La Chiave Del Cuore

di Paris90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo1 ***


Ciao a tutti!

Finalmente torno con questa FF, spero che vi piaccia qnt la prima k purtr è stata eliminata.. SIGH!

Ad ogni modo spero che qst risulti anke mejo. Mi racc xò, non siate tr cattivi!

I xsonaggi k descrivo sno reali sotto falsi nomi.

La protagonista, Paris, sarei io, con molta fantasia ovviamente! A partire dal ftt k d anni ne ho 17 e nn 28 :D

Per quanto riguarda le celebrità citate, qualunque loro atteggiamento o comportamento è frutto della mia immaginazione. Purtr nn li conosco. Ancora :P

Buona lettura!

 

CAPITOLO 1.

Paris sapeva che d’ora in poi tutto sarebbe cambiato.

Avrebbe chiuso il suo cuore dentro una cassaforte e avrebbe buttato via la chiave. Per sempre!

Lo aveva promesso a sé stessa.

Ma non sempre si è capaci di comandare le nostre emozioni.

Ogni tanto qualcuno riesce a trovare la chiave del nostro cuore e decide di impadronirsene, non importa come e quando, lo fa e basta. Altre volte siamo noi stessi che decidiamo di donare il nostro cuore, e ancor più spesso, si rivela sempre la persona sbagliata.

Paris aveva sbagliato di grosso. Era cambiata per quello che credeva il suo grande amore. Sapeva che in un modo o nell’altro, nonostante tutto, sarebbe riuscita ad averlo. E così fu.

Si era innamorata di Oliver quando aveva solo sedici anni, e non le importava il fatto che lui fosse anche più piccolo di lei. Pur di averlo divenne completamente un’altra persona, e finito il liceo riuscì a coronare il suo sogno d’amore.

Lei la studentessa universitaria modello, lui lo sportivo in carriera. Il loro era un amore a distanza, ed era proprio questo a renderlo così indistruttibile. Così indistruttibile da durare anni, da pensare al matrimonio, a dei figli.

Ma il destino spesso gioca brutti scherzi.

Era una fresca mattina di maggio, e Oliver era riuscito ad avere un po’ di tempo libero da passare con la sua amata. Purtroppo questo è quello che pensava Paris. Era così felice che decise di fargli una sorpresa in albergo quella mattina.

Comprò quei cornetti alla crema che il suo Oliver tanto amava e si diresse di corsa all’albergo. Prese l’ascensore. Avrebbe voluto gridare dalla gioia. Non lo vedeva da due mesi e non aspettava altro che poterlo riabbracciare.

Camera 304. Arrivata. Amore mio……..”SORPRESAAAA!” gridò entrando nella stanza.

La sua espressione di gioia svanì in pochissimo tempo. Oliver era a letto, ma non era da solo. Emily. Di nuovo lei. Doveva immaginarlo.

“Paris.. fammi spiegare!” disse Oliver, cercando disperatamente i suoi boxer ai piedi del letto.

Non importava più nulla adesso. Ogni parola sarebbe stata inutile. Paris lasciò cadere la busta con i cornetti, che nel silenzio della camera sembrò provocare un rumore assordante per le sue orecchie.

“Non credo ci sia molto da spiegare.” Trattenne a stento le lacrime Paris, prima di uscire dalla stanza cercando di sembrare assolutamente tranquilla. Non una lacrima davanti a lui. Non una sbattuta di porta.

“Paris, tesoro, ti prego aspetta! Non so come sia finita nel mio letto, davvero!”

“Ah! Questa è nuova, non lo sai!.. Oliver, ti prego. Non mentire ancora. Tu non hai mai dimenticato lei. Non è me che amavi in fondo. Non me di sicuro. Non ho voglia di sentire altre scuse, non ho voglia di mollarti un ceffone, perché credimi che sarà quello che farò se continuerai a cercare scuse senza un minimo di senso.”

Paris fece in tempo a dargli le spalle che le prime lacrime iniziarono a sgorgare. Lo aveva sempre saputo.  Ma aveva sempre preferito far finta di niente, perché lo amava. Più della sua stessa vita.

Fuori dall’albergo si lasciò cadere a peso morto con le spalle poggiate al muro. Senza che le lacrime smettessero si scendere,  staccò con forza la collanina che portava al collo che le aveva regalato Oliver il giorno in cui partì per la prima volta. Aveva un ciondolino, una piccola “O” in diamanti.

Così mi porterai per sempre nel tuo cuore, anche quando sarò lontano da te. Ripensava a ciò che le aveva sussurrato dolcemente quel giorno, e nel frattempo la stringeva così forte nella sua mano quasi da farla conficcare nella sua pelle chiara e fredda.

Freddo come adesso era il suo cuore, incapace di provare emozioni, di qualunque genere.  Si alzò in piedi gettando con quanta forza aveva quella maledetta collanina.

Non accadrà più. Lo giuro. Ripeteva fra sé in continuazione. Mai più soffrirò per amore. Mai più.

******

 

Sono ormai passati otto anni da quel giorno.

Adesso Paris Evans è una persona nuova. Quattro anni fa, subito dopo la laurea, partì per Parigi, coronando il suo grande sogno: diventare giornalista per una prestigiosa rivista di moda.

Paris vive solo per il suo lavoro. Ama viaggiare nelle più importanti città della moda, assistere alle sfilate, intrufolarsi nei backstage, scoprire la nuova moda della stagione, scambiare quattro chiacchiere con le modelle e con gli stilisti, intervistare tutte le celebrità. Era l’unica cosa ormai capace di amare.

Femme Fatale. Questo era il suo soprannome. E sarebbe impossibile non considerarla come tale. Fatale.

Sembrava non vi fosse nulla di imperfetto in lei. Dai morbidi capelli neri che le incorniciavano il viso dai lineamenti sottili, che mettevano in risalto la bellezza e l’espressività dei suoi occhi color nocciola, e il suo fisico scolpito, non troppo magro, ma con ogni forma al punto giusto.

Ne aveva infranti tanti di cuori. E lei lo sapeva bene.

Quella ventottenne era furba e intelligente. E nessuno meglio di lei poteva svolgere questo lavoro. I suoi articoli erano spesso pieni di critiche per i più importanti stilisti. Le sue parole erano sempre pungenti e vere. Ma sapeva anche elogiarli. Era temuta ma allo stesso tempo amata.

Molti si chiedevano cosa avrebbe scritto stasera nel suo amato taccuino.

Era la serata conclusiva della settimana della moda di Milano. Finalmente in Italia.

Paris si sentiva a casa. Anche se in realtà nella sua vera casa non metteva ormai più piede da anni.

Preferiva alloggiare nelle suites degli alberghi più lussuosi del mondo.

Quella sera sarebbe stata interminabile. Non avrebbe smesso un attimo di pensare al suo lavoro, aggirandosi senza sosta per tutto il backstage, prima e dopo la sfilata. Nonostante tutto non avrebbe mai rinunciato a indossare le sue adorate scarpe tacco 12. Sapeva essere elegante in ogni situazione. Anche stasera, con un paio di pantaloni neri a sigaretta D&G che mettevano in risalto le sue gambe slanciate, e una camicetta bianca che faceva appena intravedere il bianco pizzo del suo reggiseno a balconcino. Della sua immensa collezione di scarpe, decise di sfoggiare le Prada perfettamente abbinate alla borsa, nuova di zecca! Si truccò leggermente, e raccolse i capelli in una coda alta, arricciando le punte in dolcissimi boccoli.

“Stasera non manca nessuno! Te ne stai rendendo conto?” la bisbigliò Claire non appena si ritrovarono travolte da modelle impazzite alla ricerca dei loro abiti.

Claire era la sua migliore amica. Si erano conosciute  il primo giorno di lavoro di Paris. Tra loro nacque subito qualcosa, ed erano convinte che loro amicizia sarebbe durata in eterno, nonostante amassero pizzicarsi a vicenda. Ma tra loro bastava sempre solo uno sguardo per capirsi. E quella sera erano decisamente nel panico.

“Bene.. Claire, sorridi! Non farti prendere dal panico o ti verranno le rughe. Come quella che hai già sulla fronte per esempio” disse Paris con aria seria, e sorridendo al tempo stesso.

“Ti sembra il momento di scherzare questo?”

“Sei sicura che io stia scherzando?” e Claire di corsa si precipitò verso lo specchio più vicino cercando disperatamente la sua prima ruga. Paris adorava provocarla. Sapeva che avrebbe passato l’intera serata a cercarla, anche se in realtà non c’era nessuna ruga.

Ne approfittò per iniziare ad aggirarsi nel backstage alla ricerca di qualche stilista, il meno possibile in preda a una crisi isterica, per poterlo intervistare.

“Carissima!!! Come sta la mia femme fatale preferita?” riconobbe subito quella voce. Valentino non rinunciava mai a farsi intervistare da lei.

“Devo supporre l’esistenza di altre donne fatali oltre me?” rispose voltandosi sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi di circostanza.

Smack smack. “Sciocchina!” disse sghignazzando lo stilista. “Scommetto che cercavi qualcuno da intervistare”

“E guarda caso tu sei libero vero?” meglio di niente. Iniziò a fare qualche domanda allo stilista che rinunciava mai a pavoneggiarsi davanti tutti gli altri, senza rendersi conto del fatto che fossero troppo impegnati per ascoltarlo, a differenza sua, che preferiva delegare tutto ai suoi collaboratori, restando a sorseggiare champagne criticando chiunque gli passasse davanti.

Dopo una buona mezz’ora Paris riuscì a terminare l’intervista. Sapeva già che almeno la metà delle domande le avrebbe tralasciate nello scrivere l’articolo. Sapeva bene che ai suoi lettori non importava molto del fatto che Valentino avesse comprato un attico nel centro di NY.

Nella confusione riuscì a scorgere Claire ancora appiccicata allo specchio. Cercò di farsi strada per raggiungerla, non le era per niente di aiuto quella sera. La prossima volta che avrebbe voluto farle una battutina delle sue in un momento simile si sarebbe morsa la lingua. Inavvertitamente nel pensare queste parole urtò una modella troppo magra anche per reggersi in piedi.

“Perché non cerchi di stare un po’ attenta e ti togli di mezzo?” sbottò con acidità la ragazza.

“Scusami davvero. Non era mia intenzione, e comunque a fine serata ti consiglio un’ottima camomilla.” Paris fece per andare via, ma la modella la fermò per un braccio. Ha intenzione di picchiarmi adesso questa anoressica isterica?

“tu sei Paris, vero? Devo dire che sei cambiata molto nel tempo. Vedermi a letto con il tuo ragazzo otto anni fa devo dire che ti ha fatto bene!”

“C..come scusa?” balbettò Paris, senza riuscire a capire di cosa stesse parlando.

“Ma come non mi riconosci? Sono Emily” iniziò a sorridere malignamente.

“Emily.”

In un momento si sentì trasportare indietro nel tempo. A otto anni fa. Il cuore iniziò ad avere qualche fitta. Qualche forte fitta. Aveva dimenticato quegli occhi azzurri, aveva scordato quanto il suo cuore fosse capace di battere per lui.

Oliver. No. Aveva promesso. Mai più soffrire.

Sentiva le guance bruciare, gli occhi sgorgare di lacrime. Non avrebbe potuto perdere il controllo così davanti a tutti.

Corse verso il bagno, senza curarsi del fatto di aver spintonato almeno la metà della gente presente nel backstage.

Mantieni la calma Paris. È acqua passata. Mentre posava le mani gelide e bagnate sul suo viso incandescente.

Faceva respiri profondi, mentre il battito del cuore rallentava, riprendendo il suo battito normale.

In quel momento fece capolino da uno dei bagni un uomo dai capelli scompigliati e la barba incolta. Gli sguardi dei due si incontrarono nel riflesso dello specchio. Paris sobbalzò. Il ragazzo sorrideva perplesso.

“Non so se quando eri bambina te lo hanno detto, ma le donne vanno nel bagno dove è disegnato l’omino con la gonnellina”

“Oh mio Dio! Scusa, non ho parole. Ma non ci stavo proprio con la testa.”

“Tranquilla. Può capitare a tutti. Per un attimo ho pensato fosse qualche ragazzina con intenzioni strane. Ormai nulla mi sorprende più.” Rispose sfoggiando un sorriso irresistibile.

“Ehm no! Ahah sinceramente non sono il tipo che salta addosso alle persone nei bagni” disse Paris ricambiando il sorriso.

“Ad ogni modo, tu sei?”

“Oh, piacere Paris. Paris Evans.”

“Piacere mio. Orlando. Orlando Bloom.” E senza smettere di fissarla, continuò a sorridere.

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Capitolo 2
*** Capitolo2 ***


CAPITOLO2.

“Beh, credo sia proprio il caso di uscire da qui” esortò Paris, consapevole dell’imbarazzante silenzio in cui erano finiti.

“Non è male come idea! Sveglia la ragazza!” così dicendo, Orlando diede la precedenza alla ragazza per uscire. Però, carina. Pensò sorridendo fra sé.

“Allora, Paris Evans. Il tuo nome non mi è nuovo”

“Si in effetti anche il tuo non mi è nuovo, solo che proprio non riesco a ricordare dove ti ho visto.”

“Mah, ti dirò. Io faccio l’attore se ti può aiutare! Tu che fai nella vita?”

“Ma certo adesso ricordo dove ti ho visto: al cinema!” rispose Paris sorridendo con aria da finta tonta. “Comunque io faccio la giornalista per Vogue. In realtà lavoro a Parigi, ma viaggio moltissimo.”

“Non vorrei sbagliarmi, allora ho il piacere di conoscere la femme fatale di Vogue?”

“Odio questo soprannome, ma.. si sono io!” rispose sorridendo nervosa.

Orlando Bloom conosce me? Ok manteniamo la calma. Ma dov’è quella disgraziata di Claire? Appena la becco questa volta la picchio sul serio. Intanto Orlando le parlava ma lei sembrava non recepire granchè.

“Yuhuuu!! Pianeta terra chiama Paris!! Sei rimasta abbagliata dal mio fascino o che altro?”

“Scusa ero sovrappensiero, e non perché sei tremendamente bello.” Non posso credere di averlo detto davvero.

“…….. Si comunqueeee… ti avevo domandato, visto che sei una grande esperta di moda, cosa ne pensi stasera del mio look.” Questa ragazza mi rende nervoso. Però mi trova tremendamente bello. Oggettivamente, chi non lo pensa?!

“Carino. Ma la giacca a due bottoni è fuori moda ormai.” Fortunatamente Paris aveva sempre la risposta pronta. E facendogli l’occhiolino si dileguò nella folla.

Fuori moda? Sarà, ma mi fa figo. Ma dove sta andando adesso? Eh no, l’occhiolino no!

Quella ragazza iniziava a fare uno strano effetto all’attore. Si era messo già in testa che l’avrebbe ritrovata. In un modo o nell’altro.

*****

“TUUUU!! Mi spieghi che diamine hai fatto per tutta la sera oltre che guardarti allo specchio??? Ringrazia il cielo che ci sono tutte queste persone, e che per salvaguardare la mia reputazione non posso sbraitare, ma appena ci ritroviamo fuori di qui ti conviene correre prima che io possa farti del male fisico e morale!” disse tutto d’un fiato Paris.

“Nervosetta?” si limitò a rispondere Claire.

“Si. Molto. Avrei bisogno di una sigaretta.”

“O di una camomilla?”

“Non è il momento di scherzare Claire. Non puoi minimamente immaginare cosa mia sia successo.  Ho sbagliato bagno e sono finita in quello degli uomini, e indovina chi esce da uno dei bagni?”

“Non lo so. Godzilla??”

“No Claire. Orlando Bloom!”

“Fammi sedere per favore.”

Claire era sbigottita e non ci pensò due volte a farsi raccontare ogni minimo particolare.

“La giacca a due bottoni non è più di moda e sei andata via? Ti prego dimmi che non lo hai fatto.”

“Dai non essere così tragica…………….. Sono stata un’idiota vero?”

“Prega per te che lui ti ritrovi.” Concluse Claire con tanto di broncio, confondendo l’amica.

 

“Non si scappa da Orlando Bloom” disse improvvisamente una voce maschile dietro di lei.

Lo sguardo delle due ragazze si illuminò. Adesso Paris non aveva la risposta pronta, perciò si girò utilizzando la sua arma più potente. Il  suo sorriso. Bello, disarmante, sincero. Ma spaventato.

“La solita fortuna” sospirò Claire andando alla ricerca di alcool.

“Era così brutta la mia giacca da scappare via?” esordì l’attore.

“Beh, ora che ci penso non posso mica farmi vedere in giro con gente che non sa vestire. Ma chissà. Potrei fare un’eccezione per te.”

“Ma che onore! Quindi posso offrirle da bere miss-so-tutto-io-sulla-moda?”

“Farò questo sacrificio.. MISTER SARCASMO!”

I due iniziarono a parlare e ridere come se si conoscessero da sempre sotto gli sguardi invidiosi di molti.

Ogni tanto i loro sguardi venivano accecati dai flash delle macchine fotografiche, ma l’attore sembrava non farci caso, doveva essere abituato a tutto questo e si trovava perfettamente a suo agio.

“Allora, dove l’hai lasciata Kate questa sera, signor Bloom?”

“Domanda cattiva da giornalista. Con Kate è finita da un po’. Diciamo che ha preferito qualche bel modello a me.”

“Mi dispiace, non lo sapevo. Come mai non è qui, visto che è stracolmo di modelli?”

“Perché sapeva che c’ero io, e non aveva nessuna intenzione di vedermi. Anche se è molto furba e ho saputo che sta cercando di farci ottenere una parte in un film come protagonisti, e guarda caso, è una storia d’amore.”

“Combattiva.”

“Capricciosa direi. Continua a mentire a sé stessa, senza rendersi conto che il nostro sentimento è morto da tempo. E tu invece? Quanti cuori hai spezzato?”

“Diciamo che l’unico cuore spezzato qui è il mio. Vecchia storia. Ma non credo più nell’amore vero da quel giorno.”

Lo sguardo di Paris si avvolse di tristezza, e stranamente Orlando riuscì a capirlo immediatamente.

“Non mi piacciono le storie vecchie. Che ne pensi di andare via da qui e fare quattro passi? Ti accompagno in albergo se vuoi.”

“Io sono qui per lavorare, non per divertirmi.”

“Ma dai non ci vuole molta fantasia per raccontare ciò che succede in queste feste: le modelle si ubriacano, gli stilisti fanno finta di volersi bene, e tutti fanno finta di essere felici e contenti.”

“Ahah se scrivessi cose del genere avrei già perso il lavoro.” Nel frattempo Orlando cercava di intenerire la ragazza con lo sguardo provato e dolce come quello di un bambino. “E va bene! Andiamo!” si arrese alla fine Paris. Anche se in realtà sapeva che avrebbe detto di si dal primo istante.

Si ritrovarono a parlare per ore, sotto il cielo stellato di Milano in pieno gennaio. Non sembravano avvertire il freddo gelido che li avvolgeva né il tempo passare, ed entrambi sapevano che il giorno dopo alle 6 del mattino un aereo li avrebbe riportati ognuno nelle loro case.

“Si è fatto veramente tardissimo lo sai?” disse Paris guardando l’orologio.

“Già. È questo il tuo albergo?”

“Si proprio questo”

“Però ti trattano bene” alludendo al lusso dell’albergo.

“E’ il minimo che possano fare per una come me!” rispose ammiccando la ragazza.

Orlando sorrise, restando in silenzio. In cuor suo sapeva che sarebbe rimasto tutta la sera a guardarla.

Era bella. Molto bella.

Del resto anche Paris rimase a guardarlo senza dire niente, ma lei a differenza sua, odiava quel silenzio.

“Beh allora io vado. Domani devo svegliarmi prestissimo. E anche tu.”

“E’ stato bello conoscerti.” E senza pensarci le sue labbra sfiorarono quelle della ragazza.

In quel momento vi fu l’imbarazzo più totale tra i due. Orlando si allontanò tossendo e toccando i suoi capelli iniziò a farneticare frasi senza senso. Paris fece finta di cercare le chiavi nella borsa.

“Anche per me è stato bello” disse con lo sguardo ancora rivolto alla borsa. E rientrò subito nella hall dell’albergo pregando sé stessa di non voltarsi indietro per controllare se era andato via.

Il sorriso di Orlando iniziò ad allargarsi sempre di più, fino a raggiungere le sembianze di un povero adolescente inebetito dalle parole di quella stupenda ragazza cha si allontanava sempre di più.

Anche per me è stato bello. Anche per me è stato bello. Anche per me è stato bello. Non poteva fare a meno di ripetere quelle parole imitandola e nel frattempo la gente che gli stava intorno lo guardava spaventata.

“Non pensavo facesse così tanto male l’aria di Milano agli stranieri.” Disse un vecchietto rapito dal comportamento dell’attore.

Ma Orlando lo sapeva bene. Non era l’aria a fargli quell’effetto.

 

 

 

 

Salve a tutti.. come vedo  l’inizio nn è male.. mi fa piacere che la mia FF stuzzichi la vostra curiosità! Spero vi piaccia anche questo 2 capitolo!

Grazie a bebe, BlackPearl , summer89 & michi88 per le recensioni!

Continuate a leggere e recensite!

Baci!

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Capitolo 3
*** Capitolo3 ***


CAPITOLO3.

 Nessuno dei due quella notte riuscì a chiudere occhio, per quel poco che avrebbero potuto, effettivamente.

Paris cercava di non pensarci. Non doveva. Era successo per caso, ed era stato il caso adesso a volerli lontani, in due città completamente diverse, anche se non così distanti.

Pensava che sarebbe tornato a Londra e avrebbe fatto pace con Kate, come era già successo milioni di volte.  Lei avrebbe ripreso la sua normalissima vita, come se non fosse successo niente.

Perché NON è successo niente. Si ripeteva rigirandosi nel letto mille e mille volte, finchè finalmente non suonò la sveglia.

Erano solo le cinque del mattino e probabilmente riuscì a dormire solo 10 minuti scarsi.

Preparò di fretta la valigia, ma sempre con cura, si preoccupò di svegliare l’amica, dormigliona come sempre, e scese nella hall ad aspettarla.

Nel frattempo la sua testa era colma di mille pensieri. Avrebbe dovuto scacciarli presto, se non fosse per il semplice fatto che si ritrovava a sorridere quando pensava a lui e a ogni suo minimo particolare.

Claire sapeva tutto ciò che era successo quella sera, e aveva notato che non era la giornata adatta per discuterne. Così rispettò il silenzio dell’amica che durò fino all’arrivo all’aeroporto.

“Colazione al bar?” disse sorridendo.

“Grazie” rispose Paris ricambiando il sorriso all’amica.

Fortunatamente avevano ancora un po’ di tempo prima che arrivasse il loro aereo. Si sedettero al tavolo e ordinarono due cornetti un cappuccino e una cioccolata calda, la loro solita colazione.

“Senti Par non riesco più a stare zitta. Che pensi di fare adesso?”

“Niente, che cosa dovrei fare?” mentre sorseggiava il suo cappuccino Paris sapeva bene che avrebbe voluto fare qualcosa.

“Niente? Ti conosco troppo bene e te lo leggo negli occhi che non vedresti l’ora di vederlo.”

“Beh ma siccome non sarà assolutamente possibile, pazienza! E poi sai come la penso.”

“Si certo. L’amore non esiste, è tutto una fregatura bla bla bla. Certe volte nella vita capita di ricredersi, e so che tu sei troppo orgogliosa per farlo, ma credimi che anche te a capiterà.”

“Sarà!”

Nel frattempo sentirono annunciare il loro volo, lasciarono una banconota sul tavolo e scapparono via.

*****

Anche la nottata di Orlando fu abbastanza scombussolata.

Sono proprio un coglione. Non le ho nemmeno chiesto un numero di telefono, non le ho nemmeno detto quanto mi piacerebbe rivederla. Ma aspetta, lei non crede all’amore, lo ha detto stasera. Come non detto, dovrò dimenticare.  Non scorderò facilmente quegli occhi, stasera brillavano come due stelle, non mi sentivo così bene in compagnia di una donna da mesi.

Pensieri confusi vagavano nella testa dell’attore, che non riusciva a fare a meno di pensare al sorriso della giornalista,  alla sua risata, alle sue battute, alle sue labbra.

Decise di fare una doccia veloce. L’acqua era gelida, ma sembrava non importargli molto. Cosa gli stava capitando? Infondo non la conosceva nemmeno. Eppure sentiva il bisogno di averla accanto, nonostante fosse consapevole del fatto che a lei non importasse ciò che era successo.

Ma spesso capita che tutto ciò di cui siamo assolutamente certi si riveli totalmente errato!

Si vestì di fretta,  buttò i vestiti nel borsone e si diresse anche lui all’aeroporto. Ogni qual volta che rispondeva al telefono sperava stranamente di sentire la voce della ragazza ma non era mai così.

“Ma come cazzo mi rispondi al telefono OB? Non sono Kate” rispose una voce maschile dall’altra parte del telefono.

“In effetti speravo di sentire la voce di una donna, ma non esattamente quella di Kate.”

“Qualcuno ieri ha fatto festa?!?! Dai raccontami tutto Orly!” urlò con voce stridula quasi a imitare quella di una donna.

Orlando, seppur in maniera confusa, non tralasciò un solo particolare che riguardasse Paris.

“Oh.. e ti ho già detto quanto era bella?” aggiunse alla fine.

“Questo l’hai detto già sedici volte, non ho potuto fare a meno di contarle. Fratello, ci sei dentro fino al collo.”

“Ma che vai dicendo!” e poco dopo aggiunse “Sono stato un grandissimo coglione, non avrei dovuto lasciarla andare così. E poi è una che ha deciso di chiudere definitivamente con il “capitolo uomini” otto anni fa.”

“Scusa, non ti seguo. Ti stai innamorando di una lesbica?”

“Rincoglionito cronico! Nel senso che ha deciso di non impegnarsi sentimentalmente con nessuno. Non so di preciso cosa le sia successo, non voleva parlarne. Evidentemente prova ancora qualcosa per questo.”

“Non è da te mollare così.”

“Se sarà destino ci rincontreremo. E io nel destino voglio crederci.”

E fai bene caro Orlando. Forse.

Come sempre si ridusse all’ultimo momento, e di corsa cercò di arrivare al check-in per imbarcare il suo borsone. La fila sembrava interminabile. Una ragazza era intenta a fare polemica gesticolando animatamente un italiano incomprensibile.

Orlando era arrivato al limite dell’esasperazione.

“Avanti , avanti , avanti! L’aereo non mi aspetta solo perché mi chiamo Orlando Bloom! Signorina può rimandare alla prossima partenza i suoi capricci?”

“Come ha detto scusi?”

La ragazza si girò di botto con aria a dir poco infuriata e…

“..Paris?”

“No! La Madonna terribilmente in ritardo che sta per perdere il suo aereo se questa deficiente non sa fare il suo lavoro.” Indicando la ragazza di fronte a lei. “Ciao!” poi aggiunse sorridendo.

“Come fai a essere così bella anche quando ti incazzi?” Entrambi rimasero senza parole. E tutta la folla era ormai concentrata sulla coppia.

*ULTIMA CHIAMATA PER I VOLI DIRETTI A LONDRA E PARIGI*

“Credo siano i nostri voli” disse Paris con imbarazzo.

“Si, credo anche io.”

Paris fece per andare via. Ma Orlando non l’avrebbe lasciata andare di nuovo così.

“Ti rivedrò?”

“Non lo so, Orlando. Non lo so. Hai reso davvero.. particolare, la serata di ieri. Ma voi uomini avete il brutto vizio di lasciarmi solo un brutto ricordo di voi.” E sorridendo malinconicamente si allontanò.

Stupida.

Stupido.

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Capitolo 4
*** Capitolo4 ***


CAPITOLO4.

L’aereo cominciò a decollare diretto verso Londra.

Orlando guardava il panorama sotto di sé. Il cielo era terso, e poteva ammirare il paesaggio.

Ma quanto poteva importargli in quel momento?! Ben poco.

Avrebbe voluto ammirare solo lei. Ma lei non c’era. Non ci sarebbe mai stata.

Ma chi se ne frega, a stento la conosci. Sai quante ti vengono dietro, sai quante morirebbero per te.

Orlando cercava di convincere sé stesso, ma era tutto inutile.

Come era riuscita quella ragazza a rapire il suo cuore in una sola sera? Si, deve essere decisamente una strega. Perché tutto questo deve essere frutto di un incantesimo. Resta comunque la più incantevole strega. Senza farci nemmeno caso, tutti i suoi pensieri, anche quelli più stupidi, dirottavano su lei.

Sapeva che non appena sarebbe arrivato Kate gli avrebbe fatto le feste. Chissà a quale inganno sarebbe ricorsa pur di convincerlo a tornare con lei, nonostante non potesse fare a meno di lasciarsi andare, con una quantità, ultimamente indefinita, di ragazzi belli e irrimediabilmente senza cervello.

L’ultima trovata del film, glielo doveva, era astuta. Ma era stanco dei suoi capricci e della sua instabilità.

A trentuno anni , nonostante fosse nel pieno della carriera, adorava il pensiero di potersi fare una famiglia, di avere dei figli. E tra le tante cose odiate nella lista di Kate, lui ricordava bene che i bambini fossero tra le prime dieci.

Dentro di sé, però, sapeva meglio di qualunque altra cosa che avrebbe ceduto alla biondina, per la millesima volta. Non sapeva bene il perché, sapeva solo che era così. Non era capace di buttare all’aria anni di fidanzamento, e soprattutto lo spaventavano le reazioni della bionda, ogni qual volta che provava a mettere fine alla loro storia.

Eppure era fin troppo consapevole del fatto che nemmeno Kate ormai provasse qualcosa di sincero nei suoi confronti. Tutti questi continui “tira e molla” giovavano alla sua fama, e lei ne era felice, nonostante tutte le nomine che si era fatta. Ultimamente le importava soltanto comparire su tutte le riviste possibili e immaginabili.

E molto probabilmente lui sarebbe tornato con lei, con la speranza di cancellare dalla sua mente questi due giorni. E soprattutto Paris.

Prese una rivista dallo schienale della poltrona davanti, per distogliere la mente da questi maledetti pensieri. Come non detto.

Gli capitò Vogue tra le mani, e un articolo in bella vista scritto proprio da Paris. Iniziò a leggere per vedere come se la cavava la ragazza. Oltre ad essere bella, era anche tremendamente brava. Mentre leggeva, rideva anche nei momenti in cui non c’era proprio niente da ridere. Era lei a fargli questo effetto. Lo rendeva incredibilmente felice, così, senza motivo. Sapeva farlo sentire a suo agio. Avrebbe voluto rivivere quella serata milioni e milioni di volte. Non si sarebbe mai stancato. E ogni volta sarebbe stata come la prima.

L’atterraggio lo distolse definitivamente da tutti i suoi pensieri.

Londra lo aspettava. E a Londra c’era un problema da affrontare: Kate.

*****

Durante il volo Paris non fece altro che smanettare con il suo pc, cercando di mettere insieme tutti gli appunti sulla serata. Di tanto in tanto ci pensava Claire a farla svagare, quando non crollava nel sonno più profondo ovviamente. Effettivamente le poltrone della prima classe erano così comode cha dormire era la cosa più bella da fare, oltre che farsi servire l’aperitivo. Era uno degli aspetti più belli del suo lavoro secondo Paris. Non avrebbe rinunciato a niente di tutto questo per nulla al mondo. Amava il lusso e le comodità, e non le era risultato difficile abituarsi alla bella vita, nonostante le poche ore di sonno e i continui fusi orari che doveva affrontare, a causa degli innumerevoli viaggi.

Quella mattina però non era per niente adatta per rilassarsi. Paris era totalmente incasinata con il lavoro, e sapeva che non appena avrebbe messo piede a Parigi, Anna l’avrebbe chiamata per leggere almeno la bozza dell’articolo.

Cosa diamine ho fatto ieri sera? Oh si, ho perso tempo a innamorarmi di Orlando Bloom. Innamorarmi? Ma che dico, io non amo proprio nessuno!  Sono proprio una stupida. Per la prima volta in quattro anni tralascio un po’ il mio lavoro. Si ma giusto per l’evento più importante di tutto l’anno? Complimenti Paris! Ah ma mi sentirà Orlando………. Magari mi potesse sentire. Come ho potuto dirgli che non ci rivedremo?! Che confusione che ho in questa testaccia che mi ritrovo. Basta devo pensare all’articolo.

Adesso le sarebbe davvero toccato scrivere di Valentino e del suo nuovo attico a New York. Anna come minimo l’avrebbe strangolata. Per fortuna avrebbe avuto un po’ di tempo per inventarsi qualcosa. Giusto il tempo che si concludesse l’evento anche nelle altre città, e facessero ritorno tutti gli altri. Gli articoli sarebbero stati pubblicati tutti insieme, e Paris aveva la netta sensazione che il suo sarebbe stato il peggiore. Tutto per colpa sua. Orlando. Che avesse ragione Claire? Ogni tanto ci può – ci si deve- ricredere nella vita? Era davvero così orgogliosa per ammettere di aver sbagliato?

Ma non si può sempre rimediare agli errori commessi. Sbagliando si impara però.

Ma è anche vero che le conseguenze degli errori restano come macchie indelebili. E se fosse stata davvero la sua possibilità, e se se la fosse lasciata scappare?

Domande: troppe!

Risposte: ZERO!

*****

La pioggia cadeva fitta su Londra, e questo non poteva di certo giovare allo stato d’animo di Orlando.

Mai quanto in quel momento desiderava tornare a casa. Si sarebbe buttato sul letto e avrebbe dormito per tutto il giorno. Non appena sveglio avrebbe acceso la tv, e avrebbe passato la serata guardando i soliti show americani, che non poteva far altro che reputare dementi. Ma era l’unica cosa che era solito fare quando aveva il morale a pezzi. E adesso era proprio in frantumi.

Entrò nel primo taxi fermo davanti l’aeroporto e si diresse al suo appartamento. Fortunatamente  le strade della metropoli londinese, nonostante la pioggia, erano poco trafficate, e in mezz’ora riuscì ad arrivare al suo appartamento. (non ho idea di quale sia la reale distanza dall’aeroporto a casa sua NdA)

“Home sweet home!” disse non appena scese dalla macchina.

Prese di fretta le chiavi e cercò di aprire la porta con fare isterico.

“AMOREEEE bentornato!”

Bene.  Niente dormita infinita. Niente show americani demenziali.

La biondina gli gettò le braccia al collo, riempiendolo di baci. Aveva il solito profumo di fragola nauseante. Tutta la casa a dire il vero era piena di quel profumo. Orlando l’aveva pregata milioni di volte di cambiare profumo, ma a quanto pare non era stato ascoltato.

“Kate.. Kate.. che stai facendo?” disse l’attore allontanando bruscamente la ragazza.

“Ti do il bentornato! Lo sai che mi sei mancato tantissimissimo? Dai fatti dare un bacio!”

“Kate vuoi capire una volta per tutte che è finita tra noi?”

“Orly ma come puoi dire che è finita?! Lo sai quanto ti amo, e sai bene anche tu di amarmi. È vero, ho sbagliato. Ma non ti è mai successo di fare una cazzata? Io non riesco a immaginare la mia vita senza di te. Adesso sarei disposta a tutto.”

Orlando osservava Kate, ma nella sua mente c’era riflessa solo l’immagine di Paris, e del suo rifiuto. Non si rese nemmeno conto di quanto la bionda stesse frignando né del resto del suo monologo degno di un Oscar come miglior attrice. Se avesse imparato a recitare, così come raccontava le cazzate al suo ragazzo, avrebbe davvero potuto vincerlo.

Orlando avrebbe ceduto. Non perché credesse alle parole di Kate, ma per il semplice fatto che non poteva sopportare l’idea di non poter avere Paris con sé in quel momento. Se la sarebbe tolta dalla mente in un modo o nell’altro.

“Sposami Kate.” Sbottò senza permettere alla ragazza di terminare il suo tragico monologo.

“Come?”rispose con aria incredula.

“Hai detto che faresti qualunque cosa pur di stare con me, sposami allora!”

L a biondina sfoggiò un sorriso a trentadue denti, quasi da un orecchio all’altro. Si avvicinò al ragazzo e lo baciò con impeto.

 Ma Orlando era gelido. In realtà non gliene importava un bel niente. E ne era consapevole. Perché glielo aveva chiesto allora? Cosa gli stava passando per la mente in quel momento? Doveva arrivare a tanto per non pensare più a quella femme fatale che gli aveva rubato il cuore nell’arco di pochi secondi?

Adesso aveva capito perché aveva questo soprannome. Era davvero fatale.

 

 

 

Salve a tutti!

Mi fa piacere che la mia storia stia riuscendo a catturare il nostro interesse.

Bebe: eh si la matassa si sgarbuglia, ma sarà difficile farlo del tutto come vedi!

Michi88: e adesso come farà Paris a dare una possibilità al povero Orlando? Io ovviamente non ci avrei manco pensato, ma come dico sempre, se dovessi vederlo probabilmente morirei sul colpo :P

Continuate a leggere, mi raccomando! Baci!

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Capitolo 5
*** Capitolo5 ***


CAPITOLO5.

L’atterraggio riuscì finalmente a svegliare Claire, che aveva iniziato a russare sonoramente.

“Hai mai pensato di darti alla musica? Potresti fare un concerto!” la punzecchiò Paris.

“Certo, e tu saresti la mia fan numero uno!”

Facendo le loro solite faccine stupide scesero dall’aereo.

Paris era esausta, ma a Claire la cosa non sembrava importare più di tanto, visto che aveva dormito praticamente durante tutto il volo. Cercarono un taxi e non appena riaccesero i telefonini furono tempestate di chiamate.

Claire, da buona menefreghista quale era, decise di spegnerlo di nuovo, mentre Paris la guardava sbigottita tra una chiamata e l’altra.

“Vorrei potermi comportare come fai tu” sussurrava all’amica mentre attendeva risposta dall’altra parte del telefono. Claire era in vena di scherzare. “E fallo!” le disse strappandole il telefono dalle mani riattaccando mentre una voce femminile sbraitava.

“Ti prego, dimmi che stavo sognando. Tu non hai chiuso quel telefono. Vero che non lo hai chiuso?”

“Certo che l’ho fatto, visto che per te era così complicato. Gli amici si vedono nel momento del bisogno, non ringraziarmi!”

“Claire, era Anna. Hai idea di quanto possa infuriarsi quando qualcuno osa chiuderle il telefono in faccia?”

“Ops!”

“Io ti ammazzo.” E così fece saltandole addosso, sotto gli occhi straniti dell’autista.

Fortunatamente per Claire, il cellulare riprese a suonare.

*Evans è modo chiudermi il telefono in faccia?*

“Scusa Anna, non c’era campo. Ti avrei richiamata a breve.” Facendo cenno all’amica che questa volta non l’avrebbe passata liscia.

*So che siete appena arrivate. Immagino sia superfluo dirti che devi passare immediatamente da qui.*

“Non ne avevo dubbi, arriviamo!” e chiuso il telefono aggiunse “Ci porti due isolati più avanti per favore.”

Grazie al cielo aveva la fortuna di abitare vicino la sede della rivista, altrimenti sarebbe arrivata chissà quando. Ovviamente avrebbe preferito tornare a casa.

“Evaaaans” la accolse Anna a braccia aperte.

Anna era la direttrice della rivista. Provava grande stima per Paris, e anche se non voleva ammetterlo, tutti sapevano che era la sua preferita.

“Anna, che piacere rivederti!”

“Com’è andata la settimana?”

“Oh  divinamente, come avevo previsto quest’estate andranno di moda gli abiti fiorati e tempestati di pailettes” rispose sorridendo la giornalista.

“E ho visto che la serata finale è stata molto interessante. Soprattutto per quanto riguarda te” e prima che Paris potesse rispondere aggiunse “..E le tue conoscenze!”

“A cosa ti riferisci Anna?”

“Su su avanti non fare l’ingenua, ti sei fatta fotografare con Mister Bloom, non pensare che io non legga le riviste scandalistiche”

“Beh si, due chiacchiere. Che mai saranno?!” con fare innocente, ma consapevolmente colpevole.

“Non credo che fino all’albergo abbiate solo scambiato due chiacchiere!” lanciando uno sguardo complice a Claire.

Anche Paris lanciò uno sguardo a Claire, ma non sarebbe del tutto esatto definirlo “complice”, più che altro direi FULMINANTE! Saggiamente l’amica si dileguò in due secondi, rimuginando su ciò che le sarebbe successo in seguito.

“Qualunque cosa sia successa, la cosa non mi tange. Spero solo tu non abbia dimenticato il vero motivo per cui eri lì.”

“Anna, sai bene che non ho mai tralasciato il mio lavoro.” Rispose prontamente la ragazza, cercando di essere il più convincente possibile.

“Ma certo cara, lo so bene! Ma non si può mai sapere, il destino può giocare brutti scherzi!” e sorridendo la congedò.

Si, e questo è decisamente uno scherzo di cattivo gusto! Pensò la ragazza uscendo dall’ufficio della direttrice, intenta a sfogliare tre riviste contemporaneamente.

Questa volta Claire la uccido sul serio. E si mise alla ricerca dell’amica, intenta a cercare un rifugio sicuro dalla catastrofica ira di Paris.

Ma per Paris ormai non aveva più segreti. Con poca fantasia Claire optò per la scrivania del suo ufficio, e fu presto scoperta.

“Il fatto che sei una grandissima pettegola, lasciamo anche perdere. Ma proprio ad Anna dovevi andarlo a raccontare?”

“Se preferisci lo vado a raccontare a Alexandra del secondo piano, così nella sezione “scandali” metterà in prima pagina la tua storia.”

“Tu non rinunci mai alle tue battute? Questa volta hai esagerato Claire.”

“Si ma sono troppo indispensabile per te. So che non mi faresti mai del male.”

“Sai bene quanto io sia imprevedibile” e sorridendo all’amica, perdonò la sua ennesima gaffe.

“Il problema adesso è riuscire a scrivere questo benedetto articolo. Non posso assolutamente deludere le sue aspettative.” Aggiunse preoccupata e sconsolata Paris.

“Intanto meglio riposare un po’. Sarà più facile riflettere con la mente fresca, e a pancia piena. Abbiamo un po’ di sonno arretrato. Andiamo!”

“Dormire ok, ma mangiare? Abbiamo finito di ingozzarci un’ora fa.”

“Lo so, ma ci stava nel contesto!” e ridendo sola si incamminò verso l’ascensore, per tornare finalmente a casa.

“MAH!” e con fare disperato seguì l’amica, pensando nel profondo del suo cuore, quando tutti sarebbero riusciti a chiudere l’argomento “Orlando”. Lei di sicuro sarebbe stata l’ultima a farcela.

Ma intanto aveva cose, relativamente più importanti, a cui pensare.

*****

In serata le nuvole abbandonarono Londra, ma imperterrite avvolgevano ancora il cuore di Orlando.

Aveva deciso di portare Kate in quel ristorantino dove erano soliti andare.

Quanto poteva darle la nausea quella donna, e tutte le altre che non fossero lei, Paris.

Sapeva però che l’avrebbe sposata, era stato lui stesso a chiederglielo, controvoglia, rassegnandosi a ciò che gli aveva riservato il destino. Rassegnandosi a quella vita che non voleva più. Non da quando quei malinconici occhi color nocciola lo avevano abbandonato definitivamente all’aeroporto di Parigi. Ma lui aveva visto una luce in quegli occhi, come se quasi quanto lui, non avrebbero voluto lasciarlo più.

E di sottofondo ai soliti pensieri degli ultimi giorni, una stridula voce fantasticava su quello che sarebbe stato il miglior matrimonio di tutti i tempi. Secondo lei.

“Fiori blu, tovaglie bianche con riporti blu. Trovo che sia un colore che mi dona, non trovi anche tu amore?”

Ma Orlando non proferiva parola, intento a giocherellare con le posate osservando il bicchiere colmo di birra.

“Amore, ma.. mi stai ascoltando?”

“Certo, certo! Il blu ti dona davvero tesoro.” Senza guardarla mai negli occhi. Ma la cosa non sembrava importare minimamente Kate, adesso impegnata a fare il conto degli invitati. Pur di superare il record avrebbe invitato anche il panettiere e il macellaio, e ovviamente non avrebbe nemmeno badato a spese. Di tanto in tanto si ricordava dell’esistenza dell’uomo che avrebbe dovuto sposare,  sorridendogli e stampandogli baci sul volto inespressivo.

“Sono la persona più felice del mondo al tuo fianco.” Gli sussurrò, mentre il ragazzo con fare automatico sorseggiava birra. Aveva ormai perso il conto a qual bicchiere fosse arrivato. L’alcool aveva ormai annebbiato le mente, i sensi. Ebbe giusto la forza di guidare fino a casa della bionda, che con forza lo trascinò dentro casa buttandolo sul letto.

“Dai Kate, non è il momento, sono stanco!” le disse quasi implorandola.

“Oh si che è il momento!” e ridacchiando, cominciava a sbottonargli la camicia freneticamente, impegnata con le labbra a solleticargli l’orecchio, poi il collo. Orlando automaticamente, senza pensarci, si lasciò andare. Ma il respiro della bionda che si intrecciava con il suo, il profumo dei suoi capelli dorati, le sue forme, tutto sembrava cambiare nella mente di Orlando. La donna  aderente al suo corpo era una bruna, snella, dalle forme gentili e perfette.

“Paris” sussurrò, quando la donna si mise al suo fianco.

“Come scusa?” disse la bionda senza fiato, convinta di aver sentito male.

L’attore rinsavì vedendo Kate e cercando una scusa plausibile disse “Parigi. Dovremmo sposarci a Parigi.”

La bionda si tranquillizzò, girandosi dall’altra parte e addormentandosi beata.

Paris, ancora una volta. Forse per sempre. E mettendo le mani dietro la nuca cominciò a pensare.

Erano ormai la cinque del mattino. Anche questa nottata di sonno era andata persa. Orlando decise perciò di alzarsi dal letto, cercando di non svegliare la futura consorte e si diresse in cucina alla ricerca di caffè.

Caffè nero, amaro, senza zucchero. Si avvicinò alla finestra, fissando la pioggerellina che cadeva fitta su Londra. Quando si deciderà il sole a spuntare in questa cazzo di città?!..... e nella mia vita.

Si sdraiò sul divano, accendendo una sigaretta e il suo Ipod.

Antonello Venditti: Alta Marea. Cascava a pennello.

Prima di partire per Milano aveva deciso di fare un corso accelerato di italiano, appassionandosi anche di musica. E niente e nessuno meglio di questa canzone potevano esprimere il suo stato d’animo, le sue VERE intenzioni.

E canticchiando sottovoce, prese finalmente sonno.

 

Autostrada deserta al confine del mare
sento il cuore più forte di questo motore
Sigarette mai spente sulla radio che parla
io che guido seguendo le luci dell'alba
Lo so lo sai la mente vola
fuori dal tempo e si ritrova sola
senza più corpo né prigioniera
nasce l'aurora
Tu sei dentro di me come l'alta marea
che scompare e riappare portandoti via
Sei il mistero profondo, la passione, l'idea
sei l'immensa paura che tu non sia mia.
Lo so lo sai il tempo vola
ma quanta strada per rivederti ancora
per uno sguardo per il mio orgoglio
quanto ti voglio
Tu sei dentro di me come l'alta marea
che scompare e riappare portandoti via
Sei il mistero profondo, la passione, l'idea
sei l'immensa paura che tu non sia mia.
Lo so lo sai il tempo vola
ma quanta strada per rivederti ancora
per uno sguardo per il mio orgoglio
quanto ti voglio
.......per dirti quanto ti voglio
.......per dirti quanto ti voglio
.......per dirti quanto ti voglio

 

 

 

E anche qst capitolo si conclude. Nonostante non sia lunghissimo c sn stata d +. Purtr sono stt rapita da una buona dose d cazzi miei :D

Spero vi piaccia, e non contestatemi la canzone! È la mia preferita! :P

Peyton finalmente risorta! Mancano solo Clara & Fede!

Cmq! Continuate a leggere e nn dimenticate MAI di recensire!

Baci!

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