La maledizione del bracciale

di Notteinfinita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova missione ***
Capitolo 2: *** In cerca di una soluzione ***
Capitolo 3: *** Una maledizione da spezzare ***
Capitolo 4: *** Il Rito della Condivisione della Vita ***
Capitolo 5: *** Si torna alla normalità? ***
Capitolo 6: *** Il piano. ***



Capitolo 1
*** Una nuova missione ***


La maledizione del bracciale

 

Il suono della campanella si diffuse per i corridoi della Torrington, annunciando la fine delle lezioni.

Mentre gli studenti sciamavano fuori dalle aule, un Martin abbigliato all'hawaiana si fiondò fuori dall'edificio.

«Week-end di surf, arrivo!!!» urlò, lanciandosi in direzione del dormitorio, saettando sul suo skateboard.

Diana, vedendolo, scosse la testa sorridendo.

È sempre il solito, pensò.

Non si era ancora allontanato di dieci metri quando l'U-watch iniziò a suonare.

Due lacrimoni spuntarono agli occhi di Martin che, vedendo Diana avvicinarsi, le rivolse uno sguardo supplichevole.

«No Martin, non possiamo ignorare la chiamata!» esclamò la ragazza, intuendo cosa stesse per dirgli il suo amico.

Recuperato Java, che stava tagliando il prato lì vicino, i tre entrarono nel passaggio che si era aperto dietro una statua.

Dopo le identificazioni di rito, entrarono nell'ufficio di M.o.m.

«Buon pomeriggio!» disse la donna, sorridendo.

«Già, già, proprio buono!» rispose Martin, imbronciato.

«Salve, M.o.m.» disse Diana, dando una gomitata al ragazzo.

«Nelle ultime settimane si sono verificati diversi casi di manufatti stregati o maledetti.» spiegò la donna «Inizialmente si era pensato ad una casualità ma poi ci siamo resi conto che le coincidenze erano troppe.»

«E avete scoperto che la causa è di una super-razza di alieni che ha deciso di controllarci tramite questi manufatti!» concluse Martin che, rianimatosi, era saltato sulla scrivania di M.o.m guadagnandosi uno sguardo omicida dalla donna.

«No, agente Mistere.» lo contraddisse lei «Abbiamo scoperto che tutti i manufatti, anche se venduti in posti diversi, provenivano da un singolo negozio “Antichità e Misteri” a Vancouver.»

Martin scese dalla scrivania lanciandosi direttamente nel portale che Billy aveva appena aperto, seguito da Diana e Java.

Appena passati dall'altra parte videro davanti a loro l'insegna del negozio.

I tre entrarono, facendo tintinnare la campanella posta sulla porta d'ingresso per avvisare dell'arrivo di qualche cliente. Senza indugio si diressero verso la cassa dove un uomo magro e dal viso da roditore era intento a lucidare un medaglione.

«Sono Martin Mystere, indagatore dell'impossibile» disse il ragazzo, mostrando il distintivo del Centro « e loro sono i miei colleghi Diana Lombard e Java.»

L'uomo li scrutò, indietreggiando lievemente.

«Non si preoccupi, dobbiamo solo farle qualche domanda.» spiegò Diana, cercando di tranquillizzarlo.

Il negoziante, a quelle parole, con uno scatto, si lanciò oltre la tenda che celava il retro del negozio. I tre, oltrepassato il banco, si lanciarono al suo inseguimento. Attraversata la tenda, avvistarono l'uomo che cercava di nascondersi tra i mille oggetti accatastati in quella stanza.

«Si fermi!» urlò Martin, cercando di raggiungerlo.

Per tutta risposta, l'uomo iniziò a lanciare loro addosso qualsiasi oggetto gli capitasse tra le mani.

Diana urlò cercando di ripararsi, con le braccia, il viso mentre una scatola di legno la colpiva in pieno, frantumandosi.

Innervosito, Martin azionò l'X-Rod, intrappolando il fuggitivo, ma il grido di disappunto dell'uomo venne coperto da uno di terrore lanciato dalla ragazza.

Immediatamente, Martin e Java si avvicinarono alla ragazza che, in ginocchio, tentava disperatamente di togliersi un bracciale dal braccio.

«Diana, che ti succede?» chiese Martin.

«Una scatola mi ha colpito in faccia, io mi riparavo col braccio. La scatola si è rotta,questo bracciale era all'interno e si è attaccato al mio braccio.» spiegò, concitatamente.

«Java forte, Java aiuta!» propose il cavernicolo.

Diana gli porse il braccio e l'uomo iniziò a tirare il bracciale con tutte le sue forze ma una specie di scossa elettrica lo colpì lanciandolo dall'altra altra parte della stanza facendolo sbattere contro la parete.

Preoccupato, Martin chiamò il Centro; c'era decisamente qualcosa che non andava in quel monile.

Trascorsi pochi attimi, un varco si aprì in una delle pareti e M.o.m, insieme a Billy e ad alcuni agenti del Centro, fecero il loro ingresso.

Martin si avvicinò loro per illustrargli la situazione quando un urlo lanciante attirò la loro attenzione.

Voltatisi video Diana a terra che si contorceva circondata da una strana aura di energia.

Immediatamente le si avvicinarono e , proprio in quel momento, la ragazza si rialzò in ginocchio, stringendo al petto il braccio cinto dal bracciale e emettendo un nuovo spaventoso grido.

In un attimo l'aura che l'avvolgeva si fece spaventosamente forte e...

 

NDA:Si, lo so, sono stata crudele...per sapere cosa sia successo a Diana non vi rimane che attendere il prossimo capitolo. Non odiatemi!

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Capitolo 2
*** In cerca di una soluzione ***


NDA:Le prime righe riprendono il capitolo precedente

 

Preoccupato, Martin chiamò il Centro; c'era decisamente qualcosa che non andava in quel monile.

Trascorsi pochi attimi, un varco si aprì in una delle pareti e M.o.m, insieme a Billi e ad alcuni agenti del Centro, fecero il loro ingresso.

Martin si avvicinò loro per illustrargli la situazione quando un urlo lanciante attirò la loro attenzione.

Voltatisi video Diana a terra che si contorceva circondata da una strana aura di energia.

Immediatamente le si avvicinarono e , proprio in quel momento, la ragazza si rialzò in ginocchio, stringendo al petto il braccio cinto dal bracciale ed emettendo un nuovo spaventoso grido.

In un attimo l'aura che l'avvolgeva si fece spaventosamente forte e, mentre uno stridio strozzato le sfuggiva dalle labbra, due candide ali si materializzavano sulla sua schiena.

Martin si slanciò in suo soccorso ma venne trattenuto da M.o.m

«Non toccarla, non sappiamo come potrebbe reagire né se può in qualche modo contagiarci.» spiegò. «Agente Lombard, come si sente?»

La ragazza cercò di rispondere ma tutto ciò che fuoriuscì dalle sue labbra fu un suono simile al verso di un rapace. Rivolse quindi un'occhiata spaventata alla donna.

«Agente Brown, porti una gabbia contenitiva.» ordinò M.o.m ad uno degli altri agenti venuti con lei e che si erano intanto occupati dell'arresto del negoziante.

«Subito M.o.m.» rispose l'uomo sparendo nuovamente nel portale da cui erano arrivati.

«Ma la gabbia è proprio necessaria?» chiese Billi.

«Si, purtroppo.» rispose la donna «Mi dispiace Diana.» continuò, rivolta alla ragazza.

«Ecco la gabbia.» disse l'agente Brown, avvicinandosi.

«Ce la fa ad entrare da sola?» chiese.

Diana fece cenno di, consapevole di non poter più parlare, quindi, con gambe malferme, entrò nella gabbia lasciando che M.o.m la chiudesse all'interno.

Il gruppo si trasferì immediatamente al Centro dove Diana venne sistemata in una camera contenitiva che avrebbe permesso di tenere sotto controllo i parametri vitali.

«Agente Lombard faremo tutto il possibile per scoprire come farla tornare normale.» la rassicurò M.o.m, dando nel contempo un'occhiata al pannello di controllo della stanza con aria accigliata. «Adesso introdurrò nella camera uno scanner. Deve appoggiarci il polso col bracciale, così potrò analizzarlo.»

Facendo seguire le azioni alle parole, la donna fece una scansione del bracciale, estrasse il dischetto con i risultati e si avviò all'uscita.

«M.o.m, cosa possiamo fare per aiutarla?» chiese Martin, avvicinandolesi, preoccupato e fiancheggiato da Java e Billi.

«Statele accanto. Io vado ad interrogare il proprietario del negozio e ad analizzare i dati.»

Rimasti soli, i tre si avvicinarono alla gabbia.

«Non preoccuparti Diana, M.o.m risolverà tutto.» le disse Billi, cercando di sorriderle.

La ragazza si avvicinò al vetro, poggiandovi sopra la mano.

I tre, a loro volta, poggiarono le loro mani in corrispondenza della sua nel tentativo di darle forza.

Un singulto le salì alle labbra fuoriuscendo, anche stavolta, sotto forma di uno stridio. Nel sentirlo, Diana si portò le mani alle labbra e, con un battito di ali, si rifugiò in un angolo della gabbia.

«Diana no triste!» la esortò Java.

Martin, intanto, si era lasciato scivolare a terra ed aveva nascosto il volto tra le mani.

«La scatola, dobbiamo recuperare la scatola!» urlò, d'un tratto, balzando in piedi.

«Che scatola?» chiese Billi.

«Il bracciale era contenuto in una scatola. Quel disgraziato ce l'ha lanciata addosso e ha colpito Diana. La scatola si è rotta e il bracciale si è attaccato al polso di Diana.» spiegò Martin «Billi devi aprirmi un portale per tornare al negozio, magari sulla scatola c'è spiegato come farla tornare normale!»

«Subito!» rispose il piccolo alieno, eseguendo immediatamente.

«Diana vado al negozio, vedrai che si risolverà tutto!» urlò Martin in direzione dell'amica prima di saltare nel portale.

 

 

Intanto, in una cella del Centro, il proprietario del negozio veniva torchiato da una infuriatissima M.o.m.

«Signor Black, non mi costringa a rendere il suo soggiorno qui un inferno.» lo minacciò. «Dove ha preso quei manufatti? Me lo dica!»

L'uomo si limitò a volgere il capo di lato, come se la cosa non gli importasse.

«L'ha voluto lei, vuol dire che passeremmo ai metodi duri.» annunciò, tirando fuori dalla tasca del camice una siringa. «Questo è un siero della verità, il Governo non lo usa perché è altamente tossico e uccide in pochi giorni colui a cui viene iniettato ma qui nessuno dirà nulla se lo utilizzo.»

L'uomo, a quelle parole, sbiancò di colpo.

«Lei non può, è illegale!» protestò, iniziando a sudare freddo.

«Si che posso, qui la legge sono io.» lo corresse M.o.m con sguardo duro, iniziando a togliere il cappuccio all'ago.

«Le dirò tutto ma mi risparmi!» pregò l'uomo.

La donna sorrise e ripose la siringa.

«Quando aprì il mio negozio non riuscivo ad attirare molti clienti. Ero disperato. Un giorno mentre ero a caccia di funghi nel bosco vidi una grotta. Vi entrai e trovai alcuni forzieri pieni di strani oggetti. Me ne sentì stranamente attratto e così li portai al negozio. Da allora i miei affari andarono migliorando di giorno in giorno.» raccontò «Temevo, però, che qualcuno mi chiedesse dove avevo preso quegli oggetti. Così, per guadagnare il più possibile nel minor tempo, iniziai a vendere i manufatti anche ad altri negozi. Sentivo che c'era qualcosa di sinistro in quegli oggetti ma la mia fame di denaro ebbe la meglio.»

«Quindi non sa dirmi nulla degli oggetti.» dedusse.

«No. Erano nascosti in una grotta nel bosco a sud della città. Non so chi ce li abbia nascosti né perché ma la prego, non mi uccida!» supplicò l'uomo.

«Purtroppo non mi è concesso.» ringhiò lei.

«Ma il siero?» domandò lui, confuso.

«È solo cortisone, il mio cane ha bisogno di cure.» lo rassicurò «Per colpa sua un mio agente è stato colpito da una maledizione. Era necessario farla parlare, ad ogni costo.» spiegò.

M.o.m uscì dalla cella schiumando di rabbia.

«Dobbiamo tornare al negozio.» annunciò ai due agenti che erano con lei durante l'interrogatorio, quindi aprì un portale e lo attraversò.

Giunta dall'altra parte si trovò davanti Martin che portava tra le braccia dei pezzi di legno.

«Agente Mistère, che ci fa qui?»

«Il bracciale era contenuto in una scatola, ho pensato potesse essere utile, così sono venuto a recuperare i pezzi.» spiegò.

«Visto che è qui mi ci darà una mano a cercare i forzieri che contenevano gli oggetti per capirne la provenienza.»

Nonostante la baraonda presente nel retro del negozio, i forzieri furono facilmente ritrovati nascosti sotto un telo.

Dopo un'attenta analisi, M.o.m annunciò che si trattava di forzieri appartenuti a dei pirati ma che non davano nessuna indicazione sulla provenienza degli oggetti.

Sigillato il negozio, in attesa di recuperare tutti gli oggetti maledetti, M.o.m, Martin e gli agenti del Centro si recarono nel bosco, nella speranza di trovare, almeno nella grotta, qualche indizio.

Nonostante le indicazioni vaghe del signor Black, dopo circa mezz'ora riuscirono a trovare la grotta.

«Occhi aperti, non sappiamo cosa potremmo trovare.» avvisò M.o.m.

Messi gli occhiali Alfa, entrarono nella grotta.

Dopo aver camminato per un po', notarono su una parete delle strane figure.

M.o.m si avvicinò per studiarle meglio.

«Ci siamo.» annunciò. «Questi simboli fanno parte del codice segreto dei pirati. Avvisano di tenersi lontano dalla grotta perché vi sono nascosti degli oggetti maledetti.»

«E poi?» chiese Martin, ansioso.

«Non dice altro, è solo un avviso.» rispose M.o.m «Purtroppo neanche la scansione del bracciale ha dato risultati. La nostra unica speranza rimane quella scatola.»

Usciti dalla grotta, la donna aprì il portale per rientrare al Centro.

Giunti dall'altra parte, M.o.m si fece consegnare i resti della scatola.

«M.o.m?» la chiamò Martin, senza il coraggio di aggiungere altro.

«La salveremo!» assicurò la donna, anche se gli occhi lasciavano trapelare la sua preoccupazione.

Mentre M.o.m raggiungeva il laboratorio, Martin tornò da Diana.

Appena entrato, vide Java e Billi seduti in un angolo che parlottavano sottovoce. Girato lo sguardo verso la cella, poté vedere Diana rannicchiata sul letto, addormentata.

«I dottori hanno detto che la trasformazione in angelo le fa consumare tantissime energie.» spiegò Billi «Se non troviamo presto una soluzione le sue forze vitali si esauriranno.»

«Tu cosa avere trovato?» chiese Java.

«Ho trovato la scatola, l'ho già consegnata a M.o.m. La sta analizzando. Adesso possiamo solo aspettare.» spiegò Martin, avvicinandosi al vetro della cella.

“Resisti Diana, ne verremo fuori”.

 

 

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Capitolo 3
*** Una maledizione da spezzare ***


Le ore si susseguivano lente. Martin, Java e Billi alternavano momenti in cui passeggiavano avanti e indietro per la stanza ad altri in cui rimanevano fermi davanti alla vetrata ad osservare, dentro la cella, Diana che dormiva un sonno agitato.

«Ragazzi, forse è il caso che torniate alla Torrington.» propose ad un tratto Billi «Potrebbe volerci tutta la notte per avere dei risultati dall'analisi della scatola.»

«Io da qui non mi muovo!» affermò Martin, con una voce seria che nessuno gli aveva mai sentito.

«Anche Java vuole rimanere.»

«Ho capito.» rispose Billi, quindi, premuti alcuni comandi sulla sua navicella, fece apparire due poltrone reclinabili per i suoi amici.

«Allora aspetteremo insieme.» propose il piccolo alieno. «Mando a chiedere qualcosa per la cena?»

«Java vuole Cheesburger!» esclamò il cavernicolo, a cui l'appetito non faceva difetto neanche nelle situazioni peggiori.

Martin, invece, si limitò a scuotere il capo e ad accoccolarsi sulla poltrona con sguardo pensieroso. Non poteva fare a meno di pensare a quante ne aveva passate insieme a Diana, anche prima di lavorare per il Centro, come quando si era preso la varicella per esserla andata a trovare quando era malata. Allora avevano solo nove o dieci anni e li avevano fatti rimanere a dormire insieme per tutto il tempo. Nonostante l'insopportabile prurito era stata davvero una bella vacanza.

A quel pensiero gli occhi gli si fecero lucidi e lo sguardo gli andò alla figura rannicchiata nel letto.

Dopo tutto quello che avevano passato non ci stava a perderla così.

Gli sembrava di impazzire a dover stare lì in attesa senza poter fare nulla.

Prima che i suoi amici potessero accorgersene, si asciugò gli occhi e si sistemò meglio sulla poltrona, fingendo di dormire.

Dopo aver cenato, parlando del più e del meno per distrarsi, anche Billi e Java si sistemarono per dormire.

Nonostante la tensione, alla fine, la stanchezza ebbe la meglio e i tre cedettero al sonno.

Nel corso della notte, Diana si svegliò. Con passo malfermo si avvicinò al vetro e osservò le tre figure immerse nel sonno. Un sorriso le nacque spontaneo sulle labbra nel vederli, sembravano tre bimbi, ma si tramutò presto in una smorfia di sofferenza mentre alcune lacrime iniziavano a rigarle le guance.

“Non voglio finire così la mia vita!” pensò. “Avevo così tanti progetti, così tanti sogni e adesso non potrò più fare nulla”.

Girate le spalle al vetro, si lasciò scivolare a terra scossa dai singhiozzi.

Sapeva che tutti al Centro si stavano impegnando per salvarla ma non riusciva ad essere positiva, non riusciva a non temere che la sua vita fosse sul punto di finire.

Stringendosi le ginocchia al petto, iniziò a ripensare a tutte le missioni che aveva affrontato con Martin, a tutte le volte in cui l'aveva salvata per un pelo, a tutti i bei momenti passati con lui, a quando aveva conosciuto Billi e M.o.m e a quando Java era entrato a far parte della loro squadra.

Cullata da questi pensieri, mentre le forze le venivano meno, Diana ripiombò nel sonno.

Erano passate diverse ore da quando i ragazzi si erano addormentati, stiracchiandosi Martin aprì gli occhi.

Ancora intontito, si chiese dove fosse per poi ricordare quello che era successo il giorno prima. Immediatamente lo sguardo saettò in direzione della cella, lì, accoccolata a terra, giaceva Diana.

Col cuore in gola per la preoccupazione, Martin si fiondò sulla porta della cella ricordandosi solo all'ultimo che la sua amica era stata posta in isolamento.

Cercando di mantenere la calma, si avvicinò al pannello di controllo e, quando vide i parametri vitali stabili, sospirò pesantemente; non si era reso conto di aver trattenuto il fiato.

Controllata l'ora, si accorse che era quasi l'alba.

Avvicinatosi ai suoi due amici, li chiamò.

«Che c'è Martin?» chiese Billi, assonnato.

«Java vuole dormire.» si lamentò l'altro.

«È quasi mattina, io e Java dobbiamo tornare alla Torrington per fare in modo che nessuno si accorga dell'assenza di Diana.» spiegò Martin.

«Lei come sta?» domandò il piccolo alieno.

«I parametri sono entro i limiti ma si è addormentata seduta per terra, non possiamo fare nulla?»

«Lascia fare a me!» rispose Billi.

Avvicinatosi al pannello di controllo, l'alieno azionò un campo di forza che, sollevata Diana, la riadagiò sul letto.

Martin rimase qualche secondo a fissare la ragazza, quindi rivolse un sorriso triste all'amico.

«Java pronto.» disse l'uomo, raggiungendo i due.

«Andiamo!» esclamò Martin, entrando nel portale che, nel frattempo, Billi aveva aperto.

Giunti alla Torrington, Martin disse a Java di andare a prendere i bagagli di entrambi e di aspettarlo alla macchina, quindi si diresse verso il dormitorio femminile. Cautamente s'intrufolò nella stanza della sua amica. Come aveva immaginato, la ragazza aveva già preparato le valigie per il week-end. Presi i bagagli e controllato che tutto facesse supporre che la ragazza fosse partita, uscì nel cortile.

Vedendo alcuni alunni già in giro per il campus, Martin decise di rendere più credibile la sceneggiata. Quando gli fu vicino, iniziò a sbuffare come se fosse arrabbiato.

«Diana me la paga, non doveva farmi portare i suoi bagagli!» borbottò a voce abbastanza alta da essere certo che i suoi compagni lo avessero sentito, quindi li salutò e si diresse verso la macchina, sapendo che, grazie alla sua scenetta, tutti avrebbero saputo che Martin e Diana erano partiti presto per godersi il week-end.

Giunto in la macchina, caricò i bagagli quindi si mise al volante.

«Ed ora, facciamo partire la seconda parte del piano.» affermò.

Un'ora dopo la loro partenza dalla Torrington, Martin e Java giunsero in un deposito del Centro. Lì Martin nascose la macchina quindi chiamò Billi affinché gli aprisse un portale.

Appena tornati nella cella, Martin si diresse verso il vetro:Diana dormiva ancora.

«Novità?» chiese a Billi.

«Nessuna.» rispose tristemente l'esserino.

«Può mangiare?» domandò ancora.

«Certo, anzi le farebbe bene.»

«Perfetto, allora dimmi come farle arrivare il cibo dentro la cella e procurami un maxi schermo e un lettore dvd.»

Billi guardò perplesso Martin ma decise che forse era meglio non chiedere spiegazioni, in fondo lui era quello che conosceva Diana da più tempo.

«Nessun problema.» affermò, quindi, pilotando la sua navicella verso l'uscita.

Proprio in quel momento, entrò M.o.m.

«Allora?» chiesero in coro Martin, Billi e Java.

«Abbiamo scoperto un doppio fondo nella scatola, al suo interno era inciso un messaggio. Non conosciamo la lingua ma stiamo tentando di tradurla.» spiegò. «Voi, invece non dovreste tornare alla Torrington? Potrebbero nascere delle voci non vedendovi partire né trovandovi in accademia.»

«Non si preoccupi, ho già provveduto a far in modo che ci vedessero partire e a far credere che Diana sia partita con noi.» la tranquillizzò Martin. «Adesso avrei solo bisogno del cellulare di Diana per inviare alcuni messaggi alle sue compagne.»

«Billi, gli effetti personali di Diana sono nel mio ufficio. Vai a prenderli.» ordinò M.o.m.

«Subito!» rispose l'alieno volando fuori dalla stanza.

«M.o.m, questo è per lei.» disse Martin, porgendo alla donna una tazza di caffè nero e un contenitore di cartone con il logo di una caffetteria.

La donna non poté fare a meno di sorridere a quella inaspettata cortesia.

«Le proporrei di rimanere a colazione con noi...» aggiunse Martin esitante.

«Ti ringrazio agente Mistére ma ho del lavoro da svolgere.» rispose la donna, prendendo un sorso di caffè e uscendo dalla stanza.

Trascorsi una decina di minuti, tornò Billi, seguito da due uomini con un maxi-schermo.

«Ecco la borsa di Diana.» disse, porgendo l'oggetto a Martin.

Dopo averla presa, Martin ne tirò fuori il cellulare e iniziò a digitare un messaggio.

“Jenni, scusami se non ti ho salutato ma quell'esaltato di Martin ha deciso di partire all'alba. Baci. Diana.”

Inviato il primo messaggio ne inviò, modificandoli, alcuni altri, quindi ripose il cellulare. Nel farlo si accorse delle caramelle mou che erano dentro la borsa, Diana ne era ghiotta, lui lo sapeva bene.

Senza che nessuno lo notasse, ne prese una e la mise in tasca.

«Martin, dove dobbiamo mettere lo schermo?» chiese Billi.

«Proprio davanti la cella.»

Quando lo schermo fu pronto, Martin spostò le poltrone davanti allo schermo, lasciando libero lo spazio al centro.

«Billi, devo fare entrare questo nella cella e poi ci vorrebbe una poltrona anche per Diana.» spiegò il ragazzo.

L'alieno fece apparire una poltrona e un piccolo sportello nella cella. Martin vi depositò il sacchetto che venne trasportato all'interno.

Il ragazzo bussò sul vetro per svegliare l'amica.

La ragazza si mosse, mugolando, quindi aprì gli occhi.

Con un sorriso triste si avvicinò al vetro.

«Buongiorno!» le disse Martin facendole segno in direzione del sacchetto.

Incuriosita, Diana lo aprì, tirando fuori un cappuccino doppio e una confezione di éclair al caramello. Vedendoli non poté fare a meno di sorridere. Se ne era innamorata dopo aver visto il film “Semplicemente irresistibile” e, ancora adesso, erano i suoi dolci preferiti.

Avrebbe voluto ringraziare l'amico ma dovette accontentarsi di sorridergli mentre gli occhi le si inumidivano.

«Siamo in vacanza, ci voleva una colazione speciale!» esclamò Martin, tentando di sembrare più felice di quanto non fosse realmente. «E per rendere più buona la colazione, cosa c'è di meglio di un buon film?» aggiunse, inserendo un dvd nel lettore.

Appena partì la sigla, Diana si rese conto che si trattava proprio di Semplicemente irresistibile. Le fu impossibile non provare un tuffo al cuore, quel matto si era ricordato di quanto le piacesse.

I quattro seguirono il film gustando la colazione.

Quando fu finito, Martin si avvicinò a Diana.

«E adesso cosa preferisci guardare?» le chiese, tirando fuori da una busta altri due dvd.

Guardandoli, Diana si rese conto che si trattava di Orgoglio e pregiudizio e di Via col vento.

Sapeva perfettamente che Martin odiava quei film sdolcinati quindi se li aveva presi era solo per fare un piacere a lei.

Commossa, la ragazza sorrise al suo amico e Martin, vedendo la dolcezza di quel sorriso, si ripromise di essere più gentile con lei in futuro.

Sapendo che Via col vento era decisamente più lungo, Diana optò per Orgoglio e pregiudizio, nella speranza che la fine del film coincidesse con la sua liberazione.

Purtroppo, le sue speranze furono disattese e fu solo dopo il pranzo e dopo la fine di entrambi i film che M.o.m fece il suo ingresso nella stanza.

«Abbiamo decifrato le iscrizioni.» annunciò.

«E quindi?» chiese Martin, sulle spine.

«Il bracciale è maledetto ma esiste un rito per liberare Diana dalla maledizione.» disse con voce greve «Il rito della Condivisione della vita.»

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Capitolo 4
*** Il Rito della Condivisione della Vita ***


«Il bracciale è maledetto ma esiste un rito per liberare Diana dalla maledizione.» disse con voce greve «Il Rito della Condivisione della vita.»

«Bé, allora cosa aspettiamo, facciamo questo rito.» propose Martin, rianimandosi.

«Agente Mystére, non è così semplice.» obiettò M.o.m «Come dice il nome, chi compie il Rito deve essere disposto a condividere la propria vita con la persona vittima della maledizione.»

«Che problema c'è, compierò io il rito.» affermò il ragazzo.

«Martin, forse non hai capito il senso delle mie parole.» suppose la donna.

«Ho capito benissimo. Dividerò la mia vita con Diana. Se, ipotizziamo, fossi destinato a vivere altri sessant'anni ne vivremo trenta ciascuno.» spiegò. «In missione abbiamo condiviso il rischio di morire centinaia di volte, stavolta condivideremo la vita.»

Appena ebbe finito di parlare, un continuo battere sul vetro della cella portò tutti a girarsi. Impossibilitata a parlare, Diana scuoteva energicamente il capo per manifestare il suo dissenso.

«Diana è l'unica possibilità per farti tornare normale!» esclamò Martin, mentre la ragazza continuava a cercare di dissuaderlo.

«Martin, devi rifletterci bene.» consigliò M.o.m.

«Non c'è nulla da riflettere. Procediamo.» intimò il ragazzo.

Diana, disperata, continuava, invano, a battere sul vetro della cella. Non voleva che il suo amico compisse un tale sacrificio, teneva troppo a lui per chiedergli tanto. In un attimo, però, sentì le gambe cederle e si ritrovò a terra, priva di forze.

Martin poggiò le mani sul vetro, in preda all'angoscia.

«Diana, Diana, dimmi che stai bene!» urlò.

Tutti si avvicinarono alla cella mentre M.o.m controllava i parametri della ragazza.

«Si sta indebolendo.» constatò la donna, preoccupata.

«Allora non c'è altro da dire.» concluse Martin «Mi spieghi cosa dobbiamo fare.»

«Intanto aiutala a rimettersi a letto, ha bisogno di essere in forze per affrontare il Rito.» disse M.o.m provvedendo ad aprire la porta della cella.

«Posso entrare?» chiese Martin.

«Certo.» assicurò la donna.

Senza attendere altro, Martin si fiondò dentro la cella seguito da Java.

Portatisi a fianco della ragazza, l'aiutarono a sollevarsi da terra e a sdraiarsi sul letto.

«Presto starai bene.» le disse Martin, accarezzandole leggermente la guancia.

La ragazza le afferrò la mano e la strinse fra le sue rivolgendogli uno sguardo di supplica.

Il ragazzo si limitò a sorriderle incoraggiante per poi uscire dalla cella mentre la ragazza, a corto di energie, si assopiva.

«Non è più necessario l'isolamento?» chiese Martin.

«Abbiamo dovuto tenerla isolata perché non sapevamo se si trattasse di un virus o di una qualche forma di possessione. Trattandosi di una maledizione non trasmissibile non c'è più pericolo.» spiegò M.o.m. «Adesso vai a riposare pure tu, agente Mystére , il Rito richiederà, probabilmente, molta energia.»

«Non posso dormire, sono troppo in ansia!» protestò il ragazzo.

«Prendi questo.» disse la donna porgendogli una pillola «È un leggero sonnifero, ti aiuterà a riposare. Quando ti sveglierai parleremo del Rito. Anzi, non preferiresti andare a dormire in un letto dell'infermeria?» chiese la donna.

«No, io...vorrei rimanere qui.» rispose il ragazzo.

«Come preferisci. Voi due, invece, venite con me.» disse poi, rivolta a Billi e Java.

Quando tutti furono usciti, Martin sistemò la poltrona vicino alla cella dove riposava Diana, quindi prese il sonnifero e si sdraiò.

In attesa che facesse effetto, volse lo sguardo verso la ragazza e lasciò la mente libera di vagare.

Una dopo l'altra gli tornarono in mente tutte le missioni a cui avevano partecipato, le vacanze passate insieme, le gioie e i dolori che avevano condiviso. Ogni volta che lui ne aveva avuto bisogno lei c'era sempre stata e adesso che era lei ad essere nei guai lui non si sarebbe tirato indietro.

Doveva ammetterlo, l'idea del Rito gli metteva paura ma lo avrebbe portato a termine, a qualunque costo. Lo avrebbe fatto per lei. Istintivamente portò la mano alla tasca dei jeans dove aveva conservato la caramella di Diana, la tirò fuori e la osservò per alcuni secondi. Dopo un attimo di esitazione, la portò al naso e l'annusò.

Un sorriso gli sorse spontaneo alle labbra: quella caramella sapeva di buono, di lei. Resosi conto di quello che aveva pensato, arrossì leggermente e lanciò uno sguardo alla ragazza, temendo potesse accorgessi di qualcosa. Scossa la testa per scacciare quegli strani pensieri, cercò di rilassarsi e fu con la caramella ancora stretta in mano che si addormentò.

 

«M.o.m, ma non c'è davvero nessun'altra possibilità per salvare Diana?» chiese Billi mentre seguiva la donna in ufficio. «Il Rito, non so, mi sembra troppo rischioso.»

«Non ti mentirò, non abbiamo certezze circa l'effettiva pericolosità del Rito.» confessò M.o.m.

«Ma allora perché permetterà a Martin di farlo?» domandò, preoccupato.

«Era troppo agitato per ascoltare qualsiasi mia obiezione, per questo l'ho mandato a riposare.» spiegò «Quando si sveglierà cercherò di farlo ragionare, se sarà ancora convinto di procedere il riposo gli sarà stato comunque utile per accumulare le energie necessarie al Rito.»

«Non potere dare un pochino di anni di vita ciascuno?» chiese Java.

«No Java, è impossibile. Si tratta di un Rito da fare in due, si basa sulla contrapposizione Yin-Yang. Per certi versi è simile ad una cerimonia nuziale. Se avessi potuto avrei preso parte io stessa al Rito.»

Java abbassò lo sguardo, avvilito.

«Adesso avrei dell'altro lavoro da svolgere.» disse M.o.m «Tu Billi puoi tornare ad occuparti dei tuoi compiti e tu Java, se vuoi, puoi fargli compagnia, tanto anche se ti dicessi di tornare a casa ti rifiuteresti.»

Java sorrise grato a M.o.m quindi uscì dallo studio della donna.

Trascorse un paio d'ore, Diana si svegliò.

Dopo essersi stiracchiata, volse il capo verso il vetro della cella e vide Martin addormentato nella poltrona e la porta della cella aperta. Con la massima cautela si avvicinò al ragazzo e non poté far a meno di sorridere nell'osservare l'aria angelica che aveva mentre dormiva.

“Mi dispiace Martin, non posso permetterti di fare questo sacrificio per me. Tengo a te più di quanto immagini e voglio che tu viva una vita lunga e felice, anche se io non potrò farne parte.” pensò la ragazza quindi gli depose un leggero bacio sulla fronte e si avviò verso l'uscita.

Aveva già alzato la mano per afferrare la maniglia quando la porta si aprì e la figura di M.o.m si stagliò sulla soglia.

«Agente Lombard, dove crede di andare?» chiese la donna a voce alta.

Con un sussulto, Martin si svegliò e portò lo sguardo al punto da cui era provenuta la voce.

Vedendo Diana sulla porta, si alzò con un balzo e le si avvicinò.

«Dove stavi andando?» le chiese, preoccupato.

Per tutta risposta, la ragazza batté le ali alzandosi in volo al di sopra delle loro teste.

«Diana, cosa pensi di fare, così sprecherai inutilmente la tua energia vitale!» l'ammonii il ragazzo mentre la sua amica, imperterrita, sostava a mezz'aria in cerca di una via di fuga.

«Non costringermi ad usarlo.» minacciò Martin, portando la mano all'U-watch ma, prima che potesse fare alcunché, Diana perse quota e si accasciò a terra.

Immediatamente il ragazzo le fu a fianco e, sostenendola, la fece stendere sulla poltrona.

«Sei una stupida, cosa avevi intenzione di fare?» chiese Martin, arrabbiato.

Gesticolando, Diana fece comprendere di volere qualcosa per scrivere.

M.o.m, avvicinataglisi, le porse un blocco per appunti e una penna.

«Martin, non posso permettere che tu rischi tanto per me.» scrisse la ragazza. «Se non faremo il Rito io perderò la vita ma se lo faremo non sappiamo a quali rischi andiamo incontro, potremmo rimettercela entrambi.» spiegò.

«Non hai pensato che io preferisco correre il rischio piuttosto che stare qui a guardare senza fare nulla?» chiese Martin.

Diana abbassò il capo, senza sapere cosa ribattere.

«Agente Mystére, ero venuta a chiederle se fosse sicuro di voler proseguire ma, alla luce di quello che ha detto, temo che ogni domanda sia inutile.» intervenne M.o.m.

«Sono sicuro, ci dica cosa dovremo fare.» la esortò Martin.

«Il Rito è composto da tre parti: la purificazione, la condivisione del desco e, infine, la declamazione del rituale vero e proprio.» spiegò la donna, quindi gli porse un foglio «Qui ci sono spiegate nel particolare le varie fasi e le parole del rituale. Martin tu dovrai imparare i gesti e le parole a memoria mentre tu, Diana, dovrai semplicemente assecondarlo. Vi consiglio di leggere nella vostra mente, non sappiamo se la pronuncia a voce alta attivi di per se il rituale. Io, intanto, vado a preparare tutto il necessario.»

Finito di parlare, la donna lasciò soli i due ragazzi.

Martin, sedutosi sul bracciolo della poltrona, pose il foglio a metà tra se e Diana perché anche lei potesse leggere.

«Grazie Martin!» scrisse la ragazza, dedicandogli un sorriso triste e preoccupato.

In risposta, il ragazzo le passò un braccio dietro le spalle e, avvicinatala a se, le depose un bacio sulla testa.

«Vedrai che ne verremo fuori.» tentò di rassicurarla.

Man mano che andavano avanti nella lettura delle istruzioni i due iniziarono a provare un senso di agitazione all'idea di ciò che li attendeva.

Nel tentativo di imparare per bene ogni singolo aspetto del Rito, Martin passò la successiva ora a leggere e a rileggere il foglio delle istruzioni. Quando, infine, alzò gli occhi notò che Diana si era addormentata appoggiata alla sua spalla.

Senza osare muoversi per paura di svegliarla, Martin continuò a ripetersi mentalmente le fasi del rituale, in attesa che M.o.m venisse ad annunciare che erano pronti per eseguirlo.

Quando, infine, la donna entrò nella stanza, Martin aveva ormai acquisito una certa sicurezza circa ciò che avrebbe dovuto fare, anche se un parte di lui non poteva fare a meno di temere che l'emozione gli avrebbe giocato un brutto scherzo.

«Diana, svegliati.» disse, scrollando leggermente la ragazza.

«Siamo pronti.» annunciò M.o.m.

Tenendosi per mano, per farsi coraggio, i due ragazzi seguirono la donna fuori dalla stanza.

Percorsi diversi corridoi, i tre giunsero davanti ad una porta.

«Oltre questa porta troverete tutto ciò che serve per il Rito. Non mi è concesso seguirvi.» spiegò «Buona fortuna ragazzi!» esclamò, senza riuscire a celare l'apprensione nei suoi occhi, per poi allontanarsi e raggiungere Billi e Java che l'attendevano in una sala attigua.

«Stanno per eseguire il Rito.» annunciò ai due, quindi si accomodò in una delle poltrone presenti nella stanza e si apprestò ad attendere con le braccia strette al petto e lo sguardo fisso sulla porta. Non finse neanche di essere occupata a fare qualcos'altro, era troppo preoccupata.

Rimasti soli, i due ragazzi varcarono la porta e si trovarono davanti due enormi vasche, simili a quelle dei bagni pubblici giapponesi, poste l'una di fianco all'altra e separate da una spessa tenda.

Facendosi coraggio, Martin si avvicinò tirandosi dietro una titubante Diana. Giunti davanti alle vasche l'abbracciò stretta e le schioccò un sonoro bacio sulla guancia per farle coraggio, quindi la lasciò andare e tirò la tenda che li separava per celarla al suo sguardo.

Lentamente i due iniziarono a spogliarsi.

Diana provava un certo imbarazzo al pensiero che Martin si stesse spogliando al di là di quella tenda. Dal canto suo, il ragazzo non poté reprimere un leggero rossore al pensiero che fosse così vicino ad una ragazza nuda, il fatto poi che quella ragazza fosse proprio Diana lo metteva un po' a disagio.

Quando ebbero finito di spogliarsi, i due si immersero lentamente nelle vasche, trattenendo a stendo un'esclamazione nel sentire l'acqua gelata.

Nella mente di entrambi risuonarono le parole lette poc'anzi.

“I due si immergeranno in gelide acque di fonte per purificare i loro corpi”

Giunti al centro delle rispettive vasche, s'inginocchiarono immergendosi così completamente per poi rialzarsi e uscire dall'altra parte dove, ad attenderli, c'era un telo bianco per asciugarsi e un capo di vestiario simile ad una tunica di foggia greca, anch'essa bianca.

Finito di rivestirsi, i due ragazzi si ritrovarono dall'altra parte della tenda.

Vedendola, Martin soffocò a stento un'esclamazione, la sua Diana, vestita in quel modo, sembrava in tutto e per tutto un angelo meraviglioso. Purtroppo, non avendo la certezza di poter parlare al di fuori di ciò che stabiliva il rituale, il ragazzo dovette accontentarsi di sorriderle.

Un'altra tenda celava loro la vista di ciò che li attendeva dopo. Apertala, trovarono un basso tavolino su cui erano sistemati una pagnotta e una coppa di vino e con due cuscini posti davanti. Inginocchiativisi, Martin prese la pagnotta e ne spezzò un pò.

«Nutro il tuo corpo prima di nutrire il tuo spirito.» declamò, quindi pose tra le labbra della ragazza un pezzetto di pane per poi prenderne un pezzo anche lui.

Presa la coppa l'accostò alle labbra di Diana.

«Disseto il tuo corpo prima di dissetare la tua anima» recitò. Quando lei ne ebbe bevuto un sorso, lui fece lo stesso.

Finita la parte della Condivisione del desco, i due ragazzi si alzarono e si avvicinarono alla tenda successiva. Il pensiero di cosa ci fosse al di là e del suo significato fece arrossire i due.

Martin, presala per mano, scostò la tenda. Dall'altra parte, come immaginavano, era stato preparato un talamo dalle lenzuola candide.

Nonostante sapesse che quel letto aveva solo un significato rituale, Diana non poté fare a meno di sentirsi stranamente nervosa nell'avvicinarvisi mano nella mano con Martin.

Un po' impacciati, i due si posizionarono in ginocchio al centro del letto, l'uno di fronte all'altra.

Martin si portò le mani alle tempie e, con un sospiro, si concentrò per essere certo di ricordare le parole mentre Diana, in preda all'ansia, si tormentava le mani.

«Io accetto di dividere la mia vita con te» iniziò a recitare il ragazzo «Corpo» a queste parole prese la mano sinistra di Diana e le depositò un leggero bacio sul palmo «Mente» e quindi le sfiorò la fronte con le labbra «Anima» stavolta la voce gli tremò appena ma, cercando di scacciare l'emozione, proseguì nel rituale baciandola sulle labbra. Aveva sempre pensato che avesse un sapore dolce e nell'attimo in cui la sfiorò ne ebbe la certezza.

Sapendo come il rituale proseguiva, Diana abbassò il capo, imbarazzata.

Martin, dal canto suo, non riuscì ad impedirsi di arrossire. Faceva sempre il galletto con le ragazze ma la verità è che gli era sempre andata buca.

Deglutendo a vuoto, cercò di riprendere il controllo dei suoi pensieri.

«Cuore» pronunciò, infine; quindi, stando bene attento a non scoprirla più del necessario, le abbassò la spallina sinistra della tunica per poi depositare un bacio in corrispondenza del cuore.

Nonostante l'apprensione per il rituale appena compiuto, Martin non poté evitare di sentirsi eccitato all'idea che, per la prima volta nella sua vita, le sue labbra erano venute a contatto con il seno di una ragazza. Per evitare ulteriori pensieri poco casti, rimise velocemente a posto la spallina senza però avere il coraggio di alzare gli occhi su Diana, consapevole di essere arrossito vistosamente.

Dopo alcuni secondi un “click” ed un lieve tonfo annunciarono che il bracciale si era staccato dal braccio di Diana mentre le sue ali svanivano in un turbine di piume. Appena il bracciale atterrò sulle lenzuola, una luce abbagliante ne fuoriuscì.

Impaurita, Diana lanciò un urlo e Martin, prontamente, la strinse a se per proteggerla.

Udendo le urla, anche M.o.m, Java e Billi si precipitarono nella stanza.

Quando la luce svanì, di fronte a loro aleggiava uno stupendo angelo con le fattezze di una giovane donna dai capelli biondi e dagli occhi azzurri.

«Non abbiate timore.» li rassicurò l'angelo. «Ero prigioniera del bracciale ma voi, spezzando la maledizione, mi avete liberato.»

«Perché ti hanno intrappolato nel bracciale?» chiese Martin, incuriosito.

«Alcuni secoli fa, quando vivevo ancora in paradiso, m'innamorai di un umano così scesi sulla terra e, usando quel bracciale, mi trasformai in un' umana.» iniziò a spiegare. «Ciò, però, era contrario alle regole celesti perciò i miei superiori vennero sulla terra e, per dimostrami che il mio amore non sarebbe potuto sopravvivere alla scoperta della mia natura angelica, m'intrappolarono nel bracciale e lo maledissero:chiunque l'avesse indossato si sarebbe tramutato in un angelo.»

«Ma angeli non dovrebbero essere buoni?» chiese Java, confuso.

«Lo sono, di norma, ma in passato l'unione tra angeli e umani aveva creato dei problemi al mondo, perciò erano molto severi su questo punto.» le rispose l'angelo. «Per quasi tre secoli sono rimasta chiusa nel bracciale a vedere l'amore finire a causa della maledizione. Alcuni sono scappati appena hanno visto la trasformazione, altri hanno cercato la soluzione senza trovarla, molti per la disperazione si sono suicidati...è stato tremendo! Ma oggi il vostro sentimento sincero mi ha liberato.» concluse, rivolta a Martin e Diana.

«Ora cosa farai? E che ne sarà del bracciale.» domandò Billi.

«Quel bracciale non farà più del male!» annunciò per poi puntagli un dito contro e farlo esplodere in mille pezzi. «Io tornerò in paradiso e, se avrò fortuna, ritroverò l'anima del mio amore e potrò trascorrere il resto dell'eternità con lui.»

«Te lo auguriamo di cuore!» le disse M.o.m, commossa dalla sua storia.

«Prima di andare, però, volevo rassicurarvi, la vera maledizione si basava sull'incapacità degli umani di rischiare il tutto per tutto per un' altro. Tu, invece, non hai esitato nel mettere a rischio la tua vita e così l'hai spezzata» spiegò, rivolta a Martin.

«Vuoi dire che Martin non ha perso metà della sua vita?» chiese Diana, speranzosa.

«Proprio così.» la rassicurò l'angelo.

A quelle parole, Diana ruppe in un pianto di gioia e gettò le braccia al collo del ragazzo senza riuscire ad arrestare i singhiozzi.

«Per me è tempo di andare.» annunciò l'angelo «Vi auguro tanta felicità e coltivate sempre ciò che avete nel cuore.» raccomandò, prima di svanire in uno sfavillio multicolore.

Dopo che l'angelo fu scomparso, M.o.m, Java e Billi si avvicinarono ai due ragazzi.

«State bene?» chiese la donna.

«Si, tutto ok!» esclamò Martin, sorridente.

«Tutto bene.» confermò la ragazza.

«Comunque adesso andrete in infermeria per un controllo. La trasformazione in angelo e il Rito sono comunque stati fattori di stress per il vostro fisico.»

Rassegnati, i due ragazzi si alzarono dal letto ma, appena ebbe poggiato i piedi per terra, Diana ebbe un capogiro. Martin le fu immediatamente a fianco e, prendendola tra le braccia, le evitò di cadere.

L'intero gruppo si trasferì in infermeria.

Dopo aver deposto Diana su uno dei letti, anche Martin, seppur recalcitrante, si sdraiò a sua volta per farsi visitare.

Mentre i medici controllavano i loro parametri, i due ragazzi continuavano a guardarsi negli occhi e a chiedersi di che natura fosse il sentimento sincero di cui parlava l'angelo...era davvero solo amicizia?

Il viso dell'altro fu l'ultima cosa che i due videro prima che i sonniferi somministrati dai medici facessero effetto trasportandoli nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Si torna alla normalità? ***


NDA:So che non aggiorno da una vita. Chiedo scusa alle mie lettrici. Spero che questo capitolo mi faccia ottenere il vostro perdono.

 

 

Martin si rigirò nel letto per l'ennesima volta, sospirando.

Era domenica pomeriggio; quella mattina, appena sveglio, i medici del Centro lo avevano visitato e, poiché era in perfetta forma, M.o.m lo aveva rispedito a casa a godersi quel che rimaneva del week-end.

Il ragazzo aveva protestato, volendo rimanere vicino alla sua amica, ma la donna era stata irremovibile; Diana era in uno stato di sonno indotto per aiutarla a recuperare le energie e non si sarebbe svegliata prima di lunedì mattina quindi era inutile che stesse lì.

Java e Billi gli avevano proposto di passare insieme la giornata ma lui aveva preferito stare da solo, si sentiva troppo confuso.

Chiusi gli occhi vi pose sopra il braccio destro nello strenuo tentativo di riuscire a rilassarsi un po' ma, come gli era già successo nel corso di tutta la giornata, appena chiusi gli occhi gli appariva davanti l'immagine di Diana. A volte era l'immagine di lei come l'aveva vista quella mattina: addormentata, la flebo nel braccio, i monitor collegati per tenere sotto controllo i parametri vitali e un aspetto estremamente vulnerabile ma, più spesso, le immagini che si rincorrevano nella sua mente erano quelle del Rito che aveva compiuto la sera prima insieme a lei.

Per quanto si sforzasse non riusciva a dimenticare la carezza del suo fiato sulle dita, quando le aveva accostato il pane alla bocca, il profumo dei suoi capelli, il lieve tremore della sua mano quando l'aveva presa nella sua, la dolcezza delle sue labbra, la morbidezza della sua pelle. Ogni particolare sembrava impresso a fuoco nella sua mente e nel suo corpo.

Con un grido di frustrazione, il ragazzo scattò a sedere sul letto.

Non poteva pensare a Diana in quel modo. Lei era la sua amica d'infanzia, la sua partner nelle missioni per il Centro, la sua migliore amica...non era e non sarebbe mai stata la sua ragazza.

Nel tentativo di distrarsi, si alzò e andò a prendere uno delle sue amate riviste sul paranormale ma, dopo averla sfogliata per dieci minuti senza riuscire a capire quello che leggeva, la lanciò in un angolo e prese a passeggiare nervosamente per la stanza.

Per tutta la giornata aveva cercato di distrarsi, di rilassarsi ma senza successo e ormai era giunto al limite della sopportazione.

Senza ulteriori indugi, usò l'U-watch per chiamare il Centro e farsi aprire un portale.

Appena giunto dall'altra parte, si precipitò in infermeria.

Sapeva che se avesse incontrato M.o.m si sarebbe beccato una bella ramanzina ma non gli importava, voleva vedere Diana, sapere se stava bene.

Giunto alla sua destinazione, trasse un profondo respiro ma, prima che potesse aprire la porta, questa si aprì da sola e il ragazzo si trovò davanti proprio colei che avrebbe voluto evitare.

«Agente Mystére, a cosa dobbiamo la sua visita?» chiese con un sopracciglio alzato interrogativamente.

«Volevo vedere come stava Diana.» confessò il ragazzo, non potendo impedirsi di arrossire leggermente.

«Si riprende, ma non velocemente come pensavamo.» spiegò. «Intorno a mezzanotte le sospenderemo la somministrazione dei sonniferi e domani mattina vedremo se si è completamente ristabilita.»

«Posso vederla?» domandò Martin, con apprensione.

«Sta dormendo ma puoi entrare per dieci minuti.» concesse M.o.m.

Con sorriso impacciato, il ragazzo la salutò ed entrò nella camera dirigendosi immediatamente verso il letto su cui Diana era sdraiata.

La ragazza dormiva con i capelli sparpagliati sul cuscino, la mano destra poggiata vicino al viso, il volto rilassato e le labbra leggermente schiuse.

Dopo aver tentennato un po', prese una sedia e si accomodò vicino al letto.

Non riusciva a smettere di guardarla e di pensare quanto gli sarebbe piaciuto riassaporare le sue labbra.

Scrollata la testa per cacciare quel pensiero molesto, si alzò nuovamente in piedi e, dopo un attimo d'incertezza, le sfiorò la guancia con un dito. A quel tocco Diana, emise un sospiro e sorrise.

Temendo di averla svegliata, Martin fece un balzo indietro.

Forse non era stata una buona idea andare lì, si disse, invece di dissipare la sua confusione l'aveva solo aumentata.

A malincuore, lanciò un'ultima occhiata alla ragazza e uscì dal stanza. Doveva scacciare quegli strani pensieri dalla sua testa. L'indomani avrebbe rivisto Diana e doveva tornare il Martin di sempre.

Tornato a casa, indossò una tuta, le scarpe da tennis e uscì a correre. Forse spossarsi fisicamente gli avrebbe permesso di passare almeno la notte tranquillo.

Mentre passo dopo passo si allontanava da casa, cercava di concentrarsi sulla strada da percorrere invece ogni angolo del quartiere gli portava alla mente ricordi della loro infanzia trascorsa lì, dei loro giochi. Presto però quelle immagini vennero sostituite da quelle di loro adolescenti e poi di loro alle prese con le missioni del Centro, dei rischi corsi e dei successi riportati. Quando, infine, giunse nuovamente davanti la porta di casa, era passata più di un'ora, era stremato e non aveva smesso per un attimo di pensare a Diana.

Fatta una doccia e senza aver cenato (per la prima volta nella sua vita), si trascinò a letto dove, per sua fortuna, il sonno lo colse immediatamente.

La notte trascorse velocemente e, quando la mattina si svegliò, stordito e confuso, aveva una sola certezza: aveva sognato Diana.

Appena ebbe acquistato un minimo di lucidità, si rese conto che era lunedì mattina e che quindi quel giorno l'avrebbe rivista.

Con un balzò si fiondò fuori dal letto e iniziò a vestirsi velocemente, uno squillo persistente però attirò la sua attenzione. Compreso che si trattava dell' U-watch, lo afferrò al volo e attivò la comunicazione con il Centro.

«Come sta Diana?» chiese, prima ancora che la sua interlocutrice potesse aprire bocca.

«Sta bene ma il recupero delle energie non è ancora completo quindi tornerà alla Torrington nel pomeriggio.» spiegò M.o.m.

«Allora vengo al Centro.» propose Martin.

«Non è necessario che anche tu perda le lezioni del mattino.» obiettò la donna. «E poi darebbe più nell'occhio se foste entrambi assenti.»

«Ma M.o.m!» tentò di protestare il ragazzo.

«Niente ma. Vai a lezione. Adesso!» ordinò.

«Va bene.» cedette alla fine, chinando il capo, mogio.

«Dimenticavo, se te lo chiedessero, Diana aveva un po' di febbre ma, se si fosse sentita meglio, sarebbe ritornata nel pomeriggio.»

Martin si limitò ad un cenno affermativo del capo, poi, chiuso il collegamento, ripose svogliatamente nella valigia le poche cose che aveva tolto e, in macchina, si avviò a scuola.

Intanto, a qualche chilometro di distanza, una ragazza dai capelli castani si fissava allo specchio con aria critica.

“Questo mio nuovo taglio non mi convince molto” si disse, osservandosi i capelli che in realtà erano solo un po' più scalati del solito.

«Jenni, è ora di andare!» urlò qualcuno fuori dalla stanza.

«Arrivo, mamma!» rispose la ragazza che, dopo un ultimo sospiro diede le spalle allo specchio, afferrò il trolley e uscì dalla stanza.

Giunto alla Torrington, Martin mollò in camera la valigia e si avviò a lezione. Non ne aveva alcuna voglia ma sapeva anche che stare da solo in camera sarebbe stato anche peggio.

Arrivato di fronte alla classe si vide venire incontro una Jenni particolarmente sorridente.

«Ciao Martin!» disse, con fare civettuolo, in attesa dei complimenti che sapeva gli avrebbe elargito il ragazzo.

«Ciao, Jenni.» rispose, invece, laconicamente lui per poi entrare in classe senza degnarla di uno sguardo.

Sinceramente stupita da questo suo comportamento, Jenni cercò di osservalo senza che lui se ne accorgesse per capire cosa gli fosse successo.

Per tutta la mattina il ragazzo fu distratto, non che ciò fosse insolito. La cosa strana era che, invece di dormire, come al solito, si limitava a fissare il vuoto sospirando di tanto in tanto.

Jenni rimase ancora più stupita dal comportamento del ragazzo durante la pausa pranzo. Invece di tentare di abbordare qualche ragazza, come avrebbe fatto di solito, si limitò a consumare il suo pasto seduto in un angolo, da solo. Così, quando lo vide uscire dalla mensa decise di seguirlo.

Dopo averlo perso di vista per un attimo, lo trovò seduto su una delle panchine, nel giardino.

«Hey, Martin, qualcosa non va?» gli chiese, avvicinandosi.

«No, nulla!» rispose il ragazzo, arrossendo.

«Ho capito, problemi di cuore!» dedusse la ragazza, con un sorrisetto.

«Ma che dici!» ribatté lui, alzandosi dalla panchina.

«Ti sei innamorato.» affermò con sicurezza.

«Io non sono innamorato di Diana!» esclamò a quel punto Martin in preda al panico.

In un attimo gli occhi di Jenni andarono dal ragazzo ad una figura appena apparsa alle loro spalle che era, senza alcuna ombra di dubbio, proprio la ragazza oggetto dei loro discorsi.

«Diana, aspetta!» urlò Jenni mentre Martin guardava impietrito la ragazza correre via.

«Io...io devo andare.» disse il ragazzo, appena riuscì di nuovo a parlare per poi fuggire via prima che la ragazza potesse trattenerlo.

Mentre osservava Martin andare via, Jenni pensò che sicuramente tra quei due doveva essere successo qualcosa e che lei avrebbe scoperto di cosa si trattava.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Il piano. ***



Io non sono innamorato di Diana!”

Quelle parole continuavano a rimbombarle in testa mentre correva verso il dormitorio.

Giunta nella sua stanza, Diana si chiuse la porta alle spalle e, lasciatasi scivolare a terra scoppiò in un pianto dirotto.

Il sentimento che provava nei confronti di Martin era cresciuto giorno dopo giorno fino a quando non era stata costretta ad ammettere con se stessa che si era innamorata del suo amico d'infanzia. Finora era riuscita a tenersi tutto dentro, accontentandosi di avere con lui solo un rapporto fraterno ma sentirgli dire quelle parole dopo aver assaporato la dolcezza dei suoi baci era stato qualcosa di straziante.

Non poteva fare a meno di chiedersi dove avrebbe trovato la forza di vederlo ogni giorno fingendo che non fosse cambiato nulla.


La corsa di Martin si era conclusa all'interno del campanile della scuola. Lì nessuno l'avrebbe disturbato.

Se chiudeva gli occhi poteva rivedere lo sguardo sconvolto di Diana, fisso su di lui e la sua fuga.

Accovacciato a terra, con la testa nascosta tra le ginocchia, si chiedeva cosa aveva pensato delle sue parole, se avrebbe voluto ancora vederlo o se il loro rapporto sarebbe potuto mai tornare quello di prima.

Lo sperava ma il suo cuore gli diceva che era impossibile.


Jenni rimase ferma a osservare i due fuggire in direzioni opposte. Rimasta sola, sbuffò sonoramente.

Che Diana fosse innamorata di Martin l'aveva capito da un pezzo ma oggi aveva avuto la conferma che lui ricambiava i suoi sentimenti.

Adesso che aveva questa certezza non avrebbe permesso a quei due testoni di rovinarsi la vita solo per uno stupido malinteso.

Urgeva un piano.

Con passo deciso si diresse verso la scuola.

Dopo un breve giro, vide il suo obiettivo nel cortile sul retro della scuola.

«Ciao Java!» disse, avvicinandosi all'uomo primitivo.

«Ciao.» rispose l'uomo, perplesso.

«Tu sei molto amico di Martin e Diana, giusto?» gli chiese.

«Si loro amici di Java!» rispose, orgoglioso.

«Penso che anche tu ti sia accorto di cosa provano l'uno per l'altra?»

Java si limitò ad annuire, imbarazzato.

«Purtroppo oggi, non volendo, sono stata causa di incomprensione tra loro.» raccontò Jenni, dispiaciuta. «Martin era piuttosto strano, così gli ho chiesto che cosa avesse, se per caso si fosse innamorato; al che lui mi ha urlato che non era innamorato di Diana. Il problema è che lei era proprio dietro di noi. »

Java si portò una mano sulla faccia e scosse il capo, desolato.

«Ohi, ohi. Che disastro!» esclamò Billi, sbucando fuori da una siepe nella sua forma umana.

«E tu chi cavolo sei?» sbraitò la ragazza, tenendosi una mano sul petto per la paura.

«Io sono Billi.» rispose il piccolo alieno, dispiaciuto per averla spaventata. «Anch'io sono amico di Martin e Diana.»

«Si, adesso mi ricordo di te.» affermò Jenni, studiandolo.«Bé, io vorrei rimediare al danno fatto e aiutarli a mettersi insieme. Mi aiuterete?»

«Certo!» esclamò Billi.

«Cosa volere fare?» domandò Java, scettico.

«Se c'è una cosa che non si può dire di Martin è che lasci le ragazze in difficoltà» spiegò, con un sorriso furbo. «Se lui pensa che Diana sia in pericolo...»

«Si precipiterà a salvarla!» completò Billi, entusiasta.

«Bene, innanzitutto bisogna decidere come farli incontrare.» spiegò. «Diana, all'apertura della biblioteca andrà certamente a prendere il romanzo da leggere per il suo club del libro.»

«Sei certa che andrà lo stesso in biblioteca, dopo quanto è successo?» chiese Billi, dubbioso.

«Si, lo farà anche per distrarsi.» confermò la ragazza. «I problemi da risolvere sono due: come facciamo in modo che Martin passi di lì al momento giusto e chi farà l'aggressore?»

«Per l'aggressore è tutto ok, posso farlo io.» affermò il piccolo alieno gonfiando il petto.

«Tu?» chiese Jenni, incerta.

«Diciamo che sono piuttosto bravo nei travestimenti. Aspettami qui e vedrai» propose.

In fretta Billi riattraversò la siepe e si allontanò un po'.

Quando fu certo che nessuno potesse vederlo riprese le sue vere sembianze e, premuti un paio di bottoni sulla sua navicella, si tramutò in un ragazzo con occhi e capelli neri ed una ventina di centimetri più alto del suo solito travestimento umano, quindi tornò dagli altri due.

«Che ve ne sembra?» chiese, apparendo improvvisamente e spaventandoli entrambi.

«Billi, sei tu?» chiese Jenni, stupita.

«Piace il mio travestimento?» chiese l'alieno, soddisfatto.

«Perfetto!» esclamò la ragazza, gioendo. «Ora bisogna fare in modo che Martin si trovi a passare di lì.»

«Io chiamare Martin per aiutare con computer e quando lui andare via incontrare Diana.» propose Java.

«Bene, allora siamo tutti d'accordo.» affermò Jenni. «La biblioteca apre tra mezz'ora. Java,chiama Martin.»

Il cavernicolo armeggiò un po' col telefonino regalatigli a Natale dai suoi amici ed, infine, riuscì a contattare il suo amico.

Il ragazzo, pur se triste per quanto accaduto con Diana, non se la sentì di abbandonare l'amico e così gli promise di raggiungerlo in pochi minuti.

«Perfetto!» affermò Jinni, appena Java ebbe chiuso la chiamata. «Java, tu va al tuo ufficio. Billi tu, invece, nasconditi vicino la quercia che c'è nel viale che dalla biblioteca porta ai dormitori. Ci vediamo tutti lì.»

Presi gli ultimi accordi e scambiatisi i numeri di telefono, i tre si salutarono.

Jenni tornò al dormitorio e si appostò dietro la porta della propria camera per essere certa che Diana uscisse, come previsto.

Quando la ragazza si avviò verso l'uscita, Jenni avvisò via sms i suoi due complici.

Java, intanto, prendeva tempo facendosi spiegare da Martin come usare una chat.

Stando bene attenta a non farsi vedere, Jenni seguì Diana in biblioteca tenendo aggiornati gli altri due dei progressi.

Appena Diana mise piede fuori dalla biblioteca, un nuovo sms avvisò i due.

«Grazie Martin, io avere capito.» disse Java, che per trattenere Martin lo aveva costretto a spiegargli dieci volte la stessa cosa.

«Perfetto!» rispose il ragazzo, evitando di esclamare “finalmente” per paura di offenderlo.

Uscito dall'ufficio di Java, Martin si avviò per il parco in direzione del dormitorio, ignaro che Jenni e Billi lo attendessero nascosti dietro ai cespugli.

Come da programma, Diana riattraversò il parco per tornare nella sua stanza.

Quando giunse nelle vicinanze del suo nascondiglio, Billi, travestito, palesò la sua presenza.

«Ciao carina!» esclamò, avvicinandolesi con fare prepotente.

Diana si limitò a sorpassarlo, ignorandolo.

«E dai, non fare la preziosa, vieni a prendere un gelato con me.» propose, afferrandola per un braccio nel momento in cui Martin, superata una svolta, poteva vederli.

«No, grazie.» rispose secca Diana, allontanandolo e accelerando il passo.

«Che fretta, vieni a divertirti!» esclamò Billi, inseguendola, agguantandola con una mano e attirandola a se.

Martin, vista la scena da lontano, si affrettò a raggiungerli e, atterrato l'aggressore con un pugno, si pose tra questo e Diana.

«Volevo solo passare un bel pomeriggio.» disse Billi, in scusante delle sue azioni per poi darsi alla fuga.

Immediatamente Martin si lanciò al suo inseguimento.

«Martin!» urlò Diana, richiamandolo.

Voltatosi la vide, pallida e spaurita.

Lasciato perdere il ragazzo, corse da lei e la strinse a se.

«Non temere, ci sono io con te.» le disse, abbracciandola forte.

Diana si aggrappò alla sua maglietta in cerca di conforto e nascose il viso sul suo petto.

Nascosti dietro al cespuglio, i tre complici sorrisero nel vedere la scena.

«Missione compiuta!» esclamò Jenni, compiaciuta.

«Come, non rimaniamo a vedere come va a finire?» chiese Billi.

«Direi che da adesso possono anche cavarsela da soli. Che ne dici, invece, di offrimi un gelato? Tu Java vieni con noi?»

«Io chat con amica.» rispose, ammiccando.

«Prima del gelato, però, è meglio che mi trasf...cioè che mi cambi, se mi vedesse Martin sarei nei guai.» per un attimo, Billi si chiede che faccia avrebbe fatto Jenni vedendolo col suo vero aspetto ma poi si disse che, in fondo, per adesso stavano solo andando a prendere un gelato, ci sarebbe stato tempo per porsi certi problemi.

Usciti dal loro nascondiglio, stando attenti a non essere visti, i tre si allontanarono. Giunti nei pressi dell'edificio scolastico, Java li salutò mentre gli altri due, fatta una sosta nei bagni per permettere a Billi di cambiarsi, proseguirono in direzione della gelateria.

«Mi sa che dovrò confessare a Martin che ero io l'aggressore, non vorrei si scatenasse il panico al campus. Non oso pensare a cosa mi farà.» confessò.

«Vedrai che ti perdonerà, sarà troppo felice per tenerti il muso.» lo rassicurò la ragazza, sorridendogli e prendendolo sottobraccio.

Ridacchiando, i due proseguirono, felici del risultato ottenuto.

Intanto, seguendo il suo istinto, Martin accarezzò lievemente la testa di Diana deponendole un bacio tra i capelli e la sentì tremare leggermente. Pensando fosse un segno di disagio dovuto alla sua vicinanza, la scostò da se, sentendo la tristezza prendere il sopravvento.

«Maledizione.» sussurrò, senza riuscire a trattenersi.

«Che c'è?» chiese Diana, preoccupata.

«Io non ce la faccio.» confessò Martin, disperato, senza il coraggio di guardarla negli occhi. «Il Rito ha cambiato tutto.»

Quelle parole fecero sprofondare Diana nella disperazione. Era certa che Martin stesse per dirle che la loro amicizia era finita.

«Che intendi?» chiese, quindi, pronta al peggio.

«Io ho capito che tu per me sei più di un'amica, sono innamorato di te e non ce la faccio a starti accanto solo come amico.» ammise, temendo la reazione che avrebbe potuto avere la ragazza.

Un singulto sfuggì alle labbra di Diana mentre la gioia si faceva largo dentro di lei.

Sentendolo, Martin alzò gli occhi e rimase alquanto sorpreso nel vederla sorridere, anche se con gli occhi lucidi.

«Per me è lo stesso.» confessò, arrossendo.

Martin la guardò perplesso, incredulo di aver sentito quelle parole.

«Anch'io sono innamorata di te.» confermò Diana, sorridendo.

Il ragazzo sbatté alcune volte le palpebre scioccato per poi lasciarsi andare ad una risata liberatoria.

«Ti rendi conto che adesso dovrai sopportarmi sia come amico che come ragazzo?» le chiese.

«Solo io potrei farlo.» affermò Diana, ridendo.

«Adesso ti aggiusto io!» esclamò Martin, iniziando a farle il solletico.

Vedendola ridere, divertita, non resistette più e, portata una mano dietro la sua nuca l'avvicinò a se per poi baciarla.

Diana si abbandonò a quel dolce contatto portando le braccia al collo di lui e lasciando che le emozioni avessero il sopravvento, incapace di credere alla propria felicità, incapace di credere che tanto dolore avesse potuto portare ad una gioia così sconfinata.

Fine.

Angolo autrice: ed eccoci finalmente arrivati all'ultimo capitolo di questa avventura. Spero voi vi siate divertiti a leggerla quanto io mi sono divertita a scriverla.

         Grazie a tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite e un doppio grazie a chi ha lasciato una recensione.

        A presto.

                      Notteinfinita.














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