Didimo

di Urheber des Bosen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fato ***
Capitolo 2: *** il sognatore ***
Capitolo 3: *** Paladino ***
Capitolo 4: *** Notte ***
Capitolo 5: *** Gli occhi ***
Capitolo 6: *** Le banalità ***
Capitolo 7: *** La neve ***
Capitolo 8: *** Fumo ***
Capitolo 9: *** Incontro ***
Capitolo 10: *** Catene ***
Capitolo 11: *** L'odio ***



Capitolo 1
*** Fato ***


Didimo deriva dal greco didimos, precisamente significa testicolo, ma per non essere volgari e per far capire meglio le mie intenzioni useremo il suo secondo significato: gemello.
La nostra storia non tratterà di legami familiari, quelli per fortuna o purtroppo non si scelgono, forse sono l'unico esempio di amore incondizionato, dettato solo dal fato, per alcuni una volontà superiore, ma per adesso questo non è importante, ci tengo a chiarire che vi è una certezza: il resto dei rapporti viene scelto ed è sempre e comunque condizionato.
Non staremo qui ad elencare le caratteristiche che deve avere un determinato individuo per essere amato, siamo abbastanza ferrati su questa materia, tuttavia non posso fare a meno di pensare che sia un enorme ingiustizia divina, aver la sensibilità per provare ardori, ma l'impotenza causata dall'esteriorità.
 Tuttavia questo è un dato di fatto, non dev'essere scambiato per un fattore negativo, infatti l'affetto è il risultato di un determinato pensiero dettato dalla ragione e per tanto è elevato.
A questo punto la mia stessa ragione mi fa domandare se i suoi figli siano sempre umani, cioè che rispettino le leggi minime della moralità.
 Comunque, per non perdere altro tempo in futili chiacchiere, affermerei che purtroppo nei secoli abbiamo imparato a diffidare della regola, del numero, noi uomini vorremmo essere matematici, logici ma il nostro lato romantico ci porta verso l'infinito.
Abbiamo provato a donarci alla scienza, alla concretezza, ci facevamo chiamare illuministi ma abbiamo fallito ed ora siamo qui a crogiolarci nella filosofia.
Siamo uomini, siamo innamorati della letteratura, cerchiamo la metafisica.
E quindi tutte le regole, i postulati, anni di studio e confronti qui saranno detti e negati.
Perchè per quanto la cosa faccia indignare, la mia parola al momento ha lo stesso valore dei grandi illuministi, anzi direi che io ho un vantaggio: respiro e respirando potrò continuare a negare anche la mia ragione, alla ricerca di un eccezione che possa avvalere la mia teoria.
A questo proposito è ora che vi presenti la mia eccezione, qui affermata e qui negata, quest'ultima renderà le mie parole vane, infatti le mie anime sono gemelle, ma non di famiglia e non per scelta.
Forse solo per il fato, forse solo per una volontà superiore, ma forse è meglio credere, in quanto colui che non è scettico ha una qualità in più: la fede.
Non sottovalutate mai questo aspetto della vita, fidatevi un giorno vi salverà,tuttavia non si arriva alla fede che per una sola via, per quella del dolore.
Come non cercare di credere in una logica, almeno divina?
 
Comunque, mi sono allungato abbastanza per il momento, che si apri lo scenario, che le mie marionette prendano forma, che sia dedicato loro uno scenario grottesco.
 Vi chiederete il motivo della mia scelta, è facile, signori miei per quanto drammatico, l'arte non nascerà mai dal benessere, l'arte è il grido del disgraziato, che disgustandoci ci colpisce.
Ma la vera conoscenza si cela nel riso amaro, è ora che il riso tocchi le vostre bocche disilluse.
La nostra storia si apre con una parola che deve echeggiare nella vostra mente: banalità.
Non prendete questo termine come un qualcosa di negativo, non dispregiatelo, quest'ultimo è la cosa più vicina alla matematica che esista, certo quest'ultima non è una legge certa come la logica, ma non si affida neanche alla malvagità del caso.
Un uomo saggio una volta mi disse:"Fede. Credere senza prove a ciò che ci viene detto da uno che parla senza cognizione di causa di cose senza paragone".
 Tuttavia, dopo queste prove uno spudorato una volta mi disse:"Preferisco una stravagante cattiveria ad una banale bonarietà".
Che stolto, è stupido l'istinto che ti dice di amare qualcuno con amore incondizionato?
Forse, ma non per quest'anima romantica che preferisce guardare il cielo con occhio rivolto verso una luce e non verso il buio.
Beh, povero Nietzsche sarà morto nel suo manicomio con la convinzione di un futuro super uomo e sono giunto io.
Tuttavia non temere, puoi ben vedere quanto le tue teorie abbiano influito, ma questo non è importante, so che ora in un luogo lontano stai ridendo della nostra stupidità.
 Di un semplice nostalgico che preferisce regalare una speranza dettata da un eccezione chiamata: Sasuke e Naruto.
 

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Capitolo 2
*** il sognatore ***


Sasuke era una persona colta, aveva coltivato studi letterari e conosciuto uomini dotti, quest'ultimi anche grazie all'influenza del padre.
Che dall'alto della sua mediocrità veniva considerato un buon professore universitario, probabilmente gli studenti avevano capito che il modo più facile di andare avanti in un ambiente ostile, era quello d'inebriare la testa dell'aguzzino con svenevoli, quanto insulsi complimenti.
Probabilmente è un ottimo modo di sopravvivere anche all'inferno, perchè non distrarre il diavolo con l'astuta arma dell'adulazione?
Tuttavia seppur disgustato Sasuke in quell'ambiente agiato ebbe la possibilità di osservare molte città e costumi e dopo un attenta analisi, finalmente comprese la verità: non gli importava.
Dall'anno sedicesimo della sua vita non volle più sentire alcuno e per tanto stringere il profondo, quanto seccante legame dell'amicizia.
Aveva capito l'inutilità delle cose umane e delle sue opinioni.
Sasuke conduceva una vita tranquilla, crogiolandosi nell'infinità dei suoi libri e cercando d'ignorare, per quanto possibile, le presenze fastidiose, tra cui primo fra tutti qell'ingombrante essere che quasi tutti definivano suo padre.
Tuttavia il nostro protagonista era una persona tranquilla, odiava recare offesa a qualcuno: essendo egli persuaso che nella vita degli uomini , le loro opinioni erano per la maggior parte dettate dalla Fortuna.
Insomma, nella sua concezione anche l'essere più rude, ignorante e fastidioso della terra, sarebbe potuto essere un intellettuale, se ben educato; pertanto nessuno poteva e doveva essere giudicato, tuttavia questa consapevolezza non gli impediva di non sopportare nessuno.
Era una persona singolare, non avrebbe mai fatto del male a nessun essere vivente, ma Dio solo sa quante volte avrebbe  voluto farlo.
Spesso si ritrovava a pensare che nella sua vita precedente doveva essere stato un barbaro, sia per i suoi pensieri violenti sia per un insana passione per le pellicce; oppure un coniglio..ma questa è un altra storia.
Ora, partendo da questi presupposti, potete ben capire i suoi rapporti con il resto dell'umanità, l'unica cosa che impediva l'amata quanto agognata solitudine, era il suo aspetto fisico.
Già vi ho parlato di quest'eventualità, in alcuni casi la vita è ingiusta perchè un uomo è portato a provare elevati sentimenti ma è impossibilitato dal suo aspetto fisico, immaginatevi il contrario.
Un uomo che rincorre disperatamente un po' d'intimità, già, perchè al nostro sventurato erano capitate due disgrazie: la prima era un fisico alto ed asciutto, accompagnato da un viso esotico, regalo di una madre dalle origini orientali e per secondo un carattere che per certi aspetti era definito affascinante.
Eh si, quelle povere ragazze avevano una missione: salvare un anima bella e dannata.
Perchè signori miei è impensabile che la bellezza non sia accompagnata da un anima nobile e magari anche una storia strappa lacrima, solo per completare il tutto.
Per sua sfortuna, l'indifferenza non era una possibilità.
E per tanto doveva lasciarsi salvare da un mostro inarrestabile: il nulla.
Perchè niente è peggio della convinzione di salvare qualcuno da qualcosa, di combattere contro qualcosa d'inarrestabile, se quel qualcosa non esiste, ma è solo nella mente.
Ma come è lecito dire, niente è più difficile da estirpare che la convinzione.
Ma, Sasuke avrebbe imparato a sue spese il contrario, alla fine forse quell'anima non era così forte come voleva cercare di convincere il suo cuore.
Forse non era così disilluso, quella maschera era diventata parte della sua pelle, che aveva quasi dimenticato di averla, ma alla fine era sempre una maschera.
...
 
Sasuke meglio disposto all'indulgenza verso sé e verso gli altri, ma con nell'animo integri gli ideali e i sentimenti di un sognatore.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Paladino ***


Naruto aveva paura.
Questa affermazione non deve suscitare la vostra ira, quest'ultima infatti non è un insulto bensì un semplice dato di fatto. Il timore è una sensazione data dalla ragione e quindi frutto di una riflessione; infatti quando ci dedichiamo all'azione del pensare il nostro cervello ha la capacità di analizzare molte situazioni in un arco di tempo molto limitato.
Da questa verità, il giovane aveva capito che uno dei modi più semplici e sicuri di uscire dalla maggior parte delle brutte situazioni era sorridere.
Quest'azione è un ottima mossa per rassicurare quasi tutte le persone, che inconsciamente contente dello sforzo,tendono ad essere benevole.
Purtroppo Naruto, come la maggior parte delle persone che hanno avuto la possibilità di scoprire qualcosa di utile, aveva dovuto faticare e vivere molte spiacevoli situazioni.
Eh si, perchè a sue spese aveva scoperto che nascere in un Paese povero e sottosviluppato era una colpa, dover trasferirsi per cercare di sollevare le finanze familiari era un crimine ed avere una madre volenterosa, disposta a fare i lavori più umili per cercare di portare i suoi figli alla sopravvivenza era un atto vile.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, per non dire sempre ,infervorato dall'ingenuità della fanciullezza preferiva non dedicarsi alla ragione, dimenticando tutti i suoi ragionamenti e si lasciava andare al magico istinto dell'ira.
Un altro elemento che conferma la mia teoria sull'irresponsabilità e si, idiozia di quell'essere era la sua negazione per la lotta fisica, non solo data dalla sua poca ed inesistente coordinazione ma anche dalla sua stazza, praticamente inesistente.
Ed infatti,mentre veniva picchiato si ritrovava a pensare alla sua stupidità, ma c'era un qualcosa che gli riscaldava il cuore: in quei momenti, nella sua mente, lui indossava i panni di un paladino.
Mentre quei ragazzini del quartiere si sentivano sollevati nel picchiare uno sporco rumeno, non solo perchè credevano nella giustizia dell'atto, ma anche perchè dall'alto della loro povertà erano più forti, forse meno deboli, Naruto aveva il petto che si gonfiava d'orgoglio e non per mancanza d'ossigeno. Solo per questo attimo di gloria, ignorato persino da Dio, lui dimenticava la sua paura, si dimenticava di sorridere e ridava trasportato dalla follia dell'istinto.
Il suo carattere spesso riusciva a mettere a disagio chiunque, persino i suoi fratelli, che trovavano quell'anima svelta ed infervorata strana, anzi esagitata. Si chiedevano il motivo per cui non poteva adagiarsi come ogni creatura sana; erano convinti che da piccolo doveva aver preso una brutta botta su quella testa troppo bionda, ma non avendo i soldi per farlo vedere da qualche esperto ed avere delle conferme, sorridendo voltavano lo sguardo da un'altra parte. L'unica creatura che vedeva in quel folle qualcosa di logico, era quella povera donna che tutti chiamavano sua madre. Tutti provavano una sorta di carità verso quei due: avevano la testa troppo lontana, troppo diversi per omologarsi, troppo testardi per andarsene, avevano la pretesa di restare in un luogo troppo impegnato per ascoltare i loro discorsi, le loro idee. Ma erano troppo distratti dai loro pensieri per accorgersene e quindi aspettavano, e se proprio stavano per scoppiare parlavano tra di loro.
Forse vi starete chiedendo quali discorsi impegnavano le loro giornate, sacrificando il loro lavoro e la pazienza altrui: erano semplici storie. Ma non quelle banali, logiche, no quelle sono per tutti, vengono raccontate per far venir sonno ai bambini, i loro racconti non potevano far dormire, dovevano far riflettere sui grandi ideali ed irraggiungibili verità. Quest'amore per le fiabe era frutto di una sorta di inconscia ribellione alla situazione del periodo, si mettevano ad errare per il quartiere, combattendo per difendere gli ideali di libertà e giustizia. Ma ovviamente Naruto come ogni vero eroe che si rispetti, mostrava la sua grandezza nel perdere con gran dignità. Alla fine mentre tutti preferivano girare lo sguardo nella grigia tranquillità della città e del lavoro, l'unica sempliciotta che curava il pavido ferito era quell'inguaribile sognatrice della madre. Tutti avevano pena per quei due, tutti tranne Dio, che dall'alto della sua sfuggente crudeltà decise di privare quel giovane infervorato della sua complice, della sua compagna d'ideali. Ora, Naruto aveva ancora più paura, ma tendeva a non sorridere, no, egli rideva, si prendeva gioco di tutti quegli stolti che non riuscivano a vedere oltre quel grigio quartiere, oltre quella brutta città, oltre quel disilluso popolo.
Lui continuava a raccontare storie, alla ricerca di qualche anima disposta ad ascoltarlo.

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Capitolo 4
*** Notte ***


Naruto dall'alto del suo grigio palazzo, nella povertà del suo quartiere a volte dimenticava il luogo dove si trovava e aveva la presunzione di guardare le stelle.
Ma in quella città non si vedevano i piccoli squarci di paradiso, forse erano scomparsi, in mancanza di qualcuno che l'ammirasse.
Sua madre glielo ripeteva spesso:" indiferent de ceea ce ar putea apărea ochii tăi, pentru că imensitatea ochii tăi albaștri nu vor fi întotdeauna la mare, închideți ochii și visez îngerul meu". Era l'unico dei figli che aveva ancora voglia di sentire la madre parlare nella loro lingua madre, quel suono, troppo forte per qualcuno gli riscaldava il cuore, riportandolo in una terra selvaggia.
Gli altri lo consideravano una perdita di tempo, come tutte le cose che faceva quel ragazzo troppo biondo e spesso lo rimproveravano, criticandogli il fatto di far soffrire la madre di nostalgia, ma Naruto sapeva che non era così , lui, come la sua mamă non avevano dimenticato quel lontano posto chiamato casa.
Almeno nella povertà della loro vecchia dimora si vedevano le stelle. Forse era vero, erano nel luogo sbagliato al momento sbagliato e per questo si sentivano infelici in quell'evoluta città.
Vedeva la sofferenza negli occhi dell'amica ,quando usciva di casa per recarsi nelle case delle ricche signore che consideravano la sua umiliazione motivo di vanto.
Avevano gli stessi occhi, lo dicevano tutti, spesso con tono disgustato;ricordava che quand'era piccolo era una tortura andare a scuola, in quell'ambiente tutti lo deridevano perchè non conosceva la lingua, le abitudini, si sentiva diverso, un alieno catapultato in un brutto mondo.
In quel periodo l'unica gioia era tornare a casa ed avere la possibilità di ascoltare una storia, in quei momenti quel monotono quartiere diveniva una foresta, i randagi meravigliose creature e suoi fratelli le orribili creature oscure.
Poi la storia finiva, ma Naruto non tornava.
Era andato in un posto migliore e sopratutto lontano, ma poi si è costretti a ritornare.
Un giorno la sua racconta storie si era ammalata, ma fino all'ultimo, guardando il disgusto negli occhi dei suoi stessi figli non cambiò sguardo e cercò le stelle; in quel momento le trovò, erano comparse solo per lei, Naruto lo sapeva perchè aveva riso.
Ed ecco che nella solitudine di quei momenti avrebbe voluto trovarsi altrove, ma senza di lei era quasi sempre impossibile.
Le creature oscure erano più forti, riuscivano ogni volta a distruggerlo con frasi amare.
Perchè amici, la nostra lingua è un miracolo, Naruto si chiedeva come potevano le stesse lettere creare bellezze infinite ed atrocità.
Aveva paura, aveva il terrore ma stava crescendo e aveva dovuto imparare ad andare avanti, tanto alla fine nessuno si sarebbe accorto di lui nella tristezza. Ed allora accantonava la voglia di sparire, a volte metteva da parte la rabbia e cercava la felicità, tuttavia la logica non basta, era un ragazzo, un uomo e quando lo ricordava l'angoscia lo strangolava, come se volesse far uscire da quell'esser ogni frammento di vita, ma Naruto non piangeva.
Quel giovane troppo chiaro, si rendeva conto che nessuno in quella casa si sarebbe accorto delle sue lacrime e quindi aspettava.
Ad un tratto, nell'immensità di quel buio si sentì stupido, quella sera non avrebbe di certo visto le stelle e visto che l'indomani sarebbe dovuto andare a scuola, sarebbe stato meglio andare a far finta di dormire. Perchè il giovane non dormiva e splendide occhiaie rigavano il suo viso, tanto per farlo sembrare ancora più sbandato e misero, questo lo sapeva bene, aveva il privilegio di ascoltare la stessa frase ogni giorno al levar del sole.
"Ne vedem mâine, mama"

... Sasuke era annoiato, aveva da poco finito il suo ultimo libro e immerso nei suoi pensieri, quel giorno si era dimenticato di comprarne un altro. Il giovane non andava mai in biblioteca, a suo parere un libro per essere goduto dev'essere del lettore, questo deve diventare quotidianità e una volta finito dev'essere in alto nel suo scaffale a ricordare i suoi insegnamenti.
Questa volta tra le sue delicate mani erano capitate le vecchie lettere di Leopardi.
Nell'ultima lettera il letterato descriveva la madre, quest'ultima era una donna plagiata dalla religione, un essere che aveva dimenticato persino di piangere alla morte dei figli, credeva in una ragione divina ma, nel farlo aveva scordato la sua umanità. Era un essere drogato di danaro, così impegnato nella ricerca disperata del risparmio che aveva perso la vera Ragione. A pensarci bene Sasuke in questa descrizione aveva visto più volte gli occhi della madre.
A volte, si ritrovava a pensare che forse era meno peggio quell'ingombrante figura che gli faceva da padre, nella sua semplicità ed ignoranza almeno fingeva d'interessarsi a lui.
In fin dei conti aveva anche un lato positivo, infatti quando era piccolo l'inetto aveva fatto costruire una biblioteca sul secondo piano dell'enorme casa, era grande e conteneva una quantità spropositata di volumi, tuttavia la maggioranza erano già stati letti dall'annoiato ragazzo e i restanti erano stati scritti dal padre o dai suoi stupidi studenti.
Quindi, con questa consapevolezza sulle spalle si ritrovava su un balcone troppo grande, in una villa vuota con lo sguardo perso nel vuoto, forse in cerca di qualcosa.
Tuttavia anche se la notte era scesa da molto, Sasuke non sarebbe andato a letto, odiava sprecare la serenità della sera, anche se il giorno dopo sarebbe dovuto andare in quell'odioso e puzzolente luogo che si ostinavano a chiamare scuola; il giovane aveva più volte cercato di spiegare che le vere scuole non esistevano più, si erano estinte nel medioevo, quando era stato impedito agli studenti di scegliere il proprio insegnante, ma come al solito nessuno aveva capito e si erano limitati a guardarlo con fare stupido.
Quindi, quella sera sarebbe rimasto sveglio a fare il niente,tanto sul suo viso perfetto non si riusciva a leggere nulla, neanche la stanchezza dei suoi occhi.

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Capitolo 5
*** Gli occhi ***


Lo straniero odiava svegliarsi presto, non gli piaceva dormire, tuttavia apprezzava il tepore delle coperte.
La sveglia, come la campana che una volta un inglese citò, suonò inesorabile ed il giovane fu costretto a compiere il suo destino.
Si costrinse ad alzarsi dal caldo letto e vedere quel brutto ghigno che caratterizzava la faccia di sua sorella maggiore, ovviamente lei con il suo gentil tono lo aggredì:" Muoviti sfaticato!, oggi non torno a casa, ho il doppio turno, comprati qualcosa per pranzo e svegliati!".
Naruto sapeva perfettamente che non si sarebbe svegliato, avrebbe continuato a tenere quello stato di dormiveglia per tutta la giornata, anzi per sempre.
Tanto non vedeva nessun valido motivo per cui valesse la pena tenere gli occhi aperti, preferiva di gran lunga far finta di essere altrove e quindi indossando uno splendido sorriso commentò:"Vai a farti fottere".
Non prestò attenzione ai seguenti insulti, sarebbero stati devastanti per le sue orecchie, infatti la sorella per questo genere di materia aveva grande ingegno e fantasia, per le altre si dava all'abitudine.
Tuttavia dovette fare attenzione alla forchetta che gli volò impunemente in testa.
Con il tempo il giovane aveva imparato una serie di insulti irripetibili, non soleva usarli spesso, ma in quest'occasione decise di farne sfoggio, tuttavia decise di usare un tono basso , voleva continuare a vivere, almeno per un altro po'.
Come al solito il bagno era stato prepotentemente occupato da suo fratello maggiore, così come di norma preferì  recarsi in camera sua e cercare qualcosa di pulito, cosa impossibile per non dire utopica.
Così si ritrovò, come ogni mattina, con un vecchio pantalone ed una maglia sgualcita, decorata con qualche macchia di sugo.
Prese lo zaino, non sapendo cosa ci fosse dentro e corse alla fermata dell'autobus, che ovviamente avrebbe perso.
Giunto a metà strada si ricordò di questa costante e decise che non valeva la pena affaticarsi, così mentre camminava iniziò a pensare a tutte le possibili ipotesi di rimprovero da parte del professore, probabilmente lo avrebbe fatto rimanere fuori l'intera ora.
Questa possibilità fece sorridere lo sbandato ragazzo, odiava l'ora di arte e sopratutto odiava quell'insegnante: un viscido essere, capace solo di dettare appunti letti e scopiazzati da qualche parte.
Forse in un altro ambiente gli sarebbe piaciuta quella materia, ma in quelle circostanze era impossibile.
Con questa consapevolezza si avviò verso l'edificio che sarebbe dovuto essere la sua scuola.
...
Sasuke per la prima volta dopo quattro anni si era ritrovato fuori, nell'ufficio del bidello ,a causa di uno stupido ritardo.
Quest'evento per quel ragazzo troppo cupo fu considerato una catastrofe, non certo per la lezione persa, ma per la consapevolezza di dover passare un intera ora a far niente, non  avendo avuto ancora la possibilità di comprare un nuovo libro.
A pensarci bene non era stata una grande idea quella di non andare a letto.
Purtroppo anche lui era un essere umano e quattro ore di sonno non bastavano.
Bene, aveva imparato la lezione ma comunque si trovava seduto su una stupida sedia a guardare il nulla, per la prima volta dopo molto tempo si sentì stupido, ora capiva come si sentiva il padre, il più delle volte.
A questo pensiero comparve un ghigno su quel viso di porcellana, che visto il contesto tendeva a stonare.
Mentre il divertito cercava di ricomporsi e di riacquistare il suo portamento, sulla porta apparve una figura alquanto sospetta: un biondo.
Ma non di quelli comuni, c'e ne sono tanti, era molto chiaro, con grandi occhi azzurri, Sasuke aveva un particolare interesse per i particolari e notò che il ragazzo non aveva i soliti tratti, probabilmente era nordico, una volta accertata la faccenda, dall'ascolto dell'accento dell'altro, la cosa l'annoiò, ma non poté ritornare a nient'altro, così s'incupì più del solito.
Non prestava molta attenzione alle parole che si scambiavano lo straniero ed il bidello, distinse solo qualche lieve parolaccia e qualche minaccia, ma niente di più e niente di meno.
"La prossima volta chiamerò i tuoi genitori"
"Faccia pure"
Questa fu la frase che decretò la fine della discussione  tra il biondo ed il collaboratore scolastico.
"Quel vecchio di merda.." pronunciò acidamente il ragazzo, prima di sedersi, quest'ultimo nella foga del momento non aveva avuto il tempo neanche di guardarsi attorno, se l'avesse fatto avrebbe sicuramente notato quell'odiosa figura seduta accanto a lui: Sasuke.
Non sopportava quell'essere, sua madre aveva lavorato alla villa Uchiha per due anni e raccontava cose orribili sulla cattiveria ed acidità della sua famiglia, specialmente di sua madre.
Tuttavia Naruto non aveva mai avuto l'onore di trovarsi dinanzi il celebre misterioso.
Aveva ragione, non gli piaceva minimamente, nello sguardo aveva qualcosa di fastidioso e  saccente.
Con questa certezza il biondo decise di cucirsi la bocca e non parlare, per una volta,  tuttavia si sopravvalutò e nel giro di una mezzora iniziò un discorso, per non impazzire:" Anche tu ritardo..strano non ti ho mai visto qui è la prima volta?".
Sasuke udendo quella voce si svegliò dal suo flusso di pensieri e decise di rispondere, solo per cortesia:"si".
Questa era una risposta semplice e coincisa, portava a termine la conversazione senza farlo passare per un maleducato;infatti lo strano ragazzo avrebbe dovuto capire il tono seccato, cosa che ovviamente non fu.
Naruto, com'era logico, non fece caso al tono di voce dello scocciato e continuò il suo sproloquio, in quel momento avrebbe parlato con chiunque, anche con il bidello, se non fosse stato così meschino.
" Io finisco qui quasi tutte le mettine, ormai ci ho fatto l'abitudine, tra un po' farò amicizia anche con quella carogna, l'altro giorno non mi ha neanche rimproverato, probabilmente mi avrà scambiato per un mobile"
Il moro non rispondeva, annuiva e basta, la voce di quel ragazzino era martellante ed entrava in testa, così alla fine Sasuke decise di starlo ad ascoltare, tanto non c'erano molte altre alternative.
In questo modo scoprì che il nome del biondo era Naruto, che aveva quindici anni ed era di origini straniere.
Lui non disse molto di sé, ma Naruto sembrava già conoscerlo, anche solo per nome, meglio pensò, non avrebbe dovuto dire niente.
Alla fine, bene o male l'ora terminò e i due poterono ritornare in classe.
 La punizione era stata meno seccante del previsto, almeno non aveva dovuto sorbire quelle oche che lo perseguitavano.
E poi aveva potuto ammirare un bel viso, Sasuke era oggettivo, non era gay ma sapeva riconoscere qualcosa di bello quando lo vedeva.
Naruto aveva bei tratti nordici e la cosa che più lo colpì furono gli occhi, non erano blu erano di un azzurro quasi accecante, l'esteta amava i particolari e vide in quel colore quasi soffocante una punta di viola.
Non ne aveva mai visti così, forse l'avrebbe ricordato o forse no.
Mentre cercava di immortalare quell'immagine nel suo cervello quella vocina stridula lo disturbò per l'ennesima volta:" E' stato bello parlare con te, ciao"
Ecco ora ne aveva la certezza, non lo sopportava.
Purtroppo l'unico male o bene è l'indifferenza, quest'ultimo è la repulsione dell'umanità; qualsiasi altro sentimento è simbolo d'interessamento, implica spreco di tempo e di energie, ma ovviamente Sasuke non l'avrebbe mai e poi mai ammesso, forse aveva semplicemente dimenticato di leggerlo.
Naruto, mentre tornava in classe continuò a riflettere sulla figura che aveva incontrato quella mattina, l'Uchiha non era così antipatico, anzi dopo tutto era di piacevole compagnia, si limitava ad ascoltare e questo era di conforto.
Alla fine per quanto la sua aria da superiore potesse sembrare insopportabile, quest'ultimo poteva averla, era davvero uno splendido ragazzo, chiunque l'avrebbe desiderato.
Questa cosa lo disturbò, forse invidia ma non ci dette peso, quel giorno avrebbe avuto compito di greco e avrebbe dovuto ingegnarsi il meglio possibile per non prendere il solito quattro.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Le banalità ***


A volte si ritrovava a pensare che alla fine non importava.
Non interessava a nessuno quel'attimo, quell'anima che camminava per dei corridoi polverosi; pensava che forse noi siamo solo un errore del big bang, non siamo nati per uno scopo e sopratutto non siamo nati per nessuno.
E allora per quale motivo quell'anima annoiata si sentiva pesante?
 Perchè quel  moro troppo attento per prestare attenzione a qualcosa, mentre cercava di camminare con la sua solita andatura elegante sentiva male al petto, perchè per la prima volta dopo anni gli venne voglia di urlare?
  Anzi,di scalciare, sopratutto di prendersela con qualcuno.
Era un impulso indomabile, animalesco; perchè per quanto la storia possa far finta di dimenticare, l'uomo viene da una scimmia, un animale che per quanto possa essersi evoluto, nasconde una vena violenta, aggressiva.
 Per la prima volta Sasuke non ebbe più il controllo di se stesso e si ricordò di essere una scimpanzé.
Ricordò che a volte questi animali lottavano, per il puro senso di esistenza.
 E quindi con questa illuminazione,prese un altro animale, a caso, e senza un motivo che non fosse il puro svago, iniziò a lottare
Mentre compieva quest'atto, per alcuni classificato solo come vile, gli venne in mente un altro motivo di rabbia: il suo essere finito.
Per quanto lui si sforzasse di elevarsi, di guardare oltre, si ritrovava ad essere come tutti gli altri: un banale e rozzo scarabocchio.
E così dall'alto della sua scoperta mediocrità,  fece l'unica cosa che credeva possibile in quel momento, picchiò più forte.
Non conosceva il ragazzo con cui stava avendo la lite, ma non gli importava, sembrava abbastanza robusto e quindi almeno non si sentì un vile, vista la situazione era un punto positivo, dopo tutto.
Non seppe bene chi interruppe il combattimento, ma ad un tratto si ritrovò schiacciato da una serie di mani, che fastidiosamente continuavano a chiedergli sulla sua salute.
Avrebbe gentilmente mandato tutti a quel paese, ma..ah no, lo fece.
Con la sua splendida bocca insanguinata e con voce suadente disse:" Non mi rompete i coglioni!".
Dopo questa eroica uscita, avrebbe voluto andarsene, anche perchè stava per svenire, come al solito si era sopravvalutato e più che prenderle, le aveva prese, ma ad un tratto si ricordò di essere a scuola e che quindi avrebbe dovuto rispondere delle sue azioni.
Sarebbe stato inutile spiegare a quella mandria di bufali che l'aveva fatto solo per sfogare i suoi istinti primordiali, per una sorta di prova scientifica, ma nessuno ci avrebbe creduto, probabilmente nemmeno lui.
Così si lasciò trasportare da quella folla inferocita, gli venne a mente che l'uomo è davvero strano, in gruppo, supportato dell'aggressività generale, compie azioni che individualmente non avrebbe mai commesso.
Sasuke lo aveva sempre saputo, erano un ammasso di pecore, specialmente quelle stupide ragazze che ingiustamente continuavano a difenderlo con frasi del tipo" Sasuke non farebbe mai una cosa del genere!, sarà stato sicuramente provocato".
Quanto le odiava, in quel momento di furia avrebbe potuto dimenticare il loro gentil sesso e dargli uno schiaffo ben piazzato, solo per dimostrare il contrario, ma non lo fece.
Era impazzito, ma non avrebbe mai superato i limiti del buon gusto, per ora.
Mentre sentiva le grida del preside rivolte verso la vittima, si sentiva un verme, era lui che aveva iniziato la rissa e senza alcun motivo.
Ma non ebbe la capacità di farsi dare la colpa, agli occhi degli altri sarebbe stato sempre perfetto e questo lo infastidì come non mai.
Anche se avrebbe voluto essere crudele, nessuno gliel'avrebbe mai riconosciuto, avevano scelto il suo ruolo, molto tempo addietro.
Ad un tratto capì, avrebbe cambiato il suo personaggio, non avrebbe avuto limiti.
Forse quell'uomo fuori dal mondo stava davvero cambiando, ma in peggio.
La vita è facile, la noia è difficile, ecco perchè si cerca di non rispecchiare la Natura che il Destino ci ha donato.
 
...Ovviamente le previsioni di Naruto erano esatte, avrebbe preso un pessimo voto.
Il ragazzino non solo non studiava, ma aveva anche la spocchia di non copiare, o meglio odiava chiedere favori a quelle teste quadre dei suoi compagni.
Insomma, aveva degli amici che gli avrebbero volentieri passato le loro versioni, il piccolo particolare è che quest'ultimi studiavano ancor meno dell'interessato.
E quindi dovette contare solo sulle sue forze, insomma un suicidio scolastico.
Per testimoniare il suo fallimento Naruto affondò il suo testone sul banco, con l'opportuna idea di affogarci dentro, l'avrebbe fatto se quel rompiscatole del professore di greco non avesse interrotto i suoi pensieri poco felici:"Allora questa volta potremmo sperare in un cinque?".
Adorava quel professore troppo positivo per vestire quel ruolo, piccolo particolare è che il docente proprio non tollerava quello sfaticato, non tollerava chi si adagiava sulla propria incapacità.
Ma Naruto sapeva che in fin dei conti gli voleva bene, insomma lui era l'unico che bene o male capiva la sua vena sarcastica.
Più volte il professore aveva ribadito che questa caratteristica non era positiva:"L'uomo ironico non sarà mai buono".
Al che il ragazzo rispondeva:"Buono no, ma saggio si"
Quando le parole del saggio insegnante lo svegliarono, l'interessato alzò gli occhi e cercò di dare una risposta eloquente per acquistare punti, ma si arrese e non gli uscì niente di meglio che:"Io non ci spererei troppo"
Questa sentenza, seppur banale fece nascere un sorriso su quel viso solcato da anni di lavoro:" La speranza è l'ultima a morire, ma con te non si sa mai"
Per quanto offensiva questa frase fece ridere l'inetto, che decise che non valeva la pena abbattersi per l'ennesimo brutto voto, tanto non sarebbe stato il primo e sopratutto non sarebbe stato l'ultimo.
Così si dimenticò di fare l'ameba e vedendo delle persone riunite nel corridoio che parlavano animatamente, decise di andare ad ascoltare l'ultimo gossip, probabilmente avevano messo un nuovo gusto di patatine nella macchinetta..
Beh, meglio di niente pensò mentre raggiungeva gli altri, appena si trovò dinanzi la marea di gente , porse la domanda più naturale di tutte, ovviamente secondo la sua testa bacata:"Allora che succede?".
Non l'avesse mai fatto, una marea di ragazze lo assalirono, certo aveva sempre pensato che un giorno sarebbe successo, ma non certo per ucciderlo.
"Naruto sei sempre fuori dal mondo!"disse la ragazza più alta, susseguita da un'altra fanciulla con  le lacrime agli occhi"Oggi qualche mostro ha picchiato Sasuke"; al che si aggiunsero altre voci, sempre di ragazze"Ma che stai dicendo! l'hanno picchiato perchè stava difendendo uno del primo anno".
Il biondo non poteva credere che quel ragazzo, quel'essere che aveva conosciuto la mattina fosse un eroe, insomma non gli pareva proprio il tipo, avrebbe giurato che se avesse visto qualcuno a terra, gli sarebbe passato sopra.
Forse la prima impressione era sbagliata, forse era davvero forte.
Tuttavia si rifiutò di dire che l'aveva conosciuto, sicuramente gli avrebbero fatto troppo domande e per qualche motivo se la sarebbero presa con lui, insomma a detta di tutti lui aveva una cattiva influenza o meglio sfortuna.
Povero giovane, avrebbe scoperto più tardi quanto questa affermazione potesse essere vera.
Tuttavia nel bene e nel male la giornata scolastica era giunta al termine e tutti si avviarono verso casa.
Tutti tranne Naruto, che preferì andare a mangiare un pezzo di pizza con una sua campagna di classe: Sakura.
Quest'ultima era una ragazza allegra e...basta, il biondo non credeva avesse altre qualità, per quanto ne sapesse era abbastanza violenta, poco gentile e sopratutto irascibile.
Tuttavia la cosa non infastidiva il ragazzino che vedeva nell'amica una buona compagnia, la trovava particolare, ricordava la prima volta che la vide, la cosa che lo colpì di più furono i capelli rosa.
Certo la gentil fanciulla ebbe non pochi problemi per questa sua scelta estetica, ma non li decolorò mai, li amava , diceva che erano parte della sua personalità e per tanto decise di mandare a fan culo l'umanità ed il buon gusto.
Il biondo odiava le banalità e quindi decise subito di andare a fare amicizia con lo strano soggetto, certo per istaurare un rapporto civile dovette impiegare tre mesi e un paio di costole rotte, ma ne era valsa la pena, dopo tutto.
Mentre due ragazzi caratterizzati da strani capelli lasciavano la scuola, accompagnati da tante risate, un ragazzo con il labro spaccato stava lanciando una sedia.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** La neve ***


Stava nevicando.
Naruto si era quasi dimenticato il freddo che portava Gennaio, dal piccolo bar poteva scorgere i bianchi fiocchi che il cielo continuava a regalare a quella grigia città.
Il chiarore rendeva tutto più bello e fingeva di colorare la sporcizia, ma alla fine diventava solo parte di essa, tuttavia la prima neve è sempre perfetta.
Gli venne da sorridere.
Ovviamente la sua strana amica se ne accorse e decise che non sopportava la faccia da ebete che aveva assunto il biondo e così fece la cosa che le riusciva meglio: gli diede uno schiaffo accompagnato da un urlo:"Ma che sei scemo! muoviti che se continua così finiamo che restiamo bloccati qui ed io un intera notte con te non la faccio!".
La voce stridula di Sakura purtroppo lo fece svegliare, a volte non sopportava le persone che tendevano a distrarlo dai suoi pensieri, a volte gli era grato, se fosse stato per lui si sarebbe estraniato da questo mondo, che tanto neanche gli piaceva.
Tuttavia era un bugiardo e lo sapeva, c'erano cose che lo entusiasmavano e gli facevano guardare il cielo con occhi diversi, ma era più facile rinnegare tutto, piuttosto che cercare le eccezioni.
"Va bene"
Detto questo i due estranei uscirono dal bar, per poi ricordarsi i cappotti, nella loro testa si diedero degli stupidi, ma non l'avrebbero mai ammesso e così entrambi fecero finta di nulla.
L'ultima cosa che si scambiarono prima di prendere strade opposte fu uno sguardo complice, quest'ultimo implicava che non avrebbero mai rivangato quello stupido inconveniente. Naruto camminava, cercava di non voltarsi mai indietro, ma falliva quasi sempre.
Tendeva a ripensare ad un passato lontano ed a volte si dimenticava del presente, passeggiando per i stretti vicoli del quartiere notava come i fiocchi di neve scendevano creando quasi una danza ipnotica, erano perfetti, erano nati per quello.
Da piccolo pensava che i fiocchi di neve fossero pezzi di paradiso che cadevano, donando all'uomo speranza.
Gli fece ridere questo pensiero fin troppo infantile e banale, perso nei suoi pensieri non si accorse dei ragazzi che lo accerchiarono.
Non si stupì, non era la prima volta che si trovava in quella situazione, probabilmente gli avrebbero dato un paio di calci, forse qualche pugno e sarebbero scappati, come sempre.
Una voce si levò dalle altre:"Cane! Quelli come te sono ovunque, state contaminando la città".
Questa frase detta in modo così epico risultava ancora più stupida:"Non ti preoccupare, non c'e certo bisogno di quelli come me per rovinare la tua città, fa schifo egregiamente da sola".
Per questa battuta venne spinto contro al muro, peccato, avrebbe voluto trovare una frase migliore, mentre lo spintonavano iniziò a pensare a frasi ad effetto per cercare di scoreggiarli, tipo..no non gli veniva in mente niente.
Mentre formulava questi pensieri alquanto strani per quella situazione, iniziò a pensare che forse stavano esagerando, non si erano limitati a buttarlo a terra, stavano continuando a dargli calci ed anche forti.
Alzando gli occhi notò lo sguardo titubante di uno dei suoi assalitori:"Io me ne vado, non voglio avere niente a che fare con questa storia, così lo ammazzi!"
Naruto notò che al suo sangue si mischiò una lacrima, non era sua.
Il capo dei vili si portò una mano alla bocca, per bloccare il singhiozzo che minacciava la sua maschera:"Stai zitto! vattene, io questo lo ammazzo, è uno della sua razza che ha violentato mia sorella!"
Detto questo iniziò a colpire più forte :"Cane, sei uno sporco cane, ve la farò pagare"
La neve cadeva sulla faccia del mal capitato che non riusciva a fare a meno di pensare ad una frase che gli era stata detta due giorni fa dal sua amato professore:La rabbia dell'intolleranza è più folle e pericoloso dei vizi, perchè c'illude con l'aspetto della virtù.
Era vero, solo Dio sapeva quanto poteva essere vero, ma tuttavia era troppo scomoda, Naruto capiva che il degenerato stava cercando di sopravvivere, forse era l'unico modo per piangere, per dimenticare, sapeva che non l'avrebbe mai perdonato.
Cercò di tornare alla realtà, tentò di reagire, ma la massa, che fino a quel momento si era tenuta in disparte, forse spaventata dalla sua complicità nell'essere picchiato, lo fermò.
La neve che cadeva in quel momento gli parve calda e notò l'arnese che brillava nelle mani dell'uomo in lacrime, prima d'incidere sei segni sul volto del rumeno disse:"Sei un lurido cane e come tale devi esser visto".
Notò il tremolio nelle braccia di chi lo teneva fermo, forse tutti sarebbero voluti scappare in quel momento, fuggire da quel lurido quartiere, dalle loro squallide vite per non tornare mai più, ma non lo fecero ed il sangue segnò il loro passaggio.
Mentre l'opera veniva completata un vecchio si affacciò dalla finestra:"Cosa state facendo!"
L'uomo in questione non aveva un nome, o meglio l'aveva, ma nessuno lo sapeva, forse nessuno aveva avuto il tempo di domandarglielo e così lo chiamavano Mussolini, quell'uomo aveva una strana passione per quel dittatore e lo dimostrava con un grande quadro che caratterizzava la sua porta d'entrata, che ritraeva il suo idolo.
Era un razzista, non si vergognava a dirlo, era un razzista verso l'umanità.
Neanche completò la frase che il gruppo si era dileguato nella notte, tuttavia l'anziano non rinunciò alla sua minaccia:"Vi troverò, siete dei vigliacchi non si aggredisce così un uomo, prendetevela con qualcuno della vostra taglia!"
A questa frase udì un lieve sospiro accompagnato:"E saresti tu della loro taglia?".
Come osava quel ragazzino! Stava per lasciarci le penne e ancora faceva dell'ironia, quella volta aveva visto bene, era proprio svalvolato, mentre formulava queste congetture, per caso notò gli occhi del ferito, erano azzurri, il ragazzo non aveva chiuso gli occhi, neanche per un attimo, troppo preso ad osservare la neve.
Il sangue aveva rovinato tutto:"Su alzati ragazzo, se hai la forza di dire cose stupide puoi anche alzare le chiappe,se resti qua le cose non faranno che peggiorare, andiamo a casa mia ti offro un bicchierino"
La casa era piccola, assomigliava a quella dello straniero, era brutta, ma si sa, le cose mediocri si somigliano un po' tutte.
Mussolini gli mise dell'alcol in faccia e gli disse di mordere un pezzo di stoffa,Naruto sentiva bruciare, sentiva tutto l'odio, la rabbia.
"Dai ragazzo, non face la femminuccia, sono solo due graffi", ma il vecchio sapeva che non era così, se non fosse stato un tempo un medico, avrebbe sicuramente chiamato un ambulanza, ma in quel quartiere non andavano mai.
Dovette mettergli dei punti.
Si finirono un intera bottiglia di vodka.
Una volta completata la missione si addormentarono, un po' per stanchezza, un po' per il dolore e si dimenticarono di pulirsi dal sangue.
Quella notte nessuno cercò Naruto e qualcuno coprì il sangue con altra neve.
... Sasuke era arrabbiato.
Odiava la neve, la trovava fredda ed inutile.
Da bambino moriva di freddo nell'enorme villa, ma la madre per risparmiare non accendeva mai i riscaldamenti e lui si ritrovava davanti un camino troppo grande che avrebbe potuto inghiottirlo da un momento all'altro.
Dopo lo spiacevole accaduto di quella mattina nessuno l'aveva rimproverato, nessuno aveva avuto tempo.
Così si ritrovò a sgridarsi da solo dinanzi uno specchio, una volta capita l'inutilità di quell'azione iniziò a prendersela con le statue.
In fondo l'aveva sempre odiate, con quegli stupidi occhi che non smettevano di fissarlo.
"Che cazzo avete da guardare!"
Dopo aver completato la sua opera decise di uscire, non sopportava più quella casa, anzi non l'aveva mai sopportata.
Iniziò a camminare e si accese una sigaretta, cosa alquanto difficile a causa di quella stupida neve.
Non stava pensando a niente di particolare fin quando non giunse in un quartiere poco raccomandabile, era caratterizzato da uno stretto vicolo, ad un tratto il suo sguardo si posò su una piccola macchia di sangue, probabilmente doveva essercene molto di più, ma vista la neve spostata, qualcuno dovevo averlo coperto.
Con il piede coprì l'ultima goccia e tornò sui suoi passi.
Quel giorno non comprò il libro.

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Capitolo 8
*** Fumo ***


Ogni uomo uccide ciò che ama.
 Sasuke lo sapeva, aveva visto la sua famiglia distruggersi con sguardi e sorrisi assassini.
Questa è la vita, questa è l'umanità.
Camminava in cerca di qualcosa che non esistesse, forse voleva scomparire.
Non capiva perchè doveva continuare a vivere in un mondo che non lo capiva, che non capiva.
Si rendeva conto che la maggior parte delle persone avevano la possibilità di vivere felici in un oscura ignoranza, ma lui credeva di conoscere tutto, nei suoi occhi solo indifferenza e per tanto si adirava.
Non avrebbe mai potuto vivere felice credendo di esserlo.
 Con questa fastidiosa consapevolezza nello spirito, continuava a scorgere quel bianco neve che prepotentemente continuava ad occupare ogni parte della sua vista, il mondo sembrava felice, ignorava la sua sporcizia e sopratutto ignorava Sasuke.
Il giorno era alle porte, prepotente illuminava il volto dell'infelice.
Camminando, il giovane baciato dalla luce decise di accendersi una sigaretta.
Quest'ultime erano un buon calmante, almeno così era stato fino a dieci minuti prima.
 Tuttavia al primo tiro quell'ottuso moro si rese conto che semplicemente lo disgustava.
Forse non gli era mai piaciuto veramente, neanche se lo ricordava del perchè aveva iniziato.
Era stato molto tempo addietro, i suoi genitori erano accaniti fumatori ed era loro abitudine lasciare i pacchetti dinanzi a lui.
Una volta semplicemente la prese, nessuno gli disse niente, forse non lo videro, o più semplicemente non gli interessava.
Così da un giorno all'altro divenne un fumatore.
Forse il fumo non da piacere, non induce alla meditazione, semplicemente rende nebbia i pensieri.
Il fumatore crede di riuscire a far uscire il dolore ed il male con un semplice gesto.
  A quel punto Sasuke decise di provare qualcosa di nuovo, tanto per sentirsi un po' meno morto.
Sapeva dove vendevano quella "roba", non era un segreto per nessuno, nei vecchi quartieri di periferia tutti vedevano, erano solo ombre, ignorate persino dalla giustizia, che non li riteneva nemmeno degni di una punizione.
Forse era vero, il marciume non cambia.
Forse la legge aveva la consapevolezza che non ci sarebbe mai stata redenzione per quei giovani o vecchi sbandati e per tanto lasciavano stare quest'ultimi alla mercé del sistema, tanto prima o poi sarebbero crollati.
Distrutti dalla fame, dal dolore, dalla vita.
Immortali si credevano coloro che davano questo superbo giudizio, ignoravano che la morte arriva per tutti, anche per l'uomo dall'aria incorruttibile.
Come un grande Poeta disse:"Bisogna affrontarla, ma senza spocchia, senza urla ne bestemmie, a testa alta con la consapevolezza di poter essere inghiottito da un momento all'altro."
 Ad un tratto il giovane dallo sguardo annoiato si accostò ad un ragazzo dall'aria sconvolta :"Hai qualcosa?".
In quel momento il fanciullo dall'aria persa in chissà quale orrore, si rianimò:"Eh..si, ciao Sasuke non credevo che ti abbassassi a venire da queste parti"
Dalla risposta il moro parve seccato, ma non ci dette peso:"20".
Detto questo si strinsero la mano ed ognuno andò per la sua strada.
 Sasuke vide che la bustina era sporca di sangue.
Avrebbe potuto pensarci, forse fare qualcosa, ma non lo fece.
Continuò a camminare e si recò a casa ad inebriarsi con un sapore diverso da quello del pacchiano fumo di sigaretta.
Era divertente, sentiva , per la prima volta nitidamente di non sopportare nessuno.
 Li vedeva stupidi ed inutili, eppure avrebbe voluto esser parte di quell'inutilità e poi c'era quel fastidioso senso che non lo abbandonava, mai.
Mentre si godeva il suo acquisto, l'infelice posò lo sguardo sulle orribili statue che aveva distrutto.
I cocci erano stati tolti, nessuno le avrebbe aggiustate, forse ne sarebbero state comprate nuove o forse il vuoto sarebbe stato coperto da qualche altra cosa.
Per la prima volta dopo molto tempo Sasuke non cercò di darsi un tono, di vestirsi dì indifferenza, per la prima volta si donò ai ricordi.
La verità è che li odiava.
In loro non vedeva altro che dolore ed infelicità.
Poteva rivedere l'indifferenza, la toccava.
Quest'ultima era fredda e grigia,sembrava quegl'orribili palazzi che circondavano la sua città.
...
 
Forse Mussolini fu l'unico vero rivoluzionario italiano.
Questo pensava il vecchio, quando appese l'immagine del dittatore nel suo palazzo.
Era un genio, che gli altri volevano ammetterlo oppure no.
La storia da sempre la parola al vincitore, ma i fatti gridano.
Il popolo italiano aveva cambiato bandiera, come avrebbe cambiato un ristorante.
Mussolini aveva creato un sistema, aveva creato una sorta d'impero, aveva provato a  credere nel suo Paese.
Tuttavia la guerra finì ed il suo popolo si ritrovò a sputare sul suo cadavere.
Il vecchio dottore in qualche modo era stato escluso anche a causa delle sue idee, oltre a piccoli incidenti come l'aver dato dell'imbecille e del raccomandato al direttore, ma queste erano bazzecole.
La verità è che era stato emarginato dalla democrazia per aver espresso delle idee.
Era tutta una contraddizione.
La massa predicava cose che nemmeno conosceva.
La verità era che nella sua visione di giustizia la democrazia era sopravvalutata, il popolo era troppo stupido, ignorante e capra per capre davvero il significato.
Erano corruttibili, sciocchi.
Si era scocciato di venir deriso, insultato e così fece tutto quello che gli storici fanno dopo esser stati condannati.
Si ritirò con una bottiglia e un ghigno sulle labbra che affermava:"stupidi".
Naruto si svegliò a casa di Mussolini, non ricordava perfettamente cosa lo aveva portato in quel piccolo appartamento.
Mentre il biondo dall'aria persa cercava vaghe risposte negli oggetti, il medico si svegliò:"Come ti senti ragazzo?"
Aveva una voce possente, ma stanca, si vedeva che aveva sprecato molto tempo a donare parole all'aria:"Bene".
Sentito questo lo sguardo dell'anziano si addolcì:"Bene, così ti uccido io".
Il ragazzino rimase interdetto, per non dire sconvolto per quella risposta, insomma credeva che l'avesse salvato ed ora metteva in dubbio questo fatto all'apparenza oggettivo.
Mussolini continuò il suo discorso in piedi:"Ieri avresti potuto farti uccidere, invece di restare  impalato come un demente avresti dovuto urlare come qualsiasi essere con un briciolo di senso!, ma io ho sempre saputo che eri uno svitato ed il mio intuito non sbaglia mai".
"Credevo che nessuno mi avrebbe sentito".
Questa risposta era quasi una pugnalata, la verità fece intristire lo strambo signore, che però un attimo dopo tornò sui suoi passi:"Sciocchezze, io ad esempio ti avrei sentito, del resto come ho fatto salvandoti il deretano"
Deretano ma questo tizio era davvero un soggetto, questa fu la prima cosa che saltò nella mente di Naruto, che iniziò a ridere ripetendo infinite volte la parola.
"Cos'hai da ridere stolto! solo perchè il tuo vocabolario sarà striminzito come un menù per bambino non vuol dire che debba abbassarmi al tuo livello culturale".
La risposta non ebbe l'effetto sperato e fece ridere il giovane più forte.
Quest'ultimo però ad un tratto si ricordò del forte dolore che provava alla guance.
Toccandole sussurrò:"Sono tanto brutte?"
Il vecchio lo guardò con fare paterno:"Ma che stai dicendo?! cosa sei una femminuccia? le cicatrici sono medaglie, simboleggiano il valore in battaglia di un uomo, non vergognartene mai, ora..sarà meglio che tu vada".
Il biondo sorrise:"Grazie".
L'imbarazzo s'impadronì del volo di quel burbero signore, che aveva dimenticato il tocco gentile di questa parola.
Impacciato, come non gli capitava da tanto, :"..Non..non l'ho fatto per te, eh..ah si..l'ho fatto per non farti sporcare la facciata e perchè quegli schiamazzi mi davano fastidio, tutto qui, non farti strane idee"
Naruto sorrise all'imbranataggine di quell'uomo gentile:"Si vabbè..ci vediamo"
Forse voleva un amico, forse solo qualcuno con cui parlare.
Nessuno sapeva, ma Naruto da quel giorno andò spesso dal vecchio Mussolini.
L'uomo aveva ucciso ciò che amava,
e per tanto doveva morire.
Eppure tutti gli uomini uccidono ciò che amano.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Incontro ***


Naruto sapeva.
Fin da piccolo aveva acquistato una consapevolezza che andava oltre i suoi anni.
Per sopravvivere doveva vedere la verità e una volta fatto poteva chiudere definitivamente gli occhi.
Doveva avere la certezza del brutto.
Solo allora, credeva che avrebbe potuto addormentarsi senza rimpianti.
Forse questo era stato un errore della madre, forse non bisognava chiudere gli occhi e andarsene.
Quello era la morte.
Una morte da vili, la rottura dello spirito con l'umanità.
Bisognava aprire gli occhi ed il cuore, così da cercare di vedere un solo fiocco bianco in un mare d'inquinamento, questo diceva il vecchio.
 Mussolini era un ipocrita.
Lo sapeva e ci conviveva.
Non provava a cambiare, a migliorare.
 Era accidioso , tuttavia la sera riusciva a dormire, certo accompagnato da un po' di alcol, ma comunque a sognare.
Un giorno, forse sarebbe migliorato.
Forse una mattina si sarebbe rivolto a quel grande Essere che ci guarda dall'alto e gli avrebbe chiesto il Perdono.
Questo perchè aveva paura e lo sapeva.
Naruto  sarebbe dovuto tornare a scuola, ormai era da una settimana che stava a casa del vecchio senza varcare la porta.
Quest'ultimo lo chiamava scroccone e si lamentava dello stomaco smisurato del piccolo ragazzo, tuttavia mentre insultava quell'essere troppo ingordo sorrideva e tendeva a perdersi in quegl'occhi troppo blu.
"Prima o poi dovrai tornare a casa e sopratutto a scuola"
"Non mi rompere, qui si sta caldi e poi hai un sacco di cibo, io ti aiuto a far scendere quella pancetta"
"Come osi! ecco, questo è un buon motivo per spedirti a scuola, forse potresti imparare le buone maniere, se non vai giuro che ti rispedisco da quella sboccata di tua sorella e quel demente di tuo fratello"
Queste parole fecero riflettere il giovane, il bisbetico aveva ragione.
Poi si era scocciato di stare rintanato in quelle quattro mura, sembrava un randagio.
Quelli che una volta trovato un posto caldo tendevano a non andarsene più.
Una parte di lui continuava a ripetersi che l'unico motivo per cui non aveva ancora varcato la soglia della casa del vecchio era la stanchezza, la fame, forse il dolore.
 Ma la verità era che tra questi sentimenti c'era anche un ombra di vergogna.
Era uno sfregiato.
Non l'avrebbero più visto come lo sfaticato, imbranato biondino, ma come una vittima.
Quegli stessi esseri che per un po' ti fanno pena e che poi preferisci non incontrare più.
Sono brutti e deboli.
Alla gente non piace sentirsi in colpa verso qualche demente che è stato vittima della società, del fato.
I suoi fratelli avevano reagito come ogni parente superficialmente preoccupato: L'avevano visto, compatito e poi scaricato.
Avevano chiesto gentilmente al medico di tenerlo con sé, per eventuali problemi, ovviamente per poco tempo e poi l'avevano dimenticato.
Forse il volto di Naruto gli ricordava la loro incapacità, la loro inutilità, questo aveva pensato Mussolini alla vista delle lacrime di una sorella distrutta ma troppo debole.
Dopo aver scambiato qualche battuta e aver mangiato mezza dispensa il biondo uscì.
...
Sasuke era in ritardo.
Da circa una settimana era una costante.
Il primo motivo era semplice: evitare il più possibile di ascoltare quei dementi dei suoi presunti professori, il secondo era semplice curiosità.
Voleva vedere se riusciva a rivedere quella testa quadra di quel ragazzino dalla testa troppo bionda.
Voleva vederlo per insultarlo, tutto qua.
Così almeno credeva.
Era da una settimana che non lo incontrava, eppure l'aveva cercato ed il fatto che lo stesse evitando lo faceva infuriare.
Aveva scoperto che il nome di quello strano soggetto era Naruto, che era un cretino e che da più di una settimana non andava a scuola.
Per quale motivo quello scemo non si recava a liceo da una settimana?
Ci stava rimuginando sopra quando lo vide.
Quel demente aveva cercato di arrivare puntuale, ma Sasuke non l'avrebbe permesso, doveva sapere.
Raggiunse il biondo poco prima che riuscisse a varcare il cancello dell'edificio.
"Ma che diavolo.."urlò il ragazzino aggredito, quasi preso dal panico.
"Naruto, giusto?"
Quando il biondo si voltò riconobbe nei delicati tratti Sasuke.
Non fu contento dell'illuminazione:"Che vuoi?! ,sono in ritardo"
Il moro stava per rispondere, probabilmente in modo eloquente, come si era preparato, ma poi la sua attenzione venne catturata dal volto del giovane.
Non capì il motivo, ma alla vista di quell'orrore s'infuriò:"Che cazzo ti è successo?"
Naruto si spaventò dinanzi a tanta rabbia e se ne chiese il motivo, tuttavia non voleva sembrare debole:"Fatti i cazzi tuoi, chi cazzo ti conosce?"
In effetti era vero, tuttavia Sasuke si diede una spiegazione: Naruto aveva un bel volto, era un peccato rovinarlo, tutto qui.
Niente di più, niente di meno.
"Sono semplicemente curioso, sai sono davvero orrendi quei segni" proferì questa frase prima di lasciarlo andare e si sentì un verme.
Questo era davvero troppo, pensò il ragazzino.
Quel demente non solo l'aveva fermato facendogli fare tardi, ma adesso lo insultava anche!.
Naruto avrebbe voluto un po' di pace nella sua vita, almeno per un po', ma a quanto sembrava non si poteva sfuggire al destino.
Senza porsi altre domande il biondo saltò sopra il "mostro".
Sasuke avrebbe potuto avere la meglio facilmente, ma per qualche strano motivo preferì farsi picchiare, almeno per i primi minuti.
Alla fine si seccò e capovolse la situazione, ma decise di non colpire il piccolo rumeno.
E così lasciandolo a terra disse solo:"Non finisce qui"
Naruto si ritrovò a terra, in ritardo e con un nuovo nemico.
C'era un po' di sangue a terra, non era il suo e decise di coprirlo con la neve.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Catene ***


La musica gli martellava le orecchie.
Non l'aveva mai amata, ma era un buon modo per non ascoltare i suoi pensieri.
Continuava a porsi degli interrogativi a cui non voleva dare risposta.
Gli uomini devono avere piccoli problemi per evitare che quella porta che porta verso un Dio o veso un nulla si apra.
Dobbiamo convincerci che il nostro microcosmo sia l'infinito.
Sasuke aveva la mente debole, lo sapeva.
Ordinava al suo cuore di essere forte, ma la consapevolezza gli martellava la coscienza.
Da tempo stava cercando di imporsi di non avere sentimenti.
Voleva circondarsi di quell'apatia che sembrava avvolgere felicemente il mondo.
Tuttavia ormai nel cuore di quello scellerato si era impresso il volto triste e disgustato del biondo,di Naruto.
Purtroppo ormai quell'ombra aveva un nome.
Sasuke non si sarebbe perdonato per quell'atto vile.
Sapeva che se voleva liberarsi da quelle catene che lo legavano a quel ragazzino avrebbe dovuto chiedere scusa, forse spogliarsi di quell'atteggiamento.
Ma quel ragazzino troppo cupo non voleva la libertà.
Forse in quella donna vestita d'azzurro c'era troppa solitudine.
Per quanto quelle catene facessero male,  lo facevano sentire parte di qualcosa.
Da piccolo aveva imparato ad apprezzare qualsiasi cosa non lo facesse sentire solo, persino i mostri sotto il letto.
Forse anche quest'ultimi avevano avuto pietà di un essere troppo solo.
Si sentiva cullato dall'oscurità, la luce, accompagnata dal suo azzurro la lasciava a qualcun'altro.
Spense quella musica troppo assordante e s'incamminò con un sorriso beffardo.
Quando tutto va male non puoi fare a meno di sentirti felice.
Forse c'e una voce che ti comunica che  ormai non ci può essere nulla.
Per un attimo riesci a staccarti da te.
In quel momento riesci a vedere quella figura grottesca che si è diventati.
Forse è per quello che s' inizia a ridere.
E' forse quello l'inizio della follia?
 Ridendo di sé, forse del mondo capì che  non si sarebbe separato da quel ragazzo troppo debole, sarebbe stato il suo mostro sotto il letto.
...
Il silenzio lo perseguitava.
Nessuno osava rivolgerli parola, troppo spaventati, miseri.
Naruto si era ritrovato in fondo all'aula a cercare di evitare gli sguardi colmi di compassione.
Già, quei ragazzini quel giorno avevano imparato un'importante lezione: chiunque può essere colpito dalla vita, anche quel ragazzino  dall'aria scema che sorride sempre.
Tutti sapevano che non ci sarebbe stato nessun colpevole, nessuno l'avrebbe cercato.
L'unico testimone sarebbe stato quel volto sfigurato, che avrebbe sempre accompagnato il sorriso di quel biondo rendendolo grottesco, inutile.
L'unica che l'aveva guardato, o almeno aveva cercato di guardarlo era stata Sakura.
Quest'ultima durante il lungo periodo d'assenza di Naruto non l'aveva chiamato, neanche una volta.
Quella ragazza dai capelli rosa aveva deciso di non provare niente.
Aveva scelto l'apatia.
La vita le aveva insegnato che era meglio vivere senza quella luce negli occhi.
Ella inseguiva il grigio.
Pretendeva di avere solo il riflesso di una scintilla che non scocca.
Solo il suo cuore sapeva il perchè di quella scelta così efferata per il suo cuore.
In quest'apatia forzata aveva trovato la pace.
Un lieto ristagno di ricordi, la notte nulla la toccava, solo il passato.
Vedeva il volto sorridente di un fratello ormai perduto, le risate di una lontana serenità.
Il presente ormai era lontano, ella girava , senza mai muoversi, senza vedere.
Naruto si sedette ed i due iniziarono una conversazione sul tempo.
Oggi era grigio
...
Niente era successo.
Era più facile guardare avanti e trascinare le catene.
 
 

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Capitolo 11
*** L'odio ***


Chiedo scusa per il ritardo.
……..
 
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole.
Sorrideva l’uomo devoto.
Aveva lo sguardo perso verso la via di casa, a dir la verità neanche aveva una vera dimora. Diciamo che aveva la sguardo smarrito e basta. Oggi aveva cercato di esser chiassoso, più del solito. Non solo perché aveva bisogno di far scatenare la sua parte infantile, frenetica. Dal  momento che dal vecchio aveva dovuto contenersi, un po’ per quel briciolo di rispetto che gli era rimasto, un po’ perché quest’ultimo era sordo. Ma anche e soprattutto  perché aveva il bisogno, quasi fisico di credere che nulla era cambiato, che lo avrebbero rimproverato e spedito dal bidello. Probabilmente con quest’ultimo avrebbe litigato e così avrebbe passato la sua giornata, come era sempre stato.
Lo scostumato, che non sa stare al suo posto.
Preferiva quest’etichetta, che per quanto poco lusinghiera, era sempre meglio dello sfregiato.
Ma era stato ignorato. Niente di quello che si era augurato era successo. Non si era arreso, aveva urlato più forte, dato più fastidio, forse Sakura l’avrebbe picchiato, o come minimo insultato. Nella sua testa continuava a ripetersi la stessa frase :. Alla fine avevano preferito chiamare i suoi fratelli. Quest’ultimi, impegnati, avevano dato il consenso per l’ uscita anticipata. Tanto ormai era quasi giunta la fine delle lezioni. Quel ragazzino, troppo mal concio per esser preso sul serio, si era alzato e si era diretto verso l’uscita. Li aveva sentiti tutti, quegli sguardi miseri che lo accompagnavano. Erano riusciti a fargli provare quel sentimento da lui sempre rinnegato : l’odio.
Non c’è amore senza amor proprio, non c’è odio senza odio di se stessi.
Sasuke era uscito prima.
Quel giorno si sentiva particolarmente irritabile.
Forse a causa delle sue nuove pretendenti, erano nuove e non avevano perso occasione di dargli fastidio. Il moro aveva sempre pensato che le donne hanno un potere fenomenale: l’irritare qualcuno a tal punto da poterlo portare all’omicidio, o al suicidio, se particolarmente brave.
C’era la neve.
Prima di uscire si coprì attentamente, non avrebbe sopportato anche il fastidio del raffreddore.
Passo.
odiava la sua classe.
Passo,
odiava il bidello.
Passo,
odiava quel biondo.
Non si odia finché la nostra stima è ancora poca, ma soltanto allorché si stima qualcuno come uguale o superiore.
 
Il suo istinto aveva preso la meglio.
Odio.
Avevano alzato lo sguardo nello stesso momento.
Si erano uniti nell’odio, due anime avevano legato i loro destini con il sangue.
Si erano saltati addosso. Sasuke era più forte, non avrebbe avuto pietà, riuscì facilmente a gettarlo a terra per poi iniziare a colpirlo.
Naruto era abituato a prenderle, decise di attaccare come un animale, riuscì a gettarlo a terra ed iniziò a graffiargli il volto. Voleva renderlo simile a lui. Sasuke non lo fermò. Continuando a colpirlo con tutta la sua rabbia, non tentò di proteggersi.
Ghigno.
Com’era logico, dopo un po’ arrivarono i soccorsi, non ben consci di chi fosse la vittima.
Il moro si accorse dei movimenti attorno a loro e prendendo il biondo per mano iniziò a correre.
Il ragazzino iniziò ad urlare, gli facevano male le costole e tutto.
.
In realtà neanche il moro sapeva dove sarebbero andati.
Ma ora aveva la sua mano e quindi, con tutto il dolore, il freddo che gli bruciava la faccia piena di graffi ,non l’avrebbe lasciato andare. Mai.
Ghigno.
Era felice che probabilmente nessuno li avrebbe cercati. Si, si era informato su Naruto. Aveva chiesto a sua madre, consapevole che quest’ultima aveva notizie su tutti gli abitanti della città, ella con tono saccente lo aveva informato che il biondo non solo non aveva più genitori, in quanto quell’incompetente della madre era morta, ma che i suoi fratelli, per la cronoca ,degli inetti patologici non lo sopportavano. Era un piccolo delinquente. Perché si sa, aveva detto, colui che non è figlio di nessuno, non poteva far altro che finire su una brutta strada. Prova ne era l’aggressione che aveva subito, sorridendo la donna  aveva ipotizzato varie teorie sul commercio di droghe ecc...A no, alla fine la madre si era ricordata, l’avevano sfregiato per la razza. Cose che capitano, aveva sussurrato, lui non era come loro.
Sasuke non aveva proferito parola.
Aveva immagazzinato i dati, tuttavia quella sera fu fatto un buco nell’immacolato muro.
Correvano, persi nel freddo, erano troppo veloci per gli occhi del popolo.
Naruto aveva freddo, ma la mano era calda.
Ad un tratto capì che non si sarebbe ribellato, dopo tutto non aveva un posto migliore dove andare e soprattutto, sentiva che il moro non l’avrebbe lasciato  andare.
….
 
Perché si amarono ciecamente?
Per odiarsi con chiaroveggenza.
 
 
 
 
 

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