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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seduta 3 ***
Capitolo 2: *** Cinque in tre ***
Capitolo 3: *** Seduta 5 - Catarsi ***
Capitolo 4: *** Incondizionato ***
Capitolo 5: *** Non ti amo più ***
Capitolo 6: *** Hayley ***
Capitolo 7: *** Un altro uomo ***
Capitolo 8: *** L'utima seduta ***
Capitolo 9: *** Mikeal ***
Capitolo 10: *** Mutter ***
Capitolo 11: *** Turismo ***
Capitolo 12: *** Shabby chic ***
Capitolo 13: *** Magnolia ***
Capitolo 14: *** Di famiglia ***
Capitolo 15: *** Stoyan ***
Capitolo 16: *** Il cavallo, lo stupido e la vecchia megera ***
Capitolo 17: *** Il canto dell'usignolo ***
Capitolo 18: *** Il branco ***
Capitolo 1 *** Seduta 3 ***
Seduta
3, Studio Dr.Lecter. Ore 19:37
Rovisto
con la lingua in un angolo della bocca in cerca di un immaginario
pezzo di vetro scampato a diciassette lavaggi e altrettanti
risciacqui. Sento l'eco della risata sardonica di Klaus mentre la
notizia viaggia di bocca in bocca fino a New Orleans e penso 'Elena
Gilbert ha vinto anche stavolta'. “Quella puttanella”
sibilo. Lo psicanalista mi guarda con aria imperturbabile, sebbene
abbia udito la mia imprecazione. Ha tratti svedesi. E' troppo alto.
Troppo ben vestito. Non mi piace. “Non mi mostra i fogli con le
macchie?”
“Vuole
che gliele mostri?”
Ricordo
il fiotto di sangue misto a saliva che ho sputato sul linoleum rigato
del pavimento del liceo di Mystic Falls, quando mi sono svegliata
dolorante e affamata.
“Katherine?”
Voglio
tornare vampiro e voglio Elena Gilbert morta. Sollevo lo sguardo
sull'uomo. Non deve piacermi. Lo pago per ascoltarmi, non per
sollazzarmi la vista. Lo psicanalista comprime i polpastrelli fra
loro, sospira e tira su la gamba del pantalone.
“A
cosa sta pensando?”
Baltimora
sembrava una buona idea. Il suo nome in cima alla lista dei
migliori psichiatri del paese sembrava una buona idea. Ora mi chiedo
cosa ci faccio qui.
“Sto
pensando...”
La
voce si incrina, stringo le labbra e l'uomo non muove un muscolo. Ci
guardiamo per un lungo momento negli occhi. Non leggo niente.
Interesse, curiosità, impazienza. Niente. Non c'è
niente. Un altro guscio vuoto come...
“Katherine?”
“Katerina”
bisbiglio abbassando lo sguardo sulle sue mani. Dita lunghe e forti,
fatte apposta per strappare arti e cuori. “Mi chiamo Katerina
Petrova.”
Lo
psicanalista apre la cartellina su cui ha annotato in bella grafia
l'elenco dei pazienti. Cura maniacale dei dettagli. Mi piace sempre
meno.
“Katherine
Pierce è il suo nome americanizzato?”
Un
ricciolo scivola sulla guancia. Gli fisso il mento, le labbra ben
disegnate e il taglio di capelli perfetto. Cosa ha che mi disturba
tanto? Mi ricorda Elijah. Non hanno alcun tratto fisico in comune ma
sono entrambi compassati e freddi. Elijah mi ha messo in secondo
piano per correre dietro al fratello. Mi ha abbandonata.
Risucchio il labbro inferiore e lo lascio andare. “Quanto tempo
mi rimane?”
L'uomo
non guarda l'orologio che ha al polso, ma sembra conoscere
perfettamente l'ammontare di tempo passato fra un silenzio e l'altro.
Non ho parlato molto. Non ho risposto a nessuna domanda. La mia
espressione di dolore è eloquente. Lo sento da come si
contraggono i muscoli del viso. Lo psicanalista chiude la cartellina
e la posa accanto a se. Strofina il mento con l'indice e attende la
mia risposta.
“Preferisce
che le fissi un appuntamento con una collega?”
“Per
sentirmi più a mio agio?”
Carico
la domanda di sarcasmo, l'uomo sfiora di nuovo il labbro con il
polpastrello.
“E'
a disagio, Katerina?”
Solo
Elijah mi chiama Katerina. Dovevo dare un'occhiata anche a Craig's
List prima di scegliermi il padre confessore. “Sono
sospettosa di natura.”
“Lei
non è mai stata in psicanalisi.”
Ho
conosciuto un paio di tizi appassionati alla materia, nell'ultima
frazione di secolo. “Ho avuto una vita piena d'impegni, finora”
mormoro guardando a sinistra il vaso di fiori freschi. Questo posto è
enorme, aperto, ordinato. Il dottore fissa l'orologio volutamente.
Appena apre l'agenda, sento il respiro fuoriuscire e le spalle
abbassarsi. Mi guarda per un lungo attimo, ma non commenta.
“Martedì,
stessa ora?”
L'ultimo
appuntamento della giornata. Non ha una moglie che lo aspetta a casa?
Fisso la mano sinistra in cerca dell'anello, ma potrebbe essere uno
di quelli che nasconde il proprio status alle pazienti. Lo
guardo bene in viso. Lui attende con la penna in mano. Chiude di
nuovo l'agenda e aggiusta la giacca. Altra stilettata sotto il
diaframma. “Non è rimediabile.”
Il
guscio vuoto di fronte a me sembra animarsi di una scintilla di
curiosità. Lo fisso dritto negli occhi e le mie labbra si
muovono da sole. “Ha mai ucciso un uomo, dottore?”
“Ha
ucciso un uomo, Katerina?”
“Molti.”
Nessuno
conosce il numero esatto, neppure io. Non sono mai stata eclatante da
quel punto di vista. Non ho una stanza dei trofei come Stefan
e Klaus. “Le sto facendo perdere tempo” borbotto muovendo
un piede ben calzato. Punto le mani sul divano e quando mi alzo, mi
sento goffa, sgraziata, debole e inutile. Lo psicanalista mi
accompagna alla porta e nella camera d'attesa vuota, risuona il
rumore dei miei tacchi a spillo. “Il tempo è bastardo,
dottore” sussurro quando mi apre la porta. “Il tempo non
guarisce il senso di colpa, non lo attenua. Il tempo scorre per
ricordarci quella volta e quell'occasione persa.
Il tempo non da sicurezza, tiene aperte tutte le ferite”
sentenzio, fissando il suo fermacravatte d'acciaio. E' intelligente.
L'oro può intimorire. “Annulli le prossime sedute”
borbotto scivolando sul corridoio. Un uomo barbuto che sembra portare
sulle spalle il peso del mondo, mi viene incontro con lo sguardo
vacuo. Non sono l'ultimo appuntamento della sera, a quanto sembra.
L'ascensore mi riporta al pianterreno e quando finalmente abbandono
l'edificio, riprendo a respirare. Sento odore di morte, attorno a me.
Addosso a me. Mi volto verso la finestra illuminata dell'appartamento
dello psicanalista e in quel momento ronza il cellulare. Avevo
dimenticato di averlo e la batteria è quasi scarica. Numero
sconosciuto. Ci spero. Per tre secondi. “Sì?”
Il
cuore mi batte nel petto con una tale violenza che credo di cadere
svenuta da un momento all'altro. Il respiro. L'attesa.
Quell'attesa...
“Condoglianze,
dolcezza.”
Scaravento
il telefono a terra e il coperchio salta insieme alla batteria. La
voce di Klaus è stata come una frustata improvvisa ad un nervo
scoperto e infiammato. Me la sento nelle spalle e il formicolio
arriva alla punta delle dita. Chiudo le mani a scatto e le riapro.
Raccolgo i tre pezzi e li infilo nelle tasche del giubetto. Vorrei
disfarmene, ma quel numero è l'unica cosa che mi è
rimasta. L'unico contatto possibile fra me ed Elijah.
***
L'idea
è difficile da attuare. Non conosco questa città e non
sono in grado di rilevare la presenza di un vampiro. Tornare come
prima è in cima alle priorità, ma devo anche
mangiare e dormire. Un'infanzia difficile - al limite della miseria -
mi ha insegnato a risparmiare: ho un discreto conto in banca che mi
assicura una copertura totale. Non ho alcuna voglia di trovare lavoro
come cameriera in una tavola calda. Sono sempre stata una di alto
livello e gli uomini staccano sostanziosi assegni per un servizio
di alto livello. Poso l'hamburger che sto mangiando e fisso l'uomo di
fronte a me. Fa finta di leggere la rivista ma ho sentito i suoi
occhi addosso per buona parte della serata. Non smetto di guardarlo e
quando non ne può più, abbassa il giornale e ricambia
l'occhiata. Analizzo i dettagli. L'orologio che porta al polso, le
scarpe che indossa, la fattura dei vestiti. La mia mente risuona come
una cassa automatica e mostra un prezzo troppo basso, per renderlo
interessante. Finisco il grasso pasto e mentre torno a casa, odo un
miagolio inconfondibile che mi fa sospirare. Mi fermo di fronte alla
gelateria e alzo gli occhi al cielo. Devo accontentare la bambina
interiore... e cominciare a mettermi a dieta. Sono qui da tre
settimane e la bilancia digitale segna un peso diverso ogni giorno.
Pago il gelato alla frutta e torno a passeggiare in direzione della
villetta che ho preso in affitto. Mi piacciono anche gli open
space, ma quando devi guardarti le spalle, tendi a preferire i
luoghi raccolti e invisibili. Una goccia di gelato alla menta scivola
sulla nocca, la lecco via e mentre frugo nella borsetta in cerca
delle chiavi – con qualche difficoltà – inclino
troppo il cono e la massa fruttata si schianta a terra. Osservo la
poltiglia colorata e mugolo fra i denti. Ora mi tocca anche pulire.
Entro in casa, accendo tutte le luci – altra vecchia abitudine
– vado un cucina e strappo un paio di fogli di carta assorbente
dal rotolone. Mi piace mangiare ma non so cucinare. Ho comprato un
manuale e rifornito il frigo. Non ho idea di quanto durerà
quella roba o di quanto impiegherà a marcire. Torno sul
pianerottolo e mentre sono chinata a raccogliere la poltiglia che sta
squagliandosi, non mi accorgo della presenza, del buco nero
dell'universo. Non lo vedo finché non si avvicina, allora
riconosco la misura delle scarpe e comincio a iperventilare.
“Sempre
difficile da rintracciare, Katerina.”
Ingoio
la saliva, il cuore mi esce dalle orecchie e quando sollevo lo
sguardo su di lui, le mani sporche di gelato e strette attorno alla
carta assorbente, mi chiedo se è lì per ridere di me o
per completare ciò che ha iniziato cinquecento anni fa. Ci
fissiamo per un lungo istante negli occhi e il vecchio istinto di
sopravvivenza mi fa arretrare dentro casa. Klaus osserva l'arco
all'entrata e sospira. “Stai bene?”
“Sono
stata meglio” ammetto facendo un altro passo indietro. Vado in
cucina e getto tutto nella spazzatura. Spio l'entrata. È
ancora lì, con lo sguardo perso nel vuoto. “Sei passato
per un saluto?”
Klaus
muove la mandibola e stringe i denti, nervoso. “E' bella,
questa città? Ti trovi bene?”
“Sì
e sì, paparino.”
Frecciata.
Non ho potuto farne a meno. Klaus mormora qualcosa, pinzando la
radice del naso e passando una mano sul viso. “Mi fai entrare?”
Vorrei
dire no ma come spesso accade, in sua presenza, sento la
volontà indebolirsi. Devo raccontarlo allo psicanalista, alla
prossima seduta? “Se prometti di fare una cosa per me.”
“Te
ne devo una, comunque...” sospira socchiudendo gli occhi,
esausto. “Che vuoi, spara!”
“Voglio
tornare come prima.”
Klaus
mi scruta a lungo, in silenzio. “Si può fare.”
“Si
può fare ora?”
Note dell'Autore:
Sequel di 'Meet EM at 2:00 pm' + Stagione 4, puntate 4x20 e 4x24.
Personaggi di 'Hannibal' che compariranno nella storia: Will Graham, Bedelia Du Maurier, Hannibal Lecter.
Personaggi di 'The Vampire Diaries' che compariranno nella storia: Klaus Mikealson, Katherine Pierce.
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Capitolo 2 *** Cinque in tre ***
Ciao
Annaterra e grazie per aver recensito. ^^ Non so neppure io come si
evolveranno i loro rapporti, di certo Kath sarà ben accorta,
ora che è umana e vulnerabile. Spero di riuscire a descrivere
bene il percorso interno della protagonista che sta affrontando un
enorme cambiamento nella vita (cosa che nella prossima stagione di
TVD non ci faranno di certo vedere, tutti concentrati sulla solita
storiella d'amore -> noia!). Kath non dovrà solo gestire se
stessa, ma anche Klaus (che a sua volta dovrà scegliere come
comportarsi con la ragazza... e a proposito... che ci fa lì?
Starà forse scappando dai propri doveri di padre? ;) ) e le
domande del suo analista (qui è complicato e sto facendo uno
studio su Lecter, motivo degli aggiornamenti lenti e quasi
settimanali.) Buona lettura!
Lo
conosco troppo bene per sapere che bisogna stabilire subito i termini
dell'accordo.
“Possiamo
farlo ora?”
Klaus
solleva gli occhi al cielo e annuisce, scocciato. Sospiro, come se mi
avesse tolto un peso dalle spalle. E' l'ultima persona a cui avrei
pensato di chiedere aiuto, ma forse, è l'unica che conosco
così bene da intuirne i pensieri. Forse non è qui per
uccidermi. Forse è solo incuriosito. Faccio un cenno col capo
e appena mette piede dentro casa, il tempo si ferma.
Un
battito di ciglia per entrambi. Il mio cuore che salta un battito. Il
suo sguardo indagatore. Cinquecento anni di odio e amore mi calano
addosso di colpo.
Perché
è dovuta andare così?!
Le domande retoriche di
Kat. Sta buona, piccola. Possiamo gestirlo. Puoi gestirlo.
Appena
il piede raggiunge il suo gemello, il tempo di dilata e riprende a
scorrere normalmente. Sospiro di nuovo, dentro di me. Puoi
gestirlo, ripeto. Puoi gestirlo.
“Fortuna
che te la stavi cavando” mormora chiudendosi la porta alle
spalle. “Non hai retto tre settimane.”
“Tre
settimane e un giorno. La cose migliori durano poco.”
Klaus
fa una smorfia. Qualcosa di molto simile l'ho visto sul viso di Damon
centinaia di volte. Ci crede poco, ma non gli interessa granché.
E' strano, più del solito. Non ho tempo di perdermi in
elucubrazioni, devo riprendermi la mia vita. Mi avvicino, sposto i
capelli dal collo. “Non farmi male. Non più del
necessario.”
Klaus
arriccia le labbra e un muscolo guizza nella mascella. Chiedergli di
non infierire non lo scalfisce minimamente. Farti 'soffrire' è
una specie di missione nella vita. Nessuno ha avuto pietà di
lui e lui non ne ha per te. Non importa quanto il tuo musetto sia
carino. Agguanta una ciocca di capelli ricci, tirandomi avanti. Ho
paura e non riesco a calmare i battiti del cuore. Prima gira il
braccio attorno alla vita, ma appena il seno urta il suo torace, ci
ripensa. Batte le palpebre e mi fa roteare. Ha saltato la parte in
cui devo bere il suo sangue, prima di morire.
Spalanco
gli occhi. Sto tremando. Lo sento sospirare esausto nel mio orecchio.
“Possiamo
farlo un'altra volta? Stasera non ne ho voglia.”
Mi
lascia andare con una delicatezza inusuale. Sono sconcertata dal
rifiuto di una bevuta gratis e dal colpetto che mi da sulla spalla,
come a rassicurarmi. Ma che ha?!
“Ti
sei sistemata bene.”
Su
guarda attorno, sfiora con la gamba l'enorme divano al centro della
stanza e ci si scaraventa sopra, le braccia dietro la testa e lo
sguardo fisso sul soffitto. La maglietta si solleva sullo stomaco e
mostra un accenno di peluria bionda sull'ombelico che si infoltisce
verso la cintura.
Smetti
di guardarlo, Kat.
“Guarda
dove ti ha portato la tua impulsività.”
Gli
stacco la testa dal collo, se prova a dire...
“Ti
sei fatta prendere a calci da Elena Gilbert!” esclama irritato,
sollevandosi sui gomiti. “Ma si può essere più
incapaci?”
Una
rabbia sorda mi invade. “Non dovresti essere a casa a coprire
le prese della corrente e ammortizzare gli angoli vivi?!”
Il
sorriso gli muore sulle labbra, grugnisce e mi lancia
un'occhiataccia, tornando a sedere. “Ho un arredatore che lo
sta facendo al posto mio.”
Elijah.
Elijah mi ha mollato per fare shopping di giocattoli e pannolini. Lo
psicanalista non tratterrà le risate, quando lo saprà.
Per un lungo momento non so come reagire alla notizia, poi vado in
cucina e apro il frigo. Un gesto impulsivo, ma sono certa che stia
marcendo qualcosa, là dentro. “Lo crescerà anche
al posto tuo?”
“E'
più entusiasta di me.”
Lo
sento muoversi alle mie spalle. Infila la mano in uno scomparto e
getta un limone muffoso nella spazzatura. Ah, ecco cos'era.
“Rifornimento
sostanzioso. Aspetti ospiti?”
“No”
mormoro, chiudendo lo sportello dopo aver estratto la bottiglia di
vino bianco freddo. Ho bisogno di fare qualcosa, di occupare le mani
per non correre a New Orleans e piazzarle sulla faccia di Elijah.
“A
cosa brindiamo?”
“Alla
vita!” esclamo con aria leggera e lui mi guarda con una smorfia
amara che dovrebbe comparire sul mio volto, non sul suo. E' un felice
papà in attesa, sono io quella mollata.
“Ti
stai divertendo, stronzetta?”
“Secondo
te mi sto divertendo?”
Si
sente il tono acido?
“Sono
contenta di essere tornata umana? Sono contenta di avere le caviglie
doloranti e di non avere neppure la forza di spostare il divano, se
ci cade qualcosa dietro? Sono felice di aver perso l'uomo che amo
perché suo fratello non è capace di prendersi cura del
proprio figlio?” sibilo sbattendo la bottiglia sul tavolo. “Ma
come cavolo è successo? Come hai fatto?! Noi non
possiamo avere figli!”
Klaus
guarda il bicchiere vuoto e si adombra, versando il liquido dorato
nei reciproci calici. “Ti chiamerà. Gli manchi.”
“Non
dire stronzate...” sussurro disgustata, un attimo prima di
ricordare chi è e per quale motivo non faccio mai del sarcasmo
con lui.
“Non
è una stronzata.”
Il
suo sguardo è troppo limpido per mentire, ma lo stesso non mi
fido di lui.
“Ora
brindiamo alle novità.”
“Detesto
le novità.”
“Kat...”
“Mh?”
“Eccotene
un'altra. Sei ingrassata.”
***
Mi
sveglio da sola a metà mattinata. Non ho puntato la sveglia,
non devo fare nulla. Sollevo la testa dal cuscino, aziono le
tapparelle elettriche e torno a chiudere gli occhi. Mi piace
ascoltare il cinguettio degli uccellini, così come mi piace
vagare in giardino in piena notte, circondata dalle lucciole. Il
bosco poco distante ne è pieno. E' stata una bella scoperta.
Quando
decido di essere sufficientemente riposata, sbadiglio, mi stiro e gli
occhi annebbiati di sonno inquadrano la porta chiusa della stanza. Mi
sono ubriacata al secondo bicchiere di vino. Klaus mi ha portata a
letto e mi ha detto di non pensare alle novità. Credo di
essermi spogliata da sola a metà della notte. Ho solo le
mutandine addosso. Infilo una maglietta nera lunga quasi fino alle
ginocchia. Ha le maniche asimmetriche ed è scollata. Mi piace
molto, sembra un vestito. Raccolgo i capelli in una crocchia
disordinata, vado in bagno e mi sciacquo il viso. Lo stomaco brontola
e sento una pressante richiesta di caffè partire dal
cervelletto. Ho l'acquolina in bocca. Realizzo che l'odore
meraviglioso che sento, non è frutto di fantasia ma proviene
dalla cucina. Rumore di tazze e sfrigolare di uova. Bacon fritto.
Inspiro, socchiudo le palpebre e mi lascio trasportare dal richiamo
del cibo. La scena è ridicola, grottesca.
Klaus
sposta la sedia con un calcetto appena mi vede. E' il suo modo di
invitarmi a sedere. Questo corpo ha sempre bisogno di cibo e non
mangio granché da quando sono tornata umana, solo schifezze da
fast food. Studio il tavolino apparecchiato: caffè, spremuta
d'arancia, uova strapazzate. La classica colazione americana. Ha
dimenticato i waffles e lo
sciroppo d'acero. “Ti stai allenando, paparino?”
Lui
mi guarda, scarica il bacon croccante nel piatto e fa una smorfia.
Neanche un 'buongiorno, dolcezza'? Deve aver passato la notte in
bianco. Mangio tutto e solo alla fine, quando sono sazia, mi accorgo
che non ha toccato cibo. Immagino abbia provveduto da se. Il bosco è
pieno di animali. “Che c'è?”
Klaus
scuote la testa, fissa qualcosa senza vederla e torna a guardarmi.
Non ha mangiato, penso, e un brivido mi attraversa,
accelerando il battito del cuore. Lascio le posate nel piatto ed
ingoio. “Ora ti va?”
Lui
sospira, rotea gli occhi. “No.”
Ma
che ca...! Gli sto offrendo una vena appetitosa e la rifiuta senza
motivi apparenti! “Accontentami” sussurro sfoderando il
miglior sguardo innocente che riesca a concepire. Uno sguardo da
cerbiatto alla Elena Gilbert.
“Non
sei credibile.” Klaus sbuffa e si alza di scatto dalla sedia.
Mi afferra per le spalle, rimettendomi in piedi. Mi scruta su e giù
un paio di volte, si allontana, aggrotta la fronte. “Quanto sei
alta?”
“Un
metro e sessanta.” Dieci centimetri in più non mi
dispiacerebbero, ma per gli standard del mio popolo, sono una
spilungona. Elena Gilbert è più alta di me.
“Sei
cresciuta.”
Ed
ieri sera ero ingrassata, penso quando si allontana e apre tutti i
cassetti della cucina. “Cosa stai cercando?”
Klaus
torna trionfante con un pennarello e un metro flessibile e mi
sospinge contro lo stipite della porta.
“Non
posso essere cresciuta in tre settimane” mormoro mentre lui
prende la misura.
“Avevo
ragione. Uno e sessantacinque.”
Cinque
centimetri in tre settimane?! E' per quello che mi fanno male i
muscoli e i jeans sembrano starmi meglio? Spero non crescano anche i
piedi o dovrò buttare tutte le scarpe!
“Altri
cinque centimetri ed esaudirò la tua richiesta.”
Ah,
ecco. Se non c'è sfida o sforzo, non si diverte. Posso
smettere di temere di essere morsa quando meno me l'aspetto. Klaus
avvolge il metro in una mano e allunga la destra per suggellare il
patto. “Affare fatto?”
“E
se questo fosse il massimo, per il mio corpo?”
Non
ha calcolato la possibilità o l'ha bellamente ignorata? Lui mi
afferra il polso e mi tira verso di se. Vorrei tenerlo d'occhio per
capire le sue intenzioni, ma il modo in cui mi tocca mi distrae. E'
così... delicato! Cristo, ma che gli succede? Appena entriamo
in contatto, il calore del mio corpo lo fa esitare. Le sue mani sono
fredde. Ora ho la certezza che si nutre da parecchio tempo. “La
novità ti ha tolto l'appetito?”
Dita
gelate mi attraversano i capelli, fermandosi sulla nuca. E' come
stare di fronte all'anta spalancata del freezer, penso chiudendo il
occhi e rabbrividendo. Anche il suo fiato è tiepido. Vorrei
divincolarmi, ma mi costringo a stare ferma. Perché ci mette
così tanto? Si sta godendo la mia paura? Sento qualcosa
sfiorarmi la pelle. Il brivido si spande dal punto di contatto a
tutta la spalla, il seno e si perde sulla parte sinistra del viso. E'
più un bacio che non morso. Non mi trattengo.
“Dio...”
Klaus
si blocca e mi lascia andare nel momento in cui gli affondo le unghie
nel braccio. Ho le guance calde e il cuore in gola. Sono arrossita?
“Devo
tornare a New Orleans” mormora a bassissima voce. “Ha
chiamato un uomo prima che ti svegliassi. Ti ho lasciato un appunto”
conclude spalancando la porta della cucina e sparendo nel giardino.
Svanisce
ed io resto a guardare la stanza vuota e il trattino nero sulla
cornice della porta.
Lo
faceva anche la mamma, quando eravamo piccole. Lavo i piatti sporchi
e strappo l'appunto di Klaus dal blocchetto. Leggo 'Hannibal
Lecter' e un numero di telefono. Ma come cavolo scrive... è
un nove, quello? Una faccina sorridente, uno scarabocchio? “Che
dio ti stramaledica, Klaus Mikealson.”
Seduta
straordinaria. Studio Dr Lecter, ore 16,01
Un
effetto collaterale dell'umanità riconquistata è stata
la perdita della libido. Me ne sono accorta dopo tre giorni, forse
perché ero occupata a fare altre cose: nascondermi,
compatirmi, trovarmi una tana. Non essere più eccitata venti
ore al giorno è stato riposante. Poi è arrivato il
morto vivente ad alitarmi sul collo e bum, ha riattivato le funzioni
di base. Ora ricordo il motivo per cui ero attratta da Klaus... ma
ricordo anche il motivo per cui devo tenermi lontana da lui. Seguo il
dottore nel suo studio e, come un'automa, mi siedo sul divano. Lo
psicanalista mi guarda, infila il minuscolo foglietto che ha in mano
nulla cartellina grigio piombo – un orologio con i numeri alla
rifusa - e si siede davanti a me. E' vestito sobriamente, ma
ricercato. I capelli non sono perfetti come la prima volta. Non è
una seduta dal mille dollari ma ho bisogno di raccontarlo a qualcuno.
“Si sta sbarazzando di me? Non risponda con una domanda”
“Vorrei
chiedere ad una collega di analizzare il suo caso.”
“Non
si sente all'altezza del compito, dottor Lecter?”
Lui
mi guarda, impassibile. Solleva la gamba del pantalone poco sopra il
ginocchio. Batte le palpebre. “Di quanto tempo ha bisogno,
Katerina?”
“Quanto
ne abbiamo?”
“Non
ho appuntamenti per l'intero pomeriggio.”
“E'
il suo giorno libero?”
L'uomo
annuisce, compito. Guardo la punta lucida delle scarpe color cuoio.
Risalgo il motivo a spina del completo grigio. La camicia bianca. Mi
domando se sia in grado di sorridere. Se apprezza l'umorismo in una
donna. “Non era preparato alla novità” sussurro
abbandonandomi ai ricordi del primo incontro con Klaus. “Non lo
siamo mai, no?”
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Capitolo 3 *** Seduta 5 - Catarsi ***
Ciao,
Annaterra! Leggevo la tua recensione e pensavo che è un
po' più complicato di così: Klaus ha SEMPRE il suo
tornaconto, non è così disinteressato come sembra. =)
Lecter (come tutti gli psicoanalisti) non si sbilancia, non fa
domande dirette, lascia parlare. Il lavoro 'vero' deve farlo Kat. Con
il procedere dei capitoli, apparirà un po' più chiaro.
Buona lettura.
Seduta
27. Studio Du Maurier, ore 20.04
Non
era un caso dei più eclatanti, di certo non da studio ne da
pubblicazione, ma era affascinato dalla giovane donna.
“Solleticato,
è il termine giusto.”
Hannibal
non poté fare a meno di increspare un angolo della bocca.
Bedelia Du Maurier si concesse a sua volta una debolezza: alzò
un sopracciglio, stupita dall'interesse umano del dottore. “Parlami
di lei.”
“Non
posso svelare i segreti di questa paziente.”
Non
ha ancora capito perfettamente. Ogni parola è un azzardo.
“La
sua età?”
Una
scintilla passò negli occhi dell'uomo. “Centinaia. E' la
sensazione che mi ha trasmesso la prima volta che l'ho vista.
Apparentemente, diciannove.”
“Stai
trasportando sulla paziente i sentimenti per Abigail Hobbs.”
Bedelia
non era mai così diretta. Non faceva parte della sua
formazione. Hannibal si rabbuiò. Ma per poco. “Non
hanno alcun tratto in comune.”
La
chiusura non passò inosservata. La dottoressa Du Maurier
allungò il braccio e sfiorò delicatamente il ginocchio
dell'uomo. “Questa perdita ha influito negativamente sulla tua
vita. Non continuare a negarlo.”
“Vorrei
fissare un altro incontro con la paziente. Vorrei che tu fossi
presente per porle tutte le domande che ritieni opportune.”
“Hannibal,
le nostre sedute sono chiacchierate fra amici. Ho smesso da tempo di
esercitare.”
“In
nome dell'amicizia, mi concede di chiamarla Bedelia, dottoressa Du
Maurier?”
Nessun
sorriso sulle labbra rosate. “Non glielo concedo, dottor
Lecter. Cosa hai provato quando Abigail è morta?”
“Dolore.
Perdita. Interruzione” sussurrò fra se. “Anche la
mia paziente ha subito una brusca interruzione in un
determinato punto della sua vita. Non era preparata alla novità.”
“Un
lutto in famiglia, una violenza in giovane età?”
“La
sua sessualità è spiccata ed egoistica, ma non mostra
segni di abusi.”
“Il
crollo di un ideale. Non hai mai parlato così tanto di un
paziente, Hannibal. Sei ossessionato”
“Ossessionato?
No.” Hannibal scosse la testa piano piano come se svolgesse il
filo di un pensiero interno in cerca della fine. “Incuriosito.”
Seduta
5. Studio Dr. Lecter, ore 19,01
“Vorrei
tu rispondessi ad una domanda diretta, Kat.”
Lecter
non fa mai domande dirette. Gli psicanalisti non ne fanno. Ci girano
intorno perché dobbiamo arrivare alla verità da
soli. Non sanno che pesci pigliare. “Non assumo
psicofarmaci. La mia droga è lo shopping, ma la moda è
orribile al momento” sospiro affondando nel divano. “Le
dispiace se mi tolgo le scarpe?”
Il
dottore fa un cenno di diniego. Lascio cadere le décolleté
da un lato e poso i piedi avvolti dai collant sul tessuto morbido.
“Non mi ha violentata.” Apro un occhio e lo vedo
immobile, la penna sollevata dal foglio. “Era questa la
domanda, no?”
“Era
questa.”
“Mi
ha reso l'esistenza impossibile, ma quando stavamo insieme, non mi ha
toccato con un dito. Gli servivo. Era indispensabile che restassi
viva e illesa.”
“E
Katerina?”
“Neppure
lei ha concesso le sue grazie a Niklaus. Era innamorata di lui,
avrebbe strigliato il suo cavallo in piena notte, pur di
accontentarlo” sibilo, ricordando un sentimento che non avrebbe
mai e poi mai dovuto provare. “Solo lei poteva credere che quel
pazzo l'avrebbe sposata!” Colpisco con il piede il bracciolo
del divano e incrocio le braccia sul seno, nervosa fino alla cima dei
capelli. “Avrebbe arato la terra con le sue mani per un singolo
sorriso e quel porco le ha ammazzato... per dio....” sibilo
rialzandomi di scatto. “Allora è vero che tutti piangono
sul lettino dell'analista!” Le lacrime colano lungo le guance,
le asciugo al volo con il dorso della mano e torno a sdraiarmi,
imbarazzata. “Possiamo parlare di qualcos'altro?”
“Indossa
calze di seta.”
“Ho
gusti sofisticati.”
L'uomo
mi guarda, muovendo appena il capo. “Solo le gentildonne di
rango elevato indossavano calze di seta, nell'antichità.”
Scivolo
via una gamba e la espongo alla sua vista. Calze di seta nere.
Lussuria pura. Che sogni di me, stanotte.
“Quanti
anni ha, Katerina?”
Sollevo
lo sguardo sull'uomo e le sopracciglia si avvicinano. E' il tipo di
domanda che nessuno fa mai. Il cellulare ronza nella borsetta. Roteo
gli occhi e con un cenno di scuse al dottore, faccio per spegnerlo,
quando leggo il nome sul display. Il cuore finisce un'altra volta in
gola.
“Se
non risponde continuerà a chiamare.”
Rispondo.
Odo silenzio dall'altra parte e appena Elijah sussurra 'Katerina', mi
viene uno sbocco di bile e lacrime. Scaravento il cellulare contro la
parete e l'oggetto si fracassa in tre pezzi anche stavolta. Ansimo di
rabbia e frustrazione ed infilo le mani fra i capelli, cercando di
riprendere il controllo. Questo è il tipo di cose che vorrei
evitare, nella vita: le scenate, le lacrime, le delusioni.
“Mi
parli di lui.”
Sto
evitando accuratamente di farlo. Tiro indietro i riccioli,
sprezzante. “Le sue domande mi irritano” dichiaro
infilando al volo le scarpe e agguantando la tracolla del borsetta.
“Ha
ancora un quarto d'ora. Vorrei che si sedette e finisse il racconto.”
La
sua voce è sempre ben modulata, calma e piacevole. Mi irrita
ancora di più. Lo ignoro, spalanco la porta dello studio, mi
getto nell'anticamera, il solito tipo barbuto alza lo sguardo di
scatto, sento un “aspetta qui, Will” e quando il dottore
mi chiama, sono già sul corridoio, immobilizzata di fronte
all'ultima persona che... “Ma che fai, mi segui?!”
Klaus
struscia la mano sulla guancia mal rasata, sta per dire qualcosa, ma
quando saetta lo sguardo alle mie spalle, si irrigidisce e tace.
“Katerina?”
“Katherine”
rettifico con voce secca e un sottofondo di paura. Klaus è
capace di farmi fuori anche l'analista. “Regali parte del mio
tempo a quel poveretto.”
“Will
non è un paziente.”
Occhieggio
l'uomo che sta vagando nello studio come un'anima in pena. Ha bisogno
dell'analista anche lui.
“Dottor
Hannibal Lecter, psichiatra.”
“Niklaus
Mikealson, vampiro.”
Ma
che fanno, si presentano?! Mi volto, raggelata. “Non ti
azzardare, Nik!”
Klaus
mi scocca un'occhiata velenosa, infila le mani in tasca e mi da le
spalle. “Ti aspetto fuori, dobbiamo parlare.”
Perché
è di nuovo qui?! Il cuore è arrivato a mille pulsazioni
e mi gira la testa. Il corridoio si muove, anche l'analista si muove.
Mi sento sostenere saldamente, mi aggrappo alle braccia del dottore e
trattengo il respiro.
“Venga.”
Piego
le gambe quando mi sollecita verso il basso e qualcosa di freddo mi
bagna le labbra. Riapro gli occhi su un bicchiere d'acqua fresco. Una
fazzoletto umido viene tamponato sulle guance e la fronte.
“E'
lui?”
Annuisco,
piano. Mi appoggio al fazzoletto ormai tiepido, premendo la mano
contro quella dell'analista. E' fresca e asciutta. Dita leggere
tamponano la gola e scendono lateralmente sul collo. Sta contando le
pulsazioni.
“Soffre
di pressione bassa?”
“No...”
“E'
incinta?”
“No...”
bisbiglio aprendo gli occhi. L'uomo, Will, è alle spalle del
dottore. Chiede se deve chiamare la guardia medica.
Non
ce n'è bisogno.
Se
voglio un passaggio a casa.
Un
passaggio, penso. Casa. Ho lasciato entrare Klaus in casa mia!
Trattengo il respiro e le lacrime salgono tutte insieme. Passo le
dita sotto gli occhi, premendo la mano contro la bocca per bloccare i
singhiozzi. “Non posso vincere contro di lui...”
“Quale
dei due?”
Nella
tempesta della mia disperazione, sento un cambiamento. Una legame che
si allenta e si sfilaccia. Sollevo le spalle come a dire che è
uguale.
“Martedì
alle diciannove?”
Annuisco
e mi sento più leggera. Con qualche speranza. Mi sa che è
quello che in psicologia chiamano catarsi.
***
“Accadono
spesso di queste cose?”
Hannibal
Lecter raccoglie il cellulare fracassato da terra, ne ricompone i
pezzi e lo accede. “Necessito di un favore, Will.”
Will
Graham non è un medico, non è un paziente, non fa parte
del FBI. Will Graham vede i crimini. Penetra la mente
dell'assassino e fornisce una spiegazione dinamica dell'omicidio. Il
suo emisfero destro è infiammato. Sindrome autoimmune. Will
Graham sta impazzendo lentamente. Si sveglia in posti strani. 'Si
sveglia', quando crede di essere sveglio.
“Vorrei
tu rintracciassi l'ultima telefonata fatta a questo cellulare”
mormora scoprendo il nome nascosto. Lo appunta nella sua agenda
insieme al numero. Lo racchiude in un parallelepipedo d'inchiostro
nero. “E' molto importante.”
“E
quell'uomo, nell'anticamera?”
Una
traccia delicata ha macchiato il polsino destro immacolato. Hannibal
Lecter lo nota appena. “Lui” dichiara con voce ferma “è
la soluzione e la causa.”
***
“Da
quando vai da uno strizzacervelli?”
Vorrei
non rispondere. Vorrei non averlo mai fatto entrare. Non mi ha ancora
riferito il motivo della visita. “Da quando te ne frega
qualcosa di me?”
Klaus
finisce di condire il piatto e fa a cambio col mio, vuoto. Osservo
l'insalata con aceto balsamico che ha accompagnato la bistecca ai
ferri e la stuzzico con la forchetta, svogliata. Non è male
avere un cuoco personale. “Non dovresti essere a New Orleans ad
esercitarti a fare il padre?”
“Mi
sto esercitando. Elijah ti ha chiamato?”
Lo
sa, penso. Si parlano ancora. “Ho tirato il cellulare contro il
muro.”
“E
l'analista cosa ha detto?”
“Credo
abbia liberato l'agendina per i prossimi tre anni” sospiro
bevendo un enorme bicchiere d'acqua fresca. “Maschio o
femmina?”
“Maschio.”
Un
altro bastardo come lui. “Grande festa in casa Mikealson. La
madre?”
“Non
mi interesso della sua salute.”
“Cioè
voi non...” muovo una forchetta nel vuoto e Klaus mi guarda
appena, distratto da un quadro comprato da un'artista di strada non
ricordo dove. “Non ti sembra di esagerare con il distacco?”
“Dovrei
accompagnarla nel suo shopping premaman?”
“Come
ti sei ridotto...” borbotto finendo l'insalata e attaccando il
dolce. “Il topper al cioccolato?”
“Toh”
borbotta lanciandomi la confezione. Spremo un rivoletto abbondante di
cioccolato sul gelato e mi lecco un dito. “Se ci sei andato a
letto, in minima parte ti piaceva. Hai paura di innamorarti della
madre di tuo figlio?”
“E'
stata una scopata alcolica.”
Secco
e diretto nelle risposte. L'argomento lo annoia e vuole tagliare
corto. “Mi ricordi che devo cominciare a prendere precauzioni
in quel senso” mugugno e una goccia di gelato alla crema
finisce sul mento. La pulisco col tovagliolo e Klaus torna a sedersi
di fronte a me. Ha una brutta cera. “Hai messo qualcuno
sotto i denti?”
Scuote
la testa e gratta la cute fra i capelli. “Non negli ultimi
tempi.”
“La
stai affrontando proprio male, questa paternità”
borbotto con il cucchiaino in bocca. Non ha neppure capito la battuta
ed io non riesco a smettere di parlare. Se stiamo in silenzio,
l'imbarazzo aumenta.
“Il
tuo analista puzzava di sangue.”
“E'
un gourmet chef. Prepara da se la propria scorta alimentare.
Ho fatto le mie ricerche.”
“Si
dice così, ora? Gourmet? Non più assassino a
sangue freddo?”
Batto
il retro del cucchiaino sulla sua nocca a mo di rimprovero e Klaus
bisbiglia 'ahio' a mezza bocca.
“Dovevi
ascoltare quello che aveva da dire, invece di fare la pazza e
lanciare il telefono.”
Lo
stomaco si chiude a tempo zero. Abbandono la ciotola. La
consapevolezza toglie l'appetito. “Si sta occupando di
Hayley... per questo sei qui. Per evitare che la piccola Katherine
faccia la pazza.”
Klaus
sbircia la mia reazione. “E per nascondermi.”
Mi
lascio andare contro la sedia, annichilita. Ci metto un po' ad
accettare l'idea che si stia prendendo cura di un'altra donna quando
IO... cioè, quando Katerina... “Beh, se tu non lo vuoi,
lascia che sia lui a crescerlo...”
Mi
guarda di nuovo, ma con uno bagliore diverso negli occhi. L'idea non
gli dispiace. “Ora sei di buon umore?”
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Capitolo 4 *** Incondizionato ***
Taisha:
la visione della serie di Hannibal poteva aiutarti a capire dei
riferimenti, ma non è indispensabile. Annnaterra: non posso
risponderti come vorrei =) In arrivo anche Elijah ed Hayley, tanto
per rimpolpare il parco personaggi e dare pepe
alle vicende. Buona lettura.
“Il
criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria
persona i feroci istinti dell'umanità primitiva e degli
animali inferiori” C.Lombroso
“Come,
prego?”
Will
Graham aveva sempre visto un sacco di film. Poteva citare a braccio
La Storia Infinita, conosceva a menadito i riferimenti
nascosti di Star Wars e nell'adolescenza, si era interessato
agli esseri sovrannaturali come lupi mannari, streghe e vampiri,
prima di scoprire che i veri mostri erano peggiori delle
creature di fantasia.
Will
Graham supportava la teoria fisiognomica di Cesare Lombroso, secondo
la quale 'l'origine del comportamento criminale è insita
nelle caratteristiche anatomiche del criminale' ed ora era certo,
che quello di fronte a lui, fosse un vampiro. Chissà perché,
gli ricordava il malinconico Louis di Intervista col vampiro,
più del terrificante Nosferatu
di Bela Lugosi.
Will Graham si chiese
se stesse dormendo e sognando, ma quando batté le palpebre,
l'uomo rimase fermo al suo posto e ripeté la domanda.
“Sono un...
cosa?”
“Vampiro”
finì di balbettare, distratto dall'orribile pensiero di essere
giunto al capolinea della propria salute mentale. L'aveva udito
nell'anticamera di Lecter. Quell'uomo che si era presentato come un
'vampiro' e che la donna impaurita aveva sgridato platealmente.
L'aveva udito e aveva finito per ripeterlo.
Mi
scusi, lei è un vampiro?
La donna che lo
accompagnava si teneva in disparte. Gli occhi grandi e il viso a
cuore studiavano la triste apparizione malata con sospettosa
ritrosia. Will pensò che fosse incinta, quando si accorse di
come teneva la mano posata sul ventre un poco sporgente. Un pensiero
ridicolo lo fece sogghignare. L'uomo non poteva essere un vampiro
perché i vampiri non potevano procreare.
“Forse è
più complicato di così” sussurrò
continuando a fissare la ragazza.
Era incinta e quello
era il suo primo figlio.
Era spaventata.
Si fidava ciecamente
dell'uomo che l'accompagnava.
“Hayley,
aspettami in macchina.”
La ragazza si defilò
silenziosamente mentre Will la guardava. Il movimento ascendente
della mano sulla pancia, l'assenso spaurito.
Aveva paura di
perderlo.
Aveva paura che lui
glielo portasse via.
“Non sei un
ibrido di Klaus. Che cosa vuoi da me?”
Will staccò la
sguardo dalla portiera che si era appena chiusa e lo riportò
sull'uomo bruno. “Un malinteso” mormorò rovistando
nelle tasche.
Elijah lesse
l'intestazione sul biglietto da visita.
Hannibal
Lecter Psichiatra *** Road, Baltimora
A seguire, due numeri
di telefono. Elijah lo fece roteare fra le dita. Will leccò le
labbra riarse e spostò un passo laterale, indicando il
biglietto col mento e coprendo la strada di ritorno con passi rigidi
e duri. Non era certo di quel che aveva detto e non sapeva dire se
fosse sveglio o meno. Il suo emisfero destro bruciava.
Baltimora
Mi
sveglio alle tre di notte per la quinta notte di fila. Mi sveglio
sempre dopo un sogno che mi lascia languida, bramosa e depressa. Il
ricordo di una notte di passione con Elijah, nulla più. E'
assurdo come certi particolari ti aggrediscano quando meno te
l'aspetti. Un bacio, una carezza... non le noti e poi...
Giro
sulla pancia, scivolo la mano fra il cotone delle mutandine e la
pelle calda del ventre ma abbandono subito l'impresa. Troppo triste
per sollazzare me stessa e ottenere un significativo orgasmo. Non ho
bisogno di sesso ma di tenerezza. Kat si era abituata alle 'coccole'.
La sciocchina... Mi
trascino in bagno per fare pipì e trovo la vasca occupata. Le
bollicine schiumose sono sparite quasi del tutto e Klaus si è
addormentato. Inclino il collo e lo studio ben bene. Mh. Deve essere
gustoso, al palato. Stringo le gambe per trattenerla, in quel momento
lui rabbrividisce e si sveglia di colpo, guardandomi come se fossi
io, l'intrusa.
“Mi
hai svegliato” farfuglia stropicciando gli occhi pesti di
sonno.
Gli
passo il telo voltando la testa. “Non ho fatto alcun rumore.”
“Il
battito del cuore...” rantola nascondendo la faccia contro
l'asciugamano. “Non riesco a liberarmene...”
Ma
certo... la lupacchiotta ha giocato sporco. Mi siedo sul bordo della
vasca, lasciando piovere i capelli da una parte. Accavallo le gambe.
“E' stata furba.”
“Hayley
è scontenta quanto me.”
“Ponete
rimedio.”
Klaus
abbassa l'asciugamano e mi guarda dritto negli occhi. “Credi
non ci abbia pensato? Ho incaricato Elijah di farlo ma ha rifiutato.”
“E
perché non l'hai fatto tu stesso? Hai perso il manico?”
Klaus
mi afferra e mi trascina nella vasca. L'acqua tracima dal bordo e do
una ginocchiata non indifferente al bordo. Posso sentirlo respirare
contro la mia guancia. Sono troppo debole per combatterlo. Perdonami
Kat, non sono capace di proteggerti. Respiro a tratti, il cervello
infiammato dai ricordi. Dal suo odore. Inspiro troppo profondamente.
Mi sfugge un gemito. “Lasciami...”
Klaus
mi prende per il mento e mi volta, costringendomi a guardarlo. “La
uccideresti tu stessa se sapessi dove si nasconde...”
“Lo
farei eccome” sussurro cattiva, infilandogli le unghie nei
pettorali. “Proveresti quel che ho provato io quando hai
sterminato la mia famiglia!”
“Era
diverso, allora combattevo per la mia vita. Ora ho creato la
vita!”
E
ha paura di fare schifo come Micheal. Mi lascia andare, furibondo.
“Demonio!”
“Solo
il mostro che hai creato.”
“Saresti
capace di affogare anche tuo figlio nell'acqua del bagnetto,
perfida come sei!”
Un
ricordo che ho abbandonato trecento anni prima, mi frusta improvviso
il cervelletto. Ho smesso di pensare a lei quando salvarmi la
vita è diventato così pressante da cancellare tutto il
resto. Se questo è il secondo fottuto momento epifanico della
giornata, non ho più bisogno di andare dall'analista. Pago
mille dollari a seduta per rispondere a domande stupide e ho le
rivelazioni alle tre di notte nella vasca da bagno. “Non ho
fatto in tempo. Me l'hanno portata via prima che potessi vedere il
suo volto” mormoro e mi puntello per rialzarmi, scivolo sul
bordo e gli finisco addosso un'altra volta. Ahioahioahio il gomito
porcamiseria!!
“Di
chi stai parlando?”
“Ho
avuto una figlia. Per cinque minuti. Mio padre l'ha portata via
appena nata. Mi hanno impedito di cercarla. Poi ho dimenticato di
averla avuta” concludo, massaggiando la rotula dolorante. “E'
stato meglio così.”
“Che
massa di bugie ci raccontiamo per sopravvivere...” sussurra
stringendomi contro di se ed uscendo in un baleno dalla vasca.
La
velocità mi fa girare la testa e perdere i punti di
riferimento, mi aggrappo a lui e lo sento trattenere il respiro. C'è
sempre quell'attimo che...
Klaus
prende l'accappatoio appeso dietro la porta e lo appoggia sulle mie
spalle, strofinandomi con le mani. “Come si chiamava?”
Non
ho alcuna voglia di rispondere alla domanda, ne di essere 'coccolata'
da lui. “Quando nascerà, le streghe te lo porteranno
via. Ignorerai la cosa, al principio, ma non potrai fare a meno di
chiederti dov'è e se sta bene.”
Klaus
mi allontana, infastidito. Non ne vuole parlare, non vuole neppure
pensarci.
“Credi
non te ne importi niente ora, ma quando...”
“Taci,
per l'amore di dio!” soffia afferrando un asciugamano e
tamponando le spalle e il torace. “Non fate che ripeterlo!
Siete fatti della stessa pasta, tu ed Elijah!”
Mi
umetto le labbra, distogliendo lo sguardo dal suo. “Noi
siamo fatti della stessa pasta... è per questo...” che
mi sono innamorata di te mille anni fa. Sul serio, Kat? Vuoi
dirlo davvero? “Non vuoi responsabilità perché
sei uno stronzo egoista, Niklaus.”
“La
ritrovata umanità ti ha addolcito il carattere, Katerina?!”
Spezzi
una lancia a favore della logica e questo è il bel risultato.
“Quell'esserino ti amerà di amore incondizionato.
Dipenderà da te in tutto e per tutto, si affiderà a te
senza riserve...”
“Balle!
Mio padre non mi amava!” urla all'improvviso, facendomi
trasalire. Mi insacco nelle spalle, spaventata.
“Nessuno
dei due è stato amato o benvoluto! Ti hanno strappato una
figlia dal ventre mentre eri svenuta, e hai ancora il coraggio
di desiderare l'amore nella tua vita?!”
“Non
ero svenuta. L'ho implorato fino all'ultimo di non portarmela via.”
Klaus
si guarda intorno e la mascella ha quel guizzo che testimonia un
serrare di denti. “Bei genitori del cazzo” conclude con
voce roca. “Vieni qui.”
Prima
ancora che abbia modo di interpretare il suo 'vieni qui', mi sento
abbracciare. La maglietta è fradicia e lui non emana alcun
calore. Rabbrividisco tanto è freddo e spigoloso. Il cuore
batte in fretta e non ragiono lucidamente. Marianne, l'avrei
chiamata... la mia piccolina... scanso Klaus con una spinta e
l'asciugamano che ha attorno ai fianchi scivola via, lui lo ferma con
un gesto repentino ed io guardo giù. La linea degradante del
ventre è la cosa più sexy...
Il
telo cade in terra ed io alzo di scatto la testa, trattenendo il
respiro. E' stato come un ceffone in pieno viso. Klaus si china a
raccoglierlo, mi lancia un'occhiata e lo riaccomoda per bene, uscendo
dal bagno in silenzio.
Poi,
starnutisco.
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Capitolo 5 *** Non ti amo più ***
Annaterra:
Credo che Hayley sia stata fatta apparire volutamente come un
personaggio negativo per bilanciare il buonismo di tutte le ragazze
di Mystic Falls che mordono mordono, ma alla fine sono delle gattone
piene di sentimenti. Ne la versione del tlf ne quella della mia
storia cercano un legame con Klaus... te lo posso assicurare ^^
New
Orleans
Elijah
POV
“Trovato.”
Hayley
muove la rotella del mouse e la pagina si abbassa, mostrando la foto
di un uomo dal volto spigoloso. Lo studio che ne consegue è
breve e soddisfacente: dall'espressione di compiacimento, immagino
sia il suo tipo.
“E'
davvero uno psicanalista di Baltimora. E' iscritto all'albo ed
esercita privatamente nel suo studio. Il biglietto non è un
falso.”
“Questo
non spiega perché quell'uomo lo abbia dato a me”
Hayley
fa spallucce e i suoi grandi occhi scuri riflettono la luce del
monitor. “Forse Nik è andato in terapia.”
Ci
guardiamo con poca convinzione e nessuna speranza. Lei mi sorride e
riprende a leggere l'articolo. “Questo è interessante”
sussurra, posando la mano contro la bocca. “E' coinvolto in una
serie di omicidi... oh. Lo riconosci?”
L'uomo
che mi ha avvicinato ha un nome. “Will Graham.”
“E'
un criminologo e un insegnante.”
Stavolta
ci guardiamo con sospetto. Quale relazione intercorre fra i due?
Hayley appoggia la schiena alla sedia e stira le braccia verso
l'alto, prima di posare i gomiti sulla scrivania.
“Andiamo
a Baltimora?”
Guardo
il pancino che sta gonfiandosi. Hayley alza gli occhi al cielo e uno
sbuffo per niente celato mi accarezza la guancia. “Sono stufa
di starmene rinchiusa tutto il giorno, sorvegliata dalle streghe e da
te. Sono incinta, non malata” mugugna. “E dai, non sei un
po' curioso?”
“Molto
curioso.”
Hayley
risucchia il labbro inferiore e spalanca gli occhioni. Non ho ancora
capito cosa ha attratto mio fratello. Hayley non è il suo
tipo.
“Non
ti manca?”
Non
avrei mai dovuto dirglielo. Katerina mi manca moltissimo, come mi è
mancata in tutti questi anni e lasciarla è stata una violenza
a me stesso. Annuisco e strofino il collo con la mano. “Andiamo
a Baltimora.”
Lei
sussulta di contentezza e mi sorride per la prima volta. Ha
una vera avversione per i vampiri da quando ha conosciuto meglio
Klaus.
“Vado
a preparare la borsa... uh.”
Mi
volto. L'ho sentito anche io. “Si muove?”
“Ma
è troppo presto” sussurra, un po' spaventata. “Il
medico ha detto... oh!” Hayley impallidisce e si siede sul
letto, tenendo la pancia con entrambe le mani “... non dovrebbe
farlo prima della sedicesima settimana...”
“E'
indisciplinato come il padre” borbotto avvicinandomi alla
ragazza. Ha gli occhi lucidi.
“Questo
non è un bambino normale...”
“L'unica
deficiente sulla faccia del pianeta che si lascia mettere incinta da
un vampiro... non faccio neppure sesso occasionale!”
“Eri
ubriaca.”
“Di
presunzione” singhiozza passando le mani sotto gli occhi. “Ho
tirato troppo la corda, lo faccio con tutti. Dovevi sentirmi mentre
analizzavo i suoi quadri... le stronzate che ho detto...”
Ha
criticato i quadri di Klaus? Ha fegato.
“Mi
è sfuggito di mano... pensavo di averlo sotto controllo ma ad
un certo punto...”
“Ti
ha sopraffatto.”
Hayley
alza le mani e le lascia ricadere sulle cosce. Annuisce, sconsolata e
guarda un punto invisibile nella stanza. “Ho fatto tre test di
gravidanza, prima di andare dal medico... non ci volevo credere.
Tuttora non ci voglio credere!”
“Non
ti agitare. E' passato?”
Hayley
annuisce e riprende a fare la borsa. Per allontanarsi da me, non
perché stia davvero bene. Una cosa che ho capito di lei, è
che non vuole dipendere da nessuno.
“Dovevi
restare con Katherine. Me la sarei cavata anche da sola...”
“Non
lascio mio nipote in balia delle streghe” mormoro e Hayley si
ferma fra un cassetto e l'altro e mi guarda, triste. “Saresti
un bravo padre.”
Non
esageriamo.
“Hai
tutto quello che manca a Klaus. Interesse e pazienza” sentenzia
posando due magliette e una manciata di biancheria intima nella borsa
da viaggio. “Eli, senti...”
Eli.
In quale lingua significa Dio?
“Quando
nascerà sarai tu ad occupartene?” Hayley mi guarda
dritto negli occhi, terribilmente seria. “Per favore.”
“Hai
già scelto il nome?”
“Lascio
a Klaus l'incombenza” borbotta tirando la zip e infilando le
scarpe. “Kyle.”
No,
non gli piacerà.
Baltimora
Katherine POV
“Cosa
racconti allo strizza?”
“Non
sono affari tuoi” soffio aggiornando la lista della spesa su
cui ho annotato voci nuove. Analgesici. Assorbenti. Dio, è
così deprimente!
Klaus
allunga il braccio per raggiungere una confezione di biscotti. La
lascia cadere nel carrello della spesa e tira avanti. “La
camicia di forza di che colore?”
“Con
quali accessori piuttosto” farfuglio con la penna in bocca. "Il
caffè?"
"Preso"
mormora indicando la busta sigillata in un angolo. “Kat...”
“Mh?”
Un
altro guizzo della mascella. Apre bocca per parlare, ma non riesce a
unire due sillabe che il telefono gli ronza in tasca. Risponde alla
chiamata in arrivo e volta le spalle. “E mandala, se non puoi
farne a meno!”
Ho
capito con chi sta parlando, non sono stupida.
Klaus
sbuffa, girando il cellulare su se stesso quando il MMS arriva. “Da
che parte si guarda, secondo te?”
Cristo,
Nik! Neppure un'ecografia!
“Cosa
sarebbe questa macchia confusa?”
“Tuo
figlio. Occhio, braccio, pisello” borbotto indicando una
minuscola appendice.
“No,
non è figlio mio.”
Ah
ah. Spiritoso.
“Tu
saresti brava come madre.”
“Non
dire stronzate.” Non so bene quando il mio corpo ricomincerà
a funzionare, ma le piccole fitte che sento al ventre, le ricordo
bene. Questo reparto non mi piace per niente: Assorbenti. Test di
gravidanza. Test di ovulazione? Sempre più deprimente!
“Sono egoista, perfida e impaziente.” Preservativi. Lo
sbircio con la coda dell'occhio. Conosco uno che ha un gran bisogno
di preservativi.
“Organizzata,
dal polso fermo. Dolce” conclude facendomi alzare gli occhi di
scatto dalle confezioni. “Mi stai ascoltando?”
“Ti
sto ignorando. Tu che sei un uomo...” mi interrompo, dandogli
le spalle. Scommetto che non sa neppure come si usano.
“Devi
spiegare la contraccezione ad una scolaresca? Posa quella schifezza,
nessun uomo sano di mente indosserebbe mai un preservativo colorato e
conoscendoti, lo cacceresti a calci dal letto!”
“Prendi
i migliori e andiamo.”
“Migliori
per chi? Guarda che è soggettivo.”
“Come
tutto nella vita. Prendi una
confezione a caso e andiamo!” esclamo spingendo via il
carrello. “E' solo una precauzione.”
Klaus
si ferma di fronte a me. Ondeggio sui tacchi e lo guardo, roteando
gli occhi.
“Elijah
ti ha cercato, dice che il telefono squilla sempre a vuoto. E'
preoccupato, richiamalo.”
“Non
ho idea di dove sia finito il mio cellulare” rispondo cercando
di capire in che punto della cucina piazzare lo stupendo ceppo di
coltelli di ceramica che si è appena rivelato ai miei occhi.
“E'
nello studio del tuo analista.”
“Nella
spazzatura, probabilmente.”
“Non
mi ascolti quando parlo.”
“Ho
un coltello di ceramica in mano e sono pronta ad usarlo.”
Klaus
mi disarma e posa l'attrezzo su uno scaffale alle mie spalle. “No,
non ce l'hai.”
La
sensazione che provo nello stargli così vicino, è la
stessa di allora: perdizione. Non sopportavo di incontrarlo dopo una
battuta di caccia, perché il suo odore maschile, accentuato
dal sudore, mi stordiva.
“Elijah
sa che vai da uno strizzacervelli?”
Giro
il carrello verso un'altra corsia. “Perché non torni a
casa a prenderti cura di tuo figlio?”
“Non
ricordarmelo ogni due secondi!”
“Ascolta
le mie parole: una donna diventa madre subito. Un uomo, quando prende
in braccio suo figlio.”
“Se
ti trasformo, mi fai la cortesia di tornare ad essere la solita
stronza insensibile e smetti di indossare questi straccetti?”
“Lo
facciamo subito o immediatamente?”
“Ci
sono le telecamere.”
Alzo
gli occhi verso il soffitto e ne vedo una puntata nella mia
direzione. “Non ti piacciono i miei vestiti?”
“Sono
dozzinali. Tu non sei mai stata dozzinale.”
Che
figlio di... afferro il coltello di ceramica e lo infilo nel
ceppo, spingendo avanti il carrello. “Non posso indossare
sempre calze di seta e tacchi a spillo”
“Perché
no?”
“Perché
li indossavo per farti piacere, per cancellarti dalla mente
l'immagine della povera contadina cacciata dalla famiglia!”
esclamo e qualche testa si gira
verso di noi. Li minaccio con la coda dell'occhio e proseguo verso la
cassa. Non sono neppure certa di aver preso tutto. Klaus mi viene
dietro, intenzionato ad andare fino in fondo. Sono troppo confusa,
arrabbiata e dispiaciuta per fare attenzione a quel che dico. Devio
nel reparto cereali.
“I regali che ti
facevo...”
“Io
avrei fatto qualsiasi cosa per te, avrei indossato qualsiasi cosa,
per te! Ti amavo e tu
mi hai calpestato come
l'ultimo degli esseri umani! Non puoi tornare nella mia vita
nel momento peggiore e
pretendere che non sia cambiata! E chi ti ha dato il permesso di
prepararmi la colazione e decidere la marca dei biscotti?! Non hai la
più pallida idea di cosa mi piaccia, perché non ti sei
mai preso la briga di conoscere i miei gusti! Sei egoista,
egocentrico e mentalmente sottosviluppato!”
Klaus mi guarda,
afferra il pacco di biscotti e lo rimette a posto. Ne solleva un
altro. “Meglio?”
Inspiro di rabbia,
controllo che non ci siano le telecamere, afferro il coltello e
glielo pianto nello stomaco con tutta la mia forza. Klaus geme e la
sua schiena si curva di qualche centimetro. Mi afferra il polso e lo
stringe, guardandomi negli occhi. “Ahio!”
“Lo senti, il
dolore? Non ci va neanche vicino.” Osservo le sue narici
allargarsi e il labbro arricciarsi in una smorfia, quando estrae il
coltello e mi stritola il polso.
“Cinquecento anni
fa non era contemplato che restassi viva per rinfacciarmelo...”
“Perché
sei venuto a Baltimora?”
“Ero preoccupato
per te.”
Se la poteva
risparmiare. “A nessuno frega niente di me. Se fosse così,
Elijah sarebbe qui, non a New Orleans a scegliere completini per il
figlio di un altro. Non sa neppure che sono tornata umana.”
“A me importa.”
La stronzata del
giorno. “Stai solo fuggendo dalle responsabilità!”
Klaus alza gli occhi al
cielo. Solleva lo zip sulla ferita sanguinante e infila i pugni in
tasca. “Sei sporca di sangue.”
Il suo sangue.
Lecco il dorso e succhio le dita, ingoiando in fretta. “Ora
dovrò stare attenta agli incidenti casalinghi.”
Klaus abbassa le spalle
con sguardo di riprovazione. “Elena Gilbert ti ha dato una
seconda possibilità ed io non voglio ucciderti di nuovo.”
“Lo farai, prima
o poi. E' nella tua natura distruggere gli altri” mormoro
aggrappandomi a quella verità. “Ma c'è un'altra
cosa che ho appena capito... una novità eclatante...”
Ingoio e lo guardo dritto negli occhi, anche se mi è difficile
reggere il suo sguardo millenario. “Io non ti amo più.”
“Se fosse vero,
non te la prenderesti così tanto.”
Se ci fosse uno
specchio, sbircerei la mia espressione. Non sento niente. Non vedo
niente. E' come se avessero spento il mondo con quella semplice
frase. “Già...” bisbiglio e le labbra inerti si
aprono improvvise contro le sue. Perdo l'equilibrio e muovo un passo
indietro ma Klaus mi riporta contro di se e mi stringe, dimenticando
che non sono più invulnerabile e che potrebbe spezzarmi le
ossa con una pressione accentuata.
E' accaduto di nuovo.
Dopo
quattrocentonovantanove anni.
Nel reparto casalinghi
di un supermercato di Baltimora.
Merda.
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Capitolo 6 *** Hayley ***
Hayley POV
“Devo usare la
toilette... scusami.”
“Non c'è
problema.”
Mi dispiace ingannarlo
ma io devo pensare a me stessa. Ho studiato la pianta della città
di Baltimora e uno del branco mi deve un favore. Sono riuscita
a mandargli un sms mentre Elijah era fermo dal benzinaio. Lui mi ha
indicato il supermercato e il punto dove incontrarci. L'area dove si
affaccia la toilette del personale, possiede un piccolo
parcheggio riservato. Gli ho detto di aspettarmi lì con il
motore acceso e una gran quantità di verbena nel portabagagli.
Cammino normalmente, sorpasso gli inutili tornelli all'entrata e mi
guardo intorno. Ho fame e devo fare pipì, ma devo togliermi il
vampiro dalle costole. Il mio apparente girovagare si conclude appena
individuo la porta aperta dell'uscita laterale dei dipendenti.
Sorpasso una coppietta che sta baciandosi – strano luogo per
manifestare affetto - e mi blocco quasi subito. L'ho visto davvero o
sono solo paranoica? Mi nascondo dietro un separatore e le labbra si
incollano fra loro. La verbena non basterà, penso trattenendo
i capelli contro il collo. Il suono di un cellulare disturba l'udito
fine di Klaus che si distacca dalla donna con un sospiro colpevole. E
la donna è... Katherine?! Da quando... ma Elijah lo sa?
Klaus sospira di nuovo
e batte il pugno sullo scaffale dietro Katherine che è rimasta
inerme a fissarlo. Dice qualcosa a voce troppo bassa per essere
udibile. Non credo sia stato un bacio passionale, lei aveva le
braccia lungo i fianchi e non sembrava... Katherine scatta avanti, lo
afferra per le guance e appiccica le labbra alle sue. Devo andarmene
prima che si accorgano che li sto fissando. Però sono
inchiodata al pavimento e una domanda che non mi sono mai posta
prima, ronza nella testa. Sta dimostrando di avere qualche
sentimento. Potrebbe interessarsi al bambino? Io non intendo farlo,
perciò...
Klaus si volta verso di
me, si irrigidisce, e solo allora Katherine smette di aggredirgli il
collo. Fissa prima lui e poi me. Impallidisce e resta a bocca aperta.
Poi, la rabbia le esplode dentro. Klaus la trattiene prima che possa
saltarmi addosso, corro verso l'uscita laterale dei dipendenti, corro
fino al parcheggio e trovo Mike appoggiato al cofano dell'auto
spenta, a fumare e a pensare alla vita. “Via via via!”
urlo aggirando una macchina e saltando fra due musi troppo accostati.
Lui schizza dentro e appena mette in moto, sento uno schianto sul
cofano. Merda! “Parti!” gli urlo, incurante di
Elijah che si accuccia sulle ginocchia con uno sguardo di
riprovazione sul volto. Non ci va leggero. Prima sfonda il parabrezza
afferrando la maglietta di Mike, poi lo scaraventa fuori dall'auto
che ha ancora il freno a mano inserito. Non ho via di fuga. Non posso
guidare con la vettura ridotta in questo modo. La polizia mi
fermerebbe dopo due metri. Slaccio la cintura e scendo dalla
macchina. Il povero Mike sta bene ma è un po' ammaccato. Tutto
questo trambusto mi ha fatto passare di mente... “Katherine!”
esclamo. La mia bocca si muove da sola e il cervello non riesce a
capire dove voglia arrivare l'istinto di sopravvivenza. Elijah mi
fissa con un certo grado di diffidenza. “Katherine è nel
supermercato!” ripeto camminando all'indietro. “Klaus è
con lei e loro stavano...”
“... facendo la
spesa. Che ci fate a Baltimora?”
Sposto lo sguardo da
Elijah a Klaus, alla donna che cammina poco distante. Non credo di
aver mai ricevuto così tanto odio da una persona. Si sta
consolando col fratello, che ha da lamentarsi? Sbircio Elijah
per capire le sue intenzioni verso di me e verso Katherine. Sono
passata in secondo piano ora che lei è qui. Istintivamente, le
mie gambe si muovono verso una direzione ben precisa ma stavolta è
Klaus a fermare la mia fuga. Gli rimbalzo addosso – è
come urtare un muro – lui mi afferra e mi gira un braccio
attorno alla vita.
“Zitta e cammina
se vuoi vivere” sussurra a bassa voce nel mio orecchio. Sto
zitta e cammino. Klaus ha un motivo per uccidermi, a differenza di
Elijah.
Klaus
POV
“Dove siete
alloggiati?”
“Da nessuna
parte.”
“Perché
siete qui?”
“Dobbiamo
incontrare una persona”.
“Chi?”
“Un dottore.”
Mi fermo al semaforo
rosso. La frenata è un po' brusca ed Hayley si aggrappa al
sedile. “Scusa.”
Lei non risponde e
guarda fuori del finestrino.
“Che tipo di
dottore?”
“Un
psicoanalista.”
Gli strizza vanno un
casino, quest'anno. “Per te o per Elijah?”
Hayley mi guarda di
traverso. Mi odia, è palese. “Non ponderi una terza
possibilità?”
“Rispondimi.”
Vorrebbe mandarmi al
diavolo, lo vedo da come stringe i denti. “Un uomo ha
rintracciato il telefono di Elijah... non sappiamo niente. Lo
scopriremo quando lo incontreremo.”
Annuisco e anche se il
suo cuore batte forte – e doppio – so che non sta
mentendo. Riparto e getto un'occhiata alla sporgenza celata sotto la
maglia. Hayley lo nota e accosta le falde della giacca. “Sta
bene. Si muove, addirittura.”
“Non dovrebbe
farlo?”
“No. Non così
presto. Vivi qui, ora?”
“Sono in visita
da un'amica.”
“Katherine?”
“Quante domande!”
sospiro rallentando in prossimità dell'incrocio con
l'abitazione. “Sì, Katherine.”
“Ma non ti
odiava?”
“Mi odia ancora.”
“Strano modo di
dimostrarlo.”
Non dovevo baciarla, è
stato avventato e senza senso. Immagino che dovrò parecchie
spiegazioni a Elijah domani.
“Dove stiamo
andando?”
“C'è un
albergo poco lontano da qui.” La sento ingoiare e lo sguardo
che mi lancia, è fra il disgustato e l'incredulo. “Non
metterti strane cose in testa, mi è bastato una volta.”
“Una volta di
troppo che avrei potuto evitare” sottolinea con voce tagliente.
“Non sei quel che si dice un amante premuroso e
attento.”
“Me l'hai
sbattuta in faccia, tesoro.” Non batte ciglio, ma sento il suo
cuore impazzire di rabbia e indignazione. “Te l'ho chiesto:
'vuoi andartene o vuoi restare?' Tu hai scelto di restare...”
Ho caldo, slaccio la giacca e i suoi occhi cadono sulla maglia
insanguinata.
“Di chi è
quel sangue?!”
“Mio.”
“E come...”
“Fai sempre tante
domande?” Ho cercato di usare un tono leggero ma si sente
trapelare il fastidio. “Non hai valige con te?”
“Una borsa. Nella
macchina di Elijah.”
E' insofferente e non
vede l'ora di restare sola. Siamo in due. Le apro la porta
dell'albergo e Hayley mi guarda con lo sguardo che dice 'non
disturbarti'. Mi avvicino all'albergatore che sta leggendo il
giornale. Non saluta, non sorride. Quasi ci ignora. “Una
doppia, grazie.”
“Non divido la
camera con te.”
Alzo due dita in faccia
al receptionist. “Due singole.”
L'uomo ci guarda a
turno, svogliato. “Finite le singole.”
“Allora due
doppie.”
“Abbiamo solo la
doppia super deluxe.”
Mi sta prendendo per il
culo. E' completamente deserto! “Senta, buon uomo...”
“Va bene la
doppia.”
Hayley gira il registro
e firma nella casella indicata, sbattendo la carta d'identità
sul bancone. Afferra la chiave e marcia in direzione dell'ascensore.
“Non bisogna questionare per ogni cosa.”
“Una doppia super
deluxe, tzè!” soffio appoggiando il braccio allo
specchio e spingendo un pulsante a caso. “Minimo ti devono
fornire due schiavi per tutto il soggiorno...”
Hayley si ferma sulla
porta della camera e mi guarda, nervosa. “Non credere che ti
inviterò ad entrare.”
“Non illuderti,
non hai alcun potere su di me. Tanto meno interesse.”
Hayley alza le
sopracciglia e infila la chiave nella porta. “State insieme?”
Rido per la sua battuta
e scuoto la testa, abbassando volutamente la voce. “Niente di
quello che hai visto era reale...”
“... ma scommetto
che Elijah non deve saperlo.”
Piccola putt... mi
viene una voglia di... “No, non deve saperlo. Puoi essere così
gentile da non riferire nulla di ciò che credi di aver
visto?”
“Ti ha infilato
la lingua in gola.”
Eh sì, l'ha
fatto. Scrollo una mano nel vuoto, facendo spallucce. “Un'illusione
ottica.”
“Oh,
un'illusione...”
Intrigante. Questo
giochetto ci ha portato lontano dal punto di partenza, una volta. Non
credo di volerlo ripetere, ma il bacio con Katherine mi ha eccitato e
non riesco a farmela passare.
“Mi cucio la
bocca se mi lasci andare.”
“E dove vorresti
andare, sentiamo.”
“Lontano da voi e
dalle streghe.”
“Le streghe ti
trovano sempre” sussurro lasciando scivolare il dorso
dell'indice sull'arco della mandibola. “Un punto in comune.”
Sta combattendo. Lo vedo da come socchiude le labbra e da come mi
ricaccia indietro con tutte le sue forze. E' lusinghiero, ma non è
lusinghiero ciò che sto pensando di lei, ora.
Hayley impallidisce e
si appoggia a me, inspirando forte. Geme e si contrae tutta. Dolore.
Sento il dolore nella parte più interna del suo corpo. Non
proviene da lei, ma dal feto. “Sta soffrendo” mormoro e
lei mi guarda, pallida e quasi piangente. “Andiamo
all'ospedale.”
“No... capita
spesso... ora mi passa... devo solo... sdraiarmi...”
“Se non mi inviti
ad entrare, a quel letto non ci arriverai mai.”
Hayley esita poi
mormora un 'entra' che non ha il sapore della vittoria. Deve stare
davvero male per cedere così velocemente. La prendo in braccio
e lei si accartoccia contro di me. Quando la poso sul letto, resta
distesa su un fianco, tenendosi il ventre. “Deve aver capito...
di non essere benvoluto...”
La sensazione che mi
assale è orribile. Per un lungo momento non dico niente. Mi
limito a guardarla, seduto sulla sponda laterale del letto. “Potevi
abortire.”
“Sono contraria
all'aborto...”
Hayley ansima, mordendo
forte il labbro inferiore. Sento la pelle lacerarsi. “Perchè...
non mi hai... ucciso...”
Che razza di domanda!
Non l'ho uccisa...
Hayley mi guarda di
sottecchi, massaggiando la pancia.
Non l'ho uccisa
perché...
Poso la mano sulla sua.
Calore. Vita. Bisogno. La ritiro dopo poco e sento i muscoli del viso
contrarsi. Mi allontano dal letto, confuso. Sto sudando. Butto il
giubbotto a terra e a seguire, la maglietta sporca. Devo fare una
doccia per togliermi la sensazione di dosso. Sbatto la porta in
faccia alla disperazione di Hayley, ma in realtà, sto solo
cercando di tenere fuori la mia.
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Capitolo 7 *** Un altro uomo ***
Katherine POV
Interessante. Non mi ha
lasciata sola con Elijah, l'ha volutamente portata via da me.
Questo la dice lunga sull'attaccamento al neonato Mikealson che
afferma di non volere. Quando torno nel supermercato, Katerina mi da
di gomito. Sì, piccola. Klaus ha paura di noi. Ora non
eccitarti troppo però, c'è un altro problema da
risolvere: Elijah che mi segue con una foga insolita. “Se non
sei qui per me, lascia perdere.” Non so neppure io cosa vuol
dire, ma è l'unica frase che mi viene in mente. Dove diavolo è
finito il mio carrello?
“Non sapevo fossi
qui.”
Non mi hai neppure
cercato, penso vagamente irritata. Da quando se n'è andato e
Klaus ha cominciato a gironzolarmi in casa, i dubbi mi stanno
sopraffacendo. Il bacio era l'ultima cosa di cui avevo bisogno.
Katerina lo odia da tempo ma Katherine che è rimasta infatuata
per secoli. Ed ora siamo entrambe disorientate Apro un sacchetto di
patatine e ne afferro una manciata, sgranocchiando rumorosamente.
Elijah mi guarda in modo strano mentre ritrovo il carrello disperso.
Raggiungo la cassa.
“Quanto
sei bella....”
Quel miagolio? Abbasso
lo sguardo su una marmocchia alta come un soldo di cacio. La bimba
corre via e torna poco dopo assieme ad una donna carica di pacchetti.
Ne tiene in braccio un'altra, poco più piccola. Quando mi
vede, sorride, agitando la manina sporca di saliva. Se ci fosse stato
Klaus qui, gli sarebbe venuto un collasso. Sorrido alla piccoletta,
lei grida battendo le manine. Basta poco per farle felici, a
quell'età. Cominciate a crescere e poi mi direte.
Elijah mi getta
un'occhiata perplessa. “Va tutto bene?”
Ma non si è
accorto che sono tornata umana? “Mi hai lasciato per occuparti
di un'altra donna che non ti è neppure simpatica. Non hai
diritto di porre domande ed io non sento la necessità di
risponderti.”
“Non ho mai
espresso giudizi su Hayley e non ti ho abbandonato. Sto cercando di
ritrovare l'umanità di mio fratello sfruttando il suo unico
punto debole.”
“Sì, la
zoccoletta incinta!” lo interrompo, sarcastica, beccandomi
un'occhiata severa dalla madre delle ragazzine. “Klaus se ne
frega di lei, non vuole fare il padre, ha paura di diventare come
Mikeal. Sta fuggendo dalle sue responsabilità e ha smesso
anche di nutrirsi.” Comincio a mettere i pacchetti sul nastro
trasportatore. Mi sta salendo il mal di testa e un magone terribile
mi stringe la gola. La cassiera ha quasi timore nel prendere la carta
di credito che ho sbattuto sul portaspiccioli ed evita di tediarmi
con la tessera fedeltà. “I punti, per favore. Faccio la
raccolta.”
La cassiera obbedisce,
Elijah trasecola e si sposta avanti. “Fammi parlare con
Katerina.”
“Posso insultarti
al posto suo.” Ora che ho finito di riempire i sacchetti,
ricordo che sono appiedata. Fanculo, prendo l'autobus.
“Kath, fermati.”
“Non ho tempo da
dedicare ne a te, ne a tuo fratello. Devo vedere una persona.”
Elijah incassa e mi
guarda in modo strano. “Klaus non è qui per caso?”
“Quando mai Klaus
fa qualcosa 'per caso'? E' piantato a casa mia da una settimana.”
Vedo da come si
scurisce che la cosa non gli fa piacere. Un sottile godimento mi
attraversa tutta. Stringo le palpebre e non posso fare a meno di
sorridere. “Sono così tante le cose che non sai...”
***
Gli abbiamo detto il
fatto suo. Se lo meritava, ora non frignare.
Sei stata troppo
dura.
Dura? Mi ha talmente
irritato che mi sono trattenuta dallo spiattellargli in faccia il
bacio con Klaus. Quello sì che l'avrebbe fatto incazzare. Che
lo scopra da se, penso allargando le braccia sulla panchina in
attesa dell'autobus, e inclinando il collo per godere degli ultimi
raggi di sole. Ah, la vendetta è un piatto così
prelibato...
Quando una macchina si
ferma sul ciglio della strada, alzo gli occhiali da sole sulla testa.
L'algido analista fa la spesa come tutti. Faccio un cenno vago con la
mano. Pensavo fosse uno di quelli che tendono a mantenere le distanze
fuori dallo studio.
“Katherine, mi
sembrava di averla riconosciuta.”
Strano individuo, il
dottor Lecter. Sarebbe un vampiro perfetto. “Se mi da un
passaggio a casa, le racconto un sacco di roba nuova e le stacco un
assegno subito.” Alzo due volte le sopracciglia e il gelido
analista sorride, aprendo lo sportello.
“Rimandiamo
assegni e racconti alla prossima seduta. L'accompagno volentieri.”
Scivolo nella
lussuosissima vettura, capisco dove vanno a finire i miei soldi e mi
sento bene. Quel che ho detto a Klaus è parzialmente una
balla. Indosso roba costosa e firmata perché mi piace.
“Ha
dimenticato questo nel mio studio. Ha squillato molto nei giorni
precedenti, ma non ho ritenuto opportuno rispondere.”
Prendo il cellulare che
mi porge e lo apro. La batteria è al minimo. L'identità
del chiamante è sempre la stessa. La casellina dei messaggi è
intasata. “Non credo di averne più bisogno, ma grazie.”
“Posso...”
Il dottore si ferma ad
un semaforo e mi guarda. E' titubante, ma lo maschera molto bene.
“E' scorretto
invitarla a cena?”
“E'
scorretto chiederle di cucinare?”
Neppure
il guizzo di un muscolo. Eppure, è sorpreso. Arrotolo una
ciocca di capelli attorno al dito. Mi sento bene. Mi sento come
prima.
“Bianco o rosso?”
L'analista annota il
suo indirizzo privato dietro un biglietto da visita e me lo porge.
“Non si preoccupi dei dettagli.”
“I dettagli
salvano la vita” commento, infilando il bigliettino nella tasca
posteriore dei miei jeans dozzinali. Socchiudo le palpebre,
sorniona, e mi guardo nello specchietto laterale. Ho sangue di
vampiro nelle vene.
“Lei è
perfettamente al sicuro, Katherine.”
Lo sono?, mi domando
volgendo lo sguardo sull'uomo. Sorrido e sospiro. “Sì,
lo sono.”
Klaus POV
Non mi nutro da troppo
tempo, i riflessi sono rallentati e come non ricordo di essermi
addormentato, non mi accorgo subito che il letto è vuoto.
Scommetto che i portafogli e le chiavi della macchina sono spariti.
Bisogna ammettere che la ragazza è piena di risorse. Butto giù
le gambe dal letto, tasto con indolenza la maglia che giace umida nel
lavandino del bagno con una macchia opaca sullo stomaco e la infilo,
rabbrividendo. Chissà se Kath ha già spifferato tutto
ad Elijah. Chissà se Hayley ha capito che il SUV ha il cambio
manuale all'europea.
***
Riesco a trovarla al
calar della sera, ferma sul ciglio della strada - poco fuori
Baltimora - e con i fari spenti. Sono abbastanza incazzato e affamato
per domandarmi se ha finito la benzina o se ha le doglie in anticipo.
Spalanco lo sportello e la trovo in un mare di lacrime. Non sembra
sorpresa ma ho percepito un trasalimento in lei. Come Katherine mi ha
fatto mangiare la polvere per secoli (e che ci creda a no, la
rispetto e l'ammiro per questo), anche Hayley è fatta di una
pasta dura e poco malleabile. “Ti sei persa? Il navigatore è
nel cassetto del cruscotto.”
“Non mi sono
persa...” sussurra passando il dorso della mano sulle guance.
Istintivamente abbasso
gli occhi sulla pancia. Non era così grande ieri sera. “Stai
bene?”
“No...”
Allungo le mani per
aiutarla a scendere. Hayley mi guarda, diffidente. Percepisco che
ogni movimento è un'agonia. Quando mette un piede a terra,
sbianca e sono costretto a sostenerla. Il battito del suo cuore è
insopportabile e il cuoricino minuscolo che sta crescendo dentro di
lei, mi rende il compito del barbablù difficile. E'
sufficientemente terrorizzata, non devo neppure applicarmi. “Ti
porto all'ospedale.”
“No...”
“Sì”
ribatto e lei mi guarda in quel modo supplichevole che ho visto tante
volte. “Voi partorire in mezzo alla strada?”
Lei scuote la testa e
si aggrappa a me. Ha paura di morire, ha paura per se stessa. Non
gliene frega niente del bambino. Quando inspiro il suo odore, un
odore diverso dal solito sentore di magnolia della crema di
Katherine, il mio corpo ha una contrazione. Sale nell'inguine, si
diffonde nei lombi e affretta il respiro. Devo nutrirmi. Devo...
Trrrrrrrrrr!
“E' il tuo.”
“E' Sophie...”
“Allora è
mio” decreto frugandole nelle tasche in cerca del telefono.
Alzo un dito per farla tacere, ma si sta già mordendo le
labbra dal dolore e non credo abbia voglia di fare conversazione con
la strega. “Ciao, dolcezza!”
Sophie resta in attesa
un momento, poi mugugna qualcosa che non capisco. “Hayley sta
bene?”
“No, non sta
bene. Non vuole andare in ospedale.”
“Dov'è,
Elijah?”
“Hai problemi a
relazionarti con me, dolcezza?” Incastro il cellulare fra il
mento e la spalla e auto Hayley a sistemarsi sul sedile posteriore.
Continua a proteggere la pancia con le mani ed io continuo a fissarla
senza volerlo. “Perché sta così male?”
“L'hai fatta
agitare?”
“Dille di non
scappare ogni volta che voltiamo le spalle.”
“Forse la
compagnia è sgradevole.”
Touchè,
stronzetta. Sorrido, peccato non possa vedermi. “Allora?”
“Non farle bere
il tuo sangue, potrebbe avvelenare il bambino.”
E chi ci aveva pensato?
“Hayley è
incinta di appena quattro mesi, ma il vostro bambino sta crescendo al
ritmo dei lupi.”
“A quanti mesi
corrispondono?”
Hayley si volta e mi
guarda, smettendo di piangere. E' di nuovo pallida come un cencio.
Credo abbia capito di cosa parliamo, così inserisco il
vivavoce.
“Tre mesi,
circa.”
“Siamo lunghi di
trenta giorni, tesoro.”
“Crediamo che il
nuovo ibrido abbia assorbito le caratteristiche di entrambe le
razze.”
Hayley si guarda la
pancia e poi guarda me, disperata.
“D'accordo. Le
daremo tanto acido folico... che altro?”
“Tu non sei in
grado di prenderti cura di una persona. Fammi parlare con tuo
fratello.”
Guardo il cellulare, la
mando silenziosamente affanculo e attacco, gettando un'occhiata alla
ragazza. Salgo in macchina e la guardo dallo specchietto retrovisore
mentre allaccio la cintura. “Non sarebbe stato meglio...”
“No!”
“... restare a
casa coccolata e sollazzata da mio fratello?” concludo passando
la lingua sulle labbra. Come se potessi fare battute sull'aborto a
una che sta soffrendo come un cane. Neppure per mano mia.
“Come si chiama il tipo che state cercando?”
“Non ricordo...
il biglietto da visita è nella giacca di Elijah... urgh...”
Quel gemito sofferente
mi ha alzare gli occhi al cielo. Eppure non sono mai stato uno che ci
va giù tenero. Ne che ha pietà di chi non riesce a
cavarsela con le proprie forze. Batto una mano sul volante e il suono
secco del clacson lacera l'aria fredda di Baltimora. D'accordo.
Facciamolo! Ma solo perché sono stato sfidato.
***
Elijah non risponde al
cellulare, segno che il piccolo evento del supermercato non è
ancora venuto alla luce. Suono due volte il campanello di Kath dopo
aver allungato le orecchie. Troppo silenzio. Non dovrebbero stare
scopando come ricci? Katherine spalanca la porta, le dita strette
attorno all'orecchino sinistro. Il filo dorato arriva alla spalla e
si confonde fra i capelli lisci e lunghissimi. E' bellissima. Eterea.
Ha un vestito che farebbe resuscitare un morto. Sta funzionando alla
perfezione. “Mio fratello è qui?”
“No.”
Mi affretto ad entrare.
Senza un perché. Come un idiota, tanta è la foga di non
perderla di vista. “Dove vai?”
“Esco.”
“Con chi?”
Katherine mi lancia
un'occhiata di superiorità. Le sue labbra sono così
rosse che non riesco a smettere di fissarla. “L'hai fatto?”
Aggiusta le bretelline
del vestito nero, sorride fra se e poi sorride a me. “Quante
domande...”
Il taxi è
arrivato e la sta aspettando nel vialetto. La prendo per il braccio
quando mi passa davanti. Inspiro l'odore di magnolia della sua crema
per il corpo. “Hayley sta male, il bambino cresce troppo
velocemente.”
Katherine arriccia un
labbro, sarcastica. “Ed è un mio problema?”
E' arrabbiata con me
per il bacio? Sono a corto di empatia, al momento, e non riesco a
penetrare i misteri della psiche femminile. E' seducente, non è
mai stata così sicura di se e sprezzante.
“Se sta male,
portala all'ospedale. Se ha fame falla mangiare. Se ha i piedi gonfi,
falle un massaggio. Non ci vuole molto per far felice una donna
incinta.”
Katherine si divincola
dalla mia presa, apre la borsetta, controlla di avere le chiavi di
casa e i soldi per il taxi e mi lancia un altro sguardo che mi
trapassa la testa. La sua voce entra nelle orecchie e arriva dritta
ai testicoli.
“Si tratta di
assumersi una responsabilità, per quello non sai da che parte
cominciare.”
Katherine mi sta
ammaliando in un modo nuovo che non ho mai sperimentato prima d'ora.
Devo nutrirmi. Sono debole. “Non mi hai detto che c'era un
altro uomo...”
“Un altro uomo”
sussurra, ferma in mezzo al vialetto. Sorride fra se. “Passa
una buona serata, Nik.”
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Capitolo 8 *** L'utima seduta ***
Hayley POV
Elijah bussa alla porta
della stanza d'albergo mentre sto analizzando la situazione
davanti allo specchio. Mi sento ingombrante, affaticata e un po'
depressa. Ho perso il momento, niente più sortite, d'ora in
poi. “Hai portato la borsa?”
Il vampiro solleva la
sacca e la posa ai piedi del letto. Fa una panoramica della camera e
torna a posare lo sguardo su di me, inchiodando gli occhi sulla
pancia, sorpreso.
“Sophie dice che
sta crescendo al ritmo dei lupi.”
“Spero che la tua
salute non ne risenta.”
A conti fatti, una
gravidanza veloce è quanto di meglio possa sperare. Le streghe
non permetteranno che muoia e Klaus, checché ne dica, sta
cominciando a sviluppare interesse per il bambino. La notizia scivola
via dalle labbra prima che possa fermarla. “Li ho visti
baciarsi nel supermercato.”
Elijah batte le
palpebre. Per un attimo, non ha idea di chi stia parlando. I muscoli
del viso si rilassano ed assume un'espressione quasi infantile.
All'improvviso sogghigna, sarcastico. Sembra disgusto misto a molta
irritazione. Mi sta accapponando la pelle, avrei fatto bene a
starmene zitta. Se si ammazzano fra di loro, chi mi tiene al riparo
dalle streghe?
Katherine POV
Un altro uomo. Che
presunzione!
“Ancora vino?”
“Sì, per
piacere.”
Sorrido all'analista
che, fermo alle mie spalle, versa il vino rosso nel calice vuoto. Ha
una tecnica eccellente, i suoi piatti sono capolavori per gli occhi e
quando assaggi il cibo... mio dio, è come se il paradiso ti
scivolasse giù per la gola! La musica di sottofondo è
un po' leziosa, ma ora che sono stordita dalla gradazione alcolica, i
pensieri fluiscono facilmente verso l'esterno e anche la mia voce si
è abbassata, facendosi più morbida e seducente. E' come
se avessi preso una droga, ma non bevuto niente che non abbia bevuto
anche lui, a parte quel piccolo drink di benvenuto che ha preparato
mentre completava le guarnizioni dei piatti. Ho visto tante cose
nella mia vita, ma lezioni di cucina non ne ho mai prese.
Il circo è
servito a distrarre la mia attenzione da Klaus per più di due
ore. Ma con che faccia tosta... ehi... batto le palpebre e le
sento un po' appiccicose, mentre la testa si fa troppo leggera e sono
costretta a lasciare il vino. Poso le mani attorno al piatto e
sospiro, chiudendo gli occhi. Immagino l'analista fermo di fronte a
me, a domandarsi perché la sua ospite tenga un comportamento
così discutibile. Scollo le labbra e sussurro che gradirei
prendere un po' d'aria. Sento la sedia spostarsi all'indietro (si è
mosso e non ha fatto un solo rumore) e quando mi alzo, gira tutta la
stanza. Mi aggrappo al suo braccio e inspiro tre volte. Apro e chiudo
gli occhi cercando di mettere a fuoco la cravatta, la camicia bianca
e il fermacravatte d'oro a mezza altezza. Il sangue di Klaus dovrebbe
annullare un eventuale avvelenamento, perché non sta
funzionando? Ne ho bevuto troppo poco? Perché il mio analista
dovrebbe avvelenarmi? Sono paranoica. Il dottore mi pone una domanda
che non capisco pienamente, ma una parte del cervello ha la risposta
pronta e non esita a rovesciargli addosso il passato condito nei
minimi dettagli. Non ci crederà mai, mi risveglierò in
una camera imbottita con la camicia di forza e Klaus ed Elijah
faranno a turno per tormentarmi. Katerina è sparita, nascosta
così a fondo dentro Katherine che sarà impossibile
ripescarla o convincerla a tornare a galla. Non mi sono mai sentita
così sola. Smetto di ridere appena l'eco del mio nome
svanisce. Devo reagire.
Klaus POV
Ho la testa sgombra e
poca voglia di disfarmi dei cadaveri. Ho letto da qualche parte che
c'è un serial killer in questa città, per cui un morto
in più o in meno, non fa differenza. Sento le forze e il
malumore tornare a pieno ritmo. Vago senza meta, ritrovandomi furioso
e solo nella stanza d'albergo di Hayley. Se n'è andata con
Elijah. Meccanicamente, struscio la mano sulla guancia e sul mento.
Continuo a pensare a Katherine, alla botta allo stomaco che ho
provato quando è salita sul taxi. Sono scappato da New Orleans
per non affrontare la realtà e mi trovo in un'altra che mi
piace ancora meno. E' la storia della mia vita. Nessuno vuole restare
troppo a lungo accanto al grosso lupo cattivo. Che senso ha,
rimandare?
Katherine POV
Reagire significava
provare a morderlo? Senza denti?! Sono aggrappata alle sue
spalle con la bocca incollata al collo. L'ho fatto per secoli e
automaticamente cerco di affondare i canini che non ho nella
carne tenera.
Devo morire per tornare
come vampira. Devo bere sangue umano per completare la
trasformazione. Ho saltato i passaggi.
Addento un lembo di
pelle e lo lascio andare, senza fare male. Cerco di scivolare via, ma
l'analista mi trattiene. Il contatto visivo dura un istante, non
riesco a concentrarmi. Mi sostiene la testa che ciondola leggermente.
“Cosa c'era nel cibo...”
“Nulla.”
“Nel drink...”
“Un oppiaceo.
Alcune popolazioni native lo utilizzano nelle cerimonie per giungere
a contatto con il proprio Io sopito.”
Chiudo gli occhi, il
suono della sua voce mi rilassa. Ondeggio, la stretta si fa più
forte.
“Katherine, ha
provato a mordermi?”
Ci sarei riuscita se
avessi avuto i denti. Passo la lingua sui canini. Mi mancano. Mi
facevano sentire al sicuro. Se fossi stata una vampira, avrei
assaporato una cena ben più prelibata di quel che mi ha
servito. Udirei il cuore del suo battito impazzito nascosto sotto la
camicia. Invece, sono costretta a posarvi la mano sopra per capire se
è spaventato o meno. Se è eccitato o meno. Non sento
niente. Tiro via il fermacravatte e lo ammiro, incantata dalla luce
che vi scivola sopra. Una volta avrebbero potuto conficcarmelo in un
occhio e questo sarebbe guarito dopo pochi secondi. Lo lascio cadere
a terra. Il suono non riecheggia più nelle orecchie come
prima. Una volta sarebbe stato brillante e ricco di sfumature. Ora
odo solo il 'ding' sul pavimento di marmo. Voglio tornare a casa.
“L'effetto non
durerà molto. Non ha ancora mangiato il dolce.”
“Non lo
voglio...” bisbiglio e finisco di nuovo seduta al tavolo,
mentre un riflesso dorato mi ferisce le pupille. Il fermacravatte è
tornato al suo posto. Non riesco a concentrami su nient'altro. Si
muove attorno a me, sento lo spostamento d'aria e il suo profumo. Lo
sento nel naso e sul labbro superiore. Non so perché, ma mi
eccita. “Posso dimostrarle di essere un vampiro.”
“E come vorrebbe
fare, Katherine?”
Afferro il coltello
dalla punta arrotondata. Non va bene per la dimostrazione. Cerco di
ricordare dove sia la cucina. Il dottore mi indirizza e quando sono
di fronte ad un ceppo di coltelli, ne prendo uno, il più
sottile di tutti. Incido il braccio, la scarica arriva al cervello e
mi ritrovo a soffiare per il dolore. Una striscia rossa spilla dalla
lunga ferita e si ferma. Sento l'acqua scorrere e un panno umido
viene premuto sulla ferita che mi sono procurata. La pelle ora è
liscia, intatta. La mano del dottore sorregge il mio polso ma non è
più delicata come prima. Trema. Alzo il mento e mi beo della
sua espressione basita. Poi afferro il coltello, rapida e lo affondo
nel cuore attraverso la scollatura profonda dell'abito da seta. Fa
male. Mi blocco, trattenendo il respiro. L'analista mi fissa,
incredulo. Ora perderò i sensi e quando mi risveglierò,
completerò la trasformazione. Era quello che volevo. Era
quello...
Apro gli occhi di colpo
e fisso il dolce sparso nel piattino. La guarnizione di ciliegia
rossa mi deturpa le dita. Ne ho un po' anche sulla striscia nuda, in
mezzo al seno. Mi guardo e guardo l'analista che non dice nulla e
osserva con la solita glaciale curiosità.
“E' ossessionata
dal sangue.”
Diagnosi secca e
diretta. Quanto mi verrà a costare?
Studio dott.
Lecter – Ultima seduta
Le lame di luce
zigzagano sul pavimento della sala d'aspetto. Siamo in primavera,
sono passati mesi dall'ultima visita dei fratelli Mikealson. Klaus è
sparito (niente più waffles e caffè, la mattina),
Elijah è sparito (starà cambiando pannolini al posto
del fratello) ed io sono qui con l'assegno finale per l'analista.
L'ultima seduta, penso. L'ultima. E poi?
La pianta è di
plastica. L'ho toccata l'ultima volta, circospetta, come una bambina
che fa una marachella. La consistenza gommosa mi ha deluso. Mi
aspettavo qualcosa di meglio dal dottor Lecter. La porta si apre e il
penultimo paziente della giornata - il tipo ombroso e triste che
l'analista mi aveva presentato come un amico - mi doppia, lo sguardo
basso sul pavimento e l'aria sempre più emaciata. E'
peggiorato.
“Buongiorno
Katherine. Si accomodi, accompagno Will alla porta.”
Non mi guardo più
le spalle, tornando a casa. Nessuno tende imboscate nel buio del
salotto. Non ho una vita privata, ne amici.
“Come si sente
oggi?”
Ero distratta e non mi
sono accorta che il dottore è tornato nello studio, ha chiuso
la porta e si è seduto di fronte a me. Ha tagliato i capelli.
“Malinconica” mormoro senza accampare scuse. “E' la
nostra ultima seduta.”
Il dottor Hannibal non
muove un muscolo. Batte solo le palpebre.
“Per alcune
persone, il rapporto con il proprio analista assume connotazioni
quasi romantiche... per altre, è la relazione più lunga
della loro vita.”
La relazione con Klaus
è stata la più lunga della mia vita. Letteralmente!
Accavallo le gambe e apro la borsetta, sfilando l'assegno piegato
in due. Lo lascio sulla seduta del divano. Ho risolto i problemi di
doppia personalità ma ho ancora il cuore spezzato. Non
intrattengo più lunghi monologhi interiori con Katerina. Una
mattina mi sono svegliata e lei non c'era più....ed io ero...
libera.
“Katherine, va
tutto bene?”
“Sì... sì,
certo” mento, sentendo gli occhi pungere. Non mi sento più
divisa in due. Ho solo bisogno... di accettarlo. “Grazie...”
bisbiglio prendendo un kleenex dalla scatola che mi porge.
“E' una
sensazione normale, Katherine. Capita a tutti.”
Ma si è messo in
testa che mi mancherà? Lo ignoro e mi alzo dal divanetto,
tendendogli la mano. Quando ricambia la stretta, provo un moto di
panico per l'ennesimo cambiamento a cui sono sottoposta. E' finita,
penso, infilandomi in corridoio e raggiungendo l'ascensore. Mi guardo
le spalle finché la cabina non arriva al piano. Le vecchie
abitudini sono dure a morire.
“Katherine.”
Le porte si spalancano
silenziose. Il dottore è sulla soglia dello studio e mi fissa,
glaciale.
“Le mando la
ricevuta via email”
Annuisco ma quando
pigio il bottoncino del pianoterra, la mano trema. Per un momento ho
temuto che mi invitasse di nuovo a cena.
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Capitolo 9 *** Mikeal ***
Il computer fa bip
e si blocca. Katherine spinge tre volte il dito sul tasto enter
e la schermata diventa nera, mentre la ventola smette di girare. La
lucina lampeggia segnalando la batteria scarica e un 'oh'
imbarazzato si forma nella sua mente. Infila il laptop nella custodia
nuova di zecca, lascia tre dollari sul tavolo dello Starbucks
di Baltimora ed esce in strada. L'estate sta arrivando, la
temperatura è ancora piacevole ma la donna sente caldo nei
suoi abitini da mezza stagione. Si ferma davanti al cinema e
controlla la programmazione pomeridiana. Niente più papponi
sentimentali, solo commedie allegre. Soddisfatta, entra in libreria.
Ha una buona scorta di libri sul comodino. Aveva appena finito di
leggere 'The Help' quando è balenata l'assurda idea di
scrivere la sua storia sotto forma di racconto. Una fiaba horror dal
finale aperto. Poteva funzionare, perché no?
Si era consumata gli
occhi fino a tarda notte, scrollando la mano dolorante e massaggiando
le spalle curve più e più volte, prima di acquistare il
notebook per velocizzare la faccenda. Se leggere era un modo elegante
per isolarsi dal pubblico – e dalla vita - scrivere la
risucchiava in un mondo parallelo. Ogni riga era un esorcismo
indiretto, l'aiutava a distanziarsi dal passato, da Klaus, da Elijah
e le consentiva di vedere le cose in maniera oggettiva. Sì,
era stata affrettata nello sbarazzarsi di Elijah, al supermercato.
Sì, il suo abbandono era stato come una ferita ma poco
profonda e non mortale, non mortale. No, non avrebbe mai più
permesso a Klaus di avvicinarsi a lei. Era guarita
dall'innamoramento, era cambiata. Solo la notte ci pensava un po' -
solo un poco - abbandonandosi al gorgo del sonno con la
certezza che non l'avrebbe più rivisto. Solo la virgola di
delusione per la promessa mantenuta il giorno dopo, rovinava parte
del buonumore.
Ora Katherine cammina
osservando la fila ordinata di macchine che fiancheggia l'uscita di
una scuola materna. Si ferma a pochi passi dal vespaio di bimbi che
corre, urla e ride incontro ai genitori. Katherine pensa che ora può
averne quanti ne vuole. Stringe la cinghia dura della borsa col
portatile e calcola i mesi che sono passati dall'acquisizione della
cura. Ne conta sette. Il suo corpo ha ripreso a funzionare? Stupita
da quel pensiero estraneo al personaggio che interpreta, volta per la
propria abitazione, guardandosi le spalle per abitudine. A Baltimora
non succede mai niente.
Katherine raccoglie la
posta – pubblicità e bollette – e fa il
giro del giardino. Non usa mai l'entrata principale. Non lo fa più
da...
Il SUV nero è
parcheggiato nel vialetto attiguo e un bimbo di circa due anni sta
giocando a strappare l'erba del prato, raccogliendo piccole
margherite bianche che la falciatrice doveva recidere il giorno
precedente.
Non capisce cosa la
spaventi di più. Se il mostro nero e lucido o l'essere
minuscolo di fronte a lei. Il bimbo solleva lo sguardo e due occhioni
azzurri spaziano sul suo viso. Katherine ingoia, sentendo le
ginocchia traballare. Il bambino le mostra un fiorellino, si alza
sulle gambine grassocce, ondeggia e puntella le mani a terra. Corre
verso di lei. Katherine non sa come comportarsi. Esitante, posa la
valigetta col pc in terra e si inginocchia.
Quando arriva a
toccarla, la donna trasale e perde leggermente l'equilibrio. Il bimbo
punta un piedino calzato dalla scarpetta sulla coscia piegata e cerca
di arrampicarsi. Katherine lo afferra prima che crolli indietro. Lo
tiene discosto da se e lo scruta ferocemente.
Sorride. Agita le
braccia. Afferra una ciocca di capelli di Katherine e la porta alle
bocca farfugliando. La donna lo sbircia, imbarazzata dal calore che
si sta espandendo dal cuore.
“Aaa...”
Non può essere
suo figlio, è troppo grande! Dovrebbe avere pochi mesi
e questo ne dimostra due o tre. Eppure, Katherine è certa che
avesse quell'aspetto lì, alla sua età. Intontita, fruga
in tasca cercando le chiavi e si accorge solo in quel momento
dell'odore meraviglioso che proviene dalla cucina. Un sommesso
fischiettio si somma al battito opprimente del suo cuore. Tipico di
Klaus infilarsi in casa tua dopo mesi di silenzio e senza neanche una
telefonata di avvertimento!
Il moccioso agita le
braccia e le tira un po' i capelli. Katherine stringe gli occhi come
muto avvertimento di non farlo più, ma rimedia solo un
sorriso, un'altra esclamazione felice e uno sguardo sottile e
birichino. Katherine sospira e lo carica su un fianco. Il bimbo la
guarda con gli occhioni spalancati, poi la testina scava una nicchia
contro il suo collo. O l'ha scambiato per la madre, o è
l'esserino più affettuoso e dolce che abbia mai incontrato...
oppure ha un padre terribile che lo lascia giocare tutto solo e
non si cura di lui, pensa aprendo la porta con un calcio. Deve
sopravvivere, povero cucciolo!
Un enorme mazzo di rose
bianche troneggia sul tavolo del salotto. Katherine le osserva con la
fronte aggrottata, si sbarazza del pc e sospira di nuovo. Vuole
qualcosa da lei. Il messaggio le arriva quando è ormai ferma
sulla porta della cucina. No, non ha comprato il burro perché
ingrassa e lei deve stare attenta alla linea, ora. Nessuno gli ha
chiesto di cucinare, che si arrangi con quelle quattro verdure che
campeggiano nel suo frigorifero! Il malumore cresce. “A cosa
dobbiamo l'inattesa visita?”
Il vampiro si volta con
un movimento repentino. Per un lunghissimo momento, Katherine si
sente pervadere dal vecchio panico ma lo manda giù e cambia
gamba d'appoggio. “L'ho trovato che giocava in giardino privo
della supervisione di un adulto. E' tuo o devo chiamare i servizi
sociali?”
“Ehi, sei
già qui!”
Katherine lo fissa
inorridita mentre Klaus pulisce le mani su uno straccetto, le sorride
e al contempo si avvicina con un'espressione dolce che non gli ha mai
visto indosso. Il peso scompare dall'anca, un bacio si stampa sulla
sua guancia insieme ad una carezza sui capelli e Katherine spalanca
gli occhi, ammutolita.
“Aaaa...”
“Ahhh”
ribatte accarezzando col pollice il visetto del bimbo. “Prima o
poi scopriremo cosa vuol dire?”
Il moccioso scuote la
testa e gli si aggrappa al collo. Il vampiro lo bacia sulla fronte e
sussurra qualcosa sottovoce, prima di rivolgersi a Katherine che è
rimasta impietrita a guardarli.
“Come stai,
matta? Te l'hanno fatto, l'elettroshock?”
“Ho smesso la
terapia...” sussurra umettando le labbra. Ha difficoltà
a parlare. “Come va la vita matrimoniale?”
Klaus irrigidisce i
muscoli della faccia e Mikeal abbandona il suo collo per stravaccarsi
sulla spalla e sbavargli sulla maglietta.
E' adorabile, pensa
attratta dagli occhioni spalancati. Katherine lo fissa per un attimo
di troppo, poi distoglie lo sguardo.
“Andata senza
pensarci due volte.”
“Si è già
trasformato?”
“E' presto.”
E' come il canto della
sirena, non può fare a meno di guardarlo: i pugnetti chiusi,
le gambine grassocce e la magliettina chiara che indossa che
contrasta violentemente con la t-shirt nera di Klaus...
Il bimbo stringe gli
occhi, nascondendo il faccino contro la spalla del padre. Un umore
indefinibile la pervade tutta. “E come...”
“Mikeal.”
L'ha chiamato Mikeal
come il padre che odiava?!
“Hai fame, mh?”
Un po', sì.
“Non parlavo con
te.”
Oh, scusa.
“Sarà un
casino farlo mangiare” borbotta occhieggiando Katherine che sta
scrutando il vuoto. “Tu che sei una donna...”
“Arrangiati”
soffia sedendo alla tavola ingombra di ciotole e piattini. Sono la
caricatura grottesca del rapporto genitoriale.
“Mh? Che c'è?
Che vuoi dirmi?”
Sentilo, tutto
affettuoso! Katherine li sbircia, le labbra leggermente socchiuse. E'
ipnotizzante vederlo comportarsi così. E' una di quelle cose
che non pensi accadranno mai, nella vita...
“Ha una cotta per
te. E' una cosa di famiglia, allora...”
L'ha buttata lì
per vedere l'effetto, ma Katherine è raggelata e non riesce a
rispondere a tono. Una voce le urla di fuggire a gambe levate senza
voltarsi indietro. E' insopportabile il suo sguardo addosso e il
pugnetto che agita nella sua direzione. Ma che vuole da lei?!
“Prendilo, sennò
qui facciamo notte..”
“Non sono brava
con i bambini...”
“Loro sanno cosa
fare, tu prendilo e basta.”
Katherine si avvicina
lentamente, tenendo d'occhio il piccoletto che non riesce a stare
fermo. Continua a sorridere e a vocalizzare. “Declino ogni
responsabilità in caso di caduta!” esclama afferrandolo
sotto le ascelle e sistemandolo contro di se. “E tu fa il
bravo, non mi piacciono i bambini!”
Klaus solleva un
sopracciglio, mugola di gola e le rivolge un'occhiata di derisoria
superficialità. Mikeal batte le manine e le poggia sul suo
viso. Ora le molla uno schiaffo, pensa socchiudendo una palpebra e
preparandosi al colpo. Invece, il moccioso si riappropria della
ciocca preferita e la tira verso la bocca. Katherine storce la sua.
“Perché fa così?”
“Così
come?”
Klaus si volta, il
mestolo in mano e una ciotola colma di pasta nell'altra. Osserva il
piccolo impiastrarle i capelli di saliva e abbassa leggermente le
spalle. “Gli manca la mamma.”
Katherine sente il
calore nel cuore allargarsi. Le rughe che si sono formate sulla
fronte si spiano lentamente e la sua voce è meno decisa quando
si rivolge al vampiro. “Non hai idea di quanto lo rimpiangerà,
quella stupida...”
***
“Potrai prendermi
in giro una volta che l'avrò messo a letto.”
Non riesce a prenderlo
in giro. Le si incolla la lingua al palato quando lo vede parlare col
figlio. Il piccoletto dormirà comodo nel suo passeggino
reclinabile e appena chiude la porta della stanza di Katherine, Klaus
sospira e torna quello di sempre. “C'è dell'alcool in
questa catapecchia?”
“In salotto.”
Il vampiro si schianta
sul divano e chiude gli occhi, esausto. “Versamene uno, donna.”
Aver preparato la cena
gli da il diritto di impartire ordini?
“Per favore.”
Meglio. Katherine
obbedisce solo per capire a che livello di stress è arrivato.
Il primo bicchiere lo manda giù di colpo, il secondo impiega
più tempo a percorrere la via. “E' una visita di
cortesia o ti fermi qualche giorno?”
“Dipende da te e
dal tuo desiderio di avermi fra i piedi.”
E' curiosa di conoscere
tutti i retroscena e il rinnovato Klaus ad elevato contenuto
glicemico, ma fa spallucce, come a dire che non le interessa.
“Esci ancora con
quell'uomo?”
Allude alla cena con
l'analista? Qualcosa le dice che farebbe bene a mentire. Non
risponde, così non può accusarla di mentire.
“Pensi ancora ad
Elijah?”
A volte.
“Sei felice?”
“Ne felice, ne
infelice...” mugugna muovendo il liquore nel bicchiere che
finisce ancora pieno sul tavolino.
“Riformulo la
domanda: sei felice di vedermi?”
Katherine si schiarisce
la voce e tira indietro i capelli, ignorandolo.
Il robusto silenzio
dietro cui si cela, può essere scalfito solo da una domanda.
“Mi ami ancora?”
“No.”
Klaus non sa dire se è
una bugia o meno perché il battito del suo cuore non è
cambiato. E' costantemente elevato da quando è arrivata. “Io
ti amo ancora. Mi sei mancata per mesi.”
Katherine si abbandona
contro il cucino del divano attiguo e incrocia le braccia, fissando
lo sguardo nel vuoto. “Non posso dire la stessa cosa.”
Mesi fa, quando aveva
varcato la soglia di casa per andare incontro ad un altro uomo, il
suo orgoglio si era ribellato e aveva detto 'basta'. Aveva provato a
dimenticarla, aveva impegnato il corpo e la mente, si era concentrato
sui 'doveri' ma ogni notte il pensiero tornava su Katherine.
Katherine sola, libera, umana.
“Ricompari dopo
mesi e mi sbatti in faccia tutto quello che io non potrò mai
avere. Per quanto ancora dovrai punirmi per essere viva?”
domanda con una leggerezza nella voce che è lungi dal provare.
“Punirti?”
Klaus la guarda, sorpreso.
“Non meriti di
essere felice.”
Oh, se lo merita
eccome!
Katherine afferra la
giacchetta dall'appendiabiti e la infila, tirando indietro i capelli
che frustano sontuosi il lino amaranto. “Metti a posto la
cucina, prima di andartene.”
“Mi attribuisci
la colpa della decisione di Elijah ma io non ho mai voluto che ti
lasciasse! Non gli ho chiesto niente, ha fatto tutto da solo! Lo
conosci, per lui l'onore e la famiglia vengono prima di tutto!”
“Perché
l'hai portato in casa mia?”
Affidare il figlio alle
streghe? Impensabile! “La babysitter era in vacanza.”
“Elijah non
poteva...”
“E' partito, non
so quando tornerà.”
Ha risposto troppo in
fretta. Sta omettendo una verità. “Sta cercando Hayley,
vero?”
Klaus non risponde ma
un guizzo della mascella lo tradisce. Katherine soffia dal naso e
sorride, sarcastica. Sogghigna e apre la porta, scomparendo nella
notte.
Gli sembra di aver
udito un 'pagliacci, tutti e due!' ma non è proprio
certo...
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Capitolo 10 *** Mutter ***
Commenti
dell'autore: chi di voi è così scaltro e capace da
dirmi come rendere visibile la nota 'crossover' e la relativa
sottocategoria 'Hannibal' che non riesco a far apparire in nessun
modo? Mi è stato rimproverato da alcuni lettori la mancanza,
ma quando ho chiesto chiarimenti sui passaggi da fare, non mi è
stato risposto. Ho seguito le faq e provato a rifare il procedimento
più volte, ma non c'è stato nulla da fare. Aiutatemi,
please! ^^ Annaterra: non trovi che questi capitoli siano
smielati? Temo che la frequentazione degli amici e dei loro recenti
pargoli, abbia influenzato la mia scrittura al punto di snaturare i
personaggi. Per quanto riguarda Elijah, credo ci sia poca speranza di
recupero. :/
Katherine aveva
acquistato il biglietto per il primo spettacolo ma aveva visto circa
metà film. Aveva perso il filo, intenta a rimuginare sulla
complessità della vita e le sorprese nascoste dietro gli
angoli. All'uscita aveva pensato bene di fare una passeggiata che si
era protratta per ore. Non avrebbe mai avuto la risposta al grande
quesito 'perchè non ha scelto me', ma di certo avrebbe
smaltito il quintale di pop corn divorato al cinema.
Ora ha i piedi pesti
per il troppo girovagare. Deve tornare a casa, andare avanti col
racconto, tralasciare la parte del castello – quella che
l'aveva fatta illudere - e saltare direttamente alla fuga
notturna nei boschi. Vuole giungere al momento della propria morte e
al nodo scorsoio che le segava il collo. Vuole raccontare quello che
ha provato un attimo prima di morire, e al nome che ha pensato mentre
lo sgabello andava giù. Era morta con la maledizione sulle
labbra e la certezza che non sarebbe mai stata felice. Mai felice,
ma mai piagnucolante!
Tutto d'un tratto,
Katherine è stanca. Stanca di arrabbiarsi, stanca di
rimuginare, stanca di lottare. Ferma un taxi e quando arriva a casa e
scorge le luci accese nell'appartamento, è troppo stanca per
maledire la testardaggine di Klaus. Mikeal è sveglio e sta
giocando a modo suo: sbatte un cubo colorato sul tappeto, lo afferra
di nuovo e lo lascia ricadere. Klaus se ne sta stravaccato sul divano
a leggere qualcosa e ogni tanto getta un'occhiata al figlio. Quando
la vede, risale lentamente la figura. “Bello, il film?”
Ha annusato l'odore del
disinfettante delle poltroncine? Katherine si sbarazza di giacca e
borsetta. “Quando ho detto di non volere te e tuo figlio fra i
piedi...”
“Ahh...”
La donna abbassa uno
sguardo gelido sul bimbo. E' felice di rivederla. Non può dire
la stessa cosa. “Non dovrebbe essere a nanna?”
“Ma... a!”
Katherine ha esercitato
il distacco emotivo dal momento in cui si è svegliata nel
letto di Rose. Ringrazia il suo autocontrollo che le impedisce di
staccargli la testa dal collo. “Se Elijah trova la madre, cosa
pensi di fare?”
“Secondo te?”
Klaus raccoglie Mikeal dal tappeto e lo sistema sulle ginocchia. Non
lo ammetterà mai ma quella è la sua parte preferita.
Conoscerà un migliaio di fiabe di tutte le nazionalità
e quando la memoria si esaurisce, basta dare spazio
all'immaginazione. Ma per ora, per la sua età, vanno bene
anche Cappuccetto Rosso e il Fagiolo magico. Mikeal
adora le figure grandi e colorate, ci passa sopra le manine,
gorgoglia qualcosa e tira un calzino, rivolgendo un sorriso enorme al
padre.
Klaus ci ha messo un
po' ad abituarsi alle continue richieste di attenzioni. Il resto è
venuto naturale. Mikeal gli si appollaia addosso, sbadiglia e
stropiccia gli occhi mentre Klaus gli accarezza la schiena e la
testolina e continua a narrare. Quando si addormenta, conclude il
paragrafo e si rivolge a Katherine che è rimasta attonita a
guardarli. “Un bel nulla.”
Katherine ha un groppo
enorme in gola: non sta guardando loro, ma ciò che
rappresentano. Torna in camera, si barrica dentro e fissa il pomello
smaltato. Poi tira indietro i capelli, li lega in una crocchia e
infila gli auricolari per concentrarsi meglio. Si perde nello schermo
e sulle poche righe della pagina Word scritte in precedenza.
Si perde nei ricordi, fra i corridoi del castello, fra i caminetti
infuocati delle enormi sale e nella camera di Niklaus, fra le
lenzuola di seta e i trofei di caccia appesi alle pareti.
***
Katherine si risveglia
al rumore del camion dei rifiuti. Dovrebbe essere abituata, visto che
tutte le mattine quel dannatissimo camion! passa a raccogliere
il suo minuscolo sacchetto. Anche stanotte, ha sognato la sua
illusione. Intontita, annusa l'aria. Il rompipalle è ancora
lì, ma le ha anche preparato la colazione, pensa con gli occhi
ridotti ad una fessura e ciabattando fino alla cucina con i capelli a
nido di condor. Caffè e waffles. Le mancavano.
“Buongiorno.”
“Mrgh...”
Katherine si schianta a
sedere sulla sedia della cucina, rantola e affonda il viso fra le
braccia, nel buio delle maniche del pigiamino.
“Ahh...”
Ha fatto finta di non
vederlo, ma le sollecitazioni sonore sono impossibili da eliminare.
Katherine alza la testa e la puntella saldamente alla mano. Fra i
due, è sempre lui quello felice di rivedersi. La poltiglia
bianca che ha nel piattino è finita ovunque, tranne che nel
suo pancino. Katherine ne cattura un po' col polpastrello e lo porta
alla bocca: mela frullata e latte. “Il mio caffè?”
Klaus la sta guardando,
immobile alle sue spalle. Katherine ha strane reazioni quando si
tratta del piccolo.
“Lo so che non
stai facendo nulla, ho gli occhi dietro la testa” lo avvisa con
voce morbida mentre pulisce il visetto del bambino, estrae un
cucchiaino dal cassetto delle stoviglie e prende ad imboccarlo.
“Beh, lo scenario
merita attenzione. Sorridi.”
Sorridi? Katherine
si volta, perplessa. La foto per l'album dei ricordi? Con quei
capelli a covone?! “Cancellala immediatamente” soffia
sbarazzandosi del bavaglino sporco e del piattino che plana nel
lavandino. E' un ritratto orribile che non le appartiene...
“Maa...”
… e Mikeal la
chiama perfino 'mamma'!
“Il tuo caffè.”
Klaus sorride
platealmente e le schianta un bacio sulla tempia. Katherine afferra
la tazza con l'intento di svuotarla sulla sua maglietta. Sbuffa e gli
da la schiena. “Imbecille...”
“Te la mando via
bluetooth.”
“Risparmia la
fatica!”
Mikeal gorgoglia
qualcosa in una strana lingua e la guarda con i suoi enormi occhioni.
Katherine gli fa la linguaccia e lo ignora. “Quanto intendi
restare?”
Klaus traffica col
cellulare e sorride, dentro e fuori di se. “Già stufa di
avermi intorno?”
“Mi hai stancato
dopo cinque minuti.” Katherine sistema la tazza nel lavandino e
apre il miscelatore. “Solo con me riesci ad essere davvero te
stesso. E' per questo che sei qui” sentenzia girando lo sguardo
sul vampiro.
Klaus non ha alcuna
reazione apparente ma sta rimuginando le sue parole. “Forse mi
mancavi e basta.”
“Forse dovresti
tornare a casa, crescere tuo figlio e piantarla con i ricordi.”
“Tu riesci a
smetterla, con i ricordi?”
No, neanche un po'. La
psicoterapia è servita a poco. Ehi, togli quel braccio!
Katherine raddrizza le
spalle e il braccio di Klaus scivola fino alla sua vita, tirandola a
se. “Bellissima” decreta mostrandole la foto appena
scattata.
Bravo, hai imparato a
usare Instagram. Ora cancella quell'obbrobrio, pensa
ignorando il ritratto in cui lei sembra felice e Mikeal ha le
guanciotte gonfie di pappa. “Il ruttino” mugugna,
innervosita, uscendo dal cerchio caldo e affettuoso che ha creato.
“Mh?”
“Se non fa il
ruttino si sentirà male.”
Klaus solleva il
piccolo, sistemandolo contro di se.
“Come mai sai
tutte queste cose sui bambini?”
Il cellulare ronza sul
tavolo, l'occhio di Katherine vi cade sopra senza volerlo. Hayley.
La chiamata si perde quasi subito e viene sostituita da quella di
Elijah. “L'ha trovata.”
Non è Hayley il
suo primo pensiero, la mattina. Una volta poteva prevedere le
reazioni di Katherine, ora è dubbioso circa il comportamento
da tenere. Meglio restare sul programma della giornata. “Andiamo
a fare una passeggiata. Vieni con noi.”
“Non voglio
intromettermi in un momento padre/figlio.”
La sua freddezza lo
scoraggia un po'. E' ancora innamorata del fratello, è per
questo che lo tiene a distanza?
“Non dirgli che
siete qui, non li voglio fra i piedi. Ci sono fin troppe persone in
casa.” Katherine sistema i piatti nel lavello e apre l'acqua
calda. Perché continua a tenere puntato il moccioso nella sua
direzione? E' stufa del suo sguardo ansioso. “Usarlo per
ferirmi è la cosa peggiore che tu possa fare.”
E' la prima volta che
Katherine gli spiattella la verità in faccia senza giri di
parole.
“Non dovevi
portarlo qui...”
Quel tono lacrimoso ed
esitante non può fraintenderlo. E' ora o mai più,
pensa risistemando il bimbo nel seggiolone e imprigionandola contro
la credenza. “Kat, tu sei meravigliosa e quando avrai dei
figli, sarai una madre splendida.”
Il complimento la
ammutolisce. Katherine non replica ma una smorfia dubbiosa le altera
i lineamenti. Klaus sta per aggiungere altro, quando il telefono
riprende a ronzare.
“Rispondi al
rompiballe prima che gli scoppi una vena...”
E' sempre più
scoraggiato e le telefonate del fratello non lo aiutano... uh?
Katherine appoggia la
fronte contro la sua spalla e chiude gli occhi. Profuma di lozione
infantile e talco per bambini, ma sotto sotto percepisce il suo
odore. Quella mattina è iniziata proprio male. Fra il capitolo
sul castello (che non aveva potuto fare a meno di inserire) e il
ricordo della sua illusione...
“Sei più
insistente di un venditore telefonico!”
>Non farai lo
spiritoso, quando ti rivelerò dove ho rintracciato Hayley.<
“Sono tutto
orecchie. Stupiscimi!”
Din don
Katherine tira indietro
i capelli e si allontana verso la porta. Klaus vorrebbe seguirla ma
Mikeal sta cercando di evadere dal seggiolone. Lo afferra al volo,
prima che possa cadere, ed esce nel giardino retrostante,
permettendogli di sgambettare sull'erba alta senza pericoli di sorta.
La voce di Elijah gli giunge ovattata, monotona. Quando smette di
parlare, Klaus passa una mano fra i capelli e si accovaccia sui
gradini esterni. E' finita la vacanza.
***
“E' qui, vero?”
Lo sguardo di Katherine
è gelido, per nulla amichevole.
“Elijah mi ha
seguito.”
“Lo sappiamo”
mormora chiudendo la porta sul vialetto vuoto. Lo sente, ma
forse è solo un'impressione. “In cucina” borbotta
prima di infilarsi in camera da letto.
Hayley pensa che il
primo pericolo l'ha passato indenne. Katherine sembra diversa, anche
se si sforza di tenere la parte. Hayley si domanda se ha interrotto
qualcosa, ma è solo un lampo nella testa. Il pensiero viene
divelto brutalmente dalla necessità di stare con il figlio e
riabbracciarlo. Fuggire è stata una stronzata. Ha patito le
pene dell'inferno tutti i giorni di lontananza... “Amore mio!”
Quell'amore mio
non è certo destinato a lui. Klaus intasca il cellulare e si
sposta di qualche centimetro. Hayley lo scavalca senza rivolgergli
uno sguardo, si lancia sul bambino e lo stringe contro di se. Mikeal
apprezza la nuova figura, la ricorda, sente che quella è la
sua vera mamma. I gridolini si fanno concitati e frenetici. Klaus
vorrebbe ucciderla ma di nuovo deve dar ragione alla saggezza di
Katherine: non lo farà mai più. Rientra in casa,
dirigendosi verso la camera da letto. Bussa e viene avanti senza
aspettare la risposta. Katherine è vestita di tutto punto, sta
truccandosi allo specchio e ha l'aria apparentemente tranquilla.
“Che ti avevo
detto?”
“Me l'avevi
detto” mormora, cauto. Non capisce il suo stato d'animo. Non
sente nulla provenire da lei.
La donna avvita il
mascara, si alza in piedi e sistema la cintura in vita. “Quando
torno, voglio tornare la casa vuota.”
Non gli piace, non è
normale. Non è normale per lei. “Kat, io ti amo
ancora. Non scordarlo mai. Ci sarò sempre per te.”
Katherine sorride
noncurante, ascolta fino alla fine e poi estrae una giacchetta
dall'armadio, divertita. “E' solo un problema tuo, Niklaus.”
|
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Capitolo 11 *** Turismo ***
Baltimora
“... e non vuole
raccontarmi cosa successe al castello?”
“No.”
Katherine è
tornata in terapia. Per parlare con qualcuno, non per altro. Ha
finito di scrivere il racconto e l'ha inviato a tre case editrici.
L'hanno scartato tutte e tre. Non vuole fama o notorietà,
vuole far conoscere la sua storia. Magari avere un parere
disinteressato ed oggettivo... però c'è sempre quel
sito di storie a capitoli che ha trovato navigando su Internet... può
crearsi un nickname...
“E' regredita.”
Katherine annuisce,
incrociando le caviglie racchiuse da eleganti sandaletti estivi. E'
settembre inoltrato ma fa ancora molto caldo. Ne è quasi
stufa.
“A questo punto
non credo che la psicanalisi sia la soluzione. Nel mio modesto pare,
non ha bisogno di parlare con uno psicologo.” Hannibal Lecter
chiude l'elegante blocco notes e avvita la penna, riponendola
all'interno della giacca. Katherine Pierce non ha bisogno di uno
psicologo: deve solo alleggerire la coscienza con l'uomo giusto. “Mi
sta facendo sprecare tempo prezioso, Katherine. Tempo che potrei
dedicare ad altri pazienti con problematiche ben più serie di
un cuore ostinato e caparbio.”
L'aveva detto anche
Klaus. Ostinata e caparbia. Gliel'aveva detto di fronte al
fuoco, al castello, mentre si asciugava le ossa dopo l'acquazzone.
Quel pomeriggio, aveva ignorato l'avvertimento di Elijah di non
attardarsi nel bosco, ma aveva voluto fare di testa sua: sarebbe
tornata a cavallo, quando le prime gocce di pioggia avrebbero
picchiettato le foglie.
Invece era scoppiato un
tremendo temporale e il cavallo era fuggito, disarcionandola e
procurandole una lussazione alle spalla destra. Katherine si era
rintanata alla meno peggio contro un albero scavato dal tempo e dagli
animali e Niklaus l'aveva trovata lì, mentre gemeva in preda
al dolore. Era scesa la notte, poi era arrivata la nebbia. Katherine
stava congelando. Il dolore la intontiva. Niklaus aveva oltrepassato
la nube bianca con la camicia incollata addosso, i capelli fradici e
l'umore peggiore degli ultimi cento anni. Katherine aveva sentito il
cuore esploderle, quando si era chinato su di lei, scrutando ogni
centimetro della sua persona. Si era persa in un labirinto di
sentimenti quando le aveva chiesto se stava bene e l'aveva presa in
braccio, conducendola in fretta e furia al castello. In seguito,
Katherine l'aveva udito scagliarsi contro il fratello, accusarlo di
negligenza e promettere un futuro nero se si fosse ripresentato il
caso. Lì per lì aveva pensato 'mi ama, non può
non amarmi!' e aveva abbandonato tutto il suo cuore nelle mani
dell'unico uomo che aveva mostrato di tenere a lei. Aveva preso le
parti di Elijah addossandosi tutta la colpa, ma Klaus aveva fatto
orecchie da mercante, concludendo la sua spietata arringa con un
borbottio dimesso e quasi timido.
'Se ti succedesse
qualcosa, non me lo perdonerei.'
A quelle parole,
Katherine era crollata.
La verità era
venuta dopo.
New Orleans
Lo sta viziando.
Da quando è
tornata, Hayley è onnipresente e soffoca il bambino di
attenzioni. Klaus non ha potuto fare a meno di notarlo, seppure
rinchiuso nella sua nube nera di malcontento. Mikeal cresce in
fretta, ha l'animo gentile, è affettuoso e socievole. Non
mostra inclinazioni artistiche, ma gli piacciono le figure colorate e
passa ore a guardarle.
“Devo andare
dalla parrucchiera.”
“Divertiti.”
Hayley alza gli occhi
al cielo. Se non fosse per gli educati interventi di Elijah, a
malapena si parlerebbero. “Puoi badare a lui mentre sono via?”
Klaus le rivolge
un'occhiataccia e quello basta a darle la risposta. La casa è
grande e non si pestano i piedi. C'è un accordo silenzioso fra
loro: rendere il più possibile serena l'infanzia del bambino.
Non hanno neppure dovuto discuterne.
“Torno fra due
ore.”
“Prenditi tutto
il tempo che ti serve” mugugna aprendo il blocco dei disegni.
Mikeal si sta applicando in un gioco astruso. Klaus fissa i disegni
passati e lo confronta col modello accovacciato sul tappeto. E'
cambiato ancora. Ogni giorno nota qualcosa di diverso, in lui. D'un
tratto il bambino molla i giocattoli e trotterella fino alla poltrona
su cui è seduto. Klaus lo aiuta a scalare il bracciolo e gli
mostra i disegni. Mikeal dondola col busto, afferrando le pagine. Le
lancia goffamente davanti a se e il ritratto di Katherine spicca fra
gli abbozzi dei corpi. La bocca doveva riempirla meglio, ma gli
occhi... gli occhi sono proprio i suoi. “Ti ricordi di
Katherine?”
Mikeal lo guarda e poi
guarda il ritratto. Batte la manina sopra e la porta alla bocca.
Ump! Come fa a
ricordarla, sono passati due mesi...
“...ah!”
“Kath.”
“Ahhh...”
E' ancora troppo
piccolo. Klaus sospira e tira indietro la testa, fissando il nulla.
“Quando sarai abbastanza grande per uscire con le ragazze, ti
spiegherò alcune regole fondamentali...” mormora
tenendolo fermo per le gambine. “Abiti sempre in ordine,
orologio di marca, sovrannaturale capacità di ascolto...”
“E ti basi su
questo per conquistare una donna?”
Ci mancava il fratello!
“Hai interrotto
il mio elenco” borbotta chiudendo il blocco con i ritratti. Il
visino caldo del bambino è spinto contro il suo, ma come al
solito ha dimenticato di radersi e dopo pochi secondi, lo sente
agitarsi.
“Potresti
renderti presentabile? Sophie e le ragazze stanno venendo qui.”
Quelle tre cretine non
fanno che ciarlare formule magiche e studiare Mikeal nemmeno fosse un
fenomeno da baraccone! Mikeal adora il fratello ed Elijah regredisce
alla quinta elementare in sua presenza. Rebekah ha reso chiaro fin
dall'inizio che non avrebbe preso parte alla crescita del bambino e
non ha mai voluto incontrarlo. Ha interrotto i rapporti con i
fratelli, ma Klaus sa che Elijah la vede saltuariamente.
Bekah ha preso il volo,
Hayley lo detesta e Katherine non lo vuole.
Klaus ammette di non
aver mai avuto un buon rapporto con le donne. Centra la madre? O è
solo incapace di relazionarsi con gli individui di sesso femminile?
Che c'è che non va in lui? Deve far difetto la sua
sovrannaturale capacità di ascolto...
“Ora ci facciamo
il bagnetto e ci mettiamo in ghingheri.”
“L'ha già
fatto, il bagnetto” sbuffa abbandonando il blocco con i
ritratti sulla poltrona. “Vado a fare un giro.”
E a chi tocca rendere
il salotto presentabile? Elijah posa il piccolo a terra e scavalca i
giocattoli, riordinando la stanza. Mikeal trotterella fino al blocco
e afferra i fogli che spuntano da un lato. Li getta per terra con un
gridolino soddisfatto.
“No, tesoro. Non
toccare i disegni di papà.”
Elijah ammutolisce di
fronte al ritratto di Katherine. La donna ha gli angoli della bocca
incurvati in un tenue sorriso. Katerina non sorride mai in quel modo,
la sua è più una smorfia sarcastica. Però gli
occhi... “Sei fortunato ad essere figlio unico”
mormora posando il ritratto sugli altri. “Non rischierai di
innamorarti della ragazza di tuo fratello.”
“Mama...”
Peccato che Hayley non
sia presente...
“Mama!”
ripete battendo la manina sul foglio.
Fortuna che
Hayley non è in casa e non può udire il figlio chiamare
'mamma' un'altra donna!
***
E' pieno di creature
sovrannaturali, quel mercatino. Katherine si guarda attorno, il cuore
che se ne va per conto suo. Ha già contato tre vampiri a
caccia e due streghe che si fingono chiaroveggenti. Non c'erano così
tanti vampiri a New Orleans, una volta. Klaus gestisce tutta
quella gente, tutti i giorni?! Per forza scappa di casa a mesi
alterni...
Katherine sente gli
sguardi affamati dei vampiri su di se e si affretta a raggiungere il
banchetto della strega più vicina. La donna di colore ha le
trecce avvolte su se stesse e un gran turbante rosso in testa. Non la
guarda ma rimescola le carte, posandole sul tavolo. “Ti predico
il futuro, carina?”
“Non ce n'è
bisogno. Il mio presente fa schifo e se non trovo il mio amico, avrò
un'esistenza molto breve” mormora riducendo al minimo la voce.
“Klaus Mikealson, l'ibrido originale. Dove posso trovarlo?”
La strega la riconosce,
sposta lo sguardo in alto e fissa le due figure alle spalle di
Katherine. Un rivolo di sudore scivola lungo il collo della donna e
Katherine stessa ha smesso di sperare di passare inosservata. Si è
andata ad infilare nella tana dei lupi e ora ne paga il fio.
***
“Brutta giornata,
amico?”
“Pessima,
Marcel...”
Il whisky non allevia
la mancanza. Ma cosa deve fare, saltare sul cavallo nero e rapirla?
Quelle cose non le fa più da... mesi, pensa sbattendo il
bicchiere vuoto sul bancone del bar. “Ancora.”
“Risollevati. I
miei ragazzi dicono che hanno una sorpresa per te.”
Un modo per eliminare
tutte le streghe dalla faccia della terra? Klaus occhieggia il
liquido biondo nel bicchierino, mentre Marcel ripone il cellulare
nella tasca posteriore dei jeans. “E' un bomba, amico. Una vera
bomba!”
Ma che ha da essere
tanto allegro? E perchè Kath è così testarda,
maledetta donna?!
“Non c'è
bisogno di spingere, cammino da sola!”
La scarica elettrica
gli attraversa la spina dorsale. Klaus si volta di scatto e il
vampiro nero annuisce, compiaciuto. “Tanti auguri di buon
compleanno, mio amato sire!”
“Non è il
mio compleanno.”
“Ah no? Che
diavolo, eppure mi sembrava...”
Un vampiro la spinge
avanti, Katherine accenna due passetti veloci per non cadere ma
inciampa sui piedi di un terzo (le ha fatto lo sgambetto,
maledizione!) e plana goffamente fra le braccia del festeggiato.
E' troppo sorpreso per
godersi il contatto. Klaus la allontana da se. “Che cosa ci fai
qui?”
“Turismo.”
I vampiri alle sue spalle stanno calcolando il divertimento che ne
potranno ricavare, se la chiacchierata con lui non andrà a
buon fine. Katherine sistema le maniche della giacchetta e sorride.
“La ricordavo più affabile, questa città.”
Che sia venuta per lui?
Possibile? “Turismo...”
“E' colpa del mio
analista. Ha l'assurda convinzione che tu faccia parte del processo
di guarigione” mugugna osservando l'incredulità passare
sui lineamenti del vampiro. “Rifiuta di prendere altri
appuntamenti, se prima non chiariamo alcuni punti.”
“Sei tornata
dall'analista?”
“Mi andava di
parlare con qualcuno che non mi interrompesse con stupidi giudizi e
facili soluzioni.” Katherine alza le spalle, sorridente. “Come
sta, la famiglia?”
Quando Klaus la guarda
in quel modo, tutte le cellule del suo corpo le urlano di fuggire. Lo
farebbe volentieri ma la riacciufferebbe dopo tre secondi.
“Kath, perché
sei qui?” insiste piantando gli occhi nei suoi.
“Mostra clemenza
per la vittima sacrificale costituita. La clemenza fa grandi gli
imperatori.”
Potrebbe avere almeno
la decenza di mostrare timore! La sua umanità la fa
risplendere come una perla in una miniera di carbone. Klaus si scopre
affamato come un tempo, quando doveva decidere se sacrificarla o
tenerla per se. Solo una sciocca si metterebbe nei guai di sua
spontanea volontà. Katherine è tutto fuorché
sciocca. E' così algida e ridicolmente indifesa, nel suo
vestitino estivo... “Cosa vuoi da me, donna?”
Katherine ha
riconosciuto i volti di quelli che ha fregato in passato. Sembra che
tutti i vampiri di New Orleans si stiano radunando per assistere
all'evento. Il loro rapporto di amore ed odio è leggendario.
“E'... privato.”
Una smorfia indurisce
la mascella di Klaus. Illudersi non gli è mai riuscito bene.
“Dopo di te.”
|
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Capitolo 12 *** Shabby chic ***
Una stanza d'albergo
fuori New Orleans. Katherine l'ha trovato su Tripadvisor. E'
stata stupida a recarsi fin lì, ma non così tanto da
alloggiare in città. Ha ancora gli sguardi affamati dei
vampiri addosso. Il Quartiere Francese è il posto peggiore per
parlare di affari privati. Bourbon Street, da dimenticare. Non
potevano conversare al parco, ne di fronte ad un caffè. Non
era sicuro.
“Che c'era di
tanto urgente da non poter attendere?”
Klaus non guarda la
donna ma il beauty case aperto, i gioielli sparsi sul ripiano,
la boccetta di profumo.
“Quando hai detto
'se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei', mentivi? Ti
fregava qualcosa di me o era solo per tenermi buona in vista del
sacrificio?”
Che va a tirare fuori?!
E' roba di mille anni fa! Una smorfia gli arriccia il viso. “Tu
cosa pensi?”
Katherine gira lo
sguardo tremolante sulla porta da cui filtra la luce del giorno.
L'aveva sempre saputo, ma non aveva voluto ascoltare quella voce.
“Perché
resti legata ai ricordi passati, invece di andare avanti?”
“Non lo so.”
Il vampiro si avvicina
alla finestra, strofinando una guancia. La guarda, lasciando ricadere
il braccio. “Che ti può succedere oltre quello che ti è
già successo?”
E' una buona
argomentazione. Katherine si sdraia sul letto, voltando sulla pancia.
“Sei stranamente saggio, oggi.”
“Le tue domande
sono terminate?”
“Sì. Ora
devo parlare con Elijah. Dove posso trovarlo?”
“Devi?”
“Fa parte della
terapia.”
“Odio il tuo
analista.”
Katherine punta il
mento sulle mani e dondola le gambe piegate. “Come va la vita
matrimoniale?”
Un'altra smorfia,
stavolta ironica. Klaus la raggiunge, assumendo la sua stessa posa. I
loro gomiti si sfiorano leggermente. “Ha preso sul serio il
ruolo di madre.”
“Non ti ho
chiesto se da la pappa al pupo...”
Civetta. Klaus
sogghigna, lusingato dalla sua gelosia. “Non dormiamo insieme.”
Katherine lo sbircia
curiosa, con un'altra domanda sulla punta della lingua.
Il suo sguardo è
un coltello acuminato che penetra lentamente nel fegato. Klaus si
volta, serio, serio. “Quando ci siamo incontrati mi hai
affascinato, ma non potevo permettermi di provare certi
sentimenti...”
“... ed io ho
sempre pensato che se tu avessi avuto un'immagine migliore di me,
forse saresti riuscito ad amarmi come ti amavo io...” Che
strana sensazione. E' come se il tempo si fosse fermato e le pareti
della stanza si fossero allontanate fino a scomparire all'orizzonte.
Katherine passa il dito sul ricamo della coperta, seguendo la voluta.
“Però non ha più importanza...”
“Mi hai
perdonato?”
Nessuna risposta va
bene. Katherine rotola sulla schiena e guarda il soffitto. “Io
voglio innamorarmi... voglio avere una famiglia e dei figli...”
“Nessuno te lo
impedirà, ma non restare a New Orleans per troppo tempo.”
Klaus si rimette a sedere, dandole la schiena. Troppo vulnerabile,
troppo esposta. Il suo cuore non batte più all'impazzata. E'
tranquilla, ora. Con Kath è sempre così. Ha bisogno di
tempo per fidarsi... per fidarsi di lui. “Marcel ha acquisito
potere durante la nostra assenza.”
“Chi è
Marcel?”
“L'hai visto al
bar.”
L'afroamericano?
Katherine si raddrizza a sua volta. “La strega al mercato aveva
paura dei vampiri. E' la prima volta che vedo succedere una cosa del
genere.”
“Hai portato la
verbena con te?”
“Parecchia.”
“Continua ad
assumerla, ma vattene alla svelta. Non restare qui, stanotte.”
Katherine non ha mai
visto Klaus così nervoso. Arrabbiato, frustrato, ma mai... “Se
vogliono uccidermi troveranno il modo” inizia accostandosi a
lui. “Hai paura che mi usino contro di te?”
“Ho paura che ti
usino per controllarmi.”
E' una frustata sulla
pelle nuda. Katherine trattiene il respiro ma il cuore fa una
capriola. “Nessuno controlla Klaus Mikealson...”
Klaus sogghigna,
sarcastico. Le sfiora il viso, trattenendo una ciocca di capelli. “Le
streghe hanno posto una protezione su Mikeal, chiunque privi ad
avvicinarsi a lui con cattive intenzioni, subisce l'ira della
Sorellanza...” sussurra guardandola negli occhi. “Tu sei
vulnerabile.”
Le labbra di Katherine
si socchiudono piano piano. Quando afferma di amarla, non gli da
alcun peso. Ma ora... Katherine si avvicina al vampiro che a sua
volta gira il busto verso di lei. Gli crede. Gli crede per la prima
volta nella sua vita. La donna annuisce, consapevole del rischio.
“Non dovevi
venire qui, non dovevi esporti in prima persona! Sei umana, ora. Il
tuo sangue è come il richiamo delle sirene, non dovevi...”
Katherine chiude gli
occhi e lo bacia. Viene attraversata da un fremito piacevole che non
sente da troppo tempo. La sua presenza si fa vicina, la invade, la
inebria di profumo. Le dita di Klaus si infilano sotto i capelli, il
cuore ha un sussulto. Il corpo è caldo, saldo e robusto sotto
il suo. Il sole sta tramontando lentamente e dipinge la stanza di una
calda tonalità aranciata. E' languidamente abbracciata al
vampiro, quando riprende conoscenza. Klaus continua a deporle piccoli
baci sul viso ma il vestito è salito sulle gambe e la sua mano
sta accarezzando il fianco nudo. La lingua del vampiro scivola lungo
la vena del collo e a Katherine sembra che manchi l'ossigeno. “Non
mordermi... sono piena di verbena...” Il vestito si abbassa
sulle spalle e poi sul seno. La strada scelta da Klaus tocca tanti
punti sensibili. Le gira la testa. “Nik...”
“Ti voglio...”
Katherine prova per la
prima volta l'assurda vergogna della vergine concupita da un uomo. Ha
avuto così tanti amanti da aver perso il conto. Uno in più
cosa cambia?
“Fa l'amore con
me...”
Katherine stringe le
dita attorno ai suoi vestiti. Klaus le accarezza le mani fino a
sciogliere la presa. Intreccia le dita con le sue e le porta ai lati
della testa. “Fa l'amore con me...”
***
“Ma chi è
il più bello del mondo?! Chi è?!”
E' orribile da vedere e
ancora più da ascoltare, ma Elijah è contento che
Rebekah abbia deposto le armi e accettato di conoscere il nipote.
“Ti mangio, ti
mangio!”
Il piccoletto urla e
ride, mentre Rebekah gli fa il solletico.
“Cosa fa un
esserino così delizioso a essere figlio di Klaus?”
esclama mentre Mikeal scappa a prendere un giocattolo e lo mostra con
orgoglio. “E' già rubacuori! Il mio se l'è
preso... vero che sei un rubacuori, mh? Che tesoro sei, ma quanti
mesi hai?”
Elijah sogghigna ai
mugolii sconclusionati della sorella. Era quello che sperava quando
ha fatto il discorsetto a Klaus sulla famiglia. Ha sacrificato il
rapporto con Katherine per recuperare la sua umanità persa
nelle spire del tempo. Forse riesce a farsi perdonare. Magari col
tempo... a loro il tempo non manca di certo!
“E' adorabile.”
“Anche tu eri
adorabile. Poi sei cresciuta.” Elijah apre il giornale e lo
spiega di fronte a se. Un sorrisetto gli incurva le labbra.
“Mi viene voglia
di averne uno!”
“Come, prego?!”
“Papa!”
Mikeal trotterella oltre la zona di guardia e si ferma in mezzo al
salotto. Indica la porta e li guarda, in attesa.
Rebekah lo raggiunge in
due falcate. “Che c'è tesoro, che cosa hai visto?”
“Papa...”
“Papà è
uscito ma tornerà fra poco. Giochiamo un po' con
l'orsacchiotto, mh?”
Mikeal la guarda con i
suoi grandi occhioni azzurri e corre avanti.
“Ma ha
l'autorizzazione ad uscire?”
Quando arriverà
alla maniglia, forse.
***
Katherine fa la conta
delle persone indesiderate che dovrà rivedere e spera di
essere abbastanza forte da non mostrare fuori come si sente dentro:
felice, eccitata, su di giri. Avrebbe accettato la proposta di Klaus
se non l'avesse resa tanto nervosa da paralizzarla. E' solo
rimandato, pensa fermandosi dietro il vampiro che la sbircia con la
coda dell'occhio.
“Pronta?”
Katherine annuisce e
quando il portone si spalanca, conta fino a tre, inspira e si getta
nella tana del drago. La prima personcina che non gradisce vedere è
appena corsa ad abbracciare le ginocchia del padre. Mikeal è
genuinamente contento di vederla e continua a strillare e a tenderle
le braccine per farsi prendere. O forse vuole tirarle i capelli, non
ne ha la certezza. La seconda persona che ha il dispiacere di
incontrare è Rebekah. A quanto pare, neppure Klaus sapeva
della sua visita. Lui non commenta e Katherine si riserva di fare
altrettanto. L'ultima è la più difficile da salutare.
Katherine inghiotte il ciao e muove solo le labbra. Elijah è
più stupito e pallido di lei.
“Bekah, prendi la
giacca e andiamo a fare una passeggiata. Ho promesso a Mikeal un
gelato.”
Alla vampira non piace
che la donna sia di nuovo lì, a stretto contatto con i suoi
fratelli. Non ha mai scelto e ha sempre giocato con entrambi. “Allora
è vero quel che si dice in giro. Sei tornata umana.”
C'è troppa
violenza nelle sue parole. Certe cose non andrebbero dette a voce
così alta. “Invidiosa?”
Klaus è lesto a
porsi fra le due. Tiene in braccio il figlio che continua ad agitarsi
per farsi notare da Katherine che, a sua volta, lo sta
deliberatamente ignorando. “Parlate, noi andiamo a fare un
giro.”
Katherine occhieggia il
piccolo che insiste a chiamarla 'mamma' e non capisce perché
lei non voglia ricambiare il suo amore. Sospira e bisbiglia il nome
bel vampiro. “Nik, aspetta...”
Gli ha messo i brividi
addosso. Klaus si volta, seguito da un disperato Mikeal sull'orlo
delle lacrime.
Rebekah è
rimasta senza parole.
Quando le si aggrappa
addosso, Katherine ha un cedimento interno. I punti di sutura che ha
messo al cuore saltano uno ad uno, lasciandolo sanguinare. Katherine
lo stringe contro di se, bisbigliando cose sciocche che il bimbo non
può capire e lo culla un po', come avrebbe fatto se fosse
stato davvero suo. Lo nota, il silenzio opprimente che è
calato nella stanza. Non ha modo di evitarlo. La testina riccioluta
le accarezza la guancia. Si è calmato, ma i pugnetti stringono
le ciocche di capelli con forza. Katherine gli accarezza la schiena.
“Possiamo portarlo io ed Elijah a prendere il gelato...”
Klaus è
paralizzato. Impiega parecchio tempo a rispondere e quasi non
riconosce la propria voce. “Se... è d'accordo...”
Elijah è bianco
come un cencio. Annuisce, muovendo rigidamente la testa. Rebekah
saetta lo sguardo sue due fratelli e alza gli occhi al cielo. Umana o
vampira, quella sciacquetta li imbambola sempre! “Io me ne
vado!”
Klaus trasale quando la
porta d'ingresso sbatte fragorosamente. Lancia uno sguardo disperato
al fratello e di seguito al bambino, per giungere negli occhi di
Katherine colmo di un sentimento che non ha mai visto. Non nei suoi
occhi. Indica la porta e in due falcate è fuori.
La tensione si allenta
quando un refolo d'aria fresca le accarezza le gambe. Katherine siede
goffamente sulla poltrona tenendo il bimbo sulle gambe. Ne ammira i
riccioli dorati e sorride tenera quando incontra gli occhioni del
piccolo. Mikeal si divincola e scivola a terra, sul tappeto, nel suo
regno fatto di giocattoli. Katherine risistema l'orlo del vestitino.
“Allora? Come diavolo stai?”
Elijah apre bocca e la
richiude. Sposta un giocattolo e si siede davanti a lei, sulla
poltrona del fratello. “Quando...”
“Alla consegna
dei diplomi. Elena ha usato tutte le armi a sua disposizione. E'
stata scaltra. E veloce.”
“E' successo mesi
fa!”
Katherine fa spallucce.
“Perché
non me l'hai detto?”
L'abbandona per
dedicarsi ad un'altra donna e pretende di essere messo al
corrente di ciò che succede nella sua vita?! Lo sguardo di
Katherine si fa lugubre. “Eri indaffarato.”
“Un modo elegante
per dire che non ti ho prestato attenzione.”
Un modo come un altro
per non dire che l'aveva scaricata. “Ho sempre contato
su me stessa e sono sempre sopravvissuta. Cristo, sembra di stare in
una bomboniera...” bofonchia guardandosi attorno con una
smorfia. “Cos'è, uno shabby chic?”
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Capitolo 13 *** Magnolia ***
Annaterra:
povera Kath, dall'attico alla cantina... tutte passiamo dei momenti
no e lei è nel suo momento no. Per fortuna, è una
sensazione destinata a durare poco. MOLTO poco.
“Tu non sei
normale.”
Il gelato cade sulla
maglietta di Klaus nel momento in cui il vampiro si distrae, attratto
da un pallone colorato che rotola nella sua direzione. Un bambino
poco più grande di Mikeal sta correndo verso di lui. Klaus
sospinge piano il pallone indietro, il bimbo lo raccoglie e fugge
via. “Ora sono colpevole di cosa, vostro onore?” borbotta
tirando via con perizia la goccia di cioccolato.
Rebekah affonda il
cucchiaino colorato nella poltiglia e lo ficca in bocca. “E'
palese che tieni ancora a lei me la lanci fra le braccia di Elijah!”
“Nessuno lancia
niente. Avevano bisogno di parlare, quei due.”
“Sì,
vabbè...” soffia pestando l'erba rada del parco con uno
stivaletto. “E' una troietta, ma non è stupida. Non ti
infili in un covo di vampiri senza ragione.”
“Trasuda verbena,
chi la morderebbe?”
“Ma che avrà
per farvi impazzire tutti...”
Deve essere una cosa di
famiglia. Anche Mikeal è impazzito per lei. Klaus siede sulla
panchina di legno, spaziando il parco giochi. Non sapere cosa stanno
dicendo, lo rende nervoso.
Rebekah finisce il
coppetta con gran disappunto, adocchia il cono quasi integro e lo
guarda. “Lo finisci?”
“Ti fa male al
pancino.”
“Cretino. Mikeal
si è già trasformato?”
“No.”
“E quando pensi
accadrà?”
“Non lo so.”
Perché fanno tutti le stesse domande?
“Hai abbassato la
guardia. Sei schifosamente tenero col mocciosetto.”
Lui, eh?!
“Che cosa farai
se sceglierà Elijah?”
L'ha trascinato su un
terreno pericoloso per infliggergli il colpo di grazia?
***
“Un altro.”
Katherine è
tornata al bar, si è seduta al bancone e ha ordinato da bere.
Sente i vampiri agitarsi alle sue spalle. Non si aspettavano tutta
quella faccia tosta... ed Elijah non l'ha presa per niente bene:
Hayley è arrivata giusto in tempo per impedire lo
smembramento. “Lascia tutta la bottiglia.”
L'uomo la squadra
dall'alto in basso ma obbedisce. E' pur sempre una cliente e nessuno
l'ha etichettata come ospite indesiderata. Non ha ricevuto ordini in
merito, ma il messaggio ha raggiunto chi di dovere ed è
rimbalzato fino a Klaus che ha coperto la distanza in un minuto
netto.
Quando sente la sedia
spostarsi, Katherine riempie il bicchierino e glielo piazza sotto il
muso. “Brindiamo.”
“A cosa?”
Katherine fa finta di
leggere l'etichetta del bourbon. Non sa come dirgli che...
“Non funzionerà,
sei piena di verbena. Non te la salvo la vita se provi ad
ammazzarti.” Katherine sbatte la bottiglia sul tavolo e si
appoggia sui gomiti. “Voglio solo finirla una volta per tutte!”
“Ok...”
“Non trattarmi
come se fossi stupida!” esclama, voltandosi.
“Ok.”
Katherine lo fissa
seria seria per qualche secondo, poi torna al suo bicchiere. “Sei
già passato per casa?”
“No, sono venuto
dritto qui a salvarti la buccia.”
Ah... quindi non sa
niente. Katherine giocherella con il sottobicchiere bagnato e sporge
la labbra. “Non sono più gradita ad un fratello
Mikealson.”
“E chi se ne
frega?” Klaus solleva le spalle e un enorme senso di sollievo
lo pervade. “Avete litigato?”
“Non sono affari
tuoi” soffia, evitando il suo sguardo. “Elijah sa fare
davvero paura.”
“Eh sì...
è spaventoso...”
“Tu non hai mai
visto tuo fratello arrabbiato, vero?”
Mah... qualcosina. “Ora
te ne va, vero?”
Katherine lo fulmina
con un'occhiataccia e Klaus capisce che ha frainteso la domanda. Non
fa in tempo a rettificare il tono leggero che la donna ha già
infilato la porta. Il vampiro attende i canonici dieci secondi,
sospira e tira indietro lo sgabello, uscendo in strada. Cerca di
individuarla fra la folla, inutilmente. Pazienza, sa dove trovarla.
L'indirizzo non l'ha scordato.
***
Il colpo – o
qualsiasi cosa sia stato – l'ha rintronata. Katherine massaggia
la nuca irradiata di dolore e si solleva lentamente a sedere. Lampi
bianchi passano davanti agli occhi e per una buona decina di minuti
ha difficoltà di messa a fuoco. Poi le ombre si distendono e
assumono i normali contorni di una stanza sconosciuta. Il cuore si
blocca in gola. Tornare in piedi è difficoltoso e doloroso,
Katherine arranca fino alla porta, cercando il cellulare al tempo
stesso. Le hanno tolto tutto. Maledizione!
“Buongiorno,
dolcezza!”
A parte il fatto che è
notte, Katherine capisce di due cose: Klaus aveva ragione. Ora è
fottuta. “E ora?”
Nessuna tragedia, solo
una domanda. Marcel è sorridente ma un po' sorpreso. Sono rari
i vampiri che dimostrano tutta quella sfacciataggine. Un tratto
distintivo di Katherine Pierce.
L'afroamericano avanza
nella stanza, Katherine non si sposta di un millimetro. Se vuole
ucciderla, è inutile fuggire. Se vuole morderla, avrà
una bella sorpresa.
“Immagino che
Klaus ti avrà avvertito della piccola faida che si è
creata nella nostra famiglia...”
“Tu non fai parte
della famiglia Mikealson” sibila, indurendo la voce. “Ti
sbagli di grosso se pensi che lui o Elijah abbiano interesse per me!”
Marcel scoppia a ridere
e i denti bianchi balenano sulla pelle scura, illuminandola. La mente
di Katherine lavora a pieno ritmo per trovare un modo per fuggire.
Non funziona più il trucco della seduzione. “Sprechi il
tuo tempo tenendomi qui... e poi me ne stavo andando. Non farò
ritorno mai più.”
“Rimanda di
qualche giorno. Voglio mostrarti le meraviglie di New Orleans!”
“La conosco da
cima a fondo, Klaus me l'ha mostrata molto bene a suo tempo.”
“Questa è
una bugia.”
Da cosa l'ha capito?
Dal battito del cuore che la sta soffocando, dal tremore della voce?
Dal suo sguardo sfuggente? Katherine odia essere così debole.
“Sì, è una bugia. Non ho voglia di restare qui.
Non mi piace il frastuono, la folla e...”
“E a me non piace
che Klaus torni dopo cento anni e pretenda di comandare la mia
città e la mia gente.”
Marcel ha parlato a
bassa voce, ma il modo in cui la guarda non lascia spazio a dubbi:
lei è il suo salvacondotto.
“Nik fa quel che
gli pare. Sempre.”
“Non nella mia
città.”
Il nero alza le
sopracciglia, divertito. Katherine ne ha abbastanza. “Perché
non la risolvete da uomini e non la fate finita?! Io ne ho abbastanza
e voglio tornare a casa!”
Sfacciata, impudente e
anche un po' stupida. “Abbassa il tono, ragazza.”
“Abbassalo tu!”
Non la ucciderà, se deve usarla per tenere buono Klaus. Può
permettersi di dire tutto quel che le passa per la mente! Katherine
solleva il mento, caparbia. “La prossima mossa quale sarà,
grand'uomo? Uccidermi di fronte a lui?”
***
“E' Katherine
Pierce! Lei fa sempre quel che vuole, lo sai!”
Come difesa è
debole e mal argomentata. Elijah ha accettato di bere insieme ma ciò
non significa essere amichevole.
“... poi ha
mollato anche me.”
E quello dovrebbe
consolarlo? Elijah si adombra. E' sempre stato Klaus. Sempre. Non c'è
mai stato spazio per lui. Il vampiro posa il bicchierino ancora pieno
sul bancone, afferra il fratello per la maglietta e gli assesta un
sonoro pugno che lo manda dritto a terra.
Ha fatto male. Klaus
soffia fra i denti, assaporando un po' di sangue. “Litigare con
me non servirà a farla tornare...” sibila puntando una
mano sul pavimento di legno. “Non dovrebbe essere una novità
che sono le donne...
“Sta zitto”
ringhia chiudendogli la bocca e tornando alla sua ordinazione. “Il
suono della tua voce mi irrita!”
Klaus raddrizza lo
sgabello e ordina un altro giro, stuzzicando il dente che sente
dondolare. Sarà a posto in meno di un minuto. “Posso
dire solo una cosa e poi tacerò per sempre?”
“Un'altra
promessa che non manterrai.”
“Mi sono
comportato lealmente con te.”
Il buffo è che a
questo ci crede. Non si sono mai rubate le ragazze. E' stata colpa
sua, se l'ha mollato. L'ha messa in secondo piano, non c'era nel
momento del bisogno. Ma non poteva immaginarlo, altrimenti...
Ti auguro di essere
felice in questa nuova vita.
Sai meglio di me che
la felicità è un concetto sconosciuto alla famiglia
Petrova. Me la caverò, in un modo o nell'altro.
La sua affermazione
conteneva un accento sarcastico che Katherine aveva volutamente
ignorato. Ora se ne vergogna un po'. “Dove vai?”
“A casa, a
mettere a letto il piccolo.”
E' ridicolo quando si
atteggia a padre premuroso. “Mrgh...”
Klaus esita,
sbirciandolo di sottecchi. Sta valutando il suo grado di colpa nella
faccenda e sta decidendo o meno di perdonarlo. “Ma se vuoi
colpirmi di nuovo, resto'” sussurra invitante.
***
Eh, quello non lo
facevano da un bel po'. Esattamente da quando avevano diciotto anni
ed ignoravano quel che sarebbe successo dopo. La rissa l'hanno
spostata in strada e quando è finita, si sono rifugiati
all'interno del bar per una bevuta rappacificante. Rebekah diceva
sempre che avevano uno strano modo di rinsaldare i legami fraterni.
Ma lei è una femmina, che ne vuole sapere di certe cose...
“Un Old
Fashioned.”
Hayley guadagna uno
sgabello libero, incrocia le gambe nude e fa un cenno al barista.
Klaus la scruta velocemente, seminascosta dalla presenza del
fratello. Hayley sceglie sempre di ignorarlo e mantiene le distanze
in qualsiasi occasione.
La lupa apre la
borsetta e tira fuori un fazzoletto che passa ad Elijah. Il vampiro
la ringrazia sottovoce, pulisce il sangue uscito dal naso e torna a
rinchiudersi nel suo mutismo.
Hayley ha una leggera
preferenza per il fratello meno chiassoso, troppo leggera per essere
interesse ma quella mossa non passa inosservata agli occhi di Klaus
che sogghigna, divertito. Si infila al bagno per darsi una sistemata
e quando torna nel locale, Marcel ha fatto il suo ingresso. Sente la
cricca del vampiro acclamarlo nemmeno fosse il Presidente in persona.
Nessuno ha mai reagito così in sua presenza. Klaus lo ignora,
anche se viene dritto verso di lui. Si blocca solo quando sente
l'odore di magnolia. Gli occhioni di Hayley balenano stupiti nei
suoi, il fratello esce dal coma indotto e si volta a guardare
l'ingresso del locale. Quel posto è solo loro, è
escluso dai giri turistici e gli unici umani che vi bazzicano sono
quelli invitati 'a cena'. Perciò non è sorprendente che
trovi Katherine fra loro. E' sorprendente che Marcel abbia l'ardire
di sbandierargliela sotto il naso come un trofeo di guerra!
|
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Capitolo 14 *** Di famiglia ***
Annaterra:
sto seguendo il filone degli Originals (di gran lunga superiore a
TVD, a mio avviso), d'ora in avanti la storia si svolgerà
tutta a New Orleans. Kath, a differenza di Elena, si mette nei guai
ma si salva da sola e i fratelli M sono ben lontani dai fratelli S,
per nostra fortuna! ;) Ho cambiato l'intro per dare una visione
globale della storia. Buona lettura!
Katherine POV
L'ira mi annebbia,
rendendo difficile tenere chiusa la bocca. L'adrenalina si riversa
nel sangue e mi mantiene attiva e vigile. Mi sta mostrando
agli altri come se fosse roba sua, il bastardo. Come se fossi
un fottuto trofeo di guerra! Non ho alcuna arma con me, non posso
difendermi e non posso neppure replicare il giochetto che ho fatto
con Rose a suo tempo. Ora che ho assunto la cura per l'immortalità,
non sono certa di tornare indietro e sono piena di verbena,
fattore che rende nullo qualsiasi tentativo di salvarmi
somministrandomi il sangue di vampiro. Mfp! Già! Non
c'è nessuno, in questa città, disposto a lacerarsi una
vena per me. Neppure Klaus. Neppure dopo tutte le sue belle parole e
i giuramenti di amore eterno! Solo stata così stupida da
lasciarmi imbambolare da lui e dal moccioso e ho abbassato la
guardia. Nessun problema, resisterò. Manterrò il
profilo basso e condiscendente. Farò quello che ho sempre
fatto con Klaus: ignorerò Marcel e scapperò alla prima
occasione. C'è parecchia gente nel locale, ma solo alcune sono
marchiate con un timbro nero. Sono destinati alla cena e prima
o poi, toccherà anche a me.
“Angelo, per me
il solito. Tu cosa prendi?”
“Una tisana alle
erbe.”
Non è uno
scherzo, è esattamente quello che mi andrebbe in questo
momento. Insieme ad un antidolorifico, penso massaggiando il
collo dolorante. “Uno scotch...”
Marcel sorride, infila
due dita nella tasca del giubbotto ed estrae un sacchetto di verbena.
Devono aver frugato nei bagagli – anche nelle tasche segrete,
maledizione! - per trovarla.
“Certa roba è
illegale, nel mio quartiere” mormora gettando il
sacchetto al barista che si affretta a farlo sparire dietro il
bancone.
Seguo il volo delle
erbe magiche salvavita con un moto di disappunto, il mio sguardo
finisce nelle due pozze castane di Hayley che voltano su Elijah,
immobile come una statua di pietra, ed infine su Klaus, che sta
osservando tutto con un'espressione indecifrabile.
“La lascio vivere
per riguardo alla nostra amicizia.”
Marcel mi spinge
avanti, come se fossi una bamboletta, atterro su uno sgabello vuoto
vicino Hayley, Elijah mi sposta la bottiglia davanti e si
disinteressa completamente della faccenda. Quando il vampiro si
allontana, una lama arrugginita mi pungola sotto le costole,
riattivando le gambe. Devo fuggire, fuggire, fuggire...
“Dove vai, resta
qui.”
Esco dalla trance
salvavita che mi ha guidata per cinquecento anni e lo guardo. Sta
scherzando?!
“Fa quello che ti
dico, senza fare storie e senza fare di testa tua. Muovi un altro
passo e diventerai la cena di qualcuno.”
“Sono piena di
verbena.”
“Per ventiquattro
ore” mi ricorda Elijah, voltando piano la testa e ridendo sotto
i baffi. “Fra ventiquattro ore ti ritroverai in ginocchio ad
abbaiare alla luna, se te lo chiederanno.”
“E scommetto che
tu sai lì a goderti la scena” sussurro, provocatoria.
“Dovevo fare quella telefonata...”
“Dovevi confidare
in me.”
Piantala con la
gelosia, ho cose più importanti di cui occuparmi. La mia mente
sta lavorando a vuoto, tutti gli scenari crollano inesorabilmente
quando il fattore 'umanità' si mette di mezzo. Sbircio alle
mie spalle e una scarica di paura mi attraversa il corpo. Devo
calmarmi, il battito del cuore è come un richiamo sottomarino
per vampiri. Cazzo, eccoli lì... sono tutti lì...
stanno solo aspettando lo schiocco di dita del loro padrone per...
“Calmati.”
“Gli resterò
in gola, a questo bastardi...” sussurro e il tocco deciso di
Klaus mi fa uscire dallo stato di intontimento e paura. Abbasso lo
sguardo sul bancone pieno di bicchierini sporchi. “Me ne andrò,
ma ne porterò via un bel po'...”
“Kath, sei una di
famiglia. Nessuno ti toccherà.”
Di famiglia?! Li
guardo, uno alla volta. Persino Elijah annuisce debolmente e mi
sfiora la spalla.
Beh... resto di sale...
cinquecento anni di rapporto amore/odio che si trasforma in affetto.
Curioso, penso sedendo compostamente al bancone. Dovrei offrigli da
bere, ora?
***
Li sento parlare fra le
nebbie del sonno e dello scotch. Tengo gli occhi socchiusi e il mento
puntato sui palmi delle mani, immobile sullo sgabello per non perdere
l'equilibrio. Non ho più la resistenza di un tempo. E' passata
solo un'ora – a quanto dice il barista carino che ha continuato
a lanciarmi occhiate per tutto il tempo – ma ho percepito lo
scorrere del singolo minuto. Devo andare in bagno. Atterro malamente
sui tacchi. Hayley muove un passo verso di me, ma ci ripensa. Perché
non è casa a badare al piccolo? “Per controllare un
uomo... si deve controllare ciò che gli è più
caro...” biascico. Ehi, ci ho dato dentro con l'alcool e non me
ne sono accorta. “Il moccioso...”
“Sta dormendo.
C'è la babysitter con lui.”
“Già...”
sghignazzo. “La babysitter...”
Elijah fa una smorfia,
ma il dubbio gli distende i lineamenti. Scambia un'occhiata con
Hayley che sta già imboccando la via contraria, mi ordina di
non muovermi e le corre dietro. Un'altra volta. Cristo, non riesce
proprio a staccarsi da quella gonnella! Barcollo fino alla toilette,
lo specchio mi rimanda una brutta immagine che stento a riconoscere e
fra l'alcool e il sonno, ho solo voglia di chiudere gli occhi e
abbandonarmi alle tenebre. Klaus si è unito a Marcel. Sono
strani, gli uomini. Un momento prima sono lì a piantarsi i
denti nel collo, e un momento dopo sono di nuovo amici. Stanno
facendo i cascamorti con una biondina dall'aria posata che non sembra
intenzionata a cascarci per niente. Sono stordita ma mi
accorgo che il banchetto è cominciato. Nessun umano
viene prosciugato interamente. Si prendono un poco di sangue e poi li
guariscono, mesmerizzandoli. Ordino un bicchiere d'acqua e il barista
mi guarda di traverso. Impicciati dei tuoi affari! Se vomito,
elimino anche parte della verbena che ho ingerito la mattina. Se non
ne assumo altra entro ventiquattrore, resterò scoperta.
“Che ne dici di
pagare il conto, bella mia?”
Bella mia. “E
quanto sarebbe?”
“Sarebbe un
bacio.”
Bella mia?
“O anche due. In
effetti tre è il numero perfetto, ma a tentare la sorte...”
“... si rischia
la morte” concludo, in punta di labbra. E' quell'Angelo?!
Quello che ho conosciuto in Italia?
Il barista posa la mano
sulla borsetta e la fa cadere dalla sua parte. A differenza di Klaus
che preferisce eliminare le sue amanti, io li abbandono con un bel
ricordo e le saccocce piene. E' per questo che la fortuna gira sempre
dalla mia parte. Ci so fare... e a quanto ricordo, quell'Angelo è
pieno di fuoco...
***
“Ma che stanno
facendo quei due?”
Klaus risucchia una
guancia, ignorando la richiesta curiosa di Camille. I vampiri di
Marcel sono poco discreti e sebbene il tavolo sia discosto e la
visuale alla donna offuscata dalla presenza dei due uomini, un certo
movimento è stato notato lo stesso. Come lui ha notato il
flirt che Katherine ha instaurato con il barista dall'aria italiana.
Rivuole la verbena, pensa sogghignando sotto i baffi. Kath è
capace di tutto, anche di portarselo a letto. Il pensiero lo
infastidisce, tira indietro la sedia con stizza. Ha fatto il terzo
incomodo per un tempo sufficiente a capire l'interesse del vampiro.
Ora deve pensare ai propri affari. “Un altro giro, Camille?”
“Sono a posto,
grazie.”
“Marcel?”
Un gesto vago. E'
assorbito dalla donna e non lo vuole fra i piedi. Molto bene,
pensa adocchiando la chioma riccioluta di Katherine e il suo
bicchiere d'acqua.
Katherine lo sente
ancora prima che la tocchi. Immediatamente dimentica il barista e la
verbena nella borsetta, trattiene il fiato e alza il mento,
socchiudendo le labbra. “Portami a letto, sto crollando dal
sonno...”
Ah, ecco. Per un
momento si era illuso. “Sei ospite di Marcel, non posso
portarti via senza il suo consenso.”
“Allora guarderà”
sussurra agguantandolo per la camicia e rimettendosi in piedi.
“Guarderanno tutti.”
Klaus POV
Le sue labbra sono
piene, calde e gonfie. Sanno di liquore ed incitano a mordere.
Percorro tutta la schiena e mi fermo sulle natiche. Afferro, stringo
ed individuo elastici e tessuti impalpabili sotto i jeans aderenti.
Dov'è finito il ridicolo vestitino estivo tanto comodo da
sollevare?
“Ehi ehi ehi!
Questo è un locale rispettabile!”
Marcel ci raggiunge,
sorridente come se avesse vinto la lotteria. Mi stacco a fatica della
mantide religiosa, scocciato per l'interruzione ed eccitato come un
caimano in calore. Katherine reagisce come una ragazzina sorpresa
dalla madre col più fico della scuola. Non è una novità
che fatico a comprenderla. La trattengo contro di me, quando cerca di
allontanarsi. I muscoli si induriscono uno ad uno. Non mi vuole più.
“Aspettami qui.”
“Non ci penso
proprio!” sussurra con sguardo lucido e bramoso.
E' talmente bella che
non mi trattengo. Infilo le dita fra i suoi capelli e li stringo alla
base della nuca. “Fa quel che ti dico.”
“Voglio andare a
casa” sibila, implacabile. “Me ne posso andare, vero
paparino?”
Marcel la ignora, ha
capito come trattarla. Quando mi fa un cenno col pollice, abbandono
Katherine al suo assurdo malumore. Mi arrendo, faccia quel che vuole
della sua vita. Che si faccia pure ammazzare!
“Te la fa
sospirare, eh?”
Eh. Sollevo le spalle
ma la mia espressione parla chiara.
“Dai, portatela
via. Il piano superiore è libero. ”
Marcel allunga lo
sguardo verso il tavolo. Camille è ancora seduta. Capisco la
sua urgenza di tornare da lei. E' una conversazione piacevole,
Camille. Equilibrata. Tutto il contrario della pazzoide che mi sta
aspettando al bancone! Quando mi vede, alza gli occhi al cielo. Le
darei io un buon motivo per alzarli!
“Non ho potuto
trattenermi!”
“Tu non ti
trattieni mai” sibilo prendendola per la vita. L'urto del suo
corpo mi eccita nuovamente. Katherine fa una smorfia. Non sono per
niente delicato, no. Non se lo merita. “Il piano è
cambiato. Resterai ospite di Marcel.”
“Avevi un piano?”
“Io ho sempre
un piano. Siete voi che li fate saltare!”
“Sentiamo questo
favoloso piano.”
“Ormai è
andata, ringrazia solo la tua linguaccia.” La costringo a
camminare verso le scale che conducono al piano superiore e non la
mollo un istante.
“Non è
l'uscita questa” mormora guardandosi attorno. “Dove
stiamo andando?”
“Nei miei
appartamenti privati.” La ignoro, salgo i gradini a due a due,
ansioso di togliermi dalla folla. Scommetto che non ha mai smesso di
pensare a come svignarsela.
Katherine POV
Il corridoio su cui si
affaccia la porta tagliafuoco è costellato di quadri. Klaus si
dirige con scioltezza verso l'ultima porta sul fondo. All'interno,
non noto niente di speciale, solo un enorme pouf quadrato e
solido in tono con il divano angolato della stanza. La finestra è
chiusa. La apro e mi affaccio, decidendo per un'altezza impossibile
da superare per il corpo umano. Non ci sono neppure le scale
antincendio. Merda! penso, richiudendola con un tonfo che
lacera il silenzio. Klaus sta scrivendo sul cellulare. Mi mostra il
messaggio senza proferire verbo.
'Dov'è
Elijah?'
Microspie, eh? Cancello
e scrivo. 'E' andata a casa con Hayley. Controllo babysitter'.
'La babysitter è
una delle streghe'
'Ti fidi di lei?'
'Mi sono mai fidato
di qualcuno?'
Mai fidarsi delle
streghe. Fisso l'enorme divano, individuo i piedini, decido ad occhio
e croce una robusta solidità e mi muovo verso la camera da
letto. Al suo interno trovo un baldacchino enorme, seta e damasco,
trofei di caccia e... oh dio... è la riproduzione quasi esatta
della camera del castello, manca solo il camino...
“... solo il
camino. Vero?”
Il suo respiro mi sta
sfiorando l'orecchio, inghiotto la saliva e la lingua e mi aggrappo
allo stipite.
Klaus torna a scrivere,
ma la smorfia non lascia presagire nulla di buono.
'Questo posto è
mio. Il locale, la casa di Marcel. E' tutta roba mia.'
E non ha un'uscita
segreta, lo sciocco? La porta si chiude alle mie spalle e gli ultimi
rumori del locale vengono annullati del tutto. Sento solo il battito
del cuore e il respiro affannoso.
Klaus mi sfiora.
Sussulto.
“Che ti succede?
Hai bevuto troppo?”
Succede che non ho modo
di difendermi. O di fuggire. Avevo un piano, fino a due minuti fa.
Avrei usato le lenzuola per calarmi dalla finestra e sarei fuggita il
più lontano possibile. Non sarei tornata mai più a New
Orleans... ed ora... questo...
'Devo restare almeno
un paio d'ore. Marcel crede che ci stiamo dando da fare e non posso
deludere le aspettative del mio 'amico'.'
E' ben condito di
sarcasmo, quel messaggio. Annuisco, sentendomi più che mai nei
guai. 'Io non resto qui'.
Klaus mi studia, mentre
strappo le lenzuola dal letto e le lego insieme.
'Come fai con la
gente là fuori?'
'Sono piena di
verbena, non mi morderanno.' Come si faceva quel maledetto nodo
marinaro? Ah, sì... “Resti a guardare o mi dai una
mano?”
'Te la sto dando,
una mano. Sto impedendo che Marcel ti uccida, costringendomi a
cavargli il cuore dal petto.'
Che cosa tenera da dire
ad una ragazza. 'Non devi preoccuparti per me. Ho cinquecento anni
di fughe disperate sulle spalle.'
Klaus abbozza la
risposta, gettando il cellulare sul letto. “Ti saresti portata
a letto il barista pur di riprenderti la verbena?”
Infilo le dita nella
tasca posteriore e gli lancio il sacchetto. “Già fatto.”
“Ed io che
credevo di doverti aiutare ad uscirne. Come hai fatto?”
“Mi sono portato
a letto il barista. Non sono una sprovveduta, ho le mie conoscenze.”
“Pura fortuna.”
“Ho creato una
rete di salvataggio per sfuggirti, non sarà un vampiro fico e
culturista a fermarmi.”
“Ma ora sei
umana...”
“... e piena di
verbena.”
“E' l'unica cosa
che ti salva in questo momento.” Klaus mi gira intorno, lento,
sfiorandomi con piccoli tocchi che mi accendono tutta. La sua voce è
insinuante e invogliante. “Lo trovi fico?”
Non è proprio il
momento, tesoro. “Ha il suo fascino. Deve essere un maschione a
letto.”
“Devo chiedergli
di raggiungerci?”
Stringo bene il nodo
principale. “Molto spiritoso.”
“Hai iniziato
tu.”
“Sai cosa credo?”
borbotto dirigendosi in salotto “Credo che tu sia invidioso.
Lui è riuscito dove tu hai fallito. Non ti fa un po'
incazzare?”
Klaus passa dalla
tranquilla eccitazione alla furia pura. Ho toccato un brutto tasto.
Mi affretto a completare il cappio e spero che tenga nella discesa. E
che Klaus non mi raggiunga prima. Gli strizzo l'occhio, avvicinandomi
alla finestra aperta. “Ci si vede, cuoricino.”
“Non reggerà.
Ti ammazzerai ed io non potrò aiutarti.”
Guardo di sotto. Cazzo
se è alto... “A tentare la sorte non si rischia sempre
la morte.”
“Sacrosanto, ma
non dormi da ventiquattro ore, sei ubriaca e non ti reggi in piedi.
Le sferzate di adrenalina non durano mai a lungo.”
Se mi fermo, desidero
solo dormire. O morire. Un vero dilemma shakespeariano. “Hai un
piano?”
“Più di
uno.”
“Il primo cosa
prevede?”
“Rifai il letto e
vattene a dormire.”
Ha ragione. Se non
riposo almeno un po', non potrò essere lucida per affrontare
il problema. Annuisco, stanca morta. Infilo piano la gamba dentro, la
seta scivola sotto il palmo della mano e la schiena si inclina
all'indietro. Che strana sensazione... è come cadere.
|
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Capitolo 15 *** Stoyan ***
Katherine è
caduta un mucchio di volte. Si è lanciata di sua spontanea
volontà, è stata spinta... ma non avrebbe mai creduto
che la sua vita si sarebbe conclusa sul selciato del Quartiere
Francese di New Orleans.
Klaus ha provato a
prenderla. Gli è scivolata dalle mani. Quello stupido lenzuolo
di seta. Perché non usa il cotone come tutti?
Katherine tossisce e
una bolla di ossigeno e sangue evade dai polmoni e le resta in gola,
strozzandola. Per quanto veloce, non poteva essere più veloce
di lei a cadere. La fisica vale anche con i vampiri.
I vampiri che la
circondano si tengono alla larga. Sentono l'odore della verbena. Mica
stupidi. La lasceranno morire. Katherine tossisce e sente il cranio
scricchiolare. Come fa ad essere ancora viva è un mistero.
Forse il maledetto lenzuolo di seta ha rallentato la caduta,
impedendole di rompersi l'osso del collo sul colpo. Klaus le plana
sopra con un soffio che ricorda il movimento repentino di un gatto
che fugge. Morde il polso e lo spinge contro le sue labbra.
Non ce la fa, non
riesce ad ingoiare.
“Voltale la
testa. Sta soffocando.”
Katherine tossisce di
nuovo e il sangue cola via attraverso la bocca e il naso. Sente il
brusio attorno a lei. C'è anche il culturista di colore.
“Dovrai
spararglielo dritto in vena non credo riesca a fare molto nelle sue
condizioni.”
Quali sono le sue
condizioni?
“E allora trovami
un fottuto medico, cristo santo! Fa venire le streghe!”
Le streghe non sono mai
una buona idea.
“No, non chiudere
gli occhi! Kath!”
“Fammi spazio...
non sono un medico, ma ho l'attestato del pronto soccorso...”
L'attestato del pronto
soccorso?! Le ci vuole un miracolo e Katherine non crede di meritarlo
dopo tutto quello che ha fatto.
“Sai fare
un'iniezione, Camille?”
“Certo...”
Katherine socchiude le
palpebre. Cribbio se fa freddo... fa così freddo... le sembra
quasi di morire...
“Ehi! Mollami e
ti verrò a cercare anche nell'aldilà, dolcezza.”
Lui non sente il gelo
salire dalle gambe. Katherine non vede alcuna luce bianca, solo i
piedi dei vampiri poco distanti. Sono sempre più sfocati e la
luce cala, invece di aumentare. Non ricorda neppure che giorno è.
***
Kat?
Mh...
Pensi che troveremo
l'amore, un giorno?
Ora come ora spero
solo di dormire, Charl...
Io lo immagino forte
come papà e bello come...
… come Erik,
il figlio del taglialegna?
Mi prendi sempre in
giro!
Erik ha i piedi
piatti e il naso da maialino. Se lo sposi, avrai tanti piccoli
porcellini e passerai il resto della tua vita a grufolare... ah! Non
picchiarmi col cuscino!
Quando lo sposerò,
tu non verrai alle mie nozze!
Nooo, sei cattiva!
Mi piacciono i maialini!
Anche a me... credi
che Erik lo immagini?
Se un uomo non si
accorge del tuo interesse, non vale la pena perderci tempo. Ora
chiudi la bocca e dormi, domani dobbiamo andare al mercato con la
mamma e non ho voglia di ciondolare fra le bancarelle assonnata e
prendermi una strigliata per colpa tua...
Kat...
Che c'è ora?!
Non ti sposerai mai,
resterai zitella e nessuno ti verrà a trovare, quando sarai
vecchia e stanca!
Quel giorno era stato
l'ultimo. Katerina era andata al mercato e lo aveva incontrato.
L'aiuto apprendista del mercante di stoffe. Lei aveva appena compiuto
sedici anni ma Stoyan era già un uomo, nelle sue diciannove
primavere. Katerina aveva pensato che l'amore, se esisteva, si stava
mostrando in tutta la sua forma. Quel giorno si era attardata, aveva
preso una strigliata dal padre e le era stata sequestrata la seta che
le aveva regalato di sottobanco. Non avevano creduto al ritrovamento
fortuito. Il mercante aveva frustato l'aiuto apprendista per la
perdita della pezza. Si sarebbero incontrati di nuovo, qualche mese
dopo, sulla medesima piazza. Sarebbe accaduto quella notte.
^*^
Katherine non ha alcuna
fretta di rinvenire, si gode gli ultimi strascichi del sogno della
sua vita passata. Stoyan, il suo sorriso storto, le cicatrici delle
frustate sulla schiena. Erano ancora rosse, quando si erano
ritrovati. Avrebbe usato la pezza di seta per il suo abito da sposa.
La mamma aveva capito, le aveva raccomandato prudenza. Ma in amore
non esiste la prudenza.
“Dove vai, torna
qui!”
Sta sussurrando ma
Katherine l'ha udita lo stesso. Uno scalpiccio di piedini invade la
stanza, Katherine apre gli occhi e guarda il bordo del letto. Due
manine strette a pugno e una testolina riccioluta spuntano dal nulla.
Due occhioni azzurri la scrutano timorosi. Katherine si solleva su un
gomito e guarda il bambino. Poi si guarda attorno. Troppi coniglietti
e porcellane per essere il boudoir privato di Klaus.
“Oh, sei
sveglia.”
Già, è
sveglia. Se l'è cavata anche stavolta. Katherine allunga la
mano e accarezza il visetto del bimbo che sorride e mostra un
dentino. “Mi è stata resa la libertà? Posso
tornare a casa?”
Hayley si china a
raccogliere il giocattolo che Mikeal ha appena lasciato cadere e si
avvicina, titubante. “Sei rimasta svenuta solo due giorni, ma
sono successe molte cose.”
Non può ancora
tornare a casa. Katherine sbuffa e si rilassa fra i cuscini. “Della
serie?”
“Avevi ragione
sulla babysitter.”
Lo aveva detto tanto
per dire non pensava l'avrebbero presa sul serio.
“Elijah ed io
siamo arrivati giusto in tempo, lo stava portando via.”
La voce di Hayley vibra
di rabbia. Katherine si scurisce. “L'avete uccisa, spero”
mormora agguantando il piccolo che cerca di scalare il letto.
“Ci è
sfuggita con uno stupido giochetto pirotecnico. Quando abbiamo
provato ad avvertire Klaus, abbiamo scoperto che stava cercando di
salvarti la vita...”
“Sorvola. Quella
parte la ricordo bene.”
“Ha ucciso un
paio di uomini di Marcel per velocizzare la tua resurrezione, e
poiché la babysitter era una strega, ha deciso di scendere in
guerra anche con Sophie che si dichiara del tutto estranea al
tradimento. Io le credo, tutti i suoi sforzi sono sempre stati tesi a
proteggere Mikeal... Katherine, c'è un vero e proprio carnaio,
là fuori, quasi non mi azzardo a mettere piede in giardino...
ehi, ti senti bene?”
“Ricordo molto
bene le mattanze di Klaus...” bisbiglia, pallida. “Dov'è?”
“Nello studio a
dipingere una tela molto grande. Da quel che dice Elijah, più
è grande, più è spietata la sua vendetta. Suona
piuttosto pomposo.”
“No, è
vero...” sussurra scostando le coperte. “Mi presti dei
vestiti?”
“I tuoi abiti
sono appesi nell'armadio.”
“Grazie...”
“Un'ultima cosa.”
Katherine alza lo
sguardo sulla donna. Non sono più due complete estranee. Sono
di famiglia.
“Lo sai come ci
si sente quando ti portano via un figlio. Se provano a toccare il
mio, li ammazzo. Uno ad uno.” Hayley perde la sua aria fissa e
un po' folle e si umetta le labbra. “Il mio branco sta venendo
qui. Si è unito al branco di Tyler e presto la città
sarà invasa dai licantropi e nessuno sarà più al
sicuro, neppure tu. Devi imparare a difenderti.”
Difendersi? E come?
***
“Non stare così
rigida. Il contraccolpo ti farà male alla spalla.”
Un fucile. Katherine
non ne aveva mai imbracciato uno.
“Quando sarai
migliorata, passeremo alle pistole ed infine alle armi da taglio.”
“Com'è che
sai tutte queste cose?”
Katherine perde la sua
posa rigida mentre Hayley sistema una fila di barattoli sul bordo di
una staccionata creata appositamente per l'allenamento.
“Ero una
teppistella. Quando mi sono trasformata la prima volta, i miei
genitori adottivi mi hanno cacciata di casa. Dovevo badare a me
stessa. La luna piena c'è una volta al mese, i pericoli, tutti
i giorni.”
Anche lei era stata
bandita, ma se l'era cavata in altri modi.
“Riprova.”
Katherine imbraccia il
fucile e chiude l'occhio sbagliato. E' stancante e ha ragione. Il
contraccolpo fa male. “Ahia...”
“Il fucile è
utile sulla lunga distanza ed è il più semplice da
imparare, all'inizio.”
“Perchè?
Che hanno le pistole che non vanno bene?”
“Te lo mostro
subito.”
Hayley apre la sua
valigetta e carica l'arma. Katherine la guarda incuriosita e quando
gliela passa, non sa cosa farci.
“Mira ai
barattoli. Non a me, non ai tuoi piedi e neppure ad Elijah.”
Katherine lo individua
sul lato opposto del giardino. Chissà da quanto tempo se ne
sta lì ad osservarle.
“Kath, a
proposito di Elijah...”
Katherine alza le
braccia come a visto fare in tv. “Va bene così?”
“Mi sento in
colpa. Non volevo portartelo via. Non gli ho chiesto aiuto, ha fatto
tutto di testa sua.”
Katherine morde
l'interno della guancia, poi abbassa le braccia e volta su se stessa,
grattando la testa. “La defezione di Elijah ha irritato il mio
orgoglio, tutto qui. Quel che è fatto è fatto.”
“Klaus dice che
menti anche nel sonno.”
“Klaus dovrebbe
farsi gli affari propri! Ha sprecato il suo tempo, avrebbe fatto
meglio a lasciarmi morire. Ora non dovrei sorbirmi il tuo patetico
tentativo di fare amicizia, ne udire stupite scuse sul fatto che ti
sei portata a letto il mio uomo!” Katherine stringe le labbra e
spara ai barattoli, mancandoli tutti.
“Ti ho visto
baciarlo, nel supermercato...”
“Non hai visto
niente” ringhia gettando a terra l'arma. “Lui non è
niente per me.”
“Sei ancora
innamorata di Klaus, lo sei sempre stata” bisbiglia lanciando
un'occhiata dietro di se. “Hai fatto tutti questi chilometri
per lui. Sapevi che era pericoloso eppure sei venuta lo stesso.”
“Mi secca
dirtelo, ma sono in cura da uno psicanalista e sto seguendo una
terapia che prevede il dialogo con alcune persone del mio passato.”
“Quella è
la scusa che ti sei messa per costringerti a fare la valigia.”
Centrato in pieno.
“Perché bisbigli?”
“Sono vampiri,
sono uomini e sono impiccioni. Se fossimo in un cocktail bar,
ci rinchiuderemmo al bagno.”
Katherine sorride,
mascherando il sorriso con una smorfia. Raccoglie la pistola da terra
e la porge alla donna. “Hai ragione, è più
difficile con questa.”
“Torniamo al
fucile?”
Katherine annuisce e
sospira, studiando il manico di legno. “Sono stata innamorata
del padre della bambina... la mia fiducia è stata mal riposta
ed è andata come è andata...”
“Non posso dire
di avere un rapporto idilliaco con il padre del mio...” Hayley
alza le spalle con una smorfia simpatica. “Per fortuna la casa
è enorme.”
“Per lo meno è
rimasto... e hai ancora tuo figlio.” Katherine tira giù
un barattolo e poi un altro. Quando le cartucce sono finite,
riconsegna l'arma alla donna che è rimasta in silenzio a
guardarla. O a giudicarla. “Ti invidio.”
“Non invidiarmi.
Puoi averlo anche tu, in qualsiasi momento.”
“Non è
così facile...”
“Sei tu a non
renderlo facile.”
***
“Perchè
gli hai tagliato i capelli?!”
Ha la stessa
espressione di Mikeal quando gli viene negato qualcosa. Sconsolato,
sorpreso... Hayley ha un moto di tenerezza. “E' un maschietto.
Se fosse stato una femminuccia...”
“Non erano così
lunghi.” Klaus prende in braccio il bambino che non ha proprio
intenzione di dormire. Sarà perché la luna è
quasi piena e lui stesso si sente irrequieto? Anche Hayley ha l'aria
vispa.
“Stai bene?”
“Starò
bene quando avrò scorticato Sophie.”
“Nik, non credo
sia stata lei” mormora e le sue parole cadono nel vuoto
un'altra volta. “Katherine è sveglia.”
“Lo so. Vi ho
sentite” sussurra accarezzando la schiena del piccolo che
comincia a chiudere gli occhi.
“Non so come fai
tutte le volte ma funziona” bisbiglia mentre il bambino viene
calato nel suo lettino. “Sei una madre migliore di me.”
Klaus sogghigna,
appoggiato alle sbarre alte della culla. “Dov'è finito
Elijah?”
“Al cimitero.
Aveva un appuntamento con Sophie... stanno studiando un modo per fare
un incantesimo di localizzazione senza farsi scoprire da Marcel.”
“Spreca il suo
tempo” bisbiglia facendole cenno di allontanarsi. “Ha
mira, la ragazza?”
“Migliorerà.”
“Ha speranze?”
“Se resta qui,
no.”
Doveva portarla a
Baltimora quando ne aveva la possibilità.
“Non riponete
molta fiducia nelle mie capacità di sopravvivenza.”
Il solito atteggiamento
ostile e spaccone di Katherine. Deve smettere di preoccuparsi per
lei. Bravo, però. Gli è arrivata alle spalle senza
farsi sentire. “Sentiamo... come ti difenderesti da un attacco
sovrannaturale?”
Katherine alza le
spalle. “Verbena. Proiettili d'argento.”
“Hai dei
proiettili d'argento con te? Posso vederli?”
“Ho le mie
risorse. Li trovo, se voglio!” La replica di Katherine è
stizzita, la sua uscita di scena silenziosa.
“Ma funzionano
davvero?”
Hayley fa una smorfia
allegra e torna in camera sua. Klaus sospira. Non finisce mai quella
giornata.
Katherine è in
piedi di fronte al dipinto. Lo studio odora di solvente e tempera
anche se tutte le finestre sono aperte. “Tu non hai alcuna
fiducia in me. Dove hai nascosto la mia verbena?”
“Nel cassetto del
tuo comodino.”
L'unisco posto in cui
non ha guardato. Katherine si umetta le labbra. “Potevi
lasciarmi morire...”
“No, non potevo”
mormora sorridendo “non ti ho ancora portato a letto.”
“Non accadrà
mai.”
Klaus sorride di nuovo.
“Allora ho il tuo permesso di allargare la discendenza
Mikealson.”
Katherine non capisce.
Per tre lunghissimi istanti non capisce di cosa sta parlando.
Ha già assunto
un interessante colorito verdognolo. Non deve mettere troppa carne al
fuoco.
“E perché
dovrebbe interessarmi?” sussurra, gelida. “Potete fare
quello che volete.”
“Questo non
cambia i miei sentimenti per te.”
“Il mio uomo non
lo divido con nessuno. Niente harem per Kath.”
“Non fare la
santarellina. Ricordo di averti scoperto in una certa situazione
compromettente, una volta.”
“Sono cambiata,
non sono più quella stupidina che hai conosciuto alla
festa...”
“Io continuo a
vedere una stupidina che a forza di fare di testa sua si è
quasi ammazzata.”
“Preferisco la
morte al passare la notte con te in quella stanza.”
Katherine smette di parlare, ha la gola secca. “Ricordati solo
di non spedirmi la partecipazione di matrimonio.”
Klaus continua a
guardarla senza raccapezzarsi. Se non capisce la connessione fra
passato e presente, diventa matto.
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Capitolo 16 *** Il cavallo, lo stupido e la vecchia megera ***
La stanza era la
riproduzione quasi esatta di quella del castello che li aveva
ospitati nel lontano 1494. Katherine si è sempre tenuta alla
larga dai suoi appartamenti privati. Non stava facendo la preziosa,
era timida e aveva timore di trovarsi sola con lui.
Il sesto senso ce
l'ha sempre avuto sviluppato.
Klaus si versa una
tazza di caffè. Ma che aveva di tanto strano, quel castello?
Il bosco era pieno di selvaggina e le battute di caccia
spettacolari. Un po' cupo e scomodo da attraversare quando pioveva.
Ricorda bene la volta che si era messo a cercarla e non si vedeva un
palmo dal naso.
Quando hai detto 'se
ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei', mentivi? Ti fregava
qualcosa di me o era solo per tenermi buona in vista del sacrificio?”
L'avrebbe strangolata
sul posto. Per poco non perdeva la dopplergänger scovata
con tanta difficoltà. Klaus gratta la barba, fissando il
tavolo della cucina. L'alba sta sorgendo. Elijah è appena
rientrato dal suo appuntamento macabro con la strega.
“Già in
piedi?”
“Non ho dormito.
Ricordi quella volta che abbiamo dovuto battere il bosco perché
la cretina aveva disobbedito all'ordine di tornare al castello
prima dell'acquazzone?”
La voce di Klaus è
un mormorio dimesso e pensoso. Elijah gli sottrae la brocca di caffè
e si siede di fronte a lui. “Per poco non mi staccavi la
testa.”
“Che cosa è
successo quella notte?”
“L'hai riportata
al castello, ti sei arrabbiato di nuovo con me, poi con la cameriera
che non riusciva ad accendere il legno umido e sei tornato nelle
scuderie a strigliare il cavallo perché eri furioso.”
“Ehilà,
tutti in piedi? Oggi tocca a te, impiastrarti di pappa.”
Come se fosse un
fastidio. Mikeal si è appena svegliato e sbadiglia ancora.
Odora di talco per bambini e quell'odore particolare che hanno solo i
neonati. Lo mette di buon umore.
“Prova il parere
di una donna.”
Hayley tira fuori la
testa dal frigo, posando il cartone di uova vicino ai fornelli. “Che
parere?”
“Una
sciocchezza...” Klaus sventola le dita in aria, preparando
piattino e cucchiaio colorato e scaldando il latte per il piccolo.
“Immagina di essere bloccata in un bosco da un acquazzone...”
“Il tuo cavallo
ti ha disarcionato perché non è stupido e conosce
l'esistenza di un posto asciutto e confortevole chiamato scuderia”
continua Elijah distraendo il bambino dall'attesa. “Ti sei
ferita, sei sola e impossibilitata a chiedere aiuto...”
“Mi chiedo come
facevate prima dei cellulari” Hayley finisce di preparare
l'omogeneizzato e lo scarica nel piattino. “Sono in una
situazione schifosa ma non mi perdo d'animo. Cerco l'uscita del
bosco.”
“Ma si è
anche alzata la nebbia e stai congelando. Per tua fortuna, un baldo
cavaliere decide di sfidare la sorte e corre a cercarti...”
“Lo stupido
che poteva starsene in panciolle di fronte al fuoco, impiega quasi
tre ore per ritrovare la vecchia megera...”
Sta parlando di
Katherine. Hayley rompe un uovo e aggiunge il bacon alla pietanza.
Non ha dubbio sull'identità dello stupido. “Va
avanti.”
“La trova e la
riporta al castello, fine della storia.”
“Ma cosa è
successo sulla strada di ritorno? Mancano i dettagli. Come l'ha
riparata dal freddo? Le ha portato dei vestiti asciutti? Che parere
dovrei esprimere, in merito?”
“Se fossi la
donna in questione che cosa avresti provato?”
“Per lo stupido,
il cavallo che mi ha disarcionato o la situazione in se?”
“Per lo stupido
di cui è innamorata.”
“Non è
innamorata” rettifica Klaus, repentino. “E' interessata.”
Elijah lo guarda di
traverso. “E' innamorata.”
Hayley affoga i cereali
nel latte e li mescola attentamente. “Beh... se l'uomo di cui
fossi innamorata mi venisse a cercare affrontando le intemperie...”
“Veramente ha
aspettato che smettesse di piovere!”
“Non rovinare il
racconto col tuo cinismo” borbotta ingoiando un boccone delle
uova strapazzate. “Che cosa è successo una volta al
castello? Lo stupido l'ha portata nelle sue stanze?”
“Sei mai stata in
un castello? E' freddo e pieno di spifferi. L'unico camino acceso era
il suo...”
“... quindi l'hai
portata nelle tue stanze e le hai asciugato i capelli di fronte al
fuoco?”
Klaus tace,
imbarazzato. Hayley smette di mangiare e sorride. “L'hai fatto,
vero?!”
“Non esistevano
asciugacapelli a quell'epoca.”
“Incredibilmente
dolce da parte tua...”
“Perché
voi donne ammantate tutto di romanticismo?” Klaus la guarda,
esausto dal rifiuto del piccoletto di mangiare. “Mi serviva per
il rituale! Non c'era alcun interesse dietro!” insiste, pulendo
per la terza volta lo schizzo di pappa sulla gota.
“Possiamo tornare
all'argomento originale?” Elijah prende il posto del fratello
che ha perso la pazienza. “Mi sto divertendo.”
“Klaus non vuole
il mio parere. Klaus vuole sapere perché Katherine non gli ha
ancora rivelato i suoi sentimenti.”
“No! Klaus vuole
sapere perché Katherine ha preferito cadere da un palazzo di
QUATTRO PIANI invece di passare quattro pulciose ore in una stanza
che UNA VOLTA LE PIACEVA, in quanto IDENTICA a quella del castello!”
esclama il diretto interessato, muovendo le mani per dare enfasi al
discorso.
“Nik, senza
offesa. Se provassi qualcosa per te, lo seppellirei sotto uno strato
di cemento armato e mi cucirei la bocca col fil di ferro.”
Hayley giocherella con il bacon, masticandolo con aria divertita.
“Hai detto che la stanza era quasi identica. Forse le ricordava
la nottataccia nel bosco. Lei non era così, vero? Così
dura e stronza, intendo.”
“Era piuttosto
dolce e romantica.” Elijah sospira, evitando di guardare il
fratello. “E' cambiata dopo gli eventi del castello...”
La donna ha smesso di
mangiare. Posa il mento sui pugni chiusi e si concentra su Klaus.
“Hai distrutto la sua vita e i suoi sogni di ragazzina. Non
puoi pretendere che si leghi a te dopo tutto quello che le hai
fatto.”
“Non lo pretendo”
mormora fissando il bambino che ha preso il piattino e sta cercando
di morderlo. “Gli sta spuntando un altro dentino.”
“Eppure dopo
tutto questo tempo, prova ancora qualcosa per te...” sussurra
continuando a fissarlo. “Cosa le avevi promesso?”
“Mah... le solite
cose...”
“L'amore eterno?
Il matrimonio? Una nidiata di bambini?”
“A grandi
linee...”
Hayley non parla più,
si limita a guardarlo al di sopra dei propri pugni. Il suo silenzio
urla disapprovazione.
“A quel tempo le
ragazze erano stupide... ci cadevano.” Klaus solleva le spalle
come se la cosa fosse irrilevante. “Katherine era stata
ripudiata dai genitori per aver avuto un figlio fuori dal
matrimonio...”
“Perciò
hai pensato bene di farla innamorare, prometterle il matrimonio,
illuderla con una famiglia che non avrebbe mai avuto, tormentarla per
cinquecento anni e poi ti stupisci se preferisce ammazzarsi che
restare nella stessa stanza con te per più di cinque minuti!”
Non ho provato ad
ammazzarmi. Sono scivolata! Katherine
si morde le labbra per non urlare la sua
verità. Hayley non la conosce, ma l'ha capita piuttosto bene.
Ascoltare il racconto da tre voci diverse, è stata una botta
allo stomaco.
“Forse il suo
stupido e mal riposto amore per te ha raggiunto l'apice quella sera,
in quella stanza e ritrovare la stessa ambientazione, le ha fatto
saltare la valvola!”
“Perché
stai urlando?”
“Non sto urlando,
sto esprimendo ad alta voce il parere che hai richiesto, stronzo!”
Voleva salutarli prima
di andarsene. Voleva fare le cose per bene, come una persona normale.
E' evidente che deve ripiegare sul vecchio metodo della fuga
silenziosa.
“Mi sto
prodigando in tutti i modi per ottenere il suo perdono...”
“Non lo otterrai
mai, il suo perdono” mormora e quella è l'ultima cosa
che la donna riesce a udire. Il silenzio improvviso puzza. Si sono
accorti della sua presenza?
“Vieni dentro.
Stiamo parlando di te.”
E' una a cui piace dire
le cose in faccia. Quando fa il suo ingresso, l'unico contento di
vederla è Mikeal. “Si è rotta la tv e non avete
nient'altro di cui parlare? Non dovreste decidere la data delle
nozze, voi due?”
Hayley illividisce,
bruciando Klaus con una lunga occhiata accusatoria. “Che altro
ti sei inventato, disgraziato?!”
Katherine le ruba la
tazza con i cereali, affondandovi il cucchiaino. “Lo vuoi un
consiglio, dolcezza? Scappa. Scappa il più lontano possibile o
un giorno ti ritroverai di nuovo incinta e ti chiederai come diavolo
sia successo.”
Hayley si alza di
scatto, sollevando Mikel dal seggiolone che emette un buffo
gridolino. “Sta attento, vampiro. Se solo provi ad avvicinarti,
ti faccio ingoiare il mio pugno misto a verbena!”
Elijah ci mette un po'
a reagire. Vorrebbe dire qualcosa, ma riesce solo a guardare il
fratello con espressione truce. Quando anche lui li abbandona,
Katherine sogghigna. “Scommetto che richiederà
l'affidamento esclusivo del bambino...”
“Te la potevi
risparmiare.”
“Perché?
Tu cosa mi hai risparmiato?”
“Molte cose ed
ora mi pento di averlo fatto.”
Un brivido le
attraversa la schiena e le paralizza le gambe. La mano di Katherine
striscia fino al coltello che Hayley ha usato per tagliare il bacon e
le dita si serrano attorno al manico. Klaus la blocca con un gesto
serpentino.
“Dobbiamo dare
una svolta al nostro rapporto, cuoricino.”
***
Il locale è solo
per vampiri. Nessun umano si azzarda ad entrare là dentro.
Klaus spinge la porticina che fa 'din don' con leggerezza. Il
barista italiano non è in turno ed è stato sostituto da
una ragazzina con i capelli viola. Klaus si guarda attorno ed
individua Marcel, comodamente seduto a leggere un giornale sportivo.
Una gamba allungata, il portacenere pieno di sigarette, il caffè
davanti. Strattona Katherine fino al tavolino dell'afroamericano e la
costringe a sedersi. Il vampiro abbassa il giornale, un po' sorpreso.
“Non sei morta.”
“Non sono
morta...”
“Un pronostico?
Ho scommesso bei soldi su quel giocatore.”
Marcel chiude la
rivista, lasciandola cadere pesantemente di fronte a se. Ha deciso di
ignorarlo. Sa quanto lo irriti. “La tua vita mi è
costata bene due camminatori notturni, bellezza. Il tipaccio che ti
porti appresso non te l'ha detto?”
Klaus sorride. “Avrai
già trovato con chi rimpiazzarli. Sono venuto ad offrirti un
accomodamento in nome della nostra vecchia amicizia. Tu mi trovi la
strega che ha provato a rapire mio figlio, usando la magia che come
ben sai, è vietata dalle tue regole...”
Katherine spinge la
lingua nella guancia, le mani chiuse a pugno sulle cosce.
“... ed io ti
regalo la mente organizzativa della più estesa rete
vivente di copertura e spionaggio della storia umana”
sghignazza posando il braccio sulla spalle di Katherine e
scrollandola con allegria.
La donna la guarda con
odio e disgusto, ma non può dire molto a riguardo. E' stata
soggiogata a non farlo.
“Pensavo non ci
fosse nessuno più bravo di te a tirare pacchi.”
Klaus allarga le
braccia, sempre sorridente. Marcel sposta lo sguardo su Katherine.
“Tu non dici niente, bellezza?”
“Sono sempre
stata superiore a Klaus. Aveva solo bisogno di ammetterlo.”
“Capisco che hai
bisogno di un atto di fiducia che fughi ogni dubbio. Kath?”
Katherine socchiude le
palpebre, seccata. “Non ho preso la verbena. Non posso oppormi
al tuo volere, se decidessi di impormelo.”
Klaus sorride,
soddisfatto della piega degli eventi. “Chiacchierate, io vado a
fare una passeggiata. Tornerò per una risposta, amico mio.”
Katherine continua a
fissare la copertina del giornale sportivo. Quando il campanellino
della porta esaurisce la battuta, Marcel la fissa, stuzzicando il
pizzetto. “Perché perdi tempo con quello stronzo?”
“Non posso fare
diversamente.” Katherine batte le palpebre e una lacrima
scivola lungo la guancia. Non alza neppure un dito per asciugarla.
“E' nota a tutti la mia abilità manipolatrice e il
venire a patti in qualsiasi circostanza.”
“E' noto”
le concede, intrigato. “Così come è nota la
perfidia di Klaus. Sapevi che aveva pugnalato sua sorella perché
aveva osato innamorarsi di un uomo che lui considerava inferiore?”
Perché non si
stupisce? “Ti conviene accettare. Sono in possesso di notizie
che potrebbero ribaltare la situazione a tuo vantaggio.”
“E come faccio a
sapere che non sei stata soggiogata da Klaus per dirmi esattamente
quello che voglio sentirmi dire?”
Katherine guarda fuori
dal finestrone fumè. La strada è piena di gente, di
guide interne, di carne fresca. Scosta i capelli dal collo e
lo guarda fisso negli occhi. “Scoprilo da te. Mordimi.”
|
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Capitolo 17 *** Il canto dell'usignolo ***
"(L'usignolo)
In mille fogge il suo cantar distingue / e trasforma una lingua in
mille lingue"
L'Adone
– G. Marino
Angelo è di
turno, quella sera. Katherine sta bevendo gratis ma più beve,
più le risulta difficile imbucare le palle nel biliardo. Il
collo fa male, Marcel si è guardato bene dal guarirla. Conosce
la storia. Sa cosa ha fatto.
“Piano,
disgraziata... finirai per vomitare sul panno e poi sarà un
casino pulirlo.”
“Gli affaracci
tuoi mai, eh? Riempilo.” Katherine indica il bicchierino sul
bancone, si aggrappa alla stecca puntata a terra, scola il whisky e
fa una smorfia.
“Perché
continui ad ordinarlo se non ti piace?”
“Non so cos'altro
bere.”
“Ti devi fidare
dei baristi. Loro sanno sempre cos'è meglio, in certe
occasioni.”
Angelo le riempie un
bicchiere d'acqua. Katherine lo fa fuori lentamente.
“Gira una certa
voce, ragazza. Si dice che Klaus ti abbia venduto a Marcel per
un'informazione e una stecca di sigarette.”
“Le persone
quando non sanno inventano” lo blocca, repentina. “Fatti
i cazzi tuoi se vuoi vivere a lungo.” Katherine avanza fra la
folla scansando un vampiro e la sua preda, abbassa gli occhi sulla
punta delle scarpe, aggira una seconda coppia e si ferma di fronte un
completo scuro. Elijah non l'ha vista ma ci metterà poco ad
accorgersi di lei. E' sempre così. Uno la mette nei guai,
l'altro la salva. Katherine torna al tavolo da biliardo. Si china a
calcolare la traiettoria. “Mi stai fra i piedi.”
“Sono venuto per
riportarti a casa.”
Katherine tira la
stecca sul panno, scombinando le sorti della partita. Non avrebbe mai
vinto. “E chi ti ha chiesto di riportarmi a casa, Elijah?”
***
“Tutta tua.”
Klaus si domanda come
abbia fatta a trovarla in così breve tempo. Riconosce la donna
che Sophie gli aveva assicurato essere 'ultra-fidata' e una virgola
d'odio si estende alla brunetta. Non si ribella e non sembra temere
per la propria vita. Klaus l'agguanta per la gola, stringendo forte.
“Che cosa volevi farci con mio figlio, strega?”
“U-ccider-rlo...”
Risposta pessima da
dare ad un padre ansioso.
Il corpo viene lasciato
in mezzo alla strada a monito per le altre streghe. Che Sophie impari
ad scegliersi le amicizie! “Ci facciamo un goccio?”
“Vorrei tanto,
amico... ma il piacere chiama.”
Il piacere
biondo che risponde al nome di Camille? Klaus sorride, comprensivo,
ma per un attimo si pente di aver agito tanto impulsivamente. Poteva
interrogarla. E torturarla. Bah, quel che è fatto è
fatto. “Come si sta comportando il mio regalo?”
Marcel lo trascina per
strada, diretto al suo appuntamento. “E' fatta di fuoco e
testardaggine ma ha un sapore squisito.”
Klaus gli cammina di
fianco senza mutare espressione. Il locale è gremito. Il
vampiro la cerca con lo sguardo fra la folla. Marcel attira la sua
attenzione con un colpetto alla spalla.
“Quell'idea di
avvelenare la riserva idrica con la verbena non la posso tollerare,
amico...”
Avvelenare... cosa?
Klaus mantiene la sua facciata imperturbabile. “Te l'ha detto,
eh?”
“La tua donnina
sarà anche fatta d'acciaio ma basta pungolarla nel modo giusto
per farla cantare come un usignolo.”
“Ha cantato?”
“Una melodia
splendida tutta la notte.” Il vampiro allunga la mano e stringe
quella di Klaus, quasi gelida. “Pace fatta, amico? Forza, datti
da fare. Sei in riserva. Scegli quella che vuoi, stasera offro io.”
***
“Sto bene dove
sto. Sono in vacanza, spesata interamente da Marcel.” Katherine
tira indietro i capelli, rivelando un largo cerotto color carne sul
collo. Elijah le blocca il polso, fissando la ferita. Katherine si
divincola con uno strattone. “Non è niente. L'avevo
messo in conto.”
Katherine calcola tutte
le possibilità ma fa sempre gli stessi errori. “Per
quanto tempo ancora continuerai a farti massacrare da lui?”
“Problemi, Kath?”
Elijah devia lo sguardo
alle sue spalle. Lascia ricadere la cortina di capelli sulla spalla
della donna e fissa sfacciatamente i miserabili che hanno osato
interromperli. Katherine è pallida ma trova la forza di
reagire: lo spinge verso la porta di servizio, spalancata su un
vicolo umido al riparo da sguardi indiscreti. “Non peggiorare
la mia situazione!”
Elijah non è uno
da liquidare. Si assicura di agganciarla per bene, prima di fare un
passo all'esterno. “Ora te ne torni a casa e non metti più
piede a New Orleans.”
E' esattamente quello
che vorrebbe fare. Katherine sospira, arresa. “Non cercare di
soggiogarmi, non funziona...”
Un altro vampiro ha già
steso il suo volere su di lei. La novità lo urta oltremodo.
L'umidità della
notte le cala addosso di colpo. Katherine si stringe nelle spalle.
“Ti devi fidare di me.”
La donna chiude la
porta antincendio e si dirige verso il bagno. Una volta al suo
interno, digita un messaggio che finisce nel cellulare di Hayley: sta
aspettando pazientemente da più di tre ore. Appena legge le
istruzioni, affida il bambino a Sophie.
“Andrà
tutto bene. Ho esteso la protezione. Sei coperta.”
La ragazza annuisce,
fissando lo sguardo sul piccoletto. “Ci conto.”
***
Klaus è furioso
e affamato, ma sollazzarsi con le ignare ospiti di Marcel non lo
interessa più di tanto. Cerca Katherine fra la folla, la
scorge all'uscita dal bagno e la punta come un falco, fermandosi a
due metri di distanza, in tempo per scorgere la sua espressione
preoccupata e vagamente impaurita. Ha appena raccolto la stecca
quando un camminatore notturno l'afferra, voltandola su se stessa.
Qualsiasi cosa le stia dicendo, ha il potere di farla sbiancare. Non
può tollerarlo. Klaus ansima di rabbia e i canini gli
feriscono il labbro inferiore.
***
C'è troppo
movimento, quella sera. Non sta bruciando nessun palazzo, eppure c'è
un camion dei pompieri che sta sfilando sulla via principale. Il
criptico messaggio di Hayley diceva solo di farsi trovarsi pronto
all'angolo di Bourbon Street. E di portare un impermeabile. La
testa della ragazza balena fuori dal finestrino del camion, quando lo
affianca. Gli fa cenno di salire. Il vampiro obbedisce senza fiatare.
“Mike, Roger,
Flint” elenca velocemente. “Alcuni ragazzi del branco.”
“Per branco
intendi...”
“Il mio
branco.”
“Perché
abbiamo fatto salire il vampiro? Non poteva camminare?”
“Lui è a
posto.”
“Se tu sei qui e
Klaus dentro a cospirare... chi sta con Mikeal?”
“Sophie.”
“Questo è
meglio non farglielo sapere.”
“E' in terra
consacrata. Nessun vampiro può mettere piede al cimitero.”
Hayley sospira, leggendo il messaggio. “Tyler e i suoi sono
dentro. Gli hanno impresso il timbro. Appena trova Katherine,
entriamo in azione.”
“Dovrà
darle una botta in testa per convincerla a venire via. Marcel l'ha
soggiogata.”
Hayley lo guarda e si
umetta le labbra. “Katherine deve svolgere un compito ben
preciso... ma non è stato Marcel a soggiogarla...”
Oh, bene! Sentiva che
centrava il fratello! Gli tengono nascoste un mucchio di cose, quei
due!
***
Katherine si insacca
nelle spalle, cercando di sfuggire al morso del vampiro che non deve
essere stato avvisato dai compagni della 'dispensa speciale' di
Marcel. Ha cercato di fargli notare l'assenza del timbro sulla mano
ma con la sua vocetta flebile e miagolante paura non ha potuto fare
granché. La stecca del biliardo cade fra i piedi, rischiando
di farla inciampare. Il cellulare le ronza in tasca, segno che Hayley
sta muovendosi con tutto il branco. I lupi mannari stanno per
invadere il Quartiere Francese e le streghe si riapproprieranno della
loro città dopo quasi cento anni di segregazione.
La modalità
salvavita entra in azione anche stavolta, a discapito di tutti
gli scenari che hanno creato e tutte le vie d'uscita che hanno
progettato: Katherine afferra una bottiglia di birra semivuota,
scaricandola sulla testa del vampiro che perde il vantaggio e la
lascia andare. Ottenebrata dal panico, va fino in fondo. Il rumore è
orribile. La sensazione da dimenticare. Il vetro scheggiato penetra
nella carne tenera del collo con una facilità disarmante, il
sangue dell'uomo le inonda il polso e il calore la costringe a
tirarsi indietro. Il notturno resiste, poi cade in terra e una pozza
di sangue si allarga sotto di lui. Katherine fissa il mozzicone di
bottiglia e rabbrividisce fino alla cima dei capelli. Non l'avevano
calcolata, non avevano...
“L'hai fatta
grossa, ragazza.”
Marcel! Katherine
stacca a fatica lo sguardo dal pavimento. “Non è morto.
Non ho infranto alcuna regola!” esclama in preda ad una crisi
di nervi. Il suo volto si accartoccia in un'espressione di dolore che
fatica a mascherare. Non ha bisogno di recitare, ha davvero paura
stavolta. Ora che succede, come ne esce?!
“Quell'idiota ti
ha mancato di rispetto violando un ordine che tu stesso avevi appena
emanato.”
Klaus si avvicina,
bisbigliando all'orecchio del vampiro. Marcel ascolta la versione, la
guarda e fissa il corpo esanime. Una contrazione e il notturno torna
in vita, svegliandosi come un ubriaco che non capisce bene dove si
trovi e con chi.
Marcel si abbassa sulle
gambe, celando uno sbuffo. “E' vero, Stef? Hai cercato di
morderla?”
L'uomo lo guarda, batte
le palpebre e fissa la figuretta in piedi davanti a lui. “Quella
troietta mi ha aggredito!”
Katherine sente l'ira
accecarla. Carica un calcione e lo abbatte contro il mento dell'uomo
che finisce di nuovo a terra. Klaus l'afferra saldamente, intimandole
di stare buona.
“Lasciami! Non ho
finito con quello stronzo, lasciami!”
“Ti spezzo il
collo se non la smetti” sibila nel suo orecchio, tirandole una
ciocca di capelli.
La mescolanza di
solletico e dolore le anestetizza parte del viso. La sensazione corre
in tutto il corpo, irrigidendo le areole. Sconcertata da una reazione
fuori luogo, Katherine abbassa il tono, congiungendo le braccia sul
seno. “Lui mi ha aggredito ed io mi sono difesa. Siamo pari!”
“Non è
così facile, mia cara.”
Marcel si rialza,
infilando le mani in tasca e sorridendo. “Stef avrà la
sua punizione avendo contravvenuto ad un mio ordine, ma nessun umano
azzarda un comportamento simile in casa mia.”
Katherine lo fissa,
stringendo le palpebre. “Se uno stronzo cerca di mordermi e
violentarmi, io gli spezzo il collo e gli strappo i testicoli, umano
o vampiro!”
Marcel alza le
sopracciglia, guardando Klaus che la trattiene con presa ferrea,
riempiendola di lividi.
“E così
che tratti i miei regali?” Klaus parla lentamente,
lasciando andare la donna.
Marcel dondola sulle
gambe, nervoso. “L'ho accettata per rispetto del mio sire, ma
non sono certo della sua utilità nella comunità...”
“Le tue parole mi
rattristano” sussurra, avvicinandosi. “Mettiamoci una
pietra sopra. Hanno avuto il loro scambio di opinioni. L'orgoglio
guarirà col tempo.”
“Col tempo...
già...” mormora guardando il notturno colpevole
dell'aggressione. “Portatelo al Giardino.”
Cos'è, il
Giardino? Katherine resta in silenzio, poco discosta da Klaus
che si volta in quel momento e le manda il cuore in gola.
“Chiedi scusa per
il tuo comportamento.”
Lei deve
chiedere scusa?! Gli occhi di Katherine fiammeggiano. “Sono
dispiaciuta” mormora con voce atona e falsa. “Sono
dispiaciuta di non averlo ammazzato con quella stecca da biliardo!”
esclama provocando l'ira di Klaus che l'afferra, stringendola forte
la gola.
“Tu hai bisogno
di un po' di disciplina, dolcezza.”
Non respira... stringe
troppo... Katherine annaspa, chiedendosi perché stiano
abbassando le luci. Cos'è, la serata karaoke? Perché
hanno smesso tutti di parlare?
***
Bel posticino. Pieno di
vampiri.
I licantropi che
accompagnano Tyler si allargano a raggiera, studiando la
conformazione del locale. Gli piacciono quelle scale che portano al
piano superiore, è un punto strategico niente male, ma c'è
un brutto ceffo a guardia del privè. Non vede Katherine da
nessuna parte e neppure Klaus è dove dovrebbe essere.
Defilarsi è tipico di Katherine ma il vampiro ama essere al
centro dell'attenzione e non vorrà perdersi la disfatta
dell'usurpatore. Il ritardo comincia a farsi sentire... oh, cazzo! Il
licantropo deve costringersi a non mostrare sorpresa, ma è
praticamente impossibile dal momento che Klaus sta trascinando il
corpo esanime di Katherine, trattenendolo per il bavero della giacca.
Klaus gli getta un'occhiata annoiata e Tyler si affretta a digitare
un sms nel telefono.
***
“Il piano è
saltato.”
Hayley legge il
messaggio ad alta voce ma è perplessa. Tyler non spiega i
motivi ma la notizia giunge lo stesso su uno dei cellulari dei
ragazzi del branco.
“Sembra che
qualcuno abbia sgozzato un vampiro e che quel qualcuno abbia fatto a
sua volta una brutta fine.”
“Due in meno.”
“Per vostra
informazione, non è letale.” Elijah osserva l'entrata
del locale. C'è un discreto via vai ma la folla si apre al
passaggio di tre uomini, uno dei quali in pessime condizioni.
“Guarda.”
Hayley lo colpisce
piano col gomito, indicando la coppia che avanza: un sacco di patate
ha più grazia della donna svenuta. Klaus apre la portiera
inferiore del SUV e ce la scarica dentro, salendo in macchina.
“Non so cosa è
successo ma non rinuncio al piano. Se non lo facciamo stasera,
dovremo aspettare un'altra luna piena col rischio di essere
scoperti.”
“Non rinunciamo,
andiamo avanti.” Elijah smonta elegantemente dal camion.
“Prenderò io il posto di Klaus, avvisa il licantropo.”
Hayley annuisce, poi si
affaccia dal finestrino. Esita, umettando le labbra più volte.
“So di parlare al fratello intelligente... però sta
attento, ok?”
|
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Capitolo 18 *** Il branco ***
La paralisi ipnagogica
è un comune disturbo del sonno che dura pochi minuti. I
muscoli del corpo sono ancora immersi nello stato di atonia ma la
mente è già cosciente. Katherine si è
documentata, alla terza, quarta notte di terrore. Anche se lo sa, non
può fare a meno di chiedere aiuto e come al solito, la sua
voce risulta distorta e la impaurisce. Ha perso il conto delle volte
in cui ha avuto paura di morire, ma stavolta il sogno sembra così
reale che si sveglia in preda ai sudori freddi e tossendo come una
pazza. Ha ancora la sensazione delle dita strette attorno alla gola.
Artiglia il tessuto sotto le unghie e le gambe scalciano nel nulla,
saltando a sedere. Dov'è? Dove si trova?! Dove...
“Mi sto perdendo
tutto il divertimento per colpa tua.”
Il bagliore
dell'incendio lontano illumina la notte. Klaus fa una smorfia
irritata, rivolgendole un'occhiataccia. “Che fine ha fatto il
mio prezioso piano? L'hai mandato a puttane perché quel
teppistello ti ha alitato sul collo?”
“Scusa tanto se
non sono rimasta buona a farmi stuprare dal porco in un vicolo
sudicio...” borbotta stringendo la testa fra le mani. “Non
abbiamo calcolato quella variabile.”
“Non avrebbe
dovuto esistere.” Klaus abbandona a finestra, avvicinandosi al
letto. Il b&b fuori New Orleans era l'unico posto sicuro
in cui nasconderla. Nota il cerotto che cela il morso e il malumore
di autoalimenta. “Fa male?”
E' un inferno ogni
volta che gira il collo. Katherine ansima un sì a fior
di labbra.
Klaus fruga in tasca,
allungandole un mazzo di chiavi. “Prendi la mia macchina, è
parcheggiata sul retro. Non fermarti neppure per fare benzina. Va a
casa e restaci.”
Katherine gli strappa
le chiavi di mano, poi strofina il pugno fra i capelli. Le duole la
cute nel punto in cui ha tirato il ciuffo. “Mi hai fatto più
male tu che Marcel mentre mi mordeva...”
“Sei stata
con lui?”
Stata...
“Ti ha fatto
cantare, usignolo?”
Poiché tarda a
rispondere, Klaus devia lo sguardo sulla coperta. “Dalle tue
parole dipenderà il suo futuro. Sceglile con cura o la mia
reazione sarà spropositata.”
Il piano prevedeva di
smantellare pezzo a pezzo la piramide di potere e lasciarlo vagare
fra le macerie dell'impero. Non si è mai parlato di uccidere
Marcel. Non è un nemico, ha solo perso 'la retta via'. “No,
non mi ha toccata” mormora con voce atona. “Che si è
inventato?”
Una balla per
ingelosirlo. Klaus smorza un sorrisetto di compiacimento. “Puoi
guidare?”
Katherine abbassa le
spalle, stanca morta. “Ci provo...”
“Ci provi o ci
riesci?”
“Sono finita
nella fossa molte volte e ne sono uscita più forte di prima.
Io sopravvivo sempre...” borbotta, buttando giù le gambe
dal letto e traballando un poco.
Klaus la trattiene,
impedendole di ondeggiare. “Che cavolo di nome è,
Stoyan?”
“Bulgaro...”
sussurra, stremata. “Tu che ne sai...”
“Mentre decidevi
se restare o soccombere, ti sono entrato nella mente e ho
cercato di alleviare il persistente senso di morte che ti dominava.
Sono inciampato su un ricordo felice e l'ho lasciato tornare a galla.
Era davvero ben nascosto.”
Uno dei pochi che
preserva con cura. Katherine lo scaccia con insofferenza. “Non
ti azzardare a nominarlo di nuovo!”
“Sopravvissuta,
hai dimenticato le chiavi.”
Klaus le lascia
dondolare attorno al dito, Katherine lo guarda con odio. “Sei
l'essere più irritante del pianeta!”
“Grazie. Torno a
prenderla...”
“Scordatela.
Ormai è mia!”
Klaus la spia dalla
finestra mentre si allontana senza mai voltarsi indietro. Torna a
guardare il bagliore rossastro che sta rischiarando il cielo cupo. Se
si concentra, può sentire la carne dei traditori
sfrigolare fin lì. Magnifico.
***
“Stanno uscendo,
apri l'acqua.”
Hanno litri e litri di
acqua addizionata alla verbena da sparare sui pochi vampiri
sopravvissuti all'attacco dei licantropi e all'incendio del locale.
L'idea è venuta da Tyler e dal suo racconto della riserva
idrica avvelenata di Mystic Falls. Hayley dirige i lavori rispondendo
alle rapide telefonate del licantropo che si sta dando da fare
all'interno. Quando il tetto del locale esplode verso l'alto, la
donna sente un fischio di ammirazione alle sue spalle.
“Te la sei presa
comoda!”
“Volevo
assicurarmi che lasciasse la città, stavolta.” Klaus
ammira il lavoro con aria soddisfatta. “Sono impressionato. Fai
figli bellissimi e sei un'ottima stratega. Un altro uomo potrebbe
innamorarsi.”
“Spero nell'altro
uomo” mormora occhieggiando l'uscita. Elijah non è
ancora ricomparso. Doveva intercettare Marcel al posto del fratello
ma non ha sue notizie da quasi un'ora. “Tienimi questa.”
Non può lasciare
la giacca nel camion? E ora dove va?
Hayley lega i capelli
in una crocchia minuscola, infilandosi sotto il getto dell'acqua e
rabbrividendo da capo a piedi.
Non gli è chiaro
perché voglia entrare nel locale, ma non starà a
questionare la follia della donna. “Buon uomo, dirigi quel
getto sulla bocca infuocata. La signora sta entrando.”
I due licantropi si
guardano e lo guardano in cagnesco. “Non sei quello di prima.”
“Di chi stai
parlando?”
“Un beccamorto in
giacca e cravatta. E' entrato là dentro un'ora fa e non
l'abbiamo più visto.”
Elijah è in
quell'inferno di fuoco?! Klaus muove un passo avanti, quando vede
Hayley correre fuori. Non ha un segno addosso, solo un po' di
fuliggine che le sporca il viso facendo risaltare ancora di più
gli occhi. Perché continua a stupirsi della forza di quella
ragazza? “Sarebbe stato meno faticoso se lo avessi estratto.”
Klaus indica il pezzo di legno che trapassa il torace del fratello e
alza due volte le sopracciglia.
Hayley gli regala una
smorfia sarcastica. “Prendi la mia borsa, per favore.”
Che ci fa la borsa del
bambino lì? La curiosità aumenta.
“Thermos.”
Klaus la guarda per un
lungo momento, poi le passa il thermos sogghignando. “Mai
conosciuta una come te.”
“Sono cresciuta
per strada, non andavo al campeggio delle giovani marmotte. Sono
preparata a tutte le evenienze.” Hayley posa la testa del
vampiro sulle proprie ginocchia e gli fa cenno di avvicinarsi. “Tu
estrai, io verso.”
Mica stupida. Toglie
qualsiasi vena appetibile dalle fauci di un vampiro affamato. Elijah
ha la pelle piagata e i vestiti a brandelli. La cravatta è
andata. Ne sarà risentito, pensa gettando il frammento di
legno da un lato. “E' a temperatura ambiente?”
Hayley sorride di
nuovo, mentre un filo di sangue rosso si insinua fra le labbra
bruciate del fratello.
“Che altro hai,
là dentro?”
“Cerotti,
salviettine antisettiche, biscottini...”
Elijah rinviene con un
singulto poco signorile e abbastanza spaventoso da provocare la pelle
d'oca alla ragazza. Klaus lo trattiene finché non si calma.
Hayley gli passa il thermos, tenendo i polsi ben coperti.
“Merda...”
Elijah si mette a sedere analizzando i vestiti. Sbuffa, seccato. “Mi
è sfuggito quando è crollato il tetto...”
Klaus lo ascolta col
viso impassibile ma la rabbia gli indurisce i lineamenti. Li ha
traditi una volta, li ha dimenticati e avrebbe lasciato bruciare suo
fratello nell'incendio! “Ricordami di non raccogliere più
randagi per strada...” ringhia osservando la folla di curiosi
che si sta radunando. “Se hai ancora fame, è arrivato il
cibo da asporto.”
Hayley raccoglie il
thermos da terra, lo avvita e lo ripone nella sacca. Elijah sembra
accorgersi di lei in quel momento. “Tu sei rimasta fuori dai
guai come ti avevo chiesto?”
“Certo.”
Il vampiro la scruta
poco convinto. Ha i vestiti bagnati in alcune parti e il viso sporco
di fuliggine. Ha l'aria stanca ma è tranquilla.
“Marcel non è
fuggito. Il branco l'ha preso in custodia quasi subito.” Hayley
passa una salviettina sul viso in direzione casuale. “Non se
l'aspettava.”
“E' per quello
che si chiama 'attacco a sorpresa'...” Klaus si alza sulle
gambe, sospirando. “Resta con lui.”
Furbo. Sembra voglia
affidarla alla protezione del fratello, invece è tutto il
contrario.
Elijah le solleva il
viso come farebbe con una bambina piccola, togliendo le ultime tracce
di sporco. “Ma come hai fatto a ridurti così?”
Hayley sorride di più.
“Devo aver urtato uno dei ragazzi”
Baltimora Katherine
POV
La sensazione tattile
di questa camicetta è magnifica, la seta accarezza i
polpastrelli con una leggerezza disarmante e mi ricorda la pezza
rubata da Stoyan. Devo averla, anche se il colore non si adatta ai
miei outfits. Pago con la carta di credito e giro le dita
attorno alla cordicella di cotone della busta di cartoncino spesso.
Quando cammino, balla con me. Deve essere felice di essere stata
acquistata. E' passata una settimana da quando sono tornata. Il
telegiornale ha riportato la notizia dell'incendio, ma è nel
web che ho trovato maggiori dettagli: l'incendio si è
propagato in tutto il Quartiere Francese e sono morte parecchie
persone. Le guide turistiche hanno cessati i tour. La città è
in lutto. Io ho ripreso la mia vita, ho fatto la spesa, sbrinato il
frigo, innaffiato il giardino e fatto il pieno al SUV. Per tre notti
di fila ho sognato di essere sepolta viva, e mentre le palate di
terra mi ricoprivano e l'odore mi avvolgeva, non riuscivo a chiedere
aiuto, non riuscivo a parlare, non vedevo nulla, solo la vanga che mi
gettava addosso la terra umida e muschiata. Retaggio della vecchia
paura. Klaus ti smuove sempre un sacco di demoni. Il campanello suona
alle 19:37 di venerdì sera. Il ragazzino della pizza se ne va
senza ringraziare per la lauta mancia. Ingrato. Alle 19:39 sto ancora
decidendo da quale fetta cominciare quando il cellulare ronza sul
tavolino. Era ora che si facesse vivo...
>Mikeal ti ha fatto
un disegno.<
La sua voce è
una carezza languida. Mi manca, il disgraziato. “Sono
impegnata. Mandamelo per fax.”
>Hai un fax?<
“No.”
>Il Re è
stato detronizzato.<
Stuzzico un dente con
la punta della lingua. Sta sorridendo, lo sento dalla voce. “C'è
altro?”
>Una novità
che ti causerà non poca sorpresa. Quando le cose si sono fatte
pesanti, Hayley ha corso il rischio di morire...<
“... e ora Elijah
si sta occupando di lei” concludo, tirando indietro i capelli.
“Ha la sindrome del principe azzurro.”
>No, è
proprio il contrario. Hayley ha corso il rischio di morire per
aiutare Elijah ad uscire dall'incendio del locale. L'abbiamo
taciuto per non urtare la sua mascolina sensibilità, ma chissà
come Elijah l'ha scoperto e da allora la evita come la peste.<
“Strano. Non è
da lui.”
>Ho provato ad
indagare, mi ha invitato a restare fuori dalla sua vita.<
C'è decisamente
qualcosa sotto. Il campanello suona di nuovo. E' uno scherzo di
Klaus, mi stava parlando dal pianerottolo?
“Ti prego, dammi
asilo politico!”
Credo di non averlo mai
visto così disperato. Scoppio a ridere e lo lascio entrare.
Faccio una linguaccia al nano che urla di gioia nel vedermi. Klaus me
lo passa senza fiatare. Lo stropiccio un po' e gli faccio il
solletico. Quella nuvola di riccetti biondi mi fa morire. “La
birra è in frigo.”
“Se hai
programmato una serata rilassante, spiacente di rovinare i tuoi
piani. C'è la luna piena perciò Mikeal non mangia, non
dorme e vuole giocare fino a tardi. Hayley è sotto pressione e
ho pensato bene di concederle una vacanza dalle responsabilità.
Chiamerà lo stesso ogni ora per essere sicura che abbia ancora
la testa attaccata al collo.” Klaus sporge le labbra
fischiando. “Birra cruda? I tuoi gusti migliorano.”
“Dov'è il
mio disegno?”
Klaus sfila un foglio
ripiegato con cura e lo allarga con un gesto elegante del polso.
“Dovresti essere tu.”
Non ha preso la vena
artistica del padre. Il corpo è un fusto dritto, con due
braccia e due gambe, il viso un ovale allungato, una foresta di
scarabocchi neri, i capelli ricci. Solo la bocca l'ha tratteggiata
col rosso. Ha due puntini al posto degli occhi. “E' più
bravo di te” dichiara calamitando il disegno al frigo.
Mikael la guarda e poi
guarda il disegno. Borbotta qualcosa nella strana lingua del neonati
e si avvinghia al suo collo. Katherine sorride, accarezzandogli la
schiena.
Gli fa sempre un certo
effetto vederla reagire in quel modo. Klaus si siede al tavolo
sospirando per il senso di pace che lo pervade.
“Puoi dormire
qui, ma pretendo razione doppia di waffles, domattina.”
“Ho una stanza in
un albergo a pochi isolati...” mormora sfiorandole il fianco.
“Avrai razione doppia e anche lo sciroppo di mirtilli, se mi
ospiti nel tuo letto.”
Ha sfoderato le armi
pesanti. Katherine sogghigna mentre Mikael mette una bocca una ciocca
di capelli. “Vedremo... se farai il bravo...”
***
I ragazzi del branco
erano un gruppo di sbandati cresciuti senza genitori, accomunati da
una maledizione dolorosa che avevano imparato a sconfiggere spezzando
e ri-spezzando le ossa finchè non aveva fatto più male.
La bevuta in compagnia
le ha smosso un sacco di demoni ed Hayley è tornata a casa
triste. Sta albeggiando e sente l'assenza di Mikeal. Certe volte si
sveglia e pensa di essere ancora ospite del divano di un'amica. Certe
volte si sveglia e si chiede se sarà ancora viva a fine
giornata. Il lettino vuoto le toglie il respiro. E' come se le
avessero strappato un arto o un altro organo fondamentale. Sta per
urlare quando ricorda l'accordo preso con Klaus: doveva tornare a
Baltimora a riprendere la macchina, poteva portare Mikeal con se e
lasciarle un paio di giorni di libertà.
Certe volte riusciva ad
essere carino senza sforzo.
All'inizio sembrava
un'ottima idea. Ma sì, un po' di divertimento senza pensieri.
Il branco era in città ancora per poco e potevano
vagare liberamente senza preoccuparsi dei vampiri e delle streghe con
cui avevano stretto una solida alleanza. Però la realtà
della culla vuota non riusciva a mandarla giù. Elijah la sta
evitando e, per qualche strano motivo, quel trattamento la rendeva
ancora più infelice. Non avrebbe mai rischiato la vita se non
avesse avuto la protezione magica di Sophie. Però... forse...
beh, qualcosa avrebbe fatto... l'avrebbe certamente aiutato,
pensa vagando nel corridoio. Elijah si era sempre preso cura di lei.
Toc Toc.
“Avanti.”
E' così
invitante, nella sua posa languida e senza eccessi, che Hayley si
accorge di non poter più ignorare il solletico persistente al
basso ventre. Da quando ha cominciato a osservarlo con occhio
diverso? No, la colpa è solo della luna piena. Deve parlare
con lui. O sbranarlo. “Hai un minuto?”
Elijah alza lo sguardo
dal libro piantato sullo sterno e si accorge subito della sua
irrequietezza. Le fa cenno di avanzare ma Hayley resta sulla porta.
“Perché
sei arrabbiato con me?”
“Infilarti in
quell'inferno di fuoco è stato stupido e pericoloso.”
“Non pensavo di
mancarti di rispetto, aiutandoti...”
Ha capito come
funzionano, lui e Klaus, ma sbaglia clamorosamente stavolta. “Non
è richiesto che tu corra pericoli per me.”
“Come se avessi
avuto altra scelta...” Hayley strofina la fronte che comincia a
pulsare. “Non potevo lasciarti bruciare... sei l'unico che
riesca a fare il bagnetto a Mikael senza creare un lago
artificiale...”
Non se la cava con una
battuta umoristica, stavolta. Deve capire cosa ha rischiato. “Non
è compito tuo aiutarmi se sono in difficoltà.”
“Klaus non aveva
una protezione magica che lo rendeva invulnerabile agli attacchi
esterni...”
“Avrebbe trovato
un modo, lui trova sempre il modo! Vuoi far crescere tuo
figlio senza una madre?!”
Quindi non gli importa
di lei come persona, ma come balia di Mikael. “Siete più
bravi di me, a cosa vi servo?” Una delle tante domande che
avrebbe voluto porre a Klaus da quando è nato il piccolo. “Se
tuo fratello volesse un altro figlio, potrei dire la mia o dovrei
solo... sfornarlo?”
Elijah la guarda, in
tralice. “Ti ha chiesto esplicitamente...”
“Se resto con
lui, dovrò rinunciare all'amore. Il giorno in cui vorrò
andarmene, dovrò rinunciare a mio figlio... Klaus non mi
permetterà mai di portarlo via.”
“Vuoi andare via
di nuovo”
Hayley si stringe nelle
spalle. “Quando si tratta della vostra famiglia, i miei
desideri hanno qualche importanza?”
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