Il Giardino dell'Amore

di Pascoli Oscar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Giardino dell'amore ***
Capitolo 2: *** LA STELLA CHE PIANGEVA ***



Capitolo 1
*** Il Giardino dell'amore ***


IL GIARDINO DELL’AMORE
 
 
 
        In un vecchio giardino, di un’antica città, un giorno si trovò a passare un giovane, che vagava solo e triste per il mondo. Si fermò per riposare e, siccome il sole era alto, si sedette ai piedi di un albero di ulivo, che con la sua ombra alleviava il calore.
        Il giovane stette un po’ a pensare, poi cominciò a parlare.
        - Povero me come sono sventurato! Nessuno mi vuole bene, nessuno che voglia darmi un lavoro per vivere! –
L’albero, udendolo, si scosse un po’ e guardò chi fosse che stava seduto ai suoi piedi ed era così triste! Il suo volto era coperto da strani brufoletti, che lo facevano apparire brutto come un crespo.
        - Me sventurato, il mio volto, è così spregevole che nessuno osa guardarlo e nessuno vuole darmi un lavoro perché sono brutto come un rospo e hanno paura di perdere i clienti o che porti sventura.
         L’albero lo ascoltava e ne aveva compassione. Il giovane cominciò a piangere, le lacrime caddero a terra e bagnarono le radici dell’albero, che rabbrividì. Anche un pettirosso ne fu colpito, tanto che chiese all’albero, sul quale s’era posato, “Sai perché quest’uomo piange?”.
        “Dice che è solo, e nessuno lo vuole perché, brutto com’è, fa paura e lo cacciano via” rispose l’albero.
        Anche la terra, che si sentì bagnata da quelle lacrime, si scosse e, come svegliata da un lungo sonno, mormorò “Chi mi bagna con acqua salata?”.
        “Sssss…!!” sussurrò una margheritina dai petali gialli, “non vedi che quest’uomo piange?”.
        “E perché mai?” chiese la terra.
        “E’ triste, è solo, ecco perché!” rispose un coniglio, che da poco lontano, nascosto tra l’erba, aveva ascoltato tutto.
          IL giovane, intanto, piangeva sempre di più.
I suoi singhiozzi avevano destato la curiosità di tutto il giardino, che s’era svegliato.
          “Qui ci vuole un’idea!” commentò l’albero.
           “Forse ne ho una” disse il pettirosso.
           “Qual è?” chiese il coniglio.
           “Ascoltate. Ricordate quando tanti anni fa…”.
            Tutti erano rimasti sotto l’albero ad ascoltare l’idea del pettirosso, quando all’improvviso corsero via. Il giovane si convinceva sempre più della sua bruttezza.
           -Guarda che roba, anche gli animali fuggono alla mia vista, anche loro avranno avuto paura.
           Ma l’albero cercò di consolarlo.
           “Non preoccuparti, noi ti aiuteremo e vedrai che quando avremo finito tu sarai l’uomo più bello del mondo”
           -Adesso sto per diventare pazzo: sento un albero che parla!
          L’albero continuò a parlare, raccontandogli una storia.
          “Tanto tempo fa, quando solo di spada o veleno si poteva ammazzare la gente, viveva un uomo nella città qui vicino, bello come l’alba e buono come un uccello. Amava gli uomini e di loro si prendeva cura. Parlava di pace e tutti lo ascoltavano, ma pochi capirono cosa volesse dire. Così un giorno gli uomini più cattivi della città decisero di condannarlo a morte, perché dicevano aizzava il popolo contro il re”
           Mentre l’albero raccontava questa storia, dal suo arbusto cominciava ad uscire un liquido che somigliava a delle lacrime. Il giovane volse lo sguardo in alto.
          -Ma tu come sai questa storia?
          -L’albero si piegò e rispose.
          “Proprio dove sei seduto tu egli veniva a pregare; e l’ultima volta che venne bagnò con il suo sudore di sangue la terra e le mie radici”.
           Gli animali erano intanto tornati e circondarono allegramente il giovane, che si stupì di vedersi attorno tanti amici.
           -Se l’uomo fosse come voi, così buono, la terra sarebbe un paradiso.
           -Apri la tua mano destra” gli disse il pettirosso “e ti metterò nel palmo qualcosa. Dovrai stringare forte, senza guardare, finché non ti dirò basta”.
           Il giovane ubbidì e strinse il pugno tanto forte da farsi male, finché non ne uscì sangue; e il pettirosso lo fermò.
           “Adesso apri il pugno e guarda ciò che ti ho dato” disse il pettirosso.
           IL giovane aprì la mano e vide una spina conficcata nel palmo e il suo sangue che veniva fuori.
           “Vedi quel tronco secco?” chiese il coniglio indicando l’orizzonte.
            -Lo vedo.
            “Quel tronco era una volta l’albero più bello di questo giardino, ma da lui fu preso il legno per fare la croce, dove quell’uomo emise l’ultimo suo respiro. Da allora non germoglia più. Là tu dovrai andare e bagnare col tuo sangue le sue radici, così ch’egli possa di nuovo germogliare”.
            Il giovane ubbidì ancora. Si avvicinò al tronco secco e col suo sangue bagno le radici. D’un tratto, come per miracolo, l’albero cominciò a germogliare. Il giovane, stupito, tornò indietro e si rivolse al pettirosso.
            -Quale mistero nasconde questa spina?
            -Apparteneva alla corona che misero in testa a quell’uomo. Il mio capostipite la tirò fuori dalla sua fronte e si macchiò il petto di sangue. Da allora infatti tutti noi abbiamo il petto rosso del suo sangue!.
            -Il giovane commosso, gli rese la spina e con meraviglia si avvide che il palmo della sua mano era guarito.
            -Poi la terra gli disse “Adesso torna sul posto dove hai pianto. Le tue lacrime cadute su di me sono diventate fango: prendine un po’ e spalmale sul tuo viso, poi scendi al fiume e lavati”.
            Il giovane fece come gli disse la terra: si spalmò il fango ottenuto con le sue lacrime e andò al fiume a lavarsi. Mentre si lavava si accorse l’acqua rifletteva la sua immagine; e quando i cerchi formati dalle sue mani si fermarono vide riflesso nell’acqua un uomo bellissimo, con un volto dolce e delicato, come quello di un angelo. Allora ebbe paura e fuggì correndo verso il giardino, dove trovò tutti ad aspettarlo.
            “Oh…!!! Esclamarono. E lui ansimando per la corsa.
  • Cosa mi è successo?
L’azzurro dei suoi occhi incastonati in quel suo dolce viso prese luce e i suoi capelli assunsero il colore del sole. Era bellissimo.
            “Il tuo animo gentile e la tua tristezza ci hanno commosso. Per questo ti abbiamo voluto aiutare, però tu non dovrai dimenticarci e dovrai tornare qui ogni volta che la notte più lunga dominerà sul giorno, per darci le tue lacrime”.
            Il giovane ringraziò tutti e tornò al suo paese. Nessuno lo riconobbe, anzi si chiesero come un uomo di tale bellezza si potesse trovare lì. E mentre la notte si faceva più fitta, egli andò nella sua casa di fango e paglia, quasi vuota, con sola sedia e un lettino, anch’esso di paglia, sul quale era stesa una vecchia coperta bucata. Erano anni che non ci metteva più piede, da quando iniziò a girovagare per il mondo.
            Si stese sul lettino e cercò di ricordare ciò che poche ore prima gli era accaduto. Si addormentò presto e sognò, sognò un lavoro che lo fece diventare ricco e rispettato da tutti, sognò una moglie che gli preparava da mangiare e dei figli che lo rendevano felice. Sognò e sognò ancora.
            Svegliatosi all’alba, si mise in ceca di un lavoro, che trovò subito in una casa dove si lavorava il lino. Diventò ricco e stimato dalla gente; ma non teneva per sé le sue ricchezze: infatti, con i soldi che guadagnava dava da mangiare ai poveri, cercando anche di dare loro un alloggio vivibile, mentre egli viveva con umiltà, in quella casa fatta di paglia e fango. Anche quando trovò moglie ed ebbe dei figli continuò ad abitare lì.
            Come aveva promesso agli amici del giardino, ogni anno, nella notte più lunga, ritornava in quel luogo a versare le sue lacrime. Fu la diciassettesima notte e l’ulivo gli parlò di nuovo:
            “E’ venuto l’uomo e mi ha detto <> . Ecco, questo mi disse e ti ho riferito. Adesso vai, perché ci non serve più che tu ci lasci le tue lacrime”.
            Senza chiedere nulla, il giovane se ne tornò mesto e silenzioso. All’alba del giorno dopo tornò nel giardino col suo primogenito, che aveva già quindici anni. Giunti, videro un giovane seduto ai piedi dell’ulivo, con le gambe piegate su se stesse e il capo appoggiato sulle ginocchia. Allora il giovane capì, baciò il figliolo sulla fronte e andò a sedersi accanto allo sconosciuto.
            D’un tratto i due, sotto gli occhi del ragazzo, diventarono un’unica persona. Il ragazzo corse verso il padre, gridò il suo nome, lo toccò e si accorse che era ormai senza vita. Scoppiò in lacrime.
            Un uomo con una lunga veste di stracci venne al suo fianco: una luce lo illuminava, facendolo apparire bello e maestoso. Le sue mani e i suoi piedi portavano il segno dei chiodi. “Non piangere” gli disse “tuo padre è con me. Lo rivedrai, ma vai, avvisa tua madre perché venga a prendere il suo corpo”.
 

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Capitolo 2
*** LA STELLA CHE PIANGEVA ***


C’era una volta un paese felice e spensierato: e in questo paese c’era una scuola, dove i bambini erano felici di andare a imparare tante cose nuove e belle. Tutti i muri delle classi erano coperti da disegni allegri, fatti dai bambini. Un giorno però, dopo la fine delle lezioni, l’uomo delle pulizie mentre guardava con allegria i disegni si accorse che ce n’era un strano. Si avvicinò, inforcò sul naso grosso e paonazzo i suoi piccoli occhiali. I suoi occhi verdi non cedettero a se stessi: la parete era piena di stelle che sorridevano, ma in mezzo ce n’era una che era strana; infatti si vedeva bene che era triste e sembrava piangesse. “ Bah…! Valli a capire questi bambini: ce ne sarà uno strano ” pensò l’uomo ad alta voce. Guardò ancora un po’, poi dette un’alzata di spalle e continuò il suo lavoro. Quando ebbe finito, chiuse la porta e andò via. Mentre si allontanava, però, sentì qualcosa che lo turbò alquanto. Si fermò per ascoltare meglio e sentì come un pianto e un grido d’aiuto venire dalla classe dove era stato fino a quel momento. Corse indietro e aprì la porta; controllò bene che non ci fosse qualcuno. “ Nessuno! ” esclamò. Alzo le spalle e richiuse. Stava per andar via quand'ecco ancora quel pianto. Riaprì la porta e stavolta entrò. Guardò bene anche sotto i banchi e la cattedra. “ Nessuno! ” ripeté; e andò via deciso. “ Meno male che ci sono le vacanze, mi pare che il mio cervello stia per andare in tilt ”. L’uomo tornò a casa, ma non raccontò a nessuno ciò che gli era capitato, anche perché non voleva essere preso per pazzo. Passavano i giorni, passavano le notti, ma il poveretto non poté togliersi quei lamenti dalla testa. Un giorno, mentre passeggiava, si trovò, senza rendersene conto, davanti alla scuola. Alzò il capo calvo e guardò, in alto, la finestra di quella classe. Fu lì per lì per andarsene quando gli sembrò che la finestra fosse aperta. Guardò di nuovo. “ E’ proprio aperta! ” disse meravigliato. Prese le chiavi che portava sempre con se ed entrò nella scuola, dirigendosi subito in quella classe. Aperta la porta, entrò e si diresse alla finestra. “ Oh! Cribbio! Eppure mi è sembrato che fosse aperta ” pensò ad alta voce. Fece per andarsene ed ecco ancora quei lamenti. Si girò di qua e di là: nessuno. “ Credo veramente di stare per impazzire ” pensò e andò via. Venne il giorno in cui la scuola doveva riaprire e si dovevano rispolverare le classi; perciò l’uomo vi tornò a lavorare. Prese gli attrezzi, si fermò e pensò. “ E’ meglio che lasci quella classe per ultima ” Cominciò a lavorare fischiettando e cantando. Lavorò tutto il giorno, fino ad arrivare in quella classe. Si fermò e attese in silenzio: nulla. Di quei lamenti e grida d’aiuto nulla. Si decise e, aperta la porta entrò. Iniziò a spolverare come se nulla fosse, quando… gli venne in mente quella strana stella, alzò lo sguardo e la vide, solo che gli sembrò più triste di quando l’aveva lasciata. Inforcò gli occhialetti e la guardò meglio. “ Chissà cosa le sarà successo! ” penso ad alta voce senza che si rendesse conto di ciò che diceva. Però a lui sembrava che quella stella avesse pianto. “ Chissà chi è il bambino che l’ha disegnata ” pensò ancora. Stava per togliersi gli occhiali quando “ Aiuto, sto per spegnermi! ” udì. Ancora quella voce! Il poveretto si mise le mani in testa credendo d’impazzire, quando si accorse che quella stellina aveva delle lacrime che gli spuntavano dagli occhi tristi. “ Ascolta buon uomo, aiutami almeno tu ”. L’uomo si guardò intorno, non vide nessuno. “ Sono io che parlo, la stella triste, di cui tu solo ti sei accorto ”. L’uomo si avvicinò ancora un po’ e chiese “ Non è che sto diventando pazzo? ”. La stellina abbassò gli occhi e rispose “ No, non sei pazzo, è solo che sono qui da un bel po’ e tu solo ti sei accorto che piango ”. L’uomo, ancora incredulo, chiese “ Ma dimmi, perché piangi? Non vedi come è allegro il mondo intorno a te? ”. E la stella singhiozzando: “ Il mondo intorno a me è stato disegnato da bambini felici, mentre… ”; e scoppiò a piangere. L’uomo voleva calmarla, ma non sapeva cosa fare: si trovava impacciato, non aveva mai parlato con un disegno e allora cercò di chiedere ancora qualcosa. “ Dimmi, chi è il bambino che t’ha disegnato? ” La stella piangente rispose “Il figlio del falegname, Marco. L’uomo rifletté un attimo e chiese “E perché mai t’ha fatto così triste?”. La stella allora rispose “ Il padre ”. L’uomo cercò di capire, poi aggiunse “ E’ da un bel po’ che non lo vedo, chissà dov'è ”. A quel punto la stella, piangendo, spiegò “E’ a casa , sta per morire. “ Mio Dio! ” esclamò l’uomo; “ ecco perché Marco t’ha fatta così triste! ” “ Infatti” confermò la stella; “ e quando il padre non ci sarà più egli non potrà a scuola, perché dovrà aiutare la sua povera mamma e suo fratellino di un anno ” Il poveretto si commosse e dai suoi occhioni verdi vennero fuori delle lacrime che gli rigarono il volto. Se le asciugò come meglio poté con le sue grandi mani, scosse la testa come per riaversi e chiese ancora: “ Dimmi stellina, tu perché hai chiesto aiuto? ”. La stella alzò lo sguardo e gli rispose “ Perché tu sei l’uomo più buono del paese e sei saggio. Col tuo aiuto io potrò sorridere ”. “ Vuoi forse dire che… tu credi… Insomma, noi due possiamo salvare quell'uomo? ” balbettò. “ Si! ” ribatté la stella; “ anzi, noi quattro ” “ E chi sarebbero gli altri due? ”. “ Gli altri sono Marco e quel pettirosso che Marco qualche anno fa disegnò sul suo libro di religione ” spiegò la stella. Allora l’uomo emozionato, “ Dimmi cosa devo fare e sarà fatto ” aggiunse. Mentre il sole volgeva al tramonto la stella spiegò all'uomo il da farsi. La luna era da poco spuntata e già illuminava il paese con il suo splendore. L’uomo uscì di casa e si diresse alla falegnameria, dove avrebbe incontrato Marco: infatti la stella gli aveva detto che Marco ogni sera andava a controllare che tutto fosse a posto. Marco era puntuale. Non c’era nessuno in strada. L’uomo si avvicinò e lo salutò. “ Ciao Marco ” “ Buonasera, signor Gino ” rispose Marco educatamente. “ Ti posso parlare? ” chiese l’uomo. “ Cosa deve dirmi? ” soggiunse Marco. “ E’ vero ” gli chiese, “ che tuo padre è gravemente ammalato? ”. “ E’ vero ” rispose Marco. “ Ma voi come fate a saperlo? ” La luna, in quel bel cielo stellato di fine agosto, andava sempre più in alto, illuminando il paese con la sua luce argentata. “ Come lo so è affar mio. Però… forse so come farlo guarire ” rispose l’uomo. Gli occhi di Marco si riempirono di una luce meravigliosa. Per un istante credé di dormire e di sognare. Le sue labbra si aprirono in un tenero sorriso, quasi volesse cantare. Poi pensò “No, no, è solo un sogno. Mi state prendendo in giro”. Il suo volto ridiventò cupo e triste, i suoi occhi si abbassarono, chino la testa. A quel punto l’uomo cercò di portare il suo braccio sulla spalla di Marco, ma questi la schivò e cercò di andar via. L’uomo allora disse “ Perché non vieni a scuola? Troverai qualcosa di interessante ”. “ Non è possibile, mia madre mi aspetta; e poi è già tardi ”. “ Ascolta ragazzo, vuoi bene a tuo padre? ” “ Certo che gli voglio bene. E’ l’uomo più dolce del mondo, ama tanto mia madre ed è molto tenero con noi. Farei veramente l’impossibile per salvarlo ”. “ Ecco: l’impossibile. Hai detto bene. Ciò che voglio dirti io è proprio questo, si tratta dell’impossibile ”. L’uomo aveva preso Marco per le spalle, con le sue grandi mano, e lo guardava dritto negli occhi. “ Ascolti, non capisco cosa voglia dire, mi lasci in pace e mi tolga le mani di dosso. Mi fa male ” disse Marco girando il capo e guardando le mani dell’uomo sulle sue spalle. L’uomo abbasso le braccia mestamente e con aria triste gli disse “ Forse hai ragione, sono pazzo. Ma vedi… quelle grida… la stella… no! Hai ragione, forse è meglio consultare un medico ”. Stava per andar via, quando Marco lo bloccò per un braccio. “ Aspetti, di che stella parla? ” chiese. “ No, niente; una stella disegnata su un muro a scuola ” divagò l’uomo. “ Di sicuro, però, mi sta succedendo qualcosa qui ”. Indicò la testa. “ Aspetti, com'è la stella che ha visto? Voglio dire…avrà certo un’espressione! Com'è, triste o allegra? ” farfugliò velocemente Marco. “ E’ tristissima, anzi piange. Ma poi, che ti interessa? Proprio ora volevi fuggire! ” disse l’uomo. “ Voglio andare a scuola ” disse Marco di scatto; e cominciò a correre. “ Dai correte, facciamo Presto! ”. L’uomo gli andava dietro faticosamente. Arrivarono a scuola e l’uomo, con le mani che gli tremavano, prese le chiavi per aprire. “ Date a me, dobbiamo fare in fretta: ho chiesto io alla stella di aiutarmi ” L’uomo respirava a fatica. “ Meno male che non credevi nell'impossibile ” balbettò l’uomo ansimando. Entrarono al buio. Sembrava che la luna si fosse fermata a guardare. La luce che emanava entrava dalle finestre e illuminava la classe. Marco si fermò. Il cuore gli batteva forte. Il suo respiro si era fatto grosso, si vedeva il petto gonfiarsi. Prese un attimo di respiro e si avvicinò alla stella. “ Ehi sta per svanire! ” disse meravigliato Marco. “ Verrai con me? ”chiese la stella tristemente. “ Si,verrò! ”rispose Marco con ansia. “ Dov’è il tuo libro di religione? ” chiese la stella. “ E’ qui con me ” rispose Marco. “ Appoggiatevi al muro ” disse la stella. L’ometto era spaventato, tremava come una foglia. D’ un tratto si sentirono leggeri e come trasportati da qualcuno o da qualcosa di invisibile. E in un istante si trovarono in un altro mondo. Sembrava un sogno. La luna era alta nel cielo, ma era come se ci si potesse arrivare con un salto. Poi si guardavano intorno e videro sabbia, nient’altro che sabbia. “ Ma siamo in un deserto! ” esclamò Marco meravigliato. “ Sembra proprio di si ” commentò l’ometto mestamente; “ e il bello è che non sappiamo in quale deserto ”. Marco intanto scrutava il cielo. “ Guarda quella stella com’è luminosa! ”. Richiamò l’attenzione dell’ometto, il quale la guardò. “ Sembrava che ci indichi la strada ”, suppose, “ come fece la cometa con i re Magi nella notte di Natale ”. “ Allora seguiamola ”decise Marco. La notte era fredda, ma da lì a poco sopraggiunsero le prime luci dell’alba. Il sole, quando fu alto diventò cocente. C’era un caldo torrido. Mentre camminavano, i due poveretti sentivano che non avrebbe avuto per molto, quindi decisero di fermarsi un po’. “ Fa troppo caldo, non c’e la faccio più ” disse l’ometto. “ Dai, un ultimo sforzo ” lo pregò Marco; “ dovremmo arrivare da qualche parte. ” “ E inutile ” replicò l’ometto; “ e poi ho tanta sete, la mia gola è secca e piena di polvere ”. “ Fammi uscire ” si sentì all’improvviso. I due si guadarono negli occhi come se si volessero chiedere chi aveva parlato. “ Fammi uscire ” si sentì ripetere. “ Il caldo comincia a fare brutti scherzi ” disse Marco. “ Sono nella tasca della tua giacca, fammi uscire ” disse seccata la voce. Marco mise le mani nelle tasche e tirò fuori una matita e il libretto di religione; lo aprì e a un tratto vide il pettirosso che aveva disegnato che si animava. “ Usa la matita ” gli disse svolazzando intorno. “ Per fare cosa? ” chiese Marco. L’ometto intanto guardava sbalordito. “ Disegna un pozzo e avrai l’acqua ” disse il pettirosso. “ Mi prendi in giro ”. “ Ascolta ciò che ti dico, quella matita è magica ” disse il pettirosso. Marco allora si mise a disegnare e quando ebbe finito si rivolse al pettirosso. “ Cosa faccio adesso? ”. “ Posalo a terra e allontanati ”. Marco lo ascoltò ancora una volta e, come per miracolo, ecco spuntare dalla sabbia un pozzo con l’acqua. I due si misero a gridare e a ballare per la gioia e a gettarsi addosso secchi d’acqua per rinfrescarsi. Dopo che si dissetarono, Marco chiese al pettirosso “ Come facevi a sapere che questa matita è magica? ”. Allora il pettirosso, prendendolo in giro, gli rispose con un’altra domanda: “ Se no, come avrebbe fatto la stella a parlare e come avrei fatto io a volare? ” “ Ma è vero! Come ho fatto a non pensarci prima! ” si domandò. “ Ascolta” disse rivolgendosi al pettirosso, “ allora posso disegnare un medico che guarisca mi padre? ” gli chiese. “ No! ” esclamò il pettirosso, “ l’uomo che guarirà tuo padre dovrai cercarlo tu ”. “ E dove? ” Chiese Marco. “ Dovrai cercare un giardino dove c’è un albero d’ulivo fiorito e aspettare lì ” “ E come faccio a trovare la strada? ” chiese ancora Marco. “ La strada te la indicherà la tua stella ” rispose il pettirosso; e andò via. Intanto arrivò la notte e i due si misero in cammino guardando in cielo la stella. Era passata la terza notte quando arrivarono. “ Guarda, Marco: l’ulivo fiorito! Deve essere questo il posto ” disse l’ometto. “ Non dobbiamo fare altro che aspettare ” replicò Marco. L’attesa non fu lunga: alcune ore più tardi videro l’uomo con vesti lunghe prostrarsi vicino all'albero per pregare. “ Signore ” lo chiamò Marco. “ Cosa vuoi ragazzino? ” “ Siete un medico? ” chiese Marco. “ Dipende dalle malattie ” rispose sorridente l’uomo. “ Mio padre è grave, non so cosa abbia, so solo che sta per morire ” spiegò Marco. L’ uomo lo guardò con tenerezza. “ Cosa posso fare io? ” “ Dovresti venire con me nel mio mondo ” disse Marco. L’ uomo mostrò di essere commosso. “Non posso venire, ma…”. Prese un piccolo sacchetto di stoffa. “ Questi soldi potranno farti trovare un medico speciale. ” Marco prese quei soldi e andò via ringraziandolo quell’ uomo della sua generosità. “ Su, dai! Abbi fede. Forse quel signore ha ragione: a volte basta un po di denaro in più per trovare un bravo medico ” lo consolò l’ ometto. Ripresero la strada del ritorno. Passarono altre tre notti e stavano quasi per arrivare, quando vicino al pozzo si imbatterono in un bambino nudo, seduto a terra. “ Che t’ è successo? ” gli chiese Marco. “ Oggi dei ladri mi hanno rubato tutto e lasciato qui nudo e solo ” rispose il bambino. Intanto l’ometto prese la sua giacca e gliela mise sulle spalle. “ E adesso cosa farai? ” “ Nulla ” rispose il bambino piangendo; non ho più soldi e se tornerò a casa cosi mi picchieranno e mi cacceranno via. Morirò sicuramente di fame e stenti ”. “ Sono tanto cattivi i tuoi genitori? ” chiese Marco. “ Non ho genitori ” rispose il bambino. “ E allora chi ti caccerà via? ” “ Il mio padrone, che farà in modo che io non trovi più lavoro ”. Marco e l’ometto, commossi, si guardavano nel occhi. Allora Marco prese il sacchetto che conteneva i soldi per il medico di suo padre e li diede al bambino. “ Tieni ”gli disse, “ servivano per trovare un medico a mio padre, ma tu hai più bisogno, perché sei solo. Mio padre ha noi e troveremo altri soldi ” Il bambino sorrise e prese i soldi, mentre l’ometto dava una pacca sulle spalle di Marco. “ Bravo sono fiero di te ”. “ Ascolta ” l’interruppe il bambino, rivolgendosi a Marco, “ va’ a casa e gioisci con tua madre e tuo fratello, perché tuo padre e guarito ”. Neanche avevano finito di parlare che ci fu un lampo e di colpo si trovarono al punto di partenza. Erano meravigliati. Tutto era rimasto come se il tempo lì si fosse fermato, però ricordavano bene ciò che era successo. “ Signor Gino, grazie per avermi aiutato ”. “ Non preoccuparti, vai; e vedi se tuo padre è veramente guarito ” disse l’ometto sorridendo. Marco corse a casa, aprì la porta e vide sua madre, seduta con suo padre sul letto. “ Mentre tu eri al negozio, papà è guarito come per miracolo ” disse sua madre sorridendo, mentre i suoi occhi erano pieni di lacrime di felicità. Marco gridò di gioia “ Papaaaaaaà! ” e lo abbracciò “ Grazie Marco ” si sentì dire da suo padre in un orecchio. Intanto la stella e il pettirosso erano tornati al loro posto sorridenti e l’ometto restò davanti alla porta della scuola a contemplare il cielo, chissà con quali pensieri. Salve Amici! Vi chiedo, per favore, di recensire queste mie favole. Non importa che siano positive o negative, l’importante è sapere cosa ne pensate. Le critiche aiutano a crescere! Grazie!

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