A Week Of Enjavert

di saitou catcher
(/viewuser.php?uid=279913)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sette giorni- Di libri rubati e di cene saltate ***
Capitolo 2: *** Sei giorni- Di chiavette scomparse e di film epici ***
Capitolo 3: *** Cinque giorni- Di sveglie anticipate e di gesti romantici ***
Capitolo 4: *** Quattro giorni- Di multe non pagate e di coppie scoppiate ***
Capitolo 5: *** Tre giorni- Di fermate sbagliate e di dichiarazioni ***
Capitolo 6: *** Due giorni- Di termometri e di confidenze ***
Capitolo 7: *** Un giorno- Di freddo e di rabbia ***
Capitolo 8: *** Giorno X- Di esami e di riconciliazioni ***



Capitolo 1
*** Sette giorni- Di libri rubati e di cene saltate ***


-COURFEYRAC, NON MI STAI FACENDO LE DOMANDE GIUSTE!!!- il grido (o meglio il ruggito) di Enjolras rieccheggiò con violenza nel piccolo salotto.

Courfeyrac sussultò e fece un balzo all'indietro, scambiando uno sguardo terrorizzato con Combeferre, seduto all'altro capo del tavolo attorno a cui si erano riuniti per studiare.

-Enjolras, calmati- mormorò Combeferre in tono conciliante.

-No che non mi calmo!- Enjolras, il cui viso pallido andava cospargendosi di chiazze rosse, rivolse all'amico uno sguardo assassino. -All'esame mancano sette giorni, 'Ferre. Sette giorni! Una settimana non basta per preparasi ad un esame!

-Infatti, è più di un mese che, dopo aver pranzato a panini, ci trascini qui per interrogarti- ribatté Courfeyrac, che aveva ripreso un po' di coraggio. -Enjolras, sei preparato, lo sai. Perché non ti dai una calmata e ti rilassi?

-Rilassarmi?! Come faccio a rilassarmi se devo essere interrogato e tu non mi fai le domande giuste?- il tono di Enjolras aveva cominciato a rasentare l'isteria. Combeferre e Courfeyrac si scambiarono uno sguardo e Courfeyrac sillabò all'indirizzo dell'amico: “Ormai è andato.”

-Beh, Enj, si dà il caso che siano le sette e quarantacinque- ribatté Combeferre controllando l'orologio. -Quindi, forse è il caso che io e Courfeyrac leviamo le tende.

-Non potrei essere più d'accordo- rispose una voce dall'ingresso.

I tre ragazzi sussultarono e si voltarono di scatto, Combeferre e Courfeyrac con un'aria colpevole.

-Fregati di nuovo- borbottò Courfeyrac -Un giorno o l'altro, riusciremo ad andarcene prima che lui spunti come la morte.

Tutti e tre osservarono l'Ispettore Javert che faceva il suo ingresso nel salotto, rigirando tra le dita il mazzo di chiavi, Enjolras con un'espressione a metà tra il sollevato e l'irritato.

-Buonasera, Ispettore- Combeferre e Courfeyrac salutarono in coro.

-'Sera...- mugugnò Enjolras.

-È ora di cena, quindi forse è meglio che voi adesso smettiate di studiare- disse Javert con un tono molto eloquente.

-Beh, in effetti noi stavamo giusto per andarcene...- rispose Courfeyrac, spingendo Combeferre verso la porta. -Buona serata a tutti e due. Ci vediamo domani, Enjolras!

-Traditori- sibilò il biondo, mentre la porta si chiudeva.

Javert buttò il mazzo di chiavi nello svuotatasche e passò accanto ad Enjolras, dirigendosi verso la cucina. -Che mangiamo stasera?- chiese. -In frigo c'è la pizza avanzata di ieri.

-Puoi prendere quello che ti pare- borbottò Enjolras, il capo chino sul libro. -Io finisco di studiare.

Javert si bloccò a metà dell'atto di aprire il frigorifero e si voltò di scatto. Si diresse a grandi passi verso il tavolo a cui era seduto Enjolras e con un movimento secco gli chiuse il libro.

-Cos...?!- Enjolras alzò di scatto la testa. -Che stai facendo?

-Per quanto mi riguarda, tu hai finito di studiare nel momento in cui sono entrato- ribatté Javert, raccogliendo tutti quaderni e i libri di Enjolras e buttandoli sul divano posto davanti al tavolo.

-Smettila- protestò Enjolras con un tono lievemente isterico. -Devo studiare, è una cosa seria.

-Io sono serissimo- Javert mise una mano sotto il mento di Enjolras, costringendolo ad alzare il capo. -Enjolras, stai cominciando a rasentare la follia. Da quanto tempo è che non dormi?

-Senti chi parla. Quello che tre giorni su sette li passa a fare le ore piccole in ufficio- borbottò il biondo, con una smorfia imbronciata che Javert trovava assolutamente adorabile (anche se non l'avrebbe mai confessato).

-Io, facendo le ore piccole almeno ci procuro il pane, mentre tu stai procurando un esaurimento nervoso a tutti e due.

-A tutti e due? Che c'entri tu?

-C'entro, perché sono io quello che si trova in casa uno studente universitario isterico, ansioso, ed affetto da ansia da prestazione.

-Evita, per favore- sibilò Enjolras. -Grantaire ha già fatto abbastanza battute su questo.

Javert si morse l'interno della guancia per nascondere un sorriso. -Comunque sia, per oggi hai finito di studiare- ribatté, voltandosi e prendendo i libri di Enjolras.

-Javert, adesso basta! Ridammi i miei libri!- senza nemmeno aver finito la frase, Enjolras scattò in piedi e si scagliò contro Javert, tendendo le mani per impossessarsi dei suoi volumi.

Javert si voltò di scatto, e istintivamente alzò le mani per parare il colpo che il biondo gli stava sferrando, lasciando cadere con fracasso i libri ai suoi piedi. Enjolras non riuscì a frenare lo slancio in tempo e finì addosso a Javert, mandandolo contro il muro.

-Rivoglio...- prese a dire Enjolras, ma non riuscì mai dire cosa volesse, perché in quel momento, senza che nessuno dei due avesse preso realmente l'iniziativa, le sue labbra si trovarono incollate a quelle di Javert.

E, come sempre gli succedeva quando l'Ispettore lo baciava, Enjolras perse la cognizione del tempo, dello spazio e della propria identità, conscio soltanto delle labbra di Javert che cercavano le sue, delle sue mani che gli percorrevano impazienti la schiena, andando poi a stringergli i fianchi. Le sue braccia si avvolsero alle spale dell'Ispettore con forza e lo attirarono a sé, frementi della stessa impazienza che animava l'altro.

Fu solo quando il bisogno di respirare si fece impellente che finalmenti si staccarono, e rimasero lì, immobili l'uno tra le braccia dell'altro, in attesa che il battito cardiaco ritornasse normale.

-Rivoglio i miei libri- riuscì finalmente a dire Enjolras, ma il suono della sua voce suonò stranamente poco convincente, mentre il suo corpo non accennava a scostarsi da quello di Javert.

-Dopo. Adesso ceniamo- ribatté Javert, che al contrario dell'altro aveva un volto perfettamente calmo. Con delicatezza, fece allontanare Enjolras e si diresse verso la cucina.

-E se io ti dicessi che non ho fame?- ribatté il biondo, con un tono di voce fin troppo eloquente.

Javert si voltò lentamente a guardarlo con uno strano lampo negli occhi. -Ti risponderei che io ho fame- ribatté, per avviarsi poi in direzione della cucina.

Enjolras lo seguì con un sorrisetto maligno sulle labbra, scivolando silenziosamente all'interno della cucina. -Non morirai di fame, se per una serata non mangi... - disse, fermandosi alle spalle dell'Ispettore.

Javert si voltò per ribattere, ma qualunque cosa avesse voluto dire, morì sulle labbra del compagno. Al primo bacio ne seguirono altri, e altri ancora, mentre sul tavolo, la pizza rimaneva intatta, e sul divano in salotto, i libri si ricoprivano lentamente di polvere.

Buongiorno a tutti, amici e vicini!
Questo piccolo sbrocco di sette capitoli su una coppia che ormai non mi lascia più in pace, è dedicato a Linsday Blackrose e Makochan, che hanno insistito perché scrivessi qualcosa su questi due. Per Makochan: prima o poi scriverò anche di come si sono messi insieme, nel frattempo accontetati di questo. XD
Per il resto: sì, lo so, l'espediente per farli baciare è veramente cretino, e probabilmente sia Enjolras che Javert potrebbero essere venuti un po' OOC, ma ora che ve l'ho fatto notare io, voi non potete più dirlo!=) Scherzi a parte, siate clementi con le recensioni.
E per il momento è tutto. Il secondo capitolo è già avviato, quindi dovrebbe essere pubblicato a momenti.
Un bacio a tutti,
Saitou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sei giorni- Di chiavette scomparse e di film epici ***


-Javert, si può sapere che fine ha fatto la mia chiavetta USB?- chiese Enjolras, affacciandosi dalla porta della cucina.

Javert, che stava ascoltando il notiziario (rigorosamente con le cuffie, per non disturbare il compagno) non voltò nemmeno la testa. -La tua che cosa?- chiese distrattamente.

-La mia chiavetta USB- rispose Enjolras, mentre nella voce s'insinuava una sottile nota di panico. -C'era la mia tesina e non riesco a trovarla. Non è che per caso l'hai vista?

-No, non l'ho vista- rispose Javert.

-Sicuro che non l'ho lasciata nello svuotatasche in salotto?- chiese Enjolras, con voce leggermente stridula. Javert non gli rispose.

-Javert? Javert? Mi stai ascoltando?- spazientito, Enjolras si avvicinò al compagno e gli tolse bruscamente le cuffie, facendolo sussultare. -Javert! Ti sto parlando!

-E io non ti sto ascoltando- ribatté bruscamente l'Ispettore, voltandosi per riprendere le cuffie.

-Tu forse non hai ben chiara la situazione- sibilò Enjolras- In quella chiavetta c'è la mia tesina. La mia tesina, Javert. Hai una minima idea di cosa questo significhi?

-No, illuminami- rispose sarcastico l'altro.

-SIGNIFICA CHE SE LA PERDO, HO MANDATO A PUTTANE IL MIO ESAME!!!- la voce di Enjolras, fino ad allora così calma, esplose con la violenza di un uragano, rieccheggiando in modo quasi innaturale tra le pareti del salotto.

Javert lo fissò, strabiliato più dall'improvviso uso del turpiloquio da parte del suo compagno, che dalla sua reazione.

Enjolras sbuffò, e riprese a respirare normalmente, mentre il suo viso si colorava lentamente di rosso. -Visto che tu non mi sei utile, mando un messaggio agli Amici dell'ABC sul gruppo di What'sApp, per vedere se qualcuno ha visto la mia chiavetta.

Alle parole, il biondo fece seguire subito i fatti, ma fu tutto inutile: sul gruppo c'erano solo Courfeyrac e Combeferre, i quali dichiararono di non saperne nulla della sua chiavetta. Enjolras cominciò allora un lungo giro di telefonate,diventando sempre più frustato via via che le rispose negative si susseguivano.

-Merda, merda, merda- imprecò Enjolras, passandosi le mani tra i capelli. -Che cavolo di fine ha fatto? Una chiavetta non può scomparire così- sospirò, abbandonandosi sul divano accanto a Javert. -Eppure, se solo riuscissi a ricordarmi quando è stata l'ultima volta che l'ho utilizzata...- borbottò. Per alcuni istante rimase immobile a riflettere, passandosi il pollice sulle labbra.

Poi, improvvisamente, s'illuminò. -Ieri mattina! In camera mia! L'avevo attaccata al portatile!- sul suo volto si aprì un sorriso gioioso e con uno scatto si alzò dal divano.

O meglio, l'avrebbe fatto se la mano di Javert non fosse piombata sulla sua spalla, inchiodandolo allo schienale del divano.

-Non credo proprio.

Enjolras si voltò a guardarlo, stupefatto. -Che stai facendo? Prima i libri ed ora questo?- chiese, cercando di liberarsi.

Il braccio di Javert scivolò intorno alle sue spalle, stringendolo in una presa ferrea. -Stai diventando decisamente troppo isterico. E comunque, in camera nostra io la chiavetta non l'ho vista. -a quelle parole, Enjolras si sgonfiò come un palloncino.

-Quindi adesso...- mormorò con voce disperata.

Javert afferrò il telecomando poggiato accanto alla sua gamba e cambiò canale, interrompendo il notiziario. -Quindi, adesso ti dai una calmata e ci guardiamo un film- rispose col suo tono più autoritario.

Enjolras lo fissò con lo stesso sguardo che avrebbe riservato ad un alieno a tre teste che gli fosse apparso improvvisamente sul divano. -Da quando tu guardi i film?- chiese.

-Da quando mi hai relegato sul divano davanti alla televisione perché “devi studiare”- rispose sgarbatamente Javert. -Che ci vediamo?

Dopo lunghe discussioni, decisero per “Operazione Valchiria”. Enjolras, nostante le sue proteste, finì per appassionarsi al film, al punto di rivolgersi ai protagonisti della storia come se potessero sentirlo, per poi esporre a Javert lunghissime disquisizioni sul nazismo, che l'Ispettore interrompeva puntualmente a metà per poter seguire il film.

Ma, alla fine, per quanto fosse interessato, Enjolras non riuscì ad arrivare alla fine del film. Lentamente, le sue palpebre si fecero pesanti, i suoi sbadigli più frequenti, mentre la testa gli ciondolava sul capo.

“Pappamolle” sussurrò Javert fra sè, però allo stesso tempo sorrideva quando il capo dell'altro si abbandonò sulla sua spalla, mentre il suo respiro si faceva più pesante e regolare.

Javert spense la televisione e rimase immobile a fissare Enjolras, seguendo con lo sguardo la linea netta della mascella, la forma curva delle labbra, le piccole rughe d'espressione che gli si allargavano a raggiera intorno alla bocca, mentre le sue dita si muovevano lentamente tra i riccioli biondi.

Enjolras era calmo, adesso.Il suo viso era disteso, privo di quell'espressione scostante e tesa che ormai gli era diventata frequente. In quel momento, abbandonato tra le braccia di Javert, sembrava calmo e rappacificato, come se tutte le tensioni fossero lentamente scivolate via da lui.

Javert rimase qualche altro istante, poi delicatamente si sfilò da sotto di Enjolras, sorregendolo mentre il suo corpo si abbandonava mollemente contro il divano.

Ritto di fronte a lui, rimase ancora un pò a contemplarlo, poi estrasse  lentamente una chiavetta Usb dalla tasca e gliela mise in mano, mentre un sorriso tenero e malizioso gli illuminava il volto.

Buonasera a tutti, belli e brutti!
Questa volta ho aggiornato in frettissima, ma non fateci l'abitudine XD.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io sinceramente l'ho trovato molto romantico e tenero (leggete: ho sclerato mentre lo scrivevo XD), anche se sinceramente quei due non ce li vedo a guardare "Operazione Valchiria" ma non mi veniva in mente nient'altro. Però gli Amici dell'ABC col gruppp su What'sApp e pure su Facebook ce li vedo troppo! XD
E adesso smetto di annoiarvi. Ci rivediamo al prossimo capitolo.
Un bacio a tutti,
Saitou

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cinque giorni- Di sveglie anticipate e di gesti romantici ***


Se c'era una cosa che Javert detestava, era quando la sveglia suonava prima del previsto.

Non era tanto il fatto di alzarsi presto, a cui era abituato, quanto il concetto di sgarrare, anche solo di un minuto, dalla rigidissima tabella di marcia che regolava le sue giornate.

Perciò, quando quella mattina, destato dal suono della sveglia, si accorse che l'orologio sul comodino segnava le 6,00 anziché le 6,30, il suo umore si fece quantomai nero.

Si alzò di scatto dal letto e si diresse verso la cucina a passo marziale, per poi fermarsi di botto quando vide il suo compagno, Enjolras, in piedi davanti ai fornelli con una tazza di the in mano.

-L'hai messa tu la sveglia alle sei?- chiese con una voce che ricordava molto il ringhio di un cane rabbioso.

Enjolras si voltò verso di lui ed inarcò un sopracciglio. -Buongiorno anche a te- rispose, per poi prendere un lungo sorso.

-Rispondi- ringhiò di nuovo Javert, mentre nei suoi occhi passava un lampo minaccioso.

-Certo che l'ho messa io alle sei, perché non avrei dovuto?

-Perché ieri sera io l'avevo messa alle sei e mezza. E adesso che è suonata è inutile che riprovi ad addormentarmi, perché tanto so che non ci riuscirò, e farò tutto con mezz'ora di anticipo.

-E allora?

-E allora, cambiare i programmi da un giorno all'altro, mi procura fastidio fisico- sibilò Javert, prendendo la macchinetta del caffé e dirigendosi verso il lavello.

-E comunque, perché ti sei alzato così presto?

-Perché così sarò pronto e vestito quando 'Ferre e Courf passeranno a prendermi.

Javert smise di ripulire la macchinetta e si voltò lentamente per guardarlo negli occhi. -Cos'è questa storia?

-Oggi andiamo tutti insieme a vedere una conferenza che, secondo Combeferre, potrebbe essere utile per l'argomento che sto trattando nella mia tesina. Non ci vediamo a pranzo, e nemmeno a cena, e se quando finiamo è troppo tardi, rimango a dormire da loro.

Javert lo fissò per qualche istante, cercando di nascondere la delusione e l'iritazione. Da qualche tempo, aveva l'impressione che Enjolras non ci fosse mai, come se fosse diventato un fantasma infestante, di quelli che si vedono qualche volta in giro, ma non sei mai sicuro che ci sono. E poi, tutto quel parlare di esami, stava cominciando seriamente ad indisporlo.

-Beh? Cos'è quella faccia?- domandò Enjolras.

-Questa casa non è un albergo- sibilò in risposta Javert -Non puoi entrare ed uscire quando ti pare.

-Ti ricordo che fino a prova contraria, sono maggiorenne e legalmente responsabile delle mie azioni.

-Benissimo. Vai dove ti pare, allora- sbottò l'Ispettore, dandogli le spalle per prendere il caffé.

Enjolras lo fissò, stupito e preoccupato. -Javert? Non ti sarai mica arrabbiato?

-Esci- si limitò a ringhiare l'altro, apparentemente intento ad aprire il barattolo del caffé.

 

-La prima parte della conferenza è stata sicuramente interessante- commentò Combeferre tra un morso e l'altro del suo panino. -Spero che la seconda sia allo stesso livello.

-Dici? Io mi sono addormentato a metà- replicò Courfeyrac, arrivando in quel momento al tavolino del bar, con in mano un kebab ed una pizza alla mozzarella. -Enjolras, poiché questo posto è gestito da barbari, il menù vegetariano non è previsto, indi percui dovrai accontentarti di una pizza alla mozzarella- annunciò, sedendosi e mettendogli sotto il naso la fetta di pizza.

Ma Enjolras non lo stava ascoltando. A dire la verità, non aveva seguito nemmeno la conferenza. Dal'inizio della mattinata aveva in testa l'espressione delusa ed irritata di Javert nel momento in cui gli aveva annunciato che avrebbe passato la giornata fuori. In quel momento si era reso conto che, da un mese a quella parte, lui in casa non c'era praticamente stato, e la cosa sicuramente non doveva fare piacere al suo Ispettore. D'accordo,lui aveva gli esami, ma diamine! Avrebbe potuto dedicargli un po' più di tempo, sopratuto considerando che era un mese che Javert sopportava la sua ansia ed i suoi sbalzi d'umore, senza mai lamentarsi.

-Enjolras? Se fra tre secondi non ti prendi la pizza, giuro che me la mangio. Uno, due...- canticchiò Courfeyrac.

-Io vado- esclamò Enjolras alzandosi di scatto.

-Cosa?- ribatté Courfeyrac, sbigottito. -Ma guarda che io scherzavo, Enj!

-Non è per quello. Io vado- replicò Enjolras, infilandosi velocemente il giacchetto.

-Ma dove...?- cominciò a chiedere Combeferre, ma Enjolras l'aveva già superato per dirigersi verso la macchina. In due secondi, era già entrato e aveva messo in moto.

Courfeyrac lo seguì con lo sguardo, e nel momento in cui Enjolras fu sparito, fissò la fetta di pizza che aveva in mano. -Secondo te, questo vuol dire che posso mangiarla?- chiese.

-Tu- sibilò Combeferre- sei veramente un uomo privo di qualunque senso etico.

 

Poiché Javert era una personalità coerente, per tutta la giornata mantenne lo stesso umore della mattinata, irascibile ed intrattabile. Non ci fu suo sottoposto, quel giorno, che riuscisse a scampare ad una letale lavata di capo, meritata o meno che fosse. Quando, quel pomeriggio si diresse verso casa in macchina, le imprecazioni nei confronti degli altri autisti si sprecarono.

Nel tentativo di aprire la porta, poco ci mancò che spaccasse la chiave. Entrò, borbottanto maledizioni tra sé e sé, e si chiuse con violenza la porta alle spalle.

-Non c'è bisogno di essere così violenti.

La voce che rieccheggiò improvvisamente nel salotto buio lo fece sussultare. Javert allungò una mano ed accese la luce, illuminando la snella di figura di Enjolras in piedi di fonte a lui.

-Che diavolo ci fai qui?- domandò, con una voce che gli era venuta più dura di quel che avrebbe voluto.

Enjolras esitò un attimo, poi gli si avvicinò, piantando i suoi limpidi occhi azzurri dell'Ispettore, di una sfumatura appena più scura dei suoi.

-Stamattina, quando ho detto che sarei uscito, ci sei rimasto male. Non dire di no, ti ho visto. E quindi, ho pensato... -Enjolras si morse il labbro inferiore -Ho pensato che è più o meno un mese che io do di matto per via dell'esame, e tu mi sopporti. Hai ragione ad essere arrabbiato. Io non ci sono mai. E quando ci sono, sono intrattabile.

-Il succo di tutto questo discorso qual'è?- ribatté Javert, che non sapeva se sentirsi intenerito o ancora arrabbiato.

-Il succo di tutto questo è... -mentre parlava, Enjolras si era fatto più vicino, e Javert istintivamente indietreggiò. -Che vorrei recuperare un po' di tempo perso.

-Cosa intenderesti con... -Javert fece un altro passo indietro, ma nel momento in cui si rese conto di aver fatto il gioco di Enjolras, era già troppo tardi: le sue gambe urtarono il bracciolo del divano, e lui perse l'equilibrio, finendo disteso sulla schiena.

-Cosa intendo?- Enjolras si chinò su di lui, poggiandogli le mani sul petto. -Non credo sia così poco evidente, Ispettore.

Si chinò per baciarlo, quando sentì le mani del compagno afferargli i fianchi.

-Non credo proprio- sussurrò Javert, prima di rotolargli sopra e ribaltare le posizioni. Enjolras si trovò prigioniero sotto di lui, mentre le labbra dell'Ispettore esploravano il suo collo, accanendosi quasi con violenza sulla pelle esposta.

-Ehi, fai piano- mormorò Enjolras, più per forma che per altro.

Javert si staccò da lui e lo fissò con uno sguardo acceso dalla scintilla che il biondo, ormai, conosceva bene. -Non credo proprio- ripeté, per impadronirsi questa volta delle sue labbra, in un modo che non teneva molto in considerazione la necessità di Enjolras di respirare.

-Com'è andata la conferenza?- chiese Javert mentre scivolavano dal bracciolo al divano.

-Non l'ho seguita- rispose Enjolras, e quelle furono le ultime parole che pronunciarono, mentre ai baci si susseguivano i baci

Comunicazione di servizio: poiché sono una zappa in matematica, facendo un paio di calcoli (coivolgendo anche Catcher, che ne avrebbe fatto volentieri a meno) ho scoperto che, per ragioni di trama, i capitoli dovranno essere otto, e non sette. Se la cosa vi dà fastidio, fatevela piacere.
Passando al capitolo: allora, questa volta il gesto dolce lo fa Enjolras! Non sono teneri? La risposta a questa domanda è sì, sì, mille volte sì (e la peste colga chi dice il contrario XD)
Ora, sicome vi ho annoiato troppo, me ne vado. Ci vediamo al prossimo capitolo! XD
Un bacio a tutti,
Saitou
A proposito: non è che potreste suggerirmi qualche canzone per questi due?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quattro giorni- Di multe non pagate e di coppie scoppiate ***


Isn't she lovely

isn't she wonderful

isn't she precious...

 

-Courfeyrac, piantala di cantare!- sibilò Bossuet.

Courfeyrac, dal bancone del Café su cui era seduto, gli lanciò un'occhiata perplessa. -Perché?- chiese con tono stupito.

-Tanto per cominciare, sei irrimediabilmente stonato- ribatté Bossuet- Ti occorerebbe un trapianto di corde vocali. In secondo luogo- continuò, indicando Joly, che stava accasciato su una sedia lì accanto -non aiuti lui.

-Quella canzone la associo sempre a Musichetta- mormorò Joly in tono malinconico.

-Oh, divina Madre della Misericordia- replicò Courfeyrac, sbigottito- Sono passati cinque mesi da quando Musichetta l'ha lasciato. Ancora sta così?

-Non ne hai idea- rispose Bossuet a denti stretti- Siamo arrivati al punto che penso che, se sento ancora una volta nominare Musichetta, gli spacco qualcosa in testa.

-Ben, non è un problema mio- ribatté piuttosto sgarbatamente, Courfeyrac, e, dopo essersi schiarito la gola, riprese a voce più alta:

 

Less than one minute old
I never thought through love we'd be
Making one as lovely as she...

 

-Ah, era Courfeyrac che stava cantando- Grantaire aprì la porta ed entrò velocemente nel locale, guardandosi intorno. -Ecco perché mi sembrava che stessero sgozzando un gatto, qui dentro.

-Parla per te, imbecille- sibilò Courfeyrac, ma s'interuppe subito nel vedere l'espressione distrutta del'amico. -Santo cielo, Grantaire, che cosa è successo?

-La prossima volta che festeggiamo San Valentino, Courf, mettimi dal lato dei single- replicò Grantaire, lasciandosi pesantemente cadere su una sedia.

-Cosa?!- Courfeyrac fissò l'altro con gli occhi fuori dalle orbite -Quanto è durata fra te e Azelma?!

-Fino alle cinque e mezzo di stamattina- rispose mestamente Grantaire. -Mi ha lasciato e mi ha dato pure il benservito.

-Ma perché?

-Se lo sapessi- ribatté stizzito l'altro- sarei già un bel passo avanti, non credi?

-Proprio come con Musichetta- commentò Joly dal suo angolo.

Alle sue spalle, Bossuet chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Quindi, con gesti lenti e misurati, si portò davanti a Joly e lo guardò negli occhi. -Okay, Joly. Stabiliamo questa cosa, una volta per tutte. -Prese un altro respiro, e poi gli gridò in faccia, con tutta la voce che aveva:-LEI NON TI VUOLE!!!

-Secondo me non lo aiuti, parlandogli così- obbiettò Grantaire, ma l'occhiata inceneritoria che gli rivolse Bossuet fu sufficiente a convincerlo a tacere. O meglio, a rivolgersi a Courfeyrac. -Non me va bene una, Courf- commentò mestamente. -Forse, se volessi avere una relazione felice e sana dovrei fare come Apollo ed Eponine: mettermi con uno di cinque secoli più vecchio di me, talmente rimbambito dall'Alzheimer da non darmi più problemi, per il resto della vita. Magari anche ricco sfondato.

-Secondo me, non ti conviene parlare così, Taire- replicò Courfeyrac, con gli occhi fissi alla porta di vetro. -Perché Enjolras ed Eponine stanno arrivando.

-Buongiorno a tutti, gente!- proprio in quel momento, Eponine piombò al centro del Café e si fermò, guardandosi intorno, stupefatta. -Beh, cosa sono questi musi lunghi?

-Poche chiacchere, ragazzi- la interruppe Enjolras, entrando dietro di lei. -Chi è che dev'essere interrogato, oggi?

Poiché, quell'anno, quattro membri del club (Enjolras, Marius, Cosette ed Eponine) avevano gli esami, Enjolras, oltre alle riunioni di studio, aveva predisposto una rigidissima tabella d'interrogazioni, che stabiliva che ciascun membro deli Amici dell'ABC, a turno, interogasse lo studente scelto per quella giornata.

-Joly, tu devi interrogare me- disse Enjolras, dopo aver consultato il taccuino.

-Non posso- ribatté mestamente il giovane. -Sono troppo depresso per via di Musichetta.

-E ti pareva- disse tra i denti Bossuet.

-Eponine, allora devi interrogarmi tu- ripiegò Enjolras, voltandosi verso la ragazza.

-Te lo sogni- rispose sgarbatamente lei- Anch'io devo studiare, Enjolras, o te ne sei dimenticato?

-Il tuo esame è due settimane dopo il mio!

-E con questo?

-Quando vedo come vi state riducendo per un semplice esame- intervenne Grantaire- capisco perché ho dato forfait all'università.

Finì che Courfeyrac si assunse l'ingrato compito, notando, mentre interogava Enjolras, che il biondo sembrava più nervoso del solito.

-Enjolras, qualcosa non va?- gli chiese.

-Eh?- ribatté Enjolras, trasalendo. -No, no, tutto bene. Solo...- esitò un istante, mordendosi il labbro inferiore. -Qualcuno di voi ha sentito Javert?

-Certo- ribatté Grantaire -Tutti i giorni, a tutte le ore. Stiamo valutando l'ipotesi di fuggire insieme in Messico.

-Vaffanculo, Grantaire- rispose Enjolras, senza scomporsi. -Il fatto è che non ci siamo sentiti, questo pomeriggio, e lui non sa che sono qui, quindi non può venirmi a prendere.

-Sbaglio, o sembra che la cosa che ti dia sollievo?- notò Grantaire.

-Niente affatto- ma Enjolras non sembrò del tutto sincero. Effettivamente, c'era un certo lampo di sollievo nei suoi occhi, insieme ad una luce colpevole, o almeno così parve a Grantaire.

 

-Pronto?

-Valjean, sono io.

-Ah, buongiorno, Ispettore. A che cosa devo il piacere di sentirvi?

-Semplicemente al fatto che devo fare alcuni giri, e siccome Enjolras si è preso la mia macchina, mi chiedevo se poteste accompagnarmi.

-Volentieri- all'altro capo del telefono, Valjean sospirò. -Tanto, in qusti giorni sono praticamente esiliato da casa mia.

-Sarebbe a dire?

-Sarebbe a dire che Eponine ha gli esami, e siccome lei, Cosette e Marius devono studiare, il salotto mi è stato ufficialmente interdetto. Praticamente vivo nel mio studio. E non vedo più Eponine- aggiunse, con una nota di malinconia.

-Non lo dite a me- sbottò Javert- in questi giorni, Enjolras è più brusco ed irritabile del solito. E ho detto tutto.

Valjean, a cui sembrava di sentire un bue che stesse dando del cornuto all'asino, si morse la lingua. -Va bene, siamo intesi, allora. Dove devo passara a prendervi?

-Davanti a casa mia. Prima di fare quel che devo fare, devo passare a prendere la posta.

-Va bene. A dopo, allora.

-A dopo.

Quindici minuti dopo, Valjean parcheggiava davanti al portone della casa di Javert... e, nel momento in cui abbassò il finestrino, si vide davanti la faccia dell'Ispettore, più funesta e furiosa che mai.

-Dio santo!- esclamò involontariamente Valjean, saltando sul sedile. -Ehm, volevo dire... buonasera, Javert.

-Buonasera un corno!- lo aggredì l'altro, facendolo nuovamente sobbalzare. Prima che Valjean avesse avuto il tempo di spiccicare parola, Javert aveva fatto il giro della macchina ed era entrato, sbattendo con violenza la portiera.

-È successo qualcosa?- domandò Valjean ,preoccupato.

Invece di rispondergli, Javert gli gettò in grembo un pila di lettere. Valjean, incuriosito, prese quella in cima al mucchio e la lesse. Un sibilo di sorpresa gli uscì dalle labbra.

-Una multa- mormorò, perplesso. -E come avete fatto a prenderla?

-E chi vi dice che l'abbia presa io?- gli rispose Javert. -È stato quell'idiota mangiapane ad ufo che mi sono portato in casa. Ecco perché mi ha evitato in questi giorni! Perché sa, l'imbecille, che non appena me lo troverò davanti, lo farò a pezzi con le mie mani!

Valjean sussultò per la violenza dell'espressione. -Dove volete che vi porti?- domandò timidamente.

-Voi dovete passare per il Café Musain, no?

-Sì, per andare a prendere Eponine.

-Bene. Allora, dopo aver fatto quello che devo fare, ci vengo con voi- ringhiò l'Ispettore. -E non rivolgetemi la parola. Non è la serata giusta.

 

Si erano ormai fatte le sette e mezza di sera. Courfeyrac, che interrogava simultaneamente Enjolras ed Eponine da almeno due ore, aveva un'aria quantomai esausta, ma Enjolras non sembrava avere alcuna intenzione di andarsene, come se dalla sua permanenza al Café Musain dipendesse la sua vita.

-Ehi, ragazzi, lungi da me interrompere il vostro idillio, ma sta arrivando una macchina- esclamò Grantaire, seduto accanto ad Eponine.

A quelle parole, Enjolras sussultò e si guardò freneticamente intorno. -Una macchina? È Javert?- chiese, con la voce resa stridula dal panico.

-Tranquilizzati, è Jean- ribatté Eponine, osservando attraverso il vetro. -Ma perché tutto questo nervosismo?

Enjolras sospirò di sollievo, ma il sorriso che aveva accennato gli morì sulle labbra quando dal lato del passeggero vide scendere Javert... con una faccia che non prometteva nulla di buono. -Oh, mio Dio- squittì. -Oh, mio Dio.

-Hai la coscienza sporca, Apollo?- domandò divertito Grantaire.

-Jean!- gridò Eponine, attraversando di corsa il Café per raggiungere Valjean e saltargli addosso. Questi rise e le strinse la vita, sollevandola da terra per poterla baciare.

Davanti allo sguardo terrorizzato di Enjolras, Javert li superò a passo marziale e gli si piantò dritto davanti, gli occhi azzurri che mandavano scintille.

-C-ciao, Javert- balbettò il biondo.

Javert alzò una mano e gli sbattè la busta della multa sul petto. -Si può sapere cos'è questa storia?- chiese, o meglio ruggì.

Enjolras diventò tutto rosso. -P-può darsi che io abbia parcheggiato in divieto di sosta...-rispose con un filo di voce.

-Tu che cosa?!- esclamò Javert con gli occhi in fuori.

Incredibile ma vero, Enjolras sembrava quasi sul punto di piangere. -E può darsi anche che, facendo retromarcia, abbia urtato qualcuno... e che adesso la macchina sia dal meccanico.

Javert lo fissò per un tempo che ad Enjolras parve interminabile, poi disse, con voce calma, scandendo bene le parole:- Tu lo sai, vero, che per i prossimi sei mesi tu la mia macchina non la vedrai nemmeno in fotografia?

-Ne sono consapevole- rispose Enjolras, deglutendo, mentre,alle sue spalle, Grantaire cercava di non sghignazzare in maniera indecorosa... senza molto successo.

-Beh, allora ci vediamo domani,ragazzi- intervenne Eponine, mentre usciva al braccio di Valjean. Questi, arrivato alla macchina, fece per aprirle la portiera, ma Eponine la richiuse di scatto.

Valjean la guardò sorpreso. -Che stai facendo?

-Credi che non sia capace ad aprirla da sola?- rispose Eponine.

-Non ho mai pensato che tu non fossi capace, semplicemente...-

-Jean- lo interruppe lei, mettendogli una mano sulla guancia- io apprezzo molto il tuo atteggiamento cavalleresco, ma devi capire che non serve sempre.

Nel frattempo, dentro al locale, Enjolras radunava le sue cose con aria distrutta, sotto lo sguardo assassino di Javert. -A domani, allora, ragazzi- mormorò.

-Io domani non ci sono- rispose Courfeyrac.

Enjolras lo guardò, stupefatto. -Non mi avevi avvertito.

-Ma sì che ti avevo avvertito. Ti ho mandato un messaggio sul cellulare- ribatté Courfeyrac.

Lo sguardo di Enjolras si fece assassino quanto e più di quello Javert. -Dovresti ricordarti che sono tre giorni che non ho più un cellulare, visto che tu me l'hai rotto, testa beota- sibilò. -E siccome io non ho i soldi per ricomprarmelo...-sull'ultima frase Enjolras aveva calcato notevolmente la voce, osservando con sguardo eloquente Javert.

-Mi hai appena sfasciato la macchina e pretendi anche che ti ricompri il cellulare?- replicò l'Ispettore, più stupefatto che arrabbiato.

-Beh... - cominciò Enjolras.

-Scordatelo- lo interruppe l'altro -Qualsiasi cosa tocchi, la distruggi. O devo ricordarti che fine hai fatto fare al mio servizio di piatti?

Quest'ultima osservazione sembrò annientare completamente quel poco che era rimasto della faccia tosta di Enjolras. Senza dire un'altra parola, abbassò la testa, e seguì l'Ispettore a capo chino, cercando di ignorare la risata scomposta di Grantaire.

 

Quella sera stessa, nella camera che condivideva con Enjolras, l'Ispettore Javert sedeva con aria abbattuta sul bordo del letto, rigirandosi tra le mani la busta della multa, come se, guardandola, quella potesse scomparire.

-Javert...- Enjolras entrò in quel momento dalla porta alle sue spalle. Indossava semplicemente una camicia ed un paio di jeans, e i capelli biondi gli ricadevano in folti boccoli attorno al viso,inumiditi dalla doccia. -Guarda che io non scherzavo, quando parlavo di ricomprarmi il cellulare.

-Nemmeno io- replicò l'Ispettore, senza voltarsi.

-Eh, daì, Javert- mormorò il biondo in tono lamentoso. Mentre parlava, si arrampicò sul letto e gli mise in ginocchio dietro, circondandogli le spalle con le braccia. -Lo sai che mi serve il cellulare, e comunque non è colpa mia se si è rotto. Per favore...- mentre parlava, Enjolras aveva cominciato a tormentare con le labbra la nuca dell'Ispettore, salendo piano piano verso l'orecchio .

-Piantala. Questi trucchi con me non attaccano- disse Javert, ma, sotto la bocca di Enjolras, i suoi muscoli si erano improvvisamente irrigiditi.

-Per favore, Javert... che ti costa?- continuò Enjolras. Poi, accorgendosi di aver usato l'espressione sbagliata, si corresse in fretta:- Cioè, è ovvio che ti costerebbe qualcosa, però non così tanto, ed in fondo una multa non è gra...-

Impovvisamente, prima ancora di aver finito la frase, Enjolras si gtrovò bloccato sul cuscino, con il volto di Javert a pochi centimetri dal suo.

-Tu sei proprio stupido a volte, sai?- commentò Javert.

-Che vuoi dire?- chiese Enjolras, col fiato corto.

-Guarda sul comodino.

Enjolras fece come gli era stato detto, e sul comodino posto dalla sua parte del letto vide una busta. Allungando un po' il braccio, la prese... e ne estrasse una piccola scatola rettangolare con sopra un'immaginabile inequivocabile.

-Cosa...?- Enjolras ansimò, cercando di trovare le parole. -Ma come...? Quando...?

-Questo pomeriggio- ribatté divertito Javert, alzandosi da sopra di lui. -Mi chiedevo quando te ne saresti accorto.

-Ma allora...- iniziò Enjolras, alzando lo sguardo su di lui.

Javert gli mise una mano sulla bocca interrompendolo. -Allora tu, in questi giorni, lavorerai come un negro per pagare quella multa- rispose. -Di come ti procuri i soldi m'importa fino ad un certo punto, ma io non voglio saperne niente.

-Non è giusto...- replicò Enjolras, e avrebbe sicuramente difeso con arole più convinte le sue opinioni, se non si fosse trovato improvvisamente con la bocca molto impegnata.

 

Allora!

Gli accenni alla Valjonine in questo capitolo sono tutti dedicati a Catcher (leggete. Mi ha rotto le scatole finché non li ho messi XD, cos' come la canzone all'inizio, che, secondo noi, ci sta troppo con quella coppia. Per il resto, questo è il capitolo più sconclusionato, illogico ed insensato di tutti... nonché il mio preferito!!!

Spero che vi siate divertiti a leggerlo quanto io a scriverlo. Non ho altro da dirvi, tranne che non so bene quando aggiornerò.

E per darvi un'idea di quanto sono fissata con I Miserabili in questo periodo, vi informo che sull'Mp3 mi sono fissata la playlist con le canzoni per la Javert/Eponine (la mia coppia preferita XD) e quella per la Valtine.

Rendiamoci conto xD.

Ci vediamo al prossimo capitolo!

Un bacio a tutti,

Saitou

Ps LE CANZONI!!!

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tre giorni- Di fermate sbagliate e di dichiarazioni ***


Se avesse dovuto stilare una classifica dei primi dieci luoghi al mondo che detestava con tutto il cuore, Javert avrebbe senza dubbio collocato la metropolitana al secondo posto (immediatamente dopo la Senna, più precisamente il tratto che scorreva sotto il Ponte di Notre-Dame). E il fatto di trovarsi, in quel momento, proprio alla metropolitana, circondato da parigini nervosi che lo urtavano da tutte le parti, rendeva il suo umore quantomai nero.

Certo, mentre controllava nervosamente l'orologio, per assicurarsi che il treno non fosse in ritardo, una piccola parte di lui non poteva impedirsi di pensare che la responsabilità era anche sua. Dopotutto, era stato lui a decidere che, dal momento che le incaute manovre di Enjolras avevano mandato la sua macchina dal meccanico, il suo compagno avrebbe dovuto ricorrere ai mezzi pubblici- o ai propri piedi- fino a nuovo ordine.

-Non è giusto, Javert- si era lamentato il giovane quella mattina, mentre preparavano la colazione. -Andare con la macchina sarebbe più comodo, e lo sai anche tu. In più, ti risparmierebbe il fastidio di venirmi a prendere, no?

-Niente da fare- era stato glaciale Javert- Hai voluto sfasciarmi la macchina e adesso ne paghi le conseguenze. E comunque, non sono stato certo io a costringerti a uscire con Grantaire stamattina, o sbaglio?

-Non sto uscendo con Grantaire- aveva sbuffato Enjolras- Stiamo semplicemente andando a vedere una mostra che, secondo lui, potrebbe fornirmi delle informazioni importanti per il mio esame.

Javert aveva sbuffato sarcastico. Da un po' di tempo a quella parte, persino le bustine del the sembravano contenere informazioni importanti per l'esame di Enjolras.

-Javert...- era ripartito quello, coi lucciconi agli occhi.

-In qualsiasi modo tu lo voglia mettere, Enjolras, la risposta è no. Ho quella macchina da molto più tempo di te, e non ho intenzione di fartela passare liscia dopo averla mandata dal meccanico. Andrai a questa mostra, se lo ritieni tanto fondamentale, ma ci andrai a piedi.

E con questo Javert aveva chiuso la discussione, uscendo a grandi passi dalla cucina.

E quel pomeriggio, a distanza di sei ore, si ritrovava nella metropolitana... e Enjolras ancora non si vedeva.

Proprio in quel momento, il cellulare nella tasca destra dei suoi pantaloni cominciò a vibrare. Javert lo estrasse e aggrottò la fronte, vedendo lampeggiare sullo schermo il numero di Enjolras. Premette il tasto di risposta e lo portò all'orecchio.

-CRETINO DEFICIENTE DECEREBRATO CON SERI PROBLEMI MENTALI!!!- la voce di Enjolras esplose nel suo orecchio con la violenza di un ruggito. Javert allontanò di scatto la testa dal telefono, quindi la riavvicinò, inarcando un sopracciglio.

-Prego?- rispose, col suo tono di voce più calmo.

Dall'altra parte del telefono, Enjolras sbuffò. -Scusa, Javert, non stavo parlando con te. Ce l'avevo con quel cretino di Grantaire che è qui accanto.

-Mi saluti l'Ispettore? Ciao, Ispettore!- intervenne la voce allegra di Grantaire da sotto il brusio della metropolitana.

All'altro capo del telefono, Javert sorrise. Per motivi sconosciuti a tutti e tre, Grantaire era l'unico fra tutti gli Amici dell'ABC di cui l'Ispettore poteva dire che gli stesse simpatico.

-Dove siete?

-È proprio questo il punto!- esplose Enjolras. -Grantaire ha sbagliato fermata!

Siamo alle Tuileries! Alle Tuiliries! Mi dici cosa ci faccio io alle Tuiliries, Grantaire?

-E che ne so io?- rispose Grantaire. -Magari potremmo prenderci una vacanza.

-A tre giorni dall'esame, capra immonda?- sibilò Enjolras, pieno di veleno.

-Avverto un aggressività in te, Apollo, che mi addolora- replicò Grantaire in tono esageratamente drammatico- Si potrebbe quasi pensare che tu non mi voglia bene.

Enjolras sbuffò sonoramente, tornando a rivolgersi a Javert:- Io, uno di questi giorni, lo ammazzo. Ti giuro, Javert, che lo ammazzo.

-Se l'avessi fatto la prima volta che me l'hai detto, saresti già fuori di galera- ribatté Javert, imperturbabile. -Comunque, aspettatemi. Vengo io a prendervi.

Circa mezz'ora dopo, l'ispettore scendeva alla fermata delle Tuileries, fermandosi per poter scorgere, in mezzo alla folla, la giacca rossa del suo compagno.

-Ehi, Javert! Siamo qui! Da questa parte!

Javert si voltò nella direzione da cui proveniva la voce, e Enjolras gli piombò addosso, stringendolo in un abbraccio disperato, davanti agli sguardi perplessi degli altri viaggiatori.

-Salvami, salvami, salvami- implorò Enjolras, il viso affondato nella spalla dell'Ispettore. -Non credo di poter sopravvivere oltre. Quell'uomo mi sta facendo impazzire.

-Va bene- rispose Javert, brusco- però adesso levati.

Enjolras si scostò subito, stupito dal tono brusco dell'altro, e fissò Javert negli occhi, trovandoli freddi e impassibili. Una strana sensazione di gelo gli strinse le viscere nel momento in cui si rese conto della folla intorno a loro che continuava a lanciargli sguardi obliqui, alcuni di malcelata disapprovazione. Sentì le sue guance farsi di fuoco, quando percepì l'imbarazzo e l'irritazione di Javert.

-Ed ecco l'Ispettore che arriva a salvarci!- l'improvvisa comparsa di Grantaire interruppe quel momento d'imbarazzo. Il giovane s'intromise tra i due e lanciò loro una rapida occhiata, notando lo sguardo gelido di Javert e quello mortificato di Enjolras.

-Vogliamo andare?- chiese gentilmente.

Sulla metro, Enjolras e Javert si sedettero ben distanti, l'Ispettore con le braccia incrociate, Enjolras che si fingeva intento a sfogliare il fascicolo della mostra. In piedi di fronte a loro, con una mano stretta attorno alle cinghie che pendevano dal soffito, Grantaire continuava a cianciare, passando di tanto in tanto uno sguardo perplesso sui due.

Parlava, ed Enjolras gli rispondeva, ma la sua mente in realtà lavorava. Osservava Javert che si teneva rigorosamente a distanza, e gli sguardi degli altri passeggeri, che di tanto si rivolgevano perplessi verso di loro, non gli erano mai sembrati così pesanti. In quel momento si trovò a riflettere sul fatto che lui e Javert avevano sempre praticamente tenuta nascosta la loro relazione, o perlomeno avevano sempre evitato di accennarne a quelli che li conoscevano (gli Amici dell'ABC non contavano)

Riflettendo per la prima volta su questi fatti, Enjolras si trovò a dover affrontare un argomento imprevisto e del tutto spinoso: che Javert forse si vergognava di lui.

Certo, non si poteva negare che, per molti versi, la loro costituisse una coppia atipica, più per la differenza d'età che per il fatto d'essere entrambi uomini. Ma, fino ad allora, Enjolras non si era mai trovato a riflettere su come la loro situazione potesse apparire ad occhi esterni: Javert sì, evidentemente. E se ne vergognava.

Si vergognava di stare con lui. E nel momento in cui arrivò a quella conclusione, Enjolras si sentì sprofondare.

Quando finalmente giunsero alla loro fermata, il biondo capo degli Amici dell'ABC camminò distante dal suo Ispettore, le mani affondate nelle tasche del giubbotto e la testa china sul petto. Non parlò per tutto il tragitto, limirandosi a salutare a mezza voce Grantaire quando questi si separò da loro per recarsi alla sua dimora.

Javert ed Enjolras percorsero il resto della strada che conduceva a casa loro nel più perfetto silenzio, distanti una decina di centimetri l'uno dall'altro, gli occhi che evitavano di incrociarsi. Giunti che furono sul pianerottolo. Enjolras non poté più trattenersi.

-Javert- esclamò.

Javert si fermò a metà dell'atto di aprire la porta. -Che c'è?

-Non so se ha molto senso chiedertelo, ma devo saperlo- Enjolras parò senza guardarlo negli occhi, la punta della scarpa che tracciava nervosamente ghirigori invisibili sul pavimento. -Tu ti vergogni a farti vedere con me, vero?

A quelle parole, seguì il silenzio. Enjolras alzò la testa, lo stomaco contorto per la tensione... e incontrò lo sguardo di Javert, assolutamente spaesato.

-Io che cosa?- replicò l'Ispettore, sbattendo le palpebre.

-Oh, maledizione- Enjolras sentì le guance farsi di brace. -Ti prego, non costringermi a ripeterlo, è troppo difficile... -prese un profondo respiro quindi ripeté, col suo tono più calmo e più tranquillo:- Tu ti vergogni a farti vedere con me.

Javert lo fissò in silenzio per alcuni istanti, quindi scosse la testa, riprendendo a girare la chiave nella toppa. -Ora capisco perché hai tanta paura di andar male all'esame- mormorò, abbassando la maniglia e spingendo la porta. -Sei troppo stupido perché possa andarti in un'altra maniera.

-No, aspetta- Enjolras posò la mano su quella di lui, impedendogli di aprire. -Ho bisogno di saperlo. Oggi pomeriggio... sembravi frustrato, quasi arrabbiato. Posso sapere perché?

Javert scosse la testa, con uno sbuffo spazientito:- Dopo essere stato mollato per un intero pomeriggio, e poi essere aggredito perché volevi che ti salvassi dalla persona con cui eri uscito preferendo me, chi non si sarebbe irritato?

A quella risposta, Enjolras spalancò i grandi occhi azzurri:- Davvero? Era solo per questo?

-E per che altro pensavi che fosse?

Enjolras non rispose, e allora l'Ispettore gli venne più vicino, mettendogli una mano sotto il mento perché l'altro lo guardasse negli occhi.

-Guardami bene negli occhi, Enjolras, e rispondimi sinceramente- mormorò con voce bassa e decisa- davvero pensi che io mi vergogni di essere il tuo compagno?

Enjolras deglutì sotto la sua mano. -L'ho pensato- ammise con un filo di voce.

Javert gli si fece più vicino, e la sua mano dal mento scivolò alla guancia di Enjolras, in una carezza appena più dolce del suo tono di voce.

-E allora ascoltami bene- gli sussurrò. -Qualsiasi cosa tu sia per me- e sottolineo, qualsiasi- è una scelta mia, e mia soltanto. Io non ho bisogno di dare spiegazioni a nessuno. E sono stanco di nascondere sempre quello che provo. Io ti amo, e questo niente e nessuno lo può mettere in dubbio, e tantomeno contestare. Mi hai capito?

A quella dichiarazione, tanto più dolce quanto inaspettata, Enjolras rispose nell'unica maniera che gli era possibile: lo baciò.

Fu un bacio lungo, lento, con le mani di Javert che andavano lentamente a cercare il viso di Enjolras, le bocche che si cercavano, impazienti, e il respiro che si faceva sempre più affrettato. Ma, alla fine, fu proprio l'Ispettore a staccarsi,con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

-Il fatto che io non mi vergogni di stare con te non significa, però, che possiamo pomiciare qui, sul pianerottolo come se niente fosse- gli sussurrò.

Enjolras scoppiò a ridere, e gli aprì la porta, spingendolo allo stesso tempo all'interno dell'appartamento. -Vai dentro, Ispettore- gli ribatté in tono malizioso- e vediamo di dare ai vicini qualche motivo per pensar male.

 

Ed eccomi finalmente di ritorno, dopo SECOLI di assenza, su questo fandom!!!

Innanzitutto, chiedo venia per l'orrendo ritardo. Spero solo che il capitolo valga l'attesa.

In secondo luogo, capiamo tutti insieme come vengono certe ispirazioni:

Sei sul treno, in partenza per un'uscita col tuo gruppo scout, quando assisti allo scambio di effusioni di una dolcissima coppia gay. A quel punto, la tua mente malata li collega subito ai nostri due piccioncini, e, nonostante il contesto tutt'altro che favorevole (in un treno, schiacciata da centinaia di persone, con uno zaino da sessantacinque litri sulle spalle, e il sovratelo di una tenda canadese in mano) comincia a sclerare... ed ecco cosa ne viene fuori!!!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e prometto che cercherò di essere il più veloce possibile per l'aggiornamento.

Un bacio a tutti,

Saitou

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Due giorni- Di termometri e di confidenze ***


L'Ispettore Javert sfilò il termometro da sotto il braccio di Enjolras, e poi lo scosse, lanciandogli un'occhiata. -Trentotto e mezzo- annunciò.

-Cosa?- Enjolras alzò il viso, pallido e stravolto, dal cuscino.-Non è possibile.

-Non lo dico io, Enjolras, lo dice il termometro.

-Non è possibile- ripeté il biondo, puntellandosi sul gomito- Ricontrolla.

-L'ho già fatto. Tre volte. Con tre termometri diversi- Javert stava cominciando a mostrara segni d'impazienza, ora. -Enjolras, rassegnati. Sei malato. Per oggi dovrai stare chiuso in casa, e probabilmente non potrai uscire neppure domani.

-Merda- gemette Enjolras, abbandonandosi con una smorfia di dolore sul cuscino. -Non è possibile, Javert, non posso avere una sfiga così assurda. Cosa faccio, se la febbre si protrae fino al giorno dell'esame?

-Non fai l'esame- Javert lo disse come se fosse la soluzione più semplice del mondo.

Enjolras gli lanciò uno sguardo di fuoco. -Stai scherzando, spero.

-Per niente. E che non ti passi nemmeno per l'anticamera del cervello di combinare bravate come quella d'imbottirti d'antiobiotici pur di poter arrivare all'università dopodomani. Se fra due giorni sarai ancora malato, Enjolras, ti terrò in casa, dovessi legarti alla testiera del letto.

Enjolras aprì la bocca per replicare, ma qualcosa, nello sguardo di Javert, lo convinse a non rispondere. Si lasciò cadere sul divano con un sospiro abbattuto, stringendo il cuscino in un abbraccio. -Merda- ripeté contro il cuscino. -Dev'essere sicuramente colpa di Bossuet. L'altro giorno, al Café, l'ho urtato per sbaglio. E ho pure rotto lo specchio del bagno.

Javert alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa con uno sbuffo di condiscendenza, mentre si alzava per indossare il giacchetto. -Ci vediamo questo pomeriggio- lo salutò, mentre superava la soglia di casa per recarsi al lavoro, lasciandosi dietro un Enjolras più avvilito e abbattuto che mai.

 

Alle sei e mezza di quello stesso pomeriggio, la pioggia si abbatteva con violenza sulle strade di Parigi con scrosci violenti e rabbiosi, che rendevano praticamente impossibile vedere alcunché. Javert, di ritorno dal lavoro, guidava nella pioggia con estrema attenzione, il corpo sporto in avanti e gli occhi socchiusi per poter individuare eventuali ostacoli attraverso la fitta cortina d'acqua.

Fu proprio in quel momento che una forma umana si materializzò improvvisamente al centro dell'acquazzone, a praticamente due centimetri dal suo parabrezza. Javert lanciò un'imprecazione, e premette con violenza il freno, fermandosi con un brusco stridio a pochi millimetri di distanza dall'incauto passante.

-Dannato imbecille!- imprecò Javert, abbassando il finestrino- Che diavolo gli salta in mente di arrivare così in mezzo alla strada...

-È proprio vero che il mondo è piccolo!- a pochi secondi di distanza dalla sua voce, il viso di Grantaire comparve improvvisamente al centro del finestrino. Javert lo fissò per qualche istante, incapace di articolare parola. -Grantaire- mormorò infine.

-Devo ammettere, Ispettore, che farsi investire da voi avrebbe avuto un tocco di sottile ironia- continuò Grantaire, come se non gli avesse fatto alcun effetto l'idea di essere scampato per pochi secondi alla morte.

-Avrei potuto investirti- a giudicare dal tono con cui lo disse, l'idea non sarebbe dispiaciuta a Javert.

-Ma non l'avete fatto- ribattè Grantaire in tono allegro. -Sentite, io vengo proprio adesso dal Café Musain, e mi sono appena bagnato come un pulcino; non è che potreste darmi un passaggio fino a casa?

Javert rimase a valutare la questione per diversi istanti, valutando con una smorfia di dolore l'idea di vedere Grantaire portare l'acqua nella sua macchina. -Sali- si arrese infine.

Sul viso di Grantaire si aprì in un sorriso radioso, mentre faceva rapidamente il giro della macchina, entrandovi poi sotto gli occhi assassini di Javert.

Per i successivi cinque minuti, l'Ispettore guidò in silenzio, totalmente concentrato sulla strada, mentre accanto a lui Grantaire era impegnato a contattare gli altri Amici dell'ABC sul loro gruppo di Whta'sApp.

-Che è successo ad Apollo?- domandò poi. -Oggi non lo si è visto.

-È malato- rispose Javert.

-Ah- Grantaire rimase un attimo in silenzio, quindi alzò su l'Ispettore due occhi timidi, un accendo di sorriso che gli saliva sulle labbra.- Sentite... non è che posso salire un secondo per salutarlo? Così, giusto per informarmi su come sta.

Javert gli lanciò un lungo sguardo penetrante, e Grantaire non avrebbe saputo dire che cosa ci fosse di preciso in quell'occhiata. Rimasero a guardarsi per qualche istante, finché l'Ispettore non annuì bruscamente, invertendo la marcia.

 

La porta dell'appartamento si aprì, e Grantaire e Javert fecero il loro ingresso, scrollandosi l'acqua dai vestiti e agitando gli ombrelli per eliminare l'acqua in eccesso. L'Ispettore si tolse il giacchetto e lo pose sopra il termosifone, per poi avviarsi verso il soggiorno:- Enjolras?- chiamò.

-Sono qui- rispose la voce dell'altro dal soggiorno. Enjolras era sdraiato sul divano, con un paio di coperte tirate fin sopra al mento, e un libro di testo tenuto contro le ginocchia piegate, la mano armata di evidenziatore che scorreva implacabile sulle pagine, tracciando linee fluorescenti per sottolineare le frasi più importanti. Ai piedi del divano, era appoggiata una tazza di tisana fumante.

-Ciao, Javert...- incominciò, ma nel momento in cui, alzando la testa, i suoi occhi si posarono sulla figura di Grantaire, che in quel momento seguiva l'Ispettore, la voce gli morì in gola.

-Che cosa ci fa lui qui?- domandò, con gli occhi ridotti a due fessure.

-Non c'è bisogno di ringraziarmi per essere venuto a sincerarmi delle tue condizioni, Apollo- replicò acido Grantaire- Non è niente.

-L'ho incrociato mentre tornavo a casa, e ho accettato di dargli un passaggio- rispose Javert, rivolto verso Enjolras.

-Mi ha quasi investito- continuò Grantaire in tono allegro.

-Quasi?- ripeté Enjolras, con un chiara nota di delusione nella voce. Prima che Grantaire potesse accenare qualsiasi risposta, il biondo si era già rivolto a Javert, chiedendogli:- Mi fai un té, per favore?

Javert si chinò per prendere la tazza di tisana dal pavimento, e lo sguardo gli cadde su un foglio fitto di numeri e scritte posato accanto alla gamba di Enjolras.

-Che cosa sarebbe questo?- domandò, raccogliendolo.

-Ah, quello- Enjolras gli prese il foglio di mano e prese a scorrerlo con gli occhi. -Vedi, all'inizio di questo mese, ho stabilito un metodo di studio per distribuire meglio il lavoro:mi sono calcolato il totale del numero del numero di pagine di tutti i libri di testo, e poi l'ho diviso per il numero di giorni che precedono l'esame; oggi, per esempio, secondo questa tabella, devo studiare...- i suoi occhi corsero al foglio- circa cinquantuno pagine.

A quella spiegazione, esposta con un tono di voce assolutamente serio e convinto, Javert e Grantaire si scambiarono uno sguardo eloquente.

-E voi riuscite a sopportarlo?- sussurrò Grantaire, stupefatto.

-L'ho mai detto?- replicò l'Ispettore, superandolo per dirigersi in cucina. Nel passargli accanto, la sua mano sfiorò in un movimento distratto i riccioli biondi di Enjolras.-Lo vuoi anche il tu il té, Grantaire?- domandò quest'ultimo.

-Oh, sì, grazie- rispose il ragazzo. -Lo prendete anche voi, Ispettore?

-Nemmeno per sogno- rispose quello dalla cucina.- Con l'acqua calda ci si fa il bagno, non la si beve.

Quando l'Ispettore fu sparito in cucina, Grantaire lanciò una lunga occhiata penetrante a Enjolras: gli occhi del giovane che avevano seguito l'Ispettore finché non si era sottratto alla loro vista, adesso erano pieni di insicurezza e di preoccupazione.

-Allora, Apollo- declamò Grantaire, sedendosi sul divano accanto a lui- Come va la vita?

-Bene, a parte quest'influenza del cavolo- borbottò Enjolras,intento di nuovo a sottolineare.

Grantaire lo fissò con attenzione, e dopo un po' buttò lì con tono noncurante:- Perché non mi dici cosa ti turba?

-Cosa stai dicendo?- Enjolras alzò la testa di scatto, un sopracciglio elegantemente inarcato- Io non ho nessun problema.

-Andiamo, Apollo- ribatté Grantaire- Dopo un po' di tempo ho imparato a conoscerti, e so capire quando sei semplicemente in preda allo stress pre-esame. C'è qualcosa che ti turba, e non riguarda l'università. Credo piuttosto di non sbagliare, se dico che si tratta del tuo Ispettore. Ho indovinato?

Non ebbe bisogno di una risposta: lo sguardo sbalordito di Enjolras era più che sufficiente.

-Perché non mi racconti tutto, Apollo?- riprese Grantaire con tono amichevole. -Magari posso aiutarti.

Enjolras rimase per qualche attimo in silenzio, mordicchiandosi nervosamente l'unghia del pollice. Alla fine, quando parlò, la sua voce era stranamente rotta:- È troppo, Grantaire.

-Credo di non seguirti- rispose gentilmente Grantaire. -Cosa è troppo?

-Tutto. Tutto quello che lui fa per me- la voce di Enjolras tremava, adesso, e nei suoi occhi c'era una scintilla colpevole.- Lui fa di tutto, per mettermi a mio agio, e io non mi rendo nemeno conto di quanto sia disponibile. Oh, di solito lo nasconde bene: è irritante, permaloso, irascibile, ipergiustizialista, di vedute ristrette, rigido e noioso...

-Ehi, si vede che è vero amore- commentò ironicamente Grantaire.

-Ma in questo periodo sta facendo per me più di quanto non abbia mai fatto nessun altro- continuò Enjolras, ignorandolo- È dall'inizio del mese che io sono intrattabile, Grantaire: sono in preda allo stress più totale, non mi si può venire vicino, sono nervoso e isterico...

-Ce n'eravamo accorti- ribatté Grantaire.

Gli occhi di Enjolras si ridussero a due fessure. -Un'altra interruzione di queste, Grantaire, e mi dimenticherò che nell'altra stanza c'è l'Ispettore di polizia- sibilò.

-Ok, ok- Grantaire alzò le mani. -Continua pure. Tu sei intrattabile, e lui...?

-Mi sopporta. Mi subisce. Mi costringe a staccare la spina quando ne ho davvero bisogno. Davvero, Grantaire, io gli sto rendendo la vita impossibile, e lui non me l'ha mai fatto pesare. E vorrei ringraziarlo, davvero, ma il mio maledett orgoglio me lo impedisce. E in ogni caso, ho l'impressione che non riuscrirò mai a ringraziarlo veramente fino

a che questa storia dell'esame non sarà finita.

Finì di parlare con un profondo sospiro, gli occhi che d'un tratto si facevano distanti. Grantaire rimase a fissarlo con intenzione, ben consapevole che non c'era niente che lui potesse dire.

-Il té è pronto- annunciò in quel momento Javert, entrando nel soggiorno con due tazze fumanti in mano.

-Cosa?- Grantaire alzò la testa. -Ah, no, Ispettore, io non lo prendo. Tutto sommato, credo sia ora di tornare a casa.

Javert non disse nulla.Si limitò a poggiare le tazze sul pavimento, accanto al divano, e seguì Grantaire fino alla soglia di casa.

-Tu saresti un ottimo poliziotto, sai?- disse mentre gli apriva la porta.

Grantaire si fermò di scatto, guardandolo con gli occhi in fuori. -Io? Uno sbirro?- ribatté.

-Hai paura di prenderti qualche malattia?- rispose ironicamente l'Ispettore.

Gli chiuse la porta alle spalle, quindi si avviò verso il soggiorno e lì rimase, osservando in silenzio Enjolras che studiava, completamente immerso nel suo silenzio.

Lo osservò in silenzio, seguendo con gli occhi la fronte aggrottata, le labbra serrate, gli occhi pieni di concentrazione, nascosti da un ciuffo di capelli biondi, e sentì un sorriso nascergli sulle labbra. Perché il ragazzo che aveva davanti era l'essere umano più irascibile, ansioso e insopportabile che lui avesse mai avuto la sfortuna di conoscere... e il più adorabile.

 

Ed eccomi di nuovo tra voi, signore e signori! Vi sono mancata? Spero bene di sì, sennò rovina e sciagura su tutti voialtri XD.

Allora, questo capitolo mi piace e non mi piace, nel senso che adoro l'inizio, ma che il finale mi suona altamente improbabile, sbrigativo e diabetico, ma purtroppo non so sinceramente come fare di meglio.

E se trovate che il metodo di studio di Enjolras sia improbabile e maniacale... io ho davvero CONOSCIUTO una persona che fa' così.

E adesso vi saluto, nella speranza di pubblicare al più presto quelli che saranno gli ultimi, ahinoi, due capitoli della raccolta.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un giorno- Di freddo e di rabbia ***


Erano le otto e mezza di sera, e faceva freddo, per essere una notte di fine giugno. Nel buio della notte, macchiato ad intervalli regolari dalla luce dei lampioni, Enjolras camminava, macinando la strada sotto i suoi piedi a passi furiosi, incurante del vento gelido che gli si insinuava sotto il colletto della giacca.

Camminava, ignaro della città intorno a lui, dei postumi della febbre, ignaro dell'ora e del luogo; camminava, e nella sua mente l'unico pensiero chiaro era quello della sua meta: la casa in cui, fino a un anno prima, aveva vissuto insieme a Combeferre e Courfeyrac, e dove Combeferre e Courfeyrac vivevano ancora.

Il palazzo grigio gli si stagliò davanti quasi all'improvviso. Enjolras premette il citofono con impazienza, e rimase lì, la schiena appoggiata alla parete, stringendosi nella giacca per difendersi dagli spifferi di vento gelido.

Dopo qualche minuto, fu la voce di Courfeyrac a rispondergli:- Chi è?

-Courf, sono io. Fammi entrare.

Passò qualche altro secondo, durante il biondo poté quasi immaginarsi l'espressione stupita dell'altro, poi il silenzio fu rotto dal lieve scatto del portone che si apriva.

Quando, pochi minuti dopo, Courfeyrac aprì la porta, quello che si trovò davanti fu un Enjolras dal viso duro, freddo, gli occhi azzurri diventati di colpo impenetrabili.

-Posso entrare?- chiese senza mezzi termini.

-Cosa... Io... Sì, certo...- rispose Courfeyrac, confuso, facendosi da parte per lasciarlo passare.

Enjolras lo superò a grandi passi e con un gesto brusco appese il giacchetto all'attaccapanni. In quel momento, Combeferre fece il suo ingresso nel salotto, e si fermò di colpo, osservando Enjolras che nel frattempo si era tolto anche il maglioncino.

-Enj, che cosa...?

-Stasera mangio e mi fermo qui- Enjolras pronunciò questa frase come un dato di fatto, gli occhi fissi sui suoi due migliori amici, quasi sfidandoli a contraddirlo.

-La tua stanza è sempre pronta, Enj- ribatté pacatamente Combeferre- Solo che...

-Solo che cosa?- Enjolras si voltò di scatto ad osservarlo, piantandogli in viso i suoi occhi gelidi.

-Niente- fu Courfeyrac a rispondere- Semplicemente, beh, domani c'è il tuo esame, quindi pensavamo che stasera volessi stare con l'Ispettore...

-Non ne voglio parlare- Enjolras lo interruppe con voce secca, dirigendosi a passi svelti verso il divano.

-Enj, è successo qualcosa?- mormorò, preoccupato, Combeferre, scambiando uno sguardo perplesso con Courfeyrac.

-Ho detto che non ne voglio parlare- ripeté Enjolras, lasciandosi sprofondare sul divano.

Combeferre e Courfeyrac si scambiarono un altro sguardo perplesso, quindi il primo scosse la testa e i due si diressero a passo felpato verso la cucina, lanciando un'occhiata preoccupata al loro giovane leader.

Enjolras non li sentì allontanarsi. La sua mente non riusciva a smettere di rianalizzare quello che era successo nemmeno un'ora prima, come nella speranza che, continuando a ripensarci, le cose sarebbero potute cambiare.

Non riusciva a credere a quello che la sua mente gli stava dicendo. Lui e Javert avevano litigato più violentemente di quanto avessero mai fatto dall'inizio della loro relazione. Si erano scambiati parole violente, velenose, pensate apposta per ferire l'altro, e lo strappo che si era creato tra loro era così profondo che Enjolras dubitava che sarebbero mai riusciti a ricucirlo.

Ed era stato per un motivo così stupido.

 

Aveva chiesto a Javert di andare al suo esame.

-Assolutamente no- era stata la risposta categorica dell'Ispettore.

Enjolras lo aveva fissato, stupito.-Perché no?

-Non serve a niente che io sia lì. E in ogni caso, la mia presenza sarebbe imbarazzante.

-Sbaglio, o era solo l'altroieri che mi hai detto che non ti importava quello che la gente poteva pensare?- nella risposta di Enjolras c'era una sottile punta di risentimento.

-Questo non significa che io mi diverta ad essere scambiato per tuo padre, com'è successo l'ultima volta che ti ho accompagnato a scuola. E poi, io a che ti servo? Ci saranno comunque tutti i tuoi amici.

Il viso di Enjolras si era improvvisamente oscurato. -Non sarebbe la stessa cosa se non ci fossi anche tu.

-Strano- nel tono di Javert, adesso, c'era una pesante nota di sarcasmo- Non mi era sembrato che negli ultimi giorni la cosa ti facesse molta differenza.

-E questo cosa vorrebbe dire?

-Lascia perdere. Lo sai benissimo.

-No, aspetta- il tono di Enjolras si fece più cupo, un lampo di rabbia gli attraversò le iridi azzurre- So di non essere stato molto presente in questi giorni, ma questo cosa significa?Perché ti ho ignorato, non vieni al mio esame? Cos'è, un'infantile dimostrazione di vendetta?

-Non sono io quello infantile.

-Spiegami anche questa.

-Senti- sbottò, Javert, la voce fremente per l'impazienza- sei tu quello che sta facendo i capricci come un bambino viziato. Non verrò al tuo esame. Fine della discussione.

Aveva fatto per alzarsi ed andarsene, ma a metà del movimento la voce di Enjolras era esplosa come un uragano, bloccandolo sulla sedia.

-Qual'è il tuo problema?- il giovane biondo si era alzato di scatto, il viso cosparso di chiazze rosse, il viso affannoso, la voce stridula. -Cos'è che ti da tanto fastidio? Il fatto che io stia cercando di costruirmi una mia carriera, una mia strada nella vita? Cosa vorresti, eh? Che io rimanessi a casa, a fare il bravo cagnolino fedele, a farti le feste ogni volta che varchi quella porta? È questo che vorresti, eh, Javert?

Javert aveva assistito a quell'improvvisa esplosione seza minimamente mutare di espressione. Quando rispose, il suo tono era calmo come prima:-Stai dicendo sciocchezze. Calmati.

-No che non mi calmo!- l'urlo di Enjolras fu così violento da fargli quasi esplodere le vene del collo- Devo sapere perché, Javert. Devo capire. Per quale diavolo di motivo ti da' fastidio che io cresca?

Fu in quel momento che, senza volerlo, le sue parole toccarono Javert in un punto così intimo dell'anima che nessun'arma avrebbe mai potuto colpire, e, internamente, Javert sussultò. Enjolras aveva voluto graffiare, e invece aveva lacerato.

Perché, sì, Javert aveva paura che Enjolras crescesse. Una paura fottuta. Più lo vedeva farsi strada nella vita e spalancare le ali, più un'insidioso germe di paura andava piantando i suoi artigli dentro di lui. Perché Enjolras era giovane, aveva tutta la vita davanti a sé, e presto, molto presto, si sarebbe stancato di avere al suo fianco un uomo che aveva il doppio dei suoi anni. Non che ci sarebbe stato da biasimarlo, in fondo: perché sprecare la sua vita al fianco di chi, in confronto a lui, era quasi un vecchio?

Enjolras aveva avuto torto, quando lo aveva accusato di non voler assistere al suo esame per vendetta: la verità era che, assentandosi al suo esame, Javert sperava di rimandare, ancora per un po', quello che secondo lui era ineluttabile.

Ma, quando Enjolras gli gridò contro, non disse nulla di tutto questo. Si limitò a lanciargli uno sguardo gelido, cercando con tutte le sue forze di mantenere un'espressione impassibile.

-Smettila con tutta questa scena. È ridicola e fuori luogo. Stai dicendo cose che nemmeno tu pensi, quindi smettila di fare il ragazzino e cerca di comportarti da persona matura, per una buona volta.

Gli occhi di Enjolras si ridussero a due fessure:- Un ragazzino?Però non sono un ragazzino quando si tratta di portarmi a letto, vero?- aveva sibilato.

La soddisfazione che aveva provato nel vedere Javert sussultare era stata immensa.

L'ho ferito, l'ho toccato, finalmente, aveva pensato.

Gli occhi di Javert ardevano di rabbia.Rabbia vera, questa volta. -Io non sto ai tuoi ordini, razza di bamboccio. Non corro al tuo esame dopo un quasi un mese che mi hai reso la vita impossibile semplicemente perché me l'hai chiesto per ripulirti la coscienza. E non tollero che mi parli in questo modo.

-Se veramente ti ho reso la vita impossibile, posso smettere anche subito.

Enjolras non aveva ancora terminato la frase, che si era alzato e si era diretto a passo svelto verso l'attaccapanni, staccandone con un gesto brusco il giacchetto di pelle.

-Dove vai?

-Fuori di qui- le ultime parole erano state pronunciate in un sibilo. Quindi,prima che l'Ispettore potesse replicare, Enjolras era uscito e si era chiuso con violenza la porta alle spalle.

Quindi, si era allontanato nella fredda aria notturna, cercando di smaltire la rabbia.

E il dolore.

 

-Sì, è qui. No, mi dispiace, ma non credo che voglia parlarvi. Sì. Certo. Naturalmente, se ci dovessero essere dei problemi, chiamerò subito... buonanotte, Ispettore.

Quando sentì Combeferre concludere la chiamata, il cuore di Enjolras parve sprofondare.

Irragionevolmente, aveva sperato che l'Ispettore insistesse per parlare con lui.

Ma era ovvio che non sarebbe successo. Quello che gli aveva detto era stato terribile. Avrebbe voluto tornare dall'Ispettore, gettarsi tra le sue braccia, dimenticare tutte quelle parole velenose a forza di baci. E non perché credesse di essere dalla parte del torto. Sapeva di avere avuto ragione. Voleva l'Ispettore accanto a sé perché la sua assenza creava un vuoto che lui non sapeva come colmare.

Quella sera, non parlò a cena, troncando seccamente qualsiasi tentativo di 'investigazione da parte di Combeferre e Courfeyrac. Finito di mangiare, non rivolse la parola a nessuno dei due: raggiunse la sua stanza e si buttò sul letto. E lì, rimase, raggomitolato su se stesso, quasi a cercare di placare quella sensazione di vuoto che, col passare delle ore, si faceva più grande.

 

Saitou * si nasconde dietro a Catcher* Vi prego, non uccidetemi!

Catcher * scansandosi * Levati immediatamente! Non ho nessuna voglia di beccarmi i pomodori che dovresi beccarti tu! Hai voluto farli litigare, e adesso te la tieni!

Sì, lo so, lo so, questo capitolo finisce di vella, ma, del resto, conoscendo i nostri due piccioncini, non era quantomeno improbabile che trascoressero una settimana del genere senza screzi? Rispondete di sìXD

Comunque, mi dispiace dirlo, ma siamo quasi arrivati alla fine. Nel prossimo capitolo, scopriremo finalmente com'è andato questo benedetto esame.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Giorno X- Di esami e di riconciliazioni ***


I was made for lovin' you, baby
you were made for lovin' me
And I can't get enough of you, baby,
Can you get enough of me?

 

Enjolras aprì gli occhi e si mise a sedere, le iridi azzurre illuminate da un lampo omicida. Lentamente, volse il capo verso la figura che dormiva accanto a lui nel letto, completamente nascosta dalle coperte che lo avvolgevano.

-Maledetto idiota...- sibilò tra i denti. -Mette la sveglia e nemmeno si alza.

Afferrò il cuscino sotto di lui e lo calò con forza sulla figura avvolta nelle coperte. Dall'intrico di lenzuola uscì un mugugno appena accennato.

-Courfeyrac- sibilò Enjolras. Lo colpì di nuovo. -Courfeyrac, svegliati.

Per tutta risposta, sotto le lenzuola Courfeyrac si contorse, andando ad infilare la testa sotto l'ultimo guanciale rimasto.

 

Tonight I wanna see it in your eyes
Feel the magic
There's something that drives me wild...

 

Un altro colpo:-Courfeyrac, spegni immediatamente quella sveglia!

-Spegnila tu- riuscì a mugugnare Courfeyrac da sotto il cuscino.

Gli occhi di Enjolras si accesero, il suo viso si contorse in una smorfia di rabbia omicida. Con uno scatto improvviso, il giovane leader degli Amici dell'ABC afferrò il suo compagno e lo strattonò fuori dalla lenzuola, mandandolo praticamente fuori dal letto.

-COURFEYRAC, SPEGNI IMMEDIATAMENTE QUELLA MALEDETTA SVEGLIA!!!

-Va bene, va bene! Pacifico, eh!- improvvisamente sveglio e pimpante, Courfeyrac si stese sulle ginocchia dell'amico, allungando una mano per raggiungere la sveglia. Nel momento in cui la musica fu cessata, il giovane biondo scagliò l'altro fuori dal letto con malagrazia e raccolse i suoi vestiti, dirigendosi verso il bagno.

Fu lì, sotto il getto rigenerante della doccia, che Enjolras si rese improvvisamente conto della situazione. Di lì a poche ore si sarebbe finalmente svolto l'esame che da un mese a quella parte occupava un posto centrale nella sua vita. Finalmente si era arrivati a quel fatidico giorno...

E lui aveva litigato con l'Ispettore solo la sera prima.

Enjolras sussultò a quel ricordo e strinse gli occhi, lasciando che rivoli fumanti di acqua calda scendessero lentamente sul suo viso per confondersi con le lacrime che sentiva bruciargli le guance.

La consapevolezza di quanto era appena accaduto faceva male, un male incredibile, ma Enjolras non poteva permettersi di pensare a questo, ora. Se avesse lasciato che le sue emozioni prendessero il sopravvento, tutto il lavro che aveva fatto per arrivare preparato a quel giorno si sarebbe rivelato inutile.

Ma quando si diresse verso la cucina, dopo essersi asciugato e rivestito, a dire la verità non si sentiva affatto più tranquillo. Le sue viscere erano strette da un nodo di ghiaccio che gli aveva preso anche la gola, in strano contrasto con la sensazione di bruciore che provava alle mani e alle guance. Si sentiva come se, da un momento all'altro, l'Uomo Nero che per tutta l'infanzia aveva temuto potesse sbucare improvvisamente da sotto al letto e aggredirlo.

-Dove sono finiti i biscotti di farro?- domandò, bloccandosi al centro della cucina.

-Non ci sono più- lo informò Combeferre. -Da quando te ne sei andato Courfeyrac li ha banditi e ha lasciato nella dispensa solo i biscotti al cioccolato.

Enjolras chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. La giornata non iniziava affatto sotto buoni auspici. E del resto, non era così che sarebbe dovuta andare. Se l'era figurata mille volte, in mente, durante tutto il mese che aveva preceduto quel momento: lui si sarebbe bevuto mille e mille tazze di the, mentre il suo Ispettore gli sarebbe stato accanto, accarezzandogli di tanto in tanto i capelli per confortarlo...

No. Basta. Niente pensieri su Javert. Zona vietata. Off-limits.

Le mille tazze di the Enjolras se le bevve davvero, ma il nodo che gli serrava la gola era così stretto da impedirgli di ingerire qualsiasi cibo solido. Passò i successivi cinque minuti a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza, il bruciore sulle guance che sembrava farsi più intenso mentre mille scenari cupi gli vorticavano per la mente.

Il cellulare nella tasca destra dei pantaloni vibrò, annunciandogli l'arrivò di un messaggio. Enjolras lo tirò fuori in fretta e furia, sentendo il suo cuore accellerare i battiti e le viscere attorcigliarsi ancora più strettamente. Ma nel momento in cui posò gli occhi sullo schermo, sentì distintamente qualcosa dentro di lui sgonfiarsi come un palloncino bucato.

Il messaggio era di Bossuet:

 

Tanti, tantissimi auguri di buona fortuna dalle Bahamas! Mi piacerebbe davvero tanto poterci essere, ma purtroppo affari urgenti mi richiamano altrove! Ancora auguri, Bossuet.

 

Enjolras chiuse il messaggio, mentre dentro di lui si facevano strada due pensieri contraddistinti: il primo, assai poco caritatevole, era Per fortuna che Bossuet è alle Bahamas, almeno ho una possibilità in meno che questo dannato esame mi vada male.

Nel momento in cui la sua mente formulò il secondo, qualcosa, dentro di lui, sussultò.

Avrebbe dovuto essere Javert...

NO. Niente Javert. Javert Off-limits. E che cavolo, non era poi tanto difficile.

 

-Courfeyrac.

Sentendosi afferrare una spalla, Courfeyrac si voltò per lanciare uno sguardo al suo leader, abbandonato sul sedile posteriore.Il viso di Enjolras era di un pallore cianotico, che sulla zona intorno agli occhi sfumava in un'inquietante cerchio bluastro. La sua mano serrava la spalla di Courfeyrac con tanta forza da mettere in evidenza l'intrico violaceo delle vene, le labbra quasi scomparivano tese in una line dura e sottile, e gli occhi scintillavano di un inquietante bagliore vitreo. Il respiro affannato del giovane risuonava con forza nel piccolo abitacolo.

-Che c'è, Enjolras?

Gli occhi di Enjolras parvero dilatarsi nel viso cianotico. -Non mi ricordo niente.

Courfeyrac si drizzò improvvisamente, sul volto un'espressione terrorizzata ed infuriata al tempo stesso:-Non farmi di questi scherzi, Enjolras! Sono mesi che ti prepari. Le cose le sai, è solo ansia da prestazione!

Enjolras scosse la testa, sempre più nel panico. -No, sul serio... ti giuro, Courf, non mi ricordo niente.

Courfeyrac gli strinse una mano, tenendo gli occhi fissi nei suoi. -Enjolras, non andare nel panico. Dimmi una cosa, anche la più stupida.

Enjolras lo fissò, gli occhi aperti e sgranati come se non capisse nemmeno la lingua in cui parlava.

-I dati sulla sovrappolazione mondiale- tentò Courf, disperato. -Li hai ripetuti talmente tante volte che ormai li so persino io.

Gli occhi di Enjolras parvero farsi più grandi, dal suo viso scomparvero anche le ultime traccie di colore, e improvvisamente il giovane leader perse il controllo:-Combeferre, torna indietro! Non ci posso andare all'esame in questo stato!

-Troppo tardi, Enj- spietato ed impassibile, Combeferre continuò a guidare. -Ormai sei in ballo e devi ballare.

Enjolras si accasciò sul sedile senza più forze, la vita che lentamente gli scorreva davanti agli occhi (non Javert, non Javert, quella parte è off-limits, pensa a qualcos'altro). Tutto d'un tratto, il panico dentro di lui si era mutato nella lucida certezza del suo fallimento.

Arrivò al cortile dell'università in stato catatonico. Scese dalla macchina come un'automa, gli occhi spalancati e fissi, a malapena cosciente di quello che stava guardando. Il suo cervello registrò distrattamente la presenza dei suoi amici che si accalcavano intorno a lui, tutti con indosso una maglietta con scritto sopra FORZA ENJOLRAS a caratteri sgargianti (avrebbe ucciso Grantaire per quello non appena fosse stato abbastanza lucido da formulare un pensiero coerente). Si accorse a malapena della presenza del signor Fauchelevent, che comunque sembrava troppo impegnato a discutere con Eponine.

-Cara, non ti sto dicendo che d'ora in poi dovrai andare in giro col burqa, ma quella gonna mi sembra un tantino troppo corta, non trovi? Insomma, è una questione di pubblico decoro...

Si trovò a pochi passi dalla soglia dell'aula senza una soluzione di continuità, o almeno così gli parve. Improvvisamente, sentì l'urgente bisogno di vomitare. Il mondo attorno a lui sembrava danzare e ondeggiare, e per un attimo si chiese se non si fosse scolato una delle bottiglie di birra di Grantaire senza accorgersene.

-Alexandre Enjolras!

Il suo nome espolse nel silenzio della stanza con tutta la potenza di una condanna a morte. Enjolras avvertì distintamente il suo cuore sprofondare, le ginocchia cedere. Per un istante, valutò l'idea di fuggire, di girare i tacchi e darsi alla fuga. Non poteva, no, non poteva proprio affrontare quell'esame, non in quelle condizioni, non senza Javert...

(E che cazzo, cos'è c'è di difficile nel concetto di off-limits?!)

-Forza, Apollo- sussurrò Grantaire alle sue spalle. -Vai e fatti onore.

Quelle parole scossero qualcosa in lui, ma nemmeno lui avrebbe saputo dire cosa. Lentamente, Enjolras raddrizzò le spalle e prese un profondo respiro, superando a grandi passi la soglia dell'aula.

Si sedette con il cuore che gli batteva all'impazzata, incapace di reggere lo sguardo dei membri della commissione d'esame che lo attorniavano. Enjolras li fissò uno ad uno, sentento la sicurezza scemare ad ogni sguardo.

Poi, il commissario d'esame si schiarì la voce:- Bene, signor Enjolras. Proporrei di dare l'avvio al nostro esame con un argomento estremamente semplice.- Lo fissò, sulle labbra un sorriso fiducioso.- I dati sulla sovrappopolazione mondiale.

Il cuore di Enjolras mancò un colpo.

Si voltò lentamente, sul viso un'espressione assolutamente spaesata, gli occhi che vagavano come in cerca d'aiuto.

E lo vide.

Se ne stava immobile sulla soglia della stanza, la schiena appoggiata allo stipite e le braccia incrociate.

Gli occhi di Enjolras si fissarono su di lui come se non riuscissero a credere a quello che il cervello stava dicendo, e Javert ricambiò il loro sguardo, sul viso un'espressione assolutamente impassibile. Non c'era nulla nei suoi occhi, solo il blu profondo di quelle iridi gelide.

Bastò.

Enjolras si volse di scatto verso la commissione d'esame, le labbra allargate in un sorrisetto di trionfo. -I dati sulla sovrappopolazione mondiale. Certo.- Prese un profondo respiro. -Allora...

Fu perfetto. Parlò senza interruzioni, con voce tranquilla e monocorde, rispondendo alle domande quasi prima che gli fossero poste. E mano a mano che attorno a lui i visi dei docenti si facevano sempre più soddisfatti, quelli degli Amici dell'ABC si illuminavano per la vittoria,mentre, in mezzo a loro, Courfeyrac ripeteva sottovoce le risposte perfettamente in sincronia con Enjolras.

Non durò molto, ma fu un successo. E quando il commissario d'esame si allungò per stringere la mano ad Enjolras, il suo viso trasudava approvazione. -Complimenti, signore. Una prova brillante, non c'è dubbio.

Enjolras si alzò lentamente, con la sensazione che improvvisamente gli fosse stato tolto dalle spalle un peso enorme. Si volse, e i suoi occhi cercarono immediatamente l'unica persona di cui in quel momento gli importasse. E lo trovarono. Il lampo di orgoglio che vide nel suo sguardo gli confermò che ce l'aveva fatta.

Aveva vinto.

La gioia lo invase, e in un lampo superò i pochi passi che li separavano.

-Ce l'ho fatta!- urlò, buttandoglisi al collo- Ce l'ho fatta! Ho superato l'esame!

Javert barcollò all'indietro, sorpreso, mentre con le mani andava delicatamente a stringergli i fianchi. -Lo vedo- mormorò.

Contro il suo corpo, Enjolras s'irriggidì e si staccò improvvisamente, il viso cosparso di chiazze rosse. -Ehm... sì. Scusa- borbottò.

Alle sue spalle, Grantaire scosse la testa, un sorriso divertito sulle labbra. -Apollo, Apollo- lo canzonò- Quando imparerai che mostrarsi umani non è un male?

Poi, fu il turno degli amici di accerchiarlo, ed Enjolras lasciò che lo stringessero da tutte le parti, che gli mollassero sonore pacche sulle spalle, in un intreccio di risa e di congratulazioni.

-E adesso, tutti a festeggiare!- gridò Grantaire, alzando la birra.

Usciti dall'università, Enjolras si volse, e i suoi occhi incrociarono nuovamente quelli dell'Ispettore. Per un istante, rimasero entrambi in silenzio, i visi distorti dall'imbarazzo.

-Tu... hai intenzione di venire?- domandò Enjolras, le guance che si erano fatte di brace.

-Solo se mi vuoi- ribatté Javert.

Enjolras alzò lo sguardo, il viso composto e dignitoso. -Mi piacerebbe- sussurrò.

Javert annuì appena, ma quando Enjolras si diresse verso la macchina di Combeferre non fece commenti.

 

Al Café Musain, Enjolras fu l'anima della festa: rise, scherzò, bevve più di quanto forse avrebbe dovuto, riuscendo però a mantenersi sempre dignitosamente sobrio. Ascoltò, divertito, l'interpretazione alquanto discutibile di Can You Feel The Love Tonight? di Courfeyrac e Grantaire, rise con gli altri delle clamorose perdite di Marius a Twister (nonché della sua proverbiale incapacità di distinguere la destra dalla sinistra senza l'aiuto di Cosette), e applaudì con tutto il club quando Eponine, sedutasi sulle ginocchia di Monsieur Fauchelevent, gli strappò un bacio che era tutto meno che casto.

-E vai, 'Ponine!- risero Courfeyrac e Grantaire, agitando le bottiglie.

-Pubblico decoro, eh?- sussurrò Javert, che era seduto alle spalle di Fauchelevent.

-Oh, chiudete il becco, voi- ribatté quello, rosso fino al colletto della camicia.

Per tutta la durata della festa, Enjolras e Javert rimasero rispettivamente ai lati opposti del locale, evitando d'incrociare gli sguardi. Enjolras poteva percepire la presenza dell'Ispettore quasi come una sensazione fisica, così come percepiva il suo desiderio. Ma sapeva bene che quello non era ne' il momento ne' il luogo adatto. Prima di poter festeggiare degnamente col suo Ispettore avrebbero dovuto dirsi molte cose, ed Enjolras non era sicuro di volerle sentire.

Poi, come tutte le cose belle, la festa finì. Gli Amici dell'ABC cominciarono ad abbandonare il locale alla spicciolata, le loro risate che lentamente si spegnevano nella sera.

-Enjolras, vuoi che ti riaccompagniamo a casa?- domandò Combeferre.

-No, grazie.- Enjolras gettò un rapido sguardo alle sue spalle, lì dove l'Ispettore attendeva silenziosamente. -Casa mia non dista molto da qui.

Combeferre gli lanciò un'occhiata d'intesa e annuì.

E alla fine, rimasero soli.

Enjolras fissò l'Ispettore negli occhi, fingendo una calma che non provava. -Beh, allora andiamo?

Camminarono in silenzio, distanti pochi centimetro l'uno dall'altro, quasi riuscendo a percepire i pensieri che si addensavano nella mente dell'altro.

Arrivati sul pianerottolo, Javert girò la chiave e aprì la porta, facendosi da parte perché Enjolras potesse passare.

Il ragazzo entrò e prese un profondo respiro, cercando di calmare il cuore che gli batteva all'impazzata. Quando sentì chiudersi la porta dietro di lui si voltò lentamente e piantò i suoi occhi in quelli blu dell'altro.

-Io e te dovremmo parlare- fu la prima cosa che disse.

Javert si appoggiò alla porta.-Sono d'accordo.

Enjolras si costrinse a prendere un altro paio di profondi respiri prima di iniziare a parlare:- Ieri sera ci siamo detti delle cose terribili, e dopo quello che ti ho detto non so nemmeno se riusciremo ad essere più come prima. Ma voglio che tu sappia una cosa: non pensavo niente di quello che ho detto. La verità è che io sono stato intrattabile per tutta questa settimana, e non avevo il diritto di urlarti contro, non quando tu sei stato così gentile e così paziente con me. Mi dispiace. È stata tutta colpa mia e...

-Fermati qui- intervenne Javert alzando una mano.

Enjolras lo fissò, sorpreso. -Cosa c'è?

-Non è tutta colpa tua e non sarebbe onesto da parte mia lasciartelo credere. Sarebbe troppo facile, per me, lasciarti autoflagellare e poi perdonarti come se non fosse successo niente.- Tacque, e per alcuni istanti il suo sguardo parve perdersi nel vuoto.

-Quello che è successo è anche colpa mia- Enjolras aprì la bocca per protestare e Javert alzò nuovamente una mano. -Non interrompermi, fammi finire. Non ho rifiutato di venire al tuo esame per ripicca. Ho rifiutato perché non volevo vederti mentre... mentre ti allontanavi da me.

Enjolras spalancò gli occhi. -Mentre io... cosa?

-Affrontiamo la realtà, Enjolras- Javert alzò il volto per guardarlo negli occhi.

-Abbiamo quasi vent'anni di differenza e la pensiamo oppostamente su moltissime cose. Se un giorno tu decidessi di... cambiare, andartene, non ti biasimerei. Sarebbe giusto.

Per alcuni istanti, Enjolras rimase a fissarlo in silenzio, sbattendo ripetutamente le palpebre. Poi scosse con decisione la testa. -Ok. Passando alle cose serie, volevo dirti che...

-È una cosa seria, Enjolras.

Il ragazzo s'interruppe e fissò il suo compagno dritto negli occhi, lo sguardo calmo e limpido. -L'idea che io possa stancarmi te, per un qualsiasi motivo, è assurda. Io amo te, Ispettore, punto e basta, e questo faresti bene a ficcartelo in testa. E non m'importa se hai venti, cent'anni più di me, ne' se non ci troviamo d'accordo nemmeno sulla quantità di zucchero da mettere nel caffé. Io ti amo, e questo non cambierà mai. Sopratutto dopo che tu mi hai sostenuto per una settimana intera, senza mai perdere la pazienza, sostenendomi come non ha mai fatto nessun altro.

Gli si avvicinò fino a non lasciare che pochi centimetri di spazio tra loro, la mano alzata a sfiorargli la guancia. -Ed è proprio per questo che non avrei mai dovuto dirti tutte le cose orribili che ti ho detto. Non le pensavo davvero. E mi dispiace, non sai quanto.- lo fissò. -Mi perdoni?

Javert alzò gli occhi al cielo. -Considerando quanto mi sento in colpa io, non credo di aver molto da perdonare.

Enjolras sorrise. -Siccome mi sento in colpa anch'io, perché non facciamo che ci perdoniamo a vicenda?

Javert sorrise. -Hai qualche idea?

-Molte, a dire il vero- sussurrò Enjolras prima di abbandonarsi sulla sua bocca.

Il bacio che si scambiarono parve voler colmare non solo le ore di lontananza, ma anche tutte le parole velenose che si erano scambiati. La mente di Enjolras perse qualsiasi connessione col mondo reale. Tutto lo stress e la tensione che aveva accumulato in quei giorni estenuanti parvero scivolare via dalla sua pelle, come se le labbra dell'Ispettore le avessero dissolte a forza di baci, e, per le ore che seguirono, Enjolras dimenticò completamente il mondo al di fuori.

 

Dopo, si risvegliò, sul divano. Javert era seduto accanto a lui, completamente rivestito e con una tazza di caffé tra le mani. Nel momento in cui aprì gli occhi, gli rivolse un sorriso.

-Buongiorno- commentò.

Enjolras si tirò su a sedere con uno sbadiglio e gli appoggiò la testa sulla spalla, le labbra atteggiate ad una smorfia soddisfatta. -Che bello potersi finalmente rilassare- mormorò. -È stata proprio una settimana orrenda. Orrenda. Spero proprio che non me ne capiti mai più un'altra del genere.

Per alcuni istanti rimasero immobili godendosi la rinnovata tranquillità.

-Sai, Javert- disse Enjolras dopo qualche minuto, alzando la testa- Stavo pensando che questa settima dovrei...

-Dovrei che cosa?- sibilò Javert, gli occhi che si socchiudevano pericolosamente.

Enjolras lo fissò, quindi scoppiò a ridere e gli appoggiò di nuovo la testa sul braccio. -Scherzavo! Stavo pensando che questa settimana potremmo tranquillamente starcene qui a rilassarci, solo io e te. Che ne dici?

-Non potrei essere più d'accordo- sussurrò Javert. Enjolras alzò il viso per baciarlo, e ancora una volta non ci fu posto per altro, nella certezza che insieme sarebbero riusciti ad affrontare quella settimana e tutte le altre che sarebbero venute.

 

E con un ignominioso, disgustoso, orrendo, deprecabile ritardo, sono finalmente giunta alla conclusione di questa storia.

È strano questo miscuglio di esaltazione e malinconia che si prova quando si finisce qualcosa a cui si è affezionati. Questa storia è stato un piccolo rutto mentale su una coppia che mi attirava, e mi sono divertita a scriverla. La dedico a Linsday BlackRose e a Makochan, che mi hanno sostenuto e incoraggiato e che hanno creduto in questa coppi quasi più di quanto non abbia fatto io.

Vi saluto, quindi, e vi ringrazio per aver letto questa mia storia. E vi dico: non distogliete gli occhi dal computer, perché non appena potrò ritornerò su questo fandom con una storia che parte da una premessa MOOLTO strana.

E, per finire, vi lascio il link di una canzone che mi sembra perfetta per questa coppia:

http://youtu.be/WofJ04bNmb4

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2253563