Non c'è tempo per noi

di _Scrivimi_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** A casa ***
Capitolo 3: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 4: *** E' tutta una questione di tempismo ***



Capitolo 1
*** Incubi ***


1. Incubi






Quando una persona che ami muore, sei consapevole del dolore, è una cosa naturale. Una tappa obbligatoria. E' il modo in cui la vita ci aiuta a renderci conto della perdita. E' il nostro modo di onorare la persona che se ne è andata. Spesso è tutto ciò che ci rimane di lei: ricordi e dolore.
Quando i miei sono morti mi sono aggrappata al mio dolore per non dimenticarli, era la prova che loro erano esistiti davvero, anche quando i ricordi iniziavano a sfumare nella mia mente di bambina. Avevo imparato così a gestire quel dolore trasformandolo nella mia forza, nella mia armatura.
Ma quando una persona che ami viene uccisa le cose sono assai diverse. Soprattutto quando il senso di colpa ti impedisce di provare dolore. O meglio quando pensi di non meritarlo. Quando avverti di non essere degno di sentire la sua mancanza.
Questo è un dolore diverso da quello di cui parlavo all'inizio, non ha nulla di dolce, è solo dolore. Questo dolore non può essere usato come armatura e cancella ogni bel ricordo. E' un dolore che ti consuma, rovinandoti la vita. Quando ti trovi in questa situazione hai solo due opzioni: lottare o fuggire.
Io, purtroppo, ho scelto la seconda.




Delle risate in lontananza, il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, la pioggia che cade violenta intorno a me. La paura, il dolore, il silenzio. Immagini vivide eppure troppo sfocate nella mia memoria. Come un puzzle che provo a completare da troppo tempo, di cui mi mancano i pezzi principali. Quelli centrali, quelli che alla fine dei fatti danno un senso al tutto. Ho la cornice ma mi manca la tela, come se fosse bruciata e io ne possedessi solo pochi brandelli.
Il vuoto, un tonfo, il dolore. E poi il sangue. Sangue ovunque, su di me, intorno a me. Ovunque.
Una persona è coricata accanto a me, in una posizione innaturale, in un lago di sangue. Mi giro a fatica e poi........Mi sveglio di soprassalto.


Ero sudata, con il respiro accelerato e il cuore che batteva all'impazzata nel petto. La solita storia. Ormai ero abituata a quest'incubo che nell'ultimo mese era tornato a tormentarmi. Ogni notte.
Mi alzai cercando di fare piano per non svegliare l'uomo che dormiva tranquillo accanto a me. Andai a prendere un bicchiere d'acqua in cucina e mi sedei davanti al computer. Lo accesi, sorseggiando l'acqua fresca, e cliccai sulla solita cartella. Tesina di fine corso. Era per un corso di scrittura, frequentavo Yale da quattro anni ormai e avevo frequentato molti corsi come questo. Da sempre volevo diventare scrittrice, era il mio sogno da quando ero solo una bambina. Scrivere era sempre stata la mia più grande passione, mi aveva aiutata a superare i momenti più bui e a godere di quelli più belli. Avevo sempre avuto l'abitudine di tenere un diario, da quando mia madre me ne regalò uno in prima elementare. Lei era scrittrice e mi aveva trasmesso la sua passione per la letteratura, allo stesso modo in cui mi aveva trasmesso i suoi occhi nocciola e il suo sorriso. La scrittura mi scorreva nel sangue. Eppure da un mese circa aprivo il computer ed osservavo la pagina bianca di word incapace di scrivere una singola parola. Questa mia incapacità non derivava da una mancanza d'ispirazione, ne ero consapevole, era il titolo ad avermi sconvolta.
“Questioni in sospeso: rimpianti o delusioni del passato”
Sapevo bene il perché questa tesina mi avesse tanto sconvolta, rendendomi incapace di scrivere e privandomi anche nel sonno. Io avevo delle questioni in sospeso. Questa tesina sembrava ideata apposta per me, per mettermi di fronte ad un passato che da quattro lunghi anni cercavo invano di dimenticare.
-Elena- la voce di Elijia mi sorprese alle spalle. Sentii la sua stretta rassicurante sul braccio -Hai avuto ancora quell'incubo?- sussurrò con dolcezza.
Annuii. Lui sospirò, sedendosi accanto a me.
-Non puoi continuare così- mormorò puntando i suoi occhi nei miei e fissandomi con comprensione -Non ti ho mai vista così da....- si bloccò.
-Da quando ero una tua paziente- conclusi la frase per lui. Elijia era uno psicologo, ero stata una sua paziente per più di un anno quando ero solo una matricola. Non aveva mai superato il limite quando ero in cura da lui, la nostra relazione era iniziata sei mesi dopo la fine della terapia. Lui era molto più grande di me, era maturo, comprensivo e mi aveva aiutata a superare, almeno in parte, un periodo difficile. Non mi aveva mai forzata, aveva rispettato i miei tempi, ascoltato i miei problemi e infine si era guadagnato la mia fiducia. Era questo che mi aveva fatta innamorare di lui: Elijia era quel genere di uomo capace di entrarti nel cuore con cortesia e pazienza, senza che tu te ne renda conto.
-Andrà meglio- mormorai -devo solo abbandonare questa stupida tesina. Ho pensato di lasciare il corso, domani parlerò con il professore. Potrei sostituirlo con quello di letteratura francese, la professoressa è molto preparata e così tutto tornerà alla normalità-
-Ne sei sicura?- mi chiese lui dubbioso.
-Il problema è iniziato quando mi hanno dato questo compito, il problema finirà quando lo abbandonerò-
La sua espressione diffidente non mi piacque. Non sembrava affatto convinto. La fregatura di stare con uno psicologo sta proprio nella sua capacità di comprenderti, molto prima di quanto possa fare tu stessa.
-Non è questa tesina il problema e tu lo sai. Lasciare il corso non risolverà il problema, forse ti aiuterà ad ignorarlo per ancora un po' di tempo, magari anche per anni, ma alla fine dovrai farci i conti-
-Grazie per l'incoraggiamento ma non sei più il mio psicologo- replicai stizzita -Non trattarmi come una tua paziente, sai che non lo sopporto-
-Hai ragione, non sei una paziente ma sei la mia fidanzata e tengo a te molto più di quanto sarebbe lecito tenere ad un paziente- il suo tono si addolcì -Io ti amo Elena e l'unica cosa che voglio fare nella vita è renderti felice-
Sorrisi, sentendomi subito in colpa. Come avevo fatto a trovare un uomo così? Ero davvero fortunata, certe volte finivo per dimenticarlo.
-Anch'io ti amo- con la mano cercai la sua e la strinsi forte -è per questo che ho bisogno di chiudere con il mio passato. Devo metterci una pietra sopra, fa troppo male- ammisi.
-Lo so, è quello che voglio anch'io. Io voglio costruire un futuro con te, Elena, ma non potrò farlo fino a che tu non farai i conti con il tuo passato. Hai cercato d'evitare il dolore per troppo tempo, lo so che è difficile ma devi affrontarlo solo così potrai tornare ad essere felice-
-Cosa devo fare secondo te?- borbottai, non sopportavo il fatto che avesse sempre ragione. Decisamente irritante.
-Smettere di fuggire. Non puoi risolvere il tuo problema qui a Yale, come non potevi risolverlo quando eri in terapia, perché non è qui che si trova il tuo problema e non è qui che potrai trovare la soluzione-
-E' a Mistk Falls- mormorai controvoglia. Mistik Falls era la mia casa, il luogo in cui ero nata e cresciuta ma anche il luogo da dove ero fuggita anni prima -Non posso tornare.....io non saprei come fare....- Ripensai a tutte le persone che avevo lasciato indietro, persone che per anni erano state la mia famiglia e che non sentivo da troppo tempo ormai. Salvo qualche email e alcune brevi telefonate a Jenna, mia zia, e a Jeremy, mio fratello, avevo perso i contatti con tutti loro. Era stata colpa mia, avevo fatto una scelta. Ero fuggita. Non potevo tornare indietro.
-Mi odieranno tutti- blaterai presa dal panico -...e poi non saprei che fare una volta arrivata là...io...-
-Shh- sussurrò lui prendendomi il viso tra le mani -Non voglio metterti pressione, questa è una tua scelta, Elena. Puoi fare quello che vuoi ed io ti appoggerò, sempre- Mi lasciò un bacio dolce sulle labbra, sfiorandomi il viso come fossi fatta di porcellana -Ora andiamo a letto, devi riposare. Non bisogna fare scelte troppo impegnative alle tre di notte-
Sorrisi -Dammi qualche minuto e ti raggiungo- Lo bacia ancora, con più passione. Ero stata davvero fortunata a trovare un uomo come lui -Grazie- mormorai, colma di gratitudine.
-Quando vuoi-


Rimasi seduta in cucina e mi presi la testa tra le mani. Tornare a Mystic Falls. Non avevo mai preso in considerazione l'idea, almeno non negli ultimi anni. Più il tempo passava e più l'idea di tornare a casa mi terrorizzava. Avevo lasciato indietro troppo dolore, troppe situazioni scomode e ricordi tristi. Ma soprattutto quella notte. La notte in cui tutta la mia vita era cambiata inesorabilmente.
Erano passati quattro anni da quel giorno eppure il dolore non si era affievolito, così come il senso di colpa. Ero fuggita, avevo distrutto ogni ponte con le persone coinvolte eppure il dolore non era scomparso. Avevo imparato a conviverci ma se dicessi che prima della tesina andava tutto bene, mentirei a me stessa. Nulla è più andato bene, non dopo quella notte. Il tempo e la lontananza non erano bastati a risanare le ferite e forse non sarebbero bastati mai. Dovevo tornare indietro, per quanto questo mi facesse paura, per quanto potesse essere doloroso dovevo darmi una possibilità, dovevo affrontare il mio passato per costruire il mio futuro. Dovevo tornare a Mystic Falls. Tornare a casa.


Spazio autrice(?) :
Buona sera! Ringrazio in anticipo chiunque sia arrivato infondo al capitolo, mi fa davvero piacere =D Finalmente mi sono decisa a pubblicare!!!! Questo è solo l'inizio, è un capitolo breve, probabilmente noioso, che serve per introdurre la storia, spero comunque di non avervi annoiar (non troppo :P) e e magari d'avervi un po' incuriosite (almeno un pochino). Se avrete voglia di lasciare una breve recensione per farmi conoscere la vostra opinione sulla storia ne sarò davvero tanto tanto felice (anche se dovessero esserci delle critiche, ovviamente).
Ora vi saluto, se la storia vi interessa, potrei pubblicare il secondo capitolo già domani sera =)
A presto
- Scrivimi-

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Capitolo 2
*** A casa ***


Nota: le parti in corsivo sono ricordi del passato. Buona lettura!



 
2. A casa




-Lo sai che basta una tua parola e ti raggiungo, metto due cose nella valigia, prendo un aereo e sono con te- La voce di Elijia risuonò nell'auto. Ero partita solo due giorni dopo quella notte, sapevo bene che se fossi rimasta a rimuginare troppo sulla mia scelta non sarei mai tornata a Mystic Falls. Invece dovevo farlo, Elijia aveva perfettamente ragione, l'unico modo che avevo per andare avanti era tornare indietro. Mi venne in mente una frase di Jim Morrison: non fuggire in cerca di libertà quando la tua più grande prigione è dentro di te. Quattro anni prima ero fuggita come se bastasse allontanarmi per dimenticare il passato, come se bastasse correre veloce per seminare i brutti ricordi ma questa era solo un'illusione. Il dolore era dentro di me e mi ha accompagnata anche durante la mia fuga.
-Ho trovato un volo che mi permetterebbe di essere lì in...-
Lo bloccai, divertita dalla sua apprensione, Elijia solitamente aveva un autocontrollo invidiabile -Ce la posso fare, smettila di sembrare così preoccupato, ci sono già io che lo sono per entrambi-
-Non devi essere preoccupata. E' solo una settimana e poi saremo di nuovo insieme-
-Lo so-
-Hai avvertito tua zia che saresti tornata?-
-Certo- mentii. Avevo provato a chiamarla ma senza ottenere alcuna risposta -Era felicissima-
Lui tacque per un attimo, non era certa che mi avrebbe creduta, ero sempre stata una pessima bugiarda ma lui non sembrò accorgersene -Bene. A che punto sei?- mi chiese per l'ennesima volta. Se non avessi saputo che era sinceramente preoccupato per me gli avrei già buttato il telefono in faccia.
-Sono quasi arrivata, devo lasciare l'autostrada tra pochi minuti- dissi notando un cartello con l'indicazione “Mystic Falls” piazzato a lato della strada. Ero davvero vicina, pensai agitata.
-Ottimo-
-Lo sai che non devi stare con me al telefono per tutto il tempo? Apprezzo il tuo supporto ma posso cavarmela da sola-
-Lo so ma....-
-Niente ma! Prometto di non farmi prendere da un raptus di pazzia suicida, di non fuggire e di arrivare a Mystic Falls sana e salva-
-Non sei affatto spiritosa- borbottò lui dall'altro capo del telefono.
Sorrisi immaginando la sua espressione severa, da psicologo tormentato da una paziente capricciosa. Non apprezzava molto il mio senso dell'umorismo, non in questi casi -Si, invece. Ti chiamo appena arrivo-
-Ti amo-
-Anch'io-


Appena arrivai sulla strada principale di Mystic Falls sentii il mio cuore fare un tonfo. Mille ricordi mi invasero la mente, tutti assieme. Avevo sempre pensato che tornando avrei provato solo dolore e di conseguenza una gran voglia di ripartire ma non fu così. Era difficile rivedere tutti quei luoghi dove avevo trascorso la mia infanzia e l'adolescenza. Provocai in me una sensazione strana che non avrei saputo definire. Era dolorosa ma anche dolce, come il ricordo dei miei genitori che per quanto facesse male non ci avrei rinunciato per nulla al mondo.
Un singolo pensiero razionale attraversò la mia mente: Ero a casa, finalmente.


Arrivata sul portico di casa mia sentii le gambe tremare, come se fossero fatte di gelatina. Era troppo tempo che non tornavo eppure tutto era esattamente come l'avevo lasciato anni prima. Un aroma famigliare risvegliò i miei sensi. Respirai a pieni polmoni, chiudendo gli occhi per goderne appieno. Non avevo mai dimenticato quell'odore. Era l'odore dei fiori dopo la pioggia, del legno ridipinto da poco e di limone. Odori banali ed unici allo stesso tempo. Era odore di casa, la mia casa.
-Elena- aprii gli occhi di scatto. Qualcuno era davanti me, sospirai prima di girarmi.
-Alarik Salzmann....scusi, professore- mormora imbarazzata e confusa. Non mi sarei mai aspettata d'incontrare il mio ex professore del liceo sul vialetto di casa mentre, con gli occhi chiusi, ero intenta ad annusare l'aria, da perfetta pazza.
Lui rise, facendomi arrossire ancora di più -Non devi più chiamarmi così, Elena. Non sono più il tuo professore e comunque non volevo disturbarti, qualunque cosa stessi facendo-
-Ha ragione, io stavo solo....- …...“annusando”, aggiunsi mentalmente ma decisi di tenerlo per me.
-Chiamami pure Rik e puoi darmi del tu-
-Va bene, Rik- sorrisi imbarazzata a quello che era stato il mio professore preferito del liceo.
-Vai a Yale, giusto?- mi chiese lui sorridendo, smorzando così la tensione evidente.
-Esatto-
-E come ti trovi?-
-Benissimo, l'università è molto buona, i professori sono in gamba e non ho mai visto una biblioteca più fornita-
-Ci credo, dopo aver frequentato quella di Mystic Falls- disse lui ridendo -Ho sempre saputo che avresti fatto grandi cose, Elena, e sono davvero felice di non essermi sbagliato- aggiunse con orgoglio, sorridendomi amichevolmente -Cosa ti porta a Mystic Falls? Sei qui di passaggio?-
-Non proprio, sono in visita. Ho deciso di prendermi qualche giorno di vacanza dallo studio ed eccomi qui- risposi, sentendomi come se mi stesse interrogando di storia. Certe cose non cambiano mai.
-Tua zia non mi aveva detto che saresti venuta-
-E' una specie di sorpresa- dissi, ignorando il suo commento sospetto. Perché mia zia avrebbe dovuto avvertire il mio ex professore del liceo di un mio possibile ritorno?
-In tal caso, ben tornata a casa, Elena-
La porta di casa si aprì improvvisamente -Rik sei tu...?- Jenna si bloccò appena i suoi occhi si posarono su di me. Si portò le mani alla bocca come se le fosse appena apparso davanti un fantasma. Non la vedevo da un anno circa, da quando era venuta a trovarmi a Yale, con Jeremy, per le vacanze di Natale. Era davvero in gran forma.
Elena- urlò venendomi incontro e stringendomi forte a sé -Sei tornata a casa, finalmente!-
Ricambiai l'abbraccio con entusiasmo.
-Mi sei mancata tanto- sussurrò mia zia con la voce rotta.
-Anche tu, non sai nemmeno quanto- mormorai cercando di non scoppiare a piangere come una scema. Almeno per questa volta erano lacrime di felicità.
-E' meglio che ora vi lasci sole- disse Rik prima di allontanarsi con disinvoltura per lasciarci il nostro spazio.




Io e Jenna eravamo sedute sul divano con davanti una bella tazza di thè. Non avevo idea d'avere così tante cose da dirle, mi sembrava che fosse passato un secolo da quando avevo parlato davvero con lei l'ultima volta. Mi era mancata da morire. Le raccontai di Yale, di Elijia, del mio nuovo appartamento, del lavoro alla biblioteca, di tutti i corsi che avevo amato di più e della mia domanda di tirocinio presso un giornale di NewYork. Le raccontai pure del professor Fistberg e dei suoi occhi strabici e di Rosalie, la mia vicina amante dei gatti e delle soap-opera spagnole. Anche Jenna mi raccontò molte cose, compresa la partenza di Jeremy per il college l'anno prima e della sua reazione. Il suo orgoglio perchè era stato ammesso a Stenford ma anche la tristezza relativa alla sua mancanza -La casa senza di voi è un po' troppo vuota, non ero più abituata ad avere tanto spazio per me.....e tanta libertà- aggiunse ridendo -Non so più come impiegare il mio tempo-
-Finalmente sei single e senza due adolescenti rompiscatole a cui badare, puoi fare tutto quello che vuoi. Uomini sexy inclusi-
Lei mi guardò un attimo dubbiosa prima d'iniziare a raccontare -A proposito di uomini sexy....-
-Quindi tu ed Alarik state insieme?!- esclamai esterefatta, battendo anche le mani come una bambina. Ero davvero felice per lei.
-Quindi ti va bene?-
-Non sono ancora pronta a chiamare zio il professor Salzmann ma se tu sei felice allora sono contenta per te-
-Davvero?-
-Certo, considerami entusiasta. Mi è sempre piaciuto Rik-
-Da quando lo chiami Rik?- mi chiese lei, dubbiosa e divertita allo stesso tempo.
-Questo non lo saprai mai- dissi con fare cospiratorio ed entrambe scoppiammo a ridere.


Il campanello suonò e mia zia corse alla porta, lasciandomi sola per la prima volta da quando ero arrivata. Finalmente riuscii a guardarmi intorno. Tutto era rimasto esattamente come lo avevo lasciato quattro anni prima, sembrava che non fosse cambiato nulla. Quattro anni fa ero uscita da quella stessa porta, sbattendomela alle spalle e adesso che ero tornata tutto era ancora al suo posto. Presi tra le mani il cuscino del divano che mia madre aveva ricamato a mano. Possibile che mi fossi dimenticata di quei cuscini? Accarezzai con le dita i contorni blu dei fiori, leggermente rialzati, e il verde smeraldo delle foglie che mi aveva sempre ricordato il colore dei suoi occhi, della stessa forma dei miei ma di un colore molto più bello.
-Elena- la voce di Jenna mi richiamò dai miei pensieri -Vieni qui, c'è qualcuno per te-
Lasciai andare il cuscino sentendomi improvvisamente nervosa. Non avevo detto a nessuno del mio ritorno. Avanzai a rilento verso la porta per scoprire chi fosse la persona misteriosa.
-Bonnie-
Lei si aprì in un sorriso solare -Elena, non posso crederci-
-Come facevi a sapere....?- domandai stupita, incapace di trovare qualcosa di più appropriato da dire alla mia migliore amica che non vedevo da circa quattro anni.
-Ho incontrato Rik- Ecco svelato l'arcano mistero -Non sapevo che fare ma avevo così tanta voglia di vederti che non ho avuto neanche il buon senso di chiamare prima di precipitarmi qui-
-Sono davvero felice che tu sia qui- mormorai sentendomi in colpa e felice al tempo stesso. Ero stata io a tagliare i ponti con Bonnie eppure non potevo fare a meno di provare una grande gioia nel ritrovarmi davanti a lei.
-Posso abbracciarti?- domandò lei impacciata, facendomi scoppiare a ridere come quando eravamo bambine.
-Se non lo fai tu lo faccio io- dissi ridendo e subito mi ritrovai stretta a lei in un abbraccio che mi riportò indietro nel tempo, a quando non esistevano problemi e la vita era fatta solo di giochi.




-Non sono sicura di farcela ad entrare- Bonnie aveva insistito per andare al Grill ma quando mi ritrovai davanti al locale mi resi conto che non ero pronta ad entrare -Non posso-
-Elena è giovedì pomeriggio, a Mystic Falls non sono molte le cose che si possono fare- Deglutii, continuando a guardare la porta con terrore come se potesse risucchiarmi.
Lei mi scrutò qualche istante in volto -E' per lui?- domandò comprensiva -Hai paura d'incontrarlo?-
-Io non....- ero senza parole, sentii una stretta al cuore. Mi ero rifiutata di pensare a lui per tutto il viaggio, anzi era anni che cercavo invano di non pensare a lui.
-Non sono pronta ad incontrarlo- ammisi presa dal panico.
-Damon non c'è-
Era da tanto che non sentivo pronunciare quel nome ad alta voce, anche nella mia mente mi rifiutavo di nominarlo, come se solo pronunciare quel nome avrebbe potuto distruggermi, spezzando tutte le mie difese.
Damon Salvatore. Il mio amico, il mio primo amore, il mio più grande rimpianto e il mio eterno tormento.....Era troppo difficile. Per un attimo pensai di fuggire, lo sapevo, non ero pronta ad affrontare il mio passato, non lo sarei mai stata. Non se ciò voleva dire affrontare anche lui.
-Elena- Bonnie mi prese per un braccio, per richiamarmi dal mio stato di shock -se vuoi ce ne andiamo, andiamo da un'altra parte-
-Sei sicura che lui non ci sarà?- chiesi cercando dentro di me un barlume di determinazione.
-Sicurissima. Ha rivelato l'azienda del padre, lavora tutto il giorno-
-Va bene- blaterai distrattamente, la mia mente era andata per conto suo. Damon lavorava per l'azienda di famiglia? Non riuscivo a crederci, Damon aveva sempre disprezzato quel lavoro. Il Damon che conoscevo io sognava di fuggire da Mystic Falls, di viaggiare e di aprire un suo studio fotografico dove appendere tutte le foto dei suoi viaggi. Ma era quello il punto: il Damon che conoscevo io probabilmente non esisteva più.
Senza che potessi evitarlo i ricordi piombarono su di me, costringendomi a tornare indietro, in luoghi oscuri della mia mente che per anni avevo evitato.


6 anni prima
-Aspettami- urlai, accelerando il passo e superando l'ennesima radice -Damon non ho le gambe lunghe come le tue quindi fermati o giuro che torno indietro-
-Non lo faresti - Commentò lui ironico con una scrollata di spalle. Si girò e rapidamente mi scattò una foto -Possibile che tu sia sempre a lamentarti, Elena? In ogni foto che ti faccio hai sempre il broncio, qualcuno potrebbe pensare che tu non gradisca la mia compagnia- Sorrise, soddisfatto della sua brillante battuta.
-Questo capita quando svegli una persona alle sei del mattino di sabato per trascinarla nei boschi-
-Ho detto che devo mostrarti una cosa, ti piacerà- Mi tese una mano per aiutarmi a superare un masso particolarmente scivoloso, consapevole che senza il suo aiuta sarei già caduta a terra.
-Non potevi trascinare Stefan in questa pazzia- protestai dopo aver rischiato d'inciampare per la milionesima volta. Ero troppo imbranata per dedicarmi alle arrampicate.
-Forse- disse lui sostenendomi per i fianchi – ma lui è ancora più musone di te-
Sospirai, godendo della sicurezza che mi dava la sua presa decisa e delicata assieme -Dovresti farti nuovi amici se le uniche tue opzioni siamo io e tuo fratello, che è costretto a sopportarti per cause maggiori- aggiunsi cercando di non ridere.
-Non è colpa mia se la gente non mi capisce- obiettò lui con il suo solito sarcasmo tornando a camminare davanti a me.
-Non è la gente a non capirti, sei tu che adori fare lo stronzo con la gente- precisai bonariamente.
-Ognuno si dedica a ciò che sa fare meglio- ribattè con un sorriso da furfante -Comunque con te non ho mai fatto lo stronzo-
-Questo non è del tutto vero e comunque non puoi....-
-Shh- lui mi bloccò afferrandomi nuovamente per i fianchi. Sussultai, soggiogata da quell'improvviso contatto. -Guarda- Davanti a noi si aprì un paesaggio stupendo. Sembrava uscito da un libro di fiabe. Una piccola radura con un laghetto circondato da fiori e piante di ogni genere, illuminato dai raggi del sole ed impregnato degli odori della primavera. Alberi, fitti cespugli e un prato rivestito di margherite bianche che emanavano la loro dolce fragranza, profumando l'aria intorno a noi.
-Vuoi ancora lamentarti, Elena?- sussurrò lui al mio orecchio facendomi rabbrividire.
Rimasi imbambolata mentre lui si allontanò, lasciando la presa sui miei fianchi, raggiunse la riva del laghetto, sedendosi sull'erba.
-E' stupendo- mormorai avvicinandomi a lui, guardando il lago con espressione stupefatta.
-Decisamente stupenda- concordò lui, però il suo sguardo non era rivolto al paesaggio, era puntato su di me. Sentii il mio cuore accelerare i suoi battiti mentre osservavo i suoi occhi di ghiaccio. L'unica cosa che avessi mai visto più meravigliosa di qualsiasi paesaggio.
-Stai ferma- Ordinò dolcemente, iniziando a scattare mille foto. A me, Non al paesaggio. Solo a me. Era qualcosa di magico, di unico.
Quello fu il giorno in cui mi resi conto che Damon Salvatore era qualcosa di più del mio migliore amico. Anche se in quel momento non avrei mai saputo dargli un nome.
-E' per questo che ho portato te.....Sei molto più carina di Stefan- aggiunse ironico, rovinando l'atmosfera.
-Idiota- sbottai lanciandogli addosso lo zainetto e mancandolo per un soffio.
Lui rise posando a terra la macchina fotografica -Devi imparare ad accettare i complimenti, Elena-
-E tu impara a farli- obiettai, sedendomi a terra di fronte a lui, con le gambe incrociate.
-Stai davvero insultando le miei doti di seduttore?-
-E se così fosse?- lo provocai, stando al suo gioco.
-Sarebbe un gravissimo errore-
-Dico solo che le tue doti funzionano meglio con ragazze ubriache...e disperate- aggiunsi cercando di non scoppiare a ridere mentre lui mi guardava fingendosi indignato.
-Questa è una grave diffamazione- in un attimo Damon fu su di me. Mi costrinse a sdraiarmi, bloccandomi le mani sopra la testa.....iniziò a farmi il solletico -Allora cosa stavi dicendo sulle mie doti di seduttore?-
-Damon.....-Non riuscivo a sfuggire dalla sua dolce tortura, bloccata sotto il peso del suo corpo -Questo..,non...è....leale- protesta, contorcendomi dalle risate.
-Mai detto d'essere leale, Elena-
Iniziando a sentire male agli addominali decisi di sventolare bandiera bianca, per il momento! -Mi arrendo- Maledetto lui e il solletico.
Lui si bloccò appoggiando le mani ai lati del mio viso per non schiacciarmi.
-Dillo- mi spronò.
Sapevo cosa voleva sentirsi dire e, per quanto fosse spiacevole, decisi di stare al gioco per evitare un ulteriore attacco -Sei irresistibile, Damon-
Lui sorrise, soddisfatto della sua sporca vittoria -Grazie, Elena- gongolò facendo ridere tutti e due.
Poi rimanemmo immobili, improvvisamente seri. Con gli occhi fissi in quelli dell'altro. Solo il rumore della natura a fare da sottofondo.
-Perché mi hai portata qui, Damon?-
-Perché questo posto è bellissimo......e volevo condividerlo con te- Qualcosa nelle sue parole fece battere il mio cuore.
-Grazie, Damon-
-Non c'è di che, Elena-
Dopo un attimo di silenzio, lui si alzò, permettendomi di respirare nuovamente. Si sedette di fronte a me, come prima. Rimettendo una certa distanza tra noi -Un giorno me ne andrò da Mystic Falls. Quest'anno finisco la scuola, lavorerò e metterò via i soldi per viaggiare. Non importa quale sarà la meta, l'importante è partire-
-E tuo padre?- chiesi giocherellando con un filo d'erba. Odiavo quando Damon parlava del suo futuro, dei suoi viaggi perché non importava dove sarebbe andato, ciò che sapevo e che non sarebbe stato con me. Ed era troppo difficile da accettare per il mio giovane cuore.
-Che vada al diavolo. Me ne andrò, Elana, c'è un mondo intero oltre Mystic Falls. Un mondo pieno di luoghi bellissimi, come questo, e di luoghi esotici ancora più belli-
-Sembra fantastico- mormorai senza riuscire a guardarlo negli occhi per paura che notasse il mio magone e la mia paura.
-Ti porterò con me- A quelle parole alzai gli occhi di scatto, incontrando i suoi. Ero convinta di vedere la sua solita espressione scherzosa ma lui era serissimo. I suoi occhi di ghiaccio non erano mai stati così decisi.
-Io ho ancora due anni di scuola..- blaterai, incapace di contenere la gioia che si stava espandendo dentro di me.
-Ti aspetterò. Il mondo non scapperà per un paio d'anni, Elena- aggiunse ironico.
Sorrisi -Sarei solo una palla al piede, non sono atletica e ti rallenterei, rischiando di rompermi il collo ad ogni passo. Per non parlare delle donne che penserebbero...cioè che...- Per fortuna Damon bloccò il mio blaterare maldestro.
-Non importa se dovrò portarti in spalle, Elena, non accetto obiezioni. Tu verrai con me-
Avevo solo sedici anni ma non avevo alcun dubbio, con Damon al mio fianco sarei andata in capo al mondo -Va bene- sorrisi, felice come mai in vita mia.
-Ho la tua parola?- Mi chiese lui con un sorriso sghembo.
-Hai la mia parola. Ma qual'è il primo posto che visiteremo? Io voglio andare in Egitto-
-In Egitto?-
-Esatto, a vedere le piramidi- affermai, soddisfatta della mia idea. Fin da bambina mi aveva sempre affascinata molto l'Egitto e la sua cultura.
-Ok e dopo aver conosciuto almeno un faraone e una mummia andremo in Spagna-
-A lottare con i tori-
-Sarò un vero matador-
-E poi balleremo un tango a Parigi- proposi, piena d'entusiasmo per il nostro giochino.
-Non dimenticare l'india-
-A visitare?-
-Non lo so ma mi piacciono le indiane, ho certe fantasie....- Aggiunse malizioso beccandosi uno schiaffo scherzoso sulla spalla.
-Non essere gelosa, Elena....basto per tutte quante-aggiunse malizioso facendomi arrosire.
-Cretino, puoi farti tutte le indiane che vuoi solo se mi porti in Italia, dicono che gli italiani siano molto affascinati- Se voleva giocare a questo gioco, avrei giocato con lui.
-Cazzate- sbottò lui con stizza.
-Chi è geloso ora?- chiesi soddisfatta.
-Non l'hai ancora capito Elena? Tu sei solo mia- Forse lui stava solo scherzando in quel momento eppure aveva ragione, anche se lui non lo sapeva. Anche se per lui si trattava solo di un gioco. Io ero sua e lo arei stata sempre, O almeno era ciò che pensavo.




Quante cose erano cambiate da quel giorno, quante cose dovevano ancora succedere. Quasi non ricordo chi fossero quei ragazzi, come se fosse accaduto in un altra vita. Come se si trattasse di un'altra storia, non della mia. Non potevamo più tornare indietro, quei sogni erano ormai scomparsi. Troppo dolore, troppe bugie, troppi rimpianti e quella singola tragedia, quella maledetta notte che, dopo tutto, ci ha divisi inesorabilmente.
-Elena allora vuoi entrare?- Scrollai la testa nel tentativo di sfuggire a quei ricordi che erano ormai troppo dolorosi da sopportare.
-Andiamo- affermai con decisione aprendo la porta del Grill mentre Bonnie mi seguiva, a pochi passi da me.




Spazio Autrice (?) :
Buonasera! Come promesso ho pubblicato il secondo capitolo di questa mia prima storia. Ringrazio subito tutte le ragazze che hanno messo la storia tra le seguite e quelle che l'anno messa tra le preferite, mi avete resa davvero felice e poi un grazie speciale alle due ragazze che hanno recensito!!!!!!Dopo i ringraziamenti due piccole chiarificazioni: per prima cosa voleva dire che la storia è volutamente confusionale, scoprirete qualcosa di nuovo in ogni capitolo, inoltre volevo precisare che la tragedia che ha costretto Elena a fuggire non riguarda i suoi genitori (verso il quarto capitolo sarà tutto un po' più chiaro).....Ma allora cosa sarà accaduto di tanto grave da costringere Elena ad abbandonare la sua vecchia vita? Questo lo scoprirete solo andando avanti con la lettura =D Spero davvero che abbiate voglia di lasciarmi un breve commento, solo per capire il vostro parere sulla storia, positivo o negativo che sia. Scusate ma sono un po' insicura e poi mi farebbe davvero molto piacere!
Ancora grazie a Nausicaa_Mikaelson e Giulia99FlorFedeCullen per aver recensito!!!
(Il prossimo capitolo sarà pubblicato lunedì, martedì al più tardi)
Ciao!!!!
- Scrivimi-

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Capitolo 3
*** Incontri e scontri ***


4. Incontri e scontri




-Allora, adesso che ci siamo fatte un breve riassunto delle nostre vite negli ultimi quattro anni, voglio conoscere tutte le novità di questo posto. Come stanno Koll, Caroline, Matt e tutti gli altri?- domandai allegramente bevendo un sorso di birra.
-Koll è esattamente come te lo ricordi, il solito idiota che prova ad abbindolare ogni ragazza che gli capita a tiro, è ancora più affascinante e, se è possibile, ancora più presuntuoso-
Scoppiai a ridere dopo la sua brillante descrizione -Ancora più presuntuoso?- chiesi fingendomi scioccata -Impossibile-
-Non lo sai, Elena? Qui siamo a Mystic Falls, la cittadina dove anche l'impossibile può divenire realtà.....Non mi stupirei neanche se in mezzo a noi vivessero dei vampiri- aggiunse lei con ironia.
-E dei lupi mannari, ovviamente-
-Certo- esclamò lei divertita -e magari anche delle streghe-
Alzai il calice di birra -E, dopo queste perle di saggezza, ci vuole un brindisi- Entrambe ridemmo sollevando i calici.
-Alla salute- esclamò Bonnie facendo battere il suo bicchiere col mio.
-In questo momento manca decisamente la presenza di Caroline- dissi ripensando alla mia vecchia amica, nessuno quanto lei amava una bella giornata tra ragazze. Ricordai con un sorriso le serate trascorse al Grill con lei e Bonnie a spettegolare di ragazzi e reginette del ballo -Come sta? Dove lavora? Sta con qualcuno?- domandai a macchinetta presa dall'entusiasmo del momento.
-Caroline è sempre la stessa direi, frequenta un corso di moda ad Atlanta, fa la pendolare. Adesso è in città ma domani dovrebbe tornare. E no, non ha alcuna relazione seria, non da quando....- si bloccò guardandomi con circospezione. Sapevo benissimo a cosa, o meglio a chi, si riferisse.
-Dopo Klaus...- mi bloccai, incapace di proseguire.
Lei sospirò, l'allegria sembrava essersi dileguata. Il passato tornava a tormentarci -Non è stato facile, non dopo ciò che è accaduto....-
-Lo capisco, speravo solo che fosse andata avanti- Sembrava impossibile evitare certi argomenti. Quella maledetta notte continuava a perseguitarci.
-Come hai fatto tu?- mi chiese lei tagliente. Non potei fare a meno di abbassare lo sguardo con rammarico -Mi dispiace, Elena- proseguì Bonnie con tono più misurato -Non volevo essere dura ma è stato molto difficile per tutti, soprattutto dopo la tua partenza-
-Posso immaginarlo- Sentii un nodo alla gola.
-Da quando Klaus è stato giudicato colpevole Caroline non si è più ripresa completamente. All'apparenza è sempre la stessa ma.....lo leggo nei suoi occhi, non riuscirà mai più a fidarsi di qualcuno, non come prima-
Sospirai -E' difficile superare certe cose, forse impossibile. Per quanto possiamo fingere bene rimarremo segnati per sempre-
L'atmosfera tra noi era ormai colma di tristezza -Ora smettiamola con questi argomenti, non fa bene a nessuna delle due rivangare il passato- disse Bonnie, cercando di far diminuire la tensione.
-Hai ragione ma....ho passato troppo tempo ad evitarlo.....ora ho bisogno di affrontarlo- aggiunsi l'ultima frase in un sussurro che Bonnie preferì ignorare.
-Mi hai chiesto come stava Matt- Proseguì -Lui sta bene, lavora qua al Grill, tra poco dovrebbe arrivare-
Decisi di non obiettare per il suo drastico cambio d'argomento, forse era meglio così -Che bello- mormorai sfoderando il mio miglior sorriso di facciata -non vedo l'ora di vederlo. E Tyler?-
-Lavora allo studio di famiglia con suo padre-
-L'importante è che sia felice-
-Lo è. Si sta per sposare con Haely, te la ricordi?- la guardai stupita. Una parte di me aveva sempre pensato che alla fine di tutto lui sarebbe tornato con Caroline, il suo primo grande amore. Ma ormai avrei dovuto saperlo: le cose non vanno mai come immaginiamo.
-Si si, me la ricordo. Sono contenta per lui-
Continuammo a chiacchierare del più e del meno, evitando accuratamente argomenti scomodi e decisamente troppo tristi.
Eravamo al terzo drink quando Koll varcò la porta. Due occhi castani e un sorriso irriverente.
-Koll Mikaelson- esclamai andando verso di lui.
-Elena Gilber....sogno o son desto?- Era sempre lo stesso, lo stesso modo di fare, lo stesso sguardo. Gli anni per lui non sembravano essere passati -Sei tornata per restare?-
-Mi fermo solo qualche giorno-
-Meglio che niente...Fatti vedere- mi spronò, squadrandomi spudoratamente da capo a piedi. Non lo avessi conosciuto da una vita gli avrei tirato un bel sberlone invece mi limitai a sorridere -Sei sempre bellissima. Un po' troppo magra. A Yale vi danno da mangiare?-
-Sono molto avari in fatto di cibo- scherzai, stando al gioco.
-L'ho sentito dire, Yale dev'essere un posto orribile dove le ragazze sono troppo magre e l'alcole malvisto-
-Per non parlare dello studio- aggiunsi divertita -ci sono grosse stanze piene di libri dove siamo costretti a passare la maggior parte del nostro tempo-
-E magari pretendono pure che passiate gli esami.- esclamò fintamente schifato -Non capisco cosa ti abbia spinta ad andarci!-
-Sono sempre stata un po' sadica- dissi ridendo. Koll era una delle persone che mi erano mancate di più, eravamo molto amici fin dal secondo anno di liceo ed ero felice che le cose tra noi fossero rimaste invariate.
-L'importante è che alla fine tu sia tornata-
-Sono così felice di rivederti- esclamai, avvolgendogli le braccia al collo.


Eravamo seduti al tavolo, era arrivato anche Matt e si era unito a noi. Era sempre lo stesso, il solito ragazzone biondo con il sorriso solare e lo sguardo pieno di vita. Ero davvero felice di aver ritrovato molti dei miei amici di un tempo. Per un attimo dimenticai i problemi e mi limitai a ridere e ad ascoltare le loro novità. La parte più lunga fu quella riguardante le tresche di Koll, quel ragazzo non aveva mezze misure. Gli chiesi cosa avrebbe fatto nel momento in cui avesse terminato di conquistare tutte le ragazze di Mystic Falls -Avranno pure delle madri- ribattè lui facendomi l'occhiolino.
-Non hai davvero senso della morale- dissi, fingendomi sconvolta. Aveva ancora l'umorismo di un adolescente arrapato, pensai divertita.
-Elena mi conosci, non ho pregiudizi. L'amore per me non ha età, aspetto o religione-
-Un modo carino per dire che va con tutte- disse Bonnie facendo scoppiare tutti a ridere compreso il diretto interessato.
Stavo per ribattere anch'io quando accadde ciò che temevo di più e per cui non ero affatto preparata. Non c'era nulla che potesse prepararmi a ciò che stavo per affrontare. Nulla che potesse prepararmi a quell'emozione, così intensa da far male fisicamente.
I suoi occhi. Li avevo sempre paragonati al ghiaccio, per quattro anni mi avevano perseguitata, sia nei sogni sia negli incubi. Ma nessun sogno, nessun paragone, nessuna fantasia potrebbe competere con la realtà. Questo fu ciò che pensai quando incontrai gli occhi di Damon, ancora più belli di quanto li ricordassi. Rimasi ad osservarlo, come incantata. La sua pelle sempre così chiara in contrasto con i capelli scuri come il manto di un corvo, la camicia slacciata dal collo e arrotolata sui gomiti, l'andatura decisa. Sembrava più maturo e allo stesso tempo pareva che non fosse cambiato nulla in lui. Era sempre Damon, il mio Damon.
Fu un attimo, durante il quale sentii il mio cuore esplodere, prima che lui si accorgesse di me.
Per quanto, negli ultimi anni, avessi sempre cercato di evitare certi pensieri, avevo spesso immaginato il nostro incontro. Avevo immaginato la sua reazione nel rivedermi dopo quattro lunghi anni. Tutto avevo immaginato, nel bene e nel male, meno quello che accadde. La sua espressione, dopo un primo momento di evidente sorpresa, divenne fredda, tanto che mi sentii raggelare, e dopo un breve attimo, che a me sembrò eterno, lui distolse lo sguardo. Quasi con disgusto, come se la mia sola vista lo ripugnasse. Non disse nulla, proseguì dritto, come se io non esistessi.
Trattenni il fiato quando mi passò accanto per raggiungere il bancone e ordinare il suo scotch, non il primo della giornata pensai.
Io invece rimasi immobile, forse stavo pure trattenendo il fiato, ancora. Forse non ricordavo come si facesse a respirare.
-Elena- la voce di Bonnie cercò di raggiungermi ma io ero ormai lontana, rifugiata in un angolino remoto della mia mente -...mi dispiace non sapevo che sarebbe venuto qui, lo giuro-
Mi sentivo debolissima, le gambe molli come la gelatina. Non riuscivo a parlare. Se avessi aperto la bocca, se mi fossi mossa, ero certa che mi sarei spezzata. Mi sentivo soffocare, in quel locale improvvisamente troppo piccolo e troppo gremito di persone che sembravano rubarmi l'aria. Elijia l'avrebbe definito un attacco di panico, pensai nella confusione dei miei pensieri.
-E' bianchissima, portala fuori da qui- sentii Koll rivolgersi a Bonnie ma ero ancora sotto shock.
-Elena usciamo- Matt si era avvicinato e mi tendeva la mano. Tentennai, come se non avessi il controllo del mio corpo, forse non ce l'avevo davvero.
-Dalle qualche secondo alla fine tornerà in sé e scapperà. E' quello che sa fare meglio- Riconobbi subito la sua voce. La seguii, voltandomi verso Damon che mi osservava con cattiveria. Non mi aveva mai guardata così -E' quella la porta, Elena, se stai aspettando la festa di ben tornata, ho una brutta notizia per te. La festa è finita da un pezzo e tu non saresti comunque la ben venuta-
-Smettila Damon- Koll si mise in mezzo, fulminando Damon con uno sguardo omicida.
Damon sorrise malignamente alzando le mani in segno di resa. Era sconvolto, ubriaco ed incazzato. Pessima combinazione quando si tratta di Damon -La povera, piccola Elena, non vorrei mai turbare in qualche modo la sua sensibilità-
-Dacci un taglio- anche Bonnie cercò di difendermi mentre io guardavo la scena come se fossi solo una spettatrice esterna. Non riuscivo a spiccicare parola.
-E' strano che tu la difenda, ricordo ancora il tuo sguardo ferito quando mi hai confessato che non sarebbe più tornata. Se non sbaglio ti aveva anche incitata a non cercarla più, a lasciarle i suoi spazi. Una vera amica- Prese un altro bicchierino di scotch e lo buttò giù in un sorso -E tu ragazzo doro?- si rivolse a Matt -sei troppo buono per dirle che tutti hanno dei problemi, che ogni persona in questo dannato pianeta ha la sua dose di disgrazie, purtroppo...Aspetta quasi dimenticavo che il mondo intero gira solo intorno ad Elena, chiedo umilmente scusa per l'imperdonabile dimenticanza-
-Stai esagerando- ringhiò Matt mentre io guardavo Damon esterefatta. Mi odiava davvero così tanto?
-Ho capito, me ne vado- sorrise sarcastico indietreggiando -non è ironico? questa volta sono io quello che se ne va e tu quella che rimane. La vita ha davvero uno strano senso dell'umorismo- Dopo la sua ultima battuta ad effetto uscì, abbandonando il locale e lasciandomi sola in mezzo a tanta gente.
Era tutto così irreale, così doloroso. Mi alzai di scatto dalla sedia. Improvvisamente padrona del mio corpo, almeno in buona parte.
-Elena- Matt fece per raggiungermi ma io indietreggia, allontanandomi da lui.
-Devo andare- mormorai con ritrovata convinzione.
-Dove?- la domanda proveniva da Bonnie questa volta -Vuoi fuggire di nuovo?-
-Basta Bonnie, lasciatela in pace- disse Koll rivolgendomi uno sguardo d'incoraggiamento.
-No, io devo solo....andare- mi allontanai di scatto, dirigendomi verso l'uscita. Non sapevo bene cosa avrei fatto o detto ma dovevo raggiungerlo.


-Damon- urlai una volta raggiunto il piazzale. Lui era ad una decina di metri da me. Urlai ancora ma lui mi ignorò proseguendo verso l'auto. Continuai a correre chiamandolo per nome ma lui non voleva saperne di aspettarmi.
-Adesso fingi pure che io non esista?- gli domandai arrabbiata, fermandomi alle sue spalle. Avevo il fiatone e tenevo le braccia stese lungo i fianchi con le mani strette a pugno nel vano tentativo di scaricare la tensione.
Damon mi dava le spalle, anche il suo corpo era rigido, il suo respiro regolate in modo inquietante, come se stesse cercando di mantenere la calma, dosando ogni respiro -Non è quello che hai fatto tu negli ultimi quattro anni? Fingere.- si girò fulminandomi con i suoi magnifici occhi di ghiaccio. Il suo sguardo era colmo di recriminazione.
-Non posso cambiare il passato, Damon, ho commesso degli errori, è vero, ma non ti permetto di farmi una scenata del genere!- Senza rendermene conto mi ero avvicinata a lui. Quando me ne resi conto sentii il mio cuore volare in picchiata. Maledetto organo traditore.
-Tu non me lo permetti?- mi chiese lui provocatoriamente divertito, sfidandomi con quei suoi occhi, il mio eterno punto debole. Capaci di abbassare tutte le mie difese.
Deglutii, cercando di ricordare cosa volessi dire - Ora sei arrabbiato, ferito, lo capisco ma...-
Lui scoppiò a ridere, facendomi bloccare. La sua risata era colma d'amarezza e sadico divertimento -E' questo che credi? Che io sia arrabbiato? Ferito? Ti sbagli-
-E allora cosa vuoi?- soffiai con disperazione e rabbia.
-Da te? Assolutamente niente. Sai Elena, sono stato ferito per molto tempo durante il primo anno, passavo ore intere davanti al cellulare sperando che tu mi richiamassi ma niente. Il vuoto assoluto. Ricordo ancora il giorno in cui composi il tuo numero, per la milionesima volta, una vocina metallica mi disse che non esisteva più. Quel giorno decisi che se tu non fossi tornata da me, sarei venuto io a riprenderti. Stavo per partire, fu tua zia a fermarmi. Mi disse che dovevo lasciarti andare, che non avevi più bisogno di me. Che se tenevo davvero a te, dovevo lasciarti libera- le sue parole erano dure, si avvicinò di un passo -In quel momento si che ero arrabbiato, arrabbiato e ferito- fece una pausa -ora Elena non provo nulla-
Era riuscito nel suo intento, non mi ero mai sentita così ferita. Le parole possono fare più male della spada, così avevo sempre sentito dire, ma solo in quel momento capii quanto potesse essere vero. -Mi dispiace, Damon- mormorai -Non sai quante volte avrei voluto chiamarti, anche solo per ascoltare la tua voce...ma pensavo fosse meglio così, sarebbe stato solo più doloroso- sentii gli occhi divenire lucidi -Non ho mai voluto farti del male...non a te-
-Eppure l'hai fatto e non m'interessa se gli altri sono pronti a perdonarti, io non lo farò mai- sottolineò l'ultima parola con cattiveria. Qualcosa dentro di me si stava spezzando, sentii i miei occhi inumidirsi.
-Non sono qua per chiedere il tuo perdono, so di non meritarlo.....- avevo la voce rotta ma lui sembrava troppo arrabbiato per accorgersene e nel caso se ne fosse accorto la cosa non sembrava toccarlo in alcun modo.
-Non hai ancora capito, Elena?- mi chiese con sarcasmo -Non m'interessa perché sei tornata, non m'importa più nulla di te, della tua vita, di quello che volevi o non volevi fare.....spero solo che tu te ne vada presto-
Era già salito in auto quando trovai il coraggio di dire ciò che non avevo mai avuto il coraggio di ammettere prima -Manca anche a me, Damon. È per questo che sono qui, manca anche a me.- una lacrima scese lenta lungo la mia guancia mentre Damon sfrecciò via senza degnarmi di alcuna risposta.





Accelerai il passo, non conoscevo la mia meta, semplicemente non ne avevo una, non m'importava, mi limitavo a mettere un piede davanti all'altro. In un attimo mi resi conto che era esattamente ciò che avevo fatto negli ultimi quattro anni: proseguire dritta per una strada qualunque, senza una meta precisa, sempre più veloce, senza far caso alla direzione per paura che i ricordi mi costringessero a guardare indietro. Ma non si può fuggire per sempre.
Damon aveva ragione quando parlava della mia propensione a fuggire, ciò che non aveva capito è che la mia fuga non era mai finita. Erano quattro anni che fuggivo e alla fine mi ero ritrovata al punto di partenza.
Così arrivai davanti al cimitero di Mystic Falls. Entrai.
Quanti pomeriggi, dopo la morte dei miei genitori, avevo trascorso in quel luogo, con la schiena adagiata contro l'albero e il mio diario posato sulle gambe. Era un modo per comunicare con loro, un modo per sentirli vicini. Con la mia penna stilografica mi sembrava di poterli raggiungere, come se bastasse il contatto dell'inchiostro scuro con il foglio bianco per sentire la risata di mia madre. Lei amava guardarmi mentre scrivevo, diceva che mentre impugnavo la penna il mio viso si illuminava e la mia bocca si contorceva in un sorriso angelico. Il suo piccolo angelo. Così mi chiamava.
Quel giorno però i miei genitori avrebbero dovuto attendere, almeno per il momento, c'era una cosa più importante che dovevo fare. Una cosa che avevo rimandato per troppo tempo.




Finalmente arrivai a destinazione.




Mi inginocchiai davanti alla lapide. Una stupida lastra di marmo con inciso il suo nome, ecco ciò che mi aveva costretta a fuggire. Una stupida lastra di marmo.
Mi lascia cadere in ginocchio sull'erba umida.

-Mi dispiace- mormorai -scusa se ci ho messo così tanto-





 
Stefan Salvatore
1991 - 2009
Figlio, fratello e amico amorevole.
Non ti dimenticheremo mai”








Spazio autrice (?):
Il premio per il capitolo più deprimente della storia.......va a me!!!!
Scusate spero che non abbiate voglia di lanciarmi i pomodori, anche se lo capirei. Non solo ho ucciso Stefan ma temo che il capitolo risulti un po'....noioso? Deprimente? Non saprei =) a voi la scelta dell'aggettivo più appropriato.
A parte gli scherzi spero che nel complesso il capitolo non risulti a voi così terribile, come sembra a me, ma la trama che ho in mente purtroppo contempla anche molti momenti drammatici che cercherò di alternare con momenti più divertenti e magari alcuni romantici.
Va bè tornando alla storia, si è capito qualcosa sul motivo per cui Elena è fuggita anni prima inoltre c'è stato il primo incontro con Damon, Lui è davvero arrabbiato con Elena, in parte è a causa di Elena ma vi avverto che mancano ancora molti pezzi, sia per quanto riguarda Stefan sia per quanto riguarda Damon ed Elena. Spero d'avervi almeno incuriosite (e non annoiate). Fatemi sapere perché sono molto incerta riguardo questo capitolo ed ho davvero bisogno di conoscere le vostre opinioni. QUINDI RECENSITE XD please!!!!!!!!!!!!!!!!! Sembra una minaccia ma è più che altro una richiesta (ok, lo ammetto: è una supplica =D)
Grazie come sempre a tutte le ragazze che mi seguono e un grazie speciale a Nausicaa_Mikaelson e Giulia99FlorFedeCullen per aver recensito!!!


Apresto!!
- Scrivimi-

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Capitolo 4
*** E' tutta una questione di tempismo ***


Nota: le parti in corsivo sono ambientate nel passato, appena scopare il corsivo si torna nel presente. (Lo scrivo ma probabilmente sono l'unica tonna che non lo capirebbe =D)
Buona lettura!!



4. E' tutta una questione di tempismo

 

 

Stefan Salvatore

1991 - 2009

Figlio, fratello e amico amorevole.

Non ti dimenticheremo mai”

 

 

Mi inginocchiai davanti alla lapide. Una stupida lastra di marmo con inciso il suo nome, ecco ciò che mi aveva costretta a fuggire. Una stupida lastra di marmo.

Mi lascia cadere in ginocchio sull'erba umida.

-Mi dispiace- mormorai -scusa se ci ho messo così tanto- accarezzai la lastra di pietra, sfiorando le lettere incise, come se fossero fatte di cristallo -Ciao Stef, ho pensato a te ogni giorno, ogni singolo giorno, ora ti chiederai perché io non sia mai venuta. La verità è che avevo troppa paura di tornare, paura di affrontare la realtà. Sono fuggita Stef, è quello che faccio sempre......io non volevo ferire nessuno, non ho mai voluto ferire nessuno ma....non potevo sopportarlo, non potevo sopportare che tu non ci fossi più. Non riesco ad accettare che tu sia andato via, per sempre. Tu eri una di quelle rare persone, limpide e pulite, di cui il mondo ha così disperatamente bisogno. Con te accanto era impossibile sentirsi soli, tu vedevi sempre il meglio negli altri, in me. Eri capace di dare tutto te stesso, senza chiedere nulla in cambio. Niente più di ciò fossi disposta a darti. Scusa se non sono stata all'altezza......Mi dispiace Stef, mi dispiace tantissimo- Solo allora notai due bicchieri, piccoli e decorati con una “S” maiuscola color dell'oro. Sapevo chi li aveva portati. Li accarezzai come ipnotizzata.

-Ogni tanto vengo qui a bere con lui- Mi girai. Damon era dietro di me, mi fissava. L'espressione neutra, non traspariva alcuna emozione -certe volte gli parlo, fingo che non sia cambiato nulla. Quando sono particolarmente ubriaco finisco pure per immaginare le sue risposte. Non è mai stato un gran chiacchierone ma sapeva sempre dire la cosa giusta al momento giusto- accennò un sorriso ironico -una dote che mi ha sempre irritato-

-Da quanto sei qui?- gli chiesi.

-Da un po'. Bel discorso quello di prima, un po' deprimente ma il luogo non ispira certo allegria- osservò ironico -inoltre credo che lui avrebbe apprezzato. Voi due siete sempre stati bravi con le parole-

-Tu invece hai sempre preferito i fatti- osservai con un mezzo sorriso, puntando i miei occhi nei suoi. Era così strano essere lì con lui dopo così tanto tempo, in quel determinato luogo.

-Le azioni, Elena, spesso dicono molto più delle parole- il sarcasmo nella sua voce era evidente. Rimasi in silenzio, sentivo il suo sguardo penetrarmi dentro, Damon era l'unica persona che avessi mai conosciuto in grado di parlare con gli occhi. In quel momento i suoi occhi erano pieni di rabbia.

-Lui odierebbe vederci così- sbottai amareggiata, abbassando lo sguardo. Non riuscivo a sostenere il suo.

-Così come, Elena?- chiese lui pungente.

-Distanti- soffiai -come due sconosciuti che sembrano non condividere più nulla, se non....la rabbia e il dolore-

Lui sorrise amaramente -Possiamo fingere che andasse tutto bene, che il passato non conti ma sappiamo entrambi cosa abbiamo fatto-


 

4 anni prima

Arrivai nel salotto di casa Salvatore, neanch'io sapevo bene perché fossi lì, avevo appena avuto una brutta discussione con Stefan al Grill ed ero fuggita via. E alla fine mi ero ritrovata davanti a casa sua ma non stavo cercando lui.

Suonai più volte, sapevo che in casa c'era solo Damon e avevo un irrazionale bisogno di stare con lui. Il mio comportamento era sbagliato, era Stefan il mio ragazzo eppure in quel momento avevo bisogno di vedere Damon,

-Elena- esclamò lui stupito quando, aprendo la porta, mi trovò lì -Cosa ci fai qui?Non eri uscita con mio fratello?-

-E' uno di quei momenti- dissi di getto, sapevo che lui avrebbe capito. Da quando erano morti i miei genitori, io e Damon avevamo una nostra parola in codice per indicare i momenti brutti: quelli di tristezza, di rabbia o di confusione. Quei momenti in cui tutto l'universo sembra essere contro do te, quei momenti in cui potresti sentirti solo anche in mezzo a mille persone.

Bastava dire quelle semplici parole e l'altro avrebbe capito, non avrebbe detto nulla. Semplicemente ci sarebbe stato.

E' quello che fece Damon, anche quella sera.

-Vuoi qualcosa da bere? Ti offro un bello scotch-

-Anche due- ammisi con un mezzo sorriso.

Lui mi lasciò entrare e mi seguì mentre mi dirigevo in salotto -Tu sai che l'ho detto solo per educazione?- mi chiese ironico -Da quando ti piace lo scotch?-

-Da questa sera-

-Allora che scotch sia-


 

-Hai litigato con Stefan? Cos'ha combinato questa volta il mio caro fratellino?- mi chiese passandomi il secondo bicchiere. Ne buttai giù un bel sorso, facendo una smorfia ridicola.

-Non ha fatto niente di male, lui è perfetto...- mormorai, accasciandomi sui cuscini del divano. Iniziavo a sentire la testa più leggera. Non era abituata a bere super alcolici, era una bella sensazione.

-Gliel'ho provato a spiegare tantissime volte ma lui non mi dà mai retta. Gli dicevo sempre:“Non essere perfetto Stefan, la perfezione è noiosa. Non regalare ad Elena dei fiori prendila a calci, vedrai che ne sarà entusiasta”-

Scoppiai a ridere, lanciandogli un cuscino in faccia -Sei un idiota!......e comunque non dovrei parlare di Stefan con te-

-Perché?- chiese lui, facendo il finto tonto.

-Lo sai il perché- di solito evitavamo l'argomento ma quella sera non riuscii a trattenermi.

-E' acqua passata, Elena- ribattè lui con la sua solita ironia -Siamo andati avanti quindi sfogati pure, cosa c'è che non va?- Per un attimo le sue parole mi ferirono. “Acqua passata”? Davvero per lui quello che era successo tra noi aveva così poca importanza. Malgrado il senso di tristezza che provavo dentro, decisi comunque di sfogarmi con lui.

-L'anno prossimo andrò a Yale...-

-Cos'è quel muso lungo, dovremmo festeggiare- esclamò, versandosi un altro bicchiere -Per te basta, signorina- disse quando sporsi il mio bicchiere verso di lui. Mi limitai a fare una smorfia, che lo fece ghignare soddisfatto, ma non protestai. Avevo la mente già abbastanza annebbiata.

-Io andrò a Yale mentre Stefan rimarrà qua a lavorare con vostro padre-

-Sono solo quattro anni, Elena, resisterete alla lontananza. Vi scriverete lunghe lettere sdolcinate e pallose, vi vedrete durante le feste e qualche volta nei weekend, non sarà facile ma neanche impossibile- Mi stupì la tranquillità con cui parlava del mio futuro e in parte continuai a sentirmi ferita per la sua ostentata indifferenza.

-Lo so- borbottai -e una volta finito il college tornerò a Mystic Falls e sarà tutto come prima-

-Tu e Stefan vi sposerete e avrete tanti bambini musoni che scriveranno sul loro diario quanto è bella la vita e quanto sarebbe bello avere come amico uno scoiattolo- aggiunse lui con sarcasmo, strappandomi un sorriso. Era impossibile essere tristi con Damon accanto.

-Ti ricordi quando parlavamo del nostro futuro, dei viaggi e di tutte le avventure che avremmo vissuto?-

Anche questa volta lui rispose con tranquillità come se il ricordo non suscitasse in lui alcuna emozione -Certo che me lo ricordo. Io non ho mai abbandonato l'idea, a settembre parto per l'Europa...o te ne sei dimenticata?-

-Avevi detto che non saresti mai partito senza di me- le parole sfuggirono dalla mia bocca senza che potessi trattenerle.

Lui mi guardò sorpreso, i suoi occhi improvvisamente più attenti. Non si aspettava che lo dicessi, non ad alta voce, almeno -Sono cambiate molte cose, Elena-

-Eppure siamo qui- osservai con semplicità. La mia mente stava divagando, è vero, ma se alla fine mi ritrovavo sempre da lui, doveva pur esserci un motivo?

-E' tutta una questione di semantica, adesso sei qua....ma tu stai con Stefan-

-Lo so, non serve che me lo ricordi- ribattei acida sfidandolo con lo sguardo.

Pessima mossa, i suoi occhi erano il mio tallone d'Achille. Non esisteva niente capace di confondermi più di quelle lastre di ghiaccio.

-Perché sei qui, Elena?- il suo sguardo si fece più duro, tanto che, al momento, non riuscii a scorgere la tristezza che si celava dietro la facciata.

-Hai ragione- sbottai, non riuscendo più a sopportare la sua vicinanza -E' cambiato tutto, non dovevo venire- mi alzai di scatto, presa da un raptus di follia. Forse era l'alcole, la fine della scuola, la paura per i grandi cambiamenti che stavano per avvenire nella mia vita. Quello che so è che non riuscivo più a sopportarlo.

Abbandonai il salotto, dirigendomi a passo svelto verso la porta ma appena feci per varcarla mi sentii afferrare per un braccio.

-Tu non vai da nessuna parte!- Damon si piazzò davanti a me, senza mollare la presa -Ora mi dici perché sei venuta?- Sembrava arrabbiato, i suoi occhi attendevano una risposta.

-Non lo so-

-Bugiarda-

-Io....- Non sapevo che dire, neanch'io ero in grado di giustificare il mio comportamento. Stavo sbagliando tutto.

-Cos'è che vuoi, Elena?- Il suo tono duro, arrabbiato, smosse qualcosa dentro di me, riaprendo vecchie ferite che mai si erano rimarginate fino in fondo.

Era il momento della verità. Tutto ciò che avevo tentato di reprimere dentro di me straripò in un fiume di parole.

-Perché?- Urlai -Perché hai detto che non sarebbe mai funzionata tra noi? Perché mi hai lasciata andare?-

-Io non volevo perderti, volevo fare la cosa giusta, per te- I suoi occhi si fecero più duri. Avvertivo la sua rabbia -Tu invece? Come hai potuto metterti con mio fratello una settimana dopo avermi detto che mi amavi?-

-Tu non mi volevi!- urlai arrabbiata, ferita. Ero stata una stupida ma dopo che Damon mi aveva rifiutata mi ero sentita così sola e Stefan era sto così dolce, comprensivo. Lui teneva davvero a me. Lui mi voleva e non solo come amica.

-Quindi è stato il tuo ripiego?- chiese sprezzante -oppure era solo un modo per farmi ingelosire?- senza potermi trattenere gli tirai una sberla.

-Vai a quel paese, Damon- lo strattonai per sfuggire alla sua presa ma lui non mi lasciò, la presa su braccio si era fatta più decisa. Se non fossi stata così scombussolata, avrei potuto anche provare male. Damon si avvicinò e mi ritrovai schiacciata contro il muro. Ero imprigionata, il respiro accelerato e il cuore che batteva all'impazzata.

-Quindi lo ami?-

Il suo viso era sempre più vicino. Avvertivo il suo respiro respiro accarezzare la mia pelle, improvvisamente ipersensibile, era troppo da sopportare.

-E' questo che vuoi?- gli chiesi confusa, arrabbiata -Vuoi sentirmi dire che non lo amo?-

-Voglio la verità-

-La verità è che....-

-Dillo- la sua voce era ipnotica, decisa, sensuale, mandò in cortocircuito il mio cervello.

-Ti odio, Damon. Ti odio e ti amo....- Non ebbi il tempo di pensare che le sue labbra furono sulle mie, la sua bocca s'impadronì della mia in un bacio caldo e invadente. Risposi immediatamente al bacio, con trasporto e bramosia come se lo attendessi da tutta la vita. Lo strinsi, afferrando i suoi capelli, assaporando il suo sapore. Lo desideravo con un'intensità che mi spaventava. Avevo bisogno di lui e lui di me. Non importava se era sbagliato perché in quel momento sembrava maledettamente giusto.

 

 

Scrollai il capo, tentando di eliminare quelle immagini, troppo dolorose da sopportare. Era inutile, malgrado di tempo ne fosse passato in abbondanza, ricordavo ancora il sapore delle sue labbra, la sensazione che suscitavano dentro di me.

-Lui non lo meritava- dissi, ripensando al mio comportamento.

Rimase un attimo in silenzio prima di rispondere, anche lui immerso nei suoi pensieri -No, Stefan non lo meritava- disse, sorridendo amaramente, come se avesse fatto una battuta che solo lui poteva capire -Lui era il fratello buono, io quello egoista-

-Non è stata colpa tua- dissi, non sopportavo il senso di colpa che leggevo nel suo viso. Avevo avuto l'impressione che niente fosse cambiato in lui eppure c'era una tristezza insita nei suoi occhi che prima non c'era mai stata. Il pensiero che, almeno in parte, poteva essere colpa mia mi ferì come una lama nel petto.

-Non era colpa di nessuno ma questo non cambia le cose-

-Lui non l'ha mai saputo. Sono stata sul punto di dirglielo così tante volte e alla fine è morto senza saperlo. Lui non sapeva nulla del nostro tradimento....e non lo saprà mai- era questo che non riuscivo a sopportare, era questa consapevolezza che mi aveva impedito di vivere appieno il mio dolore. La paura di non meritarlo, di non avere il diritto di sentire la sua mancanza.

-E' meglio così, l'avrebbe solo ferito- sembrava rassegnato, solo, ferito. Non lo avevo mai visto così: sconfitto. Il mio senso di colpa passò subito in secondo piano. Sentivo di dover fare o dire qualcosa, qualunque cosa potesse aiutarlo.

Optai per la verità.

-Damon- mormorai il suo nome per la prima volta dopo tanto tempo -io avevo scelto te. Quella sera ero andata alla festa con l'idea di parlarci, volevo lasciarlo e partire con te dopo l'estate- mi bloccai, gli occhi umidi -Avevo scelto te, Damon-

Lui alzò lo sguardo su di me, come se avesse bisogno di una prova per credere alle mie parole. Solo per un attimo riuscii a scorgere la sua sorpresa, sostituita subito dalla rassegnazione -Non è successo, è inutile parlarne ora. Quella sera mio fratello è morto e tu sei partita una settimana dopo. Ti sei rifatta una vita altrove ed io non sono mai andato in Europa-

-Mi dispiace d'essere fuggita- sussurrai stringendo le mani a pugno lungo i fianchi.

-Ho aspettato quattro anni di sentirtelo dire....adesso è tardi-

-Damon..- Cercai di trovare le parole giuste ma non sapevo che dire, così rimasi in silenzio.

Anche Damon fece lo stesso, Rimanemmo a guardarci. Immobili, uno di fronte all'altro.

Nessuno dei due accennava ad andarsene, forse non eravamo pronti a perderci ancora, forse avevamo semplicemente paura, forse stavamo solo rimandando l'inevitabile. Eppure non c'era più niente da dire. Era tardi, forse Damon aveva ragione. Forse l'amore è tutta una questione di tempismo e purtroppo, io e Damon, di tempismo non ne avevamo mai avuto.

 

 

 

4 anni prima, ancora sul portico

 

Un suono metallico disturbò il nostro momento “perfetto”. Un semplice bip, l'arrivo di un messaggio e poi un altro ancora. Separai le mie labbra dalle sue, senza però sciogliere l'abbraccio. Presi il cellulare, pronta a spegnerlo per tornare a dedicarmi a lui ma subito un nome sullo schermo attirò l'attenzione di entrambi.

Stefan.

Entrambi rimanemmo in silenzio. All'improvviso c'era solo il rumore dei nostri respiri affannosi. Chiusi gli occhi mentre lui appoggiava la sua fronte sulla mia. Malgrado tutto non accennava a staccarsi da me.

-E' sbagliato, Elena- mormorò con tono grave. I miei occhi chiusi, serrati. Si rifiutavano di aprirsi per paura di dover affrontare la realtà -Maledizione!- sbottò lui, strofinando la sua fronte sulla mia e rafforzando la presa sui miei fianchi, come se avesse paura di lasciarmi andare.

-Damon...- mormorai, non sapendo che cos'altro dire. Lui aveva ragione era tutto sbagliato. Io ero la ragazza di suo fratello. Lui non meritava da parte nostra un simile tradimento. Cosa diavolo stavamo facendo?

Mi allontanai di scatto, indietreggiando. Improvvisamente la vicinanza con lui era divenuta insopportabile.

-Non possiamo- mormorai, facendo appello alla mia parte razionale.

Se solo Damon non mi avesse rifiutata mesi prima? Se solo io non mi fossi messa con Stefan?

Se”, “Se”, Se”, Se” e solo “Se”......Troppi sbagli, uno dietro l'altro e poi il nostro solito, grande problema: il tempismo.

 

 

 

-Torna alla tua vita, Elena- Damon mi rivolse un'ultima occhiata prima di darmi le spalle per andare via. Così mentre lui si allontanava, lasciandomi sola, non potei fare a meno di pensare a quella lunga serie di “Se” e a quella sera sul portico.

 

Chissà dove saremmo stati ora Se quella sera sul portico non fossi fuggita via?

 

La verità è che non lo saprò mai.

 

Spazio autrice (?):

Buonasera a tutte!

Ecco il nuovo capitolo! Lo so, non accadono molte cose, è quasi interamente dedicato a Damon ed Elena ma la storia è principalmente su di loro quindi dovrete abituarvi =D Dal prossimo vedrete che qualcosa migliorerà nel loro attuale rapporto, in meglio, ovviamente (piccolo spoiler =D) Sono davvero curiosa di conoscere la vostra opinione a proposito di questo capitolo. In verità ho ricevuto pochissime recensioni per questa storia e anche le persone che la seguono non sono molte =( sicuramente dipende dalla qualità, mi rendo conto di non essere una scrittrice e che spesso i capitoli sono un po' tristi (per non dire deprimenti o noiosi =D spero di no ) o la trama noiosa, non lo so, però dedico davvero molto tempo a scrivere ogni capitolo quindi mi farebbe piacere sapere dove sbaglio oppure ricevere qualche piccola conferma =D Vi chiedo solo di dedicare qualche minuto a scrivere un minuscolo commento, senza obbligo, ovviamente!!!!!!!!=D

 

Ora la finisco con le mie noiose lamentele e ringrazio le ragazze che hanno messo la storia tra le preferite e tra le seguite (non mi sono dimenticata di voi =D ), infine un grazie speciale a Nausicaa_Mikaelson e a Giulia99FlorFedeCullen, che recensisce sempre =D
Ciao!!!

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