96 hours.

di anqis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thursday. ***
Capitolo 2: *** Friday. ***
Capitolo 3: *** Saturday. ***
Capitolo 4: *** Sunday. ***
Capitolo 5: *** Monday. ***



Capitolo 1
*** Thursday. ***




 
96 hours.


Giovedì.

È tardo pomeriggio, c’è silenzio nella camera da letto che dà sul cortile del retro. Leslie, stravaccata sulle lenzuola, scorre la bacheca di Twitter con una smorfia di noia e repulsione dipinta sul volto. Bethan sta leggendo un libro, al suo solito; Ethel ascolta la musica seduta sulla panca davanti alla grande finestra. 
Da un punto di vista esterno non sembrerebbero neanche conoscersi, figurarsi amiche. Ma con occhio attento, si può notare che il silenzio che aleggia nell’aria non sa di imbarazzo o differenza, ma solo di silenzio: quello tranquillo, delle biblioteca le mattine o della camera di Bethan la notte prima di un esame importante. In cui ti perdi e riesci quasi a percepire l’eco dei tuoi pensieri rimbombare contro le pareti delle stanze. E che sfortunatamente durano poco.
Leslie ha sollevato gli occhi al cielo, le labbra strette in una smorfia. Ethel sa che ora comincerà a lamentarsi delle degenerate di twitter – nonostante lei sia una tra quelle, ma questo non glielo dice. Si sfila una cuffia nello stesso momento in cui Bethan ha finito il capitolo e ripone il segnalibro che Leslie le ha confezionato alle elementari con la stoffa di jeans. 
«Io-»
Esplode la confusione al piano inferiore. Ci sono passi, grida, risate e Leslie chiude di scatto la bocca, offesa. Abbassa le palpebre e inspira profondamente aspettando che torni il silenzio, perché è questo ciò di cui ha bisogno il suo prossimo sproloquio da premio Nobel. Qualcuno però non sembra dello stesso parere. Una risata in particolare riecheggia tra le mura della casa. Leslie si è già liberata del laptop, è in piedi con una mano sulla maniglia. Non si accorge delle guance rosse di Bethan, che quella risata l’ha riconosciuta per prima. Ethel alza un sopracciglio, ma non dice nulla. 
«Louis Tomlinson!» grida la castana.
E il fratello è proprio sulla porta di camera sua, le scarpe di calcio che lasciano terriccio lungo il corridoio. Spalanca gli occhi azzurri, che entrambi hanno ereditato dalla madre, le sopracciglia sottili che si inarcano al limite del possibile. «Leslie Tomlinson» ribatte. «E con lei la musona e – ciao Bethan!»
Quest’ultima saluta con una mano, la musona arriccia il naso senza degnarlo di uno sguardo. Leslie sbuffa sonoramente e «È possibile che ogni volta che torni dagli allenamenti devi fare tutto questo casino? Stavo cercando di studiare, io.»
A quelle parole il fratello maggiore scoppia a ridere. «Studiare, tu?»
«Esatto» risponde lei, un sorriso furbo e divertito, segno distintivo dei Tomlinson  «Studiavo un piano per eliminarti definitivamente e appropriami anche della tua camera da letto.»
«Non ti sono bastati la mia copertina di plaid preferita, la collezione di carte di Pòkemon, due e tre mie felpe preferite e la maglietta del concerto dei Killers?» domanda sconcertato il fratello. 
«Quelli erano solo degli assaggi» replica Leslie, ma sta già sorridendo e forse si è già dimenticata dell’importante discorso sulle disagiate di twitter che stava per intavolare. Accetta la mano di Louis che le scompiglia i capelli castani come i suoi, forse di una sfumatura più scuri, quando però dei passi sopraggiungono fino a loro. 
«Ehi, dolcezza!»
Niall Horan, occhiali da sole a fine Dicembre a nascondergli le occhiaie del dopo-sbornia e maglietta dei Bulls sopra una a maniche corte bianche, sorride amichevole. Louis vorrebbe mettersi una mano in faccia perché ora sarà impossibile non litigare con sua sorella: Leslie prova una sorta di antipatia – no, è odio –  nei confronti dell’irlandese, da quando in prima liceo ha espresso a gran voce nel bel mezzo del corridoio un certo apprezzamento sulle sue mutandine con i panda – che il pomeriggio prima avevano visto in cortile mentre sua madre stendeva il bucato e loro tentavano di non sporcare i panni puliti con il pallone incrostato di terra. Spera solo che si sfoghi unicamente sul suo amico, in modo che possa sgattaiolare via prima.
«Nialler, smettila di provarci con la mia sorellina» dice tirando una gomitata al biondo che ride e – se le cerca – appoggia un braccio intorno alla spalla della sorella. Leslie si irrigidisce.
«Provarci? Come se ce ne fosse bisogno: lo sappiamo tutti, io, tu, lei, Bethan – ciao, bella! – e la musona che siamo tremendamente attratti l’uno dall’altra. Giusto, Les?»
Ethel sorride sotto i baffi: le piace Niall Horan, è forse troppo chiassoso, ma insieme così inopportuno e idiota – ma davvero, davvero idiota – in senso positivo che è impossibile non trovarlo divertente. E Leslie è semplicemente adorabile quando c’è lui attorno.
«Niall Horan. Togli questo lurido, spocchioso e sudaticcio braccio dalla mia spalla o sarò costretta ad amputartelo seduta istante» adorabile, ecco. 
Soprattutto quando lo prende per l’orecchio, come sta facendo ora per esempio – “ahi ahi ahi, Les, mi fai male!” – e lo zittisce nonostante lui sia in netto vantaggio fisico. Cominciano a discutere ovviamente, Niall le domanda il perché di tale astio nei suoi confronti e Leslie semplicemente aumenta la stretta delle dita attorno al lobo ormai rosso del ragazzo. Louis si è già dileguato. Ethel allora si alza, silenziosa, ed esce dalla stanza: ha sete. Bethan la imita, forse per un motivo diverso.
In salotto ci sono gli altre tre amici di Louis: quello con la carnagione dorata che Ethel un po’ invidia di cui non ricorda mai il nome, quello che la saluta sempre con un sorriso mite ed educato; e Harry, l'unico che le rimane in mente, perché ha i capelli strani e beh, Harry Potter. Fa un cenno con il capo quando attraversa il salotto, ma nessuno sembra davvero notarla. Bethan invece la salutano e lei ricambia, la voce bassa e delicata. 
«Dovresti degnarli di un ciao qualche volta» le dice quest’ultima quando la raggiunge in cucina.
«Lo faccio.»
«Non è salutare quel cenno della testa: sembra un saluto militare.»
«Sempre saluto è.»
Bethan ridacchia. Ha già messo l’acqua sul fuoco ed ora si sta allungando sulla credenza per tirare fuori le tazze. «Mi tagli il limone?» chiede e lei ubbidisce. Il rumore dei biscotti che cadono sui piattini fa pensare Ethel: chissà perché è sempre Bethan a fare il the in una casa che non è neanche sua?
Poi Louis entra, i capelli umidi di una doccia veloce e un asciugamano poggiato sul collo abbronzato. «Il the!» esclama felice, guarda subito Bethan e «Se non ci fossi tu in questa casa non saprei che fare!» l’abbraccia da dietro con lo stesso affetto che nutre per la sorella inferiore. La differenza è che Bethan non è sua sorella e ha le guance rosse scarlatte.
«Mh» Zayn è comparso sullo stipite e li guarda con un cipiglio indecifrabile. «Avete bisogno di aiuto?» domanda rivolgendosi però ad Ethel che scrolla le spalle.
Bethan tossisce e solo allora Louis la libera non prima di averle schioccato un bacio tra i capelli ramati. «No, Zayn, sei utile quanto un cactus nel bel mezzo di un deserto.»
Il moro aggrotta le sopracciglia folte: «Mh, quindi sarei l’unica fonte di acqua nel raggio di chilometri e chilometri?»
«Esat- no, aspetta.»
«Louis, sei così-»
«Louis!»
È Leslie che con le guance paonazze sta gesticolando, una mano stretta al colletto della maglietta di Niall al suo seguito. 
«Esattamente ciò che volevo dire» sorride Zayn.
«Cos’è questa storia che trascorrerete il week-end nella casa in montagna?!» strepita.
«Mh» mormora il Zayn, Liam gli si affianca da dietro aggrappandosi a lui per la spalla. Arriva anche Harry, dopo un po’, e si appoggia allo stipite della porta, un sorriso pigro dipinto sul viso rilassato. Ha i capelli ancora più disordinati oggi – pensa Ethel – probabilmente a causa del vento. Quando si accorge che si è raccolto le prime ciocche in un codino, sorride pensierosa e accidentalmente si taglia con il coltello. Si morde il labbro inferiore e lo sciacqua subito sotto il getto freddo del lavandino. Nessuno si è accorto di nulla.
«Ne ho parlato ieri con la mamma e mi ha detto che è d’accordo» spiega Louis.
«Ieri» marca Leslie. «Io gliel’ho chiesto una settimana prima!»
Il fratello maggiore fa spallucce. «Non capisco quale sia il problema.»
«Perché non si sono fermati a me i nostri genitori?» si lamenta la più piccola con le mani tra i capelli e Louis vorrebbe ribattere che lui è nato per prima, ma non ha neanche il tempo di aprire bocca che la sorellina logorroica lo zittisce. «Il problema è che non possiamo entrambi, io con le mie amiche e tu con i tuoi, trascorrere l’intero week-end insieme!»
«E perché?»
«Convivere quarantotto ore sotto lo stesso tetto con..» Leslie libera Niall dalla sua stretta spingendolo in avanti. «Stai scherzando, spero.»
«Ma se mi adori.»
«Sarà interessante» dicono insieme. 
Harry scoppia a ridere buttando indietro la testa mentre Bethan arrossisce all’idea di dormire a pochi metri da Louis – ne è passato di tempo dai pigiama party e prima non aveva problemi a saltare nel letto dell’altro, ma ora è.. diverso. Zayn sbuffa, ma sta sorridendo e Liam sta già esponendo all’amico alcune idee divertenti da fare – “I marshmallow intorno ad un falò, Zaynie, capisci?” – tutto convinto. Ethel non dice nulla, così come Leslie che sta sgranando gli occhi e sembra sul punto di esplodere e distruggere tutto ciò che la circonda. 
«Io vi odio» sibila alla fine. «Convincerò la mamma a lasciarmi la casa» e scompare in salotto. Allora Niall batte il cinque a Louis che «Se ti becco nella sua camera, giuro che-».
«Tranquillo, mate. C’è sempre il bagno.»
I ragazzi si dileguano per una partita alla Play e Bethan è già alle costole di Leslie per consolarla. Solo quando sopraggiunge il silenzio, che Ethel si ricorda dell’acqua che scorre. Osserva il dito sottile e pallido: la ferita non si è rimarginata, ma il sangue  non c’è più.
«Ethel.»
È Harry.
«Stai più attenta» le dice accennando alla mano che ha lasciato cadere lungo il fianco e che non si è neanche premurata di nascondere: e perché dovrebbe? La bionda lo guarda negli occhi, Harry abbozza un sorriso ed afferra il vassoio con i biscotti. Se ne va, mentre «Riccioli» mormora Ethel, confusa. Se n’è accorto.



 
- angolo autore.

Buonasera a tutte, è un po' tardi lo so. Non è mia abitudine pubblicare a quest'ora, ma è da tempo che non lo faccio ed ora colgo l'occasione che sono dalla mia migliore amica. Buon Halloween a tutte, spero siate sveglie e annoiate da riuscire a sorbirvi anche questa cosa. Allora, "96 hours" è una mini-long da circa quattro capitoli + epilogo. I quattro capitoli corrispondono ai giorni della settimana che i nostri protagonisti trascorreranno nella baita in montagna, novantasei ore di convivenza e tanto fluff, vi avverto già in partenza! E' di primo impatto sicuramente una trama banale piena di clichè, e forse è proprio questo - la mia sincera beta l'ha descritta come una "fanfiction da sedicenne", ma infondo è proprio ciò che sono, no? ahah - ma piacevole da leggere - o almeno spero - dolce e divertente, quindi provate a darle almeno una possibilità!
Non ho molto da dire, se non che adoro Ethel e il Harry di questa storia è il più simile al "reale" Harry per me; ma non meno Bethan e Leslie e preparatevi perchè non tutto è ciò che può sembrare, okay?
Scappo dalla mia migliore amica che le fa male la schiena e spero davvero di poter leggere qualche vostro parere, ci tengo molto come sapete! (Non aspettatevi aggiornamenti settimanali, salto da un computer all'altro ewe)

Anqi.

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Capitolo 2
*** Friday. ***




96 hours.

Venerdì.

«Io odio mia madre.»
«È la decima volta che lo ripeti» le fa notare Bethan stringendo le dita attorno al volante. «Sei sicura che sia l’indirizzo giusto?» domanda poi guardandosi attorno, il piccolo maggiolino di sua madre parcheggiato sul marciapiede di fronte ad una delle tante villette che caratterizzano le vie di Holmes Chapel. 
Leslie annuisce sbuffando, il naso all’insù e una ruga in mezzo alla fronte difficile da cancellare. «Perché dobbiamo dargli un passaggio?» si lamenta con un sospiro.
Bethan scuote la testa: «Perché i ragazzi sono cinque e nell’auto di Louis ci stanno solo in quattro più il borsone delle schifezze.»
«C’è sempre il bagagliaio» fa notare la castana.
«Pieno di valigie.»
Sbuffa ancora e Ethel si sta stancando. Si è svegliata alle sei di mattina perché la notte precedente si è scordata di abbassare le tapparelle: si era persa ad osservare le poche stelle in quell’inchiostro di cielo. Vorrebbe dormire e l’avrebbe già fatto se solo l’idea di un viaggio in auto di due ore con Harry Styles seduto al suo fianco smettesse di sovraccaricarle i nervi. Si domanda perché proprio lui tra tutti i cinque e non Liam o Zayn, semplicemente qualcun altro. E soprattutto perché l’agita così tanto questo pensiero quando da sempre non si è mai lasciata toccare dalla presenza di anche solo uno di loro. È da stupidi e lei non lo è.
«Beh, pensa positivo, Les: almeno non sei nella stessa auto di Niall» dice Bethan strappandole uno sbuffo, ma insieme anche un sorriso. Che scompare subito perché la porta della villetta si apre e spunta la figura alta di Harry, un grosso borsone sotto braccio. Ethel si abbassa sul sedile maledicendo il fatto che non conosca la strada per la baita e la patente che non ha: a quest’ora sarebbe seduta su uno dei sedili anteriori. 
«Non in auto, ma tra due ore condivideremo la stessa aria e gli stessi pasti per quarantotto ore» Leslie sbatte la fronte ripetutamente contro il finestrino e questo porta Harry a fermarsi a qualche metro di distanza. Alza le sopracciglia, ma poi si stringe nelle spalle ed apre lo sportello.
«Ehi.»
«Ciao, Harry!» Bethan è l’unica a salutarlo.
Il ragazzo abbozza un sorriso pigro di chi deve essersi appena svegliato. Lancia il borsone alle sue spalle nel bagagliaio e poi si libera del giaccone a vento: si sta bene, al caldo nel piccolo abitacolo che profuma di pino, sigaretta e femmina. Sfiora con un gomito Ethel ed allora le sorride come per scusarsi. La bionda fa spallucce. 
L’auto parte, mentre Harry si calca bene il berretto di lana grigio sui capelli cespugliosi, più sconvolti del solito, dovuto forse ad una doccia: c’è un forte profumo di shampoo, ora. Si sistema le cuffie nelle orecchie e ha già le palpebre abbassate. Lo imiterà anche Ethel, soltanto a mezz’ora da destinazione, trascorrendo il tempo a spiarlo di sottecchi mentre Beth canticchia sottovoce e Les le indica dove svoltare. Poi però non regge e si addormenta anche lei. Un po’ più vicino.


Quando arrivano, ad attendere Les c’è una brutta sorpresa. 
«Ho tenuto libera la stanza accanto alla mia» le sorride malizioso Niall, appoggiato allo stipite della porta già in tuta grigia e calze natalizie. «Non devi ringraziarmi, dolcezza.»
La ragazza lascia cadere il borsone e la testa sulla spalla di Beth, che alza gli occhi al cielo e si domanda, insieme alle altre due ragazze, da dove sia spuntato. È irlandese, si dicono tutte e tre in mente. Fortunatamente per il biondo però sopraggiunge il fratello maggiore, che prima gli tira una ciabatta, e le tranquillizza informando loro che i due dormiranno insieme – “Lo controllerò ventiquattro ore sue ventiquattro, fidatevi” “Ma sei hai il sonno pesante, Lou” - e che la loro stanza è abbastanza grande per tutte e tre.
«Nel caso Niall attaccasse, ci saranno Beth e la musona a difenderti» strizza un occhio.
«Sempre che Louis non si unisca a me» interviene il biondo, un maledetto ghigno divertito e malefico a storpiargli la faccia, in forte contrasto con le guance rosse e gli occhi così azzurri e puri.
Louis ride buttando la testa all’indietro: «Attenta Bethan, mi raccomando» scherza, ma la ragazza non può proprio fare a meno di arrossire come un peperone e allora sì che Leslie se ne accorge e «No, ti prego no» sibila sgranando gli occhioni azzurri.
Ethel sospira. È un attimo che si trovano spinte nella loro stanza seguiti dagli sguardi confusi dei due ragazzi. Si siede sul parquet già caldo ed incrocia le gambe.
«Beth, dimmi che è la stanchezza del viaggio e tu non sei davvero arrossita alla solita battuta scema di quell’idiota di mio fratello.»
Gli occhi azzurri di Leslie cercano quelli scuri dell’amica, ma quest'ultima non sembra dell’intenzione di sollevare lo sguardo dal pavimento. La castana si porta le mani tra i capelli, imprecazioni che si spengono sulle labbra per la sorpresa. Ethel ridacchia, non se lo aspettava una sfuriata silenziosa, non è da Leslie. Significa che è davvero sconvolta.
«Les» tenta di dire Beth, ma l'altra la blocca sul nascere con una mano alzata.
«Devo – devo solo» si siede per terra vicino ad Ethel. «Devo solo elaborare la cosa. Mi ci vuole tempo» inspira alla fine affondando il viso nell’incavo tra le ginocchia raccolte. Trascorrono minuti nei quali il tempo sembra essersi fermato così come il respiro di Beth. Poi però la sua migliore amica solleva lo sguardo e «Da quando?» le domanda.
«Uhm, qualche mese» tentenna. «Non lo so.»
«Da quando.»
«Da settembre.»
Si copre gli occhi, quasi sperasse di svegliarsi dallo strano sogno in cui è finita. «Dannazione, Beth, potevi dirmelo. Quattro mesi non sono pochi. E tutte le volte che ti ho invitato a casa mia come se niente fosse.. e non me ne sono mai accorta. Che razza di migliore amica sono? Ethel lo sapeva?»
«No.»
«Sì» dicono insieme.
Leslie spalanca gli occhi: «Perché a lei glielo hai letto?!»
Beth gesticola come fa sempre quando è agitata o nervosa. «Io non gliel’ho detto, ti giuro..»
«Infatti» Ethel capisce di dover intervenire. «L’ho capito da sola.»
«Ancora peggio! E perché tu non me lo hai detto?»
«Non spettava a me. E poi.. così è più divertente.»
La castana la fulmina con gli occhi, ma poi lascia perdere e torna a rivolgersi a Bethan. Lo dice con cautela, scandendo piano le sillabe: «Perché?»
Allora anche lei si siede e raggiunge le altre due. Si stringe una ciocca di capelli ramati tra le dita esili e si sistema gli occhiali dalla montatura spessa sul naso piccolo. «Non lo so.»
«Non mi basta, Beth.»
«È che mi fa sentire speciale, forse. Non sono mai stata il tipo di ragazza appariscente, non sono esuberante come te» si rivolge a lei, che scrolla le spalle senza negare nulla che non sia vero. «O particolare come Ethel» la bionda alza le sopracciglia, ma non si esprime. Lei passa inosservata, sempre. «E con lui è come se improvvisamente si spegnessero le luci e venissi illuminata da un occhio di bue.»
Leslie è sorpresa dalla confessione della sua amica, dalle guance di un rosa vivo e dagli occhi scuri quasi lucidi e sognanti mentre parla. Non riesce a trattenersi e si sdraia a terra, accanto alla sua gamba. E guardandola dal basso, fa una smorfia: «Lui lo sa?»
«No.»
Ethel le ha raggiunte, silenziosa, ma presente. Beth raccoglie la sua mano tra le sue e Leslie mormora più seria che mai: «Giuro che se ti fa soffrire, gli scambio il dentifricio con la colla super resistente.»


È sera ormai, sono tutti premuti sui due divani in salotto, tranne Niall che seduto sul tappeto sta vanamente cercando di infilarsi tra i piedi di Leslie, la quale risponde a pedate. Bethan sta lavando gli ultimi bicchieri e le posate, mentre Zayn sta cercando di schiacciare i diversi cartoni di pizza nel sacco della spazzatura fuori. La televisione è accesa, ma nessuno sembra interessato al programma natalizio mandato in onda. 
«Ehi.»
Le viene quasi di istinto alzare il viso, ma si costringe a tornare alla parole del libro sotto mano. Probabilmente non si sta neanche parlando con lei. Ma una mano si poggia sul suo braccio ed allora capisce che Harry le ha appena rivolto la parola. Aggrotta le sopracciglia scure -  non le piace essere interrotta nel bel mezzo di una scena avvincente -  e sostiene lo sguardo di Harry che le si è seduto accanto. «Mh?»
«Ciao.»
«Perché sussurri?»
Lo ha preso in contropiede, pensa vedendolo aggrottare a sua volta la fronte. Poi però piega le guance in un sorriso timido e divertito. Cosa c’è di divertente in tutto questo? «È l’atmosfera» spiega accennando al buio sfocato dalle decorazioni natalizie, dalle luci che hanno appeso nel pomeriggio e l’unica lampada accesa accanto a lei. «Ma volevo scusarmi per questa mattina.»
«Di cosa?» Ethel finge di non capire.
Harry si gratta una guancia posando gli occhi altrove. Quando parla però torna a guardarla, ancora più intensamente di prima. Saranno le luci. «Per essermi addormentato sulla tua spalla durante il tragitto.»
Ricorda la sensazione dei riccioli del ragazzo accarezzarle la pelle del collo, il profumo dello shampoo alle more sembra ancora disperdersi nell’aria. Si sente accaldata e non può fare a meno di ringraziare il buio che la nasconde agli occhi del ragazzo, così vicini e verdi. «Non fa niente» risponde forse troppo meccanicamente. «Nessun problema» tenta ancora.
«Sì?» domanda lui.
Uhm, «Sì.»
«Va bene» e come se nulla fosse, con nonchalance poggia di nuovo la testa sulla sua spalla. «Grazie» sussurra. Adesso Ethel neanche si ricorda il titolo del libro che stringe tra le mani. 


Zayn è ancora fuori, quando Louis raggiunge Bethan in cucina. La stringe da dietro fregandosene delle mani sporche di pomodoro e schiuma, facendola irrigidire ma insieme ridacchiare. Ubbidisce quando lei gli ordina di liberarla e si siede sul tavolo, le gambe che fendono l’aria.
«An
«Dimmi, Boo» sorride, solo lui la chiama così e soltanto lei ha il permesso di usare quel nomignolo affibbiatogli da sua madre quando aveva all’incirca sei anni. 
«AGennaiopartoperLondra» spara Louis a tutta raffica.
Bethan si ferma con un bicchiere in aria. Si volta lentamente per incrociare lo sguardo birichino di Louis, la luce divertita negli occhi azzurri di quando la sta mettendo nel sacco. Tutto ciò che vede però in quegli occhi è serietà e un po’ di malinconia. «Come, scusa?» domanda calma, ma la voce trema già come il bicchiere tra le sue mani.
Louis sospira senza deviare lo sguardo, perché è coraggioso. Leslie e lei hanno sempre scommesso quando erano piccole che Louis sarebbe sicuramente finito in Grifondoro se fosse stato un mago – per quel che ne sapevano loro. «A Gennaio parto per Londra» ripete piano sollevando un angolo della bocca. «Mi hanno accettato all’università.»
Bethan vorrebbe sorridere, gridare, ridere e abbracciarlo. Sorride sì, ma con le lacrime agli occhi, ride per non piangere e lo abbraccia di slancio perché improvvisamente lo sente già lontano miglia e miglia. Louis le stringe la vita e le bacia la fronte, «Scusa» le sussurra e continua fino a quando la porta del retro della cucina si apre e Zayn compare sullo stipite.
«Mh» mormora, come al solito - Bethan lo trova irritante. «Mi sono perso qualcosa?» domanda chiudendosi la porta alle spalle, il berretto di lana tempestato da fiocchi di neve. 
Louis sorride e risponde: «No.»
Perché non è stato Zayn a perdere qualcosa.



 
- angolo autore.

Buonasera a tutte!
Sì, sto prendendo l'abitudine di pubblicare tardi, forse perchè è l'unico momento in cui posso e il computer della mia amica è più o meno libero e a mia portata di mano. Non posso intrattenermi molto però, quindi.. spero davvero che vi sia piaciuto questo capitolo quanto a me è piaciuto scriverlo. Mi dispiace di aver parlato poco dei personaggi di Leslie e Bethan. Di Leslie vi dico semplicemente che ho già scritto una one shot su Neslie (Niall/Leslie - che nome figo ahah!) e che lei è una Tomlinson DOC quindi, Niall avrà molto lavoro da fare. Bethan è invece la dolcezza in persona, la mamma della situazione diciamo, e stronza come sono, le ho fatto perdere Louis AHAHA ma non preoccupatevi: non date assolutamente per scontato lei e Louis e.. uh uh. Io amo questo Niall, così inopportuno, schietto e irlandese. Louis è un adorabile fratello maggiore, dolce e- prima impressione: secondo voi ricambia Beth? Liam è quasi un personaggio di contorno, ma sarà più presente con l'andare avanti. Poi c'è Zayn che mh, tenetelo d'occhio, mi raccomando. Infine Harry e Ethel che sto zitta, penso parli il capitolo da sè - aksjdhdsjaka. 

Grazie di cuore a chi ha aggiunto questa mini-long tra le seguite/ricordate/preferite e quelle meraviglie che mi hanno fatto sapere il loro parere, sia via recensione che su facebook (potete trovarmi come Anqi Efp). Aspetto di sapere cosa pensiate su questo, sperando di non aver deluso nessuna aspettativa!

Anqi.

ps. se volete dare un'occhiata, ho pubblicato recentemente una one shot su di Louis di una serie in corso.
Che se non fosse per te della serie della serie Ora con te.

 

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Capitolo 3
*** Saturday. ***



 
96 hours.

Sabato.
 
È mattina, fuori brilla il sole sui rami ghiacciati e bianchi dei pini che circondano la proprietà dei Tomlinson. È mattina e quasi tutti dormono: Leslie sommersa sotto un cumulo di coperte, Louis sul pavimento, Niall abbracciato ad un cuscino che ha chiamato nella notte “Les”. Il forno della cucina invece è sveglio, così come Liam che sta riscaldando il caffè ed Ethel che sta preparando la colazione.
«Anche i biscotti» le dice, mentre la ragazza tira fuori dal sacchetto della spesa confezioni di schifezze e grassi.
«Soprattutto i biscotti» sorride lei. «Li adoro, quelli ai frutti di bosco. Chi li ha comprati?»
Liam serve il caffè dentro due grosse tazze, un cartone di latte già nell’altra mano. «Anche Harry ne va matto» risponde e se non fosse concentrato a evitare di pasticciare con il liquido scuro e bollente, si accorgerebbe di come la ragazza li abbia immediatamente lasciati sul tavolo. Ethel si accontenta di un po’ di cereali.
Sono seduti a tavola e l’orologio appeso al muro segna le due. È rotto e non ci sono pile in casa. Saranno le nove di mattina, tra mezz’ora si sveglierà anche Bethan, seguita forse da Harry. Nessuno dei due spera di vedere gli altri prima di mezzogiorno.
«Mi dispiace che Louis parta.»
Liam annuisce. «Anche a noi, ma siamo felici per lui. E poi tornerà qui a casa appena possibile. Infondo un po’ di distanza penso farà bene alla nostra amicizia.»
La bionda alza un sopracciglio. «Ditelo che non vedete l’ora di liberarvi di lui.»
Liam ride e Ethel lo trova davvero carino per come stringe gli occhi e incassa la testa nelle spalle guardando la tazza. È quello che più le sta simpatico tra i ragazzi e stranamente non si trova a disagio insieme a lui. Tutto il contrario di come si sente vicino a Harry.
«Ho notato che hai fatto amicizia con Harry» esordisce tutto ad un tratto Liam.
«Io e Harry?» domanda stupita. «Cosa te lo avrebbe fatto pensare?»
«Ti ha usato come cuscino ieri sera» sorride lui. Si alza per sciacquare la tazza nel lavandino.
«Non lo fa con tutti?» chiede lei ricordando le innumerevoli volte che l’ha visto praticamente stravaccato su uno dei suoi amici, addirittura Leslie.
Liam è già lontano, in direzione del bagno vicino alla stanza degli ospiti dove lui, Harry e Zayn dormono. Si volta verso di lei solo a metà strada quasi si fosse dimenticato della sua presenza e della conversazione. Liam sarà anche il più sveglio dei cinque, ma ha perennemente la testa tra le nuvole. Le sorride in modo indecifrabile.
«No» le risponde, «Non con tutti.»
 
 
Quando Louis si sveglia, l’ultimo tra tutti perché gli altri dormiglioni li hanno tirati giù dal letto a forza di cuscinate, si spaventa nel trovare il salotto della casa deserto. Controlla un po’ dappertutto, anche sotto i cuscini – solo poi si dà dello stupido. Si arrende poi, come il bambino di “Mamma ho perso l’aereo” e si gratta il sedere, con il germoglio dell’idea di spogliarsi completamente nudo già piantato in testa. Poi però il suo cellulare squilla ed Harry lo prega di aprirgli la porta principale perché uscendo fuori la mattina è rimasto chiuso fuori di casa.
«Che cazzone» lo prende in giro abbassando la maniglia. Ma le parole vengono soffocate dalle palle di neve che lo colpiscono in pieno facendolo scivolare addirittura all’indietro.
«Ma che cazz-»
«Buon compleanno, Louis!» gridano tutti all’unisono strappandogli prima una risata mischiata ad una serie di bestemmie che a sentirle la signora Tomlinson impallidirebbe. E in ciabatte e one piece, si butta fuori alla rincorsa dei suoi amici che già sono pronti ad un’altra scarica di neve.
«Dannati stronzi!»
 
 
Dopo diverse discussioni su come trascorrere il pomeriggio, sono arrivati alla conclusione che si divideranno in due gruppi: chi andrà a sciare e chi a fare compere nel paesino infondo alla valle. Si uniscono all’ultima spedizione, chi non ha ancora fatto i regali di Natale – tipo Zayn, il quale preferirebbe chiudersi in bagno piuttosto che fare qualsiasi attività fisica che non sia camminare cercando di non scivolare sul ghiaccio, e Harry, che ovviamente se n’è dimenticato – insieme a Bethan che ha il terrore di slogarsi qualcosa dall’età di nove anni e Ethel, a cui semplicemente lo sci non piace. Gli altri, una Leslie piuttosto competitiva e pronta a schiacciare quell’insulso scarafaggio di Horan – così ha detto lei – sono già partiti di prima mattina. Louis, inizialmente contrario all’idea di non festeggiare il suo compleanno con tutti i suoi amici, si è subito adattato grazie alla frase d’effetto di Zayn. «Pensa solo che riceverai il doppio dei regali, tu.»
Così, mentre Leslie tenta di uccidere Niall spingendolo verso i percorsi più scoscesi e Liam sfreccia veloce come un fulmine senza un accenno di fatica sul solito sorriso pacifico dipinto sulle labbra, gli altri quattro ragazzi bevono nell’unica caffetteria del paesino.
La cameriera, una biondissima e pallida ragazza del posto, serve il tavolo con un sorriso pieno di sottointesi indirizzati ai due ragazzi, che neanche sembrano notarlo. Harry la congeda con una stiracchiata di labbra, mentre Zayn è già attaccato alla bevanda calda: non sopporta il freddo. Bethan ridacchia.
«Cosa c’è di divertente?» sbotta il moro, piuttosto irritato. Non ha dormito affatto bene, sarà perché Liam ha continuato a sferrargli calci sotto le lenzuola in punti delicati.
La mora scuote la testa facendo spallucce. «La cameriera sembrava piuttosto interessata e voi non le avete concesso neanche uno sguardo» spiega indirizzando lo sguardo alla bionda che, appoggiata al bancone sorride a Zayn, accortosi di lei solo in quel momento. «Ed è pure piuttosto carina, vero?» domanda a Ethel.
La bionda sembra risvegliarsi solo in quel momento. Rivolge un’occhiata alla cameriera e concorda: una cascata biondo cenere e delle gambe lunghe valorizzate dagli stivali alti fino al ginocchio. È davvero bella nel maglioncino verde smeraldo che le valorizza il colore degli occhi. «Molto» commenta.
«Mh» mormora Harry che fino ad allora è stato in silenzio. «Perché dovremmo accorgerci di lei quando siamo a tavola con due così belle e simpatiche ragazze» dice ammiccando con un sorriso ampio e pigro da Stregatto di “Alice nel paese delle meraviglie”.
Bethan ridacchia e «Ma smettila» dice sorseggiando la sua bevanda calda. Ethel lo osserva scuotere la testa e dire «Sono serissimo. Concordi con me, Zayn?», stupita dal fatto che per un attimo aveva creduto per davvero a quelle parole. Che illusa.
Il moro lancia uno sguardo alla biondina appoggiata la bancone, poi ritorna su di loro. Si sofferma in particolare su Bethan che ha le guance rosee e gli occhi nocciola che brillano di divertimento, i capelli color mogano ancora più mossi del solito. Sta attento a spostare gli occhi su Ethel quando la mora se ne accorge, e grugnisce un «Sì» che fa sorridere anche la musona.
«E poi Ethel ha le lentiggini» aggiunge Harry guardandola da sotto le ciglia, «Vince in partenza.»
Questa volta proprio non ce la fa e le guance le si imporporano di rosso. «C’è troppo liquore in questa cosa» si lamenta affondando però il naso nella tazza. Con che occhi la vede?
 
 
«Io ti odio, Niall Horan.»
«Stai diventando piuttosto prevedibile, Les» la prende in giro il ragazzo mentre con facilità la trasporta vicino al primo divano libero di quelli sparsi in uno dei grandi locali che si affacciano sulle affollate piste di sci. «E noiosa» aggiunge.
«Dici? Allora saprai perfettamente cosa sto pensando in questo momento, giusto?» replica acida la ragazza mugugnando di dolore quando un cameriere sbatte accidentalmente un vassoio contro la sua povera caviglia.
«Qualcosa tipo “Niall, se non fosse per te ora mi ritroverei sommersa sotto la neve. Grazie per avermi salvato, ho sognato notti e notti il momento in cui mi avresti sollevato sulle braccia come la principessa di una fiaba?”»
«Qualcosa tipo: “Vaffanculo”» risponde lei schioccando la lingua contro il palato. «E per la cronaca sei stato tu a farmi cadere e inciampar- wah!» grida quando Niall finge di lasciarla cadere a terra. Ride fragorosamente contro il suo orecchio, ma viene zittito dall’altra che tira forte le ciocche sulla nuca. Nasconde il brivido al contatto delle dita fredda che sfiorano la sua pelle sensibile.
«Rifallo e questo meraviglioso berretto di lana farà una brutta fine» le sussurra lei così vicino che Niall ringrazia mentalmente il divano libero dove la posa con attenzione. Le si siede accanto e subito si porta la caviglia della ragazza sul suo grembo cominciando a liberare il piede dallo scarpone da neve. Lei protesta, ma Niall è abituato ad ignorarla: parla troppo per i suoi gusti, pessimo gene ereditario della famiglia Tomlinson.
«Ti fa male se stringo qua?» fa pressione su un punto.
«Dannazione, Horan, sì che mi fa male! Cazzo» sibila mordendosi il labbro inferiore già rosso e mugugnando imprecazioni tra i denti, gli occhi lucidi ma decisi a resistere. Gli viene da sorridere e dopo aver chiesto ad un serviente del ghiaccio secco, si concede di allungarsi verso di lei e carezzarle quella zazzera di capelli scombinati.
«Brava, piccola» ridacchia.
Quella corruccia la fronte sbuffando: «Non mi trattare come una bambina.»
«Se non piangi, ti compro un lecca lecca.»
«Ti ho detto che – uhm, va bene.»
«Anzi, ne ho uno proprio qua» sorride malizioso Niall e ci mette poco Leslie a capire il doppio senso allusivo. Stringe il pugno chiudendo gli occhi, mentre l’altro già sta ridendo. Che razza di idiota pervertito.
«Ahi, Les, mi fai male! L’orecchio!»
 
 
Le candele sono state spente. Ci sono bicchieri sparsi per tutto il piano inferiore, insieme a coriandoli, stecche di zucchero e carta da regalo. Liam sta arrostendo i marshmallow seduto sulla veranda mentre chiacchiera con uno Zayn già addormentato e infagottato in almeno dodici piumoni. Leslie sta ridendo sdraiata a terra con la testa di Niall poggiata sullo stomaco che trema per le risate e forse qualche bicchierino di troppo. C’è musica tranquilla e sussurrata di sottofondo, la televisione accesa che manda in onda uno di quel film natalizi immancabili che però nessuno davvero guarda. E c’è anche Ethel seduta sul terzo gradino della rampa di scala con i riccioli di Harry che le stordiscono i sensi e le carezzano quella porzione di pelle che il maglione non copre. E Bethan che arrossisce perché Louis le ha appena chiesto di concederle un ballo.
«Non abbiamo mai ballato insieme» dice lui mentre le cinge la vita con un braccio, la voce di un tono più roca del solito. «C’è stato quel ballo di primavera, ma mi rifiutasti» ricorda avvicinando il viso al suo e deviando solo di un centimetro per toccarle con le labbra la tempia.
«Eri imbarazzante in quel completo arancione fosforescente» si giustifica lei raggiungendo il suo collo con le mani e appoggiando il mento sulla sua spalla, che non ricordava così alta. «Sarei diventata la zimbella della scuola, Boo. Non puoi darmene una colpa. E poi ora mi sto facendo perdonare, no?»
«Non ti basterà così poco» le mormora con un tono che quasi le sembra malizioso.
Bethan rabbrividisce e si morde il labbro inferiore trattenendo quello che sembra un singhiozzo. Non può fare a meno di desiderare che tutto questo, la mano di Louis che le carezza la schiena, il suo respiro che sa un po’ di alcol sulla pelle, e i loro petti che si stringono quasi potessero divenire una cosa sola, fosse successo prima. Nasconde una lacrima contro la stoffa della camicia che indossa, non preoccupata di come la imbratterà di mascara.
«Ma quello che deve farsi perdonare sei tu, Louis. Solo tu.»
«Lo so» risponde lui allontanandola. «E averti così vicina e non poterti baciare, penso che come pena sia sufficiente.»
 
 
«Mi dispiace.»
«Mh?»
«Per loro» dice Harry muovendo appena la testa in direzione di Louis e Bethan che sotto un vischio ballano stretti l’uno all’altro. Ethel sospira, stretta tra il muro e il corpo caldo e imponente di Harry.
«Forse è meglio così» dice e lui si muove, scivola con la testa sul suo grembo, il viso rivolto verso di lei. «Che non sia cominciata: farà meno male.»
Il ragazzo scuote la testa riccioluta ed è come un richiamo, perché Ethel immerge le dita tra di essi, per la prima volta: sono morbidi proprio come ha sempre immaginato. «Ma si chiederanno per sempre “Come sarebbe stato?”. Meglio soffrire dopo averci provato, che non averlo fatto.»
Le dita si fermano e Harry apre gli occhi verdi. «E tu sei disposto a soffrire pur di provarci? Non hai paura quando saluti qualcuno che questo non ricambi? Che il tuo sorriso vada perso in una marea di visi? Non hai paura della delusione provocata da tante aspettative?»
Il fuoco nel camino brucia a scoppi, sempre più fievole e chiaro. Sente la sua mano grande e ruvida stringerle il polso, lascia che venga condotta fino alla guancia del ragazzo dove sente un bacio carezzarle il palmo aperto, che brucia, piano ed intensamente come il fuoco ormai vicino a spegnersi. «Prima o poi quel saluto arriverà ed il mio sorriso verrà notato forse non da tutti, ma da quell’unica persona che forse voglio davvero che veda» respira contro la sua pelle e Ethel ora divampa. «Ci provo anche quando sembra inutile o impossibile, perché prima o poi anche tu ti arrenderai e noterai gli occhi con cui ti guardo.»
Il fuoco si è spento, nel salotto è calata la notte. Liam e Zayn sono rientrati e caduti sui materassi che hanno sistemato davanti ai divani. Quest’ultimo non dorme, guarda Bethan e Louis dormire su letti diversi. Niall e Leslie si contengono lo stesso, ma nessuno dei due sembra intenzionato ad allontanarsi l’uno dall’atro.  C’è silenzio e il tonfo sordo del cuore di Ethel che cede, così come le sue labbra al tocco di quelle di Harry.




 
- angolo autore.

Buonasera a tutti!
Non ho davvero nulla da dire questa volta, anche se alla fine di ogni capitolo l'angolo autore occupa quasi metà pagina ahaha!
Allora, prima di tutto,  scusate il ritardo, ma senza una connessione in casa sono costretta a vagabondare da un computer all'altro e con le sei ore e i cinque giorni, i compiti, le innumerevoli verifiche con cui ci hanno caricato,  non ho davvero trovato il tempo, nè per scrivere - infatti, ho tante idee al momento che mi riempiono la testa e i pensieri, tra una formula ed una data di scuola - che per pubblicare. Quindi, siate pazienti con me, non penso siate in una posizione migliore della mia D:
Del capitolo, ringrazio la mia amica/beta Gaia che me lo ha appena corretto. Poi, nulla, è molto dolce, divertente e anche un po' triste alla fine. Leslie e Niall sono semplicemente adorabili e divertenti mentre bisticciano per poi finire a farsi gli occhi dolci e ridere insieme da ubriachi: dite che sia solo l'effetto dell'alcool? Non immaginate neanche cosa causerà questo piccolo momento di distrazione ai miei due idioti AHAH *risata sadica*. C'è il momento di Louis e Bethan un po più triste, e Zayn che li osserva da lontano. Che la osserva da lontano. Vi avevo detto di tenerlo d'occhio! Vogliamo parlare di Liam e Zayn? La mia amica Gaia li adora insieme, spero non come coppia ahahaha almeno qui! E infine, Ethel e Harry che - ssh, lascio a voi i commenti (Si sono baciati, si sono baciati! Aw!), sì?

Basta, ringrazio chi è arrivato fino a qui, chi ha dato un'occhiata a questa storia e chi l'ha aggiunta alle seguite/ricordate/preferite! Un graziegraziegrazie alle recensioni lasciate: davvero, sempre più felice ed un pizzico orgogliosa di come questa storia seppur banale, piace.

Alla prossima!
Anqi.





 

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Capitolo 4
*** Sunday. ***



96 Hours.
 

Domenica.
 
«Piano, fate piano.»
«Sei sicuro che non si sveglieranno?»
«Praticamente impossibile: è come cercare di sollevare un ippopotamo a mani nude, te lo assicuro. Per svegliare Les la mattina per andare a scuola, mia madre è costretta a spingerla giù dal letto. Solo dopo qualche calcio apre gli occhi. È la parte più divertente.»
«Spiegato gli innumerevoli lividi con cui viene a scuola.»
«E i suoi schizzi da psicopatica. Traumi e danni celebrali irreversibili. Zayn, smettila di fissare mia sorella in quel modo.»
«Amico, mi chiedi troppo: è mezza nuda davanti a me.»
«Sarà, ma non mi sembra che perché Niall è a petto nudo, Ethel o Bethan lo stiano guardand- ehi, ragazze! È il mio migliore amico quello! Ed è pure pallido come una mozzarella!»
«Louis, sbrighiamoci, la torta infornata di Liam comincia a profumare l’aria. Tra qualche minuto si sveglieranno e se vuoi che il tuo piano funzioni, sbrigati a levargli i pantaloni del pigiama.»
«Va bene, ho capito, ma.. mi fa troppo senso!»
 
 
Niall apre gli occhi nell’istante in cui il forno annuncia la perfetta cottura della torta di mele. Spalanca le braccia colpendo qualcosa di cui però non degna la minima attenzione e si stropiccia gli occhi. «Mhh» mugola raggomitolandosi su sé stesso come un riccio, alla ricerca di calore perché dio, fa freddo. Con gli occhi chiusi perché c’è un antipatico raggio di sole che si diverte ad accecarlo, manda in avanscoperta le mani cercando il piumone o anche solo un pezzo di stoffa con cui coprirsi: perché è mezzo nudo, questo non lo sa.
Con sorpresa, raggiunge un qualcosa di estremamente caldo e morbido e vi si aggrappa, d’istinto, come se fosse un cuscino: le gambe e le braccia strette attorno alla cosa calda e la guancia premuta contro. Sospira estasiato perché profuma pure, di girasoli e neve. Ma conosce quell’odore, gli è tremendamente familiare e soltanto quando sente la cosa rabbrividire, arriva alla conclusione che forse è meglio staccarsi se non vuole morire giovane. Apre un occhio, ma lo richiude. Questo deve essere un sogno. O un incubo.
«Cazzo» impreca.
«Cazzo, è proprio quello che ti staccherò se entro un millisecondo non mi lasci andare e non ti allontani di almeno due metri» sibila Leslie, tremando sotto il suo tocco. Che stesse tremando di eccitazione? No, questa è rabbia pura. Niall la spinge via crollando all’indietro dal materasso sul pavimento di un grado più freddo.
Si nasconde la faccia con una mano e comincia a borbottare scuse senza senso a raffica. Ma Leslie non risponde – merda – e allora con lentezza esasperata lascia scivolare la mano dal viso – non mi sfigurare – e «Ma che cazzo.»
Leslie è in reggiseno e mutandine, le guance paonazze e gli occhi fuori dalle orbite. Niall si metterebbe anche a ridere o si godrebbe la visuale se solo non fosse mezzo nudo anche lui. Si fissano negli occhi, la sorpresa e il terrore nelle iridi dell’altro, mentre rincorrono le scene della notte scorsa, sbiadite dall’alcool.
«Cosa accidenti è successo?» Grida Leslie già in piedi. Niall sospira.
 
 
«Dai, non potete esservela davvero presa» tenta Louis, seduto sul divano tra un Niall che ancora scuote la testa e sua sorella che ha deciso di ignorarlo fino alla fine dei loro giorni. «È stato solo uno scherzo!»
I due ragazzi hanno trascorso l’intera mattinata a gridarsi contro, Leslie accusandolo di essersi approfittato di lei in un momento di debolezza, Niall troppo confuso per riuscire a ribattere con qualcosa che non fosse «Sono andato a letto con Leslie e non mi ricordo nulla»; e l’intero pomeriggio seduti sul tavolo della cucina a sospirare, guardarsi e sospirare ancora. Allora Ethel l’ha spinto in cucina e solo alle cinque di pomeriggio, valigie ormai quasi finite di sistemare e le ultime briciole di popcorn buttate – o nascoste nella fodera del divano – ha spiegato loro che c’è stato un piccolo fraintendimento. 
«Non è successo niente, perché dovete farne un tale dramma?!»
«Ti odio» rispondono, per la prima volta nella loro vita d’accordo su qualcosa.
 
 
È calata la sera e si sente già la nostalgia del posto: domani mattina partiranno per Holmes Chapel. Il frigorifero è stato svuotato, grazie soprattutto all’aiuto di Niall e Zayn, che nonostante la costituzione magra mangiano davvero come se non ci fosse un domani. Ci sono le valigie di Liam, Bethan e Ethel già sulla porta di ingresso, quella di Louis aperta sul pavimento e un mucchio di cosacce e souvenir sul letto di Niall. C’è silenzio e tranquillità, le ciabatte di Leslie che si trascinano in giro per la casa a raccattare le ultime cose; Harry ed Ethel che guardano la televisione, seduti agli estremi del divano vuoto.
Poi ad un tratto c’è il buio.
«No» si lamenta Louis, «Non ora.»
«È saltata la corrente» è Liam che scende le scale ed inciampa negli due gradini.
«Grazie, Lì, se non me lo avessi detto, davvero, non ci sarei arrivato» risponde ironicamente Louis, una mano sul fianco e il freddo che si arrampica sulla schiena all’idea di dover scendere nello scantinato e cercare di risolvere il problema. Chiede all’amico di accompagnarlo e questo accetta, poi si ricorda degli altri e grida a squarciagola di non preoccuparsi, perché ci penserà lui, il superman della situazione. Leslie, dal piano superiore, ride ricordandosi di come quella volta a carnevale lo ha spinto nella fontana per salvarlo e dimostrargli che il vero eroe era lei. C’è trambusto in cucina e il ragazzo si ricorda di Bethan che stava preparando dei dolci. Inciampa su un cuscino, sbatte contro un divano e «Beth, hai bisogno di aiuto?» le domanda con una mano già sulla maniglia.
Lei sta già per rispondere di sì, che il buio le mette ansia soprattutto da sola, ma una voce risponde prima per lei. «Ci sono io con lei, Louis. Non ti preoccupare.»
È Zayn, alle sue spalle, così vicino che Beth perde il respiro. Non si ricorda di averlo visto entrare in cucina. La mano di Louis scivola dalla maniglia. C’è lui con lei.
«Va bene» sussurra alla superficie della porta. «Sistemo il problema e torno su.»
Bethan e Zayn rimangono da soli. Forse per la prima volta in questi tre giorni. Il buio non aiuta la ragazza che si volta per cercarlo. Non si aspetta di trovarlo così – dannatamente – vicino, ci va a sbattere, la fronte contro il petto ampio e si immobilizza, con le braccia sollevate in aria. Zayn profuma di fumo e menta, un odore così invadente e diverso da quello dolce e fresco di Louis, che si sente soffocare. Subito tenta di allontanarsi, ma lui le appoggia le mani sulle spalle nude e scoperte del maglione a scollo a barca. Sono ruvide e calde.
«Beth» perché sussurra? «Stai calma.»
«Tu allontanati.»
Le dita si stringono, ma poi si rilassano e la lasciano libera. Lo sente indietreggiare.
«Scusami» mormora giocando con la lana del maglione, ridacchia nervosa. «È che il buio mi agita, non avrei dovuto, ma..»
«Dovresti smetterla di crederci» la interrompe Zayn. «Ti farà solo soffrire»
Bethan arrossisce di rabbia. «Tu non capisci.»
Lui ride, amaro. «Ti sbagli, è proprio perché sto cominciando a capire.»
 
 
Al piano superiore, la situazione non è nelle migliori. È in corso una discussione, e stranamente i due protagonisti coinvolti sono Leslie e Niall, incappati l’uno nell’altro nel corridoio mentre una usciva con l’idea di scendere in salotto per non rimanere sola, l’altro per cercare nella dispensa qualcosa da mettere sotto i denti – dopo il pacco di patatine, due cioccolatini e una coca cola ingurgitati solo una mezz’ora prima. La ragazza ha dedotto subito con lo sbattere della porta che quello era Niall, poiché l’altro compagno di stanza, suo fratello, doveva essere giù nello scantinato. Aveva fatto dietro-front con l’intenzione di ritornare in camera sua e chiudercisi fino a quando non fosse tornata la luce. Niall però l’aveva anticipata, cosa che riteneva impossibile considerato il cervello del soggetto, ed era partito subito di gran corsa verso la sua direzione. Non ricordando bene le misure o lo spazio tra la porta di una stanza all’altra, aveva un po’ esagerato con lo slancio con il risultato di esserle quasi inciampato addosso per la foga. E se Leslie ha imprecato nel buio dandogli dell’idiota, Niall ha riso buttando indietro la testa e sorridendo perché ormai ci è abituato e quel “idiota” è sempre più affettuoso. Diventerà mai qualcos’altro come amor-
«Ora levati dalle palle, deficiente
Improbabile. Niall sorride e Leslie riesce a vederlo anche nel buio totale le sue labbra aprirsi e mostrare i denti bianchi e perfetti. Si morde il labbro non potendo fare a meno di ricordare di quando portava l’apparecchio e di come nonostante fosse una trappola mortale, a lui donasse. Sono vicini, tremendamente vicini, e le distanze diminuiscono ancora quando sente la stoffa della sua maglietta larga sfiorarla e arretra di un passo e ancora. Incontra il muro alle sue spalle e per la prima volta Leslie ha la sensazione che questa volta non riuscirà a cavarsela con i soliti insulti e la strizzata d’orecchio, perché Niall la ha appena incastrata tra il suo corpo e il muro, le mani poggiati ai lati della testa. Come una di quelle fanfictions di pessimo gusto che le degenerate di Twitter scrivono e pubblicizzano ogni due minuti. Non che lei le abbia lette. Forse qualche riga.
«Mh» mormora lui, con lo stesso tono di voce strascicato di Zayn, solo più divertito. «Perché dovrei? Sto così comodo così» si abbassa appena ed ora i loro occhi si incrociano, si vedono anche nel nero del corridoio. C’è divertimento in quelli di Niall e la luce di qualcosa che Leslie non riesce a decifrare; nei suoi lo stupore, l’agitazione e emozione. Si stringe la stoffa della felpa, perché c’è lo stomaco che si ingarbuglia e forse è la fame. Deve essere la fame.
«Sono seria, Irlanda» ripete; nella voce neanche un briciolo di quella insicurezza che la costringe a rimanere lì appoggiata al muro con il profumo di muschio bianco di Niall sempre più invadente, ma non fastidioso. «Spostati che devo andare» qualche idea, qualche idea, «Ad aiutare mio fratello.»
Lui scuote la testa lentamente e ciocche morbide sfiorano la sua fronte. Solletico. «C’è Liam con lui, nessun problema. E poi non lascerei mai andare una bella ragazza nelle profondità di un buio scantinato.»
«Il massimo che posso trovarci sono topi, non mi violentano per le scale.»
Niall ride. «In effetti, questo lo si può fare anche in corridoio.»
Leslie arrossisce fino alla punta delle orecchie. «Anche un omicidio, se per questo.»
«Touchè.»
«Ora ti togli?»
«No. Perché? Ti dà fastidio?» ma che domande sono?
«Certo che-» fa per rispondere ovvia, ma Niall la interrompe.
«Che io ti stia così vicino?» domanda con quella malizia camuffata da ingenuità. «Cosa c’è, ti palpita il cuore? Ti si attorciglia lo stomaco? Sudi freddo?»
Leslie che ovviamente queste cose non le prova – zitto cuore, dannato stomaco e se sudo è perché fa caldo, chiaro! – scuote la testa incrociando le braccia al petto. Alza le sopracciglia e «Affatto. Potremmo rimanere così per ore e la tua presenza asfissiante non mi darebbe il minimo fastidio» dichiara con il naso all’insù e il petto gonfio d’orgoglio proprio come il fratello, solo che invece di risultare insopportabile, Niall la trova tenera, troppo.
«Quindi» comincia, sempre più incitato dal comportamento così altalenante della ragazza. «Se io facessi così» lascia scivolare una mano lungo il muro cancellando di tratto in tratto centimetri e centimetri dalla sua pelle. Le carezza il gomito, poi la vita, che stringe con delicatezza, ma anche prepotenza. «Non ti darebbe fastidio?»
Leslie deglutisce, ma «No» dice ferma.
Niall abbassa le palpebre chiedendosi fino a dove questa ragazza si lascerà trascinare. Non sarà certo lui il primo a fermarsi. Piega il braccio teso e «Neanche questo?» sussurra. Allora avvicina il suo viso a quello di Leslie, caldo e agitato, le accarezza il naso con il suo e le respira forte contro le labbra che mandano fuori l’aria a sbuffi. Vorrebbe bloccarle del tutto il respiro poggiandoci le sue, però all’ultimo devia la traiettoria. Accontenta la sua fame sfiorandole la guancia fino al lobo dell’orecchio dove ridacchiando «Mi sa che ti dà molto più fastidio di quanto creda» sussurra, per poi allontanandosi.
In quel momento la luce si accende: Leslie lo sta fissando sconcertata, gli occhioni azzurri spalancanti e le guance paonazze come due mele rosse candite. I ciuffi castani sempre così devastati che le circondano il viso ovale come la criniera di un leone furente ed orgoglioso. E le labbra così rosse ed invitanti, che Niall si pente all’istante di essersi sottratto. Gli sovviene l’idea di approfittarsi della confusione di Leslie per rubarle un bacio a stampo, come ha fatto più volte facendola arrabbiare, ma questa volta lei lo ucciderebbe definitivamente. Decide di indietreggiare, ma Leslie se ne accorge, aggrotta la fronte, ringhia – merda, sono finito – e cattura con le sue mani il tessuto del colletto. Niall chiude gli occhi pronto a ricevere uno schiaffo da standing ovation. Ma non è la guancia ciò che sente bruciare: è  la sua bocca.
 

 


- angolo autore.
Buonasera a tutte e buon 26 Dicembre!
Sì, incredibile, la sottoscritta sta aggiornando! Dopo aver appena pubblicato la one shot su Harry e Birdy (ship convulsivo) per giunta!
Perdonatemi l'incredibile ritardo, è che le ultime settimane di scuola sono state tremende e non mi sono proprio sentita di pubblicarlo, che fossi insoddisfatta o semplicemente non mi sembrava il momento giusto per farlo, ecco. Però non me ne sono dimenticata e anzi, oggi ecco a voi due regali in un giorno solo! E devo ancora pubblicare due cose prima della fine dell'anno e non è mai successo che postassi così tanto in così poco lasso di tempo ahaha! Quindi, sono perdonata giusto?
Parliamo del capitolo. Non c'è molto di Ethel e Harry, perchè la storia non è concentrata interamente su di loro, e quindi ho deciso di dedicare questo ultimo capitolo prima dell'epilogo a Bethan, Louis e Zayn (perchè accidenti sì, se non si era capito, questo è triangolo!) e agli adorati Niall e Leslie. Spero quindi che vi sia piaciuto lo stesso anche senza Hethel (giusto?) e che abbiate apprezzato la conclusione aperta (si sono baciati ed è stata Leslie a prendere l'iniziativa!) e Zayn che poverino, è continuamente maltrattato.
Non ho altro da dire, sono pure in compagnia e faccio l'asociale, quindi, niente, grazie per aver aggiunto questa storia tra le seguite/ricordate/preferite e per tutte le recensioni - a cui vi risponderò subbito - ricevuto. Non credevo che questa mini-long avrebbe riscosso così tanto successo (tanto per me), ma i veri ringraziamenti all'epilogo!

Grazie e buon ultimo giorni dell'anno,
Anqi.

ps. se volete dare un'occhiata alla one shot, eccola qua: stesso profumo.

 

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Capitolo 5
*** Monday. ***


 
96 Hours.

Lunedì.

 
Louis chiude la porta della casa di montagna dove ha trascorso il suo ultimo weekend con gli amici (e sua sorella) prima della partenza. Gira la chiave nella toppa ed osserva la porta verde scuro dove lo hanno investito di palle di neve e che racchiuderà per un po’ di tempo il fuoco del camino attorno a cui si sono addormentati, i divani che hanno sporcato con le schifezze peggiori e la cucina dove Niall ha davvero tentato di cucinare qualcosa – perché nessuno si degnava di soddisfare i suoi poveri bisogni, così aveva affermato – finendo con il bruciare quasi il microonde perché leggere le istruzioni sul retro del pacco dei popcorn è considerato un’optional. Sperando che nessuno dei ragazzi lo noti, appoggia la fronte sul legno vecchio, ma robusto, e sospira piano perché è difficile da ammettere, ma tutto questo gli mancherà. Tanto, troppo per dirlo ai ragazzi, perché lui è Louis Tomlinson, quello insensibile che non si commuove neanche guardando Bambi – sei un mostro, Lou! – quello che i sentimenti li rifugge quasi ne fosse allergico. Quello che quando ha saputo della morte di suo nonno, non ha pianto una sola lacrima fino a quando ha raggiunto la sua camera dove si è rinchiuso e solo allora, si è lasciato andare. Louis non può assolutamente dire ai ragazzi che gli mancheranno o almeno non a parole: è anche per questo che li ha invitati a trascorrere il Natale e il compleanno da lui, insieme. E sempre per questo motivo che sua madre lo ha permesso e così i genitori dei suoi amici perché infondo Natale lo si trascorre in famiglia, ma per Louis e per la sua partenza si poteva fare un’eccezione.
Si stringe nelle spalle e reprime tutti quelle cavolate sentimentali e si volta verso i ragazzi che lo stanno guardando in silenzio. Devono aver capito. Liam è al suo fianco e «Ci siamo divertiti, eh Tommo?» chiede posandogli una mano sulla spalla che stringe forte.
«Sì» risponde Louis con un sorriso e gli occhi lucidi perché è ancora presto e lui ha sonno.
«Da rifare.»
«Certo» concorda e lo ringrazia, ringrazia i ragazzi per non aver reso tutta questo storia della partenza una tragedia. «Ma ora non cominciare» scherza scompigliandogli i capelli che nell’ultimo anno sono ricresciuti e sono tornati morbidi come una volta. «C’è ancora capodanno ed abbiamo ancora tante cazzate da fare insieme.»
Liam annuisce vigorosamente con la testa e prima che Louis possa dirgli di smetterla, quello lo stringe di slancio e «Ti voglio bene, Tommo» mormora sulla sua spalla e sì, ciao, non una tragedia, giusto?
«Liam!» grida Louis e Zayn gli viene in soccorso staccandoglielo di dosso. «Cos’ho detto? Non cominciare» lo ammonisce con la fronte aggrottata in una smorfia che di arrabbiato però non ha nulla. Solo tenerezza e un po’ di tristezza. «Okay?»
Liam sembra titubante, ma Zayn gli sorride incoraggiante e «Okay» mormora alla fine.
Quindi, «Siamo pronti per partire?» domanda a gran voce il più grande dei cinque.
«Le ragazze sono andate a recuperare le loro auto» lo informa Zayn.
«No!» Louis chiude gli occhi senza il coraggio di ascoltare Niall che ha esclamato quella negazione con due mani sulla fronte. «Mi sono dimenticato i calzini fortunati!»
«Niall..» Louis sta già per spiegargli dove può infilarsi gentilmente i suoi calzini fortunati, ma questo scoppia a ridere con le mani sulla pancia e i ragazzi tirano un respiro di sollievo perché è tutta la mattina che li cercava e non hanno l’intenzione di tornare dentro per un’altra spedizione di ricerca che si sarebbe conclusa con il ritrovamento dei suddetti calzini in una delle tasche delle valigie già pronte.
«Scherzavo» ride il biondo sgambettando qua e là vivace in modo inspiegabile per quell’ora della mattina, lui che a malapena si ricorda del proprio nome prima della colazione.
«Idiota» borbotta Harry nella grossa sciarpa con cui si è fasciato metà viso e che fino a quel momento è rimasto in silenzio con il borsone ai piedi degli scalini dov’è seduto e lo sguardo un po’ perso.
Un maggiolino rosso compare nella loro visuale un istante prima che la palla di neve di Niall indirizzata a Harry colpisca il bersaglio andando a schiantarsi contro il finestrino dell’auto che si arresta all’improvviso. La neve si sbriciola sul vetro e possono vedere tutti e cinque chiaramente il viso di Leslie deformato in una smorfia poco attraente – perché sprecare il trucco se i soggetti sono quelli? – e rassicurante. I ragazzi deglutiscono, escluso Niall che già ride e corre verso il veicolo con le braccia spalancate e i guanti bagnati di neve.
«Che cosa ha intenzione di fare quello?» domanda Leslie spaventata alternando lo sguardo tra le sue amiche che già ridono e Niall sempre più vicino.
«No, seriamente, cosa vuole fare?»
Niall che apre la portiera.
«Non oserà-» e invece l’ingenuo ragazzo osa e con un sorriso simpatico e divertito sulle labbra posa i guanti umidi e freddi sulle guance della ragazza che si dimena imprecandogli contro. «Niall, io ti-»
«L’amore» commenta Bethan slacciandosi la cintura di sicurezza ed uscendo.
Ethel sorride e la segue, mentre in auto continua la semi-rissa che stranamente ha in vantaggio Niall. Molto strano, pensa osservandoli di traverso perché a questo punto Leslie avrebbe già avuto la meglio e non si lascerebbe sicuramente abbracciare così dall’irlandese. Sta per arrivare ad una conclusione quando sente qualcosa di freddo posarsi sulla sua fronte. Solleva lo sguardo e scopre che è il dito  di Harry quello che le ha toccato la fronte. Per farle un dispetto o attirare la sua attenzione? Ethel lo osserva perplessa, ma ogni sua domanda sembra evaporare all’aria insieme al suo respiro quando lui solleva le guance. Capisce che sta sorridendo nonostante sia coperto dalla sciarpa, perché gli occhi si socchiudono e spuntano le rughe che ha imparato ad apprezzare senza neanche accorgersene. Oggi sembrano azzurre, le iridi.
«Buongiorno» biascica da sotto la sciarpa pesante che gli avvolge il viso.
«’giorno» ricambia lei.
«Se aveste finito di farvi gli occhi dolci, qui avremmo un po’ di cose da caricare su» Louis e la sua solita delicatezza. Come sorpresa sul luogo del misfatto, Ethel distoglie lo sguardo e raggiunge gli altri. Ma a Harry non sfugge il suo sorriso. A Harry non sfugge nulla di lei.
Ci impiegano circa dieci minuti per riuscire ad infilare le valigie e i borsoni nei portabagagli, altri quindici per tirarli fuori e recuperare lo zaino che Niall doveva tenere sul sedile nel caso gli venisse fame.
Harry si stanca dopo i primi due minuti. Lascia il borsone nelle mani di un Louis troppo distratto a lamentarsi con Niall per accorgersene ed entra nel maggiolino rosso dove sa c’è già che lei, che il freddo lo sopporta poco, soprattutto appena sveglia. Lo sa perché le ha dovuto lasciare le coperte la mattina che si sono svegliati vicini.
Così come Ethel sa che Harry non sopporta gli sbalzi di temperatura e sorride quasi nel vederlo slacciare il giubbotto e liberarsi della sciarpa che cade in silenzio tra la portiera che ha chiuso e una sua gamba. Si ritrova a seguire ogni suo singolo gesto, dal levarsi il berretto al passarsi le dita lunghe tra i riccioli ancora più disordinati la mattina presto e che già profumano il piccolo ambiente. Dal modo in cui  allarga appena il collo della felpa marrone, sospira e si inumidisce le labbra rosa. Come le piega all’insù in un sorriso sghembo, e la guarda inclinando appena il viso come un felino.
«Mh?»
Ethel sente le guance scaldarsi, strabuzza gli occhi senza però abbassarli. «Niente» mormora, ma sta già guardando la spalla di Harry su cui lui ha appoggiato una mano per massaggiarla. «Niente» ripete scuotendo la testa per sottolinearlo.
Ma Harry sorride, perché ha notato quello sguardo e «va bene» dice dopo un po’ con voce roca, ma gentile, che Ethel ha spesso origliato di nascosto passando di fronte alla porta di camera di Louis e che ha desiderato qualche volta le rivolgesse un saluto.
«Sì?» domanda mordicchiandosi il labbro inferiore.
Harry annuisce, si mette comodo e si stringe la spalla come per invitarla. Ethel non se lo fa ripetere due volte, sospira con un sorriso: non è riuscita a chiudere occhio la notte scorsa e questo è il modo migliore con cui restituirle quelle ore di sonno sottratte per pensarlo.
Quando le portiere si chiudono, stanno tutti sospirano di sollievo, tranne Niall che ride e «accidenti, le cuffie!» esclama ad un tratto facendo partire a tutto motore Louis. Non si accorge così delle diverse disposizioni, se non a qualche minuto dalla baita, quando Leslie si allunga da dietro i sedili e «avete solo musica dozzinale?» chiede con la solita voce saccente facendolo sterzare per la sorpresa.
«Tu!» esclama guardandola dallo specchietto, gli occhi di Louis sgranati e quelli di Leslie che già mandano scintille. «Cosa ci fai qui? E Zayn?!» domanda rendendosi conto dell’assenza dell’amico che spera vivamente di non aver dimenticato sulla strada.
Leslie si sistema meglio sul sedile, la spalla che scivola a contatto di quella di Niall che la guarda con le sopracciglia inarcate. Incrocia le braccia magre al petto e «Mi ha chiesto lui di fare cambio» spiega lei per poi aggiungere «E Niall non mi ha lasciato modo di decidere visto che mi ci ha trascinato.»
Louis si morde una guancia, le mani che si stringono un po’ troppo forte al volante sotto gli occhi un po’ tristi, ma consapevoli di Liam seduto al suo fianco. «Quindi Zayn è in auto con le altre?» domanda per accertarsene con lo sguardo puntato sulla strada, forse per evitare quello di sua sorella che è troppo stupida per capire.
«Sì» mastica lei, tirando una gomitata a Niall che ha cominciato a brontolare sul fatto che non è stato lui ad averla costretta a salire. «Ha detto di conoscere la strada, quindi l’ho lasciato fare. Ah, e c’è anche Harry» si ricorda e sbuffa con gli occhi al cielo perché Niall è davvero fastidioso, lui e il suo profumo di menta che è ancora più intenso in quello stretto abitacolo.
«Leslie, una volta che non ho fatto un’accidenti-»
La castana, stufa e conosciuta per la poca pazienza si volta di scatto verso di lui, gli occhi blu che lo trapassano da parte a parte. «Lo so che non hai fatto niente» mormora a bassa voce per non farsi sentire dagli altri due ragazzi. «L’ho inventato, okay?»
Niall, si sa, non è un genio dell’intuizione. Sbatte le ciglia d’orate, quasi trasparenti e inclina appena il viso in una muta domanda. E Leslie lo odia perché quella smorfia di finta ingenuità – finta, perché non può essere così tonto! – è anche tenera e lei ha ancora in mente il ricordo di quel bacio che si sono scambiati. Le prudono le mani, l’aria sembra essersi fatta più calda e un gemito di frustrazione le sfugge dalle labbra screpolate per tutti i morsi che si è inflitta per resistere. Inutile perché Niall le prende una guancia tra le mani, preoccupato, e «tutto okay?» domanda.
Leslie chiude gli occhi, ringhia dentro e dopo un’occhiata allo specchietto lo prende per le spalle e finalmente lo bacia, di nuovo, di sua iniziativa, maledizione! Si gode il sapore del cioccolato rimasto sulle labbra dell’altro e inspira forte, giusto perché tanto peggio di così non può andare. O forse sì, pensa, quando lo sente sorridere e ricambiare, una mano fredda che le stringe il ginocchio come per dire che ora ha capito.
«Finalmente» sussurra poi scivolando via e poggiando la fronte contro il finestrino freddo, con le guance rosse di imbarazzo e un frammento del suo orgoglio nel palmo della mano di Niall.
Louis nel frattempo ha alzato il volume della musica, forse per sovrastare i pensieri che gli affollano la testa. «Capisco» mormora un po’ in ritardo alla risposta della sorella, un capisco più lontano, rivolto a qualcuno che in quell’auto non c’è.
 

Appena più indietro, un maggiolino rosso arranca sulla loro stessa scia.
Al volante Bethan sembra avere difficoltà e forse il motivo è il ragazzo seduto al suo fianco. Dopo mezz’ora di viaggio non è ancora riuscita a spiegarsi il perché della sua presenza: un attimo stava per chiedere a Leslie quale stazione radio scegliere ed un secondo dopo si era ritrovata ad affrontare gli occhi scuri di Zayn che chiudendo la portiera con un gesto secco si era limitato ad un «Niall ha preso Leslie» ancora poco chiaro.
Era quasi stato sul punto di dire, «Impossibile: Leslie non si farebbe mai prendere da Niall» ma aveva desistito sentendolo borbottare qualcosa come conosco la strada, tranquilla. Non aveva voluto infierire, incerta su cosa dire dopo le ultime parole che si erano scambiati, fredde e incomprensibili, perché Bethan non aveva capito cosa volesse intendere Zayn con Ti sbagli, è proprio perché sto cominciando a capire invece e quello sguardo quasi tormentato con cui aveva accompagnato la frase prima di andarsene e lasciarla da sola in cucina nel buio con i suoi sensi di colpa. Sapeva di essersi comportata male, Zayn non meritava le sue risposte secche e lei non era così di solito.
Incontrano un semaforo e Beth coglie l’occasione per passarsi una mano tra i capelli che con il calore dell’auto sono diventati più vaporosi, indugiando automaticamente su una tempia, dove sente il principio di un mal di testa. Arrossisce appena quando diventa verde e lei è ancora ferma, consapevole che gli occhi scuri del ragazzo stiano seguendo ogni suo movimento: da quando è salito, Zayn non ha smesso un attimo di osservarla senza neanche la decenza di nasconderlo. Una mano contro il finestrino che sostiene una guancia e il viso appena inclinato nella sua direzione.
Trascorrono dieci minuti prima che Bethan si volti e «La smetti?» lo prega gentilmente, con una nota appena acida sulla lingua che non sembra smuovere il ragazzo.
«Di fare cosa?» domanda lui, le spalle rilassate e i capelli corvini che gli ricadono sulla fronte senza però nascondere gli occhi.
Bethan lancia un’occhiata ai ragazzi dietro ed è sollevata nel constatare che stiano dormendo, nonostante avesse sperato di trovare in loro una distrazione e un modo per evitare di trovarsi coinvolta in una conversazione tu-per-tu con Zayn. Ma li perdona, perché sono teneri, uno appoggiato all’altro. Sono due mani intrecciate quelle che intravede riposare tra loro gambe?
Riporta lo sguardo sulla strada e decide di attendere un altro semaforo prima di rispondere. Quando l’auto si arresta di fronte alle strisce pedonali, Beth sospira. «Di fissarmi» sussurra allentando la presa sul volante, «in quel modo» affonda il viso tra le braccia, i capelli che si sciolgono sulle maniche del maglione senape.
Questo stupisce Zayn, ma lei non lo nota con il viso nascosto e lo sguardo che evita il suo. «In che modo?» domanda allora il ragazzo, cauto, nascondendo le mani rigide nelle tasche dei jeans neri.
È una domanda stupida perché entrambi conoscono la risposta, ma Zayn ha bisogno di sentirla dire, così come crede che sarebbe d’aiuto a Bethan, almeno ammetterlo di averlo capito. Il semaforo diventa giallo, poi rosso, ma non c’è nessuna risposta ancora e fortunatamente nessun’auto alle loro spalle.
Verde, ancora verde. «Come se ti aspettassi..» Bethan inspira, solleva il viso e si fa coraggio. «Come se ti aspettassi che da un momento all’altro mi dimenticassi di lui..»
Manca una parte ed è quella che Zayn freme di ascoltare, ma capisce che forse è chiedere troppo. Gli basta il rossore che le intorpidisce le guance, per ora.
«Ma lo sai che non è così facile» continua lei, lo sguardo puntato sulla strada di fronte a sé, sulla sfondo un puntino nero che si allontana pian piano senza di lei.
Zayn annuisce, deglutisce reprimendo la voglia di fumo e smette di giocare con l’accendino. Preferisce poggiare la mano su quella tremante di Bethan sul cambio e stringerla appena.
«Ma può diventarlo» dice e questa volta è lui che il coraggio di guardarla negli occhi non ne ha, come la prima volta che si sono incontrati, quando lui si era appena trasferito e non conosceva nessuno tranne Louis. E lei si era avvicinata a loro con una guancia sporca di cioccolato per la torta che stavano cercando di cucinare e un sorriso tutto denti che Zayn aveva trovato più ancora più dolce. Pensiero che si era tenuto per sé quando Louis le aveva tolto la macchia con l’indice e con lo stesso gentile con cui l’aveva invitato a casa sua, lo aveva leccato via. Aveva capito, in quel momento, che avrebbe dovuto tenere molti altri pensieri per sé, per un altro motivo però. Ma ora, in quell’abitacolo, da soli – finalmente da soli – Zayn sente finalmente la possibilità di essere sincero e con la voce un po’ roca, «Con la persona giusta» sussurra.
 

È un lunedì mattina e ci sono quattro amici imbottigliati in una vecchia auto. Al volante c’è Louis con la solita patente stropicciata nella tasca della tuta e un peso in meno che gli grava sulle spalle minute. Seduto accanto a lui Liam gli parla di come devono assolutamente imitare una pubblicità che ha visto nei giorni scorsi –  «al prossimo semaforo, scendiamo  e ci scambiamo tutti di posto!» «tu non sai guidare, idiota» – strappando all’altro uno sbuffo e un sorriso. Sul sedile posteriore, Niall ride, si lamenta della musica e parla di come si farà trovare nell’armadio di Leslie dopo la doccia. L’altra, seduta accanto a lui, lo zittisce con uno schiaffo sulla nuca e magari qualche bacio, che ha scoperto funzionano meglio. C’è un’altra auto che li segue distante, con al volante Bethan che non riesce a togliere la mano dal volante, forse perché ci sono le dita di Zayn ad impedirglielo oppure «sei tu che non lo vuoi» così ha mormorato lui facendola quasi sbagliare strada. Dietro, Harry si è addormentato, ma questa volta sulla sua spalla riposa la guancia morbida di Ethel che non è mai stata meglio di così.



 
- angolo autore.
Buon pomeriggio a tutte!
Ed eccomi qua con l'ultimo capitolo di questa mini-long! Prima di tutto, chiedo immensamente scusa per la lunghissima attesa che vi ho fatto penare, ma questo epilogo non voleva esser scritto! Ci ho provato più volte, mi sono seduta alla scrivania con tanto di tazza di the e musica dolce di sottofondo, ma nessun risultato. Fino a quando una lettrice mi ha scritto su ask e oltre ad avermelo ricordato, mi ha pure spinto a portarlo a termine - grazie, chiunque tu sia! Presa dai sensi di colpa e dalla consapevolezza che sono sempre stata negata a portare a termine le cose, ho buttato giù questo che.. spero vi sia piaciuto. E' che ho lasciato passare molto tempo e succede che oltre a distaccarmi da una storia, tendo anche a cambiare stile e.. non lo so, ho cercato di rimanere fedele ai capitoli precedenti. Spero davvero di non aver deluso le voltre grandissime - ansia ansia ansia - aspettative, che siete pure in tante a seguirmi! 
Dio, quindi è davvero finita! Ho finalmente concluso qualcosa nella mia vita, ancora non ci posso credere. E' quindi un addio questo ai miei personaggi originali e ai miei One Direction? .. no, ho due one shots e una flashfick sulle coppie ahahahaha quindi niente lacrime! Ringrazio infinitavamente voi che avete seguito la storia, che l'avete aggiunta tra le seguite/ricordate/preferite e soprattutto recensito (rispondo il prima possibile!). La mia amica Gaia per avermi fatto da beta in più occasioni e quel libro che ho trovato in biblioteca dove ho letto casualmente il nome Ethel - che mi ricordo, ora che ci penso, era da maschio ed era un angelo ahahah! - di cui mi sono innamorata (ne ho trovato un altro in questi giorni che userò). Non ho altro da dire se non grazie, grazie, sono davvero, ma davvero felice <33

Anqi.

ps. la nota musicale ad inizio pagina, se l'avete premuta, rimanda ad un sottofondo dell'anime kimi ni todoke, che trovo perfetta da ascoltare durante la lettura di questo capitolo :) si chiama Pure white story e c'è pure la versione chitarra per chi vorrebbe cercarla.

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