Amores - La Seramide Del Nord di Michelle Verace (/viewuser.php?uid=553846)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: 29 febbraio 1782, Pietroburgo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo: 13 dicembre 1762, Pietroburgo; 2 maggio 1772, Mosca ***
Capitolo 1 *** Prologo: 29 febbraio 1782, Pietroburgo ***
Questa storia nasce da
un’idea. Particolarmente amante della Russia del
seicento/settecento, e soprattutto di Caterina La Grande, ho deciso di
scrivere qualcosa interamente dedicato a lei e alla sua
personalità ambigua e controversa (secondo gli storici).
Ho soltanto qualche premessa importantissima
da fare: l’inserimento dei due protagonisti, Lev e Anija,
all’interno della fiction, ha comportato rilevanti modifiche
riguardo al processo storico; perciò, molti avvenimenti - di
cui parlerò poi nei capitoli specifici per non fare spoiler
- non sono veramente accaduti. Questa è un’opera
di fantasia, volta al sol scopo di raccontare uno sprazzo di vita di
una donna che ha rivoluzionato completamente una nazione.
La fiction sarà divisa in due parti:
la prima riguarderà i personaggi principali, quali Caterina
La Grande, Lev e Anastasia; la seconda, invece, si
svilupperà in modo totalmente diverso, a partire dal
differente periodo storico in cui è collocata. Ma questo
è un particolare che approfondiremo più avanti,
nel corso della narrazione.
Specifico, inoltre, che, nonostante abbia inserito
il rating arancione, saranno presenti alcune
scene di sesso (non propriamente descrittive), e soprattutto particolari
episodi che potrebbero turbare la sensibilità dei lettori.
Ulteriore avviso: siccome ho un’altra fic “in
corso”, mi farebbe davvero piacere sapere se
questa vi ha incuriosito; se trovate che
l’idea sia banale o non abbia suscitato particolarmente la
vostra attenzione, gradirei saperlo (anche tramite
messaggio privato qui su EFP, su Facebook o su Ask). Prima di lasciarvi,
approfitto della situazione per invitarvi a leggere la
mia prima storia, Duo cerebra, di cui ho pubblicato
già i primi capitoli.
A
m o r e s
⁓⁓
L a
S e r a m i d e d e l N
o r d
di Michelle
Vérace
«Nitimur in
vetitum semper cupimusque negata.»
─
III, 4, 17, Amores, Ovidio ─
P r
o l o g o
29 febbraio 1782,
Pietroburgo
Mio caro
Síevers,
è con grande gioia che rispondo alla vostra
lettera.
È da anni ormai che non mi giungono nuove sul
vostro conto e, come vi è dato sapere, gli impegni di
un’imperatrice sono di un’importanza tale che si
trovano ben al di sopra di ogni altro che riguardi il privato.
Immaginate la mia sorpresa, quindi, quando un paio di giorni
addietro, è venuto a pormi i suoi più sentiti
omaggi, qui a corte, un vostro ex compagno della Guardia, il comandante
Popov, e il mio piacere nel recapitare le vostre missive.
La mia mente e il mio cuore non riuscivano a darsi pace; ed
il ricordo del nostro ultimo incontro, avvenuto nel lontano inverno del
1776, mi ha perseguitato per così tanto tempo che la mia
memoria, adesso, nonostante risenta di tutto ciò che
è accaduto nel corso della mia vita, porta ancora con
sé quei momenti trascorsi insieme, come se non fossero altro
che istanti di un eterno presente.
Ci siamo lasciati con la speranza di rivederci presto; e
invece questa speranza, ben presto, si è trasformata in
un’amara illusione, un’illusione che, in gran parte
e nell’incoscienza dell’animo, è
riuscita ad alleviare tutti quei macigni che ogni giorno ero costretta
a trascinare sulla mia schiena già afflitta e sempre meno
resistente col trascorrere del tempo.
A quegli anni il mio cuore era ancora giovane.
La mia spregiudicatezza e la mia voglia di vivere e di
assaporare il mondo con i miei occhi mi impedivano di comprendere
ciò che era ben più importante dei miei stessi
desideri.
Sfuggiva a me stessa il compito di una vera imperatrice.
E voi sapete meglio di chiunque altro quanto detesti la
violenza. In ogni circostanza ho sempre preferito seguire la via della
dolcezza e della moderazione.*
Ma c’è stata un’occasione in
cui ho dato ben mostra di quanto poco credessi, all’epoca, o
meglio, quanto poco fossi stata fedele a questi miei medesimi principi;
c’è stata un’occasione in cui sono
venuta meno ai miei doveri, e ho lasciato al mio rammarico e alla mia
rabbia di prendere il sopravvento sulla mia autorevolezza.
Perché c’è una cosa sulla
quale vi ho mentito, mio caro Síevers.
Ho avuto due grandi amori nella mia vita, e uno di loro mi ha
tradito...
NOTE FINALI.
È divertente il fatto che le NdA siano molto più
lunghe del prologo stesso ma, per esigenze di narrazione, siccome ho
dovuto dividere il prologo/lettera a metà, su alcune cose
è bene che vi faccia chiarezza io ─ onde evitare spoiler
spiacevoli.
Partiamo da Caterina La Grande: non vi scriverò la sua
intera biografia; chi volesse saperne qualcosa in più per
avere un’idea più chiara del periodo storico in
cui ci troviamo invito a leggere QUI, però le cose
essenziali è meglio che le sappiate.
Nata a Stettino il 2 maggio del 1729, dal principe Cristiano Augusto di
Anhalt Zerbst e da Giovanna di Holstein-Gottorp, fu battezzata coi nomi
di Sofia Amalia Federica. Sulla sua personalità sappiamo
poco e tanto; era una ragazzina dal carattere vivace, estroverso e
cocciuto, in alcuni momenti anche impudente. Aveva una
curiosità innata che i suoi coetanei non possedevano, non
amava le bambole, trastullo consueto della bambine, preferendo giochi
meno tranquilli, a volte pericolosi. Non era bella, nel vero senso
della parola, ma la sua intelligenza, la sua lungimiranza, la sua
sicurezza e la sua determinazione, nel corso della sua vita, riuscirono
a catturare l’attenzione di un gran numero di uomini, la
maggior parte divenuti suoi amanti. A quattordici anni fu chiamata a
Pietroburgo, essendo stata prescelta dalla zarina Elisabetta Petrovna,
per sposare il nipote di lei, il granduca Carlo Pietro Ulrico, erede al
trono russo. Sofia abbracciò la religione ortodossa,
nonostante sapesse che il padre, luterano convinto, ne avrebbe sofferto
e assunse il nome di Ekaterina Alekseevna: il matrimonio avvenne
nell'anno 1745. L'unione non fu felice e probabilmente non fu mai
consumata. Pietro, oltre ad essere brutto, col volto devastato dal
vaiolo, era maniaco brutale e quasi certamente impotente, e inoltre
cominciò a mostrare un'inspiegabile avversione per la
moglie. La trascurava e si circondava pubblicamente di donne di ogni
sorta, volgari e poco avvenenti, umiliandola ogni volta che gli si
presentava l'occasione propizia. Quando Pietro prese il posto della
zia, diventando imperatore, e cominciando a tiranneggiare tutti quelli
che gli capitavano a tiro, Sofia capì che era il momento di
intervenire. Approfittando del malcontento che serpeggiava nella
Guardia e nei circoli di corte, anche per le idee filo-prussiane che
Pietro ostentava, capeggiò la congiura del 1762, con l'aiuto
dei fratelli Orlov e altri, che detronizzò il consorte.
Questi fu imprigionato e morì strangolato in carcere. Il 22
settembre del 1762 Caterina fu incoronata imperatrice, a Mosca: ormai
era padrona assoluta del campo ma non esultava, in cuor suo sapeva
troppo bene che non era stato facile prendere il potere, ancor meno
sarebbe stato mantenerlo**.
Amores è
ambientata più di un decennio dopo l’inizio del
suo regno; nel 1774, con la pace di Kücük Kainarge,
che concedeva alla Russia le steppe meridionali fino al fiume Bug, si
concluse la prima guerra tra la Turchia e la Russia, con la conseguente
vittoria di quest’ultima, per la spartizione della Polonia.
In questo periodo, Caterina ha quarantacinque anni, mentre il cavaliere
della Guardia Imperiale, Lev, ne ha ventiquattro, (poco meno della
metà degli anni di lei, quindi). Ora so che tutti gli amanti
della nostra imperatrice fossero pressoché suoi coetanei, ma
immaginiamo che si sia presa una bella “cotta” per
un giovane avvenente e straordinariamente maturo per la sua
età. Sul personaggio di Lev (e anche su quello di Anastayia)
ho deciso di far luce nel prossimo capitolo, quando verranno entrambi
presentati.
Adesso aspetto un vostro giudizio e più consensi per andare
avanti con questa storia. Se non dovessi averne, entro una settimana la
cancellerò. Non è molto facile da scrivere, e
siccome ho un’altra originale in corso portarne avanti due
è piuttosto difficile. Proprio per questo, vi invito ancora
una volta a commentare.
Al prossimo capitolo,
Michelle
Vèrace
*:
«Sapete meglio di chiunque altro quanto detesti la violenza.
In ogni circostanza ho sempre preferito seguire la via della dolcezza e
della moderazione». I diritti di questa frase
vanno proprio a Ceterina, in una delle sue lettere al suo amico e
consigliere Síevers.
**: La maggior parte della biografia di Caterina La Grande è
stata ripresa da quella che trovate a questo link.
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Capitolo 2 *** Primo capitolo: 13 dicembre 1762, Pietroburgo; 2 maggio 1772, Mosca ***
P r
i m o c a
p i t o l o
13 dicembre 1762,
Pietroburgo
Dio
l’aveva chiamata Sofya ma per tutta la Russia era solo
Ekaterina.
Troppo spesso, in quei lunghi anni, tra le mura imponenti del Palazzo
Imperiale, aveva dimenticato il suo vero nome.
Disseminato sotto un’altissima pila di documenti;
così lo ricordava.
Incastrato, bloccato, fervente di vita e animato dal desiderio di
conoscenza, spesso schiacciato dall’inettitudine dei suoi
stessi istitutori.
«Sofya? Sofya, principessa Sofya?»
Quelle parole erano incessantemente accompagnate da un cipiglio di
sufficienza, come a voler sottintendere che la sua anima era dannata.
Le persone che le stavano intorno erano troppo incapaci di
comprenderla; più di quanto ricordasse, il pastore
protestante Herr Wagner*, incaricato di impartirle tutte le nozioni di
geografia, storia e noiosi passi della Bibbia, aveva mortificato la sua
indole ottimista e solare con i suoi discorsi sull’inferno e
sulla cattiveria del mondo e di coloro che lo abitavano, sottoponendo
la sua volontà al suo volere. Sua madre, suo padre, perfino
i suoi fratelli… nessuno aveva mai visto alcunché
di particolare in lei, né era mai andato oltre le apparenze.
Non era bella, aveva le labbra troppo sottili, il naso piuttosto
adunco, gli occhi troppo grandi e lo sguardo incuteva assai soggezione.
Chi avrebbe mai potuto sposarla? Amarla, addirittura?
E, nonostante ciò, neanche il più acuto di tutti
riusciva a scorgere in lei il più lieve barlume di chi
sarebbe diventata un giorno.
Credevano che sarebbe morta lì dentro, attorniata da uno
stormo di avvoltoi sempre pronti ad assalirla, qualora avesse commesso
anche solo un passo falso; pensavano che non avrebbe fatto la
differenza, che sarebbe stata incapace di rivoluzionare il mondo.
Troppe volte la gloria e gli onori erano stati privilegiati agli
uomini…
E invece ora sedeva sullo stesso trono che un tempo era appartenuto a
suo marito, col peso delle proprie responsabilità sulle
spalle e delle scelte compiute disseminate sul suo cammino.
Non aveva paura. Quello era il suo destino.
Tutti la amavano. Era inarrestabile.
Non più Sofya. Solo Ekaterina.
2 maggio 1772, Mosca
Ovidio l’aveva avvertita.
Propendiamo sempre per ciò che è
vietato e desideriamo ciò che ci è negato*.
Ed Ekaterina lo sapeva.
L’aveva capito non appena i suoi occhi si erano posati su di
lui.
Lev Mozorov, comandante della Guardia Imperiale, appena venticinquenne.
Lo conobbe nel 1772, a Mosca, in occasione del Gala organizzato in suo
onore per il suo quarantatreesimo compleanno, nonostante le
sue grandi gesta fossero arrivate anche a lei attraverso le chiacchiere
di corte già molto tempo prima.
Era il nipote più giovane di Síevers, suo
più caro e fidato consigliere, marito della Granduchessa
Aleksandra Mozorovna, nonché ex comandante della Guardia
insieme al compagno Nikolaevic Popov.
I suoi genitori erano morti prematuramente per cause naturali quando
Lev aveva pressappoco due anni, perciò la sorella maggiore
di Mozorov, Aleksandra, l’aveva preso in affidamento** e
l’aveva cresciuto come se fosse figlio suo, fino a quando il
fanciullo non era diventato abbastanza grande da accudirsi da
sé.
Ora era lì, di ritorno da una delle numerose battaglie
svoltesi al fronte contro i Turchi, e i suoi capelli neri come la pece
si confondevano tra gli altri compagni della Guardia, scuri in viso e
con gli occhi sempre vigili. Ed Ekaterina non l’avrebbe mai
neanche notato né l’avrebbe guardato con
più interesse del dovuto, se non fosse rimasta tanto rapita
dalla sua bellezza. I suoi amanti erano sempre stati uomini di un certo
prestigio, spesso aitanti, avvenenti, ma pur sempre colti, intelligenti
e dall’indole particolare e interessante. Non amava
circondarsi di gente inutile e superficiale, capace solo di giudicare
il prossimo dall’aspetto fisico. E di certo mai si era
lasciata abbindolare in quel modo, né aveva mai prestato
attenzione alle forme del corpo. Credeva che quell’insana
curiosità che l’aveva colta in quel momento fosse
transitoria, invece seppe, seppe che era qualcosa
di più solamente quando si sorprese a dire:
«Natisha, chi è quel giovanotto?»
Natisha era la sua dama di compagnia.
L’aveva sempre considerata una ragazza efficiente che
obbediva con solennità ad ogni suo comando, e per sua
fortuna nemmeno tanto invadente quando si trattava dei suoi affari. Un
difetto però ce l’aveva: pettegola per natura,
amava ciarlare su chiunque fosse di sua conoscenza, senza minimamente
preoccuparsi degli effetti che le sue dicerie potessero sortire sui
diretti interessati. Tuttavia, in quell’occasione, Ekaterina
dovette ammettere che le chiacchiere di corte che aveva
senz’altro appreso dalle altre nobili avessero un proprio
vantaggio per la sua situazione.
«Vostra Maestà, è il comandante Lev
Mozorov!» Gli occhi di Natisha erano spalancati e brillavano
come se la luce li avesse folgorati. Ekaterina capì subito
che ne era infatuata, e si stupì di provare una fitta di
avversione nei confronti della giovane. Natisha aggiunse
qualcos’altro, ma era così attratta dai movimenti
di Lev che non le prestò minimamente attenzione.
«Portatelo da me.» la interruppe con voce
imperiosa. Il suo tono non ammetteva repliche. Non sapeva il motivo di
tanto interesse ─ o forse sì ─ e pensava che magari,
parlandogli e sentendo la sua voce, questo sarebbe svanito
così velocemente com’era arrivato.
Le guance di Natisha si colorarono di ogni sfumatura di rosso, e non
poté impedire a se stessa di storcere il naso a quella
vista. Trovava la sua timidezza fin troppo irritante, e di sicuro, se
la ragazza non fosse stata tanto obbediente, non avrebbe esitato
neanche un attimo a destituirla dal suo compito. Fortunatamente Natisha
non si oppose, e preferì tenersi per sé il
proprio imbarazzo.
Le fece una reverenza e mormorò: «Subito, Vostra
Maestà.»
La osservò farsi largo tra gli ospiti che, ad uno ad uno,
l’avevano accerchiata per farle i loro auguri, e che per
tutto il tempo non le avevano affatto permesso di respirare, poi i suoi
occhi si posarono inevitabilmente su Lev.
Lev Mozorov, comandante della Guardia Imperiale, appena venticinquenne.
Era solo un ragazzo!, e Ekaterina proprio non capiva cosa ci fosse di
tanto importante in lui da spingerla a tanto interesse sconsiderato.
Natisha tornò qualche istante dopo, il nobile giovanotto al
suo seguito. Adesso che poteva fissarlo più da vicino,
riuscì ad ammirarlo nella sua aderente uniforme della
Guardia Imperiale, sulla quale risaltavano tutti i meriti di cui si era
fatto carico. La veste gli aderiva perfettamente al torace scolpito, e
le spalle possenti e proporzionate erano fasciate da grandi toppe di un
blu luminescente, con le cuciture dorate. Ekaterina sentì su
di sé tutti gli sguardi dei presenti, e come mai le era
capitato negli ultimi anni provò la stessa sensazione di
inadeguatezza che aveva provato quando era soltanto una ragazzina.
Non più Ekaterina. Solo Sofya.
E si vide con gli stessi occhi di Lev, e di sua madre, e di suo padre,
e di Herr Wagner, e di tutti coloro che l’avevano giudicata
sin da piccola.
Non bella, le labbra troppo sottili, il naso piuttosto adunco, gli
occhi troppo grandi e lo sguardo che incuteva assai soggezione.
Poi gli occhi di Lev incrociarono i suoi. Ekaterina trattenne il fiato
e, per un attimo, credette che anche lui avesse smesso di respirare.
Mantenne apparentemente la propria rigida compostezza, mentre Sofya
aguzzava lo sguardo e lo fissava con avidità, come se il sol
guardarlo potesse placare tutte le sue voglie, tutto il desiderio che
aveva risvegliato in lei.
Lev si inginocchiò al suo cospetto, i capelli neri ribelli
che fuoriuscivano dall’elmo, e poi la sua voce, virile, roca
e profonda, propria di un uomo vissuto, emerse tra le pieghe delle sue
labbra sensuali: «Vostra Maestà, è un
grande onore per me fare ufficialmente la vostra conoscenza.»
«Alzatevi, comandante Mozorov.» E con le mani
conserte in grembo si avvicinò a lui, gli occhi totalmente
rivolti alla sua figura statuaria. «Mostratemi il vostro
viso.»
Come pronunciò quelle parole, così il ragazzo
fece quel che gli aveva chiesto, senza alcuna esitazione, con la stessa
scioltezza con cui l’aveva visto muoversi in testa ai suoi
secondini. Sembrava fosse stato abituato fin dalla nascita ad eseguire
gli ordini alla perfezione, e la fierezza che baluginò nel
suo sguardo la convinse ancora di più del motivo per cui era
stato scelto come comandante della Guardia. Era impeccabile, e i suoi
modi riflettevano notevolmente i meriti che gli erano stati attribuiti.
«Sarei davvero lieta se partecipaste al balletto di domani,
comandante Mozorov. Sono certa che la vostra compagnia mi
allieterà la serata.»
Era stanca. Sentiva che ne aveva abbastanza e che
quell’improvviso interesse che nutriva nei suoi confronti
avrebbe dovuto aspettare. Ekaterina non era certo quel tipo di donna
che subito si lasciava andare alle proprie inibizioni, e proprio per
questo sapeva che sarebbe stato sconsiderato trattenersi lì
ancora un po’. Avrebbe finito soltanto con
l’alimentare il suo desiderio. Perciò, per il
momento, si sarebbe limitata a sondare il terreno, ad osservare il
proprio nemico in attesa della prossima mossa.
Sarebbe stata decisiva. Ed Ekaterina era determinata a non sbagliare
neanche un colpo.
NOTE FINALI.
Lo so, lo so. Avevo detto che avremmo conosciuto Anija già
dal primo, ma la lunghezza prevista ha sfiorato notevolmente quella
stabilita, e inserire l’ultima scena avrebbe reso fin troppo
corposo questo primo capitolo. Mi rendo conto che non è
neanche tanto lungo, ma siccome Amores - La Seramide Del
Nord è fin troppo complessa e difficile da
scrivere ho deciso di andarci con calma, e camminare con i piedi di
piombo. Ciò non significa che gli aggiornamenti saranno
molto distanti gli uni dagli altri, ma la trama deve ancora definirsi
nella mia testa in tutte le sue sfaccettature e quindi brancolo ancora
nel buio. Non voglio commettere errori, bensì garantirvi una
lettura piacevole, ricca di dettagli e che, soprattutto, non risulti
contradditoria negli eventi e nei caratteri dei personaggi. Vi invito,
perciò, a farmi sapere cosa ne pensate, ad aiutarmi; non
sono affatto un’esperta del genere, mi sono approfonditamente
informata sul periodo storico che sto trattando, ma ciò non
vuol dire che non possa commettere errori. In questo primo capitolo la
personalità di Ekaterina spicca notevolmente. Non
è di certo una donna facile, e mi auguro di essere riuscita
a inquadrarla bene; è nota per la sua lungimiranza, e mi
auguro conveniate con me che lasciarsi andare alle proprie inibizioni
non sarebbe stata affatto una scelta saggia. Per quanto riguarda Lev,
non mi pronuncio più di tanto. Già dal prossimo
capitolo, ma ancor meglio nel terzo, avrete modo di conoscerlo meglio.
Prima di andare vorrei ringraziare Tanny, Ormhaxan,
Maryanne92, Zanna Aleksandrovna e
Aniasolary. I vostri commenti entusiastici mi hanno
convinto a continuare e, be’, mi auguro che, così
come per gli altri lettori, questo capitolo sia stato di vostro
gradimento.
Ora scappo a rispondere alle vostre recensioni!
Link per contattarmi: EFP, Gruppo Facebook, Facebook e Ask.
Prima di lasciarvi, approfitto della
situazione per invitarvi a leggere la mia prima storia, Duo cerebra, di cui ho pubblicato
già i primi capitoli.
Al prossimo capitolo,
Michelle
Vèrace
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