La maledizione della costellazione del drago

di BlackRose96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capito 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                   
                        Prologo



La luce tenue della luna filtrava nel buio in cui ero avvolta.
Alzai lo sguardo sull’unica piccola fessura presente nella mia prigione. C’era il plenilunio.
Le catene che mi imprigionavano i polsi non mi consentivano di fare grandi movimenti, ma mi alzai comunque per sgranchirmi un po’  le gambe indolenzite. Mi avevano torturata più intensamente e più a lungo quel giorno. Forse la fine stava per arrivare.
Mi stavano trattando peggio di una bestia da macello. La fine sarebbe stata la stessa, ma almeno loro tutte quelle sofferenze non le pativano. Maledetto quel demonio, maledetti tutti! Me l’avrebbero pagata, un giorno. Un giorno. Sentii dei passi dapprima lontani avvicinarsi pian piano. Poi il rumore di pesanti chiavi di piombo aprire delle vecchie serrature. I passi si fecero sempre più vicini, ma nell’oscurità non riuscii a capire a chi appartenessero. Non ebbi paura. Cosa potevano farmi che non mi avessero già fatto?
Poi la porta della mia cella si spalancò, facendo entrare una figura non distinguibile nel buio della notte, ma per me impossibile da non riconoscere. L’uomo chiuse la porta dietro di se, avvicinandosi lentamente a me. Un passo per volta, calcolato uno a uno. Indietreggiai istintivamente. Merlino, se solo avessi avuto le mani libere. Me ne sarebbe bastata anche una sola. Anche se era buio, riuscii a percepire il suo sorriso. Un sorriso soddisfatto, di scherno. Strinsi i pugni e raccolsi tutte le mie forze per non tentare di liberarmi e ucciderlo, alla fine avrei solo aggravato la mia situazione. Era sicuramente pieno di guardie là fuori, e senza la mia bacchetta non avrei potuto affrontarli tutti. Nè sarei riuscita a spezzare quelle maledette catene.
«Sono solo venuto ad accertarmi che tu fossi ancora viva» disse infine l’uomo, stringendomi il mento con una mano. Lo morsi, e quel maledetto mi schiaffeggiò forte, facendomi sbattere la testa violentemente contro il muro.
«Non ti conviene farmi arrabbiare, ragazzina. I miei uomini godono a sentirti urlare mentre ti torturano, per non parlare di tutta la gente che non vede l’ora di vederti bruciare viva. »
« Tanto avverrà comunque. » gli risposi tra i denti.
« Certo, ma vedi, ogni cosa a suo tempo. Che gusto ci sarebbe a farti schiattare senza averti vista versare senza più voce le tue lacrime? »
Ormai i miei occhi si erano abituati al buio, e riuscii a scorgere il suo ghigno spietato. Per tutta risposta lo sputai in faccia. Lui non reagì, sul viso lo stesso ghigno che aveva prima.
Si voltò e fece per andarsene, ma quando arrivò alla porta della prigione si voltò e mi disse:
« Ah, e cerca di non morire. Altrimenti domani non ci sarebbe nessuno spettacolo. »
Mi avventai su di lui, ma le catene che avevo ai polsi mi trattennero, facendo aumentare i dolori causati dalle numerose torture subite negli ultimi giorni. Con un ultimo sorriso soddisfatto mi voltò le spalle e se ne andò.

Vennero a prendermi prima dell’alba. Le lacrime mi rigavano il viso. I miei occhi si concessero di guardare per l’ultima volta quel cielo che avevo tanto amato. L’ultimo spettacolo concesso a un condannato a morte che sta andando verso il patibolo.
Guardai la luna, l’unica compagnia che avevo durante la prigionia, oltre ai miei carnefici. Era pallida, circondata dagli astri e dalle costellazioni. I miei occhi ne scorsero una in particolare. La costellazione del drago. Un momento di lucidità. Le sue azioni non potevano restare impunite. Mi sarei vendicata, poco importava se quando sarebbe successo il mio corpo sarebbe diventato cenere da secoli o da millenni. Me l’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro.
Eravamo arrivati sul patibolo,  centinaia di persone mi guardavano, ma non m’importava, il mio sguardo era concentrato solo su uno. Draco Malfoy.  Quello che di lì a poco avrei maledetto.



500 anni dopo….


Un bello schiocco sonoro e la palla numero 7 finì in buca.
Un ragazzo alto e biondo dalla carnagione chiara con passo aggraziato  fece il giro dell’enorme tavolo verde da biliardo e con aria concentrata si piegò su di esso  sistemando la stecca fra le dita.
Un piccolo movimento deciso della mano e un’altra palla finì in buca.
Solo ora che non c’era rimasta nessuna palla il ragazzo biondo dal viso angelico  sollevò lo sguardo dal tavolo da biliardo. E, solo allora, si concesse un enorme ghigno soddisfatto.
«Non c’è gusto a giocare con te!» sbottò un ragazzo alto e dalla carnagione scura che fino a quel momento era rimasto in un angolo imbronciato nel vedere la prestazione da maestro dell’amico.
«In effetti non capisco perché ti ostini a farti umiliare, Blaise. Sono dieci anni che continui a perdere con il sottoscritto, non hai alcuna possibilità di vittoria. Cerca di fartene una ragione » lo prese in giro il biondo.
Il moro fece per ribattere ma chiuse subito la bocca, decidendo di lasciar perdere.
 Infondo, il suo amico aveva ragione. Il biondo, soddisfatto dell’ennesima vittoria, e per aver zittito il suo amico, si lasciò cadere sulla poltrona e con un sorriso trionfante e si accese una sigaretta.
Una boccata. Poi un’altra. Piccoli cerchietti di fumo invasero la stanza, infastidendo e facendo tossire Blaise Zabini.
« Non puoi proprio evitare di fumare nella stessa stanza in cui ci sono anch’io? »
«E’ un problema tuo, non mio. Se ti  dà così tanto fastidio te ne puoi anche andare, io non ti tratterrò. » rispose sarcastico e allo stesso tempo annoiato il biondo.
«Sei sempre il solito stronzo. » fu la risposta del moro, per niente sorpreso dal carattere odioso del suo migliore amico. Erano tanti anni ormai che era abituato a quelle risposte, così tanti che ormai non ci faceva più caso.
Il biondo gli rivolse il suo peggior sorrisetto strafottente, e soffiandogli volutamente il fumo in faccia, gli rispose:
« Non per niente mi chiamo Draco Malfoy. »

Saaalve a tutti :) Per chi non ha letto la mia prima storia mi presento: sono BlackRose e amo esclusivamente la coppia Dramione :) Avevo provato a scrivere una seconda storia dopo di Un universo parallelo ma non mi soddisfava per cui l'ho eliminata, e ora ho iniziato questa, sperando vi piaccia così come piace a me.
Beh che dire? Spero la seguirete e lascerete qualche piccola recensione, un bacione a tutti :*

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***



                 Capitolo 1


Dozzine di ragazzi vestiti di nero si muovevano all’unisono nella stessa direzione.
Era l’1 settembre e gli studenti di Hogwarts si accingevano a prendere l’Hogwarts Express per iniziare un nuovo anno scolastico. Sembravano tutti uguali visti così, con i loro bagagli e le loro divise identiche, fatta eccezione per la cravatta, ognuna con i colori delle rispettive case, che spezzavano con il maglione nero.
Un ragazzo biondo e dagli occhi grigi si distingueva dalla massa. I suoi bagagli erano già al loro posto sul treno, trasportati lì da qualche elfo domestico, e lui ora attendeva annoiato la partenza del treno, fiancheggiato da Blaise Zabini e Theodor Nott, con in bocca una sigaretta.
Tutti erano ansiosi di tornare alla loro amata scuola, lui no. Erano poche le cose che lo entusiasmavano, e Hogwarts non era tra quelle.  Conosceva già numerosi incantesimi,  molti dei quali di magia oscura, vero, ma anche quelli che insegnavano in quella “patetica imitazione di scuola”, come la chiamava lui.
E in futuro non avrebbe avuto bisogno di lavorare, era già schifosamente ricco. Che senso aveva perdere sette anni della sua vita in quel modo? Buttò il mozzicone della sigaretta finita, colpendo un tasso rosso del settimo anno. Quest’ultimo si girò infuriato, pronto ad aggredire chiunque fosse stato, ma appena capì che a colpirlo con la sigaretta era stato Draco Malfoy si fermò, e tornò con il capo chino alla sua conversazione.
«Com’è che fai questo effetto alla gente senza neanche aprir bocca? » sghignazzò Theodore Nott.
Draco lo ignorò e fece per salire sul treno, quando la famiglia Weasley quasi lo investì.
Draco guardò schifato la famiglia più disprezzata del mondo magico. Erano dei poveracci, e per giunta anche traditori del loro sangue. Si poteva essere peggio di così? Li guardò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle logore divise di terza, quarta, quinta mano e dopodiché gli passò davanti, salendo finalmente su quel dannato treno.
La famiglia Weasley era abituata al disprezzo che i Malfoy nutrivano nei loro confronti, per cui lo ignorarono. Lo ignorarono tutti, eccetto uno.
«Qualche problema Malfoy? » gli urlò dietro Ronald.
Il biondo si voltò verso di lui sprezzante. Ora la plebaglia osava addirittura rivolgerli la parola?
«Certo che ce l’ho, Weasley. Siete la vergogna del mondo magico, non dovreste nemmeno uscire di casa, dalla vergogna. Non meritate nemmeno di respirare la mia stessa aria, ma che ci vuoi fare, purtroppo le leggi non le faccio io. » gli disse con inquietante naturalezza, quasi quella fosse stata una battuta imparata a memoria da recitare su un palco. L’arrogante serpeverde  voltò di nuovo le spalle alla famiglia dei rossi, seguito dai suoi fedeli discepoli.

Ron Weasley era in compagnia dei suoi migliori amici e di sua sorella sul treno che li avrebbe portati ad Hogwarts. Harry Potter e Hermione Granger lo osservavano preoccupati senza farsi notare. Mai avevano visto il loro amico così arrabbiato.
«Ron, tutto bene? » chiese incerta Hermione, rompendo quel silenzio fastidioso che li accompagnava dall’inizio del viaggio.
Il rosso la guardò scontroso, quasi fosse lei la causa del suo malumore. Ma Hermione era una grifondoro, propria come lui. Una delle migliori e delle più degne, a dirla tutta. Quindi Ron non rimase stupito quando vide che la ragazza non era rimasta intimidita dal suo sguardo omicida, ma anzi, continuava a fissarlo, in attesa di una risposta. Ron parve rilassarsi mentre guardava gli occhi limpidi di lei.
La trovava bella, l’aveva sempre trovata bella, ma mai come in quel momento.
Era cresciuta, Hermione. Stava diventando una donna. Ron scosse la testa, cercando di scuotere così anche la piega che stavano prendendo i suoi pensieri, e con il suo sorriso spensierato di sempre le rispose:
«Si, si, tutto bene, Hermione. Scusatemi ragazzi. »
«Dio, sembra che tu abbia le mestruazioni, Ronald! » sbottò sua sorella, con un tono che sembrava la via di mezzo tra il sarcastico e lo scocciato. Tutti risero, tutti tranne Hermione.
Aveva assistito da lontano allo scontro dei Weasley con Malfoy. Aveva visto gli occhi di Ron.
Sapeva che le parole di quel cretino gli avevano fatto più male di quanto mai avrebbe ammesso. Hermione scosse la testa,e infuriata con quella serpe si alzò in piedi ed uscì dallo scompartimento, decisa a dirne quattro a quel furetto da strapazzo.


«Corre voce che ci saranno novità quest’anno» raccontò Theo mentre Blaise dormiva tranquillamente.
«Di che tipo? » chiese Draco, con il suo ormai stabile tono annoiato.
«A dire il vero non lo so. Pare che il vecchio voglia farci andare d’accordo con le altre case… soprattutto con i grifoni, sa che sono quelli con cui… andiamo meno d’accordo… ma non so cos’abbia in mente, di preciso. Forse qualche stupida collaborazione durante le lezioni o giù di lì» spiegò Theodor.
Draco sbuffò sonoramente.
«Fantastico!» disse più a sé stesso che all’amico. «Proprio una bella trovata! Maledetto Silente!»
Ad un tratto la porta dello scompartimento si spalancò, mostrando una Hermione Granger infuriata.
Il fracasso causato da quell’intrusione fece sobbalzare Blaise, che fino a quel momento era stato nel mondo dei sogni.
«Malfoy!» sibilò prendendo la bacchetta dalla tasca della divisa.
Il biondo, che non appena aveva visto entrare la mezzosangue così arrabbiata nel loro scompartimento si era preparato a quell’eventualità, con prontezza estrasse a sua volta la bacchetta dalla tasca e la puntò contro la Granger, imitandola. I due si fissavano con astio, entrambi con la bacchetta puntata contro l’altro, pronti a difendersi da qualsiasi mossa e contrattaccare.

«Hermione ma sei impazzita??» le urlò Ron furioso
«Ma io…»
«No! Non sono cose che ti riguardano! Riguardano la mia famiglia e me! Capito?? La mia famiglia e me!»
e uscì come una furia dallo scompartimento, sbattendo la porta.
Hermione fissò shockata la porta da cui era appena uscito il rosso.
«Perché accidenti se l’è presa così tanto?» domandò al suo amico occhialuto sbigottito almeno quanto lei.
«Non te la prendere, Herm, gli passerà.» rispose Harry cercando di confortarla.
In realtà entrambi sapevano perché il loro migliore amico se la fosse presa così tanto.
Era ferito nell’orgoglio, stanco di essere trattato come lo zimbello del mondo magico.
Stanco delle umiliazioni che quella famiglia di scellerati infliggevano a lui e alla sua famiglia.
E forse, l’essere difeso da una ragazza era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Hermione lo sapeva bene, non voleva peggiorare la situazione, anzi. Voleva, una buona volta, zittire quell’arrogante di Malfoy e metterlo al suo posto, così finalmente li avrebbe lasciati in pace.
Tuttavia, capiva che lei in quella storia non c’entrava un bel niente, e si ripropose chiedere scusa a Ron, quando le acque si sarebbero calmate.

Erano i primi di settembre, ma già faceva freddo. Fuori pioveva, diluviava, ma questa non era una novità da quelle parti. Era il primo giorno di scuola, e Hermione già aveva iniziato a farsi sotto con lo studio.
Aveva già finito tutti i compiti di quella settimana, e ora era appollaiata su una poltrona in sala comune a leggere un libro: Romeo e Giulietta.
Lo conosceva a memoria, ma la poesia di Shakespeare non la stancava mai, anche se aveva una concezione un po’fuori dalla norma di quella storia. Ammirava le parole che il suo poeta preferito aveva scelto per descrivere i sentimenti dei due giovani amanti, tuttavia trovava quella storia esagerata e piena di difetti.
Come potevano due persone sposarsi il giorno dopo essersi conosciuti? O peggio, dichiararsi amore dopo aver parlato di sfuggita per una sera? E, anche se questo possa essere giustificato, perché non avvisare i rispettivi genitori? Forse avrebbero capito, infondo appartenevano entrambi a famiglie facoltose.
Certo, se non fosse successo tutto questo, probabilmente la storia non ci sarebbe stata.
Hermione pensava soltanto che avrebbe potuto esserci, ma curando molto di più questi dettagli.
Ma forse proprio per questo era la storia d’amore per eccellenza.
Ma alla fine, che ne poteva sapere lei dell’amore? Per lei era un fenomeno misterioso e affascinante al tempo stesso. Ma non ne capiva il significato, infondo non era mai stata innamorata. Ma non siamo noi a cercare l’amore, è l’amore a trovare noi. E questo Hermione lo avrebbe provato sulla sua pelle presto.
Ron scese le scale che conducevano al dormitorio maschile, e quando vide l’amica seduta comodamente in sala comune, d’istinto fece per tornare indietro, ma fu troppo tardi. Lei lo aveva visto e chiamandolo si avvicinò a lui.
Si fissarono in silenzio per diversi istanti, incapaci entrambi di iniziare a parlare.
Poi, contemporaneamente, dissero:
«Ti chiedo scusa!»
Risero per quella piccola cosa ma non aggiunsero altro. A volte si capivano al volo, loro due.
Entrambi avevano riflettuto sulla posizione dell’altro, e avevano capito di aver esagerato.
A che serviva aggiungere altre parole? Così si persero in un affettuoso abbraccio, che significava più di mille parole.
Ma il momento non durò a lungo, infatti subito dopo la voce sgradevole di Lavanda Brown li raggiunse da lontano , e i due, scambiandosi un’occhiata ironicamente spaventata, uscirono di corsa dalla sala comune, ridendo di nuovo per la loro complicità.

Blaise Zabini varcò la soglia della sala comune dei serpeverde e quasi non credette ai suoi occhi.
«Non ci credo! Hai fatto portare il biliardo qui a Hogwarts!» esclamò incredulo.
«Così potrò umiliarti pubblicamente.» disse ghignando Draco.
Blaise sapeva che Draco scherzava. Più o meno. Sotto sotto. Ma comunque non aveva senso!
Sapeva che al suo migliore amico piaceva il biliardo, ma non così tanto da portarselo dietro anche a scuola.
«Perché?»
Draco capì che la domanda del suo amico non era riferita alla sua ultima affermazione, così gli rispose semplicemente:
«Perché io posso.»
Blaise non era soddisfatto dalla sua risposta. Che era ricco si sapeva. Che alcuni professori, soprattutto Piton, gli concedevano privilegi che ad altri studenti erano invece negati, si sapeva anche. Però lasciò perdere, il suo amico non era mai portato alle confidenze, tranne per alcune rare occasioni. Evidentemente, questa, non era fra quelle, così si accomodò sul divano di pelle nera, intento ad osservare Draco e Theo sfidarsi senza sosta su quello stupido tavolo da biliardo.
Ormai stanco di perdere, Theo decise di dedicare un po’ di tempo allo studio, così si congedò dagli amici andandosene in biblioteca e lasciando Draco e Blaise soli nella sala comune deserta.
«Cos’hai fatto per far infuriare così tanto la Granger  sul treno?» chiese Blaise ricordandosi l’episodio di qualche ora prima di cui non avevano ancora parlato.
«A lei proprio nulla.»  rispose Draco tranquillamente.
«Devo dedurre allora che ti sei di nuovo comportato di merda con i suoi amici»
«Hai detto bene, con i suoi amici. Non con lei. Quella lurida mezzosangue non aveva il diritto di intromettersi.»
«Non avresti fatto lo stesso per me?»
«Mhm non lo so… non penso proprio.» rispose il biondo indifferente, accendendosi una sigaretta.
«Vaffanculo Dra! Beh, comunque ti informo che per fortuna non tutti sono come te, e difendono i loro amici quando qualcuno fa loro del male.» rispose Blaise, come sempre abituato alle risposte del suo migliore amico.
«Fare del male?? Ho solo detto quello che penso! Non mi sembra il caso di arrabbiarsi così e usare la bacchetta! Che fine ha fatto il detto “Non condivido le tue opinioni, ma darei la vita perché tu possa esprimerle” ? Lei è cresciuta tra  i babbani e dovrebbe conoscerlo»
«Forse perché tu pensi solo stronzate, Dra»  disse convinto Blaise. Poi sembrò riflettere su qualcosa e dopo un po’ il suo viso si illuminò, e guardò meravigliato il suo amico.
«Aspetta, hai appena citato un babbano? E da quando conosci i detti babbani?»
Draco gettò la sua sigaretta ormai finita nell’enorme camino di fronte a loro.
«I babbani sono inferiori ma talvolta dicono cose interessanti.» e detto questo andò in camera sua liquidando l’amico, stupefatto e con un sorriso da ebete.
-Forse c’è ancora speranza.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

«Guarda che tutto quel ben di Dio non si mangia da solo se tu ti limiti solo a guardarlo.»
La ragazza ignorò l’amico e continuò a fissare il piatto colmo di cibo senza l’intenzione di toccarlo.
Si sentiva strana Hermione Granger quella sera, e oltre all’insopportabile senso di vuoto avvertiva solo una fitta sgradevole allo stomaco, che le impediva di provare a nutrirsi.
Ma il suo non era un dolore fisico, o almeno, non originariamente.
Il suo malessere era una serie di sensazioni strane che non riusciva a spiegarsi. Si sentiva sola, triste e abbandonata, anche se in quel momento era nella chiassosa sala grande circondata dai suoi amici, che ridevano e scherzavano con lei. Come sempre. Ma qualcosa era cambiato. E non riusciva nemmeno lei a capire cosa.
Sopraffatta da una sorta di nausea, confusione e tristezza, decise di andare a fare quattro passi all’aria aperta per provare a chiarire cos’era quella strana angoscia che la tormentava.
Si alzò di scatto e si diresse a grandi passi verso l’uscita, seguita dagli sguardi vigili e sinceramente preoccupati di Harry e Ginny. Ron invece era troppo impegnato a svuotare il suo terzo piatto da accorgersi del comportamento strano dell’amica.

«Hermione, senti, per quel compito di storia della magia… Ehi, dov’è finita Hermione? » chiese il rosso appena fu sazio, circa mezz’ora dopo, guadagnandosi un’occhiataccia da sua sorella minore.
«E’ uscita, Ronald, senza dirci dove stava andando…circa mezz’ora fa!» gli rispose severa Ginny.
«Cerca di moderare i toni, signorina!»
«Ron, tua sorella non ha poi tutti i torti…. Hermione  era accanto a te, come diamine hai fatto a non accorgerti che se ne stava andando?» si intromise Harry.
«Ma perché ve la prendete con me? E’ stata lei ad andarsene senza dire niente, giusto?» provò a giustificarsi il rosso, facendo innervosire ancora di più Ginny.
«E allora perché noi ce ne siamo accorti?» rispose stizzita quest’ultima.
«OK, ok, calmiamoci e andiamo a cercarla.» cercò di intermediare Harry.
«Dove pensate possa essere andata?» chiese perplesso Ron.
«Andiamo a vedere se è tornata  nel dormitorio, altrimenti la cerchiamo sulla mappa del malandrino.» sentenziò sbrigativa Ginny, e i tre senza più parlare si incamminarono verso la torre grifondoro.

Il vento le soffiava  contro il viso aria gelida scompigliandole i lunghi boccoli color caramello e facendole venire la pelle d’oca. Il suo senso d’inquietudine non era passato, e non riusciva a capire cosa potesse averlo causato. In teoria sarebbe dovuta essere felice, aveva ricevuto una lettera da sua madre, le lezioni e i voti procedevano bene, e si sentiva sempre più legata ai suoi migliori amici di sempre, che ormai considerava fratelli. Cosa c’era che non andava? Perché si sentiva così… vuota? Incompleta.
Sospirando si alzò in piedi, e dopo aver scosso la gonna della divisa per togliere le erbacce che si erano attaccate dopo essersi seduta sul prato, si guardò intorno, indecisa su quale direzione prendere.

Le campane del grande orologio stavano suonando, l’ora del coprifuoco era appena scoccata e se qualcuno li avrebbe trovati fuori dai dormitori, non avrebbero avuto sconti.
«Dai muoviamoci!» esordì Ginny, il panico trapelava dalla sua voce. Infondo lei negli anni precedenti non aveva mai partecipato ai giretti notturni dei suoi amici, per quanto a fin di bene, non aveva mai osato trasgredire le regole. Ma quella sera aveva un valido motivo, la sua migliore amica aveva qualcosa che non andava, e in più era vicino al lago nero di notte, da sola, durante il coprifuoco.
E poi, per quanto le sue intenzioni fossero nobili, Ginny aveva pensato anche ai benefici che ne avrebbe tratto. Con quella uscita fuori programma, avrebbe avuto l’occasione di passare un po’ di tempo con il suo amato Harry, e chissà, magari sarebbe successo qualcosa. Magari avrebbe avuto il coraggio di confessargli i suoi sentimenti, e forse lui avrebbe addirittura ricambiato. Per questo aveva insistito che suo fratello non andasse con loro.
“Devi coprirci nel caso vengano a fare qualche controllo. Inoltre, in due, diamo meno nell’occhio.”
gli aveva detto. E lo sciocco aveva abboccato, o forse, semplicemente, era troppo pigro per quella lunga camminata.
-Meglio così- pensò Ginny sorridendo tra sé.
«Ehi, controlla se è ancora lì.»
Erano quasi arrivati all’uscita, ma prima di uscire era meglio controllare che la sua amica ancora ci fosse.
Chissà, magari sulla mappa del malandrino il suo nome sarebbe comparso nella torre dei grifondoro.
Harry prese dalla tasca quella che apparentemente era una banalissima pergamena vuota,  e pronunciò le parole che avrebbero fatto la differenza, quelle che gli avrebbe permesso di vedere chi scorrazzava per i corridoi della scuola.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.» e la mappa, poco a poco, rivelò le posizioni di tutti coloro che fossero all’interno di Hogwarts. Harry cercò subito il nome di Hermione vicino al Lago Nero, dov’era stato fino a cinque minuti prima, ma non lo trovò, così preso dall’ansia si concentrò solo sul nome, e non notò un altro che si avvicinava pericolosamente verso di loro.
«Harry…» sussurrò Ginny presa dall’ansia, indicando il nome di Gazza che era a pochi metri dal loro.
Subito, da dietro l’angolo, sbucò Mrs Purr, l’odiosa gatta del custode, che notandoli si mise a miagolare forte, come a voler avvertire il suo padrone.
«Chi c’è Mrs Purr?» chiese Gazza come se si aspettasse una risposta da parte dell’animale.
La sua voce era pericolosamente vicina, così Harry afferrò il polso di Ginny e la trascinò dietro di se all’interno della prima stanza che gli era capitata a tiro: il deposito delle scope.

«Se ci scoprono finiamo nei guai.» disse Blaise guardando Draco come a colpevolizzarlo.
All’inizio quando il suo amico gli aveva proposto di rubare gli ingredienti per preparare la Felix Felicis gli era sembrata una buona idea, ma ora nella serra dopo il coprifuoco aveva qualche ripensamento.
Si chiese che cavolo ci facesse lì e perché diamine si lasciava convincere sempre.
Il rumore di un rametto calpestato li fece sobbalzare e d’istinto si nascosero, quando Draco la intravide.
Ghignando, evocò il suo patronus, un cobra reale.
«Che diavolo…?» ma Blaise non finì la domanda.
«Faccio spaventare un po’ la mezzosangue.» chiarì Draco, come se fosse una cosa ovvia.
Blaise scosse il capo, esasperato.
«Mi ricordi perché sono tuo amico? Me ne vado a dormire, sbrigatela da solo.»

Hermione ormai aveva perso la cognizione del tempo, e una parte di sé si chiese che ora fosse e se fosse già scattato il coprifuoco.
- Poco importa.- si disse fra sé.-
Aveva bisogno di riflettere, quella sera, e non aveva voglia di stare rinchiusa nel dormitorio.
Un rumore sinistro la fece voltare di scatto,spaventata. Un cespuglio si stava muovendo, e sembrava che qualcosa le stesse camminando a fianco. Abbassò lo sguardo e vide un enorme serpente accanto a lei.
Urlò spaventata, ma fu un momento, sapeva riconoscere un patronus.
Una risata sguaiata alle sue spalle la fece voltare, e un moto di irritazione la colse all’improvviso.
«Malfoy!» sibilò.
«Paura, mezzosangue?» la canzonò lui.
Poi una voce familiare li fece immobilizzare.
«Chi c’è là?»
Riconobbero la voce del custode e si scambiarono un’occhiata, terrorizzati.
Non volevano finire in punizione, men che meno insieme.
«Vieni.» Draco prese per il braccio la grifondoro e la strattonò malamente, mentre la spingeva sotto un tavolo particolarmente nascosto dalle varie piante.
«Ahi!» si lasciò sfuggire Hermione, massaggiandosi un braccio.
Poi Gazza entrò nella serra, e Hermione prese a respirare affannosamente, presa dal panico.
Draco se ne accorse, e le tappò la bocca con una mano, attirandola involontariamente a sé.
«Shhh!» le sussurrò nell’orecchio.
Se fossero stati scoperti lì, sarebbe stato grave. Non che se fosse capitato in un semplice corridoio non sarebbero stati puniti, ma lì erano nella serra, zona off-limits per gli studenti quando non avevano lezione, persino prima del coprifuoco.
Il respiro di Hermione contro la mano di Draco si era calmato, ma Gazza era sicuro che i “trasgressori”, come li chiamava lui, fossero là dentro, e non accennava ad andarsene.
I due giovani erano avvantaggiati dal fatto che lui non sembrava intenzionato a farsi venire un colpo della strega solo per scoprire due studenti fuori dai dormitori durante il coprifuoco, così si accomodò, deciso ad aspettare che i topi uscissero dalla tana.
 
«E’ tutta colpa tua Malfoy!» lo accusò la grifondoro liberandosi dalla stretta una volta che Gazza finalmente si fu addormentato.
«Che stai facendo?» le chiese Draco vedendola intenta a sgusciare fuori dal tavolo.
«Secondo te? Me ne vado!»
«No, aspetta!»  non fece neanche in tempo ad ammonirla che Hermione era già uscita dal loro nascondiglio, causando un gran fracasso e il miagolio di Mrs Purr.
Hermione stava fissando allarmata il custode che si mosse nel sonno, segno che i rumori lo avessero disturbato e probabilmente quasi svegliato, quando il serpeverde la afferrò prontamente per la caviglia trascinandola nuovamente sotto il tavolo.
«E ora come facciamo?» gli sibilò infuriata Hermione.
«Hai con te la bacchetta?» le chiese irritato il biondo, infastidito dal fatto che si trovasse in quella situazione e per di più con lei.
«No, l’ho lasciata in camera.»
«Sei inutile mezzosangue!»
«Come facciamo?» ripetè la grifondoro, ignorando le offese del serpeverde.
«Dobbiamo aspettare che se ne vada.» rispose rassegnato Draco Malfoy, che sapendo quanto l’attesa sarebbe stata sicuramente lunga, si sdraiò cercando la posizione più comoda, non curandosi del fatto che in quello spazio ridotto sarebbe dovuta entrarci anche Hermione.
Hermione imprecò tra sé, sistemandosi al meglio anche lei, sperando di poter uscire al più presto da quella situazione infernale.

«Se ne sta andando.» sussurrò Harry osservando Gazza muoversi sulla mappa del malandrino.
«Forse è meglio stare qui e andarcene quando sarà più lontano.» propose Ginny, volendo stare così a stretto contatto con lui un altro po’.
«Si, hai ragione.» rispose Harry arrossendo. Non riusciva a spiegarsi il perché, ma quella vicinanza con la piccola di casa Weasley lo metteva in imbarazzo. E il cuore aveva preso a battergli più velocemente.
Un silenzio imbarazzante si abbattè sui due ed entrambi furono incapaci di romperlo per diversi minuti, troppo concentrati a fissare gli occhi dell’altro.
Ginny iniziò a battere nervosamente il piede destro a terra, presa dall’irresistibile impulso di abbattere il muro di silenzio e quei pochi passi di distanza che li dividevano e di impadronirsi di quelle labbra che per tanti anni aveva segretamente sognato.
«Forse ora possiamo andare.» disse dopo un po’ Harry, troppo ottuso per capire cosa significasse lo sguardo intenso della ragazza, voltandosi verso la porta. Ma prima che il ragazzo potesse fare un passo in più, ponendo fine a quella tanto agoniata intimità, Ginny lo trattenne per il polso, facendolo voltare di scatto.
«Ginny…» ma Harry non ebbe il tempo di formulare qualsiasi frase o pensiero, che la ragazza lo attirò a sé e si appropriò di quel viso, di quelle labbra, concretizzando così quello che era stato il suo sogno segreto per anni.

«Visto che siamo costretti a restare qui troviamo un modo per ammazzare il tempo, Granger.»
«io sto già pensando a un modo per ammazzare te.» rispose Hermione con il suo solito tono da saputella, causando il ghignò divertito di Draco.
«Ti lascio pensare ai tuoi piani, allora. Non sia mai che la mezzosangue perfettina fallisca in una sua impresa.»
Hermione lo ignorò, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi, con l’intenzione di riposarsi.
«Stai cercando di addormentarti, mezzosangue? Sappi che non te lo lascerò fare.»
«Certo che no, tu sei l’emblema del fastidio.» rispose Hermione irritata, con un tono di voce che contrastava la sua espressione rilassata.
«Come ti permetti, sporca mezzosangue? Dovresti sentirti onorata di stare così vicina a me.»
«Già, lo sono così tanto che fra poco ti darò un pugno, così ogni volta che vedrò il livido mi ricorderò di questa splendida serata.»
«Non oserai.» la fissò truce il biondo, memore del pugno già sganciatogli  dalla grifondoro al terzo anno.
«Mettiti alla prova.» rispose Hermione finalmente aprendo gli occhi e guardandolo dritto negli occhi.
Draco strinse i pugni furibondo mentre borbottava:
«Lurida mezzosangue.»
«Stupido furetto!»


Buona sera a tuttii :3 come va? Ringrazio chi mi ha recensito il prologo e il primo capitolo e chi segue la storia in silenzio :-* Allora come sto andando? Chi ha voglia commenti, accetto soprattutto le critiche.
Un bacio <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


               Capitolo 3


Era giorno quando Hermione aprì gli occhi. Si era addormentata senza accorgersene:  parlare, anzi, battibeccare con il furetto era stato estenuante.
Sbirciò da sotto il tavolo e controllò che Gazza se ne fosse andato. Quando non vide nessuno vicino a loro fece per alzarsi ma un peso glielo impedì. Abbassò lo sguardo e vide la testa platinata di Malfoy sul suo ventre, e il suo braccio che le cingeva la vita.
«Alzati Malfoy!» sbottò infastidita.
 Il serpeverde aprì lentamente gli occhi e impiegò circa venti secondi a capire. Si scostò di scatto e brontolò anche lui infastidito un «Che schifo!», dopodiché si pulì i vestiti teatralmente e uscì da sotto il tavolo, allontanandosi dalla grifondoro senza aprire bocca.
Hermione lo guardò truce ma poi scosse la testa e si alzò anche lei, dirigendosi nel suo dormitorio sperando di avere il tempo per farsi una doccia.

Stava varcando di corsa l’ingresso della sala comune dei grifondoro quando si scontrò con una chioma rossa.
«Hermione! Non dirmi che stai rientrando ora da ieri sera! Dove sei stata?? Ci hai fatto preoccupare!»
La aggredì Ginny, furiosa ma allo stesso tempo sollevata.
«Calmati Ginny! Come vedi sto bene, ti spiego tutto a colazione, ora devo correre a fare la doccia!» e detto questo Hermione Granger sparì tra le scale che conducevano al dormitorio femminile.
«Era Hermione quella?» le sussurrò qualcuno alle sue spalle accostandole le labbra all’orecchio e mordicchiandone il lobo. Ginny si voltò con un sorriso a trentadue denti, aveva riconosciuto la sua voce.
«Harry…» sussurrò dolcemente mentre socchiudeva gli occhi e inclinava il viso per avvicinarlo a quello del suo ragazzo.
si chinò lentamente accarezzando i morbidi capelli rossi della ragazza e avvicinando le labbra alle sue.
«Dove stava andando Hermione?» le chiese non appena si staccarono, circa cinque minuti dopo.
«A farsi una doccia. E’ tornata ora.»
«Cosa?? E dov’è stata?» chiese incredulo Harry.
«Non lo so, ma è quello che ho intenzione di scoprire. Non me la racconta giusta.» rispose Ginny lanciando uno sguardo sospettoso e indagatore verso le scale dalle quali era sparita l’amica cinque minuti prima.

«Mione! Che fine hai fatto ieri sera? Siamo stati in pensiero!» le disse Ron appena la ragazza giunse al tavolo dei grifondoro, mentre stava mangiando un muffin.
«Buongiorno anche a te, Ronald!» gli disse la ragazza sedendosi e versandosi del the.
«Non ci freghi! Vogliamo sapere dove sei stata!» intervenne Harry assottigliando gli occhi.
Hermione continuò a spalmare il burro d’arachidi sulla sua fetta biscottata, ignorandolo.
Ginny non parlò, sapeva che aggredita in quel modo la loro amica non  avrebbe detto nulla, perciò fini tranquillamente la sua colazione, e dopo aver dato l’ultimo sorso al suo succo di zucca si alzò e andò ad abbracciare da dietro il suo ragazzo.
«Vado a lezione, ci vediamo dopo.» e dandogli un bacio veloce uscì dalla sala grande.
Hermione per poco non si strozzò.
«Da quando…? Balbettò, troppo incredula per terminare la frase.
«Da ieri sera.» tagliò corto Harry. «Lo sapresti se fossi stata con noi, invece di gironzolare per Hogwarts.»
«Io non ho gironzolato per Hogwarts!» si difese subito la riccia.
«No? E dove sei stata? Cosa ci stai nascondendo, Hermione?».
La ragazza sospirò.
«Non è successo niente di grave, ne ho fatto chissà che.  Vi racconto tutto dopo, ok? Andiamo, non c’è rimasto nessuno. Faremo tardi a storia della magia.»

In classe nessuno si capacitava di come le lezioni di Ruf potessero essere di volta in volta sempre più noiose.
Nessuno si preoccupava di ascoltare, storia della magia era una materia che poteva tranquillamente essere capita da sé, senza il bisogno di un docente. Tutti la pensavano così, tutti parlavano dei fatti loro con i compagni di banco, ignorando il professor Ruf che spiegava, tutti tranne una.
«Si, signorina Granger?» chiese il fantasma scorgendo la mano alzata della grifondoro.
«Ecco, professore,  essendoci delle analogie con la storia del mondo babbano, mi chiedevo se questa ragazza bruciata sul rogo fosse davvero una strega o una babbana accusata ingiustamente.»
Una ventina di paia di occhi ora erano tutti puntanti increduli su di lei.
La media scolastica della Granger era nota a tutti, ma nessuno si spiegava il perché seguisse persino le lezioni noiose del professor Ruf.
«Purtroppo le nostre fonti non dicono molto a riguardo. I maghi presenti in quell’epoca erano la minoranza, e tutti spaventati di mostrare i loro poteri. Ciò che sappiamo con sicurezza è che questa ragazza si chiamasse Isobell, e che in punto di morte maledisse il mago che fingendosi babbano l’aveva fatta condannare.» il professor Ruf stava per proseguire la sua spiegazione riguardante le varie vittime morte sul rogo, ma fu interrotto nuovamente dalla mano alzato della grifondoro.
«Si, signorina Granger!» ripetè seccato. Odiava le interruzioni.
«Se maledisse un mago, probabilmente lo era. Una strega vera, intendo. Le babbane accusate ingiustamente normalmente cercavano di scagionarsi, per cui non avrebbero mai lanciato una maledizione, senza contare che non ne sarebbero state capaci.»
Il fantasma, se possibile, la guardò ancora più seccato.
«Vede, signorina Granger, a volte le babbane che venivano accusate di essere streghe, potevano essere pazze, e convinte seriamente di esserlo. Nessuno può dirci se Isobell fosse una pazza convinta di essere una strega, sicura  di poter lanciare una maledizione. Anzi, è molto probabile che fosse una babbana, perché a quanto ci risulta, la sua maledizione a distanza di secoli non si è mai avverata.»
Queste ultime parole di Ruf furono accompagnate dal suono della campanella, come a voler sottolineare che il discorso era chiuso.
Hermione si alzò accigliata, infastidita dal fatto che non poteva saperne di più.
Naturalmente aveva già letto tutto il libro durante le vacanze, e le era sembrato che non ci fossero altre informazioni sull’argomento.
Quello della caccia alle streghe era un argomento che le era sempre interessato, soprattutto da quando aveva scoperto di esserlo. Si chiedeva quante di quelle povere ragazze bruciate vive avessero davvero dei poteri magici.
Non sapeva perché, ma la storia di Isobell l’aveva incuriosita parecchio, più del dovuto. Determinata a scoprire di più sulla faccenda, decise che avrebbe passato l’intero pomeriggio a setacciare la biblioteca.

«Dov’è che hai passato la notte? Nella stanza della Granger?» chiese ghignando Blaise, il tono da perfetta serpe.
Draco non rispose, si limitò a lanciargli uno sguardo da maledizione senza perdono.
«Bene bene, chi tace acconsente. Devo prenderlo per un si?» continuò imperterrito Blaise, per nulla intimorito dallo sguardo omicida dell’amico.
«Mi hai rotto i coglioni, Bla! Sono rimasto bloccato nella serra con quell’impiastro della mezzosangue perché Gazza ci aveva scoperti … per fortuna stamattina ha levato le tende, altrimenti saremmo finiti nei guai.»
«Non ci credo che non c’è stato niente.» disse il moro ridendo al pensiero dell’amico bloccato con la mezzosangue.
«Pensa ciò che ti pare.» lo liquidò Draco.
I due serpeverde rimasero lì in silenzio nella loro enorme sala comune, Blaise impegnato a leggere La gazzetta del profeta e Draco intento a studiare schemi da provare agli allenamenti di quidditch, finchè non furono bruscamente interrotti  da Theo che sbucando dall’ingresso con il fiato corto ansimò:
«Draco, devi venire a vedere!»


I tre serpeverde giunsero di corsa nel corridoio del secondo piano, dove, come per magia, sul muro era apparsa una scritta incisa con il sangue. Lo stesso muro dove anni prima era apparso il messaggio per i mezzosangue quando era stata aperta la camera dei segreti, lo stesso identico colore.
La scritta, a caratteri cubitali, diceva:
“Il tempo è giunto, discendente dei Malfoy trema!”
Draco fissò sconvolto la scritta di sangue comparsa sul muro, mentre i sussurri degli studenti di Hogwarts si sovrapposero giungendo alle sue orecchie. Il corridoio era affollato, ora, e tutti gli sguardi correvano dalla scritta a lui.
Draco li fissò tutti in cagnesco, cercando di capire chi tra loro fosse il responsabile, chi gli avesse fatto quello scherzo. I suoi occhi scrutarono una a una le facce dei presenti, e si fermarono su una in particolare.
«Sfregiato! Sei stato tu!» lo accusò il biondo avvicinandosi al grifondoro minacciosamente.
Harry Potter lo guardò spaesato per un momento, poi gli rispose:
«E perché avrei dovuto scrivere una cosa del genere, Malfoy?»
Draco non  ebbe il tempo di rispondere, stava per estrarre la bacchetta, quando la voce della McGrannit
lo interruppe sovrastando tutte le altre.
«Malfoy, seguimi! Potter, Granger, anche voi!»e facendosi largo tra la folla si incamminò verso il suo ufficio, seguita dai tre ragazzi.

«Potter, perché Malfoy è convinto che il responsabile di quella scritta sia tu?» chiese la professoressa con voce atona una volta chiusasi alle spalle la porta del suo ufficio.
«Non lo so davvero, professoressa! Dovrebbe chiederlo a lui, io non c’entro niente.» si difese Harry.
«Malfoy, cos’hai da dire?»
«E’ l’unico che potrebbe fare qualcosa del genere contro di me.» spiegò il serpeverde indifferente.
«Potter, per favore esca. Signorina Granger, lei invece rimanga.»
«Non penserà che sia stata io, professoressa!» disse indignata Hermione non appena il suo amico uscì dall’ufficio.
«Ma no signorina Granger, per carità! Piuttosto confidavo nella sua intelligenza e nella sua bontà.»
«Che intende dire?»
«Facevo riferimento al fatto che è stato sempre e solo grazie a lei se il signor Potter è sempre riuscito nelle sue, per così dire,imprese. E’ sempre stata la sua intelligenza a guidarlo. A iniziare dalla faccenda della camera dei segreti, a finire al torneo Tremaghi. E molte, molte altre faccende. Mi chiedevo, signorina Granger, se vorrebbe avere la bontà di aiutare il signor Malfoy, questa volta, a scoprire cosa c’è dietro questa storia.»
«E’ solo uno scherzo! Cosa c’è da chiarire?» sbottò Draco infastidito dalla trovata della vicepreside.
«Si da il caso, signor Malfoy, che tutto il corpo insegnanti pensa che non sia opera di uno studente. Quindi, c’è qualcosa di grave, dietro. Se ha buon senso accetterà l’aiuto della signorina Granger, sempre che lei sia disposta ad aiutarla.» rispose pacata l’insegnante di trasfigurazione, guardando comprensiva sia Hermione che Draco. Sapeva il cattivo rapporto che legava i due, sapeva che una sorta di collaborazione, seppur minima, sarebbe stata difficile. Avrebbe capito se si fosserorifiutati. E invece, con gran sorpresa sia di lei che di Draco, Hermione convinta rispose:
«Certo professoressa, conti pure su di me.» guadagnandosi il sorriso benevolo della donna.
Ben altra reazione ebbe Draco, che si sentì oltraggiato e nauseato.
«Essere aiutato dalla mezzosangue? Ma non ci penso proprio. Piuttosto, risolvo tutto da solo.»
«Dovrebbe sentirsi onorato che la studentessa più brillante che Hogwarts abbia mai visto abbia acconsentito ad aiutarla,signor Malfoy. Dovrebbe esserle riconoscente. E lei, signorina Granger, si senta pure in diritto di sollevarsi dall’incarico quando vuole. La capirei perfettamente. Ora andate a lezione.»
Il serpeverde uscì dall’ufficio sbattendo la porta, ma non prima di aver fulminato con lo sguardo le due donne che ora fissavano la porta accigliate.
«Signorina Granger…»
«Si, professoressa?»
«Non scherzavo quando dicevo che può rinunciare quando vuole. So bene quanto collaborare con Malfoy possa essere… esasperante.»
«So bene che Malfoy non merita il mio aiuto, né quello di chiunque altro. Ma questo non significa che lo abbandonerò. Buona giornata.» le rispose Hermione uscendo anche lei dal suo ufficio.
Minerva McGranitt sorrise. Quella ragazza era una vera grifondoro.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


               Capitolo 4


«Ciao Hermione» disse una voce non proprio familiare, facendola girare di scatto mentre si stava dirigendo verso l’ultima lezione: difesa contro le arti oscure.
«Ciao Cedric.» ricambiò il saluto sorridendo.
«Come stai? Hai passato bene le vacanze?» le chiese lui affiancandola.
«Benissimo, e tu?» rispose la grifondoro iniziando a insospettirsi per l’improvvisa affabilità del tasso rosso nei suoi confronti.
«Le ho passate pensando.»
«Pensieri brutti o belli?» chiese lei distrattamente.
«Ancora non lo so.» ammise rivolgendole un sorriso timido, confondendola per quella risposta ambigua.
Hermione lo guardò interrogativa per qualche istante, poi ricordandosi improvvisamente della lezione, lo salutò frettolosamente:
«Scusami, Diggory, sto facendo tardi a lezione. Ci vediamo in giro…»
Se Hermione si fosse voltata in quel momento, avrebbe incrociato uno sguardo intenso, un po’ timido, che stava cercando di comunicarle qualcosa.

Terminate le lezioni Draco andò direttamente nella stanza del dormitorio che condivideva con Blaise Tiger e Goyle in attesa dell’ora di cena.
Si buttò sul suo letto e si mise a guardare il soffitto, riflettendo su ciò che era accaduto.
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da Blaise, che entrò nella stanza fradicio.
Draco si alzò mettendosi  sedere, squadrando curioso l’amico.
Il moro gli diede una pacca sulla spalla, il loro modo di salutarsi.
«Come va, amico?»
«Ehi, così mi bagni.» sbottò Draco infastidito scrollandosi il braccio dell’amico di dosso.
«Perché sei inzuppato?»
«Ero fuori con una corvonero del terzo anno, fin quando non si è messo a piovere.» rispose l’amico togliendosi la camicia fradicia e mostrando gli addominali scolpiti.
«Allora? Che ti ha detto la McGrannitt?»
«La vecchia è convinta che quella scritta non sia uno scherzo. Ha chiesto alla mezzosangue di aiutarmi a saperne di più.» poi si bloccò, come se stesse riflettendo su qualcosa.
Blaise aveva atteso pazientemente che l’amico continuasse mentre si spogliava,rimanendo in boxer,  e dopo qualche minuto decise di interrompere le sue riflessioni, rompendo il silenzio.
«A cosa stai pensando esattamente, Draco?»
«La mezzosangue è la migliore amica dello Sfregiato.» rispose semplicemente, con sguardo ovvio.
«Che bella scoperta!» ironizzò Blaise.
«Come fai a essere così stupido?! Non capisci?» chiese irritato Draco.
«No, illuminami.»
«Pensa a come sarà incazzato Potter sapendo che la sua migliore amica dovrà aiutare proprio me.
E pensa a come si incazzerà ancora di più se la sua piccola mezzosangue dovesse… “fraternizzare” con il nemico. Capisci cosa intendo?» chiese con un ghigno.
Blaise parve rifletterci qualche secondo, poi, realizzando, si lasciò andare a un ghigno anche lui, da bravo serpeverde.
«Sei un genio.»
«Lo so.»

Harry e Ron stavano giocando agli scacchi dei maghi in sala grande, che era ancora vuota.
«E pensare che in questo momento dovremmo essere nel campo di quidditch ad allenarci.» brontolò Ron muovendo l’alfiere e mangiando il cavallo di Harry.
«Già.» convenne Harry. «Questa pioggia proprio non ci voleva. Sarebbe stato l’ultimo allenamento prima della partita.» sbuffò.
«Ciao ragazzi.»
«Ciao Hermione.» risposero in coro i due imbronciati.
«Cosa sono quelle facce?» chiese la ragazza prendendo posto accanto ad Harry e osservando prima l’uno e poi l’altro.
«Avevamo gli allenamenti di quidditch.» risposero di nuovo in coro i ragazzi, sottolineando il verbo al passato.
«Oh.» rispose Hermione lanciando un’occhiata a una delle finestre, dalla quale si vedeva il brutto tempo che c’era fuori.
«Ancora non posso credere che la McGrannitt credesse che fossi stato io a scrivere quella roba sul muro.» disse Harry scurendosi in volto.
«Non lo credeva, Harry. Era suo dovere chiedertelo, ma sapeva che non potevi essere stato tu.» lo rassicurò Hermione.
«Già, hai ragione, Hermione. Non mi hai ancora detto di cosa avete parlato dopo che mi ha mandato via.»
«Vuole che scopra chi c’è dietro questa storia.»
«Cosa?? Perché tu? Non può farlo Malfoy da solo? Magari con l’aiuto del suo caro paparino?» sbottò Ron con una punta di acidità. Hermione sospirò.
«Non sto facendo un favore a lui, Ronald, sto solo facendo ciò che è giusto. Se quel messaggio fosse vero, e Malfoy  dovesse essere in pericolo per davvero, come dovrei sentirmi a negargli il mio aiuto?»
Era sempre così, Hermione: buona e disponibile. Lei aiutava sempre le persone. Anche se non ci guadagnava niente. Anche quando non lo meritavano.
Hermione si alzò e raccolse tutti i suoi libri.
«Dove vai?» chiese Ron « Sei appena arrivata.»
«In biblioteca. Inizio a fare qualche ricerca su questa faccenda.»
«Ti serve una mano?» Harry fece per alzarsi ma l’amica lo fermò.
«No, continuate pure a giocare. Non mi sareste neanche d’aiuto.» li prese in giro con un sorrisetto e a passo svelto uscì dalla sala grande. Proprio in quel momento Cedric Diggory raggiunse i due grifondoro al loro tavolo.
«Heilà ragazzi.» li salutò il tassorosso  prendendo il posto occupato poco prima da Hermione, fissando l’enorme porta della sala grande dalla quale era uscita pochi secondi prima.
«Ciao Cedric.» lo salutarono entrambi con un sorriso. «Come butta amico?»
«Tutto bene. Allora siete pronti per la partita di domenica?»
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo, entrambi sapendo che sarebbero stati fuori forma, ma decisero di mentire.
«Certo. Vi stracceremo.» disse Ron, non troppo convinto.
Il tassorosso rispose alla provocazione con un sorriso e rispose:
«Non ne dubito. Harry, posso parlarti un attimo?»
«Certo.» rispose un po’ sorpreso il grifondoro.
I due si alzarono e si diressero insieme verso l’angolo più lontano della sala grande. Dopo un attimo di esitazione, il tassorosso finalmente parlò.
«Harry, mi serve il tuo aiuto.»
«Certo, Cedric, dimmi.»
«La vostra amica… Hermione… ecco… è impegnata o interessata a qualcuno?»
Harry Potter rimase un po’ spiazzato da quella domanda, anche se non lo diede a vedere.
«Impegnata no. Se è interessata a qualcuno non saprei.» rispose lanciando un’occhiata al tavolo grifondoro dove lo stava aspettando l’amico, sapendo dell’intesa che c’era sempre stata tra loro.
«Ah…capisco.» disse Cedric, sollevato dalla prima informazione, ma un po’ deluso per la seconda.
«Perché vuoi saperlo, Diggory? E in cosa ti servirebbe esattamente il mio aiuto?»
«Beh, diciamo che la tua amica potrebbe interessarmi. E volevo sapere se sei disposto ad aiutarmi a farle ricambiare il mio interesse.» rispose Cedric, leggermente imbarazzato.
«Ehm, il massimo che posso fare è indagare un po’, cercare di capire cosa ne pensa di te e scoprire se non ha nessun altro per la testa…più di questo mi dispiace, ma…»
«Non ti preoccupare, Potter, mi basta… al resto ci penserò io. Grazie, sei un amico.» disse abbracciandolo, non riuscendo bene a nascondere l’emozione. Poi, tornando in se, sciolse l’abbraccio schiarendosi la gola.
«Allora siamo d’accordo.» disse come se avesse appena concluso un affare.
«Certo.» rispose Harry sorridendogli e voltandogli le spalle per tornare dal suo amico.
«Ehi, aspetta,un’ultima cosa!  gli urlò dietro Cedric, attirando tutti gli sguardi dei presenti su di sé.
«Dov’è andata ora?» chiese una volta raggiuntolo.
«In biblioteca.» rispose Harry scuotendo la testa nel vedere il tassorosso precipitarsi fuori dalla sala grande.

«Ciao Hermione!» la salutò Ginny con un sorriso a trentadue denti sedendosi accanto a lei.
«Che stai studiando oggi?» le chiese sbirciando sugli enormi libri posti sul tavolo di fronte all’amica.
«Ehm, niente.» rispose chiudendo di scatto l’unico libro aperto e ponendolo sotto agli altri.
«Una ricerca di rune antiche…niente di interessante. Tu invece?» si affrettò a giustificare lo strano comportamento che aveva fatto alzare il sopracciglio dell’amica.
«Ero venuta a studiare per il compito di storia della magia ma ho finito.»
«Capisco.»
«Va bene ho capito, vuoi studiare, ti lascio in pace.» disse Ginny sorridendo, conoscendo l’amica.
«Grazie Ginny, ci vediamo dopo.»
Ma Hermione non fece neanche in tempo a riaprire il libro, che la sedia accanto a sé fu spostata nuovamente da qualcuno. La grifondoro alzò lo sguardo stizzita, per poi rimanere interdetta nel vedere il tassorosso con cui aveva parlato quella mattina seduto al suo fianco.
«Diggory…» lo salutò sorpresa. «Come mai qui?»
«Tranquilla non voglio disturbarti per molto, mi sono solo fermato a farti un saluto veloce.» le sorrise ammiccante.
Hermione non era un’esperta, ma non ci voleva un genio a capire che Cedric ci stava provando con lei, così decise di tagliare la testa al toro.
«Ti serve qualcosa Diggory? Parliamoci chiaro, non mi hai mai rivolto la parola, a parte qualche rara eccezione. Cosa vuoi?» 
«Come siamo dirette.» le sorrise. «E va bene, volevo farlo in modo più carino, ma… Ti andrebbe di uscire con me, questa domenica, ad Hogsmeade?»
Hermione spalancò gli occhi dalla sorpresa, da quando i ragazzi volevano uscire con lei?
«Ehm…non so se è …»
Ma il tassorosso  la bloccò, facendole segno di tacere.
«Non voglio un no secco. Non subito almeno. Pensaci un po’, ok? Per favore…» la implorò.
Hermione non potè non sorridere di fronte a tanta tenerezza, così decise che almeno questo glielo doveva.
«D’accordo, ci penserò.»
Cedric si lasciò andare a un sorriso abbagliante, sincero, e finalmente si alzò.
«Grazie. Come ti ho detto poco fa, non voglio disturbarti a lungo.  Ti lascio al tuo studio. Aspetto tue notizie.» e detto questo le donò un altro sorriso abbagliante e così com’era arrivato, sparì dalla biblioteca.
Hermione sospirò, leggermente rossa in viso. Anche se non le era mai interessato particolarmente, aveva sempre trovato che Cedric fosse davvero un bravo ragazzo. E ora che ci pensava, aveva tutte le caratteristiche che si possono desiderare in un ragazzo. Era bello, affascinante, intelligente, gentile, sportivo, e probabilmente molto altro. Pensò che infondo non le sarebbe dispiaciuto conoscerlo meglio.
E così si ritrovò a pensare al libro che aveva riletto qualche giorno prima, Romeo e Giulietta, e alle considerazioni che aveva fatto sull’amore vero. Si chiese se finalmente era arrivata anche la sua, di occasione. Si chiese se Cedric sarebbe diventato il suo primo amore, fin quando una voce fin troppo conosciuta e tagliente interruppe bruscamente i suoi pensieri.

Draco, entusiasta si affrettò a cercare la mezzosangue per mettere in atto il suo piano, ma quando la vide immersa nei suoi pensieri non riuscì più a trattenersi.
«Ma brava, Granger. Invece di fare le ricerche che la McGrannitt ti ha chiesto ti metti a sognare ad occhi aperti. Mi chiedo cosa direbbe a riguardo.»
«Malfoy.» Lo salutò gelida. « Ora non ho tempo per litigare con te.» disse, pensando però che in fondo il furetto avesse ragione, non poteva lasciarsi distrarre così.
«Eh già, sei troppo preoccupata a sognare ad occhi aperti Weasleiuccio  e i vostri futuri figli, non è così?
Solo un traditore del suo sangue come lui potrebbe volerti.» le disse maligno.
Hermione fece per andarsene, troppo arrabbiata per rispondere, e Draco si diede mentalmente dello stupido e subito tentò di rimediare.
«Ok, scusami, Granger, diciamo che ho esagerato… se dobbiamo collaborare dovremmo cercare di andare d’accordo, non credi?»
L’espressione di Hermione si alternò tra lo stupito,il sospettoso e lo scocciato.
«In cosa dovremmo collaborare, Malfoy? Mi è parso di capire che tu credessi  si trattasse solo di un semplice scherzo.» ribattè alzando il mento e incrociando le braccia al petto.
«Si ma ora non lo penso più. O almeno, non penso nulla. Ho deciso di concedere alla McGrannit il beneficio del dubbio.» mentì il biondo.
«Oh, quanta magnanimità! » lo derise lei. Draco si trattenne a stento dallo schiantarla e per far si che il suo piano “facciamo-incazzare-Potter” funzionasse decise di ingoiare il rospo e far buon viso a cattivo gioco.
«Allora, tregua?» le chiese porgendole la mano. Hermione esitò per diversi secondi, poi con riluttanza la strinse.
«E sia.»

So già che questo capitolo non vi è piaciuto ma è troppo se vi chiedo che ne pensate? Bello o brutto che sia, mi serve per regolarmi su come continuare...kissssss


 

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Capitolo 6
*** Capito 5 ***


                Capitolo 5


Scusate, scusate, scusate! Sia per l'enorme ritardo, che per non essere riuscita, ancora una volta, a far evolvere questa storia. Mi dispiace, solo dopo aver scritto l'intero capitolo mi sono resa conto che sto temporeggiando, ma onde evitare ulteriori ritardi, ho deciso di pubblicare comunque il capitolo.
Spero che lo troviate almeno decente, e se qualcuno ha qualche suggerimento può dirmelo, mi farebbe piacere :) Ora vi lascio alla lettura, un bacio a tutti <3




«Trovato qualcosa?»
Erano in biblioteca ormai da parecchie ore e Draco stava iniziando a stancarsi.
«Nulla.» rispose Hermione sbuffando e chiudendo il libro che stava sfogliando ormai da troppo, e poggiandovi la testa sopra.
«Cosa pensi di trovare nei libri, Granger?» la prese in giro lui.
«Da qualcosa dobbiamo pur partire!»
«Si ma non è questo il nostro punto di partenza. Stiamo solo perdendo tempo.» disse Draco con tono risoluto.
«E sentiamo.» ribattè la grifondoro. «Da dove dovremmo iniziare a cercare secondo il tuo infallibile intuito?»
«Sicuramente non da qui. Cosa ti fa credere che i libri ci diranno chi mi minaccia?» Draco continuò imperterrito a perorare la sua causa, con una punta di ironia nella voce.
«Beh qualcosa ci sarebbe.» rispose con un incerto sussurro Hermione, ma non abbastanza silenzioso da sfuggire all’udito del biondo.
«Cioè?» chiese Draco con una strana luce negli occhi.
Non aveva mai creduto a ciò che gli aveva detto la McGrannitt, ma viveva con la perenne paura che quelle parole avessero un fondamento. E ora forse la Granger gli stava per dire che aveva scoperto qualcosa, che aveva delle prove che dimostravano quanto si fosse sbagliato.
«Parla! Cosa hai scoperto?» le sibilò vedendola scrutarlo dubbiosa.
«E’ solo una mia ipotesi…nulla di certo che mi faccia capire che è la pista giusta.» rispose a sua discolpa la grifondoro, continuando però a celare le sue intuizioni.
«Non importa. L’hai detto tu pochi minuti fa,no? Dobbiamo pur iniziare da qualcosa.» le sollecitò il serpeverde.
«E va bene.» si arrese infine la grifondoro, e con un sospiro iniziò a parlargli delle sue deduzioni.

Quando fece rientro nei sotterranei, Draco aveva l’aria da animale braccato. Il suo viso reso più pallido dal terrore e i lineamenti tesi. Gli occhi di solito azzurri e luminosi, per quanto indecifrabili, ora erano color tempesta. Ed era così che si sentiva il biondo in quel momento.
Con passo svelto passò davanti ai suoi compagni serpeverde senza degnarli di un’occhiata, e raggiunse la sua camera sotto gli occhi sbalorditi di tutti, che non avevano mai visto l’erede dei Malfoy così turbato. Si chiuse la porta alle spalle e sigillò la stanza con la magia, poi, facendo qualche respiro profondo, si gettò sul suo letto, cercando di pensare.
Dopo diversi in cui aveva lasciato che il suo sguardo vagasse nel vuoto, si alzò e prese una pergamena, una penna d’oca magica e una bottiglia di firewhiskey. Tutto ciò che gli serviva in quel momento.
Diede un lungo sorso alla bevanda alcolica direttamente dalla bottiglia, e dopo aver riflettuto  attentamente su quali parole fossero meglio utilizzare, strinse tra le dita la penna d’oca e iniziò a scrivere.


“Cara Madre,
vi scrivo per informarvi degli ultimi episodi che hanno avuto luogo qui ad Hogwarts e che, ahimè, mi riguardano in prima persona.
Giorni fa comparve sul muro una scritta a lettere di sangue rivolta a me, che mi informava che il tempo fosse giunto e che avrei dovuto aver paura. All’inizio non diedi peso più di tanto alla vicenda, convinto com’ero che fosse solo uno scherzo di cattivo gusto.
Ma purtroppo, le parole della vice preside e alcune ipotesi della Granger, come sai studentessa più intelligente di Hogwarts, mi hanno dato motivo di iniziare a credere che vi sia un fondo di verità in tutto ciò.
Spero di venire a conoscenza al più presto del vostro giudizio a riguardo, nel frattempo, con l’aiuto della Granger cercerò di scoprirne di più e di tenervi informata.
                                          Vi abbraccio, vostro figlio
                                               Draco Lucius Malfoy.”




Draco si alzò e aprì la porta per recarsi alla guferia, ma venne quasi investito dal suo migliore amico, che proprio in quel momento entrò nella stanza con veemenza.
«Draco! Perché cavolo ti sei chiuso dentro?» sbottò irritato.
Poi annusò l’aria, e come se al suo olfatto fosse giunto un odore sgradevole, arricciò il naso e disse:
«Hai bevuto?»
«Fatti da parte, Blaise!» disse seccamente il biondo cercando di passare.
«Draco, aspetta!» e lo attirò nuovamente all’interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
«Che succede?» gli chiese con tono più gentile.
«Nulla che ti riguardi.»
Il moro scosse la testa alla prevedibilità  del suo migliore amico e ponendosi davanti la porta, con un ghigno rispose:
«Vabbè, io non mi muovo di qua fin quando non me lo dici. E ops, mi sa fino a quel momento dovrai rimanere qui anche tu.»
«Non ho voglia di scherzare, Blaise. Levati. Immediatamente. Dai. Coglioni. »gli ringhiò contro il biondo.
«Ma non sto scherzando, Amico. Mi hai stancato con il tuo stupido atteggiamento di sufficienza. Devi metterti in testa che non puoi affrontare tutto da solo, che io ci sono per questo. E questa volta non ti potrai sottrarre.»

«Passi davvero troppo tempo in biblioteca.» le sussurrò una sagoma nella penombra non appena varcò il portone.
«Cedric.» gli sorrise timidamente.
«Scusami. Non voglio starti con il fiato sul collo. E’ solo che…» si bloccò.
Non poteva dirle che non riusciva a starle lontano, che l’aveva da sempre sotto gli occhi ma solo da pochi giorni l’aveva vista davvero.
Non poteva dirle che passava le sue giornate a pensare a lei.
Che lei era dentro la sua testa ovunque, in qualsiasi luogo, qualunque cosa stesse facendo.
«Non ti devi preoccupare, non mi dai nessun fastidio.» gli sorrise nuovamente.
»Davvero?» quasi boccheggiò, la speranza nella sua voce, nei suoi occhi, nei suoi movimenti.
«Sai, Cedric, ci ho riflettuto e… penso che mi farebbe piacere conoscerti meglio.»
«Da-da-davvero?» il tassorosso cercò di essere più disinvolto possibile, invano. Hermione se ne accorse e lo guardò divertita.
«Si, davvero.» gli sorrise dolcemente.
Cedric fu tentato di prenderla tra le braccia e sollevarla in alto, ma dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per limitarsi ad annuire e non fare gesti affrettati, che avrebbero potuto rovinare tutto.
«Allora domenica andiamo insieme ad Hogsmeade?»
«Certo, va bene.» gli strizzò l’occhio in cenno di saluto e proseguì il suo cammino, lasciandosi alle spalle un Cedric Diggory più euforico che mai.

«Quindi se la Granger dovesse avere ragione, le cose per te si metterebbero male.» sospirò Blaise Zabini scuotendo la testa incredulo.
Non poteva credere che qualcosa del genere sarebbe mai potuta accadere, non al suo migliore amico. Si sentì frustrato e inutile, al pensiero di non sapere ancora come aiutarlo, sempre se fosse stato in grado di farlo.
«Già.»  sospirò Draco, seduto a terra con la schiena contro il muro, per una volta mettendo da parte la maschera d’indifferenza e intoccabilità che si era costruito, e mostrando il suo vero lato, quello da ragazzo costretto a crescere senza veri e propri principi, educato da genitori che lo viziavano e gli davano insegnamenti sbagliati. Il lato di un ragazzo fragile, non in senso fisico, ma in senso emotivo. Un ragazzo che aveva una gran paura in quel momento, ma che non poteva confessarlo a nessuno. A nessuno tranne al suo migliore amico, quello che in quel momento era al suo fianco. Come sempre.
«Ma ancora non è sicuro, vero?» disse Blaise al suo migliore amico per rincuorarlo, e a sé stesso per non guardare in faccia la realtà.
«Ancora non sapete per certo se  quella Isobelle di cui abbiamo parlato l’altra volta a storia della magia abbia maledetto proprio la tua famiglia. Non c’è nessuna prova.»
«No, nulla di certo, Blaise, ma la Granger pensa  che  ci siano elementi abbastanza validi da credere che sia così. Per il momento seguiremo questa pista...poi si vedrà.»
«Vi aiuterò anch’io.» sentenziò Blaise alzandosi e aiutando anche il suo amico a farlo.
«Non è necessario.» rispose Draco scuotendosi la divisa.
«Tre menti sono meglio di due.» obiettò il moro.
«Già, peccato che la tua non corrisponde neancha alla metà di quella di una gallina.» lo prese in giro Draco, abbassandosi appena in tempo per evitare la manata che il moro, offeso, aveva destinato alla sua  testa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


               Capitolo 6



Cedric aspettava all’ingresso con le spalle contro il muro e le braccia incrociate al petto. Il ticchettio che provocava sbattendo impazientemente il piede a terra era in perfetta sincronia con l’orologio blu scuro che portava al polso sinistro, al quale, sempre più frequentemente, dava un’occhiata.
Ma perché le ragazze ci mettevano sempre così tanto?
Poi dei rumori provenienti dalle scale catturarono la sua attenzione.
Un sorriso consapevole gli comparì sul volto. Era arrivata.
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che era lei. Se lo sentiva.
Aveva imparato ad ascoltare il rumore di quei passi, veloci e leggeri ma energetici. Si voltò lentamente, per godersi quella visione.
Lei, la ragazza che gli aveva catturato il cuore, la ragazza la  cui eleganza ricordava quella di un cigno, e i movimenti aggraziati quelli di una gazzella, stava scendendo gli ultimi gradini che li separavano.
«Scusa il ritardo.» ed ecco che gli aveva donato quel sorriso.
Il sorriso che ormai sognava ogni notte, il sorriso che tanto adorava, e che dava ormai senso alle sue giornate. Cedric viveva per vedere quel sorriso.
«Ne è valsa la pena.» le sussurrò lui all’orecchio dopo averle dato un bacio sulla guancia.
In effetti, oggettivamente, quel giorno Hermione era davvero bella.
La grifondoro di solito non si curava mai, ed era un piacere per gli occhi quando lo faceva.
In viso solo un filo di trucco, giusto un po’ di mascara per allungare le ciglia e un lucidalabbra  color pesca per illuminare un po’ quelle labbra a forma di cuore. I lunghi boccoli sciolti che cadevano su un solo lato, abbellati da un piccolo fermaglio a forma di rosa. L’abbigliamento, stupendo nella sua semplicità. Indossava dei jeans chiari attillati e un maglione blu con lo scollo a V, nascosto dal mantello nero.
Per quanto riguardava Cedric, beh, nulla di insolito. Il tassorosso era considerato uno dei più bei ragazzi di Hogwarts, con il suo sorriso luminoso, il suo fisico slanciato e  i suoi capelli ribelli, era il sogno di una buona parte della popolazione femminile di Hogwarts.
Hermione gli sorrise timidamente, e dopo aver lanciato un’occhiata al portone, dove tutti si erano riuniti per partecipare alla tanto attesa gita ad Hogsmeade, gli disse:
«Allora, andiamo? Altrimenti ci lasciano qui.»
Lui per tutta risposta le sorrise, e con uno di quei gesti di cavalleria che non si vedevano più, si fece da parte e con il braccio le fece cenno di procederlo.

Quella notte Draco non era riuscito a chiudere occhio. Troppi pensieri gli impedivano di dormire, paure e dubbi lo attanagliavano nell’oscurità della sua stanza. L’alba era giunta senza che lui se ne fosse resto conto, e ben presto anche l’ora di colazione, ma il suo sguardo rimaneva fisso al soffitto, incapace di distogliersi. Uno ticchettio alla finestra lo fece sobbalzare e scattare in piedi. La sua attesa gli aveva impedito di chiudere occhio, e ora finalmente era arrivato. Il gufo che gli avrebbe recapitato la risposta di sua madre. Corse ad aprire la finestra e dopo aver strappato a malo modo la pergamena dal becco del gufo a passi veloci raggiunse nuovamente il suo letto, e nascondendosi dietro le enormi tende verdi di seta del suo letto a baldacchino, iniziò a leggere.

Mezz’ora dopo, il biondo si recò in Sala Grande per la colazione, e prese posto, come consuetudine, tra Blaise e Theodor.
«Perché ci hai messo così tanto?» chiese Theodor sorseggiando il suo caffè.
«Sono passato in guferia.» rispose conciso il biondo, piuttosto seccato di ricevere domande a primo mattino.
Blaise lo guardò incuriosito ma preferì tacere. Conosceva abbastanza bene l’amico da capire che quello non era il momento adatto per fare domande. Avrebbe aspettato che fosse lui stesso ad iniziare il discorso.
Il silenzio regnò sovrano al tavolo serpeverde, fino a quando il principe delle serpi non lo spezzò:
«Tiger. Goyle. Oggi si va ad Hogsmeade.» ordinò. E detto questo, si alzò dal tavolo, diretto al punto di incontro. Camminò con la sua solita andatura altezzosa, la testa alta e la schiena dritta, gli occhi sempre pronti a guardare dall’alto in basso qualsiasi malcapitato incrociasse il suo cammino, senza fermarsi o voltarsi per vedere se gli altri lo seguissero.
Aveva dato un ordine, e anche il più allocco sapeva che non era saggio obiettare quando Draco Malfoy dava un ordine.
«Ehi Draco!» richiamò la sua attenzione Goyle. «Guarda.»
Il biondo si voltò e la scena che vide gli fece arricciare il naso in una smorfia disgustata: la mezzosangue del trio a braccetto con uno di quei sfigati di tassorosso.  Ghignò soddisfatto, decidendo che le avrebbe rovinato la giornata approfittando della loro nuova finta amicizia.

«Hermione non viene?» chiese Ron, mentre usciva con i suoi amici dal dormitorio.
«Come non lo sai?» gli chiese Ginny con un sorriso. «Ha un appuntamento con Cedric.»
«Che cosa??» Ron quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Harry gli diede una pacca sulla spalla, anche per conforto.
«Calmati Ron.»
«Io sono calmo. Calmissimo. Tu perché non dici niente? Non dirmi che lo sapevi?» chiese Ron balbettando, pronunciando con un tono un po’ più acceso l’ultima domanda.
«Si.» rispose Harry cingendo le spalle della sua ragazza.
«Cosa?? E perché io non ne so niente.??» chiese il rosso, offeso.
«Ron ti spiego tutto dopo ok? Dobbiamo sbrigarci.»
«Da quando?» insistette il rosso.
«Ora basta Ron! Ti ha detto che ti spiega dopo!» sbottò sua sorella irritata, dando un lieve bacio al suo ragazzo.
Ron borbottò qualcosa, ma lasciò stare.
«Sarà una giornata orrenda!»

«Voi aspettatemi qui.» ordinò Malfoy, appena giunse con i suoi compari davanti un locale anonimo.
Non appena varcò la soglia si trattenne dal mostrare il suo disgusto e si guardò attorno in cerca di sua madre. Gli aveva dato appuntamento lì, a quell’orario. Non vedendola si accomodò nell’angolo più appartato e ordinò un firewhiskey, perdendosi nei suoi pensieri.
«Lo sai che non mi piace vederti bere. Almeno evita, in mia presenza.» lo rimproverò con affetto materno una voce familiare.
«Madre. Non vi ho sentita arrivare.» replicò il biondo alzandosi in piedi e baciandola sulle guance.
«Allora? Avete trovato ciò che cerco?» le chiese, senza preamboli.
«Si Draco. Ho fatto setacciare dagli elfi la biblioteca del manor da cima e fondo. E alla fine ho trovato qualcosa. I diari di famiglia. La storia dei Malfoy. E… la signorina Granger aveva ragione. Ma sediamoci, non so come la prenderai.» disse Narcissa Black in Malfoy accomodandosi sulla sedia compostamente e facendo cenno a una cameriera che arrivò all’istante.
«Un thè per favore.»
«Subito signora.» rispose la giovane cameriera dileguandosi.
Draco imitò la madre e si sedette, ormai era in preda al panico. Con sguardo impaziente la incitò a continuare.
Narcissa rimase in silenzio e lo fissò con sguardo penetrante, non lasciando trasparire le sue emozioni. Era agitata. Terrorizzata di quello che stava per dirgli. Ma non lo diede a vedere. Una brava purosangue sa celare le emozioni. La cameriera arrivò con la tazza di thè fumante, e solo dopo aver dato il primo sorso Narcissa ebbe il coraggio di proseguire nel suo racconto.
«Tu sai che quella dei Malfoy è una delle casate più antiche e potenti.
E che un tempo maghi e babbani si confondevano. I babbani ignoravano l’esistenza della magia, ma arrivò un momento in cui ne scoprirono l’esistenza. Durante la famigerata caccia alle streghe.»
«Si, si madre, lo so. Arrivate al dunque.» sbottò il biondo in un misto di noia, impazienza e terrore.
«Il tuo antenato, che portava lo stesso nome, ebbe una relazione con una babbana. I due stavano per sposarsi, ma Draco Malfoy ben presto conobbe una purosangue, proprio come lui, e pensò bene che fosse meglio avere un erede da quest’ultima piuttosto che da una babbana. Lui le spezzò il cuore.
La babbana aveva però scoperto che il suo ex amante era un mago, e minacciò di svelare il suo segreto, se lui non avesse sposato lei.
Il tuo antenato decise di giocare d’anticipo e di denunciarla alla santa inquisizione, accusando lei di stregoneria. Così la donna, come tu già sai, di nome Isobell fu condannata al rogo, la pena riservata alle streghe.
In punto di morte Isobell scagliò una maledizione, una maledizione diretta all’erede dell’uomo che l’aveva condannata a morte, una maledizione che si sarebbe compiuta quando il nostro mondo, la luna , e la costellazione del drago, dalla quale Draco Malfoy aveva preso il nome,  si sarebbero allineate.
E questo succederà fra quattro pleniluni, figlio mio.» Narcissa aveva ormai un groppo in gola e una lacrima che le solcava il viso.
Draco aveva la faccia di qualcuno che avesse appena ricevuto un petrificus totalus. Si limitò a fissare la madre, convinto che gli avrebbe appena detto che si trattava di uno scherzo, che lo aveva preso in giro, e che in realtà non aveva trovato nulla di tutto ciò. Speranza che si rivelò vana, notò, osservando gli occhi di colei che lo aveva generato ormai pieni di lacrime.
Spalancò la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito, capendo di non avere parole. Bevette ciò che rimaneva nel suo bicchiere tutto d’un fiato, e dopo diversi minuti di silenzio in cui anche Narcissa aveva ritrovato la sua compostezza, finalmente riuscì a proferire parola.
«In cosa consiste questa…maledizione? Cosa mi accadrà.»
«Non lo so. Non lo so, figlio mio. Non lo so.» singhiozzò Narcissa, ormai aveva perso le sue facoltà mentali.
«Calmatevi madre.» disse Draco alzandosi e andando a stringerla in un caloroso abbraccio, così raro tra di loro.
«Se era una babbana come dite, probabilmente la maledizione non avrà alcun effetto. Per cui calmatevi.»
«E’ qui che ti sbagli.» rispose Narcissa in un sussurro. «In rari casi, quando un babbano diventa così malvagio da scagliare una maledizione, si accende una scintilla di magia dentro di lui. Bisogna avere solo odio nel cuore per far sì che questo avvenga, è magia molto oscura, Draco. Al di là di quanto possiamo immaginare. Inoltre… la scritta comparsa sul muro della tua scuola mi sembra una prova più che evidente. Lei è tornata… e ci restano solo quattro mesi per scoprire come salvarti. Solo quattro…pleniluni.» concluse Narcissa scoppiando di nuovo a piangere.
«Tieniti stretta la Granger, figlio mio. Lei ha capito prima di tutti ciò che sta succedendo. E se c’è qualcuno che può aiutarti a saperne di più è proprio lei. Nei diari di famiglia non c’è scritto  cosa ti accadrà. Né come evitarlo. Convinci la Granger ad aiutarti. E’ l’unico modo.»

Il ritardo è imperdonabile ma spero ne sia valsa la pena. 
Ci tengo a sapere cosa ne pensate, se sbaglio qualcosa ditemelo  Mi raccomando lasciate un piccolo commmento, ne ho bisogno, positivo o negativo che sia :(
Un abbraccio a tutti, a presto :*


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


                        Capitolo 7



Era già passato un bel po’ di tempo da quando avevano visto Narcissa Malfoy entrare nel locale e pochi minuti prima era uscita, ma di Draco ancora neanche l’ombra. 
«Ho fame!» brontolò Goyle.
«Anche io…ma quanto ci mette Draco?!»  Tiger non fece neanche in tempo a terminare la frase che il biondo in questione uscì dal locale sbattendo la porta e dopo averli fulminati con lo sguardo ringhiò:
«Muovetevi!» e mentre lui li precedeva a grandi passi, i due si guardarono negli occhi per qualche istante e dopo aver scosso la testa si misero a correre per raggiungerlo.


L’appuntamento stava procedendo invece più che bene per la neo-coppia tassorosso-grifondoro.
Cedric aveva portato la ragazza a mielandia, ma dopo aver scoperto che la grifondoro, figlia di due dentisti babbani non ingeriva molti zuccheri, aveva subito rimediato offrendole una burrobirra da Madama Rosmerta.
I due varcarono la soglia de I tre manici di scopa, e rimasero piuttosto stupiti osservando il locale. Praticamente mezza Hogwarts si era intanata lì, e Hermione sorrise sinceramente felice quando vide che l’unico tavolo disponibile era proprio quello accanto ai suoi amici.
Raggiunse il tavolo di corsa, trascinando dietro di sé il povero Cedric, e li salutò, rivolgendo loro un sorriso a trentadue denti che fu ricambiato da Harry e Ginny, ma non da Ron.
«Tutto bene Ron?» chiese la ragazza prendendo posto al tavolo accanto.
«Si. Certo. Tutto bene. Perché non dovrebbe andare tutto bene?» chiese il rosso di rimando fissando il  pavimento imbronciato.
Hermione lanciò un’occhiata interrogativa a Harry, che scosse il capo.
«E a voi come sta andando?» chiese Ginny tentando di rimediare alla figuraccia che stava facendo suo fratello con il tassorosso.
«Benissimo.» rispose Cedric con un sorriso. Poi, rivolgendo un’occhiata a Hermione, specificò con un sorriso timido: «Almeno per me….»
Hermione gli rivolse un’occhiata divertita e dopo avergli dato una pacca sul braccio, salì sulla sua guancia e prese ad accarezzargliela.
«Anche per me.» gli sussurrò sorridendogli.
Cedric iniziava a interessare davvero alla grifoncina, che in quelle due ore gli aveva fatto l’interrogatorio, cercando di trovare qualche difetto nel ragazzo, non riuscendoci. Cedric, la stava fissando negli occhi, ammaliato. Felice per quella confessione. Aveva fatto passi da gigante con Hermione, e quella per lui era una piccola vittoria.
«Scusate! Devo andare a vomitare!» Ron si alzò di scatto, sbattendo le mani sul tavolo, e uscì a grandi passi dal locale.
Harry lo seguì immediatamente, salutando frettolosamente i due.
Ginny, invece, ancora seduta, guardava a bocca spalancata la porta dalla quale era appena uscito suo fratello, facendo una sceneggiata.
Riuscì a riprendersi dopo qualche secondo a prendendo di corsa le sue cose, si alzò in piedi e si mise il mantello.
«Scusatemi, non so cosa sia preso a mio fratello! Scusate… ora devo raggiungerli, ci vediamo dopo Herm.»
«Certo, Ginny, vai…»  rispose Hermione un po’ sconcertata dalla reazione del suo amico, osservando l’amica che si affrettava a raggiungere i due.
Fu proprio in quel momento che la grifondoro vide entrare nel locale il trio delle serpi e non capì bene il perché, ma quando vide che il viso del biondo era adombrato sentì adombrarsi anche la sua anima, e una morsa stringerle il petto.
«Hai un momento Granger? O ti disturbo?» le soffiò piano all’orecchio Draco, che nel frattempo si era  avvicinato e le cingeva le  spalle  poggiando un braccio al tavolo.
Hermione poteva sentire il respiro del ragazzo sul collo.
«No…no, non mi disturbi.» riuscì a dire Hermione alzandosi, con  palese disappunto di Cedric.
«Ci metto un attimo.» gli promise la grifondoro sorridendogli, mentre si avviava verso un tavolo liberato da poco.
«Non qui.» sussurrò Draco dietro di lei  avvicinandosi alla porta, e tenendola aperta per dare la precedenza alla ragazza. Hermione lo guardò stranita ma non disse nulla e lo precedette fuori dal locale.
Draco lanciò uno sguardo di sfida al tassorosso, che stava evidentemente morendo di gelosia, e con un ghigno uscì anche lui fuori dal locale.
«Allora? Che succede?» gli chiese Hermione stringendosi nella sua sciarpa rosso-oro.
«Le tue ipotesi erano giuste. Mia madre mi ha dato la conferma. »
«Quindi?» chiese la grifondoro con il tono impercittibilmente allarmato.
Draco la fissò impassibile e iniziò a raccontargli cosa aveva scoperto sua madre e cosa c’era ancora da scoprire.


«Questa volta hai esagerato!» urlò Ginny  in faccia a suo fratello, che aveva passato tutto il tragitto borbottando una sequela di imprecazioni.
«Ah, io?! Io ho esagerato?! Ma l’hai vista? Hai visto Hermione come si è comportata?»
«Si, idiota, l’ho vista! Si è comportata come si comporterebbe qualsiasi ragazza durante un appuntamento, ergo, non ha fatto nulla di male!
Ho capito che lei ti piace, ma se ora lei è con un altro è colpa tua che hai solo perso tempo!»
«Ma che stai dicendo, a me Hermione non piace affatto.» rispose in tono mansueto il rosso, abbassando lo sguardo. «Harry, diglielo anche tu!»
Harry, sentendosi chiamato in causa, alzò le mani e si allontanò, preferendo non prendere le parti di nessuno, e proprio in quel momento fece il suo ingresso nel dormitorio proprio l’oggetto della discussione, Hermione.
«Com’è andata?» la assalì Ginny lasciando perdere suo fratello, tutta agitata.
«Ehi, c’è qualcosa che non va? Avete litigato?» chiese la rossa che si era preoccupata vedendo l’amica taciturna e giù di morale.
«Si…cioè no, tutto bene. Scendiamo a cena?»


Draco fissava le fiamme del camino nel buio del suo dormitorio.
Non aveva voglia di cenare, non aveva voglia di vedere nessuno.
Voleva solo che questa storia finisse, già lo aveva stancato. Era come fare un brutto sogno e non riuscire a svegliarsi, per poi rendersi conto di essere nella dura realtà. E di non poter fare nulla per cambiarla. E sentirsi debole, impotente,  spaventato, fin troppo vulnerabile.
Non aveva voglia che qualcuno lo vedesse in quelle condizioni, e non voleva neanche fingere che fosse tutto a posto. Aveva voglia di urlare, di lanciare l’anatema che uccide a chiunque gli capitasse a tiro. Ma la sua educazione da nobile purosangue glielo impediva, e la sua indole da serpe anche.
Tra i serpeverde l’astuzia e l’aggirare i problemi regnavano sovrani, e lui non sarebbe andato contro corrente. Non aveva dovuto fare praticamente nulla per scoprire ciò che stava capitando, e non avrebbe neanche dovuto fare nulla per uscirne. La mezzosangue lo avrebbe tirato fuori dai guai se avesse potuto, e se non avesse potuto farlo lei, beh, non avrebbe potuto farlo nessuno. Continuava  a disprezzarla, ma se la sarebbe tenuta stretta.
Non avrebbe potuto permettersi di perderla.


Hermione si congedò dai suoi amici con la scusa di essere stanca, ma invece di dirigersi nel suo dormitorio per andare a dormire si incamminò nella direzione opposta, dove si era data appuntamento quel pomeriggio con Draco. In biblioteca. Era ancora sconvolta per le rivelazioni del biondo, e si sentiva responsabile di ciò che aveva scoperto, e colpevole perché non sapeva come salvarlo.
Hermione puntò decisa al reparto proibito dove un Draco fin troppo a proprio agio la stava aspettando con i piedi sul tavolo.
Hermione lo guardò di traverso, indignata per quella mancanza di rispetto nei confronti di quello che lei considerava un luogo sacro e senza degnarlo di un saluto iniziò a  saccheggiare i vari scaffali.
«Pensi troveremo qualcosa qui?» le chiese Draco stropicciandosi gli occhi.
«Hai qualche altra idea? Sempre meglio di girarci i pollici..»
«Si. Il manor. Mia madre ha detto di aver  trovato tutto    quello che c’era ma io non ne sono sicuro…»
«Come mai?»
«Perché ci sono biblioteche in casa mia di cui mia madre non è al corrente… sai diari di famiglia, tradimenti, magia oscura della peggior specie… cose che mio padre  ha preferito nasconderle.»
«Il tuo ragionamento fa acqua. Tua madre ha trovato libri che parlavano di questa maledizione… perché avrebbe dovuto  nasconderne altri dello stesso argomento?»
«Hai ragione…ma sono comunque convinto che abbiamo più speranze di trovarne lì piuttosto che qui…»
I due non si erano accorti che durante la discussione si erano avvicinati ed entrambi sussultarono quando sentirono l’eco dei passi di qualcuno che si stava avvicinado. Istintivamente si avvicinarono ancora  di più, sentendosi braccati, scoperti.
Emozioni che lasciarono posto al sollievo, quando videro che ad avvicinarsi furono Harry e Ron. In quel momento sarebbero potuti benissimo passare per gemelli, dato che avevano la stessa espressione.
Sul loro viso c’era uno strano misto di diverse emozioni: stupore, ira, tradimento e ancora stupore. Su quella del rosso se ne poteva però leggerne un’altra: gelosia. Era impercettibile ma al serpeverde non passò inosservata, infatti colse la palla al balzo per peggiorare la situazione.
Non sia mai detto che Draco Malfoy perde un’occasione per tormentare un grifondoro. Guidato dalla sua mente contorta, prese il viso della grifona che era praticamente incollato al suo e si impossessò delle sue labbra, per poi alzarsi con un ghigno soddisfatto e lanciare un’occhiata divertita al rosso.
Poi si incamminò, lui aveva piantato il seme, ma ora toccava ai grifoni ammazzarsi a vicenda.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


              Capitolo 8



Hermione osservava distratta i primi fiocchi di neve che si posavano sul suolo.
Era passato un mese dall’increscioso episodio della biblioteca, aveva chiarito con i suoi amici, ma non aveva osato più rivolgere la parola a Malfoy, nonostante le sue deboli scuse. Deboli, si perché per scusarsi bisogna essere pentiti, e lui non lo era. Non lo era affatto. Era stata troppo ingenua a pensare che in fondo in fondo Malfoy non fosse poi così male, che dietro a quella facciata da bastardo si nascondesse qualcosa di più profondo. Lui era il male, e da bravo serpeverde non si era smentito.
«Mezzosangue.»
Hermione non aveva bisogno di voltarsi per capire chi fosse.  Il suo tono sprezzante lo precedeva.
Draco Malfoy fissava la grifondoro seduta sulla riva del Lago Nero con il suo sguardo annoiato e in faccia disegnato il disprezzo per chi non era un nobile purosangue come lui.
«Ti ammalerai.» borbottò senza perdere il suo contegno, ancora una volta senza ottenere una risposta.
Ma se un grifondoro sapeva essere cocciuto, Draco Malfoy sapeva esserlo ancora di più, perciò decise di ignorare l’ostilità celata dal silenzio della mezzosangue e di sedersi accanto a lei. Fu solo a quel punto che Hermione finalmente  voltò a guardarlo, combattendo contro l’istinto di dargli un pugno in faccia.
«Si può sapere che diavolo vuoi, Malfoy?»
«Sapere perché ti ostini a ignorarmi. Ti ho già chiesto scusa una decina di volte!»
«Le tue scuse non mi interessano. Ora sparisci e lasciami da sola.» sibilò Hermione puntando di nuovo lo sguardo verso il cielo.
«Dannazione Granger! Era solo uno scherzo!»


Pov Hermione.


“Solo uno scherzo”? Solo uno scherzo?! Merlino, ora posso schiantarlo? Va tutto bene Hermione, ora conta fino a 10 e ignoralo…1…2…3…4…Solo uno scherzo?!
«Stammi a sentire Malferret!» -Come non detto. Calmati, Hermione, calmati!
«Il tuo… “scherzo” mi è quasi costato l’amicizia dei miei migliori amici! Per cui sparisci, prima che ti schianti!» continuai imperterrita, come se il mio autocontrollo fosse andato a farsi benedire.
«Non sai che paura, mezzosangue!» mi rispose quel dannato furetto, accendendosi la sua abituale dannata sigaretta. Mi dava ai nervi quel suo inutile vizio, come tutto ciò che faceva parte di lui, del resto.
Un respiro profondo. 1…2…3…4…5…6…7…8…9…10… Altro respiro profondo di sicurezza. Quando si tratta di Malfoy, non si sa mai.
«Mi pare di averti già chiesto di lasciarmi sola.»
«Concesso, mezzosangue!»


Pov Draco


Permalosa questa femmina! Tutte le altre farebbero la fila per baciare me, perché cazzo se la prende tanto?
-Forse perché lei non è come tutte le altre, Draco!- sussurrò una strana vocina nella mia testa, qualcosa di simile alla coscienza, ma non poteva essere. I serpeverde non hanno una coscienza, e i Malfoy tanto meno.
Decisi di ignorarla.
A cos’è che stavo pensando? Ah, già! Dovrebbe essere contenta che io l’abbia baciata, dovrebbe sentirsi onorata! Io, nobile purosangue mi sono abbassato a baciare una sudicia sanguesporco come lei!
Ma perché l’ho fatto, poi? Ah si, giusto. Per dare fastidio a quegli sfigati della donnola e dello sfregiato.
Già, peccato che quello che ci ha perso sono io.
-Si, Draco, ci hai perso e anche tanto!- mi irritai nel sentire di nuovo quella fastidiosa vocina e feci un gesto stizzito con la mano, nel tentativo di farla tacere, conscio che all’esterno potesse sembrare il voler scacciare una mosca. Ma sapevo benissimo che non me la sarei cavata così, quella vocina veniva da dentro me, e persino da un luogo distante di cui avevo ignorato l’esistenza fino ad allora, perciò mi sembrò impossibile zittirla, e questo mi fece irritare ancora di più.
«Sei ancora qui?» la voce della mezzosangue raggiunse prepotente i miei timpani e, se possibile, mi innervosì ancora di più. Da quando i mezzosangue usavano quel tono con me?
Quello che più mi infastidiva non era la sua inappropriata arroganza, né la vocina appena scoperta…No!
La cosa più fastidiosa era il bisogno che avevo di quella mezzosangue. Perché un mese di ricerche era andato a vuoto senza di lei, perché era stata proprio lei a scoprire l’origine e la verità sulla maledizione, perché solo lei avrebbe potuto tirarmene fuori.
Al diavolo! Io non ho bisogno di lei, un Malfoy non ha bisogno di nessuno.
- Ma chi vuoi prendere in giro? Proprio poco fa hai ammesso che quello che ci ha perso in questa lontananza sei tu.
A quel punto fui proprio sul punto di urlare. Decisi di assecondare la mia appena acquisita pazzia e risposi a quella stramaledetta voce.
Era un modo di dire. Io no ho bisogno di nessuno, tantomeno di una sporca mezzosangue so-tutto-io come lei.
-Si, si come no. Prenditi in giro da solo!
«Basta! Basta!» urlai all’altro me stesso scattando in piedi e guadagnandomi un’occhiata sorpresa dalla mezzosangue.
«Malfoy? Tutto bene?» mi domandò incerta.
Stupida mezzosangue.
-Lo sai che lei non c’entra nulla. Parte tutto da te. E’ sempre partito tutto da te.
Mi portai le mani alle tempie, esasperato, concentrarmi per pensare in modo lucido e per trovare le parole adatte.
«Senti, Granger… Lo so che non mi sono comportato bene, e che tu ci creda o no, sono pentito di questo.
Se torni ad aiutarmi ti prometto che non accadrà mai più niente del genere. Ti do la mia parola, ma non abbandonarmi. Per favore.»
La mezzosangue sembrò pensare bene alle mie parole, soppesandole con cura e morsicchiandosi il labbro inferiore cercando di prendere una decisione.
-Ammettilo: vorresti essere tu a mordere quelle labbre, non è così?
Tutto questo sta degenerando! Ti ordino di smetterla!
«Va bene, per questa volta passi. Ma non avrai un’altra occasione.»
Cercai di sorriderle, ma probabilmente ciò che venne fuori fu il mio solito ghigno. La ringraziai e feci per andarmene, ma la voce della mezzosangue mi fermò.
«Malfoy? Un’ultima domanda, poi non ne parleremo più.»
Mi voltai a guardarla ma non prima di aver alzato gli occhi al cielo. Da quando i mezzosangue dettavano leggi?
«Certo, dimmi pure!» sibilai a denti stretti, ma la mezzosangue non fece una piega.
«Perché lo hai fatto?»
Parole che galleggiarono per aria, e anche nel mio cervello, nella disperata ricerca di una risposta.
Se le avessi detto che lo avevo fatto per fare un dispetto, mi avrebbe scaricato di nuovo.
Se le avessi detto che provavo qualcosa per lei, non me la sarei scrollata più di dosso.
Che le dico? Pensa, Draco, pensa.
-La verità?- la vocina nella mia testa stava diventando sempre più fastidiosa.
Scommetto che vorrai illuminarmi.
-Tu la vuoi. Ammettilo.
E’ ufficiale: sto impazzendo.
-Sei un idiota.
«Era ciò che volevo.» decisi di rispondere infine, con una mezza verità.


24 Dicembre, ore 23.30

Draco aveva deciso di non partecipare alla grande cena, quella sera.
Non era tornato a casa per le vacanze, quell’anno. Preferiva rimanere confinato tra le mura di Hogwarts piuttosto che subirsi i suoi genitori esibirsi in patetici tentativi di preoccupazione paterna.
Mancava poco al Natale ma il suo umore rimaneva lo stesso. Non lo apprezzava molto come festa: sin da piccolo era abituato a ricevere ciò che desiderava subito, natale o no, che sia stato meritato o meno.
Trovava che il natale fosse una delle feste più patetiche al mondo, soprattutto pensando che fosse di origine babbana.
Sbuffando, si mise il mantello e prese il pacchetto di sigarette, diretto al lago Nero.

Hermione si guardò intorno, non trovando nella gente felice che la circondava ciò che cercava.
Harry Ron e Ginny erano andati, come di tradizione, a festeggiare il natale alla tana, lasciandola lì.
Beh in realtà era stata lei ad abbandonarli, spinta dai sensi di colpa. Per un mese aveva abbandonato le ricerche per Malfoy, rimanendo terribilmente indietro e questo la faceva sentire parecchio in colpa.
Si sentiva una traditrice, una specie di giuda, o semplicemente un capitano che abbandona la sua nave che affonda, lasciando i passeggeri al loro destino.
Anche se aveva tutte le ragioni del mondo per fare quel che aveva fatto, rimaneva pur sempre una grifondoro, e non riusciva a giustificare quel suo comportamento.
Per cui eccola lì, ridotta a festeggiare il natale a scuola, da sola, senza i suoi amici, sentendosi sola in una stanza allegra e affollata.
Dopo gli auguri d’obbligo con i conoscenti più stretti allo scoccare della mezzanotte, decise di uscire a fare due passi, sentendosi troppo fuori posto lì dov’era, sentendosi soffocata, e fu lì che lo vide.
Non avendolo visto a cena e nemmeno a zonzo per i corridoi, ormai si era convinta che fosse tornato a casa, e invece eccolo lì, bello e sfrontato come sempre, appoggiato alla quercia vicino al lago nero intendo a fumare una sigaretta.
«Mi segui, mezzosangue?» le chiese cogliendola di sorpresa quando ormai lei era arrivata alle sue spalle.
«Potrei dire lo stesso di te.» rispose Hermione prendendo posto a fianco a lui.
«Non credo ci siano dubbi su chi di noi sia arrivato qui per primo.» rispose il serpeverde ghignando e poggiando la fronte sulle ginocchia.
«Mhm.» fu la semplice risposta di Hermione, che non era riuscita a trattenere un sorriso.
Rimasero lì in silenzio, per secondi, o forse minuti, a farsi compagnia a vicenda. Non avevano bisogno di parlare, se si concentravano potevano udire il respiro dell’altro.
Poteva benissimo sembrare che si fossero messi d’accordo, sia per rimanere ad Hogwarts per le vacanze che per ritrovarsi nello stesso posto e nello stesso momento.
Entrambi erano inconsapevoli dei programmi dell’altro, ma si erano trovati, trovati senza cercarsi.
Forse non ce n’era bisogno, perché alla fine, le anime gemelle  si incontrano sempre perché hanno lo stesso nascondiglio.
«Malfoy?»
«Mhm?»
«Buon natale.»
«Buon natale, mezzosangue.»


31 Dicembre, ore 21.30

«Questa sera ci onori della tua presenza?» chiese divertita Hermione, sedendosi accanto al serpeverde nell’ampio tavolo allestito per quella sera.
Quella sera infatti, non esistevano distinzioni di case, tutti e quattro i colori di Hogwarts di sposavano perfettamente, e al posto dei quattro soliti tavoli in sala grande c’era un unico tavolo circolare.
«Vuoi che mi cambi posto?» chiese Hermione leggermente infastidita dall’evidente humor nero del biondo.
«Non è questo.» rispose Draco cupo, perso nei suoi pensieri.
«E allora cosa c’è?» chiese la grifondoro comprensiva.
«Nulla!»
«Dì la verità, non vuoi parlare con una “sudicia mezzosangue” come me, non è vero?»
«Noi parliamo continuamente, Hermione.» rispose Draco spazientito.
«Ma mai quando c’è gente vicino. Non vuoi che gli altri ti vedano parlare con me. Te ne vergogni.» gli soffiò contro la riccia, sempre più irritata.
«Pensa quello che cazzo vuoi, Granger, ma lasciami in pace!» sibilò il biondo.
Hermione per tutta risposta di alzò indignata e si andò a sedere accanto a Nevil, anche lui rimasto a scuola per le vacanze.

Qualche ora dopo…
La sala grande si era tramutata in un’enorme pista da ballo, predominata da professori che si divertivano a ballare sulle note del valzer e poche coppie di studenti.
Hermione girava e rigirava il bicchiere di champagne tra le dita, ancora mortificata.
Non aveva mai digerito la storia della “nata babbana”, né tanto meno che qualcuno la discriminasse per questo e che la facesse sentire inferiore. Draco Malfoy non aveva mai mancato nel farlo, ma chissà per quale ragione ultimamente si stava ricredendo. Errore. Draco Malfoy era sempre lo stesso, ora la stava usando per i suoi scopi, ma il disprezzo che nutriva per lei rimaneva.
Eppure si era illusa che quando l’aveva baciata non fosse solo per far scattare i suoi amici, ma perché lo sentiva davvero. Altro grosso errore.
Stupida, Hermione! Sei solo una stupida!
Fu in quel momento che vide una chioma biondo platino farsi largo in mezzo alla folla che stava andando proprio verso di lei.
«Granger.» la salutò in un tono che a Hermione parve stranamente affettuoso.
«Malfoy.» rispose lei acida.
«Scusa per prima. Lo so, sono stato uno stronzo. Ma cerca di capire, ho i miei problemi.»
«Non per questo devi prendertela con me!»
«Se  tu non ti fossi impegnata a rompermi i coglioni…»
«Se tu non mi avessi risposto con quel tono…!»
Draco sorrise. Ebbene si, sorrise.
«Vuoi sempre avere l’ultima parola eh?»
«Sempre e comunque!» scoppiò a ridere Hermione, poi gli diede una pacca non proprio delicata sul petto e gli chiese:
«Mi porti a ballare? Se non ti vergogni di me non puoi rifiutare.»
Draco alzò gli occhi grigi al cielo e dopo aver fatto una smorfia rispose:
«E sia! Ma solo un ballo, mezzosangue.»
E da vero cavaliere le porse il braccio, che prontamente la ragazza afferrò, e la condusse al centro della pista, dove iniziò a farla volteggiare dopo averle posato la mano sul fianco.
Ballarono per diversi minuti, con i visi quasi attaccati, guardandosi negli occhi quasi a volersi scrutare l’anima.
Entrambi cercarono di capire come fossero arrivati a quel punto, come due nemici come loro potessero essere amici e persino ballare insieme alla vigilia di capodanno.
Poi le luci si spensero e il buio calò nella sala.
Un «SONORUS» e la voce di silente rimbombò nell’enorme sala, echeggiando tra le pareti e le orecchie degli studenti.
«Buona sera, ragazzi miei! Vi state divertendo? Beh, è con grande gioia che inizio con vuoi questo nuovo anno, sperando sia pieno di amore e felicità per tutti!
Vi starete chiedendo quanto manca all’inizio del nuovo anno…ebbene sono lieto di informarvi che mancano….10…9…8…7…6…5…4…3…2…1…0! Felice anno nuovo a tutti voi!»
E il frastuono regnò sovrano nella sala, gente accinta a farsi gli auguri, coppie a baciarsi…e Draco e Hermione a guardarsi in silenzio.
«Così mezzosangue…iniziamo l’anno insieme!» spezzò il silenzio Draco, ghignando.
«Secondo te accadrà qualche catastrofe?»
Draco rise. «Di che tipo?»
«Non lo so…un terremoto? Un alluvione? Una pioggia di meteoriti? La fine del mondo?» scherzo Hermione.
«Cazzo, mezzosangue! Come sei melodrammatica! In fondo non stiamo facendo nulla di che!»
«No, ma…ci pensi come sarebbe stato? Se in tutti questi anni invece di farci la guerra a vicenda ci fossimo comportati in modo civile?»
«Non c’è niente di divertente nel comportarsi civilmente.»
«Buon anno nuovo, Malfoy!» rispose la grifondoro fingendosi offesa.
Draco scoppiò in una fragorosa risata, così rara da parte sua e la fece ricominciare a volteggiare tra le sue braccia mentre sussurrava:
«Felice anno nuovo a te, mezzosangue!»
E come a voler sottolineare la straordinarietà dell’evento, scoppiarono intorno a loro, per tutta la sala, dei piccoli fuochi d’artificio magici, firmati tiri vispi.

Vi chiedo perdono se questo capitolo non è stato granchè ,ma credo di essere giustificata dal fatto che l'ho scritto appena tornata da una festa, dopo una sbronza! T_T
Sono stata perdonata? Bene, allora vi auguro di cuore un buon anno nuovo, un BACIONE, BlackRose96


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


                 Capitolo 9


Salve a tutti...Spero abbiate trascorso vacanze fantastiche....
Bene, come immaginavo, ho notato che il capitolo precedente non è piaciuto molto...per cui cerco di farmi perdonare aggiornando subito, sperando che  questo sia almeno carino....beh sarete voi a giudicare, e spero che lo facciate, almeno per farmi sapere se sto proseguendo per la direzione giusta oppure no...bene, oggi vedremo una svolta nelle ricerche, ma non aggiungo altro....buona lettura, un bacione a tutte :*
BlackRose96




Erano passati poche ore dalla fine delle vacanze e dal ritorno dei suoi amici, quel giorno dava inizio alla ripresa delle lezioni.
Hermione Granger,la ragazza che mai si era assentata a una lezione e raramente aveva fatto ritardo, in quel momento invece di essere seduta al primo banco dell’aula di trasfigurazione , era intenta a buttar giù camera sua. Stava buttando a terra tutto ciò che le capitava davanti, come posseduta.

FlashBack.

«Hermione!»
La ragazza si voltò e vide il suo migliore amico, con in mano i bagagli, sugli occhi come di prassi gli occhiali, e sulla bocca un sorriso caloroso, solo per lei.
«Harry!» lo salutò euforica correndogli incontro e finendogli tra le braccia. «Mi sei mancato!»
«Allora? Come sono andate le vacanze qui a Hogwarts?» le chiese Harry Potter, dopo aver sistemato i bagagli in camera e averla raggiunta nuovamente in sala comune.
«Estenuanti. Non sono riuscita a scoprire altro. Non sai che frustrazione.»
«Riuscirai sicuramente a superare anche questo. Tu sei la ragazza più intelligente che conosco. La migliore.»
«Grazie, Harry.» gli rispose arrossendo. «Ma dov’è Ron?» chiese guardandosi intorno.
«Oh, lui è con Lavanda Brown.» rispose Harry vago. «Ma dimmi, come procede la collaborazione con Malfoy? Non l’avrai mica ammazzato in nostra assenza.»  cercò di sdrammatizzare, con un sorrisetto.
«No, anzi, sembra che abbiamo trovato un qualche equilibrio. Lui non infierisce con le mie ricerche e in cambio non si comporta più da essere odioso.»
«Mi sembra accettabile. Beh, se dovesse comportarsi male potresti sempre rifilargli un cazzotto sul naso come hai fatto al terzo anno.» scherzò Harry, lasciandosi scappare una risatina divertita al ricordo.
Hermione  spalancò gli occhi, come colta da un’illuminazione. Fissò gli occhi in quelli di Harry, come se volesse entrarci dentro. Harry lo trovava inquietante, ma allo stesso tempo sapeva che così l’amica riusciva a concentrarsi e a riflettere meglio. La osservò con pazienza cercando di rimanere in silenzio, ma quando si accorse che dopo qualche minuto Hermione non aveva ancora distolto lo sguardo, si preoccupò che fosse caduta in trance, quindi le chiese:
«Hermione? Tutto bene?»
Hermione finalmente distolse lo sguardo, e con la fronte corrucciata si diede una pacca non proprio leggere sulla fronte.
«Ma certo! Perché non ci ho pensato prima? Come ho fatto a essere così stupida?» si rimproverò la grifondoro alzandosi di scatto e mettendo a dura prova la capacità comprensiva del suo amico.
«Hermione, dove stai andando? Faremo tardi per la colazione!»
«Precedimi Harry, non so quanto tempo ci metterò!» e detto questo si precipitò per le scale che l’avrebbero condotta al suo dormitorio.
Fine flashback


Harry stava uscendo dall’aula per dirigersi alla sua seconda lezione della giornata, pozioni, quando si sentì chiamare con voce trafelata. Si stupì nel vedere il conosciuto tassorosso ansante per raggiungerlo.
Cedric arrestò la sua corsa di scatto, e dopo qualche attimo per riprendere fiato, si rivolse al giovane grifondoro:
«Potter! Scusa il disturbo, magari vai di fretta…»
«Non preoccuparti, Diggory, cosa ti è successo?»
«Non ho visto Hermione né a colazione né uscire dalla vostra classe e mi sono preoccupato.»
«Tranquillo, Diggory, ci ho parlato stamattina. Aveva qualcosa da fare e non è potuta venire a lezione… ha detto che non sapeva quanto tempo ci avrebbe messo. Conoscendola si starà preparando per qualche compito difficile.» lo tranquillizzò il grifondoro, che ora stava facendo davvero tardi.
«Non sai per caso se scenderà in sala grande per il pranzo? Non la vedo da quando sono partito per le vacanze e muoio dalla voglia di vederla.»
«Non lo so, Cedric, ma se non dovesse presentarsi le dirò che la stai cercando. Scusa ma ora devo andare.»
«Grazie mille Potter!»
E così com’era arrivato, l’aitante tassorosso se ne andò, correndo,  ma stavolta al posto dell’espressione cupa sfoggiava un sorriso che avrebbe abbagliato chiunque.

Quella mattina, per la gioia della McGrannitt, anche Draco Malfoy non aveva presenziato alla prima lezione, ma per motivi diversi.
Poco prima dell’inizio delle lezioni, infatti, era stato convocato a sorpresa nell’ufficio del preside, per un motivo a lui ancora ignoto. Varcata la soglia, però, la sua sorpresa aumentò a dismisura nel vedere che ad attenderlo non era il vecchio Silente, ma l’uomo che l’aveva generato, il caro vecchio Lucius.
«Padre.» lo salutò rispettoso.
«Figliolo. Mi ha ferito la tua scelta di trascorrere le vacanze in….questo luogo, piuttosto che al manor.»
«E’ solo per questo che mi avete fatto chiamare?»
Albus Silente riemerse dal retro del suo studio, e dopo aver rivolto a Draco un sorriso comprensivo, si congedò dai due, ritenendosi di troppo per quella riunione familiare.
«No, Draco.» rispose Lucius dopo aver seguito con lo sguardo il preside uscire dal proprio ufficio.
«Non è affar mio come preferisci trascorrere il tuo tempo. Quello che più mi rammarica…» prese una piccola pausa per dare un sorso al the che gentilmente Silente gli aveva fatto portare.
«…è che tu mi abbia escluso dalla tragedia che ti sta capitando.»
«La maledizione.» sibilò Draco tra i denti. «Mia madre gliene ha parlato.»
«No. No, quella traditrice non mi ha informato. Ho trovato per puro caso la tua lettera.
Comunque sia, non è questo il punto. Devi tornare a casa con me, subito! Insieme troveremo una soluzione.»
«Padre…» provò a farlo ragionare Draco. «Non mi sembra il modo giusto. Qui ci sono delle persone che mi aiutano, persone che hanno sempre avuto a che fare con questo genere di cose. Datemi retta, restare qui è…»
Ma suo padre non gli lasciò finire la frase, completandola al posto suo secondo il proprio punto di vista.
«Controproducente. Sarebbe controproducente! Se alludi alla Granger, toglitela dalla testa!
Non ti permetterò di mischiarti con quella lurida…»
Questa volta, a non riuscire a terminare la frase fu Lucius, che fu teatralmente interrotto da Silente, che non potendo fare a meno di origliare la conversazione, si sentì in dovere di difendere la sua migliore studentessa.
«Signor Malfoy, penso che abbiate detto abbastanza. Draco dovrebbe sentirsi onorato di avere al proprio fianco la signorina Granger, così come lei. Ora, se non le dispiace, sarei molto impegnato, e Draco deve andare a lezione. Così come immagino, sarà impegnato anche lei.»
«Come-si-permette» ringhiò Lucius tra i denti avanzando pericolosamente con il suo bastone da passeggio.
«Dai, figliolo, andiamocene da qui.»
«Non voglio lasciare la scuola, padre.» mormorò Draco con la voce appena percettibile.
«Draco! Cammina, subito!» sibilò Lucius sempre più furente.
«Se non erro, signor Malfoy» si intromise il preside «Draco ha raggiunto la maggiore età, per cui spetta a lui decidere se frequentare o no la scuola. »
Poi si rivolse a Draco, sorridendogli bonariamente.
«Su, tu fila a lezione.»
Draco gli sorrise riconoscente e obbedì, salutando suo padre senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Una volta rimasti soli, Lucius scoccò al vecchio preside uno sguardo omicida.
«Non finisce qui, Albus. Io penso sempre a ciò che è meglio per mio figlio, non intrometterti mai più!»
«Mi pare che Draco abbia scelto da solo cosa fare. E diversamente dal padre, sa fare le scelte giuste.
Ora, se non ti spiace, lasciami ai miei impegni, Lucius. Arrivederci.» gli disse affettuosamente ma allo stesso tempo con tono autoritario. Lucius sembrò sul punto di tirare fuori la bacchetta, ma si contenne, girò i tacchi e uscì dall’ufficio, sbattendo la porta.

Draco, infondo alle scale, trovò ad aspettarlo Blaise e Theo, quest’ultimo, incurante delle regole, stava fumando una sigaretta all’interno del castello.
«Che cazzo ci fate voi qui?» chiese scocciato il biondo.
«Ti stavamo aspettando. Sai com’è, solidarietà maschile.» ghignò Blaise.
«E con la scusa ci siamo saltati trasfigurazione.» continuò Theo.
«Ma non mi dite. Immagino la faccia della vecchia.» Draco sorrise pensando alla McGrannitt.
«Non dirà nulla. Ci siamo alzati praticamente insieme a te, penserà che siamo stati convocati tutti e tre.» disse Blaise, soddisfatto della trovata, facendo alzare a Draco gli occhi al cielo.
«Ottimo. Manca mezz’ora all’inizio della prossima lezione, andiamo a farci una partita a biliardo.»
Blaise non sorrideva più.

«Dannazione!» imprecò Hermione tra sé. «Dove l’ho messo? Dannazione, dannazione, dannazione!»
«Hermione?» la chiamò esitante una voce alle sue spalle. La ragazza si voltò e vide Ginny ferma sulla soglia della porta a fissarla sconvolta.
«Ginny? Non sei andata a lezione?» chiese Hermione, ricomponendosi.
«Veramente…» puntualizzò la rossa, sempre più preoccupata per l’amica «E’ ora di pranzo. Sono venuta a chiamarti perché Harry mi ha detto che non sei potuta venire a lezione perché dovevi fare qualcosa…»
E detto ciò guardò circospetta la stanza dell’amica, con lo sguardo a metà tra il preoccupato e lo sconvolto.
«Ehi, ma che è successo qui? Sembra che tu sia stata aggredita da un branco di doxy! »
«Niente, niente stavo cercando qualcosa che devo aver perso tempo fa…dai ora andiamo a pranzo!»
E la povera Ginny, sempre più confusa, la seguì fuori dalla torre.

«Mione! Che fine hai fatto oggi?» bofonchiò Ron tra una forchettata e l’altra.
«Ho studiato in camera mia.» mentì la grifondoro, certa che se avesse nominato al rosso l’oggetto perduto, l’avrebbe riempita da una sfilza di domande senza tregua. E lei era stanca, stanca di quella storia, stanca di tenere la sua mente perennemente occupata solo da quel pensiero, voleva solo pace, non pensarci per quell’ora dedicata al pasto e poi tornare a lavoro più energica di prima.
Peccato, però, che la sua tregua non durò a lungo: infatti, appena a metà pranzo, vide una chioma ramata partire dal tavolo dei tassorosso e dirigersi verso di lei.
Cedric le piaceva, o più correttamente, non le dispiaceva, ma ora non aveva la testa per pensare anche a lui, e soprattutto per approfondire la loro relazione. Si sentiva sotto pressione così, e desiderava tornarsene a casa, nella Londra babbana, dai suoi genitori babbani. Sbuffò e fingendo un sorriso si alzò per andargli incontro.
«Ciao.» gli mormorò una volta vicina.
«Ciao. » rispose il ragazzo altrettanto dolcemente, stringendola tra le braccia. «Mi sei mancata.»
La ragazza invece di rispondere gli rivolse un debole sorriso, e si lanciò un’occhiata intorno, sentendo su di sé fin troppi sguardi curiosi.
«Lo so che non è il momento adatto, e non avrai neanche finito di pranzare, per cui non ti rubo molto tempo. Volevo solo stringerti un po’ e chiederti se hai tempo libero oggi pomeriggio.»
Le sussurrò all’orecchio il ragazzo cogliendo la scintilla di fastidio negli occhi di lei non appena si era accorta che tutti li stavano fissando, con una dolcezza che a Hermione fece stringere lo stomaco.
«Dipende. Cos’hai da propormi?» scherzò la grifondoro, ormai arresa.
«Avrei gli allenamenti subito dopo la fine delle lezioni. Magari potresti venire a vedermi e dopo passare un po’ di tempo insieme.» le strizzò l’occhio il tassorosso.
«Non sono certa di poter venire all’allenamento ma ti prometto che cercherò di liberarmi per quando avrai finito. Beh, ora conviene salutarci, altrimenti lancio una fattura a tutti.»
Gli posò un veloce bacio sulla guancia e tornò al tavolo dai suoi amici, i quali finsero di non averli tenuti d’occhio per tutto il tempo. Hermione, che non era affatto stupida, lanciò loro un’occhiataccia, e dopo aver finito velocemente di mangiare, si alzò e fece per andarsene.
«Beh, ragazzi, io devo andare.»
«Ma come? Non vieni neanche pomeriggio alle lezioni?» chiese Harry Potter incredulo.
«Temo di no.»
«Chi sei tu o cosa ne hai fatto di Hermione Granger?» boccheggiò Ronald, sputando il suo succo di zucca, guadagnandosi un’occhiata schifata da parte di tutti i suoi amici.
Hermione lo ignorò, e girando i tacchi uscì dalla sala grande, per raggiungere nuovamente la sua stanza in cima alla torre grifondoro.
Fu soltanto qualche ora dopo, che la giovane grifondoro fece un sospiro di sollievo e sollevò all’altezza degli occhi l’oggettino che l’aveva fatta quasi uscire di senno da quella mattina, e con un sorriso a trentadue denti si precipitò fuori dal dormitorio, in cerca di Malfoy, quindi verso i sotterranei, ricordandosi che all’ultima ora avrebbe dovuto avere pozioni insieme ai serpeverde.
La ragazza spalancò il portone dell’aula, rendendosi conto di ciò che aveva fatto solo quando incontrò lo sguardo furibondo di Piton, cioè troppo tardi.
«Signorina Granger, lei ci onora della sua presenza, ma esca immediatamente fuori da quest’aula, e anche con 50 punti in meno alla sua casa!» sibilò con la voce strascicata.
«Malfoy, devo parlarti. Subito.» disse la ragazza per nulla intimorita dal professore di pozioni.
«Signorina Granger! 70 punti in meno a grifondoro!» ma la ragazza continuò imperterrita.
«Malfoy!» lo chiamò infatti di nuovo. Il ragazzo sembrò indeciso sul da farsi, ma poi capì che la faccenda della maledizione era sicuramente più importante di un’ipotetica sospensione da scuola, sempre se Piton avrebbe avuto il coraggio di sospendere un serpeverde, uno dei suoi favoriti , tra l’altro.
Il serpeverde si alzò, e ignorando le minacce di Piton, uscì dalla classe insieme alla Granger.
«Spero per te che sia di massima urgenza.» sentenziò Draco accendendosi una sigaretta una volta arrivati in cortile.
«Ricordi quando ti ho dato un pugno al terzo anno?» chiese invece la grifondoro, facendo irritare il biondo.
«Si che me lo ricordo, mezzosangue. Se sei venuta qui per ricordare i bei tempi andati…» Draco fece per andarsene scocciato, ma la mezzosangue lo afferrò per il braccio impedendogli di fare un altro passo.
«Ricordi che l’ippogrifo che tu hai voluto far condannare si è invece salvato? E che Sirius riuscì a scappare?»
«Si. E allora?» rispose stizzito il serpeverde.
«Se ti dicessi che all’inizio non è successo niente di tutto questo? Che l’ippogrifo è stato giustiziato e che Sirius Black è stato baciato dai dissennatori?»
«Che diavolo stai dicendo mezzosangue?»
«Se ti dicessi che io e Harry siamo riusciti a modificare questi avvenimenti?» continuò imperterrita la grifondoro.
«Mi stai dicendo che sei così potente da resuscitare i morti? Hai intenzione di farmi resuscitare dopo che la strega mi avrà ucciso? Buono a sapersi.» rispose ironico il biondo, gettando lontano il mozzicone della sigaretta.
«Niente di tutto questo. Ti sto solo dicendo che ho i mezzi per viaggiare nel tempo, di conseguenza capire come modificare alcuni avvenimenti, in questo caso, come annulleremo la maledizione.»
Draco la guardò spaesato, come se gli stesse dicendo che anche i babbani sanno volare, e Hermione gli rivolse un sorriso rassicurante, prima di prendere qualcosa dalla tasca e sventolargliela sotto il naso.
«Sai cos’è questa?» chiese mostrandogli la vecchia giratempo che la McGrannitt le aveva donato al terzo anno, per permetterle di seguire più lezioni possibili.
«Un vecchio orologio da taschino?» chiese il biondo osservando l’affarino che oscillava tra le dita di Hermione.
Hermione scosse la testa, poi sorridendo appena, con voce flebile rispose:
«Una giratempo.»

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Capitolo 11
*** capitolo 10 ***


               Capitolo 10

Mi scuso in anticipo per la poca ricchezza dei contenuti, se così la vogliamo chiamare, ma questo è solo un capitolo di transizione....tra poco inizierà la storia vera e propria quindi spero che continuerete a sentirla :*
Un grazie  alle 51 persone che hanno inserito la storia tra le seguite e alle 11che l'hanno messa tra le preferite e un bacione a chi recensisce e mi da motivo di continuare. Vi adoro <3


«Una giratempo. Permette di andare indietro nel tempo. In qualsiasi momento storico. Potremmo tornare al momento della maledizione e capire come spezzarla.» spiegò sbrigativa Hermione.
«Non potremmo impedirla e basta? Magari obliviando la strega…» optò invece Draco, che da brava serpe, cercava sempre la scorciatoia.
«Assolutamente no.  Gravi cose accadono ai maghi che si intromettono nel tempo. Non capisci? Non potremo farci vedere. Dovremo agire nell’ombra, è una delle regole infrangibili del mondo magico.»
«Non farmi ridere, mezzosangue! Cosa potrebbe mai accadere se convincessi la strega a non maledirmi?»
«Di tutto, Draco. Non puoi saperlo. Dobbiamo andare da Silente e chiedere un suo parere.»
«Pensi che il vecchio ci permetterò di andare?»
Hermione gli diede un cazzotto, stavolta sul braccio e molto più leggero
«Non chiamarlo così. Silente è il più grande mago di tutti i tempi. Dai andiamo!» sentenziò la grifondoro, tirandolo per un braccio.
«Mezzosangue…» la ammonì il biondo arrestandosi, facendo fermare anche lei.
«Riflettiamoci meglio…se non dovesse venirci in mente nulla, andremo a parlare con lui domani.
Ora rientriamo, sta facendo buio.»


«Credi che quei due alla fine si metteranno insieme?» chiese Ginny al suo ragazzo, accoccolata tra le sue braccia.
«Di chi stai parlando?» mormorò Harry tra i capelli della sua ragazza.
«Hermione e Draco.»
«Nah. Quei due si sono sempre odiati, Ginny. E poi Herm sta con Cedric.»
«Non stanno davvero insieme. Si stanno appena frequentando. E poi non hai visto come vanno d’accordo ultimamente lei e Draco? Ti dico che tra non molto saranno ufficialmente una coppia.»
«Mhm spero per lei che non succeda. Piuttosto…perché non parliamo di noi due?» chiese Harry Potter diventando del colore dei capelli di Ginny.
«Cosa c’è da dire? Siamo perfetti.» gli sorrise la piccola di casa Weasley.
«Pensavo di più a un “dire” “senza dire”…» le rispose Harry, facendola rimanere a bocca aperta.
Infatti, di solito, era sempre lei a prendere l’iniziativa.
Lei invece di rispondere si avvicinò lentamente al viso del suo ragazzo mentre gli passava un braccio intorno al collo e con l’altra mano iniziò ad accarezzargli i capelli. Lui nel frattempo aveva allacciato le braccia intorno alla sua vita e aveva posato le proprie labbra sulle sue, mordicchiandole dolcemente.
«Andiamo nella mia stanza? Ron è con Lavanda e gli altri non saliranno prima dello scoccare del coprifuoco…»
Ginny avvampò ma poi si lasciò trasportare dal suo ragazzo che prendendola per mano la stava guidando per le scale del dormitorio maschile.

«Dove si sarà cacciato Draco?» chiese Blaise sbuffando. Il moro stava comodamente seduto con le gambe stese sul tavolino della sala comune.
«Sarà ancora con la Granger. E non penso per parlare.» ghignò maligno Theo mentre spegneva distrattamente la sua sigaretta ormai finita nel posacenere nero adagiato accanto ai piedi di Blaise.
«Ma figurati. Non la toccherebbe neanche con un dito. Piuttosto mi chiedo come faccia quel tasso. Com’è che si chiama? Diggory?»
«E voi da quand’è che siete così pettegoli?» chiese di rimando Pansy Parkinson, spuntata dal nulla, sedendosi in mezzo ai due.
«La noia fa fare tante cose, Parkinson. Hai un modo migliore per impiegare il nostro tempo?»
«Potreste fare i compiti di pozioni, per esempio. Sempre meglio di parlare di una sanguesporco.»
«Veramente…» le sussurrò Theo all’orecchio, cingendole le spalle con un braccio « Pensavo a qualcosa di più piacevole. Non so se mi spiego.»
«Sogna Nott.» rispose secca Pansy, scrollandoselo di dosso.
I tre serpeverde risero di gusto, ormai abituati a quegli scambi di battute.
«Comunque…tornando al discorso di prima…» fece Blaise tornando serio «davvero non so cosa ci veda Diggory in quella mezzosangue. E’ migliorata parecchio rispetto agli anni precedenti, d’accordo, ma non dimentichiamoci che oltre a essere una sanguesporco è anche una grifondoro e amica di Potter. Tre su tre!» continuò imperterrito Blaise orripilato.
«A parte gli scherzi, credete che tra lei e Draco ci sia qualcosa? Avete visto come ha interrotto oggi la lezione di Piton, alla quale tra l’altro non si era neanche presentata, per parlare con lui?» chiese Pansy a metà tra l’incuriosito e lo schifato.
«No, non penso. Draco al massimo se la porterà a letto, niente di più.» opinò Theodor deciso.
«Ma va! Neanche! La illuderà fin quando farà comodo a lui ma non si abbasserà ad andare a letto con lei.»
obiettò Blaise contrariato.
«Sei così convinto di ciò che dici da scommetterci su?» lo sfidò Theodor con un ghigno, porgendogli la mano.
«Tutto quello che vuoi amico!» rispose Blaise a tono, stringendogli a sua volta la mano con rigore.
«Pansy è testimone. Prendi la bacchetta, Parkinson!»
«Prima dovete stabilire cosa scommettere.» li mise in guardia la serpe, divertita.
«Bene. Se vinco io, Zabini, tu ci provi con la Granger.»
Blaise annuì, disgustato, per poi ribattere:
«Se vinco io invece tu dovrai provarci con Piton.» rispose Zabini ghignando, da vera serpe.
«Affare fatto. Dai Pansy, ora puoi sigillare la scommessa.»
«A questo punto posso scommettere anch’io?»
«Mhm, il gioco inizia a farsi interessante. Cosa scommetti tu, Parkinson?»
«Io dico che quei due si metteranno insieme. Se vinco io, entrambi dovrete pagare i vostri pegni e in più farmi i compiti di storia della magia e portarmi i libri in classe per un mese.»
«Va bene, tanto non succederà. Se vincerà uno di noi dovrai andare a letto con Potter o con il suo amico Lenticchia.» rispose ridendo Blaise, con il consenso di Theodor.
Pansy arricciò il naso disgustata ma alla fine annuì, prendendo la bacchetta e pronunciando l’incantesimo che avrebbe reso la scommessa infrangibile.
«Ora scendiamo a cena, ho fame!»
E detto ciò le tre serpi si alzarono in sincronia, lasciando la sala comune dei serpeverde vuota.

Pov Draco

Che diamine mi stava succedendo? Da quando assecondavo la mezzosangue? Ciò che era certo, era che se fosse capitato prima non l’avrei mai seguita fuori dalla classe facendo perdere punti alla mia casa.
Che stessi perdendo colpi e non me ne stessi accorgengo?
Respirai lentamente, mentre cercavo di trovare delle risposte. A quali domande, ancora non lo sapevo.
Iniziamo dalle cose più semplici, Draco. Dunque…la mezzosangue voleva usare una giratempo.
Inoltre, secondo lei, non avremmo dovuto farci vedere. La piccola cervellona non ha pensato che sarebbe stato un tantino complicato?
Perché il suo profumo mi da alla testa? E’ sempre lo stesso, eppure…
Mi tirai da solo un ceffone come reazione alla piega che stavano prendendo i miei pensieri.
 Stavo pensando alla mezzosangue, dannazione! Alla mezzosangue! Dovevo rinsavire, e subito.
Mi passai disperato una mano tra i capelli, senza riuscire a venire a capo di nulla.
Eppure non potevo non ammettere che stavo rivalutando la mezzosangue, da ogni punto di vista.
Feci un piccolo resoconto di ciò che stava succedendo nell’ultimo periodo.
Anche se cercavo di ignorare quella vocina che mi diceva che mi stavo affezionando a lei e iniziavo a vederla come donna, non potevo non ammettere almeno con me stesso la sua enorme bontà.
Stava facendo ciò che molti purosangue non avrebbero fatto, non senza aver nulla in cambio.
Forse neanche i miei genitori si stavano dando da fare come stava facendo lei. Non era forse stata mia madre a dirmi di farmi salvare il culo da lei, lavandosene poi le mani? A parte la simpatica visita di mio padre non avevo ricevuto nessuna lettera, nessun segnale che mi stessero stando vicino.
In questo dovevo esserle riconoscente. Nessuno avrebbe fatto per me ciò che stava facendo lei.
Nessuno.
Insomma, stava dando l’anima per me, nonostante i precedenti, aveva persino rinunciato a rivedere la sua famiglia durante le vacanze di natale per aiutarmi e aveva perdonato l’imperdonabile. Non solo i vecchi rancori, ma anche i recenti. E io cosa le davo in cambio? Solo profondo disprezzo e opportunismo celati da finta cordialità. In cuor mio sapevo che la mezzosangue non meritava questo, e nell’inconscio stavo disprezzando me stesso. Non potevo non vederla come il mio angelo custode, quello che mi stava salvando da morte certa. Eppure sapevo che non potevo avere angeli, non me lo meritavo. Gli angeli erano riservati alle persone buone, a quelli come lei. Mi chiesi, sorpreso, se un giorno avrei potuto ricoprire io quel ruolo, se avessi potuto vegliare su di lei e proteggerla da quelli come me.
Un giorno, mi dissi, quando tutto questo sarà finito. Quando lei mi avrà salvato.
Accettai i sentimenti che piano piano si stavano facendo largo dentro di me. Non era amore, certo ,ma mi sentivo sicuramente attratto da lei per non parlare della profonda gratitudine che provavo.
Decisi che il suo sangue non contava poi così tanto, se poi valeva più di mille purosangue messi insieme.
Risi tra me e scossi la testa, mentre mi rendevo conto dell’assurdità dei miei pensieri.


«Una giratempo eh?» chiese Silente passandosi le dita tra i lunghi baffi bianchi e guardava prima l’uno poi l’altra.
«Questa era l’idea, si. Sempre con il vostro consenso, ovviamente.» confermò Hermione, non distogliendo la sguardo da lui. Sembrava una vera leonessa.
«E come intende tornare indietro, dopo 500 anni, Signorina Granger?»
Hermione sbiancò visibilmente. A quello non ci aveva pensato. Strinse i denti e abbassò lo sguardò sul pavimento, come una leonessa ferita. Si sentiva in colpa, dandosi della stupida per non aver pensato a un dettaglio così importante. Le giratempo permettevano di andare nel passato, ma non di tornare nel presente. Per questo si facevano “viaggi” di poche ore, non sarebbe stato un problema aspettare il presente per poche ore. Ma per secoli si. Sarebbero morti nel passato. A quel punto, la loro “missione” avrebbe avuto un senso?
«Siete fortunati. Anzi, lei è fortunato, signor Malfoy.» sorrise il vecchio preside.
Draco alzò lo sguardo su di lui, stupefatto. In quella manciata di secondi aveva perso le poche speranze che gli erano rimaste e si era sentito ormai sull’orlo del precipizio.
«Si da il caso» continuò il preside «che al ministero ci siano delle giratempo che vanno indietro di anni, e altre di secoli. Sono un po’ più grandi, ma questo dovrebbe essere il male minore.
Queste giratempo, permettono di tornare nello stesso posto e nello stesso istante in cui eravate presente al momento in cui avete girato le lancette…il che sarebbe la soluzione perfetta, per voi.
Tuttavia devo informarvi che non è facile ottenerle, ma potreste sempre…prenderle in prestito.»
«Professor Silente» mormorò Draco shockato «lei ci sta dicendo di rubare un oggetto di proprietà del ministero?»
«Certo che no, suvvia!» rise di gusto il preside «Vi sto dicendo di prenderle in prestito. Poi le restituirete.
Non significa tuttavia che sia una questione della massima importanza, e spesso il fine giustifica i mezzi.
Rifletteteci mentre tornate ognuno nei rispettivi dormitori…e, signorina Granger? Ottima idea, come sempre.» le sorrise Silente mentre li congedava.


 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11





«Malfoy dobbiamo muoverci! Tra poco inizieranno ad arrivare i dipendenti!» esclamò un’Hermione abbastanza nervosa di trovarsi nell’Ufficio Misteri a poco dall’apertura.
«Un minuto mezzosangue! Non so quale scegliere.» rispose indeciso Malfoy con in mano due giratempo identiche, delle stesse dimensioni, che differivano nel colore: una nera e l’altra dorata.
Hermione sbuffò, visibilmente irritata.
«Sono identiche, prendine una e basta!» sbottò.
«Nervosa mezzosangue?» la prese in giro il biondo.
Hermione sbuffò per la seconda volta nel giro di un minuto e prendendolo malamente per il braccio lo strattonò fino al camino che li avrebbe fatti smaterializzare.

«E ora?» chiese annoiato Draco una volta al sicuro, fuori dal ministero, tirando fuori una sigaretta.
«Ti sembra il momento di fumare?» gli chiese sempre più irritata Hermione.
Quel ragazzo l’avrebbe fatta impazzire.
«Ti sembra il momento di rompere i coglioni?» le rispose di rimando il serpeverde, dandole le spalle per proteggere la fiamma dell’accendino dal vento.
Hermione incrociò le braccia al petto spazientita, si avvolse al collo la giratempo e prese la bacchetta dalla tasca del mantello.
«Malfoy?»
Il biondo sussultò spaventato quando voltandosi vide la bacchetta della gridondoro puntata contro di lui.
«Sei forse impazzita, mezzosangue? Se dobbiamo arrivare a tanto non fumo, tranquilla!»
La ragazza rise di gusto nel vedere l’espressione di puro terrore di Draco quando lei agitò la bacchetta.
Draco chiuse gli occhi, preparato a incassare Merlino sa quale fattura, per poi riaprire gli occhi sorpresi sentendosi ancora normale.
«Mezzosang….che diav…» biascicò Draco sbigottito spalancando le braccia.
«I miei vestiti!» si lamentò nell’accorgersi che Hermione aveva trasfigurato i suoi eleganti indumenti neri di alta sartoria cuciti su misura in ridicoli stracci medievali.
«Era necessario. Avresti dato nell’occhio.» spiegò Hermione senza degnarlo di un’occhiata mentre compiva su sé stessa la stessa operazione.
Dopo aver dato un’occhiata soddisfatta al lavoro svolto, Hermione raggiunse il biondo, ora pochi centimetri li separavano.
Draco le rivolse una strana occhiata quando la vide avvolgergli “quella cosa” intorno al collo, ma non disse nulla. Vide la mezzosangue armeggiare un po’ con “la cosa” prima di dire:
«Bene. Ora possiamo andare.»
E in un secondo sparirono nel nulla, lasciando la strada vuota alla prima luce dell’alba.

«Giorno.» salutò Pansy Parkinson sbadigliando, mentre si sedeva al tavolo serpeverde per la colazione.
Si versò del caffè, mentre si accorse che il posto accanto a sé era stranamente vuoto.
«Non ditemi che avete lasciato Draco a letto senza svegliarlo.» ghignò rivolta a Blaise.
Il moro stranamente non parlò,esibendo una faccia improvvisamente seria, facendo insospettire la ragazza.
«Blaise?» lo chiamò Pansy, indispettita per esser stata degnata di una risposta.
«Allora? Volete dirmi che succede? Sta male? Gli avete fatto qualcosa? Si è imboscato con la mezzosangue? Riguarda la scommessa? Parlate, maledizione!» sbottò Pansy scattando in piedi e sbattendo violentemente la mano sul tavolo, sempre più furente.
«No, no, Pansy, niente di tutto ciò, stà tranquilla! Draco è dovuto tornare a casa per questioni familiari… sta bene, ma non sa quando tornerà.» la placò Theo.
«Cosa? Davvero? Cos’è successo? Forse dovrei mandare un gufo a Ciccy…»
«No!» urlarono all’unisono Theodor e Blaise, attirando lo sguardo di tutti i presenti in sala grande su di loro.
«Vedi…» le sussurrò dolcemente Blaise prendendolo a braccetto e scortandola fuori dalla sala grande per evitare di fare scenate, seguito a ruota da Theo che prese Pansy a braccetto dall’altro lato.
«E’ una situazione molto delicata. Narcissa non gradirebbe una tua lettera…» continuò Blaise spiegandole gentilmente la situazione. Mentendo spudoratamente. In realtà i genitori di Draco non dovevano sapere niente dell’allontanamento del figlio da Hogwarts e di quello che avevano in mente.
Conoscendolo, il caro vecchio Lucius sarebbe andato su tutte le furie se lo avesse saputo, e avrebbe lottato fino alla morte per far licenziare Albus Silente.
«Per non parlare di Draco. Ci crucerebbe tutti e tre se tu gli dicessi che te ne abbiamo parlato. C’è un motivo se non ne ha fatto parola con nessuno.» lo spalleggio Theodor.
Pansy guardò scettica prima l’uno e poi l’altro. C’era qualcosa che non tornava in quello che le stavano raccontando. Percepiva la menzogna, il loro discorso faceva acqua da tutte le parti.
«Mi state mentendo.» disse infatti la serpeverde, fermandosi bruscamente e costringendo i due a fare lo stesso.
«Ditemi. Cosa. Succede. Ora. Altrimenti giuro su Salazar che sarò io a cruciarvi. E non sarà affatto piacevole.»
La serpeverde sibilò la minaccia a denti stretti, con un ghigno sadico che avrebbe fatto rabbrividire anche Salazar in persona. Theodor e Blaise deglutirono, scambiandosi occhiate terrorizzate tra loro, indecisi sul da farsi.

«Diggory! Hai visto Hermione?» chiese Harry trafelato, seguito dai fedeli e onnipresenti fratelli minori Weasley.
«No, Potter. Perché avrei dovuto?» fu la risposta gelida del tassorosso, che proseguì diritto per il proprio cammino, costringendo i tre grifondoro a correre per tenere il passo.
«Insomma Cedric vuoi fermarti o no?» sbottò Ginny, quasi urlando.

Il dolore lo stava straziando, la tristezza gli stava dilaniando l’anima.
L’orgoglio uccideva le sue lacrime prima che potessero nascere, le lacrime represse lo stavano uccidendo lentamente.  Non sentiva più niente, non vedeva più i colori, gli sembrava di essere stato rinchiuso in una bolla vuota, lontano da tutto e tutti, da solo con il suo dolore.
Non sentiva più neanche le voci dei tre grifondoro che gli stavano alle calcagna, i suoi amici.
Sentiva solo una voce, la sua voce, mentre gli stava gentilmente dicendo che fra loro era finita.


Flashback.

Lei lo stava aspettando con un sorrisetto stirato,tra il colpevole e l’imbarazzato, all’entrata della tribuna del campo di quidditch, dopo gli allenamenti.
Sembrava volesse scusarsi. Di cosa, lo avrebbe scoperto presto.
«Ehi.» la salutò sussurrandole dolcemente all’orecchio mentre la stringeva al suo petto, come a volerla proteggere. Aveva la sensazione che la grifondoro fosse in pericolo, o quantomeno, che volesse essere rassicurata.
«Ciao.» ricambiò il saluto la grifondoro, sciogliendosi però dall’abbraccio, mentre teneva lo sguardo incollato al suo. «Facciamo due passi.»
Cedric rimase interdetto, non si aspettava certamente quella reazione e quel tono freddo, in più c’era qualcosa nello sguardo di Hermione che non lo convinceva. Che avesse fatto qualcosa di sbagliato?
Deglutì a fatica mentre si sforzò di annuire e seguire la riccia.
Camminarono silenziosamente per diversi minuti, quando Cedric ormai stanco e angosciato di quella situazione che non prometteva nulla di buono, si fermò e la afferrò per un braccio, costringendola a guardarlo.
«Hai qualcosa da dirmi?» cercò di usare un tono più distaccato possibile.
«Si. Cedric mi dispiace, mi dispiace tanto…tu meriti di meglio.»
«Cosa significa?» chiese, sempre più incapace di mantenere la calma.
«Che ho delle cose a cui pensare, delle cose della massima importanza. E che tu sei un bravissimo ragazzo, uno dei migliori che conosca, e meriti una persona che ti dia le attenzioni e l’affetto che meriti. Io non ne sono in grado, non ti merito, mi dispiace.» gli disse Hermione con le lacrime agli occhi. Tutto questo le faceva male, non voleva ferirlo, ma pensava sinceramente ogni parola che aveva pronunciato.
«Hermione…» mormorò il tassorosso con la voce rotta «Perché pensi questo? Io posso aspettare, non ti metto nessuna fretta…se tu ora hai delle priorità… io lo rispetto, va bene? Ma non capisco perché non mi dai nemmeno una possibilità.»
Hermione scosse la testa energicamente, ormai non riusciva più a trattenere le lacrime.
Non provava sentimenti per Cedric che andassero oltre l’amicizia, ma ora, percependo il dolore del ragazzo, non poteva non sentirsi in colpa.
«Mi dispiace. Ti voglio bene, ma non può esserci niente.  Spero che col tempo saremo di nuovo amici.» si sporse verso il ragazzo per dargli un bacio sulla guancia e voltargli le spalle, come a sottolineare quello che gli aveva appena detto.
Cedric rimase immobile, incapace di distogliere lo sguardo dalla figura esile di Hermione che si faceva sempre più piccola. Sempre più distante. Sempre più distante da me.
Fine flashback



«Insomma Cedric vuoi fermarti o no?» la voce tonante della piccola Weasley lo distolse dai suoi pensieri
e lo fece fermare bruscamente.
«Ora basta! Se cercate la vostra amica l’ho vista questa mattina all’alba che andava chissà dove con Malfoy.
E ora state alla larga da me, tutti voi!»
Cedric  scoccò loro un ultimo sguardo carico di risentimento e sparì tra la folla.
I tre grifondoro si guardarono, consapevoli.
Pensava che Hermione ora avesse una storia con Malfoy, era ferito.
Come dargli torto.

Si smaterializzarono in un paesino caratteristico: molto simile a quello del presente che avevano appena lasciato, con la sola differenza che le strade erano piccole e piene di terra, al posto degli enormi edifici vittoriani c’erano delle case più o meno ampie fatte di pietre, e botteghe un po’ più piccole molto simili alle case. C’erano centinaia di persone che si aggiravano per le varie bancarelle vestite come loro, con abiti medievali. Draco guardò sdegnato la plebe, e con uno sguardo altrettanto altezzoso si rivolse alla sua compagna.
«E ora?»
«E ora cerchiamo.»
«Cerchiamo cosa, di grazia?»
«Qualsiasi cosa Malfoy!» sibilò la grifondoro  «E vedi di non farti, in alcun modo, notare. Sono stata chiara?» chiese con un finto sorriso angelico.
«Mi fai paura quando fai così, Granger.»
Hermione si lasciò andare a una risata spensierata, per poi tornare seria di colpo.
Draco la osservò incuriosito, cercando di seguire il suo sguardo e intercettare la causa di quel cambio d’umore improvviso.
«Cosa c’è?»  le chiese non trovando quello che cercava.
«Shh. Non ti muovere. Guarda.»
Il biondo fece come gli era stato detto, osservando un uomo che poteva benissimo passare per un suo gemello, intento a ghignare sadicamente leggendo un annuncio fisso in bacheca.
I due ragazzi aspettarono immobili per diversi minuti finchè la copia di Draco non se ne andò e si avvicinarono al punto in cui era stato fino a pochi secondi prima.
Una luce determinata e allo stesso tempo preoccupata si accese negli occhi color ambra della grifondoro.
«Ci siamo.»

«La prego.» supplicò Harry Potter, sinceramente preoccupato. «Non posso stare con le mani in mano mentre Hermione è in pericolo da qualche parte. Mi dica dov’è.»
«Mi dispiace Potter, non posso davvero aiutarla. Siamo preoccupati tutti per la signorina Granger ma ha deciso lei di partire per questa missione. Ci ha chiesto inoltre di non informare nessuno, e noi dobbiamo rispettare le sue scelte.» spiegò rammaricato il vecchio preside.
«Ma noi possiamo aiutarla! Siamo i suoi amici!» urlò Harry.
Albus Silente sospirò , combattuto.
Lasciare la signorina Granger e il signor Malfoy a cavarsela da soli, o mettere in pericolo altri studenti?
Si rammentò dell’accordo. Che i due giovani fossero o no riusciti a scoprire qualcosa, entro due giorni sarebbero tornati, e non avrebbero dato nell’occhio.
«Mi dispiace Potter. Non dimentichiamoci che la signorina Granger ha affrontato cose ben peggiori e che è la studentessa più brillante che Hogwarts non vede da parecchio tempo.»
«Ma c’eravamo noi al suo fianco!» replicò Ron, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
«Certo, non saremmo intelligenti e bravi con gli incantesimi come lei, ma potremmo comunque proteggerla ed essere utili!» continuò il rosso, sinceramente preoccupato e un pelo fuori di sé.
«Signor Weasley….» provò a dire Silente, ma fu subito interrotto da Potter.
« Ci dica dov’è…»
«E va bene. Vi racconterò I dettagli della missione, ma vi avverto, se proverete a raggiungerli sarete espulsi senza esitazione.»


Ok, ci ho messo una vita, e per di più per nulla di che, penserete voi. Ma è stato un periodo nero sia per quanto riguarda la scuola che per la mia vita privata, per cui vi dico subito che non so quando scriverò il prossimo capitolo, nè vi posso promettere che sarà chissà cosa di speciale, l'unica cosa che posso promettervi e che ci proverò al massimo. 
Vi annuncio inoltre che le mie idee su questa fanfic si sono radicalmente modificate, e che quindi la storia sta per giungere al termine. Non so quanti capitoli scriverò, ma siamo quasi alla fine.
Un abbraccio alle 14 persone che hanno inserito la storia tra le preferite e le 65 alle seguite, ma soprattutto a tutti coloro che l'hanno recensita, scrivendo bellissime parole. Vi adoro tutti, un bacione <3

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


                                                                Capitolo 12




Un appiccicoso liquido color cremisi sgorgava dalle dita spaccate di Draco, colando lungo le nocche contratte fino ai polsi imprigionati da strette catene mezze arrugginite. Una goccia del medesimo colore gli colava dalla fronte imperlata dal sudore, per poi scorrere lenta lungo lo zigomo scolpito.
Una risata sadica echeggiò per le antiche mura di pietra della stanza, ricoprendo persino i gemiti di Draco..


Quella mattina, la scuola di Hogwarts era in subbuglio: tra i serpeverde circolava la voce che la mezzosangue amica di Potter avesse ucciso il loro leader biondo e si fosse messa in fuga, mentre, tra i grifondoro, l’esatto opposto.
Il culmine della tensione fu raggiunto quando il prefetto dei serpeverde, Pansy Parkinson, urtò per sbaglio la piccola di casa Weasley.
«Guarda dove metti i piedi, pezzente!» ringhiò rabbiosa la serpeverde.
«E tu dove cammini, oca giuliva!» urlò di rimando la rossa, che fu trascinata via all’istante dal suo ragazzo.
«Ma che carino Potty, porta via la tua ragazza prima che si faccia male. » ghignò Pansy.
«Taci, Parkinson.» rispose calmo Harry. Il suo, sembrava più un consiglio che un avvertimento.
«Come osi?» urlò infatti Ginny, che nel frattempo si stava divincolando dalla presa di Harry per fiondarsi sulla serpeverde.
«Vedi di sparire, come ha fatto quella lurida mezzosangue della tua amica! Voi siete suoi complici, non è così?»
«Adesso basta, Pansy.» ordinò secco Blaise cercando di mettere acqua sul fuoco, che era accorso dall’amica non appena aveva visto la scena da lontano.
«Abbi almeno il buongusto di tacere, Zabini. Dovresti difendere il tuo migliore amico da certa plebaglia invece di startene zitto e buono.»
«Draco non ha bisogno di essere difeso perché nessuno l’ha chiamato in causa, se non tu.
Fino a prova contraria sei tu che stai attaccando la mia ragazza e la mia migliore amica.» le fece notare Harry Potter.
«Magari voi non l’avete chiamato in causa, ma la vostra amica si! E sono certa che voi sappiate dov’è.» sibilò Pansy.
Harry stava per ribattere, ma fu preceduto da Ginny, che, inevitabilmente, scoppiò in una risata fragorosa, facendo avvampare le guance della serpeverde di rabbia.
«Cosa sta succedendo qui?» tuonò la voce della vicepreside tra la calca che si era formata intorno a loro.
«Stupida traditrice del suo sangue…» sibilò inviperita Pansy avvicinandosi pericolosamente alla grifondoro.
«Parkinson, torna subito nel tuo dormitorio! 10 punti in meno a serpeverde!»
«Oca!» ribattè Ginny ignorando bellamente la  McGrannitt.
«Ora basta! Voi quattro, seguitemi immediatamente nell’ufficio del preside!»
«Quattro, professoressa?» chiesero increduli e all’unisono Blaise Zabini e Harry Potter.
«Tutti e quattro ho detto. Ora!»

 
Hermione guardava con orrore la scena dall’alto, i tentativi del ragazzo di liberarsi dalle catene andare a vuoti, i singhiozzi, la sua disperazione, tutto sembrava avere un’unica causa: lei.
Era a causa sua se il ragazzo non aveva scoperto in tempo come spezzare la maledizione, e, di conseguenza, ora stava patendo le pene dell’inferno prima di subire una morte atroce.
Fluttuò per la stanza, nel tentativo di capire da chi provenisse quella risata. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Tentò di raggiungerlo, ma non ci riuscì.


Hermione si svegliò di soprassalto, terrorizzata. Si scostò i capelli dalla fronte sudata, nel tentativo di calmarsi e fece per alzarsi per andare a prendersi un bicchiere d’acqua, ma nel poco spazio disponibile nella tenda che avevano arrangiato, inciampò in qualcosa che fece svegliare anche Draco.
«Granger ma che…» sbiascicò il biondo, mezzo addormentato, stropicciandosi gli occhi.
Poi aprì gli occhi e focalizzò il viso pallido di Hermione.
«Che è successo?» le chiese preoccupato.
Hermione abbozzò un sorriso, ma quello che ne uscì fu solo una buffa smorfia.
«Un  brutto sogno. Acqua?» chiese mentre tentava di avanzare nella roba sparsa a terra, che avevano messo nella borsa grazie all’incantesimo estensivo irriconoscibile.
Draco annuì assonnato e le fu subito dietro, voleva parlarle guardandola negli occhi. Per lui, la questione non era finita lì.
«Cos’hai sognato?» chiese, prendendola per i fianchi e costringendola a voltarsi verso di lui.
Ora erano faccia a faccia, e, giusto per rendere la situazione ancora più assurda, a Hermione venne lo strano pensiero che fisicamente il biondo non era poi così male. Lo aveva ritenuto sempre uno spocchioso snob antipatico, ma ora lo trovava bello, bello da mozzare il fiato, e non riuscì a capire come mai non se ne fosse mai accorta.
“Questo sogno mi ha fatto davvero un brutto effetto.” Commentò sarcastica la grifondoro nella sua mente, aggrottando la fronte. Decise che aveva urgentemente bisogno di quel bicchiere d’acqua.
Si voltò per prenderlo, ma venne prontamente fermata dalle forti braccia del serpeverde, che non le permisero di muoversi di un basso.
«Allora?» chiese, alzando  il sopracciglio biondo.
Hermione deglutì, non voleva raccontargli del sogno. Anche se riguardava lui, riteneva fosse una cosa privata.
«Ho sognato che…che…quella strega ti torturava a morte. Io volevo salvarti, ma non ci riuscivo.» sussurrò Hermione tutto d’un fiato.
«Ah…» fu la risposta del serpeverde, sorpreso che quella prospettiva turbasse così tanto la ragazza di fronte a lui. «Era solo un sogno.» la tranquillizzò con un mezzo sorriso.
«Non lo so… sembrava tutto così reale.» spiegò Hermione mordicchiandosi il labbro.
Draco l’abbracciò, cogliendo entrambi di sorpresa. Non riusciva a spiegarsi il perché, ma sentiva il bisogno di rassicurarla. Iniziava a pensare seriamente di stare impazzendo.
«Non succederà. Io e te ce la faremo.  La vista del mio antenato oggi ti avrà turbata e il tuo inconscio ha viaggiato un po’ troppo. » sussurrò dolcemente tra i suoi capelli.
«Non lo so.» bisbigliò Hermione, agitandosi tra le sue braccia, come se temesse che qualcuno potesse sentirla. «Sembrava più una visione che un sogno. Ho paura che succederà davvero, Draco.»
Il biondo sussultò, sciogliendo l’abbraccio per poterla scrutare negli occhi. Quello che vide fu paura, paura pura.
«Ehi!» le sorrise sfiorandole una guancia con l’indice. «Non mi succederà niente.» poi si scostò bruscamente, come se fosse stato scottato al tocco della pelle di lei.
«Ora andiamo a dormire. Domani sarà una giornata dura.»
Hermione annuì, per niente convinta delle parole rincuoranti del ragazzo. Né dei suoi gesti improvvisamente affettuosi.

L’indomani mattina Draco si svegliò all’alba. Non aveva dormitò gran che durante la notte, tenuto sveglio da ciò che gli aveva detto la mezzosangue.
E se non fosse stato solo un sogno?
Vide la ragazza agitarsi un po’ nel sonno, per poi stiracchiare le braccia, girarsi di lato, infilare la mano sotto il cuscino e poggiarvi teneramente la testa sopra, mentre apriva lievemente gli occhi ambrati e batteva le ciglia, dando così il suo buongiorno al mondo.
Ma quant’è bella stamattina la mezzosangue?
«Buongiorno.» le sorrise Draco, prima ancora di accorgersi di essere rimasto incantato a fissarla.
«Buongiorno.» gli sorrise di rimando la grifondoro, raccogliendo i capelli in una coda morbida e togliendosi le coperte di dosso.
«Dormito bene?» chiese mentre stava armeggiando con un oggetto babbano appena preso dalla sua borsa incantata.
«Mhm…insomma.» bofonchiò Draco sbadigliando.
«Tranquillo, questo risolverà i tuoi problemi.» gli disse allegra Hermione porgendogli una tazza.
Caffè... Constatò Draco annusando l’odore forte e pungente del liquido scuro.
«Ma…come hai fatto senza bacchetta? Ah, lascia stare, tu e le tue diavolerie babbane!»
Hermione aprì la bocca per ribattere ma fu interrotta dal biondo serpeverde prima che potesse pronunciare una sola parola.
«Comunque ci ho pensato, e penso che dovremo recarci nello stesso punto dove abbiamo visto il vecchio Draco ieri. Stava fissando qualcosa e sorrideva in modo inquietante.»
«Sembrava un pazzo…» concordò Hermione annuendo e massaggiando le tempie nel tentativo di riflettere.
«Non pensi che sia rischioso andare laggiù?» chiese la ragazza dopo diversi minuti.
«Certo che è rischioso, ma che avevi in mente? Di stare qui nella tenda belli e buoni e che loro fossero venuti da noi?» ribattè sarcastico il biondo.
«No.» rispose Hermione a denti stretti, irritata dal tono che il ragazzo aveva usato. «Solo non pensavo dovessimo lanciarci così all’avventura senza un piano! Una mossa sbagliata e potrebbero arrestarci!»
«Dei babbani? A noi?» chiese Draco alzando un sopracciglio e mostrandole la bacchetta con fare ovvio.
«Dimentichi che NON possiamo farci scoprire Draco! Potremmo cambiare la storia dell’umanità se rivelassimo l’esistenza della magia ai babbani, perché non capisci?»
«Rilassati, mezzosangue. Non ci faremo scoprire e andremo in quel posto, sento che è la pista giusta. Fidati di me.»
«Come fai a dirlo?» chiese Hermione incrociando le braccia sotto il seno ma con il tono di voce ormai rassegnato.
«Istinto.» ghignò Draco soddisfatto dalla rassegnazione della grifondoro.
«Istinto? Tu vuoi affidare l’esito della nostra missione all’istinto?» disse Hermione acida facendogli il verso.
«Devi sapere, Granger, che l’istinto è la cosa migliore che ci sia al mondo. Non puoi spiegarlo, è vero, ma non puoi neanche ignorarlo. E funziona sempre.» rispose Draco facendole l’occhiolino.
«Ora prepariamoci e andiamo.» Draco fece per dirigersi verso l’altra stanza nella tenda , ma udendo il silenzio assoluto si girò, convinto che la mezzosangue fosse svenuta o avesse appena ricevuto un petrificus totalus. Gli sfuggì una risatina, mentre, girandosi, vide la mezzosangue intenta ancora a fissarlo  con la bocca spalancata.

«E’ possibile che neanche in una situazione come questa riusciate a comporvi civilmente tra voi?» tuonò la voce austera della professoressa di Trasfigurazioni, una volta condotto i quattro studenti nel suo ufficio.
Harry e Blaise, per una volta che non avevano fatto nulla, ma che anzi, avevano provato a separare  le due, provarono a giustificarsi, con scarsi risultati, mentre le due ragazze erano impegnate a guardarsi in cagnesco.
«Peccato che noi non siamo a conoscenza della situazione, professoressa.» rispose arrogante Pansy Parkinson.
«Parla per te serpe.» disse sorridente Ginny Weasley che proprio non riuscì a trattenere un ghigno soddisfatto, guadagnandosi un pizzicotto da parte di Harry e un’occhiata omicida da parte della Parkinson.
«Loro lo sanno e io no?» sibilò la serpeverde guardando incredula la vicepreside, indicando i grifondoro.
«Noi siamo tenuti alla massima segretezza, signorina Parkinson. Se la signorina Granger ha ritenuto opportuno informare i suoi amici, è una decisione che spetta a lei.  Ora tornare nei vostri dormitori.»
I quattro ragazzi si guardarono, ognuno con uno sguardo diverso, ma tutti, in silenzio, si apprestarono a uscire fuori.
«Ah dimenticavo.» Li chiamò la McGrannitt quando i quattro erano ormai sull’uscio.
«La prossima volta che vi vedrò azzuffarvi come cavernicoli sarò costretta a sospendervi. Buona giornata!»


Un’antica pergamena appesa in malo modo alla logora parete di un locale da quattro soldi ritraeva alla bell’e meglio una ragazza dalla bellezza stupefacente.
Stando al disegno, la ragazza aveva un paio di enormi occhi color zaffiro, valorizzati dalle lunghissime e folte ciglia nere. Il viso di un ovale perfetto, circondato dai lunghi boccoli corvini.
Sopra al ritratto, una scritta a caratteri cubitali diceva:



Draco e Hermione, constatarono, a malincuore, che doveva essere a forza quello ciò che guardava il Draco del passato il giorno prima: era l’unico annuncio su quella parete.
Deglutirono, non doveva essere facile trovarla, non mentre si stava nascondendo da colore che le davano la caccia.
«Sai che significa?» chiese Hermione cupa, distogliendo Draco dai suoi pensieri.
«Cosa?»
«Che per prenderla dovremo aspettare che la trovino prima loro.»



Ciao :3 allora, vi sono mancata? :P 
Vorrei solo dire alcune cose:
Prima di tutto, mi scuso per averci messo così tanto, e soprattutto per non aver fatto sviluppare la storia come vorrei...
Secondo: voglio che sappiate che tengo tanto a questa storia, e sono tanto dispiaciuta per non renderla al meglio... 
Terzo: avete notato il cambiamento di Draco? Ok, lo ammetto...tornerà il bastardo che è sempre stato fra non molto, ma mi serviva un modo per compensare la mancanza degli sviluppi della storia xD 
Beh, detto ciò....cosa ne pensate? Aspetto con ansia i vostri pensieri a riguardo.
Un bacione a voi che inserite la storia tra le preferite/seguite/ricordate, che crescete sempre di più, questo significa molto per me, ma soprattutto GRAZIE DI CUORE  a chi recensisce, stimolandomi ad andare avanti. Vi adoro tutti ^_^

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


             Capitolo  13



Salve :3 mi sono resa conto che il sito non ha riportato la scritta dell’annuncio alla fine del 12esimo capitolo, quindi rimedio riportandolo qui sotto, portate pazienza J
Per quanto riguarda il capitolo che state per leggere, presa da un momento di ispirazione ho deciso di concedermi un altro po’ di tempo per dedicare questo capitolo  a un’idea che mi è appena passata per la testa e che mi piace da morire…spero che piaccia anche a voi allo stesso modo, detto ciò vi lascio alla lettura mentre mi mangio le mani in attesa di sapere cosa ne pensiate…. Un bacione a tutte! :*




Un’antica pergamena appesa in malo modo alla logora parete di un locale da quattro soldi ritraeva alla bell’e meglio una ragazza dalla bellezza stupefacente.
Stando al disegno, la ragazza aveva un paio di enormi occhi color zaffiro, valorizzati dalle lunghissime e folte ciglia nere. Il viso di un ovale perfetto, circondato dai lunghi boccoli corvini.
Sopra al ritratto, una scritta a caratteri cubitali diceva:


1000 galeoni di ricompensa a chi la trova.

Draco e Hermione, constatarono, a malincuore, che doveva essere a forza quello ciò che guardava il Draco del passato il giorno prima: era l’unico annuncio su quella parete.
Deglutirono, non doveva essere facile trovarla, non mentre si stava nascondendo da colore che le davano la caccia.
«Sai che significa?» chiese Hermione cupa, distogliendo Draco dai suoi pensieri.
«Cosa?»
«Che per prenderla dovremo aspettare che la trovino prima loro.»


Hermione  e Draco tornarono nella loro tenda quando il sole ormai stava per calare, e i colori scuri delle tenebre stavano succhiando via quelli luminosi del giorno.
Era il crepuscolo, e osservando il sole che stava scomparendo, sovrastato dal cielo violaceo e blu scuro, Hermione, sedendosi a terra, con la schiena poggiata a una quercia, pensò che non ci fosse spettacolo più bello, ma allo stesso tempo più triste.
La fine del giorno, l’inizio della notte. La luce che scompariva per lasciare il proprio posto alle tenebre, e per Hermione le tenebre non erano qualcosa di positivo, anzi. Era sinonimo di cattivo, malvagio, oscuro. E guardando lo spettacolo che le stava offrendo il cielo, pensò stupidamente che forse per quello i cattivi erano attratti dal lato malvagio della realtà: c’era qualcosa di dannatamente affascinate nell’oscurità.
«A cosa stai pensando?» la voce di Draco la sorprese da dietro, facendola sussultare dallo spavento e interrompendo il filo dei suoi pensieri.
«A tante cose.» rispose Hermione spostandosi di lato per fargli posto.
Draco non si fece pregare e si sedette immediatamente accanto a lei per godersi gli ultimi istanti del crepuscolo, anche a lui, come Hermione, quel momento della giornata piaceva dannatamente.
«Vuoi?» le chiese gentilmente il ragazzo porgendole un bicchiere dal liquido chiaro, tenendo sempre gli occhi fissi sull’orizzonte.
Hermione constatò che quello era sidro di mele, e accettò volentieri.
»Grazie.« sussurrò mentre iniziò a sorseggiare il sidro, fissando ancora pensierosa l’ultimo spiraglio di luce scomparire nel buio della notte.
«Allora?» chiese il ragazzo impaziente. «Mi vuoi dire o no con cosa si sta torturando quella tua testolina complicata?»
Hermione arricciò il naso nell’udire quelle parole.
«La mia testa non è complicata, ma complessa. E’ ben diverso.» protestò ridendo la grifondoro.
«E’ che mi sento un po’ demoralizzata.» continuò poi tornando seria.
«Siamo qui da due giorni e siamo ancora al punto di partenza. Non mi aspettavo di trovate tutto e subito, e di tornare a Hogwarts già questa sera, questo assolutamente no. Ma speravo di trovare subito un punto di partenza, qualche indizio da cui cominciare. Invece non c’è niente che ci possa aiutare. La ragazza che stiamo cercando è una fuggitiva, e se intervenissimo potremmo anche peggiorare la situazione.
Al contrario, se lasciassimo svolgere i fatti nel loro corso naturale, potremmo non avere possibilità di avvicinarci a lei senza farci scoprire e quindi tutto questo sarebbe inutile.»
Draco ascoltò in silenzio quel fiume in piena appena uscito dalla bocca della mezzosangue, non potendo non concordare con lei e capire la sua rassegnazione.
«Mi sento così inutile, Draco. In più c’è stato quel sogno… detesto sentirmi così debole e inutile!»
«Mezzosangue, io detesto fare complimenti, poi se la persona a cui rivolgerli sei tu peggio che peggio…per cui apri bene le orecchie, perché te lo dirà una volta sola…»
Hermione si asciugò le lacrime che le stavano inumidendo gli occhi, mentre vide Draco sospirare. Era evidente che lo sforzo che stava facendo il serpeverde era enorme.
«Tu non sei inutile, chiaro? Hai avuto quest’idea folle di tornare nel passato, ed è stata più che un’idea intelligente, perché, se non te ne sei accorta, appena siamo arrivati abbiamo subito visto il mio antenato e abbiamo scoperto che aspetto aveva quella strega. Abbiamo scoperto che non l’hanno ancora presa e che quindi abbiamo tempo per escogitare qualcosa. Se non te ne sei accorta, questo è già un ottimo punto di partenza.
Si dice che sei la strega più intelligente che Hogwarts abbia mai visto, per cui perché non tiri fuori il vostro stupido ottimismo grifondoro e non la smetti di piagnucolare inutilmente? Vedrai, insieme troveremo una soluzione, per il momento abbiamo ancora tempo.»
Hermione fissò con gli occhi sgranati e la  bocca spalancata il ragazzo al suo fianco.
Faceva difficoltà a credere che quello fosse Draco Malfoy, il ragazzino idiota e antipatico che sprecava la sua vita per rovinare quella degli altri, in particolar modo la sua.
«Però! Sei saggio per essere un serpeverde!»
Draco scrollò le spalle, ignorando volutamente quel commento, che a parer suo, era del tutto fuori luogo.
«Sai che penso?» chiese d’un tratto il biondo.
Hermione scosse la testa, ancora sotto shock per la conversazione precedente.
«Che dovremmo svagarci.» si alzò e le porse la mano, per aiutarla a fare altrettanto.
«E in che modo, di grazia? Ti ricordo che siamo nel medioevo.» Hermione sbuffò, ricredendosi su quello che aveva pensato  fino a un attimo prima. Possibile che a quel ragazzo  interessasse solo divertirsi?
«Ti fidi di me?» le chiese, trattenendo con scarsi risultati un ghigno.
Hermione strinse le braccia al petto e assottigliò le labbra a tal punto da somigliare incredibilmente alla McGrannitt, il che, per il biondo, era inquietante.
«Sinceramente?» rispose Hermione portandosi a un passo di distanza da lui in modo da poterlo guardare  diritto negli occhi. «No.»
«E dai, mezzosangue, così mi ferisci!» ghignò il biondo divertito, guadagnandosi un cazzotto in pieno petto da parte di Hermione.
«Ahi!» si lamentò, massaggiandosi il torace.
«Te lo meriti.»
«Senti, solo per questa volta, fidati. Non ho in mente niente di rischioso. Voglio fare qualcosa di diverso, per svagarci. Ne hai bisogno.» le disse, porgendole nuovamente la mano. Stavola Hermione la accettò, e non fece neanche una piega nel vedere il biondo puntarle contro la bacchetta e avvolgere  intorno al loro collo la giratempo.

«In che anno siamo?» chiese Hermione meravigliata mentre faceva una giravolta per osservare meglio il suo abito in tulle bordeaux impreziosito dalle frange che rendevano il vestito svolazzante dalla vita in giù.
«Ma che hai fatto?» chiese ancora incredula. Non poteva credere ai suoi occhi.
«Ho trasfigurato i tuoi vestiti in quelli degli anni ’30, e non solo. » rispose Draco, accennando alla lunga collana di perle che Hermione aveva intorno al collo e alla fascia che circondava dalla quale si ergeva una lunga piuma dorata, che si intonava perfettamente alle scarpe.
«Siamo negli anni ’30?» chiese la grifondoro entusiasta «Adoro quest’epoca!»
«Non è stata un’idea poi così cattiva, no?» chiese il biondo puntandosi la bacchetta al petto e trasfigurando anche i suoi abiti, che da medievali si trasformarono in un elegante smoking nero, tipico dell’epoca.
«No, Malfoy, almeno questo ti deve essere riconosciuto.» sorrise Hermione raggiante.
«Senti senti! Hermione Granger, la perfettina grifondoro so-tutto-io ha appena dato ragione a Draco Malfoy. Questo è per davvero un evento storico!» la prese in giro Draco, guadagnandosi il suo secondo pugno della giornata.
«Ok tregua, siamo qui per divertirci, mezzosangue, quindi cosa ti va di fare?»
«Siamo negli anni ’30, quindi non abbiamo molta scelta direi.» sorrise Hermione indicando un locale notturno sotto la collina sulla quale si erano materializzati.
«Non possiamo rischiare di smaterializzarci e farci da vedere da qualcuno, quindi dovremmo scendere a piedi a valle, prendere una carrozza e farci accompagnare al locale più vicino.»
Hermione annuì e insieme si incamminarono lungo il sentiero che portava a valle, ridendo e scherzando come se fossero amici di vecchia data.
In quel momento non erano una grifondoro e un serpeverde che si facevano la guerra da anni, ne un purosangue e una mezzosangue che si disprezzavano a vicenda e non perdevano occasione per insutarsi.
In quel momento erano semplicemente un ragazzo e una ragazza che si trovavano da soli e spaesati in un’epoca diversa, un’epoca a loro sconosciuta, e che per la prima volta si stavano conoscendo davvero senza badare ai reciproci pregiudizi, per la prima volta si guardavano con occhi nuovi, diversi.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, Draco trovò che la compagnia di Hermione dopo tutto era piacevole, e che la ragazza fosse davvero brillante. Con lei potè dar voce a qualsiasi suo pensiero senza sentirsi stupido, e affrontare qualsiasi argomento senza sentirsi giudicato, cosa che, con la maggior parte dei suoi amici non era possibile.
Con lei poteva parlare apertamente. Le raccontò della sua infanzia, di quanto fosse stato schifosamente viziato e di quanto i suoi genitori in realtà lo avessero trascurato, di come non gli facessero mancare niente, a parte le attenzioni e il tempo che un bambino della sua età desiderava.
Hermione ascoltava il ragazzo interessata e un po’ sorpresa. Non si aspettava che si aprisse così tanto con lei, che le confessasse le sue paure e i suoi dispiaceri più grandi.
Si sorprese che ascoltarlo le veniva naturale, che lo trovasse piacevole, e scoprì che provava pietà per quel ragazzo, il quale era diventato quel che era solo perché i suoi genitori, insensibili ed egoisti, lo avevano plasmato in questo modo.
Draco le raccontò del suo rapporto con la madre, del fatto che lei gli volesse bene ma che non sapeva dimostrarglielo. Di quante volte la vedeva arricciare il naso mentre il padre gli insegnava come doveva comportarsi con gli altri, ma alla fine non diceva niente. Di quante volte avrebbe voluto giocare con lei, da piccolo, ma lei lo lasciava con i suoi amici mentre lei prendeva il the con le madri di essi.
Hermione si trovò a pensare che forse Draco non era una persona negativa come pensava, che forse con un po’ di aiuto e con la spinta giusta sarebbe potuto diventare addirittura gradevole.
E così, fra tante  chiacchiere di varia natura e genere, arrivarono a piedi senza neanche accorgersene di fronte al locale che avevano visto dalla collina.
«Ma come? Siamo già arrivati?»
«Così pare.» rispose Draco evocando con la bacchetta un sigaro che aveva visto in mano a un signore intendo ad accenderselo.
«Malfoy!» lo rimproverò Hermione dandogli una sberla sul braccio. «Vuoi farti scoprire? E poi ti sembrano modi?»
«Non iniziare a rompere, mezzosangue, avevi appena finito.» rispose strafottente Draco.
«Forse perché tu avevi smesso di comportarti da idiota!» sbottò la grifondoro.
«Questo è quello che pensi tu. Puoi precedermi dentro, se vuoi. Io devo fumare.»
«Non vieni a ballare?» chiese Hermione con una punta di delusione che traspariva dalla voce.
«Io? Ballare con te? Tse! Continua a sognare, mezzosangue!»
Hermione girò i tacchi e entrò a passo di marcia nel locale, furente.
Possibile che quel ragazzo soffrisse di personalità multipla? E possibile avesse la capacità di farla passare dalla pace dei sensi a uno stato di ira con un record di 10 secondi?
Senza pensarci prese si sedette su uno sgabello al bancone, cercando di riacquistare la calma.
«Posso offrirle qualcosa, signorina?»
A parlare fu un ragazzo, che doveva avere al massimo quattro anni più di lei.
Era un giovane di bell’aspetto, dai grandi occhi blu e dai capelli neri, ben ordinati.
La mascella quadrata e un lieve accenno di barba rasata da poco ai bordi del viso.  
«Che maleducato, non mi sono neanche presentato. Mi perdoni, signorina.
Io sono Andrew Smith, al suo servizio.»
Oltre che bello è anche simpatico ed educato. Pensò Hermione, e non potè evitare di fare confronti con un certo biondino scorbutico e maleducato che le faceva compagnia giusto pochi minuti prima.
«Hermione Jane Granger, lieta di conoscerti.»
«Posso farle compagnia?» chiese il moro, indicando lo sgabello vuoto a fianco al suo.
«Certo, prego.»
«Allora, Hermione…oltre a essere una bellissima hai un gran bel nome! Non mi sembra di averti mai visto da queste parti.»
«Si infatti non sono di qui… sono venuta a fare giusto un giro, stasera..» rispose Hermione, con le gote imporporate per il complimento appena ricevuto.
«Ma non vedo nessuno con te… Una ragazza dolce e indifesa come te sola in giro a quest’ora? Non mi sembra una buona idea.» la rimproverò dolcemente Andrew scuotendo lievemente la testa.
«No, infatti non sono sola… Sono accompagnata da un amico. In questo momento è fuori a fumare.» disse Hermione lanciando un’occhiata alla porta.
«Non vorrei sembrarti indiscreto… ma per caso è il tuo fidanzato?»
«Assolutamente no! Ecco io… non ho il fidanzato.» rispose Hermione contrariata all’idea di avere Malfoy come ragazzo e all’idea di fidanzato stesso. Poi, tornando con i piedi per terra, si ricordo che quella davvero era un’altra epoca. Le ragazze probabilmente non uscivano di sera con gli amici.
«Beh in questo caso ti andrebbe un giro?» le propose il ragazzo sorridendo e indicando la pista da ballo, alzandosi in piedi e porgendole la mano dopo un lieve inchino.
«Certo.» la ragazza gliela porse volentieri mentre il ragazzo le faceva un vero e proprio baciamano, mentre Hermione pensò con amarezza che quelli erano davvero tempi andati, nella sua epoca gesti così galanti si vedevano di rado.
Andrew la guidò nella sala, aprendo un varco nella folla fino a condurla proprio  al centro della pista.
«Allora Hermione…» sussurrò mentre le cingeva la vita con un braccio e attirava l’esile corpo di Hermione sul suo petto «Parlami di te.»
«Cos’è che vuoi sapere?»
«Io voglio sapere tutto di te.» le sussurrò il ragazzo con un sorriso. «Ma immagino che dobbiamo iniziare dalle basi. Qual è il tuo colore preferito?»
Hermione scoppiò a ridere.
«Con tante domande da farmi per conoscermi, ti è venuta in mente proprio questa?»
Andrew rise contagiato da lei.
«Si immagino di si. Penso che il colore che più ci piace sia quello che riflette la nostra personalità.» Continuarono a ballare in silenzio in mezzo alle altre coppie, mentre chiunque li guardasse  dava per scontato che i due fossero sposati, o almeno, fidanzati.
Il quadretto non sfuggì nemmeno agli occhi di un biondo, che, appena entrato, cercò subito la sua compagna nella sala e la vide tra le braccia di un damerino babbano.
Hermione si sentì strattonare da qualcosa, si voltò e vide cos’era che aveva interrotto quella specie di sogno a  occhi aperti ; o meglio, chi. Draco Malfoy la fissava adirato mentre cercava di portarla via dal locale, ma Andrew non fece una piega e afferrò prontamente Hermione per un polso, in modo che la ragazza fosse, quasi letteralmente, divisa tra due fuochi.
«Lasciala.» sibilò Draco furente.
«Solo se Hermione è d’accordo. Lo sei?»  chiese Andrew calmo, mentre si rivolgeva alla ragazza.
Hermione non seppe che rispondere. Voleva continuare a ballare con Andrew e mandare al diavolo quello stupido furetto, ma dall’altra parte non voleva far adirare Draco ancora di più, in quel momento dovevano cercare di non farsi la pelle a vicenda e tollerarsi, anche se non si spiegava il motivo di quel gesto, né la sua rabbia. Infondo, non stava facendo niente di male.
Vedendo Hermione esitare, Draco la strattonò ancora di più facendole perdere l’equilibrio e facendola finire sul suo petto.
«Levati dai piedi, non fartelo ripetere.» minacciò in direzione del moro.
«Hermione?» insistette Andrew. Non voleva lasciarla andare così.
«Andrew…» sussurrò Hermione facendo un passo verso di lui. «E’ meglio che vada. Scusami.» Hermione si avvicinò per abbracciarlo, e quando il ragazzo, affranto, ricambiò la stretta, la ragazza sussurrò al suo orecchio. «Il rosso. Il mio colore preferito è il rosso.» gli sorrise  e si sciolse dall’abbraccio, mentre raggiungeva Draco e lo seguì fuori dal locale.

«Mi spieghi cosa diavolo ti è preso? Quel è il tuo problema?» gli urlò dietro Hermione mentre il biondo si accendeva l’ennesima sigaretta della giornata.
«Tu! Sei tu il mio fottuto problema! Ti perdo di vista cinque minuti e  vai a ballare col primo rampollo che capita!»
«E quindi? Cosa ti  importa?» gli urlò senza abbassare il tono a un passo dalla sua faccia.
«Mi importa dal momento che siamo nel passato, che abbiamo una missione che purtroppo dobbiamo affrontare insieme, e che se non ti avessi più trovata avrei avuto due opzioni: o rimanere in questa epoca di merda a cercarti o lasciarti qui. Che dici, ho il diritto di essere incazzato oppure no?»
«No. Non ce l’hai.» sibilò Hermione voltandogli le spalle per andarsene, ma, per l’ennesima volta quella sera, si sentì fermare da una mano sul suo polso.
Non si girò neanche tanto era arrabbiata, finchè Draco con un gesto stizzito non l’afferrò per il bacino e la fece voltare verso di sé, facendo in modo che si trovassero faccia a faccia, occhi che ardevano come il fuoco incontrarono occhi di ghiaccio.
E tutti sanno cosa accade quando il fuoco e il gelo si incontrano: scoppiò la tempesta, mentre sulle labbra di entrambi compariva un piccolo arcobaleno. Le loro lingue si intrecciarono, così, all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. E così fecero le loro mani, i loro corpi, tutto di loro si fondeva con l’altro fino a quando non sembrarono una cosa sola.  Ma come tutte le tempeste, anche questa cessò, e i due si fissarono negli occhi stupefatti e ansimanti, nel tentativo di riprendere fiato.
Hermione si sfiorò le labbra, come in cerca di una prova che quello che era appena successo non fosse  stata solo un’allucinazione.  Draco si passò le mani nei capelli,  come a cercare di venire a patti con le sue stesse azioni.
«Senti…» bisbigliò il ragazzo. «Io non so perché ho fatto quello che ho fatto, a cominciare dal perché mi sono arrabbiato nel vederti con quel tizio a finire con questo bacio. Io non capisco nulla di questa roba, sentimenti, attrazioni, e cose del genere… però posso dirti che è l’emozione che ho provato è stata la stessa della prima volta che sono salito su una scopa e mi sono sollevato metri e metri da suolo. »
Hermione lo guardò con gli occhi sgranati, non sapeva cosa rispondere. Si limitò ad annuire mentre il ragazzo, dopo aver fatto un respiro profondo, continuò:
«Ed è strano che io provi questo con te. Insomma, guardaci. Ci siamo odiati per anni, non andiamo d’accordo neanche mettendoci d’impegno… io e te insieme non potremmo mai funzionare… sono consapevole di questo, eppure ho ancora quella sensazione di pace che ho avuto quando ti ho baciata.»
«E’ vero, Malfoy, noi litighiamo. Tu pensi di insultarmi chiamandomi mezzosangue e io penso che tu sia un imbecille irrecuperabile. Ma anch’io ho provato quella sensazione baciandoti, e questo forse vuol dire qualcosa. Si, noi siamo l’esatto opposto, ma forse è proprio per questo che insieme potremmo funzionare: insieme ci compensiamo.»
«Granger, se un giorno qualcuno verrà a sapere di quello che sto per dirti, sappi che negherò di averla detta. Ma penso tu abbia ragione, con te mi sento una persona diversa, nuova, migliore. Tu mi completi.»
Hermione sorrise e lo abbracciò, mentre gli accarezzava i soffici capelli biondi.


 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Ok siete autorizzate ad uccidermi >.< 
E lo siete ancora di più, se penso al fatto che avevo un sacco di idee carine per questo capitolo, ma che purtroppo non ho potuto mettere a punto perchè oppressa dalla fretta visto il ritardo clamoroso! Ho dovuto studiare tantissimo e tra due giorni parto, quindi mi sono sbrigata e ho pubblicato quello che ho potuto, ma giuro che al prossimo mi farò perdonare! 
Spero continuerete a seguirmi nonostante tutto, e che lascerete delle recensioni costruttive, anche allo scopo di insultarmi perchè me lo merito :P 
Buona lettura, un bacio.


C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in quel bacio. Sbagliato, eppure così dannatamente giusto. Un controsenso, in effetti, eppure Hermione non riusciva a liberare la mente in quel momento così perfetto e a non pensare che qualcosa non quadrava. Si staccò bruscamente dal contatto con la pelle di lui, come se fosse stata scottata. Come se non riuscisse più a sopportare il calore che i loro corpi intrecciati emanavano. Prese a camminare così velocemente da lasciare indietro, troppo indietro, Draco Malfoy che ora la fissava confuso. Il tutto era accaduto così velocemente che il serpeverde non aveva neanche avuto il tempo di formulare un pensiero e chiedersi cosa avesse potuto fare di così grave da far fuggire la Granger in quel modo. Baciava così male?
«Aspetta Granger!» le urlò dietro una volta uscito dal suo stato confusionario, ma la grifondoro non si degnò di voltarsi, né, tantomeno, di rispondergli, e proseguì per il suo cammino come se niente fosse.
«Ti vuoi fermare?!» sbottò col fiato corto afferrandole un polso non appena la raggiunse e costringendola a fermarsi e a guardarlo.
«Che c’è?» Il tono gelido usato dalla mezzosangue fece perdere a Draco un battito, mentre una fitta allo stomaco dovuta a un’emozione sconosciuta lo pervase.
«Si può sapere cos’ ho fatto per farti adirare così?» le sibilò il biondo addirizzando la schiena nel suo solito portamento borioso e alzando il mento con fare arrogante.
Sembrava essere tornato il serpeverde di sempre, quello che evitava i nati babbani come la peste e che faceva qualsiasi cosa, lecita o non lecita, per far perdere punti a grifondoro, o semplicemente umiliare Harry Potter e la sua cerchia, della quale faceva parte anche lei.
«Non hai fatto niente Malfoy.» sibilò di rimando Hermione Granger, incrociando le braccia sotto il seno e guardandolo con sguardo fiero. Per nulla al mondo si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da lui.
«E allora cosa diamine ti prende? Ti hanno lanciato un incantesimo confundus?!» ironizzò il biondo esasperato, perdendo un po’ del suo contegno.
«Hai ragione tu. Non potrà mai funzionare. Io e te siamo sbagliati insieme. Guardiamo in faccia la realtà: ci siamo sempre odiati,no ma che dico, è un’eufemismo! Noi ci siamo MASSACRATI ogni volta che avevamo l’occasione per farlo. Tu sei la mia antitesi, tutto ciò che dici, fai o pensi è quello che ho sempre combattuto da quando sono entrata a far parte del mondo magico. Non è vero che gli opposti si attraggono, non in questo caso. Siamo TROPPO diversi, anche solo per respirare la stessa aria.»
«Ma perché tutto d’un tratto …? Fino a un attimo fa noi…tu…» obiettò Draco corrucciato ,sinceramente confuso.
«Mi sono fatta questa domanda: quando torneremo ad Hogwarts quanto di tutto questo cambierà?» Draco parve prendere sul serio la domanda e riflettere bene prima di rispondere, come a soppesare i pro e i contro.
«Tu cosa vuoi? » chiese dopo istanti di silenzio che parvero infiniti.
«Io voglio che tu ti comporti come ti sei comportato questa sera, alla luce del sole, davanti a tutti i nostri compagni di scuola. Voglio che tu mi tenga la mano per i corridoi, che ti sieda accanto a me in sala grande, voglio essere la prima persona alla quale tu dia il buongiorno, che mi lasci entrare nel tuo cuore. Ma tutto questo non è previsto anche da parte tua, non è vero?»
Le parole di Hermione gli fecero tornare in mente tutti i mesi passati, le frecciatine, gli insulti,le recite e i piani diabolici da lui architettati al solo scopo di usarla e umiliarla. Come poteva tutto questo tramutarsi in amore?
«Non lo so.» ammise il biondo infine, e a Hermione sembrò che in lei si fosse rotto qualcosa. La grifondoro si chiese come avesse fatto ad arrivare a quel punto, innamorata di un tale bastardo che non avrebbe potuto farle altro che del male.
«Per te tutto quello che abbiamo passato insieme non è contato niente? Volevi solo tenermi buona fino a quando non ti sarei stata utile per poi buttarmi via quando non ti sarei servita più?»
«No! Cioè all’inizio si, ma qualcosa è andato storto… io non so cosa sei ora per me, Hermione, non voglio “solo” usarti ma non mi sento neanche pronto per iniziare una relazione… io non sono bravo con i sentimenti. »

 Harry Potter stava guardando dall’alto della sua scopa i suoi compagni di squadra allenarsi e dispensava a destra e sinistra consigli e tattiche di gioco mentre all’improvviso nel suo campo visivo apparve una schiera di divise verde-argento. Come se fossero dotati di un unico corpo e di un’unica mente i grifondoro smisero all’unisono di allenarsi per guardare in cagnesco i nuovi arrivati e Ginny, al fianco di Harry sbuffò alzando gli occhi al cielo e fece per andare a cantargliene quattro, ma Harry la fermò e planò verso di loro.
«Il campo oggi è nostro, Zabini. » spiegò calmo Harry.
«Notavo, Potter …  mi dispiace, era Draco ad avere gli orari degli allenamenti, pensavo che a quest’ora non ci fosse nessuno. Ora ce ne andiamo. »
«Aspetta!» il grifondoro fermò il serpeverde che si era già voltato verso i suoi compagni per tornare nel loro dormitorio.
«Dimmi, Potter. »
«Malfoy ti ha fatto avere sue notizie?»
«No. E come avrebbe potuto! Ma sa cavarsela, e penso lo stesso anche della Granger. Staranno bene.» rispose il moro serpeverde.
«Non sei preoccupato?» chiese Harry con il sopracciglio alzato evidenziato dalla cicatrice a forma di saetta.
«E’ ovvio che lo sono, ma cosa dovrei fare? Raggiungerlo nel passato!?»
La domanda era retorica, ma Harry Potter rispose con uno sguardo carico di sottintesi che, senza bisogno di alcuna parola, fece capire al serpeverde le sue intenzioni, mentre le due rispettive squadre li osservavano confusi.

.
Sfumature rosee si mescolavano con le varie tonalità di bluastro sull’orizzonte, creando piccole nuvole arancioni e color indaco.
La stella della sera aveva già fatto la  sua comparsa, e aveva già il suo primo spettatore.
 Draco fissava disteso sul prato il gioco di luce che il sole stava creando nel lasciare il posto alla notte.
La discussione con la mezzosangue lo aveva turbato, e aveva fatto abbassare un po’ le sue difese, ma non era riuscita a farle crollare.
Nessuno ci sarebbe mai riuscito.
Cosa provava lui per lei? Bella domanda, pensò. Una domanda che in effetti non si era mai posto, e di cui non si era ancora preoccupato di cercare una risposta.
La conversazione avuta la sera prima con la mezzosangue gli tornò violentemente in mente.

«[… ]Ma tutto questo non è previsto anche da parte tua, non è vero?»
«Non lo so.»


E non lo sapeva davvero…

«Per te tutto quello che abbiamo passato insieme non è contato niente? Volevi solo tenermi buona fino a quando non ti sarei stata utile per poi buttarmi via quando non ti sarei servita più?»

«No! Cioè all’inizio si, ma qualcosa è andato storto… io non so cosa sei ora per me, Hermione, non voglio “solo” usarti ma non mi sento neanche pronto per iniziare una relazione… io non sono bravo con i sentimenti. »



Lui ci aveva provato. Ci aveva provato davvero, a essere sincero, ma l’alternativa non sarebbe stata molto più gradita.
La verità era che aveva voluto urlarle che non gli importava niente di cosa provava, o di quello che avrebbe potuto provare! Che se era in quella situazione probabilmente era perché si era rincretinito a furia di stare troppo a contatto con lei, ed era stato costretto a credere che forse stava nascendo un qualche sentimento. Avrebbe voluto spiegarle che si era infuriato davvero nel vederla tra le braccia di un altro, che era stato un istinto non facile da ignorare quello di baciarla, ma avrebbe voluto anche dirle che era tutta questione di debolezza, e che nel valutare quelle cose in quel momento si sentiva un idiota.
Non pensava che la mezzosangue avesse completamente torto, solo che voleva farle capire che era in una situazione precaria, che quella missione era la sua unica possibilità per salvarsi la vita, e che voleva dare la priorità a questo e non a quelle sciocchezze.
Poi le parole pronunciate dalle sue stesse labbra tornarono a galla.

«[…] però posso dirti che è l’emozione che ho provato è stata la stessa della prima volta che sono salito su una scopa e mi sono sollevato metri e metri da suolo. »


Hermione fissava incantata il serpe verde sdraiato sul prato intendo a fissare il cielo ormai scuro e pieno di stelle. Era li da un po’ di tempo, e il ragazzo non dava segni di muoversi, così come lei. Era così bello illuminato dalla splendida luce del tramonto, e ora da quella pallida della luna.
Sarebbe rimasta lì per ore, se una civetta candida come la neve non l’avesse distratta piombandole addosso.
«Edwige!» esclamò sorpresa, guardandosi intorno in cerca del proprietario. Ma quello che vide fu solo la foresta buia.
«Che ci fai qui?» chiese allo splendido pennuto, come si aspettasse davvero che questa la rispondesse.
«Malfoy ti ha fatta esasperare così tanto da farti parlare con una civetta?» la canzonò una voce fin troppo familiare alle sue spalle.
«Ron?! Dove sei?» esclamò sbigottita in direzione di un cespuglio.
«Voltati, squinternata. »
La grifondoro seguì il consiglio senza ribattere, e con grande sorpresa si trovò mezza popolazione si Hogwarts, o quasi, di fronte a lei.
I suoi amici Harry e Ron la fissavano divertiti, fiancheggiati dai loro nemici per eccellenza, Pansy Parkinson, Blaise Zabini e Theodor Nott.
«Sorpresa, mezzosangue? Chiudi quella bocca prima che ci entrino le mosche dentro.» le disse acida Pansy Parkinson, la vipera più velenosa vivente ad Hogwarts, mentre si guardava intorno con espressione schifata, all’evidente ricerca del suo caro amico Malfoy.
«Le mosche non si avvicinerebbero mai se intorno c’è una serpe strisciante come te.» ribattè Hermione, sorpresa nel capire che quei battibecchi con i serpeverde le mancavano.
Poi, come ricordatasi che insieme a loro c’erano anche i suoi due migliori amici di sempre, corse ad abbracciarli, mentre sussurrava al loro orecchio quanto gli fossero mancati.
«Scusami tanto, Granger, non voglio interrompere questo idillio, ma posso chiederti dov’è il mio amico Draco? O l’hai già fatto fuori mangiandolo per colazione?» chiese affabile Theodor Nott, forse l’unico del gruppo verde-argento ad essere un tantino sopportabile.
«Lo sai che non sono commestibile.» rispose la voce sarcastica e annoiata di Draco Malfoy dal nulla, mentre la sua figura faceva capolino tra i cespugli.
«Sfregiato.» Draco salutò Harry con un cenno del capo che poteva quasi sembrare cordiale.
«Mi era sembrato di sentire i tuoi toni soavi. Salve anche a te, Weasleuccio, come sta la mamma?» fece, ironico.
«La tua stupidità non merita alcuna risposta, Malfoy, siamo qui per la nostra Hermione e non intendiamo far finta che per noi esisti.» rispose con tono mellifluo Harry Potter, prima di alimentare una rissa tra l’insopportabile serpeverde e il suo migliore amico.
«Oh, lasciali perdere Draco e fatti abbracciare. Quanto mi sei mancato!» cinguettò Pansy Parkinson catapultandosi tra le sue braccia.
«Te la stai passando male con la sangue sporco eh?» continuò la serpeverde imperterrita. «Dai raccontaci!»
«Prima spiegatemi che cavolo ci fate voi qui!» rispose Draco scrollandosela di dosso e andando a salutare con una pacca sulle spalle i suoi due migliori amici.
«E’ una storia lunga.» rispose Theodor lanciando occhiatacce a Harry e Blaise.
«Già.» convennero in coro i due, mettendosi poi a ridere.
“Ci mancava solo questa. Uno dei miei migliori amici diventa amico dello Sfregiato. Questo deve essere un incubo. Per forza.” Pensò Draco esasperato.
«Allora raccontatecela mentre preparo la cena. Avrete fame.»  rispose Hermione sorridendo, e ancora una volta i ragazzi annuirono in coro, questa volta provocando una risata generale.
Una risata generale che non comprendeva Pansy Parkinson, che la guardava dall’alto in basso come probabilmente guardava i suoi elfi domestici.
Draco probabilmente intercettò quel suo sguardo, perché mentre tutti si accinsero a entrare nella tenda, la fermò e le disse:
« Non trattarla così, non deve niente a nessuno, è soltanto gentile.»
«Draco sei forse impazzito?» sibilò Pansy Parkinson, incredula che il suo migliore amico aveva appena difeso la mezzosangue amica di Potter.
«No, Pansy.» rispose paziente il biondo. Sapeva che non avrebbe compreso. In realtà non si comprendeva neanche da solo.
«Tu… provi qualcosa per lei?»

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15


Ebbene si, chi non muore si rivede! Eccomi qui, dopo ben quattro anni a scrivere un altro capitolo.. probabilmente chi seguiva questa storia l’avrà dimenticata, e come darvi torto.. ma sono qui, consapevole di ciò, a portare a termina quella che in fondo sento come una mia “creatura” che nel bene e nel male ho sempre considerato un puzzle incompleto. Perciò eccomi qua, di nuovo davanti al PC a provare a mettere insieme due parole, cosa che non sono più abituata a fare. Non ricordo come avevo in mente di far sviluppare la storia, perciò questo è un nuovo inizio. Buona lettura :*



Quando aprì gli occhi, quella mattina, Hermione percepì una sensazione diversa.
Sentiva uno strano calore avvolgerle il cuore, calore che sapeva di casa, di famiglia, di pace.
Poi realizzò: i suoi amici, fratelli e compagni l’avevano raggiunta in quella che rischiava di essere una missione suicida.In quel mondo magico cui aveva ignorato di appartenere per la prima parte della sua vita, Harry e Ron rappresentavano la sua famiglia.
Adesso c’era anche Malfoy anche se era ancora molto presto dare un nome alla loro relazione.
Hermione aveva ancora un sacco di dubbi a riguardo, dubbi che non vedeva l’ora di togliersi non appena tutto quell’inferno fosse finito. Se fosse finito.
Qualcosa non quadrava, una sorta di timore, misto a panico le attanagliava il cuore, e per la prima volta in vita sua non era sicuro che tutto sarebbe finito bene.
Nonostante le difficoltà, ogni volta che veniva sottoposta a una sfida sapeva di farcela e di uscirne alla grande. Che i sentimenti che iniziava a provare per Draco la stessero rammollendo?
Con una scrollata di spalle e uno sbadiglio in grado di rubare tutto l’ossigeno circostante si alzò e notò subito come il resto della ciurma stesse ancora dormendo profondamente.
Indecisa se svegliare i compagni per avviare presto le ricerche o iniziare a lavarsi e vestirsi con tutta la calma del mondo, optò nel frattempo per preparare il suo amato caffè.
Fu proprio quando portò la tazza bollente alle labbra che due mani forti le strinsero le spalle in una morsa.
< Non me ne offri neanche un po', lurida mezzosangue? >
< Sapevo che alla presenza dei tuoi amici saresti tornato a essere il solito stronzo > rispose ancora assonnata la grifondoro, porgendo una tazza di caffè al serpeverde.
< E’ una bella giornata. Andiamo a fare due passi > ordinò Draco Malfoy con il suo caratteristico tono superbo.
Hermione lo seguì stizzita, ma senza ribattere: odiava il suo essere così arrogante, ma aveva troppa voglia di passar del tempo con lui. Da quando erano arrivati i rispettivi amici sembrava esser passato un secolo che non stavano più soli.
I luminosi raggi del primo sole filtravano ogni singola foglia della boscaglia che li circondava, creando un effetto luce che nessun incantesimo avrebbe potuto riprodurre.
Era così bello camminare a fianco a lui, si ritrovò a pensare la ragazza, lontani da tutto e da tutti.


A Harry quasi venne un embolo quando svegliandosi non trovò l’amica a fianco a sé.
In fondo era per la grande preoccupazione che aveva per lei che aveva deciso di viaggiare nel tempo insieme ai serpeverde.. effettivamente, quest’ultima cosa avrebbe potuta evitarla, pensò.
Scrollò le spalle, ormai era andata, ma dove diavolo era finita Hermione?
Ancora con gli occhi socchiusi si sporse per prendere gli occhiali tondi e poggiarli sul naso, sperando che magari in questo modo la situazione sarebbe diventata più chiara, ma nonostante l’abissale differenza visiva, di Hermione non c’era traccia.
Si precipitò fuori dalla tenda con addosso soltanto gli slip, accorgendosi con un brivido, in un secondo momento, di questo piccolo dettaglio.
< Và a coprirti, Potty. Non sei per niente un bel vedere > lo canzonò Pansy Parkinson appena lo vide.
< Hai visto Hermione? > la ignorò il bambino sopravvissuto.
< No, non ho visto la tua piccola Sanguesporco, Potter. Ma ho mandato un patronus a Draco >.
Harry la osservò e fu come se la vide per la prima volta: non la solita serpe che prendeva in giro lui, Ron, Ginny ed Hermione per i corridoi, né quella che faceva carte false per far perdere punti ai Grifondoro, ma solo una ragazza sinceramente preoccupata per il suo amico. Harry a quel pensiero scoppiò a ridere, irritardo la mora che gli lanciò uno sguardo truce.
< Beh, che diavolo hai da ridere, Potter? > gli sibilò infastidita.
< Rido, se penso che io e te siamo molto simili.
Guardaci, così diversi ma entrambi qui fuori, appena svegliati, a cercare i nostri amici. > poi si interruppe di colpo < Un momento.. anche Malfoy è sparito? Che siano..>
< Eccoli!> esclamò Pansy ignorando in malo modo il giovane Grifondoro e indicando Draco e Hermione che si facevano largo tra i cespugli, scambiandosi qualche sorriso incerto.
Pansy li guardò infastidita per un momento, poi fece per tornare nella tenda
< Dì loro di sbrigarsi. Non abbiamo tempo da perdere> e si dileguò.
< Dove siete stati? > tuonò Harry non appena l’amica fosse abbastanza vicina in modo da afferrarle il braccio e trascinarla dentro.
Hermione si dimenò e lo spinse via bruscamente
< Merlino, Harry, mi stai facendo male! Cosa diavolo ti è preso? > protestò la ragazza, incredula nel vedere il suo migliore amico così furioso.
Harry fece un paio di respiri profondi, cercando di calmarsi, e l’abbracciò.
< Perdonami, Herm. Non vedendoti mi sono preoccupato, scusami.. >
Probabilmente tutto quel fracasso svegliò Ron, il quale, visibilmente frastornato, li raggiunse trascinando i piedi e portandosi subito le mani agli occhi quando la luce del giorno lo abbagliò.
< Và a indossare il maglione della bisnonna e fallo di corsa, Weasleyuccio> lo provocò Draco mentre passandogli accanto gli urtò volontariamente la spalla < Dobbiamo muoverci > .


< Allora? Formiamo due gruppi o tre? > bofonchiò Ron sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
< Direi che dividendoci in tre gruppi possiamo suddividere meglio e in minor tempo i luoghi da setacciare.
Hermione con me e Ron, Draco con Pansy e Blase con Nott. Domande? > illustrò sbrigativo Harry.
< Si, Sfregiato. Chi ti ha messo al comando? > sibilò Draco, furioso al pensiero di dover prendere ordini da lui.
< Cosa suggerisci, Malfoy? > sbottò Harry
< Vi sembra il caso di litigare anche in questa situazione? > si intromise Hermione, già stanca a poche ore dal suo risveglio.
< Zitta, Mezzosangue! Nessuno ha chiesto la tua opinione. > la trafisse Draco, ormai tornato alle vecchie abitudini.
< Stà zitto tu, Malfoy! Ricorda che senza Hermione andresti presto a far compagnia al tuo capostipite.
< Ora basta!> intervenne Pansy sbattendo le mani sul tavolo
< I gruppi li decido io, e guai a chi oserà fiatare! Io, Nott e Zabini setacceremo la zona Est, Draco e la Sanguesporco andranno a Nord e Potter e Weasley a Ovest. Tutto chiaro? In marcia! >


< Perché mai Pansy avrebbe fatto una cosa del genere? >
< Non so di cosa tu stia parlando >
< Mettere te e me insieme > indagò Hermione < Non ha senso! >
< Smettila di cercare di risolvere anche “casi” che non esistono Mezzosangue. Piuttosto ringrazia di poter trascorrere altro tempo con me > la stuzzicò Draco con quel ghigno che ormai le era diventato familiare.
< Allora.. cosa stiamo cercando di preciso? >
< Indizi.. risposte.. qualsiasi cosa possa aiutarci a saperne di più e a impedire la maledizione > spiegò distratta Hermione, ormai calatasi nel ruolo.
Camminarono per ore, o forse per minuti.
Entrambi persi nei propri pensieri, non si rivolsero quasi la parola mentre non riuscivano a non pensare a come a ognuno venisse naturale camminare al fianco dell’altro, quando all’improvviso il rumore di un ramoscello spezzato li riportò con violenza alla realtà.
< Malfoy… guarda.. >
Intravidero quello che doveva essere l’antenato di Draco farsi largo,circospetto e guardingo, in mezzo al bosco e Draco si affrettò ad attrarre Hermione contro il suo petto, in modo da non farsi vedere, nascosti dietro l’enorme quercia a pochi passi da loro.
L’antenato di Malfoy si voltò di scatto udendo rumori alle proprie spalle e si guardò intorno con fare losco. Non vedendo nulla, proseguì per il suo sentiero.
Si stava dirigendo verso un pericolante maniero che sembrava voler crollare da un momento all’altro, apparentemente inabitato.
Tirando sù il cappuccio del mantello l’uomo del passato giunse in prossimità dell’ingresso principale e rallentando il passo cercò di sistemare il mantello stroppicciato, come a volersi dare un minimo di contegno, e senza bussare entrò spalancando la porta e senza troppi complimenti fece qualche passo al suo interno, arrestandosi di colpo.
< Isobel.. > sospirò il vecchio (all’epoca giovane) Malfoy, sbattendo la porta alle sue spalle.
In quell’esatto istante Hermione scattò un salto felino fuori dal loro nascondiglio e raggiunse in poche falciate la fatiscente finestra adiacente all’ingresso principale.
Draco imprecò tra i denti, possibile che quella grifona non riuscisse mai a farsi i fatti suoi?
< Che problemi hai, Mezzosangue? Vuoi forse farci ammazzare? > le sibilò furioso appena la raggiunse.
Hermione lo zittì letteralmente, tappandogli la bocca non proprio con delicatezza.
< Ti ho già detto che qui non sei il benvenuto > intimò una voce femminile all’interno del maniero.
< Isobel ne abbiamo già discusso. Non sei nella posizione di protestare, cerca di prestare attenzione a ciò che dico, solo per questa volta. Tutta la città ti vuole morta, non hai via di scampo. Se vuoi che ti aiuti sai già cosa devi fare. > ghignò maligno l’uomo con cui parlava.
Non riuscendo proprio a resistere, Hermione si alzò in punta di piedi facendo capolino alla finestra della stanza.
All’interno il casale era addirittura peggio che all’esterno. Il pavimento, mezzo sfondato, era sudicio e pieno di macerie che provenivano probabilmente dal tetto, crollato anche esso.
In fondo, nell’angolo più buio della casa, un calderone circondato da piante che la ragazza non aveva mai visto nella serra della professoressa Sprite, ma invece, le pareva di ricordare, nel libro di biologia della sua scuola babbana.
Non fece in tempo a sondare il resto della stanza, che un paio di occhi color ghiaccio la trafissero, immobilizzandola.
Occhi di un color ghiaccio a lei così familiari, fatta eccezione per un piccolo dettaglio: nemmeno lo sguardo più sprezzante che Draco le avesse mai rivolto era mai stato così intriso d’odio come quello che le stava rivolgendo il suo alter ego in quel momento.
< Draco..scappiamo! > riuscì a farfugliare Hermione Granger mentre i signori presenti nella stanza accorrevano a vedere chi fosse l’intruso.
Prevedendo quella eventualità, Draco, senza né se né ma avvinghio al suo collo e a quello della grifondoro la giratempo, senza badare troppa attenzione a quanto stesse facendo roteare la lancetta dell’orologio.
I volti che fino al momento prima stavano spiando sparirono lasciando posto a un vortice nero nel quale erano stati risucchiati, e, dal quale, temettero non avrebbero fatto più ritorno.

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