Matter of points of view/ Andry II

di Ilarix96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 12 Ottobre ***
Capitolo 2: *** 13 Ottobre ***
Capitolo 3: *** 15 Ottobre ***
Capitolo 4: *** 16/18 Ottobre ***
Capitolo 5: *** 19/25 Ottobre ***
Capitolo 6: *** 30 Ottobre ***
Capitolo 7: *** 1 Ottobre ***
Capitolo 8: *** 3/5 Novembre ***
Capitolo 9: *** 6 Novembre ***
Capitolo 10: *** 7/8/11/13 Novembre ***
Capitolo 11: *** 15 Novembre ***
Capitolo 12: *** 16/17 Novembre ***
Capitolo 13: *** 19 Novembre ***
Capitolo 14: *** 21 Novembre ***
Capitolo 15: *** 24 Novembre ***
Capitolo 16: *** 26 Novembre ***



Capitolo 1
*** 12 Ottobre ***


“Ho sentito delle voci che confabulavano qualcosa e una macchina vicino a me che non la finiva di fare dei rumori tipo ”Bip, bip”a breve distanza. Poi ho aperto gli occhi lentamente e mi sono messo a sedere. Vedevo un po’ di nebbia, ma dopo cinque minuti sono riuscito a mettere a fuoco tutto. Ero in una stanza veramente triste, con delle pareti bianche e scrostate. L’unica cosa allegra era una tendina blu   che si gonfiava con il vento che proveniva da una finestra aperta, da cui entrava una manciata di sabbia. -Ben ritornato tra noi, Mr Sullivan.- Mr Sullivan? Ma chi era? Io? Sono stato un po’ lì a fissare l’uomo -Ma dove sono?- mi sono girato e ho visto che di fianco a me c’era una ragazza vestita di bianco, stavo per chiedere qualche cosa ma il dottore è intervenuto per primo -Forse adesso sarebbe meglio se si riposasse, dopo le spiegheremo tutto- Infatti, nonostante mi fossi appena svegliato mi sentivo molto stanco…”
 
Questo è come mi sono svegliato dopo il coma, durato due mesi. Dopo il dottore mi ha spiegato che avevo avuto delle lesioni alla memoria. Mi ha fatto leggere il mio diario, incredibilmente sopravvissuto e ho subito ricordato tutto.
A qualcosa doveva pur essere utile, no? Così ho scoperto chi era la ragazza di fianco a me, Erika e dove  mi trovavo, cioè Kabul. Il dottore mi ha raccontato che i miei genitori non volevano neanche venire in Afghanistan, si sono mostrati solo dispiaciuti, quindi ha dovuto pregarli in ginocchio perché mi venissero a vedere. Alla  fine sono venuti controvoglia, sono rimasti tre giorni e poi sono tornati a casa perché “avevano delle importanti faccende da sbrigare”. Hai capito i miei! Non si preoccupano neanche del fatto che io sia vivo  o morto. Beh, è ovvio che tutto ciò non mi sorprenda: mi hanno mandato in Afghanistan perché venissi ucciso! No, non è una cosa che dico per ingrandire la cosa, è proprio così! Deve essere un grande disonore per loro che il loro unico figlio non sia passato neanche al liceo, figuriamoci a college, con tutte A!
Avevo finito le pagine del mio vecchio diario, così qualcuno, Erika come ho scoperto in seguito, me ne ha regalato uno nuovo.
I medici mi hanno detto che sto facendo dei passi avanti e  domani potrò tornare in servizio. Ho anche saputo che nel mio reparto erano tutti morti tranne me e Lane. Era nella stanza accanto alla mia, ancora in coma. Una infermiera mi ha portato una sedia a rotelle perché mi ci sedessi ma le ho detto, non esattamente gentilmente, che ce la facevo da solo. Mi sono alzato in piedi e ho sentito come se fosse la prima volta che camminavo in tutta la mia vita. Le mie gambe tremavano e avevo l’impressione di cadere da un momento all’altro. Mi sono affacciato alla camera di fianco, una donna stava piangendo, e, a giudicare dal numero di fazzoletti, anche da molto tempo -Mio figlio!- non faceva che ripetere. Era ovvio che fosse la madre di Lane, era nera, bassa e grassottella con i capelli neri come la pece e numerose trecce. Quando si è girata verso di me e mi ha visto, i suoi occhi sono diventati due spilli - Tu…tu sei vivo! Perchè mio figlio no, allora?- -Senta, signora…- in pochi secondi la situazione è diventata ancora più insopportabile -Tu non dovresti essere vivo se mio figlio non lo è! No! No!- a tutti questi urli un gruppo di medici è arrivato e l’ha presa per le braccia, che stava allungando verso di me -Signora, si calmi!- ma lei non la finiva di urlare. Alla fine l’hanno portata via a forza. Cazzo! Mi sono appena svegliato da un coma  e una stronza arriva dicendo che dovevo morire! Ma chi è lei? Per sfogarmi ho dato parecchi calci a una cassetta dove c’erano dei rifiuti e, quando questi non bastavano più, ho dato anche dei pugni. Poi sono uscito in strada, ma, svoltato l’angolo, sono stato assalito da una folla di giornalisti americani e arabi, che mi hanno riempito di domande -Come si sente  a essere l’unico sopravvissuto alla strage?- -Cosa prova adesso?- -É molto diverso da quello che vi ricordavate?- -Che cosa avete sentito al risveglio?- -Quale dottore vi ha curato miracolosamente?- -Risponda!- io cercavo di andare avanti sulla mi strada, ma non mi lasciavano tregua. Ho risposto ad alcune domande distrattamente, poi è arrivato il mio salvatore -Il ragazzo sta avendo una giornata difficile, lasciatelo stare- ho alzato gli occhi. Era un uomo con i capelli bruni e alcune rughe, aveva la pelle scura, ma più chiara di quella dei suoi  simili. Aveva gli occhi marroni. L’ho riconosciuto, era Karmas. Mi ha sorriso e, una volta che i rompiballe se ne furono andati, mi ha portato a casa sua. -Mi hanno detto del terribile incidente, per giorni sul giornale no c’era che la tua foto- -La mia…perché?- -Beh e te lo chiedi anche? Tu e l’altro ragazzo grassottello, Lane, siete gli unici sopravvissuti, solo che Lane è ancora in coma e tu no- -Ma io non voglio diventare un fenoeno….oggi sua madre ha cercato di uccidermi- -Beh, è chiaro che fosse a pezzi poverina- -Ma non mi sembra molto giusto, i miei manco mi sono venuti a trovare!- -Lo sappiamo, lo sappiamo…entra, ti preparo qualcosa- La casa era come me la ricordavo, con qualche crepa in più. Karmas ha sospirato -Eh…questa casa sta cadendo a pezzi…e non abbiamo soldi per comprarcene un’altra….- a questo punto una voce femminile ha urlato dal piano di sopra delle parole in arabo. C’è stato lo strillo di un bambino piccolo. Altri bue bambini sono corsi giù per le scale, a salutare il padre. Karmas ha sorriso e li ha abbracciati entrambi. Si sono parlati un po’ e poi si sono accorti di me. Mi si sono avvicinati incuriositi e poi si sono messi a saltellare e a urlare. Sembrava che giocassero agli indiani. La donna incuriosita da tutto quel fracasso è arrivata giù con un bambino piccolissimo in braccio. Mi ha guardato in un modo molto strano e ha chiamato i bambini. Non l’avevo mai notato, ma era bianca. Karmas ha interrotto quell’attimo di silenzio. -Beh, penso che il ragazzo abbia una fame da lupi…che ne dici di preparargli uno dei tuoi manicaretti?- è filata in cucina senza dire una parola, Karmas continuava  a parlare -Se vuoi dopo ti accompagno al campo, tutto quello che avevi è stato spedito in una tenda.- ho annuito. In effetti, non mi ricordavo la strada e lui mi sarebbe stato d’aiuto. Dopo aver mangiato un dolce al miele che aveva preparato la signora, Karmas si è alzato -Beh, che ne dici, andiamo?- -Certo- Abbiamo percorso una strada che mi era molto familiare e, davanti all’ospedale di prima c’era Erika, che quando mi ha visto per poco non mi faceva cadere per terra -Sei vivo!- -Si, sono vivo e vegeto…ancora per poco, però- mi sono messo  a tossire. -Beh, adesso devo tornare al campo…- l’ho baciata e me ne sono andato. -Ah, quella ragazza…- ha sospirato Karmas -non l’avevo mai vista così…romantica- -Neanche io…- -Beh…siamo arrivati- -Ciao Karmas- sono entrato nel campo. C’erano molte meno tende rispetto a come me lo ricordavo e soprattutto non c’erano  miei compagni. Erano tutti degli sconosciuti, più vecchi di me o più piccoli. Quando sono arrivato hanno sgranato gli occhi e uno ha detto -Ma è lui! L’unico che è vivo!- per terra c’erano parecchi fogli di giornale e un generale stava leggendo le ultime notizie, assorto e con un fiammifero all’angolo della bocca. A sentire tutta quella confusione ha alzato gli occhi e mi ha guardato con uno sguardo arrabbiato che mi ha fatto drizzare tutti i peli che avevo in corpo. -Ah…bene….l’unico sopravvissuto…vai nella tua tenda subito e dopo vieni a mangiare- sono stato lì a fissarlo -Cosa c’è? La tua tenda è quella là- ero in un angolino del campo, in ombra. C’era solo la mia roba dentro, ero da solo! Sono andato a mangiare della zuppa a dir poco rivoltante, segno che il caro vecchio cuoco c’era ancora. Ho cercato di non sputare niente e di non fare delle facce disgustate,ma era un’impresa. Tutti mi tenevano gli occhi puntati addosso e c’era un silenzio di tomba. Il generale continuava a guardare il suo giornale. C’era un silenzio di tomba, tutti guardavano me, come se dovessi fare un miracolo da un momenti all’altro o urlare solo -Pesce d’aprile! Non sono io!- ho mangiato quell’orrore e poi silenziosamente sono andato in tenda. Mentre mi avviavo ho sentito che il brusio aumentava gradualmente. Mi stavo per addormentare quando una voce  mi ha svegliato -Hey, tu! Finocchio, io devo dormire con te…- era il generale. -A cosa dovrei questo onore?- -Siamo a corto di tende e poi sei l’unico sopravvissuto, qualcuno ti doveva concedere una certa grazia, no?- non capivo una parola di quello che stava dicendo. Mi sembrava un gay coi fiocchi quel generale –Di’, un po’, ce l’hai la donna?- -La che?- ero mezzo rimbambito e l’unica cosa che avrei voluto era dormire -La donna- -Sì, ce l’ho- -Non pensi che ci sia stata fottutamente male quando ti hanno dato per  morto?- -Beh, io penso di sì- era strano discutere di Erika con il generale. Poi avere il generale come compagno di tenda era una cosa già strana da sé. Finalmente dopo ha chiuso il becco, forse ha capito che volevo dormire e si è messo a russare come un treno.
 
 

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Capitolo 2
*** 13 Ottobre ***


13 ottobre
Adesso i giornalisti monitorano ogni mio singolo movimento. Non posso nemmeno mettere un piede fuori dal campo che arrivano a frotte e cominciano a fare delle domande. -É vero che ha sentito la bomba prima che esplodesse? Come ha fatto?- questo non so chi possa averglielo detto. Poi mi è venuto un lampo: il mio diario! Potevano aver sentito leggere il mio diario! Così quei bastardi sapevano tutto di me? -É vero che i suoi genitori lo detestano?- -Qui c’è un messaggio per lei- in quel messaggio c’era una ragazza che  urlava -Io ti amo Andry!- solo dopo un po’ ho capito chi era, la mia ex-fidanzata Jessica. C’era un immagine dei miei genitori che  rispondevano a delle domande, mia madre sembrava tutta contenta di essere in televisione, mentre mio padre continuava ad andarsene dall’obiettivo della telecamera. Per la prima volta in 17 anni mi faceva pena. I suoi capelli erano più bianchi del solito e aveva delle profonde occhiaie viola. Mentre mia madre era tutta composta e sorridente e rispondeva con una voce particolarmente mielosa  all’interrogatorio. -Vostro figlio ha detto che voi non ci tenevate molto a lui, è vero?- il suo sorriso è scomparso per un attimo -Oh, ma certo che gli volevamo bene! Perchè non dovremmo? Vero tesoro?- mio padre ha emesso un grugnito. Era patetico e orribile vederli là dall’altra parte del mondo, nel frattempo io diventavo un caso internazionale. Speravo che il giorno dove non ci fosse più stato un Andrew Sullivan in tutte le pagine dei giornali si avvicinasse in fretta. Cosa avevo fatto per meritarmi questo? Ero sopravvissuto a una bomba? Tutto il mio passato, quel poco che ero riuscito a legare è scomparso di botto, come se avessi fatto piazza pulita, ho ricominciato tutto da 0. Ma perché io? Forse in questo momento preferirei davvero essere morto…insomma non ho fatto niente di speciale,mi sono solo salvato! Allora perché nessuno mi molla un momento? Non poteva essere Jack il sopravvissuto, o quel bastardo di Kurt? Invece, tra tutti, io. La sera ho scoperto qualcosa di veramente sconvolgente. Ho chiesto al generale perché avevo tutti quegli onori e lui mi ha detto che, mentre scoppiava la bomba, mi sono buttato (involontariamente) su Lane, il finestrino si è rotto e, un po’ per l’onda d’urto, un po’ per la spinta che avevo dato, siamo finiti entrambi fuori dalla vettura. É una storia un po’ strana se conti che tutto è accaduto nel giro di alcuni secondi. Per questo ci siamo salvati, più o meno. Allora perché quella donna era tanto incazzata con me, se avevo mezzo salvato suo figlio? Mica l’ho fatto apposta! Comunque, è inutile farsi dei complessi: quel che è fatto è fatto.
 

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Capitolo 3
*** 15 Ottobre ***


15 ottobre
L’inverno si sta avvicinando sempre di più, ma ovviamente è sempre un caldo bestiale, da stare sempre in canottiera. Erika è molto cambiata da quando l’ho conosciuta. Sono  molte le volte che mi abbraccia, deve essersi spaventata molto. Le ho chiesto quando ha saputo della mia “morte” e lei ha detto quella mattina stessa. Ha detto che è svenuta quando ha sentito il tutto. Tutti sembravano molto preoccupati per me, eccetto i miei, ovviamente. Cioè, solo Erika e Karmas si erano veramente preoccupati per me. Preso dalla disperazione sono tornato all’ospedale, dove c’era ancora la donna bassa e grassa, ma questa volta non piangeva, era felice -Sa che le dico? Aveva ragione, forse era meglio se crepavo in quel maledetto attentato!- le ho urlato dietro. Non so neanche io perché l’ho fatto. In quel momento non capivo niente, mi era presa un’angoscia tremenda e il caldo mi faceva delirare -E, se suo figlio ritornasse magicamente in vita, forse la cosa migliore sarebbe portarlo fuori da qui, sa? Io adesso non ho nessuno, cazzo, tutti i miei amici sono morti e mia madre  se ne frega di me! Le sembra bello? Eh?- stavo proprio gridando. I dottori non mi trattenevano neanche, mi guardavano stupiti e nervosi. Di certo mi aspettavo molte reazioni tranne quella che ha avuto lei. Si è messa a ridere e mi ha risposto -Ma mio caro ragazzo, che le prende?- -Un giorno fa mi ha detto che preferirebbe che io fossi morto!- -Ah…davvero? Beh, era prima di sapere che avevate salvato mio figlio!- -Salvato? Ma non era morto?- una voce ha risposto da dietro la tenda -Oh, non mi tirare sfiga eh, Andry?- ci sono rimasto di sasso -Oh, beh, innanzitutto grazie per avermi salvato…- intanto sua madre mi stava stritolando in un abbraccio -Non può neanche immaginare di quanto le siamo grati!- io facevo solo dei suoni strozzati. Da un angolo è arrivato fuori anche un altro tipo. Era enorme e nero e aveva delle mani incredibilmente grandi. Mi ha stretto la mano  in modo molto vigoroso, tanto che dopo, prima che riuscissi a muoverla ancora, ci vollero dieci minuti. -Sei dappertutto sulla tv, sei diventato famoso!- -Me ne sono accorto- -Dove sono le mie cose?- -Al campo, credo- -Bene, allora andiamo- sua madre mi ha ringraziato ancora e poi siamo andati al campo. Appena siamo usciti dall’ospedale, ci hanno colpito milioni di flash e di giornalisti che, come sempre, volevano che dicessi qualche cazzata. Mi sono stropicciato gli occhi più volte prima di vedere qualcosa e quasi non inciampavo in un bambino piccolo che mi ha guardato con gli occhi sgranati. Mi trattano come se fossi una rockstar, ma perché? Io non lo sopporto e, soprattutto, non l’ho chiesto. Almeno domani o dopodomani si saranno tutti dimenticati di me e io sarò sempre solito, ignoto, Andrew Sullivan.

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Capitolo 4
*** 16/18 Ottobre ***


 
                                                                                                    16 ottobre
Ok, per arrivare al solito ignoto Andrew Sullivan mi ci vorrà ancora un po’. Stamattina, mentre ci alzavamo per andare a fare un’ispezione, mi sono trovato davanti la madre di Lane con un sacco di altri uomini. Appena mi hanno visto mi ha additato e loro hanno scritto o scarabocchiato qualche cosa su un foglio. Lane stava guardando la scena sbigottito e poi ha esclamato -Oh, di nuovo? Quand’è che la finirà con le sue idee di grandezza?- -Cosa?- -Mia madre adesso pensa che tu sia una specie di eroe e, sfortunatamente è ricca quindi ti farà fare una statua o qualcosa del genere da mettere nel nostro giardino o direttamente qui- -Coosa?- di tutte le stranezze, questa mi sembrava quella che le batteva tutte -Non può farmi una statua, ti ho solo….- -…salvato la vita. E ti sembra poco?- ha concluso Lane -Ma in che cazzo di casino mi sono messo? Cioè, sono felice di averti salvato, ma di certo non mi aspettavo così tanta riconoscenza- già m’immaginavo di pietra con un fucile in una mano e il corpo di Lane sorridente sotto di me, in un gesto eroico. No, no, no, no, no! Questo non sono io! A proposito, mi hanno dato un’altra medaglia. Il prossimo stadio è quello a sergente o colonnello, non lo so neanche io. Ma la situazione sta diventando troppo strana. Sono diventato l’idolo di una persona perché ho salvato suo figlio(non l’ho fatto neanche un apposta!), poi potrei diventare il colonnello di soldati che non voglio.
Sono passati 115 giorni dalla mia entrata in Afghanistan e ne ho fatti attivamente solo sessanta. Fico! Dovrei beccarmi bombe più spesso, se non ci finisco secco. Mi mancano altri duecento e un tot giorni per  finire tutto,per tornare in patria intendo. Poi dovrò stare alcuni giorni dai miei o dai miei amici e potrò andare a vivere da solo, finalmente, senza nessuno che mi dica cosa devo fare e quanto sono inutile, tutto il giorno. Magari avrò anche la ragazza, che magari sarà Erika, sempre che i suoi glielo permettano. Non sono esattamente il tipo di ragazzo che i genitori vogliono per la propria figlia. I genitori di Jess avevano fatto un patto con lei: poteva stare con me se loro non fossero stati nella mia stessa stanza. Dovevamo andare sempre fuori o a casa mia. Ci mancava solo che mi guardassero da dietro le tendine ed ero a posto. Potrei non farmi riconoscere però questa volta, potrei forse, per una sera, mostrare che sono almeno un pochino affidabile.
 
                                                                                                      18 ottobre
Oggi sono andata da Erika e le ho chiesto se aveva in programma di fare sapere ai suoi che io esistevo, lei ha capito subito quella specie di autoinvito e ha detto che forse nelle prossime settimane si poteva fare. Certo,non potevo dirle”Senti, mi inviti a casa tua a cena, così conosco i tuoi(e soprattutto non mangio quella cosa fatta di acqua e dado, ancora solidi al centro del piatto, che il nostro cuoco chiama zuppa)?”beh, in ogni modo ha capito. Mi sembrava imbarazzata, ma non so per che cosa.
Lane mi ha spiegato che sua madre veniva da una famiglia africana molto antica  e che venerava delle statue o la natura e pregava per i suoi miti. Quando me lo spiegava, quasi non riuscivo a non ridere,questa situazione è assurda! L’idea che qualcuno preghi davanti a una statuetta con me sopra è alquanto strana. Lane mi ha detto che le statuette in genero sono piccole, ne hanno sparse per tutta la casa. Sono però più degli oggetti , tipo soprammobili che per pregare. In uno c’è anche Lane appena nato. Ma guarda te se dovevo finire proprio io con una mitomane! Ho provato a spiegare a Erika quello che mi sta succedendo e lei si è piegata in due dal ridere, in effetti, sembrava più una scenetta da film che qualcosa di vero. Tutta la mia vita è un film! Sto cominciando a non sopportarli più, danno troppe inspirazioni e dopo le persone hanno troppe aspettative.

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Capitolo 5
*** 19/25 Ottobre ***


                                                                                                          19 ottobre
Oggi, mentre stavamo per uscire, mi è arrivata una busta con dentro una foto. Il mittente era anonimo, ma si poteva capire subito, appena aperta la busta, chi era. C’era una foto di una statua enorme, non una STATUETTA, di una persona assomigliante vagamente a me semidistesa con un corpo sotto e un’espressione eroica. La persona sotto era sorridente. Sono rimasto un po’ a guardare questa foto impietrito, sperando che non l’avesse fatto davvero e che avesse fatto solo un ritocco a una foto, perché comparisse quello. Lane ha commentato per me. -Oh, mio Dio..!- -Solo statuette dicevi, eh?! Spero che almeno sia ritoccata con qualche programma e che non sia davvero in qualche casa in America.- -Penso che al momento non sia in America….- -Che cosa vuoi dire?- -Che l’ha fatta costruire qui- -Vuoi dire che….è ancora peggio! Ma se te rimanevi illeso e io morivo che cosa faceva, faceva una festa in città in mio onore?- -É che mio padre è incredibilmente ricco e le lascia fare quello che vuole, dato che lui è un direttore di banca.- -E come si sono incontrati?- -A quanto pare da giovani si sono incontrati mentre lui era a fare una vacanza  e lei faceva la sua vita nella tribù. Mia madre era molto più bella e papà si è innamorato subito di lei- -Sembra una favola.- -Mia madre faceva parte di una di quelle tribù primitive e ha conservato le sue abitudini- -Non l’avevo notato….-
Oggi c’è stato un piccolo attentato vicino alla ambasciata americana, ma noi siamo riusciti a disinnescare la bomba. Un motivo in più per riprenderci in tutte le televisioni del mondo. Odio fare la parte dell’eroe, è così patetica! Eppure in pochi giorni ecco che ho fatta questa sporca figura già due vote. Una donna adesso mi adora come se fossi un dio e spero che, a lungo andare, si dimentichi di me. Messo a posto questo, forse, potrò vivere una vita tranquilla come sempre. Beh, adesso non ho molto altro da dire.
 
                                                                                                            25 ottobre
Stranamente oggi c’era un tempo molto autunnale. Era quasi freddo e io, che dovevo girare per le stradine di Kabul alla ricerca di qualcuno che facesse qualcosa che non doveva fare, mi stringevo più che potevo nella giacca militare. Dei bambini stavano giocando con la ruota di una bicicletta. Uno di questi mi ha visto e ha lasciato correre la ruota sotto di lui, che così si è andata a schiantare contro il muro, esattamente davanti a me. Gliel’ho mandata indietro e lui  si è messo a parlare con gli altri ragazzini in arabo. Io me ne sono andato prima che succedesse qualcosa. A un altro angolo della strada c’era un bar con delle sede di legno marcio a cui sedevano delle persone serie o che facevano un gran casino, con una bottiglia alzata in sopra la loro testa. Erano ubriachi fradici. Non bevevano dalla bittiglia che avevano sollevato, ma ordinavano bicchieri e bicchieri di vino. Uno mi ha indicato con la bottiglia in mano e gli occhi che sembravano due palline da golf. Mi ha fatto segno di venire al tavolo loro, per bere un liquore di un colore rossastro, che non aveva niente di buono. Ho fatto come se non esistesse e ho continuato per la mia strada. Non è che non prendessi mai degli alcolici,anzi, in Texas prendo sempre il mojito o cose simili…, ma mai mi sarei sognato di prendere una schifezza del genere. L’unico posto che fa il mojito decentemente qui, è quello di fronte all’ospedale di Erika, dove ci siamo fermati prima che io partissi per la mia missione eroica.
Il signore non mi staccava gli occhi di dosso e continuava a chiamarmi. Ha fatto due balzi  e mi è arrivato davanti. Continuava a gesticolare, era ubriaco fradicio. Io gli ho fatto capire con i gesti -Io sono  americano, non capisco un accidente di quello che dici.- lui si è messo a ridere, mostrando vari denti marci e mi si è avvicinato ancora di più -Senti amico, ti ho detto che non capisco quello che mi stai dicendo, non voglio bere un bicchiere con voi, mi dispiace, sono in missione!- si è messo a ridere e sono arrivati anche gli altri amici, che si sono messi in cerchio intorno a me. Uno di loro parlava un poco di inglese -Dai, soldato,non farci innervosire e vieni a bere qualcosa con noi. Guarda che lo sappiamo chi sei, eh?- -Ho detto che non posso, grazie, devo veramente andare.- continuavano ad insistere e io mi stavo innervosendo di brutto -Va bene, berrò qualcosa con voi.- si sono messi a fare degli strani versi tipo “ehh”e a ridere, ma appena avvicinati al tavolo io me ne sono andato dall’altra parte, lasciando quei falliti a urlare -Ehy, torna qui!- ancora un po’ e li avrei colpiti a fucilate. Peccato che non si potesse contro i civili. Un motivo in più per tornare a casa! Proprio adesso mi si offriva l’occasione su un piatto d’argento e io ho preferito fare il gentiluomo o il codardo. Poco dopo si è sentito il solito rumore che fa il walkie talkie quando si attiva e la voce del generale ha echeggiato dalla tasco dei miei pantaloni. -Dove sei?- ci ho messo un attimo prima di realizzare dov’era il walkie talkie. Intanto lui continuava a sbraitare -Adrew Sullivan! Rispondimi!- -Eh, sì, arrivo, arrivo- -Ti sento da culo.- -Eccomi- -Dove sei? Gli altri ti hanno perso, datti una mossa. Non è solo questo quello che ti volevo dire. Ci sono alcuni tizi, in un bar che sono delle spie- -Descrivimeli- dissi, lasciando perdere tutte le formalità -Uno ha  un taglio sotto l’occhio destro e dei baffi abbastanza grossi. Un’altro capelli biondi e lo riconosci perché sa  parlare l’inglese e un altro ancora lo riconosci perché ha degli occhi particolarmente grandi. Ti chiederanno di bere qualcosa con loro ma tu rifiuta e prendili, sono spie.- Cooosa? Ce li avevo sotto al naso! -Mi dispiace deluderla, l’ho già fatto- -Cosa? Hai bevuto con loro?- -NO, anche se si sono messi a insistere come la morte, ma non li ho presi- -Ma porca puttana….torna subito da loro e se scappano insguili, chiaro?- Stava urlando squarciagola. Anch’io ero incazzato nero. Non poteva chiamarmi prima? Adesso dovevo tornare indietro e chissà se c’erano ancora. La risposta era sì, erano ancora lì, piantati davanti a quello stramaledetto locale. Uno di loro mi ha visto e mi ha indicato, di nuovo -Oh, ma guarda chi c’è, il nostro amico che non vuole bere.- -Ora dovete farmi voi un bel discorso- mi sono seduto e prima che loro potessero farmi bere quella cosa orribile, mi sono girato di scatto, ho ficcato il bicchiere nella bocca di uno e gli ho fatto bere quella cosa. Per poco non risputava tutto. Poi è stato il turno di tutti gli altri anche se per poco non mi scappavano. Ho preso la bottiglia e intanto gli altri mi guardavano con aria sognante e, improvvisamente, sono stramazzati a terra. Non c’era nessuno nel bar tranne loro e neanche i proprietari avevano visto quello che era successo. Ho trascinato via i corpi senza che nessuno se ne accorgesse e ho preso anche la bottiglia. Con un po’  di fatica sono arrivato al campo, dato che la via era poco lontana da lì. Non volevo che gli altri soldati mi vedessero portare quei tre, anche perché dopo avrei fatto ancora di più la figura dell’eroe, che non mi piace per niente. Tanto l’avrei fatta lo stesso…mi sono avvicinato al generale, che stava dormendo per terra con il cappello calato per metà sugli occhi e gli ho chiesto di venire un attimo con me. Lui mi ha lanciato tutte le bestemmie e parolacce che avessi mai sentito e si è incazzato con me parecchio, prima che riuscissi a portarlo dove avevo lasciato gli ubriaconi, cioè vicino a un cassonetto. -Tra tutti i posti in cui potevi lasciarli, proprio qui, Sullivan? Adesso puzzano e poi se si svegliavano potevano scappare- -Ma non è successo- mi ha guardato malissimo. Ha messo a confronto i loro volti con le foto e ha fatto un’espressione strana -Mmm…sembra che siano loro…avevano una bottiglia?- ho tirato fuori dalla giacca la bottiglia di vetro. L’ha annusata e si è messo a tossire- Qui c’è della vodka…e del vino rosso, decisamente terribile e letale…- -Sembra che ve ne intendiate…ma non è che sono morti? Se il liquore è così letale….- -Per chi non è abituato. Questi sono abituati e, sebbene provochi un effetto molto forte, non li uccide, senti? il cuore continua a battere- mi ha lanciato uno sguardo ancora più pericoloso. -Ti ha detto qualche cosa il generale precedente su di loro?- -No, niente.- -Bene, bene, sarà meglio imprigionarli prima che succeda qualcosa.- Ha preso in braccio quello più magro e il biondo e mi ha lasciato quello basso e grasso e il suo compare. Già che avevo fatto fatica  a portarli per tutta quella via, pensavo che la mia schiena si potesse spezzare da un momento all’altro. Ho visto che c’era qualcosa in costruzione, tra  le tende. -Ah, questi fottuti picchetti- ha urlato il generale dopo essere inciampato su uno nascosto bene nel terreno. -Ma cosa sta succedendo signore, perché piantate nuove tende?- -Oh, queste non sono tende come quelle che avete adesso…due o tre saranno abbastanza, dato che siete pochi- ha preso una corda che pendeva da chissà dove e ha legato ad un albero i corpi dei 4 ubriaconi, ancora svenuti. -Beh, bene, hai fatto un buon lavor- sono sgattaiolato via, avevo una voglia incredibile di mojito. Davanti al bar ho incontrato Erika che stava parlando con un’altra ragazza. Quando mi sono avvicinato l’altra ha fatto “uhuu forse è meglio che vada”e l’ha lasciata lì -Allora eroe come te la cavi?- -Malissimo, ne ho presi altri 4.- -Va a finire che ti sta piacendo salvare la gente dal male, sei su tutti i giornali- si è messa a ridere. É molto carina quando ride -Ma non dovrebbe essere così, io ero quello che faceva i casini, non che li risolveva e salvava qualcuno- -Chi  ti ha minacciato di morte questa volta?- -Oh, quattro tipi, ubriachi fino al midollo.- -Allora non sei stato così fenomenale- -Per fortuna che li ho beccati così, erano delle spie e dopo un bicchiere di vino sono finiti stesi per terra- -Oh wow, ancora più eroico, tu non li hai nemmeno toccati!- ci siamo messi a ridere tutti i due, finchè non è arrivata la cameriera -Cosa vi porto?- -Un mojito per me e per te?- -Un red passion, come mi hai preso l’altra volta- gliel’ho preso io l’altra volta? Forse si è sbagliata. Non avevo voglia di discutere, così  non ho detto niente -I miei hanno detto che puoi venire domani. Fammi pensare…domani è sabato, mi sembra buono- .Perché non mi vieni mai a trovare?- -Come, scusa?- la discussione stava prendendo una brutta piega -Ma, niente, scusa, mi è scappato.- ma era troppo tardi -Anchio ho un  “lavoro” sai?- -Si, hai ragione ma Kurt…- -Kurt è morto ed era uno spacca balle, no?- -Si ma…- -Lui non faceva niente tutto il giorno- -Ok…lasciamo perdere- -Forse è meglio- -Dico solo che tu preferisci salvare le vite e fare l’eroe, piuttosto che stare con me>- -Questo non è vero! Io detesto che tutti  mi dicano che sono quello che ha fatto e detto di essere un eroe, io non lo voglio!- il mio umore era cambiato improvvisamente a guardare Erika. Adesso mi sembrava patetica -Mi dispiace, dimentica quello che ho detto.- sono stato in silenzio. Intanto ci avevano portato il mojito e l’altra cosa. Non abbiamo parlato finchè non è arrivato il conto, poi ho pagato e me ne sono andato dicendo -Se l’invito è ancora valido vengo domani- ma anche al campo non ho trovato un attimo di riposo. Un ragazzo è  arrivato e mi ha detto di dare una mano nella costruzione delle nuove tende. Alle undici di sera abbiamo finito. Dormiamo tutti pigiati nei sacchi a pelo, perché i letti arriveranno tra qualche giorno, che meraviglia. Ho trovato a malapena lo spazio per scrivere e per non illuminare o toccare il vicino, mi devo arrotolare come un calzino.

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Capitolo 6
*** 30 Ottobre ***


30 ottobre
É da quando sono “ritornato in vita” che non vedo più Karmas. Mi sembra non molto bello non salutarlo e averlo dimenticato lì, così, oggi, appena finito il solito giro di perlustrazione, sono andato a trovarlo a casa sua. Ci hanno messo un po’ ad aprirmi e Karmas stava giocando con i marmocchi. La casa era un po’ cambiata da quando l’avevo vista l’ultima volta, non c’erano più molte crepe e c’era un forte odore di vernice. Secchi erano sparsi qua e là per la stanza e le poltrone vicino ai muri erano spostate -Visto che lavorino, eh?- -Già- -Adesso che sono a casa ho deciso che non potevamo più vivere in questa topaia, bucherellata come il vostro formaggio- -Beh, certo…mi dispiace,vi avrei dato una mano- -Oh, fa lo stesso…- -Non avete ancora finito, vero? Posso portarvi qualcosa o posso aiutarti?- -Ma…non fa….- -No, insisto- -Va bene. Ti ricordi quello che avevi iniziato a fare prima di andare in coma?- -Si- -Ecco…beh….sarebbe utile- -Va bene- -Ho saputo che hai fatto ancora l’eroe…hai scovato delle spie- -Beh, si…non mi piace però essere l’eroe- si è messo a rodere -Sei strano, Andrew Sallivan- mi sembrava un po’ affaticato. I bambini mi fissavano ammutoliti. Karmas gli ha detto qualcosa,che io naturalmente non ho capito,comunque dopo hanno guardato qualcos’altro. -Eh, i bambini, non sanno ancora niente di come va il mondo…- io i bambini li detesto, non posso proprio vederli. Hanno sempre un’aria di superiorità come se esistessero solo loro e molti di loro sono viziati e odiosi per il solo fatto di essere nati. -Beh, grazie per averci fatto visita e per il favore che vuoi farmi- -Niente…arrivederci- così ho fatto un’altra buona azione. Quando sono tornato al campo, ho visto i soldati allineati in due file. Una fila  stava in piedi, l’altra seduta per terra con i soldati a gambe incrociate. Qualcuno si è schiarito la voce con aria molto scocciata dietro di me. -Ti devo ricordare quali sono le regole del campo, Sullivan? NON si arriva in RITARDO.- mi sono girato lentamente. Un pugno mi ha fermato a metà, facendomi rotolare per terra. Non mi sono rialzato neanche che è arrivato anche il calcio. Sono rimasto per terra per alcuni minuti poi mi sono rialzato, sentivo qualcosa di caldo in bocca. Ho sputato un po’ di sangue. -Beh, non ero in missione- ammisi -Allineati di dietro , forza. Bene, adesso che ci siete TUTTI, devo dirvi chi starà qui e chi no.- si sono guardati tutti terrorizzati. -Voi che siete in seconda fila andrete.- gli altri hanno tirato un sospiro di sollievo, mentre quelli della mia fila si sono avviati come dei condannati a morte, verso le tende. Lane restava lì. Ero ancora più incazzato. Sono appena tornato da un coma durato due mesi e già mi mettono a fare un’altra missione?! Mi vogliono far morire?
Dopo cena ho scritto un biglietto per Erika, dicendo che sarei andato ad Herat per alcuni giorni. Gliel’avrei lasciato domani,  passando vicino all’ospedale. Ne ho scritto uno uguale anche a Karmas, però non so come avrei fatto a darglielo. Cosi, preso dal panico, sono andato fuori dal campo e sono corso verso la casa di Karmas. Le luci erano già spente così ho spinto il messaggio nella buchetta e sono corso via. Le strade erano piene di gente ubriaca e di persone con l’aria truce. Così sono tornato in fretta  al campo, proprio un minuto prima che lo chiudessero per la notte e mi sono diretto verso la tenda. Nell’altra tenda stavano facendo baldoria, ma il generale, che era dall’altra parte del campo, non sentiva niente. -Questi stronzi non fanno silenzio da un’ora.- ha biascicato uno -Ma sta zitto, sono solo cinque minuti- dall’altra tenda si sentivano dei gran rutti e risate. -Quasi quasi vado a chiamare il generale, così la piantano- -Ma sta’ zitto!- -Chi c’è qui?- avevo appena calpestato il sacco a pelo di uno -O’Ryan, sei tu?- -Ma che dici, sono dall’altra parte!- possibile che nessuno si accorgesse di me? Ho sorriso -Sono Sullivan- -Ah quello che oggi si è preso quello schiaffone…ahahah cretino- ero già di umore nero, se ci si metteva anche lui..-Torno indietro e ti pesto per bene, se prima non l’ho fatto- -Ragazzi…- l’altro si era alzato sulla schiena, vedevo solo l’ombra -Avanti, allora!- -Adesso sono stanco e tu calmati- -Ahah, figlio di puttana.- l’ho ignorato,anche se qualcuno si era preparato a tenermi per un braccio. -Sei ubriaco fradicio, vero? Ti sei unito alla festa degli altri- -Sono tornato un attimo prima di te e poi loro sono miei amici- -STATE ZITTI!- stavo per tirargli qualcosa e l’avrei fatto se avesse continuato -Cosa scrivi? Lettere d’amore?- -Si, perché?- -Uhhh- -Dormi che è meglio- mi sono messo a scrivere in pace.

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Capitolo 7
*** 1 Ottobre ***


1 novembre
Ieri siamo partiti presto, ma ho fatto in tempo a portare, o piuttosto a lanciare il biglietto alla portinaia e a dirle di consegnarlo a Erika Kelly. Stavo anche per non partire. La cosa non è che mi addolorasse tanto, ma s’ha da fare. La mia jeep era da due persone, quindi c’ero io e un altro tipo di ventisei anni ed era talmente silenziso che non  sapevo neanche se ce l’avesse la lingua. Rispondeva solo “mmh…” o cose del genere. Lui era già nell’esercito quando sono arrivato e non aveva mai l’aria di essere molto felice. Ho provato ad attaccar discorso più volte all’inizio, prima di capire che era tutto inutile. –Senti, non sono come te che hai sempre voglia di parlare. Sto facendo qualcosa per il mio paese, è il mio compito e non  voglio essere disturbato.- -Ok, ok…- queste sono le uniche parole che mi ha detto. Simpatico, eh? Così il viaggio è passato in un sienzio deprimente. Probabilmente era incazzato con me anche perché doveva guidare sempre lui, ma in compenso io dovevo stare rigido con un mitragliatore in mano a controllare che qualcuno non ci sparasse. Insomma, non è stato il compagno più divertente che io abbia mai incontrato, ma fortunatamente, dopo un paio d’ore siamo arrivati sani e salvi al nostro  nuovo alloggio. Sono anni luce più avanti che da noi, però ci sono pochi soldati perché c’è stato un altro attacco,simile a quello che ha fatto fuori i miei amici, tranne  me. Beh, ci siamo sistemati su dei LETTI veri, abbastanza comodi e non eravamo tutti ammassati l’uno sull’altro. Ci sono anche dei bagni veri, non come quei buchi di prima. Manca solo la televisione ed è tutto perfetto. Non ci hanno mandato subito a lavorare, ma ci siamo potuti riposare un po’ nei letti. La sera abbiamo mangiato carne in scatola, molto meglio della solita zuppa.
Questa mattina siamo andati a fare un primo giro di perlustrazione. Anche qui c’è un ospedale, ma è piccolo e non ha un bell’aspetto. É tutto scrostato e ci sono numerosi buchi non ancora tappati. Forse è messa un po’ meglio Kabul.
Avevo il letto vicino a quello che  era nella jeep con me. Gi devo essere stato simpatico, secondo i suoi standard. Dall’altra avevo uno che non avevo mai visto, anche se era nella mia stessa squadra. Fatto sta che quando ci siamo stesi sul letto ha urlato -Allora, volete bere un po’, ho molte bottiglie!- avrei voluto strozzarlo, ma tutti gli altri si sono alzati borbottando e hanno preso una bottiglia. Qualcuno ha sputato -Ma che cos’è ‘sta roba?- -É una roba del generale, l’ho trovata nel suo dormitorio.- questo mi ha fatto drizzare i capelli -Fammi vedere la bottiglia, per favore- -okok…- era quel liquore che bevevano gli ubriaconi che mi volevano imbrogliare -Hey, cos’è quella faccia?- -Questa è raba che se la bevi svieni dopo un minuto, o peggio vai in coma!- -Perché,cos’è?- -É vodka mischiato a qualcos’altro di alcolico!- un sacco di persone hanno  urlato e hanno cercato di sputare il liquido dove potevano, altri sono andati in bagno, ma molti sono rimasti lì, stesi , ma non si vedeva che cosa avessero. Mi sono avvicinato a uno di loro e ho sentito che non respirava. Pensavo che mi stesse facendo uno scherzo del cazzo, ma non respirava veramente. -Hey, tu! L’hai fatto fuori!- -Cosa?- -L’hai ucciso con quella cazzo di roba!- É corso vicino a me, poi si è messo prima a sussurrare poi a urlare una serie infinita di parolacce e bestemmie. -E adesso cosa faccio?- -Forse dovresti andare dal generale?- ma era inutile. Una voce da dietro di noi ha urlato -Ma che cosa sta succedendo qui?- -Signore, questi qui non si sono sentiti bene- -si è avvicinato. -Non si sentono bene per forza! Sono morti!- -Non potrebbero essere andati in coma e…- anche se non si vedeva niente ho visto che quello che aveva aperto la bottiglia mi stava guardando malissimo. -Beh, cosa fate qui? Andate all’ospedale! Forza!- siamo corsi all’ospedale. Avevo una strana sensazione. Se lui provava a dire che ero stato io a dare quella roba ero nei guai seri, però anche gli altri potevano stare con me. Abbiamo trovato qualcuno al turno di notte e gli abbiamo detto che cos’era successo. Sono partite due ambulanze, che, ovviamente, non ci hanno preso su, così siamo tornati al campo a piedi. Le hanno ammassate fino all’inverosimile e poi sono ripartiti. Eravamo rimasti in 8, su 16 che erano partiti. E tutto solo al secondo giorno qua! Batte ogni record.

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Capitolo 8
*** 3/5 Novembre ***


                                                                                  3 novembre
Le infermiere dell’ospedale sono delle gran galline. Probabilmente non sopportano di essere state mandate in un posto  dive ci sono pochi soldati(perché il nostro nuovo accampamento è molto piccolo)e, adesso che hanno visto i nuovi, ci provano disperatamente. Una di loro mi si è avvicinata  -Ciao, chi sei?- -Sono Andrew, ma di solito mi chiamano Andry- -Andry? Bel nome- -E tu invece?- -Christine- -Bene, Christine- dissi sospirando -Stavamo uscendo con le mie amiche, vuoi venire?- -No, mi dispiace, devo fare delle cose per l’esercito- -Ah, ok…sarà per la prossima volta…ciao- Mi sono girato e sono andato al campo. A dire la verità non avevo niente da fare ma, dato che non so cosa avesse in mente quella là, me ne sono andato. E poi uscire con quelle galline non mi piaceva affatto. Normalmente le avrei tirato dietro qualcosa,ma dato che non avevo niente a portata di mano, ci ho rinunciato. Penso di essere stato l’unico a non andare. Molti altri sono corsi letteralmente tra le braccia di quelle ragazze. Possono dire tutto di me, ma non sono certo così stupido da gettarmi su tutte quelle che capitano.
Sono tornati tutti verso le undici. Si sono sentiti gli urli del generale fin dalla tenda(beh, non era poi così difficile). É entrato uno sospirando -Uh…e chi lo sopporta più il generale! Che roba! Quelle ragazze erano degli zuccherini!- poi sono arrivati tutti gli altri. -Divertiti?- chiesi sarcasticamente -Con quelle ragazze molto, ma col generale…- -Ce ne siamo fatte parecchie vero? Ahahah- poi è arrivata la voce del generale fuori dalla tenda -DOMANI NIENTE PRANZO E NIENTE CENA, VERRÓ CON VOI PER CONTROLLARE CHE NESSUNO PRENDA NIENTE, CHIARO?- si sono sentiti parecchi sbuffi -Ma cos’è successo?- -Ci ha beccato mentre cercavamo di entrare.- non potevo nascondere un sorrisetto.
 
                                                                                                                                5 novembre
Oggi Christine è stata in mezzo alle palle tutto il tempo. Me la trovavo sempre davanti e aveva sempre quel sorrisetto falso e innocente che faceva quando mi vedeva. -Ciao..Andry, vero?- -Si…- -Beh, ci si rivede- -Sì, e penso che tornerò più tardi, perché adesso devo proprio andare- -Anche l’altra volta hai detto così. Non vuoi stare un po’ con me? Lascia perdere la missione o quel che è- -No, davvero…ma tu ce l’hai il lavoro?- dissi, sempre più infastidito . Si stava avvicinando sempre più-Certo, ma adesso sono in pausa…- -Ah, ok…io no, quindi se non ti dispiace…- ho fatto uno scarto laterale per passare, ma lei mi ha seguito. Mi ha preso per una spalla e mi ha portato sotto un albero. -Davvero, devo andare…- -É una vera sfortuna che il più bello dei soldati sia anche così impegnato….- -Già, una grande sfortuna- mi si è avvicinata sempre di più. Aveva gli occhi scuri, che sotto il sole, a volte, sembravano viola. -Perché hai tutta questa fretta? Ce l’hai la fidanzata?- -Si, ce l’ho ed è anche qui in Afghanistan- -Ma non in questa città- si avvicinava sempre di più alla mia bocca. Mi sono allontanato gentilmente e lei mi ha trattenuto per un braccio. Ma io che ero più forte di lei ho dato uno strattone e mi sono liberato -Ci si vede!- sono corso via. Ma non è stata l’unica volta che me la sono trovata davanti. Anche dopo, che stavo passando per una via totalmente diversa e l’ho vista entrare in una casa, ma lei sfortunatamente ha visto me -Oh, Andry! Sei tornato! Vuoi venire?- -No, devo tornare…- -Oh, adesso non mi farò rifiutare un’altra volta. Forza…- non avevo altra scelta. Aveva aperto il cancello per farmi entrare. Sono arrivato all’interno di una casa abbastanza carina, non era neanche troppo malandata. Mi ha spostato una sedia ed è andata a prendere dei bicchieri .E dove si trova adesso la tua fidanzata?- -A Kabul…- ha fatto un’espressione allarmata per un attimo. -A Kabul? Pensavo un po’ più in là- -Ci siamo incontrati come è successo con te. Devo affascinare molto le crocerossine…- si è messa a ridere -Beh, perché non tentare?- decisi di cambiare discorso -Non mi hai detto di dove sei…- -Sono americana, tu?- -Anch’io…di dove?- -Los Angeles- ha detto con un certo orgoglio -Tu?- -Texas- -Uh, siamo quasi vicini di casa…sei mai venuto a Los Angeles?- Mah… -Sì, un paio di volte.- ho guardato l’orologio -Beh, è meglio che vada- -Di già?- -Eh,sì, siamo stati a digiuno per un giorno, solo per essere usciti con le altre.- -Oohh…mi dispiace- mi ha preso per un braccio. I capelli lunghi, ondulati e bruni si sono mossi un po’ e mi si è avvicinata come ha fatto stamattina. Poi ha sorriso -Sei uno che non tradisce la sua fidanzata anche se lei non lo verrà mai a sapere, eh?- -É proprio così- -Beh- si è allontanata -allora per me non c’è speranza- ha fatto la faccia imbronciata che aveva usato molte volte per provare a convincermi -No, mi dispiace- mi sono incamminato per il viale. Che strana ragazza…era anche molto bella. Però io adesso sto con Erika e niente e nessuno me lo farà dimenticare. A meno che….lei non mi abbia già tradito con un altro….e in questo caso….bah, lasciamo perdere. Sono arrivato in tempo per cenare e il generale non mi ha neanche detto niente. Questa volta si mangiavano fagioli. Non è che ne andassi matto, ma si mangia quello che c’è, questa è la regola. Beh, adesso vado…

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Capitolo 9
*** 6 Novembre ***


                                                                                                                        6 novembre
Oggi faceva piuttosto freddo, sarà perché ci stiamo avvicinando all’inverno. Di qua si vedono le montagne innevate sopra i tetti piatti delle case. Le strade sono semideserte, tranne per alcuni bambini che vanno a scuola. Sembrava tutto abbastanza sereno e tra l’altro non si vedono persone che sembrano contro di noi. Quando sono arrivato al campo, mi è arrivata una telefonata -Pronto?- -Pronto, Andry?- erano i miei genitori. Sembravano stranamente seri -Ciao mamma….- -Ti hanno spostato?- -Si, a Herat- -Oh…avevo provato a chiamarti più volte dal numero di Kabul, ma mi hanno risposto solo dei soldati che, alla terza, mi hanno quasi urlato in faccia che non c’è nessuno che si chiamava così e mi hanno dato questo numero.- ha riso, ma io sono rimasto serio -Ma comunque ti devo dire una cosa più importante…tuo padre è malato…- -Si? E che cos’ha?- -Cancro- ecco perché era così triste e a disagio -Ah, mi dispiace…- era tutto quello che riuscivo a dire. Che cosa dovevo dire poi, con due genitori anaffettivi? -É un cancro al fegato, il dottore ha detto che c’è qualche speranza, ma…- sembrava che stesse piangendo -Beh, quando dovrebbe morire?- -NON DIRE QUESTE COSE!- -Vuoi che ritorni a  casa?- ho detto con un po’ di speranza -No, no, al massimo,se le cose peggioreranno ti chiameremo e tu vedrai cosa fare- Figurati! Le mie speranze sono state troncate -Bene…- -Bene? Vuoi parlare con lui?- -Solo se vuole…- sempre meglio mio padre di mia madre, anche se era una gara dura -Andry?- ha risposto una voce sconsolata -Ciao papà- mi sono girato indietro e ho visto che si stava formando una coda -É meglio che ti sbrighi, perché qua tra un po’ mi tirano qualcosa in testa- -Oh, beh, tua madre ti ha dato la notizia- -Si- -Non ti ha detto che potevi tornare?- -Assolutamente no, devo restare qui secondo lei- -Beh, forse dovrei dirti una cosa….- -Sbrigati- mi stavo innervosendo -Beh, mi dispiace…sto morendo e tu non mi vedrai perché sei là- -Dimentichi che avete buttato tutte le mie cose via? Non sarei potuto tornare a casa comunque- -Beh, quella è stata un’idea di tua madre- -Mi vuole proprio molto bene….- -Beh, è una storia lunga…magari te la racconterò un’altra volta, magari ti chiamo domani…comunque ti volevo dire che mi dispiace, non solo perché non vedrai tuo padre morire- che tristezza! -Ma un po’ per tutto…ti racconterò tutto domani- -Si, va bene ciao….- che strana telefonata! Mi stavachiedendo scusa per i 18 anni di merda che mi ha fatto passare? Tutta la mia vita è esattamente così: strana. La frase tipica di mio padre ”sì, faremo tutto domani…” ma non faceva mai niente. Quand’ero piccolo, non avevo un gioco, a meno che non me lo comprassi io con i miei soldi. I miei per me non  hanno quasi mai sborsato niente, tranne il necessario per la scuola e per mangiare(per la cronaca, mia madre cucina come un cane!). Eppure mio padre non mi ha mai detto “mi dispiace”. Sarà il pericolo di morte che ti fa dire queste cose, come nei film. Dubito che mi richiamerà domani, fa sempre così.
    

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Capitolo 10
*** 7/8/11/13 Novembre ***


                                                                                                                        7 novembre
Non ha chiamato nessuno fino a sera. Poi, sorprendentemente, un tipo mi ha detto di andare al telefono perché era urgentissimo. Invece di sentire la voce di mio padre, ho sentito quella troppo acuta di mia madre -Pronto?- -Andry, tuo padre si è sentito male! Che cosa dovrei fare?- -lo chiedi a me? Beh, forse, per cominciare,lo dovresti portare all’ospedale?- -Si, ma…- ha cercato di piangere. Probabilmente aveva messo le cipolle davanti a sé e le stava tagliando per dare l’effetto. -Giusto, adesso chiamo un’ambulanza. Tuo padre di doveva dire delle cose importanti. É da ieri che non si da pace.- -Ah, davvero?- si sono sentiti i suoni dell’ambulanza dall’altra parte del telefono. -Adesso devo andare, ti vorrei spigare di più, ma…- -Si, sì, non puoi, lo so mamma.- come al solito. Chissà poi cosa mi doveva dire mio padre di così importante. Segreti imbarazzanti che non sapevo già? Sarebbe ora! Nessuno mi ha mai detto niente di quello che è successo quando ero piccolo e questo per darvi un’idea di quanto importasse ai miei genitori di me. Forse questo l’ho già ripetuto troppe volte.
 
                                                                                                                                   
 
 
8 novembre
Oggi mi è arrivata una lettera da Erika
“Perché non mi hai detto che partivi? L’altra mattina, la segretaria mi ha detto che eri passato molto presto e che le avevi dato un biglietto, poi sei andato via di corsa. Perchè non me l’hai detto prima? I miei genitori sono lì adesso, potevo venire con loro…”le ho risposto subito
”Cara Erika, non lo sapevo neanche io che dovevo partire, me l’hanno detto la sera prima che consegnassi la lettera alla segretaria. Comunque non ti devi preoccupare, sono sano e salvo. Mio padre lo è un po’ meno, sembra che stia per morire. Baci Andry”
L’ho imbucata subito dopo.
Tra tutte le rogne che potevo avere, anche la mia ragazza che mi fa la predica perché non mi ha visto per l’ultima volta!
 
                                                                                                                        11 novembre
Sembra un po’ più tranquillo questo posto rispetto all’altro. Le persone quando passano per strada non cercano di attirare la tua attenzione per essere aiutati, fanno i fatti loro. Sono anche stato costretto,(in un certo senso) a chiedere aiuto a una persona, perché mi stavo annoiando troppo. Una radio stava trasmettendo ad altissimo volume una canzone in inglese, forse la prima che io abbia sentito da quando sono arrivato qui. La canzone rispecchia proprio la mia situazione, si chiama “Lemon tree”, specialmente la parte in cui dice “I wonder how, I wonder why, yesterday I took by the blue,blue sky….and all I can see it’s just a lenom tree” ok, non ho una pianta di limoni da osservare ma la sensazione è più o meno la stessa. Uff…mi sto annoiando a morte.
 
                                                                                               
 
                                                                                                                        13 novembre
Oggi o e alcuni altri tipi, abbiamo ricevuto una lettera  che diceva che saremmo dovuti restare quando gli altri se ne sarebbero andati nel pomeriggio. Che culo, ragazzi! La lettera non diceva fino a quando, però. Forse tra un mese potremo tornare dove eravamo prima.
Ultimamente pensavo all’ultimo discorso con Erika. Forse non avrei dovuto concludere “in bellezza”. Non sono mai stato un tipo geloso. Comunque, adesso è tardi e sono stanco morto. Forse domani riusciro a scrivere qualcosa di più sensazionale.

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Capitolo 11
*** 15 Novembre ***


15 novembre
Mi ha telefonato Erika. Sembrava piuttosto arrabbiata. -Allora quanto devi restare là? Ti sei dimenticato che avresti una ragazza?- come se fossi io che volessi stare in questo posto -Pensi che se potessi, non sarei già tornato? Tutto si può dire di me, tranne che non sono leale- -Si, come no…comunque, quando tornerai?- - Forse tra un mese- -Tra un mese?!- -Proverò a chiedere al generale se posso restare meno. Cosa ti è successo?- -Perché?- -Mi sembri diversa”- -É da un po’ che non mi vedi. Le persone cambiano ma tu non lo sembri affatto”- -Grazie- ha riattaccato.
Ci mancava solo lei a completare il quadro. Tornai in tenda. Ormai c’erano solo quattro letti occupati. Tutti sembravano depressi e tristi, o erano troppo pigri per alzarsi. Un soldato stava sfogliando un giornale dove c’erano donne nude o in bikini. Un altro guardava lo stesso giornale sorridendo. Dopo alcuni minuti che mi ero steso sul letto anche io,arrivò il generale. Era incazzato nero -Mica vi pago perché voi state qui a dormire! Fuori subito! Sul letto ci si ritorna questa sera tardi, anzi, domani perché questa sera dormirete per terra o non dormirete affatto, dato che vi siete già riposati!- ci sollevammo tutti sbuffando. Nel pomeriggio non ho avuto un attimo di pace. Il generale ogni tanto passava a controllare che tutto andasse bene. Anche la notte dovevamo passare per la città, con l’obbligo di scortare i civili(anche se spesso non girava anima viva). Solo alle dieci di mattina ci ha concesso un po’ di riposo. Io, che non avevo dormito niente, ero stanco morto. Quando mi sono svegliato, però, avevo un mal di testa atroce. Il medico dell’esercito mi ha dato qualche pillola da prendere e mi sono riaddormentato. Mi sono svegliato verso sera, ma avevo ancora tempo prima della cena, così mi sono fatto un giretto.Volevo rivedere Karmas, Erika, i miei amici. Non ce la facevo più a restare in quel posto. Non mi ero accorto che  Christine era davanti a me. Cercai di evitarla, ma tutti i tentativi sono stati inutili -Oh, ciao Andry- -Ciao…- -É da un po’ che non ci vediamo.- non avevo nessuna intenzione di andare con lei in quel momento. -Vuoi fare un salto a casa mia?- -No, mi dispiace, ho delle cose da fare- -Dai, non dirmi che non ti sei divertito l’altra volta- Non risposi -Come sospettavo…Perché non vieni anche oggi? Ceniamo e facciamo due chiacchere- -No, veramente non posso.- Innervosita mi si avvicinò e mi ha baciato. Tentai di lottare, ma quella lì era più forte di me. Mi staccai con la forza -Senti, io una ragazza già ce l’ho. Non voglio problemi.- -Smettila, dai- mi fece un altro sorriso. Improvvisamente, mi accorsi che un uomo ci stava fissando. Portava una camicia rossa. Mi ci volle un millesimo di secondo per accorgermi che era un nemico e mi stava puntando un fucile, quindi mi staccai e mi trascinai Christine dietro a un cassonetto -Che fai?- -Non hai visto il tipo nella via?- -No…-É un nemico, se ci beccava ci uccideva tutti e due.- Stava per urlare ma le tappai la bocca. Presi la mia pistola e mirai. Lo presi. Cadde per terra e lo trascinai via. Christine cominciò a urlare, ma io le dissi di stare zitta. Avevo paura che ci fossero degli altri lì vicino e i suoi urli li avrebbero attirati. Lo nascosi dietro a una cassa e tornai sulla strada. Mi veniva un po’ da ridere a vederla così terrorizzata. Cercai di calmarla -Su, forza non fare così. Se vuoi stare con un militare devi abituarti a questo ed altro- Forse era quello che aspettava. -Quindi tu vuoi stare con me?- -Non ero io quello a cui mi riferivo.- -Si, si, come no- -Quante volte te lo devo dire…- -”io ho già una ragazza”lo so, sai?- -E allora perché continui a insistere?- -Perché io ne ho bisogno- -Beh, non ti posso aiutare, ci sono altri quattro ragazzi con me. Se vuoi te li presento- -Scommetto che nessuno è carino come te- mi si è avvicinata di nuovo pericolosamente. Feci alcuni passi indietro e me ne andai. Girandomi, ho visto che mi stava seguendo. -Bene, fammeli conoscere- Non me la sarei più tolta dai piedi. Arrivai di corsa nel tendone semivuoto e dissi ai 3 tipi di venire fuori. Prima, mi risposero con dei ghigni beffardi, come per dire”chi me lo fa fare”. Per convincerli del tutto,ho detto che c’era una ragazza carina lì fuori. Peccato che lei mi abbia sentito e mi ha sorriso. I ragazzi sono corsi fuori. Alcuni hanno fischiato. Le si sono buttate addosso come delle belve. La divoravano con gli occhi. Naturalmente lei era felice come una bambina in un negozio di dolci e vedevo che stava facendo una selezione con gli occhi per vedere quale accalappiare. Scomparii nella tenda. Dopo un po’, arrivò un soldato dentro -Ehi, ma sei pazzo? Hai visto che occasione ti sei lasciato sfuggire? É una bella figa lei!- -Ce ne sono un milione sulla terra come lei e, sinceramente, sono impegnato.- -Mah..- si mise nella brandina. L’argomento della serata fu Christine. Tutti mi guardavano come se avessi trovato un tesoro. Mi hanno chiesto dove ne avessi trovate di così carine -Basta che andiate all’ospedale, lì ce ne sono tante.- Scommetto che domani li troverò tutti lì.

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Capitolo 12
*** 16/17 Novembre ***


16 novembre
Metre facevo uno dei miei soliti giri di ispezione passai dall’ospedale. Era il momento di pausa di alcune infermiere e chi c’era a tenerle compagnia? Tutti i soldati che erano rimasti avevano evidentemente seguito il mio consiglio. Come soldati non eravamo molto impegnati…Ad un certo punto vidi un tipo con un’aria sospetta uscire. Aveva il volto semicoperto e da quello che potevo vedere, una lunga cicatrice gli percorreva tutta la faccia. Lo seguii, tanto per essere sicuro. Prese un telefono e chiamò qualcuno. -Ho fatto quello che mi hai detto, la bomba c’è: dopo le persone altro che ospedale …- Tornai indietro di corsa. Entrai nell’ospedale e andai al bancone che c’era al’entrata. Tolsi un microfono a una tipa che mi fissava interdetta. -Si ORDINA a tutti quanti di evacuare l’edificio. Per la vostra salute, andatevene da qui!- La tipa dietro di me mi chiese il perché e io, ancora al microfono risposi -C’è una bomba!- Si sentirono tanti urli  la gente che corrova fuori. Anche io sono corso fuori più veloce che potevo e il più lontano possibile. Incontravo soldati che correvano a destra e a sinistra, non sapendo da che parte farsi. Dopo cinque minuti si sentì una forte esplosione e la terra tremò sotto i miei piedi. Poi si alzò un gran polverone. Molte persone si riversarono in strada, tutte parlando in arabo. Quando tutto si fu un po’ calmato, tornai verso l’ospedale. Era diventato un cumulo di macerie. Alcuni soldati erano già al lavoro per estrarre i corpi dalle macerie. Trovai alcune persone ferite e anche morte. Stendevamo i corpi vicino alla strada e ogni tanto arrivava qualcuno che li conosceva e piangeva..Io ero stanco e ho sentito di aver fatto il mio dovere, quindi sono tornato in tenda. Ma, appena mi sono girato, c’era il generale che mi stava fissando, mani sui fianchi. -Dove pensavi di andare?- -Da nessuna parte- mi rassegnai e tornai sul luogo dell’attentato.”Forse se faccio così mi  lascerà tornare a Kabul” ho pensato e mi sono dato da fare. Infatti la sera, il generale mi ha convocato. -Alcuni mi hanno detto che hai dato tu l’allarme.- -Si - -Bene, perché pensavo: perché mandarti a Kabul se te la cavi tanto bene qui?- -Beh, io avrei un po’ più di ragioni per tornare a Kabul, credo.- -E quali sarebbero?- -Beh, lì ci sono i miei amici e la mia fidanzata…sarebbe un peccato lasciarli da soli.>- -Mmh, e tu pensi che io ti permetta di andartene per questo? A me non me ne frega niente della tua vita sentimentale. Però…domani arrivano degli altri, quindi potrei mandarti a Kabul. Che ne dici di partire domattina?- -Mi sembra buono.- Finalmente tornavo “a casa”.
 
                                                                                                                                17 novembre
I soldati sono arrivati la mattina presto, quindi sono partito con Il carro lasciato vuoto. Dopo due ore sono tornato nel campo, finalmente. Dopo aver sistemato la mia roba in una tenda vuota, decisi di andare a salutare Erika. Non andai all’ospedale però,decisi di andare a casa sua.
Aspettai un’ora, poi finalmente una macchina arrivò nel viale d’accesso. Erika scese in fretta e si accorse di me tutto d’un tratto. Non so cosa stesse provando, ma ci fu un momento dove stette ferma immobile,come se l’avessero bloccata e corse verso di me. -Andry!! Cosa ci fai qui? Non mi avevi detto che tornavi!- -Mi hanno fatto andare via questa mattina, così ho pensato di fare un salto.- -Pensa che strano, mia mamma è tornata proprio ieri sera ed è partita il giorno stesso!- -Quindi sei stata da sola per un po’…- -Si, non sapevo con chi parlare…hey, sto provando a prendere la patente!- -Fantastico!- -Com’è andata allora?- -Cosa?- -Non fare lo stupido: a  Herat.- -Mah, c’è la guerra- Si mise a ridere -Ma va’? Non lo sapevo…- -No,veramente,niente di speciale.- -Ho evitato di guardare il telegiornale per giorni… non volevo sentire quache spiacevole notizia.- Cadde in silenzio. -Comunque adesso sei tornato! Vieni di sopra?- Proprio in quel momento si sentirono delle foglie frusciare. Erika aveva  gli occhi sbarrati. -CHI È?- -Erika, calmati. Saranno stati degli animali nel bosco.- Ma lei non ascoltava. Prese il fucile -Erika, non mi sembra il caso…- Non si sentì altro. Si sedette di nuovo -Che cosa è successo?- -Niente, niente. Una notte sono venuti dei ladri e hanno cercato di entrare in casa. Per fortuna non sono riusciti a sfondare né  la porta né una delle finestre. Mi sono presa molta paura, però.- -Ah, mi dispiace…Cos’altro è successo da queste parti?- -Mah, niente di che…Mi sei mancato…- mi abbracciò. Andammo di sopra. In effetti c’erano alcuni vetri riparati,  si vedeva che erano stati rotti di recente. La stanza di Erika era in perfetto ordine. Sembrava che nessuno ci abitasse in quella casa.Chiuse la porta dietro di me.Si sedette sul letto e mi guardò per un po’- Magari ho incontrato i tuoi ad Herat. Mi avevi detto che erano lì, no?- -No, dicono che non ti hanno mai visto.- Guardai verso la finestra. Si stava rabbuiando -Sarà meglio che vada. Non vorrei che mi chiudessero fuori.- -Beh, si, hai ragione.- Mi alzai e prima di andare via mi avvicinai a Erika e la baciai. Non si trattenne anzi, aveva più calore di me. Uscii dalla camera tornai sulla via del campo dell’esercito. Arrivai al pelo, ma nessuno se ne accorse. Il generale era seduto attorno al fuoco. Fui sollevato di vederlo. Nonostante fosse uno stronzo colossale, è l’unico che mi piace. -La tua tenda è nell’ultima fila a destra , Sullivan- non mi guardò neanche. Arrivai nella tenda. Finalmente ero da solo. Non avevo dormito da solo da quando ero stato male, l’estate scorsa. Adesso ero lì, nel silenzio e mi potevo stendere quando volevo. Mi sono mancate le tende che ci sono qui, monoposto, anche se ho visto che ci sono dei telai più grandi.
 

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Capitolo 13
*** 19 Novembre ***


19 novembre
Prima di riuscire a ri-orientarmi ci ho messo un attimo. Ero abituata alla città più piccola di Herat. Un primo colpo, fu vedere il mio caro vecchio ospedale, dove avevo incontrato Erika tante volte. Cercai tra la gente lì fuori qualcuno che ci somigliasse ma non c’era nessuno. Proseguii. Volovo andare a trovare Karmas. Ripercorsi quella via che avevo passato più volte finchè arrivai alla sua casa. Avevano cercato di ovviare al problema dei buchi nel muro coprendoli di tende. Entrai, ma c’era solo la moglie. Mi trattenne  un po’ e mi raccontò la storia di quello che era successo in mia assenza. Karmas era stato rapito(gliene capitano di tutti i colori!)ma, con l’aiuto dei soldati americani si è raggiunto un patto ed è stato liberato. Nel frattempo, mi servì degli stuzzichini. Mentre stavamo ancora parlando, arrivò Karmas in persona. Era più magro di quando l’avevo lasciato. -Uff, quella ragazza guida come una scheggia impazzita..- appese i giubbotto. Arrivò nel salotto e si accorse di me. -Andry, da quanto tempo! Dove sei stato?- sul suo giubbotto c’era un chiaro simbolo americano. -Appena tornato da Herat. Stavi parlando di Erika, per caso?- -Si, come hai fatto ad indovinarlo?- -So che deve prendere la patente. Me l’ha detto ieri.- Mi diede di nuovo una pacca sulla spalla. -Bene,Kadija ti avrà raccontato già quello che è successo, vero? Hai visto, le ho insegnato l’inglese.- In effetti, adesso lo parlava molto bene. Dal piano di sopra si sentì rumore di passi, poi due bambini arrivarono giù dalle scale, uno dopo l’altra. -Papà!- gli si precipitarono tra le braccia. -Tranquilli ragazzi. Non è successo niente oggi. Mia moglie ti ha detto già tutto?- -Mi ha detto che ti hanno rapito.- -Ah, ma non ti ha detto la cosa più importante. Mi fanno lavorare per l’ambasciata americana. Ci potremo comprare un’altra casa!- -È fantastico.! Hai già cominciato?- -Veramente no…Comincerò lunedì prossimo. Da quando ho conosciuto i soldati dell’esercito, sto molto meglio.- -Hai conosciuto anche Lane?- -Si, certo. Sono stati molto gentili con me. Ringraziali tanto. Comunque adesso vengo quasi ogni giorno al campo. Forse ogni tanto ci vedremo.- -Può darsi- -Ho saputo cos’è successo ad Herat e ho anche saputo chi c’era dietro. Eh no…è inutile che ti nascondi perché lo dicono tutti i giornali. Cerchi sempre di fare il modesto!- -È stata una cosa involontaria. Mi trovavo da quele parti quando ho visto un uomo sospetto correre via. L’ho seguito e l’ho sentito dire che aveva innescato una bomba nell’ospedale. Dopo sono corso indietro e ho detto in un microfono di venire fuori a tutti. É così che è andata veramente, te lo giuro. Comunque le notizie volano molto in fretta…- -Beh, comunque è una storia eroica lo stesso. Va beh, ci vedremo un po’ più spesso allora adesso.- -Si, se mi vuoi venire a trovare, la mia tenda è la penultima vicino alla cucina. Ci vediamo allora.- Uscii dalla casa. Mi mancava Karmas. Decisi di tornare all’ospedale per vedere se trovavo  Erika. Quando arrivai, Erika c’era, ma era in compagnia. Un tipo biondo le circondava la vita con un braccio e lei rideva e scherzava con lui e con delle altre ragazze. Fu come se qualcuno mi avesse appena dato una mazzata sullo stomaco. Da lei non me l’aspettavo.
Corsi via. Ero incazzato con tutti. Con il generale, che mi aveva mandato. Naturalmente con Erika, che mi aveva tradito con quel tipo. Con me stesso, pechè non ci avevo pensato. Non volevo nessuno tra i piedi, volevo solo restare da solo. Mi chiusi nella mia tenda e non uscii più, neanche per andare a mangiare con gli altri. Sgattaiolai in cucina e presi qualcosa da mangiare in tenda, ancora molto nervoso. Perchè sono un soldato? I soldati sono destinati a essere traditi perché non ci sono quasi mai.

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Capitolo 14
*** 21 Novembre ***


21 novembre
Ieri ho cercato il più possibile di evitare l’ospedale. Accettavo compiti che andassero a una distanza minima di 10 km da lì. Il giorno dopo, però, ci passai davanti. Erika e quel tipo dell’altro giorno, erano lì fuori, questa volta da soli. Erano molto vicini, il che mi fece pensare che i loro discorsi non fossero solo di lavoro. Ero indeciso se farmi vedere o far finta di niente. Erika pensò a sollevare questo mio dubbio. Alzò gli occhi e mi vide. Sobbalzò e diventò bianca come un cencio -Andry…- Io cercai di non infuriarmi, di prendere la cosa alla leggera. -Ciao, Erika. Chi è il tuo amico?- -Ehm…ecco- lui si rivolse a me -Hey, ciao compare! Chi sei ?- Era americano anche lui e, a occhio e croce, veniva dalla California. Era biondo, piuttosto abbronzato e sorridente. Ecco, io non sopporto i tipi così. Hanno un chè da snob. Portava degli occhiali scuri, come se si trovasse sulla spiaggia di L.A. Il suo look stonava decisamente con il camice bianco da medico. -Hey, tu, mi hai sentito?- -Si, mi chiamo Andry e tu?- -Chris, piacere!- Erika mi si avvicinò e ci allontanammo da lui. -Chi è quello?- -Un collega- -Strano, perché sembravate molto intimi…- -Non penserai mica che….no! Io lo odio quello!- -Beh, non mi sembra..- -Senti, eravamo così vicini perché io gli stavo spiegando una cosa ed ero molto innervosita- -Mah…- -Se vuoi possiamo chiedere direttamente a lui. Chris, vieni qui?- -Si, che c’è?- -Puoi spiegare al mio fidanzato cosa stavamo facendo?- -Mah, niente che gli interessi. Mi stava sgridando perché non ho saputo fare una cosa semplicissima. Niente che tu possa capire.- odio le persone che mi dicono così. Ero ancora diffidente. -Credimi, non ci siamo detti niente!- Se lo confermava anche lui allora forse poteva essere vero. -Va beh. Io vado- mi allontanai fino alla strada più vicina, mi nascosi e li osservai. In effetti lei non aveva la faccia rilassata. Gesticolava ed a un certo punto partì a passo deciso verso l’ospedale. Andai avanti per la mia strada. Devo credere a Erika o no? Eppure sembrava sincera. Decisi di lasciar perdere. Dopotutto era solo una discussione con un collega, niente di più. Durante la giornata non successe niente di particolare. Passeggiavo da solo per la città. Mi chiesi dove fossero finiti i miei amici. Anche se le ultime settimane le ho passate per lo più da solo, non ne ho sentito la mancanza. Comunque tornai al campo, vedendo che non succedeva niente di particolarmente interessante. Verso cena arrivarono tutti. Vidi Lane. Era decisamente dimagrito,forse a causa delle continue punizioni del generale. -Andry! Allora sei tornato!- -Si- -Ho saputo che hai il maggior numero di premi di ognuno qua dentro. Non diventerai mica un generale, vero?- -No, no, non ci penso nemmeno…. anche se mi ci fai pensare non sarebbe così male. Comandre delle persone mentre tu resti al campo e intrattieni relazioni politiche con il capo dello stato o porti i soldati in spedizioni…Mi ricordo quando sono arrivato qua per la prima volta, ahahahah - -Beh, con me avresti un occhio di riguardo vero? Il generale mi punisce in continuazione per le mie feste. Ha detto che non si può pù comprare niente dall’esterno e che dobbiamo mangiare solo quello che prepara il cuoco. In più a me da anche meno, perché dice che non posso essere un soldato come si deve, se penso solo a mangiare.-
Dopo cena arrivò Karmas. -É stato scelto come aiuto esterno. Ci da molte informazioni utili.- mi disse Lane -Tranquillo, lo conosco. È un mio amico.- -Davvero?- come conferma mi venne incontro -Andry, come va?- era strano vederlo con la divisa militare. Mi metteva ancora di più in soggezione. -Bene. È strano vederti qui- si mise a ridere. -Perché, prima dove vi vedevate?- intervenne Lane. Io rimasi in silenzio, ma Karmas rispose con prontezza -A casa mia. Ogni tanto, quando doveva andare da quelle parti, passava da me. Mi ha salvato la vita- -Anche a lui?- -Beh, si, diciamo che…- -Sempre il solito modesto- non mi andava di parlare delle mie azioni eroiche. In quel momento arrivò il generale. -Ah, signor Rashid. Felice di vederla. Come mai è qui con loro?- -Conosco Andrew.- -E chi non lo conosce? É comparso sui giornali più volte. É famoso ormai.- Pensavo che il generale alleviasse la situazione,ma invece è diventata perfino peggiore. Per fortuna che il generale portò con sé Karmas, così che io potei andare a letto. Ecco perché avevo una tenda tutta mia. Avevo uno dei gradi più elevati.
 

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Capitolo 15
*** 24 Novembre ***


24 novembre
Dopo due giorni di calma piatta, (si fa per dire) decisi di andare in un’area della città che non avevo ancora visitato. C’erano alcuni locali, sparsi qua e là e un edificio abbastanza nuovo. Là fuori vidi Erika. Stavo per chiederle che diavolo ci facesse lì, quando vidi che era in compagnia di un altro ragazzo. Ancora. Erano molto vicini e, il mio occhio ci ha visto bene, ad un certo punto si sono baciati. Rimasi di stucco e non potei fare a meno di commentare -Un altro collega, Erika?- Erika si staccò violentemente dal tipo. Era uno moro, con gli occhi scuri. Il contrario di quello dell’altro giorno. Il tipo, capendo che si stava mettendo nei guai, si allontanò un poco, ma rimase nelle vicinanze -Andry, io..- mi tornarono improvvisamente alla mente le parole che mi aveva detto prima di partire.”Vuoi dire che ci lasceremo? Questo non è l’unico ospedale con belle ragazze del paese”.Ero incazzato nero.- Non mi sembravate molto professionali. E poi sei stata propro tu a dirmi.”Vuoi dire che ci lasceremo? Questo non è l’unico ospedale con belle ragazze del paese”. Direi che è successo il contrario.- -Andry, tu eri in coma, ero completamente sola! E poi è un amico- -L’altro giorno ti potevo anche credere, ma questa volta no. E tu sei stata con entrambi durante tutti questi giorni? Complimenti!- -Andry…- -Penserò alla nostra relazione. E se mai ti vedrò, chiunque tu sia, ti menerò a sangue- e me ne andai. Per vedere che effetto avevano sortito le mie parole, mi girai. Erika stava piangendo e quel tipo stava con lo sguardo fisso nel vuoto. Come ha potuto tenermi nascosto una cosa del genere? Per così tanto tempo poi! Beh, tutto sommato anche io ho baciato quella tipa ad Herat. Non mi ricordo neanche più come si chiamava. Ma lei mi aveva mentito. Sovrappensiero, non mi ero reso conto di essere arrivato davanti al cancello del campo. Entrai in fretta e andai in tenda. Non volevo vedere nessuno, volevo solo pensare al da farsi. Sarei stato zitto per un giorno o due, poi le avrei detto che…che…che cosa? Le avrei detto che ci saremmo lasciati? Erika mi piaceva però. Era particolare, strana, non volevo perderla. Però forse era lei ad averne abbastanza di me. E dire che non era da me passarci sopra. No, avrei fatto passare un po’ di tempo. Avrei lasciato che fosse lei a cercarmi e se non lo faceva, l’avrei lasciata perdere. Ci saranno altre meglio di lei nel pianeta.

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Capitolo 16
*** 26 Novembre ***


                                                                                  26 novembre
Ho preso la mia decisione: cercherò di perdonarla e le dirò che anche io ho baciato una. Dato che entrambi abbiamo la coscienza sporca siamo pari. Se lei mi ama davvero tornerà con me.
Oggi ho messo in atto questa decisione. Dopo un giorno dove la evitavo e non le parlavo, sebbene il destino me la piazzasse sempre davanti, ho deciso che dovevamo definire le cose. Così oggi l’ho aspettata fuori dall’ospedale. Lei è uscita da sola e, vedendomi, è rimasta ferma sulla porta. -Ti devo parlare- Mi seguì silenziosamente. Cercai di mantenere un tono calmo. -Sai, per quella cosa dell’altro giorno….- -È stato un grosso errore, lo so, ti prego…- -Lasciami finire. Senti io sono disposto a perdonarti, perché anche io, a Herat ho baciato una tipa…- -Ah…- disse in tono allarmato e un po’ deluso -Dato che abbiamo fatto entrambi lo stesso errore, direi che siamo alla pari. Se a te sta bene…- si stava rilassando -Vuoi dire che potremo stare ancora insieme?- -Beh, se vuoi…ma questo è un caso eccezionale, sia chiaro.- -Certo, bene.bAllora è tutto sistemato.- -Aspetta un attimo, però. Se ti becco ancora con quel tipo, o se scopro che state ancora insieme, prima meno lui e poi ti mollo. Devi fare la tua  scelta. Non puoi avere entrambi.- -Certo.- questo lo disse di malavoglia. Me ne andai. Mentre stavo per svoltare in un’altra via, sentii qualcuno chiamarmi -Hey, psst..Andry! Vieni qui!- era il tipo biondo dell’ospedale. -Che c’è?- -Senti io li vedo, perché fanno arti marziali con me.- Erika che fa arti marziali? Wow -Hai sentito la nostra conversazione?- -Non ho potuto fare a meno di farlo! Passavo di lì! Comunque, se vuoi io li tengo controllati. Se vedo che stanno ancora insieme te lo dico, ok?-non avevo voglia di resistere -Beh, grazie- -Non ti preoccupare, amico!- non sono suo amico -Beh comunque, bella scelta. L’unica è che è un peperino…Siamo d’accordo, allora?- -Si, ciao- mai visto uno più scemo di quello lì. Non vedeva l’ora di fare la spia. Me ne andai a fare le mie solite cose. Appena arrivai al campo, vidi Karmas fermo davanti alla mia tenda. -Karmas…- -Ti aspettavo. Mi hanno raccontato che tu e Erika eravate tanto così dal separarvi. É così?- -Si, ma…chi te lo ha raccontato?- -Erika, ovviamente.- -Beh, adesso le cose si sono messe a posto. Lei stava con un tipo e io l’ho scoperta. Che c’è di male?- -C’è di male che anche lui la ama. Sfortunatamente anche lui è stato un mio allievo. Lei l’ha fatto innamorare e adesso lui è distrutto, perché lei lo ha lasciato per te.- Mi sembra di sognare! Mi dovrei sentire in colpa perché avevo fatto spezzare il cuore a quello là! Dentro di me eri contento. Aveva scelto me -Beh, sono scelte di Erika, non mie. Io le ho solo detto che non ci poteva avere entrambi, non che doveva scegliere me. Comunque possono rimanere amici, per me non c’è niente di male.- -Dubito che la sola amicizia basti.- -Mi stai chiedendo di rompere con Erika? Dovrai parlare con lei prima, no?- -Mmmh, forse hai ragione.- non me lo aspettavo così stupido. Se ne andò lentamente. Io ero rimasto sconcertato dalla nostra conversazione. Erika si trovava proprio in un bel casino.




Scusate il ritardo! Dannata scuola e anche ispirazione....

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