse  con la solita teatralità.
Intanto la ragazza era entrata in casa.
“A dire il vero, sono venuta a chiederti scusa...per davvero questa volta” disse seria.
Il vampiro ne restò sorpreso e non seppe cosa rispondere.
“Hai ragione...ho provato a cambiarti...e non ne ho nessun diritto, mi dispiace...”
“Scuse accettate” disse il vampiro ancora un po' incredulo.
La ragazza si avvicinò.
“Perché mi hai mentito? Riguardo alla cacciatrice, perché non mi hai detto che la stavi aiutando?” chiese con calma.
Il vampiro non seppe cosa rispondere, perché in realtà non era chiaro neanche a lui.
“Volevo tagliartene fuori...e ...non avrei dovuto...” disse con rammarico.
“Siamo amici Damon, per quanto le nostre opinioni possano essere divergenti... per quanto i nostri caratteri possano scontrarsi... siamo amici, ed abbiamo un obbiettivo in comune. Non puoi tagliarmi fuori...non è giusto...ho bisogno di sapere...” gli disse con la sua incredibile dolcezza.
Il vampiro annuì con una vena di dispiacere; quando Elena era così dolce stava incredibilmente male, perché doveva trattenere tutta la voglia di lei, ed era una sofferenza ogni dannata volta.
“Summer mi ha detto che il mio aiuto non è necessario, ma voglio saperlo da te, è davvero così?”
Il vampiro annuì.
“Sì, è così...”
“Bene, allora, mi arrendo e mi metto in panchina, però niente più segreti...ok? Voglio sapere ogni cosa...” gli disse con tenerezza e giocosità.
“Ok...” rispose con altrettanta dolcezza.
La ragazza si avviò verso la porta.
“Ah Damon...Rick è davvero arrabbiato...”
“Solo perché l'ho ucciso? Quel tipo è davvero permaloso...” disse con ironia.
Elena sorrise con titubanza e chiuse la porta.

Il vampiro si sentì spiazzato. Sarebbe stato sempre e solo quello per lei: un amico. Quella parola bruciava ogni fibra del suo corpo. Non sarebbe mai stato il tipo d'uomo che lei avrebbe amato: non sarebbe mai stato Stefan.
Si rese conto che negli ultimi giorni la ricerca del medaglione con Summer l'aveva aiutato a non pensare. Ed era questo quello di cui aveva bisogno, una dannatissima distrazione! Ma dov'era proprio adesso che ne aveva più bisogno?! Prese le chiavi dell'auto e veloce uscì di casa.


*** ***


Summer ce l'aveva fatta: aveva resistito alla tentazione di andare da lui. Si era infilata sotto la doccia e poi si era preparata per mettersi a letto con un libro acquistato quello stesso pomeriggio. In quella deprimente stanza di Motel non c'era neanche la televisione. Aveva deciso di restare lì come buon auspicio, pensando che così la missione sarebbe durata poco. Piccole superstizioni personali che come sempre risultano illusorie. Adesso stava valutando seriamente l'idea di prendere una casa in affitto, anche se il solo pensiero rendeva l'idea di ritornare presto a New York davvero lontana.
Accese il lume sul comodino e aprì il libro alla pagina della premessa, quando sentì una nevrotica bussata alla porta.
Un brivido percorse la sua schiena; poteva essere una sola persona.
Questa volta non si preoccupò neanche di mettersi la vestaglia; non poteva essere che lui, ed ormai conosceva il suo corpo alla perfezione.
“Cosa vuoi?!” disse istericamente aprendo.
“Complimenti Summer! Hai dimostrato di potermi resistere...” disse entrando con prepotenza.
“E non potevi aspettare domani per dirmelo?” lo guardò incuriosita “Che diavolo fai?” gli chiese.
Il vampiro aveva aperto il suo armadio, aveva afferrato tutti i suoi vestiti e li aveva gettati sul letto.
“Dov'è la tua valigia?” chiese guardandosi intorno.
La cacciatrice non sapeva cosa rispondere: era forse impazzito?
“Oddio...è una chitarra quella!?...Ok... mi sforzerò anche di sentirti strimpellare quell'affare...” disse afferrando la custodia che si trovava in un angolo della camera.
“Si può sapere che diavolo hai in mente di fare?”
“Vestiti!” le disse gettandole addosso uno dei vestiti che aveva messo disordinatamente sul letto.
“Io non faccio un bel niente! Ti conviene parlare, prima che diventi violenta!” disse innervosita dal caos che aveva generato in quella sola manciata di minuti.
“Vieni a stare da me!” aveva trovato una valigia rigida sotto al letto, ed ora stava gettando i vestiti al suo interno come se fossero panni gettati in un cesto da mercato.
La cacciatrice era così confusa da sentirsi stordita.
“Sei forse impazzito?! Non verrò mai a stare da te! Già ti sopporto troppe ore al giorno...”
“Credi che a me faccia piacere averti intorno!? Ti prego, non lusingarti! Ma hai il potere di distrarmi ed io...Beh ho parecchi pensieri a cui non voglio pensare!”
“Ma di che diamine parli!? E smettila di trattare la mia roba in questo modo!” disse avvicinandosi e chiudendo la valigia con forza.
Il vampiro fece appena in tempo a togliere la mano.
“Andiamo...preferisci davvero restare il questo squallidissimo Motel?!”
“Preferisco restare lontana da te!”
“Ma io ho una cucina...”
“Wow...susciterai l'invidia di tutti...” disse con ironia; che diavolo significava quell'affermazione?
“Non ti manca cucinare i tuoi elaborati pranzetti accompagnati da del buon vino?...”chiese con enfasi, cercando di corromperla.
Summer si stupì; Damon l'ascoltava!
“Andiamo Summer...non siamo neanche ad un quinto del lavoro...vuoi davvero restare qui?”
“In effetti avevo intenzione di andarmene...ma di certo non verrò a casa tua! Non possiamo stare sotto lo stesso tetto! Significherebbe stare insieme 24 ore su 24 e non so se posso resistere senza ucciderti!”
“Beh, scopriamolo!” disse riaprendo la sua valigia.
“Damon fermati!”
“Ormai ho deciso Summer...verrai da me punto e basta! Fattene una ragione!”
“Cosa sarebbero questi discorsi da cavernicolo!? Non puoi decidere per me!”
“Ah sì che posso; l'ho già fatto!” disse chiudendo la sua valigia e portandola fuori la camera.
“Ok...” disse parandosi di fronte a lui. Solo la violenza l'avrebbe fermato, ma aveva deciso di non usarla, anche se il vampiro gliela estirpava dalle mani.
“Ok...Dammi una decina di minuti per vestirmi e per prendere tutte le mie cose...” se ne stupì lei per prima: l'aveva convinta.
“Ti aspetto in macchina...” disse avviandosi.
La cacciatrice si vestì velocemente, prese uno zaino che il vampiro non aveva visto, o che aveva volutamente ignorato, e lo riempì con il resto delle sue cose; poi si diresse verso l'auto di Damon e lo poggiò al posto del passeggero.
“Ti sto dietro con la moto...” gli disse ancora stralunata e incredula.






Angolino di NaNa***
E rieccomi, con questi momenti un po' Fluff ^^
Ce ne saranno parecchi, io mi esaurisco perchè penso “Ma in questo capitolo non è successo niente!!!”xD e mi rimprovero...ma intanto sono necessari...quindi dovrete sorbirveli!!!xD
Come vedete anche il rapporto tra Damon ed Elena è altalenante...
Mi auguro che tutto in questa fic sia altalenante...visto che la fine è lunga di certo non voglio annoiarvi...oddio!!! L'intenzione almeno è quella xD
Come sempre ringrazio: Le ragazze adorabili e carinissime che recensiscono facendomi davvero tanto tanto felice!!!
Le persone che mettono questa fic nelle preferite/seguite, anche loro mi fanno felice...e chi segue in silenzio, sperando di scrivere, un giorno, un capitolo che susciti la voglia di lasciarmi un commentino^^
Un bacione a tutti^^
Alla prossima






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Capitolo 24
*** Ventiquattresimo Capitolo ***


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Damon uscì dall'auto, prese i bagagli e si avviò verso l'entrata della dimora.
Summer scese dalla moto e lo seguì, ma una volta arrivata all'ingresso qualcosa la bloccò.
“Che diavolo fai lì impalata?! Entra!” la redarguì lui, con i suoi soliti modi sgarbati.
“Non posso credere di essermi lasciata convincere...” mormorò ancora incredula, avanzando il fatidico passo all'interno della casa.
Damon ignorò quell'affermazione e si avviò verso le scale.
Summer lo seguì, e il vampiro si fermò all'ingresso della stanza successiva alla sua.
“Prima le signore... “ disse facendola entrare.
Summer si guardò intorno; la stanza era molto simile a quella di Damon come stile e grandezza. Subito notò l'armadio: grande il triplo rispetto a quello del Motel. Notò una porta alla sinistra; l'aprì, e fu meravigliata dalla vista di un bagno color crema, non grande quanto quello di Damon, ma decisamente accogliente e pieno di comfort.
“Devo ammettere che come sistemazione non è affatto male...” affermò leggermente meno scettica riguardo a quell'assurda decisione, presa più per porre fine alla discussione con Damon che per una razionale valutazione dei pro e dei contro.
Il vampiro poggiò le sue cose in un angolo e poi le si avvicinò.
“E per di più... adesso ti ho a portata di mano...” sibilò al suo orecchio, abbracciandola da dietro con un braccio, e intrufolando la mano destra tra le sue cosce.
La cacciatrice, con una mossa rapida e decisa, afferrò l'avambraccio di Damon e, facendoglielo passare sopra la testa, si trovò dietro di lui bloccandogli il braccio contro la schiena.
“Ripeto....come sistemazione non è male...peccato che la compagnia sia pessima!” asserì con tono alterato.
“Beh... di certo non ci annoieremo...” la voce del vampiro era corrotta dal leggero dolore che Summer stava infliggendo alla sua spalla a causa della torsione.
La cacciatrice lo liberò da quella presa.
“Ora, se permetti, devo sistemare tutte le cose che hai gettato senza criterio nella mia valigia...” disse spingendolo fuori.
Il vampiro si fermò di forza alla soglia.
“Cosa?! Vorresti mandarmi a letto senza cena!?” chiese allibito guardandola famelico.
“L'intenzione è proprio quella! Buonanotte Damon!” rispose risoluta, chiudendogli la porta in faccia.
Il vampiro restò lì, per una manciata di secondi, con un faccia sconvolta. Da quando non aveva più potere sulle donne?!


*** ***


Qualcosa evidentemente era andato storto. La sua determinazione aveva ceduto all'improvviso. Perché se lo ritrovò addosso come un'onda impetuosa che con la sua forza ti trascina a riva.
Summer sentiva di non avere nessun controllo; il suo petto ed i suoi seni si sfregavano ai ritmi che imponeva il vampiro, che audace si muoveva tra le sue gambe. Sentì le sue labbra carnose sulle proprie, poi le sentì scendere sul collo, e poi ancora per tutta la distanza che lo separava dal seno. Il vampiro sì accanì per qualche minuto su quei morbidi rigonfiamenti, e poi continuò a baciare avidamente ogni centimetro di pelle, fino ad arrivare ai punti più sensibili del suo corpo. Un forte gemito uscì dalle labbra della cacciatrice, che di colpo....si svegliò.
“Buongiorno dormigliona!” il sorriso beffardo di Damon, che le stava sdraiato accanto, lasciò intendere a Summer ogni cosa.
Lo guardò infuriata: entrare nel suo sogno era stato un colpo davvero basso!
“E' normale per te sbavare così tanto ?!...oppure questo è un caso isolato causato da un sogno...particolarmente interessante?!” le chiese divertito.
“Vattene” scandì furibonda.
“Quindi tu dormi in babydoll...questa è una cosa davvero ammirevole! Tutte le donne dovrebbero farlo!” affermò, alzando il lenzuolo per sbirciarne il contenuto, senza badare all'ira della cacciatrice che si alzava come il mercurio di un termometro vicino ad una stufa.
“Va Via” articolò nuovamente, tirandosi il lenzuolo sul petto e mettendosi a sedere.
“Sai... adesso ho capito perché non vuoi dormire con me... “ la fissò con attenzione “A prima mattina...sei ...davvero orribile!” disse pensando il contrario.
“Ok, adesso basta!” la cacciatrice si alzò e si diresse verso l'armadio.
Prese tutti gli abiti in una sola volta e li gettò sul letto.
“Come diavolo mi è saltato in mente di assecondarti!?” si rimproverò prendendo la valigia posta sotto il letto.
Il vampiro si alzò avvicinandosi a lei.
“Vieni!” disse prendendola per la mano e trascinandola fuori dalla stanza.
La cacciatrice si ammutolì e lo seguì, odiandosi per il fatto di provare piacere in quel semplice contatto.
Il vampiro la condusse al piano di sotto e in breve raggiunsero la cucina.
“Non te ne puoi andare! Ho riempito ogni mobile... ed il frigo...credo che stia per esplodere!”
“Sei andato a fare la spesa?” gli chiese sorpresa.
“Beh sì... se per fare la spesa intendi soggiogare qualcuno per farla al posto tuo!”
Summer sorrise, e in quel gesto contorto percepì una nota di dolcezza.
Sospirò con aria arrendevole, pensando che sarebbe rimasta lì fino a quando non avesse trovato un'altra sistemazione.
“Beh...in questo caso” gli sorrise ancora “... cosa vuoi per colazione?”
Il vampiro fece un sorriso diabolico; poi la scaraventò sul tavolo e la baciò con passione.
Lei non fece resistenza; capì di avergli resistito fin troppo.


*** ***


Elena e Caroline stavo entrando nella scuola, quando la vampira vide arrivare il suo ragazzo.
I due si baciarono teneramente, sotto lo sguardo lievemente imbarazzato dell'unica umana.
“Mia zia si è svegliata...” rivelò il licantropo ad entrambe.
Elena sorrise.
“Non puoi immaginare quanto sia sollevata...quando la dimetteranno?” domandò con apprensione.
“Tra un paio di giorni...”
“Dovrei portarle dei fiori...oppure dei cioccolatini...o forse entrambe le cose!” intervenne Caroline, pensando ad un modo per conquistare la simpatia della zia del suo ragazzo.
“Se cerchi di fare la ruffiana con lei...credimi se ne accorgerà e ti detesterà ancora di più!” disse con dolcezza.
Elena sorrise ancora una volta.
“Che intendi con detesterà ancora di più!? Pensi che mi detesti?! Perché dovrebbe farlo?!...Cioè...sono adorabile!... tutti i parenti impazziscono per me! Soprattutto le nonne!...Uffa Perché non hai una nonna?!” si lagnò con enfasi la vampira, mentre i due entravano nell'edificio divertiti dai suoi viaggi mentali.


*** ***


Dopo quell'attimo di passione ed una rapida doccia, i due si prepararono per uscire.
“E' tardissimo...” asserì Summer tra sé e sé raggiungendo Damon all'ingresso.
“Se la sera mi mandi a letto senza cena...la mattina sono doppiamente affamato...quindi, che ti serva da lezione!” disse con calma, mentre si metteva la giacca.
Summer lo guardò contrariata.
“Guarda che non ti stavo accusando di niente...era solo un'affermazione! E comunque non dare per scontato che io voglia fare sesso con te tutte le sere...A proposito...com'è la politica sugli ospiti? Non dovrò mica avvisarti! Spero...” disse seria. In fondo non poteva negare di aver fatto un pensierino malizioso sul cameriere dagli occhi blu del Grill.
“Puoi fare quello che ti pare...” rispose con freddezza. Damon si sorprese di quanto quell'affermazione l'avesse infastidito; ma forse solo perché non voleva estranei in giro per casa, pensò.
Uscirono e Damon si diresse verso l'auto.
“Andiamo con la moto!” disse la ragazza lanciandogli le chiavi.
“Non riesci proprio a stare lontana dal mio corpo, vero?!” asserì con la solita presunzione afferrandole.
La ragazza gli fece un'occhiataccia e si sedette dietro di lui.
Sarebbe stata una convivenza davvero difficile, pensò.


*** ***


Come ti senti?” domandò Carol non appena mise piede nella camera di Blair.
“Sono stata meglio” rispose debolmente.
“Ti rimetterai presto...” Carol cercò di essere rassicurante, in fondo, dopo tutto ciò che era successo, dopo tutto quello che aveva scoperto, capì che anche un personaggio come Blair poteva essere rivalutato.
“Quel vampiro ha i minuti contati...” bisbigliò con un filo di voce quasi impercettibile e con uno sguardo furente.
“Adesso devi pensare solo a rimetterti in forze...nient'altro.”


*** ***


In casa Wilmore, Damon aveva trovato una lavagnetta con un gessetto.
L'aveva divisa in due con una linea verticale e aveva scritto 'pro' a sinistra e 'contro' a destra; poi aveva riempito la colonna pro con una sola parola: sesso.
Con un volto serafico la mostrò a Summer.
La cacciatrice rise con una nota di avvilimento.
“Che diavolo sarebbe?” chiese quasi dolcemente.
“Pro e contro della nostra convivenza”
“Quindi l'hai capito che non intendo restare da te...?!” Summer ci aveva pensato; non poteva stare lì, si sarebbe cercata una casa e poi sarebbe scappata via come il vento!
“Ed io ho messo a punto questo supporto visivo a posta per farti valutare meglio la cosa”
“Bene...allora, contro: il nervosismo che mi provochi mi farà venire le rughe prima del tempo!”
Il vampiro scrisse 'rughe' nella colonna dei 'contro'.
“Pro: sesso” rispose lui indicando la parola sulla lavagna.
“Contro: mi sembrerà di non avere neanche un attimo di privacy”
Il vampiro scrisse 'mancanza di privacy' nella rispettiva colonna.
“Pro: sesso” continuò lui.
“Non ha senso riempire la colonna dei pro con la parola sesso, possiamo farlo anche senza abitare sotto lo stesso tetto!”
Il vampiro girò la lavagna, e prima di ogni 'sesso' mise il simbolo matematico del 'più'.
La mostrò nuovamente a Summer, che invano cercò di trattenere la risata.
“Lascia perdere Damon...stasera prenderò il mio portatile e mi metterò a cercare un'abitazione...e tu non potrai impedirmelo!”
“Andiamo...non credi di esagerare? In fondo è quasi mezzo giorno ed io sono ancora vivo...significa che non è poi così terribile” disse posando la lavagna dove l'aveva trovata.
“Fammi capire bene Damon, da cosa ti distraggo esattamente?” Summer aveva capito benissimo; era innamorato della ragazza di suo fratello; era questo il pensiero che doveva evitare, ma era curiosa di sentire la sua risposta. Poi, però, vide il volto del vampiro diventare cupo e se ne pentì.
“Beh tante cose...il buco nell'ozono per esempio...” come sempre si nascose dietro un muro d'ironia.
Summer sorrise.
“Ah beh... se è per questo allora, sono felice di esserti d'aiuto” disse con dolcezza e giocosità, capendo l'antifona.
“Pro: non mi dispiace averti intorno...” ammise il vampiro senza guardarla e facendo finta di rovistare distrattamente tra le cose dei Wilmore.
Summer finse di non badare a quell'affermazione, ma dopo poco si rese conto di stare ancora sorridendo.
“Qui non c'è niente...” asserì poco dopo per interrompere quello strano silenzio.



*** ***


Abbiamo visitato quindici case, penso che per oggi possa bastare” disse Summer uscendo insieme a Damon dalla dimora dei Tanner.
“Ok...” rispose il vampiro.
Tra i due si creò un attimo di disagio: finalmente era arrivato il momento di separarsi.
“Beh...Penso che andrò al Grill a bere qualcosa” disse Summer.
“Vado al Grill a farmi un giro di Scotch” asserì Damon.
I due avevano parlato contemporaneamente.
Si creò l'ennesimo momento di disagio.
Si sorrisero con titubanza e si avviarono verso la moto.


*** ***


Tu bancone - io tavolo” disse Summer appena di due misero piede al Grill.
“Perfetto” rispose Damon, e si allontanarono all'istante.
Entrambi capivano che non potevano stare tutto quel tempo insieme; era una situazione assurda.
Il vampiro vide Alaric seduto al bancone e si accomodò accanto a lui.
“Hai una bella cera Rick! Nessuno penserebbe che di recente sei morto...”
“Va al diavolo Damon!” l'ammonì subito senza voltasi.
“Niente rancori! Ok?! Ero piuttosto incazzato quel giorno...succede, quando le persone mi dicono quello che dovrei ...o peggio...quello che sarebbe giusto fare!” asserì con un tono duro.
“Mi hai ucciso Damon!” scandì con rabbia.
“Andiamo...ti ho fatto di peggio! Ricordi?! Ho trasformato tua moglie in un vampiro, e ci ho fatto anche sesso prima di ucciderla, se hai superato questo, penso che un breve sonnellino sia sorvolabile! Non trovi?!”
Alaric lo guardò con uno sguardo furioso.
“Sei solo uno stronzo...” mormorò alzandosi. In quel momento la vicinanza di Damon era intollerabile.
Damon fece una smorfia indecifrabile e poi fece segno al barista di versargli dello scotch.
Si guardò intorno; Alaric se n'era già andato, e fu colpito dall'immagine di Summer vicino a Matt, che sorrideva un po' troppo.
Usò il suo superudito per ascoltare.

“Me la porti una birra occhioni blu...” gli disse dolcemente.
Il ragazzo sorrise e diventò leggermente rosso.
“Puoi chiamarmi Matt” rispose timidamente.
“Summer”
I due si strinsero la mano.
“Arrivo subito con la tua birra...Summer” asserì, ancora un po' intimorito.
Appena Matt si allontanò dalla ragazza, Damon la raggiunse, accomodandosi di fronte a lei.
Summer lo guardò contrariata.
“Il bancone è dall'altra parte” affermò infastidita.
“Ho pensato ad un povero gattino bloccato su un albero...e ho sentito il bisogno di distrarmi...!” mormorò angelico.
“Oh ma che animo sensibile...” affermò lei con giustificato scetticismo.
Il ragazzo arrivò con la birra di Summer.
“Grazie mille...Matt” sussurrò con libidine.
Il ragazzo arrossì ancora e si congedò.
Damon osservò la scena inconsciamente infastidito.
Summer sollevò la birra per proporre un brindisi.
“Alla tua sensibilità...” proferì con palese ironia.
Il vampiro sorrise.
“Alle distrazioni...” disse avvicinando il bicchiere alla bottiglia.
In quell'istante il telefono del vampiro vibrò. Era un messaggio di Elena  - Devo parlarti, puoi passare da me?-
Damon lo lesse subito.
“Sai Summer, le tue tacite preghiere sono state esaudite..” disse porgendole un mazzo di chiavi.
Lei le afferrò; era ovvio che fossero quelle di casa.
Lo guardò incuriosita in attesa di maggiori dettagli.
“Per qualche ora hai casa tutta per te...Potrai cucinare e bere tutto il vino che vuoi senza avermi tra i piedi! Approfittane!”
“Wow...non posso credere che tu mi stia finalmente lasciando un po' in pace...”
“E invece è proprio così. Ma sappi che dopo avrò bisogno di una doppia dose di distrazione...”asserì, con un chiaro riferimento sessuale che la cacciatrice colse al volo.
“Vai al diavolo, Damon” rispose con un tono da cantilena, come se glielo avesse detto per la milionesima volta di fila.
Il vampiro sorrise e si avviò verso l'uscita.


*** ***


Allora...di cosa volevi parlarmi?” le chiese comparendo accanto alla finestra.
La ragazza, che intanto si stava spazzolando i capelli, sussultò leggermente.
“La zia di Tyler si è ripresa...” rivelò con voce preoccupata.
Alaric, alle prese con i fornelli, sentì delle voci, e incuriosito si avviò verso le scale.
“...Quindi dovrò andare a terminare l'opera. Beh grazie per avermi avvisato!” disse ironicamente, generando una smorfia contrariata sul volto della ragazza.
Alaric riconobbe chiaramente la voce di Damon, e si avviò verso la stanza di Jeremy per ascoltare meglio quella conversazione.
“Lo sai che non è quello che voglio...” disse lei.
“Ed è appunto per questo che volevo che lo sapessi da me...ti prego Damon, non c'è bisogno di ucciderla, dirò a Tyler di convincerla a lasciare la città non appena si sarà ripresa”
“Quella donna è un licantropo Elena... credi davvero che non vorrà vendicarsi? E ti ricordo che tra qualche giorno ci sarà la luna piena...” disse avvicinandosi.
“La convinceremo in tempo... fidati di me” insistette con apprensione.
“E come?! Dicendole... 'non era nei piani che lei sopravvivesse Miss Lockwood, ma visto che è capitato, per favore, dimentichi l'accaduto e se ne vada..' Dubito che un approccio del genere possa funzionare”
“E cosa vorresti fare?! Ucciderla solo perché è sopravvissuta?!”
“Esattamente” disse con naturalezza.
Intanto, Alaric, nascosto nel bagno comunicante, sentiva ogni cosa.
La ragazza gli afferrò la mano, e il vampiro trasalì leggermente.
“Damon... andiamo, ti chiedo solo un po' di tempo per parlarle... “ sussurrò dolcemente, cercando di convincerlo a desistere.
“Non ti assicuro niente Elena...” disse un attimo prima di sparire.


*** ***


Come le aveva promesso, Damon lasciò a Summer il tempo per godersi un po' di privacy.
Quando entrò, tutte le luci erano spente ad eccezione di quella della cucina.
Si avviò e sentì della musica; ma lei non c'era.
Seguì la musica e capì che la ragazza doveva trovarsi in veranda.
Quando aprì la porta che dava all'esterno, trovò il tavolino apparecchiato e illuminato da delle candele; due bottiglie di vino, di cui una rigorosamente vuota, e Summer che ballava sul muretto, con un vestitino rosso ed un calice di vino in una mano.
La cacciatrice non si era accorta della presenza del vampiro e continuava a ballare sulle note di Smooth di Santana e Rob Thomas .
Damon incrociò le braccia e si appoggiò allo stipite della porta guardandola incuriosito e divertito; e solo dopo un po' la cacciatrice notò la sua presenza.
Lo vide e continuò a ballare senza farsi problemi; poi appoggiò il bicchiere sul muretto, e con l'indice fece cenno al vampiro di avvicinarsi.
Con aria divertita, Damon salì sul muretto, insinuò la sua gamba tra quelle della ragazza a mo' di Lambada ♫ Gimme your heart, make it real or else forget about it ♫ poi afferrò la sua mano, poggiandole l'altra sul fianco, e le fece inarcare la schiena a tempo di musica.
La ragazza si girò appoggiando la schiena al suo petto, poi piegò il gomito per accarezzargli i capelli e si portò la mano del vampiro sul ventre.
“Ceni a lume di candela... ti scoli due bottiglie di vino... ti metti a ballare...vedo con piacere che sai divertiti anche da sola!” le sussurrò all'orecchio.
La ragazza continuò a muovere il bacino ritmicamente, strusciandolo con sensualità contro il suo corpo e facendolo impazzire.
“Andiamo a ballare sul tetto...” suggerì col tono di chi è chiaramente brillo.
Il vampiro sorrise: due bottiglie di vino forse erano troppe anche per una cacciatrice.
“Ubriaca come sei rischieresti di cadere...” bisbigliò premurosamente.
“Non fare il guastafeste!... E poi non sono ubriaca!” con la super velocità, in un attimo si trovò sul colmo del tetto e continuò a ballare.
Damon la raggiunse e la tirò a sé per improvvisare qualche altro passo di danza.
“...E poi se dovessi cadere ci saresti tu a prendermi...” continuò lei.
“Ah.. se fossi in te non lo darei per scontato! Non dimenticare che mi hai torturato...potrei cogliere l'occasione per vendicarmi...” la sua ironia fu così velata da lasciare spazio al dubbio.
“Beh.. c'è solo un modo per scoprirlo...” con l'andatura incerta di chi ha bevuto troppo, la cacciatrice si diresse verso la fine del colmo sotto lo sguardo incuriosito di Damon.
Guardando il vampiro con determinazione, aprì le braccia e si lasciò cadere all'indietro.
Per un nanosecondo Damon restò immobile ed allibito, ma subito la raggiunse per prenderla in braccio.
“Sei impazzita o cosa?!” disse arrabbiato e sollevato.
“Visto?! Sei un tenero Coniglietto Pasquale...” mormorò divertita.
Il vampiro si infastidì.
“Buona notte Summer” disse, prima di togliere le braccia per lasciarla cadere a terra.
“Ahi!” le uscì, quando il suo fondo schiena toccò il suolo.
“E rimetti tutto in ordine!” continuò allontanandosi. Sul volto del vampiro c'era un sorriso; quella ragazza era irritante, nevrotica e violenta...ma era davvero un'ottima distrazione!





Angolino NaNa***
Ciao a tutti^^ come potete vedere sto gettando le basi per un po' d'azione...in fondo mica possiamo aspettare Klaus... xD che noia altrimenti!!!
Come sempre spero che il capitolo sia piaciuto e ringrazio tutti^^
Alla prossima^^




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Capitolo 25
*** Venticinquesimo Capitolo ***


Avviso: Come nel capitolo precedente, i collegamenti all'interno della pagina vi portano su Youtube.^^




Ancora un po' assonnato, Damon scese al piano di sotto per raggiungere Summer che canticchiava allegramente in cucina.
La vide già preparata per uscire, con un volto riposato e sorridente, mentre sistemava dei Muffin in un piatto da portata.
“Ecco cos'è questo strano odore...”
“Li ho appena sfornati...assaggia...” disse allegramente porgendogliene uno.
Il vampiro prese il dolce e la guardò stranito.
“Non dovresti essere preda dei postumi della sbornia? Come diavolo fai ad essere così pimpante?” il vampiro era incredulo. Si aspettava di trovarla con i capelli arruffati, il volto pallido e l'aria stordita. Aveva pensato anche ai possibili modi per prenderla in giro.
“Non ho mai avuto i postumi della sbornia, credo sia uno dei pochi privilegi dell'essere una cacciatrice...” asserì prima di azzannare il suo muffin; e gustò quel piccolo morso compiacendosi del suo operato.
“Cosa c'è? Non ti piacciono le scagliette di cioccolato? Avresti preferito dei grumi di sangue?” chiese con ironia, constatando che non aveva ancora assaggiato quel piccolo dolce.
Damon le fece uno dei suoi soliti sorrisi finti, e poi gli diede un morso.
Si sorprese del fatto che fosse buono.
“Ummm quindi sai fare altre cose oltre a spezzarmi il collo e rompermi le scatole.... sono sorpreso!”
“E tu Damon? Quali altre cose sai fare oltre a farmi innervosire...” il vampiro le si avvicinò e, abbracciandola da dietro, le baciò il collo mettendole una provocatoria mano sul seno “e molestarmi sessualmente?” continuò divertita passandogli le dita tra i capelli.
“Tante altre cose...ma al momento queste sono quelle che mi riescono meglio!” sussurrò girandola e sollevandola per i glutei per farla sedere sul mobile.
Entrambi si contemplarono le labbra per qualche istante e poi si baciarono con desiderio.


*** ***


Blair iniziava a sentirsi meglio; quella mattina era riuscita anche a mettersi a sedere senza l'aiuto di nessuno.
Le sue ossa si stavano rimarginando velocemente, al punto che avrebbe dovuto lasciare presto l'ospedale per non destare sospetti.
E stava guardando la televisione con disinteresse, quando ricevette una visita totalmente inaspettata.


*** ***


Oggi pomeriggio vorrei passare a trovare la zia di Tyler...” disse Elena, mentre percorrevano il corridoio che le avrebbe portate nell'aula di chimica.
“Perché?” le domandò Caroline con sospetto.
“Voglio parlarle di Damon... Voglio convincerla a sorvolare sull'accaduto”
“Sorvolare sull'accaduto! Elena, quella donna è rotolata per una rampa di scale e non si è rotta l'osso del collo per puro miracolo!”
“Lo so Caroline... ma se non la convinco...Damon potrebbe fare qualche altra sciocchezza...” asserì preoccupata.
“Damon farà comunque quello che gli pare Elena...” concluse la vampira mettendosi a sedere al suo posto.
A Elena non importava; doveva tentare lo stesso.


*** ***


In casa Thomas, Damon se ne stava nel salotto seduto su una poltrona di pelle nera e con i piedi poggiati sul tavolino di fronte.
Summer lo raggiunse sedendosi su un'altra poltrona.
Appoggiò i gomiti sulle cosce reggendosi il volto con le mani.
“Più o meno quante case abbiamo visitato?” gli domandò sconfortata.
“In totale...credo poco più di una settantina...” Damon sorrise “Andiamo ..in fondo, più tempo ci vorrà e più tempo passeremo insieme...” aggiunse ironicamente per provocarla un po'.
“Che gioia...” rispose lei con una totale mancanza di entusiasmo.
Il vampiro le fece una smorfia.
“Giusto, dimenticavo che sto parlando con la Summer vestita...”
Lei lo guardò incuriosita.
“Cosa vorresti dire...”
“Che hai una doppia personalità: la Summer vestita non mi sopporta e mi ucciderebbe ogni volta che apro la bocca... La Summer nuda invece...è molto felice di avermi tra i piedi... e soprattutto dell'uso che faccio della mia bocca...” continuò la frase con un crescendo di sensualità.
Summer girò il volto di lato allibita.
“Ok, Damon ...diciamo che c'è una parte di me...che apprezza l'unica cosa di te che da valore alla tua altrimenti inutile esistenza...” disse con una vena di acidità.
“Se ammetti che sono un fenomeno a letto Summer...devi metterci un'offesa ben peggiore vicino...altrimenti resta un complimento!” disse con la solita presunzione, togliendo i piedi dal tavolino e incrociando le mani dietro la nuca.
“Io no ho de...” la ragazza bloccò quella frase. Che senso aveva ribattere...Damon sentiva solo quello che voleva sentire!
“Lascia perdere...” si alzò per allontanarsi. Il confine tra l'uso delle parole e quello della violenza fisica stava per essere oltrepassato.
Damon la vide allontanarsi visibilmente stizzita.
“Dimmi un po', stasera sono invitato anch'io a queste tue serate di cena, alcool a fiumi e danza... oppure devo lasciarti da sola di nuovo?”
“Eri stato tacitamente invitato anche ieri...sei stato tu a tornare più tardi del previsto...” la cacciatrice si fermò e gli rispose con un tono calmo, ma senza voltarsi.
Il vampiro sorrise.
“Allora stasera non mancherò...”
Summer si avviò verso un'altra stanza.


*** ***


Carol Lockwood incontrò Elena e Caroline nel corridoio dell'ospedale.
“Ragazze cosa ci fate qui? E' successo qualcosa?” disse teneramente.
Tyler le aveva detto tutto, anche di come Caroline l'avesse aiutato a superare quei terribili momenti della trasformazione, e si era quindi convinta, anche se con difficoltà, che potessero esserci anche dei 'vampiri buoni'.
“In verità siamo qui per parlare con vostra cognata” ripose Elena.
“Parlare...di cosa esattamente?”
“Vorremmo convincerla a lasciare la città. Damon potrebbe essere un pericolo per lei...” continuò Caroline, che, anche se con scetticismo, aveva deciso di appoggiare l'idea di Elena.
“Capisco...” mormorò la donna con un volto pensieroso.
“Beh...allora andiamo!” continuò subito dopo, pensando che in fin dei conti le ragazze avessero avuto una buona idea.

“Ciao Blair... “ disse Carol entrando nella stanza con le ragazze a seguito.
“Lei che ci fa qui?” domandò con voce dura riferendosi a Caroline.
“Forse è il caso che vada...” sibilò la ragazza, pensando che forse la sua presenza avrebbe solo ostacolato quel tentativo.
“No Caroline resta pure...” la bloccò Carol.
“Non è cattiva Blair...e poi lei e Tyler stanno insieme...”
“Tsk...un vampiro e un licantropo che stanno insieme...” sussurrò scettica.
“Beh...cosa volete dirmi? Perchè ho il sospetto che questa non sia una visita di cortesia...” continuò con un tono aspro.
“Vorremmo... che lei valutasse l'idea di lasciare la città al più presto...” disse Elena con voce titubante.
“E perché mai dovrei farlo? Ah sì, giusto, a causa di quel vampiro che ha tentato di uccidermi...” asserì con un'acida ironia.
“Non fare così Blair... Damon è fuori controllo...e tu sei in pericolo...” Carol cercò di farla ragionare, pur conoscendo la sua risaputa testardaggine.
“Sia chiaro che io non temo nessuno, ma Mystic Falls non è più casa mia già da molto tempo... quindi era già mia intenzione quella di andarmene...Perciò toglietevi pure quell'espressione di finta preoccupazione dal volto...” la sua intenzione di andarsene era reale, ma non prima di essersi vendicata. Ma in quel momento finse di arrendersi, perché il contrario avrebbe messo in allerta tutti ed interferito con i suoi piani.
“E' la cosa migliore Blair...” affermò Carol.
“E poi la nostra preoccupazione non è affatto finta...” aggiunse Caroline; ma l'espressione glaciale della donna le fece subito capire che forse era meglio tacere.
Elena si sentì sollevata. A differenza di ciò che credeva Damon, la donna non era intenzionata a vendicarsi e lei non vedeva l'ora di dirglielo.


*** ***


Allora? Sei riuscita a convincerla?” chiese Alaric quando Elena entrò in casa.
“Sì... non sarebbe rimasta a Mystic Falls in ogni caso... quindi non è stato difficile...” ammise contenta.
“Meglio così...”
“Adesso voglio subito avvisare Damon...” disse la ragazza estraendo il telefono dalla borsa.
Alaric annuì, sentendosi infastidito da quel nome.


*** ***


Signora Gardner il mio bicchiere è vuoto!” disse Damon, comodamente agiato lungo la poltrona, facendo oscillare il bicchiere e provocando quel leggero tintinnio di ghiaccio contro il vetro.
“Arrivo subito” disse la signora sotto l'effetto dell'ipnosi.
“Non solo ti comporti come se fossi a casa tua...adesso devi anche rendere queste persone i tuoi servetti personali?” disse con un tono di rimprovero.
“Ma che dici?! Alla signora fa piacere avermi come ospite. Vero?” chiese con il suo solito sorriso sornione.
“E' un vero piacere averti qui” rispose mentre gli versava a bere.
Summer lo guardò contrariata e innervosita.
“Adesso basta. Signora Gardner non faccia nulla di ciò che dice questo losco individuo!” le ordinò, afferrandola per le spalle e guardandola intensamente negli occhi.
La donna riprese coscienza di sé.
“Chi siete? Cosa ci fate in casa mia?” domandò spaventata.
“Che diavolo hai fatto?” domandò Damon, alzandosi.
“Opss.... giusto!” Summer realizzò solo in quel momento che sciogliere la soggiogazione avrebbe significato anche dover dare delle spiegazioni.
“Sistemala...” disse spostandola quasi di peso verso Damon, facendogli capire di doverla risoggiogare, ma la donna interpretò male quelle parole, spaventandosi a morte.
Si liberò e corse verso la cucina.
“Cosa volete farmi?! Andate via!” urlò prendendo il telefono con una mano tremante, intenta a chiamare la polizia.
“Che diavolo hai combinato?” ridomandò Damon, che non riusciva a capire cosa fosse successo.
“Te lo spiego dopo, ora va a risoggiogarla!” disse dandogli una spinta.
Il vampiro le fece una smorfia, e poi subito si parò velocemente davanti alla signora.
“Signora Gardner...è tutto ok...e quando ce ne andremo lei non ricorderà nulla”
La donna posò il telefono.
“Ora spiegami cos'è successo!” la intimò con voce autoritaria.
“Ho semplicemente sciolto la sua soggiogazione...ed ammetto che è stata una cosa non proprio intelligentissima...” ammise titubante.
“Non intelligentissimo è un nuovo sinonimo per stupido!?”
“Ehi!...Non ci ho pensato!Ok?! Non sarebbe successo se non avessi fatto il prepotente come al solito!” disse innervosita.
“Non sarebbe successo se TU non avessi fatto la rompiscatole come al solito!” ribatté altrettanto spazientito.
“Beh non sarei così rompiscatole se TU la smettessi di fare il bullo con queste persone!” disse urlando, ma poi se ne pentì; si era ripromessa di non giudicarlo e, anche se il vampiro faceva di tutto per farla innervosire, decise di calmasi.
“Lascia perdere Damon...” continuò a voce più bassa avviandosi verso un'altra stanza.
Il vampiro era pronto a ribattere e non capiva quella resa improvvisa.
“Un tempo mi avresti già impalettato...cos'è cambiato?” chiese seguendola.
“Mi sto sforzando di accettarti per il presuntuoso e irritante vampiro che sei... tutto qui! Ma se vuoi un'impalettata non ci sono problemi...basta dirlo!”
Il vampiro restò piacevolmente sorpreso da quell'affermazione.
“Dipende? Impalettarmi ti ecciterebbe e ti porterebbe ad abusare del mio corpo all'istante?” chiese scherzosamente.
Summer rise, lasciando che l'irritazione scivolasse via.
“Assolutamente no!”
“Allora ne farò volentieri a meno...” disse sorridendole.
“Sai...non sapevo di questo potere...”continuò poco dopo.
“...A volte capita di trovare il covo di un vampiro in cui ci sono delle persone soggiogate, e se non puoi ucciderlo subito, magari perché è scappato in tempo, beh... è l'unico modo per salvare quelle persone...è una delle nostre abilità più importanti” raccontò appoggiandosi alla parete con le mani dietro la schiena.
Per un attimo Damon cercò di immaginarsi la sua vita, e capì che forse non era per nulla semplice essere una cacciatrice.
“Credo sia più utile il potere antisbornia!” asserì lui ironicamente.
Summer rise dolcemente.
“In effetti è il mio preferito...”
Il quel momento il telefono di Damon vibrò: era una chiamata di Elena.
Il vampiro fece un sorriso a Summer e si allontanò.
“Mi hai chiamato per dirmi che la tua è stata un'idea stupida e che la megera licantropa sta venendo a uccidermi? Non preoccuparti...me l'immaginavo!”
“Al contrario....lascerà la città!”
“E tu, giustamente, te la sei bevuta! Piccola, dolce...innocente Elena...” disse con ironia.
“Parlava sul serio...puoi stare tranquillo Damon...”rispose con tono seccato.
“Se lo dici tu...” il vampiro era scettico a riguardo. Sapeva che quella donna non si sarebbe arresa, ma era meglio far credere ad Elena quello che voleva.
“E tu invece? Cosa mi racconti? Ci sono novità?” chiese la ragazza per sapere della sua collaborazione con Summer.
Damon si ammutolì per un istante. Avrebbe dovuto dirgli che la cacciatrice ora stava da lui? Si chiese in quell'attimo.
“Nessuna...calma piatta...” rispose subito dopo.
“Ok, Beh...tienimi aggiornata”
“Senz'altro...”
Il vampiro chiuse la chiamata.
“Penso che qui possa bastare...” disse Summer appena lo vide entrare nella stanza.
“Che ne dici di smetterla per oggi, è quasi sera...e tu hai una cena da prepararmi...” suggerì con delicatezza.
Summer annuì e si avviarono verso casa.


*** ***


Il vampiro prese una bottiglia di champagne dal soggiorno.
“Vado a mettermi in ammollo per un paio d'ore...” disse salendo le scale.
“Bravo togliti dai piedi!” rispose lei scherzosamente avviandosi in cucina.

Dopo qualche ora il vampiro la raggiunse in veranda. Come la sera prima, la trovò illuminata da delle candele. Il tavolino era  graziosamente apparecchiato e Summer in quel momento stava stappando una bottiglia di vino rosso.
In sottofondo c'era della musica e in un angolo vide che, come il giorno prima, Summer aveva collegato lo stereo al suo iPod.
“Devo dire che questo è un trattamento di gran classe...” ammise raggiungendola.
“Non credere che l'abbia fatto per te...è così che sono abituata a cenare...” gli rispose porgendogli un bicchiere di vino.
Damon la osservò attentamente. Non aveva nulla di particolare addosso; un semplicissimo vestito nero che le arrivava al ginocchio, eppure gli sembrò incredibilmente bella.
“... sei una donna che sa come viziarsi Summer...” disse sedendosi.
Sul piatto da portata c'erano delle bracioline di carne al marsala con svariati contorni, e il vampiro non fece complimenti a servirsi.
“Beh anche tu...sei stato in ammollo nella vasca da bagno per due ore scolandoti una bottiglia di champagne! Questa, devo rubartela!” disse allegramente.
“Beh visto che tu stai condividendo il tuo momento intimo con me, potrei fare lo stesso...” sussurrò con charme.
“Mi stai invitando nella tua vasca da bagno?” chiese con un tono altrettanto seducente.
“E' davvero grande per una persona sola...”
“Ummm...beh lo prenderò in considerazione...”
Il vampiro le sorrise ed assaggiò la carne.
“Sei insopportabile...ma devo ammettere che almeno sai cucinare”
La cacciatrice gli diede un piccolo calcio da sotto la tavola e poi sorrise sorniona.


*** ***


Blair rispose al telefono.
“No...non si è ancora fatto vivo...credi che verrà stanotte?”
“Ne sono abbastanza certo...” disse il suo interlocutore.
“Beh...ho nascosto la siringa di verbena che mi hai dato sotto al cuscino. Dovrei farcela...”
“In ogni caso, mi apposterò fuori l'ospedale per controllare... Una volta addormentato potrai farne ciò che vuoi...ma deve restare in vita Blair, voglio fidarmi...”
“Puoi stare tranquillo... Voglio solo divertirmi un po'...”


*** ***


La cena fu consumata in fretta tra una chiacchiera irriverente e un'altra.
“Bene...abbiamo finito...adesso lasciami in pace!” disse la cacciatrice versandosi un altro bicchiere di vino.
Damon si alzò porgendole la mano.
“Ti ricordo che la serata comprendeva anche la danza...”
Summer ci pensò per qualche secondo e poi afferrò la sua mano.
“Ok... sarà l'iPod a decidere...” disse avviando la riproduzione casuale.
L'iPod scelse Wishing On A Star di Rose Royce e, quando Summer capì di che canzone si trattava, si sentì incredibilmente a disagio all'idea di ballare un lento con lui.
Il vampiro l'attirò a sé, mettendole una mano sul fianco ed afferrandole la mano con l'altra. Iniziarono con i passi base di un qualsiasi lento, e subito tra di loro si creò una strana atmosfera.
La fece volteggiare, per poi cingerle la vita con un braccio per farla aderire nuovamente al suo corpo.
Ancora qualche altro passo, e poi le fece inarcare la schiena per poi farla risalire lentamente ♫A time when you would be♫
Entrambi si meravigliarono del modo in cui si intendevano alla perfezione. I loro movimenti si completavano come se fossero stati stabiliti in precedenza. Entrambi percepirono la magia di quel momento in cui si sentivano rapiti l'uno dagli occhi dell'altra.
La canzone finì e restarono per qualche secondo vicini in un corteggiamento di labbra.
“Perché non andiamo di sopra? ...” suggerì Damon con un sibilo di voce.
“Perché possiamo restare qui...” bisbigliò lei, prendendogli la mano.
Al vampiro quell'idea piacque ancora di più, e la guardò come se stesse già provando piacere.
Lei lo fece accomodare sulla sedia e si sistemò a cavalcioni su di lui con un fare sensuale e provocatorio.
Finalmente le loro labbra si sfiorarono, ed il vampiro fece scivolare dolcemente le sue mani sulle sue cosce scoprendole e facendo arricciare sempre di più la stoffa; poi gli sfilò il vestito accarezzandole le braccia.
Le labbra di Summer scesero sul suo collo, mentre gli accarezzava i capelli con una mano e lo liberava dalla camicia con l'altra.
Quella sera la loro passione si sarebbe bruciata fuori ad una veranda illuminata dalla flebile luce delle candele e con della musica lenta a fare da sottofondo ai loro gemiti.


*** ***


Damon si svegliò nel cuore della notte. Si vestì rapidamente, ma cercando di non fare rumori che potessero svegliare Summer che dormiva nella stanza affianco.
Uscì di casa, e con la super velocità in un attimo si trovò fuori l'ospedale.
Soggiogò la guardia ed entrò senza problemi; poi soggiogò anche l'infermiera di turno per farsi dire il numero della stanza di Blair Lockwood.
Entrò a passo felpato e la vide dormire profondamente.
Due dita strette alla gola per qualche minuto sarebbero state sufficienti per togliersi di mezzo quell'incredibile seccatura.
Le afferrò il collo con una mano, ed in quell'attimo la donna si svegliò.
“Contenta Blair? Sono venuto a farti visita..” disse con malvagia ironia, mentre faceva forza contro il suo collo.
La donna cercò di liberarsi; stava soffocando, ma dopo un attimo di disorientamento prese la siringa di verbena nascosta sotto al cuscino e cercò di colpirlo. Ma fu inutile, Damon se ne accorse in tempo e le bloccò il polso con la mano libera.
Blair era quasi al limite; si dimenava ma era inutile. Era troppo debole in quel momento per contrastarlo; ma, in quell'attimo, qualcuno venne silenziosamente in suo soccorso.
Damon sentì qualcosa pungergli il collo. E prima che le palpebre si abbassassero definitivamente riuscì a riconoscere il volto del suo aggressore. Era Alaric.




Angolino NaNa
Allora, come potete vedere i toni tra i due sono sempre più calmi e sciolti e sono presi l'uno dall'altra sempre di più. Non c'è amore...non ancora...Ce ne vorrà di tempo^^ Per ora Summer è convinta di potersi spupazzare Damon senza provare nulla e lo stesso vale per lui...e noi glielo lasceremo credere ancora per un po'. Come avrete notato dalla fine del capito...ci sarà un po' di movimento. Perdonatemi, ma per quanto siano carini e necessari questi momenti Fluff...ho bisogno di un po' d'azione^^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto^^
Come sempre ringrazio in primis chi recensisce: siete la mia ricompensa per il dolore al sedere che mi viene a stare seduta a scrivere xD
E tutti quelli che seguono^^
Un bacione...alla prossima




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Capitolo 26
*** Ventiseiesimo Capitolo ***




Nel 2001, in Italia, fu decretata una legge che prevedeva la chiusura di tutti gli orfanotrofi. La mattina in cui i responsabili dell'Istituto G. Rinaldi appresero la notizia, fu caratterizzata da una forte agitazione generale. L'Istituto si occupava di tredici orfani, e il temine massimo per la chiusura era fissato per la fine del 2006; ciò significava mobilitarsi per trovare una famiglia affidataria ad ogni bambino.


Santa Maria Di Leuca, Italia Aprile 2004


Serena era ritornata il quel fatiscente orfanotrofio nei pressi di Leuca. Non poteva lamentasi, era stata una sua scelta quella di farsi odiare dall'ennesima famiglia affidataria al punto di farli tirare indietro sull'adozione.
Aveva fatto bene i suoi calcoli; se lei fosse stata rimandata indietro, l'istituto sarebbe sopravvissuto fino al 2006 e lei in quell'anno avrebbe compiuto diciassette anni. Dopo qualche mese avrebbe compiuto diciotto anni, e nessuno le avrebbe potuto imporre di appartenere ad una famiglia. Sarebbe finalmente diventata padrona di sé stessa!
Così aveva preferito rendere la sua convivenza con i Longo un'esperienza invivibile. Erano brave persone che lei aveva portato all'esasperazione a causa del suo comportamento ai limiti del bullismo, un po' come aveva fatto anche con la signora Rizzo, la direttrice dell'orfanotrofio; non era una donna malvagia, ma Serena riusciva a tirare fuori il peggio di lei. Finito l'anno di affidamento i coniugi Longo erano andati dalla direttrice con uno sguardo amareggiato ed imbarazzato, dicendo che non avrebbero avviato la pratica per l'adozione.
La signora Rizzo non ne fu sorpresa; i Longo erano la quinta famiglia che rifiutava l'adozione di Serena.
La donna ricordò che, in una fresca mattina di Aprile, l'aveva trovata fuori alla porta dell'Istituto avvolta in un asciugamano bianco e in fin di vita: era nata da poche ore. Aveva deciso di chiamarla Serena, perché era una neonata che piangeva raramente, e quelle rare volte in cui lo faceva era quasi impossibile accorgersene.
Con gli anni, però, quel nome non aveva rispecchiato l'evolversi del suo carattere; sempre chiuso, indisponente ed aggressivo. Quando tutti i bambini si riunivano in cortile a divertirsi come potevano, con dei gessetti colorati o con un malandato pallone di cuoio, lei preferiva sgattaiolare fuori per raggiungere Punta Ristola; lo sperone roccioso più a sud della regione. Restava lì fino al tramonto, per poi tornare ed entrare, con un'incredibile faccia tosta, per l'ingresso principale. Era diventata talmente un'abitudine, che la signora Rizzo col tempo aveva anche smesso di punirla per le sue fughe. Essere mandata a letto senza cena o essere rinchiusa in uno sgabuzzino per la ragazza non erano più un castigo: erano diventate cose di routine.

Serena stava sistemando le sue cose nell'armadio. In quel grande dormitorio ormai era rimasta da sola, tutti gli altri bambini avevano trovato una famiglia; e ce n'erano alcuni, quasi più teppisti di lei, su cui nessuno avrebbe mai scommesso un soldo.
Aveva dato qualche colpo di spazzola ai suoi lunghi capelli castani per poi avviarsi verso l'uscita; ma la signora Rizzo le si parò davanti.
“Dove credi di andare?” le domandò con voce severa.
“Fuori” rispose la ragazza con la solita impertinenza.
“Se credi di poter fare i tuoi comodi ti sbagli...”
La ragazza la snobbò avanzando qualche passo verso l'uscita.
“Fermati ti ho detto!” urlò con severità.
“Altrimenti cosa?” chiese con calma e con aria di sfida.
“Lasciala perdere...tanto quando l'istituto chiuderà lei finirà in mezzo alla strada a fare la prostituta...  Tanto vale che cominci già da subito...” intervenne l'odiosa signora che si occupava della mensa che, da brava pettegola qual'era, subito era accorsa a vedere la scena.
Serena non fu scalfita da quella volgare affermazione; era ormai abituata alla grossolanità di quella donna, ed avanzò ancora di qualche passo.
“Credi di poter fare la prepotente anche con me!?” disse la Rizzo afferrandole il braccio con forza e trascinandola nel dormitorio.
La ragazzina cercò di opporre resistenza, ma la presa della direttrice era troppo salda per potersi liberare.
“Farsi cacciare dall'ennesima famiglia è stata una mossa davvero stupida Serena! Perché non intendo più tollerare niente! Non tollererò più la tua insolenza e soprattutto non tollererò più le tue fughe! Per mia sventura sono responsabile di te fino ai tuoi 18 anni e credimi...da oggi fino a quel giorno ti terrò rinchiusa in questo dormitorio!” disse a denti stretti trascinandola fin dentro la stanza, per poi chiuderla a chiave.
Il volto di Serena trapelava una rabbia immensa.
Cercò di aprire la finestra, ma subito notò il lucchetto d'acciaio che la bloccava. Prese un lenzuolo e lo attorcigliò intorno alla mano per rompere il vetro, sperando che in questo modo non facesse rumore.
Veloce uscì, sfregiandosi il braccio con del vetro rimasto di lato; poi si diresse verso il cortile per  raggiungere l'uscita secondaria.
Corse più che poteva verso la sua adorata Punta Ristola. Aveva bisogno di vedere il mare; aveva bisogno di sentire quel senso di libertà che le dava perdere lo sguardo su qualcosa di così sconfinato e meraviglioso. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto dopo... ma tanto la sensazione di rancore verso la vita e di incertezza sul futuro l'accompagnavano fin da quando aveva memoria.
Arrivò lì, e subito l'odore del mare e la vista del tramonto la fecero sentire meglio.
Serena sentiva un groppo alla gola; un pianto conservato da quindici anni che non aveva mai trovato modo di uscire; troppo ostacolato dall'orgoglio e dalla paura di non riuscire a smettere.
“E' un paesaggio davvero bellissimo...” disse una voce dolce e calda alle sue spalle.
Serena si girò.
“...Mi presento, sono Eleanor” continuò la giovane ragazza dai capelli rossi e l'aria dolce “Ma puoi chiamarmi Lily”


*** ***


Summer scese giù in cucina per preparare la colazione.
Quella mattina aveva voglia di pancakes con sciroppo d'acero e, mentre li preparava, pensò che su quello di Damon avrebbe disegnato uno Smile con i canini, giusto per prenderlo un po' in giro.
Passò più di mezz'ora, e non lo vide arrivare. I pancakes erano diventati freddi.
Decise di andarlo a svegliare, in fondo non poteva aspettare che si svegliasse da solo; avevano delle case da visitare!
Bussò alla sua camera un paio di volte e, dopo un minuto, non sentendo alcuna risposta, decise di aprire la porta e di svegliarlo, magari con una secchiata d'acqua.
Spalancò la porta e subito notò il letto intatto.
Di Damon non c'era traccia.
Incuriosita scese nuovamente al piano di sotto.
Controllò in soggiorno, ma non era neanche lì.
Pensò che fosse uscito a fare qualche commissione, anche se il pensiero di lui che aveva qualcosa da fare non la convinceva.
Ritornò in cucina per fare colazione; di certo non lo avrebbe aspettato un minuto di più.
Dopo un po' arrivò una chiamata di Lily.
“Buongiorno”
“Ehi! Come va con la ricerca? Qualche novità?”
“Nessuna...” disse versandosi del caffè.
“Capisco... e con il vampiro sexy invece?” domandò con la sua vocina dolce.
“Ehh...” Summer non sapeva cosa rispondere.
“Ci sei andata a letto!” esclamò la strega.
“Come diavolo hai fatto?... E' vero che sei una strega, ma non ti ho mai visto nessuna sfera di cristallo...”
“Non ne ho bisogno... era chiaro che sarebbe andata a finire così! E quel tuo nanosecondo di esitazione è stato rivelatore! Non puoi nascondermi nulla Summer...arrenditi e raccontami tutto!”
“Siamo andati a letto insieme...cos'altro c'è da aggiungere? Vuoi che ti faccia un disegnino e te lo mandi per fax?”
“Ci sono tante cose da sapere....tipo, è successo solo una volta?”
“Svariate...”
“Svariate!? Summer hai intenzione di avere una relazione con quel tipo!?”
“Relazione?! Tsk.. Assolutamente No! Ti faccio notare che Mystic Falls è una cittadina davvero noiosa...e ...diciamo... che ho trovato qualcosa di divertente da fare!”
“Diciamo pure 'da farti'!...” continuò la strega ridendo


*** ***


Santa Maria di Leuca, Italia Aprile 2004


Serena non rispose. La snobbò e si avviò verso la sua non-meta.
Continuò a camminare lungo la costa raccogliendo di tanto in tanto qualche rametto di legno. Quando il sole fu sostituito dalla luna, l'aria si fece fredda. Serena raggiunse un tratto di spiaggia sabbioso, e, con i pezzi di legno che aveva trovato, cercò di accendere un fuoco. Aveva un accendino nella tasca destra del jeans. Dai Longo aveva coniato un nuovo gioco, accendere dei piccoli pezzi di carta arrotolati per poi lanciarli sui mobili.
Puntualmente la signora Longo le sequestrava l'accendino, e altrettanto puntualmente lei andava a fregarselo dal tabaccaio di turno per ricominciare. Quella sera l'accendino non voleva funzionare. Se esiste il Karma, in quel momento le stava presentando il conto. Quello stupido affare emetteva delle stupide ed inutili scintille, e dopo svariati tentativi, con un gesto di rabbia lo lanciò a mare. Scoraggiata si sedette sulla sabbia con le gambe portate al petto ed il mento tra le ginocchia. L'aria fredda le aveva gelato la pelle delle braccia lasciate scoperte dalla maglietta a mezze maniche, e solo in quel momento Serena si accorse di avere del sangue secco sul braccio destro.
“Se vuoi posso aiutarti io...” Serena riconobbe alle sue spalle la voce di quella ragazza.
Si girò verso di lei, ed in quell'istante il mucchietto di legno prese fuoco facendo una fiamma così alta e viva da spaventarla.
“Come hai fatto?!”
“Con la magia...” disse la ragazza sedendosi accanto a lei.
“Sì, certo...vai a raccontare queste cretinate alle fattucchiere del paese...loro di sicuro ti crederebbero!” la ragazzina si alzò e la guardò con scetticismo, non capì quale fosse stato il trucco dietro quella fiamma, ma di sicuro c'era una spiegazione più logica.
“Hai mai pensato che la vita che stai vivendo sia totalmente sbagliata...che nel bene o nel male, non sia quella giusta...?!”
“Credo che tutti pensino questa cosa...” Serena si arrestò, credeva davvero che quelle parole fossero semplice senso comune, ma qualcosa in quella frase le risuonò dannatamente giusto.
Serena passava la sua vita con la sensazione di trovarsi sul treno sbagliato.
“C'è una nuova vita che ti sta aspettando...non è una vita facile...e bella o brutta...questo dipenderà da te...ma almeno è la tua, è quella giusta!” disse con l'amarezza di chi si era già trovato a vivere quel genere di esperienza.
“Oh mio Dio no... non dirmi che sei una 'chiesarola' che vuole cercare di portarmi in comunità o cose simili. Senti...rispetto le tue scelte...ma hai decisamente sbagliato soggetto!” disse allontanandosi di qualche passo.
“Fermati...” pronunciò con calma.
Serena si accorse di non riuscire più a muovere il suo corpo, era intrappolata in sé stessa.
“Cosa mi hai fatto? Perché non riesco a muovermi!” esclamò spaventata.
Lily le si avvicinò e con dolcezza passò la mano sulla sua ferita; subito il sangue ed il graffio scomparvero.
“Ok..Ok...ti credo! Sai usare la magia! Ma liberami... ti prego!”
Cercò di muoversi con tutte le sue forze, e quando l'incantesimo fu spezzato perse l'equilibrio cadendo a terra.
Indietreggiò strusciando all'indietro.
“Cosa vuoi farmi?!” le chiese con voce tremante.
“Di certo non è mia intenzione farti del male, puoi stare tranquilla...” rivelò con voce dolce, accovacciandosi di fronte a lei.
Serena non le credeva.
“Hai fame?...C'è un ristorante da queste parti?”
La ragazzina annuì.
Si avviarono verso il centro di Leuca in silenzio, camminando fianco a fianco. Quando Serena si accorse che Lily si era distratta a guardare il mare, subito ne approfittò per correre lontano, ma in un attimo la strega le si parò davanti.
“Non puoi scappare...ma te lo ripeto Serena...non ti farò del male...puoi stare tranquilla...”


*** ***


Summer aveva provato a chiamarlo sul cellulare almeno una decina di volte, ma quello di Damon non aveva campo.
Si era fatto davvero tardi, e la sua rabbia aveva superato l'atmosfera raggiungendo le più lontane costellazioni.
Se aveva intenzione di oziare quel giorno, avrebbe potuto tranquillamente avvisarla, ma sparire in quel modo era stato davvero un gesto da cafone!
Il pensiero di dover riprendere quella stupida aspirapolvere l'avviliva immensamente, e, pur di trovare una giustificazione per disertare il lavoro, decise di andare a cercarlo. Una palettata, quel giorno, non gliel'avrebbe tolta nessuno!


*** ***



Boston, Massachusetts Aprile 2004


L'aereo stava per atterrare; Serena capì perfettamente la frase pronunciata dall'hostess. Lily le aveva fatto un incantesimo, la lingua non sarebbe stata un problema.
Le parole della ragazza, piano la convinsero. Le parlò dei vampiri, della magia e del ruolo di cacciatrice che presto avrebbe ricoperto. Lentamente Serena se n'era convinta; più che altro perché era meglio credere a quelle assurdità che alla realtà. Ora guardava quella grande metropoli dal finestrino del taxi, tutto era incredibilmente grande e caotico, ma ciò che la colpì maggiormente fu l'aria irrespirabile e la luce del sole che aveva qualcosa di diverso.
Non aveva nessun bagaglio con sé. I vestiti che indossava gliel'aveva dati Lily. Non aveva nulla di materiale a cui tenere particolarmente, nessuno da salutare, e neanche un ricordo felice a cui aggrapparsi. Forse per questo era stato così facile per lei accettare tutti quei cambiamenti.
Prima di partire Lily le aveva fatto fare delle foto tessera. Con la magia l'aveva unite a dei documenti che già aveva preparato per lei.
“Ho scelto Summer Reed, ma una volta arrivate a Boston potremo farne altri con il nome che vorrai ovviamente...” le aveva detto con la solita dolcezza.
“Va bene questo...” a Serena non importava, un nome valeva un altro, e quello non suonava neanche tanto male.




Angolino di NaNa
Ma quanto è cattiva la vostra NaNa xD ?!
Avrete letto il capitolo...curiose di sapere che fine ha fatto Damon...ed invece eccovi una palla di capitolo in cui non c'è traccia del vampiro xD Hihihiihihihiihihi ( <----risata diabolica)
Allora voglio precisare che il passato di Summer l'ho ambientato a Leuca, ma io non ci sono mai stata, e non sono neanche pugliese, quindi perdonate la mancanza anche del minimo sindacale di descrizioni xD
Per me è importante che Summer sia europea...
Una cosa che non sopporto dei telefilm e che si verificano delle coincidenze assurde che si potrebbero motivare con un minimo di fantasia ed invece ...niente. Pensiamo a TVD...Katherine si reca alla pensione dei Salvatore e Mystic Falls...150 anni dopo, la doppelgenger nasce proprio lì. Woooooow!!! ...Vabbè vi avviso che anche in questa fic, ci sarà una coincidenza ASSURDA...che vi farà rimanere così O.O quindi per pararmi il sedere non sarò aspra più di tanto su questa cosa e la smetto qui!!!xD Non so se questa cosa vi sia piaciuta...come nel caso dei diari ho paura di aver fatto una scelta che può portare a perdere interesse per la fic, perchè magari la rende pesante. Ma se c'è una cosa che mi caratterizza è che sono “la ragazza delle scelte impopolari” xD Quindi vado sempre per la mia strada...tanto nella peggiore delle ipotesi, comunque resterà Nanyvale perché ormai si è affezionata a me e non vuole farmi piangere...vero? *.* Voglio precisare,però, che il fatto che Summer sia nata in Italia...non vuol dire che sia italiana xD Non dimenticate che è stata trovata fuori ad un orfanotrofio^^...le sorprese non mancheranno^^
Ringrazio chi è arrivato fin qui...rassicurandovi che nel prossimo capitolo si scoprirà che fine ha fatto il nostro bel vampiro xD
Un bacione...alla prossima ^.-






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Capitolo 27
*** Ventisettesimo Capitolo ***




Damon stava finalmente riprendendo conoscenza.
Quando la vista si fece meno offuscata, capì di trovarsi nella prigione dei Lockwood.
Alaric gli aveva tirato un brutto scherzo!
I polsi e le caviglie erano bloccate dalle catene fissate al muro. Se non riusciva a liberarsi Tyler trasformato in lupo, lui non aveva alcuna chance.
“Ben svegliato...” disse Blair avvicinandosi.
“Tsk...E' stato un grosso errore quello di non fare il tuo corpo in mille pezzi...” disse a denti stretti.
I passi di Blair risuonavano in quel tetro posto rendendo l'atomsfera ancora più inquietante.
“Beh...hai perso la tua occasione...e se permetti, questa è la mia...” sussurrò con perfidia prima di infilzargli un paletto nell'addome.


*** ***


Quella mattina Alaric era distratto.
Aveva preferito organizzare la lezione in modo che i ragazzi facessero dei quiz sul libro. Lui guardava fuori dalla finestra visibilmente pensieroso. Non sapeva se poteva fidarsi di Blair.


*** ***


Summer era andata al Grill e poi ancora in giro per tutta Mystic Falls, ma di Damon non c'era traccia. Provò ancora a chiamarlo sul cellulare, ma la situazione non era cambiata. Iniziava ad essere preoccupata: non che le importasse di lui... Damon era semplicemente utile ai fini della sua missione, pensò.
Il pomeriggio sarebbe andata a domandare ad Elena, forse l'avrebbe trovato lì.


*** ***


Blair gli afferrò i capelli per portare la sua testa all'indietro, poi con cattiveria gli versò della verbena sul volto.
Gli occhi del vampiro fumarono ed urlò dal dolore.
Blair, in un angolo, aveva posizionato un cumulo di pezzetti di legno della forma e della dimensione di una matita. Ne prese una decina e iniziò a conficcarli nelle braccia e sul petto del vampiro.
“Stronza di una megera!” imprecò in preda al dolore.
Blair aveva un'espressione soddisfatta sul volto, e, mentre si divertiva a torturarlo, ricevette la visita di Alaric.
“Allora ti stai divertendo?” le chiese guardando Damon con derisione. In realtà, però, era andato lì per controllare che la donna rispettasse la sua parola. Voleva solo vendicarsi; voleva che imparasse la lezione, ma non voleva di certo ucciderlo.
“Tu...non credere che la passerai liscia!” disse il vampiro a denti stretti.
“E cosa farai Damon? Mi ucciderai? … Perchè mi è sembrato che per quel genere di reazione bastasse molto meno...”
Il vampiro lo guardò con aria omicida. Ok, se doveva soffrire, almeno non doveva essere il solo!
“Di un po' Blair...quando siete diventati amici del cuore, Alaric ti ha per caso raccontato di come ci siamo sbarazzati del cadavere di Mason?” rivelò con lo scopo di condividere quelle 'piacevoli' sensazioni.
“Non sei altro che un idiota...” bisbigliò Alaric. Così, li avrebbe fatti uccidere entrambi!
“Cosa?...Mason...Siete stati voi?” mormorò Blair sotto shock. Il suo fratellino era morto: morto per mano di quei due! Il dolore le fece mancare il respiro.
“Non è così che è andata Blair...” cercò di giustificarsi l'umano.
Lo sguardo della donna, dopo quel momento di intenso smarrimento, diventò furioso.
Con rapidità si avvicinò a lui; gli diede una spinta che lo scaraventò con violenza sulle rocce, e subito perse conoscenza. Non aveva avuto la forza per fronteggiare Damon, ma di certo non era un problema prendersela con un umano.
Si avvicinò e si accertò che fosse ancora in vita.
Il tutto sotto lo sguardo di Damon, che iniziava a pentirsi di essersi lasciato accecare dalla rabbia.
Blair lo trascinò accanto a lui incatenandolo a sua volta.
“Vi torturerò con atroce lentezza fino a farvi morire...” sussurrò.
Damon doveva pensare alla svelta ad un piano.


*** ***


Come, "è sparita"?” disse Carol che aveva da poco risposto al telefono di casa.
In quel momento, Blair entrò nel salotto.
“Ah...Grazie a Dio è qui! Sì, certo, passerò oggi pomeriggio per firmare le pratiche di dimissione. Buonagiornata” disse vedendola e rincuorandosi.
“Come ti è saltato in mente di lasciare l'ospedale in quel modo!?” la rimproverò subito dopo, avvicinandosi.
“"Mi stavo annoiando...” asserì Blair, con la solita aria snob.
“Sai che è pericoloso stare qui...”
“Lo so, lo so, dammi solo qualche giorno per riprendermi, e poi me ne andrò... non temere!” disse con enfasi e noia.
Le seriviva giusto il tempo per torturare e per sbarazzarsi di quei due.


*** ***


Summer bussò alla porta di Elena e la ragazza aprì poco dopo.
“Summer...cosa ci fai qui?”
“Di un po' Elena...Damon è qui con te?”
“No...non l'ho visto oggi. E' successo qualcosa?”
“Non ne ho idea...è da ieri sera che non lo vedo... stamattina sono entrata in camera sua, ed il letto era intatto. Per di più il suo telefono non prende...hai idea di dove possa essere?” continuò.
Elena scosse leggermente il capo in segno di negazione visibilmente preoccupata, poi le sorse un terribile dubbio.
“Aspetta...vieni con me!” disse avviandosi nell'ultimo luogo dove sperava che fosse.


*** ***


Blair si era data qualche attimo da sola nella sua stanza.
Si asciugò le lacrime e con uno sguardo determinato si avviò verso il comò. In quel cassetto, aveva nascosto alte fiale di verbena e paletti. Li infilò in borsa ed uscì.
“Vado a rimettermi in sesto con un po' di sano shopping” urlò per farsi sentire da Carol.


*** ***


Boston, Aprile 2004

Lily e Summer erano arrivate fuori alla dimora del signor Harris, il suo futuro osservatore.
Una graziosa villetta a due piani circondata da un giardino molto curato.
Lily bussò al campanello e, poco dopo, un signore sulla quarantina, dal volto dolce e leggermente increspato da una barba curata, aprì.
Lui e Summer si osservarono con attenzione.
Summer venne colpita dagli occhi castani che trasmettevano dolcezza, ed in generale dalla sua aria bonacciona.
Il signor Harris venne particolarmente colpito dall'aria corrugata della ragazza e dai suoi occhi grandi ed espressivi.
“Entrate...” disse subito, spostandosi per lasciare spazio.
“Dove sono le valige?...” domandò con gentilezza per aiutarle.
“Non ce ne sono...” rispose Lily “Dopo andremo a fare shopping” disse sorridendole dolcemente.
“Ah, ok...” il signor Harris era sempre più incuriosito da quella ragazzina.
“Io sono Philip Harris, sarò il tuo osservatore...credo che Lily ti abbia già spiegato molte cose...il resto le scoprirai col tempo” disse porgendole la mano. La voce di quell'uomo era profonda e trasmetteva una sensazione di calore, ma Summer se ne sentì intimorita.
La ragazzina gli strinse la mano “Summer Reed” rispose, facendogli capire di non voler avere più nulla a che fare con il suo passato.
“Vieni...ti mostro la tua stanza...” continuò facendola salire al piano di sopra. Summer si guardò intorno, ogni cosa in quella casa era rifinita con gusto, e la grande quantità di piante da interno la ravvivavano immensamente.


*** ***



Elena bussò alla porta di casa Lockwood.
“Aspetta un attimo...tu e Damon...avete dormito insieme?” domandò alla cacciatrice, mentre aspettava che Carol aprisse. Come aveva fatto a non pensarci subito?
“Beh..sì, facciamo sesso, se è questo quello che mi stai domandando. Per il resto, dormo nella stanza affianco! Tengo a precisarlo!” rivelò con tranquillità. E poi, in quel modo, cercò anche di farle capire che il loro strano rapporto non significava nulla.
Elena accusò il colpo, un'altra cosa che scopriva per bocca di Summer e non di Damon: l'aveva invitata a stare da lui. Non sapeva cosa provare a riguardo, ma non sopportava l'idea che il vampiro le avesse nuovamente omesso qualcosa.
Voleva chiederle qualcos'altro, ma, in quel momento, la signora Lockwood aprì la porta.
“Elena...dimmi...” disse garbatamente.
“Signora Lockwood...Damon è scomparso...”
Carol guardò per qualche secondo Summer.
“Lei sa tutto...si senta libera di parlare...” continuò la ragazza.
“Blair è uscita dall'ospedale...dovrei preoccupami? Dovremmo cercarla? Pensi che Damon voglia farle qualcosa?”
“Ho paura del contrario...” ammise Elena con agitazione.
“Elena...non dire assurdità... “ poi osservò meglio il volto preoccupato della ragazza. “Pensi davvero che Blair abbia architettato qualcosa?”
“Non lo so, ma penso che dovremmo mettere in conto una sua possibile vendetta...”
Carol ci pensò bene; in effetti la parola vendetta suonava bene accanto al nome di Blair.
“Non so che dirti Elena...cosa dovremmo fare?”
“... Ha idea di un luogo dove potrebbe averlo portato?”
“Mi viene in mente solo la vecchia prigione nel bosco...”
“Giusto, allora se permette andremo a controllare lì...”
“Aspettate vengo con voi...” Carol si allontanò un momento per prendere la sua borsa.
“Di un po', cos'ha combinato Damon?” chiese Summer bisbigliando.
“Ha ….cercato di uccidere la cognata di questa donna...”
“Ummm...” Summer non sembrava per niente sorpresa.


*** ***


Alaric si era svegliato, e subito constatò di essere stato incatenato.
“Sei un idiota Damon...” mormorò con voce corrotta dal dolore; si accorse di star perdendo sangue dalla fronte.
“Bella faccia tosta che hai? Almeno io non ti ho condannato a morte alle spalle...”
“Nessuno dei due sarebbe morto se ti fossi chiuso quella dannata bocca!” urlò stizzito.
“E' cosa avresti fatto? Saresti venuto a salvarmi al galoppo di un cavallo bianco?”
“Non avrei lasciato che ti uccidesse! Volevo solo fartela pagare...” disse toccandosi la testa ed emettendo in seguito un gemito di dolore.
Un piccolo granello di senso di colpa aleggiò nella coscienza di Damon.
“Ne usciremo...” disse il vampiro alzandosi.
“Ne dubito...” replicò Blair avvicinandosi.
Diede una ginocchiata al vampiro che lo fece stendere nuovamente a terra, poi prese la fialette di verbena e gliela versò addosso con sadica lentezza.
“Non ne uscirete vivi da questa prigione...” asserì diabolicamente, tra le urla del vampiro.
Finita la fialetta si avvicinò ad Alaric.
“Non credere che mi sia dimenticata di te...” gli diede un potente calcio nelle costole che lo spostò della lunghezza che gli permettevano le catene.


*** ***


Boston, Aprile 2004


Lily bussò nuovamente al campanello del signor Harris; lei e Summer erano stracolme di borse, avevano passato il pomeriggio a fare shopping, ed era ormai diventato buio.
“Ah...siete tornate!...giusto in tempo per la cena!” disse allegramente.
“Venite...” continuò e le fece subito accomodare fuori la veranda.
Fuori era tutto illuminato da delle piccole lanterne, e la tavola era imbandita di piatti da portata fin nei minimi angoli.
“Questa da oggi è casa tua...quindi... non fare complimenti e accomodati” le aveva detto con la solita gentilezza, spostandole la sedia.
Durante la cena Lily raccontò al signor Harris del viaggio e di come avesse convinto Summer a partire con lei. La ragazza invece stette in silenzio per tutto il tempo.
A fine cena il signor Harris si alzò e si diresse in cucina. Al suo ritorno teneva tra le mani una torta di compleanno.
La poggiò sul tavolo ed accese le candeline.
“Oggi è il tuo compleanno...dovresti esprimere un desiderio” le suggerì con voce dolce. Summer guardò per un attimo quella torta e si sentì disturbata. In quel momento odiò la gentilezza di quell'uomo, odiò Lily, odiò ogni cosa, e senza spegnere le candeline o dire altro se ne andò nella sua stanza.
Chiuse la porta alle sue spalle e si lasciò scivolare a terra.


*** ***


Le tre raggiunsero la prigione dei Lockwood, e mentre si avvicinavano, si facevano sempre più chiare e sonore le urla di Damon.
“Oh mio Dio Elena...avevi ragione...” asserì Carol preoccupata.
Summer con la super velocità decise di oltrepassarle.
Quando entrò in quelle segrete, vide una donna che gli stava conficcando un paletto nella spalla.
Subito la scaraventò lontano con una potentissima spinta.
Liberò Damon dalle catene, ed in quell'attimo anche Carol ed Elena arrivavano. Elena subito notò la presenza di Rick e andò in suo aiuto.
Carol, invece, corse vicino a Blair, che si stava alzando con difficoltà.
“Questa donna è stata anche più sadica di te...” ammise quasi scherzosamente e sfinito dal dolore.
“Lo vedo...” rispose dolcemente, mentre lo aiutava a liberarsi.
“Cosa ti è saltato in mente Blair?” la rimproverò Carol.
“Hanno ucciso Mason...devono pagare!” disse minacciosa, ma Carol cercò di bloccare il suo intento di riavvicinarsi al vampiro.
Appena Damon fu libero dalle catene si parò di fronte a lei. Con una spinta si liberò di Carol, e poi, in un attimo troppo breve per essere messo a fuoco, spezzò il collo a Blair, che cadde esanime ai suoi piedi.
“Damon no!” urlarono sia Alaric che Elena.
Fu una scena rapida e brutale, e subito dopo Damon si guardò intorno come per assorbire quel dissenso.
Carol era sotto shock, non poteva credere di aver assistito ad una scena simile. Summer non seppe cosa provare a riguardo; ma era un vampiro che era stato torturato...non si poteva aspettare nient'altro!
Damon si avviò barcollando verso l'uscita e Summer lo seguì.


*** ***

Boston, Aprile 2004



Poco dopo, Summer, stesa sul letto, sentì la voce del signor Harris che con la chitarra cantava una canzone. Non la conosceva, e solo parecchio tempo dopo avrebbe saputo che si trattava di una canzone di Springsteen.
La sua voce era dolce sulle note basse e leggermente stonata su quelle alte, ma soprattutto aveva qualcosa che ti entrava dentro.
Summer si sentiva arrabbiata e infastidita, ma, anche se non era felice,
in quella città, in quella casa, in quella stanza e su quel letto, sentì di trovarsi al posto giusto, al momento giusto.


*** ***


Summer e Damon entrarono in casa.
“Va a sederti sul divano...ti porto del sangue” disse premurosamente, vedendo che il vampiro aveva delle difficoltà a reggersi in piedi.
Damon annuì.
Poco dopo Summer arrivò con il sangue.
Il vampiro lo bevve tutto d'un sorso, e subito tutte le sue ferite si rimarginarono.
“Ho decisamente bisogno di un bagno...” disse alzandosi.
Summer annuì e lo vide allontanarsi.
Damon aveva portato una donna a torturarlo, ed anche lei l'aveva fatto neanche una settimana prima; Damon era proprio come la vecchia lei, tirava fuori il peggio delle persone, pensò. Summer era cambiata grazie al signor Harris, un uomo che per quattro anni era stato la famiglia che non aveva mai avuto e le aveva donato un amore immenso che lei non aveva mai sentito di meritare.
Forse anche per Damon sarebbe successo lo stesso, forse un giorno sarebbe stato proprio l'amore di Elena a cambiarlo, pensò.


*** ***


Qualche ora dopo Summer sentì bussare alla porta e, pensando che il vampiro stesse ancora in ammollo nella vasca, andò ad aprire.
“Ehi” disse Elena non appena la cacciatrice le aprì.
“Damon è andato a farsi un bagno...ma credo che abbia finito, sono passate quasi due ore!” disse facendola entrare.
“Da quanti giorni stai qui?” le chiese con una curiosità che lei stessa non si spiegava.
“Un paio...anche se sembrano molti di più” rispose con tono scherzoso.
Elena sorrise.
“Vado a vedere se ha finito...” disse la ragazza avviandosi.

Elena bussò alla porta della sua stanza.
“Entra...” disse il vampiro che, in quel momento, si stava abbottonando la camicia.
“Sei tu...” aggiunse, quando vide che si trattava di Elena.
“Come ti senti?”
“Incazzato come uno che è stato torturato per ore!”
“Alaric mi ha raccontato tutto...”
“Beh...Come hai potuto constatare le tue informazioni non sono state... attendibili...” disse con voce dura.
“Damon sei andato in ospedale in piena notte per ucciderla?! Cosa ti aspettavi?!” chiese con voce alta.
“Certamente non mi aspettavo di trovare Alaric pronto a pugnalarmi alle spalle!”
“Non sarebbe successo se non fossi andato lì...niente di tutto questo sarebbe successo...”
“Sai Elena...è stata una giornata davvero pesante...perdonami se non ho voglia di sentire la tua predica!”
“Perché mi fai questo Damon...perché continui a mentirmi e ad agire alle mie spalle... credevo... che la mia amicizia fosse importante per te!”
Damon si sentì investito da quelle parole. Non sopportava di vederla così adirata nei suoi confronti, ma lei, come sempre, non faceva altro che giudicarlo.
Avrebbe dovuto dirle che per lui non era importante la sua amicizia: era importante ogni cosa di lei, perché l'amava, anche adesso che lo guardava con occhi pieni di rancore. Ma, per orgoglio o per rabbia, non uscì nulla di tutto questo.
“Hai finito?” le chiese con freddezza.
Elena fece una smorfia con la bocca.
“Si...” sussurrò andandosene.


*** ***


Quella sera, Damon restò nella sua camera. Non aveva voglia di cenare con Summer... voleva stare per conto suo a commiserarsi di quanto fosse snervante essere il fratello cattivo.
Poi sentì il suono di una chitarra, e poco dopo la voce di Summer che cantava. Come aveva immaginato, era davvero intonata.



Behind Blue Eyes/Cover



No one knows what it's like
To be the bad man
To be the sad man
Behind blue eye
No one knows what it's like
To be hated
To be fated
To telling only lies♫


“Nessuno sa come ci si sente
Ad essere l'uomo cattivo
Ad essere l'uomo triste
Dietro gli occhi azzurri.
E nessuno sa
Come ci si sente ad essere odiato
Ad essere accusato di dire solo bugie“



Un sorriso stranito si dipinse sul volto del vampiro. Cos'era uno scherzo? Voleva prenderlo in giro? Farlo innervosire? Pensò ascoltando le parole. Ma poi annientò subito quel pensiero stupido: Summer cosa poteva mai saperne di lui?
Con suo grande stupore si accorse di non provare fastidio, anzi: la voce di Summer era calda... ed aveva qualcosa di avvolgente, qualcosa che sembrava entrargli nel sangue.

♫ But my dreams
They aren't as empty
As my conscience seems to be
I have hours, only lonely
My love is vengeance
That's never free ♫


Ma i miei sogni non sono così vuoti
Come sembra essere la mia coscienza.
Ho ore, in totale solitudine
Il mio amore è una vendetta
Che non è mai libera.“



Summer, come ogni volta in cui si ritrovava a pensare alla sua adolescenza e in particolare al signor Harris, si mise a suonare la chitarra. Non aveva mai imparato a farlo bene, perché il tempo non gliel'aveva mai concesso; e sapeva suonare poche canzoni: quelle che più le piacevano. Mentre cantava, pensava che Damon, di lì a poco, sarebbe entrato dalla porta dicendole di smetterla con quello schiamazzo, e lei avrebbe dovuto fare di tutto per non arrabbiarsi, per non dargli l'ennesima palettata della giornata.

♫ No one knows what it's like
To feel these feelings
Like I do
And I blame you

No one bites back as hard
On their anger
None of my pain and woe
Can show through♫


“Nessuno sa come ci si sente
A provare questi sentimenti
Come faccio io,
e me la prendo con te

Nessuno si trattiene così tanto
dalla sua rabbia.
Nessun mio dolore né disgrazia
Può trasparire”




♫ No one knows what its like
To be mistreated, to be defeated
Behind blue eyes
No one knows how to say
That they're sorry and don't worry
I'm not telling lies

But my dreams they aren't as empty
As my conscious seems to be
I have hours, only lonely
My love is vengeance
That's never free♫


“Nessuno sa come ci si sente
Ad essere maltrattato, ad essere sconfitto
Dietro gli occhi azzurri.
Nessuno sa come dire
che è dispiaciuto e non ti preoccupare,
non dico bugie.

Ma i miei sogni non sono così vuoti
Come sembra essere la mia coscienza.
Ho ore, in totale solitudine
Il mio amore è una vendetta
Che non è mai libera”


Damon bussò alla camera di Summer.
“Entra pure...” lei aspettò che entrasse e poi continuò “Se sei venuto a dirmi che ti sto dando fastidio...non temere la smetto subito...” cercò di anticiparlo per non arrabbiarsi, poi poggiò la chitarra a terra.
Damon la vide seduta sul davanzale della finestra e si avvicinò a lei.
“No...non mi dai fastidio...”
“Allora, cosa c'è?” chiese lei. Damon aveva uno sguardo strano.
“Volevo dirti che... ho apprezzato il fatto che tu sia venuta a darmi una mano...” disse con difficoltà e titubanza, appoggiandosi con il fondo schiena al davanzale. Summer sorrise: Damon aveva uno strano modo per dire 'grazie'.
“E' stata Elena a trovarti...è solo lei che devi ringraziare...“ rivelò con voce dolce. Anche se si vergognava di sé stessa, aveva sentito ogni cosa della sua precedente conversazione con Elena.
Damon annuì con lo sguardo perso nel vuoto.
“...Sai...penso che se non l'avessi fatto tu l'avrei fatto io...” aggiunse lei.
“Cosa?!”
“Uccidere quella donna!...solo io posso divertirmi a torturati!” disse allegramente, cercando di tirargli su il morale.
Damon sorrise.
“Te lo ripeto...è stata anche più sadica di te... e per una cacciatrice...essere superata in cattiveria da un licantropo...beh...credo che sia una vera e propria vergogna! Dovresti sentirti imbarazzata!” disse, schernendola teneramente.
“Era un licantropo?” la cosa le sembrò moralmente più accettabile: licantropi e vampiri che si facevano la guerra era all'ordine del giorno.
“Sì...” Damon notò una strana espressione sul volto di Summer, un misto di dolcezza ed orgoglio, e proprio non riusciva a spiegarsela.
“Non guardarmi in quel modo...non mi sarei fatto problemi ad ucciderla neanche se fosse stata un'umana...” disse con freddezza, infastidito da quello sguardo.
“Puoi sforzarti quanto vuoi Damon...ma non riesco a vederti come un mostro...non ci riesco proprio...” disse con voce sempre più bassa, accorgendosi di starsi avvicinando alle sue labbra.
Damon era entrato in quella stanza con l'intento di distrarsi da quei pensieri che gli facevano male, ma quando avvicinò le labbra a quelle di Summer, per un attimo, realizzò di volerla baciare, non perché fosse la sua distrazione...ma perché era lei.




Angolino di NaNa***
Allora...da una parte ho fatto la cattiva nel capitolo precendente mettendo il nostro vampirino da parte, ma d'altra parte ho fatto la brava aggiornando alla velocità della luce^^
Allora...perché il capitolo precedente? Perchè per me è importante cercare, nei miei limiti, di far capire perché i personaggi fanno quello che fanno.

Per quanto riguarda questo capitolo, invece, spero vi sia piaciuto^^
Ps: la canzone è Behind blue eyes nella versione dei Limp Biskit, ma, per dare meglio l'idea, il link porta ad una cover cantata da una ragazza con la chitarra^^
Un bacione...alla prossima!!!





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Capitolo 28
*** Ventottesimo Capitolo ***



Klaus, immobile davanti alla finestra, fissava quel ciondolo a forma di cuore con un'espressione di furia passiva. Conosceva la vampira fin troppo bene per potersi illudere, anche per un solo istante, che non ci fosse un incantesimo di protezione dalle localizzazioni sul quel dannato ciondolo.
Erano trascorsi dieci giorni, e i suoi uomini sparsi per il mondo non l' avevano ancora trovata, ma, in fondo, in cinquecento anni, la vampira aveva intelligentemente perfezionato e raffinato la sua 'arte della fuga'; di certo non poteva aspettarsi nulla di diverso.
Pensò che di questo passo non l'avrebbe mai trovata: poteva essere ovunque. L'unico modo per contattarla era far sì che fosse lei stessa a volerlo incontrare. Ma in che modo?
Klaus non aveva nulla per far presa su di lei; Katherine era una vampira che amava solo se stessa. E fu mentre pensava a questa verità che un ricordo riaffiorò con nitidezza nella sua mente.

Inghilterra 1492

“Dov'è il mio adorato agnello sacrificale?” domandò Klaus ad Elijah, che se ne stava seduto su una poltrona a leggere un libro.
“L'ho vista nei giardini... passeggiava con Travor” disse cercando di mostrare un certo distacco.
“Ahhh...quella Katerina! E' proprio una donna che fa strage di cuori...non trovate fratello?” disse con una sottile furbizia, ricordandosi del dono che il fratello le aveva fatto solo qualche giorno prima.
“E' un'umana di notevole bellezza...ma...è pur sempre un'umana...” rispose con ancora più distacco.
Intanto Klaus li osservava dalla finestra e con il suo udito finissimo ascoltò il loro discorso.
“Non capisco proprio cosa amiate di me Travor... a palazzo ci sono dame molto più belle...” sussurrò con i suoi modi civettuoli.
“Nessuna dama è più bella di voi Katherine...” Travor le accarezzò il volto “La vostra pelle...è luminosa come una perla...” poi prese tra le dita una ciocca dei suoi capelli “I vostri capelli...sono seta pregiata...e i vostri occhi...sono il ritratto della dolcezza...”
Katherine sorrise timidamente.
“Voi mi adulate troppo...” rispose con finta timidezza.
“Non mi sembrerà mai abbastanza...” ribadì lui.


Klaus sorrise diabolicamente. A Katherine importava solo di sé stessa, e lui avrebbe fatto leva proprio sull'unica cosa in grado di smuoverla...la sua vanità.
Raggiunse Stefan nel salotto e gli sorrise.
“Si ritorna a Chicago amico mio!” gli disse con entusiasmo.
Stefan era preoccupato; forse Klaus aveva trovato un modo per riavere il suo Grimorio.


*** ***


Dopo quell'ennesimo momento di passione, il vampiro, ancora ansante, si sdraiò di lato alla cacciatrice mettendosi a pancia sotto; sentiva la palpebre farsi sempre più pesanti, aveva avuto una giornata davvero intensa.
Summer si mise sul fianco di fronte a lui e, senza pensarci più di tanto, iniziò ad accarezzargli i capelli tra la nuca ed il collo.
Il vampiro si godette quelle carezze rilassandosi ancora di più, ma poi ebbe la malaugurata idea di parlare.
“Dovevo essere brutalmente torturato per meritare due coccole?” disse assonnato.
Il quel momento, Summer realizzò ciò che stava facendo, e si sentì subito a disagio.
“Sì! E adesso sparisci!” gli diede una spinta che lo fece roteare, mettendolo supino.
“Sei sempre la solita scorbutica” farfugliò alzandosi e dirigendosi verso la porta completamente nudo.


*** ***


Boston, Aprile 2004

Il signor Harris insegnava 'storia del vecchio continente' al Boston College. Non era raro che gli osservatori fossero anche degli insegnanti, e per lui essere un professore era più un piacevole hobby che un lavoro.
Qualche giorno prima dell'arrivo di Summer, aveva sentito vociferare i ragazzi su delle strane sparizioni avvenute nei dormitori. Erano scomparse ben tre ragazze in soli due mesi. Così il signor Harris iniziò con i pattugliamenti della zona. In secoli di caccia, le streghe avevano escogitato mille modi per localizzare i vampiri, ma erano tutti alquanto artificiosi e poco pratici. La rivoluzione arrivò con una strega che non aveva nulla a che fare con la Triade; Emily Bennet, nel 1860, mise a punto una bussola il grado di localizzarli. Fece credere a tutti, soprattutto alla vampira che serviva, Katherine Pierce, che fosse un'invenzione di un cittadino del luogo, ma le streghe capirono subito che si  trattava di una sua creazione; era stato un modo per far capire alle sue colleghe di non averle tradite. In poco tempo, la bussola divenne lo strumento più utilizzato dalla Triade del Consiglio. Una sera il signor Harris la estrasse dal taschino e girovagò per il campus fino a quando questa non iniziò a muoversi. La bussola lo condusse fino alla biblioteca e lì, tra i vari scaffali, si fermò indicando una coppia di ragazzi;  una ragazza dai capelli bruni ed un ragazzo biondo. Quando la ragazza se ne andò, la bussola restò ferma: il vampiro era il ragazzo.


*** ***


E' ora di alzarsi Damon!” esclamò Summer spalancando le tende, e lasciando che la luce filtrasse prepotentemente nella stanza.
“Lasciami in pace...” mugolò il vampiro girandosi dall'altra parte.
“Neanche per sogno! Alzati!” asserì tirandogli le coperte di dosso.
Scoprì il corpo del vampiro constatando che fosse ancora nudo, e subito girò il volto da un'altra parte per non sentirsi tentata.
“Perché non ti stendi tu invece?” chiese con il suo solito tono sexy e sfrontato, incrociando le mani dietro la nuca e mettendo ogni centimetro del suo corpo in bella mostra.
“Alzati!”scandì lei rivoltandosi verso di lui con uno sguardo infuriato.
“Andiamo...vieni a farmi due coccole come ieri sera...” asserì con ironica malignità; sapeva che quella frase l'avrebbe fatta scattare e, come aveva previsto, subito se la ritrovò inginocchiata sul letto a stringergli il collo con forza.
“Prova a dire un'altra volta un'assurdità del genere e non rivedrai più la luce del sole” scandì con aria minacciosa.
“Ironico detto ad un vampiro...vuoi rubarti il mio anello?” chiese con voce soffocata.
“No! Voglio privare l'anello del suo proprietario!... Però...a pensarci...mi hai dato un bel suggerimento!” disse lasciando la presa sul collo per sfilagli l'anello con rapidità.
Come sempre, Summer era più veloce e forte di lui, e in attimo il vampiro sentì ogni centimetro della sua pelle bruciare.
Veloce si andò a mettere in un angolo all'ombra.
“Sei impazzita?!” Damon era infuriato.
Summer chiuse le tende.
“Lo riavrai quando sarai pronto per uscire...” disse giocherellando con la sua refurtiva e dirigendosi verso la porta.
Il vampiro fece una smorfia infastidita; con quella pazza non ci poteva proprio avere a che fare!


*** ***


Boston, Aprile 2004

Summer aveva compiuto 15 anni; era pronta per affrontare il suo primo vampiro.
Era emozionata all'idea; Lily le aveva parlato dei poteri che avrebbe dovuto avere, ma lei continuava a sentirsi la stessa.
Quel pomeriggio, Harris la convocò nel salotto.
Seduta sul divano c'era anche Lily.
Harris aspettò che la ragazza prendesse posto e poi iniziò a parlare.
“Devi sapere Summer...che ogni anno nascono centinaia di potenziali cacciatrici, ma per diventarlo è necessaria una condizione, ovvero che alla morte della cacciatrice in carica la potenziale non abbia ancora compiuto 15 anni. Tra le quelle che restano, sarà chiamata in carica quella potenzialmente più forte, ed è tramite un rito magico che la strega del Consiglio” il signor Harris indicò Lily “oppure il Consiglio stesso, scopre la sua identità”.
Summer annuì.
“Ora..come avrai capito, la nuova cacciatrice sei tu, il rito ci ha portato da te, ma i tuoi poteri non si sono ancora manifestati...e questo perché...ciò accade nella prima lotta; dovrai affrontare il primo vampiro così come sei, ma, man mano, sentirai un enorme potere crescere dentro di te. Tutto sta nell'affrontare la paura iniziale...ma vedrai che col tempo...ti risulterà tutto più facile...” concluse con dolcezza.
Summer si limitò ad annuire ancora, come sempre non era molto loquace.
Non si sentiva spaventata, e quella per lei era la prova del nove. I poteri di Lily l'avevano convinta che quelle assurdità potevano essere vere, ma per crederci al cento per cento, doveva vedere un vampiro e soprattutto doveva affrontarlo; solo allora tutto sarebbe stato finalmente definito e reale.


*** ***


Il vampiro si recò in cucina e vide Summer che preparava la colazione.
Appena la ragazza lo vide gli lanciò il suo anello.
“Ho preparato le uova strapazzate...”disse, mettendogliele in un piatto.
Il vampiro afferrò al volo il suo anello con un volto infastidito.
“Sei stata davvero molto... molto scortese...” le si parò davanti.
“Tu come ti sentiresti se ti togliessi il tuo bel ciondolo..?..” continuò, toccando quel pendente a forma di rosa che Summer portava tutti i giorni.
Il volto di Summer diventò gelido.
“Impara una cosa di me Damon...o-di-o quando un estraneo tocca la mia collana” disse con freddezza stringendogli il polso con forza ed allontanandolo dal suo petto.
Damon non si aspettava un comportamento simile. Come quando, con la stessa espressione, una settimana prima le aveva detto di non toccarla. E poi quella parola risuonò nella sua testa dandogli un enorme fastidio che neanche lui si spiegava. 'Estraneo'... era giusto che lei lo definisse così, in fondo si conoscevano solo da una ventina di giorni, eppure quella parola era risuonata forte, un po' meschina e a parer suo...del tutto inappropriata.
Il vampiro si allontanò stizzito.
“Non mangi?” chiese la ragazza con un tono più dolce; si era accorta subito di essere stata un po' troppo dura, ma quella collana per lei aveva un forte valore affettivo, e toccarla significava invadere la sfera dei suoi sentimenti.
Il vampiro si diresse verso il frigo per prendere una sacca di sangue; poi, prima di cominciare a bere, gliela mostrò con freddezza.
Non aggiunse nulla e se ne andò in salotto.


*** ***


Boston, Aprile 2004

Quella sera Harris, Lily e Summer si recarono al Boston College.
Di nuovo, con la sua bussola, Harris cercò il vampiro dai capelli biondi che aveva individuato qualche sera prima.
Quando lo videro aggirarsi per i giardini del Campus subito i tre lo pedinarono in modo molto palese; Harris voleva che fosse lui stesso a condurli in un luogo isolato.
Il vampiro fece esattamente ciò che l'osservatore aveva previsto: si era accorto della loro presenza e li aveva condotti nella zona meno trafficata del College per capire chi fossero, cosa volessero e, eventualmente, sbarazzarsi di loro.
“Posso esservi d'aiuto?” chiese il vampiro con un tono arrogante.
Harris fissò Summer cercando in lei un segno d'approvazione.
Vide che la ragazza era visibilmente nervosa, e le mise una mano sulla spalla, facendole un rassicurante sorriso.
Summer annuì e si avviò verso di lui brandendo il suo paletto.
Al vampiro uscì una sonora risata.
“Cosa vorresti fare... ragazzina?” disse guardandola con compassione. In quel momento il suo volto si trasformò, e Summer per un attimo si sentì terribilmente spaventata.
Prese coraggio e si avvicinò. Gli sferrò un calcio nell'addome che però non sortì alcun effetto sul vampiro.
Ancora una volta rise di gusto.
“Non so cosa diamine abbiate in mente voi tre...ma sono sicuro che mi divertirò...” disse, afferrandola per il collo e sollevandola da terra. A Summer cadde il paletto dalle mani.
Lily si era mossa per intervenire, ma Harris le mise un braccio davanti per fermarla.
“Devi darle fiducia..” le disse con il suo solito tono calmo e rassicurante. La strega annuì e tornò ad osservare la scena con preoccupazione.
Summer sentiva di soffocare, e prontamente gli diede un calcio sotto al mento; ma questa volta la forza era aumentata, e il vampiro, preso alla sprovvista, lasciò la presa.
Summer cadde a terra e tossì un paio di volte.
“Chi diavolo sei?” le domandò il vampiro, mentre si reggeva il mento dolorante.
La cacciatrice lo guardò minacciosa; si avvicinò e gli sferrò un calcio come il precedente, solo che questa volta il vampiro venne scaraventato contro un albero.
Si avvicinò nuovamente a passo sicuro e gli diede un pugno sulla mandibola, poi ancora un altro e ancora un altro calcio.
Il vampiro decise di scappare servendosi della sua velocità, ma Summer gli si parò davanti. In quel momento se ne stupì lei per prima, era stata velocissima. Con un altro pugno lo fece cadere a terra. Harris le lanciò il paletto, e con rapidità lo afferrò per piantaglielo subito nel cuore. Vide il vampiro diventare grigio e raggrinzito, e una sensazione di potere pervase il suo corpo. Le venne da sorride...come non aveva mai sorriso in vita sua. Le era piaciuto combattere; ed in quel momento l'adrenalina nel suo corpo la fece sentire felice ed euforica...avrebbe voluto subito affrontarne un altro!
“Sei stata bravissima...” disse Lily avvicinandosi, e la ragazza le sorrise per la prima volta.
La strega fece una mossa con la mano; come se al suo interno ci fosse stato qualcosa da spremere, e il vampiro divenne cenere.
Harris restò colpito, nella sua vita aveva avuto altre quattro cacciatrici, ma nessuna era stata così valida contro il primo vampiro.
La guardò meravigliato pensando che, un giorno, quella tormentata ragazzina dal carattere scontroso, sarebbe diventata fortissima.



Angolino di NaNa***
Nuovo capitolo: come sempre...Damon e Summer sulla solita altalena sentimentale, più un po' di passato della cacciatrice, sperando che non abbia appesantito la lettura^^
Sul fronte inglese qualcosa inizia a smuoversi, ma non gioite, la fine è lontanissima, quindi dovrete sopportarmi ancora per un po'^^
Un bacione a tutti quelli che mi stanno seguendo e, come sempre, grazie per essere arrivati fin qui^^
Alla prossima^^




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Capitolo 29
*** Ventinovesimo Capitolo ***



Boston, Ottobre 2004

Il signor Harris era un personaggio alquanto bizzarro.
Aveva sempre un aspetto curatissimo, ed era sempre vestito con un certo gusto. Ma adorava anche stare in pantofole, ed infilarsele era la prima cosa che faceva una volta tornato a casa. Quando usciva a volte dimenticava di infilarsi le scarpe, e solo arrivato fuori al vialetto se ne accorgeva; poi tornava indietro, e quando usciva per la seconda volta gli capitava di dimenticare qualcosa che prima aveva ricordato, come la borsa oppure il telefono. La sera amava strimpellare la chitarra, sia elettrica che acustica, oppure ascoltare della musica ad alto volume gustandosi del vino e fumando un sigaro.
Una sera Summer uscì dalla sua stanza e si sedette sulle scale per osservarlo. Harris stava cantando Street of Fire di Springsteen, suonandola con la chitarra elettrica ma, essendo lui intonato solo sulle note basse, quella canzone fu l'esibizione più inascoltabile a cui Summer avesse assistito fino a quel momento; ed in cinque mesi di convivenza di canzoni ne aveva ascoltate tante! Ad Harris piaceva anche la Lirica, e molte volte si stendeva sulla sdraio in veranda ed ascoltava intere opere ad alto volume, incurante delle lamentele dei vicini. 'Nessun Dorma' era la sua Area preferita, e la cantava con una tale enfasi, magari sollevando il bicchiere di vino e mettendo un piede su una sedia, che a volte Summer era costretta a sorridere suo malgrado.
Anche quella sera, senza accorgersene, gli stava sorridendo, e a canzone finita Harris notò la sua presenza.
“Di un po'...ti piacerebbe imparare a suonare la chitarra?” le domandò con entusiasmo.


*** ***


Poco dopo Summer lo raggiunse in salotto.
“Andiamo?” gli domandò con dolcezza. Si sentiva ancora in colpa per come l'aveva trattato in cucina, ed il fatto che il vampiro le avesse risparmiato le solite avance sessuali mattutine era la conferma del fatto che almeno un po' doveva essersela presa. Ma, in realtà, il fastidio di Damon era durato poco, in fondo l'aveva definito per quello che era, e lei dal canto suo non era altro che una distrazione; erano pari. Si sentì uno sciocco ad essersela presa per una cosa così stupida e soprattutto insignificante.
Si alzò, ed insieme a Summer si avviò verso la porta.


*** ***


L'aereo atterrò a Chicago la mattina seguente.
Più volte Stefan aveva tentato di domandare all'ibrido quali fossero i suoi nuovi piani, e altrettante volte Klaus aveva tergiversato per poi dirgli che sarebbe stata una divertente sorpresa.
In breve tempo arrivarono allo StarDust, il bar di Gloria.
A quell'ora del mattino il bar era deserto; c'era solo la strega che puliva il bancone.
Gloria li vide entrare “Klaus...Mi hai portato il Grimorio?” chiese con un'assoluta mancanza di entusiasmo.
“Diciamo che ho una piccola questione da risolvere per poterlo riavere...”
La strega lo guardò incuriosita, e fece cenno ad entrambi di sedersi.
“Sarebbe?”
Klaus le porse il ciondolo di Katherine.
“Voglio che tu faccia un incantesimo alla proprietaria di questo ciondolo...”
“Che tipo di incantesimo?”
Un ghigno comparve sul volto dell'ibrido.
“Voglio che tu...la renda...orripilante!”
Stefan e Gloria lo guardarono sbigottiti.
“Cosa?! Ho... capito bene...vuoi..vuoi che la renda brutta?” Gloria non poteva credere alle sue orecchie.
“Esattamente...ed anche alla svelta!”
Gloria annuì con titubanza. Non sarebbe stato un problema, ma di certo non si sarebbe mai aspettata una richiesta simile da un vampiro millenario; queste le sembravano più che altro vendette adolescenziali!


*** ***


Damon e Summer entrarono nella prima casa della mattinata.
La cacciatrice aveva portato con sé il suo portatile, e subito cercò una postazione per poterlo usare.
Lo sistemò sul tavolo della cucina e lo accese.
Visto che la sera era occupata a fare sesso con Damon, doveva necessariamente ottimizzare il tempo nelle varie case per cercare un'altra sistemazione.
“Cosa fai?” le chiese il vampiro poco dopo.
“Lo sai bene...devo cercare una casa...” disse con lo sguardo concentrato sul pc.
Il vampiro si avvicinò e glielo chiuse.
“Scordatelo!” asserì con decisione.
“Non facciamo altro che litigare Damon...” disse con rassegnazione.
“E con questo?”
“Come 'e con questo'?! Non possiamo stare sotto lo stesso tetto!” disse riaprendo il suo Laptop.
“Sono io quello che stamattina ha rischiato di bruciare! Dovrei essere io a non voler stare con te! Ma, come ti ho già spiegato, ne ho bisogno per distrarmi...pensavo di essere stato chiaro!” asserì spostando il computer ed appoggiando il fondo schiena al tavolo.
“Mi stai dicendo...che dovrei restare con te fino alla fine della missione?”
“Esattamente!”
“Ma lo sai che rischi di non sopravvivere, vero?”
“E' un rischio che sono disposto a correre...” le accarezzò il viso con il dorso della mano “soprattutto se continuerai a farmi le coccole...” continuò sbeffeggiandola ancora.
Lo sguardo della cacciatrice lo incenerì, e subito afferrò la sua mano per torcergliela.
Il vampiro grugnì leggermente dal dolore.
“Ok, chiariamo questa cosa una volta per tutte! E' stato un momento di debolezza in cui mi hai fatto pena! Tutto qui! Puoi infierire quanto vuoi, ma sappi che ogni volta che lo farai...sentirai dolore! A te la scelta!” disse lasciando la presa ed alzandosi.
“Questo tuo atteggiamento da 'cacciatrice forzuta e prepotente' inizia ad essere davvero stancante!” disse innervosito, mentre si teneva la mano dolorante con l'altra.
“Vogliamo parlare del tuo atteggiamento alla 'Io Tarzan, tu Jane'!? Non sono neanche libera di cercare casa perché, per qualche assurda ragione, hai deciso che devo sopportarti per tutta la durata della missione! Questo, è stancante!” urlò spazientita.
Il vampiro sorrise, in effetti non poteva negare che i suoi modi fossero da perfetto cavernicolo.
“Se io sono Tarzan di certo tu non sei Jane...” prese le guance della ragazza tra le mani schiacciandole delicatamente e infine arricciò il naso in una smorfia provocatoria “al massimo...sei una scimmietta dispettosa!” asserì con un tono dolce; in fondo si divertiva quando Summer perdeva le staffe!
La cacciatrice cercò di restare seria ed arrabbiata, ma non ce la fece proprio a trattenere la risata.
“Impalettati!*” gli disse ridendo, ma subito dopo le labbra del vampiro la colsero di sorpresa baciandola dolcemente.
“Stai - ricambiando - il bacio - di un estraneo!” farfugliò il vampiro tra un bacio e un altro.
La cacciatrice lo strinse con più forza a sé, come per cancellare ciò che gli aveva detto qualche ora prima.
Damon avvertì quella pressione contro il suo corpo e si sentì sollevato...e ancora una volta stupido. Perché gli importava tanto?
Ma di colpo Summer si allontanò dalle sue labbra spingendolo.
“No...no....non posso credere che sia successo davvero” mormorò preoccupata e sconvolta.
“Che ti prende?” il vampiro la guardò con aria confusa.
“Dobbiamo fare sesso! Subito!” rispose lei agitata.
“Ok...” rispose lui sbottonandole la camicetta. Se lo diceva lei!
“Non qui, vampiro mononeurone!” gli diede un piccolo schiaffetto sulla mano “Dobbiamo ritornare subito a casa!” continuò ancora più agitata,
Il vampiro non ci capiva niente.
“Potresti gentilmente spiegarmi!” fece ancora più confuso, e con un'evidente nota di fastidio nella voce.
La cacciatrice iniziò a camminare avanti e indietro in preda al nervosismo.
“Non possiamo darci un bacio... e basta! Cosa siamo? Dei fidanzatini liceali? Muoviti, dobbiamo andare!” disse trascinandolo per la mano.
“Aspetta un momento...quindi ora do-bbi-a-mo fare sesso...perchè non possiamo darci... un bacio... e basta?” domandò incredulo. Summer era sempre la solita pazza.
“Esattamente!”
Il vampiro ci ragionò per qualche istante.
“Ummm...No ....non tornerò a casa..” asserì con tono dispettoso.
“Vorrà dire che contravverrò alle mie regole e lo faremo qui!”
Per Summer era una cosa impensabile, non poteva essere successo davvero! Non potevano davvero essersi dati 'un bacio e basta', era inaudito!
Iniziò a sbottonargli la camicia, ma il vampiro la fermò.
“Ah, no, no, no,no,no! Ieri mi hai coccolato e oggi mi hai dato un bacio fine a sé stesso Summer...rassegnati! Dovrai vivere con il peso di questa vergogna!” la schernì con enfasi e visibilmente divertito.
“Stai scherzando spero!”
“Sono serissimo” adorava farla innervosire!
“Non riuscirai a resistermi!” asserì sicura di sé.
“Mettimi alla prova!” sussurrò divertito.


*** ***


In cinquecento anni di fuga Katherine aveva imparato che per non essere trovato dal tuo nemico devi stargli continuamente alle spalle. E così era solita fare con Klaus. Mentre lui sguinzagliava i suoi uomini chissà dove, lei era sempre nelle sue vicinanze e, appunto per questo, doppiamente allerta. Così, quando Klaus e Stefan partirono per Chicago, lei arrivò con il volo seguente. Aveva subito intuito che il vampiro sarebbe andato da Gloria; forse cercava un modo per fare a meno di quell'impolverato Grimorio.


*** ***


Il vampiro e la cacciatrice entrarono nell'ennesima casa.
“Allora?! Quando inizierai a sedurmi?” chiese il vampiro con i soliti modi snervanti.
“Sto aspettando che mi passi la rabbia!”
“...Ok, allora nel frattempo possiamo stabilire le condizioni...”
“Condizioni?”
“Se non riuscirai a portarmi a letto prima della mezza notte, quello sarà stato ufficialmente 'un bacio e basta', il che significa che potrò prenderti in giro per l'eternità, e tu dovrai sopprimere tutta la voglia di violenza che comporterà. Ci stai?”
Summer era allibita.
“...Ok Damon, ma se ci riesco, non solo non potrà essere considerato 'un bacio e basta', ma non potrai più neanche pronunciare la parola con la 'C', e se lo farai...sarò libera di torturarti con inaudita crudeltà. Ti sta bene?”
Damon ci ragionò un istante, poi, sicuro di vincere, accettò.
“Perfetto, abbiamo un accordo! Ma...rinfrescami la memoria...qual è la parola con la 'C'...Ah, sì, giusto, ti riferisci alle Co-cco-le che mi hai fatto ieri sera...che smemorato...” asserì facendole uno dei suoi classici sorrisi provocatori.
Summer lo guardò con un'espressione omicida e Damon, continuando a sorriderle con impertinenza, si allontanò per andarsene nel salotto.
Poco dopo la cacciatrice lo raggiunse, e lo vide come al suo solito disteso sul divano con un bicchiere di scotch in mano, noncurante del fatto che fosse ancora mattina.
Summer aveva riflettuto sul da farsi, il suo abbigliamento quella mattina giocava in suo favore; una camicetta a maniche lunghe viola ed una minigonna di jeans davvero molto corta.
Si avvicinò al vampiro con sicurezza e poi lasciò cadere un piccolissimo pezzetto si stoffa rosa sul suo petto.
Il vampiro prese quel piccolo indumento e lo osservò con sospetto.
“Non ci casco...non sono tue... le avrai prese in qualche cassetto...” affermò con sicurezza. Tra le sue mani c'era un piccolo tanga rosa merlettato.
La cacciatrice si abbassò verso di lui mettendo le mani sul divano e mostrandogli la scollatura che aveva preventivamente accentuato.
“Perché non verifichi tu stesso...” sussurrò sfidandolo.
Il vampiro, convinto che stesse bluffando, fece salire dolcemente le punte delle sue dita dall'interno coscia fino al 'luogo del delitto' e, quando appurò la veridicità delle parole di Summer, ritirò subito la mano.
“Vedo che non perdi tempo...” disse lui sentendosi a disagio; quella scollatura e la consapevolezza che lei fosse senza mutandine non erano nemici facili da affrontare!
La cacciatrice gli sorrise diabolicamente e si rimise dritta.
“Non credere che basti questo giochetto a farmi cedere...” asserì sicuro.
“E queste...sono prigioniere di guerra!” continuò infilandosi le mutandine in tasca.
La cacciatrice sorrise ancora e si andò a sedere su un divano dove lui potesse osservarla bene. Prese una rivista da sopra al tavolino e poi accavallò le gambe con sensualità “Hai ragione Damon...sono stata una sciocca a pensare che sarebbe bastato così poco...” disse con una calmissima ironia; glielo leggeva in faccia che avrebbe ceduto.
Il vampiro continuava a fingere indifferenza, ma l'occhio continuava a cadergli dove non doveva cadere!
Se quella mattina avessero fatto sesso probabilmente sarebbe stato più facile resistere, invece quella gli sembrava una vera e propria tortura!
Summer sfogliava distrattamente le pagine del giornale, mentre nella testa del vampiro il pensiero che lei fosse senza mutandine si faceva sempre più invadente.
Si alzò per andare in un'altra stanza, e appena lasciò il salotto un sorriso perfido e divertito comparve sul volto di Summer.


*** ***


Katherine viaggiava sempre e solo con il bagaglio a mano e quindi, in ogni luogo in cui andava, faceva razzie nelle più lussuose boutique.
Quella mattina i negozi di Chicago non furono risparmiati, e Katherine passeggiava ispezionando con attenzione le vetrine, ma senza abbassare la guardia neanche per un secondo.
Camminava con la solita andatura sicura, e quando le passò accanto un ragazzo di notevole bellezza subito azzardò un'audace sorriso, ma lui si limitò a farle uno sguardo stranito.
La vampira fece una smorfia infastidita; probabilmente era un noiosissimo ragazzo fidanzato e fedele.
Si soffermò fuori ad una vetrina che catturò la sua attenzione, e subito decise di entrare.
Immediatamente le si avvicinò una zelante commessa.
“Posso aiutarla?” le chiese con cortesia.
“Seguimi...” sussurrò la vampira ipotizzandola.
Katherine si aggirò per il negozio dando tutto ciò le interessava alla commessa e, quando la quantità di vestiti arrivò alle spalle della ragazza, le disse di portare tutto nello spogliatoio.
La commessa sistemò con cura ogni cosa nella cabina e poi la lasciò per far entrare Katherine.
La vampira si tolse la maglia distrattamente, ma qualcosa catturò la sua attenzione. Era lo specchio. Quando si rivoltò per guardarsi il suo cuore si arrestò per un istante. Non poteva essere sua quell'immagine riflessa! Doveva esserci un errore!
Mosse un po' il braccio incredula...era proprio lei!
Un urlo le uscì dalle labbra e subito la commessa accorse in suo aiuto.
“Va fuori!” le ordinò la vampira.
Non poteva credere ai suoi occhi. I lucenti capelli erano diventati una massa crespa e se li toccò per capire se lo specchio stesse davvero riflettendo la realtà, ma il tatto non poteva ingannarla.
Si toccò il viso; le sue sopracciglia erano diventate folte e molto ravvicinate; l'occhio sinistro era eccessivamente strabico; il volume del naso era raddoppiato; le labbra erano rimaste pressoché identiche, ma dei vistosi peli erano cresciuti agli angoli; sul mento le era comparso un orribile neo, ed anche se i vestiti che indossava continuavano ad essere della sua taglia, qualcosa era visibilmente peggiorato anche nelle sue forme.
Non poteva credere ai suoi occhi e soprattutto non riusciva a capire cosa le fosse successo, ma poi un semplice calcolo matematico venne in suo soccorso; Klaus più Gloria, equivalevano a quell'orribile immagine riflessa allo specchio! Non poteva essere diversamente!




Angolino di NaNa***

* il termine corretto ovviamente è "impalati!", però non rendeva la stessa idea xD
Eniwuei xD eccomi di nuovo qui^^ Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio:
In primis: le dolcissime ragazze che recensiscono, cosa farei senza di voi?!*.*
Chi mette questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite è anche questa una cosa che mi fa molto molto piacere *.* e tutti quelli che (citando il capitolo) mi seguono e basta! xD un bacione a tutti.
Alla prossima***





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Capitolo 30
*** Trentesimo Capitolo ***




Katherine uscì dal negozio con un'espressione di rabbia mista ad avvilimento. Prese il telefono dalla borsa e subito chiamò Stefan.
“E' lì con te?” chiese non appena il vampiro accettò la chiamata.
Stefan si trovava ancora nel bar con Klaus e Gloria, e quando il suo telefono squillò l'ibrido l'osservò con attenzione e curiosità.
Stefan non avrebbe voluto passarglielo; aveva paura che Katherine fosse subito disposta a dargli il Grimorio, ma in quel momento l'espressione sospettosa di Klaus non gli lasciò molta scelta.
“Intendi Klaus...sì è qui”
“Passamelo!”
L'ibrido, che già stava ascoltando ogni cosa, sorrise divertito e prese il telefono dalla mano di Stefan.
“Katherine... a cosa dobbiamo il piacere di questa telefonata?” disse con la sua solita e pungente ironia.
“Non giocare all'ignaro Klaus...so che ci sei tu dietro quello che mi è successo! E devo dire che proprio non mi aspettavo un colpo così basso da un vampiro millenario... a quanto vedo l'influsso generazionale colpisce anche voi originari”
“Anche un vampiro millenario deve adeguarsi ai tempi mia cara Katherine... ed oggi la bellezza è preziosa quanto l'oro. Non trovi?”
“Non credere di avermi in pugno Klaus, ho mille risorse...”
“Ahh questo lo so benissimo... Ma quando le tue risorse si esauriranno, sentiti pure libera di richiamare...sono favorevole alle trattative...”
Il vampiro sorrise e pose fine alla chiamata.
Katherine non gli credeva. Lo conosceva fin troppo bene per sapere che lui non era il tipo da negoziazioni: per Klaus ogni cosa gli era dovuta.
Noleggiò subito un'auto; ad ovest del Lago Michigan c'era una persona che poteva aiutarla.


*** ***


Summer raggiunse Damon in quella che probabilmente era la camera della figlia dei Butler. Lo trovò a leggere con attenzione le pagine di un diario rosa.
“Vedo che non ti stanchi proprio mai di invadere la privacy degli altri...”
“Ho una coinquilina molto riservata...devo soddisfare la mia curiosità in altri modi... e questa Ashley è una vera sgualdrinella...qui dentro c'è dell'ottimo materiale!” disse sedendosi sul letto poggiando le spalle allo schienale.
La cacciatrice si mise a cavalcioni su di lui prendendo il diario e buttandolo a terra.
Il vampiro dovette nuovamente fare i conti col fatto che lei non portasse le mutandine e si sentì avvampare.
“Migliore del nostro?...” bisbigliò al suo orecchio prima di iniziare a baciargli il collo.
“Il nostro è imbattibile..” disse afferrandola per i fianchi e godendosi  la sua vicinanza. Come sempre la cacciatrice aveva un ascendente immenso su di lui, e il suo corpo reagiva infischiandosene della sua volontà; ma con determinazione approfittò di quella presa per posizionarla sotto di lui.
Summer sorrise convinta di aver già vinto, ma il vampiro portò le sue gambe sulle spalle.
Prese le mutandine che aveva in tasca e, con estrema sensualità, gliele rimise.
“...Ma quella di oggi è una pagina che resterà bianca...” le sussurrò con presunzione prima di alzarsi.
Summer sorrise, il fatto che fosse combattivo era una delle cose che stava iniziando ad adorare di lui, ma essere rifiutata in quel modo per lei era intollerabile! Decise che avrebbe giocato solo un'altra carta, e avrebbe aspettato la sera per scoprirla.
“Sai Damon...penso che per adesso mi concentrerò solo sul medaglione...” disse alzandosi e lasciando la stanza. Damon restò sorpreso, ma subito capì che la cacciatrice aveva in mente qualcosa.


*** ***


Katherine si recò in una piccola cittadina sul Lago Michigan. Lì conosceva Amanda, una potente strega che le doveva un favore.
Bussò alla sua porta con nervosismo, e quando la donna aprì, com'era prevedibile, non la riconobbe.
“Posso esserle d'aiuto?” chiese gentilmente.
Amanda era una donna di mezz'età, dai capelli biondi e l'aspetto molto curato.
“Sono Katherine...” disse con acidità.
“Non credo di conoscerla...” asserì con incertezza: quella voce le sembrava familiare.
“Katherine Pierce...” ammise a denti stretti.
La donna la guardò sbigottita, ma subito capì che quell'aspetto era frutto di un incantesimo.
“Entra...” le disse osservandola ancora con stupore.
“Il motivo della tua visita mi sembra ovvio...” continuò la strega facendola accomodare.
“E' stata Gloria...” disse la vampira.
Amanda si sedette accanto a lei.
“Sai che non sono forte quanto lei...” ammise subito: non poteva aiutarla.
“Mi devi un favore Amanda...lo sai bene” asserì col solito tono minaccioso
La strega si ricordò di quando, una decina d'anni prima, Katharine aveva trasformato suo figlio in un vampiro. Adam aveva una rara forma di cancro al Pancreas, e la magia poteva solo alleviare i suoi sintomi, ma non curarlo; sarebbe morto nel giro di un anno se Katherine non avesse accettato la sua richiesta.
Per la vampira non fu un problema esaudire quel desiderio; sapeva quanto potesse essere utile avere un conto in sospeso con una strega.
“Lo so bene Katherine...ma spezzare un incantesimo di Gloria non è un compito alla mia portata...” ammise con onestà. In fondo, anche Amanda voleva liberarsi del debito che aveva nei confronti della vampira. Sapeva che di lei non ci si poteva fidare.
Katherine si alzò ed iniziò a camminare nervosamente per la stanza.
Quello che diceva Amanda era vero; Gloria era una delle streghe più potenti al mondo, non a caso era al servizio di Klaus.
“Perché ti ha fatto questo?”
“Non è stata una sua idea...diciamo... che ha ricevuto l'ordine da un nemico di vecchia data. E, proprio per questo motivo, non posso avvicinarmi a lei in questo momento, devo risolvere la questione in un altro modo”
“Non c'è un altro modo Katherine... anche se volessi provarci, avrei comunque bisogno del suo Grimorio ...”
La vampira sorrise con avvilimento; Klaus l'avrebbe sorvegliata ventiquattro ore su ventiquattro, sarebbe stato impossibile recuperare il Grimorio. Tanto valeva affrontarlo direttamente!
“Beh...almeno un po' di verbena non puoi negarmela...”
La strega annuì; il debito con Katherine sarebbe stato saldato un'altra volta.


*** ***


Damon era sorpreso del fatto che Summer avesse gettato la spugna. Non era da lei! E non poteva negare che l'idea di essere sedotto gli piaceva, anche se poteva seriamente rischiare di perdere.
Era la quarta casa che visitavano, e la cacciatrice non aveva prestato al vampiro nessuna particolare attenzione.
“Ti sei già arresa?” domandò prendendola per i fianchi.
“La giornata è lunga Damon...per adesso voglio concentrarmi solo sulla missione...” disse staccandosi da quella presa.
“Giusto! Prima il dovere e poi il piacere... sempre che tu riesca ad ottenerlo...ovviamente” disse con la solita sicurezza di sé.
La cacciatrice gli sorrise senza ribattere, poi lo ignorò per tutto il tempo.


*** ***


Katherine aveva nuovamente chiamato Stefan, ma questa volta fu direttamente l'ibrido a rispondere mettendola in vivavoce.
“Allora Katherine...hai già esaurito le tue risorse?”
“Cosa vuoi Klaus?” chiese conoscendo già la risposta.
“Il Grimorio che hai ben pensato di rubarmi...“
“Chi mi assicura che mi farai ritornare normale?”
Klaus fece cenno a Gloria di parlare.
“Te lo assicuro io …quando Klaus toccherà ciò che vuole da te, ritornerai come prima” intervenne la strega. Intanto Stefan osservava la scena con preoccupazione; Klaus era prossimo a scoprire la verità!
La vampira ci ragionò ancora per qualche secondo.
“Mi servono un paio di giorni per recuperarlo...”
“Non uno di più!” disse l'ibrido agganciando la chiamata.


*** ***


Direi che per oggi più bastare...” disse Summer alla quindicesima casa.
“Allora...adesso cosa farai? Sfodererai un altro po' di biancheria intima?” chiese il vampiro, mentre lasciavano l'abitazione.
Summer gli sfiorò il petto con sensualità.
“Perché non vai a bere qualcosa al Grill...così avrò il tempo di farmi bella per te!...” asserì con una subdola malizia, contornata dall'ironia più sfacciata.
“Ummm...e quanti giorni ti occorrono esattamente?” come sempre il suo hobby preferito era farla innervosire.
Quella carezza sul petto si trasformò in una gomitata nello stomaco.
“Ok...almeno spero che ne valga la pena...” asserì il vampiro con voce lievemente soffocata.


*** ***


Alaric vide Damon seduto al bancone e si avvicinò sedendosi accanto a lui.
Il vampiro lo guardò per un secondo senza dire una parola.
“Non è finita Damon...”
“A cosa ti riferisci?”
“A Blair...”
“Non può essere sopravvissuta! E' impossibile!” al vampiro stava andando il drink di traverso.
“Infatti è definitivamente morta...puoi stare tranquillo...”
“Bene...perché altrimenti questa volta le avrei dato fuoco!... Di cosa parli?”
“Quando sono andato all'ospedale...”
“Per complottare contro di me...” intervenne subito con risentita ironia.
Alaric sorrise.
“Per complottare contro di te...mi ha detto che se lei fosse morta sarebbe venuto qualcuno a vendicarla...” asserì con serietà.
Damon bevve il resto dello scotch tutto in un sorso.
“Beh...questo qualcuno dovrà mettersi in fila!” Damon non era per nulla preoccupato. Avere dei nemici per lui era ordinaria amministrazione.
Il vampiro si alzò e Alaric gli sorrise
“Beh è fortunato allora...perché si è appena liberato un posto!” disse facendogli capire che per lui era acqua passata.
Damon sorrise a mezze labbra.
“Questo giro te lo offro io” lo stesso valeva per lui, così lasciò i soldi sul bancone per offrirgli il drink, e poi si allontanò per ritornare a casa.


*** ***


Damon entrò in casa senza la minima idea su cosa aspettarsi, ma lo divertiva il pensiero della scommessa e di come avrebbe preso in giro Summer quando avrebbe perso.
Il salotto era vuoto e così anche la cucina.
Andò in camera sua e la trovò seduta sul letto. La stanza era buia ed illuminata da tante piccole candele. Lei indossava un piccolo Babydoll nero di un tessuto velato e trasparente.
“Candele?...E' questa la tua arma segreta?” disse chiudendosi la porta alle spalle.
La cacciatrice si alzò e si avvicinò a lui. Mise tutti i capelli su una spalla ed appoggiò la schiena al suo petto. Damon divenne subito nervoso.
“Cosa significa?”
“Che puoi mordermi...” sussurrò dandogli maggiormente il collo e portandosi le mani di Damon sul ventre.
Il sangue delle cacciatrici era qualcosa di sublime per un vampiro. Amplificava ogni sensazione e dava un forte senso di piacere e, su un vampiro relativamente giovane come Damon, che sicuramente non l'aveva mai assaggiato, avrebbe avuto l'effetto che Summer sperava.
Il vampiro esitò per qualche minuto sul suo collo incerto sul da farsi.
Damon aveva sentito parecchie storie riguardo a quel sangue. Si diceva che aveva un sapore diverso...che dava delle strane e forti sensazioni. Non avrebbe mai pensato di trovarsi un giorno in una situazione simile, con l'opportunità di poterlo bere. Solo non capiva perché fosse l'arma segreta di Summer. Sangue e sesso per un vampiro è un piacevole connubio, che però può essere tranquillamente scisso.
“Allora?...” chiese la cacciatrice aspettando che la mordesse.
Il vampiro fece uscire i suoi canini e si avvicinò ancora di più alla pelle della ragazza, poi, dopo ancora un attimo di esitazione, li fece affondare nella sua carne.
Il vampiro avvertì immediatamente un sapore diverso; più intenso. Subito ogni senso si acutizzò. Quell'attimo sembrò vissuto a rallentatore e i gemiti di Summer gli entrarono nella testa stordendolo.
Sentì ogni fibra del suo corpo attivarsi ed ogni emozione si amplificò, soprattutto quella che più gli premeva in quel momento: l'eccitazione.
Il desiderio si impossessò di lui come una lieve corrente elettrica che gli attraversava il corpo. Scaraventò Summer sul letto posizionandosi tra le sue gambe e si attaccò nuovamente al suo collo con una fame insaziabile.
Summer aveva previsto ogni attimo di quella reazione, ma aveva tralasciato l'effetto che avrebbe avuto su di lei. Il dolore era qualcosa di irrisorio, ma ciò che la colpì e la turbò fu l'espressione di Damon. Vederselo addosso trasformato in vampiro la infastidì facendola sentire stupida. Tutto di quella faccenda le sembrò stupida, ed il suo orgoglio faceva da capofila.
Era arrivata a tanto solo per non sentirsi ripetere più da Damon che l'aveva coccolato; la infastidiva troppo il pensiero di essere stata tenera con lui, e dentro di sé si ripeteva che non ne capiva il perché, quando in realtà lo sapeva benissimo: le era piaciuto. Ma, adesso che Damon era su di lei a toccarla affamato di sesso e sangue, sentiva solo una sensazione di angoscia e di disgusto.
"Basta, Damon. Fermati!" disse con voce scossa, ma il vampiro non l'ascoltò continuando a toccarla e a nutrirsi di lei con maggiore veemenza.
Summer lo allontanò dandogli una spinta e, dopo averlo guardato con amarezza, con calma si avviò verso la sua stanza. Damon restò immobile con il respiro affannato. Doveva smaltire tutte quelle sensazioni prima di dire o fare qualsiasi cosa. Ma, quando la vide allontanarsi, il sangue che aveva ancora in circolo amplificò quell'attimo stringendogli il petto e togliendogli il respiro.


*** ***


Summer prese della garza dal mobiletto del suo bagno e poi si andò a sedere sul letto premendosela contro la ferita.
Dopo qualche minuto Damon bussò alla sua porta ed entrò.
Fu sorpreso nel vedere Summer che gli sorrideva.
“Pensavo che sarei riuscito a controllarmi. Non volevo...” disse seriamente rammaricato.
“Damon, sono stata io a volerlo...non devi preoccuparti...” lo interruppe dolcemente, ma con un velo d'amarezza sul volto. Damon restò sorpreso dai suoi toni tranquilli... privi della solita combattività.
“Beh..Non posso biasimarti: se avessi vinto sarei stato una vera seccatura!” asserì scherzosamente sedendosi accanto a lei.
“Beh...fai pure del tuo peggio Damon...perché hai vinto...” ammise con voce dolce.
Il vampiro prese la garza dalla mano di Summer e gliela appoggiò sul collo con una leggera pressione. Lei lo lasciò fare, sorprendendosi di tutta quell'apprensione.
“No Summer...non ho vinto..." fece una lunga pausa guardandola intensamente "Perché non vedo l'ora di perdere...” sussurrò caricando quelle parole di desiderio. Gli occhi caddero sulle sue labbra, e le bramò con lo stesso fervore di prima ma più controllato.



Lay it Down - Aerosmith


Ruby red... her lips were on fire
Do me with a kiss if you please
Tell me what your sweet heart desires
Tell me how you want it to be

'Cause if it's love you want
Then you won't mind a little tenderness
That sometimes is so hard to find ♫




“Rosso rubino...le sue labbra erano in fiamme
Dammele con un bacio per favore
Dimmi che cosa desidera il tuo dolce cuore
Dimmi come vuoi che sia

Perché se è l'amore ciò che desideri
Allora non mente un po 'di tenerezza
Che a volte è così difficile da trovare”



Summer sorrise. Non si aspettava una simile ammissione.
Avvicinò le labbra a quelle del vampiro e gli diede un piccolo e dolce bacio.
“Questo... era fine a sé stesso...” sussurrò subito dopo.
Il vampiro sorrise.
“Allora... ce ne vorrà un altro per farmi perdere” asserì con un tono scherzoso e allusivo.



Tell me how you feel when we make love
Tell me is it real or just make believe
You will never know what you are made of
'Til you open up your heart to receive
'Cause if the love you got is that same old crime
We're talkin''bout tenderness that's so hard to find
And I'm here to remind you ♫




“Dimmi come ti senti quando facciamo l'amore
Dimmi che è vero o solo finzione
Tu non saprai mai di cosa sei fatto
fino a quando non aprirai il tuo cuore per ricevere
Perché se l'amore che hai è lo stesso vecchio crimine
Stiamo parlando di tenerezza che è così difficile da trovare
E io sono qui per ricordartelo”




Summer lo baciò facendolo sdraiare, e subito le mani del vampiro l'accarezzarono con passione e dolcezza, liberando il suo corpo da quella stoffa velata.
Quando Damon la vide completamente nuda i suoi pensieri confermarono le sue parole; non avrebbe potuto resistere ancora a lungo.

♫ Lay it down
Make it alright
Lay it down
I'll hold you so tight ♫


Summer gliela aveva data ufficiosamente vinta dandogli quel piccolo 'bacio fine a sé stesso', ma alle undici e tredici minuti il vampiro aveva ufficialmente perso...e ad entrambi andava bene così.





Angolino di NaNa***
Ciao a tutti^^
Che cosa strana arrivare al 30esimo capitolo - quello che più o meno aveva stabilito per la fine della fic - e capire invece di avere ancora tanto da scrivere o.O ….ma quanto cavolo mi verrà lunga questa storia xD
Cmq vi comunico che per me i tempi sono maturi...Summer e Damon finalmente stanno per capire di essere... (rullo di tamburi).....AMICI!!!^^
Eh sì^^ quei due si stanno legando ma, Damon considera ancora Summer la sua distrazione e Summer, invece, lo considera ancora il vampiro belloccio da *Bip.
Ma qualcosa sta per cambiare...o meglio...stanno per succedere i casini xD
Ma basta con gli spoiler...come sempre ringrazio tutti e spero che il capitolo sia piaciuto^^ e che soprattutto Damon non sia risultato ooc.
Un bacione...alla prossima!!!







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Capitolo 31
*** Trentunesimo Capitolo ***





A differenza di ciò che credeva Klaus, il prezioso Grimorio era ancora custodito nel cimitero di HighGate.
Katherine l'aveva semplicemente spostato in un'altra cripta nel lato Est; era sempre stata del parere che le cose sotto al naso sono quelle maggiormente introvabili, così aveva preferito lasciarlo lì, perché era sicura che il vampiro l'avrebbe cercato nei luoghi più disparati e lontani.
La vampira aveva affrontato il viaggio con un forte senso di disagio. Non era facile per lei, che era sempre stata bellissima, trovarsi nei panni di una donna che era il contrario figurato dell'avvenenza.
Katherine aveva un vizio, si specchiava in ogni dove; ogni superficie in grado di riflettere la sua immagine aveva sempre avuto la sua attenzione, anche per un solo secondo. Adesso, invece, la vampira evitava volutamente ogni cosa che riflettesse il suo nuovo e orripilante aspetto.
Durante il volo che l'avrebbe ricondotta a Londra pensò al da farsi, ed ogni piano le sembrò privo di una via d'uscita.
Aveva pensato di rivelare a Klaus il luogo del nuovo nascondiglio ma, conoscendolo, avrebbe comunque preteso che fosse andata lei stessa a recuperarlo.
Il secondo piano prevedeva di far consegnare il Grimorio da un umano soggiogato, ma sicuramente Klaus se lo sarebbe preso senza restituirle la sua bellezza. Il vampiro era un uomo di parola: se lei glielo avesse portato di persona avrebbe mantenuto il patto facendola ritornare come prima, ma se avesse escogitato un qualsiasi modo per evitarlo si sarebbe indispettito prolungandole quell'agonia. La conoscenza del modus operandi dell'ibrido, acquisita in cinquecento anni di fuga, era l'unica cosa che per adesso giocava in suo favore. Quindi decise che sarebbe stata lei in persona a consegnarglielo, anche se non aveva la minima idea di cosa sarebbe successo dopo.


*** ***


Quando la passione giunse al termine, Summer e Damon sciolsero il loro abbraccio per smaltire separatamente il proprio piacere, e come sempre si trovarono ognuno dalla sua parte del letto, ansanti e immersi nei propri pensieri. Il momento successivo all'intimità non prevedeva coccole, ed il vampiro ne era sempre più infastidito; non perché le volesse, ma perché ciò accadeva proprio in quel particolare lasso di tempo in cui lui prendeva maggiormente contatto con sé stesso, e soprattutto con il fatto di non avere al suo fianco la donna che amava; era il momento in cui aveva maggiormente bisogno di una distrazione, ed invece Summer si trasformava in un agglomerato di cubetti di ghiaccio.
La cacciatrice si girò sul fianco dandogli le spalle.
“Perché non sei ancora in camera tua?!...” disse con voce assonnata. Le palpebre iniziavano a sfuggire al suo controllo e Summer voleva essere lasciata in pace.
Il vampiro la guardò allibito.
“Ma non avevamo dato via libera ai baci privi di finalità sessuali? … Dov'è il mio bacio della buona notte?”chiese con il solito tono indisponente.
“L'unica via libera è quella che conduce alla porta Damon...” rispose senza scomporsi; aveva trovato la posizione giusta per dormire, non l'avrebbe mai abbandonata per battibeccare col vampiro!
Damon era ancora più allibito, come al solito Summer lo trattava come una prostituta! Anche lui era freddo e distaccato ma non raggiungeva quei livelli neanche con le ragazze che soggiogava...perfino Caroline aveva avuto il privilegio di ricevere due coccole insignificanti!
“Non mi va di alzarmi...Stanotte dormo qui!” impose con impertinenza.
“Scordatelo...e non costringermi ad usare la violenza...” rispose con voce ancora più assonnata e quasi soffocata nel cuscino, ma, quando sentì il vampiro muoversi per sistemarsi meglio sotto la coperta, capì a malincuore di dover rinunciare a quel dolce attimo che la stava conducendo delicatamente tra le braccia di Morfeo.
Il vampiro la ignorò sfacciatamente, e lei si alzò con lentezza mettendosi a sedere.
“Damon... sarò rapida e concisa: noi non dormiremo insieme, né ora né mai! Quindi alzati e vattene, prima che mi ritornino le forze e ti infilzi con la prima cosa di legno appuntita che mi capiti a tiro!” asserì con una placidità che incuteva timore.
Il vampiro si mise a sedere stizzito.
“Mi dici che diavolo di problema hai?” domandò con voce dura.
Summer ci ragionò. Non voleva litigare, così disse semplicemente la verità, senza contornarla di offese e minacce.
“Non ho nessun problema Damon...semplicemente...trovo che sia una cosa intima...e...non mi va di farla con te...” ammise con titubanza: non poteva confessargli la vera motivazione che si celava dietro quella negazione.
Il vampiro fece un sorriso meccanico per attutire il colpo. Sì sentì infastidito più che ferito, ma subito capì di non poterla biasimare: se per lei era una cosa di una certa importanza non era giusto insistere. Lui non aveva mai dato considerazione al fatto di dormire nello stesso letto: era una semplice comodità logistica. Nella sua lunga vita aveva dormito con molte donne; anche Andie si era fermata spesso per la notte. L'unica con cui non aveva mai dormito era Katherine. Lei aveva sempre passato la notte con Stefan, e in quel momento le parole di Summer aggiunsero una nuova sfumatura a quei ricordi. Anche per Katherine, evidentemente, rappresentava un gesto intimo che non aveva voluto condividere con lui. Ed erano considerazioni che facevano male anche ora che non era più innamorato di lei, perché gli ricordavano quanto fosse amara la vita dell'eterno secondo e quanto fosse ancora più dura da accettare adesso che era secondo per la seconda volta.
Annuì e si alzò.
“Come ti pare...” disse per poi raggiungere la porta e chiudersela alle spalle.
Summer non sapeva come interpretare quella resa. Per un attimo ebbe il timore di essere stata troppo dura, ma subito si discolpò. Damon era innamorato di un'altra donna, quindi era giusto che lei mantenesse le distanze. Non poteva rischiare di affezionarsi. Loro due non avrebbero mai dormito insieme, pensò.


*** ***


Katherine raggiunse il cimitero di HighGate e subito raggiunse l'ala Est. Lì, in una piccola cripta di proprietà di una famiglia chiamata Farrel, spostò una bara di marmo, poi sollevò una mattonella e prelevò il Grimorio. Katherine cambiava nascondiglio ogni dieci anni, ma era rimasto in quel cimitero per più di duecento; doveva essere la chiave per riottenere la sua libertà ed invece sarebbe servito a ridarle il suo aspetto: l'ultima cosa da perdere che le restava.


*** ***


Damon si svegliò a causa di un intenso aroma che gli arrivò alle narici.
Si girò dalla parte della finestra, ma la luce del sole gli entrò prepotentemente negli occhi. Si rigirò nuovamente, e accanto a lui notò qualcosa di strano. Era Summer, seduta con le spalle poggiate allo schienale e le gambe distese e incrociate.
Il vampiro alzò la schiena sostenendosi con i gomiti, poi aprì e chiuse le palpebre con forza per far adattare gli occhi alla luce.
“Sei davvero incoerente Summer...Prima mi cacci dal tuo letto e poi vieni a reclamare del sesso mattutino...” disse con voce ancora assonnata mettendosi sul fianco con il gomito piegato e la mano a sostegno della testa.
“Ma non preoccuparti...non te lo negherò...” con il suo solito modo di fare sexy e presuntuoso le accarezzò la gamba partendo dal ginocchio.
Summer lo guardò in malo modo, poi prese una tazza di caffè che aveva in precedenza sistemato sul comodino e gliela porse con un gesto meccanico e stizzito.
Il vampiro la prese sorprendendosi. Summer gli aveva portato il caffè a letto: aveva per caso battuto la testa?
“Sai Damon...mi stavo proprio chiedendo perché non sono mai gentile nei tuoi confronti...grazie per avermelo ricordato!” disse stizzita alzandosi, ma il vampiro poggiò la tazza sul comodino e le afferrò il polso trascinandosela affianco.
Le accarezzò nuovamente la gamba fino ad arrivare al nodo della vestaglia, e lo slacciò con calma scoprendo il suo corpo con altrettanta lentezza, poi guardò quel Babydoll rosa e celeste con un magnetismo che la fece trasalire.
Summer lo desiderava ogni volta con la stessa intensità con cui lo detestava, e si odiava immensamente quando si sentiva impotente e schiava di quell'attrazione troppo forte per essere fronteggiata.
“Faremo tardi...” sussurrò con un filo di voce corrotto dal piacere che gli procuravano i baci che Damon stava dando al suo collo.
“Avresti dovuto pensarci prima...” mormorò lui scoprendole il seno e accogliendolo delicatamente nella mano.


*** ***


Caroline velocizzò umanamente il passo per raggiungere Bonnie ed Elena che stavano vicino all'ingresso della scuola.
“Sono una persona orribile!” esordì non appena le raggiunse.
“Perché dici questo?” chiese Bonnie.
“Oggi pomeriggio ci sarà il funerale della zia del mio ragazzo, ed io non potrò stargli accanto perché sono impegnata con i preparativi della festa di sabato!...Sono una persona orribile!...Un'ottima organizzatrice di feste...ma una persona orribile!”
“Non può sostituirti nessuno?” chiese Elena, divertita dai soliti teatrini dell'amica.
“Se mi facessi sostituire, ogni cosa che ho pianificato per due mesi verrebbe annientato dall'incompetenza altrui!” calmò il tono della sua voce “...Ma... è l'unica soluzione...non posso lasciare Ty da solo, Blair era l'ultimo parente che gli restava oltre sua madre...” disse con dispiacere.
“Facciamo così, perché non ti fai sostituire da noi...ti assicuro che seguirò le tue direttive alla lettera in ogni inutile ed eccessivo dettaglio! Per te va bene Elena?” intervenne Bonnie con la sua solita disponibilità.
“Per me non ci sono problemi, ti aiuto volentieri, e ti assicuro anch'io di non interferire in nessun modo con le tue decisioni sul tema, sulla musica...e... tutto quello che ha progettato la tua mente iperattiva!”
“Ragazze...questa è musica per le mie orecchie! Vi adoro!” disse con entusiasmo abbracciandole.
“Allora nella pausa pranzo vi preparerò dei grafici con tutte le cose da fare... mi raccomando voglio essere aggiornata di continuo e dovrete...” disse con velocità, mentre si avviavano, ma Elena la interruppe.
“Caroline come sta Tyler?” domandò con apprensione.
La vampira ritornò subito seria.
“Arrabbiato...sta bene, ma è arrabbiato...”
“Mi dispiace tanto...sento che è tutta colpa mia...” disse Elena ripensando a quella sera a casa dei Lockwood: forse erano state proprio le sue parole ad istigare Damon contro Blair, quel 'ti aiuterebbe a mantenere il controllo' era stato il fuoco alla dinamite, pensò.
“Non devi dirlo neanche per scherzo Elena, la colpa è di Damon...come sempre!” intervenne Bonnie.
La vampira annuì dolcemente dando ragione alla strega. Entrambe condividevano lo stesso pensiero: Elena non doveva sentirsi in colpa per le malefatte di Damon, non era giusto!


*** ***


In casa Trinner, Damon e Summer cercavano come sempre di far trascorre il tempo. Summer si mise a rovistare nella libreria in cerca di qualche testo interessante, mentre Damon si mise a rovistare nel mobile bar in cerca di qualche annata interessante, ma trovò solo del Bourbon scadente. Se ne versò comunque un bicchiere.
“Sai...il tuo fondo schiena e l'alcool sono le cose che più mi danno la forza di sopportarti...” ammise teatralmente prima di bere.
“Questa è bella...saresti TU a sopportare ME...”asserì lei allibita.
“Ovvio!...sei tu ad essere isterica, manesca e fredda quanto la Groenlandia...anche se ieri...mi sei sembrata... dolce...devo dire che quel tuo bacio fine a sé stesso è stato davvero piacevole...” asserì con un'ironia finalizzata a far esplodere la sua rabbia. Per Damon far innervosire Summer era ciò che faceva scorrere velocemente il tempo!
“Stai camminando su un terreno minato Damon...” rispose con una calma omicida. Sapeva che l'avrebbe fatta pentire di quel gesto! Era sicura che sarebbe successo!
“Ho semplicemente riportato i fatti così come sono accaduti.... E devo dire che sono un po' turbato...temo... che tu ti stia innamorando di me...il che sarebbe più che comprensibile... Ma vorrei che le cose fossero chiare Summer...io sarò sempre e solo un dotato, esperto e piacevole intrattenimento sessuale...nient'altro...”disse con enfatica e ironica costernazione, spostandole una ciocca di capelli dal viso.
Summer lo guardò allibita ma anche visibilmente divertita, ed infatti le uscì una sonora e spontanea risata.
Damon si sentì infastidito da quella reazione. Doveva arrabbiarsi...non doveva ridere. Perché diavolo stava ridendo?
“Beh, grazie per l'avvertimento...” disse continuando a ridere. Quel pensiero avrebbe potuto divertirla all'infinito; ammetteva di avere una forte attrazione per lui, ma associare Damon alla parola 'amore' per lei era la barzelletta del secolo! Era inverosimile quanto una scimmia che si laurea in Fisica Quantistica.
Summer continuava a ridere, mentre Damon la guardava sempre più innervosito.
“Sai... credo che per oggi possa bastare...ho bisogno di bere qualcosa di meglio per poterti sopportare!” disse avviandosi verso la porta.
“Andiamo...non dirmi che te la sei presa?...Da quando sei così sensibile?!” disse continuando a ridere.


*** ***


Sei davvero appiccicosa per essere una donna che non si sta innamorando di me!” disse Damon tenendole la porta del Grill.
“A differenza di te, io non vado svuotando mobili bar che non mi appartengono! E non è colpa mia se questo è l'unico bar di Mystic Falls!” rispose entrando.
“Bene...allora come al solito 'io bancone e tu tavolo', perché sopportarti ventiquattro ore su ventiquattro sta diventando davvero pesante!” ribatté lui.
“Beh non sono stata io a deciderlo...è stato un certo Tarzan!”
Damon sorrise divertito, poi notò Alaric seduto al tavolo e subito mise una mano dietro la schiena di Summer per indirizzarla nel suo cammino.
“Che diavolo fai?”
“Cambio di programma...voglio presentarti un amico...”
“Ma non dovevamo stare lontani?”
Summer si ritrovò davanti all'uomo che aveva visto incatenato insieme a Damon.
“Alaric – Summer, Summer – Alaric”
Alaric, che stava correggendo dei compiti, fu destato dalla voce di Damon.
Si alzò per dare la mano alla ragazza.
“In effetti ci siamo già visti in quella...particolare situazione” disse Alaric, e il vampiro fece subito spallucce sedendosi.
“Sono felice di conoscerti in un contesto ...più normale...” continuò.
“A dire il vero per me era un contesto normale anche quello...” disse scherzosamente mettendosi a sedere.
“Giusto, dimenticavo che sei la cacciatrice...” rispose divertito.
Summer sorrise.
“Elena mi ha detto che tu e Damon state cercando un pugnale...come procede?”
Summer sorrise ancora: iniziò a pensare che a Mystic Falls la discrezione fosse l'eccezione e non la regola.
“In realtà stiamo cercando un fiore di loto; potrebbe essere qualsiasi cosa... un amuleto, una spilla, il pendente di una collana...” a quel punto tanto valeva dirglielo, magari aveva delle informazioni a riguardo.
“Cerca di ricordare Rick...Non è che nel tuo portagioie c'è qualcosa di simile?” intervenne il vampiro.
Alaric fece un mezzo sorriso.
“I fiori non mi donano... però...”
Summer e Damon prestarono subito attenzione.
“Sabato danno una festa a scuola...se è stato trasformato in un gioiello è possibile che qualche ragazza voglia metterlo... Perché non venite anche voi?”
“In effetti non è male come idea...e poi di solito le feste di quel liceo hanno sempre un certo risvolto tragico...sono davvero imperdibili!” disse in vampiro con la solita mancanza di tatto.
Summer sorrise.
“Vale la pena tentare... in fondo sono qui già da parecchi giorni... e ...il tuo amico è davvero insopportabile, non vedo l'ora di sbarazzarmene!”
Rick rise di gusto.
“Ti capisco...Damon fa questo effetto!”
“Cos'è? Una coalizione?...E poi ricorda che sono IO a sopportare TE!” disse mettendo un braccio intorno alle spalle di Summer.
“Ripeterlo non lo renderà vero Damon...non è così che funziona...” asserì guardandolo divertita.
Alaric osservò quella strana scenetta con sospetto.
“A quanti anni sei diventata una cacciatrice?” chiese incuriosito. Quella ragazza gli sembrava fin troppo normale per poter fronteggiare Klaus.
“Quindici...” rispose lei senza esitazione.
“Eri una ragazzina...la tua famiglia lo sapeva? ...Oppure sei dovuta scappare di casa?”
Il volto di Summer mutò rapidamente.
“Non avevo una famiglia a cui dirlo quindi...non ho avuto problemi” disse sorridendo, ma con una nota di difficoltà.
“Scusami sono stato invadente” Alaric si sentì leggermente imbarazzato.
“Non preoccuparti”
Summer gli sorrise, ma si sentì a disagio, così cercò nell'ambiente qualsiasi cosa che potesse fungere da diversivo. Notò Matt al bancone e subito decise di sfruttare la cosa.
“Ora, se volete scusarmi...ho un barista da molestare!” disse alzandosi.
Alaric sorrise, sentendosi in colpa per averla messa in difficoltà.
Damon, invece, aveva osservato tutta la scena con una particolare attenzione, e quando la vide avvicinarsi a Matt qualcosa nel suo sguardo mutò, ed Alaric lo notò subito.
“Complimenti Rick, ti sei aggiudicato il premio 'Miglior domanda indiscreta'!” disse il vampiro.
“Ammetto di essere stato un vero cafone...ma di un po'...cosa c'è tra voi due?”
“C'è... dell'ottimo sesso...”
“Solo sesso?” domandò con sospetto.
“Cos'altro potrebbe mai esserci?” disse con lo sguardo rivolto verso il bancone.
“Beh...se lo dici tu. Ci vediamo sabato ...” disse alzandosi e per nulla convinto di quelle parole.
Il vampiro annuì; la sua attenzione era ancora rivolta ad una scena che non gli provocava nessuna emozione, ma che non riusciva a non guardare.




Angolino di NaNa***

Allora...classico capitolo transitorio dove in pratica non succede nulla^^
Spero non vi abbia annoiato.
Come sempre ringrazio di cuore tutti quelli che sono arrivati fin qui.
Spero di riuscire ad aggiornare presto, ma in questi giorni sono stata un po' bloccata perché non sono dell'umore adatto xD
Però farò il possibile per non farvi aspettare^^
Un bacione a tutti^^
Ciao






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Capitolo 32
*** Trentaduesimo Capitolo ***






New York, Settembre 2008

Il luogo di residenza della Triade era solitamente quello dove risiedeva l'osservatore. I potenziali osservatori erano persone del tutto ignare del compito che avrebbero potuto ricoprire. Erano persone che si avvicinavano al mondo dell'occulto in maniera del tutto autonoma, spinte principalmente dalla loro curiosità e dalla loro passione per la materia; infatti, non di rado capitava che fossero dei professori o degli archeologi. Come accadeva per le cacciatrici e per le streghe, era un rito a scegliere quello più degno di ricoprire la carica. Dopo la morte del signor Harris, Lily e Summer si trasferirono a New York. La nuova osservatrice, Kendra Barkley, era una stimata archeologa , nonché professoressa alla Columbia University.
Era una donna di colore di notevole bellezza, dagli occhi grigi che a tratti diventavano viola e i capelli ricci e voluminosi.
Quando venne chiamata in carica per diventare la nuova osservatrice della Triade aveva trent'anni, ma Summer e Lily la scambiarono per una studentessa universitaria. Tra lei e Lily nacque una simpatia immediata, mentre Summer, subito dopo la morte di Harris, ritornò ad essere la ragazza chiusa ed introversa di un tempo, che difficilmente dava l'opportunità alle persone di farsi conoscere. Tra lei e Kendra, per i primi periodi, ci furono solo scontri, ma, qualche mese dopo, un sentimento comune le fece avvicinare.


*** ***


Tornati a casa, Summer se ne andò in camera sua e si chiuse nel bagno per farsi una doccia.
Lei e Damon non avevano parlato, ma il vampiro era rimasto incuriosito a quella strana reazione al Grill; gli era sembrata nervosa e a disagio e questo gli faceva pensare che Alaric avesse messo il dito in una piaga di cui lui non sapeva nulla.
Approfittando del fatto che Summer fosse in bagno entrò nella sua stanza.
Sul comodino c'era la collana che gli era proibito toccare. La prese e la osservò con attenzione, ma di certo non avrebbe scoperto nulla osservandola. La posò e aprì il cassettino del comodino. Dentro c'erano dei bracciali, il suo Ipod ed un diario. Lo prese e si sedette sul letto. Nella prima pagina c'era scritto:

Philip Harris: anno 2005
Cacciatrice in carica: Summer Reed
Strega in carica: Eleanor Coleman

Damon sfogliò quelle pagine con curiosità.


26 Gennaio 2005


Ieri notte, in un locale della periferia di Boston, Summer ha individuato un vampiro; si faceva chiamare David Gonzales. Summer avrebbe dovuto chiamare per avvisare me e Lily, ma come sempre ha preferito fare di testa sua. Si è lasciata corteggiare e si è fatta portare nella sua dimora. Lui l'ha aggredita subito. A detta di Summer, se n'è sbarazzata in pochi minuti, ed io le credo: tra le cacciatrici che ho avuto lei è la più forte, ma anche la più testarda e sconsiderata. Nella sua cantina ha trovato dei cadaveri vecchi di settimane, e stamane Lily ed io ci siamo recati lì per eliminare ogni traccia; quel luogo era fatiscente e tetro. Summer, invece, era a scuola. Finalmente sta iniziando ad inserirsi ed è sempre meno scontrosa. Ha un carattere forte; odia mostrarsi debole, odia mostrare di avere paura... e per questo affronta sempre ogni cosa a testa alta e con una certa spavalderia. Questa è la sua forza e la sua debolezza. Ma con il tempo maturerà, ne sono certo. Capirà che non c'è niente di sbagliato nella paura, che ammettere le proprie debolezze è la strada per arrivare alla vera forza, e che i sentimenti sono ciò che più spingono una cacciatrice alla sopravvivenza.
Lei è restia ad ogni sentimento... è chiusa in sé stessa. Eppure ogni tanto mi sorride con una certa spontaneità, ed in quei momenti vedo ciò che è realmente e non ciò che finge di essere. Con gli anni diventerà la persona che è destinata a diventare...che nulla ha a che fare con la ragazzina introversa che è oggi. Un giorno imparerà ad amare, e questo, insieme alla sua forza, sarà ciò che la farà sopravvivere. E ne sono sicuro...lei sopravviverà...

Summer uscì dal bagno e restò impietrita quando vide Damon sul suo letto che leggeva il diario di Harris.
Il vampiro alzò lo sguardo verso di lei.
"Chi è questo Philip Harris?... E perché scriveva tutto quello che facevi?" chiese per poi continuare a sfogliare quelle pagine.
Summer andò verso di lui a passo svelto è subito prese il diario.
"Come ti sei permesso di rovistare tra le mie cose?!" disse adirata, rimettendo il diario nel cassetto.
"Quindi...è come immaginavo... hai anche tu un nervo scoperto..." mormorò con la solita insolenza, alzandosi e avvicinandosi a lei.
"Chi era?...un ex fidanzato? E' lui che ti ha regalato quella preziosa e intoccabile collanina?" continuò per farla esplodere di rabbia come sempre, ma questa volta notò uno sguardo che non aveva mai visto; gli occhi di Summer diventarono lucidi e le sue guance si fecero rosse di rabbia.
"Hai oltrepassato il limite Damon..." bisbigliò sentendosi avvampare. Subito prese la valigia da sotto al letto.
"Vuoi andartene?...Andiamo non credi di esagerare?"
Summer si arrestò. Non poteva credere alle sue orecchie.
"Sai Damon... non pretendo da te il comportamento leale che ci si aspetta da un amico...perché è chiaro che non lo siamo...ma non pensavo che mi avresti trattata alla pari di quegli sconosciuti di cui non ti importa nulla violando la loro privacy senza il minimo riguardo...credevo... di potermi aspettare almeno un minimo di rispetto da te..." gli disse amareggiata e delusa per poi continuare a riempire la sua valigia.
Damon provò una sensazione che non riusciva ad identificare e tanto meno a spiegarsi. Sapeva solo che quello che pensava Summer non era vero...e soprattutto che non voleva che se ne andasse.
'Ho sbagliato...Ma non è come credi...Hai il mio rispetto!' era ciò che voleva dirle, ma le ammissioni di colpa, e le parole in generale, non erano il suo forte; anche un secco 'Mi dispiace' – in quella particolare circostanza di estrema colpevolezza – era decisamente fuori discussione! Eppure sentiva di dover fare qualcosa per fermarla. Non poteva lasciare che se ne andasse, il petto gli si stringeva al solo pensiero.
Le prese dolcemente la mano e la guardò con tutto ciò che provava.
"Non farlo. Non te ne andare..." bisbigliò serio e costernato.
Summer si sentì investita da quello sguardo; Damon sembrava seriamente dispiaciuto, e il modo dolce con cui le stava tenendo la mano le trasmetteva un calore che non aveva mai provato.
Damon aveva esagerato, e lei si sentiva arrabbiata, offesa e amareggiata, ma osservò la sua mano e poi lo guardò di nuovo negli occhi; sembrava davvero pentito e, malgrado tutto il rancore che provava, non riuscì a resistergli.
"E' l'ultima volta che riesci a fermarmi..." sussurrò seria.
Il vampiro annuì con altrettanta serietà, sentendosi sollevato. Non voleva che se ne andasse, e capì che quello che le aveva fatto era stato davvero stupido.
Summer lasciò la sua mano e si riavvicinò alla sua valigia.
"Adesso... lasciami da sola..." bisbigliò senza guardarlo.
Il vampiro annuì ancora e lasciò la stanza.
Appena sentì il rumore della porta che si chiudeva, Summer aprì il cassetto e sfiorò quel diario. Damon non poteva immaginare quanto fosse importante per lei.


*** ***


Damon andò nella sua stanza.
Vederla con gli occhi lucidi era stato qualcosa che non si aspettava e che gli aveva provocato una sensazione che non riusciva a capire.
L'unica cosa certa era che in quel momento gli era sembrata bella...incredibilmente bella.
Ripensò alle sue parole 'non si aspettava da lui che si comportasse da amico'. Non ci aveva mai riflettuto, ma in effetti loro non erano amici. Erano solo due persone che facevano sesso. Nient'altro, pensò. Però, anche se la logica gli imponeva d'infischiarsene, quel pensiero lo infastidì terribilmente. In seguito pensò a ciò che aveva letto su quel diario. Quell'uomo doveva conoscere Summer meglio di chiunque altro, ed il vampiro si chiese una cosa in particolare: perché tanta importanza alla sopravvivenza? Poi ricordò ciò che gli aveva detto Summer parecchi giorni prima 'Noi cacciatrici non siamo famose per la nostra longevità' e tutto fu chiaro. Summer, come tutte le altre cacciatrici, rischiava di avere una vita breve.
'La sua distrazione' stava funzionando alla perfezione; per tutta la sera Damon non riuscì a pensare ad altro che a lei.


*** ***


Katherine era ritornata a Chicago con il prezioso Grimorio.
Aveva bevuto la verbena che gli aveva dato Amanda per proteggersi dai possibili soggiogamenti di Klaus. Il suo corpo si era ormai abituato ma, inevitabilmente, ogni volta che la beveva la gola le bruciava e le saliva un acido conato di vomito; niente, in confronto alle torture che Klaus le avrebbe inflitto.
La voglia di riappropriarsi al più presto del suo aspetto vinceva sulla paura. Non ce la faceva più a vedersi in quel corpo che non suscitava nessun desiderio.
Entrò nel bar anche se fuori c'era un cartello con scritto 'chiuso'.
La porta era aperta e cigolò leggermente.
Si avviò verso il bancone e lì si girò intorno. La luce del sole entrava dalle finestre e le sedie erano ribaltate sui tavolini.
"C'è nessuno?" domandò con voce seccata.
Un attimo dopo sentì delle fitte attraversargli la testa, e poi per lei fu il buio più totale.


*** ***


Lentamente Summer aprì gli occhi. Un raggio di sole le colpiva l'occhio, ma, soprattutto, un odore di caffè le invadeva le narici.
Si alzò con lentezza e notò sul comodino una tazza fumante.
Fece un mezzo sorriso. Aveva ragione: Damon era seriamente dispiaciuto e, dato il suo caratteraccio, quello era il massimo che poteva fare per dimostrarglielo.
Ne bevve un sorso sorprendendosi del fatto che l'avesse perdonato. Davvero non se lo spiegava...


*** ***


Katherine riprese conoscenza. Aveva la vista abbagliata e la testa ancora dolorante.
"Finalmente ti sei svegliata Katerina..." bisbigliò Klaus di fronte a lei.
Katherine si trovava in una stanza piccola e poco illuminata dove c'era solo un letto, un tavolino, un armadio e la poltrona su cui era seduta.
Klaus teneva le mani poggiate ai braccioli e la osservava divertito a distanza ravvicinata.
"Ti ho portato il Grimorio...ridammi il mio aspetto..." disse con voce leggermente tremante.
Klaus sorrise.
"Resta immobile" disse soggiogandola, ma la verbena nel suo sangue aveva già fatto effetto, così dovette fingere che le sue parole l'avessero realmente immobilizzata.
Klaus prese uno specchio da sopra al tavolo e la fece specchiare; era ritornata come prima.
Istintivamente Katherine stava per portarsi le mani al viso, ma subito capì che era un trucco di Klaus per vedere se fosse priva di verbena. Così mantenne il controllo e restò immobile.
L'ibrido sorrise pensando di averla in pugno.
"Cosa mi farai adesso?" chiese con il cuore in gola.
"Ho l'intera eternità per pensarci...adesso ho questioni più importanti da risolvere..." disse riposando lo specchio sul mobile.
Katherine deglutì visibilmente. Doveva fuggire il prima possibile.
"Ora...seguimi...voglio renderti partecipe della mia gioia..."
disse avvicinandosi alla porta.
Katherine si alzò e lo seguì.


*** ***


Summer si vestì ed uscì dalla stanza, ed in quello stesso istante anche Damon uscì dalla sua. Si guardarono per un secondo sentendosi entrambi a disagio, poi Summer decise di sorridergli.
Il vampiro abbozzò un mezzo sorriso di risposta.
"Se stasera dobbiamo andare al ballo dobbiamo tornare presto a casa..."
disse Damon avviandosi verso le scale.
"E perché?"
"Beh...per farti bella ti ci vorranno almeno cinque ore...oggi sei particolarmente orribile!" asserì con la solita ironia.
Il volto di Summer mutò da 'calmo' a 'seccato' nel giro di un nanosecondo.
Lo afferrò per il collo trascinandolo vicino al muro.
Damon sorrise; il suo contatto fisico era esattamente ciò che stava aspettando.
"Possibile che tu debba sempre trovare il modo di irritarmi!?" ma quasi non riuscì a finire la frase. Damon le mise una mano tra i capelli ed avvicinò il suo volto al suo per baciarla con passione.
Summer lasciò la presa e restò con le braccia distese, mentre lui, al contrario, l'abbracciava con trasporto.
Damon, sentendo che il suo abbraccio non era ricambiato, pose fine al bacio e la guardò dolcemente spostandole una ciocca di capelli dal viso.
Pensò che fosse ancora arrabbiata, ma un secondo dopo fu Summer a baciarlo sbottonandogli la camicia.
"Così faremo tardi..." disse lui con dolcezza.
"Vorrà dire che al ballo sarò la più brutta..." rispose lei scherzosamente.
Lui prese il suo viso tra le mani e lo accarezzò con dolcezza.
"...Sarai odiosamente bella..." sussurrò prima di ribaciarla con passione.


*** ***


Klaus e Katherine scesero al piano inferiore, e la vampira capì di trovarsi ancora nel bar di Gloria.
Al centro della sala la strega aveva preparato un cerchio di candele e dentro vi aveva riposto il Grimorio. Nell'angolo della stanza vide Stefan e tra loro ci fu uno sguardo di qualche secondo.
Entrambi erano prigionieri di Klaus.
Gli occhi dell'ibrido brillavano di una luce vittoriosa. Finalmente le cose procedevano per il verso giusto. Gloria avrebbe fatto ricomparire l'incantesimo oscurato da Lucrezia, poi avrebbero cercato i tre elementi usando il suo stesso corpo come tramite per la localizzazione e, una volta trovati, Gloria avrebbe ricomposto il pugnale. In seguito avrebbero contattato quella maledettissima strega originaria che gli avrebbe detto cosa era andato storto nel rito e cosa poteva fare per rimediare. C'era un bel po' da fare. Ma la strada, ora che era ritornato in possesso del Grimorio, gli sembrava spianata. Avrebbe avuto il suo esercito di ibridi e non sarebbe stato più...un unico esemplare; ce ne sarebbero stati altri come lui e sarebbe diventato il leader di una nuova stirpe di demoni invincibili! Il suo destino stava per compiersi!
Sorrise quasi emozionato, e tutto ciò che gli era andato storto per quell'attimo fu superato da quella nuova speranza.
Gloria aprì il Grimorio all'ultima pagina. Una pagina vuota.
In piedi, davanti al cerchio di fuoco, sollevò una mano mettendola parallelamente al Grimorio. Si concentrò e mormorò delle parole in una lingua antica. Una lingua che Stefan e Katherine non capivano, ma che Klaus conosceva benissimo.
Le fiamme si alzarono di quasi un metro e poi ritornarono subito normali.
Gloria guardò in basso: sulla pagina vuota non comparve nulla.
Lo sbigottimento sul suo volto preoccupò anche Klaus.
"Cosa succede?" domandò l'ibrido con voce dura.
Gloria raccolse il Grimorio da terra ed iniziò a sfogliarlo. Pensò che forse Lucrezia l'avesse collocato in un'altra pagina. Ma le sfogliò tutte e non trovò nulla.
"Cosa succede Gloria?" ripeté il vampiro.
"L'incantesimo non c'è...." rivelò incredula. Eppure lei non aveva sbagliato nulla.
"Allora ritenta!" impose il vampiro con voce dura.
"Non dipende dal mio incantesimo..." farfugliò, mentre continuava a sfogliare quelle pagine, poi qualcosa la colpì; gli incantesimi contenuti in quel libro erano troppo semplici, addirittura banali, quello non poteva essere il Grimorio di una strega appartenente alla Triade!
"Questo non è il Grimorio di Lucrezia..." rivelò sorpresa.
Katherine e Stefan, intanto, osservavano la scena confusi e spaventati dalla faccia dell'ibrido.
"Non è possibile... è quello che ha usato quella sera! Ero di fronte a lei e gliel'ho sequestrato subito! Deve essere per forza il suo!..." l'ibrido si arrestò e si voltò verso Katherine.
"A meno che..." la prese per il collo e la incastrò con violenza nel muro.
"Credevi di ingannarmi!?" disse a denti stretti stringendo la presa sul collo.
"No...te lo assicuro...è quello che avevi nella cripta..." disse con difficoltà.
"Non credo sia opera sua..." intervenne Gloria che continuava a sfogliare quelle pagine.
"Allora chi è stato!? Chi l'ha sostituito?!" urlò Klaus lasciando la presa sul collo della vampira.
"Credo sia stata Lucrezia stessa..." asserì la strega.
Klaus si avvicinò a Gloria e prese il Grimorio.
L'osservò attentamente, e per lui non c'erano dubbi, era lo stesso che aveva sottratto dalle mani di Lucrezia quella sera in cui il pugnale fu scomposto.
Klaus, con rabbia, lo scaraventò sul muro; poi ribaltò un tavolo urlando come un pazzo furioso.
Non poteva crederci! Era di nuovo al punto di partenza! Ed era tutta colpa di quella streghetta da quattro soldi che l'aveva attaccato durante la trasformazione!
Il suo respiro era affannato ed il suo sguardo omicida.
Con la super velocità si avvicinò a Katherine.
"Resta qui e non ti azzardare a scappare" disse convinto di soggiogarla.
"Tu...vieni con me!" continuò rivolgendosi a Stefan.
Il vampiro lo seguì senza battere ciglio.
Klaus era furioso, e in quel momento non gli andava di pensare ad un piano alternativo.
L'unica cosa che gli premeva era la vendetta.
Bonnie doveva morire.





Angolino di NaNa***
Come potete vedere il terreno si sta facendo fertile per un po' d'azione^^
Come sempre spero di non avervi annoiato.
Spero che Damon non sia risultato ooc.
E spero che la storia stia continuando a piacervi..altrimenti ditemelo, così mi do all'ippica^^
Ringrazio come sempre i recensori, chi mette questa storia nelle Preferite/Seguite/Ricordate e chi legge^^
Un bacione a tutti^^ alla prossima






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Capitolo 33
*** Trentatreesimo Capitolo ***




Sabato 26 Novembre 2011



*** Chicago ore 8:43 ***

Kendra, seduta nella sua auto, vide Katherine entrare nel bar di Gloria con un Grimorio tra le mani. Lei sapeva benissimo che il Grimorio posseduto da Klaus non era quello di Lucrezia, ma come ogni altro membro della Triade che avesse ricoperto un ruolo durante i secoli, temeva il giorno in cui l'avrebbe scoperto. Klaus stava cercando un modo per creare altri ibridi, e il vero Grimorio era l'unica soluzione; solo la strega originaria avrebbe potuto dargli le giuste direttive per ultimare la sua trasformazione; queste, a parere di Lily, si traducevano in un unico e semplice gesto, uccidere la doppelganger. Appostata nella sua auto, Kendra non perdeva d'occhio quel bar neanche per un secondo.




*** Mystic Falls ore 10:33 ***

Caroline era in trepidazione.
Con il programma della serata nella mano sinistra e una penna blu nella mano destra, contrassegnava con un cuoricino tutto ciò che era stato ultimato.
Alcuni ragazzi sistemavano le luci, mentre altri assemblavano i macchinari per il fumo.
Le ragazze si occupavano degli addobbi. Per l'occasione erano state sistemate, lungo le pareti, delle poltrone a sacco dai colori sgargianti e, sui tavoli dove sarebbero stati serviti gli aperitivi, delle 'Lava Lamp' altrettanto colorate.
Al centro della palestra, in alto, era stata montata una sfera a specchi.
Tutto quello che Caroline aveva progettato dall'inizio dell'ultimo anno stava finalmente prendendo forma: avrebbe trasformato la palestra della scuola nello Studio 54.




*** Chicago ore 11:12 ***

Kendra stava sorseggiando l'ennesimo caffè della giornata, mentre sfogliava svogliatamente le pagine del giornale. Fare gli appostamenti stava diventando qualcosa di veramente noioso, ma, in fondo, era lei 'l'osservatrice', e quindi era ovvio che le toccasse 'osservare'. Lily era occupata con la ricerca della cenere di quercia bianca, mentre Summer era alla ricerca del fiore di Loto; ognuna di loro aveva un compito noioso e ingrato da svolgere. L'unica soluzione era rassegnarsi.
Ma in quel momento accadde qualcosa.
Kendra vide Klaus e lo squartatore uscire velocemente dal bar. L'ibrido aveva lo sguardo torvo e gli occhi iniettati di sangue. Kendra intuì che Klaus avesse scoperto la verità sul Grimorio: nient'altro gli avrebbe potuto procurare una simile espressione.
Lo vide mettersi in macchina con il vampiro a seguito, e subito dopo accese la sua per inseguirli. Non aveva idea di dove fossero diretti...ma l'avrebbe scoperto.



*** Mystic Falls ore 13:20 ***

Damon e Summer, in casa Jackson, come sempre cercavano modi per far scorrere velocemente il tempo.
Il vampiro, come al solito, frugava nel mobile bar della casa in cerca di qualcosa da bere.
Summer, che aveva già gironzolato per tutte le stanze, ritornò nel salotto.
“Fortuna che reggi bene l'alcool, altrimenti saresti ancora più insopportabile...” affermò lei con tranquillità.
“Invece tu da ubriaca sei di gran lunga più piacevole...dovresti seguire il mio esempio...” disse versandosi da bere.
“Intendi... passare dall' Happy Hour all' Happy Day?!..Certo Damon... tutti dovrebbero seguire il tuo esempio! ” disse con ovvia ironia.
“Esattamente!” rispose, pur cogliendo il suo sarcasmo.
Summer rise guardando di lato, ed il vampiro le si avvicinò mettendole una mano sui fianchi e baciandole il collo.
Summer chiuse gli occhi per un secondo in più godendosi quei piccoli baci.
“Sei particolarmente appiccicoso questa mattina...” disse scostandosi.
“...temo... che tu ti stia innamorando di me...” disse con enfasi, scimmiottando ciò che le aveva detto il giorno prima.
Damon sorrise.
“...Non vorrei offenderti Summer...ma sei decisamente brutta per i miei canoni...” asserì scherzosamente; di donne belle come lei ne aveva viste poche persino in una vita lunga come la sua.
“Umm...eppure stamattina mi è parso di sentire che alla festa di questa sera, secondo te, sarei stata...odiosamente bella” ribadì con un tono enfatico e dispettoso.
Damon le si avvicinò mettendole le mani sulle guance con dolcezza.
“Summer... volevo fare sesso... Avrei detto qualsiasi cosa!” affermò scherzosamente; ma il suo tono non lo salvò da una gomitata in pieno addome.
Summer, dopo averlo colpito, si allontanò con il solito sguardo irritato, mentre il vampiro sorrise. Per lui provocarla era qualcosa di irresistibile!



*** Strada Statale I-80 E ore 15:18 ***

L'auto di Klaus correva sull'autostrada ad una velocità sempre superiore ai 150 km/h e Kendra, con la sua utilitaria, riusciva a stargli dietro con grande difficoltà.
Erano passate quattro ore, e l'ibrido continuava imperterrito per quella strada. Kendra non aveva idea di dove fosse diretto, ma poi un terribile dubbio la mise in allarme.
“Chiama Lily” disse. Ed il telefono collegato all'auto effettuò subito la chiamata.
La strega rispose quasi subito.
“Ehy Kendra...qualche novità?”
“Temo che Klaus abbia scoperto che quello in suo possesso non è il Grimorio di Lucrezia...ora lo sto inseguendo, siamo sulla Statale 80...e credo che sia diretto a New York...” disse con agitazione.
“E' impossibile che abbia trovato un modo per localizzare il vero Grimorio...l'ho protetto da ogni incantesimo localizzatore...”
“Eppure la Statale 80 porta dritta a New York Lily... non so, ho un brutto presentimento. Credi che dovrei avvisare Summer?”
“Meglio di no..la metteresti solo in agitazione e piomberebbe qui immediatamente; è meglio che lei resti a Mystic Falls a proteggere la doppelganger... ti ripeto che dubito che abbia trovato un modo per localizzare il vero Grimorio. Gloria è potente...ma non credo che il suo potere arrivi a tanto...per quanto riguarda Klaus, anche se dovesse presentarsi qui, so come tenergli testa...quindi puoi stare tranquilla. In ogni caso...dimmi se cambia qualcosa...” disse con la sua solita voce calma e dolcissima.
Kendra era davvero preoccupata, ma Lily, con la sua nota pacatezza, era riuscita a calmarla.
“Certo...ci sentiamo dopo” disse chiudendo la chiamata.



*** Mystic Falls ore 17:45 ***

Damon e Summer avevano deciso che la dimora dei Carring sarebbe stata l'ultima.
Il salotto di quella casa era piena di acquari bellissimi, e Summer si era piagata per osservare meglio i pesciolini colorati.
Aveva l'aria di una bambina meravigliata e Damon, seduto sulla poltrona, si ritrovò a guardarla con dolcezza senza accorgersene.
“Hai un vestito per stasera? ...Altrimenti posso accompagnarti a fare shopping se vuoi...”
Summer si rimise dritta.
“Non ce n'è bisogno... non sono più una liceale che deve necessariamente avere qualcosa di adeguato, uno a caso dei vestiti che ho nell'armadio andrà più che bene...” disse ancora assorta in quello spettacolo.
“Come vuoi...ma vedi di non farmi fare brutta figura...sono uno degli scapoli più ambiti della città, non posso presentarmi ad un ballo con un mostriciattolo...”
Summer sorrise, lo sapeva benissimo che non diceva sul serio ed era il solito giro di parole per farla innervosire.
“Parli come se dovessimo andare al ballo come una coppia...” ribadì lei con calma osservando l'acquario successivo.
“Beh pensavo che saremmo andati insieme... come una coppia di amici, ma giusto...dimenticavo che noi non lo siamo...” il vampiro non pronunciò quella frase a caso. Anche se il suo ego gli imponeva categoricamente di fregarsene...qualcosa in quell'affermazione l'aveva smosso in profondità e non riusciva a non far emergere la cosa; lo infastidiva troppo.
Summer per un momento si chiese cosa significasse quella frase...poi ricordò di averglielo detto lei in preda alla rabbia la sera prima.
“Infatti...quindi ognuno per conto suo...” disse seria.
Il vampiro la guardò con impassibilità. Le parole di Summer significavano che poteva andare lì e conquistare, davanti ai suoi occhi, tutte le ragazze che voleva. Bene! Cosa poteva volere di più?!... Eppure il suo volto non mostrava la minima gioia.



*** Mystic Falls ore 19:30 ***

“Che cos'hai? Ti vedo pensierosa...” chiese Bonnie mentre si metteva il mascara. Elena era andata a casa sua per prepararsi. Quello era il primo ballo a cui doveva partecipare senza Stefan. I precedenti erano stati pieni di ansia e terrore, ma con Stefan accanto tutto le sembrava sopportabile. Ora che lui non c'era, l'idea di divertirsi spensieratamente era ancora più lontana di quando la sua vita era in pericolo. Bonnie lo sapeva, e le aveva imposto di prepararsi a casa sua per distrarla il più possibile.
Quella sera dovevano solo pensare a divertirsi.



*** Mystic Falls ore 20:15 ***

Damon bussò alla porta della camera di Summer.
“Entra pure...” disse lei mentre si metteva degli orecchini.
Il vampiro entrò e la guardò con attenzione. Aveva un vestitino a fantasia fucsia molto corto, con una cintura bianca sotto al seno e dei vistosi stivali bianchi che arrivavano al ginocchio.
“Hai detto che il tema della serata è lo Studio 54... vado bene vestita così?” disse toccandosi il vestito.
“Sì...può andare...e devo ammettere che truccata sei decisamente meno disgustosa...” disse notando quel leggero velo di trucco.
Summer lo guardò con il solito volto contrariato ma tenero. Ormai aveva capito che arrabbiarsi era inutile ma, soprattutto, Damon le sembrava sempre più dolce, e le solite cattiverie gratuite che adorava regalarle iniziavano ad avere un altro sapore.



*** New York ore 20:30 ***

Lily non aveva più avuto notizie da Kendra, ed iniziava seriamente a preoccuparsi.
Spostò un comodino della sua camera da letto e lì c'era un grosso buco nel muro dove aveva nascosto il Grimorio. Passò la mano bisbigliando una frase in una lingua antica e il muro si ricompose. Era una di quelle piccole faccende che si rimandano all'infinito, ma visto che Klaus si stava dirigendo a New York, la prudenza non era mai troppa.




*** Mystic Falls ore 21:05 ***

Damon e Summer misero piede nella palestra della scuola; la festa era iniziata da mezz'ora.
La canzone Loving Is Really My Game, insieme alle luci psichedeliche e il fumo bianco, li accolsero in quello squarcio ben organizzato di passato; Caroline aveva fatto un buon lavoro, al vampiro sembrò davvero di essere ritornato ai tempi dello Studio 54.
“Ahhh gli anni settanta...” asserì con nostalgia.
“Cosa facevi in quegli anni?” domandò Summer.
“Che domande!...andavo in giro a fare il Tony Manero della situazione! Mi sembra ovvio!” disse muovendosi a ritmo di musica.
Summer rise con il solito scuotimento di testa di compatimento.
“Vuoi una dimostrazione?!” chiese trascinandosela a sé facendola piroettare.
Summer sorrise ancora, ma in quella posizione notò il suo Matt in un angolo della sala.
“Magari dopo...” disse sciogliendo la sua presa e allontanandosi.
Il vampiro si sorprese, e quando la vide avvicinarsi a Matt il sangue gli salì alla testa.
Fece una smorfia stizzita e si allontanò.

“Allora? Che ve ne pare?” chiese con entusiasmo Caroline ad Elena e Bonnie che stavano ballando al centro della pista.
“E' incredibile! Credo sia la festa più bella mai organizzata a scuola!” disse Elena facendole brillare gli occhi.
“E' tutto bellissimo!” aggiunse Bonnie.
“Lo so! Finirò dritta nell'annuario come la miglior organizzatrice di tutti i tempi!” disse con entusiasmo la vampira. Le altre due si sorrisero.
“Ma che trio carino!...Volete farmi da Damon's Angels?" disse il vampiro mettendo un braccio sulla spalla di Elena ed un altro sulla spalla di Bonnie. La strega e la vampira si limitarono a guardarlo contrariate e si allontanarono senza dirgli una parola, mentre Elena restò lì con lui.
“Alaric me l'ha detto che saresti venuto...Summer è con te?” disse la ragazza con freddezza.
“Diciamo... che è qui...”rispose buttando l'occhio per capire cosa stesse succedendo tra lei e Matt; e li vide ballare insieme provando un forte nervosismo.
“Andiamo...non dirmi che ce l'hai ancora con me!” disse notando lo sguardo torvo della ragazza.
“Non mi risulta che tu abbia fatto qualcosa per farti perdonare ...” ripose acidamente.
Lo sguardo del vampiro mutò; lui sentiva di non avere nulla da farsi perdonare.
“Forse perché non credo sia il caso...” disse con altrettanta acidità.
Elena lo guardò allibita.
“Lascia perdere Damon...non ho voglia di sprecare fiato” disse prima di allontanarsi.

“Ciao...” disse la cacciatrice sfoderando un dolce sorriso.
“Ehy....cosa ci fai qui?” chiese sorpreso. Matt era andato al ballo da solo, e fu felice di vedere il volto di una così bella e spudorata corteggiatrice.
“Controllo che voi ragazzini pestiferi facciate i bravi e, soprattutto, che rimaniate sobri....” gli fece un altro sorriso “Faccio da chaperone”.
“Beh...io sono ancora sobrissimo...”disse giocosamente alzando le mani.
“Ottimo...vorrà dire che non mi pesterai i piedi...” lo prese per mano e lo trascinò al centro della pista.
Matt la fece volteggiare e lei cambiò visuale. In quel momento vide Damon vicino ad Elena e provò una strana sensazione al petto; come se si fosse stretto all'improvviso togliendole un respiro, ma quella sensazione scomparve subito e lei si concentrò sugli occhioni blu di Matt.

Elena si era allontanata e lui non digeriva la vista di Summer che ballava con Matt. La canzone cambiò ed il dj scelse Boogie Wonderland.
La canzone iniziò e lui si avvicinò alla cacciatrice.
“La riavrai dopo...” disse a Matt prendendo Summer per la mano, poi la trascinò di forza al centro della pista.
“Che diavolo vuoi fare?” chiese contrariata, ma subito il vampiro le dimostrò le sue abilità di ballerino facendola girare velocemente per poi farla ritornare di fronte a lui.
“Voglio mostrare a questi poppanti come si ballava in quegli anni...” disse facendola girare di nuovo.
Si mise le mani di Summer intorno al collo ed in seguito le fece inarcare la schiena per poi risalire insieme a lei strusciando il volto sul suo addome e al centro del suo petto. La fece volteggiare ancora sollevandole ritmicamente la gonna, e quando arrivarono al momento della presa intorno a loro si creò un vero e proprio cerchio d'ammirazione.



Elena era ritornata accanto a Bonnie e Caroline.
“E' lei la famosa cacciatrice?” domandò Bonnie.
“E' lei...” rispose Elena mentre li osservava ballare.
“Wow...Sbaglio o Damon sta ..sorridendo...?” notò Caroline con stupore.
“Già...è quasi inquietante...” aggiunse Bonnie.
Elena provò una sensazione che non riusciva a spiegarsi, tutto ciò che sapeva e che non riusciva a distogliere lo sguardo da quei due.



*** Strada Statale I-80 E ore 21:15 ***

Klaus continuava a percorrere quel lungo tratto di autostrada ad una velocità altissima. Il suo sguardo era ancora furioso, e Stefan non aveva proferito parola. Non aveva idea di dove volesse andare.
Kendra continuava a stargli dietro con difficoltà. L'ibrido faceva dei sorpassi a dir poco folli.
L'osservatrice era ancora convinta che la sua meta fosse New York, ma un cambio di direzione da parte dell'ibrido la costrinse a rivalutare le sue teorie. Klaus svoltò sulla statale 476 e Kendra attivò il navigatore della sua auto per capire dove conducesse quella strada. Quando vide che Mystic Falls era uno degli sbocchi di quell'autostrada chiamò subito Lily.
“Kendra...finalmente!...Cos'è successo?” chiese la strega.
“Mi sono sbagliata! Sta andando a Mystic Falls!” asserì preoccupata.
“Pensi che abbia scoperto la verità sulla doppelganger?”
“Forse sì...ma a dire il vero non ho idea di cosa sia successo nel bar di Gloria..L'unica cosa certa è che senza il pugnale non possiamo fare molto contro di lui...”
“Questo è vero...comunque vi raggiungerò quanto prima...solo che ho lasciato la mia auto a Summer...dovrò prendere la tua”
“Fai pure...ma sbrigati...Summer è forte, ma non abbastanza per fronteggiare Klaus...avremmo bisogno anche di te”
“Sarò lì il prima possibile...tu intanto avvertila...”
“Certo...” disse chiudendo la chiamata per indirizzarne subito un'altra a Summer, ma il suo telefono squillava a vuoto.

A Stefan mancò il respiro quando capì l'intenzione dell'ibrido di recarsi a Mystic Fall. Doveva fare qualcosa per avvisare Damon, ma non poteva fare nulla con Klaus seduto sul sediolino accanto.
Si erano fermati a fare benzina qualche chilometro prima e sarebbe bastata per tutto il tragitto. Stefan si sentiva il cuore in gola. Se Klaus avesse scoperto che Elena era ancora in vita non avrebbe esitato neanche un secondo ad ucciderla! Doveva fare qualcosa!



*** Mystic Falls ore 21:30 ***

La canzone era finita, e Damon e Summer si sorpresero di quanto si fossero divertiti a ballare insieme. Avevano ormai capito di avere un'affinità fisica incredibile; avrebbero potuto ballare qualsiasi cosa facendola risultare agli occhi degli spettatori come un ballo preparato da settimane. Ballare era qualcosa che gli veniva naturale quanto stare insieme sotto le lenzuola.
Si guardarono per qualche secondo ancora con il respiro e il battito del cuore accelerati, ed entrambi pensarono che un bacio avrebbe reso quel momento perfetto, ma, al contrario, optarono per una separazione immediata.
“Ritorno da Matt...”
“Vado a cercare Elena...” dissero contemporaneamente.
Si sorrisero e si allontanarono.
Dopo qualche secondo, Summer si girò e guardò Damon che si affrettava a cercare la sua Elena e, dopo qualche altro secondo, Damon si girò e guardò Summer che raggiungeva Matt.





Angolino di NaNa***
Come sempre... parto con l'idea che mi ci vogliano poche righe per dire una cosa, e invece finisco col dover spezzare un capitolo^^
La vostra NaNa è davvero prolissa xD
Allora...il balletto di Damon e Summer (con tanto di canzone in sottofondo) è ispirato ad un balletto di “So You Think You Can Dance” e potete vederlo, se vi va...premendo qui ^^ ( visto che sono incapace, scritto non rende quanto in video xD) Ma ripeto...è solo ISPIRATO, ovviamente non ce li vedo a fare tutte quelle mosse xD
Altra cosa che non frega a nessuno xD ma tengo cmq a precisare è che le strade e i tempi di percorrenza sono reali...e ringrazio il mio caro amico Google per avermi aiutato xD
Come potete vedere il capitolo porta la data del 26 Novembre...ho sforato con i tempi di un bel po'....perché la fic finisce il 31 dicembre...ma dubito che riuscirò a finirla per quella data xD
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto^^
Oggi un ringraziamento particolare va a tutte quelle persone che hanno recensito, visto che la fic ha superato le 100 recensioni!!!(ME FELICE*.*) non me lo immaginavo e, soprattutto, non credo di meritare il tempo che mi avete dedicato; ma tutto quello che posso dire è GRAZIE DI CUORE!!!*.* se non fosse per voi, che mi date la carica ogni volta, probabilmente la fic non sarebbe ferma...MA DI SICURO...non sarebbe al 33esimo capitolo!!! Ancora GRAZIE!!!*.*
Un bacione e ...alla prossima^_-









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Capitolo 34
*** Trentaquattresimo Capitolo ***






*** Mystic Falls ore 21:35 ***

Damon non aveva nessuna intenzione di andare da Elena: non aveva voglia di sentire prediche. Quindi non aveva idea del perché avesse detto a Summer che sarebbe andato a cercarla. Il vampiro aveva sentito il bisogno di allontanarsi da lei, ma, come gli capitava spesso ultimamente, faceva quel che faceva senza capirne il perché. Fu fermato da Alaric.
“Allora? Come procede la vostra ricerca?” gli chiese l'umano.
“Non ne ho idea. Devi chiederlo alla cacciatrice...”
Il volto di Alaric si velò di serietà, poi disse: “Pensi che possiamo fidarci di lei?”
Damon si arrestò per un istante, chiudendosi nei propri pensieri. Non aveva mai dubitato di Summer, e non era da lui. Si ritrovò ad osservarla e notò che stava ballando un lento con Matt.
“Vuole Klaus morto tanto quanto lo vogliamo noi... e questo mi basta”
Alaric annuì, voltandosi anche lui verso la ragazza.
“Umm... A quanto vedo il timido Matt ha fatto colpo!”
La mascella del vampiro s'irrigidì prontamente.
“Evidentemente ha un debole per i ragazzini insignificanti!” affermò, con un tono duro.
Alaric lo guardò con una vena di sospetto, dicendo: “Mi sembri un tantino geloso...”
E il vampiro ricambiò con uno sguardo allibito e rispondendo: “Tsk. Che assurdità...”
“Strano, perché da quando abbiamo iniziato a parlare non hai smesso di guardarla neanche per un secondo...”
Tutto il fastidio provato dal vampiro bruciò e trapelò da un'occhiataccia parzialmente minacciosa.
“Di un po' Rick, qual è il problema? Sei a corto di pettegolezzi da mandare a Gossip Girl? Tsk... Mi sembra di parlare con 'una' Teenager...”
Alaric ridacchiò allegramente. Damon si stava scaldando fin troppo: era chiaro che provasse qualcosa per lei!
“Hai ragione! Forse il mio problema è che passo troppo tempo con gli adolescenti. Evidentemente sono contagiosi!” disse scherzosamente per placare il tono del vampiro.
Damon li osservò ancora, e qualcosa gli fece schizzare la pressione alle stelle: le loro labbra... si stavano avvicinando troppo... decisamente troppo!
Il vampiro si allontanò senza degnare Alaric di una risposta: la sua attenzione era rivolta interamente a quella scena.

“Allora Matt, come si spiega un ragazzo così carino che va ad un ballo da solo?”
Il ragazzo, come sempre, si sentì tremendamente imbarazzato; Summer era troppo diretta per un ragazzo timido come lui, ma questa cosa gli piaceva: il suo temperamento sicuro gli ricordava la schiettezza di Caroline e la sua bellezza semplice lo riportava alla dolcezza di Elena.
“E' stato un anno difficile e... la vita sociale ne ha risentito” disse un po' impacciato e con quel classico alone di tristezza che lo caratterizzava; a Summer quegli occhi blu infinitamente tristi piacevano da morire!
Lo guardò con tenerezza.
“Beh, Matt...vengono degli anni che fanno decisamente schifo!” disse con rassegnata allegria “Ma poi il tempo passa... e le cose belle ritornano. Poi spariscono e poi ritornano ancora” continuò con dolcezza. Matt le sorrise con il solito imbarazzo: quella ragazza gli piaceva perché irradiava un senso di forza contornato da un qualcosa di confortante. Pensò che fosse il suo sorriso a fare quell'effetto, perché era perfetto, dolce e luminoso.
Piano avvicinò le labbra a quelle della ragazza. La musica creò l'atmosfera giusta e non gli sembrò di star affrettando le cose.
Summer capì che Matt stava per baciarla e per un attimo il suo cuore si fermò pensando a Damon; era come se lo stesse tradendo, ma capì immediatamente che era una sensazione priva di fondamento. Tra loro non c'era nulla e per di più lui era innamorato di Elena. Se si fosse fermata per lui, sarebbe stata una vera stupida; eppure non riusciva a non pensare a quell'odioso vampiro.
Damon spezzò quella magia, posizionandosi dietro la ragazza e mettendole un braccio attorno al collo.
“Gli chaperone gli adolescenti li sorvegliano: non li molestano! Cattiva, cattiva ragazza!” disse, allontanandola dall'abbraccio di Matt.
“Non ringraziarmi Matt, te ne libero volentieri!” aggiunse, trascinandola ancora più lontano.
Matt e Summer non avevano avuto neanche il tempo di replicare, perché il vampiro era stato il solito uragano d'irriverenza.
Summer si sentì avvampare per l'imbarazzo: da una parte voleva strangolarlo con tutta la forza che aveva in corpo e da un'altra si sentiva stranamente sollevata.
“Si può sapere che diavolo vuoi?!” domandò infuriata.
“Sbaglio o sei qui per cercare un medaglione? Mi sembra che tu stia facendo tutt'altro!” la rimproverò duramente lui.
“Devo solo stare attenta alle sensazioni che provo Damon. E sarebbe più facile se mi lasciassi in pace e la smettessi di farmi innervosire!” ribadì lei, con altrettanto nervosismo.
“Sii più specifica Summer: devo lasciarti in pace, oppure devo lasciarti in pace col moccioso dagli occhioni blu?!” disse stizzito, scimmiottando il modo in cui lei era solita chiamare Matt.
Entrambi s'immobilizzarono per un secondo chiedendosi cosa stesse succedendo. A Summer quella sembrò una scenata di gelosia in piena regola, ma non poteva essere, perché tra di loro non c'era niente. Quindi che diavolo di problema aveva?
Dopo un attimo di disorientamento, con un tono più calmo, disse: “Non capisco quale sia la differenza...”
E il vampiro non sapeva cosa rispondere e tanto meno sapeva il perché di quella scenata fuori luogo.
“Sto aspettando una risposta...” aggiunse lei, mentre lo guardava incuriosita.
Una musica più ritmica venne in soccorso del vampiro, che subito l'attirò a sé facendola volteggiare.
Knock on wood
Damon si ritrovò alle spalle della ragazza.
“Lascia perdere. Adesso ho bisogno del tuo corpo...” le sussurrò all'orecchio con un tono sexy e autoritario.
La cacciatrice si sentì fremere e non capì le sue intenzioni, ma lui la fece volteggiare nuovamente, palesando la sua necessità di rimettersi al centro dell'attenzione.
E quello strano comportamento le fece passare tutta la rabbia nel giro di un secondo. Damon era sempre il solito!
Il vampiro si morse il labbro col solito fascino giocoso, trascinando il suo corpo in una sequenza di mosse da cui non poteva scappare e che, soprattutto, la facevano divertire. Ancora una volta, intorno a loro si creò uno spazio contornato da giovani in contemplazione. Quei due erano fenomenali!

Alaric aveva assistito a tutta la scena con una certa dose di curiosità. Damon sembrava più preso di quanto ammettesse.
Elena gli si avvicinò e lui le sorrise.
“Sbaglio o Damon sta sorridendo?” chiese Rick, con un certo stupore.
Elena alzò un sopracciglio: anche Alaric aveva notato ciò che non era sfuggito neanche a Caroline.
“No Rick. Non ti sbagli...” disse provando ancora quella sensazione di disagio che l'aveva colta prima.



*** Strada Statale I 476 E ore 22:04 ***

“Chiama Summer” disse nuovamente Kendra. Ma il telefono della cacciatrice squillava senza che lei rispondesse.
L'osservatrice era sempre più agitata.
“Chiama Lily” il telefono effettuò la chiamata e la strega rispose quasi subito.
“Kendra, dove sei?”
“Ancora sulla 476. Dovrei arrivare a Mystic Falls tra meno di un'ora e non riesco a rintracciare Summer!”
“Anche io sto provando a chiamarla, ma il telefono squilla a vuoto. Io dovrei arrivare lì tra un'ora e mezza... Klaus?“
“Non l'ho perso d'occhio neanche per un istante e inizio a temere che si sia accorto che lo sto seguendo...”
“Fa' attenzione. Comunque, per arrivare lì il prima possibile, sono arrivata a punte di 170 Km/h . Mi sa che ti arriveranno un bel po' di multe!” disse la strega per sdrammatizzare.
Kendra ridacchiò scuotendo il capo.
“Basta che arrivi in tempo!”
“Ah... mille anni di stregoneria e nessuna strega è riuscita a mettere a punto il teletrasporto! Giuro che una volta ucciso Klaus mi ci dedicherò giorno e notte!” asserì con enfasi.
“Risolveresti un bel po' di problemi!” rispose allegramente l'osservatrice. “Ora attacco e provo a richiamare Summer. Ci sentiamo dopo” continuò con più serietà.

“Perché siamo diretti a Mystic Falls?” chiese Stefan, interrompendo quel silenzio che andava avanti da più di dieci ore.
“Ho una strega da fare in mille pezzi...” mormorò Klaus con uno sguardo da pazzo furioso.
Mettendo una mano nella tasca del suo cappotto, Stefan, alla cieca, aveva premuto il tasto 1 e poi quello di chiamata del suo telefono: era la chiamata rapida salvata con il numero di Damon. Aveva aspettato qualche secondo e poi aveva fatto a Klaus quella domanda. Era tutto ciò che poteva fare per avvertire il fratello, e sperava davvero che avesse funzionato.

*** Mystic Falls ore 22:10 ***

La canzone finì e i due terminarono di ballare abbracciati e sorridenti.
Si guardarono con dolcezza e le loro labbra si avvicinarono.
“Non siamo venuti qui come una coppia, se ci baciamo, ci roviniamo la piazza a vicenda...” mormorò lei scherzosamente.
A Damon in quel momento non importava, voleva baciarla e, soprattutto, doveva delimitare il suo territorio! Così ricoprì velocemente i centimetri che li separavano e la baciò con passione.

Elena guardò Damon e Summer baciarsi appassionatamente, ed ebbe la conferma di ciò che sospettava. Tra loro due c'era qualcosa, e quel pensiero fu un boccone inaspettatamente amaro.
Anche Matt li vide e decise di farsi da parte. Damon come rivale era l'ultima cosa che gli serviva nella vita!

Le loro labbra si allontanarono dolcemente e una sensazione di disagio li pervase di nuovo. Entrambi provavano una sensazione forte e trascendentale che li univa con la stessa forza con cui li separava.
“Vado a prendere da bere!” disse Summer.
“Vado fuori a prendere aria!” asserì Damon nello stesso istante.
Si sorrisero e si allontanarono, ancora una volta.

Summer andò a prendere da bere, recuperando anche la sua pochette lasciata sui gradini. L'aprì ed estrasse il telefono: c'erano quindici chiamate perse di Kendra e otto di Lily. Con agitazione corse fuori e chiamò Kendra.
“Cosa succede?” domandò preoccupata.
“Finalmente! Klaus sta venendo lì...”
“Cosa?! Perché? Ha scoperto di Elena?”
“Non ne ho idea... Comunque siamo vicini... tempo mezz'ora e saremo entrambi lì, mentre Lily arriverà verso le undici e mezza”
“Ok. Ci sentiamo dopo” Summer pose fine alla telefonata per correre in palestra.

Damon si versò da bere e poi estrasse distrattamente il telefono dalla sua tasca per controllare l'ora. Notò una chiamata in segreteria e subito si allontanò per ascoltarla.
Era un messaggio parecchio disturbato con delle voci in lontananza, ma, grazie al suo udito da vampiro, riuscì a capire ogni cosa.

Lui e Summer si scontrarono casualmente vicino l'ingresso della palestra.
“Klaus sta venendo qui!” dissero entrambi.
“Tu come fai a saperlo?” chiese Summer.
“Mio fratello mi ha lasciato un messaggio in segreteria”
“Ha scoperto di Elena?”
“No, sta venendo qui per uccidere Bonnie!”
“Chi è Bonnie?”
“E' la strega che ha cercato di ucciderlo durante la trasformazione”
disse lui, guardandosi intorno alla ricerca delle ragazze.
“Ascolta Damon, prendi Elena e portala il più lontano possibile ”propose lei, prendendo il suo volto tra le mani con una dolcezza che sorprese entrambi.
“E tu cosa farai?”
“Resterò qui a proteggere la strega!”
“Non se ne parla. Non ti lascio da sola!” asserì lui, serio e preoccupato.
E quelle parole colmarono Summer di stupore: non si aspettava una simile apprensione.
Prese il suo volto ancora più delicatamente, accarezzandolo quasi.
“Non sono io la damigella in pericolo Damon. Devi proteggere Elena. Deve restare al sicuro. Ok?” sussurrò con dolcezza.
Il vampiro annuì. Che diavolo gli era saltato in mente? Era ovvio che dovesse pesare prima e soprattutto ad Elena!
“Vieni dobbiamo trovarle alla svelta!” disse poi, prendendola per la mano.
Poco dopo, le videro in fondo alla sala che scherzavano con un loro compagno di classe.
“Ci serve privacy, vai a scaricare gli ormoni altrove!” esclamò il vampiro soggiogando il ragazzo, che si mosse all'istante.
“Cosa vuoi Damon?” il tono acido di Bonnie.
“Klaus sta venendo ad ucciderti e sono indeciso su cosa regalargli per ringraziarlo!” rispose lui con giustificata malignità.
“Cosa?!” quella era l'ultima cosa che Bonnie si aspettava in quel momento.
“Devi andartene alla svelta da Mystic Falls Elena. Klaus non deve assolutamente sapere che sei in vita...” intervenne Summer.
“Ma se Klaus sta venendo qui significa che con lui c'è anche Stefan...” e negli occhi della doppelganger si accese un vivido barlume di speranza.
“Sì Elena, è probabile! Ma questo non è il momento adatto per una riconciliazione! Devi andartene subito...” asserì la cacciatrice con un tono più duro e perentorio.
“No! E poi non lascerò Bonnie...” asserì lei, risoluta.
“Elena non dire assurdità. Devi metterti in salvo! Io posso farcela... fidati!” la rassicurò la strega.
“Bene, hai sentito? La cacciatrice e la strega terranno tutto sotto controllo. Ora muoviti!” Damon, con i soliti modi autoritari, afferrò bruscamente il suo braccio.
“No...” continuava la ragazza.
“Ah con le buone non si ottiene mai niente” sospirò ed asserì enfaticamente il vampiro, per poi caricarsela sulla spalla come un sacco di patate.
“Mettimi giù Damon...” Elena era allibita: Damon era il solito cavernicolo!
“Cosa?! Non ti sento: la musica e troppo alta!” esclamò lui, ironicamente.
“Mi senti benissimo Damon, mettimi giù!”continuò lei, ma il vampiro la ignorò volutamente.
“Bene. Tenetemi aggiornato e...” si voltò verso Summer e la guardò con preoccupazione “cercate di restare in vita...”
La cacciatrice gli sorrise dolcemente.
“Bonnie...” pronunciò Elena con un volto carico di preoccupazione.
“Tranquilla Elena. Ho tutto sotto controllo” la strega le dedicò un sorriso rassicurante.
Damon si avviò verso l'uscita con Elena ancora caricata sulla spalla e la portò fino alla macchina, incurante delle sue lamentele.
La mise giù e le aprì lo sportello con una galanteria che contrastava con tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento.
Lei lo guardò stizzita ed entrò in macchina.
“Non posso crederci. Dopo aver passato un'intera estate a cercarlo... ora sono io a dovermi allontanare da lui!” borbottò contrariata e triste.
“Devi pensare a restare in vita Elena...” rispose lui, con l'atteggiamento maturo di un genitore, mettendo in moto l'auto.
“Amh, felice di sapere che ti importa ancora qualcosa di me...” asserì lei, quasi imbronciata.
Damon si girò verso la ragazza e la guardò con una serietà disarmante.
“A me importerà sempre di te … Elena...” e pronunciò quelle parole con l'intensità che lo caratterizzava nei momenti importanti.
Tra di loro si creò il classico minuto di tensione. Elena si sentì pervadere da una felicità rassicurante, sentendo quelle parole, e Damon si sentì altrettanto contento per aver messo fine a quell'incomprensione. Lui l'avrebbe sempre protetta e soprattutto l'avrebbe sempre messa al primo posto. Perché l'amava... l'amava ancora...





Angolino di NaNa***
Ed eccomi qui^^
Lo so, lo so! Klaus si sta facendo attendere: perdonatemi^^...ma vi ripeto, so di essere prolissa! ed infatti, nel prossimo capitolo, dopo ben 170 pagine di word...FINALMENTE ...Damon e Summer capiranno di essere AMICI!!! Yeahhhhh!!! *.* Sono emozionata all'idea di scrivere uno dei capitoli per cui è nata la fic^^ I'M HAPPY^^
Come sempre spero di non avervi annoiato...lo so, ogni cosa è tirata per le lunghe...(Per non parlare del rapporto Damon/Summer che procede con la velocità di un bradipo -_-) però spero davvero che non stiate perdendo interesse^^
Un bacione e ...al prossimo capitolo *.*





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Capitolo 35
*** Trentacinquesimo Capitolo ***





Le ragazze, insieme ad Alaric, erano nel corridoio della scuola e pensavano al da farsi.
Summer si voltò verso Bonnie e la guardò con apprensione.
“Se Klaus sta venendo qui per ucciderti è probabile che sia diretto a casa tua...”
La strega si sentì raggelare, ma poi ci ragionò attentamente cercando di mantenere la calma.
“Sì, è probabile, ma l'unica strada per arrivarci è quella che passa per la scuola; quando vedrà che c'è una festa in atto sicuramente vorrà controllare”
“Allora sarà meglio restare qui, così tuo padre non correrà rischi...” intervenne Alaric.
La strega annuì preoccupata.
“Bene, vuol dire che non dobbiamo fare altro che aspettarlo...” Summer non sembrava agitata quanto gli altri due.
“Ti vedo tranquilla...l'hai già affrontato in passato?” domandò l'umano.
“A dire il vero no...il piano era recuperare prima il pugnale e poi affrontarlo; non ha molto senso fronteggiare un nemico che non può essere ucciso. Non trovi?” Summer era preoccupata nella misura in cui era eccitata; l'idea di misurarsi con un avversario così forte era qualcosa di elettrizzante, e se avesse avuto il pugnale ne sarebbe stata addirittura felice.
“Sì, è giusto...” Alaric, invece, era decisamente teso; Bonnie non era riuscita ad uccidere Klaus neanche durante la trasformazione, significava che poteva fare ben poco contro di lui.
“Caroline?” domandò Rick.
“Ho preferito non dirle nulla...”
“Si...capisco...”
Summer non aveva idea di chi stessero parlando, ed il fatto di doversi ritrovare fra i piedi delle persone che non conosceva, in un momento così delicato, la infastidiva.
“Tu sei un umano...dovresti metterti in salvo...” con quel tentativo sperava di avere una persona in meno a cui pensare.
“Forse non avrò nessun potere...ma che razza di uomo sarei se vi lasciassi da sole?”
Summer sorrise ma non ne fu contenta; a quanto aveva capito era un amico stretto di Damon e, se gli fosse successo qualcosa, lei non se lo sarebbe perdonato.
“Come preferisci...Beh...è inutile stare qui, tanto vale ritornare in palestra... sarà lui a trovarci...”
Alaric e Bonnie annuirono e la seguirono, e nel frattempo lei mandò un messaggio a Kendra.


*** ***


Damon percorreva una strada isolata e poco illuminata a gran velocità, mentre Elena fissava il suo telefono sperando in qualche notizia da parte di Bonnie.
“Siamo quasi arrivati...”
“Dove?” chiese la ragazza, destandosi dalla sua preoccupazione.
“Qui vicino c'è un Motel...se sarà il caso passeremo la notte lì...” In altre occasioni Damon avrebbe contornato una simile frase di allusioni ironiche e provocatorie, ma, in quel momento, il suo nervosismo non gli permise di essere frivolo.
Elena non aveva mai passato una notte con Damon e quel pensiero fece battere forte il suo cuore e fece sudare rapidamente le sue mani, ma quelle risposte fisiologiche la riempirono di vergogna e senso di colpa. Lei era innamorata di Stefan...non poteva provare delle sensazioni simili per suo fratello! Annuì cercando di non lasciar trapelare il suo disagio, ma Damon, quel gesto, non lo notò neanche. Era incredibilmente preoccupato e se ne sorprendeva. Non credeva di tenere così tanto alla vita di Summer.


*** ***


Klaus era arrivato a Mystic Falls e la sua guida era ritornata ad essere meno spericolata.
Guardò lo specchietto retrovisore e notò un'auto blu. Gli venne il forte dubbio di essere stato pedinato; ma chi poteva essere il folle da osare tanto!? Non se ne curò: chiunque fosse, avrebbe assaggiato la sua furia omicida alla pari della strega.
“Indicami la strada...” ordinò a Stefan.
Il vampiro si odiò, ma non aveva altra scelta. Sperò che Damon avesse ricevuto il messaggio...o che almeno non fosse la classica serata da pigiama party. La vita di Bonnie, per quanto gli fosse cara, per lui non era nulla paragonata a quella di Elena.
“Devi passare per la scuola e poi devi girare a destra” disse sentendosi un verme.

Quando arrivarono fuori la scuola entrambi notarono le decorazioni e i tanti gruppetti di ragazzi che parlavano e scherzavano tra di loro.
Era chiaro che avessero organizzato un ballo.
All'ibrido si illuminarono gli occhi. Si sarebbe divertito più del previsto!
Stefan, invece, si sentì raggelare, e sperò con tutte le sue forze che Damon avesse portato Elena lontano da quell'edificio.
“Cambio di programma...” l'ibrido parcheggiò l'auto sull'aiuola causando la curiosità dei ragazzi.
Restò qualche secondo fermo per osservare il comportamento del conducente dell'auto sospetta; ma questa andò dritta e alla stessa velocità. Quando le due vetture furono parallele, Klaus volle notare con precisione chi ci fosse all'interno, e vide una donna di colore abbastanza giovane.
Capendo di essersi sbagliato scese dall'auto.
L'ibrido percorse il tratto che lo separava dall'entrata con un sorriso diabolico impresso sul volto.
Lui e Stefan fecero il loro ingresso e l'ibrido non perse tempo.
Fermò un ragazzo che gli era passato di fronte mettendogli una mano sul petto “Sto cercando Bonnie...”
“Non so neanche di chi stai parlando...” rispose con aria scocciata.
“Risposta sbagliata” con un gesto rapidissimo gli spezzò l'osso del collo.
Il ragazzo cadde a terra esanime, ma tutti pensarono che fosse semplicemente svenuto.
Bonnie notò il putiferio, avvistò Klaus e gli si avvicinò con coraggio.
“Non fare il codardo e prenditela con chi può darti del filo da torcere”
L'ibrido, vedendosela di fronte, sorrise soddisfatto; ucciderla, in fondo, era solo un dettaglio di poco conto che si sarebbe esaurito in un attimo, pensò.
“Sei convinta di potermi fronteggiare...esilarante...” asserì con la solita placidità diabolica che lo contraddistingueva.
Intanto gli altri si erano affrettati a chiamare un'ambulanza. A gestire la situazione c'era Caroline, che non si era minimamente accorta della presenza dell'ibrido.
Summer ed Alaric osservarono tutta la scena a distanza.
“Seguimi...” la strega, con coraggio, lo condusse in uno dei corridoi più lontani ed isolati.
Stefan li seguì in silenzio; Bonnie gli aveva dedicato una sola occhiataccia carica di sdegno. Vederlo al servizio di Klaus, per lei che aveva accettato con grande difficoltà il fatto che fosse un vampiro, era stata una grande delusione.
In pochi minuti si trovarono nel corridoio più lontano rispetto alla palestra. La strega si fermò, mentre Klaus e Stefan si allontanarono di un paio di metri.
“Sei molto sicura di te per essere sola contro due vampiri...anzi un vampiro e un ibrido estremamente potente” Klaus era il solito presuntuoso.
“Spiacente Klaus, ma dovrai rivedere i tuoi calcoli...” Summer pronunciò quelle parole sbucando dall'angolo del corridoio insieme ad Alaric che subito lo colpì con la sua balestra.
Il paletto si conficcò nell'addome dell'ibrido, ma per lui quel colpo fu paragonabile ad una puntura d'insetto.
“Sei talmente patetico... che mi fai vergognare di aver preso in prestito quell'inutile corpo...” asserì a denti stretti estraendo il legno dalla carne.
Summer lo guardò con spavalderia tenendo le braccia conserte. Non avrebbe mostrato neanche un briciolo di timore, non era da lei.
“Lascia che me ne occupi io...” Stefan aveva un'occasione per mostrare all'ibrido un po' di falsa fedeltà. Preferiva prendersela con Alaric consapevole che qualsiasi cosa gli fosse accaduta avrebbe avuto il suo anello a salvarlo, e Klaus, di questo, non ne era a conoscenza.
Subito fece comparire i suoi canini e lo aggredì.
L'ibrido lo guardò con soddisfazione credendolo un gesto di lealtà.
Alaric si sentì i denti di Stefan conficcati nella carne; il vampiro sapeva che lui, avendo il suo anello, non faceva uso di verbena e così andò a colpo sicuro.
Summer intervenne subito afferrandolo per il collo. Lo trascinò fino a sbatterlo contro gli armadietti che si deformarono sotto il suo corpo.
Klaus osservò quella scena incuriosito.
“Notevole...pensavo fossi un'umana...ma a quanto vedo...mi sbagliavo...” l'ibrido era piacevolmente incuriosito.
“Infatti non lo sono...” lasciò la presa sul collo di Stefan e si avvicinò a Klaus “Sono la cacciatrice...” continuò con sicurezza guardandolo fisso negli occhi.
“Vorrà dire che le cose saranno più divertenti del previsto...” bisbigliò con un filo di voce diabolico e spavaldo.
Stefan spalancò gli occhi; pensava che la cacciatrice fosse solo una leggenda metropolitana.
Klaus già pregustava il suo sangue. Summer sarebbe stata la nona cacciatrice tanto stupida da affrontarlo, ed avrebbe fatto la fine delle altre otto, sarebbe stata la sua prelibata cena.
“Sbarazzati dell'umano e della strega...io devo divertirmi con questa coraggiosa signorina...” la sua collera verso Bonnie venne rimpiazzata dall'eccitante idea di uccidere l'ennesima cacciatrice.
Stefan eseguì gli ordini e subito ritornò ad attaccare Alaric, ma qualcosa, in quell'attimo, gli punse il collo e subito la sua vista si fece offuscata per poi sfociare in un buio totale.
Era stato un dardo di verbena lanciato da una donna nascosta nel buio. Quando questa venne alla fioca luce che entrava dalle vetrate dell'uscita d'emergenza e da altre luci artificiali più lontane, l'ibrido la riconobbe subito. Era la donna di colore che aveva visto nell'auto.


*** ***


Damon ed Elena erano finalmente giunti a destinazione.
Damon aveva scelto un motel che si trovava in un luogo sperduto ed isolato: per arrivarci avevano attraversato stradine buie che avrebbero messo inquietudine a chiunque.
I due si sistemarono nella stanza indicata dalla proprietaria: un piccolo ambiente dalle pareti bianche dove c'era solo un letto con i due comodini ed un armadio un po' datato. Subito la ragazza si avviò verso l'ampia finestra e guardò all'esterno con un volto pensieroso e agitato.
Qualche secondo dopo si soffermò sull'immagine di Damon riflessa nel vetro. Osservò i suoi gesti e lo vide sedersi all'angolo del letto con i gomiti poggiati sulle cosce; il suo sguardo era perso nel vuoto.
La ragazza si girò e si avvicinò sedendosi accanto a lui.
“Sono al sicuro qui Damon...va da lei...”
Quel tono dolce gli provocò una sensazione piacevole che contrastò con la durezza della sua risposta.
“Perché dovrei?...”
“Perché è evidente che tieni a lei e sei preoccupato...”
“Conosco quella donna da cinque minuti Elena...” cercò di mostrarsi freddo ed impassibile, ma un nodo alla gola gli impedì di continuare.
“Il tempo non significa niente Damon...è chiaro che siete legati...”
Quella frase lo fece innervosire a dismisura. No, non era vero... e a dirla tutta Summer in lui non vedeva neanche un amico, e per questo si sentì ancora più stupido a sentirsi un verme per averla lasciata da sola! Ed Elena, invece, era come se lo stesse spingendo tra le sue braccia!
Questi due pensieri amplificarono quel senso di solitudine che lo accompagnava da tutta la vita.
“Ti fa sentire meglio... Il pensiero che io possa innamorarmi di un'altra donna...?” chiese con una lieve durezza senza voltarsi a guardarla.
Elena si sentì a disagio; quello era un argomento che non poteva affrontare.
“No...Non è come credi...sono solo felice per te...tutto qui” cercò di chiudere quel discorso scomodo, ma quelle parole fecero solo irritare Damon ancora di più.
Felice?! Felice di cosa?! … Quella parola riecheggiò nella sua mente accendendolo di rabbia. Come poteva lei essere felice per lui...quando lui non lo era per niente!
Si alzò stizzito.
“Lascia perdere Elena...non sono in vena di discorsi stucchevoli e privi di senso!”
Il suo tono, duro e a tratti acido, intimò Elena a non replicare.
Damon andò in bagno per versarsi dell'acqua fredda sul volto.
Si specchiò detestando la sua immagine; aveva lasciato Summer da sola contro Klaus, e per di più non riusciva neanche ad essere gentile con la donna che amava. Come sempre non si sentì degno di niente, ma almeno sentiva di aver fatto la cosa più giusta. Doveva proteggere Elena, e non importava quanto fosse difficile respirare in quel momento. Non si spiegava perché si sentisse così male al pensiero di perdere Summer. Non era amore...ne era sicuro. Ma le persone che, come lei, lo accettavano per quello che era, erano rare, ed affezionarsi era inevitabile. Fece una mezza smorfia elaborando quel pensiero assurdo. Era affezionato a Summer, finalmente riusciva ad ammetterlo almeno a sé stesso.


*** ***


Kendra aveva ricevuto il messaggio di Summer. L'aveva informava del fatto che probabilmente Klaus si sarebbe fermato al liceo di Mystic Falls, quindi, quando il vampiro fermò l'auto, lei non si sorprese e neanche si voltò a guardarlo. Continuò il tragitto per una ventina di metri, poi scese dall'auto e si affrettò a raggiungere la scuola.
Arrivata all'ingresso prese la sua bussola, e subito questa la condusse nel luogo esatto dello scontro. Liz era arrivata a scuola poco dopo l'ambulanza, quando i paramedici avevano già accertato la morte del ragazzo. Poi, insieme a Caroline, che aveva insistito per andare con lei, si era recata all'ospedale per avere qualche ulteriore informazione.
La bussola, quindi, la portò dritta da Klaus senza la minima interferenza.
Vide lo squartatore intento ad aggredire un uomo, e subito sparò un colpo che finì sul suo collo, e quando si mise alla luce Klaus la guardò con un'espressione di estrema rabbia.
Klaus odiava quando le persone riuscivano a farla franca; e la sua ossessione per Katherine ne era la dimostrazione. Quando vide la donna che aveva lasciato andare, convinto di aver preso solo un abbaglio, la pressione schizzò a livelli intollerabili.
Quella donna l'aveva seguito da Chicago ed era riuscita a mettere K.O Stefan con uno stupidissimo dardo di verbena. Era un'offesa. Un'offesa insopportabile. Si accanì contro di lei con una velocità elevatissima, e le diede un colpo con il dorso della mano così potente da scaraventarla contro gli armadietti e farla svenire.
Quell'azione stupì tutti, e Summer non riuscì ad accettarla.
Si avvicinò rapidamente al vampiro e gli diede un pugno sul volto.
Klaus si spostò di un metro, e subito portò la mano al viso per togliere la goccia di sangue che gli usciva dal labbro.
Dovette subito fare i conti con una dura realtà: Summer era più potente di quanto immaginava.
Non perse altro tempo, e le si parò di fronte dandole una spinta che la scaraventò contro la vetrata della porta. Questa si deformò frantumandosi ma restando compatta, e alla cacciatrice si fecero solo dei piccolissimi tagli dietro la schiena. Cadde a terra e non ebbe il tempo di rialzarsi; Klaus l'afferrò per i capelli per sbattere il suo volto contro gli armadietti ed un altro taglio le si fece sotto l'occhio.
“Dobbiamo aiutarla!” Alaric, caricò la sua balestra, pronto a dargli un altro, seppur inutile, colpo.
“Lascia fare a me...” Bonnie trovò la giusta concentrazione ed iniziò a farfugliare le parole di un incantesimo.
Summer, nel frattempo, aveva reagito ed aveva dato a Klaus un altro pugno sul volto ed un calcio nell'addome.
La magia di Bonnie iniziò a fare effetto, e l'ibrido iniziò a provare del dolore che ostacolava i suoi movimenti. Sentiva delle fitte lungo tutto il corpo che si concentravano maggiormente nel cranio. Urlò dal dolore e Summer continuò a colpirlo con più violenza. Klaus aveva osato colpire Kendra e questo l'aveva fatta infuriare.
Con uno sforzo di volontà l'ibrido riuscì a vincere quel dolore, e quel contrattacco mentale Bonnie se lo sentì sulla pelle come un colpo diretto.
L'ibrido colpì nuovamente Summer scaraventandola contro il muro.
In quel momento si sentì invincibile, ma qualcosa smosse nuovamente le sue viscere contorcendole in ogni loro millimetro.
Sì girò e vide un volto nuovo. Era una ragazza dai capelli rossi e dalla corporatura minuta.


*** ***


Damon controllava il suo cellulare ogni minuto. Era inutile farlo; se fosse arrivato un messaggio, oppure una chiamata, l'avrebbe sentito, eppure era un gesto meccanico che non riusciva a frenare. Lo stesso valeva per Elena. Entrambi sentivano lo stesso sentimento di impotenza e preoccupazione. Non avevano idea di cosa stesse succedendo a Mystic Falls, e questo pensiero li faceva impazzire. I pensieri di Elena vagavano soffermandosi a turno su tutte le persone care lasciate nelle grinfie di Klaus, ed un pensiero più forte di tutti era rivolto a Stefan. Elena si chiedeva che ruolo avrebbe avuto in quella faccenda. Da quale parte si sarebbe schierato...se sarebbe sopravvissuto, e a tratti gli occhi le si inumidivano riflettendo maggiormente la luce bianca del neon. Quando Damon la guardava, in quei particolari momenti, sapeva che i suoi pensieri erano rivolti al fratello, ed il cuore gli si stringeva. Odiava vederla in quello stato e, per quanto gli risultasse difficile ammetterlo, era un sentimento che avevano in comune. Stefan era suo fratello e non poteva fare a meno di preoccuparsi anche per lui.
“Basta...non posso restare qui!” Elena spezzò quel silenzio dirigendosi nervosamente verso la porta, ma il vampiro le si parò davanti.
“Dove pensi di andare?!” la fulminò con quegli occhi azzurri e prepotenti e la bloccò afferrandola per le braccia.
“Vuoi farlo anche tu Damon... Ammettilo! Non dirmi che tu riesci a startene qui con le mani in mano... perché non ti crederei!” Elena si dimenava cercando di liberarsi dalla sua presa.
“Certo che non riesco a starmene qui! Non è da me e mi sto odiando! Ma Klaus non deve sapere che sei in vita Elena...non ci metterebbe molto ad ucciderti... e dopo... oltre ai vampiri e ai licantropi in giro scorrazzerebbero anche dei simpatici ibridi...se sei sicura di poterlo sopportare va...va pure...” Damon lasciò la presa e le fece spazio. Sapeva che la sua coscienza non le avrebbe permesso di muoversi da quel motel, la conosceva bene. Ed infatti Elena restò immobile per qualche secondo, poi con calma si riavviò verso la finestra.
Damon stava facendo appello a tutte le sue forze per tenere a bada la sua impulsività, e il comportamento di Elena non lo aiutava. Lui stava male quanto lei, eppure doveva resistere e, se era il caso, doveva essere forte per entrambi.


*** ***


Kendra aveva rigirato il messaggio a Lily.
Una volta arrivata a Mystic Falls il navigatore la condusse al liceo e lì, non ebbe bisogno di nessuna bussola; riusciva a sentire la presenza di Klaus con un'estrema chiarezza.
Si addentrò per i corridoi della scuola e percepì anche l'essenza di un'altra strega.
Affrettò il passo e vide Summer in difficoltà ed una ragazza che cercava invano di ridurre il potere di Klaus.
Con la dolce calma che la caratterizzava, prese la mano di Bonnie e le sorrise.
Bisbigliarono all'unisono le stesse parole e Klaus accusò il colpo.
Alaric guardava la scena consapevole e schiacciato dalla sua impotenza.
Quando Klaus si voltò verso le streghe dovette abbattere il suo orgoglio ed accettare la momentanea sconfitta. Due streghe, una cacciatrice più forte delle norma ed un umano impertinente erano decisamente troppo!
Diede un'altra spinta a Summer con le ultime forze, poi velocemente caricò Stefan sulle spalle e scappò dileguandosi.
Summer si rialzò lentamente, e il volto di Lily le trasmise la solita sensazione rassicurante.
La strega lasciò la mano di Bonnie che ancora la guardava meravigliata. Era come se riuscisse a sentire tutto il suo immenso potere, ma soprattutto fu colpita dal suo aspetto etereo e positivo.
Lily notò Kendra svenuta in un angolo e subito corse da lei.
La strega si inginocchiò e prese delicatamente la sua testa mettendosela sulle gambe.
“Kendra...” bisbigliò cercando di infonderle le energie per riprendersi, ma qualcosa non quadrava. L'energia non riusciva a fluire dentro il suo corpo.
Sussurrò ancora il suo nome, ma una dura consapevolezza fece scendere delle grosse lacrime sulle sue guance.
Summer si avvicinò con un'andatura dolorante.
Bonnie ed Alaric, che in quel momento erano più vicini, capirono subito cosa fosse successo e, rivedendo mentalmente il colpo di Klaus, capirono che il collo della donna era stato spezzato ancor prima che questa finisse contro gli armadietti; ma in quel momento tutti pensarono che fosse solo svenuta a causa del dolore.
Lily piangeva emettendo dei piccoli mormorii; tutto di lei tendeva alla calma, persino il dolore.
Summer si avvicinò ancora, ed il silenzio e l'aria costernata di Bonnie ed Alaric resero quei passi qualcosa di surreale; un'esperienza a metà tra il sogno e la realtà.
Quando vide le lacrime di Lily che stringeva in volto di Kendra contro il petto, sentì di dover indietreggiare di un passo.
“No...” sibilò sentendosi soffocare.
Riguardò Bonnie ed Alaric che cercavano di proferire qualche parola, e Summer ebbe paura di ascoltare. Qualsiasi parola, in quel momento, avrebbe rotto il fragile equilibrio che la manteneva ancora in piedi.
“No...” bisbigliò ancora, e sentì il bisogno di uscire perché le pareti la stavano schiacciando.
Corse fuori e si allontanò dalla scuola. Usò la sua velocità per andare lontano. Era come se stesse cercando Klaus oppure una strada che conduceva ad un'altra realtà dove nulla era accaduto.
Si ritrovò nel parco e si appoggiò ad un albero.
Tutto le sembrava ancora ovattato e irreale.


Sia - Lullaby



♫ Send a wish upon a star
Do the work and you'll go far
Send a wish upon a star
Make a map and there you are ♫



“Affida un desiderio a una stella
Fai il tuo dovere e arriverai lontano
Affida un desiderio ad una stella
Crea una mappa ed ecco dove sei”





Si lasciò cadere sul prato. I suoi occhi erano lucidi e lo sguardo rivolto verso l'alto a fissare le stelle. Era un modo per sfruttare la gravità a suo favore e far sì che le lacrime le restassero dentro. Non poteva piangere, perché aveva il coraggio per affrontare ogni sorta di demone ma non quello della morte delle persone a lei care.

♫ Send a hope upon a wave
A dying wish before the grave
Send a hope upon a wave
For all this souls you failed to save ♫



“Affida una speranza a un'onda
Un ultimo desiderio prima della tomba
Affida una speranza a un'onda
Per tutte le anime che non sei riuscito a salvare”




Sentiva il peso della morte di Kendra schiacciarle il petto, e la rivedeva mentalmente in ogni istante e in ogni azione mancata. La realtà, però, le sembrava ancora alterata, e per brevi istanti credeva che tutto fosse ancora da decidere, di avere ancora il potere di cambiare le cose, ma erano illusioni che svanivano con la stessa velocità con cui nascevano, e si sentiva come un ubriaco sul ciglio di un baratro.

♫ And you stood tall
Now you will fall
Don't break the spell
Of a life spent trying to do well ♫


“E sei sempre rimasto in piedi
Ora invece cadrai
Non rompere l'incantesimo
Di una vita trascorsa cercando
di fare le cose per bene”




*** ***


La tanto attesa telefonata era finalmente arrivata. Bonnie aveva chiamato Elena per raccontarle sommariamente cosa fosse accaduto. La ragazza aveva messo il vivavoce per far sentire anche a Damon e, quando Bonnie disse che erano arrivate due amiche di Summer ed una di loro era morta, il vampiro provò una stretta al petto.
In pochi minuti Bonnie cercò di spiegare ogni cosa, ma soprattutto che per il momento il pericolo era scampato; Klaus era fuggito e sarebbe stato alla larga da Mystic Falls per un bel po'.
Damon prese la sua giacca e la mise sulle spalle di Elena.
“A questo punto è inutile restare qui...” il vampiro pensò all'assurdità della situazione; era da solo con Elena, ma non vedeva l'ora di tornare a casa. Il fatto che un'amica di Summer fosse morta gli creava un enorme senso di agitazione, perché troppe erano le domande che gli passavano per la testa. Era un'amica cara? Stava soffrendo? Come si doveva comportare? Cosa doveva dirle?
Entrarono in macchina restando in silenzio. Come sempre Elena si attribuiva la colpa di tutto, e il suo sguardo lo mostrava chiaramente. Se solo Stefan fosse rimasto a Mystic Falls, tutto sarebbe stato più tollerabile, ed invece il destino li voleva ancora lontani.
“E' andato tutto per il meglio...perché hai quella faccia?”
La ragazza scosse il capo con lo sguardo fisso nel vuoto.
“Mi sento solo stanca...” quella frase non si riferiva ad una questione fisica. Elena era stanca di tutto il resto e, in quel momento, desiderò con tutte le sue forze una vita normale.
“Guardami... “ il vampiro catturò quello sguardo assente indirizzandolo sul suo “Finirà Elena...troverò il modo per uccidere Klaus e tu riavrai la tua libertà...e Stefan....te lo prometto...”
Damon fu dolce e rassicurante e lei annuì accennando anche un mezzo sorriso.


*** ***


Summer si alzò.
Era stata con lo sguardo perso nel buio della notte il tempo necessario a reprimere tutto ciò che provava.
Avrebbe chiuso le sue emozioni per tutto il tempo che sarebbe stato necessario, proprio come aveva fatto dopo la morte di Harris. Non avrebbe versato lacrime e non avrebbe mostrato nessun dolore. Sarebbero rimasti lì a logorarle l'anima, e magari si sarebbero fatti compagnia, ma sarebbero rimasti sempre dentro di lei, perché se c'era una cosa di cui aveva paura era dare loro libero sfogo. Temeva che qualcosa in lei si sarebbe irrimediabilmente spezzato, e quest'eventualità la terrorizzava.

Damon aveva accompagnato Elena da Bonnie ed era ritornato subito a casa. Summer non c'era, e lui stette tutto il tempo nell'atrio ad aspettarla.
Si sentiva nervoso e si detestava, perché non era da lui pensare agli altri.
Se ne stava seduto sullo scalino aspettando che lei rientrasse e, quando finalmente sentì il rumore della porta, si alzò.
Summer entrò e la sua espressione ebbe il potere di raggelarlo. Non sembrava la stessa. I suoi occhi erano spenti e la sua mascella irrigidita.
Al vampiro passò per la testa di chiederle 'come stai?' ma subito capì che sarebbe stata una domanda troppo stupida.
“Ho saputo...e...mi dispiace” abbozzò quelle parole sentendosi a disagio, perché, oltre ai suoi limiti caratteriali, era come se si trovasse di fronte una persona che non aveva mai visto.
Lei annuì con disinteresse e si avviò verso la rampa di scale.
In quel momento al vampiro fu tutto chiaro. Erano incredibilmente simili, e in Summer rivide sé stesso il giorno della morte di Rose.

♫ Send a question in the wind
It's hard to know where to begin
So send the question in the wind
And give an answer to a friend ♫


“Affida una domanda al vento
E' difficile capire da dove iniziare
Allora affida una domanda al vento
e dai una risposta ad un amico”




Decise di fare per Summer ciò che Elena fece per lui, e ciò che avrebbe voluto che lei continuasse a fare.
Le si parò davanti e l'abbracciò.
Summer restò impassibile e le sue braccia restarono distese lungo il corpo; non avrebbe mai ricambiato.
“Wow...anche un abbraccio...qual è la prossima mossa?... Mi preparerai una cioccolata calda e dei biscotti?” disse con freddezza, divincolandosi da quella presa che non faceva altro che infastidirla.
Il vampiro non si sentì offeso; probabilmente, se fosse capitato a lui, avrebbe detto qualcosa di simile. E, proprio perché erano così simili, Damon sapeva esattamente cosa fare.
Summer si liberò da quella presa e salì fino in cima alle scale.
Nuovamente, il vampiro le si parò davanti e l'abbracciò.
“Forse non ti è chiaro Damon, ma mi stai dando solo il voltastomaco...” Summer si liberò da quell'ennesima presa con ancora più forza e camminò verso la sua stanza.

♫ Place your past into a book
Put in everything you ever took
Place your past into a book
Burn the pages let them cook ♫


“Metti il tuo passato in un libro
Mettici tutto ciò che hai preso
Metti il tuo passato in un libro
Brucia le pagine, falle cuocere”




Summer non si spiegava il suo comportamento. Cosa voleva dimostrare? Cosa sperava di ottenere? Entrò nella sua stanza e, ancora una volta, Damon le comparve di fronte abbracciandola con una forza maggiore.
“Lasciami in pace...” pronunciò a denti stretti, ma il vampiro aumentò la pressione della sua presa.
“Ti ho detto di lasciarmi!” lo scaraventò contro il muro con una spinta, ma Damon rapidamente le si avvicinò per continuare con tutta la forza che aveva.
Summer continuò a dimenarsi, ma le forze iniziarono a mancarle. D'un tratto si sentì svuotata e debole, e invano cercò nuovamente di liberarsi.

♫ And you stood tall
Now you will fall
Don't break the spell
Of a life spent trying to do well ♫


“E sei sempre rimasto in piedi
Ora invece cadrai
Non rompere l'incantesimo
Di una vita trascorsa cercando
di fare le cose per bene”




“Ti ho detto di lasciarmi Damon! Lasciami!” ma, senza che avesse il tempo di realizzarlo, si trovò con la testa sul suo petto a piangere le lacrime che invano aveva cercato gelosamente di custodire.
“Lasciami...” continuò singhiozzando, ma lui non la lasciò neanche per un secondo. E quando le forze di Summer si esaurirono del tutto, facendole piegare le ginocchia, lui si abbassò insieme a lei, continuando a tenerla stretta, quasi cullandola.
Se ne sarebbe vergognata e probabilmente l'avrebbe rinnegato fino alla fine dei suoi giorni, ma la verità era una e inequivocabile: quella sera tutte le insormontabili barriere che la proteggevano vennero distrutte e oltrepassate e Damon... riuscì a sfiorarle l'anima.

♫ Send a wish upon a star ♫


“Affida un desiderio a una stella”





Angolino di NaNa***
Mi chiedo se qualcuno sia realmente riuscito ad arrivare qui giù xD
Un vero e proprio capitolo/papiro xD
Come avrete capito... quando posso cerco di farvi sorridere...perché so che poi verranno momenti come questi in cui forse dovrei allegare degli antidepressivi al capitolo xD
Io comunque ne sono soddisfatta :D e voglio dedicarlo alla carissima
Alice_inWonderland perché con i suoi preziosi consigli mi sprona sempre a migliorare^^ (Alice probabilmente risponderà “Avrei preferito qualcosa di soldi!” xD)
(Nany non essere gelosa...I Love You...and You Know!!! :D)
Allora...spero che il capitolo non vi abbia deluso^^
Come sempre ringrazio tutti^^
Un bacione e... alla prossima!

Ps: quel “La conosco da 5 minuti...” è ciò che Damon dice a Stefan dopo la morte di Rose, ed io, come sempre, faccio la ladra xD




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Capitolo 36
*** Trentaseiesimo Capitolo ***




Stefan si svegliò con lentezza provando un forte senso di disorientamento. Aveva la bocca impastata, la vista offuscata e per di più percepiva un senso di scomodità che non risparmiava nessuna parte del suo corpo.
Dopo qualche secondo realizzò di trovarsi rannicchiato sul sedile posteriore della macchina di Klaus.
Gli ultimi secondi vissuti prima di perdere conoscenza gli ritornarono alla mente accompagnati da delle spiacevoli fitte alle tempie.
Si guardò intorno, ma capì subito di trovarsi in luogo dove non era mai stato. Era una sorta di parcheggio isolato, e di fronte a lui lampeggiava la scritta di un bar.
Sentendosi ancora frastornato scese dall'auto ed entrò nel locale.
Quando mise piede in quella classica taverna dall'aria rustica, vide Klaus seduto al bancone che sorseggiava ciò che probabilmente era dello scotch. Intorno a lui: tavolini ribaltati, corpi dilaniati, chiazze di sangue e silenzio. L'aria torva dell'ibrido, che pur avvertendo la sua presenza di non si voltò a guardarlo, gli lasciò intendere l'esito di quell'avventata e assurda missione omicida.


*** ***



Elena e Bonnie parlarono per quasi tutta la notte. Elena volle sapere per filo e per segno tutto ciò che era accaduto, soprattutto le parti che riguardavano Stefan.
“Non era lo stesso Elena...Aveva uno sguardo spento, e per di più ha aggredito Alaric...” Bonnie riportò la sua versione della storia con le impressioni che aveva avuto a riguardo; per lei, Stefan, ora che girava nell'orbita di Klaus, aveva di nuovo rinunciato alla sua umanità, e non voleva che Elena si ostinasse ad amare il ricordo di una persona che era ritornata ad essere un mostro.
“Sì, ma Stefan sa del suo anello, stava solo reggendo il gioco Bonnie... è così...deve essere per forza così!” ad Elena, invece, il fatto che lui avesse attaccato Alaric era la conferma di ciò che sperava con tutta sé stessa; Stefan non aveva rinunciato alla sua umanità, ed era al servizio di Klaus solo per tenere al sicuro lei e Damon. Questo pensiero rinnovò la sua fiducia nel futuro e la fece stare subito meglio.


*** ***


Dalla finestra entrarono i primi chiarori dell'alba.
Summer e Damon se ne stavano sdraiati sul letto in religioso silenzio.
Lei, accoccolata sul suo petto, aveva esaurito tutte le lacrime di cui disponeva, ed ora non faceva altro che respirare con lo sguardo fisso in un punto indefinito.
Damon, con la punta delle dita, le sfiorava il braccio dalla spalla fino al gomito per poi risalire e riscendere con estrema delicatezza.
Summer si sentiva incredibilmente a disagio, e restava immobile nella paura di incontrare lo sguardo di Damon. Tra le tante emozioni con cui doveva aveva a che fare in quel momento, c'era anche l'imbarazzo. Non aveva mai pianto davanti a nessuno. Ricordò che quando il signor Harris morì, si chiuse nella sua stanza, si lasciò cadere dietro la porta, concedendosi due lacrime silenziose, e poi si obbligò a smettere. Quella stessa sera andò a caccia di vampiri, sentendosi più distaccata e spietata del solito. Non aveva mai pianto così tanto, ed ora si sentiva svuotata ma anche piacevolmente leggera. Il problema, in quel momento, era solo Damon; lei non aveva mai mostrato il suo dolore o le sue debolezze a nessuno, e non sapeva come comportasi, ma le parole del vampiro dettarono la scena togliendole ogni altra opzione.
“Vuoi che ti lasci riposare?”
Summer pensava che la voce di Damon, in quel frangente così inviolabile, le sarebbe risultata qualcosa di stonato e fastidioso, ed invece, con suo grande stupore, le risuonò gradevole e dolce.
Annuì pensando di aver momentaneamente scansato un attimo di tremendo imbarazzo; avrebbe solo dovuto tenere la testa bassa ed aspettare che il vampiro uscisse dalla stanza. Ma non andò così.
Damon si spostò sul fianco facendo sì che lei si ritrovasse con la schiena sul materasso. Summer continuò ad eludere i suoi occhi, ma quando il vampiro le accarezzò dolcemente il viso non poté fare a meno di guardarlo.
Il vampiro provò una sensazione con non riuscì a decifrare, ma soprattutto si sentì strano all'idea di doverla lasciare.
Accarezzò il suo volto e osservò quel sangue secco che aveva sotto l'occhio - il segno di quel taglio rimarginato - con apprensione e dispiacere.
Gli occhi si soffermarono anche sulle sue labbra. Le desiderò intensamente, ma cambiò rotta posandole un delicato bacio sulla fronte.
Summer restò impietrita e, quando lui si scostò dal suo corpo, si sentì improvvisamente raggelare.
Damon la vide trasalire e le sistemò addosso la coperta con un gesto non troppo accurato: volle farla sembrare un'azione meccanica ed istintiva.
Si alzò dal letto e cercò un ultimo sguardo di Summer prima di andarsene, ma quando questo non arrivò tempestivamente si girò e si avviò verso la porta. Solo quando Damon fu di spalle lei lo guardò provando una sensazione che le strinse il petto.
Le bastarono pochi minuti per cadere in un sonno profondo, al contrario di Damon che, entrato nella sua stanza,  non ci provò neanche a riposare; subito si riempì la vasca per smaltire un po' di stress e per interrogarsi sulle strane sensazioni che provava.


*** ***


Damon si stava abbottonando la camicia quando il campanello di casa suonò.
Subito andò ad aprire, e decisamente non si aspettava la persona che gli comparve davanti.
“Summer è in casa?” Lily gli fece un'occhiataccia contrariata, e non lo degnò neanche di un saluto. Lei non amava avere a che fare con i vampiri e, anche se non giudicava le scelte di Summer, di certo non le capiva.
Damon le fece segno di accomodarsi.
“E' qui...ma si è appena addormentata, ed anche se probabilmente sei la sua amichetta del cuore, non ti permetterò di svegliarla” l'insolenza, come sempre, era il suo marchio di fabbrica.
“Non sei nella posizione di poter fare il gradasso con me Damon, quindi ti consiglio vivamente di moderare i toni...” Lily, anche in quel caso, mantenne la solita calma e gli parlò con un tono placato e relativamente diplomatico.
Il vampiro fece una smorfia infastidita. Ne aveva abbastanza di tutte le persone più forti di lui che non gli permettevano di essere prepotente; era una falciata al suo carattere!
“Quindi cosa farai? Andrai a svegliarla, dopo che ha passato un'intera notte a piangere, solo per non darmela vinta? ” le disse con la consueta arroganza.
Lily si immobilizzò con un'espressione sorpresa.
“Summer...Summer ha pianto?” la strega era incredula.
“E' quello che si fa in questi casi...o almeno quello che fate voi donne...noi uomini siamo meno rumorosi!”
Lily si voltò in alto verso la rampa di scale. Damon sembrava serio, e lei non riusciva a credere alle sue orecchie.
“Ho bisogno di parlarti Damon...ma non qui”
Il vampiro la guardò incuriosito, poi fece una smorfia di assenso e con la mano le indicò la porta.


*** ***



Damon e Lily decisero di andare al Grill e presero posto al bancone ordinando subito da bere.
“Allora?...Cosa devi dirmi?” a Damon venne servito il suo scotch e guardò nauseato quell'assurdo centrifugato di frutta e carote che aveva ordinato la strega.
“Davvero Summer ha pianto?”
“Perché ti sorprendi tanto?...E' per caso un'automa di tua creazione?” il vampiro non riusciva mai ad essere serio, e diceva sempre qualche parola di troppo.
“Non è da lei...e soprattutto non è da lei farlo davanti agli altri...se lo ha fatto con te” si girò a guardarlo “Significa che per lei sei importante...” Lily, in quel momento, realizzò che non poteva più trattare Damon con disprezzo. Se Summer ci aveva visto del buono, allora doveva fidarsi del parere della sua amica.
Il vampiro annuì sentendosi spiazzato e vagamente terrorizzato.
Anche lei era importante per lui, ma questa consapevolezza iniziava a schiacciarlo.
“Allora Lily...Summer mi ha parlato dell'incantesimo che le hai fatto...sicura che funzioni? Abbiamo visitato già un terzo delle case e lei non ha sentito niente...” preferì cambiare argomento.
“Il medaglione può essere ovunque Damon...potreste anche trovarlo nell'ultima casa che vi resterà da visitare...statisticamente non lo esclude nulla...”
Damon per un attimo ci sperò, ma subito rinnegò quel pensiero sentendosi ridicolo.
“Beh Damon...ripasserò stasera... prenditi cura di lei!” la strega si alzò e si infilò il suo cappotto.
Il vampiro annuì, riprovando nuovamente quella strana oppressione al centro del petto che iniziava davvero ad infastidirlo.


*** ***


Damon ritornò a casa e subito si diresse verso la stanza di Summer.
Bussò leggermente, ma aprì senza aspettare una risposta. Lei stava ancora dormendo, e si avvicinò al comodino posandoci sopra il cibo da asporto che aveva preso al Grill per lei.
La osservò e con un gesto istintivo le accarezzò i capelli, ma quel lieve spostamento bastò a svegliarla.
“Non volevo svegliarti...” sussurrò.
Summer si girò nella sua direzione e lui si accovacciò per guardarla dritto negli occhi.
Lei si sentiva ancora imbarazzata e a disagio, ma lo sguardo dolce del vampiro la costrinse a rivelare ciò che aveva pensato per tutta la notte.
“Quindi è così? Oltre a non essere un mostro... sei addirittura un bravo ragazzo ...” Damon sorrise, anche Rose, in punto di morte, gli aveva detto qualcosa di simile.
“Ti sbagli...sono cattivo...e te lo dimostro subito” Damon prese il telefono dalla tasca del pantalone e le scattò una foto.
“Questo, Summer, è il tuo attuale aspetto!” disse mostrandogliela.
Summer afferrò il telefono con velocità alzando la schiena; aveva gli occhi gonfi e tutto il mascara sciolto.
“Ok. Cattivo è dire poco! Sei un essere abietto!” si sentì avvampare, ma non ebbe il tempo di riversargli addosso tutta la dovuta rabbia, perché Damon si affrettò a baciarla.
Summer ricambiò il suo bacio passandogli una mano tra i capelli, ma quando questo finì si sentì nuovamente a disagio.
Si guardò intorno e cercò subito un diversivo.
“Cosa mi hai portato?” chiese, guardando in direzione del comodino.
“Praticamente tutto quello che c'è sul menù del Grill”
“Non credi di aver esagerato?” Summer sorrise nel vedere quella montagna di pacchetti che ricoprivano il mobile, e il vampiro lo notò sentendosi soddisfatto.
“Ma se mangi per quattro persone!”
“Non è vero, e comunque vai al diavolo!”
“Ummm...il fatto che riesci ad inveire contro di me... significa che stai meglio?” Il tono del vampiro passò da giocoso a dolce nel giro di un attimo, ma lo sguardo di Summer si fece infinitamente triste.
“Significa che...sto cercando di non pensarci...”
Damon capì di aver fatto un grosso errore ad averglielo ricordato, ma subito cercò di rimediare.
“Fammi spazio” usò il solito tono dispotico, ed alzò le coperte scoprendola.
“Cosa?! No! Neanche per sogno! Lasciami in pace!” Summer era esterrefatta; cosa gli faceva credere che lo volesse ancora nel suo letto? Per i suoi gusti, si era mostrata debole abbastanza. Ma il vampiro le mise un braccio dietro la schiena e l'altro sotto le ginocchia, e la gettò sull'altra piazza del materasso.
Si sdraiò sul letto mettendo le mani incrociate dietro la nuca e Summer lo guardò allibita; Tarzan era tornato alla riscossa!
“Potresti gentilmente lasciarmi da sola?” il 'gentilmente' era ovviamente ironico.
Il vampiro scosse dispettosamente la testa in segno di negazione.
“Damon!” la cacciatrice iniziò ad arrabbiarsi bonariamente, ma il vampiro si girò sul fianco e l'attirò a sé facendo aderire i loro corpi e facendole appoggiare la testa sul suo braccio.
Summer sospirò rassegnata.
“Non farai mai niente di quello che ti dico, vero?” sussurrò teneramente, facendogli delle carezze dietro l'orecchio.
Il vampiro chiuse gli occhi ed annuì come un bambino soddisfatto delle proprie marachelle.
In quel momento Summer capì che Damon si stava prestando ad essere la sua distrazione; ed inoltre realizzò che aveva passato un'intera notte a coccolarla, e questo significava che lei non gli avrebbe mai più negato un po' di tenerezza, perché quell'antipatico vampiro se l'era guadagnata tutta.


*** ***


Klaus e Stefan misero piede nel bar di Gloria.
L'ibrido non aveva proferito parola e Stefan, anche se era curioso, non domandò nulla riguardo alla serata.
Erano le sette di sera, e Klaus si meravigliò del fatto che il bar fosse chiuso. Per un attimo venne colto da un tremendo dubbio, ma entrando nella sala notò Gloria che puliva il bancone.
La strega alzò lo sguardo verso di lui.
“Sei tornato!?”
L'ibrido non rispose e continuò ad avvicinarsi.
“Vieni...c'è una cosa che devi vedere” la strega si asciugò le mani con uno straccio e lo condusse per le scalette che portavano alla sua stanza.
Stefan li seguì in silenzio.
Quando Gloria aprì la porta, Klaus vide Katherine legata alla sedia ed imbavagliata.
“Cosa significa?”
“Credo che sia tollerante alla verbena...ha provato a scappare e...mi ha dato un bel po' di filo da torcere...” Gloria si tolse il foulard e fece vedere a Klaus il segno del suo morso.
L'ibrido si avvicinò a Katherine con un'aria torva ma piacevolmente incuriosita.
“Ahhh Katerina...tu e i tuoi giochetti...” disse osservandola nei suoi occhi carichi di terrore.
“Quanto tempo ci vuole per smaltire la verbena?”
“Due o tre giorni...dipende dalla quantità che ha ingerito...”
Klaus le afferrò il collo e lo strinse con forza.
Katherine, che già era imbavagliata, non riuscì a respirare e si sentì morire.
“Quando tornerò...mi divertirò a torturati nei modi più crudeli che si possano concepire...” Klaus lasciò la presa sul suo collo e Katherine iniziò a tossire dentro la stoffa.
“Come quando tornerai? Dove stai andando?” Gloria era preoccupata, significava che avrebbe dovuto badare a quella vampira pericolosa e instabile.
“Ritorniamo a Londra...”
Stefan, ovviamente, si sentì preso in causa e si chiese quando sarebbe finita quella dannata storia.


*** ***


Damon si addormentò, e quando aprì gli occhi si ritrovò da solo sul letto di Summer. Sentì il rumore dell'acqua e capì che lei stava sotto il getto della doccia.
Si chiese per quanto tempo avesse dormito con lei affianco, ma subito si rimproverò mentalmente per quel pensiero scemo e di poco conto.
Si alzò e si avviò in salotto dove lo attendeva la sua amata bottiglia di scotch, ma il campanello suonò senza neanche dargli il tempo di finire il primo bicchiere di una lunga lista.
Andò ad aprire e, come immaginava, si trovò davanti la strega.
Con un gesto della mano la fece accomodare.
“Vuoi dello scotch?” chiese, mostrando il suo bicchiere.
“No, ti ringrazio. Summer?”
“E' sotto la doccia...segui il rumore dell'acqua e troverai la sua camera!” i convenevoli si erano esauriti offrendole da bere; accompagnarla fino alla stanza dell'amica sarebbe stato decisamente troppo!
Lily annuì e si avviò per la rampa di scale.
Entrò nella stanza di Summer e dopo qualche minuto la vide uscire dal bagno con un asciugamano intorno al corpo.
La cacciatrice restò impietrita e poi portò il volto verso il basso.
“Mi dispiace...ti ho lasciata da sola...” asserì con titubanza. Il senso di colpa, per aver lasciato Lily da sola ad occuparsi del corpo di Kendra, non l'aveva abbandonata neanche per un istante.
“Non devi preoccuparti...so quanto sia difficile per te...” Lily, come al solito, con i suoi modi angelici, la rassicurò facendola sentire un po' meglio.
Summer annuì e si diresse verso il comò per prendere della biancheria.
“E quindi...hai pianto?” le domandò sentendosi ancora incredula.
Summer s'immobilizzò.
“Suppongo che sia stato Damon a dirtelo...”
La strega annuì e Summer si sedette sul letto accanto all'amica.
“Ho reagito come una persona normale... adesso quanto tempo ci vorrà prima che riesca a sentirmi meglio?” chiese ingenuamente guardandola con gli occhi lucidi. Summer aveva reagito alla morte del signor Harris in tutt'altro modo. Si era chiusa in sé stessa e per parecchio tempo si era sentita in un ruolo recitato, in cui nulla le veniva spontaneo e tutto era visto e vissuto con distacco. Adesso, invece, si sentiva sé stessa e se ne sorprendeva.
Lily le sorrise dolcemente.
“Kendra... ci mancherà sempre...ma con i giorni...quel dolore forte che sentiamo adesso passerà...dobbiamo solo aspettare... ma non si sa mai quanto” alla strega si riempirono gli occhi di lacrime, ma si sforzò di mantenere il sorriso.
Summer annuì “Dov'è ora?”
“L'agenzia di pompe funebri sta portando il suo corpo a New York...ed io una volta ritornata lì mi occuperò del funerale...parto adesso”
“Vengo con te...” Summer non voleva più lasciarla da sola, adesso sentiva di poter gestire la cosa senza dover scappare.
“Bene...allora ti aspetto in macchina” la strega si alzò ed uscì dalla stanza per permettere a Summer di prepararsi.
Arrivò in salotto e con un cenno del capo salutò Damon.

Qualche minuto dopo il vampiro vide Summer scendere con una borsa in mano.
“Dove vai?”
“Torno a New York per qualche giorno...” il vampiro capì subito che aveva delle questioni da sbrigare a causa della morte della sua amica, ma quella notizia lo spiazzò ugualmente.
Annuì e la vide avvicinarsi alla porta. Subito fece una faccia contrariata.
Se ne andava così? Senza neanche salutarlo?
Summer aprì la porta e si voltò verso di lui.
“Damon....Grazie!” disse sorridendo.
Il vampiro le sorrise, ma quando sentì il rumore della porta che si chiudeva una sensazione di vuoto lo pervase annientando quell'espressione. Si guardò intorno e la casa gli sembrò immensa.


*** ***


Qualche ora dopo, qualcuno bussò nuovamente alla sua porta e subito pensò che fosse lei.
Aprì e si ritrovò di fronte Elena.
“E' successo qualcosa?” chiese scostandosi per farla entrare, e soprattutto notando la sua aria cupa.
“No. Sono.. solo passata per chiederti come sta Summer...”
“Summer sta bene...”
“E' bello che tu le sia stato accanto...” la ragazza lo guardò con orgoglio. La sera prima, Damon non aveva perso tempo a correre da lei, e questo Elena l'aveva percepito con chiarezza.
Damon si sentì infastidito. Ancora quella sensazione di oppressione al petto che non riusciva a spiegarsi. Era legata a Summer, eppure quando stava con lei non la provava. Quindi erano gli altri a provocargliela; loro e quelle dannatissime congetture da vecchie pettegole!
“Cosa ti fa pensare che le sia stato accanto?”
“Non ne ho dubbi Damon...ieri eri preoccupato per lei e non puoi negarlo...”
Il respiro di Damon si fece più sonoro.
Odiava! Odiava immensamente quando gli altri gli facevano notare questo genere di cose! La sua umanità...era quello il problema! Forse stava dannatamente venendo a galla e gli altri lo stavano notando. Era snervante!
“Ok Elena. Mi hai smascherato! Sono un tenero orsacchiotto pieno di apprensione per gli altri...quando mi ricordo di non ucciderli, ovviamente!”
“Puoi dire quello che vuoi Damon...ma sono i fatti quelli che contano...”
“Come vuoi Elena...ora se vuoi scusarmi, Summer è momentaneamente partita ed io vorrei godermi un po' di ritrovata privacy...magari... standomene nudo per casa. Ah ma se vuoi restare lo stesso per me non ci sono problemi... sarei una vera carogna a privarti di un simile spettacolo!“ il vampiro iniziò a sbottonarsi la camicia ed Elena lo guardò contrariata.
“Messaggio ricevuto!” disse arrabbiata e divertita dirigendosi verso la porta.
Damon era davvero al limite della sopportazione. Nuovamente si ritrovò a notare quanto la casa gli sembrasse enorme, vuota e silenziosa senza Summer, e quella sensazione lo faceva impazzire.
Se il loro rapporto era davvero diventato così intimo come dicevano gli altri allora...era il caso di distruggerlo!




Angolino di NaNa***
Eccomi qui^^
Come potete vedere sono sempre la solita cattivona pronta a cambiare le carte in tavola! XD
Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono questa fic ed oggi un ringraziamento particolare va a tutti quelli che hanno messo la fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite ...perché ormai avete superato la 50ina!!!Me felice *.*
Spero che il capitolo vi sia piaciuto^^
Un bacione a tutti!!!






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Capitolo 37
*** Trentasettesimo Capitolo ***




Quella sera, Summer ritornò nel suo appartamento e girovagò per le stanze sentendosi strana. Era come se mancasse qualcosa eppure, dopo aver controllato un'infinità di volte, tutto le sembrò in ordine come l'aveva lasciato.
Entrò nella piccola stanza dove teneva la scrivania e due librerie e prese dallo scaffale un album fotografico.
Tutte le sue foto erano lì. Sulle pareti e sulle mensole non ce n'erano. Ma adesso voleva farlo; voleva scegliere qualche foto di gruppo da mettere sul comò. Così, dopo un'attenta selezione, scelse una foto in cui Kendra, Lily e lei erano in Australia in cerca della Triluna, ed un'altra in cui Lily, il Signor Harris e lei erano a Parigi in cerca del Grimorio di Lucrezia.
Mettendole nelle rispettive cornici provò un senso di nostalgia smisurato; quelle persone erano la sua famiglia ed ora le restava solo Lily.


*** ***


Lily era una persona zelante ed operosa. Riuscì ad organizzare il funerale di Kendra in pochissimo tempo, ed il pomeriggio seguente al loro rientro a New York, già si trovarono al Green-Wood per seppellire la salma dell'amica.
Il cielo era grigio e l'aria era carica di umidità. Summer si guardò intorno e riconobbe, tra le tante persone, solo due volti, quelli dei genitori dell'ex marito di Kendra. Gli si avvicinò facendo loro le condoglianze. Stringere la mano a quei due anziani signori la riportò mentalmente nel preciso momento in cui li conobbe. Richard, il loro unico figlio e marito di Kendra, era morto cercando di salvare la moglie dall'attacco di un vampiro. Lui sapeva ogni cosa, perché la sua asfissiante gelosia nei confronti di Kendra l'aveva portato in situazioni in cui non doveva essere coinvolto. Una tragica sera si ritrovò immischiato in una delle loro abituali ronde finite in scontro, e nessuna delle tre poté fare qualcosa per salvarlo. Summer si voltò verso la tomba di Kendra; la loro amicizia nacque in quel periodo. Entrambe avevano un terribile lutto da superare.


*** ***


Boston, Maggio 2005


L'intuizione che ebbe Lily, vista a posteriori, poté sembrare un vero e proprio 'uovo di colombo'...
Harris le lasciava libero accesso agli archivi e lei, come se i diari degli osservatori fossero romanzi, li divorava con curiosità e trasporto. Tra i suoi osservatori preferiti c'era William Smith; di lui adorava il suo amore trascendentale per Lucrezia. Il fatto che si fosse tolto la vita, solo perché non riusciva a convivere con il peso della sua morte, per Lily era qualcosa di veramente romantico e straziante. Lei era la classica sognatrice che piangeva per ogni scena romantica di un libro o di un film. Quando lesse che William Smith non riuscì a trovare il Grimorio della strega, fece una domanda spontanea, legittima e innocente al signor Harris.
“Qualcuno ha mai pensato che potesse essere stata sua figlia a prenderlo?”

Tempo quindici giorni e lei, Summer ed Harris si recarono in Francia alla ricerca del Grimorio.


*** ***


La funzione stava per iniziare e Summer andò a mettersi vicino a Lily.
“Chi sono tutte queste persone?” bisbigliò per farsi sentire solo dalla strega.
“Credo che siano colleghi...e molti ex studenti...”
Summer annuì. Fu felice di vedere così tante persone al funerale dell'amica.
La cerimonia fu breve e semplice, ma Summer si sentì a disagio a vivere quel momento circondata da persone che non conosceva. Il prete disse solo cose banali e standardizzate, e solo quando fu Lily a prendere parola si poté sentire nell'aria qualcosa che richiamava davvero Kendra. Quelli furono i momenti più duri per Summer, perché sentiva le lacrime prendere vita agli angoli degli occhi, ma non avrebbe mai potuto versarle davanti a degli sconosciuti. In quel momento pensò a Damon.


*** ***


La cerimonia finì e Lily e Summer andarono a prendere un caffè nel loro solito bar.
“Quando ripartirai?”
“Stesso stasera... Non ha senso restare qui. Almeno a Mystic Falls ho qualcosa che mi terrà la mente occupata”
“Ti riferisci a Damon?” la voce di Lily, come sempre, era innocente e priva di malizia.
A Summer andò il caffè di traverso e si sentì avvampare.
“Mi riferisco alla ricerca del medaglione” pronunciò quelle parole con lentezza e serietà, ma dentro di sé, non poteva negare di avere voglia di stare con lui.
La strega le sorrise senza aggiungere altro.
“Quando ci sarà assegnata la nuova osservatrice?” Summer decise di cambiare discorso; temeva che la strega volesse approfondire l'argomento 'Damon'.
“Devono passare tre fasi lunari...quindi non prima di tre mesi...”
La cacciatrice annuì, era un dettaglio che aveva dimenticato.
“Non trovi strano che il Consiglio non si sia ancora pronunciato sulla mia punizione? In fondo è passato più di un anno e mezzo...” Summer non dimenticava di avere questa questione in sospeso; aveva violato le regole decidendo di risparmiare la vita ad Elena, e il Consiglio non gliel'avrebbe fatta passare liscia; era poco ma sicuro!
Lily si agitò visibilmente ed afferrò il menù aprendolo.
“Non ne ho idea...mi sa che ordinerò un muffin!” La sua reazione fu strana. Lily che prendeva un muffin, poi, era decisamente inverosimile!
Summer, con l'indice, abbassò il menù dietro il quale si stava nascondendo l'amica e la guardò con sospetto.
“Cosa mi stai nascondendo?”
“Niente! Assolutamente niente!” la voce della strega risuonò squillante ed alterata.
“Lily!?” Summer non se la beveva, la conosceva fin troppo bene.
“Sai...mi sono appena ricordata di avere delle commissioni da sbrigare...” la strega prese la borsa poggiata sulla sedia e afferrò frettolosamente il portafoglio.
“Offro io...allora passerò a salutarti più tardi” lasciò i soldi sul tavolino e si avviò verso l'uscita senza aspettare una risposta.
Summer la seguì con lo sguardo, poi velocemente si alzò per raggiungerla in strada.
“Lily! Fermati!” le afferrò la spalla immobilizzandola e la strega si girò mostrandole degli occhi carichi di lacrime.
“Ho sbagliato! Avrei dovuto dirtelo subito lo so! Ma adesso non è il momento!” La strega sembrava sconvolta e confusa.
“Non è il momento per dirmi cosa? Lily... cosa sta succedendo?... “ Summer si immobilizzò per un istante realizzando cosa stava nascondendo “Riguarda il Consiglio... Tu... sai cos'ha deciso e non mi hai detto niente. E' così?” Summer alzò leggermente il tono della sua voce e la guardò incredula.
Lily volse lo sguardo verso il basso e le lacrime iniziarono a rigarle il volto.
“Mi dispiace...io... non sapevo come dirtelo...”
Summer si sentì stringere il petto. Lily era una ragazza estremamente dolce e, anche se aveva sbagliato, non voleva che reagisse così.
“Lily...guardami...qualsiasi cosa sia...l'affronterò! Sono io che l'ho deciso...e sapevo che sarei andata in contro a delle conseguenza! Ma devi dirmi di cosa si tratta e devi farlo adesso!” cercò di essere dolce e rassicurante, non voleva che Lily stesse male per qualcosa di cui era l'unica responsabile.
La strega si asciugò le lacrime e annuì.
“Non...non potrai mantenere la tua promessa Summer... Mi dispiace...”
Summer spalancò gli occhi, ma fece di tutto per sembrare tranquilla.
“Sai...questo... è un argomento che dovremmo affrontare a casa...non in mezzo alla strada” si sforzò di essere allegra e tranquilla, ma dentro di lei, qualcosa si era spezzato.


*** ***


La strega originaria doveva rimediare ai propri errori...
Tutte le azioni di una strega sono assoggettate all'equilibrio imposto dalla natura: romperlo significa dovervi subito porre rimedio.
In opposizione ai vampiri, ai licantropi e all'ibrido creò qualcosa che avrebbe potuto fronteggiare queste tre entità più forti degli esseri umani in modo da ristabilire l'equilibrio. Con un incantesimo innescò una catena di potenziali combattenti. La loro giovinezza doveva contrapporsi all'antichità che avrebbe caratterizzato i vampiri: infatti, raggiunta la maturità, la combattente sarebbe stata rimpiazzata dalla sua più degna sostituta in età da sviluppo, così che il nuovo potesse sempre contrapporsi al vecchio.
Non poteva nascere da una discendenza licantropa, e non poteva essere trasformata in vampiro. La combattente nasceva e moriva da umana.
La strega diede vita ad una quercia il cui legno avrebbe potuto uccidere la prima generazione di vampiri, e forgiò un pugnale d'argento che, invece, avrebbe potuto uccidere i licantropi originari.
Poi, in opposizione all'imbattibilità dell'ibrido, prese un ramo della quercia, prese il pugnale e vi versò il sangue Niklaus.
“Almeno tu... sarai un Fiore di Loto...dovrai solo accettare quello che ho in serbo per te...”
Il pugnale subì una trasformazione. Sull'elsa comparve un Fiore di Loto e il legno divenne la sua guaina.


*** ***


Summer preparò del Tè da offrire a Lily. La strega era anche più desolata e sconvolta di lei.
“Perché non me l'hai detto subito?” non era un'accusa, il suo tono continuava ad essere dolce.
“Perché... credo di aver scoperto un'altra scappatoia...e volevo esserne sicura, così ti avrei dato una notizia cattiva ed una buona..” La strega prese la tazza con entrambe le mani e tirò su col naso.
“Di cosa parli?”
“...In un diario del 1300 un osservatore parla di una cacciatrice che fu uccisa da Klaus. Il suo corpo, però, non fu trovato, ma fu avvistato qualche anno dopo...capisci? Lei era viva!”
“Quindi?”
“Quindi...Credo...che Klaus l'abbia trasformata in un vampiro...altrimenti non si spiega come sia ricomparsa pur essendo stata chiamata in carica un'altra cacciatrice...”
Summer rise perplessa.
“No...non è possibile una cacciatrice non può essere trasformata...Me l'hai spiegato tu stessa, la natura non lo concede...”
“Sì...è vero...ma il sangue di Klaus potrebbe essere diverso! ..Ne sono abbastanza sicura...”
Summer scosse la testa.
“Ascolta ...se anche fosse, la promessa che ho fatto ad Harris non ha nulla a che fare con questo...”
“Sì, invece! Gli hai promesso che saresti sopravvissuta, che avresti raggiunto l'età per essere sostituita...”
“Gli ho promesso... Lily...che avrei visto l'alba dei miei venticinque anni... e questo accadrà! Il fatto che continuerò ad essere la cacciatrice in carica...non cambia nulla...” Summer pronunciava quelle parole senza crederci. Cambiava invece; cambiava ogni cosa. Voleva essere la prima nella storia ad essere sostituita per “vecchiaia” e non per morte. In mille anni non era mai successo. Era talmente impensabile che una cacciatrice sopravvivesse che tutta la spiegazione col passare dei secoli si era ridotta al semplice “Morta una se ne fa un'altra”. Ma la strega originaria era un'entità di bontà e di giustizia, non avrebbe mai concepito nulla di così estremo. Eppure erano rare le cacciatrici che riuscivano ad arrivare ai vent'anni. Nessuna si era mai liberata. Ma Harris in Summer vedeva una forza diversa, e glielo fece promettere sul suo letto di morte.
“Harris voleva che tu ti liberassi...e se il Consiglio non te lo concede per punizione...allora diventare un vampiro sarebbe una soluzione alternativa, pensaci! Verrebbe subito attivata un'altra cacciatrice...” Lily posò la tazza sul tavolo e prese le mani di Summer tra le sue “Tra qualche mese compirai ventitré anni Summer...sei già una delle cacciatrici più anziane della storia...Se sei riuscita a sopravvivere...era per quella promessa...per la voglia che hai di avere una vita normale, non dico che questo si realizzerà diventando un vampiro...ma almeno... sarai libera...” Summer lasciò le mani di Lily per alzarsi e camminare nervosamente per la stanza.
“Anche se tu avessi ragione...Harris non avrebbe mai voluto che io diventassi un vampiro... non potrei mai farlo!....Evidentemente... non è nel mio destino...essere libera...” pensò ai suoi quindici anni chiusa in un orfanotrofio ed al resto passati da cacciatrice; Summer non era stata padrona della sua esistenza neanche per un giorno!
“Ma va bene! Lo accetterò e ...combatterò fino alla fine...” terminò il suo discorso con un sorriso. Sapeva che Lily ci stava male, ed infatti non riusciva ad accettarlo. Summer era la sua famiglia e non poteva pensare di perdere anche lei. Inoltre aveva sofferto e combattuto fin troppo.
Lily annuì, ma le sue intenzioni a riguardo erano ben altre; non si sarebbe arresa! Avrebbe fatto qualsiasi cosa e a qualunque costo!
“Scusami...per non avertelo detto subito...”
“Non fa niente...Ehi ma quindi sei stata contatta dal Consiglio!...quindi li hai visti! Che tipi sono?” Summer usò un tono rapido e allegro per sdrammatizzare quel momento, e soprattutto per togliere quel velo di tristezza dal volto dell'amica.
Lily la guardò divertita.
“Guarda...che 'Il Consiglio' non sono un gruppo di persone... non è altro che un'entità...una sorta di fantasma...ma più... corporeo...”
“Davvero? Io ho sempre creduto che fossero un insieme di tizi in giacca e cravatta!”
Lily rise rallegrandosi.
“Niente di tutto questo...è un'entità dalle fattezze femminili..anche se è difficile dirlo...la sua pelle è fatta di ali di farfalle e al posto degli occhi ha qualcosa di molto luminescente...diciamo che...in teoria è qualcosa di bello...ma quando lo vedi fa un po' paura...”
“Ummm...vorrà dire che quando sarò convocata al suo cospetto...mi procurerò un mega retino!”
“Summer! Sii più rispettosa!” Lily si guardò intorno un po' impaurita. Quell'essere, anche se buono, l'aveva davvero spaventata!


*** ***


Nina, Pinta e solo Maria, visto che di 'Santo' non aveva un bel niente; erano questi i nomi che Damon aveva dato alle graziose dame che gli tenevano compagnia. Non poteva fare altrimenti; pur sforzandosi, proprio non riusciva a ricordare i loro nomi. Forse, perché non li aveva proprio ascoltati.
Si era recato al college più vicino e si era imbucato ad una festa in cerca di dolci e saporite distrazioni. Queste tre ragazze - una bionda dagli occhi castani, un'altra mora dagli occhi verdi, ed un'altra dai capelli ricci e dagli occhi nerissimi - si erano praticamente fiondate su di lui con la rapidità e la fame di un falco che ha avvistato la sua preda. Le tre l'avevano corteggiato instaurando una sorta di competizione ma lui, nella sua grande magnanimità, aveva deciso di portarsele a casa tutte.



I was Wrong - Social Distortion


Oh, when I was young
I was so full of fear
I hid behind anger
held back the tears ♫


“Quando ero giovane
Ero così pieno di paura
Mi nascondevo dietro la rabbia
Trattenevo le lacrime”




Entrarono in casa già ebbri dell'alcool consumato alla festa, e le ragazze non gli diedero neanche il tempo di chiudere la porta. Erano state soggiogate per non avere paura del fatto che fosse un vampiro, e questo le aveva eccitate ed intrigate a dismisura.
Lo bloccarono sulla porta d'ingresso e iniziarono a spogliarlo avidamente.
La castana, che lui chiamava Pinta, gli sbottonò la camicia per baciare il suo petto con lo scopo di raggiungere il più peccaminoso dei traguardi.
“Ahh Pinta... sapevo che tu saresti stata quella che mi avrebbe dato più soddisfazioni!” disse prendendo il suo volto tra le mani.
“Perchè continui a chiamarmi Pinta? Guarda che ho un nome! Ed è anche molto bello” il suo fare civettuolo fu qualcosa che lo infastidì enormemente e capì subito di essersi sbagliato; sarebbe stata la più rompiscatole!
“Oh ne sono certo zuccherino...ma vedi...non mi interessa! Quindi che ne dici di trovare un impiego più... costruttivo... per quella boccuccia impertinente! Mh?!” l'aveva liquidata alla svelta per baciare appassionatamente la bionda, ovvero Maria, che gli aveva tolto la camicia graffiandogli la schiena.
“Così! Brave! Sono il nuovo mondo...scopritemi!” asserì in preda all'euforia alcolica.

♫ It was me against the world
I was sure that I'd win
But the world fought back, punished me for my sins
I felt so alone
So insecure
I blamed you instead, made sure I was hear
And they tried to warn me
Of my evil ways
But I wouldn't hear what they had to say
I was wrong
Self destruction's got me again
I was wrong
I realize now that I was wrong ♫



“Ero contro al mondo
Ero sicuro che avrei vinto
Ma il mondo combatté contro di me,
Mi punì per i miei peccati
Mi sono sentito così solo, così insicuro
Invece ho dato la colpa a te,
Mi sono assicurato di essere ascoltato
E hanno provato ad avvertirmi
Dei miei modi diabolici
Ma non ho voluto ascoltare cos'avevano da dirmi
Mi sbagliavo
L'autodistruzione mi ha preso ancora
Mi sbagliavo
Adesso capisco che mi sbagliavo”




Dopo la terza bottiglia di scotch, si ritrovò inginocchiato sul tappeto del salotto tra le gambe di Nina, mentre Maria e Pinta, gelose ed eccitate, continuavano ad accarezzarlo e a torturarlo di morsi e baci.
“Non temete... ce n'è anche per voi...” afferrò Maria e la baciò.

♫ And I think about my loves
Well, I've had a few
Well, I'm sorry that I hurt them
Did I hurt you too?
I took what I wanted
Put my heart on the shelf
But how can you love when you don't love yourself? ♫



“E penso ai miei amori
Beh, ne ho avuti alcuni
Beh, mi dispiace di averli feriti
Ho ferito anche te?
Ho preso quello che volevo
Ho messo il mio cuore sullo scaffale
Ma come puoi amare se non ami te stesso?



Si allontanò da loro per dedicarsi alla regina delle distrazioni, Sua Maestà Alcool, ma le incitò a continuare per il piacere della sua vista.
Il bello di quelle ragazze era che non necessitavano di alcuna soggiogazine. Cento cinquant'anni di gozzovigliare vampiresco avevano perfezionato il suo radar “trova-sgualdrine”. Alzò il volume dello stereo fino a renderlo quasi insopportabile. Voleva stordire ogni suo senso. Aveva bisogno di annientare e dimenticare ogni cosa che si avvicinasse al mondo delle emozioni.
Controllò rapidamente il telefono e vide un messaggio di Summer che diceva che sarebbe tornata a breve.
Fece una smorfia e lo spense, per poi fiondarsi nuovamente tra le braccia delle sue pupille. Non provava niente, eppure riusciva a non pensare, e questo gli bastava.

♫ I was wrong
Self destruction's got me again
I was wrong
I realize now that I was wrong
I was wrong, yeah
I was wrong ♫


“Mi sbagliavo
L'autodistruzione mi ha preso ancora
Mi sbagliavo
Adesso capisco che mi sbagliavo
Mi sbagliavo, si, mi sbagliavo”



Lasciò che Maria si mettesse a cavalcioni su di lui e, finalmente, il momento che le ragazze attendevano con ansia, arrivò. Lasciò spuntare i canini e li affondò nel collo della ragazza.
Le altre due guardarono quella scena meravigliate e bramando il loro turno. Pinta, per impressionarlo, leccò il sangue che era colato sulla schiena di Maria, ma Damon la ignorò prendendo il polso di Nina e mordendolo. Pinta sarebbe stata l'ultima, e forse anche l'unica a morire, perché era ruffiana e impertinente; quindi lo meritava!

♫ I grew up fast
And I grew up hard
Something was wrong from the very start
I was fighting everybody
I was fighting everything
But the only one that I hurt was me
I got society's blood running down my face
Somebody help me get outta this place
How could someone's bad luck last so long?
Until I realized that I was wrong♫


“Sono cresciuto velocemente
E sono cresciuto duramente
Qualcosa era sbagliato dall'inizio
Combattevo tutti
Combattevo ogni cosa
Ma l'unico che ho ferito è me stesso
Ho il sangue della società che corre sulla mia faccia
Qualcuno mi aiuti ad andare via da questo posto
Come può la sfortuna di qualcuno durare così a lungo?
Fino a quando non ho capito che mi sbagliavo”




Ballò sul tavolino con Nina reggendo la sua immancabile bottiglia di Scotch. Maria era sdraiata sul divano completamente priva di forze, mentre Pinta ballava sensualmente sperando di catturare la sua attenzione, ma lo sguardo del vampiro era spento e la sua mente era proiettata in un luogo oscuro lontano da quell'insoddisfacente realtà.

♫I was wrong
Self destruction's got me again
I was wrong
I realize now that I was wrong
I was wrong
Self destruction's got me again
I was wrong
The only moment that I was me
I was wrong♫


“Mi sbagliavo
L'autodistruzione mi ha preso ancora
Mi sbagliavo
Adesso capisco che mi sbagliavo
Mi sbagliavo
L'autodistruzione mi ha preso ancora
Mi sbagliavo”
L'unico momento in cui sono stato me stesso
Mi sbagliavo”


Summer parcheggiò la moto affianco alla macchina di Damon. Sentì della musica ad alto volume provenire dalla casa e si avviò incuriosita.
Quando entrò, nel salotto, vide Damon in boxer seduto sul divano, con tre ragazze in biancheria intima che gli si strusciavano addosso senza remore.





Angolino di NaNa***
Come potete vedere...la storia delle cacciatrici la sto modificando parecchio...ma in fondo, è vero che ho preso spunto da Buffy ma il tutto deve ricollegarsi all'universo TVD (e alle cretinate che partorisco xD) quindi è inevitabile stravolgere un po' le cose^^
Come sempre spero che il capitolo sia piaciuto^^
Spero di riuscire ad aggiornare per Natale...ma, nel caso non dovessi riuscirci, Buone feste a tutte^^
Alla prossima!!!




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Capitolo 38
*** Trentottesimo Capitolo ***




Senza tentativi non possono esserci fallimenti;
senza fallimenti non può esserci umiliazione”
William James






Summer restò impietrita, ma fece appello a tutte le sue forze e si sforzò di apparire tranquilla.
Damon le fece un sorriso sornione, mentre le ragazze la guardarono come se fosse stata un ospite indesiderato.
“Vedo...che hai compagnia...” Summer glielo disse con un sorriso, ma dentro stava tremando di rabbia.
Damon si avvicinò a lei mettendo l'avambraccio sul muro.
“Non mi aspettavo che tornassi così presto...altrimenti...beh... avrei nascosto tutto sotto al tappeto!” il suo umorismo fu indisponente e meschino, e la guardò con un'espressione di sfida che non venne ricambiata.
Summer, infatti, restò impassibile. Capì che il suo tono era intenzionalmente provocatorio, e per di più lei l'aveva avvisato del suo arrivo con un messaggio. C'era qualcosa nel suo comportamento che proprio non quadrava, e pensò che forse era dovuto a qualcosa che l'aveva turbato. Ma cosa? Sapeva che non sarebbe stato sempre il Damon premuroso che l'aveva coccolata tutta la notte, ma quel comportamento e quello sguardo ostile, erano troppo accentuati.
“E' casa tua Damon puoi fare quello che vuoi... spero solo che tu non le abbia soggiogate per venire a letto con te...” la frase continuava con un 'perché sarebbe davvero squallido', ma Summer preferì omettere quella parte per non indispettirlo ulteriormente. Damon si stava comportando in quel modo strano per qualche ragione - ne era sicura - e lei voleva solo capire quale.
“Tsk...credi che ne abbia bisogno?... Queste oche mi hanno sbavato dietro dal primo momento!...Le ho soggiogate solo per non farle spaventare del fatto che sono un vampiro...”
“Ma come ti permetti!”
“Ehi!” lo ripresero Maria e Nina; le aveva chiamate 'oche' senza il minimo tatto.
“Chiudete il becco!” il vampiro si girò nella loro direzione per soggiogarle.
“...E per farle stare zitte!” disse continuando il discorso che stava facendo con Summer.
Summer annuì, non capiva se doveva sentirsi più disgustata per il comportamento di Damon o per quello delle tre ragazze.
“Beh...non voglio disturbare... continua pure a divertirti...” continuò sulla linea del tono pacato facendo sentire Damon emotivamente confuso.
Il vampiro la vide salire le scale, e subito un forte senso d'angoscia divampò nel suo petto rendendo doloroso ogni respiro.
Capì di aver rovinato ogni cosa, e senza neanche un valido motivo.
Pinta gli si avvicinò accarezzandogli la spalla, ma lui la fulminò con lo sguardo.
“Sparisci!” le ordinò a denti stretti, poi si voltò e guardò anche le altre.
“Andate via e dimenticate ogni cosa!”
Le ragazze raccolsero i loro indumenti, ma il vampiro non tollerò la loro vista neanche per un secondo in più.
“Ora!” L'effetto della soggiogazione le costrinse ad uscire dalla dimora ancora mezze nude. Damon si versò dello scotch. Era certo che Summer avrebbe fatto qualche scenata violenta delle sue, ed invece era rimasta calma e impassibile, facendogli realizzare quanto poco le importasse di lui. Il bicchiere di scotch venne fatto fuori in un solo sorso per poi essere scaraventato verso il camino.


*** ***



Summer entrò nella sua stanza e respirò forte.
Che stupida era stata a pensare di correre da Damon per poter stare meglio! Si sentì così ridicola d'avvampare, e velocemente corse verso la finestra per spalancarla e prendere aria.
Quando si affacciò vide le tre ragazze andarsene a passo svelto e ancora svestite.
Non capiva quello che c'era dietro al comportamento di Damon. Non riusciva proprio a comprenderlo! Ed in fondo neanche doveva importarle, eppure non riusciva a non stare male.
Pensò che fosse a causa di tutto il resto. Pensò di aver iniziato solo in quel momento ad elaborare le parole di Lily.
Si sedette sul letto.
Il Consiglio aveva eliminato il termine della sua carica, e quindi sarebbe stata una cacciatrice fino alla morte. La speranza di riuscire a compiere venticinque anni per sentirsi finalmente libera era andata in fumo...e adesso non le restava più niente.
Era sicuramente questo pensiero, unito alla morte di Kendra, a farla stare male, pensò. Damon non c'entrava niente, lui poteva fare quello che voleva. Tra di loro non c'erano legami.


*** ***


La mattina seguente Damon trovò Summer in cucina intenta a preparare la colazione.
“Pensavo di dover preparare qualcosa anche alle tue amiche...ma a quanto pare se ne sono andate...” mentre preparava le frittelle, Summer cercava di apparire disinteressata. Lo sapeva che Damon le aveva cacciate, ma era curiosa di sentire la sua versione dei fatti.
Damon le si avvicinò. Si sentiva impazzire; da un lato la desiderava con tutte le forze, mentre dall'altro sapeva che lei aveva uno strano effetto sulla sua umanità, e quindi doveva starle alla larga. Per di più, il disinteresse che aveva mostrato nei suoi confronti l'aveva fatto innervosire in un modo che non si aspettava.
“Le ho uccise...erano diventate snervanti...” pronunciò, con un tono crudele e cinico. Inventò quella bugia per farsi odiare. Ormai il suo intento era quello. Ma Summer aveva visto quelle ragazze andarsene con le proprie gambe, e ancora una volta si chiese cosa fosse successo al vampiro.
Che senso aveva mentire? Ma poi ricordò di quando anche lei agiva in modi discutibili ed apparentemente privi di senso. Ricordò che, quando aveva dodici anni, un bambino ruppe la finestra del dormitorio con un sasso e lei se ne addossò la colpa, non perché volesse difendere l'altro bambino, ma per farsi volutamente rimproverare dalla direttrice. Essere odiati e ovviamente meno impegnativo dell'essere amati, perché puoi permetterti il lusso di non fare nulla. Non devi necessariamente tentare di fare la cosa giusta e se non ci sono tentativi non ci sono neanche fallimenti. Tutta la tua vita si svolge su un basso profilo e non devi impegnarti per niente e per nessuno se non per te stesso. Damon in quel momento voleva farsi odiare. Voleva sabotare tutto quello che di buono aveva fatto, perché sapeva di non poter competere con le aspettative; aveva mostrato il suo lato umano, e questo l'aveva messo in crisi. Ormai Summer l'aveva capito, e sapeva anche come rompergli le uova nel paniere.
“Cosa vuoi per colazione?”
Damon la guardò stranito.
“Ti ho appena detto che ho ucciso quelle tre ragazze... “
“Sì, ho sentito”
“E non hai nulla da dirmi a riguardo?”
“Sei un vampiro Damon...e i vampiri uccidono le persone...”
“Giusto... ma tu sei la cacciatrice, e la cacciatrice uccide i vampiri cattivi che uccidono le persone. Sbaglio, forse?”
“No, non sbagli...ma...” Summer si allontanò dai fornelli per avvicinarsi a lui “Sono abbastanza folle da volerti essere amica Damon...” gli accarezzò le guance prendendole tra le mani.
“Probabilmente... continuerai ad assecondare la tua natura, a fare delle scelte sbagliate... cose discutibili ...ma io sarò dalla tua parte...pronta anche a prendere le tue difese se sarà necessario...” gli sussurrò quelle parole con tutta la dolcezza che aveva in corpo, caricate anche dalla stanchezza e dalla tristezza che portava dentro, e sentì il volto irrigidito di Damon sciogliersi sotto il tocco delle sue mani.
Summer aveva cominciato quel discorso per non stare al suo gioco, ma pronunciando quelle parole capì di averlo fatto soprattutto perché desiderava dirgli quelle cose, perché credeva ad ogni parola che gli aveva detto. Damon le era stato accanto in uno dei momenti più duri della sua vita, e questo lei non lo avrebbe mai dimenticato; non avrebbe mai dimenticato tutto il buono che aveva visto in lui.
Il vampiro si sentì mancare il respiro. Perché non urlava? Perché non si arrabbiava? Perché non lo odiava?
La guardò spaesato per qualche secondo, poi gli occhi si soffermarono sulle sue labbra. Si morse il labbro inferiore per non essere tentato di avvicinarlo al suo, poi le afferrò i polsi ed allontanò le mani dal suo viso.
“Devo andare...” bisbigliò con un sospiro disperato, e si avviò verso la porta della cucina lasciando Summer spiazzata.


*** ***


Damon girovagò per Mystic Falls senza una meta, ma quando passò per il bar della città vedendo seduta al tavolino Carol Lockwood, subito pensò che infierire su una povera donna dai nervi a pezzi gli avrebbe sicuramente tirato su il morale.
“Buongiorno Carol!” il vampiro sfoderò un sorriso accattivante e vagamente diabolico.
Carol si guardò intorno infastidita.
“Cosa vuoi Damon?”
“Rilassati Carol...voglio solo fare due chiacchiere...” le si sedette di fronte, incurante del fatto che lei non lo desiderasse.
“Beh Damon...perdonami se non mi va di conversare con te!” il sindaco bisbigliò per non farsi sentire, e sperò che il suo nervosismo non desse nell'occhio.
“Andiamo...in fondo abbiamo molto di cui parlare, non trovi?... Dimmi un po' come hai superato la cosa? Antidepressivi? Ansiolitici? ...Scotch?”
Carol cercò di restare composta, ma Damon la stava facendo davvero innervosire.
“Vuoi sapere come faccio a tirare avanti...bene! Non penso!..Non penso al fatto che Tyler sia un licantropo, non penso al fatto che sia fidanzato con una vampira, non penso al fatto...che TU Damon... abbia passato tutto il tempo ad ingannarmi con un'incredibile faccia tosta! ...Perché se mi soffermo a pensare...rischio di crollare...lo ammetto...” Carol rivelò la sua frustrazione con rabbia e risentimento, pronunciando quelle parole a denti stretti e guardandolo con contrarietà e disperazione.
“Ora...se vuoi scusarmi!” si alzò con nervosismo: la vista di Damon aveva dato un pessimo inizio a quella giornata.
“Carol...non è tanto grave il fatto che Tyler sia un licantropo...che sia fidanzato con Caroline!...quello!...è seriamente preoccupante!”
Carol gli dedicò un'occhiataccia e se ne andò. Damon, invece, restò lì. Quella conversazione l'aveva illuminato su qualcosa. Pensare...lo stava facendo crollare. Era questo il suo problema! Si interrogava su ogni minima sensazione...e non doveva più farlo! Perché stava impazzendo! Lui e Summer erano diventati amici; ed era ovvio che la sua amicizia stesse cambiando qualcosa in lui. Ma il modo in cui si stava preoccupando era eccessivo! Non era innamorato di lei, quindi qual era il problema? Si alzò prendendo una decisione; da quel momento non avrebbe più pensato a niente. Avrebbe solo vissuto le emozioni che gli si presentavano senza farsi domande. Era l'unico modo per restare vicino a Summer senza impazzire.


*** ***

Summer era rimasta in casa. Non aveva voglia di fare nulla, e non era da lei. Se ne stava nella sua camera ad ascoltare la musica e a riflettere su tutto quello che le era capitato.
Strinse il suo ciondolo pensando al Signor Harris. Le parole di Lily erano state un discorso confusionario di un'amica troppo apprensiva. Anche se avessero trovato un modo per ottenere il sangue di Klaus, cosa le assicurava che avrebbe funzionato? Doveva credere ad un osservatore che poteva benissimo aver preso una svista?
E, cosa più importante, lei non voleva diventare un vampiro. Sarebbe stata l'ennesima schiavitù. In ogni caso sarebbe stata schiava di un oggetto che la proteggesse dal sole, schiava delle sue emozioni e soprattutto schiava dell'eternità. Non era quello che desiderava. Diventare un vampiro era un'opzione valida solo in alternativa alla morte, ma non in alternativa ad una vita umana da cacciatrice. Inoltre le sarebbe sembrato di barare, ed invece doveva essere responsabile delle sue azioni!
Sentì bussare alla porta e si mise a sedere.
“Entra...”
Damon entrò e le si posizionò davanti osservandola. Il suo imperativo era 'non pensare!', ed in quel momento sentiva il bisogno del contatto con sua pelle.
Le accarezzò il volto e si piegò per baciarla, ma Summer strinse il suo collo con una mano e lo spinse lontano da lei.
“Cosa pensi di fare?!” era furiosa. Dopo quello che aveva visto la sera prima, se sperava di toccarla era un povero illuso!
Damon si toccò la gola guardandola allibito.
“Fino a prova contraria Summer...sei la mia distrazione! Cosa pensi che voglia fare?”
“Beh il fatto che ti abbia quasi spezzato il collo Damon...E' la prova contraria!”
“Mi dici che diavolo ti prende adesso? Che ne è del discorso stucchevole di questa mattina?”
Summer si alzò avvicinandosi con aria minacciosa.
“Il discorso di stamattina, Damon, riguardava l'amicizia! Se hai bisogno di sesso, chiama una delle tante oche prive di dignità di tua conoscenza!”
Da dove usciva quella rabbia? Summer si pentì immediatamente di quelle parole, e si rese conto di stare nascondendo una sorta di gelosia dietro uno stupido perbenismo che non le apparteneva.
“Beh...almeno io, certe cose, ho il buon gusto di farle in tua assenza!”
Che diavolo era quel tono pieno di risentimento? Damon capì subito di essersi liberato di quel veleno che si portava dentro dalla festa della scuola. Davvero l'aveva infastidito così tanto? si domandò.
“E questa da dove uscirebbe?! Di cosa stai parlando?”
“Parlo del moccioso insignificante che stavi per baciare al ballo Summer! Ecco di cosa parlo!“ Damon si sentì più leggero, ma quando vide il volto sorpreso di Summer si pentì immediatamente di ciò che le aveva indirettamente confessato. Ma, d'altra parte, lei aveva mostrato lo stesso fastidio.
Furono colti da un impasse in cui non seppero cos'altro dire o fare. Entrami soddisfatti e pentiti delle proprie parole, ed innervositi e contenti delle parole dell'altro.
Il vampiro guardò verso la finestra con la mascella contratta e il respiro profondo di chi sta smaltendo la rabbia, poi scosse lievemente la testa e si mosse per andarsene.
Summer, dopo aver elaborato quella frase, lo guardò dolcemente.
"Damon..." pronunciò, facendolo fermare. Mise fine a quel tentativo di fuga facendogli una carezza sul volto che subito cambiò la sua fisionomia. Damon chiuse un momento gli occhi per sentire il calore di quel gesto e dopo la guardò facendole un mezzo sorriso. Evitare di parlare era la cosa più saggia da fare...per tipi come loro due!
Le mise le mani sui fianchi e l'attirò a sé, ed entrambi corteggiarono un po' le labbra dell'altro, prima di baciarsi: fu un tacito modo per mettere in chiaro che tutto era passato all'istante, e che la voglia di battibeccare era stata sconfitta da altro.
“E quindi ora siamo...amici di letto?”chiese, dopo quel bacio lento, sereno e carico di un bisogno reciproco.
Lei gli accarezzò ancora le guance in un dolce movimento dei pollici.
"Amici di letto..." rispose teneramente, per poi ribaciarlo.
Damon ricambiò sentendosi subito meglio. Non l'aveva persa, anzi: erano diventati amici. E finalmente si accorse delle sensazioni che gli procuravano quei baci. Aveva passato un'intera giornata fatta di sesso e alcool, ma niente si era avvicinato alle emozioni di quel momento. Ogni carezza ed ogni bacio gli entravano sotto la pelle attraverso un piccolo e caldo fremito. La fece sdraiare sul letto e la guardò con desiderio, realizzando quanto gli fosse mancata. Ma, nell'attimo in cui avvicinò nuovamente le labbra alle sue, il vampiro decise che non avrebbe più pensato a niente. Parole dette o ascoltate. Gesti compiuti o ricevuti. Non avrebbe più pensato a niente, perché non era necessario. Non poteva rischiare di perdere quelle sensazioni, che lo distraevano dai suoi tormenti e che lo facevano sentire vivo, solo per delle stupide domande dettate da altrettanto stupide crisi esistenziali.
La liberò dal jeans ed accarezzò e baciò la parte interna delle sue gambe con un desiderio che rese il suo tocco denso e avido.
Summer gli accarezzò il volto per trascinarselo addosso e per baciarlo con passione. Tutto quello che desiderava era perdersi nuovamente nelle sue carezze per non pensare a niente.
Non voleva neanche interrogarsi sugli strani comportamenti di Damon. Non voleva scambiare per gelosia, quella che poteva essere solo una possessività dettata dalla vanità e dall'orgoglio. Non voleva addentrarsi in un territorio contrassegnato da una bandierina che portava il nome di Elena. Non voleva rischiare di legarsi troppo, e quindi di soffrire per lui; così lo baciò e si sottomise alla volontà della passione decidendo che, all'argomento 'Damon', non avrebbe più pensato: se lo sarebbe solamente goduto, proprio come aveva fatto fino a quel momento. Loro erano soltanto amici. Quei sentimenti che iniziava a provare per lui...erano soltanto le varie sfumature d'affetto che si provano per un amico.






Angolino di Nana***
Eccomi qui^^ ho voluto pubblicare prima di Natale questo capitoletto dedicato interamente a Damon e Summer *.* giusto per la gioia delle romanticone...(un nome a caso...NanyVale xD)...visto che con questo capitolo inizia
UFFICIALMENTE la fase “LOVE
Passando ad altro, vorrei spiegarvi le ragioni che mi hanno spinta a modificare la storia della cacciatrici (lo so che non frega niente a nessuno xD ma le scrivo lo stesso).
Perché le mie cacciatrici sono in carica solo per 10 anni?
Se io fossi la strega incaricata a creare queste giovani guerriere, terrei in considerazione un fattore importante:
Le motivazioni sono alla base dei comportamenti umani.
Una cacciatrice deve essere molto motivata per estrinsecare tutto il suo potenziale. Una povera condannata a morte, con il passare del tempo, non avrà tutta questa voglia di combattere e vincere...perché comunque vada la sua vita sarà sempre quella, e secondo me, dopo un po',diventa “pesante” avere sulle spalle le sorti del mondo. In quest'evenienza, la cacciatrice si sentirà la 'carne da macello' del Consiglio. Se invece ha la possibilità di liberarsi da questa “maledizione” allora chi ha la forza mentale per farlo si impegnerà e cercherà di sopravvivere per raggiungere i 25 anni. Quindi → + motivazione → + voglia di combattere → + cattivoni morti.
Ovviamente tra le cacciatrici ci potrebbero essere anche delle super idealiste che lo farebbero con gioia per un bene supremo, ma io ho pensato per lo più alle ragazze normali che vorrebbero una vita tranquilla.
Inoltre, non dimenticate che le strege sono soggette agli equilibri della natura!^.- (<---questa faccina sta a significare che sono cose che scoprirete più avanti)
Perché le mie cacciatrici non possono essere trasformate in vampiri?
Perché secondo me, se ci fosse quest'opportunità, in parecchie la coglierebbero al volo. Io stessa penserei...”Ma chi me lo fa fare? Adesso risparmio la vita a questo vampiro scemo e mi faccio trasformare così questo fardello se lo piange un'altra!!!” (...meno male che non sono una super eroina altrimenti il mondo sarebbe spacciato!!! xD)
Persino Summer, per quanto sia orgogliosa e combattiva, dopo otto anni di combattimento valuta la cosa senza escluderla al 100%
Inoltre, anche in questo caso c'è una cosa molto importante che scoprirete più avanti^^
Tutto qui^^ volevo solo condividere le seghe mentali che ci sono dietro questa fic xD
Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto^^
Vi Auguro
Buon Natale
Un bacione a tutte!!!





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Capitolo 39
*** Trentanovesimo Capitolo ***




Summer ci era riuscita. Mantenendo la calma, era riuscita a guastare il piano del vampiro di sabotare ogni cosa. Gli aveva impedito di chiudersi in sé stesso. Non aveva idea di cosa l'avesse portato a quel comportamento, e neanche voleva chiederselo. Probabilmente riguardava Elena, ma non voleva pensarci. Voleva solo sentirselo addosso e lasciarsi trasportare dai suoi movimenti.
Lo strinse forte a sé, perché era quello che le andava di fare. In quella giornata, aveva visto il suo volto diventare prima freddo, poi spaesato ed in fine adirato. Adesso, quello che vedeva muoversi sopra di lei, era il Damon di sempre, quello che piano si stava facendo strada nel suo cuore come stava facendo adesso nella sua carne: con una dolcezza nascosta sotto quintali di spavalderia.
Lo strinse perché lui la stringeva con lo stesso desiderio di vicinanza, e l'orgasmo fu solo una perentesi di quel momento. Li deconcentrò per un lungo istante ma non li allontanò. Restarono uniti mettendosi sul fianco. Petto contro petto, e con le labbra che si incontravano per darsi dei piccoli e fugaci baci.
Lei gli accarezzava i capelli, mentre la mano del vampiro percorreva su e giù la lunghezza della coscia che lei teneva avvinghiata al suo corpo: con l'altro braccio, invece, la teneva più stretta a sé cingendole le spalle.
I battiti delle loro ciglia erano lenti e pesanti, e i loro respiri lunghi e profondi.
Il vampiro notò la differenza. Era la prima volta che stavano così vicini dopo il sesso, e le coccole di Summer lo riempirono di calore.
“Come stai?” non aveva dimenticato quello che le era successo. Quanto aveva pianto; e, nonostante il suo comportamento da vero stronzo, ora la stringeva, come se nulla fosse successo.
Lei, con gli occhi chiusi, annuì.
“Meglio...cerco di pensare ad altro” si avvicinò al suo viso sfiorandogli le labbra.
Damon sorrise e la strinse più forte a sé. Sentiva di essere lui ciò a cui lei stava pensando, e quel pensiero lo rese inconsciamente felice.
“A cosa esattamente...” il suo bisogno di sicurezza non si placava mai: voleva sentiglielo dire. Chiuse gli occhi e attese la sua risposta.
“Ahhh...Sto pensando a Matt!” Summer sospirò e pronunciò quel nome caricandolo di un'enfasi palesemente ironica.
Il vampiro, ancora con gli occhi chiusi, fece una smorfia infastidita e trasformò la sua presa in un doloroso pizzico, ma poi li aprì e la guardò con intensità.
“Davvero andresti a letto con lui?” per farle capire la serietà della sua domanda, evitò di chiamarlo 'il moccioso insignificante'.
Summer ridacchiò per quella presa semi-violenta, e poi ragionò per qualche secondo su quella domanda inaspettata e dal retrogusto piacevole.
“Beh...Sì!...in fondo... tra di noi non c'è nessuna esclusiva...ieri sera sei stato molto chiaro a riguardo...” lei ormai non ci pensava più a Matt. Era stato solo un fugace e malizioso capriccio, ma volle mettere in chiaro le cose. Se lui era libero di fare quello che voleva, lo era anche lei. In fondo, era stato lui a sbatterle in faccia quella realtà; ed ora era curiosa di sapere cosa pensava a riguardo.
Il vampiro accusò il colpo, ma non potette darle torto.
“E se invece la volessi?” se ne sorprese lui per primo, ma era quello che voleva; un'esclusiva su di lei, perché non voleva dividerla con nessuno.
Summer si sentì spiazzata, e quella domanda la fece stare inaspettatamente bene. Lo sapeva che quelle tre oche avevano avuto solo un ruolo marginale nel suo piano di farla allontanare, ma ci era stata male lo stesso. Quelle parole, invece, cambiarono ogni cosa.
“Se tu la volessi... non mi peserebbe dartela, ma la verità è che...l'esclusività...dovrebbe essere una cosa reciproca...” pronunciando quelle parole Summer realizzò qualcosa che la riempì di tristezza.
“Ed io... non potrò mai averla su di te...”
“Davvero pensi che non possa rinunciare alle sgualdrine di turno per te...?”
Summer sorrise, fu bello sentirselo dire, ma il suo discorso era riferito ad un'altra donna.
“Non è di loro che sto parlando” si prese una lunga pausa “...ci sarà sempre lei Damon...e capirai che non posso limitare la mia libertà con questi presupposti. Non avrebbe senso. Ed è per questo che tra di noi... non ci sarà mai nessuna esclusiva...”
Damon chiuse gli occhi ed annuì con amarezza. Summer si riferiva ad Elena, ed ancora una volta non poté ribattere. Sentì la sua mano posarsi sul volto accarezzandolo dolcemente, e ne sentì ancora il calore. Ma il vampiro non riusciva a sopportare quel pensiero.
Summer era l'ennesima donna che non poteva avere. Non poteva essere sua, perché lui apparteneva ad un'altra donna che non ricambiava il suo amore. Come sempre, si sentiva destinato alla solitudine, però, in quel momento, il corpo nudo della cacciatrice placò quell'inquietudine avvolgendolo con il suo tepore.
La baciò con trasporto. Avrebbe voluto contestare la cosa, ma Summer era diventata una sua amica, e non poteva prenderla in giro. Non poteva metterle un cartello di proprietà privata senza darle lo stesso diritto; ma lui non l'amava, quindi quel privilegio non poteva darglielo.
Eppure, mentre la baciava scivolando nuovamente tra le sue gambe, sentì che lei era tutto ciò che desiderava ed un 'non potrei sopportare di vederti con un altro' mentale si trasformò in un
“Varrà dire...che ti porterai quel moccioso sulla coscienza!” verbale.


Damon annuì e lei gli accarezzò il volto stando male senza darlo a vedere.
Summer avrebbe voluto che lui aggiungesse dell'altro, qualsiasi cosa; e si sentì stupida, perché sapeva che non sarebbe mai stato suo. Quella piccola consapevolezza iniziava a starle stretta bruciandole nel petto in un modo che non riusciva a spiegarsi. Damon la baciò mettendosi su di lei, e poco dopo quel cercarsi frenetico divenne l'inizio di un nuovo ritmo. Il vampiro entrò ancora nel suo corpo con qualcosa di inespresso e disperato impresso sul volto.
Si impossessò di lei con un desiderio devastante ed avido trasmettendole tutta la voglia che aveva di farla sua, e lei, inizialmente, lo percepì come un contentino, ma quando le sussurrò “Vorrà dire... che ti porterai quel moccioso sulla coscienza!” con eccitazione e serietà, si sentì felice e quasi in colpa per il piacere che quella frase diede alla spinta del vampiro.


*** ***


Il taxi fermò Klaus e Stefan nei pressi dell' Hollad Park, di fronte ad un lussuoso palazzo dall'imponente cancellata in ferro battuto.
L'ibrido suonò il campanello e poco dopo il cancello si aprì.
Si guardò intorno notando quanto fosse cambiato quel posto in cinquecento anni. Quella era l'ex dimora di Lucrezia, in cui lui aveva vissuto per una decina d'anni. Dopo la morte della strega, una vampira appartenente alla sua cerchia più ristretta se n'era impossessata trasformandola, con gli anni, in una dimora di lusso in cui venivano ospitati i vampiri che per qualche periodo non avevano voglia di scorrazzare per il mondo. Klaus non amava stare lì,; era un posto troppo esposto e chi vi risiedeva doveva fare fin troppa attenzione a non dare nell'occhio. Cinquecento anni prima, quando poteva disseminare corpi lungo i corridoi senza doversi preoccupare di nulla, era un posto decisamente migliore per viverci!
Il portiere, un umano soggiogato, li accompagnò fino all'appartamento richiestogli da Klaus: la residenza di Bree.
L'uomo li accompagnò alla porta, suonò il campanello e poi se ne andò.
Poco dopo, una vampira dalla capigliatura nera di un riccio selvaggio e con degli occhi verdi e freddi, aprì.
“Klaus...ma che piacevole sorpresa!” la vampira lo fece accomodare, e poi guardò Stefan con curiosità ed interesse.
“Chi è la tua nuova puttanella?” si avvicinò al vampiro e l'annusò con un solo respiro partito dal petto e terminato sul collo.
“Ummm...meno di duecento anni...sei un tenero cucciolo!”
Stefan la guardò allibito sentendosi in notevole disagio.
“Lascialo in pace Bree...” Kluas prese posto nel salotto sedendosi sul divano e mettendo i piedi sul tavolino.
“Accomodati Stefan...e non lasciarti intimorire ...Bree è un po' eccentrica!”
La vampira fece scorrere la mano lungo il petto di Stefan sorridendogli con malizia, e poi raggiunse l'ibrido.
“Allora... Klaus...è un bel po' che non ti fai vivo da queste parti...”
“Sono stato impegnato...”
“Giusto, dimenticavo che sei finalmente riuscito a spezzare la maledizione! Ma ho saputo che qualcosa è andato storto....allora? Qual è l'intoppo? Perché non riesci a creare il tuo esercito di soldatini pelosi?”
“Non mancarmi di rispetto Bree!”
“Andiamo...ci conosciamo da settecento anni...concedimela qualche battutina!”
Klaus le fece un'occhiataccia e decise di lasciar correre.
“Non so cosa sia andato storto, so solo che per trovare un rimedio ho bisogno del Grimorio di Lucrezia”
Bree si alzò per dirigersi verso il mobile bar, poi versò lo scotch in due bicchieri e li servì ai suoi ospiti.
“Beh? E perché non l'hai ancora fatto? Non ricordi dove l'hai messo?”
Klaus le fece un altro sguardo contrariato.
“Lucrezia mi ha ingannato Bree...quel Grimorio non era il suo!”
Bree si servì da bere e tornò a sedersi sul tavolino.
“Umm...La sua fama da subdola stronza...a cinquecento anni dalla sua morte regge ancora! Non c'è che dire...quella donna resterà un mito...”
“Potresti smettere di idolatrarla?!” Klaus a denti stretti, le fece capire che il suo comportamento lo stava davvero innervosendo, così lei alzò la mano e il bicchiere in segno di pace.
“...E dimmi... Sei qui perché pensi che il Grimorio possa essere ancora in questa casa?”
“Diciamo che lo spero...”
Bree si alzò.
“In cinquecento anni questo posto ha subito centinaia di ristrutturazioni Klaus...se fosse uscito qualcosa, l'avresti saputo!”
L'ibrido si alzò a sua volta, era troppo nervoso anche per stare seduto.
“Deve pur essere da qualche parte! Dove sono finite le cose di Lucrezia? Voglio ogni cosa! Ogni diario! Ogni lettera...ogni lista della spesa! Qualsiasi cosa!” urlò camminando nervosamente per il salotto.
La vampira bevve il suo scotch ragionando sulle parole dell'ibrido.
“Dopo la sua morte ...la figlia ritornò dalla Francia per occuparsi del cadavere e dei suoi beni. Vendette quasi tutto...e le poche cose che portò con sé erano appunto la corrispondenza...ed altri bauli di oggetti personali. Dubito che riusciremo mai a trovare qualcosa...”
Bree rievocò quei giorni con precisione. Si guardò intorno ricordando le vecchie fattezze di quella dimora e ricordò il preciso momento in cui, dopo la morte di Lucrezia, Caroline sistemò le cose della madre in un baule. La vampira la lasciò da sola in ciò che all'epoca era il salone, ma duecento anni dopo, durante la ristrutturazione, gli operai trovarono uno scomparto segreto dietro il camino di quella stanza, e fu in quel momento che Bree ricollegò quella che poteva essere una possibile soluzione.
Klaus terminò il suo scotch in un solo sorso e Stefan osservò la scena sentendosi confuso come al solito.
“Qui...dietro al camino...durante la prima ristrutturazione fu trovato un scomparto segreto...” Bree si avvicinò al camino spento poggiando la mano sul ripiano di marmo.
“Cosa c'era dentro?” Klaus sembrò riprendersi, ma il suo entusiasmo fu smorzato alla svelta.
“Nulla...” la vampira scosse il capo con desolazione.
Klaus urlò dalla rabbia, e con l'avambraccio scaraventò per l'aria tutti i fronzoli sistemati sul ripiano del camino. Bree non si scompose, era abituata alle sue sfuriate, mentre Stefan ne restò scosso solo per qualche secondo.
“Calmati e ascoltami Klaus...potrebbe averlo preso Caroline!... Lei non sapeva nulla di tutta la faccenda, ma come ogni ragazzina figlia di una strega non vedeva l'ora di mettere le mani sul Grimorio della madre...”
L'ibrido ascoltò quelle parole attentamente e si calmò intravedendo una nuova speranza.
“Vorrà dire che la nostra prossima meta sarà la Francia...” disse rivolto nella direzione di Stefan “ ...e tu Bree...verrai con noi!”
Era l'unica pista da seguire; non ce n'erano altre, e l'ibrido iniziava ad essere stanco di quel destino che voleva ostacolarlo ad ogni costo.
Lui voleva il suo esercito...non voleva più sentirsi unico e solo.


*** ***


L'ennesimo momento di passione della giornata volse al termine, e nuovamente restarono vicini.
Summer, accoccolata sul suo petto, si godeva le carezze che Damon stava facendo ai suoi lunghi capelli.
“Non andiamo in giro per case?” il vampiro era sorpreso dall'insolita voglia di oziare della cacciatrice.
“Si è fatto tardi...e poi non ne ho voglia...” dal suo tono Damon capì che non era in vena di ritornare a pensare alla sua missione. Evidentemente, quello che avevano fatto per tutto il pomeriggio, era esattamente ciò che le serviva per riprendersi.
“Perché non ammetti semplicemente di voler stare ancora tra le mie braccia?!” cercò di farla sorridere ritornando ad essere il solito vampiro dispettoso.
“Perché non vai a quel paese!?” Summer rispose senza muoversi, restando con la testa sul suo petto.
“Perché non posso muovermi, una certa signorina assetata di sesso mi sta appiccicata come un adesivo!”
Summer si sollevò sorreggendosi con l'avambraccio, e lo sfidò ad andarsene.
“Beh...Adesso sei libero di andare Damon...”
“E dovrei crederti?...Ma se mi stai stuprando con gli occhi!”
Summer guardò di lato per non incontrare il suo sguardo, ma lo stesso le venne da ridere. Il vampiro l'afferrò per i fianchi mettendola sotto di lui.
“Ok Summer, per la tua gioia, sono pronto per il terzo round! Devi solo dire che mi vuoi...”
“Cosa?! ...Te lo puoi scordare!”
Il vampiro la guardò scettico.
“...Questo significa...che ne hai abbastanza dei miei baci?!” le baciò il collo fino a scendere sul seno, e sentì il respiro di Summer farsi più sonoro.
“Esattamente...” pronunciò con un filo di voce, mentre il vampiro posizionava la testa tra le sue gambe.
Dopo qualche minuto, Summer si ritrovò ad ansimare e a stringere le lenzuola con forza, ma il suo piacere fu spezzato sul più bello dalla perfidia del vampiro, che risalì ritornando all'altezza del suo volto.
“Stai ansimando un po' troppo per essere una donna che ne ha abbastanza...”
Summer lo afferrò per le guance e se lo trascinò vicino alle labbra, ma il vampiro, a pochi centimetri da quel contatto, oppose resistenza facendo schioccare la lingua sul palato un paio di volte come segno di negazione.
“Devi dire che mi vuoi...” si inginocchiò tra le sue gambe e fece scorrere le mani sul suo ventre fino ad arrivare ai seni. Li strinse con decisione facendole inarcare la schiena per quel misto di piacere e dolore.
“Sto aspettando...” la guardò con quel suo fare da gradasso, e rifece scorrere le sue mani sul suo corpo per afferrarle i glutei ed avvicinarli al suo bacino.
Summer alzò la schiena per avvicinarsi nuovamente al suo viso. Cercò di baciarlo, ma il vampiro, nonostante l'avesse abbracciata prontamente, continuava ad eludere quel contatto, rimandando il momento in cui le loro labbra e i loro corpi si sarebbero nuovamente e dolcemente uniti.
“Voglio sentirtelo dire....” ne sentiva il bisogno; per qualche ragione oscura alla sua coscienza, aveva bisogno di sentirsi desiderato; e quella pantomima erotica, serviva solo ad appagare quel desiderio.
Summer gli accarezzò il volto e, anche se l'orgoglio voleva vincere, capì che Damon, quelle parole, voleva sentirsele dire realmente, glielo leggeva negli occhi; e, per di più, la mancanza di distanza tra le loro parti intime aveva consumato la forza che le restava per resistere.
Così accarezzò il suo volto e, con un sorriso dolce e degli occhi carichi di desiderio, glielo sussurrò.
“Ti voglio...” il suo tono fu delicato, sensuale e disarmante.
Il vampiro la guardò con una soddisfazione priva di vanto, e subito la baciò scivolando dentro di lei con dolcezza. Quelle parole non furono spontanee ma furono lo stesso importanti, perché Damon riuscì ad ottenere ciò che voleva: in quel momento, si sentì desiderato.


*** ***


Si ritrovano per la terza volta a coccolarsi affettuosamente; poi il vampiro decise di andarsene nella sua stanza. Non voleva annullare quella piccola conquista sentendosi dire da Summer di non voler dormire con lui. Così le lasciò un piccolo bacio sulla fronte e le augurò la buona notte.
“Anche a te...” Summer accarezzò il suo viso e gli diede un bacio sulle labbra rapido e tenero, facendolo sorridere.
Il vampiro si alzò e ritornò nella sua stanza contento ma vagamente amareggiato dal fatto che lei non lo avesse incitato a dormire lì.
Ma quei sentimenti che entrambi iniziavano a provare erano ancora un frutto acerbo, e per quel traguardo serviva ancora del tempo.





Angolino di NaNa***
Ho voluto fare un regalo di Natale a Damon e Summer facendoli stare un'intera giornata a letto *.* sono sicura che almeno loro avranno gradito xD Voi??? xD Spero di non essere stata volgare.
Per il resto...come potete vedere c'è un nuovo personaggio...questa Bree, che è un tipetto alquanto particolare^^
Dal prossimo aggiornamento i capitoli porteranno una data. Come già vi ho detto la fic finisce il 31 Dicembre, quindi potrete farvi un'idea sull'avanzamento. Ormai stiamo davvero agli sgoccioli, eppure tra Damon e Summer le cose proseguiranno così...loro saranno convinti di essere semplici amici ancora per un bel po'. Quando capiranno di essere innamorati? Esterneranno i loro sentimenti? Ed Elena? Il piccolo Matt rischia davvero di essere brutalmente ucciso? ... Chi *Bip è questa Bree?....Lo scoprirete nelle prossime puntate xD
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti^^
Al prossimo^^





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Capitolo 40
*** Quarantesimo Capitolo ***




Mystic Falls, Novembre 2010



Damon l'attendeva seduto sulla panca sotto la finestra.
Elena uscì dal bagno mettendosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio; non lo notò, fu la voce del vampiro ad informarla della sua presenza.
“Bel pigiamino...”
Lei rispose dopo l'istante necessario ad elaborare la sua immagine.
“Sono stanca, Damon”
Il vampiro si alzò e camminò verso di lei facendo dondolare la collanina che lei credeva di aver perso.
“Ti ho riportato questa”
Lei la guardò meravigliata “Pensavo di averla persa”
Il vampiro scosse la testa e lei sorrise muovendosi per afferrarla.
“Grazie”
Ma il vampiro la ritirò verso di sé impedendoglielo.
“Ti prego, dammela” Elena sembrava preoccupata; lì dentro c'era la verbena, ed il fatto che lui esitasse a restituirgliela la inquietava.
“Ho solo una cosa da dire...”
“Perché devi dirla con il mio ciondolo in mano?” era spaventata. Cosa voleva dirle?
“Beh...perché... quello che sto per dire è forse la cosa più egoista che abbia mai detto nella mia vita” la sua voce era strozzata e i suoi occhi lucidi.
“Damon non farlo...” forse aveva capito di cosa si trattava.
“No, almeno una volta devo dirlo. E tu devi solo sentirtelo dire” si avvicinò a lei “Ti amo, Elena... ed è proprio perché ti amo...che non posso essere egoista con te. Per questo non puoi saperlo. Io non ti merito...ma mio fratello sì.
Con gli occhi ancora più lucidi le diede un tenero bacio sulla fronte. Cercò lo sguardo della ragazza, ma lei era troppo tesa per poterlo ricambiare.
Il vampiro le accarezzò i capelli, incurante del suo disagio.
“Dio, quanto vorrei che non dovessi dimenticarlo...”
Elena lo guardò stranita.
“Ma devi...” un lacrima accompagnò quella soggiogazione rigandogli il volto, e nel tempo di un battito di ciglia...era già andato via.
Elena...non l'avrebbe mai ricordato.




*** 1 Dicembre ***



Summer e Damon erano ritornati a lavoro.
Nella dimora dei Farrel cercavano di passare il tempo a modo loro.
Si erano fiondati sul divano con rapidità, baciandosi con passione. Sembravano due adolescenti in piena agitazione ormonale.
“Damon! Damon! Damon!” Summer cercò di smorzare quell'entusiasmo, ma il vampiro non smetteva di baciarla. Una leggera spinta fu l'unica soluzione.
“Che c'è?!” quella breve domanda Damon la canzonò con noia. Solo un motivo indiscutibilmente valido aveva il diritto di interrompere quel piacevole molestarsi frenetico!
“Così non va...devo concentrami!” Summer si alzò e si allontanò di qualche passo per uscire dall'orbita sessualmente magnetica del vampiro. Damon fece una smorfia: proprio come immaginava, i giusti presupposti per interrompere quell'attimo di trasporto... non sussistevano!
Si alzò a sua volta e la raggiunse abbracciandola da dietro.
“Ok...tu concentrati pure...farò tutto io!” le baciò il collo e intrufolò la mano sotto la sua maglietta per afferrarle il seno.
“Damon, no!” dopo qualche secondo di godimento, Summer si allontanò a malincuore.
“E poi... mi mette a disagio l'idea di fare certe cose in casa di queste persone...mi fa sentire...una pervertita!” in tutto quel trambusto, avevano dimenticato che la signora Farrel, una dolcissima ottantenne, stava proprio in quella stanza, seduta su una vecchia poltrona a lavorare a maglia con l'espressione beata e ignara di chi è stato soggiogato per stare tranquillo; e Summer si voltò nella sua direzione per constatare quel dettaglio che le era temporaneamente sfuggito, dando prova che gli ormoni, oltre al senso del pudore, possono offuscare anche la vista!
Damon le si avvicinò nuovamente mettendole le mani sui fianchi.
“Dammi carta bianca Summer...e dopo SI'... che ti sentirai una pervertita!” e lo disse come se fosse un motivo di vanto.
“Non ne ho dubbi!” rispose lei ridendo: Damon era irrecuperabile!
Il vampiro riprese a baciarle il collo.
“Damon...sono seria! Dobbiamo trovare una soluzione...” il suo tono dolce e pacato fu corrotto dal piacere di quel contatto.
“Te l'ho appena suggerita! Tu ti concentri sul medaglione...mentre io mi concentro... su altre cose....” fece scorrere le mani sul jeans per afferrarle i glutei.
“Ho un'idea migliore...” Summer con dolcezza, prese il suo volto tra le mani “Io in una stanza...e tu in un'altra!” e poi staccò i suoi tentacoli dal sedere.
“Quest'idea è pessima! E secondo te come dovrei smaltire tutta questa...tensione...che si è accumulata?” era chiaro il riferimento al "Damonietto" nei suoi pantaloni, che quella mattina era particolarmente vivace!
“Beh Damon...sono sicura che alla signora Farrel non dispiacerebbe...una bella...botta di vita!” rimise le mani sul volto del vampiro e lo girò nella direzione della simpatica nonnina, che nel frattempo si era dolcemente appisolata.
“Di' pure di resurrezione!... per la vita siamo arrivati tardi!” il vampiro non era per niente d'accordo, ed entrambi risero guardandosi con tenerezza. Summer si girò per allontanarsi, ma Damon le afferrò tempestivamente la mano e la trascinò a sé per darle 'un ultimo bacio'.
Quando le loro labbra si allontanarono, si guardarono con un'espressione incantata: entrambi si sentirono rapiti dagli occhi dell'altro; poi Summer gli fece un sorriso e si avviò verso un'altra stanza lasciando la sua mano con un'estrema e delicata lentezza.


*** ***


(Foto J.D :D )


Boston, Maggio 2007


Al suo ultimo anno di liceo, Summer venne incoronata Regina della scuola.
A farle da Re, quella magica sera, c'era Joe Donovan, che tutti chiamavano semplicemente J.D.
Erano stati eletti perché erano la coppia più bella. Entrambi soggetti da copertina; lei bella e dannata, lui bello e angelico.
J.D aveva una carnagione chiara, dei capelli di un castano chiaro e degli occhi azzurri dal taglio dolce, ed era un vampiro. Fu lui ad insegnare a Summer che non tutti i vampiri sono cattivi. Le fece scoprire tutte le sfaccettature dell'essere immortale, ma tra le tante cose, a Summer restò indelebile un banale pezzo di conversazione avuto in una delle loro prime uscite.

“Perché vai a scuola? Ti piace così tanto fare il teenager?”
J.D era un tipo alla moda -nel senso che amava dettarla- gioviale, allegro e giocherellone. A scuola lo adoravano tutti e tutte, perché era il classico personaggio accattivante che sapeva farsi amare.
“Per un vampiro la vita sociale è una necessità Summer. Con la solitudine...tendiamo a diventare dei mostri; ma dà ad un vampiro un legame, di qualsiasi sorta, ed anche se non lo vorrà, resterà ancorato alla sua umanità. E' per questo che le persone sono importanti per me...non voglio essere un mostro...voglio sentirmi umano!”

Fu un amore particolare quello tra J.D e Summer. Lui adorava ogni cosa di lei, ma soprattutto impazziva per quel senso di irraggiungibilità che trasmetteva. Il fatto che fosse una cacciatrice, che fosse un mix di forza e fragilità, di calore e freddezza, la rendevano una sfida continua, e lui amava le sfide.

Quella sera, Joe noleggiò una Limousine.
Suonò il campanello con l'agitazione di un vero adolescente, e si ritrovò davanti la simpatica figura del signor Harris, che lo accolse con un sorriso.
“Tu devi essere J.D, entra pure giovanotto ultracentenario, Summer mi ha detto che di te ci si può fidare...”
“Ed è la verità signor Harris...” Joe si addentrò nel salotto, posizionandosi sotto le scale. Amava le scene da film, e sapeva che Summer sarebbe stata bellissima.
“Ahh non ne ho dubbi, un ragazzo che passa ...quanto...due ore? A 'gelatinarsi' i capelli di certo non avrà il tempo di andare in giro ad ammazzare le persone!” Harris notò il look curato del vampiro; e dall'aspetto capì subito che Summer aveva ragione; J.D sembrava il classico bravo ragazzo. Harris odiava che Summer frequentasse un vampiro: lui odiava i vampiri; ma la sua pupilla, da quando stava con lui, era sempre più solare, ed Harris, per questo semplice ma rilevante motivo, avrebbe potuto sorvolare qualsiasi cosa.
“Ed è proprio così, la gelatina mi è più vitale del sangue signore!”
L'osservatore rise mettendogli un braccio intorno alle spalle.
In quel momento, Summer fece la sua apparizione in un vestito lungo di un rosso lampone, arricciato sul lato e i capelli lasciati sciolti con dei boccoli definiti a regola d'arte.
J.D, proprio come immaginava, restò senza fiato. Harris, invece, si fece prendere dall'euforia.
“Sei bellissima Summer! Non vi muovete, devo prendere la macchina fotografica!” l'osservatore corse in cucina.
In quel frangente, Summer scese per le scale con la classica lentezza imposta dal tacco a spillo.
“Sono senza parole...” J.D la baciò e poi le porse i fiori da mettere sul polso.
“Beh...anche tu non sei male...” non amava adularlo, anche perché era una cosa che faceva benissimo da solo.
“Non sono male? … Ma se sono di una bellezza folgorante e divina!”
Summer sorrise, anche quando si pavoneggiava, Joe restava sempre simpatico.
“Maledetta ed infernale tecnologia!” Harris ritornò lottando con la fotocamera digitale.
“Lasci fare a me signor Harris...” J.D prese l'aggeggio dalle mani dell'osservatore.
“Andiamo! Ma se avrai il triplo dei miei anni...” era decisamente scettico.
“Ecco fatto! Deve solo premere questo pulsante!” gli ridiede la fotocamera e si mise in posa vicino a Summer.
“Come hai fatto?!” l'osservatore si sentì vecchio ed incapace, ma subito si fece rimpossessare dalla gioia del momento.
“...Ok! Fatemi un bel sorriso!”
Summer dapprima alzò gli occhi al cielo, poi sorrise, perché adorava quando Harris le faceva da padre.
L'osservatore li accompagnò alla porta, e li osservò con gli occhi luminosi di un genitore nel momento in cui realizza che la sua bambina sta crescendo.
“Divertitevi!...Possibilmente restando vestiti!” il suo tono non fu autoritario; fu una semplice e dolce richiesta.
Summer e J.D si guardarono sorridendo; Harris apparteneva a quella generazione in cui tutti aspettavano il giorno del ballo di fine liceo per perdere la verginità; ma quelle raccomandazioni, in quel caso, erano tardive.
“Non si preoccupi Signor Harris, non dimentichi che sono un uomo d'altri tempi!” J.D lo rassicurò con il suo solito tono allegro e giocoso.
Harris li salutò con la mano sorridendo, ma quando chiuse la porta di casa, i ragazzi gli sentirono farfugliare qualcosa.
“...Ed intanto con la tecnologia è più capace di me...questa proprio non me la spiego...”


°°°


I Don't Feel Like Dancin'


La palestra della scuola non sembrava la stessa con tutti quegli addobbi e quelle luci colorate.
J.D trascinò Summer a sé per ballare e per farla ridere. La sua era una sorta di danza comica, che però non sfociava mai nel ridicolo; forse perché era bellissimo, o forse perché c'era un'energia particolare nei suoi gesti che gli consentiva di fare e dire qualunque cosa. Tutte le ragazze guardavano Summer con invidia, senza sapere che della sua vita c'era ben poco da invidiare.
Quando la musica finì un ragazzo salì sul palco per nominare il Re e la Regina; e quando Summer sentì pronunciare il suo nome e quello di J.D si sentì spesata. A lei quelle cose non interessavano. Cosa avrebbe mai dovuto dire a tutti quelli che l'avevano votata? Avete sbagliato...non sono la Principessa...sono il guerriero che di solito affronta il drago!
Joe capì subito il suo disagio, e le mise un braccio intorno alle spalle per rassicurarla.
“Tranquilla...faccio tutto io!”
Salirono sul palco e una ragazza li incoronò.
“Discorso! Discorso! Discorso!” fecero i ragazzi in coro.
Il disagio di Summer si faceva sempre più forte, ma J.D prese parola togliendole l'impiccio.
“Wow...non ce l'aspettavamo...ma, ad essere sinceri... aver depredato queste coroncine di plastica a chi magari le desiderava sul serio...Beh...che dire...ha reso questa serata ancora più magica! Grazie, Grazie di cuore!”
Summer fu la prima a ridere. J.D non avrebbe potuto fare discorso migliore, e tutti in sala scoppiarono a ridere, ad eccezione, ovviamente, di quelli che avevano la coda di paglia.



°°°


La serata volse al termine e i due si avviarono, mano nella mano, verso la Limousine.
“Ascolta...lo so che la sera del ballo non vuoi mai andare in albergo perché...” “è un cliché da verginelli sfigati” dissero insieme sorridendo
“Ma la serata non può finire qui...quindi metti questa e fidati di me!” Joe le diede una benda nera da mettere sugli occhi e Summer la guardò con un attimo di perplessità.
“Sul serio? E' proprio necessaria?”
“Sì...” Joe l'aiutò a mettersela e poi la fece accomodare in macchina. Dopo circa mezz'ora l'autista li lasciò fuori un edificio.
Joè prese la mano di Summer per guidarla, e si avviò verso l'entrata.
“Non potete entrare qui!” disse la guardia all'ingresso.
“Sì che possiamo!” Joe lo soggiogò, e in un attimo il problema fu risolto.
Summer ascoltò incuriosita, e dopo qualche altro passo riconobbe la sensazione di vertigine e i rumori tipici di un grande ascensore.
Qualche altro passo ancora, più qualche scalino, e fu colta da una raffica di vento freddo.
Joe le tolse la benda e Summer vide un'oscurità ammantata di luci.
“Dove siamo?”
“Sul grattacielo più alto di Boston...”
La cacciatrice arrivò fino al cornicione con un'espressione meravigliata.
“Lo so che adori le lucine nel buio...era da tanto che volevo portarti qui...”
“Perché l'hai fatto solo adesso?” domandò con lo sguardo assorto nel paesaggio. Sotto e sopra di lei c'era un manto nero colmo di piccole luci della città ed astri del cielo.
Joe stette un attimo in silenzio. Era rimasto qualche passo dietro di lei, ed osservò i suoi capelli mossi dal vento quasi ipnotizzato.
“Perché questo è il posto che ho scelto...per dirti che ti amo...Ti amo Summer...”
Summer restò impietrita e non riuscì a voltarsi.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuto...sapevo... che stasera saresti stata così bella da non lasciarmi altra scelta che dirtelo...” il suo sguardo si fece immensamente triste “..sapevo... che avresti irrigidito le spalle, proprio come hai fatto quando te l'ho detto.. e sapevo che dopo saresti rimasta immobile...come stai facendo adesso” i suoi occhi diventarono lucidi “So...che in questo momento il tuo volto è spesato e confuso...so che è così...perché non provi quello che provo io...e so che ora stai pensando a cosa rispondermi...ma non devi, non devi dirmi niente...devi solo voltarti...”
Summer non ci riusciva ancora, si sentiva immobilizzata.
“Girati e baciami Summer!” Joe chiuse gli occhi permettendo a due copiose lacrime di rigargli il volto “Baciami come se mi amassi...”
Il vampiro sentì il suo orgoglio precipitare fino al piano terra di quel grattacielo; ma non riuscì a fare diversamente. L'amava e non poteva più tenerselo dentro.
Lei capì che stava piangendo, e si sentì soffocare dal dolore. Si girò e rapidamente si avvicinò a lui per abbracciarlo, e Joe soffocò il resto del suo pianto sulla sua spalla ricambiando quell'abbraccio con la stessa forza con cui l'amava.
Summer provava un sentimento forte per lui. Joe era il suo primo ragazzo, e sentiva per lui tutto l'amore di cui era capace a quei tempi; ma non era abbastanza. Era ancora troppo chiusa e troppo spaventata per lasciarsi trasportare dalle emozioni e questo Joe, con i suoi centoventi anni di vita, l'aveva capito bene.
Si abbracciarono e si baciarono con l'amara disperazione della fine.
Joe sapeva che il tempo non avrebbe cambiato nulla. C'era un barriera dentro di lei che lui non riusciva ad oltrepassare, e questo non sarebbe mai cambiato; ne sarebbe sempre rimasto fuori e al gelo.
Restarono stretti a lungo, poi si guardarono capendo che il momento di separarsi era arrivato. In silenzio arrivarono fino alla Limousine. Joe le aprì lo sportello “Ho bisogno di fare due passi...” disse con voce bassa guardando l'asfalto.
Summer gli accarezzò il volto e lo guardò con apprensione.
“Tranquilla...ti prometto che non leggerai sul giornale...'vampiro si impaletta dopo una delusione d'amore'” nonostante tutto, aveva ancora la forza per farla sorridere.
Summer gli lasciò un bacio sulla guancia pieno di dolcezza, e lui chiuse gli occhi sapendo che quello sarebbe stato il loro ultimo contatto.
“Ci vediamo lunedì...” cercò ancora di tranquillizzarla per farla salire in macchina; ma Joe sarebbe partito quella sera stessa e  non si sarebbero mai più rivisti.



Angolino di NaNa***
Ok...questo 1 dicembre ho dovuto spezzarlo perché devo scrivere davvero tante cose prima di dare un senso al resto (Lo sapete...sono prolissa!) e non voglio rischiare di affrettare o arronzare gli eventi (Pubblicare mi da una pausa per riflettere)
Le scene romantiche non sono il mio forte (come se ne avessi uno -_-'') e mi sento strana a scriverle...perchè davvero non mi appartengono. Quindi spero di non essere stata banale e noiosa.
Non so...io ho la sensazione di starmi dilungando troppo...e ho paura che questa fic stia diventando una palla apocalittica.
Ma non posso farci niente...per me gli antecedenti sono importantissimi!...al massimo posso chiedervi scusa!!!SERIAMENTE!!!
Ringrazio i miei recensori perchè come sempre non mi fanno sentire sola; siete state carinissime a chiedermi il seguito, ma non penso proprio che ci sarà^^ Però mancano ancora una quindicina di capitoli alla fine, quindi non vi preoccupate...mi dovrete sopportare ancora per un po'^^
Ritornando al capitolo....come colonna sonora era d'obbligo rispolverare uno dei tormentoni di quell'anno. Ve la ricordavate?...
Io la sto ascoltando a ripetizione da due giorni....Maledetti siano i tormentoni!!! xD
Vabbè..passo alle solite, ma non meno importanti, cose:
Spero che il capitolo vi sia piaciuto
E ringrazio tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qui.
Alla prossima^^





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Capitolo 41
*** Quarantunesimo capitolo ***




*** 1 Dicembre ***



Damon era seduto sul divano e beveva dello scotch. A intervalli fissava infastidito quella nonnina che riprendeva conoscenza emettendo una sorta di singhiozzo, per poi riappisolarsi dopo pochi secondi.
La sua infinita, e particolare, bontà gli faceva veniva voglia di spezzarle il collo per liberarla da quella tremenda agonia chiamata 'vecchiaia'; ma gli altri l'avrebbero accusato senza capire la nobiltà del suo gesto, e quindi bofonchiò solamente reprimendo i suoi istinti.
“Possiamo andare, qui non c'è niente!” Summer interruppe i sui pensieri, avvisandolo e avviandosi verso la porta.
Lui si alzò e la raggiunse con un'espressione di pura collera.
“Summer!”le afferrò il braccio e la fece girare verso di sé.
Il suo intento era quello di farle una ramanzina, ma gli bastò un attimo per trasformare la rabbia in eccitazione; gli bastò un suo sguardo.
La baciò con passione stringendola con la forza necessaria a farla aderire al suo corpo, e lei ricambiò con la stessa intensità. Le afferrò i glutei sollevandoli, e costringendola ad cingerlo con le gambe per avere più stabilità. Se la portò di peso fino alla colonna che precedeva l'ingresso della dimora, e quasi la schiacciò con il suo corpo.
Liberò le sue labbra solo per passare ai baci sul collo.
“Damon...Damon... fermati!” lo supplicò in preda all'eccitazione.
“Prova a ridirmelo con un tono più convinto!” le tappò nuovamente la bocca baciandola.
Lei gli accarezzò il volto e poi usò quella presa per staccarlo almeno dalle labbra.
“Abbiamo una missione Damon! Non possiamo perdere tempo...” il suo tono, questa volta, riuscì ad essere serio e controllato.
Il vampiro si liberò dalla sua presa, e si allontanò di un passo. Era tremendamente arrabbiato.
“Ok Summer...stabiliamo delle regole! Non si esce di casa senza aver prima fatto sesso!” fu serio e autoritario, ma Summer non poté fare altro che ridere.
“Cosa?!”
“Hai capito bene! Non puoi pretendere che io resista per tutto il giorno. Questa voglia di fare sesso con te mi sta facendo impazzire! Ed è una violenza psicologica che non sono disposto a tollerare!” il vampiro era seriamente arrabbiato, e si riferiva al fatto che lei, quella mattina, piena di senso di colpa per aver oziato il giorno precedente, non aveva voluto perdere tempo a dedicargli le dovute attenzioni, e lui questo non lo riusciva proprio a digerire.
Summer elaborò quelle parole comprendendo che, nel modo più contorto possibile, erano una sorta di complimento.
Sorridendo, si avvicinò a lui e gli accarezzò i capelli.
“Solo tu potevi dire una cosa relativamente dolce in un modo relativamente odioso!”
Il vampiro fece un mezzo sorriso, ma evitò di guardarla negli occhi, e si concentrò su un albero alla sua destra. Anche lui elaborò per bene il modo in cui aveva formulato quella frase, e si sentì incredibilmente a disagio: quel desiderio si era palesato con troppa enfasi per avere a che fare solo con il sesso. Schiuse le labbra per sentenziare qualcosa, ma Summer lo baciò tempestivamente, e in meno di un minuto la loro attrazione arrivò nuovamente a livelli intollerabili. Anche lei era ormai al limite.
“In macchina! Adesso!” azzardò lui con la solita tracotanza; ma sapeva che avrebbe ricevuto un secco 'neanche per sogno' come risposta.
“Ok!” Summer, invece, lo stupì. Lo prese per mano, e insieme si avviarono verso l'auto.
Damon si mise alla guida, e fece giusto il tratto di strada necessario ad aggirare la casa della signora Farrel per addentrarsi in una parte più boschiva.
Spento il motore della macchina, venne il buio della ragione.
Summer si maledì per aver scelto di indossare dei Jeans, ma, neanche il tempo di pensarlo, e il vampiro gliel'aveva già sfilati.
Abbassarono i sedili e Damon si mise su di lei. Afferrò il suo tanga con un'espressione di puro fastidio; altri secondi da perdere.
Si slacciò la cintura abbassando i pantaloni quel tanto che bastava, e finalmente si instaurò il tanto agognato contatto.
Stavano impazzendo, ma appena si unirono ritrovarono un senso di pace; e fu veloce, confusionario e scomodo ma assolutamente necessario!
Il piacere li colse entrambi nello stesso momento, e Damon, dopo averle dato qualche tenero bacio sulle labbra, si sdraiò al suo posto con un braccio piegato sotto la testa.
Entrambi smaltirono quell'attimo con un respiro affannato e uno sguardo confuso; poi si guardarono cercando nuovamente un contatto.
Si presero distrattamente per mano e risero lievemente per l'assurdità di quella situazione.
Summer, con la mano libera, prese il cappotto incastrato tra il sedile e la portiera e lo usò per coprirsi, poi si posizionò sul fianco; il tutto senza lasciare la mano di Damon.
Il vampiro si voltò verso di lei, ed entrambi si guardarono per un po' giocherellando con le dita, ma senza prestare attenzione a quel contatto.
“Hai ragione...non possiamo uscire di casa senza farlo...” ammise dolcemente.
“I miei complimenti Summer...Finalmente inizi a mostrare un po' di senso della priorità!”
Entrambi risero, e il vampiro si ritrovò a scuotere leggermente la testa per l'incredulità; farlo in macchina era sempre stato uno sfizio, mai una necessità!
Summer pensò ai periodi della sua adolescenza. Neanche in quegli anni aveva provato quel trasporto che provava stando con Damon. Erano due persone adulte e vaccinate che si stavano comportando come dei ragazzini; ma entrambi si erano ripromessi di non farsi domande, e quindi vivevano quelle sensazioni senza farsi problemi e senza andare a fondo, cercando complicate spiegazioni. Lui era convinto dell'insostituibilità di Elena, e lei era sicura di non potersi innamorare di nessuno.
“Torniamo a casa?...Ho bisogno di darmi una sistemata...”
Il vampiro annuì, e in quel momento i due realizzarono di stare mano nella mano come due teneri fidanzatini. Si sentirono a disagio, e subito troncarono quel contatto.


*** ***


Boston, Maggio 2007


Mentre la Limousine la riportava a casa, Summer non faceva altro che ripetersi mentalmente di essere un mostro.
Era impossibile non amare J.D. Tutte le altre ragazze avrebbero fatto pazzie per stare al suo posto; perché era bello, dolce, solare ed incredibilmente affascinante. Arrivò alla conclusione di avere un problema. Forse era nata senza quella parte di cervello adibita alle emozioni. Forse era un alieno. Forse era un essere cattivo e demoniaco incapace di provare affetto. Furono tante le spiegazioni che cercò di darsi. Non si sentiva una persona normale; era convinta di avere qualcosa di tremendamente sbagliato.
Provava certamente qualcosa per J.D. Eppure non era abbastanza. Perché si rendeva conto di non aver speso neanche una lacrima; per quanto le facesse male, i suoi occhi erano asciutti.
Sì, era l'unica spiegazione, era un mostro incapace di provare affetto!
Egoisticamente pensò che a lei bastava averlo vicino. Le bastava la sua presenza, perché forse J.D era più un amico che l'amore della sua vita. E tutto il dolore che stava provando non era altro che senso di colpa, perché non avrebbe mai voluto vederlo soffrire in quel modo.
Il pensiero che, nonostante tutto, l'avrebbe rivisto a scuola, seduto al solito banco e con il solito sorriso, calmò la sensazione di oppressione nel suo petto permettendole di respirare meglio. Ma non avrebbe mai dimenticato i suoi occhi colmi di lacrime, e il modo dolce in cui l'aveva stretta piangendo. Lei aveva cercato di ricambiare quei gesti con tutto l'affetto di cui era capace, ma dubitava che fosse servito a qualcosa, perché ripeté a sé stessa di non essere altro che un mostro.
L'autista fermò l'auto, e lei scese ringraziandolo.
Entrò in casa e notò una flebile luce bluastra provenire dal salotto. Era il signor Harris che, seduto sulla poltrona, guardava un documentario.
“Sei diventata una Regina...” disse con un lieve affanno.
Summer, in quel momento, ricordò di avere ancora la coroncina in testa, e gli sorrise, ma il suo aspetto la preoccupò facendola avvicinare.
Era imperlato di sudore e, anche se era difficile dirlo con quella luce, le sembrava pallido.
“Ti senti bene Phil?”
Lui alzò lo sguardo per osservarla meglio, ma un capogiro gli offuscò la vista, e un dolore alla bocca dello stomaco lo assalì di colpo.
“Phil, Phil, che ti succede?” domandò spaventata, ma l''osservatore aveva difficoltà a respirare e non riusciva a risponderle.
Summer prese velocemente il telefono dalla sua borsa per chiamare un'ambulanza. Harris perse conoscenza e lei lo adagiò a terra per fargli un massaggio cardiaco. Quando arrivò l'ambulanza furono i paramedici con i defibrillatori a continuare, e subito dopo lo caricarono sulla barella per portarlo al più vicino ospedale.

Nella sala d'aspetto, Summer si sentiva priva di ogni forza. Era tutto irreale, e il bianco della struttura non aiutava.
Camminò nervosamente avanti e indietro, e ad un tratto venne distratta dalla sua immagine riflessa nel vetro della finestra. Notò di avere ancora quella stupida coroncina in testa, e se la tolse con velocità e nervosismo. La fece in quattro pezzi e la gettò nel cestino più vicino. La sua vita era tutto...tranne che una favola.


°°°


Summer ritornò a scuola una settimana dopo. Harris era sopravvissuto, ed era ritornato a casa. Aveva insistito affinché Summer non si perdesse l'ultima settimana di scuola prima del diploma. L'aveva tranquillizzata il pensiero che Lily fosse con lui, ma si sentiva ugualmente male all'idea di lasciarlo. Aveva seriamente temuto di perderlo, e la paura non era ancora stata smaltita del tutto, ma lo accontentò perché non riusciva a fare diversamente.
Arrivata all'ingresso la sua amica Jenny si affrettò a raggiungerla.
“Allora? Cosa vi è successo?” le domandò con apprensione.
“A cosa ti riferisci?” Summer non capiva. Aveva perso l'intera settimana, ma perché parlava al plurale?
“Ovvio! Parlo di te e J.D... Siete mancati per un'intera settimana! Cos'è successo? Il Re e la Regina si sono concessi una romantica luna di miele?” Jenny fece uno dei suoi soliti guardi sognanti. Aveva i capelli biondi e dei grandi occhi color nocciola. Era espansiva e fin troppo ficcanaso, ma inverosimilmente era una delle poche persone che Summer riusciva a frequentare.
“Non proprio...” se avesse raccontato a Jenny quello che era accaduto, probabilmente la ragazza sarebbe morta di vergogna per aver formulato quell'ipotesi incredibilmente inappropriata.
Poi Summer elaborò le sue parole. J.D si era assentato per un'intera settimana; questa notizia le fece mancare il respiro.
Andò in classe e si sedette al solito posto. La lezione iniziò, e J.D non si era presentato. Summer si girò verso il suo banco sentendosi vuota e smarrita.
Le ore di lezione passarono, e dopo la terza quel disagio che provava diventò intollerabile. Non aveva bisogno di nessuna ufficializzazione, se lo sentiva, J.D se n'era andato. Ma perché non le aveva detto addio?
Chiese il permesso di uscire, e velocemente raggiunse il bagno.
Un capogiro le fece raggiungere il water quasi barcollando, e fece appena in tempo a vomitarci dentro.


°°°


Harris era stato fortemente indebolito dall'attacco cardiaco, ma nonostante le sue condizioni andò alla cerimonia dei diplomi con un sorriso stampato sulle labbra.
Summer odiava salire sui palchi, ma per fortuna non era altro che una stretta di mano e la consegna di un pezzo di carta. Ce la poteva fare! Quello che proprio le era sembrato intollerabile durante quei giorni, erano state le domande che riguardavano J.D. L'avevano sfibrata.
Lily ed Harris la guardarono con orgoglio, e in quel momento Summer realizzò che, nonostante tutto, era bello voltarsi per cercare lo sguardo di qualcuno. Era bello avere qualcuno. E si sentì fortuna, perché Harris era ancora vivo. Se avesse avuto solo un'altra occasione di parlare con J.D, il giorno della consegna dei diplomi non le sarebbe sembrato tanto intollerabile. Ma lui non si fece vivo, e il suo diploma fu l'unico a non essere consegnato.


°°°

Quella sera Harris bussò alla sua porta.
Entrò e si sedette accanto a lei.
“Questo è per te...” le porse uno scatolino di velluto nero, e lei lo guardò incuriosita.
“Avanti...aprilo...”
Lei lo aprì e vide una collana d'oro bianco, con un pendente a forma di rosa, e delle piccole gocce di rugiada verde acqua alle estremità dei petali.
“E' bellissima...” sussurrò lievemente imbarazzata. Non aveva mai ricevuto un regalo così importante.
“E' un cimelio di famiglia...era di mia madre...”
“Se è così non posso accettarla Phil...” lo chiuse e glielo porse, ma lui non lo afferrò.
“Certo che puoi...sei come una figlia per me...è giusto che sia tua!” le fece una carezza sui capelli e si alzò con le difficoltà imposte dalla sua convalescenza.
Lei lo guardò spaesata e non seppe cosa rispondere. Aveva la gola legata.
“Ascolta... so che non hai intenzione di continuare gli studi, ma ne sarei davvero felice se decidessi di andare al College, devi comunque pensare al tuo futuro Summer...quindi, durante quest'estate, pensaci bene. Ok?” usò il solito tono allegro e lasciò la stanza. Avrebbe voluto dirle tante altre cose, ma sapeva che l'avrebbe solo messa in difficoltà; la conosceva bene.
Lei sorrise e subito indossò la collana che avrebbe portato ogni giorno della sua vita.


*** ***


A fine giornata, Damon e Summer erano riusciti a visitare sedici case.
Avevano cenato insieme, ed ora se ne stavano abbracciati, seduti a terra accanto al camino.
Damon teneva la schiena poggiata al divano, e Summer era seduta tra le sue gambe con la schiena sul suo petto.
Restarono per un po' in silenzio assorti nello scoppiettio del legno, poi Damon la strinse più forte appoggiando il mento sulla sua spalla. Guardò la famosa e intoccabile collanina e volle fare una prova: se davvero erano diventati amici, come lei sosteneva, allora doveva poterla toccare senza il rischio di essere malmenato.
Afferrò il pendente e ci giocherellò con le dita.
Lei lo lasciò fare standosene tranquilla.
“Chi te l'ha regalata?” lei non reagiva, e quindi era il caso di calcare la mano.
“Perché dai per scontato che me l'abbia regalata qualcuno?”
“Ci tieni troppo per averla presa al mercatino dell'usato...”
Lei sorrise e stette in silenzio.
“Allora?...” non mollava, voleva saperne di più. Chi era stato?...Un ex fidanzato?
“Mi stai chiedendo di parlarti del mio nervo scoperto Damon...” Summer restò calma e ancora accoccolata su di lui.
“Beh..ma gli amici parlano tra di loro...e noi siamo amici, giusto?”
“...Giusto...e quindi...se io ti facessi qualche domanda sul t-u-o nervo scoperto mi risponderesti...Vero?” le cose dovevano essere reciproche.
Il vampiro ci pensò, e dopo un po' annuì “Ma visto che sono stato io il primo a chiederlo...inizi tu!”
Summer gli sorrise.
“Me l'ha regalata il mio primo osservatore... e lui... per me è stato la famiglia che non ho mai avuto...è per questo che questa collana è così importante...”
Damon annuì soddisfatto. Summer parlava al passato, era chiaro che fosse morto, quindi non si addentrò oltre. E poi non si trattava di un ex, e questo lo fece sentire stranamente sollevato.
“Ora tocca a te...” fece lei.
“Non vedo proprio cosa ci sia da chiedere...” Damon si rabbuiò per un istante.
“Le hai mai detto quello che provi per lei?”
Il vampiro esitò per qualche secondo.
“Due volte...” e poi stette in silenzio. Per lui il discorso si chiudeva lì.
“Sto aspettando maggiori dettagli...” lei, invece, voleva sapere di più.
Il vampiro fece un respiro profondo e decise di accontentarla.
“La prima volta...gliel'ho fatta dimenticare...e la seconda...beh è stata la classica confessione sul letto di morte...” era difficile parlarne.
“Di cosa stavi morendo...coma etilico?” Summer notò la sua espressione cupa, e volle sollevare gli animi sperando di ottenere qualche informazione in più.
Lui rise guardandola con un volto dolcemente contrariato
“Ero stato morso da un licantropo...”
“Come hai fatto a sopravvivere?” sapeva che per i vampiri era letale.
“Il sangue di Klaus è la cura...e questo è il motivo per cui mio fratello gli fa da dama di compagnia. Ha barattato se stesso per salvarmi...” Damon, dicendolo, riuscì finalmente a realizzarlo. Stefan si era sacrificato per lui.
“Ummm un vero mago delle contrattazioni! Io, per salvarti la vita, gli avrei offerto al massimo un fermacarte!” ancora volle buttarla sul ridere, e la reazione del vampiro fu la stessa. Summer lo faceva divertire.
“Tu, Summer, sei davvero una donna insopportabile!” la prese per i fianchi e la girò verso di sé; poi le morse umanamente e scherzosamente il collo facendo anche un “Gnam-Gnam-Gnam” di onomatopea.
Lei rise e poi gli afferrò il volto per guardarlo seriamente.
“Perché la prima volta gliel'hai fatta dimenticare?”
“Non credi di star esagerando con le domande?” chiese con il suo tono dispettoso ma dolce.
“Voglio saperlo...” era seria. Voleva assolutamente saperlo, e il vampiro la guardò decidendo di accontentarla per l'ennesima volta.
“Perché...non era giusto che lo sapesse...tutto qui”
“Ti sbagli!...non avresti dovuto farglielo dimenticare!” lo disse istintivamente senza neanche pensarci più di tanto. E solo dopo realizzò che forse lei, al suo posto, avrebbe fatto qualcosa di simile.
“Sono il vampiro cattivo Summer...quello che uccide le persone senza pensarci due volte e senza provare il minimo rimorso! Che senso aveva farglielo sapere?...Non mi avrebbe amato in ogni caso...” rispose di getto per poi pentirsene. Quel discorso stava entrando troppo in profondità e non voleva.
Summer si inginocchiò tra le sue gambe e gli accarezzò il volto.
“Se si è innamorata di tuo fratello, detto 'lo squartatore', non vedo perché non possa innamorarsi di te...” il suo tono fu sincero, dolce e rassicurante, e Damon si sentì spiazzato. Era come se l'avesse reso facile e possibile; mentre la realtà era ben diversa, lui era quello che non veniva mai ricambiato dalle donne che amava. La guardò con dolcezza, perché per un attimo le sue parole erano riuscite a farlo sentire meglio. A farlo sentire un uomo che meritava amore come chiunque altro, poi si chiuse nuovamente nella muraglia delle sue insicurezze.
“Adesso possiamo parlare d'altro!?”
“Certo!...Mister cliché!”
“Perché sarei Mister cliché?” questa non se l'aspettava. Da dove usciva?
“Andiamo...'ti amo detto sul letto di morte'...è la cosa più scontata del mondo!” Ancora una volta lo schernì per farlo ridere.
Damon le afferrò le spalle per farla aderire al tappeto e si posizionò tra le sue gambe tendendola bloccata.
“E di un po' saputella, tu cosa diresti all'uomo della tua vita in punto di morte?” le chiese divertito.
“Beh...gli direi...”Summer lo guardò con intensità accarezzandogli il volto.
“Ricorda..." prese una lunga pausa "di annaffiare le mie piante!” e poi disintegrò quell'enfasi dicendo una stupidaggine.
Damon rise scuotendo la testa, e poi la baciò.
“Disdici il mio abbonamento a Vogue!...Veglierò sempre su di te: anche quando andrai a letto con un'altra!” continuò con teatralità, tra un bacio e un altro, sperando di farlo ridere ancora.
Damon si allontanò dal suo collo per osservarla con aria divertita.
“Conoscendoti ho paura che davvero ne saresti capace...” le accarezzò il viso e la guardò perdendosi in lei “...Ricordami di non essere mai l'uomo della tua vita!” continuò con un'ironia estremamente dolce.
“Tranquillo, non c'è pericolo...Sei troppo scontato!” lei lo guardò allo stesso modo, rispondendogli con altrettanta giocosità e dolcezza.
Il vampiro, per attutire quella frecciatina, arricciò il naso fintamente infastidito.
“Scontato...ummm...Facciamo così...prova a ridirmelo tra un paio d'ore!” usò il suo tono sexy e provocatorio, e poi le sbottonò con sensualità la camicia.
“Perché...cos'hai intenzione di farmi?” sussurrò passandogli la mano tra i capelli.
“Cose che neanche immagini...”





Angolino di NaNa***
Emmmm....come avrete intuito...sarà un Dicembre di fuoco!!!xD Ho aspettato tanto per far evolvere le cose tra questi due (dandomi mille pizzichi sulla pancia) e ora finalmente posso darmi al Romanticismo-Erotico che li caratterizza xD
Vabbè io spero di non essere stata volgare però, come sempre, a voi l'ardua sentenza^^
Ho deciso di non rompere più le balle con le mie mille insicurezze!!!
Ogni volta che devo mettere un antecedente mi faccio prendere dal panico e da mille pippe mentali. (E se l'ho resa pesante?...E se poi uno si scoccia di leggere?... Ma chi Bip sono per propinare personaggi che esistono solo nella mia testa? ...e così via xD) Ma alla fine: questa è la fic! Così come la voglio! Chi apprezza me lo farà sapere; a chi non non dice nulla...non mi dirà nulla; a chi non piace, o smetterà di leggere o userà le utilissime bandierine arancioni per dirmi datti all'ippica!!!xD Ma non devo dimenticare che questa fic la sto scrivendo per me^^
Ps: La mia carissima
Alice – che forse dovrei iniziare a chiamare Beta xD – mi ha fatto notare che nel cap precedente non ho collocato temporalmente il “Ti amo” che Damon dice ad Elena. Ho corretto questa dimenticanza mettendo, giustamente, “Novembre, 2010” la data della messa in onda statunitense^^
Detto questo...
Auguro a tutte un felicissimo Anno Nuovo!!!
Sperando che il 2012 porti a tutte un ragazzo bello e buono come Ian!!!^^
Ma sì...anche a chi un ragazzo già ce l'ha...perché ...”Two is better than One” xD (Sono pessima...lo so xD)
Alla prossima^^






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Capitolo 42
*** Quarantaduesimo Capitolo ***



*** 5 Dicembre ***



Lily continuava le sue ricerche sulla cenere di quercia bianca.
Aveva contattato una strega nel Minnesota che sosteneva di avere informazioni a riguardo, e ora stava preparando i bagagli intenta a partire.
Si avvicinò al comò, e il suo sguardo venne rapito dalla foto sul ripiano.
La ritraeva insieme a Kendra e Summer ad una festa a cui avevano partecipato l'anno prima. La guardò con tristezza pensando a quanto si divertivano insieme, ma poi un altro pensiero più importante occupò la sua mente: Kluas.
Il compito di Kendra era quello di tenerlo d'occhio, mentre lei e Summer si occupavano delle rispettive ricerche. Ora non avevano idea di dove fosse. Lasciò perdere i bagagli perché le passò per la testa un'idea fulminea. Rovistò tra le mensole dove riponeva gli oggetti magici, e prese il bauletto dove erano custodite le ossa di Esmaél. Ne era rimasto un solo frammento, ma per ciò che aveva in mente sarebbe bastato.
Lo prese, e liberò velocemente il ripiano della sua scrivania per sistemare una cartina del mondo piuttosto grande.
Mise l'ossicino in un bicchiere colmo d'acqua e afferrò una candela. Pronunciò una delle sue irripetibili formule, e l'acqua, all'interno del bicchiere che manteneva con la mano sinistra, diventò rossa e iniziò a bollire. Quando Lily smise di parlare l'acqua si fermò, e la candela che reggeva con la mano destra si accese. La strega la capovolse per gettare una goccia di cera sulla cartina e questa, dal centro, si spostò in alto e leggermente a desta, solidificandosi esattamente su Parigi.
C'è un legame indissolubile tra un morto e il suo uccisore, e Lily non aveva fatto altro che sfruttarlo.


*** ***



Damon aprì gli occhi convinto di avere Summer al suo fianco. L'ultima cosa che ricordava era di averla tenuta tra le braccia, e poi doveva essersi addormentato.
Fece una smorfia infastidita. Che bisogno c'era di andarsene? Si erano scambiati persino delle confidenze, possibile che non volesse ancora dormire con lui?
Si alzò e andò nella stanza di Summer.
La vide muoversi e mugolare, e capì che doveva essersi svegliata in quel momento. Si sdraiò sul letto e Summer si girò per accoccolarsi sul suo petto. Lui l'abbracciò, ma con un volto lievemente contrariato.
“Se ti piacciono le coccole mattutine...mi spieghi che senso ha sgattaiolare via dal mio letto?”
Lei mugolò ancora una volta prima di rispondere.
“Ne abbiamo già parlato...” la sua voce era bassa e ancora assonnata, e si sistemò meglio sul suo petto in cerca della posizione del capo più confortevole.
“Quindi...siamo amici, ma non così amici da poter dormire insieme...”
“Non si tratta di questo... “
“E di cosa si tratta?” il suo tono fu più duro, e contrastò con la dolcezza delle sue carezze.
Lei capì che non era il momento più adatto per ricevere delle coccole e, con un'espressione un po' annoiata, alzò leggermente la schiena sorreggendosi sui gomiti.
“Non mi è mai capitato Damon... Non ho mai dormito con nessun uomo: forse perché è una cosa che mi metterebbe a disagio. Mi muoverei in continuazione, e non riuscirei a dormire dando solo fastidio a chi mi sta accanto...non devi prenderla come una questione personale...” era una sorta di mezza verità, ed in più ci sarebbe stato da aggiungere che non se la sentiva di condividere un momento così intimo con un uomo innamorato di un'altra donna: soprattutto se l'uomo in questione era Damon.
Lui ascoltò con attenzione tranquillizzandosi: quella di Summer sembrava solo una banale fissazione irrazionale e generalizzata. Non l'aveva mai fatto con nessuno, e questo pensiero acquietò quel senso di rifiuto che l'aveva portato a farle quella sorta di ramanzina.
Summer lo vide annuire e decise di rimettersi tra le sue braccia.
Damon riprese a coccolarla pensando che, in fondo, gli sarebbe piaciuto essere il primo...


*** ***


Klaus, Stefan e Bree erano arrivati a Parigi la sera prima, alloggiando, su lamentala di Bree, in un lussuoso Hotel.
La mattina seguente Klaus e Stefan si recarono in un Centro di Studi Araldici.
Klaus suonò spazientito il campanellino posto sulla scrivania, e dopo poco arrivò una giovane ed avvenente ragazza.
“Buongiorno. Come posso aiutarla?”
“Ho bisogno di una ricerca. Caroline Galler, una londinese arrivata in Francia nel 1517”
“Queste sono tutte le informazioni che possiede? Sicuro di non sapere altro?” la ragazza annotò quei dati su un quaderno, focalizzando lì tutta la sua attenzione.
“Figlia di una dannatissima donna di nome Lucrezia!”
La ragazza alzò lo sguardo con un'espressione stranita; c'era fin troppa foga nelle parole di Klaus, per essere uno, che in teoria, non avrebbe mai potuto conoscere una donna vissuta nel 1500.
“Beh, signore, per uno studio del genere solitamente occorrono dai 3 ai 7 mesi...”
“Ti do al massimo 10 giorni...” sussurrò soggiogandola.
“Non dipende da me signore...”
“Allora va a chiamare il tuo responsabile...”
La ragazza si voltò e si avviò verso l'ufficio del suo dirigente.
Stefan, come sempre, si limitò ad osservare la scena.


*** ***


Damon aveva avuto il suo, ormai fisso e necessario, sesso mattutino, e quindi era riuscito a stare tranquillo per gran parte delle ricerche di quella giornata. Nel pomeriggio, però, iniziò a mostrare segni d'insofferenza.
Rovistò nei mobili della signora Torrens, scoprendo tragicamente che in quella casa non c'era nulla di alcolico.
“Possibile che non ci sia una goccia d'alcool?! Che razza di problema avete in questa casa?”
“Siamo tutti astemi” rispose la donna sotto l'effetto della sua soggiogazione.
Damon grugnì di rabbia e noia.
Raggiunse Summer che se ne stava nella camera da letto e curiosava tra le immagini della cornice digitale.
“Hai finito? Voglio andarmene da qui...” si sedette sul letto accanto a lei, e poi lasciò cadere la schiena all'indietro mettendo le mani dietro la nuca.
“Come mai tutta questa fretta?”
“Mi sto annoiando e non c'è alcool!”
Lei sorrise, e poi si sdraiò a sua volta mettendosi sul fianco con la testa sorretta dalla mano.
“Ci vorrà solo qualche altro minuto...poi potremmo anche prendere una pausa per andare a bere qualcosa al Grill se ti va...” sussurrò dolcemente giocherellando con il bottone della camicia del vampiro.
Lui annuì e la guardò con desiderio; la sua sola voce era in grado di accendere la voglia di un contatto di qualsiasi genere.
Accarezzò la mano che Summer gli aveva messo sul petto con la punta delle dita.
“Beh... però questi minuti sarebbero più sopportabili...se la mia distrazione mi distraesse...” lo disse con malizia e con un'incredibile voglia di ricevere un bacio, ma il volto di Summer si rabbuiò di colpo, e subito ritirò la mano alzandosi.
“Devo concentrarmi...” fu stranamente fredda, e si avviò verso un'altra stanza.
L'aveva infastidita il termine 'distrazione'. L'aveva tollerato per tutto il tempo, scherzandoci a sua volta, ma in quel particolare momento l'aveva ferita. Era solo questo: una distrazione. Quel pensiero le fece improvvisamente male.
Damon la guardò stranito. Non capiva cose le fosse accaduto.
Si alzò è la raggiunse.
“Che succede?” le afferrò il braccio facendola girare verso di sé, e si sentì spiazzato dalla sua espressione glaciale.
“Niente” si liberò da quella presa scuotendo le spalle e si allontanò.
“Possiamo andare...e poi anch'io ho bisogno di bere qualcosa” continuò senza guardarlo, avviandosi verso l'ingresso.
Damon non capì, ma stette in silenzio e, da bravo maschilista, attribuì quel cambiamento d'umore alla risaputa vena lunatica che caratterizza le donne.


*** ***


Arrivarono al Grill in religioso silenzio, e Summer camminò verso il bancone ignorando la sua presenza.
Damon, infastidito dal suo comportamento, si diresse verso i tavoli prendendo posto.
La osservò per tutto il tempo. Proprio non capiva cosa le fosse accaduto.
Quando sul suo volto comparve una smorfia di rabbia. Dietro al bancone c'era Matt.

“Cosa ti porto?” le chiese con la solita gentilezza, ma Summer restò con il volto basso e perso chissà dove, senza accorgersi che si trattava di Matt.
“Una birra..” il suo tono era quasi assente, e Matt intuì subito che c'era qualcosa che la turbava.
“Tutto bene?” in quel momento, Summer riconobbe la sua voce, e alzò lo sguardo verso di lui sorridendogli.
Annuì senza dire niente e Matt, con la sensibilità che lo contraddistingueva, cercò di andare in fondo alla faccenda.
“Sicura? A me non sembrerebbe...”
“Sì...tranquillo, va tutto bene”
“Ma tu e Damon non state insieme? Come mai lui è seduto al tavolo? Avete litigato?”
“Noi...Non stiamo insieme...”
Matt non capì la situazione, ma volle essere gentile nonostante il timore di dover avere a che fare con Damon. In fondo, era attratto da lei.
“Beh..allora devo offrirti una birra. Perché la politica del bar ce lo impone con tutte le ragazze single, giù di corda, e...particolarmente belle...” concluse la frase con un incredibile imbarazzo; le porse un'altra birra e finalmente riuscì a farla sorridere.
“Sei gentile...e dimmi...anche assumere dei baristi così carini è imposto dalla politica del bar?” Matt riuscì a guarire quella parte di autostima che Damon aveva ferito, e si sentì in vena di flirtare. Tanto...lei era solo una distrazione!
Il ragazzo le sorrise timidamente, e poi fu chiamato da un altro cliente. Le fece un cenno per congedarsi e Summer gli sorrise ancora.
Damon aveva ascoltato ogni cosa e si avvicinò a lei con un'espressione torva e fiammeggiante.
“Quando avrai finito di provarci con i mocciosi, dimmelo!”
“Mi spieghi che problema hai?” come si permetteva di trattarla in quel modo. Proprio lui non ne aveva nessun diritto!
“Non ho nessun problema Summer. Sei tu ad averne...”
Lei cercò di ribattere, ma non ne ebbe il tempo.
“Ti aspetto in macchina....voglio tornare a casa” le fece un'occhiataccia e si avviò verso l'uscita. Quello spettacolino l'aveva nauseato e infastidito e, se fosse rimasto lì dentro, probabilmente l'avrebbe ucciso.
Lei restò lì a finire la sua birra. In quel momento, tra di loro, regnava solo l'incomprensione.


Dopo qualche minuto Summer lo raggiunse, e lo trovò seduto al posto di guida, con un braccio appoggiato allo sportello e con il pollice a sfiorarsi il labbro inferiore; non gliel'aveva mai visto fare, forse era la sua posa pensosa.
Chiuse il suo sportello, e il vampiro mise in moto l'auto senza guardarla e senza dire una parola; e i dieci minuti necessari a raggiungere casa sembrarono per entrambi interminabili.
Entrarono in casa e il vampiro la vide avviarsi rapidamente verso la rampa di scale.
Non riuscì a trattenersi, la rabbia era troppa. Era questo il motivo della sua freddezza? Si era stancata di lui? Voleva dell'altro?
“Quindi è cosi?...Non ti basto?... Pensi che quel moccioso possa scoparti meglio di come faccio io?” le gettò addosso quelle parole con un tono pacato ma carico di risentimento.
Lei s'immobilizzò.
“Non osare parlarmi in questo modo Damon! Ti ricordo che non sei il mio fidanzato!...sono libera di fare quello che voglio...” anche il suo tono fu pieno di rabbia ma per nulla altisonante.
Il vampiro le si posizionò davanti spingendola contro il muro e bloccandola con le braccia.
“Il fatto che io non sia il tuo fidanzato non significa che tu non sia mia!” lo disse a denti stretti con rapidità, fermezza e convinzione, e solo un attimo dopo si accorse di quanto fosse stata egoistica e stupida quella frase.
La guardò intensamente e col respiro affannato; se avesse avuto un cuore attivo i suoi battiti sarebbero stati incredibilmente accelerati.
Summer si sentì subito spiazzata. Non era stata sua intenzione farlo ingelosire, ma quelle parole, per quanto contorte, le sembrarono perfette, e lo guardò con un'immediata dolcezza. Quella frase aveva avuto un retrogusto di possessività che le era piaciuto, così appoggiò la testa al suo petto e fece scorrere le mani sulla sua schiena rendendolo un dolce abbraccio. L'aveva fatto involontariamente, ma Damon aveva detto la cosa più giusta.
Lui si sentì inizialmente spiazzato, poi ricambiò cingendole le spalle. Non capiva cosa stesse accadendo, ma Summer gli sembrò nuovamente quella di sempre, e soprattutto sentì il pericolo 'moccioso occhi blu' momentaneamente scampato.
Si sentì un idiota per quello che le aveva detto e per i toni che aveva usato, ma era stato più forte di lui. Non sopportava l'idea che fosse libera di provarci con qualcun altro. Non voleva che lei desiderasse nessun altro. Doveva esserci soltanto lui.
“E' così sbagliato che io ti voglia solo per me?” sussurrò quasi assente, e più a se stesso, poggiando il mento sulla sua spalla. Sapeva che non era giusto: conosceva la risposta. Non poteva pretendere che fosse sua, però non riusciva ad accettarlo, era più forte di lui.
Di nuovo Summer si sentì meglio. Anche se non era una grande sostenitrice dei dialoghi, in quel momento sentiva che delle rassicurazioni verbali erano tutto ciò di cui aveva bisogno. Così, dopo quella frase, lo strinse ancora più forte.
L'abbraccio si sciolse leggermente, e si guardarono con un'espressione piena di sentimenti soffocati.
Summer annuì perché un era l'unica risposta giusta, e il vampiro le sorrise amaramente, accettando il fatto di non poter avere voce in capitolo.
Lei lo guardò con dolcezza, e poi trovò il coraggio di lasciar fuoriuscire qualcosa dalla cassaforte blindata in cui erano custoditi i suoi sentimenti. In questo caso: l'insicurezza.
“Perché lo vuoi? Perché vuoi che sia tua?” sussurrò con difficoltà; non era da lei addentrarsi in simili discorsi, ma ne sentiva il bisogno.
“Perché...” Damon si prese una lunga pausa per realizzare ciò che le avrebbe detto “non riesco a sopportare il contrario” e finalmente, con dolcezza, riuscì ad ammetterlo.
L'intensità tra loro arrivò a livelli elevatissimi: stavano venendo a galla troppe emozioni represse.
Lei annuì, ma volle capire cos'altro c'era dietro quell'affermazione. Troncò ogni contatto con lui e lo guardò cercando di non lasciar trapelare il suo nervosismo.
“Devo farti una domanda...e voglio... che tu sia sincero...”
Il vampiro annuì con serietà.
“Pensi a lei quando vieni a letto con me?” si tolse un macigno dal petto rivelando a sé stessa e a Damon quella paura.
Il vampiro era incredulo. Era davvero questo il suo problema? Pensava davvero una simile assurdità?
“Come diavolo ti salta in mente una cosa del genere!? No!...Certo che no!”
quel tono, leggermente più alto, spezzò in parte la tensione che si era creata. Per un attimo si sentì quasi arrabbiato, ma il volto dolce e un po' spaesato di Summer spazzò via quei sentimenti sbagliati lasciando la strada libera a quelli giusti. Lei si sentì rincuorata ma non ancora convinta, aveva bisogno di sentire qualcosa di più, ma non osò fargli altre domande.
Il vampiro le afferrò i fianchi, e l'attirò a sé, facendo risalire i già elevatissimi livelli di tensione.
“Perché me l'hai chiesto?” sul volto di Damon c'era un'espressione velatamente felice, ma non si spiegava neanche lui perché, in quel momento, si sentisse in quel modo.
Lei, invece, si sentiva tremendamente a disagio, però si sforzò di continuare il discorso, perché non poteva fare diversamente. La competizione con Elena era qualcosa che iniziava a farle male.
“Perché...voglio sapere se vieni a letto con me solo perché hai bisogno di una distrazione...oppure....”il continuo le si strozzò in gola, era troppo imbarazzante: non ce la faceva a continuare!
“Sai una cosa...lascia perdere!...è tutto ok!” Summer si liberò dalla sua presa simulando un'espressione serena, e si voltò per avviarsi verso le scale.
Lui intuì subito il continuo della frase, e si sentì felice al pensiero che per lei fosse una cosa importante. E capì anche cosa l'aveva turbata: prima le aveva dato della distrazione, ma era ovvio che non fosse più solo questo. Possibile che davvero non l'avesse capito? Era diventata molto di più, e già da tempo. Possibile che fosse così insicura a riguardo? Si sentì felice, stupidamente felice.
“Vengo a letto con te perché mi piaci Summer...”
Lei s'immobilizzò: era esattamente ciò che voleva chiedergli.
“Credi davvero che mi farei tutti questi problemi di gelosia per una ragazza qualunque?!”
L'aveva chiamata per nome: gelosia. L'aveva ammesso, e non riusciva a crederci! Forse, in seguito, l'avrebbe rinnegato fino alla fine dei suoi giorni; ma, in quel momento, non se ne pentì di averglielo detto. Era maledettamente vero.
Summer si girò verso di lui, e lo guardò sentendosi felice ma ancora estremamente imbarazzata.
Damon prese il suo volto tra le mani e annuì ripetendolo, questa volta più per sé stesso che per lei.
“Mi piaci... instabile cacciatrice rompiscatole e violenta!”
Lei gli sorrise sentendo dentro di sé la leggerezza dell'elio. Probabilmente, se Damon non avesse tenuto il suo volto tra le mani, sarebbe volata per la casa sbattendo con la testa contro il soffitto.
Lui la guardò con dolcezza per qualche altro secondo, e poi la baciò. Sentì di aver fatto la cosa più giusta ammettendolo, perché lei non l'aveva mai guardato in quel modo. Nei suoi occhi c'era una luce nuova che aveva avuto il potere di disarmarlo.
Per entrambi, fu un bacio intriso di felicità e di quell'amore di cui non erano ancora consapevoli.
“E io?... io ti piaccio?” dopo il bacio, Damon, volle smorzare quell'enfasi, chiedendoglielo con un'espressione di falsa serietà.
“Ummm...vediamo...sei fastidioso, irritante...hai dei seri problemi d'alcolismo, sei una sorta di cavernicolo...No! Non direi!” ma il suo volto rivelò tutt'altro.
Lui, ancora con il suo volto tra le mani, arricciò il naso per mostrarle un finto disappunto.
“Ok...te la sei andata a cercare!” se la caricò sulle spalle a mo' di sacco di patate.
“Cosa vuoi fare?!” domandò sorpresa e divertita, mentre Damon saliva su per le scale.
“Tarzan vuole entrare in morbida caverna di Jane!” e se la portò nella stanza per dimostrale quanto gli piacesse.


*** ***


Summer stava preparando la cena, disturbata dai continui tentativi di Damon di riportarla di nuovo a letto, quando il telefono squillò.
Lo afferrò con le difficoltà imposte dalla presa del vampiro, che le baciava il collo abbracciandola da dietro.
“Ehi Summer. Ti disturbo?”
Il vampiro, che riusciva a sentire tutto, annuì visibilmente continuando a toccarla ovunque. Si, Lily per lui stava disturbando eccome!
Summer rise silenziosamente.
“No...non preoccuparti! Ehi ma sbaglio o sei per strada?”
“Non sbagli. Sto andando nel Minnesota, spero solo che non si tratti dell'ennesimo buco nell'acqua. Ascolta, ho localizzato Klaus, è in Francia!”
“Umm pensi che stia seguendo la stessa pista che seguimmo noi?”
Il vampiro le morse il lobo dell'orecchio; non la smetteva di essere piacevolmente dispettoso.
Lei lo guardò buffamente contrariata, ma poi gli fece subito una carezza sul volto
“Credo proprio di sì. Penso che si sia rivolto anche lui ad uno storico, o qualcosa di simile...non credo possegga qualcosa di Caroline per poter localizzare le sue ossa con l'aiuto di una strega...”
“Beh...quando arriverà alla tomba troverà il simpatico biglietto di Harris...” Summer sorrise nel ripensare a quanto fosse scherzoso il suo osservatore.
“Già... non oso immaginare la sua faccia!” Lily rise a sua volta.
“Prima di chiudere, volevo dirti che ti ho mandato il file che mi avevi chiesto. L'hai già visto?”
Summer si sentì in difficoltà, e subito sperò che la telefonata si chiudesse lì.
“No... A dire il vero non ho proprio controllato la mia e-mail, lo farò al più presto. Grazie per avermelo mandato!”
E sperò con tutte le sue forze che Lily non aggiungesse altro. Le aveva chiesto qualche informazione su Damon, giusto per curiosità, ma se il vampiro l'avesse saputo avrebbe sicuramente mal interpretato quel gesto.
“Di nulla, ci sentiamo domani”
“Ciao” Summer tirò un sospiro di sollievo e spense il fornello, perché Damon, con le sue insistenti carezze, aveva vinto!





Angolino di NaNa***
Finalmente!!! Sono stata bloccatissima in questi giorni...(sarà lo stress da calendario degli esami -_-''')
Fatto sta che proprio non riuscivo a scrivere...e per un attimo sono realmente andata nel panico!
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto^^anzi che non vi abbia deluso.
E' stato un momento delicato e in questi casi il panico è focalizzato su Damon.
E' stato OOC???
Ringrazio i recensori che, come al solito, sono la mia benzina! xD
Tutti quelli che continuano a mettere questa storia nelle Preferite/Seguite/Ricordare (scusate se non vi ringrazio mai mettendo i vostri nomi...ma....mi sembrerebbe di violare la vostra privacy xD - i miei soliti ingrippi mentali – Sorry!)
E, ovviamente, tutti i lettori anonimi^^ (ok, sì, siete sempre alla fine dei ringraziamenti, ma non per questo siete meno importanti, chiunque sia arrivato a leggere fin qui, essendosi sorbito più di 200 pagine scritte da me, mi ha fatto davvero un grande onore!!!^^)
Baci e...Alla prossima^^ sperando di non bloccarmi di nuovo!!!






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Capitolo 43
*** Quarantatreesimo Capitolo ***





*** 8 Dicembre ***



Lily aveva le sue manie; una di queste era catalogare e schedare qualsiasi cosa. Aveva fatto così anche con i vampiri. Aveva associato avvistamenti di vampiri e sparizioni misteriose creando una vera e propria Lista Nera di quelli più pericolosi ed efferati: i vampiri da uccidere al più presto. In questa lista compariva Stefan Salvatore, ma non c'era traccia di Damon. Le informazioni su di lui erano poche. Per Summer solo un dato, tra quelle righe, era davvero rilevante....

Quella mattina fu lei ad andare nella sua stanza.
Poggiò una tazza di caffè sul comodino e aspettò che si svegliasse sdraiandosi accanto a lui.
Osservò il suo volto addormentato respirando la serenità che quell'immagine emanava.
In quei minuti scrutò ogni minimo particolare sentendosi rapita dai quei lineamenti marcati ma estremamente dolci, e quello di accarezzargli i capelli fu un gesto quasi involontario.
Damon avvertì quel contatto e aprì gli occhi sentendosi disorientato per una manciata di secondi.
Sorrise e l'attirò a sé mettendole la mano dietro la schiena. Restarono in silenzio e in quella posizione per un po' di tempo.
“Che progetti hai per stasera?” chiese Summer, quasi bisbigliando per non rompere la quiete di quel momento.
Damon mugolò per schiarire la voce ancora assonnata, per poi mettersi supino, trascinando Summer su metà del suo corpo.
Mise l'avambraccio sulla fronte e pensò. Che razza di domanda era?
“Vediamo... stasera...penso di fare sesso con la mia coinquilina” gettò immediatamente lo sguardo nella sua direzione per vedere la sua reazione, che non fu altro che una risatina divertita.
“Andiamo...sono seria”
“Anch'io sono serio” aspettò di rivederla sorridere per poi continuare “perché me lo chiedi? Cosa vorresti fare?” e glielo domandò con un tono di voce così dolce da poter significare solo 'chiedi e sarai accontentata'.
“Quello che vuoi...” Summer non capiva. Possibile che davvero non avesse progetti per la serata?
Damon si girò nuovamente sul fianco tendendola tra le braccia.
Non capiva da dove diavolo spuntasse quello strano discorso. Ci pensò un attimo, e poi ricordò la data. Otto dicembre: il suo compleanno. Ma Summer non poteva esserne a conoscenza! Lui non l'aveva detto a nessuno. Probabilmente, sulla terra, solo Stefan conosceva la data del suo compleanno. Decise di continuare imperterrito sulla sua strada.
“Te l'ho detto...voglio fare sesso con la mia coinquilina... fino a farla supplicare per farmi smettere!” spalancò gli occhi e fece la sua voce teatrale per dare un toccò di drammaticità a quella prospettiva tutt'altro che drammatica.
Summer rise ancora “Beh..conoscendo la tua coinquilina...ti stancherai prima che possa accadere!”
Damon emise un mugolio di piacere prima di avvicinarsi per baciarla.
“Sfida accettata!” le sussurrò con presunzione. Si baciarono e poi l'espressione di Summer ritornò più seria.
“Davvero vuoi stare con me stasera?”
Damon la guardò con sospetto. Era da un mese che passavano insieme tutte le sere. Perché in quel particolare giorno doveva cambiare qualcosa? Era chiaro che sapesse. Per un attimo brevissimo, il suo volto diventò triste ripensando alla sua domanda. Sì, voleva stare con lei, ma era anche l'unica scelta possibile pensandoci bene. Quali alternative c'erano?
Annuì per darle conferma.
Summer gli sorrise, ma non le era sfuggito quell'attimo di tristezza nei suoi occhi. Era per Elena? Avrebbe voluto passare la serata con lei?
Quel pensiero le strinse il petto soffocandola, ma se era davvero Elena la persona con cui volava stare, lei avrebbe realizzato quel desiderio, anche a costo di starci male, perché era il suo compleanno e voleva solo che lui, per quel giorno, fosse davvero felice.


*** ***


Katherine non si nutriva di sangue da giorni. La sua pelle era diventata grigiastra e raggrinzita.
Gloria l'aveva incatenata nelle segrete del suo bar, e difficilmente le si accostava. La strega sapeva che la vampira era pericolosa; ne aveva avuto conferma neanche una settimana prima, quando, convinta che fosse sotto l'effetto della soggiogazione di Klaus, aveva abbassato la guardia lasciando che riuscisse a mordendole il collo. Gloria assumeva verbena, ma per Katherine, arrivata a quei livelli di tolleranza, non faceva nessuna differenza. La strega aveva dovuto scatenare tutto il suo potere per metterla K.O, ed ora stava allerta ventiquattro ore su ventiquattro. Non voleva convivere con un simile pericolo; ma l'ibrido continuava a non dare sue notizie, e quindi lei non poteva fare altro che aspettarlo nella speranza che la vampira avvizzisse sempre di più, e sempre più rapidamente.


*** ***


Damon la guardò con un velo di sospetto per tutto il giorno. Se lei sapeva, perché non aveva detto quelle stupide frasi di circostanza? Non che gli importasse, ma era da tempo che non sentiva quelle insignificanti parole. Auguri...Buon Compleanno...erano parole lontane legate alla sua vita mortale. Da vampiro non aveva mai festeggiato il suo compleanno. Che senso aveva? Gli anni passavano fin troppo velocemente. Perché festeggiarli? E poi con chi? Ma se Summer sapeva, perché il discorso si era chiuso in quel modo? Perché non aveva detto quelle stupide parole? Non le meritava forse?

Si era fatto ormai pomeriggio, e in casa della famiglia Green i due si stuzzicavano parlando della nuova e insensata sfida decretata dal vampiro.
Damon, abbracciandola da dietro, le faceva una sorta di solletico e, simulando una voce femminile, disse ciò che, secondo le sue aspettative, lei avrebbe detto quella notte.
“Ahhh Damon, ti prego basta! Tutti questi orgasmi mi faranno venire un ictus!”
Summer non poteva fare altro che ridere.
“Solo tu potevi concepire una scommessa così assurda!...Ma fa pure Damon! Illuditi di poter vincere! In ogni caso andrà tutto a mio vantaggio!”
Damon le sorrise: Summer aveva ragione. Perdere per lei significava aver vissuto la notte di sesso più intensa della sua vita. In quale universo la si sarebbe mai potuta definire sconfitta?
Le uniche perdite, quella notte, le avrebbe subite il materasso: le molle che sarebbero state sconfitte!
Summer si girò verso di lui per baciarlo, e fu un bacio corrotto dal sorriso di entrambi.
“Ma, sbaglio?..O così non fai altro che ammettere di non averne mai abbastanza di me?” sussurrò con le sopracciglia alzate e con un'aria da saputello dispettoso.
Summer non sapeva cosa ribattere. In effetti aveva ragione. Ma l'orologio della cucina che segnava le 16:47 la deconcentrò da quella domanda.
“Oh no! E' tardi! Devo andare!” si svincolò dalla presa di Damon, lasciandolo nella perplessità.
“Come è tardi? Dove devi andare?” Cos'era? Una scusa per non rispondere? Eppure la vide avviarsi nel salotto in cerca della sua borsa con una certa agitazione.
“Ho delle commissioni da sbrigare! Ci vediamo stasera!” gli lasciò un veloce bacio sulle labbra e si avviò con rapidità verso l'uscita.
Damon non ebbe neanche il tempo di fare altre domande: Summer si era dileguata.


*** ***


Summer si prese un minuto di riflessione prima di suonare al campanello di quella dimora. Fissò quella porta sentendosi in una situazione di stallo. Lo faccio o non lo faccio? Questa domanda l'assillò fino a quando, con impeto, non suonò per poi ritrarre subito il dito.
Elena aprì dopo poco.
“Summer...” non si aspettava una sua visita, e lei sembrava vagamente agitata.
“E' successo qualcosa?” continuò con apprensione.
“Niente!” le uscì quasi squittendo “non preoccuparti è tutto ok”
Elena le fece segno di entrare e lei si accomodò.
Pensò di non essere mai stata a casa sua. Ne avrebbe approfittato anche per verificare la presenza del medaglione.
“Dimmi...” Elena la condusse in cucina.
“Posso offrirti qualcosa da bere? Ho della birra...del succo..”
“Sto bene così, grazie!” non si era mai sentita così agitata in sua presenza, e non si spiegava il perché di tutto quel disagio.
“Ho intenzione di organizzare una cena...sai...per Damon”
“In che senso per Damon?” Elena non capì. Perché Damon aveva bisogno di una cena?
Summer la guardò con perplessità. Possibile che lei non sapesse nulla del suo compleanno? Non poteva credere che se ne fosse dimenticata: non le sembrava il tipo. Pensò subito che fosse stato il vampiro a mantenere uno stupido segreto di stato a riguardo. Come ipotesi, rispecchiava di più la personalità di Damon. Così evitò il discorso; se voleva, doveva essere lui stesso a dirglielo.
“Beh...l'ho... un po' monopolizzato a causa delle ricerche, quindi vorrei...beh...farlo stare un po' con i suoi amici. Tutto qui. Tu ed Alaric siete liberi stasera?”
“Sì...sì...per me va bene, e penso che anche per Rick non dovrebbero esserci problemi...” quella proposta l'aveva colta di sorpresa, ma le era sembrata subito un'idea carina. Era da tanto che non stavano tutti insieme.
“Perfetto...allora vi aspetto per le nove!” Summer non vedeva l'ora di andarsene, e quindi si avviò verso la porta.
“Ok, allora a stasera” Elena l'accompagnò sentendosi stranita. Da quando c'era Summer, Damon si faceva vedere sempre meno, e lei iniziava a sentire la sua mancanza.


*** ***


Summer camminava per le strade di Mistic Falls a passo svelto.
Aveva fatto una lunga lista della spesa, e ora doveva affrettarsi a comprare tutto l'occorrente per mettersi subito al lavoro dietro ai fornelli.
Passeggiando, la sua vista venne catturata da un abito in una vetrina.
Lo guardò tentata. Quella sera lei sarebbe stata oscurata dalla presenza di Elena. Forse un vestito per l'occasione era proprio quello che ci voleva per reggere la concorrenza, ma subito scosse la testa per scacciare via quel pensiero. Summer sapeva benissimo che ci sarebbe stata sempre lei nel suo cuore. Perché adesso le importava tanto? Si allontanò di qualche passo dalla vetrina, ma poi li rifece subito in retromarcia. Pensò che i vestiti più carini li aveva in lavanderia; che non aveva portato niente di particolarmente bello da New York, e forse l'occasione lo richiedeva. Pensò a tante cose guardando assorta la vetrina del negozio. Tutte banali scuse per sostituire quel primo fastidioso pensiero e per comprare quel dannato abito.
Entrò facendosi convincere da tutte quelle stupide giustificazioni, ma lo fece solo ed esclusivamente perché stava male al pensiero che Damon, quella sera, avrebbe avuto gli occhi puntati solo ed esclusivamente sulla sua amata Elena.


*** ***


Damon si versò dello scotch.
Si chiese dove diavolo fosse finita Summer. L'aveva letteralmente lasciato in asso. Ma dopo pochi minuti sentì dei rumori provenire dalla porta. Era lei che, carica di buste della spesa, cercava di entrare in casa.
Il vampiro accorse in suo aiuto.
“Era questa la commissione urgente? Shopping estremo?”
“Sì, stasera abbiamo ospiti”
“Cosa?! Chi?!” la sua espressione era a metà tra la sorpresa e il fastidio.
“Ho invitato Elena e Alaric, saranno qui per le nove...devo sbrigarmi...”
Entrarono in cucina e, dopo aver posato tutte le buste sul tavolo, Summer si affrettò a mettere un grembiule per cucinare tutto ciò che aveva in mente, ma per prima cosa mise uno scatolo marrone e dorato nel frigo, sperando che Damon non prestasse attenzione a quel gesto: quella era la sua torta!
Damon osservò la scena sentendosi confuso e ancora più sospettoso. Addirittura una cena? Adesso ne era sicuro al cento per cento che lei sapesse. Non poteva essere una coincidenza! E lo stava facendo per lui?
Un mezzo sorriso stranito comparve sulla sua bocca.
Si appoggiò allo stipite della porta mettendo le braccia conserte, e osservò la scena.
Summer aveva acceso la radio, perché quando si metteva ai fornelli solitamente canticchiava e ballava. Quella scena gli piacque. La casa gli sembrò piena, calda, viva e colorata. Non si era mai sentito così a suo agio tra quelle mura, eppure era casa sua.
Avanzò qualche passo verso di lei.
“Ti do una mano...” prese alcuni alimenti ancora nelle buste della spesa e li sistemò sul tavolo.
“Damon Salvatore...adesso non verrai a dirmi che sai anche cucinare?”
Summer era divertita e piacevolmente sorpresa da quel gesto.
Lui, invece, la guardò con la solita intensità, gettando anche uno sguardo languido nella sua scollatura.
“Sono pieno di risorse Summer... “ e come sempre, ogni cosa che diceva, era contornato da un immancabile riferimento sessuale.


*** ***


Qualche ora dopo tutto fu pronto per la cena.
Summer, nel salotto, sistemava le ultime cose per imbandire la tavola.
C'era un sorriso sul suo volto. Lei e Damon avevano cucinato insieme, e si erano divertiti più del previsto. Lui era stato anche un valido collaboratore, e aveva fatto volare quelle ore con le sue battutine mordaci e qualche graditissima molestia sessuale. Mentre sistemava le posate, Summer si sentiva stranamente felice.
Vide l'ora segnata sul grande orologio a pendolo, e constatò che mancava solo un'ora alle nove. Il suo volto si fece subito più serio. Doveva andare a prepararsi; a ora di cena l'attenzione di Damon sarebbe stata focalizzata tutta su Elena. Si innervosì per quanto la turbasse quel pensiero. A lei non doveva importare! Eppure si affrettò ad ultimare la tavola per correre a fare una doccia e a indossare l'abito che aveva acquistato per l'occasione.
Si avviò verso la rampa di scale e buttò un'occhiata veloce nel salotto.
Damon si stava rilassando sul divano bevendo un bicchiere di scotch.
Sorrise e pensò che tutto questo lo faceva solo perché lui era suo amico. Non c'era nessun altra ragione. Non doveva esserci nessun altra ragione.


*** ***


Quell'abito blu notte con le bretelline sottili e lungo fino a qualche centimetro sopra al ginocchio le stava alla perfezione. Era stretto, e questo metteva in risalto la sua figura longilinea; ma il suo petto era fin troppo prosperoso in proporzione al resto del corpo, e il merletto nero del vestito sembrava messo apposta per focalizzare lì tutta l'attenzione.
Aveva coperto le gambe con delle calze nere molto velate ed aveva indossato delle décolleté dal tacco alto, ma non vertiginoso, e il risultato finale fu solo uno: ridicola! Si sentiva ridicola! Si guardò allo specchio per parecchi minuti sentendosi solo ed esclusivamente ridicola.
Il vestito era semplice, ma troppo elegante per una cena in casa. Stupida, stupida, stupida! Si disse mentalmente guardandosi, e mentre si osservava pensava a cos'altro avrebbe potuto indossare.
Damon passò per la sua stanza, e la osservò dalla soglia della porta lasciata aperta. Summer lo vide avvicinarsi dal riflesso dello specchio e cercò di non lasciar trapelare il suo nervosismo continuando a fissare la sua immagine.
Il vampiro le si fermò alle spalle e osservò il suo riflesso.
Avvicinò il suo corpo al suo e le cinse la vita con un braccio.
Il suo sguardo si posò prima sull'immagine completa e poi su quel merletto nero.
Il suo cervello, in quel momento, aveva messo un cartello con su scritto 'chiuso per eccessiva eccitazione'.
I suoi occhi sembravano persi in chissà quale pensiero, e tra di loro si creò un magnetismo quasi tangibile.
Il vampiro non riusciva a dire niente. Avrebbe solo voluto possederla in quell'istante, in quella posizione e davanti a quello specchio. Nient'altro. Come diavolo le era saltato in mente di organizzare quella cena? Il suo piano per la serata - sesso con la coinquilina - era molto meglio! Ora, per realizzarlo, avrebbe dovuto aspettare, e questo pensiero lo fece quasi arrabbiare.
Con la mano libera le sollevò il vestito per togliersi un atroce dubbio che si rivelò fondato.
Il suo tocco mostrò la balza dell'autoreggente, e lui continuò a spingere la stoffa più in alto, mostrando prima il pallore della carne e poi ancora il pizzo nero del tanga. Era questo il suo regalo di compleanno? Voleva torturarlo eccitandolo, per poi costringerlo a fare il bravo a causa degli ospiti? Quella provocazione non sarebbe rimasta impunita! La loro sfida sarebbe stata l'occasione definitiva per farle capire chi comandava!
Summer si sentiva paralizzata. Il volto di Damon era inespressivo, ma i suoi occhi la stavano spogliando e possedendo nel più travolgente dei modi.
“Non hai idea di quello che ti aspetta...” le sussurrò con un filo di voce quasi diabolico sfiorandole l'interno coscia.
Quella frase le entrò dentro scombussolando ogni centimetro del suo corpo, ed un ansimo esasperato precedette il loro bacio.
La passione durò giusto un minuto, e poi venne interrotta dal suono del campanello. Damon allontanò le sue labbra con avvilimento. Sì, era chiaro: Summer aveva intenzione di torturarlo!
La guardò con una sorta di collera e si allontanò dalla stanza per andare ad aprire. Lei si sentiva stravolta: Damon era più agguerrito del solito. Ma si sentì anche felice. I fatti dimostravano che il vampiro aveva gradito il suo look, così decise di non cambiarsi e di aggiungere solo un cardigan di lana per coprire le braccia e rendere il vestito meno elegante.

Damon andò ad aprire e fece un gesto per farli accomodare accompagnato da uno dei suoi soliti sguardi ironici.
“Abbiamo portato il vino” iniziò Rick.
“E il Dessert” continuò Elena mostrando il pacchetto.
“Devo dire che quest'invito mi ha sorpreso..” Alaric davvero non se l'aspettava. Da quando Damon era quel genere di padrone di casa?
“Non dirlo a me!” la sua risposta chiarì tutto. Non era stata minimamente una sua idea.
Summer li raggiunse e li salutò.
I quattro presero posto a tavola. Elena di fronte a Damon. Summer alla destra del vampiro e di fronte a Rick.
“E' stato molto carino da parte tua organizzare questa cena, in effetti era da parecchio che non ci riunivamo...” Elena spezzò quell'iniziale silenzio, riferendosi a Summer ma guardando Damon. Era una frase rivolta più che altro a lui, e il vampiro ricambiò il suo sguardo cogliendo in parte quella velatissima ramanzina.
“Figurati e poi...è un occasione per conoscersi” Summer notò subito il loro scambio di sguardi, e si sentì avvampare.
“Giusto...non ti nego che vorrei farti mille domande...non capita tutti i giorni di conoscere una cacciatrice...”
“A tua disposizione Rick”
“Già... dimenticavo che il tuo nuovo hobby è fare la vecchia pettegola!” Damon temeva che fosse indiscreto e troppo diretto come l'ultima volta che aveva avuto modo di parlare con lei. In quel modo, sperò di ricordarglielo.
Summer ed Elena risero.
“Sentiti libero di farmi tutte le domande che vuoi Rick” Summer si alzò per servire gli antipasti.
“Grazie per il via libera, tu però dimmelo quando diventerò troppo indiscreto! Ma intanto... perché non ci raccontate le ultime novità...” ovviamente Alaric si riferiva alle ricerche, a Klaus, a Stefan...
“Beh Rick...forse ti sconvolgerà saperlo... Ma di recente ho perso la mia verginità!” Damon iniziò subito a stabilire i toni della serata.
“Ok, sarà meglio aprire subito il vino. Non posso ascoltare certi discorsi da sobrio!”
“La tua vita sessuale sarà sicuramente interessante Damon...ma penso che Rick volesse sapere qualcosa sulle vostre ricerche” Elena volle mettere i puntini sulle “i”, pur di sapere qualcosa che potesse riguardare Stefan
“Ancora niente ma, più o meno, calcolando il numero di case che ci resta da visitare... dovremmo finire per la metà di Gennaio...” Summer prese parola prima che Damon potesse sviare il discorso con le sue battutine. Era ovvio che Elena volesse saperlo; in fondo si trattava della futura libertà di Stefan.
“E una volta trovato il medaglione?” Rick cominciò con le sue domande.
“Lily provvederà ad unirlo agli altri elementi in nostro possesso...e da lì, beh dovrebbe comparire il pugnale...”
“Quindi è questo che avete intenzione di fare? Parlare di Klaus per tutto il tempo?... Adesso sono io quello che ha bisogno di bere!” Damon allungò la mano per prendere la bottiglia di vino.

Per gran parte della cena, l'argomento principale fu proprio Klaus, e solo al secondo piatto i toni si fecero meno seriosi.
Alaric raccontò del modo in cui Damon l'aveva ucciso la prima volta, ma con ironia, senza alcun risentimento, e Damon guardava Summer annuendo compiaciuto.
“Quindi è così che siete diventati amici?...l'hai ucciso?” Summer era divertita, suonava proprio da Damon.
Il vampiro le mise un braccio intorno alle spalle.
“Di cosa ti meravigli? Anche noi siamo diventati amici in modo... non convenzionale...Devo ricordati tutte le volte che mi hai spezzato l'osso del collo?” ripensò agli inizi della loro conoscenza e la guardò con una dolcezza che non sfuggì a nessuno.
Soprattutto Elena restò spiazzata dallo sguardo di Damon. Inoltre, quella sembrava una cena organizzata da una coppia di freschi sposini.
“Quindi è questo che siete? Solo amici?” Alaric non se la beveva, e iniziò con la sua indiscrezione.
“Cos'altro potremmo mai essere?” dissero le stesse parole allo stesso momento guardando prima Rick e poi voltandosi l'uno verso l'altra.
“Beh...niente...è solo che...mi sembrate molto affiatati...tutto qui” Rick guardò Damon con un sorriso caustico, e il vampiro contrattaccò con uno sguardo inceneritore.
“E' vero...lo siete...” aggiunse Elena con una sorta di dolcezza nella voce.
Damon la guardò intensamente cercando di decifrare quel tono, ma Summer interruppe quel silenzio imbarazzante proponendo il dessert.
“Abbiamo portato dei pasticcini...” specificò Elena alzandosi.
“Bene...allora avremo una doppia scelta perché abbiamo anche ...” Summer si voltò verso Damon e continuò la frase con una sorta di dolcissima ironia “una torta...”
“Una torta...” ripeté il vampiro. Addirittura una torta, pensò divertito.
“Sì...una torta...” si guardarono capendosi. Ormai era tutto troppo palese.
“Elena potresti darmi una mano?” Summer mise fine a quello sguardo d'intesa, lasciandolo con un sorriso sulle labbra.
“Certo”
“Vi dispiace se noi, nel frattempo, ci appartiamo fuori?” chiese Alaric, includendo Damon nel suo discorso.
“Il fatto che non sia più vergine non ti autorizza a provarci con me Rick, ho pur sempre una moralità... tra una trasgressione e un'altra!”
Summer ed Elena risero portando gli occhi al cielo, mentre Rick, per stanare la 'paura' del vampiro di essere sedotto e abbandonato, gli mostrò il motivo di quella richiesta: due cubani.
Il vampiro ne prese uno ed annuì compiaciuto. Non era male come idea!
“Andate pure...” Summer si sentiva contenta. Voleva solo che Damon passasse una bella serata, e lui le dedicò uno sguardo sereno che la convinse di aver fatto la cosa più giusta.

Damon e Alaric andarono in veranda con un cubano in una mano e un bicchiere di scotch nell'altra.
L'umano si appoggiò alla ringhiera, mentre il vampiro si sedette a terra portando le ginocchia la petto.
Accesero i loro sigari e stettero in silenzio per qualche minuto godendosi quel forte aroma di tabacco.
“Allora...cosa c'è tra voi due?” Alaric insisteva. Lo vedeva diverso, più rilassato, ed era ovvio che dipendesse da lei.
Il vampiro lo guardò infastidito.
“Siamo amici, nient'altro! Se vuoi alimentare la tua vena romantica guarda qualche soap opera. Non assillare me...”
“Quindi adesso siete amici?... Qualche settimana fa non era altro che l'ennesima distrazione...”
“E con questo?” Damon rispose di getto, ma quelle parole gli entrarono dentro facendolo riflettere. era la sua distrazione, ed ora invece era molto di più, ma questa era una cosa che riguardava solo loro! Odiava quell'insopportabile gossip che si era creato intorno a quella faccenda. Erano solo amici. Non c'era niente di strano. Niente su cui spettegolare.
“Beh... può darsi che tra un paio di settimane sarete molto di più...”
Damon sospirò con avvilimento.
“Ahhh... sono sicuro che quelle due in cucina stanno facendo discorsi più virili di questo...”
Alaric rise. Forse stava esagerando, ma lo divertiva andare in fondo a quella faccenda. Lo divertiva vederlo in difficoltà.
“Dico solo che... dal modo in cui la guardi ...si potrebbe pensare a molto di più di una semplice amicizia...tutto qui!”
“La guardo con gli occhi di un uomo che non vede l'ora di strapparle i vestiti...e se tu fossi dotato di testosterone lo capiresti senza fraintendere...”
Alaric rise facendo una nuvola di fumo spezzettato dal movimento delle labbra.
“E' molto bella...lo riconosco...ma toglimi una curiosità: cosa indossa Elena stasera?” banale curiosità. Voleva semplicemente capire com'era frammentata l'attenzione del vampiro ora che c'era un'altra donna.
“E questo cosa sarebbe?... Un test che hai letto sull'ultimo numero di Cosmopolitan?” Damon iniziava a sentirsi avvilito. Dove voleva andare a parare?
“Rispondi...” Questa volta il fumo che gli uscì dalle labbra fu un getto continuo e veloce, e la sua voce fu calma e seria.
Damon alzò gli occhi al cielo sentendosi spazientito.
“Una minigonna nera, un maglione bordeaux e degli stivali neri. Contento?... “
Alaric annuì. Quella domanda non aveva nessun valore scientifico, ma secondo lui, la risposta significava che i suoi occhi erano ancora puntati su entrambe. Ma questo era solo un suo pensiero, la realtà poteva essere ben diversa.
Il vampiro spense il suo sigaro, si alzò e poi sospirò teatralmente.
“I miei complimenti Rick! Sei riuscito a rendere questa conversazione l'esperienza più gay della mia vita!”

Elena e Summer stavano sgomberando la tavola per fare spazio ai dolci.
“E' stato molto gentile da parte tua organizzare questa serata per Damon...” Elena ne era felice davvero, eppure si sentiva strana al pensiero di non essere più l'unica a preoccuparsi per lui.
“Mi sta dando un grande aiuto e poi... se lo merita”
Elena percepì la dolcezza e i sentimenti che nascondevano quelle parole e volle sapere qualcosa in più.
“Posso farti una domanda indiscreta?”
Summer cercò di mantenere la calma, ma sapeva benissimo cosa voleva chiederle “Certo...”
“Cosa c'è fra voi due?”
Summer sorrise; erano le esatte parole che immaginava.
“Siamo amici...”
“Beh..a me sembrate molto di più” il suo tono fu indecifrabile: apprensivo, ma fin troppo veloce.
“Andiamo a letto insieme Elena, ma non significa niente” la guardò nuovamente cercando di non lasciar trapelare le sue emozioni, ma era quasi impossibile nascondere interamente tutta la tristezza che provava
“E' innamorato di te...e lo sai...”
Vide il volto spaesato di Elena e si pentì di averla messa a disagio, ma volle continuare ugualmente, perché ne sentiva il bisogno. Doveva sapere. Lei ricambiava il suo amore?
“E tu? Cosa provi per lui?” quella domanda fu un sussurro. Era tremendamente indiscreta, ma quel tono la fece scivolare nella mente di Elena andando a invadere aree a cui neanche lei osava avvicinarsi.
“Io...amo Stefan!” le rivelò con un leggero tremolio.
Summer la guardò con una sorta di dolcezza.
“Questo...non risponde alla domanda che ti ho fatto...” nella sua voce c'era una nota marcata di amarezza. Avrebbe egoisticamente preferito un secco 'niente', invece, era evidente che anche lei provasse qualcosa per lui. L'aveva capito dal modo in cui l'aveva guardato per tutta la serata. Si era sentita ridicola per aver messo un vestito, ma lei era altrettanto elegante e sexy. Forse l'aveva fatto senza neanche accorgersene, ma si era preparata con cura esclusivamente per lui. Era fuori discussione.
Ripensò alle parole di Damon; c'era una dichiarazione d'amore che Elena non ricordava, e forse questo avrebbe potuto cambiare le cose tra di loro. Summer avrebbe potuto farle ricordare ogni cosa. Avrebbe solo dovuto guardarla negli occhi dicendoglielo. Per lei sarebbe stato un gioco da ragazzi sciogliere la soggiogazione di Damon, ma non ne ebbe il coraggio. Qualcosa di tremendamente egoistico la frenava.
Elena non sapeva cosa ribadire, ma il suo disagio fu spezzato dall'entrata degli altri due.
Summer si avvicinò a Damon porgendogli un coltello.
“Potresti tagliare la torta?” sulle sue labbra c'era un sorriso beffardo.
L'aveva letteralmente obbligato a festeggiare il suo compleanno, e il vampiro annuì divertito “Certo”
Prese il coltello dalla sua mano e la guardò con dolcezza ed eccitazione.
Si rimisero a tavola e il vampiro, per tutto il tempo del dessert, tenne la mano sulla gamba di Summer accarezzandola con discrezione e sensualità. Ogni tanto, le lanciava anche dei fugaci sguardi carichi di desiderio, e questo la rese felice, perché Damon, quella sera, aveva avuto occhi anche per lei.

Trascorsero un'altra oretta tra convenevoli e battutine, poi Alaric pronunciò la famosa frase “Beh...Si è fatto tardi”
Summer annuì e Damon li accompagnò alla porta.
Rick si avviò più velocemente lasciando Elena accanto al vampiro.
“E' stato bello...trascorrere un po' di tempo insieme...” gli disse guardandolo dritto negli occhi.
“Sì...è vero...” Damon ricambiò il suo sguardo con altrettanta intensità e la vide sorridergli per poi allontanarsi.
Il vampiro rientrò in casa sentendosi stranito. I discorsi di Rick, quella cena, Elena... Summer, tutto era solo una gran confusione.
Entrò nel salotto e vide Summer intenta a sparecchiare la tavola.
Si fermò ad osservarla per una manciata di secondi e poi si avvicinò a lei. La girò verso di sé baciandola con passione ed accarezzando le sue gambe, dal basso verso l'alto, affondando le dita nella carne e sollevando il vestito fino a scoprire nuovamente la biancheria.
Le afferrò i glutei e la sollevò leggermente per farla sedere sul tavolo, il tutto continuando a baciarla con la voglia disperata che si era accumulata in quelle ore.
“Damon, Damon, aspetta...” fece lei mentre lui le dava fiato tra un bacio e un altro.
“Ho aspettato fin troppo...”non aveva intenzione di lasciarla, e fece scorrere le labbra lungo il suo collo inebriandosi del suo profumo.
Summer gli passò le mani tra i capelli e poi cercò di allontanarlo dalla sua pelle.
“Ho bisogno di un minuto...” sussurrò con difficoltà; Damon non era l'unico ad essere arrivato al limite.
“Ti raggiungo in camera...” continuò sperando che accettasse.
Damon ci pensò per un istante, poi decise di accontentala. Evidentemente voleva fargli qualche altra sorpresa, e non voleva guastargliela: era curioso.
Annuì guardandola con occhi famelici e poi si avviò verso la sua camera.
Si sistemò sul suo letto tenendo la schiena appoggiata ai tanti cuscini che ricoprivano lo schienale, e alzò il volto verso il soffitto cercando di sbollire la sua eccitazione.
Quando riabbassò lo sguardo la trovò sulla soglia della stanza che reggeva una fetta di torta con sopra una candelina accesa.
Lui sorrise sentendosi avvilito e divertito. Era questo il motivo per cui non stava già godendo tra le sue gambe? Doveva spegnare una stupida candela?
Mentre lei si avvicinava lui continuò a sorriderle con dolcezza. Il momento delle stupide frasi di circostanza era arrivato.
Summer si sedette di fronte a lui con un sorriso dolce stampato sulle labbra, e aspettò in silenzio che lui sentenziasse qualcosa.
“Ho vissuto abbastanza per poter affermare con certezza che le candeline non funzionano”
“Beh...ma non puoi mai sapere quand'è la volta buona. Tenta...magari ti porto fortuna...”
Damon fece una smorfia di accondiscendenza e poi soffiò senza esprimere nessun desiderio.
“Visto? Non funziona...”
"Sono passati solo pochi secondi...come fai a dirlo?”
“Semplice...sei ancora vestita!”
Summer rise e appoggiò la torta sul comodino.
Se era quello il suo desiderio era giusto che lo accontentasse.
Si alzò e lasciò scivolare a terra il cardigan; poi, con sensualità, fece cadere le bretelline sulle braccia e si sfilò piano il vestito fino a restare in intimo.
Damon la osservò affascinato; la sua bellezza stava mettendo a dura prova la sua resistenza.
Summer mise un ginocchio sul letto e si piegò verso di lui per accarezzargli i capelli sulla fronte.
“Buon compleanno...” gli sussurrò con sensualità e dolcezza.
Damon le sorrise. In quel momento, si sentiva felice, e non ricordava l'ultima volta in cui si era sentito così.
Le afferrò i fianchi e l'adagiò sul letto, mentre lei continuava ad accarezzargli i capelli.
“Perché i tuoi amici non lo sanno?”
Damon scosse la testa “Non do più importanza a queste cose...”
“Dovresti dargliene invece...”
Il vampiro quasi non l'ascoltò; era incantato dalla sua bellezza e la baciò per poi interrompere quel contatto.
Aveva ancora un punto importante da chiarire.
“Hai invitato Elena...pensavo fossi gelosa di lei...” cercò di farglielo ammettere. In fondo lui l'aveva fatto. Ora toccava a lei.
Con un sorriso compiaciuto sulle labbra, le accarezzò il seno aspettando la sua risposta, ma Summer non riuscì a dirlo. Non riusciva ad ammetterlo neanche a sé stessa. Non gliel'avrebbe mai detto!
“Ti sbagli...tra noi quello geloso sei tu... l'hai ammesso tu stesso!”
Damon la guardò indispettito. Un'altra cosa che le avrebbe dolcemente fatto pagare!
“Non ricordo di non aver detto nulla di tutto questo... “ col suo tono dispettoso mentì palesemente per farla innervosire. E il risultato fu che un attimo dopo se la ritrovò addosso a cavalcioni e con uno sguardo omicida.
Lui, con velocità, capovolse immediatamente la situazione e le bloccò i polsi con le mani.
“Sarai anche più forte di me Summer...ma in camera da letto comando io! E ora...se permetti...” le sfilò il tanga con una sensualità diabolica “Ho un'assurda scommessa da vincere...”
Summer non poté fare altro che ansimare al suo tocco. Damon aveva ragione: in quel campo era lui a dominare, e la travolse con l'impeto di quella passione accumulata durante la giornata. E fu dolce e prepotente come solo lui sapeva essere. Non avrebbe mai vinto la scommessa, perché Summer non ne avrebbe mai avuto abbastanza di lui; ma lei non glielo disse per godere di tutti i suoi tentativi.

Damon la baciò con passione. Forse avrebbe dovuto dirle grazie per tutto quello che aveva fatto per lui, ma quella non era una parola che apparteneva al suo vocabolario; soprattutto quando il suo significato era troppo sincero. Tutto quello che poteva fare per dimostrarle quanto le fosse grato, era donarle una notte che non avrebbe mai dimenticato.




Angolino di NaNa***
Chiedo scusa per questo capitolo lunghissimo!!!
Spero che non vi abbia annoiato.
Come sempre ringrazio tutti, ma non aggiungo altro perché...questo capitolo mi ha sfinita xD Conservo le ultime forze per rispondere alle recensioni che sono state più del solito facendomi davvero felice^^
Ahhh una cosa devo aggiungerla per forza, il compleanno è quello di Ian^^(Non sono riuscita a trovare la data di compleanno di Damon...ma sono felice così^^mi è piaciuto scrivere questo capitolo^^)
Alla prossima.
Ciao





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Capitolo 44
*** Quarantaquattresimo Capitolo ***




[Tutto quello che fa Damon
è inevitabilmente Lemon]




*** 11 Dicembre ***



Quella domenica mattina, Summer venne svegliata dalla suoneria del telefono che, a causa dell'assoluto silenzio, risultò doppiamente altisonante. Vide l'orario e il nome del disturbatore: ore 6:34, Lily.
Accettò la chiamata con il cuore in gola: temeva che fosse successo qualcosa.
“Lily! È tutto ok?”
“Tutto bene, grazie. E a te?” Lily rispose con un tono calmo e allegro.
Summer restò in silenzio e allibita per qualche secondo.
“Lily...sono le sei e mezza...perché mi hai chiamata?”
La strega, nel suo piccolo appartamento, stava cucinando una delle sue brodaglie salutiste. Era solita svegliarsi presto la mattina, quindi non capì perché Summer tenne a specificare l'orario.
“Perché ho avuto un'idea...”
Dal tono della sua voce, Summer capì che non era successo assolutamente niente, e si mise a sedere stizzita e con l'aspetto pallido e intontito di chi è stato crudelmente svegliato.
“E non potevi aspettare qualche ora per dirmela?”
“Perché avrei dovuto aspettare?” Lily proprio non capiva il problema.
“Niente...lascia perdere!” non aveva ancora la forza per combattere: era troppo presto, considerando anche il fatto che Damon avesse lasciato la sua stanza solo qualche ora prima.
“Sentiamo...di che idea si tratta?”
“Allora...ricordi quando ti ho parlato di quella cacciatrice che forse è stata trasformata da Klaus?”
“Si...certo...”
“Beh, tu hai perfettamente ragione ad essere scettica...in fondo quell'osservatore può davvero aver preso una svista. E anche se in qualche modo riuscissimo a procurarci il sangue di Klaus sarebbe un vero azzardo cercare di trasformarti. Insomma, se non dovesse funzionare tu resteresti....beh...morta!”
Summer cercò di ascoltare attentamente nonostante il sonno. Il discorso di Lily fin lì non faceva una piega. Per ultimare la trasformazione bisogna morire con il sangue del vampiro in circolo, e se quella ipotesi fosse stata errata, se il sangue di Klaus non avesse avuto nessun effetto, come il sangue degli altri vampiri, lei sarebbe morta. Era un rischio troppo grande: altro motivo per cui Lily doveva togliersi quell'assurda idea dalla testa.
“Lily... arriva al punto...”
“Beh il punto è questo: chi meglio della strega originaria può dirci se questa cosa è vera o falsa? E' stata lei a creare l'innesco e tutte le regole a cui è assoggettato. Contattandola avremo la certezza assoluta...”
“Ma per contattare la strega...”
“Ci vuole il pugnale. In fondo è quello che Klaus sta cercando di fare per chiederle cosa è andato storto nel rito per spazzare la maledizione. Ma visto che noi siamo molto più avanti di lui...la contatteremo per primi! E se è come credo. Se davvero il sangue di Klaus può trasformarti..beh allora dovremmo solo trovare il modo di procurarcelo, ma non dimenticare che ne bastano poche gocce. Una pugnalata sanguinolenta andrà più che bene” concluse con entusiasmo.
Summer restò allibita per qualche secondo. Lily come sempre pensava a tutto!
“Ascolta...è indubbio che questa sia una buona idea. Ma dimentichi una cosa importante...io non voglio diventare un vampiro!”
“Ma Summer...”
“Ascolta Lily...apprezzo davvero tutto quello che stai facendo per me...ma va bene così. Davvero! Non morirò solo perché solitamente le cacciatrici non arrivano all'età della prima ruga... io le vedrò! Puoi stare tranquilla...mi riempirò di zampe di gallina e capelli bianchi. Te l'assicuro!” cercò di farla sorridere perché conosceva i livelli di apprensione dell'amica, e Lily ascoltò cercando di capire la sua scelta.
“Come vuoi...” bisbigliò poco convinta.
“Bene, ora se permetti voglio tornare a dormire!”
“Cosa? Stavi ancora dormendo...ecco perché hai specificato l'orario! Ma non è un po' tardi per dormire..”
“Ciao Lily...” Summer attaccò lasciandola a metà del discorso.
Cercò di rimettersi a letto e di richiudere gli occhi, ma ormai il danno era fatto.
Si alzò e si avviò verso la camera di Damon.
Non aveva idea del perché volesse stare accanto a lui. Molto probabilmente stava dormendo, e pensò che forse lo faceva appunto perché adorava osservare il suo volto addormentato: la rilassava. Ma in questa cosa non c'era nulla di sentimentale, continuò a pensare.
Aprì piano la porta e, dopo qualche passo felpato, cercò di intrufolarsi nel suo letto senza fare movimenti bruschi, ma Damon era già sveglio e le puntò addosso quelle iridi azzurre mettendola lievemente in imbarazzo.
Summer cercò di mostrarsi tranquilla sdraiandosi accanto a lui.
“Già ti manco?” chiese con dolcezza, mentre l'attirava a sé.
“Non dire assurdità...” la sua voce dolce, insieme al fatto che si stesse accoccolando tra le sue braccia, contrastò col significato delle sue parole.
“Allora perché sei qui?” sul volto del vampiro c'era un sorriso di presunzione. Lo sapeva che voleva stare accanto a lui; lo sentiva dal modo in cui si sistemava sul suo petto.
Summer non sapeva cosa ribattere, così lo baciò sperando di zittirlo.
“Non mi hai riposto...” a bacio concluso, il vampiro contestò il sabotaggio di quella conversazione che, in fin dei conti, andava tutta a suo favore.
“Infatti sto cercando di sviare l'argomento...” lo baciò di nuovo, ma il vampiro mise nuovamente termine a quel contatto.
“Beh..non ci riuscirai...”
Summer si sistemò a cavalcioni su di lui e si liberò del babydoll restando in tanga.
“Ok...ci sei riuscita!” le parole persero importanza di fronte al suo seno, e il vampiro alzò rapidamente la schiena per tapparsi la bocca... a modo suo.


*** ***


I tre vampiri si erano stabiliti in una piccola casa nella periferia di Parigi. A nulla erano servite le proteste di Bree che, abituata al lusso, voleva restare in quello sfarzoso Hotel a cinque stelle da cui si vedeva la Tour Eiffel. Klaus amava sentirsi libero di uccidere, e sterminare un'allegra famigliola per impossessarsi della loro casa era uno dei suoi giochetti preferiti.
Agli studiosi a cui aveva affidato le ricerche sulla possibile ubicazione della tomba di Caroline serviva ancora un'altra settimana, e lui attendeva quel giorno con un'aria torva e minacciosa.
Persino Bree, che lo conosceva da settecento anni, evitava di rivolgergli la parola. In quel periodo, per l'ibrido, tutto andava per il verso sbagliato. Sembrava il risultato di una combinazione astrale che giocava tutto in suo sfavore, e ne aveva abbastanza. Lui aveva bisogno del suo esercito di schiavi fedeli e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ottenerlo.

Lui e Stefan se ne stavano in salotto a dissanguare le ennesime vittime: uno sfortunato rappresentate porta a porta e la domestica.
In quel momento entrò Bree, con il suo look un po' stravagante e una decina di buste nelle mani.
“Vedo che sei andata a fare shopping” Klaus si allontanò dal rappresentante per avvicinarsi alla vampira.
“Ovvio! Non mi va di stare qui a poltrire come voi due. Sono nella città della moda, approfittarne è un ottimo diversivo per non annoiarmi...” adagiò le buste al suolo chinandosi, ma poco dopo sentì la mano del vampiro stringerle il mento costringendola a rimettersi dritta.
“Ti avevo detto di restare qui Bree... non sono dell'umore adatto per tollerare le tue frivolezze!” era nervoso. Qualsiasi cosa era in grado di farlo infuriare, e il menefreghismo di Bree, in quel momento, era in cima alla lista.
La lasciò andare guardandola con rabbia, e la vampira si portò le mani al viso per sfregare la parte dolorante.
Stefan osservò la scena, e venne colpito dallo sguardo di Bree; quando l'ibrido le inveiva contro lei, più che terrorizzata, sembrava sinceramente dispiaciuta.


*** ***


Per Damon, la giornata non poteva iniziare in modo migliore.
Sentire il suo bacino muoversi su di lui per regalargli piacere, per poi afferrarlo per imporne il ritmo; lasciarla stendere sul petto per sentire la morbidezza del suo seno; spostare le mani sulla sua schiena per accarezzarla; girarsi per metterla sotto il proprio corpo e appagare quell'insaziabile voglia di dominazione; godere della vista dei suoi seni che si muovevano con la stessa cadenza di quelle dolci spinte; ascoltare i suoi ansimi sentendo di perdere il controllo; baciarla per sentirla ancora più vicina; sentire le sue braccia avvinghiarsi alla schiena e avvertirne il calore; perdere a voglia di resistere in un attimo che ti imprigiona e ti libera; e in fine smaltire quello stordimento sul suo seno ascoltando i battiti del suo cuore e sentendo le sue dita tra i capelli.

Damon se ne stette con la testa sul suo petto per un periodo più lungo del necessario. Se ci pensava si odiava, ma adorava quegli attimi in cui lei lo coccolava col respiro ancora affannato dal piacere. Adorava sentire le sue mani tra i capelli e quel senso di serenità che gli trasmetteva. Stette in quella posizione fino a quando ne sentì il bisogno, poi ribaltò la situazione risalendo più in alto del suo volto e lasciandola adagiare al suo petto. In quel momento la sensazione cambiò: provò uno strano calore e un altrettanto strana voglia di sentirla sua, e quel pensiero lo mandò nel panico costringendolo a spezzare quell'atmosfera idilliaca.
“Dovremmo alzarci... il medaglione non ci farà la cortesia di trovarsi da solo...”
Summer, tra le sue braccia, ripensava alle parole di Lily, e non aveva ascoltato nulla di quello che aveva detto Damon.
“Ehi...” il vampiro si abbassò per mettersi all'altezza del suo volto.
Il suo intuito gli diceva che qualcosa non andava.
Con quel movimento Summer si ridestò e Damon le sorrise con apprensione.
“Mi ascolti?”
“Scusa ero distratta...” gli sorrise.
“L'ho notato...” le sussurrò dolcemente, ma poi si insospettì. A cosa stava pensando?
“E devo dire che la cosa mi ha infastidito...dovresti pensare solo a me quando sei tra le mie braccia!” il suo tono si fece dispettoso ma conservò un retrogusto di dolcezza.
Lei gli sorrise e gli accarezzò la guancia sfiorandola col pollice.
Si osservarono in silenzio per un lungo istante, e poi il vampiro spezzò nuovamente il silenzio.
“Mi stai guardando come se avessi qualcosa di dolce da dirmi...” disse, con una vaga ma percepibile nota di presunzione. Damon capì che le emozioni che provava erano come un elastico, se si allontanava lo tirava fino all'estremo sentendosi poi catapultato sempre più vicino a lei. Non aveva idea di cosa diavolo significasse: quelle sensazioni lo spaventavano e lo emozionavano al tempo stesso. Voleva sentirsi dire qualcosa, qualunque cosa. Non voleva sentirsi il solo in quel vortice di strane emozioni: voleva che ci fosse anche lei.
“Beh ti sbagli, perché non avrò mai nulla di carino da dire ad un cavernicolo presuntuoso come te!” spiegò divertita, mentre gli metteva le braccia intorno al collo.
“Ummm eppure mi pare di ricordare che una certa persona...sarebbe stata sempre dalla mia parte...pronta anche a prendere le mie difese...” Damon fece una sua pessima imitazione, facendola avvampare di vergogna.
“Ok..questo non dovevi farlo!” ma Summer non ebbe neanche il tempo di pensare alla giusta punizione corporale.
“Sta zitta e baciami!” il vampiro si divertì a farla arrabbiare, era più forte di lui! E la baciò con una passione che fece sbollire immediatamente la rabbia e l'imbarazzo di Summer.
“Visto? Non sei altro che un cavernicolo...” gli accarezzò i capelli “Ma mi piaci...così come sei...” glielo sussurrò quasi distrattamente, ma a Damon quelle parole entrarono dentro come un fluido che riscalda ogni centimetro del tuo corpo.
La baciò con tutta la tenerezza di cui era capace sentendosi stupidamente felice.
Summer, invece, non realizzò quello che gli aveva detto; era troppo presa dal suo sguardo per dare peso alle sue parole. Gli erano semplicemente uscite dal cuore in un momento in cui aveva abbassato la guardia.
“Dovremmo prenderci una pausa dalle ricerche...in fondo è domenica...” non aveva voglia di pensare al medaglione. Aveva bisogno di una pausa da Klaus, dal pugnale, dai vampiri e da tutto il resto. Voleva stare solo con Damon.
Il vampiro emise un mugolio godereccio.
“Ottima idea...” e subito si riposizionò tra le sue gambe per il bis.
“Ma con questo non voglio dire che ho intenzione di stare chiusa in casa a fare sesso con te! Passiamo tutto il tempo chiusi qui dentro oppure nelle case che visitiamo. Usciamo!...ho bisogno d'aria...”
Damon annuì lievemente amareggiato, ma poi si rallegrò subito; significava che avrebbero fatto sesso altrove! Non c'era da scoraggiarsi!
“Dove vorresti andare?”
“Beh...sei tu il vampiro ultracentenario che conosce queste zone come le sue tasche...dovresti decidere tu!”
“Bene, ma ci sarà da camminare... quindi metti qualcosa di comodo!...e di facilmente sfilabile!”


*** ***


Stefan, nel bagno della sua stanza, si lavava il volto per cancellare ogni traccia di sangue dalle labbra e dal mento.
Per un attimo restò a fissare l'acqua rossastra che riempiva il lavabo e che fluiva attraverso le tubature creando un piccolo vortice di risucchio.
Ne restò ipnotizzato per una manciata di secondi e poi passò a guardarsi il volto finalmente pulito.
Uscì dal bagno spegnendo la luce.
La sua stanza era buia, e solo il bagliore della notte, che entrava dai vetri della finestra, rischiarava leggermente l'ambiente.
Andò verso il letto e accese il lume sul comodino. In quella stanza aveva trovato un buon libro da leggere e avrebbe passato la notte in quel modo. Lo stress aveva reso Klaus un pazzo più maniacale del solito, obbligando gli altri due a restare in casa.
La luce illuminò la stanza e Stefan notò Bree seduta su una poltrona in una lunga camicia da notte di pizzo nero e una vestaglia coordinata.
“Posso esserti d'aiuto” caricò quella frase di una velata ed acida ironia.
“Mi annoiavo...e...speravo che tu potessi tenermi compagnia...” la vampira indicò il tavolinetto accanto alla poltrona, e prese la bottiglia di champagne e i due calici che vi aveva riposto sopra.
“In realtà...non sono in vena...di compagnia...” cercò di enfatizzare l'ultima parola per farle capire l'antifona. Non avrebbe passato la notte con lei se era questo quello che voleva.
Bree non si scompose e sorrise con le sue labbra sottili creando una piccola fossetta all'angolo della bocca.
Si versò lo champagne e fece aderire meglio il suo corpo allo schienale della poltrona.
“Sai Stefan...all'inizio non capivo perché Klaus ti avesse scelto come suo cagnolino fedele...poi ho avuto modo di osservarti, e finalmente ci sono arrivata...” sorseggiò il suo champagne con un modo di fare ammaliante e saccente.
Stefan, incuriosito, mise le sue mani dietro la schiena una sopra l'altra e si piegò leggermente verso di lei.
“E il motivo per cui Klaus mi avrebbe scelto sarebbe...”
“Il motivo, mio caro Stefan, lo conosci bene” lo guardò affascinata, poi si alzò per dirigersi verso la finestra e guardare il panorama.
Stefan la osservò aspettando che continuasse. Era una cosa che gli interessava. Non si spiegava il perché di quel comportamento; Klaus avrebbe potuto ucciderlo, oppure ricattarlo in altri modi, invece sembrava solo interessato ad averlo vicino.
“C'è un abisso di dolore dentro di te...e questo è davvero affascinate”
Stefan sorrise.
“Perché pensi questo?”
“Dentro di te Stefan, coesistono il bene e il male. Sei il più innocente degli esseri umani, e il più efferato dei vampiri. Ed è una combinazione piuttosto rara e decisamente intrigante..”
Stefan non volle smentire. Non poteva smentire.
“E secondo te... è questo a rendermi interessante agli occhi Klaus?”
Bree fece una silenziosa e breve risata.
“E' come quando un donnaiolo incontra una verginella col giusto potenziale per diventare una rinomata sgualdrina. E' attratto dalla sua innocenza e sa che trascinarla nel peccato è un piacere che può addirittura superare quello fisico. Il bene e il male dentro di te sono perfettamente bilanciati e questo, paradossalmente, ti fa oscillare agli estremi dell'uno e dell'altro...Per te è una maledizione...ma per Klaus, invece, è una sfida! Portarti dalla parte del male, annientare ogni frammento della tua umanità, per lui sarebbe un piacere immenso. Ma ogni piacere ha un prezzo. In questo caso è il rischio. Facendo di te quello che vuole, Klaus avrebbe un degno braccio destro ma anche un temibile nemico” si voltò verso di lui “E' inevitabile...”
Stefan ascoltò incuriosito e vagamente affascinato. Si avviò verso il tavolinetto e si versò da bere.
“Sei un'attenta osservatrice Bree...e dal modo in cui parli si direbbe che conosci Klaus molto bene. Che rapporto c'è tra di voi? Se non sono indiscreto ovviamente...”
“No, non preoccuparti. Puoi chiedermi qualsiasi cosa. Non sono una persona riservata...credo che la riservatezza sia una peculiarità delle anime tormentate... concordi con me?” sorrise diabolicamente per rimarcare l'indirizzo della sua frecciatina.
Stefan fece un mezzo sorriso.
“E dunque...”
“Klaus ed io ci siamo conosciuti nel 1306. Ero una cacciatrice all'epoca...e avevo vent'anni. Onestamente, non vedevo l'ora di togliermi quel fardello di dosso riposandomi sotto un metro di terreno” sorrise ripensando a quei tempi lontani “Quando mi trovai a dover lottare contro Klaus, lui...in qualche modo lo capì. Capì che desideravo la morte e Klaus... si sa...non ama concedere le grazie! Così volle fare un esperimento. Le cacciatrici non possono diventare vampiri. Lui lo sapeva, ma sapeva anche che il suo sangue era diverso. Così...eccomi qui. Dopo settecento anni ancora in semi vita a godere di una semi libertà. Cosa mi lega a Klaus? Gratitudine...nient'altro che gratitudine”
“Adesso percepisco una nota di riservatezza. Cosa succede? Questo è un argomento che ti tormenta?” Stefan capì subito che c'era dell'altro.
Bree sorrise.
“Non c'è che dire...Klaus è un vero scopritore di talenti” alzò il calice come per brindare alla sua arguzia.
Si sedette sul bracciolo della poltrona e fissò il suo bicchiere con una profonda amarezza.
“Amare Klaus...è come amare...un libro, un'opera d'arte, una melodia... Non sono cose che prendono vita per ricambiare!” sorrise con tristezza “Puoi solo ammirarle, ascoltarle...e godere del riflesso di fascino che ti lascia l'averle conosciute ...è una forma diversa d'amore: è un amore tra elementi eterogenei...così lontano e intangibile da essere solo un'amara illusione...” si alzò per ritornare alla finestra e osservare le stelle.
“E tu Stefan... il tuo che tipo di amore è?”
“Cosa ti fa credere che sia innamorato?”
“Il tormento rende la voce stonata...e non sei l'unico ad avere un buon udito”
Stefan restò in silenzio; non aveva voglia di parlare di Elena con Bree.
“Ahhh caro Stefan...di qualunque forma sia il tuo amore...non sarà mai felice!” si rigirò verso di lui aggiungendo enfasi al suo tono “Quale umana accetterebbe il mostro che c'è in te...e quale mostro accetterebbe invece l'agnellino?!...Ehh no, non sarà mai un amore felice...tu non sarai mai felice...ma come tutti del resto!... E c'è un retrogusto di consolazione in questo. Non trovi?” si fermò a pochi centimetri dal suo volto.
“Se permetti, sono stanco, vorrei riposare...” disse con gentilezza. Non voleva far trapelare il turbamento derivato dalle sue parole.
Bree sorrise e fece un teatrale gesto di accondiscendenza. La verità era sempre qualcosa di scomodo, ma lei era troppo schietta per non dire ciò che pensava. Fece qualche passo e prese la bottiglia di champagne.
“Bene! Vorrà dire che mi terrò compagnia da sola... in fondo chi sa godere della solitudine meglio di un vampiro ultracentenario? Giusto? La compagnia è qualcosa di cui hanno bisogno gli umani...o chi vuole giocare ad esserlo, ovviamente!...Buonanotte Stefan!”


*** ***


Damon e Summer camminavano per il fitto bosco di Mystic Falls. Ad un tratto un percorso in discesa rese ancora più difficili quei passi ostacolati dalle pietre e dai rami.
“Manca ancora molto?” domandò Summer. Reggeva un ingombrante cestino da picnic che le ostacolava i movimenti già messi a dura prova dalla natura selvaggia.
“Ancora un po'... dai faccio io...“ Damon si fermò e prese il cestino dalle sue mani, ma lei se lo riprese immediatamente.
“Vai a fare il cavaliere con le donzelle in pericolo Damon... io sono la cacciatrice, non te lo dimenticare!” fu giocosamente scorbutica per sopperire all'imbarazzo; l'improvvisa galanteria di Damon l'aveva colta di sorpresa.
“Fa come ti pare...” fece stizzito. Come sempre, quando cercava di essere gentile, lei non glielo concedeva. Si avviò lasciandola indietro di qualche passo.
“Tanto per la cronaca...isterica d'una cacciatrice...questo è il posto in cui Klaus ha spezzato la maledizione”
Summer si immobilizzò guardandosi attorno e Damon lo percepì fermandosi a sua volta.
“Ummm ottima scelta Damon...davvero romantico!”
“Non è questo il posto! Ma di certo non ti sto portando in un luogo romantico...non vedo perché dovrei fare qualcosa di romantico con te!”
“Giusto...” sorrise, ma il suo tono fu triste e amareggiato. Già, perché mai avrebbero dovuto fare qualcosa di romantico insieme? Ma quei pensieri vennero rimpiazzati dalla strana atmosfera che caratterizzava quello scenario. Lì Klaus aveva spezzato la maledizione uccidendo un vampiro, un licantropo ed Elena.
Il vampiro notò il suo sguardo e subito si pentì di essere stato così acido, ma poi capì che la sua attenzione era rivolta alla natura che li circondava.
“Perché ti sei imbambolata a guardare questo posto? Cos'ha di speciale?”
“Niente...pensavo solo che.. semmai dovessi affrontare Klaus qui a Mystic Falls, mi piacerebbe farlo qui...”
“E perché?”
“Niente in particolare...sarebbe solo ironico ucciderlo nello stesso luogo in cui è riuscito a spezzare la maledizione...ed io adoro l'ironia. Soprattutto quando va a scapito dei cattivi!”
Damon le sorrise.
“E la mia? Quale sarebbe la mia morte ironica?” prese il suo collo tra le mani e la guardò con dolcezza.
“Beh...potrei... affogarti in una vasca da bagno colma di champagne...”
“Ummm mi piace! Ok, hai il permesso di uccidermi...soprattutto se vorrai abusare del mio corpo prima di farlo!”
Summer rise volgendo lo sguardo di lato, e il vampiro lo notò ricordando che lo faceva sempre, non l'aveva mai vista ridere con il volto dritto di fronte a lei; questa cosa gli piacque, gli sembrò un vizio carino.
La baciò con dolcezza e poi la prese per mano per condurla nel luogo che aveva scelto per il loro picnic.


*** ***


Il freddo di dicembre, mischiato all'umidità del posto, entrava nella carne quasi pungendola, ma ne valeva la pena.
Il sole si rispecchiava sulla superficie rendendo la parte alta della cascata un bagliore di luminescenza, mentre nella parte inferiore, dove l'acqua si scontrava con altra acqua, si creava una sorta di nube bianca che ostacolava la vista degli altri dettagli; e intorno a loro la natura invernale ornava lo scenario con i toni del bronzo.
A Summer sembrava di stare in uno splendido dipinto.
Persino il rumore della natura era alla giusta tonalità. Tutto era perfetto.
“Questo posto è bellissimo...” Summer si sentiva incantata e, dopo aver impresso nella mente ogni riquadro di quel posto, aprì il cestino e tirò fuori una coperta che subito stese a terra.
“E' uno dei posti più belli di Mystic Falls, ci venivo sempre da bambino...” il vampiro si sedette sulla coperta e la prese per mano per farla sedere tra le sue gambe.
“Beh non so quale sia la tua concezione di romanticismo Damon...ma questo posto è davvero romantico”
Il vampiro l'abbracciò tenendo lo sguardo fisso sulla cascata.
“In effetti...potrebbe esserlo...” fece, simulando di proposito un po' d'indifferenza a riguardo.
Summer gli sorrise, sentendosi felice per quel gesto incredibilmente dolce.


*** ***



Qualche ora dopo le bottiglie di vino che avevano riempito il cestino erano già materiale da riciclo.
Se ne stavano sdraiati sulla coperta a baciarsi come due ragazzini innamorati che non riescono a staccarsi, ma delle goccioline sui loro volti li costrinsero a separare le loro labbra.
Non ci fu neanche il tempo di congetturare la possibilità di un'acquazzone, perché questo si scaraventò su di loro con una forza che ti bagna dalla testa ai piedi in pochi secondi.
“Ma vogliamo scherzare!?” imprecò il vampiro. Si stava rilassando e ora, invece, era fradicio d'acqua piovana.
Summer alzò lo sguardo al cielo con un'espressione divertita.
“Andiamo, non te la prendere, gli imprevisti rendono le giornate più interessanti”
“Beh se è così allora, più che interessante...rendiamola memorabile!” il vampiro la baciò con passione, poi prese la sua mano e attraversarono il bosco correndo ad una velocità a tratti umana e a tratti sovrannaturale.
Giunsero alla macchina e il vampiro la mise in moto senza rinunciare a baciarla; e il tragitto che li condusse a casa fu percorso con una guida distratta dalla passione.
Arrivarono a casa e si bagnarono ancora baciandosi fino al tratto che li separava dall'ingresso. Poi i loro fradici vestiti caddero uno ad uno sul pavimento fino al vano doccia. Lì, il calore dell'acqua, li liberò dal gelo della pioggia.




Angolino di NaNa***
Allora... Sono in pieno stress da esami, quindi non ho la mente molto concentrata sulla fic. Il risultato è questo capitolo a cui, a parer mio, manca decisamente qualcosa. Però spero che l'abbiate apprezzato lo stesso.
Come sempre ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui^^
Alla prossima^^





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Capitolo 45
*** Quarantacinquesimo Capitolo ***





*** 14 Dicembre ***


Boston, Luglio 2008


Erano passati due mesi da quando il signor Harris era morto in un letto d'ospedale a seguito del secondo infarto. Summer passava le sue giornate in veranda, seduta sulla sedia di vimini su cui Phil era solito fumare il suo sigaro accompagnandolo con un bicchiere di Bourbon.
Fissava le piante del giardino che lui curava con amore: margherite, begonie, rose e lobelie; lei non le curava, e ogni giorno le vedeva appassire sempre di più sotto il caldo sole di luglio.
Il signor Harris le aveva lasciato tutto ciò che possedeva. Fino all'ultimo dei suoi giorni aveva ribadito quanto la vedesse come una figlia: la figlia testarda e problematica che non ho mai avuto, le aveva detto facendola sorridere per un'ultima volta.
Phil l'aveva amata come una figlia, ed era quella consapevolezza che, in quel periodo, fece emergere in Summer un pensiero che lei aveva soppresso per quasi vent'anni. Se un uomo con cui non condivideva nessun legame genetico era stato capace di amarla come una figlia perché i suoi veri genitori l'avevano abbandonata?
Lily la raggiunse in veranda e si sedette accanto a lei senza dire una parola.
“Con la magia...saresti in grado di rintracciare la donna che mi ha partorita?” biascicò dopo un lungo silenzio.
Lily restò quasi impietrita. Quella era la prima frase di senso compiuto che Summer pronunciava in due mesi; e non si sarebbe mai aspettata nulla di simile: non da lei. Non aveva mai parlato del suo passato e neanche aveva mostrato interesse a conoscerlo. Ma era indubbio che fosse stata la morte di Phil a sollevare in lei certi quesiti.
La strega ricordò che Summer non aveva portato nulla con sé nel suo viaggio per Boston; quindi era chiaro che Summer non possedesse nessun cimelio di famiglia. Questo rendeva impossibile quel genere di ricerca anche a una strega potente come lei.
Lily scosse la testa desolata.
“Avrei bisogno di un suo oggetto personale...”
“Si certo...” Summer le abbozzò un sorriso mal riuscito e poi si alzò.
“Vado a fare due passi...” aggiunse dirigendosi verso la porta che conduceva alla cucina.
Lily la osservò sentendosi inutile. Per Summer doveva essere una cosa importante; era troppo orgogliosa per chiedere una cosa del genere; averlo fatto significava sentirne un vero bisogno.
La strega non si perse d'animo. C'erano tanti altri modi per scoprire la verità e, qualche giorno dopo, partì per iniziare le sue ricerche.
“Ho bisogno di una pausa, e vorrei rivedere i luoghi dove sono cresciuta...ti dispiace se parto per una decina di giorni?” le disse prima di andare. Mentì, ma era per una giusta causa.
“Fa pure...per me non ci sono problemi” Summer si sorprese, ma capì che in fondo anche Lily aveva bisogno di elaborare il lutto. Così approvò la sua scelta lasciandole via libera. Non sarebbe stato un problema occuparsi della caccia da sola.


Lily partì raggiungendo il piccolo paesino in cui aveva incontrato Summer.
Aveva deciso di condurre le ricerche a sua insaputa; perché sapeva che lei non gliel'avrebbe concesso.
L'orfanotrofio era stato chiuso da diversi anni, ma non fu difficile trovare la vecchia direttrice.
Summer, nella sua terra natale, era stata data per dispersa così, per evitare inutili giri di parole, inutili giustificazioni sulle sue domande, Lily usò una sorta d'ipnosi.
Scoprì che per il paese si sapeva anche più di ciò che conosceva Summer; forse perché lei non aveva mai fatto domande a riguardo.
Era un piccolo paesino sul mare che contava più o meno mille abitanti. Con le domande giuste, la verità sarebbe venuta a galla.
Così Lily scoprì che Summer veniva chiamata l'austriaca. Lily non lo sapeva: Summer non aveva mai raccontato nulla a riguardo.
La cacciatrice non si era mai addentrata a conoscere l'origine di quel soprannome, aveva sempre pensato che le fosse stato affibbiato per la sua espressione – a quei tempi – seria e severa: un soprannome che richiamava un immaginario sbagliato ma giustificato dai precedenti storici: soprattutto in un paesino di persone dai capelli bianchi. Summer non aveva mai prestato attenzione a quel nomignolo.
L'ex direttrice spiegò a Lily che quel soprannome le era stato dato a causa delle origini della madre: una giovane ragazza di diciannove anni che partorì grazie all'aiuto dell'anziana levatrice del posto.
Di questa ragazza si sapeva solo che si chiamava Elisabeth, e che con lei c'era un'altra ragazza di nome Sabine.
La direttrice le raccontò altri dettagli non molto rilevanti, così Lily decise di cercare quella famosa levatrice.
La strega trovò quasi subito quella donna dai capelli bianchi e l'aria un po' rimbambita: aveva quasi ottant'anni e si chiamava Clara.
Lily fece un grande sforzo per estrarre delle parole concrete da un discorso che a tratti si trasformava in un farfugliare privo di senso. Capì che Clara ospitò quella ragazza in casa sua per circa un mese.
Elisabeth le aveva mentito per tutto il tempo dicendo che una volta partorita la bambina sarebbe tornata in Austria con lei. Nel momento del parto ci furono alcune complicazioni e Clara uscì veloce di casa per contattare il medico della zona il cui studio si trovava alla fine di quello stesso viale. Fu una cosa di pochi minuti, ma al suo ritorno le due e la bambina non c'erano più; ed in seguito scoprì che quella stessa bambina era stata lasciata fuori la porta dell'istituto del paese.
Lily domandò alla donna se, nella fretta di scappare, le ragazze avessero lasciato qualche oggetto personale, e la donna si allontanò con un'andatura traballante per raggiungere la camera da letto per poi ritornare con uno scatolo di cartone. Lo aprì mostrando a Lily il contenuto. Poche cose: delle mollettine per i capelli e un paio di asciugamani, tutte cose lasciate in bagno a causa della fretta.
Lily prese uno di quegli asciugamani e notò delle iniziali ricamate nell'angolo destro E.V.L. Portò quell'oggetto con sé e per tutta notte non fece altro che concentrarsi per visualizzare in nome celato dietro quelle lettere; poi, dopo qualche ora ci riuscì: Elisabeth Von Lemberg.


*** ***



Damon e Summer erano appena usciti dalla dimora dei Doreland: un altro buco nell'acqua.
Si diressero verso l'abitazione successiva e Damon la bloccò afferrandola per il braccio.
“La prossima casa è quella dei Farner: sono nel Consiglio e quindi assumono verbena...” il vampiro spiegava l'imprevisto pensando ad una possibile soluzione.
“Beh... allora... dovremmo inventare qualcosa”
Continuarono a camminare, e una volta arrivati fuori l'abitazione la soluzione si palesò davanti ai loro occhi. Il vampiro lesse la scritta sul cartello infisso in giardino con un mezzo sorriso sulle labbra: Vendesi.
“Soluzione trovata. Reggimi il gioco...” mise un braccio intorno alle spalle della cacciatrice e camminarono verso la porta d'ingresso che in quel momento era già spalancata.
Il vampiro suono il campanello e all'entrata giunse un'elegante signora sulla quarantina.
“Damon Salvatore giusto?” fece la donna indicandolo col dito.
“Giusto...” il vampiro le dedicò uno dei suoi famosi sorrisi ammalianti.
“Prego accomodati” la donna, pur conoscendo l'esistenza dei vampiri, non si fece problemi ad accettare in casa uno tra i più validi membri del consiglio.
“Come posso aiutarti?” li fece accomodare in salotto, ma loro restarono in piedi e ancora ravvicinati da quel contatto.
“Beh...fuori questa bellissima casa c'è un cartello con scritto vendesi, e noi... dobbiamo acquistarne una. Le dispiace se diamo un'occhiata?”
“Certo che no ovviamente! Ma come mai questa decisione?... La tua villa è una delle più belle di Mystic Falls...”
“Ma quella casa è anche di mio fratello, diciamo che... la mia dolce metà ed io vorremmo trasferirci in un posto tutto nostro” disse, includendo Summer nella conversazione: era in vena di scherzi.
La cacciatrice non aveva badato a quel discorso per concentrarsi sul medaglione, ma quell'ultima frase la costrinse a girarsi verso di lui con uno sguardo allibito. Era questo che intendeva con 'reggimi il gioco'?
Summer si girò verso la signora sfoderando un ampio e finto sorriso.
“Quindi questa bellissima ragazza è la tua fidanzata?! Come ho fatto a non capirlo subito? Congratulazioni cara..” prese la mano di Summer tra le sue, come un gesto di conoscenza e di felicitazione.
Damon sorrise sornione aumentando la pressione della sua presa per farla aderire maggiormente al lato del suo corpo. Summer lo guardò nuovamente sbigottita, ma poi sorrise. Bene, se il vampiro voleva giocare, lei avrebbe giocato!
“Grazie, anche se a dire il vero...ci sposiamo solo perché sono incinta!”
Damon la guardò sorpreso e divertito: Summer aveva preso parte alla falsa in un modo del tutto inaspettato!
La signora la guardò con perplessità, non sapeva cosa rispondere ad un affermazione del genere, quindi optò per i convenevoli, accompagnandoli anche con un finto sorriso.
“Beh...allora le congratulazioni raddoppiano!”
Entrambi si strinsero maggiormente regalandole una posa da copertina.
“Ma prego...Venite..vi faccio vedere la casa...” la signora li condusse al piano superiore facendoli entrare in ciò che era ancora la stanza della figlia.
I due intanto si tenevano giocosamente per mano.
“Tesoro guarda...questa potrebbe essere la camera della nostra piccola Charly!” esclamò entusiasta la cacciatrice. La signora la guardò con sospetto, le sembrava troppo magra per essere al terzo mese, ma il suo maglioncino largo poteva concedere il beneficio del dubbio.
Damon la guardò divertito e anche sorpreso. Sua madre era una donna francese di nome Charline, e questa coincidenza lo fece sorridere.
In America, però, quel nome era prevalentemente maschile.
“Tesoro...Charlie è un nome da maschio! Cerchiamo di non far diventare nostra figlia un maschiaccio scontroso come la madre!”
“Charly è più adatto a una bambina! E poi chi sarebbe il maschiaccio scontroso?!” contestò con fervore e con un tono omicida.
“Vedi?! Mi riferivo appunto a quest'atteggiamento!... Questa bambina è condannata ad essere isterica come la madre!”
“Bella faccia tosta Damon, sarei più tranquilla se non mi offendessi in continuazione!”
In quel momento, entrambi non capirono la distinzione tra finzione e realtà. Stavano litigando veramente o lo stavano facendo per finta?
“Parlatemi del vostro matrimonio!” la signora Farner cercò di calmare le acque facendo dirottare l'argomento su altro.
I due si strinsero nuovamente sfoderando un altro inquietante sorriso.
“E' fissato per la fine di giugno...” improvvisò Summer.
La donna sorrise, i matrimoni la entusiasmavano.
“Avete già scelto la marcia nuziale?... personalmente adoro Schubert!”
“In realtà...abbiamo pensato ad una classica marcia nuziale...suonata con la chitarra elettrica da un sosia di Elvis!”
La signora si immobilizzò con un sorriso di cortesia, mentre Damon se la rise sotto i baffi.
“Sarà una cerimonia molto tradizionale...tranne per il fatto che il prete si lancerà con il paracadute da un elicottero e...visto che il matrimonio si celebrerà su una scogliera...beh... avremo tutti le dita incrociate!” anche il vampiro diede via libera alla sua crudele immaginazione.
Questa volta fu Summer a diventare rossa per trattenere la risata.
La donna era ancora più allibita.
“Oh...e a fine serata saranno lanciate in aria cinquecento lanterne...questo, statisticamente, potrebbe causare qualche grave incidente aereo...ma in fondo è per una giusta causa. Dico bene?”Summer continuò ad arricchire di particolarità quel matrimonio immaginario.
Damon ascoltò con divertimento e interesse.
La signora era sempre più scioccata e preferì fare domande più semplici.
“E... come fiori?”
“Crisantemi! Sa... per ricordare tutte le persone morte che parteciperanno all'evento....con lo spirito!” Damon pensò che, ad un possibile matrimonio, almeno metà degli invitati sarebbero stati vampiri...sposo compreso! Era giusto sottolineare questo dettaglio!
La signora non sapeva più cosa pensare, i due, invece, si guardavano con intesa; poi Damon volle aggiungere dell'altro per ridare un minimo di credibilità alla scena.
“Ma nella camera della nostra prima notte... mia moglie troverà un letto di rose...” prese la sua mano e la baciò con un fare galante, ma pronunciare quella frase gli fece uno strano effetto; si pentì immediatamente di quell'affermazione così sdolcinata, ma subito annientò quel pensiero stupido: era per finta, stavano giocando, non aveva senso sentirsi stranito. Quelle parole non erano altro che finzione...giusto?!
Summer lo guardò con dolcezza.
“Sei molto dolce... ma sul serio? Con una spiaggia a nostra disposizione vogliamo davvero chiuderci in una camera d'albergo la nostra prima notte?” Summer si mise di fronte a lui e gli sfiorò il petto con la mano. Lui sorrise con lo sguardo perso in una notte di passione sul mare. Le loro labbra si avvicinarono corteggiandosi, ma poi qualcosa li fermò, raggelandoli. Ancora quella sensazione. Stavano scherzando, giusto? Non c'era nessun desiderio o voglia inespressa in quelle parole, in quella finzione ingigantita ed enfatizzata; eppure la realtà e la fantasia sembravano due colori mischiati che avevano dato vita ad una nuova tonalità di cui non si conosceva il nome.
Si ridestarono allontanando i loro volti. Ma la signora Farner, in quello sguardo, aveva visto il loro unico momento di normalità, un momento in cui il loro amore era stato così palese da poter essere percepito anche da un estraneo.
“Beh...Bellissima casa signora Farner, la prenderemo sicuramente in considerazione! Grazie per averci dedicato il suo tempo” Damon mise di nuovo il braccio intorno alle spalle di Summer, e insieme si avviarono rapidamente verso l'ingresso. Sentirono entrambi il bisogno di fuggire rapidamente da quella messa in scena.
“Figuratevi...è stato un piacere!” disse la signora restando ferma alla soglia dell'ingresso.
I due fecero un gesto di saluto col capo per congedarsi ma, una volta date le spalle alla signora, lei sentenziò qualcosa che li bloccò.
“E di nuovo congratulazioni...siete una bellissima coppia!” il suo sguardo e il suo tono furono così sinceri da costringerli a guardarsi negli occhi con un'espressione stranita.
Il vampiro, come risposta, le sorrise, e in quel momento sentì il bisogno di rompere il contatto fisico che aveva con Summer.
Anche lei si separò da Damon nello stesso istante senza capirne il perché.
Si allontanarono da quell'abitazione per raggiungere quella successiva.
“Beh...devo ammettere che è stato divertente!” Summer ruppe quel momento di disagio riportando tutto alla normalità.
Damon sorrise “E' carina l'idea delle lanterne...forse l'unica che non è interamente da buttare...”
Summer sorrise “Mi piacciono le lucine nel buio...beh ma anche l'idea della scogliera non è male...”
Il vampiro rise mettendole una mano sul fianco, e si trovarono a camminare fianco a fianco senza neanche accorgersene.
“Già...e poi, in caso di ripensamento immediato, basta una bella spinta! E il problema è risolto!” Damon, come sempre, era l'uomo dalle soluzioni semplici e veloci.
“Sempre che il prete sia sopravvissuto al volo e sia riuscito a celebrare le nozze!” specificò lei mettendogli la mano dietro la schiena.
“Ovvio!”


*** ***


Boston, Agosto 2008


Quindi era questo il vero motivo del tuo viaggio?” Summer era sconvolta, non si aspettava nulla di simile.
Quella sera di agosto, mentre cenavano in veranda, quella notizia arrivò come una raffica di vento invernale.
“Non volevo agire alle tue spalle...mi dispiace” Lily era combattuta. Non sapeva se quel gesto lo si poteva definire giusto o sbagliato; quello che sapeva e che l' aveva fatto per Summer, nella speranza di farla stare meglio, ma iniziava a dubitarne seriamente.
Summer sorrise, certo che non voleva agire alle sue spalle: non era una cosa da Lily. Era stata lei a chiederle delle informazioni a riguardo, e Lily se ne era caricata il peso. Non poteva avercela con lei.
“Non devi scusarti...sei stata gentile...” le sorrise dolcemente per cancellare quell'alone di preoccupazione che si era formato sul volto della strega “Allora? Cos'hai hai scoperto?”
“Prima di parlarti di lei...è giusto che tu sappia che è morta...sei mesi fa, in un incidente stradale” preferì rivelarlo subito, senza darle il tempo di farsi illusioni.
Summer deglutì visibilmente. Non riusciva a decifrare la sua reazione. Non era dispiacere, non era gioia, ma neanche indifferenza.
“Beh...questo mi priva di ogni scelta a riguardo...e forse è meglio così” se fosse stata in vita forse le sarebbe venuta voglia di conoscerla, il fatto che fosse morta, invece, la liberava dalla confusione. Eppure la notizia le lasciò un sapore amaro in bocca“ Come si chiamava?”
“Elisabeth Von Lemberg”
Summer fece un mezzo sorriso “Von Lemberg...fa tanto nobil donna”
“In effetti è così...è una delle famiglie austriache più facoltose...”
Per Summer quella rivelazione fu come una pugnalata in pieno petto. Avrebbe preferito una povera squattrinata, magari con problemi d'alcoolismo. Invece sua madre era una viziata borghese che probabilmente l'aveva abbandonata per non deludere il facoltoso paparino. Si sentì bruciare dentro, e si preoccupò del suo aspetto; probabilmente era diventata rossa, e non voleva che Lily vedesse quella reazione. Non voleva che percepisse il suo turbamento, così si alzò e si avvicinò alla ringhiera dandole le spalle.
“Ha sposato un notaio che sono riuscita a rintracciare abbastanza facilmente...se vuoi posso organizzare un incontro...”
“No..No...lascia perdere...va bene così”
Era davvero grata a Lily per aver fatto quelle ricerche al posto suo, ma, in quel caso, avrebbe preferito non sapere.

Per i giorni successivi Summer non fece altro che pensare a quella donna. Sperò di aver formulato un pensiero sbagliato: magari c'era davvero una buona ragione per cui sua madre l'aveva abbandonata.
Decise di accettare la proposta di Lily, e la strega combinò un incontro con l'uomo che aveva sposato Elisabeth.


Vienna, Agosto 2008


La domestica le fece accomodare nel salotto di quello splendido attico al centro di Vienna.
Un mobilio di gran classe color ciliegio impreziosito da una tappezzerie rosso porpora. Sulle pareti spiccavano imitazioni di quadri molto famosi, tutti ornati da lavoratissime cornici dorate: un lusso ordinario e decisamente ostentato.
Un uomo dagli occhi verdi, i capelli castani e un'aria gentile ed educata le raggiunse facendole accomodare.
“Nicolas Schneider...molto lieto” strinse loro la mano.
Le due si presentarono, e quando l'uomo strinse la mano di Summer, lei si chiese se quello fosse suo padre.
“Quindi ...conoscevate mia moglie...” Nicolas prese posto sulla poltrona sedendosi di fronte a loro.
“A dire il vero no...” iniziò Lily; Summer sembrava intrappolata nei suoi pensieri.
L'uomo le guardò incuriosite.
“Non è un argomento facile... ma beh...ecco...” Lily si sforzava di parlare al posto di Summer, ma anche lei si sentiva stranamente agitata. Non era un discorso facile da affrontare.
“Sua moglie ha avuto una figlia all'età di diciannove anni?”fece Summer con rapidità. Quella situazione per lei era troppo irreale, e quindi voleva che finisse alla svelta.
“Cosa?...una figlia?...io...non saprei... “ l'uomo era scioccato.
“Quando ha conosciuto Elisabeth?” continuò con durezza. Voleva togliersi quel dubbio. Quello che le stava seduto di fronte era suo padre?
“Cinque anni fa...era una tirocinante della società legale di mio padre...”
rivelò confuso.
Summer annuì, almeno il primo dubbio era stato debellato. Eppure per un brevissimo attimo sperò che fosse lui, ma quella speranza non aveva nulla a che fare con quell'uomo o con l'impressione che le aveva fatto; solo sarebbe stato bello mettere fine a quella storia. Quella rivelazione, invece, poneva un altro interrogativo.
L' uomo cercò di realizzare. Quelle ragazze erano piombate in casa sua dicendo delle cose assurde, ma in quel momento, osservando Summer con più attenzione, nei suoi occhi, negli zigomi, nel modo in cui era seduta e nella sua aria corrucciata vide la moglie.
“E' quella bambina...saresti tu...” Nicolas non poteva crederci. Probabilmente per cose del genere occorrevano prove genetiche e quant'altro, ma non aveva dubbi. Non poteva essere figlia di nessun'altra. C'era troppo di Elisabeth in lei. La sua amata Elisabeth.
Summer annuì con freddezza.
“Sì...sì...le somigli...” gli occhi si velarono di lacrime. Se sua moglie fosse stata ancora in vita, probabilmente una notizia del genere l'avrebbe fatto infuriare. Ma lei era morta, e lui aveva la possibilità di guardarla ancora tramite gli occhi di Summer. Non c'era spazio per la rabbia.
A lei quell'informazione suonò come una nota stonata. Un'altra cosa che avrebbe preferito non sapere. Si guardò intorno e sul mobile alla sua destra notò una cornice. Girò subito il capo per non focalizzarsi sull'immagine. Non voleva vedere il volto di Elisabeth. Sarebbe stata una scoperta fastidiosa che l'avrebbe solo tormentata.
“Una volta mi ha parlato di un errore di gioventù a cui aveva rimediato...ma...non avrei mai immaginato nulla del genere...” fu lo shock di Nicolas a parlare, e solo dopo si rese conto di quanto fossero brutali quelle parole.
“Mi dispiace...non volevo dire...”
“Non si preoccupi...” reagì ancora con freddezza, ma dentro di lei qualcosa si era mosso scombussolandole le viscere. Un errore rimediato, ecco come la definiva. In quel momento Summer riuscì a rispondere ad una delle tante domande che l'aveva tormentata da quando Lily le aveva parlato di lei. Se era austriaca, perché non l'aveva partorita nel suo paese? Ma ora, la risposta era semplice: per non farsi ritrovare.
“Mia moglie è morta sei mesi fa...io non sono tuo padre...ma farò di tutto per aiutarti a trovarlo... puoi starne certa!” voleva sinceramente aiutarla e non solo. Voleva conoscerla, scoprire cos'altro avesse ereditato dalla moglie.
“Non è necessario...a dire il vero...non so neanche perché sono qui...” Summer si alzò. Non le interessava conoscere l'identità di suo padre. Lei aveva avuto un padre: Philiph Harris.
“I genitori di Elisabeth sono in vita? Forse loro potrebbero aiutarci...” Lily, con la solita mancanza di malizia, cercò di fare il possibile per aiutarla. Sapeva che Summer era troppo sconvolta per fare domande, quindi cercò di fare il possibile per allungare la conversazione. Per scoprire dell'altro.
“Ragazze...io mi metterò a disposizione, ma state lontane dai Von Lemberg...anche se sono i genitori della mia defunta moglie...non ho problemi a dire quello che penso di loro. Sono persone avide ed egoiste...penseranno che siete opportuniste in cerca di denaro e faranno appello al fatto che Elisabeth era figlia adottiva pur di sbarazzarsi di voi...ve lo assicuro. Me ne occuperò io...vi aiuterò ...farò il possibile!” Nicolas si alzò. Voleva aiutarla e non voleva che si appellasse a quelle arpie. Avrebbero solo peggiorato le cose. Lui invece si sarebbe dedicato anima e corpo.
“Come figlia adottiva?” Lily non se l'aspettava. Sperava almeno di poter dare a Summer dei nonni: nonni amorevoli, ed invece pure quella speranza si stava sgretolando davanti ai suoi occhi.
“Sì...loro non potevano avere figli...” Nicolas continuò a parlare tenendo lo sguardo fisso su Summer. Lei, invece, aveva focalizzato l'attenzione su un falso d'autore di Caravaggio. Ne aveva abbastanza di quella conversazione. Voleva andarsene.
“Ve lo ripeto....vi aiuterò io...datemi solo il tempo di realizzare e riflettere...”
“Non deve preoccuparsi di nulla signor Schneider. Scusi il disturbo” Summer non voleva saperne niente. Per di più iniziava ad odiare il modo in cui Nicolas la guardava. Tutta quell'apprensione solo perché assomigliava a sua moglie: una donna che aveva abbandonato una neonata in fin di vita fuori ad un orfanotrofio, e quell'uomo sembrava pazzo di lei! Quello sguardo diede a Summer un senso di nausea, così si avviò verso la porta.
“Aspetta...Summer...rincontriamoci...” le si parò davanti coprendo la distanza che li separava con dei passi rapidi e agitati.
“Non credo di voler sapere dell'altro signor Schneider. Grazie per il suo tempo” lei si scansò guardandolo con freddezza.
Non avrebbe mai più rivisto quell'uomo.


Boston, Settembre 2008



Summer stava impacchettando le sue cose. Il Consiglio si era pronunciato: la nuova osservatrice si trovava a New York e il suo nome era Kendra Barkey.
Non la conosceva, ma già la odiava. Nessuno avrebbe potuto sostituire Harris, ed il fatto di doversi trasferire, di dover lasciare quella casa, rendeva il lutto ancora più doloroso. Le sembrava di perderlo per la seconda volta. La notte era ormai calata e si avvicinò alla finestra per osservare le stelle. Dalla sua stanza si vedeva la veranda e gli sembrò di ritornare al giorno del suo quindicesimo compleanno quando Harris, da quelle stessa veranda, cantò Growin up in un modo dolce e stonato.
Sorrise con gli occhi velati di lacrime, ma Lily bussò alla sua porta destandola.
La strega si avvicinò con un'aria colpevole e con uno scatolino nero in una mano.
“Devo confessarti una cosa...”
Summer la guardò sorpresa pur aspettandosi l'argomento del discorso.
“Il signor Schneider...l'ho incontrato una seconda volta...”
“Perché?” lo domandò con un tono freddo. Lily non avrebbe dovuto.
“Gli ho chiesto un oggetto personale di Elisabeth. Gli ho detto che serviva per la prova del dna... ma lui non ha voluto darmi niente per farlo, ha detto che non c'è n'era bisogno...però mi ha dato questi...voleva che li avessi tu...”
Lily le diede lo scatolino. Summer lo aprì per curiosità: erano un paio di orecchini, probabilmente i preferiti di Elisabeth; li guardò con disprezzo, poi chiuse velocemente l'astuccio e lo ridiede a Lily.
“Non voglio nulla che sia appartenuto a quella donna Lily...perché l'hai fatto?”
“Avevo bisogno di un suo oggetto personale. Nicolas aveva detto che Elisabeth era stata adottata così...grazie a questi...sono riuscita a ripercorrere il tuo albero genealogico. Volevo trovare un parente in vita Summer... volevo darti qualcuno... perché so quanto sia difficile per te il fatto che Harris non ci sia più...speravo di...” Lily iniziò a piangere. Summer non era l'unica che sentiva la mancanza dell'osservatore.
Summer le si avvicinò mettendole una mano sulla spalla e guardandola con dolcezza.
“Va tutto bene Lily, ti ringrazio...sei stata dolce...” le tolse una lacrima dal viso col pollice.
“Allora? Cos'hai scoperto?”
“Non c'è nessuno Summer...sono morti tutti...”
Lei sorrise con titubanza.
“Ok...credimi, non è un dramma...anzi è meglio così...”
“Ma c'è dell'altro...”
Il volto di Summer si fece serio e preoccupato.
“Andando a ritroso con le generazioni...sono arrivata ad un nome Summer...Petrova...”
“Ma quella...”
“E' la discendenza a cui è legata la maledizione di Klaus...”
Summer si diede un attimo per realizzare.
“E questo cosa significa?”
“In teoria niente...non è altro che una coincidenza...non sei la doppelgenger....”
Summer annuì, ma questa proprio non se l'aspettava.
“Ed è possibile...cioè...una cacciatrice con il sangue dei Petrova? Quante possibilità c'erano?”
Lily si sedette sul letto.
“E' come la lotteria...una combinazione di numeri consecutivi sembra un'assurdità...ma in realtà ha la stessa probabilità di uscita di ogni altra combinazione...mi dispiace Summer...volevo aiutarti invece...ti ho solo sbattuto in faccia delle verità scomode...mi dispiace davvero tanto...”
Summer si sedette accanto a lei, e le diede una piccola spinta con la spalla.
“Sei una buona amica Lily... e ti ringrazio. Per quanto possa essere sconcertante sapere certe cose...il dubbio è anche peggio...”
Lily annuì sentendosi un po' meglio.
“Ma adesso andiamo in cucina...Ho seriamente bisogno d'alcool!” fece scherzosamente prendendole la mano.
Aveva davvero bisogno di elaborare l'ennesima assurdità della sua vita.


Mystic Falls, Maggio 2008


Summer se ne stava seduta in macchina.
Il Consiglio aveva dato un nuovo ordine: uccidere la doppelgenger.
Lily le aveva stampato una foto di Elena che aveva trovato sul sito del liceo di Mystic Falls. La squadra di football, l'anno precedente, aveva vinto il campionato, ed Elena in quell'occasione era stata la capo cheerleader.
La vide uscire da scuola nella sua uniforme e con i capelli raccolti in una coda. Summer non aveva pensato neanche per un secondo di poter eseguire quell'ordine. Lily l'aveva avvisata delle possibili conseguenze, ma non le importava.
Quando vide Elena provò una strana sensazione.
Quella era l'unica persona al mondo con cui condivideva qualcosa di genetico, anche se si trattava di una parte infinitesimale che non bastava neanche a definirle cugine di ventesimo grado. Mise in moto l'auto e si allontanò da Mystic Falls, sperando che almeno Elena potesse avere una vita più tranquilla e serena della sua.
Non l'avrebbe uccisa, al contrario, l'avrebbe protetta.


*** ***


Dopo cena Summer se ne andò in veranda.
L'aria era fredda e pungente e, seduta sul dondolo con le gambe portate al petto, nascose le mani nelle ampie maniche del cardigan.
I suoi respiri diventavano piccole nuvole, ma sentiva il bisogno di stare da sola a fissare le stelle: le sue adorate lucine nel buio.
C'era qualcosa che non quadrava nel suo stato d'animo, e non riusciva a capire cosa, ma Damon destò i suoi pensieri raggiungendola e fermandosi di fronte a lei con un braccio dietro la schiena.
Summer lo guardò con un'espressione interrogativa, e poco dopo Damon rivelò il contenuto della mano nascosta.
Summer vide un piccolo affarino quadrato e non riuscì a capire di cosa si trattasse.
“Cos'è?”
“Una lanterna voltante”
Lei sorrise e la prese con entusiasmo. Non se l'aspettava, ma come sempre Damon riusciva a sorprenderla.
Il vampiro le porse un accendino e una penna presi dalla tasca posteriore del pantalone.
“Devi scrivere un desiderio prima di accenderla...”
“Ora credi nei desideri?”
“Ovvio che no! Voglio solo assecondare una cacciatrice credulona!”
Summer sorrise e, poggiandosi al tavolinetto, scarabocchiò qualcosa sul piccolo foglietto allegato alla lanterna.
“Beh Damon...ti dimostrerò che i desideri...possono diventare realtà!”
L'accese e dopo la lasciò volare.
La guardò con gli occhi incantati e felici di una bambina, mentre Damon, per la maggior parte del tempo, tenne lo sguardo fisso su di lei: su quelle iridi scure su cui si rifletteva la luce della lanterna.
Restarono in silenzio ad osservare quel bagliore dorato che combatteva l'oscurità della notte fino a quando non fu più visibile, poi Summer si voltò verso il vampiro.
“E' stato un gesto davvero molto dolce...” si sentiva quasi imbarazzata a pronunciare quelle parole. Da quando avevano recitato quella falsa dei fidanzatini, Summer si sentiva strana.
Damon sorrise mettendole le mani sui fianchi.
“Ti sbagli...è stato un gesto cattivo! Perché quando il tuo desiderio non si avvererà io potrò dirti: te l'avevo detto Summer! Sei solo una credulona!” pronunciò quelle parole scherzose con dolcezza e Summer sorrise.
“Beh è un vero peccato...significa che questa sera andrò in bianco..” già sapeva come controbattere al suo giochino.
“Che vuoi dire?”
“Beh...sul bigliettino ho scritto sesso...quindi Damon, stasera puoi venire a letto con me...o con la tua amata ragione! A te la scelta...”
“Questa non me la bevo! Da quando io sarei diventato un desiderio?...E' ovvio che stai mentendo...”
“Beh Damon...questo non potrai mai saperlo!”
“Sei una donna diabolica e meschina Summer! Non ti meravigliare quando arriveranno le pratiche del divorzio!” l'attirò a sé facendo aderire i loro bacini.
“Giusto...avevo dimenticato che abbiamo solo sei mesi per organizzare il matrimonio più pacchiano del secolo!” lei gli cinse il collo con le braccia e baciò quelle labbra sorridenti.
Si baciarono a lungo e con dolcezza, poi il vampiro si allontanò dolcemente.
“Sai... anche se un figlio è una cosa irrealizzabile...” Damon iniziò quel discorso con dolcezza, e a Summer sembrò che stesse per dire qualcosa di bello, qualcosa di romantico, ma la sua speranza fu presto annienta “dovremmo provarci! Non possiamo arrenderci!”
La cacciatrice rise scuotendo la testa: doveva aspettarselo!
“Giusto!... Ma se ci proviamo già da stasera... realizzi il mio desiderio Damon... sicuro di poter rinunciare ad avere ragione!?”
Il vampiro fece finta di pensarci.
“Beh per la nostra Charly... questo ed altro!” e poi la baciò ancora, questa volta con una crescente passione.
Summer non aveva scritto sesso. Anche lei non credeva ai desideri, perciò, al posto di qualsiasi altra cosa in cui poter stupidamente sperare, aveva scritto Charly. Qualcosa di certamente irrealizzabile.
Eppure si chiese perché fosse stata la prima cosa a venirle in mente. Avrebbe potuto scrivere una parola qualsiasi, e invece scelse il nome di quella figlia immaginaria.
Pensò che qualcosa in quella giornata aveva punto la sua anima dandole un senso d'angoscia, e aveva avvertito nuovamente quella sensazione solo qualche minuto prima. Poi capì. Era stato pensare al mese di giugno: un mese in cui lei probabilmente non sarebbe stata a Mystic Falls. Immaginò un mese di giugno a New York...senza Damon, e questo la fece stare male. Fin troppo male per potersi ancora illudere che fosse solo un amico.
Mise fine a quel bacio e lo guardò per degli interminabili secondi.
Le sembrò di osservarlo per la prima volta, ma di conoscerlo da sempre.
E finalmente lo capì: lo amava.
La nebbia di scuse e alibi che le oscuravano la vista si era ormai diradata, facendo battere forte il suo cuore.
Lo amava.
Damon non aveva dovuto abbattere nessuna delle sue barriere. Era sempre stato lì, dentro di lei, doveva solo incontrarlo e guardarlo per un solo attimo privo di paura.
Lo amava.
E non riusciva a crederci, ma quello che provava era troppo forte, e ora anche immensamente chiaro.
Accarezzò il suo volto per imprimerlo sotto la pelle: per ricordare quel momento in ogni sua forma, poi lo baciò.
E fu un bacio così diverso da sentirlo come se fosse stato il primo.
Lo amava.
Ma lui amava un'altra donna, e quel primo bacio ebbe un inevitabile retrogusto di tristezza.




Angolino di NaNa***
Alla domanda: La lanterna avvererà il desiderio di Summer? La risposta è no, probabilmente è stata fabbricata in Cina, non in Wonderland xD
Ho un
avviso da fare: causa studio non potrò aggiornare la fic per un bel po' di tempo. Sorry :( ma ho bisogno di un Full Immersion.
Più che mettere un capitolo avviso ho preferito dedicare alla fic un altro po' di tempo e scrivere questo capitolo in cui viene finalmente svelata la coincidenza assurda! Sì...Summer è una Petrova. La cosa ha un rilievo minimo ai fini della trama. E quindi non cambia nulla. Spero che la cosa non vi sia sembrata banale o eccessiva^^
Il perché di questa cosa sarà spiegata in una one shot Extra che parla degli originari, e che scriverò una volta finita la fic^^
Nel terzo capitolo lascio intendere qualcosa: Damon vede Summer per la prima volta e qualcosa rievoca Katherine, ma è solo una sensazione, poi non ci penserà più. Anche nei capitoli successivi, la lieve apprensione che Summer ha nei confronti di Elena...dipende appunto da questo^^ Ecco svelato un piccolo mistero.
Con questo capitolo si chiudono tutti gli specchietti sul passato e finalmente Summer capisce di essere innamorata di Damon (era ora!!!xD)
Adesso è il turno di Damon!!!*.*
Come sempre spero che il capitolo non vi abbia deluso o annoiato.
E ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui.
Purtroppo il prossimo capitolo si farà attendere...ma spero che, nel frattempo, non vi dimentichiate di questa fic^^
Un bacione...Ciao***







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Capitolo 46
*** Quarantaseiesimo Capitolo ***




[Ognuno vive la propria vita
e paga il proprio prezzo per viverla.
Oscar Wilde]


Mystic Falls, Settembre 2010



Damon si versò dello scotch e mosse qualche passo sicuro con l'intento di dirigersi nella sua camera, ma una presenza lo immobilizzò.
Centoquarantacinque anni di dolorosa attesa si concentrarono in un brivido gelido che scosse la sua schiena, ma si girò mostrandosi impassibile.
«Sei molto coraggiosa a venire qui...» si voltò lentamente e poi mise a fuoco l'immagine di quella donna tanto amata e tanto odiata.
«Volevo dirti addio» la voce melodiosa e sicura di Katherine, seduta sul divano, scatenò un'infinità di ricordi un tempo felici; ma che ora non erano altro che prove di una presa in giro.
«Te ne vai così presto?» ancora una volta, cercò di simulare un tono di voce distaccato.
«So capire quando non sono desiderata»
«Non fare il broncio...non è attraente per una donna della tua età!»
«Ahi!» la vampira accusò quel colpo basso sorprendendosi della sua durezza e di quel tono di voce tracotante: non era più il Damon che ricordava.
Il vampiro svuotò il contenuto del bicchiere in un solo sorso e la ignorò dirigendosi verso le scale, ma la vampira gli si parò davanti.
«Che c'è? Niente bacio d'addio?»
«Perché invece non ti uccido?»
Lei abbozzò una brevissima risata.
«Che ci fai qui?» il vampiro la guardò con intensità; come per scrutare i sui intenti. Sapeva che nel suo ritorno non c'era nulla di improvvisato.
«Nostalgia, curiosità, eccetera...»
«Sono molto più bravo io con le battute enigmatiche. Cosa stai tramando, Katherine?»
«Credimi, Damon. Quando starò tramando qualcosa, te ne accorgerai» avanzò verso di lui «Forza. Baciami!...o uccidimi. Quale delle due sceglierai, Damon? Sappiamo entrambi che sei in grado di fare solo una di queste due cose...» sussurrò con presuntuosa malizia, avvicinando le labbra a quelle del vampiro.
Lui si scostò alla svelta, ma nuovamente lei gli si parò davanti scaraventandolo a terra con una spinta.
La vampira si adagiò sul suo corpo con sensualità «Mio dolce e innocente Damon» sussurrò avvicinandosi al suo volto.
Lui le afferrò il collo, e girandosi la catapultò sul pavimento bloccandola con il proprio peso; ma Katherine subito capì le intenzioni che si celavano dietro il suo sguardo, e un sorriso diabolico mutò le sue labbra prima che queste venissero baciate con passione.
«Così va meglio!» l'eccitazione alterò la voce della vampira. Lo scaraventò contro la parete e gli sbottonò frettolosamente la camicia; poi accarezzò avidamente il suo petto prima di ribaciarlo con foga.
Lui ricambiò quei gesti con un desiderio crescente, e si scostò dalla sua bocca solo per passare le labbra su tutta la lunghezza del suo collo.
«Ok, aspetta» il vampiro, con voce ansante, smorzò l'enfasi, e si frenò appellandosi ad ogni briciolo di autocontrollo.
Katherine fece una smorfia contrariata. Adesso che problema aveva?
«Breve pausa» continuò lui, con una sorta d'affanno.
La vampira lo spintonò facendolo allontanare di qualche passo. Il suo volto manifestava appieno il suo fastidio.
«Ho una domanda. Rispondi e torneremo a fare fuochi d'artificio. Rispondi bene... e dimenticherò gli ultimi 145 anni in cui mi sei mancata. Dimenticherò quanto ti ho amata. Dimenticherò tutto e potremo ricominciare daccapo» la sua voce iniziò a tremare «Questo può essere il nostro momento decisivo, perché abbiamo tempo. È il bello dell'eternità» si avvicinò a lei «Ma, almeno per una volta, ho bisogno della verità» le accarezzò i capelli con dolcezza e disperazione, ma la vampira lo interruppe.
«Fermati» sussurrò con un'espressione desolata.
Damon continuò ad accarezzarla, e la guardò con gli occhi lucidi di chi ama disperatamente.
«So già qual è la tua domanda. E la risposta»
Il cuore del vampiro si fermò aspettando quelle parole decisive.
Centoquarantacinque anni di attesa e dolore racchiusi in un momento di vulnerabilità, in cui un'anima può tornare alla luce o inabissarsi nelle tenebre.
«La verità è che...non ti ho mai amato» pronunciò con teatrale costernazione «È sempre stato Stefan...» Katherine prese le sue mani e le scostò dal viso fingendosi dispiaciuta, poi si allontanò lasciandolo solo.
Damon si sentì mancare l'aria: la sua speranza di ricominciare, di non essere più solo, di sentirsi finalmente amato, era stata fatta a pezzi; e la sua anima avrebbe nuovamente assorbito il colore delle tenebre in cui era sprofondata...


*** 18 Dicembre ***


Bassa Normandia, Francia


«Mi perdoni Padre, perché ho peccato...» bisbigliò Klaus in un confessionale di mogano scuro situato in una delle chiese più antiche di quel piccolo paesino sul mare a nord della Francia.
I risultati delle ricerche araldiche erano finalmente giunti. La salma di Caroline Galler, divenuta Caroline Leroy in seguito al suo matrimonio con un nobile francese, che all'epoca era il proprietario di quelle terre, era stata custodita nella cripta della chiesa del luogo: il tipico trattamento riservato esclusivamente alle famiglie nobili.
Klaus, insieme a Bree e Stefan, quel pomeriggio si era recato lì per cercare il Grimorio all'interno della tomba della strega.
Aveva ordinato a Stefan e Bree di restare fuori; il vampiro aveva ubbidito all'ordine, mentre Bree si era addentrata nella chiesa spinta dalla sua solita curiosità amplificata dal vivace senso di ribellione.
Aveva visto Klaus addentrarsi nel confessionale e si era nascosta dietro una colonna portante per ascoltare ciò che sicuramente sarebbe stata un'assurda conversazione; ma lei lo conosceva bene: confessarsi prima di uccidere un Prete era uno dei suoi giochetti preferiti.
«Quali sono i tuoi peccati, figliolo?» la voce del Prete era leggermente tremante, e dalle piccole fessure a forma di rombo del pannello che li separava, Klaus poté scorgere la capigliatura bianca dell'uomo.
«Non ho peccati da raccontare, Padre. Con le azioni si misurano gli uomini: delle creature con cui non posso paragonarmi. Io non commetto peccati, Padre. Io sono il peccato. Io non opero il male. Io sono il male. Le tenebre indirizzano le mie azioni proprio come la luce guida le sue. È la vita, Padre. Il destino ci assegna dei ruoli, ed il mio è quello di essere portatore di morte, perché la morte è ciò che sono» lo sguardo del vampiro era fisso di fronte a sé, e bisbigliava quelle parole senza essere presente a sé stesso: era un'estraneazione voluta quanto inconsapevole.
Il Prete era sconcertato, ma, nei suoi quarant'anni da confessore, aveva sentito i più assurdi e svariati deliri. Non stava a lui giudicare, doveva solo cercare di capire cosa tormentasse l'anima di quel ragazzo dall'accento straniero.
«Perché parli così di te stesso, figliolo?»
«Perché è quello che sono, Padre. Sono l'opposto di quello in cui lei crede»
«Tu non credi in Dio, figliolo?»
«Oh, sì, Padre. Ci credo. E credo anche che abbia fatto un ottimo lavoro: un mondo pieno di fedeli servitori che lo amano ciecamente. Davvero ammirevole: Dio è un vero talento»
«Le persone amano Dio perché Lui ama loro. E ama anche te, figliolo»
«E mi dica, Padre, è professando assurdità di questo genere che Dio si è assicurato il suo devoto esercito?... Lui non sa neanche cosa farsene di voi. Figuriamoci se vi ama. Probabilmente, per lui non siete altro che un vano tentativo di colmare il vuoto della solitudine... e su questo non posso biasimarlo...»
«Dio ci insegna ciò che è alla base delle relazioni umane, figliolo. Se non vuoi sentirti solo, devi avere intorno delle persone che ti amino, ma per far sì che ciò avvenga...devi necessariamente amare»
Klaus si prese un lungo istante di silenzio. Sempre l'amore: quel dannato amore di cui tutti parlano. Quel maledetto amore che riesce a dare un senso alla vita delle più inutili creature. Quell'odioso sentimento che non aveva mai provato. Sembrava il centro dell'universo, e questo era irritante. Il suo sguardo si riaccese di coscienza.
«Beh, Padre, a differenza di Dio, una volta ottenuto ciò che mi occorre non avrò bisogno di inscenare simili buffonate per avere il mio esercito. A differenza di Dio...» si alzò con lentezza «Non ho bisogno di ricevere amore» poi con velocità lasciò la sua postazione per raggiungere quella del Prete. Lo afferrò per il collo sollevandolo da terra e rivelandogli il suo vero aspetto: quello del mostro che era.
«L'amore è per i deboli! Il vostro Dio lo sa, ed è per questo che si nasconde in cielo!» la pelle intorno ai suoi occhi si riempì di venature scure.
Il cuore anziano del Prete galoppò all'impazzata in preda allo spavento.
«Che razza di demonio sei?» sibilò con voce soffocata; ma poco dopo l'ibrido abbandonò in malo modo la presa lasciandolo accasciare sul suo sgabello rivestito di velluto.
«Dio non si nasconde. Lui agisce per opera dei puri di cuore» balbettò tremante tenendosi il collo dolorante con la mano. Qualche anno prima, un uomo accompagnato da due giovani ragazze, aveva fatto visita alla sua cappella, dicendo strane assurdità sulla possibile visita di un mostro. Aveva trovato uno strano libro in una delle tombe della cripta; e per portalo con sé all'Università di Boston fece una generosissima offerta di denaro. Gli era sembrata una brava persona, e gli regalò anche un bellissimo crocifisso che da quel giorno aveva sempre portato con sé. Ora, quelle che aveva ritenuto strane farneticazioni, avevano finalmente acquisito un senso. Mai si sarebbe aspettato nella vita di vedere il diavolo in persona!
«Beh, Padre, i puri di cuore...» gli afferrò la mascella col pollice e l'indice «hanno il collo fragile!» stava per spezzarglielo, ma le parole tremanti del Prete lo frenarono in tempo.
«Mi avevano avvisato del tuo arrivo. Uccidimi pure. Non ho paura di morire, mi aspetta un senso di pace che un demonio come te non potrà mai provare!»
Klaus s'immobilizzò. L'avevano avvisato del suo arrivo? Chi? Chi era stato in quella chiesa prima di lui? Un atroce dubbio lo pervase, ed usò quella stessa presa sul volto del Prete per rimetterlo in piedi.
«Chi? Chi ti ha avvertito del mio arrivo?!» chiese, soggiogandolo con voce irata.
«Non ha importanza. Tanto non troverai quello che stai cercando!» quei racconti, quel libro: ormai era tutto chiaro.
Klaus lo guardò con sospetto. Cosa voleva dire? Cosa ne poteva sapere lui del Grimorio?
L'uomo non aveva risposto alla sua domanda: era chiaro che fosse sotto l'effetto della verbena.
Lo vide tremare e stringere forte il suo crocifisso.
«Staremo a vedere» lo sfidò a denti stretti, e con un gesto rapido gli strappò la catenina dal collo.
«Conducimi alla cripta» scandì facendo l'ennesimo tentativo e, quando il Prete smise di tremare e si mosse per uscire dal confessionale, capì che la sua intuizione era stata giusta: la verbena si trovava nel crocifisso.
Il prete lo condusse nei sotterranei della chiesa e, facendo attenzione a non farsi scoprire, Bree continuò ad assistere a quegli avvenimenti.
La cripta era scavata nel terreno, e dei materiali da costruzione situati negli angoli lasciarono intendere al vampiro che quel macabro ambiente era in fase si ristrutturazione, forse per una successiva apertura al pubblico. Vari archi conducevano in ambienti diversi; e il tutto era illuminato da poche e flebili lampadine dalla luce rossastra, che a malapena riuscivano a rischiarare lo spazio in cui erano collocate.
Il prete si fermò: il suo obbligo di condurre Klaus nella cripta era stato assolto.
«Bene. Ed ora mostrami la tomba di Caroline Leroy»
Assimilato il nuovo ordine, l'anziano si mosse nuovamente, e lo condusse in un ambiente più separato, dove due tombe di pietra troneggiavano al centro della stanza: quelle di Gustav e Caroline Leroy.
Kluas sorrise diabolicamente e lesse le incisioni sulla pietra con soddisfazione.
Con una sola mano spostò il pesante coperchio; e le ossa ingiallite di Caroline lo fecero sorridere per un secondo, ma, dopo un'occhiata più attenta, quel sorriso scomparve lasciando spazio solo alla contrarietà e all'ira. Il vecchio aveva ragione: lì dentro c'erano solo ossa, ma del Grimorio non vi era traccia.
Si avvicinò al Prete con rapidità, e nuovamente gli afferrò il collo sollevandolo da terra.
«Chi ha preso il Grimorio?» ancora una volta la sua voce irata fu accompagnata dalla soggiogazione.
«Un uomo di nome Philiph Harris»
Klaus grugni dalla rabbia: non aveva la più pallida idea di chi fosse.
In un impeto di rabbia accecante prese una pala dall'angolo alla sua destra e colpì l'anziano prete sulla tempia così forte da ucciderlo sul colpo e da renderlo irriconoscibile.
Urlò ancora, e la pala insanguinata venne sbattuta sulla pietra della tomba spezzandosi una volta scontrato il margine.
Un altro urlo, e poi dei respiri affannosi sbollirono quell'attimo di tormento.
Si avvicinò ancora alla tomba e guardò quelle ossa con odio, poi qualcosa catturò la sua attenzione: era un fogliettino di carta incastrato tra i denti del teschio. L'ibrido lo prese e lo aprì: “Sei arrivato tardi” quella scritta lo sbeffeggiò ancora, e la firma di quel biglietto lo fece nuovamente infuriare “Philip Harris”. Chi diavolo era? Come aveva osato mettergli i bastoni tra le ruote? Come aveva osato prenderlo in giro?!
Accartocciò quella carta e poi la mise nervosamente in tasca. Il nome di quell'uomo era l'unico appiglio per poter ritrovare il suo prezioso Grimorio.
L'intuizione di Bree era stata corretta: l'aveva preso Caroline, ma erano arrivati tardi; ancora una volta la ruota del destino aveva girato in suo sfavore facendolo tremare di collera.
Bree assistette alla scena sapendo che, in un simile impeto di rabbia, se Klaus l'avesse vista l'avrebbe uccisa.
Velocemente scappò verso l'esterno della chiesa, e appena incontrò lo sguardo di Stefan, che era rimasto fuori, piegò gli angoli della bocca all'ingiù lasciandogli intuire l'ennesimo fallimento dell'ibrido.
«Se ci tieni alla pelle non fargli domande» gli suggerì affiancandosi a lui e voltandosi verso l'entrata dell'edificio con un moto di nervosismo misto a paura.
Stefan restò impassibile, e qualche secondo dopo Klaus uscì dalla chiesa con un'espressione folle e torva.
L'ibrido non disse nulla. Si limitò a raggiungere la macchina, e gli altri due lo seguirono in religioso silenzio.


*** ***


Damon si svegliò e, quando notò l'altra piazza del materasso vuota, una smorfia comparve sul suo volto: come sempre, Summer aveva preferito ritornare nella sua stanza.
Stette nel letto per qualche minuto, poi la voce allegra della ragazza lo incuriosì facendolo alzare.
Damon sentì la sua voce provenire dalla cucina; stava canticchiando come al suo solito.
La vide dietro i fornelli con un'espressione solare e vestita di una sola vestaglia di raso, corta e di un verde petrolio lucido che esaltava la sua carnagione colorita.
Lei lo vide e gli sorrise; a prima mattina, con indosso i soli boxer e con i capelli scompigliati e l'aria un po' assonnata era anche più bello del solito.
«Ho preparato i pancakes alla banana» spense il fornello e sistemò l'ultimo pancakes sopra ad un piatto dove ce n'erano altri messi a pila.
Il vampiro le si avvicinò e l'abbracciò da dietro cingendole le spalle, e poi le lasciò qualche piccolo bacio sul collo che costrinsero Summer a piegalo di lato per dargli maggiore spazio per agire.
«...E questo spiega il motivetto irritante di Banana Pancakes. Ma... come mai così di buon umore?» chiese, tra un bacio e un altro.
Summer sorrise: era lui la ragione del suo buon umore.
«Nessun motivo...» fece con indifferenza.
«Sicura?» bisbigliò al suo orecchio con una sensualità che la fece rabbrividire «Non c'entra niente il fatto che stanotte hai goduto più del solito, ansimando come non avevi mai fatto?» la sua mano scivolò al cento del petto e dell'addome insinuandosi tra la stoffa della cintura per scioglierla con lentezza. Le loro notti di passione diventavano sempre più intense e travolgenti, e come al solito Damon se ne assumeva il pieno merito.
Il respiro di Summer si fece subito più affannato e, nel momento in cui il vampiro, accarezzandole le spalle, fece scivolare a terra la sua vestaglia lasciandola nuda, deglutì visibilmente.
«Ti faccio impazzire di piacere...ammettilo» sussurrò con la solita tracotanza, mentre le posizionava una mano sul ventre e con l'altra le accarezzava il seno con la delicatezza che si dedica a un fiore.
Summer si lasciò sfuggire un flebile ansimo. Non poteva dargli torto: la faceva impazzire, e ora che finalmente si era accorta di amarlo le sensazioni si erano amplificate donandole emozioni che non aveva mai provato.
«Non sei altro che il solito presuntuoso, Damon. E mi dispiace, ma ti stai sopravvalutando...» Summer si girò per non sentirsi più preda del suo tocco; poi mise le braccia intorno al suo collo con giocosa dolcezza.
Damon la guardò intensamente e con un velato alone di sfida.
Le afferrò i glutei e la sollevò leggermente per adagiarla sul mobile della cucina; poi le mani salirono sulla schiena, e una delle due continuò il percorso fino alla nuca fermandosi tra i capelli. Sul suo sguardo famelico si dipinse un sorriso demoniaco, e quella carezza si trasformò in una presa di capelli prepotente ma innocua, che la costrinse a piegare il collo all'indietro.
Avvicinò le labbra a quelle di Summer, e lei poté sentire il suo respiro che dolcemente le solleticò la bocca.
«Mi sa che devo rinfrescarti la memoria...» sibilò diabolico mentre, senza lasciare la presa sui suoi capelli, afferrava lo sciroppo d'acero posto accanto al piatto da lei preparato.
Summer restò piacevolmente impietrita e, quando sentì lo sciroppo scivolarle sul collo, sul seno e sull'addome un altro gemito sfuggì al suo controllo.


*** ***


Klaus non aveva proferito parola per tutto il lungo viaggio di ritorno.
Quella sera si chiuse nella sua camera e stette parecchio tempo davanti alla porta finestra a fissare la neve che ricopriva le strade e le case. I fischi del vento ne lasciavano intuire la forza, e l'ibrido era assorto in quel momento con uno sguardo perso. La stanza era illuminata dalle immagini della televisione privata dell'audio, e sui muri si riflettevano delle luci bluastre intermittenti.
Bree bussò piano alla sua porta interrompendo quell'attimo d'introspezione.
«Entra...»
La vampira aprì la porta per poi chiuderla lentamente alle spalle.
Si avvicinò a lui tenendo in bella mostra una bottiglia di Bourbon.
«Se non ricordo male, è il tuo preferito» gli mostrò quella bottiglia di Ballantine's invecchiato trent'anni e l'ibrido annuì impercettibilmente.
Sì, era il suo preferito: lo conosceva bene.
Aprì la bottiglia e ne versò il contenuto nel bicchiere, poi glielo passò.
L'ibrido lo prese continuando a guardare il paesaggio, poi abbassò lo sguardo per fissare l'alcool.
Bree restò in silenzio, e anche lei si perse in quello scenario di vento e neve.
«E così...credi di amarmi» Klaus portò di nuovo lo sguardo di fronte a sé. Qualche sera prima, aveva visto Bree entrare nella stanza di Stefan. Ne era stato incuriosito, e l'impeto di ascoltare lo aveva sentito quasi come un obbligo. Aveva sentito Bree blaterare delle vere e proprie assurdità: lo amava, e aveva paragonato quell'amore a quel sentimento sublime che ti lega all'arte e alla musica. L'aveva sempre sospettato, ma non si era mai soffermato a pensarci. Non provava nulla per lei. Ma i suoi sentimenti l'avevano incuriosito: l'amore lo incuriosiva, e lo faceva nella stessa misura in cui lo irritava.
Bree lo fissò sentendosi smarrita. Non avrebbe mai pensato di doversi trovare ad affrontare un simile discorso con lui. Aveva sempre pensato che i suoi sentimenti sarebbero sempre stati un tabù inconfessabile, perché Klaus non concedeva spiragli a simili discorsi. Erano impensabili. Non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa dire. Era totalmente impreparata.
«Il verbo credere lascia spazio all'incertezza» disse, sperando che quella risposta per lui fosse abbastanza esaustiva.
Klaus bevve un sorso di bourbon e continuò a non concederle neanche il più fugace occhiata.
«Se è così...allora dillo» il suo sguardo era assente, e quel tono di voce non trasmetteva nessun calore. La sua richiesta sembrava dettata più da una sorta di interesse scientifico, che da un bisogno d'emozione.
Bree si sentiva a disagio. Perché le stava facendo questo? Che senso aveva estirparle quelle parole? Cosa poteva mai farsene? Eppure, dopo settecento anni, era inutile esitare. Le si era presentata l'occasione per liberarsi e non poteva sprecarla. Il gelo della situazione era il prezzo da pagare per essersi innamorata di Klaus.
«Ti amo» liberò con calore, e poté scorgere sul volto dell'ibrido un piccolo e indecifrabile mutamento d'espressione.
Klaus voltò finalmente lo sguardo verso di lei, e Bree, in quel semplice gesto, vide qualcosa di rassicurante che le diede la forza di continuare.
Gli afferrò la mano con dolcezza, e l'ibrido posò uno sguardo confuso sul quella sorta di carezza.
«Non sei solo, Klaus. Permettimi di starti accanto» sussurrò con occhi lucidi.
Klaus la fissò attentamente.
Sciolse quelle presa e portò quella stessa mano sul volto della donna per accarezzarlo.
«Hai ascoltato...» bisbigliò, capendo che si era intrufolata nella chiesa origliando il suo discorso.
Bree annuì con nervosismo. Paura e piacere si alternavo nel giro di brevi istanti, e il suo corpo era in balia del volere dell'ibrido.
«Non avrei dovuto farlo. Lo so»
Klaus le si avvicinò. Baciò le sue labbra e, quando la passione di lei crebbe, si allontanò di qualche centimetro lasciandola ansante di desiderio.
«No. Non avresti dovuto» sussurrò con un velo di dispiacere. Continuò ad accarezzarle il volto; l'altra mano, invece, perforò velocemente il suo torace raggiungendo il suo cuore. Come sempre, l'impulsività e l'orgoglio dettavano le sue azioni più rapide, punendolo con un fugace istante di pentimento e angoscia.
Due copiose lacrime nacquero agli angoli esterni dei grandi occhi verdi della vampira e Klaus stette immobile per qualche secondo ad osservarla; il tempo di lasciar scivolare quelle gocce fino al mento, poi, con rapidità, la privò del suo cuore ritrovandosi a stringerlo fino a deformarlo.
Il corpo privo di vita di Bree cadde al suolo, ma sul suo volto, oltre alle lacrime, c'era anche un impercettibile sorriso; perché nell'attimo un cui Klaus le aveva attraversato il petto, nonostante la crudeltà di quell'azione, nei suoi occhi lucidi la vampira aveva intravisto un breve ma intenso attimo di umanità.

L'ibrido restò a lungo a fissare il corpo esanime di Bree.
Sentirsi amato dalla vampira non gli aveva fornito nessun elemento per comprendere quel sentimento a lui così estraneo. Quella dichiarazione non aveva generato in lui nessuna particolare emozione; eppure ammise a sé stesso che, per un breve istante, quelle parole avevano ridimensionato lo spazio di desolazione in cui orbitava la sua esistenza, permettendogli di scorgere, in lontananza, la figura sbiadita di qualcuno; ma era troppo poco: il gioco non valeva la candela.
Il corpo privo di vita di Bree accentuava la sua unica convinzione a riguardo: l'amore è una debolezza, e le persone deboli sono le prime a morire.


*** ***


«Che tristezza. Mormorò Dorian Gray, con gli occhi ancora fissi sul suo ritratto. Che tristezza! Diventerò vecchio, orribile, spaventoso, mentre questo ritratto rimarrà giovane per sempre. […] Se soltanto potesse accadere il contrario! Se soltanto fossi io a rimanere giovane e fosse il ritratto ad invecchiare! Per questo...per questo, darei qualsiasi cosa! […] Sì, darei anche l'anima...» Summer, seduta accanto al camino tra le gambe di Damon, con la schiena poggiata al suo petto e ricoperta fino al seno da un caldo piumone, leggeva il secondo capitolo del libro che avevano deciso di leggere insieme; ma, a quelle parole, la cacciatrice si fermò ad osservare lo scoppiettio del legno lasciando che le fiamme rapissero i suoi pensieri
Damon notò quella lunga pausa e la guardò incuriosito.
«Tutto ok?» le cingeva la vita con entrambe le braccia, e in quel momento la strinse leggermente più forte.
Summer si ridestò «Sì, certo», e poi gettò rapidamente gli occhi sul libro per ritrovare il punto in cui si era fermata.
«A me non sembra» Damon prese il libro dalle sue mani e lo allontanò.
«Ho detto che va tutto bene»
«No, non è vero. Dimmi cosa c'è che non va» avevano passato insieme una domenica spensierata e tranquilla, e l'aveva vista felice e sorridente per tutto il tempo; quell'attimo di tristezza era stato visibile e fin troppo chiaro per lui che ormai conosceva ogni sua espressione alla perfezione.
Summer stette in silenzio per qualche secondo con un viso contrariato: i soliti modi di Damon! Ma poi capì che forse era il caso parlare con lui di quell'argomento che ultimamente la tormentava.
«Ok...» fece con una sorta di rassegnazione, per poi prendersi un secondo di pausa «Com'è? L'immortalità, intendo, com'è?»
«Beh, l'hai sentito Dorian! Non invecchi, non avvizzisci. Chi non lo vorrebbe!?» asserì scherzoso per poi darle un bacio sulla spalla.
«Lascia perdere Dorian! Voglio un resoconto specifico da chi è veramente immortale...» Summer rispose con altrettanta giocosità, e quando lui abbassò il capo per baciarle la spalla, lei accostò la fronte alla sua per un attimo sentito da entrambi con la stessa dolce intensità.
«Beh...perdi il senso del tempo. E più vivi e più ti allontani dalle cose che ti premevano da mortale. Scopri di poter fare tutto quello che vuoi. Il mondo intero è fatto per esaudire i tuoi desideri, tanto che ad un certo punto non sai più cosa desiderare. E per quanto riguarda “l'anima al diavolo”...beh... l'immortalità ti fa sentire superiore. Ti senti sul gradino più alto...e quando è così, non hai problemi a schiacciare tutti quelli che si trovano sotto di te» si sentiva libero di parlare: sapeva che lei non lo giudicava.
«Perché me lo chiedi? Ci stai pensando? Vuoi che ti trasformi?» le propose con un dolce sorriso. Gli sarebbe piaciuto: l'avrebbe sentita sua.
«Una cacciatrice non può diventare un vampiro. Il vostro sangue non ha alcun effetto su di noi. Non può neanche guarirci...anche se...a detta di Lily... il sangue di Klaus potrebbe essere diverso»
Damon assimilò quelle informazioni con interesse: erano cose che non sapeva.
«Beh, a me ne è rimasto. Vogliamo fare un esperimento?»
«E rischiare di morire? No, grazie!» Summer rispose con lo stesso livello d'ironia del vampiro: era un azzardo troppo grande per poterlo prendere seriamente in considerazione.
«E se ne avessi la certezza? Lo faresti?» Damon si fece improvvisamente serio, e lei, prima di rispondere, ci ragionò per qualche istante.
«No... Non lo farei. Avrei paura di perdere di vista quelle piccole cose che mi rendono felice. Avere il fiato della morte sul collo mi ha insegnato ad apprezzare ogni cosa, dalla più banale, come godersi una cena in veranda, alla più importante...come i veri amici. Mi ha insegnato che non bisogna dare nulla per scontato...e come immaginavo e come tu mi hai confermato...è la percezione del tempo a dare valore alle cose...»
«Beh ma, sbaglio, oppure ti libereresti di questa seccatura di essere una cacciatrice?...potresti essere libera. E non è detto che ciò che ti fa felice adesso non possa farti felice anche da vampiro. Non è detto che tu debba perdere il...metro del giudizio! Potresti essere un vampiro equilibrato. Non ho la minima idea di come lo si diventi, ma credo che sia possibile!» concluse con autoironia facendola ridere. Damon sapeva cosa stava facendo: stava cercando di convincerla; e mentre lo faceva si chiedeva perché per lui fosse così importante. Conosceva bene i tormenti di quel genere di esistenza, eppure, stando con Summer, li aveva quasi dimenticati, tanto da rendere quel tentativo di corruzione un gesto fatto con le migliori intenzioni.
«Questo è vero. Ma c'è anche dell'altro. La verità è che...essere una cacciatrice, mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo niente prima di questo. Nel momento in cui lo sono diventata le difficoltà sono aumentate, è ovvio; e il rischio di morire ogni volta non è certamente piacevole, però... è grazie a quello che sono che ho vissuto i momenti più significativi della mia vita. E mi riferisco a tutte le persone che ho incontrato e che per me sono diventate importanti: come il signor Harris, Lily...Kendra...» Summer si fermò, ma sentiva il bisogno di dirglielo, nonostante l'imbarazzo e il disagio «...Come te, Damon...» bisbigliò, sentendo il cuore fermarsi dall'agitazione.
Gli occhi le diventarono lucidi e si sentì immobilizzata dalla tensione che si venne a creare. Lo amava ed era diventata una delle persone più importanti della sua vita: era giusto che lo sapesse. Probabilmente era tutto ciò che avrebbe mai potuto confessargli a riguardo. Un “ti amo” avrebbe solo generato un silenzio che avrebbe significato “io amo un'altra” e Summer non poteva permettersi un simile dolore. Ce n'erano stati fin troppi nella sua vita: questo non lo avrebbe sopportato. Così azzardò quella frase che non necessitava di una risposta, lasciandole una sorta di beneficio del dubbio, anche se di dubbi lei non ne aveva. Damon amava Elena. Lo sapeva fin troppo bene.
Il vampiro si sentì investito dalle sue parole e prese un respiro così profondo da perfezionare la sua postura. La guardò sentendosi spiazzato, fin troppo. Quelle parole gli erano entrate nella carne, accendendolo di un desiderio che era nato nel basso ventre, ma che poi era improvvisamente morto nello stomaco, lasciandogli una strana sensazione di scompiglio.
«E con questo voglio dire... che mi sentirei un'ingrata e una codarda a voltare le spalle al mio destino. Tutto qui» Summer concluse velocemente il suo discorso per affievolire la tensione, e per spezzare l'incantesimo che la imprigionava in un mondo azzurro cielo; poi sentì la mano di Damon sulla guancia che la indirizzava delicatamente verso le sue labbra.
Il vampiro la baciò con un trasporto momentaneamente privo di passione, ma pieno di molto altro. La baciò perché desiderava le sue labbra, e perché era tutto ciò che il suo corpo gli suggeriva di fare. Non riusciva a decifrare le sensazioni che provava, ma in quel momento lo avevano riempito facendolo stare incredibilmente bene.
Forse, se avesse realizzato di essere innamorato di lei, avrebbe capito che quel surplus di emozioni con cui la stava baciando non era altro che la gioia di un sentimento ricambiato.




Angolino di NaNa***
Eccomi qui :D
Sono riuscita a trovare un po' di tempo per aggiornare, ma il prossimo capitolo è davvero un'incognita. Non ho proprio idea di quando potrò ri-permettermi un po' di tempo per scrivere :( Sorry.

Allora, parlando del capitolo:
- La scena iniziale è quella della 2x01. Voglio precisare che tutte le scene riportate hanno un loro fine specifico in questa storia (nulla è messo a caso, e anche il fatto che i capitoli abbiano una data ha il suo perché^^)
- Il libro che Summer sta leggendo, ovviamente, è “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde; ed anche la frase a inizio capitolo è presa da quel libro
- Spero di non aver urtato la sensibilità religiosa di nessuno (essendo atea, ho scritto cercando di starne fuori il più possibile. Non è mia intenzione entrare nel merito di queste cose; ho solo riportato un dialogo, così come me lo sono immaginato^^)
- Spero che i personaggi non siano risultati ooc
- Come sempre, prima li creo e poi li distruggo xD (Bree, Blair, Kendra...Faccio stragi!!!xD) Chi sarà il prossimo? xD
- Riconosco che questo capitolo è un vero e proprio azzardo, ma a me piace e spero che a qualcuno sia piaciuto altrettanto.
- Ultima cosa: Klaus a volte mi arrapa più di Damon (non so quanto vi possa interessare, ma è così xD)

Ho aperto un account facebook - nanabianca efp – e se qualcuno vuole può aggiungermi. A me non può fare altro che piacere^^

Come sempre, spero che il capitolo non vi abbia deluso, annoiato o fatto letteralmente schifo xD
Come vi ho già detto,
il prossimo capitolo si farà attendere quanto questo se non di più :( Sono davvero dispiaciuta ma non posso fare altrimenti – come se fregasse a qualcuno della mia assenza xD – comunque, tengo a scusarmi lo stesso.

Ringrazio:
Le persone che mi lasciano il loro parere –
vi adoro *.* -
Tutte le persone che hanno aggiunto la fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite
E tutti i lettori anonimi.

Prima di salutarvi, vorrei consigliarvi una fic su Klaus “Shattered - Take me Home To my Love” della bravissima
EleanorMair.
E' solo all'inizio ma è una fic davvero intrigante (nonché scritta benissimo)^^

Adesso è davvero tutto^^ quindi vi saluto. Un grosso bacione!!!






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Capitolo 47
*** Quarantasettesimo Capitolo ***


Mystic Falls, Settembre 2010



Elena aveva appena terminato di lavarsi i denti e si guardò allo specchio per qualche secondo. Sul suo volto era segnata la stanchezza della giornata, insieme alla preoccupazione che ora le premeva di più: Katherine.
Entrò nella sua stanza e sussultò dallo spavento, non capendo subito che l'uomo seduto sul suo letto altri non era che Damon.
«Mi hai spaventata» proferì dopo un forte sospiro.
«Faccio solo la mia parte nella ronda di quartiere» rispose lui con un tono di voce privo d'emozione e uno sguardo assente.
Elena camminò verso il comò.
«Grazie. Ti stai prendendo cura di noi. Di me...»
«Sono fatto così. Sono una fidata guardia del corpo. Calmo durante le crisi» l'enfasi di quell'affermazione lasciò intendere che si fosse concesso qualche bicchiere di troppo.
«Hai bevuto!» affermò Elena in un preoccupato sospiro.
Il vampiro fece il gesto del “poco” unendo debolmente il pollice e l'indice.
«...E sei arrabbiato. Non è una buona combinazione» aggiunse con apprensione.
«Nooo. Non sono arrabbiato. Si arrabbia soltanto chi ha dei sentimenti» nella voce del vampiro c'era una marcata nota di disgusto.
Elena scosse il capo con scetticismo.
«Ti prego, Damon. Tu hai... dei sentimenti»
Lui voltò lentamente lo sguardo verso di lei.
«Ti sorprende che io abbia creduto che mi avresti baciata. Non riesci neanche a immaginare che io possa credere che vorresti ricambiare?» il suo tono fu un crescendo di agitazione.
«Damon...» iniziò lei, ma lui la interruppe continuando.
«Che quello che abbiamo fatto qui significhi qualcosa? Sei una bugiarda, Elena. Tra noi due c'è qualcosa, e lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan, e soprattutto stai mentendo a te stessa. Posso dimostrartelo» e la baciò con la stessa folle disperazione con cui aveva pronunciato quelle parole.
«No» riuscì a sibilare lei, prima che il vampiro legasse le lebbra alle sue.
«Damon, no. Che cosa ti prende?»
«Stai mentendo» il suo sguardo era sempre più avulso e proiettato in una sua personale realtà.
«Tu sei più di questo. Ti prego!» Elena cercò di farlo ritornare in sé, ma le sue parole, in quel momento, si perdevano nel vuoto della coscienza del vampiro.
«Ti sbagli» cercò di ribaciarla, ma lei riuscì a divincolarsi.
«Damon io tengo molto a te. Ascolta: tengo molto a te. Davvero ma...io amo Stefan. Sarà sempre e solo Stefan»
Lui fece una smorfia di disturbo; quelle parole gli rimbombarono nel petto in tutta lo loro inconsapevole spietatezza.
«Elena, cosa sta succedendo?» chiese con apprensione Jeremy entrando nella stanza.
«Niente Jeremy. Va tutto bene. Torna a letto» Elena cercò di evitare un possibile scontro tra i due sminuendo l'accaduto.
«No, non va bene» Damon si voltò verso il ragazzo.
«Vuole essere un vampiro...» sussurrò subito dopo, e poi si scaraventò su di lui con velocità stringendogli il mento con la mano.
«No, Damon! Fermati!» urlò Elena spaventata.
«Vuoi liberarti dal dolore? È la cosa più facile del mondo. La parte di te che prova qualcosa sparisce. Devi solo spingere l'interruttore e zac!» con una mossa rapida e poco pensata gli spezzò l'osso del collo.
«No!» urlò la ragazza in preda alla paura, alla disperazione e all'odio, raggiungendo velocemente il corpo esanime del fratello.
Copiose lacrime le sgorgarono immediatamente dagli occhi e l'agitazione spezzò tutti i suoi respiri impedendole d'inspirare tutto l'ossigeno di cui necessitava in quel momento; poi notò l'anello al dito di Jeremy e riuscì a tranquillizzarsi, ma non risparmiò al vampiro un'ultima occhiataccia carica di sdegno.

Damon ritornò a casa e subito si versò dello scotch. Bevve giusto un sorso di liquore e poi il bicchiere fu scaraventato dritto nel camino frantumandosi in piccoli pezzi.
Per un fugace attimo si pentì di ciò che aveva fatto; ma poi quel rimorso venne spazzato via da una crudele convinzione che quella sera si marchiò a fuoco nella sua anima: nel bene o nel male, nessuno gli avrebbe mai concesso un briciolo d'amore...


*** 21 Dicembre ***



Il volo che aveva ricondotto Klaus e Stefan a New York era atterrato da poche ore.
Stefan, in un'auto sottratta ad un povero malcapitato, guidava seguendo le indicazioni che portavano a Chicago.
Klaus era sempre più silenzioso, e intuire le sue mosse diventava sempre più difficile.
Mentre la strada prendeva vita in un flusso di immagini rapide e ininterrotte, il vampiro pensava agli ultimi mesi passati in balia dell'ibrido.
Il fatto che Klaus avesse ucciso Bree aveva acuito il suo senso d'impotenza verso la situazione. La vampira era una delle sue più fedeli servitrici, eppure l'ibrido non ci aveva pensato due volte a farla fuori. Stefan ignorava il motivo che avesse spinto Klaus verso quel gesto estremo, e nonostante la poca simpatia provata per Bree, non riusciva a non provare pena per quella donna uccisa per mano dell'uomo che più amava. La sera in cui si era presentata nella sua stanza, la vampira aveva fatto un discorso a cui Stefan aveva partecipato con in minino indispensabile dell'eloquio; non aveva voluto ribattere, né tanto meno aveva voluto aprirsi con lei. Eppure le parole della vampira l'avevano in qualche modo segnato. Avevano acceso in lui delle dolorose consapevolezze. Il suo destino era l'infelicità; e gli unici attimi di gioia, quelli vissuti con Elena, non sarebbero stati altro che ricordi con cui avrebbe potuto paragonare l'aridità della realtà attuale. Niente sarebbe stato più come prima. Quest'ultimo cedimento aveva contrassegnato la sua definitiva resa all'oscurità; e non provare niente, spegnare ogni emozione, era l'unica cosa che gli avrebbe permesso di continuare quella non vita.


*** ***


Dal diario di Elena Gilbert



Caro diario,
Mancano pochi giorni al Natale.
È una data che quasi mi spaventa.
L'anno scorso ho vissuto il primo Natale senza i miei genitori. Quest'anno, all'appello, mancheranno Jenna e Stefan.
Tutto quello che voglio è che questi giorni passino in fretta.
Così in fretta da non poterli vivere realmente.
La morte è un dolore che ti porti dentro e non ti lascia mai, ma ha il triste rimedio della rassegnazione.
Il fatto che Stefan non sia qui con me, invece, non riesco ad accettarlo.
Da quando è partito con Klaus, l'unico contatto che ho avuto con lui è stata una breve telefonata.
Quella chiamata in cui lui non ha detto nulla...ed io avrei dato qualsiasi cosa per sentire la sua voce.


*** ***


Stefan e Klaus erano ritornati allo StarDust.
Quando Gloria li vide entrare nel locale per un piccolo istante si sentì sollevata. Prima finiva quella storia e meglio era.
Il bar era completamente vuoto e la luce del sole mattutino filtrava prepotentemente attraverso le vetrate.
«Sei tornato... Hai trovato il Grimorio?» chiese posando il panno con cui stava pulendo il bancone e avviandosi verso di lui.
L'ibrido si limitò a guardarla con uno sguardo torvo e ad estrarre dalla tasca anteriore del Jeans un quadratino di carta.
«Trova quest'uomo» Klaus gli porse quel biglietto e poi la oltrepassò per dirigersi dietro al bancone; e mentre Gloria leggeva la scritta lui si versò da bere.
Stefan intanto si accomodò su uno sgabello ed appoggiò i gomiti al bancone intrecciando le dita all'altezza del suo mento.
Gloria capì subito che quel “Philip Harris” era la chiave per ritrovare il Grimorio e che la scritta “sei arrivato tardi” era l'ultima beffa che il destino aveva regalato all'ibrido.
Il suo volto si fece subito preoccupato: aveva da dire qualcosa che avrebbe certamente scatenato la sua ira.
«Questo non è un oggetto personale, Klaus. Quello che mi chiedi di fare è impossibile...»
L'ibrido si voltò verso di lei e, reggendo ancora il bicchiere con lo scotch che si era da poco versato, la raggiunse con un'andatura lenta.
Si fermò ad un passo da lei e la guardò negli occhi con il solito sguardo risoluto e terrificante.
«Allora rendilo possibile» scandì con una ferocia passiva, per poi oltrepassarla di nuovo sorseggiando la sua bevanda.
Gloria deglutì visibilmente. Quello che Klaus le chiedeva di fare era davvero complicato, ma se ci teneva alla vita non poteva ribattere.
Osservò quel foglio di carta e decise di mettersi al lavoro. Sarebbe stato difficile. Tremendamente difficile. Le streghe utilizzano gli oggetti personali per localizzare le persone perché questi, a lungo andare, assorbono l'energia del proprietario; ed è proprio quel flusso trascendentale che permette alle streghe di sintonizzarsi fino a localizzare quella stessa energia. Un foglio di carta scarabocchiato per una manciata di secondi non aveva potuto assorbire alcunché dal proprietario, però, guardandolo ancora, Gloria si rese conto di possedere qualcosa di molto importante che, inizialmente, non aveva considerato: un nome. Si recò nella sua stanza per mettersi subito all'opera; forse, con una dose massiccia d'impegno e l'aiuto degli spiriti, ci sarebbe riuscita.


*** ***


Summer, sdraiata sul letto con la pancia in giù e la schiena inarcata perché sorretta dal gomito, sfogliava le pagine di un libro illustrato.
Era un libro sul Caravaggio e, arrivata alla pagina dove compariva Narciso, Summer s'ipnotizzò a guardare quell'immagine. Era il dipinto che aveva visto a casa di Nicolas Schneider. La casa dove aveva vissuto quella che, geneticamente, era stata sua madre. Si chiese se fosse stata quella donna ad acquistare quel falso d'autore. Narciso. Era ironico che in quella dimora troneggiasse un dipinto del genere, e Summer sorrise con disprezzo. Quella donna non l'aveva mai amata. Neanche per un secondo. E per quanto lei, per tutto l'arco della sua vita, si fosse ripetuta che non le importava, dentro di sé portava un senso d'inadeguatezza che non l'aveva mai abbandonata. Era un sentirsi inidoneo a ricevere amore; ed anche nei momenti della sua vita in cui l'aveva ricevuto, trovando conferma di poterlo meritare, l'aveva avvertito come un errore di valutazione da parte degli altri. Come se dentro di lei ci fosse stato qualcosa di tremendamente sbagliato che rendeva l'indifferenza la normalità, e l'amore un grosso sbaglio. L'esempio più lampante era il signor Harris, che l'aveva amata come una figlia, ma Summer ancora non si spiegava come fosse stato possibile.
Quei pensieri furono destati da Damon che, mettendo un ginocchio sul letto, le accarezzò la gamba, per poi poggiare anche l'altro ginocchio ed abbassarsi col volto fino al suo fondo schiena.
Il vampiro contemplò la biancheria della ragazza, che inutilmente copriva quello che presto si sarebbe preso. Erano piccoli ritagli di pizzo blu che presto avrebbero avuto a che fare con la sua insaziabile voglia di lei.
Diede un bacio ad un gluteo e subito dopo accarezzò l'altro mordendosi il labbro. Damon percorse le sue forme con un tocco denso di desiderio e con uno sguardo di pura venerazione, limitando la sua istintività a favore del piacere visivo.
Summer sorrise.
«Ho trovato questo libro di raffigurazioni di Caravaggio in salotto. Ma dubito che sia tuo. Non mi sembri il tipo che si mette a contemplare un'opera d'arte!» disse scherzosamente, mentre il vampiro continuava ad accarezzare il suo sedere in tutta la sua rotondità.
Ascoltando quelle parole Damon si arrestò e fece una smorfia di disappunto.
«E cosa starei facendo adesso?!» esclamò con un'ironica contrarietà, poi sorrise e si sdraiò mettendosi sul fianco. Summer fece altrettanto e il vampiro, che aveva calcolato con precisione la distanza, si ritrovò con il volto parallelo al suo seno.
Lei gli accarezzò i capelli.
«Wow...un complimento...» infierire fu d'obbligo: un apprezzamento così esplicito da parte sua era da considerarsi un evento raro.
Il vampiro si avvicinò per appoggiare le labbra sui morbidi rigonfiamenti che straripavano dal reggiseno.
«Ebbene sì, ma era rivolto solo al tuo fondo schiena, e soprattutto...non ti ci abituare!» continuò a baciare con lentezza la sua pelle, respirandone il profumo e lasciandosi invadere da quel senso di tranquillità che gli trasmetteva.
L'eccitazione stava nascendo nel suo corpo sotto forma di veloci e caldi brividi, ma lui volle smorzare quella sensazione per godere ancora un attimo di quella pace, così chiuse gli occhi ed appoggiò la fronte al suo seno.
La risposta di Summer si limitò a un soffio di risata, e continuò a passargli le dita tra i capelli pensando a quanto fosse bello in quei pochi attimi in cui la smetteva di fare il cavernicolo per concedersi qualche debolezza. Lo amava sempre di più. E sempre più fitto diventava quel dolore che si mescolava all'amore. Il dolore dato dalla consapevolezza di non essere ricambiata, che rendeva quel sentimento una morbida e calda stoffa che le sfiorava la pelle, ma che nascondeva delle piccole e pungenti spine che la pizzicavano limitando i tuoi movimenti. Era così che Summer si sentiva: limitata. E i confini delle sue azioni erano Elena e la paura di esporsi; di confessargli il suo amore e ricevere un freddo rifiuto. La paura di provare un dolore più grande della sua forza.
Il vampiro si godette appieno quell'attimo in cui la sofferenza scivolava fuori ad ogni respiro facendolo sentire leggero. Le carezze di Summer penetravano nella sua pelle con un calore che si distribuiva in tutto il suo freddo corpo e, prima di annientare quella debolezza, le passò la mano dietro la schiena per stringerla maggiormente a sé; per affondare maggiormente nella sua carne e per ricevere un'ultima e intensa ondata di calore.
Poi si sentì schiacciato da quella sua stessa voglia di rifugiarsi in lei, perché ancora non riusciva a perdersi nelle sue emozioni. Le sue azioni si frenavano su un confine sottile che non riusciva ad oltrepassare; un confine che delimitava la confusione dettata dalla paura e dall'istinto, dalla calma data dalla consapevolezza e dall'amore.
Damon lasciò che l'eccitazione lo pervadesse ritornando completamente in sé. Il suo tocco salì fino al gancio del reggiseno e dopo, quella stessa mano, accompagnò la bretellina lungo il braccio, accarezzando con delicatezza la distanza che lo separava da una visuale che non riusciva mai a stancarlo.
Summer si lasciò travolgere dai suoi gesti mettendosi prima supina e poi sollevandosi sui gomiti, mentre lui si alzò semplicemente con la schiena, per avere una prospettiva totale di quel corpo che presto sarebbe stato nuovamente suo.
Osservò la rotondità dei suoi seni sfiorandoli delicatamente con le dita, e poi la sua attenzione passò ad una ciocca di capelli. L'afferrò e gliela sistemò sul petto con un senso quasi artistico, come se la stesse preparando per un ritratto. La osservò nel modo in cui si ammira qualcosa di incredibilmente bello, con un'espressione incantata e beata, meravigliata e completamente rapita.
Fece arrivare la mano fino al collo, fino ad intrecciare le dita ai cappelli dietro la sua nuca; poi avvicinò le labbra alle sue e la baciò con un'intensità libera da ogni desiderio pressante ma schiava di un sentimento ancora latente, assaporando un piccolo assaggio di quella dolce consapevolezza che tardava ad arrivare.


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Klaus era andato a sbollire la sua frustrazione chissà dove, e Stafan ne aveva approfittato per allontanarsi dal bar di Gloria e per ritornare nel suo vecchio appartamento.
Entrò in quella palazzina lievemente fatiscente e, salendo le scale che lo avrebbero ricondotto a quella che un tempo era la sua casa, si vide proiettato in tutte quelle volte in cui non aveva fatto quel tragitto da solo. Aprì la porta e mosse qualche passo all'interno. Il bagliore che proveniva dalla finestra metteva in risalto numerosi granelli di polvere che ondeggiavano spinti dagli spifferi d'aria. Un flusso di ricordi gli attraversò la coscienza e gli sembrò di avvertire delle urla stridule e persino l'odore del sangue.
Insieme a Klaus, Stefan era ritornato ad essere un mostro, eppure, quelle mura, avevano visto anche di peggio. Quella proiezione di se stesso lo fece rabbrividire nonostante la sua rinuncia alle emozioni.
Si avvicinò a uno scaffale bianco, sulle cui mensole erano poggiati pochi libri impolverati. Spostò il mobile per accedere allo scomparto segreto. A prima vista, solo delle innocue mensole piene di bottiglie semivuote di alcolici. Si girò alla sua destra e vide quella lista sterminata di nomi: le sue vittime. Stefan prese il portafoglio dalla tasca posteriore del Jeans ed estrasse un foglio mal strappato di quaderno. Lo aprì e diede un'occhiata fugace a quei quarantatré nomi che presto avrebbe trascritto sul muro. Pensò ad Elena. Lei non meritava di stare con un simile mostro, e si rese conto di quanto fosse stato egoista a trascinarla nella sua vita. Un errore che non avrebbe più commesso. Si sarebbe solamente limitato a proteggerla; ma lo avrebbe fatto rimanendo ad una giusta e tormentata distanza.


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Il sole stava ormai per tramontare, e nel bar di Gloria tutto era rischiarato da una luce rossastra. L'ibrido entrò nel locale facendo suonare il campanellino attaccato alla porta. Fece qualche passo arrivando al bancone e tamburellò le dita sul legno guardandosi attorno. Stefan non c'era e subito si chiese dove fosse andato. Si versò dello scotch e poi proseguì il suo tour. Si avvicinò alla porta della stanza di Gloria e, affinando l'udito, la sentì confabulare qualcuna delle sue formule. Sorrise: la strega era al lavoro, e quindi preferì non disturbarla. Camminò lungo il corridoio fino ad arrivare ad una porta. L'aprì e la luce morente del sole che filtrava da una piccola finestra quadrata illuminò le scale di quello scantinato lasciandogliele percorrere a passo sicuro.
A metà rampa, alla sua destra, già poté scorgere il corpo di Katherine i cui polsi erano legati a delle catene inchiodate al muro.
Klaus sorrideva, mentre la vampira lo guardava con aria stanca.
L'ibrido prese una sedia e si avvicinò maggiormente a lei. Le si sedette di fronte con lo schienale rivolto verso l'addome e bevve un sorso dello scotch rimasto nel suo bicchiere.
«Ah Donne! Ossessionate dalle diete fino a ridurvi ad un mucchietto d'ossa!» sorrise nel vederla pallida e con il volto scavato. Katherine non assumeva sangue da settimane, e aveva a stento la forza per girare un po' il volto nella direzione dell'ibrido.
«Devo ammetterlo, Klaus: lasciarmi avvizzire è davvero generoso da parte tua. Vedo che i secoli ti hanno addolcito» sibilò con voce rauca. Katherine sapeva bene che l'ibrido aveva in serbo cose orribili per lei, eppure voleva che quel supplizio iniziasse subito, perché l'attesa era anche peggio. Ogni giorno passato da sola in quello scantinato era una tortura mentale insostenibile. Ormai la sua ora era arrivata. Era sfuggita a Klaus per cinquecento anni e adesso era davvero finita. Non c'era più scampo. Per anni aveva temuto la follia dell'ibrido immaginando tutte le atroci torture che le avrebbe fatto, e ora il suo incubo si era inesorabilmente realizzato. Katherine non riusciva a visualizzare nessuna via di fuga. La fortuna che l'aveva sempre assistita l'aveva definitivamente abbandonata; e ora voleva solo che tutto iniziasse e finisse quanto prima, ma l'attesa, quella, proprio non la reggeva più.
Klaus sorrise giocherellando con il suo bicchiere.
«Sai, Katerina, in mille anni ho torturato davvero tante persone, e quasi tutte hanno fatto lo stesso stupido errore di valutazione: pensare che farmi innervosire servisse ad abbreviare la loro pena, conducendoli ad una rapida morte. Pensavo che almeno tu avresti capito che non è nel mio stile concedere sconti, ma a quanto pare mi sbagliavo. L'angoscia deve essere una sensazione davvero atroce se ha influito persino sulla tua capacità di giudizio!» l'enfasi teatrale dell'ibrido era carica di crudeltà, e lo sguardo della vampira si perse in un angolo buio dello scantinato.
Klaus si alzò dalla sedia e, per riprendere il controllo dei suoi occhi, le si accovacciò di fronte sollevandole il mento con l'indice.
«Ora, mia cara, lasciami dire ciò che già sai, ma che a quanto pare muori dalla voglia di ascoltare. La sensazione di morte che provi adesso. Questo senso di spegnimento, di aridità, questa sete di sangue che ti contorce le budella...beh, Katerina, quando inizierò con te, provare quello che provi adesso sarà ciò che potrai considerare uno dei tuoi giorni migliori! Quindi non fare l'errore degli altri, mia cara. Goditi questi momenti, perché saranno rari...»
Katherine lo guardò negli occhi, ma per un attimo la vista le si abbagliò e si sentì più fredda di quanto fosse abituata ad essere.
«Klaus, dovrei parlarti» dall'alto delle scale, Gloria cercò di catturare la sua attenzione.
L'ibrido tenne lo sguardo fisso sulla vampira per un altro secondo, e poi le porse il suo bicchiere concedendole quelle due dita di scotch rimaste.
Katherine lo afferrò con un polso tremante e poi lo vide allontanarsi.
Si guardò intorno e le mancò il respiro constatando ancora una volta che a quella situazione non vi era alcuna via di fuga. Ma la verità era che l'angoscia, l'ansia e la sete di sangue occupavano tutti suoi pensieri impedendole di arrivare alla soluzione più ovvia.


*** ***


La strega lo condusse nel salone del bar.
«Allora, mia cara Gloria, cos'hai scoperto?» chiese col sorriso e col tono di voce di chi tollera solo buone notizie.
Appoggiò un gomito al bancone e scrutò la strega aspettando che sentenziasse qualcosa.
«Sono riuscita a trovarlo, Klaus»
L'ibrido sorrise, ma Gloria smorzò quella gioia sul nascere.
«...ma la situazione è più complicata del previsto»
Klaus le lanciò un'occhiataccia omicida, ma la strega si fece coraggio e continuò.
«Quest'uomo è morto Klaus. Ho provato per ore a rintracciarlo facendo appello a tutto il mio potere e non ci sono riuscita. Così ho provato a contattare gli spiriti dell'aldilà e loro mi hanno dato conferma di ciò che temevo. Ormai questo signor Harris appartiene al loro mondo»
L'ibrido espirò rumorosamente col naso.
«Beh, sei una strega, Gloria. Non ti deve essere difficile contattare un morto! Quest'uomo non è la strega originaria, è uno spiritello qualunque. Quindi improvvisa qualche giochino da Luna Park e contattalo!» il suo tono fermo e autoritario non concedeva repliche, ma ugualmente Gloria tenne a spiegare la situazione.
«Non è così semplice, Klaus. Lo sai bene: le sedute spiritiche sono una strada a doppio senso. Riuscirò a contattarlo solo se anche lui vorrà comunicare con me!»
«Vorrà dire che ci proverai fin quando non si stancherà di essere disturbato. Quindi ti consiglio di iniziare da subito!»
Gloria sospirò e annuì guardandolo con rabbia mista a rassegnazione.
Si avviò verso il tavolinetto più vicino, e con un semplice gesto della mano accese la candela che vi era sistemata nel centro.
Si sedette e appoggiò i palmi delle mani sul legno. Chiuse gli occhi e si concentrò farfugliando una sorta di cantilena.
Dopo un paio di minuti, aprì gli occhi e la candela si spense. Seduto sulla sedia di fronte alla sua vide un distinto uomo di mezz'età, con gli occhi verdi, gli occhiali, e i capelli e la barba di un castano brizzolato.
L'uomo la guardò con curiosità, poi appoggiò i gomiti al tavolo e incrociò leggermente le dita tenendole all'altezza del mento.
Klaus osservava con attenzione la scena, ma lui, al contrario della strega, non vedeva nulla.
«Grazie per aver risposto subito alla mia chiamata, Signor Harris»
«Sono un gentiluomo. Non avrei mai potuto ignorare la chiamata di una bella donna» si girò verso Klaus «Nonostante le sue discutibili amicizie!»
Gloria lanciò un'occhiata fugace all'ibrido, ma, com'era prevedibile, lui non riusciva a vedere e sentire nulla, così ritornò ad osservare lo spirito.
«Conosce già il motivo per cui l'ho contattata?»
«Ah sì, certo! Il Grimorio di Lucrezia. Beh, oltre alla galanteria non posso negare di essermi preso la briga di venire fin qui dal regno dei morti solo per poter dire a Klaus, che per quanto mi riguarda... può andare a farsi fottere!» asserì con un tono calmo e con un sorriso sereno.
Gloria lo guardò con perplessità. Pensava che il problema principale sarebbe stato entrare in contatto con lui; non aveva calcolato una simile reazione da parte dello spirito.
Girò il volto nella direzione di Klaus, che mostrava un sorriso soddisfatto dall'esito della seduta.
«Non intende collaborare» rivelò con titubanza.
A quelle parole il Signor Harris le mostrò un volto contrariato.
«Andiamo?! Sul serio?! Mi sta censurando?! Ha mille anni: non otto!» il fantasma si alzò dalla sedia, ovviamente, senza provocare il minimo spostamento di quest'ultima, e iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro.
«È inammissibile che io non possa prendermi questa soddisfazione! Voglio parlare con lui! Mi faccia parlare direttamente con lui!» obbiettò con animazione.
Il volto di Klaus mutò rapidamente accendendosi di rabbia, e inutilmente cercò di aguzzare la vista verso un qualcosa che non poteva vedere.
«Questa è un opzione che non gli è concessa! Trova un modo per farlo parlare!»
«Tsk! Davvero divertente! Vuole fare il gradasso con un morto...» Philiph lo guardò con compatimento.
«Mi dica dove si trova il Grimorio signor Harris, non mi costringa ad intervenire in altri modi» la strega stava bluffando; non c'era assolutamente nulla che poteva fare contro di lui, e Philiph lo sapeva bene.
«E mi dica...cos'ha intenzione di fare? Perché, per quello che ne so, voi streghe non avete molta voce in capitolo sull'aldilà. Quindi eviti queste sceneggiate intimidatorie, Gloria, perché non spaventano proprio nessuno» il signor Harris ritrovò la sua calma e la strega continuò ad interrogarlo, ingoiando quell'amaro boccone di verità.
«Se non ha intenzione di aiutarci, perché è qui?»
«Mi sembra di averglielo già detto: educazione, galanteria...voglia di dire a questo patetico individuo che sta solo perdendo il suo tempo...»
Gloria lo guardò con rassegnazione.
«Non vuole aiutarci, Klaus. È entrato in contatto con me solo per farmelo sapere, e non posso costringerlo in alcun modo» la strega era giustificatamente agitata.
«Questa censura edulcorata delle mie parole inizia ad essere davvero fastidiosa...devo ammetterlo!» confabulò irritato il fantasma.
«Trova un modo per farmi parlare direttamente con lui!» ordinò l'ibrido a denti stretti, mentre i suoi occhi si assottigliavano dalla rabbia.
«Vede?! Anche lui è del mio stesso parere. Quindi mi perdoni, ma non mi lascia altra scelta!»
La strega non ebbe il tempo di pensare o dire nulla. Lo spirito di Harris le attraversò il corpo insinuandosi con prepotenza.
Klaus osservò lo strano scatto della donna, che con un gesto rapido chiuse gli occhi e raddrizzò la schiena attaccandola allo schienale. Quando riaprì gli occhi, Klaus vide le sue pupille enormemente dilatate e decisamente più scure.
Gloria prese un profondo respiro e poi chiuse ed aprì le mani con rapidità osservandosele.
«Bene. Finalmente possiamo parlare senza intermediari!» il signor Harris era finalmente libero di parlare con Klaus. Aveva il pieno controllo sul corpo della strega, e subito si alzò per dirigersi verso il bancone.
«Ben ritornato tra i vivi, signor Harris!» l'ibrido sorrise. Parlare direttamente con lui era proprio quello che desiderava.
Philiph si versò del bourbon e ne bevve un sorso chiudendo gli occhi per gustarlo appieno.
«Ah adesso sì, che mi sento vivo!» esclamò alzando leggermente il bicchiere verso Klaus.
«Allora, signor Harris, sono davvero curioso, perché ha preso il mio Grimorio?» Klaus mantenne la calma sicuro che presto avrebbe finalmente ottenuto quello che desiderava.
«Ognuno ha i suoi hobby, Klaus: c'è chi dipinge soldatini, chi colleziona monete...e chi si diverte a mettere i bastoni tra le ruote agli ibridi!»
Klaus lo fulminò con lo sguardo, e in un lampo afferrò il corpo della strega per il collo e lo incastrò al muro.
«Non giocare con la mia pazienza!» scandì iniziandosi a scaldare.
«Perché, altrimenti cosa farai?... Non puoi uccidermi più di quanto non sia già morto» la sua voce era corrotta dalla mancanza d'ossigeno, ma conservava un chiaro tono beffardo.
Klaus fece una smorfia infastidita e poi lo lasciò in malo modo facendolo cadere a terra.
Harris rise. Le esperienze prossime alla morte sono quelle che ti fanno sentire vivo...persino da morto.
«Dimmi dov'è il Grimorio» l'ibrido si allontanò, capendo che la violenza fisica, purtroppo, non sarebbe servita a nulla.
Philiph si alzò e avanzò qualche passo sicuro verso di lui.
«Dimmi un po', Klaus. Cosa speri di ottenere?» si fermò a pochi centimetri dal suo volto.
«L'hai uccisa, Klaus» rivelò enfaticamente, facendo spalancare gli occhi dell'ibrido.
«Credi davvero che basti ricomporre il pugnale per risolvere i tuoi problemi? Credi davvero...che lei sia disposta ad aiutarti? L'hai uccisa, Klaus» Harris si divertì a dare un tono teatrale alle sue affermazioni, in fondo il suo intento era proprio quello di sbeffeggiarlo fino a dare una profonda pugnalata al suo borioso senso di onnipotenza.
«Come fai a saperlo?» bisbigliò.
Lo sguardo di Klaus si perse in un riaffiorare di ricordi. Tanto antichi quanto rinnegati. Ricordi della sua famiglia. Della tirannia di suo padre, del rapporto solido con i fratelli e di sua madre: la strega originaria. Ricordò l'attimo in cui scoprì cos'aveva fatto. Aveva creato un pugnale in grado di ucciderlo. Ricordò la rabbia, la delusione, il senso di smarrimento ed infine la furia che lo aveva portato ad ucciderla. Era stato tradito da colei che lo avrebbe dovuto solo amare e proteggere. Era stato ingannato dal fugace attimo in cui aveva creduto alle sue parole “Non è come credi, Niklaus. Dovevo ristabilire l'equilibrio che io stessa ho turbato. Nessuno può essere immortale, la natura non lo concede, ma tu sarai un fiore di loto, figlio mio. Devi credermi. Devi solo accettare quello che ho in serbo per te e andrà tutto bene”. Come poteva crederle? Quella donna aveva segnato la sua condanna a morte, e ucciderla, ripagarla con la stessa moneta, era l'unica cosa giusta da fare. L'aver bisogno di lei per completare la trasformazione era il torto più crudele che potesse serbargli il destino. Il pensiero di dover rifare i conti con quella donna lo faceva infuriare; perché lo costringeva a riprendere il contatto con quel piccolo angolo della sua soffocata coscienza in cui riviveva l'insopportabile dolore di quel tradimento. Ma non importava; avrebbe trovato un modo per costringerla ad aiutarlo. Proprio come avrebbe fatto con Harris. La rabbia colorì il suo viso per poi farlo sbiadire velocemente; e dopo aver riacquistato distanza da quei tormentati ricordi, risollevò il volto per incrociare gli occhi della strega.
«Beh, è il vantaggio dell'essere morti. La conoscenza diventa un grande dono condiviso e puoi sapere tutto ciò che hai sempre desiderato conoscere. Ma è un vantaggio spietatamente ironico: finalmente sai ogni cosa, ma non puoi più intervenire in alcun modo...» mentre parlava, Philiph giocherellava con il bicchiere posto sul bancone.
«Beh, questo è un dettaglio irrilevante. La costringerò a parlare proprio come costringerò te!»
«Fa pure Klaus. Minacciami quanto ti pare. Non vedo l'ora di sentirmi spaventato...» ancora una volta il tono dello spirito fu beffardo e insolente.
«Troverò, torturerò e ucciderò ogni singola persona con cui condividi anche il più insignificante frammento genetico. Cancellerò la tua intera discendenza dalla faccia della terra nel più atroce dei modi...»
«Mi dispiace per lo zio Thomas, allora. È l'unico parente in vita che mi resta. Anche se con i suoi novantatré anni... penso che abbia fatto il suo qui sulla terra...» Harris sorrise. Con le persone che più amava, Summer e Lily, non condivideva nessun legame di sangue; e quella era solo l'ennesima minaccia a vuoto da parte dell'ibrido.
Klaus ne aveva davvero abbastanza di sentirsi preso in giro da quell'uomo. La sua pazienza arrivò al limite.
«Per l'ultima volta: dimmi dov'è il Grimorio!» afferrò nuovamente il collo della strega, questa volta con più forza e con uno sguardo furente privo di ogni briciolo di lucidità.
«Arrenditi, Klaus. Non c'è più nulla che tu possa fare» farfugliò con la difficoltà imposta dalla violenta presa, e infine sul suo volto comparve un ultimo dileggiante sorriso.
Un secondo dopo, le iridi della strega ritornarono normali e Klaus se ne accorse lasciando la presa. La donna prese una sonora boccata d'aria toccandosi il collo dolorante: non ricordava assolutamente nulla di quanto fosse accaduto.
L'ibrido si allontanò da lei. Con rabbia prese uno sgabello e lo usò per scaraventare in aria tutti gli alcolici sistemati sul bancone e poi, con un'altra mossa lo sbatté sul ripiano rompendolo. I due piedi di legno gli rimasero nelle mani, e in quell'attimo Klaus focalizzò l'immagine di ciò che considerava la causa di tutte le sue sventure. Colei che l'aveva obbligato a quel calvario scappando di fronte al destino, pur di continuare a condurre un'inutile e miserabile esistenza: Katherine.
Se fosse stata un tranquillo agnello sacrificale, come il fato aveva stabilito, niente di tutto quello sarebbe accaduto, e lui avrebbe già avuto il suo fedele esercito. Era colpa sua. Lei era la causa di ogni sua sciagura! Con un volto segnato dalla ferocia, gettò a terra uno dei due pezzi di legno e brandì l'altro a mo' di paletto. Percorse con velocità la distanza che lo separava dallo scantinato e poi, con un calcio, staccò la porta dallo stipite facendola scivolare lungo le scale. Katherine sentì il forte boato, ma non ebbe il tempo di realizzare cosa fosse stato a provocarlo. Un attimo dopo, si ritrovò l'ibrido ad un palmo dal naso. L'aveva sollevata da terra afferrandola per la gola, e nella mano destra stringeva con forza un paletto improvvisato. Il suo sguardo non l'aveva mai terrorizzata tanto.
«Le tue preghiere sono state esaudite, Katerina. La mia vendetta inizia adesso!» Klaus la colpì nell'addome con rapidità e forza. Da quel preciso momento, la vampira non avrebbe più avuto nessun attimo di pace.


*** ***


Alaric sedeva al bancone del Grill in compagnia del suo più caro amico: il bourbon.
Solo l'alcool riusciva ad ascoltare il flebile suono della sua angoscia e a dargli una brillante soluzione ai suoi problemi, che si traduceva in una semplice assunzione di altro alcool.
Il Mystic Grill, quella sera, era particolarmente popolato di adolescenti. Tutti volti che incrociava puntualmente ogni mattina. Era il grande difetto di Mystic Falls: pochi locali e sempre la stessa gente; ma quando l'uomo buttò un'occhiata fugace alla sua sinistra, verso l'entrata, un volto nuovo catturò la sua attenzione.
Una donna, nel tentativo di trovare chissà cosa all'interno della sua borsa, aveva finito per rovesciarne a terra l'intero contenuto.
Nessuno accorse in suo aiuto, ed anche Alaric si limitò a guardarla incuriosito.
La donna aveva un aspetto maturo, forse aveva la sua stessa età se non maggiore; aveva dei lunghi capelli corvini, lisci e splendenti, gli occhi neri e la carnagione vagamente abbronzata. L'aspetto snello e l'abbigliamento curato accesero in Alaric quella maschile propensione alla caccia che in lui era da tempo assopita.
La signora si sedette a qualche sgabello di distanza e si guardò intorno con aria seccata; forse anche lei era infastidita da tutti quei ragazzini che facevano confusione.
Per un secondo il suo sguardo si posò su Alaric, ma fu solo un'occhiata rapida e veloce; poi ordinò da bere guardando il display del suo cellulare.
Alaric osservò il fondo del suo bicchiere. Sapeva bene che non stava facendo altro che farsi trascinare dalla vita senza reagire in alcun modo. Ma non gli andava di combattere, e nessuno poteva impedirgli di condurre quella sorta di non vita; eppure quella donna accendeva in lui una strana curiosità, così pensò ad un possibile approccio per poi annientare quell'idea giusto un secondo dopo. No. Non gli andava, pensò prima di bere l'ultimo sorso dell'ennesimo bicchiere.
Il barista servì un Martini alla donna, e questa, con un gesto maldestro quasi assurdo, si versò metà del contenuto addosso: dritto sull'aderente gonna a tubino.
Alaric la guardò ancora, e sulla sua bocca comparve un mezzo sorriso.
«Questa non è una delle sue giornate migliori a quanto vedo...» azzardò con un approccio disinteressato all'esito. Non aveva sfoderato nessuna frase da rimorchio, perché se l'istinto l'aveva incitato a parlare la ragione l'aveva poi smorzato con una fredda indifferenza.
La donna, mentre si asciugava con dei tovagliolini, voltò lo sguardo verso di lui e sorrise con educazione.
«Ammetto... di essere una persona maldestra» disse, per poi ignorarlo e tornare al suo drink.
Alaric la guardò incuriosito e poi fece segno al barista di raggiungerlo.
Poco dopo alla donna venne servito un altro Martini.
«Da parte del signore» aggiunse il ragazzo.
La donna si voltò nuovamente verso Alaric, e gli fece un sorriso che lo incitò ad annullare la distanza di due sgabelli che li separava.
«Beh, grazie!» la donna afferrò il bicchiere e lo sollevò per ringraziarlo.
«Però, mi raccomando, questo è per lei: non per la sua gonna!» Alaric non era proprio in vena di un approccio galante. L'alcool e il suo risentimento nei confronti della vita l'avevano prosciugato di ogni fantasia: di quella speranza nell'amore che ti invoglia e ti spinge con predisposizione verso le alte persone. La donna, sorpresa e divertita da quell'atteggiamento, gli porse la mano con un sorriso «Clarissa Parker».
«Alaric Saltzman» disse, notando la fermezza della sua stretta.
Clarissa, ritirando la mano, col gomito urtò il bicchiere vuoto, rovesciandolo sul tavolo, ma senza farlo rompere.
Alaric fece l'ennesima espressione divertita.
«Beh, Clarissa Parker, lei è una donna davvero imbranata» il tono di Rick fu affabile al punto da far passare quelle parole proprio per ciò che erano: una constatazione obbiettiva.
Lei prese il bicchiere per rimetterlo nella giusta posizione abbozzando una risata.
«E lei, Alaric Saltzman, è un uomo che non teme di sembrare un maleducato» anche lei pronunciò quella frase con un tono canzonatorio ma allegro.
Alaric le sorrise con una sorta di amarezza.
«In effetti hai centrato in pieno il problema, Clarissa. Se fossi ancora il tipo d'uomo che si preoccupa dell'apparenza forse non starei ad ubriacarmi in un bar pieno di miei studenti!»
La donna lo ascoltò con interesse. A prima vista le sembrava un brav'uomo, ma era ovvio che fosse tormentato da qualcosa. Sorrise, pensando di aver trovato una buona compagnia. In un momento simile, forse non avrebbe tollerato un tipo allegro e felice.
«Quindi sei un professore...» affermò, decidendo di non addentrarsi in faccende personali.
«Di storia...e tu?»
«Chirurgo»
Alaric la guardò allibito sperando che stesse scherzando.
«Mi aspettavo che facessi quella faccia. Ebbene sì, sono un chirurgo. Ed anche molto rinomato. Il problema è che sono così concentrata durante le ore di lavoro che quando esco dall'ospedale divento un'imbranata cronica. Ecco svelato il mio terribile segreto» fece con enfasi.
«Beh, il tuo segreto è al sicuro. Ma sappi che, nonostante questa rivelazione, da te non mi farei operare comunque: non dopo averti vista maneggiare quel Martini!»
Clarissa non riusciva a capire il suo comportamento. Voleva chiaramente abbordarla eppure le sue parole erano un continuo inno al menefreghismo. Rise di gusto: quell'uomo la divertiva.
«Quindi lavori all'ospedale. Eppure non ti ho mai vista...» la sua acquisita diffidenza lo portò dritto al sodo.
«Non mi hai mai vista perché sono di Los Angeles» il suo tono fu abbastanza tranquillo, ma Rick volle sapere di più. Ormai era più forte di lui: non si fidava dei volti nuovi.
«E cosa ti ha portata a Mistyc Falls?»
Lo sguardo della donna si fece improvvisamente serio e triste.
«Diciamo che sono venuta a fare visita ad un'amica...»
«Allora come mai sei qui tutta sola?»
Clarissa voleva evitare l'argomento; eppure trovò stupida l'idea di mentire. Pensò che il suo dolore glielo si poteva leggere sul volto, quindi optò per la verità.
«È morta il mese scorso. Sono venuta a portare dei fiori alla sua tomba»
Si odiava per non averlo fatto prima. La sua amica era stato un pilastro fondamentale della sua esistenza, eppure il suo lavoro non le aveva concesso di recarsi lì neanche per il suo funerale. Ricordò tutto quello che l'amica aveva fatto per lei. Di come l'aveva aiutata a superare uno dei drammi focali della sua vita facendole accettare la sua terribile natura. Sarebbe stata sempre in debito con lei. Nonostante la sua morte.
«Mi dispiace...» Alaric si sentì a disagio, ma nessuno meglio di lui poteva capirla.
Lei sorrise.
«Beh, è ora che vada. Grazie per il drink» nonostante la piacevole conoscenza, non le andava più di stare in mezzo alla confusione.
Alaric le fece un sorriso dolce.
«Ti rivedrò, Clarissa?»
Lei, prima di rispondere, esitò qualche istante.
«Resterò qui solo per qualche giorno...» voleva dirgli di no, ma poi il continuo non combaciò con l'intento iniziale «ma sono stata invitata al Gala di Beneficenza e...in effetti mi farebbe piacere avere un accompagnatore»
«Beh, Clarissa, oltre ad assere imbranata sei davvero sfacciata...» disse ironicamente, facendola sorridere ancora «volentieri!... Ma so che si tratta di un evento riservato alle famiglie fondatrici. Come hai ottenuto l'invito? Hai qualche parente qui a Mystic Falls?» non mollava, ormai la diffidenza era insidiata in ogni sua cellula.
«No. Infatti è stata il sindaco ad invitarmi. È la cognata della mia... defunta... amica»
Alaric si sentì lievemente turbato. Non poteva crederci. I suoi sospetti, che sembravano a lui stesso il frutto di una cautela portata all'esasperazione, si erano alla fine rivelati fondati.
«Quindi la tua amica era...»
«Blair Lockwood, la conoscevi?» chiese lei, con una certa innocenza.
Rick, sentendo nuovamente quel nome, ricordò ogni cosa di quei giorni, ma soprattutto ricordò ciò che Blair gli disse quando andò a trovarla all'ospedale “Damon deve stare attento a ciò che fa. Posso assicurarle, signor Saltzman, che se dovessi morire per mano di quel vampiro, la cosa non resterebbe impunita”.
«Solo di vista...» si limitò a dire, mentre mille supposizioni prendevano vita nella sua testa.
Lei annuì «Allora, domenica alle otto?»
«Perfetto» Alaric le sorrise e la vide allontanarsi. Poi svuotò il suo bicchiere di bourbon facendone un solo sorso.
Doveva parlare al più presto con Damon.




Angolino di NaNa***
Eccomi ritornata dopo una lunga assenza^^
Questo capitolo è davvero lungo e immagino che me ne starete dicendo di tutti i colori xD Sorry!
Ma pensate che questo capitolo non è altro che “l'inizio della fine”
La scena iniziale, ovviamente, è quella della 2x01 e penso che l'abbiate riconosciuta subito. Come sempre, ripeto che queste scene hanno il loro perché all'interno della storia, altrimenti eviterei di mettercele, visto che sono scene abbastanza note^^
In questo capitolo c'è poco “Dammer” semplicemente perché nei prossimi tutto sarà incentrato su di loro. Anzi, su Damon *.*
Altra cosa: una volta finita la fic scriverò una one shot che parlerà solo ed esclusivamente degli originari. Questo per una semplice questione di completezza. Ho preferito non inserire quello che vorrei scrivere in “formato flashback” perché i capitoli stanno già diventando molto lunghi e perché il finale dovrebbe essere abbastanza chiaro anche senza. Non è altro che un mio sfizio dettato dalla voglia di coerenza^^
In definitiva non sarà altro che una “lettura facoltativa” fatta per chi volesse avere un quadro più completo^^
Sono stata bloccatissima in questo mese e questo capitolo è stato uno dei più difficili da terminare, quindi ringrazio tutte le dolci pulzelle che mi hanno lasciato una parolina d'incoraggiamento. Siete state davvero vitali^^
Ringrazio anche chi ha messo questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite
E i lettori anonimi^^
Vi adoro tutti!!!
Spero di non avervi annoiato con questo papiro, e vi saluto sperando di poter aggiornare presto^^
Un bacione gradissimo
NaNa***









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Capitolo 48
*** Quarantottesimo Capitolo ***



*** 24 Dicembre ***


La luce di un sole soffocato dalle nuvole donava alla stanza un bagliore grigio e azzurrino.
Damon si stava intrufolando sotto le coperte accanto al corpo di Summer.
Non gli importava di svegliarla, anzi: il vampiro era particolarmente motivato ad infastidirla. Doveva svegliarsi subito!
L'imperativo di quella particolare giornata era: portarla ad una dolce esasperazione!
La ragazza gli dava le spalle, e lui le si accostò spostandole i capelli per lasciarle dei piccoli baci sul collo.
Summer percepì la presenza del vampiro tra la veglia e il sonno; poi una sorta di piacevole solletico la fece definitivamente svegliare. Sorridendo e tenendo gli occhi ancora chiusi, le uscì un mugolio godereccio nonostante le labbra serrate, e il vampiro sorrise a sua volta.
«Fingere di dormire non ti salverà dalle mie molestie!» disse, con un tono fintamente minaccioso, mentre le accarezzava il braccio.
«Cosa ti fa credere che voglia salvarmi?» lei afferrò la sua mano, e la portò al petto costringendolo ad abbracciarla.
Questa volta il mugolio uscì dalle labbra del vampiro, che da leggermente sollevato sul gomito si lasciò andare poggiando il capo sul cuscino.
«Da quando ammetti così apertamente di essere pazza di me?» la sua tracotanza era mattiniera quanto lui.
«Io non sono pazza di te, Damon. Al massimo, mi fai diventare pazza: il che è ben diverso!» con un'espressione divertita, Summer prese il telefono dal suo comodino per controllare l'ora.
Il vampiro, anche se stava alle sue spalle, fece ugualmente una smorfia fintamente infastidita e, con prepotenza, le mise una mano sul ventre per avvicinarla a sé.
«Adoro quando mi istighi al sesso violento già di primo mattino!» le diede un giocoso morsetto sulla spalla, e lei rise per poi sospirare debolmente.
«Spiacente, Damon. Dovrai vendicarti un'altra volta! È tardi. Dobbiamo sbrigarci» si divincolò dalla sua presa per alzarsi, e per recuperare la vestaglia lasciata disordinatamente su una poltroncina.
«Oggi ho da fare. Non ho tempo da perdere nelle case altrui. Quindi ritorna immediatamente qui, e subisci la tua punizione!» asserì con la solita presunzione, mettendosi supino e con le mani intrecciate dietro la nuca.
Summer s'infilò la vestaglia e lo guardò incuriosita; poi poggiò un ginocchio sul letto e gattonò verso di lui.
«E quale reato avrei commesso... esattamente?» fece con un tono civettuolo, mettendosi a cavalcioni su di lui, e avvicinandosi con le labbra al suo collo.
«L'imputata non ammette di essere pazza del qui presente, e questo reato è punibile con una lunga serie di sculacciate...» le afferrò i glutei con una sensuale prepotenza.
«E cosa posso fare per ridurre la mia pena, signor Giudice?» Summer continuò a stuzzicargli il collo fino ad arrivare al lobo dell'orecchio.
«Beh...mi vengono in mente un bel po' di cose...» mormorò, con voce eccitata; ma lei s'immobilizzò di colpo alzando la schiena per mettersi dritta «Cos'hai di tanto importante da fare?».
Da quando il vampiro aveva impegni? Un dubbio di nome Elena le pizzicò il petto.
«Summer...siamo nel mezzo di cose più importanti!» asserì contrariato, muovendosi agitato sotto di lei, per poi alzarsi a sua volta con la schiena per raggiungerla e baciarla; ma lei si scostò all'indietro di qualche centimetro «Andiamo, voglio saperlo...».
Damon alzò gli occhi al cielo e si rigettò sul materasso «Non sono affari tuoi» disse, con un sorrisetto dispettoso, rimettendo le mani dietro la nuca.
«Bene. In questo caso, ti auguro una buona giornata, Damon!» Summer si alzò repentinamente. Se l'intento del vampiro era quello d'indispettirla, c'era riuscito perfettamente!
«Cosa?! Dove credi di andare?!» le si materializzò di fronte con velocità, e le poggiò le braccia sulle spalle serrandosele con una stretta di mani.
«Non dimenticare che abbiamo stabilito delle regole...» con il suo tono fascinoso e irriverente, le ricordò la sola e unica regola che avevano stabilito “Fare sesso prima di uscire di casa!”.
«Beh, come avrai capito...oggi mi va d'infrangere la legge!» la ragazza si divincolò riuscendo ad uscire dalla stanza, ma il vampiro le si parò nuovamente davanti, questa volta mettendole le mani sulle spalle con delicatezza.
«Summer...non fare cose di cui ti pentiresti...» le suggerì, con una sorta di cantilena apprensiva, intrisa di presunzione.
«Sai benissimo che mi implorerai di tornare presto a casa. Ed in quel caso, non so se mi andrà di essere clemente dopo un simile...oltraggio alla Corte!» la guardò famelico, com'era solito fare durante i loro battibecchi, ma Summer ricambiò con un'occhiataccia di sfida.
Non riusciva a controllare la sua gelosia; ed il solo pensiero che lui potesse passare la giornata con Elena la mandava al manicomio.
«Beh, Vostro Onore, è un rischio che sono disposta a correre...» con un gesto degli avambracci si liberò dall'ennesima presa del vampiro, che la guardò con collera.
Si affrettò a scendere le scale, e Damon continuò ad osservarla stranito, interrogandosi su quella strana reazione.


*** ***


Damon uscì da un piccolo negozietto con un'espressione soddisfatta dipinta sul volto. Mentre si avviava per un'altra stradina, prese il telefono dalla tasca posteriore del jeans e chiamò Alaric.
«Damon! Finalmente! Sono giorni che provo a chiamarti!»
«Lo ammetto: sono stato poco reperibile ultimamente. Ma ho letto il tuo messaggio. Allora? Di cosa devi parlarmi con tanta urgenza?»
«Sono cose di cui dobbiamo discutere da vicino...»
«Hai finalmente trovato un bravo ragazzo con cui sistemarti?»
La voce di Alaric era diventata improvvisamente seria, e Damon sentì l'obbligo di smorzare quell'enfasi!
«Non fare l'idiota» lo redarguì l'umano, mantenendo un tono calmo.
«Tra mezz'ora al Grill!» Damon arrivò alla sua macchina.
«Perfetto»


*** ***


Summer camminava per le stradine di Mystic Falls senza una precisa meta. Damon era uscito per fare chissà cosa, chissà dove, e la gelosia, il pensiero che ciò che stesse facendo potesse in qualche modo riguardare Elena, la logorava con un male piccolo ma fastidiosamente continuo. Sui marciapiedi regnava una patina di ghiaccio, e all'estremità dei palazzi troneggiavano dei piccoli cumuli di neve.
Il suo sguardo si posava distrattamente sulle vetrine e sulle lucine che addobbavano i locali. Un'idea malsana le passò per il cervello, e subito capì che avrebbe combattuto tutto il giorno con quella stupida scelta, ma non poteva ignorare che fosse la Vigilia di Natale.
Si ritrovò nella zona residenziale. Passò di fronte a un'abitazione che ancora doveva essere ispezionata e si fermò. Attraverso la finestra, vide un'allegra famiglia che addobbava l'albero. Pensò che fosse giusto prendersi qualche giorno di pausa. Non era bello entrare nelle case altrui e soggiogare le persone interrompendo dei calorosi attimi familiari. Ricordò il fervore natalizio che caratterizzava il signor Harris in quei giorni. Lui, le lucine, le decorazioni: in quel periodo dell'anno, ritornava ad essere un bambino, e con il suo entusiasmo coinvolgeva tutte le persone che gli orbitavano intorno; pesino Summer, che il Natale l'aveva sempre detestato. Con Philiph tutto aveva ritrovato un significato, ma questo si era poi perso dopo la sua morte. Summer non l'aveva più festeggiato, e in quel momento capì come avrebbe passato il resto della sua giornata. Non voleva tornare ad essere la ragazza chiusa e indolente di un tempo. Non era più una ragazzina: era tempo d'imparare ad affrontare i dolori e a cacciarli fuori, perché tenerseli dentro non faceva altro che logorarle l'anima. Harris e Kendra non c'erano più: doveva accettarlo e andare avanti, nonostante tutto. E poi, forse, sarebbe anche riuscita a non pensare a Damon insieme ad Elena.


*** ***


Alaric avanzò il primo passo all'interno del Grill. Diede un'occhiata rapida all'intero locale e, tra la confusione, scorse la figura del vampiro sistemato ad un tavolo, che sorseggiava una birra.
Si avvicinò a lui con un passo rapido.
«Sei qui da molto?»
«Qualche minuto. Non credere che ti stessi aspettando con ansia: sono in buona compagnia...» il vampiro alzò leggermente la mano per mostrargli la bottiglia.
Alaric si liberò del cappotto e si sedette di fronte a lui.
«Allora? Come mai quest'urgenza di parlarmi?» fece il vampiro, con la solita insofferenza.
Rick si guardò intorno, appoggiò i gomiti sul tavolo, e si protese leggermente verso di lui.
«Qualche giorno fa, qui al Grill, ho conosciuto una donna...»
«Beh, mi fa piacere che tu stia uscendo dal letargo, ma non era il caso di disturbarmi...» Damon fece uno dei suoi soliti sorrisi provocatori, e l'umano scosse lievemente il capo con rassegnazione.
«Questa donna...era amica di Blair Lockwood»
Il vampiro elaborò quell'informazione, cestinando immediatamente ogni sorta di preoccupazione a riguardo.
«Pensi che sia la famosa persona in cerca di vendetta?!» caricò quella domanda di un'inquietante e artificiosa enfasi, appunto perché non si sentiva minimamente intimorito.
«È quello che credo, sì» Alaric cercò di riportare la giusta serietà al discorso, ignorando i suoi teatrini.
«Di un po'...com'è questa donna?» il tono sospettoso di Damon aveva un qualcosa di velatamente allusivo.
«Beh, è una donna che a prima vista sembra un'imbranata, ma in realtà è sveglia... intelligente...ed anche molto attraente» mentre parlava, Alaric fece cenno al cameriere di portargli lo stesso che stava bevendo l'amico. Nella distrazione non colse la subdola insinuazione del vampiro, così andò a parare proprio dove lui voleva portarlo.
«Umn...capisco...» mormorò, con la solita presunzione di chi crede di aver intuito tutto.
«Cosa?» questa volta, all'uomo non sfuggì quella sottile nota di saccenteria.
«Beh, per come la vedo io: hai conosciuto una donna che ti interessa. Sei attratto da lei, e non vedi l'ora di farci sesso, ma, ormai, sei convito che tutte le donne che finiscono a letto con te siano condannate a morte certa! Trova un modo per superare la cosa, Rick, se non vuoi che ti venga data una verginità ex novo... ad honorem!»
L'uomo ingoiò quel boccone amaro mantenendo un'espressione neutra. Di certo non poteva mostrare di sentirsi ferito; né tanto meno poteva aspettarsi del tatto da parte di uno che spezzava colli con la facilità con cui si svita il tappo di una bottiglia.
«Non è così...» si limitò a dire, cercando di controllare il tono della sua voce.
«Ah, no? Hai detto di averla conosciuta qualche giorno fa. Non stiamo in una metropoli. Se mi stesse cercando, mi avrebbe già trovato. E ti posso assicurare che non ho avvertito niente di strano: nessun pedinamento, nessuna minaccia di morte e neanche il più impercettibile presagio di sventura! Ti stai allarmando inutilmente. Probabilmente questa donna non sa niente di questa storia, e forse − dico forse − potrebbe essere colei che smuoverà la triste esistenza che ti sei auto-imposto; ed invece, con questo tuo atteggiamento da uccellaccio del malaugurio, mi costringerai a versare il suo sangue e a prolungare la tua astinenza da sesso... per nulla». Terminato il suo discorso, Damon bevve un sorso di birra.
Alaric gli lanciò un'occhiata guardinga.
«E da quando per te sarebbe un problema spargere il sangue di un innocente?»
Il vampiro deglutì visibilmente e lo fulminò con lo sguardo.
«Non lo è, infatti»
«Stai sottovalutando la cosa, Damon. Questa donna può essere pericolosa... e tu hai scelto il momento meno indicato per innamorarti»
«Cosa?!» gli uscì con un tono di voce leggermente acuto, e seguito da un flebile colpetto di tosse, che aveva lo scopo di liberarlo dall'aria rimasta nei polmoni − in quel momento stretti in una strana morsa. Mise un gomito sullo schienale del divanetto, e concentrò la vista sul punto più lontano del locale.
«Io non sono innamorato di Summer» asserì, con un sottofondo quasi impercettibile di risatina gutturale, contraendo gli zigomi in un sorriso semi-aperto di cui non era consapevole.
Alaric lo guardò allibito. Ma chi diavolo voleva ingannare?
I suoi modi ortodossi e la parlantina irriverente non erano cambiati, ma il suo volto era un manifesto di serenità.
«Chi ha parlato di Summer?...» fece, con un sorrisino sornione.
Damon, ancora una volta, lo incenerì con lo sguardo.
«Andiamo, ammettilo! Summer è passata dall'essere la tua distrazione, all'essere la causa di quel sorriso idiota che hai stampato sulla faccia. E tutto quest'ottimismo?! Da dove esce?! Andiamo, Damon...ammettilo!»
Intanto un ragazzo portò l'ordinazione di Alaric.
«Ammetto...» iniziò, rimarcando la parola con durezza «che la sua compagnia non mi dispiace; che è senza dubbio una bella donna, e che il sesso tra noi è...fenomenale!»
Il vampiro s'interruppe per poi continuare quella sorta di auto-analisi.
«Ammetto... che mi diverto a battibeccare con lei, che mi piace sentirla canticchiare e che...» per un attimo il suo sguardo si perse addolcendosi «adoro quando sorride e gira il volto di lato come per nascondermelo...» ma poi si ridestò indurendo nuovamente i suoi lineamenti «ma definire queste cose amore...è ridicolo!» concluse, con una marcata asprezza.
«Giusto, perché per te l'amore non è altro che correre dietro alle ragazze innamorate di tuo fratello!»
«Di un po', Rick? Da dove proviene tutta quest'indole romantica? Se il tuo nuovo hobby è quello di scrivere romanzi Harmony, non contare su di me come fonte d'ispirazione!»
In quel momento, il telefono di Damon vibrò; e subito lo liberò dalla tasca del jeans per leggere il messaggio che gli era appena arrivato: “Avevi ragione: non vedo l'ora di vederti rientrare in casa. Muoio dalla voglia di fare con te... quello che ho in mente da stamattina. Torna presto! Summer.”.
Damon sorrise con soddisfazione, ma nel suo stato d'animo non mancò un sentore di sospetto: non era da lei arrendersi così facilmente, né tanto meno sbandierare così apertamente la resa.
«Ora, se vuoi scusarmi, Rick. Ho di meglio da fare...» Damon si alzò e indossò la sua giacca di pelle nera.
«Aspetta! Cosa intendi fare con Clarissa?»
Il vampiro sembrava eccessivamente tranquillo a riguardo, ma Alaric, al contrario di lui, si sentiva agitato: forse perché riconosceva la sua parte in quei tragici eventi.
«Umm... È così che si chiama la donna pericolosa...e sexy?» Damon tirò su la lampo, e lo guardò con il solito modo di fare ammiccante.
«Sii serio...almeno ogni tanto»
«Beh, io non farò un bel niente, Rick. L'unico che dovrebbe fare qualcosa, o meglio farsi qualcuna , sei tu. Credimi: ne hai bisogno!» lasciò i soldi sul tavolo e si mosse di qualche passo, prima che la voce di Alaric intervenisse per fermarlo.
«Verrà al Gala di Beneficenza. Tu ci sarai?»
Damon ci ragionò per qualche istante.
«Sì...penso proprio di sì» ancora una volta si girò per andarsene, ma Alaric bloccò nuovamente la sua fuga, facendolo rigirare nella sua direzione.
«Damon...Buon Natale» disse con voce pacata, col preciso intento d'indispettirlo; e, come previsto, la reazione del vampiro fu una smorfia nauseata disegnata, però, su un'espressione divertita.


*** ***


Summer, davanti allo specchio della sua camera, visionava attentamente il suo look. Aveva improvvisato una mise natalizia con dei pantaloncini rossi con una piccola cintura nera, degli stivali neri, una camicetta bianca e il rigoroso cappello della ricorrenza.
Pensò al messaggio che aveva mandato a Damon qualche ora prima, e si sentì avvampare. E se fosse stato con Elena? Uno scherzetto innocuo si sarebbe trasformato in un trionfo d'umiliazione. In quel momento, fu pervasa da una voglia di autolesionismo. Magari delle testate nel muro l'avrebbero deconcentrata da quell'opprimente sensazione, ma un rumore d'auto la salvò da quegli intenti.
Uscì dalla stanza e percorse con rapidità le scale; poi poggiò le spalle alla parete tenendo le mani incrociate dietro la schiena.
Damon fece il suo ingresso e sorrise vedendola conciata in quel modo. Le si avvicinò con dei passi calmi e sicuri, e con altrettanta tracotanza si liberò del suo giubbotto lanciandolo sul primo mobile nei paraggi.
«Devo ammettere che non mi aspettavo di vincere con tanta facilità. Sono piacevolmente sorpreso...anche se non dovrei esserlo. Sei pazza di me: il tuo messaggio è stato molto chiaro a riguardo» uno sguardo arrogante precedette un bacio sulle labbra che rapidamente si spostò sul collo.
Summer sorrideva lasciandolo gongolare.
Il vampiro appoggiò una mano alla parete e con l'altra le accarezzò la gamba.
«Quindi ti perdono...e mi sta anche bene che tu voglia cambiare giochino...» nuovamente, le sue labbra si posarono sul collo della ragazza emettendo dei piccoli gemiti.
«Sono stato un bambino molto, molto cattivo, Mamma Natale, ma non ho la minima intenzione di rinunciare ai miei giocattoli! Come la vogliamo mettere?!» disse, con un tono da seduttore diabolico ed irriverente, più che da bambino.
A Summer sfuggì una breve risata, ma poi lo guardò simulando uno sguardo compassionevole.
«Mi dispiace deluderti, Damon, ma hai chiaramente frainteso il mio messaggio»
Damon s'immobilizzò guardandola contrariato, e Summer, con un sorriso radioso, ne approfittò per prenderlo per mano e condurlo in salotto.
Damon vide un enorme albero di Natale montato accanto al camino, e una confusione di scatoloni e luci aggrovigliate sparsi un po' ovunque.
«Ho già sistemato le luci, dobbiamo solo decorarlo!» disse con gioia, facendogli capire che ciò che moriva dalla voglia di fare con lui era appunto decorare l'albero.
«No!» la sua voce restò bassa e tranquilla, ma il vampiro scosse il capo per palesare tutto il suo dissenso «toglitelo dalla testa!».
Un ennesimo sguardo le fece capire quanto ritenesse insensata quella proposta: non avrebbe mai fatto una cosa del genere, soprattutto se l'alternativa era fare sesso!
Si girò per allontanarsi, ma la voce di Summer lo immobilizzò.
«Hai ragione, è una cosa stupida. Tra l'altro questa è casa tua...sono stata invadente...» si rattristì di colpo. La reazione del vampiro era stata più che giusta. Che diavolo le era saltato in mente? Eppure, lo aveva fatto solo per distrarsi, per non trascorrere quei giorni festivi a compatirsi con il ricordo di momenti felici ma troppo lontani. In quel momento, la risposta di Damon aveva fatto crollare quella speranza di evasione, facendole provare solo un tremendo imbarazzo.


Let Me Fall For You - David Cook


Mi sbagliavo, mi sbagliavo,
Pensando che il mio cuore potesse essere solo mio.
Ero forte, ero forte,
Quando ho avuto un motivo per resistere.
Fammi innamorare, Fammi innamorare di te
Fammi innamorare di te”



Damon le si avvicinò guardandola con estrema dolcezza e posandole le mani sulle spalle.
«Sì, Summer. Tu sei decisamente...invadente...» lo disse perché era la verità. Summer l'aveva invaso riempiendo i suoi vuoti e le sue giornate. Tutto era ormai intriso di lei. Soprattutto quella casa, che non gli era mai sembrata tanto sua.
Lei lo guardò con incertezza: la dolcezza del suo tono contrastava con il significato letterale di quella parola, e non sapeva cosa pensare.
«Ok. Hai vinto...» Damon mise fine a quel dolce contatto, e si avvicinò al mobile bar per versarsi dello scotch.
«Adesso mi siederò qui, e ti aiuterò...supportando o biasimando le tue scelte sulla decorazione - il che dipenderà dall'angolazione in cui vedrò il tuo fondo schiena mentre metterai le palline. Questo è il massimo che posso fare, Summer!» si accomodò sul divano, stendendosi.
Lei sorrise scuotendo la testa per i suoi soliti modi, ma si sentì incredibilmente felice per quel gesto.
«Beh, immagino che dovrò accontentarmi...» prese un paio di sfere rosse da uno degli scatoloni posti sull'altro divano e si avviò verso l'albero.
Sistemò la prima, e quel gesto fu seguito con repentinità da un mugolio contrariato del vampiro.
«Sicura?! Io la metterei più in basso...» pronunciò con un tono sexy, facendole sfacciatamente capire quell'invito a mostrargli il fondo schiena nella sua angolazione preferita.
Gli occhi della ragazza rotearono con un divertito avvilimento.
«Per me sta benissimo lì dove l'ho messa, Damon. Se non ti sta bene puoi venire a spostarla tu stesso!»
Intanto, Summer aveva preso altre palline ed era intenta a sistemarle.
Il vampiro si alzò e si avvicinò all'albero.
Con un fare provocatorio, tolse alcune delle decorazioni che lei aveva sistemato con accortezza.
«Che stai facendo?!» gli chiese con scetticismo. Era chiaro che non fossero accorgimenti estetici, ma solo tentativi di provocazione.
«Voglio giocare...» sussurrò diabolico.
«A cosa?» il tono di Summer era un misto di pazienza e rassegnazione.
«Beh, mettiamola così. Ho crudelmente rapito le tue palline e se vuoi riaverle...beh...devi pagare il loro riscatto!»
«Non può definirsi gioco se va tutto a tuo vantaggio» asserì lei, ridendo dolcemente.
«E invece sì. È la prima regola dello Strip Christmas: tutto va a vantaggio di Damon»
«Umn e chi le avrebbe scritte le regole di questo gioco?»
«Ah, non ne ho idea. Ma è sicuramente uno a cui devo un grosso favore. Ora, Summer, se vuoi riavere questa pallina...dovrai mostrarmi qualcosa di altrettanto bello e...rotondo» gli occhi del vampiro si posarono sulla sua scollatura con il solito fare lussurioso.
Summer, come sempre, rise girando la testa di lato, e in quell'attimo Damon si ritrovò ad osservarla, e a pensare alla conversazione avuta con Rick.


Non guardare in basso, non guardare in basso
Ormai è troppo tardi per prenderla con calma.
Voltati, voltati
Dammi una ragione per lasciarsi andare
Fammi innamorare, Fammi innamorare di te
Fammi innamorare di te”



Si chiese perché quel gesto gli piacesse tanto, ma poi capì che le risposta era semplice: perché era lei a farlo.
Lei acconsentì col capo, e dopo, con aria divertita, sbottonò un paio di bottoni della camicetta facendogli intravedere la parte alta del reggiseno.
Damon la guardò soddisfatto ma denegò ugualmente col capo.
«Questa è una pallina davvero molto bella, Summer. È persino decorata...Vale sicuramente di più!»
Summer lo guardò negli occhi, e liberò dai passanti altri due bottoni.
Il vampiro poté finalmente godere appieno della vista di quel reggiseno in pizzo nero e, con un'aria compiaciuta e infervorata, passò la pallina incriminata nella mancina, e usò la mano destra per attirare Summer a sé.
Baciò le sue labbra con passione, e poi afferrò con dolce prepotenza quel morbido riscatto, facendole emettere un piccolo gemito.
Le sue labbra scesero lungo il collo fino ad arrivare al seno, ma lei interruppe quel contatto con un'allegra contrarietà.
«Penso che questo basti e avanzi, Damon. Rimettila al suo posto»
Il vampiro fece una smorfia infastidita, e rimise la sfera sull'albero con un gesto scocciato.
«Non è lì che stava!» lo redarguì con severa dolcezza.
«Perché? Cosa cambia?»
«Non vedi? L'hai messa troppo vicina a quest'altra!» Summer spostò quello scempio estetico, rimettendola al giusto posto.
«E dimmi un po'... su quale enciclopedia hai studiato la distanza che deve intercorrere tra una pallina decorativa e un'altra?»
Damon riprese il suo bicchiere di scotch e, appoggiandosi al bracciolo del divano, osservò con curiosità il modo in cui Summer disponeva i decori.
«E' una cosa che si stabilisce ad occhio, Damon. Ma non te ne faccio una colpa...voi uomini su certe cose sembrate miopi!» Summer pensò che fosse il caso di richiudere la camicia per fargli capire di dover stare buono ancora per un po', e sentì puntati addosso gli occhi contrariati del vampiro.
«Questo perché la vista degli uomini solitamente si focalizza su cose più interessanti...non di certo su delle stupide decorazioni!»


E' quasi giunto al termine
Sono appeso a un filo.
Con tutte le parole
che non hai mai detto

Sto affondando
Allora dimmi cosa fare
Non ho niente a cui aggrapparmi.
Fammi innamorare di te”


Damon, rassegnandosi momentaneamente, si riaccomodò sul divano e, commentucoli dispettosi a parte, per un po' se ne stette tranquillo, sorridendo alle spalle di Summer, perché divertito da quella situazione. Di certo, non si sarebbe mai aspettato di passare il Natale in quel modo. Summer aveva riempito anche quella giornata da lui tanto odiata.
La cacciatrice aveva quasi terminato, quando avvertì una sorta di lieve frustata sulla spalla. Non capì cosa fosse stato a provocarla, e si girò spaesata vedendo arrivare una sorta di lazzo sulla sua testa. Damon aveva ben pensato di crearlo con un cordone decorativo; ed ora che l'aveva catturata, stava tirando la corda nella sua direzione.
Summer, stando al gioco, indietreggiò verso di lui, regalandogli quell'illusione infantile.
Il vampiro fece uno dei suoi soliti mugolii goderecci.
«Ho catturato una cacciatrice...davvero ironico!» disse, per poi baciarle il collo con quella voglia che era stanco di sopprimere.
«Oggi sei particolarmente allegro» Summer lo disse con gioia, ma poi si gelò di colpo. Nella sua mente annebbiata dalla gelosia, Damon aveva trascorso la mattinata con Elena.
Era stato questo a renderlo così vivace?
«No: sono particolarmente eccitato...» rispose, continuando la sua opera.
Summer si liberò da quella corda dorata che la imprigionava, provocando la contrarietà del vampiro, che la ripagò tempestivamente con una smorfia.
«Ho quasi finito...» il suo tono era spento, così come il suo sguardo, ma il vampiro la girò verso di sé e la baciò sulle labbra con intensità. Non voleva mollare, ma Summer mise fine anche a quel contatto.
Damon, visibilmente imbronciato, con un piccolo gesto del dito indice fece cadere una pallina a terra.
«Damon...» lo canzonò lei, con una dolcezza che non meritava.
«Lo sai che quando non mi presti le dovute attenzioni divento dispettoso. Quindi non lamentarti!»
Summer scosse la testa con rassegnazione, risistemò il decoro e si allontanò per prendere lo scaletto.
«Cosa devi fare con quell'affare?» chiese, cercando volutamente di apparire annoiato.
«Devo mettere il puntale, Damon. E la levitazione non rientra nei miei poteri...»
Il vampiro le si mise alle spalle e si abbassò; poi le cinse le ginocchia con le braccia e si alzò sollevandola da terra.
Summer rise e, poggiando una mano alla sua spalla, riuscì a decorare anche l'ultimo pezzo.


Per tutto il tempo, per tutto il tempo
Tu eri colei che mi ha aiutato a continuare
come un segno, come un segno
tu eri la voce che sapeva la verità
Fammi innamorare, Fammi innamorare di te
Fammi innamorare di te”



«Puoi rimettermi giù ora»
«Grazie...» sussurrò, mentre il vampiro la faceva scivolare su di sé con sensualità.
Summer mise i piedi a terra, ma il vampiro continuò a stringerla.
«E adesso? Cos'altro vuoi fare?» domandò, con voce calma e calorosa.
Summer si perse nella dolcezza del suo sguardo, e per risposta si girò gettandogli le braccia al collo per baciarlo.
In quel momento, voleva dimenticare tutti i suoi dubbi e le sue paure per sciogliersi tra le sue braccia.
«Beh, se me l'avessi fatto capire subito... sarei stato molto più collaborativo!» Damon le fece un sorriso, per poi ribaciala subito dopo.


“Lasciami cadere come un sasso nell'acqua
Lasciami cadere come un aereo che cade dal cielo
Lasciami schiantare, lascia bruciare tutto il mio cuore
Insegnami a volare”



*** ***


Elena era rintanata nella sua stanza, seduta sulla panca sotto la finestra.
Non le andava di fare nulla, e invano aveva cercato di distrarsi con uno dei tanti romanzi rimandati da tempo. A tratti, il suo sguardo si perdeva verso il paesaggio.
Sentì suonare il campanello, e dopo un attimo di incertezza si alzò per andare alla porta. Osservò il fratello che, nella sua stanza, con le cuffie ben in vista, scarabocchiava qualcosa sul suo album da disegno, e proseguì.
Quando aprì la porta, dopo l'ennesimo suono, l'immagine dei suoi amici la stupì facendola sorridere. Caroline era di fronte a lei, e reggeva una teglia ricoperta d'alluminio. Al suo fianco c'erano Matt e Bonnie, e più indietro spiccava la figura di Tyler.
Elena fece una smorfia incuriosita.
«Siamo l'associazione “niente muso lungo a Natale”, passiamo di casa in casa e obblighiamo le persone a festeggiare» esordì la vampira.
Elena sorrise spalancando la porta.
«Accomodatevi» disse ridendo.
«Ragazzi non dovevate, davvero. È la vigilia di Natale e dovreste stare con le vostre famiglie» Elena cercò di controllare la sua voce per non farla tremare, ma ugualmente, in qualche nota, si percepì il suo dolore.
Era la Vigilia di Natale, ma in casa sua non c'era nulla che lo ricordasse.
«Beh, mia madre mi ha mandato un messaggio di auguri da chissà quale luogo della Florida...» disse Matt, liberandosi del cappotto.
«La mia lavora! ...Come al solito» Caroline le affibbiò quella teglia di biscotti per potersi liberare del soprabito.
«Mio padre è dallo zio Eric, e sai che preferisco mille volte stare qui con voi!» asserì, Bonnie.
«E mia madre è così presa dall'organizzazione del Gala, che a stento si accorgerà della mia assenza...» concluse Tyler.
In quel momento, Jeremy fece il suo ingresso nel salotto salutando Bonnie con un veloce bacio sulle labbra.
«Cosa ci fate qui?» era sorpreso quanto la sorella. I due avevano tacitamente stabilito di non festeggiare, perché non c'era nulla per cui farlo, ma i loro amici, a quanto pareva, non erano d'accordo!
«Vogliono obbligarci a festeggiare!» spiegò Elena, dirigendosi verso la cucina.
«Esattamente, quindi ora vai in garage, e prendi l'albero e gli addobbi! Perché la prima fase della nostra missione è quella decorativa!» Bonnie mise una mano dietro la schiena del ragazzo per indirizzarlo fuori, e lui annuì sorridendo.


*** ***



Damon si era allontanato dal corpo di Summer per andare ad alimentare il fuoco del camino. Compiendo quel gesto, diede un'occhiata di striscio a quell'albero di Natale facendo un mezzo sorriso.
Quando il nuovo pezzo di legno iniziò a bruciare di una fiamma viva, ritornò verso di lei, che se ne stava rannicchiata sul divano coperta da un grande piumone.
Damon si accomodò dietro di lei e la strinse tra le braccia. A quel contatto, Summer si adagiò bene sul suo corpo emettendo un impercettibile gemito.
Il vampiro le baciò i capelli «Stamattina ho visto Alaric...»
Summer girò il capo per vedere il suo profilo.
Improvvisamente, si sentì leggera. Per tutto il giorno, non aveva fatto altro che convincersi che lui ed Elena avessero passato la mattinata insieme. Quella rivelazione improvvisa generò un immediato sorriso, che però si estinse nel momento in cui il vampiro continuò a parlare.
«Ha detto che probabilmente c'è qualcuno che vuole farmi fuori. Un'amica di quella donna che ho ucciso il mese scorso...»
Summer si preoccupò immediatamente. Sapeva che Damon era il tipo di soggetto che collezionava nemici, ma non aveva mai riflettuto su una simile evenienza.
«Cos'hai intenzione di fare?» si tolse dalle sue braccia per sedersi di fronte a lui.
«Non ne ho idea. Ma a dire il vero, credo non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Ultimamente Rick è parecchio fantasioso. Succede...quando decidi di rinnegare la realtà!» il vampiro appoggiò un gomito allo schienale per sostenersi il capo con la mano. Summer lo scrutò attentamente con un'espressione impensierita.
«Se è preoccupato a riguardo, evidentemente ha avvertito qualcosa di strano. Dovresti prendere la cosa più seriamente...» disse risoluta ma con un tono pacato.
Il vampiro le sorrise con mezza bocca. Non aveva mai elaborato nessun pensiero a riguardo, ma in quel momento gli giunse una rivelazione ovvia: Summer si preoccupava per lui. Glielo leggeva negli occhi, e in quell'attimo gli ritornò alla mente la seconda parte della conversazione avuta con l'amico.
«Se è per questo, Alaric è anche convinto che noi due siamo perdutamente innamorati l'uno dell'altra...dovrei prendere sul serio anche questo?» lo disse con calma e con un tono basso, senza mai togliere lo sguardo dal volto di Summer. Voleva vedere la sua reazione. Non sapeva perché lo stesse facendo. Non aveva preso seriamente le parole di Rick. Eppure, per qualche assurda ragione inconscia, quell'argomento gli era uscito dalle labbra. Si chiese il perché, ma soprattutto cercò in Summer una minima espressione facciale da poter interpretare; lei, però, in un primo istante restò impassibile ed in seguito gli fece un sorriso.
«Come gli salta in mente? Si vede lontano un miglio che a stento riusciamo a sopportarci!» fece con ironia, ostentando un sorriso fin troppo divertito. Summer aveva sentito il sangue gelarsi nelle vene. In quel momento, si era irrigidita percependo ogni muscolo del suo corpo. Il vampiro aveva pronunciato quella frase con una tranquillità disarmante; il che poteva significare solo che a lui, quella prospettiva, non faceva né caldo né freddo. Anzi, il fatto che gliel'avesse presentata con quell'impassibilità la rendeva la barzelletta del secolo.
Summer cercò con tutte le forze di apparire tranquilla. Percepì ogni millimetro del suo volto, capendo di non poter gestire tutti quei muscoli facciali senza sembrare finta. Anche sorridere le apparve così difficile da avere paura del risultato finale. Si sentiva accaldata, e maledì i suoi occhi per essersi inumiditi. Cercò di sembrare calma, ma quell'attimo le sembrò una tortura; e lo sguardo fisso del vampiro non l'aiutava. Addirittura lo piegò leggermente con lo scopo di osservarla meglio, poi le sorrise.
Damon non aveva avvertito nulla di strano, a parte un lieve cambiamento nei suoi occhi. Ne restò deluso. Ma cercò di non darlo a vedere. In fondo... cosa si poteva mai aspettare? Cosa voleva che gli dicesse? Ma poi, perché gli importava? Non capiva quello che stava provando, ma anche lui scaricò tutto sull'ironia per sembrare tranquillo.
«Sul serio, Summer? Non cogli neanche l'occasione per dirmi che sei pazza di me?»
«No, perché non è così!» affermò lei, simulando un tono divertito. Si alzò e velocemente si guardò intorno per cercare i suoi abiti.
Non aveva più forze per reggere quell'attimo. Aveva bisogno di scappare da lui per dare al suo corpo il modo di sfogare tutto il dolore che aveva dentro. A Damon non importava niente di lei: questa consapevolezza la faceva quasi soffocare. Il pensiero di provare amore per lei, per il vampiro, era addirittura un motivo di scherzo. Summer non poteva crederci!
Il dolore la stava logorando.
Damon le afferrò il polso trascinandola verso di sé.
«Dove credi di andare?...» in quel momento, riuscì a vedere in lei un lieve turbamento. E poi perché se ne stava andando? Da quando lui era il tipo che si fermava al primo round? Per un attimo pensò che fossero state le sue parole a turbarla e, senza capirne il perché, in quello stesso attimo sentì qualcosa di molto simile alla felicità; poi, però, ricordò che Summer gli era sfuggita tra le mani anche quella mattina, e con la stessa espressione alterata: quindi, la sua stranezza non poteva dipendere da quella frase.
«In cucina a preparare la cena e...a mangiucchiare qualcosa» Summer si concentrò sui suoi vestiti, trovando la scusa per non guardarlo negli occhi, ma il vampiro l'afferrò nuovamente facendola avvicinare al suo volto.
«Fammi capire bene, mi stai piantando in asso per degli stuzzichini?»
«Esattamente!» esclamò lei, facendo nuovamente appello alle sue forze per sembrare naturale e vivace.
«Summer...niente è più appetibile di me!»
«E invece sì, Damon. Fattene una ragione...» ancora una volta, rispose con ironia e dolcezza per non fargli sospettare nulla. L'ultima cosa che voleva era che lui capisse il suo turbamento e i sentimenti che si celavano dietro quella fuga.
Con un ultimo finto sorriso si allontanò da lui.
Damon decise di non insistere, e la guardò stranito.
Summer aveva qualcosa che non andava, e lui doveva necessariamente capire cosa. Si vestì rapidamente e si avviò verso la cucina. Si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia. Summer stava lavando delle verdure, e lui la osservò incuriosito. Restò lì giusto un minuto, e poi, stranito e confuso, decise di andarsene nella sua stanza.
Voleva darle del tempo per stare da sola, ma dopo niente l'avrebbe salvata.

Summer, mentre cercava di distrarsi accanto ai fornelli, sentì la presenza del vampiro all'ingresso della cucina. Lo ignorò volutamente sperando che se ne andasse. I suoi occhi erano così lucidi da velarle la vista. Sentiva di non poter fare nulla per calmarsi, e sperò con tutte le sue forze che Damon se ne andasse. Che non le desse, guardandola, un'ennesima motivazione per odiarsi. Poco dopo, la sua preghiera fu esaudita. In quel momento, una lacrima fece capolino sulla guancia, e lei l'asciugò tempestivamente, detestandosi come poche volte nella sua vita. Non era da lei avere delle reazioni simili. Non era da lei sentirsi debole. Non era da lei correre dietro ad un ragazzo innamorato di un'altra. Semplicemente, non era da lei amare. Ma le era capitato, e non riusciva a fare nulla per non provare quello che provava. Non riusciva a non amarlo, e non riusciva a non soffrire per il fatto che Damon non fosse suo.


*** ***


In cucina, Elena stava sistemando in un vassoio i biscotti fatti da Caroline. Sorrideva, sentendo i vari schiamazzi provenienti dal salotto: i suoi amici erano alle prese con le lucine dell'albero e con le ferree direttive organizzative ed estetiche di Caroline.
Matt la raggiunse per non lasciarla sola neanche per un attimo. Nessuno più di lui capiva cosa stava provando l'amica.
Elena gli sorrise porgendogli il vassoio.
«Care ha pensato a tutto!»
«Beh, anch'io mi sono sforzato di fare la mia parte!» Matt, dal tascone della sua felpa, tirò fuori una fiaschetta e gliela porse.
Elena gli sorrise, e non rifiutò un sorso di quello che il bruciore nella sua gola identificò come scotch.
«Come stai?» le domandò con apprensione.
«Sicuramente meglio di prima» Elena lanciò un'occhiata fugace al salotto, poi si girò verso l'amico e lo guardò con dolcezza «Grazie...»

*** ***


Summer si addentrò nel salotto. Nonostante quell'assurda conversazione avuta con Damon, voleva ugualmente sistemare il suo regalo sotto l'albero.
L'ambiente era illuminato dalla luce rossastra e irrequieta delle fiamme che divampavano nel camino; e le luci dell'albero accentuavano quell'effetto.
Summer sistemò il suo pacchetto e sorrise fiaccamente.
Con una sensazione di debolezza e di vuoto, si avvicinò al mobile bar e si versò del bourbon; poi si sistemò di fronte al camino e si sedette a terra, incrociando le gambe, e appoggiando le spalle al divano.
Teneva il bicchiere stretto con entrambe le mani, e fissava il liquore con un'aria assente.
A tratti si sentiva le guance arrossate e gli occhi inumiditi.
Poco dopo, sentì i passi del vampiro farsi sempre più vicini, e continuò a tenere lo sguardo basso, anche quando lui fece il suo ingresso nel salotto.
Damon si sedette di fronte a lei portando le ginocchia al petto e poggiandoci sopra i gomiti «Ti stavo aspettando...».
La guardò con attenzione e con dolcezza.
«Ti avrei raggiunto tra un minuto...» ancora con lo sguardo fisso sul bicchiere, la ragazza rispose con un tono di voce spento.
Damon le sollevò il mento con l'indice.
«Cos'hai?» sussurrò, scrutandola con apprensione.
Lei scosse il capo sorridendo sforzatamente.
Damon poggiò le mani a terra indietreggiando con la schiena, ma continuando ad esaminarla. Non gli andava di vederla in quello stato. C'era qualcosa che la turbava, e lui doveva capire cosa, o perlomeno doveva trovare un modo per farla sorridere.
Si distrasse girando lo sguardo in direzione dell'albero e notò uno scatolo ricoperto da una carta rossa e da un fiocco dorato.
«E quello? Cosa sarebbe?»
Summer alzò gli occhi verso di lui sorridendo.
«Non sei stato poi così cattivo...»
Damon afferrò quel pacco con un'espressione sorpresa.
«Basta che non vai a sbandierarlo in giro. Ne va della mia reputazione...»
Lei rise debolmente.
«Posso aprirlo adesso o devo aspettare mezzanotte?» si sentiva stranito all'idea di reggere tra le mani un regalo di Natale.
«Puoi aprirlo quando vuoi...» mormorò lei, continuando ad eludere il suo sguardo.
Il vampiro lo scartò con calma guardandolo incuriosito e, quando la carta fu mezza tolta, vide che si trattava di una cornice digitale.
«Credi che abbia delle foto da metterci?» chiese, dolcemente divertito.
«Non lo so...ma vedrai che ce ne sono già alcune...»
Damon ancora più incuriosito, estrasse l'aggeggio dallo scatolo.
Si guardò intorno e, senza alzarsi, staccò dalla corrente una serie di mini-luci dell'albero per inserire l'alimentatore.
In quel frangente, Summer si sentì avvampare dall'imbarazzo.
Aveva visto solo il lato positivo di quell'idea ma, adesso che si era concretizzata, gli effetti collaterali le stavano inesorabilmente piombando addosso.
Summer si sentì tremendamente a disagio, e solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stato azzardato quel gesto: ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Damon vide le foto inserite e sorrise. Erano degli autoscatti che avevano fatto alla cascata, e c'era una foto in particolare su cui lui si fissò per qualche secondo. Erano loro due, abbracciati, lui dietro di lei, che sorridevano all'obbiettivo con una gioia che il vampiro non avrebbe mai immaginato di vedersi sul volto.
«Non ci avevo mai pensato mai io...dovrei fare il fotomodello!» gliela mostrò, anche per avere il futuro alibi per tenere quella foto fissa sul comodino.
«Andiamo, guardami bene! Hai mai visto qualcosa di più bello?!»
A Summer sfuggì una risata animata, e lui la guardò con dolcezza, sentendosi parzialmente soddisfatto.
«Mi piace...» sussurrò serio e sereno.
Lei annuì con degli occhi lucidi, e il vampiro la scrutò nuovamente, costringendola ad abbassare lo sguardo.
Damon, mettendo una mano dietro la schiena, prese un astuccio incastrato nel jeans e tenuto nascosto dal maglione, e glielo porse con un movimento calmo e fluido.
Summer guardò incuriosita quella piccola custodia rettangolare di velluto blu, e l'afferrò con esitazione «Che cos'è?».
«Cosa potrebbe mai essere?»
Lei lo aprì, e al suo interno vide un bracciale fatto di rose argentate e pietre verdi. Damon le aveva fatto un regalo di natale: non riusciva a crederci!
«Damon è... bellissimo...» lo guardò quasi incantata, stupendosi di quanta accortezza avesse avuto nel cercare qualcosa di così simile alla sua preziosa collana.
Era stato questo l'impegno assolto in mattinata? Si sentì una stupida per tutte le elucubrazioni mentali che aveva creato, ma capì di non poter essere completamente ragionevole quando si trattava di lui: lo amava, e la gelosia faceva parte di quel grosso pacchetto d'emozioni.
Il vampiro liberò il bracciale dai laccetti che lo tenevano fermo e glielo mise.
«È per dirti che anche tu... rientri nella ristretta lista di persone a cui tengo...» Damon non aveva dimenticato l'attimo in cui lei gli aveva confessato di ritenerlo una persona importante. Si chiese più volte perché non le avesse risposto. Ma, adesso, la cosa importante, era che avesse finalmente rimediato.
Lei si sentì quasi mancare il respiro. Aveva pensato tante volte a quel momento, al silenzio del vampiro, e altrettante volte ci era stata male.
«E chissà... forse un giorno questo bracciale diventerà intoccabile quanto la tua collana» disse ancora, sistemandoglielo alla perfezione.
Summer sorrise con una nuova luce sul volto. Pensò che, sicuramente, non sarebbe mai stata l'amore della sua vita, ma, in quell'attimo, sapere di avere comunque un piccolo angolino nel suo cuore bastò a renderla felice: a liberarla dall'angoscia e dal tormento che l'avevano perseguitata per tutto il giorno.
Gli gettò le braccia al collo per baciarlo, e il vampiro si stese a terra, accarezzando il suo corpo con altrettanta foga.
Entrambi erano carichi dell'entusiasmo dato dal gesto dell'altro.
«Umm mi piace il modo in cui mi stai ringraziando» mormorò, sovrastandola e liberandola dai vestiti.
Con un tocco lento, le accarezzò la coscia fino ad arrivare al seno.
«Ma non mi basta: devi ammette di essere pazza di me» disse con una voce esasperata dall'eccitazione, prima di riempirsi la bocca con la sua carne.
«Ancora con questa storia?» fece lei, divertita e ansante.
Il vampiro allontanò le labbra dal suo seno solo quando si sentì pienamente soddisfatto.
«Sì!» esclamò, tenendo lo sguardo fisso su quel terreno appena conquistato, e mordendosi il labbro subito dopo.
«Perché?» lei lo liberò dal maglione, per poi baciarlo e cambiare le carte in tavola mettendosi sopra di lui.
«Forse perché io lo sono di te...» sussurrò in preda al desiderio, mentre lei gli baciava il collo e si muoveva sinuosamente sul suo bacino col preciso scopo di farlo impazzire.
Summer ascoltò quelle parole e si immobilizzò, per un attimo in cui il vampiro riprese il controllo sovrastandola nuovamente.
Pensò che quella frase non fosse altro che il risultato di quella foga, ma, nonostante ciò, Summer riuscì a sentirsi immensamente felice.
Tra loro le parole compromettenti erano rare e striminzite ma, quando venivano liberate, suonavano con una nota disarmante.
Damon si liberò dei restanti indumenti che lo separavano da lei. Non aveva prestato la minima attenzione alle sue stesse parole. Non aveva idea che, in realtà, erano state uno spiraglio di consapevolezza sfuggito al buio con prepotenza: proprio come un raggio di sole che riesce a perforare le nubi.
Damon non sentiva il bisogno di filosofeggiare sui suoi sentimenti, semplicemente perché questi erano concreti tra le sue mani, e li poteva stringere e baciare senza farsi problemi a riguardo.
Così il vampiro scivolò nel suo corpo con l'irrequietezza di chi cerca ansiosamente la pace; la toccò con l'avidità di chi è perennemente insoddisfatto; e la baciò con quell'amore che riusciva a trapelare solo quando poteva nascondersi nel disordine dei sensi.


*** ***


I due se ne stavano stesi sul tappetto: abbracciati, nudi e ancora leggermente ansanti.
«Adesso, vuoi dirmelo?...» sussurrò Damon, mentre le accarezzava la spalla.
«Cosa?» Summer, se ne stava beata in quella dolce stretta. Iniziava a sentire le palpebre pesanti, ma il continuo delle parole del vampiro la svegliarono da quel torpore.
«Qual è il problema. E non mentire dicendo “niente”. Lo so bene quando c'è qualcosa che non va: il faccino triste ti rende particolarmente brutta»
Summer sorrise: poteva dirle qualsiasi cosa quando la guardava con quegli occhi dolci.
«Va tutto bene, Damon. Davvero» era in fase di rassegnazione.
Stava cercando di sentirsi serena, e di soffocare il pensiero che fosse un'altra la donna a regnare nel cuore dell'uomo che amava.
Gli fece una carezza sul volto.
«Buonanotte...» sussurrò, dopo avergli lasciato un delicato bacio sulle labbra; poi si alzò, e senza voltarsi si avviò verso la rampa di scale.
Damon la osservò con uno sguardo poco convinto e soprattutto amareggiato. Summer aveva reso palese ed esecutivo il fatto che non avrebbero dormito insieme neanche quella notte.
Quelle dimostrazioni d'affetto l'avevano illuso facendoglielo credere; ed invece lei gli era sfuggita per l'ennesima volta, spezzando quella magia, e lasciandogli provare uno strano senso d'angoscia. Quel comportamento lo spiazzava; ma più di tutto non riusciva a capire perché gli importasse tanto. L'uno o l'altra si sarebbero cercati la mattina seguente, eppure il vampiro ne era sempre più infastidito.
Non capiva quello che provava. Ne prendeva atto, ma non riusciva a darsi una spiegazione logica.
Questo succedeva perché le nuvole che oscuravano la sua ragione, impedendogli di arrivare a quella conclusione così ovvia, erano ancora troppo dense e cupe; e il problema paradossale con questo genere di nubi è che vengono spazzate via solo da un forte vento di tempesta...


Angolino di NaNa***
It's almost over. I'm hanging by a thread. With all the words. You never said.♫
Scusate, stavo canticchiando^^
Allora. Capitolo Fluffosissimo:
l'ultimo capitolo fluffosissimo.
Perché tra poco la vostra Nana, scatenerà l'inferno! Muahahaha xD
Scusate per questi aggiornamenti sempre più lenti.
Ma, oltre alla lunghezza dei capitoli - che si è estesa a più del doppio - ormai vado in contro a delle vere e proprie crisi da “ansia da prestazione” che mi tengono bloccata un bel po'.
Per i prossimi capitoli, che sono uno più lungo e spinoso dell'altro, non so proprio che tempi mi ci vorranno :( Sorry
Come sempre spero che il capitolo non vi abbia deluso, annoiato, fatto schifo o peggio.
E spero che Damon non vi sia risultato ooc
(mi è difficile gestire il vampirozzo ora che è felicemente innamorato ma ancora inconsapevole di esserlo xD)
Ringrazio chi mi ha lasciato un commentino ♥♥♥
Chi ha messo questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite^^
E tutti i lettori in generale^^





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Capitolo 49
*** Quarantanovesimo Capitolo ***



*** 25 Dicembre ***
Parte 1^




Incatenata ad una sedia, con delle corde intrise di verbena, Katherine emetteva urla lancinanti, mentre la pelle le si bruciava fino a consumarsi, fino a lasciar intravedere il rosso vivo della carne. L'uomo le concedeva qualche minuto, giusto il tempo della guarigione, per poi aprire nuovamente le tapparelle del piccolo finestrino dello scantinato in cui era rinchiusa.
Quello, era il trattamento che Klaus aveva stabilito per la vampira, dal momento in cui il sole sorgeva, fino al suo tramontare.
Da giorni, Katherine non sentiva altro che dolore e stordimento.
Giorni in cui i suoi aguzzini – degli umani soggiogati – si alternavano facendole ogni sorta di tortura ordinata dall'ibrido.
Quando la sofferenza diventava estenuante, e il corpo non reggeva più, la vampira perdeva i sensi, e quelli erano gli unici attimi di riposo di cui poteva beneficiare. Neanche di notte le era concessa la pace; e vi erano volte in cui il dolore fisico, di fronte al tormento psicologico, diventava addirittura irrisorio.


*** ***


Gli occhi di Carol Lockwood, in quella particolare giornata, erano più splendenti del solito. Amava smisuratamente organizzare eventi, e il Gala di Beneficenza era uno dei suoi preferiti.
Mentre guardava tutti i suoi collaboratori muoversi freneticamente all'interno della casa, ognuno con un compito da svolgere per rendere la serata assolutamente perfetta, le veniva involontariamente da sorridere.
Tyler percorse le scale con fretta, voleva uscire di casa alla svelta per non essere catturato dal vortice organizzativo della madre, potenziato all'estremo dall'aiuto di Caroline; ma non ce la fece in tempo.
Occhi azzurri e felici gli si puntarono contro immobilizzandolo.
«Cercavo proprio te, tesoro...» cominciò la madre, facendo roteare gli occhi del ragazzo, che vedeva la sua idea di svignarsela frantumarsi in tanti piccoli pezzi.
Il ragazzo sorrise sforzatamente avvicinandosi, e Carol estrasse dalla sua agenda una busta da lettere.
«Questo è l'elenco delle persone che hanno offerto qualcosa per l'asta di stasera solo all'ultimo momento» disse, per poi rendere il suo tono più frivolo: «Quando si tratta di beneficenza alcune persone hanno da pensarci all'infinito...».
«Comunque, dovresti farmi la cortesia di andare a ritirarli. Sono oggetti di valore, Ty. Posso fidarmi solo di te» concluse, guardandolo con dolcezza.
A quella prova di fiducia, il ragazzo non seppe rifiutare.
Aprì la busta, e vide l'infinita sfilza di nomi e oggetti da ritirare.
«Mi ci vorrà tutto il pomeriggio!» obbiettò di getto.
«Andiamo, non essere esagerato. Il Gala inizia alle sette: c'è tutto il tempo per portarli qui e per catalogarli»
Gli occhi di Tyler rotearono ancora: in verità, la sua preoccupazione non era rivolta minimamente al Gala, ma esclusivamente al suo tempo libero. Rassegnandosi, sventolò il foglio, sorrise forzatamente, e si allontanò.
«Mi raccomando, fai attenzione!» aggiunse la donna, con un tono leggermente più alto, per farsi ascoltare dal figlio, già distante.


*** ***


Summer, nella sua stanza, seduta sul davanzale della finestra, ascoltava della musica, canticchiando. A tratti, le sue dita giocherellavano col bracciale regalatole da Damon, e sorrideva vedendo i candidi fiocchi di neve che cadevano giù con grazia e lentezza: le sembrava che stessero danzando per lei, ma, probabilmente, quella strana illusione, era solo un effetto collaterale dell'innamoramento, che rendeva ogni cosa più bella.
Damon bussò alla sua porta un paio di volte, ma poi, in mancanza di una risposta, decise di aprila per sbirciare all'interno della stanza. Vide Summer con le auricolari nelle orecchie e le sorrise, avvicinandosi.
La ragazza lo guardò incuriosita: Damon reggeva una scatola bianca, ornata da un fiocco azzurro.
Il vampiro la poggiò sul letto, e Summer gli si accostò togliendosi le auricolari.
«Cos'è?» chiese, guardandola con interessare.
«Aprilo e lo scoprirai...»
Lei, dopo un momento di esitazione, si sedette sul letto e la aprì. Era un abito da sera blu notte, di chiffon e raso.
Guardò Damon con un'aria confusa.
«Abbiamo un Gala a cui partecipare, e voglio che tu sia per lo meno guardabile!» fece lui, col suo “diversamente adorabile” tono.
Dopo un'occhiata contrariata, Summer gli sorrise dispettosamente.
«Sei diventato una sorta di antipatica fata madrina?» domandò allegramente, alzandosi, e togliendo l'abito dalla sua confezione, per ammirarlo interamente.
La ragazza si avviò verso lo specchio e se lo sistemò sul corpo per immaginarselo addosso.
Damon la raggiunse, restando alle sue spalle e posandole le mani sui fianchi.
«No. Ma a pensarci bene la fata madrina ed io abbiamo una cosa molto importante in comune...»
«Sarebbe?» Summer lo guardò con diffidenza.
«Beh, entrambi abbiamo una bacchetta dai poteri magici!...Solo che la mia è più potente!» rivelò, col suo solito modo di fare malizioso, allusivo e divertente.
Summer rise scuotendo la testa con rassegnazione: il vampiro era un caso clinico.
«È stato un pensiero molto dolce, Damon» rimarcò, facendogli capire che, nonostante la precedente offesa, aveva davvero apprezzato quel gesto; e poi continuò: «Ma non ho nessuna intenzione di venire con te. Odio gli eventi cittadini: sono pieni di gente spocchiosa e noiosa»
«Questo è vero, ma noi dobbiamo farlo per lavoro, Summer» Damon si allontanò per sedersi sul letto.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che l'80% delle persone invitate sono membri del Consiglio. Ovvero i proprietari della case che noi non abbiamo ancora visitato, perché non abbiamo idea su come entrarci»
«Forzerò la serratura e tu resterai fuori a fare da palo: problema risolto!» propose lei, facendolo sorridere.
«Anche questo è vero. Ma non ti ho ancora detto tutto. Stasera ci sarà un'asta di beneficenza. Ovvero, molti di questi umani spocchiosi si libereranno delle loro cianfrusaglie inutili, facendosi passare per benefattori...»
«Quindi...se per caso qualcuno mettesse all'asta il fiore di loto, questo potrebbe passare in una casa già visitata, e noi staremo punto e daccapo» concluse Summer, annoiata al pensiero di doverci andare per forza.
«Esattamente. Andiamo, ti ho persino preso un bel vestito! Il minimo che tu possa fare per ringraziarmi è metterlo affinché io possa toglierlo!».
Summer si avvicinò a lui, posando un ginocchio sul letto, e prendendo dolcemente il suo viso tra le mani.
«Beh, in questo caso...sopporterò la serata solo in vista di quel momento...»
Il vampiro emise un mugolio godereccio. Afferrò i suoi fianchi avvicinandoli a sé, e poi la baciò con la foga di chi non è intenzionato a smettere.
«Cosa fai?! Dobbiamo prepararci!» obiettò allegramente, mentre il vampiro faceva scendere le labbra sul suo petto.
«Lo so, ma non posso farci nulla. Ho un sovraccarico di magia!»


*** ***


Il nervosismo di Carol trapelava dai suoi occhi, con una chiarezza inequivocabile: mancavano due ore all'evento, e non vi era ancora alcuna traccia di Tyler.
Caroline fu costretta a prendere il telefono e chiamarlo.
«Dimmi che, al mio tre, entrerai da quella porta!» esordì, con entusiasmo.
«Caroline...» Tyler cercò d'iniziare il suo discorso, ma la ragazza partì col suo speranzoso conteggio.
«Uno!»
«Caroline...»
«Due!»
«Caroline!» riprovò, con più insistenza.
«Non entrerai al tre, vero?!» fece sconsolata.
«No. Mi ci vorrà ancora un po'. Non è colpa mia: la metà delle persone su questa lista sono vecchie mummie vogliose di raccontare la loro intera vita a qualcuno. Non è facile scappare garbatamente dalle loro case!»
«Allora... non essere garbato!»
«Care...» fece, con un dolcissimo tono canzonatorio.
«Ok. Cercherò di tranquillizzare tua madre, e di non lasciarmi intimorire dall'inquietante strato di tensione che le aleggia intorno! Ma tu cerca di fare presto!» come sempre, la vampira parlava alla velocità della luce.
Tyler rise con tenerezza.
«Cercherò di arrivare quanto prima, te l'assicuro»
«Ok...» il tono della vampira era un concentrato di avvilimento, e Tyler sorrise, immaginandosi la sua faccia in quel momento.


*** ***


Il sole era calato da qualche ora, e il giardino di casa Lockwood era illuminato da tante lucine gialle sistemate in ogni dove. All'intero della dimora, la luce soffusa e la musica di sottofondo, lasciava intendere che tutto fosse ormai pronto per l'evento preferito dal Sindaco.
«Vai pure...ti raggiungo dopo» disse Alaric, fermandosi sull'uscio.
«L'aspetterai qui?» Elena sapeva bene che l'amico doveva incontrare Clarissa: il nuovo potenziale problema.
Alaric annuì e sorrise nervosamente: si sentiva stranamente agitato; forse perché non ricordava l'ultima volta in cui aveva dato appuntamento ad una donna, prima della sua storia con Jenna.
«Ok. Allora...ci vediamo dopo!» Elena lo guardò con una sorta d'apprensione, poi gli sorrise ed entrò.


*** ***


«Se non ti dai una mossa, arriveremo a serata finita» Damon entrò nella camera di Summer, con lo sguardo concentrato sul polsino della sua camicia.
«Ho quasi finito...» rispose lei, con la voce strana di chi non può chiudere le labbra.
Quando il vampiro alzò lo sguardo verso di lei, la vide intenta a mettersi il rossetto. Restò un momento imbambolato, per quanto le sembrò bella in abito da sera; e pensò a quanto avrebbe dovuto faticare per non dirglielo.
«Umn...sei meno orribile del previsto!» commentò, simulando un tono sollevato, e assorbendo divertito la repentina occhiataccia di Summer.
«Da quando ho smesso di essere violenta te ne stai davvero approfittando, Damon!» sistemò il trucco nel beauty e diede un'ultima spazzolata ai capelli.
«Questo è vero...» il vampiro le si avvicinò, sfiorando con le dita il bracciale che le aveva regalato.
«Come mai hai smesso di esserlo?» domandò subito dopo, con voce calma, e a qualche centimetro di distanza dalle sue labbra, facendola quasi rabbrividire. Summer si sentì incredibilmente tesa, ma poi smorzò quella sorta di trance in cui era caduta, rispondendo a tono: «In verità non l'ho fatto: sto semplicemente conservando tutta la violenza per quando ne dirai una grossa!» si allontanò da lui per avvicinarsi alla porta.
«Ah...quindi devo impegnarmi di più!»


*** ***


Tyler aveva finalmente completato la sua lista. Era riuscito ad uscire anche dall'ultima casa: quella di un'anziana signora che proprio non voleva mollarlo, raccontandogli per filo e per segno cosa facessero i nipoti, ed offrendogli in continuazione dei biscotti.
Adesso guardava soddisfatto la scatola sistemata sul sedile del passeggero. Il Gala era già iniziato, e, nella sua testa, sentiva la ramanzina della madre, come una sorta di fastidiosa allucinazione. Pigiò il piede sull'acceleratore nella speranza di risparmiarsela,
ma, ad un tratto, una buca inaspettata gli fece perdere il controllo dell'auto, facendola sbandare leggermente. Tyler proseguì per qualche metro, ma poi fu costretto a fermarsi, perché qualcosa nella vettura continuava a rendere la guida instabile. Uscì per controllare: ruota anteriore bucata.
«Grandioso...» mormorò seccato.


*** ***



«Sei un uomo che mantiene la parola data, Alaric Saltzman!» pronunciò una voce schietta alle sue spalle.
Alaric si voltò e le sorrise.
«...E quando la parola data prevede il freebar, lo sono ancora di più!»
Clarissa rise di gusto: iniziava ad adorare il suo assurdo modo di fare.
«Tu sì che sai come non lusingare una donna!»
Lui la guardò con dolcezza, notando l'abito nero che le fasciava le curve snelle, e i capelli raccolti in un'elegante pettinatura.
«Sei davvero molto bella...» bisbigliò con sincerità.
Lei ne rimase piacevolmente sorpresa; e si ritrovò anche lei a notare quanto Alaric fosse affascinante in smoking, e soprattutto senza l'aria da bevitore incallito, che l'aveva negativamente caratterizzato, al loro primo incontro.
«Oh, beh, in questo caso...mi costringi a ritirare quello che ho detto!»
Alaric le sorrise offrendole il braccio, ed insieme varcarono l'ingresso della dimora.


*** ***



Damon e Summer fecero il loro ingresso al Gala, dirigendosi a passo spedito verso il salone principale.
Un cameriere si avvicinò offrendo loro dello champagne, e Summer ne prese un bicchiere: «Ok. Non è poi così male...» constatò, guardandosi intorno.
«Visto?! Ed inoltre ti sei accaparrata l'accompagnatore più bello di Mystic Falls. Cosa si può volere di più?» pronunciò, col suo ferrato tono compiaciuto.
«Un Damon più modesto?!» ribatté lei; ma lui scosse prontamente il capo, per rimarcare l'impossibilità della cosa.
«Damon!» lo chiamò Alaric, mentre li raggiungeva.
Fece un cenno di saluto a Summer, e poi si voltò verso il vampiro con uno sguardo serio.
«Ehi, Rick» fece velocemente Damon, mentre anche lui prendeva dello champagne dal vassoio del cameriere che gli era passato accanto.
«Avrei bisogno di parlarti...» il tono di Alaric era calmo, ma nascondeva una nota di agitazione.
«Vi lascio soli...» Summer capì subito di cosa dovevano discutere: Damon gliene aveva parlato il giorno prima, e pensò che, forse, Alaric si sarebbe sentito più a suo agio senza di lei.
«Puoi restare...tanto sicuramente riguarda la fantomatica sexy Killer!» Damon, come sempre, non si faceva problemi di discrezione.
«Tranquilli, parlate pure...io vado a fare rifornimenti!» la ragazza sollevò il suo bicchiere di champagne quasi terminato, e, dopo aver fatto loro un sorriso, si allontanò.
«Allora, è qui?» fece il vampiro, con un tono a metà tra il disinteresse e la noia.
«Sì, adesso è con Carol...» Alaric si preoccupò di abbassare il tono della sua voce, e poi si avvicinò maggiormente al vampiro.
«Ho dell'erba strozzalupo con me, sto cercando il momento giusto per usarla».
«Prova tra i preliminari e il sesso!» propose Damon, facendogli poi un sorriso sornione.
«È la tua vita ad essere in gioco, Damon! Dovresti prenderla più seriamente. Ma giusto...dimenticavo che la freccia di Cupido ti ha bersagliato la ragione!» le frecciatine erano all'ordine del giorno; e Alaric sapeva bene che quel particolare argomento lo faceva innervosire.
Il vampiro lo guardò in malo modo; quelle congetture lo infastidivano in un modo che non riusciva a comprendere. Trascendeva le insinuazioni e andava oltre. Era una sfera delicata dei sui sentimenti, che neanche lui osava violare: il che significava che gli altri non potevano neanche avvicinarvisi! Eppure, la sua collera restò scherzosa, perché tra lui e Rick le cose funzionavano così: potevano dirsene tranquillamente di tutti i colori.
«Semplicemente, non mi va di essere paranoico, signor Nicholas Sparks! Ma grazie ugualmente per il consiglio non richiesto!» fece con acidità.
Alaric sorrise, divertito e contento per aver scatenato la reazione di fastidio che desiderava.
«Te la presenterò alla prima occasione» disse allegramente, allontanandosi dal vampiro.

Damon camminò per la sala in cerca di Summer, ma fu intercettato da Elena che gli si parò davanti.
«Ehi...» fece la ragazza con dolcezza.
«Ehi...» il vampiro si sentì stranito trovandosela di fronte; ed in quell'attimo entrambi si accorsero di quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui si erano visti.
«Alaric ti ha parlato di Clarissa?» chiese lei, con apprensione.
«Me ne ha parlato...vuole essere sicuro che non sia un licantropo, ma a mio parere credo che stia alzando un polverone per nulla!»
«E se invece avesse ragione?»
«Beh, se Alaric dovesse avere ragione...Cappuccetto Rosso mi sarà debitrice di un grosso favore!»
La preoccupazione di Elena soppresse un iniziale sorriso.
«Damon...ti prego» pronunciò, con voce dolce e quasi supplichevole.
«Cosa?!» il tono del vampiro, invece, non nascose il fastidio dato da quelle parole: odiava quando le persone volevano indirizzarlo verso un'ipotetica cosa giusta da fare!
«Voglio solo evitare altri spargimenti di sangue...tutto qui!» riprese lei; poi, per acquietare i toni, gli sorrise buttandola sull'ironia: «In fondo...a Natale sono tutti più buoni!»
Damon rise leggermente.
«Sai...conoscevo il tizio che ha coniato questa frase: indovina un po'...era un vampiro!»
Elena, questa volta, non riuscì a trattenere il sorriso.
«Promettimi solo che non farai cose avventate...» gli raccomandò, infine.
Damon non rispose nulla. Annuì con poca convinzione interna, e la vide allontanarsi.


*** ***


Summer camminava reggendo due bicchieri di champagne, e si guardava intorno alla ricerca del vampiro. Quando lo vide accanto ad Elena, a sorriderle affettuosamente, si senti paralizzata; poi, con uno scatto quasi meccanico, si girò dando loro le spalle. Si avvicinò al primo tavolo, e vi poggiò il bicchiere che aveva preso per Damon, bevendo il suo in un solo sorso.
Un uomo alla sua destra, che si stava servendo degli antipasti la guardò incuriosito.
Aveva occhi verdi e capelli castani; e anche se il suo volto era irruvidito dalla barba, quell'uomo possedeva una bellezza delicata.
«Lo champagne a volontà è l'unico motivo valido per partecipare a certi eventi...tolta la beneficenza ovviamente!» le disse.
«Come darle torto...» Summer lo guardò, provando un forte senso di deja vu.
«La prego, non mi dia del lei. Sono Eric Swann» l'uomo le porse la mano, e lei, in quell'attimo, si ricordò di lui. Era stato una delle prime persone soggiogate da Damon, per aiutarla nella ricerca.
«Summer Reed» rispose, ricambiando la stretta.
«Gli Swann sono tra le famiglie fondatrici?» domandò subito dopo, con curiosità: Damon l'aveva soggiogato, eppure il vampiro le aveva detto che all'evento avrebbero partecipato per lo più membri del consiglio cittadino.
«Oh, no. Sono stato invitato in quanto architetto paesaggista di Mystic Falls. Hai detto di chiamarti Summer...questa è davvero una coincidenza divertente...»
Summer lo guardò stranita.
«Vedi...è da circa un mese che il mio pappagallino non fa altro che dire “Summer è una donna isterica!”. Non ho proprio idea di dove possa averlo sentito! Soprattutto se in giro c'è una Summer con un sorriso così dolce!».
Lei sorrise forzatamente; adesso ricordava perfettamente chi fosse, ovvero Mister orto Botanico, e sorrise più ripensando a Damon che istruiva quel pappagallino contro di lei, che per i complimenti di Eric. «Beh, in effetti è davvero una strana coincidenza!»
Subito dopo, girando lo sguardo di lato, Summer notò Damon, che la osservava con uno sguardo torvo, e quindi decise di raggiungerlo.
«Mi stanno cercando. È stato un piacere» fece infine con dolcezza.
«Anche per me» rispose lui, leggermente amareggiato dal fatto che le sue lusinghe non avessero fatto colpo.
«Vedo che non posso lasciarti da sola neanche un attimo...» Damon concentrò lo sguardo su altro, e irrigidì la mascella. Aveva ascoltato ogni cosa di quel patetico tentativo di corteggiamento, e anche lui, come Summer, aveva riconosciuto quell'uomo. Quello che non riusciva a digerire, era il modo in cui lei gli aveva sorriso. Davvero trovava simpatico quell'idiota?!
«Questa dovrebbe essere una scenata di gelosia?» Summer si sentì felice per quello strano atteggiamento. Adorava quando Damon mostrava intolleranza verso gli uomini che ci provavano con lei.
«Tsk...Forse è quello che ti piacerebbe...» fece il vampiro, con acidità.
Lo sguardo di Summer mutò rapidamente, perché lui, con cattiveria, aveva colto nel segno: sì, era quello che le sarebbe piaciuto.
«Vai al diavolo, Damon» mormorò, incenerendolo con lo sguardo.
«Si può sapere cosa ti prende, adesso?!» Damon le afferrò il braccio. Non capiva la sua reazione. Doveva essere lui quello arrabbiato! Non lei!
«Lasciami!» Summer si liberò dalla sua presa, e si allontanò velocemente, sotto lo sguardo confuso e contrariato del vampiro.
Quando uscì dalla sala, Damon si avvicinò al buffet, e guardò intensamente l'oggetto del loro litigio.
«Sta lontano da lei!» scandì a denti stretti, soggiogandolo: quel tipo, anche se lo considerava un perdente, era di bell'aspetto, e lui non poteva permettere che ci provasse ancora con lei.


*** ***


«Problemi in paradiso?» Alaric aveva assistito a tutta la scena, e non aveva saputo rinunciare all'idea d'infierire amichevolmente.
«Non dovresti tenere sott'occhio la tua nuova potenziale defunta fidanzata?» rispose, guardandolo di sbieco.
«Sta parlando ancora con Carol, e tu sei davvero un grande stronzo!» questa volta, fu difficile trattenersi.
«L'ho sentito dire...» ma il vampiro risollevò subito i toni, facendolo sorridere.
Alaric si voltò verso lo studio di Carol, e vide Clarissa chiudere la porta alla sue spalle.
«Eccola, è lei» mosse il volto per indicarla, e subito il vampiro si voltò il quella direzione.
«Scusami, Carol mi ha trattenuta più del previsto...» la donna posò la mano sul petto di Alaric.
«Figurati. Vorrei presentati un mio carissimo amico, Damon Salvatore» l'umano le mise una mano dietro la schiena e con l'altra indicò Damon.
«Clarissa Parker» fece lei, porgendogli la mano.
«Molto piacere» Damon ricambiò la stretta, scrutandola con attenzione. Davvero doveva temere quella donna?
Gli sembrava più un ex modella stagionata, che una possibile assassina.
«Lei ha una mano davvero fredda, signor Salvatore...»
«...O forse è lei ad averla incredibilmente calda...» rispose, con un tono calmo ma vagamente irriverente.
«Clarissa è un rinomato chirurgo di Los Angels...» Alaric cercò di alleggerire la strana tensione che si era creata tra i due.
«Un chirurgo...quindi avrà sicuramente una notevole destrezza con gli oggetti taglienti! Davvero interessante...» ma il vampiro non mollava, e quella scherzosa insinuazione fuori luogo fu contrattaccata da un'occhiataccia da parte dell'umano; Clarissa, invece, si limitò a sorridere con un'espressione stranita.
«Sbaglio, o la donna che è appena uscita in terrazza è Summer? Mi era parso di capire che la stessi cercando...» Alaric pensò che fosse il caso di allontanare i due, prima che le battutine del vampiro complicassero maggiormente la situazione.
«Proprio così...è stato un vero piacere» Damon avrebbe voluto divertirsi ancora un po', ma la voglia di andare da Summer, in quel momento, godeva della precedenza.
«Lo stesso vale per me, signor Salvatore» disse educatamente la donna.
Damon sorrise forzatamente. Si allontanò di qualche passo per poi essere fermato dalle parole di Alaric.
«Ah, Damon...di che colore è il vestito di Elena?» fece, con un sorriso sornione.
Damon lo incenerì con lo sguardo senza rispondergli, ma, quando si girò, un mezzo sorriso comparve sulle sue labbra: la loro era un'amicizia davvero assurda!


*** ***

Caroline era preda dell'ansia. Provava a chiamare Tyler ma le sue chiamate andavano a vuoto. Non aveva idea che il ragazzo fosse alle prese con un cambio di ruota, e avesse lasciato il telefono sul cruscotto.
Ogni tanto Carol le passava accanto, e la guardava con insistenza, costringendola a sorridere desolata e a scuotere la testa, per farle capire che non riusciva a rintracciare il figlio in nessun modo.
Alla settima chiamata, finalmente Tyler rispose.
«Cos'è successo? È da un'ora che provo a chiamarti!» esordì la ragazza.
«Ruota bucata, ma ho risolto, sarò lì tra un quarto d'ora. Assicurati che mia madre abbia bevuto abbastanza da essere allegra. Dopo una giornata del genere l'ultima cosa che voglio è una sua predica!»
«Beh...non è stata certo colpa tua. Comunque la tranquillizzerò io, e se non dovessi riuscirci...allora sì: chiederò aiuto Mister bourbon!»
Tyler rise dolcemente «Confido in te. A dopo»
Caroline si mescolò alla folla in cerca del Sindaco.
«Signora Lockwood!»
«Hai avuto notizie di Ty, cara?»
«Ha avuto problemi con l'auto, ma sta per arrivare»
«Oh mio Dio, ma sta bene, vero?» il colorito di Carol cambiò repentinamente.
«Sì, certo, non è stato nulla di grave»
Carol annuì sollevata.
«L'asta era prevista per le otto, e noi avremo bisogno di tempo per catalogare i nuovi oggetti. Ho sbagliato, non avrei dovuto accettare delle donazioni all'ultimo minuto...» disse nervosamente.
«Ce la faremo in tempo, signora Lockwood, intanto, se mi permette, vorrei dire ai musicisti di suonare qualcosa di ballabile. Ci farà guadagnare tempo»
Carol annuì.
«Ottima idea. Mi sei stata di grande aiuto, Caroline»
La vampira sorrise gioiosamente: quella, era musica per le sue orecchie!


*** ***


Summer se ne stava in terrazza, nonostante il freddo che le pungeva la pelle. Cercò di riscaldarsi le braccia sfregandosele delicatamente, ma l'aria di dicembre era decisamente più forte di lei. Damon era stato il solito insensibile. L'aveva fatta soffrire vederlo scherzare con Elena, e quel semplice contentino di gelosia le sarebbe bastato per stare almeno un po' meglio; ed invece il vampiro non le aveva concesso neanche quello.
Improvvisamente, parte del freddo cessò: era Damon che le aveva poggiato la giacca sulle spalle.
«Cosa vuoi?» chiese con freddezza.
Damon la oltrepassò, appoggiandosi alla ringhiera.
«Cosa voglio?! Summer, dovrei essere io quello arrabbiato, non tu!» asserì con voce ferma.
«Davvero? E Perché mai?»
«Perché?!» ripeté lui allibito, per poi continuare: «Stavi flirtando con Ace Ventura proprio davanti ai miei occhi, Summer! Ecco perché!» la sua voce diventò leggermente più alta, e solo a frase finita se ne rese conto, restandone sorpreso e quasi immobilizzato.
«Ci hai addirittura ascoltati...» bisbigliò lei, con una ritrovata luce sul volto, per poi riprendere il discorso: «Quindi ho ragione: la tua è una scenata di gelosia in piena regola».
Il vampiro evitò di guardarla negli occhi. Certo che lo era! Tra di loro non c'erano obblighi di alcun genere, ma Summer lo sapeva bene che non doveva farlo in sua presenza. Gliel'aveva già fatto capire! Anche se voleva esplodere di rabbia, cercò di moderare le sue reazioni.
«Ok. D'accordo. Chiedimi se sono geloso di te» fece, con un tono rassegnato.
«Sei geloso di me, Damon?» in attesa di quella risposta, a Summer brillarono nuovamente gli occhi.
«Assolutamente no!» affermò con decisione, facendo rapidamente mutare l'espressione della ragazza.
«Ma sono tentato di spezzare il collo a tutti quelli che ci provano con te» continuò subito dopo, col tono veloce e basso di chi ha difficoltà ad ammettere qualcosa. Quelle parole non erano state messe in programma, eppure avevano trovato un modo per uscire dalle sue labbra.
Lo sguardo della ragazza si riaccese di nuovo.
«Credo che questa sia una valida definizione di gelosia!» asserì, gongolando internamente.
«No. Non lo è!» con un tono fermo e dispettoso, fece crollare, per l'ennesima volta, le aspettative di Summer. Ma era più forte di lui: non voleva darle ulteriori soddisfazioni! Quella mezza confessione, doveva bastarle!
«Perché non lo vuoi ammettere?! In fondo l'hai già fatto, perché ora vuoi rimangiartelo?!» chiese, con una lieve esasperazione nella voce. Era la sua paura che veniva a galla. Pensò che quella piccola fiamma di gelosia che provava per lei si fosse già estinta; e quella prospettiva era infinitamente deludente.
«Appunto! L'ho già detto! Perché vuoi sentirtelo dire ancora?!» rispose lui, con rapidità e agitazione, per poi irrigidirsi ancora una volta. Deglutì con forza, e cercò lui stesso una risposta a quella domanda. Perché voleva che le mostrasse la sua gelosia? Era per soddisfare il suo ego, o perché voleva realmente che lui provasse quel sentimento? Era una sorta di vanità, oppure era altro? E se fosse stato altro, come avrebbe dovuto interpretarlo? Come avrebbe dovuto sentirsi? Ma, soprattutto, gli importava davvero saperlo? Cosa cambiava? Damon era assorto in domande che per troppo tempo aveva evitato di porsi. L'aveva fatto per godersi quel rapporto con tranquillità, ma, adesso, qualcosa stava inevitabilmente venendo a galla.
Le sollevò il mento con l'indice, e la guardò con un'espressione spaesata: «Perché vuoi sentirtelo dire?...» ripeté bisbigliandolo, con voce bassa e quasi strozzata in gola. Il suo respiro era schiavo di un ritmo ansioso, e quell'attesa gli sembrò un momento avulso dalla realtà. Summer lo guardava negli occhi senza proferire parola, e Damon voleva solo cercare di capire cosa si nascondesse dietro quello sguardo, cosa stesse provando, ma, soprattutto, voleva capire cosa stesse provando lui stesso, perché tutto gli sembrava privo di senso. Le sue emozioni non avevano senso! Quella strana agitazione che condizionava il suo respiro non aveva senso! E neanche il fatto che si sentiva quasi immobilizzato dalla tensione e ipnotizzato da lei aveva senso!
Voleva una risposta a tutto. Voleva capire. Sentiva che c'era un grosso pezzo del puzzle che mancava all'appello, e adesso lo voleva. Sentiva un dannato bisogno di chiarezza.
«Damon!» una voce dietro di loro spezzò quella tensione, facendo sentire Summer sollevata e accendendo lo sguardo inceneritore del vampiro.
«Scusate. Ho... per caso interrotto qualcosa?» continuò Alaric, avvicinandosi.
«Niente, non preoccuparti...» rispose Summer, togliendosi la giacca di Damon e porgendogliela «Stavo giusto per rientrare...» continuò, guardando il vampiro con un'espressione che lui non riuscì a decifrare. Summer entrò nuovamente nella sala, tirando un inaspettato sospiro di sollievo. L'unica risposta a quella domanda era: “Perché è tutto quello che posso avere!”; una frase troppo compromettente per essere pronunciata. Il cuore le batteva all'impazzata. Esporsi così tanto era stata una stupidaggine. Doveva fare più attenzione, se non voleva rischiare di confessare un sentimento dall'esito troppo doloroso, che avrebbe solo cambiato le cose in modo irreparabile. Lei non voleva perderlo. Non voleva perdere quello che avevano: qualunque cosa fosse. Anche se questo voleva dire sentirsi schiacciata da dei sentimenti inconfessabili.
E si sentiva una stupida e una perdente all'idea di doversi accontentare, ma lo amava, e non riusciva a fare diversamente: il suo orgoglio era stato sconfitto da un sentimento infinitamente più forte.

Damon afferrò la giacca e continuò ad osservare Summer, fino a quando non fu più visibile.
Alaric, invece, notò lo sguardo spaesato del vampiro, compiacendosi del fatto di avere ragione: quello, era inequivocabilmente il volto di un uomo innamorato.
«Allora, cosa ne pensi di Clarissa?» chiese, catturando finalmente la sua attenzione.
A Damon servì un lungo istante per smaltire tutto quel miscuglio di emozioni, poi tornò in sé e, col suo solito modo di fare, disse: «...È abbastanza attraente. Hai la mia benedizione. Torna pure agli atti impuri!»
«Potresti essere serio almeno per un minuto?!» a volte, per Alaric, era davvero snervante avere a che fare con lui.
«Cosa vuoi che ti dica, Rick?! Non so riconoscere un licantropo a prima vista e, per quanto ne so, per loro il chip non è ancora obbligatorio!» continuò animatamente, ma poi lo sguardo serio dell'amico lo costrinse a rivedere i suoi toni. «Hai detto di avere dell'erba “strozzalupo” con te. Se proprio vuoi toglierti questo dubbio, dagliela!» propose, con un'insolita serietà, per poi riprendere con un tono più ambiguo: «A meno che tu non abbia paura di scoprire che si tratti realmente di un licantropo...».
«Perché mai dovrei averne paura?» domandò, irrigidendosi.
«Perché ti darebbe conferma di avere davvero un pessimo radar per le donne!» Damon ritornò il solito, riportando la conversazione nella loro modalità preferita, ovvero, quella dominata dalle allegre frecciatine.
«Sai...parlando di paura di scoprire la verità... oggi è un gran giorno per te, Damon: è sempre al gran ballo che il principe scopre di amare la principessa!» Alaric ripensò al suo sguardo, e mettere il dito nella piaga fu una tentazione implacabile.
Il vampiro gli lanciò un'occhiataccia fulminea.
«Beh, ti ringrazio infinitamente, per avermi spoilerato il finale del romanzo rosa che stai scrivendo...» gli mise una mano sulla spalla, «Ho davvero temuto di doverlo leggere!» concluse, con un tono sollevato.
Alaric rise brevemente, e Damon andò alla ricerca della sua principessa.


*** ***


Ritornò nel salone principale, e vide Summer appoggiata ad una parete, con l'espressione di chi è fisicamente in mezzo alla folla ma mentalmente altrove. Le si avvicinò con la solita andatura sicura: c'era un discorso in sospeso che necessitava di un approfondimento, ma poi decise di posticiparlo, e di tenderle la mano con un gesto galante.
Lei, distratta dai suoi pensieri, notò la sua presenza solo quando le fu accanto.
«E adesso cosa vuoi, Damon?» fece impassibile, ignorando quell'invito.
Il gesto di galanteria del vampiro si trasformò in una mossa di ovvietà.
«Beh, visto che questo è un Gala di Beneficenza è giusto che faccia la mia parte... concedendo il primo ballo alla più brutta della festa!»
Lei lo guardò allibita, esclamando: «Hai la minima idea di quanto ti detesti?!» con un tono acuto ed esasperato.
Il vampiro sorrise, e poi l'attirò a sé, mettendole una mano dietro la schiena.
«No, Summer. Non ne ho idea... perché non mi detesti» prese la sua mano con un gesto delicato, per poi riprendere il discorso con altrettanta dolcezza: «E mi chiedo come sia possibile...».
Il volto del vampiro ebbe il potere di dissuaderla da ogni tentativo di fingersi distaccata.
Opporsi le fu impossibile, così si lasciò trascinare al centro della sala, dove anche altre coppie si stavano posizionando.


You and Me - Lefehouse


La band ingaggiata da Caroline iniziò a suonare, e le luci della sala si affievolirono gradualmente.
Summer cercava di non lasciarsi catturare dallo sguardo di Damon, che le risultava più intenso e magnetico del solito. Il vampiro la guardava come se in lei stesse cercando qualcosa di piccolo, ma inestimabile; e Summer si sentiva intrappolata nei suoi occhi, così azzurri e spendenti, da darle un senso d'infinito.

...And I don't know why
I can't keep my eyes off of you


Con un movimento dolce e inaspettato, Damon avvicinò il volto a quello di Summer, che titubante si lasciò andare maggiormente sulla sua spalla.
Il vampiro sapeva che molte volte avrebbe fatto meglio a restare in silenzio, ma quello era ciò che era: un tipo che fa contorcere i nervi; e si stupiva di come Summer continuasse a sopportarlo. Con lei, sentiva di non doversi mai limitare, di poter essere sé stesso, nel bene e nel male; e avrebbe voluto poterglielo dire, almeno una volta, senza rischiare di rovinare ogni cosa con qualche parola fuori luogo, ma capì che forse non ci sarebbe mai riuscito; così, con dolcezza, appoggiò la guancia alla sua fronte, sperando che almeno i gesti avessero più fortuna delle parole.


All of the things that I want to say
just aren't coming out right
I'm tripping on words



Ma, dopo un po', qualcosa che gli opprimeva il petto lo fece distanziare, per poterla guardare nuovamente negli occhi. Era quel dubbio che non poteva più aspettare, quel discorso interrotto bruscamente, quella verità dentro di lui che, quella sera, arrivata al limite, cercava di uscire in ogni modo: di trovare uno spiraglio, una via di fuga tra l'oscurità e le nubi, tra le paure e le false convinzioni.
«Prima ti ho fatto una domanda...voglio una risposta» le disse calmo, ma con una fermezza che non lasciava via di scampo.

There's something about you now
I can't quite figure out
Everything she does is beautiful
Everything she does is right


*** ***


Finalmente, Tyler fece il suo ingresso al Gala, e Caroline, vedendolo, si sentì subito più leggera.
«È tutto tuo!» esclamò il ragazzo, porgendole un pesante scatolone, «Io ho bisogno di una doccia!» riprese rapidamente, per evitare che gli venissero affibbiati altri incarichi, e mostrandole le mani ancora parzialmente sporche del grasso della macchina.
Caroline gli sorrise, sollevando leggermente la scatola in segno di ringraziamento, e poi, velocemente, si avviò verso la sala dove si sarebbe tenuta l'asta.


*** ***


Summer si sentì nuovamente spaesata; Damon aveva riaperto un discorso che lei aveva erroneamente dato per scampato.
Il cuore iniziò a batterle in modo irregolare e quasi doloroso.
Senza conoscere esattamente le parole che avrebbe pronunciato, stava per bisbigliare qualcosa, ma, ad un tratto, tutto le sembrò farsi più grande e vicino, poi immediatamente più piccolo e lontano, dandole un forte senso di vertigine. Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, tutto diventò gradualmente sbiadito, fino ad oscurarsi totalmente.
Summer crollò, esanime, tra le braccia di Damon, che la prese prontamente in braccio.
«Summer...» bisbigliò lui, allarmato e confuso.
Tutti si arrestarono per vedere cosa fosse successo, e Damon si fece spazio tra la folla curiosa, per portarla nello studio di Carol.
Caroline, in un'altra sala, notò quella brusca interruzione della musica, e si avviò svelta verso il salone principale.
«Perché la musica si è fermata?» domandò ad Elena, che, avendo assistito alla scena, stava raggiungendo il vampiro, per dargli il suo aiuto.
«Summer è svenuta. Damon l'ha portata nello studio»
Il quel momento, le due vennero raggiunte dal Sindaco.
«Caroline, cos'è successo?! Mi hanno detto che una ragazza si è sentita male...»
«È così, ma non è nulla di grave, me ne occupo io, signora Lockwood. Ma qualcuno dovrebbe dire ai musicisti di riprendere a suonare...» Caroline le mise una mano dietro la schiena per incitarla. La presenza di Carol, in quel momento, poteva essere problematica, dato il rancore che ancora provava per il vampiro.
«Giusto... ma avvisami immediatamente se la cosa è di più grave di un semplice svenimento»
«Certamente» Caroline ed Elena la videro avviarsi, e subito ne approfittarono per raggiungere Damon.


Il vampiro l'adagiò sul divano, che le controllò il polso, risultandogli inspiegabilmente debole. Summer era incredibilmente pallida, e lui le accarezzò dolcemente la fronte, provando un senso di stringimento al petto, soprattutto perché non aveva idea di cosa le fosse accaduto.
Elena e Caroline lo raggiunsero, aprendo la porta senza bussare, ed assistendo a quel gesto premuroso che il vampiro interruppe delicatamente.
«Cosa l'è successo?» domandò Elena, con apprensione.
«Non ne ho idea...stava bene fino ad un attimo prima...» Damon non riusciva a capire. Non l'aveva mai vista neanche stanca, ma poi ci arrivò: non poteva essere nient'altro...
«Dev'essere entrato qualcuno con il medaglione. Chi è stato l'ultimo ad entrare?»
«Tyler...è entrato Tyler con gli oggetti per l'asta» rispose Caroline, non capendo cosa c'entrasse lui con con il malessere di Summer.
«Dev'essere tra quelli...» mormorò il vampiro, alzandosi.
«Puoi restare con lei?» chiese ad Elena, con un volto preoccupato e un tono dolce.
«Sì, certo»
In vampiro annuì.
«Andiamo...» disse, infine, rivolgendosi alla vampira.


*** ***

I due vampiri entrarono nella sala adibita all'asta, e si recarono dietro al palchetto dove, su un grande tavolo, erano sistemati degli oggetti dall'aria datata.
«Sono tutti lì dentro, li stavo numerando» Caroline, su richiesta del vampiro, indicò una grande scatola alla fine del tavolo.
Damon scavò frettolosamente al suo interno. Aprì qualche astuccio di gioielleria senza successo, poi, in fondo, trovò piccolo sacchettino di velluto blu. Lo aprì, e finalmente lo vide: un piccolo fiore di loto argentato. Qualcuno l'aveva trasformato in una spilla.
«È questo!» disse certo, stringendolo con forza nella mano destra, e allontanandosi senza prestare attenzione alla vampira.
«Fantastico...e adesso come lo spiego a Carol?!» esclamò lei, seriamente avvilita.


*** ***


Damon raggiunse velocemente lo studio.
«Come sta?» chiese avvicinandosi.
«Non si è ancora ripresa» Elena si alzò dal tavolinetto di fronte al divano su cui si era seduta per avvicinarsi a Damon.
«Ok. non preoccuparti, resto io con lei»
Elena annuì.
«L'hai trovato?» chiese con curiosità. Era un momento che anche lei aspettava da tempo. Così tanto tempo da sembrarle solo una storiella inventata; ma il vampiro annuì sorridendo e rincuorandola.
Elena sorrise a sua volta e lasciò la stanza, capendo la sua voglia di stare accanto a Summer.
Damon si sedette sul divanetto all'altezza dei suoi fianchi, e riprese ad accarezzarle il volto, pensando che probabilmente era il caso di affidare la spilla a qualcun altro − dato l'effetto che aveva avuto su Summer − ma poi quest'ultima emise un mugolio, sintomo che si stesse finalmente svegliando.
Lentamente, aprì gli occhi con un'espressione confusa, e la testa che le sembrava il nucleo di una centrale elettrica.
«Damon...cosa mi è successo?» chiese, con una sorta di affanno.
«Mi dispiace...è stata colpa mia» le accarezzò ancora il viso, guardandola con una dolcezza e una premura infinita, per poi continuare con serietà e costernazione: «Stasera sono di una bellezza che stende...».
Summer, nonostante lo stato in cui si trovava, non riuscì a trattenere una breve risata.
Piano, le scariche nel cervello le sembrarono affievolirsi, ed anche la vista le ritornò del tutto chiara.
«Ok... non posso prendermene tutto il merito!» Damon, vedendola sorridere, si sentì più sollevato, e le mostrò il tanto agognato fiore di loto.
Summer sgranò gli occhi.
«Oh mio Dio! L'hai trovato!» non riusciva a crederci. Dopo tutti quegli anni passati alla ricerca dei tre elementi, finalmente erano tutti in suo possesso! Lo afferrò e lo guardò meravigliata e ancora incredula.
«E sarebbe stato quest'affarino a mettermi K.O?» Summer si alzò con la schiena, e prontamente Damon cercò di aiutarla.
«Sto bene, tranquillo. Mi sto già abituando alla sua presenza» fece lei, con la dolcezza che meritava il vampiro.
Summer si alzò, e iniziò a camminare per lo studio, tenendo l'oggetto stretto nella mano.
«Non posso crederci...» bisbigliò, ancora stralunata: quel momento le sembrava un sogno.
Damon si alzò a sua volta, e si appoggiò alla scrivania sorridendo, e mettendo le braccia conserte.
«E ora?... Questo cosa significa?» chiese, con una sorta di felicità nello sguardo.
Summer s'immobilizzò, restando a fissare il fuoco del camino. Solo in quell'attimo, realizzò cosa significava quel ritrovamento. Si girò con lentezza verso Damon, e lo guardò sentendo il cuore paralizzato e schiacciato.
«Significa...» quasi non ce la faceva a pronunciare il seguito della frase, ma sentì di doverlo fare, per concretizzarlo in tutto il dolore che le avrebbe provocato, ma che non poteva rimanere in sospeso: «che me ne vado...» concluse, col sorriso dolce e forzato di chi non vuole assolutamente piangere.
Passarono degli interminabili secondi, in cui i due si guardarono senza la forza di dire altro, ma poi Summer spezzò quell'impasse, perché gli occhi le si stavano inumidendo, e il cuore le stava battendo in modo così frenetico da costringerla a scappare via, per liberarsi dall'assurda convinzione che potesse esplodere da un momento all'altro
«Sai...l'incantesimo mi ha stravolta. Preferisco tornare a casa. Ci vediamo dopo...» fece, senza più guardarlo negli occhi, con lo sguardo basso, e i movimenti veloci di chi teme di essere fermato.
Uscì dalla stanza chiudendo la porta alle sue spalle. Sentiva per davvero il bisogno di correre a casa, lontana da tutta quella confusione, da quei rumori e da quelle voci, che in quel momento non le risultavano altro che fastidiosi e ovattati ronzii.

Damon si limitò ad annuirle, con uno sguardo che sembrava fisso in un punto preciso, ma che in realtà era perso in sé stesso; e nell'attimo in cui Summer uscì dalla stanza, il lieve rumore della porta gli echeggiò dentro, percependolo come un'onda d'angoscia che si propagava verso ogni estremità della sua carne, e poi tutto fu improvvisamente chiaro: l'amava.
Come diavolo aveva fatto a non capirlo prima?!
Un flusso d'immagini gli scorse davanti agli occhi, impreziosite da un significato, che cambiava tutto ciò che in precedenza era stato erroneamente interpretato, e distrattamente, o volutamente, ignorato.

«Significa...che me ne vado...»
«Forse un giorno questo bracciale diventerà intoccabile quanto la tua collana...»
«Mi riferisco a tutte le persone che per me sono diventate importanti...Come te, Damon...»
«Eppure mi pare di ricordare che una certa persona sarebbe stata sempre dalla mia parte...»
«Ti sbagli...tra noi quello geloso sei tu...»
«Perché...non riesco a sopportare il contrario»
«Non vedo perché non possa innamorarsi di te...»
«Almeno io, certe cose, ho il buon gusto di farle in tua assenza!»
«Quindi è così? Oltre a non essere un mostro... sei addirittura un bravo ragazzo»
«Non se ne parla...non ti lascio da sola»
«È l'ultima volta che riesci a fermarmi»
«Ma non avevamo dato via libera ai baci privi di finalità sessuali?»
«Ripeterlo non lo renderà vero, Damon. Non è così che funziona!»
«C'è... dell'ottimo sesso!»
«Questo... era fine a sé stesso»
«Sono io quello che stamattina ha rischiato di bruciare!»
«Vogliamo parlare del tuo atteggiamento alla Io Tarzan, tu Jane!?»
«Dovevo essere brutalmente torturato per meritare due coccole?»
«Puoi sforzarti quanto vuoi, Damon...ma non riesco a vederti come un mostro...»
«Un tempo mi avresti già impalettato...cos'è cambiato?»
«Come sistemazione non è male...peccato che la compagnia sia pessima!»
«Credi che a me faccia piacere averti intorno!? Ti prego, non lusingarti!»
«Sai, Damon...non sei poi così pessimo come credevo...»
«Anche un prototipo mal riuscito di complimento!»
«Cosa sei, un orsetto gommoso?! Vestiti e Vattene!»
«Domani mi lascerò torturare...»
«Mi darai ancora fastidio una volta finito il gioco?»
«Hai ancora il mio profumo addosso e già sei in fase di negazione?»
«Cosa stai cercando di dimostrare?»
«Possibile che tu debba essere sempre così violenta?!»
«Otterrei lo stesso risultato uccidendoti...e mi stai davvero tentando!»
«Io attratto da lei...Neanche per sogno! Un iceberg trasmetterebbe più calore...»
«La vita è un dono prezioso...perché vuoi privartene?!»
«Una pazza mi ha spezzato l'osso del collo!»
«Tu sei davvero fastidioso!»
«Fai attenzione durante il tragitto: è pieno di soggetti pericolosi lì fuori»
«Me ne porti un'altra?»



L'amava: tutto aveva finalmente un senso.
Gli occhi gli si inumidirono, e il respiro gli s'indebolì, privandolo crudelmente dell'ossigeno necessario.
Tutti i suoi comportamenti, tutte le sue emozioni, erano state guidate da un amore vissuto alla cieca.
Ma, ora che i suoi occhi erano addirittura spalancati, quel sentimento era perfettamente chiaro, e Damon poteva finalmente capire il perché di ogni cosa.
Era come se l'avesse sempre amata, dal primo momento; perché solo questa conclusione poteva spiegare con coerenza le sue azioni; quella raffica di ricordi che l'avevano addirittura immobilizzato.
Come quella sera al Grill in cui, pur senza voglia, gli fu inevitabile parlare con lei; come il fatto che avesse mentito ad Elena e Alaric sulla sua intenzione di aiutarla nelle ricerche; quell'attrazione fisica che non riusciva a controllare, e che lo portava a cercare in ogni modo il contatto con la sua pelle; quell'assurda decisione di farla vivere a casa sua; il fatto che l'avesse consolata per tutta la notte, senza sentirne il minimo peso; il suo allontanamento, quando quei sentimenti si stavano facendo troppo chiari, e la successiva decisione di ovattarli, pur di continuare a stare con lei; quella gelosia insostenibile, che gli infiammava il petto, quando qualcuno le si avvicinava; la voglia di sentirla sua, al punto di volerla trasformarla in un vampiro; l'impegno che ci aveva messo per trovarle un regalo che fosse perfetto; e, soprattutto, il dolore che provava adesso, consapevole del fatto che lei se ne sarebbe andata: che presto o tardi quella situazione sarebbe inevitabilmente cambiata.
Tutte queste cose, si potevano spiegare solo con quella parola che per mesi si era nascosta, in silenzio, dentro di lui, pur di non spaventarlo, e per cercare di sopravvivere e di crescere. Perché Summer era stata questo: un piccolo seme, già dentro di lui, germogliato con la sua presenza, e diventato, in seguito, così grande da infrangere, con i suoi rami, ogni sua barriera. Summer l'aveva colto di sorpresa dall'interno. Le mura che lo proteggevano, erano state inaspettatamente distrutte dalla parte opposta; perché lei, per tutto quel tempo, era rimasta nascosta dentro di lui; ma ora che poteva finalmente percepirla, in tutta la sua essenza, Damon se la sentiva sotto la pelle, dentro il sangue, e impressa in quell'anima data per persa.
Ripensò a tutte le allusioni di Alaric, e si sentì terribilmente arrabbiato per il fatto che se ne fossero accorti prima gli altri.
Pensò ad Elena...davvero non aveva idea del colore del suo vestito; e si chiedeva se l'avesse dimenticato, oppure non l'avesse proprio notato.
Come aveva fatto a non capire che i suoi sentimenti per lei erano cambiati?! Come aveva fatto a non notare che non si sentiva più attratto dalle sue labbra?!
Si sentiva incredibilmente stupido all'idea di non aver riconosciuto i suoi stessi sentimenti, ma, in fondo, ne capiva il motivo.
Non aveva mai vissuto l'amore nella sua forma più felice e spensierata. Nella sua lunga vita, quel sentimento era sempre stato, in qualche modo, associato al dolore; ed era stata proprio la mancanza di quest'ultimo ad impedirgli di riconoscerlo.
In quelle settimane, per Damon, l'amore era stato un limpido oceano in cui nuotare liberamente; e solo ora che quell'acqua incontaminata si era macchiata del nero dell'angoscia, riusciva finalmente a percepirne l'estensione; ed era un amore smisurato, proprio come l'ansia di perderla, che, in quel momento, risucchiava il suo respiro dandogli la sensazione di annegare.
Quella consapevolezza era venuta allo scoperto con violenza, perché aveva portato con sé tutte le paure e le insicurezze che gli erano state risparmiate in precedenza, facendolo sentire completamente disarmato, di fronte a quell'imprevista raffica di incertezze.
Summer provava dell'affetto per lui, ne era sicuro; ma adesso non gli bastava. Da lei voleva il suo stesso amore; ma si chiedeva se fosse realmente possibile.
Damon sentiva che quel genere di cose non appartenevano al suo destino. Non era da lui essere ricambiato dalla donna che amava; non lo sentiva possibile, neanche ora che non doveva contendersela con suo fratello.
E se l'avesse fatto davvero? Se Summer avesse davvero deciso di andarsene, come avrebbe dovuto interpretarlo?
Come un chiaro segnale del suo disinteresse?
Quella dannata consapevolezza aveva fatto il suo ingresso solo da pochi minuti, e già lo stava uccidendo, con tutto il suo seguito di lancinanti dubbi.





Angolino di NaNa:
“Ehilà... c'è neeeessssssuuuunooooo!?!?!”
Da quando i miei aggiornamenti si sono rallentati, ogni volta che pubblico mi sento sempre una povera particella di sodio! XD
Solite cretinate a parte,
trovo importante spendere due paroline sul “flashback” di questo capitolo: le parti in rosa, ovvero le parole di Summer, non fanno capire a Damon ciò che lei prova (visto che per lui sarà il “demone” dei prossimi capitoli xD) ma solo ed esclusivamente quello che prova lui. Non tutte le frasi sono “momenti importanti”, ma per Damon, in quel frangente, anche le piccole cose trovano un significato^^.
Come avrete notato, vanno dall'ultima frase di Summer (ovvero dalla doccia fredda xD) fino al momento in cui lui ascolta per la prima volta la sua voce, e incuriosito si gira per guardarla.
Ovviamente, spero che questo capitolo non sia risultato troppo scontato e banale (hanno trovato il fiore ad un asta...”Wooow...complimenti NaNaBianca: fantasia ai massimi livelli -_-'''”, “Lo so, uffiiii, ma mi piaceva il fatto che loro si stessero focalizzando sulle case, per poi trovarlo in tutt'altro scenario” :D)
Comunque, in tal caso...sorry :( ma mi giustifico dicendo che la mia è solo una povera testolina atrofizzata! Non potete pretendere chissà cosa...quindi siate comprensive T-T
Come sempre ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui, nonostante i papiri mastodontici.
E spero davvero che questo capitolo non abbia deluso troppo le vostre aspettative.
Ringrazio chi troverà un po' di tempo per lasciarmi un commentino
*.*,
e chi vorrebbe trovarlo solo per insultarmi, ma poi si asterrà gentilmente dal farlo, per non farmi piangere :D (ovviamente scherzo, sono ben accette anche le critiche...sempre meglio dell'indifferenza xD)
Altra cosa che voglio dire:
non fatevi aspettative sulla seconda parte del capitolo!!! (che, tra l'altro, prevede solo poche scene che non ho voluto mettere in questo, perché non volevo rischiare di arronzarle)
Ripeto: è vero, Damon ha finalmente capito i suoi sentimenti (quest'anno le campane non suonano per la Pasqua, ma per lui!xD) però questo non vuol dire che adesso sarà tutto rosa e fiori. Anzi, le cose diventeranno gradualmente più problematiche e contorte.
Purtroppo abbiamo a che fare con due zucconi: non dimenticatelo! xD ed io vi avevo avvisato che questa fic, sul piano sentimentale, avrebbe fatto buttare il sangue. E se non l'ho fatto...emmm ...lo sto facendo adesso xD (i lettori preparano i forconi, ma NaNa scappa veloce come il vento!!!)
Detto questo - dalla buca in cui mi sono nascosta per non essere picchiata – vi auguro una buona Pasqua e una divertentissima Pasquetta!!!
Ora vi saluto e sparisco...*puff*







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Capitolo 50
*** Cinquantesimo Capitolo ***


Alla mia piccola e dolce Nanyvale


Alla mia preziosa Alice_InWonderland


Alla mia insostituibile Avevanospentoanchelaluna



*** 25 Dicembre ***
Parte 2^


Gloria camminava per il lungo corridoio che collegava la sua casa al bar. Sì immobilizzò un istante, quando sentì le terribili urla della vampira che provenivano dallo scantinato; e si chiese se fosse il caso di alzare il volume della musica, all'interno della sala, per evitare che qualcuno le sentisse. Restò immobile per qualche secondo. Non si sarebbe mai aspettata, nella sua vita, di favorire così tanto il male: di far parte della combriccola di Klaus.
Perché era esattamente ciò che era successo. Era finita nell'oscuro vortice dell'ibrido, e non sapeva come uscirne...o almeno come uscirne viva.
Klaus era troppo potente persino per lei, e, soprattutto, era immortale.
Gli spiriti avrebbero perdonato la sua passività? Si chiese, vergognandosi di ciò che era diventata.
Klaus la raggiunse mettendole un braccio intorno alle spalle.
«Non trovi che sia un suono melodioso, mia cara?» domandò con compiacimento. Aveva soggiogato una ragazza affinché frustasse la vampira con delle corde intrise di verbena. Era principalmente con i trattamenti notturni che Klaus amava sbizzarrirsi, ma, in ogni caso, l'importante era che Katherine non avesse neanche un attimo di pace.
Gloria fu investita da un forte odore d'alcool. Da quando avevano contattato Philiph Harris senza successo, l'ibrido non faceva altro che bere e inventare nuovi e fantasiosi modi per torturare la sua prigioniera. In quei giorni, Gloria l'aveva anche vista ricoperta di aghi di legno - in stile agopuntura - costretta a restare immobile, per non rischiare la vita a causa del legno conficcato troppo vicino al cuore. Ma, nonostante tutto, la vampira mostrava ancora un notevole attaccamento alla vita.
«Questa storia durerà ancora per molto?» chiese di rimando, con freddezza. Perché Klaus era ancora lì? Perché non la lasciava in pace?
«Fino a quando sarà divertente...quindi sì: ancora per molto!» asserì, con un tono corrotto dalla poca lucidità mentale, e da quell'inoffuscabile cattiveria che lo aveva reso celebre.
Gloria irrigidì la mascella, mostrandogli tutto il suo disappunto.
«Oh... non fare quella faccia, mia cara... » bisbigliò avvicinando il suo volto a quello della strega, «A meno che tu non voglia fare compagna a Katerina, ovviamente...» continuò, in un bisbiglio diabolico.
Gloria si fece coraggio, liberandosi da quella presa e parandoglisi di fronte. Quella situazione era diventata insostenibile. Era sempre stata una strega temuta e rispetta, non riusciva più a sopportare i modi di Klaus.
Ormai sentiva di stare per raggiungere il limite della sopportazione.
«Vi voglio fuori dal mio bar, Klaus» disse risoluta, guardandolo con fierezza.
Klaus sorrise, quasi divertito: probabilmente era l'alcool a rendere quella richiesta ancora più esilarante.
«Ci vuoi fuori?!...» ripeté con enfasi, ridicolizzando quel coraggioso tentativo, poi le afferrò la mascella col pollice e l'indice e la trascinò al muro.
«Non dimenticare con chi stai avendo a che fare, Gloria!» mormorò, con uno sguardo folle e inceneritore, per poi lasciare quella violenta presa.
«Ma... d'accordo. Ci vuoi fuori?! Bene!...Trova una soluzione! » il suo sguardo ritornò improvvisamente lucido, tanto da lasciare un fremito di terrore sulla pelle della strega.
Klaus le fece un'altra occhiataccia, e poi si allontanò verso l'uscita.
Aveva bisogno d'aria per smaltire la sbronza, ma, soprattutto, per pensare.


*** ***


Caroline raggiunse Elena in terrazza.
«Tyler sta parlando con sua madre...» iniziò, vagamente tesa.
«Credi che ci saranno problemi?» Elena, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo fisso sul paesaggio, si voltò verso di lei.
«A quanto pare l'assicurazione copre anche lo...smarrimento» disse, ammiccando, per far capire all'amica la bugia che avevano inventato, «quindi non dovrebbero essercene...» concluse, rassicurandola. Elena annuì. Tyler si era addossato la colpa della perdita, e pensò che, come sempre, erano i suoi amici a pagare il prezzo di tutto quello che accadeva. Caroline notò quello sguardo triste, associandolo ad altro.
«Allora?! Hai qualcosa da dirmi...per la serie “inconfessabili segreti da confessare soli ai morti”?!...in questo caso: me!» fece, col suo solito modo di fare.
«A cosa ti riferisci?» Elena non capiva: Caroline le sorrideva con aria apprensiva.
«Andiamo, Elena. L'hai visto anche tu il modo in cui Damon la guardava...» la vampira la osservò attentamente per poi continuare: «Ti sta bene?»
Elena si prese una lunga pausa, ritornando a fissare il paesaggio.
Esitò un istante, poi sorrise e le rispose: «Avevi ragione. Sono attratta da lui. In tutta la sua gloria di fratello cattivo...» mentre lo diceva, Elena continuava a sorridere. Si sentiva come liberata da un grosso peso. Finalmente riusciva ad ammetterlo serenamente; e con altrettanta tranquillità, continuò il suo discorso: «Ma amo Stefan...e non vedo l'ora che ritorni: perciò, sì, mi sta più che bene» concluse, annuendo. In quell'istante, Elena capì cos'era stato a rendere facile quell'ammissione. Il cuore di Damon, ormai, apparteneva ad un'altra donna. Era come se quell'attrazione non fosse più un pericolo. Era attratta da lui, perché Damon era maledettamente affascinante, ma amava Stefan, e questo non sarebbe mai cambiato. E fu facile ammetterlo anche perché il suo confessore era Caroline, ed Elena sapeva bene che lei non l'avrebbe mai giudicata.
In quel momento, pensò a Damon, e quasi si sentì felice per lui. Era come se tutto stesse andando nella giusta direzione, e quel ritrovamento, la famosa arma per uccidere Klaus, rendeva più tangibile la speranza di riavere Stefan.


*** ***


Ad ogni colpo, la vampira portava il busto leggermente in avanti, digrignando i denti. La sua schiena era ricoperta di abrasioni che guarivano con lentezza. Katherine era incredibilmente debole.
La ragazza che la frustava − mentre lei era inginocchiata a terra con i polsi legati da delle catene − aveva lo sguardo perso di chi è stato soggiogato, e non ha idea di quello che sta facendo.
La mente della vampira era intorpidita dal dolore e, a tratti, tutto diventava sbiadito e confuso.
La ragazza si fermò improvvisamente. Katherine, incuriosita, girò il volto per vedere cosa fosse accaduto, e la vide tra le braccia di Stefan, che l'adagiava con delicatezza a terra.
Il vampiro, sorprendendo la ragazza alla spalle, le aveva iniettato del sonnifero; giusto per concedere alla vampira un po' di riposo, nel frattempo in cui Klaus era lontano dal bar. Stefan sapeva bene che, al suo risveglio, la ragazza non avrebbe ricordato nulla, e avrebbe continuato ad eseguire i suoi ordini.
«Dormirà per una mezz'ora, non potevo dargliene di più...non ho idea di quando tornerà Klaus» spiegò Stefan, prendendo una sacca di sangue che aveva lasciato sulle scale per porgerla alla vampira.
Katherine sorrise, mettendosi a sedere, ed afferrando quel gradito e inaspettato pasto.
«Felice di vedere che ti importa ancora di me...» esclamò con voce rauca, alzando fiaccamente quella sacca, come per simulare un brindisi.
«Non dico che non lo meriti...ma non approvo questi metodi» Stefan la guardò con la solita serietà. Era vero: dopo tutto quello che gli aveva fatto, Katherine non meritava nessuna pietà. Eppure il vampiro era riuscito ad averne, nonostante tutto.
«Non approvi questi metodi...ironico, detto da uno squartatore!» lei ghignò quasi; probabilmente, il suo ego aveva visto in quel gesto, molto più di quello che in realtà c'era.
«Goditi il tuo riposo, Katherine» Stefan si inchinò leggermente, rispondendo, in quel modo, ad un “grazie” mai nato; poi si voltò in direzione delle scale e la lasciò sola in quel regalato attimo di pace.


*** ***

Summer ritornò a casa chiudendo velocemente la porta d'ingresso alle sue spalle. Due lacrime le rigarono le guance, ma lei le asciugò prontamente.
Si sentiva una stupida, come ogni volta in cui si ritrovava a piangere. Quel gesto non le apparteneva, eppure era diventato dannatamente frequente. Da quando le si erano aperti i rubinetti? Pensò infastidita.
Era più forte prima di incontrare Damon o, almeno, era più recintata!
Adesso un senso di oppressione al petto le faceva quasi male. Non aveva idea di come affrontare la cosa, ma, in quel momento, non voleva neanche pensarci. Si recò in camera sua e chiamò Lily.
Il telefono squillò un po' prima che la strega rispondesse.
«Ehi, Summer...» fece, con voce sorpresa. Era abbastanza tardi, e non si aspettava una sua chiamata.
«Dimmi un po' l'incantesimo prevedeva di uccidermi?! Questo stupido fiorellino mi ha fatto perdere i sensi...» si lamentò animatamente, cercando di pronunciare quelle parole senza lasciar trapelare nulla del suo dolore.
«Oh mio Dio, Oh mio Dio! Non posso crederci! Summer! Ce l'abbiamo fatta...non mi sembra vero!» Lily esultò con tutta l'energia che aveva in corpo, e Summer sorrise immaginandosela a saltellare per tutta la stanza.
«E già...» fece lei, priva dello stesso entusiasmo. Non riusciva a provare neanche la minima gioia a riguardo, nonostante gli anni di ricerca. Si guardava intorno riuscendo solo a pensare che presto se ne sarebbe andata. Che tutto era finito.
«E quindi sei svenuta? Forse ho usato troppe ossa! Mi dispiace, ma adesso come ti senti?» chiese l'amica, una volta smaltita la gioia.
«Sto bene tranquilla e poi... è il destino di noi povere cacciatrici essere le cavie di voi streghe cattive!» Summer cercò di essere sempre la stessa, ma gli occhi le pungevano fastidiosamente.
Lily rise allegramente, per poi chiederle ciò che più le premeva: «Allora? Tornerai domani stesso a New York?... Non vedo l'ora di vederlo!».
Summer sentì il respiro strozzarsi in gola. Avrebbe voluto inventare mille scuse per restare lì, ma non poteva. Doveva aiutare Lily con le ricerche della cenere di quercia bianca: non poteva fare finta che non ci fosse nessuna missione da portare a termine.
«Domani!?...sì, certo!» rispose, odiandosi, sentendosi male, con gli occhi colmi di lacrime, col cuore in fiamme, con la voglia di rimangiarselo immediatamente e, soprattutto, pervasa dalla tremenda angoscia che accompagna la fine di qualcosa... la fine di qualcosa di bello.
«Perfetto! Vorrà dire che ti aspetterò, così partiremo insieme... Finalmente! Mi sto annoiando e deprimendo a condurre le ricerche da sola... L'ultima è stata l'ennesimo buco nell'acqua. Ma questa strega che ho contattato qualche giorno fa dice che sua nonna l'ha eredita dalla sua bisnonna, che, ai suoi tempi, l'ha ricevuta da un vampiro che non vedeva l'ora di uccidere Klaus! Ma che è poi morto nel tentativo...»
«E tu credi che tutto questo giro di parole sai attendibile?» fece Summer, perplessa.
«Non ne ho idea. Fatto sta, che la ricerca di questa cenere mi sembrava la cosa più facile...ed invece... ora è l'ultimo ingrediente che ci manca» la voce di Lily trapelava tutta la sua frustrazione. Era ad un passo dal pugnale. Era ad un passo dal compiere l'incantesimo del secolo: ricostruire il pugnale scomposto dalla famosa strega Lucrezia Galler. Non le sembrava vero...
«Ingrediente...parli come se stessi preparando un calderone!»
«Beh, in effetti sarà qualcosa di simile...ma parlami del fiore di loto! Dove l'hai trovato?» il tono più acuto di Lily, lasciò intendere un ritrovato entusiasmo.
«Ad un'asta di beneficenza. È stato Damon a portarmici, se non fosse stato per lui...»
Lily interruppe prontamente il discorso di Summer: «Avverto una marcata nota di tristezza. Sei dispiaciuta all'idea di doverlo lasciare?» fece, con una dolcissima malizia. Sapeva bene che Summer si era affezionata al vampiro.
La cacciatrice si sentì quasi paralizzata da quella domanda, ma cercò di controllare la sua voce. In quel momento, non riusciva neanche a pensarci: parlarne era fuori discussione!
«Sono solo stanca» rispose repentinamente per poi celare l'angoscia dietro la solita ironia: «Il tuo incantesimo è stato devastante. Dovresti far firmare una liberatoria prima di farli!» concluse, sperando di eludere quel doloroso discorso. Persino il semplice respirare le faceva male, dover nominare Damon sarebbe stato davvero troppo!
Lily ridacchiò graziosamente.
«Ok. La prossima volta lo farò! Quindi...a domani sera?» chiese, con voce allegra.
Quel domani...quel dannato domani, le sembrò una pugnalata al petto velenosa e profonda.
«Sì...certo» rispose, con un tono forzatamente tranquillo, mentre gli occhi le si colmavano nuovamente di lacrime.
«Non vedo l'ora! E mi raccomando: bevi tanta acqua!» Lily, ripensando all'effetto collaterale dell'incantesimo, non riuscì a trattenere la sua vena apprensiva.
«Lo farò, non preoccuparti...» Summer rispose con un tono assente, e mise fine a quella chiamata con uno sguardo perso nel vuoto.


*** ***


Damon, ancora nello studio di Carol, se ne stava seduto sul divano, con i gomiti sulle ginocchia e le dita intrecciate all'altezza delle labbra. Guardava il fuoco del camino con uno sguardo assorto. Quello che doveva fare, era alzarsi e andare da Summer, eppure sentiva di dover aspettare ancora un po'. Si sentiva agitato, perché sapeva che l'avrebbe guardata con occhi differenti, e quella certezza riusciva quasi a spaventarlo. Si chiedeva cosa avrebbe provato, cosa avrebbe fatto, cosa avrebbe detto...
Qualcuno bussò alla porta, ma lui non rispose, e, dopo un po', la vide spalancarsi: era Elena.
«Non hai risposto...» mormorò lei, giustificandosi per il fatto che fosse entrata senza permesso.
«Avanti» Damon fece uno dei suoi soliti sorrisi a mezze lebbra, e lei sorrise di rimando, a quella simpatica risposta tardiva.
«Dov'è Summer?» Elena era ritornata lì per assicurarsi che la ragazza stesse bene, e si sorprese quando, ispezionato rapidamente l'ambiente, non la vide.
«È andata a casa...» lo sguardo di Damon si fissò nuovamente sul fuoco, e nella sua voce Elena percepì qualcosa di strano, ed anche il fatto che Summer se ne fosse andata senza di lui le risultò sospetto.
«Tutto bene?» chiese con apprensione.
«Certo» il vampiro annuì, alzandosi. Non poteva più starsene lì a rimuginare: doveva vederla.
«Finita l'asta andremo tutti al grill per festeggiare il ritrovamento della famosa arma in grado di uccidere Klaus. Ti unisci a noi?» chiese allegramente, guardandolo con attenzione per cercare di capire cosa rendesse Damon così stralunato.
«No...No a dire il vero...preferisco tornare a casa. Voglio assicurarmi che stia bene...»
Elena annuì, e il vampiro si avviò aprendo la porta, ma tendendo poi la mano fissa sul pomello.
«Ah, Elena...» Damon si voltò nuovamente verso di lei, «Ti sta bene il verde» concluse, con un tono pacato e un sorriso liberatorio. Avrebbe sempre tenuto in modo particolare a lei, ma, adesso, era solo una sorta di sentimento fraterno quello che si celava dietro ai suoi occhi.
Lei lo guardò stranita, mentre il vampiro chiudeva la porta alle sue spalle.


*** ***

In terrazza, Alaric stava raggiungendo Clarissa reggendo due bicchieri di champagne.
«A lei...» fece con una galanteria scherzosa, offrendoglielo.
Cercò di mantenere il controllo: aveva mischiato dell'estratto di strozzalupo alla bevanda; ed ora non doveva fare altro che aspettare il resoconto.
«Grazie» Clarissa avvicinò il bicchiere a quello di Rick per poi aggiungere: «A cosa brindiamo?»
«Alle nuove conoscenze...» Rick la guardò intensamente. Lasciò tintinnare i due bicchieri facendola sorridere, e subito dopo portò il suo alle labbra per incitarla a fare lo stesso.
Clarissa avvicinò il bicchiere al volto, ma poi qualcosa nel suo sguardo cambiò repentinamente. Appoggiò il bicchiere sul largo parapetto, e prontamente usò la mano appena liberata, per affondarla nei capelli di Rick e per baciarlo.
Alaric non sia aspettava nulla del genere: fu un gesto veloce e inaspettato; e si chiese se non fosse altro che uno stratagemma per evitare di bere. In fondo, Clarissa quella sera aveva avuto modo di associarlo a Damon e, se davvero i lupi più esperti riuscivano a fiutare l'odore dei vampiri, era inevitabile che lei avesse alzato la guardia, pensò.
Eppure, Alaric non riuscì a fermarsi. Le cinse la vita con il braccio per avvicinarla a sé, e si godette appieno quel bacio. Non poteva negare a sé stesso di essere incredibilmente attratto da lei.
Piano, le loro labbra si allontanarono, e, con la coda dell'occhio, Clarissa notò che tutte le persone si stavano velocemente recando al piano inferiore: evidentemente l'asta stava per iniziare.
«Alle nuove conoscenze...» ripeté lei, con un sorriso malizioso, facendolo sorridere.
«Dovresti bere il tuo champagne, è davvero ottimo» insistette lui.
«Lascia perdere lo champagne...» Clarissa lo prese per mano, trascinandolo all'interno della dimora. Alaric non capiva le sue intenzioni. Dove lo stava portando? Forse aveva capito ogni cosa, e quindi stava solo cercando un luogo appartato per aggredirlo, pensò.
La donna aprì la porta di una stanza, e sorrise constatando che fosse una camera da letto. Non le importava di chi fosse.
Trascinò Alaric al suo interno e lo bloccò alla porta col suo corpo. Nuovamente lo baciò con passione. Rick non sapeva cosa pensare. Se Clarissa avesse davvero capito la situazione, avrebbe dovuto vederlo come un nemico. Non aveva senso il fatto che lo stesse baciando. Alaric capì che, forse, nella sua mente aveva creato qualcosa che non esisteva. Quella seconda vita così oscura e dolorosa lo aveva infettato così tanto da fargli vedere con occhi critici e timorosi qualsiasi cosa.
La baciò con passione e le portò le mani sui fianchi. Afferrò la stoffa del suo vestito e la sollevò fino a scoprirle interamente le gambe, coperte da delle autoreggenti nere. Le sue mani percorsero la forma dei suoi glutei con veemenza, fino ad afferrarli con decisione, e ad imporre a Clarissa di cingerlo con le gambe. La portò di peso fino al letto, afferrando prontamente la lampo del vestito. La parte superiore scivolò verso il basso facendo sì che quella stoffa si riducesse ad una massa informe che le copriva solo il basso ventre.
Non dovendo combattere contro nessun reggiseno, Alaric abbassò il volto per baciare i suoi seni, respirandone avidamente il profumo.
Non riusciva a pensare a nient'altro. Alaric, in quel momento, si sentiva vivo come non gli accadeva da tempo.
Negli ultimi mesi, si era talmente crogiolato nella passività, che aveva dimenticato il vero sapore della vita, che è proprio come quello dello champagne: non lo bevi tutti i giorni, e quando capita è solo un attimo di piacevole frizzantezza che ti stuzzica il palato, ma che dura giusto il tempo di buttarlo giù. Alaric aveva dimenticato che uno dei significati della vita più lampanti è quello di aspettare quegli attimi in cui ti senti vivo davvero: attimi che, nonostante tutto, nonostante i dolori più insopportabili, alla fine arrivano sempre.
Così, si perse con entusiasmo in quel momento di follia adolescenziale, senza più pensare a nulla.


*** ***

Summer, nella sua stanza, camminava nervosamente avanti e indietro. Non sapeva da quanto tempo lo stesse facendo: sapeva solo che non riusciva a smettere. Si torturava il labbro inferiore con i denti, strofinava ripetutamente le mani sul vestito, faceva dei respiri rapidi e profondi, e proprio non riusciva a fermare quei fastidiosi gesti. Non riusciva a sentirsi tranquilla. Era tormentata, agitata, frustata e, irragionevolmente, tutto quello che desiderava, era ciò da cui era scappata: Damon.
Quando sentì il rumore della porta d'ingresso, sì sentì ancora più irrequieta, tirando, allo stesso tempo, un sospiro di sollievo. Tutte le sue emozioni erano opposti che si scontravano. L'ansia la immobilizzò completamente. Sentiva i passi di Damon farsi sempre più vicini: proprio come il suo cuore che diventava gradualmente più sonoro e rimbombate.
Le mani le sudarono improvvisamente, e quando lo sentì dietro di sé, si girò cercando in tutti i modi di fingersi calma.
Damon la fissava in modo strano. Indossava solo i pantaloni e la camicia dello smoking e Summer, sorridendo, pensò che come al solito avesse lanciato incurantemente la giacca e la cravatta su qualche divano del salotto. Sorrise ancora, deglutendo forte.
«Sei tornato...» mormorò con voce emozionata, ma Damon non le rispose. Rimase fermo sulla soglia, leggermente poggiato allo stipite, continuando ad osservarla con uno sguardo serio che non l'aiutava a calmarsi.
«Ho chiamato Lily...è al settimo cielo! Ormai solo lei sa da quanto aspetto questo momento...» Summer cercava di aprire un discorso che il vampiro non sembrava intenzionato a voler approfondire. Se ne stava ancora fermo, con le mani nelle tasche, a scrutarla con un'espressione indecifrabile.
Summer non sapeva cos'altro dire per costringerlo a parlare. Aveva bisogno di ascoltare la sua voce. Di sentirgli dire qualunque cosa, ma Damon non sembrava disposto ad esaudire la sua preghiera. Si girò dandogli le spalle e, mettendo un braccio dietro la schiena per indicargli la cerniera del vestito, gli fece capire di aver bisogno del suo intervento.
«Mi aiuti...» fece, quasi impacciata, sperando, almeno, nella sua solita e maliziosa ironia, ma lui continuò imperterrito col suo silenzio.
Damon restò immobile per un altro secondo, poi si mosse in azioni che bloccarono il cuore di Summer, rendendola ancora più agitata. Non c'era nulla di strano in quello che Damon aveva fatto, eppure, lei strinse le spalle e respirò profondamente, lasciandosi poi irrigidire dalla tensione.


Wanderwall - Ryan Adams Version



Today is gonna be the day
That they're gonna throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you gotta do
Oggi sarà il giorno in cui
ti verrà data di nuovo un'opportunità
Ormai avrai perfino capito
quello che devi fare



Damon era certo che ai suoi occhi non sarebbe stata più la stessa, e vedendola, ne aveva avuto la semplice conferma.
Adesso era la donna che amava.
La donna che aveva finalmente capito di amare.
E tutto gli sembrava diverso.
O, forse, era semplicemente lui a sentirsi diverso.

Era la donna che amava, e poteva stingerla e baciarla.
Era la donna che amava, e voleva che lui la spogliasse.
Era la donna che amava, ed era libero di fare l'amore con lei...

Damon non aveva più un cuore che batteva, eppure, qualcosa nel suo corpo fremeva, facendolo sentire incredibilmente vivo in ciò che sembrava un sogno.
Uno di quei sogni così belli, da non averlo mai vissuto neppure a livello onirico, perché neanche la sua psiche più recondita aveva mai osato fargliene dono.
Ma, adesso, Damon sentiva di avere l'occasione di vivere quelle emozioni in cui non aveva più sperato; e l'aveva aspettata così tanto...da sentirsene addirittura spaventato.


I don't believe that anybody
Feels the way I do about you now
Non credo che nessuno provi
ciò che io provo per te adesso



Avanzò di un passo per accendere un lume alla sua destra; poi ritornò indietro, spense la luce e chiuse la porta, il tutto con una movenza flemmatica e controllata, e si chiese per quale ragione Summer avesse visibilmente irrigidito le spalle.
Con dei passi altrettanto lenti, si avvicinò a lei.
Arrivato alla sua schiena, indugiò per un lungo istante, rapito dal modo in cui la luce si rifletteva sulla sua pelle in bagliori dorati, che la rendevano ancora più splendente ai suoi occhi. Le spostò i capelli di lato, e la sentì prima rabbrividire e poi sciogliersi sotto il suo tocco.
Afferrò la lampo e l'abbassò con lentezza e sensualità.
L'aveva spogliata tante volte, velocemente e avidamente, senza mai rendersi conto di nulla. Quella sera, invece, tutti i suoi movimenti sarebbero stati pacati e dolci. Ne avrebbe vissuto pienamente ogni attimo, perché non ricordava l'ultima volta in cui poteva vantare di aver fatto qualcosa di simile al fare l'amore. Forse non c'era mai stato, nella sua vita, un momento simile. Nonostante i suoi sentimenti passati, si rendeva conto di non poter definire amore quel modo in cui Katherine lo soggiogava e lo usava a suo piacimento come un lussurioso giocattolo: quei sentimenti unilaterali che si scagliavano verso un muro d'indifferenza, palesandosi solo nel dolore dell'urto. Non erano altro che fantasia, tutte le volte in cui aveva immaginato il corpo di Elena al suo fianco.
E tutte le altre donne collezionate nella sua lunga vita, tutto quello che aveva vissuto, tutte le notti di passione, erano stati solo insignificanti fiammiferi dalla fiamma effimera quanto inutile, bruciati in un lampo che non aveva lasciato altro che il lontano e insoddisfacente riverbero di ciò che poteva realmente essere l'amore. Damon si era talmente abituato all'aridità della sua esistenza, che non aveva riconosciuto, in Summer, quella pioggia fresca di emozioni che aveva accarezzato la sua pelle. Non aveva mai dubitato del destino d'infelicità che lo attendeva; quell'infelicità che, ironicamente, sembrava il traguardo di ogni sua scelta. Damon si era inesorabilmente piegato a quella convinzione, tanto da chiudere gli occhi persino di fronte all'unica cosa bella che gli era capitata nella vita.


Backbeat the word was on the street
That the fire in your heart is out
I'm sure you've heard it all before
But you never really had a doubt
Cala il ritmo è di dominio pubblico
che quel calore nel tuo cuore si è spento
Sono sicuro che ne hai già sentito parlare
e non ti è venuto mai nemmeno un dubbio




Ma, adesso, la vedeva chiaramente in tutto ciò che rappresentava.
Summer era a pochi centimetri da lui.
Damon poteva unirsi a ciò che più amava, e gli sembrava quasi irreale che il fato gli avesse concesso quell'opportunità.
In quel momento, nient'altro aveva importanza.
Non esisteva nessun passato da ricordare con rabbia e tristezza.
Non esisteva nessun domani in cui lei se ne sarebbe andata.
Non esistevano missioni da portare a termine.
Non esistevano nemici da temere.
Esistevano solo loro due.

Damon aveva chiuso la porta, affinché tutto si concentrasse in quello spazio, in cui neanche ai gemiti e alle ombre era concesso di scappare.
Con delle carezze sulle spalle, fece scivolare le bretelline del vestito lungo le sue braccia, poi le mani si posarono sull'addome e infine sui suoi fianchi, incentivando la movenza elegante e discreta con cui il vestito scivolava a terra.
Abbassò il volto sul suo collo per sentire il profumo della sua pelle, e chiuse lentamente gli occhi, quando lei gli accarezzò dolcemente la guancia roteando il viso nella sua direzione.
Dopo qualche istante, Summer si girò completamente, facendo scivolare entrambe le mani sul suo petto.
Lo guardò protendendosi verso il suo volto, e lui le afferrò delicatamente le guance, per indirizzare un bacio, esitato per un interminabile secondo sulle sue labbra. Come se avesse dovuto baciarla per la prima volta, Damon dovette fare i conti con quel fremito di sensazioni, che quasi inibivano i suoi movimenti; ma poi chiuse ancora gli occhi, e la baciò con lentezza.
A tratti, l'emozione gli toglieva il fiato, tanto da costringerlo a fermarsi, respirandole qualche istante sulle labbra, per poi riprendere con più desiderio e dolcezza.
La mano del vampiro scese lungo la sua schiena e, dopo qualche leggera carezza, le dita s'intrufolarono sotto il gancio del reggiseno. Ci giocò per qualche secondo, prima di sbottonarlo e di liberarla da quella stoffa, con un gesto paziente e delicato.
Tra un bacio e un altro, con pochi passi raggiunsero il letto, e Summer si sedette, accarezzandogli il collo con una mano e sbottonandogli la camicia con l'altra.
Damon, con un ginocchio poggiato sul materasso e il busto piegato verso di lei, le passò una mano tra i capelli e, col dorso dell'altra, accarezzò la rotondità del suo seno fino alla punta; poi, afferrandola per il fianco, la incitò a sdraiarsi, seguendola a sua volta.
Il vampiro fece scivolare i propri indumenti con una rapidità fluida e silenziosa, ma, quando le dita s'impossessarono dell'intimo di Summer, con una vena quasi autolesionista, volle godersi quella conquista, imprimendo ai suoi movimenti una lentezza densa e bramosa.
E mentre le loro ombre giocavano con la flebile luce di quell'unico lume acceso... dei sonori sospiri iniziarono a frantumare il silenzio...

La paura strozzava la gola di entrambi soffocando quella verità compromettente, ma che ugualmente trovava modo di uscire allo scoperto.
Intrise nelle carezze, nascoste negli sguardi, e palpitanti in quella voglia implacabile di avvicinarsi fino a non voler sentire confini, quelle parole non dette riuscivano a trasmettere ad entrambi parte di quell'immenso calore che li avrebbe investiti, se solo avessero avuto il coraggio di pronunciarle.
I loro corpi si cercavano con un desiderio nuovo e trascendentale.
La passione, quella sera, non era la solita fiamma che li bruciava: era un tenue fuoco che li scioglieva; e magma denso e lento era ciò che scorreva tra di loro: era ciò di cui erano fatte le loro mani.
E in ogni sospiro viveva un silenzioso ti amo.
Ogni carezza era un prezioso dono fatto all'altro.
Ogni sguardo era il mescolarsi di due anime, che si amavano nella misura in cui temevano di perdersi, ma che, proprio per questo, in quel momento, si univano con un'intensità che si proiettava nell'infinito.


I don't believe that anybody
Feels the way I do about you now
Non credo che nessuno provi
ciò che io provo per te adesso



Avvolto dalle sue braccia, Damon si muoveva con una cadenza dolce e costante, simile a quella forza placida che spinge le onde, quando il mare è calmo.
A tratti, rallentava il suo ritmo fino all'esasperazione, come se avesse voluto punirsi per tutte le volte in cui l'aveva fatto senza capire quanto lei fosse importante; ma, soprattutto, lo faceva per illudersi che quel momento potesse essere eterno.
Affondò il mento e le labbra nella sua spalla, avvertendo le dita di Summer che scorrevano tra i suoi capelli.
Finalmente poteva perdersi in lei.
Poteva vivere un attimo di felicità puro e incontaminato.
Poteva sentirsi libero da quelle pesanti catene di sofferenza che legavano la sua anima alle porte dell'inferno.

Non era un momento perfetto, perché sentiva di amarla con tutto sé stesso, ma non aveva idea di cosa lei stesse provando.
Non era un momento perfetto, perché voleva disperatamente dirglielo, ma la paura uccideva ogni suo tentativo.
Eppure non voleva pensarci... non quella notte.
Non era la perfezione ciò che cercava: forse, nella sua disillusa vita da vampiro, non aveva avuto mai neanche il coraggio di desiderarla.
Voleva semplicemente sentirsi felice, con la speranza di poter continuare ad esserlo, ed era esattamente ciò che gli era stato concesso.
Pensò che, probabilmente, fosse solo uno stupido ad illudersi; a credere realmente di stare facendo l'amore con lei. Quel segreto nascosto tra le lenzuola richiedeva una reciprocità che non poteva vantare, ma Damon, almeno per quella notte, voleva credere fortemente che anche lei stesse provando i suoi identici sentimenti. E farlo non gli risultava difficile, perché Summer lo accarezzava e lo baciava con una dolcezza carica di calore. Era attenta e presente in ogni minimo sguardo che le dedicava, e lo ricambiava con occhi lucidi e sereni.
Occhi a cui Damon si era ormai arreso, rifugiandosi totalmente in quello strano senso di protezione dal dolore che solo lei riusciva a donargli, e che l'aveva sempre stranito, spaventato e allontanato.
Ma, adesso, il vampiro era finalmente consapevole dei suoi sentimenti: era libero di perdersi in tutto ciò che lei aveva da offrirgli; e, almeno per quella notte, ne avrebbe preso e vissuto solamente il bello, mettendo da parte ogni incertezza, ma, soprattutto, dimenticando un'intera vita di sofferenza in quel vortice d'amore caldo e confortante.


And all the roads we have to walk along are winding
And all the lights that lead us there are blinding
E tutte le strade che dobbiamo percorrere sono tortuose
E tutte le luci che ci guidano sono accecanti



Senza spezzare quel ritmo, Summer roteò su di lui, sollevò il busto e fece scorrere le mani sul suo petto. Aveva bisogno di ammirare il suo volto in una delle prospettive che più adorava; di perdersi in quegli occhi azzurri e brillanti che acceleravano i battiti del suo cuore, e di ritornare a bramare quella bocca dolce e irresistibile, che le stringeva il petto con un nodo di dolcezza e passione.
Ma Damon si sollevò con la schiena per raggiungerla, perché non riusciva a rinunciare al contatto dei suoi seni contro il suo torace e, più di ogni altra cosa, perché voleva continuare a baciarla.

Tra respiri intensi e gemiti incontrollati, il desiderio di bisbigliare quelle due parole era forte e pressante. Summer avrebbe voluto essere coraggiosa nei sentimenti proprio come lo era in battaglia. Avrebbe voluto dirgli quello che provava per lui, senza la paura del dolore che sarebbe scaturito da un suo silenzio; giusto per liberarsi di quell'insostenibile peso sul suo petto, di quella disperata voglia di fargli capire quanto fosse importante per lei.
Damon la stringeva con vigore, facendole sentire quello che non aveva mai avuto il coraggio di desiderare espressamente: di sentirsi debole tra braccia forti e rassicuranti; di sentirsi, per un solo istante, la principessa da salvare e non il guerriero costretto ad affrontare il drago. Summer sentiva quel senso di protezione che nella sua vita aveva desiderato tanto quanto lo aveva rinnegato. In quel momento, era libera di sentirsi fragile, perché Damon, quella sera, con quegli atteggiamenti maturi e confortanti, e quegli occhi luminosi e presenti, riusciva a far riaffiorare quella parte di sé che lei che non osava mostrare a nessuno: la ragazza che aveva un disperato bisogno di un attimo di serenità; di sentirsi libera dal peso del mondo, e di sentirsi indifesa ma priva di paura tra le braccia di qualcuno che l'avrebbe protetta.
Summer avrebbe voluto dirgli quelle due parole e molto altro, ma, quella sera, tutto quello che poteva sperare, era che lui comprendesse quanto fossero intense le emozioni che stava vivendo, e che percepisse almeno parte dell'amore con cui gli stava donando sé stessa, quasi fino a volersi consumare tra le sue mani, pur di non vivere l'attimo in cui si sarebbero separati.


There are many things that I would
Like to say to you. I don't know how
Sono tante le cose che
mi piacerebbe dirti
ma non so come



Damon l'adagiò nuovamente sul letto per riprendere il controllo. Il piacere, in quel frangente inviolabile, aveva avuto un ruolo esclusivamente marginale: era stato solo il contorno delle loro sensazioni, ma, adesso, si stava inesorabilmente amplificando, facendosi sentire in tutta la sua travolgente intensità. I suoi gemiti, il calore del suo corpo, il profumo della sua pelle, la morbidezza dei suoi seni, la dolcezza delle sue carezze, l'intensità del suo sguardo... tutto si stava riducendo e concentrando; tutto si stava pressando in quell'attimo di puro piacere, che sarebbe esploso impetuosamente, ridando poi la giusta dimensione ad ogni cosa.

Un sonoro ansimo uscì dalle loro labbra, spinto da un impulso forte e liberatorio.
Un fremito caldo e travolgente percorse le loro schiene costringendoli ad inarcarle, per poi rilassarle in un vuoto di forze.
Damon, col respiro ancora affannato, adagiò la guancia sul suo seno. Sorrise, quando si accorse di conoscere alla perfezione i battiti del suo cuore.
Il suo amore era una scoperta recente, eppure, quei battiti li aveva sempre ascoltati...
Si mise di lato, sdraiandosi a pancia sotto, con un braccio piegato sopra la testa e l'altro sul petto di Summer, per accarezzarle la guancia col pollice.
Si avvicinò ulteriormente per lasciarle un tenero bacio sulla spalla, e poi poggiò nuovamente la testa sul cuscino, continuando a guardarla, con un sorriso discreto stampato sulle labbra, ed uno aperto e radioso impresso negli occhi.
Il volto del vampiro era sereno, rilassato, luminoso e dolce, e Summer si sentì rapita da quella visione, ricambiando con la stessa identica voglia di sorridere, e accarezzandogli l'avambraccio con la punta delle dita.
Tempo qualche minuto, e i loro corpi avrebbero ricominciato a cercarsi col solito ardore frenetico che li caratterizzava, ma niente avrebbe mai superato quello che c'era appena stato: il modo in cui entrambi avevano silenziosamente confessato il loro amore.


Because maybe
You're gonna be the one who saves me
And after all
You're my wonderwall
Perché forse
sarai colei che mi salverà
E dopotutto
sei la mia ancora di salvezza




*** ***


Mano nella mano, come due teneri complici, Alaric e Clarissa lasciarono la dimora Lockwood, con un sorrisino compiaciuto impresso sul volto.
Lui aveva la camicia sgualcita e il papillon slacciato; lei, invece, aveva i capelli sciolti e leggermente arruffati.
Alaric l'accompagnò fino alla macchina.
«Beh, grazie per la splendida serata» disse lei, allusiva, dopo che Rick le ebbe aperto lo sportello.
«Di nulla...» Alaric la guardò con altrettanta malizia, per poi continuare: «E dimmi...posso sperare di rivederti, Clarissa, o sei la classica mangiatrice di uomini che poi si dà alla fuga?»
Lei si lasciò andare in una fragorosa risata.
«Beh...Puoi provare a chiamarmi domani e...scoprirlo da solo!» rispose allegramente, prima di lasciargli un lungo bacio sulle labbra.
Alaric aspettò che sistemasse per bene il lungo abito nell'auto, prima di chiudere lo sportello.
Sorrise ancora, mentre Clarissa si allontanava in retromarcia.
Era come se tutta la questione legata a Blair si fosse rimpicciolita magicamente.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare, era la voglia di rivederla.


*** ***


Damon la teneva tra le braccia, accarezzandole la spalla con la punta delle dita.
Sentiva il respiro di Summer diventare sempre più profondo e regolare. Era chiaro che si stesse addormentando, e questo significava che il momento da lui tanto temuto era inesorabilmente arrivato. Summer non aveva mai voluto dormire insieme a lui: l'aveva ribadito più volte. E nonostante quello strano voto di silenzio, il vampiro preferì parlare, prima che lo facesse lei. Perché detto da lei avrebbe fatto decisamente più male.
«Ti lascio riposare...» bisbigliò amaramente, alzandosi leggermente, e scostando il braccio che avvolgeva le spalle di Summer.
Tutta la felicità provata fino a quel momento si stava crudelmente polverizzando, ma poi Summer gli mise un braccio intorno alla vita incitandolo a ristendersi: «Resta qui...» bisbigliò in un filo di voce.
Nel momento in cui Damon aveva pronunciato quelle parole, tutta la fiacchezza di Summer era svanita in un lampo, trasformandosi in una repentina voglia di stringerlo con più forza. Non voleva assolutamente che se ne andasse, e quell'invito uscì dalle sue labbra con un tono dolce e quasi infantile; ma, subito dopo, Summer s'irrigidì di colpo.
«Sempre se...ti va...ovviamente» continuò con imbarazzo e titubanza. Gliel'aveva negato tante volte...con quale coraggio gliel'aveva proposto? Pensò agitata, mentre aspettava una risposta trattenendo quasi il respiro.
Voleva disperatamente passare con lui ogni secondo rimasto.
Poco importava delle sue strane paranoie...
Poco importava di Elena...
Voleva stare tra le sue braccia...almeno per quella notte.
Damon annui stranito, ma poi, con una ritrovata serenità sul volto, di nuovo la fece sistemare sul suo petto. Il vampiro tirò quasi un sospiro di sollievo. Se Summer l'avesse rifiutato, si sarebbe sentito a dir poco devastato; ed invece Damon riprese a sorridere e a stringerla con gioia tra le braccia; mentre lei regolarizzava nuovamente il suo respiro, sentendosi tranquilla come non le era mai stato concesso.
Quando Summer, completamente addormentata, si girò scostandosi da lui, Damon la osservò incuriosito, e ancora una volta la tristezza si impossessò dei suoi lineamenti, pensando che, probabilmente, gli aveva concesso di dormire con lei solo perché quella sarebbe stata la loro ultima notte insieme.
Si sdraiò supino incrociando le mani dietro la nuca. Nuovamente, l'angoscia s'impossessò del suo petto, ma, dopo qualche minuto, Summer si girò di nuovo verso di lui, rannicchiandosi sotto la sua spalla. Damon sorrise, rigirandosi verso di lei e accarezzando impercettibilmente la sua fronte.
Decise di non pensare più a nulla. Voleva solo addormentarsi con la confortante e dolce consapevolezza di ritrovarsela a fianco al suo risveglio; così chiuse gli occhi serenamente, lasciandosi andare solo alle sensazioni più piacevoli.
...Ed entrambi, quella notte, non si sentirono soli...

...come fa questo amore che, dall'ansia di perdersi,
ha avuto, in un giorno, la certezza di aversi...
Dolcenera – F. De André





Angolino di NaNa
Eccomi qui^^
Come potete vedere dalle dediche, questo è un capitolo molto importante per me*.*
e quindi è inevitabile spenderci due paroline^^
Ho enfatizzato molto questo momento per Damon per una semplice ragione:
Questo poverino non ha mai avuto la LIBERTA' di fare l'amore con la donna che ama. Una volta diventato vampiro, Damon ha ricordato tutte le volte in cui Katherine lo ha soggiogato e, nonostante i suoi forti sentimenti per lei, con lei non è mai stato “libero”...è stato sempre e solo una pedina nelle mani del suo egocentrismo. Elena per lui non è stata altro che immaginazione (il poverino non ha mai avuto la libertà di fare un tubo con lei!><'''e...lasciatemelo dire senza linciarmi: è una figa di legno!xD) e, ovviamente, tutte le centinaia di donne che ha avuto nella sua vita (con cui veramente poteva essere libero di fare quello che voleva) non hanno significato nulla.
Con Summer, anche se non sa ciò che lei prova, almeno ha la libertà di starle accanto, di vivere quel momento in piena coscienza e tranquillità. E lo fa volendosi illudere che l'amore che lui prova sia lo stesso che prova lei. Giustamente, tutto quello che Summer fa, va ad alimentare questa sua “momentanea convinzione”(visto che lei lo ama tanto quanto lui ama lei, il suo amore trapela da ogni suo gesto) perciò, pur senza dichiararsi, entrambi vivono una notte d'amore piena ed intensa.
Anche, e soprattutto, per quello che dice il caro De André^^
Questo, è ciò che volevo “creare”.
È stato abbastanza complicato, e ho i miei seri dubbi sul fatto di esserci riuscita, per questo ho trovato necessario aggiungere questa piccola “spiegazione”
Non dimenticate che sono solo una scrittrice di fan fic novellina (che a malapena sa un po' d'italiano! xD) e quindi devo inevitabilmente scontrarmi con i miei limiti, ma soprattutto devo renderli a voi lettori.
In poche parole: se ho fatto solo un gran casino...PERDONATEMI!!! xD
Tengo davvero tanto a questo capitolo e l'avrei voluto all'altezza delle mie aspettative...ma alla fine sono stata costretta a pubblicarlo, perché non ce la facevo più a sbatterci la testa xD
Probabilmente, le dediche a inizio capitolo vi avranno un po' illuso, facendovi credere che sarebbe successo chissà cosa (vi aspettavate chissà quale dialogo stra-romantico! Dite la verità!xD)
Nel precedente capitolo vi avevo avvisate di non farvi aspettative ù.ù (quindi non datemi della cattiva xD)
Ma, come sempre, spero di non avervi deluso troppo.
Detto questo, la fic ha superato le 150000 parole!!!Yuupppiiii
(Ma che Yuppi?!?!?-_-''' Sono sempre più esausta T-T... mi sa che non scriverò mai più una long!!!xD)
Ringrazio davvero infinitamente chiunque le abbia lette.
♥♥♥ Grazie mille ♥♥♥
Ringrazio: tutte le ragazze che mi hanno sostenuta lasciandomi anche solo una delle 233 bellissime recensioni che ho ricevuto^^
E le due persone che mi hanno lasciato una recensione con un messaggio privato :D
Grazie di cuore... Mi avete dato un supporto che non sentirò mai di meritare!!!
Ringrazio ancora:
Le
32 persone che hanno messo questa fic nelle preferite
Le
8 che l'hanno messa nelle ricordate
E le
55 che l'hanno aggiunta alle seguite
♥♥♥ Grazie mille II... La vendetta! ♥♥♥ (<--- sono scema, lo so xD)
E, ovviamente, ringrazio le tre dolci fanciulle a cui è dedicato il capitolo.
♥♥♥ Siete le mie Wonderwalls ♥♥♥
Alla prossima***





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Capitolo 51
*** Cinquantunesimo Capitolo ***


L'amore è una forma di esaurimento nervoso.
L. De Crescenzo




*** 26 Dicembre ***



I raggi del sole, che filtravano a sbarre orizzontali attraverso la veneziana di quel piccolo finestrino, erano un'atroce condanna mattutina che oramai si ripeteva abitualmente. La pelle di Katherine bruciava fino ad emettere un lieve odore di fumo, ma il ragazzo soggiogato ad inclinare le lamelle si fermava sempre in tempo; e altrettanto tempo le dava per riprendersi, per poi continuare.
«Buon giorno, raggio di sole!» infierì Klaus, dall'alto della rampa di scale.
Sul suo volto era stampato un sorrisino divertito. Ogni cosa, dei suoi millenari piani, era andata in fumo, e riservare lo stesso trattamento alla vampira sembrava l'unica gioia che gli rimaneva.
Si avvicinò a lei col solito passo tracotante.
Katherine non rispose, e il ragazzo – dalla corporatura robusta e l'aspetto bonaccione – continuò col suo operato, facendole emettere delle urla stridule.
Klaus osservò compiaciuto, ma poi si voltò verso il ragazzo per dirgli: «Basta così, lasciaci soli».
Il giovane si mosse all'istante per lasciare lo scantinato.
L'ibrido sistemò le veneziane ad un'angolatura che lasciasse entrare la giusta quantità di luce, senza bruciare viva la sua prigioniera.
«Allora, Katerina, ti stai godendo la tua permanenza qui?» chiese serafico, prendendo una sedia per sistemarla di fronte a quella su cui era legata la vampira. Poggiò il busto allo schienale, e, con un sorriso crudele, aspettò che sentenziasse qualcosa.
«Ti prego basta...» sussurrò, con un filo di voce esausta.
«Di già?! Siamo appena all'inizio, mia cara. Cosa sono pochi giorni in confronto ai secoli che passeremo insieme?!»
«Ti prego smettila...» continuò lei. Era totalmente stordita, e i suoi occhi vagavano senza meta per gli angoli bui dello scantinato.
«Oh, e perché dovrei?» fece, quasi divertito.
«Perché...sono l'unica che può aiutarti!» lo sguardo di Katherine si posò su quello dell'ibrido, che subito mutò espressione.
«Aiutarmi in cosa?» domandò, assottigliando gli occhi.
«So che non riesci a creare altri ibridi...Posso aiutarti a trovare una soluzione, Klaus. Concedimi di aiutarti» la voce di Katherine era debole e affannata.
Klaus la guardò con un misto di interesse ed ira. Era ovvio che lei sapesse dei suoi insuccessi! Quella dannata vampira sapeva sempre ogni cosa! Per un attimo, gli balenò in mente l'idea di prestare ascolto alle sue argomentazioni. Non poteva negare tutto ciò di cui era stata capace quella donna: era riuscita a scappare al rituale, aveva simulato la sua morte, era riuscita a sottrargli il grimorio ed era riuscita a sfuggirgli per ben cinquecento anni.
«E dì un po'... cosa vorresti in cambio?» era chiaro che il primo punto da chiarire fosse quello.
«La possibilità di scappare» azzardò, ma Klaus la guardò con un'aria divertita; tanto da costringerla a perfezionare la sua postura e a tirare fuori le ultime energie rimaste. Era la sua chance per giocare la sua unica carta. L'aveva aspetta per giorni e non poteva sprecarla! Così cercò di dare più tono alla sua voce, continuando il suo discorso: «So bene che non mi concederai mai il tuo perdono. Quella è stata un'illusione di gioventù durata pochi anni, giusto il tempo di capire con chi avevo a che fare. Perciò, quello che voglio... è solo la possibilità di tornare a scappare»
Klaus la guardò con una vena di compatimento. Era chiaro che fosse solo uno dei suoi trucchetti! Così disse: «Un tentativo davvero divertente, Katerina. Ci hai provato!...ma dubito che tu possa davvero trovare una soluzione al mio problema. Perciò, risparmia il fiato per urlare: ti servirà per sopportare meglio il dolore!».
L'ibrido si mosse per alzarsi, ma le parole di Katherine lo fermarono: «Mi conosci bene, Klaus. Ti ho dato del filo da torcere come nessun altro, e dentro di te sai bene che sono la sola che può davvero aiutarti...» il tono animato della vampira mostrava tutta la sua volontà, tanto da concederle nuovamente l'attenzione di Klaus.
«Bene, parla pure. Sono curioso di sapere cos'hai in mente» l'ibrido poggiò i gomiti sullo schienale, portando i pollici sotto al mento e incrociando le dita all'altezza delle labbra.
«Ho la tua parola? Mi concederai di scappare?»
«Hai la mia parola» fece, divertito da ciò che considerava solo un patetico teatrino.
«Allora preparati a mantenerla, perché so esattamente cos'ha interferito col rituale...»
«Cosa vuoi dire?» lo sguardo di Klaus si assottigliò quasi preventivamente: come se avesse intuito che ciò che avrebbe ascoltato non gli sarebbe piaciuto.
«Elena...è ancora viva!» rivelò con coraggio.
Klaus si alzò di scatto, guardandola con aria minacciosa.
«L'ho uccisa con le mie stesse mani, Katerina. E ti consiglio vivamente di non farmi venire la voglia di rivivere quel glorioso momento! Perché l'unica cosa che otterresti sarebbero solo delle torture più fantasiose!» si voltò per andarsene, ma ancora una volta le parole della vampira lo fecero indugiare.
«Ha trovato un modo per sopravvivere, ed è certamente questo ad aver interferito col rito. Non so come abbia fatto, ma è così, puoi credermi!» Katherine continuò con tutte le forze di cui disponeva. Era la sua unica carta e doveva giocarla fino alla fine.
L'ibrido poggiò le mani sui braccioli della sedia su cui era legata la vampira; e quella posa lo portò a doversi piegare verso di lei. La guardò negli occhi con uno dei suoi più riusciti sguardi terrificanti, articolando un: «No, non posso!». Era ovvio che non potesse fidarsi di lei! Sarebbe stato uno stupido a farlo! Ma Katherine portò un'argomentazione in suo favore tremendamente valida: «In questo caso...ti ricordo che ormai sono priva di verbena».
Klaus esitò per qualche istante. Non voleva stare al suo gioco; eppure la disperazione, data dal fatto di non avere più alte strade da seguire, alimentò quel briciolo di curiosità che, crudelmente, accendeva in lui delle speranze.
«È la verità?» chiese, soggiogandola.
«Sì. È la verità»
Klaus spalancò gli occhi. Non poteva crederci! Ma non bastava! Non poteva essere! Così continuò con quell'interrogatorio forzato dai suoi poteri: «Quando è stata l'ultima volta in cui l'hai vista?...in vita, ovviamente»
Katherine non aveva il controllo sulla sua volontà, ma non le importava. Era uno di quei rari casi in cui dire la verità giocava in suo favore.
«Quando sono stata alla pensione dei Salvatore per dare il tuo sangue a Damon. Era con lui»
Il volto di Klaus si accese improvvisamente di una ritrovata scintilla di vita. Katherine non poteva mentire; in tutti quei giorni, il suo corpo aveva sicuramente smaltito la verbena. E dunque era questo!? Non riusciva a crederci! In quel momento, dentro di lui, la rabbia e la gioia erano in perfetto equilibrio; tanto da non innescargli nessuna reazione fisica: erano tutte bloccate in una fase di stallo; ma non se ne fece un problema! Avrebbe avuto tempo e modo di viverle una ad una! Per adesso, ciò che per lui aveva importanza, era il fatto di avere di nuovo una strada da seguire.
«Beh, grazie per l'informazione!» pronunciò ironico e sorridente, muovendosi per allontanarsi.
«Mi hai dato la tua parola» Katherine sapeva bene che quella era stata una mossa azzardata. L'esito negativo era stato messo in conto, eppure voleva tentare fino alla fine; perché è sempre il coraggio di perseverare nelle proprie mosse a fare la differenza!
Klaus si voltò verso di lei, riavvicinandosi con un fare serafico.
«E devo dire che è stato un raggiro davvero ben architettato e...coraggioso! Ma se credi davvero che ti lascerò andare...ti sbagli di grosso, mia cara!» disse divertito; ma poi la guardò con degli occhi fiammeggianti e le afferrò il mento con l'indice e il pollice, bisbigliando: «Dovrei strapparti la pelle via dalla carne solo per avermelo tenuto nascosto fino a questo momento! Ritieniti miracolata per il fatto che ora le mie priorità siano altre!... Se pensavi davvero di riottenere la libertà... sei una povera illusa!»
«Forse sì. Mi sono illusa, perché ti ricordavo un uomo di parola» disse, con la difficoltà imposta dalla presa dell'ibrido.
Klaus la lasciò, guardandola con un'espressione indecifrabile.
«Beh, ti renderai conto che dopo una presa in giro non ci si può appellare a nulla, Katerina. Neanche all'onore di un uomo d'altri tempi!» ma lo disse senza crederci. Proveniva da un'epoca in cui l'onore era tutto. Non aveva mai mancato la sua parola; e la dimostrazione vivente era Damon Salvatore: il vampiro più irritante che avesse mai incontrato, vivo e vegeto grazie alla parola data a suo fratello. Già...Stefan! In tutti quei mesi, era sempre stato al suo fianco; aveva assistito ad ogni suo tentativo, come ad ogni suo fallimento, ed ora un'atroce dubbio bruciava nel suo petto, infiammando la sua pelle.
«Ma...d'accordo! Facciamo così: la tua libertà dipenderà dalla mia prossima domanda...» disse calmo, piegandosi nuovamente verso di lei.
Klaus sapeva bene che la risposta di Katherine avrebbe avuto il potere di cambiare il baricentro delle sua collera; sarebbe stato altro a stabilire la sorte della vampira.
«Stefan lo sapeva?» chiese, soggiogandola.
«Sì. Lo sapeva»
In quel momento, la rabbia di Klaus ebbe una sorta d'implosione. L'avrebbe conservata fino a tempo debito, facendola esplodere come meritava! Ma, in quel frangente, le sue preoccupazioni furono immediatamente altre: doveva preparare alla svelta un piano d'azione.
«Mi serve un'altra strega...» il suo tono pacato la fece sembrare quasi l'inizio di una chiacchierata amichevole, «e sono pronto a scommettere che quando ti ho tirato quel divertente scherzetto dell'aspetto fisico ti sei inutilmente rivolta a qualcuna nelle vicinanze. Dico bene? Chi? E soprattutto dove posso trovarla...» la fece sembrare una richiesta garbata, ma, in realtà, anche quella raffica di domande fu seguita dalla soggiogazione.
«Amanda Lennon. Ad est del Lago Michigan»
Klaus sorrise, poi, con calma, slegò le corde che tenevano i suoi polsi legati. Katherine restò immobile, speranzosa quanto terrorizzata. Con un gesto della mano, l'ibrido le fece cenno di alzarsi, e lei, nonostante la debolezza, lo fece quasi di scatto; ma poi restò immobile in attesa della successiva mossa del suo aguzzino.
Dalla tasca anteriore del suo pantalone, Klaus prese il bracciale di Katherine; quel gingillo di argento e ametiste che la proteggeva dal sole. Glielo mise con una movenza placida: un fare tranquillo che associato a lui metteva solo un profondo senso d'inquietudine.
La guardò negli occhi e le disse: «Adesso sai quello di cui sono capace, Katerina. Sai esattamente quello che ti aspetta; e la tua fuga, con questa nuova consapevolezza, beh... la considero parte della tua tortura, perché sai bene che prima o poi finirai nuovamente nelle mie mani, e la prossima volta...sarà per sempre». Prese un secondo di pausa – giusto il tempo per godersi la vista di quel lieve tremore che scuoteva la pelle della vampira - e poi continuò: «Sei libera di scappare...».
Katherine, facendo appello a delle forze latenti, scappò velocemente, creando una raffica di vento. In quell'attimo, iniziò il suo nuovo calvario. Klaus aveva ragione: la consapevolezza può essere la peggiore delle torture, ma Katherine si sarebbe abituata anche a quella, consapevole, più che mai, del fatto che la fuga sarebbe stata per sempre la sua non-vita.


*** ***


Damon aprì gli occhi lentamente.
Delle dense nubi oscuravano il cielo, e la luce che filtrava dalla finestra era di un leggero bagliore argentato.
Si girò di lato, e vide la schiena di Summer ricoperta fino alla metà dal piumone. Piegò un braccio e lo mise sotto la testa.
Si sentiva incredibilmente sereno, ma quasi agitato all'idea di vederla aprire gli occhi...di sentire la sua voce.
La notte precedente aveva avuto un qualcosa di magico, e lui non poteva fare altro che sentirsi stranito da tutte quelle sensazioni che provava. Summer si girò verso di lui ancora con gli occhi chiusi, e Damon le si avvicinò facendola involontariamente svegliare. Lei mugolò sentendosi leggermente confusa, e il vampiro le mise una mano sul fianco per incoraggiarla ad avvicinarsi. Lei lo fece con un sorriso, adagiando la testa sulla spalla del vampiro. Restarono in silenzio per un po', a sfiorarsi con le dita e con i profili dei loro volti, e a giocare con l'intrecciò delle loro gambe.
Damon si sentiva pervaso da una sensazione di pienezza, e a tratti gli veniva da sorridere.
Quello strano senso di pace non gli apparteneva, lo straniva. Sapeva che lo avrebbe atteso un dolce risveglio...eppure, quel momento, era anche più di quello che aveva immaginato. Le dita di Summer gli sforavano il petto facendo ghirigori che gli solleticavano la pelle, il profumo dei suoi capelli lo faceva rilassare e le sue labbra, che gli sfioravano il collo, svegliavano il suo desiderio con delicatezza, facendogli percepire pienamente ogni piccolo brivido.
«Avevi detto che ti saresti sentita a disagio a dormire con me. Che ti saresti mossa in continuazione e che mi avresti solo disturbato. Ma, a parte qualche gomitata ben piazzata, devo ammettere che sei stata davvero tranquilla. Quindi sputa il rospo, perché non volevi dormire con me?» chiese lui, con un tono calmo e basso per non stonare l'atmosfera, e continuando a sfiorare con le dita la lunghezza dei suoi fianchi.
«Dici sul serio? Sono stata tranquilla?» la voce di Summer suonò dolce e quasi infantile, e Damon la guardò con curiosità. Perché se ne sorprendeva?
«Sì, lo sei stata. E ora dimmi la verità!»
«La verità è imbarazzante» Summer si nascose quasi nel suo petto. Non aveva voglia di parlarne, ma, com'era prevedibile, Damon insistette: «Sì, lo è il più delle volte! Ti ascolto...»
Summer si mise supina, continuando a tenere la testa sul suo braccio e, intrecciando le dita sullo stomaco, iniziò a raccontare: «Sono cresciuta in un orfanotrofio e...» teneva lo sguardo fisso sul soffitto e sorrideva leggermente a causa dell'imbarazzo. Era strano parlare di certe cose, soprattutto perché si accorgeva con stupore di non provare più sentimenti negativi verso quei ricordi, così continuò il suo discorso: «quindi dormivo in un grande dormitorio insieme ad altri bambini. E...capitava spesso che avessi degli incubi molto vividi...» roteò gli occhi: non poteva credere che stava davvero per dirglielo! «Puntualmente, qualcuno di loro me lo faceva notare prendendomi in giro e mettendomi in imbarazzo...» Summer era ancora più imbarazzata. Quei ricordi, rivissuti ad alta voce, le sembravano terribilmente stupidi, forse perché appartenevano ad un passato troppo lontano, ma ormai non aveva più senso fermarsi: «Ed era la cosa che più non sopportavo di quel posto; ma, soprattutto, non lo sopportavo perché...era una cosa che non riuscivo a controllare, non dipendeva da me, e non potevo impedirlo in nessun modo, così... quando sono diventata una cacciatrice, e mi sono trasferita dal mio osservatore, per la prima volta ho avuto una camera tutta mia» Summer si rigirò verso di lui, concludendo quell'imbarazzante ammissione: «E da allora...non ho più voluto dormire con nessuno!... Perché nessuno doveva saperlo o preoccuparsene o...»
«O conoscere quelle che potevano essere le tue paure?!...» intervenne Damon, scrutandola con attenzione. Summer abbassò subito lo sguardo. In quel momento, si sentiva tremendamente ridicola: erano cose che non aveva mai confessato a nessuno e forse mai neanche elaborato consciamente. Avrebbe dovuto tenere quelle motivazioni imbarazzanti per sé! Si rimproverò mentalmente, ma la verità era che con Damon si sentiva fin troppo a suo agio per continuare a combattere per non mostrare ciò che era nella sua totalità.
«È una cosa stupida, lo so. E detta ad alta voce è anche peggio!» concluse, ridacchiando. Si era fatta condizionare tante volte da ciò che adesso le appariva una cosa priva di senso! Ma fu felice che quella piccola paranoia fosse crollata grazie a Damon e soprattutto...con Damon! Addormentarsi serenamente tra le sue braccia era stata una delle sensazioni più liberatorie e dolci della sua vita.
«Sì, lo è. È davvero stupida!» fece lui, divertito.
Summer lo guardò fintamente corrucciata, ma poi Damon aggiunse: «Ma anche... vagamente adorabile...», e immediatamente lei lo guardò con un'estrema dolcezza.
«Davvero?» fece, con un tono nuovamente infantile.
Damon sorrise divertito, e soprattutto, pervaso da un'incredibile voglia di stringerla a sé, più di quanto non stesse già facendo. Non avrebbe mai potuto immaginare nulla di tutto quello, e capì di conoscere davvero poche cose del suo passato; ma, ormai, sembrava che ogni cosa che lei facesse o dicesse, avesse solo il potere di farlo sentire ancora più innamorato. Si chiese se le sue emozioni stessero trapelando dal suo volto, e se ne sentì quasi spaventato.
Così, la paura di mostrare i suoi veri sentimenti, si nascose dietro la sua immortale ironia: «Tu sai cosa significa vagamente, vero?» le chiese, sminuendo l'affermazione precedente col solito tono giocoso e provocatorio.
Summer gli scoccò un'occhiataccia seguita da una smorfia. Sembrava quasi pronta per un attacco fisico, ma poi sentì la mano di Damon dietro la schiena che l'attirava maggiormente verso il suo corpo.
Lui, sorridendo, l'abbracciò prontamente, annientando con dolcezza ogni possibile offensiva.
«Quindi sei cresciuta in un orfanotrofio, eh? Questo spiega la tua eccessiva devozione alla carica di cacciatrice. Pensi che saresti stata una sorta di irrecuperabile teppistella, se non fossi stata la prescelta?» in quella stretta pressante, Damon si concesse giusto qualche centimetro di spazio per guardarla negli occhi.
«Non tutti quelli che escono da un orfanotrofio diventano dei delinquenti!» fece seria, liberandosi dalla sua presa, per mettersi nuovamente supina.
Damon ancora steso sul fianco, alzò leggermente la schiena, sostenendosi la testa con la mano.
«Ma io sì, lo sarei stata sicuramente!» ammise lei, subito dopo.
In quel momento, Summer concretizzò dentro di sé le parole del vampiro. Aveva colto in pieno nel segno! Sì sentiva quasi riconoscente verso quella misteriosa forza che l'aveva scelta come cacciatrice: come se fosse stata salvata da qualcosa di peggio; e per la prima volta realizzò che, in verità, nel profondo della sua anima, non aveva mai voluto liberarsi da quel ruolo; ne era quasi spaventata all'idea. In tutta la sua vita, non si era mai sentita libera, e la libertà era ciò che, apparentemente, aveva sempre cercato, ma, in realtà, era anche ciò che più la spaventava. Cosa sarebbe stata se non fosse mai diventata una cacciatrice? Ma, soprattutto, cosa sarebbe se non lo fosse più?
Guardò Damon, sentendosi quasi spaventata dal modo in cui riusciva a leggerla, ma soprattutto dal modo in cui la portava a mettersi in discussione.
«Umn, interessante, quindi tu... credi realmente che ti sia andata meglio, diventando questa sorta di psicopatica cacciatrice che sei ora! Davvero divertente!» fece lui, col preciso scopo di provocarla.
«Ok, questa me la paghi!» Summer, sovrastandolo col proprio corpo, gli diede un piccolo morso sulla spalla.
Damon sorrise, e in quell'attimo la sua eccitazione prese vita con irruenza, ma la voglia di certezze lo portò a reprimerla e a rimandarla.
«E quindi...sono il primo. Giusto?» aveva intuito perfettamente quella possibile risposta che giocava tutta in suo favore, eppure la guardò ugualmente speranzoso.
«Giusto, ma non gongolare!» Summer, ancora stesa su di lui, gli accarezzò la guancia col pollice.
«Non lo farò! Anche perché mi risulta difficile crederlo...Andiamo, possibile che in tutti questi anni tu non abbia mai avuto un fidanzato che si sia opposto alla cosa?» Damon sentiva il bisogno di andare in fondo alla questione. L'amava, e doveva cercare di capire che posto avesse nel suo cuore.
«Certo che l'ho avuto! Ma... non è mai riuscito a convincermi»
Damon, contrariamente alle sua parole, gongolò internamente; e quella rivelazione lo fece sentire così sicuro da indurlo a continuare coll'interrogatorio: «Umn...ed era...una storia seria? Un amore epico?» fece, con un'enfasi giocosa. Si aspettava un secco “no”, dato il fallimento di cui si era macchiato questo fantomatico ex.
Summer si scostò da lui, mettendosi nella sua stessa posizione.
Sorrise nostalgicamente, ripensando ai periodi in cui stava con J.D.
«In un certo senso, sì. Lui...era il classico ragazzo perfetto che si incontra solo nelle favole, ed era davvero importante per me...lo sarà sempre» concluse, chiedendosi dove fosse finito. Avrebbe sempre tenuto in modo particolare a lui: era stato un pezzo importante e indelebile della sua vita.
«Come mai è finita?» chiese Damon con voce atona. Solitamente, per gli amori passati ci si aspetta sempre un po' di astio; e, invece, sentirla parlare di un ex con una simile dolcezza, l'aveva mandato in crisi - nonché fatto infuriare.
«Disse di amarmi...ed io non gli risposi...» rivelò lei, quasi con difficoltà. Sì sentiva ancora tremendamente in colpa; ma l'amore che provava per Damon le aveva finalmente fatto capire che certe cose non si possono controllare o giostrare a proprio piacimento. Non avrebbe mai potuto amare J.D semplicemente perché lo meritava: non era così che funzionava l'amore. Grazie a Damon, Summer aveva smesso di considerarsi un mostro senza cuore. Adesso lo sapeva: poteva amare...poteva amare immensamente.
Il vampiro deglutì con forza. Avrebbe voluto sentire qualsiasi altra cosa; e quello fu un colpo estremamente duro!
Quella, ormai, era la sua più grande paura, e immaginare, anche per un solo istante, di rivivere con lei, quello che aveva passato con Katherine ed Elena, lo terrorizzò. Con lei sarebbe stato anche peggio, perché Summer l'aveva vissuta pienamente come se fosse stata sempre e solo sua.
Summer ricordava con una simile dolcezza qualcuno che non aveva amato; e lui, allora? Che posto aveva nel suo cuore? Aveva qualche speranza di essere corrisposto? Il fatto che lo considerasse importante non aveva più il giusto peso, visti i precedenti. Tutte le conferme accumulate si frantumarono di colpo. Scostò le coperte con un fare irrequieto, perché sentiva quasi di non riuscire a respirare.
Summer, invece, scosse leggermente la testa: non le andava di perdersi nei ricordi.
«Ma...perché stiamo parlando di queste cose?» fece, con un tono malizioso e divertito, baciandogli il collo per fargli intendere di voler fare altro.
Damon sorrise, sentendo in quel contattato un minimo di speranza che riaffiorava. In fondo, avevano dormito insieme: lei l'aveva concesso a lui! Doveva dannatamente significare qualcosa! Riprese coraggio, abbracciandola col fare impetuoso che precede la passione.
«Perché adesso non hai scampo, dovrai dormire con me ogni notte, ma prometto di non prenderti in giro...almeno non sempre!» disse autoritario e giocoso, per poi darle rapidamente un profondo bacio; ma Summer interruppe quel contatto con uno sguardo carico di tristezza. Il petto iniziò a farle male e l'aria nei polmoni non le sembrò abbastanza.
«Damon...Parto stasera...» bisbigliò con difficoltà. Se n'era quasi dimenticata, ma le parole del vampiro avevano fatto riemergere quella triste e inevitabile realtà.
Al vampiro sfuggì un soffio d'aria intriso di collera. Allora era proprio come aveva pensato! Gli aveva concesso quella notte solo perché stava per partire! Solo perché era l'ultima! Non perché lui significasse più degli altri uomini che erano passati nel suo letto! Come aveva fatto a crederlo!? Come aveva fatto ad illudersi!? Si sentì un povero idiota! Il suo sguardo si raggelò all'istante e poi, con un tono acido, le disse: «E dimmi un po'...quand'è che hai deciso di tagliarmi fuori da questa storia?!»
Aveva deciso di partire: non poteva crederci!
Il petto gli si strinse di dolore e rabbia, fino a fargli male. Non poteva accettarlo! Non poteva credere che non lo avesse interpellato in nulla, decidendo la sorte di quella missione tutta da sola!
Summer si sentì bruscamente investita dalle sue parole e dal suo sguardo, e cercò di sfumare quella collera con un tono infinitamente dolce: «Sei stato un aiuto prezioso, Damon, davvero, più di quanto tu possa immaginare...ma...è la Triade ad occuparsi di queste cose. Non posso coinvolgerti...» cercò di fargli una carezza sul volto, ma Damon la scansò prontamente, facendo quasi una smorfia di disprezzo. Summer sentì gli occhi inumidirsi. Ma non poteva pentirsi delle sue parole; aveva detto quello che pensava sul serio: non poteva lasciare che Damon fosse coinvolto in una futura azione contro Klaus; non lo avrebbe mai permesso! Non lo avrebbe mai messo in pericolo!
Il vampiro alzò la schiena, dicendo: «La Triade...com'è che non mi trovo con i conti?!» scese dal letto, trafiggendola con lo sguardo, e poi, con un tono di una crudeltà sottile e spietata, si rispose da solo: «Ah giusto! Perché una di voi è morta!».
Il vampiro uscì dalla stanza sbattendo la porta, e Summer restò quasi paralizzata da quella reazione. Non poteva credere che avesse usato la morte di Kendra per sfogare la sua rabbia! Lui sapeva più di chiunque altro quanto le facesse male! Non poteva credere che fosse successo davvero. Non l'aveva mai visto così arrabbiato...


*** ***


Klaus raggiunse Gloria nella sua stanza. Aprì la porta senza bussare e la vide seduta ad una piccola scrivania, mentre consultava il suo grimorio.
«Risparmia il tuo tempo, Gloria. Ho appena scoperto la causa del problema» esclamò, avvicinandosi e poggiando una mano alla superficie della scrivania.
«Sarebbe?...» la strega chiuse il suo grimorio, guardandolo con un'espressione confusa.
«La doppelganger è viva!»
Gloria spalancò leggermente gli occhi dallo stupore, mormorando: «Incredibile, ha trovato un modo per sopravvivere...»
Klaus, con uno scatto nervoso, si allontanò da lei per poi gironzolare per la stanza.
«Ah...queste Doppelganger! Così dannatamente attaccate alla loro inutile vita!» pronunciò enfaticamente, spostando un gingillo trovato sulla grande cassettiera della stanza.
«Cosa intendi fare?» Gloria, ancora da seduta, si girò perpendicolarmente alla sedia per osservarlo meglio, poggiando poi l'avambraccio sullo schienale.
«Questo devi dirmelo tu, mia cara...»
Gloria ci pensò per un lungo istante. Poteva seguire due strade: ingannarlo consigliandogli di uccidere direttamente la doppelganger, oppure dirgli la verità ed essere poi costretta a fare la sua porte. Scelse la seconda, perché capì che un Klaus insoddisfatto e incollerito l'avrebbe perseguitata per tutta la vita. In quel modo, invece, una volta terminato il tutto, poteva avere la speranza di riavere indietro la sua vita...la sua libertà.
«Servirà un incantesimo di ripristino...»
Klaus la guardò incuriosito, incrociando le braccia al petto.
«Spiegati meglio»
La strega si alzò, avvicinandosi a lui.
«Ogni rito lascia impresso nel luogo del suo svolgimento dell'energia residua. Quando un incantesimo non va a buon fine, e non si possono ricreare le stesse condizioni iniziali*, basta amplificare l'energia del luogo. Ma è inutile che ti dica, che certe condizioni, quelle richieste dalla natura, devono necessariamente essere le stesse...».
Klaus ci pensò giusto un secondo prima di rispondere: «Ti riferisci alla luna piena».
«È una condizione che la magia non può riprodurre...per il resto, invece, dovrai solo ucciderla nello stesso luogo del rito, e mentre io pronuncerò l'incantesimo di ripristino...»
«Quando ci sarà la prossima?» chiese l'ibrido con eccitazione. Gli sembrava tutto incredibilmente facile!
«Domani» Gloria lo guardò con perplessità, Klaus ne era visibilmente entusiasta, e lei temeva una sua azione troppo avventata, che rischiava di rovinare ogni cosa. Se Klaus non si fosse liberato della maledizione, probabilmente lei non si sarebbe mai liberata di lui!
«Penso che convenga aspettare il prossimo mese...farlo domani sarebbe troppo avventato»
«Questa è una scelta che non ti riguarda!...ed io non aspetterò più un solo giorno!» la trucidò con lo sguardo e poi, con tono autoritario disse: «Prepara l'incantesimo!» un sorriso malefico si dipinse sul suo volto...«al resto ci penserò io!»


*** ***


Summer aveva terminato di preparare le sue valigie.
Si guardava intorno come se la realtà fosse alterata: come se si trovasse in una sorta di sogno - o meglio incubo - tangibile.
A tratti le mancava il respiro. Non poteva credere di stare così male!
Era tutto troppo difficile, e il comportamento di Damon non le facilitava le cose. Era stato incredibilmente meschino, eppure non riusciva a provare rabbia verso di lui. Tutti i suoi pensieri erano rivolti ad un possibile discorso da fargli. Doveva fargli capire l'importanza che aveva avuto per la missione, e, soprattutto, quanto tenesse a lui e quanto per lei fosse difficile lasciarlo; il tutto senza sconfinare in eccessivi sentimentalismi: Summer temeva che un saluto del genere sarebbe inevitabilmente sfociato in un “ti amo”, e non voleva...non poteva.
Diede un'ultima occhiata veloce alla stanza ed uscì.
Le restavano ancora delle cose da fare, prima di lasciare Mystic Falls.

Arrivata giù alla rampa di scale, diede un'occhiata fugace al salotto. Damon si stava versando da bere, ed anche lui le rivolse una rapida occhiata, per poi portare subito lo sguardo di fronte a sé, irrigidendo la mascella in un'espressione adirata.
Summer non riusciva a capire tutto quell'astio nei suoi confronti; l'unica cosa certa era che le faceva dannatamente male.
Decise di ignorarlo, così non disse nulla e si avviò verso la porta.
«Non dimentichi le tue valigie?» chiese Damon, facendo immobilizzare Summer all'ingresso.
Lei non si voltò. Controllando la sua voce, per non lasciar trapelare nessuna emozione, si limitò a dire: «Ho ancora delle cose da fare...partirò più tardi».
Damon le si avvicinò e, con un fare scocciato e meschino, le disse: «Beh, assicurati di non lasciare nulla, non voglio la seccatura di doverti spedire delle cose!» la guardò con rabbia, bevendo poi un sorso del suo scotch.
Summer si girò verso di lui e sorrise forzatamente, per poi rispondergli: «Puoi stare tranquillo, Damon. Anche se dovesse succedere, non farti problemi. Una volta che me ne sarò andata potrai anche dimenticarti di me!» il suo tono fu un crescendo di note che si strozzavano nella gola, e si odiò per il fatto che non fosse riuscita a nascondere perfettamente il suo turbamento.
«Bene! Perché l'idea è proprio quella...» concluse Damon, girandosi ed avviandosi verso la rampa di scale.
Summer sorrise di triste incredulità, scuotendo anche leggermente la testa, poi aprì la porta ed uscì di casa, e una volta chiusa alle sua spalle le sembrò di aver trattenuto il respiro per ore.
Perché si comportava così?! Perché le stava facendo volutamente male?!

Damon restò immobile per qualche secondo. Non aveva idea del perché si stesse comportando in quel modo, sapeva solo che gli faceva un male cane, ma non riusciva ad evitarlo.
Capì che se quello era un vano tentativo di proteggersi dal dolore, aveva decisamente sbagliato i tempi: era troppo tardi! Nulla gli avrebbe impedito di soffrire. Ammantare ogni cosa di rabbia non aveva senso, eppure – forse – rendeva le cose un briciolo più facili: non lo capiva bene. Ma, in verità, gli sembrava di non capire più nulla, e soprattutto di non avere il controllo di sé stesso.


*** ***


Nonostante il modo in cui l'aveva trattata, fu più forte di lei. Summer suonò il campanello di casa Gilbert, e ansiosa aspettò che qualcuno aprisse la porta.
«Summer...» fece curioso Alaric, sorpreso di ritrovarsela di fronte.
«Ehi»
Alaric la guardò intontito per qualche secondo, e poi disse: «Se cercavi Elena l'hai mancata per poco. È uscita qualche minuto fa»
Summer scosse leggermente il capo.
«No, in verità, cercavo te»
«Beh...Accomodati» l'uomo si scansò per farla passare.
«Posso offrirti qualcosa da bere?»
«No, grazie» rispose leggermente nervosa. Si era sempre sentita a suo agio con Rick, ma, in quel frangente, Summer si sentiva agitata; probabilmente a causa di quella mezza-discussione-anomala avuta con Damon; ma decise di non pensarci.
«Allora, di cosa devi parlarmi?»
Summer esitò per qualche istante, prima di cominciare: «Ascolta, so che è una cosa tra te e Damon e che non mi riguarda, ma ho bisogno di sapere quello che hai scoperto ieri su quella donna.
Se davvero è un licantropo, e soprattutto se è una minaccia per Damon, me ne occuperò io...com'è giusto che sia»
Alaric la guardò con dolcezza.
«No, credo di aver esagerato e... di essere stato davvero troppo paranoico a riguardo!» ammise con un tono auto-ironico. Aveva chiamato Clarissa solo qualche ora prima, chiedendole di andare a cena, e lei aveva acconsentito tranquillamente. Non c'era stato nulla di sospetto nei suoi comportamenti.
«Ne sei sicuro?»
«Ne sono abbastanza sicuro...» nonostante tutto, i sui precedenti non gli permettevano di essere tranquillo al 100%, eppure voleva fidarsi, perché si sentiva incredibilmente sereno dopo la notte passata con lei.
Visibilmente preoccupata, Summer annuì con un'espressione pensierosa.
«Beh io sto per partire, ma se dovesse succedere qualcosa... per favore, chiamami» estrasse dalla sua borsa un biglietto col suo numero di telefono e glielo porse.
Alaric lo afferrò, e poi la scrutò con un'amichevole attenzione.
«Devi tenere davvero molto a lui...»
Summer si sentì quasi travolta da quelle parole. Ormai sapeva bene quello che provava, eppure, sentirselo dire da qualcun altro, aveva avuto un qualcosa di diverso: di tremendamente concreto.
«Adesso devo proprio andare» il suo tono manifestò tutto il suo disagio.
Alaric le sorrise.
«Ti accompagno alla porta» disse, indicando la via con la mano.
Una volta arrivata sull'uscio, Summer si girò verso di lui.
«Potresti...evitare di dirgli che sono passata?» lo chiese con un accenno di imbarazzo; ma quella richiesta per lei ebbe un qualcosa di inevitabile.
«Sì, certo» Alaric sorrise ancora, capendo che di quel passo, quei due non si sarebbero mai dichiarati. Eppure, quello che c'era tra di loro, era incredibilmente evidente.
Vide Summer annuire e poi allontanarsi.


*** ***


Stefan entrò nel bar di Gloria, facendo suonare il piccolo campanellino posto sulla porta.
Ogni volta che poteva, sgattaiolava per fare delle lunghe passeggiate atte a schiarire le sue idee.
«Dove sei stato, amico mio? Ti stavo aspettando con ansia!» esclamò Klaus, seduto al bancone, con un bicchiere di bourbon tra le mani.
Stefan lo guardò con un'espressione preoccupata.
«In giro a prendere un po' d'aria. È successo qualcosa?».
Klaus fece una smorfia di tranquillità, prima di dire: «Ho solo scoperto che la tua fidanzata è ancora in vita e sono in trepidazione all'idea di ucciderla per la seconda volta!». Gli sorrise angelicamente.
Stefan si sentì paralizzato, e se avesse avuto un cuore attivo ne avrebbe sentito ogni battito con un' eco rimbombante.
Un attimo dopo, senza pensare più di tanto, si scagliò contro Klaus, per cercare di sferrargli un pungo, ma quest'ultimo lo bloccò prontamente, chiudendo il suo pugno nella mano e torcendogli il braccio. Stefan, col viso arrossato, emise dei soffocati mugolii di dolore.
«Cosa speri di fare!?» bisbigliò l'ibrido, con aria diabolica, continuando con la sua mossa, fino a costringerlo ad inginocchiarsi.
«Lascia che ti spieghi la situazione. Adesso io andrò a Mystic Falls, ucciderò la tua ragazza, poi ritornerò qui...e ti posso assicurare che tutte le torture che ho fatto a Katherine - paragonate a quelle che ho in serbo per te - le si potranno definire coccole!» Klaus mollò la presa, e Stefan si prese il polso dolorante con l'altra mano per cercare di attenuare il dolore.
«È stata lei a dirtelo?» chiese a denti stretti, ma con un'aria rassegnata. Doveva aspettarselo!
«Devo ammetterlo: quella vampira sa sempre come cavarsela...Anche se la sua buona stella non l'aiuterà per sempre!» ritornò a sorseggiare il suo bourbon, per poi poggiare il bicchiere sul bancone, «Ora, caro Stefan... seguimi!»
Klaus si avviò verso la porta che conduceva al corridoio che collegava il bar al resto della dimora, ma, quando vide che Stefan non si muoveva di un passo, bisbigliò: «Come desideri!»
Con velocità l'ibrido si scagliò su di lui e, a suon di calci e pugni che lo sbattevano contro le varie pareti, lo portò fino allo scantinato. Con l'ennesimo calcio fece rotolare Stefan giù per le scale; lui, invece, scese tranquillamente con la solita andatura disinvolta.
Lo afferrò per il collo e lo portò di forza accanto alla parete con le catene. Stefan, malconcio e indebolito, non poté fare altro che lasciarsi incatenare.
«Ah...sei stato una vera delusione, Stefan» iniziò con teatralità, legando il primo polso.
Il volto del vampiro era un ammasso livido ricoperto di sangue.
«Avevo grandi progetti per te! Ti vedevo al mio fianco a guidare insieme un glorioso esercito di ibridi e invece... non sei altro che il solito patetico vampiro che si è lasciato infettare dalle emozioni! Ma non temere! Le orribili torture che ho in mente per te tempreranno il tuo spirito!» concluse con enfasi, mettendo l'ultima catena.
«Ora, mio caro amico, resta pure qui ad aspettare la tua condanna per aver tradito la mia fiducia, mentre io vado a Mystic Falls a porre fine alla vita di Elena una volta per tutte. Ma non temere... anche se ti perderai lo spettacolino, farò sicuramente delle foto ricordo del lieto evento! E dopo ci divertiremo a guardarle insieme!» gli mise una mano sulla spalla, in un classico gesto amichevole, e poi si avviò, chiudendo la porta dello scantinato alle sue spalle. Nel corridoio, trovò a terra il telefono di Stefan, e sorrise mettendolo in tasca.

Il vampiro respirava a difficoltà: le ecchimosi sul volto si stavano gonfiando a dismisura, e i suoi occhi erano colmi di lacrime.
Il peggio era inevitabilmente arrivato, e Stefan non poteva fare nulla per impedirlo!


*** ***


Damon, con lo sguardo fisso sulla finestra della sua stanza, vide Summer avviarsi verso l'ingresso, e quindi si affrettò a ritornare nel salotto, per rimettersi sul divano e fingere di essere completamente disinteressato del suo arrivo.
Summer entrò, e si avviò con passo veloce e diretto verso la rampa di scale, ma poi il suo volto, quasi meccanicamente, girò in direzione del salotto.
Ancora una volta, si guardarono per un interminabile secondo: lui scostante, lei confusa e amareggiata.
Summer si girò per avviarsi nella sua stanza, ma poi si voltò nuovamente verso di lui.
«Sai...non ho idea del perché tu ti stia comportando come un grande stronzo! Ma lascia che ti ringrazi, Damon! Renderai il momento del nostro saluto decisamente più facile!» esclamò, con una ritrovata grinta. Non ne poteva più di quell'atteggiamento!
Damon si alzò dal divano e le si avvicinò con un passo deciso ed uno sguardo che emanava scintille.
«Bene, allora preparati ad essermi ancora più riconoscente! Perché non ho ancora finito...» iniziò con voce ferma, per poi continuare: «Ti ho aiutata, Summer. Per tutto questo tempo noi due siamo stati una squadra. E ora, invece?! Trovato il fiorellino, hai impacchettato le tue cose, pronta ad andartene come se nulla fosse; come se la mia parte si fosse esaurita col soggiogare un paio di idioti; come se non potessi essere utile a nient'altro! Come se fossi il classico buono a nulla che deve stare in disparte! Beh...Perdonami se non mi va di farti un cartellone d'addio!» il suo tono stizzito, un misto tra denti stretti e acida ironia, lasciarono Summer sbigottita. Non aveva idea che Damon potesse provare tutta quella rabbia verso di lei e verso quella faccenda; così cercò, con un tono calmo, di spiegargli quello che aveva cercato di dirgli quella mattina: «Ti sbagli! Non è così! Se non voglio coinvolgerti... non è perché credo che tu non sia in grado di aiutarmi. Come potrei? Andiamo...lo sai bene! Se non fosse stato per te starei ancora cercando! Lo faccio solo perché non è compito tuo, Damon. Tutto qui»
Lui si sentì travolto dal suo sguardo e dal suo tono di voce, ma ugualmente sputò altre scuse, altre motivazioni secondarie esplicate con rabbia, ed ingigantite fino all'invero simile, pur di non lasciar intendere le prime, ovvero l'amore e il disperato bisogno che nulla della loro relazione cambiasse, almeno non in peggio! Come invece si stava proiettando davanti ai suoi occhi.
«Beh, forse te ne sei dimenticata, Summer, ma Klaus è anche un mio problema! Ha letteralmente sequestrato mio fratello e non viene qui ad uccidere Elena solo perché la crede morta! Non puoi tagliarmene fuori! Non riguarda solo te e la dannatissima Triade di cui fai parte! Riguarda anche me!» sperò che quell'argomentazione bastasse a farla rimanere, oppure a farle capire di dovergli dare un ruolo definito all'interno di quella storia.
Summer ascoltò con attenzione, eppure, la sua visione distorta delle cose - perché alterata dalla gelosia - le fece sembrare che il nome di Elena fosse il perno dell'intero discorso. Era per lei? Si chiese trafitta da un dolore insopportabile.
«E quindi...cosa vuoi fare?» chiese atona, cercando disperatamente di non lasciar trapelare il suo turbamento.
Damon non lo sapeva; la verità era che si stava appigliando a qualsiasi cosa, pur di non farla finire lì.
«Beh per adesso tutto quello che voglio è vedere questo maledettissimo pugnale. Almeno questo...penso che me lo devi. Quindi dì a Lily di mettere il suo kit da fattucchiera in un borsone e di venire qui! Perché tu non vai da nessuna parte!»
Summer guardò di lato, perché non riuscì più a reggere lo sguardo di Damon senza sentire gli occhi diventare umidi. Se fosse dipeso da lei, gli avrebbe concesso tutto quello che chiedeva, ma quella era una cosa momentaneamente impossibile.
«Sarebbe del tutto inutile, il pugnale non può ancora essere ricomposto. Manca ancora qualcosa...e se me ne vado così presto è appunto per aiutare Lily con le sue ricerche. Ma va bene, se ci tieni. Una volte trovato l'ultimo ingrediente, verremo qui. Hai ragione... almeno questo te lo devo» suonava strana l'idea di doverlo rivedere una volta lasciata quella casa - una volta spezzato quello starno rapporto indefinito che li univa; era un pensiero che la spaventava per il dolore di cui sarebbe stato inevitabilmente carico, eppure acconsentì alla sua richiesta, perché non riusciva a negarglielo.
Aveva fatto davvero tanto per lei...
Damon annuì avvilito. Il suo teatrino non aveva funzionato, se ne stava per andare comunque.
«Cosa manca ancora?» chiese, con voce impercettibilmente affannata.
«La cenere di una quercia creata dalla strega originaria per uccidere la prima generazione di vampiri...senza di quella non possiamo procedere»
Damon si sentì improvvisamente più leggero, e con un tono di voce più calmo le domandò: «Umn...e dove avete in mente di cercarla, esattamente?» incrociò le braccia al petto con un'espressione interessata.
Summer sospirò con una lieve afflizione: il pensiero del noiosissimo calvario che l'attendeva.
«In verità non ne ho idea. È da mesi che Lily si mette in contatto con tutte le streghe che ne hanno sentito parlare...non ho idea di chi sarà la prossima, ma non abbiamo altre piste da seguire».
Damon sorrise con un fare sornione.
«Beh, se non doveste trovarla...fatemi uno squillo. Dovrei averne ancora un po'»
Summer lo guardò sbigottita.
«Dici sul serio?!» fece, col serio dubbio che fosse uno dei suoi soliti scherzi.
«Dico sul serio» il suo volto aveva ritrovato tutta la sua luminosità.
«Come fai ad averla?!»
Lily la cercava da anni; e l'aveva cercata in templi, cattedrali, rovine di antiche civiltà, ed infine aveva spulciato i nomi di quasi tutte le streghe del globo. Che diavolo ci faceva a casa di Damon Salvatore?
«Beh, diciamo che me l'ha venduta un tizio dicendomi che era roba buona...ma sai come funzionano queste cose: mai tradire il tuo fornitore di fiducia!»
Summer sorrise con un avvilimento divertito.
«Storia lunga?*» fece, capendo l'antifona.
«Yep!»
Entrambi si ritrovarono a sorridersi serenamente.
Tutta la conversazione si era alleggerita di colpo, portando un senso di pace. Avevano trovato una valida scusa per passare altro tempo insieme, e questo era tutto ciò che volevano.
«Beh, in questo caso...ho una telefonata da fare!» disse Summer, facendogli capire che avrebbe subito avvisato Lily.
Damon annuì, e i due si guardarono con quella gioia che precede un bacio dopo una lite, ma entrambi si trattennero. Entrambi si chiedevano se gli avvenimenti della giornata avessero in qualche modo cambiato il loro rapporto - o quello che diavolo era.
Summer si avviò sulla rampa di scale e Damon la osservò, battendo ripetutamente il palmo sul passamano, fin quando non gli fu inevitabile chiederglielo: «E quindi...litigare ti rende la nostra separazione più facile, eh?» il suo era un chiaro tono indagatore; e mentre aspettava una risposta, si mordicchiava il labbro inferiore, ripensando attentamente a tutto quello che si erano detti.
Summer lo osservò con dolcezza e poi, con un tono altrettanto caloroso, rispose: «Insieme...abbiamo passato davvero tanto tempo, e salutarti...potrebbe risultarmi più difficile del previsto».
Damon annuì sentendosi leggermente deluso: risposta dolce ma vaga, o almeno troppo vaga per il suo bisogno di certezze! Ripensò a quella mattinata rovinata dalla sua acidità, e meditò su quello che le aveva fatto. Usare la morte di Kendra contro di lei non era stato bello, e si sentì tremendamente dispiaciuto, così disse: «Beh allora avresti dovuto cogliere l'occasione questa mattina...sai quando sono stato...parecchio stronzo!»
Summer capì subito che, dietro quel tono esitante e quello sguardo dispiaciuto, si nascondevano delle scuse - delle scuse alla Damon - così gli sorrise dolcemente.
«Avevi le tue ragioni per esserlo...»
Si guardarono con intensità, ancora una volta pervasi da quell'irrequieta voglia di baciarsi...di stare vicini, ma, nuovamente, entrambi si limitarono a causa di quell'assurdo timore che il loro rapporto fosse finito quella mattina.
«Vado a chiamare Lily» Summer spezzò il silenzio, e garbatamente si voltò per raggiungere la sua stanza. Damon la osservò per tutto il tempo. Per entrambi era sempre più difficile reprimersi ma sempre più terrificante esporsi, e l'impasse era l'inevitabile risultante.


*** ***


Lily rispose alla chiamata dopo pochi squilli: «Summer! Tutto bene? Come mai non sei ancora arrivata?».
«Beh...c'è stato un piccolo cambio di programma, dovrai essere tu a venire qui a Mystic Falls...»
«Perché?»
«Beh, perché la cenere che stiamo cercando...c'è l'ha Damon!» rivelò sentendosi ancora incredula, «È disposto a darcela, ma vuole che il pugnale venga ricomposto qui. È stato molto categorico a riguardo! Ma se ci pensi ci ha risparmiato un bel po' di fatica...» le ultime frasi furono un crescendo di semi-felicità.
«Davvero c'è l'ha lui?! Come fa a ritrovarsela?!» il tono acuto di Lily palesava tutta la sua sorpresa a riguardo.
«Non me l'ha spiegato. Ha detto che è una lunga storia»
«Ok... ma onestamente non capisco il motivo della sua richiesta. Voglio dire...perché vuole che il pugnale venga ricostituito lì? Non è che si è innamorato di te e vuole solo una scusa per non lasciarti andare!?» esclamò tra il serio e il divertito.
«Lily! Che diavolo dici!» quell'affermazione le aveva fatto lo stesso effetto di un'unghia che raschia la lavagna; forse perché era ovvio che una parte di lei - quella con cui aveva più difficoltà ad avere a che fare – aveva sperato in qualcosa del genere, e il suo sguardo si fece improvvisamente triste al pensiero di ciò che le suonava come un'illusione e nient'altro.
«Ti assicuro che non è così! E tu vedi decisamente troppe telenovele!» continuò, cercando di ironizzare al massimo la cosa.
«Sono una persona romantica, non posso farci niente!» Lily era ancora poco convinta, e per cercare di capire meglio domandò: «Ma scusa, allora come giustifichi questa sua strana pretesa?»
«Semplicemente...Non vuole sentirsi tagliato fuori e spera di poter fare la sua parte per proteggere le persone che ama. Tutto qui» rivelò con amarezza, pensando ad Elena.
«Vedi?! L'amore c'entra sempre!»
«A parlare con te si rischia il coma diabetico! Possiamo ritornare sull'argomento principale?» il tono di Summer era in un misto di noia e divertimento.
«Ok...» canzonò prontamente Lily, per poi continuare subito dopo: «Allora...beh, sarò lì domani. Lo sai, devo andare a recuperare gli altri due elementi nei loro nascondigli; ma dovrei arrivare nel primo pomeriggio».
«Perfetto!»
«Mi sembri quasi sollevata del fatto di non dover partire! Non è che sei tu ad esserti innamorata di lui?!» Lily simulò un tono enfaticamente sconvolto.
«Lily!» ma Summer la richiamò subito all'ordine.
«Ok, va bene!» canzonò nuovamente, «Ci vediamo domani!»
«A domani!»


*** ***


Damon se ne stava sul divano, con i piedi poggiati al tavolinetto ed un bicchiere di scotch nella mano destra, che roteava lentamente e soprattutto assorto nei suoi pensieri.
Non aveva mai litigato in quel modo con Summer.
Come si era risolto il tutto? Si chiedeva, senza riuscire a darsi una risposta. Il fatto che avessero dormito insieme e la successiva litigata, per lui segnava una sorta di tacita fine: come se quella situazione indefinita si fosse spezzata per via degli eventi. Voleva andare in camera sua e baciarla. Voleva stringerla forte, tanto da sentire che non sarebbe mai potuta andare via dalle sue braccia. Eppure non ci riusciva. Qualcosa lo frenava; ed era una sorta di bilancia su cui Damon stava mettendo tutto quello che li riguardava.
Voleva cercare di capire che posto avesse nel suo cuore. Perché tra loro incertezze e sicurezze sembravano alternarsi per stare sempre in parità.
Il fatto che ci fosse stato un ex perfetto, a cui lei non era riuscita a dire ti amo, lo mandava in crisi! Aveva sempre sospettato che Summer non fosse una ragazza dall'innamoramento facile, ma averne la certezza, frantumava tutte quelle piccole conferme che aveva avuto fino a quel momento; come il fatto che gli avesse detto di ritenerlo una persona importante, come la sua voglia di vederlo geloso... tutto era stato sminuito bruscamente, e questo lo gettava sul divano privandolo della forza per fare qualsiasi altra cosa.
Il telefono, all'interno della tasca del pantalone, vibrò, e, una volta afferrato, controllò con attenzione il nome che compariva sul display.
«Rick! Lasciami indovinare: mi hai chiamato per dirmi che hai trovato l'amore della tua vita!» fece, con sdolcinata enfasi, per poi continuare con rapidità: «Oppure per chiedermi di venirti a salvare perché adesso sei legato alla sedia dove sei stato torturato per ore! Tengo le dita incrociate per la seconda ipotesi! Movimenterebbe un po' la serata!» in effetti, si chiedeva come fosse finita la questione “possibile licantropa killer”.
«Niente di tutto questo...» Rick sorrise divertito.
Si stava preparando per la sua cena con Clarissa. Una cena per cui lui si era stabilito una regola: niente interrogatori strani dettati da istinti paranoici! Doveva godersela, perché grazie a lei si sentiva tornato nuovamente alla vita!
«E allora racconta...»
«Non c'è molto da dire: ho sbagliato a giudicarla. Dubito che sia qui per uccidere qualcuno! Lo ammetto: mi sono fatto prendere dal filone tragico che solitamente caratterizza le nostre vite»
«Tutta questa serenità zen significa che ci hai fatto sesso?»
«Questi non sono affari tuoi!» lo canzonò l'umano, scegliendo dall'armadio la camicia più indicata.
«Umn..riservatezza! Ho due ipotesi anche per questa: la prima è che la donna in questione ha davvero fatto colpo, e la seconda è che ha gusti strani; e quindi ti ha coinvolto in cose vergognose che ti hanno poi fatto dondolare sotto il getto freddo della doccia. Anche in questo caso, tengo le dita incrociate per la seconda!»
«Perché non mi parli un po' della tua love story, invece? Ho saputo che Summer sta per andarsene...»
Damon mutò rapidamente espressione.
«Chi te l'ha detto?»
«Lei in persona. Qualche ora fa è stata qui»
«E...per quale motivo?»
«Non te lo immagini?!...Voleva accertarsi che Clarissa non fosse un licantropo. Ti vuole al sicuro e, a dirla tutta, mi ha anche chiesto di non fartelo sapere» si sentiva strano al pensiero di non aver mantenuto la parola, ma la verità era che lo preferiva a spasimare per Summer, anziché per Elena. Alaric non avrebbe mai parteggiato per nessun vampiro, quando si trattava di lei, e soprattutto vedeva in Summer una figura forte in grado di tenere testa al vampiro.
«Umn...e noto con piacere che non hai esitato neanche due secondi a dirmelo! Beh...Spero che tu non scopra mai dove custodisco il mio diario segreto, pretty little liar! Mi metteresti in imbarazzo davanti a tutta la scuola!»
Damon scherzò con un surplus d'allegria: quella notizia l'aveva alleggerito all'istante.
Rick ridacchiò brevemente, poi rispose: «Credo solo che certe cose vadano incentivate. Soprattutto quando c'è di mezzo un caratteraccio come il tuo! Non ho dubbi sul fatto che tu possa rischiare di rovinare ogni cosa!»
Damon assottigliò lo sguardo: Dio, quanto odiava quando gli veniva detta la verità!
«Beh...Ti stai impicciando in cose che non ti riguardano» disse con voce dura.
«Umn riservatezza...mi chiedo quale delle due ipotesi sia la tua!» Alaric si divertì a mettere il dito nella piaga, e si convinse di aver fatto la cosa più giusta a non mantenere la parola data.
«Buona serata, Rick. E mi raccomando, se mai dovessi finire nudo e ammanettato in un sudicio motel...aspetta la donna delle pulizie, non contare su di me!»
«Non lo farò!»

Damon si chiese perché diavolo stesse ancora indugiando, seduto su quel divano a rigirare tra le mani uno stupido bicchiere di scotch.
Con la notizia data da Alaric, l'ago della bilancia - anche se di poco - aveva oscillato nuovamente in suo favore; e adesso non aveva alcun senso essere intimorito da tutto quello che era accaduto.
Sarebbero stati insieme fino alla fine; e se Summer avesse avuto obiezioni a riguardo, avrebbe dovuto fare i conti col suo incredibile magnetismo sessuale e con la sua risaputa insistenza!
Si alzò, e con un passo deciso e sicuro, si avviò verso la sua stanza. Spalancò la porta senza bussare, e la vide accanto al letto, intenta a togliere dal borsone ciò che le sarebbe servito per il rinvio della partenza. Si avvicinò a lei senza mai fermarsi, afferrò i suoi fianchi e la baciò con tutto quel carico di emozioni accumulate: l'amore, la paura di perderla, la felicità di avere ancora del tempo a disposizione, la voglia di scusarsi, il bisogno di sentire il suo corpo accanto al proprio...
Fu un bacio travolgente e inaspettato; e Summer aveva avuto giusto il tempo di guardarlo con aria confusa, prima di esserne travolta.
Finito l'effetto dell'impeto, Damon distanziò il volto di qualche centimetro per osservare la sua reazione. La guardò attentamente per ciò che gli sembrarono degli interminabili secondi, ma poi lei lo baciò con altrettanta foga, debellando ogni suo dubbio. Entrambi sentivano il bisogno di stare vicini, di cancellare le emozioni negative di quella giornata, bruciandole col calore del loro contatto. Con un gesto veloce, Damon l'adagiò sul letto, prendendo posto tra le sue gambe con la solita traboccante sicurezza.
Il loro fervore si accanì sui vestiti, che vennero eliminati rapidamente. E, immediatamente, tutto risultò lontano: le paure, le finte ostilità, la missione...
Tutto perse importanza di fronte alla disperata voglia di stare insieme.


*** ***


«E così...sei stata da Rick...» affermò Damon, mentre le accarezzava la schiena con la punta delle dita.
La luce soffusa e il rumore del vento erano la soffice cornice del momento.
Summer, accoccolata tra le sue braccia, scostò lievemente la testa per osservarlo meglio.
«Allora avevi ragione! È davvero una pettegola!» esclamò divertita, per nascondere l'imbarazzo.
«Sì, non dovevi fidarti» Damon la guardò intensamente, «Allora? Perché l'hai fatto?».
Lei sentì i polmoni stretti in una morsa, e maledisse Rick per non aver tenuto la bocca chiusa. Che bisogno c'era di spifferargli ogni cosa?!
«Perché torturarti e attentare alla tua vita è una mia esclusiva!» Summer cercò di portare il discorso sui soliti livelli d'ironia, ma per un attimo lo sguardo intenso di Damon l'aveva schiacciata, privandola di ogni forza.
Il vampiro ridacchiò con una sorta di lieve amarezza impressa sul volto. Avrebbe voluto sentirsi dire qualcosa di più: delle parole che lo avrebbero fatto sentire più sicuro: qualcosa che avrebbe spazzato via i suoi insopportabili dubbi, e quindi, quella risposta ironica, lo deluse inevitabilmente; ma poi Summer, con dolcezza, bisbigliò: «Ti va di restare qui...nonostante le gomitate».
Visto tutto quello che era capitato, sentì il bisogno di chiederglielo: Damon poteva aver cambiato idea sul fatto di dormire insieme, e lei tentò speranzosa e spaventata da un possibile rifiuto.
Damon, facendo delle smorfie, indugiò fintamente, ma poi, con la solita vena giocosa, disse: «Mi va...ma tu cerca di trattenerle!».
Lei sorrise, sentendosi leggera.
«E se dovessi avere degli incubi? Domani mi prenderesti in giro?» gli servì la battuta su un piatto d'argento. Continuare a scherzare con lui, come avevano sempre fatto, era ciò che più desiderava in quel momento; ma poi il vampiro la sorprese, mormorando: «Non li avrai...».
Summer lo guardò incuriosita.
«Come fai a dirlo?»
«Perché se dovesse accadere...» Damon si girò sul fianco per avere il suo viso di fronte; e Summer lo seguì nei movimenti poggiando la testa al suo braccio.
«Interverrei facendoti sognare qualcosa di bello...» continuò, con un'estrema dolcezza.
Summer si perse nei suoi occhi limpidi e seri, sentendo i suoi diventare umidi, e sentendo la pelle del viso infiammarsi come brace ardente.
Damon la guardò con tenerezza. Aveva semplicemente detto la verità, e volle godersi quel momento, prima di camuffarlo dietro le solite maschere.
«E quando dico qualcosa di bello, ovviamente intendo me!» aggiunse poco dopo, facendola sorridere.
Summer ridacchiò con la solita rassegnazione. Per un attimo ci aveva creduto...e per quell'attimo il suo cuore si era quasi fermato!
«Non si potrebbe avere qualcosa di meglio?!» obbiettò, con una finta aria insoddisfatta.
«Meglio di me c'è solo la mia versione senza veli!»
Summer ridacchiò nuovamente, avvicinandosi a lui per scoccargli un bacio; ma prima di farlo esclamò: «Sei il solito presuntuoso!».
Lui sorrise sulle sue labbra e l'abbracciò roteando su di lei.
«Sì, e tu sei pazza di me! Ammettilo una buona volta!» fece giocoso, ma poi lei gli accarezzò il viso e, con una simulata sufficienza, disse: «Ok...potrei essere vagamente pazza di te!».
Il volto di Damon si accese di luce, e subito la baciò con un trasporto caldo e avvolgente.
«Aspetta ma tu... sai cosa significa vagamente, vero!?» continuò lei, sminuendo ancora di più quell'affermazione per vendicarsi di quella mattinata infernale, ma, soprattutto, per non fargli percepire la reale importanza di quelle parole.
Damon le fece una smorfia minacciosa e, divertiti e stranamente spensierati, i loro corpi rotolarono nuovamente su quelle lenzuola setose e un po' sgualcite.
Sarebbero stati totalmente felici, se tutto quello che c'era tra di loro non fosse stato continuamente filtrato dalle loro insicurezze.
Damon e Summer non riuscivano a vedere quel quadro generale, che invece era incredibilmente chiaro a tutti gli altri, perché entrambi erano ancorati alle loro paure, che quasi distorcevano la realtà rendendogliela incomprensibile.
E una cosa certa e ovvia che si sa sulle paure è che alcune passano, altre non passano mai, e altre ancora, invece, passano troppo tardi...





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Ok...stronzate a parte (il che sarà difficile visto che ho notato una correlazione positiva tra lunghezza del capitolo e follia del mio angolino xD)
Ho delle Nda “serie” da fare per quelle poche lettrici che sono ancora sveglie.
Allora, le condizioni irripetibili a cui si riferisce Gloria riguardano la pietra di luna.
Nel telefilm, la fanno sembrare unica. Come se fosse una sorta di santo graal o cose simili. In realtà non è così rara (penso che Klaus l'avrebbe potuta anche trovare su e-bay a un buon prezzo) ma ho voluto seguire il filone del telefilm^^ E quindi il rito sarà diverso.
Per la “lunga storia” ovviamente mi riferisco a quella della seconda stagione (il pugnale la cenere...ecc) L'episodio della terza (non ricordo quale) in cui Elena pugnala alle spalle Rebekah, mi ha dato conferma di ciò che sospettavo: la cenere ce l'ha ancora Damon.
Ovviamente la citazione iniziale è riferita a queste due teste di cavolfiore, che mi stanno mandando al manicomio. E qui si spiega il perché io abbia messo i famosi flashback sui “pali” di Damon, perché li considero una parte importante di questa storia.
Altra cosa, finalmente con i prossimi capitoli (sperando che vengano alla luce) avrò l'occasione di dimostravi non solo che nulla è dato al caso, ma anche che ho disseminato un po' di falsi finali all'interno della fic. Quindi preparatevi a un bel po' di sorprese!!!
Spero che il papi...emm capitolo vi sia piaciuto o, almeno, non vi abbia fatto schifo...e soprattutto spero che i personaggi non siano risultati ooc, soprattutto Klaus (in mia difesa, dico che nella seconda stagione ha lasciato andare Katherine per molto meno. Qui ho fatto del mio meglio per “motivare” la cosa)

Come sempre, ringrazio di cuore le dolcissime ragazze che mi hanno lasciato un commentino ( senza il quale mi sarebbe arrivata forte e chiara l'antifona “Datti all'ippica!” xD) - È grazie al vostro sostegno che riesco a ritagliare un po' di tempo per portare avanti questa fic!!! Perciò grazie mille!!!
E ringrazio ovviamente chiunque abbia letto, e
manderò tante coccole virtuali a chi troverà un minutino per recensire (nel bene, nel male e nel neutro) questo capitolo (e fu così che “vecchiomaniaco69” scrisse la sua prima recensione!!! xD)

Ok, adesso devo proprio dissolvermi!!!xD
Quindi...Alla prossima!!!









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Capitolo 52
*** Cinquantaduesimo Capitolo ***


Questo capitolo è Lungo
Questo capitolo è Sadico
Questo capitolo è Lemon
Questo capitolo è Inevitabilmente
Dedicato alla mia Alice_InWonderland!




Nda Iniziali:
- In grassetto le frasi prese direttamente dal Telefilm
- Il capitolo riprende gli avvenimenti del:
12° (per la questione Grayson Wood)
17° (questione “inizio imbarazzante” xD)
30° (per la questione “Amanda&Katherine” e “sangue delle cacciatrici”)
- Chi non ha idea di come sia fatta una Triluna, può cliccare qui
- Si consiglia la lettura al solo pubblico adulto...
...no vabbè scherzo xD, però è davvero “a pelo di rating”!
Ci vediamo giù!






*** 27 Dicembre ***
Parte 1^




Stefan aprì lentamente gli occhi, sentendosi confuso e disorientato.
I polsi incatenati alla parete.
La pelle ricoperta di scie di sangue secco.
Due flebo che gli partivano dalla piegatura delle braccia, iniettandogli della soluzione fisiologica mischiata ad una piccola quantità di verbena: la giusta quantità per fargli sentire un bruciore lento, continuo ed insopportabile.
Stefan non ricordava neanche quando gli fossero state messe, e se lo chiese più volte senza successo; ma, soprattutto, si domandava chi fossero quelle tre persone sdraiate a terra prive di conoscenza.
Si sentiva intontito, frastornato e debole, e capiva ben poco di quello che gli accadeva intorno.

«Ssshh, non avere paura!» diretto verso lo scantinato, Klaus soggiogò la giovane donna che trascinava per il braccio, stanco del modo animato in cui si dimenava.
La sera prima, aveva ucciso tre persone entrate nel bar: un uomo adulto di origine indiana, una ragazza bionda che a stento doveva avere vent'anni, ed un ragazzo più grandicello con gli occhiali e l'abbigliamento un po' ricercato.
Aveva fatto bere loro il suo sangue.
Era riuscito a contattare solo due dei suoi uomini fidati sparsi per il mondo, e li aveva indirizzati  a Mystic Falls, col preciso ordine di posizionarsi allo sbocco della strada principale per evitare che qualcuno lasciasse la cittadina. Il giorno 27 di quel freddo mese di dicembre, a nessuno sarebbe stato concesso di lasciare Mystic Falls. Ma non bastava. Aveva bisogno di altri soldati pronti a difenderlo e a fronteggiare gli imprevisti. Così, camminò per il tragitto che lo separava dallo scantinato, trascinando quella donna a cui non era più concesso di avere paura.
Entrò e scese giù per la rampa di scale, facendo poca attenzione alla difficoltà con cui la sua prigioniera si muoveva, ostacolata da quella stretta presa sul suo braccio.
Vide con soddisfazione che i ragazzi stavano lentamente riprendendo conoscenza.
Tutti e tre erano confusi e pervasi da un incredibile mal di testa.
«Ben alzati, miei nuovi compagni d'avventura!» ai tre, la voce dell'ibrido suonò come una forte fitta elettrica nel cervello.
«Chi sei?! E cosa ci hai fatto?!» domandò la ragazza, con voce tremante, guardandosi intorno con aria spaventata, soprattutto quando i suoi occhi si posarono su Stefan.
«Lo scoprirete presto. Ma adesso immagino che sarete affamati...»
Avvicinò a sé la donna che stringeva saldamente, per morderle il collo e far zampillare il suo sangue.
«Adesso sei libera di avere paura...» bisbigliò, soggiogandola nuovamente, e poi, con un sorrisino malefico, la fece avanzare di un passo per mostrare lo spettacolo alle sue nuove creature.
La donna venne scossa da un forte tremito di terrore, prima di essere gettata tra le braccia dei tre che, sentendo l'odore del sangue e il suono rimbombante di quella vena sul collo che pulsava freneticamente, si accanirono su di lei con un'inaspettata ferocia.
La donna urlò con tutto il fiato in gola, dimenandosi energicamente, ma i tre non le lasciarono scampo, e presto non ebbe le forze per emettere neanche il più impercettibile suono.
Klaus guardava la scena con soddisfazione. Si avvicinò a Stefan, che intanto assisteva a quell'orrore, sentendosi disgustato ma anche inevitabilmente attratto.
L'ibrido gli mise una mano sulla spalla, in uno di quei gesti solitamente amichevoli.
Sospirò con teatralità e poi disse: «Ah, il primo pasto lo si riduce sempre a brandelli! Sono momenti davvero emozionanti...non trovi?»
Stafan deviò il volto da quello scenario, doppiamente infastidito da quelle parole.
«E tu, Stefan?! Ricordi il sapore del primo sangue che hai assaggiato? Immagino che ti sia piaciuto da impazzire...»
Stefan spalancò gli occhi, sentendosi rabbrividire al ricordo di quei momenti...al pensiero di suo padre.
Per il vampiro l'odio verso se stesso era sempre il nemico più duro con cui fare i conti, e sembrava che l'ibrido avesse tutti gli elementi per ferirlo nel profondo, per tormentare ogni angolo oscuro della sua psiche.
Essere legato, e quindi costretto a fare da spettatore a uno spettacolo di cui si era reso partecipe troppe volte, mandava in crisi la sua personalità duale che si scontrava nel territorio neutro della sua anima, facendogli incredibilmente male. Era come se l'ibrido conoscesse alla perfezione ogni suo tormento, e non esitava a mostrarglieli pur di saziare l'incredibile fame della sua vendetta.
Stefan non rispose e l'ibrido continuò: «Sei silenzioso, amico mio! Beh, pazienza, tanto avremo modo di fare delle lunghe chiacchierate, perché...» lo guardò attentamente per soggiogarlo «Tu resterai qui...fino al mio ritorno».
Stefan sgranò gli occhi, sentendo in quell'ordine ogni briciolo di speranza che veniva inesorabilmente spazzato via.
Come avrebbe fatto a salvare la sua Elena?
Klaus si allontanò, dando un'ultima occhiata al corpo di quella donna diventato ormai solo un ammasso di carne informe ricoperto di sangue.
Chiuse la porta dello scantinato dietro di sé. Prima di partire, aveva un'altra importante faccenda da sbrigare...


*** ***


Non serviva alzarsi dal letto per percepire l'aria di bufera che caratterizzava quella mattina. Il forte rumore del vento e il grigiore che invadeva la stanza lasciavano intuire che presto il manto di neve che ricopriva Mystic Falls si sarebbe alzato ulteriormente.
Damon e Summer si svegliarono quasi contemporaneamente, a causa di una forte raffica che aveva provocato chissà quale danno all'esterno della casa.
Si guardano con dolcezza, avvicinandosi e rannicchiandosi maggiormente sotto il morbido piumone.
Entrambi, ripensando alla mattinata precedente, erano quasi spaventati all'idea di proferire parola.
Il fatto che la loro separazione fosse stata rinviata a pugnale ricomposto li aveva tranquillizzati. Quella faccenda risultava così lontana, astratta e fantasiosa da non indurli a crederci realmente. Quel fatidico momento era diventato irreale come una fiaba, come le solite date da fine del mondo che poi si rivelano essere giorni qualsiasi, ma tutti li aspettano con ansia pur senza crederci minimamente.
Sembrava tutto lontano e sbiadito...
Entrambi erano pervasi da una sensazione che incitava al silenzio.
Nella stanza aleggiava la stessa eco tacita che caratterizza le cattedrali e i templi, e che induce le persone a rispettarne la sacralità.
Non avrebbero parlato...
Non avrebbero rovinato nuovamente quel momento, inquinandolo con la tristezza della realtà e con l'ambiguità delle parole.
Così le loro dita iniziarono a solleticare delicatamente il corpo dell'altro, e i profili dei loro volti si avvicinarono sfiorandosi con la punta dei nasi e sfociando, con lentezza, in un dolce bacio.


*** ***


Klaus arrivò in una piccola cittadina ad Est del Lago Michigan. Aveva ottenuto le informazioni di cui necessitava da un poliziotto soggiogato e, una volta arrivato a destinazione, suonò il campanello di quella dimora dall'esterno in stile rustico.
L'alba era passata solamente da poche ore, ma la signora che aprì la porta era già vestita e curata nel suo aspetto fin nei minimi dettagli.
«Posso esserle d'aiuto?» chiese cordialmente la donna, puntando con curiosità le sue iridi celesti sull'uomo.
«Certo che puoi essermi d'aiuto, mia cara! Altrimenti non sarei qui...» Klaus teneva le mani unite dietro la schiena, e piegò il busto leggermente in avanti, con quel suo solito fare da gentleman.
Amanda fece una smorfia confusa e vagamente preoccupata.
«Chi è lei?»
«Adoro le domande dirette! Fanno risparmiare un bel po' di tempo. Sono Klaus, e visto che sei una strega mi sembra davvero superfluo aggiungere altro...».
La donna spalancò gli occhi in preda al terrore: Klaus, il famoso vampiro originario.
L'ibrido, approfittando di quell'attimo di sbigottimento da parte della donna, con un fare pacato e tranquillo, continuò il suo discorso: «Ora, mia cara, fammi la cortesia di risparmiami tutto il patetico teatrino di te che spaventata ti appelli speranzosa al fatto che io non possa entrare in questa casa...parliamoci seriamente: nulla che una tanica di benzina non possa risolvere! E una volta raso al suolo questa sorta di rudere, non avresti più nessun modo per sfuggirmi. Perciò, cara Amanda, ti consiglio di essere collaborativa...non ho tempo per queste pagliacciate!».
«Cosa vuoi?» chiese con voce tremante, restando ancora nella sua dimora.
«Te lo spiegherò strada facendo...» Klaus, con un gesto della mano, le indicò l'auto parcheggiata davanti all'ingresso, e Amanda capì subito di non avere altra scelta. Non poteva contrastare in nessun modo un vampiro originario.


*** ***


La passione finì, tramutandosi in un vortice di dolcezza.
Damon le lasciò dei piccoli baci sul collo che le solleticarono piacevolmente la pelle. Lei sorrise e, prima di alzarsi dal letto, segnò la fine di quel momento con un dolce bacio sulle labbra.
Il vampiro si mise supino con le mani dietro la nuca, e osservò i movimenti di Summer con un sorriso sereno impresso sulle labbra.
Lei infilò un piccolo babydoll verde acqua e si diresse verso la specchiera. Il riposo notturno e la passionalità mattutina di Damon avevano reso i suoi capelli un ammasso di nodi, così prese la spazzola e iniziò a districarli, osservando di tanto in tanto la figura del vampiro che si rifletteva nella parte destra dello specchio.
Titubante rallentò i suoi movimenti.
«Non te l'ho mai chiesto...ma... ti pesa...il fatto di doverti trattenere?» domandò incerta, ricordando quell'unica volta in cui gli aveva permesso di bere il suo sangue.
Damon capì immediatamente a cosa lei si stesse riferendo.
Non gli pesava, ma per lui era dannatamente difficile, soprattutto per la particolarità del suo sangue che ne accendeva maggiormente la voglia; ma se poi metteva in conto anche l'amore per lei, che lo portava a desiderarla ossessivamente, allora diventava una vera tortura!
«Diciamo che non è facile...ma lo si fa...» disse con una vena di amarezza.
Forse, se il sangue di Sammer non fosse stato così speciale, l'avrebbe sicuramente invogliata a rifarlo. Ma Damon ricordava bene le sensazioni di quell'unica volta in cui l'aveva bevuto. Quel sangue era troppo intenso e potente, e lui non era riuscito a gestire le forti emozioni che gli aveva dato. Ne era stato risucchiato, perdendo il controllo di se stesso; e anche se con Summer non correva alcun rischio di ucciderla - perché la forza per sottrarsi non le mancava –  non voleva ugualmente rischiare; ma non poteva negare di averci pensato più e più volte, soprattutto ora che bere il suo sangue per lui avrebbe avuto un significato del tutto diverso.
Summer annuì poco convinta, per poi continuare a spazzolarsi i capelli. Negli ultimi giorni ci aveva pensato numerose volte, ma non aveva ancora avuto il coraggio di lasciarglielo fare; non perché avesse paura del dolore fisico o del fatto che lui potesse perdere il controllo, ma perché temeva di rivedergli sul volto quell'espressione assetata di sesso che le avrebbe ricordato che per lui non era altro che quello. Aveva paura di intravedere - nei suoi gesti alterati dai poteri psicoattivi del suo sangue - qualcosa di profondo e veritiero che le avrebbe dato conferma del fatto che per lui non sarebbe mai stata nulla di più di un momentaneo rimpiazzo; così, tolse di mezzo quel discorso, continuando a spazzolare i suoi capelli.
Damon, non sentendo altre parole sull'argomento, sorrise con una vena di rassegnazione, ma pensando che fosse meglio così.
E ricordare quegli avvenimenti lo portò a rivivere gran parte del tempo che avevano passato insieme fin dall'inizio.
«Sai...non ci siamo mai presentati» notò, quasi divertito.
«Cosa?!» fece Summer di getto, ancor prima di fare mente locale per capire se il vampiro avesse ragione o meno.
«Non ci siamo mai presentati. Io ho iniziato a chiamarti per nome perché me l'aveva detto Elena...e tu hai fatto lo stesso con me. No. Non ci siamo mai presentati». Damon ricordava bene; e il fatto che tra loro non ci fosse mai stata una stretta di mano che segnava l'inizio alimentava la loro sensazione di conoscersi da sempre.
Summer gli sorrise, rievocando anche lei l'inizio di tutto.
«Vuoi una presentazione postuma?» propose, guardandolo con aria divertita. Damon, con la super velocità e completamente nudo, le si parò davanti, poggiando le braccia rigide sulle sue spalle e chiudendole poi in una stretta di mani distanziata dalla nuca della ragazza. Con giocosità, disse: «Perché no?! Damon Salvatore, affascinante vampiro che ti sfilerà le mutandine alla prima occasione!»
Lei, come al suo solito, ridacchiò dolcemente, guardando di lato.
«Beh, Summer Reed, sanguinaria cacciatrice che ti spezzerà il collo subito dopo!»
Damon, a sua volta, emise un soffio di risata, sciogliendo le braccia e portando le mani sulle sue guance per baciala delicatamente; poi si allontanò in cerca dei suoi boxer, ricordando nuovamente gli albori della loro storia: «E se non sbaglio...tutto è iniziato perché abbiamo sorpreso due vecchietti a fare gli sporcaccioni e tu, turbata e imbarazzata, te la sei presa con me, ma io, col mio incredibile fascino...col mio magnetismo...» s'infilò i boxer e si avvicinò a lei, indicandosi «col mio sex-appeal... sono riuscito a tramutare quell'astio in attrazione fatale, a debellare quel fastidioso pudore e a renderti schiava della mia prestanza fisica e delle mie incredibili doti amatorie!»
Summer si sforzò di guardarlo con compatimento, ma la verità era che si sentiva annegare in un mare di imbarazzo. Quel ricordo la metteva terribilmente a disagio. In quell'occasione, si era comportata come una ragazzina; e questo perché, in quei giorni, quando si trovava in presenza di Damon, si sentiva incredibilmente tesa. Se quell'evenienza si fosse verificata con qualcun altro, probabilmente avrebbe vissuto la cosa con più scioltezza, vedendone solo il lato divertente; ma, all'epoca, Damon innescava e inibiva al tempo stesso tutta la sua attrazione per lui, rendendola nervosa e agitata come mai si era sentita in vita sua. E quel ricordo imbarazzante, rivissuto tramite le parole di un Damon eccessivamente sicuro di sé, le stava mostrando il fondo di quel mare di vergogna che la stava inesorabilmente inghiottendo.
Chiudendo gli occhi con forza per un lungo secondo, alzò la mano all'altezza della spalla in un gesto che voleva quasi frenare l'onda d'urto delle sue parole.
«Damon, questa storia è già ridicola di per sé, non ha bisogno delle tue fantasiose rivisitazioni!» disse tra il disagio e il divertimento.
Il vampiro le si avvicinò, abbracciandola da dietro.
«Allora dimmelo tu, saputella. Com'è iniziata?»
Il cuore di Summer si bloccò per un istante, ma pensò che qualsiasi scusa sarebbe stata anche più imbarazzante della verità.
«Beh...diciamo che...mi hai toccata quando ti avevo espressamente detto di non farlo...» rivelò in un filo di voce incerto, perché carico d'emozione, vergogna e repentino pentimento; il tutto, osservandolo tramite il riflesso dello specchio con dei piccoli sguardi fugaci e poi vaganti.
Damon sorrise come un diavoletto dispettoso. Il suo gongolamento interno era così traboccante da sfociare in superficie attraverso i suoi occhi fieri e tramite l'increspatura maliziosa delle sue labbra.
Approfittando della presa sui suoi fianchi, la girò verso di sé con un fare spavaldo e autoritario.
«Umn...Quindi mi hai desiderato fin dall'inizio...allora dimmi un po'... cosa c'era di tanto fantasioso nelle mie parole?» bisbigliò con sicurezza e con un'intensità negli occhi che faceva evaporare.
Summer si sentì immobilizzata dall'imbarazzo, e si pentì maggiormente di quel frangente di estrema sincerità. Come sarebbe sfuggita ad un Damon gongolante, quando già normalmente la sua presunzione sfiorava la stella più vicina alla terra?!
Il vampiro la guardava con eccessiva soddisfazione, ma, nonostante i suoi atteggiamenti, non era il vanto ciò che cercava: voleva solo delle conferme che gli dessero una maggiore sicurezza; e il fatto che lei l'avesse desiderato dal primo momento, proprio come era capitato a lui, lo rassicurava, andando ad aggiungere sassolini al piatto di quella bilancia che Damon voleva vedere pendere definitivamente in suo favore, prima di esporsi e di confessarle tutto quello che provava per lei. Non riusciva ad essere coraggioso: non dopo 150 anni passati ad amare Katherine e dopo aver rivissuto un riassunto di quella dolorosa storia con Elena. Voleva sentirsi dire un “anch'io!”. Chiedeva così tanto?! Non avrebbe sopportato nulla di diverso.
Non questa volta. Non con Summer...
Il telefono sul comò venne in soccorso della cacciatrice, vibrando e infrangendo quegli sguardi ipnotizzati. Lei, con rapidità, lo prese per leggere il messaggio che le era appena arrivato: «È Lily, dice che farà qualche ora di ritardo per via della bufera...».
Riposò il telefono sul comò, e Damon obiettò subito qualcosa: «Leggilo per intero...».
Summer lo guardò confusa, dicendo: «È quello che ho fatto, non dice altro...»
Il vampiro prese il telefono per leggere a sua volta: «No, non è vero...e infatti c'è scritto: “Farò qualche ora di ritardo. Ci sono dei rallentamenti a causa del mal tempo”... continua pure a fare sesso sfrenato con Damon, tu che hai la fortuna di poterlo fare! Io me ne starò qui, bloccata nel traffico, ad invidiarti, proprio come tutto il resto dell'universo femminile! Baci, Lily!» il suo tono, lineare e sicuro, poteva quasi far passare per vera quella che non era altro che un'improvvisazione fantasiosa...e presuntuosa.
Summer rise, scuotendo la testa con rassegnazione, e Damon, poggiando nuovamente il telefono sul mobile, continuò col suo teatrino: «Dovremmo seguire il suo consiglio. Lily è una strega davvero potente, non vorrei che si arrabbiasse...» si finse addirittura intimorito, pur di dar credito alle sue fandonie.
Lei non ebbe neanche il tempo di ribattere giocosamente, perché Damon se la caricò sulla spalla, per portarsela al piano di sotto: era stanco della comodità del letto!
Lei ridacchiò, sentendo di non poter fare altro.
«Ah, beh...se lo dice lei!» disse allegramente, assecondandolo.


*** ***


L'auto di Klaus si fermò fuori allo StarDust, ed immediatamente Amanda collegò quell'inaspettata sciagura a Katherine Pierce. Era stata lei, solo qualche settimana prima, a chiederle aiuto per fronteggiare un incantesimo lanciato da Gloria; e il fatto che ora si trovasse di fronte al suo bar non poteva essere una semplice coincidenza!
Durante il tragitto, Klaus le aveva semplicemente detto di aver bisogno di lei per fronteggiare un'altra strega.
L'ibrido aveva rivisto bene i suoi calcoli. Nell'ultima visita a Mystic Falls, si era imbattuto in due streghe ed una cacciatrice. Non poteva ritornare lì impreparato! Aveva bisogno di piccolo esercito per la sua battaglia. Niente poteva andare storto. Il tempo a disposizione era troppo poco.

Gloria puliva il bancone con un panno umido e, quando il campanellino attaccato alla porta suonò, guardò curiosa Klaus con Amanda al suo seguito.
«Fammi la gentilezza di andarli a chiamare, mia cara. Dobbiamo sbrigarci!» le disse Klaus, con una perversa luce negli occhi.
Gloria, capendo subito che si stava riferendo ai nuovi vampiri, annuì dirigendosi verso lo scantinato.
Amanda la osservò sentendosi smarrita. Se anche una strega potente come Gloria era succube di Klaus, lei non aveva nessuna speranza!

La ragazza, rannicchiata in un angolo, mentre guardava inorridita il corpo esanime e ricoperto di sangue di quella donna che Klaus aveva offerto loro come primo spuntino, piangeva emettendo dei sonori singhiozzi.
Non capiva nulla di quello che stava accadendo, sapeva solo che non riusciva a trattenere le lacrime. L'uomo di origine indiana se ne stava in silenzio, ma ugualmente il terrore lo si vedeva stampato sul suo volto. Il ragazzo, invece, camminava nervosamente avanti e indietro, e Stefan osservava la scena, sentendosi sempre più debole e frastornato.
«Cosa ci ha fatto?!» chiese la ragazza, in uno spasmo di singhiozzi che non accennavano a darle tregua.
«È come se fossimo diventati dei cannibali...o qualcosa di simile» rispose il ragazzo, continuando a muoversi agitatamente.
Avevano paura di chiedere a Stefan come mai fosse legato e ridotto in quello stato. Quasi temevano che saperlo avrebbe aumentato la loro possibilità di fare la stessa fine; ma la disperata voglia di chiarezza del ragazzo lo costrinse a combattere quella preoccupazione: «Ehi tu...sai dirci qualcosa? Chi è questo pazzo? E cosa ci ha fatto?» ma Stefan non rispose. Lo guardava visibilmente privo di lucidità.
«Ehi, mi senti?» continuò con più insistenza, scuotendolo leggermente.
«Vi ha trasformato in vampiri...» il tono di Stefan risuonò come un rumore rauco e ovattato.
«Cosa?!» esclamò la ragazza, ancora più sconvolta, mentre l'indiano ascoltava attentamente tutto ciò che si dicevano.
«Ma dai! E tu gli credi anche! Quel pazzo l'avrà drogato...» il ragazzo pensò subito che in quelle flebo doveva esserci qualcosa di dannatamente potente.
«Ma ti rendi conto di quello che abbiamo fatto!? Abbiamo ucciso quella donna...ne abbiamo bevuto il sangue!» contestò la ragazza.
«So benissimo quello che abbiamo fatto! Ma questa storia è troppo assurda!» il ragazzo si sedette accanto lei, passandosi nervosamente le dita tra i capelli.
L'indiano era scettico quanto il ragazzo, ma non poteva negare il fatto di essersi nutrito di quella donna proprio come un vampiro. Notò la piccola veneziana e, mettendosi di lato, l'aprì leggermente per far passare un filo di luce. Mise la mano verso il raggio di sole e, immediatamente, questa iniziò a fumare sotto lo sguardo attonito degli altri due. La ritirò con velocità e con un volto spaventato ed incredulo: la sua pelle si era bruciata per un semplice raggio di sole!
«Non posso crederci...» fece il ragazzo, mentre la ragazza piangeva ancora più forte.
Il rumore della porta che si apriva fece scattare tutti e, dall'alto della rampa di scale, comparve la figura di Gloria.
«Venite, Klaus vuole vedervi...»
La strega aspettò che i tre salissero e poi, dopo aver chiuso la porta dello scantinato, aprì la mano, mostrandone il contenuto: delle cose che erano state sottratte loro mentre erano privi di conoscenza.
«Questi sono vostri, riprendeteli! Vi proteggeranno dalla luce del sole».
Il ragazzo prese un vistoso anello tribale, mentre la ragazza e l'uomo le loro rispettive collane.

Klaus si servì dello scotch, e fece un gesto col bicchiere per offrirlo anche ad Amanda, ma lei denegò col capo.
«Ah, eccovi qui!» esclamò l'ibrido con entusiasmo, quando i tre fecero il loro ingresso nel salone del bar.
«Perché ci hai trasformato in dei mostri?!» chiese la ragazza, più impaurita da ciò che era diventata che da Klaus.
«Andiamo...evitiamo le scenate melodrammatiche! Vi ho reso delle creature superiori, dovreste ringraziarmi! Ora, ditemi i vostri nomi...» Klaus si avvicinò alla ragazza, che più di tutti sembrava non voler collaborare.
«Ti ho detto di dirmi il tuo nome...» scandì, con uno sguardo terrificante che bastò a farle capire chi comandava.
«Sarah...» rispose con riluttanza.
L'ibridò sorrise soddisfatto e poi guardò il ragazzo, che rispose repentinamente: «Bryan».
«Zahir...» disse infine l'indiano.
«Bene, seguitemi, ci aspetta un lungo viaggio e una serata davvero movimentata!» Klaus avanzò di un passo, per poi rigirarsi, esclamando: «Vi ho detto di seguirmi!» con un tono più duro.
L'ibrido si avviò verso la porta con tutti al seguito, ma poi uno strano presentimento lo immobilizzò sulla soglia.
Un pensiero di nome Stefan.
Poteva lasciarlo da solo?
Bastava il fatto di averlo soggiogato?
Si girò e guardò tutti; poi lo sguardo si focalizzò sul ragazzo e su Amanda.
«Ho cambiato idea...» disse, ormai sicuro di quella decisione, «Voi due, venite con me!».
L'ibrido li condusse nello scantinato. Aveva fatto la sua scelta: aveva deciso di rinunciare alla strega, confidando fiduciosamente nel potere di Gloria, e sperò con tutto se stesso di non doversene pentire; ma quel breve e intenso presentimento aveva attivato un allarme che non riusciva più a spegnare. Il pensiero che Stefan potesse scappare lo mandava al manicomio. Non poteva permettere che accadesse! Si sarebbe sentito uno zimbello.
«Voglio che voi facciate la guardia al mio prigioniero...» disse, scrutando il ragazzo e la strega con un fare dispotico.
«Ora...e mi riferisco soprattutto a te, mia cara Amanda, lasciate che vi mostri un piccolo anticipo di ciò che succede a chi delude le mie aspettative e soprattutto a chi osa tradire la mia fiducia!».
Si accanì con velocità contro Stefan, infilando l'indice e il medio nei suoi occhi fino a schiacciare l'intero palmo sul suo viso, per far sì che quella presa fosse il più profonda possibile. Stefan urlò dal dolore, mentre del sangue rigava velocemente le sue guance.
Dopo dei lunghi secondi, Klaus sfilò le dita, prendendo un fazzoletto dalla sua tasca con un'espressione seccata: odiava sporcarsi le mani, ma in alcuni casi era d'obbligo!
Bryan e Amanda guardarono la scena immobilizzati da un terrore che toglieva il respiro.
«Al mio ritorno voglio ritrovarlo qui» disse, soggiogando il suo nuovo suddito; poi si girò verso la strega, guardandola con serietà. «Prendetelo come un ordine...ma anche come un consiglio...» concluse, col classico tono che poteva alludere solo alla vendetta.


*** ***


Mentre abbottonava con cura la sua camicia, osservando il grande letto dalle lenzuola sgualcite, Alaric sorrideva compiaciuto. Sorrise maggiormente, pensando alla conversazione avuta con Damon. Aveva passato la notte nudo in un motel, ma non era stato né ammanettato e né torturato. Quella previsione si era avverata solo nella sottintesa metà positiva. Clarissa uscì dal bagno, con indosso un piccolo asciugamano che le cingeva il corpo imperlato d'acqua, e si sedette all'angolo del letto. Scrutò Alaric con un sorrisino malizioso, anche lei assorta nel ricordo recente dell'intimità bruciata tra quelle mura.
«E ora? Quando posso sperare di rivederti?» fece lui, sistemandosi il colletto.
«Ho il volo domattina all'alba...e stasera ceno con Carol...» Clarissa, con un tono dispiaciuto, gli fece intendere che il suo breve soggiorno a Mystic Falls era giunto al termine.
«Umn preferisci Carol Lockwood a me...la mia performance è stata davvero così deludente?!» disse, con l'ironia sicura di chi sa di aver fatto un buon lavoro.
Lei rise delicatamente, per poi aggiungere: «Gliel'ho promesso...».
«Sul serio?...Mi stai dicendo che dobbiamo salutarci qui?» mentre sistemava i polsini, il tono di Alaric si fece più grave.
Clarissa si alzò e giocò con i bottoni della sua camicia.
«Ti sto dicendo...che il capodanno a Los Angeles è davvero ben organizzato. Dovresti pensarci...» la sua voce suonò dolce ma vagamente incerta. Sapeva di chiedergli tanto, ma voleva ugualmente provarci.
«Posso pensarci. Ma intanto perché non resti per qualche altro giorno? Prometto di migliorare!» concluse, con un'autoironia ancora più marcata, facendola ridere nuovamente.
«Sono un chirurgo, Rick. Queste sono libertà che non posso concedermi così su due piedi...» lo guardò con tristezza.
Rick annuì, e per un attimo pensò di offrirsi per accompagnarla e aspettare con lei all'aeroporto, ma poi si trattenne, pensando che fosse ancora troppo presto per gesti del genere.
«Allora...per ora ci salutiamo qui» disse, facendole capire che l'idea di fare una breve vacanza nella sua città era stata messa in conto.
«Ci salutiamo qui...» lei si alzò sulle punte per baciarlo dolcemente.


*** ***


Sopra ad un improvvisato nido d'amore, creato con un piumone steso a terra e dei cuscini, se ne stavano sdraiati sul fianco, nella stessa direzione e con le gambe leggermente piegate. Damon, dietro di lei, si muoveva con una lentezza dolce, che speranzosa voleva ingannare la tirannia del tempo concesso ai corpi che si uniscono.
Il calore del camino li raggiungeva, investendoli con un tepore avvolgente, che fronteggiava il freddo del mese, senza costringerli a nascondere i loro corpi nudi sotto un'altra coperta.
La mano di Damon scendeva leggera lungo la linea del suo fianco, e il braccio che poggiava a terra, su cui Summer aveva adagiato il capo, la cingeva fino ad accarezzarle la spalla.
Il vampiro si era imposto un ritmo dolce e poco cadenzato, dettato dalla voglia di far durare quel momento il più a lungo possibile.
Le lasciava dei caldi baci sulla spalla e sulla schiena, godendo del flebile suono dei suoi respiri affannati. Summer, con la punta delle dita, sfiorava il suo avambraccio, creando linee immaginarie che andavano e venivano. Dopo un po', passò la mano dietro l'orecchio, a mo' di pettine, facendo roteare il gomito sulla testa, per liberare quella parte di collo da ogni ciocca di capelli.
Damon colse ogni istante di quel sensuale gesto, ma soprattutto notò il movimento successivo con cui Summer gli diede il collo.
Il dubbio lo pervase, lasciandolo un attimo intontito.
Voleva che la mordesse?
Ma poi soppresse subito quel pensiero, credendo di aver frainteso.

Con dei piccoli baci a labbra dischiuse, assaporò tutta la lunghezza del suo collo e, una volta arrivato al lobo dell'orecchio, lei, con voce ansante, bisbigliò: «Non trattenerti...».
La voglia di viverlo in tutta la sua natura aveva vinto sulle sue paure.
Lo desiderava in tutto ciò che era...
Damon spalancò gli occhi. Anche se lo aveva sospettato per un breve istante, quella proposta l'aveva sorpreso ugualmente.  Allora il discorso precedente non era nato caso! Ci aveva pensato! Lo voleva anche lei...
In contraddizione alla sua natura istintiva e passionale, Damon indugiò, incerto sul da farsi.
Non aveva mai desiderato tanto il suo sangue, eppure la paura di non riuscire a controllarsi, di diventare il mostro assetato di quell'unica volta in cui l'aveva provato, lo spaventava, frenandolo; ma Summer continuava a distendere il suo collo in cerca di quel contatto, e il vampiro in lui percepiva quel sangue che fluiva nelle sue vene come una sorta di eco frastornante.
Lo desiderava... immensamente...
Ma doveva essere qualcosa di più, qualcosa di significativo.
«Ad una condizione...» mormorò, prima di sfilare il braccio su cui lei teneva poggiata la testa. Quel gesto la costrinse ad alzare la schiena e a sorreggersi col gomito e, per quel rapido frangente, Summer tenne lo sguardo fisso su di lui per osservare con curiosità tutti i suoi movimenti.
Damon si era trasformato per mordersi il polso, e poi aveva rimesso il braccio nella stessa posizione di prima, facendola nuovamente distendere.
Summer guardò quella ferita con esitazione.
Gli occhi le si inumidirono, splendendo del suo amore per lui.
Il fatto che volesse scambiare il suo sangue con lei, aveva debellato immediatamente tutte le sue paure.
Quale motivo aveva per volerlo in maniera tanto categorica?
Damon l'aveva addirittura posta come condizione assoluta; e quel gesto caricò il momento di una complicità forte e profondamente intima.
Summer sentì il suo cuore esplodere, frantumandosi in caldi brividi d'emozione che percorrevano ogni lembo della sua pelle.
Non aveva mai bevuto il sangue di un vampiro, ma non esitò oltre prima di avvicinare le labbra per assaggiarlo e per constatare che le provocava un leggerissimo stordimento.
Damon sorrise, sentendo dentro di lui una sorta di indescrivibile leggerezza.
Si sentì accettato, voluto...desiderato.
Si posizionò alla meglio, ristabilendo quel contatto intimo e provocandole un morbido sussulto di piacere. Subito dopo, avvicinò le labbra al suo collo. Indugiò ancora per un lungo istante, ma poi, con delicatezza, la morse per assaggiare nuovamente quel sangue doppiamente speciale.



We Found Love- Cover version



Yellow diamonds in the light
And we’re standing side by side
As your shadow crosses mine
What it takes to come alive
Diamanti gialli nella luce
E stiamo l’uno accanto all’altra
Come la tua ombra che attraversa la mia
Quello che ci serve per tornare a vivere




Gli bastò un solo attimo per rivivere le intense emozioni che quel sangue era in grado di suscitare.
Improvvisamente, ogni cosa sembrò più vivida, più reale e irreale al tempo stesso: era come sentirsi frastornato nella piena lucidità.
I colori, i suoni, gli odori... tutto si fondeva in un'unica e nuova percezione.
Quel sangue magnificava ogni sensazione, amplificava ogni emozione e intensificava all'estremo ogni fremito di piacere, portandolo e frenandolo ai limiti di quella delicata soglia che rasenta il dolore.
Damon si sentì travolgere da quel momento, ma senza sentirsene spaventato, perché, a differenza dell'ultima volta, non era l'eccitazione la sensazione che lo dominava; non era la sete ciò che più gli premeva; era solo l'amore ciò che si stava glorificando intorno e dentro di lui, fino a sentirlo come un qualcosa di tangibile che scorreva, caldo e lento, in ogni centimetro del suo corpo.
Riusciva a sentire alla perfezione il cuore di Summer che pulsava accelerato e forte: così forte da rimbombargli dentro, fino a dargli l'illusoria sensazione che fosse il suo ad essere ritornato a battere.
Si allontanò dal suo collo col respiro affannato da quel piacere che a tratti gli sembrava insostenibile. Le afferrò dolcemente il mento per farle girare il busto verso di lui e per baciarla; e altro sangue si mischiò su quelle labbra macchiate della loro essenza.


Shine a light through an open door
Love and life I will divide
Turn away cause I need you more
Feel the heartbeat in my mind
Una luce brilla attraverso una porta aperta
Separerò amore e vita
Voltati perché ho ancora bisogno di te
Sento il cuore che batte nella mia testa




Damon ritornò a nutrirsi di lei, e Summer fece altrettanto con lui.
Si sentiva travolta da un piacere mai provato, soprattutto quando il godimento di Damon sfociava in degli ansimi sonori che facevano vibrare la sua pelle. I canini le avevano provocato un dolore lievissimo e attenuato immediatamente dal modo dolce e premuroso con cui Damon succhiava il suo sangue.
A tratti, sentiva degli strani cali di forza che rilassavano ogni parte del suo corpo, lasciandola nella completa balia del vampiro; e si rese conto che non avrebbe mai potuto farlo con nessun altri se non con Damon; perché di lui, ormai, si fidava ciecamente, e poteva vivere quelle emozioni appieno, sentendosi al sicuro e lasciandosi andare totalmente.
Il vampiro strinse delicatamente il suo seno, facendo affondare le dita nella sua morbida carne, e la punta inturgidita gli solleticò il palmo, regalandogli l'ennesimo fremito; poi, nel disperato tentativo di restituirle almeno parte delle emozioni che lei gli stava donando, fece scorrere la mano sul suo ventre e poi lungo la gamba, fino ad afferrarla nella parte posteriore del ginocchio.
La sollevò, portandosela sul fianco e lasciandosi cingere da quella presa; poi fece nuovamente scivolare la  mano sulla sua pelle, percorrendo l'interno coscia con una sensualità bramosa e finalizzata.
Le dita si stazionarono sul fulcro del suo piacere, sfiorandolo con con un tocco leggero, sicuro ed esperto.
Un fremito, che sfociò in un forte ansimo, scosse la ragazza che, poco dopo, bisbigliò: «Non ti fermare...» con un filo di voce quasi supplichevole, e mentre i suoi occhi vagavano per la stanza in cerca di chissà quale appiglio visivo, nell'ingenuo tentativo di non lasciar sfuggire neanche uno di quegli intensi attimi di piacere.
Quel bisbiglio sembrò attraversare la pelle del vampiro, scuotendo il suo stomaco e innescando tutta la sua voglia di arrivare fino all'apice di quelle sensazioni. Così, Damon si mise maggiormente di sbieco, per rendere i suoi movimenti più veloci e profondi, il tutto senza mai fermare il tocco della sua mano. In un istante, sentì ogni centimetro della sua carne infiammarsi sotto la spinta pressante di quel nuovo livello di emozioni; e iniziò a muoversi con quell'irrequietezza che ti priva della ragione, che ti sottomette al piacere e che ti manda in paradiso se c'è l'amore.
Summer intrufolò il braccio sotto quello del vampiro, e lui si chiese per quale ragione lo stesse obbligando ad una posizione che ostacolava il modo in cui la sfiorava. Di riflesso, si sollevò leggermente con la schiena, sorreggendosi col gomito e lasciando che la nuca di Summer si appoggiasse all'avambraccio, il tutto continuando a toccarla delicatamente. Lei gli rivelò il suo intento, affondando le unghie nella parte esterna del suo gluteo, in una chiara supplica a possederla con ancora più vigore, e quel gesto bramoso lo fece sentire talmente schiavo di quel ritmo già cadenzato e potente, quel ritmo che ora reclamava una sorta di urgenza illusoria, che, per un lungo istante, il vampiro si sentì quasi smarrito in se stesso, perché ormai privo dell'arbitrio sui suoi movimenti.
Terminò di bere il suo sangue, solo quando i gemiti di Summer si fecero così sonori e regolari da costringerlo a respirare con la bocca, come se loro due fossero stati un tutt'uno inscindibile che viveva gli stessi brividi. Furono minuti intensi, pressanti, infuocati, travolgenti. E mentre l'apice del piacere di Summer si contraeva prorompente su di lui, Damon sentì di perdere ogni aderenza con ciò che lo tratteneva alla realtà, lasciandosi andare totalmente in quello stato sublimato di coscienza. Roteò su di lei, affondando il mento nella sua spalla in un movimento carico di tenerezza, e decretò la conclusione di quel frangente irripetibile con delle spinte lente, piene e incredibilmente sentite.
Quel momento l'aveva travolto, sconvolto, disorientato e inghiottito in un vuoto ignoto ma rassicurante al tempo stesso.
L'orgasmo aveva acquietato i suoi sensi ma senza farlo sentire svuotato: l'aveva semplicemente liberato dell'eccesso di emozioni; e così, colmo di un amore sempre più forte, si rilassò, lasciando cadere la testa sul cuscino, mentre Summer si girava, mettendosi di fronte a lui.
Damon, ancora con gli occhi chiusi per smaltire quel forte residuo di piacere, cercò un contatto con la sua pelle, e quindi posò la mano sul suo bacino per incitarla ad avvicinarsi. Quando aprì gli occhi, la guardò, sentendosi meravigliato ed estasiato da tutto quello che aveva appena provato grazie a lei.


It’s the way I’m feeling I just can’t deny
But I’ve gotta let it go
Il modo in cui mi sento non lo posso negare
Ma devo lasciarlo andare




Summer lo guardò con dolcezza, sentendosi come prigioniera di un incanto. Ogni volta che gli occhi di Damon erano così lucenti e sereni il suo amore per lui le stringeva il petto fino a farle male. Gli posò una mano sulla guancia per solleticargliela delicatamente con le dita e poi gli sorrise.


We found love in a hopeless place
Abbiamo trovato l’amore in un luogo senza speranza


«Hai le labbra sporche di sangue...» bisbigliò il vampiro, dolcemente gongolante.
Summer avvicinò la fronte alla sua, leggermente imperlata, e poi sussurrò: «Anche tu...».
E si guardarono per un lungo e felice istante, prima di baciarsi nuovamente.


*** ***

Stefan aveva ancora la vista annebbiata a causa del colpo inferto da Klaus. Gli occhi gli si erano rimarginarti lentamente a causa della debolezza, e un odioso velo ombrato non accennava a togliersi anche per via di quella dannata verbena che gli entrava in circolo con una lentezza sadica, stordendolo e infiammando le sue viscere.
Bryan camminava nervosamente avanti e indietro, torturandosi l'unghia del pollice ornato dal suo vistoso anello.
Amanda, invece, si era seduta su di un piccolo sgabello, e stava lavorando a maglia con dell'occorrente di sorta trovato in uno dei tanti scatoloni di quel ripostiglio, che aveva ispezionato per fronteggiare l'ansia, la noia e il disagio. Eludeva lo sguardo di Stefan. Percepiva in lui qualcosa di buono, e questo la metteva ancora più a disagio.
Quella situazione le sembrava irreale. Ad un tratto, una forte raffica di vento spalancò la porta dello scantinato, e subito dopo Bryan cadde a terra esanime: sulla sua schiena un paletto piantato all'altezza del cuore.
«Tu...» mormorò la strega, mentre gli occhi di Stefan si spalancavano dallo stupore.
«Ti trovo bene, Amanda. Hai un nuovo taglio di capelli?» chiese Katherine, con ironia, dirigendosi verso Stefan.
La vampira aveva velocemente riacquistato la sua bellezza e la sua sicurezza: tutto ciò che le era stato tolto in quel mese di tortura.
Prontamente, liberò Stefan della flebo, ma, subito dopo, una forte raffica di potere la scaraventò contro il muro.
«Non posso lasciartelo fare, Katherine. Non posso mettermi contro Klaus...» asserì agitata la strega.
«Ti ricordo che mi devi un favore, Amanda!» il tono duro di Katherine fu accompagnato da uno sguardo truce.
«Lasciala in pace... tanto non c'è nulla da fare» intervenne Stefan con voce stanca e addolorata «Klaus mi ha soggiogato per farmi restare qui...».
Katherine ascoltò con attenzione. Quello era un problema di una notevole rilevanza, ma poi si voltò nuovamente verso la strega.
«Sono certa che la nostra cara Amanda può fare qualcosa anche per questo...»
«Ti ho già detto che non ti aiuterò, Katherine. È solo colpa tua se mi trovo in questa situazione!»
«Questo è vero...ma abbiamo un conto in sospeso. Adam è vivo grazie a me, non dimenticarlo...»
La vampira rovistò distrattamente in uno degli scatoloni, e poi continuò il suo discorso: «È da un bel po' che non lo vedo...si è trasferito in Florida, giusto? Non te l'ho mai detto, ma aveva una cotta terribile per me. Chissà forse un giorno diventerò la tua futura nuora...» la sua ironia era finalizzata a farle capire che la sua ira si sarebbe riversata su suo figlio.
Con sicurezza andò a liberare Stefan dalle catene, lui, però, non poteva fare altro che restare immobile e rigido.
«Cosa vuoi che faccia...» disse la strega con durezza, dopo averci riflettuto attentamente.
«Aiutalo» fece la vampira in un tono netto.
Amanda, dopo uno sguardo riluttante, si avvicinò a Stefan.
«Posso solo aiutarti a liberare la mente. Non posso sciogliere la soggiogazione di un vampiro. Significa che dipenderà tutto da te...»
Stefan annuì. «Cosa devo fare?» chiese con voce affannata e debole.
Amanda prese le sue mani e chiuse gli occhi.
«Trova la forza...» propose semplicemente.
Stefan, dopo un attimo di perplessità, si sforzò per avanzare di un passo, ma fu tutto inutile. Sentiva l'energia di Amanda fluire attraverso le sue braccia, dandogli un minimo di sollievo dal dolore e facendo sentire la sua testa più leggera, ma ugualmente non riusciva a ribellarsi a quell'ordine, e, dopo un po', delle gocce di sudore freddo iniziarono ad imperlargli il viso.
«Non ci riesco...» mormorò avvilito.
Amanda, ancora con gli occhi chiusi per non spezzare il flusso di energia, con calma disse: «Concentrati su ciò che ti da la forza...su tutto ciò che ti mette in moto...su ciò che da senso alla tua vita...».
E Stefan non poté fare altro che pensare ad Elena. Era la sua vita ad essere in gioco, e lui non poteva permettere che Klaus la uccidesse. Ripensò ai suoi sorrisi, alla sua voce, al modo in cui si aggiustava i capelli che le cadevano sul viso, al profumo vanigliato della sua pelle, alle notti piene d'amore; e con un grugnito di dolore, di sforzo, e di rabbia verso Klaus riuscì a riacquistare il controllo dei suoi arti. In una mossa potente e veloce, uscì da quello scantinato, ritrovandosi accanto al bancone del bar con un respiro incredibilmente affannato.
Amanda guardò la vampira con aria severa. Sapeva bene che quel gesto avrebbe scatenato l'ira di Klaus, ma, almeno, Adam sarebbe stato lontano dai guai. «Il nostro debito è saldato, Katherine. Non voglio avere più nulla a che fare con te» pronunciò con voce pacata ma carica di rabbia.
«Come desideri...» fece lei civettuola; poi, con un gesto rapido e totalmente inaspettato, strappò via il cuore della strega, facendola cadere a terra. Katherine non aveva più bisogno di lei; e quello, in un ottica relativa, lo si poteva considerare anche un gesto magnanimo: Klaus le avrebbe fatto di peggio!
La vampira raggiunse Stefan nel bar, e lo vide mantenersi al bancone con la schiena piegata, perché ancora incredibilmente debole. Katherine, dalla borsa che portava a tracolla, prese una sacca di sangue e gliela porse; poi lo sorpassò, sfiorando con le dita il bancone e rigirandosi verso di lui.
Stefan, dopo aver preso la sacca, la guardò con sospetto.
«Perché l'hai fatto? Perché sei venuta a salvarmi? Cosa c'è dietro?»
«Pensa quello che vuoi, Stefan. Ma non ti avrei mai lasciato in balia di un Klaus vendicativo...»
Il vampiro fece appello a tutte le sue forze per rimettersi dritto.
«Andiamo Katherine. A te importa solamente di te stessa, è sempre stato così...» disse, con un tono calmo e vagamente amareggiato da tutto ciò che in passato Katherine aveva significato per lui.
«Sappiamo entrambi che non è vero. Ti amavo, Stefan» Katherine, per distogliere lo sguardo da lui, afferrò il cellulare posto sul bancone digitandone distrattamente i tasti.
«L'umanità è la più grande debolezza di un vampiro. Per quanto sia facile spegnerla, continua a lottare per cercare di riaffiorare, e...» gli lanciò il telefono «A volte glielo concedo...». Stefan poteva anche non crederci, ma non lo avrebbe abbandonato!
Il vampiro restò immobile. Non sapeva cosa pensare a riguardo. Si sentiva confuso, perché aveva sempre dato per estinta ogni fiamma di umanità in lei.
Katherine si avviò verso l'uscita.
«Buona fortuna, Stefan. Ne serve un bel po' contro Klaus...»
«Abbiamo la cacciatrice dalla nostra parte. Chissà, forse questo farà la differenza...» disse, pensando alla sua ultima visita a Mystic Falls.
Katherine ridacchiò crudelmente, rigirandosi verso di lui.
«Tsk...Se fossi in te non ne sarei così sicuro e starei con gli occhi doppiamente aperti...» si avvicinò a lui «Una delle principali missioni della Triade è quella di uccidere la doppelganger. E Dubito che le cose siano cambiate... Prendono ordini da un'entità che dirige il loro operato e, a quanto ne so, alla cacciatrice non è permesso di disubbidire...»
Stefan la guardò attentamente. Quasi non riusciva a seguila: Katherine, come sempre, la sapeva molto più lunga di lui.
«E quindi...hanno provato ad ucciderti...» intuì, cercando di avere qualche altra informazione.
Lei, con un volto leggermente annoiato, iniziò a raccontare: «Nel 1515 il loro osservatore, un tizio di nome Grayson Wood, cercò di soffocarmi nel sonno, ma all'epoca ero già diventata un vampiro e quindi riuscii a sfuggirgli senza grossi problemi. Ma se a farlo fosse stata la cacciatrice...dubito che oggi sarei stata qui!» concluse seccata. Non le andava di rivivere mentalmente tutti i calvari della sua vita: era appena sfuggita alla furia vendicativa dell'ibrido.
«Klaus, la Triade... Jonathan Gilbert ...devo ammettere che hai avuto le tue buone ragioni per simulare la tua morte...».
Stefan ripensò a quei tempi lontani, e dentro di lui scattò una sorta di comprensione verso di lei. Cercò di mettersi nei suoi panni, e capì di aver pronunciato quelle parole ammorbidendole con un perdono nascosto tra le righe.
Capì che ognuno ama nella misura in cui ne è capace, e riuscì finalmente a crederle. L'aveva amato...ed ora l'aveva anche salvato.
Lei decise di non approfondire oltre quel discorso. Il ricordo di quel tempo in cui due fratelli, nei limiti di ciò che era diventata, le avevano fatto rivivere le gioie dell'amore e dell'umanità.
«Fai attenzione, Stefan. Chissà, forse un giorno ci rivedremo...» disse, per poi svanire in una raffica di vento.
Stefan sorrise, ma poi il suo volto divenne cupo dalla preoccupazione. Elena era in pericolo, e lui doveva avvisare subito Damon.


*** ***

Summer girovagava nervosamente per il soggiorno. Lily le aveva mandato un altro messaggio in cui l'avvisava che sarebbe arrivata a Mystic Falls in breve tempo.
Damon era relativamente più tranquillo. Beveva dello scotch, guardando il paesaggio ricoperto di neve, e, di tanto in tanto, lanciava qualche occhiata fugace a Summer.
Il campanello suonò e velocemente lei andò ad aprire.
«Vendo Kit ammazza ibridi. Può interessarle qualcosa?!» la voce di Lily suonò allegra come al solito, mentre sollevava la sua borsa, fingendosi una venditrice porta a porta. Era al settimo cielo, e le grandi iridi color nocciola trapelavano tutto il suo entusiasmo.
«Ehi...» fece dolcemente Summer, abbracciandosela in una presa stritolatrice.
Damon osservò incuriosito quella steghetta minuta dall'abbigliamento eccentrico e vivace, e dai capelli rossicci raccolti in un trionfo di pinzette a forma di farfalla.
«Damon» disse la strega, in segno di saluto, e il vampiro le fece una mezza smorfia di rimando.
Per lui quella faccenda stava diventando dannatamente reale, e l'ansia iniziò a stringergli il petto.
«Dove mi sistemo?» Lily tolse la pensante tracolla e si guardò intorno.
«In salotto...» Summer le fece strada dove aveva preventivamente fatto un po' di spazio, spostando un divano.
Lily posò la borsa a terra.
«Allora? Dov'è?» chiese felice ed agitata.
Summer rovistò nella tasca del suo pantalone ed estrasse il famoso fiore.
«Oooh che carino!» il tono della strega suonò stridulo e un po' infantile «Che peccato che debba diventare un pugnale...mi starebbe così bene!» adorava gli accessori a forma di farfalle e fiori, e lo afferrò, dirigendosi verso il mobile con lo specchio.
Lo posizionò al centro del suo petto con un leggero broncio sul viso e, in quel preciso attimo, lo sguardo le si perse nel vuoto. Sembrò essersi tramutata in una statua di cera.
Summer la guardò con apprensione, ma senza preoccuparsene eccessivamente: l'aveva già visto accadere diverse volte.
«Perché si è imbambolata?» chiese Damon, avvicinandosi a Summer.
«Sssshh» fece lei, incitandolo ad abbassare il tono della voce, per poi continuare in un bisbiglio: «Lily è una strega molto sensitiva. Evidentemente sta vedendo qualcosa...»

Il vento scuoteva le foglie degli alberi e i fili d'erba, dando vita alla dolce melodia della natura. Una boccata d'aria fresca e pura le riempì i polmoni. Lily si trovava in un bosco, esattamente dietro ad una capanna di legno. Una donna, da un altarino di pietra, prese dell'erba e la mise in una ciotola. Lily, da grande esperta in materia, non dovette pensarci più di tanto prima di capire che si trattava di Salvia Divinorum.
La donna, con un macinino di pietra, iniziò a triturare le foglie rendendole una poltiglia.  Lily la guardò incuriosita, senza potersi spostare, senza essere libera di cambiare la visuale a suo piacimento.
Improvvisamente, le venne mostrato l'altare di pietra. Dei fiori di loto rosa troneggiavano nel centro e, sotto di essi, spiccava un pugnale.
La donna riversò il contenuto verdognolo in un'altra ciotola contenente del sangue, mischiando poi quella viscosa miscela con un bastoncino di legno.
«Il sangue delle future guerriere...» pronunciò, riversando quel contenuto sui fiori di loto.
Prese un'altra ciotola con dell'altro sangue e compì lo stesso gesto.
«Il sangue dell'ibrido...» disse ancora. Poi, prese il ramo di un albero e la punta si incendiò con un suo sguardo. La donna adagiò quel legno sull'altare, dando fuoco al tutto e sussurrando le parole di un incantesimo. Lily capì perfettamente cosa rappresentava quella scena. Era il momento in cui era stato creato il pugnale. Da quel fuoco prese vita un'alta fiammata che esplose in cielo in tante scie dorate che si scagliavano per il mondo, e Lily nuovamente capì di cosa si trattava: era l'innesco, il potere delle potenziali cacciatrici.
Il fuoco sull'altare si spense e la strega afferrò ciò che ne era rimasto. Un pugnale con al centro dell'elsa un Fiore di Loto dai primi sei petali - quelli che contornavano la corolla - di un colore rosa tenue.
«Almeno tu sarai un fiore di loto...e forse...lo saranno anche gli altri» bisbigliò la donna, sfiorando i petali di quel pugnale. Subito dopo, fu scossa da un sussulto, e Lily provò i suoi stessi brividi.
«Quindi il mio sangue serviva a questo...» il tono deluso e amareggiato di Klaus.


Lo sguardo di Lily si riaccese nuovamente, e si guardò intorno sentendosi momentaneamente spaesata.
«Allora? Cos'hai visto?» chiese Summer con curiosità, mentre Damon incrociava le braccia al petto, mostrando anche lui con un certo interesse.
«Beh...credo di aver visto l'origine di tutto...o almeno del pugnale»
«E allora? racconta! Voglio sapere!» si lamentò Summer.
«Magari dopo...adesso voglio ricomporlo! Se aspetto ancora un minuto rischio d'impazzire! Stanotte non ho neanche dormito, all'idea!» Lily era troppo emozionata per perdersi nei racconti. In fondo aveva visto cose di cui già conosceva la storia, anche se l'ultima frase della strega l'aveva messa in confusione. Il loto è ciò che ristabilisce l'equilibrio; e l'equilibrio si sarebbe ristabilito con la morte dell'immortale. Ma perché anche “gli altri”? Forse quel pugnale aveva effetto su tutti i vampiri originari? Decise di non pensarci, amava rimuginare sulle cose con una certa calma, ed ora la sua mente era troppo focalizzata su altro per poter dare importanza alle visioni!
«Ok...» canzonò Summer «Voglio aiutarti, cosa posso fare?».
Lily, intanto, stava sfogliando le pagine del Grimorio di Lucrezia.
«Beh... potresti creare il cerchio di sale, ho la scatola nella borsa»
Summer prese lo scatolo, ma Damon glielo strappò dalle mani.
«Lascia, faccio io!» il vampiro voleva assolutamente distrarsi. L'angoscia lo stava uccidendo.
«Andiamo...che ne sai tu di queste cose?!» disse lei, riprendendolo. Anche Summer stava cercando di impiegare la mente in altro per non farsi schiacciare dall'ansia. Cosa ne sarebbe stato di loro, una volta ricomposto il pugnale?
Damon lo prese nuovamente.
«Nulla, ma credo di saper fare un cerchio con del sale,
Miss sono odiosamente perfettina e so fare tutto io!» esclamò scherzosamente, facendo una finta smorfia infastidita.
A quelle parole, Lily, paladina della verità, sentì di dover intervenire:
«Ti sbagli, Damon. Ci sono un bel po' di cose che Summer non sa fare...» la voce della strega suonò candida e priva di malizia; perché lei era come una bambina, faceva il grande errore di considerare la verità una cosa innocua.
«Umn interessante...e sarebbero?» domandò, mentre giocava con Summer a spostare continuamente la posizione della scatola per non fargliela afferrare.
La cacciatrice lanciò repentine occhiatacce ad entrambi.
Lily prese il sale dalle mani di Damon per porre fine a quella disputa infantile, e iniziò a preparare il cerchio, dicendo le prime cose che le venivano in mente; che, per una mera questione logica, erano quelle in cui lei era maggiormente portata.
«Beh...per prima cosa non sa cucire neanche un bottone; poi non sa installare un programma sul computer senza mandarlo totalmente in tilt»
«Lily!» esclamò Summer, guardandola minacciosamente di sbieco, ma ormai la strega aveva già ingranato la marcia del discorso.
«Al liceo aveva dei voti ai limiti della
“recuperabilità” in matematica e chimica. E per di più una volta l'ho portata con me ad un corso di pittura e...beh... l'insegnante ha detto che nei suoi vent'anni di carriera non aveva mai visto una persona tanto negata! Voleva persino restituirle la retta!» Lily terminò il suo elenco, sotto lo sguardo omicida di Summer. Era ovvio che anche lei avesse i suoi limiti, ma non voleva che Damon li conoscesse! Già vedeva nulle le sue chance si essere amata, ci mancava solo Lily che sbandierava i suoi difetti!
Damon la guardò con aria divertita e teneramente perfida.
«Ah...quindi se non avessi avuto i tuoi poteri di cacciatrice saresti stata un impiastro totale!» le si avvicinò per bisbigliarle all'orecchio: «Beh...Questo sì che completa il quadro!» ovviamente, Damon si riferiva al quadro di tutto quello che aveva capito di lei. A quanto fosse cambiata la sua opinione col passare delle settimane, e a quanto le apparisse sempre più fragile e insicura; e Damon, ormai, amava sia la corazza che quello che vi era nascosto dentro. Approfittando della distrazione di Lily, le lasciò un discreto e veloce bacio sulla guancia, e poi si allontanò con innocente indifferenza, come se lui non avesse fatto nulla.
Lei sentì un caldo fremito dietro la schiena.
Da quando era diventato così dolce?
Lo osservò con la coda dell'occhio, respirando profondamente; poi la sua attenzione si focalizzò sull'amica.
«Grazie mille, Lily!» il tono di Summer risultò chiaramente ironico...a Damon, che le fece un sorrisino maligno, ma non a Lily che, un po' sovrappensiero, rispose candidamente: «Di nulla!... Aspetta ma di cosa?!».
Summer scosse la testa con rassegnazione, mormorando un: «Lascia perdere...»
La cacciatrice si avvicinò al cerchio dove Lily aveva posizionato - formando un triangolo - il Serpente, la Triluna e il Fiore di Loto.
«L'anguilla e la caramella...da quanto tempo!» esclamò sfiorandoli, e provocando lo sguardo contrariato della strega che si era stancata di ripeterle che non doveva chiamarli così.
«Perché mi formicolano sempre le mani quando li tocco?»
«Beh, già te lo dissi, ma adesso ne ho avuto la conferma, la cacciatrice e il pugnale sono cose complementari. Quella che senti è una sorta di radiazione. Hai bevuto tanta acqua come ti ho detto? Dovrebbe alleviare un po' questo genere di sintomi...»
«Sì, mamma!» Summer la guardò dolcemente, ma poi, sospettosa e lievemente agitata, disse ancora: «Aspetta, non mi starai mica dicendo che questa roba è cancerogena, vero?!».
«Queste sono radiazioni magiche, Summer. Sono molto diverse da quelle che intendi tu, quindi no. Ma in effetti hai sollevato un quesito interessante...»
Lily andò verso la sua borsa per prendere un sacchetto, e Summer osservò tutti i suoi movimenti con un'espressione sconcertata.
«Come
“ho sollevato un quesito interessante”?! Cosa vorresti dire?!» la voce le usci stridula e vagamente piagnucolosa «Lily!».
Ma lei non accennava a volerle rispondere e, infatti, disse tutt'altro: «Potresti metterla al centro del triangolo?» le porse il sacchetto, sorridendo sorniona. Adorava quando Summer andava in paranoia. L'avrebbe tenuta sulle spine per un bel po'.
«Ora avrei bisogno della cenere...» si rivolse a Damon, che annuì e si recò verso il mobile in cui era custodita.
«Cos'è questa roba?» chiese Summer, mentre, rassegnata all'angelica crudeltà dell'amica, faceva quello che le era stato richiesto.
«Segatura di quercia»
«Uhm...Dovevo immaginarmelo che almeno uno dei cinque ingredienti l'avremmo trovato da Ikea!» bisbigliò, facendo ridacchiare la strega. Ce la stava mettendo tutta per distrarsi, ma quel cerchio magico che piano si riempiva, rendeva sempre più inesorabile il contatto con quella realtà da cui si era estraniata per tutto il giorno.
Damon porse la cenere a Lily.
Il vampiro se ne stava in silenzio con lo sguardo cupo. Adorava sentire Summer così allegra, ma era inevitabilmente intimorito all'idea di vedere quel maledetto pugnale, perché non aveva idea di quello che sarebbe successo dopo.
Lily sparse la cenere sulla segatura e poi, con il Grimorio alla mano, e scossa da un brivido di fibrillazione, iniziò a pronunciare la formula per la ricomposizione.
Damon e Summer non capivano assolutamente nulla di ciò che stava farfugliando, ma qualcosa di strano, nell'aria, si avvertì all'istante. Poco dopo, gli oggetti si sollevarono di circa mezzo metro, e il sale bianco, con cui Lily aveva disegnato il cerchio, divenne improvvisamente di un rosa acceso che illuminava di quel colore tutta l'area interna, come una colonna luminescente che sbiadiva la sua luce in funzione dell'altezza.
La segatura e la cenere si mescolarono, creando una sorta di mini-vortice che girava intorno agli elementi. La Triluna si posizionò nel centro. Il serpente prese vita, ma senza mutare il colore grigiastro dato dal materiale di cui era fatto: l'argento; e, dopo svariate piroette, passò al centro della Triluna, irrigidendosi e trasformandosi in una lama. La Triluna si trasformò nell'elsa, e il Fiore di Loto si posizionò al centro di essa. I sei petali centrali si illuminarono, diventando di un rosa tenue e vagamente perlato; e il turbinio di segatura e cenere si concentrò intorno alla lama, girando con una velocità crescente, fino a stabilizzarsi e a trasformarsi definitivamente in una guaina rigida.
Piano, la luce si affievolì fino a spegnersi, e il pugnale si adagiò al suolo.
Lily, con un luccichio di soddisfazione negli occhi, lo prese, sfiorando il Fiore di Loto - proprio come la strega della sua visione - e subito fu pervasa da una strana e forte sensazione. Fu come varcare i cancelli della morte e andare ancora oltre, in uno spazio ancora più buio, per poi ritornare attraverso un sentiero di luce.

Lily non badò più di tanto a quella sensazione, considerandola una normale conseguenza della sua ricettività.
«Ce l'abbiamo fatta...» bisbigliò incredula, porgendo poi il pugnale a Summer.
«Già...» fece lei, pervasa da un'angoscia smisurata.
Osservò attentamente quel pugnale, constatando che fosse molto più piccolo di come lo immaginava. Un forte formicolio perse vita nel suo braccio, e sentì una sorta di strana sensazione d'appartenenza: era come se quel pugnale fosse destinato a lei, e lei ad esso; e finalmente capì il senso di quella “complementarità” tanto menzionata da Lily.  Subito dopo, lanciò un'occhiata a Damon, sentendosi smarrita e quasi priva di forze. Il vampiro fece lo stesso, provando le sue identiche sensazioni. Le sorrise, cercando di nascondere l'angoscia; poi si girò verso Lily, dicendo: «E ora? Cosa si fa?».
«Beh, in verità adesso vorrei usarlo per cercare di invocare la strega originaria. Voglio chiederle se il sangue di Klaus può trasformare una cacciatrice in un vampiro. Mi ci vorranno un paio d'ore per trovare la giusta via di contatto...ma tanto Klaus si trova ancora a Chicago, abbiamo tutto il tempo per pianificare la giusta offensiva... » Lily non aveva dimenticato quella faccenda. Voleva a tutti i costi liberare la sua amica. Non trovava giusto che fosse solo Summer a pagare per una scelta che anche lei condivideva pienamente. Se quello era il solo modo per far sì che Summer si liberasse dall'obbligo di essere una cacciatrice – trovando così una scappatoia alla punizione del Consiglio - allora l'avrebbe convinta a diventare un vampiro ad ogni costo.
Summer annuì dandole l'Ok, consapevole del fatto che non sarebbe riuscita a persuaderla ugualmente; mentre Damon pensava compiaciuto a quell'evenienza che per lui sarebbe stata a dir poco perfetta! Summer libera da obblighi e immortale proprio come lui.
Per un attimo, il suo destino di solitudine e infelicità sembrò dissolversi; e il fatto di farla innamorare di lui gli sembrò solo un dettaglio a cui avrebbe rimediato col tempo.
Per una mera questione di scrupolo, Lily si avvicinò alla sua borsa per prendere la mappa su cui aveva fatto l'incantesimo di localizzazione grazie al frammento d'osso di Esmaél. La stese sul tavolinetto e l'aprì in ogni sua piegatura per avere conferma delle sue parole, ma, quando gli occhi si posarono sulla città di Chicago, con suo grande stupore, non vide nessuna goccia di cera.
«Ma che..» gli occhi della strega vagarono velocemente per l'intera cartina e poi, rallentando, si posarono su Mystic Falls.
La goccia era lì. Klaus era lì.
«Cosa succede?» chiese Summer, notando il cambiamento del suo colorito e guardandola con preoccupazione.
«Mi sa che ho parlato troppo presto. Klaus è qui... o meglio, lo sarà tra meno di un'ora...» Lily, osservando con attenzione la distanza tra la goccia di cera e il centro di Mystic Falls, cercò di quantificare il tempo che avevano a disposizione.
«Credi che abbia scoperto di Elena?» il tono di Summer era preoccupato e agitato. Proprio come Lily, aveva erroneamente pensato di avere più tempo a disposizione.
«Non ne ho idea...ma è da mettere in conto»
Damon, intanto, guardava quel pugnale con una sorta di rabbia.
«Beh, che venga pure! Tanto il
Miracle Blade per farlo a fettine ce l'abbiamo. È pronto per l'utilizzo, giusto?!» tolse il pugnale dalle mani di Summer per osservarlo meglio «Questa storia mi ha davvero stancato! Voglio farla finire il prima possibile!»
Lei, a causa di quelle parole e di quel gesto, fu scossa da un tremito d'agitazione. No! Damon doveva starne fuori! Già per lei era una preoccupazione fin troppo ingestibile il fatto di dover coinvolgere Lily, che considerava come la sua famiglia. Non poteva permettere che Damon corresse dei rischi! Non era compito suo fare queste dannate cose!
Riprese rapidamente il possesso dell'arma.
«Chiariamo una cosa, Damon. Io ho il pugnale, non noi!» articolò, cercando di mantenere la calma, ma facendogli chiaramente capire di doverne stare fuori.
«Con questo cosa vorresti dire?!» la guardò, quasi incenerendola. Se pensava di escluderlo, sbagliava di grosso! Non poteva immaginarsela da sola contro Klaus! Il solo pensiero gli toglieva il respiro e bruciava ogni anfratto delle sue viscere.
«Quello che hai capito» ribatté lei con la stessa combattività; ma poi le parole di Lily stroncarono quella piccola discussione: «Stasera c'è la luna piena...».
«E con questo?» chiese Damon, dandole solo un'occhiata fugace, per non spezzare troppo il modo contrariato e fiammeggiante con cui guardava Summer.
Lily rispose alla sua domanda, con una giustifica preoccupazione nel tono della sua voce: «Se Klaus ha scoperto che Elena è ancora in vita, è possibile che voglia tentare un incantesimo di ripristino. Una sorta di mezzo rituale che ristabilisce l'energia di quello fallito. Gloria gliene avrà sicuramente parlato e se è così...se non sto sbagliando...dobbiamo tenere Elena lontana dal luogo del sacrificio. Dobbiamo portarla via da Mystic Falls»
«Spiegati meglio!» Damon non era riuscito a cogliere pienamente il suo discorso, e quindi intervenne Summer, dicendogli qualcosa che forse avrebbe già dovuto confessargli: «Per tutto questo tempo, ho fatto credere ad Elena di dover stare al sicuro. Le ho fatto credere che se fosse morta la maledizione si sarebbe spezzata, ma non è così. Gliel'ho detto solo per proteggerla e per tenerla lontana da Klaus. L'unico modo che lui ha per spezzare la maledizione è uccidere Elena nello stesso luogo del rito e mentre una strega pronuncia un incantesimo di ripristino...».
Lily si accodò a quel discorso, col suo solito linguaggio pacato e chiaro: «Uno dei compiti della Triade è sempre stato quello di dare la caccia alla doppelganger; di fare tutto il possibile affinché la maledizione non fosse spezzata. Quindi, in teoria, avremmo dovuto ucciderla prima che Klaus venisse a conoscenza della sua esistenza, oppure dopo, ovvero quando abbiamo scoperto che il rito non era andato a buon fine, appunto perché lei era riuscita a salvarsi. Questo per evitare che lui lo facesse in seguito e nel modo giusto che gli avrebbe poi permesso di spezzare la maledizione. Ma capirai che è una cosa che va contro i nostri principi. Abbiamo preferito non dire nulla di tutto questo ad Elena per non caricarla di un ulteriore peso. Ma se davvero Klaus ha scoperto ogni cosa, allora è importante che lei sappia, e soprattutto che vada il più lontano possibile da Mystic Falls, almeno fin quando ci sarà la luna piena...»
Damon si sentiva frastornato da tutta quella raffica di informazioni; ma, soprattutto, si sentiva arrabbiato. Perché Summer non gliel'aveva detto. Perché diavolo lo escludeva da ogni cosa!?
Ma il tempo che ebbe per pensarci fu poco, perché il suo telefono squillò, interrompendo quella catena di pensieri. Vedendo il numero, Damon rispose all'istante.
«Stefan...»
«Klaus sta venendo lì, Damon. Devi portare Elena in un luogo sicuro!» dal rumore di traffico di sottofondo, Damon capì che il fratello si trovava in un auto.
La rivelazione di Stefan eliminò ogni
“forse” dai discorsi sul possibile motivo dell'arrivo di Klaus.
«E per te un luogo sicuro sarebbe?!...» a quando pareva era un'opinione collettiva il fatto che Elena dovesse andare via da lì, così Damon iniziò a pensare al da farsi.
«Portala alla casa sul lago, io vi raggiungerò il prima possibile»
Il vampiro annuì a se stesso, riflettendoci. «Ok. Cerca di sbrigarti...».
La telefonata sembrava conclusa in quell'istante, quando Stefan esclamò: «Damon...Non fidarti della cacciatrice! È possibile che voglia Elena morta tanto quanto Klaus!»
Damon mise fine alla chiamata, con uno sguardo indecifrabile. Lo sapeva anche Stefan!
Quella era la goccia.
Guardò Summer con amarezza e delusione, prima di allontanarsi in sala da pranzo per smaltire la collera in un attimo di solitudine.
Posò entrambe le mani sul tavolo, abbassando la testa.
Summer, che aveva ascoltato quella telefonata, lo seguì dopo pochi secondi.
«Sai bene che non lo farei mai...» disse, con voce costernata, avvicinandosi a lui.
Damon annuì. Questo lo sapeva...ma non era quello il dannato problema!
«Lo so. Quello che non so è perché io sia venuto a conoscenza di questa storia soltanto adesso...» la voce uscì bassa e calma, dominata dalla sola tristezza.
Summer si avvicinò ulteriormente e poi, con gli occhi lucidi e un tono dolce, disse: «Avrei dovuto dirtelo...mi dispiace...».
Sfiorò la sua mano, accarezzandola.
Damon non poteva sapere che per lei era troppo difficile parlare di Elena, di ogni cosa che riguardasse lei. Odiava quando lui pronunciava il suo nome. Le faceva maledettamente male. E se non gli aveva parlato di quella storia, era solo per non rischiare di vedere il suo amore per lei riflesso nei suoi occhi. Sarebbe stata un'immagine che si sarebbe cucita sul suo cuore, pungendone ogni battito.
Il suo tono di voce e il suo tocco delicato l'avevano sciolto in pochi attimi, e l'amore prese il sopravvento su tutto; così, Damon le fece uno sguardo arrendevole che le mostrò il suo perdono.
Lei, rincuorandosi almeno di questo, continuò, concentrandosi sulla questione principale: «Adesso devi andare, Damon. Elena è in pericolo e tu... devi proteggerla» mormorò, mettendo fine a quel contatto e guardandolo con serietà.
«Devo proteggere anche te!» ancora in quella posizione, Damon tenne lo sguardo fisso di fronte a sé, pensando ad una soluzione che salvasse la vita di tutti. Pensò di farle scappare entrambe e di affrontare Klaus da solo.
Per Damon, quella era l'unica soluzione!
«Io me la so cavare, Damon. Devi andare da lei...» cercò di controllare la sua voce; di non lasciar trapelare le sue emozioni: la gioia di sentirlo ostinato a volerla proteggere e il dolore di doversi fare da parte.
«Non ti lascerò combattere contro Klaus. L'ho già fatto una volta e non lo farò una seconda!» Damon si mosse in uno scatto deciso, mettendosi di fronte a lei e guardandola con una determinazione che sembrava volesse imprigionarla in una stretta autoritaria.
«E cosa vorresti fare?» chiese lei, in un momentaneo impeto di rassegnazione, probabilmente dettato dall'infantile voglia di sentirsi, per un solo attimo, la sua principessa da salvare.
«Voglio piantargli quel dannato pugnale nel cuore e porre fine a questa storia una volta per tutte! Ecco cosa voglio fare!»
Ma poi le parole del vampiro l'allontanarono dal mondo delle fiabe per riportarla alla realtà. Summer non poteva assecondare la sua sindrome del principe sul cavallo bianco! Era lei la cacciatrice! Era lei il guerriero nato per maneggiare quel pugnale!
Ed invece Damon si era auto-proclamato eroe indiscusso di quella missione, ignorando totalmente il ruolo di Summer. Ma la triste verità era che, in quel frangente, lei e Lily erano le sole a poter fare qualcosa.
In un'analisi oggettiva, Damon non era abbastanza forte per fronteggiare Klaus. Avrebbe solo rischiato la vita inutilmente, e lei non poteva lasciarglielo fare! Doveva allontanarlo, anche a costo di farsi odiare. Così, con voce bassa e controllata, disse: «Ascolta... volevi un ruolo all'interno di questa storia e te lo sto dando. Portando Elena lontano da qui mi saresti di grande aiuto. Ma contro Klaus...» il cuore le si strinse in una morsa «Mi saresti solamente d'intralcio...». Dovette farlo, necessariamente. Doveva ristabilire i ruoli, prendendo in mano la situazione. L'avrebbe odiata, ne era sicura, perché ormai conosceva bene il suo orgoglio.
Damon non le avrebbe mai perdonato quelle parole, ma non aveva importanza; ciò che contava era che lui si mettesse in salvo, portando Elena con sé.
Gli occhi le si inumidirono, e fece uno sforzo immane per controllarsi e per reggere il suo sguardo il più a lungo possibile.
Quelle parole arrivarono su di lui con una forza quasi tangibile, investendolo, e scaraventando la sua anima chissà dove; e il momento in cui quest'ultima era scivolata via dal suo corpo lo si era potuto distinguere con chiarezza sul suo volto, improvvisamente spento e disorientato, privo di ogni aderenza con quello che gli accadeva intorno.
Dopo qualche secondo, Damon riacquistò quel minimo di lucidità che gli permetteva di reagire.
Le fece una smorfia che diceva “Come vuoi” e, senza emettere alcun suono, si voltò, dirigendosi verso la porta.
La chiuse con un colpo secco, ma privo di un'eccessiva violenza; e nel momento in cui mise piede fuori, Damon ricordò di dover respirare.
Il rumore della porta fece scendere una lenta lacrima sul volto di Summer. Avrebbe voluto corrergli dietro, rimangiandosi tutto in quel preciso istante per poi baciarlo profondamente, ma non poteva. Il petto le bruciava, riducendo i suoi respiri a degli spasmi; lo stomaco le si stritolava in dolorose morse; gli occhi le pungevano, infastidite da ogni minima fonte di luce. Per la prima volta nella sua vita odiò ciò che era: odiò il suo essere la cacciatrice; ma lo era e non poteva farci nulla. Avrebbe sofferto, avrebbe combattuto e avrebbe sperato sempre nel suo perdono. Non le era concesso nulla di diverso.
Damon restò immobile fuori l'ingresso della sua dimora. Le mani nelle tasche e il volto rivolto verso l'alto.
Voleva solo proteggerla, ma non ne era in grado. Era la dura realtà che doveva accettare. Summer non aveva bisogno di lui, non ne avrebbe mai avuto. Quella sensazione d'inutilità e impotenza si bloccava al centro della sua gola, strozzandogliela.
Ma ciò che gli faceva più male, era il fatto che quella consapevolezza gli fosse stata data da lei in persona. Come lo considerava? Cosa pensava di lui? Lo reputava un incapace?
E, soprattutto, si sarebbe mai innamorata di un uomo più debole di lei?
Quei pensieri lo caricavano di vergogna e afflizione.
Quelle parole l'avevano ferito e fatto sanguinare velocemente fino a farlo morire.
Ed ora, era un corpo doppiamente privo di vita quello che doveva muoversi verso la direzione oggettivamente più giusta: verso la casa di Elena; perché, dentro di sé, Damon non sentiva più nulla. Era un involucro vuoto; e avanzò i primi passi, sentendosi come una busta di plastica trascinata dal vento.
Lily entrò nella sala da pranzo per capire cosa stesse succedendo, perché Damon se ne fosse andato in quel modo, e, quando vide Summer che si asciugava le lacrime, dandole velocemente le spalle per non farsi vedere, capì che, forse, ciò che le aveva detto il giorno precedente, in tono da battutina amichevole, era proprio la verità: Summer era innamorata di lui. Non c'erano altre spiegazioni, perché lei non piangeva mai. Erano davvero diventate così intime le cose tra di loro?
«Summer...» bisbigliò dispiaciuta.
Lei si girò, mostrandole un sorriso forzato e chiedendole rapidamente: «Quanto tempo abbiamo?».
Lily capì immediatamente che l'amica non le avrebbe parlato, che non le avrebbe raccontato nulla di ciò che era successo con Damon: la conosceva fin troppo bene.
«Non molto...Cosa facciamo?» domandò, con rassegnazione.
«Lo intercettiamo» il suo sguardo si fece improvvisamente freddo, mentre pensava che la miglior difesa è l'attacco.
Soffrire per amore era un lusso che una cacciatrice non poteva permettersi.
Non c'era più tempo per sentirsi debole.
Era ora d'indossare nuovamente la sua armatura di carattere e tornare a combattere.





Nda Serie:
- La questione della morte di Elena non è stata affrontata in precedenza per non caricare i capitoli di cose che sarebbero servite più avanti. Il punto è questo: il rito non è andato a buon fine, e l'ho immaginato vincolante al negativo per Klaus, ovvero l'ho legato ad un altro incantesimo (quello di ripristino) In questo modo, se Elena fosse finita sotto una macchina, morendo incidentalmente, la maledizione non sarebbe stata spezzata. Tutto qui.
Il perché Summer abbia celato la cosa a Damon, penso di averlo chiarito nel capitolo. E, per inciso, Damon non sa neanche della questione della punizione del Consiglio.
- Le frasi di Katherine sono prese dall'episodio 3x09. Per quanto riguarda lei, la mia Alice ha sollevato un bel quesito: Cos'avrebbe fatto Katherine se, alla domanda di Klaus ( Stefan lo sapeva? ) non fosse stata soggiogata? La vera Katherine non lo so. Ma quella di questa fic avrebbe fatto la stessa identica cosa. L'avrebbe condannato per liberarsi e poi sarebbe andata ad aiutarlo. Ovviamente faccio sempre del mio meglio per non sfociare nell'ooc, ma sta a voi giudicare ( e lanciare pomodori nel caso...)
- Abbiamo scoperto il segreto che c'è dietro al sangue delle cacciatrici. La strega originaria, durante l'incantesimo che le ha “create”, ha mischiato del sangue alla Salvia Divinorum. Questa pianta contiene la
Salviorana A riconosciuta come la più potente sostanza psicoattiva naturale (wiki font xD). Infatti, veniva anticamente utilizzata nei riti di divinazione.
Ok. Ma perché Esther l'ha fatto? ...lo scoprirete solo leggendo^^
- Il flash che vede Lily è una parte dell'extra sulle origini che sto preparando (mi sta venendo un misto tra TvD e Full Metal Alchemist xD)

Nda diversamente serie:
- La posizione del Kamasutra fatta da Dam&Sum è quella del cucchiaio, che poi sfocia nella sua variante più animata, ovvero il cucchiaio d'argento( o cucchiaio con presa del boa xD) ...ok, la smetto!!!xD (però l'avevo scritto “diversamente serie” xD)
Ovviamente (breve attimo di lucidità) spero di non essere stata volgare; ma purtroppo la primavera si fa sentire ed io ne sono stata contagiata in pieno. Abbiate pietà!!! Sono i miei ormoni xD non è colpa mia!!!
- Ho rotto il piffero con le canzoncine, lo so, ma sopportatemi xD La versione originale di Rihanna non c'entrava nulla e così sono andata a cercare una cover più adatta. Non preoccupatevi di prepararmi una "base di ricovero"...ci sta già pensando Alice xD

Niente...sono stravolta. Questo capitolo è lunghissimo, e non spero neanche in qualche recensione, perché dubito davvero che qualcuno arriverà alla fine T-T
In ogni caso - se mai qualcuno dovesse riuscire in questa titanica impresa – Grazie!!!*-* Davvero T-T

Nda dolorosa:
A causa degli impegni sto seriamente pensando di stoppare per qualche mese.
Ultimamente, il tempo è davvero poco per potermi dedicare a dei capitoli così lunghi.
Anche se non frega a nessuno, tengo ad avvertirvi preventivamente.
Se dovessi prendere questa decisione, pubblicherò un capitolo avviso.
Ovviamente mi scuso tantissimo, ma purtroppo la realtà ha il brutto vizio di assorbire tutto il tempo T-T.

Ora vi saluto. Con la convinzione di parlare al vuoto,
perché ho la certezza matematica che un capitolo così lungo non se lo filerà nessuno xD xD
In ogni caso...
Ringrazio le nuove persone che hanno messo la fic nelle preferite!!!*-*
E tutti quelli che continueranno a seguire questa fic, nonostante le dimensioni e nonostante i ritardi!!!^^
Alla prossima!!! Un bacio.














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Capitolo 53
*** Cinquantatreesimo Capitolo ***









Jane Levy, nel ruolo di Eleanor Coleman, ovvero Lily^^






*** 27 Dicembre ***
Parte 2^




Damon spalancò la porta di casa Gilbert senza bussare.
A passo svelto, raggiunse la cucina, mettendo dapprima in allerta e poi sorprendendo i tre che stavano consumando la cena in tranquillità.
«Damon, che ci fai qui?» la voce un po' acuta di Elena, che lo guardava incuriosita.
«Alzati, dobbiamo andare via da qui, e alla svelta!» il tono di Damon risultò duro, meccanico, inanimato, e il suo sguardo non fu da meno: la fermezza autoritaria imposta dalla circostanza non era nulla paragonata alla crudeltà con cui il vampiro stava cercando di annientare la sua anima, pur di non sentire dolore, pur di non risentire la voce di Summer, che a tratti veniva evocata dalla sua mente come una sorta fantasma.
«Cosa?! Damon, che sta succedendo?!» Elena si alzò con un fare agitato, e anche Alaric e Jeremy fecero lo stesso, i loro volti preoccupati quanto interrogativi.
Ma il vampiro aveva dato loro le spalle, per dirigersi nuovamente verso l'ingresso. Dall'appendiabiti, afferrò il giubbotto di Elena.
I tre lo seguirono.
«Damon, parla!» fece la ragazza, ormai stanca e spazientita da quei modi.
Il vampiro le porse il giubbotto, dicendo: «Klaus, sta venendo qui. Ha scoperto che sei viva» nuovamente, la sua voce risultò impassibile. Si avviò verso la porta, senza neanche dare alla ragazza il tempo di smaltire quell'informazione, l'aprì e le fece cenno di uscire. Il suo sguardo e i suoi atteggiamenti erano glaciali, privi di coscienza: quest'ultima era interamente impegnata nel duro compito di non pensare alle parole di Summer: se abbassava la guardia, anche per un solo istante, se si distraeva, risentiva quella frase che gli squarciava il petto come una fredda lama.
Mi saresti solamente d'intralcio...”
Non poteva permettersi di soffrire: certe situazioni non lo concedono; ma, soprattutto, lui non voleva.
«No!» esclamò la ragazza con decisione «Sono stanca di scappare, Damon. Non lo farò...».
«Elena non dire assurdità...» obbiettò subito il fratello, sotto l'occhiata accondiscendente di Alaric.
Il vampiro la incenerì con lo sguardo, avvicinandosi a lei con dei passi diretti e sicuri.
«E di un po', qual è l'alternativa? Mh?! Aspettare Klaus, farlo accomodare, invitarlo a cena e discutere cordialmente della possibilità di non farti fuori? È questo il tuo piano?!»
«Non ho nessun piano, è vero, ma non voglio scappare, Damon. Non più...» lo sguardo di Elena gli tenne testa, ma gli occhi di Damon si accesero di una rabbia algida.
Ora ci si metteva anche lei a farlo sentire un incapace!? Cosa pensava? Che a lui facesse piacere scappare in quel modo? Che fosse da lui? Lo faceva esclusivamente per proteggerla! Maledizione! Stava dannatamente facendo quello che gli altri volevano!
Quello che gli era stato detto di fare!
Stefan la voleva al sicuro alla casa sul lago e Summer la voleva lontana da Klaus, proprio come desiderava che lui stesse fuori dai piedi!
Possibile che neanche questo andasse bene?!
Cosa diavolo pretendevano tutti?!
Se fosse stato per lui, i piani sarebbero stati ben diversi. Ma non poteva fare di testa sua: lui doveva stare in panchina, lui sarebbe stato solamente d'intralcio...
«Forse ha ragione, che senso ha? Piuttosto, a che punto siete con il pugnale? Dov'è Summer?».
Damon fulminò all'istante anche Alaric, ma si sforzò ugualmente di mantenere quella calma che tutti stavano mettendo a dura prova.
Summer … perché l'aveva nominata?!
Una fitta, una pugnalata, fredda, spietata.
Ma il volto del vampiro restò immutato, congelato da quel freddo invernale che stava invitando dentro di sé, pur d'intorpidire tutto ciò che gli faceva male.
«Il pugnale è stato ultimato. E la cacciatrice e la strega ci faranno guadagnare tempo...» rispose con distacco. Si voltò verso Elena e disse: «Ma se Klaus riesce a mettere le mani su di te...sarà tutto vano, Elena, perciò infila quel dannato cappotto e non fare storie!» scandì quelle parole con una calma inquietante, tanto del nervosismo che si poteva avvertire in quel tono lineare, che proprio non voleva lasciare spazio alla volontà altrui.
«No. Dovremmo aiutarle...» lei scosse la testa con lo sguardo basso, perso in un punto indefinito del pavimento.
«Elena, non dire sciocchezze, dobbiamo andarcene» intervenne Jeremy.
Una smorfia di furia rassegnata, e divenuta quindi passiva, modellò le labbra del vampiro. Ok, era chiaro che dovesse cambiare sistema!
«E se ti dicessi...che è stato Stefan a suggerirmi di portarti via di qui...» una scia di voce sicura, seducente, velatamente diabolica.
Lo sguardo di Elena mutò all'istante: sembrò improvvisamente più sveglia, più presente, come se le avessero gettato sul viso dell'acqua ghiacciata.
«Hai parlato con lui?!...Dove si trova?» chiese in un sussurro colmo di speranza.
«Non ne ho idea, ma ci raggiungerà alla casa sul lago. Ah, ma se vuoi restare qui, gli dico subito di fare marcia indietro. A te la scelta...» disse, con i soliti modi tracotanti, dandole quel finto arbitrio, che increspò le sue labbra in un ghigno vittorioso.
Elena infilò il cappotto, guardandolo di sbieco, e lui rispose con un sorriso caustico.
Alaric gettò un mazzo di chiavi che Damon afferrò al volo.
«Andiamo con la Jeep...»
Si avviarono verso l'auto e, prima di entrare, Alaric si voltò verso Jeremy.
«Forse dovremmo avvisare Bonnie...in fondo l'ultima volta sono riuscite ad avere la meglio perché c'era anche lei»
«È dagli zii, non tornerà prima di sabato. Posso provare a chiamarla, ma comunque le ci vorrebbero circa 10 ore di macchina e...in verità...vorrei lasciarla fuori da questa storia» disse, cercando l'approvazione nello sguardo di Elena, che annuì dolcemente.
«Capisco...» mormorò Rick, tamburellando le dita sul tettuccio. Subito dopo, si accomodò al suo posto accanto al vampiro.
Elena si sentì sollevata nel sapere che l'amica non sarebbe stata coinvolta in quella battaglia, e sorrise ancora al fratello, per fargli capire di aver fatto la scelta più giusta.
Damon, invece, avrebbe preferito non ascoltare quell'avvilente versione dei fatti. Ce l'avrebbero fatta senza l'aiuto di Bonnie?
Ancora una volta, quella dannata voce prese vita nella sua mente e, nel momento in cui mise in moto l'auto, lo costrinse a chiudere gli occhi con forza.
Ci combattette ancora, dolorosamente, e poi riuscì a metterla a tacere.
Stava facendo la cosa più giusta.
Stava facendo ciò che gli altri volevano.
Stava lasciando Mystic Falls.
In ogni caso, lì sarebbe stato solamente d'intralcio...


*** ***


Summer se ne stava poggiata alla moto con le braccia conserte. Alle sue spalle, i riverberi rossastri di un sole all'ultimo atto accendevano di riflessi ramati alcune ciocche dei suoi larghi boccoli. Sopra di lei, il cielo era conteso tra il giorno e la notte, e di fronte ai suoi occhi, da dietro ad una collina dal contorno ancora visibile e pronunciato, presto sarebbe sorta la luna, che avrebbe fatto sia da spettatrice indiscreta che da protagonista ignara.
Sul manto stradale, la neve si era sciolta rapidamente, lasciando sull'asfalto uno strato scivoloso, mentre ai lati della strada il bianco era ancora presente in piccoli cumuli sparsi.
Il freddo pungeva la sua pelle accaldata dalla tensione, e quel contrasto colorava le sue guance di un rosa acceso.
Dalla posa ferma, per nulla tremante, sembrava che la leggera maglia nera, di una lanetta sottile e dallo scollo pronunciato e arrotondato, fosse sufficiente a fronteggiare la bassa temperatura.
Nascosto in una tasca interna dello smanicato di jeans, il pugnale. Nella mano destra, un paletto che roteava nervosamente. Un sguardo gelido come la notte che si apprestava ad arrivare.
Summer non si sentiva tranquilla o sicura di sé come la prima volta in cui l'aveva affrontato, al ballo della scuola.
C'era qualcosa di nettamente diverso nel suo stato d'animo, così come più generalmente in lei.
Era sempre stata combattiva, bellicosa, istintiva. Il doversi misurare con un nemico forte e temuto da tanti l'aveva sempre eccitata e mai spaventata. Ora, invece, c'era qualcosa di diverso nel suo stato d'animo, ma non era propriamente paura, era una sua contorta sfumatura, era una paura legata ad altro...era in qualche modo legata a Damon. Lui l'aveva cambiata: aveva portato del valore alla sua vita, l'aveva accesa di significato; e solo in quell'attimo Summer capì di aver finalmente acquisito la paura di perderla. Forse, fino a quel momento, quel coraggio estremizzato altro non era stato che indolenza verso la sua stessa vita, pensò. Forse, pur non avendo un interruttore per le emozioni, come i vampiri, era riuscita ugualmente ad estraniarsi da se stessa.
Il ruolo era diventato la sua vita.
Lei stessa era stata la prima vittima della cacciatrice che sarebbe diventata.
Adesso, invece, si sentiva pienamente cosciente di sé e padrona della realtà che la circondava. Quel nuovo livello di consapevolezza l'aveva scossa, facendola sentire presente nel suo stesso corpo, finalmente presente in tutta l'interezza delle sua anima e nelle nuove sfumature di cui si era colorata grazie all'amore, ma questo comportava una marea di messe in discussioni e dubbi che non l'avevano mai scalfita prima.

Di lì a poco, sarebbe passato Klaus. Quella era l'unica via di accesso a Mystic Falls. La strada per lasciare la cittadina era invece situata ad ovest, e sarebbe stata quella percorsa da Damon per raggiungere la casa sul lago.
Summer aveva l'occasione di uccidere Klaus quella sera stessa, in fondo, avevano finalmente recuperato il pugnale. Quella, poteva essere la fine di ogni cosa; eppure non riusciva a sentirsi sicura di sé. Era da cinquecento anni che il pugnale non veniva maneggiato da una cacciatrice, e se non ne fosse stata all'altezza? Perché proprio lei?
Cercò di debellare ogni insicurezza, pensando ad altro, ma ogni volta che i pensieri cambiavano tipo di angoscia, rincontrava mentalmente gli occhi spenti e feriti di Damon, e subito un nodo alla gola le impediva di respirare.
Se quella sera fosse morta, non avrebbe avuto neanche l'occasione per chiedergli di perdonarla. Avrebbe chiuso gli occhi per sempre, ricordando il suo volto amareggiato e freddo.
Si costrinse a focalizzare la sua attenzione su altro: non poteva pensare a lui in un momento simile, per quanto le risultasse impossibile. Doveva concentrarsi solo su Klaus.

Lily dava l'impressione di essere tranquilla. Si era accovacciata di fronte alla moto, e faceva passare il tempo giocando col suo telefono. A vederle, non sembrava che fosse lei la più grande tra le due. Ma la strega affrontava ogni situazione in un modo particolare: spirituale, pacato, ottimista, proprio come lei.
Le cose sarebbe andate com'era destino che andassero.

L'ibrido percorreva quelle strade alla velocità imposta dal manto stradale scivoloso. Il sole era appena tramontato e per l'apice della luna piena mancava ancora del tempo.
A tratti, faceva smorfie infastidite dai singhiozzi di Sarah, e si chiese perché non avesse lasciato quella lagna al bar con Amanda, invece di rinunciare a Bryan, che sembrava più accondiscendente e controllato, ma poi capì che si trattava appunto di questo: si fidava più di lui; Sarah andava tenuta sotto controllo, proprio come tutti i vampiri fastidiosamente emotivi.
Fu costretto a frenare, vedendo di fronte a sé una moto al centro della strada – in perpendicolare al senso di marcia – e due ragazze in una posa rigida, come se si fossero fermate lì ad aspettare qualcosa.
La macchina slittò lievemente.
Non le riconobbe all'istante, ma non gli ci volle molto.
Come diavolo facevano a sapere del suo arrivo? Si domandò, mentre una smorfia di rabbia gli sfigurava il viso.
«Cosa succede? Chi sono?» domandò Gloria, seduta accanto a lui.
«Scendete!» ordinò a voce bassa e controllata.
Klaus uscì dall'auto, guardando quelle due con un'espressione truce.
Improvvisamente, uno strano tremore scosse il suo corpo e la testa gli girò per un istante. Era ovvio che non fosse paura. Ma allora cosa diavolo era stato?
La sensazione passò velocemente e lui l'attribuì erroneamente alla rabbia. Non poteva immaginare che il pugnale fosse a pochi metri da lui.
Avanzò di qualche passo, posizionandosi di fronte alla sua auto.
«Vedo che siete ben informate su ogni mio spostamento! Com'è che si chiama questo?...Stalking?!»
Summer gli lanciò un'occhiata compassionevole e poi si voltò verso l'amica, dicendo: «Sai, Lily, credevo che la cosa peggiore fosse avere a che fare con lui, ma mi sbagliavo: avere a che fare con lui che cerca di fare il simpatico è decisamente peggio!».
La strega ridacchiò prontamente e Klaus le incenerì con lo sguardo.
Lily e Gloria si fissarono per un intenso istante: era come se entrambe avessero saputo in anticipo che prima o poi sarebbe successo, che si sarebbero scontrate. Almeno Lily, nella sua grande ricettività, proiettata molte volte anche verso il futuro, non ne aveva mai avuto alcun dubbio.
L'ibrido fu felice di notare che all'appello mancasse una strega, e fu ancora più soddisfatto di se stesso per aver lasciato Amanda a fare la guardia a Stefan.
Summer, dall'aria spaesata, confusa e spaventata che avevano gli altri due vampiri, capì subito che non erano altro che novellini. Il problema era solo Klaus.
«Sei davvero impertinente per essere una cacciatrice che brandisce un semplice paletto contro un vampiro immortale, ma mi piace. Questa tua presunzione renderà ancora più soddisfacente l'attimo in cui berrò tuo sangue...»
«E tu sei piuttosto arrogante per essere un originario con due vampiri novellini a fargli da bodyguard. Cosa c'è? Non ti sentivi sicuro a venire qui da solo? Temevi che ti avremmo fatto la bua come l'ultima volta?!».
Il volto dell'ibrido si accese della sua ira: la cacciatrice aveva pronunciato una verità scomoda, e l'avrebbe pagata a caro prezzo!
«Mi hai davvero stancato» bisbigliò in un filo di voce colmo di rabbia «Zahir, Sarah... non deludetemi! Ma non uccidetela, il sangue delle cacciatrici va bevuto caldo! Farle esalare l'ultimo respiro è un privilegio che tocca solamente a me...» concluse diabolicamente, sotto lo sguardo combattivo di Summer.
Klaus si poggiò all'auto, mettendo le braccia conserte.
«Tu, Gloria...occupati della strega...».

Quasi subito, Gloria stese il braccio destro all'altezza del petto e con il palmo rivolto verso Lily; lei, invece, stese entrambe le braccia, spalancando le dita e unendo i due indici e i due pollici, in modo da formare un triangolo, che prendeva di mira il petto dell'altra strega. Il loro potere scosse i rami degli alberi, dando vita ad un rumoroso fruscio.
Tra loro era una lotta a distanza, in cui ognuna cercava di prendere il controllo sul corpo dell'altra, fino a farlo cedere.
Le pupille di entrambe si dilatarono, mentre sentivano una forte raffica di potere spingere verso la propria per guadagnare sempre più spazio. Entrambe, per conquistare il controllo dei vasi sanguigni dell'altra, e quindi provocarne la rapida morte, cercavano d'invadere l'invisibile area di potere atta a proteggerle. La prima che ci sarebbe riuscita avrebbe vinto. Ma subito l'energia delle due sembrò in perfetto equilibrio. Lily se ne sorprese; aveva sempre creduto di essere più forte di lei, ma poi un veloce ragionamento riaccreditò la sua convinzione: l'incantesimo per ricostituire il pugnale era stato più impegnativo del previsto, le sue forze erano quindi notevolmente ridotte.

Intanto, Zahir si era materializzato alle spalle di Summer, e prontamente l'aveva serrata in una morsa, chiudendo le mani sul suo addome. Summer, in quella posizione, aveva le braccia bloccate. Decise di lasciare la presa sul suo paletto, facendolo cadere a terra; in quell'attimo, Sarah si sferrò su di lei, ma, rapidamente, la cacciatrice l'allontanò con un calcio. Appellandosi alla sua forza, afferrò le mani di Zahir, sollevandole fin sopra la testa per liberarsi. Le tenne ancora ferme nella sua morsa e, girandosi verso di lui, lo distanziò con un potente calcio nell'addome. In un istante, riprese il suo paletto e, con una gomitata ben piazzata, si liberò della ragazza, che intanto l'aveva nuovamente attaccata. Nel momento in cui cadde a terra, Summer ne approfittò, inginocchiandosi e piantandole il paletto nel cuore, che decretò la fine della sua breve vita da vampira. Zahir si rialzò, le si avvicinò con rapidità e afferrò i suoi capelli, sbattendola di forza contro la moto, che si rovesciò sotto il peso del suo corpo e la potenza di quel colpo.
Mentre Summer era parzialmente distesa sul mezzo, sentendo ogni suo pezzo in doloroso contatto con la sua carne, lui le piazzò un calcio nelle costole, facendole emettere un soffocato gemito di dolore. Si stava preparando per il secondo, ma lei afferrò il suo piede, tirandolo verso di sé e facendolo cadere a terra. Recuperò nuovamente il paletto ed anche per lui venne la fine. Zahir, come Sarah, si raggrinzì ingrigendosi.
Summer si rialzò con lentezza, premendo la mano sulla costola dolorante. Lei e l'ibrido si guardarono con aria di sfida. Entrambi carichi di rabbia e di voglia di ridurre l'altro in poltiglia.

Tra le due streghe, l'energia continuava ad equipararsi, bloccandole in uno stallo in cui non era concesso loro neanche un attimo di distrazione.
La loro offensiva era invisibile ma si percepiva in tutta la sua forza: attorno ai loro corpi ogni traccia di neve sembrava essersi vaporizzata e delle foglie secche roteavano velocemente, delineando i confini della loro orbita di potere.



*** ***


Sull'asfalto bagnato, la jeep sfrecciava a gran velocità.
Il buio intorno, una nebbia leggera, la strada illuminata dal solo bagliore dai fari.
Le gomme adatte e la bravura di Damon impedivano alla vettura di sbandare rovinosamente.
Lo sguardo del vampiro era fisso di fronte a sé.
Non voleva pensare, non voleva sentirsi in quel modo.
Voleva, e doveva, respirare regolarmente.
Tutta la rabbia e lo stress caricate sulla mascella, divenuta ancor più pronunciata.
Cosa stava facendo lei adesso? Stava affrontando Klaus? Ce l'avrebbe fatta?
Non voleva pensare, ma era troppo difficile.
Ad ogni respiro, il petto gli si chiudeva in una morsa lenta e dolorosa.
Come si sarebbe sentito se le fosse successo qualcosa?
No! Lei non lo voleva...non aveva bisogno di lui...
E lui non doveva pensarci!
Doveva smetterla di torturarsi!

Tanto non poteva fare nulla.
Lui... sarebbe stato solamente d'intralcio...
E Damon stava annientando se stesso, pur di non soffrire. Dentro di sé, preferiva lasciare spazio ad un arido e indolore senso di vuoto, pur di non sentire l'eco aspra di quelle parole.
Mi saresti solamente d'intralcio...”

Dopo il breve discorso di Damon, per spiegare ad Elena la questione del rito di ripristino, il silenzio aveva conquistato la vettura, invadendola con una tensione cupa e palpabile.
Forse, era stato il modo sbrigativo e duro con cui Damon aveva esposto la faccenda a far intendere che le chiacchiere, in quel particolare momento, non erano gradite, ma l'assenza di suoni amplificava i timori di tutti, in un vortice di pensieri scomodi.
A tratti, Elena, seduta sul sedile posteriore opposto a quello del vampiro, lo guardava percependo che qualcosa, nel suo stato d'animo, non andava.
I suoi occhi spenti, stanchi, persi, non potevano ingannarla.
Intuì che il problema fosse Summer. Ricordava bene la volta precedente in cui si era dovuto allontanare da lei, lasciandola sola contro Klaus, per metterla in salvo; per lui era stato terribile, e non osava immaginare a come dovesse sentirsi adesso: ora che il suo amore per lei era diventato chiaro e palpabile.
Voleva dire qualcosa...fargli una domanda a riguardo o dirgli semplicemente che bastavano Alaric e Jeremy a proteggerla, ma quello che le uscì di bocca, posando per un breve istante gli occhi sulla strada, fu solo un: «Damon, fermati!»
Una ragazza se ne stava immobile davanti alla traiettoria dell'auto.
Damon non sembrava intenzionato a voler frenare. Al massimo avrebbe provato a sterzare leggermente.
Non gli importava di trascinarsi il corpo di chissà chi lungo il tragitto.
Non gli importava di nulla.
Non in quel preciso momento.
Dentro di lui, c'era solo il vuoto, mentre continuava per la meta prestabilita.
In quella frazione di secondo, fu Alaric ad intervenire prontamente, tirando il freno a mano con forza.
La macchina, dopo aver slittato rumorosamente per qualche metro, si arrestò mettendosi in obliquo. La ragazza, invece, era rimasta immobile ed impassibile.
«Che diavolo ti salta in mente!?» lo rimproverò Alaric, liberandosi dalla cintura di sicurezza. La ragazza non si era mossa, e l'umano pensò che si trovasse in stato confusionale o qualcosa di simile. Di certo, non poteva ignorarla!
«Non abbiamo tempo da perdere!» obbiettò il vampiro, seccato, crudele, freddo, fulminandolo repentinamente con lo sguardo.
Alaric uscì dall'auto, ancora più convinto che la ragazza avesse bisogno d'aiuto.
Le si avvicinò.
«Tutto bene?» domandò, notando la folta capigliatura, riccia e castana, e il giubbotto di un rosso acceso.
«Oh...Sto bene...ma posso stare meglio!» prontamente, la ragazza lo afferrò per il collo, avvicinandolo a sé per morderlo.
Era un vampiro.
«Che diavolo...» bisbigliò Damon, vedendo la scena e uscendo rapidamente dall'auto. Riuscì a liberare l'amico da quella presa, allontanando la vampira con una spinta che la scaraventò a qualche metro di distanza.
Dietro di loro, intanto, compariva la figura di un uomo che ridacchiava con sicurezza.
Aveva capelli neri, lunghi e legati in una coda, un cappotto di pelle marrone e le mani ornate di vistosi anelli.
«Mi sa che sono proprio loro...» disse, rivolgendosi alla vampira. Intanto, Elena e Jeremy erano usciti dall'auto, e la vampira guardò con attenzione il volto della doppelganger, dando conferma all'amico: «Dici bene, Zach, è lei, non ho dubbi...» confrontò l'immagine di Elena con la foto che Klaus le aveva mandato sul cellulare.
L'ibrido aveva mandato due dei suoi uomini fidati a controllare la strada che non avrebbe percorso: aveva messo in conto anche una possibile fuga.
Alaric premeva la mano sulla parte del collo sanguinante.
Damon cercò di prendere il controllo della situazione, afferrando la vampira alle spalle, per tentare di immobilizzarla. Zach andò subito in suo soccorso.
Rick approfittò del fatto che il vampiro avesse catturato l'attenzione su di sé per incitare Jeremy, quello più vicino all'auto, a prendere la borsa di armi all'interno del portabagagli: «Prendi la borsa, Jeremy!»
La vampira riuscì a sciogliere la presa di Damon e l'altro vampiro lo colpì prontamente al volto, causandogli dei tagli per via dei vari anelli.
Jeremy afferrò la balestra, e subito la lanciò ad Alaric.
L'umano l'afferrò al volo, e non perse tempo a caricarla e a puntarla contro la schiena del vampiro.
«Cosa speri di fare?» la vampira lo colse sul fatto, e prontamente gli comparve davanti dandogli un potente schiaffo col dorso della mano.
L'arma cadde a terra, ed Elena l'afferrò senza esitare e colpendo la vampira. Il paletto le finì tra le costole e, mentre cercava di estrarlo, alle sue spalle, Jeremy gliene piazzò un altro nel cuore.
Intanto, Damon teneva testa al vampiro; si stringevano in prese veloci e violente che non davano scampo a nessuno dei due.
Elena puntò la balestra, esitando per non colpire l'amico e, quando l'attimo fu in suo favore, colpì il vampiro in un fianco.
Damon, mettendosi alle sue spalle, ne approfittò per bloccarlo in una forte presa.
«Lanciami un paletto!» disse, Alaric al giovane Gilbert.
Jeremy gli lanciò uno dei tanti paletti contenuti nel borsone, e lui lo afferrò con sicurezza.
Damon, capendo l'intento dell'amico, fece appello a tutte le sue forze per cercare di tenere fermo il vampiro, che si dimenava agitatamente.
«Sbrigati...» biascicò a denti stretti, mentre l'umano si avvicinava.
Un attimo dopo, Alaric gli ficcò il paletto nel cuore senza esitazioni.
Damon lasciò che il corpo raggrinzito del vampiro scivolasse a terra, e guardò l'amico con un'espressione passivamente innervosita, dicendo: «Ricordatene, la prossima volta che vorrai fare il buon samaritano!»
«Non posso darti torto...» ammise Rick, con voce affannata.
«E quindi Klaus l'aveva messo in conto...» constatò Elena, fissando i corpi ingrigiti dei due vampiri.
«Già, e a questo punto credo sia meglio proseguire, tornare indietro potrebbe essere anche peggio!» suggerì Alaric.
Gli altri tre annuirono, intenti a voltarsi verso l'auto per proseguire, ma un ringhiare rabbioso catturò la loro attenzione.
Un manto grigio reso splendente dalla luce della luna, occhi gialli e feroci, zanne in vista ricoperte di bava.
Ci fu solo il tempo di mettere l'immagine a fuoco, perché il lupo si scagliò velocemente contro Damon, gettandolo a terra col proprio peso. Gli altri restarono impietriti: quella scena li aveva colti di sorpresa; soprattutto Rick, che non sapeva cosa pensare. Era Clarissa il lupo che stava attaccando il suo amico? Ma, dopo quell'attimo di smarrimento, subito incitò Elena a prendere una granata di strozzalupo dalla sua borsa.
La ragazza obbedì e gliela lanciò. L'umano l'afferrò, la disinnescò con velocità e la gettò sul lupo.
Nell'attimo successivo all'esplosione, l'animale emise dei deboli guaiti di dolore, accasciandosi di lato, e Damon ne approfittò per strappargli il cuore.
Alaric dapprima rimase impietrito e poi fu pervaso da una violenta voglia di inveire contro il vampiro.
Sapeva che c'era la possibilità che potesse trattarsi di Clarissa, perché l'aveva fatto? Perché doveva sempre fare così? Perché non aveva esitato neanche un attimo? Nel suo petto, la rabbia divampò in pochi istanti, ma poi si spense con altrettanta velocità, quando vide la spalla di Damon segnata dai denti del mannaro e la sua inevitabile espressione di dolore.
«Damon!» Elena corse verso di lui, guardandolo con immediata apprensione.
«Tranquilla, a casa ho ancora del sangue. Dovrebbe bastare...» disse, scostando leggermente il giubbotto di pelle, per valutare meglio l'entità del danno «spero solo che non abbia una data di scadenza. Non ho un altro fratello così pazzo da barattare sé stesso per salvarmi!».
Non poteva crederci! Che stupido era stato a sottovalutare quella situazione! Avrebbe dovuto strapparle il cuore da umana! Il semplice fatto che fosse amica di quell'arpia che l'aveva torturato era una motivazione più che sufficiente! Almeno per lui.
Stupido, si ripeté mentalmente.

Elena annuì sentendosi subito sollevata, e il vampiro si avviò verso l'auto. Indugiò con la mano sullo sportello aperto, osservando Rick che guardava il corpo del lupo con uno sguardo indecifrabile.
Il vampiro e la ragazza si scambiarono uno sguardo d'intesa, e lei si avvicinò ad Alaric, mettendogli una mano dietro la schiena in un gesto di conforto.
«Rick...» pronunciò debolmente, ma lui la interruppe subito: «Va tutto bene, Elena. Non preoccuparti...»
Con lo sguardo basso, si avviò verso l'auto, e Damon lo guardò con apprensione, ma senza proferire parola. Non si pentiva di quello che aveva fatto, ma non poteva negare, almeno a se stesso, di essere dispiaciuto per l'amico.
Un attimo di rimorso gli strinse il petto, e sembrò aggiungersi spietatamente a tutto il dolore e la rabbia che si portava dentro. Ancora una volta, si costrinse a spegnere tutto. A far scivolare via ogni cosa, lasciandosi pervadere da una sensazione di vuoto. Solo così sarebbe sopravvissuto a quella notte infernale, una notte in cui il destino sembrava volesse sbattergli in faccia tutti i suoi soliti errori: come quello di innamorarsi di donne che possedevano tutti gli strumenti del mestiere per ferirlo a regola d'arte.
Tutti i suoi limiti fisici: non era in grado di proteggere la donna che amava, e quanto pareva neanche se stesso.
E tutti i suoi difetti caratteriali: come l'impulsività, che non gli lasciava spazio ai dubbi sul da farsi ma spalancava la porta ai successivi rimorsi. L'avrebbe uccisa lo stesso se non l'avesse morso? Probabilmente sì, perché quello era ciò che era!
Ma non poteva combattere anche contro il senso di colpa, non quella notte!
Vuoto, doveva far sì che ogni cosa scivolasse via da lui.
Vuoto, doveva e voleva sentirsi vuoto.

Nel frattempo, Jeremy aveva nascosto i corpi dei vampiri e quello del lupo tra dei folti cespugli ai margini della strada.
Quando ebbe finito, anche lui entrò in macchina.
In un doveroso silenzio, i quattro ripartirono, diretti verso la casa sul lago.


*** ***


Lily continuava ad indirizzare il suo potere verso Gloria.
L'energia, tra le due, continuava ad equipararsi. Ma il Consiglio, come membro della Triade, sceglie sempre la strega o lo stegone più forte al mondo: il che significava che Lily poteva farcela. Doveva solo concentrarsi e fondersi con la natura che la circondava in un attimo di pura forza.
Bastava un solo attimo per vincere...

Klaus si distanziò dall'auto, avanzando qualche passo verso Summer, che immobile lo guardava con aria di sfida.
Lo temeva, non poteva negarlo.
Prima di quel momento, era sempre stata la rabbia la sua forza motrice. Scaricava contro i nemici tutto il rancore che si portava dentro. Ora, invece, Summer non sentiva più nessuna sorta di rabbia dentro di lei. Damon aveva assorbito tutta la sua oscurità, purificandola da ogni dolore.
Tutto ciò che le aveva sempre fatto male era stato ridimensionato, sfumato, acquietato.
Con la sua presenza, con quel vortice di serenità e spensieratezza, Damon aveva cancellato tutto il male che si portava dentro.
Ma ora, dalla sua parte, Summer aveva un'arma ben più potente della rabbia: l'amore. Avrebbe tratto la sua forza dalla disperata voglia di salvare le persone che amava: Damon e Lily. Non avrebbe esitato a dare la sua vita per loro!

La cacciatrice, il pugnale, Klaus.

La loro complementarità si percepiva nell'aria.
«Prego, prima le donne...» disse l'ibrido, sfidandola con sicurezza.
Summer lo guardò di sbieco. Bene, se lo voleva lui!
Con una mossa veloce, si posizionò alle sue spalle, afferrandolo per il braccio e torcendoglielo subito dopo. Quella mossa costrinse l'ibrido a chinarsi con la schiena, e Summer, con l'altra mano, ne approfittò per spiattellare il suo volto sul cruscotto dell'auto.
«Tutto qui quello che sai fare?!» Klaus, con un gesto del braccio libero, prima scostò la mano con cui Summer teneva la sua testa e poi, appellandosi a tutta la sua forza, roteando verso di lei, le diede una gomitata sul viso, costringendola a lasciare la presa.
Si materializzò alle sue spalle e le cinse con forza.
Summer, stretta in quella morsa, poteva muovere solo gli avambracci. Inutilmente teneva le mani sulle braccia del vampiro, cercando di allontanarle dal suo corpo, Klaus era troppo potente.
L'ibrido si trasformò, e non esitò oltre prima di affondare i canini nel collo della cacciatrice. Fu un morso violento, doloroso, avido, che nulla aveva a che fare col modo delicato con cui l'aveva fatto Damon solo qualche ora prima.
Un gemito di dolore uscì dalle sue labbra, mentre l'ibrido si gustava quello che per lui era un elisir di auto-esaltazione. Il sangue delle cacciatrici aveva sempre portato all'estremo il suo senso di onnipotenza.
Klaus si sentiva un Dio in terra.
Sicuro, potente, invincibile.
Non accennava a lasciare il suo collo, e lei usò quel minino di mobilità concesso alle sue braccia per sbottonare lo smanicato e arrivare alla tasca interna: quella in cui era contenuto il pugnale. Con un gesto discreto delle dita, lo liberò della guaina, che quindi rimase nel giubetto, lo impugnò e con una mossa veloce lo conficcò nell'addome dell'ibrido, graffiandosi il fianco a causa della poca libertà di movimento data dalla presa ferrea.
Klaus fu colto da un dolore improvviso e lancinante. Lasciò cadere le braccia, portandosi subito le mani sulla ferita, e indietreggiò di qualche passo. Qualcosa gli aveva colpito la parte laterale dell'addome, qualcosa che aveva provocato delle scariche elettriche rosse sulla zona colpita. Non aveva mai sentito, in mille anni di vita, un dolore tanto intenso.
Fu costretto ad inginocchiarsi per far fronte a quel tormento, mentre quelle fastidiose scariche elettriche bruciavano ogni anfratto delle sue viscere.
«Cosa mi hai fatto?» biascicò affannato.
La vista momentaneamente appannata dal dolore, ma poi, quando fu più chiara, tra le mani di Summer, lo vide: quel dannato pugnale. Come faceva ad essere al suo stato originario?! Perché ce l'avevano loro?! Come avevano fatto?!
Ma poi capì... Philiph Harris.

Quelle due dovevano aver avuto a che fare con quell'uomo.
Un membro della Triade, ovvio!
Come aveva fatto a non pensarci subito?!
Chi altri poteva avere interesse a mettergli i bastoni tra le ruote?!

Bene! Voleva dire che le avrebbe uccise anche per vendicarsi di quel terribile affronto! Di quella presa in giro che continuava a bruciargli l'orgoglio!
Ma Klaus non ebbe neanche il tempo di rialzarsi; Summer gli piazzò un calcio sotto la mandibola, spostandolo di qualche metro.
L'ibrido cercò di rimettersi in piedi, asciugandosi il sangue che macchiava le sue labbra.
Il pugnale. Ormai contava solo quello! Pesino Elena e il rito erano passati in secondo piano. Avrebbe aspettato il mese successivo. Non importava! Ma, il pugnale, quello doveva essere suo!
Era l'unica cosa al mondo in grado di ucciderlo.
«Dammi quel pugnale!» ordinò a denti stretti.
«Vieni a prenderlo!»
Con un ringhio di rabbia, nonostante il dolore, Klaus si fiondò sulla cacciatrice.
Un calcio, un pugno, un altro calcio, cercava di sottrarglielo, ma Summer subiva, pur di non lasciarglielo prendere.

Lily non potette dare loro neanche un'occhiata fugace, non poteva distrarsi, ma sentì chiaramente la sua amica in difficoltà. Doveva fare alla svelta! Doveva darle una mano!
Si concentrò al massimo, intonando una sorta di cantilena. Percepì ogni più lieve rumore della natura, e poi, finalmente, lo sentì: il cuore di Gloria. Lo sentì pulsare con chiarezza, e riuscì a visualizzarlo, a prenderne il controllo, a stringerlo mentalmente, fino a rallentare gradualmente ogni suo battito. In meno di un minuto, Gloria cadde a terra esanime.
Lily si sentiva stanca, incredibilmente priva di forze, ed anche in colpa per aver ucciso, ma in quel momento doveva pensare solo a Summer.
Le sue energie erano allo stremo, così, guardando la luna, decise di sfruttare il suo potere. Con un gesto della mano, come a voler schiacciare qualcosa di inesistente, Lily si appellò alla forza della luna per innescare la trasformazione dell'ibrido, con i suoi poteri, invece, la inibiva, lasciandolo, in questo modo, in uno spietato limbo di dolore.
Klaus sentì ogni osso del suo corpo spezzarsi senza un fine. Sentiva la trasformazione avviarsi senza il suo controllo, e, per qualche ragione, essa non sfogava, lacerando ogni suo tessuto interno e costringendolo a contorcersi dal dolore.
Si accasciò a terra tra urla lancinanti, e Summer ne approfittò per sferrargli un altro calcio.
L'ibrido venne catapultato a qualche metro di distanza, e Summer brandì il pugnale in una stretta decisa per la resa dei conti definitiva.
Non aveva più scampo. Per l'ibrido era arrivata la fine.
«Spiacente, Klaus, ma non ho tempo di aspettare che mille anni di inutile vita ti scorrano davanti agli occhi!»
«A posto di fare l'impertinente...perché non dai un'occhiata alla tua amica?!» disse a fatica, ma in un attimo in cui il dolore gli aveva dato tregua. Summer si voltò in direzione della strega: pallida, tremante, madida di sudore e con uno sguardo privo di coscienza.
L'ibrido approfittò di quella distrazione per scappare.
Era troppo debole e mal concio per affrontare una cacciatrice armata di quel maledetto pugnale. E, in pochi secondi, si ritrovò immerso nel bosco di Mystic Falls. Gloria, Sarah, Zahir erano tutti morti, e lui era di nuovo solo, con un taglio sull'addome che non accennava a rimarginarsi.

«Lily!» esclamò, con voce colma di apprensione e paura, mentre la scuoteva leggermente, tenendola per le spalle.
Le gambe della strega, messe in evidenza dal sottile leggings nero e dal cappottino largo di un rosso lampone, tremavano vistosamente, e quando quel movimento ebbe termine, la ragazza chiuse definitivamente gli occhi, perdendo i sensi tra le braccia della cacciatrice.
Summer s'inginocchiò, continuando a tenerla stretta.
Le accarezzò la fronte. I suoi capelli erano bagnati di sudore e la sua pelle era fredda, pallida e lucida come una statua di cera.
«Lily...» bisbigliò in lacrime, tra lo spavento e un senso d'impotenza, ma la strega non accennava a svegliarsi.


*** ***


Alaric, seduto sul divano, si rigirava il telefono tra le mani con un'espressione spenta.
Damon si stava versando dello scotch; facendogli un cenno, seguito da un mugolio, cercò di offrirne anche a lui, ma, dopo uno sguardo velocissimo, Alaric abbassò il volto e denegò col capo in un movimento quasi privo di forze.
«Ti fa male?» chiese Elena al vampiro, tenendo tra le mani delle coperte che aveva intenzione di sistemare sui divani.
«È ancora sopportabile, soprattutto con la giusta dose di sedativo» Damon sollevò leggermente il suo bicchiere, facendo uno dei suoi soliti sorrisini caustici. La ferita iniziava a pulsargli in dolorosi spasmi.
La ragazza annuì, per poi voltarsi verso Rick: il suo viso stanco e pallido le stringeva il petto.
«...Non possiamo essere sicuri che sia lei, in fondo, poteva anche essere un semplice lupo. Di questi periodi non sono rari!» cercò di scuotere l'amico da quello stato di torpore mentale.
Le faceva male vederlo in quelle condizioni, proprio ora che aveva iniziato a reagire alla vita.
«Se fosse stato un lupo qualsiasi, sarei già guarito!» obbiettò Damon, con un tono duro, prima di bere una lunga sorsata di liquore.
«Giusto...» mormorò lei, ancora più costernata.
«Non devi preoccuparti, Elena. Solo che adesso...vorrei starmene un po' da solo...» Alaric tenne lo sguardo basso, soprattutto per non incontrare nuovamente quello di Damon. Non gli portava rancore, era ovvio che sarebbe andata a finire in quel modo, eppure non voleva guardarlo, aveva bisogno di un po' di tempo per metabolizzare quella faccenda.
La ragazza annuì.
«Al piano di sopra c'è la camera dei miei genitori...»
Alaric non se lo fece dire due volte e si congedò rapidamente.
Jeremy, intanto, se ne stava nella sua camera a rispolverare vecchi ricordi di quando lui ed Elena erano bambini.
Damon se ne stava immobile davanti alla finestra, con lo sguardo fisso sul paesaggio e la mascella serrata.
Ogni tanto roteava il liquore nel suo bicchiere, fissandolo in una sorta di trance.
«E tu? Mi dici cosa ti prende?» Elena gli si avvicinò, poggiandosi con la schiena alla parete.
«A cosa ti riferisci?» bevve un sorso di scotch e concentrò nuovamente il suo sguardo sul lago, divenuto specchio di quel cielo stellato.
«Al fatto che sei più accigliato del solito. Andiamo, Damon. Te lo si legge in faccia che c'è qualcosa che non va. È per Summer, Vero?»
Il vampiro non rispose, il suo sguardo restò fisso sullo scenario.
Quel nome era una pugnalata al suo petto. Era stanco di sentirlo pronunciare.
Elena lo guardò con dolcezza, percependo la sua angoscia.
«Apprezzo che tu voglia restare qui a proteggermi, ma la luna ha quasi raggiunto il suo apice e qui con me ci sono Alaric e Jeremy con i loro anelli. Sono al sicuro, Damon. Va' da Summer...».
Ancora! Era proprio necessario pronunciare il suo nome?!
«Lei...non ha bisogno di me» i suoi lineamenti si marcarono di un'ulteriore durezza.
«Forse è così...» Elena incurvò la schiena verso di lui, per scrutare alla perfezione tutto ciò che si celava dietro ai suoi occhi «Ma sei tu ad avere bisogno di andare da lei...» concluse con voce calma e bassa.
In quel momento, gli occhi del vampiro, ancora fissi di fronte a sé, brillarono di quella luce che solo un sottile velo di lacrime sa donare.
I suoi lineamenti si ammorbidirono all'istante, sciogliendosi infine in uno sguardo che inteneriva e che mostrava il modo in cui quella storia lo stava logorando.
Il petto gli si strinse in una morsa priva di ossigeno.
E Damon, in quel nodo alla gola, sentì di ritornare pienamente in sé.
Sì, aveva bisogno di andare da lei!
Ma aveva paura di andare lì e poi scoprire di essere davvero inutile come lei l'aveva fatto sentire, di non essere in grado di proteggere la donna che amava.
Paura di essere davvero... “solamente d'intralcio...”
Nessun uomo vuole sentirsi così di fronte alla donna che ama.
Eppure ogni istante lontano da lei era una tortura peggiore della vergogna e del senso di morte.
Quel tentativo di annientare sé stesso lo aveva ucciso mille volte in una sola manciata d'ore.
Non era meglio morire una sola volta per la donna che amava?!
Non poteva più stare lì. Ormai l'aveva capito.
Ormai era di nuovo in sé, in una sorta di rassegnazione combattiva.
I suoi occhi erano ritornati a brillare.
Aveva fatto tutto ciò che gli altri avevano voluto che facesse.
Aveva fatto decidere
agli altri cosa fosse giusto fare.
Da quando lui era così?
Da quando non faceva solo ed esclusivamente di testa sua?
Da quando non era la mina vagante incontrollabile?
Aveva deciso di spegnersi, pur di non sentire dolore.
Aveva annientato sé stesso, lasciandosi trascinare dal volere degli altri.
Si era limitato a fare ciò che avevano stabilito...e non era da lui, non era nel suo stile neanche ascoltarli gli altri! Figuriamoci attenersi ai loro stupidi piani!

Che diavolo stava facendo ancora lì?!
Doveva correre da Summer e sperare che non fosse troppo tardi, perché altrimenti l'eternità concessa ai vampiri non gli sarebbe bastata per perdonarselo!

Elena confermò i suoi pensieri: «Ti conosco, Damon. So che se non lo farai...non riuscirai mai a perdonartelo...».
Quell'anima ritornatagli nel petto sembrò accendersi di una fiamma portatrice dell'energia di cui le parole di Summer l'avevano privato.
Era ritornato in sé. E nel bene e nel male, adesso i giochi li conduceva lui! Come avrebbe dovuto fare sin dall'inizio!
Guardò Elena con apprensione. Avrebbe voluto stare lì a proteggerla, perché le voleva bene e perché lo doveva a Stefan, ma non poteva stare con lei...non questa volta, e lei gli sorrise capendo il suo intento.
Stavano per dirsi qualcosa, quando il rumore della porta che si spalancava li mandò in allerta...

Alaric si era seduto all'angolo del letto matrimoniale ricoperto da un piumone a quadroni dall'aria un po' datata.
Guardò il telefono quasi con aria stanca...stanca di quella realtà che sembrava volesse prendersi gioco di lui.
Se lo rigirò ancora tra le mani e poi, in uno scatto veloce, dettato da uno stupido barlume di speranza, la chiamò.
Ma il telefono di Clarissa squillava a vuoto.
Era ovvio che sarebbe andata così.
Lo sapeva bene.
Eppure, aveva sentito il bisogno di farlo...


*** ***


Summer varcò la soglia del pronto soccorso con il corpo esanime di Lily tra le braccia.
Venne subito raggiunta da un'infermiera con una barella.
«Cosa le è successo?» chiese, mentre la spingeva verso la saletta del primo soccorso.
«È svenuta...» si limitò a dire.
Il cuore che le rimbombava nel petto, gli occhi lucidi messi a dura prova da quell'infernale luce bianca.
«Ha battuto la testa, quando è caduta?»
Avevano raggiunto la postazione, ed ora l'infermiera stava scoprendo le caviglie e il petto di Lily per l'elettrocardiogramma.
«No...no l'ho presa in tempo» rispose con voce bassa e frastornata. Il suo sguardo era assente. Tutto le appariva strano e confuso, e gli altri due infermieri che la raggiunsero li aveva avvertiti come folate di vento.
I due uomini presero posto intorno a Lily, chi le prelevava il sangue, chi le misurava la pressione.
Le loro voci, che comunicavano valori che lei non comprendeva, le vorticavano intorno, facendole girare la testa.
In quel piccolo angolo di pronto soccorso, delimitato da una tendina grigia, Summer guardava il tutto sentendosi disorientata; stringeva al petto il cappotto dell'amica e non aveva idea di quando gliel'avessero tolto, quando l'avesse afferrato tra le sue mani. Ma aveva importanza?
La luce a neon accentuava il suo senso di vertigine. L'infermiera le si avvicinò nuovamente, questa volta con una cartellina alla mano.
«Come si chiama la paziente?»
«Eleanor Coleman»
«Anni?»
«Ventisette...»
«Prende farmaci, soffre di qualche patologia?»
«No...no sta bene...» come si sentì stupida a formulare quella risposta in quel modo! Con quel filino di voce che a malapena si sentiva. Doveva essere sembrata proprio stupida in quel momento, pensò, ma senza che le potesse importare minimamente.
Si sentiva come una bambina smarrita in una folla di adulti.
Un medico si avvicinò a Lily e lesse rapidamente i dati raccolti dagli infermieri. Le controllò le pupille con una piccola lucina e poi disse: «È in coma ipoglicemico. Datele 50 ml di soluzione glucosata e portatela in rianimazione».
Poi si allontanò, sotto lo sguardo contrariato di Summer, che in quel momento poteva solo limitarsi ad un broncio infantile.
Coma. Come aveva potuto pronunciare quella parola con tanta leggerezza?!
Un infermiere afferrò la barella per seguire le indicazioni del medico; Summer la seguì per qualche metro, per poi essere bloccata tempestivamente all'entrata di un corridoio dalla porta automatica di un celeste ceruleo.
«Mi dispiace, ma non può seguirla in rianimazione. La prego di attendere in sala...»
«Cosa?!...No...» bisbigliò a voce bassissima, continuando a guardare il corpo di Lily che man mano si allontanava. Eppure, in quel momento, Summer si sentì così debole da lasciarsi sovrastare dalla forza dell'infermiera.
La porta automatica si chiuse davanti ai suoi occhi.
Un peso che le schiacciava il petto e un'infinita voglia di piangere.
Si accomodò su una delle tante sedie metalliche messe a fila.
Tra le mani sudate, il cappotto color lampone di Lily.
Perché tutto il resto doveva essere così dannatamente bianco?


*** ***


Gli occhi di Damon ed Elena si spalancarono di stupore.
Stefan era immobile sulla soglia. L'invito ad entrare l'aveva già avuto in precedenza, eppure sentiva qualcosa che lo bloccava.
Si fece forza, avanzando un paio di passi e, mettendo le mani nelle tasche com'era solito fare, annuì impercettibilmente con uno sguardo che invano cercava di nascondere il suo disagio.
Elena lo guardava senza la forza di proferire alcuna parola; sentiva il cuore che le batteva nel petto con una forza quasi dolorosa.
Damon, con calma, sembrò avviarsi verso di lui, ma poi si avvicinò al mobile bar per versarsi dell'altro liquore.
«Scotch?» alzò il bicchiere in direzione del fratello, che subito gli concesse un mezzo e fugace sorriso, scuotendo la testa in segno di negazione.
Elena e Stefan si scrutavano senza dire nulla: lo sguardo di lei era fisso, mentre quello del vampiro si riduceva a pochi attimi intervallati.
Damon bevve una lunga sorsata.
«Bene, visto che sei qui, ritorno a Mystic Falls...» disse, prendendo le chiavi dell'auto poggiate accanto alla bottiglia. Cercò di badare ai suoi movimenti: non voleva che Stefan si accorgesse del giubbotto lacerato, non voleva che vedesse quel maledetto morso. L'ennesimo.
«Per farti uccidere da Klaus?» il fratello girò il volto nella sua direzione.
«Non posso negare che sia uno dei possibili scenari!» rispose lui, con nonchalance.
«Non ha senso che tu vada lì, Damon. A quanto ho capito sarà la cacciatrice ad occuparsi di lui. È così?»
«Sì, è così...» Il vampiro dovette fare i conti con l'ennesima fitta al petto.
«Sa come ucciderlo?»
«Ha un pugnale forgiato appositamente per lui...» Damon giocherellò col suo bicchiere «perché pensavi che volesse uccidere Elena?»
«È stata Katherine a dirmelo, ha detto che le cacciatrici prendono ordini da un'entità a cui non possono disubbidire e, a quanto pare, uno di questi ordini è uccidere la doppelganger...»
Elena non ne fu sorpresa: Damon le aveva spiegato brevemente anche quella faccenda, e poi, in quel momento, tutta la sua attenzione e il suo interesse erano focalizzati su Stefan.
«Tsk...puoi stare tranquillo, te lo assicuro! Questa cacciatrice qui disubbidirebbe a chiunque!» Damon sorrise a mezze labbra, era proprio da Summer essere la mosca bianca della sua stirpe. Il volto del vampiro si ammorbidì all'istante «E poi...non farebbe mai nulla del genere... ».
Stefan non si lasciò sfuggire quello sguardo, e capì subito che tra loro due doveva essersi instaurato una sorta di legame. Altrimenti, perché tutta quella voglia di ritornare lì? Ma ugualmente non gli avrebbe fatto correre rischi!
«Beh, se davvero ha un'arma per sconfiggere Klaus...andrò io a darle una mano!» si mosse per voltarsi, ma il tono autoritario e duro di Damon ebbe il potere di raggelarlo.
«No, Stefan, tu non andrai da nessuna parte! Il tuo posto è qui con la tua ragazza che in tutti questi mesi non ha fatto altro che aspettarti! Mi pare che abbiate un bel po' di cose da chiarire, dico bene? E dubito che proporre il gioco del silenzio possa esserti d'aiuto!»
«Non ti lascerò andare!» gli si parò davanti.
«E invece lo farai!» disse con voce bassa ma scandita e dispotica «E vorrei che per una buona volta tu la smettessi di dimenticare chi, tra noi due, è il fratello maggiore!» prese una breve pausa che ometteva un: “chi deve proteggere chi!”.
«Credo sia finalmente arrivato il momento di ristabilire i ruoli, fratellino...» continuò e, dopo avergli dedicato un altro sguardo autoritario, si voltò verso il mobile su cui era poggiato il suo bicchiere per riafferrarlo «...e in ogni caso...» scolò tutto il liquore rimasto in un solo sorso «gli atti eroici vanno lasciati a chi non ha nessun idillio da perdere!» concluse, con un tono ironico e disilluso.
«Damon...» Stefan aprì la bocca per fermarlo, ma subito incontrò gli occhi del fratello che, carichi di determinazione e di mille parole taciute, lo zittirono all'istante.
Damon aveva uno sguardo risoluto, fiero, maturo, uno sguardo che il minore non gli aveva mia visto prima; e, in un fugace istante di dolcezza, attraverso quella limpida coltre di ghiaccio, Stefan aveva intravisto anche tutto l'amore che si nascondeva dietro di essa. Ne restò pietrificato, senza la forza di reagire, mentre Damon si avviava verso la porta.
Il suo discorso...i suoi occhi...
Era da prima che nelle loro vite piombasse Katherine, che Stefan non si sentiva così protetto e... amato dal fratello.
Si chiese se avesse frainteso, ma lo conosceva fin troppo bene per lasciarsi pervadere dai dubbi. Entrambi, se lo volevano, potevano comunicarsi l'infinito attraverso un solo sguardo.
Non voleva che lui ritornasse a Mystic Falls, eppure capì che ciò Damon gli aveva detto era profondamente vero: il suo posto, in quel momento, era accanto ad Elena; era stato lui a portare tutto quel calvario nella sua vita e, soprattutto, l'amava. Doveva restare lì a proteggerla, ma sapeva bene che ogni minuto, dal preciso momento in cui avrebbe sentito il rumore dell'auto che partiva, sarebbe stato per lui una tortura peggiore di quelle infertegli da Klaus.

Stefan puntò i suoi occhi chiari sulla ragazza e lei, lentamente, gli si avvicinò...



*** ***



Gli ci vollero un paio d'ore e il sangue di un'intera famigliola per far sì che la ferita si rimarginasse.
Non aveva mai provato nulla di simile.
In mille anni l'avevano attraversato centinaia di lame, ma nulla poteva paragonarsi al dolore infernale che gli aveva provocato quel piccolo affarino, che poteva essere scambiato per un tagliacarte!
Si recò a casa Gilbert, ma, proprio come si aspettava, tutte le luci erano spente e anche concentrando l'udito non si captava nessun rumore. Era ovvio che l'avessero avvisata! In ogni caso, Gloria era morta, il rituale era andato a monte, ma Elena sarebbe stata un ostaggio perfetto per farsi rendere il pugnale.
Poco dopo, si recò a casa Salvatore. Anche lì non vi era anima viva.
Stizzito prese il telefono per chiamare Zach, ma il gesto si ridusse a una serie di squilli a vuoto. Ancora più innervosito si diresse sulla strada che lui e Kally avrebbero dovuto sorvegliare. Una volta giunto lì, si guardò intorno: la luce della luna enfatizzava tetramente il leggero strato di nebbia che aleggiava in quel luogo umido. Chiamò nuovamente Zach, ma subito il rumore della suoneria lo colse di sorpresa; lo seguì a passo lento, privo di curiosità. Si aspettava esattamente ciò che di lì a poco avrebbe visto: il corpo dei due vampiri nascosti tra i cespugli, a pochi metri dalla strada, entrambi con un paletto nel cuore.
La bocca dell'ibrido si mosse in una contrazione di rabbia, gli occhi vitrei, senz'anima, guardavano quel luogo in cerca di un possibile scenario, che non gli risultava difficile immaginare.
Damon, forse aiutato da Bonnie e da quell'umano insignificante! Erano passati di lì, era ovvio che fossero stati loro, e Klaus non aveva idea di dove potessero essere diretti. Ma adesso la questione più importante, quella che aveva la priorità su tutto, era togliere quel pugnale dalle mani della cacciatrice! Una volta risolto quel problema, avrebbe poi pensato a cercarli ed ucciderli tutti, uno ad uno, con atroce crudeltà, soprattutto Damon, giusto per avere qualcos'altro di divertente da raccontare a Stefan.
Klaus decise di tornare indietro. La ferita si era rimarginata, e lui aveva una cacciatrice da uccidere!


*** ***


Damon si fermò a qualche metro di distanza dalla porta, l'indice e il pollice destro a giocare col portachiavi, lo sguardo fisso sul lago.
Prima di uscire aveva guardato il fratello, intensamente, forse perché, in quell'attimo, aveva rivisto se stesso sdraiato sul suo letto tra le braccia di Elena, immaginando quello che poteva essere stato il suo aspetto, il morso di Tyler logoro e infetto, la pelle lattea e lucida di sudore, preludio della morte che lo attendeva ansiosamente, ma ch'era poi rimasta a bocca asciutta proprio grazie a Stefan, che aveva sacrificato se stesso, ritornando ciò che era, ciò che odiava, pur di salvarlo.
Damon sapeva che nel suo sguardo c'era stato un attimo di debolezza, in cui il timore di non rivederlo mai più aveva lasciato trapelare il suo amore per lui, quel legame indissolubile che immortale viveva dietro rancori, rabbia e rimorsi, quel sentimento che era come il sole nascosto dalle nuvole: quando il vento spazzava via le nubi, esso splendeva sempre con la stessa forza.
Per tutto questo tempo ho dato la colpa a lui. Dì a Stefan che mi dispiace...”
Sorrise a mezze labbra, sentendosi in pace con se stesso. Se gli fosse capitato qualcosa, Elena gliel'avrebbe sicuramente detto, non ne aveva dubbi.
Distese il collo, rivolgendo lo sguardo alle stelle, e lasciando che anche i suoi pensieri cambiassero rotta.
Summer...
Sarebbe andato da lei e, con la solita e incredibile faccia tosta, avrebbe fatto di tutto per proteggerla.
E non importava ciò che lei diceva.
Non importava ciò che lei pensava.

“Mi saresti solamente d'intralcio”

Ad un tratto, quelle parole non gli fecero più male.
Erano state le sue paure, le sue insicurezze a renderle maledettamente dolorose.
Non era forse la verità che lui era infinitamente più debole di Klaus?!
Ma ora neanche la verità poteva scalfirlo.
Damon era ritornato in sé, e si sentiva più forte di prima.
Sarebbe andato da lei, da lei che non lo voleva tra i piedi, e l'avrebbe protetta, avrebbe protetto colei che non lo considerava in grado di farlo.
Ma non aveva importanza.
Quando l'orgoglio va in frantumi per amore i suoi cocci non fanno mai rumore: essi si posano con delicatezza sul lato soffice della dignità. E Damon si sarebbe presentato lì con un sorriso quasi beffardo, per farle capire che lui ci sarebbe sempre stato, con o senza il suo permesso. E con la stessa tracotanza si sarebbe riappropriato di quel ruolo da protagonista che gli spettava di diritto.
Doveva solo sperare che non fosse troppo tardi.
Un peso sul suo petto, un nodo alla sua gola.
Se le fosse accaduto qualcosa, se non avesse fatto in tempo, non se lo sarebbe mai perdonato: l'odio verso se stesso l'avrebbe logorato fino alla fine dei suoi giorni.
Il suo sguardo si perse in quel manto di oscurità e piccole luci.
Damon, senza rendersene conto, in un pensiero flebile che a lui non era dato neanche ascoltare, affidò le sue speranze a quelle stelle.
Non aveva idea di quanto fosse inutile farlo.
Nessuna di quelle stelle avrebbe brillato quanto lui...




Ringraziamenti^^
Allora, prima di rompere con le mie note, serie o stupide che siano, è doveroso da parte mia fare dei ringraziamenti.
Quello più lampante va ad EleanorMair per il bellissimo banner *-* che prestissimo sarà inserito nel primo capitolo della fic *-*
Già mi emoziono all'idea di averla come lettrice, poi lei mi fa anche di questi regali inaspettati ed io, a parte rotolare dalla gioia, non so come ringraziarla!!!*-*
Intanto, invito le amanti di Klaus a seguire la sua bellissima fic “Shattered – Take me home to my Love -” un vero gioiellino: un mix tra passato e presente, dove nulla è dato al caso!!!
Il secondo ringraziamento va a Sam (ovvero Coquelicot [ex avevanospentoanchelaluna]).
È stata lei a trovare il volto di Lily (cambiandole anche il colore degli occhi da azzurri in castani*-*) e ditemi se non è perfetta!!!*-*
Sapevo che potevo fidarmi di lei!!!
Di suo, di questo fandom, vi consiglio una bellissima raccolta che ha terminato da un po', ovvero: “Do You still Know me?
Lei, lo dico sempre, è la Regina delle drabble!!!^^
Ultima, ma non meno importante, è meiosetsuna^^ La piccolina bella, munita di barbaro coraggio, ha letto e recensito tutti i capitoli della fic!!! E questa titanica impresa merita un ringraziamento speciale^^ Di suo, tengo a consigliare l'Os che più mi ha emozionato all'interno di questo Fandom, ovvero:
To Live and Die in Dixie” una fic storica su Damon davvero stupenda!*-*

Vi ringrazio davvero tanto, ma soprattutto mi onora avere delle fantastiche scrittrici come voi come lettrici ^^


Ora ho l'anima in pace, e quindi posso passare alle mie solite cretinate^^

Salve sono NanaBianca e questa è The Slayer, qualcuno se ne ricorda?! xD
Sono passati quasi due mesi dal mio ultimo aggiornamento, quindi mi aspetto una bella palla di fieno che mi rotola intorno xD
Comunque, nel caso ci sia qualcuno, ho una Nda Seria da fare:

La magia_ Il Caso Clinico
In TvD, quando una strega fa un uso eccessivo del suo potere perde sangue dal naso. Questo fa pensare ad un aumento della pressione sanguigna e la relativa rottura dei capillari. Quindi, la sua conseguenza estrema dovrebbe essere l'ictus. Ma, sinceramente, non sono d'accordo. Penso sia una scelta più che altro "scenica", giusto per far vedere un po' di sangue. La magia dovrebbe essere qualcosa legata all'energia, e quindi le sue conseguenze dovrebbero incidere a livello metabolico.
Ecco perché la scelta del coma ipoglicemico per Lily.
Ora, di queste cose non me ne intendo, me ne sono andata per una ipotesi, dettata anche dalle mie esigenze. Queste sono cose legate alla fantasia e quindi godono di una certa libertà interpretativa; questo per dire che ad obbiezioni a riguardo risponderò in maniera educata e matura, dicendo: “La fic è mia, si fa a modo mio, gne gne gne gne!!!” ù.ù


Vediamo se ho altre cose da aggiungere....emmm...niente, questo è stato un capitolo di semi-tempesta. Il prossimo sarà molto più “intenso” a livello emozionale...credo, boh... lo sarà per me almeno, visto che piango e rido come una pazza solo all'idea di scriverlo!!!xD
Visto che sono semi-reduce da un tremendo blocco del fanwriter, non so il prossimo aggiornamento quando ci sarà (questi giorni di mal tempo sono stati una manna dal cielo!!!)
In questo periodo, scrivere è stata dura; il sostegno delle dolci fanciulle che ho ringraziato prima, e di tutte quelle che in qualche modo mi hanno fatto sentire la loro presenza, è stato vitale^^
Quindi grazie di cuore^^
Spero di poter riapparire presto...ma ne dubito..-_-'''''
Intanto, spero che l'ennesimo rotolone vi sia piaciuto^^
In caso contrario, e nel caso l'aveste stampato (che spreco di carta e inchiostro!), potete sempre usarlo per asciugare i vetri appena lavati!^____^
Ok...devo proprio dissolvermi perché sto partendo per la solita tangente!!!xD
Una bacione e buone vacanze, nel caso non dovessi riuscire a pubblicare il prossimo entro una data decente!!!
Baciiiiiiiiiiiiiiii


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Capitolo 54
*** Cinquantaquattresimo Capitolo ***







Una Supernova è una stella che esplode.
L’esplosione di Supernova
rappresenta l’ultimo atto,
distruttivo e spettacolare,
del ciclo evolutivo di stelle massive.


*** 28 Dicembre ***
Parte 1^



I colori di una natura invernale, i cartelli stradali, le varie recinzioni delle proprietà private, il nero della notte e la luce bianca delle stelle: l'alta velocità fondeva tutti quei dettagli in una scia sfocata di colori scuri.
Lo sguardo di Damon era fisso, concentrato al massimo sulla strada, per cercare di distrarsi da quel turbinio di emozioni che vorticavano, veloci e implacabili, al centro di un unico pensiero.
E se fosse arrivato tardi?


Oh the night makes you a star
And it holds you cold in its arms
La notte ti trasforma in una stella
E ti stringe al freddo tra le sue braccia



La preoccupazione stringeva il suo petto in una morsa priva di pietà, e Damon sentiva che fosse giusto così. Non meritava nessuna pietà. Le sue emozioni erano libere di farlo a pezzi: l'aveva lasciata, se n'era andato da Mystic Falls, aveva permesso alle parole di ferirlo; sentiva che tutto ciò che provava, tutto ciò che metteva a dura prova il ritmo del suo respiro, era giusto e meritato.
Ma ora, tutto quello che doveva fare era pigiare sempre di più sull'acceleratore.
Essere lì in tempo era tutto ciò che importava.
Neanche per un attimo poteva immaginare lo scenario in cui lui, arrivato troppo tardi, non riusciva a salvarla e la vedeva soccombere davanti ai suoi occhi.
Era un pensiero che lo bruciava, lo logorava e poi lo uccideva.
Che Summer ricambiasse o meno il suo amore perse importanza di fonte a quell'evenienza.


You`re the one to whom nobody verses I Love You
Unless you say it first
Tu sei l'unico a cui nessuno dice Ti Amo
A meno che tu non lo dica per primo



Era stato anche quel pensiero – l'ennesimo amore non ricambiato – ad amplificare ed esasperare la sua reazione.
Si era sentito impotente di fronte alla situazione e debole dinanzi a quelle iridi determinate che amava con tutto se stesso e che, proprio per questo, avevano avuto il potere di annientarlo. Damon si era annullato per non affrontare quel dolore; si era allontanato, illusoriamente convinto di potergli sfuggire.


So you lie there holding your breath
And its strange how soon you forget
That you`re like stars
Così giaci lì, trattenendo il respiro
Ed è strano come in fretta dimentichi
Che sei come le stelle



Ma ora che lo aveva combattuto e vinto, la sua anima si era accesa di una nuova luce.
Sarebbe stato una stella nella notte più buia.
Sarebbe stato il suo eroe.
La forza era una necessità sovrastimata: era il coraggio a fare la differenza!

E lui avrebbe messo in gioco ogni cosa, pur di porre fine a quella battaglia, pur di salvare la donna che amava.


They only show up when it`s dark
Cause they don`t know their worth
Esse si mostrano solo quando è buio
Perché non conoscono il loro valore

*** ***


Elena gli si avvicinò con un passo lento; Stefan tenne lo sguardo basso, fin quando lei non gli fu così vicino da accarezzare il suo volto.
Con un movimento titubante ma che conservava una certa naturalezza, lo abbracciò dolcemente.
Stefan restò immobile, impassibile, mentre dentro di lui i soliti conflitti prendevano vita bruciandogli il petto.
L'amava, e quel contatto era un attimo di schiarita di un cielo grigio, acqua fresca sulle fiamme dell'inferno, ma non poteva assecondare ciò che lei stava tacitamente chiedendo: un ritorno al passato, a prima che Klaus entrasse nelle loro vite. Con l'ibrido, Stefan era ritornato ad essere “lo squartatore”. Il mostro aveva vinto ancora.
Quanti anni aveva impiegato Lexi a farlo rinsavire?
E quanti ne aveva impiegati lui per raccogliere i cocci di se stesso?

Non poteva dimenticare, non poteva perdersi in quell'abbraccio.
Non poteva fare finta che nulla fosse accaduto, come invece stava facendo lei, che lo stringeva con il solito fare caloroso e rassicurante.
Stefan scrollò le spalle per porre fine a quella presa ed Elena sciolse il suo abbraccio, guardandolo con aria comprensiva. Sapeva di dover affrontare un lato della sua anima che non conosceva: sapeva di dover combattere una dura battaglia.
«Dobbiamo parlare...» iniziò con voce bassa; era al corrente di ogni cosa — di tutti i crimini di cui si era macchiato –, ma non le importava, e lui doveva saperlo!
«Non abbiamo nulla da dirci!» disse, allontanandosi da lei e avviandosi verso la finestra.
«Sì, invece. Stefan, non mi importa di ciò che è accaduto in questi mesi» gli si avvicinò con rapidità «Ti amo e abbiamo la possibilità di stare di nuovo insieme. Adesso conta solo questo...» con dolcezza gli accarezzò il braccio, ma il vampiro si allontanò anche da quell'ennesimo contatto. La guardò negli occhi con una serietà arida, volutamente priva di sentimenti.
«Sono venuto qui per proteggerti, Elena. Per impedire a Klaus di completare la sua trasformazione, ma, dopo questo, non ci sarà nessun noi...voglio che sia chiaro»
«È perché hai ricominciato a nutrirti di sangue umano?! Puoi superarlo, Stefan. L'hai già fatto una volta e ci riuscirai ancora. Lo faremo insieme!» gli dedicò un'occhiata speranzosa, atta ad infondergli la forza di cui quella scelta necessitava, ma quel muro da abbattere si rivelò più spesso del previsto: «Allora non ti è chiaro. Io non voglio più stare con te, ed ora per favore lasciami in pace!»
Il vampiro si allontanò, dirigendosi verso la porta. Uscì e si recò sul piccolo ponte che dava sul lago.
Elena restò immobile, turbata e ferita ma non ancora sconfitta.


*** ***

A Lily fu assegnata una stanza singola, e Summer la raggiunse appena le fu comunicato il numero.
In quell'ambiente dal mobilio bianco e metallico, ora rischiarato dalla flebile luce dell'alba, la osservava dormire beatamente.
Sembrava che stesse ancora in coma: l'immobilità e il sonno profondo trasmettevano uno strano senso di pesantezza. Un'infermiera entrò per sistemarle una flebo; quando Summer chiese informazioni, lei non riuscì a dirle nulla, se non di aspettare l'arrivo del medico.
L'infermiera si congedò e lei si avvicinò nuovamente alla strega. Osservò i capelli scompigliati e il volto rilassato, ritornato leggermente più colorito. Fece un sorriso, pensando che l'amica fosse più forte di quanto mostrasse il suo dolce aspetto.
Aveva rischiato di perderla e il suo mondo si era fermato, aspettando il responso dei medici per ricominciare a girare o precipitare rovinosamente nel vuoto. Insieme al signor Harris, Lily era ciò che di più simile ad una famiglia avesse mai avuto. L'aveva sempre vista come una sorella maggiore ma anche come una sorta di figura materna: in fondo, era stata lei a darle quel nome e quella nuova vita; era stata Lily ad occuparsi di lei per tutto il periodo della sua adolescenza. Il sentimento che le univa era lucido e obiettivo come l'amicizia e viscerale e infinito come un legame di sangue.
Poco dopo la dottoressa la raggiunse. Solito camice bianco, scarpe gommate verdi, donna dall'età avanzata ma dall'aspetto curato, un taglio di capelli corto e portato volutamente brizzolato.
«Salve, sono la dottoressa Farnell, lei è una parente?»
«Summer Reed» rispose stingendo la sua mano «No, ma sono il suo primo contatto per le emergenze».
La dottoressa controllò la cartellina. Annuì: il nome combaciava con quello riportato sul foglio.
«Come sta?» chiese Summer.
«Non deve preoccuparsi, signora Reed. La sua amica ha risposto alla rianimazione uscendo dal coma...» la dottoressa diede un'occhiata a Lily, avvicinandosi e sistemando il filo della flebo.
«La cosa che ci ha stupiti è che si sia riaddormentata subito. Solitamente i pazienti che escono dal coma ipoglicemico hanno una risposta immediata. In tanti anni di lavoro né i miei colleghi né io abbiamo mai visto un corpo tanto stremato. In ogni caso, adesso è fuori pericolo: i suoi valori sono tornati nella norma. Ha solo bisogno di molto riposo e poi si rimetterà completamente. Fortunatamente, il coma ipoglicemico è anche quello più facilmente reversibile. Ovviamente, quando la paziente si sarà svegliata dovremo indagare sulle cause di questo malore, affinché non si ripeta. Ci saranno un po' di esami da fare, ma questo è tutto, può stare tranquilla»
«Ho capito, grazie» Summer aveva una visione anche più chiara di quella dei medici. Era ovvio che il suo corpo fosse arrivato al limite. Tra il pugnale, Gloria e Klaus era un vero miracolo che l'amica fosse ancora in vita!
«Mi dispiace dover essere fiscale, ma l'orario di visite inizierà tra un'ora, dopo potrà stare con lei fino alle nove. È la regola...».
La voce della dottoressa la destò dai ricordi di quella notte troppo movimentata.
«Sì, capisco...» si sentiva frastornata, agitata, ma soprattutto stanca.
Era come se tutta le tensioni e le paure accumulate le stessero piombando addosso di colpo.
La dottoressa le fece un sorriso e poi si avviò, dandole un altro minuto.
Summer si avvicinò al letto. Con un'espressione dolce, fece una carezza leggera alla sua fronte.
Sorrise sentendosi finalmente sollevata. Che cosa assurda che la Cacciatrice dovesse attenersi alle regole di un ospedale, senza poter stare con la sua amica! Eppure, nel sentore di riconoscenza che in quel momento nutriva verso i dottori che si erano occupati di Lily, decise di sottostare alle loro regole, così si avviò verso la sala d'aspetto, ma non prima di averle dedicato l'ennesimo sguardo colmo d'affetto.


*** ***

Il cielo si stava gradualmente rischiarando, e la consapevolezza del tempo trascorso schiacciava ancora di più il petto di Damon, già messo a dura prova dalle troppe emozioni condite da un pungente rimorso.
Lanciava delle rapide occhiate al telefono lasciato sul cruscotto.
Doveva chiamarla! Doveva assolutamente avere sue notizie! Ma cosa diavolo doveva dirle?! E, soprattutto, avrebbe risposto? E se si fosse trovata nel mezzo della battaglia?
Damon non aveva la più pallida idea di dove fosse, e non poteva perdere tempo a cercarla chissà dove.
L'insegna stradale che indicava la direzione di Mystic Falls lo fece scattare come una molla, decidendo per lui. Afferrò il telefono.
Doveva farsi forza e chiamarla, sperando solo che rispondesse. Non c'era tempo per nessuna forma di disagio, imbarazzo, rancore o per tutte le altre innumerevoli emozioni che riempivano il suo cervello, e che non avrebbe neanche saputo denominare. Indugiò ancora un attimo. Il pensiero di risentire la sua voce lo faceva sentire tremendamente nervoso: non riusciva ad ignorare totalmente ciò che era accaduto, il gelo che era sceso tra di loro. Eppure non poteva esitare ulteriormente, doveva mettere da parte ogni cosa. Ci sarebbe stato il tempo anche per chiarire, ma l'importante, ora, era accertarsi che stesse bene e conoscere il luogo in cui si trovava.


And I think you need to stop following misery`s lead
Shine away, shine away, shine away!
E penso che tu debba smettere di seguire la via dell'infelicità
Splendi in lontananza!



Il telefono squillò a lungo, alimentando crudelmente la sua ansia, la sua paura, ma anche il suo senso di disagio, poi la sua voce: «Damon...» bassa, dolce, stanca.
Il vampiro deglutì forte, come a mandare giù ogni insicurezza, insieme al timore. Aveva risposto: Summer stava bene.
«Dove sei?» chiese con voce ferma.
«All'ospedale. Lily ha usato troppo potere, ma ora sta bene...»
«Resta lì. Sto arrivando...»
«Damon...»
Il vampiro attaccò, senza ascoltare ciò che lei aveva da dirgli. Non poteva ascoltare altro! Lily era all'ospedale: lo scontro era avvenuto e lui non era stato presente. E se fosse successo qualcosa a Summer?
Un dolore al petto. La velocità dell'auto che raggiungeva il suo limite. La luce dell'alba che sfumava il nero della notte.


*** ***

Appena iniziò l'orario di visite, Summer ritornò nella stanza di Lily; la luce del giorno l'aveva illuminata maggiormente, eppure, quella mattina, il cielo era soffocato da delle nubi dense e cupe, che ricoprivano ogni cosa con un manto d'ombra.
Lily continuava a dormire. A detta della dottoressa le occorreva un lungo riposo per riprendersi del tutto.
L'importante, per Summer, era che fosse fuori pericolo, che non le fosse accaduto nulla di grave.
Seduta sul letto, all'altezza del suo bacino, prese la mano della strega tra le sue, guardandola con dolcezza.
«Oh, ma che scenetta commuovente...» la voce perfida e inconfondibile di Klaus la fece quasi sobbalzare.
Si voltò verso di lui e lo vide entrare con passo sicuro, la maglia nera squarciata nel punto in cui l'aveva colpito, gli occhi carichi d'odio. Summer si alzò sfoderando un'aria tranquilla, che nascondeva alla perfezione tutta la sua preoccupazione. Lily era priva di forze e Damon stava per raggiungerla. Doveva mandarlo via il prima possibile!
«Sapevo che ti avrei trovata qui. La tua amica aveva una gran brutta cera» lesse velocemente solo la prima riga della cartellina posta all'estremità del letto di Lily «addirittura in coma» poi la posò «Be' non posso dire che non se la sia andata a cercare!».
«Questo non è il luogo adatto...» disse con una cadenza flemmatica, controllata e lievemente minacciosa.
Klaus fece un sorriso caustico. Sì, in effetti non potevano sfidarsi lì dentro. Diede un'occhiata alla strega: gli sarebbe piaciuto strapparle il cuore in quel preciso istante, ma sarebbe stato un gesto troppo vile anche per un demonio come lui.
«E per te quale sarebbe un luogo adatto?»
Summer ci pensò attentamente: doveva avere il tempo per mettere Damon in salvo. Se fosse stato necessario, l'avrebbe incatenato in qualche angolo remoto di Mystic Falls! E poi c'era Lily. Doveva mettere in salvo anche lei! Doveva tenerla fuori da quella storia!
«Quello in cui hai spezzato la maledizione, alle undici. Solo tu, io e il pugnale, proprio come la strega originaria voleva. Che ne dici?»
L'ibrido la scrutò attentamente. Quella cacciatrice, con quei suoi modi sicuri, a brevi attimi, aveva il potere di intimorirlo, ed era una sensazione che odiava!
«Cosa mi da la certezza che tu non stia aspettando che la tua amichetta si svegli!? Oppure che non stia aspettando rinforzi di altro genere?». L'aveva preso per un idiota o cosa?! Erano da poco passate le otto, perché avrebbe dovuto aspettare tanto?
«Il fatto...» gli si avvicinò guardandolo fisso negli occhi «che ti sto dando la mia parola. Non voglio che lei si svegli. Non voglio coinvolgere né lei, né nessun altro. Voglio affrontarti da sola!»
Investito dal tono di quella sfida, da quelle iridi scure e combattive che preannunciavano guerra, Klaus decise di crederle: in fondo, quella era una prospettiva che andava tutta a suo vantaggio. Quella cacciatrice era forte e determinata, ma senza la strega valeva ben poco! Se ne sarebbe sbarazzato velocemente e si sarebbe riappropriato di quel pugnale, con fin troppa facilità.
«Devo ammetterlo, stanotte ti sei battuta con valore...ti sei guadagnata il mio rispetto. Quindi...d'accordo. Se è questo il modo in cui desideri morire...sarai accontenta» la guardò, facendole un sorriso beffardo «Non farmi aspettare!»

L'originario sparì velocemente, e tutta la tensione di Summer collassò di colpo in un attimo in cui le pareti della stanza sembrarono avvicinarsi e allontanarsi rapidamente. Subito si avviò verso la finestra. Damon stava per arrivare, e lei doveva accertarsi che Klaus non restasse nei paraggi. Ma era abbastanza sicura che l'ibrido avesse creduto alla sua parola. In effetti non avrebbe mai potuto tradirla. Non si trattava solo di una mera questione d'onore: combattere da sola contro Klaus era ciò che più desiderava.
Pensò a Damon. Aveva attaccato ancor prima che potesse chiedergli se fosse andato tutto bene. La sua voce l'aveva fatta fremere, ed il fatto che di lì a poco l'avrebbe visto la metteva in agitazione. Damon stava ritornando a Mystic Falls, e questo significava che aveva portato Elena in salvo. Ma perché non era rimasto con la doppelganger? Perché stava ritornando da lei? Come avrebbe dovuto comportarsi? Dopo tutto quello che era accaduto, dubitava di riuscire a perseguire nel suo intento di mostrarsi fredda e velenosa pur di allontanarlo. La verità era che sentiva un disperato bisogno di lui...


*** ***

Stefan era rientrato in casa. Elena lo fissava senza dire nulla e con un broncio corrucciato. Aveva deciso di dargli tregua, ma solo perché capiva di non poter insistere troppo. In modi diversi, quella situazione era difficile per entrambi.
Aveva tentato di rimediare una sorta di colazione per Alaric e Jeremy con dei cibi a lunga conservazione lasciati lì da un bel po'. L'ultima volta in cui aveva messo piede in quella baita era stata proprio con Stefan. Anche in quell'occasione aveva dovuto combattere con una conoscenza più approfondita della sua natura, ma il suo amore ne era uscito più forte, ed era convinta che avrebbero superato anche quella crisi.
Stefan, di fronte alla finestra, teneva lo sguardo fisso sul panorama.
Si sentì come catapultato nel passato, a quando Damon venne chiamato alle armi nell'Esercito degli Stati Confederati, per combattere quella guerra in cui non credeva.
Guardava fuori dalla finestra e sentiva quello stesso senso di angoscia e impotenza che l'aveva tormentato in quei lunghi mesi. Rivide se stesso in quei giorni, vestito degli abiti dell'epoca, il giardino fiorito di casa sua, il suo cuore pervaso da un senso di ammirazione. La speranza che Damon tornasse a casa, sano e salvo, con tutti gli arti al loro posto e con lo stesso sorriso di sempre.
Ma Stefan, ormai, non era più quello stesso sedicenne, non ce l'avrebbe fatta a lungo a restare inerme in quella casa, sapendolo alle prese con Klaus. Il tempo che si era concesso per stare lì era poco: se Damon non avesse dato sue notizie, sarebbe ritornato anche lui a Mystic Falls.


*** ***

Summer se ne stava seduta su una scomoda sedia di metallo posta accanto al letto dell'amica. Il volto di Lily le sembrava ancora più colorito, eppure continuava a non muoversi. Summer la guardava con un'espressione intenerita. Mancavano più di due ore allo scontro con Klaus, e l'unica cosa che voleva era che Lily continuasse a dormire per tutto il tempo, che restasse fuori da quella storia, nonostante il suo importante ruolo all'interno della Triade.
«Come sta?» la voce di Damon, dietro di lei, le fece mancare un battito.
Iniziò a tremare leggermente, e combatté col suo corpo per non darlo a vedere, per alzarsi e girarsi verso di lui mostrandosi tranquilla.
Il suoi occhi, le sue labbra, i suoi lineamenti... era come se fosse passato un secolo.
«Il suo corpo è stremato, ma sta bene. Ha solo bisogno di riposo».
Damon annuì debolmente. Si sentiva più agitato del previsto.
I due si guardarono fisso negli occhi per degli interminabili secondi; entrambi visibilmente a disagio ma sollevati dal fatto che l'altro stesse bene; entrambi colmi di una voglia immensa e viscerale di abbracciarsi con forza, ma frenati dalla situazione e da quella strana sensazione che li bloccava dopo ogni litigio: quell'assurda convinzione che ogni cosa fosse finita irrimediabilmente; e tutto a causa di quel rapporto poco convenzionale che non aveva mai trovato un chiarimento, una definizione... una qualunque sorta di stabilità!
«Le darei il mio sangue, ma temo che possa farle più male che bene!» disse ironicamente, per distogliere lo sguardo da lei e posarlo su Lily, ma Damon si pentì immediatamente di quelle parole su cui non aveva riflettuto.
«Che vuoi dire?» Summer, pur non capendo a cosa lui si stesse riferendo, lo domandò con un tono lievemente allarmato; poi, osservandolo attentamente, vide il suo giubbotto lacerato da dei segni inconfondibili: erano strappi di denti aguzzi.
«Damon...» aggiunse con preoccupazione, avanzando di un passo e alzando leggermente la mano per sfiorarlo; ma lui mosse la spalla in un morbido scatto all'indietro, quasi d'istinto, bloccando l'intenzione della ragazza di avvicinarsi.
Lui stesso non capì il motivo di tutta quella ritrosia: era come se il contatto di Summer avesse potuto in qualche modo ferirlo.
Aveva creduto di riuscire a gestire meglio le sue emozioni, ed invece queste erano più confuse del previsto.
Gli occhi si posarono sulle labbra di Summer, che teneva lo sguardo basso a causa di quel gesto, e fu pervaso da una smisurata voglia di baciarla; allora capì che se lei lo avesse toccato, o anche solo sfiorato, gli sarebbe stato difficile – se non impossibile – trattenere la voglia di farlo, e non voleva. Non voleva baciarla. Anche se l'aver immaginato il peggio rendeva ancor più pressante quel desiderio. Era lì per lei, con l'orgoglio messo da parte e il bisogno di far rivalere quel ruolo attivo che lei, con le sue parole, aveva demolito e ridicolizzato, ma non poteva baciarla, non dopo ciò che gli aveva detto. Lo desiderava infinitamente, ma non poteva. Doveva a se stesso almeno quella resistenza.
«Tranquilla, ho ancora un bel po' di tempo prima che inizi a fare un male cane e a provocarmi le allucinazioni!» disse scherzosamente, cercando di smorzare la tensione che lui stesso aveva peggiorato.
Summer gli si avvicinò ulteriormente; capì che il vampiro era in collera con lei e non poteva biasimarlo. In fondo era stata una sua scelta quella di allontanarlo, era preparata a quella reazione, per quanto le facesse male; ma ora la sua preoccupazione principale era quel morso, così, con un volto serio e fiammeggiante, disse: «Se è il sangue di Klaus ciò che ti occorre, lo avrai, Damon. Puoi starne certo...».
Il cuore agitato, gli occhi lucidi, avrebbe fatto di tutto, ma Damon sarebbe guarito!
Le labbra del vampiro si mossero in una smorfia di disappunto quasi impercettibile. Ancora quell'inversione di ruoli fastidiosa e irritante! Era lui a dover avere cura di lei, non il contrario!
«Ti stai preoccupando inutilmente. Il sangue di Klaus è imbottigliato e chiuso in un cassetto. Piuttosto, cos'è successo? » il suo tono ancora forzatamente freddo, e vide Summer che gli dava rapidamente le spalle per infilare il giubbotto di jeans.
Liberò i capelli dalla stoffa, mentre diceva: «Te lo dirò strada facendo, devi bere quel sangue prima che inizi a farti male...» Summer non poteva tollerare oltre la vista di quel morso. Il pensiero che lui fosse stato attaccato da un licantropo la torturava. Clarissa! Avrebbe dovuto strapparle il cuore al minimo sospetto! Ed erano pensieri fin troppo crudeli, che non le appartenevano, ma Summer sentiva il respiro che le mancava e il cuore che le rimbombava nel petto così forte da sentirlo addirittura nelle tempie: in quel momento non era in sé. L'agitazione era dipinta sul suo volto nei suoi toni più accesi.
«Ci sono già passato, c'è ancora tempo. Adesso dovremmo pensare a Klaus...»
«No, Damon, adesso non posso pensare a Klaus! In questo momento non posso pensare a nient'altro!» esclamò con voce alta e ferma, mentre due lacrime prendevano vita agli angoli interni dei suoi occhi: Lily, adesso lui, troppo era lo stress che si stava accumulando al centro del suo torace. Si voltò verso l'amica per accertarsi di non averla svegliata e per dare le spalle a Demon, poi asciugò quelle lacrime ancor prima che potessero rigarle le guance. Il vampiro osservò la sua reazione, sentendo il petto esplodere quasi dolorosamente.
«Fin quando quella ferita non sarà guarita, tutto il resto verrà dopo, perciò...te lo chiedo per favore...andiamo a casa...» la voce soffocata da un pianto trattenuto con la forza, lo sguardo basso.
Lui ne restò sorpreso. Il torace che adesso gli si infiammava con lentezza.
Possibile che non avesse pensato che il suo comportamento della notte trascorsa altro non fosse che preoccupazione per lui?
In quel momento, era palese che Summer non desiderasse altro che vedere quella ferita infetta rimarginarsi al più presto.
Il vampiro si sentì quasi frastornato da quella raffica di pensieri ed emozioni che lo assalirono di colpo.
«Ti aspetto in macchina» disse, per schiarirsi le idee e dare a Summer un altro minuto per salutare l'amica.
Lei annuì, consapevole di non essere riuscita a controllare la sua reazione; si sentì tremendamente in imbarazzo, ma il vampiro uscì dalla stanza, dandole anche l'opportunità di calmarsi.

Summer si concesse un ultimo minuto con Lily. Esisteva la seria evenienza che non l'avrebbe più rivista, e una lacrima le rigò la guancia, mentre le posava un bacio sulla fronte. Si sarebbe ripresa, ne era certa, perché l'amica era un'autentica forza della natura. Le sorrise, mentre mille ricordi della loro amicizia le riaffioravano nella mente.

Damon l'attendeva poggiato allo sportello della jeep di Elena.
Ripensava a tutto ciò che si erano detti: alla foga con cui Summer aveva ribadito di non poter pensare a nient'altro che a lui. Si sentiva strano.
In fondo, perché se ne sorprendeva tanto? Gli aveva mostrato più volte di tenere a lui, perché non gli sembrava mai abbastanza?.
Damon era stanco di dover interpretare gesti, soprattutto perché la sua insicurezza a riguardo non faceva altro che sminuirli.
Ora aveva un dannato bisogno di parole...
Summer uscì dall'ospedale. I suoi capelli sobbalzavano leggeri ad ogni suo passo. Per Damon era incredibilmente bella anche con quell'aria stanca e provata, con quegli occhi un po' arrossati e i capelli non proprio in ordine.
La ragazza fece una rapida espressione interrogativa, notando quella jeep al posto della Camaro del vampiro, e si chiese cosa fosse capitato, come avesse avuto quel morso. L'aveva ferito pur di tenerlo lontano dai pericoli, e a quanto pareva non era servito a nulla.
Entrò in auto e Damon fece altrettanto.
Dopo aver messo la cintura di sicurezza, Summer raccolse i capelli tra le mani e, dopo averli girati un paio di volte, li sistemò sulla spalla: era solita farlo, perché non sopportava di tenerli tra la schiena e il sedile. Damon osservò quel gesto con la coda dell'occhio e subito fu colpito dalla vista di due piccole macchie di sangue sul suo collo, macchie inconfondibili.
Era stata morsa da un vampiro, forse da Klaus – non poteva esserne sicuro –, e questo fece avvampare il suo petto. Nessuno poteva farle del male! E poi...il sangue di Summer era suo...suo soltanto! Se chiudeva gli occhi, se si concentrava, poteva sentirlo ancora dentro di sé: Summer era nelle sue vene, ed era una sensazione che nessun umano avrebbe mai potuto capire. Quel legame che ora scorreva tra di loro era viscerale come nient'altro al mondo.
Il respiro gli si fece affannoso dalla rabbia, ma cercò di calmarsi per non mostrarle il suo turbamento.
Mise in moto l'auto e si allontanò dall'ospedale.
«Allora? Cos'è successo? » chiese subito dopo con voce atona. Tra di loro aleggiava una tensione elettrica e palpabile, creata dai troppi sentimenti che entrambi soffocavano dentro di loro.
«Klaus si è presentato qui con una strega e altri due vampiri. Io mi sono occupata di loro, mentre Lily teneva testa alla strega. Contro quei due non è stato difficile, ed anche Lily non ha avuto grosse difficoltà, ma contro Klaus...» prese una breve pausa imposta da un momento di afflizione «Lei ha esaurito tutto il suo potere ed io non sono riuscita a finirlo... è scappato appena sono andata in suo soccorso... » lo sguardo basso, le mani che si torturavano a turno.
Damon aveva ascoltato attentamente, provando una rabbia crescente.
Forse in tre avrebbero potuto vincere! E invece lei aveva preferito ferirlo ed allontanarlo. Perché doveva essere così dannatamente cocciuta?!
«Hai idea di dove possa essere andato?» lo sguardo fermo di fronte a sé, la voce ancora controllata, quasi meccanica.
«No...» si sentì sporca a mentirgli. Forse era anche peggio di quel “mi saresti solamente d'intralcio”, che infiammava la sua coscienza.
Ma lui doveva continuare a stare fuori da quella storia, ed era stato un vero e proprio miracolo che i due non si fossero incrociati all'ospedale. Non poteva forzare ulteriormente la sorte! Non poteva dirgli la verità!
Damon annuì, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada.
Poi, nuovamente il bruciore al petto, e fu inevitabile chiederglielo: «Chi è stato a morderti?» un tono lineare corrotto da una nota stonata, che invano cercava di nascondere la rabbia.
Summer dapprima lo guardò incuriosita, poi, ripensando alla lotta, capì mettendosi una mano sul collo: aveva completamente dimenticato quel morso, non aveva idea che fosse rimasto del sangue a prova dell'accaduto.
«Klaus...» sussurrò, sentendosi in difficoltà.
Ripensò al pomeriggio precedente, a prima che tutta quella situazione precipitasse inaspettatamente, alla passione che c'era stata tra di loro, al modo in cui avevano scambiato il loro sangue e a come tutto si fosse poi frantumato nel lasso di poche ore.
Quel ricordo intensificò il suo respiro mettendola a disagio.
Si sarebbero mai più toccati in quel modo? L'avrebbe mai ribaciato?
L'aveva perso per sempre?

Gli occhi le si inumidirono, e quindi cercò di distrarsi: aveva cose più importanti a cui pensare, come quel dannato morso!
«A te? Cos'è successo?» chiese in un misto di senso di colpa, dolore e rabbia.
«Siamo stati attaccati da due vampiri mandati lì da Klaus e, quando siamo riusciti ad ucciderli, la cara Clarissa ci ha colti di sorpresa, facendo uno spuntino con la mia spalla. Ma, “piccoli” intoppi a parte, abbiamo raggiunto la baita in poco tempo, e ora Elena è sotto la protezione di Stefan. Fine della storia» Damon si accorse di aver leggermente addolcito il tono della sua voce, pur continuando a non guardarla. Nonostante questo, percepì che lei gli stava annuendo.
Se vi era ancora un alone di rabbia residuata nei suoi confronti, con la sua presenza, si stava velocemente dissolvendo, anzi: quel tono dolce e quegli occhioni tristi lo stavano mandando al manicomio; eppure, Damon si stava trattenendo con tutto se stesso: non riusciva a non essere freddo, non riusciva a sciogliersi. Si chiese se la causa fosse ancora da attribuire all'eco spietata delle parole della sera prima, o se invece fosse semplicemente colpa di tutta quella faccenda, del modo in cui lo faceva sentire impotente, incapace di proteggere la donna che amava. Summer era stata morsa, aveva rischiato di perdere la sua amica, aveva affrontato altri due vampiri e Klaus. Damon capì che non riusciva a perdonarsi di essersene andato, di aver lasciato che le sue paure trionfassero. Se avessero unito le forze, invece di separarsi, probabilmente avrebbero vinto! E tutta quella rabbia contro di sé finiva inevitabilmente per riversarsi su di lei, che erroneamente attribuiva quell'astio a ciò che gli aveva detto. La cacciatrice si sentiva tremendamente in colpa, e non desiderava altro che un'occasione, un attimo per dirgli che le dispiaceva.
Una fitta di dolore gli fece chiudere gli occhi con violenza, e per un secondo Damon perse il controllo dell'auto.
«Damon...» Summer lo guardò con immediata apprensione, il respiro corrotto dall'angoscia. Voleva tornare presto a casa, voleva che quella ferita guarisse il prima possibile! Ne aveva un disperato bisogno.
«Va tutto bene...» disse, ma con voce incrinata dal dolore.
Erano ore che quel morso non gli dava tregua!
Lei estrasse il pugnale dalla tasca interna del suo giubbotto.
Liberò la lama dalla guaina di legno; aveva colpito Klaus all'addome, lì sopra doveva esserci il suo sangue, eppure la lama ne uscì perfettamente pulita, senza neanche un alone. Avvilita da quella strana proprietà, sperò con tutte le sue forze che il sangue posseduto da Damon fosse ancora in grado di guarirlo. Rimise il pugnale nella sua guaina e notò qualcosa che la incuriosì, e di cui non si era accorta in precedenza: per un breve istante, quel gesto faceva illuminare i sei petali centrali del fiore di loto.
Ma non ebbe tempo per approfondire quel pensiero: Damon aveva parcheggiato l'auto sul vialetto di casa sua, e l'attenzione di Summer si era focalizzata nuovamente su di lui.

Il vampiro entrò nella sua stanza, seguito dalla cacciatrice.
Si liberò del giubbotto di pelle, guardando infastidito quelle lacerazioni: Perché dovevano essere sempre i suoi capi preferiti ad avere la peggio?
Summer se ne stava a qualche metro di distanza; lo osservava con la coda dell'occhio, girovagando nervosamente per la stanza con i pollici infilati nelle tasche posteriori del jeans.
Tra di loro la tensione non accennava a sciogliersi.
Damon percepiva con chiarezza il suo disagio, quel nervosismo che caratterizzava ogni suo respiro, i muscoli tesi, lo sguardo assorto in chissà quali pensieri.
Si liberò della camicia, poggiandola con noncuranza su una sedia. Si avviò verso il letto e si sedette poco distante dal comodino. Dal primo cassetto estrasse la famosa boccetta per cui Stefan aveva sacrificato se stesso. In quell'occasione, a Damon era bastato un solo sorso per guarire; il resto l'aveva conservato per le future emergenze, ma mai si sarebbe aspettato di doverne fare nuovamente uso in quello stesso anno.
Afferrò la bottiglietta, tendendo l'indice sul tappo e il pollice sulla base. La capovolse e sorrise: come ogni essere sovrannaturale che si rispetti, il sangue di Klaus aveva conservato le sue caratteristiche; ad un'attenta analisi, colore e densità gli parvero inalterati. Avrebbe dovuto fare affetto! Pensò speranzoso ma con un'inevitabile punta di scetticismo.
Una fitta di dolore lo investì nuovamente, facendogli chiudere gli occhi con rapidità e forza.
Era un bruciore spietato che sfociava in ciò che sembrava una violenta scarica elettrica.
Summer osservava il tutto con discrezione, non voleva che Damon si accorgesse ulteriormente della sua ansia, ma quella ferita, umida e infetta, le faceva male come se fosse stata sul suo corpo. Sentiva lo stomaco in subbuglio: un senso di vuoto e di nausea che attanagliava la sua parte più alta. Aveva una disperata voglia di urlargli contro. Perché indugiava? Perché non lo beveva subito? Perché voleva farla impazzire?
«Qualcosa non va?» disse cercando di apparire calma. Il passo successivo sarebbe stato fargli inghiottire quel sangue con la forza!
Il vampiro fece una smorfia e scosse la testa. Captò la sua angoscia e si divertì a temporeggiare, dando l'ennesima occhiata alla boccetta.
Era bello vederla così preoccupata per la sua salute. Se avesse aspettato ancora, probabilmente sarebbe ritornata la cacciatrice violenta e intrattabile del loro inizio.
Amava anche lei.
Amava ogni sua sfaccettatura.
Ed amava quando gli mostrava il suo interesse: lo faceva stare bene.

Decise di non farla soffrire ulteriormente, ed anche lui era ansioso di togliersi quell'atroce dubbio. Aprì la boccetta e bevve una lunga sorsata di sangue.
Un paio di secondi dopo aver deglutito, la ferita si rimarginò fino a sparire.
«Voilà!» esclamò, sentendosi sollevato.
Per tutto il tempo, il dubbio sulla sua efficacia era stata una vocina incessante, ed invece, contro ogni sfavorevole aspettativa, era miracolosamente guarito.
Lo sguardo di Summer, contratto e agitato, si ammorbidì acquisendo una dolcezza immediata. Di colpo annientò ogni forma di disagio e si avvicinò a lui con passo svelto.
Osservò quella ferita con un'espressione sollevata ma quasi infantile: una sorta di tenero broncio, perché il vampiro avrebbe dovuto farlo subito!
Il suo cuore si liberò di quell'angoscia che lo schiacciava crudelmente.
Sfiorò la sua spalla, e in quel contatto Damon avvertì un'elettricità che lo fece fremere.
In piedi, tra le gambe del vampiro, Summer faceva scorrere le dita, affondando i polpastrelli nella sua pelle, per accertarsi che non fosse solo un'illusione, che fosse guarito realmente, poi...
La voglia di toccarlo...
La voglia di lui...

Il cuore che iniziava a battere forte, il respiro che diventava l'epicentro attivo delle sue emozioni e, soprattutto, Damon che – a differenza della reazione avuta in ospedale – non si scostava, la lasciava fare restando perfettamente immobile.
Piano, la loro tensione si sciolse nel calore di quella carezza; e i due avvertirono ogni istante di quel cambiamento, dei loro corpi che reagivano a quel tocco fremendo e poi fondendosi nel desiderio che esso trovasse una ragione per prolungarsi.
La mano arrivò alla base del suo collo, e Summer vi poggiò anche l'altra, per una carezza che voleva trasformare il volto di Damon in una preziosa coppa tra le sue mani. Fu un movimento lento, intenso, bramoso di dolcezza e accompagnato da uno sguardo imbarazzato e colpevole, che a stento riusciva a trovare la forza di reggere quello del vampiro per un tempo che andasse poco oltre il mero istante.
Damon si lasciava travolgere dalle sue carezze senza la forza di dire nulla, debole sotto il suo tocco, schiacciato dal suo amore, che non gli permetteva di opporre un'ulteriore resistenza.
La voglia di baciarla lo stava uccidendo, voleva una cura anche per quella!
Mosse da un vento forte, dense nubi si muovevano rapidamente, e ombre morbide e irrequiete si creavano sui loro lineamenti, in quella stanza dove si respirava un clima di irrealtà: quella luce fioca che filtrava dalle finestre sembrava creare un velo opaco sui loro occhi, già stanchi e provati da mille emozioni.
Quando le mani raggiunsero la loro meta, Summer deglutì a vuoto: troppa era la tensione a cui stava andando in contro.
In un impeto di coraggio, lo guardò negli occhi. Il cuore mosso da tumulti irregolari e dolorosi.
Si osservarono intensamente, in ciò che sembrava una gara a chi si perdeva maggiormente negli occhi dell'altro.
Summer aveva la sua occasione. Il tempo era poco, e lei sentiva il disperato bisogno di ricevere il suo perdono. Ciò che gli aveva detto per allontanarlo era stato troppo meschino, e le riecheggiava nella mente facendole lo stesso male che aveva provato Damon. In quel momento l'aveva trovato necessario, ma ora non riusciva più a convivere con quel peso.
Non ce la faceva. Non era così forte. Doveva rimediare.
«Ti ho detto delle cose orribili, parole che non meriti e che non rispecchiano il modo in cui ti vedo; e so che non ho il diritto di chiedertelo ma...» la voce ridotta ad un bisbiglio soffocato da un probabile pianto «Puoi perdonarmi?».
Gli occhi lucidi, mentre accarezzava le guance di Damon con dolcezza. Senza il controllo sui suoi gesti, si lasciò travolgere dal suo bisogno di lui, e quindi avvicinò il volto al suo con una movenza lenta e titubante, impaurita da un possibile rifiuto.
Ma, a quelle parole, il petto del vampiro non poté fare altro che stringersi.
Aveva sofferto per nulla, lei l'aveva fatto solo per proteggerlo.
Perché quella ragione così semplice era stata così difficile da comprendere?
Non aveva nulla da perdonarle, se non il fatto che la sua dolcezza, in quel momento, stesse mettendo a repentaglio il suo intento di darsi un contegno, di non mostrare palesemente quanto fosse impetuosa la voglia di lei e quanto fossero andate al diavolo le parole della sera precedente!
Fece di tutto per trattenere quel sorriso che energico voleva nascere sulle sue labbra, quindi restò serio, cercando di darsi un'aria indecifrabile.
«Dipende. Stai per baciarmi?» ma, inevitabilmente, nei suoi occhi non mancò una luce di giocosa malizia.
E fu un respiro di leggerezza quello che riempì i polmoni di Summer, che sentì in quelle parole la sicurezza di cui necessitava per lasciarsi catturare dall'orbita delle sue labbra.
«E tu? Stai per rifiutare?» fece con un'ironia che, nonostante tutto, nascondeva un'insistente punta di fondata insicurezza, ma, ugualmente, ancor prima della risposta del vampiro, si avvicinò ancora di più, e poi, finalmente, vide lui che faceva altrettanto.
Sul volto di Damon, un sorrisetto furbo prese vita con forza suo malgrado, che dispettoso avrebbe voluto continuare a tenerla sulle spine.
«Ho l'aria di uno che sta per rifiutare un bacio?!» poi colmò velocemente la distanza che li separava.
E le loro labbra si ritrovarono dopo un'attesa fin troppo lunga...
Entrambi ai limiti della loro resistenza, in quel bacio trovarono un attimo di quiete nella piena tempesta dei loro dubbi; e le loro bocche, in pochi istanti, si animarono del desiderio esasperato che gravava sui loro petti.
Le mani sui suoi fianchi e le dita che agili, discrete, quasi furtive, le sollevavano la maglia in cerca della sua pelle, Damon aveva finalmente avuto ciò di cui necessitava, ma adesso la voglia stava sfociando in altro: il loro desiderio era paragonabile ad un bimbetto viziato in un negozio di giocattoli. Quel bacio non voleva essere inizio e fine, voleva prepotentemente investirsi di un ruolo, voleva essere la premessa dei loro corpi che si univano con la solita passione alimentata da una nuova e disperata urgenza.
Ma non c'era tempo per ciò che desideravano, ed era una verità nota ad entrambi.
Le labbra si allontanarono di poco, calde, ansati, ancora bisognose ma tristemente rassegnate.
Continuando ad accarezzargli le guance, Summer accostò la fronte alla sua.
Il tempo stava per scadere...
Presto avrebbe dovuto affrontare Klaus.

«Vorrei solo trovare un modo per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me...» fu un pensiero espresso a voce. Lei sola poteva capire l'incipit di quella frase sussurrata con sincerità e amarezza. Damon aveva fatto per lei più di chiunque altro: aveva assorbito il veleno che scorreva nelle sue vene, le aveva mostrato la grandezza del suo cuore, le aveva fatto conoscere aspetti di se stessa che aveva sempre ignorato, aveva attutito il suo dolore ma, soprattutto, l'aveva fatta rinascere in una nuova forma. Summer non era più la stessa ragazza arrivata a Mystic Falls in cerca di un Fiore di Loto: era diventata lei stessa quel fiore, e Damon era stata la forza che, dall'oscurità del fondale, l'aveva spinta verso la superficie dell'acqua, facendo brillare il suo colore alla calda luce del sole.
«Non ho fatto niente,» ammise lui, con uno sguardo confuso e triste «ma se proprio vuoi fare qualcosa per me...» perfezionò la sua postura, guardandola con serietà.
Damon sapeva bene che ciò che stava per dire poteva suonare stonato, ma non gli importava. Si armò della sua fierezza, di uno sguardo colmo di dignità, e la sua voce assunse quel tono rassicurante e maturo che, nonostante la dolcezza, non ammetteva repliche: «Dammi quel pugnale. Lascia che sia io ad affrontare Klaus...». Poi l'amore conquistò il suo spazio, e la voce si fece lievemente soffocata: «Lascia che ti protegga...».
Uno sguardo ancora più risoluto, fiamme ardenti nel ghiaccio più limpido.
Era il suo desiderio, tutto ciò che voleva, tutto ciò di cui aveva bisogno per stare bene con se stesso, perché il contrario l'avrebbe logorato irrimediabilmente.
Un silenzio quasi sacrale scese per un tempo apparentemente lungo ma che in realtà non poteva essere quantificato: la loro personale percezione sfasava e annullava ogni oggettività.

Quel momento era simile ad un sogno: gli attimi sobbalzavano irregolari, il tempo non era più una scia, una linea da percorrere, era un ritrovarsi in uno sguardo e poi in un altro ancora, con il tutto e il niente tra di essi.

Gli occhi luminosi e fissi su di lei; il respiro che, spietatamente interrotto, attendeva la sua risposta per rianimarsi; la speranza che quelle parole non divenissero soltanto un crudele trionfo di umiliazione.
Lei sorrise, intenerendo maggiormente il suo sguardo e continuando ad accarezzare le sue guance con i pollici, che andavano e venivano dagli angoli della sua bocca fino alla parte alta degli zigomi: un movimento leggero, delicato...straripante d'amore.
Lui voleva disperatamente proteggerla, e quella dignitosa supplica accese il petto di Summer di un calore rassicurante.
Aveva ancora paura di quelle due parole, ma che senso aveva tacergli tutto il resto?
Quale paura poteva avere di confessare dei sentimenti che non richiedevano necessariamente una risposta?
Perché non fargli sapere, una volta per tutte, quanto per lei fosse importante?

Se esisteva un momento per farlo, era ineluttabilmente quello.
«Per tutta la vita, mi sono sempre sentita esposta ad ogni cosa. Mi sono sempre sentita sola e in un luogo dove non c'erano ripari di alcun genere...» gli occhi le si colmarono di lacrime.
«Tu...» il cuore che le martellava nella testa, le guance che s'incendiavano «sei stato il mio primo rifugio...». Vide gli occhi del vampiro spalancarsi e cercò di non lasciarsi intimorire, continuando il suo discorso, seppur ostacolata da un imbarazzo che sgretolava la sua voce: «Le tue braccia... sono state il primo posto in cui mi sia sentita libera dal peso di ciò che sono, lontana dal dolore che comporta e al sicuro come non mi è concesso di essere...» in quel mondo che ora le appariva irreale, le sembrava di morire tra le braccia del suo dolore. Il vampiro continuava a fissarla, la sua bocca leggermente schiusa, un'aria visibilmente disorientata.
Summer cercò di farsi forza; deglutì e poi continuò, provando a non far tremare la sua voce, a darle una cadenza più veloce e sicura, ma due lacrime, pesanti e veloci, le rigarono le guance, tradendola a priori.
«Tu, Damon, sei stato il primo a vedere le mie debolezze e il primo a curare le mie ferite...perché sei stato l'unico a cui l'abbia mai permesso...» un altro respiro, altra forza da trovare. Stava addirittura piangendo. Perché le risultava così difficile? Perché aveva la sensazione di sprofondare in un vuoto da cui non avrebbe saputo riemergere?
Il vampiro continuava a non proferire parola, sembrava che stesse trattenendo il respiro, il suo sguardo le appariva dolorosamente indecifrabile, ma ormai non importava, doveva concludere il suo discorso: «E se potessi farmi proteggere da qualcuno, tu saresti il solo a cui permetterei di farlo, e so... che ne saresti capace come nessun altro...» in un movimento delle labbra corrotto dal pianto, da quel mento che non riusciva a non tremare, si sforzò di sorridergli «Ma questo – una damigella da portare in salvo – non è quello che sono. Forse è solo una piccola parte di me...ma di una me debole a cui non posso lasciare spazio per esistere...» cercò di ridare un suono deciso alla sua voce «Sono la cacciatrice, Damon. Non posso lasciarti fare ciò che mi chiedi, tocca a me soltanto. Ma devi avere fiducia in me» annuì leggermente, più a se stessa che a lui, e poi terminò: «Posso farcela...» ma, accompagnate da altre due lacrime, quelle ultime parole squittirono leggermente, sintomo di una sicurezza vacillante quanto ostinata a volersi mostrare rassicurante.

Le labbra leggermente dischiuse, come a voler facilitare quel respiro divenuto quasi impegnativo, gli occhi spalancati rifulgenti di lacrime imprigionate, Damon deglutì forte, e i muscoli tesi del collo lo resero ancora più visibile.
Le parole di Summer gli echeggiavano nella testa.
Il primo. L'unico. Il solo.
Le sue lacrime...

Cosa stava cercando di dirgli?
Un attimo di vita che si addensava nel suo petto.

No, non doveva più farsi domande, non poteva più dare adito alle incertezze. Non vi erano più dubbi.
Era tutto troppo chiaro, bello, disarmante.
Summer lo amava.
E i ricordi passati si mischiarono al presente, donandogli una sicurezza schiacciante.

Perché quel momento sembrava un'illusione?
Perché a tratti tutto sembrava fermo, immortalato da una colata di cera bianca?


In quel frangente, e per la prima volta nella sua vita, Damon percepì pienamente la mancanza di un cuore che batteva nel suo petto.
A quella sensazione di vuoto non ci aveva mai badato; ora, invece, la sua assenza acquisiva una strana rilevanza.

Il suo cuore avrebbe dovuto scandire quel tempo che ora vorticava incontrollato intorno a loro, rinchiusi in una bolla al di fuori di esso.

Avrebbe dovuto sentirlo, avrebbe dovuto battere forte, esplodergli nel petto, fargli male, rimbombare, ancora e ancora, fino alla fine di quel momento irreale. Invece, erano altre le sensazioni che lo dominavano. Tutto ciò che di vivo c'era nel suo corpo fremeva agitatamente: un tremore simile al formicolio che sussegue la fine di un lungo torpore. Il suo respiro era lento, impercettibile, ostacolato da qualcosa che lo bloccava: l'aria restava principalmente nella gola, sembrava non riuscisse a raggiungere i polmoni, e neanche a scappare via dalla bocca.
Che suono avrebbe avuto la sua voce?
Alzò il braccio per raggiungere la mano che Summer teneva sulla sua guancia e che continuava ad accarezzarlo. In ciò che sarebbe potuto sembrare un semplice movimento governato dalla lentezza, il vampiro aveva invece dovuto lottare con tutte le sue forze per non tremare; e quello sforzo era poi sfociato nei suoi occhi, divenuti ancor più brillanti, ancor più schiavi di quelle lacrime arginate, che forse sarebbero esplose impetuosamente, se solo a quel discorso si fosse aggiunto un dolce e desiderato Ti Amo.
Posò la mano su quella di lei, stringendola delicatamente e senza allontanarla dal suo viso; chiuse gli occhi, si perse maggiormente all'interno di quella carezza, piegando di poco il collo, affondandoci con tenerezza, e poi, prima di ritornare a fissare i suoi occhi, con una lentezza dolce e intensa le baciò il palmo. Fece salire il suo tocco fino alla sua guancia, fino ad asciugare l'ultima lacrima che aveva versato; l'altra mano, invece, l'attirò maggiormente a sé, facendo aderire i loro corpi il più possibile.

Quanto stava durando quel momento?
Quanto tempo era passato da quando lei aveva terminato di parlare?
Tutto era divenuto ancora più irreale: il senso del tempo era stato la vittima privilegiata di quei sentimenti taciuti oltre la soglia della paura.


Smarrito in un vortice di pensieri confortanti e disarmanti, in una felicità agognata così tanto da spaventarlo, Damon non sapeva cosa dire.
Sussurrò il suo nome, pur non avendo nessun discorso formulato nella sua mente: «Summer...».
Respirando attraverso le labbra dischiuse, scosse lievemente il capo, come a voler mettere in ordine quel flusso di pensieri e ricordi che si accalcavano sfrenatamente.
Cosa doveva rispondere? Quali erano le parole giuste?
Come poteva farle capire che le parole non dette erano arrivate con chiarezza, e che erano le stesse che albergavano nel suo cuore?

Ci fu una pausa, al vampiro sembrò breve, ma forse fu nuovamente la cadenza anomala del tempo a fargliela sembrare così.
Quei sensi confusi erano la risultante di quel vortice di emozioni destabilizzanti.
La felicità... era destabilizzante, o almeno lo era per Damon.
Ad essa si poteva attribuire la dolce colpa di quel sogno difficile da controllare. Damon avvertiva la sua piena presenza: corpo e anima erano più desti che mai, ma era come se non avesse il pieno controllo di sé: travolto e sconvolto da tutto ciò che gli era stato confessato, da quell'amore quasi tangibile che ora era finalmente chiaro, perfettamente leggibile negli occhi di Summer, colmi di lacrime e della dolcezza più disarmante.
Lei lo amava.
L'anima del vampiro si era dolcemente acquietata, aveva finalmente smesso di gridare, e nelle carezze di lei aveva trovato un luogo caldo, avvolgente e sicuro in cui rannicchiarsi e riposare.
Damon sapeva di doverle dire qualcosa, qualcosa che potesse darle le stesse conferme di cui lei gli aveva fatto dono, ma quel momento era sfuggito dai suoi occhi, ancora troppo meravigliati e smarriti, quasi improvvisamente: Summer aveva sigillato le sue labbra nell'ennesimo bacio colmo d'amore e dolore.
Il tempo scorreva in modo irregolare per entrambi, ma per lei, che si era esposta, che aveva messo a nudo i suoi sentimenti in parole e lacrime, esso agiva lentamente, nella sua sfumatura più dolorosa e torturante.
Quel bacio servì a spezzarlo, a liberarla dalla prigionia dell'attesa.
Stretta in quell'abbraccio vigoroso, si ritrovò a cavalcioni su di lui, senza ricordare il momento esatto in cui si fosse messa in quel modo: era stata travolta da quella passione che cancella dalla mente i gesti appena compiuti per proiettarsi continuamente in quelli sempre futuri.
Summer lo aveva baciato per colmare quel silenzio, troppo convinta del suo incrollabile amore per Elena e troppo consapevole di non potersi permettere di soffrire, soprattutto non in un momento del genere.
Perché Damon non le aveva subito detto qualcosa?
Perché aveva esitato?

Era stata lei ad impostare il discorso in maniera tale da lasciare spazio al silenzio, eppure non riusciva a non starci male.
Sapeva che, pur non avendo pronunciato quelle due parole, il suo sentimento si era palesato con forza.
Allora perché lui non parlava?
Aveva paura di ferirla?
Stava trovando le parole giuste per dirle che Elena era ancora la prima?

A differenza del vampiro, erano pochi i gesti di conferma su cui Summer poteva contare: c'era stata la gelosia, certo, ma bastava a prova di un sentimento grande come l'amore?
Fin dall'inizio della loro storia, Damon aveva messo tra loro un paletto di nome Elena e non l'aveva mai rimosso. Era sempre e solo questo ad inibire il suo coraggio, a rendere quel Ti Amo mancato un mostro reso ancor più spaventoso da mille leggende. Damon non le aveva mai dato delle sicurezze concrete, delle parole o dei gesti in cui poter sperare realmente.
Era diventato sempre più dolce, non poteva negarlo, ma quale dolcezza avrebbe riservato ad Elena?
Come poteva togliersi l'atroce dubbio di una medaglia d'argento se il vampiro continuava a restare in silenzio?

L'insicurezza e la disperazione attanagliavano il suo cuore, spingendola a non affrontare quelle paure e a prolungare quel bacio quasi appositamente.
Se erano parole di consolazione quelle che l'aspettavano, non voleva ascoltarle!
Adesso, doveva fare i conti con Klaus; la sua concentrazione doveva focalizzarsi solo su quello; sapeva di non possedere le forze per affrontare entrambe le cose.
Dopo altri istanti racchiusi in quella dolce parentesi nel mezzo della realtà, ansanti misero termine all'ennesimo bacio. Summer, con la fronte nuovamente poggiata sulla sua, continuava ad accarezzargli il volto. Il respiro affannoso che solleticava le labbra del vampiro che la guardava come se lei segnasse la fine di una guerra.
Finalmente felice. Leggero.
Un'isola scorta dopo un naufragio durato cento cinquant'anni.
Era il primo nel suo cuore...
Le tensioni accumulate in una vita di rabbia e rancore si erano sciolte fluidamente, e Damon era diventato amore liquido tra le sue mani.
In quel frangente, aveva dimenticato ogni cosa. Tutta la sua sofferenza era scivolata in un oblio, ma, soprattutto, il vampiro aveva dimenticato di trovarsi nel mezzo di una battaglia: per lui esisteva solo la voglia di perdersi in altri baci, carezze e sguardi; e la sua mente era già proiettata in quella scena: la voleva nuda sul suo corpo, con i capelli che gli solleticavano la pelle; voleva godere della vista delle sue guance accaldate dal piacere; ascoltare i suoi ansimi e sperare di udire un Ti Amo tra di essi, o indurla a pronunciarlo con un “dimmelo” sussurrato sulle sue labbra.
Un bacio leggero sul collo, un altro sul petto e un altro ancora sul seno, appena sopra la scollatura della maglia, Damon stordiva la sua ragione con quel suo profumo d'estate.
Ancora in silenzio, ansante, fremente di desiderio, disperatamente bisognoso di scivolare nella sua pelle, di concretizzare quella felicità, di far esplodere quel momento sotto pressione del loro amore, dei loro corpi schiavi del piacere, stava per riunire le labbra alle sue, ma le parole di Summer lo gelarono all'istante.
«Devo andare...» bisbigliò con amarezza, mentre gli accarezzava i capelli sulla fronte: neanche per un attimo lei aveva potuto dimenticare la presenza minacciosa di Klaus, che incombeva sui suoi pensieri come asfissiante fumo nero; il tempo a disposizione era giunto al termine, e Damon doveva restare al sicuro, ormai Summer ne era tristemente consapevole.
E le sue parole agirono come una doccia fredda, riportando Damon alla realtà. L'idillio finì di colpo, bruscamente, e un'ansia smisurata gli invase il petto.
Le mani che tenevano i fianchi di lei strinsero maggiormente la sua carne, in una presa autoritaria.
«Dove?! A cercare Klaus?! Toglitelo dalla testa, non lo affronterai da sola!» il tono basso ma agguerrito, gli occhi fiammeggianti e risoluti «non te lo lascerò fare!».
La sua voce era tornata.
Ma perché era stato in silenzio fino a quel momento?
Perché alla fine non era riuscito a confessarle quello che provava?
E perché non ci riusciva neanche adesso?

Se lo chiese più volte, mentre aspettava la reazione di Summer.

Fino a quel momento, il tempo era stato scandito dalle loro emozioni: erano stati attimi di gioia fin troppo veloci per lui, ed attimi di lento tormento per lei; ma ora che le loro emozioni si erano livellate nell'inquietudine e nella paura di perdersi, esso aveva ripreso a scorrere alla stessa velocità per entrambi.

«Lo so...» Summer sorrise tristemente. Smise delicatamente di accarezzarlo, ma riportò entrambe le mani sulle sue guance.
Finalmente lo sentiva parlare. E forse la sua ostinazione nel volerla proteggere era tutto ciò che poteva avere, pensò dolorosamente rassegnata.
Continuò a guardarlo con estrema dolcezza e poi, a voce bassa, disse: «Come so che non mi perdonerai per quello che sto per fare» gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime «Ma, se puoi, cerca almeno di capirlo...» scosse il capo, guardandolo con amore «Non posso rischiare di perderti...».
L'ennesima lacrima le rigò la guancia. Quel momento segnava la fine di tutto.
E senza neanche il tempo di chiedersi a cosa lei si riferisse, di guardarla con aria confusa, la mente di Damon fu invasa dal buio. In un movimento rapido e sofferto, Summer gli aveva spezzato l'osso del collo, poi, cingendo le sue spalle con un braccio e afferrando la sua nuca con l'altra mano, lo tenne stretto al petto per un lungo istante, inspirando il suo profumo. Con delicatezza, adagiò il suo capo al cuscino, posandogli anche i piedi sul letto. Gli accarezzò dolcemente la fronte, tremendamente dispiaciuta per il dolore che avrebbe sentito al suo risveglio. Ma era stato un gesto necessario: Damon non avrebbe mai accettato la sua scelta, non le avrebbe mai permesso di affrontare Klaus da sola.
Il tempo di un'ultima carezza, di guardarlo con amore, chiedendosi se sarebbe stata l'ultima volta, e poi si allontanò dalla sua stanza.

Rapidamente, raggiunse l'auto di Lily, parcheggiata di fronte alla dimora.
Aprì il portabagagli e sollevò la copertura nera e vellutata del doppio fondo.
Al suo interno vi era un baule rettangolare, sottile e rigido, con un manico di cuoio nel centro.
Lo portò in camera sua e lo sistemò sul letto.
Lo aprì. Paletti, spade e pugnali di ogni genere: l'arsenale personale di Kendra; e Summer pensò a lei, quando afferrò le due spade visibilmente più pregiate: avrebbe sicuramente apprezzato la sua scelta. Le battaglie finali devono essere affrontate con stile, diceva sempre l'osservatrice. Lasciò la stanza e, percorrendo il corridoio, diede un'ultima occhiata al corpo di Damon.
Respirò profondamente, e poi pensieri bellicosi e spietati plasmarono il suo sguardo, rendendolo determinato e fiammeggiante.


*** ***

Klaus se ne stava al centro di quello spazio, invaso dai ricordi.
Lì, aveva spezzato la maledizione: quel posto avrebbe dovuto segnare la fine del suo calvario e l'inizio di una nuova e gloriosa era, ed invece quel rito non era stato altro che una presa in giro da parte del destino. La scelta di quel luogo lo innervosiva a dismisura. Continuò a perdersi in quei ricordi: lo scenario era nettamente cambiato da quella notte, in cui tre cerchi di fuoco e tre donne impaurite avrebbero dovuto segnare l'avvento dell'inferno, del suo trionfo; ora l'inverno aveva preso il sopravvento, ricoprendo quel terreno con un sottile strato di neve, che metteva ancora più in evidenza il perimetro circolare del luogo. Adesso sembrava un'arena. Gli alberi spogli sarebbero stati gli unici spettatori della sua vittoria. Perché quella cacciatrice, senza la sua strega, non aveva possibilità di vincere! Era riuscita a colpirlo, di questo ne prendeva atto. Cinquecento anni prima, Esmaél, con quello stesso pugnale, non era riuscita neanche a graffiarlo, ma questo non significava nulla! Lei sarebbe morta e lui avrebbe trionfato: la sua mente non ammetteva scenari diversi da quello! Una volta uccisa la cacciatrice, avrebbe trovato una nuova strega ed Elena, e la maledizione sarebbe stata spezzata una volta per tutte!
Poco dopo, Summer si materializzò alle sue spalle. La super velocità aveva reso quella comparsa un atto quasi spettrale.
Klaus avvertì la sua presenza e si girò con tracotante lentezza.
«Adoro le persone puntuali!» disse, osservando di sbieco le due spade strette dalle sue mani, con le punte che sfioravano il suolo.
«Poche chiacchiere, Klaus. Piuttosto...» gli lanciò una spada, e lui l'afferrò con una mossa di riflesso «cerchiamo di renderlo epico!».
L'ibrido la guardò attentamente con un sorrisino sia compiaciuto che di circostanza: la grinta di quella ragazza lo sorprendeva, agitandolo al tempo stesso.
«Come desideri. Ma ricorda di essere stata tu a volerlo!» non perse tempo, si scagliò su di lei con un primo colpo alto, che la cacciatrice parò senza problemi, poi ancora un altro, dalla parte opposta, ed uno basso.
L'originario capì che non sarebbe stato facile come si aspettava. Quella ragazza aveva una fiamma viva e agguerrita che le ardeva negli occhi: gli suggeriva che si sarebbe battuta fino alla morte. Odiava quel genere di cacciatrice! Quelle che si abituavano così tanto al pensiero della morte, che finivano per diventare le sue più degne rappresentanti!
Ed in effetti, era ciò che Summer era sempre stata, una portatrice di morte, proprio come lui, ma adesso era molto di più, ed era molto più pericolosa.
La cacciatrice, quel ruolo che aveva sempre vestito alla perfezione, fino ad entrarle nelle vene, aveva trovato una valida alleata: una ragazza innamorata.
Quell'anima divisa in due nell'amore aveva trovato la sua perfetta unione, il suo giusto equilibrio.

E non era più la storia di una cacciatrice che, per sopravvivere, uccideva la debole ragazza, che le sarebbe stata altrimenti d'intralcio; esse avevano finalmente trovato un accordo, un punto in comune per collaborare e vincere.

Altri colpi, lame che si incrociavano ad X, emettendo lo stridulo rumore del ferro battuto. Entrambi a voler guadagnare spazio sull'altro, entrambi sorretti da forti motivazioni, che esasperavano la loro voglia di vincere.

Era la battaglia finale, quella che ogni cacciatrice teme e sogna. Erano sentimenti che si tramutavano in nuova forza; era coraggio che, chiamato a proteggere gli altri, ad andare oltre i confini della propria persona, trovava la sua massima glorificazione.

Ancora colpi, altri rumori, il cielo che con le sue nubi dense non concedeva spiragli alla luce del sole.
L'ibrido dovette fare i conti con la forza inaspettata della cacciatrice, non sembrava la stessa ragazza con cui si era battuto la sera prima: una luce accecante come la rabbia e pura come l'amore faceva brillare i suoi occhi. La concentrazione, la grinta e l'ostinazione con cui Summer si batteva riuscivano a smuovere la sicurezza di Klaus, che non era mai stato messo in una simile difficoltà da un avversario.

E se ne sorprendeva lei stessa della forza che possedeva, di quel surplus di energia che accompagnava ogni suo movimento.
Era la disperazione? Era il suo scatto finale?
Sapeva bene che quella forza se da un lato l'aiutava dall'altro la consumava velocemente...


Summer, in un momento in cui l'ibrido le fu più vicino, afferrò il polso con cui lui teneva la spada, e poi subito anche l'altro. Una lotta di forza che durò meno di un minuto e poi lo allontanò con un calcio.
Klaus barcollò lievemente ma, quasi immediatamente, si lanciò su di lei emettendo un ringhio rabbioso. La sua abilità l'aveva colto di sorpresa, ma era arrivato il momento di reagire!
Prima che lei potesse alzare la lama contro di lui, mettendosi più di lato, l'ibrido riuscì ad afferrarle il polso che maneggiava la spada, poi, tenendolo fermo e posizionandosi alle sue spalle, cercò di tagliarle la gola, ma Summer, con il braccio libero, allontanava quella mano per non farsi tagliare. L'ibrido si trasformò, mettendo in vista i canini aguzzi. Con un gesto del mento liberò il suo collo dalla maggior parte dei capelli e poi la morse avidamente. Iniziò a bere il suo sangue, gustandolo come se fosse stato lo champagne della vittoria. Summer doveva resistere, se avesse ceduto, se la debolezza avesse preso il sopravvento, la lama della spada le avrebbe lacerato la gola.
Cercava di farsi forza con tutta se stessa, sudando ed emettendo soffocati gemiti di dolore.
La mano con cui allontanava la spada che iniziava a tremare, l'altro braccio immobilizzato dalla sua stretta.
Restarono bloccati in quella posizione per qualche minuto: dietro di lei, Klaus, con la sua mancina, teneva la mano destra di Summer bloccata sul suo fianco, con l'altro braccio, cinto intorno alla sua spalla, cercava di tagliarle la gola, il tutto continuando a nutrirsi del suo sangue.
Un senso di freddo che invadeva il suo corpo, un sudore algido che le bagnava i capelli. Ma non poteva arrendersi! Non era ancora finita!
Con uno sforzo immane, dettato per lo più da un'incredibile forza emotiva, Summer riuscì ad allontanare la spada di Klaus e a liberare il suo collo, con un movimento secco verso il lato opposto al volto dell'ibrido, ma questo le provocò una lacerazione profonda e dolorosa. Girando parzialmente su se stessa, con un calcio ben piazzato nel suo addome riuscì a liberare anche l'altro braccio da quella presa.
Subito si portò la mano sul collo. Era sfuggita alla morsa di una trappola senza poterla allentare: la sua carne bruciava e zampillava sangue, mentre la debolezza le provocava un leggero abbagliamento di vista e un forte senso di vertigine.
Klaus la guardava con uno sguardo assetato e avido: il sangue della cacciatrice gli era entrato in circolo, amplificando la sua sete di potere e illuminando le sue sicurezze. Le venature scure intorno ai suoi occhi gli donavano l'aspetto di un vero demonio, mentre si asciugava il sangue che ancora colorava le sue labbra.
«Però! Davvero impressionante! Sei riuscita a ritardare di qualche minuto il momento della tua morte! Devi esserne davvero fiera...»
Sorrise beffardo: anche se gli sembrava più agguerrita, forte e resistente della sera precedente, sentiva di poter vincere.
Summer lo guardò di sbieco. «Mi sembrava di avertelo già fatto capire: non sono in vena di ascoltare queste tue patetiche battute da film!»
E lo scontro riprese nuovamente.


*** ***

In lenti attimi di stordimento, Damon riprese conoscenza.
La vista leggermente offuscata, il collo dolorante.
Si alzò con la schiena, mettendosi a sedere. Dopo ulteriori secondi di disorientamento, riuscì a mettere a fuoco ciò che era successo: Summer gli aveva spezzato l'osso del collo. Perché l'aveva fatto? Cosa diavolo aveva in mente?
Si alzò e con un fare rapido prese una camicia dall'armadio. Mentre la indossava, si avviò verso la stanza di Summer. Com'era prevedibile, lei non c'era. Il baule posto sul letto lo incuriosì, facendolo avvicinare. Lo osservò attentamente: era un vero e proprio arsenale da guerra. In quel momento, capì che Summer gli aveva mentito spudoratamente: sapeva bene dove fosse Klaus! E non lo voleva tra i piedi! Era chiaro! Avrebbe dovuto sentirsi arrabbiato, e in un primo istante fu così: la collera gli bruciò il petto; ma subito capì che non c'era tempo per sentirsi in quel modo. Velocemente, uscì di casa raggiungendo la jeep. Dove potevano essere?

Un ringhio di fastidio e preoccupazione precedette la messa in moto. Il vampiro iniziò a girovagare per le strade di Mystic Falls senza una meta.
Il petto stretto in una morsa, il nervosismo alle stelle, l'angoscia che dava vita a pensieri scomodi.
Non posso perderti...” la voce di Summer che echeggiava nella sua testa.
Da una parte lo scioglieva e dall'altra lo faceva infuriare!
E lui, allora? Poteva?! Dio, quanto odiava il fatto di non essere forte quanto lei! Se lo fosse stato, le avrebbe sottratto il pugnale, l'avrebbe legata e rinchiusa nella sua cantina fino alla fine di quella storia! Odiava quando non poteva fare il prepotente! Era per questa dannata ragione che l'amava così tanto? Perché non aveva il minimo controllo su quella cacciatrice psicopatica e impulsiva?
Era convinta che lui non l'avrebbe perdonata ed invece poteva, perché erano dannatamente simili e poteva capirla meglio di chiunque altro.
Adesso sapeva ciò che lei provava...
Adesso poteva affrontare ogni cosa!


Isn`t it time you got over how fragile you are?
Non è tempo di porre fine a quanto tu sia fragile?



Tentò di calmarsi per la seconda volta. Doveva necessariamente mantenere la lucidità.
Cercò di pensare, di fare mente locale, di cercare degli indizi nelle precedenti conversazioni, ma nulla: non aveva idea di dove potessero essere.
Pensò di chiamare Liz per far localizzare il telefono di Summer con il GPS; ma poi ricordò delle chiare parole della ragazza – dette quasi per scherzo e in un momento di tranquillità – che potevano rispecchiare la realtà: “Se mai dovessi affrontare Klaus, qui a Mystic Falls, mi piacerebbe farlo nello stesso luogo in cui ha spezzato la maledizione”.
L'inversione di marcia fece sgommare le ruote segnando l'asfalto.
Si stava facendo guidare dall'istinto e non sapeva se quella fosse la scelta giusta, ma, in mancanza di momentanee alternative, Damon si avviò verso il bosco.
La macchina lasciava il centro cittadino in manovre azzardate e curve veloci, palesando l'ansia incontrollata del suo guidatore.
Il vampiro aveva assaporato un momento di felicità puro e tangibile, ed ora era come se lo stesse ripagando con gli interessi. La sua anima come schiacciata dalla paura di perderla.
Sì addentrò con l'auto fin dove gli fu possibile e poi uscì rapidamente per continuare con la super velocità, sperando, con tutte le sue forze, che fosse il luogo giusto.

Shine - Anna Nalick


*** ***

Ancora lame che cozzavano, altri rumori ferrosi, Summer e Klaus si scontravano senza darsi tregua.
L'ibrido era sempre più colpito dalla combattività di quella ragazza: nessuna cacciatrice gli aveva mai dato tanto filo da torcere, non si era mai sentito tanto in difficoltà. Da dove diavolo prendeva tutta quella forza?
Decise di non farsi intimorire, la tenacia della cacciatrice avrebbe solo glorificato maggiormente il momento della sua vittoria, pensò, mentre schivava un altro fendente.
La vista di Summer subì l'ennesimo calo improvviso. Ce la stava mettendo tutta per essere all'altezza di Klaus, ma quello sforzo fisico eccessivo stava esaurendo tutte le sue energie: era una macchina che, spinta al massimo della sua velocità, consumava velocemente tutto il suo carburante.
In quell'attimo, Klaus ne approfittò per un attacco più deciso. Oltrepassò l'addome della ragazza con un colpo netto e poi cacciò fuori la lama con un ghigno stampato sul viso. Si godette la scena di lei che si toccava la pelle con un 'espressione pallida di dolore e morte e poi esclamò:
«Questa è la tua fine!» un altro colpo, ma lei non si arrendeva. Non poteva perdere! Non era ancora tempo per morire! Fino al suo ultimo respiro, avrebbe combattuto con coraggio: Klaus doveva morire prima di lei! Cercò di annidare il dolore in qualche angolo remoto della mente, con la consapevolezza che presto sarebbe dovuta andare lì a riprenderlo. Non poteva arrendersi, doveva resistere ancora un po'.
Parò il colpo di Klaus, facendo roteare la sua spada in senso antiorario.
«L'hai dato per certo troppo presto!» quando quest'ultima fu nel suo punto più basso, con una mossa di agilità, riuscì a strattonarla dalle mani dell'ibrido. La spada finì a qualche metro di distanza e Klaus la seguì con lo sguardo. In quell'attimo di distrazione, con un calcio ben piazzato, Summer lo fece cadere a terra, e per lui non ci fu neanche il tempo di mettere a fuoco l'intera scena, che fu rapida, spietata, bruciata velocemente dalla rabbia e dalla disperazione della cacciatrice. Summer conficcò la spada al centro del suo esofago, fino a bloccarlo al suolo. Nell'istante in cui Klaus emise un colpo di tosse colmo di sangue, la cacciatrice estrasse il pugnale dalla tasca interna del suo giubbotto, con un movimento del pollice lo liberò dalla guaina, che quindi cadde a terra, poi si inginocchiò e colpì il cuore dell'ibrido con forza e velocità, facendo penetrare la lama fino all'elsa.
Rabbia e disperazione avevano animato quel gesto, rendendolo liberatorio e benefico. La mano di Summer iniziò a tremare: non riusciva a crederci!
Un urlo forte e rauco uscì dalle labbra dell'ibrido: la sua carne fu pervasa da scosse elettriche di colore rosso scarlatto, gli occhi spalancati, gli arti che si muovevano in scatti convulsi. Summer si alzò indietreggiando. Non poteva crederci: era tutto finito!
Piano arrivò al tronco di un albero, vi si poggiò e continuò ad osservare quella scena cruenta con un'espressione incredula.
Nel momento in cui la schiena aderì al legno pesantemente, un senso di estrema debolezza pervase ogni centimetro del suo corpo. Il dolore all'addome si animò all'istante: le viscere le si contorcevano in movimenti infuocati. Diede un'occhiata alla sua ferita per valutarne l'entità: il sangue colava lentamente ma senza accennare a fermarsi, il tessuto di jeans che fasciava le gambe era divenuto logoro e scuro. Era troppo debole, e la sua pelle non riusciva a guarire con la solita velocità. Un colpo di tosse le fece sputare altro sangue, che a fatica pulì con la mano. Su di lei, un sentore di morte era sceso come un velo nero messo davanti ai suoi occhi. Tutto stava diventando irreale: il corpo di Klaus, nella neve, che si contorceva e piano moriva sembrava solo un sogno. Persino le sue grida si erano improvvisamente ovattate, sostituite da insistenti ronzii che accentuavano i suoi capogiri.
La debolezza le impediva di compiere qualsiasi gesto: avrebbe dovuto correre al più vicino ospedale, ma in quel momento le sarebbe risultato impegnativo e lancinante anche un semplice passo in avanti. Ma per lei non aveva importanza: se il suo destino era quello di morire in quell'istante lo avrebbe accettato, felice di aver portato a termine la sua missione, di aver liberato il mondo da un terribile demone, ma, soprattutto, di aver protetto le persone che amava.
Damon. Lily. La sua vittoria era dedicata esclusivamente a loro.
Si chiese se Harris e Kendra l'avessero vista, se fossero stati fieri di lei.
Un sorriso comparve sul suo volto, mentre le palpebre diventavano sempre più pesanti.
I battiti del cuore sempre più irregolari, il viso sempre più pallido.
Alzò il volto verso il cielo, respirando pesantemente: adesso era diventata una tortura anche quel gesto così naturale e semplice.
Davanti ai suoi occhi un ricordo così vivido da sembrare reale: la vista del mare che la calmava da bambina; e ricordò che quello stesso colore l'aveva visto più volte negli occhi di Damon, quando il cielo era scuro.
Due copiose lacrime le rigarono il volto.
Gioia mista a dolore, ma anche alla paura della morte, che colpisce anche i guerrieri più valorosi.
Chiuse gli occhi, voleva solo riposare, ma non le fu concesso. Improvvisamente, come un incubo che ritornava con insistenza, una risata, arrochita e perfida, la riportò in vita all'istante.
Summer spalancò gli occhi per lo stupore: Klaus aveva alzato un braccio ed ora si stava liberando della spada che lo teneva incastrato al suolo.
Lei guardava senza la forza di emettere alcun suono, neanche di battere ciglio. Cosa significava? Non poteva essere! Dove aveva sbagliato?! Non poteva aver mancato il suo cuore, non era possibile! Ma allora...cosa stava succedendo?
Klaus gettò di lato la spada con un'espressione infastidita, si alzò col busto, guardò il pugnale e poi lo estrasse dal suo petto.
Il suo volto assunse delle terribili espressioni di dolore, le urla soffocate dall'orgoglio.
Le scariche elettriche non smettevano di torturare le membra del suo corpo, che quindi continuava a bruciare internamente, senza dargli un accenno di tregua.
«I miei complimenti, cacciatrice, sei riuscita ad uccidere il lupo...» mormorò con voce affannata dal dolore ed uno sguardo feroce.
Summer aprì ancora di più gli occhi, il respiro le si bloccava in gola.
Cosa voleva dire?
L'originario si guardò intorno, afferrò la guaina di legno adagiata sulla neve e osservò Summer con aria truce ma vittoriosa. Ci aveva pensato innumerevoli volte, aveva avuto quel sospetto per mille anni e alla fine si era rivelato fondato.
«Ora lascia che ti mostri quello che avresti dovuto fare... per uccidere il vampiro...» prese la guaina e foderò la lama: i sei petali centrali del fiore di loto si illuminarono all'istante. Summer deglutì forte, adesso capiva ogni cosa: la guaina era di legno, un doppio colpo. Perché nessuno gliel'aveva detto? Perché nessuno ne era a conoscenza?
Klaus si alzò a fatica, il suo corpo era stremato e dolorante, ma doveva necessariamente trovare le ultime energie: quella donna non poteva continuare a vivere, non dopo quello che aveva osato fargli! «Lascia che te lo mostri sulla tua dannatissima pelle!» e in un attimo le si scagliò addosso. Summer non poté fare altro che chiudere forte gli occhi; aveva cercato di scansarsi, ma il suo corpo non aveva collaborato: era troppo debole per uno scatto di velocità, era troppo debole per ogni cosa; ma, soprattutto, era ancora preda dello shock, di quella rivelazione che non si sarebbe mai aspettata. Stava per morire, così com'era morta ogni sua speranza, ogni gioia provata per quella vittoria illusoria. Tenne gli occhi chiusi per qualche secondo, ma quando il tempo che avrebbe dovuto decretare la sua morte passò senza che lei avesse avvertito nulla, li riaprì con forza, e tutto quello che vide furono le iridi di Damon, azzurre e luminose, che si offrivano a lei in un ultimo sguardo pieno d'amore.


We`re all waiting
Waiting on your Supernova
Cause that`s who you are
Stiamo tutti aspettando
Aspettando la tua Supernova
Perché questo è ciò che sei




Il cuore di Summer sembrò collassare, implodere fino a generare un vuoto che inghiottiva e smarriva.
Quello sguardo parve durare un'eternità.
Parole taciute risplendevano in quelle iridi di cielo addensato: l'amore che si confessava nel solo modo in cui ora poteva, perché non aveva più tempo per esprimersi a voce.
Damon ci era riuscito, l'aveva salvata.
Sul suo volto era impresso un bagliore di serenità.
Aveva salvato la donna che amava e che ricambiava il suo amore.
Una luminosità che contrastava con l'oscurità a cui stava andando in contro.
Una stella nel suo ultimo attimo di vita che esplodeva con forza, donando luce all'intera galassia.
Una Supernova.

Damon chiuse gli occhi per sempre, mentre Klaus estraeva il pugnale dal suo cuore con un gesto secco e carico di un'ulteriore collera: quella comparsa lo aveva colto di sorpresa, guastando la sua ultima azione. Potendo vedere solo la sua schiena, l'ibrido non aveva idea di chi fosse lo sfortunato cavaliere che aveva sacrificato la sua vita per proteggere la cacciatrice.
Il vampiro cadde esanime sul corpo di Summer, che subito lo sostenne abbracciandolo, poi la terra sembrò sgretolarsi sotto ai suoi piedi, sentì la sua anima precipitare in quel baratro, e le gambe accompagnarono quella sensazione inginocchiandosi pesantemente.
Lo teneva tra le braccia con un'espressione priva di coscienza, ancora estraniata da quella realtà che presto l'avrebbe annientata.
Corpo e anima in tempi sfasati: l'anima ancora congelata nell'attimo addietro, nello sguardo dolce di Damon.
La vista ridotta ad un velo bianco calato improvvisamente sui suoi occhi.
Dopo averlo osservato bene, Klaus riconobbe quell'uomo senza sforzo: Damon Salvatore. Perfetto! Pensò crudelmente.
Alla fine aveva avuto anche la sua vendetta su Stefan!

Con delicatezza, la cacciatrice accarezzò il volto del vampiro.
«Damon...» bisbigliò, nell'ingenua illusione che potesse svegliarsi.
«Damon...» continuò senza che lui potesse ascoltarla e, inesorabilmente, la realtà, la consapevolezza che non lo avrebbe mai più rivisto con gli occhi aperti che le sorrideva dolcemente, magari dopo la solita battutina irriverente, scatenò tutto il dolore che era capace di provare.
Lacrime copiose, veloci, pesanti, le rigarono il volto.
Una sensazione di soffocamento, mille pugnalate fredde nel suo cuore, il mondo che si riduceva fino a stritolarla.
Non poteva essere vero! Non era giusto! Aveva fatto di tutto per proteggerlo! Non poteva finire così!
Klaus osservò la scena con distacco.
Ascoltò attentamente il cuore di Summer: irregolare e tendenzialmente debole. La scrutò minuziosamente: lordata di sangue e pallida. Sarebbe morta di lì a poco, ma sembrava che la sua anima stesse già bruciando all'inferno. Era amore tutto quel dolore che sfigurava il suo viso? Che continuava a far sgorgare inutili lacrime dai suoi occhi?
Allora quella sarebbe stata la sua giusta punizione! La cacciatrice amava quell'irritante vampiro...ottimo! L'avrebbe pianto fino al suo ultimo respiro! Era una vendetta perfetta. Lei gli aveva tolto ciò che aveva agognato per mille anni, il suo riscatto, la sua unica possibilità di libertà e salvezza.
No, non poteva ucciderla! Per lei quella veloce liberazione dal dolore non sarebbe stata altro che un regalo!
Con le ultime energie, si allontanò addentrandosi nel bosco. C'era una strega che poteva svegliarsi da un momento all'altro e lui non era in condizione di affrontarla: il suo corpo continuava a bruciare, e per di più ora doveva sbarazzarsi di quel pugnale per l'ennesima volta, e doveva farlo prima che finisse nuovamente in mani nemiche. Doveva scappare lontano, prima che quella semi-vittoria gli sfuggisse dalle mani.

Della fuga di Klaus, Summer non se ne accorse neanche. In quel momento, il suo cuore, i suoi occhi e tutti i suoi pensieri erano rivolti a Damon: tutto ciò che li circondava, semplicemente, non esisteva.
Con la schiena poggiata al tronco dell'albero, Summer continuava a stringere a sé il suo corpo, quasi cullandolo. I capelli attaccati al viso dalle lacrime e dal sudore. Le labbra singhiozzanti, deformate dal dolore, poggiate sulla fronte del vampiro.
Le lacrime le scivolavano lungo le guance e bagnavano la pelle fredda di Damon, divenuta bianca come la neve che dominava lo scenario.
Summer fece una carezza al suo viso, a quell'espressione di tenerezza congelata dalla morte. No! Non poteva essere quella la realtà! Era ingiusto! Era dannatamente ingiusto!
«Damon, no!... Ti prego...» corrotta dai singhiozzi, una supplica ingenua affinché lui riaprisse gli occhi, affinché il tempo tornasse indietro, affinché ci fosse un minimo di giustizia.


Won`t you shine, shine, shine, shine over shadow?
Non vuoi brillare sull'oscurità?


Un'altra carezza col dorso delle dita, leggere e quasi esitanti.
«Io ti amo...» parole soffiate sul suo volto da labbra contratte, bagnate di lacrime. L'anima che si lacerava, che si strappava irrimediabilmente. Nella sua mente quella frase aveva sempre avuto un'eco di dolore, ma era nulla in confronto a ciò che stava provando adesso.

E nell'attimo in cui sono rapportate alla morte, tutte la paure si rimpiccioliscono, fino a diventare insignificanti paranoie...
Quel fantasma, adesso, non era altro che un'ombra innocua.


Damon era morto e quelle, ormai, erano parole che non attraversavano la sua pelle, che non riempivano il suo cuore, che non s'imprimevano nei suoi occhi azzurri, che si sarebbero spalancati di gioia e stupore. Parole che si perdevano nel vuoto, che si riducevano ad un sibilo trascinato via dal vento, che morivano insieme alla stessa speranza che le aveva generate.
Lui non si sarebbe svegliato solo per quel motivo: era una fantasia illogica, che nel momento in cui si confrontava alla realtà diveniva spietata e crudele.


Shine, shine, shine, shine over shadow!
Splendi sull'oscurità!


Era troppo tardi per dirgli che lo amava.
Era troppo tardi per ogni cosa.
E non vi era stato neanche il tempo per un addio.

Damon non avrebbe mai più riaperto gli occhi.
Come avrebbe fatto a sopportare una vita in cui le sarebbe mancato in ogni istante?!
Lo strinse a sé con più forza. Malgrado l'urto doloroso della realtà, non riusciva ad arrendersi all'idea che quello non fosse altro che un corpo vuoto, che Damon fosse svanito per sempre.
Lo strinse a sé quasi per cercarlo, per percepire qualcosa della sua essenza, ed aggrapparsi a quest'ultima fino alla fine.
Ma quello era solo il suo corpo: Damon non c'era più.
Presto o tardi avrebbe dovuto accettarlo.
E Summer si sentì sollevata al pensiero che il suo cuore stesse cedendo... che presto sarebbe morta con lui...


And you`ve only begun to shine...
E hai appena iniziato a brillare...


*** ***

Nel mezzo del bosco, Klaus fu costretto a fermarsi a causa di una fitta al petto che sembrò squartarglielo: l'effetto tramortente del pugnale non si era ancora placato. Si poggiò ad un albero per riprendere fiato.
Il suo lato mannaro era stato ucciso, e probabilmente era quest'ultimo a continuare a bruciare incessantemente nelle sue viscere.
Diede un'occhiata a quell'arma.
Era stata sua madre a crearla...
Sua madre aveva creato un pugnale appositamente per ucciderlo.
Lo considerava un abominio, più degli altri suoi figli?
Era stata lei a tramutarli in vampiri, era stata lei a tradire Mikael e a renderlo diverso dagli altri! A farlo vivere con l'odio perenne di quell'uomo che era costretto a chiamare padre. Gli errori di quella donna continuavano a perseguitarlo, anche a mille anni di distanza, anche dopo averle strappato il cuore. Mikael gli aveva giurato vendetta e diventare un ibrido, metter su un esercito di esseri più potenti dei vampiri, poteva essere la sua unica salvezza.
Ora era condannato! Avrebbe dovuto passare l'eternità a scappare da quell'uomo!
Il rancore, amplificato dall'effetto psicoattivo del sangue della cacciatrice, che ancora circolava nel suo corpo, divampò nel suo petto in una fiamma gelida che si propagò fino alla gola. Il viso avvampò di rabbia, gli occhi si colmarono di lacrime e, in un attimo, esse rigarono il suo volto. Tutto ciò che aveva agognato per mille anni era andato perduto. Asciugò la prova di quelle emozioni traditrici col dorso della mano, ricoperto dalla stoffa leggera della sua maglia.
Rimise la guaina a quel pugnale e lo infilò nel jeans.
Un dettaglio importante era sfuggito ai suoi occhi lucidi: i petali del fiore che si illuminavano erano soltanto cinque...


Yeah, you`ve only begun to shine...





Angolino di Nana

Eccomi qui dopo il solito ritardo mostruoso.
La lunghezza del
capiro (capitolo+papiro) è stata una delle cause di questo ritardo.
Ma bando alle ciance:

La citazione a inizio capitolo è stata presa
dal sito www.lngs.infn.it

Stefan, in questo capitolo, era
in modalità 3x03, ricordate?

Ho scritto che Damon non credeva nella guerra, perché gli stati Confederati erano quelli che lottavano (tra le tante ragioni) per mantenere la schiavitù, e mi piace pensare che lui fosse contrario. La guerra civile americana è un terreno a me oscuro, non mi addentro, ma se ho fatto una gaffe vi prego di segnalarmela.

Klaus accetta la sfida di Summer, credendo alle sue parole. Si allontana addirittura dall'ospedale. Mi piace evidenziare questo suo aspetto di “uomo d'altri tempi” e di questa importanza legata alla parola data. Come tutte sappiamo, Klaus proviene da un'epoca in cui le persone andavano in contro a vere e proprie obbligazioni a fronte di una stretta di mano; ora questa cosa si è persa e si apre la bocca un po' a sproposito, così, quando posso, mi piace mettere in evidenza questa cosa (come nel cap. 51) e niente, questa più che una nota è una precisazione sulle scelte che prendo.
Anche in questa fic, Klaus ha il problemino del padre che vuole farlo fuori!!! (ma, in fondo, chi non ha problemi di questo tipo?!)
Spero che non sia sembrato troppo Ooc con le sue lacrimucce: ricordate che aveva ancora il sangue di Summer in circolo. *Nana si para il culetto*

Molte cose sono state lasciate indietro (come la questione Alaric/Clarissa), ma sapete bene che a tempo debito ritornerà tutto^^

La frase di Summer che viene in mente a Damon – quella sul luogo dello scontro – è quella del 44° cap. Pensavate che quella gita fosse stata messa a caso?^.-

Altre cose rilevanti non credo ce ne siano state, quindi passo avanti
(una raffica di frutta e ortaggi maturi colpisce Nana xD Le lettrici rivoglio Damon!)
*
Nana fa la gnorri e fischietta*

Come sempre ringrazio con tutto il cuore tutte le persone che mi lasceranno una traccia del loro passaggio con una recensione, anche piccola piccola*-*
E quelli che mi fanno sentire la loro presenza tenendo questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite.


E poi il solito ringraziamento generale a tutti,
ma dico tutti, quelli che hanno letto l'ennesimo capiro.

Spero che il capitolo sia piaciuto (Non puntare così in alto!)
Spero che non sia stato un magone insostenibile (Ecco, sei sulla strada giusta!)
Spero che non vi abbia fatto schifo! (Meglio, ma è ancora tanto!)
Spero che qualcuno l'abbia letto!!!^-^ (Bingo! Hai il vuoto intorno!)

Andiamo Palla di Fieno ...nessuno ci vuole!!! :(

*Nana piange, ma nessuno la calcola. Palla di Fieno la consola e tra loro due nasce l'amore. Si sposano e vivono per sempre felici e contenti* :D
Nella mente del lettore aleggia una domanda: ma questa che si fuma?o.O

Ok, ritorno seria: il capitolo è molto lungo e pesante. È stato impegnativo da scrivere e sono seriamente terrorizzata all'idea di pubblicarlo.
Nel bene o nel male, piaciuto o non piaciuto, spero che vi sia arrivata qualche piccola emozione.
Purtroppo non riesco mai a rendere le cose esattamente come le vorrei, ma almeno ci provo, e voi siete testimoni del mio impegno
(qualcuno ha notato che mi sto sforzando di scrivere in italiano non fantasioso?! Che poi la cosa mi riesca o meno, quello è un altro paio di maniche ù.ù)
Prima o poi imparerò, e allora vi farò versare fiumi di lacrime!!!xD Muahhahahaha!!!

Alla prossimaaaaa
Ciauuuuuuuuuu!!!!!


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Capitolo 55
*** Cinquantacinquesimo Capitolo ***






Ad Alice che non mi ha permesso di rinunciare.
Ad Alice a cui va il mio impegno nel continuo tentativo di migliorare.
Ad Alice l'accenno di Bondage che non potevo evitare xD







Proprio come la strega della sua visione, Lily sfiorò i petali del Fiore di Loto, e subito fu pervasa da una strana e forte sensazione.
Fu come varcare i cancelli della morte e andare ancora oltre, in un luogo ancora più buio, per poi ritornare attraverso un sentiero di luce.
[The Slayer – Cap. 52°]




*** 28 Dicembre ***
Parte 2^



Il mondo le appariva irreale. Il biancore della neve creava un riverbero accecante che le pungeva gli occhi; e il grigio denso del cielo la sovrastava trasmettendole una sensazione di pesantezza quasi asfissiante.
Gli occhi le facevano male, mentre scrutavano il luogo, quasi in cerca di un piccolo angolo in cui la realtà dei fatti fosse meno dolorosa. Privo di vita tra le sue braccia, il capo di Damon era rilassato sul suo petto. Summer avvertiva la totale mancanza di ogni tipo di rigidità nel corpo del vampiro; e adesso sentiva che anche il proprio andava lentamente affievolendo le ultime energie che le permettevano di restare vigile: a stento sentiva la forza per mantenere il collo dritto e le braccia salde e protettive attorno al corpo di lui. Tutto sembrava avvolto da una nebbia che la nascondeva allo scorrere del tempo.
Quanto aveva pianto? Summer non riusciva a quantificarlo; ma ora i suoi occhi reclamavano una pausa da quelle lacrime che l'avevano svuotata di ogni goccia di vita. Eppure era ancora lì, viva, a chiedersi perché il suo corpo si ostinasse a combattere: a rigenerarsi e a fronteggiare le tante ferite. Lei non aveva più nessuna voglia di vivere, ormai.
In quell'attimo pensò che fosse il desiderio di vendetta ad aggrapparsi con le unghie a quel mondo che ora non le apparteneva più.
Klaus? Dov'era finito? Quando era scappato? Perché non l'aveva uccisa?
Ma se era davvero quel pensiero ciò che la manteneva in vita, la vendetta sbagliava i suoi conti: Summer non poteva allontanarsi, non poteva muoversi neanche di un millimetro: farlo significava distanziare il corpo di Damon dal suo, e non ne aveva il coraggio: il gelo le avrebbe investito la pelle facendole rivivere la sua morte e portando con sé nuove e devastanti emozioni, che non avrebbe avuto la forza di riaffrontare.
In fondo, che c'era di male a voler morire avvolta da ciò che restava del calore di Damon?
Gli occhi si posarono nuovamente su di lui, e le lacrime ripresero a percorrerle le guance, come se in quel breve istante d'inattività si fossero rigenerate in tutta la loro pienezza.
La bocca le si contrasse in una smorfia sofferente. Perché non moriva? Perché il suo maledettissimo cuore non si fermava? Era come se il suo corpo continuasse a lottare per osservare fino alla fine quei lineamenti di cui era immensamente innamorata. Ma Summer sapeva che quegli occhi non si sarebbero riaperti, che non le avrebbero più mostrato quelle iridi di cielo in cui lei aveva trovato il proprio paradiso. Quindi, perché? Perché si stava aggrappando ostinatamente ad una vita che non voleva più vivere?
Il pianto riprese il suo fervore; e, mentre gli posava il mento sul capo, fece scorrere le dita in quella massa di capelli corvini per far aderire maggiormente il volto del vampiro al suo seno. Quella ritrovata forza di singhiozzare, seppur sommessamente, diede altro suono ai sibili di quel vento gelido, che faceva vibrare le ultime foglie secche ancorate ai rami degli alberi.
Perché? Perché non moriva? Perché il Cielo non la liberava da quella sofferenza? Continuava a chiedersi, mentre lo stringeva a sé con una forza che si misurava in dolore; poi, mentre l'ennesimo singhiozzo le bloccava il respiro, un pensiero, veloce ma afferrabile, fece spalancare i suoi occhi. Come se la mente le avesse mostrato un benevolo spettro, con le mani tremanti allontanò il capo di Damon per osservarlo meglio; e il suo cuore si mosse in un battito violento e quasi doloroso, quando ciò che vide si agganciò al pensiero che l'aveva portata ad agire, come una sorta di perfetto ingranaggio. Il volto del vampiro era niveo, perfetto, bello come lo era sempre stato, nei suoi lineamenti decisi che si addolcivano nella morbidezza delle labbra rosate e carnose.
Perché la sua pelle non si era raggrinzita, come quella di tutti i vampiri quando vengono colpiti in pieno cuore da un paletto di legno? Un fremito di agitazione, fatto di speranza e fantasia, le percorse lo stomaco fino a bloccarlesi nella gola. Passò ansiosamente la mano sulla schiena di Damon, proprio all'altezza del suo cuore; e sotto il tocco delle sue dita, tra la stoffa lacerata, sentì che la pelle del vampiro era completamente rimarginata: liscia come se nulla l'avesse colpito. Com'era possibile? Il suo pensiero volò subito al sangue di Klaus, che egli aveva bevuto poco prima, anche se non capiva in quale modo avesse potuto proteggerlo: in fondo, quel pugnale era stato creato appositamente per uccidere il vampiro originario...
Summer non riusciva a darsi una spiegazione motivata e coerente. Lo guardò stupefatta: la voglia di illudersi era immensa e pari solo alla paura di auto-ingannarsi, esponendosi ad altro e insopportabile dolore; ma la prima vinse la seconda, poiché spinta da quella forza sognatrice e ostinata intorno alla quale orbita ogni grande amore.
Quella speranza richiese una dose di ossigeno tale da farla ansimare; e ora il suo petto si muoveva rapidamente, seppur compresso dalla forza con cui aveva stretto nuovamente Damon a sé; e quando il cuore decelerò il ritmo del suo battito, quel pensiero assunse contorni ancor più reali, nonostante la sua totale mancanza di spiegazioni razionali. Scostò nuovamente il volto del vampiro per osservarlo, per far sì che quella pelle immutata desse maggiore forza alle sue convinzioni o, almeno, al disperato bisogno di queste ultime. No! Non poteva essere soltanto un'illusione! Damon si sarebbe svegliato! L'avrebbe fatto, ne era sicura! Il contrario avrebbe impresso nella sua anima una dannazione peggiore di quella che le si prospettava: perché tutto ciò che viene amplificato dall'aspettativa nella sua mancata realizzazione trova una doppia dose di amarezza; e Summer non avrebbe retto nuovamente quel dolore, non ora che la speranza l'aveva dolcemente affievolito. Non voleva neanche pensarci. Aveva trovato una fantasticheria pronta a fronteggiare quella tremenda realtà, e in essa voleva riporvi tutta la sua fede; voleva credere di avere ragione, sebbene quel pensiero non potesse avvalersi di nessuna logica conosciuta: Summer non aveva mai visto nulla di simile. Nessun vampiro era mai rimasto immutato dopo un colpo al cuore inferto con un paletto di legno. E se quel legno fosse stato creato per avere effetto solo ed esclusivamente su Klaus? Era un'ipotesi improbabile ma infinitamente più logica di quella legata al sangue. Fatto era che le sembrava di brancolare in un labirinto buio, ma ora finalmente dotato di una via d'uscita certa.
Era questo il motivo per cui il suo corpo continuava a resistere? Summer si convinse che una parte di lei – quella più recondita alla sua coscienza – lo avesse già capito, e che fosse stato proprio questo a tenerla in vita. Perché... sì! Fino a quando Damon non avesse riaperto gli occhi, lei sarebbe sopravvissuta!
«Damon...» bisbigliò con dolcezza, scuotendolo delicatamente, e mentre nei suoi occhi tremavano lacrime di lucente speranza. Ma il vampiro rimaneva immobile, privo di vita. La sua anima era ormai lontana dal suo corpo, come da quel mondo materiale e definito: era imprigionata in un luogo primordiale e tetro. Al contrario di ciò di cui si era convinta Summer, in quel momento, Damon era morto.


*** ***

Un raggio di sole era riuscito a farsi spazio tra le dense nubi, ed ora colpiva le palpebre di Lily, facendole reagire prontamente.
Un profondo senso di disorientamento e fiacchezza le dava la sensazione che qualcosa di immensamente pesante la stesse schiacciando sul materasso, e ciò durò per un lungo istante; poi la strega si alzò con la schiena, guardandosi intorno con aria confusa.
Si trovava su di un letto d'ospedale posizionato nell'angolo di una piccola stanza. Di fronte a lei vi era un armadietto metallico e alla sua destra una finestra da cui si intravedevano i contorni delle colline e il cielo plumbeo.
Mise a sedere, toccando il camice grigio che le avevano infilato.
Cos'era successo? Nella sua mente ancora il ricordo frastornante del cuore di Gloria... e poi la Luna, Klaus, Summer di lì a poco per ucciderlo. Non ricordava nient'altro. Dov'era Summer?
Sì alzò dirigendosi verso l'armadietto; vide che gli indumenti che le erano stati tolti e il suo cappottino lampone erano stati sistemati con cura al suo interno. Frugò nell'ampia tasca del cappotto per prendere il telefono. Provò a chiamare Summer, ma la segreteria partì tempestivamente. Nel petto della strega un nascente senso d'angoscia la destò definitivamente dal lieve torpore residuo. Ricordò per un breve istante una luce accecante, un rumore assordante ed il volto di una donna con un camice bianco e i capelli corti e brizzolati, che la guardava dall'alto. Cosa le era capitato? Mentre si rivestiva, si avvicinò al letto per sbirciare nella sua cartella medica. Era stata in coma! Non riusciva a crederci... non riusciva a focalizzare il momento in cui fosse successo, ma ricordava chiaramente la stanchezza che aveva invaso il suo corpo; aveva sfruttato il potere della luna contro Klaus, ma plasmarlo secondo le sue necessità era stato faticoso, proprio come uccidere Gloria e ricomporre il pugnale. Non ce l'aveva fatta; e un senso d'impotenza l'assalì, facendole provare qualcosa di molto simile alla vergogna. Ma Summer? Dov'era? Al peggio non voleva neanche pensarci. La conosceva bene: era certa che fosse stata lei a metterla in salvo. Certo, avrebbe potuto ottenere conferma dagli infermieri, ma preferì non farlo: non voleva che le facessero perdere del tempo prezioso con le solite noie burocratiche. Era stata Summer a portarla lì, ne era sicura; e questo significava che lei era riuscita a salvarsi. Ma perché ora non era lì con lei? Dov'era andata? Che fine aveva fatto Klaus?
Infilò il suo cappottino e legò velocemente i capelli nel suo solito chignon, mantenuto dalle tante pinze a forma di farfalla. I suoi gesti erano veloci ma riuscivano a mantenere una certa precisione. Lily riusciva a conservare la calma anche quando il suo cuore era in subbuglio. Lì dove le persone si facevano prendere dall'ansia e dai gesti convulsi ed inutili, lei riusciva ad essere pragmatica e controllata; ed uscì da quella stanza con una nonchalance tale da non farla saltare agli occhi degli infermieri, rapidamente convinti che fosse una delle tante rappresentanti farmaceutiche che solitamente facevano visita ai medici. E quando l'addetto alla sorveglianza cercò di fermarla, lei non fece altro che farfugliare una delle sue formule, continuando a camminare con calma, e questi si imbambolò, dimenticandola all'istante. Quando fu fuori dall'ospedale, però, il suo passò accelerò inevitabilmente.
Arrivata al parcheggio, scelse velocemente un'auto. Con un gesto della mano fece scattare la serratura, mettendola automaticamente in moto. Lily odiava servirsi di questi mezzucci, ma sapeva bene che vi erano casi in cui erano necessari. Sperò di poterla restituire una volta vinta la battaglia, ma quel pensiero fu sostituito rapidamente da cose più importanti: ora doveva stabilire la sua meta; e, dopo averci riflettuto brevemente, decise di recarsi a casa di Damon: lì vi era la mappa localizzatrice, creata sfruttando il legame tra il corpo di Klaus e l'anima di Esmaél, ovvero sfruttando il rancore di un morto verso il suo uccisore. Era certa che questa le avrebbe dato la sua giusta ubicazione e lì, forse, avrebbe trovato anche Summer.

Le ci vollero pochi minuti per raggiungere il pensionato; Lily uscì rapidamente dalla piccola monovolume grigia e si affrettò ad entrarvi.
Sentiva il cuore batterle nel vuoto dello stomaco, mentre spalancava la porta e pronunciava:« Summer, Summer, sei qui?», ma aspettandosi a priori di percepire solo un avvilente silenzio come risposta. Varcò la soglia della camera di Summer e lì, sul letto, vide l'arsenale di Kendra in bella mostra, notando subito che al suo interno mancavano delle spade. Angosciata, uscì dalla stanza dell'amica per entrare in quella di Damon e cogliere altri indizi; dopo una prima occhiata, che le aveva fatto sembrare quel gesto inutile, venne colpita dall'immagine di una bottiglietta posata sul comodino. Al suo interno era chiaramente contenuto del sangue; si avvicinò e l'afferrò. Un attimo dopo, una visione del passato le invase la mente con forza: era Klaus che premeva il pugno, facendo sgorgare sangue al suo interno. Lily spalancò gli occhi. Il sangue di Klaus in quella boccetta, poteva essere? Eppure, le sue visioni non avevano mai fallito. La sistemò velocemente nella sua borsa. Se avesse trovato Summer in difficoltà, o peggio, avrebbe provato a darglielo. E se...e se quel sangue fosse già servito per guarirla? Perché l'aveva trovato sul comodino? Per cosa era servito? Tutte quelle domande la facevano stare incredibilmente male. Ma non era da lei pensare subito al peggio, e quindi cancellò quel pensiero dalla sua mente ancor prima di averlo formulato nella sua interezza.
Raggiunse il salotto e si inginocchiò di fronte al piccolo tavolinetto, posando le mani sulla mappa. Gli occhi scorsero i perimetri di Mystic Falls quasi febbrilmente, ma nulla! La goccia di cera era sparita. Com'era stato possibile? Solo la morte di Klaus poteva annullare quell'incantesimo e, per un breve istante, quella consapevolezza la fece sentire felice e sollevata; ma i suoi poteri sensitivi erano troppo forti affinché non percepisse la nota stonata della realtà dei fatti; così il suo entusiasmo si dissolse rapidamente. Se Klaus era morto, doveva averne la certezza, e soprattutto doveva accertarsi che Summer fosse sopravvissuta.
Con la gola stretta in un nodo, si alzò, pronta ad uscire. L'unico luogo che le veniva in mente, per ora, era quello in cui si era svolto l'ultimo scontro. Doveva recarsi lì e cercare indizi di ciò che era accaduto dopo il suo svenimento...


*** ***

Buio. Silenzio. Ormai si sentiva parte inscindibile di quella dimensione fatta di sola oscurità. Tutto ciò che percepiva sembrava essere fuori come dentro di lui; ma quel tutto si riduceva ad un senso di tenebra che lo avvolgeva da ogni lato, ad una pesantezza che schiacciava la sua anima nella profondità di quello spazio.
Damon era divenuto il vuoto, il buio fitto, il silenzio; e non poteva scindere da questi elementi. Erano ciò che adesso era, e ciò che percepiva sarebbe sempre stato. Aveva oltrepassato il mondo dei morti, finendo nella desolazione del nulla, con una sola goccia di coscienza a renderlo consapevole di quella dannazione. Ma poi, improvvisamente, in quel manto di tenebra densa, scorse un punto di luce, inizialmente piccolo ma via via sempre più grande ed accecante; e sentì la sua anima che, inchiodata al fondo di quella dimensione da catene di rimorso e colpa, diveniva inaspettatamente leggera, fino a sentirla attratta con forza da quella stessa luce. E come un Fiore di Loto che dal fondo di uno stagno viene spinto dall'acqua verso la sua superficie, per emergere, limpido e pulito, alla calda luce dal sole, Damon attraversò l'oscurità di quella dimensione
...ed aprì gli occhi.
Prese aria con una forte boccata, sentendosi confuso e smarrito, accecato dalla luce e frastornato da ogni minimo suono. Le braccia di Summer lo tenevano saldamente; e lui posò la mano sul suo avambraccio stringendolo con forza; poi la guardò come se fosse stata lei lo spettro tornato dal mondo dei morti.
«Summer...» pronunciò affannato. Avvertiva il suo corpo come una centrale di nervi in piena attivazione: un formicolio forte e incessante tormentava ogni centimetro della sua carne; e continuava a respirare come se fosse stato ore sott'acqua.
Summer gli sorrise in una smorfia di pianto. Non poteva crederci...si era svegliato! Non era stata soltanto una sua fantasia forzata! Era successo davvero! Damon aveva riaperto gli occhi!
«Ti sei svegliato...» sussurrò con voce bassa e delicata, e mentre nei suoi occhi brillava una gioia infinita. Accarezzò la sua guancia col pollice; e Damon, ancora stordito e confuso, fece forza sulla schiena per non gravarla del suo peso. Il vampiro avrebbe desiderato un attimo in più per smaltire quelle strane sensazioni, quel senso di vita che scorreva nel suo corpo frenetico e agitato, quei formicolii incessanti, quella sensazione di pesantezza alla testa che faceva apparire tutto più accecante e contornato, ma non gli fu concesso. Summer chiuse gli occhi stancamente, crollando su di lui; e in quel gesto Damon percepì la vita che la abbandonava inesorabile. «Summer...» pronunciò, posando una mano sulla sua nuca, e mentre il peso dell'angoscia gli schiacciava il petto. Poi, quando poggiò l'altra mano a terra, intento a sollevarsi, sotto il suo palmo sentì la neve di una strana consistenza; si guardò attorno e vide di trovarsi in una pozza del suo sangue. Capì, allora, che non vi era tempo per cercare di ricordare o anche solo di pensare a ciò che era accaduto. Invertì le posizioni, facendole adagiare la testa sul petto. “Non lasciarmi...” era l'unico pensiero che riusciva a formulare, ed era ripetuto in continuazione, come se la sua interruzione potesse provocare qualcosa di fatale ed irreparabile. «Summer...» la scosse delicatamente per poi accarezzarle la guancia. Era pallida come la cera, e il suo respiro era talmente debole da risultare percettibile solo a sensi sovrannaturali come i suoi. Istintivamente, il vampiro si portò il polso alle labbra per morderlo, ma poi la voce di lei si manifestò in un ricordo chiaro e vivido: ”Una cacciatrice non può diventare un vampiro. Il vostro sangue non ha alcun effetto su di noi. Non può neanche guarirci...anche se...a detta di Lily... il sangue di Klaus potrebbe essere diverso”. Quindi prese il suo corpicino tra le braccia e la portò a casa.


*** ***

Lily si era recata nel luogo dello scontro. Quel tratto di strada ora illuminato da un flebile riverbero diurno le appariva totalmente diverso dalla sera prima; ma a conferma dell'avvenuto vi erano delle prove inequivocabili.
La moto di Summer e l'auto di Klaus erano parcheggiate all'estremità della strada, a metà tra l'asfalto e il terriccio.
Era stata sicuramente opera di qualcuno, perché le ricordava ben piazzate al centro della strada.
Si avviò ai margini dell'asfalto e, dopo un tratto di qualche metro, in cui gli stivali affondavano in un terreno umido e morbido, nascosti tra fango e foglie secche vi erano i corpi dei due vampiri uccisi da Summer. Lily chiuse la mano a pugno, come se al suo interno vi fosse stato qualcosa da spremere, e nel lasso di qualche istante i due corpi si incendiarono, diventando polvere. Ormai non aveva più dubbi sul fatto che fosse stata Summer a sistemare le cose. Provò a richiamarla, ma la segreteria continuò a ripetere il suo snervante messaggio. In quel momento, Lily non sapeva cosa fare, ma nel riporre il telefono nella borsa la mano urtò un aggeggio che lei riconobbe subito. Era una bussola: una di quelle bussole di cui si serviva solitamente Kendra per localizzare i vampiri. Senza perdere tempo, Lily la aprì, aspettando che l'ago si stabilizzasse sulla destinazione; ed esso si fermò rapidamente, come se in quella cittadina vi fosse un solo vampiro. Per ciò che lei sapeva, Damon era lontano da Mystic Falls: dunque pensò subito si trattasse di Klaus. Rientrò in auto, intenta a scoprirlo.


*** ***

Damon spalancò la porta di casa sua con un violento colpo di spalla. Se non fosse stato preda dell'agitazione più logorante, si sarebbe accorto di aver percorso il tragitto ad una velocità nettamente superiore rispetto alla solita; ma per ora la percezione di se stesso si riduceva nell'avvertire l'invisibile cappio della paura stretto intorno alla gola. Portò Summer nella sua camera e l'adagiò sul letto. Si avvicinò al comodino e, dopo un attimo di incredulità, realizzò che, su quella superficie di ciliegio scuro, della bottiglietta contenente il sangue di Klaus non vi era traccia. In una sorta di negazione, sfiorò con le dita la superficie di legno; e il suo sguardo palesò quanto quella realtà gli apparisse inconcepibile, inaccettabile, dannatamente inopportuna e crudele! Dove diavolo era finita quella boccetta? Era sicuro di averla posata lì, come era sicuro che al suo interno vi fosse ancora del sangue. Dov'era, adesso? Dove diavolo era? Frugò febbrilmente nei cassetti, ma non vi trovò nulla. Si passò le mani tra i capelli, in un attimo in cui respirare gli parve l'esperienza più dolorosa che avesse mai provato. Non aveva tempo da perdere e quella dannata bottiglietta non si trovava! Non poteva crederci! Non poteva essere vero! In un impeto di rabbia e afflizione, con un gesto della mano scaraventò il comodino lontano dal letto, facendolo ribaltare e rompere in più punti. Diede un'occhiata al resto della camera, ma nulla! Di quel dannato sangue non vi era traccia! E Damon continuava a non crederci, a ripetersi che non poteva essere vero. Forse era solo un sogno, pensò. Forse era morto e quello era il suo personale inferno. In fondo, la sua più grande paura prima di morire era stata proprio quella: il non riuscire a salvarla. Ma ce l'aveva fatta! Ne era sicuro! Aveva donato la sua vita per lei! Ricordava di averla vista poggiata ad un albero, mentre Klaus si scaraventava su di lei brandendo il pugnale. Inizialmente, il suo intento era stato quello di spingere Summer lontana da quell'attacco; ma, quando aveva capito che non ce l'avrebbe fatta in tempo, non aveva esitato a mettersi tra i due e a farle da scudo, sperando solo che lei trovasse un modo per mettersi in salvo. Perché le cose stavano andando in quel modo? Perché lui era vivo, mentre Summer stava morendo? Dopo l'ultima, inutile, occhiata alla stanza, si sedette accanto a lei e le accarezzò la guancia col pollice. Delle copiose lacrime iniziarono a bagnare le sue guance. «Non lasciarmi...» sussurrò con voce soffocata. Ma, mentre Damon poggiava la fronte sulla sua, lasciando cadere le lacrime sulla sua pelle, Summer restava immobile, visibilmente priva di vita.
«Non farlo. Non ti azzardare neanche a non darmi il tempo di salvarti. Non lo perdonerei a me stesso ma non lo perdonerei neanche a te...». Continuando ad accarezzare la sua guancia, la baciò dolcemente; poi, in un attimo in cui la sua anima bruciò di consapevolezza, le sussurrò un: «Ti amo anch'io...» ammantato di dolcezza ma colmo di un dolore infernale. Erano queste le parole che avrebbe dovuto pronunciare dopo il discorso che Summer gli aveva fatto solo un'ora prima. In quel momento, aveva avvertito solo una raffica di pensieri confusi, ma ora capiva che era semplicemente questa la risposta che avrebbe dovuto darle, sebbene lei avesse evitato di dirglielo espressamente.
Ma adesso non aveva tempo per incolparsi e darsi dello stupido. Avrebbe significato ammettere che quelli erano i suoi ultimi istanti. E... no! Non Poteva! Doveva reagire! Quel dannato sangue non si trovava, e questo significava che le cose andavano fatte in maniera tradizionale: doveva portarla in ospedale. Così le mise un braccio dietro la schiena e l'altro dietro le ginocchia, ma poi, nell'attimo in cui avrebbe dovuto alzarsi per portarla via da quella casa, poggiò invece le spalle allo schienale del letto, continuando a tenerla fra le braccia. Lui avrebbe dovuto essere morto, che diavolo ci faceva nel mondo dei vivi? Era chiaro che qualcosa l'avesse protetto. Non sapeva cosa, ma intuiva che poteva dipendere dall'aver bevuto il sangue di Klaus: era probabile che fosse ancora in circolo nel suo corpo; e quindi valeva la pena tentare. Ma un dolore agli zigomi rese faticoso ciò che per lui rappresentava la norma. Damon non riuscì a capire perché i suoi canini fossero spuntati con una simile difficoltà; e mentre si mordeva il polso, pensò che fossero ancora i postumi di quella pseudo-morte – in fondo, il suo corpo era ancora pervaso da stranissime sensazioni, e alcune di queste si erano addirittura acutizzate.
Avvicinò il polso alle labbra di Summer, sussurrando: «Avanti...cerca di berlo» e riponendo in quel filo di voce tutte le sue speranze. Era certo che in lei vi fosse ancora un soffio di vita: lo sentiva; proprio come sentiva che il tempo a disposizione era poco. E mentre la metteva in una posizione in cui il sangue fosse facilitato a scenderle lungo la gola, teneva poggiate le labbra sulla sua fronte, lasciandole dei piccoli baci, come se fosse stata una bambina da incoraggiare; perché non desiderava altro che lei riaprisse i suoi grandi occhi, sempre dolci e vivaci, e che gli dicesse qualcosa...qualunque cosa!
Questi attimi di tormento gli parvero interminabili; e senza badare a ciò che accadeva nella sua mente, in pensieri veloci e sfuggenti, vi paragonò tutti gli istanti di sofferenza che aveva provato nella sua lunga vita. Ora, come il più delle volte in cui il vecchio e il nuovo vengono messi a confronto, la dipartita di Katherine, il ricordo dei propri occhi posati sul lago in attesa di raggiungerla nel mondo dei morti, sembrava un evento arido e sbiadito. Adesso non riusciva a credere di stare provando tutto quel dolore, quella paura e quel rimprovero insieme: credeva esistesse comunque un limite al modo in cui un uomo può sentirsi morire; e, soprattutto, non poteva credere che ogni attimo della sua vita si riducesse a quest'unica, esemplare punizione. In quel momento, gli pareva di vivere una sorta d'infernale resa dei conti; perché nella sofferenza che provava, Damon sentiva sempre una scomoda punta di giustizia; e ciò, più di ogni altra cosa, nei decenni trascorsi aveva rappresentato il residuo immortale della sua umanità. Ma ora non vedeva nulla di equo in ciò che stava accadendo. Non poteva finire così! Summer non doveva essere il prezzo da pagare per i suoi sbagli! Non lo avrebbe permesso! Avrebbe pagato in un altro modo...tutto ma non lei!
«Fallo per me...» continuò, mentre le lacrime che scorrevano dai suoi occhi non accennavano ad arrestarsi. Poi, come un incubo che termina nel momento peggiore, sentì le labbra di lei che si muovevano sulla pelle del suo polso. Damon emise dalla bocca tutta l'aria che aveva nei polmoni, aspettando con impazienza che lei riaprisse gli occhi; e quando finalmente lo fece, lui non poté fare altro che sorriderle, poggiando nuovamente la fronte sulla sua, come per liberarsi dalla debilitante stanchezza causata dalla troppa tensione.
«Damon...» fece lei, con un filo di voce flebile, mentre si alzava leggermente con la schiena per sedere meglio, ma senza permettergli di allontanarsi dal suo viso. Poi, ancora incredula ma felice, passò una mano sul petto di lui.
«Non mi sembrava vero. Per un attimo ho creduto di averlo solo immaginato! E invece ce l'hai fatta! Ti sei svegliato! Ce l'hai fatta davvero!» disse, abbracciandolo con impeto e iniziando a piangere.
«Già. Non per vantami, ma a quanto pare sono indistruttibile!... Oppure non sono gradito neanche all'inferno. Scegli la versione che preferisci, tanto mi lusingano entrambe! » rispose con una giocosità atta ad alleggerire il suo umore, sorridendo e cullandola: ma lei continuava a piangere disperatamente, stringendolo con forza, come per accertarsi che quel momento non fosse solo la proiezione di un'anima morente.
«Ehi, ssshh, va tutto bene...è andato tutto bene...» Damon cercò di calmarla, stringendola con una gioia liberatoria. Era salva e poteva di nuovo tenerla tra le braccia. Perché lei stava piangendo? Non c'era più nulla di cui disperarsi...
«No, non è vero. Non va tutto bene. Ho fallito. Ho rovinato ogni cosa: non sono riuscita ad uccidere Klaus...» lo strinse con tutta la forza che aveva «ed ho solo rischiato di perderti...» e riprese a piangere con maggiore agitazione. Come poteva perdonarsi ciò che era successo? Avrebbe dovuto uccidere Klaus e mettere in salvo le persone che amava, ed invece la piega che avevano preso gli eventi era stata tutt'altra. Era solo colpa sua! Se Damon aveva rischiato di morire, era a causa sua!
«Ma non mi hai perso... quindi smettila di piangere...» Damon accarezzò il suo volto, scostandoselo momentaneamente dalla spalla «E poi sei tu quella che fino ad un attimo fa era in fin di vita...».
E fu in quel momento che Summer si accorse che le guance del vampiro erano segnate dalle lacrime. Gli accarezzò dolcemente il viso; e Damon, investito da un lieve disagio, si mosse morbidamente, abbassando gli occhi per non incontrare i suoi: solo ora realizzava di aver pianto; e sperò con tutte le sue forze che lei non dicesse nulla... che non ancorasse la sua attenzione a quelle ciglia ancora bagnate e pesanti. Ma la reazione di Summer non fu altro che una voglia viscerale di baciarlo fino a consumarlo; e, quando lo fece, l'impeto fu di una tale forza che tra di loro fu annullato ogni spazio, perché stretti in un abbraccio pressante e quasi doloroso, vivo del residuo di disperazione che li aveva assaliti e bisognoso di manifestare tutta la felicità che non riuscivano ad esprimere a voce.
Ed entrambi non avevano voglia di porsi domande. Cosa avesse salvato lui...cosa avesse salvato lei... Avrebbero analizzato tutto in un secondo momento.
Ora esistevano solo labbra che si univano, lingue che si sfioravano, mani che si cercavano, bocche che ansimavano, anime che si completavano...
Ma quella violenta passione si trasformò presto in sola dolcezza, poiché frenata dalla triste razionalità imposta dal momento. Damon, steso sul fianco e con la testa sostenuta dalla mano, con sguardo serio, disse: «Mi hai fatto spaventare...e non deve succedere mai più!» e quest'ordine fu accompagnato da una dolce carezza alla sua guancia; ma Summer, anche se a malincuore, la interruppe mettendosi a sedere.
Lei, che era l'unica e sola cacciatrice, non poteva accettare simili discorsi. Damon sembrava non voler capire il suo ruolo, i suoi doveri verso l'umanità; ma lei non poteva dimenticarli, magari facendogli sdolcinate promesse in cui gli assicurava che non sarebbe accaduto mai più, che sarebbe stata al sicuro tra le sue braccia. Lei non poteva più permettere che Damon si immischiasse nelle sue faccende. Non poteva rischiare di perderlo ancora. Ma cercò di spiegarglielo con un tono di voce caloroso e dolce: «Succederà, invece» fissò un un punto idefinito per un lungo istante, e poi continuò «Damon tutto questo... Klaus, le battaglie, il pericolo...non è altro che la mia vita... la vita della cacciatrice. Ma tu... tu non devi fartene carico. Metterti tra me e Klaus è stata la cosa più nobile che potessi fare ma è anche quella che non potrò mai perdonarti. Non dovevi farlo...e devi promettermi che non succederà mai più! Perché... se tu fossi...» ma non riuscì a proseguire.
Il vampiro alzò la schiena, mettendosi seduto e poggiandosi nuovamente alla spalliera.
«Sai, Summer, puoi continuare a dirmi che sei la cacciatrice tutte le volte che vuoi, puoi anche provare a sfinirmi se ti fa piacere. Ma non cambia che l'ho fatto, lo rifarei e lo farò di nuovo se sarà necessario. Prima lo accetti e meglio sarà per entrambi! Non mi farò da parte solo perché qualche idiota ha stabilito che tutti i fardelli sovrannaturali sono esclusiva tua! Io continuerò a proteggerti. Accettalo!» disse con tono pacato ma colmo di ostinazione e prepotenza.
«Come fai a pensare che si tratti solo di questo?! Del mio ruolo... Damon, io non voglio che tu mi protegga, perché potrebbe significare perderti! E non posso rischiarlo! Non potrei sopportarlo di nuovo! Non ne avrei la forza!» si sentì mancare l'aria, mentre ripercorreva mentalmente tutto il dolore che aveva provato. Scosse la testa, cercò di alzarsi, ma Damon intervenne prendendola con forza tra le braccia e lasciando che lei crollasse in un nuovo pianto. «Lasciami! La cosa non si risolverà così! Con te che passi sopra a ciò che dico, fregandotene e facendo di testa tua! Perché, perché non vuoi capirlo!? Perché sei così stupido!?» si agitò, dimenandosi e provando a divincolarsi dall'abbraccio del vampiro, che però la teneva stretta in una presa forte e rassicurante; e lei, sentendosi esausta, mise la testa sulla sua spalla e versò lacrime di resa. «Perché non lo vuoi accettare?! Sei tu, sei tu che devi farlo! Non io!» concluse, con una vocina quasi infantile.
Damon si era limitato ad assorbire quella sfuriata con un sorriso sereno ed una presa salda e tranquillizzante. La capiva, la capiva benissimo. E, anche se non desiderava altro che vederla sorridere, tutti quei singhiozzi e quelle lacrime che ancora stava versando per lui lo riempivano di dolcezza, facendolo sentire felice: erano sintomi di quel sentimento ricambiato, di cui era ormai certo, e che non doveva fare altro che trasformarsi in qualcosa di definito.
Continuava a tenerla tra le braccia, pensando che finalmente aveva l'occasione di dimostrarle che poteva proteggerla da qualunque cosa: sia dai nemici che dal dolore. Damon voleva farle capire che ci sarebbe sempre stato e che, con quella stessa presa salda, avrebbe messo un divisorio tra lei e tutto ciò che poteva farle del male. «Hai finito?» disse poi dolcemente; e Summer si perse nel calore della sua voce, calmandosi e nascondendo il volto nella sua spalla. In quell'attimo, pensò a qualcosa a cui non aveva avuto il coraggio di pensare per tutto quel tempo in cui aveva creduto che Damon fosse morto tra le sue braccia. Il vampiro l'aveva salvata. Le aveva donato la sua vita... e questo poteva significare una cosa sola. Finalmente calma ma con un cuore che iniziava ad agitarsi frenetico, si scansò quel tanto che bastava per guardare il volto del vampiro; e lui, sentendola meno agitata, non esitò ad allentare la presa.
«Dimmi solo perché...perché l'hai fatto...» sussurrò lei, con un filo di voce carico di timidezza ed emozione, e mentre nei suoi occhi già brillava il riverbero della risposta.
Il vampiro ricambiò il suo sguardo, persistendo nella sua espressione serena, in quei muscoli lievemente contratti, che non dovevano fare altro che sfociare in un sorriso di definitiva e dolce resa. Doveva dirglielo, proprio come aveva fatto solo qualche minuto prima; ma questa volta lei doveva ascoltarlo, doveva accogliere quel “ti amo” dentro di sé ed accettarlo come indiscutibile motivazione al fatto che lui si sarebbe sacrificato per lei altre mille volte. Ma, improvvisamente, in quelli che per lui furono dei lunghi istanti, ebbe l'impressione che il mondo si fosse lentamente fermato, fino a percepirlo soffocante e sbiadito; poi sentì i suoi sensi acuirsi e la percezione focalizzarsi esclusivamente su ogni centimetro del suo corpo, e capì che, dentro di sé, tra il formicolio incessante e quelle strane e brevi fitte di dolore, c'era qualcos'altro che non andava; e, nell'attimo successivo, Damon lo sentì con estrema chiarezza: forte e rumoroso, che si agitava nel suo petto e che scandiva quel momento come se non si fosse mai congelato nella primavera del 1864. Il suo cuore batteva. Batteva davvero. Ma lui era un vampiro, e vampiri non hanno un cuore che batte! Che diavolo stava succedendo?! Eppure era proprio così: quel vecchio agglomerato di cellule velenose batteva come se farlo fosse stato del tutto normale; e quei lineamenti congelati nella nascita di un sorriso non poterono fare altro che appassire rapidamente, lasciando che la luce negli occhi gli si spegnesse e che la felicità provata si frantumasse.
«Beh... perché... te l'ho detto che ti avrei protetta...» bisbigliò con un'allegria forzata, accarezzandole una ciocca di capelli con tutta la dolcezza che poteva concederle in quel momento così assurdo «E intendo farlo fino alla fine...».
Negli occhi di lei leggeva chiaramente il senso di delusione e smarrimento, e si odiava con tutto se stesso per questo; ma non ci riusciva: non riusciva a dirle che l'amava in un momento in cui gli pareva che la sua identità si stesse rapidamente sgretolando. Un cuore che batteva. Aveva di nuovo un cuore che batteva. E non sapeva come diamine fosse stato possibile e neanche voleva curarsene; desiderava solo che si fermasse! Perché lo aveva scoperto da pochi minuti e già non sopportava più quel rumore che, per sua dannazione, sembrava ovattare tutto il resto...
Summer annuì debolmente, gli occhi le si riempirono di lacrime e adagiò nuovamente la fronte sulla sua spalla, soffocando con forza ogni singhiozzo, sforzandosi di piangere in assoluto silenzio. E provando uno smisurato senso di vergogna, ebbe l'assurdo timore che il vampiro potesse leggerle il pensiero: o, meglio, potesse leggere la presunzione che aveva avuto aspettandosi un “ti amo”; in fondo, perché avrebbe dovuto amarla? Cos'aveva di speciale? Si chiedeva, mentre la sua anima veniva ripetutamente calpestata da quelle parole mancate. Eppure Damon aveva sacrificato la sua vita per lei... Possibile che l'avesse fatto solo per un sentimento d'amicizia? Non le era difficile pensare che il vampiro fosse capace di incredibili gesti di cavalleria, ma questo le pareva troppo. Doveva esserci per forza un posto speciale per lei nel suo cuore, ma forse non era grande come aveva sperato, pensò. Altrimenti perché negarle quelle due parole, dopo tutto quello che avevano passato?
Ma ora sapeva soltanto che provava una strana sensazione a farsi coccolare dalle stesse mani che le avevano spezzato il cuore; era di una crudeltà così ironica che il dolore le sembrava quasi irreale...


*** ***

La bussola aveva condotto Lily al Mystic Grill e ora, con suo grande stupore, puntava in direzione di una ragazza bionda, seduta ad un tavolo insieme ad un ragazzo atletico dai capelli nerissimi.
Caroline, come in ogni notte di luna piena, era stata accanto a Tyler per tutto il tempo; ed ora i due stavano stuzzicando qualcosa al Grill, come da tenera coppietta quali erano.
Lily non ebbe sensazioni negative riguardo a quella vampira; sapeva bene che alcuni di loro riuscivano ad integrarsi e a condurre esistenze relativamente umane. Ma non riusciva a spiegarsi perché la bussola non segnasse altre presenze. Damon era chissà dove a proteggere Elena, ma Klaus? Dov'era finito? Possibile che Summer fosse davvero riuscita ad ucciderlo? Lily, conoscendola, non lo credeva impossibile, eppure qualcosa, nella sua mente, continuava a tenerla in allerta, dicendole che quella storia non si era ancora conclusa.
Uscì dal Mystic Grill. Sarebbe ritornata all'ospedale: forse Summer era ritornata lì per accertarsi che lei stesse bene.


*** ***

Damon continuava ad accarezzarle i capelli con estrema dolcezza; sapeva che quella tenerezza non bastava a curare il male che le aveva fatto, ma quel senso di disagio continuava ad essere più forte di lui. Tristemente, si rese conto di poterla proteggere da qualsiasi cosa meno che da se stesso; e ciò lo faceva sentire ancora più debole e smarrito di quanto non stesse già facendo quel cuore clandestino. Summer teneva la fronte sulla sua spalla, e lui, come un ladro che nasconde una refurtiva, temeva che potesse sentire il suo battito; ma ciò non avvenne.
Ora che si erano ritrovati, la paura li aveva abbandonati per fare spazio ad altre emozioni: entrambi sentivano un crescendo di rabbia verso colui che aveva provato a separarli. E fu Summer la prima a reagire. Non ce la faceva più a stare tra le sue braccia, facendosi domande su domande. Ora la vendetta era l'unico pensiero che accoglieva di buon grado: in fondo, solo Damon poteva batterla nella sottile arte della mutazione del dolore in rabbia e violenza. Allontanò il volto dalla spalla del vampiro, prendendo aria dalla bocca a causa di quel respiro reso irregolare dai singhiozzi trattenuti.
Senza la forza di guardarlo negli occhi, si liberò dall'abbraccio del vampiro, che preda della colpa non ebbe il coraggio di opporsi. Si alzò, dicendo: «Il destino del mondo è davvero in pessime mani. Sto qui a piagnucolare, mentre Klaus è diretto chissà dove con il pugnale...» si asciugò una lacrima «non ho più tempo da perdere».
E la sua acida auto-critica e quel tono duro furono interpretati da Damon nel modo giusto: era stato lui a farla chiudere nuovamente nella sua corazza di cacciatrice; e sapeva che ora vi sarebbe stata un'altra lotta di potere, come sapeva che questa volta avrebbe dovuto vincerla a tutti i costi. L'aveva tenuta tra le braccia, cercando di ignorare i suoi vestiti sporchi di sangue, il modo in cui Klaus l'aveva ridotta, ma ora quel pensiero bruciava la sua carne e accelerava i battiti di quel dannato cuore. No, Summer non lo avrebbe affrontato di nuovo! La scrutava attentamente, mentre lei, dinanzi allo specchio, cercava di dare un ordine al suo aspetto. Osservava ogni mutamento del suo sguardo e sapeva che in quel momento lei viveva con disagio l'essere rivestita di abiti sporchi di sangue: erano il simbolo della sua sconfitta; e la conosceva fin troppo per non sapere che avrebbe desiderato cambiarsi ma che non avrebbe perso tempo a farlo. E mentre lei raccoglieva i capelli in un alta coda, Damon aprì il primo cassetto del comodino alla sua destra, ovvero quello che si era salvato dalla sua furia devastatrice, per afferrare un oggetto metallico e metterlo nella tasca posteriore del pantalone. Si alzò a sua volta e si sbottonò la camicia, gettandola poi sul letto. Lanciate attraverso lo specchio, tra di loro vi furono delle occhiate cariche di disagio.
Summer si era armata della sua maschera preferita, quella di combattente solitaria il cui cuore è nascosto in un blocco di cemento. Solo in quel modo poteva fronteggiare la situazione e far sì che la sua delusione d'amore non influisse sulla sua forza. Damon non le aveva detto che l'amava, quando lei l'aveva creduto con ogni respiro della sua anima. Ora doveva accettarlo e farsi forza: avrebbe sofferto quando avrebbe potuto permetterselo. Ma adesso Klaus era diretto chissà dove con il pugnale. Non c'era più tempo da perdere. Doveva ucciderlo! Doveva esorcizzare tutto il dolore che aveva provato, perché, nonostante tutto, nonostante le tante lacrime versate, lo sentiva ancora dentro di sé, pronto a pungerla da un momento all'altro.
«Spero che tu ti renda conto che non abbiamo tempo per litigare...»
Summer sperò di risolvere la cosa pacificamente, in modo da non sprecare altri minuti preziosi. Ma era impossibile: erano entrambi troppo ostinati e cocciuti per un approccio del genere; e Damon, che si trovava di fronte all'armadio per scegliere il nuovo indumento sacrificabile, si girò lentamente verso di lei, incenerendola con lo sguardo.
«E se invece volessi?... Mh? Cosa faresti? Ovvieresti al problema spezzandomi di nuovo il collo?»
L'aver previsto la sua reazione gli permise di risponderle con un tono asciutto; sapeva bene che il tempo delle coccole e delle parole dolci era ormai finito, per lasciare spazio a quello delle lotte con lame affilate. Adesso erano di nuovo il vampiro arrogante e la cacciatrice prepotente: due uragani pronti a scontrarsi.
«Se tu non mi lasciassi altra scelta...sì! È quello che farei»
«Be' allora fa' pure, non ho altre scelte da darti!»
Summer gli afferrò il collo, trascinandolo e bloccandolo alla più vicina parete, ma poi indugiò per qualche secondo. Non voleva farlo, non in quel modo; era scorretto e brutale affrontarlo così apertamente, ma sapeva di non poter esitare oltre; e poi Damon le sembrava fin troppo passivo: quella sicurezza stampata sul suo viso la insospettiva, alimentando la sua convinzione che non vi fosse altra scelta, altro modo di proteggerlo. Ma quell'attimo di esitazione, fatto di dita troppo morbide sul suo collo, per lei segnò una sconfitta confusa quanto rapida. Un ghigno aveva increspato un angolo delle labbra del vampiro, e un secondo dopo questi aveva preso l'oggetto che teneva nella tasca posteriore del jeans, legandolo a quel polso la cui mano stazionava incerta sul proprio collo. Summer non aveva fatto neanche in tempo a chiedersi dove diavolo avesse preso quelle manette: Damon l'aveva scaraventata a terra con forza, proprio accanto ad uno dei grandi piedi di legno che sorreggevano il letto, e dietro vi aveva congiunto anche l'altro polso, in modo da completare la sua rapida azione.
«Damon! No! Non puoi! Non puoi farlo davvero! Dannazione!...Slegami!» Summer si agitava nervosamente ma invano. Non poteva credere di essere stata tradita da quell'attimo di esitazione: attimo in cui era stato proprio il suo amore e il suo rispetto per lui ad avere la meglio! Ed ora Damon la osservava dall'alto, con un ghigno soddisfatto impresso sul volto.
«Pretesa piuttosto alta per chi mi ha spezzato il collo e non avrebbe esitato a rifarlo, non trovi!? »
No, non era vero! Lei aveva esitato, maledizione! E adesso, a quanto pareva, ne avrebbe pagato le conseguenze...
«Non puoi paragonare le due cose! Era mio dovere farlo! Ho tutto il diritto di lasciarti fuori da questa storia! Questa è una guerra che devo affrontare da sola, Damon. Sola! Dio Santo!...Slegami! Ti ho detto di slegarmi!» il nervosismo la faceva agitare convulsamente; ma un lampo d'incredulità la fece calmare per un breve istante: «E poi mi dici dove diavolo hai preso queste manette!?»
«Diciamo che...non ti piacerebbe saperlo!» Damon sembrava visibilmente divertito. Adorava avere potere su di lei, farla innervosire e soprattutto non dargliela vinta! Ritornò al suo armadio per scegliere la camicia, mentre lei ancora strepitava: «Damon! Damon, ti prego, non farlo! Klaus si sarà già ripreso, ed è più forte di quanto immagini...Ti farai solo ammazzare, e questa volta definitivamente!»
«Be' in questo caso...al massimo ti avrò rubato l'idea!»
Summer strinse i denti dalla rabbia, ma poi si arrese fintamente. In un attimo di lucidità, aveva trovato il modo per liberarsi: non avrebbe dovuto fare altro che incurvare la schiena, portando le ginocchia all'altezza delle spalle, mettere i piedi sotto alle aste di legno che vi erano tra un piede del letto e l'altro, e fare da leva con le gambe. Solo in quel modo sarebbe riuscita ad alzare quel pesantissimo letto, che, ad occhio, doveva pesare almeno mezzo quintale.
Soffiò aria dalla bocca in segno di una contrarietà ormai sfinita e vinta.
«Bene, Damon, fa' pure! Fa' come credi. Se è il suicidio ciò a cui stai puntando, allora puoi stare certo che rispetterò la tua scelta e non ti fermerò!»
Damon posò la camicia sul letto, trattenendo un sorriso: la adorava, quando ce la metteva tutta per risultare credibile e poi falliva miseramente!
La guardò con sospetto. Cosa si nascondeva dietro quel mutamento improvviso? Era solo la rabbia a parlare? O c'era dell'altro?
Con un'aria di sfida ornata della solita tracotanza, si sbottonò la cintura sotto lo sguardo stranito di lei, che non riusciva ad interpretare le intenzioni che si celavano dietro la forzata freddezza dei suoi occhi. «Che vuoi fare?» domandò quindi con tono incerto.
«Qualcosa che sta davvero iniziando a piacermi...» e la sua voce suonò una nota di diabolica placidità, nonostante l'immortale sottofondo di benevola ironia.
Si inginocchiò e le afferrò le caviglie, cercando di unirle; ma Summer, dopo un primo momento di incredulità, iniziò ad opporsi con tutte le sue forze.
«Sei impazzito, o cosa? Damon! Fermati! Smettila subito!». Non capiva cosa stesse succedendo, ma le mani di Damon le risultavano inaspettatamente forti. Sapeva che molte volte, per divertimento e per galanteria, le aveva lasciato fare la prepotente; ma non credeva che avesse potuto nasconderle una simile forza. Forse era lei ad essere ancora debole, pensò ma confutando quasi subito quell'ipotesi. Ma allora? No... Non poteva essere... Damon aveva meno di duecento anni, non poteva fare di lei ciò che voleva! Era impossibile! Eppure si rese conto che anche qualche minuto prima, quando l'aveva scaraventata a terra, l'aveva sorpresa con una velocità impensabile per un vampiro giovane come lui. Che diavolo succedeva?
Le proteste di Summer furono inutili: in pochi gesti, Damon riuscì a legarle i piedi; proprio come se avesse intuito che nella mente di lei già vi fosse il modo di liberarsi. Ancora inginocchiato, avanzò sul suo corpo, sedendo a cavalcioni sul suo addome e tenendole i gomiti bloccati a terra.
«Damon, ti prego, non farlo. Andremo insieme, lo affronteremo insieme. Ma Slegami…ti prego...» gli occhi di Summer si colmarono di lacrime, mentre il peggio invadeva i suoi pensieri, avvelenandoli.
Ma, con la sua solita espressione dispettosa, Damon fece schioccare la lingua sul palato un paio di volte. «Alla collaborazione ci avresti dovuto pensare prima di attaccarmi. Ora il mio animo sensibile e ferito non ti vuole tra i piedi!» e il suo tono suadente continuava ad essere una snervante presa in giro.
«Perché ti stai comportando in questo modo?! Come fai ad essere così sicuro di te!? La verità è che ti farai ammazzare, ti farai ammazzare e basta! » sentì come qualcosa che le schiacciava il cuore «E non puoi pretendere che io me ne stia qui a pensare al peggio! Perché continui a non capirlo?... Non posso starmene qui...» e le lacrime nacquero impetuose tra ciò che erano violenti spasmi. Un forte senso di angoscia e claustrofobia le attanagliò lo stomaco. L'intera stanza sembrava pressarsi sul suo petto. L'aria le risultava rarefatta, tanto da costringerla ad ansimare con forza. La testa le sembrava pesante quintali; e gli arti le dolevano a causa dell'inutile sforzo che facevano per liberarsi. Non poteva credere di essersi fatta mettere K.O così facilmente. Non poteva credere di non essere in grado di fermarlo. L'avrebbe perso, l'avrebbe perso di nuovo. Questa volta per sempre! Non poteva, non poteva lasciarlo andare!
Damon la osservò con un'espressione intenerita; poi passò una mano sulla sua guancia, asciugandole le lacrime con una dolcezza tale da farla calmare all'istante.
Sarebbero sempre stati il vampiro arrogante e la cacciatrice prepotente, ma l'amore che adesso regnava tra di loro era troppo forte per fermarsi di fronte a quelle semplici maschere, senza comprendere tutto ciò che si nascondeva dietro quei plateali gesti di facciata. Entrambi erano altalenanti come le onde del mare, ma sarebbero sempre stati acqua che incontra altra acqua: persone simili che riuscivano a scrutarsi oltre il vetro opaco delle loro anime.
«Non devi piangere. Non hai niente di cui preoccuparti. Finire all'altro mondo rientra nei miei piani solo quando significa impedirlo a te...» e il suo tono rassicurante e dolce sembrò posarsi come una piuma sul cuore agitato di Summer, che regolarizzò il suo battito, nonostante le emozioni devastatrici che avevano fatto da eco a quella frase. Perché, perché continuava ad inviarle segnali contrastanti? Perché la illudeva e la uccideva in continuazione?
Damon fece scorrere le mani su di lei, lentamente, dal collo fino a quei polsi legati, abbassandosi col busto in un movimento carico di un'anticipazione erotica sfacciatamente voluta.
Le sue mani irradiavano un calore che accendeva fantasie impronunciabili, rese maggiormente inopportune dal momento delicato; e quando le sue labbra furono ad un soffio da quelle di lei, con un filo di voce colmo di una sensualità impertinente, le sussurrò: «E poi...legarti mi è piaciuto fin troppo per non tornare a completare l'opera!»
E a Summer parve che il respiro le si spezzasse in quel preciso istante, ancor prima che le labbra di Damon si posassero dolcemente sulle sue. Sentì di non potersi sottrarre a quelle emozioni dense d'amore, vibranti di eccitazione, che percorrevano il suo corpo in caldi e lussuriosi fremiti. E quando il bacio ebbe fine, lei sorrise di una disperazione dolcemente arrendevole.
«Come fai a scherzare in un momento del genere?!» chiese quindi, con voce amorevole e divertita. Neanche in quell'insolita circostanza poteva negare che la particolare vivacità di spirito con cui Damon affrontava le situazioni era tra le qualità che più amava di lui.
Damon si alzò, riprese la sua camicia e la infilò aggiustandosi il colletto.
«Mai stato più serio!» disse, lasciando la stanza. E la sentì più volte pronunciare il suo nome, mentre si avviava verso la rampa di scale. Improvvisamente, percepì una fitta di dolore alle tempie, e attorno ai suoi occhi comparvero le solite venature scure di quando si trasformava in un vampiro. Fu costretto a poggiarsi alla parete, e la rampa di scale dinanzi ai suoi occhi sembrò più volte restringersi per poi allungarsi. Il suo corpo era preda di strane sensazioni, che divenivano progressivamente più intense e dolorose; ma decise di non badarci: un vampiro originario, un'arma per ucciderlo e una donna da cui ritornare; doveva focalizzarsi solo su questo. Al resto – a se stesso e a tutte quelle domande che necessitavano di una risposta – avrebbe pensato dopo...


*** ***

Elena, seduta sul divano a braccia conserte, lanciava delle occhiate a Stefan cariche di rimprovero. Il vampiro si ostinava a non volerle parlare; e lei stava iniziando a spazientirsi. Sì alzò con impeto, dirigendosi verso la finestra di fronte alla quale Stefan se ne stava fermo a fissare lo scenario.
Appena la ragazza gli si avvicinò, egli esordì con un: «Non ho voglia di parlarne...» una sorta di cantilena che doveva stroncare ogni suo tentativo sul nascere.
Elena lo guardò di sbieco, indietreggiò di un passo e prese il suo giubbotto dall'appendiabiti; poi, una volta indossato, afferrò la maniglia per uscire da quella baita divenuta troppo opprimente.
«Non puoi startene fuori. È pericoloso» Stefan si avvicinò a lei in un istante, mettendo la mano sulla porta per non fargliela aprire.
«Resterò dentro solo per parlare!»
Ma Stefan abbassò repentinamente lo sguardo, lasciando scivolare la mano verso il basso, sempre più debolmente; e da quel gesto Elena capì che avrebbe continuato nel suo silenzio.
«Bene. Vuol dire che non è poi così pericoloso...» disse, uscendo e dirigendosi verso il piccolo ponte. Stefan ritornò alla finestra, questa volta per tenere lo sguardo fisso su di lei. Anche se era difficile per lui pensare alla peggiore delle ipotesi, capì che quel luogo che li aveva protetti per la notte ora iniziava a non essere più tanto sicuro. Se fosse accaduto il peggio, Klaus avrebbe scoperto l'esistenza di quella baita senza grosse difficoltà. Ma, in quell'attimo, il suo dolore per aver anche solamente pensato al caso in cui la cacciatrice non fosse riuscita ad uccidere Klaus, e che quindi fosse accaduto qualcosa anche a Damon, si manifestò sul suo volto con una chiarezza inequivocabile.
«Credi che abbiano qualche chance si farcela?» la voce di Jeremy che gli si avvicinava e che aveva letto le emozioni del vampiro con fin troppa facilità.
«Non so... ma presto tu ed Alaric dovrete portare Elena in un altro posto, lontano da qui. A Klaus basterebbe dare un'occhiata ai registri immobiliari per scoprire l'esistenza di questa baita. Ormai inizia a non essere più un luogo sicuro...» e diede un'altra occhiata ad Elena, sperando che rientrasse al più presto.
Jeremy annuì e si ritrovò anch'egli a fissare la ragazza. «E tu? Cosa farai?».
«Qualunque cosa...pur di non stare semplicemente ad aspettare delle notizie. Damon avrebbe dovuto farmi sapere qualcosa già da qualche ora...»
«Quanto tempo pensi che possa passare prima che accada il peggio?»
Stefan gli lanciò un'occhiata incuriosita. Che razza di domanda era? Ma poi il ragazzo continuò, spiegandosi meglio: «Ieri erano i vampiri della cripta e Katherine, adesso Klaus...quanto tempo pensi che passerà prima che si arrivi all'irreparabile? Che lei muoia o, peggio, che sia costretta a trasformarsi in un vampiro...»
Stefan trattenne il respiro per qualche istante. Il messaggio tra le righe l'aveva colpito in profondità, nel luogo in cui risiedevano le dure consapevolezze.
«Mi pare che tu abbia qualcosa da proporre...avanti, dillo. Credo che tu ne abbia tutto il diritto...» e a quel punto, Stefan desiderò che lui parlasse apertamente: voleva che qualcuno gli dicesse che, per Elena, lui era soltanto uno sbaglio; perché quelle poche ore trascorse con lei, seppur in silenzio, avevano iniziato a far vacillare tutta la forza delle sue scelte: l'allontanasi da lei per riportare normalità e serenità nella sua vita.
E Jeremy accolse quell'invito, esplicando la sua semplice visione delle cose:
«Prima che tu entrassi nella sua vita, mia sorella era solo una ragazza che aveva perso i genitori... Adesso è una ragazza costretta a scappare in piena notte, perché un vampiro originario ha bisogno del suo sangue per creare altri ibridi come lui...no, amico. Non ho soluzioni da proporre, puoi trarre le conclusioni da solo...» poi, mettendo le mani nelle tasche e curvando un po' le spalle, si avviò nuovamente verso la rampa di scale.


*** ***

In un battito di ciglia, Damon si ritrovò sul luogo dello scontro; e vedere con calma lucida la chiazza creata dal sangue di Summer lo rese furioso e bisognoso di una vendetta impellente e spietata. Senza perdere tempo, si mise alla ricerca di tracce: nonostante la velocità elevata, il passaggio dell'ibrido doveva aver lasciato segni visibili su quella natura invernale, da rami spezzati a striature sul terreno. Damon, con fatica, cercò di non perderne neanche una, giusto per orientarsi sulla possibile direzione presa dal suo nemico. Ma ben presto scoprì che queste terminavano in un tratto in cui il bosco era tagliato in due dalla strada statale. Era ovvio, quindi, che Klaus avesse preso un'auto. Sull'asfalto, i segni lasciati dai pneumatici lasciavano intuire che una macchina avesse fatto una brusca inversione per ritornare verso nord. Così fece marcia indietro, ripercorrendo la strada fatta, con l'intento di perlustrare tutta Mystic Falls, per accertarsi di aver avuto la giusta intuizione. Ma, ad un tratto, senza che lo avesse previsto, i suoi canini spuntarono dolorosamente per poi ritrarsi, mentre le venature intorno ai suoi occhi comparvero e scomparvero più volte, pungendogli la pelle come se fossero state formate da minuscole spine. La vista calò improvvisamente, riducendosi ad una sorta di velatura opaca; ogni minimo suono venne amplificato, fino a divenire insopportabile; e quel dannato cuore sembrava volesse schernirlo, battendo all'impazzata.
E ora che quelle sensazioni iniziavano seriamente a preoccuparlo, Damon avrebbe solo voluto sapere a cosa stava andando in contro; perché tutto, nel suo corpo, sembrava presagire l'avvento di quell'Inferno che aveva misteriosamente scansato...



***** *****



Angolino di NaNa

Ed eccomi qui dopo una lunghissima assenza^^
*20 kg di pomodori maturi colpiscono Nana, ma lei ne approfitta per fare le conserve... *
Il fatto è questo: è da settembre che il lavoro sta occupando l' 80% del mio tempo; non sono ancora riuscita a tro
vare un equilibrio e dubito fortemente di trovarlo.
In questo periodo mi sono ritrovata a dover mettere in discussione tante cose, proprio come a dover rinunciare a tante cose... e, per una questione di priorità, questa fan fic è stata una delle prime cose a cui ho tagliato la testa.
E nei momenti in cui il senso di colpa per questa storia lasciata a metà mi assaliva, mi ritrovavo davanti ad un foglio che restava bianco per troppo tempo.
Per non parlare di un un tentativo di plagio che mi ha nauseata e resa ostile a questo sito per un bel po'.
Poi il sostegno della mia cara Alice e un paio di giorni di febbre hanno fatto il “miracolo”...e quindi ecco questo capitolo, in cui, sinceramente, non speravo più.
Essendo stata ferma per parecchio, ed essendo una che perde la mano velocemente, non ho idea di cosa ne sia uscito fuori. In ogni caso, spero che l'abbiate trovato leggibile e magari anche piacevole.

Questo 28 dicembre è diviso in tre parti, l'ultima, ovvero la prossima, sarà bella lunghetta, questo perché sarà piena di tutte quelle domande tra personaggi che sono mancate in questo capitolo: ovvero, come ha fatto a salvarsi Damon e come invece ha fatto Summer. (in questo c. le ho volutamente evitate per non essere troppo ripetitiva, e poi perché sia per D che per S l'importante è stato che l'altro si sia salvato)
In ogni caso, la risposta alle due cose sarà ovviamente collegata, ma a questa si arriverà piano piano, visto che tutti brancolano nel buio.
Le poche ipotesi che sono state avanzate dai due, lo dico già, sono sbagliatissime.
La vostra Nana è troppo contorta per prendere strade così facili.
Ed il mancato “ti amo” di questo capitolo ne è l'esempio più lampante.
La strada verso la felicità è lunga. Per Damon stanno per arrivare momenti difficili e, inevitabilmente, questi si ripercuoteranno anche su Summer.
Questo capitolo è stato abbastanza divertente da scrivere. Ormai tutti sono ad un passo dall'esaurimento nervoso xD
In questa circostanza Summer è stata molto emotiva, ma, visto tutto quello che ha passato, mi è sembrato più che normale. Voi che ne dite?
Prestissimo ritornerà ad essere la ragazza che piange in silenzio e in piena solitudine, ma qualcosa, in lei, dallo scorso capitolo, un po' è cambiato per sempre. Ora che ha fatto capire a Damon quanto tiene a lui, in futuro sarà meno difficile per lei aprirsi con quella dolcezza che farà tanto bene al nostro...vampiro (?).
Damon, invece,..beh per Damon le cose si complicheranno davvero tanto (già mi immagino la voce della mia cara IanSom che mi dice che ce l'ho con lui xD) Neanche io ho la piena visione delle sue future reazioni, perché, lasciatemelo dire senza linciarmi, Damon è morto davvero. Paradossalmente, con questo cuore che batte e questa inspiegabile forza, il Damon che conosciamo è morto per sempre.
Ci saranno dei cambiamenti notevoli per lui, non so quanto potranno piacervi; io come sempre continuo sulla mia strada, sperando solo che apprezziate le mie idee, ma non mi offenderò se qualcuno dovesse abbandonare la fic^^ Sono gusti...


E dopo queste anticipazioni, come sempre passo a ringraziare tutti quelli che mi lasciano una traccia del proprio passaggio in questa storia, recensendo e/o tenendo questa fic nelle Preferite/Ricordate/Seguite*-*
E ovviamente ringrazio tutti quelli che continuano a seguire questa fic in silenzio ma, spero, con lo stesso interesse^^
Grazie di cuore. Senza di voi il mondo mi sembrerebbe senza nutella^^

Sul prossimo capitolo, purtroppo, posso solo dire che farò il possibile, ma non posso fare promesse.
Quindi un semplice...alla prossima^^










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Capitolo 56
*** Cinquantaseiesimo Capitolo ***


Angolino di Nana
Nota (dolente) iniziale.

Buonsalve^^
Oggi sono sopra, e questo è un brutto segno. Ebbene, dopo averci riflettuto parecchio, ho deciso di non continuare questa fic. Negli ultimi mesi ho sempre attribuito i miei ritardi alla mancanza di tempo (fattore che ha comunque inciso notevolmente) ma, facendo una profonda analisi di coscienza, mi sono resa conto che il problema principale è che ormai mi manca sia l'entusiasmo che la pazienza per portarla avanti. Mi sento svuotata di tutto ciò che mi faceva vivere quest'hobby con gioia ed impegno. Detto in poche parole: sono una fanwriter arrivata alla frutta xD Ma ho speso davvero molto tempo ed energie in questa storia; pregi e difetti (i tanti difetti!) è la mia "creatura", e nessuno voleva vederne la fine più di me. Perciò quest'ammissione, anche se può sembrare un avviso a cuor leggero, per me non è nulla di facile. Inoltre, provo uno schiacciante senso di mortificazione verso tutte le persone che sono arrivate fin qui. Per me ha rappresentato una splendida esperienza, che mi ha fatto conoscere persone meravigliose, mi ha fatto vivere attimi di spensieratezza e mi ha insegnato davvero tanto. Ma mi rendo conto che per un lettore una storia incompiuta non è altro che una perdita di tempo, e di questo sono dispiaciuta in un modo che davvero non riesco ad esprimere. Quindi spero con tutto il cuore che riusciate a perdonarmi. Perché sono davvero grata a tutte le persone che hanno condiviso quest'esperienza con me: da quelle che che hanno semplicemente letto a quelle che hanno addirittura trovato il tempo e la voglia di lasciarmi un parere. Vi devo molto e vi ringrazio con tutto il mio cuore. Questo sito è pieno di autrici davvero brave, il cui talento tende a demoralizzare chi è ben consapevole di avere delle lacune e dei limiti, e vi posso assicurare che io non avrei mai avuto il coraggio di proseguire, se non avessi trovato un minimo di sostegno. Mi sarei vergognata dopo pochi capitoli, e probabilmente non avrei aperto word per tutto il resto della mia vita xD Quindi GRAZIE a tutte quelle persone che mi hanno dato il coraggio di continuare. GRAZIE per tutto quello che mi avete permesso di imparare :)
In ogni modo, sperando di non essere colpita da una raffica di oggetti acuminati (lo so, ne avete tutto il diritto, ma io ho ancora delle cose da dire!) voglio spiegare come mai qui sotto c'è un capitolo. Beh, prima di tutto trovavo davvero triste lasciarvi solo con un avviso. Secondo, in realtà questo è il penultimo capitolo che pubblico, perché, nonostante le serie difficoltà che ultimamente ho con la scrittura, ho deciso di fare un ultimo sforzo e portare la fic alla fine del 28 dicembre, che non solo segna un traguardo importante per la sottoscritta, ma svela almeno il 70% dei “misteri” di questa storia. È una cosa che faccio per me stessa e per quelle poche lettrici che vorranno leggere, nonostante il mio avviso. Ma trovavo giusto avvertire da adesso, per permettervi di scegliere se leggere o meno questo capitolo alla luce di questa news.
So che sembra un'assurdità arrendersi al 90% della fic, ma, credetemi, se lo faccio, è perché davvero sento di non riuscire ad andare oltre.
Ringrazio, saluto e chiedo scusa con tutto il cuore a chi si ferma qui.
Gli altri mi troveranno giù :)



A te, che mi sei entrata nel cuore con immediatezza.
A te, che mi hai dato il tuo supporto,
anche quando lo rifuggivo.
A te, che sei la dolcezza fatta
Gattina :*
♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

E a te, che sei la mia Fata Madrina... Niente! ù.ù
Perdona l'Eros privo di peli e di sguardi “tu sai cosa”ù.ù
Ps: Se qualcuno mi accuserà di aver calcato la mano
la colpa sarà esclusivamente tua,
sallo!xD
Ma ovviamente tanto amore anche per te!
:*
♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥




*** 28 Dicembre ***
Parte 3^





Armata di tutte le energie che possedeva, Summer cercava di sfregare le caviglie, nella speranza di allentare il nodo fatto da Damon, ma quella cintura di cuoio si stava rivelando un nemico più ostile del previsto.
Il piede del letto a cui era stata legata, con la sua forma quadrata e il notevole spessore, costringeva il suo collo ad un'inclinazione laterale, che lo irrigidiva e lo indolenziva di minuto in minuto.
I polsi se la cavavano altrettanto male: ricoperti da numerose striature rosse – una per ogni tentativo di forzare le manette – , insieme alle mani avevano ormai perso la loro sensibilità; e stessa sorte si sarebbe estesa presto anche alle braccia, che già formicolavano fastidiosamente, in segno di una circolazione sanguigna troppo arrendevole.
Ma quei continui tentativi di liberazione – animati da rabbia e insofferenza – avevano di positivo che le impedivano di concentrarsi sul peggio – su Damon e la sua gloriosa quanto stupida idea di affrontare Klaus da solo –, e quindi di lasciarsi annientare dalla disperazione. Ed era quasi riuscita ad allentare quello strettissimo nodo, quando finalmente sentì il rumore della porta d'ingresso e la voce di Lily, che la chiamava facendo in modo che la sua voce risuonasse in tutta la casa. Summer rilassò quel corpo divenuto un ammasso di tensione nervosa e urlando: «Lily! Lily, sono di sopra!», sentì che finalmente gli eventi ricominciavano a girare in suo favore.
La strega salì velocemente i gradini della rampa di scale e poco dopo entrò nella stanza, esclamando il suo nome e inginocchiandosi rapidamente accanto a lei.
«Non riuscivo a trovarti da nessuna parte ed ero sempre più spaventata. Cos'è successo? Chi è stato a legarti?», chiese, iniziando a slegarle le caviglie.
«Damon...», rispose Summer, con voce seccata da un vago senso d'imbarazzo, mentre Lily, con l'aiuto della magia, le liberava anche i polsi. «Mi ha ammanettata per andare a cercare Klaus da solo...», aggiunse, cercando di dare una parvenza di normalità a quella strana situazione.
«Però!», la strega rilassò i glutei sui polpacci, posò entrambe le mani sulle ginocchia e poi osservò attentamente l'amica. «C'è da ammettere che siete spiriti affini!»
E Summer, sostenendosi sui gomiti, le scoccò un'occhiataccia, che subito si tramutò in un mezzo sorriso divertito: non poteva obbiettare le sue parole e, soprattutto, era felice che lei stesse bene. Durante il suo scontro con Klaus aveva seriamente temuto di non rivederla mai più, e adesso si sentiva semplicemente felice di dover rifare i conti con la sincerità fin troppo spontanea che caratterizzava la sua insostituibile amica.
«Cos'è successo?», continuò la strega, con la solita apprensione, amplificata dalla vista dei suoi abiti sporchi di sangue.
«Te lo spiego dopo», Summer si alzò, massaggiò brevemente il polso più arrossato e si avviò verso la porta, «adesso devi dirmi dov'è Klaus...»
Lily si alzò a sua volta e, guardandola con costernazione, le disse: «Vorrei, ma mi è impossibile. L'incantesimo che ho legato alla mappa è fuori uso.»
«Come “fuori uso”?», quelle parole per Summer suonarono prive di senso. Da quando gli incantesimi potevano guastarsi? Era diretta verso il salotto, ma quella notizia la fece voltare velocemente in direzione della sua stanza, con Lily che la seguiva e le parlava ansiosamente: «Non so cosa sia successo, ma...» Ma non ricevendo nessuna attenzione, la strega si sentì costretta ad usare un tono più deciso e autoritario: «Summer, devi spiegarmi ogni cosa. Altrimenti posso fare ben poco. Sono stata qui circa venti minuti fa e non c'eri... Ti ho cercata ovunque. Dov'eri? Cos'è successo?»
Summer, preda dell'ansia e della voglia di agire alla svelta, frugava febbrilmente nei cassetti in cerca di qualcosa, ma questo non le impedì di risponderle: «Beh, l'ultima cosa che ricordo è che ero in fin di vita, credendo che Damon fosse morto.» Ora aveva aperto le ante dell'armadio, in cerca di una scatola riposta sul fondo. «Poi mi sono svegliata qui, col suo polso premuto sulle labbra...», portò la scatola di cartone sul letto, per aprirla ed ispezionarne il contenuto con un nervosismo crescente.
Lily la guardava con aria confusa. Pur sforzandosi, non riusciva a seguire il suo discorso.
«Eri in fin di vita?! Aspetta, come “il suo polso”?», esclamò, in una sorta d'interrogatorio apprensivo. «Summer, non è possibile! Il sangue dei vampiri non può guarirti!» Ne era ovviamente felice, ma quel racconto era privo di fondamento. E a differenza della cacciatrice, che affrontava le situazioni avverse passando subito all'azione e quelle a suo favore senza rimuginarci mai più di tanto, Lily era una donna che doveva sempre riflettere su tutto: non ammetteva la mancanza di coerenza e le cose illogiche, neanche quando giocavano a suo vantaggio. Cercava sempre il significato e la spiegazione razionale di tutto; e quando si trovava di fronte ad un evento poco chiaro, le sembrava che il mondo smettesse di girare e che solo la soluzione dell'enigma potesse farlo ripartire.
Summer arrestò quella ricerca frenetica e si avvicinò alla compagna.
«No, dei comuni vampiri no, ma penso che tu abbia ragione. Poco prima Damon aveva bevuto il sangue di Klaus, per curare il morso di un licantropo. Sono sicura di averglielo detto che il sangue dei vampiri non può guarire le cacciatrici, ma a quanto pare deve averlo dimenticato, ed è stata una fortuna: se mi avesse portata all'ospedale sarebbe stato inutile... Se non mi avesse dato il suo sangue probabilmente sarei morta...»
A quelle parole il colorito già pallido della strega sbiancò ulteriormente, e la guardò spalancando gli occhi e farfugliando un appena udibile: «Summer...»
«Che succede?» La cacciatrice osservò quel mutamento repentino con curiosità: a livello somatico i turbamenti di Lily erano sempre riconoscibili, a chi come lei la conosceva da tempo. Ed infatti, poco dopo, con lo sguardo colpevole e terrorizzato dal pensiero di aver messo a repentaglio la vita dell'amica, la strega confessò ciò che le stava inumidendo gli occhi: «Forse non l'aveva dimenticato...» Il cuore iniziò a pulsarle frenetico. «Prima ho trovato una boccettina sul comodino e quando ho capito che si trattava del sangue di Klaus...», la voce venne corrotta da un'ansia crescente, «ho deciso di portarla con me...e...», e la osservò con un'agitazione che la faceva addirittura tremare, «Summer, io... non potevo saperlo!»
«Beh, in effetti questo spiegherebbe il comodino ribaltato... Forse Damon ha pensato che sia stato lui a nasconderlo!», osservò la cacciatrice, ricordando particolari che le apparivano poco chiari e cercando di sdrammatizzare; ma quando capì che Lily aveva bisogno di un conforto serio, glielo diede con tutta la dolcezza che meritava; così posò le mani sulle sue spalle e disse: «Ehi, Lily. Va tutto bene. Come puoi ben vedere sono viva e vegeta! E avevi ragione... il sangue di Klaus ha avuto effetto anche su di me... Non è il caso di agitarsi...»
La strega le annuì, sentendosi più calma e Summer le sorrise, riprendendo a guardarsi intorno. «Ero convinta di avere una di quelle dannate bussole di Kendra. E invece sono sempre ovunque solo quando non servono!», esclamò con avvilimento, rivelandole cosa stava cercando con tanta urgenza.
«Ne ho una io ma, se mi dici che Damon è qui, è chiaro che non funzioni. Segnala solo la presenza di una vampira bionda...»
Sebbene Summer non avesse idea di chi potesse essere, l'informazione non la sorprese più di tanto: aveva sempre sospettato che a Mystic Falls vi fossero molti più esseri sovrannaturali di quanti ne conoscesse. Ma adesso le sue preoccupazioni erano ben altre!
«Perfetto!», fece con ironia, uscendo dalla stanza. «Fammi capire bene: il coma ha mandato in tilt tutti i tuoi incantesimi?! Non era mai successo niente di simile!»
«Lo so, ma dubito che abbia a che fare con me.» Lily la seguì nuovamente, capendo che adesso era diretta in soggiorno. Ed infatti, pochi secondi dopo, si trovarono di fronte al tavolinetto su cui la strega, la sera prima, aveva posato la mappa localizzatrice.
«Bene. Allora... ti prego, fanne funzionare almeno uno.» Summer indicò quella cartina, con gli occhi che le si inumidivano fino a brillare, «Damon non è abbastanza forte per affrontare Klaus da solo...»
E Lily la guardò intenerita. L'amore che provava per Damon traspariva dal suo volto con una luce che la strega non le aveva mai visto prima. Le sembrava quasi... diversa dalla ragazza che conosceva come le sue tasche.
«Avevo creato questa mappa sfruttando il rancore di Esmaél», afferrò la cartina per osservarla meglio. «L'incantesimo poteva esaurirsi solo con la morte di Klaus... Non ho idea di cosa possa aver interferito», concluse con voce dispiaciuta.
«Io ce l'ho...», Summer ripensò alla sua lotta con l'ibrido e capì di non poter continuare a tenere Lily all'oscuro di tutto. «Hai ragione, se non ti racconto cos'è successo puoi fare ben poco. Klaus è morto, ma a quanto pare non del tutto... beh non che prima fosse vivo...» Ma l'ibrido era rognoso anche come racconto.
«Che vuoi dire?»
Summer prese un attimo di pausa per decidere da dove far partire il suo discorso e poi iniziò a raccontare: «Dopo che sei svenuta, Klaus è scappato, ma poi si è presentato in ospedale, e per cercare di allontanarlo gli ho proposto di sfidarci nel luogo in cui ha spezzato la maledizione. Così ci siamo affrontati e – non so come – sono riuscita a piantargli il pugnale nel cuore. Ma dopo un paio di minuti... si è... semplicemente ripreso, e mi ha detto che avevo ucciso solo la sua parte mannara; che per ucciderlo del tutto avrei dovuto dargli un secondo colpo, col pugnale foderato della guaina...»
Lily aveva ascoltato il suo racconto con gli occhi che le si erano spalancati sempre di più ad ogni parola, e alla fine aveva esclamato: «La guaina è di legno... come ho fatto a non pensarci!», con un tono sorpreso, colpevole, ma anche stranamente euforico.
«Ma c'è dell'altro...», disse Summer, consapevole di non averle ancora esposto la questione più spinosa: «Ero più morta che viva, non riuscivo a muovermi, Klaus stava per pugnalarmi, ma Damon si è messo tra di noi e si è preso il colpo al cuore con la guaina al posto mio...»
«Cosa?! Con la guaina? Ma è di legno e mi hai appena de...»
«Già... non so come sia stato possibile, ma Damon è vivo.» Summer sentì un nodo alla gola, che però sciolse rapidamente, per aggiungere: «Il resto è confuso... Klaus deve averci dato per spacciati entrambi, pensando a rifugiarsi chissà dove. E per quanto riguarda Damon... qualcosa deve averlo protetto, perché si è svegliato come se fosse soltanto svenuto, mi ha portata qui ed è riuscito a salvarmi.» Si avvicinò all'amica, guardandola con aria implorante, «E adesso io devo salvare lui... Ti prego, Lily. Falla funzionare.»
«Vorrei, Summer. Davvero. Ma la goccia di cera è sparita ed ora capisco anche il perché...»
«Beh, ma Klaus ora è di nuovo in piedi», rimarcò la cacciatrice, con una speranza che le illuminava gli occhi, «non puoi farlo daccapo?»
«Purtroppo no. Quello che ho utilizzato era l'ultimo frammento d'osso di Esmaél...» Lily odiava sentirsi impotente, e in quel momento le pesava ancora di più. Sopraffatta da tutte quelle informazioni, che a lei – bisognosa com'era di trovare un nesso a tutto – risultavano criptiche e senza un'apparente logica, non riusciva a concentrarsi su un problema alla volta: probabilmente perché tutto le sembrava disgiunto e collegato al tempo stesso; e questo vortice di pensieri senza via d'uscita la faceva impazzire, allontanandola sempre di più da quelle soluzioni semplici che giacevano ad un palmo dal suo naso.
«Bene.» Summer annuì, guardandosi intorno, in uno stato di riflessione che la portò all'unica soluzione possibile: «Vuol dire che dovrò perlustrare Mystic Falls da cima a fondo.»
«Risparmiati la fatica», ma la voce di Damon suonò contestuale al rumore della porta che si apriva. «L'ho già fatto io...»
«Damon...», sussurrò Summer, mentre il macigno che le schiacciava il petto si polverizzava ad ogni passo che lui avanzava verso di lei.
«Klaus è riuscito a scappare», le disse Damon, scrutandola con una strana intensità e visibilmente infastidito dalla realtà dei fatti: aveva ispezionato la zona più volte, ma di Klaus neanche l'ombra; poi il vampiro si girò verso Lily e, col solito tono teatrale e corrosivo, aggiunse: «Allora, potente strega della Triade, quale magia ci proponi per ritrovarlo?»
Damon aveva ascoltato l'ultima parte della loro conversazione e tutto gli era risultato abbastanza chiaro: la mappa non funzionava perché la temporanea morte di Klaus l'aveva mandata in tilt e Summer era la solita cocciuta, che non sarebbe riuscito a tenere a bada neanche se rinchiusa in una gabbia controllata da leoni... ma era stata in pena per lui nello stesso modo in cui lui lo era stato per lei...
Lily scorse nello sguardo del vampiro la stessa fiamma che ardeva negli occhi di Summer. Entrambi erano mossi da emozioni violente, che oscillavano dall'amore alla vendetta; entrambi avrebbero messo a soqquadro il mondo intero pur di vendicare ciò che era stato fatto all'altro; entrambi sentivano l'urgenza di esorcizzare il dolore subito e assicurarsi di non provarlo mai più. E si rendeva conto di quanto fossero simili loro e di quanto fosse abissale la differenza tra loro e lei. Lily sentiva un disperato bisogno di studiare la situazione con la calma che richiedeva, perciò, col solito candore che caratterizzava la sua voce, gli disse: «Potresti darmi la tua mano?»
Ma Damon, che custodiva il segreto di quel cuore che batteva con la stessa intensità con cui esso lo tormentava, era più suscettibile e diffidente che mai, così articolò un: «Perché?», che l'avrebbe incenerita, se solo la strega non fosse stata un tipo altamente imperturbabile.
«Beh...», fece lei con innocenza, «vorrei iniziare col capire cosa ti ha protetto dal colpo del pugnale... Puoi aiutarmi?» E gli offrì la mano, aspettandosi che lui vi posasse la sua: se avesse avuto una delle sue solite visioni, forse sarebbe riuscita a capirci qualcosa, o almeno avrebbe avuto altri elementi su cui riflettere.
«No.» Ma il vampiro rifiutò senza pensarci due volte; poi, con falsa cordialità, inclinò leggermente il capo, per enfatizzare anche le successive parole sprezzanti: «Perché non mi sembra la questione più urgente al momento.» Proprio come immaginava, la strega l'aveva colpito nel suo terrore più grande. Damon preferiva rimanere all'oscuro di tutto, pur di non diffondere quella notizia, che gli avrebbe dato parvenze umane strette e inopportune.
E mentre Lily lo guardava con sospetto, aggiungendo il suo comportamento alla lista dei dati su cui rimuginare, Summer si affrettò a dire: «Andiamo, che ti costa...», non riuscendosi a spiegare lo strano astio che il vampiro sembrava provare per la strega.
«Tempo che non abbiamo! Dovrebbe pensare ad escogitare un modo per ritrovare Klaus, invece di perdere tempo su cose che possono aspettare!» E il forte disagio di Damon, che si manifestava nel tono combattivo e aspro, si abbatté anche su di lei: «Devo per caso ricordarti che il pugnale è finito nelle sue mani!?»
Ma il vampiro venne gelato dalle sue stesse parole, che lo riportarono al momento in cui aveva consolato Summer proprio per la severità con cui si era colpevolizzata per l'accaduto. Quell'ultima frase era risuonata come un rimprovero, aveva sgretolato tutto ciò che aveva fatto per farla sentire meglio; e lo sguardo adombrato della cacciatrice lo punì passivamente, facendo nascere in lui un senso di colpa schiacciante nella stessa misura in cui lo sentiva meritato.
«No...», fece lei, con lo sguardo leggermente basso per non incrociare i suoi occhi, «non c'è bisogno che me lo ricordi...»
E a quelle parole il petto del vampiro si strinse dolorosamente. E fu investito da una voglia viscerale di abbracciarla fino a cancellare quel senso di tristezza che l'aveva sopraffatta e di scusarsi tacitamente, per poi dirle che tutto sarebbe andato per il meglio; ma questi dolci propositi vennero ostacolati sia dalla rigida circostanza che dalla presenza della strega.
«Sai...», Lily si voltò verso Summer, «Damon ha ragione. Devo riflettere e trovare un'altra soluzione...», e poi si avviò con nonchalance in direzione della porta.
«Dove stai andando?», fece la cacciatrice, mentre Damon la guardava con occhi che le facevano la stessa domanda, ma condita da un'imprecazione.
«All'ospedale. Ho delle dimissioni da firmare e un'auto da restituire.»
E sia la cacciatrice che il vampiro non poterono credere alle loro orecchie, lasciandosi pervadere dal medesimo pensiero: era davvero il caso di pensare a cose del genere in un momento simile?
Ma Lily non sembrava curarsi dei loro sguardi allibiti, mentre afferrava la maniglia e diceva: «Nel frattempo dovreste dire ad Elena di ritornare qui...»
E solo la conoscenza decennale che le univa permise a Summer di annientare l'ennesima ondata di stupore e dire: «È in un luogo sicuro, perché dovremmo farla ritornare?»
«Perché Klaus si è allontanato da Mystic Falls e adesso potrebbe essere ovunque. Se vi crede morti entrambi ed ha il pugnale, Elena è l'unica ragione per cui potrebbe ritornare. Ed ora che la notte di luna piena è passata, non ha più senso che stia lontana da casa sua. Certo, qui farà da esca, ma sarà molto più al sicuro a Mystic Falls, sotto la nostra protezione, che altrove.» E con quella parlantina pacata e sicura, che alla fine riusciva ad imporsi anche su caratteri esuberanti e bellicosi, come quelli degli altri due, Lily si palesava per la despota di zucchero che in realtà era. «Ci vediamo dopo!», aggiunse infine, chiudendosi la porta d'ingresso alle spalle.
«Lily!», e Summer rimase con quell'esclamazione a mezz'aria, mentre Damon, per tutto il tempo, si era semplicemente limitato a guardarla allibito; poi la cacciatrice si voltò verso di lui e, con uno sguardo nuovamente livido, disse: «Ci pensi tu?»
In fondo, Elena rientrava nella giurisdizione del vampiro, pensò, mentre la gelosia – anche solo per una banale telefonata – le rodeva il fegato. Ma adesso il suo cattivo umore era peggiorato anche dal ricordo di tutto ciò che le aveva fatto. L'aveva legata e fatta dannare, come solo Damon Salvatore sapeva fare.
«Sei arrabbiata?», fece lui, con la tranquillità beffarda di chi è consapevole di doversi aspettare una ramanzina, ma non ne è per nulla intimorito.
Summer, che si stava avvicinando alla rampa di scale, si girò per guardarlo negli occhi. «Hai idea di quello che mi hai fatto passare?!», rispose con voce bassa ma soffocata di rabbia.
«Sì, Summer. Credo di averne un'idea molto precisa...», e il sorrisetto bonario del vampiro insieme ai suoi occhi sereni furono un chiaro riferimento a quei comportamenti eticamente discutibili, che però li rendevano simili e quindi reciprocamente inattaccabili.
E con il movimento delle sue iridi castane, Summer disegnò un immaginario arco di colpevolezza. Lei gli aveva spezzato l'osso del collo: erano pari; il messaggio le era arrivato chiaro, forte e stranamente ammantato di dolcezza.
Gli fece un mezzo e dolce sorriso di complicità e poi si mosse per salire le scale.
Ma Damon osservò i suoi movimenti, per poi pronunciare un: «Dove vai?», che la immobilizzò, lasciandola sospesa al quarto gradino. E Summer si voltò nuovamente verso di lui, che se ne stava immobile alla fine della rampa, per dirgli: «Approfitto del momento introspettivo di Lily per fare una doccia...»
«La tua amica è strana.»
Summer gli sorrise dolcemente. «È solo meno impulsiva e più riflessiva di noi...»
Ma il vampiro ricambiò la sua dolcezza con la malizia: «Già... noi siamo teste calde...» E in un attimo le afferrò il polso, facendola cadere su di sé, labbra contro labbra, per poi stringerla rapidamente in un forte abbraccio, che subito le ridiede l'equilibrio.
E si baciarono e si sorrisero come se la minacciosa situazione che incombeva su di loro avesse perso improvvisamente tutto il suo schiacciante peso.
«Non doveva liberarti...», si lamentò il vampiro, dopo un mugolio lussurioso e riferendosi alla strega. Lily stava attentando al suo segreto e, soprattutto, aveva guastato il suo giochino bondage: meritava tutta l'antipatia di cui era capace.
E sul volto di Summer comparve quel sorriso libero e radioso, che solo lui sapeva far nascere con tanta spensieratezza. «Sul serio? Avresti approfittato della situazione nel bel mezzo dell'apocalisse?»
Il vampiro aggrottò le sopracciglia con aria pensosa: «Davvero lo metti in dubbio?»
E dopo la breve risata di Summer – che con i suoi occhi lucidi gli confessava quanto lo trovasse un caso patologico e quanto lo amasse così com'era – si baciarono nuovamente e col solito trasporto; ma poi lo sguardo le si spense di colpo, e con triste delicatezza mise fine a quel contatto. «Pensa ad avvisare Elena...», lo redarguì in un sussurro dolce e bonario, girandosi e salendo di nuovo le scale. Ma per ricatturare il suo sguardo il vampiro afferrò la sua mano, per poi lasciarla andare con estrema lentezza: il tempo di scrutare il suo volto con attenzione e chiedersi quale preoccupazione l'avesse fatto oscurare in quel modo. E quando Summer non fu più nel suo campo visivo, Damon prese il telefono dalla tasca posteriore del pantalone, si diresse verso il salotto e chiamò Stefan, che rispose quando lo scotch che stava versando nel suo bicchiere preferito raggiunse la quantità desiderata.
«Damon. Cos'è successo?», gli chiese.
Ma il maggiore ignorò quella domanda, concentrandosi su tutt'altro: «Allora, fratellino, come sta andando l'opera di riappacificazione tra anime gemelle? Dilaniante, lunga e strappalacrime come nelle telenovela, oppure siete già nudi?»
«Cos'è successo, Damon?», scandì l'altro, ma rassicurato almeno in parte dal tono frivolo del fratello.
«Domanda semplice, risposta complicata. Le cose si sono rivelate più contorte del previsto, ma per farla breve: la cacciatrice è riuscita a pugnalare Klaus, ma per funzionare a dovere il pugnale richiedeva un secondo colpo con la guaina di legno: colpo che non ha ricevuto e che, tra parentesi, ho provato sulla mia pelle, scoprendo quanto sia spiacevole...», e il vampiro parlava in funzione di quei dolori incessanti, che non smettevano di tormentare il suo corpo: in quel momento la sua vista aveva subito l'ennesimo calo, portando con sé tutte le sue forze. E respirando a fatica, il vampiro si appoggiò alla parete e avvicinò il bicchiere alle labbra, con uno sforzo che gli fece tremare il braccio.
«Come “l'hai provato sulla tua pelle?”», domandò Stafan, con una lieve punta di agitazione nella voce.
«Nel senso più letterale che puoi immaginare. Ma è una lunga storia, dovrai aspettare il film.»*
Vi fu un momento di silenzio e poi una semplice domanda: «Stai bene?»
Il vampiro fece un mezzo sorriso, guardando attentamente nel suo bicchiere, con quegli occhi che adesso avevano ripreso a funzionare correttamente. «Vivo e vegeto a quanto puoi sentire... oserei dire fin troppo!» E adesso il riferimento era rivolto a quel cuore che continuava a martellare nel suo petto, scatenando tutta la rabbia passiva che era in grado di provare.
«Che vuoi dire?»
«Lascia perdere.» Ma Damon celò il suo segreto anche a lui. Nessuno... non doveva saperlo nessuno!
«Come vuoi. Cosa facciamo adesso? Chi ha il pugnale?»
«Ottime domande. Il pugnale è caduto nelle mani di Klaus e, adesso, tu impacchetti la tua dolce Elena e la riporti qui. Abbiamo bisogno di un'esca», fece il vampiro con fin troppa semplicità.
«Voglio sperare che tu stia scherzando, Damon. Cosa ti fa pensare che la riporterò lì?», e il tono di Stefan rivelò tutta la sua contrarietà, ma Damon, con una serietà caustica, rispose: «Ascoltami bene. Klaus si è già sbarazzato di questo pugnale in passato, e se vogliamo avere una chance di ucciderlo nel secolo che interesserà la vita della tua umana fidanzata, tutto quello che possiamo fare è cercare di agire alla svelta. Altrimenti preparati a trasformarla in un vampiro e a chiedere a Katherine consigli sulla latitanza!» Ma quando fu investito dal silenzio che esprimeva tutta l'angoscia del fratello, Damon si sforzò di addolcire il suo tono: «Ascolta... ci saremo noi due, una cacciatrice e una strega a proteggerla», bevve un altro sorso di scotch, che subito gli ricordò un'altra persona. «E un umano sul baratro dell'alcolismo, se consideriamo anche Rick», aggiunse, con un mezzo sorriso. «Non le succederà niente...», e poi si avvalse di quei forti sentimenti che Stefan – non conoscendo gli ultimi risvolti – credeva ancora vivi in lui e disse: «Sai bene che non metterei mai la sua vita in pericolo...»
E quella profonda amicizia, a cui lui aveva dato una parvenza d'amore per convincere il fratello, sortì l'effetto sperato, portando quest'ultimo a chiedere: «Cosa dobbiamo fare?», con una sorta di rassegnata convinzione nella voce.
«Tornate a Mystic Falls, ma non qui. Porta Elena direttamente a casa sua – a differenza di questa casa, lì Klaus non può entrare – e poi... resta semplicemente con lei e assicurati che non voglia fare la martire. Nel frattempo noi penseremo ad un piano.»
«Bene», fu la semplice risposta di Stefan; ma poi, prima che il maggiore ponesse fine alla chiamata, si affrettò ad aggiungere: «E Damon... spero che la pugnalata sia stata dolorosa come dici, ma... mi fa piacere che non ti abbia fatto fuori...»
Damon schiuse le labbra per dire qualcosa, ma alla fine non riuscì a formulare nulla. E dopo attimi di silenzio stranamente intensi e surreali, la telefonata si interruppe per volere del fratello minore.
Il vampiro posò il bicchiere ormai vuoto sul tavolinetto e ripensò a quella conversazione. Non poteva credere di aver appoggiato la tesi della strega, ma, più di ogni altra cosa, la sua attenzione si focalizzò su un piccolo dettaglio: sull'aver detto a Stefan di trasformare Elena in un vampiro; e subito capì che quel pensiero era stato messo in evidenza da un evento che non poteva ignorare: come lui, Summer aveva il sangue di Klaus in circolo nel proprio corpo...


*** ***

Summer provò un impagabile senso di libertà, quando poté finalmente sbarazzarsi di quegli abiti consunti e gettarsi nel vano doccia.
L'acqua calda purificò i suoi capelli da ogni traccia di terriccio e la sua pelle da ogni scia di sangue. Ma soltanto parecchi minuti dopo, i suoi muscoli cominciarono a rilassarsi, liberando il suo corpo da tutta la tensione accumulata. E tra le gocce d'acqua si persero anche due lacrime, scivolate vie insieme al sovraccarico di stress. Ma la rabbia... quella non l'avrebbe mai abbandonata. I pugni di Summer si sarebbero sempre stretti al bruciante ricordo di Klaus e degli avvenimenti di quegli ultimi mesi. L'ibrido aveva ucciso Kendra, ed era stato ad un passo dal portarle via anche Damon. Adesso non era più una battaglia tra forze notoriamente contrapposte. Adesso era una questione strettamente personale. E Summer giurò a se stessa che si sarebbe vendicata; e dopo avergli inflitto atroci sofferenze, quel giorno Klaus avrebbe finalmente cessato di esistere...


*** ***

Con le mani sul volante di una macchina dal motore spento, Lily rifletteva sull'onda di informazioni che l'aveva travolta. Sentì di aver fatto la cosa più giusta ad abbandonare quella casa. Doveva analizzare il tutto con la dovuta calma, e le sarebbe stato semplicemente impossibile farlo sotto l'aura di impazienza, che aleggiava intorno alle teste degli altri due. Afferrò la borsa, sistemata sul sedile del passeggero, e ne estrasse la bussola. Come immaginava, l'ago era rivolto ad Est, in direzione del Mystic Grill. Se l'aggeggio avesse funzionato a dovere, avrebbe dovuto puntare di fronte a lei e segnalare la presenza di Damon. Perché non lo faceva? La bussola era mossa da un incantesimo, un incantesimo che non poteva spezzarsi a metà. Doveva funzionare perfettamente o non funzionare del tutto, pensò, sentendosi ancora più confusa. E visto lo strano comportamento del vampiro, Lily iniziò ad avere seri sospetti su di lui. Era chiaro che nascondesse loro qualcosa. Ma cosa? E, soprattutto, perché? Mise in moto l'auto ed uscì dal vialetto, diretta realmente all'ospedale.


***** *****

Quando Summer uscì dal bagno, i capelli un po' arruffati e vestita della sola vestaglia a kimono verde acqua, trovò Damon seduto sul suo letto, con i gomiti poggiati sulle cosce e le dita che s'intrecciavano e si sfregavano in movimenti lenti, che gli conferivano un aspetto fin troppo pensoso.
Come per dargli atto di avere piena coscienza della sua presenza, Summer posò un lungo sguardo su di lui, che venne ricambiato con altrettanta intensità. Poi si avvicinò alla cassettiera in cui teneva riposta la biancheria, afferrò un tanga color lavanda e lo indossò con un gesto che trasmetteva sia la tranquilla intimità delle coppie consolidate che l'inevitabile punta di malizia tipicamente femminile; e quegli attimi ingannevoli – fatti di dita leggere e innocenti che sfioravano e delineavano quelle gambe nude quasi fino all'inguine – furono catturati dalla mente attenta di Damon, che con abilità riuscì a goderseli dietro sguardi privi di ogni interesse: la sua passione, ora repressa da pensieri prioritari, avrebbe riacquisito il controllo solo al momento opportuno, ma le avrebbe fatto pagare quella dispettosa provocazione con tanto di salati interessi.
«Sei stata tu a prendere il sangue di Klaus?», le chiese quindi con voce calma, continuando a fissarla con una serietà che non gli apparteneva. «Intendo... dopo che mi hai “delicatamente” spezzato il collo...»
Summer fu scossa da uno strano fremito di disagio ed emozione, e mentre si chiedeva cosa fosse stato a provocarlo – se la sua aria quasi severa o la sua voce più limpida e sensuale del solito –, eluse il suo sguardo, portando la propria attenzione su una ciocca di capelli; e la serrò facendola scorrere tra l'indice e il medio, per poi ispezionarne la punta con meticolosa e inutile accuratezza.
«È stata Lily. Mi stava cercando e ha pensato di portarlo con sé in vista del peggio.» E una volta chiuse le labbra, cercò di combattere il potere che esercitava su di lei, guardandolo nuovamente.
«Beh, ti assicuro che il peggio è stata proprio la parte in cui non l'ho trovato.»
Ma il bagliore azzurro dei suoi occhi e quella risposta repentina le annientarono il respiro, facendole capire che Damon, fin quando non le avesse parlato espressamente, mettendo in chiaro i propri sentimenti, l'avrebbe fatta sentire sempre in quel modo: col cuore pronto a cessare di battere da un momento all'altro.
«In verità... pensavo che mi avessi dato il tuo sangue... perché te ne fossi dimenticato...», pronunciò con voce incerta, con lo sguardo nuovamente basso e le mani che adesso giocavano col nodo della cintura.
«Non dimentico le cose importanti», ma Damon ricatturò i suoi occhi e la guardò con un'intensità che la fece sentire spogliata della carne. «E il sangue di Klaus che circolava nel mio... era la classica... ultima speranza.»
Le fece un mezzo sorriso e Summer annuì quasi impercettibilmente, deglutendo forte. Si avvicinò alla finestra e focalizzò la sua attenzione sul paesaggio: il tramonto rendeva quella distesa di pini un'unica macchia scura, che si opponeva con prepotenza ai suoi toni caldi e quasi abbaglianti.
«Sai, in verità non avevo mai creduto alle parole di Lily. Pensavo fosse solo una delle sue fantasiose supposizioni, dettata per lo più dal suo ottimismo. Non la conosci, ma ti posso assicurare che la sua vena ottimista è come la fantasia di un bambino: totalmente priva di limiti!» Per smorzare quella strana tensione, Summer aveva cercato di dare alla sua voce una cadenza allegra e giocosa, ma l'attimo di silenzio che seguì la rese ancora più agitata, costringendola a tenere lo sguardo fisso di fronte a sé; e quando Damon le disse: «E invece... è vero. Il sangue di Klaus ti ha guarita e questo significa che forse... potresti diventare un vampiro... se lo volessi...», si sentì quasi grata verso se stessa per non aver visto il suo volto e, soprattutto, per non avergli dato modo di vedere il rapido cambiamento del proprio.
«Già...», sibilò con una malinconia che non riusciva a spiegarsi e con lo sguardo ancora fisso su quella natura dominata dalle sfumature di rosso. Senza capirne il motivo, aveva sempre odiato quel discorso; eppure, pochi secondi dopo, sentì inevitabile chiedergli: «Hai mai pensato di trasformarmi?» E quella voce corrotta dall'imbarazzo e da un vago senso di paura ammorbidì i lineamenti del vampiro, riempiendo i suoi occhi di una ritrovata dolcezza, che subito andò a discapito di quella strana serietà. Non gli era sfuggito l'attimo in cui le proprie parole avevano avuto il potere di irrigidire le sue spalle. Damon sapeva bene che per lei quello era un argomento delicato – un argomento che era preferibile non affrontare – ma, in quel momento, senza comprendere cosa lo spingesse a farlo, desiderava cogliere ogni indizio che gli permettesse di capire il suo volere a riguardo. Vampira o cacciatrice, sentiva che l'avrebbe amata allo stesso modo; ma ora che il sangue di Klaus circolava anche nel suo corpo, rendendo possibile quella scelta, riteneva giusto ricordargliela, sebbene lei, in passato, gli avesse già ribadito che non era sua intenzione voltare le spalle al suo ruolo di cacciatrice e lui ne avesse ascoltato con attenzione ogni parola: da quelle più chiare a quelle omesse, che forse risultavano oscure anche a lei stessa. «Qualche volta...», confessò poco dopo, con un tono dolce e un sorrisetto obliquo appena accennato: erano state fin troppe le volte in cui aveva fantasticato su quello scenario.
Tenendo lo sguardo basso, Summer girò il collo verso di lui, e quel flebile «Davvero?» suonò la nota dolce e infantile di quando qualcosa la sorprendeva, riempiendo il suo cuore di quella gioia timorosa, che prima di esplodere richiedeva certezze preventive.


** Bloodstream (Quartet Session) **

Words can relay nice
They can cut you open
And then the silence surrounds you
and haunts you



Nella stanza ogni cosa era calata nell'ombra e Damon osservava il corpo di Summer, che appariva come una sagoma scura, contornata da un riverbero ramato quasi accecante, i cui raggi filtravano attraverso i suoi capelli come bagliori che si stagliano nel buio ascetico di una cattedrale.
«Sì...», rispose, riportando lo sguardo di fronte a sé e mettendo le mani nelle tasche. «Anche se l'immagine era più o meno sempre la stessa...» Poi si voltò nuovamente verso di lei, che teneva ancora il collo abbassato e girato di lato e, mentre ascoltava il mormorio dolce e titubante della sua voce, ne osservò attentamente il profilo, rapito dai movimenti incerti e sensuali delle sue labbra.
«E... sarebbe?»
Damon non le rispose e Summer, le unghie che si torturavano e lo sguardo ora fisso su di esse, capì di dover insistere: «Andiamo, voglio saperlo...», ma parlava a voce bassa e controllata, per evitare che l'emozione desse picchi acuti al tremito delle sue parole. «Come lo faresti?»
Il vampiro sorrise a mezze labbra, si alzò e si avvicinò a lei, dando a tutti i suoi movimenti una voluta cadenza flemmatica; e quando si ritrovò alle sue spalle, le mani ancora nelle tasche, indugiò per un altro, lungo istante. Poi, con voce pacata e sicura, decise di descriverle la sua fantasia: «Ti farei indossare una vestaglia di seta, simile a questa, ma di un colore scuro e lunga fino al pavimento...» E, sebbene sapesse che quelle parole avrebbero innescato emozioni violente e difficili da controllare, si rendeva conto che adesso, anche volendo, non sarebbe riuscito a fermarsi... «Sotto ti vorrei con quel babydoll nero velato sui fianchi e con i laccetti rosa che si slacciano al centro del petto: l'unico che ti ho sempre tolto con delicatezza, appunto perché mi piace.» E i loro occhi s'incrociarono attraverso il vetro, in un riflesso che scomparve rapidamente, senza riuscire ad imprimere anche quei sorrisi di complicità, causati dal ricordo di tutte quelle volte in cui il piccolo indumento aveva fatto impazzire quel vampiro che adesso liberava una mano dalla tasca per raccoglierle i capelli e sfiorarle il collo con falsa casualità.
«Ti sistemerei i capelli su una sola spalla e poi libererei l'altra dalla vestaglia», pronunciò quelle parole lasciando che l'altra mano scorresse sulla sua spalla per far scivolare la stoffa leggera del suo kimono; e, corteggiando la sua pelle con le labbra, si fece tentare dal dolce profumo che emanava e da quel fremito di eccitazione che l'aveva scossa visibilmente, ma, voglioso di giocare ancora, s'impose di prevalere sul viscerale bisogno di assaporarla.
«Ti stringerei a me...», fece scivolare la mano sotto il suo seno e in un attimo, in uno scatto deciso, il suo avambraccio si trasformò in una morsa che la intrappolò a lui. E Summer si sentì travolta da brividi troppo forti, quando il suo bacino premuto sul proprio fondo-schiena le rivelò l'eccitazione che Damon non si curava di celare e che, un attimo dopo, con un sorrisetto ironico, fu lui stesso a rimarcare: «E ammetto... che mi sarebbe difficile nascondere... che il solo pensiero di farlo... di possederti totalmente...» E adesso le dita del vampiro le scorrevano sul basso ventre, scostando la vestaglia e intrufolandosi sotto l'elastico del tanga, per seguirne la linea con crudele lentezza, «mi fa impazzire come quegli attimi in cui a separarmi dal piacere c'è solo del pizzo colorato e fin troppo sottile...»
E, sebbene lei facesse di tutto per non farglielo notare, Damon godeva della vista del suo profilo corrotto dall'insostenibile attesa del piacere e del suo corpo scosso da quei tremiti che non poteva evitare. Quel dolce tormento a cui lei resisteva a fatica rappresentava la sua piccola vittoria, la sua angelica vendetta: in fondo, era stata lei la prima a provocare, si disse, compiaciuto del suo dispettoso operato, ma consapevole di essersi imbattuto in una strana occasione per confessarle cose che pensava e sognava da tempo, proprio come la sua voglia di vivere quel singolare tipo di emozioni e di farla sua, tramutando il loro amore in qualcosa di eterno; e ciò era incentivato da quel momento quasi surreale, che annientava preoccupazioni di ogni genere. Tutte le angosce di Damon sul futuro, su Klaus, su quel cuore che batteva, su quei dolori incessanti, erano state frantumate da quella fantasia, che adesso sembrava la meta della sua intera vita.
«Ritarderei il momento...», continuò, «baciandoti il collo con lentezza.» E posò le labbra sul suo collo per un primo bacio, «per sentirti sempre più tesa», poi un altro, «eccitata», un altro ancora, «impaziente», e infine portò le labbra al suo orecchio, «ansiosa di essere mia...»
E il forte fremito che scosse la pelle di Summer vibrò sulla sua, trasmettendogli le stesse, intense emozioni, che per un istante gli fecero temere di perdere il controllo, ma non nella misura necessaria a farlo smettere: «Ti scoprirei il seno... perché non potrei farne a meno...», e le sue dita continuarono a spogliare la spalla già libera dalla vestaglia, fino a mostrargli il seno e a costringerlo a deglutire con forza la voglia di tenerlo tra le labbra. «L'accarezzerei piano...», e continuando a concretizzare quella fantasia sotto il tocco delle sue dita, ne accarezzò le morbide curve, per poi sfiorarne più volte la punta con una lenta oscillazione del pollice; e il gemito che lei soffocò repentinamente lo istigò a sussurare: «Sentendomi soddisfatto ad ogni sospiro che faticheresti a trattenere...», poiché non poté fare a meno di sorridere compiaciuto, nel sentirla completamente preda della sua voce e delle sue mani; e si chiese per quanto ancora avrebbe resistito, cercando inutilmente di nasconderglielo. Ma, anche se avesse voluto, Summer non avrebbe potuto reagire in alcun modo. Si concedeva passivamente perché ciò era l'unica opzione che Damon le offriva. Sconvolta dai caldi fremiti che le procuravano la sua voce e le sue carezze, non poteva fare altro che starsene immobile: completamente imprigionata in quella dimensione irreale, creata da quella sensualità oscura e predominante, che il vampiro sprigionava quando il suo preciso scopo era farla impazzire. Ma in quel flusso di parole suadenti si nascondevano anche verità compromettenti, e Summer capiva che la sua inerzia dipendeva soprattutto dalla flebile speranza che lui continuasse a parlare... che le permettesse di cogliere parole che avrebbero curato le infinite ferite del suo cuore, attenuando sia le sue remote insicurezze che il recente dolore per quel “Ti amo”, che non le era stato concesso.
Era fortemente intenzionata a resistergli, ma in quel momento Damon la strinse a sé con maggiore veemenza, corrompendo il tono della sua voce con note esasperate e passionali: «Ma poi ti mostrerei che la mia esitazione ha comunque un limite. Che l'attesa consuma entrambi con lo stesso desiderio, con la stessa voglia di perdere il controllo...», e questa volta il seno glielo strinse con prepotenza, constatando soddisfatto che adesso lei respirava in maniera convulsa, totalmente sciolta nelle sue mani. Ma poi, allarmato dalla sua stessa tensione, da quella voglia di lei che ormai lo incendiava, decise di intimorirla, nella speranza di allontanarla sia da quella pericolosa idea che da se stesso, per evitare l'irreparabile: «E allora non riuscirei a trattenermi oltre: i miei canini affonderebbero nella tua carne con una forza che faticherei a gestire; il tuo sangue mi riscalderebbe la gola, per poi invadere il mio corpo con lo stesso calore; mentre tu... sentiresti il tuo farsi sempre più freddo e debole... e in quel momento ti accorgeresti di essere completamente in balia delle mie mani... di ogni mio volere...» E le sottili venature intorno ai suoi occhi comparvero rapidamente, per poi scomparire altrettanto velocemente, sotto il controllo di una volontà che adesso faticava a gestirle. Le braccia continuavano a stingere Summer con forza, mentre la voce gli diveniva sempre più oscura e quasi minacciosa: «Gli ultimi battiti del tuo cuore palpiterebbero sotto la mia pelle; la tua vita scivolerebbe via dai miei respiri; e, nonostante il tuo coraggio, ti sarebbe inevitabile farti sopraffare dalla paura della morte, che ti stringerebbe il petto fino a impedirti di respirare...» Chiuse gli occhi e respirò profondamente: doveva controllarsi e combattere quella violenta voglia del suo sangue, che ora gli pulsava nelle tempie, stordendolo. I suoi dolori si accentuarono di colpo, così come gli esordi di quelle trasformazioni incontrollate, ma si appellò a tutte le sue forze e alla fine riuscì nuovamente a dominarsi. E lentamente Summer sentì la sua stretta che si ammorbidiva quasi fino a cullarla, proprio come la sua voce che adesso si scioglieva nel sussurro intriso di dolcezza di un uomo innamorato che, nonostante i propositi contrastanti, non riusciva a nasconderle la verità: «Ma, in quell'istante, i tuoi ultimi pensieri s'imprimerebbero nei miei occhi senza segreti... e si trasformerebbero in tutto ciò che vorresti... perché controllerei il tuo ultimo sogno, liberandoti da ogni paura, creando qualunque fantasia ti piacerebbe vivere realmente. E alla fine moriresti tra le mie braccia», e riprese a baciarle la pelle, questa volta a labbra dischiuse per godere appieno del suo sapore, «sentendoti calma», e dalla spalla arrivò alla base del collo, «al sicuro», per poi continuare fino all'orecchio, «mia per sempre...»
E con gli occhi chiusi, posò la fronte sulla sua nuca, inspirando profondamente il profumo dei suoi capelli e sentendo una sensazione simile alla stanchezza.
In quel momento si sentì quasi sollevato: stava riuscendo a tenere a bada quell'eccitazione che gli contraeva l'addome e gli tormentava l'inguine, proprio come stava riuscendo a dominare quelle trasformazioni involontarie che gli facevano scoppiare la testa e calare la vista; ma poi Summer, gli occhi lucidi e il respiro corrotto dall'emozione, inclinò maggiormente il collo, offrendoglielo come un chiaro pegno d'amore. E per un attimo entrambi si sentirono rigidi e immobilizzati: tesi come corde di un violino che avrebbe suonato quel requiem al primo soffio di vento.
Ma il vampiro ritornò subito in sé, scuotendo flebilmente il capo, in segno di un rifiuto che l'eccitazione gli impediva di esprimere a voce. Era forse impazzita?, si chiese incredulo. Damon pensava fosse fin troppo chiaro che non potesse farlo realmente... Con quei presupposti il rischio era troppo elevato. In fondo, non vi era nessuna certezza che il sangue di Klaus avrebbe funzionato, anzi: in realtà ad esso non vi si poteva attribuire neanche la certezza di quella miracolosa guarigione. Era stato davvero il sangue di Klaus l'elemento determinante? Si chiese, in quel particolare momento in cui la ragione avrebbe messo in dubbio anche le verità più universali. E poi, se anche avesse voluto bere il suo sangue senza quel fine, in quelle condizioni fisiche precarie non era certo che sarebbe riuscito a fermarsi; ma si rendeva conto che ciò faceva parte di quell'assurdo segreto custodito con ostinazione, che rendeva impossibile a Summer immaginare il grosso rischio a cui andava in contro offrendosi a lui. Per Damon, la cosa più giusta da fare era rimandare quel discorso a pugnale recuperato; eppure... la vista che quasi gli si offuscava; il suo profumo; il modo sensuale con cui muoveva il suo corpo e il bisogno viscerale di sentire la sua essenza scorrere nel proprio; le sue dita tra i capelli, come spinta subliminale verso il suo collo; il proprio nome sussurrato dalle sue labbra con un desiderio disperato e lancinante; il pensiero che lei gli si stesse offrendo totalmente, che lo amasse fino a volergli donare la sua vita... E in un attimo di prevalenza dei sensi su ogni possibilità di controllo, i canini del vampiro penetrarono nella sua carne, sprigionando quel sangue che l'avrebbe fatto impazzire.



I think I might've inhaled you
I could feel you behind my eyes
You've gotten into my bloodstream
I could feel you floating in me


E nel gemito di Summer quel crescendo di emozioni – divenuto insostenibile per entrambi – si concretizzò con forza, portando con sé un inevitabile senso di realtà su ciò che stava accadendo e su ciò che avrebbe comportato.
Pur non sapendosi spiegare il perché, Summer non aveva mai desiderato essere un vampiro: quel pensiero la pervadeva di una strana angoscia che la portava a sopprimerlo a priori, senza mai darle l'occasione di rifletterci davvero. Eppure, in quel momento, Damon voleva che fosse sua per sempre, e sembrava che per lei nient'altro avesse importanza. Nella sua anima non esisteva alcun tipo di timore, perché tra le sue braccia Summer sentiva che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Era sicura di ciò che provava per lui... e adesso anche di ciò che lui provava per lei. Le parole di Damon le avevano attraversato la pelle, scivolando nel suo petto con un'intensità crescente, divampata nel bruciante desiderio di essere eternamente sua... a qualunque costo! Quelle parole l'avevano colmata della felicità che attendeva da tempo. E adesso, per quei canini acuminati che le erano entrati nella carne con l'impeto urgente del bisogno, Summer non riusciva a sentire neanche il più insignificante dolore: le emozioni che provava le trasmettevano un piacere così primordiale e feroce da sovrastare ogni altra percezione. In quel momento, nel desiderio che li univa regnava qualcosa di sacro e profano. L'amore che si glorificava nella morte. Ma ciò non la spaventava – non dopo tutto quello che Damon le aveva confessato. Voleva essere sua. Nient'altro. E adesso il vampiro si nutriva di lei con una foga che le toglieva il respiro e le infiammava la pelle, concretizzando quel bisogno improvviso, sorretto da un desiderio trascendentale e remoto. Sentiva le sue braccia che le comprimevano e le avvolgevano il corpo con una passione avida di possesso... avida di lei; e Summer pressò le mani sulle sue – su quella che premeva sul seno e quella che stringeva il fianco – per dimostrargli che quella forza – così impetuosa da sembrare violenta – non le faceva alcun male... che avrebbe sopportato qualunque cosa...
Damon allontanò le labbra dal suo collo, respirando profondamente e tenendo gli occhi chiusi per qualche secondo; poi il suo abbraccio si trasformò in una presa che la voltò verso di sé; e quando se la ritrovò di fronte e si accorse del modo in cui lo guardava – quegli occhi carichi di desiderio e amore – non poté fare altro che baciarla profondamente, sperando che lei capisse che era principalmente l'amore il sentimento che lo stava facendo impazzire. E alla fine di quel contatto, il vampiro incenerì con lo sguardo quella vestaglia che continuava a nascondere lembi di pelle a cui non poteva rinunciare e, con una veemenza fin troppo impetuosa per della stoffa che si sarebbe arresa a poco più di un suo soffio, ne sciolse rapidamente il nodo, ma senza poi curarsi di farla cadere: le mani si erano stazionate con fermezza sulle rotondità dei fianchi, immobilizzate dai troppi desideri che si contendevano il primato sull'azione successiva; e le curve morbide dei seni e di quelle che delineavano la vita e il basso ventre, enfatizzate da un sensuale gioco di luci ed ombre, si erano riflesse nei suoi occhi azzurri, colmandoli di meraviglia e ipnotizzandoli all'istante. Ma quello sguardo innamorato si fece ben presto anche famelico e demoniaco, un fedele manifesto di schiavitù verso ogni sensazione che provava; e, con l'ultimo residuo di lucidità, alzò una mano, passò le dita tra i suoi capelli e avvicinò la fronte alla sua. «Devi fermarmi...», soffiò sulle sue labbra, con voce preoccupata, ma con gli occhi di un demone che si redime solo perché troppo stanco per combattere ancora. Ma Summer, un brivido caldo che le attraversava il ventre, accarezzò il suo viso, posò un bacio delicato sulle sue labbra, vissuto con estrema pienezza da entrambi, e infine inclinò lateralmente il capo, in segno di un ennesimo e chiaro consenso.
E il vampiro le avrebbe sorriso di gioia, se qualcosa d'indecifrato non glie lo avesse impedito, costringendolo a cercare nelle profondità del suo stato d'animo il verdetto dei suoi reali sentimenti a riguardo; ma quando si accorse di una goccia di sangue che scivolava lenta sul petto di Summer, preparandosi a macchiare di rosso il candore del suo seno, sentì di esplodere e bruciare per una seconda volta, portando nel rogo ogni possibile chance d'introspezione. E in quegli attimi che gli divorarono la ragione, le uniche preoccupazioni furono cingere i suoi glutei con un braccio, sollevarla da terra, incastrarla al muro, lasciarsi avvinghiare dalle sue gambe e unire le labbra alle sue; e vi era qualcosa nei gemiti che Summer si lasciava sfuggire tra un bacio e un altro, che gli faceva intuire con chiarezza quanto lei trovasse rovente il tocco di quella mano libera, le cui dita affondavano nella sua carne, scorrendo lente e conquistatrici dalla schiena alla coscia. La sollevò ancora e finalmente poté schiudere le labbra sul suo seno, schiacciarlo sotto la propria voracità e impadronirsi di quella punta inturgidita che, sottomessa ad una lingua instancabile, creava fremiti di desideri spinti, che vibravano nel corpo di entrambi, forti e incessanti; ma poi la bocca del vampiro proseguì verso l'alto per purificare la sua pelle da quella provocatoria scia di sangue ed appropriarsi nuovamente del suo collo, e in quel momento Damon si sentì travolgere da un'emozione ancora più estasiante e violenta: una forza spinta dalle tenebre, che si nutriva del proprio autocontrollo con la stessa implacabilità con cui lui si nutriva del suo sangue. E il vampiro era insaziabile. Inarrestabile. Preda di un'estasi fatta di luce e oscurità. E come quei canini appuntiti, anche il basso ventre rivendicava il proprio ruolo, anelando la carne di lei con bramosa urgenza e costringendolo a combattere una difficile lotta contro boxer e pantaloni divenuti troppo stretti. Quell'erezione impossibile da governare sporcava la loro unione spirituale di un desiderio puramente fisico; ed era questo – anche più di quei dolori insistenti – che lo dilaniava senza tregua: che la sua già incontrollabile eccitazione fosse dannatamente amplificata; che volesse fare l'amore con lei e che quel languore gli pulsasse incessantemente nell'inguine, tormentandolo con voglie che non poteva soddisfare. Ma lei era la donna che amava, e Damon non poteva mischiare il bisogno di sangue e di carne quando il fine ultimo era la sua morte, neanche quando questo si traduceva in una sorta di avvilente tortura. Summer ansimava, dimenava i glutei, intrufolava la mano sotto la sua camicia e gli graffiava la schiena; faceva scorrere le dita dell'altra nei suoi capelli corvini e lo pressava su di sé, sul proprio collo; si donava completamente, dandogli l'impagabile sensazione di non avere alcun limite su ciò che poteva farle... E ormai Damon sentiva chiaramente il gelo inesorabile della morte, che si faceva strada sulla pelle della donna che gli aveva ridato la vita: il cuore che le batteva lentamente; gli ultimi suoi pensieri dietro i propri occhi : ricordi di loro due insieme, felici. La stava uccidendo e non riusciva a fermarsi. E, contro ogni tenebrosa aspettativa, non vi era neanche un briciolo di paura nel suo cuore a cui lui potesse appigliarsi per frenarsi. In quel vortice di frenesia, in cui l'amore più puro si scontrava con la passione più oscura, tutto sarebbe finito e ricominciato. E lui avrebbe aspettato il suo ritorno dal regno dei morti, tenendola stretta e al sicuro nel calore di un abbraccio colmo d'amore. Ma poi, in un attimo in cui un altro suo ricordo gli si palesava nella mente, Damon sentì la propria voce, nella mattina seguente la notte d'amore più intensa della sua lunga vita, che pronunciava: “Quindi sei cresciuta in un orfanotrofio... Questo spiega la tua eccessiva devozione alla carica di cacciatrice.”; e poi la voce di lei, in un altro dei loro tanti momenti d'intimità: “Essere una cacciatrice mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo niente prima di questo.”
E quel cuore che gli batteva frenetico nel petto si arrestò di colpo, gelandogli l'intero corpo. Come poteva ignorare tutto ciò che aveva compreso di lei? Come poteva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita? No. Non poteva farlo. Non poteva trasformarla. Non ancora, almeno. E poi... se il sangue di Klaus non avesse funzionato? Se quel poco in circolo nel proprio corpo fosse bastato solo a guarirla, ma non fosse abbastanza per trasformarla? Cosa diavolo stava facendo?, si rimproverò, allontanando le labbra dal suo collo con un gemito che gli fece contrarre l'addome, fino a spezzargli il respiro. E inducendola a rimettere i piedi a terra, sciolse la presa intorno ai suoi fianchi per poi guardarla con occhi umidi di un misto di spavento e pentimento; ma Summer, le palpebre che le si chiudevano stancamente, era troppo debole per accorgersene, e a stento riusciva a capire cosa le stesse accadendo. Il vampiro si morse il polso e – invertendo le loro posizioni – si mise spalle al muro, lasciando che lei posasse il capo sul proprio petto; poi si apprestò a portare il polso alle sue labbra, accarezzandole dolcemente la nuca con l'altra mano, nella speranza che quelle premure avessero il potere di attenuare sia il dolore della sua ferita che il proprio senso di colpa.
E per smaltire rapidamente quel piacere residuo – in una sorta di autopunizione – si appellava ad ogni granello del suo autocontrollo, ma Summer, anche ora che aveva riacquistato le forze, continuava a bere dalla sua carne con una strana voracità, che glielo rendeva ancora più difficile. Soltanto adesso lei si accorgeva che il sangue di Damon aveva qualcosa di diverso, rispetto alla prima volta in cui l'aveva assaggiato. Le sensazioni che le donava erano cambiate nettamente: non più un senso di debolezza e stordimento, ma un vero e proprio piacere che dilagava nel proprio corpo, riscaldandolo in ogni sua fibra. Ed entrambi si sentivano come sostanze fluide che si mescolavano in continuazione... Un piacere dolce e avvolgente che continuava a mettere a dura prova la resistenza del vampiro, che adesso aveva ripreso a boccheggiare, sopraffatto dal nuovo livello di calore che gli lambiva i boxer; ma, quando Summer allontanò il polso dalle labbra, chiudendo gli occhi e affondando maggiormente il volto nel suo petto, lui posò lo sguardo sul suo corpo seminudo – coperto solo da quel minuscolo tanga e da quel kimono che aveva resistito all'impeto, arricciandosi nelle pieghe dei gomiti – e si sentì schiacciato sia dal dolce desiderio di fare l'amore con lei che dall'amara e assoluta certezza che non sarebbe riuscito a trattenersi per l'ennesima volta. Quindi, con mani che faticavano a non tremare, afferrò quella stoffa leggera e la ricoprì quasi fino al collo; poi, con uno sguardo in cui la somma di amore e preoccupazione equivale a una profonda tenerezza, nascose il mento nei suoi capelli e la avvolse in un abbraccio traboccante di dolcezza. Doveva proteggerla da se stesso, e quella di spegnere il fuoco della passione era una soluzione giusta quanto sofferta. Così, normalizzando piano i loro respiri, restarono a lungo fermi in quella posizione.
A tratti, il vampiro temeva che lei potesse sentire il battito del proprio cuore, e lo manifestava con profondi respiri colmi di ansietà; ma, fortunatamente per lui, adesso Summer teneva la nuca poggiata nell'incavo della sua spalla e, soprattutto, era totalmente focalizzata su una serie di pensieri, che però ruotavano intorno ad un'unica domanda: perché Damon non l'aveva trasformata?

«Perché ti sei fermato?», sibilò poco dopo, quasi spaventata dalla propria voce.
E ancora lievemente ansante, il vampiro scosse il capo, guardando fisso di fronte a sé. «Non posso. Non posso farlo senza la certezza di vederti riaprire gli occhi e poi... non è quello che voglio.» E a Summer si gelò il sangue nelle vene, mentre Damon afferrava le sue spalle per guardarla negli occhi e aggiungere: «Non posso essere egoista. Non su questo. Non con te. Se vuoi cambiare ciò che sei... devi farlo solo per te stessa, e in questo momento...», inclinò lievemente il capo, guardandola con dolcezza, «non sarebbe così.»
«Che vuoi dire?», chiese Summer, senza la forza d'incrociare i suoi occhi e col cuore stretto in una morsa di paura.
Le mani del vampiro raggiunsero le sue guance e con delicati movimenti dei pollici vi disegnarono piccoli archi. «Voglio dire... che questa è una scelta da cui non si torna indietro, ed è troppo grande... troppo grande perché io possa portarne il peso da solo...», confessò infine, come se le stesse chiedendo scusa.
E lo sguardo di Summer si spense di colpo, sintomo di una felicità sfumata troppo rapidamente. Afferrò i suoi polsi e li abbassò lentamente, ponendo fine al quel dolce contatto; poi, con un filo di voce che cercava di non tradire il suo turbamento, replicò: «Vuoi dirmi... che non hai mai trasformato nessun altra donna?» E si strinse nella sua vestaglia e si allontanò di qualche passo, perché la tensione non le permetteva di reggere la sua vicinanza.
Il vampiro mise le mani nelle tasche e, con la cadenza veloce e un po' agitata di chi è consapevole di essere stato frainteso, disse: «Certo! Donne di cui non mi importava niente! E neanche per un secondo mi sono chiesto se se ne siano pentite, se abbiano finito con l'odiarmi, se per loro sia stato un dono o una dannazione! Perché non mi interessa e per me non sarà mai un problema!» Poi la guardò con intensità, addolcendo il tono della sua voce: «Ma... credi davvero che possa fare lo stesso anche con te?»
E a Damon venne in mente Katherine. Si chiese se la vampira avesse mai pensato a ciò che gli aveva fatto, ciò di cui l'aveva privato; se avesse mai preso in considerazione i suoi sentimenti o per lei non fosse stato altro che un giocattolo da rendere indistruttibile... eterno. Ma non poteva illudersi di non conoscere quell'avvilente risposta. Vi erano stati momenti in cui aveva desiderato sentirsi nuovamente umano con la nostalgia forte e dilaniante delle possibilità che vengono negate per sempre, ma sotto la schiacciante consapevolezza di essere cambiato troppo anche per poterlo solo immaginare; adesso voleva soltanto che Summer non provasse mai emozioni simili. Ormai conosceva bene i tormenti della sua anima di cacciatrice, e voleva solo che lei desiderasse quella vita esclusivamente per se stessa, così da non potersene mai pentire, qualunque cosa fosse accaduta in seguito; perché Damon stava morendo: adesso finalmente se ne rendeva conto. La fine di quell'idillio aveva portato con sé delle angoscianti consapevolezze. Il pugnale non poteva averlo risparmiato: lo stava uccidendo lentamente. Quella condizione fisica che peggiorava di minuto in minuto non poteva avere altro esito. E se lei si fosse trasformata solo per amore e lui fosse morto poco dopo, l'avrebbe condannata ad una dannazione eterna. Una dannazione che lui conosceva bene. E l'amava troppo per non pensare alle conseguenze delle proprie azioni.
Ma per Summer, troppo tormentata dalle sue insicurezze, quel discorso suonava come un: “Fallo per te stessa perché, quando avrò Elena e non ci sarà più nulla tra di noi, tu continuerai ad essere un vampiro!”. Damon continuava a non essere esplicito e lei continuava a sentirsi seconda; ed ogni cosa aveva il potere di demolire le poche certezze che riusciva faticosamente a conquistare. Adesso tutta la felicità provata si era trasformata nella sua dilaniante controparte. Un dolore che la stava consumando rapidamente. Ed ogni volta che il vampiro le dava una speranza per poi ritrattarla, Summer sentiva che di lei non rimanevano neanche delle misere briciole.
Ciò che le faceva più male era che il vampiro adesso sapesse bene quali erano i suoi sentimenti, eppure sembrava ignorarli ed aggirarli senza curarsi di chiarirli; e proprio per questo, nonostante la sua indole fosse quella di assorbire e soffrire in silenzio, con voce bassa ma soffocata dal risentimento, le fu inevitabile dirgli: «Beh, Damon, per quanto mi riguarda c'è solo una cosa che potrebbe farmela sembrare una dannazione! Ma evidentemente la conosci già! Ed è solo questo a frenarti, nient'altro!», perché dava per scontato che nella sua mente fosse sempre presente Elena, e che fosse stato il pensiero di quest'ultima a frenarlo in tempo, salvandolo da quel “peso che non avrebbe potuto portare”. E tutte le dolci parole che Damon aveva pronunciato prima di morderla adesso non le risultavano altro che una spudorata presa in giro, che infiammava ogni cellula del suo corpo. Ma nella realtà oggettiva – non in quella distorta dalle sue paure – Damon era persino troppo concentrato su di lei, per capire chi fosse il reale destinatario di quell'accusa.
«Si può sapere di che diavolo stai parlando?», domandò quindi, scrutandola con attenzione. Ma Summer, ignorandolo, si diresse verso l'armadio per recuperare dei vestiti; e con mani quasi tremanti di rabbia afferrò un jeans e un maglione, senza neanche guardarli.
«Rispondi», scandì Damon, raggiungendola e afferrando il suo braccio.
«Lasciami, non voglio più parlarne. Hai perfettamente ragione, Damon. Non voglio diventare un vampiro», lo guardò negli occhi, cercando di tramutare il suo dolore in odio, «non ho ragioni per volerlo diventare!», e sperò con tutte le sue forze nel risultato di quello sguardo; ma adesso non ce la faceva più a reggere la sua vicinanza e desiderava solo scappare da lui, quindi scandì un autoritario: «Lasciami!», dal momento che il vampiro non mollava la sua presa. Poi cercò di divincolarsi, ma invano: Damon era troppo forte e troppo ostinato a voler chiarire, per permetterle di allontanarsi.
«No», rispose quindi, con un tono risoluto. «Dovremmo continuare a parlarne invece, perché credo che tu abbia capito ben poco di quello che ho detto», lasciò la presa sul suo braccio, guardandola con serietà, «altrimenti non avresti reagito così...»
Summer contrasse l'addome fino ad emettere un flebile soffio d'aria dalla bocca. Voleva continuare a prenderla in giro? «E come avrei dovuto reagire?», chiese, con una luce di sfida che le brillava negli occhi. «Sentiamo.»
Ma combattere non era nelle intenzioni del vampiro, anzi: voleva soltanto che lei si calmasse; così si armò del suo fascino adorabile e disse: «Beh, se tu avessi capito ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi avresti sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore. E, tanto per la cronaca, dubito che sarei riuscito ad opporre resistenza!». E alla sua conclusione seguì un'occhiata che fece sentire Summer spogliata di ogni indumento come di tutta la sua rabbia, tanto da farle odiare soltanto il fatto di non potergli resistere.
«Bene», appallottolò i suoi abiti e li abbracciò, come se fossero stati l'orsetto di una bambina imbronciata; poi si sedette sul letto e gli dedicò lo sguardo attento di chi davanti ha un avversario a cui tocca la prima mossa. «Ti ascolto...»
Damon si voltò verso la finestra per lasciarsi distrarre dal paesaggio. Mentre lei stava visibilmente ribollendo, lui si sentiva solo divertito e intenerito, e avrebbe voluto sorridere e scuotere la testa, per dimostrarglielo apertamente; ma alla fine tutto si era ridotto ad una mezza increspatura delle sue labbra, per ridare serietà ad un momento che presto ne avrebbe richiesta fin troppa. Così le si avvicinò e, sotto il suo sguardo sorpreso e incerto, le si accovacciò di fronte.
«Tu non vuoi diventare un vampiro...», iniziò, con voce profonda e dolce.
E Summer, in un gesto spazientito, che serviva a placare almeno parte del suo nervosismo, sistemò sul materasso gli abiti che teneva tra l'addome e gli avambracci ed eluse volutamente il suo sguardo. «Eppure non mi sembra di averti fermato», disse, sfregando nervosamente le mani sulle cosce, dall'inguine alle ginocchia, e continuando a guardare ogni cosa fuorché lui.
Ma Damon afferrò le sue mani, con un tocco delicato che le provocò un brivido e che, soprattutto, la obbligò a fare i conti con quegli occhi traboccanti di dolcezza.
«Lasciami finire», ordinò poi, con una risolutezza bonaria, che privò Summer della forza di dire altro. «Tu non vuoi diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il posto di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi.» E Damon si accorse con dispiacere che qualcosa, nell'atteggiamento di Summer, era cambiato all'istante. La cacciatrice aveva irrigidito la sua postura e aveva iniziato a respirare con una cadenza placida e fin troppo controllata. Ma, nonostante questo, Damon continuò con quel discorso che adesso non poteva più interrompere: «Il solo pensiero di non essere più la cacciatrice, di non avere più una missione, un ruolo prestabilito, un'identità di riferimento... ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover ridefinire te stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei adesso e tutto ciò che eri prima di diventarlo...», e il vampiro sperò che quel discorso avesse a che fare solo con lei, e che non toccasse anche se stesso, riferendosi a quel cuore che aveva ripreso a battergli nel petto, «e senti di non esserne pronta.» Inclinò lievemente il capo con uno sguardo al contempo dolce e amareggiato: Summer si era irrigidita maggiormente, il suo volto era così spento da sembrare finto. E Damon sapeva bene che ciò dipendeva dal muro di ostilità che lei stava erigendo prontamente, per proteggersi da quelle parole troppo vere per essere pronunciate; così, continuando ad accarezzare il dorso delle sue mani con dei lenti movimenti dei pollici, cercò di addolcire maggiormente il tono della sua voce: «E questo perché sei piena di stupide insicurezze... che io trovo adorabili», diede un veloce bacio alle sue dita, «ma che prima o poi dovrai affrontare... E io voglio solo che tu lo faccia quando ti sentirai pronta a farlo. Non potrei mai trasformarti in un vampiro, sapendo che non è ciò che realmente vuoi, sapendo che lo fai solo...», e cercò i suoi occhi, sperando inutilmente che lei ricambiasse il suo sguardo, «per quello che provi per me...» E vi fu un attimo di silenzio lungo per lui e insostenibile per lei, che poi venne spezzato dalla conclusione di quel discorso: «Non potrei sopportare di vederti infelice, e soprattutto non potrei sopportare di esserne la causa.»
Damon aspettava una risposta, ma Summer sembrava essersi congelata: la sua era un'espressione priva di ogni emozione, se non addirittura priva della vita stessa.
Erano scuse. Quelle di Damon erano solo scuse, bugie, fantasiose invenzioni, tutto fuorché la verità, pensò. Ed era convinta di ciò in cui credeva, perché era sicura di non avergli mostrato neanche l'ombra di una remota esitazione. Si era concessa a lui senza paura e senza incertezze. Ne era sicura. E adesso Damon si stava solo arrampicando sugli specchi per non dirle la verità: che non era lei la donna che voleva per sempre al suo fianco. Sapeva bene che Damon era consapevole del proprio amore, ma acquisire pienamente quella certezza, sentendola dalle sue labbra, l'aveva ferita con una crudeltà sottile e degradante. “Per quello che provi per me...”, questa frase le riecheggiava nella testa in modo spietato. Aveva suonato una nota unilaterale e umiliante. E l'aveva privata delle ultime forze residue, che le permettevano di reggere quella dolorosa situazione.
«Il tuo discorso è finito?», chiese quindi, con un tono pacato e freddo.
E Damon la guardò con apprensione, contrito per via dell'esito che avevano avuto le sue parole. «Summer...», sussurrò flebilmente. Quel discorso aveva toccato i suoi nervi scoperti, ne era certo, e Damon si sentì tremendamente in colpa per aver portato a galla ciò che evidentemente lei non era ancora in grado di affrontare.
«Bene», Summer si alzò, afferrando nuovamente i suoi vestiti, «perché ne ho abbastanza.»
E il vampiro si rimise in posizione eretta, seguendola con lo sguardo e pronunciando nuovamente il suo nome, questa volta in maniera più udibile e come una sorta d'incitamento a restare. Ma questo non fece altro che innescare la rabbia di Summer, inducendola a voltarsi verso di lui per dirgli: «Complimenti, Damon. Sei stato davvero bravo a improvvisare queste massime di psicologia spicciola per girare intorno al vero problema, i miei complimenti! Ci vuole davvero molta fantasia per riuscirci!» E sebbene non avesse urlato, la potenza mancata di quelle parole le era scoppiata nel petto, costringendola ad un respiro affannato.
Damon le si avvicinò, afferrando nuovamente il suo braccio. «Ok, allora ripetilo, dimmi che sbaglio. Ma questa volta guardami», suggerì con serietà, visto che lei continuava a non degnarlo di uno sguardo. Ma per Summer tutto ciò che lui diceva non era altro che un'invenzione, un agglomerato di patetiche scuse, col vile intento di scaricare la colpa su di lei. Non poteva esserci nulla di vero! Cosa poteva saperne lui di cosa rappresentava per lei essere la cacciatrice, quando neanche lei stessa lo sapeva? E se non riusciva a guardarlo negli occhi per più di un istante era solo per evitare che delle lacrime la tradissero. Ma questo aveva a che fare solo con i suoi sentimenti per lui. Sentimenti che a lui non importava di calpestare. Nient'altro! E in quel momento, un ricordo le abbagliò la mente, portando con sé altro, intollerabile dolore.
Il fuoco del camino che illuminava il salotto. Damon seduto sul tappeto, la sua schiena poggiata al divano. Lei inginocchiata tra le sue gambe.
“Le hai mai detto quello che provi per lei?”
“Due volte...”
Troppi secondi di silenzio.
“Sto aspettando maggiori dettagli...”
Lui che respirava profondamente, l'amarezza ad adombrare il suo volto.
“La prima volta gliel'ho fatta dimenticare e la seconda... è stata la classica confessione sul letto di morte.”

E quando la mente di Summer ritornò al presente, tutto era divenuto ancora più oscuro ed opprimente. Due volte. Le aveva detto che l'amava due volte. Adesso capiva ogni cosa. Damon voleva rendere chiaro che Elena sarebbe stata sempre la prima: era per questo che, quando si trattava di lei, a quel “ti amo” poteva soltanto girarci intorno, senza mai poterlo pronunciare apertamente, pensò, preda di una visione contorta delle cose e mentre il petto le si stringeva dolorosamente, impedendole di respirare.
«Lascia che te lo chieda di nuovo», disse con calma, sfidando i suoi occhi con la forza vuota della rassegnazione e il triste scudo dell'ironia, «il tuo illuminante discorso è finito?» E si sentiva stanca, sfibrata, priva di ogni goccia di vita. L'unica cosa in cui sperava era un'acida risposta conclusiva, che ponesse fine a tutto. Voleva allontanarlo per poter riprendere a respirare regolarmente e pensare a tutto meno che a lui. Ma la reazione del vampiro fu anche peggiore di quella che immaginava, perché, lasciando la presa sul suo braccio e allargando le proprie, questi sbottò un: «Cos'altro dovrei dirti?!», con un tono sfinito, che risuonò inevitabilmente brutale.
Damon non riusciva a capire dove sbagliava, ma quando ascoltò il suo flebile «Niente» di risposta, seguito dagli occhi che le diventavano lucidi e il labbro inferiore che le tremava lievemente, capì ogni cosa... e si sentì uno stupido.
«Non devi dirmi niente», aggiunse subito dopo, sorridendogli per non piangere, e mentre il petto del vampiro si stringeva fino a fargli male. Poi si congedò rapidamente, chiudendosi in bagno, sotto lo sguardo smarrito di lui, che in quell'attimo non era riuscito a reagire. Come aveva fatto a non capire che tutto si riduceva a quelle tre parole? Come aveva fatto a non capirla? Come diavolo faceva a farla soffrire anche quando ce la metteva tutta per essere una persona migliore? Eppure, Damon era certo di ciò che le aveva detto. Non poteva essersi sbagliato: il suo astio derivava soprattutto dal non riuscire ad accettare quella verità, ne era sicuro... Si avvicinò alla porta del bagno, l'avambraccio destro sullo stipite, la fronte su di esso, e la mano sinistra sulla maniglia. Doveva solo fare una leggera pressione ed entrare. Dirle che l'amava. Dirle che era una stupida insicura. Dirle che aveva dovuto combattere con tutte le sue forze per non essere egoista e non farla sua per sempre. E poi? La mano che stazionava sulla maniglia aveva iniziato a tremare visibilmente e la vista gli si era ridotta ad un ammasso di puntini colorati, che gli ronzavano davanti agli occhi, fastidiosi ed insistenti. Se avesse aperto la porta in quel momento, probabilmente non sarebbe riuscito neanche a vederla. Cosa avrebbe dovuto dirle? Ti amo, ma non esserne troppo felice perché sto morendo?
E, mentre la mano scivolava via dalla maniglia, arrendendosi alle sue paure, si rendeva conto che infliggerle quel silenzio non era corretto, alla pari di quanto sentiva di non poter fare nulla di diverso: per adesso la preferiva chiusa in quel bagno a piangere perché lo considerava uno stronzo, piuttosto che tra le sue braccia a piangere perché era prossimo alla morte. Non era ancora pronto per quello... E il rumore della porta d'ingresso lo liberò almeno in parte dai sensi di colpa, inducendolo ad uscire da quella stanza, resasi testimone di come un amore come il loro può sfiorare le vette del paradiso e sprofondare nell'inferno, nel lasso di un semplice tramonto.
Pochi passi fuori, Damon vi trovò la strega, col suo sguardo attento e indagatore, ma la solita aria perennemente serena.
«Allora? Trovato un modo per localizzare Klaus?», le chiese, col tono seccato di chi parla invogliato dalla sola circostanza.
Lily fece una leggera smorfia con la bocca, poi disse: «A dire il vero no...»
«Beh, togliti pure quel muso lungo dalla faccia. Per quanto mi riguarda non ci speravo più di tanto nella tua utilità.» E detto questo il vampiro, le mani nelle tasche, la oltrepassò dandole le spalle.
Lily si voltò per guardarlo e chiedersi cosa ci trovasse Summer in un tipo così arrogante, soprattutto dopo aver avuto un fidanzato come J.D., che impersonava cordialità e solarità come nessun altro. Ma poi ingoiò quel boccone di scortesia e lo chiamò, fermando la sua avanzata verso la rampa e facendolo girare. «Volevo chiederti scusa», gli si avvicinò, estraendo dalla borsa la bottiglietta contenente il sangue di Klaus, «sono stata io a prenderla. E mi dispiace. Devo averti fatto vivere dei momenti terribili.» Nonostante la sincera gentilezza, alimentata dalla gratitudine per aver salvato Summer, Lily gli porse quella boccetta, sperando unicamente che lui la afferrasse, sfiorando la sua mano: i suoi dubbi su di lui erano ancora forti, ma visto che la calma era la sua principale virtù, avrebbe tentato un paio di volte con le buone, prima di immobilizzarlo con i suoi poteri e distruggere il suo snervante ego una volta per tutte.
Ma il vampiro, infastidito soprattutto da quella parlantina smielata, che aveva rievocato il momento più angoscioso della sua vita con una semplicità imperdonabile, la scrutò di sbieco, dicendo: «Il tempismo non è il tuo forte, messaggio ricevuto.» Poi il suo sguardo cadde sulla boccetta e aggiunse: «E quella puoi rimetterla dove l'hai trovata.» Se la strega pensava di fregarlo, sbagliava di grosso! Toccarla era l'ultima cosa che avrebbe fatto al mondo, ora più che mai. E si voltò, dandole nuovamente le spalle, per poi sentire con sollievo il rumore dei suoi passi arrendevoli, che si dirigevano verso la stanza di Summer. E quando udì anche il rumore della porta, Damon si sentì finalmente libero di poggiarsi alla parete: la testa aveva iniziato a girargli vorticosamente, rendendo la sua discesa al piano terra qualcosa di arduo e faticoso.
Si diresse verso il salotto quasi barcollando, e lì si sedette sul divano, passandosi ripetutamente le dita tra i capelli. Comprimere le tempie gli donava brevi attimi di sollievo a cui non poteva rinunciare. E solo parecchi minuti dopo riacquistò quel minimo di forze necessario a farlo rialzare e fargli versare dello scotch nel bicchiere. Ma nell'attimo dopo aver sollevato la bottiglia, questa finì fragorosamente a terra, e Damon ebbe giusto un altro istante di tempo per raggiungere la cucina, prima di vomitare sangue nel lavello e sentirsi morire. Si sentì gelare, iniziò a tremare ed ogni cosa si perse nel buio...





Nota Finale:
*Battuta di Damon, di non so quale episodio xD
OK, come sempre può sembrare che Damon non ci abbia capito una mazza, ed invece vi assicuro che è proprio il contrario: il suo problema è che capisce anche troppo.
E sono felice che il prossimo (ultimo) capitolo lo riscatti pienamente.
Spero di non essere stata volgare, ma so di aver calcato un po' la mano e quindi metto in conto possibili lamentele xD Tutta colpa di Alice, non mia ù.ù È stata lei a provocarmi xD E sono felice che l'abbia fatto perché queste due teste di provola mi mancheranno da morire, e sono felice di aver fatto il pieno di loro in questo capitolo^^ ***Alice In The Heart!!!***
Per il resto, Lily sarà il personaggio chiave del prossimo capitolo. E la nostra stracazzutissima strega ci mostrerà di che pasta è fatta!!! ù.ù Oh yeah!!!
Già so che questo mio blocco del Fanwriter mi darà la morte, ma ce la metterò tutta per pubblicarlo quanto prima. È una promessa.
Ringrazio le poche lettrici volenterose arrivate fin qui^^ e spero che il solito capiro non vi abbia annoiate.^^
Una raffica di baci!!!!
Alla prossima!!!:*:*:*






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Capitolo 57
*** Cinquantasettesimo Capitolo ***




Buonsalve. Questo è solo metà del capitolo “rivelatore” che avevo promesso. Non so se riuscirò a portarlo a termine. Onestamente ne dubito, ma mi dispiaceva tenere questo poveretto sul pc, separato dagli altri qui su efp. ^^ Ergo: ignoratemi! xD
Un saluto dalla vostra latitante NanaBianca.




*** 28 Dicembre ***
Parte 4^




Facendosi distrarre della sua missione, dal suo ruolo di cacciatrice e in particolare dalla voglia di uccidere Klaus con la meritata crudeltà, Summer era riuscita a versare meno lacrime di quante ne richiedesse la situazione. Guardarsi allo specchio e ripetersi di essere la prescelta, di avere obbiettivi che andavano al di là della propria persona, l'aveva sempre aiutata a spegnere ogni emozione ritenuta sgradita. L'immagine riflessa sullo specchio sembrava quella della sua sagoma inanimata; e ciò significava che Summer, magari con uno sforzo maggiore rispetto al passato, riusciva ancora ad annientare, o almeno zittire, la parte fragile di se stessa, che adesso era più loquace e vibrante che mai.
Aveva versato lacrime tanto silenziose e discrete da darle un senso di soffocamento, aveva indossato il jeans e il maglione bordeaux presi a casaccio dall'armadio senza il minimo sostegno da parte dei muscoli, e adesso, nonostante tutto, era pronta ad uscire dal bagno e affrontare Lily, facendo finta che nulla fosse successo.
Si sforzò anche di fare un debole sorriso alla specchiera, come da preparazione a una scenetta teatrale, ma questo la fece sentire soltanto più patetica.
«Ehi...», esordì con un sibilo stanco ma allegro, chiudendosi la porta alle spalle. «Allora? Com'è andata la meditazione? Sei riuscita a capirci qualcosa?» Si sedette sul letto, alla destra della strega, per infilare gli stivali di pelle.
Lily, che rigirava tra le mani quella boccetta che, a dispetto dell'ordine di Damon, non aveva ancora messo al suo posto, piano si voltò verso di lei, dicendo: «Non molto, a dire il vero. O meglio...». Si alzò per fare qualche passo atto a chiarirle i pensieri e poi continuò: «Che il pugnale abbia un doppio utilizzo non mi sorprende; anzi, a pensarci è anche abbastanza logico. Sono stata una stupida a non intuirlo prima. Insomma... la cenere, la segatura... avevo tutte le informazioni per arrivarci. Per il resto invece...». Posò la boccetta sul comodino con una movenza estremamente lenta e delicata, come se quel surplus di tempo potesse portarla alla verità, poi puntò i suoi occhi nocciola sull'amica e, con un volto traboccante di serietà, disse: «Summer, dubito che sia stato il sangue di Klaus a salvarti...»
La cacciatrice fu scossa dal brivido gelido di uno spavento a posteriori, inutile quanto inevitabile. Non era stato il sangue di Klaus a guarirla... Quindi... se Damon non si fosse fermato dal bere il suo sangue... E fu come se tutta l'audacia e la sicurezza provate col vampiro si fossero sciolte in quel preciso istante, quando la vita ormai era un fattore assicurato quanto la tristezza consolidata che portava dentro.
Si alzò per smaltire quelle emozioni e si avvicinò alla grande specchiera che si erigeva dalla cassettiera più imponente della stanza. «Ma... è l'unica spiegazione che abbia un minimo di senso! Sai meglio di me che il sangue dei comuni vampiri non ha effetto sulle cacciatrici, e sei stata tu stessa ad ipotizzare che il sangue di Klaus potesse avere un effetto diverso. Perché adesso dici una cosa del genere?»
«Semplicemente... dubito che possa agire per via indiretta. Tutto qui. Stenterei a crederlo anche se Damon ne avesse bevuto una bottiglia intera.» La strega tornò a sedere sul letto, sostenendosi pesantemente sui palmi. «Dev'esserci dell'altro... qualcosa che non riesco a capire, ma che ha sicuramente a che fare con Damon e il pugnale.»
Summer, il volto pallido e lucido, stava legando i suoi capelli in una disordinata treccia, più per tenersi occupata che per una reale esigenza estetica. E se Lily avesse ragione?, pensava, sentendo il sangue pulsarle nelle tempie. Aveva rischiato di morire e non riusciva a crederci. Il fatto che Damon non l'amasse abbastanza da volerla trasformare in un vampiro le aveva salvato la vita, e questo creava emozioni difficili da elaborare. Un dio ironico e bastardo le imponeva di sentirsi felice e sollevata per quella vita che le scorreva ancora nelle vene, ma, allo stesso tempo e con una crudeltà sottile, l'aveva privata dell'amore che ne avrebbe acceso quel senso che mancava da sempre.
«Che vuoi dire?», chiese, cercando tuttavia di apparire calma. Confessare all'amica ciò che vi era stato poco prima tra lei e Damon, era l'ultima cosa che le andava di fare!
«Ho provato una strana sensazione quando ho toccato il pugnale: uno strano senso di morte e di rinascita. Mi risulta difficile spiegarlo a parole, ma...» Lily fu colta da un breve istante d'incertezza, prima di continuare il suo discorso: «Summer, credo che Damon ci stia nascondendo qualcosa...»
«Andiamo... perché dovrebbe farlo?», rispose lei, quasi di getto, mentre adesso rovistava nel beautycase in cerca di qualcosa che potesse compiere un miracolo sulle sue occhiaie. Da quante ore non dormiva? Perché ogni cosa si stava concentrando nel lasso di quelle giornate che scorrevano via troppo rapide?
Quella congettura non aveva sfiorato Summer neanche con la sua ombra e, nonostante il tentativo, la strega non aveva avuto dubbi sul fatto che l'amica non avrebbe condiviso i suoi sospetti; così smise di osservarla, per riprendere il filo dei suoi pensieri, espressi poi a voce come per liberarsene: «Se solo avessi avuto più tempo... Avrei potuto contattare la strega che l'ha creato e farmi dire ogni cosa, soprattutto se è possibile per una cacciatrice diventare un vampiro». Lo sguardo s'indirizzò sul comodino e sulla boccetta che vi era posata sopra. «Damon ha persino il sangue di Klaus... Non posso credere di aver avuto il pugnale tra le mani e di non aver avuto la possibilità di farlo! Mi sarebbero bastate un paio d'ore per mettermi in contatto con lei!»
E il dubbio intorno al quale orbitava quel discorso, l'incertezza di Lily nell'affermare che una cacciatrice potesse diventare o meno un vampiro, continuò a mettere a dura prova la pressione sanguigna della diretta interessata, che subì l'ennesimo e brusco calo. Come aveva potuto essere così impulsiva? Perché, in quel momento, tra le braccia di Damon, ogni cosa le era sembrata dannatamente giusta? E cosa sarebbe successo se lui non si fosse fermato? Sarebbe realmente morta? Ancora stentava a credere alle parole della strega. Ma, adesso, con il palese rifiuto di Damon, per Summer l'eventualità di trasformarsi in un vampiro si chiudeva per sempre. Così, interrompendo quel discorso che l'amica non aveva ancora terminato, disse: «Sai, Lily... ci ho riflettuto...», nell'ultima ora più che in tutta la sua vita, «tanto...». Si sedette nuovamente accanto alla strega, sfoderando un'aria tranquilla e addirittura serena. «E, credimi, va bene così. Non devi preoccuparti di questo; anzi, in verità ho già un piano d'azione: quando sarò vecchia farò la punta al mio bastone, così sarà una temibile arma ammazza-vampiri di notte e un validissimo sostegno per la schiena di giorno! Ti piace come idea?», chiese, sorridendo e cercando di vaporizzare i toni seri di quel discorso; ma il volto della strega si rabbuiò di colpo, provocandole una sensazione di solitudine e di gelo. Lily si alzò per avvicinarsi alla sua valigia posta ai piedi del letto; s'inginocchiò e vi rovistò dentro. «Certo», mormorò, «dovremmo richiedere il brevetto...», ma il suo tono era privo di entusiasmo e quasi apatico.
«E ora?», domandò Summer, reclinando giocosamente il capo per osservarla meglio. «Mi dici che ti è preso?»
Ma Lily continuava  a frugare nel suo borsone, gettando le mani quasi a casaccio: non aveva la minima idea di cosa cercare, voleva solo distrarsi da tutto ciò che aveva da dire. «Niente», rispose quindi, cacciando un maglione rosa per analizzarlo come non aveva  fatto neanche nel momento dell'acquisto.
«No. Non dire “niente”. Non è vero! Cos'hai?», insistette Summer, prima di scoprirlo da sola, esclamando: «Sei arrabbiata con me!», con un'aria quasi incredula. Neanche sforzandosi, riusciva a ricordare l'ultima volta in cui aveva visto l'amica così contrariata da qualcosa.
«Certo che no!», ma, mentendo più a se stessa che a Summer, Lily continuava a distrarsi volutamente, torturando quella lana intrecciata come se la scelta del suo abbigliamento fosse una questione di vita o di morte.
«Non mentire, lo riconosco quando sei arrabbiata. Ti si fa la fronte rugosa», e Summer lo disse perché la sua faccia era davvero diventata in quel modo: le si erano formate delle piccole rughe tra le sopracciglia, ed altre più lunghe e orizzontali sulla fronte, che sembravano tagliarla in tre parti uguali. «E lasciatelo dire: sembri davvero una strega cattiva quando diventi così!», concluse, ma con una voce dolce, atta a sdrammatizzare.
Ma Lily, la cui unica ossessione si riduceva proprio alle rughe – tanto che in molti correlavano il suo carattere mite al bisogno di non stressare la pelle –, si avvicinò rapida alla specchiera per verificare la veridicità di quell'informazione che però smentì a priori, ovvero ancor prima di ispezionare ogni centimetro della propria fronte con lo sguardo attento di un falco: «Non ho nessuna ruga!» E, una volta rilassato il volto e sistemato una delle tante pinzette a forma di farfalla, si riavvicinò alla sua valigia con una calma visibilmente costruita.
«E invece ci sono! Allora? Cos'ho fatto? Quanto sei arrabbiata?», fece la cacciatrice, vogliosa di sapere quale fosse il problema, ma anche lievemente divertita. «Umh? Da uno a dieci?»
«Non sono arrabbiata», replicò la strega, nuovamente intenta a cercare il nulla.
«Cinque? Sei?»
«Ti dico che non sono arrabbiata!», ma una nota alta tradì il suo proposito di sorvolare la questione.
«Sei e mezzo? Sei e tre quarti?», continuò Summer, come se stesse gettando le basi di un'asta.
«Ok, forse sei», esclamò la strega di getto, per poi valutare quella scelta con più attenzione, in ciò che sembrò un crescendo di consapevolezza: «Anzi, sette. Otto. Otto e mezzo!».
«Sì, otto e mezzo!», decretò poi, alla fine di quella rapida ma profonda analisi di coscienza.
«Wow», sussurrò Summer, investita e sorpresa da quella risposta. «Otto e mezzo. Sono davvero nei guai...», e capì che la situazione, nonostante le apparenze, era estremamente seria. «Allora? Cos'ho fatto?» E dopo svariati secondi di silenzio, in cui la strega guardava tutto fuorché lei, Summer continuò con un: «Mi rispondi?», che subito venne seguito da un'espressione sospettosa. «Non mi dirai che... Non sarà mica perché non mi dispero all'idea di rimanere una cacciatrice per sempre? Vero?», chiese, rendendo quell'ultima parola una sorta di accusa alla sua pedanteria sull'argomento.
«Certo che non ti disperi, Summer. Tu non desideravi altro!», borbottò la strega, continuando a non guardarla.
«Cosa?!», e il tono acuto della cacciatrice manifestò il suo grado di sorpresa e contrarietà. «E quest'assurdità da dove uscirebbe?!»
«Sai bene che è la verità!», sbottò la strega, seppur con un tono di voce controllato e basso, alzandosi e guardandola finalmente negli occhi.
«No!», fu la risposta repentina, prolungata e acuta dell'altra, seguita da un più incerto e sospeso: «Non...».
Guardando di lato, la cacciatrice si diede giusto pochi secondi di pausa, ma che a livello introspettivo bastarono a far luce sulla verità: «Ok. E se anche lo volessi, umh? Cosa ci sarebbe di male? Forse non mi dispero perché sono fatta così...» E mentre il suo tono diveniva più enfatico, quella consapevolezza acquisiva una forma sempre più delineata e chiara. «Amo essere la prescelta, Lily! Amo essere l'unica e sola cacciatrice, e voglio esserlo fino alla fine dei miei giorni! Hai ragione! Sei contenta, ora? Sai cosa farei se non fossi più la cacciatrice?»
Ma la strega non si scompose e, col suo modo pacato, lo sguardo attento e la postura corretta, le replicò: «Sì, Summer. Lo so perfettamente. Ti sentiresti in colpa e soprattutto responsabile verso la nuova, spaesata quindicenne costretta a portare questo fardello al posto tuo. La metteresti sotto una campana di vetro e ti comporteresti come se fossi ancora tu la cacciatrice in carica. Probabilmente la nuova cacciatrice non saprebbe neanche che forma ha un paletto...»
E Summer si rese conto che lei stessa non avrebbe saputo trovare parole più precise e veritiere di quelle pronunciate dalla sua amica. Ma questo non fece altro che confonderla maggiormente. Se la conosceva così bene, se sapeva che le cose sarebbero andate in quel modo, perché s'incaponiva tanto?
«Allora... vedi? Per me essere o non essere la cacciatrice ufficiale non fa alcuna differenza.»
«La fa, la fa eccome. Come fai a non capire?», le domandò, con una lieve nota di rimprovero, sedendosi accanto a lei e guardandola con un'apprensione materna. «Il Consiglio ti ha condannata a morte, Summer. Per quanto tu sia forte... e combattiva... hai comunque un limite: non puoi continuare a fare questo per tutta la vita. A venticinque anni il corpo inizia ad invecchiare. Per un essere umano significa svegliarsi una mattina e ritrovarsi con un capello bianco; per una cacciatrice significa raggiungere il massimo delle proprie forze, della propria sopportazione mentale e fisica, e non riuscire ad andare oltre. È per questo che la natura ha stabilito un subentro. È la forza della giovinezza a doversi opporre all'antichità dei vampiri. Perché la maggior parte delle volte la natura è fatta di equilibri... ma in altre è fatta di contrapposizioni. E il Consiglio lo sa bene, proprio come sa che una volta superato il termine avresti i minuti contati...
Ma anche se non fosse questo il problema, anche se tu riuscissi a tenere duro per tutti gli anni a venire... la libertà è la differenza. Il tuo potere, come quello di ogni cacciatrice, è strettamente legato a Klaus. Al tuo compito di ucciderlo. E fin quando non riusciremo a sbarazzarci di lui, il Consiglio potrà continuare a darti ordini a cui non potrai disubbidire. Adesso ti ha tolto il limite della carica solo per esserti rifiutata di uccidere una ragazza innocente. Cosa vorrà la prossima volta? E come ti punirà se ti rifiuterai?» Cercò gli occhi della cacciatrice, sperando di trasmetterle quell'ansia che non riusciva a scalfirla. Ma Summer si alzò, dirigendosi verso il mobile a specchiera. I suoi pensieri erano rivolti principalmente a quella consapevolezza che stava prendendo forma nel suo cuore. Non aveva mai desiderato liberarsi del suo ruolo di cacciatrice; anzi, la punizione del Consiglio non l'aveva mai turbata più di tanto, proprio perché in verità non aveva mai desiderato altro. Le cose stavano davvero così? Oppure si stava facendo suggestionare da delle parole dette più per apparire forte che per altro?
«Capisco che tu sia preoccupata», le disse, «ma non devi. Me la caverò lo stesso. E per quanto riguarda il Consiglio...» Si guardò allo specchio ed ebbe la sensazione di vedere un'immagine in cui non si riconosceva, come se quella discussione interiore si stesse riflettendo anche a livello somatico. «Beh... può inventarsi quello che vuole, non ho paura di lei; anzi, fammi la cortesia di usare i tuoi poteri per fulminarmi, il giorno in cui avrò paura di un essere con le fattezze di una winx!», cercò di ironizzare come al suo solito, ma la vista del bracciale regalatole da Damon, che in quel momento era riposto su quella cassettiera lucida, incrinò la sua voce con una chiara nota di tormento. «Non ho paura di niente...», sibilò, afferrandolo per indossarlo. La sua unica e più grande paura, quella di un amore non ricambiato, si era avverata solo qualche minuto prima, e in tutto ciò che vi era in quelle parole, lei vi credeva davvero. Ora sentiva di poter affrontare qualsiasi altra cosa le riservasse il destino: niente l'avrebbe fatta star male nel modo in cui ci era riuscito Damon. E se ripensava anche alla sofferenza che aveva provato nel momento in cui l'aveva creduto morto, si sentiva a dir poco invincibile. Sentiva che neanche la più dura delle prove a cui poteva sottoporla il Consiglio, poteva avere come esito tutto il dolore che aveva provato nelle ultime ore. Neanche se quest'ultima avesse lavorato di crudele e sadica fantasia!
Ma, a quell'affermazione, il tono di Lily non poté fare altro che inasprirsi, seppur nei limiti della sua diplomazia e delicatezza: «È molto più spaventosa e potente di quanto immagini. Se avessi un minimo di buon senso, se ti importasse realmente qualcosa della tua vita, la temeresti, proprio come hanno fatto centinaia di cacciatrici prima di te. E sopratutto non dire che non hai paura di niente». Eppure, arrivata a quel punto, i suoi occhi si velarono di tristezza e dolcezza e, sebbene preferisse tenere certi pensieri per sé, le fu inevitabile dirle ciò che aveva sempre pensato: «Ce l'hai eccome, Summer. Solo che hai paura delle cose sbagliate... Ed essere la cacciatrice... è solo la scusa che utilizzi puntualmente per non affrontarle. Ed è per questo motivo che non vuoi liberarti di questo ruolo».
Summer emise un lievissimo gemito d'aria atto a svuotare i suoi polmoni, quasi quell'ossigeno rappresentasse l'affermazione di Lily e quella reazione fisica il palese rigetto di essa. «E dimmi...», esordì con un fare sapiente, sicura di non essersi mai tirata indietro di fronte alle sfide. «Quando non avrei affrontato qualcosa?»
«Quando il signor Harris è morto, per esempio. Non hai versato neanche una lacrima, non hai mostrato nessuna emozione, ti sei comportata da perfetto automa, da perfetta cacciatrice. Quella sera stessa sei addirittura andata a caccia, come se non ti fosse stato concesso neanche un giorno di riposo. Ma in realtà sei stata tu a non volerlo. A non volere neanche un giorno per pensare ad un uomo che ti aveva amata come una figlia ... per affrontare un dolore a cui avevi pienamente diritto. E usi questo schema con tutto, dalle cose più serie a quelle più ordinarie, come il collage. Hai gettato la spugna anche prima di frequentare la prima lezione, quando invece avevi promesso ad Harris che avresti almeno tentato. E tutto con la solita giustificazione: che la tua vita non te lo permetteva. Sono certa che non ti è mai passato per la mente che forse avevi solo paura di fallire, come ogni normalissimo studente. E tutti gli uomini che sono entrati nella tua vita dopo J.D?! Non hai dato loro neanche il tempo di farsi conoscere, che li hai cacciati dal tuo letto come se ti avessero fatto chissà quale torto imperdonabile a mostrare interesse per te, a volerti donare il loro affetto, a voler avere cura di te...»
E come se quelle parole avessero avuto un peso materiale, Summer si sentì completamente schiacciata, priva di ogni granello di forza. Sentire Lily pronunciare il nome di Harris aveva lacerato il tempo. Le aveva inumidito gli occhi e stretto la gola in una morsa spietata. Aveva pensato a tutto, meno che a questo. La morte del suo osservatore era stata una sfida che non aveva affrontato? La risposta era sì, e Lily aveva dannatamente ragione su tutto, o quasi...
«Io... non sono più così», sibilò Summer, sedendosi nuovamente accanto all'amica, gli occhi spalancati, timorosi di chiudersi per non dare vita alle lacrime. Si voltò verso di lei e aggiunse: «E vorrei tornare ad esserlo... Credimi, in questo momento, lo vorrei con tutte le mie forze. Ma dubito che ci riuscirei...» E Summer avrebbe davvero voluto ritornare ad essere quella ragazza che non si misurava mai con i suoi sentimenti, che non si innamorava e che non metabolizzava la perdita delle persone che amava, ma ormai non era più così. E il ricordo della morte di Kendra venne ad avvalorare quella consapevolezza. In quell'occasione aveva addirittura disertato i suoi doveri di cacciatrice per  rifugiarsi tra le braccia di Damon; e aveva desiserato con tutta se stessa che da quelle braccia non vi fosse via d'uscita. Aveva permesso a quel vampiro di portare almeno un po' del dolore che la stava schiacciando. E lo aveva fatto entrare dentro di sé, nel buio torbido della sua anima, come non aveva mai concesso a nessuno.
Lily posò con delicatezza la mano sulla sua e con la solita voce dolce, che quasi evocava immagini di ruscelli immersi nel verde, le disse: «Lo so, scusami, sono stata brusca e ho tirato fuori cose passate che non avevo mai avuto il coraggio di dirti. Mi dispiace. Lo so... So che sei cambiata... So chi ti ha cambiata... ma... credo solo che non sia abbastanza. In fondo, sei innamorata, giusto? Allora perché non riesci a desiderare la libertà neanche adesso? Vorrei solo che tu capissi che non ti verrebbe tolto nulla. Niente di ciò che sei. E, se lo vorrai, potrai continuare a combattere, ma con la differenza che sarà Summer Reed a volerlo fare come valore aggiunto alla sua vita, e non la vita stabilita da altri e che usa come alibi per non mettersi in gioco in nient'altro. Ho solo paura che continuando ad essere la cacciatrice, avrai sempre qualcosa dietro cui nasconderti. E, non fraintendermi, alla fine lo facciamo tutti e non c'è niente di male... È solo che... in tutti questi anni ti ho vista eludere più emozioni di quante ne hai vissute». Fece una pausa e poi aggiunse: «Ma potrei anche sbagliare. I capelli rossi mi renderanno una strega stereotipata, ma almeno non possiedo nessuna sfera di cristallo. Perciò, ho solo una domanda, ma la risposta devi darla solo a te stessa, non a me. Quando è stata l'ultima volta in cui essere la cacciatrice ha agito da freno in qualcosa che volevi o che avresti dovuto fare?».
A Summer, in un primo momento, quella domanda suonò strana, come se ad essa non avrebbe mai potuto dare una vera risposta, ma poi rivide se stessa, prima che tutto accadesse: le sue mani sul volto di Damon, dopo che questi aveva bevuto il sangue di Klaus; l'occasione di dirgli che lo amava persa in una convinzione che adesso le appariva vuota: lei era la cacciatrice e non poteva permetterselo in un momento in cui da lei dipendevano le sorti di una missione troppo importante. Paura. Nient'altro che paura. Aveva eluso anche e soprattutto questo. Ed ora, ancora come se fosse tornata indietro nel tempo, rivedeva Damon accovacciato di fronte a lei, dopo aver bevuto il suo sangue, che con dolcezza teneva le sue mani tra le proprie e le spiegava il motivo per cui non l'aveva trasformata, i suoi occhi azzurri traboccanti della dolcezza più pura: “Tu non vuoi diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il posto di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi. Il solo pensiero di non essere più la cacciatrice, di non avere più una missione, un ruolo prestabilito, un'identità di riferimento... ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover ridefinire te stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei adesso, tutto ciò che eri prima di diventarlo e tutto ciò che invece dovrai essere. E questo perché sei piena di stupide insicurezze... che io trovo adorabili, ma che prima o poi dovrai affrontare. E io... voglio solo che tu lo faccia quando ti sentirai pronta a farlo. Non potrei mai trasformarti in un vampiro, sapendo che non è ciò che realmente vuoi, sapendo che lo fai solo... per quello che provi per me.”
Tutte quelle parole che prima erano scivolate sulla sua corazza, adesso le entravano dentro con la potenza di un tifone.  Lily e Damon avevano capito quelle verità prima di lei. E Damon non l'aveva trasformata perché sapeva che dopo la sua identità si sarebbe frantumata, rendendola inevitabilmente infelice. Aveva capito che lo stava facendo solo ed esclusivamente per lui ed era riuscito a fermarsi in tempo. E Summer sentì nel petto l'esplosione di calore e gioia che si prova quando ci si innamora nuovamente di una persona che non si ha mai smesso di amare: quel livello successivo, messo sempre in discussione dall'erronea consapevolezza di non poter provare un amore che vada oltre quello che già si prova. Adesso lo sentiva dentro di sé come una fonte di luce accecante, e moriva dalla voglia di stringere Damon contro il suo petto, con tutto l'amore che poteva trasmettergli. E sorrise, ripensando a lui che le diceva: “Se tu avessi capito ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi avresti sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore!”. Sì. Era esattamente tutto ciò che desiderava! Il vampiro era stato profetico anche su questo!
Ma si poteva essere così stupidi da non capire niente di se stessi? Da aspettare che fossero gli altri a portare luce sulla propria natura?, si rimproverò, sentendosi una sorta di giocattolo con un difetto di fabbrica.
Lily teneva la mano sulla sua, e Summer sentiva di provare per lei un affetto che non avrebbe mai saputo esprimere a parole. Qualcosa che sembrava esistere a prescindere da loro due, dal loro incontro, dalla loro amicizia. Qualcosa segnato nell'universo, inoppugnabile come una delle leggi che lo governano e dall'origine altrettanto misteriosa.
Sentiva una voglia irrefrenabile di correre da Damon, eppure non riusciva a porre fine a quel contatto. E quando la strega fece cadere la schiena sul materasso per osservare il soffitto come se lì vi fossero scritti i suoi pensieri, lei fece lo stesso, convinta di avere tutto il tempo del mondo per abbracciare Damon e solo quell'istante per tenere la mano di Lily; così rivolse il palmo verso l'alto e le loro dita s'intrecciarono, come unica conclusione possibile al loro battibecco.
Tra di loro vi fu un lungo silenzio. Lily sapeva bene che Summer stava assimilando tutto ciò che le aveva detto, proprio come sapeva che su quell'argomento non aveva bisogno di aggiungere altro, così decise di dirottare la conversazione su nuovi e più leggeri temi: «Ma ci pensi!? Sei entrata nella storia! Le future generazioni di membri della Triade ti ricorderanno come l'abile cacciatrice che ha ucciso il lato mannaro di Klaus e che ha debellato ogni rischio di una futura invasione di Ibridi!», e la sua voce suonò come quella enfatica e teatrale che fa da narratore ad un trailer.
«No, ti sbagli. Ricorderanno te come l'abile strega che ha intuito dove si trovava il Grimorio di Lucrezia e che è riuscita a ricomporre il famigerato pugnale»,  cercò di imitare il suo tono cinematografico, ma poi il senso di sconfitta e la tristezza guastarono la sua voce, sfumandola di fiacchezza: «Io sarò solo la cacciatrice che ha bruciato l'occasione del secolo, ma che dico, del millennio! Che si è fatta sottrarre il pugnale costato anni di ricerca... e che ha rischiato di perdere l'uomo che ama...», e quell'ultima frase fu solo un bisbiglio, troppo imbarazzata al pensiero che Damon potesse sentirla e ancora tramortita dal ricordo di ciò che aveva passato.
«Sei sempre la solita! Stai sempre a svalutare tutto quello che fai e a vedere il bicchiere mezzo vuoto!», la redarguì dolcemente la strega, ma per nulla sorpresa dal pessimismo sinceramente autodenigrante della sua amica.
«Sarà...», Summer alzò la schiena, rimettendosi a sedere. «Ma l'unico bicchiere pieno che voglio vedere adesso è un calice di vino! E lo riempirò fino all'orlo, solo ed esclusivamente per la tua gioia! Contenta?»
«Dipende! È un principio di ottimismo?», chiese Lily, mettendosi anche lei a sedere.
«No», fece l'altra, alquanto categorica. «Ma dopo il quarto bicchiere lo sarà sicuramente!» E si sorrisero con una ritrovata complicità, spostando poi l'attenzione su quelle dita ancora intrecciate, che Summer sciolse con una lieve punta d'imbarazzo.
Ma poi la strega sussurrò: «La tua mano...», e l'aria si fece nuovamente densa di serietà.
«La mia mano, cosa?», chiese Summer, osservando con attenzione le sue dita.
«Come ho fatto a non pensarci prima!? Tu hai toccato il pugnale, Summer. Ricordi quando ti ho parlato dell'energia che s'imprime nelle cacciatrici quando lo toccano? È per questo che ci siamo sempre servite delle ossa di Esmaél per ritrovare gli elementi!»
«Ok. Il vino può aspettare», Summer afferrò il concetto e le offrì entrambe le mani. «Sono tutte tue.» Ma poi le ritirò, fingendosi timorosa: «Sempre che le mie ossa vadano bene intere. Perché se volessi farmi a pezzettini, muoverei qualche piccola obiezione a riguardo. Sappilo!».
«Puoi stare tranquilla», rispose la strega, ristabilendo quel contatto che adesso Summer le offriva con un sorriso... che però non fu ricambiato. «Anche se...»
«Anche se?» La cacciatrice inclinò lievemente il capo, cercando di comprendere il repentino cambio d'umore dell'amica, che poco dopo le disse: «Non riesco a sentire niente...»
«Lily...», Summer la guardò con occhi carichi di apprensione. «Sei sicura di stare bene?»
«Te lo assicuro.» E la strega lasciò con delicatezza le sue mani, aggiungendo: «Se avvertissi qualcosa di strano, te lo direi». Poi le sorrise per rassicurarla, perché – in cuor suo – era certa di ciò che diceva. Non sentiva nulla di strano rispetto al solito, e la sua amarezza derivava solo dal non capire cosa stesse succedendo. Perché in Summer non riusciva ad avvertire neanche un minimo cenno di quella radiazione magica che si stabilisce tra una cacciatrice e il pugnale?
Summer annuì credendo alle sue parole, ma poi un rumore fragoroso destò entrambe, facendo girare i loro volti in direzione della porta.
«Cos'è stato?», domandò la strega, intenta ad alzarsi.
Ma Summer bloccò sul nascere quel tentativo, dicendo: «Lascia stare, proveniva dal salotto. Damon deve aver fatto cadere qualcosa». Ma quell'affermazione suonò una nota irreale. Il vampiro che faceva cadere qualcosa... Con i suoi riflessi sovrannaturali non era molto credibile, e Summer si convinse di aver pronunciato quella frase solo per dissuadere l'amica dal seguirla. Il solo nominarlo aveva riacceso in lei tutta la voglia di stare con lui, di gettargli le braccia al collo e baciarlo, e sentiva che non avrebbe potuto attendere un secondo di più.
«Tu perché non cerchi di riposare?», propose, nuovamente concentrata su Lily. «Forse sei solo stanca...»
Aspettò che l'amica le annuisse per sorriderle ed avviarsi verso la rampa di scale, col cuore che le batteva così forte da farla sentire stordita e con l'emozione che le stringeva il petto fino a soffocarla.
Mentre scendeva giù per i gradini che la separavano dal salotto, sentiva che sarebbe semplicemente morta se non avesse fatto l'amore con lui. E se nella sua mente balenava un lampo di ricordo di ciò che le aveva detto solo poco prima, del modo in cui l'aveva sfiorata e baciata, della passione rovente con cui si era nutrito del suo sangue, lo stomaco le si chiudeva e il desiderio diventava così forte da farla stare quasi male.
«Damon», esclamò una volta arrivata in salotto, cercandolo con lo sguardo, ma scrutando solo una stanza vuota, illuminata dalla poca legna che ardeva nel caminetto.
«Damon?» Si guardò rapidamente intorno e poi si accorse dei frammenti di una bottiglia infranta sul suolo; la macchia scura del bourbon che impregnava il tappeto, l'odore pungente dell'alcol e nessuna traccia del vampiro.
Lo cercò nella sua stanza, ma senza trovarlo. Così, mossa dall'istinto, si diresse in cucina, e ad una prima occhiata tutto le parve in ordine; ma poi la vista si focalizzò sul lavandino, notando qualcosa di strano. I bordi erano sporchi di sangue e, man mano che si avvicinava, quella chiazza diveniva sempre più estesa, fino a ricoprire interamente il fondo di uno dei due lavabi.
Ma Summer non ebbe neanche il tempo di formulare un veloce pensiero a riguardo. A terra, con la schiena poggiata su un'anta del mobile, gli occhi aperti ma totalmente assenti e la pelle nivea e lucida come quella di una candela, Damon sembrava una marionetta a cui avevano tagliato i fili.
Il cuore di Summer mancò tutti i battiti che la separavano fisicamente da lui, e solo quando gli si inginocchiò accanto questo riprese a batterle regolarmente, seppur nella maniera più dolorosa possibile.
«Damon! Damon, cos'hai?!» domandò, con la voce corrotta dall'agitazione e dalla paura. Accarezzò il suo volto, sperando di ottenere almeno un cenno di risposta. Mento, gola e petto ricoperti di sangue, e il cuore di Summer che precipitava fino a creare una voragine.
«Damon, rispondimi. Ti prego!»
E questa volta gli occhi del vampiro si mossero verso di lei, ma continuando a sembrare vuoti e senza permettere a Summer di capire se fosse nuovamente cosciente. Gli accarezzò la fronte, tanto bollente da peggiorare il suo stato di agitazione, e finalmente il vampiro diede un segno di vita più concreto: un movimento del volto verso la spalla della ragazza, lo sguardo stanco e smarrito.
Damon ricordava l'attimo in cui aveva vomitato nel lavandino, poi una sensazione di gelo e la forza nelle gambe che si era affievolita rapidamente, fino a farlo scivolare a terra.
Adesso che aveva ripreso un minimo di conoscenza, qualcosa era nettamente peggiorato. Alla sensazione di gelo si erano sostituite delle vampate di calore insopportabili; ma erano i polmoni gli organi che lo tormentavano di più: adesso riusciva a percepire con chiarezza ogni boccata d'aria, perché queste bruciavano nel suo petto come se in quei polmoni vi fosse qualcosa che infiammasse l'ossigeno. Il sudore algido si trasformò presto in un mare di goccioline calde che gli attaccavano gli abiti alla pelle, e la testa gli doleva così tanto da da lasciargli immaginare che vi fossero milioni di spilli elettrificati conficcati nelle profondità del suo cranio.
Voleva dirle qualcosa, ma non ce la faceva. L'unico gesto che gli riuscì fu quello di poggiare la fronte sulla sua spalla, lentamente e con la speranza di trovarvi riposo. Lei lo accarezzò con un fare materno, per poi imporsi di spezzare quell'attimo di dolcezza e angoscia e reagire; così fece passare il braccio del vampiro intorno alle sue spalle e si alzò, trascinandolo con sé. Damon si muoveva, ma solo con una forza di riflesso e passiva. Il suo corpo era pesante quasi quanto quello di un cadavere.
«Andiamo di sopra...», mormorò lei, avanzando verso la rampa di scale con Damon che camminava a fatica. Il vampiro le sembrava ritornato in sé, ma ancora privo delle forze necessarie a mostrarle un minimo cenno di lucidità.
Arrivati in cima alle scale, Summer urlò il nome della strega, per far sì che la raggiungesse. E lei lo fece subito dopo, nell'esatto momento in cui la cacciatrice lo stava aiutando a stendersi sul letto. Sembrava che ogni respiro esalato dal vampiro gli bruciasse il petto e Summer faceva di tutto per non piangere. In quel momento non sarebbe servito a nulla, si ripeteva, cercando di farsi forza.
«Cosa gli è successo?», domandò Lily.
«Non ne ho idea.» Summer si avviò verso il bagno per prendere un asciugamano e qualcosa che potesse fungere da catino. «Sono andata in cucina e... l'ho trovato a terra in questo stato...», le parole le uscivano ansiose e soffocate, mentre riponeva il tutto sul comodino, con le mani che le tremavano vistosamente.
«Damon, ti prego, dimmi qualcosa...», rivolgendosi a lui, la sua voce acquisì una marcata nota di dolcezza, mentre con una mano gli accarezzava i capelli sulla fronte e con l'altra gli puliva il mento e il collo, con un panno inumidito.
Ma il vampiro boccheggiò scuotendo il capo, come a voler esprimere l'impossibilità di esaudire quella richiesta. Non poteva parlare con ogni molecola di ossigeno che bruciava nel suo petto e nella sua gola.
Intanto Lily gli si era avvicinata, ed ora lo guardava quasi immobilizzata da un mix di pensieri che le attraversavano la mente come fulmini. Poi, con uno scatto deciso, cercò di afferrare la sua mano. Una visione le avrebbe chiarito le idee, ma Damon, nonostante il dolore, sembrò percepire quell'intenzione, come se l'avesse sentita aleggiare intorno a lei, e rapidamente portò la mano all'addome per non fargliela afferrare. Ma, come da risposta, il volto di Lily – sempre morbido e addolcito da un'aura di letargia – s'indurì della stessa serietà scrupolosa di un medico, e il successivo movimento con cui afferrò la mano di Damon fu uno scatto felino che non ammetteva fughe di alcun genere. E il vampiro, visibilmente provato dal suo corpo che bruciava, dalla testa che esplodeva e dallo stomaco che si contorceva, non poté fare nulla per impedirlo. Lily venne pervasa dalla stessa visione che l'aveva colpita quando aveva toccato il pugnale per la prima volta. Una sensazione che sapeva di morte, un buio fitto e poi una luce accecante, ma nient'altro. Poi, qualcosa di più fisico, un rimbombo familiare, le invase i canali uditivi, fino a sentirlo martellare dentro di sé. Gli occhi chiusi si spalancarono lentamente e con stupore, mentre leggeva una chiara supplica in quelli azzurri sfiniti di Damon. Il suo cuore batteva, e  lo sguardo che lui le dedicò prontamente – un misto di senso di colpa e disagio, di paura, disgusto e smarrimento – conteneva la tacita preghiera di non rivelare quello che, a quanto pareva, era il suo segreto: il motivo per cui era stato così riluttante a collaborare con lei.
E a Lily servì meno di un secondo per decidere che lei non lo avrebbe fatto. Pur non capendone il motivo, non sarebbe stata lei a dirlo a Summer, se quello non era il volere del diretto interessato.
E poi vi erano questioni molto più importanti. Il cuore di Damon che batteva era solo la punta dell'iceberg di ciò che adesso percepiva. Vi era un'energia ribollente e crescente, dentro di lui. Era della stessa materia di cui erano fatte le scintille di vita, ma era densa e unificata, e si forgiava nel suo corpo in un crescendo irrefrenabile. Lily ne percepiva la luminosità e la purezza. Era una forza smisurata, vibrante di vita e splendente di fuoco; una forza mai avvertita prima, in nessun essere vivente, che quasi la spaventava. Quasi temeva che Damon potesse esplodere, portando l'universo con sé.
E fu proprio la potenza di quell'energia a far balenare nella mente della strega una soluzione che avrebbe potuto portare risposte alle sue domande.
Summer guardava la scena, sentendosi impotente. Le lacrime le pungevano gli occhi e il naso, e la gola era così stretta da accentuare ogni deglutizione. Gli occhi saettavano da Lily a Damon, sperando che la strega vedesse qualcosa d'importante o che lui fosse in grado di parlare, ma alla fine fu lei stessa a infrangere la tensione sacrale di quel momento, chiedendo alla strega: «Hai visto qualcosa?».
«No. Nulla di rilevante.» Lily posò la mano di Damon sul materasso, e lui quasi la ringraziò con lo sguardo per quella risposta studiatamente vaga. Poi la strega si voltò verso Summer, dicendo: «Ma ho un'idea. Vado a prendere le cose che mi servono...»
E la cacciatrice ebbe soltanto la forza di annuire, mentre la vedeva lasciare la stanza. Si sedette accanto a Damon, accarezzandogli con la punta delle dita il dorso di quella mano che lui aveva riposato nuovamente sul proprio addome. Damon cambiava continuamente la posizione del capo, come in cerca di una boccata d'aria che non fosse incendiaria, e Summer lo guardava con il petto pressato dall'angoscia. Voleva dirgli qualcosa, chiedergli cosa gli fosse successo, cosa l'avesse fatto stare male, ma quasi temeva di parlargli per paura che si sforzasse troppo nel tentativo di darle una risposta.
Ma poi fu il vampiro stesso a rompere quella catena di gemiti di sofferenza, mormorando: «Mi dispiace... mi dispiace...», affannato e lacerato in ogni dove dal dolore. «Non volevo farti soffrire.»
«Sshh...» Summer, gli occhi ora bagnati dalla sua tenerezza, gli passò il panno umido sulle tempie per eliminare le goccioline di sudore e rinfrescarlo. «Va tutto bene; anzi, mi hai salvato la vita, Damon. Lily pensa che non sia stato il sangue di Klaus a salvarmi; dice che non può averlo fatto per via indiretta. Quindi... non avrebbe funzionato. Se non ti fossi fermato in tempo, non mi sarei trasformata in un vampiro. Sarei morta. Mi hai salvata, Damon. Due volte. E adesso è il mio turno. Perciò, se ce la fai a dirmi qualcosa... ti prego, fammi capire cosa ti è successo,  cosa ti ha fatto stare male...» Un pensiero doloroso le soffocò la voce: «È stato il mio sangue? Sono stata io?».
Damon si affrettò a sibilare un veloce «No...», perché non voleva che si sentisse in colpa neanche per un secondo; poi una fitta all'addome lo costrinse a urlare e a contorcersi su se stesso, e la mano strinse con forza quella di Summer senza averlo meditato. «È stato il pugnale»,  confessò, con la voce stritolata dal tormento. «Avrei dovuto dirtelo, ma...»
«Sshh...» Le mani di Summer rastrellarono i suoi capelli con delicatezza, trasmettendogli tutto l'amore che le riempiva il cuore, con un riverbero fatto di calma e sicurezza. «Lo so. avrei fatto lo stesso.» E lei capì che, se si fosse trovata nella sua stessa situazione, avrebbe agito allo stesso modo, perciò non vi era necessità di spiegazioni di alcun genere. Loro erano troppo simili per non comprendersi e perdonarsi.
E stava per pronunciare che avrebbe fatto l'impossibile, pur di farlo stare bene, ma quell'intento fu bloccato dall'entrata nella stanza di Lily, che reggeva il suo Grimorio e una ciotola colma di erbe.
«Cosa vuoi fare?», chiese Summer, preoccupandosi anche per lei. L'amica era da poco uscita dal coma ed era come se i suoi poteri si fossero prosciugati, o almeno questo era ciò che lei percepiva; ma Lily sapeva bene che le sue forze erano inalterate e che tutti i suoi fallimenti dipendevano da altri fattori. E questa sicurezza gliela si poteva leggere sul volto determinato ma disteso, preoccupato ma straordinariamente fiducioso.
«Un incantesimo che mi ricondurrà alla causa del suo male.» Lily aveva sistemato il Grimorio a terra, di fronte al comodino, ed ora stava posizionando la ciotola al lato del letto, all'altezza dell'addome del vampiro, per mescolarne il contenuto con le mani: petali di Iris e Radice del Diavolo.
«Vedresti solo Klaus che dà una pugnalata al suo cuore, Lily. Non è il caso che ti affatichi per qualcosa che sappiamo già», replicò Summer, cercando di farle cambiare idea.
«Quest'incantesimo è molto più potente di ciò che pensi. Non si limiterà a mostrarmi il colpo di Klaus, ma andrà più indietro. Mi mostrerà il principio: in pratica come si è arrivati a tutto questo. È forse l'incantesimo più potente che conosco», disse, con l'eccitazione febbrile che la pervadeva quando doveva cimentarsi in qualcosa di apparentemente più grande di lei. «Più la causa è remota e più richiede energia e concentrazione. Stabilirò un contatto fisico con Damon, gli terrò la mano, e tu dovrai accertarti che io non la lasci per nessuna ragione al mondo. Interrompere la connessione potrebbe costarmi la vita.» E la semplicità con cui lo spiegò aveva dell'incredibile, soprattutto per le orecchie di Summer, la cui emotività era già messa a dura prova da ogni sorta di stress che poteva colpirla. «E tu sei davvero convinta che ti lascerò fare una cosa del genere?! Ti ricordo che sei appena uscita dal coma, non hai ancora riacquistato le forze e l'origine del pugnale risale a più di mille anni fa! Quindi: scordatelo!», l'angoscia dava alla sua voce una nota finale di affanno, e concluse mormorando un «non posso lasciartelo fare...» carico di tutta la preoccupazione che le schiacciava il petto.
Ma la strega, al contrario di lei, appariva inverosimilmente tranquilla. E le rispose: «Summer, non nego che sia rischioso. Ma se l'ho proposto è perché sento di poterlo fare. E poi non devi preoccuparti per la lontananza temporale. In altre condizioni non l'avrei mai fatto, non avrei avuto le forze necessarie per intraprendere un viaggio mentale così lungo nel tempo, ma adesso ho a disposizione una fonte di energia che potrà permettermelo...»
Nei suoi occhi appariva una luce di furbizia, e quel modo astuto con cui si teneva sul vago non preannunciava nulla di buono. Così Summer abbozzò una mezza domanda: «E sareb... », che poi smorzò, dandosi da sola quella risposta che reputava inconcepibile. «Damon! Sei impazzita!? Lui non sta bene! Non puoi usare le sue energie! È la cosa più assurda che potessi concepire!», ribadì con un nervosismo elettrico.
«Summer, calmati. Damon sta letteralmente ribollendo di energia! Non ne risentirà in nessun modo», le posò le mani sulle spalle per tranquillizzarla. «Ascolta, posso farcela io e può sopportarlo lui. Devi solo avere fiducia in me!»
«Ho fiducia in te, ma... andiamo! Quello che hai in mente è assurdo!» la sua voce assunse una cadenza veloce e quasi isterica, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime bollenti: «Lily, tra te e me, la pazza che ha idee sconsiderate sono io! Non tu! Il tuo buon senso non può venire a mancare proprio adesso! Io non posso farcela! Mi sento impotente... e spaventata... e l'ultima volta che mi sono sentita così...» Harris era su di un letto d'ospedale, troppo anziano e troppo amante dei Cubani per un trapianto di cuore che potesse andare a buon fine, e il nodo che le strinse la gola riportò a galla ogni emozione vissuta e annientata in quei terribili giorni.
«Lo so...», Lily capì subito a cosa si stava riferendo, e quella presa sulle sue spalle si trasformò nell'esordio di piccole carezze colme d'affetto. «Ma non hai nulla da temere. Andrà tutto bene. E quando sarò ritornata al mio stato di coscienza... beh... non posso assicurarti che avrò una soluzione, o una cura, ma almeno avremo un punto di partenza. Questo te lo prometto...»
Summer mosse il capo ancora titubante e incerta e con gli occhi lucidi di lacrime, ma poi sentì la voce di Damon che la chiamava, mentre con fatica si sollevava sui gomiti.
Le annuì come per dirle che lui ne era in grado. E tutta la tenerezza che provava per quelle crisi di nervi dal retrogusto di dolcezza, brillava nei suoi occhi azzurri con una luce radiosa quanto libera. Il vampiro ripensò alla donna algida e violenta che aveva conosciuto e portato a letto per compiacere il proprio ego, rapportandola alla donna fragile ed emotiva, piena di amore e di paure, che adesso aveva di fronte e che amava con tutto se stesso e, nonostante il dolore, gli fu inevitabile sorriderle. Così, quella decisione divenuta unanime, sembrò aleggiare intorno a loro, con tutta la pesante gravità che richiedeva.
«Dammi il tempo di cambiare l'acqua...», mormorò Summer, con lo sguardo basso del disappunto e della sconfitta, portando quella bacinella di sorta in bagno, perché ormai sporca del sangue che aveva tolto dal petto di Damon.
Lily aspettò che risistemasse il tutto sul comodino e poi le disse: «Devi solo accertarti che il contatto non si interrompa e tutto andrà per il meglio». E, nonostante la sua sicurezza, anche lei, in quel momento, avvertì la pericolosità di ciò che stava per fare. Soprattutto ciò che avrebbe comportato per la sua vita, se avesse fallito. Ma di quel timore ucciso sul nascere, lei non volle mostrare neanche il debole fantasma.
Summer annuì e poi andò a sistemare altri cuscini sotto la schiena di Damon, e in quei movimenti vi furono carezze fugaci e latenti, che il vampiro non poté fare a meno di notare ed apprezzare.
Lily si inginocchiò al lato del letto e con un fiammifero diede fuoco alle erbe che aveva sistemato nella ciotola. Un fumo delicato per l'Iris ed uno più aromatico per la Radice del Diavolo le invasero le narici.
Ma prima che tutto avesse inizio, Summer mormorò un «grazie», che la strega, pur ricambiando con un sorriso, non sentì pienamente meritato: la sua sete di conoscenza aveva influito su quella scelta in maniera considerevole, e sentiva la sincera riconoscenza di Summer come una ricompensa troppo preziosa per qualcosa di macchiato dall'egoismo.
Ma tenne quei pensieri per sé ed inalò quell'esalazione con un respiro profondo e sonoro: quelle piante avrebbero accentuato le sue doti percettive e divinatorie, aiutandola nel percorso mentale più lungo che avesse mai dovuto intraprendere. Con voce bassa, intonò una nenia incomprensibile agli altri due e afferrò la mano di Damon, accostandola alla fronte. L'aria si fece densa e pesante, vibrante di magia e carica di preoccupazioni, e piano gli occhi nocciola della strega vennero inghiottiti dalle tenebre, diventando completamente neri. Le ciocche rosse che sfuggivano alle pinzette fluttuavano verso l'alto, e Damon iniziava ad avvertire una sorta di pesantezza nel braccio, che diveniva sempre più intorpidito e formicolante, e il tutto si univa a quei dolori che non smettevano di tormentarlo, ma che adesso, per necessità e per orgoglio, avrebbe combattuto con tutte le sue forze. Pochi secondi dopo, Lily era già entrata nello stato di trance che l'avrebbe condotta in un viaggio mentale lungo mille anni, e il contatto tra lei e Damon non doveva interrompersi per nessuna ragione al mondo.











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Capitolo 58
*** capitolo 58 ***


58dapubblicare NdA: In corsivo le visioni di Lily.



***28 Dicembre***

Parte 5^



Il focolaio rettangolare, piazzato al centro della capanna, la illuminava proiettando ombre traballanti sulle assi di legno che rivestivano le sue pareti.
Un bambino che mostrava cinque o sei anni, gli occhi neri e i capelli scuri legati in una coda, osservava una donna dalla pelle incredibilmente chiara, che sistemava dei tessuti in un baule. I suoi capelli biondi prendevano le sfumature rossastre della brace.
«Madre, perché dobbiamo andarcene?» domandò con un broncio che contraeva le sue labbra. La donna lo guardò con aria amorevole. Si avvicinò a lui, inginocchiandosi per incrociare i suoi occhioni tristi e per posare le mani sulle sue piccole spalle. «Questa terra, Finn, è malata. Ha portato via il tuo fratellino. Ce ne andiamo affinché non accada mai più.» E il suo tono di voce dolce e tranquillo fece distendere le labbra del bambino, sebbene la sua espressione non apparisse ancora del tutto convinta. «Dalle altre parti non accadono cose brutte?» la sua voce sottile e innocente.
«Non dove stiamo andando. Tua madre ha parlato con gli spiriti della natura. Dicono che esiste una terra dove le persone sono forti e sane...» gli accarezzò la guancia paffuta per poi continuare: «Una terra dove non ci accadrà nulla di brutto. E tu avrai altri fratellini e sorelline con cui giocare» il suo sguardo si rabbuiò. «E niente potrà portarteli via.»
Il bambino annuì con un'aria serena ma titubante.

*** ***

Una donna di colore osservava il gruppo di persone che le si stava avvicinando. Un piccolo calesse caricato di bauli, un uomo che indirizzava il passo del cavallo, tenendo stretta nella mano destra la fune che lo legava, una donna che tra le braccia reggeva un neonato ed un bambino piccolo che seduto che faceva dondolare le gambe paffute.
«Vi stavo aspettando...» esordì la donna di colore, come se li avesse attesi da tempo. «Sono stati gli spiriti ad avvertirmi del vostro arrivo» guardò intensamente la donna dai capelli biondi. «Ed immagino che siano stati essi a condurvi qui.»
«Il mio nome è Maikal e loro sono mia moglie Esther e i miei figli. Abbiamo bisogno di un posto dove accamparci...»
«Posso?» disse, rivolgendosi alla donna e stendendo le braccia per afferrare la creatura che teneva stretta al petto. La donna le porse il bambino senza esitazione e l’altra lo cullò subito con l’aria amorevole di chi non aspettava altro.
«Io sono Ayana, e voi siete i benvenuti nel mio villaggio...»

*** ***

«Le vostre capanne sono molto diverse dalle nostre...» disse Ayana, rivolta a Mikeal che livellava una tavola di legno.
«Ho notato... le nostre sono fatte per durare!»
Esther cullava il suo bambino e Ayana le si avvicinò per sfiorare la sua piccola guancia.
«Il piccolo Elijah è un bambino davvero silenzioso.»
«Non perde tempo a piagnucolare, è un vero uomo. Come lo è anche Finn.» Mikael osservò con orgoglio il figlioletto che a, qualche metro di distanza, radunava dei rami che sarebbero serviti per il tetto.
«Anche se... » intervenne Esther con uno strano tremolio nella voce. «Non saranno mai forti come gli uomini del tuo villaggio, Ayana»
E il suo era lo sguardo di chi voleva sviscerare un mistero, ma questo atteggiamento portò l’altra a irrigidirsi prontamente per ribattere: «C'è una cosa che dovete necessariamente sapere, sulla mia gente. Loro sono forti, ma la loro forza ha un prezzo.» Poggiò una mano sulla parete di legno, come per sorreggersi leggermente, per poi continuare: «Durante le notti di luna piena, dovrete restare nascosti nelle caverne ai piedi della cascata. Ne va della vostra vita.» L’aria grave, carica di preoccupazione e serietà.
«Perché mai dovremmo nasconderci?» di risposta gli occhi di Mikael si iniettarono velocemente di sangue.
«Perché la luna piena…» ma Ayana non ebbe timore di rispondere a quello sguardo truce: «Li trasforma in lupi…»

*** ***

Sulla riva di un lago immerso nella natura più fitta, dove i pochi raggi di sole che riuscivano filtrare mostravano con forza la loro luce vittoriosa, un uomo dalla carnagione scura e lunghi capelli neri, con le gambe nell’acqua fino alle ginocchia, raccolse un grande fiore di loto.
«Questi fiori nascono e crescono sott’acqua, nell’oscurità più profonda, fin quando non sono pronti ad emerge, mostrando a tutti il loro bellissimo colore.»
«Sono bellissimi…» sussurrò Esther, in preda ad un incanto.
L’uomo le si avvicinò, facendo scorrere tra le dita le ciocche dei suoi capelli.
«I tuoi capelli che splendono come oro, sono bellissimi, Esther
»
«Honami…» un flebile sussurro che precedette un lungo bacio.

*** ***

Nel retro della sua dimora, Esther teneva ferme le zampe e le ali di un grosso tacchino sul ceppo di un albero; poi il suo sguardo si posò sulla giovane donna bionda che invece gli teneva ferma la testa con una mano e con l’altra brandiva un’accetta, e con nervosismo le disse: «Rebekah, cosa stai aspettando?»
«Va bene, non è facile come pensavo, lo ammetto» guardò il tacchino con aria arrendevole. «Mi sta fissando...» e la mano che teneva l’arma le vibrò vistosamente.
«Forse si è innamorato di te, sorellina!» la voce di un ragazzo alle sue spalle, che subito si accostò per vedere meglio la scenetta.
«Non mi fai ridere, Niklaus!»
Il giovane si mise di fronte alla ragazza con le braccia incrociate, aspettando di assistere allo spettacolo, ma Rebekah sembrava ancora più frenata di prima.
«E invece tu che non riesci a decapitare un tacchino, sei davvero esilarante! Andiamo sorellina, nessun uomo sposerebbe una donna che non è capace di badare alla cena!»
«Stai zitto!» l’ira concreta negli occhi della ragazza.
«Altrimenti cosa? Manderai il tuo promesso sposo a beccarmi i piedi?»
«Per amore degli spiriti, Rebekah, uccidi questa bestia!» urlò Esther spazientita. «E tu, Niklaus, renditi utile, anziché perdere il tuo tempo ad infastidire tua sorella!»
«Infatti, Niklaus, già sprechi parte della tua giornata a corteggiare una donna che preferisce chiaramente Elijah a te, per il resto cerca di renderti utile...»
«Questi non sono affari tuoi!» ma il cambiamento repentino del volto del ragazzo non spaventò la sorella, che aggiunse: «Se voi due fate la corte ad una donna che ha avuto un bastardo, ti assicuro che sono affari di famiglia. Dico bene, madre?»
«Rebekah!»
«Sicura che sia questo? Non è che sei solo gelosa di tutte le attenzioni che riceve? Hai quasi sedici anni, sorellina, quante proposte di matrimonio hai ricevuto?»
«Adesso basta!» urlò Esther. «Tu taglia questo maledetto collo e tu, Niklaus, va' a tagliare della legna!»
In quel momento si avvicinò Elijah con un carico di quaglie  e fagiani legati da una corda e i due ragazzi ebbero giusto un attimo per guardarsi in cagnesco, prima che Klaus si allontanasse per eseguire gli ordini della madre.
«Elijah, tu invece vieni con me.» lo intercettò prontamente Esther.
Rebekah, invece, si concentrò sul suo tacchino e alla fine riuscì finalmente a decapitarlo.

*** ***

Klaus reggeva il corpo di un ragazzo tra le braccia, urlando: «Madre! Madre!» con un tono disperato.
«Henrick!» gridò Rebekah, avvicinandosi frettolosamente ai fratelli.
Klaus posò il corpo del giovane ragazzo a terra, il cui addome sembrava essere stato smembrato da grossi artigli.
Subito dopo anche Esther, Elijah e Ayana gli si avvicinarono.
La madre si inginocchiò per accarezzare il capo del ragazzo ferito, poi bisbigliò più volte dei “no” di incredulità e sgomento, prima di chiedere: «Cos'è successo?»
«I lupi...» mugolò Klaus con l’aria di un bimbo spaventato, sedendosi sull'erba. «Mi dispiace, mi dispiace così tanto...» aggiunse, visibilmente sconvolto.
«Dobbiamo salvarlo!» Esther si rivolse ad Ayana con occhi supplichevoli, carichi di speranza. «Ti prego, deve esserci un modo!»
Ayana, anch'essa inginocchiata accanto al corpo di Henrick e il volto come un manifesto di costernazione, le rispose: «Gli spiriti non ci concederanno un modo, Esther. Tuo figlio è morto.»
«No. No...» i sussurri di Esther mentre il dolore le infiammava il petto. «No!» gridò forte, mentre gli altri intorno a lei piangevano silenziosamente.

*** ***

Il fuoco di numerose candele illuminava la loro capanna.
Luci rosse, irrequiete e spettrali, danzavano col buio fitto della notte.
«Potremmo accrescere tutto quanto…» Mikael posò una mano sulla spalla della moglie. «La nostra famiglia, potrebbe vivere per sempre!»
«A quale costo?» domandò Ayana. «Questa magia di cui parli avrà delle conseguenze» Poi il suo discorso si indirizzò verso l’amica, sperando di sortire un maggiore effetto: «Questo è il preludio di un flagello, Esther!» guardò nuovamente entrambi. «Gli spiriti vi si rivolteranno contro.»
«Ti prego, Ayana» la supplicò Esther, con voce tremante, ma l'altra scosse il capo in segno di negazione, rispondendole: «Non ho intenzione di prendervi parte», prima di lasciare la loro dimora.
Mikael chiuse la porta e si avvicinò alla moglie. «Se lei non proteggerà la nostra famiglia» le accarezzò dolcemente il volto. «Allora è tutto nelle tue mani, amore mio.»

*** ***
 
I polsi della prima doppelganger erano stati legati ad una delle travi di legno orizzontali che strutturavano la parte alta della dimora.
Il fuoco del focolare era quasi spento e si riduceva al crepitare del carbone. Poche candele illuminavano l’inquietante scenario. La doppelganger, completamente nuda, aveva la bocca riempita di stracci che le impedivano di urlare. Ma i suoi occhi dicevano chiaramente che non l'avrebbe fatto. Sembrava fosse caduta in uno stato di trance: che lei fosse ovunque, meno che in quella stanza.
La strega originaria ripeteva una flebile nenia, mentre calma affilava la punta del suo coltello. I piedi della doppelganger fluttuavano ad una ventina di centimetri dal pavimento.
La strega le si avvicinò, continuando a pronunciare la sua formula e, dopo averle dedicato un lungo sguardo, piantò il pugnale nell'addome della ragazza, all'altezza dell'ombelico. Il sangue zampillò per un secondo, per poi scenderle rapidamente lungo le gambe e infine gocciolare sul pavimento, creando chiazze scure. Esther si voltò per prendere una ciotola e, quando si rigirò verso di lei, notò che il sangue sulla terra battuta aveva preso una strana forma circolare, con quattro nodi*, e inarrestabile scorreva su quella figura. Esterh sembrava non capirne il significato, quindi si affrettò a disegnare quel simbolo sulla ciotola di coccio, che subito dopo avrebbe usato per raccogliere il sangue della doppleganger.

*** ***

«Cosa ci fai qui, Ayana?» chiese Esther, mentre lavava i panni al fiume, ora visibilmente seccata da quella visita.
«Sono venuta ad implorarti di non portare a termine il rito, è un grosso sbaglio, Esther. Sto solo cercando di proteggerti da un immenso dolore.»
«Cosa vuoi saperne tu, del mio dolore. La tua gente è forte, immune ad ogni male. Non puoi capire!»
«La mia gente paga le conseguenze delle mie azioni! La loro non è una benedizione, Esther, è una maledizione!» Poi Ayana cercò di moderare i suoi toni, sperando che le sue parole potessero far desistere l’amica: «I tuoi figli saranno corrotti dal male, l'immortalità che vuoi donare loro ha un prezzo. Diventeranno creature assetate di sangue...» fece scivolare lo sguardo sulla scia d’acqua limpida. «Ti assicuro che non resterà niente di loro…»
«Quindi è come pensavo, sei stata tu...» Esther afferrò le sue braccia e la scosse leggermente. «Che cosa hai fatto? Come hai fatto a renderli così?»
«Avevo un figlio... Askar. Un giorno venne attaccato da un lupo. Lo stava sbranando sotto i miei occhi e lui stava morendo. Non ero sola, con me c'era un'altra donna del villaggio. Invocai tutte le forze del mio corpo... ed anche quelle che non avevo: le presi dalla natura, da tutto ciò che mi circondava. Il terreno divenne arido, le foglie degli alberi si bruciarono, e poco dopo il lupo si accasciò su mio figlio, morì e venne assorbito dal suo corpo, e forse questo sarebbe bastato, per salvargli la vita. Ma io volevo di più, e per rendere una vita immortale, come ben sai, è necessario un sacrificio. Così lo feci. Mio figlio si rialzò poco dopo, non più da umano: era diventato qualcosa di più. Ma i segni di quella magia oscura comparvero sul suo volto quasi immediatamente. Segni neri, sulle sue tempie e intorno ai suoi occhi.»
«Hai sacrificato quella donna?» intuì Esther, in un sussurrò sentito, che palesava tutta la sua attenzione.
«Non lei. La mia amica aspettava un bambino» la voce di Ayana era soffocata dal rimpianto e dalla vergogna. «Un bambino che nacque morto, portando con sé la vita della madre...»
«E tuo figlio? Cosa gli è successo?»
«Mio figlio cambiò. Radicalmente. Divenne forte, agile, imbattibile. La luna mutava il suo aspetto e lo rendeva un lupo assetato di sangue, ma anche quando non lo era... l'unica cosa a tenerlo in vita erano...»
«Cosa?» fece Esther, per porre fine al lungo silenzio di Ayana.
«Cuori di esseri umani. Strappati dai loro petti e consumati ancora caldi del calore della vita che portavano con essi. Non era più mio figlio. Era un abominio...»
La strega prese un’altra pausa e poi continuò: «Quando gli abitanti del villaggio iniziarono a sospettare di lui, il padre di Honami, decise di giustiziarlo. Lo legarono ad un albero, pronti a colpirlo con le loro frecce, ma... in quel momento... Askar si trasformò in lupo, sebbene fosse ancora giorno, e li morse. Morse tutti gli uomini del villaggio.  Quel morso, li trasformò in creature simili a lui, ma fece anche peggio: il seme di quella maledizione si tramanda ai posteri e se questi fanno ciò per cui Askar stava per essere condannato - se essi uccidono - vengono colpiti inevitabilmente anche loro. È stato un suo modo per dire... che nessuno era così diverso da lui da poterlo giudicare.»
Ayana prese le mani dell’amica tra le sue e continuò: «Esther, lo so. So che Niklaus non è figlio di Mikael. È figlio di Honami, non è così?»
Lo sguardo di Esther che si spalancava di stupore e terrore, mentre Ayana riprendeva il suo discorso: «Non puoi proseguire nel tuo intento. Niklaus ucciderà; e quando lo farà la maledizione lo trasformerà in un lupo e, insieme a ciò in cui lo vuoi trasformare, solo gli dèi sanno quale abominio diventerà. Non puoi permettere che ciò accada.»
Esther ritrasse subito le mani, mostrando tutto il suo disappunto. «Mio figlio non ucciderà, e di certo non sarà mai un abominio! Questo è ciò che accaduto a te. Non accadrà alla mia famiglia. Tutto quello che voglio fare è proteggerli!»
«Era ciò che volevo anch'io...» la voce flebile di Ayana, ormai consapevole di non poter cambiare i loro intenti.

*** ***

«È tutto pronto?» chiese Mikael, avvicinandosi a sua moglie. La solita luce rossastra del focolare illuminava la stanza, ed Esther aveva tra le mani il recipiente di coccio su cui aveva riportato lo strano simbolo apparso nella notte della morte della doppelganger.
«Sì...» disse,  aggiungendo vino al sangue e mescolando poi con un lungo bastoncino di legno.
«Sei scossa per quello che hai fatto a Tatia?»
«No» si voltò verso il marito per sostenere fiera il suo sguardo. «I nostri figli vivranno per sempre, e non voglio che spendano l'eternità a litigare per una donna! Col tempo la dimenticheranno e ritorneranno ad amarsi come due fratelli dovrebbero sempre fare!»
«E noi? Cosa dobbiamo fare adesso?»
«Appena torneranno, faremo bere loro questo vino mischiato al sangue di Tatia. Poi invocherò gli spiriti del sole per la vita e quelli della quercia per l'immortalità. E dopo... dovrai ucciderli»
Mikael annuì.
«E tu? Sarai tu ad uccidermi oppure dovrò farlo da solo?»
Il volto di Ester si contorse dallo stupore e disse: «Volete trasformarvi anche voi?»
«Un padre che non è forte quanto i suoi figli rischia di non essere rispettato come è giusto che sia!»
E dopo un attimo di esitazione, la moglie accettò: «Va bene, lo farò. Ma prima dobbiamo pensare alla fase finale del rito.»
«Sarebbe?»
«Dovrete bere il sangue di un essere umano nel pieno della sua vita...» La tacita richiesta di procurare l’ennesima vittima.
«Me ne occupo subito...»

*** ***

Mikael entrò nella sua dimora con l'impeto di una tempesta.
Afferrò Esther per le spalle e la inchiodò al muro con brutalità.
«Come hai potuto?»
«Di cosa state parlando?» balbettò la strega, impaurita dai suoi occhi iniettati di sangue.
«Di cosa sto parlando?!» urlò in un'eco di rabbia, sbattendola con forza sul loro talamo di paglia e pellicce, per poi raggiungerla e strattonarla per i capelli.
«Si è trasformato sotto i miei occhi. Quel buono a nulla! Sapevo! Sapevo che non poteva essere mio figlio! Di chi è? Con chi hai osato disonorarmi?» urlò, continuando a stringere i suoi capelli. Piegato su di lei, i loro volti erano a pochi centimetri di distanza.
«Mi dispiace, Mikael, mi dispiace, ti prego non fargli del male...»
«A chi non dovrei fare del male? Eh? Chi? Al tuo amante o a quell'abominio di vostro figlio?» lasciò la presa sui capelli per darle un potente schiaffo sul viso, che le fece sanguinare il labbro.
«Allora chi non dovrei uccidere?!»
«Klaus... Klaus non ha nessuna colpa!» esclamò in un continuo di singhiozzi.
«Non avrà colpa ma è il segno della mia umiliazione! E avrà quello che merita! In quanto all'altro, invece, lo ucciderò stanotte stessa, quindi dimmi chi è stato!» la sua voce erano tuoni dirompenti e nei suoi occhi brillavano saette di pura rabbia, ma Esther continuava a piangere e non riusciva, non voleva, rispondere.
«Parla, maledizione!» le diede l'ennesimo schiaffo, e la testa della donna urtò contro le assi di legno, i suoi capelli biondi si macchiarono di sangue quasi istantaneamente.
«Bene, se non vuoi parlare... Li ucciderò tutti!»
«No, Mikael, vi imploro, non hanno colpa!» Esther avvolse le sue ginocchia con le braccia, ma Mikael la prese per il collo e la inchiodò al muro.
«Non osare toccarmi!» articolò a denti stretti, allontanandola poi con un calcio.
«No, non posso lasciarvelo fare...» Esther alzò il palmo della sua mano contro di lui, e Mikael venne colto da delle fitte che lo costrinsero a tenersi le tempie. Ma questo durò solo pochi secondi. L'uomo si riprese, avvicinandosi come una furia.
«Come osi? Dopo quello che mi hai fatto, hai addirittura il coraggio di usare il tuo potere contro di me!» Strinse il suo collo inchiodandola nuovamente al muro.
«Stanotte ucciderò ogni licantropo di questo villaggio, e puoi stare certa che tra di essi ci sarà anche il padre di quell'abominio! Addio, Esther!» e detto questo sbatté il suo cranio contro le assi, per farle perdere i sensi. Poi uscì da casa con l'espressione di chi non sarebbe mai più tornato.

*** ***

«Esther!» esclamò agitata Ayana, quando, entrando nella dimora, vide il volto tumefatto della donna. Le si avvicinò e le accarezzò i capelli. «È stato Mikael? Non è così?»
L'altra fece solo un flebile cenno d'assenso col capo, aveva l'aria stanca e afflitta.
«Lascia che ti guarisca...» disse, prendendo la mano della donna, che si lasciava andare alle sue premure passivamente.
«Tuo marito ha ucciso quasi tutti gli uomini lupo del villaggio, e stato un miracolo che abbia risparmiato i bambini.  Mi dispiace Esther, c'era anche lui...»
E in quel momento le guance di Esther si bagnarono di calde lacrime e le rispose :«Avevi ragione, Ayana... É stato uno sbaglio... è stato tutto uno sbaglio...»
«Sh…» provò a tranquillizzarla, asciugandole una lacrima col pollice.
«I miei figli non sono più gli stessi. Sono pervasi da una brama di sangue che non riescono a domare, e Niklaus...»
«Lo so. Sono qui per questo. Non si può tornare indietro Esther, ma possiamo evitare che le cose peggiorino. Tuo figlio è l'incontro del mio sbaglio con il tuo. È un essere troppo potente e la sua natura va limitata. Inoltre... se trasformasse degli uomini lupo in creature della notte come lui, ce ne sarebbero altri e non possiamo permetterlo. Abbiamo turbato l'equilibrio della natura.»
«Come posso rimediare? Farò qualunque cosa!» il tono di Esther che diventava più agitato e disperato.
Ayana sciolse il nodo di un sacchetto che teneva legato alla sua cintura e ne estrasse una pietra ovale di un colore bianco traslucido, poi gliela porse spiegando la sua idea: «Questa è una pietra di luna. Devi usarla per sigillare la natura di licantropo di Klaus...»
«In che modo?»
«Quando la prossima luna piena raggiungerà il suo apice, dovrai versarvi sopra il sangue di Nikluas e quello della vittima che hai sacrificato per la trasformazione. Ne hai ancora?»
Esther annuì ed Ayana riprese il suo discorso:
«Gli spiriti ti aiuteranno, suggerendoti le parole. La natura ti darà il potere e, per tutte le altre lune a venire, la pietra rappresenterà uno scudo tra la luna e il suo potere di trasformare Niklaus. Una volta che l'incantesimo sarà completato, questa pietra diventerà indistruttibile.»
Intanto le ferite di Esther si erano rimarginate.

*** ***

Stesa sul letto, Esther indossava una sola camicia di cotone ingiallita; teneva le maniche arrotolate fino ai gomiti, e sulle braccia e sulle gambe erano chiari i segni di piaghe infette.
I suoi occhi erano cerchiati di nero e sulle sue guance erano chiaramente visibili i segni della denutrizione.
Le labbra violacee e secche reclamavano di essere inumidite.
Ayana aprì piano la porta della dimora e, senza che l'altra dicesse nulla, dopo averla osservata attentamente, si avvicinò al tavolo, prese dell'acqua fresca dalla brocca, la versò in un bicchiere e lo portò alle labbra della strega, aiutandola ad alzare la schiena quel tanto che bastava.
«Gli spiriti mi stanno punendo, Ayana, e non li biasimo. Mikael ha ucciso tutti gli uomini lupo del tuo villaggio e miei figli stanno facendo scempio di tutto ciò che è rimasto. Hanno una brama di sangue che non posso contenere e temo… che abbiano iniziato a trasformare altre persone. Merito tutto ciò che la natura mi sta facendo!»
«Pensi che gli spiriti ti si siano rivoltati contro, ma ti assicuro che non è così. Ti stanno solo spingendo ad agire. Ti stanno dicendo che, sebbene tu abbia limitato la natura di Niklaus, ci sono ancora equilibri che sono stati turbati, e devi porvi rimedio.»
Esther le dedicò uno sguardo interrogativo, e quindi l’amica continuò: «Ciò che stai vivendo, Esther, l'ho vissuto anch'io. Dopo ciò che ho fatto a mio figlio, gli spiriti hanno flagellato il mio corpo. Ed anche io ho pensato che fosse stata una punizione, ma non era così. È il modo degli spiriti per comunicarci che ciò che abbiamo creato turba i loro equilibri. Trasmettono sul nostro corpo ciò che noi abbiamo fatto loro.  All’ordine naturale e prestabilito delle cose.»
«Come hai fatto? Come hai fatto a rimediare?»
«Per rimediare bisogna comprendere il problema, Esther. In questo caso, credo che il problema sia ancora Niklaus. Come mio figlio, credo sia diventato un essere immortale, è la loro natura ambivalente a renderli invincibili. Mio figlio era diventato un uomo lupo, riuscendo a conservare i suoi poteri di stregone. La maledizione che ha lanciato agli uomini del villaggio ne è la prova. Lui era divenuto immortale e la natura non può ammetterlo. Tutte le creature devono avere un punto debole. Una fine. Tutto deve poter soccombere e rinascere in altra forma. È questa la legge che non può essere violata in alcun modo, è questo il flagello che gli spiriti della natura stanno marchiando sul tuo corpo.»
«Se mi stai dicendo che dovrei uccidere mio figlio, per salvarmi dall'ira degli dèi, risparmia il tuo fiato Ayana.» Esther, con le poche forze che aveva, cercò di mettersi a sedere, sorreggendosi pesantemente sulle braccia.
«Non è necessario che tu lo uccida, ma devi creare qualcosa in grado di farlo.»
Da un fodero di cuoio che teneva legato alla cintura, Ayana estrasse un pugnale d'argento, sulla cui elsa era forgiata l'immagine di una Triluna. «Questo è il pugnale che ho creato per mio figlio. Il primo uomo lupo» se lo rigirò un paio di volte tra le mani e poi lo consegnò ad Esther.
«Pensi che possa avere effetto anche su Niklaus?»
«No. Ma sarà il tuo punto di partenza. Conosci bene ciò che hai creato, e saprai cosa fare per rendere questo pugnale efficace anche su di lui. Ma c'è dell'altro...» Ayana si alzo per avvicinarsi alla finestra. I suoi occhi proiettati con attenzione sulle foglie degli alberi che venivano mosse dal vento.  «Come hai detto prima, i tuoi figli stanno iniziando a trasformare altri uomini. Se questo continuerà, dovremo assicurarci che ci sia qualcosa a proteggere le persone comuni per tutti i secoli a venire. Ed io stavo pensando ad una stirpe di guerriere…» si avvicinò di nuovo ad Esther per sederle accanto. «Daremo loro la forza in cambio del loro asservimento alla natura. Dovranno mantenere l’equilibrio tra il bene e il male. Potranno rimediare ai nostri errori. Che ne pensi? Mi sembra uno scambio equo…»
Esther si limitò ad annuire, mentre Ayana si avvicinava al tavolo e prendeva un asse di legno su cui vi era intagliato qualcosa che lei sembrava conoscere bene. «Come fai a conoscere questo simbolo?»
«Mi è apparso in sonno. Tu sai cosa vuol dire?» Esther mentì, troppo visibilmente.
«È il simbolo di coloro che ritorneranno.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che la loro esistenza è stata legata per sempre alla persona per cui sono state sacrificate: significa che torneranno fin quando questi resteranno in vita...»
«Perché?»
«Perché solo il sangue che ha modificato la natura di un essere per la prima volta ha potere di intervenire ancora su di loro.
È il modo che ha la natura per tutelarsi da ciò che noi streghe possiamo creare. Di’ la verità… Questo simbolo non l'hai sognato: è stato creato dal sangue di Tatia. Dico bene? Io l'ho visto quando Lien ha partorito quel bambino nato morto. Un giorno quel bambino rinascerà, e il suo sangue avrebbe il potere di mutare la natura di mio figlio. Potrei riavere indietro il mio Askar. Ma, anche se conoscessi l’aspetto che avrebbe avuto negli anni quel bambino, che senso avrebbe? Se lo facessi, se intervenissi ancora sulla natura di Askar, lui mi odierebbe più di quanto non faccia già. Nessuno sa rinunciare al potere dopo averne goduto. Anzi: il potere non sembra mai abbastanza…»
Lo sguardo di Esther trapelò tutto il turbamento che avevano procurato le rivelazioni di Ayana ma, nonostante ciò, con voce dura le disse: «Io non potrei mai privare i miei figli del loro potere. Il potere è ciò che li protegge!»
«Il potere ha prezzo. Sempre!» ribatté prontamente Ayana, per poi continuare: «Noi streghe siamo le serve della natura. E puoi vedere sul tuo corpo cosa accade quando usiamo i nostri poteri per i nostri interessi, contravvenendo alle sue regole! I tuoi figli sono schiavi della notte e il mio popolo paga la sua forza con i patimenti della trasformazione. Il potere puro, privo di contropartita, è concesso solo agli dèi, Esther. Nessuno mai, sulla terra, godrà di questo privilegio…»
Dedicò un altro sguardo compassionevole all’amica e poi fece per congedarsi: «Adesso devo andare…»
«Ayana!» pronunciò Esther per frenarla. «Penserò io alla stirpe di guerriere. Hai ragione. Gli esseri umani hanno bisogno di qualcuno che li protegga da ciò che abbiamo creato…»
Ayana annuì e lascio la capanna.

*** ***

Esther poggiò una ciotola di legno sul pavimento. Nel luogo esatto in cui era avvenuto il sacrificio di Tatia; poi, in piedi e con il palmo della mano rivolto verso il basso, parallelo a quel preciso punto, pronunciò una breve formula. Pochi attimi dopo il pavimento trasudò gocce di sangue, che piano percorrevano i contorni della ciotola, per poi stazionarsi nel centro; la strega la afferrò e si recò alle spalle della capanna, per posarla su di un altarino di pietra. Prese della Salvia Divinorum** e la mise in un’altra ciotola, poi con un mortaio di legno, iniziò a triturare le foglie rendendole una poltiglia. 
Dei fiori di loto rosa troneggiavano al centro di quell’altare e, sotto di essi, spiccava un pugnale con una triluna incisa sull'elsa.
La strega riversò il contenuto verdognolo nella ciotola contenente del sangue di Tatia, e poi mischiò quella viscosa miscela con un bastoncino di legno.
«Il sangue delle future guerriere...» pronunciò, riversando la mistura sui fiori di loto.
Prese un'altra ciotola con dell'altro sangue e compì lo stesso gesto.
«Il sangue dell'ibrido...» disse ancora. Prese il ramo di una quercia e la punta si incendiò con un suo sguardo. Adagiò quel legno sull'altare, dando fuoco al tutto e sussurrando le parole di un incantesimo. Da quel fuoco prese vita un'alta fiammata che esplose in cielo in tante scie dorate che si scagliavano per il mondo: l'innesco, il potere delle potenziali guerriere. Le potenziali cacciatrici.
Il fuoco sull'altare si spense e la strega afferrò ciò che ne era rimasto: un pugnale con al centro dell'elsa un Fiore di Loto dai primi sei petali - quelli che contornavano la corolla - di un colore rosa tenue.
«Almeno tu sarai un fiore di loto... e forse... lo saranno anche gli altri» bisbigliò, sfiorando i petali di quel pugnale. Subito dopo, fu scossa da un sussulto.
«Quindi il mio sangue serviva a questo!» il tono deluso e amareggiato di Niklaus, che aveva assistito alla scena.
Esther gli si avvicinò, amorevole e costernata.
«Non è come pensi, figlio mio. Devi solo accettare quello che ho in serbo per te, e andrà tutto bene. Gli dèi saranno messi sul fatto compiuto, quando diventerai uno di loro. Ma non posso dirti altro. Devi solo fidarti di me.»
Ma il figlio non si mostrava convinto, anzi: la collera prendeva colore sulle sue guance e riduceva i suoi occhi a due strette fessure.
Esther gli accarezzò la guancia con una mano e con l’altra gli porse il pugnale. «Se non mi credi, pendilo. È tuo.»

*** ***

La luna piena fendeva il nero della notte con un biancore niveo e prepotente.
Niklaus spalancò con forza la porta della capanna, tanto da romperla sul colpo.
«Cosa mi avete fatto? Cosa mi avete fatto?» urlò in preda alla furia più dirompente, afferrando le spalle della madre e scuotendole con veemenza.
«Per amore degli dèi, calmati, Niklaus?»
«Calmarmi! Come potrei? Prima il pugnale ed ora questo!» le diede una spinta che le fece urtare la schiena alla parete.
«Non è come credi, figlio mio. Gli spiriti mi hanno costretta a rimediare, ma non è come sembra! Io non ti farei mai del male!»
«Voi… voi avete distrutto ciò che mi rendeva invincibile! Come posso credervi?» Il volto livido di chi si sente tradito.
«Non ho avuto altra scelta. Ma devi credermi, figlio mio!» le lacrime che rigavano le guance della strega, ora in ginocchio davanti al figlio.
Klaus afferrò la madre per il collo per rimetterla in posizione eretta, poi  con la mano libera afferrò il pugnale che teneva legato alla cinta e a denti stretti le domandò: «Questo pugnale… Questo pugnale è davvero in grado di uccidermi?»
«Sì, è così. Ma tu devi solo lasciare che le cose seguano il loro corso, Niklaus. Non devi temere. E alla fine vedrai che non voglio fare altro che proteggerti. Voglio solo proteggere i miei figli!»
«Fareste meglio a proteggere voi stessa…» sussurrò diabolicamente  e con lo sguardo alienato, prima di conficcare il pugnale nel cuore della madre.
Qualche secondo impietrito di fronte a quel corpo ormai privo di vita, e poi il vampiro sparì nel nulla.
Una farfalla si posò leggera sulla fronte della strega.

*** ***

Su quella scogliera a strapiombo sul mare, Klaus osservava il pugnale con occhi velati di lacrime strabordanti di collera. Indugiò a lungo, come per imprimerlo nella mente in ogni millimetro e poi, con un gesto violento, lo scaraventò in mare, tanto lontano da farlo perdere nell'orizzonte.


*** ***

Mentre Lily continuava il suo percorso mentale, lo stato fisico di Damon continuava a peggiorare. Sul suo volto era segnata la sofferenza che gli procurava ogni semplice boccata d'aria, e cambiava continuamente la posizione del capo, come se in quei rapidi intervalli di tempo vi fosse un debole ma necessario attimo di tregua.
Summer, seduta accanto a lui, continuava a rinfrescargli la fronte, sperando di donargli almeno un po' di sollievo.
Il vampiro posò gli occhi sulla strega e poi chiese: «Cosa pensi che stia vedendo?» come per distrarsi dal suo dolore.
«Non saprei...» Summer affondò il panno nel catino, lo strizzò e poi lo ripiegò con cura. «Ma immagino che siano le classiche cose…» glielo passò piano sulla fronte, sostando qualche secondo in più sulle tempie. «Lotte di potere, amore, gelosia, vendetta...» E la sua voce, già pressata dalla gravità del momento, celava un riferimento a tutto ciò che stava provando.
Damon scrutò attentamente il suo volto, per poi chiederle: «E tu?»
«Io cosa?» fece lei di rimando.
Il vampiro ammorbidì il suo sguardo, ma un velo di autocommiserazione ne oscurò la dolcezza. «Cosa vedi?» specificò, con la voce intinta nell'amarezza della risposta che lui stesso si sarebbe dato, un termine ignoto il cui significato oscillava dal perdente al moribondo: tutto ciò che lui sentiva di essere in quel preciso istante.
Summer riprese a bagnare il panno, come per distogliere lo sguardo da quello di Damon e più in generale da quella situazione: lui steso sul letto in fin di vita e Lily che rischiava di perdere la sua al primo inconveniente. Ma, nonostante il suo sforzo di eludere lo scenario, quell'immagine si palesò nella sua mente anche peggio di come appariva nella realtà; e una voce dentro di lei rispose alla domanda del vampiro, senza troppi giri di parole: “La mia sconfitta”.
In quel momento, Damon e Lily in bilico tra la vita e la morte rappresentavano la sua sconfitta, perché se fosse riuscita ad uccidere Klaus, a portare a termine la missione della sua vita, niente di tutto quello sarebbe mai accaduto. Probabilmente sarebbe passata a miglior vita, ma le persone che più amava al mondo sarebbero state al sicuro, e a lei non interessava nient’altro che questo; ma sopprimendo quell’eco veritiera e spietata che rimbombava nella sua testa, si sforzò di sorridere, replicando: «Un vampiro che non si dovrebbe sforzare e che invece chiacchiera come se fosse al bar!» col tono da ramanzina più dolce che potesse fare.
Ma Damon non badò alle sue parole, domandandole: «Vuoi sapere cosa vedo io?» E nella sua voce vi era una serietà contrita che fece sentire Summer improvvisamente gelida.
«Cosa?» mormorò, quasi spaventata.
Ma il vampiro si affrettò ad annientare quel pathos artificiale, dicendole: «Un' infermierina davvero molto sexy!»
Si era pentito quasi immediatamente di quella domanda: non voleva mostrarle nulla del tormento che corrodeva la sua autostima. Non voleva rivelarle quanto quella situazione lo logorasse e lo facesse sentire debole. E fu felice di cogliere al balzo quell'opportunità di tramutare tutto in ironia.
Summer non poté fare a meno di sorridergli, sentendosi sommersa dalla tenerezza. «Fantasie erotiche attualmente impraticabili a parte» articolò, continuando a fronteggiare le goccioline di sudore che nascevano dai capelli del vampiro. «Farei qualunque cosa per farti stare meglio...» E il suo sguardo si perse nel vuoto, rapito da un senso d’impotenza che la faceva sentire smarrita nel vortice degli scenari alternativi che si sarebbero sostituiti a quella situazione, se solo avesse vinto contro Klaus.
«Be’, in effetti c'è una cosa che potresti fare…» la voce di Damon suonava rauca e sfinita, ma conservava la solita sfumatura ilare e fascinosa. «Potresti tenere questa frase a mente per quando avrò la forza di approfittarne!»
E a Summer questa volta sfuggì un inevitabile soffio di risata. «Ok, lo farò» ma subito annientato da quel senso d’inadeguatezza che proprio non voleva abbandonarla. «Ma per adesso puoi scegliere tra cuscini extra, altri panni inumiditi e acqua. Perciò... cosa preferisci?»
«Scotch!» fu la risposta secca e decisa del vampiro.
«Sono seria» ribadì lei, in una sorta di lamentela ammantata di dolcezza.
«Io lo sono di più!»
«Damon...» E la voce di Summer che si riduceva ad un bisbiglio caloroso, palesò il problema che si celava dietro quella richiesta: non se la sentiva di lasciare la stanza; era rischioso, o meglio, era un rischio che non valeva la pena di correre per cose futili come l'alcol!
«Summer, sto tenendo la mano di Lily come se la mia sorellina maggiore mi stesse accompagnando allo scuolabus! Lo scotch è l'unica cosa che può aiutarmi!» Damon capiva la sua riluttanza, perfettamente, ma non avrebbe rinunciato alla sua richiesta: data la particolare circostanza, il suo bisogno d'alcol era sincero, genuino e soprattutto lecito!
Così, sopraffatta dal desiderio di farlo stare meglio, Summer disegnò un arco di amorevole sconfitta con le sue iridi nocciola e si convinse. «Ci metto un secondo...» disse, lasciando un chiaro “non mollare la presa!” tra le righe. Damon annuì e lei si avviò rapida in salotto.

*** ***

«Una cacciatrice è in assoluto il pasto più prelibato per un vampiro!» asserì Klaus, con la bocca ancora sporca di sangue, mentre si sedeva su un divano di velluto rosso e poggiava i piedi sul tavolinetto di fronte.
Elijah, seduto su una poltrona alla sua destra, chiuse di colpo il libro che stava leggendo e gli disse: «Parlate seriamente?»
«Ebbene, sì, caro fratello! Sono finalmente riuscito ad uccidere quella dannata spina nel mio fianco!» esclamò Klaus, compiacendosi, per poi continuare subito dopo: «E non è tutto.»
Intanto Elijah lo osservava incuriosito.
«Guardate un po' con cosa voleva uccidermi...» Klaus gli porse un pugnale, che fino a quel momento aveva tenuto dietro la schiena.
Il fratello tolse quell'insolita guaina di legno e lo osservò attentamente. Era un pugnale d'argento con, al centro dell'elsa, un fiore: un Fiore di Loto.
«Come fate ad essere sicuro che sia proprio questo?» domandò scettico.
«Lo ricordo bene, e poi... posso sentirlo. Quando lo tocco, sento il sangue circolare in ogni millimetro della mia mano» il tono dell'ibrido era corrotto da una perversa eccitazione.
«Come avranno fatto loro a trovarlo?»
«Ciò che conta, caro fratello... è che ora sia mio!» concluse, con soddisfazione, ricordandosi di averlo sottratto alle gelide mani della cacciatrice che aveva ucciso.
«Cosa è Vostro, Niklaus? Se posso chiederlo...» domandò una giovane donna dai capelli neri e gli occhi azzurri, entrata in quel momento nella stanza.
«Lucrezia! Che piacevole coincidenza! Vi sarei venuto a cercare a breve» fece l'ibrido, con entusiasmo.
«Serva vostra, milord. Come posso esservi utile?» la donna si accomodò accanto a lui.
Klaus fece un cenno col capo a Elijha, che subito capì di dover passare il pugnale alla donna.
Appena Lucrezia lo sfiorò, qualcosa le fece emettere un leggero gemito.
«L'avete ritrovato!» esclamò stupefatta.
Klaus piegò il busto in avanti per avvicinarsi a lei.
«E ora voglio che venga distrutto...» sussurrò, guardandola con la solita aria diabolica.

*** ***

La notte era illuminata da un manto di stelle che si addensavano in fasci luminescenti, segnando quasi un confine tra quelle più remote e sole. Elijha, Klaus e Lucrezia si lasciavano il castello alle spalle, per dirigersi in un'ala del giardino dove era stato preparato un focolare ed un altare di pietra. Lucrezia, i lineamenti delicati, i grandi occhi azzurri e i capelli neri, che raccolti in un’elaborata acconciatura le ricadevano a piccoli ricci sul viso, posò il pugnale sull'altare di pietra e sull'erba adiacente vi posò un Grimorio.
Si voltò verso Klaus aspettando un chiaro segno di assenso, che arrivò subito dopo: «Procedi pure, mia cara.»
La donna chiuse gli occhi e, intonando una nenia di parole antiche, protese le mani verso il pugnale, i palmi verso il basso, e poi li alzò come per indicare le stelle. Il pugnale, avvolto da un bagliore luminescente di un rosa pallido, si librò da quell'altare come per raggiungere anch'esso le stelle. Il vestito blu dai ricami dorati della strega ondeggiava come mosso da un forte vento, così come i capelli dei due osservatori. Klaus ed Elijah tenevano il collo disteso per scrutare con attenzione lo scenario.
Improvvisamente il pugnale si illuminò per intero, tanto da lasciare intravedere solo la sua forma; poi questa esplose in tre scie luminose che si dispersero rapidamente in cielo.
Il vento si diradò all'istante e Lucrezia si voltò verso Klaus: le mani ora posate sull'addome, una sopra l'altra, in attesa di un suo cenno.
La bocca dell'ibrido si distese in un sorrisetto di soddisfazione, e restò vari secondi a guardare il manto stellato.
«I miei complimenti, Lucrezia.»
«Confido nel vostro onore, Niklaus.»
«Potete stare serena, mia cara.» disse l'ibrido, avvicinandosi al Grimorio per afferrarlo. «Vostra figlia godrà di un'immunità perenne. Per quanto riguarda voi, invece, tutto dipenderà sempre e solo dalla vostra condotta.»
«Credo di avervi dato prova più che valida della mia fedeltà.»
Klaus sfogliò il Grimorio con un sorrisetto diabolico impresso sul volto.
«Lo riconosco ma, se permettete, questo lo terrò io. Adesso siete libera di andare, mia cara. »
«Serva vostra, milord.» Lucrezia fece un breve inchino e poi si avviò verso il castello.

*** ***

Summer sistemò un cuscino dietro la sua schiena, per permettere al vampiro di bere il suo scotch, assumendo una posizione più confortevole.
«Sai...» fece Damon dopo qualche sorso, per poi ripassarle il bicchiere. «Quando ho acconsentito a questa cosa non immaginavo che potesse essere tutto così patetico!» la voce affannata e la mente stanca e confusa, mentre ripoggiava pesantemente la schiena sui cuscini.
Lui agonizzante costretto a tenere la mano di una strega antipatica! Che fine indegna, pensava.
«Ti prometto che nulla di tutto questo finirà mai su facebook!» Summer cercò di ironizzare, nei limiti della sua preoccupazione, ma questa si acuì maggiormente, quando il vampiro perse nuovamente il colorito, diventando cera morbida.
«Damon…» sussurrò cercando di riportare a sé quegli occhi che girovagavano per la stanza, confusi e visibilmente alienati.
«Me lo merito. Merito di morire...» la voce flebile del vampiro fece fermare il cuore di Summer, facendole sentire una fitta di dolore al centro del petto.
«No… Damon…» continuò, accarezzandogli la guancia, sperando che il vampiro riacquistasse lucidità.
«Elena...»
E quel nome fece brillare di lacrime gli occhi della cacciatrice, che però non pose fine al delicato contatto. «No, Damon, sono io, Summer. Le tue sono solo allucinazioni.»
Ma la mente del vampiro era altrove, precisamente nella notte in cui il morso di un licantropo stava per strapparlo nuovamente alla vita.
«Me l'hai promesso... hai promesso che lo dirai a Stefan» il suo pensiero era rivolto al fratello, a tutto il rancore e le parole non dette che avevano allungato la loro distanza, e che non avrebbe voluto portarsi all’altro mondo.
«Elena...» continuò, mentre altre lame affilate attraversavano il petto di Summer che, poco dopo, si arrese a quel crudele gioco del destino, sussurrandogli: «Lo farò. Ma adesso cerca di riposare...»
E il vampiro chiuse gli occhi per qualche minuto per poi riaprirli con forza: adesso vedeva Summer, la sua mente era ancora annebbiata e disorientata, ma era lei, in quel momento, l’indiscusso oggetto delle sue confuse confabulazioni.
«Sciogli i capelli…» le chiese, mentre la cacciatrice ancora credeva che davanti ai suoi occhi stazionasse l’immagine di Elena. «Li portavi sciolti la prima volta che ti ho vista…»
E Summer, seppur convinta di non essere lei la protagonista di quel racconto, piano si sciolse la treccia per accontentarlo, facendo di tutto per trattenere le lacrime che prendevano sempre più spazio nei suoi occhi.
Il vampiro si sforzò di prendere i suoi capelli tra le dita.
«È un posto oscuro, quello in cui sono finito. Non c'è nulla... neanche me stesso...» e ora la sua mente era proiettata in quel luogo in cui era finita la sua anima, quando in questo mondo non era altro che un corpo freddo tra le braccia di Summer.
«Damon...» sussurrò lei, con il cuore che si sbriciolava ad ogni sua parola.
«Voglio portare il tuo ricordo con me... Me lo concederanno un ricordo? Mi concederanno di portarti con me?» la voce sempre più flebile, gli occhi sempre più assenti. E Summer non poté più trattenere le lacrime; dolcemente gli disse: «Non ritornerai lì, te lo assicuro. Puoi chiudere gli occhi, puoi riposare. Li riaprirai... ed io sarò qui.»
E rassicurato da quelle parole, il vampiro chiuse stancamente gli occhi e si addormentò.

*** ***

Damon le lasciava dei caldi baci sulla spalla e sulla schiena, godendo del flebile suono dei suoi respiri affannati. Summer, con la punta delle dita, sfiorava il suo avambraccio, creando linee immaginarie che andavano e venivano. Dopo un po', passò la mano dietro l'orecchio, a mo' di pettine, facendo roteare il gomito sulla testa, per liberare quella parte di collo da ogni ciocca di capelli.
Damon colse ogni istante di quel sensuale gesto, ma soprattutto notò il movimento successivo con cui Summer gli diede il collo.
Con dei piccoli baci a labbra dischiuse, il vampiro assaporò tutta la lunghezza del suo collo e, una volta arrivato al lobo dell'orecchio lei, con voce ansante, bisbigliò: «Non trattenerti...»
Damon spalancò gli occhi e indugiò a lungo, poi mormorò: «Ad una condizione...» sfilando il braccio su cui lei teneva poggiata la testa.
Il vampiro si morse il polso e lo avvicinò alle labbra di Summer, poi lambì il suo collo e face affondare i suoi canini anche lì…

*** ***

Lily sparse la cenere sulla segatura e poi, con il Grimorio alla mano, pronunciò la formula per la ricomposizione del pugnale.
Poco dopo, gli oggetti si sollevarono di circa mezzo metro. Il sale bianco, con cui aveva disegnato il cerchio, divenne improvvisamente di un rosa acceso che illuminava di quel colore tutta l'area interna, come una colonna luminescente che sbiadiva la sua luce in funzione dell'altezza.
La segatura e la cenere si mescolarono, creando una sorta di mini-vortice che girava intorno agli elementi. La Triluna si posizionò nel centro. Il serpente prese vita, ma senza mutare il colore grigiastro dato dal materiale di cui era fatto: l'argento; e, dopo svariate piroette, passò al centro della Triluna, irrigidendosi e trasformandosi in una lama. La Triluna si trasformò nell'elsa, e il Fiore di Loto si posizionò al centro di essa. I sei petali centrali si illuminarono, diventando di un rosa tenue e vagamente perlato; e il turbinio di segatura e cenere si concentrò intorno alla lama, girando con una velocità crescente, fino a stabilizzarsi e a trasformarsi definitivamente in una guaina rigida.
Piano, la luce si affievolì fino a spegnersi e il pugnale si adagiò al suolo.

*** ***

Prendendo una forte boccata d’aria, il vampiro si svegliò di colpo.
Ci fu un attimo di chiaro disorientamento sul suo volto, ma Summer capì che, rispetto a prima, aveva riacquistato la lucidità; infatti poco dopo le chiese: «Cos'è successo?» timoroso che durante la sua dipartita mentale fosse accaduto qualcosa di grave.
«Ti sei addormentato, ma solo per pochi minuti. Come ti senti?»
«Il bruciore mi sta dando una tregua. Tu invece? Mi sembri scossa...»
Al vampiro non era sfuggito l’alone di tristezza che stendeva un velo cupo sui suoi occhi; ed infatti Summer non faceva altro che farsi schiacciare dal pensiero di Elena, ma in quel frangente cercò di non darlo a vedere, e si concentrò sulla seconda cosa che la metteva in tremenda agitazione; quindi si voltò verso Lily per indirizzare verso di lei anche l’attenzione di Damon e disse: «Inizio ad essere preoccupata, guarda le sue vene, ed è sempre più pallida...»
E la cacciatrice si riferiva al fatto che, intorno agli occhi dell’amica, vistosi capillari neri vibravano colorando il sottile strato di pelle tra di essi di un viola scuro traslucido. Lily era chiaramente allo stremo.

*** ***

«E quindi Klaus l'aveva messo in conto...» constatò Elena, fissando i corpi ingrigiti di due vampiri.
«Già, e a questo punto credo sia meglio proseguire, tornare indietro potrebbe essere anche peggio!» suggerì Alaric.
Gli altri tre annuirono e sembravano intenti a voltarsi verso l'auto per proseguire, ma un ringhiare rabbioso catturò la loro attenzione.
Un manto grigio reso splendente dalla luce della luna, occhi gialli e feroci, zanne in vista ricoperte di bava.
Il lupo si scagliò velocemente contro Damon, gettandolo a terra col proprio peso. Gli altri restarono impietriti per un lungo attimo di smarrimento, poi Elena prese una granata di strozzalupo dalla sua borsa e la lanciò ad Alaric.
L'umano l'afferrò, la disinnescò con velocità e la gettò sul lupo.
Nell'attimo successivo all'esplosione, l'animale emise dei deboli guaiti di dolore, accasciandosi di lato, e Damon ne approfittò per strappargli il cuore.
Ma ormai la spalla del vampiro era segnata dai denti del mannaro.
«Damon!» esclamò Elena, avvicinandosi rapida a lui e guardandolo con immediata apprensione.
«Tranquilla, a casa ho ancora del sangue. Dovrebbe bastare...» rispose il vampiro, scostando leggermente il giubbotto di pelle, per valutare meglio l'entità del danno. «Spero solo che non abbia una data di scadenza. Non ho un altro fratello così pazzo da barattare sé stesso per salvarmi!»

*** ***

Damon afferrò la bottiglietta, tenendo l'indice sul tappo e il pollice sulla base. La capovolse e sorrise, quando vide che il sangue contenuto al suo interno era ancora liquido. Una fitta di dolore lo investì, facendogli chiudere gli occhi con rapidità e forza.
Summer osservava la scena cercando di nascondere la sua ansia, poi disse: «Qualcosa non va?»
Il vampiro fece una smorfia e scosse la testa; poi aprì la boccetta e bevve una lunga sorsata di sangue.
Un paio di secondi dopo aver deglutito, la ferita si rimarginò fino a sparire.
«Voilà!» esclamò, con un’espressione visibilmente sollevata
 
*** ***

Il corpo di Klaus giaceva nella neve, con visibili scariche elettriche rossastre che non smettevano di torturare le membra del suo corpo; poi l’ibrido raccolse le ultime energie per alzarsi.
«I miei complimenti, cacciatrice, sei riuscita ad uccidere il lupo...» mormorò con voce affannata dal dolore ed uno sguardo feroce.
Summer, poggiata stancamente ad un albero, mentre le sue ferite sanguinavano senza sosta, spalancò gli occhi dall’incredulità.
L'originario si guardò intorno, poi si chinò per afferrare la guaina di legno adagiata sulla neve.
«Ora lascia che ti mostri quello che avresti dovuto fare... per uccidere il vampiro» Prese la guaina e foderò la lama: i sei petali centrali del fiore di loto si illuminarono all'istante. Summer deglutì forte e poi chiuse stancamente gli occhi, aspettando la fine.
«Lascia che te lo mostri sulla tua dannatissima pelle!» e in un attimo l’ibrido le si scagliò addosso, ma quel colpo invece oltrepassò il cuore di Damon, che velocemente si era fiondato su di lei per proteggerla, chiudendo poi gli occhi tra le sue braccia…

*** ***

Il corpo di Lily iniziò a vibrare vistosamente, mettendo in agitazione gli altri due. Summer si affrettò a stringere tra le proprie mani quelle della strega e del vampiro, per evitare che quel tremore potesse rompere il loro contatto.
«Lily! Lily svegliati! Ti prego!» la incitò la cacciatrice, in un crescendo di tensione e scuotendo quelle mani serrate. E dopo una manciata di secondi, che a Summer sembrarono interminabili, la strega riacquistò il suo aspetto, sebbene risultasse ancora estremamente pallida.
Fece qualche respiro profondo, mentre piano faceva capire alla cacciatrice di poter lasciare la presa sulle sue mani; poi si massaggiò le tempie, tenendo gli occhi chiusi, nel tentativo di riprendere aderenza col presente.
«Lily! Stai bene? Come ti senti?» Summer controllò la sua voce per paura di peggiorare l’evidente mal di testa della strega, la quale si limitò ad annuire.
Lily prese un attimo di raccoglimento, come per assemblare ricordi, pensieri e teorie, poi capì di dover tranquillizzare i due che la osservavano come se il tempo si fosse fermato. «Tranquilli, sto bene, ma...» si alzò fiaccamente e poi, rivolgendosi esclusivamente a Summer, disse: «Dobbiamo parlare!»
Si avviò verso il corridoio, senza degnare Damon di uno sguardo, e Summer la raggiunse pochi attimi dopo, chiudendo la porta della camera alle sue spalle.
«Se mi hai portata in disparte per dirmi che sta morendo, risparmiatelo! Non lo permetterò! Farò qualunque cosa! Anche da agnello sacrificale se può servire! Ma dimmi che c’è una soluzione…» nel suo tono un crescendo di disperazione, che poi sfociò in una supplica sussurrata a labbra tremanti. «Ti prego…»
«Summer, calmati!» Lily poggiò dolcemente le mani sulle sue spalle per rincuorarla. «Damon non sta morendo. Al contrario: la sua energia vitale continua a crescere in modo esponenziale!»
La cacciatrice tirò un sonoro respiro di sollievo, ma quei polmoni liberi vennero subito schiacciati da un repentino senso di colpa. «Allora... cos'ha? Perché mi hai portata qui? Lily parlami! Se è stata colpa mia, devi dirmelo!»
Sul volto di Lily comparve un’espressione interrogativa. «Perché dovrebbe essere colpa tua?»
«È il mio sangue che ha rigettato... Io...» A Summer le parole uscivano con la difficoltà di chi vive il timore di aver fatto un grosso, irreparabile, errore. «Gliel'ho fatto bere poco prima che tu tornassi. E se prima stava male... be’... il mio sangue ha peggiorato ogni cosa. È questo che senti il bisogno di dirmi in disparte, non è vero?»
«Il tuo sangue...» mormorò la strega, ripercorrendo le immagini che aveva visto, fino ad un punto ben preciso. «Gliel'hai fatto bere anche prima del mio arrivo da New York, dico bene?»
«Sì...»
«Be’... allora sento di poter affermare con certezza che gli hai salvato la vita, Summer. Se non avesse avuto anche il tuo sangue in circolo oltre a quello di Klaus, quando è stato pugnalato, non ho dubbi, Damon sarebbe morto.»
Interruppe il rassicurante contatto che aveva concesso all’amica, perché gesticolare con le mani l’avrebbe aiutata a comporre il complesso puzzle delle scene viste nel suo lungo percorso mentale. «Ascolta, ho un’infinità di informazioni da elaborare al momento, ma di una cosa sono certa: la Strega Originaria era la madre di Klaus, e ha dovuto creare il pugnale per pareggiare i conti con la natura. Ma era pur sempre sua madre…»
«E quindi?»
«E quindi adesso finalmente mi spiego perché il sangue delle cacciatrici risulti tanto appetibile per i vampiri. È stata lei a renderlo così! La strega originaria voleva assicurarsi che Klaus avesse in circolo il sangue della cacciatrice, nel caso questa fosse riuscita ad ucciderlo con il pugnale. Si è basata su un principio molto semplice: il sangue della vittima che trasforma un essere umano in un essere sovrannaturale è l'unico che può avere effetto sulla natura di quell'essere. È per questo che la natura prevede un doppelganger: la vita di queste vittime viene legata per tutti i secoli a venire all'essere per cui sono stati sacrificati, soprattutto se sono morti per dare loro l'immortalità. Prendi Elena, è stato il suo sangue a liberare la parte licantropa di Klaus. Capisci? La Strega Originaria ha trovato una scappatoia: un modo per ingannare la natura. Ha usato il sangue della prima doppelganger per creare la stirpe delle cacciatrici, in modo che questa proprietà si estendesse a tutte le potenziali. Tutto questo per dare una seconda chance a Klaus, e anche al resto dei suoi figli. A questo punto sono anche convinta che sia stato proprio il sangue di Damon a guarirti. Non so bene cosa gli stia accadendo, ma il suo corpo è pieno di un'energia primordiale così pura... che in questo momento il suo sangue potrebbe compiere qualsiasi miracolo! Non mi sorprende che abbia avuto effetto anche su di te.»
«Ma quindi... se Damon non sta morendo...» rispose la cacciatrice, sentendosi solo parzialmente rincuorata. «Perché sta così male?»
«E questo è ciò che sento il bisogno di dirti in disparte. Summer, credo che il dolore sia dovuto appunto a questa... fase di transizione.»
«Transizione per diventare cosa?»
«Mi spiace, ma non ne ho idea. La sua energia è diversa da quella di ogni essere che abbia mai incontrato. Esseri umani, vampiri, licantropi, streghe, potenziali cacciatrici, ogni creatura ha un'energia unica dentro di sé ma simile a quella degli altri membri della sua specie. Ciò che avverto in Damon invece è semplicemente... unico! Quindi non so... non so cosa dobbiamo aspettarci.» Interruppe brevemente il suo discorso perché comprendeva l’angoscia della sua amica; quindi cercò di addolcire al massimo i suoi toni per quella demoralizzante fase conclusiva. «Quello che so… è che sarà una lunga notte per lui e tu... puoi solo stargli accanto e... cercare un modo per dirglielo...»
Le labbra di Summer si mossero in un mezzo sorriso abortito all'istante.
«Damon ha già ascoltato ogni cosa...»
«Mi dispiace, ma considerando che l'alternativa era la morte... qualsiasi cosa diventerà, qualunque cosa avesse in mente la strega originaria per Klaus... dubito sarà poi così terribile.»
«Come puoi dire questo? Quella donna ha trasformato i suoi figli in vampiri.»
«Sì, è vero. Ma, nonostante tutto, lo ha fatto solo per proteggerli...»
Ora vado a scrivere sul mio diario tutto ciò che ho visto. Non voglio rischiare di dimenticare nulla. Ci sono ancora tante cose su cui devo riflettere...»

*** ***


Quando Summer entrò nella stanza, trovò Damon ancora steso sul letto, ma con la schiena sollevata dai gomiti. Si sedette con il busto roteato verso di lui che, sforzandosi ancora, si mise a sedere, poggiandosi leggermente allo schienale e portando i gomiti sulle ginocchia piegate. «Le credi davvero? Credi davvero che non stia per morire?» fece con aria scettica, confermandole che non gli fosse sfuggita neanche una virgola di quel discorso incentrato su di lui.
«Lily non mi avrebbe mai dato questa speranza se non ne fosse stata assolutamente sicura.»
«E quindi...» il vampiro le dedicò uno sguardo che addensava, in pochi secondi, tutta la loro, incredibile, intesa. «Siamo fatti per salvarci a vicenda...»
Lei gli sorrise dolcemente, quasi imbarazzata. «A quanto pare, sì...»
E negli occhi Damon aveva una luce che rifletteva lo stesso amore che lei gli trasmetteva senza riserve.  
«Be’ spero solo che il mio corpo non cambi... addominali del genere non si trovano facilmente in natura, per non parlare dei miei occhi!» e quel cambio ti tono fu necessario per sciogliere la densità di quel momento.
«Ebbene, sì. Il mondo dei vampiri sta per perdere il suo più bel rappresentante!» rispose lei prontamente, passando delicatamente le dita sulla sua guancia.
E visto che Summer gli aveva servito l’auto-contemplazione su di un piatto d’argento, Damon rispose: «Parole tue…» come se quella fosse stata una conclusione oggettiva e unanime, di cui lui, umilmente, non si sarebbe mai vantato! Ma nel frattempo il suo volto si era piegato leggermente, come per affondare nelle carezze di Summer. «Un tempo odiavi coccolarmi... Dicesti anche che non l'avresti mai fatto. Cos'è cambiato?»
Summer muoveva le sue dita come se fosse stata prigioniera di un incanto. «Mi hai dimostrato che te le meriti... E poi...» Poi sembrò svegliarsi all’improvviso, consapevole che la realtà era un posto scomodo per chi come lei viveva all’ombra di un altro cuore; quindi pose fine a quel delicato contatto, suscitando la repentina curiosità del vampiro che le domandò: «E poi?» come per impedirle di scappare dai sui stessi stati d’animo.  «Se hai qualcosa da dirmi... dovresti farlo adesso» perseverò, cercando di attirare nuovamente lo sguardo di Summer, su cui si era palesato con forza il disagio.
«Nulla d'importante!» fece lei, divincolandosi verbalmente. Ma il vampiro sembrava più determinato che mai a sciogliere l’ingarbugliata matassa dei loro sentimenti. Nonostante le rassicurazioni di Lily, Damon sentiva che non ci sarebbe stata un’altra occasione per mettere a nudo le loro emozioni.
Non voleva fare affidamento su di un domani incerto, in cui sarebbe stato un chissà cosa unico nella sua specie; e soprattutto non voleva più vivere oscillando sul sottile filo delle incertezze affettive!
«I tuoi occhi mi dicono il contrario» continuò quindi con insistenza, mettendola sempre più alle strette, e soprattutto ignaro di aver nominato “Elena” poco prima, spezzandole per l’ennesima volta il cuore.
E Summer si sentì quasi sotto attacco, tanto da sentire il bisogno di innalzare il suo fedele scudo di negazione e ironia. «L'unica cosa che possono dire i miei occhi è che non dormo da troppe ore!»
«Summer!» ma il tono serio di Damon e soprattutto il suo sguardo risoluto e perforante, riuscirono ad intrappolare la cacciatrice in quello che presto sarebbe diventato uno spietato sprazzo di realtà. «Lily potrebbe anche avere ragione. Domani potrei aprire gli occhi e magari avere anche lo stesso corpo… ma potrei non essere più la persona che conosci. E se così non fosse, sarebbe solo questione di tempo. La natura di vampiro ha divorato tutto ciò che ero da umano senza darmi il tempo di mettere via nulla. E la stessa cosa sta per succedere adesso e non ha nessun senso negarcelo! Tutto quello che mi sta accadendo… non porterà a nulla di buono…»
E Summer si sentì nuda e vulnerabile di fronte a quella prospettiva di inevitabile dolore, e invano cercò ancora di difendersi: «No... No! Questo non devi dirlo neanche...»
Ma Damon sembrava non volerle concedere nessuna via di fuga. «È la verità e la conosci bene! Perciò... se hai qualcosa da dirmi, Summer. Fallo adesso!»
«No... No. Devi smetterla di dirlo e anche solo di pensarlo... noi…» eppure la cacciatrice continuava a difendersi, eludendo il suo sguardo e rifugiandosi in una sua personale realtà. «Noi abbiamo tempo. Tempo per parlarci e… per litigare come facciamo sempre. E questo perché andrà tutto bene. Vedrai...»
Così Damon sussurrò il suo nome con una dolcezza che sgretolò una volta per tutte le sue barriere difensive «Summer...»; e vide il suo labbro inferiore tremare, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
«No...no... non sarebbe giusto...» mormorò, sentendosi schiacciata dal peso della lucidità.
E a Damon gli si strinse il cuore e quasi si pentì di essere stato così pressante; quindi cercò di alleggerire nuovamente i toni, dicendo: «Sul serio? Vogliamo confidare nella giustizia divina? Io l’ho sempre immaginata come una donna frigida e moralista e per ovvie ragioni non sono mai stato ben voluto dalle donne frigide e moraliste. Ho fatto cose orribili, Summer…» prese il suo piccolo volto tra le mani e lo accarezzò. «Gli happy ending non fanno parte del mio destino. Ma forse, se per un attimo la smettiamo di pensare a ciò che accadrà domani, possiamo fare finta che questo momento lo sia…» altre carezze, piene ma incredibilmente delicate. «Il nostro lieto fine…»
«No…» e una lacrima scese lenta sulla guancia di Summer, che però continuò a trovarsi in palese disappunto. Quindi afferrò delicatamente i suoi polsi e pose fine alle sue carezze, per alzarsi e avvicinarsi alla finestra. «Non mi convincerai… Non voglio parlarti come se tutto debba finire stanotte. E questo perché… quello che ti è successo è tutta colpa mia, ed io farò qualunque cosa per rimediare!» Si asciugò rapidamente quelle lacrime traditrici.
«Summer…» ricominciò il vampiro, ormai più sfinito dalla sua testardaggine che dal dolore incessante. «Nulla di ciò che è successo è colpa tua. E poi Lily è stata chiara. Se non ti fossi fidata di me, se non mi avessi fatto bere il tuo sangue... adesso non sarei altro che un corpo rinsecchito in mezzo al bosco! Mi hai salvato la vita. E qualunque cosa accadrà adesso, tu non hai nulla da rimproverarti, perché io avrei trovato altri mille modi per mettermi tra te e Klaus. E né tu, con la tua mania di spezzarmi il collo, né lui, né nessun altro avrebbe potuto impedirmelo! Pensavo di essere stato chiaro su questo!»
«Lo so…» si voltò nuovamente verso di lui. «Sei testardo e incosciente. Ormai ti conosco bene…»
«Sul serio? Pensi davvero che sia stato solo il mio temperamento a mettermi tra te e Klaus? Mi sembra un po’ riduttivo… Non trovi?» ribadì, quasi prendendola in giro.
«Lo so… lo so che non mi avresti mai lasciata sola. E lo stesso vale per me.» Summer ritornò rapidamente accanto a lui, questa volta sedendosi su una gamba ripiegata, per poter stare faccia a faccia col vampiro. «Ed è appunto per questo che devi credermi e soprattutto devi fidarti di me. Perché se ciò che temi dovesse rivelarsi vero, se domani tu dovessi svegliarti e non sentirti più te stesso, io farò qualunque cosa per farti ritornare esattamente ciò che sei adesso. È una promessa, Damon. Io… non permetterò a niente e nessuno di cambiare ciò che sei! E poi…» E poi finalmente Summer metabolizzò quel “secondo posto” che la spaventava tanto e, a differenza di ciò che aveva sempre creduto, non si era mai sentita tanto forte. «Quando tutto sarà finito… farò tutto ciò che un'amica può fare per dimostrare ad Elena che meriti il suo amore, tanto quanto Stefan. Poi sarà libera di scegliere ma, almeno per una volta, una sola volta, dovrà vederti per come sei realmente, tutto il buono di cui sei capace, al di là dei tuoi colpi di testa da vampiro impulsivo e testardo. Dovrà vederti con i miei occhi…»
E alla fine era caduta nella trappola del vampiro. I suoi sentimenti bloccati sul fondale da un’ancora di paura e insicurezza, ora galleggiavano finalmente su acque cristalline.
«Perché mai dovresti fare una cosa del genere?» sussurrò Damon, sorpreso dalla strana piega che aveva preso il suo discorso. Con gli occhi spalancati dallo stupore, quasi gli mancò il respiro, quando realizzò che lei lo amava anche più di quanto sperasse.
E Summer, raccogliendo tutte le forze che aveva per sostenere il suo sguardo, piano rispose: «Perché qualcosa mi dice che amarti mi farà meno male, se saprò che sei felice… Perché io ti amo, Damon.» poi non ce la fece più e guardò di lato. «A questo punto pensavo l’avessi capito!» concluse con dolorosa autoironia, lasciandosi sfuggire anche un rapidissimo soffio di risata, e mentre gli occhi cercavano di stazionarsi sulla porta, un po’ per non riaffrontare quelli del vampiro, un po’ per stabilire una via di fuga da quel momento.
E Damon, ancora incredulo e travolto dalla forza di quell’amore assoluto, schiuse le labbra, ma poi gli ci vollero dei secondi extra per riuscire a parlare: «Ci vuole una considerevole dose di pazzia per stare accanto ad una persona innamorata di un'altra e offrirsi addirittura di fare da cupido...»
«Lo so…» Summer annuì, ancora senza incrociare il suo sguardo. La voglia di scappare lontano…
Il volto del vampiro si sciolse di dolcezza. La sua anima aveva finalmente trovato la pace, e adesso non doveva fare altro che condividerla con lei.
«Quello che a quanto pare non sai, è che io voglio stare con te. A questo punto pensavo l’avessi capito.» confessò parafrasandola. Perché avevano vissuto le stesse, stupide, paure.
E quando quelle parole fecero voltare Summer per incrociare nuovamente gli occhi del vampiro, i due si scambiarono un sorriso di liberazione e complicità, che scaraventò via l’enorme macigno che entrambi portavano sul petto. Poi lui prese il suo volto tra le mani e la baciò come se fosse stata una necessaria boccata d’ossigeno dopo una lunga apnea.
«Ti amo, Summer. Ti amo anch’io» continuò Damon, con la fronte poggiata sulla sua e le dita che ancora le accarezzavano il collo, perdendosi nei capelli. 
Poi si baciarono ancora e Damon si stese sul letto, portandola con sé con la mano che aveva messo dietro la sua schiena.
«Ne sei sicuro?» domandò Summer che, stesa accanto a lui, gli accarezzava delicatamente una guancia. Nella sua voce una sfumatura infantile d'incredulità e stupore.
«Transizione e dolore infernale a parte, credo di essere ancora nel pieno delle mie facoltà mentali. Quindi sì. Ne sono sicuro.»
Il vampiro le sorrise, continuando ad accarezzarle la schiena. «Avrei dovuto dirtelo prima… mi spiace… » Soltanto adesso si rendeva conto di quanto dolore le avesse procurato con i suoi silenzi.
«É tutto ok…» ma il volto di Summer si illuminò della felicità più pura, facendogli capire che tutto il male era stato spazzato via di colpo. «Avrai tutte le occasioni che vuoi per ripetermelo…» perché adesso l’imperativo era aggrapparsi con le unghie a quell’istante, facendo finta che poi nulla sarebbe cambiato...
Ora la cosa importante era stare stesi insieme su quel letto, dove niente avrebbe potuto disturbare la loro felicità, neanche il dolore fisico che provava Damon: era vivo e loro due si amavo.
Ritagliato nel tempo e nello spazio, quello era il loro Happy Ending…


If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me and just forget the world?



*Il simbolo in questione è la stella dell’Eire

** La salvia Divinorum contiene una potente sostanza psicoattiva









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