You hid there last time, you know we're gonna find you

di ReggyBastyOp
(/viewuser.php?uid=153616)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** After Barlow ***
Capitolo 2: *** Parenting it's hard ***



Capitolo 1
*** After Barlow ***


Restò impassibile. Un completo estraneo non poteva aver appena detto, davanti  a Jane, che lei n’è un po’ innamorata. No. Era davvero tentata di prendere la pistola e puntargliela contro la tempia per fargli supplicare pietà, ma era un momento critico.
“Sii ferma. Non fare alcun cenno, non capiranno mai… Ma sii anche rilassata. Oddio ma perché sempre io?!”
Perché era sempre circondata da gente che poteva leggerle la mente? La cosa cominciava ad annoiarla, ed anche molto. L’annoiava perché davvero aveva passato la serata a pensare quell’idiota del suo consulente. In cuor suo sapeva che, probabilmente, Jane già lo sapesse però.. Magari per una volta era riuscita a tenere qualcosa per sé.
Sospirò, non vedendo l’ora di andarsene. Chissà a cosa pensava il collega seduto a pochi centimetri da sé.


-Lisbon?- Jane richiamò la sua attenzione con tono delicato.
-Cosa?- Si morse il labbro arrabbiata, continuando a tenere le dita contratte contro il volante.
-Non sarai mica scossa per quello che ha dett..-
-Non mi va di parlare.- Lo interruppe prima ancora che potesse finire il riferimento. Distolse lo sguardo finalmente dalla carreggiata, permettendo agli occhi di lubrificarsi.
Silenzio.
-Teresa.. Forse dovremmo.- Cercò di dire il consulente con fare sciolto.
-No, non c’è niente di cui parlare.- Respirò flebilmente, cercando di farsi scoprire il meno possibile. Parcheggiò nel giro di due secondi, sentendo quella tensione distruggerla dall’interno.
-Va bene.- Ticchettò Jane contro il proprio labbro senza seguire la collega, ormai già scesa dall’auto, diretta con foga verso l’ingresso del CBI. Sulla fronte si cosparsero rughe d’indecisione.



-Non è possibile. Ha passato le ultime cinque ore lì dentro, e non è mai uscita. Neanche per andare un attimo in bagno. Sarà successo qualcosa con Jane?- Rigsby sussurrò all’orecchio di Van Pelt con fare indagatore.
-Non lo so, prova a chiedere.- Rispose la rossa, fingendo di cercare la biografia di un certo Willis Ford, molto a caso.
-Cho?-
-Ma se neanche c’era.-
-Non posso chiedere al capo, e nemmeno a Jane..-
-E allora aspetta e sapremo. Non mettermi ansia- Disse la ragazza mordicchiandosi un’unghia.
-Aspettare cosa?- Sbucò dietro le loro spalle una figura in completo grigio-azzurro, dalla folta chioma bionda e riccia.
-Che sia pronto il caffè- Risgby si raschiò la gola e s’allontano verso il cucinino, mentre Grace finse di compilare un documento.
Alzò gli occhi al cielo. Ma possibile che non ci fosse nessuno di maturo lì intorno? Non che Cho non lo fosse.. Ma era fin troppo preso da quel libro e non gli andava di disturbarlo. Più che altro non era con lui che voleva parlare. Sospirò rassegnato e si diresse verso l’ufficio di Lisbon.




-Jane ti prego, ho da fare.- La chioma bruna nemmeno si alzò per controllare che fosse davvero lui.
-Parliamo.-
-Sono occupata.- Lasciò cadere la penna sui fogli ed incrociò le dita, agitata.
-Lo so perché fai così, ma non ce n’è bisogno. Davvero.- Si chiuse la porta alle spalle, bloccando la serratura.
-Perché hai chiuso?- Alzò lo sguardo verso le sue spalle che s’apprestavano a chiudere le tendine.
-Jane? Ma che diavolo…?!- Si mise in piedi non capendo quali fossero le sue intenzioni, anzi le aveva intuite ma non era pronta.
-Adesso respira profondamente e siediti. Forza- Jane accompagnò il suo corpo verso il divano, poi prese una sedia e si sedette davanti a lei.
-Non ci provare nemmeno, lo so cosa vuoi fare. E non ci riuscirai.- Lisbon, davvero in ansia. Sentiva il panico crescerle in petto, e di respirare profondamente non ne aveva la minima intenzione.
-Se necessario non mi farò problemi, ti prenderò a pugni.-
-Shh..- Le sistemò i capelli dietro l’orecchio sinistro, sorridendole rassicurante.
La donna scattò all’indietro, sentendo il cuore battere sempre più velocemente. Jane scosse la testa con fare di disappunto e si sistemò contro lo schienale sempre più divertito.
-Ti odio.-
-No, non mi odi- Ridacchiò.
-Sì, invece.- Come una bambina intestardita, affermò la menzogna.
-Ma non ti ho fatto niente. Barlow ti ha davvero messo in crisi eh?- Ancora non aveva deciso da che lato prenderla, ma dall’espressione della donna a quanto pare l’umorismo non era quello giusto.
-Quindi.. Sei innamorata di me?- Chiese, retoricamente, con un mezzo sorriso stampato sul volto.
-Certo che no.- Lisbon girò lo sguardo passandosi una mano nei capelli. Ma come si permetteva?
-Bene, questo già lo sapevo. Ma precisamente da quanto? Me lo sono sempre chiesto..-
-Non puoi essere serio, non puoi. Vuoi solo torturarmi, ma non te lo permetterò.-E per la prima volta Jane vide sul suo volto il pentimento insieme agli occhi lucidi. Infondo non era colpa di Lisbon se non riusciva a nascondere meglio ciò che provava. Sentì il cuore spezzarsi in due, non era pronto ad una reazione simile. Era sempre molto forte, la sua Teresa, e non si aspettava che sarebbe crollata fino a piegare le labbra a mo’ di disgusto per se stessa. Non credeva  sarebbe accaduto per così poco ma, ovviamente, non era così poco.
-Mettiamo le cose in chiaro.- Con decisione si mise in piedi cominciando a puntargli l’indice contro il naso. –Sai bene che non confermerò mai niente, perché tu non vuoi e non puoi amarmi. E mi sta bene così. Non voglio niente e non pretendo niente. Vai per la tua retta via, uccidi Red John, renditi orgoglioso di una stupida vendetta. Sono tua amica e quindi ti voglio aiutare, ma adesso non ho bisogno che mi consoli perché sei convinto che –E per un secondo pensò cosa dire- per una sciocchezza simile non possa farcela. Sto bene.-
Jane cercò di seguire il discorso un po’ sconnesso ma alla fine capì soltanto che le labbra dicevano l’opposto dei suoi occhi. Appena la vide allontanarsi per uscire dalla stanza l’afferrò per il polso con ferma decisione. Che importava ormai? Prima ancora che potesse ribattere fece risuonare la propria voce lungo le pareti.
-Chi ha detto che non ti voglio amare?- Disse incontrando i suoi occhi verdi, puri di sorpresa.
-Perché è ovvio.- Riuscì a balbettare, diventando scarlatta.
-E perché mai lo sarebbe?- Chiese con sincera curiosità, da tempo aveva deciso di non studiarla come faceva con gli altri. Voleva scoprire insieme a lei ciò che restava d’ignoto ad entrambi e le risposte non erano più conosciute riguardo ai suoi pensieri personali.
-Perché tu amavi Angela, e poi Lorelai..-
La risata del consulente riecheggiò. Lisbon abbassò lo sguardo amareggiata, sentendo la rabbia scorrerle nelle vene, già pronta a tirargli un pugno sul naso. E lo fece. Forte, sì. Finalmente un po’ di quella tensione corporea si era diluita. La mano iniziò a farle davvero male mentre dal naso del consulente cominciava a sgorgare sangue a fiotti, imbrattandogli il completo.
-Oh Signore!- Esclamò Lisbon terribilmente dispiaciuta.
-Non importa- Mormorò Jane, con occhi lucidi e socchiusi, cercando tempestivamente il suo fazzoletto di stoffa dalla tasca.
-Jane davvero non volevo, no cioè volevo ma non così forte. Sei irritante- Borbottò a mo’ di giustificazione. –Vado a prenderti del ghiaccio.- Sussurrò rammaricata, ma anche meno tesa.
-Vengo con te- Jane con voce gutturale e testa all’insù, la seguì velocemente sedendosi al tavolo del cucinino. Due secondi dopo una busta di ghiaccio liquido premeva contro il suo setto nasale. Fece per prenderla ma nel farlo sfiorò la mano di Lisbon, la quale avvampo’ violentemente e si scostò subito dopo.
-Sai.. Saresti stata una campionessa nella boxe.- Cercò di dire divertito sentendo i capogiri arrivare.
-Adesso chiamo Rigsby e ti faccio accompagnare all’ospedale. Magari sono stata così brava da farti venire un trauma cranico.- Mormorò compiaciuta, spostandosi verso il frigorifero.
-Nah, sto bene. Mi faresti un thè?- Le chiese docilmente, trattenendo un sorriso divertito e togliendo il ghiaccio dal viso, la cui parte sinistra era completamente arrossata, ma non più sporca di sangue, a differenza della camicia imbrattata.
-Solo questa volta però, anche se te la sei cercata.- Commentò accendendo il bollitore.
-Se non avessi cercato di cambiarmi le generalità facciali… - Una lieve risata risuono tra le mura – Sarebbe potuta andare diversamente.- I loro sguardi s’incrociarono. La voce di Jane era stata profondissima e calma. Rilassato mentre appoggiava la schiena alla parete aspettando il thè. – Ah. Lo sai che ci verso prima il latte.- Le sorrise.
Lei scettica, sentendosi presa in giro, se ne tornò all’ufficio, sotto gli sguardi indiscreti dei suoi sottoposti, con i pugni serrati pronta a sferrarne altri a chiunque le si fosse messo d’intralcio lungo la strada.




Note dell'autrice (inutili): Non so cosa mi passasse per la testa quando cominciai a scriverla ma who cares? Prometto che nelle prossime cercherò di restare più fedele ai caratteri reali dei personaggi, è solo che m'immaginavo questa scena da secoli ed ho sempre voluto una Lisbon più grintosa e arrabbiata anche se sempre molto emotiva riguardo a Jane. Per quest'ultimo ho optato per il solito atteggiamento idiota che, anche se cerca di capire e rassicurare Teresa, comunque lo fa alla leggera, non essendo davvero pronto nemmeno lui ad affrontare questo tema così ancora poco esplorato da entrambi. Inutile dire che nello show non agirebbero mai così *fa spallucce*. C'ho provato ^^
Alla prossima
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parenting it's hard ***


Lisbon se ne restò seduta alla sua scrivania, fissando lo schermo del computer ormani in standby da ore. Ogni tanto si lasciava sfuggire uno sbuffo, altre volte un veloce sguardo fuori dalla finestra mentre non accennava alcuna intenzione a compilare il mucchio di scartoffie che aveva sotto il naso. Un paio di volte il telefono aveva squillato ma era come se i suoi sensi si fossero attutiti. Rigsby era entrato per chiederle un’informazione per un nuovo caso ma, non avendo dato alcun segno d’averlo visto, il povero ragazzo se ne tornò al suo posto per confabulare con i propri colleghi. La rabbia che provava Teresa sarebbe scoppiata prima o poi, ma in quel momento nulla poteva interferire con le sue emozioni. Con le mani incrociate sul ventre e i gomiti poggiati ai braccioli della sedia, si perse nelle proprie riflessioni dalle quali sembrava non trovare via di fuga.


-Secondo me deve andare Grace.- Rigsby ruppe il silenzio mentre addentava un panino pieno di formaggio ed insalata.
Ormai erano le nove di sera ed erano rimasto solo in quattro gatti.  I bambini della famigliola, temporaneamente, infelice aspettavano un cenno dai loro genitori per tornare a casa e andarsene a dormire.
-Ma perché sempre io? Potresti andare tu.. Oppure Cho. Io sono più impegnata di voi..- La voce femminile di Van Pelt riecheggiò mentre Jerry, l’uomo dell’impresa di pulizie, si apprestava a spazzare il pavimento.
-Ma non ti sei lamentata nelle ultime tre ore perché non avevi niente da fare? Scordatevelo. Se proprio deve andare qualcuno che sia Jane. Non voglio saperne proprio niente di questa situazione. E visto che il capo non dice niente me ne vado.- Kimball, determinato, si alzò prendendo la giacca. Quello era stato uno dei discorsi più lunghi di sempre del coreano. Rigsby preoccupato lo trattenne facendo cadere altre briciole a terra. Jerry che l’osservava da mezz’ora si spazientì.
-Possibile che non sai mangiare decentemente? E’ la terza volta che sporchi. Alla quarta finisci tu al posto mio!- Borbottò l’uomo arrabbiato.
-Va bene va bene, scusa.- Rispose richiudendo ciò che restava del cibo nella carta stagnola e si rivolse all’amico.
 –Cho sei la nostra unica speranza. E poi lo sappiamo che ci tieni quanto noi. Promesso che dopo questa ti farò diventare il mio testimone se mai mi sposerò.-
A quelle parole Grace lo guardò confusa. Matrimonio? E con chi? Non ne sapeva niente, erano tornati insieme solo da qualche giorno e non pensava che..  Aggrottò le ciglia aspettando, e troppo tardi per lei, si accorse che il coreano era già all’ascensore.
-Pazienza Wayne, andiamocene. Se la sbrigheranno da soli.- Van Pelt spense il computer e salutò l’inserviente allontanandosi furtivamente e mano nella mano con l’uomo della sua vita, già pronta a fargli il terzo grado per il matrimonio a cui aveva accennato.
Per quella sera tutti e tre i bambini se n’erano andati a letto senza la favola della buonanotte.


Jane sdraiato sul ‘letto’ osservava le venature, già sapute a memoria, del soffitto. Passò le dita tra i ricci biondi e arruffati. Aveva davvero bisogno di un thé. Sospirò ricordandosi che al momento tutti dovevano essere andati via. Forse l’inserviente era ancora lì se Rigsby aveva di nuovo combinato un macello. Sperava di no, non voleva vedere nessuno. Con il naso ancora dolente scese lentamente le scale, sbadigliando. Superando l’ascensore notò una luce fioca che arrivava dal primo ufficio alla sua destra. Lisbon era ancora al CBI? Alzò un sopracciglio prima di mettersi a spiare dietro al vetro. ‘Santa’ Teresa aveva gli occhi chiusi. Le labbra semiaperte e il capo pendente verso la spalla destra. In quel momento scene di dolci ricordi gli invasero la mente. Non era la prima volta che la vedeva dormire, ma ogni volta gli sembrava la prima. Ogni volta che la guardava gli sembrava la prima.
Accennò un sorriso triste prima di andare finalmente a prepararsi il thè.
Forse si stava avvicinando il tempo in cui i due genitori avrebbero fatto pace.



Non era un bel sogno quello che stava facendo, ma qualcosa le impedì di arrivarne al finale.
Sentì un tocco caldo sulla spalla ed aprì gli occhi, stanca.  Vide un angelo davanti a sé, ma decise di non mostrargli quanto fosse sorpresa della sua bellezza. Con la bocca ancora impiastricciata si mise a sedere in una posizione più comoda, massaggiandosi il collo.
-Che ci fai qui?- sussurrò respirando profondamente. Gli avvenimenti della giornata ancora non li ricordava.
Due occhi blu l’osservavano dolcemente, come se il proprietario volesse dire qualcosa che non riusciva ad esprimere. Il tema dell’ineffabile.
 -Beh, ultimamente ci vivo.. Che ci fai tu qui?- Jane sorrise porgendole una tazza di caffè bollente.
-Giusto..- Mormorò prendendola ben volentieri. Solo in quel momento riuscì a notare l’ematoma violaceo, che circondava parte del setto nasale e la zona inferiore dell’occhio sinistro del mentalista. Si morse il labbro dispiaciuta prima di bere un sorso.
-E quindi?- Continuò Patrick prima di bere a sua volta, inutile intuire cosa, la sua bevanda preferita. –Hai deciso di fare compagnia a Jerry?- Ridacchiò allegro. Davvero non era successo niente di così grave?
-Avevo molto da fare-  Scrollò le spalle notando che non aveva neanche fatto un segno a caso sui fogli che avrebbe dovuto compilare e firmare.
-Potresti chiedere a Grace di aiutarti. In mezz’ora farebbe ciò che tu non riesci a fare in un giorno- Il consulente continuava a divertirsi, prendendola in giro. Lisbon finse di sorridere, facendo notare il proprio disappunto.
-Sono più brava di quanto possa sembrare.-
-Questo è vero.- Annuì il biondo. –Betram ti ha cercato più volte oggi, così come l’intero CBI. Potrei pensare che sei una ricercata.
-Da quando sei così ironico?-
-Meh.- fu il tutto.
-Quindi niente trauma cranico?-
-A quanto pare non sono l’unico dotato di sarcasmo qui intorno, noto.-
-Wuoh.. Adesso capisco perché ti hanno assunto. Tu sei davvero un sensitivo- e a quelle parole i due risero insieme. Lisbon si sentiva meglio e la rabbia si era dissolta. Forse dormire era stata una buona cosa, forse era stato il risveglio di Jane, forse il caffè.
-Sai che non esistono i sensitivi.- Le rammentò il collega.
-E sei anche modesto sui tuoi poteri..- sussurrò Teresa alzandosi. –Grazie per il caffè.- Si incamminò verso l’uscita dopo aver preso le chiavi dell’auto.
-Notte Teresa.- Sentì alle sue spalle.
-Notte Jane.- Rispose sorridendo, mentre le gote s’imporporavano.
-Hei.- Ed ella si girò per ascoltare.
-Sì?-
-Puoi chiamarmi Patrick.- Il biondo, seduto sul suo divano, le fece l’occhiolino bevendo l’ultimo sorso di thè. Lisbon lo guardò per un paio di secondi. Si limitò ad un altro –Notte.- senza alcun nome.
L’oscurità s’impossessò di lei mentre i due si dividevano.
Venti minuti dopo il mentalista dormiva sereno sul divano del suo capo mentre Lisbon pensava che quell’angelo, di cui era innamorata, aveva ancora troppi demoni dentro di sé.
Il giorno seguente i bambini avrebbero ritrovato i loro genitori riappacificati e meno ammaccati.




Note dell'autrice (inutili): Non avevo intenzione di fare un seguito del capitolo precedente però, essendomi stato richiesto da una certa Mareear (che odio tantissimo), eccolo qui. Non so se sono riuscita a cogliere meglio della volta scorsa i caratteri dei protagonisti. Spero. Spesso chi legge, e non scrive, non si rende conto di quanto sia difficile essere il più coerenti possibile ma confido nella vostra comprensione u.u Buon proseguimento.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2247604