The wrong wish

di Pandacoffee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The wrong wish 1/3 ***
Capitolo 2: *** The wrong wish 2/3 ***
Capitolo 3: *** The wrong wish 3/3 ***



Capitolo 1
*** The wrong wish 1/3 ***


Note: è una fanfiction in due parti ispirata a Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde e a La bella e la bestia. Un mix senza senso probabilmente ahaha però oh, tant'è. Non credo di avere altro da dire, solo che sarà narrata da diversi punti di vista a seconda del momento. Il protagonista indiscusso è Niall Horan, anche se avrà massimo rilievo più nella seconda parte che pubblicherò a strabrevissimo, (se così non fosse vi fornirò il mio indirizzo mail o il mio numero di telefono e potrete insultarmi per sempre. Giuro.).

Ah, è dedicata a Louis Tomlinson, perchè mi và. <3



 
The wrong wish
 
 Ottobre 2013
 
POV Niall
I treni non sono mai in orario. I treni che prendo io specialmente, deve esserci una specie di motivazione astrologica in tutto questo. Probabilmente è dovuto all’avere Saturno che orbita dalle parti del proprio segno zodiacale o la Luna di traverso nel periodo del proprio ascendente, una di queste stronzate insomma.
Fatto sta che non ho mai, MAI, preso un treno che fosse arrivato in orario.
Quando tornavo o andavo in università? Mai una volta. Quando mi incontravo con qualche ragazza o decidevo di andare a visitare una città random impugnando la mia reflex? Assolutamente mai.
La vita mi odia. I treni mi odiano. Anche i pianeti, i segni zodiacali, gli ascendenti. Tutti mi odiano. Una sorta di ben organizzata congiura, non c’è altra spiegazione per quei 56 minuti di ritardo di fianco alla scritta Mullingar sui tabelloni dei treni.
Mi stringo nel cappotto nero e mi soffio nelle mani per cercare di scaldarle. Rimango poi ad osservare il contrasto quasi inquietante tra la mia pelle chiarissima e il nero della stoffa.
Fa davvero impressione. Mi guardo intorno in cerca di una distrazione. Inizio a saltellare da un piede all’altro. Fa così schifosamente freddo.
Comprare un giornale all’edicola della stazione? Se fossi una ragazzina sarebbe così facile. Un giornale a caso e la mia mente sarebbe occupata da uomini mezzi nudi, pop star sorridenti dalle prime pagine e gossip scadente per almeno una buona ora. No, decisamente quei giornali non fanno al caso mio.
Un bar. Il bar della stazione, certo. Mi incammino verso l’odore di brioches e caffè.
Vecchi cartelloni con le immagini dei gelati in vendita mi fanno salire brividi di freddo lungo la schiena. Sono due vecchi laminati incrostati di ruggine con coloratissimi disegni di prodotti che nemmeno credevo vendessero più. Persino quel gelato con le barzellette scandenti che mi facevano ridere un sacco quando ero bambino. Li vendono ancora?
Apro la porta e capisco immediatamente di aver fatto la scelta giusta: finalmente calore. L’ultima nuvola di condensa accompagna le mie parole :“Posso sedermi?”
Indico un tavolino rotondo. Da un lato una panca ricoperta con una stoffa lurida, dall’altra due sedie in metallo. Opto per una sedia.
“Certo” mi dice un uomo da dietro il bancone.
Il bar è quasi deserto se si esclude un signore di mezza età e i suoi insulti ad una rumorosa slot machine.
“Mi porta un cappuccino, per favore?”
“Cacao?” mi domanda
Annuisco e mi guardo intorno. Oltre a bere il cappuccino cosa farò? Odio annoiarmi, aspettare.
Non ho nemmeno qualcuno da osservare nell’attesa. È abbastanza da stalker, riesco a rendermene conto, eppure lo faccio spesso. Mi piace squadrare la gente ed ipotizzare il tipo di vita che conducono, le scelte che hanno fatto, capire se portano la fede al dito, se hanno gatti scannerizzando ogni centimetro di pelle scoperta alla ricerca di graffi rivelatori o simili.
Mentre l’ultimo brivido percorre il mio corpo mi levo il cappotto e lo appendo alla sedia. Il tizio dietro al bancone picchietta piano sul barattolo del cacao, cosparge con cura la schiuma del mio cappuccino e finalmente me lo porta.
“Aspetta il treno per Mullingar?” mi domanda avvicinandomi il contenitore dello zucchero.
“Sì” rispondo socchiudendo gli occhi come si fa in genere quando ci si aspetta una sberla.
“Lo hanno cancellato” dice facendo cenno all’esterno del bar.
Peggio di una sberla, decisamente peggio.
“Magnifico” dico in un sorriso forzato “quante possibilità ho di trovare un taxi?” domando
Socchiudo nuovamente gli occhi.
“Nessuna ragazzo” mi dice dandomi anche una pacca sulla spalla.
“Magnifico” ripeto zuccherando il mio cappuccino “fantastico”.
 
 
Ora, seppur riconosco che viaggiare durante uno sciopero nazionale dei trasporti non sia un’idea grandiosa, è davvero così strano credere che due ore prima dello sciopero i mezzi dovrebbero esserci? Perché cazzo danno un orario se poi non lo rispettano e iniziano a scioperare prima?
La gente come si sposta durante i giorni di sciopero trasporti? Se uno non ha una macchina, una bici o una moto intendo. Cosa fa?
E credo sia il freddo a suggerirmi di chiamare un’ambulanza. L’ospedale non dista molto da casa del mio amico Mark alla fine. Potrei dormire da lui e partire il giorno dopo?
Ma che dico, cazzo!! Devo partire oggi. Stasera. Non si accettano compromessi.
“Senta ma...” inizio “non dovrebbero scioperare anche i taxi, no? Perché dice che non ne troverò uno?”
“Perché c’è la fila” mi dice asciugando un bicchiere da dietro al bancone. Non alza nemmeno lo sguardo su di me.
“La fila?”
Annuisce.
“Devo arrivare a Mullingar entro domani mattina, assolutamente” gli spiego mentre lui alza le spalle.
“Esisterà un altro modo, no?” domando, sento che la mia voce è quasi isterica.
“I taxi sono l’unica cosa che posso suggerirti, ragazzo” mi dice poi posa bicchieri e asciugamano. Mi guarda.
“Ti darei un passaggio ma sono qui in bicicletta” aggiunge.
In bicicletta. Ci sono meno dieci gradi e questo gira in bici.
“Sai cosa puoi fare però?” mi domanda, retorico, come tutte le domande di questo tipo, eppure rispondo.
“No, cosa?”
Il tipo alla slot machine rallenta i movimenti, tossicchia e getta una strana occhiata al barista.
“Cosa?” domando impaziente
“I taxi alla stazione sono chiaramente i più pieni” dice, si volta verso la finestra del bar che da sulla strada dalla parte opposta rispetto al primo binario “se vai per di là e cammini, cammini, cammini, arrivi al paese vicino”
Ad ogni “cammini” mi sembrava che l’idea diventasse sempre meno allettante.
“E che faccio al paese vicino?” domando
“Chiedi del signor Malik” mi dice come fosse ovvio
“Il signor Malik?” mi affretto a chiedere.
Il tipo strano alla slot machine si ferma del tutto, mi guarda. Anche il lampeggiare fastidioso e il rumore del gioco che stava facendo paiono attutirsi. Il barista mi guarda strabuzzando gli occhi.
“Zayn Malik” mi dice ancora
“Non saprei... non so... è uno famoso?” chiedo.
I due signori si guardano.
“Uno famoso?” ripete il barista e lo ripete ancora, e ancora “FAMOSO?” scandisce infine.
“È quello che vorrei sapere, sì” rispondo stizzito.
Qualcuno mi dirà chi è questo Zayn qualcosa? ... nemmeno mi ricordo come cacchio si chiama.
“Vai e scoprilo” mi dice il tipo alla slot tornando a giocare.
Mi alzo dal tavolino ed estraggo il portafogli. Mi sono davvero stancato di quella conversazione. Mi avvicino alla cassa.
“E questo Zayn coso...” inizio e vedo distintamente il barista rabbrividire “in che modo potrà aiutarmi?”
Prende i soldi, mi sorride, mi da il resto e poi: “Com’è che ti chiami?” mi domanda
“Niall Horan” rispondo
“Bene, Niall Horan... credo il signor Zayn coso” dice con una punta d’astio “possa aiutare chiunque in tutti i modi possibili” conclude.
“Mi porterà a Mullingar?” domando e ci deve essere qualcosa di davvero spassoso nella mia voce o in quello che dico perché scoppiano a ridere tutti e due, all’unisono.
“Lei continui a camminare lungo quella via” dice poi il barista riprendendo smettendo finalmente di riderm in faccia “sempre dritto”
“E come lo trovo questo tizio?”
Ed è qui che, se fossimo in un film horror, qualcuno avrebbe preso a suonare un pianoforte, un violino, un organo da chiesa, qualsiasi cosa insomma per sottolineare con la giusta enfasi la risposta del vecchio alla slot: “Sarà lui a trovare te”.
 
 
***
 
Mezzora. Non posso credere di aver seguito il consiglio del pazzo del bar. È una dannata mezzora che cammino su quella salita deserta, buia e mezza ghiacciata.
Sono le 17 e 48, precisamente. E vorrei tanto aver letto l’ora sul mio telefono invece che su questo stupido orologio. Il mio amato telefono è la causa di tutto questo casino. Non potevo trovare giorno migliore per farmelo rubare in metropolitana. Avrei tranquillamente preso il treno abbondantemente prima dell’inizio dello sciopero  se non avessi dovuto sporgere denuncia.
Josh doveva proprio laurearsi e fare la festa a Mullingar durante uno sciopero nazionale dei trasporti? Odio Josh, almeno quanto Saturno odia me.
Mi ero perso il pranzo, l’aperitivo, mi stavo perdendo tutto. Dovevo almeno arrivare per cena. 
Affrettai il passo, dovevo arrivare a questo fantomatico paese entro le 18, trovare quel dannatissimo Zayn Malik e farmi portare a Mullingar.
 
Oltre quaranta minuti. Sto camminando da oltre quaranta minuti. Nessun paese in vista, niente di niente. Non una casa, una macchina, qualcuno a piedi, niente. Il deserto assoluto.
Meno male che avrebbe dovuto trovarmi lui.
Mi siedo sul bordo del marciapiede, alzo il bavero della giacca e mi ficco le mani in tasca.
Come ho fatto a convincermi che percorrere una strada sconosciuta al buio fosse una buona idea? Mi alzo in piedi, di scatto. Cazzo, dovevo andarmene da lì.
Do un ultimo sguardo in giro ma chiaramente non vedo nulla. Mi volto e comincio a scendere. Quaranta minuti e sarò al bar, aspetterò un fottuto taxi e arriverò in tempo a Mullingar, penso.
Che nervoso, che nervoso.
“Signor Malik?” urlo ad un certo punto più per disperazione che per altro. Le mani ai lati della bocca per amplificare il mio grido e renderlo udibile nel bel mezzo del niente.
“MALIK” urlo di nuovo senza accennare a fermarmi. Sono un povero coglione, probabilmente nemmeno esiste, i due imbecilli del bar mi stavano prendendo per il culo.
E poi cosa vuol dire che può aiutare chiunque in tutti i modi possibili? E perché cazzo ci ho creduto?
Mi odio anche io adesso.
“Signor Horan?” urla qualcuno alle mie spalle. Sia ringraziato il cielo.
“Sono io” urlo voltandomi. Una figura confusa nel buio e la nebbia si sta sbracciando diversi metri dietro di me.
Porta un cappello, questo riesco a distinguerlo. Uno di quei cappelli dai quali ti aspetti di veder uscire un coniglio o qualcosa di simile.
“Mi segua” mi urla prima di incamminarsi proseguendo per la salita. Dovevo tornare su? Di nuovo?
“Aspetti” dico seguendolo “come sa il mio nome? Lei è il signor Malik?” domando
“No, ma si affretti” mi dice accelerando il passo
“Aspetti, aspetti” urlo di nuovo. Perché corre? Non mi dispiace, certo, forse arriverò davvero a Mullingar in tempo però almeno le presentazioni.
Riesco a raggiungerlo facendo i metri che ci dividono praticamente correndo.
“Lei non è Zayn Malik?” domando
“No”
“Come sa il mio nome?”
“Ci ha avvisato il tipo del bar” mi risponde impassibile. Ha anche un bastone oltre al cilindro. Probabilmente il signor Malik mi porterà a Mullingar in carrozza penso. In che anno sono finito?
“Hanno avvisato chi?” domando invece
Il tipo strano sbuffa e scuote la testa senza accennare a rispondere
“Senta” gli dico afferrandolo per un braccio e rallentando la sua dannatissima corsa “vorrei sapere cosa sta succedendo” dichiaro infine.
“Sono il maggiordomo del signor Malik” mi risponde come questo possa bastare ad appagare la mia curiosità, poi riprende a camminare.
“Bene” dico “e posso sapere come tutto questo mi farà arrivare a Mullingar?”
“Mullingar?” mi domanda il maggiordomo sinceramente stupito.
“Sì, io sono qui perché il signor Malik mi deve aiutare a raggiungere Mullingar, appunto” dico
“Oh” risponde lui e poi bofonchia qualcosa tra una risatina e l’altra
“Come prego?” domando
“Ho detto che si vedrà, Horan” dice ed anche qui ci vedrei bene il suono di un organo da chiesa o di un quartetto d’archi.
Rabbrividisco, un po’ per il freddo un po’ per tutta questa inspiegabile situazione.
“Dove stiamo andando?” domando dopo un po’
“Qui” mi dice fermandosi davanti al nulla.
Potrei giurarlo davanti a qualsiasi corte, qualsiasi tribunale. Metterei la mano sulla costituzione, la Bibbia, sul fuoco, qualsiasi cosa. Giurerei su Dio, se ci credessi, che il nulla più totale era quello che ci circondava. Nient’altro.
“Qui dove?” domando infatti.
Il maggiordomo mi afferra per entrambe le braccia. Mi posiziona meglio tenendo addirittura la lingua tra le labbra per la concentrazione. Ogni tanto guarda persino in alto, poi guarda me, come dovesse posizionarmi esattamente sotto qualcosa. Si guarda alle spalle, concentrato. Mi sistema addirittura la giacca.
“Senta...” inizio ma quello mi ferma mettendosi l’indice sulle labbra.
“Arrivederci” mi dice poi a voce bassissima.
E se ne va.
Davvero??? Penso tra me e me. Mi sta davvero lasciando nel nulla assoluto?
“Per favore” dico ad un certo punto, non so nemmeno a chi. Faccio per alzare un braccio, vedere l’ora quando all’improvviso...
 
“Spostati subito” urla qualcuno.
La nebbia è fitta, quasi quanto il buio. Fa freddo, freddissimo. Vorrei cercare di capire da dove arrivano quelle urla.
“Via di lì” sbraita di nuovo una voce.
Qualcosa mi afferra per un braccio e “Corri” urla la persona che mi sta trascinando.
Per l’ennesima volta dall’inizio di questo delirio domando: “lei...lei è il signor Malik?”
E ride, mentre lo domando.
“Non esattamente” mi risponde
Do un potente strattone e mi libero dalla sua stretta. Mi fermo.
“Oh cristo” dico “la smettete tutti quanti di trascinarmi in giro? Chi cazzo sei?”
“Senti sono Harry Styles, ora corri per favore?”
“Ah e dovrebbe dirmi qualcosa questo nome?” domando scettico incrociando le braccia al petto
“Corri cazzo” mi dice cercando ancora di trascinarmi con sé
“Vorrei sapere chi sei e perché dovrei correre”
“Sono uno che non vuole morire, ok?” risponde.
Ero finito in un film horror, non c’erano dubbi.
Mi giro e faccio per tornare da dove ero venuto. Che poi, da dove? Ero decisamente disorientato.
“Stai per morire” mi dice confermando i miei timori.
Ero in un film horror.
“Oh ma pensa” dico continuando a camminare
“Morirai, davvero... dimenticherai tutto quanto, ogni cosa, dimenticherai dove vuoi andare, da dove vieni e come sei finito qui”
Mi giro a guardarlo.
“Chi sei?” domando nuovamente
“Harry Styles” risponde, ancora.
“Ti ho già detto che non mi dice nulla il tuo nome, dovrebbe?”
“Li leggi i giornali?” mi domanda ma continua a guardarsi intorno, nervoso “ti prego, ti prego corri” dice di nuovo.
“Si che li leggo” dico mentre mi afferra di nuovo e mi tira a sé.
“Corri” dice per l’ennesima volta. Inizia persino a piangere quando nuovamente mi ritraggo dalla sua stretta.
“Devo andare a Mullingar” dico
Il ragazzo si passa entrambe le mani sul viso e mi guarda negli occhi. Fa un passo verso di me, mi prende per entrambe le braccia.
“Ti ucciderà” scandisce piano “seguimi, ti prego” aggiunge.
Sento il rumore di un’auto e per Harry Styles sembra essere l’inizio dell’incubo.
Mi lascia andare e inizia a tremare: “vieni con me, ti prego, ti prego” ripete in lacrime “non andare da lui”
“Lui chi?” domando.
La macchina si ferma a qualche metro da noi, nella nebbia. Non la vedo ma sento una portiera aprirsi e poi chiudersi. Sento qualcuno tossicchiare e dire il mio nome.
“Horan?” dice questo qualcuno e lo dice in modo buffo. Un accento strano.
La voce è roca, impastata. Calda. Mi comunica calore e mi fa venire i brividi al tempo stesso.
Harry mi guarda mentre vede che il dubbio si impossessa di me. Andare verso la macchina o con il ragazzo strano?
Harry sta scuotendo la testa si sta mordendo le labbra mentre gli tendo la mano e mi faccio trascinare da lui, lontano dalla nebbia e dalla macchina.
Mentre corriamo nuovamente una portiera si apre e richiude. Un motore viene acceso e dei fari lanciano sfumature giallognole all’umidità.
Ci sta inseguendo? Corriamo per qualche metro, sentiamo la macchina dietro di noi quando alla fine saltiamo di una specie di collinetta.
“Sta giù” mi sussurro Harry.
Provo a parlare ma mi zittisce mettendomi una mano sulla bocca.
 
 
 
POV Zayn
 
Rientro in casa un’ora dopo. Apro il portone semplicemente spingendolo. Perché chiudere a chiave una casa dove nessuno sano di mente si arrischierebbe ad entrare? Ladri? Nemmeno loro oserebbero tanto.
Prima di richiudermi il pesante portone in legno alle spalle, mi giro un’ultima volta. Guardo la mia Bentley bianca parcheggiata a ridosso della scalinata d’accesso. La nebbia è sempre più fitta e la serata minaccia di diventare anche piovosa. Mi domando dove si rifugeranno Harry Styles e Niall Horan.
Mi tolgo il mantello scuotendo la testa. Se Styles crede di fregarmi così si sbaglia di grosso.
Il mio maggiordomo è in ingresso. Guardandomi lì, solo, capisce che il mio piano non è andato come credevo.
Gli faccio segno di andarsene mentre Louis Tomlinson scende la scalinata in marmo davanti a me.
Appoggia quasi tutto il peso al corrimano, alterna i piedi e i gradini con estrema lentezza. Si guarda intorno e quando capisce che sono solo si ferma.
“Harry?” domanda solo.
“Non è lui che aspettavo” dico.
Mi incammino verso il salotto. Due sedie in velluto rosso posizionate davanti al camino in modo strategico. Chiunque vi si sedesse avrebbe goduto del tepore, dell’ardere scoppiettante dei ciocchi di legno e della mia immagine.
Il mio ritratto appeso sulla sommità della parete in mattoni, bloccato dietro una cornice in legno di rosa mi osserva con la sua immutata e inalterabile solita bellezza mentre mi siedo e lo contemplo.
So che Louis è alle mie spalle e so anche che per lui la discussione non è finita.
“Sì, è arrivato” dico anticipando la sua domanda “Niall Horan, è il suo nome”
“E dov’è adesso?” mi domanda
“Con Harry” rispondo ed è a quel punto che la sua curiosità diventa insopportabile per il suo corpo e la sua mente già provata.
“Andiamo a cercarlo” dice quasi supplichevole e so che si riferisce a Styles, certo non a Niall.
“Non si avvicinerebbe a me, lo sai bene”
“Allora manda me” dice.
Mi giro a guardarlo. Gli indico l’altra sedia e lui scuote la testa.
“Non farmi ripetere sempre le stesse cose” e vorrei capisse che la discussione è finita. Non è così.
“Non abbiamo più tempo” mi dice.
Lancio una veloce occhiata al ritratto e poi alla teca in vetro posata sul tavolino davanti alla finestra.
Noto anche che, come avevo previsto, alla nebbia e al buio si è unita anche la pioggia. E mentre piano migliaia di gocce iniziano ad inumidire il terreno del giardino cade anche, come ogni sera, un altro petalo di quella rosa stregata.
Mi alzo per osservare meglio la fragilità di quel fiore imprigionato dietro la teca. I pochi petali rimasti in contrasto con quelli ormai caduti mi sottolineano che Louis ha ragione. Non abbiamo più tempo.
 
POV Harry
 
Niall Horan è seduto nel centro esatto di quella che è diventata casa mia. Una sottospecie di tenda arrangiata alla meno peggio all’interno di quel claustrofobico bosco.
“Certo” dice annuendo dietro il sorriso di chi non ha creduto nemmeno ad una parola
“Tu non mi credi” dico soltanto
“Ma...” inizia con aria fintamente scandalizzata “cosa dici? Come potrei non credere ad una storia così realistica”
“Beh, non lo so perché in effetti è la verità”
“Infatti, ho detto Certo” dice sorridendo ancora “ora per favore se tu mi indicassi la strada...”
“Hai detto Certo ma mi credi pazzo”
Scatta in piedi e sbatte la testa con il ramo portante della mia tenda. Potremmo definirlo tetto, con molta fantasia
“Ma tu sei pazzo” sbraita massaggiandosi la testa “solo un pazzo potrebbe pensare che io creda a quella ridicola storiella”
“Hai visto anche tu la macchina, ci ha inseguito, non è una storiella”
“La macchina guidata dall’uomo che sapeva il mio nome? Intendi quella macchina? Quella che mi avrebbe finalmente portato a Mullingar? Beh grazie tante, sì, l’ho vista” dice.
“Ti avrebbe ucciso” ripeto per la centesima volta
“Ancora sta storia?”
“Senti” inizio prendendo in mano il mio zaino  “guarda qui”.
Estraggo cinque giornali. Sono consumati da tanto gli ho letti. Prendo un profondo respiro e glieli passo facendo scivolare la mia mano sulla foto di me e Louis abbracciati.
“Cos’è?” mi domanda
“Leggi” dico mordendomi il labbro
 
 
 
10 novembre 2012
 
Scomparsi: Louis Tomlinson e Harry Styles
La polizia di Contres indaga sulla misteriosa sparizione di due giovani in vacanza nella cittadina. Louis Tomlinson, 20 anni ed Harry Styles, 17, sono stati visti l’ultima volta alla stazione dei treni della vicina contea di Faltrwin. Alcuni testimoni dicono di averli visti dirigersi in compagnia di un uomo lungo il sentiero che porta al monte Fanning, si ipotizza fossero diretti alla fermata della funivia alla quale comunque, dichiara il guardiano, i giovani non sono mai arrivati.
L’ultimo avvistamento, quello appunto avvenuto in stazione, risale a sei giorni fa, al 16 novembre 2012.
Famigliari e amici, fermamente convinti che niente li avrebbe spinti ad andarsene di loro spontanea volontà senza avvisare, stanno affiancando gli inquirenti nella ricerca.
Inutile sottolineare l’evidente somiglianza con la vicenda che aveva scioccato gli abitanti di Faltriwin non più di 20 anni fa. La scomparsa di un altro giovane, Liam Payne, di cui ancora non si hanno notizie, è ancora nella mente di chi all’epoca aveva passato giorno e notte a cercarlo.
Polizia e investigatori credono le due vicende non siano da considerarsi collegate e procedono nel indagare sui fatti in maniera distinta.
 
 
 
Guardo Niall mentre solleva gli occhi dal giornale e torna a posarli su di me.
Non dice nulla quindi mi decido a parlare: “te lo dicevo io che non leggi i giornali”.
Ancora niente. Mi guarda con quegli occhi azzurri troppo simili ad un altro paio d’occhi che mi mancano terribilmente. Sono di un azzurro forse più tenue, penso poco prima che Niall apra la bocca in cerca delle parole giuste da dire.
“Tu sei...” inizia poi guarda il giornale e di nuovo me “questo Harry Styles” muove le pagine marchiate ad inchiostro davanti ai miei occhi.
Annuisco.
“Come...come cavolo è possibile...?” chiede
“Cosa?”
“Tutto questo” dice.
“Non so a cosa ti riferisci”
“Perché non torni a casa? Questo giornale è di più di un anno fa... e..” mi dice e spero davvero non chieda anche quello che so che mi chiederà, purtroppo “e questo Louis poi? Dov’è?”
“Con l’uomo che guidava la macchina” rispondo
Vedo Niall agitarsi, sento quasi il suo cervello far rumore per elaborare tutto quanto.
“Perché non tornate a casa?”
“Perché non si può” gli rispondo “e comunque senza Louis io non andrei da nessuna parte” aggiungo.
Niall si siede si stropiccia gli occhi. 
“Spiegami cosa sta succedendo. Di nuovo” mi dice e io racconto.
 
 
“Lou” gli sussurro pizzicandogli un fianco “non credo affatto sia una buona idea quella di seguire uno sconosciuto”
“Sshh” mi risponde lui “ci sta facendo un favore alla fine”
Guardo verso il ragazzo che ci cammina davanti. Porta una specie di strano mantello, gli copre persino la testa. Quando gli ho stretto la mano ho notato che era liscia, perfetta, giovane. Non avrà più vent’anni, penso.
Continua a camminare e non ci dice una parola. L’ultima cosa che gli ho sentito dire è: vi accompagno io alla funivia.
E così lo abbiamo seguito. Credevo avremmo almeno fatto conversazione, siamo pure coetanei. Stupidi montanari asociali.
“Lou” dico
“Cosa?” mi risponde sempre bisbigliando
“Mi dai un bacio?” chiedo sporgendo la bocca verso di lui.
Sorride e mi passa un braccio sopra le spalle: “non adesso” dice.
 
Siamo fermi nel punto che il ragazzo ha sottolineato con un eccoci arrivati.  Non mi sembra affatto che ci sia una funivia. Sto per dirlo a Louis quando accade qualcosa di strano.
Della giornata luminosa e piena che ci circondava poco prima non c’è più traccia. Nebbia e buio. E freddo, freddissimo. Ecco cosa ci avvolge adesso.
Stringo la mano a Louis per essere certo che sia ancora con me. Lui risponde alla stretta di mano. Lo sento prendere un respiro, credo voglia domandare cosa sta succedendo eppure non lo fa.
Il ragazzo che ci accompagnava non si vede più, si sente solo la sua voce inframmezzata dai singhiozzi.
Dice mi dispiace e continua a ripeterlo, mi dispiace urla addirittura.
Sento la mano di Louis lasciare la mia e io continuo a stringere invece. Sento il mio nome ripetuto mille volte dalla voce del ragazzo che amo. Si alternano i “mi dispiace” del ragazzo e l’urlo disperato di Louis.
La mia mano è vuota e stringe solo nebbia e buio. All’improvviso il ragazzo mi si para davanti, vedo i suoi occhi nocciola fissarmi.
Mi dice, piano, come volesse essere certo che ogni parola mi arrivasse dritta al cervello: “Zayn Malik” dice “Sono Zayn Malik” ripete ancora. Poi sparisce lasciandomi solo in mezzo alla nebbia.
 
 
 
POV Louis
 
È mattina. Guardo la foto di Harry  che ho ritagliato dal giornale. La bacio poi la rimetto sotto il cuscino. Mi giro dall’altra parte del letto. Ripasso mentalmente la giornata che dovrò affrontare mentre il solito senso di nausea mi risale lungo la gola.
Starò seduto in salotto, guarderò la rosa appassire ad ogni fallimentare tentativo di liberarsi che Zayn intraprenderà. Fine.
Ecco cosa farò. Mi metto seduto e sospiro. Mi guardo le mani le stesse che hanno stretto, toccato, amato, posseduto Harry per anni. Le stesse che lo hanno lasciato andare. Torno con la mente a quella notte, la nausea diventa insopportabile mentre corro in bagno e vomita mesi di frustrazione, depressione e tristezza. E persino con le ginocchia incollate al pavimento freddo, con la testa a ciondolare sopra un gabinetto, con le mani a tenermi in equilibrio, persino con le lacrime che mi rigano la faccia e mi implorano pietà, mi uccido continuando a pensare all’ultimo momento in cui Harry mi era accanto.
 
 
“Harry” continuo ad urlare mentre le porte della villa si spalancano davanti a me. Il ragazzo che mi precede piange e biascica qualcosa che non capisco.
Urlo di nuovo il suo nome mentre la misteriosa forza che mi aveva strappato alle mani del mio ragazzo, che mi aveva sollevato in aria e mi aveva depositato davanti a quella casa, mi abbandona. Cado senza forze sul pavimento mentre la porta sbatte. Il ragazzo è in ginocchio a pochi passi da me, tiene le mani sul viso e singhiozza. Dice “Liam” con lo stesso dolore con il quale io dico Harry.
Si piega completamente in avanti ed appoggia la testa sul pavimento, continua a piangere e a dire quel nome. Dice anche “ha gli occhi come il cielo”. Io sono senza parole, senza forze. Mi alzo in piedi e corro alla porta. Mi ferma un uomo che non avevo notato.
“Non servirà” mi dice “non può vederti” mi spiega. Non so di cosa stia parlando, non sono dove sono. Chiamo Harry, urlo finché ho voce. Sento la gola bruciarmi. Mi avvicino al ragazzo e lo scuoto, deve dirmi cosa è successo, dove sono.
Continua a piangere ma non si ribella quando lo prendo per le spalle e lo obbligo a guardarmi.
Gli chiedo cosa sta succedendo e lui non fa che ripetere “Liam, Liam, non ha funzionato”. Lo lascio e mi siedo davanti a lui, cerco di prendere dei profondi respiri. Mi guardo in giro, mi asciugo le lacrime.
Quel luogo non assomiglia a nessun posto che io abbia mai visto. Sembra rimasto fermo negli anni, nei secoli. Immutato in un’innaturale assenza di tempo.
C’è un quadro, un dipinto gigantesco. È appeso sopra un camino in muratura.
“Tu abiti qui” dico ad un certo punto riprendendo il ragazzo per le spalle. Credevo stesse subendo la mia stessa ingiustizia, credevo anche lui non avesse la minima idea di dove fosse. Invece no, non era così, quella sua immensa rappresentazione su tela appesa dietro di lui ne era la prova.
“Sì” sibila come non avesse più forze.
“Cosa sta succedendo?” domando ed inizio a tramare subito dopo.
Lui piange, non fa altro che piangere e ripete quel nome all’infinito anche se davvero lì dentro sembra che il tempo non esista. Lo ripete finché anche io mi unisco al piangere convulso.
Piango e non mi interessa asciugare le lacrime, non mi interessa altro.
Lo sento prendere fiato. Si schiarisce la voce e sento distintamente il mio cuore distruggersi quando lo sento dire: “è colpa mia se hai perso Harry”.
Sta piangendo ancora quando mi alzo e corro alla finestra. Fuori dalla finestra c’è solo nebbia. Urlo più forte che posso con tutta la voce che ho in corpo, urlo il suo nome e non mi interessa di nient’altro.
 
 
 
 
 
3 AGOSTO 1991
 
 
POV Liam
 
Stringo tra le mani il biglietto che mi ha passato durante la lezione. Mi appoggio completamente al sedile della mia auto. Reclino la testa indietro e rimango a pensare. Non voglio vederlo, non voglio parlargli o forse sì. Non lo so, non so più nulla. Mi ha tradito, ecco l’ultima certezza. Ottimo.
Appoggio le mani sul volante e rileggo il biglietto appoggiato alle mie gambe: “Devo parlarti. Ci vediamo a casa mia dopo scuola”.
E forse è questo che mi da più sui nervi, il fatto che creda io ci andrò. E se non volessi? Se non volessi più saperne? Se dopo il tradimento ne avessi abbastanza di tutte le sue stranezze, dei suoi silenzi e di tutto quanto?  E forse è questo che odio più di tutto. Il fatto che ha ragione.
Metto in moto e guido veloce fino a casa sua.
Parcheggio l’auto affianco a quella di suo padre. Respiro profondamente per prendere coraggio.
Esco dalla macchina e mi richiudo la portiera alla spalle. Guardo verso la finestra di camera sua, vedo la tenda muoversi e capisco che sa che sono arrivato.
Mi avvio alla porta, non busso né suono il campanello. Poco dopo la porta mi viene aperta.
Zayn mi guarda serio e si scosta per farmi entrare.
Saliamo in silenzio le scale in marmo che portano al piano di sopra. Giriamo a destra verso il corridoio coperto da un pesante tappeto rosso. Pensa alla ragazza con la quale mi ha tradito, la immagino percorrere la stessa strada. Ci fermiamo davanti alla porta di camera sua e ancora mi immagino la donna che l’aveva seguito, come sto facendo io, all’interno di quella stanza.
Lui richiude la porta alla nostre spalle dopo avermi fatto entrare ed aver indicato il letto.
“Dimmi” dico dopo essermi seduto
“Non ti ho tradito” dice lui
Mi alzo e lo guardo: “grazie ho sentito abbastanza” gli sibilo con tutto l’astio possibile.
Lui mi prende per un braccio e mi dice: “non credo”.
Mi fa sedere di nuovo e mi si siede accanto.
“Ti ho visto con una donna” inizio “ti ha visto tutto il paese, avete fatto la strada insieme da scuola fino a casa tua. È entrata in casa con te. Ti ho seguito, l’ho vista” dico prima che lui possa negare.
“Non ti ho tradito” dice ancora e io davvero non lo sopporto.
Non voglio piangere non voglio davvero eppure lo faccio, piango. Mi asciugo le lacrime e lo guardo negli occhi.
“Chi era allora?” domando. Lui deglutisce sonoramente. Si morde il labbro, si guarda intorno. Si sfrega le mani e ogni tanto si riavvia un ciuffo ribelle di capelli.
“Zayn?”
“Era...”inizia ma sembra davvero fare fatica a riordinare le idee “una persona strana” dice e sembra quasi ammetterlo a se stesso.
“Una persona strana?” domando
“Sì” dice prendendo fiato “era fuori da scuola, mi ha chiesto il mio nome e io gliel’ho detto”
“E...” gli dico perché voglio continui
“E mi ha detto che conosceva il mio desiderio più grande” dice e io vorrei intervenire ma lui continua “non mi interrompere, lo prometti?” mi chiede.
“Sì” dico
“Mi ha dato una rosa, quella” dice indicando il fiore sul comodino “mi ha detto che non appassirà mai, che non ha bisogno d’acqua, che vive senza che qualcuno la nutra”.
Io lo guardo mentre inizia a piangere. Vorrei capire qualcosa di tutta quella storia. Zayn riprende a parlare.
“Conosce davvero il mio desiderio più grande, Liam. Mi ha chiesto se volevo essere come quella rosa e io ho detto di sì. Mi ha detto che lei  era presente quando da bambini abbiamo fatto il patto di sangue, ti ricordi?”.
Mi mostra la cicatrice sul palmo della mano e io guardo d’istinto anche la mia. Annuisco e quella storia inizia a farmi venire i brividi.
“Te lo ricordi che poi ci siamo promessi che saremmo stati insieme per sempre? Abbiamo detto: lo stesso destino” dice ed io annuisco ancora.
“Mi ha detto che quel momento lei ci stava guardando” lo sussurra quasi poi distoglie lo sguardo e torna a fissare la rosa.
Mi alzo dal letto, di scatto.
“No, no Zayn” dico terrorizzato scuotendo la testa “no, no” ripeto
“Lei ha detto di essere Darcy” mi dice e io continuo a scuotere la testa.
“Darcy è morta” dico.
“No invece” mi sussurra “lei si era persa, noi eravamo nel bosco per il patto di sangue, lei voleva tornare a casa e ci è corsa incontro...era persa, aveva paura”
Io continuo a dire di no e mi tappo le orecchie. Non voglio sentire quella storia, non voglio più.
“... noi eravamo degli imbecilli, degli idioti, dovevamo dirle la strada giusta, c’era nebbia, non dovevamo prenderci gioco di lei, non dovevamo” dice e poi piange, si accartoccia quasi su di sé.
Lo guardo e mi manca la saliva in bocca per chiedergli cosa c’entri tutto questo con la ragazza, lei non può essere Darcy. Lui sembra leggermi nella mente e mi risponde, senza che io faccia la domanda.
Sembra quasi ripetere una cantilena quando dice: “dovevamo aiutarla, Liam, dovevamo, adesso è tornata e vuole punirci per quello che abbiamo fatto”.
Mi guardo intorno e mi incammino verso la porta “non dire stronzate” dico.
“Liam” mi dice lui, la voce ferma senza più traccia del pianto di poco prima “quando i giornali hanno detto che Darcy probabilmente era morta, io ho avuto paura, te lo ricordi? Piangevo ogni notte. Io, io... ogni notte desideravo vivere per sempre, desideravo come la peggiore delle persone, che toccasse sempre agli altri andarsene e io che potessi vivere per sempre” sussurra quasi.
Ho la mano sulla maniglia e gli do le spalle.
“Mi ha detto che è quello che succederà, diventerò come la rosa, non avrò bisogno di niente e di nessuno. Mi toglierà tutto quello che possiedo, Liam” dice e mi vengono i brividi quando si avvicina a me.
“Ti amo” sussurra “se fossi una rosa tu saresti la mia acqua, io non ti ho mai tradito né mai lo avrei fatto. Sarò come la rosa, ha detto Darcy e mi toglierà tutto. Non avrò più bisogno dell’acqua... Liam”.
Zayn sta di nuovo piangendo.
“Stronzate” gli dico aprendo la porta e scendendo di corsa le scale. Lo sento urlare il mio nome, sento che dice che non è colpa sua, che dovevamo aiutare la bambina invece di farle uno scherzo stupido. Apro la porta d’ingresso ed esco a respirare l’aria calda e frizzante di agosto. Respiro rapidamente per riprendermi dall’apnea che mi sembra di aver patito in camera di Zayn.
Prendo l’ultimo respiro e mi incammino alla macchina. Guardo verso la finestra della stanza. Lui è lì, dietro il vetro, ha le mani sul visto ed è scosso dai singhiozzi.
Di colpo c’è nebbia, fa freddo e sembra di essere tornati in quel bosco tanti anni prima.
Davanti alla mia macchina una ragazza è immobile con le braccia lungo i fianchi. Mi chiama per nome.
Vorrei allontanarmi, scappare ma non ci riesco. Qualcosa mi trattiene, mi lascia incollato al terreno. Lei si avvicina. Mi guarda e io so che è lei, è Darcy.
Mi sorride prima di dire: “Solo nell’amore si è eterni. Avrete tempo fino alla fine dei petali. Mi avete lasciato nella nebbia e nella nebbia resterete anche voi per sempre se non aiuterete chi è perso a tornare e casa e chi ama a ritrovare il proprio amore. Aspettate che i colori del cielo arrivino alle vostre tenebre”.
Mi si chiudono gli occhi mentre crollo in ginocchio e tutto è buio intorno a me.

 
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Capitolo 2
*** The wrong wish 2/3 ***


Note: l'imbarazzante momento in cui ti rendi perfettamente conto di aver detto che la storia sarebbe state di due parti ma ti imbatti nella necessità di farla in tre parti. Vi giuro che mi odio per questo ma non riuscivo davvero a farla in due a meno di pubblicare il finale tra un po' perchè ancora non ho finito e vi avrei fatto aspettare un sacco...
E' che mi sono ritrovata con la prima parte di 12 pagine world e la seconda che stavo scrivendo e ancora non avevo concluso di quasi 30!!  Ho così deciso di dividere la seconda parte in due. Vi pubblico dunque le prime 15 pagine e le successive giuro che verranno caricate entro un paio di giorni. E non aggiungerò quarte o quinte parti. Giuro anche questo. Perdonatemi  tanto T-T scusate eventuali errori e spero vi piaccia



 
The wrong wish
 
 

POV Niall
 
Non sono certo di aver capito quello che Harry mi sta dicendo ma sono sicuro di non voler sentire altro.
“Devo andarmene” dico e mi metto in piedi, gli porgo il giornale. Guardo l’orologio. Non sono più nemmeno sicuro di essere sveglio. Se stessi sognando? Non voglio più andare da Josh, non voglio andare a Mullingar. Voglio stendermi sul mio letto, mettermi sotto le coperte dopo aver fatto una lunga doccia calda. Voglio piantarla con tutto questo. Guardo Harry e cerco di non pensare a tutte le domande che vorrei fargli. Alzo il colletto del cappotto, mi sembra di indossarlo da secoli.
“Voglio solo tornare in paese” dico in un lamento. Mi sporgo fuori dalla tenda scavalcando Harry seduto per terra e i giornali che stringe al petto. Accarezza la foto che lo ritrae con quel ragazzo, Louis.
Ancora gli chiedo come andarmene, come tornare indietro. Mi risponde: “non si può”.
“Sei qui da un anno, no? Benissimo, hai dei giornali però... li avrai comprati, sarai andato in paese” provo a ragionare.
“Sì” mi dice ed alza lo sguardo su di me. Si lecca le labbra, sta già preparando la risposta alla domanda che in effetti sto per formulare.
“Posso andarmene anche io allora?” dico infatti
“Tu sei stato scelto, credo” sussurra e poi sospira.
Credo riderei se davvero non mi venisse da piangere.
“Harry, io non sto capendo” dico mettendomi le mani sul volto “sono stanco, voglio andarmene e non sto capendo cosa succede. Non so chi sei tu, chi è Zayn Malik...non so niente”.
Harry si scompiglia i capelli e li sposta di lato. Ha i capelli ricci e gli occhi di un verde magnifico. Mi fa segno di sedermi su una specie di giaciglio che credo funga da letto. Guardo fuori dalla tenda, poi di nuovo Harry. Credo la voglia di scappare sarebbe ancora più forte se non ci fosse solo nebbia, ovunque. Fisso di nuovo il mio orologio, ormai è quasi un tic, non so nemmeno se effettivamente mi importi che ora è.
“È fermo” dice Harry “il tuo orologio” aggiunge poi
“Ho notato” dico
“Qui è tutto fermo” specifica “lo è anche il tuo corpo, pensa...non hai bisogno di cibo, acqua, di niente... qui non c’è nulla”
“Cosa vuol dire?”
“Quello che ho detto” mi dice
“Dove siamo esattamente?” chiedo e mi stringo di più nella giacca. Fa freddo.
“Non lo so”
“Hai detto di essere andato in paese però, lo hai detto prima”
“Sì, ci sono andato. Ho seguito dei forestieri. Ho raggiunto il paese. Ho preso questi giornali e sono tornato”
“Nessuno ti ha riconosciuto?”
“No. Nessuno mi vede”
“Io ti vedo”
“Perché tu sei stato scelto, te l’ho detto” ripete
“Harry io, io non capisco davvero...” dico e mi sembra quasi la mia voce si rompa, mi sembra ogni parola mi costi una fatica immane, sovraumana. Sono stanco e credo di aver paura anche se non sto capendo niente di quello che accade.
Lui sospira riavvia di nuovo i capelli che gli ricadono in ricci scomposti sulla fronte. Scuote la testa, si lecca le labbra, guarda di nuovo la foto sul giornale e poi dice:
“Ti dico quello che so, ok?”
Annuisco.
“Il centro di tutto è Zayn Malik. Ho ascoltato della gente raccontare, dopo la scomparsa mia e di Louis, che la famiglia di Zayn, nel 1991, è sparita nel nulla. In paese si dice si siano trasferiti dopo che il migliore amico di Malik, Liam Payne, è scomparso senza lasciare traccia. Avevano entrambi 20 anni”
Io annuisco ancora e ogni tanto deglutisco e mi inumidisco le labbra. Lui continua:
“La prima scomparsa strana, accaduta da queste parti però è quella di Darcy Cowell” dice “aveva cinque anni quando i genitori dicono di averla lasciata a giocare in giardino. Dicono di essersi distratti un attimo e che dopo poco della bambina non c’era già più traccia. Alcuni testimoni dicono di averla vista correre verso il bosco, quello dove siamo ora, dicono di averla riconosciuta e chiamata e che lei non si sia voltata. Correva...e basta, credo avesse paura, si sentiva persa, non lo so...”.
Si ferma, mi guarda io gli faccio segno di continuare e lui prosegue.
“Era il 1981, nessuno da allora sa più niente di lei” alza le spalle “probabilmente sarà morta, hanno pensato tutti soprattutto dopo alcune dichiarazioni rilasciate poco dopo da due ragazzini che si trovavano nel bosco quello stesso giorno “
“Liam e Zayn” dico e non è una domanda, credo finalmente di riuscire a creare dei collegamenti quasi sensati.
“Esatto” riprende Harry “hanno dichiarato di averla vista correre verso il fiume, dicono di non averla fermata perché erano spaventati dal temporale e si stavano precipitando a casa. Erano dei bambini anche loro, avevano appena 10 anni, nessuno gli ha incolpati per questo” conclude
“E poi...?” domando.
Harry prende fiato e ricomincia: “poi, come ti ho detto, 10 anni dopo è scomparso anche Liam e in paese questo sollevò uno strano clamore. Alcuni sostenevano che Liam si fosse ucciso per il rimorso di non aver salvato Darcy, altri invece dicevano che Liam sapesse qualcosa in più sulla misteriosa scomparsa della bambina. La famiglia di Liam si è trasferita lontano da qui alla fine degli anni ’90 mentre di Zayn e della sua famiglia non si sa più niente da dopo la scomparsa di Liam”
“Questo non è vero” dico “in paese mi hanno dato precise indicazioni, mi hanno detto di salire qui e di chiedere di Zayn Malik”
“Quelli della stazione, vero?” mi domanda
“Esatto”
“Già, non so dirti come o perché ma loro... loro dirottano volutamente la gente qui. O meglio, nel caso mio e di Louis hanno chiamato direttamente Zayn e gli hanno detto di venirci a prendere. Nel tuo caso ti hanno solo indicato la strada”
“Quindi Zayn non è mai andato via di qui? Perché? E perché quelli della stazione dovrebbero fare una cosa simile? Perché nessuno chiama la polizia?”
Harry sorride e scuote la testa dice solo: “io non lo so Niall”
Mi passo le mani sul volto, mi è persino venuto caldo. Apro il cappotto.
“Senti, io cosa c’entro? Louis è con lui? Perché non vai a riprendertelo?” ci penso un attimo e prima di dargli la possibilità di rispondere chiedo “E liam dov’è?”
“Ti ho detto che non lo so, non so cosa sta succedendo. Pensi che non sarei già andato a riprendere Louis? È che non ci riesco, ho persino provato a seguire Zayn quelle rare volte in cui vaga senza meta per il bosco e biascica cose senza senso ma non ci riesco, è come se non riuscissi mai a raggiungerlo, la nebbia si fa più fitta e non lo vedo più”
“E io? E Liam?” domando
“Liam non lo so dov’è... credo Zayn volesse prendere te come ha preso Louis”
“Perché non lo ha fatto? Eravamo a piedi, lui in macchina, aveva i fari poteva trovarmi” domando
“Non so nemmeno questo” dice alla fine.
Si copre il viso sprofondandolo tra le braccia conserte. Piange.
Io sospiro un paio di volte. Mi stropiccio gli occhi.
“Senti Harry” dico e mi avvicino a lui, mi siedo per terra, al suo fianco. Gli passo un braccio sopra le spalle “l’unico modo per capirci qualcosa è Zayn, giusto?” domando
“Sì” dice lui
“Dobbiamo riuscirci allora” gli dico mettendomi in piedi “dobbiamo andare da lui”
 
 
 
POV Zayn
 
Sono seduto in salotto quando Louis scende le scale e mi si avvicina. In quella totale assenza di tempo cerchiamo di mantenere dei ritmi, seppur irreali. Non abbiamo bisogno di mangiare, bere o dormire. Solo entriamo nei letti, stiamo sdraiati il tempo sufficiente per fingere di esserci riposati. Poi ci alziamo e ci ritroviamo in sala, davanti al fuoco. Da come lo sento respirare, da come si tortura le mani e dagli occhi vacui, capisco che qualcosa in più del solito lo tormenta.
Gli faccio segno di sedersi e lui lo fa. Si siede accanto a me. Tende le mani verso il fuoco, le sfrega fra loro per avere calore.
“Perché non ha funzionato con me?” mi domanda e io credo davvero di averglielo già spiegato duemila volte ma glielo ripeto ancora. Da quando è in quella casa, cioè da un anno, più o meno, le nostre discussioni sono sempre state brevi, inquietanti e distanti. Ogni tanto mi fa domande, per sentirmi parlare, per sentire qualcosa.
“Eri il pezzettino di cielo sbagliato” dico e poi continuo perché so che vuole così “mi hanno avvisato dell’arrivo di due stranieri che cercavano come arrivare sulla cima del monte. Uno dei due aveva gli occhi azzurri, tu. La maledizione diceva questo: dovevo condurre a casa chi lo richiedesse, dovevo portare i colori del cielo nelle mie tenebre. E così ti ho preso” dico
“Una delle prime volte che abbiamo parlato mi hai detto che la maledizione diceva che solo nell’amore si è eterni... avevi il colore del cielo, avevi qualcuno che chiedeva quale strada seguire ma ti mancava quella parte, quella sull’amore, giusto?” dice.
“È l’unica parte che non ho mai capito, infatti” dico “credevo si riferisse all’amore tra me e Liam, credevo che intendesse dire che era lì che dovevo trovare la mia immortalità. Non era così, qualcosa non ha funzionato. Pensavo di dover condurre qualcuno sulla strada giusta, che dovessi condurre il pezzettino di cielo qui, in questa casa e che in tutto questo non dovessi mai dimenticarmi di Liam. Sbagliavo, è evidente” concludo guardandomi intorno e posando gli occhi sul ritratto.
“E il ritratto, di quello non mi hai mai parlato” dice seguendo il mio sguardo.
“È comparso il giorno dopo la scomparsa di Liam e della mia famiglia. È li per ricordarmi che sono esattamente come quel ritratto. Immobile nel tempo, solo. Un accessorio, ecco tutto”
“Se solo potessi andare a cercare Harry io...” dice ma lo blocco subito
“Non puoi farlo tu, lo sai. Harry deve fidarsi di me per trovare la strada giusta, è me che deve seguire. Devo essere io ad indicare la strada verso casa a chi si è perso e io a rendermi eterno aiutando l’amore. Harry è la persona dispersa che deve fidarsi delle mie indicazioni, tu e lui siete l’amore che devo aiutare e Niall...” dico
“È il pezzettino di cielo che romperà le tue tenebre” dice Louis
“Esatto”
“Perché quella notte hai detto ad Harry il tuo nome? Speravi ti cercasse?”
“Volevo solo sapesse chi aveva preso il suo amore” dico e gli sorrido “volevo si informasse, capisse, non so nemmeno io cosa... volevo addirittura si fidasse di me”.
“Come vuoi che immagini tutto questo? Non può immaginare che deve fidarsi di te per raggiungere questa casa e me. Crede tu sia solo lo stronzo che gli ha portato via... tutto” dice
“Lo so...”
“E Niall?” mi domanda dopo un po’.
“Niall mi stava cercando, gli hanno detto di cercarmi, i tipi del bar... gli imbecilli che pago per sapere quando arriva gente nuova che ha bisogno di aiuto” dico con disprezzo, scuoto la testa e riprendo il discorso: “Lo avrei raggiunto in macchina, condotto qui... ci sarebbe venuto per sua volontà. Avrei avuto il pezzettino di cielo. Mi sarebbe mancato solo Harry ma magari con l’aiuto di Niall avrei potuto averlo... invece Niall ha incontrato prima Harry, quindi...” sospiro e mi abbandono contro lo schienale. Guardo fuori dalla finestra. C’è nebbia.
“Liam? Non può condurre Harry e Niall qui?”
“Liam è... la nebbia che vedi. È la forza che ti ha portato qui, quella notte. Mi hai seguito perché ti fidavi delle mie indicazioni, quando hai capito che non stavamo andando dalla parte giusta, che ti avrei portato via era troppo tardi. Liam ci aveva già avvolto e portato qui”
“Perché...?”
“Io e Liam abbiamo giurato che saremmo stati insieme per sempre. Io sono l’oscurità e lui la nebbia dove abbiamo abbandonato Darcy... questa è la nostra condanna”
“Ma lui sta subendo qualcosa di molto peggiore di quello che subisci tu...” mi dice e mi guarda scioccato mentre scuoto la testa.
“Se tu sapessi che Harry è condannato ad essere il nulla, per sempre e che tu sarai lì ad osservarlo mentre soffre nel suo non essere... come ti sentiresti? Sai che è lì e non puoi non toccarlo, aiutarlo. Come ti sentiresti se la persona che ami subisse tutto questo?”
Un brivido scuotere il suo corpo. Lo vedo chiudere gli occhi quando mi risponde: “Morto...mi sentirei ...morto” lo dice in un soffio di voce poi si copre il viso con le mani, si piega in avanti e inizia a piangere.
 
 
 
POV Harry
 
“Perché ha preso solo Louis e non te” mi domanda Niall. Cammina avanti e indietro negli scarsi metri che compongono la mia tenda.
“Non lo so, forse ha scelto a caso” ipotizzo ma non sono molto convinto.
Niall fa un faccia strana, storce il naso e si picchietta l’indice sulle labbra.
“Ma non può essere” dice poi “il suo stupido maggiordomo mi ha messo in un punto preciso, mi ha sistemato con precisione ed è lo stesso dove vi trovavate voi. Ha fatto tutto questo con precisione maniacale, non può aver scelto a caso”.
Poi mi guarda mordendosi le labbra, prende il giornale con la nostra foto e la guarda attentamente poi scuote la testa.
“Cosa c’è?” domando
“Volevo vedere se potevano esserci somiglianze tra me e...”
“Louis?”
“Sì...” dice e poi mi guarda. Lo fisso e sorrido mentre il cuore quasi inizia a farmi male, annuisco e: “avete gli stessi occhi”.
Penso agli occhi di Louis, ho così paura di non rivederli più. Liam non è più tornata da quando si sono perse le sue tracce, Darcy è sparita nel nulla. Perché Louis dovrebbe tornare? Mi mordo le labbra e stringo i pugni. Non devo, non devo assolutamente farmi prendere dal panico. Non devo.
Niall sta ancora guardando il giornale “in effetti  il colore degli occhi non potevo vederlo in una foto in bianco e nero” dice “ma non può scegliere gente da rapire in base al colore degli occhi”
Alzo le spalle “mi hai chiesto tu se c’era qualcosa di simile tra voi”
“E perché non viene a prendermi? Vuoi che non sappia trovare una tenda nel bel mezzo del bosco?”
Scuoto di nuovo la testa “Non lo so perché” ammetto
“E poi, perché ha posizionato me e Louis in quel preciso punto? Deve avere un senso” domanda e a questo so rispondere. Estraggo dallo zaino la guida che avevo comprato con Louis. Un vecchio libro che avrebbe dovuto accompagnarci nella nostra prima gita insieme.
“Per il fiume” dico indicando un linea azzurra sulla cartina “Vedi? Un tempo il torrente passava di lì, adesso è in secca da anni però”
“E quindi?” mi domanda. Lo guardo dubbioso “Io... io credo sia lì che Darcy è scomparsa o annegata o quello che è successo. Ricordi? Liam e Zayn hanno dichiarato di averla vista correre in direzione del fiume”.
Niall annuisce e mi prende la guida dalle mani.
“Ha senso” mi dice “andiamo lì”.
Si alza in piedi e mi tende una mano.
“Tanto Zayn non verrà” cerco di spiegargli “non verrà, vedrai”.
Gli afferro la mano e mi alzo comunque.
“Proviamo” dice lui con aria convinta.
“E se anche venisse? Ti porterà via... non sappiamo dove, potrebbe ucciderti”
Lui sospira, mi guarda e poi: “lo siamo già, praticamente”.
 
 
 
Siamo in piedi nel punto esatto dove ho stretto la mano a Louis per l’ultima volta. Dove sono rimasto immobile per non so nemmeno quanto tempo. Lui era sparito, Zayn me lo aveva portato via, mi aveva stretto le mani sulle spalle, mi aveva detto il suo nome ed era scomparso, anche lui.
“È qui?” dice Niall e scuoto la testa per scacciare i ricordi.
“Sì, è qui”
Ci siamo guardati intorno come ci fosse qualcosa, un punto di riferimento. Sapevo che il punto era quello perché da lì iniziava la discesa verso il paese. Alla mia destra la staccionata in legno che aveva diviso per anni la strada dal corso d’acqua, stava lì, inutile e spoglia.
“Vedi? Passava il torrente, un tempo, come ti dicevo” dico a Niall e lui mi guarda, annuisce e poi torna con aria pensierosa a fissare la nebbia.
“Cosa dobbiamo fare per attirare Zayn?” mi domanda “tipo battere le mani, girare su se stessi”.
Rido. E davvero sono secoli che non lo faccio.
Scuoto la testa e alzo le spalle: “non lo so” ammetto “non ne ho proprio idea... da quando sono qui tu sei l’unico che lui ha provato a prendere”.
Lo vedo camminare in circolo, sfregare le mani, stringe fortissimo le labbra. Sta cercando un senso a tutto quello e mi fa sorridere perché ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo da quando sono lì anche io non ho fatto altro.
“Dunque, oltre ai miei occhi azzurri ci deve per forza essere altro... voi siete arrivati perché avete seguito lui, giusto?”
“Esatto” dico e annuisco convinto
“Io non ho seguito nessuno però” dice e poi si gratta il mento, pensieroso.
“No, infatti. Ti hanno dato indicazioni, no?”
“Sì... mi hanno detto di salire fin quassù. Hanno detto che se avevo bisogno di qualcosa dovevo andare da Zayn”.
Mi guardo intorno: “forse è questo” dico “forse... quello che c’è di comune è che avevamo bisogno di lui, di Zayn... noi come guida e tu come...”
“Può essere!!!” dice lui convinto senza nemmeno farmi finire “cazzo, può essere”
Mi si mette accanto, mi prende una mano e fa per stringerla quando di colpo la ritraggo.
“No” dico e lui non fa domande. Stringere la mano a qualcuno in quel preciso punto è troppo da sopportare. 
Metto le mani in tasca “cosa...cosa vuoi fare?” chiedo
“Ehm... non lo so” inizia “volevo fare qualcosa tipo desiderare che lui appaia, non... lo so” ammette, poi torna a fare come sempre, camminare in cerchio e mordersi le labbra. Non può pensare da fermo?
“E se...” dice “se dovessimo perderci?”
“No, non accadrà... so arrivare alla tenda, tranquillo” dico sorridendogli
“No, no... non hai capito, intendo dire: se fosse necessario perdersi per far apparire Zayn?”
Sto per dirgli qualcosa, una cosa a caso tipo non dire stronzate quando lo vedo annuire convinto.
“È così, può essere così. Ascolta, Darcy si era persa e probabilmente Zayn e Liam c’entrano qualcosa con quella scomparsa. Liam è sparito, Zayn anche per quasi tutto il paese tranne che per noi e i tipi del bar, non so perché...” dice poi si ferma, annuisce ancora, gli occhi più accesi del solito. Prende fiato e continua
“Vi stava indicando la strada e anche io avevo bisogno di andare da qualche parte, ero perso, in un certo senso”. Mi guarda.
“Torna alla tenda” dice “io resto qui. Conto fino a 20, o qualcosa di simile poi provo a seguirti. Avrò bisogno di sapere la strada e secondo i miei piano, beh... lui ... apparirà... o qualcosa di simile”.
La mia espressione deve essere una via di mezzo tra lo sconvolto, l’incredulo e lo schifato. Credo sia l’idea più assurda che mi sia mai stata presentata.
“È assurdo. Questo è davvero il tuo piano? Dividerci nella nebbia è il tuo piano?” chiedo
“È tutto assurdo qui... se mi sbagliassi beh, troveremo qualcosa d’altro. Mi verrai a cercare tu, non lo so”
“No e poi no e comunque voglio venire anche io, sono io che voglio Louis, tu che cazzo ci vai a fare lì?”
“Lasciami provare, ok? Ti riporto Louis. Harry te lo giuro, te lo riporto”
Vorrei picchiarlo, credo. Vorrei sparisse vorrei dirgli che è tutto una stronzata ma, se avesse ragione? Se fosse davvero così? Se potessi davvero riavere Louis.
Prendo fiato e annuisco. “Ok” sussurro
“Perfetto” dice lui e deglutisce. Ha paura, glielo si legge in faccia.
“Allora, vado?” gli chiedo e lui mi fa cenno di sì.
“Me lo riporti?” gli chiedo e gli stringo la mano. Indietreggio. Mi viene da piangere, mi sforzo di trattenere le lacrime.
Annuisce ancora mentre lascia la presa sulla mia mano. La nebbia lo rende sempre più confuso mentre mi allontano piano, camminando di schiena. Ed è tutto così simile. I suoi occhi azzurri che sembrano spegnersi ad ogni passo, cammino, non mi fermo. Ha iniziato a contare, lo sento ma non lo vedo più.
1
2
3
4
5
Anche i suoni diventano confusi
6
7
L’8 non lo sento nemmeno. Sto correndo verso la tenda. La nebbia è anche più fitta del solito. Anche io sto contando nella mente. Corro, corro, più veloce che posso.
Mi lancio quasi dentro quella nell’ultimo anno è stata la mia casa.
“20” sussurro stringendomi le gambe al petto, sul pavimento. Continuo a piangere senza fermarmi “20” ripete e mi viene quasi da vomitare quando penso a Niall, lì in mezzo, nel nulla.
“Ti prego, ti prego” dico e non so con che tono, non so se bisbiglio, urlo, se lo sto solo pensando “riportami Louis”
 
 
 
POV Louis
 
I vetri cominciano a tremare. Mi alzo di scatto dalla sedia in velluto e Zayn fa lo stesso.
Ci giriamo di scatto quando il maggiordomo “Niall Horan la sta aspettando signor Malik”.
Ci guardiamo con gli occhi spalancati dallo stupore. Il maggiordomo tiene in una mano il mantello e nell’altra le chiavi della macchina. Osservo Zayn muovere un passo con gambe tremanti, cerca di dirmi qualcosa ma sembra mancargli fiato.
“Vai, tranquillo” gli dico ma anche io non credo affatto di stare bene “vai” ripeto.
Lui cammina incerto verso il maggiordomo una persona che gli è restata accanto, l’unica cosa che la maledizione gli aveva concesso: non un amico ma un servo.
Prende il mantello, le chiavi. Mi guarda e io gli rivolgo quello che credo sembri un sorriso. Annuisco fiducioso e conciliante: “coraggio” dico anche.
Il maggiordomo gli apre la porta, fa un mezzo inchino mentre Zayn esce calandosi il cappuccio sulla testa.
La porta si richiude e io rimango fermo nell’atrio. Mi avvicino alla porta e appoggio la fronte sul legno.
 
 
POV Niall
 
Sto camminando nel nulla da quasi cinque minuti. Sono perso, totalmente perso e la cosa mi fa sorridere. Devo essere davvero idiota. Nella mente cerco di avere solo il nome di Zayn e la tacita richiesta di aiutarmi nell’orientamento. Credo non abbia senso ma lo sto pensando comunque. Muovo un altro passo e un altro ancora.  Mi accorgo solo in quel momento  che il mio piano oltre ad essere assurdo è stato costruito su un grosso fondamentale errore.
Mi sto allontanando dal punto dove Zayn dovrebbe recuperarmi. Non si era forse detto che lui rapisce le persone proprio in quel punto?
“Cazzo” dico ad alta voce. Mi guardo intorno e poi mi giro. Devo tornare in quel punto. Cammino ma non sono sicuro di andare nel verso giusto. Mi viene da ridere, ora sì che sono perso veramente.
E poi lo sento distintamente. É un rumore che non può essere confuso con nient’altro. Lo stridere fastidioso degli pneumatici sulla ghiaia. Il procedere lento di un’auto che mi viene incontro.
Il rumore si ferma, ad un certo punto proprio mentre il mio cuore inizia a battere all’impazzata, molto più forte di prima, più forte di quanta abbia mai fatto in qualsiasi altro momento della mia vita.
Una portiera si apre ma non la sento richiudersi.
“Niall Horan?” chiede la voce calda e roca che avevo già sentito. È Zayn.
Dovrei rispondere, perché non lo faccio. Devo dire che sono lì, che sono a pochi passi da lui.
“Zayn?” chiedo invece con uno sforzo sovraumano e una voce che non sembra mia.
La portiera si chiude e sento dei passi.
“Sì” lo sento dire mentre cammina.
“... s-sono qui...” dico.
Lui continua a camminare e inizio a distinguere la sua figura, la nebbia sembra quasi meno fitta. Muovo anche io un passo ma la voglia di scappare, di chiudere gli occhi è sempre più forte.
“Vuoi venire con me?”mi domanda ad un certo punto ed in contemporanea si ferma.
Annuisco anche se non credo lui mi veda. Ricomincia a muoversi, è a pochi passi da me. Lo vedo perfettamente adesso. È più alto di me di una buona spanna.
La pelle è scura, color caffè latte. Gli occhi sono color nocciola, sono vivi e spenti insieme.
Mi tende una mano e vorrei reagire come Harry, scuotere la testa e ficcarmi le mani in tasca ma non ci riesco.
La mia mano si muove quasi non la comandassi io. La stringo nella sua ed è calda, ospitale. Mi fa venire i brividi lungo la schiena.
Sono ancora nel bel mezzo del nulla ma credo di sapere la strada quando mi conduce alla sua macchina, mi apre la portiera perfino. Gira intorno all’auto, apre la portiera dal suo lato, si siede e mi guarda.
Io guardo fuori dal finestrino e mi domando cosa stia pensando Harry in quel momento. Mi chiedo se vedrò Liam, vedrò Louis o addirittura Darcy. Mi domando tutte quelle cose insieme tranne quale sia la meta perché quello non mi interessa. Non mi sento più perso e mi domando perché.
 
***
La casa davanti alla quale parcheggiamo è enorme. Attraverso il parabrezza e per la nebbia non la vedo in modo distinto ma riesco ad individuarne i contorni ed è la villa più maestosa che io abbia mai visto. Zayn è nervoso, tamburella con le dita sul volante e non accenna a scendere dall’auto. Restiamo immobili lì dentro. Lo guardo e mi vengono in mente le parole di Harry. Penso al fatto che nel 1991 avesse 20 anni. Non mi ero mai posto il problema circa il suo aspetto fisico ma devo ammettere che mai e poi mai lo avrei immaginato così. Oltretutto probabilmente credevo avesse sui 40 anni, più o meno. È giovane invece, bello e giovane. Non è il prototipo del rapitore seriale, ecco tutto.
Sospira, apre la portiera e scende. Sto per fare lo stesso quando lo vedo affiancarsi all’auto e aprire la mia portiera. Mi fa scendere.
Si incammina verso la casa e io lo seguo. Saliamo i gradini e quando ne mancano un paio all’ingresso, la porta in legno, gigante, si spalanca.
Il maggiordomo e un ragazzo ci si parano davanti.
“Louis” dico e lui mi guarda, sorride, si copre il viso e credo stia per piangere quando mi chiede: “Harry ti ha parlato di me?”
“Sì” rispondo mentre Zayn mi spinge piano ad entrare in casa. Il maggiordomo mi prende la giacca, fa un semi inchino dopo aver atteso un cenno del padrone di casa e poi sparisce.
“Parlami di Harry” continua Louis saltellandomi accanto, mi afferra per un braccio e con gli occhi pieni di lacrime mi guarda speranzoso quando mi chiede “mi pensa?”
“Parla solo di te” dico annuendo “e ti sta aspettando” concludo guardando Zayn.
Lui scuote la testa e si dirige verso una specie di salotto. Un camino enorme sovrastato da un ritratto di Zayn mi accolgono in quell’ala della casa che sembra davvero ferma nel tempo.
Lo seguo con accanto Louis. Mi siedo sulla sedia che mi indica Zayn mentre Louis sta in piedi accanto a me e continua a guardarmi.
 “Qualcuno che mi spieghi cosa sta succedendo per favore?” chiedo e ad un certo punto ma mi viene in mente una cosa “dove sono Darcy e Liam?” dico guardandomi intorno.
Louis al mio fianco si irrigidisce e per la prima volta da quando ho messo piedi lì dentro mi stacca gli occhi di dosso per posarli su Zayn  che immobile stringe i pugni sulle proprie gambe e fissa il fuoco. Tossicchia e poi mi guarda.
“Cosa sai di Darcy e Liam?” domanda
“So che sono scomparsi. Darcy nel 1981 e Liam dieci anni dopo” dico
“Beh, non sono qui” dice dopo averci pensato un po’
“Quindi non c’entrano con tutto questo?” chiedo
“Senti Niall, è una storia assurda e molto lunga...”
“Voglio sentirla” dico incrociando le braccia al petto “perché hai scelto me? Perché hai preso Louis? Perché non hai preso Harry?”
Lui sbuffa, guarda Louis e poi: “Liam era il mio fidanzato” dice
E io non so cosa di tutto quello mi lasci perplesso. Forse il fatto che non abbia assolutamente senso, che non risponda affatto a nessuna domanda.
“Quindi?” chiedo
“Quindi non è qui, non lo sarà mai più e non intendo parlarne” dice guardandomi storto “tutto quello che mi serve è che tu mi dica quanto Harry sa di tutta questa storia e quante possibilità ci sono che si fidi di me e chieda il mio aiuto”.
Sento Louis trattenere il respiro al mio fianco, lo guardo e mi ritrovo a pensare che in effetti i suoi occhi sono sorprendentemente azzurri e molto simili ai miei.
“Non sa molto” dico tornando a guardare Zayn “come me del resto, non so nulla. So solo che sei gay e per quanto la cosa sia davvero interessante eh, non vedo come possa far chiarezza su tutte le disgrazie che sono accadute” dico con un sicurezza e un’acidità che fanno storcere il naso a me per primo.
Lui infatti mi guarda con un certo disappunto, guarda Louis poi di nuovo me.
Accenna una specie di sorriso prima di dire: “E va bene” congiunge le mani e sospira “mettiamola così: la scomparsa di Darcy e colpa mia e di Liam, siamo stati maledetti dalla sua anima, probabilmente, che è tornata a farci visita nel 1991, quando cioè Liam è sparito”.
Una maledizione? Un tempo credo avrei scosso la testa, mi sarei alzato e me ne sarei andato domandandomi come qualcuno potrebbe mai credere ad una simile stronzata. Invece no, annuisco e la cosa inizia addirittura ad avere senso nella mia testa.
“Liam è... morto. Diciamo. È la nebbia. Io sono condannato ad essere immobile nel tempo, per sempre. La maledizione si spezzerà quando avrò aiutato qualcuno ad orientarsi nella nebbia, cosa che non ho fatto con la bambina, portando un frammento di cielo nella mia oscurità e... rendendomi eterno nell’amore...”
Non so cosa dire. Lui mi guarda ed anche Louis sono certo mi stia guardando.
“Io... sono la persona che dovevi aiutare ad orientarsi?” chiedo
“Sì... anche, ma tu principalmente sei il pezzetto di cielo, ecco” dice e sembra quasi imbarazzato.
Non so esattamente cosa dire.
“Quindi...” inizio “gli occhi azzurri hanno davvero un peso in tutto questo?” chiedo
“Sì. Perché?” domanda Zayn ed è piuttosto perplesso
“Perché con Harry ne stavamo parlando e cercavamo di capire con quale criterio scegliessi la gente... ecco. Abbiamo pensato al fatto che Louis avesse gli occhi chiari, come i miei...” spiego
“E cos’altro ha ipotizzato Harry?” mi domanda Zayn
“Nient’altro, l’idea di perdermi e chiedere il tuo aiuto è stata una specie di mia idea. Ho pensato al fatto che Darcy era persa.. non lo so in realtà, mi è nata a caso”
“Ma avevi ragione” dice Zayn mettendosi in piedi “Harry è a conoscenza di questa tua idea?” chiede
“Sì, gli ho spiegato cosa volevo provare a fare. Sì, diciamo che lo sa” dico “ma non ho avuto tempo di dirgli che ha funzionato chiaramente”
“Beh, non ti vedrà più in giro” dice lui e inizia a camminare per la stanza, davanti al camino “capirà che funziona”.
Si morde la labbra, è agitato e pensieroso.
Anche Louis lo guarda.
“Cosa c’è che non va?” chiedo
“Nulla” risponde lui prima di guarda Louis e salutarlo con un cenno della testa. Dice “vado in camera, pensa tu a Niall”.
 
 
POV Zayn
 
Non fa differenza che ora sia. Qui il tempo non esiste e me ne rendo conto ogni volta che mi specchio. Eppure, se il tempo, l’orario, la suddivisione nei vari momenti del giorno esistesse,  in quel momento starei sbraitando qualcosa tipo: “sono le 4 del mattino chi cazzo è che rompe?”.
Il bussare sulla porta è lieve, sarebbe quasi inudibile se tutto intorno a me non ci fosse altro che silenzio. Mi alzo dal letto e sento, al di là della porta, il legno del parquet cigolare. Chiunque abbia bussato si sta allontanando penso. Mi affretto e provo ad ipotizzare di trovarmi davanti Louis, in lacrime come al solito. Il maggiordomo anche, forse vuole avvertirmi che Harry mi sta aspettando.
Su quell’idea apro la porta, la spalanco quasi e prego con tutto me stesso sia davvero il maggiordomo. Mi aspetto di sentire la delusione invadermi il cuore, la rassegnazione risalirmi su per la gola, quando mi accorgo che non è lui. Niall è di spalle, si sta allontanando.
Non c’è traccia di delusione nella mia voce quando gli chiedo: “hai bisogno?”.
Lui non si volta per rispondermi dice soltanto: “sì”.
Così mi scosto per farlo entrare in camera quando lui ancora si sta voltando per incamminarsi verso di me. Mi passa accanto e mi guarda negli occhi in modo strano, bizzarro.
Pochi passi dopo si ferma mentre io richiudo la porta alle nostre spalle.
E sono ancora in attesa della delusione, della rassegnazione, della tristezza persino quando mi accorgo che di quei sentimenti non c’è traccia.
“Volevo parlare con te” dice. Si guarda intorno, guarda il letto poi la finestra, la scrivania piena di fogli. Poi, finalmente guarda anche me. Di nuovo.
È strano il suo sguardo come quello di qualche istante prima. È colmo di domande, di dubbi. Come lo sguardo di Darcy quella notte, come quello di Liam quando gli raccontavo della maledizione, come quello di Louis.
Mi domando da quale delle mille domande a cui ha tutto il diritto di avere una risposta voglia iniziare.
“Voglio sapere di Liam e Darcy” dice quasi leggendomi nella mente.
Io non voglio parlare né di lui né di lei. Mi siedo sul letto e lo guardo.
“Non sono qui, ti ho detto”
“Questo lo vedo anche io” risponde e poi mi si siede accanto. E adesso, più che aspettare i sentimenti di prima, li vorrei, ne necessito, ne ho bisogno per distruggere e soffocare quelli che invece mi albergano nella mente. Sento calore. Ecco. Mi sento tranquillo.
Non mi sentivo così da anni. Mi allontano un po’ prima di risponde:
“Ti ho già detto quello che devi sapere di Liam e Darcy, non ho capito cos’altro vuoi” dico
“Innanzitutto sapere che fine ha fatto lei, poi vorrei sapere perché tu e Liam state subendo una pena diversa e soprattutto perché...” dice lui tutto d’un fiato, si passa una mano nei capelli e continua “eravate solo dei bambini”.
Lo guardo negli occhi e l’azzurro che li riempie non mi sembra affatto simile a quello degli occhi di Louis.
Lo guardo e penso al cielo. Penso al sole. Penso al pomeriggio dopo la scomparsa di Darcy. Guardo Niall e racconto i frammenti di quel giorno:
 
Il bosco e le strade circostanti sono bloccati e resi off limits da nastri gialli con il nome polizia ripetuto fino allo sfinimento. Si sentono gli elicotteri e non c’è quasi nessuno in giro. Ci sono poliziotti, loro sì, sono ovunque. Passano per le strade del paese, vanno avanti e indietro dal bosco alla casa di Darcy. C’è anche il padre della bambina che cammina e piange. Attacca foto in bianco e nero su ogni lampione, ogni albero, ogni muro che incontra. E piange, piange.
C’è il sole ad accompagnare le ricerche. È alto nel cielo, sembra enorme e più luminoso del solito. Tutto brilla: le foglie con ancora la pioggia della sera prima, le pozzanghere, le divise della polizia lucide e nere. Tutto brilla e c’è un sacco di luce.
Liam accanto a me ridacchia e muove i piedi nel vuoto, seduto sulla balaustra del balcone.
I miei genitori sono in casa con i suoi e parlano della scomparsa della bambina.
“Perché ridi?” gli chiedo.
“Perché non la troveranno” dice
“E ti fa ridere?” domando sconvolto. Mi accorgo che i miei piedi oscillano con la stessa velocità dei suoi. Mi accorgo che persino i miei respiri sono sincronizzati con quelli di Liam. Ho paura di tutto quello. Ho paura di essere così legato a qualcuno, ho paura di lui, di me, delle idee che abbiamo. Ho paura ci scoprano, che tutto il paese scopra che è colpa nostra. Ho paura perché non riesco più a distinguere niente, i miei sbagli dai suoi, le mie idee dalle sue. Le mie colpe e le sue colpe. E vorrei smetterla di muovere le gambe nel vuoto con il suo stesso ritmo ma non ci riesco. Non ci riesco.
“Mi fa ridere sì” ammette e mi guarda, mi sfida “a te no?”.
Vorrei negare, lo vorrei davvero quando dico: “Fa ridere anche me”.
Vorrei urlare, dirgli che abbiamo sbagliato ma non lo so fare. Lui è Liam, il mio tutto.
Mi guardo la mano e il taglio fatto solo una decina di ore prime. Una promessa fatta con il sangue. Lui mi guarda mi osserva mentre scruto sconvolto e terrorizzato quell’incisione nel palmo della mia mano.
“Saremo amici per sempre? Un unico destino?” mi chiede e io so che la sua vera domanda è: “negherai con me fino alla morte?”
Io annuisco, gli dico di sì ma dentro di me sono già diventato la persona peggiore del mondo. Sto pensando che se ci scoprissero mi metterei solo a piangere. Sto pensando che vorrei lui sparisse, che vorrei tutte le colpe fossero sue. Sto pensando che vorrei vivere tanto a lungo da vederlo scomparire da questa terra e portarsi via il mio senso di colpa.
Guardo il cielo dopo aver taciuto tutte quelle parole. Faccio seguire al mio annuire un debole sì. Lui sorride e torna a guardare la polizia intenta nelle ricerche a pochi passi da noi.
Continuo a guardare il cielo e ho come la sensazione di dovermi godere quei momenti, quell’azzurro. Sento una strana sensazione infondo allo stomaco.
La porta del balcone alle nostre spalle si spalanca. Ci giriamo. Mio padre è in piedi accanto ad un poliziotto, sorridono entrambi con aria comprensiva quando l’uomo in divisa ci dice: “ieri sera eravate nel bosco, ci è stato riferito”.
Una donna si affianco a mio padre e all’uomo. Porta una spilla sulla camicia chiara e credo ci sia scritto qualcosa circa il reparto psicologico della polizia. La donna ci dice che faremo una chiacchierata e che ci darà supporto. Io e Liam ci guardiamo, ci alziamo in piedi e odio constatare che ci muoviamo anche alle stesso ritmo.
Mi prende la mano e sento il taglio bruciare, forte, fortissimo.
Ci fanno milioni di domande, ci chiedono se abbiamo visto qualcuno nel bosco. Diciamo che abbiamo visto la bambina correre, correva versa il fiume, dico io.
Liam annuisce e non mi lascia la mano, mai.
“Vi ha detto qualcosa la bambina?” domanda il poliziotto e la donna ci sorride rassicurante. Liam stringe la presa sulla mia mano. Il taglio brucia quasi più di prima e sento anche i contorni della sua ferita sfregare ruvidi contra il mio palmo.
“No” diciamo e odio, odio, odio sentire che lo diciamo insieme, all’unisono, in coro.
Siamo la stessa persona, siamo la stessa cosa, siamo complici, siamo sbagliati, cattivi. E brucia quasi più del taglio il senso di colpa che mi distrugge il cuore.
Vorrei Liam sparisse, penso, vorrei se ne andasse, lo ripenso come poco prima. Deve andarsene e portarsi via anche la mia colpa. Sono egoista, me ne rendo conto. Falso ed egoista mentre lo abbraccio dopo quel colloquio e gli dico di non lasciarmi mai. Perché lo odio e lo amo insieme. Ho bisogno di lui e in contemporanea odio come mi fa diventare.
Quando guardo fuori dalle finestre ci sono le nuvole a velare il cielo e mi manca quell’azzurro, tantissimo. Mi manca e non so perché mi viene da piangere.
Non dovevo lasciare andare quel cielo così bello, dovevo restare a fissarlo e tapparmi le orecchie per non sentire niente. Non dovevo lasciarlo andare, penso e mi viene in mente anche Darcy.
Non dovevo lasciare andare nemmeno lei.
 
 
Quando finisco di raccontare Niall mi sta guardando. Guarda me e la poi le mie mani. Le volto per mostrargli il palmo e il taglio rosato che attraversa quello destro. Torna a guardami negli occhi.
“Lo odi? Liam intendo” mi chiede e non è affatto la domanda che mi aspettavo.
“A volte” dico io e poi cerco di sorridere.
Lui sorride convinto invece, mi prende una mano. Fa scorrere il pollice sopra la cicatrice.
“Stai pagando... avete sbagliato ma state pagando, entrambi”dice
“Credo sia per il fatto che odiavo e amavo allo stesso tempo essere quasi sincronizzato a lui che le nostre punizioni sono diverse, sai?” dico e lui annuisce.
“Può essere”
“Mi dispiace che stiate pagando anche voi per una colpa che è mia e di Liam... è ingiusto, è sbagliato...”.
“Zayn” Niall mi costringe ad alzare il viso e guardarlo “Harry e Louis si ritroveranno, finirà tutto questo e, il pezzettino di cielo è qui, no?” dice e mi lascia la mano per spalancare le braccia in un gesto goffo e teatrale insieme.
Sorrido e “già” dico.
“Cos’è che serviva il pezzettino di cielo nelle tenebre?” chiede corrucciando le sopracciglia
“Solo a distruggerle, a rischiarare tutto quanto, a fare chiarezza ” dico
“Benissimo” dice lui alzandosi in piedi e lo faccio anche io, non so esattamente perché “allora permettimelo, va bene? Dobbiamo essere forti, aspettare Harry e non perdere la speranza... Hai sbagliato, stai pagando, perdonati. Eri solo un bambino, ok?” conclude.
Io lo guardo e mi viene in mente una domanda che già nella mente mi sembrava dannatamente stupida: “tu mi perdoni?”
Lui sorride, annuisce e fa un passo verso di me. Le punte dei nostri piedi si sfiorano tanto siamo vicini e persino i nostri nasi sembrano quasi toccarsi.
“Sì, eri solo un bambino Zayn, te l’ho detto” dice prima di abbracciarmi.
Appoggia la testa alla mia spalla, solo per un secondo poi si stacca si incammina verso la porta. Mi sento come quel pomeriggio quando guardavo l’azzurro sopra di me. Non voglio perdere quel cielo azzurro.
 
 
 
POV Harry
 
Sono nel punto esatto dove è sparita Darcy, dove è sparito Louis e dove è scomparso nel nulla anche Niall. Vorrei capire qualcosa di tutto quel casino. Niall sta vagando nel nulla, nella nebbia o Zayn è davvero passato a rapirlo, prenderlo o quel cavolo che è successo?
Forse il biondo aveva ragione, penso guardandomi intorno. Forse devo perdermi.
Ma come può avere senso? Va bene che in tutto questo niente ha senso però l’idea di doversi perdere volutamente è davvero imbecille. Nemmeno ci riesco a voler essere onesti. Credo di conoscere quasi a memoria ogni albero, ogni sasso, ogni curva. Credo di sapermi orientare nella nebbia. Dovevo sopravvivere, dovevo avere un  punto di riferimento per non impazzire quindi me li sono creati. Dovevo resistere per Louis.
Ci provo, però. Chiudo gli occhi e cammino, nel nulla. Mi sento cretino, illuso e perfettamente consapevole di ogni centimetro di terra sotto i miei piedi. Devo anche pensare a Zayn e invocare il suo aiuto? Mi viene quasi da ridere all’idea. Apro gli occhi. Io non posso fidarmi di Zayn.
Come faccio ad essere certo che non abbia uccido Darcy, Liam, Louis e Niall?
“Io ti odio” urlo e mi copro il viso. Mi siedo nel punto dove tutti scompaiono e non tornano. “Cosa devo fare, Louis? Aiutami” penso e vorrei morire quando tutto quello che mi circonda, come sempre, come ogni dannato secondo, è il silenzio.
 
 
Tre “giorni” dopo
 
POV Niall
 
Lo scorrere del tempo lo decidiamo noi e la cosa non mi dispiace affatto. So che è mattina quando ci alziamo dal letto e decidiamo di scendere in sala. So che è pomeriggio quando Zayn se ne sta da solo a contemplare la teca di vetro che custodisce la rosa. Lo fa ogni giorno da quando sono qui.
So che è sera quando la porta della stanza di Zayn rimane aperta.
“Posso” dico bussando comunque
“Lo sai che puoi” mi risponde lui. È sdraiato sul letto, le braccia dietro la testa e guarda il soffitto.
“A cosa pensi?” dico mentre mi siedo sul materasso accanto a lui.
“A Harry, ci sta mettendo troppo. Se avesse capito davvero sarebbe già qui, sarebbe tutto finito” dice.
“Non è così facile Zayn, io mi sono fidato perché non ti conoscevo, non mi avevi fatto nulla. Provare a fidarmi di te mi è stato relativamente facile. Per Harry è diverso”.
Lui si è messo seduto, mi sta guardando con aria pensierosa. Credo sia buffo, addirittura.
“Forse hai ragione” dice.
Nonostante tutto in quel luogo mi faccia pensare ad una prigione, nonostante io debba sforzarmi di non far vagare il cervello e fargli considerare con lucidità tutta quella situazione, credo di stare bene.
Direi persino che sono felice. Sono felice lì, su quel letto. Ed è così assurdo.
Sono felice nel guardare uno sconosciuto che mi ha praticamente rapito. Sono felice di guardarlo lì, accanto a me. I capelli spettinati, lo sguardo strano che mi rivolge sempre, i suoi occhi scuri così diversi dai miei. Mi piace persino il suo modo di trascinare le parole e la sua pronuncia particolare. Sono felice e mi stupisce che tutta la mia felicità possa stare solo in quel misero quadrato di letto.
 “Sei spettinato” gli dico allungando un braccio e abbassandogli delicatamente un ciocca di capelli ribelli.
Lui mi guarda mentre quel gesto diventa una carezza e la mia mano gli scivola lunga una guancia. Si morde le labbra quando gli sorrido e cerco con il pollice di incurvare le sue labbra ad imitare le mie. Sorride alla fine, cede e scuote appena la testa.
“Sei strano Niall” dice e sento il suo respiro caldo sulla mano ancora sul suo viso.
“Lo sei anche tu”
“Ma tu di più. Non credo tu dovresti essere a tuo agio qui” dice. La cosa ha senso per cui annuisco e gli dico che ha ragione. Aggiungo anche: “però è così”.
“Ok” riprende lui “ma non è normale comunque”.
Mi avvicino a lui.
“Fa niente” dico. Lui deglutisce e mi domanda secondo me cosa accadrà quando Harry arriverà e la maledizione sarà spezzata.
“Non lo so” dico “sarai libero e lo saranno anche Louis e Harry. Anche Liam”
“E questo cosa vuol dire? Tutto ricomincerà da dove? Liam tornerà in vita?”
“Zayn come faccio a saperlo?”
“Non lo so. Vorrei solo qualcuno me lo dicesse” dice e scosta la mia mano per prendersi il viso tra le proprie.
Lo vedo prendere fiato e continuare “mancano solo due petali”
“Appunto, non cedere adesso” dico
“Ma io non so cosa preferisco, lo sai?” dice alzando il viso verso di me. Mi guarda “non voglio vedere Liam e al tempo stesso muoio dalla voglia di vederlo. Non voglio tornare indietro, non voglio ricominciare da quel giorno, non voglio”
“Calmati, ancora non sai cosa succederà”
“Vorrei Harry non arrivasse, vorrei tutto restasse così, per sempre”  lo sento dire, in un sussurro
“Hai solo paura, è normale... non è quello che vuoi realmente. Sarai libero Zayn, Harry arriverà e sarai libero”
“E tu?” mi domanda.
E io? Mi domando a mia volta. Non so rispondere e mi limito ad alzare le spalle e dire: “io sono il tuo pezzettino di cielo”. Poi arrossisco.
Sembra una stupida dichiarazione, qualcosa di smielato e da ragazzini. Lui mi guarda e sembra divertito.
“Se dopo la maledizione tutto ripartisse dal giorno in cui Liam è sparito...” dice e io so già cosa dirà dopo per cui continuo la frase per lui, in una cantilena e dietro un sorriso: “io non sarei ancora nato... nascerei due anni dopo”
Lui mi guarda e annuisce.
“Credi che tutto questo tempo passato qui, nella nebbia, sarà nei miei ricordi?” mi domanda
“Lo spero” dico “perché ci sono stato anche io per un po’”
Lui ride poi scuote la testa. “Smettila Niall”
“Di fare cosa?”
“Di provarci con me” dice lui e poi si alza dal letto. Sembra divertito e preoccupato insieme
“Non ci sto provando” dico alzandomi a mia volta “se ci stessi provando ci sarei già riuscito”.
E davvero non lo so da dove cazzo mi sia uscita questa frase idiota. Nemmeno nei peggiori romanzi rosa qualcuno avrebbe mai osato tanto. Che cazzo ho detto?
E lui ride. Per la seconda volta in cinque minuti e per la seconda volta in tutti quegli anni, credo.
Mi si avvicina e mi mette entrambe le mani sui fianchi, io alzo le mie e istintivamente le poggio sulle sue spalle. Sta ancora ridendo quando mi dice: “sembri piuttosto arrendevole per essere uno che ha appena detto una frase di quel tipo”.
Sorrido anche io: “non sono affatto arrendevole” dico
“No?” domanda sporgendosi verso di me, mi sfiora le labbra con le sue e io socchiudo gli occhi a quel contatto. Sono ufficialmente una ragazzina deficiente.
Lo sento ridere di nuovo per cui mi stacco e apro gli occhi.
“Ok sono arrendevole, va bene?” dico
Lui mi riavvicina a sé, con forza. Il mio petto è perfettamente in contatto col suo.
Sento il suo cuore, il suo respiro e mi sembra impossibile aver creduto che lì dentro il tempo non fosse scandito. Eccolo l’unico ritmo che mi serve.
“Non sono sicuro che tenere un pezzettino di cielo nel buio sia una buona idea. Rischia di spegnersi” sussurra
“Magari è il buio che si illumina” dico io poco prima di sporgermi verso di lui e sentire invece le sue mani lasciarmi.
“Non credo” dice.

 
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Capitolo 3
*** The wrong wish 3/3 ***


 
The wrong wish
 
POV Harry
 
Non so esattamente da quanto tempo Niall non sia più lì con me. Quindici giorni? Forse anche di più. Continuo a ripetermi che forse dovrei provare, che dovrei impegnarmi e fidarmi di Zayn. Perdermi e chiedergli la strada proprio come previsto dal piano di Niall. Eppure non ci riesco. Mi frena il non sapere se davvero Niall adesso sia con Zayn, il non sapere cosa gli sia successo. E se lui, Liam, Darcy e persino Louis fossero tutte sue vittime? E se lui davvero li avesse uccisi?
Questo è ciò che ho in mente anche in quel preciso momento. Me ne sto come un imbecille in piedi dove tutti sono spariti e non sono mai tornati. E provo davvero a perdere l’orientamento, ad aver bisogno di lui ma non ci riesco, non ci riesco. Mi viene da piangere, non voglio tornare nella mia tenda ad aspettare ancora invano per chissà quanti giorni. Non voglio, non voglio assolutamente.
Chiudo gli occhi mentre inizio a piangere. Vorrei accartocciarmi su me stesso ma mi costringo a restare immobile e in piedi. Mi fanno male tutti i muscoli per lo sforzo di non cadere a terra sfinito e privo di forze. Costringo il mio corpo a muoversi e faccio qualche passo avanti, nel nulla. E ancora come ogni dannata volta che ci ho provato ho la sgradevole sensazione di sapere esattamente dove sono, dove mi porterà ogni passo. Ancora la voglia di piangere, sgretolarmi al suolo, vomitare ogni briciolo di frustrazione che ho in corpo sembra quasi prevalere. Mi costringo di nuovo a non fermarmi. Cammino e penso a Louis, cosa che non faccio da un sacco di tempo. Mi impedivo di pensarlo, di nominarlo. Mi costringevo a non guardare la sua foto sul giornale e mi impedivo di far tornare la mente a tutti i giorni che avevo passato con lui. Sarei crollato, sarei morto, sarei impazzito. Eppure in quel momento lo faccio, penso a tutte le volte che ci siamo baciati, al nostro primo bacio. Penso a quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta e all’ultima poche ore prima di partire. Mi viene in mente il suo odore, il colore dei suoi occhi. La sua voce. Quanto darei per sentirla, per sentirgli dire il mio nome in quell’infinità di intonazioni che solo lui sapeva imprimergli. Penso alle sue mani su di me, sul mio corpo. Stringo anche i pugni come potessi in qualche modo ancorarmi a lui. Ripasso mentalmente ogni secondo della quotidianità che avevamo e che qualcuno ci aveva sottratto. Sento l’odio per Zayn invadermi la testa e il cuore ma cerco di non pensarci, di non distrarmi e cammino, cammino senza mai pensare a Zayn in quel modo.
Cammino e torno a pensare a tutte le mattine in cui in bici raggiungevo la casa di Louis. I sassi lungo il vialetto di casa sua, i fiori alle finestre del primo piano. La voce delle sorelle che si sentiva fin da fuori. Le scale che dal salotto portano a camera sua, quelle che percorrevamo di notte, piano, per non farci sentire quando io scappavo di casa e andavo da lui. Quelle dove l’ultimo gradino scricchiola e non me lo ricordavo mai. Ripenso alle nostre risate, al caffè preso sempre allo stesso bar,  le corse per non perdere il pullman, le sigarette fumate di sera sul marciapiede quando nessuno dei due aveva voglia di andare a casa.
E a quel punto cado. Sono per terra ho gli occhi chiusi ma li riapro perché non mi interessa dove sono, forse non lo so nemmeno più. E piango, piango tutte le lacrime che ho in corpo. Come potevo illudermi di avere una precisa idee di dove fossi? Solo perché sapevo riconoscere gli alberi, la staccionata e riuscivo nella nebbia a ritrovare la mia tenda? Io non lo so dove sono, non lo so e non l’ho mai saputo. Louis non c’è e questo basta a farmi dire che sono sicuramente nel posto sbagliato. Sono perso, totalmente perso, non ho punti di riferimento, non ho niente se non ho lui. E mi manca quasi il respiro quando mi sdraio di schiena sulla ghiaia e sento milioni di piccoli sassi graffiarmi la schiena. Urlo con tutto il fiato che ho in corpo il nome che mai avrei creduto di urlare in quel modo. Gli urlo di venirmi a prendere perché non ho la minima idea di dove sono.
“Zayn” urlo di nuovo, prima che il fiato mi si spezzi in gola e le lacrime abbiano il sopravvento.
 
 
10 giorni prima
 
POV Zayn
 
Niall è in casa con me e Louis da appena tre giorni e già la vita qui sembra essere cambiata. Non c’è più silenzio tanto per cominciare. Niall sembra essere contemporaneamente in tutte le stanze della casa. Nessuno si può fermare un attimo a riflettere su quello che vuole senza che lui spunti dal nulla e inizi a consolarti su cose che tu nemmeno avevi considerato. Ed è infatti quello che sta accedendo proprio adesso. Sono solo seduto alla scrivania, ho la testa poggiata alle braccia che tengo conserte sul tavolo. Non sto facendo niente di particolare né pensando a qualcosa di drammatico, non in quel preciso istante almeno.
Ad un certo punto una mano calda mi accarezza la schiena e poi la nuca. Mi scompiglia i capelli e la voce di Niall inizia a dire “tranquillo Zayn, Harry arriverà”. E giuro non ho la minima idea di come possa essere entrato in camera mia senza fare il minimo rumore.
Allora alzo la testa di scatto e gli domando perché crede io stia pensando a quello. Lui mi guarda confuso e decide che abbracciarmi sia un buon modo di rispondermi.
Lo scosto da me e probabilmente faccio la mossa sbagliata quando gli dico: “perché parliamo sempre di me, di quello che mi fa soffrire, dei miei sbagli e di tutto quanto e mai di te?”.
Ed è la scelta sbagliata, ne sono certo, quando lui si incammina verso la porta della mia camera e io credo stia uscendo. Poi però la chiude, si gira e torna verso di me. Si siede sul bordo del letto mentre io ritorno a sedermi sulla sedia. Mi guarda e sorride: “cosa vuoi sapere?” mi chiede.
“niente, era solo per dire” dico ma lui inizia comunque. Ed è lì che so per certo di aver fatto la scelta sbagliata. Lo capisco da come sospira, da come si mette comodo, pronto a parlare per almeno una buona ora e mezza.
“Sono irlandese in realtà” dice come se lui avesse mai cercato di fingere il contrario, come mi importasse o come avessi mai creduto non lo fosse. Semplicemente non mi ero mai posto il problema.
“Ho un fratello ma non gli parlo da un po’. Abbiamo litigato quando gli ho rubato la ragazza e lui è molto più grande di me” puntualizza “poi gli è passata eh, abbiamo fatto pace ma si è arrabbiato molto quando ha scoperto che in realtà sono gay. Cioè se tuo fratello più piccolo gay ti ruba la ragazza la prendi male” spiega gesticolando.
Scuoto la testa e lui sembra indugiare un attimo prima di chiedermi: “ti da fastidio che sia gay?”
Sbuffo, odio i discorsi inutili. Alzo anche gli occhi al cielo: “sai che lo sono anche io, come potrebbe mai darmi fastidio?”.
Lui alza le spalle e mi domanda se deve continuare a raccontarmi qualcosa di lui
“Mi hai detto solo che sei gay” dico “ma se ritieni sia sufficiente” concludo indicando la porta. Non mi illudo lui esca, so che resterà lì. Mi guarda infatti non si muove.
Scuote la testa e arriccia le labbra.
“Che c’è?” chiedo
“Nulla, pensavo cos’altro raccontarti di me”
“Non voglio sapere niente Niall, ero qui da solo, pensa un po’, proprio per stare da solo. Non voglio parlare del passato soprattutto”
A quel punto si alza batte le mani e dice: “proprio quello che volevo dicessi” sorride “pensiamo al presente, ti va?”
Devo avere uno sguardo piuttosto perplesso infatti continua, arrossisce anche. Sembra cambiare completamente modo di fare quando, guardandosi le scarpe, sussurra imbarazzato: “visto che nel tuo passato io non ci sono, nel futuro forse nemmeno... pensiamo al presente”.
“Niall, ascolta...” provo a spiegare e vorrei davvero trovare qualcosa di convincente da dirgli ma quello che bisbiglio poco dopo è solo un “...no...”
“Ma no cosa?” mi chiede
“No qualsiasi cosa tu stia pensando”
“Penso che potremmo conoscerci, ecco cosa penso” spiega
“Ecco no...” dico
“Ma perché no?” mi domanda sinceramente sconvolto “non vorresti conoscermi? Se fossimo fuori di qui”
Sospiro e mi viene anche da ridere: “Tutto quello che penso da quando sono qui, Niall, è che sono qui, non esiste altro per me, ok?”
“Infatti sbagli, dovresti distrarti. Non sto dicendo che voglio chissà cosa, solo che mi interessi. Per cui te lo dico apertamente perché io lo so dimostrare solo così”.
Mi si pianta davanti a non più di un paio di centimetri dal mio naso.
“Io non ti interesso?” chiede
“Ti ho già detto che non riesco a pensare ad altro che non sia tutto questo casino” rispondo indietreggiando di un passo.
Lui accorcia di nuovo la distanza muovendosi in mia direzione.
“E io ti ho detto che sbagli. Perché non puoi distrarti per una volta, una soltanto?” chiede
“E tu perché non ti disperi per il fatto che sei nel nulla invece di pensare a cose inutili?”
“Perché se ci penso impazzisco quindi mi distraggo. So che Harry arriverà, è solo questione di tempo. Odio annoiarmi, ecco tutto”.
Indietreggio ancora e lui avanza nuovamente. Sospiro.
“Va bene Niall, cosa vuoi fare allora? Ti invito fuori ti va? Andiamo nella nebbia che dici? O in cucina magari, in bagno. Anche il salotto non è male”
“C’è una biblioteca al piano sotto. Andiamo lì?” chiede sorridendo.
Io lo guardo e scuoto la testa. Sorrido anche, dopo un po’, quando vedo che niente nel suo volto comunica incertezza, dubbio, paura. È sicuro e niente in quel posto mi aveva mai comunicato tranquillità, niente come lui e i suoi occhi.
Mi domando se sia quello l’effetto di un pezzettino di cielo azzurro, limpido, nell’oscurità.
“Va bene” dico alzando le spalle “andiamo?”
“No, non ora” dice lui andando verso la porta “quello che devi fare è tornare ad avere qualcosa da fare, scandire il tempo” spiega sorridendo. Apre la porta poi continua “Ci vediamo lì domani mattina” mima delle virgolette con le mani “cioè, dopo che ci siamo alzati dal letto. Ci troviamo lì. Come fosse un appuntamento”.
Sorride di nuovo mentre esce e si richiude la porta alle spalle.
Sono nella nebbia, nel nulla, non esiste il tempo, non esiste via di fuga. Non c’è niente ma ho un appuntamento e sorrido. Sì, deve essere questo l’effetto di un po’ di luce, nel buio.
 
Il “giorno” dopo
POV Niall
Sono in piedi nella mia stanza, immobile. Guardo la porta da non so nemmeno quanto tempo. Sto continuando a domandarmi perché mi sembrava una buona idea dire: “ci troviamo davanti alla biblioteca quando ci alziamo dal letto”. Che razza di modo è per misurare il tempo? E se lui fosse già lì? E se invece arrivassi troppo presto? Sarei un fottuto cretino. Beh ma se invece lui fosse già lì davvero? Non posso farlo aspettare.
La stanza di Zayn è al primo piano, la mia al secondo e la biblioteca a piano terra. Non posso nemmeno sentire se apre la porta o qualcosa di simile. Sono ufficialmente un imbecille.
Scuoto la testa e mi decido ad aprire la porta. Muovo qualche passo fuori incerto sul da farsi. La stanza di Louis è chiusa e lui probabilmente è dentro. Mi muovo verso le scale e guardo giù. Del piano dove c’è la camera di Zayn vedo poco e niente solo che la luce del pianerottolo è accesa. Mi convinco a scendere le scale, piano. Camera sua è chiusa ma non saprei dire se lui è lì dentro.
Mi avvicino e appoggio l’orecchio alla sua porta. Ed ecco perché non era una buona idea farlo: la dannata asse del parquet scricchiola sotto i miei piedi.  Zayn apre la porta un millesimo di secondo dopo.
Mi guarda interrogativo mentre dice: “Mi sono appena alzato dal letto”
“Oh, sì...” inizio balbettando “è che eri in ritardo”. Dio che cosa stupida.
“ Riesco ad essere in ritardo anche in una dimensione senza tempo?”  domanda sorridendo e io alzo le spalle.
“Ok, tu rimani qui” dico riprendendo il controllo di me e della situazione “ora conta fino a dieci poi scendi in biblioteca” corro verso le scale mentre lui esce dalla stanza, chiude la porta e mi guarda precipitarmi al piano sotto.
Faccio le scale a due a due e finalmente sono giù. Saluto il maggiordomo che tenta un inchino ma sembra piuttosto perplesso.
Ed eccomi finalmente davanti alla biblioteca. Sento il maggiordomo dire: “buongiorno signore”.
Zayn sta scendendo le scale nel modo più armonioso, attraente e sensuale che io abbia mai visto. È perfettamente dritto, tiene una mano sul corrimano e l’altra in tasca. La testa leggermente abbassata forse per nascondere l’accenno di sorriso che sono certo di aver intravisto.
Saluta con un cenno del capo poi si incammina verso di me, verso la biblioteca a qualche metro della porta d’ingresso.
“Buongiorno Niall” dice “scusa il ritardo” e stavolta sorride, eccome se lo fa.
“Oh buongiorno Zayn, non importa sono appena arrivato anche io”.
A quel punto mi guarda interrogativo mentre apro la porta della biblioteca e gli faccio segno di entrare.
“Grazie” dice oltrepassandomi. Entro anche io e mi richiudo la porta alle spalle.
È una stanza piuttosto grande, buia e con un forte odore di polvere. C’è un grande tavolo con un sacco di sedie ai lati e diverse lampade da lettura. Sopra al tavolo c’è solo qualche libro abbandonato, un posacenere e vecchi volumi di un’enciclopedia impilati senza un vero ordine.
Mi schiarisco la voce “io la trovo carina” dico “come stanza intendo... ci sono entrato ieri, non sapevo cosa fare quindi sono entrato e, non lo so, trovo sia bella”.
Lui mi guarda sorridendo, incrocia le braccia sul petto e annuisce, accende una delle lucine sul tavolo. La luce disegna sul suo volto ombre strane che lo rendono ancora più bello.
“A te non piace?” chiedo deglutendo e non staccandomi dalla porta. Lui è in piedi a pochi passi da me.
“Non ci entro mai” ammette guardandosi attorno “diciamo che preferisco camera mia... è più confortevole”
“Ma li ci stai sempre” dico “qui no... così facciamo qualcosa di nuovo. C’è altro che non fai da un po’? Possiamo farlo”.
Mi guardo intorno a quel punto. Deve esserci da qualche parte una pala, del terriccio fresco. Deve esserci un posto dove seppellirmi per aver detto quella cosa. Non posso, non posso mentalmente accettare di aver detto quelle parole. No.
Lui ride sinceramente divertito, più dalla mia reazione che dalla frase in sé. Sono arrossito lo percepisco dal calore insopportabile che mi sento addosso. Devo avere il viso in fiamme.
“Tante cose” dice sedendosi sul tavolo “davvero tante”.
Mi guarda in modo strano, malizioso forse.
“Tu cosa vuoi fare, Niall?” mi domanda poi.
Mi schiarisco ancora la voce: “Conoscerti”
“Sai praticamente tutto, Niall” dice lui
“Perché continui a ripetere il mio nome?”
“Perché è l’unica cosa che so di te” sorride divertito “oltre al fatto che sei gay, chiaro”
Finalmente mi scollo dalla porta e mi muovo verso di lui.
“Sai anche che sono in irlandese” puntualizzo
“Oh giusto... e su cosa devo concentrarmi al momento? Sul tuo nome, sul fatto che sei gay o sulla tua provenienza?” domanda. E riecco la malizia nella sua voce.
“Voglio che ti distrai, che tu non te ne stia a martoriarti l’anima in camera tua... voglio che tu sia, vivo” dico ad un passo da lui. Mi fermo “è questo che voglio”
“Non hai risposto” dice lui allungando un braccio in mia direzione. Mi avvicina a sé.
“Se vuoi” dico deglutendo ma davvero non credo di avere salivazione “possiamo parlare dell’Irlanda. C’è...c’è una cartina qui?” domando
“Lì” dice indicando delle librerie alle sue spalle “in effetti studiare la geografia è una delle cose che non faccio da un po’” sorride mentre annuisco e cerco di andare a prendere la cartina.
“Davvero?” domanda “stai davvero andando a prenderla?”
“Sì, solo tu credi io ti abbia portato qui per fare qualcosa... io voglio solo conoscerti”
“Fare qualcosa cosa?” chiede
Probabilmente vuole uccidermi. Vuole imbarazzarmi a morte o qualcosa di simile.
Arrossisco ancora infatti abbasso il viso che lui prontamente rialza.
“Volevi distrarmi, no?” chiede
Annuisco
“E vuoi davvero distrarmi parlando dell’Irlanda?” domanda a pochi centimetri dal mio viso. Scuoto la testa. Non mi fido della mia voce, credo ne uscirebbe un suono stridulo e goffo. Sono agitato, credo anche di tremare.
Perché mi piace così tanto quel ragazzo, perché? C’è qualcosa in lui che mi terrorizza, mi eccita e mi pietrifica allo stesso tempo. È misterioso, interessante e bellissimo.
“Voglio solo conoscerti” dico infine
“Niall” inizia lui allontanandomi, sospira, sbuffa “non c’è nulla di buono in me, davvero. Nulla. Perché ti ostini a dire che vuoi conoscermi?”
“Perché mi piaci” dico e ora sono certo la mia voce suoni ferma quasi autorevole. “Mi piaci” ripeto.
Lui scuote la testa “anche tu mi piaci” dice in un sussurro “ma...non finirà bene. Quando tutto sarà finito non so cosa accadrà e...”
“Avevi detto che avremmo pensato al presente” dico mettendo anche il broncio per rafforzare il concetto
Lui sorride.
“Infatti ma non è una buona idea...comunque”dice
“Volevi baciarmi. Vuoi baciarmi ma non vuoi conoscermi? Non ha senso”
Lui scuote la testa e ripete no no no.
“Niall, io...sono attratto da te. Lo sono. Lo sono da quando ti ho visto, anzi, da quando nemmeno sapevo che faccia avessi. Mi piaci da quando ho saputo il tuo nome e sono venuto a prenderti in macchina ma tu sei scappato. Mi piaci da quel preciso momento” dice tutto d’un fiato “sapevo che eri il pezzettino di cielo, sapevo avresti rotto il buio in cui vivo... per cui... ho paura, paura che quello che provo sia solo dovuto alla maledizione” conclude e poi si morde le labbra
“Cosa vuol dire?”
Sospira “che ho paura stia andando così perché è così che era previsto... che il fatto che tu mi piaccia sia un altro scherzo di questo posto. Ho paura di legarmi a te, che tu davvero mi piaccia e che questa sia la punizione finale. La maledizione che si infrange con l’arrivo di Harry e tu che sparisci insieme a lei”.
Non credo di aver mai visto la questione da questo punto di vista. Soprattutto non credo mi importi. Mi lecco le labbra, non so cosa dire. Mi avvicino a lui, di nuovo. Faccio scorrere le mie mani sulle sue braccia. Arrivo alla spalle e vorrei cercare di fermare le mie mani ma davvero non ci riesco. Arrivo ad accarezzargli il collo e lui sospira, chiude gli occhi.
“Quello che dici non è pensare al presente” gli soffio piano sulle labbra “Questo lo è” dico baciandolo.
E non c’è altro a fare da contorno a quel momento. Non c’è null’altro che valga la pena descrivere. Né le mie mani che salgono fino ai suoi capelli né le sue che mi percorrono la schiena. Non importa nulla, nient’altro.
Non mi importa nemmeno che tutto stia accadendo troppo in fretta, che poi, cosa vuol dire troppo in fretta in un posto dove il tempo non esiste? Perché dovrebbe essere sbagliato provare attrazione per qualcuno conosciuto in circostanze irreale, assurde?
Lui risponde al bacio, dischiude le labbra, la sua lingua sfiora la mia e a prendere il controllo di tutto, del mio corpo, sono milioni di brividi che si irradiano dai piedi fino alla punta dei miei capelli.
Lui è seduto a gambe aperte sopra il tavolo e io sono davanti a lui quando lo spingo e lo faccio adagiare di schiena sopra la superficie fredda.
Lo sento sospirare e mi stacco da lui per prendere fiato a mia volta. Lui sfrutta il momento per ribaltare le posizioni e in qualsiasi istante, se volessi, potrei opporre resistenza. Quando scende dal tavolo per esempio, potrei fermarlo e dirgli che le posizioni così com’erano non mi dispiacevano affatto. Potrei farlo quando mi gira intorno e mi fa sedere sul tavolo. Provo a dire qualcosa ma lui mi bacia, mi fa stendere e in un secondo è sopra di me. Non oppongo resistenza perché alla fine non mi importa.
Mi bacia il collo e io reclino la testa indietro. Credo davvero potrei morire nel preciso istante in cui sento la sua saliva disegnare linee immaginarie sulla mia pelle esposta e tesa. Con una mano mi sta slacciando la camicia mentre l’altra è impegnata a tenermi un polso ancorato al tavolo.
Sento ogni bottone lasciare l’asola con una lentezza snervante. Torna a baciarmi le labbra mentre io gli accarezzo piano i capelli.
“La mia camera era più confortevole, vedi?” sospira piano quando io mi lamento per un libro conficcato nella schiena.
“Sono comodo invece” dico io tornando ad occuparmi delle sue labbra. Cerco di rimettermi seduto e lui me lo permette assecondando i miei movimenti.
Gli sfilo il maglione e lo lascio cadere a terra, porto poi le mani sul bordo della sua maglietta e la sfilo piano, mi stacco da lui solo per levarla completamente. Ora è a petto nudo davanti a me. È letteralmente ricoperto di tatuaggi, sorrido perché davvero non me lo aspettavo. Lui segue il mio sguardo e: “sarebbe stato un ottimo argomento di conversazione per conoscerci...peccato eh”
Sorrido e lo bacio, porto la mano sul bottone dei suoi pantaloni: “No...mi diverte di più questo”
Mi guarda stupito solo per un istante. Mi domanda: “sicuro?” ma non credo si stia riferendo al discorso tatuaggi e al fatto che sono più interessato al cavallo dei suoi pantaloni. Lo domanda con dolcezza, premuroso e con un lieve accenno di paura.
“Sì” dico lasciando che anche quel bottone lasci l’asola. Gioco con l’elastico dei boxer mentre lui slaccia anche i miei pantaloni. Ci guardiamo negli occhi mentre lascio che lui abbassi i miei jeans fino alle caviglie. Continuiamo a guardarci per vedere chi per primo fermerà l’altro. Qualcuno dirà: “ok, no... stiamo sbagliando, è tutto troppo presto, troppo veloce”.
E quando la sua mano entra nei miei boxer, quando mi mordo le labbra quasi a sangue sono certo che quel qualcuno non sarò io. Non lo fermerò per nessuna ragione al mondo. La sua mano inizia a muoversi e anche se vorrei davvero socchiudere gli occhi e perdermi dentro quel piacere lancinante, non lo faccio, continuo a guardarlo. Voglio vedere quando anche lui capirà che non vuole io mi fermi. Faccio scivolare a terra i suoi pantaloni e abbasso anche i suoi boxer. Deglutisce e continua a guardarmi. La mia mano afferra il suo membro e inizia a muoversi all’unico tempo che siamo riusciti a dettare in quell’assenza di orologi, di scansione temporale e di ore, minuti, secondi. Muovo la mano al ritmo della sua e a quel punto lui chiude gli occhi reclina la testa a posso farlo anche io.
Lui non mi fermerà e io non fermerò lui.
 
 
9 “giorni” dopo
 
 POV Louis
 
Non ho mai dubitato che Niall fosse il pezzettino di cielo giusto, eppure tutto quello che mi sta accadendo intorno, da giorni, va ben oltre ogni mia più folle aspettativa. C’è luce, c’è caos, ci sono parole, risate addirittura. Niall è la luminosità fattasi uomo, è l’energia e la voglia di vivere.
E credo sia più o meno per questo che io, invece, ho sempre più voglia di morire. Zayn ride, guarda gli occhi azzurri di Niall con fame, voglia, desiderio e io vorrei sotterrarmi ogni volta. Vorrei sparire per non assistere a tutto questo. Vorrei avere gli occhi verdi di Harry da contemplare come facevo un tempo.
E se Zayn si fermasse solo un attimo, se smettesse anche solo per un secondo di imboscarsi in ogni stanza libera con Niall, gli parlerei. Inizierei il mio discorso sicuramente con un insulto e lo continuerei sottolineando quando schifosamente crudele sia il suo modo di fare. Mi ha strappato dalla cosa più bella che possedessi, mi ha tolto l’amore, mi ha tolto ogni affetto e mi ha recluso in una casa sconosciuta. Ho passato per colpa sua oltre un anno a vomitare l’anima ogni volta che nella mia mente si formava il ricordo di Harry. Mi sono consumato giorno dopo giorno nel ricordo, nell’attesa, nella speranza. È tutta colpa sua se sono qui, vuoto e agonizzante e ora lui cosa fa? “Niall mi piace” non fa che ripeterlo. Si mette a parlare di lui anche con il maggiordomo e io davvero vorrei prenderlo a calci, dirgli che a nessuno frega un cazzo dei suoi sentimenti. Vorrei dirgli che deve tirarci fuori da lì, vorrei ricordargli in che situazione di merda siamo per colpa sua. Ma lui non si ferma. Non è mai libero, non è mai il momento giusto dice. Non ha mai tempo per parlarmi o per fissare il vuoto con me, in attesa.
E non c’è nemmeno più Liam nella sua testa, non c’è più nulla, solo Niall.
L’effetto della luce nel buio, accecante, penetrante, esplosiva. Questo è stato l’effetto di quel minuscolo pezzettino di cielo nella vastità sconcertante che era il buio di Zayn. Ed oltre al disgusto che provo nel guardarli insieme mentre si scambiano stupidi baci provo anche meraviglia. Il più totale buio, il nulla, che albergava nel cuore di Zayn è stato sconfitto in una manciata di giorni. Il cuore di Zayn che era stato in grado di indicare la strada sbagliata ad una bambina, lo stesso cuore che aveva mentito alla polizia, che aveva desiderato Liam sparisse, morisse. Lo stesso dannatissimo cuore che non desiderava altro che la vita eterna nel più totale egoismo, è stato ripulito, svuotato e riempito nuovamente ma di luce, nel giro di un paio di giorni.
Meraviglia, disgusto e sconcerto. Ecco cosa provo e davvero non credevo fosse possibile provare sentimenti così contrastanti allo stesso tempo.
Mi premo i palmi delle mani sugli occhi per cercare di rimuovere l’immagine di Zayn e Niall che si baciano dai miei ricordi. L’immagine di Niall che scende le scale, bacia Zayn che lo attende nell’atrio.
La parola: “buongiorno” pronunciata così, labbra contro labbra. Perché per loro forse è diventato possibile. Loro forse riescono davvero ad immaginare una giornata scandita in minuti ed ore, come è normale che sia. Per loro è mattina quando si baciano la prima volta dopo essersi alzati dal letto. Per loro probabilmente è notte quando sono abbracciati sotto le coperte.
Le lacrime iniziano a bagnarmi le guance e nemmeno mi preoccupo di cancellarle. Zayn le dovrebbe vedere, penso, e mi andrebbe di alzarmi, aprire la porta di camera mia, precipitarmi da lui e urlargli in faccia: guarda cosa mi hai fatto.
Eppure no, non lo faccio, nemmeno ci riesco. Fisso il soffitto e sono finalmente sicuro di non avere più la forza di fare niente. Finalmente. Finalmente. Non credo si possa morire dove non esiste tempo eppure è probabilmente quello che mi sta succedendo. Sto morendo e non riesco a trattenere l’ennesimo “finalmente” che addirittura bisbiglio anche se nessuno può sentirmi.
Non ho la forza di muovermi, di spostare la ciocca di capelli che mi ricade sul viso e mi da fastidio. Non intendo fare niente di niente. Solo restare lì, sul quel letto, per sempre.
Ed è proprio quando mi rassegno al fatto di non voler più avere il minimo controllo sul mio corpo che mi alzo di scatto, salto giù dal letto e spalanco la porta.
È suonato il campanello della porta.
Guardo verso la stanza di Niall e anche lui è lì, immobile a fissare le scale che portano al piano di sotto. Dietro di lui c’è Zayn, mi guarda sconvolto.
“Come... come è possibile?” chiede
“Se tu sei qui chi può essere?” domando a mia volta andando verso le scale. Inizio a scenderle correndo. Arrivo al primo piano e mi affaccio. Vedo il maggiordomo andare verso la porta e gli urlo di fermarsi, voglio aprire io, devo aprire io.
“È Harry” urlo mentre Zayn inizia a scendere le scale seguito da Niall.
“Non può essere Harry” mi dice “sono io che devo andare a prenderlo e come vedi sono qui”.
Percorro gli ultimi gradini il più velocemente possibile. Non ascolto Zayn né Niall che cerca di farmi ragionare. È lui, è Harry, so che è lui. Salto gli ultimi quattro scalini e probabilmente sono troppi perché cado rovinosamente. Mi rialzo e dico al maggiordomo di levarsi immediatamente da lì davanti. Tiene una mano sulla maniglia.
“È compito mio aprire la porta” dice. Vorrei mandarlo al diavolo ma mi limito a scaraventarlo in un angolo.
Può essere solo lui, solo lui, solo lui mi ripeto. E non mi interessa come sia possibile visto che Zayn è a pochi passi da me, non mi interessa, è lui, può essere solo lui.  Apro la porta, la spalanco. Ed è luce tutto quello che riesco a vedere. Mi investe, mi invade, mi acceca. C’è luce, luce ovunque. Intuisco la figura di qualcuno appena davanti alla porta.
Chiudo gli occhi in quel bagliore accecante che non so da dove provenga. Non lo vedo ma riconosco il suo odore, la sua voce.
“Lou?” lo sento dire.
 Urlo e non so nemmeno cosa. E tremo quando il resto del mio corpo riconosce il suo appiccicato al mio. Sento le sue braccia stringersi intorno a tutta la mia persona. Persino la mia anima mi sembra coinvolta in quell’abbraccio. Mi sembra che non ci sia solo il me del presente in quell’intreccio di braccia ma anche quello passato, quello che lo ha amato ogni secondo da quando lo ha conosciuto. E sento anche il me del futuro, quasi, quando lui dice il mio nome e ogni tassello della mia vita sembra ritornare al posto giusto. Mi tremano le gambe e sto per cadere a terra quando lui inizia a piangere sulla mia spalla. Devo deglutire diverse volte prima di trovare il coraggio di pronunciare il suo nome.
“Harry” dico e lui risponde “Louis” perché non c’è altro. Nient’altro. Nient’altro che valga la pena far tornare al mio cervello, al mio cuore. C’è solo lui, solo quel nome. Di nuovo mi cedono le ginocchia e non ho la forza di oppormi, stavolta. Non apro nemmeno gli occhi, crollo a terra e il suo corpo intrecciato al mio mi segue. Lui piange, piange e non dice nulla. Sento i suoi ricci solleticarmi il collo e mi sembra che il cuore mi esploda per la gioia, mi sembra di non essere mai stato così pieno di vita, di amore. Il mio corpo deve essersi  rimpicciolito nell’aspettare il suo ritorno perché non mi pare possibile prima riuscisse a contenere tutta l’immensità che mi scorre nelle vene in quel momento. E siamo lì, a terra, abbracciati e tremanti. E poi mi stacco da lui quel tanto che basta che per aprire gli occhi e fissare quel verde magnifico che nella mia mente non è mai sbiadito. I suoi occhi sono lucidi, pieni di lacrime e di tutto il dolore del quale non vedono l’ora di liberarsi. Non me ne andrò più, non permetterò più a nessuno di dividerci. Vorrei dirglielo, vorrei riuscirci ma non ho voce, non ho fiato, non ho tempo. Non ho tempo, perché le mie labbra sono già appiccicate alle sue. Tutto il dolore che abbiamo provato, che non meritavamo e che ci ha accompagnato per oltre un anno è lì, sul suo corpo che trema, su quelle labbra che assecondano il mio bacio. E vorrei riuscire, baciandolo, a sottrargli tutto il male che ha dovuto provare, tutto il freddo, tutta la paura. Vorrei portarlo io quel peso, aggiungerlo a quello che già porto, non mi importa.
“Ti amo” gli dico staccandomi piano e lui si lecca le labbra salate di lacrime.
“Ti amo anche io” mi dice prima di baciarmi di nuovo.
 
 
POV Zayn
 
Luce.
Questo è la prima cosa che la mia mente elabora. La porta che si spalanca e tutto quello che si riversa in casa è luce. Louis abbraccia Harry, piangono, cadono a terra, si baciano e poi il mio sguardo li lascia, segue le linee della porta a si proietta all’esterno.
Niall mi tiene la mano quando entrambi osserviamo, dietro quei corpi intrecciati, gli alberi.
Si vedono gli alberi! C’è la scala in marmo che porta al giardino, la vedo bene e vedo anche il cielo, le nuvole, il sole. Mi bruciano gli occhi. Devo abituarmi a quella luce, a quella moltitudine di cose che credevo di aver perso per sempre. Devo tornare a rendermi conto di poter associare alla parola albero una forma e dei colori, per esempio.
Lascio la mano di Niall quando sulla soglia compare lui.
È Liam. Entra in casa guardandosi intorno. Harry e Louis non si scompongono. Restano immobili, intrecciati.
Avanza piano e si morde le labbra. Mi avvicino a lui mentre Niall mi osserva indeciso sul da farsi.
“Ciao” dice lui. La sua voce, la sua voce, la sua voce. È come se qualcuno mi avesse tirato un pugno in pieno stomaco.
“Liam” rispondo io perché davvero non mi sembra ci sia altro da dire. È Liam, è davanti a me, aspetto questo momento da anni e anni e la mia mente non riesce fisicamente a concepire che ora lui sia lì.
Muoviamo contemporaneamente l’ultimo passo che ci divideva. Ci abbracciamo in modo goffo. Il mio corpo riconosce il suo, è questo tutto quello a cui riesco a pensare. La mia testa che si incastra perfettamente nell’incavo tra il suo collo e la spalla. Le sue mani sulla mia schiena, il suo petto perfettamente premuto al mio. E il suo cuore, i nostri battiti cardiaci in contatto.
“Cos’è successo?” chiedo mentre siamo ancora attaccati.
Lui indietreggia, mi scosta. Guarda Niall e poi di nuovo me.
Rivolgo anche io il mio sguardo al biondo a pochi passi da noi.
“La maledizione si è spezzata...” dice Liam “il pezzettino di cielo è lui” indica Niall “la persona persa che ti chiede aiuto è Harry e...”
“No, Harry e Louis sono l’amore... l’amore che rende eterni, l’amore che dovevo aiutare...” dico ma mentre le parole lasciano la mia bocca, mentre Liam scuote la testa, mentre mi volto a guardare Niall, capisco.
“No” dice infatti Liam “... io credo che l’amore...di cui parlava la maledizione sia il tuo Zayn”
Gli occhi azzurri di Niall, pietrificati e assurdamente spalancati si posano su di me.
“Liam non sto capendo” dico sfregandomi gli occhi.
 
 
Siamo seduti in salotto, sotto il quadro gigantesco, mia unica compagnia per anni. Liam in realtà è in piedi accanto alla teca con la rosa. La finestra alle sue spalle mostra una bellissima giornata, luminosa e piena.
Harry e Louis non hanno minimamente ascoltato il discorso di Liam. Sono intrecciati strettissimi sopra una delle due poltrone in velluto. Louis sulle gambe di Harry, si baciano piano e intanto sorridono senza prestare la minima attenzione a tutto il resto.
Niall è seduto sul bracciolo della sedia che occupo e non ha ancora proferito verbo.
“La persona realmente persa, tra tutti noi era Harry” ripete Liam “Harry, quando ha invocato il tuo aiuto, Zayn, si è reso conto di non aver idea di dove andare e non solo, non aveva idea di dove fosse e di chi fosse. Lui è la persona persa che ti ha chiesto aiuto nel modo più sincero. Niall invece è indubbiamente la luce che doveva spronarti ad amare altro…” dice e sembra che le parole gli costino estrema fatica “oltre a te stesso” conclude.
Fingo di non cogliere l’allusione alla nostra relazione ormai lontana nel tempo.
“E l’amore che rende eterni sarebbe quello tra me e Niall?” chiedo invece
Ti amo Niall. Anche io Zayn.” dice Liam sorridendo e imitando la mia voce e quella di Niall. Solo la sua bocca è atteggiata a sorriso, il resto del suo volto è pietrificato.
Rimango in silenzio, continuo a guardare Liam mentre Niall mi fissa. Sento il suo sguardo addosso.
“Come lo sai?” chiedo
“L’ho sentito, non so perché... all’improvviso nel nulla ho sentito la tua voce dire a Niall che lo amavi e poi tutto è tornato normale. Sono comparsi gli alberi e il cielo. Tutto è tornato a posto. Io sono tornato ad essere me stesso e ho trovato Harry a piangere rannicchiato per terra. Gli ho detto di seguirmi e siamo venuti qui...”
Non so cosa dire, non mi viene nulla, nessuna parola, nessun suono.
Sento Niall prendermi una mano, la stringe. Rispondo alla stretta poco prima che Liam: “Lascialo” dica e non so se lo dica a lui o a me. Io però lascio la presa, mi alzo addirittura, mi allontano da Niall e dal calore del suo corpo. Lo faccio perché lo ha chiesto Liam. Mi ha detto di lasciare la mano che stringevo e io l’ho fatto.
E mi odio, dio se mi odio.
“Zayn?” dice Niall e mi viene da piangere quando l’unica risposta che so dare è alzare le spalle e scuotere la testa.
Liam mi tende una mano e io ancora prima di poter pensare sento il mio corpo assecondare quella tacita richiesta. Stringo la sua di mano, così diversa da quella di Niall. Sento il rilievo ruvido della cicatrice, sento di nuovo il bruciore e il freddo della lama che aveva inciso la nostra pelle. Mi ricordo della mia voce da bambino che dice: “lo stesso destino”.
Mi stringe la mano fortissimo e io abbasso la testa. Le nocche delle nostre mani sono bianche in quella stretta soffocante. Persino il sangue fatica a scorrere in quell’intrecciarsi spasmodico e sento addirittura il battito cardiaco esplodermi all’altezza del polso.
“Zayn” ripete Niall e poi lo sento mentre dice “Liam, lascialo” ma la stretta non accenna a diminuire e nemmeno il mio corpo reagisce. Nemmeno io cerco di fare qualcosa per lasciarlo.
Sono debole, debole come lo ero allora, come lo sono stato la sera della scomparsa di Darcy. Sono di nuovo in balia del volere di Liam, sento di nuovo il suo odore, la sua voce, il suo calore e io non riesco ad oppormi.
Non sono io il buio che la luce di Niall doveva sconfiggere. Il mio buio, le mie tenebre, risiedono nel ragazzo che mi stringe la mano. Mi sono illuso, ecco tutto. Credevo davvero di aver superato Liam, credevo, condizionato da quanto la maledizione diceva, di potermi fidare di Niall, di abbandonarmi completamente a lui. Ti amo Niall. Queste parole mi girano in testa e adesso, stretto nella presa di Liam, non mi sembra possibile averle dette.
“È lui che non lascia me” dice Liam in un sorriso sollevando le nostre mani intrecciate.
“Bene, ok, la maledizione ora è distrutta no? Lascialo e fai finire tutto questo” dice Niall a voce troppo alta, mi fa male la testa e vorrei non sentire più nulla.
Harry e Louis sono voltati a guardarci e io ricambio lo sguardo con tutta l’invidia possibile.
“La maledizione sarà spezzata quando Zayn la spezzerà” dice Liam e per fortuna Niall mi risparmia la fatica di coordinare cervello e parole e domanda al posto mio “in che senso?”
“È il nostro giuramento che deve essere spezzato” inizia a spiegare Liam “il desiderio di Zayn era vivere per sempre, beh... eccoci qui. Qui può vivere per sempre. E a me sta bene. Voglio vivere per sempre, anche io. Ho lui, non voglio altro. Visto però che abbiamo giurato avremo lo stesso destino... se non vuole più stare qui deve lasciare me. Quando Zayn avrà fatto questa scelta la maledizione sarà spezzata”.
Lo sento schiarirsi la voce e poi concludere: “questo vale per noi. Voi tre siete liberi”.
Vedo Louis e Harry saltare in piedi.
“Nel senso che possiamo uscire?” chiede Louis
“Già”
Harry scoppia di nuovo a piangere, sembra non sia più capace di fare altro. Louis è impaziente invece, prende Harry per mano e gli chiede: “andiamo?”.
Lui annuisce e poi domanda, tra un singhiozzo e l’altro: “e Niall?”.
E a quel punto dovrei spostare i miei occhi in quelli azzurri, dovrei  cercare i capelli biondi che avevo accarezzato solo per una settimana e che avevo giurato a me stesso di amare. Avrei dovuto farmi anche io quella domanda: “e Niall?”.
Invece no, non lo faccio. È Liam che guardo, è la sua mano che stringo. Sento che Niall che mi sta guardando, lo percepisco chiaramente ma non faccio incrociare i nostri occhi. Lo sento nuovamente dire il mio nome e lo ripete anche. Sta piangendo. Me ne accorgo da come si incrina la sua voce quando dice: “mi guardi almeno?” e piange anche quando io scuoto la testa, piano.
E di nuovo il mio nome, ripetuto. È anche Louis a chiamarmi adesso. Liam stringe la presa quando anche io inizio a piangere.
“Zayn, guardami. Me ne vado, ti lascio con Liam ma guardami” dice Niall, di nuovo “non sono arrabbiato con te” aggiunge anche.
Non è arrabbiato con me ma lo sono io. Vorrei quasi dirglielo, alzare i miei occhi finalmente e dirglielo, dirgli che avevo ragione quando cercavo di allontanarlo da me. Scuoto la testa invece, di nuovo tenendo sempre lo sguardo basso.
“Ascolta Zayn, non avere paura, non farai quell’errore di nuovo” lo sento dire “Io ne sono certo. Non resterai qui. Tornerai da me. E io ti aspetterò, non lo so dove ma ti aspetterò”.
Sento che si avvicina a me nell’esatto istante in cui il corpo di Liam si irrigidisce al mio fianco. La presa sulla mia mano è sempre più forte.
Niall è a pochi centimetri da me, credo stia per abbracciarmi ma tutto quello che fa è darmi un bacio sulla guancia. Sono le braccia di Louis invece quelle che mi stringono. Mi saluta ma non sono sicuro di cosa dica.
Anche la voce di Harry tenta un “ciao” ma ha ancora le parole impastate di lacrime e quello che produce è solo un suono buffo, strano, che Louis si premura di rendere ancora più incomprensibile unendo le loro labbra. Niall mi sussurra qualcosa all’orecchio ed è a quel punto che con tutta la forza che ho in corpo lo guardo negli occhi. Sono velati di lacrime ma come al solito ricolmi di sicurezza. Annuisce infatti poco prima di seguire Harry e Louis.
“Ti aspetterò Zayn” dice poco prima di uscire di casa.
 
 
 “Scegli” dice Liam un paio di minuti dopo “a me non frega niente di nessun altro al mondo. Voglio vivere per sempre, qui. Che importa del resto? Scegliamo che per noi la maledizione non si spezzi. Scegliamo di restare qui. Tornerà la nebbia, tornerà il silenzio ma ci saremo noi. Solo noi”.
Ed è un quadro terribile quello che Liam dipinge, qualcosa di assurdo, insensato, malsano. Ha lo stesso identico tono di quella sera: “indichiamole la strada sbagliata, Zayn”.
È lo stesso tono, lo stesso. Io non riesco a dirgli di no, non ci riesco. Non sono capace. Lo odio e lo amo insieme.
Bisbiglio un sì che alle mie orecchie suona così lontano come pronunciato da qualcuno dall’altra parte del mondo e non da me. Annuisco anche, per rafforzare il concetto, accetto quell’assurdità e mi sento anche sollevato addirittura. Per l’ennesima volta ho scelto la cosa sbagliata ma l’ho scelta per lui. Ho fatto questa scelta per lui e automaticamente è diventata la scelta giusta nella mia mente.
Alzo la mano che Liam mi ha lasciato libera e la poso sul suo petto. Mi domanda cosa stia facendo ma io non rispondo. Chiudo gli occhi e mi concentro sui nostri battiti.
Battono insieme, all’unisono, non c’è un battito che il mio cuore si perda. Segue il suo ritmo con innata e incontrollata devozione.  
E Liam lo sa cosa sto pensando infatti lo dice: “non è cambiato nulla, hai visto?” ed era quello che stavo considerando.
“Da dove ripartirebbe il tempo se spezzassimo la maledizione?” chiedo e lascio anche la sua mano.
Lui è confuso quando mi domanda: “perché?”
“Perché voglio saperlo”
“Da dove è iniziata” dice e mi tende di nuovo la mano mentre con impazienza mi dice che devo scegliere.
La stringo e sorrido. Lui si sporge per baciarmi e mi chiede cosa voglio fare ed io, sorprendentemente so la risposta. Lo bacio, lascio che le nostre labbra si uniscano di nuovo come non avessero mai smesso di farlo. Perché alla fine lo amo. Lo amo e lo odio insieme. Lui non è semplicemente la persona che ho sempre voluto accanto, lui è una parte di me. Lui è la parte dominante della mia persona. La mia mano premuta sul suo petto registra di nuovo il suo battito cardiaco. Uguali, intrecciati, indissolubilmente sincronizzati.
E non c’è più Niall, non c’è più. Non ci sono più i suoi occhi azzurri, non ci sono più i suoi baci, non è più al mio fianco eppure io lo so cosa devo fare, lo so comunque.
Il battito cardiaco di Niall, il suo cuore che batte per lo stesso motivo per cui batte il mio ma ad un ritmo completamente diverso. I nostri abbracci goffi che finivano sempre guancia a guancia perché entrambi sceglievamo sempre lo stesso lato per inclinare la testa. Le nostre strette di mano sbagliate con le dita intrecciate a caso. La nostra imperfezione che mi spaventa e mi rende felice allo stesso tempo.
Liam è la parte dominante della mia personalità ed è quella alla quale devo rinunciare.
Mi stacco dalla sue labbra, da lui, dal suo corpo.
“Ti amo, ti amerò sempre” gli dico “ma io voglio che le nostre strade si dividano, Liam”
 
 
 
Ottobre 2013
 
POV Niall
 
I treni non sono mai in orario. I treni che prendo io specialmente, deve esserci una specie di motivazione astrologica in tutto questo. Probabilmente è dovuto all’avere Saturno che orbita dalle parti del proprio segno zodiacale o la Luna di traverso nel periodo del proprio ascendente, una di queste stronzate insomma.
Fatto sta che non ho mai, MAI, preso un treno che fosse arrivato in orario.
56 minuti di ritardo. Mi costringo a rileggere il tabellone con il nome Mullingar almeno tre volte, incredulo. Mi stringo nel cappotto nero e mi soffio nelle mani per cercare di scaldarle. Rimango poi ad osservare il contrasto quasi inquietante tra la mia pelle chiarissima e il nero della stoffa.
Déjà vu.
Mi fa sorridere la cosa perché ero certo sarebbe accaduto. Mi ripeto le parole che mi aveva detto mia madre la prima volta che cercavo spiegazioni: “mamma perché a volte mi sembra che le cose che faccio le ho già fatte? Mi sembra di aver già visto quello che succede” avevo sette anni. Lei aveva sorriso e aveva detto: “vuol dire che sei dove devi essere” ma non avevo capito il senso, non lo avevo capito affatto.
E mi succedeva con una tale frequenza, riuscivo praticamente a riempire lo spazio di un’intera giornata con almeno cinque o sei di quelle cose strane. Le cose succedevano e a me sembrava di averle già viste.
E mi ero abituato, col tempo. Mi ero abituato al fatto che accadesse e non ci facevo più caso.
Poi un giorno, quando ero più grande, avrò avuto quindici anni, avevo letto una frase che mi aveva lasciato a bocca aperta: I déjà-vu sono il modo che ha il destino per dirti che sei esattamente dove dovresti essere.
Sorrido ancora quando mi metto le mani in tasca.
Mi guardo intorno in cerca di una distrazione. Inizio a saltellare da un piede all’altro. Fa così schifosamente freddo.
Comprare un giornale all’edicola della stazione? Se fossi una ragazzina sarebbe così facile. Un giornale a caso e la mia mente sarebbe occupata da uomini mezzi nudi, pop star sorridenti dalle prime pagine e gossip scadente per almeno una buona ora. No, decisamente quei giornali non fanno al caso mio.
“Ciao” dice qualcuno alle miei spalle
“Ciao” dico io girandomi a guardarlo.
“Sai per caso cos’è successo al treno per Mullingar?” chiede e io scuoto la testa
“Ah guarda, lo sto aspettando anche io... non c’è speranza”
“Magnifico” dice lui “grazie”
“Di niente” rispondo poco prima che accada di nuovo.
Déjà vu.
Lui si siede su una panchina a pochi passi dall’edicola. Tiene le braccia strette al petto per cercare di scaldarsi. È un signore ben vestito, sulla quarantina. Porta un cappotto scuro come il mio ma la sua pelle non è del mio stesso inquietante pallore.
“Vuole bere un caffè?” gli chiedo alzando un po’ la voce per farmi sentire. Mi sono accorto di aver iniziato a dargli del Lei e se ne accorge anche lui quando: “dammi del tu”
“Ok... ehm... ti va?”
“Non ho moneta” dice tornando a guardare da un’altra parte
“Offro io” dico “Insisto, dai. Ti congelerai qui fuori”.
Così sbuffa, si alza, mi sorride anche se cerca di nasconderlo alzando la sciarpa fino a coprirsi la bocca.
Ci incamminiamo verso l’odore di brioches e caffè.
Vecchi cartelloni con le immagini dei gelati in vendita mi fanno salire brividi di freddo lungo la schiena. Sono due vecchi laminati incrostati di ruggine con coloratissimi disegni di prodotti che nemmeno credevo vendessero più. Persino quel gelato con le barzellette scandenti che mi facevano ridere un sacco quando ero bambino. Li vendono ancora?
Apro la porta e capisco immediatamente di aver fatto la scelta giusta: finalmente calore. L’ultima nuvola di condensa accompagna le mie parole :“Possiamo sederci?”
Indico un tavolino rotondo. Da un lato una panca ricoperta con una stoffa lurida, dall’altra due sedie in metallo. Opto per una sedia e anche l’uomo con me. Siamo seduti vicini e ci sorridiamo perché entrambi abbiamo accuratamente evitato la panca.
Il bar è quasi deserto se si esclude un signore di mezza età e i suoi insulti ad una rumorosa slot machine.
“Mi porta un cappuccino, per favore?” dico
“Due” mi fa eco l’uomo e credo sia venuto il momento di presentarsi.
 “Mi chiamo Niall” dico porgendo la mano
“Zayn” risponde lui.
E il momento dopo entrambi vorremmo rispondere di sì alla domanda “cacao?” del barista ma siamo troppo impegnati a dire all’unisono, dentro un sorriso: “déjà vu”.
 
 
 
 

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