The End Is the Beginning Is the End

di bluemary
(/viewuser.php?uid=3163)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Venerdì 18 ottobre ***
Capitolo 2: *** Lunedì 28 ottobre ***
Capitolo 3: *** Lunedì 21 ottobre ***
Capitolo 4: *** Lunedì 28 ottobre ***
Capitolo 5: *** Lunedì 21 ottobre ***
Capitolo 6: *** Lunedì 28 ottobre ***
Capitolo 7: *** Venerdì 1 novembre ***



Capitolo 1
*** Venerdì 18 ottobre ***


Storia scritta per il contest di Vannagio I do what I want!. Ringrazio Kitsune Blake e remy73, come sempre pronte ad aiutarmi e a supportarmi, e vannagio per avermi fatto venire quest'idea con il suo contest.
Autore: bluemary
Titolo: The End Is the Beginning Is the End
Villain scelto: Adrian Veidt/Ozymandias





Venerdì 18 ottobre


Sono le undici e quaranta minuti.
C'è un sorriso sulle sue labbra, mentre fronteggia le accuse dei suoi visitatori dando loro la schiena, guidandoli verso la hall principale della torre, accompagnato dal suono della sua stessa voce.
Sono le undici e quarantacinque minuti.
Dietro di lui, i magnati dell'energia si stagliano in un gruppetto omogeneo di ipocriti che stanno condannando il mondo con la loro gretta avarizia. Quando finisce di raccontare quella parte di sé che la gente comune può sperare di comprendere, l'ascensore è a cinque metri da lui.
Sono le undici e cinquanta.
Non sta più sorridendo mentre torna a fissarli, togliendo dalla propria voce qualsiasi calore, e nessuno gli restituisce lo sguardo. È la prima volta che pronuncia in pubblico l'ideale divenuto motivo e scopo della sua stessa esistenza; la prima, da quando una mappa che bruciava ha infranto la sua ingenuità rendendolo l'uomo di cui questo mondo ha bisogno.
Sono le undici e cinquantacinque.
Lascia cadere lo sguardo sull'orologio, concedendosi un solo istante per seguire la lancetta che scandisce un frammento di tempo dopo l'altro, quasi fossero i passi compiuti verso il raggiungimento del proprio obiettivo.
Sono le undici e cinquantasette.
Lysa gli mostra gli ultimi sondaggi sulla linea di giocattoli con l'effige del vecchio se stesso e la paura dei suoi sgraditi ospiti è una percezione palpabile di sudore, sguardi smarriti e fruscio di abiti d'ottima fattura che, d'improvviso, vengono indossati quasi fossero troppo stretti.
Sono le undici e cinquantotto.
Iacocca gli si avvicina con un sorriso ancora più falso delle sue parole; adesso è in un'ottima posizione per diventare un ignaro scudo umano.
Sono le undici e cinquantanove.
I muscoli sono rilassati, le mani ferme, il volto una maschera priva di crepe, mentre conta i secondi che si susseguono verso l'ennesimo tassello di un puzzle perfetto.
Mezzogiorno.
L'ascensore arriva. La porta si apre. E tutto comincia.






* * *





Note random: Il titolo è preso dall'omonima canzone degli Smashing Pumpkins, che trovo azzeccatissima per Watchmen. Inoltre, il nome della segretaria di Adrian (così come ogni cosa del suo background) l'ho scelto io. Nel canon del film e della graphic novel non viene mai menzionato, mentre viene nominato nei “Before Watchmen”, che però non ho tenuto minimamente da conto per questa storia, vista l'accozzaglia di incoerenze e assurdità che gli autori random sono riusciti a inserirci.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Lunedì 28 ottobre ***


Grazie mille a PZZ20 e a verix3 per i commenti! Ecco il secondo minicapitolo; è un po' criptico, ma spero vi piaccia^^




Notte

Stava arrancando tra i flutti, l'acqua salmastra gli invadeva la bocca e i polmoni, incendiandogli la gola e il petto mentre respirare era sempre più difficile.
La nave era davanti a lui.
La raggiunse quando ormai le braccia erano pesanti come tronchi e i vestiti logori stavano minacciando di trascinarlo verso un fondale da cui non ci sarebbe mai stato ritorno.
La gomena era ruvida, impregnata di sale e coperta di alghe; gli fece sanguinare i palmi dopo appena un paio di metri, ma non accennò a mollare la presa nemmeno quando la canapa scolorita divenne di un nero sporco che cominciò a contaminargli le mani.

 

 

Lunedì 28 ottobre

“Signor Veidt, è un piacere vederla. So che la signora Campbell le chiede sempre di tornare, ma non è obbligato a venire così spesso, non si deve disturbare così”.
Adrian accennò un sorriso.
“Nessun disturbo. Come sta oggi?”.
Il dottor Philips si passò una mano tra i radi capelli castani. Aveva gli occhi stanchi tipici di un turno di troppe ore e il camice sgualcito indicava un pernottamento in ospedale senza possibilità di cambiarsi, ma aveva ancora le forze di mostrarsi cordiale.
“Non molto bene, temo”. Scorse un paio di pagine nella sua cartella, strizzando gli occhi mentre cercava di mettere a fuoco ciò che c'era scritto. “Ha dormito poco, quindi è irritabile, e ha rifiutato il pranzo. Ma sono certo che con la sua presenza le tornerà il buonumore”.
“Vedrò cosa posso fare. E riguardo a Lysa?”.
“Lysa oggi è viva”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lunedì 21 ottobre ***


Notte

La fune non finiva mai, il nero sembrava catrame che gli appesantiva le mani e le braccia, sporcandogliele con un marchio che si imprimeva indelebile e rovente sulla sua pelle; ma non si sarebbe arreso. Non si era arreso quando un sadico mascherato aveva bruciato la mappa e i suoi principi facendo crollare il suo mondo con la seconda sconfitta della sua vita. Lui trovava sempre una via, un'alternativa a una strada senza uscita, una soluzione a una partita con uno scacco matto già alla prima mossa.
Ma i muscoli cominciavano a non rispondergli più e la salita era sempre più lenta e dolorosa.
Stava per perdere la presa, quando una mano si sporse dalla sommità della nave.
Una mano callosa, che sapeva di fumo.

 

 

 

Lunedì 21 ottobre

La prima volta che aveva visto Lysa era stato sette anni prima, durante la sua seconda giornata di colloqui per una segretaria. Lo aveva impressionato in modo positivo per la compostezza con cui aveva reagito durante l'esame a cui l'aveva sottoposta, tra un'amichevole conversazione e uno studio silenzioso più rapido e meno diplomatico. Era truccata in modo perfetto, ma non appariscente; i suoi vestiti dimostravano buon gusto e la capacità di valorizzarsi senza ricercare l'attenzione altrui a tutti i costi. Le sue qualifiche erano nella media, ma tra le candidate era stata la più equilibrata e precisa, due doti che gliel'avevano fatta preferire a donne con più esperienza e referenze ma meno buonsenso; a fine giornata, non contava più le aspiranti segretarie con scollature vertiginose o voci troppo squillanti e pronte ad assentire a ogni sua parola. Un paio avrebbero cercato di sedurlo entro la prima settimana di lavoro, se le avesse scelte. Un'altra era troppo timida, non si sarebbe riuscita a imporre e il terrore di non essere in grado di soddisfare le sue aspettative l'avrebbe schiacciata.
Le aveva scartate una a una entro pochi minuti, poi aveva invitato Lysa a entrare nel suo ufficio e, quando lei era uscita con lo stesso incedere sicuro con cui Adrian l'aveva vista arrivare, aveva in mano un contratto appena firmato che la qualificava come segretaria particolare della Veidt Enterprise e sua personale assistente.
Non si era mai pentito della sua scelta. Sette anni di servizio impeccabile, in cui non aveva mai mancato ai propri compiti, riuscendo a eseguire i suoi ordini alla perfezione e, quando ne aveva l'opportunità, a prendere la decisione corretta. Lo desiderava, Adrian se n'era accorto da piccoli particolari comparsi poco a poco, mese dopo mese: un profumo appena più percettibile, un paio di orecchini dello stesso viola di cui lui amava circondarsi, degli sguardi che duravano una frazione di secondo in più del necessario.
Ma era stata abbastanza professionale da non travalicare mai il limite di distaccata cortesia che si era instaurato tra loro, risparmiandogli una spiacevole complicazione che si sarebbe risolta con un probabile licenziamento e una perdita di quel tempo così prezioso; al contrario, la silenziosa infatuazione di Lysa per lui era servita a migliorare la qualità di un lavoro già soddisfacente.
Sarebbe stata una delle rare persone che si era guadagnata la sua gratitudine.
Rimase ad assistere fino a quando la bara scomparve sotto le prime spalate di terriccio, poi volse le spalle al prete e alle poche persone che erano rimaste a piangere Lysa. Erano dodici: qualche zio, dei cugini, i pochi amici e conoscenti che gli impegni in qualità di sua segretaria le avevano permesso di mantenere. Il padre era morto anni prima, la madre era troppo malata per essere presente.
Aveva piovuto durante il funerale di Blake, e Lysa era stata al suo fianco a tenergli l'ombrello; adesso splendeva il sole.






* * *





Note random: Per chi avesse visto solo il film e non nella versione estesa, nella graphic novel e nella versione Ultimate Cut del film, c'è una sottotrama incentrata su un fumetto letto da un personaggio secondario (qui un accenno, per chi volesse approfondire ). Si può considerare una sorta di allegoria sul come i buoni propositi portino a esiti disastrosi ed è abbastanza evidente come venga un po' associata ad Adrian. Nella graphic novel, inoltre, Adrian ammette di avere degli incubi in cui sogna di nuotare verso questo veliero, così ho deciso di approfondire la cosa secondo una mia idea.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Lunedì 28 ottobre ***


Notte

Blake?”.
Il pugno non fu del tutto inaspettato, ma era appena riuscito a salire sul ponte della nave e doveva ancora riprendersi dalla sforzo sostenuto per arrivare fino a lì; lo colpì allo zigomo, abbastanza forte da farlo barcollare, eppure non venne seguito da un secondo pugno.

Ben arrivato, Ozy”, lo accolse Blake, le mani già impegnate ad accendersi l'onnipresente sigaro e le labbra aperte in un sorriso che pareva una ferita. “E benvenuto sul vascello dell'amore”.


 

Lunedì 28 ottobre

La stanza odorava di disinfettante, di carne bollita e di una sorprendente fragranza di fiori, malgrado il vaso sul comodino fosse vuoto. La signora Campbell era come al solito stesa sul letto, con uno scialle di lana rosa drappeggiato sulle spalle, i capelli grigi tutti scompigliati, nella prova di come avesse di nuovo rifiutato di farseli pettinare, e le guance pallide simili a vecchia pergamena. Gli occhi azzurri, quasi sepolti dalle rughe, erano però vivi e più giovani di quanto il suo corpo avvizzito facesse supporre. Non ebbero nemmeno bisogno degli occhiali per riconoscerlo, cosa che le disegnò un sorriso sulle labbra.
“Adrian. Sapevo che saresti arrivato”.
Lui ricambiò il sorriso, mentre si accomodava sulla sedia a fianco del letto.
Era la terza volta che veniva a trovarla, eppure la signora Campbell non si era mai dimenticata di lui. A volte lo riconosceva come Adrian Veidt, altre semplicemente come Adrian; ma il suo nome lo ricordava sempre.
“Buongiorno, Margaret. Come si sente?”.
Il sorriso si ampliò fino a rendere più profonde le rughe attorno agli occhi, illuminandole un volto troppo pallido.
“Bene, adesso che finalmente sei qui. Ti aspettavo, ma quelle stupide ragazze non volevano che mi preparassi per la tua visita. Pensa, dicevano perfino che tu non saresti venuto”.
Il dottor Philips gli aveva detto che scatti d'ira, spesso immotivati, erano delle conseguenze frequenti della malattia; con lui la signora Campbell non aveva mai nemmeno alzato la voce, e c'era una certa ironia del destino in tutto ciò.
“Ma non deve trattare male le infermiere, Margaret. Stanno facendo del loro meglio, nel prendersi cura di lei. Dovrebbe cercare di portare pazienza”.
“Se fossero davvero gentili, sarebbero sposate, invece sono tutte zitelle, lo so”. Il tono d'accusa con cui lei aveva parlato si spense in un'espressione interessata. “Tu sei sposato, Adrian?”.
Era la settima volta in tutto che glielo chiedeva; solo la prima, quel giorno.
“No”.
Margaret scosse la testa.
“Ecco, glielo dico sempre, alla mia Lysa, che dovrebbe sposare un giovanotto come te, invece di pensare alla sua carriera”. Sbuffò, sistemandosi lo scialle rosa in modo da averlo in grembo e non più sulle spalle. “Un bel marito che la tratti bene, dei figli, e una casa con un giardino. A questo dovrebbe aspirare”.
“Ma Margaret, Lysa è la segretaria più efficiente che io abbia mai avuto occasione di conoscere. Se dovessi perderla mi dispiacerebbe parecchio”.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Lunedì 21 ottobre ***


Ringrazio di cuore vannagio per il suo giudizio così completo e approfondito, oltre che estremamente lusinghiero, che è arrivato rapidissimo ed è stato una splendida sorpresa! E grazie a chiunque passi di qui, commenti o legga soltanto.




Notte

La nave era sporca e sapeva di morte.
Sei turbato, Ozy?”. Blake gli si avvicinò, i pesanti anfibi martellavano il legno mezzo marcito del ponte come se stesse calpestando un cadavere. “Sei ridicolo. Un figlio di puttana come te, che sta progettando di fare una strage, ha i sensi di colpa per una vecchia col cervello andato”.
Lo attese senza muoversi.

Non sono sensi di colpa”.
Ah no?”. Blake gli soffiò in viso il fumo acre e sgradevole del suo sigaro. “E perché allora sei andato a trovarla? Cristo, Ozy, non fai una piega per dieci milioni di persone e poi mi crolli per una donna?”.
Sembrava diviso tra disgusto e ilarità, come se le sue labbra orfane di sigaro non sapessero se sorridere o formare una smorfia.

Quindici milioni”, lo corresse lui, con voce priva di inflessioni. “Che sono nulla in confronto a interi miliardi”.
E aveva detto il vero. Non si trattava di sensi di colpa e non si trattava di rimorso. Non aveva tempo da sprecare né bisogno di provare simili emozioni, e le aveva cancellate anni prima, mentre guardava una mappa bruciare. Ma la morte di Lysa non era necessaria: era stata una casualità, un danno collaterale che non pregiudicava né fermava il suo piano, una possibilità di cui aveva tenuto conto fin da subito e che non l'aveva fatto esitare neppure una volta; eppure era stata una perdita spiacevole, proprio perché superflua.

Ma la sua morte non faceva parte del mio piano”.

 

 

Lunedì 21 ottobre

Il dottor Philips era un uomo sulla cinquantina, con un aspetto trasandato e lo sguardo febbrile del folle o di chi era troppo perso nei propri pensieri per dare davvero attenzione alla realtà; se non fosse stato per il camice e la cartella clinica, sarebbe potuto passare per uno dei suoi stessi pazienti.
A lui parve uno dei medici più brillanti che avesse mai avuto occasione di incontrare al di fuori dei propri stabilimenti.
Erano trascorse quattro ore dal funerale, e da una era al Lenox Hill Hospital, prima a cercare il medico che avesse in cura la signora Campbell e poi a raccogliere informazioni su di lei, attento a non risultare sospetto o troppo indiscreto.
“Come ha preso la morte della figlia?”, chiese, alla fine di una lunga discussione sulle malattie mentali relative alla regressione neurale.
“Male o bene, a seconda dei momenti”. Il dottore sospirò, andando ad arruffarsi i capelli con una mano. “Lei deve capire che non è sempre in grado di ragionare. A volte ricorda le cose, altre le dimentica l'istante successivo a quando accadono. Altre ancora non capisce cosa le viene detto. Quando ha saputo della morte di sua figlia, si è disperata al punto che abbiamo dovuto sedarla. Al suo risveglio, non ricordava più nulla”.
Adrian annuì, prima di alzarsi in piedi.
“Gradirei vederla, se è possibile”.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Lunedì 28 ottobre ***


Penultimo capitolo, grazie a chi passa di qua per lasciare un commento o anche solo per leggere. Spero la storia vi piaccia^^




Notte

E poi sarei io, il nazista”. Blake scosse il sigaro, lasciando che la cenere svanisse nell'oscurità del mare sotto di loro.
Tu sei un sadico assassino, e lo sai. Uccidi per piacere. Godi a fare del male”.
Ed era questo ciò che li differenziava di più.
Lui rise, spargendo fumo e cenere e disprezzo tutto attorno alla sua figura.

Perché sono un uomo”.
Non tutti gli uomini desiderano la distruzione, Blake”.
Siamo tutti degli assassini, dei sadici e degli stupratori, è solo che non lo vogliamo ammettere. C'è chi ha sempre pensato che io fossi il cattivo, per questo. Che io fossi un mostro, solo perché rivelo alla gente quello che è davvero, dietro agli strati di ipocrisia e perbenismo che ci inculcano fin da mocciosi.” Portò il sigaro alle labbra e quando la punta si illuminò di un rosso rovente fu come se Adrian se la sentisse scorrere in una scia bruciante sulla pelle. “Ma la verità, Ozy, è che il mostro sotto il letto sei tu”.
L'odore improvviso del sangue dietro di sé – lo conosceva così bene, dopo gli anni di pattuglia – lo spinse a voltarsi.
Forme contorte, grondanti oscurità e orrori passati, si ritrovavano imprigionate contro l'albero maestro: un tronco di cadaveri che ancora si lamentavano e protendevano corpi grotteschi verso di lui. La catena arrugginita dell'ancora li teneva legati, ma le loro vane contorsioni facevano scricchiolare il legno al ritmo di quello che sembrava un enorme respiro pulsante dell'intera nave.
C'era Wally Weaver, uno scheletro con la pelle attorno alle ossa, di poco più magro di quando aveva esalato l'ultimo respiro. Poi c'era Janey Slater, i capelli che si strappavano a ciuffi e crollavano sul pavimento come grigia cenere. E Lysa, la mano mutilata tesa verso il suo volto, se per strapparglielo o se per una supplica non sapeva dire.
Era raccapricciante.
Il Comico rise, e il suono gli ferì le orecchie.

Hai visto, Ozy? Siamo tutti qui”.
Siete nel mio subconscio. Curioso, ma non capisco per quale ragione tu sia assieme a loro”.
Non aveva mai provato tristezza per l'omicidio del Comico. Era stato spiacevole dover uccidere una persona, in particolar modo quello che un tempo era stato un compagno. Ma Blake non era innocente. La sua scomparsa avrebbe migliorato il mondo, per quanto di poco, e non c'era spazio per persone come lui nel mondo che aveva intenzione di creare.

Non dovresti essere qui”, gli disse, ignorando il groviglio di legno, carne e sangue che si lamentava a pochi passi da lui.
Era difficile, perché il dolore di quella nave gli penetrava nelle ossa, ma la sua mente era ancora intatta.

Ma come! Ti stavo aspettando. Non potevo certo perdermi la caduta del grande Ozymandias”. L'oscurità scese su di loro, un cielo nero quanto il mare, tenebre assolute in cui spiccava come unica luce il sigaro acceso di Blake. Poi Blake sorrise, e allora furono i denti bianchissimi da predatore a stagliarsi nel buio. “Qui non sei nella tua torre, al riparo dalla verità con il tuo dannato sorriso da copertina, i soldi, l'aria innocente e le balle che rifili ai giornalisti. Qui tu sei un mostro che sa di essere tale”. Alla fine, anche il sigaro scomparve e rimase solo quel sorriso bianco privo di contorni. “E questo è fottutamente divertente”.

 

 

Lunedì 28 ottobre

“Margaret, vorrei farla trasferire in una struttura più idonea alle sue esigenze”.
La fronte le si aggrottò all'istante.
“Che sciocchezze! Il mio posto è qui, ho le mie foto, i miei vestiti e questa è la mia camera”.
“Ma si lamenta sempre del freddo e dei pasti. E ha già mandato via due infermiere”.
Gli occhi azzurri di Margaret si fecero vacui, persi nei frammenti di memorie che il suo cervello cercava invano di incastrare in un quadro completo.
“Due infermiere?”.
“Sarah e Becky”.
Ancora lei tenne lo sguardo fisso sul suo viso senza davvero vederlo. Poi s'illuminò, e il volto le ringiovanì di dieci anni.
“Sarah era davvero una ragazzina deliziosa. Mi sono sorpresa che mia cugina Darcy abbia potuto avere una figlia così a modo”. Si protese verso di lui con aria complice, gli occhi che quasi ammiccavano. “Sai”, mormorò, il tono di voce ridotto a un sussurro. “Darcy era proprio una scapestrata, fuggì il giorno del suo matrimonio e alla fine sposò il ragazzo che suo padre detestava”.
Adrian scosse la testa, esibendo un sorriso indulgente, mentre lei gli batteva giocosamente un pugno fragile sul braccio; attese di vederla di nuovo tranquilla e propensa ad ascoltare, prima di ritrarsi sulla sedia e tornare serio.
“Margaret, ho bisogno che mi ascolti. Domani ho già predisposto il suo trasferimento in California”.
Lei sgranò gli occhi.
“California? Ma... ma perché?”.
“Farà più caldo e sarà seguita da medici specializzati, in un centro apposito per le sue condizioni”.
Lei impallidì, e per un attimo sembrò una bambina spaventata invece di una donna sciupata e invecchiata precocemente per un destino infelice.
“Ma... Lysa cosa dice? Non potrà più venirmi a trovare se andrò così lontano”.
Le sue mani vagarono sullo scialle, prima di cominciare a contorcersi l'una con l'altra. Adrian le prese tra le sue prima che lei potesse ferirsi, e subito Margaret strinse le dita alle sue come se fossero l'unico appiglio a cui potesse affidarsi.
“Non si preoccupi, Lysa potrà lavorare in California vicino a lei”.
“E tu, Adrian? Verrai a trovarmi, vero?”.
Non ebbe alcuna esitazione nel sorriderle, senza lasciarle andare le mani.
“Certo”.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Venerdì 1 novembre ***


Ultimo brevissimo capitolo. Grazie di cuore a vannagio, per avermi dato l'idea di qusta storia con il suo contest, Kitsune Blake, che mi ha sempre supportato, così come remy73; grazie poi a PZZ20 e a verix3 per i loro gentilissimi commenti. E grazie a chiunque passi di qua. Spero che questa conclusione sia di vostro gradimento^^




Venerdì 1 novembre

Nel momento in cui supera Alessandro Magno e diventa Ramses II, Adrian Veidt non pensa a nulla.
Non pensa a Margaret, che si sta ambientando nella sua nuova camera nel centro medico della California.
Non pensa al dottor Philips, che sta per cominciare il proprio turno nel reparto psichiatrico dell'ospedale di New York.
Non pensa a Dan, che forse ha decifrato gli indizi che gli ha lasciato e adesso sta venendo fino a Karnak per affrontarlo assieme a Rorschach.
Non pensa a Jon, perso nell'immensità di uno spazio che a lui non sarà mai dato modo di conoscere.
Non pensa a una mappa che brucia.
Non pensa a New York, a Mosca, a Pechino, a Berlino, a tutte le migliaia e migliaia di facce che ha visto nei giorni passati attraverso gli schermi di più di trenta televisori.
Non pensa a nulla e pensa a ogni singola cosa, perché lui è Adrian Veidt e la sua mente non si spegne mai.
Preme il bottone, ponendo fine al mondo per come l'uomo lo ha conosciuto.
E tutto inizia.






* * *





Note random: Riguardo alle date, non credo sia possibile risalire alla data dell'attentato subito da Adrian. Siccome però nel film viene detto che è il 21 ottobre quando Dan racconta a Laurie dell'attentato, ho pensato fosse avvenuto un paio di giorni prima. Ho scartato il 20 o il 19, che sono domenica e sabato, perché dubito che Adrian avesse avuto l'incontro con Iacocca e compagnia durante il weekend. Il 1 novembre è la data in cui Rorschach imbuca il suo diario prima di partire per Karnak.
Riguardo ad Alessandro Magno e Ramses II, nella graphic novel, mentre parla di sé e della propria affinità con Alessandro Magno, Adrian dice poi che ha realizzato che Alessandro Magno era solo una pallida imitazione di Ramses II, che quindi diventa il suo nuovo modello (Alessandro Magno aveva unito parecchi popoli, ma era morto prima di riuscire davvero a creare un'egemonia, invece Ramses II aveva regnato su di essi e costruito una sorta di utopia a cui Adrian mirava con il proprio piano: un mondo alleato e in pace). Da qui il mio riferimento finale a loro.
In quanto al riferimento agli indizi lasciati per Dan, mia teoria e personale headcanon è che Adrian volesse venire raggiunto da Dan (e Rorschach) a Karnak, così da evitare le loro morti e magari per poter pure spiegare le proprie ragioni. Insomma, uno con la sua intelligenza che lascia in bella vista il floppy incriminante e ci mette la password più sgamabile del mondo, con perfino il numero di lettere necessarie da inserire, mi sembra alquanto strano.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2247060