Drugs.

di Juliet_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue; ***
Capitolo 2: *** Chapter 1; ***
Capitolo 3: *** Chapter 2; ***
Capitolo 4: *** Chapter 3; ***
Capitolo 5: *** Chapter 4; ***



Capitolo 1
*** Prologue; ***




Drugs.



 
Prologue;

Sono stata metà della mia vita a preoccuparmi di come avrei dovuto, in tutti i modi possibili evitare la morte, prendermene gioco, raggirarla, renderla lontana anni luce.
Adesso? Adesso vorrei soltanto morire. O forse lo sono finalmente. I miei occhi non vogliono aprirsi, i miei sensi non vogliono mettersi in moto, il mio corpo si rifiuta di fare ogni minimo movimento. Tutto, tutto quanto sembra fermo. O forse è solo la mia mente che vorrebbe fermare tutto e spegnersi nel silenzio di questo inferno di mondo. Anche se il silenzio, il vero silenzio, non esiste in questa merda di mordo. Il silenzio lo trovi soltanto in un caso, quando il tuo cuore accenna ad emettere il suo ultimissimo battito e dopo … il vuoto. Il silenzio. La pace.
La pace. Cerco quella, ma non la trovo da nessuna parte. Sembra quasi che scappi da me o che addirittura non esista. Ma io sono sicura che c’è, perché deve esserci.
Ma c’è un problema più grande … per una come me non ci sarà mai pace.
Ho ucciso una persona, l’ho fatto. Ho ucciso una persona, una delle più importanti della mia ‘vita’ diciamo così.  Il mio migliore amico. E perché poi … solo perché stava cercando di impedirmi di rovinarmi la vita un’altra volta con quella roba. Perché voleva che io mi togliessi dal giro. Perché voleva che io la facessi finita con quella roba.
Louis. Così si chiamava … e l’ho fatto fuori con le mie mani. O meglio con la mia auto …
 

-Yle … no! Non ti lascerò uscire da questa casa nemmeno sotto tortura, tu non la vai a prendere quella roba! Dammi quei soldi, ri mettili nel tuo cassetto e tienili da parte per il futuro … un futuro migliore di quello che ti stai costruendo adesso…-
La sigaretta in mano, la borsa sotto mano piena di verdoni per quegli stronzi che in tanto mi campavano costantemente da più di un’anno. –Spostati, mi fai perdere tempo!-
-Non mi stai nemmeno ascoltando, di nuovo cazzo. Ylenia tu da qui non ti muovi!- i suoi occhi brillavano alla fioca luce delle lampade del salotto di casa mia. Mi dice di lasciar stare, che non mi farà uscire di casa che … dovrei costruirmi un futuro migliore di quello che mi aspetta. Ma l’unica cosa che sento e a cui riesco a pensare è che … sono in astinenza. Ho bisogno di quella roba. Ho bisogno della mia droga, che mi fa sentire tanto viva quanto morta.
La morte … mmh, quante volte ci siamo scontrate io e lei, e quante fottute volte ho vinto contro di lei. Non vedo perché non possa continuare a vincerla, perché non debba continuare ad imbottirmi di polvere. E’ una cosa che mi fa sentire meglio quanto male. Ma a me non importa, mi piace così.
Oh si che mi piace così.
Prendo le chiavi della macchina poggiate sul tavolo, ci gioco per qualche secondo con le dita.
Mi lancio sulla porta.
La apro di scatto e provo a ri chiudermela di gran fretta alle spalle. Sento le urla di protesta di Louis riecheggiarmi alle spalle. Non mi fermo e corro. Corro fino al portone di casa, lo apro e guizzo fuori per strada.
Individuata la macchina con lo sguardo le corro in contro, infilo le chiavi nella serratura e mi infilo dentro, butto la borsa sul sedile del passeggere alla mia destra.
Metto in moto l’auto e comincio a camminare lungo la strada. Comincio ad accelerare.
Un attimo di secondo, vedo Louis sbucare dalla mia destra. Spalanco gli occhi urlando. Impatto. I cocci di vetro, il sangue, la puzza di fumo, il dolori lancinanti alla mia testa.. il buio. 

 
 
Dipendente dalla droga, ho anche fumato alle volte. Spacciavo anche, ma non sempre. Sono sempre stata più tosto avara a riguardo, se è in mio possesso … è mia e basta. Sono di quest’idea da sempre.
Adesso sono anche un’assassina. L’ho ucciso. E vorrei essere morta con lui. Vorrei non sentire dolore, non sentire il mio cuore battermi dentro, accelerare i battiti oppure perderli.
Oppure essere un vampiro. 
Sarebbe un’alternativa allettante spegnere le proprie emozioni per poi dover passare l’inferno per poterle ri attivare. Ma se io fossi un vampiro … le spegnerei e basta. Per non interessarmi più a nessuno, per non affezionarmi, per far si che tutto quello che faccio da quel momento in poi non abbia alcuna importanza.
Ma i vampiri non esistono ed io non lo sono, dico bene? E’ solo fantasia questa. Non sarà mai la realtà. E da una parte … è davvero un vero peccato.
Ma quando ri aprirò gli occhi, uccidermi non sarà un peccato.
Sarà del sangue versato … per una buona ragione … la mia pace.

 




Spazio autrice;
 
Salve a tutti, io sono Irene e questa è la mia nuova FF dopo tipo mesi che non riesco a scrivere come vorrei!Questo pomeriggio ho avuto questo lampo di genio e ... spero davvero che lo apprezziate e che il prologo vi faccia interessare alla storia!
Quindi spero vivamente di avervi incuriosito! Quando avrò un discreto numero di recensioni pubblicherò sicuramente il primo capitolo e spero vivamente di non deludervi (giuro che farò del mio meglio).
A presto!  Baci.

-Ire

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Capitolo 2
*** Chapter 1; ***





Chapter 1;

 

L’odore del disinfettante mi sconcerta. Il continuo ‘bip’ di una qualche apparecchiatura mi farà esplodere il cervello. Realizzo di non essere viva non appena comincio a percepire il dolore scorrermi direttamente nelle vene, insieme al mio sangue sporco.
Dove sono lo so già è ovvio, no? Mi trovo nuovamente in un fottuto ospedale e sarà come sempre … cercheranno di disintossicarmi, mi rimetteranno in sesto imbottendomi di medicinali. Ripuliranno il mio sangue con continui lavaggi endovena fino a sciuparmi del tutto. Più delle volte in cui mi faccio.
 
-Signorina Gilbert?- il mio nome, mi chiamano … dovrei aprire gli occhi.
Sono sveglia, li sento parlare.
-Signorina Gilbert? E’ sveglia?- ancora il mio nome, sempre di quella voce femminile, un po’ acuta che continua ad insistere. Non risponderò, farò finta di dormire, oppure fingerò di non esistere come se io fossi morta.
-Non risponde signore!- aggiunse rassegnata la voce di quella donna un po’ gallina.
-Lasci fare a me … Ylenia … è questo il tuo nome(?)-
 
‘’Ilenia’’  il mio nome pronunciato da quella voce calda. ‘’Ilenia’’ si è così che mi chiamo.
‘’Ilenia’’ la sua voce continua a rimbombarmi nella mente, ricorda un po’ quella di Louis … Louis.
La mia mano viene improvvisamente avvolta in una stretta decisa, forte ma allo stesso tempo delicata. Sembrava davvero …
-Louis..dico con un filo di voce.
-No, non mi chiamo Louis … Ylenia!-
 
‘’No, non mi chiamo Louis … Ylenia!’’  quelle parole, la mia mente continua a spostarle da una parete all’altra del mio cervello, qualcosa nella mia testa sta cominciando a svegliarsi. A lavorare.
Sento il sangue pulsarmi costante sulle tempie.
Quella stretta alla mano … così sicura. No, non poteva non essere Louis.
Solo lui mi sapeva tenere la mano così.
 
Lentamente i miei occhi riescono ad aprirsi. La luce li colpisce, li stravolge, li costringe a ri chiudersi lentamente per poi provare a ri aprirli e mettere a fuoco quella solita stanza d’ospedale.
Due occhi, due occhi  verdi come smeraldi mi fissano intensamente.
Un sorriso, tanto simile a quel sorriso.
Una massa di capelli ricci color cioccolato.
 
E’ lui. Aspetta … no non è  Louis … non ha mai avuto i capelli ricci, e nemmeno gli occhi verdi..
 
-Louis … dov’è Louis?-  sibilo, strizzando gli occhi e cercando di alzarmi dal cuscino alla svelta.
-Stia calma la prego!- disse quella donna dalla voce maledettamente stridula.
-Ho detto … dov’è Louis..?- Il mio tono di voce si affievoliva sempre di più ma aveva della decisione, della determinazione di ottenere una fottuta risposta a quella domanda.
 
I miei occhi non guardavano nessuno in questo momento. Né il riccio dal volto sconosciuto, né la donna dalla voce stridula. Guardavo fisso davanti a me, non volevo davvero vedere nessuno. I miei occhi continuavano a rimanere aperti a due semplicissime fessure. I miei denti mordevano il mio labbro inferiore. Le mie mani stingevano nei pugni la coperta bianca come la morte.
Sentivo le mie tempie pulsare all’accelerato passaggio del mio sangue.
 
-Non ricorda?- la voce della donna stridula mi riempi le orecchie.
 
‘’Non ricorda?’’  ricordare … ricordarmi cosa 
 
-Lei ha provocato un incidente …-
 
 
Metto in moto l’auto e comincio a camminare lungo la strada. Comincio ad accelerare.
Un attimo di secondo, vedo Louis sbucare dalla mia destra. Spalanco gli occhi urlando. Impatto. I cocci di vetro, il sangue, la puzza di fumo, il dolori lancinanti alla mia testa … il buio. 
 
 
-L’ho ucciso.- sibilai flebilmente all’aria che mi circondava.
-Come scusi?-
-L’ho ucciso.ripeto con lo stesso tono di voce. –Ho ucciso il mio migliore amico … io ho ucciso Louis.-
-Harry … Harry un calmante … presto Harry!- la donna dava ordini a quel ragazzo dai capelli ricci. Continuava a ripetergli sempre la stessa cosa. Ma non la sentivo, non riuscivo a sentire le parole della donna, non riuscivo a vedere … non vedevo. I miei occhi si serrano.
La mia bocca si apre … urlo.
 
-Louis … l’ho ucciso io! Io ho ucciso il mio migliore amico! L’ho ucciso io, io, io …-
Il mio corpo si dimenava su se stesso. Le mie mani stringevano ancora di più la coperta.
Le mie urla mi riempivano le orecchie.
Il battito del mio cuore aumentava, aumentava, continuava ad aumentare … boom,boom,boom,boom…
 
-Uccidetemi, voglio uccidermi … voglio andare con lui …-
 
Era la cosa migliore da fare mentre le lacrime mi rigavano il viso, mentre il dolore mi invadeva completamente …
La testa bruciava, il corpo … tutto il corpo gridava di fermarmi, di smetterla di calciare continuamente contro il nulla. Le mie corde vocali,imploravano continuamente pietà.
Ma non ci riuscivo, non ci riesco … non riesco a smetterla di urlare … di scalciareDi arrabbiarmi.
 
Di avercela con me stessa.
 
Penso di essere vicina ad un’infarto, ho delle fitte al petto indescrivibili. Il fiato … mi manca.
Ci siamo immagino … sta per succedere, finalmente accadrà … morirò.
 
E proprio mentre lo penso, mentre penso che finalmente ci sarà pace per me, mentre penso che non dovrò più soffrire, faticaresentire dolore,ammalarmi di cuore … mentre penso che finalmente è finita, che sto per avere una fine, quella che mi merito realmente. Mentre penso che sto per rivederlo, per ri abbracciarlo, per riprenderlo con me, per non commettere gli stessi errori … mentre penso … che sarebbe tornato tutto come prima, come se io non l’avessi mai ucciso  …
Un ago mi perfora un braccio. Lo sento dentro. Qualcosa in me viene liberato.
 
 
Le urla cessano.
I miei muscoli si immobilizzano.
Il mio cuore smette di battere così veloce da poter scoppiare.
La mia testa si spegne … e i miei occhi con lei.

 

 
Spazio autrice; 
Buona sera! Come promesso ecco il primo capitolo! Vi ringrazio per le splendide recensioni nel prologo, davvero, sono pochine ma a me bastano!
Bhè, che dire questo è il primo capitolo e spero che vi aiuti un pò meglio a capire la piega che prenderà questa storia! 
Come sempre fatemi sapere che cosa ne pensate! Potete contattarmi anche per ricambiare leggendo una vostra storia o magari anche per recensirla! Fate pure! Solo che per adesso ho il computer sequestrato e mi sono connessa di nascosto per pubblicare il capitolo quindi non sò quando potrò recensirvi ma lo farò sicuramente se voi avete recensito questo capitolo ;)
Non ho altro da aggiungere, grazie a tutti! Baci!

-Ire

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Capitolo 3
*** Chapter 2; ***




Chapter 2;

 

Sarà passata una settimana immagino.
Il mio migliore amico è morto, l’ho ucciso io, sono dentro questa clinica da più di una settimana infatti … altro che curarmi, sto arrivando alla pazzia rimanendo chiusa qui dentro.
 
Sono assistita giorno e notte. Pillole, farmaci ovunque. Alcune delle mie ferite non sono ancora guarite. Mi chiedo quando riuscirò ad uscire di qui. Ho provato più volte ad impormi per poter tornare a casa mia ma sono ancora qui, in questa gabbia più bianca di un lenzuolo appena uscito dalla lavatrice.
 
-Buongiorno!- la voce calda di quel ragazzo mi accompagnava da quando ero qui.
-Buongiorno.- rispondo freddamente, senza guardarlo in faccia.
-Sono venuto per…-
-Le pillole … lo so …- mi giro verso di lui e gliele prendo dalle mani. Ad un fiato le ficco in bocca e prendo subito la bottiglietta d’acqua vicino al letto.
-Penso che a breve ti faremo uscire …-
-Non vedo l’ora in effetti …- aggiungo dopo aver finito di ingoiare l’acqua.
Mi rimetto sistemata nel letto e chiudo gli occhi, sospiro profondamente.
-Come hai iniziato?- chiede secco, senza troppi giri di parole. So bene di che parla, ma sinceramente non mi và proprio di parlare … lo ignoro.
-Scusami non avrei dovuto…- dice freddamente.
-Tu invece?- chiesi interessata riaprendo lentamente gli occhi e fissandolo nei suoi. Così verdi, sembravano due splendidi smeraldi.
-Io? Parli del mio lavoro?- chiede confuso. Annuisco.
-Bhe … Non sono un dottore, sono una sottospecie di infermiere diciamo pure così … Non lavoro tutti i giorni qui la cosa è solo momentanea per così dire …-
-Eppure è più di una settimana che sei qui.- rispondo velocemente continuando a fissarlo negli occhi. Mi piaceva farlo, prima di tutto perché mi mettevano sicurezza e poi … mi piace perdermici dentro … e poi per costringerlo a darmi retta e a concentrare l’attenzione su di me. Cosa che non tutti facevano spesso. Solo una persona sapeva sempre farlo. Louis.
 
In effetti mi ricordavano i suoi occhi quelli di … Harry(?) distolgo lo sguardo.
-Ho … avuto davvero molto lavoro da sbrigare, hanno bisogno del mio aiuto!- annuisco alle sue parole.
-Sai…- dissi –I tuoi occhi …- comincio a parlare. Il riccio alza un sopracciglio.
-Somigliano ai … ai suoi.-
-Si, mi … mi hai scambiato per Louis la prima volta che hai riaperto gli occhi.-
-Si,infatti.- rispondo freddamente molto velocemente.
 
Una lacrima scende da uno dei miei occhi. Il ricordo di lui in realtà mi perseguitava da quando avevo capito di averlo realmente ucciso, che fossi stata io ad ucciderlo e non … qualcun altro.
E … non l’avevo nemmeno salutato.
Non avevo avuto nemmeno il tempo di dirgli quanto gli volessi veramente bene … e … l’avevo ucciso io … io. 
-Hei…va tutto bene… va tutto bene giuro.- la sua voce calda mi riempie le orecchie mentre le lacrime continuavano a scendere lungo il mio viso, irrefrenabili.
Sento le sue forti braccia avvolgermi cautamente.
Stringo i pugni contro il suo camice bianco che ben presto diventa zuppo delle mie orride lacrime.
Peggiori di me? No, mai.
L’ho ucciso.
Io, volere a tutti i costi la morte, per trovare pace?
No, non troverei mai la pace … perché non andrei mai in paradiso … sempre se ne esista uno, ma andrei all’inferno.
 
No, non mi bastava essere tossica dipendente.
No, dovevo essere anche una spacciatrice.
Un’amante dell’alcool.
Una fanatica del fumo.
Un’animale da festa. Festa che si trasformava quasi sempre in incubo.
 
Ogni pillola che prendevo … dopo il suo effetto stavo sempre peggio.
Lui mi aveva avvisata, mi aveva detto mille volte di smetterla con quella roba … non l’ho mai fatto davvero.
 
-Ti aiuterò a smettere.- la sua voce mi riporta alla realtà delle mie calde e amare lacrime che mi invadevano.
-No.- dico freddamente ricomponendomi e staccandomi dal suo caldo corpo.
-No, voglio starmene da sola. E Soprattutto non voglio l’aiuto di nessuno.-
 
Il riccio si avvicina piano.
-VATTENE.- urlo rimanendo composta il più possibile, continuando ad asciugare le lacrime che tentavo di ricacciare dentro agli occhi da quando avevano cominciato a scorrere lungo il mio viso.
 
 
One week later.
 
 
Casa mia, così noiosa, silenziosa, senza senso … ma allo stesso tempo così accogliente e sicura ai miei occhi.
Alla fine non era poi così diversa, era uguale a prima, solo che per casa invece di esserci disperse siringhe, erba, droga e alcool c’erano farmaci ovunque. Soprattutto sul comodino della mia stanza, in bagno e nella tavolo della cucina, per ricordarmi di prendere determinate pillole a pranzo.
Gli sbirri hanno ripulito tutto quanto, ma non ho ancora finito con loro. Non so se verrò sbattuta in prigione o no … non so nulla.
 
Le odio, le odio davvero. Per un momento ho davvero pensato di voler ritornare alle vecchie pillole. Mi sono corretta in tempo per rinunciarci.
Quel tipo, Harry, di cui non so nemmeno il cognome, ha voluto lasciarmi il suo numero ‘chissà avessi bisogno di aiuto o la compagnia di qualcuno!’ mi ha detto.
 
Ho il telefono in mano da qualche minuto ormai. Ma anche questo non ha senso, non posso mica chiamarlo e poi … perché dovrei(?) non ne ho bisogno e poi nemmeno si ricorderà di me, sicuramente.
 
Rimetto il telefono in tasca. Mi alzo dal divano e mi dirigo verso la mia stanza. Ora che ci ripenso dovrei avere delle robe sporche nel cassetto da mettere in lavatrice al più presto. Non ci tengo a girare in mutande per strada, nemmeno un po’.
Arrivo davanti il mio comodino ed apro il primo cassetto, comincio a frugare al suo interno. Delle mutande, una maglietta, un’altra maglietta da mettere a lavare … ma poi …
-E questa (?) … Non… non è…-
Una pillola … una di quelle pillole.
Le mie mani cominciano a tremare, la guardo … la guardo incredula.
Qualcosa in me scatta.
 
La stringo in mano, corro in bagno e corro verso il water. La lascio cadere esitante al suo interno. Butto lo sciacquone.
 
E’ andata.
 
Le mie mani continuano a tremare. Riesco a sentire il tintinnio dei miei denti che continuano a sbattere gli uni contro gli altri.
 
‘Chissà avessi bisogno di aiuto o la compagnia di qualcuno!’
 
Harry. Devo chiamarlo.
 
Le mie mani tremanti raggiungono la tasca dei miei jeans, nervosamente frugano al suo interno incespicando fra loro mille volte prima di riuscire a raggiungere quel benedetto telefono…
 
 
Harry’s Point Of View.
 
Guidavo piano per le strade di Londra. E’ il mio giorno libero, mi andava di fare una passeggiata in macchina. Non c’è niente di meglio a mio parere.
Il sole continua a fare capolino dalle nuvole, adesso sempre più compatte e vicine. Che stesse per piovere(?) Molto probabile. Ma non mi leverò i miei occhiali da sole fin quando non diluvierà a dirotto, come al mio solito. Ho sempre pensato che mi dessero un’aria da uomo, più autoritario magari(?).
 
Qualcosa nella mia tasca vibra. Il cellulare.
Allungo una mano vero la tasca destra del mio pantalone e ne tiro fuori l’Iphone che continua ininterrottamente a suonare.
Non conosco questo numero. Rispondo.
 
-Pronto?-
-‘Ha-Harry…’- quella voce. –‘Har…ho bisogno…di …aiu-to..’-
 
La sua voce era rotta, debole … quasi morta.
 
-Oh mio dio Ylenia, sto arrivando! Tranquilla, non muoverti sto venendo!- chiudo il telefono e accelero.
 
Mel’ha detto, si che l’ha fatto. Io so dove abita, ne parlavamo l’ultimo giorno in ospedale. Devo raggiungerla adesso.
 
Ci sono.
 
Le ruote della mia macchina corrono sull’asfalto inarrestabili a tutta velocità. Sembra quasi che la macchina stia per spiccare il volo. Il motore dell’auto … non riesco a sentirlo.
Avverto semplicemente i battiti agitati del mio cuore che aumentano, aumentano sempre di più.
Bum,bum,bum.
Accelero. Non mi fermo al semaforo, non permetto ai pedoni di passare nemmeno dalle strisce pedonali. Accelero. Accelero ancora.
Bum,bum,bum.
Devo arrivare al più presto. Che le è successo? E se avesse preso della roba? E se si stia sentendo male per averne assunta troppa? Se la polizia si fosse dimenticata di finire di ripulire casa sua?
Bum,bum,bum.
Ho paura che possa succederle qualcosa, non deve capitarle nulla cazzo, nulla.
 
Posteggio nel primo angolo libero che trovo. Scendo in fretta dall’auto e corro. Deve essere questa. Merda, Styles, merda.
Spingo più volte la porta con furia. Non riesco ad aprirla.
Prendo meglio la rincorsa e con la mia spalla mi scaravento verso la porta. Qualcosa si muove. Oltre alla mia povera spalla intendo.
Il dolore mi invade ma …L’ho aperta.
 
-Ylenia … YLENIA?-
Sento dei lamenti provenire da una delle stanze dal latro destro della stanza.
Corro. Bum,bum,bum. Corro sempre più forte.
 
La porta di una delle tre stanze lungo il corridoio è aperta. Mi avvicino in fretta, tenendo una delle mani sulla spalla, assumendo un’espressione di dolore ogni volta che la muovo involontariamente correndo.
 -POSALA! FERMATI, POSALA!-
Gli corro in contro. Gli blocco le mani. La lametta luccicante alla luce, crolla rumorosamente per terra dalle sue mani.
 
I suoi occhi erano chiusi.
Le sue labbra tremanti erano sigillate.
Le sue braccia tremavano come delle foglie.
Avvertivo la tensione pesante del momento. Me la sentivo addosso. 
Vedevo la paura fatta persona, incarnata nel suo corpo.
Le mollo i polsi e l’avvicino a me. La stringo forte, mentre i suo corpo trema, trema ...  e trema.
 
-Và tutto bene.- dico con voce calda.  –La morte sen’è andata!.-
 
 

Spazio autrice;
Salve a tutte ragazze! Davvero scusate il ritardo ma non ho avuto nè molte idee, nè molto tempo per scrivere decentemente in questi giorni!
Bhè che dirvi(?) Spero vivamente che questo capitolo vi piaccia, che sia all'alezza delle vostre apsettative e che non vi faccia annoiare!
Spero di ricevere tutte le vostre recensioni, e vi prego sempre di essere sincere! Se trovate qualcosa del testo o della storia che non vi convince potete benissimo scriverlo nella vostra recensione, davvero accetto tutto quanto! Siate più sincere che potete vi prego, tengo molto ai vostri commenti!
Bene, non ho altro da dire, alla prossima dolcezze! Grazie ancora a tutte, baci!
 -Ire

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Capitolo 4
*** Chapter 3; ***




Chapter 3;

 

-L’imputata verrà sottoposta a uno stato di libertà limitato, possiamo concederle solo questo se proprio lei, mio caro avvocato, si ostina a farla rimanere fuori dal carcere! A condizione che, l’imputata non si allontani da casa oltre il raggio di 10 kilometri.
Il caso è chiuso!-
 
Mi alzo dalla poltrona su cui sono stanziata dalle 9:00 di questa mattina.
Il caso è chiuso.
Poteva andarmi peggio in effetti.
Ma ancora non capisco … io non ho l’opportunità di avere un’avvocato del genere e no, non è un’avvocato d’ufficio quello che mi ha difesa proprio adesso davanti la corte giudiziaria. Se non fosse stato per l’avvocato Forbs(?), mi pare si chiamasse così, sarei già in cella come una criminale.
A pensarci bene … lo sono.
Non sono convinta di voler rimanerne fuori, una parte di me vorrebbe trovarsi a marcire lì dentro, e soffrire almeno una piccola parte, di quanto avrà sofferto la famiglia di Louis … del mio Louis.
 
A passo più che spedito, esco dal tribunale e una macchina nera, un’Audi R8, dai vetri scuri. Appoggiato su di essa c’era un ragazzo. Capelli ricci, pelle candida, labbra rosse, e gli occhi .. i suoi occhi non si vedevano, erano coperti da un paio di Ray-ban, anche loro prettamente neri.
Jeans stretti e attillati, maglietta a maniche corte bianca, converse bianche.
E’ lui non c’è dubbio, è di nuovo qui, intendo … di nuovo con me.
Harry.
 
-Ciao!- esordisce sorridendo. –Com’è andata dentro?- improvvisamente capisco tutto quanto.
-Perché l’hai fatto?- domando fredda, braccia conserte, occhi puntanti contro i suoi occhiali da sole. Tanto lo so che mi sta guardando, e anche se non lo stesse facendo lo fisso… voglio che mi guardi in faccia, voglio che i suoi maledettissimi occhi smeraldini penetrino contro i miei. Voglio che capisca, voglio che sappia che gli sono grata, e che sono anche irritata allo stesso tempo.
-Non so se è proprio questo quello che desideravo, Harry.-  pronuncio con forza e decisione il suo nome.
-Ah..- risponde, sorpreso di non vedermi felice(?). Bhe, non so veramente cosa si aspettasse da me.
-Pensavo che ti potesse fare piacere essere… un po’ più tranquilla! Pensavo che tu preferissi casa tua a una cella di un carcere.-
Improvvisamente la sua espressione si fa seria, molto seria. Quasi agghiacciante, sinceramente.
-Non lo so nemmeno io se possa farmi più piacere così oppure no.. Harry!-
Lo ri faccio di nuovo, calco di nuovo il suo nome nel pronunciarlo.
Una smorfia si fa spazio sul suo volto perfetto. Che sia contrariato per il mio atteggiamento?
Poco mi importa, tutti lo fanno almeno una volta se hanno a che fare con me.
Solo una persona non ha mai fatto lo snob con me, e non si è mai lamentato in mia presenza del mio modo di fare … una sola.
Louis.
Ancora una volta, solo e sempre lui.
 
Distolgo improvvisamente lo sguardo dai suoi occhi, non posso sopportare di vederli pensando a lui.
Porto nervosamente una mano alla bocca, mi guardo nervosamente in torno, forse vorrei non essere qui.
-Yle?- le sue parole attirano la mia attenzione. –Ti riporto a casa.- sembra davvero deciso a farlo.
-No.- esordisco di rimando, senza permettermi di prendermi il braccio destro per trascinarmi con sé. Avevo bisogno di vedere una cosa prima.
-Ho bisogno di un favore prima…-  la sua espressione si fa accigliata, pensierosa, alla ricerca di una qualche risposta all’interno dei miei occhi.
Sì, li sta fissando. Anche se ci sono gli occhiali da sole a nascondere i suoi occhi smeraldini, so bene che mi sta fissando. Che abbia capito come fare con me?
Ad ogni modo … la cosa mi piace.
-Di che favore si tratta?-
Le mie mani cominciano a tormentarsi l’una con l’altra, io so bene dove voglio andare e cosa voglio vedere, prima di tornare a casa. Il battito del mio cuore … aumenta.
-Yle?-
-Voglio andare .. voglio andare da Louis.- alzo la voce pronunciando il suo nome.
Il riccio si toglie gli occhiali e lo fa ancora. Mi blocca un braccio con una delle sue forti mani e mi guarda dritta negli occhi.
-Sei sicura?-
Non ho intenzione di rispondere a questo, svio la risposta con un’altra domanda.
-Sai dov’è?-
Il riccio annuisce.
Lo fisso mordersi il labbro inferiore, rosso … rosso fuoco.
Schiudo le labbra, i miei occhi passano a fissare i suoi. Ci affondo nuovamente dentro.
 
Ma io non voglio.
Non voglio affogarci dentro.
Non voglio perdermi in quel mare, così intenso … così simile al blu dei  suoi occhi.
Non posso.
Perché? Perché gli occhi di questo riccio mi ingannano, mi illudono.
Lui non c’è, non è con me.
Non è più qui, lui.
Mi fa solo soffrire, questo ragazzo mi sta distruggendo interiormente solo guardandomi negli occhi.
 
Qualcosa in me scatta nuovamente.
Sento una fitta lancinante allo stomaco.
I suoi occhi? Sono sempre lì a fissare insistentemente i miei.
Non ce la farò ancora per molto. Non posso continuare a guardarlo senza sentire nulla.
Senza provare alcuna emozione.
Alcun dolore.
Senza provare … il nulla.
Mi sta facendo male, lui mi sta ammazzando.
Non sento più le gambe, cominciano a tremare.
La mia forza viene meno ogni secondo che passo a fissare quel mare … che vuole chiaramente trasmettermi sicurezza, ma non sa … lui non lo sa che la sicurezza, l’amore, l’essere accettati … no, non è lui che può farmi sentire queste cose. Non è lui.
 
Louis.
 
Ecco che il suo nome ritorna, ritorna nella mia mente.
 
Basta.
 
Il mio corpo reagisce.
Distolgo lo sguardo da quegli occhi.
Occhi, blu come smeraldi.
Basta pensarci, li sto odiando, sto odiando lui. Non voglio perdere altro tempo, voglio andare dal mio Louis.
 
Mi scrollo la sua mano di dosso e tossisco come per attirare l’attenzione, ma senza guardarlo questa volta. –Andiamo!-
Il riccio annuisce.
Come un gentil man mi apre lo sportello dell’auto, mi invita a salirci sopra.
Una volta dentro la macchina, l’osservo girare le chiavi, l’auto si accende.
Un rombo molto potente mi invade le orecchie. Ci muoviamo.
Il mio sguardo si sposta fuori dal finestrino, a fissare le nuvole.
Già le nuvole, dove c’è il mio Louis in questo momento, fra gli angeli, lui è di sicuro il più bello.
 
Vengo a trovarti, sto per venire a chiederti scusa.
Anche se … nessuna scusa, niente di niente potrà mai riportarti qui con me.
Mi dispiace.
 

Mi dispiace …




 
Spazio autrice;
Salve a tutti! Scusatemi tanto, lo so che ho perso un sacco di tempo per pubblicare il terzo capitolo ma .. non ho avuto nè ispirazione, nè tempo per scrivere una cosa decente di questi ultimi tempi. Sinceramente, non sò se quello che ho appena finito di scrivere sia qualcosa di decente ma spero davvero di si! Ho scritto poco, lo so, ma il prossimo capitolo sarà davvero intenso quindi.. ho scelto di dividerlo in questo modo!
In questo capitolo non c'è nulla di speciale a parte qualche sentimento forte e indescrivibile del mio personaggio ma .. nel prossimo capitolo giuro, che mi faccio perdonare! Ah, un'ultima cosa ... vorrei ringrazia re tutti quanti voi per le splendide recensioni che mi avete rilasciato nei primi due capitoli e nel prologo, grazie infinite davvero:')
Anyway, i hope you like it! <3
Alla prossima! Vi amo.<3

-Ire

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Capitolo 5
*** Chapter 4; ***




Chapter 4;
 

Sono passati tre mesi, da quando è successa la tragedia esco poco di casa, non ascolto più musica, non mangio molto e guardo spesso la televisione di casa mia a tempo davvero indeterminato. Prendo i soliti farmaci ansiolitici, adire il vero non ho più crisi da un bel pezzo.
Ho anche smesso di fumare, che progressi eh(?)
 
Già, divertente da morire. Come no.
Mi alzo dal divano e prendo un pezzetto di pane dalla dispensa, lo faccio solo per placare un poco la fame, nulla di più, non posso ingozzarmi adesso.
E’ quasi ora di pranzo, sto aspettando Harry da circa un’ora, mi aveva detto che sarebbe venuto per pranzo con una delle solite schifezze del Mc Donald’s che mi piace tanto.
Ogni tanto mi vizia.
 
Ci conosciamo esattamente da tre mesi.
Mi è stato accanto mentre non avevo proprio nessuno.
Ha avuto una grande pazienza e un grande coraggio a rimanermi accanto per tutto questo tempo, insomma io non ho proprio un bel carattere, e chi, meglio di lui può saperlo? Gli ho reso la vita impossibile con me fin dal primo giorno, non avrei mai pensato di rimanere sua ‘amica’ per tutto questo tempo. Di solito i ragazzi, quando mi conoscono, se non gliela do subito spariscono nel giro di una settimana ma .. lui non è mai stato quel tipo di ragazzo, fortunatamente.
E’ una persona fantastica, diciamo che lui mi ha sempre raccontato tutto di lui, sono io che non spiaccico mai una parola su di me in generale, l’unica cosa che sa sul mio conto è che mia mamma abita ad Aspen, in America e che non la vedo da un sacco di anni.
Mio padre per me non c’è mai stato, non so nemmeno se sia vivo o morto. Bella la mia vita, eh?
L’unico che conosceva davvero tutta a mia storia per intero era Louis.
 
Suonano alla porta.
Finalmente.
Deve essere Harry.
 
Vado per aprire ed è proprio lui. Meno male, non ci vedo più dalla fame.
-Hey, ciao! Allora, ho buone notizie, ti ho trovato un lavoro proprio qui, al bar all’angolo della strada! Avevano bisogno di un cameriere ed io gliel’ho trovato.-
 
Ah, si .. il lavoro, giusto.
 
-Ah .. ti ringrazio.-
-Sempre meglio di rimanere chiusa a  casa tutto il giorno, tutti i giorni a non fare nulla, giusto?-
-..giusto.-
 Guardo il pavimento con aria assorta. Quando qualcosa non mi và particolarmente giù si nota subito, anche se non mi si conosce a fondo. Diciamo che il cameriere non è proprio il lavoro dei miei sogni eh. Faccio una smorfia di disgusto al pensiero di dover indossare quella maledettissima uniforme da idiota e un brivido mi risale lungo tutta la schiena, è da sfigati. Dico davvero..
-Non c’era nulla di meglio, Harry?- dico, calcando il suo nome, come al solito, quando mi fa salire i nervi.
-No. Mi dispiace, ma dopo tutto è un lavoro onesto e ben pagato per una persona che vive da sola.-
Sorride, sfoggiando i suoi denti bianchi, sempre ben curati.
-Allora, dov’è il cibo?- chiedo sbuffando ancora.
-Qui!- tira su il braccio mostrando il sacchetto con la ‘m’ gialla stampata sopra. Mmh, mi mette sempre di buon umore vedere quel marchio, sarà proprio perché la prima ad esserne felice e la mia pancia.
 
Prendo l’elastico nero dal mio magro polso destro, mi raccolgo i lunghi e ondulati capelli biondo cenere in una coda di cavallo ben saldata sulla nuca. Attacco sempre i capelli prima di sedermi a tavola per mangiare. Non voglio mica gustare un Crispy Mac Bacon con in mezzo una dozzina dei miei capelli, sarebbe raccapricciante.
 
Sistemo la tavola alla meno peggio, metto una tovaglia color giallo limone e due piatti nei rispettivi posti. Questo basta, alla fine stiamo mangiando roba del Mc Donald’s, e se non si mangia con le mani, per me, non avrebbe proprio senso.
Svuotiamo il sacchetto e ci dividiamo i ‘beni’. Crispy Mac Bacon, con patatine e coca-cola zero a me, Big Mac con patatine e coca-cola normale a lui.
-Buon appetito!-
Mi getto sul panino come se non mangiassi da secoli.
Bhè, magari da secoli no, ma non mangiavo queste delizie/schifezze da moltissimo tempo ormai.
 
L’ultima volta è stato prima di cominciare il mio lavoro da spacciatrice e dipendente di droga, quindi precisamente quando avevo 17 anni, insieme a Louis andammo al Mc che sta vicino il centro città e mangiammo a sbafo per l’intera sera. Quello è uno dei miei ultimi ricordi migliori passati insieme al mio migliore amico, poi per me è cominciata l’era più buia della mia vita, da quando ho conosciuto la droga, io e Louis litigavamo continuamente, a lui non piaceva quello che facevo, ma non gli ho mai dato realmente ascolto.. e non ho mai provato realmente a smettere.
 
-Ti piace?- chiese, masticando come un vero animale.
-Si, ma non si parla con la bocca piena, papà non ti ha insegnato le buone maniere?- puntigliosa, come al solito.
-Che spiritosa!-
 
Sorrido antipatica, continuando a consumare lentamente le mie patatine. Sorseggio dalla mia coca-cola, e lo fisso. Fisso il suo volto, fino a quando non si accorge che lo sto guardando. Perché io sono così, mi piace essere guardata in faccia quando parlo con una persona, voglio che mi presti davvero ascolto, perché di solito non lo fa mai nessuno, quindi costringo quasi tutti la maggior parte delle volte a guardarmi dritta negli occhi.
 
-Cosa c’è Yle..?- chiede alzando un sopracciglio.
-Perché?- chiedo, senza aggiungere altro.
-Perché, cosa?-
-Perché mi hai trovato anche un lavoro?-
-Che c’è? Non ti piace?- chiede preoccupato posando l’ultimo pezzo del suo panino sul piatto.
-Non c’entra questo. Voglio sapere perché da tre mesi, mi tratti come tua figlia.-
-Non ti tratto come mia figlia.- protesta, sbattendo piano il pugno chiuso sul tavolo.
Assumo un’espressione ovvia, che inchioderebbe chiunque, questo è il momento in cui si ci ritrova con le mani nel sacco.
-Facciamo quasi.-
-Senti, non ti tratto come mia figlia, abbiamo la stessa età alla fine!-
-Ho 22 anni, Harry.-
-E io 25, non potresti mai essere mia figlia!-
 
Bhè, su questo ha ragione ma ciò non toglie che mi tratta come se fossi costantemente in pericolo.
Insomma, va bene, ho ucciso una persona, sono quasi finita in carcere, ho sofferto di esaurimento nervoso, ho avuto bisogno di uno psicologo tutte le settimane per due mesi, ma adesso l’ho superata più o meno ..  io –Sto bene!-
-Non ho mai detto che tu stia male Yle..-
-E allora non trattarmi così!-
La sua faccia si fa più seria della morte –Così come Yle? Vuoi che smetta di essere gentile con te? Non lo so, che vuoi che faccia?-
 
Improvvisamente mi accorgo che la situazione sta davvero degenerando, così non và per niente bene. Mi sembra di essere ritornata alle prime settimane, quando non ne volevo sapere completamente nulla di lui.
Comincio a mangiucchiare le ultime patatine rimaste sul piatto, non lo guardo nemmeno più in faccia, non ne ho il coraggio a dire il vero. Non volevo che la situazione degenerasse così.
 
-Yle io..- improvvisamente gli squilla il telefono, prende un fazzolettino e di fretta si pulisce le mani, fruga dentro le tasche dei jeans ed esce velocemente il telefono, risponde.
-Pronto?..Oh, Hope..-
Si alza da tavola e si allontana.
Hope? Chi è Hope?
Qualche secondo e lo vedo tornare di corsa alla sua sedia, di fronte a me.
-Scusami era..-
-Hope?-  chiedo sarcastica, lanciando uno sguardo che solo lui nel mondo poteva decifrare.
-E’ la mia .. fidanzata..-
-Non sapevo fossi fidanzato, eppure io e te ci diciamo tutto, vero..? O almeno così credevo..-
-Yle io..- prova a scusarsi ma lo fermo, non voglio sentire le sue stupide scuse, non mi interessano davvero. Voglio solo finire di mangiare e voglio stare sola, a guardare sola la mia cara televisione, almeno lei è sempre sincera con me, e non mi nasconde nulla.
-Scusa, ma vorrei finire di mangiare e andare a riposare.-
 
Ficco in bocca le ultime cose rimaste sul mio piatto, finisco di scolarmi la mia coca-cola zero, sparecchio le mie cose e metto il mio piatto nel lavandino, in attesa di essere pulito e rimesso a posto, prima o poi.
 
Aspetto con pazienza che anche Harry finisca di mangiare e con gran fretta e furia, gli tolgo le cose di davanti e le metto sul lavandino, e quello che rimane da buttare, apro il bidone della spazzatura e butto tutto lì, anzi mi è appena venuto in mente che devo proprio andare a buttare la spazzatura, questo sacchetto è pieno.
 
-Puoi scenderla, cortesemente?- gli chiedo, indicando il sacchetto vicino a me. –Visto che stai scendendo tu..-
-Non ho detto che sto andando subito via.- ribatte.
-Bhè, l’ho detto io!- sorrido soddisfatta, porgendogli il sacchetto e dirigendolo verso la porta.
 
-Bene, saluti! Ah, e saluta da parte mia anche Hope, di cui non sapevo l’esistenza fino a venti minuti fa!-
-Ylenia, smettila di fare la bambina!-
-I bambini dicono le bugie, a me non sembra di averlo mai fatto con te.- aggiungo sbrigativa, chiudendo la porta.
Sento la sua mano poggiarsi e fare forza sulla porta, riaprendola.
-Io non ti ho mentito.-
-Va bene, mettila come vuoi ma non me ne hai mai parlato.-
-E allora?- chiede, interrogativo fissandomi negli occhi.
-E allora .. non sei stato sincero con me.-
 
-Non pensavo fosse una cosa che importasse questa..-
-Ma che stai dicendo? Quella poteva venire ad ammazzarmi da un momento all’altro per la gelosia, sono sicura che lei sa della mia esistenza. O no?-
-Si..-
 
Giuro, mi sembra proprio che qualcuno in questa stanza aveva voglia di portarsi a letto qualcuno di nascosto alla propria fidanzata. Ma bravo Styles, proprio bravo.
-Ma quanto sei stronzo?- chiedo schifata, cercando ancora una volta di chiudere la porta.
-Non volevo mentire a nessuno e non volevo ingannare o tradire nessun anima viva.-
-Allora perché non me l’hai detto scusa?-
-Perché non ho mai trovato il momento adatto per farlo..- i suoi occhi non mentivano. Sembrava così dispiaciuto, mortificato di non avermi detto una delle cose più importanti della sua vita. Abbiamo sempre parlato di tante cose io e lui, ma mai delle nostre rispettive situazioni sentimentali, questo è vero. Forse non dovrei essere così scontrosa con lui, per questa volta.
 
Lascio la porta, e gli permetto di rientrare dentro.
-Okay scusa..- dico abbassando lo sguardo verso la punta dei mei calzini.
-Scuse accettate.- sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-Però tu .. hai speso tutto questo tempo con me invece che con lei, sei .. sei un pazzo tu. Oppure vuoi solo farmi uccidere dalla tua Hope.- calco il suo nome, proprio come facevo con lui.
-Io non..-
-Io voglio solo che tu stia con la tua fidanzata, non voglio che ci siano problemi fra voi, va bene?-
-Tu, devi solo stare tranquilla okay?-
-No, Harry. Ascoltami, và da lei, noi ci vediamo domani..-
Un’espressione di rassegnazione si fa spazio sul suo volto. Sbuffa e mette un piede fuori dalla porta, l’altro ancora dentro casa mia.
-Ricorda, domani mattina alle 8:00 in punto a lavoro allo Street Bar.-
-Tranquillo ci sarò.- sorrido appena e aspetto che la sua figura di spalle si allontani verso la macchina, per poi partire e andare via.
 
 
 
Sono pronta, posso andare. Metto le mie nike, lego i capelli in una coda, prendo le chiavi di casa, la borsa, il telefono ed esco di casa.
Chiudo a chiave e mi incammino verso l’angolo della strada.
Non c’è bisogno di macchina, è davvero vicinissimo. Sinceramente, non so cosa aspettarmi da questo primo giorno di lavoro, non ho mai lavorato davvero nella mia ‘vita’.
Non per questo voglia dire che sarà un perfetto disastro, o forse si(?)
 
Eccomi qui, adesso non posso più scappare, o la và o la spacca.
Entro dentro e con gli occhi cerco il direttore.
Non mi sembra di vedere nessuno che nell’arco di pochi metri da me possa sembrare anche lontanamente il direttore di questo posto.
Una ragazza, capelli neri corvini, occhi azzurri e pelle chiara dall’aria molto indaffarata mi passa accanto come un missile, ha la divisa del posto a dosso, devo chiederle dove posso trovare il direttore.
La blocco per un braccio. Ha l’aria di essere davvero molto infastidita dal mio gesto, ma le conviene stare calma con me, a meno che non vuole finire qui la sua brillante carriera da cameriera in questo posto da schifo.
-Chi sei? Cosa vuoi?- chiede acida come la panna montata andata più che a male.
-Oh, è così che si rispondete ai clienti qui? Mmh, bene. Allora comincio a prendere appunti.-
-Uff, falla finita! Chi sei?- chiede masticando frenetica la gomma da masticare che ha in bocca da chissà quanto tempo.
-Dovrei iniziare a lavorare, questo, in teoria, è il mio primo giorno, mi chiedevo dove fosse il direttore.-
-Ah.- esclama sarcastica –Cerchi Alex! E’ lì dentro, buona fortuna eh, si ci vede in giro!-
 
Con un dito indica una porta dietro al bancone dove un ragazzo sta lavorando animatamente per servire il caffè a quelle quattro persone sedute lì davanti sui loro comodi sgabelli.
Percorro la stanza, evitando tavoli, sedie fuori posto, e classico sporco per terra di gelati rovesciati distrattamente per terra ed evidenti macchie di caffè.
Ma in che posto mi ha infilata Harry?
 
Arrivata davanti la porta, busso e attendo che qualcuno mi apra.
Passa qualche minuto, nessuno apre. Busso un’altra volta con più vigore, non amo che mi si faccia spettare a dire il vero.
Improvvisamente, come per magia la porta si apre.
Un uomo sulla cinquantina ne esce fuori, capelli castano chiaro, folti e lucenti, occhi grigi come la pece e labbra ben marcate e carnose. Ben vestito, con giacca e cravatta.
 
Patetico. Fà come se fosse il direttore di uno dei più prestigiosi ristoranti di Londra
 
-Tu devi essere Gilbert.-
-Ylenia Gilbert.- lo correggo al lampo.
Alza un sopracciglio, mi osserva da testa a piedi. –Va bene.- aggiunge –troverai la tua uniforme da quella parte, il tuo turno termina alle sei del pomeriggio, hai mezz’ora di pausa pranzo. Buon lavoro.-
 
Stronzo.
Cominciamo male, molto male. Questo tizio non mi piace per niente. Appena sento Harry gliene dico quattro, mi sentirà quel pazzo. Uff, almeno quando spacciavo droga, nessuno mi diceva quello che dovevo fare e non avevo orari prestabiliti di servizio, ansi ero proprio io a deciderli.
 
Mi avvio verso la porta di fronte a me, un’enorme cartello ci sta sopra con scritto ‘Riservato al personale.’
Ma che carino.
Faccio una smorfia ed apro la porta. Entro e trovo due attaccapanni e quattro armadietti. Deduco che ci sono tre camerieri, tra cui io, e un barista, ovvero il ragazzo che ho visto poco fa.
Bene, l’unico armadietto rimasto è quello centrale, prenderò quello, anche perché non ho proprio scelta, proprio come non l’ho avuta con questo lavoro.
Metto la mia borsa dentro quel polveroso armadietto, prima di chiuderlo prendo il telefono dalla tasca esterna della borsa e lo metto nella tasca posteriore dei jeans. Chiudo lo sportellino e aggancio il lucchetto, uno scatto e la chiavetta casca dalla serratura, la prendo da terra e metto anche essa in tasca. Devo assolutamente ricordarmene.
Mi guardo in giro, ci sono delle panchine e poi un piccolo bagno che come porta ha una semplice tenda da doccia a pois bianchi e verde vomito. Wow, che classe signori.
La mia attenzione si sposta su un mucchietto di indumenti poggiati su una delle due panchine. Mi avvicino e li ispeziono meglio. Ovvio, sono i miei indumenti da lavoro.
Un lungo grembiule bianco e un capellino blu con la visiera.
E io che mi aspettavo una vera e propria divisa.
Sospiro disperata, con riluttanza indosso prima il grembiule e poi il capellino blu.
Entro nello pseudo bagno e mi guardo allo specchio polveroso attaccato alla parete.
Sono bellissima.
Bellissima quanto un barbone nei giorni di sole e caldo a Londra, quando non si ha un cazzo da mettere se non i primi straccetti che si trovano dentro i bidoni della spazzatura.
 
Esco dallo stanzino e mi dirigo al primo tavolo che mi sembra pronto per ordinare.
Frugo nelle tasche del mio grembiule e ci trovo dentro un taccuino con una penna, perfetto.
-Allora .. vuole ordinare?-
 
 
 
Controllo l’orario dall’orologio dietro il bancone, accanto la macchina del caffè. Sono le sei in punto. La mia corsa finisce qui, almeno per oggi.
Entro nello stanzino, recupero la chiave dalla tasca dei pantaloni ed apro il mio armadietto e ne tiro fuori la mia borsa. Improvvisamente sento vibrare il telefono. Lo tiro fuori dalla tasca dei pantaloni e rispondo, senza nemmeno guardare chi fosse. Vabbè sarà sicuramente Harry..
 
-Pronto Harry, sono uscita adesso da lavoro, sto per tornare a casa.-
-Pronto? Ylenia?-
 
Ops, non credo proprio che questa sia la voce di Harry, allontano velocemente il telefono dall’orecchio e controllo il numero di telefono..
-Oddio.. ma tu cos..-
 
 

Spazio autrice;
Eccomi quiii! Si sono mesi che non aggiorno lo so scusate tanto. Ma la mia vita da dodici mesi a questa parte è stata un vero casino. Problemi a scuola, problemi sentimentali catastrofici, insomma in tutto ciò non ho avuto ne ispirazione, né tempo di scrivere, ma la cosa più grave  per me è stata l’aver perso la mia ispirazione.
Adesso sembra proprio che sia tornata, e spero che continui ad esserci ancora per tanto tempo.
Lo so, molto probabilmente questo capitolo sarà una merda totale.
Ma spero comunque che qualcuno abbia il buon senso di apprezzare almeno un pochetto.
Ritornando alla storia, aspettatevi le BOMBE ho delle idee assurde per questa storia.
Aspettatevi di tutto, credetemi, siate pronti a tutto.
Chi sarà al telefono? Se non è Harry, chi è?
Bhooo! Lo scoprirete la prossima volta sempre se questo capitolo non fa così schifo da avervi fatto già vomitare di brutto. Recensite e siate buoni vi preeego! Vi amo tutti. Alla prossima!
 
-I Own It. 

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