Inganni e Bugie

di eiden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Harry scopre cose nuove (Ovvero:Le soprese capitano SEMPRE quando non sei dell'umore giusto) ***
Capitolo 2: *** Domande senza risposta (Ovvero:Scopriamo che Lily Evans ha una vena sadica) ***
Capitolo 3: *** L'arrivo alla Tana (Ovvero: La stupidità dilaga) ***



Capitolo 1
*** Harry scopre cose nuove (Ovvero:Le soprese capitano SEMPRE quando non sei dell'umore giusto) ***


Capitolo 1

Capitolo 1 - Harry scopre una cosa nuova

Ovvero le sorprese capitano SEMPRE quando non sei dell’umore giusto

Era una giornata afosa in Privet Drive. Bella ma afosa.

Le cicale frinivano nascoste nel prato perfettamente tagliato, una brezza quasi inesistente soffiava sulle aiuole colorate, una cappa asfissiante di calore ricopriva ogni cosa nel raggio di miglia. Non c’era nulla fuori posto, nulla di strano al numero quattro di Privet Drive.

Ed era questo che volevano i Dursley.

Una vita normale, una casa normale, una famiglia normale.

Era per questo che nascondevano il bizzarro quanto indesiderato nipote in camera sua ogni estate.

Era per questo che raccontavano a tutto il vicinato che era rinchiuso in una scuola di massima sicurezza per giovani irrecuperabili.

Era per questo che lo odiavano con tutto il cuore, che lo trattavano come la feccia della peggior specie.

Perché lui rappresentava tutto ciò che li spaventava.

Qualcosa che non aveva assolutamente nulla di “normale”.

Eh già, il loro carissimo nipote era un mago. E non un mago qualsiasi bensì il più famoso e al tempo stesso temuto di quel mondo strano con il quale non volevano avere nulla a che fare.

~ ~ ~

Harry Potter era nella sua stanza e leggeva con sguardo indecifrabile un giornale dove le immagini continuavano a muoversi frenetiche.

Dopo qualche attimo di palpabile tensione, il ragazzo appoggiò il giornale sulla scrivania con un sospiro di sollievo.

In prima pagina un uomo tarchiato agitava frenetico una bombetta verde acido; la didascalia recitava: “Il Ministro della Magia Cornelius Caramell obbligato a dare le dimissioni dopo l’attacco al Ministero di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato”.

Sotto questa, un’altra immagine, più piccola, recava la foto di un suo primo piano che guardava smarrito davanti a sé. Probabilmente erano andata a raccattarla tra quelle fatte al suo primo anno, quando i giornalisti avevano davanti a loro della carne fresca, ancora intatta e ingenua. Il titolo a caratteri cubitali annunciava il ritorno di Tu-Sai-Chi; il sottotitolo, più piccolo ma non meno importante, fece avvampare una rabbia cieca nel ragazzo: “Il bambino sopravvissuto l’aveva già annunciato”.

-Peccato che lo dicano solo adesso, omettendo, tral’altro, di essere stati i primi a darmi del pazzo – pensò lui amareggiato.

Accartocciò il Profeta con rabbia e lo gettò nel cestino.

Guardò fuori dalla finestra con sguardo vacuo mentre quello che era successo negli ultimi mesi gli tornava in mente, un’immagine dopo l’altra, una sensazione dopo l’altra.

Immagini che non facevano che susseguirsi in maniera vorticosa nella sua testa da quasi due mesi. Due mesi in cui si chiedeva perché era andato all’Ufficio Misteri ben sapendo che poteva essere una trappola. Due mesi in cui si chiedeva perché aveva creduto a Kreacher ben sapendo che non avrebbe detto la verità, lui odiava Sirius. Due mesi in cui si chiedeva perché non riusciva a piangere la morte del suo padrino…Anzi, due mesi in cui una rabbia cocente lo rodeva dal profondo del cuore. Aveva detto che avrebbero potuto vivere insieme, che l’avrebbe portato via da quella casa dove aveva vissuto per quasi 15 anni trattato come feccia della peggior specie, che finalmente sarebbero stati una vera famiglia. Il calore di una famiglia vera, calore che lui non aveva mai provato.

Si sentiva tradito, amareggiato e odiava il suo padrino per questo. Si era fidato, aveva affidato i suoi sogni a un uomo e le sue speranze a una data, quella in cui avrebbe finalmente lasciato i Dursley. E ora…Ora non c’era più nulla di quei sogni e quelle speranze, solo terra bruciata, il deserto che era rimasto nel suo cuore, seppellito e chiuso a chiave dopo quella volta.

Non riusciva a provare nulla che non fosse rabbia e amarezza, non riusciva a piangere per quell’uomo che aveva detto di amarlo e poi se n’era andato attraversando un velo.

Non era morto, se n’era semplicemente andato, senza una parola, senza un sorriso, aveva solo oltrepassato un arco attraversato da un vento invisibile e da voci fantasma.

Un velo, un maledetto velo e nient’altro.

Picchiò un pugno contro il muro mentre si sentiva il cuore bruciare…Non sapeva nemmeno lui cosa fosse ora, se rabbia, o dolore, o qualunque altro sentimento che gli stava lentamente avvelenando l’anima.

Voldemort stesso non avrebbe potuto fare di peggio, anzi, uccidendolo forse avrebbe trovato pace lui stesso.

Non ce la faceva più. Cosa gli rimaneva adesso?

Il corso doloroso dei suoi pensieri fu interrotto da un rumore proveniente dalla finestra.

Agguantò veloce la bacchetta ma vide solo un gufo che chiedeva di entrare becchettando insistentemente sul vetro. Con un maestoso frullio di ali un enorme volatile, probabilmente un barbagianni, entrò porgendo a Harry una pergamena; vide anche un pacco legato alla zampa dell’animale ma quando cercò di prenderlo il pennuto pensò bene di beccarlo sul dorso della mano.

Il ragazzo si porto la mano alla bocca, dove un taglietto spiccava evidente.

A quanto pareva non aveva già abbastanza cicatrici.

Sembrava che dovesse leggere prima la lettera.

Caro Harry,

come va? Sono Ron, ho dovuto mandare un gufo postale perché Leo è piccolo per il pacco e di Errol non mi fido per niente, mica che mi rompe il regalo!

Comunque buon compleanno, Harry!

Ho fatto capire al gufo di farti leggere prima la lettera, spero solo che abbia capito, mi ha beccato almeno 10 volte! Spero che il regalo ti piaccia, non sono molto bravo con queste cose, mi sono fatto aiutare da Ginny per le miniature (Quest’estate ha scoperto la passione per l’arte, boh…)e Hermione le ha incantate, sai, così dovrebbero durare.

Bè, spero ti piaccia.

Ah sì, ti aspetto la prossima settimana a casa mia, la mamma vuole assolutamente vederti prima di andare a scuola, così ti portiamo via da quel postaccio a cui si ostinano a farti tornare tutte le estati.

Si, si, lo so! La storia della protezione di tua madre e gli unici parenti che ti rimangono e bla bla bla…Però intanto tu sei costretto a vivere con quel cavallo di tua zia e quel ciccione di tuo cugino.

Ti portiamo via per il tuo bene, almeno ti godrai le ultime settimane di vacanze. Quindi ci vediamo!

Ron

Harry alzò lo sguardo fissando il gufo, che ricambiò l’occhiata.

Chissà cosa gli avevano regalato.

Stavolta l’animale si lasciò slegare la scatola; il ragazzo gli indicò il trespolo di Edwige, dove facevano mostra di sé acqua e cibo ma l’animale aprì le enormi ali e spiccò il volo.

Con un’alzata di spalle il moretto si sedette sul letto e fissò il pacchetto dove, a caratteri cubitali, spiccava la parola “Fragile”. Di sicuro opera di Hermione, non era convinto che Ron ci avrebbe mai pensato.

Tirò il nodo che teneva insieme il tutto e la scatola di aprì come i petali di un fiore, rivelando a uno sconvolto Harry il suo contenuto.

A una prima occhiata sembrava una di quelle bocce di vetro che si regalano a Natale, con i pupazzi di neve, le casette, gli alberi e la neve che cade quando le capovolgi.

Nel momento in cui il ragazzo la prese in mano, però, si accorse che era qualcosa di diverso. Di molto diverso.

Qualcosa di caldo e bruciante gli risalì dalla bocca dello stomaco, fermandosi in gola; deglutì cercando di alleviare quella sensazione ma fu uno sforzo vano.

Boccheggiò mentre una lacrima sfuggiva ai suoi occhi serrati.

Sirius, in sella a Fierobecco, volteggiava sopra il lago di Hogwarts, costeggiandone la riva e sfiorando le punte degli alberi della Foresta Proibita.

Avvicinò la boccia di vetro al viso e vide la Sirius-Miniatura sorridergli e alzare la mano per salutarlo. Un’altra lacrima seguì la prima, mentre sentì un masso cadergli sul cuore.

Appoggiò delicatamente il regalo sul comodino; vide l’acqua del lago incresparsi mentre quel piccolo mondo sotto vetro veniva spostato da una forza più grande di lui.

Si sedette sul letto con la testa tra le mani. I suoi pensieri continuavano ad andare a quella notte, le immagini si susseguivano una dopo l’altra come un film, nelle orecchie solo l’urlo del suo nome mentre lo vedeva attraversare quel maledetto velo. I suoi occhi stupiti, le mani che annaspavano cercando un appiglio, il suo corpo che, come al rallentatore, si arcuava all’indietro. Quel velo, che si agitava leggere attraversato da una brezza invisibile. Gli occhi di quella donna, al cui interno si vedeva bruciare un fuoco demoniaco.

Si slanciò nel bagno in fondo al corridoio e si chiuse dentro.

Aprì il rubinetto e ficcò la testa sotto l’acqua fredda, come se questo potesse fermare ciò che gli vorticava senza sosta in testa. Strinse il bordo del lavandino finché le nocche non gli diventarono bianche.

Un lamento gli uscì dalle labbra serrate, mentre si lasciava scivolare lungo la parete, i capelli ormai lunghi che bagnavano le piastrelle di liquido trasparente.

Il rumore dello scroscio dell’acqua sembrava rimbombare nelle orecchie del ragazzo. Spilli di fuoco gli trafiggevano il cuore, un dolore cocente che traboccava e si riversava in ogni fibra, in ogni cellula del suo corpo.

Strinse le mani a pugno e sentì le unghie penetrare nella carne ma era niente in confronto alla morsa che gli attanagliava il petto, che non lo faceva respirare.

Gli occhi gli bruciavano come se le sue stesse lacrime si fossero tramutate in lava bollente. Immagini rosso sangue e verde smeraldo si susseguivano senza tregua dietro alle sue palpebre abbassate, una voce, quella di Lupin, che ripeteva sconvolto “E’ morto, Harry”, che si ripeteva come un disco rotto.

Se n’era andato. Andato per sempre.

Fu come un fiume in piena, ruppe gli argini che si era costruito intorno al cuore e si riversò in lui con la potenza di un uragano che lo lasciò annichilito.

Se n’era andato.

E ora riusciva a capirlo anche lui.

Sembrarono passate ore ma forse erano solo pochi minuti.

Quando si alzò si sentì intorpidito, svuotato, come se tutto quello che aveva provato negli ultimi due mesi – rabbia, paura, dolore – si fosse riversato fuori come veleno da una ferita aperta.

Un veleno che, lentamente, lo stava uccidendo.

E ora si sentiva esausto…Ma era in pace. Non solo con Sirius ma anche con se stesso.

Quel peso che si portava addosso era svanito, come se il piangere finalmente la morte del suo padrino l’avesse portato alla consapevolezza che alla morte non c’è rimedio.

~ ~ ~

Quando tornò in camera trovò un altro gufo ad aspettarlo.

Sorrise quando riconobbe Errol e capì che quello era il regalo della signora Weasley, probabilmente una delle sue ottime torte fatte in casa.

Quel giorno arrivarono parecchi gufi con i suoi regali di compleanno e Harry scoprì che erano mesi che non riusciva più a godersi un momento per se stesso, un momento come quello in cui pensava che era felice di essere riuscito a passare un altro anno. Ovviamente i gemelli gli regalarono una scatola assortita di scherzi, accompagnata da una pergamena “ Nel caso il nuovo prof sia come il rospo”; il regalo di Hagrid si rivelò essere uno strano oggetto peloso che il moretto non ebbe il coraggio di scoprire a cosa servisse. Infine il regalo di Luna, inaspettato a dire la verità, che lo lasciò sdraiato sul letto a ridere fino alle lacrime: “Una vera collana fatta di denti di Gorgosprizzo, portano MOLTA fortuna!”.

Credeva ormai di aver ricevuto tutti i regali allorché un maestoso barbagianni planò sulla sua scrivania. Lo sguardo altero dell’animale percorse tutta la stanza e, dopo aver visto Harry, tese la zampa dove era legata una piccola scatola accompagnata da una pergamena.

Il ragazzo si avvicinò perplesso e slegò il foglio proprio mentre l’animale spiegava le ali e prendeva il volo nell’aria ferma del tramonto.

La lettera era breve e concisa. Tua madre me l’affidò prima di morire. Fanne buon uso.

Un campanellino suonò nella testa del moretto.

Silente.

Un biglietto simile era legato al Mantello dell’Invisibilità che gli aveva affidato Silente da parte di suo padre.

Quindi anche questa scatolina gliel’aveva mandata lui? Perché proprio in quel momento?

Ma soprattutto…Cos’era?

Prese in mano il leggero involucro e lo squadrò ben bene; non trovò nulla di strano.

Lo aprì con cautela, ma ciò che trovò all’interno lo lasciò alquanto perplesso.

Era solo un ciondolo.

Un ciondolo formato da un triangolo al cui vertice era appoggiato un cerchiolino; sopra questo cerchio c’era una falce di luna molto sottile con entrambe le punte rivolte verso l’alto.

Se lo rigirò tra le mani e lo lasciò cadere sconvolto quando avvertì un crescente calore provenire dall’interno del gioiello. Si strofinò le dita tra di loro e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi.

Si era immaginato tutto. Non c’era altra spiegazione plausibile.

Poi si batté una mano sulla fronte dandosi dell’idiota.

“Io sono un mago…”

Si girò di scatto verso lo spioscopio sulla scrivania ma era muto, come muto era rimasto per tutta l’estate.

Non era una trappola, ok, ma allora cos’era?

Ormai non era più nemmeno tanto sicuro di avere avvertito quel calore.

Lo riprese in mano e si accorse di una frase incisa sulla base del triangolo, che prima non aveva notato. Era scritta veramente in piccolo.

Già era miope, ci mancava solo che diventasse cieco per decifrare quella riga!

“Conoscenza. No, conoscentia. Ok, la prima parola è conoscentia.

Perfetto, latino, non so una mazza di latino. Dov’è Hermione quando serve?

Bio…No, buo…Ma che c’è scritto?!?Ah sì, sembra buonum.

Su…Susp…Supremo, supremum. Questa è quella giusta. Cavoli mi sembra di giocare all’indovino, la Cooman sarebbe fiero di me.

E l’ultima parola…Vediamo…Est. Sì, est è giusta.

Quindi…Conoscentia buonum supremun est.”

Pronunciò la frase ad alta voce, come per capire il suo significato solo dicendola.

Quando all’improvviso accadde qualcosa che gli fece lanciare l’oggetto sul letto e agguantare di scatto la bacchetta.

Il gioiello stava brillando.

Si era illuminato di una strana luce argentata che lo ricopriva di un baluginio leggero. Il brillio si espanse per poi cominciare ad addensarsi fino a cominciare a prendere forma sotto gli occhi sbalorditi del sedicenne.

Davanti al suo sguardo sbarrato dalla sorpresa, da quella nuvola argento comparve una figuretta alta non più di 12 centimetri, con lunghi capelli castani e, a una prima occhiata, luminosi occhi verdi. Indossava una divisa di Hogwarts dai colori rosso dorati.

La ragazza si scosse i vestiti da invisibili particelle di polvere e lo abbagliò con un sorriso luminoso, che le creò delle graziose fossette sulle guance.

“Ciao! Io sono Lily Evans, tu chi sei?

Davanti allo sguardo sorridente della brunetta, il moretto non poté fare altro che accasciarsi sul pavimento troppo scioccato per poter fare altro.

“Io sono Harry…Harry Potter. Tuo figlio.

Continua…

Allora, fine del primissimo capitolo di questa Fanfiction nata per sbaglio mentre sfogliavo un libro(Non vi dico quale altrimenti che sorpresa sarebbe?XP)

Spero vi possa piacere il mio modo di scrivere e, dato che non sono perfetta, vi invito a farmi notare qualunque errore possa fare, sbaglio anch’io verbi e congiunzioni!

Non ho ancora deciso che pair fare ma, come potete notare dalle note, sarà Yaoi. Quindi se il genere vi disgusta è meglio se non leggete. Non che abbia intenzione di far procedere la storia a scene lemon però sarà una delle tante parti di cui è composta questa storia.

A differenza di altre bravi autrici che hanno già tutta la storia in testa(E quindi vi sanno dire anche in che capitolo sarà la lemon) io non sono così “programmata”…La storia è ancora tutta in lavorazione e quindi non vi so dire nulla XD

Purtroppo ho molti impegni da portare avanti e quindi non posterò MAI un capitolo al giorno, al massimo uno alla settimana(O nel peggiore dei casi uno ogni due settimane).

Comincerò con un rating Arancione che verrà cambiato in Rosso all’occorrenza(Cioè in vista della Lemon o di scene di battaglia).

Che altro…Se avete due secondi di tempo commentate^^

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Capitolo 2
*** Domande senza risposta (Ovvero:Scopriamo che Lily Evans ha una vena sadica) ***


Capitolo 2 - Domande senza risposta

Capitolo 2 - Domande senza risposta

Ovvero Scopriamo che Lily Evans ha una vena sadica

La ragazza continuava a sorridere.

Non aveva fatto una piega.

Harry aggrottò la fronte cercando di capire cosa avesse davanti. Sembrava Lily, aveva le sue fattezze, ma non era sicuro fosse proprio lei. Forse perché è uscita come una nuvola argentea da un ciondolo, lo prese in giro una vocina nella sua testa.

Aprì la bocca ma la richiuse, non sapendo cosa dire. Non sapeva nemmeno se la cosa che aveva davanti poteva essere definita “persona”, figuriamoci “madre”! Eppure vederla fisicamente, anche se vedere era una parola grossa, era comunque alta 12 centimetri e lui era miope, gli faceva frullare tante piccole farfalle nello stomaco.

Si schiarì la voce prima di emettere suoni strani, aveva già all’attivo abbastanza figure di merda senza aggiungerne un’altra con qualcuno che non conosceva.

-Lil…La mamma, cioè…Beh, lei è morta. Come fai a essere qui?

La ragazza, senza smettere di sorridere, si lisciò la gonna e si sedette sul letto.

-Lily ha stregato questo ciondolo e ci ha inserito un frammento dei suoi ricordi.

Il moretto trovò la risposto poco esauriente. Molto poco esauriente. Si sedette con uno sbuffo di impazienza.

-E…?

La piccola sagoma continuò a fissarlo sorridente; non aveva ancora cambiato espressione da quando si era materializzata dal gioiello. Una strana sensazione cominciò a serpeggiargli dentro… E se fosse stata davvero una trappola?

-Tu da dove vieni?

La ragazza indicò il pendente.

Il ragazzo, invece, si stava spazientendo. Parecchio. Come poteva non capire cosa voleva sapere?! Insomma, era apparsa da un ciondolo con la forma della madre morta da tempo, come poteva anche solo minimamente pensare che lui non volesse sapere di più?

Perché la madre voleva avesse quel ciondolo? Era importante? Significava qualcosa?

Chi gliel’aveva dato? Perché proprio in quel momento? Perché non gliel’aveva dato di persona? C’era un motivo particolare per cui l’aveva ricevuto il giorno del suo compleanno?

Si strofinò le tempie mentre un martellare sordo si faceva strada nel suo cervello.

Una bambola parlante lo stava mettendo in crisi. Fantastico per la reputazione del bambino sopravvissuto.

Fece un respiro profondo cercando di reprimere l’insana voglia di strangolare quella figurina. In fondo c’erano tante cose che poteva dirgli. Sempre che riuscisse a parlare più che a monosillabi. Una bambola in tutto e per tutto, che non ragionava e non pensava.

La fissò, formulando meglio che poteva la domanda.

-A chi ti affidò mia madre perché tu arrivassi qui oggi?

-Lily mi affidò a Silente prima che tu nascessi perché si fidava di lui.

-Perché proprio oggi?

-Perché oggi compi 16 anni.

-Ma perché proprio 16 anni?! – Harry si costrinse a non urlare.

-Mi dispiace ma le domande a tua disposizione sono finite.

E davanti a un Harry troppo sbalordito per replicare, la figuretta svanì, sempre sorridendo, in una nebbiolina argentata.

Passò quell’interminabile settimana.

Harry continuava a domandarsi che cosa fosse quel ciondolo ma non provò mai più a fare uscire la bambolina dal suo nascondiglio. La scusa era che gli faceva male il cuore vedere il ricordo della madre costretto ad adattarsi a quella figuretta che si muoveva e parlava come lei ma che non era lei. In realtà la ragione era molto, ma molto, più semplice.

Non sapeva cosa chiederle.

Aveva tante domande che gli vorticavano in testa da non sapere a quale dare la precedenza. Senza contare che quella bambola probabilmente non avrebbe risposto come lui avrebbe voluto.

Aveva ragionato sulla frase che lei aveva detto prima di sparire, “Le domande a tua disposizione sono finite”, ed era arrivato alla conclusione che non poteva fare più di tre domande per volta.

Probabilmente quando aveva incantato l’oggetto non aveva avuto abbastanza esperienza per creare un simulacro più somigliante all’originale.

Si scervellò anche per capire cosa rappresentasse.

Sfogliò il libro di Storia della Magia, probabilmente la prima volta in sei anni, da cima a fondo, ma non trovò assolutamente nulla che potesse ricordare quei tre simboli.

Sperò che Hermione potesse aiutarlo in qualche modo; in realtà ci contava, non c’era niente che quella ragazza non sapesse. E se non lo sapeva era sconosciuto per poco, perché andava a cercare e ci faceva pure una relazione, per essere sicura di non scordarlo.

Buttò il libro nel baule e lo richiuse con stizza.

Gli rodeva il fatto di avere sempre bisogno dei suoi amici per venire a capo di un casino. Tutti gli anni aveva sempre avuto bisogno di loro per risolvere i suoi guai. Era così inutile?

Controllò l’orologio e vide che erano quasi le cinque. L’ora in cui Ron doveva passare a prenderlo.

Aggrottò la fronte; in realtà non sapeva come sarebbe venuto a prenderlo e la cosa lo terrorizzava non poco: l’ultima volta aveva completamente sfasciato il soggiorno!

Sperò che non venissero che qualche mezzo magico o zio Vernon avrebbe tirato fuori per l’occasione il nuovo fucile a pallina. Nuovo hobby, la caccia.

Chiuse il baule e lo trascinò fin sulla porta. Poi tornò a recuperare le ultime cose, tra cui la gabbia di Edwige e il ciondolo; ci aveva legato un cordoncino di pelle per poterlo legare al collo. Gli sembrava quasi che emanasse un leggero calore, forse, dopotutto, quella bambola qualcosa di sua madre l’aveva.

Scese con la bacchetta in mano, con Voldemort ora in giro non c’era da fidarsi. Averla in mano lo faceva sentire più forte.

Peccato che anche qualcun altro se ne accorse.

-NASCONDILA SUBITO, NON VORRAI FARTI VEDERE DAI VICINI! – urlò Vernon con la faccia paonazza e gli enormi baffi che vibravano sotto il naso gonfio.

-Ci tengo più alla mia vita che a quella dei vicini, sinceramente – rispose Harry con noncuranza.

Questo fece infuriare ancora di più l’omone che sembrò sul punto di mettere le mani intorno al collo del nipote.

-Fermo. Non vorrai che incidentalmente mi sfugga qualche scintilla colorata, vero? Allora sì, che i vicini noteranno qualcosa… - La voce era tranquilla, il sorriso rassicurante; l’unica cosa di minacciosa era il significato nascosto in quella frase; Vernon si zittì subito e tornò in salotto imprecando contro il ragazzo.

Proprio in quel momento suonò il campanello e Harry si fiondò ad aprire la porta prima che qualcun altro potesse farlo al posto suo: non fosse mai che uno dei suoi amici fosse costretto a subire le ingiurie dello zio o la stupidità del cugino.

Quando aprì la porta, però, non trovò chi si aspettava.

La sua migliore amica, Hermione, lo fissava sorridente in un paio di jeans e una canotta che lasciava scoperto il collo candido. Lo sguardo perplesso del moretto doveva essere palese perché la ragazza scoppiò a ridere; Harry si stupì a pensare che con gli anni stava migliorando, e in meglio.

- Ciao Harry! Noto dalla tua faccia stupita che Ron non ti aveva detto del cambio di programma, ma la cosa non mi stupisce… Dato che ha invitato anche me e i miei genitori alla Tana per il tuo compleanno, siamo passati noi a prenderti; anche perché siamo molto meno appariscenti!

Il ragazzo sorrise divertito; su questo non poteva che darle ragione.

I suoi genitori erano babbani e in questo mondo ci avevano sempre vissuto, sapevano perfettamente come comportarsi.

Il signor Granger, un uomo alto e brizzolato, sulla cinquantina, uscì dalla macchina e si offrì di aiutarlo a portare giù il suo baule; aveva un sorriso aperto e rassicurante, gli occhi del colore caldo della figlia e dei modi gentili. Erano delle brave persone.

Non degnò i Dursley di un’occhiata di troppo e se ne andò senza nessun rimpianto, solo quello che l’estate successiva sarebbe dovuto tornare di nuovo in quel posto. Fortunatamente sarebbe anche stata l’ultima.

A tu per tu con Hermione sul sedile posteriore dell’auto, Harry pensò di farle vedere il ciondolo per chiederle se sapeva qualcosa.

-Hermione…Senti…Mi è arrivata una cosa da Silente per il mio compleanno, ma non so esattamente cosa sia…Mi dovresti dare una mano.

Tirò fuori da sotto la maglietta il laccio di pelle e scoprì alla luce del sole il pendaglio di ferro che battuto. Hermione lo fissò con sguardo attento e aggrottò la fronte, poi cominciò a tamburellare le dita sulla copertina del librone che teneva in grembo.

-L’ho già visto da qualche parte. Ma non ricordo dove…

Cominciò a sfogliare con frenesia le pagine di quel libro; Harry sbirciò le pagine e dedusse fosse di storia: era pieno di vasi di terracotta lavorati, cartine colorate a zone, sarcofagi e elmi di ferro battuto. Un libro di storia antica.

- Ma questo non è il libro di Storia della Magia.

- Certo che no! Quello lo studio a scuola…

- E questo è quello che studi nel tempo libero? Storia babbana? Ma insomma, Hermione, tu non hai una vita privata? Devi sempre e solo studiare? La vita non si costruisce mica sui libri!

- Vuoi stare zitto?! Non vedi che sto cercando di aiutarti?

Il ragazzo arrossì leggermente e si zittì, sperando che almeno lei riuscisse a risolvere quell’enigma.

A un certo punto Hermione lanciò un urlo.

- L’ho trovato! L’ho trovato!

Harry si riscosse dal leggero intontimento che l’aveva colto mentre viaggiavano e rialzandosi di scatto diede una testata al tettuccio. Sfregandosi la testa con una mano si girò verso la brunetta con le lacrime agli occhi.

- Che hai da urlare?

- L’ho trovato, ho trovato il simbolo che cercavamo!

- Ma come…?! Anch’io ho cercato nel libro di storia e non l’ho trovato!

- Tu hai cercato nel libro di Storia della Magia, io invece no. Questo è un libro di storia babbana, parla dei popoli non magici, anche se su questo si potrebbe dire molto in merito, che hanno vissuto nel mondo. E ho trovato il simbolo proprio in una sezione dedicata a uno di questi popoli.

Gli mostrò il libro dove il simbolo era inciso su una pietra. Era leggermente sbiadito ma le tre figure geometriche si vedevano ancora. Sotto c’era una riga dove c’erano incise delle figurine.

- E queste figurine cosa significano?

Hermione lo guardò con una faccia leggermente schifata.

- Non sai cosa sono?

A un cenno negativo di lui, lei sbuffò.

- Come al solito l’intelligenza di cui tutti parlano è inesistente…

Un “Ehi” indignato provenne dal ragazzo ma lei lo ignorò.

- Questi sono geroglifici, questa riga qui è una frase, tradotta sommariamente in “ La conoscenza è il bene più grande”.

Un campanellino suonò nella testa di Harry.

- Ehi, senti, Hermione, tu sai il latino? – Lei annuì – So i fondamenti basi, non molto però.

Lui le ficcò sotto il naso il pendente e le indicò la piccola frase incisa. Lei si agitò esaltata.

- Sì, sì, vuol dire proprio quello!

- E allora, mi vuoi dire dove era inciso quel simbolo e quella frase?! – Sbottò lui esasperato.

Lei sorrise soddisfatta.

- Era incisa sopra l’entrata della Biblioteca di Alessandria.

Continua…

Ecco qua il secondo capitolo, non svela moltissimo in realtà, ma mi piace com’è venuto in fondo in fondo…

Ringrazio antote per la recensione, e anche la mia Discordia XD

Recensite se vi piace ma mi accontento anche che leggiate soltanto^^

A settimana prossima^^

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Capitolo 3
*** L'arrivo alla Tana (Ovvero: La stupidità dilaga) ***


Capitolo 3 – L’arrivo alla Tana

Capitolo 3 – L’arrivo alla Tana

Ovvero La stupidità dilaga

Il ragazzo la fissò con uno sguardo indecifrabile.

-E quindi..?

Hermione lo fissò con uno sguardo sbalordito.

-Come E quindi? ?! Guarda che abbiamo appena scoperto da dove cominciare a cercare!

-In realtà, secondo me, ho appena trovato un nuovo casino in cui infilarmi. Dopotutto, non hanno cercato di uccidermi abbastanza spesso. Perché non andare direttamente da Voldemort, già che ci sono? Tanto continuando così mi ammazzerò da solo…

La ragazza assottigliò gli occhi e gli rispose aspramente.

-Tanto per cominciare TU non ti infilerai in nessun nuovo casino, non da solo perlomeno. Da quando sei diventato così acido? Ti incazzi come una belva con Malfoy quando fa così ma noto che tu stai facendo proprio lo stesso. La notorietà ti sta dando alla testa?

Harry si ritirò su se stesso accusando il colpo. Essere accusato di somigliare a Malfoy era un colpo basso. Fin dalla prima volta in cui si erano incontrati, da Madama McClan, c’era stato qualcosa a cui non aveva saputo dare nome; al secondo incontro, nell’atrio della scuola, ancora non ci era riuscito, per quanto una sensazione forte c’era stata. Irritazione per come aveva trattato il suo nuovo amico, Ron; certo era che lui aveva risposto in malo modo, cosa inusuale per lui, sempre così educato con le persone che non conosceva.

Non aveva mai capito quell’emozione che si scatenava violenta nel suo petto quando lo vedeva arrivare, sempre impeccabile, sempre al centro dell’attenzione, sempre attorniato dai suoi due gorilla e da quella specie di gallina in gonnella qual’era Pansy Parkinson.

Avendo riconosciuto come profonda irritazione tutto questo era arrivato alla soluzione che tutto quello strano miscuglio di sentimenti che provava erano odio e ira verso quel ragazzo che era tanto diverso da lui. Non solo per l’aspetto fisico, tanto biondo e chiaro quanto Harry bruno e scuro, soprattutto per come vedevano il mondo.

Forse anche perché Harry era ingenuo, un ragazzino insomma, che non riusciva a vedere la realtà senza avere gli occhi foderati di salame.

Draco questa cosa non poteva sopportarla, lo mandava letteralmente in bestia quanto quel bambino, al primo anno, ancora sperduto in un mondo completamente sconosciuto, fosse in grado di credere a qualunque cosa gli propinassero, completamente imbecille di fronte alla vita, che lui aveva già sperimentato, purtroppo, in tutte le sfaccettature più orrende e macabre che si possono immaginare.

Lui era un Malfoy, e come tale doveva comportarsi e vivere.

Suo padre non avrebbe tollerato nessun tipo di errore.

Harry abbassò la testa e fissò assorto lo sguardo fuori dal finestrino, pensando a quello che stava diventando la sua vita, con quel nuovo danno da riparare.

Prese tra le dita il ciondolo di ferro battuto e un piacevole calore si spanse sotto i suoi polpastrelli, come gli capitava sempre quando lo prendeva in mano.

Hermione lo fissò con un sospiro, pentendosi amaramente di quelle parole che aveva detto per rabbia. Cercava solo di aiutarlo e lui finiva sempre per rinchiudersi a riccio. Poteva capire perché lo faceva ma non lo scusava.

Erano amici, erano una squadra e non lo avrebbero abbandonato.

Gli mise una mano sulla testa e appoggiò la fronte a quella massa disordinata di capelli scuri. Prese fiato per cominciare a parlare ma lui la precedette.

- Scusa, non volevo essere così acido. È solo che non voglio che vi facciate male. Finora non vi ho procurato che guai. Guarda Ron che l’hanno scorso si è beccato una vasca piena di cervelli addosso e tu… Ti ho creduta morta per almeno cinque minuti. Non ti muovevi, sembravi non respirare. Come credi che mi sia sentito in quel momento? Avevo già perso tutti quelli che amavo, di lì a qualche minuto avrei perso anche l’unica persona di famiglia che avevo. Rischiare di perdere anche voi sarebbe troppo. Troppo – bisbigliò lui.

Hermione si sentì le lacrime agli occhi.

Non aveva mai pensato a quello, pensava solo che avere qualcuno accanto non poteva fargli che bene.

- Noi vogliamo starti vicini, Harry. Vogliamo aiutarti. E se moriremo, moriremo vicino a te. Non vogliamo essere allontanati solo perché tu hai paura di farti soffrire. Io sapevo già che essere tua amica non sarebbe stato facile. Sei oggettivamente perseguitato dalla sfiga, sei il pungine-ball preferito dell’essere più malvagio del mondo magico, ti sei messo contro lo studente più potente della scuola e ti fai odiare dal professore con più probabilità di ucciderti senza che nessuno se ne accorga.

- Grazie, eh, mi mancava un riassunto così stringato delle mie scelte. No, no, mi raccomando, continua pure.

- Smettila di fare l’offeso, effettivamente è così. Comunque, indipendentemente dalle scelte che hai fatto, per quanto stupide possano essere, noi saremo sempre con te. Nel bene e nel male.

- Una fregatura se ci pensi, non credi? – Sghignazzò Harry.

La ragazza gli tirò uno scappellotto in testa.

- Non fare il saccente. Facciamo così, continuiamo il discorso quando arriviamo alla Tana, così mettiamo al corrente anche Ron di quello che sta succedendo. E mi farai vedere quel ciondolo.

Il moretto la osservò attentamente, mentre un leggero rossore le colorava le guance al nominare il loro comune amico.

- Ti piace, non è vero?

Hermione arrossì ancora di più e prese a torcersi nervosamente le mani.

- M-ma…Cosa dici?!? Non è vero, è un nostro amico!!! Amico, CAPITO?

Terminò la frase quasi urlando e Harry si tappò le mani con le orecchie.

- Avrei capito anche senza sfondarmi un timpano.

Lei arrossì ancora di più, diventando quasi del colore dei capelli di Ron. Quasi, eh.

- Comunque ti conviene sbrigarti a confessarti, ricordi? Nel bene e nel male. Se dovessi morire domani rischi di tenerti tutto dentro. Non è peggio?

La ragazza lo fissò con uno sguardo sbalordito.

- Continuo a non capacitarmi di questa tua strana vena sarcastica. Comincio a stupirmi che tu sia stato smistato a Grifondoro.

- Oppure potrebbe trovarsi un’altra ragazza – continuò lui imperterrito.

Hermione inorridì al solo pensiero e si fece titubante.

- Allora…Pensi…Che debba dirglielo.

- Sarebbe anche ora – Rispose lui per tutta risposta e lei lo prese come un “Sì”.

Cominciò a fissare fuori dal finestrino, pensando a come uscire da quella situazione così imbarazzante, che le stava togliendo il sonno da quasi due mesi, da quando aveva realizzato che senza Ron la sua vita era tristemente vuota.

Ma non sapeva assolutamente come dirglielo.

Si addormentò appoggiata alla spalla di Harry rimuginando ancora sulla questione.

~~~

L’arrivo alla Tana fu annunciato dal fuggi-fuggi generale degli gnomi che, disturbati dal rombo della macchina dei signori Granger, si erano nascosti o rifugiati nel ciarpame che inondava il giardino dei Weasley. I due ragazzi in macchina, intanto, continuavano beatamente a dormire uno sulla spalla dell’altro, beatamente ignari del trambusto che stavano provocando in casa.

Un ragazzo, alto, dinoccolato e con una folta capigliatura del colore del sole morente al tramonto, si fiondò giù per le scale rischiando di rompersi il collo per finire in giardino a guardare con occhi brillanti la macchina che aveva portato da lui i suoi migliori amici. Harry e Hermione.

Soprattutto Hermione.

La sua bellissima e bravissima migliore amica, che gli faceva battere il cuore come nessun’altra. Ma lei… Lei era così lontana…

Rigida e fredda, come poteva stare con uno come lui?

Continuava a rimproverarla per i compiti e per il Quiddich, proprio come sua madre.

Lo vedeva di sicuro come un figlio.

E lui invece la amava così tanto.

Così tanto da star male.

Ma non poteva dirglielo. Non voleva sentirsi dire “No”, non l’avrebbe sopportato. Preferiva non dirle niente ma continuare a starle accanto piuttosto che rovinare tutto e doverla non vedere più. Non vedere più il suo sorriso un po’ storto, la sua risata troppo alta come chi non è capace di ridere, i suoi occhi di quel caldo color cioccolato, in cui gli sembrava di annaspare come un pesce fuor d’acqua.

Si avvicinò lentamente all’auto, continuando a seguire il corso dei suoi pensieri.

Arrivò all’altezza del finestrino e quello che vide lo bloccò sul posto, una statua di sale con l’espressione sconvolta e ferita.

Harry ed Hermione, i suoi due migliori amici, abbracciati come due innamorati che dormivano con espressione serena. Harry, il suo compagno, il suo amico, il suo confidente. Hermione, la sua Hermione, il suo raggio di sole.

Insieme.

Strinse i pugni trattenendo la voglia di rompere il vetro e strozzare quello che una volta era suo amico. Strinse gli occhi trattenendo la voglia di piangere per quella che una volta era il suo vero amore.

Si girò, rigido come un pezzo di marmo, cercando di capire perché le cose a questo mondo andassero in quel modo.

Si allontanò dalla macchina senza nemmeno disturbarsi a svegliarli, diretto verso la sua camera, deciso a lasciar stare quelli che, a sua prima impressione, erano i due nuovi piccioncioni.

Aveva bisogno di elaborare la cosa.

Se Hermione era felice avrebbe rispettato la sua scelta ma non avrebbe martoriato ulteriormente il suo cuore sopportando anche la sua presenza.

Continua…

Mi scuso con tutti per il mostruoso ritardo ma era un periodo pienissimo…Tra esami, feste varie(Tra cui 5 compleanni, una comunione e due cresime) e i vari impegni a cui devo per forza fare presenza ( Gestire a metà con mia mamma una casa con 6 persone >_>) Comunque spero di aggiornare il prima possibile^^

Grazie a chi commenta e a chi legge^^

E grazie anche a chi mi ha inserito nei preferiti^^

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