.:CAPITOLO 2:.
Premessa:
non ho idea se davvero
esistano cose come le scuole nella terra di mezzo però
questa
è pur sempre
una fanfiction quindi chiudete un occhio ^^".
PS: scusate, ho dovuto cancellare il capitolo dopo averlo pubblicato a
causa di errori nel codice html.
“Forza
alzati ragazzo!”
La
forte voce di Gideon, fedele servitore di re Thranduil sin da che
memoria possa ricordare proruppe espandendosi decisa per tutta la
stanza dove Legolas, fino a pochi attimi prima, stava dormendo.
Il
sole sembrava essere sorto troppo presto quella mattina.
L'aria
era fresca e soffiava pacificamente all'esterno delle mura, tranne
che per qualche corrente fuggitiva che riusciva ad insinuarsi nelle
crepe della finestra creando così degli spifferi che,
mischiandosi
all'aria tiepida della stanza, creavano il clima perfetto per restare
sotto le coperte e rifiutare contatti con tutto ciò che non
si
trovava entro gli accoglienti confini del letto.
Ad
ogni modo, il sole, parzialmente nascosto dietro a delle nubi,
rendeva innegabile l'arrivo della mattina e simboleggiava anche l'ora
di alzarsi, o almeno che non si voleva fare tardi a scuola.
A
Bosco Atro esisteva un'unica scuola, edificata più di mille
anni
prima da Sire Oropher, per garantire al popolo un livello culturale
degno di un elfo. Inizialmente venivano insegnate le lingue elfiche,
le buone maniere, la musica, l'erbologia e il tiro con l'arco,
insomma, le cose che più rappresentavano la loro razza.
Poi,
col tempo e col progredire delle ere, si creò il bisogno di
inserire
altri insegnamenti quali la storia, la letteratura, l'aritmetica, le
lingue delle altre razze e sport associati a differenti armi.
Normalmente
gli elfi cominciavano a frequentare l'istituto verso i 5 anni con dei
corsi introduttivi volti a dare le basi fondamentali, sia di logia
che di comportamento per poter affrontare in modo proficuo i
successivi anni.
Dopo
di che, le altre fasce educative si raggiungevano solo al pieno
adempimento degli obiettivi prefissi. Essendo immortali normalmente
non si preoccupavano dello scorrere del tempo e a causa di questo
potevano passare svariati anni prima di progredire, l'importante era
che l'educazione raggiungesse i massimi livelli.
Come
di buona norma e usanza ogni lezione e, di conseguenza ogni test,
veniva svolto meticolosamente e senza lasciare nulla al caso.
L'estrema
fierezza e orgoglio degli elfi però causava, incoerentemente
coi
loro principi, anche una certa tendenza ad esigere che ogni giovane
non ci mettesse più di quattro anni per ogni livello, pena,
la
credenza da parte degli altri di essere “poco
brillante”, dovuta
anche al fatto che quel dato elfo si sarebbe trovato a frequentare le
lezioni con compagni un po' troppo giovani rispetto a lui.
Le
lezioni variavano il loro orario a seconda della stagione e del mese
per poter sfruttare al meglio le ore diurne e notturne.
In
quel periodo i corsi avevano inizio alle 7 di mattina e termine verso
le 17, era un orario impegnativo ma certamente non il peggiore
dell'anno.
Prima
di aprire definitivamente gli occhi Legolas fece un riepilogo veloce
di ciò che avrebbe avuto quel giorno: letteratura, sindar,
tattiche
sul territorio e biologia. Pesante ma non male.
A
Legolas piaceva andare a lezione e questo giovava al suo già
ottimo
rendimento.
“Avanti,
non vorrai fare tardi spero! Devo ancora andare a svegliare e
preparare tuo fratello e sai quanto l'impresa richieda tempo”
Eccome
se lo sapeva. Quando Gideon era impegnato e non poteva occuparsene,
l'ingrato compito spettava a lui.
Svegliarlo
non era troppo difficile, ma convincerlo a lavarsi, vestirsi, fare
colazione e preparare le cose in tempo, era decisamente un altro
discorso. Ad Estel non dispiacevano le lezioni, però, l'idea
di
dover stare tante ore seduto composto ad ascoltare l'insegnante lo
agitava, inoltre, a causa dei continui attacchi al bosco le nascite
si erano notevolmente ridotte così, per evitare inutili
dispersioni,
erano state fatte meno classi inferiori e questo aveva provocato ad
Estel dei compagni che lo superavano di età e, di
conseguenza, non
aveano voglia di partecipare ai suoi giochi.
Altro
motivo, non meno rilevante era che il bambino sembrava più
interessato ad assecondare la sua curiosità verso il mondo
che lo
circondava (il che includeva farfalle di passaggio, foglie volanti,
polvere che rotolava per terra, fino alle crepe nella cortecce degli
alberi che si potevano vedere dalla finestra).
“Capisco
Gideon, ma non sarà necessario che voi andiate a
chiamarlo”
disse
tranquillamente Legolas scostando un po' le coperte mostrando una
testa bionda ben nascosta
“è venuto a dormire con te anche
questa notte?” chiese Gideon
“Evidentemente.
Deve aver aspettato che mi addormentassi per poi infilarsi nel
letto”
“Legolas
devi fargli capire che deve dormire nel suo letto, o prima o poi il
re se ne accorgerà”
“in
verità penso lo sappia. Immagino che glielo conceda fin
tanto che
nostra madre è via. Non è facile per nessuno
gestire la sua
assenza”
“Comprendo.
A volte anche il re deve adattarsi immagino” Gideon fece una
pausa
ma poi riprese il suo ruolo “Dai su! Estel in
piedi!”
da
sotto le lenzuola arrivò qualcosa di molto simile ad un
miagolio, si
stava svegliano ma non ne era ancora convinto. Legolas lo scosse
leggermente mettendogli le mani sulla schiena, ma all'ennesimo
miagolio capì che era meglio procedere con metodi
più decisi. Tolse
le lenzuola e lo tirò su mettendolo in piedi.
“Mmh...
è già mattina?” mugugnò
Estel ancora più addormentato che
sveglio.
“Si,
il sole è già sorto. Che lezioni avrai
oggi?” chiese Legolas
“bo,
qualcosa come elfico credo”
“Faresti
meglio a tenere più a mente i tuoi impegni. Adesso inizia ad
andare
in bagno, il materiale lo prepariamo dopo”
“Perfetto,
allora dato che siete insieme occupati tu di lui, io
preparerò la
colazione” detto questo Gideon lasciò la camera.
Il
ragazzo sbuffò, sapeva che sarebbe finita così.
Raggiunse
Estel in bagno e rimase basito dalla scena: l'elfilng si era
addormentato per terra, vicino ai recipienti per l'acqua.
Non
era possibile.
Lo
prese in braccio e gli lavò la faccia con acqua fredda
“Eh?
Cosa?” Gli occhi azzurri di Estel erano finalmente aperti e
svegli
”Non
ti addormentare nuovamente o ti butto nella vasca!”
chiarì Legolas
con tono seccato
“ti
sei svegliato male fratellone?”
“no, ma il tuo comportamento
assolutamente irresponsabile verso i doveri danneggia il mio umore,
soprattutto se questo avviene di prima mattina”
“Ti
sei svegliato male”
“Taci
e finisci di lavarti” concluse Legolas severo.
Una
volta finito in bagno scesero per la colazione per poi tornare in
camera.
“Mettiti
questa” disse il più grande appoggiando sul letto
la divisa
scolastica
“Non
mi piace quella cosa”
A
scuola era obbligatoria la divisa, in verità non era male,
era molto
semplice e somigliava alle tenute leggere dei sorveglianti del regno,
o almeno quella delle classi maggiori; quella che spettava ai
più
giovani era invece una tunica corta con dei pantaloncini, niente di
imbarazzante, ma Estel, che frequentava l'istituto da poco
più di
un mese, non si era abituato a portarla e le aveva tentate tutte per
dissuadere Gideon dal fargliela indossare: aveva provato a bucarla, a
bruciarla e a disegnarci sopra. Come risultato il loro responsabile
si era rivolto al re che aveva obbligato Estel ad indossare la divisa
per due giorni di fila, così come l'aveva conciata.
“Lo
so, ma devi metterla comunque”
“Non
voglio!”
“Estel, 'sta mattina ti stai superando! Metti subito
quella divisa e non mi sfidare oltre, dopo avermi tirato la
marmellata fra i capelli a colazione avrei dovuto portarti
direttamente da ada e invece non l'ho fatto, quindi non tirare ancora
la corda!”
Legolas
si stava davvero innervosendo, il che non capitava spesso, quindi
Estel preso alla sprovvista decise di ubbidire. Le disavventure
mattutine, però, non erano ancora al termine.
“Oltre
ad elfico che materie hai questa mattina?”
“Uhmm...”
“Sbrigati
a rispondere! Fra 10 minuti dobbiamo essere fuori di qua!”
“Sisi
ok, maaaaaaaaaa”
“COSA
“MA”??”
“Non
me lo ricordo”
La
pazienza di Legolas, arrivata agli sgoccioli, si esaurì
miseramente
davanti all'irritante comportamento del fratello, così prese
tutti i
libri di Estel e glieli mise in cartella
“Quelli
sono troppi!! Ho solo elfico, erbologia, storia e aritmetica”
Ribatté il minore preoccupato dal peso che quello zaino
straripante
sembrava avere.
“Non
m'importa! La prossima volta ci penserai prima di fare lo
stupido!”
detto questo indossò la sua tracolla e poi aiutò
Estel a mettere la
sua che lo trascinò indietro, ma non se ne curò e
preso per mano lo
trascinò fuori dal castello.
“Legolas
pesa troppo!” si lamentava l'elfiling che pendeva
visibilmente,
nonostante ciò il fratello non gli diede retta ed una volta
arrivati
all'entrata della scuola lo lasciò solo per poi dirigersi
verso la
sua classe, felice di poter stare finalmente un po' in pace.
Estel,
appena il contatto con la mano di Legolas, finì si
trovò seduto per
terra, quella cosa era davvero troppo per lui, per un attimo venne
tentato dall'idea di lasciarli lì, ma poi
immaginò la punizione di
suo padre e ci ripensò. Non avrebbe davvero voluto
riscriverli a
mano.
Ci
mise più del previsto a raggiungere la sua classe e
arrivò appena
in tempo.
L'insegnante
entrò subito dopo di lui e si diresse alla cattedra.
“Buon
giorno a tutti! Eccoci qui per un'altra lezione di elfico sindar! Ci
siete tutti?”
Il
maestro elfo alto e sottile, aveva i capelli neri che arrivavano a
coprirgli le spalle e gli occhi verdi sempre svegli e attenti, era
una persona gentile e, in genere, molto paziente.
“Allora
bambini, siete pronti per cominciare?” il tono entusiasta
contagiava la classe, così i bambini annuirono altrettanto
allegri.
“Benissimo!
Allora, chi vuole correggere queste frasi?”
La
lezione cominciò bene, anche Estel riusciva a seguire
abbastanza,
non che facesse fatica a capire, anzi, lui sapeva già
leggere e
scrivere perfettamente, aveva guardato Legolas fare i compiti tante
di quelle volte che aveva imparato, i suoi problemi riguardavano
più
la sfera dell'attenzione e della pazienza.
Infatti
un'ora dopo le sue gambe avevano già preso ad oscillare
costantemente sotto il banco, aveva voglia di alzarsi e correre ma
ovviamente non era possibile. Doveva rimanere lì, fermo ad
ascoltare. Dopo un'altra mezz'ora aveva cominciato a disegnare su una
pergamena, disegni che nel restante tempo uscirono dal foglio e
cominciarono ad estendersi sulle altre pagine. Non aveva più
davvero
idea di cosa stesse dicendo il maestro, almeno finché non
sentì
chiamare il suo nome.
“Estel?
Vorresti continuare a leggerci il brano a pagina 25?”
In
un momento, però, Estel realizzò di non averlo
neanche tirato fuori
quel libro e allora si affrettò a chinarsi sullo zaino ma,
appena lo
aprì, tutti i libri caddero fuori con un gran fracasso
causando
l'ilarità generale.
“Basta
bambini non ridete!” cercò di calmarli il maestro
“Estel, a cosa
ti servono tutti quei libri? Nessuno può avere tante materie
in un
giorno”
“Io,”
non poteva dire veramente quello che era successo o sì, che
lo
avrebbero preso in giro seriamente “Non ricordavo cosa ci
sarebbe
stato oggi”
“Ah,
capisco, ma non sarebbe bastato leggerlo sul diario?” chiese
ancora
il maestro con tono gentile.
“Ho
dimenticato anche quello” rispose in tono leggermente seccato.
Mentre
leggeva quel maledetto brano di pagina 25 sentiva il nervoso
crescere, era colpa di Legolas se si era trovato in quella
situazione, già gli altri bambini non lo prendevano quasi
mai sul
serio perché lui era più piccolo, se poi faceva
anche di quelle
figure non ce l'avrebbe mai fatta ad integrarsi.
Il
resto della lezione lo passò in relativa calma ma, appena
sentì la
campanella suonare, il suo viso si illuminò in un
sorrisetto. C'è
da precisare che nessuno sorrisetto fatto da un bambino portava mai a
qualcosa di buono.
Il
secondo maestro della mattinata entrò. Il maestro Alyon era
più
anziano e i suoi capelli ramati erano talmente lunghi che superavano
la metà della schiena. Estel lo trovava affascinante, non
tanto per
le sue doti d'insegnamento o per le sue estese conoscenze di
erbologia ma più per il fatto che si perdeva a tal punto in
ciò che
faceva da non prestare più molta cura a quello che gli
alunni
combinavano. Le lezioni di erbologia si svolgevano per metà
in
classe e per metà all'aperto, così da poter
associare la parte
teorica all'esperienza sul campo e così avvenne anche quella
mattina.
Estel
si impegnò seriamente a stare tranquillo e buono, non
avrebbe mai
voluto che l'insegnante per punizione gli proibisse di uscire, eppure
l'elfling ebbe l'idea che, ad insospettire il maestro, fosse
più la
sua calma, ma non poteva certo castigarlo per quello.
“Bene,
finita la teoria passiamo alla pratica! Oggi cercherete all'interno
del bosco e, ripeto, all'INTERNO del bosco, queste erbe: valeriana,
achillea, biancospino, china, ginepro, ribes nero e verbena, mi
raccomando, fate attenzione e non allontanatevi più di
tanto, chi
riuscirà a portarmi tutto ciò che ho richiesto
avrà un +, quindi
impegnatevi! Ci rivedremo qui fra massimo 2 ore!” detto
questo
Alyon si mise a rovistare in un cespuglio alla ricerca di chi sa
cosa, ed Estel ne approfittò per filarsela il più
lontano possibile
da occhi indiscreti.
Dopo
20 minuti aveva già trovato tutte le erbe richieste, per lui
non era
una cosa difficile: essendo un elfo Sindar, a differenza degli altri
che erano dei Silvani, aveva un rapporto molto intenso con la natura,
quindi gli era bastato concentrarsi un attimo per sentire la presenza
di ciò che era stato richiesto. Sicuramente se fosse tornato
subito
dal maestro avrebbe fatto una bella figura, ma quello che aveva in
mente valeva molto di più di un complimento.
Passò
la seguente mezz'ora a cercare foglie d'ortica, e si lascia alla
semplice immaginazione quanta ne possa aver trovato in quel lasso di
tempo. Era stato molto attento a trattarla nel migliore dei modi per
non sgualcire le foglie e, allo stesso tempo, per non toccarle. In
seguito, nascosto su un ramo di un albero si premurò di
sminuzzarle
finemente tanto che alla fine sembrava semplice polvere.
Era
perfetta.
Adesso
aveva ancora un'ora per portare a termine il suo piano.
Corse
verso l'ingresso, ormai in disuso, che si apriva sul secondo e ultimo
piano, cercando di passare il più inosservato possibile. Lo
superò
scendendo fino al primo dove c'erano la segreteria e l'aula
insegnanti e infine, scivolò verso il piano interrato dove
era
situata la palestra con i suoi relativi armadietti dove gli studenti
riponevano le tute che indossavano durante le esercitazioni.
Lesse
attentamente i nomi fino ad trovare quello di Legolas e nuovamente
sul suo viso si aprì un sorrisetto. L'anta non era bloccata,
fra gli
elfi non c'erano ladri e quindi non c'era il bisogno di chiudere a
chiave.
“Grave
errore” bisbigliò l'elfling mentre apriva
l'armadietto, tirava
fuori la tuta e la ricopriva con accurata meticolosità, sia
all'interno sia all'esterno con la polverina dall'aria innocente,
fatto questo la ripiegò alla perfezione e la rimise a posto
chiudendo poi l'anta.
Il
primo passo era stato fatto, ma adesso doveva sbrigarsi ad uscire da
li, presto la classe di suo fratello sarebbe scesa per le ore di
tattiche sul territorio e se si fosse fatto trovare lì era
ovvio che
Legolas si sarebbe insospettito e il suo piano non sarebbe mai andato
a buon fine.
Corse
a perdifiato su per le scale fino a tornare al secondo piano. Passare
inosservati all'interno della scuola non era poi troppo complesso,
gli elfi normalmente erano piuttosto ligi alle regole e rispettosi
degli orari per cui sarebbe stato difficile incrociare qualcuno a
passeggio per i corridoi, l'ossessione degli elfi per le buone
maniere a volte poteva essere davvero vantaggiosa, anche per chi non
aveva delle intenzioni poi tanto buone.
Arrivato
alla fine del corridoio spiò nell'aula a sinistra. La classe
di
Legolas era vuota, esattamente come aveva previsto. Entrò,
però, a
quel punto si rese conto di non avere idea di quale fosse il banco di
suo fratello. Non c'erano zaini, o scritte che potessero dargli
qualche indizio e i tavolini erano tutti precisamente uguali.
Non
importava, non si sarebbe lasciato intimidire dall'imprevisto. Se non
poteva colpire direttamente il suo obiettivo avrebbe colpito tutti.
Velocemente
si avvicinò alla prima sedia e cominciò, tirando
fuori una freccia
dalla punta leggermente arrotondata che aveva trovato nel magazzino
delle armi, ad allentare le viti.
Gli
ci volle più del previsto ma al limitare delle due ore che
gli erano
state concesse riuscì a ripresentarsi dal suo insegnate con
tutte le
erbe richieste e un compitino extra svolto alla perfezione.
Adesso
non gli restava che aspettare e presto avrebbe avuto notizie sul suo
operato. Gli dispiaceva solo non poter vedere la scena: 19 elfi che,
dopo aver salutato educatamente l'insegnante, si sedevano tutti
insieme e, BAM! Sarebbero crollati a terra come sacchi di patate.
Estel
non si aspettava di passarla liscia, Legolas avrebbe sicuramente
capito di chi era la colpa ma, d'altro canto, era sicuro che ne
sarebbe valsa la pena.
Mentre
Estel tornava in classe per seguire la lezione di storia, nel bosco,
accovacciato nel tentativo di mimetizzarsi per seguire il piano
d'attacco ideato nell'ora precedente, Legolas, cominciava a sentire
qualcosa di strano. Era come se delle formichine gli si fossero
intrufolate sotto la tuta.
Doveva
tentare di concentrarsi, aveva messo molto impegno nel progettare
l'attacco, se fossero riusciti a vincere contro la squadra avversaria
avrebbe sicuramente avuto un voto positivo e questa era un'ottima
ragione. Certo, che però quelle formiche stavano diventando
davvero
fastidiose.
Prese
a grattarsi il petto e le gambe ma il prurito sembrava solo
peggiorare.
Cambiò
postazione arrampicandosi su un albero per poter vedere dall'alto
ciò
che succedeva e lì notò che i suoi compagni si
stavano avvicinando
al punto prestabilito, doveva affrettarsi a raggiungerli.
Corse
agilmente su un paio di alberi fino ad atterrare delicatamente sotto
la betulla bianca al fianco di uno dei suoi amici, loro parlottavano
a proposito di un necessario cambio di tattica causato da un'azione
improvvisa della squadra nemica, eppure Legolas proprio non riusciva
a seguirli: il prurito aveva invaso gran parte del suo corpo e lui
non poteva certo mettersi a grattarsi davanti a tutti, in fondo
rimaneva pur sempre un principe elfico.
I
compagni ripresero a muoversi, ma lui rimase fermo realizzando di non
aver ascoltato una sola parola, più interessato al non
grattarsi,
non aveva idea di cosa dovesse fare.
Dove
si trovava era un bersaglio facile allora si spostò, ad ogni
salto
cercava di nascondersi il più possibile per darsi una
grattata
veloce, era talmente imbarazzante.
Ormai
il prurito aveva vinto la sua costanza e lo aveva costretto a trovare
un riparo dietro a dei rampicanti per cercare di calmare quella
fastidiosissima sensazione. Appena tirò su la maglia
capì che c'era
qualcosa che non andava: la sua pelle, normalmente pallida, era
coperta da estesi eritemi rossi che spiccavano come nani fra gli
elfi. A Legolas non sembrava di avere particolari allergie ma
evidentemente doveva aver strusciato contro qualcosa per causare
quell'effetto, ma era ancora strano. Come aveva fatto a venire a
contatto con l'allergene con tutto il corpo?
Alla
fine decise di tornare alla base, era passata almeno un'ora e mezza
da quando si era fermato per cercare di tornare alla
normalità,
ormai la battaglia doveva essere finita.
Appena
arrivato alla palestra, però, si accorse dell'espressione
torva dei
suoi compagni
“Legolas
dove ti eri cacciato? Ti aspettavamo a nord per intrappolare le
sentinelle e invece ci siamo trovati da soli e siamo stati battuti
miseramente!” esclamò uno notevolmente infastidito
“Scusatemi
ragazzi, mi sono sentito poco bene e mi sono fermato”
mentì
cercando di salvare la sua reputazione. Le mani però non
stavano
ferme, continuavano a sfregare sul collo e sulla pancia, stava
diventando insostenibile.
“Forse
è ora che ti lavi sai?” osservò lo
stesso compagno di prima.
“Cosa
intendi?” chiese Legolas confuso.
“Continui
a grattati come se avessi le pulci! Il fatto di essere un principe
non significa che sei esonerato dall'occuparti della tua igiene
personale”.
Legolas
avvampò. Nessuno gli aveva mai detto cose simili. Lui ci
teneva
davvero molto al suo aspetto, curava i suoi capelli e la sua igiene
con attenzione e la sola idea di essere scambiato per un elfo sciatto
lo sconcertò. Senza rispondere si girò e dopo
essersi rimesso la
divisa si diresse verso la classe.
Davvero
non riusciva a capire cosa aveva fatto di male quel giorno, Estel lo
aveva fatto disperare più del solito e... Estel. Possibile
che
potesse esserci lui dietro questo strano evento? Si chiese per un
attimo, ma subito dopo si convinse che fosse impossibile, il suo
fratellino sapeva essere tremendo ma non avrebbe avuto il tempo per
combinare una cosa simile, non poteva certo essere in due posti
contemporaneamente, o almeno così cercava di convincersi.
Prima
di raggiungere l'aula passò per il bagno e si
sciacquò bene il viso
ormai arrossato e affaticato dall'impresa di non grattarsi, ma non
ebbe molto tempo così, dopo una rinfrescata raggiunse gli
amici
fuori dalla classe.
I
compagni sembravano essersi calmati ma lui preferì comunque
stare in
disparte, meno dava nell'occhio meglio sarebbe stato anche se doveva
ammettere che da quando aveva tolto la tuta un pochino del prurito
sembrava starsi calmando.
L'insegnante
di biologia li superò ed entrò, raggiunse la
cattedra e si mise in
attesa dei ragazzi per il saluto convenzionale. Non dovette aspettare
molto prima che una fila di giovani elfi fece il suo ingresso
sistemandosi ognuno fra il proprio banco e la sedia. In coro
esclamarono un chiaro “Buon pomeriggio, professore”
e dopo che
l'insegnante ebbe salutato a sua volta e si fu seduto, gli studenti
fecero lo stesso. O almeno tentarono.
Appena
il peso venne trasferito sulla sedia quella crollò
lasciandoli
cadere rovinosamente per terra con un gran fracasso. Incredibilmente,
quella strana scena durò davvero poco dato che tutti si
erano seduti
nello stesso momento ma a causa di questo il frastuono era stato
amplificato.
Gli
elfi, ancora seduti per terra si scambiarono sguardi sbigottiti
cerando di fare mente locale mentre il professore con aria vagamente
divertita chiedeva se qualcuno si fosse fatto male; fra loro,
però,
Legolas si alzò deciso con uno sguardo cupo e arrabbiato e
cominciò
ad avviarsi verso l'uscita della classe. Adesso gli era tutto chiaro,
era stato il suo pestifero fratello. I compagni si spostavano al suo
passaggio senza neanche chiedere dove si stesse dirigendo, cosa che
neanche l'insegnante sembrò aver voglia di fare. Legolas non
faceva
mai pesare chi era, ma quando si trovava in particolari stati d'animo
prendeva le inquietanti sembianze di un re Thranduil in miniatura,
cosa il cui solo pensiero bastava per tenere alla larga qualsiasi
fonte di disturbo.
Arrivato
nel corridoio svoltò a destra ignorando gli altri studenti
che erano
usciti per controllare che non fosse successo nulla di grave e si
diresse dritto dentro la prima classe del corso inferiore, dove si
trovava Estel.
La
fortuna volle che lo trovò già in piedi, intento
a risolvere un
problema di aritmetica alla lavagna sotto lo sguardo freddo della
professoressa Kahlan.
Si
precipitò contro di lui e lo prese saldamente per un braccio
“E'
tutta opera tua vero?” lo accusò con sicurezza
“Di
cosa stai parlando?” il visibilmente falso sguardo innocente
puntato su suo fratello
“Non
fare finta di niente piccolo impiastro” disse Legolas
serrando
maggiormente la mano sul braccio di Estel che cominciava ad avvertire
una distinta fitta di dolore
“Mi sa che quello che sta facendo
finta di niente sei tu. Non ti prude forse qualcosa?” il
sorrisetto
fece di nuovo capolino nonostante la morsa gli facesse davvero male.
Il
fratello maggiore, però, si stava stancando e dopo aver
stretto fino
a sentire un sonoro “crack” lo prese per il
colletto della maglia
e lo attaccò al muro.
“SMETTILA!
Mi hai davvero stancato! Mi stai sempre intorno e nonostante io ti
sopporti ogni volta, tu ancora ti ostini a comportarti così!
Da oggi
ti conviene starmi alla larga se non vuoi che ti sbricioli
marmocchio! Ah, ovviamente quando torneremo a casa intendo riferire
ogni cosa ad Ada e spero che così si decida finalmente a
chiuderti
in camera e a buttare via la chiave!” Legolas aveva
pronunciato
ogni parola come se fosse velenosa, mentre Estel gli stava
restituendo uno sguardo risentito.
“Tu
mi hai trattato male tutta la mattina!” ribatté
cocciuto.
“Non
ti sopporto! Taci e aspetta solo di arrivare a casa! Ringrazia che il
buon senso mi impedisca di farti del male di fronte a tutta la
scuola!” concluse Legolas sbattendo ancora l'elfilng contro
il muro
per un'ultima volta prima di lasciarlo scivolare per terra e di
tornarsene in classe.
Estel
rimase seduto per terra fissando la schiena di suo fratello che
spariva fra gli altri studenti.
I
suoi pensieri però vennero interrotti dalla professoressa
Kahlan.
“TUTTI
NELLE PROPRIE CLASSI! SUBITO!” ordinò seccamente.
Kahlan
era un elfa la cui età era un mistero, la leggenda voleva
che fosse
nata col primo pianto che si espanse nell'aria della prima era. Dal
punto di vista fisico era sicuramente una donna affascinante: i
capelli castano scuro ondeggiavano morbidi fino a coprire la maggior
parte della schiena e gli occhi grigi erano profondi come le acque di
un gelido mare. Nonostante questo era sicuramente l'insegnante che
più terrorizzava gli studenti.
“Bene
ragazzino, così tutto questo è causa
tua?” chiese in un sibilo.
“Sì”
ripose solo Estel, in fondo mentire non gli sarebbe servito a niente.
“In
piedi!” ordinò in modo perentorio.
L'elfling
si sentiva gli occhi di tutti puntati addosso ma obbedì, non
voleva
peggiorare la sua situazione ulteriormente. Nell'alzarsi
notò però
che non riusciva più a muovere il braccio, Legolas doveva
averlo
stretto davvero troppo a giudicare dalle fitte che si diramavano fino
alla spalla.
“Mani
sulla cattedra” ordinò nuovamente Kahlan.
tutti
sapevano cosa stava per succedere ed Estel pensò che davvero
non
voleva peggiorare la situazione quindi appoggiò piano le
mani e
attese.
La
professoressa estrasse dal cassetto più in basso una riga di
legno
da 60cm.
“Quello che hai fatto è stato stupido”
una
bacchettata sferzò l'aria atterrando dritta sul dorso delle
piccole
mani “ed estremamente irresponsabile” secondo colpo
“qualcuno
avrebbe potuto farsi male cadendo” terzo
“dopo” quarto “mi
premurerò personalmente di scrivere una lettera alla diretta
attenzione di tuo padre” quinto “sicuramente lui
saprà come
comportarsi” sesto “con un bambinetto”
settimo “che non
vuole” ottavo “ascoltare le lezioni di chi
è più grande di lui”
altre due bacchettate lo colpirono e poi fu rimandato a posto.
Si
sentiva estremamente confuso. Il braccio doleva, le mani bruciavano
come il fuoco mentre rivoletti di sangue appena accennati uscivano
sporcando lievemente il banco, eppure, il suo pensiero era fisso
sulle parole di Legolas. Forse aveva davvero esagerato mettendolo
così in difficoltà davanti a tutti e, inoltre a
preoccuparlo c'era
anche la lettera che avrebbe dovuto consegnare a suo padre. Raramente
gli era capitato di averli contro entrambi e mai era stato facile
uscirne.
Il
resto della lezione passò troppo lentamente. Si sentiva
continuamente osservato e poteva chiaramente distinguere i suoi
compagni fare battutine, provava a non ascoltare ma due stavano
facendo un discorso che inevitabilmente attirò la sua
attenzione
“Ma
ti immagini dover andare davanti al Re dopo tutto questo
casino?”
“Sono
felice di non doverlo mai fare! Mio zio è una delle guardie
e mi ha
detto che non ha molta pazienza con i piantagrane”
“Ahahah bhè
cosa ti aspettavi? Ti sembra davvero una persona amichevole?”
“No,
ma effettivamente mi chiedo come faccia Estel, insomma, se fossi nei
suoi panni io non mi azzarderei mai, ho come l'impressione che potrei
diventare cenere sotto lo sguardo arrabbiato di un padre
così”
Estel
si costrinse a non ascoltare più. Lo avevano chiamato
“un padre
così”, cosa significava? Il re certamente non
l'avrebbe presa bene
ma lui non era “un padre così”, non era
cattivo e non si poteva
dire che non avesse pazienza. La mente volò a ciò
che era successo
sì e no un mese prima: gli aveva rubato la corona e poi
tutto
dispiaciuto era andato a chiedere scusa; eppure adesso l'aveva messo
di nuovo in una situazione difficile.
Non
era quello che voleva. Aveva preso tutto come un gioco, non aveva
minimamente pensato di poter fare del male a qualcuno. Era un gioco.
Soltanto quello, eppure tutti la prendevano così seriamente,
certo,
forse aveva un po' esagerato ma non così tanto.
Appena
il suono fastidioso della campanella risuonò nell'aria
l'elfling si
alzò velocemente e raccolte le sue cose scappò
fuori ma, con sua
sorpresa, si trovò davanti Gideon.
“Ti
devo riportare subito al castello” disse semplicemente,
quello
bastò per far pensare ad Estel che non gli sarebbe
dispiaciuto se la
lezione fosse durata ancora un po', in fondo le prese in giro dei
compagni non erano poi tanto male.
“Ci
sarei tornato da solo, non volevo mica scappare”
cercò di
difendersi.
Chiaramente,
anche senza la lettera della professoressa era già giunta
voce di
quello che aveva combinato.
Dall'aula
uscì anche la signorina Kahlan che senza indugio si diresse
verso
Gideon.
“Questa
lettera è per Sire Thranduil” disse con un lieve
inchino, quasi
questo gesto stupì Estel, anche l'insegnante che sembrava
tanto
imperturbabile mostrava rispetto verso il suo re.
“Verrà
sicuramente consegnata, nel frattempo le porgo delle iniziali scuse
per ciò che ha combinato Estel” detto questo il
mentore fece un
cenno di saluto con la testa e si allontanò tirando
l'elfilng per un
braccio.
“Adar
sa già tutto vero?”
“Ovviamente”
Anche
Gideon era arrabbiato, se non lo sgridava era sicuramente
perché il
re gli aveva esplicitamente chiesto di non farlo e questo decisamente
non era un buon segno.
Il
viaggio verso il castello sembrò stranamente breve. Estel
credeva
che un tragitto fatto in un completo e nervoso silenzio sarebbe stato
interminabile e, invece, il tempo aveva deciso di accelerare e solo
dopo quelli che gli sembrarono 10 minuti si trovò davanti
alle porte
del castello.
L'elfo
più anziano lo portò davanti alle porte
spalancate della sala del
trono e gli fece cenno di entrare.
Estel
non era sicuro di volerlo fare. Non voleva essere sgridato davanti a
tutti, però, proprio mentre indugiava una mano lo spinse con
decisione da dietro. Appena fu dentro si vide superare da Legolas,
ecco chi lo aveva spinto. Non gli aveva rivolto neanche uno sguardo,
era sicuramente ancora incollerito ma sembrava voler mantenere un
contegno davanti al padre e alla corte.
La
sala era piena di gente: c'erano guardie ad ogni angolo e persone che
camminavano impettite portando pergamene o scortando cittadini che
dovevano avere un'udienza col re. Quest'ultimo sedeva sul suo trono,
lo sguardo fisso sul figlio minore, la testa appoggiata lasciva su
una mano sorretta dal poggiolo del trono e le sopracciglia inarcate
per marcare l'espressione seccata che aveva in volto.
“Vieni
avanti” ordinò imperioso.
Estel
ubbidì, si avvicinò piano al padre, gli sembrava
di dover andare in
contro al giudizio finale.
Appena
ebbe raggiunto Legolas davanti al trono il re si raddrizzò e
assunse
una postura estremamente rigida
“Gideon”
al pronunciare del nome il mentore entrò e dopo essersi
portato
davanti al re ed essersi educatamente inchinato gli porse la lettera
per poi ritirarsi al fianco di una guardia che sorvegliava dai
margini della sala.
Il
re la aprì con tutta calma e appena le dita affusolate
ebbero
spiegato la pergamena ingiallita iniziò a leggere a voce
alta:
“Si
comunica che, in data odierna, l'alunno Estel Thranduilion si
è reso
colpevole delle seguenti infrazioni al codice studentesco:
punto
primo: allontanamento dalla lezione senza permesso esplicito
dell'insegnante;
punto
secondo: uso improprio di erbe orticanti;
punto
terzo: manomissione di beni scolastici.
Si
porta alla gentile attenzione che il “punto primo”
è ancora in
fase di verifica.
Con
la seguente inoltre si richiede ufficialmente che vengano presi
provvedimenti disciplinari che esulano dalle competenze degli
insegnanti.
Cordiali
saluti.
Professoressa
R. D. Kahlan con supporto del collegio docenti.”
stupidamente
l'unica domanda che venne in mente ad Estel fu come la professoressa
aveva potuto scoprire tutte quelle cose dato che non si era mai mossa
dalla classe, di certo non era stato lui a raccontarglielo. Forse era
vero che non era normale.
Un
pesante sospiro del re richiamò la sua attenzione.
“Estel, hai
una buona motivazione per tutto ciò?”
L'elfilng
aprì la bocca ma si rese miseramente conto di non aver nulla
da
dire, improvvisamente l'idea di giustificarsi dicendo che Legolas era
stato cattivo con lui la mattina gli sembrò terribilmente
sciocca,
quindi scosse la testa mestamente.
“Legolas
hai qualcosa da aggiungere?”
“No”
rispose seccamente il ragazzo.
Estel
però ci rimase male per quella risposta tanto decisa, non
che si
fosse aspettato che lo aiutasse però, insomma, di solito
davanti al
padre cercava di supportarlo e invece, questa volta, gli aveva
attribuito tranquillamente tutte le sue colpe. Era strano.
Il
Re si alzò.
“Bene.
La corte vorrà scusarmi, se mi ritiro per qualche
tempo”
tutta
la sala si inchinò rispettosa facendo eleganti gesti di
saluto.
Questo servì ad Estel per rendersi conto che tutto il
castello
sapeva cosa aveva combinato e che tutti avrebbero anche saputo che da
li a poco sarebbe stato, in qualche modo, punito, era davvero
imbarazzante.
“Vi
ringrazio.” Sire Thranduil salutò a sua volta la
corte “Voi con
me, nel mio studio” disse rivolto ai due figli.
Nello
studio? Estel non era mai stato convocato lì. In un attimo
si rese
conto che il cuore aveva cominciato a battere più
velocemente e non
certo per l'emozione.
Appena
furono entrati il re tornò a sedersi sulla grande sedia
della
stanza.
L'elfing
notò che improvvisamente Legolas sembrava più
agitato, si stringeva
le mani e spostava il peso da un piede all'altro, nonostante questo
però il bambino non capiva cosa stesse succedendo.
“Estel,
cosa dovrei fare con te?” chiese il re in tono piatto, la sua
domanda però non ebbe alcuna risposta.
“Hai
fatto delle cose davvero insensate oggi. Non solo hai dato fastidio a
tuo fratello superando la soglia di ciò che può
sopportare, ma hai
anche messo a rischio l'incolumità di un'intera
classe”.
A
queste parole Estel abbassò lo sguardo con un cipiglio che
il re,
sfortunatamente, riconobbe.
“Così
pensi che stia esagerando?”.
“Un
pochino” rispose con un filo di voce.
Legolas
espirò nel tentativo di mantenere la calma mentre borbottava
un “Non
ci posso credere”, nel frattempo il re chiuse gli occhi come
per
cercare di riunire delle idee sfuggevoli.
“Basta
così. Ho cercato di ragionare troppe volte con te e nessuna
evidentemente è andata a buon fine. Ho provato a farti porre
rimedio
ai tuoi errori eppure neanche così hai capito. Ho provato a
toglierti la possibilità di uscire, di giocare o di tirare
con
l'arco ma niente. Quindi adesso assumiti le tue
responsabilità. È a
causa delle tue ripetute e assolutamente prive di senso marachelle
che siamo arrivati a questo punto”.
Legolas
riconobbe il discorso, se l'era sentito fare circa 7 anni prima e,
come si era concluso, non l'aveva certo dimenticato, improvvisamente
gli venne l'istinto di prendere le difese del fratello, ma poi tutto
il peso della giornata gli cadde addosso, il padre aveva ragione, non
poteva continuare a comportarsi così. Chiuse leggermente gli
occhi e
attese.
Estel
intanto non riusciva a capire, sapeva, però di doversi
preoccupare,
c'era una nota stanca nella voce del padre e questo era pessimo.
“Non
avrei voluto prendere questi provvedimenti così presto ma mi
hai
costretto a farlo, l'altra volta mi sono fermato perché,
nonostante
tu avessi sbagliato, l'avevi fatto in buona fede ma questa volta non
hai attenuanti” il re sospirò nuovamente, non
aveva davvero voglia
di ciò che doveva fare “Vieni qua”.
L'elfing
con rassegnazione fece come aveva detto e appena vide Thranduil
battersi leggermente su un ginocchio realizzò cosa stava per
avvenire, il cuore prese ad accelerare ancora di più e le
gambe si
fecero molli mentre gli occhi si alzavano a incrociarsi con quelli di
Legolas, che subito cambiarono direzione.
Piano
Estel si avvicinò completamente al padre, gli occhi
già
minacciavano di lasciarsi sfuggire qualche lacrima.
Il
Re lo tirò su e lo appoggiò sul suo grembo
cercando di sistemarlo
al meglio mentre con una mano gli alzava la tunica e abbassava i
pantaloncini della divisa scolastica. Il bambino trattenne il respiro
e come si aspettava il primo schiaffò scese veloce. Si
lasciò
sfuggire un gemito.
“Fa
male?” gli chiese il padre.
Per
un attimo Estel pensò di non aver capito bene, insomma, era
ovvio
che facesse male decise comunque di rispondere
“Sì”.
Il
re diede un altro colpo “E lo sai perché ti sto
facendo male?”.
“Sì”
questa volta rispose d'impulso, subito ne seguì un altro.
“Vorresti
spiegarmelo?”
Quel
tono tanto pacato stonava profondamente con ciò che stava
avvenendo
ma esprimeva al meglio ciò che il re voleva comunicare: non
era
accecato dalla rabbia, era solo un estremo tentativo di ragionare.
“Ho
fatto delle cose stupide” rispose semplicemente, ma dopo un
altro
schiaffo aggiuns “e pericolose” le lacrime adesso
scendevano fino
a bagnare la tunica del re.
“Il
pericolo è MALE, il pericolo causa MALE, sei
d'accordo?” chiese
nuovamente posando due pacche ad ogni “male” per
rinforzare il
concetto.
“Sì”
disse Estel in un singhiozzo.
“E
tu stai piangendo perché te ne sto facendo”.
“Si”.
“Vuoi
che altri debbano piangere?”
“No”
arrivò un altro schiaffo.
“E
allora perché hai fatto quelle cose?”
Oh.
Era li che voleva andare a parare. Adesso sembrava più
logico, ed
effettivamente Estel si chiese perché non ci avesse pensato
quando
aveva escogitato tutto il piano
“perché
non ci ho pensato, non ho riflettuto su quello che stavo
facendo” .
“Ti
dispiace per quello che hai fatto?”
“Si”.
Sire
Thranduil gli diede l'ultimo schiaffo “è tutto
finito allora”
detto questo cominciò ad accarezzargli piano la schiena
finché il
pianto non si ridusse a qualche singhiozzo. Il Re gli
sistemò gli
abiti e lo mise seduto.
“Se
vuoi dire qualcosa a Legolas questo è il momento
giusto” disse
Thranduil in un suggerimento che di facoltativo non aveva proprio
nulla.
Questa
volta gli sguardi dei due fratelli si incrociarono e rimasero tali.
“Legolas,
io... ecco... mi dispiace! Non avrei dovuto metterti la polvere di
ortiche nella tuta e allentare le viti delle sedie e risponderti male
quando mi hai sgridato in classe”
“Si,
effettivamente non avresti dovuto fare nessuna di queste
cose”
confermò Legolas.
“Scusami,
lo so che sono fastidioso, se non mi vuoi più... ci
proverò” nel
dire quelle parole aveva l'aria più frustrata di quando il
re lo
stava punendo.
“Dubito
che ci riusciresti” disse ancora il maggiore.
“Per
te potrei, se quello che vuoi è che ti lasci in pace, lo
posso fare”
le lacrime avevano ripreso a scorrere ma Estel non voleva piangere e
continuò a guardare Legolas.
“No,
alla fine penso che non c'è ne sarà bisogno. Ho
detto quelle cose
perché ero molto arrabbiato ma non le pensavo. Certo, quando
ti ci
metti sei tremendo ma se non ti avessi più intorno mi
sembrerebbe di
non avere più nulla da fare”.
Estel
sorrise raggiante “Quindi mi perdoni?” chiese
speranzoso.
“Sembrerebbe
proprio di sì”.
L'elfling
aveva un grande sorriso stampato in faccia ma dopo poco si
sfumò un
po'.
“Legolas?”
“Mh?”
“Ti
prude ancora?” adesso cercava di non ridere, mentre il re si
batté
esasperato una mano sulla fronte.
“Un
sacco” rispose Legolas sorridendo accomodante.
La
serata proseguì tranquillamente, all'interno delle mura la
naturale
routine aveva ripreso il suo corso.
Legolas
mise a letto Estel che quella notte era talmente stanco da
addormentarsi subito dopo aver chiuso gli occhi, forse sarebbe
riuscito a dormire nel suo letto fino al mattino, pensò
allegramente
il maggiore, in fondo non gli dava fastidio ma aveva il brutto vizio
di attaccarsi al suo braccio e la mattina finiva sempre per averlo a
pezzi. Poco dopo anche lui si arrese al sonno.
Tutto
si era concluso al meglio.
Cosa
stava succedendo? Estel si svegliò agitato fra le lenzuola
attorcigliate del suo letto, c'era qualcosa che lo infastidiva,
inizialmente pensò al braccio ma non era quello, gli faceva
ancora
un po' male ma non abbastanza da svegliarlo era... oh.
Si
alzò in fretta puntando dritto verso la camera di Legolas,
appena
giunto davanti al portone socchiuso lo aprì e lo
lasciò, di
proposito, andare con forza così che quello
sbatté con fin troppa
energia facendo rimbombare il suono per tutta la stanza.
Legolas
in risposta si alzò di scatto guardandosi intorno spaesato
finché i
suoi occhi si posarono sulla figuretta con le mani puntate sui
fianchi che gli si stagliava davanti.
“Estel?”
chiese stupefatto.
“SI!
ESATTO!”
“Ma
che ti prende ancora?”
“Non
sei stato leale! Proprio per niente! Non si fa, no no!”
Estel
sembrava estremamente deciso, ma il fratello non riusciva a capire a
cosa si stesse riferendo.
“Sono
le 4 e mezza del mattino e sei entrato facendo un casino assurdo,
quello poco leale sarei io? Mi hai quasi fatto venire un
infarto!”
“Solo
perché tu mi hai attaccato dopo aver detto che mi avevi
perdonato!”
“Di
cosa stai parlando? Io non ho fatto proprio nulla” quella
storia
cominciava ad avere dell'assurdo.
La
luce di una candela rischiarò improvvisamente la stanza e la
figura
di un re Thranduil estremamente seccato si fece nitida.
“Cosa
sta succedendo?” il normale tono gelido del padre era tornato
in
grande stile.
“Legolas
mi ha attaccato mentre dormivo!” esclamò deciso
Estel.
“Non
è vero! Non ho fatto assolutamente nulla, te lo sarai
sognato!” si
difese esasperato Legolas.
“Non
litigate davanti a me! Estel, cosa avrebbe fatto tuo
fratello?” il
tono si raffreddava ad ogni parola pronunciata.
“Mi
ha messo la polvere di ortica nel letto, mi prude tutto”
disse
l'elfling grattandosi alla rinfusa.
Thranduil
sospirò cercando di rimanere calmo
“Legolas?”
“Padre,
vi giuro, non ho fatto nulla, stavo dormendo prima che lui mi
svegliasse”.
“Puoi
essere stato solo tu, io non sono mai uscito dopo la scuola quindi
non posso aver toccato qualcosa di orticante” .
I
due fratelli presero ad accusarsi a vicenda ma Thranduil li
interruppe nuovamente
“BASTA!”
il
silenzio scese in fretta.
“Ti
prude davvero o stai facendo una scenata per niente?”
“Davvero”
rispose il bambino con l'espressione più triste e nello
stesso tempo
offesa che potesse fare.
Il
padre gli si avvicinò ed ebbe paura che volesse punirlo di
nuovo,
invece, il re, dopo essersi abbassato alla sua altezza si
limitò ad
esaminare la pelle nuda delle braccia.
Dopo
poco si rialzò con un'aria vagamente divertita.
“Ada?”
chiesero in coro i due.
“Quando
si dice l'ironia della sorte” commentò
semplicemente il sovrano
prima di sparire nuovamente oltre il ciglio della porta. I fratelli
si guardarono perplessi.
“Cos'è
l'irònia?”chiese il minore confuso
“Ironia
non irònia, ed è quando” Legolas non
ebbe il tempo di dare la sua
spiegazione che il padre fece ritorno con una bottiglietta medicinale
in mano, sull'etichetta si leggeva chiaramente:
“unguento
contro la varicella”
Legolas
rise, poi, guardando il fratello disse “ecco cos'è
l'ironia”.
***
THE END ***
Salve a tutti! Eccoci col
secondo capitolo, che, a grandi linee riprende un pochino il primo
mentre dal prossimo si cambierà totalmente tema
ù_ù" ad, ogni modo spero vi sia piaciuto^^"
Il disegno che vedete (o almeno spero si veda °A°) in
cima alla pagina è opera di G_Elizabeth, se volete vedere
altre sue opere lascio nuovamente il link della sua pagina: https://www.facebook.com/ElizabethsWings?fref=ts
Ringrazio moltissimo FiammaNera
(ti ringrazia enche G_Elizabeth per aver messo il "mi piace" alla sua
pagina) e Anna Love per aver commentato, e anche tutti quelli che hanno
messo la storia fra preferiti/seguiti e non mi ricordo l'altro
._. mi fa davvero piacere che a qualcuno sia piaciuta^^
Per LunaWolf e G_Elizabeth ho un
appunto speciale: Luna, per quanto tolleri le mie storie e i
miei modi da dittatore quando prepariamo gli esami NIENTE ti autorizza
a lasciarmi per 3 ore vicino a chi sai, per questo il simpatico
personaggio della professoressa Kahlan è tutto dedicato a te
ù_ù (nonostante questo, ti ringrazio
per la pazienza e spero che comincerai anche tu a scrivere presto)
G, grazie per il
supporto e per aver degnato le mie inutili fanfiction con i suoi
carinissimi chibi! Lei è una signorina fantastica!
Vi saluto,
a presto!
|