L'altra storia di Mercuzio

di giorgtaker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovo arrivato a Villa Franca ***
Capitolo 2: *** Incontri piacevoli e non ***
Capitolo 3: *** Romeo e Benvolio ***
Capitolo 4: *** Giovani, ma non troppo ***
Capitolo 5: *** Cambiamenti ***



Capitolo 1
*** Nuovo arrivato a Villa Franca ***


Un altro giorno a Verona. Era l’alba di una giornata di metà marzo.
Molti dormivano ancora beati nei loro letti, altri avviavano le attività: chi cominciava a cuocere il pane da vendere, chi andava nei campi, chi sistemava i fiori.
Era un giorno come tanti altri e prometteva bel tempo data l’assenza delle nuvole.
Una carrozza arrivò davanti al castello di Villa Franca. Si aprì la portiera e uscì un uomo con i capelli corti biondi tirati all’indietro, un vestito nero e due occhi color pece che trasmettevano severità, seguito da un bambino anch’esso biondo e vestito di nero che guardava tutti con uno sguardo spaventato con i suoi occhi castani.
Entrarono nel castello e ad accoglierli c’era il principe, vestito di verde, con i lunghi capelli castani tirati dietro con una coda di cavallo. Andò verso l’uomo appena entrato salutandolo.
“Zio, cugino, i miei saluti. Avete fatto un buon viaggio?” l’uomo fece un cenno di saluto con la testa “Discretamente bene, io e mio figlio siamo riusciti a dormire e a mangiare, ma mi aspetto che tu abbia già preparato la colazione, nipote” .
Il principe guardò lo zio come se fosse stato una mosca che gli ronzava sul piatto. “Certamente, avevo intuito che sareste stati affamati. Prego, da questa parte” li portò in sala da pranzo dove aveva fatto imbastire un piccolo banchetto come colazione. Il suo unico desiderio era che suo zio e il piccolo cuginetto se ne andassero il prima possibile.
Finita la colazione, lo zio, il quale non faceva che lamentarsi delle cibarie presentate e del viaggio avuto, disse al principe “Nipote mio, da oggi voglio che mio figlio rimanga a vivere con te” In quel momento suo nipote avrebbe preferito essere trafitto con una spada che sentire quella parole.
“Che cosa intendete dire?”  chiese provando ad avere una voce normale. Guardò lo zio interrogativo e leggermente preoccupato.
“Mi hai sentito bene, voglio che tu gli dia una formazione che viene dalla corte principesca. Deve imparare a comportarsi questo bambino, anche perché tra qualche anno dovrà fare il debutto in società e dovrà trovar moglie. Non permetterò che si rovini stando in campagna con me e sua madre. Rimarrà da te”
“Zio, mi potevate avvisare prima. Ora non so come organizzarmi, come educarlo… Dovevate parlarne prima con me di questa vostra decisione!” il tono del principe divenne autoritario, cosa che fece alterare lo zio.
“Escalus, io ti proibisco di usare questo tono con me! Ho deciso così e così sarà. Mio figlio ha già portato tutta la sua roba. Mi aspetto che tu lo tratti da dovere” il tono usato dallo zio era ancora più imperioso di quello del principe, per cui quest’ultimo dovette cedere.
Lo zio rimase compiaciuto nel vedere che riusciva ancora a farsi rispettare, così ,dopo che i bagagli dal figlio furono spastati in una delle camere libere nella reggia e che tutto fosse in ordine, se ne andò salutando a malapena sia il figlioletto che il nipote.
Escalus alzò gli occhi al cielo. Le prese di posizione di suo zio non le aveva mai tollerate, men che meno il fatto che si dovesse sorbire suo cugino da quel giorno in avanti
“Dato che da oggi in poi vivrai qui, stabiliremo alcune regole. La prima e più importante è che si fa ciò che dico io. Non devi urlare, piangere o fare qualsiasi rumore molesto mentre mi sto occupando dei problemi della città o mentre è presente qualcuno di importante. Ti è vietato correre per i corridoi, se vuoi ci sono i giardini fuori in cui puoi divertirti o potrai trovarti degli amici fuori di qui. Dovrai imparare l’etichetta come un principe. Almeno in mia presenza e in presenza di ospiti dovrai essere impeccabile, dovrai comportarti come si confà ad un nobile. Non ti picchierò come faceva tuo padre, ma se disubbidirai avrai severissime punizioni. Imparerai tutte le materie che ti saranno necessarie la mattina e il pomeriggio potrai giocare. Il pranzo qui è a mezzogiorno e la cena alle otto. Non amo che mi si faccia aspettare, per cui o sei puntuale o mangi da solo. Se farai capricci sui piatti proposti te li ritroverai anche il giorno dopo. Non ammetto giustificazioni sui ritardi. Ora fila in camera tua. Le cameriere ti hanno preparato un bagno caldo. Se vuoi riposare fai pure, cinque minuti prima del pranzo ti farò chiamare. Ci rivediamo dopo, ho alcune faccende da sbrigare”
L’uomo fece per andarsene, ma si sentì tirare il vestito. Abbassò lo sguardo e vide il piccolo in lacrime che lo fissava “Ma mio padre non mi vuole più bene? Perché mi ha lasciato qui? Sono un bambino cattivo?”
Il principe preso alla sprovvista si chinò dopo un attimo di incertezza e abbracciò il cugino “Stai tranquillo. Ti ha lasciato a me perché tu diventi  un uomo d’onore. Sono sicuro che tu sarai così bravo da farlo divenire fiero di te”
Il bambino, che ormai era scoppiato in lacrime, continuava a sussurrare tra i singhiozzi di volere suo padre accanto.
Escalus preso da un momento di dolcezza gli chiese “Quanti anni hai adesso?”
“Sei, signore” rispose il bambino.
Il principe sospirò “Ricordami il tuo nome”
“Mi chiamo Mercuzio, signore”
L’uomo cedette a quegli occhi dolci da bambino che lo fissavano come se avessero avuto paura che anche lui li abbandonasse, e lo portò nelle cucine. Subito una cameriera si avvicinò a loro inchinandosi “Vi serve qualcosa sire?”
Il principe sorrise “Si, date qualche biscotto e un po’ di cioccolato a mio cugino. Ha bisogno di un po’ di dolcezza oggi. Lascialo qui, altri si occuperanno di lui, mentre tu vai ad avvisare le cameriere che hanno preparato il bagno per lui che usino i panni più soffici e delicati e che lo facciano ridere. Mio zio non è stato clemente con lui, ma io voglio rendere il suo soggiorno più piacevole. Forza, ora vai!”
La cameriera si inchinò ed andò subito ad eseguire gli ordini.
Mercuzio fu preso da una cuoca e lasciato a godere degli odori e dei sapori di quelle cucine.
Escalus, assicuratosi che il piccolo fosse tranquillo e in buone mani, si avviò verso la parte della casa che fungeva da studio.
Il bambino, dopo aver mangiato quel cioccolato amaro che tanto amava, fu portato in camera sua per farsi il bagno. Dovette camminare per lunghi corridoi con quadri degli avi della sua famiglia sulle pareti, vide stanze enormi, più grandi del salone delle feste in casa sua e fissò dalle maestose finestre i  giardini di Villa Franca.
Arrivati nella stanza, Mercuzio si spogliò e si immerse subito nella vasca. Attorno a lui c’erano tre cameriere che mentre lo insaponavano e lo sciacquavano lo facevano ridere e giocavano con lui.
Per la prima volta si sentì veramente felice in casa. Vedeva queste ragazze che le provavano tutte per strappargli un sorriso e loro erano più contente di lui quando urlava “Ancora! Ancora!”.
In questo quadro gioioso, il principe fece silenziosamente capolino da dietro la porta, facendo cenno alle cameriere di continuare come se lui non fosse mai entrato. Non voleva disturbare quel momento idilliaco per il bambino.
Escalus si rese conto che quel ragazzino riccioluto non aveva mai avuto il modo di esprimere così apertamente i suoi sentimenti. Lo vedeva da come lui incitava le cameriere a continuare a fare i giochi, da come rideva e da come sembrava che non si fosse mai divertito così tanto.
“Eppure” pensò l’uomo “Loro non stanno facendo nulla in particolare. Queste ragazze fanno giochi sciocchi, che hanno imparato in campagna. È mai possibile che mio zio non si fosse mai reso conto che suo figlio era triste?”
Come era venuto se ne andò, lasciando Mercuzio e le cameriere ai loro giochi. Tornato nella sala dei ricevimenti, trovò un suo paggio
“Mio principe” si inchinò ossequioso “Ho notizie da darvi” disse terrorizzato
Escalus si accigliò prevenendo già le notizie “Orsù, dimmi. Notizie favorevoli?”
Il paggio, che sembrava sempre più a disagio, negò con la testa “C’è stata un’altra zuffa oggi”
“Che cosa?! Dove è avvenuta?” il principe era furioso. A Verona non c’era un attimo di tranquillità.
Due famiglie rivali, Montecchi e Capuleti, si fronteggiavano ogni giorno, senza sosta, per un’antica faida tra famiglie. Il principe da quando era tale aveva sempre cerato di farli ragionare, ma sembravano non capire.
La situazione andava di male in peggio, e sembrava non dovesse finire mai.
Il paggio alla domanda rispose con un timido e sussurrato “Al mercato”
A quelle parole il principe divenne furente e cominciò ad urlare ordini alle guardie e al paggio.
Tutti nel castello lo sentirono, anche Mercuzio, che era appena uscito dalla sua stanza per chiedergli se poteva giocare fuori in giardino con il cavallo che aveva portato per sé.
Il bambino rimase sconvolto, e quando Escalus esce ancora rosso di rabbia dalla sala e incontra il piccolo, quest’ultimo scappa verso la cameriera che lo seguiva da lontano.
“Portalo in camera. Che rimanga lì finché le acque non si saranno calmate. Non mi piace che anche lui rischi la vita in questa città di debosciati” detto questo, il principe si girò e tornò in sala, dove continuò a dare ordini sul da farsi, senza curarsi di Mercuzio che ricominciò a piangere, ma questa volta di paura.
 
 
Sono tornataaaa!!! Questa “cosa” mi è venuta così, da un giorno all’altro ^^ era un po’ che ci stavo pensando, e finalmente l’ho scritta :D Mercuzio è il mio personaggio preferito con Benvolio, sono due personaggi bellissimi, ricchi di sfaccettature e pieni di voglia di vivere. Questa long parlerà di lui e sono felicissima di averla scritta in così poco tempo (mi è venuta in mente e mi sono buttata sul pc).
Questa qui a differenza delle altre la scrivo direttamente al computer, per cui è anche probabile che la aggiorni più in fretta… non mi sono dimenticata delle altre ff, solo che la mancanza di creatività si fa sentire in questi capitoli D: spero di aggiornare il più in fretta possibile ^^
Recensite, fatemi sapere cosa ne pensate, mi farete solo che felice :3
Bye bye biiii!!!! 

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Capitolo 2
*** Incontri piacevoli e non ***


Il principe, dopo una mattinata piena di impegni per colpa di quella zuffa al mercato, diede retta alla richiesta del piccolo Mercuzio che ,dopo lo spavento iniziale per colpa della urla dell’uomo, corse felice nelle stalle della reggia a prendere il pony che aveva portato da casa sua.
Si divertì a strigliare il suo manto nero, gli pulì gli zoccoli, gli diede da mangiare e poi lo portò in giro per il giardino.
Dal castello l’occhio vigile di Escalus non lo perdeva mai di vista, divertendosi anch’esso a guardarlo incitare il piccolo cavallino a galoppare, ma venir riccamente ignorato da quest’ultimo che preferiva brucare l’erba.
“Non sei una pecora! Forza Bucefalo, galoppa!”
“Non si muoverà mai se gli urli così, al massimo lo spaventerai” Mercuzio sussultò e si girò lentamente. Il principe gli era sbucato alle spalle e lui non l’aveva sentito.
“Sai andare al trotto o al galoppo?” gli chiese gentile Escalus
“No, signore”
“Lo sai sellare?”
“Non so fare neanche questo. Lo stalliere lo faceva per me”
Il principe sospirò. Come era mai possibile che suo zio non gli avesse insegnato neanche le basi?
“Portalo nelle stalle. Ti mostrerò io come si fa” detto questo si avviò verso le stalle, mentre il povero Mercuzio cominciò a tirare Bucefalo per il morso. Escalus si girò e rise di gusto guardando il bambino che faceva un particolare tiro alla fune con il suo cavallino.
“Non si muoverà mai se lo tiri, lui rimarrà sempre più forte di te. Prova invece a fargli vedere una mela, vedrai come ti seguirà”
Il biondo corse nelle cucine a prendere una mela e tornò quasi trotterellando verso il pony, che lo seguì con qualche difficoltà. Arrivati alle stalle, il principe si fece trovare con una sella su di un braccio e un frustino nella mano. Era vicino al suo cavallo, suo stallone roano di rara bellezza.
“Oggi, ti insegnerò come sellare un cavallo. Devi prestare attenzione a ciò che faccio, cosicché tu possa ripetere le mie mosse su Bucefalo” Mercuzio annuì vigorosamente.
Guardò attentamente come Escalus posizionava un panno sopra la schiena dello stallone che continuò a mangiare indisturbato anche quando il suo cavaliere gli mise la sella e la strinse per non farla rigirare. Lo fissò mentre gli mise il morso e sistemava le staffe.
“Finito!” disse soddisfatto quando si girò verso Mercuzio che lo guardava spaesato. “Ora è il tuo turno!”
Il bambino scosse la testa vigorosamente “Non so fare tutto quello che fate voi! Non ci riuscirò mai!”
“Non ci provi neanche. Guarda, lì c’è una sella e un morso abbastanza piccoli per Bucefalo. Prendili, ti insegnerò io per oggi”
“Perché solo per oggi? Domani non mi potrete insegnare ad andare al trotto?” chiese il biondino con un pizzico di tristezza
Escalus sorrise a quelle parole “Perché oggi per fortuna riesco ad istruirti io non avendo altri compiti da fare per ora. Non perdiamo tempo, ti devo insegnare come si fa”
Passarono il resto della mattinata tra staffe che non volevano saperne di rimanere sulla sella, cinghie sempre troppo larghe perché “Bucefalo non riuscirebbe a respirare”, frase detta dal bambino e con conseguente sospiro del principe, e il pony che non voleva farsi mettere il morso. Mercuzio si divertì a sellare il suo fido destriero con cui aveva instaurato un rapporto affettivo abbastanza stretto.
Arrivato mezzogiorno vi avviarono verso la sala da pranzo, entrambi pieni di fieno. Risero per tutto il pranzo e il biondo fece onore alla tavola mangiando tutto ciò che gli si proponeva nel piatto. Escalus fu per la prima volta felice di avere la presenza del suo giovanissimo cugino a casa sua. Si rese conto che il bambino che lo veniva a trovare con il padre e la madre due volte all’anno era solo l’ombra di quello che stava davanti a lui. Per la prima volta si sentì vicino a lui e decise che non l’avrebbe trattato come un ospite, ma come un figlio.
Mercuzio sentì lo sguardo del principe su di lui, così alzò la testa dal piatto e disse con la bocca piena “Ho faffo qualcofa che non vi piafe?”
Escalus tornò serio improvvisamente “Mastica, ingoia e poi parla. Le buone maniere prima di tutto, anche se siamo solo noi due, chiaro?”
Il piccolo annuì, finì il boccone poi parlò di nuovo “Ho fatto qualcosa di male?”
“Perché questa domanda?”
“Perché mi stavate fissando, così ho creduto che avessi fatto qualcosa che non vi è gradito”
L’uomo sorrise paterno “Non ti devono venire in mente certe idee. Se avessi fatto qualcosa di male te lo avrei detto immediatamente. Stavo solo guardando come mangiavi e temo che dovrai prendere lezioni anche su questo” sospirò per l’ennesima volta in quella mattinata.
Finito il pranzo il principe si ritirò nelle sue stanze per riposare. Mercuzio decise di rimanere fuori in giardino ad ammirare il castello da fuori e a godere della bella giornata.
Fece un giro fuori finché non decise di sdraiarsi sul prato bel curato. Chiuse gli occhi. Sentì gli uccellini che cantavano sugli alberi, il vociare delle persone fuori le mura del castello e le urla dei bambini che giocavano. Proprio uno di loro entrò nei giardini del castello. Il cancello era lasciato sempre aperto, sia per far entrare chiunque doveva avere un’udienza con il principe, sia per far entrare i bambini a cui era permesso di giocare dentro quello spazio verde che tanto piaceva a loro.
Il bambino che era entrato era vestito tutto di un bel rosso porpora, portava i capelli neri corti e aveva il fiatone per l’evidente corsa appena conclusasi.
Il biondo gli si avvicinò silenzioso. “Ciao!” esclamò contento
“AH!” urlò quel bambino. Si posò una mano sul petto tentando di regolarizzare il battito “Ma sei matto?! Mi hai fatto prendere un colpo!”
Mercuzio lo guardò perplesso “Guarda che sei tu che ti infiltri nei giardini degli altri”
Il moro fissò il suo sguardo su quello del biondo “Da dove esci tu?”
“Da questo castello”
“Non ti ho mai visto dentro a Villa Franca. Chi sei?”
“Sono Mercuzio Della Scala. Tu invece?”
“Io sono Tebaldo Capuleti. Sei parente del principe?”
“Si, lo sono. Qualche problema con il fatto che io sia suo parente?”
“Nessuno, tranne per il fatto che non vi assomigliate per niente”
“Credo che riuscirò a convivere con il dispiacere” Mercuzio capì che Tebaldo non gli andava a genio, mentre quest’ultimo ci volle giocare un altro po’. Continuò a fare domande su domande per infastidirlo, ma il biondo rispose a tutte senza problemi. Questo gioco tra i due continuò finché Tebaldo non fu chiamato dai suoi amici in strada “Vuoi venire a giocare con noi?”
Mercuzio tentennò. Voleva farsi degli amici, ma non voleva far parte del gruppo di Tebaldo. “No, grazie. Volevo godermi questa giornata di riposo”
“Spero che ci incontreremo presto” il moro tese una mano che il biondo non esitò a stringere.
“Lo spero anch’io” rispose.
Mentre il moro si allontanava per andare a rincorrersi con i suoi compagni di avventure, Mercuzio si sdraiò di nuovo sul prato pensando all’incontro con il giovane Capuleti appena conclusosi.
“E’ semplicemente uno sfacciato” pensò tra sé e sé “Perché mi ha posto tutte quelle domande? Che cosa gli ho fatto di male per ricevere quello sguardo ricco di superbia da parte sua? Volevo fare amicizia con lui, eppure mi ha fatto sentire uno stupido. Non mi piace quel Capuleti. Spero solo che nella sua famiglia non siano tutti come lui”
Continuò per molto tempo a pensare queste cose. Era rimasto molto sorpreso dal comportamento di Tebaldo. Dopo qualche tempo, nel cortile entrarono altri due bambini. Entrambi erano vestiti di blu.
Uno di loro era riccio, con due occhi molto vispi e azzurri come il cielo, mentre l’altro era moro con due occhi neri come la pece. Entrambi si stavano nascondendo e ridacchiavano tra loro. Mercuzio non li notò subito, anche perché aveva gli occhi chiusi, ma appena sentì delle risate si alzò di scatto e si mise seduto. Questa volta non avrebbe sbagliato, non si voleva avvicinare per poi rischiare una brutta sorpresa come per Tebaldo.
Si avvicinò senza farsi scoprire e si mise dietro ad un cespuglio vicino ai due bambini. Sentì il moro dire al riccio “Benvolio, se ti trovano, non dire loro dove mi nascondo, mi raccomando”
“Caro cugino, credo che il primo ad essere trovato sarai tu” ridacchiò quello che doveva essere Benvolio.
“Ma così mi porti sfortuna! Sei veramente un cugino antipatico!”
“Oh, com’è suscettibile il nostro Romeo” continuò il riccio sorridendo
“Vedi come diventeresti suscettibile tu se ti toccassi i tuoi trofei”
“Ah, questo è un colpo basso! Poi sarei io l’antipatico!”
Cominciarono a lottare ridendo. Mercuzio non aveva mai avuto questo tipo di amicizia con nessuno. Decise di andarsene senza farsi notare. Non voleva rompere quel giocoso momento tra quei due, anche se avrebbe tanto voluto giocare anche lui con loro.
Mentre se ne andava, si sentì tirare per un braccio.
Si girò e vide davanti a lui due occhi color cielo che lo guardavano con allegria e curiosità. Accanto a lui c’era anche l’altro bambino, che lo guardava sorpreso.
Il biondo non sapendo che fare si mise a sedere di botto a terra facendo ridere gli altri due come dei matti.
“Forse questi due non sono così male”
 
 
Yeeeee aggiornoooo!!! Non so per quanto tempo riuscirò a scrivere i capitoli in una sola giornata, ma questo qui mi è uscito abbastanza bene ^^ finalmente entrano in scena Romeo e Benvolio *festeggia* Tebaldo il solito simpaticone, ma lasciamo stare XD
Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensiate voi :3 spero che il capitolo vi sia piaciutoooo!!! Al prossimo aggiornamento, bye bye biiiii!!!!

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Capitolo 3
*** Romeo e Benvolio ***


Mercuzio rimase a fissare quei due bambini per qualche secondo. Era colpito dal fatto che quello che doveva essere Benvolio lo guardava divertito, mentre l’altro era sorpreso nel vederlo.
“Perché ti sei buttato a terra? Alzati!” gli disse il riccio tendendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.
Mercuzio guardò la mano e poi il bambino. La afferrò dopo qualche momento di incertezza e si rialzò. Si pulì i calzoni e guardò di nuovo i due che aveva davanti. Dopo un primo momento di incertezza disse “Se siete dei Capuleti vi vorrei dire che già ho incontrato Tebaldo e che è un maleducato. Se siete amici suoi ditegli queste mie parole: che non si faccia più venire in mente che mi possa trattare così o la prossima volta gli scateno addosso il mio fido destriero”
I due bambini fissarono Mercuzio per qualche secondo prima di scoppiare in una fragorosa risata, di cui il biondo non capiva il perché.
“Noi siamo nemici dei Capuleti” spiegò il moro “Siamo due Montecchi noi!”
“Non capisco. Siete divisi in fazioni in questa strana città? Avete problemi territoriali? Spiegatemi, non conosco Verona!”
Benvolio e Romeo lo guardarono leggermente stupiti “Da dove vieni tu? Qui in città non c’è gatto, cane o qualsiasi altro essere vivente che non sappia della faida tra le famiglie di Montecchi e Capuleti. Per caso ti stai beffando di noi? Se così fosse, in guardia, non ti permetterò di giocare su queste cose” il moro scattò e strinse i pugni con fare combattivo pronto allo scontro, ma il povero Mercuzio lo guardò con ancora più perplessità di prima.
“Abbassa quei pugni cugino, dal suo sguardo si vede che dice il vero. Non può essere di qui, è la prima volta che lo vedo, ma non può rimanere qui e non conoscere la storia della città. Se noi ci facessimo carico di istruirlo alla vita che c’è qui a Verona?” Benvolio si esaltò alle sue stesse parole. Una sfida era quello che ci voleva in quelle giornate noiose.
“Benvolio sono sicuro che riusciremo ad arginare le lacune che ha, ma quanto tempo ci vorrà? Poi non sappiamo neanche il suo nome”
“Mi chiamo Mercuzio Della Scala” il biondino, stanco del fatto che si parlasse di lui, ma che in quel momento nessuno gli chiedesse nulla, pronunciò quelle parole con un tono abbastanza alto.
Gli altri due si girarono e lo guardarono, Benvolio con un’espressione assorta e Romeo con un sopracciglio alzato “Voi due non vi siete ancora presentati. Posso sapere chi siete?”
Romeo si inchinò “Io sono Romeo Montecchi e quello che mi sta accanto è il mio umile servitore, Benvolio”
Il castano alla parole ‘umile servitore’ si alterò “Cugino! Non ti facevo così! Non dare peso a quello che dice, ha poca considerazione di coloro che gli sono superiori di intelligenza. Comunque io sono Benvolio, almeno in questo ha detto il vero, ma sono suo cugino, non suo servo”
Mercuzio rimase ancora una volta interdetto dall’atteggiamento dei due. Scosse la testa “ Stavate giocando?”
“Si, ci stavamo nascondendo dai nostri compagni in attesa che uno di loro ci trovi e per poi scappare e così evitare di essere presi. Vuoi unirti a noi? Ti spiegheremo le regole del gioco” Romeo gli sorrise convinto che l’altro gli avrebbe risposto di si.
Sfortunatamente Mercuzio non sembrava molto convinto “Dovrei dirlo a mio cugino, ma adesso sta riposando. Non so se è sveglio, vorrei evitare di allontanarmi senza che lui lo sappia”
Proprio in quel momento si avvicinò a loro Escalus “Buongiorno bambini” li salutò.
Subito Romeo e Benvolio si inchinarono rispettosi “Buongiorno. Stavamo giusto parlando di voi”
Il principe rimase interdetto “Di cosa stavate parlando?”
“Abbiamo chiesto a vostro cugino se potesse venire a giocare per la città con noi, ma per rispetto nei vostri confronti non si voleva allontanare senza avervi avvertito” Benvolio spiegò la situazione con poche parole, anticipando il cugino che si sarebbe dilungato, com’era solito fare.
“Bene, mi compiaccio del fatto che voi abbiate chiesto a Mercuzio di venire a giocare con voi, e anche che lui non è voluto venire, poiché non mi poteva avvisare di persona della sua assenza temporanea in casa. Ovviamente ti lascio libero di giocare, ma al tramonto ti rivoglio a palazzo”
Il biondo sorrise felice a quelle parole, e avrebbe voluto abbracciare Escalus per avergli dato il permesso, ma si impose di rimanere fermo “Vi ringrazio cugino” disse semplicemente.
L’uomo annuì “Che state aspettando? Uscite, divertitevi e mi raccomando non combinate guai”
Mentre li vedeva correre fuori le mura dei giardini del palazzo, il principe sospirò e chiamò a sé un paggio “Tienili d’occhio. Non vorrei che si immischiassero in qualche guaio” quest’ultimo si inchinò e corse fuori per raggiungere i bambini.
Escalus lo seguì con lo sguardo, poi appena scomparve dietro le mura, tornò al suo studio. I compiti di quel giorno ancora non erano finiti e il pomeriggio senza quella testa bionda tra le mura di Villafranca si preannunciava lungo e noioso.
Intanto il paggio aveva raggiunto Mercuzio e i suoi nuovi amici. Quel pomeriggio corsero, urlarono e si stancarono molto.
Il biondo era felicissimo. Aveva conosciuto i compagni di avventure di Benvolio e Romeo, avevano deciso a cosa giocare e ad ogni gioco avevano pazientemente spiegato al loro nuovo amico le regole.
La gioia di stare finalmente con altri bambini che non solo si divertivano fuori le mura del palazzo, ma potevano anche correre per tutta la città indisturbati, fece felicissimo il loro nuovo compagno di giochi.
“Mercuzio, perdona la mia sfacciataggine, ma a casa tua non ti fanno giocare così?” chiese un bambino del gruppo.
Il biondo scosse la testa “Non potevo neanche uscire all’aria aperta se mio padre non mi poteva controllare. Le volte che riuscivo ad uscire da solo senza che mio padre si arrabbiasse erano quando avevamo ospiti a cena”
Tutto il gruppo lo guardò sconvolto “Per cui non conosci la gioia di bere dai ruscelli fuori le mura della città, l’andare a spiare i nemici e andare a fare gli scherzi?” gli chiese un altro.
Mercuzio sorrise e negò di nuovo “Mi dispiace, ma questa è la prima volta”
Rimasero tutti stupiti da questa rivelazione. Romeo prese parola “Compagni, dato che il nostro nuovo amico non conosce le gioie che ci sono fuori le mura del castello, io direi di cominciare a mostrargliele!”
Tutto il gruppo esultò, ma si sentì una persona che applaudiva. Si girarono tutti quanti e videro Tebaldo che, con fare provocatorio, stava battendo le mani “Ma bene. Montecchi che si preparano a fare cosa?”
Nessuno fiatò. La faida tra le due famiglie, Montecchi e Capuleti, i bambini provavano ad evitarla.
Non che fosse sempre così. Spesso si guardavano in cagnesco, o si istigavano a vicenda, a volte si battevano anche, giusto per il gusto di farlo. In quei momenti si provava la forza della famiglia avversaria, si saggiavano le capacità, si studiavano le mosse, per riuscire a sconfiggere l’avversario la volta successiva.
Romeo e Benvolio non erano esentati da quella sorta di strano gioco che durava da troppo tempo. Spesso si erano trovati ad andare contro Tebaldo e i suoi scagnozzi, e non sempre ne erano usciti illesi.
Anche se questa volta sembrava diverso. Tebaldo era solo, senza il suo solito seguito di ragazzini in cerca di una rissa. Il bambino vestito di rosso si avvicinò ancora di più al gruppo, che lo guardava in malo modo.
“Oh, che sbadato, non ero invitato per caso?” chiese in tono di sfida.
“Che cosa cerchi qui? È territorio nostro” Romeo si fece avanti, proteggendo i suoi spazi.
“Chi cerco, forse” lo corresse Tebaldo “Ho saputo che il cugino del principe è con voi. Lo volevo incontrare e farci due chiacchiere”
Mercuzio si alzò e si pose tra i due, rivolgendo uno sguardo di sfida al Capuleti “Sono qui, davanti a te. Ebbene? Di cosa mi devi parlare?”
Quest’ultimo ridacchiò “Avevo visto bene a Villafranca. Ti poni da vincente, ma stai con i perdenti. Perché non vieni a stare con noi?”
Il biondo rise a sua volta “Forse perché se i vincenti siete voi, non si vince poi granché”
Tebaldo smise di ridere, cosa che, invece, cominciarono a fare i Montecchi, nessuno escluso “Non sai chi ti stai mettendo contro” ringhiò.
“Chi mi sto mettendo contro? Il re dei gatti? Miao” Mercuzio scoppiò in una fragorosa risata,  portandosi appresso tutto il gruppo.
Il Capuleti, ferito nell’orgoglio, divenne rosso di rabbia e se ne andò indignato urlando “Ci vediamo presto mio caro Mercuzio. Non la passerai liscia!”
Appena fu abbastanza lontano, i ragazzini esplosero e si complimentarono con il biondo “Complimenti! Sei riuscito a tenerlo a bada!” “In pochi sono riusciti a farlo diventare così rosso!” “Sei una forza della natura!”
Romeo e Benvolio risero a quella reazione. Anche loro erano riusciti a tenerlo a bada molte volte, e tutte le volte era sempre la stessa storia: gli applausi, gli inchini, le strette di mano… Tebaldo era odiato e temuto da molti ragazzini. Era cresciuto nell’odio verso i Montecchi, e andava in giro malmenando qualsiasi bambino della casata avversaria. Veniva lodato dalla sua famiglia per questo, infatti continuava indisturbato.
Tra i Montecchi più giovani girava la leggenda che narrava di Tebaldo cresciuto in una casa così severa che a quattro anni suo padre, se lui non faceva uscire il sangue almeno di una persona della casata avversaria, lo picchiava così forte da lasciargli dei tagli profondissimi, e che lo lasciasse sempre senza cibo.
Questa leggenda era alimentata dal fatto che Tebaldo avesse delle cicatrici sulle braccia e una sul collo.
Questo però, non spaventava Romeo, anzi, gli dava più forza per continuare ad allenarsi e a migliorarsi con suo cugino Benvolio. I due volevano sconfiggere a tutti i costi Tebaldo che li minacciava sempre, anche se Benvolio avrebbe preferito trovare un accordo con il futuro capo famiglia dei Capuleti.
Dopo i vari festeggiamenti, Romeo prese parola “Ehm-ehm. Abbiamo visto tutti quanti come Mercuzio abbia tenuto testa a Tebaldo. Io proporrei di farlo entrare ufficialmente nel nostro gruppo, di farlo diventare uno di noi. Chi è favorevole alzi la mano!”
Con grande stupore del biondino, tutti i presenti alzarono la mano. Sorrise.
“Perfetto! Mercuzio Della Scala, da oggi fai parte del nostro gruppo!” tutti esultarono felici “Ma, se tu non vuoi, puoi tirarti fuori dalla risse che ci saranno. La faida è tra le nostre famiglie, per fortuna tu non c’entri niente, per cui sentiti libero di fare quello che vuoi” aggiunse subito dopo. Il buon Romeo voleva evitare che il nuovo arrivato avesse problemi con i Capuleti, anche se sarebbe stato molto difficile.
Il biondo si inchinò “Per me è un onore entrare nel vostro gruppo, e credo che sarà divertente lottare contro Tebaldo”.
Benvolio urlò “Festeggiamo!” e tutti cominciarono a festeggiare.
Mercuzio sorrise ancora una volta. Aveva trovato degli amici. I suoi primi amici dopo tanti anni di solitudine.
E non poteva che ringraziare la sua buona stella per averglieli regalati.
 
 
Che ci crediate o no, questo è il capitolo che più mi sono divertita a scrivere!!
Ho delineato bene tutti i miei personaggi, ho fatto vedere bene la nascita dell’amicizia tra i tre moschettieri (scusatemi, ma Mercuzio, Romeo e Benvolio sono i miei tre moschettieri è.è) e l’inimicizia con Tebaldo (il re dei gatti è quiiii!!!!)
Ho letteralmente partorito per fare questo capitolo. L’ho dovuto scrivere in più giorni e ancora sento che manca qualcosa…
Mi raccomando: RECENSITE! Voglio sapere se faccio degli errori, se vi piace o se fa schifo u-u
Ci rivediamo al prossimo capitolo!!
Bye-bye-biiiii!!!!

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Capitolo 4
*** Giovani, ma non troppo ***


Passarono vari anni. In quello stacco di tempo Mercuzio divenne il migliore amico di Romeo e Benvolio e ormai quei tre si consideravano fratelli. Venne a Verona anche Valentino, il fratello di Mercuzio, dopo la tragica morte dei loro genitori. I due ragazzi decisero di andare a vivere in una casa non troppo distante dai Montecchi, così il biondino riuscì a vedere i suoi amici a tutte le ore del giorno.
Ne combinavano di tutti i colori quei tre ragazzini: più di una volta avevano sbirciato le ragazze mentre di facevano il bagno, avevano corso per tutta la città inseguiti da un cavallo imbizzarrito, erano saliti sui tetti delle case giusto per “vedere e assaporare il mondo da un’altra prospettiva” aveva detto Benvolio per incoraggiarli a salire così in alto, e riuscivano ad andare a tutte le feste della città.
Spesso andavano a caccia di dolci fanciulle da ammaliare con canzoni o poesie. Molte volte le ragazze li guardavano divertite e non era raro che cominciassero a danzare sotto le note di ciò che i tre incantatori cantassero. Si sentivano i re della città, ma a riportarli ogni volta bruscamente nel mondo reale era Tebaldo, che non perdeva tempo, e più di una volta lui e i suoi scagnozzi si erano battuti contro i Montecchi.
Nonostante ciò, la loro vita a Verona era tranquilla. Riuscivano anche ad avere dei momenti di pace, nei quali parlavano delle loro giornate o dormivano. Escalus, per quanto non fosse contento della condotta del suo piccolo cugino, li lasciava liberi di fare quello che volevano. Pensava che prima o poi sarebbe arrivata loro una lezione di vita. Inoltre, non poteva occuparsi di loro, la città aveva bisogno di lui per andare avanti. Le lotte interne tra Montecchi e Capuleti erano sempre più frequenti e non se ne usciva mai senza almeno un ferito. La situazione era diventata insopportabile per molti cittadini e il principe non sapeva più cosa fare. Più volte fu costretto ad uscire dal palazzo per colpa di queste battaglie giornaliere, e più volte fu costretto a richiamare padre Montecchi e padre Capuleti a Villafranca.
Di questo i tre amici e i loro compagni non ne risentivano molto. Continuavano a giocare e a scorrazzare per la città.
Venivano considerati quasi adulti, nonostante i 13 anni di Mercuzio e i 12 anni di Romeo e Benvolio. Grazie a questa mentalità, i ragazzi avevano libero accesso alle taverne e posti in cui si poteva bere.
Non c’era una sera in cui i tre ragazzi, a volte accompagnati dal resto dei Montecchi, andassero in giro a fare baldoria. Da bravi ragazzi, non arrivavano mai al limite, anche perché, a detta di Mercuzio, “Non ci si può godere la compagnia, i canti e i balli delle dolci fanciulle che ci accompagnano”. A quelle parole, dette teatralmente la sera prima di ogni bevuta, tutte le ragazze arrossivano senza eccezioni.
Dopo aver bevuto e aver brindato alla salute del principe Escalus, gli amici di solito uscivano dalle taverne portandosi appresso il corteo di ragazzi e ragazze con cui andavano in posti leggermente più appartati per finire di festeggiare. In quei luoghi Benvolio cominciava a suonare e Mercuzio a cantare frasi poetiche volteggiando tra le fanciulle ammaliate da quelle parole. Romeo a volte si univa a Benvolio, suonando con qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani, altre volte rimaneva in disparte a guardare divertito la scena: c’era un Benvolio concentratissimo nel suonare lo strumento mentre lanciava sguardi ammiccanti alle ragazze accanto a lui che lo lodavano per la sua bravura nel suonare, mentre Mercuzio cantava con la sua voce melodiosa, scuotendo la chioma riccioluta e sfiorando guance e nasi delle ragazze che gli stavano attorno. Non che Romeo fosse lasciato solo, anzi, molte ragazze adoravano questa sua voglia di mettersi in disparte. Lui era visto come il ragazzo “dolce e romantico”, Benvolio come il ragazzo “premuroso e gentile”, mentre Mercuzio aveva la fama del ragazzo “passionale e giocoso”. Mercuzio era felice di tutto ciò. Si divertiva con i suoi amici, era libero e in quel momento non aveva pensieri.
Questa situazione di benessere per i tre amici era ben lungi dal finire. C’era un piccolo problema, che però poteva diventare enorme: Mercuzio si innamorò di Romeo. Solo Benvolio conosceva questo sentimento, nutrito a poco a poco dal biondo, ma non sperava né che Romeo ricambiasse il sentimento, né che Mercuzio si struggesse per un “no” del moro. Il castano amava troppo i suoi due amici per pensare ad uno spaccamento tra di loro per un amore non corrisposto, così non prendeva parte in quella guerra interiore del più vecchio del gruppo. Lo poteva consolare, ma non poteva e non voleva dirgli “Romeo deve solo aprire gli occhi”, gli diceva solo “Stai calmo, passerà tutto”.
Il biondo, dal canto suo, non faceva notare questa lotta interiore. Sapeva che Romeo non era innamorato di lui (anche se sperava il contrario), ma non si lasciava sfuggire neanche una lacrima con Benvolio. Voleva essere spensierato anche se aveva questo peso sul cuore.
Un giorno, mentre i tre ragazzi vagavano in giro scherzando l’un con l’altro, Mercuzio notò una ragazza ferma in mezzo alla strada con un cesto pieno di stoffe posato a terra e la fronte imperlata di sudore.  Mercuzio fece segno ai suoi due amici di guardarla e questi non ci pensarono due volte: se Mercuzio fa segno che una ragazza è segna di nota è perché è veramente particolare. Infatti anche questa volta fu così: la ragazza aveva un viso ovale, con una spuzzata di lentiggini sul naso e sulle gote arrosate per lo sforzo, i capelli castani lunghi erano legati in una treccia che si stava sfaldando, ma che lei si ostinava a non rifare. Aveva gli occhi grandi color nocciola e le labbra sottili. Il vestito che portava era il chiaro segno che non era una nobile: color verde mela, molto semplice, stoffa resistente in modo tale che non si dovesse buttare dopo poco tempo, maniche lunghe e corpetto stretto che faceva intravedere un bel corpo.
Mercuzio colse la palla al balzo e si avvicinò alla ragazza che intanto di era appoggiata ad un muro per riprendere fiato “Posso aiutarvi?” chiese gentilmente
La ragazza lo fissò per un attimo “No, vi ringrazio, ma ce la faccio da sola”
“Insisto! Una dolce fanciulla non si dovrebbe caricare di cotanto peso sulle sue spalle. Ragazzi! Venitemi ad aiutare! Dove dovete portare questa cesta?” Romeo e Benvolio accorsero, ma nonostante la gentilezza del biondo, la ragazza decise di declinare ancora una volta l’offerta
“Non necessito di aiuto. Devo solo trasportarlo di pochi metri, riuscirò a farlo da sola. Grazie” per evitare di essere scortese la giovane fece un piccolo inchino
“Non vi fidate di me?” Mercuzio sorrise
“Non mi fido di voi” lei incatenò i loro sguardi
“Come mai, se è lecito domandarlo?” il ragazzo non si fece intimidire e non distolse gli occhi da lei
“So chi siete e cosa fate. Io sono una ragazza che non vuole essere immischiata in loschi giri. Ora, prima che io diventi scortese, se me lo permettete io me ne vado” si inchinò di nuovo e fece per prendere il cesto, ma venne bloccata, ma questa volta non era Mercuzio, bensì Romeo
“Scusateci allora se vi stiamo recando disturbo, ma possiamo almeno sapere il nome della dolce fanciulla che è presente davanti a noi?” chiese gentilmente
La ragazza lo fissò per un attimo prima di prendere un respiro profondo e di rispondere “Beatrice”
I tre amici saltarono sul posto “Che bel nome!”
“Davvero aggraziato, come voi”
“Oh, credo che potrei cantare versi sul suo nome per tutta la notte! Che dolcezza il suono che fa il vostro nome!”
Nel vedere una reazione così esagerata, Beatrice storse il naso “Messeri, per caso prendete in giro il mio nome?” chiese con un po’ di fastidio
I tra amici si bloccarono. Benvolio le sorrise “Assolutamente no. Il suo nome è il nome che vorrei dare a mia figlia. Noi tre adoriamo il nome Beatrice, lo usiamo sempre nei versi che componiamo. Come mai siete così tanto sbalordita?”
La ragazza non sapeva cosa rispondere “Da ciò che mi avevano raccontato, sembravate più una banda di malati di sesso”
“Invece adesso cosa vi sembriamo?” Mercuzio gonfiò il petto con orgoglio
“Mi sembrate dei bambini” a quella risposta secca i tre amici si fissarono. Non si aspettavano una risposta simile
“Volete dire che non ci vedete come tre ragazzi che riescono ad ammaliare le donne, ma come dei poppanti?” chiese per sicurezza Romeo
“Esatto” rispose Beatrice senza indugi “Siete come dei bambini, ma con dei corpi più cresciuti”
La fissarono per qualche secondo, poi Mercuzio disse “Allora, dato che abbiamo dei corpi più forzuti di quelli di un bambino, permetteteci di aiutarvi a portare questa cesta”
In quel momento lei cedette. Le portarono la cesta fin dove doveva consegnare le stoffe. Lì li congedò
“Vi ringrazio di avermi aiutata con quella cesta”
“Sempre al vostro servizio!” urlarono i tre amici inchinandosi
“Ora, se non vi dispiace, ritorno a casa mia”
“Non vi possiamo accompagnare fino lì?” chiese Mercuzio
“No, non saprete mai dove abito. Arrivederci” cominciò a correre verso la sua dimora salutandoli con un gesto della mano. I tre ragazzi sospirarono e andarono verso il bosco poco distante, sconsolati.
 
 
Non ci voglio credere che ho aggiornatoooo!!!! Oddio devo ringraziare un sacco di gente: Xx8mist_fire8xX, _Di Minna_, RomeoGiulietta98, Magic Moon, IrethTulcakelume, LadyHitachiin e Codex per le loro recensioni. Vi  ringrazio tantissimo a tutte quante *sparge cuori*
Ringrazio anche tutti quelli che hanno messo la storie tra le seguite/ricordate/preferite.
Che dire?? Mi dispiace se il capitolo non è come ve l’eravate immaginato, ma dopo due mesi non potevo non pubblicare, così vi lascio questo… coso da leggere. Sì, ho ancora il blocco dello scrittore. Mi sta dando parecchi problemi ultimamente :3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi raccomando RECENSITE ^^ o mandatemi un messaggio privato, anche scrivendomi a caratteri grossi quanto il colosseo che faccio schifo è.è
Lo dico e lo ripeto, è per formarmi come scrittrice :D
Grazie mille per aver letto fin qua giù (se non ci siete arrivati, poco male, l’importante è che la storia vi sia piaciuta… scrivetemi se non è così XD) *si inchina*
AL PROSSIMO CAPITOLOOOOOO!!!!
Taker

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Capitolo 5
*** Cambiamenti ***


L’incontro con Beatrice destò non poco la curiosità dei tre ragazzi “Era molto carina” cominciò Benvolio quando si furono allontanati da sguardi indiscreti
“Sì, ma i modi sono quelli di una popolana, non aveva grazia. Ad un primo sguardo mi era sembrata affabile, ma conoscendola ho cambiato idea” disse offeso Mercuzio rimuginando sull’incontro appena avvenuto
“Trovi? Per me invece è la donna perfetta per te, ti metterebbe un freno!” scherzò bonariamente Romeo parandosi davanti all’amico e incrociando le braccia.
Mercuzio chiese “Perfetta per me?” e scoppiò in una fragorosa risata.
“Sì, sarebbe la tua metà perfetta! Pensaci bene mio buon amico: lei ti ha tenuto testa, non ha ceduto neanche quando hai provato a prenderle la cesta nonostante tu la stessi guardando negli occhi. Ho visto lo sguardo che le hai dato, molte donne te l’avrebbero dato senza pensarci su, ma lei no. Non credi che lei sia la persona perfetta per te?”
-La persona perfetta per me sei tu, Romeo! Perché ancora non capisci quanto io sia innamorato di te?!- avrebbe voluto urlare Mercuzio al suo amico. Sfortunatamente non poteva, così prese un respiro profondo e rispose “Sia come sia, quella ragazza non ne vuole sentir parlare di me. Non credo apparterrà mai alla mia vita”
“Non esserne così sicuro, le vie del Signore sono infinite” gli disse Romeo mettendogli un braccio attorno al collo. Mercuzio lo fissò per qualche secondo senza parlare, poi gli scompigliò i capelli e prese a correre “Non mi toccare i capelli!” urlò Romeo che lo cominciò a seguire infuriato
“Spero stiate scherzando! Non ho voglia di correre!” piagnucolò Benvolio che non voleva seguire i suoi due amici. Vedendo, però, che Romeo e Mercuzio si stavano allontanando troppo, decise di raggiungerli, così sbuffò e cominciò anche lui a correre urlando “Aspettatemi! Non correte veloce, non ho le forze!” guadagnandosi in seguito il nomignolo di ‘Lumachina’, che lo faceva sempre arrabbiare.
 
Passarono cinque anni, i tre amici non divennero uomini solo di nome, ma anche fisicamente. Se prima le ragazze erano ammaliate dai loro sonetti e dalle loro canzoni, adesso nessuna riusciva a levare gli occhi da loro. Tutti e tre avevano una prestanza fisica non indifferente, la loro bellezza era decantata in tutta Verona e dintorni e la loro gentilezza e disponibilità metteva in soggezione chiunque.
Mercuzio aveva imparato a lasciarsi alle spalle l’infatuazione per Romeo. C’erano voluti anni e molte notti insonni, ma alla fine il suo amore a senso unico era preso a scemare. Adesso la luna e le stelle non sentivano più sonetti verso il bel moretto, ma verso una ragazza. Lei era l’unica che gli aveva tenuto testa, l’unica che lo avesse fatto sentire così impotente, debole. Romeo l’aveva detto che era perfetta per lui d’altronde, no?
Dopo un po’ di tempo, Mercuzio decise di seguirla almeno una volta alla settimana. Si divertiva a vederla che discuteva con la madre, la trovava bellissima quando si scioglieva i capelli. Non era cambiata di molto in cinque anni. Il suo viso aveva ancora quelle lentiggini che aumentavano quando prendeva troppo sole, i capelli ricci che prima erano lunghissimi, li aveva tagliati e li portava sempre in una treccia perennemente sfaldata che le arrivava a malapena a metà schiena. Il suo corpo probabilmente era stato il cambiamento più grande: la vita che prima era stretta si era ingrossata, il seno era aumentato, le braccia a causa del lavoro le erano diventate più grandi. Non che questo l’avesse fatta diventare meno bella, era diventata una delle fanciulle più belle e invidiate di tutta la città. Molte giovani speravano di essere così fisicamente, voleva dire avere forza fisica e più probabilità di mettere al mondo figli forti, qualità non indifferenti per una popolana.
A Mercuzio ormai le ragazze senza forme non interessavano più. Con loro si prendeva giusto una notte o ancora meno di divertimento, ma nessuna gli dava la soddisfazione che, ne era certo, poteva dare Beatrice. Romeo e Benvolio lo prendevano costantemente in giro per questi suoi discorsi “E’ stato rubato il cuore al nostro ruba-cuori, è un paradosso!” “Che il Signore ci aiuti, finirà il mondo di qui a poco!” e puntualmente arrivava loro un pugno sulla spalla. Mercuzio aveva paura che lei lo odiasse, aveva paura che fosse un amore a senso unico, come gli successe con Romeo.
Il biondo l’aveva incontrata altre due volte prima di cominciare a seguirla. La prima volta fu pochi mesi dopo il fortuito incontro nel vicolo, ma questa volta il Della Scala stava uscendo di casa per andare ad incontrarsi con i suoi amici. La ragazza casualmente stava passando di lì. La solita treccia, i soliti occhi dolci e vispi, ma questa volta il vestito era di un bel azzurro che le metteva in risalto la pelle ambrata. Come l’ultima volta, poggiò la cesta che stava portando per riposarsi e asciugarsi il sudore e come l’ultima volta Mercuzio le si avvicinò con un grande sorriso e gentilezza “Buongiorno!” disse facendo sobbalzare la ragazza.
“Buongiorno a voi, non vi avevo sentito arrivare mio signore” Beatrice si inchinò.
“Suvvia, non siate così formale. Con me non dovrete più utilizzare questi nomi. Per vi posso essere solo Mercuzio” disse il ragazzo in modo affabile. Voleva avvicinarla, lo incuriosiva molto questo suo atteggiamento.
“Preferirei mantenere le distanze, non vorrei che altre persone interpretassero male questa cosa” rispose la brunetta “Ora, se volete scusarmi, devo fare una consegna”
Fece per prendere il cesto, ma venne bloccata per un braccio “Posso sapere quanti anni avete?”
“Ne ho undici mio signore”
“Siete due anni più piccola di me… ammiro il fatto che voi già lavoriate. Vostra madre fa la sarta?”
“Molti giovani della mia età lavorano già da anni. Voi non siete abituati, vivete in grandi case e avete sempre da mangiare. Io l’unica cosa che posso fare è aiutare mia madre a cucire e a fare le consegne, tutto qui. Se non l’avevate capito, sì, mia madre è sarta. Ora mi dovete scusare, ma ho parecchie consegne da fare. Con permesso...” e detto questo prese la cesta piena di stoffe e se ne andò via.
Mercuzio rimase interdetto. Come la prima volta lei lo aveva spiazzato con poche parole. Poi non riusciva a levarsi dalla testa quello che gli aveva detto. Pensò più volte durante il corso della giornata alle parole che Baetrice gli aveva rivolto, ci pensò così tanto che i suoi amici gli dovettero buttare un secchio di acqua addosso “Ma siete impazziti?!” urlò il ragazzo
“Veramente è da un sacco che ti chiamiamo e tu non rispondi. È successo qualcosa?” chiese Romeo avvicinandosi a lui
“No, non è successo nulla, stavo solo pensando”
“Dobbiamo preoccuparci?” chiese scherzosamente Benvolio “Non capita spesso vederti così assorto nei tuoi pensieri”
“Non è nulla, sul serio. Sono solo un po’ stanco, nulla che una buona notte di riposo non riesca a guarire”
I suoi amici alzarono le spalle. Quando Mercuzio era preso dai suoi pensieri avevano imparato a lasciarlo perdere.
Il secondo incontro avvenne al mercato per puro caso. Come al solito Mercuzio, Romeo e Benvolio stavano passeggiando per le strade della città godendosi la bella giornata. Erano passati due anni dall’ultimo incontro con Beatrice e non c’era giorno in cui il biondo non pensasse alle sue parole.
I tre ragazzi facevano un giro per il mercato, si guardavano intorno cercano qualcosa di buono da mangiare. Mentre Mercuzio guardava delle mele, Benvolio lo trascinò via “Ma sei scemo?” gli chiese il biondo “Volevo vedere quanto costavano, erano perfette!”
“Stai zitto” gli intimò l’amico. Mercuzio mise il broncio e seguì Benvolio per tutto il mercato
“Spiegami dove mi stai portando almeno” sbuffò il più grande
“Hai presente Beatrice, la ragazza che abbiamo incontrato anni fa?”
“Certo, a quanto pare sarà la madre dei miei figli per tuo cugino”
“Romeo l’ha incontrata e vuole che tu la veda”
“Non può decidere lui chi devo vedere! Neanche mio cugino può!” protestò Mercuzio.
Neanche il tempo di finire la frase che si trovò davanti un paio di occhi nocciola che lo fissavano.
In due anni Beatrice non era cresciuta molto, a differenza di Mercuzio. Lui la superava di tutta una testa e questa cosa la mise così tanto in imbarazzo che arrossì “Mio buon amico, finalmente sei qui! Guarda quanto è diventata graziosa Beatrice!” Romeo era felicissimo di rincontrare di nuovo la ragazza che secondo lui era perfetta per il suo amico
“Mh” disse solo il ragazzo più grande.
“Non per essere scortese, ma ho delle commissioni. Arrivederci” disse la ragazza con un inchino. Mentre si alzò guardò negli occhi Mercuzio, arrossì leggermente e fuggì via.
Il ragazzo rimase interdetto da quella reazione “Che peccato” disse Benvolio “Tutta questa fatica per portarti da lei e poi lei fugge…”
“Scusatemi, vi raggiungo dopo” il biondo cominciò a correre. Voleva trovarla, voleva chiederle del perché fosse arrossita così. Aveva troppe domande e la doveva trovare.
La vide correre per i vicoli di Verona, così decise di seguirla dai tetti. Saltò, si arrampicò, corse per tutte le case, finché non vide la ragazza entrare in un’umile casina, molto vicina a casa sua.
-Assurdo- pensò il ragazzo –Due anni che la cerco e non è neanche a due minuti di cammino da dove vivo io-
Rimase sul tetto ad osservare la casa e, successivamente, la camera da letto della ragazza. Voleva sapere cosa faceva quando aveva un po’ di tempo libero, se cantasse, come danzava. A poco a poco il ragazzo si innamorò di lei e le sue visite sul tetto si fecero più frequenti.
 
In qualità di più grande, Mercuzio doveva controllare i nuovi arrivati. Era un lavoro che lo divertiva e stancava allo stesso tempo. “Ho diciotto anni ormai!” urlava esasperato “Sono troppo vecchio, non ci possono pensare gli altri?”
“Non ci provare! È il tuo compito, fallo senza lamentarti” gli diceva di rimando Benvolio
“Ma sono piccoli” sbuffò Mercuzio.
Ogni volta la stessa storia. Quando nel gruppo dei giovani Montecchi si aggiungevano le nuove generazioni Mercuzio protestava.
“Non ci puoi pensare tu?” chiese con gli occhioni a Romeo che gli sorrise
“Ti sei divertito la prima volta che l’hai fatto? Adesso è compito tuo, mi dispiace amico”
Mercuzio saltò in piedi “Però voi non mi siete di aiuto!”
“Smettila di fare il bambino e valli ad allenare”
Il biondo sbuffò sonoramente “Stasera offre Benvolio alla taverna ragazzi!” urlò prima di fuggire per evitare di sentire le urla di protesta del riccio. Riuscì solo a sentire le grida di gioia dei suoi compagni più vecchi.
Quella sera andarono tutti insieme a bere e a divertirsi. Benvolio offrì veramente lui, ma solo per un giro. Per Mercuzio finì presto la serata. La mattina dopo doveva stare da Escalus a Villafranca per alcune faccende e doveva svegliarsi presto. Salutò i suoi compagni e si avviò verso la sua casa.
Fece attenzione a non farsi vedere dai Capuleti, non voleva risse quella sera.
Era quasi arrivato a casa sua quando sentì un uomo dire “Non ti dimenare donna! Stai ferma!”
Sperava di essere di qualche aiuto, così andò verso la direzione in cui aveva sentito l’urlo. Ciò che trovò non gli piacque per nulla: un uomo ubriaco teneva per i polsi Beatrice che si dimenava per liberarsi. La ragazza era allora stremo delle forze, non riusciva più a reagire. Aveva le guance solcate dalle lacrime che scendevano copiose dai suoi occhi e continuava ad implorare di lasciarla andare.
“Cosa succede qui?” chiese Mercuzio
L’uomo si girò con fare minaccioso, ma la sua espressione cambiò quando vide il giovane Della Scala.
“Mio signore, questa donna…”
“Perché la tenete per i polsi, messere? È per caso una schiava?” chiese il ragazzo tentando di non apparire inferocito
“No signore, è solo che…”
“Bene, allora non vedo il motivo di tenerla per i polsi. Lasciatela” detto questo, l’uomo lasciò Beatrice che si accasciò a terra. “Ora andatevene e siete fortunato che è ora tarda e che sono stanco, o vi avrei fatto inseguire dai cani” l’uomo fuggì via spaventato e leggermente confuso sul perché Mercuzio avesse reagito in quel modo.
“Stai bene? Ti ha fatto male? Dimmi che non ti ha toccata” il ragazzo si inginocchiò preoccupandosi per lei, ma la ragazza lo scansò “Perché vi preoccupate per me? Perché non prendete le distanze?” chiese sull’orlo delle lacrime per lo spavento preso
“Non so dirti il perché, ma ti prego, fatti aiutare” Mercuzio la aiutò ad alzarsi e la scortò fino a casa
“Vi sono debitrice, grazie” disse Beatrice riconoscente “Se posso fare qualcosa non esitate a chiamarvi”
“Non mi devi nulla, in cuor mio sento che ho fatto la cosa giusta. Buonanotte dolce Beatrice” detto questo le prese la mano e gliela baciò. Lei lo trovò molto inappropriato quel gesto, anche perché lei era una ragazza semplice, mentre lui era un nobile. Però ne fu immensamente felice, notava un piccolo cambiamento nei gesti del ragazzo.
Mercuzio tornò al solito tetto per guardarla dormire tranquilla. Sperava di poterle sempre stare vicino così, per tutta la sua vita.
 
 
 
Allooooraaaaa finalmente dopo un anno riesco ad aggiornare XD spero che questo capitolo vi sia piaciuto, il blocco dello scrittore mi è passato e sono riuscita a fare un bel capitolo lungo :3
Per prima cosa SCUSATEMI TANTISSIMO PER QUEST’ANNO DI ATTESA. Lo so, sono pessima, ma ogni volta che volevo scrivere non avevo idee D:
Come seconda cosa GRAZIE INFINITE PER TUTTE LE RECENSIONI!!! LE HO LETTE, MA NON HO RISPOSTO. Mi potete prendere a cazzotti.
Ringrazio tantissimo Shakespeare_love, Magic Moon, Lady Hitachiin, IrethTulcakelume e RomeoGiulietta98. Voi e le vostre recensioni sono qualcosa di dolcissimo, grazie veramente tanto!!
Ringrazio anche tutti quelli che hanno messo tra i preferiti/seguite/ricordate.
Mi scuso ancora per l’enorme ritardo >-< al prossimo capitolo!!
Bye bye biiiii!!!!
Taker

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