<<
Tutti noi abbiamo paura,
cara Sara. Questo te l’ho già detto. Purtroppo
essa diventa molto potente dopo
un trauma, perché quell’evento la rafforza. Tu,
sfortunatamente, hai avuto
un’esperienza molto brutta >>.
Io annuii:
<< Dottore come
posso sconfiggere la paura? >>.
Il Dottore
sorrise: << Non puoi
>>.
Fu una frase che
mi raggelò; allora
ero destinata ad essere sempre spaventata? Ero destinata a non poter
superare
questo limite? Iniziai a pensare di si, cioè iniziai a
pensarlo più del solito.
<<
Semplicemente >>.
Continuò lui << bisogna imparare a conviverci.
Se ci convivi, la paura
non avrà più effetto su di te >>.
Il mio sguardo
fu come illuminato:
<< Come ci convivo? Fino ad ora non ci sono ancora
riuscita >>.
<<
So che può sembrare strano,
ma tre anni non sono sufficienti per risolvere il problema. Il tuo
trauma si è
allacciato a piccoli sgradevoli eventi che hanno condizionato la tua
vita.
Magari da soli significavano poco o niente, ma da quando è
successo
quell’incidente, l’acqua ti terrorizza
>>.
<<
Ho già raccontato di quando
mia nonna fece bere il cane dal bicchiere… fu disgustoso
>>.
<<
Beh tieni conto che una
delle prime pazienti di Freud era idrofoba proprio per aver visto la
madre che
abbeverava il cane da un bicchiere. Era rimasta tanto disgustata da
rimanere
traumatizzata >>.
La cosa mi
faceva un po’ ridere. Il
dottore mi fece un cenno come per dire “E’
comprensibile”.
Non fu quello
l’unico evento
spiacevole che riguardava il mio rapporto con l’acqua.
Avevo otto anni
ed ero a mare con i
miei e mio fratello. Mio fratello è più grande di
me di due anni. Eravamo in
mare e, in un momento di assoluta stupidità, mi prese e mi
fece cadere con la
testa sott’acqua. Ritornai a galla tutta spaventata. Avevo
ingoiato dell’acqua.
La sputai piangendo. Mio padre corse subito in mio soccorso, mentre mio
fratello se la rideva. Mi prese in braccio e mi portò a
riva. Avevo gli occhi
chiusi, lui mi asciugò la faccia. Aprii gli occhi dopo
qualche secondo. Vidi
mio padre sorridere: << Non è niente,
è solo un po’ d’acqua >>.
<<
Papà ho avuto tanta paura
>>.
Lui mi
accarezzò: << L’acqua
non è tua nemica, Sara >>.
Che ironia, me
lo disse anche lui
quel giorno: “l’acqua non è tua
nemica”. Fu un evento di poco conto, almeno in
sé, ma aveva preso forza col trauma dell’incidente.
<<
La colpa è di quel
disgraziato che vi ha spinto in mare >>. Replicava
più e più volte il
dottore << Ciononostante non devi pensare a lui.
Resterà in galera fino
alla fine dei suoi giorni, quindi pensa solo a stare bene
>>.
<<
Io… lo so, ma è complicato
non odiarlo. Mi… mi dispiace >>.
<<
No, non dispiacerti. Sai che
non ti chiedo di non odiarlo, perché è
impossibile, ma sgombra la tua mente
dalla negatività. Cerca il benessere, cara Sara, il
benessere >>.
<<
Io lo farò, dottore
>>.
La seduta
finì in fretta. Il tempo di
terapia passa in un lampo. Magari fosse così anche con la
scuola.
Mi madre mi
aspettava giù, in
macchina, sorridente: << Allora
com’è andata? >>.
<<
Bene >>. Dissi
ugualmente sorridente.
Quando vai dallo
psicologo ti svuoti
di tutte quelle angosce che ti tormentano. Era un vero toccasana,
quella
terapia.
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