A Story of Hope

di _Krzyz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 - E la falce calò - Prima parte ***
Capitolo 3: *** 2 - E la falce calò - Seconda parte ***
Capitolo 4: *** 3 - E la falce calò - Terza parte ***
Capitolo 5: *** 4 - E la falce calò - Quarta parte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo
 

Sangue.
Un altro anno di sangue.
La spietata macchina di Capitol City continuava a distruggere ogni anno 23 giovani vite, riversando sull’unico vincitore gloria, ricchezze, fama. Non si fermavano, gli Hunger Games. La gente continuava a guardare impotente quei poveri ragazzi, mandati al macello per il divertimento dei capitolini. Ogni anno la stessa scena: madri in lacrime, ragazzi terrorizzati, le luci accecanti della sfilata, costumi colorati, le interviste… e poi l’Arena. E le morti, i pianti, gli sponsor, gli Ibridi. Ci sarebbe voluta una scintilla, un piccolo fuoco, un qualcosa che fermasse quel massacro.
Ma Panem non era ancora pronta per la scintilla. Sarebbe stato un nuovo anno di sangue, uguale agli altri, dimenticabile come gli altri. Altre anime sarebbero volate via, senza che nessuno potesse fare nulla. E la speranza di poter tornare a casa sarebbe rimasta. La speranza di uscire vivi dall’Inferno. La speranza di riabbracciare i propri cari.
La speranza di vincere i 47esimi Hunger Games.


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Ok ragazzi, mi servono dei baldi giovani volenterosi di creare dei  tributi da mandare al macello :D Le regole sono semplici: chiedetemi tramite recensione  che tributo volete e poi compilate la scheda che trovate qui sotto tramite mp! Onde evitare che la fic non inizi più, vi chiedo cortesemente di inviare la scheda del vostro pargoletto/a entro DUE SETTIMANE dalla data in cui avete recensito. Se entro tale data, e dopo vari solleciti, la scheda non mi sarà pervenuta  renderò il tributo di nuovo disponibile.
Nome:
Cognome:
Eventuale soprannome:
Età:
Distretto:
Descrizione fisica:
Descrizione caratteriale:
Abilità:
Piccola biografia:
Paure:
Suggerimenti per:
-Mietitura
-Interviste
-Sessione privata
Portafortuna:
Eventuale arma:
Rapporti con gli altri tributi:
Eventuali alleanze:
Segni particolari: (sia fisici che psicologici, o in generale tutto ciò che non può essere messo nelle altre categorie va qui :D)
Ci tengo a dire che mi piacerebbe che la scheda fosse almeno un po’ dettagliata. Con questo non intendo ottomila righe solo per descrivere i capelli del ragazzo, però almeno spendere una ventina di parole in più mi aiuterebbe molto a caratterizzare i vostri personaggi e a farli interagire nella storia :)

Nessuno avrà sconti particolari e le morti verranno estratte in maniera casuale (così c’è giustizia per tutti :D)!
Le modalità di sponsorizzazione verranno spiegate più avanti!
Sperando partecipiate in tanti, un abbraccio!
_Krzyz

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Capitolo 2
*** 1 - E la falce calò - Prima parte ***


E la Falce Calò
-
I Parte


- Distretto 1 - 

C’erano voci di genitori esaltati, vestiti luccicanti e aria di festa, al distretto 1. Era il giorno della Mietitura. Mentre nei distretti remoti i cuori delle madri si spremevano e si contorcevano, addolorati, nel veder partire i propri figli, in quel posto era probabilmente uno degli avvenimenti più amati ed importanti. A nessuno interessava il fatto che due ragazzi innocenti si stavano recando ad un appuntamento con la morte, per loro contava solo il fatto che l’estratto avrebbe portato onore al distretto. Era uno spettacolo surreale, di burattini vestiti a festa che smaniavano per mettere piede sul palco, montato davanti allo sfarzoso Palazzo di Giustizia, ed essere ufficialmente considerati Tributi. Silvestria era contentissima che le fosse stato assegnato il distretto 1, quell’anno. Di solito le erano sempre capitati distretti come il 10 o l’11, colmi di bambini magri e sporchi e in cui soffiava un vento di tristezza. Lei non voleva vedere il grigio, il degrado, lei era splendente come le gemme  che si era fatta impiantare al posto dei denti. Il distretto 1 era il meglio che si potesse desiderare: gioielli, beni di lusso, oggetti pregiati e volontari a non finire. La donna salì sul palco, cercando di non incespicare nelle scarpe dal tacco altissimo. Afferrò il microfono e , con aria briosa, diede il benvenuto alla folla.
-“Felici Hunger Games, possa la fortuna sempre essere a vostro favore! Allora allora allora, è arrivato il momento di estrarre la gentil donzella di quest’anno!”- disse ficcando la mano nell’urna ed estraendone un foglietto spiegazzato, reggendolo tra le unghie smaltate di un acceso color acquamarina .
-“Luxury Spark!”-
Un brivido freddo corse giù per la schiena della gente, facendo vibrare le ossa delle colonne vertebrali di tutto il distretto, mentre dalla fila delle 15enni una ragazza si avvicinava al palco a passo deciso. Le ragazze che volevano offrirsi volontarie di colpo raggelarono, non trovando forze per alzare le mani. Luxury Spark. Tutti sapevano chi era lei, le voci correvano veloci, passando di bocca in bocca. Chiunque al distretto la temeva e le stava alla larga. Era stata allontanata dall’Accademia nel giro di una settimana perché terrorizzava gli altri bambini, e molti dicevano che era stata lei ad uccidere Shine, sua sorella minore, morta per apparente soffocamento accidentale. Voci o non voci, sta di fatto che quella ragazza non era del tutto sana. Avrebbe potuto fare una strage, in un raptus di follia. I capelli biondi e lisci ondeggiavano mentre la slanciata figura della quindicenne saliva gli scalini. Due occhi azzurri scrutarono la folla, gelidi e inespressivi come ghiaccio. Silvestria deglutì , porgendo il microfono alla giovane.
-“Allora , tesoro, vuoi dire qualcosa?”-
-“No”- rispose lei, la voce sferzante quanto la lama di un coltello. La capitolina fissò perplessa la ragazza.
-“Bene…e per i ragazzi abbiamo… Bitt Lee Jeuse!” –
Una risatina sommessa arrivò dal fondo della piazza, mentre un eccentrico ragazzo, che nulla aveva da invidiare ad un capitolino modaiolo. I capelli cotonati con striature verdi, gli occhi celati da lenti a contatto di colori inimmaginabili, un tailleur a righe verticali bianche e nere e delle scarpe con un leggerissimo accenno di tacco. Silvestria, e buona parte del distretto, non era del tutto sicura che fosse un ragazzo. Era decisamente più femminile di molte ragazze, questo era sicuro. Fischi e insulti provenivano dalla folla, ma lui c’era abituato. Anni e anni passati con due cugini che lo maltrattavano e lo terrorizzavano, uniti ad uno zio burbero, sostituto del padre mentalmente disturbato e ad una vita non proprio felice gli avevano fatto le ossa. Nulla gli importava, avrebbe preferito essere odiato per quello che era che essere amato per la maschera che indossava. Salì i gradini che conducevano al palco saltellando.
La capitolina fu folgorata. Mai le era capitato di vedere un ragazzo con così tanto senso della moda. Il ragazzo la squadrò dalla testa ai piedi, mentre la donna gli porgeva il microfono.
-“Hai qualcosa da dire, caro?”-
-“Mmmm… penso che il color acquamarina non ti si addica per niente!”-  disse il ragazzo, con fare beffardo e leggermente effemminato.
La gente si mise a ridere sommessamente. Seccatissima e visibilmente turbata, la capitolina incitò i due ragazzi a stringersi la mano. E proprio mentre le dita fredde di lei incrociavano le unghie smaltate di lui, in una stretta inquietante, Silvestria trillò:
-“ E possa la fortuna sempre essere a vostro favore!”-

- Distretto 2 -

La folla si stringeva sempre di più attorno al palco montato davanti al Palazzo di Giustizia. La calca di ragazzi del distretto 2 fissava con ammirazione le urne che contenevano i loro nome, mentre la voglia di essere estratti cominciava a crescere nell’animo dei più spavaldi. Gli Hunger Games volevano dire fama, gloria, ricchezza, tutto ciò che una persona potesse desiderare. I tributi provenienti dai distretti poveri perivano quasi sempre sotto le armi dei ragazzi che provenivano da li. Erano allenati, cattivi, assetati di sangue.
 O almeno questo pensavano tutti.
Zach, per esempio, non era così. Lui odiava quella città di vetro scintillante che era Capitol City, così sfarzosa e contemporaneamente così superficiale. Per lui la Mietitura non era un bel momento, anzi. Avrebbe voluto scappare, correre lontano,  rintanarsi in un posto buio e  piangere in silenzio. Eppure, qualcuno glielo impediva, fissandolo dalla massa di persone accalcate ai bordi della piazza. Qualcuno con i suoi stessi occhi e un’ uniforme bianca addosso.
Dall’altra parte, nel gruppo delle ragazze, due iridi azzurrissime scrutavano silenziose il palco sezionandone ed analizzandone ogni singolo centimetro. Nulla poteva sfuggire al suo sguardo. Maysilee, così si chiamava quella ragazza. E’ stato il primo nome che ha letto, inciso su una lapide, nella cripta in cui è stata data alla luce. O meglio, nella cripta in cui è ritornata alla luce. Nulla ricordava del suo passato, se non qualche brandello di memoria che riaffiorava di tanto in tanto dall’oblio e la paura dell’acqua. Sapeva che doveva partecipare alla Mietitura, conosceva gli Hunger Games, e la cosa le piaceva.
Costantia, la capitolina incaricata dell’estrazione del distretto 2, ficcò la mano entusiasta nell’urna delle ragazze.  Era un bel po’ di anni che aveva quel distretto, e ogni anno era come il primo: gente entusiasta, preparata, cattiva esigente. Tutto ciò che più le piaceva degli Hunger Games. Pescò il biglietto con fare esaltato, aprendolo ed esclamando:
-“ Per le ragazze Maysilee Leanna Mathilda Bianca Swan!”-
Le persone attonite si fissarono a vicenda, sconcertate. Quella ragazza non era al 2 da molto, o almeno non se la ricordavano, ma sembrava così fragile e delicata… Salì sul palco ponderando ogni singolo passo. I capelli lisci, del colore del fuoco, le incorniciavano il viso candido e perfetto.
Costantia esclamò – “Ci sono volontarie?-
Non fecero in tempo ad alzare le mani che la giovane disse, con una voce tintinnante ed una calma innaturale : -“No, grazie, vorrei partecipare!”-
A Zach tornò in mente il giorno in cui il suo punto di riferimento era stato estratto per andare al macello. Il giorno in cui Adam era stato mandato a Capitol City per partecipare agli Hunger Games. Adam, il suo unico amico, era praticamente un fratello per lui, era qualcosa di stabile in un mondo in bilico. E ci perse la vita, in quel massacro teletrasmesso. Si ritrovò immerso nel buio, Zach, giurando vendetta. Costantia non fece in tempo a dirigersi verso l’urna dei ragazzi che subito qualcuno urlò.
-“Mi offro volontario! Mi offro io!”-
Esatto, Zach si era offerto. Aveva il cuore in gola, e l’odio e la paura lievitavano in lui come forme di pane. Lui non lo voleva, ma suo padre si. E temeva suo padre quasi più degli Hunger Games.
-“D’accordo caro, Sali pure!”-
Il ragazzo si avviò verso il palco con area funerea, mascherata da una finta spavalderia. Sale sul palco con aria decisa, stringendo i pugni. La capitolina gli si avvicinò, facendo sfoggio della parrucca rosa shocking.
-“Come ti chiami, ragazzo?”-
-“Zachary, Zachary Twins”- disse il ragazzo scompigliandosi i capelli corti, del colore delle piume di corvo.
-“Perché ti sei offerto, tesoro?”-
-“Per la gloria e per l’onore, è ovvio!”-
Bugie. Bugie. Null’altro che bugie uscivano dalla bocca di Zach.
Costantia allora fece una piroetta ed esclamò briosa: -“Che aspettate? Stringetevi la mano e felici Hunger Games!”-
Gli occhi color ghiaccio di Zach si piantarono nell’azzurro liquido di Maysilee, mentre le mani fredde si strinsero con moderazione. Per un secondo il sedicenne scorse una parola sulle labbra della rossa.
Una parola che diceva: -“Illusi.”-

- Distretto 3 -

Il distretto 3 era strano, il giorno della Mietitura. Le ciminiere delle fabbriche non emettevano un solo filo di fumo, i computer non lampeggiavano e i mille ingranaggi che mandavano avanti tutto si bloccavano, lasciando come unica colonna sonora dei sospiri sommessi e l’incessante ticchettio dell’orologio del Palazzo di Giustizia. L’unica cosa che rompeva il silenzio era la prorompente voce di Alenia, la capitolina, che annunciava la venuta degli Hunger Games sin da quando si aveva memoria. Era una donna dall’età indecifrabile, avrà avuto almeno 50 anni, ma ne dimostrava meno di una trentina. Aveva la pelle color menta e i suoi capelli ricordavano una nuvola bordeaux.
-“Benvenuti, miei cari, ad una nuova edizione degli Hunger Games! E ora vediamo chi sarà la fortunata partecip..”-
-“Mi offro volontaria!”-
Chi aveva parlato era una ragazza nella fila delle 14enni dal volto scavato, incorniciato da una chioma rosso scuro, e dal braccio scheletrico. Si avvicinò velocemente al palco, muovendo le gambe terribilmente ossute. Mentre saliva i gradini il suo intero corpo scricchiolava come un’asse sul punto di rompersi. I suoi occhi verde smeraldo erano accentuati dalla magrezza del viso , esprimevano saggezza.
Alenia le chiese il nome e la ragazzina rispose con una voce fina e flebile.
-“ Evelyn Wring”-
Wring. Tutti conoscevano la storia della sua famiglia. I suoi divorziarono quando lei e sua sorella Uma erano ancora piccole, a causa di suo padre, sempre ubriaco. Un anno dopo la madre delle bimbe morì bruciata in un incendio, nella fabbrica in cui lavorava. Non trovarono che cenere ed una piccola volpe di smeraldo, che teneva legata alla cintura dell’abito. Suo padre la picchiava, era risaputo. Gli ematomi , ancora recenti, si vedevano benissimo sulle scheletriche spalle scoperte e sullo zigomo, tumefatto. Il fatto che Evelyn si fosse offerta volontaria non stupì affatto la gente del distretto 3: voleva ricominciare. Voleva vivere. Avrebbe fatto di tutto per tornare a casa quasto era sicuro.
La voce di Alenia rimbombò nuovamente
-“Per i ragazzi invece il tributo è…. Kyte Densmith!”-
In quel momento al sedicenne passò per la mente una sola immagine: Amy. Amy, sua sorella di dodici anni. Amy, la sua unica ragione di vita. Amy, che amava più di se stesso. Perché lui la amava, la amava davvero. E ora un intero universo gli stava crollando sotto i piedi, mentre un pianto disperato scoppiava nella fila delle ragazzine.
-“Fratellone! Fratellone!”-
Una piccola bambina dai capelli neri come pece cominciò a correre nella sua direzione, venendo tempestivamente bloccata da un Pacificatore.
-“Amy! Amy!”-
Niente, non poteva fare niente. Non ci sarebbero stati volontari a sostituirlo. Lui era famoso per il suo aspetto fisico, bello come il sole e oscuro come la notte. Gli occhi ghiacciati si riempivano di lacrime mentre arrancava verso il microfono, disperato. Amy, la sua amata Amy…
Alenia lo afferrò, dandogli dei leggeri colpetti sulla spalla per consolarlo.
-“Su cari stringetevi la mano!”-
E in una stretta che sapeva di lacrime e cenere, Evelyn e Kyte si diedero la mano, lasciando due sorelle a casa e partendo con un treno diretti al macello.
E il distretto rimase in silenzio, tutto era alienante e cupo. E il filo del nulla veniva rotto solo dai singhiozzi di Amy, dalle grida di Uma e dall’incessante ticchettio dell’orologio del Palazzo di Giustizia, che segnava l’inesorabile scorrere del tempo, levando minuti preziosi alla vita dei due giovani tributi.

E la Falce Calò.

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IL KACTUS DI KRZYZ

Ecco a voi il primo capitolo di questa fic! :D Spero di aver reso abbastanza bene i personaggi, e chiedo anticipatamente perdono ai creatori se non ci sono riuscita! 
TRIBUTI :
D1 - Luxury Spark (emily_me) ; Bitt Lee Jeuse (Tinkerbell92)
D2 -  Maysilee Leanna Mathilda Bianca Swan (_cashmere); Zachary Twins (Fyamma)
D3 - Evelyn Wring (Bolide Everdeen) ; Kyte Densmith (Claireroxy)
Tenetevi a mente i nomi die mentori, perchè serviranno per la sponsorizzazione che verrà spiegata più avanti!
Incito i proprietari dei tributi maschi del 11,10,9,5 e femmine del 4, 6 e 10 ad inviare la scheda a breve :D
Un abbraccio!

_Krzyz

 

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Capitolo 3
*** 2 - E la falce calò - Seconda parte ***


E la Falce Calò
-
II Parte



- Distretto 4 -

Lo sciabordare continuo delle onde faceva da colonna sonora tutti i giorni al distretto 4. Eppure, nel giorno della Mietitura, il mare era sempre agitato e grossi cavalloni si schiantavano con vigore sui moli e sugli scogli, quasi a voler imitare le anime delle persone che si avvicinavano lentamente alla piazza. Nonostante fosse uno dei distretti favoriti, nel 4 non si respirava la festosa aria dei primi due distretti e tutto era pervaso da un senso di rassegnazione ed ansia. Il giorno prima nello stesso luogo c’era il mercato, con le bancarelle colme di ogni tipo di pesce che l’oceano poteva offrire e gremito di persone che chiacchieravano allegramente, mentre ora non c’era nulla, se non i ragazzi disposti in file ordinate e due o tre persone ad assistere da fuori.
Una capitolina sbucò saltellando sul palco. Nessuno l’aveva mai vista prima, probabilmente era il primo anno per lei. Indossava un vistoso abito in stile rococò, color vinaccia, e aveva delle ciglia rosa lunghe almeno una quindicina di centimetri. Non si riusciva a definire bene l’età, tutte le donne di Capitol City sembravano avere non più di trent’anni grazie alla chirurgia estetica, ma questa avrebbe ne potuto avere massimo una ventina. Un sorrisone comparve sul suo volto truccato mentre afferrava il microfono strillando:
-“Buongiorno a tutti, miei cari abitanti del distretto 4! Il mio nome è Victoria e sarò la vostra accompagnatrice per questi magnifici 47esimi Hunger Games! Cominciamo con l’estrazione della nostra donzella!”
Si avvicinò lentamente all’urna, dov’era contenuta la morte o la vita delle ragazze allineate di fronte al palco. Victoria estrasse rapidamente un bigliettino, sentenziando:
-“ Coral Mightwater!”-
La ragazza sorteggiata non fece in tempo a muovere un muscolo che subito una voce decisa arrivò dalla fila delle 15enni.
-“Mi offro volontaria come tributo!”-
Dalla schiera femminile sbucò una giovane alta e formosa, dai capelli biondi, lunghi e mossi come le onde che si distendevano sulla sabbia. Aveva una carnagione abbronzata che faceva risaltare i suoi occhi verdi, accentuati ancor di più da un filo di trucco steso perfettamente. Chiunque nel distretto la conosceva: era una delle più forti allieve dell’accademia, e pochi rimasero sorpresi dal suo gesto. Salì velocemente sul palco, facendo ondeggiare il suo abito di morbida seta color verde bosco, completato con delle décolleté d’argento. La capitolina era entusiasta, non solo per il fatto che una ragazza si era offerta volontaria, ma anche per l’ordine e la cura che aveva nel vestirsi. Victoria prese parola:
-“ Allora , che ragazza bellissima e coraggiosa abbiamo qui! Come ti chiami, stellina?”-
-“ Cornelia Watson.”- rispose , secca.
Era la figlia di una vincitrice, chiunque avrebbe voluto essere lei. Era ricca, bella, poteva permettersi di tutto. E questo bastava per renderla antipatica a chiunque incontrasse. Tutti la fissavano di sbieco, contemplando le sue curve, e invidiandola per le sue ricchezze. Lei però voleva partecipare, per vincere, per poter diventare quello che avrebbe sempre voluto essere: una stilista famosa.
Victoria si allontanò da Cornelia e si avvicinò trotterellando all’urna dei ragazzi, estraendo un biglietto più piccolo degli altri. Le lunghe dita bianche della donna lo aprirono velocemente.
-“Il nostro uomo invece è… Christopher Cross!”-
Dalla folla di spettatori un uomo e una donna in lacrime corsero incontro ad un ragazzo esile, che si era staccato dalla fila dei sedicenni per salire sul palco. Prima che i due potessero raggiungerlo, una coppia di Pacificatori li obbligarono a tornare al loro posto. Il giovane salì i gradini con passo strascicato, arrivando lentamente a fianco alla capitolina. Il ragazzo aveva i capelli corti e biondi e gli occhi neri come la pece che i pescatori spalmavano sugli scafi delle loro barche. Era piuttosto alto, dal fisico un po’ asciutto e dall’incarnato dorato. La donna , entusiasta , gli porse il microfono.
-“Allora, mio caro hai qualcosa da dire?”-
Nella mente di Christopher si susseguirono le immagini del fatidico anno in cui sua sorella Ariana era stata estratta e mandata alla morte per il diletto di quel branco di idioti che erano i capitolini. Gli venne un groppo in gola, e dalle sue labbra, perennemente screpolate, giunse solo:
-“…no.”-
Victoria si staccò dal lui, incitò i giovani a stringersi la mano e concluse dicendo la frase rituale.
-“Felici Hunger Games, e possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!”-
Un silenzio pervase la piazza, lasciando come sottofondo il pianto sommesso dei genitori di Chris, gli sbuffi soddisfatti della madre di Cornelia e il mare che, implacabile, continuava a urlare la sua disperazione.

- Distretto 5 

Philomena era seccata.  Come sempre, d’altronde. A lei non piaceva estrarre i tributi, le capitavano sempre giovani provenienti da distretti non particolarmente ricchi, senza spina dorsale, debolucci e tremanti. Lei aveva frequentato l’Accademia per Pacificatori al distretto 2, lei odiava i rammolliti. Non le avevano mai affidato, nei suoi 20 anni di carriera come accompagnatrice, i distretti favoriti, e nemmeno quell’anno era stata fortunata. Di nuovo il 5, per la quarta volta di fila. Salì sul palco a passo di marcia , sbuffando e piantando i suoi stivaloni da militare sulle assi di legno così fortemente che avrebbe potuto romperle e precipitare di sotto. Era arcistufa dei distretti deboli. Sperando in due giovani prestanti e determinati afferrò saldamente il microfono.
-“Sull’attenti, distretto 5! “- urlò, costringendo la folla a drizzarsi. –“Benvenuti alla Mietitura dei 47esimi Hunger Games! E ora la nostra fortunata!”-
Ficcò violentemente la mano nell’urna, rischiando di farla rovesciare, ed estrasse un biglietto.
-“ Eileen Stilte! Sul palco, tributo!”-
Una ragazza magrolina e piuttosto alta si stacco dalla massa delle quindicenni e raggiunse la rigida capitolina a passo strascicato. I suoi capelli parevano cioccolato fondente ed erano raccolti con un nastrino in una coda alta. Nonostante non fossero molto curati, erano lisci e dall’aspetto setoso. Gli occhi  castani, illuminati da una spruzzata di pagliuzze dorate e leggermente a mandorla,  scrutavano silenziosi la platea. Silenziosi come lei. Nessuno l’aveva mai sentita parlare, se non pochi eletti. Aveva un visetto ovale , deturpato da un livido sullo zigomo e da una cicatrice di vecchia data sulla guancia destra. Dalla folla udì il pianto sommesso di due ragazze. Liah, la sua migliore amica, e Chire, la fidanzata di suo fratello Edele, morto in una precedente edizione degli Hunger Games. Solo loro avevano avuto occasione di sentire la sottile voce di Eileen, e le erano state molto vicine. Soprattutto Chire, che in quei momenti stava rivivendo il terrore della Mietitura in cui il suo amato venne spedito al macello e  di quella in cui lei era stata estratta, per poi tornare, sconvolta. Le lacrime rigavano il suo volto incorniciato da una massa di capelli rossi e corti.
Philomena distolse la sua attenzione sbraitandole nell’orecchio:
-“Hai qualcosa da dire, tributo?”-
Eileen scosse la testa , in segno di negazione. La capitolina inarcò un sopracciglio, un’altra smidollata. Sperando in qualcosa di meglio , si avvicinò all’urna dei ragazzi, facendo tremare il palco ad ogni passo. La gente osservava l’imponente donna di Capitol con un certo timore mentre estraeva un bigliettino bianco. Lo aprì in fretta e furia e lesse:
-“Jasper Lossman! Forza!”-
Gli occhi di tutto il distretto si posarono su un ragazzo esile, schiacciato nel gruppo dei sedicenni. Il giovane si avviò e raggiunse il palco tenendo lo sguardo alto, sul suo volto regnava un’espressione serena. I capelli erano biondi, un po’ lunghi, lisci e lucenti come oro filato. I suoi occhi grandi, color del cielo, erano messi in ombra da delle folte sopracciglia. La sua carnagione pallida sfumava al rosso sulle guance e sulla bocca, curvata in un luminoso sorriso. Nonostante stesse andando alla morte, Jasper non aveva paura. Vedeva la morte come una compagna, un’amica, un’ombra che segue. Per lui c’erano ben poche speranze: soffriva di una rara malattia, che l’avrebbe ucciso nel giro di un mese o poco più, ed era orfano sia di madre che di padre. Philomena si avvicinò e, puntandogli il microfono contro, urlò:
-“Qualcosa da dire, tributo?”-
-“Proverò a tornare a casa, questo è poco ma sicuro!”- disse solare il ragazzo.
Finalmente la capitolina fu soddisfatta. Fisicamente non era un granchè , ma almeno aveva un briciolo di convinzione. La donnona marciò fino al centro del palco, mettendosi sull’attenti.
-“Felici Hunger Games, distretto 5!”- urlò, e dopo di che uscì di scena impettita, lasciando il brusio costante delle centrali elettriche come unico sottofondo.

-Distretto 6

Tutti i mezzi di trasporto erano fermi, nel giorno della Mietitura, al distretto 6. I treni erano inchiodati alle rotaie, gli aerei erano bloccati nei terminal, le navi cargo erano saldamente ancorate all’unico molo. Nulla si muoveva, nulla faceva il benché minimo rumore. La gente era ammassata nella piazza centrale, silenziosa, tesa. Non un muscolo veniva mosso, tra le fila dei potenziali tributi. Sul palco si fece strada una giovane capitolina, minuta, avvolta in una sciarpa color lavanda. Con mani esili e tremanti afferrò il microfono. Sussurrò:
-“ B-buongiorno distretto 6! Il mio nome è L-Laelia e questa è la p-prima volta come accompagnatrice…”- . Sospirò, si fece coraggio e disse:- “O-ora suppongo dovrei estrarre la ragazza…”
Si avvicinò lentamente. Doveva avere non più di vent’anni, evidentemente la carriera di accompagnatore cominciava molto presto. Infilò la mano nell’urna, e ne estrasse timidamente un bigliettino. Si sistemò il grande berretto di flanella, che faceva fuoriuscire qualche ciocca dei suoi corti capelli verde menta. Inspirò e disse, con voce flebile:
-“ M-Maryse Steel!”-
Una ragazza di quindici anni salì sul palco. Il suo volto era pallidissimo e dai tratti spigolosi, con un naso appuntito e labbra lattee e sottili. Due occhi allungati, color grigio chiaro, scrutavano con espressione fredda la folla, parzialmente nascosti dalla frangia. I suoi capelli erano neri come petrolio, lisci, raccolti con in due codine con dei nastrini. Era di costituzione minuta, ed era raro che venisse notata. Non fece in tempo a fare due passi che dall’ordinata schiera di potenziali tributi arrivò un urlo.
-“Mi offro! Mi offro volontaria!”-
A parlare era stata Arias. Arias e Rosy erano le uniche due amiche di May.  Dopo che lei aveva scoperto che il padre di Arias, Yazo, era un pervertito e aveva tentato di violentarla si era allontanata da lei. Yazo era un bastardo, aveva mandato il figlio maggiore Zane, di cui May era innamorata, nel distretto 2 a fare il pacificatore e aveva incattivito sempre più la figlia, fino ad allontanarla. Eppure il suo offrirsi volontaria significava che, dopotutto, Arias a May ci teneva ancora. La ragazza saltò sul palco, pronta a prendere il posto dell’amica.
-“Va’ via, Maryse! Tocca a me!”-
Un sorriso, raro e prezioso, si fece strada sul volto della quindicenne.
-“Sapevo che ti importava ancora di noi, Depravata mentale numero 1.”- . Così si chiamavano tra di loro Rosy, May ed Arias. –“Non voglio essere sostituita.”
Laelia si avvicino ad Arias e le disse, cordialmente:
-“M-Mi spiace molto, temo di d-doverti costringere a tornare al tuo p-posto…”-
La spavalda ragazzina sorrise di rimando all’amica, negli occhi un’infinita tristezza, e se ne andò. La giovane accompagnatrice riprese in mano la situazione:
-“Penso che ora tocchi al t-tributo maschile, giusto?”-. Incespicò nella sua stessa sciarpa ed estrasse lentamente un bigliettino rovinato. Si spostò un ciuffo di capelli dal volto e lesse il nome.
-“Matthew P-Phelps.”-
-“No! No! Mi offro io! Prendo io il suo posto!”- urlò un ragazzotto di circa 18 anni. – “Vado io, vado io!”-
-“No, Devon, non voglio che qualcun altro muoia per me.”-
A parlare era stato un ragazzo dal fisico asciutto, posizionato con ordine nella fila dei sedicenni. Perché qualcuno era già morto per lui: Justin Triker, il suo migliore amico, che si era offerto volontario alla sua prima mietitura, per sostituirlo. Aveva solo 13 anni, e le possibilità non erano state a suo favore. Salì sul palco mentre suo fratello veniva trascinato via da un Pacificatore. Una massa di capelli castani, ricci e spettinatissimi, coprivano parzialmente il volto. Gli occhi verde scuro erano lucidi, ma un grande sorriso si stagliava sul suo volto. Laelia si avvicinò timidamente, e , porgendogli il microfono , chiese:
-“V-vuoi dire qualcosina ai tuoi a-amici?”-
-“ Non abbiate paura per me, riuscirò a tornare!”- disse Matthew con voce incrinata.
La giovane capitolina avvicinò i due tributi e li incitò a stringersi la mano.
-“ F-felici 47esimi Hunger G-games! Spero che la fortuna sia a v-vostro favore!”-
E detto questo il distretto 6 tornò silenzioso. Non un fruscio, non uno sferragliare di carrozze, non un rombare di motori. Nulla, se non qualche sospiro sommesso, una lacrima furtiva e il rumore del vento, che lambiva i volti della gente e portava via i pensieri.

E la Falce Calò.

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IL KAKTUS DI KRZYZ

Eccomi qua, dopo un sacco di tempo :)
Qui abbiamo i nostri 6 nuovi giovani!
TRIBUTI:
D4 - Cornelia Watson (Lola_Black) ; Christopher Cross (Fred_Deeks_Ben)
D5 - Eileen Stilte (musike) ; Jasper Lossman (Mr. Apricot)
D6 - Maryse Steel (darkangel98) ; Matthew Phelps (_Magika)
Incito chiunque non mi avesse ancora consegnato la scheda a muovere i sederini e a fornirmele il prima possibile, grazie!
Ora scappo, la filosofia non perdona nessuno D:
Saluti dal Kactus!
_Krzyz


 

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Capitolo 4
*** 3 - E la falce calò - Terza parte ***


E la Falce Calò
-
III Parte



- Distretto 7 -

Un vento gelido scuoteva le chiome degli alti alberi del distretto 7. La gente non smetteva mai di lavorare, c’era sempre nuova legna da tagliare, modellare, segare. E la Mietitura non era un motivo valido per fermarsi. Così nella piazza, quel giorno, sotto un cielo nuvoloso, c’erano solo i potenziali tributi e una manciata di persone che guardava i propri figli, nipoti, fratelli, o anche solo dei conoscenti, andare al macello. L’aria fredda s’insinuava tra le pieghe dei vestiti da festa dei giovani, gelando le ossa e congelando i loro cuori, impazziti per l’ansia e il timore.
Caeciliaodiava il distretto 7. Le dava i nervi. Il clima, la mancanza di pubblico alle Mietiture, la faccia sorpresa dei ragazzi, persino gli alberi. Tutto. Salì sul palco barcollando leggermente sui tacchi altissimi, avvolta in un enorme scialle di lana verde foresta per proteggersi dal freddo, reggendo l’enorme parrucca color pesca con una mano. Non era cambiato assolutamente nulla dagli anni precedenti. Afferrò seccata il microfono:
-“Benvenuti, benvenuti eccetera eccetera! Siccome mi sto letteralmente ibernando qui fuori passiamo subito all’estrazione della ragazza!”
La capitolina si avvicinò battendo i denti all’urna. Lo odiava lo odiava lo odiava!
-“Jamie Underwood!”-
Una ragazzina di dodici anni, con i capelli rossicci raccolti in due trecce, strabuzzò gli occhi e sbiancò. Si avviò mogia mogia verso i gradini che conducevano al palco, mentre una lacrima le scendeva sul viso. Prima che potesse cominciare a salire dalla fila delle quindicenni si levò un grido acuto.
-“Mi offro! Mi offro come tributo! Volontaria! Mi offro volontaria!”-
Un volontario? Un volontario? Caecilia era stupita. Finalmente le cose stavano prendendo una buona piega. Un distretto insulso come il 7 aveva un volontario!
La ragazza si avvicinò al palco. Era molto alta, per nulla formosa, dal fisico asciutto. I suoi capelli erano un disordinato ammasso di ricci color biondo cenere, non curati da molto tempo , abbastanza lunghi. Portava la frangetta corta. I suoi occhi erano blu, e spiccavano notevolmente in mezzo alla moltitudine di iridi verdi e brune  tipiche del distretto. Avvicinò il volto a quello della ragazzina, mettendosi in ginocchio per raggiungerla. Aveva un naso piccolo, leggermente all’insù, e la bocca abbastanza carnosa. Jamie potette scorgere nei suoi occhi un barlume di follia. Un brivido freddo percorse velocemente la spina dorsale della ragazzina, alla vista della collana che la strana ragazza bionda portava. Nel legno erano state plasmate teste mozzate, asce, strumenti di tortura ed erano stati legati ad un filo, che ora se ne stava appeso al collo della giovane.
-“Non preoccuparti tesoro, torna a casa! La tua mamma e il tuo papà ti staranno di certo aspettando”-
La bambina annuì con le lacrime agli occhi e tornò al suo posto, ringraziandola in silenzio. Caecilia si avvicinò entusiasta a quella che sarebbe stata il tributo femminile dei 47esimi Hunger Games.
-“Ma che giovane e coraggiosa donna abbiamo qui ! Come ti chiami?”-
-“Holly Zirkon.”-
La piccola folla radunata in piazza si scambiò occhiate sorprese. Quella ragazza era la gemella di Wood Zirkon. E Wood Zirkon era malvagia, estremamente malvagia. Era talmente cattiva che i taglialegna del distretto cominciarono a sospettare che la bambina fosse l’incarnazione del diavolo. Non era normale che una bambina di undici anni provasse piacere nel torturare e ammazzare topi, passerotti e coniglietti. I genitori delle bambine erano disperati. Non riuscivano a capire perché la figlia continuasse a divertirsi immergendo le mani nel sangue innocente di quei poveri animali. Dopo un po’ il consiglio degli anziani del villaggio la condannò al rogo. Dopo aver visto la propria gemella arsa viva al centro della piazza, Holly cominciò a dare segni di instabilità mentale fino al giorno in cui si rasò a zero la testa, sostenendo di aver visto l’immagine di Wood nello specchio. Inutile dire che tutto il 7 cercava di tenerla a distanza, avrebbe potuto diventare esattamente come la gemella. Ma Holly non era cattiva, né tantomeno coraggiosa. La gente fissava attonita la ragazza.
-“E come mai ti sei offerta volontaria, Holly? Non hai paura? ”- chiese Caecilia.
- “Certo che ho paura, ma solo un uomo senza cuore avrebbe mandato quella ragazzina al macello!”-
La capitolina non avrebbe potuto essere più soddisfatta di così. Tremando si congedò dalla ragazza e si avvicinò baldanzosa all’urna dei ragazzi, sperando in un altro volontario o in un giovane ben piazzato. Tuffò le mani congelati tra i bigliettini e , leggendo quello che aveva estratto, esclamò:
-“ Per i ragazzi, Carlos Django Velasquez!”-
Un ragazzo di 17 anni salì sul palco con finta spavalderia. Aveva la carnagione color caffelatte , gli occhi color cioccolato e i capelli molto scuri. Probabilmente lavorava come taglialegna, a giudicare dal fisico atletico e muscolosa. I suoi lineamenti erano quelli di una persona bellissima ma cresciuta troppo in fretta. Qualche risolino si levò dalle fila femminili. Aveva decisamente l’aspetto di un donnaiolo. Dietro quell’aspetto spavaldo , però, si celava un passato tormentato. La madre , Rémy , era una giovane prostituta , il padre , Django Velasquez, un cliente, e lei lo diede alla luce a soli quindici anni. Erano continuamente additati, trattati come bestie. E poi, quando Carlos aveva 11 anni, successe una cosa terribile. Rémy Axa Lafayette ricevette un mandato d’arresto per aver complottato contro il governo di Panem e venne  trascinata via dai Pacificatori sotto gli occhi del figlioletto, in lacrime. Carlos venne allora affidato all’Orfanotrofio Distrettuale, e da lì la sua vita non fu tanto meglio. Il distretto 7 di certo non spiccava per la ricchezza, e le condizioni degli orfani erano disastrose.
Caecilia arrossì di botto. Nonostante avesse almeno una ventina d’anni in più del ragazzo doveva ammettere che quel giovane era davvero un bel vedere. Si avvicinò a lui senza sentire freddo, tant’era avvampata.
-“ Vuoi dire qualcosa, mio caro Carlos?”-
-“ Proverò a tornare lottando con tutte le mie forze!”-
Aveva una voce calda , per nulla aggressiva. Caecilia si portò al centro del palco. Una volontaria e un gran bel pezzo di manzo, quell’anno non sarebbe potuto andare meglio di così!
-“Molto bene tributi! Stringetevi la mano, e possa la fortuna sempre essere a vostro favore!”-
Dopo la stretta, la folla si disperse in due minuti. Bisognava tornare al lavoro, non avevano tempo da perdere. Così la piazza si svuotò,  lasciando come colonna sonora il freddo vento che correva tra le verdi chiome , le segherie, il cozzare delle accette contro gli alberi e i cuori dei due tributi impazziti di paura.

- Distretto 8 -

Una pioggerellina fitta e fastidiosa scendeva incessante da grossi nuvoloni plumbei, che si confondevano con i neri fumi emessi dalle ciminiere. Non che fosse una novità, pioveva quasi sempre nel distretto 8, indipendentemente dalla stagione. I ragazzi si stringevano sotto i pochi ombrelli e mantelline impermeabili, cercando di non inzupparsi gli abiti da festa. La pioggia non faceva che ingrigire ancora di più il paesaggio urbano, composto da fabbriche alternate a fatiscenti palazzine di mattoni. Molti edifici erano abbandonati, coi vetri rotti e le parti metalliche coperte di ruggine. Il Palazzo di Giustizia era schiacciato proprio tra due vecchie fabbriche, e la cosa non faceva altro che accentuare la disperazione della Mietitura. Non c’era nessuno a guardare i ragazzi, nessuna madre, padre o parente stretto attorno a loro nel giorno dell’incubo. Le fabbriche non potevano fermarsi un solo minuto se non volevano finire in disgrazia. A Cassandra piaceva il distretto 8, proprio perché i pochi colori che c’erano risaltavano tantissimo in mezzo a tutto quel grigiore. I suoi occhi azzurrini correvano veloci tra le fila di ragazzi. I più vecchi avevano la sua età. Erano già due anni che faceva l’escort per quel distretto, e amava perdersi tra gli abiti coloratissimi dei giovani. Molti erano fatti con vari pezzi di stoffa, altri erano vecchi e rattoppati, altri ancora erano nuovi di pacca, a lei non importava. Cassandra li amava tutti , indistintamente. Ma lei non vestiva a colori nel giorno della Mietitura. Trovava irrispettoso nei confronti dei giovani che soffrivano sfoggiare tutta la sua ricchezza da capitolina. Quel giorno, infatti , indossava una abito nero e semplice, e si proteggeva con un ombrello dello stesso colore. Si avvicinò al microfono scostandosi una ciocca dei lunghi capelli color carota dal volto e cominciò.
-“Buongiorno! Benvenuti alla mietitura dei 47esimi Hunger Games!”-
Cassandra era molto apprezzata dalla gente dell’8, per la sua gentilezza e per il suo odio nei confronti dei Giochi. Estrasse un bigliettino colorato dall’urna femminile.
-“Seta Velour, sei gentilmente pregata di prendere posto sul palco!”-
Una ragazzina minuta si staccò dalle sedicenni e prese posto di fianco alla capitolina. I suoi capelli color ebano incorniciavano un volto da bambina dai lineamenti dolci. Due occhi color ghiaccio scrutavano con aria curiosa e distante ciò che la circondava. Sembrava dimostrare 14 anni massimo e le scarpe , probabilmente di seconda mano, le erano enormi. Tra le mani dalle dita affusolate reggeva una runa e un sacchettino , che conteneva degli aghi. Una ragazza corse fuori da uno degli edifici adiacenti e saltò sul palco, avvicinandosi in ginocchio ad un uomo dalla barba color ruggine.
-“La prego, signor Sindaco Niemily, mi faccia prendere il suo posto! So di aver superato i 18 anni, ma dev’esserci qualcosa che può fare! Il mio nome è Lana, Lana Velour, e mi offro volontaria!”-
Una mano pallida si posò sulla spalla della giovane donna disperata.
-“Tranquilla, sorella. Accetterò il mio fato, così è stato deciso. Non preoccuparti, me la caverò.”-
I ragazzi mormoravano. Possibile che sapesse quello che stava facendo? Quella era strana e lunatica, alcuni sostenevano che sapesse leggere il pensiero. Girava sempre con degli aghi o degli spilli appresso, leggeva le foglie di tè, era schiva e scontrosa e diceva cose senza senso. Voci dicevano che sua nonna era una strega. Lei non era nulla di tutto ciò. Non era distratta, non era stupida, non era pazza. Semplicemente vedeva il mondo da un punto di vista diverso rispetto a quello di tutti gli altri. Aveva però un’importante qualità, che tutti al distretto le invidiavano: l’abilità nel cucito. Le sue mani esili correvano veloci su ciniglia, raso, lino, trasformando tutto in abiti bellissimi e ricercatissimi, cuciti con le migliori stoffe in circolazione. Persino un sacco di iuta sarebbe potuto diventare un vestito da sera se a lavorarvi era quella minuta, stramba ragazzina.  Forse era il modo che aveva Seta per supplire alla mancanza di amici, per sopravvivere nella solitudine. Abbracciò la sorella Lana, rassicurandola, e si congedò da lei riaffiancandosi alla capitolina.
A Cassandra faceva sempre molto male vedere scene del genere. Lei era una persona parecchio sensibile, e fosse stato per lei non avrebbe mai scelto il ruolo di accompagnatrice. Ma sua madre era accompagnatrice e aveva insistito perché anche lei intraprendesse questa carriera. Quella ragazza era la prova che non tutti i capitolini sono senza cuore. Si asciugò di nascosto una lacrima e continuò.
-“Invece il giovane tributo maschile di quest’anno è…Osher Bonnar!”-
Le teste dei ragazzi , sovrastate da ombrelli di mille colori diversi, si voltarono in sincronia verso un giovane piuttosto alto. L’estratto si avviò verso il palco coprendosi il capo con una mantellina da lavoro arancione. Alcuni ciuffi di capelli neri spuntavano dal cappuccio, inumiditi dalla pioggia. Sul suo viso ovale spuntavano due occhi verde-azzurro enigmatici, dal taglio leggermente a mandorla. Sopra di essi, due sopracciglia scure venivano celate dai capelli ribelli. Aveva una corporatura esile, come quasi tutti nell’8. Lungo una delle sue braccia correva una cicatrice enorme, e sul volto spiccava notevolmente un taglio sulla guancia destra. Poco prima di andare alla Mietitura il padre l’aveva picchiato, come i giorni prima, d’altronde. Sua madre era morta di parto e  lui non faceva nient’altro che ubriacarsi e dargli la colpa. Per fortuna qualche volta suo fratello maggiore Johnathan lo difendeva e lo proteggeva dai pugni e dai calci che il padre gli sferrava. Proprio Johnathan vide passare vicino alla piazza, un’occhiata dispiaciuta e proseguì per la sua strada.
Cassandra chiese se ci fossero volontari per lui, ma in risposta le arrivò un eco sordo e il ticchettio della pioggia.
-“Mi dispiace. Davvero. Stringetevi la mano, su, e possa la fortuna essere sempre dalla vostra parte”-
I due giovani si strinsero velocemente la mano. Cassandra diede un abbraccio di conforto ad entrambi e guardò un’ultima volta la folla di giovani che sospiravano, avvolti nei loro abiti di mille stoffe diverse. E lasciò solo le ciminiere fumanti, il rumore delle macchine da cucire, le case fatiscenti e la pioggerellina lieve ma intensa che l’aveva accolta appena arrivata e che la salutava mentre se ne andava.

- Distretto 9

La gente arrivava a gruppi, silenziosa. Bambini tenuti in braccio dai fratelli maggiori, sorelle che si stringevano l’una all’altra, qualcuno un po’ troppo sicuro di se e qualcun altro che si trascinava, tant’era preoccupato. Chi vestito bene, chi meno, chi di vestiti quasi non ne aveva, chi aveva una stampella perché era senza gamba e chi correva per togliersi il pensiero, tutti in un’unica piazza, sotto il sole mite che caratterizzava il distretto 9. Le spighe frusciavano al vento creando onde dorate nei campi circostanti, punteggiati qua e la dal rosso dei papaveri. Una brezza leggera scompigliava le elaborate acconciature  delle ragazze.
-“Benvenuti, ragazzi, alla Mietitura dei 47esimi Hunger Games!”-
A parlare era stata Lartia, l’accompagnatrice che estraeva i tributi del distretto 9 da quando si aveva memoria. Grazie alla chirurgia estetica avrebbe potuto dimostrare non più di 30 anni, ma la sua voce era quella di una donna che cominciava a sentire il peso della vecchiaia. Quell’anno sfoggiava un pomposo abito con dei buffi motivi floreali e sugli zigomi aveva tatuati dei fiori di pesco. Sulla complessa parrucca rosa tenue sbucavano dei rami fioriti a mo’ di corna. La donna si avvicinò all’urna femminile con mille piccoli passettini impettiti, estrasse un biglietto e trillò:
-“La fortunata di quest’anno è Amethyst Rowe! Cara, sei pregata di raggiungermi sul palco!”-
Tutti gli sguardi del distretto erano puntati su una ragazza minuta allineata nella fila delle diciassettenni. Aveva gli occhi sbarrati e respirava in modo affannoso. Con passo strascicato si affiancò a Lartia, cercando di risultare il più calma possibile. Aveva dei lunghi capelli color caramello e portava la frangetta. Sul suo viso pallido spuntavano due iridi verde scuro. Qualche lentiggine faceva capolino sulle gote e sul naso. Era piuttosto bassa per la sua età, ma non era gracile.
Pensava a sua madre, Amethyst. E a suo padre. E a Leroy e Cam, i suoi fratelli maggiori, e al tempo che passava con loro nei campi di frumento. E li vedeva sbiadire, come quando si fa cadere un disegno in un torrente e l’acqua si porta via l’inchiostro , cancellando l’opera.
Lartia si complimentò con lei e proseguì, sentenziando il nome dello sfortunato ragazzo.
-“Il nostro uomo invece è Aleksei Devon Spencer! Forza, giovanotto, vieni qui!”-
Dal fondo della schiera dei ragazzi arrivò inveendo un giovane altissimo. La sua corta zazzera color carota , spettinata e disordinata, spiccava notevolmente tra gli abiti grigi e consumati e i capelli scuri tipici del 9. Era ben piazzato, non eccessivamente muscoloso, con le spalle larghe. I suoi occhi erano due foglie di menta luminose e chiarissime, contornati da ciglia lunghe e chiare. Possedeva un naso diritto e zigomi alti e pieni. Il volto era spruzzato di lentiggini e tutto il suo corpo era coperto di cicatrici.
Avrebbe potuto farcela. Aveva 18 anni e mezzo, questa Mietitura sarebbe stata l’ultima. Invece ora era la, sul palco, chiamato tributo. Ricorda ancora quando, a tredici anni, sua sorella May era stata estratta ed era perita sotto la spada di uno dei suoi alleati, alla finale. Suo padre era un vincitore, un grande uomo. May era una perdente. Così gli aveva detto un ragazzino tre anni fa. Aleksei gli aveva tagliato la testa di netto, con una falce.
Poi risse, risse e ancora disse, dalle quali usciva con qualche livido, ma sempre vincitore.
E poi c’era Reina. Reina, la sua fiamma, così fragile che avrebbe potuto spezzarla con un dito se avesse voluto. Sapeva che il suo atteggiamento le avrebbe fatto del male, sapeva che prima o poi si sarebbe spezzata. Quindi non si impegnava, non voleva portare avanti una relazione senza futuri, ma Reina…
La voce trillante di Lartia interruppe il filo dei suoi pensieri.
-“Vuoi dire qualcosa, caro?”-
Aleksei strinse i denti e non rispose.
-“Non ho sentito, puoi ripetere?”-
-“… ‘fanculo.”-
Lartia si ritrasse, offesa. Si sistemò un ramo e , stizzita, si avviò al centro del palco, strillando nel microfono:
-“Felici Hunger Games, mio caro distretto 9, e possa la fortuna essere sempre, sempre, sempre a vostro favore!”-
Così cominciava la nuova vita di Amethyst e Aleksei, con una brezza leggera, un giorno mite e un mare di spighe mature d’oro come la gloria e di papaveri rossi come sangue.

E la Falce Calò.

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IL KACTUS DI KRZYZ
Ecco a voi anche le Mietiture dei distretti 7-8-9! :)
Riepilogo di fine capitolo:
TRIBUTI
D7 - Holly Zirkon (maple) ; Carlos Django Velasquez (Lady Luna Rose)
D8 - Seta Velour (kirlia) ; Osher Bonnar (_mik_, siccome non avevi specificato il nome del fratello l'ho inventato io, scusa D:)
D9 - Amethyst Rowe (PervincaViola) ; Aleksei Devon Spencer (Iamthedandelion)
Spero di aver reso giustizia ai vostri ragazzi, e chiedo perdono in caso non ci fossi ruscita!
Un ultima calata di falce e poi si comincia! :)
Un abbraccio!

_Krzyz

 

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Capitolo 5
*** 4 - E la falce calò - Quarta parte ***


 

E la Falce Calò
-
IV Parte

 

- Distretto 10 -

I verdi pascoli del distretto 10 si srotolavano per kilometri, coperti da un sottile mantello nevoso. Il cielo grigio chiaro continuava a far cadere piccoli fiocchi gelati che si attaccavano ai tetti delle case, ai manti degli animali, al terreno freddo. La neve sciolta sulle strade sterrate aveva formato una poltiglia fangosa e appiccicosa, che impediva ai carri di passare. Nella piazza del distretto centinaia di giovani si ritrovavano schiacciati l’uno contro l’altro, avvolti in mantelli di pelo e giacche di lana, a proteggersi dal freddo. Dal palco, Justitia fissava la moltitudine di persone accalcate, scrutandoli silenziosa da dietro gli occhiali tondi dalla montatura in oro. Era da molto che quella capitolina estraeva i tributi del distretto 10, e ogni anno sembrava più vecchia e più scontrosa di quello precedente. Aveva i capelli lunghi e grigi, tranne per qualche ciocca bordeaux qua e la, raccolti in una complessa acconciatura che la faceva sembrare ancora più severa di quanto non fosse. Aveva un trucco insolitamente leggero per un’abitante di Capitol City, giusto un po’ di rossetto. Se ne stava avvolta in un mantello di pelliccia bianca leopardata, seduta su una sedia imbottita di velluto rosso. Che gente miserabile e priva di classe, quella del 10! Pastori e allevatori sporchi , sudici e ignoranti! Justitia mal sopportava quel posto, ma non c’era verso di schiodarla da li. Si alzò e con passo rigido si avvicinò al microfono. Con voce severa e composta cominciò:
-“Buongiorno, abitanti del decimo distretto. E’ per me un onore e un privilegio darvi il benvenuto alla Quarantasettesima Edizione degli Hunger Games.”-
Si avvicinò all’urna femminile, impettita e rigida. Lentamente vi infilò una mano e lesse il nome della sfortunata.
-“Signorina Valerie Elise Frieda Orwell, è pregata di raggiungermi velocemente.”-
No. No. No. Valerie era fuori di se. Lei non doveva essere estratta, lei non poteva essere estratta! Essendo la nipote del Sindaco , la diciassettenne non aveva mai preso tessere, non un singolo biglietto in più era stato messo nell’enorme boccia di vetro per lei. Eppure ora sarebbe dovuta andare a scannarsi in un’Arena per il divertimento degli stupidi capitolini! Maledizione, c’era una possibilità su un milione di venire estratte, perché proprio lei? Si avvicinò al palco a denti stretti, serrando i pugni a tal punto che le nocche sbiancarono. La neve si adagiava lentamente sui suoi soffici capelli color grano, lunghi e ben curati. Sul suo viso da bambola di porcellana si stagliavano due grandi occhi verde prato, contornati da ciglia lunghe. Un naso piccolo e due labbra rosee, velate da un filo di lucidalabbra, completavano il ritratto di quella che sembrava essere una bambolina in carne ed ossa. Salì i gradini che conducevano al palco battendo pesantemente i piedi e si affiancò alla capitolina.
Justitia inarcò un sopracciglio, vedendo lo sguardo torvo della giovane, ma non ci fece caso. Con passo cadenzato si preparò ad estrarre il ragazzo.
-“Signorino Barry Rogers, raggiunga la sua compagna di distretto immediatamente.”-
Valerie sgranò gli occhi. Era colpa di quello, era senz’altro colpa di quello se lei si trovava su quel palco ne era sicura! Barry salì sul palco, curvando le labbra carnose in un sorriso beffardo. I suoi occhi , sottili e a mandorla , profondi come pozzi, erano ora fissi sulla ragazza. Due sopracciglia folte li mettevano in ombra ed erano a loro volta celate dalla foltissima chioma di capelli scuri e mossi, che portava lunghi e ribelli. Un filo di barba percorreva il viso squadrato, ma non troppo. Dietro l’orecchio era visibile una sigaretta. Era molto alto e dal fisico asciutto.
-“Buongiorno, dolcezza!”- disse Barry rivolto a Valerie, ma la bionda rispose solamente trucidandolo con lo sguardo.
Quel maledetto bastardo! E pensare che lei una volta ci stava male per lui!
Perché quei due non erano estranei. C’è stato un tempo in cui quei due si amavano. A modo loro, battibeccando, litigando, avendo sempre qualcosa da ridire l’uno dell’altra, ma si amavano. Era una cosa strana, la loro storia, un giorno erano insieme, il giorno dopo non lo erano più.
Si erano conosciuti alla scuderia del fratello di Barry, Daniel, per il quale Valerie aveva preso una sbandata pazzesca.  Così si recò in quel posto per affittare un cavallo, con lo scopo di compiacere Daniel . Però, una volta giunta al maneggio, ad accoglierla non ci fu il suo sogno proibito , ma il fratello minore di quest’ultimo, Barry, che fumava immerso in una sacrosanta beatitudine, rischiando di dare fuoco a tutta la scuderia. Rimanendo delusa da ciò, affitta comunque un cavallo,  fingendosi un’esperta cavallerizza. Comincia a darsi delle arie e a pavoneggiarsi, facendo parzialmente girare le scatole al moro. Ma il caso, o la sfiga, volle che Valerie quel giorno cadesse da cavallo e piantasse il culo per terra tra le risate del ragazzo. La ragazza, seccata e piccata da quell’essere, si alzò e gli sputò in faccia quello che pensava, rispondendogli per le rime, per poi andarsene infuriata.
Da li una cosa tira l’altra e presto i due cominciarono a frequentarsi, senza smettere di puntigliarsi a vicenda, e dopo un po’ la cosa evolse in una storia d’amore un po’ strana, fatta di litigi, malizie, paroline dolciose nascoste e insulti che non stanno ne in cielo ne in terra, un tira e molla continuo. E tanto ma tanto porno.
Fino a quando , durante una festa paesana, Valerie scopre Barry imboscato in un fienile con una brunetta che non aveva mai visto. Da allora i due si odiano a vicenda, non sopportano l’uno la vista dell’altro e  si urlano in faccia appena si incontrano per strada. Siccome tutto ciò non bastava, ora arrivano anche gli Hunger Games a complicare le cose!
Il moro prese posto vicino alla capitolina. Si sfilò la sigaretta dall’orecchio sbuffando e pescando un accendino dalla tasca del suo giubbotto di pelle nera. Provò ad accenderlo un paio di volte, ma quel dannato coso non voleva saperne di funzionare. Si rivolse a Justitia chiedendole, con spavalderia:
-“ Scusami, signora Cosa, hai mica da accendere?”-
La capitolina lo fulminò e rispose severamente:
-“Non rivolgerti a me con quel tono, signorino. E in ogni caso no, non ho nulla.”-
-“Ok, sorella, ma stai calma, eh!”-
Justitia alzò gli occhi al cielo, trascinando via i due tributi, che avevano cominciato ad insultarsi sottovoce, e lasciò il distretto 10 in un limbo silente, coperto da un filo di neve , che scendeva fredda e bianca come la morte.

- Distretto 11

C’era paura, negli occhi dei ragazzi del distretto 11. Se ne stavano spalla a spalla nella piazza davanti al Palazzo di Giustizia, troppo piccola per contenere tutte quelle giovani anime spaventate. Un sole caldo brillava in un cielo senza nuvole, mentre in sottofondo si udivano gli schiamazzi e i rumori della gente che non poteva smettere di lavorare neanche un minuto, se ci teneva alla pelle. Sterminati frutteti si alternavano a campi e si srotolavano a vista d’occhio.
Jules era elettrizzato. Era un famoso teatrante di Capitol City, offertosi come accompagnatore per girare fra i distretti e percepire quel senso di folle dramma che tanto amava. Le sue gambe tremavano e non riusciva a fare a meno di continuare a toccarsi la chioma color canarino. L’emozione , la tensione….si avvicinò esaltato al microfono!
-“Bonjour, distretto 11, e benvenuti a questi meravigliosi 47esimi Hunger Games? Cosa vi aspetterà? Paura, sofferenza, amori, gloria? Chi può dirlo! Bien, e ora la nostra fortunata estratta è…”
Le ragazzine allineate trattennero il fiato, sperando con tutto il loro cuore di non essere estratte.
“… Mademoiselle Iris Phoenix! Sublime!”-
La quindicenne sgranò gli occhi verdi, mettendo in evidenza la corona dorata che le circondava le pupille.
Era probabile che venisse estratta, lo sapeva. Sapeva che però vincendo avrebbe guadagnato molti soldi. E molti soldi significavano salvare sua zia dalla morte, dato che era malata di malaria. Sua zia, tutta la famiglia che aveva. Suo padre era morto schiacciato da un ramo quando lei era piccola, e sua sorella era andata a sostituirlo al lavoro. Purtroppo aveva preso le tessere e venne estratta per gli Hunger Games. Inutile dire che se sei una dodicenne proveniente da un distretto remoto la fortuna non è esattamente a tuo favore. La ragazzina infatti morì quasi subito. La madre di Iris, depressa per la morte della figlia maggiore, si lasciò andare e pochi mesi dopo se ne andò anche lei. Rimasta sola, la ragazzina andò a vivere con la zia. E poi, l’ennesima tragedia: sua zia si ammalò di malaria, a causa delle pessime condizioni igieniche che c’erano al distretto.
Iris cercava sempre di fare ciò che poteva per aiutare sua zia, lavorando nei frutteti e vendendo erbe medicinali di contrabbando per guadagnare qualche spicciolo in più, ma le molte tessere non giocavano a suo favore.
In pochi secondi il suo sguardo tornò impassibile e la quindicenne prese posto di fianco a Jules. I suoi capelli erano castani , portati in una coda di cavallo. Per la Mietitura aveva usato il succo di alcune bacche particolari per tingersi una ciocca di capelli di colore blu elettrico. Indossava una camicia azzurro scuro, di sua zia, aperta su una canottiera verde, dei pantaloncini blu e dei sandali di cuoio.
-“Ma che belle fille che abbiamo qua! Vuoi dire qualcosa, mon chéri ?”-
Iris scosse la testa.
La tensione, la freddezza dello sguardo di quella ragazzina, tutto così Poetico!
-“Non importa, mademoiselle! E ora…il nostro coraggioso ragazzo! Signore e signore…Monsieur Quintus Maddox!”-
Un ragazzo , assopito nella fila dei diciassettenni, si svegliò di soprassalto trovandosi un centinaio di occhi piantati addosso.
-“Monsieur Quintus Maddox?”-
-“Chi?Maddox”- rispose il ragazzo.
-“Oui, ho detto Maddox!”-
-“Quale?”-
-“Come quale?! Mon dieu, Quintus Maddox!”-
-“Sicuri che sia proprio Quintus? Ce stanno tanti altri Maddox! C’è Zwei , Tris , Fourth… Primus no, poraccio, è schiattato in un’edizione precedente!”-
 -“Ho detto Quintus Maddox, Sacre Bleu!”-
-“Ma chi è Quintus Maddox, sicuri che esista?”-
La folla cominciò a sbellicarsi dalle risate.
-“BASTA! Pacificatori, trascinate qui quel Quintus Maddox, ORA! Mon dieu, che esasperazione!”- urlò Jules.
Il ragazzone venne trascinato da due pacificatori sul palco. I suoi capelli erano color arancione acceso , pettinati a casaccio, difficili da non notare in un mare di pelli olivastre e chiome scure. Gli occhi di Quintus erano di un verde bellissimo, grandi e allungati. Il suo viso , ovale e scarno, dagli zigomi sporgenti, è tempestato di lentiggini, così come le spalle. Il suo naso era curvato verso il basso e aveva le labbra fini. Alto all’incirca un metro e ottanta, possedeva un fisico magro, dai muscoli ben delineati ma non eccessivi. Aveva due piercing ad orecchio e la pelle era inchiostrata di vari colori per via dei  moltissimi tatuaggi. Quello che si notava di più in assoluto era la scritta , fine e per nulla volgare, che recitava profeticamente “SUCK MY DICK”, impressa sulle nocche delle mani.
-“ Oh, finalmente! Vuoi dire qualcosa, Monsieur Maddox?”
-“Lasciamo stare le parole! Volete vedere qualcosa di veramente grosso?”- disse , sarcastico, mentre si slacciava la cintura.
Jules, offeso, lo colpì in testa con l’asta del microfono, facendolo svenire. Cercando di recuperare un minimo di dignità esclamò:
-“ Felici Hunger Games! E possa la fortuna essere toujours a vostro favore!”-

- Distretto 12

Polvere. Polvere nera. Polvere di carbone, che veniva trascinata da un vento tagliente  nelle strade deserte del distretto 12. Lacrime che scendevano lungo i visi di centinaia di madri, padri, bambini, ragazzi. Perché nel 12 un’estrazione alla Mietitura equivaleva a una condanna a morte, a un biglietto di sola andata per il macello. I ragazzini stavano in file composte sotto un cielo grigio. Ma non una goccia d’acqua scendeva a lavare via la paura, e le uniche cose che quel giorno si muovevano erano le chiome degli alberi e i capelli delle persone. E la polvere di carbone, mossa dal vento.
-“Benvenuto, popolo, a questa meravigliosa Mietitura! Che gran giorno, eh?”-
A parlare era stata Marthia, storica accompagnatrice del distretto delle miniere, quest’anno avvolta in un accecante abitino rosa fluo e con una altrettanto accecante parrucca fucsia sulla testa. Era una donna vivace e insopportabilmente positiva, e la maggior parte delle persone pensava che non avesse un minimo di cervello. E probabilmente era così.
-“Sono giunta, come sempre, da Capitol City per estrarre e guidare due giovani verso la gloria! E dunque , senza indugiare oltre, è per me un onore comunicarvi che la ragazza fortunata è…”
Pausa. Una pausa interminabile e silenziosa, l’unico rumore era la moltitudine di cuori impazziti, per paura o per amore, delle ragazze.
-“…Annalisa Vinkler!”-
Una ragazza si staccò dalla fila delle sedicenni e salì velocemente sul palco, venendo accolta da Marthia. Di statura media, la giovane aveva lunghi capelli neri ricciuti , dalle punte colorate di blu, probabilmente con una qualche erba o polvere di pietre speciali, e occhi grigi, grandi. Era magra, ma per nulla gracile, e tonica. La sua pelle era olivastra, “da Giacimento”, come dicevano gli abitanti nel distretto.
Tutti al distretto sapevano della sua famiglia. Erronamente, i coniugi Vinkler vennero accusati di complottare contro Capitol City, e vennero trascinati via dai Pacificatori quando Annalisa aveva solo 9 anni. Sua madre , prima di venire portata via per sempre, le disse : -“Nali, piccola mia, tu devi essere forte. Vivi, resisti, lotta con tutte le tue forze e non lasciarti mai andare!”-
E Annalisa aveva resistito, vivendo sola, cacciando qualche piccolo animale per nutrirsi.
Marthia le si avvicinò.
-“Ma che ragazza meravigliosa! Che vuoi dire al tuo distretto, mia cara?”-
-“Che tornerò! Tornerò per mia madre!”-
-“Così mi piaci! E ora il ragazzo è… Raphael Dustfleet!”-
Un dodicenne si avvicinò al palco tremando come una foglia, incontrollatamente. I suoi capelli rosso fuoco lo facevano sembrare ancora più bianco di quanto non fosse. Gli occhi erano sbarrati e vuoti. Marthia gli strinse la mano, ma lui subito si accasciò a terra.
-“Mio dio! Qualcuno lo aiuti! Aiuto!”-
Ma non c’era nulla da fare, Raphael era deceduto per un attacco di cuore. Una lacrimuccia scese lungo la guancia dell’accompagnatrice, che estrasse un fazzoletto da una tasca e disse con voce spezzata.
-“Che cosa orribile, la morte di un ragazzino così piccolo…ma lo show deve andare avanti! Il nuovo tributo dunque è…Charlie Stevenson! Forza, caro!”-
‘Boom’.
Questo era il soprannome di Charlie, ‘Boom’.
‘Boom’ aveva fatto il ragazzino dai capelli rossi mentre si accasciava sul pavimento di assi del palco, morto.
‘Boom’ aveva fatto l’esplosione che aveva strappato la vita a suo padre e a suo nonno.
‘Boom’ faceva l’hovercraft che aveva portato via sua madre,perché venne beccata nei boschi a cacciare.
‘Boom’ piangeva sua sorella Leslie, di tredici anni, mentre scoppiava in un pianto disperato.
‘Boom’ urlava sua nonna, l’unica parente che gli era rimasta oltre a Leslie.
E ‘Boom’ aveva risuonato la voce della capitolina che gli intimava di salire sul palco.
Il quindicenne si trascinava, affiancandosi alla vivacissima accompagnatrice. Era alto, fisico asciutto ma non denutrito. Aveva una zazzera corta di capelli scuri e la classica pelle da Giacimento. Ma i suoi occhi…i suoi occhi erano azzurri, con qualche pagliuzza gialla, ereditata da sua nonna che era originaria del Centro. L’unica fortuna che aveva avuto era quella di avere una nonna che possedeva un negozio di biancheria, e quindi di non aver mai sofferto la fame.
Ma era una fortuna misera, considerando le mille sventure che lo avevano colpito.
-“Splendido!”- sentenziò Marthia. –“Vuoi dire qualcosa caro?”-
-“…Leslie, ti prometto che tornerò…Boom…”-
I due tributi si strinsero la mano.
-“Felici Hunger Games! Spero possiate entrambi tornare vincitori!”-
Tornarono vincitori, due del 12. Ma quella è un’altra storia. E ora nel 12 rimanevano solo sollievo per chi non era stato estratto, disperazione per i familiari e un cielo plumbeo. E Polvere.

E la Falce Calò, un'ultima volta.

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IL KACTUS DI KRZYZ

E finalmente abbiamo finito le Mietiture! Ricapitolando, i tributi e i rispettivi proprietari sono:


D1 - Luxury Spark (emily_me) ; Bitt Lee Jeuse (Tinkerbell92)
D2 -  Maysilee Leanna Mathilda Bianca Swan (_cashmere); Zachary Twins (Fyamma)
D3 - Evelyn Wring (Bolide Everdeen) ; Kyte Densmith (Claireroxy)
D4 - Cornelia Watson (Lola_Black) ; Christopher Cross (Fred_Deeks_Ben)
D5 - Eileen Stilte (musike) ; Jasper Lossman (Mr. Apricot)
D6 - Maryse Steel (darkangel98) ; Matthew Phelps (_Magika)
 D7 - Holly Zirkon (maple) ; Carlos Django Velasquez (Lady Luna Rose)
D8 - Seta Velour (kirlia) ; Osher Bonnar (_mik_)
D9 - Amethyst Rowe (PervincaViola) ; Aleksei Devon Spencer (Iamthedandelion)
D10 - Valerie Elise Frieda Orwell (Ivola) ; Barry Rogers (pandamito)
D11 - Iris Phoenix (Blackswan Hawthorne) ; Quintus Maddox (wackymacky)
D12 - Annalisa Vinkler (Annalisa_Nali) ; Charlie Stevenson (_12)

Teneteli bene a mente perchè dal prossimo capitolo iniziano le sponsorizzazioni!
Proprio così :D le modalità le spiegherò più avanti!

Inoltre do ufficialmente il via al concorso"Crea un mentore"! Esatto, siccome non so che pesci pigliare coi mentori potete crearne uno voi, a patto che inviate la scheda entro una settimana (altrimenti li faccio io)  :)
Potrenno crearla sia chi non ha tributi sia chi ne ha (però se ne avete non potete creare i mentori dello stesso distretto del vostro tributo!). Alcuni saranno già fatti.
La scheda è :

Nome:
Cognome:
Edizione vinta:
Distretto:
Aspetto fisico (per favore, siate realistici D:) :
Tattica:
Atteggiamento verso i tributi:

I mentori disponibili ancora sono:
D1- /
D2 - / e M
D3 - F e M
D4 - Mags - /
D5 - solo M (la femmina è occupata perchè sennò la storia non si sviluppa!)
D6 - /
D7 - /
D8 - / - Woof
D9 - / e M
D10 - / e M
D11 - Seeder - M
D12 - /

Questo NON è al fine di ricevere più recensioni, se volete creare un mentore mi mandate la scheda per MESSAGGIO PRIVATO!

Oh, nel prossimo capitolo ci sarà la sfilata, dunque se volete un abito particolare non esitate a contattarmi!
Grazie mille per le recensioni, le preferite, le ricordate e le seguite! Grazie davvero!
Alla prossima!
Un abbraccio e Saluti dal Kactus! :D
_Krzyz

 

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