La fabbrica di cioccolato

di Ausel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vi presentiamo Harry Potter ***
Capitolo 2: *** La fabbrica del signor Albus Silente ***
Capitolo 3: *** Il signor Silente e il principe indiano ***
Capitolo 4: *** Gli operai segreti ***
Capitolo 5: *** I primi due vincitori ***
Capitolo 6: *** I Biglietti d'oro ***
Capitolo 7: *** Il compleanno di Harry ***
Capitolo 8: *** Trovati altri due Biglietti d' oro ***
Capitolo 9: *** Bill gioca d'azzardo ***
Capitolo 10: *** La famiglia comincia a soffrire la fame ***
Capitolo 11: *** Il miracolo ***
Capitolo 12: *** Cosa c’era scritto sul Biglietto d’oro ***
Capitolo 13: *** Il grande giorno è arrivato! ***
Capitolo 14: *** Il signor Albus Percival Wulfric Brian Silente ***
Capitolo 15: *** La stanza della cioccolata ***
Capitolo 16: *** I Leprecauni ***
Capitolo 17: *** Vincent Tiger se ne va su per il tubo ***
Capitolo 18: *** Lungo il fiume di cioccolata ***



Capitolo 1
*** Vi presentiamo Harry Potter ***


 

Harry Potter viveva con i suoi genitori adottivi e con i suoi sei fratelli in una casetta di legno, alla periferia di una grande città. 

Il signor e la signora Weasley avevano sei figli : Bill, Charlie, Percy, i gemelli Fred e George e Ginny. Il piccolo Harry era stato adottato dopo che i suoi genitori rimasero uccisi in uno scontro tra maghi.

Le dimensioni della casa non erano neanche lontanamente sufficienti per tante persone e la vita era molto scomoda per tutti. C’erano soltanto due camere da letto e un solo letto.

Il letto era stato ceduto ai due fratelli maggiori e ai gemelli, perché erano così vecchi e stanchi. Figuratevi che erano tanto stanchi che non ne uscivano mai.  Ecco Bill e Charlie da un capo e Fred e George dall’altro capo del letto.  

I signori Weasley, Percy, Ginny e Harry dormivano nell’altra camera, su dei materassi poggiati sul pavimento.

D’estate le cose non andavano poi tanto male, ma d’inverno spifferi gelati spazzavano il pavimento tutta la notte ed era terribile dormire lì.
Il problema dell’acquisto di una casa migliore o anche soltanto di un altro letto non si poneva neppure: erano veramente troppo poveri per permettersi certe cose.

Il signor Weasley era l’unica persona della famiglia che lavorava. Era operaio in una fabbrica di dentifricio, e se ne stava tutto il giorno davanti a un bancone ad avvitare i tappi sui tubetti che erano stati appena riempiti di dentifricio. Ma il mestiere di avvitatore di tappi di tubetti di dentifricio non rende poi molto e il povero signor Weasley, per quanto lavorasse sodo e fosse lesto ad avvitare tappi, non era mai in grado di guadagnare abbastanza da comprare neanche la metà delle cose di cui c’era bisogno in una famiglia così numerosa. I soldi non bastavano nemmeno a  comperare cibo decente per tutti. Gli unici pasti che potevano permettersi erano pane e margarina a colazione, patate lesse e cavolo a pranzo e zuppa di cavolo a cena. La domenica andava un po’ meglio. Non vedevano l’ora che arrivasse la domenica perché allora, sebbene mangiassero esattamente le stesse cose, a ognuno era concessa  una seconda razione. 

Naturalmente non è che la famiglia Weasley morisse proprio di fame, ma ognuno di loro - i tre vecchi fratelli, i due gemelli, Ginny il signor e la signora Weasley e soprattutto il piccolo Harry - avvertiva da mattina a sera un tremendo senso di vuoto nello stomaco.

Harry lo sentiva più intensamente di tutti. E anche se a volte il padre e la madre rinunciavano alla loro parte di pranzo o di cena per darla a lui, quel che mangiava non era tuttavia neanche lontanamente sufficiente per un ragazzo che cresce. Harry desiderava tanto mangiare qualcosa che riempisse di più e fosse un  po’ più soddisfacente delle foglie e della minestra di cavolo. La cosa che Harry desiderava al di là di qualsiasi altra al mondo era il... CIOCCOLATO.

Ogni mattina, quando andava a scuola, Harry scorgeva le grandi pile di Cioccorane.

Molte volte al giorno vedeva altri bambini sfilarsi di tasca delle belle fette di Cioccorane cremose e sgranocchiarsele avidamente e questo, per lui, era un vero e proprio tormento. 

Solo una volta all’anno, in occasione del suo compleanno, a Harry Potter era dato assaggiare un po’ di cioccolato. Tutta la famiglia metteva da parte i soldi per quella speciale occasione e quando il grande giorno finalmente arrivava, gli regalavano sempre una Cioccorana che Harry poteva mangiare tutto da solo. Ogni volta che ne riceveva una, nel meraviglioso giorno del suo compleanno, la riponeva con cura in una scatolina di legno e ne faceva tesoro come se si trattasse di un lingotto di oro fino; nei giorni seguenti si permetteva soltanto di guardarla, senza neanche sfiorarla. Infine, quando proprio non ce la faceva più, ne scartava un angolino, scopriva una porzione piccola piccola di cioccolato e ne addentava un minuscolo pezzetto - appena appena abbastanza da permettere al dolce sapore del cioccolato di spandersi deliziosamente su tutta la lingua. Il giorno dopo dava un altro piccolo morso e così via, giorno dopo giorno. E così Harry faceva in modo che una Cioccorana da pochi soldi gli durasse più di un mese.


Ma ancora non vi ho detto qual era la tortura tremenda che tormentava il povero Harry, così amante del cioccolato, più di qualsiasi altra cosa al mondo. 

Molto, ma molto peggiore che vedere mucchi di Cioccorane nelle vetrine dei negozi o guardare gli altri bambini sgranocchiarsi le loro belle fette proprio davanti a lui. Insomma, era la più terribile tortura che si possa immaginare.
Si trattava di questo: nella sua stessa città, addirittura in vista della casa in cui abitava Harry,  c’era... pensate un po’... un’ENORME FABBRICA DI CIOCCOLATO! Provate a immaginare una cosa del genere! 

E non si trattava nemmeno di un’enorme fabbrica di cioccolato qualsiasi. Era  la più grande e la più famosa fabbrica di cioccolato del mondo magico! Era la FABBRICA SILENTE, di proprietà del signor Albus Percival Wulfric Brian Silente, il più grande inventore e fabbricante di dolciumi e cioccolatini che sia mai esistito.

E che formidabile e meravigliosa fabbrica era quella! L’ingresso era sbarrato da enormi cancelli di ferro e tutta la fabbrica era circondata da un altissimo muro di cinta; dalle ciminiere sgorgava fumo e dalle profondità della fabbrica provenivano strani sibili e ronzii. E tutt’intorno, nel raggio di almeno mezzo miglio, l’aria era intrisa del forte e ricco aroma del cioccolato fondente!
Due volte al giorno, quando andava e quando tornava da scuola, il piccolo Harry Potter doveva passare proprio davanti ai cancelli della fabbrica. E ogni volta che passava di lì cominciava a camminare sempre più piano e, volgendo il naso in alto, inspirava profondamente il profumo di cioccolato che lo circondava. 

Oh, quanto gli piaceva quel profumo!
E, oh, come desiderava poter entrare in quella fabbrica e vedere com’era fatta!

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Capitolo 2
*** La fabbrica del signor Albus Silente ***


 

Tutte le sere, appena finita la cena a base di zuppa di cavolo allungata, Harry andava nella stanza dei suoi quattro fratelli più deboli per ascoltare le loro storie e augurare loro la buona notte.
Ognuno di questi cari ragazzi aveva passato la ventina, ma il loro sistema immunitario pareva quello di un novantenne. Erano tutti raggrinziti come prugne secche e ossuti come scheletri; per l’intera giornata, fino all’arrivo di Harry, se ne stavano raggomitolati nel loro letto, due da capo e due da piedi, con le cuffie fino agli occhi per tenere calda la testa e, siccome non avevano nulla da fare, passavano il tempo sonnecchiando. Ma appena sentivano aprirsi la porta e udivano la voce di Harry che li salutava con un: «Buonasera, Bill e Charlie; buonasera, Fred e George», tutti e quattro saltavano su a sedere e i loro volti rugosi s’illuminavano di sorrisi di gioia - dopodiché cominciavano a chiacchierare. Volevano molto bene al ragazzo. Era l’unica cosa allegra della loro vita, e per tutto il giorno non vedevano l’ora che lui venisse a visitarli. Spesso anche il signor e la signora Weasley, Percy e Ginny  entravano nella stanza e, in piedi vicino la porta, rimanevano ad ascoltare le storie che i ragazzi raccontavano; e così, per circa mezz’ora ogni sera, quella stanza diventava un posto felice e tutta la famiglia dimenticava di essere povera e affamata.

 

Una sera, quando Harry entrò a salutare i fratelli chiese loro:
«La Fabbrica di Cioccolato Silente è davvero la più grande del mondo magico?»

«Se è vero?» esclamarono tutti e quattro all’unisono.
«Ma certo che è vero! Santo cielo, possibile che non lo sapessi? É all’incirca cinquanta volte più grande di qualsiasi altra fabbrica al mondo!»

«Mio caro ragazzo» disse Bill, tirandosi su a sedere e appoggiando la schiena al cuscino, «il signor Albus Silente è il più sorprendente, il più fantastico, il più straordinario mago e produttore di cioccolato che il mondo magico abbia mai visto! Credevo che ormai lo sapessero tutti!»

«Sapevo che era famoso, Bill, e sapevo anche che era molto abile...». 

«Abile!» esclamò il ragazzo.

«Altro che abile! É un mago del cioccolato! Riesce a farci tutto - assolutamente tutto quello che vuole! Non è vero, miei cari?»

Gli altri tre ragazzi assentirono muovendo solennemente il capo e dissero in coro: «Assolutamente vero. Più vero di così non si può».

Poi George aggiunse: «Intendi dire che non ti ho mai raccontato di Albus Silente e della sua fabbrica?».

No, mai» rispose il piccolo Harry.

«Santo cielo! Non capisco cosa mi abbia preso!» 

«Ti prego, Bill, raccontamelo ora!»

«Senz’altro. Siediti qui accanto a me, tesoro, e stai bene a sentire»

William Arthur Weasley, detto Bill, era il più vecchio dei sette figli.

«Oh, che uomo è questo signor Albus Silente» esclamò George. «Sapevi, per esempio, che ha personalmente inventato più di duecento nuovi tipi di Cioccorane, 

ognuna con un ripieno diverso e ognuna molto più dolce, più cremosa e
più deliziosa di qualsiasi altra Cioccorana mai prodotta da tutte le altre fabbriche del mondo magico?»

«Assolutamente vero!» intervenne Charlie. «E le spedisce ai quattro angoli della terra! Non è così, Bill?»

«Proprio così, cara, proprio così. Le manda pure a tutti i re e i presidenti del mondo. E non produce soltanto Cioccorane. Oh no, perbacco, neanche per sogno! Quell’uomo ha anche altri fantastici assi nella manica! Lo sapevi che ha inventato un sistema per fare un gelato al gusto di cioccolato che rimane freddo per ore e ore senza bisogno di incantesimi o si metterlo in frigorifero? Si può anche lasciarlo al sole tutta una mattina quando fa caldo e non si squaglia mica!» 

«Ma è impossibile!» disse il piccolo Harry, spalancando gli occhi. 

«Certo che è impossibile!» esclamò Bill

«Anzi, è assolutamente assurdo! Eppure il signor Albus Silente ci è riuscito!»

«Proprio così!» assentirono gli altri, muovendo la testa tutti insieme. «Il signor Albus Silente ci è riuscito».

«E non basta» riprese Bill scandendo bene le parole in modo che Harry non ne perdesse neanche una.«Albus Silente sa fare le toffolette al gusto di violetta, succulente caramelle che cambiano colore ogni dieci secondi mentre le 

mangi, bon-bon leggeri come piume che si sciolgono deliziosamente non appena li metti in bocca. Sa fare gomma da masticare che non perde mai sapore, e palloncini di zucchero che si possono gonfiare fino a raggiungere dimensioni mostruose prima di farli scoppiare con uno spillo e mangiarteli in un boccone. Inoltre, attraverso uno dei suoi procedimenti più segreti, riesce a creare dei bellissimi ovetti azzurri punteggiatidi nero che quando li metti in bocca diventano sempre più piccoli finché non rimane altro che un minuscolo uccellino di zucchero rosa appollaiato sulla punta della lingua».

Bill fece una pausa per leccarsi le labbra. «Mi viene l’acquolina in bocca solo a pensarci

«Anche a me» disse il piccolo Harry. «Ma per favore, vai avanti».

Mentre parlavano, il signore e la signora Weasley, Percy e Ginny erano entrati zitti zitti nella stanza ed erano rimasti d ascoltare sulla porta. 

«Racconta un po’ a Harry 

e di quel principe indiano mezzo matto» disse Charlie «Scommetto che è una storia che gli piacerà»

«Vuoi dire la storia del principe Pondicherry?» chiese Bill, cominciando a ridacchiare.

«Era matto del tutto, altro che mezzo!» intervenne Fred .

«Però era ricchissimo» aggiunse George. 
«Che cosa ha fatto?» chiese Harry, impaziente di ascoltare la storia.
«Adesso te lo racconto» disse Bill «Sta’ a sentire».

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Capitolo 3
*** Il signor Silente e il principe indiano ***


 

«Un giorno il principe Dudley Dursley scrisse una lettera al signor Albus Silente» cominciò Bill, «per chiedergli di andare fino in India e costruirgli un colossale palazzo fatto tutto di cioccolato».

«E il signor Silente riuscì a costruirlo, Bill?»

«Certo. E che palazzo! Aveva cento stanze ed era fatto tutto, ma proprio tutto di cioccolato al latte o fondente! I mattoni erano di cioccolato, la calce che li teneva insieme era di cioccolato, le finestre erano di cioccolato, le pareti e i soffitti di cioccolato come pure i tappeti, i quadri, i mobili e i letti; e quando si aprivano i rubinetti del bagno, ne usciva fuori cioccolata calda.
«Quando il palazzo fu pronto, il signor Silente disse al principe Dursley: «Però vi avverto, maestà, non durerà a lungo, quindi vi consiglio di cominciarlo a mangiare subito»

«“Che sciocchezza!” esclamò il principe. “Non ho alcuna intenzione di mangiare il mio palazzo. Non voglio neanche sbocconcellare un po’ le scale o leccare le pareti! Io nel mio palazzo ci voglio andare a vivere!”

«Naturalmente, però, aveva ragione il signor Silente: infatti, dopo qualche tempo arrivò una giornata particolarmente calda con un sole fortissimo e l’intero palazzo cominciò a sciogliersi e ad afflosciarsi lentamente; quel matto di un principe, che in quel momento stava schiacciando un pisolino in salotto, si svegliò e si ritrovò a nuotare in un immenso lago marrone di cioccolato appiccicoso».

Il piccolo Harry se ne stava seduto immobile sul bordo del letto, tutto preso dal racconto del fratello. Aveva il volto come illuminato e gli occhi talmente sgranati che si poteva vedere il bianco tutt’intorno all’iride. «Ma questa storia è proprio vera?» chiese. «Non è che mi stai prendendo in giro?»

«Altro che se è vera!» esclamarono in coro i quattro fratelli. «Sicuro che è vera! Chiedilo pure a chi ti pare!»

«Anzi ti dirò anche un’altra cosa che è vera» disse Bill, avvicinandosi ancor di più a Harry e abbassando la voce in tono confidenziale come per sussurrargli un segreto: «Mai... nessuno... ne esce!».

«Esce da dove?» domandò Harry.

«E mai... nessuno... ci entra!»

«Entra dove?» gridò Harry.
«Ma nella fabbrica Silente, no!»
«Di che cosa stai parlando, Bill?»

«Sto parlando degli operai, è chiaro».
«Gli operai?»

«Tutte le fabbriche» spiegò Bill, «hanno operai che entrano ed escono dai cancelli la mattina e la sera - tutte, tranne quella di Silente! Di’ un po’, hai mai visto qualcuno che entrasse o uscisse da quel posto?»

Il piccolo Harry si guardò lentamente attorno, fissando una dopo l’altra quelle quattro facce. Tutti ricambiarono lo sguardo. Erano facce sorridenti e benevole, ma erano anche molto serie. Non c’era alcun segno che stessero scherzando o tentando di prenderlo in giro.

«Allora, l’hai visto o no?» insisté Bill.

«Veramente io... non lo so, Bill» balbettò Harry. «Ogni volta che passo davanti alla fabbrica, i cancelli sembrano chiusi».
«Esatto!» esclamò Bill.
«Ma ci deve pur essere qualcuno che ci lavora, là dentro... Forse usano la Smaterializzazione.»

«Sì, ma non sono persone, Harry. O perlomeno non sono persone nel senso comune della parola»

«E allora chi sono?» chiese Harry

«Ah-oh... Il segreto è tutto qui, capisci?... Questo è un altro segno della straordinaria abilità del signor Albus Silente».

«Harry, tesoro» disse la signora Weasley da dove era rimasta in piedi, vicino alla porta, «É ora di andare a letto. Per stasera basta».

«Ma mamma, devo sapere...».
«Domani, caro...».
«Proprio così» disse Bill. «Domani sera ti racconterò il resto».


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Capitolo 4
*** Gli operai segreti ***


 

La sera dopo, Bill continuò la sua storia.

«Harry, devi sapere che fino a non molto tempo fa c’erano migliaia di persone che lavoravano nella fabbrica del signor Albus Silente. Poi un giorno, all’improvviso, il signor Silente chiese a tutti loro di andarsene a casa e di non tornare mai più».

«Come mai?»
«Per via delle spie».
«Spie?»

«Già. Vedi, tutti gli altri produttori di cioccolato erano sempre più gelosi dei meravigliosi dolci che il signor Silente aveva inventato e così cominciarono a mandare delle spie per rubargli le sue ricette segrete. Le spie si facevano assumere alla fabbrica Silente e, una volta dentro, ognuno di loro si dava da fare per scoprire esattamente come si preparava una certa specialità»

«E poi tornavano a riferirlo alle altre fabbriche?» chiese Harry.

«Deve essere andata proprio così» rispose Bill «perché subito dopo la fabbrica Grindelwad lanciava sul mercato un gelato che non si scioglieva mai, neanche sotto il sole più cocente. Dopo un po’, la fabbrica del signor Riddle se ne usciva con una gomma che, per quanto a lungo si masticasse, non perdeva mai il sapore. Poi la ditta Abeforth o la Umbridge si mettevano a produrre palloncini di zucchero che  potevano essere gonfiati fino a raggiungere dimensioni enormi prima di farli scoppiare con uno spillo e mangiarli. Insomma questa storia andò avanti per un pezzo. Il povero signor Albus Silente era disperato, si strappava la barba lunga metri e gridava: “É una cosa terribile! Andrò in rovina! Ci sono spie dappertutto! Mi toccherà chiudere la fabbrica!”». 

«Ma poi non l’ha chiusa, vero?» disse Harry.

«E invece sì. Un bel giorno disse a tutti gli operai che gli dispiaceva tanto, ma bisognava che se ne tornassero a casa. Quindi chiuse i cancelli principali mettendoci una grossa catena. Da un giorno all’altro la gigantesca Fabbrica di Cioccolato Silente divenne un deserto silenzioso. Le ciminiere smisero di fumare, le macchine di ronzare e da allora in poi non ne uscì più né un cioccolatino né una caramella. Non c’era anima viva che vi entrasse o ne uscisse, e perfino il signor Albus Silente non fu più visto in giro.

«Passarono mesi e mesi, ma la fabbrica continuava a rimanere chiusa. La gente diceva: «Povero signor Silente. Era così simpatico. E poi produceva cose straordinarie. E pensare che ora è completamente rovinato. è tutto finito».

«Ma un giorno accadde qualcosa di nuovo. Una mattina presto si videro esili colonne di fumo bianco levarsi dalle alte ciminiere della fabbrica! La gente, in città, si fermò stupita a guardare. “Ma che succede?” dicevano. “Qualcuno deve aver riacceso le caldaie. Vuoi vedere che il signor Silente riapre la fabbrica?”. Corsero tutti ai cancelli, aspettandosi di trovarli spalancati con il signor Silente in persona sulla soglia che dava il benvenuto ai suoi operai.

«E invece no! I grandi cancelli di ferro erano ancora chiusi e incatenati come prima, e del signor Silente non c’era traccia.

«“Eppure la fabbrica funziona!”» gridava la gente.
«Ascoltate! Si sentono le macchine ronzare! Qualcuno deve averle rimesse in moto! E si risente l’odore della cioccolata fusa nell’aria!”».

Bill si chinò in avanti, posò il suo lungo indice ossuto sul ginocchio di Harry e sussurrò: «Ma la cosa più misteriosa di tutte, Harry, erano le ombre che si intravedevano dalle finestre della fabbrica.La gente, dalla strada, riusciva a vedere delle piccole ombre scure che si muovevano dietro ai vetri smerigliati delle finestre».

«Di chi erano quelle ombre?» chiese subito Harry.

«Questo è proprio quello che tutti avrebbero voluto sapere.
«“La fabbrica è piena di operai!” esclamava la gente. “Eppure nessuno vi è entrato! I cancelli sono ancora chiusi e sbarrati! Ma è pazzesco! E poi nessuno esce mai da là dentro!”

«Tuttavia non c’era alcun dubbio che la fabbrica funzionasse: funzionava e come! E da quel giorno in poi ha sempre continuato a funzionarenegli ultimi dieci anni. Per di più, i cioccolatini e le caramelle che venivano prodotti, col tempo sono diventati sempre più fantasiosi e prelibati. E naturalmente, ora, quando il signor Silente inventa qualche meraviglioso bon-bon, né Grindelwad né Riddle né tantomeno Abeforth o la Umbridge riescono a copiarglielo. Nessuna spia riesce più a intrufolarsi nella fabbrica per trafugarne il segreto».

«Ma Bill» l’interruppe Harry, «si può sapere chi mai il signor Silentei mpiega nella fabbrica per mandare avanti il lavoro?»

«Nessuno lo sa, Harry. C'é chi suppone che si tratti di elfi domestici, chi di Animagus. Ma nessino lo sa davvero.».

«Ma è assurdo! Possibile che nessuno lo abbia mai chiesto al signor Silente?»

«Nessuno l’ha più visto in giro. Non esce mai dalla fabbrica. L’unica cosa che esce dalla fabbrica sono le Cioccorane e le caramelle. Nel muro di cinta c’è una porticina speciale da cui escono le scatole dei dolci, imballate alla perfezione, con su scritto l’indirizzo, e ogni giorno i camion delle poste arrivano, le caricano e le portano via».

«Ma Bill, secondo te chi lavora là dentro?»

«Mio caro ragazzo, questo è uno dei grandi misteri del mondo dei fabbricanti di cioccolato. Una sola cosa si sa su di loro: sono esseri molto piccoli. Le ombre che ogni tanto si intravedono dietro i vetri delle finestre, specie la sera tardi quando tutte le luci sono accese, sono ombre di persone molto piccole, non più alte del mio ginocchio, per intenderci...».

Proprio in quel momento entrò nella stanza il signor Weasley. Sventolava emozionato il giornale della sera. «Avete sentito la grande notizia?» chiese. Poi spiegò il giornale in modo che tutti potessero leggere il titolo stampato a caratteri cubitali sulla prima pagina. Il titolo diceva:

 

 

LA FABBRICA SILENTE
SARÀ PRESTO APERTA
A POCHI FORTUNATI»

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** I primi due vincitori ***


 

Proprio il giorno dopo fu trovato il primo Biglietto d’oro. Lo trovò un bambino che si chiamava Vimcent Tiger, e il giornale della sera del signor Weasley riportava in prima pagina una sua grande foto. La foto mostrava un bambino di undici anni così sproporzionatamente grasso che sembrava fosse stato gonfiato con una potente pompa. Grossi rotoli di grasso flaccido gli pendevano da ogni parte del corpo e la faccia pareva una mostruosa palla di pasta da cui spuntavano due occhietti avidi a forma di uva passa intenti a scrutare il mondo. Il giornale diceva che la città in cui Vimcent Tiger viveva era impazzita di gioia ed egli era diventato subito un eroe. Da tutte le finestre sventolavano bandiere, ai ragazzi era stata concessa una giornata di vacanza ed erano in corso i preparativi per organizzare una parata in onore dell’ormai famoso giovanotto.

«Ero sicura che Vincent avrebbe trovato un Biglietto d’oro» aveva detto sua madre ai giornalisti. «Ne mangia talmente tantedi Cioccorane al giorno che era praticamente impossibile che nonne trovasse uno. Sapete, mangiare è il suo unico hobby. É l’unica cosa che gli interessi. Comunque è sempre meglio che andare in giro a fare il teppistello o a lanciare fatture agli altri bambini nel tempo libero,  non vi pare? Lo dico sempre io, non continuerebbe a mangiare tanto se non avesse bisogno di nutrimento, no? Comunque sono tutte vitamine. Che emozionesarà per lui visitare la meravigliosa fabbrica del signor Silente! Non vi posso dire quanto siamo orgogliosi!» 

«Che donna antipatica!» fu il commento di Charlie.

«E che ragazzo orrido!» aggiunse Fred.

«Sono rimasti solo quattro Biglietti d’oro» disse George. «Chissà chi li troverà?»

Intanto tutto il paese, che dico?, il mondo intero, sembrava improvvisamente assallito da una voglia matta di comprare Cioccorane, a caccia frenetica degli altri preziosi Biglietti. Si vedevano compunte signore entrare nei negozi di dolciumi a comprare in una volta sola dieci Cioccorane Silente che poi scartavano seduta stante nella speranza di veder scintillare un angolino di carta dorata. Dovunque ragazzi si armavano di martello per rompere i loro salvadanai e correvano nei negozi con manciate di spiccioli.

In una città, un famoso bandito rapinò migliaia di sterline da una banca e investì l’intero bottino quel giorno stesso per acquistare Cioccorane Silente. Quando la polizia fece irruzione nel suo appartamento per arrestarlo, lo trovò seduto sul pavimento in mezzo a montagne di Cioccorane, intento a scartarne gli involucri con l’aiuto di un lungo pugnale. Nella lontana Francia una donna chiamata Fleur Delacour si vantò di aver trovato il secondo Biglietto d’oro, ma in seguito esso si rivelò essere un’abile contraffazione. Un famoso scienziato tedesco, il Professor Karkaroff, inventò una macchina capace di scoprire subito, senza neanche aprire l’involucro, se una Cioccorana conteneva o no il Biglietto d’oro. La macchina era fornita di un braccio meccanico che guizzava fuori e afferrava con forza qualsiasi cosa che contenesse la benché minima particella d’oro; per un attimo si pensò che questa macchina fosse la soluzione a ogni problema. Sfortunatamente, però, mentre lo scienziato presentava la sua invenzione al pubblico, nel reparto dolciumi di un grande magazzino, il braccio meccanico scattò velocissimo e tentò di afferrare l’otturazione d’oro dal molare sinistro di una duchessa che si trovava nei pressi. Nella confusione che seguì, la macchina fu fatta a pezzi dalla folla.

Improvvisamente, proprio il giorno prima del compleanno di Harry Potter, il giornale annunciò che era stato trovato anche il secondo Biglietto d’oro. Il fortunato era un ragazzino di nome Draco Malfoy che abitava in una grande città lontana insieme ai suoi ricchi genitori. Ancora una volta, il giornale della sera del signor Weasley aveva in prima pagina una foto del vincitore. Seduto in mezzo ai raggianti genitori nel salotto della sua villa, Draco agitava in aria il Biglietto d’oro, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. Il signor  Lucius Malfoy, il padre di Draco,non si era certo fatto pregare per spiegare ai giornalisti come equalmente il Biglietto era stato trovato. «Vedete, ragazzi, appena il mio bambino  mi ha detto che doveva a tutti i costiprocurarsi uno di quei Biglietti d’oro, non ho fatto altro che andare in città e comprare ogni Cioccorana Silente su cui riuscivo a mettere le mani. Devo averne comprate migliaia. Anzicentinaia di migliaia! Quindi le ho fatte caricare su dei camion e trasportare nella mia fabbrica. Dovete sapere che io confeziono noccioline americane e ho un centinaio di operaie che lavorano lì per me: mi sgusciano le noccioline che devono essere tostate e salate. Non fanno altro tutto il giorno, queste donne, se ne stanno lì sedute a sgusciare noccioline. E allora io ci ho detto: “Coraggio ragazze, da questo momento potete smettere di sgusciare noccioline e dovete cominciare a scartare queste Cioccorane!”. E così hanno fatto. Ho messo sotto ogni operaia della mia fabbrica a togliere l’involucro di carta dalle Cioccorane. Sono andate avanti a tutta velocità dalla mattina alla sera. 

«Passarono tre giorni, senza che la fortuna ci venisse incontro. É stato un periodo terribile! Il mio piccolo Draco s’arrabbiava ogni giorno di più e appena tornavo a casa gridava sempre: “Dov’è il mio Biglietto d’oro? Voglio il mio Biglietto d’oro! Subito! Datemelo, o mio padre lo verrà a sapere!" Se ne stava ore buttato a terra, scalciando e gridando in maniera penosa. Be’, mi faceva veramente star male vedere il mio carissimo figliuolo ridotto in quel modo e così ho giurato a me stesso che avrei continuato a cercare finché non avessi trovato quello che poteva rendergli la felicità. 

Poi, all’improvviso... la sera del quarto giorno, una delle mie operaie si mise a gridare: “Eccolo! Ho trovato il Biglietto d’oro!”. Allora io le ho detto: “Dammelo, presto!”, e appena me l’ha dato sono corso a casa e l’ho consegnato al mio diletto Draco che ora non fa altro che sorridere. Ora siamo di nuovo una famiglia felice». 

«Questa qui è anche peggio di quel grassone!» disse Bill.

«Quello lì ha veramente bisogno di un paio di sculaccioni» disse  Fred.

«Non mi pare che il padre di quel bambino si sia comportato tanto bene. Tu che ne dici, Bill?» mormorò Harry.

«Secondo me lo vizia troppo» disse Bill.  «E ricordati bene quel che ti dico, Harry: quando si vizia un figlio a quel modo, è difficile che vada a finir bene!»

«Su, vieni a letto, tesoro» disse la signora Weasley. «Domani è il tuo compleanno, non te lo scordare, quindi credo che vorrai alzarti presto per aprire il tuo regalo».

«Una Cioccorana Silente!» esclamò Harry. «É cioccolato Silenre, vero?»

«Certo, tesoro mio».
«Non sarebbe stupendo se ci trovassi dentro il terzo Biglietto d’oro?»
«Quando l’avrai, portala qui» disse Bill. «Così possiamo vedere tutti mentre la scarti».


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Capitolo 6
*** I Biglietti d'oro ***


 

«Vuoi dire che veramente sarà permesso alla gente di entrare nella fabbrica?»  esclamò Bill. «Presto, leggici l’articolo!»

«Va bene» rispose il signor Weasley, spianandol giornale. «State a sentire».

 

 


Bollettino della sera 

 

 Il signor Albus Silente, il genio dei dolciumi

che nessuno ha più visto negli ultimi dieci anni,
ci ha inviato oggi il seguente annuncio:

 

Io, Albus Percival Wulfric Brian Silente,

ho deciso di permettere a cinque bambini - non più
di cinque, badate bene - di visitare quest’anno la mia fabbrica. I
cinque fortunati saranno accompagnati nella visita da me
personalmente e a essi sarà concesso di vedere tutti i segreti e le
magie della mia fabbrica. Alla fine della visita guidata, come dono
speciale, sarà loro consegnata una scorta di cioccolate e caramelle
che durerà per tutta la vita! Perciò tenete gli occhi aperti per i
Biglietti d’oro! Ho fatto stampare cinque biglietti su carta d’oro e li
ho nascosti in cinque confezioni normali di comuni Cioccorane.

 

 Queste Cioccorane potrebbero trovarsi dovunque - in

qualsiasi negozio di una qualunque strada in una delle tante città di
ogni paese del mondo - su tutti i banconi che vendono i prodotti
dolciari Silente. I cinque fortunati che troveranno questi Biglietti
d’oro saranno i soli cui sarà permesso di visitare la mia fabbrica e di
vedere com’è fatta dentro ora! Buona fortuna a voi tutti e in bocca al
lupo!
(Firmato Albus Percival Wulfric Brian Silente)

 

 

 


«Quello è suonato!» mormorò Charlie.

«Niente affatto! è brillante!» esclamò Bill. «É un mago! Provate a immaginare cosa accadrà adesso! Tutto il mondo si metterà alla caccia di quei cinque Biglietti d’oro! Tutti compreranno le Cioccorane della Silente nella speranza di trovarne uno! Ne venderà più che mai! Ah, che bellezza sarebbe trovarne uno!»

«É una scorta di cioccolate e caramelle per tutto il resto della vita - gratis!» disse George «Provate un po’ a immaginare una cosa del genere!» 

«Ci vorrà un camion per portarne tante!» intervenne Fred ,

«Al solo pensiero, mi sento male» disse Charlie.

«Che sciocchezze!» esclamò Bill. «Pensa un po’, Harry, non sarebbe una gran bella cosa aprire una confezione di Cioccorana e scoprirci dentro uno scintillante Biglietto d’oro?»

«Certo, Bill. Ma non c’è neanche da sperarci» disse mestamente Harry. «A me tocca solo una Cioccorana all’anno!»

«Non si può mai sapere, fratello» lo confortò Fred. «Il tuo compleanno è tra una settimana. Hai le stesse probabilità di chiunque altro»

«Temo che questo non sia del tutto vero» disse George. «I ragazzi che troveranno i Biglietti d’oro sono quelli che possono permettersi di comprare una Cioccorana al giorno. Al nostro caro Harry ne tocca solo una all’anno. Non c’è neanche da sperarci».

 

 

 

 

 

 

 

 


 







ANGOLO AUTRICE  

Cari lettori, perché anche se non recensite vedo che visualizzate la storia e so che esistete, è giunto il momento di uscire allo scoperto!

Credo che tutti abbiate capito cosa sto cercando di fare, ovvero creare un "remake" di questo meraviglioso libro con i protagonisti della nostra saga preferita.

Se già conoscete la storia, saprete che ci stiamo avviando nel vivo della trama. Nel prossimo capitolo entreranno in scena nuovi personaggi...

Chi saranno i cinque maghetti che visiteranno la fabbrica? Commentate con le vostre supposizioni e, perchè no, dicendomi cosa ne pensate di quest' idea.

Grazie a chi ha aggiunto questa FF alle preferite, ricordate o seguite.

Un bacione,

pasionbertotti.

 

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Capitolo 7
*** Il compleanno di Harry ***


 

«Buon compleanno!» dissero in coro i quattro vecchi fratelli quando, il mattino dopo sul presto, Harry entrò nella loro stanza.

Harry rispose con un sorrisetto nervoso e si sedette sul bordo del loro grande letto. Teneva stretto in entrambe le mani il suo unico regalo di compleanno.

Sull’involucro della Cioccorana c’era scritto:

 

 CIOCCOCREMORANA DELIZIA SILENTE

AL TRIPLOSUPERGUSTO

 

I quattro fratelli, due da capo e due da piedi del letto, si tirarono su a sedere e si accomodarono i cuscini dietro le spalle: fissavano con sguardo ansioso la Cioccorana che Harry teneva in mano.

Anche il signore e la signora Weasley, Percy e Ginny entrarono e si posero trepidanti ai piedi del letto per osservare Harry.

Un gran silenzio scese nella stanza. Tutti aspettavano che Harry cominciasse a scartare il suo regalo. Harry osservò bene la Cioccorana. La carezzò a lungo avanti e dietro con amore e nella stanza silenziosa si sentirono dei leggeri crepitii levarsi dalla carta argentata dell’involucro.

Poi la signora Weasley disse dolcemente: «Tesoro, non te la devi prendere troppo se sotto quella carta non troverai quello che speri. Non puoi certo aspettarti di essere così fortunato».

«Tua madre ha proprio ragione» aggiunse il signor Weasley.
Harry rimase in silenzio.

«Dopo tutto» intervenne Charlie, «nell’intero vasto mondo ci sono rimasti solo tre biglietti da trovare».

«Quel che devi tenere bene a mente» disse Fred, «É che, qualsiasi cosa accada, avrai sempre una bella Cioccorana da sgranocchiare».

«É la Cioccocremorana Delizia Silente al Triplosupergusto» esclamò George, «É il più buono di tutti! Vedrai che ti piacerà!»

«Si» bisbigliò Harry. «Lo so».

«Lascia perdere i Biglietti d’oro e goditi la cioccolata!» gli consigliò Bill. «Dammi retta».

«Dammi retta».
Si rendevano tutti conto che era ridicolo aspettarsi che questa modesta Cioccorana contenesse un bigliettino magico e stavano quindi cercando, nel modo più gentile che potevano, di preparare il povero Harry alla grande delusione che lo aspettava. Però c’era anche un’altra cosa di cui tutti gli adulti si rendevano conto: per quanto minima, c’era sempre la possibilità di un colpo di fortuna.

Doveva esserci almeno una possibilità.
Quella Cioccorana aveva le stesse probabilità di qualunque altra di contenere uno dei Biglietti d’oro.

E questo era il motivo per cui pure i genitori e i fratelli di Harry erano emozionati e tesi quanto il ragazzo, anche se davano a vedere di essere molto calmi.

«É meglio che ti sbrighi ad aprirla, o farai tardi a scuola» disse infine Bill.

«Tanto vale che ti togli il pensiero» aggiunse George.

«Ti prego, Harry, sbrigati ad aprirla» disse Fred, «sennò finisce che m’innervosisco».

Lentamente, molto lentamente, le dita di Harry cominciarono a lacerare un angolino dell’involucro di carta stagnola.
I quattro nel letto si sporsero tutti in avanti, allungando i colli. 

Poi, d’improvviso, come se non ce la facesse più a sopportare la tensione, Harry strappò l’involucro fino a metà... e in grembo gli cadde... una Cioccorana di cremoso cioccolato marrone chiaro.
Del Biglietto d’oro nessuna traccia.

«Be’, ecco fatto!» esclamò allegramente Bill. «É esattamente quello che ci aspettavamo, no?»

Harry alzò lo sguardo: quattro volti l’osservavano con benevolenza dal letto. Regalò loro un sorriso, un sorrisetto mesto poi strinse le spalle, raccolse la Cioccorana e la porse a sua madre dicendo: «Mamma, prendine un pezzetto. Ce la dividiamo. Voglio che tutti ne assaggino un po’».

«Ma neanche per sogno!» disse la madre. E tutti gli altri esclamarono in coro: «No, no! Non ne vogliamo! É tutta per te!».

«Per favore!» implorò Harry, voltandosi per offrirne a Bill.
Ma né lui né gli altri ne vollero assaggiare un pezzetto.
«É ora di andare a scuola, piccolo mio» disse infine la mamma, mettendogli un braccio attorno alle esili spalle. «Su, su, o finirai col fare tardi!»


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Capitolo 8
*** Trovati altri due Biglietti d' oro ***


 

ANGOLO AUTRICE

Ciao, belli :3 Oggi vi scrivo le NDA prima, poiché la cosa che mi sento in dovere di fare prima di iniziare a leggere é scusarmi con voi per l'enorme ritardo di pubblicazione. Ultimamente sono piena di verifiche e interrogazioni, ma ne vale la pena perché oggi ho preso 9 di letteraturaaaaaaaaaaaa!

Dovevo dirvelo, capitemi.

Non peeoccupatevi, però. Dovessero volerci mesi, ma vi prometto che porterò avanti questo progetto fino alla fine.

I soliti ringraziamenti a chi caga questa FF, vi lascio col capitolo C:

pasionbertotti









Quella sera stessa il giornale del signor Weasley riportò la notizia non solo della scoperta del terzo Biglietto d’oro, ma anche del quarto. TROVATI OGGI DUE BIGLIETTI D’ORO sparavano i titoli a caratteri cubitali. NE È RIMASTO UNOSOLO.

«E va bene» disse Bill non appena la famiglia si fu riunita nella stanza dei fratelli dopo cena, «sentiamo un po’ chi li ha trovati».

«Il terzo biglietto» cominciò a leggere il signor Weasley, tenendo il giornale molto vicino al viso perché non ci vedeva bene ma non poteva permettersi di comprare un paio di occhiali, «il terzo biglietto è stato trovato da una certa signorina
Lavanda Brown. C’era grande animazione in casa Brown quando il nostro inviato è arrivato per intervistare la fortunata ragazza - tra il crepitare delle macchine fotografiche e i lampi dei flash, una folla di curiosi faceva ressa per cercare di avvicinarsi alla fanciulla, improvvisamente salita alla ribalta della celebrità, che se ne stava in piedi su una sedia del salotto, agitando freneticamente il Biglietto d’oro come se dovesse chiamare un taxi. La ragazza parlava velocemente e ad alta voce con tutti, anche se era un po’ difficile sentire quello che diceva perché, nel frattempo, continuava a masticare furiosamente un pezzo di gomma americana. 

« “Di solito mastico solo gomma, ma appena ho sentito parlare di questa storia dei biglietti del signor Silente, ho mollato un po’ le gomme e mi sono messa a mangiare Cioccorane nella speranza di un colpo di fortuna. Naturalmente
ora sono tornata alle adorate gomme. Mi piacciono da morire. Non ne posso fare a meno. Ne mastico tutto il giorno, tranne il tempo strettamente necessario per consumare i pasti, quando mi tolgo la cicca dalla bocca e l’appiccico dietro
l’orecchio, tanto per stare tranquilla. La verità è che, senza quel pezzetto di gomma da masticare tutto il giorno, non mi sentirei a mio agio, giuro. Mia mamma dice che non è tanto bello vedere una signorina come me con le mascelle che vanno su e giù ogni secondo, ma io non sono affatto d’accordo. E poi, senti chi parla! A me sembra che sia lei a far andare le mascelle su e giù di continuo a forza di sgridarmi tutto il santo giorno, altroché”.

«“Ma Lavanda, come ti permetti!” ha detto la signora Brown dall’altro capo della stanza dove si era rifugiata in cima al pianoforte per evitare di essere calpestata dalla folla.

«“Uffa, mamma, stai un po’ buona!” ha gridato la signorina Brown. Poi, rivolta di nuovo ai cronisti, ha aggiunto: “Credo vi possa interessare sapere che la cicca che sto masticando in questo momento è quella su cui sto lavorando da ben tre mesi. È un record, sapete? Ho battuto quello detenuto dalla mia migliore amica, la signorina Calì Patil. 

Ragazzi, come se l’è presa a male! La qui presente cicca è il mio più grande tesoro. La notte l’appiccico alla testata del mio letto e la mattina dopo è più buona che mai - forse un tantinello più dura al principio, ma dopo un paio di masticate ridiventa subito morbida. Prima di cominciare a masticare il mio primato mondiale, ero solita cambiare gomma una volta al giorno. Abitualmente lo facevo nell’ascensore quando tornavo da scuola. Perché proprio in ascensore? Be’, perché mi piaceva appiccicare il pezzo che avevo appena finito di masticare su uno dei pulsanti. Così il primo che entrava in ascensore, quando spingeva il bottone rimaneva col dito attaccato al pezzo di gomma. Ah-ah! E non vi dico che cancan piantavano certe persone! I migliori risultati li ottenevo con le signore che indossavano guanti eleganti.Ah, certo che sono emozionata all’idea di visitare la fabbrica del signor Silente. Soprattutto perché mi pare di capire che alla fine della visita mi darà tanta di quella gomma che mi basterà finché campo. Evviva! Che bellezza!”»

«Che bestia di ragazza!» esclamò indignato Charlie. 

«Assolutamente spregevole!» rincarò la dose Fred. «Vedrai che brutta fine farà un giorno a forza di masticare tutte quelle gomme!»

«E chi ha trovato il quarto Biglietto d’oro?» chiese Harry.

«Allora, vediamo un po’...» disse il signor Weasley, scrutando da vicino le colonne del giornale.

«Ah sì, ecco qua. Il quarto Biglietto d’oro è stato trovato da un ragazzo di nome Cormac McLaggen.».

«Un altro poco di buono, ci scommetto» borbottò Charlie.

«Charlie, non interrompere» disse la signora Weasley.

«Anche casa McLaggen, come le altre» riprese a leggere il padre di Harry, «era piena di cronisti e fotografi quando è giunto sul posto il nostro inviato speciale, ma il giovane Cornac, il fortunato vincitore, sembrava piuttosto contrariato da tutta quella confusione. Continuava infatti a gridare arrabbiato: “Possibile che non capiate che
sto guardando la televisione, brutti scemi? Cercate di non disturbarmi!”.

«Papà, che cos'é una televisone? » chiese Harry.

«Un aggeggio Babbano che trasmette immagini, figliuolo» rispose il signor Weasley.«Il piccolo Cormac, undici anni,» riprese a leggere. «era seduto di fronte a un grande apparecchio televisivo, gli occhi incollati allo schermo, e stava guardando un film in cui una bandadi gangsters era impegnata ad abbattere a colpi di fucile mitragliatore una banda avversaria. Il ragazzo impugnava saldamente la propria bacchetta e, di tanto in tanto, Cormac saltava in piedi e sparava una mezza dozzina d' incantesimi all'apparecchio; rischiando di farlo esplodere.

«“Zitti!” gridava ogniqualvolta uno dei giornalisti tentava di rivolgergli una domanda. “Quante volte ve lo devo dire di non disturbarmi? Questo telefilm è una vera bomba! É fantastico! Non me ne perdo una puntata! Non me ne perdo una neanche di quelli che fanno schifo, dove non si spara per niente. Ma questi telefilm sui gangsters sono i migliori. I gangsters sono la fine del mondo! Specialmente quando cominciano a imbottirsi di piombo gli uni con gli altri, o tirano fuori i coltelli a serramanico, o si pestano per benino con i tirapugni! Perdinci, cosa non darei per fare così anch’io! Quella sì che è vita, ragazzi! É fantastico!”.

«Adesso basta!» protestò Bill. «Non lo sopporto più!»

«Neanch’io» disse Fred.. «Possibile che oggigiorno tutti i ragazzi si comportino come questi disgraziati di cui abbiamo sentito parlare?»

«Certo che no» rispose il signor Weasley, sorridendo al ragazzo.. «Be’, qualcuno sì, anzi parecchi, devo dire. Ma non certo tutti».

«E ormai c’è rimasto un solo biglietto!» sospirò George.

«Proprio così» disse Fred, tirando su col naso. «E scommetto che anche quello andrà a finire in mano a qualche brutto ragazzaccio che non se lo merita lontanamente! Quant’è vero che domani sera mangerò minestra di cavolo per cena!»


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Capitolo 9
*** Bill gioca d'azzardo ***


 

Il giorno dopo, quando Harry tornò a casa da scuola e andò a trovare i fratelli, solo Bill era sveglio, mentre gli altri tre russavano tutti sonoramente.

«Ssshhh!» gli sussurrò il fratello, facendogli cenno di avvicinarsi. In punta di piedi Harry andò accanto al letto. Il nonno gli fece un sorrisetto furbo e cominciò a rovistare sotto il cuscino; quando alla fine la sua mano riemerse, stringeva tra le dita un decrepito borsellino di pelle. Nascondendosi sotto le lenzuola, Bill aprì il   borsellino e lo rovesciò finché non ne cadde una monetina d’argento da sei galeoni . «É il mio gruzzolo segreto» bisbigliò con aria complice. «Gli altri non lo sanno mica che ce l’ho. E ora io e te faremo un altro tentativo per cercare di acchiappare quell’ultimo niglietto. Che ne dici, eh? Però ho bisogno del tuo aiuto»

«Sei proprio sicuro che vuoi spendere il tuo denaro per questo, Bill?» sussurrò Harry.

«Certo che sono sicuro!» biascicò il fratello sempre più emozionato. «Non startene lì impalato a discutere! Cosa credi? Anch’io ho una gran voglia di trovare quel biglietto! Qua - prendi questi soldi e corri giù al negozio più vicino a comprare la prima Cioccorana Silente  che vedi e portamela subito qui: la scarteremo insieme».

Harry prese la monetina d’argento e scivolò via dalla stanza. Dopo neanche cinque minuti era già di ritorno.
«L’hai presa?» bisbigliò Bill, gli occhi lucidi per l’emozione.
Harry fece cenno di sì e gli porse la Cioccoranao. Sull’etichetta c’era scritto:

 

CROCCONCIOCCORANA A SORPRESA SILENTE

 

«Benone!» esclamò sottovoce Bill, tirandosi su a sedere e fregandosi le mani dalla contentezza. «Allora, vieni a sederti qui vicino a me, così l’apriamo insieme. Pronto?»

«Pronto!» rispose Harry.
«Bene. Il primo pezzettino scartalo tu».
«No, l’hai pagata tu: tocca a te scartarla».

Le dita del vecchio fratelllo tremavano in maniera impressionante mentre trafficavano con la carta argentata. «Non che ci sia molto da sperare, veramente» sussurrò ridacchiando. «Te ne rendi conto anche tu, no?»

«Sì, lo so» rispose Harry. 

Si scambiarono uno sguardo d’intesa e si misero entrambi a ridacchiare.
«Bada bene, c’è sempre una minuscola possibilità che questa sia la tavoletta buona. non credi?»

«Certo, è naturale, ma perché non ti decidi ad aprirla, Bill?»
«Pazienza, fratellino, ogni cosa al suo tempo. Da quale angolo pensi dovrei cominciare?»

«Quello là, no, dall’altra parte. Strappane appena un angolino, talmente piccolo che non potremo neanche vedere se c’è qualcosa».

«Così?» chiese Bill.
«Perfetto. Ora strappane un altro pezzettino».
«Continua tu» disse Bill. «Sono troppo emozionato».
«No, Bill. Devi riuscirci da solo».
«E va bene, allora. Ecco fatto!» e con un colpo solo strappò l’involucro.
Lo sguardo di entrambi era inchiodato al contenuto della confezione.

Una semplice, normalissima Cioccorana alla nocciola - tutto lì. D’improvviso si resero conto entrambi che l’intera faccenda aveva anche un lato comico, e scoppiarono quindi in una sonora risata

«Cosa diavolo succede?» esclamò Charlie, svegliato di soprassalto.
«Niente, niente» gli disse Bill. «Torna pure a dormire».


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Capitolo 10
*** La famiglia comincia a soffrire la fame ***


 

Nelle due settimane successive, il tempo cambiò e arrivò un gran freddo. Prima si mise a nevicare. La neve prese a cadere all’improvviso una mattina proprio mentre Harry Potter si stava vestendo per andare a scuola. Dalla finestra vedeva i grandi fiocchi di neve scendere lenti da un cielo freddo color acciaio.

Alla sera, intorno alla piccola casa c’era un metro e mezzo di neve e il signor Weasley fu costretto a scavare un sentiero dalla porta alla strada.

Dopo la neve arrivò un vento gelido che prese a soffiare per giorni e giorni senza fermarsi un attimo. Oh, che freddo pungente portava con sé! Qualsiasi cosa Harry toccasse, sembrava esser fatta di ghiaccio, e ogni volta che metteva piede fuori di casa il vento gli passava sulle guance come un coltello. 

Dentro, spifferi gelidi entravano sibilando dagli infissi delle finestre e da sotto le porte: e non si trovava scampo dal loro soffio tagliente. I quattro vecchi fratelli se ne stavano tutti imbacuccati nel loro grande letto, cercando di scacciare il freddo dalle ossa. Ormai da tempo nessuno ricordava più le emozioni provate nella ricerca dei Biglietti d’oro. Tutti i membri della famiglia non riuscivano a pensare ad altro che ai problemi vitali più urgenti: come riscaldarsi e come procurarsi abbastanza cibo.
Quando fa molto freddo, qualcosa nell’aria scatena un grande appetito. La maggior parte di noi comincia allora ad avere una gran voglia di nutrienti stufati fumantii, torte di mele appena sfornate e ogni genere di piatto caldo; e dato che siamo tutti molto più fortunati di quanto ci piaccia ammettere, di solito abbiamo la  possibilità di toglierci qualsiasi voglia, o quasi. Invece il povero Harry Potter non riusciva mai a ottenere quello che voleva perché la sua famiglia non poteva permetterselo e, man mano che il grande freddo continuava, cominciò a sentire sempre più intensi e pressanti i morsi della fame. Entrambe le Cioccorane, il regalo per il suo compleanno e quella comprata con i risparmi di Bill, a furia di piccoli morsi erano ormai finite da un pezzo. Tutto quello che il ragazzo riusciva a mettere sotto i denti erano quei tre magri pasti al giorno a base di foglie di cavolo.

Poi, d’un tratto, i suoi pasti si fecero ancora più magri.
Il motivo era che la fabbrica di dentifricio dove lavorava il signor Weasley improvvisamente fallì e dovette chiudere. Il padre di Harry cercò subito un altro lavoro, ma non fu fortunato. Alla fine, l’unico sistema con cui riusciva a procurarsi qualche spicciolo era spalando la neve dalle strade. Ma il denaro non bastava per comprare neanche un quarto del cibo necessario a una famiglia di nove persone. a

La situazione si fece ben presto disperata. A colazione si ridussero a mangiare una sola fetta di pane a testa e a pranzo toccava loro sì e no una mezza patata less
Lentamente ma inesorabilmente, tutti in famiglia cominciarono a soffrire la fame.
E ogni giorno il piccolo Harry Potter, avanzando a fatica nella neve alta per andare a scuola, doveva passare davantialla gigantesca fabbrica di cioccolato del signor Albus Silente.E ogni giorno, man mano che si avvicinava, il ragazzo levava 

in aria il nasetto appuntito per aspirare il meraviglioso aroma della cioccolata fusa. A volte si fermava addirittura qualche minuto davanti ai cancelli, ingoiando grosse boccate d’aria, quasi come se tentasse di mangiare quell’odore.
«Quel ragazzino» disse una fredda mattinata Bill, facendo appena spuntare la testa da sotto il lenzuolo, «quel ragazzino ha proprio bisogno di mangiare di più. Per noi, non fa niente: siamo troppo ridotti male perché ce ne importi. Ma un ragazzo in piena crescita! Non può mica andare avanti così! Comincia a sembrare uno scheletrino!»
«Sì, ma cosa possiamo farci?» mormorò mestamente Charlie «Non vuole accettare il nostro cibo. Stamani a colazione la mamma ha tentato di mettergli nel piatto la sua fetta di pane, ma lui s’è rifiutato di toccarla e l’ha costretta a riprendersela».

«É un gran bravo ragazzo» disse George, «e meriterebbe molto di più».

Ma intanto l tempo cattivo non dava tregua.

Ogni giorno Harry Potter smagriva sempre di più. Fece una faccetta sempre più pallida e tirata. e tirata. La pelle era talmente tesa sugli zigomi che le ossa trasparivano da sotto. Non c’erano molti dubbi sul fatto che, se continuava così, da un giorno all’altro il ragazzo si sarebbe seriamente ammalato. 

Ma, pian piano, con quella curiosa saggezza che i ragazzi sembrano spesso sviluppare nelle avversità, Harry cominciò a fare piccoli cambiamenti nelle proprie abitudini, in modo da risparmiare al massimo le poche forze che gli erano rimaste. La mattina, per esempio, partiva da casa dieci minuti prima in modo da poter andare a scuola senza correre troppo. A ricreazione se ne stava buono buono seduto in classe a riposare, mentre i suoi compagni correvano fuori a tirarsi palle di neve e a lottare tra loro. Qualsiasi cosa facesse, la faceva con molta calma e attenzione, per non stancarsi troppo. 


Poi, un pomeriggio, mentre se ne tornava lentamente a casa lottando col vento gelido che gli pungeva il viso(e, tanto per cambiare, sentendo ancor più acuti i morsi della fame che lo perseguitava), il suo sguardo fu improvvisamente attratto da un riflesso dorato tra la neve della strada. Harry scese dal marciapiede e si chinò per esaminare la cosa da vicino. Una parte dell’oggetto era sepolta nella neve, ma riconobbe subito di cosa si trattava.

Era una moneta da un galeone! 

Harry si guardò rapidamente attorno.

Era appena caduta di tasca a qualcuno ?

No, impossibile, perché era a metà coperta dalla neve.

Diverse persone gli passarono accanto frettolosamente, col mento affondato nel colletto del cappotto e gli scarponi che facevano scricchiolare la neve. Nessun passante cercava soldi per terra; nessuno si curava di quell’esile ragazzino accovacciato al lato della strada.

Allora, poteva considerare sua quella moneta?

Poteva prenderla e tenersela^

Con molta attenzione, Harry la tirò fuori dalla neve. Era un po’ sporca e bagnata, ma altrimenti era perfetta.

Un galeone, tutto suo!

Lo strinse un po’ tra le dita tremanti, poi la fissò a lungo. In quel momento quei soldi significavano solo una cosa per lui:Cibo!

Quasi automaticamente, Harry fece dietrofront e si diresse al negozio più vicino, distante neanche dieci passi... Era uno di quei negozi di dolciumi che vendevano caramelle e dolciumi vari... e la cosa da fare, disse in fretta tra sé e sé, era di comprarsi subito una bella Cioccorana e mangiarsela tutta e subito, senza sprecarne neanche una briciola... per poi tornare di corsa a casa col resto dei soldi e consegnarli a sua madre.

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Capitolo 11
*** Il miracolo ***


 

Harry entrò nel negozio e depose il galeone umidiccio sul bancone. «Una Cioccocremorana Delizia Silente al Triplosupergusto, prego» disse, ricordando quanto gli era piaciuta quella che aveva ricevuto per il suo compleanno.

Dietro al bancone c’era un signore grasso e ben pasciuto. Aveva grosse labbrae guanciotte piene e un immenso collo in cui le pieghe di grasso uscivano dal colletto della camicia formando una specie di ciambella di gomma. L’uomo si girò, allungò la mano per prendere la Cioccorana, poi si voltò di nuovo e la porse a Harry. Il ragazzo l’afferrò, la scartò rapidamente e si riempì la bocca con un enorme morso. Poi ne prese un altro... e un altro ancora... oh, che piacere infilarsi in bocca qualcosa di dolce e croccante! La pura gioia di riempirsi la bocca di cibo nutriente e delizioso!

«A quanto pare avevi proprio un gran bisogno di quella Cioccorana, figliolo» commentò il gioviale negoziante.

Harry annuì, la bocca troppo piena di cioccolato per parlare.

Il negoziante mise il resto sul bancone e aggiunse: «Vacci piano, ragazzo. Se la mandi giù così, senza masticare, ti verrà il mal di pancia»

Harry continuò a divorare il cioccolato. Non riusciva a fermarsi. In neanche mezzo minuto, l’intera Cioccorana era scomparsa giù per la gola. Era rimasto quasi senza fiato, ma si sentiva benissimo, straordinariamente felice. Allungò una mano per prendere il resto. Ebbe un’esitazione. Gli occhi erano esattamente al livello del bancone e fissavano le monetine che vi stavano poggiate. Erano tutti pezzi da un galeone, cinque in tutto. Certo non sarebbe successo niente se ne avesse spesa un’altra... 

«Credo...» cominciò a dire a voce bassa, «credo proprio che... prenderòun’altra di quelle Cioccorane. Lo stesso tipo di prima, prego». 

«Perché no?» disse il grassone, allungando di nuovo la mano dietro di sé per prendere un’altra tavoletta di Cioccocremorana Delizia Silente al Triplosupergusto. 
Quindi la mise sul bancone.

Harry la prese e ne strappò via l’involucro... e all’improvviso... da sotto la carta... apparve un bagliore dorato. Il cuore di Harry si fermò.

«Ma è un Biglietto d’oro!» gridò il negoziante, facendo un salto di mezzo metro. «Hai trovato un Biglietto d’oro! Hai trovato l’ultimo Biglietto d’oro rimasto! Roba da non crederci! Venite gente, venite a vedere! Questo ragazzino ha trovato l’ultimo Biglietto d’oro di Silente! Sul serio! Guardate, ce lo ha ancora in mano!» Sembrava che il negoziante fosse sul punto di avere un infarto. «L’ha trovato nel mio negozio! Proprio qui nel mio piccolo negozio! Qualcuno corra ad avvertire i giornali! E tu figliolo, fa’ attenzione! Bada di non strapparlo insieme all’involucro! É una cosa molto preziosa!»

In pochi secondi, attorno a Harry si era raccolta una piccola folla di una ventina di persone e altre ancora cercavano di entrare nell’angusto negozio. Tutti volevano vedere il Biglietto d’oro e il suo fortunato possessore.

«Dov’è, dov’è?» gridò qualcuno. «Tienilo alto così lo possiamo vedere tutti!» 
«Eccolo là!» rispose qualcun altro. «Ce l’ha in mano! Guardate come brilla!» 
«Vorrei proprio sapere come ha fatto a trovarlo proprio lui!» esclamò irritato un ragazzo più grande. «Sono settimane che io compro venti Cioccorane ai giorno!» 
«E pensa a tutta la roba che riceverà gratis!» disse un altro ragazzo, la voce piena d’invidia. «Una scorta di dolciumi per tutta la vita!» 
«E ne avrà bisogno! Guardatelo: è magro come un gamberetto!» disse ridendo una ragazza.

Harry era rimasto come paralizzato. Non era riuscito neanche a liberare del tutto il Biglietto d’oro dall’involucro. Era restato fermo, immobile, e stringeva forte la Cioccocremorana con entrambe le mani mentre la gente faceva ressa attorno a lui vociando. Gli girava un po’ la testa. Una strana sensazione di galleggiare in aria come un palloncino cominciò a impadronirsi di lui. Gli sembrava che i piedi non toccassero più il pavimento. Sentiva il cuore pulsargli a gran velocità da qualche parte nella gola.

A un certo punto si rese conto che una mano gli si era posata gentilmente sulla spalla e, quando volse in su lo sguardo, vide un signore molto alto che gli stava vicino. «Senti, ragazzo» gli sussurrò l’uomo, «perché non me lo vendi? Ti darò cinquanta galeoni. Che ne dici? E ti regalerò anche una bici nuova. D’accordo?»

«Ma è matto?» gridò una donna che gli stava altrettanto vicino. «Perbacco, io gliene offrirei duecento di galeoni per quel biglietto! Giovanotto, me lo vendi per duecento galeoni?»

«Adesso basta!» esclamò il grasso negoziante, facendosi largo tra la folla e afferrando Harry saldamente per il braccio. «Lasciate in pace questo ragazzo! Fate largo! Fatelo uscire!». E mentre lo accompagnava alla porta, bisbigliò all’orecchio di Harry: «Non lo dare a nessuno, figliolo. Capito? A nessuno! Portalo subito a casa, prima che te lo possa perdere! Corri come il vento e non ti fermare finché non sei arrivato, capito?»

Harry annuì.

«Sai una cosa?» aggiunse il grassone, sorridendogli. «Ho l’impressione che avevi proprio bisogno di un colpo di fortuna come questo. Sono molto contento che sia toccato a te. In bocca al lupo, figliolo!»

«Grazie» rispose Harry e, via!, si mise a correre in mezzo alla neve il più velocemente possibile. E mentre passava come il vento davanti alla fabbrica del signor Albus Silente, si voltò un attimo e la salutò con la mano, gridando: «Ciao! Ci vedremo presto!». Cinque minuti dopo era già arrivato a casa.

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Capitolo 12
*** Cosa c’era scritto sul Biglietto d’oro ***


   

        Harry fece irruzione dalla porta d’ingresso urlando: «Mamma! Mamma! Mamma!» 

La signora Weasley era nella stanza dei fratelli perché stava servendo loro la cena.

«Mamma!» gridò Harry, precipitandosi dentro come un uragano. «Guarda! L’ho trovato! Guarda, mammina, eccolo! L’ultimo Biglietto d’oro! É mio! Ho trovato dei soldi per strada e ho comperato due tavolette di cioccolato e quando ho aperto la seconda ci ho trovato il Biglietto d’oro e tutt’intorno a me c’era una folla di gente che lo voleva vedere e poi il negoziante mi ha tirato fuori e ho fatto tutta la strada di corsa fino a casa e ora eccomi qua! É IL QUINTO BIGLIETTO D’ORO, MAMMA E L’HO TROVATO IO!»

La signora Weasley  rimase imbambolata a fissare suo figlio, mentre i cinque fratelli, che stavano seduti sul letto tenendo la scodella della zuppa in equilibrio sulle ginocchia, lasciarono cadere i loro cucchiai con gran fragore e si appoggiarono ai cuscini come pietrificati.

Per circa dieci secondi un silenzio assoluto regnò nella stanza. Nessuno osava parlare o muoversi. Era un momento magico. Poi, con un filo di voce Bill disse: «Ci stai prendendo in giro, Harry, vero? Ci stai facendo uno scherzo?»

«Neanche per sogno!» esclamò Harry correndo verso il letto e sventolandogli sotto il naso il grande e bellissimo Biglietto d’oro.

Bill si chinò per dare un’occhiata da vicino fino quasi a toccare il biglietto con la punta del naso. Gli altri lo osservavano trepidanti, in attesa del verdetto. Poi, lentamente, mentre un largo sorriso si faceva pian piano strada sul suo volto, Bill alzò la testa e guardò Harry dritto negli occhi. Un improvviso rossore gli colorì le guance e in mezzo agli occhispalancati e lucidi, proprio al centro della pupilla scura, cominciò a danzare una scintilla di gioia folle. Inspirò profondamente, poi, all’improvviso, senza alcun segno premonitore, sembrò che qualcosa gli esplodesse dentro. Gettò le braccia in aria e gridò: «Evvivaaaa!». Contemporaneamente, il suo lungo corpo ossuto balzò dal letto e la scodella della zuppa finì dritta in faccia a Charlie; con un salto fantastico questo signore abile come novantaseienne che mai era sceso dal letto negli ultimi vent’anni, raggiunse il pavimento e si mise a sgambettare in pigiama una frenetica danza di trionfo.

«Evvivaaaaa!» urlò di nuovo. «Tre urrà per Harry! Hip, hip! Urrà!»
A questo punto, la porta si spalancò ed entrò il signor Weasley. Era stanco e infreddolito, e si vedeva. Era stato tutto il giorno a spalare neve dalle strade.
«Miseriaccia! Si può sapere che succede qui dentro?»
Non ci volle molto per spiegargli l’accaduto.
«Non ci posso credere!» disse. «Non è possibile»

«Coraggio Harry, fagli vedere il biglietto!» gridò Bill, che stava ancora danzando come un invasato nel suo pigiama a righe. «Faglielo vedere a nostro padre: il quinto e ultimo Biglietto d’oro al mondo!»

«Fammelo vedere, Charlie» sospirò il signor Bucket, allungando una mano e
lasciandosi cadere su una sedia. Charlie si fece avanti con il prezioso documento.
Era un oggetto veramente bello, questo Biglietto d’oro, ricavato, a quanto
pareva, da una sfoglia d’oro battuta fino a raggiungere quasi lo spessore della carta.
L’invito del signor Wonka era stato stampato, mediante un ingegnoso incantesimo, in
eleganti lettere nere, su una delle sue facciate.

«Fammelo vedere, Harry» sospirò il signor Weasley, allungando una mano e lasciandosi cadere su una sedia. Harry  si fece avanti con il prezioso documento.
Era un oggetto veramente bello, questo Biglietto d’oro, ricavato, a quanto pareva, da una sfoglia d’oro battuta fino a raggiungere quasi lo spessore della carta. L’invito del signor Silente era stato stampato, mediante un ingegnoso sistema, in eleganti lettere nere, su una delle sue facciate.

«Leggilo ad alta voce» disse Bill, riarrampicandosi finalmente sul letto. «Sentiamo cosa c’è scritto di preciso».

Il signor Weasley portò il bellissimo Biglietto d’oro vicino agli occhi. Le sue mani tremavano leggermente e pareva un po’ sopraffatto da tutta questa storia. Respirò profondamente due o tre volte. Poi si schiarì la voce. Alla fine disse: «E va bene, adesso lo leggo. Attenti:

 

 

IL SIGNOR ALBUS PERCIVAL WULFRIC BRIAN SILENTE TI SALUTA, RAGAZZO FORTUNATO CHE HAI SCOPERTO QUESTO BIGLIETTO D’ORO! TI STRINGO CALOROSAMENTE LA MANO! COSE STRAORDINARIE SONO IN SERBO PER TE! TI ASPETTANO SORPRESE MERAVIGLIOSE! PER ORA TI INVITO A ESSERE MIO OSPITE NELLA FABBRICA SILENTE PER UN GIORNO INTERO - TE E TUTTI GLI ALTRI FORTUNATI CHE AVRANNO TROVATO I MIEI BIGLIETTI D’ORO. IO, ALBUS PERCIVAL WULFRIC BRIAN SILENTE, VI CONDURRÒ PERSONALMENTE IN VISITA ALLA FABBRICA E VI MOSTRERÒ TUTTO QUELLO CHE C’È DA VEDERE E POI, AL MOMENTO DI TORNARE A CASA, SARETE ACCOMPAGNATI DA UN CORTEO DI MAGHI. QUESTI MAGHI, VE LO PROMETTO, SARANNO CARICHI DI TANTI DELIZIOSI DOLCIUMI CHE BASTERANNO A VOI E ALLE VOSTRE FAMIGLIE PER MOLTI, MOLTI ANNI. SE IN SEGUITO, IN QUALSIASI MOMENTO, LE VOSTRE SCORTE DOVESSERO ESAURIRSI, NON DOVRETE FARE ALTRO CHE TORNARE ALLA FABBRICA, MOSTRARE QUESTO BIGLIETTO D’ORO, E IO SARÒ FELICE DI RIEMPIRE LA VOSTRA DISPENSA DI TUTTO CIÒ CHEDESIDERERETE. IN QUESTO MODO POTRETE MANTENERE UNA SCORTA DI GUSTOSE LECCORNIE PER IL RESTO DELLA VOSTRA ESISTENZA. E QUESTA NON È NEMMENO LA COSA PIÙ EMOZIONANTE CHE ACCADRÀ IL GIORNO DELLA VOSTRA VISITA. STO PREPARANDO ALTRE SORPRESE ANCOR PIÙ STRAORDINARIE E FANTASTICHE PER TE E PER TUTTI I MIEI ADORATI DETENTORI DI BIGLIETTI D’ORO - SORPRESE MISTERIOSE E STUPEFACENTI CHE VI INCANTERANNO, DELIZIERANNO, INCURIOSIRANNO, SBALORDIRANNO E VI LASCERANNO PERPLESSI OLTRE OGNI DIRE. NEANCHE NEI VOSTRI SOGNI PIÙ FOLLI AVRESTE POTUTO IMMAGINARE CHE COSE DEL GENERE POTESSERO ACCADERE A VOI! ASPETTATE E VEDRETE! E ORA, ECCO LE ISTRUZIONI: IL GIORNO CHE HO SCELTO PER LA VISITA È IL PRIMO DEL MESE DI FEBBRAIO. IN QUESTO PRECISO GIORNO DOVRETE PRESENTARVI AI CANCELLI DELLA FABBRICA ALLE DIECI IN PUNTO DEL MATTINO. MI RACCOMANDO LA PUNTUALITÀ! VI È INOLTRE PERMESSO FARVI ACCOMPAGNARE DA UNO O DUE MEMBRI DELLA VOSTRA FAMIGLIA CHE BADERANNO A VOI E FARANNO IN MODO CHE NON VI METTIATE NEI GUAI. UN ULTIMA COSA: ASSICURATEVI DI AVERE CON VOI QUESTO BIGLIETTO, ALTRIMENTI NON SARETE AMMESSI ALL’INTERNO DELLA FABBRICA. (FIRMATO) 

ALBUS PERCIVAL WULFRIC BRIAN SILENTE»

 

 

«Il primo giorno del mese di febbraio!» esclamò la signora Weasley. «Ma è domani! Oggi è l’ultimo giorno del mese di gennaio. Ne sono sicurissima!»

«Miseriaccia!» disse il signor Weasley. «Credo proprio che tu abbia ragione!»
«Appena in tempo!» gridò Bill. «Non c’è un attimo da perdere. Devi cominciare a prepararti subito. Lavati la faccia,pettinati i capelli, pulisciti bene le mani, lavati i denti, soffiati il naso, tagliati le unghie, lucidati le scarpe, stiratila camicia e per l’amor del cielo, tira via quel fango dai pantaloni! Devi prepararti, ragazzo mio! Devi prepararti per il più grande giorno della tua vita!»

«Suvvia,  Bill, calmati, non esagerare» lo esortò la signora Weasley, «e non mettere in agitazione il povero Harry. Dobbiamo tutti cercare di mantenere la calma. Ora la prima cosa da decidere è questa: chi accompagnerà Harry alla fabbrica?»

«Io!» gridò Bill, saltando ancora una volta giù dal letto. «Ce lo porterò io, baderò io a lui. Lasciate fare a me».

La signora Weasley sorrise al ragazzo, poi, rivolta al marito, disse: «E tu, caro? Non pensi che dovresti essere tu ad andare?».

«Be’» cominciò a dire il signor Weasley, soffermandosi a pensare. «No, non sono affatto sicuro che dovrei andarci io».

«Ma è tuo dovere!»
«Macché dovere e dovere, mia cara!» rispose affettuosamente il signor Weasley. «Guarda, a dire la verità mi piacerebbe molto andarci. Sarebbe una cosa emozionante. Ma d’altra parte... credo che la persona che più di tutti meriti di andare sia proprio Bill. Pare che ne sappia più di chiunque altro di questa faccenda. Ammesso, naturalmente, che se la senta di...».
«Evvivaaaa!» urlò Bill, afferrando Harry per le mani e mettendosi a ballare con lui per la stanza.
«A quanto pare se la sente e come...» disse la signora Weasley, ridendo. «Sì, in fondo hai ragione. Forse Bill è il più adatto ad accompagnare Harry. Di sicuro non posso andarci io e lasciare gli altri cinque ragazzi soli per tutto il giorno».
«Alleluja!» intonò Bill. «Merlino sia lodato!» 

A quel punto sentirono bussare alla porta d’ingresso. Il signor Weasley andò ad aprire, e in un attimo sciami di giornalisti e fotografi si riversarono in casa. Erano riusciti a scovare il possessore del quinto Biglietto d’oro e ora volevano tutti i particolari della storia per la prima pagina dei giornali del mattino. Per diverse ore, nella casetta si scatenò un pandemonio ed era quasi mezzanotte quando il signor Weasley riuscì a sbarazzarsi di tutti in modo che Harry potesse andare a letto.

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Capitolo 13
*** Il grande giorno è arrivato! ***


 

La mattina del grande giorno il sole brillava alto nel cielo, anche se il terreno era ancora bianco di neve e l’aria era molto fredda. 
Fuori dai cancelli della fabbrica Silente s’era radunata una grande folla di curiosi accorsi per vedere i cinque fortunati possessori dei biglietti fare il loro ingresso nell’edificio. L’emozione era al massimo. Mancava ormai poco alle dieci. 
La folla vociava e spingeva, mentre una fila di Auror formava una catena per tenerla lontana dai cancelli.

Proprio accanto all’ingresso principale c’era il gruppetto dei cinque famosi ragazzi e degli adulti che li accompagnavano, attentamente protetti dalla Auror. 
Tra loro si notava l’alta figura ossuta di Bill che se ne stava tranquillo da una parte con accanto il piccolo Harry Potter che si stringeva a lui tenendogli la mano.

Tutti i ragazzi, tranne Harry, erano accompagnati sia dalla madre che dal padre, e meno male!, altrimenti si sarebbe potuto facilmente perdere il controllo del gruppo. Erano così impazienti di entrare che i genitori erano costretti a trattenerli con la forza per evitare che scavalcassero il cancello. «Abbi pazienza!» gridavano i padri. «Cerca di star fermo! Non è ora. Non sono ancora le dieci!»

Dietro di sé, Harry Potter sentiva le grida della gente che spingeva e litigava per riuscire a intravedere i ragazzi che erano ormai diventati delle celebrità.

«Ecco Lavanda Brown!» sentì qualcuno gridare. «Sì, sì è proprio lei! La riconosco dalla foto che ho visto sul giornale!» 
«E sapete una cosa?» rispose un’altra voce tra la folla. «Sta ancora masticando quell’orribile pezzo di gomma che ha in bocca da tre mesi! Guardate che mascelle! E come vanno su e giù!» 
«Chi è quel ragazzone grasso?»

«É Vincent Tiger!» 
«É proprio lui!»

«Guardate quant’è grosso!» 
«Roba da non crederci!» 
«Chi è quello con la maschera dipinta sulla giacca a vento?» 
«É Cormac McLaggen! Il teledipendente».

«Dev’essere un po’ suonato! Guardate quante pistole giocattolo ha addosso!» 
«Quello che mi piacerebbe vedere è Draco Malfoy!» gridò un’altra voce tra la folla. «É quello con il padre che ha comprato mezzo milione di Cioccorane
e poi le ha fatte scartare una per una dalle operaie del suo stabilimento per la confezione di noccioline finché non hanno trovato il Biglietto d’oro! Il padre gli dà tutto ciò che vuole! Assolutamente tutto! Basta che cominci a frignare e ottiene qualsiasi cosa!»

«Terribile, no?» 
«Impressionante, direi». 
«Quale pensate che sia?» 
«Quello là! Sulla sinistra!

Il ragazzino con la pelliccia di drago argentata!» 
«E Harry Potter qual è?»

«Harry Potter? Deve essere quel ragazzino magro come un gamberetto che sta vicino allo scheletro. Quelli da questa parte. Proprio lì! Lo vedi?»

«Come mai non porta neanche il cappotto, col freddo che fa?» 
«Che ne so! Forse non se lo può permettere». 
«Santo cielo! Starà gelando!»

Harry, a soli pochi passi di distanza, udì i commenti e strinse ancora più forte la mano di Bill. Il fratello lo guardò e sorrise.

Poco lontano, l’orologio di una chiesa cominciò a suonare le dieci. 
Lentamente, con un terribile cigolio dei cardini arrugginiti, il grande cancello della fabbrica cominciò ad aprirsi. 

D’un tratto la folla s’acquietò. I ragazzi smisero di saltellare. Tutti gli occhi erano puntati sull’ingresso. 
«Eccolo!» gridò una voce. 
«É lui!» 
Era proprio lui!

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Capitolo 14
*** Il signor Albus Percival Wulfric Brian Silente ***


 

Il signor Silente era apparso tutto solo subito dietro il cancello della fabbrica. Che ometto straordinario!
Portava un cappello blu a punta in testa.
Indossava un mantello a coda di rondine di un bellissimo velluto color prugna. 

I guanti grigio perla.
In una mano teneva un bel bastone da passeggio dal manico d’oro.
Una lunghissima barba a pizzetto gli arrivava fino ai piedi. E gli occhi - gli occhi erano di una luminosità meravigliosa. Sembravano continuamente sfavillanti e scintillanti. L’allegria e il riso gli illuminavano il volto. Che aspetto vivace! Appariva così sveglio e pieno di vita! Continuava a fare piccoli scatti con la testa, ammiccando di qua e di là, e cercando di afferrare tutto con gli occhietti vispi e luminosi. La vivacità dei movimenti lo rendeva simile a una civetta, una vecchia civetta furba che guizza da un albero all’altro. All’improvviso cominciò a saltellare a passo di danza sulla neve e, rivolto ai cinque ragazzi raggruppati vicino al cancello, allargò le braccia e sorridendo gridò: «Benvenuti, miei piccoli amici! Benvenuti nella mia fabbrica!». La sua voce era acuta e melodiosa. «Venite avanti uno per volta, per favore» gridò, «e portate i vostri genitori. Poi mi farete vedere i Biglietti d’oro e mi darete i vostri nomi. Avanti il primo». Il ragazzone grasso si fece avanti. «Sono Vincent Tiger» disse. 

 «Vincent!» esclamò il signor Silente, afferrandogli la mano e scuotendola su e giù con una forza tremenda. «Mio caro ragazzo, che piacere vederti! Lietissimo! Incantato! Felicissimo di averti con noi! E questi sono i tuoi genitori? Che piacere! Venite! Venite! Esatto! Entrate pure!». Era evidente che il signor Silente era emozionato quanto tutti gli altri. 

Si fece avanti un altro ragazzo: «Mi chiamo Draco Malfoy».

«Il caro Draco! Come stai? Che piacere! Tu sì che hai un nome interessante, no? Come ti sta bene quella graziosissima pelliccia di lupo mannaro! Sono felice che tu sia potuto venire! Diamine, che giornata emozionante ci aspetta! Spero tanto che ti divertirai! Anzi ne sono sicuro! Sicurissimo! Questo è tuo padre? Come sta, signor Malfoy? La signora Malfoy, suppongo. Estasiato! Si, il biglietto è del tutto regolare! Entrate pure, prego!»

Altri due ragazzi, Cormac McLaggen e Lavanda Brown, si fecero avanti per mostrare i rispettivi biglietti e per farsi quasi staccare le braccia dal tronco dalle energiche strette di mano del signor Silente.

E, alla fine, una vocetta nervosa sussurrò: «Sono Harry Potter».

«Harry!» esclamò il signor Silente. «Bene, bene, bene! Eccoti qui dunque! Tu sei quello che ha trovato il biglietto solo ieri, vero? Sì, sì. Ho letto tutti i particolari sui giornali del mattino! Appena in tempo, mio caro ragazzo, appena in tempo! Ne sono felicissimo. Veramente molto contento per te. E questo è... tuo fratello? Piacere di conoscerla, signore. Quale onore! Felicissimo! Estasiato! Ordunque! Benone, tutto a posto! Ci siamo tutti? Cinque ragazzi? Sì! Bene, bene! Vogliate seguirmi! La nostra visita sta per cominciare! Mi raccomando, state uniti! Vi prego di non allontanarvi dal gruppo! Mi dispiacerebbe tanto perdere qualcuno di voi sin dall’inizio! Per carità, sarebbe un bel guaio!»

Harry gettò uno sguardo alle sue spalle e vide il pesante cancello di ferro che si richiudeva lentamente. Fuori, la folla continuava a spingere e a vociare. Harry rivolse un’ultima occhiata a quella massa brulicante, poi, quando i battenti si chiusero con fragore, qualsiasi vista del mondo esterno scomparve.

«Eccoci qua, dunque!» gridò il signor Silente, trotterellando alla testa del gruppo. «Prego, da questa parte, la grande porta rossa. Sì, proprio quella! Vedrete, dentro fa un bel calduccio! Devo tenere ben riscaldato l’interno della fabbrica per via degli operai! I miei operai sono abituati a un clima estremamente caldo! Non sopportano il freddo! Se uscissero fuori con questo tempo, ci rimarrebbero secchi! Si congelerebbero a morte!»

«Ma chi sono questi operai?» domandò Vincent Tiger.

«Ogni cosa a suo tempo, mio caro!» rispose con un sorriso il signor Silente. «Abbi pazienza! Vedrete tutto man mano che andiamo avanti! Siete entrati tutti? Benone! Vi dispiace richiudere la porta? Grazie!»

Harry Potter si ritrovò in un lunghissimo corridoio che si estendeva davanti a lui a perdita d’occhio. Era così largo che ci poteva passare comodamente un treno. Le pareti erano dipinte di un bel rosa pastello, l’illuminazione era diffusa e piacevole.

«Che bel calduccio!» sussurrò Harry.

«Già. E che buon odore!» gli rispose Bill, annusando profondamente l’aria. Tutti gli odori più piacevoli del mondo sembravano mischiarsi nell’aria intorno a loro - l’aroma del caffè appena tostato, dello zucchero d’orzo, della cioccolata fusa, della menta, delle violette, delle nocciole tritate, dei fiori di melo, del caramello, delle rose appena sbocciate e delle scorze di limone...

E in lontananza, dal cuore della grande fabbrica, giungeva attutito un energico rombo, come se qualche macchina mostruosamente gigantesca stesse facendo girare i suoi potenti ingranaggi senza sosta, a rotta di collo.

«Questo, miei cari ragazzi» spiegò il signor Silente, alzando la voce al di sopra del rombo, «questo è il corridoio principale. Appendete pure cappotti e cappelli agli appendiabiti laggiù e seguitemi. Da questa parte, prego! Benissimo! Tutti pronti? Andiamo, dunque! Si parte!»

Si avviò lungo il corridoio trotterellando rapidamente con le code della giacca di velluto color prugna che gli sventolavano dietro, e i visitatori lo seguirono.

Se ci pensate, era un gruppo abbastanza numeroso: c’erano nove adulti e cinque ragazzi, in tutto quattordici persone.

Potete bene immaginare che ci fu un po’ di ressa, qualche spintone e persino qualche gomitata man mano che si affrettavano lungo il corridoio nel tentativo di tener dietro alla veloce figura che li precedeva. «Coraggio!» li esortò il signor Silente. «Datevi una mossa, per favore! Non ce la faremo mai in una giornata se continuerete a gingillarvi così!»

Ben presto voltò a destra, lasciando il corridoio principale per un altro leggermente più stretto.

Poi voltò a sinistra.

Poi di nuovo a sinistra.

Poi a destra.

Poi a sinistra.

Poi a destra.

Poi ancora a destra.

Poi a sinistra.

Il posto sembrava un’immensa tana di coniglio, con gallerie che si aprivano da una parte e dall’altra in tutte le direzioni.

«Non lasciarmi mai la mano, Harry» mormorò Bill.

«Vi prego di notare che tutti questi corridoi sono leggermente in discesa!» gridò il signor Silente. «Stiamo scendendo sottoterra! Tutti i locali più importanti della mia fabbrica si trovano ben sotto il livello della superficie».

«Come mai?» chiese qualcuno.

«Non ci sarebbe proprio spazio per tutto lassù!» rispose il signor Silente. «I locali che stiamo per visitare sono enormi! Sono più grandi di campi da Quidditch! Nessun edificio al mondo sarebbe abbastanza ampio da contenerli! Invece qui sotto, nelle profondità della terra, ho tutto lo spazio che voglio! Non ci sono limiti - tutto quel che devo fare è scavare».

Il signor Silente voltò a destra.

E poi a sinistra.

E poi ancora a destra.

I corridoi diventavano sempre più ripidi. 

Poi, di colpo, il signor Silente si fermò. Davanti a lui c’era una porta di metallo lucente. Il gruppo gli si affollò intorno. Sulla porta, a caratteri cubitali c’era scritto:

 

 

STANZA DELLA CIOCCOLATA 

 

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Capitolo 15
*** La stanza della cioccolata ***


 

«Questa è una stanza molto importante!» esclamò il signor Silente; così dicendo estrasse una bacchetta dalla tasca e aprì la porta. «É il centro nevralgico di tutta la fabbrica, il cuore dell’intero sistema! Ed è così bella! Io esigo che i locali della fabbrica siano belli! Non sopporto la bruttezza negli stabilimenti industriali! Signori, entrate, prego! Ma, mi raccomando, ragazzi, state molto attenti! Non perdete la testa, cari! Non vi eccitate troppo! Mantenete la calma!»

Il signor Silenye finì varcò la soglia. I cinque ragazzi e i nove adulti lo seguirono... e ohhh! Che vista stupefacente si aprì loro allo sguardo!

Ai loro piedi si estendeva una bellissima valle. Su entrambi i lati c’erano prati verdeggianti, mentre a fondovalle scorreva un ampio fiume marrone.

Inoltre, verso la metà del corso del fiume c’era una formidabile cascata: una roccia scoscesa sul cui bordo l’acqua sembrava arricciarsi e trasformarsi in una lastra compatta che poi si frantumava in un ribollio vorticoso di spuma e schizzi.

Sotto la cascata, cosa ancor più stupefacente, c’era una grande matassa di enormi tubi di vetro che pendevano dall’alto sin quasi a sfiorare la superficie dell’acqua. Il diametro di quei tubi era veramente notevole. Ce n’erano almeno una dozzina e risucchiavano l’acqua densa e marrone per portarla poi chissà dove. 

Siccome erano trasparenti, si poteva seguire il turbolento percorso del liquido al loro interno. Sopra il rombo della cascata si sentiva il continuo succhia-succhia dei tubi che aspiravano senza posa il liquido.

Lungo le sponde del fiume crescevano bellissimi alberi e arbusti - salici piangenti e ontani circondati da alti cespugli di rododendri pieni di fiori rosa, rossi e lillà. Nei prati occhieggiavano a migliaia i ranuncoli.

«Guardate là!» esclamò il signor Silente saltellando su e giù e indicando con il suo bastone dal manico d’oro il grande fiume marrone. «É tutta cioccolata! Ogni goccia che scorre in quel fiume è cioccolata fusa della migliore qualità. Della massima qualità, direi! In quel fiume c’è abbastanza cioccolata calda da riempirci tutte le vasche da bagno del paese! E anche tutte le piscine! Non è fantastico? E guardate i miei tubi! Risucchiano la cioccolata e la trasportano negli altri locali della fabbrica dove serve la materia prima! Centinaia di migliaia di litri all’ora, cari i miei ragazzi! Centinaia e centinaia di migliaia di litri!»

I ragazzi e i loro genitori erano rimasti troppo stupiti per riuscire a dire alcunché. Se ne stavano lì attoniti, a bocca aperta, con gli occhi fuori dalle orbite e ammutoliti.Non riuscivano a riprendersi dallo stupore e continuavano a fissare abbacinati quell’incredibile spettacolo. La sua magnificenza e grandiosità li aveva del tutto sconcertati e non riuscivano a distogliere lo sguardo da tanto splendore.

«La cosa più importante è senz’altro la cascata!» riprese a spiegare il signor Silente. «Serve infatti a miscelare perfettamente la cioccolata! La rigira ben bene, la mischia e la raffina! La rende spumosa e leggera! Nessun’altra fabbrica al mondo usa il metodo della cascata per raffinare il prodotto di base! Eppure è la maniera migliore di farlo! Anzi, l’unica maniera di farlo! E che ne dite dei miei alberi?» esclamò, indicandoli col suo bastone. «E i miei cespugli? Non li trovate graziosi? Come dicevo poco fa, detesto la bruttezza! E naturalmente sono tutti commestibili! Tutti fatti di sostanze diverse e deliziose! E avete visto che bei praticelli? Vi piace l’erbetta costellata di ranuncoli? L’erba che avete sotto i piedi, miei cari, è fatta di un nuovo tipo di zucchero mentolato morbido che ho appena inventato! L’ho chiamato sorbiolo! Provate ad assaggiarne un filo, prego! É delizioso!»

Come automi, tutti si chinarono e raccolsero un filo d’erba - tutti, cioè, tranne Vincent Tiger, che ne afferrò una manciata.

Lavanda Brown, prima di assaggiare il suo filo d’erba, si tolse di bocca la gomma da primato del mondo e se l’appiccicò con cura dietro l’orecchio destro.

«Quant’è buona!» mormorò Harry. «Ha un sapore delizioso, non è vero Bill?»

«Altro che! Me la brucherei tutta!» rispose Bill, sorridendo contento. «Mi metterei a quattro zampe come una mucca finché non avessi mangiato ogni singolo filo d’erba in tutto il prato!»

«Assaggiate i ranuncoli!» li esortò il signor Silente. «Sono anche migliori!»D’un tratto l’aria si riempì di gridolini eccitati. Era Draco Malfoy, che gridava con l’indice freneticamente puntato verso l’altra sponda del fiume. «Guardate! Laggiù, laggiù! Cosa sarà? Si muove! Cammina! É una persona piccola piccola! É un omiciattolo! Laggiù subito dopo la cascata!» Tutti smisero di cogliere ranuncoli e guardarono l’altra riva.

«Bill, ha ragione!» esclamò Harry. «L’ho visto anch’io! É proprio un omiciattolo! Lo vedi?»

«Lo vedo sì, caro!» rispose estasiato Bill. 

Si misero tutti a gridare allo stesso tempo: «Sono due!»«Perdindirindina, è vero!» «Eccone altri due! Anzi, tre, quattro, cinque!» «Ma che stanno facendo?» «Ma da dove sono spuntati?»

«Ma chi sono?» Genitori e ragazzi corsero sul bordo del fiume per vedere meglio.«Ma sono degli esseri fantastici!» «Non sono più alti del mio ginocchio!» «Guardate che buffe capigliature lunghe hanno!» 

Gli omiciattoli - non più grandi di bambolotti - avevano smesso di lavorare e fissavano attoniti i visitatori dall’altra parte del fiume. Uno degli omini puntò il dito verso di loro e poi si mise a bisbigliare qualcosa all’orecchio degli altri quattro, e tutti e cinque scoppiarono in una sonora risata.

«Ma sono gente vera! Non è possibile!» esclamò Bill.

«Certo che sono gente vera!» rispose il signor Silente. «Sono Leprecauni.*». 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


* Essendo un remake potteriano, ho pensato di sostituire gli Umpa-Lumpa con creature più simile citate nella saga. Dal libro "Gli animali fantastici - Dive trovarli": Leprecauni (Leprechauns), detti Clauricorni, sono creature magiche figuranti non solo nella saga di Harry Potter, ma anche nella mitologia irlandese. I Leprecauni sono omini piccoletti, con la barba, vestiti di farsetti verdi che posseggono ognuno una lampada ad olio color verde. I Leprecauni sono in grado di unirsi per formare giochi di luce e immagini in cielo. Sono le mascotte dell'Irlanda infatti all'inizio del quarto libro, li vediamo quando sostengono la loro squadra nella finale della coppa del mondo di Quidditch (Irlanda-Bulgaria). Sono conosciuti solitamente per fatto che possono produrre delle monete d'oro che dopo poco tempo svaniscono. Si fabbricano vestiti di foglie, partoriscono cuccioli e vivono nei boschi, anche se si mostrano ai Babbani, che alla fine li ha ritratti nelle loro letterature. Sa parlare, ma non ha mai fatto richiesta di registrarsi come Essere. Sono dispettosi, ma per nulla pericolosi. Classe XXX.

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Capitolo 16
*** I Leprecauni ***


 

«Leprecauni?» esclamarono tutti in coro. «Leprecauni?»

«Direttamente importati dal cuore della Foresta di Leprilandia» disse con orgoglio il signor Silente.

«Ma non esiste un posto del genere!» esclamò la signora Malfoy.
«Mi scusi, signora, ma...».
«Signor Silente» strillò la madre di Draco. «Guardi che io conosco la geografia!»

«Dunque lei saprà bene che terribile paese sia quello! Un’ininterrotta distesa di folte giungle infestate dalle più pericolose belve del mondo: policorni, sarcopedonti e i ferocissimi sfarabocchi. Uno sfarabocchio è capace di mangiarsi anche dieci Leprecorni a colazione, e non si fa certo pregare se si presenta l’occasione di fare il bis. Figuratevi che, quando arrivai io, i piccoli Leprecorni s’erano rifugiati in capanne costruite sugli alberi. Erano costretti a vivere lassù per sfuggire agli sfarabocchi, ai policorni e ai sarcopedonti che davano loro la caccia. Per sopravvivere s’erano ridotti a nutrirsi di bruchi verdi, che hanno un saporaccio, e i poveri Leprecorni passavano ogni secondo della loro giornata ad arrampicarsi in cima agli alberi più alti per cercare qualcosa da mischiare ai bruchi verdi per renderne il sapore più accettabile: per esempio, delle coccinelle rosse o delle foglie di eucalipto, oppure la corteccia dell’albero bong-bong, tutte cose che fanno schifo, ma mai quanto i bruchi verdi. Poveri Leprecorni! L’unico cibo che desideravano più di ogni altro era il chicco di cacao. Ma non riuscivano a procurarsene. Un Leprecorno poteva ritenersi fortunato se riusciva a trovare tre o quattro chicchi di cacao l’anno. Ma moriva di voglia al solo pensiero! Sognavano i chicchi di cacao tutta la notte, e il giorno non parlavano d’altro. Bastava menzionare la parola “cacao” davanti a un Leprecorno per vederlo sbavare dalla voglia. Si dà il caso che il chicco di cacao, che cresce sull’albero del cacao» continuò a spiegare il signor Silente, «sia la materia prima da cui si ricava il cioccolato. Non si può fare cioccolato senza il chicco di cacao. Il chicco di cacao è cioccolato. Io stesso ne uso miliardi a settimana in questa fabbrica. E così, miei cari ragazzi, appena mi resi conto che i Leprecorni andavano matti per questo particolare cibo, mi arrampicai anch’io fino al loro villaggio arboreo e infilai la testa nella capanna del loro capo-tribù. Il poveretto aveva un aspetto emaciato e malaticcio, e se ne stava seduto lì tentando invano di mangiare una scodella di purea di bruchi verdi senza farsi sopraffare dalla nausea. “Senta un po’” gli dissi, naturalmente parlando in lepre-lumpese, “se lei e il suo popolo mi seguiranno nel mio paese e si stabiliranno nella mia fabbrica, le prometto che potrete avere tutti i chicchi di cacao che vorrete! Ne posseggo montagne nei miei magazzini! Potrete mangiare chicchi di cacao a pranzo, cena e colazione! Potrete mangiarne fino a rimpinzarvi! Vi pagherò perfino il salario in chicchi di cacao, se volete!” 

«“Dice sul serio?” chiese il capo dei Lepricorni, facendo un salto così sulla sedia.«“Ma certo! E se volete, potrete mangiare anche cioccolato che, a dire la verità, è ancora più buono dei chicchi di cacao perché ci si aggiunge latte e zucchero”.

«L’ometto lanciò un grido di trionfo e buttò la scodella di purea di bruchi verdi dalla finestra. “Affare fatto!” esclamò. “Andiamo! Quando si parte?”

«E così fu che feci trasferire qui tutta la tribù dei Lepricorni, uomini, donne e bambini. Fu semplicissimo. Li feci entrare in paese di contrabbando, chiusi in casse di legno su cui erano stati praticati gli opportuni fori, e sono arrivati tutti sani e salvi. Sono operai straordinari. Ormai parlano tutti la nostra lingua. Gli piace un sacco cantare e ballare. Non fanno altro che inventare canzoni. Scommetto che sentirete un bel po’ delle loro canzoncine di tanto in tanto nel corso della nostra visita. Però vi devo avvertire che hanno un carattere estremamente scherzoso. Vanno matti per le burle. Vestono ancora come quando vivevano nella giungla. è una loro fissazione. Gli uomini, come potete vedere dall’altra parte del fiume, vanno in giro con i loro costumi di pelle. Le donne si vestono di foglie e i bambini non si mettono addosso alcunché. Le donne cambiano le foglie dei loro costumi ogni giorno...».

«Babbo!» strillò Draco Malfoy (il bambino che le aveva tutte vinte). «Babbo! Anch’io voglio un Lepricorno! Vammene a prendere uno! Lo voglio subito! Voglio portarlo a casa con me! Forza, vammene a prendere uno, svelto!»

«Su, su, piccolo mio!» gli rispose il padre.«Non sta bene interrompere il signor Silente».

«Ma io voglio il mio Lepricorno!» strillò Draco ancora più forte.

«E va bene, va bene! Ma non in questo momento, cara. Abbi un po’ di pazienza. Vedrò di procurartene uno prima della fine della giornata».

«Vincent!» gridò a un tratto la signora Tiger.

«Vincent, tesoro, non credo che quella sia una buona idea!». Vincent Tiger, come avrete senz’altro immaginato, s’era pian piano portato sul bordo del fiume e ora, inginocchiato

sulla sponda, stava ingozzandosi a più non posso di cioccolata calda. 

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Capitolo 17
*** Vincent Tiger se ne va su per il tubo ***


 

Appena il signor Silente si voltò e vide quello che Vincent stava facendo, gridò subito: «Oh, no! Ti prego, Vincent, ti scongiuro, non fare così! La mia cioccolata non deve essere toccata da mani umane!».

«Vincent!» strillò anche la signora Tiger. «Hai sentito cosa ha detto il signore? Vieni via da quel fiume, subito!»

«É una roba favolosa!» bofonchiò Vincent, senza darsi il minimo pensiero di quello che sua madre e il signor Silente gli avevano detto. «Porca l'elfo, mi ci vorrebbe un secchio per berla come si deve!»

«Vincent!» esclamò il signor Silente saltellando su e giù e agitando in aria il suo bastone.«Vieni via subito di lì! Mi stai sporcando tutta la cioccolata!»

«Vincent!» strillò la signora Tiger.
«Vincent!» strillò il signor Tiger.
Ma Vincent era sordo a ogni richiamo che non fosse quello del suo pancione

senza fondo. Si era addirittura sdraiato a terra e teneva la testa praticamente immersa nel fiume, lappando la cioccolata come un cagnolino.

«Vincent!» gridò ancora la signora Tiger. «Finirai con l’attaccare quel tuo brutto raffreddore a qualche milione di persone in tutto il paese!»

«Attentom Vincent!» gridò il signor Tiger. «Ti stai sporgendo troppo!» Il signor Tiger aveva proprio ragione. Infatti, d’un tratto s’udì un grido e subito dopo un tonfo e Vincent Tiger finì a capofitto nel fiume. In men che non si dica, il ragazzo scomparve sotto il pelo della cioccolata. 

«Qualcuno lo salvi!» strillò la signora Tiger, sbiancando in volto e agitando il suo ombrellino. «Affogherà! Non sa nuotare per niente! Salvatelo! Salvatelo!»

«Santo cielo, cara» esclamò il signor Tiger, «non mi posso mica buttare io! Mi sono messo il vestito buono!» La faccia rotonda di Vincent Tiger riemerse tutta coperta di cioccolata.

«Aiuto! Aiuto! Aiuto!» urlò. «Ripescatemi!»
«E non startene lì impalato!» gridò la signora Tiger a suo marito.«Fa’ qualcosa!»
«Un momento! Un momento! Adesso ci penso io!» disse concitato il signor Tiger, che si stava togliendo la giacca per tuffarsi nella cioccolata. Ma mentre era impegnato in questa manovra, il malcapitato ragazzo veniva risucchiato sempre più vicino all’imboccatura di uno dei grandi tubi che pendevano dall’alto sul fiume, finché, all’improvviso, la forza del risucchio lo sopraffece ed egli fu attirato fin dentro l’imboccatura del tubo.

Intanto, sulla sponda, gli altri trattenevano il fiato aspettando di vedere da che parte sarebbe poi uscito.

«Eccolo lassù! Guardate come fila!» gridò qualcuno, indicando in alto.

Infatti, dato che il tubo era di vetro, si poteva chiaramente vedere Vincent Tiger filarvi dentro come un siluro.

«Aiuto! Polizia! All’assassinio!» strepitò la signora Tiger. «Vincent, torna subito qui! Dove hai intenzione di andare?»

«Quel che non riesco a capire» disse il signor Tiger, «É come fa a passare dentro quel tubo. Mi pare un po’ troppo stretto per lui».

«É stretto sì!» esclamò Harry Potter. «Perbacco, guardate come rallenta!»
«É vero, sta rallentando!» disse Bill.
«Finirà col bloccarsi!» affermò Harry Potter.
«Ho paura di sì!» disse Bill.
«Perdindirindina, s’è proprio bloccato!»
«Per forza, con quella pancia!» disse il signor Tiger.
«Adesso il tubo è otturato!» esclamò Bill.
«Rompete quel tubo!» strillò la signora Tiger sempre agitando l’ombrellino. «Vincent, esci subito di lì!»

Da sotto, gli spettatori vedevano la cioccolata turbinare attorno al ragazzo dentro il tubo. A un certo punto si accorsero che dietro di lui si stava raccogliendo una massa compatta che spingeva per superare l’ostacolo. La pressione era tremenda: qualcosa doveva cedere. E infatti qualcosa cedette. Quel qualcosa fu Vincent. WHOOF! Con un sibilo il ragazzo fu sparato dentro il tubo come una pallottola nella canna del fucile.

«É sparito!» strillò la signora Tiger. «Presto! Dove va a finire quel tubo? Aiuto! I pompieri!»

«Calma!» gridò il signor Silente. «Mantenga la calma, mia cara signora, calma! Non c’è alcun pericolo. Assolutamente nessun pericolo. Vincent farà un breve viaggetto, tutto qui. Un viaggetto molto interessante. Ma ne verrà fuori sano e salvo, aspetti e vedrà».

«Come farà a venirne fuori sano e salvo?» ribatté la signora Tiger. «Tra cinque secondi sarà trasformato in tante morbide toffolette!»

«Impossibile!» esclamò il signor Silente. «Impensabile! Inconcepibile! Assurdo! Non potrà mai essere trasformato in toffolette!»

«E perché no, se è lecito saperlo?» strillò la signora Tiger.
«Perché quel tubo non porta affatto al locale dove si fanno le toffolette!» rispose il signor Silente. «Non ci passa neanche vicino! Si dà il caso che quel tubo lì - quello in cui è finito Vincent - vada a finire nel locale dove fabbrico uno squisito tipo di praline al cioccolato con un tenero cuore di crema alla fragola...». 

«Allora sarà trasformato in tante praline al cioccolato ripiene di crema alla fragola!» protestò la signora Tiger.

«Povero il mio Vincent! Domani mattina sarà venduto a peso in tutto il paese!»

«Giusto!» intervenne il signor Tiger.
«Me lo sento che andrà a finire così» singhiozzò la signora Tiger.
«Non è mica uno scherzo!» protestò il signor Tiger.
«Solo il signor Silente non ne pare tanto convinto!» esclamò la signora Tiger. «Guardatelo come se la ride! Si diverte un mondo, lui! Ma come osa ridere quando il mio bambino è stato appena risucchiato dal tubo? Lei è un mostro!». La signora Tiger continuava a strepitare puntando l’ombrellino contro il signor Silente come se volesse infilzarlo. «É convinto che sia un bello scherzo, vero? Secondo lei il fatto che il mio bambino sia stato risucchiato nel laboratorio delle praline ripiene di crema alla fragola è una cosa che fa morire dal ridere?»

«Non si preoccupi, Vincent è al sicuro» disse il signor Silente ridacchiando sotto i baffi.

«Come, al sicuro? Sarà trasformato in praline al cioccolato!» strillò la signora Tiger.

«Giammai!» rispose il signor Silente.

«Come no?» strepitò la signora Tiger.

«Non lo permetterei mai!»
«E perché?»

«Perché avrebbero un sapore disgustoso! Provate a immaginare: praline Tiger ricoperte al cioccolato al gusto di Vincent! Non le comprerebbe nessuno».

«E invece le comprerebbero tutti!» rispose indignato il signor Tiger.
«Non ci voglio neanche pensare!» strillò la signora Tiger.
«Neanch’io» disse il signor Silente. «Signora, le giuro solennemente che al suo rampollo non accadrà nulla di male».

«Se non gli accadrà nulla di male, allora che fine ha fatto?» ribatté minacciosa la signora Tiger. 

Il signor Silente si voltò e fece schioccare le dita tre volte: snap! snap! snap! Immediatamente, come dal nulla, apparve un Lepricano che gli si mise al fianco. 

L’omiciattolo fece un inchino e sorrise, facendo mostra di una magnifica dentatura bianca. Aveva la pelle di un bel rosa chiaro e i lunghi capelli erano castano dorati. Arrivava a malapena al ginocchio del signor Silente. Indossava la tipica tunichetta di pelle dei Leprecauni, fermata con un nodo su una spalla.

«Stammi bene a sentire» disse il signor Silente, rivolto all’omiciattolo. «Voglio che tu accompagni il signore e la signora Tiger su al laboratorio praline alla crema e li aiuti a cercare Vincent, il loro figliolo che è finito dentro il tubo».

Il Leprecauno lanciò uno sguardo alla signora Tiger e scoppiò in una sonora risata.

«Ehi, piantala!» lo rimproverò il signor Silente. «Un po’ di autocontrollo, che diamine! La signora Tiger non lo trova mica tanto buffo, sai!»

«Lo può ben dire!» intervenne, sempre più indignata, la signora Tiger.

«Su, affrettatevi a raggiungere il laboratorio delle praline alla crema» disse il signor Silente al Leprecauno. «Una volta arrivati, prendete una pertica e cominciate a pescare nella grande tinozza dove viene mischiata la cioccolata. Sono quasi sicuro che lo troverete là dentro. Però state attenti! E mi raccomando, sbrigatevi! Se lo lasciate troppo tempo nella tinozza della cioccolata, va a finire che verrà versato nella caldaia del fondente, e quello sì che sarebbe un disastro! Le mie praline diventerebbero assolutamente immangiabili!»

La signora Tiger lanciò un ululato infuriato.

«Scherzavo, scherzavo!» disse il signor Silente, ridacchiandosela come un matto sotto i baffi. «Non volevo offenderla. Mi perdoni. Mi dispiace. Arrivederci, signora Tiger. Signor Tiger, arrivederci! A presto! Ci vediamo tra un po’...».

Mentre il signor Tiger e la sua infuriata consorte si allontanavano guidati dal loro minuscolo accompagnatore, i cinque Leprecauni che stavano dall’altra parte del fiume all’improvviso cominciarono a saltellare e a ballare, suonando freneticamente minuscoli tamburelli.

«Vincent Tiger!» si misero a cantare. «Vincent Tiger! Vincent Tiger! Vincent Tiger!»

«Bill!» esclamò Harry. «Li senti? Ma che fanno? Cantano?!»

«Shhhh!» bisbigliò Bill. «Credo proprio che adesso ci canteranno una canzone!»

E infatti i Leprecauni si misero a cantare:

«Vincent Tiger! Vincent Tiger! Dentro il fiume hai fatto "splasher"!
Sei grande e grosso ed ignorante
e per la gente assai stancante. Mangi e bevi a sazietà,

ma non ti nutri di bontà!
Siccome questo non ci va giù,
fa che non si ripeta più.
Sei stato sempre un gran porcello, senza mai dare niente di bello. 

Che fare a tipi come te?
Noi li prendiamo per un pie’ e li facciamo diventare

una roba da giocare,
che sia una bambola, un pallone, biglie, trottola o aquilone.
Qualcosa insomma che dia spasso,
e non sia solo una palla di grasso. Avido, ingordo, goloso e ghiotto, guarda come ti sei ridotto.
Ma a questo stato disgustoso
c’è qui un rimedio portentoso: l’unica buona soluzione
si trova nella tubazione!
Niente paura, bambini belli,
non gli verranno torti i capelli,
ma certamente uscirà cambiato
da questo tubo nel quale è entrato. Quando la macchina entra in azione, vedrai che grossa trasformazione:
le ruote girano sempre più in fretta le lame cantano: Affetta, affetta! Aggiungi zucchero, panna e farina
e avrai una crema sopraffina!
Lo cuoceremo a fuoco basso
finché vedremo che con il grasso

si scioglie pure l’avidità
di cui è provvisto in quantità.
Ed alla fine ecco il portento:
grande di Vincent è il cambiamento quel maialetto già detestato
di colpo viene da tutti amato,
difatti ognuno, qui come in Cina,

ama ciucciarsi una pralina!»

«Ve lo avevo detto che adorano cantare!» esclamò il signor Silente. «Non sono bravi? Li trovo assolutamente incantevoli, e voi? Però, vi avverto, non credete neanche a una parola di quello che dicono. Sono tutte sciocchezze, non c’è niente di vero!»

«Secondo te, Bill, i Leprecauni stanno davvero scherzando?» chiese Harry.

 «Certo che scherzano» rispose Bill. «Per forza che scherzano. Almeno, lo spero tanto. E tu?» 

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Capitolo 18
*** Lungo il fiume di cioccolata ***



«Su, su, muoviamoci!» si mise a strillare il signor Silente. «Prego, affrettatevi, da questa parte, signori! Seguitemi nella prossima tappa del viaggio! E per favore, non preoccupatevi per Vincent Tiger. Vedrete che se la caverà. Se la cavano tutti, alla fine. La prossima parte del viaggio la faremo in barca! Eccola che arriva! Guardate!»
Una vaporosa foschia si stava ora alzando dal fiume di cioccolata calda, e da quella foschia apparve all’improvviso una fantastica barca rosa! Era una grande barca a remi, con un’alta prua e una poppa altrettanto alta (come le antiche navi dei Vichinghi), ed era d’un bel rosa talmente lucente e sfavillante che sembrava essere fatta di trasparente cristallo rosa. Moltissimi remi spuntavano da entrambi i lati e, man mano che la barca si avvicinava, videro che erano manovrati da una moltitudine di Leprecauni - una decina almeno per ogni remo
«Questo è il mio yacht privato!» esclamò il signor Silente, raggiante di orgoglio. «L’ho ricavato da una gigantesca caramella, scavandola con le mie stesse mani! Non è magnifica? Guardate come fila sulle onde del fiume!»
Intanto la scintillante barca rosa di caramella scivolò verso la sponda e si fermò. Un centinaio di Leprecauni alzarono i remi e si misero a fissare i visitatori. Poi, d’un tratto, per un motivo noto solo a loro, scoppiarono tutti in una sonora risata.
«Cos’hanno da ridere tanto?» chiese Lavanda Brown.
«Oh, non badate a loro!» disse allegramente il signor Silente. «Non sanno fare altro che ridere! Sono convinti che la vita sia una continua commedia! Saltate tutti a bordo, piuttosto! Coraggio! Affrettatevi!» Appena tutti si furono accomodati per bene a bordo, i Leprecauni staccarono la barca dalla sponda e cominciarono a remare velocemente giù per il fiume.
«Ehi, tu, laggiù! Cornac McLaggen» gridò a un tratto il signor Silente. «Per favore, cerca di non leccare la barca, sennò diventa tutta appiccicosa!»
«Paparino» disse Draco Malfoy, «la voglio anch’io una barca come questa! Me la compri una grande barca rosa di caramella come quella del signor Silente? E voglio anche un sacco di piccoli Leprecauni che mi portino in barca dove dico io, e anche un fiume di cioccolata fusa, e voglio pure...».
«Quello che veramente vuole quello lì è un bel calcio nel sedere!» mormorò Bill a Harry. Il ragazzo sedeva a poppa e Harry Potter gli stava accanto, stringendogli forte la vecchia mano ossuta. Il giovane era preso in un vortice di emozioni. Tutte le cose che aveva visto finora - il grande fiume di cioccolata, la cascata, i grandi tubi, i prati zuccherini alla menta, i Leprecauni, la meravigliosa barca rosa e soprattutto il signor Albus Percival Wulfric Brian Silente in persona - l’avevano talmente stupito che cominciò a chiedersi se era possibile che ci fossero altre cose per cui stupirsi. Dove stavano andando ora? Cos’altro avrebbero visto? E cosa mai sarebbe ancora successo nella prossima tappa del viaggio?
«Non è fantastico?» gli chiese Bill con un sorriso.
Harry annuì e sorrise a sua volta al fratello .
Improvvisamente il signor Silente, che era seduto all’altro fianco di Harry, si chinò sul fondo della barca, raccolse una grande tazza col manico che era lì, la immerse nel fiume per riempirla di cioccolata e la porse a Harry. «Bevine un po’!» gli disse.«Ti farà bene! Mi sembra che tu abbia una gran fame!»
Poi il signor Silente ne riempì una seconda tazza e la diede a Bill. «Ne beva anche lei. Perbacco, sembra uno scheletro! Cos’è successo? Non avevate da mangiare, in questi ultimi tempi?»
«Be’, veramente, non tanto» rispose Bill.
Harry si portò la tazza alle labbra e mentre la sostanziosa cioccolata calda gli scendeva dritta nel pancino vuoto, tutto il suo corpo, da capo a piedi, cominciò a formicolare di piacere e fu inondato da un senso di profondo benessere.
«Vi piace?» chiese il signor Silente.
«Altro che! è squisitissimo!» disse Harry.
«La più cremosa, la più appetitosa cioccolata calda che io abbia mai assaggiato!» esclamò Bill, leccandosi le labbra.
«É perché la mischio facendola venir giù dalla cascata!» lo informò il signor Silente.
Intanto la barca scivolava via veloce lungo il fiume che si restringeva sempre più. Davanti a loro s’intravedeva una specie di tunnel buio - un’enorme apertura tonda che sembrava una grossa tubatura - e il fiume imboccava proprio quel tunnel. E anche la barca, naturalmente, sembrava diretta proprio là dentro. «Continuate a remare!» ordinò il signor Silente, agitando in aria il suo bastone. «Avanti tutta!» E mentre i Leprecauni remavano più veloci che mai, la barca imboccò decisa quel tunnel buio come la pece, con tutti i passeggeri che gridavano emozionati.
«Come fanno a vedere dove vanno?» strillò Lavsnda Brown nell’oscurità.
«Mica sanno dove vanno!» gridò il signor Silente, ridendo come un matto. «Non c’è modo per quest’anno di sapere dove andranno! Mica sanno dove vanno o se mai ci arriveranno! Così buio è dove stanno, può succeder qualche danno, ma pensier non se ne danno e più forte remeranno. Se paura lor non hanno chissà se si fermeranno...».
«O Signore! Gli ha dato di volta il cervello!» gridò uno dei padri, che era rimasto di sasso, e gli altri genitori si unirono al coro di grida spaventate.
«É impazzito!» «É ammattito!» «É partito!»
«É rimbambito!» «É rincretinito!» «É inebetito!» «É allocchito!» «É basito!»
«É instupidito!»
«É rincitrullito!»
«Di senno è uscito!»
«Ma neanche per sogno!» disse Bill.
«Accendete le luci!» ordinò il signor Silente. E tutto d’un tratto il tunnel s’illuminò a giorno es Harry si rese conto che in effetti stavano navigando dentro un gigantesco tubo. Sopra di loro, le pareti curve del tubo erano immacolate. Il fiume di cioccolata scorreva veloce all’interno del tubo; i Lepre che remavano come ossessi e la barca filava a razzo. A poppa, il signor Wonka saltellava su e giù, incitando i vogatori a remare sempre più forte. Pareva che quella sensazione di scivolare a folle velocità sulla cioccolata in un tunnel bianco a bordo di una barca rosa lo esaltasse: batteva le mani eccitato, rideva e continuava a guardare gli altri passeggeri per vedere se anche loro si divertivano come lui.
«Bill, guarda!» gridò Harry. «C’è una porta nella parete!» Era una porticina verde che si apriva nella parete bianca al livello della corrente. Mentre sfrecciavano davanti a essa, fecero appena in tempo a leggere cosa c’era scritto:
MAGAZZINO NUMERO 54. CREME ASSORTITE. CREMA AL LATTE, CREMA PASTICCIERA, CREMA ALLA VIOLETTA, CREMA CAFFÉ, CREMA ALL’ANANAS, CREMA ALLA VANIGLIA, CREMA PER CAPELLI.
«Crema per capelli?» esclamò Cornac McLaggen. «Non userete mica anche la crema per capelli?»
«Remate, remate!» gridò il signor Silente. «Non ho tempo per rispondere a domande sciocche!»
Saettarono davanti a una porticina nera su cui era scritto:
MAGAZZINO NUMERO 71. SELLE DI TUTTE LE FORME E LE MISURE.
«Selle!» gridò Draco Malfoy. «Cosa mai ci fate con le selle?»
«Ci montiamo la panna, naturalmente» disse il signor Silente. «Come credi si possa montare la panna senza sella? La panna montata non può essere montata a dovere senza sella. Sarebbe come un uovo in camicia che se ne vada in giro in canottiera. Remate! Remate!»
Superarono una porticina gialla su cui c’era scritto:
MAGAZZINO NUMERO 77. TUTTI I CHICCHI. CHICCHI DI CACAO, CHICCHI DI CAFFÉ, CHICCHI DI RISO, CHICCHI D’UVA, CHICCHI CHIACCHIERINI.»
«Chicchi chiacchierini?» esclamò sorpresa Lavanda Brown.
«Proprio come te!» le disse il signor Silente. «Non c’è tempo per discutere! Avanti! Avanti!». Ma dopo neanche cinque secondi, quando di fronte a loro apparve una porticina d’un bel rosso brillante, all’improvviso si mise ad agitare in aria il bastone dal manico d’oro e gridò: «Fermate la barca!».

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