The Hunter

di Yakamoz_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** There was a time for heroes ***
Capitolo 2: *** The teacher and the girl ***
Capitolo 3: *** The cat and the girl ***
Capitolo 4: *** Just three months ***



Capitolo 1
*** There was a time for heroes ***


THE HUNTER
THERE WAS A TIME FOR HEROES [ prologo]


"L'ostinazione è l'unica via da perseguire, e così la speranza si trasformò in coraggio."

C'era un tempo per gli eroi, una volta, quando ancora la terra non era popolata da più di una manciata di uomini, quando la natura selvaggia ed incontaminata con la sua forza e con le sue regole dominava il mondo, incontrastata. Era l'epoca delle belve, dei mostri, che famelici e numerosi assalivano i villaggi, stroncavano vite, seminavano il panico portandosi dietro l'ardore della tempesta e la furia dei ruggiti roboanti. Giorni di terrore, di paura, di strenua resistenza, giorni in cui anche solo sperare di poter vivere anche una sola ora senza il tormento dato dall'ansia sembrava un'utopia impossibile da raggiungere. E le creature si facevano sempre più grandi, sempre più astute e continuavano a farsi largo nel territorio, respingendo gli uomini e sterminando le poche anime rimaste, ancora aggrappate alla loro esistenza, alle proprie terre. Una lotta disperata e continua contro l'immensità di forze che parevano inarrestabili e irrefrenabili, così come pareva assurdo bloccare l'eruzione di un vulcano, o la furia delle trombe d'aria, o ancora la violenza delle onde pronte a sferzare costanti le coste, così non era possibile contrastare la ferocia demoniaca delle bestie infernali. Come una disgrazia discesero alfine le creature con le ali, al seguito delle varie specie che da esse si erano evolute, come iracondi e immondi incubi che avevano preso materializzazione dalla paura stessa della gente. Nessun posto era più sicuro e anche fuggire ai confini del mondo, nascosti tra alte montagne innevate, pareva inutile.
Ma era quello il tempo degli eroi, gli unici che avevano trovato l'audacia necessaria per imporsi alle sfide della vita, quelli che tra tanti avevano preso tra le mani il proprio destino, migliori tra i comuni mortali, i soli che avevano raccolto la speranza e l'avevano trasformata in coraggio. Inizialmente non potevano che contarsi sulle dita di una sola mano questi guerrieri che avevano deciso di scacciare i mostri, e nessuno aveva il sentore che questa follia potesse portare qualcosa di buono. Ma l'animo e la tenacia erano forti in queste gloriose persone, saldi come i legami del diamante nella loro ferma convinzione di poter realmente cambiare le cose, e quando i bastoni non bastavano più ad allontanare le grandi bestie selvagge, allora s'armavano con il ferro, e quando anche quello non era più sufficiente allora si passò ad estrarre minerali più in profondità nelle fenditure della montagna, e vennero utilizzate le squame delle fiere abbattute per creare armature e armi sempre più robuste. Con il passare delle lune questi uomini di grande valore iniziarono a prendere coscienza delle proprie capacità, i successi riscontrati nelle battaglie avevano rinforzato quelle loro convinzioni e un timido numero di compagni si era a loro aggregato, e, mano a mano che la paura si dissolveva, prendeva largo uno strano sentimento di rivalsa. E infine, riusciti a sbaragliare un grande numero di mostri, i guerrieri divennero cacciatori e tramandarono l'arte della caccia alle generazioni del domani.
Nel giro di pochi mesi s'instaurò nei dintorni dei terreni ghiacciati il villaggio che prese il nome di Pokke, unico nel suo genere, un villaggio predisposto per addestrare nuovi cacciatori, con fabbri, mercanti, e gente di buona volontà pronta a schierarsi in prima linea per mantenere le belve distanti, oltre le mura delle fortezze e dei cancelli innalzati per impedire l'assalto continuo di nuove creature. E Pokke nel tempo crebbe, venne istituita una gilda per cacciatori, una scuola d'addestramento e vennero catalogati i vari mostri, descritti in raccolte di volumi e altri tomi, in modo che potessero essere più chiare le abitiduni di questi esseri studiati dai cacciatori più esperti. Poco alla volta anche le persone comuni decisero di vivere a Pokke, ampliando le varie costruzioni in legno, e i mostri più deboli e mansueti vennero piegati al volere dell'uomo e impiegati come bestie da soma, come trasporto, altri come facile fonte di cibo. La bella stagione aveva disciolto i ghiacci millenari generando un fiume che poteva raggiungere il mare, e i commerci presero ad avviarsi poco alla volta.
Tuttavia il clima pacifico permaneva costatemente in bilico, le grandi creature alate, i draghi portatori di sventura, giacevano furbi e lesti in agguato, in attesa del momento propizio per attaccare, e le specie che un tempo esistevano andavano a farsi sempre più resistenti e variegate, per contrastare la forza degli esseri umani. Per molti anni l'equilibrio rimase stabile.
Ma il tempo degli eroi ancora non era finito e capitò infine che le feroci viverne sputa-fuoco, messaggeri del fato maligno, piombarono sul villaggio e lo gettarono in rovina e molti tra i valenti maestri cacciatori perirono nel tentativo di difendere la vita delle persone che avevano giurato di proteggere. Il fuoco divampava con lapilli, scintille, fumo e scoppi lontani, ruggiti alti e latrati sommessi, ali nere tra le fiamme roventi, esseri tanto orribili da sembrare irreali, demoni giunti dall'inferno, rinominati Fatalis. Narrano le storie che solo un uomo riuscì nell'intento di scacciare questi abomini, l'eroe indiscusso di quell'epoca e di quelle che poi seguirono le sue gesta. Con sguardo imperscrutabile, senza cedere il passo di fronte all'incedere possente dei draghi, avanzava senza timore alcuno, armato solo del suo valore e della sua spada e con essa scalfì le corazze e rigettò il sangue di drago rendendo rosso il suolo, riportando la pace come impavido eroe della luce. Passò alla leggenda con il nome di Hiroshi, unico uomo in grado di impugnare la sola katana che aveva ridotto alla fuga i feroci draghi infernali. Che cosa ne fu di lui, in seguito, nessuno lo seppe mai. O almeno, questo è quello che la storia riporta fino ad ora.

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Capitolo 2
*** The teacher and the girl ***


THE HUNTER
THE TEACHER AND THE GIRL [ primo capitolo]


"La tenacia è quel calore che senti nel cuore che ti fa andare avanti quanto tutto sembra perduto"

 
VILLAGGIO DI MIKKE

Parecchi anni dopo la fondazione di Pokke vennero istituiti nuovi centri abitati nelle regioni circostanti, i quali inizialmente dovevano ancora dipendere dal primo, ma che poco alla volta si erano trovati il loro posto nel mondo. I rapporti tra i vari villaggi erano particolarmente pacifici, nessuno si sentiva in dovere di mostrare la propria supremazia nei confronti degli altri, non c'era il bisogno di combattere per espandere i propri confini e inoltre gli esseri umani erano alleati, tutti assieme, nella lotta contro i mostri che infestavano ancora quelle zone. La coesistenza era pertanto possibile. Pokke era indubbiamente il villaggio che aveva avuto modo d'attrezzarsi e svilupparsi maggiormente rispetto agli altri, primo fra tutti, che di fatto vantava strutture più organizzate e un'economia particolarmente stabile. Nel giro di pochi anni la popolazione era aumentata particolarmente e quello che un tempo non era che un gruppetto esiguo di capanne coperte di neve era divenuto un punto di riferimento per tutti coloro che cercavano rifugio dopo aver perso la propria casa. Ad Est di Pokke, era sorto Mikke, un villaggio particolarmente modesto sempre abbarbicato sulle alture. Non possedeva un'accademia per cacciatori, una gilda o arene d'allenamento, in effetti era già tanto sperare che Mikke riuscisse a superare l'inverno quando le bufere si facevano più frequenti e le temperature troppo rigide. I cacciatori del villaggio erano per lo più inesperti e non avrebbero avuto possibilità alcuna contro mostri d'alto livello, eppure, vuoi per fortuna, vuoi per misericordia da parte del fato, nessun drago attaccò mai il villaggio. Pokke distava tre giorni di cammino e sarebbe stato poco pratico inviare massicce truppe d'appoggio per la salvaguardia del nuovo centro cittadino,per questo Mikke dovette cavarsela con le proprie forze e non ebbe mai l'occasione di emergere o di esporsi eccessivamente.
In un giorno d'esate giunse al villaggio un'estranea che nessuno aveva mai incontrato prima ma di cui si conoscevano le gesta, la sua fama aveva già superato le vallate e le voci sul suo conto la precedevano. Giungeva da Pokke, abile cacciatrice di mostri, accompagnata solo dai propri effetti personali, convocata dal capo villaggio per assicurare protezione a Mikke, nel caso in cui sarebbe giunto infine il giorno in cui la sua abilità si sarebbe rivelata essenziale. Gli uomini della cittadina non la volevano in zona, ritenendola inutile, superflua, inferiore a loro, pieni di boria e di orgoglio per essere gli unici cacciatori di quel luogo desolato. Tuttavia dovettero ricredersi quando realmente un drago piombò con ferocia sul villaggio, una bestia sputafuoco con ali e faccia da leone, squame blu come zaffiro celestiale, tremenda belva giunta dalle regioni più meridionali. E lei, la sconosciuta, fu l'unica in grado d'abbattere la bestia dopo che ebbe mietuto tante vite e schiacciato quegli stessi cacciatori che tanto si pavoneggiavano. E alla donna vennero allora riconosciuti i suoi meriti e decise di accettare la richiesta del capo del villaggio trovando la sua dimora al di sopra della collina, più in alto rispetto alle altre case in legno scuro, oltre il ripido sentiero di montagna, a vegliare come un pinnacolo sacro sulla città, dall'alto.

Era una giornata estremamente calda per il periodo dell'anno che imperversava oramai da qualche settimana, e sulle alture della città l'autunno sapeva essere tremendamente inclemente per gli sprovveduti che lo prendevano alla leggera. Il vento soffiava da ovest e le foglie degli alberi iniziavano a cadere rinsecchite e rossicce ai lati delle piccole strade che si aprivano per il villaggio oramai ricostruito completamente. Yana stava seduta sulla staccionata a sentir parlare i coetanei che vociavano concitati, in silenzio, fissandoli come se la cosa nemmeno la riguardasse. Erano in due, tutti e due abbastanza alti e non potevano avere più di diciotto anni al massimo, uno biondo e l'altro castano, non avevano nessuna particolarità interessante che potesse metterli in risalto rispetto ad altre persone. Il primo si chiamava Ynvir e il secondo Lietsky ed erano entrambi presuntuosi, accomunati da un'innata cattiveria che spesso riversavano contro persone più deboli di loro, credendosi più in gamba. Erano figli di personaggi piuttosto influenti a Mikke e ritenevano che questo bastasse a giustificare il loro atteggiamento. Il primo a prendere la parola fu Ynvir, e Yana - che stava a circa cinque metri da loro - poteva udire chiaramente ogni cosa.
< E' impossibile che quella donna si rifiuti ancora di prenderci come allievi!>
< Hai proprio ragione, siamo indubbiamente i ragazzi più forti del villaggio, mi chiedo cosa aspetti a decidersi, saranno settimane che non facciamo che domandarglielo>
< In realtà anche Yovis ha cercato di convincerla, ma non c'è stato verso di farla ragionare >
< Yovis? Yovis il figlio del capo villaggio? >
< Sì, proprio quello. Probabilmente è ancora offesa perché quand'è arrivata nessuno le ha portato grande rispetto >
< Secondo me un modo per convincerla c'è, se ne sta sempre chiusa da sola in quella capanna ammuffita, probabilmente ha solo bisogno che qualcuno le tenga compagnia..se capisci cosa intendo>
Scoppiarono a ridere tutti e due, come degli sciocchi e Yana a quel punto fece finta di tossire, puntandoli con un'occhiata poco amichevole, quasi infastidita dalla loro mancanza di rispetto nei riguardi di quella donna, anche se non ne conosceva nemmeno il nome.
< Oh, cosa c'è? Ti dà forse fastidio che ne parliamo così? Sei fortunata abbastanza che mio padre ti dia il pane per mangiare, stupida ingrata buona a nulla. Da quando tuo padre è morto e sei diventata un nostro problema non ne posso davvero più d'averti intorno. Avresti fatto meglio a morire anche te >
Senza dire una parola, stringendo i denti, fece per scendere dal suo posto comodo pronta per andarsene via, voltandosi, senza versare nemmeno una lacrima, senza degnarsi d'insultare - quel Lietsky che di divertiva sempre a maltrattarla - camminandosene via seguendo il sentiero.
Yana era una ragazza del villaggio che viveva assieme al padre, l'attacco del drago anziano aveva spinto molte persone a combattere per la difesa di Mikke, anche quelli che non avevano mai impugnato armi. Il padre della giovane, rimasto coinvolto, morì qualche giorno più tardi e lei venne affidata ad una famiglia a caso tra quelle più abbienti del villaggio che offriva a lei del cibo in cambio del suo lavoro nei campi. Era diventata improvvisamente taciturna e gli altri ragazzi del villaggio si burlavano di lei perché preferiva un silenzio mesto e controllato al perdere le staffe, perché nessuno si preoccupava di difenderla e perché reputata alla stregua di una serva che doveva lavorare per mantenere un tetto sopra la testa. In realtà era anche piuttosto graziosa, capelli lunghi fino alle spalle di un colore nero pece e occhi ambrati, come quello delle linci predatrici che a volte facevano raggelare il sangue, pelle chiara e un fisico piuttosto asciutto, non era neanche troppo bassa, e sarebbe sicuramente stata considerata diversamente se non si fosse rifiutata di concedersi ad uno dei ragazzetti che frequentavano quella casa. Il fatto che non volesse difendersi dagli insulti non voleva dire che non si facesse valere nel momento del bisogno, già più volte aveva avuto modo di prendere a pugni qualche faccia, per quanto non fosse attaccabrighe. Da qualche tempo le piaceva starsene da sola di tanto in tanto, in pace, senza nessuno a darle fastidio, e ricercava compulsivamente qualche posto sicuro che gli altri ragazzi non conoscevano, per non essere tormentata a lungo.
Il giorno dopo i due giovani ancora parlavano del fatto che la cacciatrice si rifiutasse di prenderli come allievi, e continuavano a lamentarsi della cosa, ripetutamente.
< Anche oggi niente di fatto? >
 < Già, probabilmente non vuole nessuno tra i piedi perché in realtà non è capace di combattere. Si sarà presa il merito da qualche altro cacciatore migliore >
< E il drago? E' evidente che lo ha abbattuto lei. Mi scoccia dirlo ma quella là sa il fatto suo >
< .. Fareste meglio a lasciarla stare >
< Chi ti ha chiesto qualcosa, feccia? >
< Appunto! Tornatene a strisciare per terra, Yana! >
Venne allontanata a spintoni e un sasso le colpì la tempia destra, mentre si allontanava dalla casa per raggiungere il sentiero che portava al campo, il tutto nel silenzio più totale, soffocando quella frustrazione terribile nel petto, assieme all'indignazione e al dolore.
Li detestava tutti, quei ragazzi odiosi, ma non cedeva mai alla tentazione di pregarli di smetterla, sopportava e teneva duro, non crollava mai, di fronte a loro, e quando sentiva di non poter più resistere allora correva via e si rifugiava da qualche parte per stare da sola coi propri pensieri, rimpiangendo amaramente la vita passata che le era stata sottratta. In effetti era passato così poco e così tanto era cambiato, stravolgendo completamente la sua esistenza, arrivava spesso a domandarsi se fosse ancora la stessa persona di un tempo. A volte stentava a credere che pochi mesi prima non le toccava permanere con le ginocchia sul marmo gelido del salone per pulirlo con gli strofinacci arrivando a tagliarsi le mani, non le toccavano i lavori umili, non pativa la fame e non veniva insultata, era libera di fare ciò che più desiderava, e adesso quella libertà le era stata preclusa. Sarebbe stato veramente meglio, se fosse morta anche lei? Molte volte si rispondeva debolmente di sì, ma conservava nel cuore uno spirito troppo forte perché potesse realmente abbandonare la vita e lasciava l'interrogativo sospeso, a quel punto, limitandosi ad andare avanti.
Le faceva male la testa, anche se una signora del villaggio si era preoccupata di medicarla alla bene e meglio, la ferita ogni tanto bruciava e le fitte erano talmente forti che non la facevano riposare a dovere, eppure non era ancora niente paragonato a quel bruciore che sentiva nel petto.
Passarono due giorni e ancora il dolore non era cessato, s'era svegliata nel cuore della notte dopo aver sognato ancora quel giorno, in cui il padre le era stato strappato via da un destino ingrato e troppo malevolo. Aveva imparato a piangere nel sonno senza fare troppo rumore e raggomitolata sotto le coperte nella sua stanza tornava a pensare con rancore a quella bestia immonda che era giunta a Mikke e più ne ricordava l'immagine più sentiva forte il bisogno di stringere le mani a pugno digrignando i denti. Si riaddormentò quasi senza accorgersene per poi riaprire gli occhi  alle prime luci dell'alba, era ancora molto presto, ma sentiva che non poteva più aspettare, si vestì in fretta, e decise di muovere il proprio incedere in direzione di quella capanna che giaceva al di sopra della collina, per chiedere udienza alla cacciatrice. Sgattaiolò fuori di nascosto, senza fare rumore, trovando anche nella piccola piazza circolare una calma innaturale, mentre il vento soffiava gelido da est nelle prime ore della mattina, scacciando via la fitta nebbia che era venuta a ricrearsi nella notte. Senza indugi si fece coraggio e inizio a risalire il sentiero montano, che ripido e un po' irregolare conduceva verso l'alto, ben attenta a cercare di non scivolare per via del fogliame inumidito che si era accumulato a terra. In realtà non sapeva bene cosa la stesse spingendo a questo, certo sapeva già cosa avrebbe domandato a quella donna, allo stesso tempo sentiva in cuor suo d'essere stata spinta dall'impulsività, forse fin troppo oppressa da una serie di ingiustizie che le erano franate addosso. Ancora non poteva sapere che quel calore che avvertiva nel petto era tutt'altro che mera impulsività, ma una forza ben più grande perché potesse essere compresa realmente da lei, non consapevolmente, almeno.
Bussò alla porta in legno della casupola solitaria una volta giunta di fronte all'uscio di quella, non tanto diversa da molte altre abitazioni di Mikke, e rimase in attesa senza azzardarsi a spiare oltre la finestra, nella speranza che la cacciatrice fosse in casa, ma passarono diversi minuti ancora e nessun suono s'accordò al silenzio di quel posto. Bussò ancora altre due, tre, cinque volte, ostinata, forse anche troppo, traendo un profondo respiro cercò anche di richiamare la donna con la voce.
< Vi prego, aprite la porta! Necessito di parlarvi!>
Ma nessuno rispose, e quel pizzico di ardore che le brillava nel petto per un attimo sembrò vacillare, come fa la fiamma di una candela di fronte ad un alito di vento troppo vigoroso.
Si mise a sedere di fronte alla porta della capanna, poggiandocisi addosso con la schiena, avrebbe aspettato il ritorno della donna, che evidentemente in quel momento non era in casa. Chissà che cosa ci faceva fuori di casa a quell'ora del mattino?  E lo pensava proprio lei che era sgattaiolata fuori di nascosto per arrampicarsi fino a quel punto.
L'attesa portò i suoi frutti, da un sentiero roccioso che conduceva nei boschi stava discendendo qualcuno, lo poteva sentire chiaramente dal fruscio delle foglie secche che venivano smosse insieme a qualche ciottolo e in breve fece la sua apparizione la sagoma di una persona, che portava sulla schiena una piccola creatura erbivora simile ad una renna che doveva aver catturato da non troppi minuti. Era bardata in un armatura quasi interamente nera, la cotta aderiva al petto perfettamente riproducendo le fattezze del corpo della bestia dal quale derivavano le squame, abbellita da rifiniture in cuoio rossiccio finemente lavorato che s'incuneavano per proteggere il collo e parte delle spalle nel punto in cui le falde s'interrompevano appena. La parte inferiore della cotta era tanto sottile che lasciava intravvedere la pelle nuda dell'addome a significare l'elevato potere difensivo che la corazza di quella bestia potesse avere, assottigliata così da non risultare troppo pesante e gravosa da portare per la donna, sistemata in legami che la facevano somigliare vagamente ad una rete. Il fiancale proteggeva parte della vita arrivando poco al di sotto della coscia, così da lasciare liberi i movimenti, sul lato sinistro era stata legata una fascia di colore grigio che dava un tocco quasi esotico nell'accostarsi alla colorazione delle altre squame, su quello destro altri legacci di cuoio rosso s'intrecciavano attorno a degli spuntoni arrotondati adatti per riporvi delle armi. Gli schinieri coprivano interamente le gambe, arrivando a sfiorare la falda posta intorno alla vita, ricreati dalla compattazione di strisce intere di pelle della creatura. Non portava però protezione alle braccia se non bende nere che partivano dal polso e arrivavano a metà del gomito lasciando liberi i movimenti delle dita. Infine l'elmo era stato ricavato dal teschio della creatura, la parte ossea utilizzata come il coprifronte di vecchi guerrieri orientali, attorniata da squame taglienti che ricreavano una sorta di criniera appuntita, alcuni elementi di rosso scarlatto davano un'aria ancora più impressionante al copricapo. Laddove doveva trovarsi l'occhio del mostro era lasciato aperto uno spiraglio per permettere alla cacciatrice di osservare, poi le squame si smuovevano per coprire la gola e il collo lasciando scoperta solo una piccola frazione del viso. Il sangue della piccola preda colava lungo le spalle, e a quella vista Yana s'era come raggelata, e non poteva modulare alcuna parola, la schiacciante ammirazione e il timore le impedivano quasi di muoversi.
< Mh? Che ci fai tu lì?>
Il tono vagamente sorpreso ma calmo, una voce stranamente dolce per l'immagine che era apparsa improvvisamente dalle fronde della rada foresta, mentre vagamente affaticata si muoveva in direzione della sua casa, alta ed elegante come una dea guerriera.
< Tu sei Yana vero?>
< S-sì>
In realtà non era difficile conoscere i nomi delle poche persone che abitavano Mikke quindi non c'era troppo da stupirsi se le persone si chiamassero per nome, magari senza sapere nulla l'uno dell'altro.
< Ti sarei grata se ti spostassi, non sembra ma gli Anteka pesano>
< In realtà io sono venuta qui per chiedere il vostro aiuto>
< E che aiuto potrei mai darti io? >
< Immagino che voi già sappiate la domanda che voglio porvi, è la stessa che vi ripetono i ragazzi del villaggio da almeno un mese>
< Siete monotoni, tutti quelli che trovo davanti a quella porta mi fanno sempre la stessa richiesta, inizio ad essere stufa, non vedo per quale motivo dovrei prenderti come mia allieva>
< Ma perché no? Perché non volete sentire ragione? Datemi almeno una possibilità, ve ne prego>
< E' inutile che mi preghi, non ho intenzione di fare da mestro a te, tanto meno a nessun altro ragazzino di questo villaggio, non avete nessuna motivazione reale che possa farvi intraprendere questa via. Pretendete che io vi insegni e pensate che sia una vita facile, e non voglio prendermi la responsabilità delle vite che avete intenzione di gettare in pasto ai mostri>
< Ma io non voglio diventare vostra allieva solo per pavoneggiarmi!>
< Sei spinta forse dal rancore, allora? Farti uccidere come una bestia da macello per vendicarti non ti riporterà quello che hai perduto, non si intraprende la via del cacciatore per vendetta, e poi sarebbe una vendetta vana visto che quel mostro l'ho abbattuto io con queste mie mani>
< E allora cosa ne resta della mia vita se non posso nemmeno combattere per questo?!>
< Non sono io che devo dare risposta a questa domanda, Yana. Adesso te lo ripeto, lasciami passare, l'Anteka mi pesa sulle spalle>
A quel punto la ragazza dovette scostarsi per forza, visto che la richiesta della cacciatrice s'era fatta più veemente, e per quanto insistesse ancora il discorso terminava sempre allo stesso modo e senza che potesse convincerla in alcun modo fu costretta ad andarsene, tornandosene afflitta in direzione della piazza.
Di ritorno a casa venne punita per aver passato la mattina fuori casa senza avvisare, e fu costretta ad un doppio turno di lavoro nei campi, a raccogliere i frutti dei vari orti in modo che le varie bacche e le erbe mediche potessero giungere nel magazzino prima dell'arrivo dell'inverno.
I suoi sforzi non avevano dato frutto alcuno, e l'esuberanza che l'aveva portata a chiedere aiuto alla donna che viveva sulla collina le aveva procurato più guai che altro. E quando al tramonto le forze l'avevano quasi completamente abbandonata, ed era ricoperta di terriccio e fango venne mandata a casa per riposare. Aveva vesciche sulle mani per aver impugnato vanghe e zappe tutto il giorno, e la schiena era rimasta così troppo piegata che temeva potesse crescerle una gobba da un momento all'altro. Era su un sentiero abbastanza largo, lineare, in terra battuta, dove però non vi erano abitazioni, visto che i campi si trovavano appena al di fuori del villaggio, un po' più a valle, e per il ritorno le toccava persino fare il percorso in salita. Era talmente provata che non s'accorse nemmeno che un gruppetto di ragazzi le stava giungendo incontro capitanato dai due tremendi Ynvir e Lietsky, erano una mezza dozzina e trotterellavano vociando della grossa. Ynvir fu il primo a notare la ragazza che si trascinava avanti con passo stanco e subito prese a sbottare qualcosa indicandola ripetutamente, facendola sentire fuori posto, alienata, quasi appartenesse ad una razza completamente differente dalla loro.  Nel giro di pochi secondi le furono addosso e cominciarono a punzecchiarla canzonandola
< Ehi, stupida sguattera, hai lavorato più del solito oggi, speri forse di ricevere più considerazione spaccandoti la schiena?>
< Mannò, che cosa dici, è solo stata punita per la sua impertinenza>
Scoppiarono a ridere tutti quanti e bloccarono il passo della ragazza, che cercava di scacciarli via, anche se stravolta dalla giornata appena passata, mentre il sole iniziava a calare, nascondendosi oltre le vette delle montagne.
< Sai Yana, sono venuto a sapere che sei scappata di nascosto, questa mattina, per andartene a casa di quella cacciatrice, le hai chiesto di prenderti come allieva, vero?
< Avanti, rispondi!>
< E se anche fosse?>
Lietsky che era il più vicino le mollò uno schiaffo tanto forte che le fece perdere l'equilibrio, e cadde per terra.
< Stupida puttana ingrata! Ti diamo un tetto sopra la testa e poi pretendi persino di ritenerti superiore a noi! >
< Non è come credi, io..>
Ma prima che potesse continuare le si era avventato contro con un calcio violento che l'aveva colpita sul fianco e le aveva mozzato il fiato, di seguito anche gli altri ragazzi del gruppo s'erano uniti al pestaggio e pestandola e deridendola la ridussero in fin di vita, distesa con la faccia schiacciata a terra, così malconcia che faceva fatica a respirare.
< Che ti serva da lezione, tu non sei nessuno, saresti dovuta morire quel giorno come un cane, non sei altro che una cagna, non puoi prenderti il permesso di chiedere favori a nessuno, e adesso resta lì e muori come quella cagna che sei>
L'avevano lasciata lì, il buio stava calando, e il dolore era tanto soffocante che non aveva neanche la forza pre gridare, il sapore della terra sulle labbra mescolato a quello ferroso del sangue, aveva escoriazioni su gran parte della faccia, sulle mani e anche sulle braccia, non si sentiva più la schiena e nemmeno le gambe. Era in uno stato di semi-incoscenza, non aveva neanche più la forza per pensare, faceva sempre più freddo, gli occhi più pesanti, sempre di più. Prima di svenire completamente le sembrò di vedere in lontananza la luce di una lanterna, ma probabilmente l'aveva solo immaginata, sarebbe morta lì, dimenticata, in mezzo alla polvere, o almeno, questo era quello che pensava.

Si risvegliò all'improvviso, aprendo gli occhi di scatto, e si guardò attorno in maniera ansiosa, riprendendo a respirare affannosamente come se tutto fosse stato semplicemente solo un incubo, eppure sentiva ancora dolore, e la stoffa ruvida delle bende strette attorno al corpo. Era ancora viva. Dopo il primo momento di confusione si rese conto di trovarsi all'interno di una casa che non aveva mai visto prima, sotto calde coperte composte dalle pellicce di alcune strane creature, davano una sensazione tiepidamente piacevole, assieme al suono scoppiettante del caminetto acceso non troppo distante dalla sua posizione. Il fuoco generava una luce rossastra ed accogliente che andava a posarsi sulle assi di legno che componevano la casa, parzialmente illuminata. Cercò d'alzarsi, ma una fitta improvvisa la fece ricadere stesa con un mugolio sofferente particolarmente rumoroso che non era riuscita a soffocare nel silenzio.
< Ti sei svegliata, finalmente, non ci speravo più>
La voce inconfondibile della cacciatrice, doveva trovarsi nella parte della capanna che non aveva osservato con attenzione, o in una stanzetta secondaria, visto che fino a qualche attimo prima pensava d'essere completamente sola. Non le era stato quindi difficile arrivare all'immediata conclusione che quella dovesse essere l'interno della casa solitaria sulla collina, e che quel letto le era stato concesso dalla gentilezza di quella donna che non aveva voluto sentire ragioni sul voler prenderla come allieva. Era ancora stordita e debole, ma cercò comunque di trovarne la figura con gli occhi, finché non la vide, illuminata appena dall'illuminazione delle fiamme. La pelle era chiara come la sua, e il viso era incredibilmente bello, gli occhi azzurri, screziati d'indaco e grigio, i capelli ricadevano come una lunga cascata infuocata, rossi scarlatti, vagamente ondulati, arrivavano fino a metà della schiena. Così diversa dalla figura spaventosa che le era apparsa, celata dall'armatura d'assassino di mostri, ora così stranamente comune, anche nel vestire. Era una donna più grande di lei, ma non così vecchia come s'era aspettata, e le sue curve e il suo fisico rasentavano la perfezione, era alta, questo aveva già avuto modo di vederlo, il fisico tonico, segnato dagli anni passati a cacciare e a mantenersi in allenamento perenne.
< Hai dormito per due giorni, ma non devi preoccuparti, mi sono occupata io delle tue cure e potrai restare per tutto il tempo che ti serve >
Non le rispose ma si limitò a fissarla ancora accocolata sotto le pellicce morbide.
< Ti va di raccontarmi quello che ti è successo?>
< Mi hanno picchiata>
< Perché hai passato la mattina qui a cercare di convincermi?>
Non rispose, ma distolse lo sguardo, ma l'altra sembrò capire ugualmente, quindi non disse niente e restò quieta a fissare il fuoco, così come faceva pure Yana, imitandola
< Hanno detto che sarebbe stato meglio se fossi morta, quel giorno>
< E tu cosa ne pensi a riguardo?>
< Molte volte penso di sì, però ci sono dei momenti in cui trovo la forza per andare avanti comunque, sento un calore strano nel petto e mi ripeto che io non voglio morire>
< Si chiama tenacia, il calore che senti nel petto, è la via dell'ostinazione, l'ostinazione trasforma la speranza in coraggio, sei una persona coraggiosa Yana, morire sarebbe molto più semplice, molte volte, in effetti sei particolarmente diversa da tutte le altre persone che fino a questo momento mi hanno domandato udienza>
Dopo questa considerazione lasciò dormire la ragazza dal crine corvino e aspettò che si fosse ripresa un po' prima di riprendere il discorso qualche giorno più tardi, quando i tagli sulla faccia e sulle mani si erano rimarginati quasi del tutto e i lividi e le botte iniziavano ad alleviarsi poco per volta a seguito delle cure della cacciatrice. Le stava offrendo un pezzo morbido di pane speziato da mangiare, mentre le sedeva accanto, vestita con abiti casalinghi piuttosto comodi, e si assicurava che le bende fossero strette ancora a dovere dopo avegliele cambiate qualche ora prima.
< Sto rivalutando la tua richiesta, comunque, se ti interessa saperlo>
< E cosa vi ha fatto cambiare idea? Mi volete con voi per pietà? Perché non sono capace di difendermi da sola?>
< No, assolutamente. Te l'ho detto, nel tuo petto si nasconde l'ostinazione, l'ostinazione è una grandissima virtù per un cacciatore, e possederla e conservarla dopo quello che ti è accaduto è sicuramente qualcosa di ammirevole, non posso restarne indifferente, dopotutto l'attacco della Lunastra ha modificato radicalmente la tua vita>
< Lunastra. Allora è così che si chiamava quell'affare>
Ci fu un attimo di silenzio e per un attimo le dita della ragazza più giovane si serrarono compulsivamente al ricordo delle squame bluastre della belva.
< Avete detto però che non mi volevate perché provo ancora rancore e voglio vendicarmi>
< Questo è vero. Non intendo prenderti come mia allieva per spingerti a vendicarti>
< Non posso promettervi che questo mio sentimento d'odio passerà mai>
< Posso capirlo, ma cercherò ugualmente di darti qualcosa per cui valga la pena vivere, che non sia lavorare nei campi o resistere al pestaggio di sciocchi ragazzini>
< Lo fareste veramente?>
< Posso farlo,sì. E' un rischio in parte, ne sono consapevole. Ma di tutte le persone che me lo hanno chiesto sei la prima a suscitare in me un tale interesse, ma devo avvisarti che non sarà facile. La via del cacciatore è la via più difficile da seguire, devi essere pronta a sopportare dolori immani e a vedere i tuoi compagni morire, devi essere pronta a mostrare quanto più coraggio tu non abbia mai avuto in vita tua>
< Farò tutto quello che voi mi dite, non mi lamenterò mai, non ..>
< Non serve che mi prometti queste sciocchezze, mi basta solo che stai attenta a non farti uccidere in maniera stupida, dopotutto per adesso sono responsabile di te, almeno fino a quando non sarai forte abbastanza per cavartela da sola>
Cercò di balbettare qualcosa ma ogni parola, a seguito del fremito dato dall'emozione risultava un farfugliamento incomprensibile, la lingua continuava ad arrotolarsi e anche le parole più semplici sembravano stranissime decantazioni in lingue antichissime.
< N-Non so come ringraziarvi>
Rise leggerissima a quel ringraziamento, facendo per poggiare la mano destra sulla testa di Yana, carezzevole e gentile, facendole cenno di riposare ancora, muovendo i propri passi in direzione della porta della capanna, camminando elegante, come sempre.
< A proposito, puoi chiamarmi Rìv. Appena sarai un po' più in forze inizierò ad insegnarti il mio mestiere e a quel punto pregherai di non avermelo mai chiesto>
Da quel giorno la vita di entrambe cambiò radicalmente.

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Capitolo 3
*** The cat and the girl ***


THE HUNTER
THE CAT AND THE GIRL [ secondo capitolo]


"Esistono compagni che con audacia ti aiuteranno a puntare al domani"

 
VILLAGGIO DI MIKKE

Trascorsero altri tre giorni prima che Yana potesse riprendere a camminare, ma la schiena faceva ancora male e la cacciatrice aveva espresso chiaramente il suo rifiuto ad addestrarla fino a quando non sarebbe guarita completamente. Si stava rimettendo rapidamente, però, gli intrugli d'erbe mediche e il buon cibo la stavano rinvigorendo e la convinzione che le parole della donna fossero sincere e che sarebbe diventata realmente sua allieva le davano la forza per andare avanti, con motivazione, con ostinazione. Approfittando dell'ospitalità che le era stata offerta, restandosene al caldo all'interno della capanna al di sopra del villaggio di Mikke, non aveva più avuto occasione di incontrare gli altri ragazzetti della zona e questo l'aveva distesa particolarmente. Per la prima volta da molto tempo poteva stare a letto fino a tardi senza essere ripresa, non veniva insultata o costretta ai lavori più ingrati, era come una piccola vacanza personale che forse si era meritata per aver resistito fino a quel giorno senza cedere una sola volta. Nel periodo della sua degenza la cacciatrice dal crine rossastro le era sempre stata accanto e si era occupata delle sue ferite senza mai chiedere nulla in cambio, ogni tanto la mattina presto usciva per cacciare o scendeva in piazza per procurarsi qualunque cosa d'interessante potesse trovare al mercato. 
Le aveva prestato anche un volume, un bestiario, al cui interno erano elencate alcune razze di mostri, tra erbivori e carnivori e vi erano alcune informazioni su di loro. Yana ne era rimasta affascinata e voleva sapere sempre di più, spinta da una bramosia innocente di nozioni, eppure presto o tardi quelle creature, che tanto sembravano irreali su quei fogli di carta, si sarebbero mutati in incubi tangibili e avrebbe dovuto combatterli. Sul bestiario erano riportati esseri che non aveva mai visto perché appartenenti ad ambienti differenti da quello montano, vi erano mostri anche nelle aree desertiche e nelle foreste, alcuni erano capaci persino d'annidiarsi in luoghi che gli umani erano stati costretti ad abbandonare, facendo di roccaforti e castelli la loro dimora. In realtà, in un primo momento, l'intento della ragazza era quello di trovare la rappresentazione di quella bestia immonda che le aveva portato via ogni cosa, spinta da un sentimento che in quel momento era ancora più veemente della sua audacia. Non avrebbe potuto dimenticare, ne era convinta, ma sapeva bene quali erano stati i patti e le condizioni stipulati con la donna e se avesse voluto diventarne allieva avrebbe dovuto soffocare la vendetta, visto che quella l'avrebbe consumata e spinta a morire inutilmente. Continuava ad odiare nel fondo dell'animo, senza dire niente a riguardo, sperando forse che con il tempo quel rancore sarebbe guarito per conto proprio e facendo finta di nulla, per sua fortuna la belva bluastra che ricercava non era in alcun modo presente su quel fascicolo. In effetti non vi era stato rappresentato nessun drago, nessuna viverna terrificante, ma altre creature che si erano evolute nel corso del tempo. C'erano granchi giganteschi che facevano dei teschi degli altri mostri la propria corazza, strani uccelli senza piume che rigettavano uno strano miscuglio di fuoco e fango, piccoli dinosauri che cacciavano sempre in numerosi gruppi e ancora scimmie dalla pelliccia rosea dal pessimo temperamento e cinghiali enormi dalle lunghe zanne e tante altre creature. Il fuoco quella sera scoppiettava come al solito, e la giovane leggeva e faceva scorrere gli occhi sulle parole delle pagine imbattendosi in un punto che la lasciò perplessa per qualche secondo, mentre la cacciatrice, dall'altro lato della stanza, cuciva assieme delle stringhe di cuoio.
< Scusate, dovrei chiedervi un cosa>
< Parla pure, non mi disturbi>
< Sulla pagina di questo volume è stato citato il Blangonga, che però non ho trovato illustrato da nessuna parte, mi domandavo cosa avesse di particolare>
< Sei particolarmente curiosa, è una cosa buona. Su quel volume comunque non ci sono tutti i mostri presenti in natura, sono stati legati assieme alcuni fascicoli di mostri che non rappresentano una grave minaccia. Posso dirti che il Blangonga è una scimmia e sta a capo dei Blango, le scimmie bianche che vivono sulle montagne, è molto più grande di loro, è veloce, è potente e rigetta alito gelato dalla bocca>
Ne parlò con una tale naturalezza, come se fosse diventata un'abitudine per lei, trattare di cose del genere, tanto semplice nell'enumerare le peculiarità di una creatura terrificante, come se la cosa non le desse preoccupazione alcuna, sempre posata. Probabilmente per quella donna oramai la vita non sarebbe più stata niente senza la caccia, alla quale doveva aver votato l'esistenza.
< Un po' come il Congalala è a capo dei Conga, giusto?>
< Esatto. E' molto comune che mostri poco potenti si riuniscano in gruppi piuttosto numerosi e si uniscano a creature a loro molto simili per seguirli, come se fossero dei leader. Quando un grande numero di mostri del genere cerca la propria tana nel territorio basta scovare il leader e ucciderlo, poi senza un punto di riferimento gli altri del gruppo non hanno più motivo di restare e se ne vanno. E' una tecnica piuttosto comune tra i cacciatori.>
Tutte le volte prestava particolare attenzione, erano come piccoli insegnamenti, le venivano narrate cose che non sapeva e spiegate alcune tecniche di caccia e abitudini dei cacciatori, e lei sentiva sempre più opprimente la voglia di guarire quanto prima possibile. 

Il giorno seguente la donna non uscì di casa una sola volta, neanche nella mattina, e permaneva nei pressi dell'uscio quasi aspettasse l'arrivo di qualcuno, e Yana, vedendola tutta presa nei propri affari, non aveva avuto il coraggio d'intromettersi in qualcosa che sicuramente non la riguardava. Aver vissuto da reclusa, maltrattata ed offesa costantemente anche per un ridicolo numero di giorni le aveva fatto maturare una certa sensibilità per queste cose, e in molti atteggiamenti pareva più matura di quanto la sua età non richiedesse. In realtà, nella sua mente già fluttuavano sogni immaginari e visioni romantiche di quello che sarebbe potuto accadere, magari l'incontro di un vecchio amato lasciato molti anni prima, l'arrivo di un principe in armatura scintillante pronto a portarla via a cavallo di una delle più bizzarre creature che la sua mente potesse partorire. Passò tutta la prima parte della giornata a fissarla di sottecchi, nascondendo la faccia dietro al volume, mentre la cacciatrice tamburellava le dita sulle braccia, poi si sedeva al tavolo al centro della stanza, poi ancora passeggiava ripetutamente in tondo, come nervosa, quasi l'avesse assalita una vaga preoccupazione. Era quasi giunto il tramonto e, quando oramai Yana sembrava aver perso ogni speranza, temendo d'aver frainteso l'atteggiamento della donna, finalmente si udì qualcosa al di fuori della capanna abbandonata sulla collina, il suono delle ruote di un piccolo carro, sempre più vicino. La strada, accidentata com'era, difficilmente veniva impiegato come un percorso che carovane e i gruppi di viaggiatori raramente l'attraversavano, era logico che il motivo del passaggio di quel carro fosse un altro, e la ragazza restandosene seduta a letto tratteneva il fiato, il tomo ancora tra le mani, aperto a caso in un punto, quasi servisse solo come una copertura - effettivamente questo non si distaccava troppo dalla realtà dei fatti.
< Era ora..> 
Uno sbuffo, seguito dal suono incalzante del passo veloce e dalla porta aperta con uno scatto, la donna sostava appena fuori dalla capanna, ma da quella posizione Yana non poteva notare chi fosse l'interlocutore.
< Dannazione Rain, ci hai messo un'eternità, iniziavo a preoccuparmi seriamente>
E l'immaginazione della ragazza tornò a farsi frivola e leggera, immaginando il volto di un uomo bellissimo giunto in visita alla sua maestra e cercava di sporgersi un poco, rischiando anche di cadere dal giaciglio, spiando silenziosa ma curiosa come non mai. 
Tuttavia le fantasie della giovane trovarono subito il collasso non appena il sopracitato Rain fece il suo ingresso all'interno della capanna, lui, tutt'altro che un principe o un bell'uomo, tutt'altro che un uomo in effetti, tutt'altro che un essere umano - per dirla tutta - bensì un Felyne, un gatto capace di camminare su due gambe, perfettamente in grado di compiere lavori manuali, di cucinare e anche di combattere all'occorenza, e cosa non meno importante in grado di comprendere e parlare il linguaggio umano.
< Mi spiace averti dato queste preoccupazioni, padrona - nyah. Ma il sentiero che s'incunea tra le vallate s'è dimostrato particolarmente accidentato per il carro e non mi sarei mai potuto più presentare al tuo cospetto se avessi perduto in un burrone le tue cose, padrona - nyah.>
< Ma è un Felyne!>
In realtà lo sconforto iniziale della ragazza era diventato fascino, non ne aveva mai visto uno da così vicino, nel villaggio di Mikke non erano mai arrivati questi piccoli felini umanoidi, ma sapeva della loro esistenza e delle storie che circolavano sul loro conto.
Il gatto la fissò prima di modulare un mezzo inchino educato, portava un paio di pantaloni in pelle, piuttosto larghi e una casacca di cuoio gli copriva il busto, il suo colore era di un grigio tigrato e aveva una lunga coda che si muoveva appena appena. 
< Ah sì, non ti avevo avvisata, Yana. Questo è Rain, il mio felyne, gli avevo mandato un messaggio qualche giorno fa per chiedergli di trasportare da Pokke alcune casse in cui tengo tutti i miei averi, in questo modo sarà molto più comodo insegnarti a maneggiare le armi e a fartele riconoscere.>
< Non sapevo ne possedeste uno, di solito non devono sempre stare vicini al padrone?>
< Rain è un tipetto particolare, e oramai ci conosciamo da così tanto tempo che posso fidarmi di lui in ogni circostanza>
< Sono lieto che la mia padrona parli di me in questo modo -nyah>
Era incredibile come la fedeltà di quella piccola creatura potesse essere tanto grande, gli occhi giallastri da gatto fissavano rapiti la donna dai capelli scarlatti, nello stesso modo in cui un figlio potrebbe osservare la madre, tenendo lo sguardo alto, visto l'enorme divario d'altezza tra i due. 
< Accomodati pure, sarai stanco per il viaggio, porteremo dentro dopo le cose, ci sono anche gli altri, vero?>
< Sì padrona, come avevi richiesto, nyah. Anche i felyne della tua cucina mi hanno seguito e abbiamo portato cose buone da Pokke - nyah. Anche il capo villaggio ti offre i suoi saluti - nyah.>
< Sei stato bravissimo, adesso siediti pure>
Yana se ne stava zitta zitta per non disturbare il loro discorso. Dovevano essere rimasti distanti per molto tempo, eppure era evidentemente chiaro e manifesto il legame strettissimo e vincolante che li aveva uniti nel tempo e l'affetto che ognuno dei due riusciva ad inserire implicitamente nelle parole e nella premura che si riversavano l'un l'altro.
< Rain, tu sei un Felyne cuoco?>
Era stata proprio la ragazza a fargli questa domanda, mentre la cacciatrice s'attardava fuori dalla capanna per dare direttiva agli altri gatti di dove sistemare meglio il carro.
< No - nyah. Non sono mai stato bravo ai fornelli e neanche a pulire o a tenere i conti, sono rimasto sempre assieme alla padrona e l'ho servita nell'unica cosa che so fare, cioè combattere - nyah>
< Quindi anche tu sei un cacciatore!>
< Mi lusinghi così, amica della mia padrona - nyah. Il mio compito è semplicemente quello di aiutare con audacia la mia padrona in modo che possa puntare al domani - nyah>
Non ebbe modo di rispondergli niente, la profondità di quelle parole l'avevano lasciata sconvolta e il discorso morì, così come s'era creato. Quelle parole non potevano che essere la conferma di quello che aveva captato prima, quel piccolo gatto, per quanto minuto fosse il suo corpo, possedeva un animo immenso, capace di colmare la più alta delle montagne fino alla vetta. Dedito così tanto all'altra donna da trovare semplice e naturale dare tutto se stesso per lei, amandola incondizionatamente. C'era solo ammirazione per lui da parte sua. Quella piccola creatura si era dimostrata in pochi minuti più umana di quanto molte persone non avrebbero potuto fare in molte centinaia di vite. 
La cacciatrice tornò in casa trascinandosi dietro un grande baule, attorniata da una mezza dozzina di gatti miagolanti intenti a fare altrettanto con una cassa delle stesse dimensioni, i due oggetti vennero riposti in un angolo vuoto della stanza con fatica, sigillati e chiusi da delle cinghie metalliche. Non era stato difficile capire cosa contenessero visto il suono tintinnante del ferro e di altri oggetti contenuti al loro interno, dovevano esserci armi, e strani oggetti tipici dei cacciatori. Anche Yana avrebbe voluto aiutare ma le era stato categoricamente vietato di fare sforzi e quindi osservava attenta a non perdersi nessun dettaglio. Improvvisamente la casa era diventata particolarmente animata e rumorosa e gli altri Felyne avevano portato saluto alla loro padrona abbracciandole le gambe, riferendo notizie da Pokke. Erano allegri, esuberanti e  vivaci, affiatati e uniti, non avevano mai cacciato in vita loro, perché dediti solo alla cucina e al mantenimento della casa della donna, più spensierati, in effetti, e più ciarloni di quanto non lo fosse Rain, che al contrario, era rimasto silenzioso per tutta la sera, preferendo sonnecchiare un po'. I gatti si ritirarono nell'altra stanza portandosi dietro pentole e sacchi di cibo e stavano provvedendo alla cena per tutti, efficienti e laboriosi, sferragliando e canticchiando con gioia. Yana aveva prestato particolare attenzione alle reazioni della maestra e ne aveva colto la nostalgia nello sguardo, sicuramente doveva essere difficile anche per lei vivere a Mikke anche se prima d'ora non le era mai passato per la testa. Chissà quanto doveva essere difficile lasciare la propria terra, la propria casa, per recarsi in un villaggio pieno di gente boriosa ed ingrata che proteggeva comunque a costo della sua stessa vita. Chissà quante persone doveva aver lasciato là, chissà a quante cose doveva aver rinunciato. Forse iniziava vagamente a comprendere il perché di quelle parole, forse iniziava a cogliere il significato di quell'avviso, la vita del cacciatore sarebbe stata una via difficile e piena di sacrificio, la più difficile da seguire.
La cena venne servita non troppo tempo dopo, e la tavola venne imbandita delle più gradite pietanze su cui gli occhi della ragazza si fossero mai posati prima d'ora. Verdure,tuberi e funghi prodotti nei campi fertili di Pokke erano state tagliuzzate, saltate e cotte nei più svariati modi, arricchendo come contorni i piatti a base di carne. C'erano arrosti di cinghiale, filetti d'Anteka finemente rivestiti con salsa di bacca, pesci di ogni tipo serviti nel loro aspetto migliore. Filoni di pane tostato erano ricoperti con pezzetti di salmone aromatizzato, alcune ciotole contenevano salse viscose e morbide dai colori più invitanti. Grandi bistecche spesse almeno due dita stavano poco distanti dal piatto che si trovava al centro della tavola, un enorme carpa dorata rifinita con pan grattato, pomodori e patate grigliate. C'erano anche candele sul tavolo e tutto era stato apparecchiato con piatti di porcellana e con vassoi d'argento, in effetti era un miracolo che tutto potesse permanere sul tavolo senza che niente cadesse a terra o risultasse di troppo. I profumi che avevano pervaso la casa erano così intensi che alla giovane sembrava di vivere in un sogno, c'era così tanto cibo che non sapeva davvero come avrebbe potuto mangiare tanto. Era come una grande festa, di quelle che venivano organizzate nella piazza del villaggio quando avvenivano eventi grandiosi, anche migliore viste le rinomate prelibatezze che erano state portate direttamente da Pokke. Non sapeva da che parte iniziare, ma fu la cacciatrice a servirsi per prima, con naturalezza, come se la cosa non l'avesse minimamente colpita, riusciva a mantenersi sempre elegante e contenuta, e anche mentre mangiava, con i capelli raccolti riusciva ad essere ai suoi occhi semplicemente perfetta. Era avvolta dalla meraviglia per tutte quelle cose piacevoli che si erano rovesciate su di lei come una cascata di luce radiosa, e timidamente cominciò a mangiare.
< Quelle bistecche hanno un'aria dannatamente buona>
Aveva avuto bisogno di parlare per rompere lo strano silenzio che era venuto a crearsi per un momento.
< Dici quelle vicino al pesce enorme? Ah, è carne di Rathalos, quando vengono catturati e le loro parti vengono utilizzate per armi ed armature le carni poi vengono macellate e sfilettate, hanno un buon sapore. Per quanto sia un po' strano pensare che si possa mangiare un qualcosa di così grande che è solito mangiare le persone.>
< Carne di drago..non pensavo si potesse mangiare, al villaggio dicono che è velenosa>
La donna rise divertita ma continuò a mangiare mentre un numeroso gruppo di occhi luminosi spiavano dallo spiraglio che la porta aveva lasciato aperto e stavano lì, in attesa, miagolando bassi e muovendo freneticamente le orecchie a punta.
< E' tutto maledettamente buono, non avrei mai pensato che si potessero cucinare cose di questo tipo, sono stati straordinari>
< La cucina dei Felyne è migliore di quella umana, in realtà, con l'esercizio possono arrivare a cucinare piatti incredibili, alcuni sono talmente buoni che riescono anche ad incrementare le prestazioni dei propri cacciatori. E' fondamentale per chi caccia mangiare adeguatamente, deve avere la forza necessaria per compiere la sua missione, deve poter restare per molti giorni senza avere il tempo di mangiare, quindi i Felyne dei cacciatori sono abituati a cucinare in abbondanza>
< Vuoi dirmi che cucinano sempre così tanto?>
< Ah sì, anche di più, a volte>
< Incredibile>
< In realtà quando un Felyne cucina da solo non riesce a metterci il cuore, la peculiarità della loro specie e che sono molto legati tra di loro e quindi assieme, quando cucinano in quattro o anche in cinque, spronati l'uno dall'altro riescono a sfornare portare da re>
Impiegarono molto per finire di mangiare, tutto era così succulento e appetitoso che a Yana pianse il cuore per non essere riuscita a finire tutto, ma era davvero troppo quello che i gatti avevano portato in tavola. Loro presero a mangiare i resti della cena che avevano cucinato solo dopo che la loro padrona s'allontanò dal tavolo, come se a loro non fosse stato permesso di mangiare assieme a lei, e la ragazza non capiva bene questo loro atteggiamente, ma erano tante le regole che vincolavano i Felyne e spesso anche chi ci aveva avuto a che fare per tutta la vita non riusciva a capirli del tutto. Dopo essersi riempiti la pancia erano rimasti nell'altra stanza a festeggiare e a bere , e si erano portati appresso pure Rain, per quanto fosse stanco, e avevano danzato fino a notte fonda prima di crollare in un sonno profondo, dopo aver fatto riecheggiare miagolii concitati e musica ritmata per tutto il tempo, ad esprimere la loro infinita gioia. Sì, quella casa si era sicuramente animata. Yana venne svegliata a metà mattina dal rumore delle stoviglie e dei piatti in movimento, i gatti si erano già messi al lavoro e stavano cucinando di nuovo, il fuoco era già stato acceso e scoppiettava allegro nel camino, c'era un buon odore di pulito. Il cibo che aveva mangiato le aveva ridato forza e vigore e si sentiva meglio, in qualche modo sapeva che doveva essere merito di qualcosa mangiato la sera prima, e mentre apriva e chiudeva la mano destra a pugno sentiva una strana forza animarla, e respirava a pieni polmoni senza fitte di alcun tipo. Sì, amava i Felyne,  era sicuro. Non sembravano mai stanchi o svogliati, svolgevano sempre le loro faccende prima di sdraiarsi pigramente di fronte al fuoco a sonnecchiare. Non era sempre stato così, però, era una cosa risaputa passata alla storia come le grandi leggende degli eroi del passato. Molto tempo prima, queste creature non erano minimamente legate agli esseri umani, vivevano come indigeni all'interno delle foreste e si nutrivano di bacche e radici. L'arrivo dei mostri però aveva comportato la morte di molti di loro, un gruppo di coraggiosi aveva deciso di lasciare la propria terra per chiedere aiuto agli esseri umani che nel frattempo avevano trovato il modo di fronteggiare l'aggressione dei dragoni. Con il tempo sempre più Felyne decisero di unirsi agli uomini ammirando le loro virtù e la loro forza d'animo, decisero di vivere nei loro villaggi e di aiutarli come meglio potevano in quanto alleati preziosi, in cambio di protezione avevano dato la loro piena collaborazione. Da allora erano diventati parte integrante della vita delle persone, erano bravi a cucinare, svolgevano ogni tipo di mansione, aiutavano a raccogliere oggetti e cibo, alcuni più dotti sapevano leggere e scrivere e si adoperavano di sistemare gli archivi o di tenere la contabilità, altri ancora più versati nell'uso delle armi decisero di seguire i cacciatori per aiutarli nella battaglia.
Tornata la padrona i gatti le furono di nuovo tutti in contro congratulandosi con lei per la preda cacciata, con le code sempre alte e le voci gentili nei suoi riguardi, sempre premurosi, la aiutarono a levarsi l'armatura di dosso e la fecero accomodare prima di ritirarsi per non darle fastidio. Anche Rain era uscito con lei, e pure lui vestiva gli abiti da caccia, fatti su misura per lui, si tolse il copricapo poggiandolo vicino a quello nero della donna con un mezzo sospiro.
< Buona giornata Yana, hai un bell'aspetto, sono contenta, vuol dire che ti stai riprendendo in fretta, appena sarai guarita del tutto inizieremo ad addestrarci come si deve>
< Buona giornata anche a voi, ho notato che la caccia da sempre buoni frutti>
< Sì, è una buona stagione, questa, ho lasciato gli altri che ho preso in piazza, ci ho ricavato abbastanza denaro per permettermi di poter riparare alcune armi nel caso ce ne fosse il bisogno>
< Si sono danneggiate nel viaggio?>
< No, Rain e gli altri sono stati molto attenti, ma alcune erano particolarmente vecchie e usurate e se dovessi averne bisogno.. Beh, ogni tanto fa sempre bene revisionare le proprie cose, che siano armi o armature, ricordatelo sempre, il piccolo graffietto che ignori oggi diventerà una crepa profondissima domani>
E dicendo questo fece per sedersi a terra, imitata da Rain che era divenuto la sua ombra. 
< Non vi ho ancora chiesto che arma siete solita utilizzare, ora che ci penso>
< Io combatto con le doppie lame, mi ci trovo particolarmente a mio agio. Rain, passa le sciabole a Yana, così che possa vederle>
Senza controbattere il Felyne s'alzo di scatto zompettando fino alla sedia di fianco al caminetto per raccogliere le due spade dalla cintura, ancora sistemate nei loro foderi e le consegnò diligente a Yana che lo ringraziò con un cenno del capo. Alzò gli occhi sulla cacciatrice un paio di volte per essere sicura di poter impugnare quelle armi e aspettò il suo assenso per sfilarle dalle protezioni di cuoio che rivestivano l'arma. L'impugnatura era comoda e finemente lavorata, le lame lunghe una quarantina di centimetri erano simili a dei lunghi stiletti accuminati, il materiale in cui erano state ricreate era più resistente del ferro, e brillavano in un vago sentore di luminosità, la rifrazione della luce sembrava avvolgere i lunghi pugnali in aloni di blu e e argento. Il peso perfettamente bilanciato, nessun'ammaccatura o graffio, accuminate e taglienti, sicuramente di pregiata fattura.
< Sono straordinarie, non ho mai visto delle armi di questo tipo>
< Caccio da molti anni, posso permettermi di possedere armi poco comuni, in effetti>
< Fate molta fatica a maneggiarle?>
< No, mi ci trovo a mio agio, te l'ho detto, ma non sono tutti di questo parere, esistono varie tipologie di armi, ma te le farò provare solo quando sarai guarita completamente>
Yana le ripose con cura a terra, al fianco del letto, sulla quale era ancora seduta, e fissava ancora la maestra, mentre sistemava i propri capelli. 
< Puoi darmi del tu comunque, e chiamarmi Rìv, se lo desideri, non mi dà fastidio>
< Ma non vorrei mancarvi di rispetto>
< Non si manca di rispetto a qualcuno per questo, se non vuoi mancarmi di rispetto devi dimostrarmelo con le azioni, rispettando le regole che ti imporrò in quanto mia allieva>
< Lo farò, Rìv>
Non era ancora ora di pranzo, ma i profumi che uscivano dalla cucina lasciavano presagire che anche il prossimo pasto sarebbe stato al pari di quello della sera precedente, di questo passo si sarebbe rimessa in poco tempo, ne era sempre più sicura. Dopo qualche attimo di silenzio fu Yana a prendere di nuovo la parola, dopo aver svogliato qualche altra pagina del tomo sui mostri.
< Quando inizieremo l'addestramento mi porterai subito a caccia?>
< No, prima ci sono un sacco di altre cose da fare, per cacciare bisognerà allenare il tuo fisico in modo che possa sopportare la fatica, e dovrai imparare alcune cose basilari>
< Capisco, e quindi passerà molto tempo prima che io possa andare a caccia da sola, vero?>
< Posso capire il tuo entusiasmo, però non devi prendere questa cosa troppo sottogamba. Inizialmente è essenziale avere sempre dei compagni su cui fare affidamento, i mostri sono imprevedibili e tu non hai ancora nessuna esperienza. Tra l'altro ora come ora non penso proprio che cacciare da sola per te possa essere qualcosa che possa farti bene, tu pensi ancora a vendicarti, Yana, non posso permetterti di andare per le foreste da sola a fare stupidaggini>
La ragazza non rispose, abbassò semplicemente lo sguardo, limitandosi ad ascoltare.
< Quindi ho deciso che sarà il caso che io ti affianchi un compagno, in modo che anche in futuro potrai sempre avere qualcuno su cui contare, nel caso in cui io non ci fossi>
< Un compagno? Intendi un Felyne?>
< Sì. In realtà sono sempre piuttosto contraria a regalare le mie cose alle persone, però è anche vero che in questo villaggio è praticamente impossibile trovare Felyne, per lo più combattenti, per questo motivo avevo chiesto a Rain di portarne uno che avevo comprato qualche tempo fa. Non ha ancora tanta esperienza, ma potrebbe fare al caso tuo>
< Ma i Felyne che hai portato non erano tutti e sei dei cuochi?>
< Solo cinque lo sono, in realtà. Il sesto che hai contato sarà rimasto a fare loro compagnia, ma non è sicuramente in grado di cucinare, quindi, visto che io ho già Rain, posso tranquillamente affidarti l'altro Felyne combattente, è una buona idea non trovi?>
La ragazza sgranò gli occhi intrecciandoli con quelli celestini della cacciatrice, reprimendo per un attimo la voglia di gettarsi ai suoi piedi per ringraziarla, imponedosi un silenzio piatto in attesa, senza cedere all'entusiasmo, quasi a voler imitare la pacatezza dei metodi della rossa, in tutto e per tutto. Nel frattempo aveva fatto il suo ingresso nella stanza un secondo Felyne, leggermente più basso di Rain, il pelo di un semplice color sabbia, tipico della maggior parte degli esponenti della sua razza, le zampe e il muso erano appena più scuri, e gli occhi erano gialli e brillantissimi, le fattezze un po' più aggraziate, sicuramente femmina.
< Questa è Nathalie, ed è un Felyne combattente, adesso è il tuo Felyne>
La piccola gatta osservò la donna per qualche istante prima di annuire. Aveva compreso chiaramente che era stata ceduta all'altra ragazza, ma non le portava odio, non rimpiangeva questa cosa, l'aveva semplicemente accettato, senza sforzo e senza dolore. Si avvicinò a Yana con passo calmo, muovendole un mezzo inchino educato, era particolarmente cortese, così come si erano dimostrati sempre anche gli altri, e non era orogliosa o baldanzosa nel fare, quasi un po' timorosa, quasi temesse il giudizio della nuova proprietaria, visto che non la conosceva ancora. Tuttavia con coraggio prese parola in modo tale che il patto potesse essere trattato anche verbalmenete, non solo come richiesta implicita dettata da qualche gioco di sguardi.
< Da adesso in avanti sei tu la mia padrona, ti servirò per tutto il tempo che lo ritieni necessario -nya. Il mio nome è Nathalie - nya.>
< E' un piacere fare la tua conoscenza, io sono Yana>
In realtà stentava quasi a credere d'essere entrata in possesso di una creatura, lei, a cui era stato tolto tutto, tra cui la dignità, la libertà e la possibilità di avere dei piccoli tesori da conservare, era tanto confusa che non sapeva esattamente quali emozioni le si stessero muovendo nel suo animo, però le sorrise spontaneamente. Avvicinò la mano per carezzarle la testa, sentendo il petto vibrare forte, sentiva quello sguardo fisso su di sé, lo stesso che Rain lanciava alla sua padrona tutte le volte, la stessa intensità, il loro legame appena creatosi era nato forte e saldo come le radici di una forte quercia, ma ancora realmente non poteva sapere quanto quella piccola creatura sarebbe stata importante per il suo domani.

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Capitolo 4
*** Just three months ***


THE HUNTER

JUST THREE MONTHS [ terzo capitolo]


"Prima di tentare l'impossibile abbi la certezza di poterti reggere sulle tue gambe"

 
VILLAGGIO DI MIKKE


Stava arrivando l'inverno e le prime sporadiche nevicate iniziavano a raggiungere anche il villaggio, dopo aver colmato le vette delle montagne più alte, il vento si faceva gelido e sottile e la nebbia s'alzava e s'insinuava bassa ostacolando la visuale, il cielo plumbeo non permetteva più al sole di brillare e le giornate s'erano fatte più corte. Ogni mattina sottili strati di brina e ghiaccio erano ritrovati agli angoli delle strade o vicino agli usci delle porte, il legno delle capanne e delle altre abitazioni resisteva bene all'umidità e non temeva le intimidazioni del freddo, ricavato da alberi particolari che si trovavano nelle grandi foreste ad occidente. Il lavoro nei campi era stato sospeso e Rìv doveva partire tutte le mattine alla ricerca di cibo, avventurandosi per i sentieri montani, ma la stagione stava cambiando e le mandrie si stavano spostando altrove, questo richiedeva per lei maggiore fatica. Era praticamente l'unica a poter ancora cacciare, a poter avventurarsi senza timore all'interno dei boschi, molti uomini del villaggio erano ancora soffocati in una paura fine a se stessa e difficilmente mettevano il naso fuori di casa, e di quei ragazzini troppo spavaldi che pretendevano d'averla come insegnante pareva non volerne sapere ancora nulla. Le richieste in realtà non erano mai cessate e ancora giungevano in molti a pregarla con finta gentilezza, elargendo complimenti per ammorbidirne la volontà, ma lei restava inamovibile. A Mikke era risaputo che aveva preso con sé la ragazza, e questo aveva suscitato non poche polemiche. I ragazzi erano indignati e la cosa sembrava averli incitati ancora di più a cercare di dare il tormento alla cacciatrice, quasi volessero prenderla per sfinimento. Ma vi era un problema d'intensità ben peggiore, di difficile risoluzione. Nyràv, l'uomo a cui Yana era stata affidata, la rivoleva in casa per lavorare e abbatteva forti manate contro la porta in legno scuro per farsi aprire, sbraitando e minacciando. Era un uomo rude, sulla sessantina, era calvo e aveva una barba scompigliata e grigiastra sul mento, massiccio e alto, due possenti braccia muscolose che nella giovinezza lo avevano aiutato per i lavori nelle miniere, il volto perennemente truce, la voce cavernosa e roca, quasi si fosse consumata nel tempo a furia delle sue urla. Aveva un carattere ancora peggiore del suo aspetto, intrattabile ed irascibile, pieno di un orgoglio apparentemente immotivato, viveva ancora nella convinzione che le donne dovessero sottostare ai voleri dell'uomo. Il suo fiato puzzava sempre e Yana lo detestava. L'aveva sempre trattata alla stregua di una schiava, proprio nel momento in cui lei avrebbe avuto più bisogno di un riferimento, lei che avrebbe voluto essere amata ancora come una figlia, niente di più. Aveva le mani grosse, sembravano le zampe di un grosso orso, la ragazza odiava anche quelle, che molte volte l'avevano picchiata altre ancora le avevano riversato addosso attenzioni che lei non aveva richiesto. Anche il capo del villaggio a stento riusciva a tenerne a freno il temperamento, solo perché amico di vecchia data. 
Tornò anche quel giorno, nel pomeriggio, e s'abbatte con ritrovata ferocia contro le pareti esterne dell'abitazione mettendo in allarme i Felyne che si erano rintanati nella cucina e miagolavano bassi, per non farsi sentire.
< Donna! Apri questa maledetta porta! Apri! Apri o butterò giù questa oscena casa che ti ritrovi!>
Urlò così forte che Yana cercò d'appiattirsi in un angolino, tremante, con le braccia strette attorno alle gambe, terrorizzata. Al momento Rìv non era in casa e neanche i due Felyne combattenti che l'avevano seguita per cacciare, ma le mandrie s'erano fatte più lontane e ritardava spesso a rientrare. Era sola in casa, quindi, e fissava con occhi gonfi quella porta, ultimo baluardo, nella speranza che resistesse a quei colpi possenti come tuoni.
< Donnaaaaa!>
Si fece ancora più piccola a quel grido, facendo finta di non esistere, cercava di non emettere neanche un suono, mentre i gatti, facevano capolino per poi tornare a confabulare fra di loro. Certo erano bravi a cucinare e a tenere pulita la casa, ma - diversamente dai Felyne combattenti - i cuochi tendevano ad evitare di combattere, particolarmente codardi, e preferivano starsene nascosti in cucina, impugnando mestoli e padelle timidamente.
I colpi cessarono e per qualche minuto la ragazza riprese a respirare calma, credendo che l'altro se ne fosse andato e che il pericolo fosse passato, era trascorso ancora qualche attimo e non si sentiva più alcun rumore, l'ansia le era rimasta incollata addosso spiacevole e non aveva intenzione di permetterle di rimettersi in piedi, non aveva neanche pensato d'afferrare una qualche arma dai bauli della sua maestra tanto era il terrore che quella persona le incuteva. Per mesi aveva dovuto sopportare quello sguardo iracondo e folle, a volte bramoso, sulla pelle, era il suo incubo, così come lo era il figlio e gli amichetti che si erano apprestati a picchiarla a sangue qualche giorno prima. E infine, proprio nel momento in cui sembrava essere arrivata a calmarsi un po', sentì l'improvvisa veemenza di un colpo, così tremendo che tutta l'abitazione ne fu scossa, e la porta venne a spezzarsi assieme al rumore del legno frantumato. E l'uomo, grugnendo e imprecando batteva ancora con la grossa ascia per abbattere quell'ultima barriera che lo teneva lontano, e in un'altra decina di sferzate riuscì a ricavarsi un varco per entrare nella casa, avvolto in una vistosa pelliccia nera, i pantaloni pesanti chiazzati di fango e gli stivali sporchi. Nyvàr non ci mise molto a trovare la ragazza con gli occhi, ancora in preda al terrore, e con passo tozzo le fu addosso immediatamente. La strattonò per un braccio e la fece alzare con prepotenza, senza riguardo alcuno per le sue condizioni, prima di urlarle contro, ruvido.
< Maledetta cagna ingrata! Qua te ne stavi! Ma tu non hai capito come stanno le cose, tu sei di mia proprietà, ti spezzerò le ossa una ad una e ti trascinerò a casa a calci!>
< Quella non è mai stata casa mia!>
Gli aveva risposto di getto, spinta da una forza che nemmeno pensava di possedere, ma subito la voce le si gelò di nuovo nella gola, quando uno schiaffo le rigirò la faccia, e dovette ricadere sul fianco, stesa sul pavimento. In quel momento furioso la tenne bloccata a terra tenendola per i polsi e la rigirò con vigore tenendola pressata con il proprio peso, dopo essersi inginocchiato sopra di lei. 
< Stupida puttana, non hai ancora imparato a tenere la tua stupida bocca chiusa. Tu sei mia, non c'è niente che tu possa fare per cambiare le cose. E quella donna dov'è? Nh? Non viene ad aiutarti?>
< Lasciami andare!>
Cercava di divincolarsi ma la presa dell'uomo le impediva di muoversi e la sua faccia grossa le alitava addosso sfiatando e sbuffando come avrebbe fatto un grosso cinghiale selvatico, strinse gli occhi e cercò di voltare il viso, ma arrivò a baciarla comunque, con irruenza, senza dolcezza, lasciandole addosso una sensazione di disgusto. Aveva preso a piangere, frustrata, cercava di spingerlo via con le gambe, senza risultati, ma non demordeva, non smetteva di resistere, spinta da una tenacia che non voleva ancora abbandonarla.
< Sporca cagna, ti sei permessa di scappare via>
Le aveva poggiato una mano sulla gola e le parlava addosso sussurrando parole oscene ed orribili mentre cercava di toglierle di dosso i vestiti, sordo alle proteste di lei, e permaneva curvo, senza darle alcuna via di scampo. Yana aveva chiuso gli occhi e ancora pregava senza smettere di muoversi, mentre sentiva il suo animo tormentato intento a morire secondo dopo secondo in un dolore ancora più grande di quanto potrebbe esserlo quello derivato dall'amputazione di un arto. Credeva davvero di non avere più scampo, alla mercé di quel bruto, quell'aguzzino che si era auto-proclamato suo padrone, trattandola alla stregua di un animale da macellare e non sapeva ancora se sarebbe morta per quella presa sul suo collo che la stava privando del fiato o per l'immensa vergogna. Ma non era ancora giunto il momento della sua fine, il suo animo non sarebbe ancora andato in frantumi e la sua vita non si sarebbe spenta come una stella lontana.
Sopraggiunse con la stessa rapidità di un fulmine all'interno della casa, afferrando con entrambe le mani la pelliccia di Nyvàr per toglierlo di peso dalla ragazza inerte a terra, lei, implacabile e statuaria avvolta nell'armatura nera, il copricapo ancora addosso che la faceva apparire ancora più iraconda, alta per essere una donna, forte e piena d'indignazione. Rìv era stata capace di spostarlo e l'aveva fatto rotolare al centro della sala, poco distante dal tavolo, mentre la ragazza riprendeva a respirare con avidità l'aria santa che prima le era stata preclusa dalla morsa d'acciaio di quelle dita.
< Fuori da casa mia porco infame!>
< Mi hai rubato la mia serva, maledetta!>
< L'ho salvata da te! E' sotto la mia protezione adesso, vedi di uscire alla svelta da qui o non risponderò delle mie azioni>
< Non mi faccio comandare a bacchetta da una stupida donnicciola>
Infuriata e adirata non aveva atteso molto per assestargli un calcio sulla faccia, appoggiando il peso di quel piede sul naso grosso con il chiaro intento di spaccarglielo, mentre ancora se ne stava a terra ad insultarla, brontolando nel suo stesso sangue e bestemmiando contro antiche divinità degli uomini.
< FUORI!>
Lei, sempre così contenuta e garbata nei metodi, sempre così elegante, era stata capace di una furia degna della più feroci tempeste, come un uragano impossibile da frenare. Accompagnò con altri spintoni e calci l'estraneo fuori dalla sua casa e l'aveva fatto ruzzolare lungo il sentiero di montagna intimandogli di non farsi più vedere da quelle parti. Aveva urlato così forte che non sarebbe stato difficile pensare che già tutto il villaggio oramai fosse a conoscenza della loro lite. Yana era ancora scossa, ma stava bene, tremava ancora mentre si rimetteva seduta prendendo grandi boccate d'aria, gli occhi arrossati le bruciavano mentre cercava di sistemare le spalline dell'abito che però erano state stracciate e ricadevano malamente rischiando di scoprirle il seno che pudicamente, con imbarazzo e rabbia cercava di occultare, quasi volesse nascondere l'accaduto. La cacciatrice tornò rapida dall'allieva, lanciando l'elmo a terra, pronta a sedersi lì, al suo fianco, allungando la mano destra per carezzarle la faccia, dove uno schiaffo le aveva lasciato un segno rosso ancora piuttosto chiaro.
< Scusami, non avevo pensato che sarebbe arrivato a tanto, non avrei dovuto lasciarti da sola>
La voce era tornata vellutata e dolce, e lo sguardo era pieno di rammarico e preoccupazione, incredibile che fosse la stessa persona che pochi istanti prima s'era agitata con tutta quella cattiveria contro l'aggressore. Non le rispose, comunque, tenendo la faccia bassa. La stanza restò avvolta in un silenzio quasi irreale per un tempo che sembrò infinito, i gatti cuochi spiavano dalla loro stanza, curiosi, mentre Nathalie e Rain aspettavano fuori osservando le condizioni della porta oramai distrutta. La donna restava a guardare la ragazza ben più giovane, con i capelli ancora raccolti, le stava vicina ma poco sicura sul da farsi, come se le mancasse da molto una vicinanza così stretta con una persona. Poi calma, senza movimenti bruschi l'abbracciò tirandosela più vicino, con garbo, facendole appoggiare la testa sul petto, e un poco sussultò al contatto di quell'armatura gelida e liscia, rifinita da squame scure compattate assieme, ma si ridistese poco dopo. La cacciatrice era alta e il suo abbraccio per quanto morbido e gentile era saldo e le dava una sensazione di sicurezza che temeva d'aver perduto, la strinse di rimando spostando appena la fronte per non urtare contro una parte troppo pungente dell'armatura, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso, singhiozzando solo di tanto in tanto.
< Ti proteggerò fino a quando avrò fiato nel mio petto>
E mai una promessa le fu mossa con tanto fervore, così salda nel suo significato, così profonda l'essenza stessa di quella donna da rendere vani e futili tutti gli altri esseri umani, così incorotta nell'animo, permeata di valori che oramai molti sembravano aver dimenticato.

Yana era stata rincuorata dai Felyne della cucina, che si erano prodigati tutto il resto della giornata a coccolarla e a muoverle scuse e parole cortesi, mentre Nathalie ancora non si dava pace per l'accaduto e restava mogia in un angolo assieme a Rain, che al contrario stava semplicemente riposando per conto proprio. Rìv si era adoperata per chiedere aiuto a Mikke per la riparazione della porta e aveva avvisato il capo del villaggio del temperamento di Nyràv denunciandone le azioni disdicevoli. Poi avevano stipulato un patto e la ragazza le venne affidata ufficilamente in modo che non dovesse più mantenere legami con l'uomo, ma c'era voluto molto per convincerlo a cedere e la cacciatrice probabilmente aveva pagato molto per la liberazione della sua allieva. Tuttavia doveva ammettere che da quando aveva preso ad essere essenziale per il benessere cittadino, le persone avevano iniziato a vederla di buon occhio e non circolavano più cattiverie sul suo conto, inoltre l'arrivo dei Felyne non era passato inosservato e le cibarie provenienti da Pokke erano state condivise generando un clima più disteso. I rapporti stessi con il centro abitato era quindi andato a rinsaldarsi e a migliorarsi, e per quanto non lo desse a vedere doveva averle pesato molto l'ostilità con cui era stata accolta nei primi tempi, nonostante i suoi sforzi.
La ragazza si stava scaldando vicino al fuoco, volgendo di tanto in tanto delle occhiate in direzione della gatta guerriera acciambellata su se stessa in un silenzio che non le apparteneva. Yana allungò le gambe per un attimo, comoda negli abiti che la sua maestra le aveva donato, estremamente femminili, con orli lavorati finemente, mentre quelli vecchi erano stati buttati, come a voler cancellare ogni ricordo di quel momento scandaloso di qualche ora prima. E la donna era stata gentile tutto il tempo e si era premurata delle sue condizioni, anche se non era stata effettivamente violentata, era rimasta traumatizzata psicologicamente,ferita molto in profondità.
" Ti proteggerò fino a quando avrò fiato nel mio petto"
Restava abbracciata a quella frase come se la scaldasse a pari del calore del caminetto acceso, e sentiva una leggerezza nuova nel petto, ogni cosa di quella persona le suscitava ammirazione, se fosse stata uno di quei ragazzetti del villaggio sicuramente se ne sarebbe innamorata perdutamente. La faceva sentire meglio, e con tutta la sua forza cercava di scacciare i pensieri negativi che le ronzavano nella testa.
Rìv era tornata presto, non voleva lasciare la ragazza da sola per troppo tempo e aveva assicurato che nei prossimi giorni si sarebbe adoperata per sistemare la porta, al momento coperta da un telo di un vivace blu scuro che serviva a tenere in parte bloccata l'aria gelida e a schermare dalle occhiate dei curiosi che si erano avvicinati alla dimora sull'altura della collina. 
< Bentornata padrona - nyah.>
Rain in effetti non aveva occhi che per lei, anche Yana le andava piuttosto a genio, certo, ma non si sprecava a parlare per lei, era difficile che si sforzasse di trovare un motivo per conversare con qualche umano che non fosse la sua padrona, quasi fosse scettico. Era atipico, diverso da tutti gli altri suoi simili che l'avevano accompagnato nel suo viaggio, anche Nathalie combatteva eppure solitamente era piuttosto loquace. 
< Grazie per aver tenuto d'occhio la porta, Rain, puoi riposare adesso>
E la rossa s'era tolta la pelliccia pesante di dosso visto che in casa faceva caldo, facendo segno agli altri felini di cucinare la cena con quello che era rimasto, mentre con passo leggero si muoveva per accomodarsi su una sedia, stanca. 
< Dovresti riposare un po', torni sempre più stanca>
< Sei gentile a preoccuparti per me, Yana, ma ho solo bisogno di mangiare qualcosa, è mio dovere provvedere a fare queste cose per la salvaguardia del villaggio, è il mio compito di cacciatore>
< Potresti portarmi con te, ti aiuterei, o potresti chiedere a qualcun altro del villaggio di farlo>
< Molti hanno ancora timore d'addentrarsi nel bosco e tu non sei ancora pronta>
< Ma potrei aiutarti in qualche altro modo>
< Al momento opportuno>
Non c'era modo di piegarne il volere, se s'impuntava su qualcosa era impossibile ammorbidirla con le richieste, tenace e solida nelle sue convinzioni come le fondamenta stabili di una statua in ferro.
< Adesso comunque non devi più preoccuparti del tempo che passi qui in casa mia>
< Ma il capo villaggio..>
< Non preoccuparti, ho accordato un patto con lui e sei stata affidata a me, non sarai costretta ad andartene via, non sei più vincolata a quello che hai dovuto sopportare>
Le venne da piangere di nuovo, ma qualcosa la trattenne. Non le rispose, in effetti non esistevano parole per esprimere quell'immenso senso di gratitudine che le invadeva il cuore, le stupide limitazioni del linguaggio umano avrebbero contaminato quel sentimento puro ed assoluto, sarebbe bastata quella luce incredibilmente brillante in quegli occhi, puntati su quelli della maestra, sì, sarebbe bastata. 
In realtà era una combinazione bizzarra , Yana era rimasta per molti mesi costretta a soffocare ogni cosa nel profondo della sua stessa essenza e le risultava difficile aprirsi, dall'altra parte Rìv sembrava non essere più abituata a trattare con le persone, come se la via della caccia l'avesse costretta ad allontanarsi da coloro che più amava. Tutte e due erano accomunate dall'ostinazione e da quel vigore che il loro animo emanava, tutte e due davano l'idea d'aver sofferto molto per una cosa o per l'altra. Eppure di Yana si conosceva la sua storia, il suo vissuto, mentre la cacciatrice restava ben muta sul suo passato, e si guardava bene dal farne parola, e quello restava un mistero affascinante, come una gemma nascosta nel fondo di una grotta buia e gelida.

La porta era stata riparata, la mattina seguente due uomini del villaggio avevano portato il materiale e avevano aiutato Rìv a montarla sui cardini una volta sistemata. Rain era stato mandato da solo alla ricerca di cibo all'interno dei sentieri di montagna e sarebbe ritornato solo a pomeriggio inoltrato, ma la sua padrona non sembrava minimamente preoccupata, fiduciosa nelle capacità della piccola creaturina grigia. Nathalie si era ripresa e così pure Yana, almeno in parte, e la gatta era tornata particolarmente gioiosa e metteva di buon umore la nuova proprietaria, mentre gli altri gatti pulivano la casa. Il clima era tornato nuovamente accogliente, e l'irruzione del bruto Nyrvàn sembrava oramai un ricordo lontano parecchie migliaia di decadi.
< Le tue ferite mi sembrano guarite del tutto adesso>
< Vuol dire che mi insegnerai adesso?>
< Certo, com'era negli accordi>
< E quando mi porterai a cacciare con te?>
< Sei molto entusiasta, però ti ho detto che ci vorrà del tempo>
La ragazza era vestita con abiti un po' più adatti per l'addestramento, più mascolini, un paio di pantaloni larghi che le erano stretti alla vita con una cintura ben stretta e una casacca scura che le copriva larga il petto, tenendola calda. Si sarebbero allenate all'aperto, poco fuori dalla casa, in un punto in cui il terreno era piuttosto piano, là dove il carro dei Felyne era stato portato. Vi era uno sprazzo erboso piuttosto ampio, in cui l'erba rinsecchita dal freddo permaneva rada sospinta da un vento leggero ma gelido come la lama di un pugnale, e non vi erano ceppi o tronchi o grossi massi. Probabilmente un tempo doveva esservi anche una seconda casa sulla collina che poi per motivi ignoti era stata smantellata lasciando sgombro quella parte del territorio. Uno dei due bauli era stato portato all'esterno, e Rìv vi stava frugando dentro per ricercare qualcosa. L'allieva era in attesa morbosa, erano molti giorni che non faceva che leggere e leggere e pregare la donna d'insegnarle l'arte della caccia, il suo chiodo fisso. Se questo bisogno d'apprendere fosse dettato ardentemente da un sentimento di vendetta rancorosa o da un sincero interessamento mosso dalla parte del suo animo versato per la caccia questo non poteva dirlo, però questo desiderio lo sentiva crescente e bruciante, sempre più intenso. Non era nervosa, non particolarmente, ma era in preda all'eccitazione e all'esuberanza tipica dei ragazzi, non vedeva l'ora di iniziare e continuava a gettare occhiate curiose, senza parlare.
< Una parte importante per il tuo addestramento sarà quello di prendere confidenza con delle armi, quindi per prima cosa è necessario darti dei rudimenti basilari che possano servirti più avanti>
< Quindi mi farai usare le tue armi?>
< Assolutamente no. Finiresti per mozzarti un braccio da sola. Per prima cosa vedrai di fare pratica con questo!>
E le passò un bastone liscio che aveva estratto dopo la sua ricerca, lungo poco meno di un metro era piuttosto leggero e la ragazza se lo rigirava tra le dita piuttosto contrariata, quasi s'aspettasse qualcosa di differente, armi fantastiche che non aveva mai visto, al pari delle sciabole sante che aveva visto quando le era stata affidata Nathalie.
< Un bastone?>
< Sì, un bastone>
< Non posso di certo abbattere un mostro prendendolo a bastonate>
< Di certo no, ma al momento più di quel bastone non otterrai>
< Ma non posso andare a caccia armata solo di questo bastone!>
La donna sospirò e lanciò un'occhiata sull'allieva permanendo silenziosa per qualche secondo nel notare ancora una volta il disappunto sul viso della mora.
< D'accordo, prova ad attaccarmi con quel bastone, se riesci a colpirmi ti darò l'arma che più preferisci>
< Sul serio?!>
< Sì, sul serio>
Nathalie e Rain stavano seduti poco distanti a fissarli interessati, mentre la ragazza afferrava meglio il bastone con le dita della mano destra quasi fosse una spada, in maniera piuttosto azzardata, ispirandosi a quello che aveva potuto imparare nel guardare da lontano cacciatori di passaggio o nell'ascoltare leggende sui grandi eroi valorosi del passato. Esitò per qualche istante, nel notare che la rossa non s'era preoccupata di prendere a sua volta qualcosa per difendersi, ma solo per un breve istante, perché la tentazione di poter ottenere a scelta qualcosa di straordinario la rendeva cieca e meno razionale. Sarebbe stata invincibile, questo pensava, e nessuno l'avrebbe più fermata, insultata, messa in discussione e avrebbe potuto riprendersi la rivincita contro il destino, quel fato ingrato che tanto le aveva negato. Così, spinta dall'arroganza giovanile e dalla cupidigia ingorda cercò di sferrare un colpo verso la donna, dall'alto verso il basso, muovendo sgarbatamente un passo troppo in avanti. Ma era troppo abile la sua avversaria perché potesse anche solo pensare di sfiorarla, lei, che andava ad ammazzare i draghi. Rìv scattò in avanti più rapida con un movimento fluido, semplice nella sua eleganza, e bloccò il bastone con la propria mano senza difficoltà visto che la potenza della ragazza era ancora acerba, infine terribile come una punizione fece scivolare con forza il piede, spazzando bassa all'altezza delle caviglie, e la postura instabile di Yana crollò su se stessa facendola rovesciare a terra. La cacciatrice la fissava severa dall'alto, ma era tanto imperscrutabile il suo sguardo che era davvero impossibile cercare di capire cosa realmente stesse pensando in quel momento.
< Parli di abbattere mostri, ma non riesci nemmeno a colpire me mentre sono disarmata. Devi capire che queste basi sono importanti, colpire senza vigore restando scoperti ti renderà una preda facile. E se cadi al fianco di una bestia quella non ti darà il tempo di rialzarti, prima di tentare l'impossibile devi avere la certezza di poterti reggere sulle tue gambe, se perdi l'equilibrio al momento sbagliato è la fine, basta un piccolo errore, anche il più piccolo per finire fatti a pezzi>
La voce era contenuta come sempre ma era più fredda nel parlare, cinica, abituatasi nel tempo a schermare il cuore dalle emozioni disastrose che rischiano di distrarre nel momento della caccia. 
< Adesso ascolterai i miei insegnamenti senza contraddirmi?>
< Sì, ho capito>
L'aiutò a rialzarsi in piedi porgendole la mano, e di certo non era stata sua intenzione quella di umiliarla o di mortificarla, ma aveva bisogno di impartirle una lezione di questo tipo, in modo che il ricordo le restasse marchiato a fuoco nella testa. Yana era rimasta colpita in effetti dalla cosa e il suo orgoglio ne avrebbe risentito per qualche tempo, ma non avrebbe più protestato e le avrebbe dato retta incondizionatamente. La donna sapeva quello che faceva, era abile ed esperta, per quanto ancora bella e giovane, e questo continuava a far crescere interrogativi sul perché non avesse voluto prendere allievi prima di lei, ma non aveva ancora il coraggio di domandarglielo.
< Devi sapere che prima di scendere sul campo, solitamente, bisogna addestrare il proprio corpo per almeno un anno>
< Per tutto questo tempo?>
< Il fiato deve essere allenato per consentirti di correre rapidamente e molto a lungo, devi essere in grado di sopportare la stanchezza fisica e di portare il peso di grosse armi o di armature, devi imparare ad usare le varie tipologie di armi e scegliere quella a te più affine. Devi sviluppare resistenza e forza fisica. Ci vuole del tempo per essere pronti>
< Ma ..>
< Non preoccuparti, conosco la tua impazienza. Nel tempo in cui hai riposato per guarire dalle tue ferite ho studiato un piano di lavoro piuttosto concentrato, ma dovrai sputare sangue e probabilmente arriverai ad odiarmi>
< Io posso farcela, te l'ho già detto farò tutto quello che mi chiederai di fare>
< Non sai proprio quello che ti aspetta, e sappi che non mi farò incantare da lamenti e pianti, arriverò a distruggere tutte le ossa del tuo corpo pur di prepararti>
< Se cerchi di mettermi paura non ci riuscirai di certo a questo modo, ho già preso la mia decisione, lo farò. Quanto tempo dovremmo impiegarci con questo sistema?>
< Lavorando a pieno regime, tre mesi. E' il compromesso migliore che ho trovato, l'allenamento di per sé sarebbe stato già duro comunque, in tre mesi ti porterò al limite, non si potrebbe ridurre ulteriormente, il fisico non avrebbe tempo d'assimilare e moriresti sul serio per la fatica. Tra l'altro questi tre mesi sono i mesi dell'inverno, nei villaggi montani come Pokke o Mikke gli inverni sono tosti e implacabili, la cosa ti aiuterà a migliorare in fretta>
< Mi garantisci che dopo questo addestramento sarò pronta per cacciare?>
< Dammi solo tre mesi Yana e stenterai tu stessa a riconoscerti>
L'ennesimo gioco di sguardi, si fissarono intensamente come se non servissero altre parole, anche questo oramai era stato deciso, avrebbe dato anima e corpo per il tempo richiesto, ma effettivamente ancora non poteva minimamente sospettare quello che la donna più grande le avrebbe fatto passare.

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