Fuorilegge

di Lady Five
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 La dottoressa ***
Capitolo 2: *** Regali ***
Capitolo 3: *** Festa e imbarazzo ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 La scelta ***
Capitolo 5: *** Scomode verità ***
Capitolo 6: *** Tregua ***
Capitolo 7: *** Giochi pericolosi ***
Capitolo 8: *** A carte scoperte ***
Capitolo 9: *** Pericolo per l'Arcadia ***
Capitolo 10: *** Non posso perderti ***
Capitolo 11: *** Arrendersi ***
Capitolo 12: *** Spezzare le catene ***
Capitolo 13: *** Il laurium ***
Capitolo 14: *** Nastrond ***
Capitolo 15: *** L'arrembaggio ***
Capitolo 16: *** La proposta ***
Capitolo 17: *** Xelas ***
Capitolo 18: *** La resa dei conti ***
Capitolo 19: *** Doppio shock ***
Capitolo 20: *** Davvero mia ***
Capitolo 21: *** Eden ***
Capitolo 22: *** Una vecchia conoscenza ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 La dottoressa ***


Premessa dell'autrice

Ben ritrovati! Spero abbiate trascorso tutti una buona estate!

Sì, lo so, avevo giurato che non sarei mai più tornata su questo argomento e su questa coppia (ma qui ognuno ha la sua preferita, no?)
Ero convinta, conclusa la storia precedente (L'hacker), che, se Harlock avesse saputo subito chi era quella ragazza, non l'avrebbe sfiorata nemmeno con il pensiero...
Ma.... se invece non fosse così? Possiamo davvero escludere che anche i suoi sentimenti, suo malgrado, possano trasformarsi e condurlo là dove non avrebbe mai pensato di andare?
L'ipotesi mi intrigava parecchio. Dopo molti dubbi e resistenze interiori, ho cominciato a scrivere qualcosa più che altro per sfida, ma con l'idea di tenermelo per me.
Poi la vicenda ha preso strade imprevedibili, diventando non più soltanto una storia che parla d'amore, ma anche di amicizia e di avventura (un pizzico!), a volte perfino divertente... e mi sono detta: perché essere egoista?
Insomma, mi rendo conto che il tema per qualcuno può essere disturbante (ma, in tal caso, non è necessario leggerla). Io ho soltanto provato a immaginare un percorso, uno dei tanti possibili. Non so se l'ho reso credibile, questo lo giudicherete voi.
Quindi, spero che chi se la sente di immergersi in questa storia si diverta come io mi sono divertita a scriverla (e che nessuno mi denunci per istigazione a delinquere!
)

 

I personaggi di questa storia, scritta senza scopo di lucro, appartengono al venerato maestro Leiji Matsumoto.

 

Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza? (da “Uno sconosciuto è il mio amico”, poesia di Pär Fabian Lagerkvist)

Quello sarebbe stato uno dei giorni più importanti della sua vita. E lei l'avrebbe trascorso come al solito, come tutti gli altri eventi significativi della sue breve esistenza: da sola.
“Questa volta voglio esserci” le aveva scritto, con il solito sistema in codice che avevano elaborato anni fa, per non farsi capire in caso di intercettazioni.
“Stai scherzando, vero? - gli aveva risposto lei - I tuoi amici non stanno aspettando altro che prepararti una bella accoglienza... quindi, non se ne parla neanche! Anzi, visto che ti conosco, non ti dico neanche il giorno preciso, così non farai colpi di testa! Ti farò sapere quando e dove puoi venirmi a prendere, dopo” e aveva chiuso la comunicazione.
Naturalmente per Yattaran era stato un gioco da ragazzi entrare nel sistema informatico dell'università e scoprire il giorno della laurea di Mayu. Ma tutti gli amici, da Yuki a Tadashi, e perfino il computer centrale, si erano coalizzati contro di lui, ricordandogli i pericoli a cui sarebbero andati incontro. Ma quando mai il rischio era stato un problema? Loro gli fecero notare che Mayu aveva il diritto di stare tranquilla, in un'occasione simile. Come si sarebbe sentita quella ragazza sapendo che, mentre stava discutendo la tesi, qualcuno stava cercando di far fuori il suo benefattore?
Così Harlock, sconfitto, si era ritirato nella sua cabina masticando amaro. Con gli anni, constatò, si era decisamente rammollito. Una volta nessuno si sarebbe permesso di discutere le sue decisioni! Ma, forse, era solo diventato più saggio. Dovette riconoscere, infatti, che in quel caso avevano ragione loro.
Si versò da bere. Nonostante fosse passato tanto tempo, lui restava il ricercato numero uno dell'intera galassia. C'era sempre una taglia consistente sulla sua testa. E il Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale, come era chiamato pomposamente l'organismo che tutelava la legalità nel cosmo, mostrava la sua faccia in tv con commovente regolarità, invitando tutti i bravi cittadini a collaborare alla sua cattura. A lui e agli altri membri dell'Arcadia non importava poi molto, ci erano abituati. Ma a pagare il prezzo più alto era una ragazzina innocente, e questo lui non riusciva ad accettarlo.
Una volta sfidava le autorità terrestri con molta più noncuranza, e si recava a trovare Mayu un po' più assiduamente. Ma i metodi di controllo e intercettazione si erano fatti sempre più sofisticati, i pericoli più subdoli, più insidiosi. L'impressione era che nei posti che contavano ci fossero persone più scaltre e con ancora meno scrupoli che in passato. Gente senza senso dell'onore, che pensava solo alla propria carriera, a cui era disposta a sacrificare tutto. E, se alla fine fossero riusciti a catturare lui e il suo equipaggio, che cosa ne sarebbe stato di lei? Così, per il suo bene, i loro incontri si erano fatti sempre più rari. Si tenevano in contatto con un sistema di comunicazione criptato inventato da Yattaran.
Quando aveva finito le scuole dell'obbligo, Mayu non poteva più stare nell'istituto e Harlock l'aveva sistemata prima in un prestigioso collegio, dove si era diplomata, e poi in un campus, per frequentare l'università. Non le aveva fatto mancare niente. Ma l'aveva dovuta lasciare sempre più sola. Finché era in orfanatrofio, in fondo, tutti i bambini erano più o meno nelle sue condizioni, senza una vera famiglia. Ma poi, negli anni successivi, immaginava Harlock con una stretta al cuore, lei probabilmente era l'unica che trascorreva i week end in collegio, che non tornava quasi mai a casa per Natale, o per le vacanze estive... che non aveva proprio una casa. Non aveva nessuno che la applaudiva alle recite scolastiche, che assisteva alle sue gare sportive, che partecipava ai suoi successi... L'unica cosa che lo confortava era che Mayu sembrava riunire in sé i lati migliori dei suoi genitori, la dolcezza di Esmeralda, l'ottimismo e la gioia di vivere di Tochiro, l'intelligenza e il coraggio di entrambi. Quando la sentiva o la vedeva, gli appariva forte, serena, allegra. E ora che aveva finito brillantemente gli studi, avrebbe potuto fare ciò che voleva. Lui l'avrebbe appoggiata in tutto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per ripagarla di quello che aveva passato per causa sua.
Tanto per cominciare, sarebbero andati a prenderla per portarla sull'Arcadia a trascorrere una bella vacanza. Anzi, le avrebbe chiesto dove preferisse andare, a visitare qualche pianeta, al mare... dove voleva lei. Beh, naturalmente prima avrebbero organizzato una grande festa. Il regalo l'aveva già preso...
Buttò giù l'ultimo sorso di vino, rincuorato da quei pensieri. D'ora in poi tutto sarebbe cambiato nella vita di Mayu. Tutto sarebbe andato per il meglio.

Alcuni giorni dopo, l'Arcadia atterrava nel luogo concordato con Mayu. Era molto lontano dalla città in cui aveva vissuto la ragazza negli ultimi anni.
“Per precauzione - gli aveva spiegato - E' probabile che i tuoi amici mi stiano tenendo d'occhio, quindi devo far perdere prima le mie tracce.”
Harlock, insolitamente un po' emozionato (anche se come al solito appariva impassibile), la guardava dal grosso oblò nel pavimento della nave. Notò che aveva un po' troppo bagagli per una semplice vacanza, per quanto lunga. Ma si sa come sono le donne, sospirò.
Già le donne... perché quella che stava salendo sulla sua nave era decisamente una donna. E Mayu ... dove era finita? Subito dopo si diede dello stupido. Quella giovane alta, flessuosa, con gli occhi color ambra e lunghi capelli scuri, che gli stava venendo incontro sorridendo, era Mayu! Non aveva ereditato da sua madre solo la dolcezza e il coraggio, ma anche la statuaria bellezza. Ma... non se la ricordava mica così, dall'ultima volta che l'aveva vista. In fondo, erano passati solo un paio d'anni... o no?
Una voce allegra spazzò via i suoi pensieri.
“Harlock, ehi, Harlock...! Cos'hai da startene lì imbambolato? Non mi saluti nemmeno?”
Cercò di ricomporsi.
“Dottoressa...i miei omaggi!” la apostrofò, abbozzando una specie di inchino.
La ragazza rise, e sembrò che mille campanelle si fossero messe a suonare tutte insieme. Gli gettò le braccia al collo. Lei era l'unica persona che potesse permettersi simili gesti di affetto. L'unica da cui lui si lasciasse toccare. L'unica a cui non nascondeva i suoi sentimenti. L'unica con cui scherzasse, perfino.
“Come sono felice di essere qui, dopo tutto questo tempo!”
“Mmmmh... - la squadrò - sei cambiata dall'ultima volta che ti ho visto, due anni fa...”
“Cinque, Harlock, cinque - lo corresse con finta aria di rimprovero - Anzi, quasi sei. Stai proprio invecchiando, capitano!”
Cinque? Non poteva essere... Per oltre cinque anni Mayu non aveva visto un volto amico...
Mentre Harlock meditava su come è facile perdere la nozione del tempo e quanto può cambiare una ragazzina in una manciata di anni, Mayu salutava calorosamente tutti i componenti dell'equipaggio, molti dei quali la conoscevano da quando era nata. In fondo, tutta la sua famiglia: Yuki, Mimeh, Tadashi, il dottor Zero, Yattaran, la vecchia Masu, che piangeva di gioia senza ritegno...
Il capitano diede disposizioni per far portare i bagagli nella cabina della ragazza, evitando i soliti commenti maschili sulla quantità dei medesimi.
“Stasera ceni con me, così mi racconti tutto... se ti va, naturalmente.”
“Certo, Harlock, con piacere. Ma prima vorrei salutare mio padre.”

Harlock si stupì. Era la prima volta che Mayu esprimeva tale desiderio. Aveva sempre saputo che nel computer centrale albergava, per un mistero che lui stesso ignorava, l'essenza, l'anima, la mente, o in qualunque modo si voglia chiamare, di Tochiro. Ma non aveva mai fatto domande e non aveva mai chiesto di comunicare con lui, come se quella fosse semplicemente ciò che appariva: una fredda macchina, sensibile, sofisticatissima, di intelligenza superiore, ma pur sempre una macchina.
“Vieni, ti accompagno.”
Percorsero i lunghi corridoi dell'astronave, fermandosi spesso perché la ragazza doveva salutare qualcuno che non aveva ancora visto. Harlock si compiaceva dell'affetto che circondava la sua figlioccia.
Entrarono nella grande sala. Mayu si avvicinò al computer e vi posò sopra una mano.
“Ciao, papà...” sussurrò con la voce appena incrinata dall'emozione.
Una sequenza di luci colorate sembrò rispondere al saluto.
Mayu guardò Harlock.
“Come ci riuscite? Come fate a capirvi? Me lo sono sempre chiesta... anzi, per anni mi sono rifiutata di crederlo... Sono queste luci? O i suoni?”
“Io non lo so, in verità. No, non sono le luci né i suoni. Lui è... qui - si portò una mano alla fronte - nella mia mente, e qui - si sfiorò il petto all'altezza del cuore - E' sempre stato così, ma non te lo so spiegare in un altro modo...”
La ragazza sorrise tristemente.
“Mi piacerebbe che fosse così anche per me...”
Harlock avrebbe voluto chiederle perché avesse cambiato idea, ma qualcosa nell'espressione del suo viso lo fermò.
“Magari un giorno lo sarà... tuo padre era un tipo imprevedibile” aggiunse, cercando di dissipare la sua improvvisa malinconia.
“Lui ti manca, vero?”
“Ogni giorno. Non sai quanto.”
“Mi parlerai di lui, di loro, finalmente, adesso che abbiamo un po' di tempo per noi e nessuno, mi auguro, ti sparerà addosso o tenterà di rapirmi?”
“Volentieri, quando vuoi. Adesso vado a dare disposizioni per la cena... ti piace sempre il pollo fritto?”
“No, non mi piace: lo adoro!”
Gli occhi di Mayu brillarono birichini e per un momento a lui sembrò di rivederla bambina estasiata davanti al cartoccio fumante appena comprato in rosticceria.
“E io vado a rendermi più presentabile. A più tardi!” aggiunse la ragazza, dileguandosi nel corridoio.

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Capitolo 2
*** Regali ***


Harlock pranzava e cenava sempre da solo. A orari precisi dalle cucine gli portavano quello che aveva richiesto, spesso lo lasciavano davanti alla porta.
Anche in questo caso, l'unica eccezione era Mayu. Quando lei era sull'Arcadia, mangiavano quasi sempre insieme. Quindi la ragazza non era per nulla in imbarazzo, anche se erano passati anni dall'ultima volta. Chiacchierava allegramente, raccontava del giorno della laurea, rispondeva alle domande che un Harlock insolitamente loquace le rivolgeva.
Alla fine della cena tirò fuori da una borsa un piccolo computer e proiettò delle foto tridimensionali, scattate durante la discussione della tesi.
“Questi sono i tuoi amici?” chiese lui indicando un gruppo di giovani, ragazzi e ragazze, seduti alle sue spalle.
“Compagni di corso, più che altro” rispose Mayu con un tono insolitamente asciutto che lo colpì.
Dopo un po' i soggetti delle foto cambiarono. Non più lei, ma una serie di strani tipi, in vari atteggiamenti, nei corridoi e nei cortili dell'università. Chi leggeva il giornale, chi parlava al telefono, chi passeggiava con le mani dietro la schiena...
Harlock la guardò con aria interrogativa.
“Chi pensi che siano? Studenti? Professori? Famigliari dei laureandi?” lo sfidò la ragazza.
“No, non direi...”
“Infatti. Sono i tuoi amici! Avevo ragione io: ti stavano aspettando! Ormai ho imparato a riconoscerli e li ho fotografati, mentre stavo raggiungendo l'aula e anche dopo, per farteli vedere. Ci saranno rimasti malissimo, quando non ti sei presentato!”
“Io non capisco - l'uomo scosse la testa, versandosi altro vino - dopo tutti questi anni, non hanno niente di meglio da fare? Possibile che non abbiano altri problemi?”
“Beh, sai, la vecchia regola del nemico esterno per distrarre la popolazione dai problemi interni è sempre valida, da millenni.”
“Sai che ti dico? Che vadano all'inferno! Non parliamo più di loro. E' venuto il momento di darti il mio regalo.”
Harlock si alzò e prese un pacchetto dal cassetto della pesante scrivania di noce.
Gli occhi di Mayu si illuminarono di felicità per la seconda volta quella sera.
“Un regalo? Ma... non dovevi!”
“Come sarebbe a dire non dovevo? E' la tua laurea!”
“Ma sì, dai, scherzavo!”
Mayu aprì la scatola e restò senza parole. Sul fondo di raso bianco brillava una parure di rubini grezzi e brillanti: una collana e un paio di orecchini, dal disegno particolare, un po' retrò, raffinati ed eleganti.
“Tu sei matto! Hai davvero esagerato!”
“Mi sento in dovere di specificare che non sono frutto di scorrerie piratesche, ma sono stati regolarmente acquistati. Anzi, li ho fatti realizzare apposta, sono un modello esclusivo. Spero che ti piacciano...”
Harlock si era reso conto, al momento di scegliere il dono, di non conoscere affatto i gusti della sua protetta, così si era affidato all'istinto. Gli era andata bene.
“Non ho mai visto niente di più bello - mormorò la ragazza mettendosi gli orecchini - Aiutami ad allacciare la collana, per favore.”
Si sollevò i capelli sulla nuca, lasciando libero il collo. Un collo lungo e delicato, dalla pelle candida, non poté fare a meno di notare lui, mentre, inspiegabilmente a disagio, lo sfiorò appena con le dita, per chiudere il gancetto del collier.
“Come mi stanno?”
“Bene, molto bene. Il rosso si intona con il colore dei tuoi capelli e dei tuoi occhi... e i brillanti... sono sempre una garanzia”.
“Voglio vedermi! C'è uno specchio?”
“Sì... in bagno.”
La ragazza sparì un attimo, lasciandogli addosso una strana sensazione... Avrò bevuto troppo.
Dal bagno arrivavano dei gridolini di felicità, poi Mayu uscì quasi di corsa e lo colse di sorpresa, proprio mentre si stava un po' rilassando, abbracciandolo e baciandolo sulle guance.
“Grazie, grazie, sono davvero meravigliosi! Saranno il mio tesoro più caro!”
Il pirata decisamente non era abituato a tutta questa esuberanza. Cercò di mantenere un contegno.
“Sono felice che siano di tuo gradimento. Ora ti devo fare una proposta. Voglio che ti prenda un lungo periodo di vacanza, te lo sei meritato: devi riposarti, rilassarti, divertirti, fare quello che vuoi. Se c'è qualcosa che ti piacerebbe fare, dei posti dove vorresti andare... devi solo dirmelo e io ti ci porterò.”
“Sì, immaginavo che mi avresti proposto qualcosa del genere. Pensavo che potremmo andare tutti su Ombra di Morte...”
“Ombra di Morte? - Harlock era stupito - Ma... non desideri vedere dei posti nuovi, fare esperienze diverse? Su Ombra di Morte sei già stata tante volte...”
“Sì, e sai quanto lo amo quel luogo! - la ragazza divenne seria - Harlock, siamo realisti: tu sei un ricercato, ovunque mi portassi vivremmo sempre sul chi va là, non potremmo mai rilassarci veramente, io non ci riuscirei, perlomeno. Su Ombra di Morte saremmo al sicuro, sarebbe una vera vacanza!”
“In verità, ci sono dei pianeti fuori dalla giurisdizione terrestre, dove non ci sarebbero questi problemi...”
“Sì, certo, posti frequentati da altri fuorilegge, criminali veri! No, grazie!”
Harlock convenne che Mayu aveva ragione.
“D'accordo. Se è questo che vuoi, Ombra di Morte sia!”
“Grazie, Harlock, grazie di tutto. Di tutto quello che hai fatto per me da quando sono nata.”
La voce di Mayu era appena un sussurro, dolcissimo, come il suo sguardo, come il suo sorriso. Harlock ne rimase insolitamente turbato. Non seppe che cosa rispondere. La ragazza guardò l'orologio che aveva al polso e si alzò.
“Si è fatto tardi, è meglio che vada a dormire. Buonanotte, a domani.”
Depose un altro lieve bacio sulla sua guancia sfregiata, e uscì.
Ho ricevuto più baci oggi che negli ultimi 20 anni!
Ma con lei era sempre stato così. Lei riusciva sempre a tirare fuori la sua parte migliore, a scalfire per un poco il ghiaccio che da tempo immemorabile imprigionava il suo cuore, a riscaldare la sua anima congelata. Soltanto lei.

Il giorno dopo avviarono le procedure per “richiamare” il piccolo pianeta artificiale, del tutto simile, dall'esterno, a un asteroide, mentre in realtà racchiudeva il loro paradiso terrestre, un luogo sicuro in cui ogni tanto si rifugiavano per rilassarsi, divertirsi, riparare l'Arcadia. Un'altra invenzione del genio di Tochiro. Tutti loro amavano Ombra di Morte.
Prima di sbarcare, Harlock chiamò la ragazza.
“Vieni, vorrei farti vedere una cosa.”
Percorsero una serie di corridoi, poi il capitano si fermò davanti a una porta, inserì la chiave e la aprì. Entrarono nella cabina e furono investiti da un forte odore di chiuso e di polvere. La stanza era perfettamente arredata, ma aveva tutta l'aria di essere abbandonata da tempo.
Mayu si guardava intorno smarrita, come se avesse intuito dove si trovava.
“E' la cabina dei tuoi genitori... Nessuno l'ha più occupata da quando loro non ci sono più. Scusa, è un po' di tempo che non viene riordinata... avrei dovuto farla pulire prima che tu arrivassi...”
La ragazza sfiorò con le dita il letto e la scrivania, aprì l'armadio e accarezzò gli abiti di Esmeralda.
“Non è stato toccato niente. Tutto quello che c'è qui dentro è tuo, puoi farne quello che vuoi.”
Mayu lo guardò con gli occhi pieni di lacrime.
“Harlock, perché mia madre mi ha abbandonato?”
Ecco, il momento tanto temuto era arrivato.
Mayu sapeva ciò che aveva fatto Esmeralda subito dopo la morte di Tochiro. Gliel'aveva detto lui stesso, quando lei avrà avuto forse 10 anni e gli aveva rivolto una domanda precisa. Si rendeva conto che sarebbe stato un trauma per lei, ma era meglio che lo sapesse da lui, piuttosto che se lo lasciasse scappare distrattamente qualcuno del suo equipaggio o, peggio, glielo rivelasse qualche stronzo laggiù sulla Terra. In quella circostanza, la bambina non aveva commentato, non aveva fatto altre domande, non era mai più tornata sull'argomento. E questo l'aveva agitato più che se si fosse messa a piangere disperata, com'era suo diritto. Forse era per non doverla più affrontare che non le aveva mai mostrato la stanza dei suoi genitori. Ma ora Mayu era un'adulta e non si poteva più rimandare.
“Io... non lo so. Lei sapeva che l'avrei fermata, per questo non ha detto niente a nessuno. Quando abbiamo trovato il suo biglietto, era troppo tardi. E io ero doppiamente arrabbiato, per me, perché perdevo in un colpo solo i miei più cari amici, e per te, che restavi sola e affidata a un pirata misantropo e braccato dalla legge in tutto il cosmo. Ho cercato di capirla, in tutti questi anni. Adesso posso dire di averla perdonata... Non odiarla, ti prego.”
“Non l'ho mai fatto. Solo, non capisco perché .... ero così piccola, avevo bisogno di lei...”
“Io credo... che la morte improvvisa di tuo padre l'abbia sconvolta, le abbia tolto per un attimo la ragione, le abbia fatto prendere una decisione avventata...”
“Dovevano amarsi molto...”
“Sì, il loro è stato davvero un grande amore...”
Non sapeva che cos'altro dire. Non sapeva come consolarla. Un tempo sarebbe stato facile, sarebbe bastato prenderla in braccio, farle una una carezza... ma ora?
“Tieni - le porse la chiave della stanza - Manderò qualcuno a togliere la polvere, poi puoi farne quello che desideri...”
La ragazza prese distrattamente l'oggetto.
“Grazie. Ci penserò.”
Harlock la lasciò sola.

Poche ore dopo, l'Arcadia era “parcheggiata” al solito posto, con la poppa rivolta verso la spiaggia e il mare. Perché il capitano se ne restava di solito nella sua cabina sull'astronave, raramente alloggiava nel grande edificio costruito a terra, dove c'erano le camere, le cucine, la mensa e le altre parti comuni dedicate allo svago, oltre al magazzino e all'officina per le riparazioni.* Però gli piaceva ammirare il paesaggio marino e, probabilmente, tenere sotto controllo la situazione senza farsi notare.
Tutti erano scesi tra risate e schiamazzi, chiaramente su di giri. La spiaggia si riempì in pochi minuti, chi si stendeva al sole, chi si buttava in acqua, chi giocava a pallone. Harlock sorrideva. Amava l'allegria dei suoi uomini, anche se lui non vi partecipava. Anche lui aveva una speciale predilezione per quel luogo, per quanto artificiale, perché gli ricordava tempi lontani, più felici, in cui lui, Tochiro ed Esmeralda si sentivano giovani e invincibili eroi. Immortali. E ora era rimasto soltanto lui. Per questo non riusciva a condividere quella spensieratezza. Per lui i ricordi erano sempre offuscati da troppa malinconia.
Il sorriso gli morì di colpo sulle labbra e una visione lo strappò per un attimo dalle sue meditazioni. Le ragazze erano arrivate anche loro sulla spiaggia e si stavano liberando dei copricostume colorati ma... lui non era preparato a quello che vide. Yuki e Mimeh... per carità, era sempre un bel vedere, ma ormai ci era abituato, invece Mayu... beh, certo, Harlock, che cosa ti aspettavi? Che comparisse con secchiello e paletta, come quando aveva 5 anni? E' una bella ragazza vestita, e lo è anche in bikini. Che cosa c'è di strano?
Tuttavia, si sentì in dovere di distogliere lo sguardo da quelle gambe così lunghe, da quella vita così sottile... e da tutto il resto. Maledizione, che cosa ti sta succedendo? Che cosa stai diventando? Un vecchio pirata degenerato, ecco. Ricordati chi è!

 

 

 

 

 

 

* Per la descrizione e la topografia di Ombra di Morte (che tornerà spesso in questa storia) so di essere fortemente in debito con altre ff di questa sezione (quella più recente è “Rebirth” di Nausicaa di Stelle).

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Capitolo 3
*** Festa e imbarazzo ***


Come aveva promesso, dopo un paio di giorni il capitano diede disposizioni per organizzare una festa per Mayu. Doveva essere una specie di sorpresa, anche se non sarebbe stato facile. Soprattutto perché nessuno ne organizzava più da tempo, di feste così. Si sarebbe svolta sulla spiaggia, quindi bisognava portare la ragazza via di lì prima del tramonto, per dare il tempo di appendere gli addobbi, preparare la grigliata e allestire il palco per la musica.
Yuki convinse Mayu a seguirla nella sua stanza e lì le disse di farsi bella perché quella sera ci sarebbe stata una sorpresa per lei.
La ragazza sgranò gli occhi.
“Perché? E quanto bella?”
“MOLTO bella! Devi metterti un abito da sera o qualcosa del genere...”
“Addirittura! Ma... io non ho nessun vestito così… aspetta, ho un'idea! Mi devi consigliare, però, per favore!”
Salirono sull'Arcadia ed entrarono nella camera di Tochiro ed Esmeralda. Mayu ricordava di aver visto degli abiti molto eleganti nell'armadio di sua madre. Li esaminarono uno a uno con attenzione. Yuki era estasiata.
“Ma... sono meravigliosi! Tua madre aveva davvero un ottimo gusto, oltre a essere una splendida donna.”
Dopo innumerevoli prove, finalmente Mayu si decise e tornò in camera sua per prepararsi. Yuki sarebbe passata più tardi a prenderla e condurla al luogo della “sorpresa”.
Quando Mayu fece la sua comparsa sulla spiaggia, tutti restarono a bocca aperta. Indossava un abito di seta color rosso granato, lungo fino ai piedi, senza maniche e leggermente scollato, fermato in vita da una cintura. Aveva i capelli raccolti in uno chignon morbido e, contrariamente alle sue abitudini, era leggermente truccata. Il capitano notò che portava i gioielli che le aveva regalato. Gli applausi e le congratulazioni strillate da tutto l'equipaggio dell'Arcadia la fecero arrossire violentemente. Un po' imbarazzata, cercò con lo sguardo quello di Harlock, che le sorrise. Così la festa ebbe inizio e fu un grande successo. Mayu era commossa e più di una volta dovette ricacciare indietro le lacrime di felicità che le pungevano gli occhi. Dopo molto buon cibo e soprattutto molto vino, l'allegria era davvero sfrenata. Una piccola orchestra improvvisata cominciò a suonare. Harlock se ne stava seduto in disparte come al solito, in compagnia di un bicchiere di vino, osservando compiaciuto. Mayu bisbigliò qualcosa a uno dei musicisti, poi gli si avvicinò con un sorrisetto che - pensò lui - non prometteva niente di buono.
“Balla con me” gli sussurrò.
Lui la guardò letteralmente terrorizzato. Vide che tutti avevano gli occhi puntati su di loro, mentre l'orchestra aveva attaccato un pezzo piuttosto lento, per non dire romantico.
“Ma... io non ballo mai!”
“Stasera è la mia festa e farai un'eccezione!”
La ragazza continuava a sorridere, ma il tono non ammetteva repliche.
Il povero capitano non sapeva più a che cosa attaccarsi.
“Non sono capace... non ho mai ballato in vita mia...” quasi balbettò.
“Non ci credo! Comunque non è difficile. Ti faccio vedere io.”
Lo afferrò per una mano e lo trascinò sotto il palco, tra i fischi e gli ululati della ciurma, che non era abituata a simili spettacoli.
Questa me la pagherete cara! Domani vi farò pulire l'Arcadia da cima a fondo! Con la lingua!
Naturalmente non era vero che non aveva mai ballato. Anzi, alle feste del circolo ufficiali era piuttosto richiesto. Solo, erano passati decenni dall'ultima volta. Capì di non avere scampo e richiamò alla memoria come ci si doveva comportare: un braccio intorno alla vita della ballerina, senza stringere troppo, l'altro leggermente piegato, con la mano a reggere quella della partner... per il resto, si affidò alla musica, più o meno... Negli occhi di Mayu sembravano essere cadute tutte le stelle dell'universo. Quando lei a un certo punto gli posò la testa sulla spalla, una strana sensazione si irradiò in ogni fibra del suo essere. Si spaventò. Per fortuna la musica terminò abbastanza in fretta (forse gli orchestrali si erano impietositi?) e poté staccarsi da lei, evitando così di pensare a quello che aveva provato in modo così intenso, se pur per un breve istante. La mano di Mayu però trattenne la sua ancora per qualche secondo.
“E' stato così terribile?” chiese poi ridendo, essendosi forse resa conto del suo disagio.
“Sei una piccola strega!” ripose lui.
Ma per il capitano quella sera le prove non erano ancora finite.
Partirono i fuochi d'artificio, un'altra grande passione di Mayu da quando era piccola. Forse approfittando del fatto che tutti stavano guardando i ghirigori colorati nel cielo e non badavano a loro, la ragazza gli appoggiò il capo sul petto e le mani dietro il collo.
“Sono così felice di essere qui...”
Fu solo per pochi secondi, ma abbastanza da gettare Harlock nel panico più totale. Come doveva comportarsi? Che cosa avrebbe dovuto dire o fare? Così, rimase fermo e zitto, parendogli che qualunque gesto avesse fatto, qualunque parola avesse detto, sarebbero stati inopportuni. Ma, con suo sollievo, la ragazza lo liberò presto dal suo abbraccio e corse in riva al mare a vedere lo spettacolo pirotecnico insieme agli altri.
La festa proseguì quasi fino all'alba. Mayu volle ringraziare tutti uno a uno. Almeno, quelli che si reggevano ancora in piedi. Cercò ancora con lo sguardo il capitano, ma, non lo vide. Alzò allora gli occhi verso l'Arcadia, che dominava la baia con la sua imponenza. Dalla sua stanza proveniva un debole chiarore e le parve così di scorgere la sua sagoma ritta vicino alla grande finestra. Alzò la mano in segno di saluto, ma non riuscì a capire se lui l'avesse vista.

Quando fu in camera sua, si sciolse i capelli, si lasciò scivolare il vestito dalle spalle e si sedette sul letto con aria sconsolata.
Da quanto tempo era innamorata di lui?
Da sempre, avrebbe potuto dire, anche se naturalmente non era vero. Non ne aveva coscienza, per lo meno. Per tanti anni non aveva saputo dare un nome a quello che provava per lui. Nonostante ciò che pensavano tutti, nonostante ciò che avrebbe dovuto essere secondo il senso comune, lei non l'aveva mai considerato suo padre. Lei ce l'aveva un padre, anche se era morto.
Harlock era il suo eroe.
C'era sempre, era sempre con lei, anche se si trovava in un'altra galassia. Chissà, forse era proprio quel rapporto fatto di assenze, di attese, di quel continuo ritrovarsi e separarsi, che aveva alimentato il suo sentimento ... La lontananza è come il vento, aveva scritto o cantato qualcuno qualche secolo fa: spegne i fuochi piccoli e accende quelli grandi.* Se le cose stavano davvero così, lei era proprio messa male!
Insomma, qualunque fosse l'origine e il motivo, lei adesso era certa di amarlo, come una donna ama l'uomo della sua vita. Ballare con lui quella sera, stare tra le sue braccia, le aveva dato un'emozione indescrivibile... le sue braccia, il posto più sicuro dell'universo...
Ma lui? Lui era un'anima pura. Questo era il problema, pensava Mayu afflitta. Temeva che Harlock avrebbe continuato a vederla come una bambina, la piccola che i suoi amici gli avevano affidato, e non avrebbe mai provato altro per lei se non affetto e istinto di protezione. E, anche nella remota ipotesi che in lui potesse nascere un sentimento diverso, l'avrebbe messo a tacere, non gli avrebbe permesso di prendere il sopravvento. Lei desiderava che fosse lì, in quel momento, che glielo avesse tolto lui quel vestito, ma sapeva che invece non l'avrebbe sfiorata nemmeno con il pensiero, gli sarebbe sembrato di commettere un atto orribile... Quindi, lei era destinata a soffrire. Ancora. Come se non ne avesse avuto abbastanza.
Che cosa poteva fare? Quella sera si era accorta di averlo messo in imbarazzo, prima costringendolo a ballare, poi abbracciandolo durante i fuochi d'artificio. Ma questo non significava nulla, di per sé. O forse sì? In fondo lei non ne sapeva molto, di affari di cuore, non aveva esperienza, non conosceva il modo di ragionare degli uomini. Con chi avrebbe potuto confidarsi? Con le altre ragazze? E se si fossero scandalizzate? Se l'avessero considerata solo una stupida mocciosa romantica? Nulla, al momento non poteva fare nulla. Poteva solo aspettare, e sperare che il tempo le suggerisse come agire.

Harlock non si decideva ad andare a dormire. Era disorientato, confuso. Non sapeva come interpretare il comportamento di Mayu. Perché aveva voluto a tutti i costi ballare con lui? Perché poi lo aveva abbracciato, e in quel modo? Che cosa significava tutto ciò? Niente, probabilmente. Lei era sempre stata affettuosa nei suoi confronti. Aveva solo cambiato modalità, visto che non era più una bambina. Non lo era più da un pezzo, a dire il vero, anche se lui sembrava rendersene conto soltanto adesso. Doveva abituarsi, ecco. Doveva prendere dimestichezza con il suo nuovo modo di essere, doveva imparare a rapportarsi con lei come con un'adulta. Tutto qui.
Non riusciva ad accettare, però, il suo turbamento nel tenerla tra le braccia, le sensazioni che gli trasmetteva la vicinanza del suo corpo, il suo profumo... c'era qualcosa di profondamente sbagliato, di stonato, fuori posto. Non avrebbe dovuto provare nulla di tutto ciò. Cos'era, già la crisi della mezza età? D'accordo, era disposto ad affrontare anche quella. Ma non per lei. Lei era intoccabile.

Eppure non poteva fare a meno di osservarla, durante quella vacanza. La vedeva chiacchierare con Yuki e Mimeh, che la consideravano una sorella minore, scherzare con Tadashi, giocare perfino a pallone o a carte con i ragazzi dell'equipaggio... era a suo agio con tutti, per tutti aveva un sorriso, una battuta, una parola gentile. Tochiro ed Esmeralda sarebbero stati fieri di lei. Sembrava davvero felice. L'ombra di malinconia che velava il suo sguardo praticamente da sempre pareva scomparsa.
Però... non aveva più cenato con lei dalla sera della festa. E lui, come al solito, non partecipava molto alla vita sociale della ciurma. Preferiva trascorrere la maggior parte del tempo sull'Arcadia, da solo. Faceva qualche rara apparizione, e allora Mayu gli rivolgeva sempre uno dei suoi luminosi sorrisi, o lo salutava da lontano con la mano. Harlock qualche volta la avvicinava, ma si limitava a chiederle se stesse bene, se si stesse divertendo come voleva.
Si sentiva un po' stronzo. Perché doveva tenerla a distanza? Che cosa gli aveva fatto, in fondo? Il problema, come al solito, era lui, il suo pessimo carattere, la sua natura solitaria. In realtà, aveva solo paura. Paura di provare ancora quel turbamento che non avrebbe mai dovuto provare. Ma non si poteva andare avanti così, continuando a evitarla, era un comportamento infantile. E da vigliacco. Non degno di uno che aveva affrontato senza battere ciglio invasori extraterrestri, demoni furiosi e sbirri intergalattici!
Quindi si decise a superare i suoi improvvisi tabù e la invitò una sera a cena sull'Arcadia. Voleva approfittare dell'occasione anche per affrontare un argomento che gli stava a cuore. Con suo grande sollievo, Mayu non sembrava avercela con lui per come si era comportato negli ultimi giorni, era allegra e serena come al solito. E anche lui piano piano si rilassò, dandosi dello stupido per tutte le menate che si era fatto.
“Bene, Mayu, sono contento che vada tutto bene e per quanto mi riguarda possiamo stare qui finché vuoi. Ma volevo chiederti una cosa importante.”
La ragazza si fece seria.
“Ecco... volevo chiederti se hai pensato a che cosa vuoi fare, adesso che hai finito gli studi... se hai dei progetti per la tua vita, che professione desideri intraprendere... insomma, come ti immagini il tuo futuro.”
Mayu non ebbe esitazioni.
“Sì, certo che ci ho pensato. Vorrei tanto restare sull'Arcadia, se tu me lo permetterai. Voglio lavorare per te, insomma. In fondo, sono un ingegnere spaziale, posso esserti utile, no? Anche se non sono un genio come mio padre...”
Harlock restò di sasso. Stranamente, non aveva mai contemplato quella possibilità. Ecco perché si è portata tutto quel bagaglio! Ma era una follia. Doveva assolutamente dissuaderla. Non sapeva da dove iniziare.
“Non mi sembra una buona idea. Perché vuoi una cosa simile? Che carriera o che soddisfazioni professionali potresti avere qui? Se desideri farlo solo per riconoscenza o perché pensi di dovermi qualcosa, toglitelo dalla testa!”
Mayu sorrise.
“No, non voglio farlo per questo. Non sono interessata a nessuna carriera, come la intendi tu. Voglio finalmente stare con le persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. Sono stata sola per tutta la vita, Harlock, sono stanca.”
Sono stata sola per tutta la vita... Una coltellata al cuore.
“Tuo padre voleva che tu vivessi sulla Terra...”
“Questo valeva finché non potevo decidere da sola. Se fosse ancora vivo, nemmeno lui me lo potrebbe più imporre, e tu lo sai. E poi la Terra è molto cambiata, non è più il luogo idilliaco che ha conosciuto mio padre...”
Sapeva che sarebbe stata un osso duro.
“Ma che vita sarebbe, a vagare nello spazio senza meta...?”
“Era la vita dei miei genitori, in fondo. E tu e gli altri la fate da anni...”
“Appunto, ormai questa è la nostra vita, ma tu... non ci sei abituata. Non la vuoi un'esistenza normale, una casa, un lavoro, un marito... non desideri avere una famiglia tua?”
“Una famiglia? Non ci ho ancora pensato, sono troppo giovane. Siete voi, la mia famiglia.”
Harlock assunse un'aria ancora più grave.
“C'è un'altra cosa, Mayu. Se tu vivrai su questa nave, e quelli del Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale lo verranno a sapere (e ti assicuro che prima o poi succederà), tu sarai considerata come noi: una fuorilegge, con una bella taglia sulla testa. E tu sai bene che cosa aspetta quelli come noi. Non posso permetterlo!”
Mayu scosse la testa, con un sorriso amaro.
“E' già così, Harlock. E' già così.”

 

 

 

 

 

 

* Sicuramente non c'è bisogno di specificarlo, ma per correttezza lo dico lo stesso: è una strofa della famosa canzone di Domenico Modugno “La lontananza” (1970).

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Capitolo 4
*** Cap. 4 La scelta ***


Il capitano guardò Mayu meravigliato.
“Che cosa significa è già così?”
“C'è una cosa che non ti ho detto. Il giorno dopo la mia laurea, mi è arrivata una convocazione dal Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale. Naturalmente non ci sono andata, ma quelli si sono presentati la sera stessa al college e mi hanno gentilmente invitata a seguirli.”
Lo sguardo di Harlock si era riempito gradualmente di rabbia. Come si permettevano quei bastardi di sequestrare una ragazza innocente? Di sera, poi!
“Mi hanno portato davanti a un tizio con gli occhialini e due occhi gelidi, non mi ricordo il nome...”
Lui batté un pugno sul tavolo.
“Irita!* Avrei dovuto chiudere i conti con quel fanatico tanto tempo fa!”
“Sì, mi sembra che il nome fosse quello... comunque, se non ci fosse lui, ci sarebbe qualcun altro. Beh, questo qua mi ha detto senza giri di parole che loro sapevano benissimo che ero in contatto con te, ma che finora avevano tollerato la cosa vista la mia giovane età e il mio stato di necessità. Ma, ora che avevo finito gli studi e quindi - pensa che razza di ragionamento - non avevo più bisogno di te, dovevo fare il mio dovere di brava cittadina e aiutarli a catturarti. Ero la persona ideale per farlo. Altrimenti, mi avrebbero considerato a tutti gli effetti una tua complice, con le conseguenze del caso.”
Harlock si sentiva soffocare dall'indignazione.
“E tu che cosa hai detto?”
“Assolutamente nulla. Ho solo chiesto se aveva finito e se me ne potevo andare, e quello, mentre mi allontanavo, ha aggiunto che avevo 24 ore per dare la mia disponibilità, altrimenti mi avrebbero arrestato o qualcosa del genere.”
“Brutto bastardo! Tu sei stata coraggiosa. Ma perché non me l'hai detto subito?”
“E che cosa sarebbe cambiato? Dovevo pensare a seminarli. Ho comprato un biglietto per Neoterra, ma ovviamente non mi sono imbarcata. Ho viaggiato come una forsennata con autobus e treni, facendo dei giri assurdi, e solo quando sono stata sicura di aver fatto perdere le mie tracce ti ho contattato per l'appuntamento. Capisci che, anche volendo, non ci posso più tornare sulla Terra?”
Harlock era costernato. Non aveva mai pensato che si sarebbero spinti fino a quel punto. Era stato un ingenuo.
“Ci sono altri posti... pianeti fuori dalla giurisdizione del Dipartimento... lì saresti al sicuro, potresti ricominciare da capo...”
Ma non era convinto nemmeno lui.
“Ti ho già fatto notare che quei posti sono pieni di gente che non vuole avere a che fare con la giustizia. Vuoi davvero che io viva lì? Dove tra l'altro non conoscerei nessuno? E dovrei vederti una volta ogni tanto, come ho sempre fatto? Ne ho avuto abbastanza, di questa vita, ti assicuro!”
L'uomo tacque, accigliato.
Mayu gli posò una mano sulla sua, facendolo trasalire. Lo guardò negli occhi.
“C'è forse qualche motivo per cui non posso rimanere qui con voi? Sei tu che non vuoi?”
“No, cosa dici, certo che no! Io sono solo preoccupato per te. Non voglio che ti rovini la vita. Voglio che ci pensi bene, che la tua sia una scelta consapevole.”
“Ci ho pensato bene, te lo assicuro. A dirti la verità, non faccio altro da anni. Non vedevo l'ora di finire l'università, per potertelo chiedere... Harlock, lo sai che io non ho mai avuto nemmeno degli amici, sulla Terra? Appena scoprivano chi ero, mi evitavano tutti come la peste. I più, credo, per paura della polizia, del Dipartimento... temevano di compromettersi, di passare dei guai.”
Harlock era sinceramente addolorato.
“E come facevano a scoprire chi eri?”
“Oh, questo è un altro capolavoro del Dipartimento. Ogni volta che si parlava di te, sui giornali o in tv, insieme alla tua faccia compariva la mia, con tanto di nome e cognome, dove vivevo ecc. Ma credo che lo facessero solo sulla Terra, in modo che tu non lo scoprissi direttamente, e penso che il loro scopo fosse isolarmi, per rendermi più vulnerabile, più fragile.... costringermi a chiederti aiuto e attirarti laggiù. Una volta ho conosciuto un ragazzo all'università... Era l'unico che non sembrava avere paura. Alla fine glielo dissi io stessa, chi ero, ma lui rispose che non gli importava, che gli piacevo, che voleva stare con me... Io mi sentivo un po' sola in quel periodo...lui era carino, gentile, premuroso... insomma, ci siamo messi insieme.”
Harlock avvertì una strana fitta all'altezza dello stomaco. Gelosia? Certo, è normale, si disse, tutti i padri, naturali o putativi che siano, sono gelosi dei fidanzati delle figlie!
“Mesi dopo - proseguì la ragazza - ho capito perché non aveva paura. Avevo sentito per caso una sua strana telefonata... allora mi sono messa a frugare tra le sue cose, nella sua posta elettronica... beh, te la faccio breve: lavorava per loro! L'ho lasciato, senza però dirgli che avevo scoperto tutto. Non ne valeva la pena.”
“E lui? Non ha cercato di farti cambiare idea, di riconquistarti?”
“No, non più di tanto. Credo che non volesse insospettirmi. Però poi non l'ho più nemmeno visto all'università. E da allora non mi sono fidata più di nessuno, mi sono chiusa sempre più in me stessa e mi sono concentrata esclusivamente sullo studio... e sono diventata sempre più forte. Non ti sto dicendo queste cose per impietosirti, eh!”
“Lo so, non è il tuo stile. Mi dispiace, io... non mi sono mai reso conto pienamente della tua situazione. Perché non mi hai mai detto nulla? Avrei potuto fare qualcosa...”
“Perché era esattamente ciò che volevano loro. Loro contavano sul fatto che tu saresti intervenuto in qualche modo.”
“Non mi sono mai preoccupato di loro.”
“Lo so. Perciò ho preferito preoccuparmene io. Comunque, ormai è acqua passata. Siamo riusciti a giocarli e ora se ci vogliono acciuffare dovranno venire a cercarci loro quassù! Allora, posso restare o no?”
Harlock sospirò.
“Certo che puoi restare. A un patto: se cambierai idea, se capisci che non fa per te, se vuoi andartene da qualche altra parte, ti ORDINO di dirmelo. Non devi rimanere solo per fare piacere a qualcuno. Siamo intesi?”
“Intesi! Te lo prometto. E ti giuro che non te ne pentirai!”
“Questo lo so già. A questo punto, ci vuole un brindisi - riempì i due bicchieri di vino e alzò il suo - Al nuovo membro dell'equipaggio dell'Arcadia, di questa manica di folli, squinternati, anarchici vagabondi dello spazio!”
La ragazza rise. Non fece nulla per nascondere la sua felicità. Si alzò e lo abbracciò. Tanto per cambiare.
“Grazie grazie grazie! Non sai quanto mi rendi felice!”
Ancora quell'imbarazzo, ancora quelle sensazioni che non sapeva definire. Questa volta però decise di reagire con l'ironia.
“Così mi soffochi, però!”
Mayu si staccò da lui, sempre ridendo.
“Scusa! Ma ...non devo superare nessuna prova di coraggio, rito di iniziazione o cose del genere?”
Harlock non poté fare a meno di sorridere.
“Mi sa che hai letto troppi romanzi, ragazza!”
“E... posso dirlo io agli altri, o in quanto capitano devi fare tu una comunicazione ufficiale?”
“Ti sembra un posto dove si fanno comunicazioni ufficiali per questo genere di cose?”
“Però forse lo dobbiamo dire a mio padre...”
“D'accordo... se vuoi, andiamo subito.”
“Mmmh... no, pensaci tu. Io non sono ancora riuscita ad abituarmi a parlare con un computer...”
Quando la ragazza rientrò in camera sua, non trattenne più le lacrime. Ancora non riusciva a crederci. Non sarebbe più andata via! Non avrebbe più lasciato i suoi amici! E, soprattutto, sarebbe rimasta con lui! Non si sarebbe più dovuta separare dal suo capitano!

Harlock la guardò andare via, continuando a sorseggiare altro vino.
Aveva preso la decisione giusta? Pensava di sì. Non dover più vedere i suoi occhi velarsi di pianto ogni volta che lasciava l'Arcadia era un vero sollievo. Ma non era solo questo, ovviamente. Mayu aveva ragione: era sempre stata sola, fin da quando era piccina. Troppo sola. Non aveva mai conosciuto, se non per breve tempo, la tenerezza di una madre e di un padre, le carezze, i sorrisi, il calore da cui tutti i bambini dovrebbero essere circondati. Non era giusto. Poi, aveva appena scoperto, non aveva nemmeno potuto farsi degli amici. Sempre per causa sua. Anche il fidanzato si era rivelato un impostore. Come aveva fatto a resistere? Come era riuscita a rimanere così, sempre sorridente, disponibile, gentile, piena di vita? Era il momento di cambiare tutto. Quella ragazza non meritava di soffrire un minuto di più. Se restare con loro era ciò che la rendeva felice, allora sarebbe rimasta quanto voleva.
Si rese conto che a quel pensiero anche lui si sentiva felice, anzi, quasi euforico. Molto più del dovuto. Troppo. Buttò giù di colpo l'ultimo sorso di vino. Stai diventando un vecchio sentimentale!

La mattina dopo Mayu diede la bella notizia a Yuki, Mimeh, Tadashi, Masu e al dottor Zero, che naturalmente ne furono felicissimi. Anzi, a tutti parve la scelta più naturale. L'unica sensata.
“Non ho mai capito che cosa aspettasse ancora il capitano a prenderti con noi!” fu il commento del dottore. La novità poi si diffuse in un batter d'occhio tra gli altri componenti dell'equipaggio e Mayu trascorse praticamente tutta la giornata a stringere mani e ricevere baci di benvenuto.
A quel punto, non vedeva l'ora di cominciare la sua nuova vita e, dopo un paio di giorni, comunicò ad Harlock che si era riposata abbastanza e che era pronta a prendere servizio sull'Arcadia, se per lui andava bene. Il capitano ne fu contento. Non amava le vacanze troppo lunghe, temeva che la ciurma si abituasse all'ozio. Anche se in realtà quella pausa non era stata sprecata, perché i tecnici e i meccanici ne avevano approfittato per eseguire controlli e lavori di manutenzione sulla nave.
Terminati i preparativi per la partenza, l'Arcadia riprese il suo vagabondare tra le stelle.
Mayu provò le tute di sua madre. Erano leggermente comode, perché lei era ancora più esile, ma con qualche ritocco sarebbero state perfette. Ad Harlock fece uno strano effetto vederla con addosso i vestiti di Esmeralda, ma non disse nulla, come al solito. Ce ne procureremo delle altre nuove alla prima occasione, decise tra sé.
Mayu aveva messo in chiaro con il capitano che voleva essere considerata come tutti gli altri, non voleva alcun trattamento di favore. Cominciò così il suo addestramento, affiancando ora Yuki, ora Tadashi, ora Yattaran o il capo ingegnere Maji, per imparare il funzionamento di tutti i settori dell'astronave e capire in quale avrebbe potuto mettere meglio a frutto le sue competenze. Non fu facile collocarla, perché tutti erano entusiasti di lei. Alla fine, fu deciso che, per il momento, avrebbe lavorato con Maji. Dopotutto, anche lei era un ingegnere, e sembrava proprio la degna figlia di Tochiro.
Secondo gli accordi, condivideva la vita di tutti gli altri membri dell'equipaggio, gli orari, i turni, i pasti, le ore libere. L'unico “privilegio” che chiese ad Harlock fu di poter cenare con lui due volte alla settimana. Naturalmente, le fu concesso, e nessuno ebbe niente da ridire.
Il capitano la vedeva felice e serena, forse per la prima volta in vita sua. L'intero equipaggio l'aveva accolta benissimo, e anche lui si scoprì più tranquillo ad averla sempre sott'occhio, invece che saperla lontana, sola e in un ambiente ostile.
Allora, perché non aveva ancora detto nulla a Tochiro? Era certo che lui sapesse tutto quanto accadeva sull'Arcadia, quindi anche questo, ma... sarebbe stato più corretto che gliene avesse parlato, come aveva promesso a Mayu. Era pur sempre sua figlia. Senso di colpa per non aver seguito la sua volontà? Ma Mayu aveva ragione: ora spettava a lei decidere della sua vita. Harlock non osava indagare oltre, si rifiutava di scandagliare più a fondo il suo animo, senza sapere bene il motivo. E così continuava a rimandare quel colloquio. Ed erano ormai trascorse parecchie settimane...

 

 

 

 

 

* Lo so, Irita dovrebbe essere morto e alla fine, poverino, si era pure riscattato... Ma mi serviva un “cattivo” di un certo tipo e lui era perfetto per la parte.

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Capitolo 5
*** Scomode verità ***


La donna si muoveva lentamente sotto di lui, accarezzandogli la schiena nuda. Lui percepiva la morbidezza e il profumo della sua pelle, mentre le baciava le labbra, il collo, il seno pieno e sodo. Sospirando lei sussurrò il suo nome... Quella voce... Alzò la testa per guardarla in volto e incontrò due occhi che lo fissavano adoranti... due occhi color dell'ambra...

Balzò a sedere con un grido. La fronte sudata, il cuore impazzito, il respiro spezzato... Si guardò intorno in preda all'orrore.
Era solo. Non c'erano tracce di altre presenze nella stanza, oltre alla propria. Un sogno, era stato solo un sogno. Anzi, un incubo... Cioè, sarebbe anche potuto essere un bel sogno, se avesse riguardato qualcun'altra... chiunque altra... tranne lei! Non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome.
Cercò di calmarsi. Andò in bagno a sciacquarsi la faccia, bevve un bicchiere d'acqua, si sedette sulla solita poltrona osservando le stelle. E tentò di ragionare. Che cosa sono i sogni, in fondo? Esprimono le nostre paure più profonde... sì, ma spesso anche i nostri desideri... e non sempre hanno un significato letterale... si sogna una cosa, ma il senso è tutt'altro... Quindi, nel suo caso? Possibile che la sua parte irrazionale, emotiva, quella che aveva sempre combattuto e relegato in un angolo morto del suo animo, desiderasse di... insomma, di fare quello che aveva sognato? Non poteva nemmeno concepirlo. A meno di non essere diventato un mostro. Un vecchio pervertito. Quella cosa ha un nome ben preciso, ed è aberrante, un atto che l'umanità ha sempre condannato, fin dai suoi albori.
D'accordo, Mayu non era nemmeno lontanamente sua consanguinea, non era davvero sua figlia. Ma per oltre 20 anni per lui era stato come se lo fosse. L'aveva tenuta in braccio, l'aveva fatta giocare e addormentare, l'aveva consolata quando piangeva... Anche se ora era una donna, era sempre lei! D'accordo, non avevano mai davvero vissuto insieme. Non c'era stata tra loro la quotidianità di un vero rapporto padre-figlia. Anzi, a volte passavano anni, tra un loro incontro e l'altro... Ma questo non lo giustificava...
Improvvisamente, intuì anche perché non solo non aveva ancora parlato con Tochiro, ma aveva proprio evitato qualunque contatto con lui nelle ultime settimane. Aveva paura di lui. Paura che lui gli leggesse dentro e scoprisse qualcosa che non avrebbe dovuto scoprire. Che non avrebbe dovuto esserci affatto! E questo ben prima di quel sogno!
Harlock era sempre più disgustato di se stesso. Visto che quella sembrava la notte delle verità, senza pietà richiamò alla mente tutte le volte che il suo sguardo aveva indugiato un po' troppo su certi particolari... e non vi aveva dato importanza.
Sei diventato un essere orribile, perverso e moralmente indegno! E adesso cosa farai? Ti rinchiuderai qui dentro per non vederla più? La rimanderai sulla Terra? Lei, che è innocente, che non ha nessuna colpa di tutto questo? A parte essere così dannatamente bella. E intelligente. E simpatica. E dolce. E avere quegli occhi così vellutati, quella bocca così piena, e quel corpo da dea. Forse dovresti parlarne con qualcuno... Sì, ma chi? L'unico forse è il dottore... ma qui ci vuole uno strizzacervelli! No, niente di tutto ciò. Sei un uomo razionale, affronterai i tuoi incubi, te li terrai per te e nessuno ne saprà nulla. Soprattutto lei.
Guardò il suo whisky chiuso nella vetrinetta dei liquori. Quello di pessima qualità. Quello che ne bastano due bicchierini per sprofondare la coscienza nell'oblio... Aprì l'armadietto. Avanti, cominciamo subito, Harlock.

I giorni e soprattutto le notti successive furono un inferno. Più Harlock cercava di evitarla, più la sua fantasia si scatenava, suo malgrado. Più cercava di non pensarci, più la mente lo trascinava proprio dove non avrebbe voluto. E quei “sogni” tornavano a tormentarlo quasi ogni notte....
Questo nonostante Mayu svolgesse la maggior parte del suo lavoro lontano dalla sala comando, quindi in realtà incrociasse raramente il capitano. Il quale era particolarmente taciturno e intrattabile. Non volle nemmeno la compagnia di Mimeh, l'unica che sopportava quando aveva qualche preoccupazione. Ci mancava solo che anche lei capisse che cosa gli stava succedendo, e non aveva dubbi che l'avrebbe capito!
I membri dell'equipaggio erano perplessi, ma non più di tanto. In fondo, il capitano era sempre stato un tipo un po' strano, aveva spesso dei comportamenti incomprensibili, ma prima o poi tutto rientrava nella “normalità”. Mayu, invece, sembrava non essersi accorta di nulla. Quindi su di lei ebbe l'effetto di una doccia fredda quando Harlock le mandò a dire che non si sentiva troppo bene e quindi quella sera non avrebbero potuto cenare insieme. Si stupì prima di tutto perché non ricordava di averlo mai visto ammalato. Poi ci rimase male perché non glielo aveva nemmeno detto di persona. Non era da lui. Per lei quelle serate trascorse da sola in sua compagnia erano i momenti migliori della sua nuova vita: adorava la complicità che c'era tra loro, adorava vederlo sorridere, adorava sentirgli raccontare delle sue avventure e dei suoi genitori. Si disse che in fondo non aveva importanza, che avrebbero “recuperato” un'altra volta...
Cenò quindi con il resto dell'equipaggio e si ritirò subito nella sua cabina. Ma era preoccupata. Decise di andare a vedere almeno come stava, se avesse bisogno di qualcosa... Bussò alla porta, ma non rispose nessuno. Forse stava già dormendo... Si fece coraggio, spinse l'uscio e sbirciò all'interno. La stanza era immersa nella penombra, le luci erano spente... Quando riconobbe la sua sagoma ebbe un moto di spavento.
“Harlock!” gridò slanciandosi verso di lui.
L'uomo era seduto, con la testa riversa sul tavolo, un braccio ripiegato sotto il capo e l'altro abbandonato lungo i fianchi. Sembrava addormentato profondamente. Mayu lo scosse con delicatezza, chiamandolo, ma lui non si svegliava. Si guardò intorno e notò una bottiglia di whisky piena a metà sul tavolo e un'altra vuota per terra.
Che cosa ti sta succedendo, Harlock? Che bisogno hai di ridurti così?
Non ce l'avrebbe mai fatta a sollevarlo e metterlo a letto da sola. Decise di chiamare il dottor Zero con l'interfono. Il brav'uomo arrivò subito.
“Mi scusi per l'ora, dottore, probabilmente non è niente... però sarei più tranquilla se gli deste un'occhiata...”
“Ma certo, cara, hai fatto bene. Vediamo un po' cos'ha combinato 'sto benedetto ragazzo! Prima però stendiamolo sul letto.”
Mayu si affacciò sul corridoio e fermò uno dell'equipaggio che passava di lì proprio in quel momento. Con il suo aiuto, in tre riuscirono faticosamente a sollevare il capitano e sistemarlo sul letto.
Il dottore gli tastò il polso, gli guardò la pupilla, misurò perfino la pressione.
“E' tutto a posto, tesoro. Il capitano ha solo bevuto troppo, e dell'alcol di pessima qualità, per giunta. Si sveglierà con un mal di testa epocale, ma a parte questo, nessuna conseguenza. Non ti devi preoccupare, non è la prima volta. Anche se in realtà era un bel pezzo che non lo faceva... - aggiunse come parlando tra sé - Ti lascio un paio di aspirine per quando si sveglia. E chiamami in qualsiasi momento, se lo ritieni necessario, ma vedrai che dormirà come un sasso. Buonanotte.”
Mayu rimase sola nella stanza. Implicitamente, il dottore le aveva detto di restare con lui. Era combattuta. Poteva essere l'occasione che aspettava... ma lui non era cosciente in quel momento. E come l'avrebbe presa, quando si fosse svegliato? Magari non avrebbe gradito farsi vedere in quello stato da lei...
Al diavolo! Io rimango. E non ho nessuna intenzione di dormire sulla poltrona! Quel letto è così grande... ci staremo comodi tutti e due!
Non poteva dormire con la tuta, però, era troppo stretta. E non aveva voglia di tornare in camera sua a cambiarsi. Avrebbe potuto incontrare qualcuno, e non voleva dover dare spiegazioni. Aprì l'armadio di Harlock e trovò una t-shirt. Nera, ovviamente, e troppo grande per lei, ma come camicia da notte era perfetta. Controllò che la porta fosse chiusa. Sbirciò verso il letto. Lui dormiva profondamente. Allora si liberò in fretta degli abiti, indossò la maglietta e si infilò sotto le coperte.
L'ultima volta che era stata in quel letto doveva aver avuto 7-8 anni. Era stato subito dopo il suo rapimento a opera delle Mazoniane, quando non riusciva più a prendere sonno e aveva rischiato di morire. Anche allora l'aveva salvata Harlock che, grazie al misterioso intervento di suo padre, alla fine era riuscito a farla dormire. Aveva ancora bene in mente quando si era svegliata e l'aveva visto assopito sulla poltrona, dopo aver vegliato su di lei per tutte quelle ore. Mayu a quel ricordo, ancora così vivo nonostante gli anni trascorsi, si sentì venire le lacrime agli occhi. Perché era uno dei suoi tanti ricordi, dolcissimi, ma che non erano compatibili con i suoi attuali sentimenti e soprattutto rischiavano di tenerla separata per sempre da lui, imprigionandoli entrambi in ruoli appartenenti al passato.
Si appoggiò su un gomito e ammirò il suo profilo appena visibile nella penombra. L'aveva sempre trovato bello, malgrado il viso fosse attraversato da quella cicatrice, malgrado quella benda nera..., che però secondo lei (e, ne era certa, non soltanto secondo lei) lo rendevano maledettamente affascinante. Non era frequente poter osservare così da vicino i suoi lineamenti regolari, delicati, e nello stesso tempo virili, il naso diritto, la bocca ben disegnata... già, la sua bocca... La tentazione di approfittare della situazione per baciarlo sulle labbra, e non come al solito, era fortissima. Non sarebbe servito a niente, perché lui non se ne sarebbe nemmeno accorto, e forse era meglio così... però...
Stava ancora combattendo con se stessa, quando Harlock cominciò ad agitarsi e a parlare nel sonno, ma in modo confuso, come se stesse facendo un brutto sogno. Mayu lo scosse piano, tentando di calmarlo. Ma quando lo sentì pronunciare il suo nome, restò pietrificata. Dapprima pensò di non aver capito bene, che lui in realtà stesse chiamando Maya, la sua fidanzata morta tanti anni prima... strano, non avevo mai fatto caso a quanto i nostri nomi siano simili... ma dopo 2-3 volte, non ebbe più dubbi: era il suo nome che stava invocando, con una voce tormentata, con un'espressione di sofferenza sul volto.
“Sssh, sono qui - provò a sussurrargli - Che cosa c'è, Harlock? Sono qui, vicino a te...”
A poco a poco lui si quietò e sembrò riprendere un sonno più tranquillo. Mayu invece era turbata. Non riusciva a interpretare quanto era successo. Prima lui si prende una sbronza solenne, senza apparente motivo, poi si mette a chiamarla, ma come se la cosa lo facesse stare male... che significato poteva avere? Era soltanto l'effetto dell'alcol, o c'era sotto dell'altro? Non potendo darsi delle risposte, si avvicinò di più a lui, gli posò una mano sul cuore e cercò di addormentarsi a sua volta.

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Capitolo 6
*** Tregua ***


Dopo un tempo imprecisato, Harlock ebbe la sensazione di emergere da un gorgo. Aprì gli occhi, ma dovette richiuderli immediatamente, perché gli girava la testa. La testa... non ricordava che potesse fare così male...Con fatica si portò una mano alla tempia. Pulsava in modo insopportabile. Per non parlare della nausea che gli artigliava lo stomaco. Cosa aveva fatto per ridursi così? L'ultimo suo ricordo era la seconda bottiglia di whisky stretta nella sua destra... però era riuscito a sdraiarsi sul letto, quindi non doveva essere poi così sbronzo... solo che non rammentava assolutamente di averlo fatto.
Cercò di mettersi a sedere, ma qualcosa lo bloccava. Con uno sforzo che gli parve sovrumano si girò lentamente. E restò paralizzato dalla sorpresa.
Questa volta non era solo. Qualcuno stava dormendo con la testa reclinata sulla sua spalla, il corpo quasi aderente al suo. Qualcuno con una massa di lunghi capelli scuri, che nascondevano in parte il suo viso... ma non aveva bisogno di vederlo, per sapere di chi si trattava.
Che cosa ci faceva lei lì? E, soprattutto, che cosa era successo? La mente annaspava disperata alla ricerca di un appiglio, di un barlume di memoria che lo rassicurasse. Si tastò istintivamente il torace e constatò con sollievo che era vestito. E anche lei... almeno, così sembrava. Si guardò intorno, lottando contro i capogiri, e vide sgomento la sua tuta appoggiata su una sedia. Tornò a osservare la ragazza e, chiedendo perdono non sapeva nemmeno lui a chi, scostò appena le coperte: indossava una delle sue t-shirt. Era sempre più perplesso. Deglutì a fatica, la bocca era completamente secca e aveva una sete tremenda. Effetto del troppo alcol. Non reggi più come una volta, vecchio mio! Doveva alzarsi a tutti i costi. Scivolò lentamente su un lato, per non destarla. Ormai era lì, non era il caso di fare tragedie. Avrebbero chiarito tutto più tardi.
Quando però uscì dal bagno, dopo essersi rinfrescato e aver bevuto dell'acqua, Mayu si era svegliata e lo guardava con apprensione.
“Harlock! Come ti senti?”
“Da schifo, grazie.”
“Ci sono delle aspirine sul tavolo. Il dottore ha detto di prenderle quando ti svegliavi...”
“Il dottore? Che cosa c'entra il dottore? Che diavolo è successo qui?”
“Ero passata a vedere come stavi e ti ho trovato praticamente svenuto. Mi sono spaventata, visto che avevi detto a tutti che non si sentivi bene, e ho pensato di chiamare il dottore...”
“Non era il caso! Avevo solo bevuto un po' troppo! E' una cosa che ogni tanto fanno gli uomini, e soprattutto i pirati. E la cosa non ti riguarda affatto, ragazzina!”
Subito dopo si pentì della sua durezza. Perché scattava sempre come un serpente a sonagli ogni volta che qualcuno gli mostrava un po' di gentilezza?
Ma Mayu si aspettava una reazione del genere. Sospetto invece che la cosa mi riguardi, eccome! Ma non lo disse.
“Bella riconoscenza per essermi preoccupata per te!”
E non era nemmeno vero che stavi male! Volevi solo sbronzarti in santa pace! Ma decise di soprassedere anche su quello.
Harlock avrebbe anche voluto chiederle che cosa ci faceva nel suo letto, ma aveva paura della risposta. L'unico pensiero confortante era che, ridotto in quello stato, anche volendo non sarebbe stato in grado... di combinare nulla. In teoria... Adesso però non sapeva come comportarsi. Non era ancora il momento di alzarsi, si sentiva uno straccio e quindi desiderava molto tornare a sdraiarsi, e non gli sembrava opportuno che lei restasse. Ma non sembrava nemmeno carino cacciarla. Sperò tanto che se ne andasse di sua iniziativa.
“Su, da bravo, prendi un'aspirina e vieni a dormire. Tra un po' starai meglio.”
L'uomo inghiottì l'aspirina, ma, quanto a mettere in pratica l'altro consiglio, non sapeva decidersi.
“Eddai, non ti mangio mica!” lo canzonò la ragazza, che non manifestava alcuna intenzione di muoversi da lì.
Esitando, lui finalmente si decise a stendersi di nuovo, ma non si sentiva a suo agio. Lei avrebbe voluto tanto potersi addormentare tra le sue braccia, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Si limitò a sistemargli le coperte e si ritirò nella sua metà del letto, dopo avergli fatto una carezza quasi materna, che ebbe l'unico effetto di fargli tremare il cuore e aumentare il suo turbamento. Poi Harlock pian piano si rilassò, anche grazie all'effetto del farmaco che dissolse il mal di testa.
“Come va?”
“Meglio, grazie... Perché sei qui?”
“Non mi sentivo tranquilla a lasciarti solo, non ce l'avrei fatta a dormire... e non sarei riuscita a riposare in poltrona! E' tanto grave?”
Harlock sospirò. Certo che era grave. Grave. Inopportuno. E pericoloso. Ma si rese conto di non avere né la lucidità né la forza per mettersi a discutere. Quindi mentì.
“No, non è così grave...”
Mayu tacque per alcuni minuti.
“C'è qualche cosa che ti preoccupa?” chiese dolcemente.
“No, niente. Davvero, stai dando troppa importanza alla cosa... sono solo vecchie abitudini dure a morire. E' già capitato e capiterà ancora. Non te ne devi dare pensiero.”
Ma la ragazza era determinata ad andare fino in fondo.
“Ho avuto l'impressione che stessi facendo dei brutti sogni. Eri molto agitato e parlavi nel sonno...”
Harlock si irrigidì. Beveva fino alla sfinimento proprio per non sognare, o almeno per non ricordarsi i suoi sogni...
“Non me lo ricordo... Ma... che cosa dicevo?” chiese con voce incerta.
A Mayu venne istintivo non dirgli la verità. Intuiva oscuramente che non gli avrebbe fatto piacere saperlo davvero.
“Non si capiva nulla, erano solo parole inarticolate. Ora cerca di dormire ancora un po'.”
“Buonanotte....”
“Buonanotte.”
Harlock si girò su un fianco, per non guardarla, per non sentire il suo respiro, per non pensare che era lì, a pochi centimetri da lui, che gli sarebbe bastato allungare una mano per poter concretizzare il suo sogno... sempre che lei fosse d'accordo... ma che diamine stai pensando? Tu NON DEVI concretizzare quel sogno! Speriamo che questa notte finisca presto!
Anche Mayu si girò dall'altra parte, per non guardarlo, per non sentire il suo respiro, per non percepire il calore del suo corpo, per non immaginare le sue carezze...

Quando, alcune ore dopo, Harlock si svegliò, scoprì con sollievo che Mayu se n'era già andata. Così avrebbero evitato altri imbarazzanti dialoghi. La sua presenza lì lo metteva troppo a disagio. Per un istante, dubitò addirittura di essersi immaginato tutto. Ma l'impronta sul materasso, accanto a lui, lo riportò alla realtà. Constatò anche che il mal di testa non si era ripresentato e che nel complesso stava abbastanza bene. Fisicamente. Perché moralmente si sentiva uno schifo. Sotto la doccia, cercò di razionalizzare.
Non è successo niente, lei è rimasta qui solo per controllarti, perché - per sua fortuna - non conosce ancora tutti i meandri oscuri della tua anima, che ti spingono a certi comportamenti. Infatti, il problema non è lei, dannazione, Harlock, il problema sei tu! Sono i tuoi pensieri, le tue maledette fantasie!
Ma che cosa fare? Lo sapeva anche lui che bere non avrebbe risolto nulla, e continuare a evitarla neppure. Anzi, forse era proprio questo ad alimentare certe idee... In fondo, lui non era abituato alla sua presenza quotidiana nella propria vita. Ma, una volta assuefatto...
Devo provarci. Devo tentare di comportarmi con lei in modo normale. All'inizio sarà difficile, ma prima o poi tutto tornerà come prima.

La vita sembrò riprendere a scorrere come sempre. Nessuno venne a sapere che cosa era successo quella notte, e né il dottore né Mayu ne fecero più parola con lui. Superati i primi momenti di tensione, i suoi rapporti con la ragazza tornarono quelli di sempre. Facendo un notevole sforzo su se stesso, il capitano riprese a cenare con lei, facendo di tutto per apparire tranquillo e sereno. Gli incubi a poco a poco scomparvero, con sua grande soddisfazione, e il whisky tornò sotto chiave nell'armadietto.

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Capitolo 7
*** Giochi pericolosi ***


L'Arcadia era pur sempre un'astronave pirata e, nella sua navigazione interstellare, abbordava altre astronavi, per lo più mercantili, da cui la ciurma prendeva però solo i mezzi per vivere: cibo, medicine, a volte attrezzature, carburante e altre materie prime. Denaro e preziosi venivano regolarmente lasciati. E anche ai membri degli equipaggi assaliti non veniva torto un capello.
Mayu assistette la prima volta con molta curiosità a una di queste azioni. Non le era mai capitato prima, perché Harlock si guardava bene dal compierle quando lei era a bordo. Ma ora non si poteva agire diversamente. Le faceva uno strano effetto, perché si trattava comunque di atti illegali... ma del resto, lui era considerato un fuorilegge mica per caso... quel titolo se lo era guadagnato sul campo.
Una volta gli chiese di poter partecipare all'arrembaggio anche lei. Naturalmente Harlock si infuriò.
“Non mi fare mai, MAI più una richiesta del genere, o ti spedisco su Neoterra in un secondo! Questo non è il tuo lavoro. Occupati dei tuoi compiti, e basta!”
Lei non aveva potuto fare altro che obbedire, mentre il capitano sudava freddo. Ci mancava solo questa! Non avrebbe mai detto che quella ragazza dall'aspetto così dolce e delicato potesse essere una testa calda! Anche se in fondo sua madre era così, lui non l'avrebbe mai esposta deliberatamente a pericoli ulteriori. Tochiro mi fulminerebbe seduta stante!
Per essere più tranquillo, intimò al capo ingegnere di sorvegliarla e di impedire a tutti i costi che si cacciasse in qualche guaio.

L'ultimo scontro era stato con un'altra ciurma di pirati, violenti e spregiudicati, che intendevano prendersi ciò che l'Arcadia aveva “onestamente” appena trafugato da un cargo spaziale. L'Arcadia aveva avuto la meglio, come al solito, ma aveva subito alcuni danni, che andavano riparati al più presto. Si rese quindi necessaria una sosta su Ombra di Morte.
Mayu lavorò sodo insieme a Maji e agli altri tecnici per rimediare ai guasti, sotto l'occhio vigile e compiaciuto del capitano. Che concesse poi alcuni giorni di vacanza.
Harlock, come al solito, se ne stava per conto suo. Per distrarsi ed evitare la tentazione di guardare un po' troppo la spiaggia e soprattutto “certe” bagnanti (anche se non aveva più fatto sogni strani, meglio non rischiare!), studiava nuove rotte e pianificava i prossimi itinerari.
Un giorno, Mayu chiese a Tadashi, ostentando indifferenza:
“Ma il capitano non scende mai dalla nave, non so, a fare il bagno, a prendere un po' di sole...”
“Sì, qualche volta....”
“Ah! Ma io non l'ho mai visto!!
“Perché non si fa mai vedere. C'è una piccola baia, dalla parte opposta rispetto a questa, dove va solo lui. Noi lo sappiamo, e lo lasciamo in pace, non ci andiamo mai. E' un tacito accordo.”
Mayu non commentò. Ma decise di sfruttare quell'informazione a suo vantaggio quanto prima. Individuò la baia di cui parlava Tadashi. Si poteva raggiungere anche a nuoto, dalla spiaggia dove si radunava solitamente il resto dell'equipaggio, superando un piccolo promontorio. Così, senza dare nell'occhio, prese l'abitudine di fare delle lunghe nuotate solitarie, fino a che non l'avesse sorpreso. Avrebbe finto di essere capitata lì per caso, di non sapere nulla dell'accordo (scusa plausibile) e poi... avrebbe improvvisato.
Finalmente un pomeriggio lo vide. Era uno spettacolo più unico che raro osservarlo fare il bagno come uno qualsiasi di loro, come un comune mortale! E nuotava anche bene, con lunghe e vigorose bracciate. Mayu si fece coraggio e si diresse verso di lui, chiamandolo con voce allegra,
“Ehi, Harlock! Che onore vederti qui!”
L'uomo si bloccò e volse lo sguardo verso il punto da cui proveniva la voce. Era chiaramente sorpreso. Se fosse anche contrariato, non lo diede a vedere.
“Ciao, Mayu. Che cosa ci fai qui?”
“ Oh, niente, stavo solo facendo una nuotata più lunga del solito e sono capitata qui. Non ci ero mai stata, è molto bello!”
La ragazza l'aveva quasi raggiunto, ma Harlock si era già voltato e stava tornando verso riva, dove giacevano i suoi consueti abiti. Reagiva male, come sempre, quando i suoi spazi venivano violati.
Ma Mayu non aveva alcuna intenzione di lasciarselo scappare. Non dopo aver potuto ammirare, per la prima volta dalla fine della sua infanzia, le sue spalle e i suoi pettorali nudi.
“Aspetta, Harlock, già te ne vai? Rimani un po' a giocare con me!”
Giocare?
Harlock non poté trattenere un sorriso canzonatorio.
“Non ti sembra di essere un po' … cresciuta per giocare?”
Soprattutto, non sei “vestita” in modo inadatto, con quella specie di micro costume?
“Niente affatto! Voglio fare i tuffi!”
Harlock era sempre più stupefatto.
“Tuffi?”
“Sì, ti ricordi? Tu mi fai la scaletta con le mani e mi lanci in acqua!”
“Stai scherzando, spero! L'ultima volta che hai fatto questo gioco eri alta così. Adesso sei grande e grossa, non se ne parla neanche! Mi farai venire il colpo della strega!”
“Non cercare scuse! Peso come una piuma!”
E così dicendo si avvicinò ancora di più.
D'accordo, ora ti dimostro che la cosa non è più possibile. Ma come riesci a farmi fare sempre quello che vuoi?
Intrecciò le mani e Mayu ridendo vi posò sopra il piede, appoggiandosi nello stesso tempo con i palmi alle sue spalle per tenersi in equilibrio prima di darsi lo slancio verso l'alto. Così Harlock si trovò praticamente con gli occhi all'altezza della sua scollatura.
Avrebbe dovuto guardare da un'altra parte, ma non ci riuscì. La sua volontà era come paralizzata. Fu un attimo, perché subito dopo perse la presa, Mayu scivolò verso il basso e si avvinghiò al suo collo, e lui istintivamente la afferrò per la vita.
E questa volta furono le loro bocche a trovarsi vicine. Pericolosamente vicine...
Fu lei a farlo. Posò le labbra frementi sulle sue e lo baciò. Il bacio di una donna, non certo quello di una ragazzina.
Per pochi secondi, lui, confuso e preso alla sprovvista, rispose a quel bacio inaspettato con lo stesso trasporto, colmandole il cuore di felicità. Ma fu solo un'illusione. Perché Harlock si staccò bruscamente da lei, lo sguardo pieno di sgomento e vergogna, si girò di scatto e si allontanò a grandi passi.
Mayu lo chiamò disperata.
“Harlock! Aspetta, non andartene!”
Ma lui aveva già raccolto i suoi abiti e se ne stava tornando rapidamente verso l'Arcadia, senza voltarsi nemmeno una volta.
“Ti prego, resta con me” mormorò la ragazza, sfiorandosi con le dita la bocca orfana di quel contatto così a lungo desiderato.

Guadagnò la riva e si sedette sulla sabbia, con le ginocchia abbracciate al petto, senza più trattenere le lacrime.
I suoi timori si stavano rivelando fondati.
Era innegabile che Harlock l'avesse baciata, poco prima, così come non le era sfuggito il modo in cui le aveva fissato il décolleté... ma era anche innegabile che subito dopo se ne era vergognato, aveva giudicato il suo comportamento un abominio, un atto contro natura, ed era scappato.
Quindi Harlock probabilmente provava dell'attrazione per lei, ma non riusciva ad accettarlo. L'avrebbe combattuta con ogni mezzo. Non vi avrebbe mai ceduto, a nessun costo. Doveva fargli cambiare idea. Sì, ma come?
Una mano delicata sulla sua spalla la fece trasalire. Era Mimeh.
Mayu si asciugò in fretta gli occhi, anche se forse non aveva senso ormai. Si chiese se avesse assistito alla scena tra lei e Harlock.
“Tutto bene?” le chiese la donna con la sua voce soave.
La ragazza esitò. Fu tentata di mentire, anche se con Mimeh probabilmente sarebbe stato inutile. Non aveva mai capito fino in fondo la natura del suo rapporto con Harlock. Per caso anche lei ne era innamorata? Ma in tanti anni non era mai successo nulla tra loro, che lei sapesse. Forse Mimeh se ne era fatta una ragione... come sarebbe toccato fare anche a lei, prima o poi!
Magari le avrebbe dato sollievo confidarsi con qualcuno. In fondo, non aveva mai avuto un'amica, a cui raccontare tutto, con cui condividere pensieri, desideri, paure...
Scosse la testa.
“E' per lui che piangi, vero?”
Annuì.
“Lo ami tanto.”
Un'affermazione, più che una domanda.
Annuì di nuovo.
“Ma credo che sia meglio che me lo tolga dalla testa... Lui non mi amerà mai. Non nel modo in cui desidero io.”
Ci furono alcuni istanti di silenzio.
“Eppure tu sei l'unica che può riuscirci.”
Mayu scosse la testa incredula.
“No, non lo credo affatto! Casomai il contrario, sono l'unica che non ha proprio nessuna speranza! Il nostro passato peserà sempre su di noi...”
Mimeh la guardò intensamente, per quanto le consentivano i suoi lineamenti alieni.
“Credimi, tu sei l'unica, perché eri già nel suo cuore... prima che si chiudesse del tutto al mondo, prima che si coprisse di gelo... Tu sei rimasta sempre lì dentro. Devi solo cambiare posto...”
Mayu aggrottò la fronte.
“Come?”
“Questo io non lo so. Ma so che troverai il modo.”

Harlock ritornò sull'Arcadia, reprimendo a fatica l'istinto di spaccare tutto quello che gli capitava a tiro.
Era furioso. Con se stesso, innanzitutto.
Come gli era venuto in mente di prestarsi a quell'assurdo gioco? E come aveva potuto non solo acconsentire, ma addirittura corrispondere, a quel bacio, sia pure per poco?
Cosa avrebbe pensato adesso Mayu?
Già, Mayu. Era stata lei a prendere l'iniziativa, però.
Harlock si era già chiesto, dopo la famosa sera del ballo e soprattutto dopo la strana notte che avevano passato insieme, se l'affetto della ragazza per lui si fosse trasformato in qualcos'altro. Se si fosse presa un'infatuazione, una cotta adolescenziale. Perché di quello poteva trattarsi, nient'altro.
Però poi il suo comportamento abituale l'aveva convinto del contrario. Almeno, così gli aveva fatto comodo credere. Fino ad ora. Perché adesso la ricerca di un contatto fisico con lui (a che scopo, se no, chiedergli di “giocare”?) e infine quel bacio, rimettevano tutto in discussione.
Se era così, la cosa andava stroncata sul nascere, senza esitazioni.
Però lui l'aveva in un certo senso incoraggiata. Poco importava che subito dopo fosse “rinsavito” e se ne fosse andato in malo modo. Il messaggio implicito che involontariamente aveva dato era che anche lui provava qualcosa di nuovo per lei. Come avrebbe potuto negarlo? Come spiegarle, senza ferirla, che si era trattato di uno sbaglio, di un attimo di debolezza?
Una debolezza, un cedimento, che non aveva mai avuto per nessun'altra.
Già, perché? Si versò il solito whisky “dell'oblio”. Non poteva trattarsi solo di attrazione fisica. Non erano certo mancate le belle donne nel suo orizzonte. Ne aveva due sulla sua nave da anni, tanto per dire. A cui teneva molto, anche. Ma non avevano mai popolato i suoi sogni, più o meno proibiti. Non aveva mai avuto l'impulso di sfiorarle. Forse solo perché loro non avevano osato avvicinarsi più di tanto a lui? Perché nessuna si era mai potuta prendere le libertà che aveva Mayu?
Può darsi.
Ma Harlock sospettava ci fosse dell'altro. Qualcosa a cui non aveva mai avuto il coraggio di dare un nome, che non aveva mai voluto ammettere con se stesso.
Un disperato bisogno d'amore.
Una richiesta imperiosa, unita a una folle paura, che lui aveva soltanto creduto di aver messo a tacere per sempre. Che pensava di aver seppellito da tempo nel suo cuore, insieme a tutti gli affetti che aveva perso. Che si era illuso di poter occultare con i suoi modi scostanti, con le sue abitudini solitarie, perché nessuno si avvicinasse tanto da poterla scoprire.
L'unica persona a cui avesse mai permesso di farlo era Mayu. E ora l'affetto, il calore che lei gli aveva sempre dimostrato senza remore stavano aprendo delle crepe ogni giorno più profonde nel ghiaccio della sua anima.
Era Mayu la risposta che, senza saperlo, stava aspettando?
Ma perché proprio lei? - pensava stringendo i pugni con rabbia. Perché, tra tutte le femmine dell'universo, terrestri e aliene, proprio la sua bambina?
Tutto ciò era molto pericoloso. Quasi peggio che se fosse stata, appunto, solo attrazione fisica. Perché lo rendeva vulnerabile. Lo esponeva ancora al rischio che cercava di sfuggire da anni: quello di soffrire ancora, di subire le conseguenze dell'amore e dell'amicizia perduti. Era questo il motivo per cui il suo cuore, per quanto capace di atti di generosità, di altruismo, di coraggio, era come pietrificato.
In ogni caso, Mayu non doveva andarcene di mezzo. Le cose dovevano essere rimesse al loro posto. Lei era la sua figlioccia, lui era il suo padrino e tutore, e così doveva essere. Se anche lei si fosse “innamorata”, era giovane e se la sarebbe fatta passare, aveva tutta la vita per incontrare qualcun altro. Certo, permetterle di restare sull'Arcadia non avrebbe facilitato le cose. Ma non poteva abbandonarla di nuovo, questo no.
Le avrebbe parlato. Con il peso della sua maturità e della sua esperienza, l'avrebbe fatta ragionare. Era una ragazza intelligente e saggia. Alla fine avrebbe capito. Avrebbe compreso che era una follia, che non avrebbe mai funzionato, che avrebbero finito per farsi del male.
Sospirò. Sospettava che non sarebbe stato affatto facile. Era pur sempre figlia di Tochiro ed Esmeralda. Due adorabili testardi.

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Capitolo 8
*** A carte scoperte ***


Il giorno dopo il “fattaccio”, qualcuno bussò alla porta della cabina di Harlock sull'Arcadia.
“Avanti” disse lui distrattamente, credendo fosse uno dei suoi uomini.
Sbiancò quando invece entrò Mayu.
Non aveva minimamente messo in conto che si sarebbe presentata lei di sua iniziativa.
Ma ci aveva riflettuto a lungo, Mayu, e aveva concluso che era assurdo far finta di niente. Dovevano mettere le carte in tavola e chiarirsi, a qualunque costo. Anche a costo di rimetterci la faccia.
Era piuttosto tesa e aveva tutta l'aria di aver dormito poco, la notte prima. Come lui, del resto.
“Devo parlarti” disse semplicemente.
Harlock tossicchiò imbarazzato. Tutta la sua determinazione lo stava abbandonando. Harlock, sei proprio irriconoscibile! Stai tremando come una foglia davanti a una ragazzina!
“Sì, siediti. Mi hai preceduto, anch'io volevo parlarti...” disse assumendo un'aria grave e un tono deciso.
Mayu gli si sedette di fronte, piantandogli gli occhi dritti nel suo. Era nervosa, ma non sembrava avere affatto paura, lei.
“A proposito di quello che è successo ieri pomeriggio...” esordì.
Harlock la interruppe.
“Sì, ecco, appunto. Volevo chiederti scusa.”
“Scusa? E per che cosa esattamente?”
La domanda lo spiazzò.
“Come... per che cosa?” riuscì solo a balbettare.
“Per avermi baciata o per essertene andato in quel modo subito dopo?”
Harlock era sempre più in preda al panico.
“Beh, ecco... per entrambe le cose - sembrò riprendere la padronanza di sé - Non avrei dovuto turbarti...”
Mayu alzò un sopracciglio.
”Ti sono sembrata turbata? Sapevo esattamente che cosa stavo facendo e che cosa stavo rischiando. Non sono più una ragazzina.”
“Ma io non avrei dovuto... incoraggiarti. E, sì, non avrei nemmeno dovuto scappare in quel modo, ma al momento non sapevo come mettere fine a...”
“A che cosa, Harlock?”
“A quella... situazione, ecco.”
“Perché non dici la parola che hai in mente? Perché non dici a quell'errore?”
Mayu era spietata.
“Preferisci che dica così? D'accordo, a quell'errore, a quel momento di debolezza. Va bene, adesso?”
“E' questo che sono per te? Un errore?”
“Mayu, non far finta di non capire. Non sei tu l'errore. E' quel bacio, l'errore. Qualunque sia il motivo per cui l'hai fatto, non deve ripetersi più, mai più. E non credo sia necessario spiegartene le ragioni, ci puoi arrivare benissimo da sola!”
“Io ce l'ho molto chiaro, il motivo per cui l'ho fatto. Voglio capire perché l'hai fatto tu.”
Sempre più difficile.
“Io... non lo so. Immagino perché tu sei comunque una bella ragazza e io sono pur sempre un uomo... Ma ora basta, ognuno deve riprendere il suo posto.”
“Vuoi dire che l'avresti fatto... con chiunque altra?”
“Come faccio a saperlo? Forse sì...”
“Io invece penso di no. E ti spiego anche perché. Ti ricordi la sera che ti ho trovato svenuto e sono rimasta con te? Ti ricordi che ti avevo detto che parlavi nel sonno?”
Harlock annuì.
“Tu poi mi chiedesti che cosa dicevi e io ti risposi che erano parole inarticolate. Beh, ti ho mentito. Per proteggerti, perché intuivo che avresti preferito non saperlo.”
Harlock si agitò.
“E... quindi? Che cosa dicevo in realtà?”
“Mi chiamavi, Harlock. Chiamasti più volte il mio nome.”
“Non è vero! Te lo stai inventando adesso!”
Mayu continuò imperterrita.
“All'inizio pensai di aver capito male, che tu stessi chiamando Maya, ma poi non ho avuto più dubbi. Era me, che volevi. E quando hai sentito la mia voce, ti sei calmato, anche se non eri cosciente.”
“E... allora? Che cosa significa? Non vorrai prendere sul serio i deliri di un ubriaco?”
Ci fu un breve silenzio carico di tensione.
“Io ti amo, Harlock. Sono innamorata di te da non so più quanto tempo. E penso che anche tu provi qualcosa per me, qualcosa di diverso dal solito, intendo, ma non riesci ad accettarlo. Non vuoi ammetterlo perché ti sembra di tradire i tuoi amici, di venir meno al ruolo che hai sempre avuto verso di me, di commettere un atto impuro. Ma sono soltanto parole senza senso. Perché le cose cambiano, si evolvono... Non siamo costretti a restare imprigionati in certi schemi tutta la vita...”
Sconvolto dalla brutale sincerità di quella confessione, Harlock tentò di replicare.
“Frena un attimo! Non sono parole senza senso, come credi tu. I tuoi genitori ti hanno affidato a me perché potessi, per quanto indegnamente, sostituirli, non perché ti... saltassi addosso una volta cresciuta! Ci sono dei confini precisi, che non devono e non possono essere superati!”
“D'accordo, hai assolto il tuo compito come meglio hai potuto. Ma adesso siamo due persone adulte. Possiamo scegliere noi chi essere.”
Harlock si sforzò di assumere un tono il più possibile comprensivo e paterno.
“Senti, Mayu, non è che io non ti capisca. Ti sei sentita sola tutta la vita, come hai più volte ribadito tu stessa, e io non ho potuto starti vicino come avrei voluto. Non pensi che questa situazione possa aver alterato la percezione che tu hai di me? Possa averti fatto fraintendere i tuoi sentimenti per me? Fatto credere quello che non è? Il fatto di non aver mai conosciuto tuo padre, poi...”
Mayu lo interruppe irritata.
“ Ah no! Risparmiami il predicozzo psicanalitico sul fatto che io cerchi un uomo maturo perché sono cresciuta senza una figura paterna, ecc. ecc.! La conosco anch'io, questa teoria. E sai che cosa ti dico? E se anche fosse? Qualunque sia il motivo, non cambia la realtà. Tu non sei mio padre, non abbiamo legami di sangue. Quindi il problema è un altro, ed è solo nella tua testa!”
“Non esistono solamente i legami di sangue, esistono anche quelli affettivi. Cerca di capirmi, accidenti! Tu mi hai sempre visto come un uomo, un adulto, in fondo, ma per me è diverso... io ti ho praticamente vista nascere... come puoi pensare che questo non conti nulla? Come puoi credere che io ti possa vedere in modo diverso?”
“Non puoi o non vuoi? Perché, vedi, tu a parole puoi fare tanti bei ragionamenti. Ma poi ti tradisci in altri modi. Bacio a parte, credi che non abbia notato come guardavi nella mia scollatura?”
Harlock era esasperato.
“Per forza, me l'hai praticamente sbattuta in faccia! Anche un monaco eremita ultranovantenne ti avrebbe guardato!”
“Sì, ma io ti ho beccato molte altre volte a osservarmi... e poi parlavi nel sonno...!”
Harlock arrossì suo malgrado.
“Ti osservavo per vedere come ti trovavi sull'Arcadia, se andava tutto bene... e ti ricordo che quella notte ero ubriaco fradicio!”
“Appunto! In vino veritas! E comunque non me la bevo, tanto per restare in tema!”
“Mayu, non m'importa di convincerti. Non è così che funziona. Non può funzionare. A parte il fatto che ho quasi il doppio dei tuoi anni...”
“E ti lamenti? Pensa a quanti uomini farebbero carte false per essere al tuo posto!”
“Sii seria, per un momento. Un giorno mi ringrazierai per averti fatto questo discorso. Sei giovane, hai tutta la vita davanti, presto capirai tu stessa che era solo un sogno infantile, e sarai pronta per incontrare e amare qualcun altro. Vedrai che andrà così, fidati...”
La ragazza avrebbe voluto rinfacciargli che per lui non era stato affatto così, che dopo Maya non aveva più incontrato né amato nessun'altra allo stesso modo, ma si trattenne. Sarebbe stato troppo crudele. Ma sentì che stava perdendo, come aveva temuto. In un supremo tentativo, ricacciò indietro le lacrime e si avvicinò ancora di più a lui, fissandolo in volto.
“Giurami che non provi nulla per me, che non mi respingi soltanto per rispetto ai miei genitori, per seguire le regole, tu che non le hai mai seguite in vita tua.”
Harlock scelse la sincerità.
“Mayu, sarò anche mezzo cieco, ma non posso negare di trovarti bellissima, e non solo quello... sei intelligente, dolce, coraggiosa... devo continuare? Ma non posso, semplicemente non posso, andare oltre, anche se volessi. Mi sentirei un mostro, capisci, un reietto, un essere immondo e moralmente disgustoso. Mi dispiace, ma certi tabù sono troppo anche per un fuorilegge come me.”
Lacrime brucianti cominciarono a rigarle le guance, senza più ritegno.
“Non ci vuoi nemmeno provare? Non vuoi farlo per me?”.
Ormai la sua era solo una supplica. Ma Harlock non si lasciò commuovere.
“No, Mayu. Ti farei soltanto del male, e io non sopporterei di causarti coscientemente altre sofferenze.”
E poi tutte le persone a cui voglio bene se ne vanno troppo presto, piccola!
“Allora non c'è nient'altro da dire. Da questo momento io sono solamente un membro qualsiasi del tuo equipaggio.”
Gli prese il volto tra le mani, guardandolo con i suoi occhi d'ambra lucidi di pianto, gli stampò un bacio disperato sulle labbra, e uscì dalla stanza senza voltarsi.

Harlock era esausto. Si lasciò andare sulla poltrona stremato. Avrebbe preferito mille volte affrontare l'intera flotta mazoniana, Noo e Irita tutti insieme, che sopportare anche solo un'altra discussione come quella.
Ma ce l'aveva fatta. Aveva resistito e alla fine anche Mayu aveva dovuto arrendersi. Starà male per un po' e probabilmente mi odierà, ma poi le passerà e tutto tornerà come prima. Magari tra qualche anno mi chiederà di accompagnarla all'altare...Chissà perché però la prospettiva non lo allettava affatto...
Aveva fatto la scelta giusta, si disse soddisfatto.
E allora che cos'era quell'atroce senso di vuoto che sentiva dilagare nella sua anima?

Harlock pensò che adesso poteva tornare da Tochiro. Aveva vinto la sua battaglia e poteva parlargli a testa alta, senza paura. Così si diresse a passi decisi verso la sala del computer centrale. Ma si arrestò di colpo sulla soglia e si nascose d'istinto in un angolo del corridoio. Nella stanza c'era qualcun altro. Si sporse appena e scorse Mayu, seduta per terra, con la fronte appoggiata al computer e le spalle scosse dai singhiozzi. L'ultima volta che l'aveva vista così era una bambina.
Stava parlando con suo padre.
“Aiutami, papà... soltanto tu puoi fargli cambiare idea... io non ce la faccio senza di lui... Cosa ci sarebbe di male? Continuerebbe a prendersi cura di me, ma in un modo diverso, e anch'io potrei prendermi cura di lui. Ne ha bisogno, è stato da solo per troppo tempo, non vedi come è ridotto? Ha anestetizzato i suoi sentimenti, ha rinunciato a vivere e ad amare ancora, solamente per paura. Dice a me che lo dimenticherò e incontrerò qualcun altro, proprio lui che è ancora prigioniero del ricordo di una donna morta da 25 anni! Non puoi più permetterlo! Sei il suo unico vero amico. Ed io sono la tua unica figlia. Non puoi non volere la nostra felicità!”
Harlock non volle ascoltare altro. Tornò indietro terrorizzato e si chiuse nella sua cabina.
Mayu aveva capito tutto! La sua paura, la sua incapacità di lasciarsi andare, la sua rinuncia ad amare... Non si era sentito mai così messo a nudo in vita sua. C'era andata giù pesante, la ragazza! Non vedi come è ridotto? aveva detto!
Harlock non se la sentì più di affrontare Tochiro. Avrebbe potuto reagire in qualsiasi modo: accusarlo di aver messo sua figlia in quella situazione, permettendole di restare a bordo, oppure cercare di spingerlo verso di lei? No, non avrebbe mai acconsentito a una relazione tra lui e Mayu, di questo era certo. E lui, Harlock, che cosa si augurava? Che cosa voleva veramente? Non ne aveva la minima idea. Se pochi minuti prima si sentiva sicuro della sua scelta, ora nella sua mente e nel suo cuore regnava una totale confusione. Non era da lui. Non si riconosceva. Dov'erano la sua sicurezza, il suo sangue freddo, la sua proverbiale lucidità? Le doti che avevano salvato la pelle a lui e al suo equipaggio tante volte?
Non ha importanza quello che penso io. La devo salvare. Da me. Adesso è sconvolta. Bisogna capirla, le ho spezzato il cuore. Ha solo bisogno di tempo.
I pensieri si accavallavano impazziti. E il whisky lo guardava invitante dall'armadietto.

Harlock non aveva compreso appieno che cosa intendesse Mayu con la frase “Da questo momento io sono solamente un membro qualsiasi del tuo equipaggio”. Ma lo capì molto presto.
La ragazza praticamente sparì dalla sua vista. Già prima non avevano molte occasioni di vedersi, perché lei lavorava in altri settori dell'Arcadia, in cui il capitano si recava raramente. In realtà, se non si verificavano situazioni particolari, la vita sull'astronave procedeva indipendentemente da lui, regolata da ritmi prestabiliti e sempre uguali. C'erano componenti della ciurma che lui non vedeva quasi mai. Mayu divenne uno di questi. Non si mostrò più in sala comando, e men che meno nella sua cabina. Ovviamente, le loro cene settimanali cessarono.
Harlock all'inizio si disse che era normale che lei si comportasse così. Doveva accusare il colpo, aspettare che la ferita si rimarginasse. Ma era convinto - chissà perché - che le sarebbe passata presto, e che nel giro di poche settimane sarebbe tornata la Mayu di sempre. Sarebbe tornata da lui. Avrebbe riavuto il suo sorriso, il suo sguardo allegro, la sua risata argentina, le sue parole gentili...
Ma non accadde.
Passarono molti mesi, e non accadde. Se capitava, molto raramente, che si incontrassero in qualche corridoio, lei si limitava a un cenno di saluto e proseguiva senza quasi guardarlo, senza una parola, come se si conoscessero appena. Harlock ogni volta avrebbe voluto fermarla, dirle qualcosa, ma il suo comportamento lo feriva a tal punto che gli mancava il coraggio di farlo. Se Mayu intendeva punirlo, lo stava facendo alla grande. Una vendetta sottile: non mi hai voluto? Bene, non avrai più neanche quello che avevi prima!
Per paura di perderla, l'aveva persa davvero. Per paura di farle del male, gliene aveva fatto troppo.
Il suo atteggiamento tornò a essere cupo, solitario e taciturno. Per mascherare l'angoscia e il senso di vuoto che lo soffocavano ogni giorno di più. Si rese conto che l'unica, piccola luce che rischiarava la sua vita, la sola fiammella che scaldava il suo cuore, si era spenta. Eppure, era sempre dell'idea di avere agito per il meglio e che Mayu si sarebbe ripresa, prima o poi, anche se forse non l'avrebbe mai perdonato.
Ed era giusto che a pagare fosse lui.

Anche Mayu soffriva atrocemente. Capiva Harlock. Le sue obiezioni non facevano una piega, se le aspettava. Ma ciò non toglieva che le aveva spezzato il cuore. Forse, se avesse avuto un posto dove andare, avrebbe lasciato l'Arcadia per sempre. Per non doverlo vedere più, per non respirare più la sua stessa aria, per non guardare lo stesso cielo. Per non stare più così male. Ma sarebbe servito a qualcosa, poi? Mimeh, l'unica con cui si era confidata, aveva cercato di consolarla come meglio poteva, ma senza molto successo. “Vedrai che cambierà idea. Non era preparato, è una situazione nuova anche per lui. Dagli solo un po' di tempo...” le aveva detto. Ma non sembrava troppo convinta nemmeno lei.
Tutti gli altri avevano intuito che era successo qualcosa. Non era poi così difficile capire che qualcosa si era improvvisamente rotto tra il capitano e Mayu. Non si parlavano più, si evitavano, lei aveva perso il sorriso e il suo sguardo era ridiventato malinconico, lui era tornato intrattabile e arcigno. L'atmosfera sulla nave era decisamente peggiorata.

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Capitolo 9
*** Pericolo per l'Arcadia ***


Premessa dell'autrice

Inizia una parte un po' più movimentata... L'azione non è il mio forte e probabilmente alcune situazioni risulteranno un po' “già viste”. Mi appello alla vostra clemenza anche perché, non essendo un'appassionata di fantascienza ed essendo “in compenso” tecnologicamente poco evoluta, mi trovo un po' in difficoltà ad affrontare in modo efficace certe tematiche: mi mancano sia l'immaginario sia, soprattutto, il linguaggio. Mi sono impegnata, spero almeno di non risultare ridicola...




 

“Capitano, abbiamo visite.”

La voce preoccupata di Yuki lo strappò dalla nera apatia in cui viveva ormai praticamente sempre immerso. Si voltò verso lo schermo del radar, su cui era apparsa una grande astronave che si avvicinava sempre di più.
“Chi sono?”
Ingrandendo l'immagine, si misero in evidenza delle insegne che la identificavano come un mezzo terrestre. Peggio, un mezzo del Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale. L'occhio di Harlock si riempì di sdegno. Non aveva dimenticato che cosa avevano fatto a Mayu. Era arrivato il momento di fargliela pagare.
“Dov'è il resto della flotta? - chiese - Di solito si muovono in massa...”
Tadashi controllò.
“No, sembra esserci solo questa astronave... e non ci sono posti in cui nascondersi, in questo settore, né satelliti né asteroidi... in effetti è strano.”
“Sì, è molto strano. Stiamo all'erta. Potrebbero avere qualche asso nella manica.”
“Chiedono di conferire con te” aggiunse Yuki.
Il capitano fece un cenno di assenso. Sul monitor apparve una faccia che rammentava bene, nonostante gli anni trascorsi. Lo sguardo di Harlock adesso era decisamente furioso.
“Irita! Cos'è successo? L'inferno non ti ha voluto?”
L'uomo non si scompose e andò subito al punto.
“Ti propongo uno scambio, Harlock...”
Lo interruppe.
“Io non tratto mai, dovresti saperlo.”
“Questa volta lo farai.”
“E perché mai? No, questa volta non ti lascerò scampo. Adesso non hai a che fare con una ragazza inerme, che non hai avuto scrupoli a perseguitare vigliaccamente per anni pur di arrivare a me! Stavolta dovrai vedertela con me e con i miei uomini, e non farò prigionieri.”
Un sorrisetto indefinibile sollevò per un istante gli angoli delle labbra di Irita.
“Già, la ragazza. Sappiamo che è lì con te. E' questo lo scambio che ti propongo. Se tu e il tuo equipaggio vi consegnate, noi dimenticheremo che anche lei è diventata una fuorilegge e merita la vostra stessa sorte, e la lasceremo andare. Almeno lei potrà salvarsi e rifarsi una vita.”
Harlock strinse i pugni, in preda a una rabbia incontenibile. Tentò un bluff.
“Ti sbagli, Irita. Non so dove sia Mayu. E' parecchio tempo che ne abbiamo perso le tracce.”
“Harlock, hai tanti difetti, ma non sei mai stato un bugiardo. Tu non l'avresti mai persa di vista, a costo di rivoltare come un guanto l'intero universo. Allora, accetti?”
Il capitano stava per replicare, quando avvertì una presenza alle sue spalle. Si voltò e la vide, a pochi passi da lui, ma fuori dalla visuale di Irita.
Non sapeva da quanto tempo Mayu fosse lì e che cosa avesse sentito. Probabilmente abbastanza. Fremeva di sdegno, anche lei con i pugni chiusi. Per la prima volta dopo mesi, lei lo guardò in faccia, con gli occhi che mandavano lampi, scuotendo la testa. Una muta richiesta. Non farlo, Harlock, non ci pensare nemmeno! Io non accetterò mai!
Lui capì e cercò di rassicurarla con un cenno affermativo del capo.
Forse, se Irita si fosse accontentato di avere lui... forse... forse avrebbe anche potuto acconsentire. La sua vita ormai valeva poco per lui, e perderla per salvare Mayu poteva essere accettabile. Ma non poteva sacrificare il suo equipaggio. E poi, chi gli garantiva che quelli avrebbero rispettato il patto? E lei, come si sarebbe sentita per il resto della sua esistenza, con un simile peso addosso? No, quell'uomo era un pazzo.
“No, Irita, non accetto.”
“Come vuoi. Peggio per voi. Anche per la tua amata figlioccia. Ovunque sia.” aggiunse ironicamente.
Harlock con un gesto secco della mano fece chiudere la comunicazione. Quella conversazione era durata anche troppo.
“Tutti ai posti di combattimento. Cancelliamo quella nave dal cosmo.”
Mentre suonava l'allarme e il capitano si metteva alla guida dell'Arcadia, impugnando saldamente il timone, pronto a intervenire in caso di necessità, Yuki, Tadashi e Yattaran si guardarono perplessi.
Era forse la prima volta che ricevevano un ordine del genere. Harlock si era sempre limitato a difendersi e a mettere in fuga le astronavi terrestri. Non aveva mai ordinato di distruggerle. Se era capitato, era stato inevitabile, un effetto collaterale. Che cosa gli era preso, tutto a un tratto? Sembrava che avesse un conto personale da regolare con Irita. Che non era certo un tipo amichevole, ma... come tanti altri che avevano incontrato nel loro vagabondare tra le galassie.
Nessuno sapeva che cosa aveva subito Mayu, per colpa di quell'uomo, ma il capitano se l'era legata al dito.
Il fatto che la nave nemica fosse sola, inoltre, li preoccupava. Voleva dire che si sentivano molto sicuri, e quindi dovevano avere, come diceva lui, un asso nella manica.
Ma Harlock non era il solo a essere furibondo, sull'Arcadia. Il computer centrale sembrava impazzito, la sua attività divenne frenetica, come rilevò Yattaran. Per forza, pensò il capitano, Tochiro aveva sentito minacciati prima i suoi amici, poi sua figlia!
Il capitano ordinò di puntare le torrette dei cannoni verso l'astronave nemica. Ma non fece in tempo a dare l'ordine di fare fuoco, perché l'intera Arcadia fu scossa da un colpo violentissimo.
“Ma... che diavolo è stato?”
Nessuno aveva visto nulla. Apparentemente la nave del Dipartimento non si era mossa, né aveva sparato. E anche gli strumenti non avevano rilevato nulla, nessuna forma di energia.
“Siamo stati colpiti! - gridò Yuki spaventata - Si è aperto uno squarcio nel settore F di tribordo!”
“Ma cosa, COSA ci ha colpiti?”
Harlock cercava di controllare il panico. Non sapere con che cosa aveva a che fare e come agire di conseguenza lo destabilizzava sempre.
“Allontaniamoci da qui, e in fretta. Motori a tutta forza” ordinò.
“Io … credo di sapere di che cosa si tratta.”
La voce di Mayu. Era rimasta lì e sembrava pietrificata.
Mille sguardi interrogativi si posarono su di lei.
“Ce ne parlò una volta un professore a lezione, ma come di un'ipotesi poco più che fantascientifica… evidentemente non era così.”
Un secondo, terribile colpo. Altri danni in altre parti della nave.
“Una nuova forma di energia - proseguì la ragazza - parente dell'atomica tradizionale, ma più controllabile. Permette di centrare un bersaglio preciso, senza dispersioni e senza effetti collaterali. Non è visibile a occhio nudo, e non viene rilevata dagli strumenti comunemente in dotazione, anche i più sofisticati. Quindi non è possibile capire da dove arrivano i colpi, ed è anche difficile fuggire, perché la gittata può essere molto lunga, come avete visto... E' un'arma letale.”*
Ecco perché si sentivano così sicuri.
“E noi che cosa possiamo fare? - chiese Yattaran, come al solito all'apparenza per nulla turbato - Se avessi un po' di tempo potrei studiarci sopra, ma al momento temo di non averne la possibilità.”
“Niente - disse Mayu - se non toglierci da qui il prima possibile.”
L'Arcadia aveva i motori al massimo, anche quelli ausiliari, e si stava allontanando con una traiettoria irregolare, manovrata da Harlock con la consueta abilità, per quanto la mole dell'astronave lo consentiva, per cercare di sfuggire ai colpi che ora si susseguivano più ravvicinati. Qualcuno riuscirono a schivarlo, ma altri purtroppo andarono a segno. Contemporaneamente, rispondevano con tutta la loro potenza di fuoco, ma la nave nemica non sembrava nemmeno esserne scalfita. Dovevano avere anche un sistema di protezione particolarmente potente.
“Dobbiamo attivare la procedura di navigazione extradimensionale - decise Harlock - O quei bastardi ci faranno a pezzi!”
“L'Arcadia è troppo danneggiata - intervenne Tadashi - Potrebbe non reggere al salto nell'iperspazio.**”
“Lo so. Ma non abbiamo scelta. Fatemi parlare con il capo ingegnere.”
Maji confermò i timori di Tadashi. Diversi settori vitali della nave erano stati colpiti. Ciò che più impensieriva erano i danni alla sala macchine. Tutti gli uomini si stavano dando da fare al massimo per rimediare, ma la situazione era davvero grave. La navigazione extradimensionale avrebbe potuto disintegrare l'Arcadia.
“Non abbiamo un'altra possibilità. Riparate solo ciò che serve per il salto nell'iperspazio. Avete 10 minuti. Poi succederà quello che deve succedere.”
Furono i 10 minuti più lunghi della loro carriera di pirati dello spazio. La battaglia fu terribile. Era angosciante non poter nemmeno prevedere da dove sarebbero arrivati i colpi, e frustrante dover solo fuggire, perché le loro armi non sembravano provocare alla nave nemica nemmeno il solletico.
Harlock chiamò mentalmente in loro soccorso il computer centrale. Si rendeva conto dei rischi che si stavano prendendo, e Tochiro era la loro unica speranza.
La voce di Maji annunciò che la procedura poteva essere attivata. E che Dio ci aiuti, pensarono tutti.

Non si sa se fu Dio, Tochiro, l'abilità dei tecnici o semplicemente la fortuna, ma il salto dell'iperspazio andò a buon fine e l'Arcadia uscì malconcia, ma indenne, anche da quell'esperienza.
Constatato che erano ancora tutti interi, Harlock tirò un sospiro di sollievo. Questa volta aveva davvero temuto che non se la sarebbero cavata.
Quasi non udì gli applausi e le urla di felicità che si levarono in sala comando. Si schermì. Spettava a lui prendere le decisioni, e gli era andata bene. La verità era che il suo equipaggio era eccezionale. Lui non aveva nessun merito particolare. Questa almeno era la sua filosofia.
Stava per chiedere a Yuki di metterlo in contatto con l'infermeria, visto che prima, con suo rammarico, non aveva avuto modo di farlo, quando fu il dottor Zero in persona a comunicare qualcosa alla ragazza. La quale si voltò verso di lui con un'espressione che non gli piacque per niente.
Yuki gli si avvicinò e gli posò una mano sul braccio.
“Mayu è stata ferita...”

 

 

 

 

 

 

* Pura invenzione dell'autrice (e speriamo che rimanga tale!)

** Non ricordo se nelle varie serie si facesse menzione di questo. L'ho trovato in una descrizione tecnica dettagliata dell'Arcadia su un sito internet, e mi è sembrato tutto sommato plausibile.

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Capitolo 10
*** Non posso perderti ***


Le parole che Harlock non avrebbe mai voluto sentire.
Non diede a Yuki il tempo di aggiungere altro. Si precipitò fuori dalla sala comando e si diresse all'infermeria più in fretta che poté, con il cuore in gola, in preda a un'indicibile angoscia. Lo sapevo, lo sapevo che non dovevo permetterle di restare a bordo, che prima o poi le sarebbe capitato qualcosa! E' solo colpa mia, sono un irresponsabile. Tochiro mi ammazzerebbe, se fosse qui, e ne avrebbe tutte le ragioni!
Sulla soglia dell'infermeria lo bloccò Mimeh. Ma Harlock era fuori di sé e la scostò con un gesto brusco. La porta però era chiusa dall'interno e lui poté solo vedere attraverso i vetri il dottor Zero prendersi cura di Mayu, che si intuiva soltanto, sdraiata su un lettino. Non riusciva a capire la gravità della situazione e non si era mai sentito così impotente.
Mimeh cercò di calmarlo.
“Stai tranquillo, non è in pericolo di vita.”
“Come fai a saperlo?”
“L'ha detto il dottore. Andrà tutto bene.”
“Che cosa è successo? Voglio parlare con Maji.”
Non fu necessario cercare il capo ingegnere, perché si presentò lui stesso per chiedere notizie della ragazza. Il capitano sentì montargli dentro l'ira. Doveva prendersela con qualcuno.
“Mi sembrava di essere stato chiaro. Dovevi sorvegliarla e impedire che si cacciasse nei guai, e questo valeva sempre, in qualsiasi circostanza! E quindi, come è potuto succedere?”
L'uomo cercò di mantenere la calma. Era chiaro che Harlock era alterato e non vedeva la situazione con la giusta lucidità.
“Laggiù era un inferno. E tu ci avevi dato 10 minuti per fare le riparazioni necessarie per la navigazione extradimensionale! Per ripristinare un collegamento ci si doveva infilare in uno squarcio strettissimo, soltanto lei ci poteva passare, e l'ha fatto senza pensarci un momento, senza nemmeno dirmelo. Solo dopo il salto nell'iperspazio ci siamo accorti che era rimasta là dentro. L'abbiamo tirata fuori in qualche modo, era svenuta e perdeva sangue da un fianco... L'abbiamo portata subito qua...”
“Non dovevi... permetterlo! Non dovevi... io ti...”
Harlock non riusciva nemmeno a parlare. In realtà, era con se stesso che era furioso.
“Capitano, con rispetto parlando, quella ragazza ci ha salvato il culo! Senza il suo intervento tempestivo, probabilmente in questo momento noi e l'Arcadia staremmo sparpagliati ai quattro angoli dell'universo!”
In quel momento per fortuna la porta dell'infermeria si aprì e comparve il dottore. Si rivolse subito ad Harlock con un sorriso rassicurante.
“Non si preoccupi, capitano. Mayu se la caverà. Ha un taglio su un fianco, un po' profondo, ma che non ha leso organi vitali. Le ho dato dei punti e le sto facendo delle trasfusioni. Mi preoccupa un po' di più il fatto che abbia battuto la testa, ma gli strumenti non hanno rilevato nessuna lesione o trauma grave. Per precauzione la terrò in osservazione 24 ore.”
Harlock respirò sollevato.
“Ma … cosa è accaduto, secondo lei?”
“Ho parlato con Maji e gli altri che erano in sala macchine. Per come la vedo io, la testa l'ha battuta durante il salto nell'iperspazio, mentre la ferita se l'era procurata prima. Nessuno se n'è accorto e lei ha continuato a lavorare. Forse era debole per l'emorragia e ha perso i sensi per quello... Ma glielo racconterà lei stessa, appena potrà.”
“Posso vederla?”
“Sì, ma ora sta dormendo. Lo ho dato dei sedativi, deve riposarsi. Non si impressioni, ha la maschera dell'ossigeno, ma solo per aiutarla a respirare meglio. Ha anche un po' di febbre, ma è una normale reazione dell'organismo dopo un trauma del genere.”
Si ricordò di essere il capitano dell'Arcadia.
“Dottore, mi scusi, ci sono altri feriti?”
“Solo qualche contuso, se ne sono già tornati tutti in cabina.”
Harlock entrò nella piccola stanza, dove Mayu giaceva su un lettino, pallida e con gli occhi chiusi. Però il respiro sembrava regolare, l'espressione era tranquilla. Le sfiorò la fronte calda con le dita, scostandole alcune ciocche di capelli. Mi hai tolto 20 anni di vita, lo sai?
Non riusciva a ordinare i pensieri, le emozioni contraddittorie che provava in quel momento: sollievo e timore, tenerezza e rabbia... Ritorno subito, devo andare a constatare i danni all'Arcadia, ma torno.
Con Maji e Yattaran fece un giro di ricognizione nelle parti dell'astronave che erano state colpite. La potenza di quell'arma era devastante, se l'erano cavata per puro miracolo, oltre che per la robustezza fenomenale dell'Arcadia.
Ad Harlock era rimasto l'amaro in bocca per non aver distrutto una volta per tutte la nave del Dipartimento e regolato i conti con Irita, come si era ripromesso. Avrebbero potuto incontrarli di nuovo, quelli non si sarebbero certo fermati lì. E stavolta sarebbe anche potuta andare a finire male. Bisognava escogitare qualcosa. Yattaran promise che avrebbe esaminato il caso e cercato una soluzione. Ma ora era più urgente eseguire le riparazioni, che avrebbero sicuramente richiesto parecchio tempo. Non restava che rifugiarsi su Ombra di Morte, l'unico luogo dove avrebbero potuto farlo in tutta sicurezza.

Harlock tornò da Mayu, si sedette accanto al letto e decise che non si sarebbe mosso da là finché non si fosse svegliata. Mimeh si offrì più volte di dargli il cambio, ma lui non ne volle sapere.
Dopo alcune ore, Mayu aprì gli occhi. Non riuscì a capire dove si trovava. All'inizio percepì solo il dolore a un fianco e alla testa, che però non seppe spiegarsi. All'improvviso ricordò la battaglia, il fumo, le grida concitate... Rimase in ascolto e non sentì più nulla. Allora doveva essere tutto finito, si erano salvati!
Poi lo vide. Vide Harlock seduto su una sedia accanto al suo letto, ma piegato in avanti, con la testa reclinata sul materasso, appoggiata sulle braccia ripiegate. Non si trovavano così vicini da molto, molto tempo, e il cuore le si gonfiò di tenerezza. Sollevò lentamente una mano e gli accarezzò i capelli. L'uomo aveva appena ceduto alla stanchezza e a quel lieve contatto si scosse. Alzò il capo e incontrò i suoi occhi dorati, che non vedeva da mesi. Le prese una mano.
“Mayu! Finalmente! Come ti senti?”
“Un po' … strana. Ma... che cosa è successo? Siamo salvi, vero?”
“Sì, siamo salvi, anche grazie a te.”
“Come, grazie a me?”
Harlock le raccontò brevemente quanto gli aveva riferito Maji. Mayu ricordava di essere stata colpita da qualcosa, di essersi infilata in un budello per eseguire una riparazione, ma poi… più nulla.
“Hai perso i sensi e ti hanno portata qui in infermeria. Ma non ti devi preoccupare, la ferita non è grave, ti rimetterai presto. Perché non hai detto a nessuno che eri stata colpita? Sei una testona, come tuo padre!”
“Io... mi sembrava una cosa da nulla, e laggiù c'era bisogno del lavoro di tutti. Me ne sarei preoccupata dopo.”
“Non ci pensare più. Devi solo riposarti. Il dottore ti vuole tenere sotto osservazione per un po', visto che hai battuto la testa. E speriamo che questo almeno ti abbia fatto diventare un po' più giudiziosa.”
Mayu sorrise. In quel momento entrò il dottor Zero.
“Oh, bene, cara, ti sei svegliata! Adesso controlliamo il taglio e cambiamo la medicazione. Capitano, devo chiederle di uscire. Anzi, le ordino di andare a dormire un po'. Lei ci serve lucido e nel pieno delle forze! Di Mayu adesso ci occuperemo io e Mimeh.”
Harlock dovette convenire che il dottore aveva ragione, come sempre. Prima di andarsene, però, le diede un bacio sulla fronte.
“Fai la brava. A più tardi.”
La ragazza pensò che quella era la prima volta che Harlock le dava un bacio di sua iniziativa, da quando era bambina. Dovevo quasi farmi ammazzare, insomma, per averne uno!

Come aveva detto il dottor Zero, Mayu si riprese velocemente. La testa non aveva subito alcun danno e la ferita migliorava a vista d'occhio. Rimase per precauzione qualche giorno in infermeria, dove non era mai sola. Yuki, Tadashi, Masu e tutti gli altri andavano spesso a farle visita. E trovavano quasi sempre anche Harlock, che faceva la spola tra i vari “cantieri” sparsi per la nave, dove si stavano riparando i guasti, e la stanzetta dove si trovava lei.
Nonostante fosse chiaro che Mayu ormai non correva alcun pericolo, anzi, stava sempre meglio, non riusciva a restarle lontano. Lui stesso si stupiva di questo. Inizialmente tentò di spiegarselo con il fatto che si era spaventato a morte e si era sentito terribilmente in colpa per quanto era successo. Ma si rendeva conto che come spiegazione non reggeva molto, quindi decise di non farsi troppe domande, per il momento. Ma di seguire solo quanto gli suggeriva il cuore. Una novità, per uno che pensava di non avercelo più, un cuore.
Mayu, per parte sua, si godeva quella nuova, inaspettata intimità. Come se tra loro non fosse successo quello che era successo. Come se non si fossero mai detti le parole che si erano detti. Come se i fili delle loro vite, spezzati in quei mesi di separazione, si stessero riannodando in modo diverso, tessendo una trama nuova e del tutto imprevedibile.
Harlock le parlava tenendole una mano, le leggeva qualcosa se lei si sentiva troppo stanca, la aggiornava sui progressi delle riparazioni. La sera non se ne andava prima che lei si fosse addormentata. E tutto questo proseguì anche quando la ragazza fu “dimessa” e poté tornare nella sua cabina, anche se non aveva ancora il permesso di rimettersi al lavoro.
Un po' lei lo prendeva in giro.
“Harlock, puoi andare, se vuoi. Sto bene, davvero, sono guarita!”
Lui sorrideva imbarazzato.
“Non ti fa piacere la mia compagnia?”
“Ma certo che mi fa piacere, sciocco che non sei altro! Ma forse hai di meglio da fare che star dietro a una mocciosa!”
“Non direi proprio che sei una mocciosa.”
“Ah, mi sembrava invece che mi considerassi tale!”
Ridivenne seria e gli porse un microchip.
“Dovresti dare questo a Yattaran, per favore.”
“Che cos'è?”
“Sono gli appunti della lezione di cui vi parlavo, su quella nuova forma di energia. Forse possono essergli utili.”
“Glielo porto subito, grazie.”
“Quelli non molleranno la presa...”
“Lo so.”
“Dobbiamo essere preparati, la prossima volta. Potrebbe non andarci così bene...”
“So anche questo.”
“Vorrei poter lavorare con Yattaran a questo progetto. Lui è un genio assoluto, ma due teste sono sempre meglio di una, no?”
“Certo, mi sembra una buona idea. Credo che anche lui ne sarà felice. Prima devi riprenderti del tutto, però.”
Mayu alzò gli occhi al cielo.
“Ti ho già detto che mi sento benissimo! L'ha confermato anche il dottore! Ti preoccupi decisamente troppo!”
Harlock fece per uscire, ma sulla soglia si fermò, senza voltarsi.
“Non capisci, Mayu? Io non posso perderti. Non posso perdere anche te.”

Fino a quel momento anche Mayu aveva deciso di non farsi troppe domande. Aveva messo temporaneamente da parte la decisione di non avere più niente a che fare con Harlock. Anche perché non era facile liberarsi di lui, non la lasciava praticamente mai da sola! Molto più del necessario. Anzi, anche se non era affatto necessario.
Non capiva. Comprendeva il suo spavento e la sua preoccupazione, ma lei non aveva rischiato di morire, nemmeno per un momento, e Harlock lo sapeva. Perché allora quel comportamento? Possibile che non si fosse ancora tranquillizzato? Che cosa temeva ancora? Che cosa intendeva dirle?
Non voleva illudersi. Era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Eppure percepiva a pelle qualcosa di diverso nella sua sollecitudine verso di lei, qualcosa che sembrava andare oltre le attenzioni che le aveva sempre riservato in passato... Forse lo shock era stato davvero violento e gli aveva fatto cambiare idea su di loro?
No, troppo bello per essere vero. Troppo facile. Era molto più probabile che Harlock avesse semplicemente paura di perdere l'unico affetto che gli era rimasto. Oltre a sentirsi in colpa, come al solito, per averla indirettamente esposta a dei rischi, venendo meno così alle promesse fatte a Tochiro. Oltre al fatto che era fuori discussione che le volesse bene, anche se non nel modo in cui desiderava lei.
Non sapeva che cosa fare. Non se la sentiva di affrontarlo di nuovo. Sapeva che, per la sua salute mentale, sarebbe stato meglio ridurre al minimo indispensabile i loro rapporti, almeno finché il suo cuore avesse smesso di sanguinare, ma nello stesso tempo i momenti trascorsi con lui, dopo quei lunghi mesi di lontananza, erano come una droga. La rendevano felice. Sì, forse si stava solo facendo un bel film. E il risveglio sarebbe stato molto amaro. Ma era così bello sognare!

 

 

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Capitolo 11
*** Arrendersi ***


Harlock chiese al dottor Zero se a Mayu potesse giovare stare all'aria aperta, e il medico rispose, battendogli una pacca sulla spalla, che sarebbe stata un'ottima cura. Così il capitano riferì alla ragazza che avrebbe dovuto tutti i giorni trascorrere qualche ora in spiaggia, perché il sole e l'aria marina avrebbero favorito la sua guarigione. Certo, sarebbero stati meglio un sole o un mare veri, ma doveva accontentarsi...
Mayu assentì, un po' perplessa, chiedendosi perché non glielo avesse detto direttamente il dottore, e appena dimessa dall'infermeria, non dopo giorni. La sua confusione aumentò quando, apprestandosi una mattina a lasciare l'Arcadia per andare in spiaggia, Harlock insistette per accompagnarla alla sua baia “privata”. E restò con lei tutto il tempo.
Lei era un po' imbarazzata. Perché era lì che l'aveva baciato e il ricordo le bruciava ancora come una coltellata nella carne viva. E le sembrava impossibile che lui invece avesse dimenticato. Perché l'aveva voluta a tutti i costi portare proprio là?
“Ti fa ancora male?” le chiese indicando il suo fianco sinistro, dove erano ancora ben visibili gli orli arrossati della ferita, da cui il dottore aveva appena tolto i punti.
“No, pizzica solo un po'...”
“Buon segno. Si è capito che cosa è stato a provocarla?”
“Non ne sono sicura, ma probabilmente è stato un pezzo di lamiera volato via da uno degli squarci aperti nell'Arcadia da quell'arma maledetta... Ma prima o poi doveva succedere. Del resto, che pirata sarei, senza nemmeno una cicatrice?”
Harlock sorrise. Almeno non era sul suo bel faccino...
Per il resto, non parlavano molto. Lui fissava l'orizzonte, apparentemente immerso nei suoi pensieri, ma, quando Mayu era intenta a leggere o si assopiva, guardava lei.
Sì, è vero, da egoista aveva avuto paura di perderla. Ma anche nei mesi precedenti gli era mancata terribilmente. Avrebbe dovuto essere abituato alla sua lontananza, ma sapere che in quel caso era una sua decisione, anche se comprensibile, e l'essere così escluso dalla sua vita, l'aveva fatto soffrire in modo crudele. Come non pensava che sarebbe stato più capace di fare. Allora forse non era tutto perduto. Forse non era diventato così insensibile come credeva. Forse c'era ancora una parvenza di vita nella sua anima. E questo ancora grazie a lei.
I lavori sull'Arcadia erano ormai terminati e tutto l'equipaggio si godeva un po' di meritato riposo. Quindi anche il capitano poteva permettersi di rilassarsi e nei giorni successivi trascorse molto tempo con lei. Impercettibilmente, senza quasi rendersene conto, si stavano avvicinando sempre di più. Questa volta, però, le parti parevano essersi invertite.
Mayu ebbe il permesso di fare il bagno. Harlock non la seguì, ma la aspettò sulla riva con l'asciugamano e, quando uscì dall'acqua, la avvolse delicatamente, aiutandola ad asciugarsi. Era il tramonto, e lui non si staccava da lei, continuava a tenerle un braccio intorno alle spalle, mentre in silenzio guardavano il sole sparire nel mare avvolto da nuvole viola.
Mayu era estasiata e turbata al tempo stesso. La sua vicinanza, quei contatti un po' incerti, le toglievano il respiro. Avrebbe preferito che lui si comportasse come al solito, con distaccata affettuosità, oppure si risolvesse a dire o fare qualcosa di chiaro, deciso, inequivocabile. Questa ambiguità la faceva impazzire.

La ragazza finalmente poté rimettersi al lavoro. Come aveva proposto, si mise a studiare insieme a Yattaran un sistema per neutralizzare la nuova arma del Dipartimento. Harlock ne era contento, perché gli sembrava un'attività meno pesante e più adatta a lei rispetto a quella che svolgeva prima.
Aveva deciso di restare su Ombra di Morte ancora un po', nella speranza che si venisse a capo della faccenda rapidamente. Si era reso conto di essersi molto spaventato, come non gli era mai successo prima. Aveva temuto per l'incolumità del suo equipaggio, per Mayu, per sé, per l'Arcadia... e sì che ne avevano passate tante, prima! Stava invecchiando? O forse prima il suo leggendario disprezzo del pericolo era unicamente la conseguenza della sua indifferenza per la vita?
Senza che si fossero messi d'accordo, le loro giornate cominciarono a essere scandite da nuove abitudini. Nel tardo pomeriggio, Harlock andava a chiamarla per scendere in spiaggia con lui a godere le ultime ore di sole. Mayu lo seguiva docilmente, anche se dentro di sé si riprometteva che sarebbe stata l'ultima volta, che doveva tornare a essere invisibile. Ma poi non ce la faceva mai a dire di no.
Harlock, invece, sembrava stranamente ogni giorno più rilassato e tranquillo. Tanto che una sera le propose di fermarsi a cena da lui, sull'Arcadia, come ai vecchi tempi, invece di tornare nella sua stanza sulla terraferma. Lei avrebbe voluto rifiutare, ma non sapeva che scusa inventare. Non potendo addurre altri fantomatici impegni, non le restò che accettare, con un po' di batticuore, perché si chiedeva se Harlock avesse in mente qualcosa, e che cosa.
Così fu per diverse sere. In realtà, apparentemente le loro cene era uguali a tante altre che avevano trascorso insieme in passato. L'unica differenza, notò la ragazza, era che lui aveva cominciato a trattarla “alla pari”, aveva deposto l'aria un po' accondiscendente e paterna che aveva sempre avuto con lei. Come se avesse finalmente accettato il fatto che non era più una ragazzina. E non ne avesse più paura.

Una sera Mayu andò nella cabina di Harlock, dopo essersi asciugata e cambiata in camera sua, ma non lo trovò. Stupita, aspettò qualche minuto, poi andò a cercarlo. Forse lo hanno chiamato per un'emergenza, ma è strano che non mi abbia avvertito.
Folgorata da un pensiero improvviso, si recò nella sala del computer centrale. Era lì, immobile, davanti al macchinario, che sembrava piuttosto su di giri. Lo osservò, senza farsi scorgere. Non capiva, naturalmente, che cosa si stessero dicendo, ma Harlock assumeva di volta in volta delle espressioni molto diverse, dallo stupore alla contrizione, e diventava ora pallido come un cencio ora rosso come un gambero. Mayu ebbe il forte sospetto di essere l'oggetto di quella insolita discussione, e quindi decise di svignarsela prima di essere scoperta. Tornò velocemente nella stanza di Harlock e si sedette a tavola, come se lo stesse aspettando da un pezzo. Quando lui arrivò, aveva l'aria decisamente provata.
“Tutto bene?” chiese preoccupata.
“Sì sì, tutto bene... Ho solo dovuto risolvere una questione...”
Mayu annuì e non chiese altro. Sarebbe stato inutile.
La cena si svolse come al solito, parlando del più e del meno.
“Ti ricordi come si gioca a scacchi?”
Glielo aveva insegnato lui, tanti anni fa, ma era molto tempo che non giocavano insieme.
“Certo! E sono anche piuttosto brava!”
“Questo lo vedremo! Perché di sicuro non avrai mai avuto un avversario come me, sulla Terra!”
“Come no? Giocavo con il computer, e vincevo quasi sempre!”
“Allora una di queste sere ti sfido.”
“Anche subito, se vuoi.”
“No, non stasera...”
Calò uno strano silenzio. La ragazza a un certo punto si alzò per congedarsi. Ma lui si alzò a sua volta e la prese delicatamente per un polso.
“Rimani qui. Ti prego. Stanotte e per sempre” disse con un filo di voce, come se si aspettasse un rifiuto.
A Mayu si fermò il cuore.
“Che cosa significa, Harlock? Che cosa vuoi dire?”
“Che hai vinto tu. Che avevi ragione tu.”
“Su... che cosa?”
“Su tutto. Sul fatto che provassi per te qualcosa di diverso, ma che non riuscivo ad accettarlo. Che ti ho respinto soltanto per non trasgredire le regole, per un codice etico, per non deludere i tuoi genitori, e in fondo anche per non tradire la bambina che eri... perché mi sentivo... sporco, perverso, sbagliato...”
“E ora? Che cosa è cambiato adesso?” chiese lei titubante. Continuava ad avere timore che fosse tutto un sogno.
“Mi sei mancata tanto, in questi mesi. Ho sofferto orribilmente, come non credevo di poter più fare. E ho capito di avere ancora un cuore, e che l'unica luce lì dentro sei tu... Poi sei stata ferita, anzi, in realtà abbiamo rischiato tutti di fare una brutta fine, e per la prima volta ho avuto paura, anche per me, mentre non mi è mai importato molto di morire, prima...ma il pensiero di lasciarti, di non vederti più, mi era insopportabile.... Ho provato a seguirlo, il mio cuore, senza alibi, senza condizionamenti esterni, come faccio con tutto il resto. E ho compreso definitivamente che se c'è ancora una possibilità per me di sentirmi vivo e di essere felice, sarà solo grazie a te. Se tu mi vuoi ancora... se vorrai ancora questo vecchio egoista...”
Mayu non disse nulla. Incredula e commossa, si gettò tra le sue braccia, che la avvolsero e la strinsero contro il suo petto. Non avrebbe mai pensato di udire da lui quelle parole, non avrebbe mai creduto, conoscendolo, che lui mettesse così a nudo la sua anima. E soprattutto, dopo la loro ultima discussione, mai avrebbe osato sperare che lui cambiasse idea. Ma ora era lì, con il capo appoggiato sulla sua spalla, con le sue mani che le accarezzavano i capelli, la schiena, i fianchi. Alzò il volto verso di lui.
“Ti amo così tanto...” sussurrò sfiorandogli una guancia con una mano.
Harlock abbassò lo sguardo, come per nasconderle lo sconvolgimento che quelle semplici parole stavano provocando nel suo animo, spazzando via le sue ultime difese, come un fiume in piena non più trattenuto dagli argini.
Desiderava baciarla. Toccava a lui questa volta. Le prese delicatamente il viso tra le mani e posò le labbra sulle sue, in un bacio dapprima esitante, timido, quasi impacciato, poi sempre più deciso e appassionato. E questa volta nessuno scappò.
“Rimani, allora?” chiese di nuovo.
“Certo che rimango.”
Harlock aprì l'armadio e le porse una maglietta. Nera.
“Questa ormai è tua, no?”
La ragazza rise, prese la maglietta, ma d'istinto andò a indossarla in bagno. Si guardò allo specchio.
Avrebbe fatto l'amore con lui quella sera stessa. Ma intuiva che per lui non sarebbe stato così semplice abbattere anche quella barriera, superare quel limite. Avrebbe avuto bisogno dei suoi tempi. E lei li avrebbe rispettati, non lo avrebbe forzato in alcun modo.

Si infilarono a letto, all'inizio un po' imbarazzati. Mayu gli appoggiò il capo sul petto e lui le passò un braccio intorno alle spalle, stringendola a sé. Per un po' non dissero nulla, assaporando quella nuova, dolcissima vicinanza.
“Ti ho visto, prima...”
“Prima quando?”
“Prima di cena. Non ti ho trovato in camera e sono venuta a cercarti. Ti ho visto nella sala del computer... parlavi con mio padre, vero?”
“Sì. Non lo facevo da molto tempo. Non volevo che lui leggesse i miei pensieri, vedesse i desideri di cui mi vergognavo...”
“Facevi delle facce... che cosa ti ha detto? Se puoi dirmelo...”
“Praticamente mi ha dato dell'idiota. Mi ha chiesto che cosa aspettavo a prendere atto dei miei sentimenti, ha detto che aveva già perso troppo tempo, che da 25 anni stavo scontando una pena che mi ero autoinflitto chissà per che cosa, e che era ora di finirla. Che lui non aveva previsto che sarebbe potuto succedere qualcosa del genere tra noi, ma questo non significava che fosse contrario. Che tutto ciò che lui desidera è che tu ed io siamo felici, in qualunque modo.”
“E' per questo che mi hai chiesto di restare?”
“In realtà volevo già farlo, ma mi sembrava giusto almeno dirglielo, se non proprio chiedergli il permesso. Se non fossi stato così vigliacco e gli avessi parlato prima, forse non avremmo passato questi mesi d'inferno...”
“Basta prenderti sempre le colpe di tutto quello che succede nell'universo! Evidentemente doveva andare così, dovevi compiere quel percorso per conto tuo, e basta.”
“Tu non hai paura?” chiese Harlock dopo un lungo silenzio.
“Paura? E di che cosa?”
“Che non funzioni... che magari un giorno ci accorgiamo di aver sbagliato tutto... In fondo, ad analizzare bene la situazione, non è che proprio siamo una coppia normale!”
“Non pensi che questo valga per tutti? Nessuno sa mai come andrà a finire, no? Quelli che sulla carta sembrano destinati l'uno all'altra spesso si lasciano, e altri che apparentemente non c'entrano niente tra loro, invece vanno alla grande per tutta la vita! Ma se tutti si facessero bloccare da questo timore, l'umanità si sarebbe estinta da millenni.”
“E tu che cosa ne sai?” chiese Harlock divertito.
“Beh, non ho vissuto in un convento e ne ho sentite un po' di storie così... E poi, scusa, in che senso noi non siamo una coppia normale?”
“Da dove vuoi che cominci? Innanzitutto, sono molto più vecchio di te.”
“Esagerato! Sei solo un uomo più maturo. E allora? Sai che originalità! Non siamo i primi e non saremo nemmeno gli ultimi. E poi tu sei una specie di essere mitologico, e i miti non hanno età! Quindi questa obiezione è cassata! Altro?”
“A parte il fatto che nessuno mi aveva mai definito un essere mitologico, abbiamo un lungo passato in comune... e particolare. Lo sai come potrebbe chiamarlo qualcuno?”
“Lo immagino. Ma non lo è. E da quando ti importa di che cosa pensa la gente? Quale gente, poi, visto che non ne frequentiamo? Cassata anche questa!”
Harlock voleva fare un discorso serio, ma le risposte di Mayu lo sviavano continuamente dal suo proposito. Anche se doveva ammettere che aveva ragione.
“Ci conosciamo da tanto tempo, forse troppo...”
“Ma questo potrebbe essere un vantaggio, no? Non dovrebbero esserci grosse sorprese! Io lo so già, che hai un pessimo carattere!”
“Basta, ci rinuncio. Con te non si può proprio discutere!”
“Voglio soltanto convincerti a lasciarti un po' andare. Sarà quello che deve essere. Anche se dovesse finire, almeno potremo dire di averci provato, di aver vissuto.”
“Non voglio che tu soffra, soprattutto per causa mia...”
“Non ti devi preoccupare per me. Non voglio farmi rovinare la vita dalla paura. E adesso basta, tu pensi e parli troppo, stasera. Baciami, invece!”
Harlock ubbidì.
Questa piccola strega mi sta già schiavizzando!
Ma si rese conto che in realtà non chiedeva di meglio.

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Capitolo 12
*** Spezzare le catene ***


Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti (dal film “Dracula di Bram Stoker”)

 

 

 

“Puoi portare qui le tue cose... se vuoi. Insomma, puoi trasferirti qui.” disse Harlock a Mayu qualche giorno dopo.
“Davvero? Ma... sei sicuro?”
“Ma certo! Sei la mia …, insomma, non la mia amante clandestina!”
Amante? Magari!
“Sono la tua... non ho capito bene.”
Mayu si stava divertendo un mondo a metterlo in imbarazzo.
“Non so come si dice adesso, alla mia età... Fidanzata? Compagna?”
“Non ha importanza, volevo solo prenderti un po' in giro! Tu sei abituato a stare solo... sei sicuro di volere qualcuno sempre intorno, qualcuno che invade gli spazi che per anni sono stati unicamente tuoi?”
“Allora non ci siamo capiti! Io non voglio più stare solo. E voglio stare con te. Ti do' un piccolo consiglio, però. Non cedere comunque la tua cabina, tienila di riserva...”
“Cioè?”
“Così, quando non mi sopporterai, e ti assicuro che ci saranno dei momenti in cui non mi sopporterai, potrai rifugiarti lì.”
La ragazza fece spallucce.
“D'accordo, se lo dici tu. La terrò come studio.”
“Ecco, brava.”
Mayu non sapeva bene come comportarsi con il resto dell'equipaggio. Con i suoi amici, perlomeno. Raccontò a Mimeh quanto era successo. La donna la abbracciò.
“Tesoro, come sono contenta! Lo sapevo, lo sapevo che ce l'avresti fatta!”
“Io... non so come comportarmi con gli altri... con Yuki e Tadashi, soprattutto. Non so perché, ma mi sento un po' in imbarazzo a dirglielo...”
“Se preferisci, posso anticiparglielo io... ma, guarda, secondo me se lo aspettavano tutti. Vedrai che non sarà una sorpresa così grande.”
La ragazza sgranò gli occhi.
“Tu dici?”
“Sì, vedi, l'atteggiamento del capitano nei tuoi confronti, dopo che eri stata ferita, era così cambiato, soprattutto rispetto agli ultimi mesi... era palese che stava succedendo qualcosa.”
“Oh, beh, allora... meglio così. Sì, ti prego, però, diglielo tu, lo preferisco!”
In questo, si sentiva ancora una ragazzina impacciata. E poi, con Harlock aveva fatto la spavalda, ma lui non aveva tutti i torti a considerare la loro storia non proprio normale. Vista dall'esterno, poteva prestarsi anche a brutte interpretazioni. Tutti l'avevano sempre vista come la piccola Mayu, la figlioccia del capitano, la sua protetta... sarebbero riusciti ora a considerarla la sua compagna di vita?

“Da quanto tempo?” le chiese Harlock.
Mayu si destò da quella specie di ipnosi che le procurava stare tra le sue braccia, ad ascoltare i battiti lenti e regolari del suo cuore.
“Quanto tempo... che cosa?”
“Oh, scusa, stavo seguendo il filo dei miei pensieri. Quella volta hai detto che eri innamorata di me da un sacco di tempo... volevo sapere da quando...”
“Non ricordo di preciso... forse avevo 13-14 anni.”
“13-14 anni?!? Ma... non è possibile!”
“Perché? Forse non ne ero completamente consapevole, ma credo proprio che sia cominciata lì, nell'adolescenza... che c'è di strano? Tutte si prendono la prima cotta più o meno a quell'età, alcune anche prima!”
“Non sono un esperto di adolescenti... ci manca solo che aggiungano alla lista dei miei reati anche l'adescamento di minorenni! Quindi, vedi, avevo ragione, la tua era un cotta adolescenziale!”
“Eh no, non rigirare la frittata! E' cominciata così, forse, ma poi come vedi è diventata ben altro! Perché vuoi saperlo?”
“Così... volevo capire come è successo... come è stato possibile che il tuo affetto per me si sia trasformato così radicalmente, e senza che io me ne accorgessi...”
“Non te ne accorgevi perché ci vedevamo così poco! E poi all'inizio anch'io ne ero turbata, quindi non lo mostravo apertamente. Non lo so nemmeno io come è successo... è accaduto e basta, non l'ho deciso.”
Mayu si sollevò leggermente e gli piantò in faccia i suoi occhi ambrati.
“Dimmelo.”
“Che cosa?”
“Che mi ami anche tu. Non me l'hai ancora detto. Dimmelo ora.”
Harlock cercò di sfuggire all'assalto.
“Lo sai che è così...”
“No, non lo so. Dimmelo, per favore.”
Lui sospirò. Cocciuta e determinata. Come sua madre. Non aveva ancora capito che per lui era difficilissimo esternare a parole ciò che provava? Già in quei pochi giorni si era dovuto mettere a dura prova. E l'aveva fatto per lei...
La costrinse ad appoggiare di nuovo la testa sulla sua spalla. Guardarla anche negli occhi sarebbe stato davvero troppo per lui. Forse, con il tempo, gli sarebbe riuscito più facile...
“Certo che ti amo, piccola impertinente. Mi lascerai in pace adesso?”
“Non ci penso nemmeno!”
Sgusciò da sotto il suo braccio e cominciò a tempestargli il viso di baci, ridendo leggera.

Il lavoro di Yattaran e Mayu procedeva con difficoltà. Le informazioni sul microchip erano state un buon punto di partenza, ma la scoperta e l'utilizzo di questa nuova forma di energia doveva essere un segreto molto ben custodito. Yattaran riuscì a entrare nei sistemi informatici del Ministero della difesa, dell'esercito, del Dipartimento stesso e perfino dei Servizi segreti, ma senza trovare nulla. Evidentemente se ne occupava qualcuno che stava ben attento a non farsi scovare, a non lasciare traccia. Non restava, quindi, che procedere per ipotesi. Il loro scopo principale era difendersi, creare un sistema di protezione che vanificasse la terribile efficacia di quell'arma. Non di procurarsene una simile.
“Non è il caso di andarsene in giro con un'arma atomica a bordo! L'Arcadia non è strutturata per questo” aveva sentenziato il primo ufficiale.
Harlock decise di riprendere comunque la navigazione. I generi di prima necessità cominciavano a scarseggiare, visto che quella lunga sosta su Ombra di Morte non era stata programmata, ed era necessario fare rifornimento. Avrebbero seguito le rotte meno battute, ai confini estremi dell'universo, e sarebbero eventualmente atterrati solo su pianeti fuori dalla giurisdizione terrestre. Non erano ben frequentati, come diceva Mayu, ma almeno lì non avrebbero rischiato incontri di altro genere. Bastava badare ai fatti propri. Tra fuorilegge vige comunque un codice etico, per cui non ci si pesta i piedi a vicenda. E, al primo apparire di qualche mezzo del Dipartimento, sarebbero fuggito o avrebbero fatto immediatamente il salto nell'iperspazio. Per il momento non era possibile agire in altro modo.

L'ultima sera su Ombra di Morte... L'ultimo tramonto, l'ultimo bagno... per chissà quanto tempo... Ma non si poteva stare in vacanza in eterno. Mayu se ne rendeva conto, ma era ugualmente preda di una strana malinconia. Forse perché era consapevole che dal giorno dopo tutti sarebbero ritornati sull'Arcadia, sarebbe ricominciata la solita vita e Harlock avrebbe ripreso il suo ruolo. Non l'avrebbe più avuto tutto per sé. Giustamente.
Era l'ultima notte lì da soli... E, considerata la nuova avventura, dall'esito incerto, che stavano per intraprendere, chissà quando avrebbero avuto un altro momento tranquillo... Un pensiero si fece strada nella sua mente. Era un po' che ci fantasticava sopra. E' vero, si era ripromessa di non forzarlo... di rispettare i suoi tempi... però, magari, un piccolo incoraggiamento... perché no?... doveva rischiare, essere pronta anche a un rifiuto.
Quella sera indossò, invece delle solite magliette, una camicia da notte di seta bianca che aveva trovato nell'armadio di Esmeralda, e che non lasciava molto spazio all'immaginazione. Si avvicinò a lui, che come al solito era in piedi di fronte alla grande vetrata.
Harlock la guardò un po' sorpreso, le sorrise e la attirò tra le sue braccia. Dopo alcuni minuti, la ragazza si staccò piano da lui e gli prese le mani tra le sue.
“Fai l'amore con me” disse con semplicità.
Lui sembrò attraversato da un brivido. Le accarezzò il viso, con lo sguardo pieno di tenerezza. Era lei, era sempre lei... eppure nello stesso tempo non lo era più.
Ma lo sapevano entrambi. Dovevano superare anche quell'ultima barriera, infrangere l'ultimo tabù. Solo questo avrebbe spezzato le catene che li tenevano legati al passato, li avrebbe resi due persone nuove, diverse, pronte a ricominciare da capo. Solo così si sarebbero appartenuti in un modo del tutto differente da prima. O il loro amore avrebbe rischiato di svanire appena sbocciato.
“Io... lo vorrei tanto, ma... non so se...”
Harlock era chiaramente a disagio. Qualcosa, com'era comprensibile, lo bloccava. Un groviglio di emozioni contraddittorie, un misto di timore e desiderio, scrupoli e passione, in bilico tra i ricordi del passato e la novità del presente.
“Prova. Non lo saprai mai se non provi. Ti giuro che non mi offendo...”
Dopo un istante ancora di esitazione, lui la sollevò tra le braccia e la depose sul letto.
Cominciò a baciarla sulle labbra socchiuse, sul collo, sulle spalle, accarezzandola piano attraverso la sottile stoffa della camicia, prima di decidersi finalmente a sfilargliela. La sua pelle era liscia e invitante come la seta da cui l'aveva appena liberata.
“Sei così bella...” sussurrò senza però quasi osare guardarla. Troppo bella anche solo per pensare di resisterti...
“Neanche tu sei tanto male, capitano” scherzò Mayu stringendosi a lui, per cercare di allentare la tensione.
Lo aiutò a spogliarsi, rispondendo ai suoi baci e alle sue carezze con passione sempre crescente, con stupore, quasi, ancora incredula che fosse tutto vero, che stesse accadendo davvero quanto fino a poco prima aveva osato soltanto immaginare. Ma sentì, nel cuore prima che nella pelle, che sarebbe andato tutto bene, che il passato era sconfitto, non li avrebbe più separati.
“Solo per sapere come comportarmi... non sono il primo, vero?”
“No. Tranquillo.”
E' vero, tecnicamente non era il primo. Ma per il resto era come se lo fosse, perché le emozioni che suscitavano in lei il tocco delle sue mani e della sua bocca non erano paragonabili a nessun'altra esperienza passata ...
Il sogno, pensò Harlock.... quello era il sogno che l'aveva tormentato per tante notti, che l'aveva fatto sprofondare nella disperazione e nella vergogna, che l'aveva fatto sentire un uomo immondo... e ora stava succedendo nella vita reale... solo che - constatò stupefatto - non vi era più traccia né di disperazione né tanto meno di vergogna. Al loro posto si stava facendo strada nel suo animo una sensazione di ineffabile felicità. Come se quella fosse la cosa più giusta e naturale del cosmo, senza la quale sarebbero stati per sempre incompleti. Come se loro vi fossero destinati fin dalla creazione del tempo.

“Stai bene?”
“A meraviglia. Sapevo che sarebbe stato bello, ma non immaginavo così tanto.”
“Mi stai adulando per caso?”
“No, dai, parlo sul serio!”
Mayu teneva, come al solito, come quando stavano in spiaggia, la testa beatamente appoggiata sul suo cuore e una gamba tra le sue, seguendo con le dita il profilo dei muscoli e delle cicatrici che solcavano il suo torace. Ma questa volta il contatto tra la loro pelle nuda suggeriva delle sensazioni del tutto nuove, e le loro carezze avevano un altro sapore.
Fu lui dopo un po' a rompere il silenzio.
“Scusa se prima ti ho chiesto quella cosa... non volevo farmi gli affari tuoi...”
“Lo so... avresti preferito essere il primo?”
Harlock ebbe la sgradevole impressione di aver detto qualcosa di sbagliato. Ecco, sto rovinando tutto! Non potevo starmene zitto, visto che mi riesce così bene?
“Ma cosa dici? Sarò più vecchio di te, ma non sono mica così retrogrado! Tu sei troppo bella perché ti abbiano lasciato in pace, laggiù... e poi lo so che hai avuto un fidanzato.”
La ragazza si rabbuiò.
“Sì, ma dopo che ho scoperto chi era veramente, la delusione è stata tale che ho praticamente rimosso qualunque ricordo...”
“... e dopo non c'è più stato nessun altro?”
Mayu gli batté una mano sullo sterno, fingendosi offesa.
“Ehi, per chi mi hai preso?”
“Te l'ho detto, sei una che non passa certo inosservata.... cosa ci sarebbe stato di male?”
“Scherzo. Te l'ho già raccontato, che dopo non mi sono più fidata di nessuno, non ho più voluto saperne di nessuno. E poi io volevo te, soltanto te. Non me ne importava niente degli altri. Lui... lui è stato solo un patetico tentativo di dimenticarti.”
“D'accordo, non parliamone più. Lasciamo stare il passato. Adesso ci siamo io e te, solamente io e te.”

Se per il resto di quella notte si appagarono di restare abbracciati a parlare, a guardarsi negli occhi, pieni di stupore e gratitudine, come per imparare a vedersi in modo nuovo, nei giorni seguenti non ci furono limiti all'erompere della passione.
Avevano ripreso la navigazione ed entrambi dovevano essere lucidi e attenti per svolgere i loro compiti. Ma non vedevano l'ora di tornare in cabina, a fine giornata o in qualunque momento libero, per gettarsi l'una nelle braccia dell'altro e saziare il desiderio che incendiava i loro cuori e i loro sensi. Come se dovessero recuperare il tempo perduto. Mangiarono un sacco di cene fredde. Quando si ricordavano di mangiare...
Harlock non riusciva ancora a credere alla realtà. Eppure era tutto così semplice. Da quanto tempo nella sua vita non c'erano tutto quell'amore, tutta quella tenerezza, tutta quella perfetta serenità? Come aveva potuto pensare di rinunciare a tutto questo per sempre? Sarebbe bastato semplicemente accettarla subito, la realtà... Loro erano fatti da sempre per stare insieme.
A questo pensava, ammirando la sua eburnea perfezione, innocente e sfrontata insieme, incastonata come una perla tra le lenzuola blu notte, mentre faceva scorrere le dita dalla sua nuca verso il basso, lungo la schiena, in una delicata carezza, ... finché si bloccò di colpo.
“E questo cos'è?”
Mayu aprì gli occhi.
“Perché ti sei fermato? Che cosa è cosa?”
“Questo!” - batté l'indice su un punto accanto all'osso sacro.
Lei volse la testa e guardò verso il basso.
“Ah, quello? Non lo vedi? E' un tatuaggio.”
Lui guardava allibito il piccolo teschio pirata con le tibie incrociate. Non l'aveva mai notato.
“Permanente?”
“Sì, certo.”
“E... da quando hai un tatuaggio?”
“L'ho fatto per il mio diciottesimo compleanno, ho festeggiato così. Volevo sentirvi vicini. Ma nello stesso tempo non volevo che lo vedessero tutti.”
Già, perché lui non c'era. Le aveva fatto avere un bel regalo, per quel giorno speciale. Ma non era lì con lei.
“Avresti dovuto... potuto … dirmelo!”
“E perché? Qualcosa mi diceva che non avresti approvato, e la tua faccia in questo momento mi conferma che avevo ragione. E poi, scusa, vista la posizione, difficilmente lo avresti saputo, a meno che noi...” indicò il letto.
“Sì sì, certo... - tagliò corto lui imbarazzato - Quante altre cose non so di te?”
“Non saprei, adesso non mi viene in mente niente. Ma avrai tutto il tempo per scoprirle...”
“E adesso dove vai?”
Mayu si stava rivestendo.
“Sono di turno, devo tornare al lavoro. O il mio capo mi licenzia!”
“Mmmh ... mi risulta che sia io il tuo capo. E l'unico posto dove devi tornare è questo qui!”
“In tal caso... cedo all'autorità” rispose la ragazza ridendo e abbandonandosi ancora tra le sue braccia.

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

Vi assicuro che, dopo questa indigestione di melassa, dal prossimo capitolo comincia davvero una parte un po' più “avventurosa”....(vi stavate chiedendo se avessi mentito, eh? Va là, lo so che in fondo siete delle romanticone!)

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Capitolo 13
*** Il laurium ***


L'atmosfera a bordo dell'Arcadia, nonostante fosse notevolmente migliorata, grazie all'insolito buonumore del capitano (sulla cui origine nessuno aveva più dubbi), rimaneva comunque piuttosto tesa. La possibilità di imbattersi di nuovo nell'astronave del Dipartimento dotata di quell'arma rendeva tutti molto nervosi e guardinghi. Anzi, non si poteva nemmeno escludere che ci fossero più navi di quel genere in giro a dar loro la caccia.
Yattaran e Mayu continuavano nelle loro ricerche con ansia crescente. Se Yattaran sembrava sempre imperturbabile, lei non riusciva più a nascondere la rabbia e la frustrazione.
“Non ne verremo mai a capo! - sbottò una volta in preda allo sconforto - Dovremo sempre vivere nascosti e braccati come topi!”
“Calmati, Mayu - la rincuorava il primo ufficiale - In queste cose ci vuole pazienza. Sta' tranquilla, se c'è una soluzione, e c'è sempre, la troveremo. E' solo questione di tempo.”
La ragazza aveva un'idea in testa da un po', ma non aveva ancora avuto il coraggio di proporla a Yattaran. Temeva di offenderlo. Ma forse era venuto il momento di parlargliene.
“Possiamo chiedere a mio... al computer centrale di aiutarci in questo lavoro? Avremmo qualche possibilità in più...”
L'uomo la guardò perplesso.
“Beh, sì... non ci avevo pensato. In verità credevo che sarebbe stato più semplice e che ce la saremmo potuti cavare da soli. Vuoi occupartene tu?”
“Non so se sono capace... non so come funziona.”
“Oh, è facile. Basta inserire i dati che abbiamo raccolto finora e impostare la ricerca. Te la caverai benissimo!”
Mayu raccolse gli scarni appunti frutto di tanti giorni di lavoro.
A inserire i dati ci vorrà pochissimo... purtroppo, pensò sconsolata.
Andò a chiamare Harlock. Voleva essere sicura di comunicare con Tochiro nel modo giusto. Il capitano era al suo posto in sala comando. Nonostante fossero entrambi molto riservati, era difficile mantenere il giusto distacco sul posto di lavoro, davanti agli altri. I loro occhi si cercavano continuamente e i loro sguardi, i loro sorrisi, erano più eloquenti di tante parole. Lui la seguì fino al grande computer, ma le confessò di non avere la più pallida idea di come funzionasse. In fondo, non aveva mai avuto bisogno di saperlo: loro comunicavano in modo... informaticamente poco ortodosso.
Ma fu la macchina stessa a venire loro in aiuto. Prima però disse ad Harlock qualcosa che lo fece sorridere e arrossire violentemente, e su cui Mayu preferì non indagare. Prima ancora che lei potesse capire come eseguire il suo compito, su un monitor comparve una scritta che la invitava a portare lì un pc. Tochiro sapeva già tutto! E aveva evidentemente già ottenuto dei risultati. Oh, papà, perché non sono venuta da te prima?
Corse da Yattaran e tornò con il suo portatile. Attese qualche secondo il trasferimento dei dati.
“Forse ci siamo - disse al capitano - Sono sicura che l'apporto di Tochiro sarà decisivo!”
“Lo spero, tesoro. Lo spero tanto.”
“Ecco, ha finito. Lo porto subito a Yattaran. A dopo!”
Visto che erano soli, si azzardò a dargli un rapido bacio sulle labbra, prima di scappare via.

Il primo ufficiale scaricò a sua volta i dati sul suo computer e li esaminò, sotto lo sguardo impaziente di Mayu.
“Oh bene, molto molto bene...” commentava ogni tanto.
“Allora? Posso sapere anch'io qualcosa?” lo interruppe la ragazza, che non tratteneva più la curiosità.
“Secondo le sue ricerche, c'è un minerale, molto raro, che potrebbe essere in grado di respingere quel tipo di energia... non possiamo esserne sicuri finché non lo proviamo, perché si tratta di un'arma del tutto nuova...”
“Ah sì? Ottimo! E come si chiama? Soprattutto, come ce lo procuriamo, visto che è così raro?”
“Si chiama laurium* e si estrae su un unico pianeta ai confini dell'universo conosciuto, Nastrond **...”
Yattaran sbiancò.
“Ehi, ti senti bene?” gli chiese Mayu preoccupata.
“... vicino alla nebulosa Clessidra...” concluse l'uomo, riandando con la memoria alla terrificante avventura che avevano vissuto anni prima da quelle parti.
Lei non capiva. Era una ragazzina allora e non sapeva nulla. Nessuno gliene aveva mai parlato.
“Andiamoci allora! Senza perdere tempo! Vado a chiamare Harlock!”
Anche il capitano impallidì alla notizia. Mayu perse la pazienza.
“Insomma, qualcuno mi vuole spiegare? Perché fate quelle facce? Che cosa c'è di così spaventoso laggiù?”
I due la ignorarono, facendola infuriare ancora di più.
“Temo che non abbiamo altra scelta, capitano. Anche se non sarà facile procurarselo... il laurium viene estratto laggiù, ma non so se, dove e come viene lavorato, sotto quale forma viene smerciato... C'è un altro problema: secondo me, è probabile che anche chi ha ideato quell'arma si rifornisca lì, e questo complica sicuramente le cose.”
“Sono d'accordo su tutto. Ma non abbiamo alternative. Puntiamo su questo pianeta e intanto cerchiamo di procurarci quante più informazioni possibili su quel posto e sull'estrazione del minerale.”
“Credo che ci abbia già pensato Tochiro. Finisco di esaminare i suoi dati e vengo a riferirti.”
Harlock spostò lo sguardo sul volto di Mayu, rosso per la rabbia di sentirsi esclusa dalla conversazione. Prima che potesse aprire bocca, lui le sfiorò la guancia con una mano, sorridendole.
“Ti racconto tutto più tardi.”
L'ira sbollì all'istante. Gli sorrise a sua volta e si sedette accanto a Yattaran per proseguire il suo lavoro.

Il capitano aggiornò il resto dell'equipaggio sulla situazione. Per quanto nessuno fosse entusiasta di tornare laggiù, era chiaro che purtroppo non vi era altra scelta. Il loro era un timore irrazionale, in fondo. Il terribile Noo era stato sconfitto ormai da anni e non avrebbe più creato problemi. Dovevano preoccuparsi di ben altri e concreti pericoli! Eppure, il ricordo di quanto avevano vissuto era ancora molto vivo. Anche se il demone, con suo immenso stupore, non era riuscito ad avere la meglio sui loro cuori impavidi, pure trovarsi davanti la personificazione stessa del Male era stata un'esperienza di cui avrebbero fatto volentieri a meno.
Quella sera Harlock raccontò tutto a Mayu, che ascoltava esterrefatta. Le sembrava di ascoltare la trama di un film horror, non un fatto realmente accaduto.
“Non mi avevi mai detto niente di questa storia!” protestò debolmente.
“Ti sembra un racconto adatto a una ragazzina? E dopo... ormai era passato tanto tempo, non valeva più la pena parlarne... abbiamo preferito tutti dimenticare.”
Mayu aveva ricevuto da Yattaran l'incarico di ragguagliare Harlock sulle altre scoperte di Tochiro. Accese il suo portatile e gli mostrò alcune immagini del pianeta e delle miniere. Lui, osservandole, non poté fare a meno di pensare, che, se esisteva l'inferno, doveva trovarsi lì.
La ragazza assunse un tono professionale.
“Nastrond è un ambiente assolutamente ostile alla vita, sia umana sia aliena. Infatti non vi sono insediamenti. Ci sono soltanto le miniere di laurium, in cui viene impiegata manodopera meccanica, robot e androidi. Ma il fatto strano è che non si sa chi ci sia dietro, di chi siano le miniere o a chi appartengano i diritti di estrazione. Probabilmente qualche grossa compagnia, o un cartello, che poi rivende il materiale alla Confederazione terrestre e forse anche a qualcun altro.”
“Chi controlla il lavoro dei robot, se non ci sono esseri viventi?”
“Altri robot. Sicuramente il controllo finale è esercitato a distanza. Non sarà affatto semplice impadronirsi di quel materiale. Ammettiamo di riuscire ad avvicinarci senza essere intercettati... di trovare i magazzini, ammesso che ce ne siano... come lo carichiamo sull'Arcadia? E poi, soprattutto, come lo trasformiamo?”
“Ma … a noi che cosa serve esattamente? Come dovrebbe funzionare questa protezione?”
“Pare che il laurium sia utilizzato per proteggere qualsiasi cosa abbia a che fare con l'energia atomica e affini: centrali, rifugi, impianti vari, depositi di bombe e armi... è in grado di bloccare sia la fuoriuscita di radiazioni sia eventuali attacchi distruttivi dall'esterno. Si usa sotto forma di paratie, calotte, coperture, a seconda della destinazione. Se ho capito bene, l'idea di Yattaran è di rivestire tutta l'Arcadia con quel materiale. Anche se non siamo riusciti a scoprire se se è già stato testato con questo tipo di arma.”
Mayu si fermò un attimo a riflettere.
“In realtà, noi non ci facciamo nulla con il materiale grezzo. Forse... forse ci conviene di più seguire un'astronave da carico e vedere dove va, sperando che si rechi in qualche fabbrica... e prenderci direttamente il prodotto finito.”
“Credo proprio tu abbia ragione. Ma il tuo modo di pensare da pirata consumato comincia a farmi paura... - commentò Harlock, divertito - Cosa ti fa pensare che non possiamo procurarci ciò che ci serve in modo legale?”
La ragazza lo guardò con aria di rimprovero.
“Secondo te quelli, chiunque essi siano, daranno quella roba al primo venuto, un fuorilegge, per giunta?”
“Lo so, tesoro, ti sto prendendo in giro! Anche se sono abbastanza vecchio da sapere bene che si può ottenere qualsiasi cosa, se hai sufficiente denaro da potertela permettere!”
Ridiventò serio di colpo. C'era un pensiero che lo rendeva inquieto, quasi un presentimento. Non sapeva se parlagliene, ma poi decise di sì. Dovevano condividere tutto, ormai.
“Ho paura che Irita con la sua dannata astronave possa aspettarci lì. Se sospetta anche solo lontanamente che siamo venuti a sapere di Nastrond e del laurium, ci preparerà un'accoglienza con i fiocchi. Devo studiare il sistema di non farci scoprire, o per neutralizzarlo prima che lo faccia lui...”
Mayu andò a sedersi sulle sue ginocchia.
“Sei preoccupato?” gli chiese abbracciandolo.
“Un po'... se non conosci il nemico non sai come affrontarlo, e questo ti mette in una posizione di debolezza.”
“Andrà tutto bene. Finché tu sarai con noi non ci succederà mai nulla di male!”
Harlock non espresse però ad alta voce il suo reale terrore. Quei pazzi sanguinari laggiù sulla Terra fucilavano la gente come 1200 anni fa... avevano tentato di farlo con Maya ed Esmeralda, con il suo equipaggio non molto tempo prima... Solo l'idea che potesse capitare una cosa del genere a lei gli gelava il sangue nelle vene... non lo avrebbe mai permesso. Decise che per impedirlo sarebbe venuto meno perfino al suo antico giuramento: quello di non togliere mai deliberatamente la vita a un altro essere umano.

Mentre viaggiavano verso Nastrond, Yattaran e Mayu, con l'aiuto anche di Maji, calcolavano quanto laurium sarebbe stato necessario per rivestire interamente l'Arcadia. Era una quantità spaventosa.
"Speriamo di riuscire a procurarcene abbastanza...”
“Possiamo cominciare a proteggere le parti vitali della nave - suggerì Yattaran - Anche perché non siamo sicuri al cento per cento che sia la soluzione giusta. Stiamo lavorando su delle semplici ipotesi.”
“Quindi, in pratica, dobbiamo farci sparare addosso con quel coso per sapere se ci abbiamo azzeccato?” intervenne il capo ingegnere.
“Temo di sì.”
“Bene. E se non dovesse funzionare...”
“... vuol dire che non ci avevamo azzeccato” concluse Yattaran con la sua proverbiale flemma.
Mayu invece era più ottimista. Si fidava ciecamente di Tochiro. Era sicura che avesse dato loro le dritte giuste.

 

 


 

 

* Il laurium ovviamente non esiste. Per il nome mi sono ispirata alle miniere di argento dell'antica Atene, tristemente famose per le terribili condizioni degli schiavi che vi lavoravano.

** Nastrond invece è un luogo infernale della mitologia scandinava, la “spiaggia dei morti”. Un posto allegro, insomma!

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Capitolo 14
*** Nastrond ***


Dopo diversi giorni di navigazione tranquilla, giunsero in vista della nebulosa Clessidra. Mayu fissava affascinata lo spettacolo straordinario delle forme e dei colori, catturata in particolare da quella specie di occhio che sembrava ipnotizzarla con il suo sguardo misterioso. Tutti gli altri invece erano stranamente silenziosi.
Per avvicinarsi a Nastrond senza essere intercettati, Harlock aveva deciso di nascondersi su Ombra di Morte e seguire le navi da carico da là dentro. Il finto asteroide poteva essere collegato a tutti i sistemi operativi dell'Arcadia: manovrando l'una si manovrava contemporaneamente anche l'altro.
L'obiettivo prioritario ora era impadronirsi di grandi rivestimenti di laurium e proteggere la loro astronave. A Irita e alla sua dannata arma avrebbero pensato in un secondo momento. Perché non lo aveva ancora detto a nessuno, ma non si sarebbe accontentato di difendersi questa volta: aveva intenzione di distruggere la nave del Dipartimento, perché non potesse più usare quell'arnese diabolico contro nessun altro. Non poteva escludere che in quella decisione ci fosse anche un malcelato desiderio di vendetta, sentimento solitamente estraneo al suo animo... ma per il momento non volle approfondire la questione.
Quando sullo schermo grande vennero proiettate le prime immagini di Nastrond, tutti furono colti da un grande sgomento. Il pianeta, non molto esteso, era completamente avvolto da una coltre di nubi scure e dense, costituite in gran parte da gas tossici, come rilevarono gli strumenti. Raramente avevano incontrato un ambiente così ostile, nei loro viaggi intergalattici. Era chiaro perché potessero resistere soltanto delle macchine. Dopo essersi assicurati di essere completamente isolati dall'ambiente esterno, si addentrarono in quella specie di fitta nebbia, con il fiato sospeso. Per fortuna intorno a loro vorticavano altri piccoli asteroidi, detriti rocciosi e altro materiale non ben identificato, tra i quali poterono mimetizzarsi con facilità.
La superficie di Nastrond era rocciosa, arida, scabra, percorsa da profondi canaloni alternati a rilievi aguzzi. Anche l'atmosfera, come sospettavano, non era respirabile per l'uomo. Finalmente, cominciarono a notare tracce dell'attività mineraria. Da una specie di grotta uscivano dei grossi camion carichi di pezzi di roccia scura: il laurium! L'operazione era sorvegliata da diversi androidi armati, mentre i camion sembravano teleguidati.
“Mi chiedo - commentò Yattaran - a che cosa servano tutti quei robot armati. A chi diamine potrebbe venire in mente di venire in questo posto infernale a dare fastidio?”
“A noi, per esempio” fu la risposta ironica di Tadashi.
“Evidentemente deve essere già successo in passato... altrimenti sì, in effetti non si giustifica molto questo spiegamento di forze... - concluse Harlock pensieroso - La natura stessa del pianeta è già di per sé una difesa. Seguiamo quei camion.”
Mantenendosi a una certa altezza, in modo da essere un po' nascosti dalle nubi velenose, seguirono la fila di mezzi, che procedeva faticosamente su una specie di pista scavata nel terreno sassoso, ampia ma non asfaltata, fino a una grande spianata, dove alcune astronavi da carico li attendevano con i portelloni aperti. Qui la sorveglianza era ancora più stretta. I camion salirono sulle rampe fin dentro le astronavi e dopo diversi minuti ne scesero vuoti, riprendendo la via delle miniere. Doveva essere l'ultimo carico della giornata, perché poco dopo i portelloni si chiusero e le navi decollarono una dopo l'altra. Sempre seguite a distanza da Ombra di Morte. Ma non fecero un lungo viaggio.
A non molta distanza da Nastrond, orbitava un'immensa stazione spaziale, da cui partivano e a cui arrivavano mezzi di grandi dimensioni. Le astronavi da carico puntarono su di essa e furono presto inghiottite da uno dei punti di accesso.
A bordo dell'Arcadia erano tutti perplessi. Si aspettavano che il minerale fosse portato su qualche altro pianeta per essere lavorato. Sarebbe stato più semplice atterrare, mescolarsi alla popolazione civile e studiare un piano per introdursi nella fabbrica... mentre infiltrarsi su una stazione spaziale sarebbe stato molto più complicato e pericoloso...
“Incredibile! - esclamò Mayu - Abbiamo dato per scontato che il laurium venisse venduto grezzo, invece probabilmente chi controlla l'estrazione ne controlla anche la lavorazione... un bel business, non c'è che dire!”
“Già. Ecco perché tutta quella sorveglianza. Yuki, che cosa sappiamo di quella stazione?” chiese Harlock.
La donna digitò qualcosa sul computer.
“Niente. Non risulta nulla nemmeno sulle mappe. E' come se quella stazione ufficialmente non esistesse.”
“Comincio a pensare che sia tutto sotto il controllo della Confederazione terrestre. Che sia tutto tenuto segreto... non possiamo nemmeno escludere che anche la loro nuova arma sia costruita là dentro!”
L'impresa sembrava davvero disperata. C'erano troppe incognite. Come riuscire a entrare, come impadronirsi dei rivestimenti di laurium, come caricarli sull'Arcadia... C'era anche la possibilità che nella stazione non vi fossero esseri umani, ma soltanto robot... questo avrebbe complicato ancora di più le cose.
L'unico fatto positivo era che non sembrava esserci nei paraggi la nave di Irita. Per il momento. Quelli del Dipartimento li avevano ancora una volta sottovalutati, evidentemente non pensavano che sarebbero stati in grado di scoprire l'esistenza del laurium tanto in fretta.
Il capitano diede ordine di allontanarsi, per non destare sospetti e per studiare la situazione con più calma.
Difficilmente Harlock si consultava con qualcuno prima di prendere una decisione. Ma in quel caso era diverso. Aveva bisogno di informazioni tecniche, per mettere a punto un piano che avesse qualche possibilità di successo. Quindi, in via del tutto eccezionale, lasciando tutti a bocca aperta, convocò una riunione nella sua cabina con il primo ufficiale, il capo ingegnere, Yuki, Tadashi e Mayu. Ma non si limitò a chiedere i dati, volle anche sentire il parere e i suggerimenti di tutti.
Alla fine giunsero alla conclusione che non era necessario introdursi nella stazione orbitante: anche ammesso che ci fossero riusciti senza farsi scoprire, non ce l'avrebbero mai fatta a sottrarre il laurium necessario e caricarlo sull'Arcadia, ci sarebbe voluto troppo tempo. Quindi, se lo sarebbero preso come facevano con tutto il resto: abbordando una (o, se necessario, più di una) delle navi che lasciavano la stazione con il prodotto finito.
“Il vero problema - concluse il capitano - è sapere prima quali astronavi trasportano esattamente quello che ci serve, per non perdere tempo. Ora, possiamo presumere che sulla stazione abbiano dei magazzini e che lì carichino le navi. Quindi avranno dei piani organizzativi: cosa devono caricare, su quali mezzi e dove questi sono diretti... mi sono spiegato?”
Tutti annuirono.
“Bene, sono queste le informazioni che ci occorrono. Una volta individuata l'astronave che ci interessa, il resto sarà un lavoro di routine. Come possiamo procurarcele?”
“L'unico modo è entrare nel loro sistema informatico - intervenne Yuki - che però sarà blindatissimo, vista la segretezza di tutta la faccenda. Potrebbero volerci giorni.”
“Oppure uno o al massimo due di noi possono entrare nella stazione, raggiungere i magazzini e accedere direttamente ai computer - fu la proposta di Tadashi - In pochi ce la possiamo sbrigare in meno tempo e con un rischio minimo.”
Harlock taceva, soppesando le due possibilità.
“Entrare nella stazione è troppo pericoloso. Non sappiamo chi c'è lassù, non sappiamo com'è strutturata. E poi, le nostre facce sono troppo conosciute...”
“La mia forse ancora no” disse Mayu con voce esitante.
Harlock la fulminò con lo sguardo.
“Che cosa vorresti dire?” le chiese Yattaran.
“Che potrei andarci io. Me ne intendo abbastanza di computer...”
Il capitano la interruppe con un tono gelido, che non ammetteva repliche.
“Ne abbiamo già parlato, Mayu. E' fuori discussione. Faremo così: proveremo a violare il sistema informatico per qualche giorno, se non ci riusciamo ci inventeremo qualcos'altro. Yattaran, Yuki, Tadashi e Mayu, ci proverete ognuno per contro proprio, così moltiplichiamo le possibilità. E coinvolgiamo anche il computer centrale, ci ha già salvato la pelle in tante altre occasioni simili. Riorganizzeremo i turni di lavoro in modo che voi possiate dedicarvici a tempo pieno. Ah, naturalmente resteremo nascosti su Ombra di Morte.”
La riunione si sciolse e tutti uscirono. Tranne Mayu, che lo fissava imbronciata, mordendosi le labbra. Harlock la guardò alzando un sopracciglio con aria interrogativa.
“Perché non vuoi mai che faccia qualcosa come gli altri?” lo aggredì.
Il capitano, già teso di suo, perse subito la pazienza.
“Perché tu NON SEI come gli altri! Non hai esperienza in questo genere di cose, e non hai idea dei casini che potresti combinare! Credevo avessimo già chiarito questo punto. Avanti, sentiamo, che cosa avresti in mente di fare? Vuoi introdurti in un posto dove non sappiamo nemmeno se ci sono altri esseri umani e men che meno donne? Come pensi di passare inosservata, con quell'aspetto? E soprattutto credi che io ti lasci correre un rischio simile?”
“Il nostro patto era: nessun trattamento di favore, ricordi?”
“A parte il fatto che io non mando MAI nessuno dei miei uomini allo sbaraglio, qui non stiamo parlando di trattamenti di favore, ma di comportamenti sensati! Il tuo non è coraggio, è incoscienza bella e buona! Per non dire follia pura! E ora basta, la questione è chiusa e non voglio più sentirti fare certe proposte! Ah, un'ultima cosa: non ti fare illusioni, il Dipartimento avrà già provveduto a mettere il tuo bel visino insieme ai nostri, tra i ricercati. Quindi anche tu potresti essere riconosciuta esattamente come noi.”
Ma la ragazza diede un'altra prova della sua cocciutaggine.
“Quello è un posto dove ci saranno prevalentemente uomini, no?”
“O androidi, non possiamo saperlo.”
“Dove ci sono molti uomini di solito c'è un certo tipo di donne...”
Harlock cominciava a capire dove volesse andare a parare e non poteva credere alle sue orecchie.
“Potrei fingermi una di loro... una nuova. Nessuno ci farebbe caso se me ne andassi in giro per la stazione...”
“Dimmi che non stai parlando sul serio! Fammi capire: vuoi fingerti una donna... di malaffare per potertene andare in giro impunemente per la stazione? E pensi che te lo lasceranno fare? Pensi che quelli si comporteranno da signori e che nessuno si sentirà autorizzato a metterti le mani addosso, visto il tuo... mestiere? Dico, ti è andato di volta il cervello?”
“Ma potrebbe funzionare... magari potrebbe venire anche Yuki...”
“Oh sì, certo, mi sembra un'ottima idea! Così invece di una fuori di testa, dovremmo preoccuparci di recuperarne due! Ti ho detto che non se ne parla nemmeno! - la sua voce ormai assomigliava di più a un ruggito - Ti puoi scordare che ti lasci compiere una pazzia simile! Per di più basata su delle semplici illazioni, visto che non sappiamo assolutamente nulla di quella stazione!”
“Sei un maschilista! Pensi che solo voi uomini possiate fare certe cose con successo! E non ti fidi di me!”
“Ti garantisco che nessun uomo del mio equipaggio ha mai dovuto spacciarsi per una prostituta. Scherzi a parte, accidenti, Mayu, sei una ragazza intelligente, e ho speso un sacco di soldi per farti studiare, possibile che tu non capisca le mie ragioni? O piuttosto, non VUOI capirle? Su, basta litigare, è tardi, andiamo a letto” cercò di attirarla tra le sue braccia, ma lei si divincolò.
“No, me ne vado in camera mia.”
Uscì sbattendo la porta. Harlock sospirò. Si era illuso di fare pace in un altro modo. Ma era inutile prendersela con lei, in fondo quella soluzione gliel'aveva suggerita lui stesso. Ma forse non pensava che l'avrebbe mai fatto davvero. Era il loro primo vero litigio, da quando si erano ritrovati. E la sua la più classica delle vendette.
Era quasi sicuro che Mayu non avrebbe disubbidito. Quasi. Per precauzione, ordinò agli uomini del turno di guardia di impedire a chiunque di lasciare l'Arcadia e di sorvegliare soprattutto l'hangar con i lupi spaziali.
Tochiro, cerca di trovare in fretta quei dati,o tua figlia mi farà venire un infarto!

Il giorno dopo, molto presto, Yattaran, Yuki e Tadashi si misero al lavoro.
Harlock dopo qualche ora andò a trovarli. Non aveva riposato bene. Si stupiva lui stesso di quanto facilmente si fosse abituato a condividere i suoi spazi con un'altra persona, dopo anni di solitudine e isolamento. Tanto che dormire da solo quella notte gli era sembrato innaturale. Restò perplesso quando scoprì che Mayu non era lì insieme agli altri, e nessuno l'aveva vista. Ma lui credeva di sapere dove si trovasse. Andò da Tochiro.
La ragazza era lì, intenta a digitare qualcosa sul suo portatile e sulla tastiera del computer centrale. Era così assorta che non lo sentì arrivare alle sue spalle e trasalì quando lui le fece un buffetto sulla guancia. Era un gesto così inusuale e tenero che Mayu non poté fare a meno di sorridere. Harlock respirò sollevato. Evidentemente non era una di quelle donne che tengono il muso per giorni e giorni.
“Come va?” chiese con tono neutro, indicando con il mento i macchinari.
“Ancora niente... temo sarà durissima... Gli altri?”
“No, nulla. Ma in fondo avete appena cominciato. Dobbiamo essere fiduciosi. Intanto stiamo monitorando il flusso di mezzi che vanno e vengono dalla stazione. E' praticamente continuo. Mi domando a che cosa serva tutto quel minerale...”
“Pensi... che ci sia sotto qualcosa di grosso?”
“Non ne ho idea. Cioè... ne ho una, ma spero tanto di sbagliarmi!”
“Cioè?”
Lui esitò. Non ne aveva ancora messo a parte nessuno.
“Temo che qualcuno stia pianificando una guerra, un guerra distruttiva... e si stia portando avanti, estraendo quanto più laurium possibile per costruire rifugi, per proteggere la propria gente e i propri mezzi... ma è solo una mia ipotesi. Forse c'è dietro semplicemente un gigantesco giro d'affari.”
Mayu rabbrividì. Non ci aveva pensato.
“Ma... chi? Chi potrebbe avere interesse a fare una cosa simile? Ormai praticamente tutto l'universo conosciuto è sotto la Confederazione, i pianeti che ne sono fuori non interessano a nessuno perché non hanno niente di allettante da offrire, da molti anni non ci sono conflitti...”
“Appunto, da troppi anni... Lo so, in teoria non ci sono ragioni perché succeda... ma quante altre volte è accaduto? Da quando sono comparsi sulla scena del mondo, sembra che gli esseri umani siano incapaci di vivere in pace... Potrebbero esserci dei ribelli, una fazione contro l'altra, un partito contro l'altro... lo possiamo escludere?”
La ragazza tacque preoccupata.
Harlock quasi si pentì di aver parlato. Cercò di tranquillizzarla.
“In ogni caso, non ci riguarda. Noi dobbiamo solo pensare a mettere in sicurezza l'Arcadia e noi stessi, nient'altro. Buon lavoro. Ci vediamo più tardi.”
Tornandosene in sala comando, giurò a se stesso che questa volta non si sarebbe lasciato coinvolgere. Che si scannassero pure, quei pazzi! Non sarebbe certo stato lui a impedirglielo.

 

 

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Capitolo 15
*** L'arrembaggio ***


Trascorsero alcuni giorni, senza risultati, finché Mayu fece irruzione in sala comando sventolando dei fogli.
“Tochiro ce l'ha fatta! Ecco i piani organizzativi della prossima settimana!” gridò trionfante, nonostante il fiatone per la corsa fatta.
Harlock li prese in mano e li scorse velocemente.
“Bene! Lo sapevo che ce l'avreste fatta. Gli altri lo sanno?”
“Sì, sono passata prima da loro. Stanno venendo qui.”
Poco dopo infatti entrarono anche Yuki, Tadashi e Yattaran, visibilmente sollevati. Cominciavano a disperare di venirne a capo.
Il capitano mostrò i fogli al primo ufficiale.
“Tu sei in grado di individuare la nave che trasporta quello che ci serve. Dopodiché organizzeremo l'azione. Dobbiamo studiarla nei minimi particolari, perché temo che i sistemi di sicurezza saranno adeguati alla preziosità del carico.”
Yattaran studiò con attenzione i dati, chiuso nella sua stanza da lavoro, poi tornò a riferire.
Sarebbe bastato abbordare un unico cargo, perché trasportava rivestimenti di laurium sufficienti a soddisfare le loro esigenze. Nei piani era anche riportato, per loro fortuna, il numero di androidi armati, così sarebbe stato più agevole organizzare l'assalto. Il problema più grosso era trasportare tutto quel materiale dalla nave all'Arcadia in poco tempo, prima che qualcuno potesse intervenire. Harlock ci pensò a lungo e sottopose il suo piano agli altri, convocati nella sua cabina. Ancora? - pensarono tutti. Stava diventando un'abitudine!
“Questa è la mia idea. Seguiremo il cargo sempre nascosti su Ombra di Morte e, quando sarà sufficientemente lontano sia dalla stazione orbitante sia dalla sua destinazione, usciremo allo scoperto e saliremo a bordo usando le capsule. Neutralizzeremo gli androidi e, una volta preso il comando, guideremo il mezzo dentro Ombra di Morte, dove potremo prenderci il laurium con tutta calma. Poi lo distruggeremo. Nessuno deve scoprire il nostro segreto. Obiezioni?”
Per alcuni minuti tutti meditarono in silenzio. La prima a intervenire fu Yuki.
“Come possiamo essere sicuri che l'astronave non sia controllata a distanza e che quindi qualcuno venga in suo soccorso prima che riusciamo a trascinarla su Ombra di Morte?”
“Non ne siamo sicuri, infatti. Per questo dobbiamo scegliere con molta attenzione il punto dell'attacco e soprattutto dobbiamo essere estremamente rapidi nella prima parte dell'azione. Non dobbiamo lasciare loro il tempo di dare l'allarme. Altre osservazioni?”
In realtà, il piano, almeno sulla carta, era perfetto.
“Ci aggiorniamo domani per i particolari. Deve funzionare tutto come un orologio, non dobbiamo lasciare nulla al caso.”

Mayu non se ne andò in camera sua quella sera.
“Dimmi la verità, Harlock: quante possibilità di riuscita ci sono?”
“Ottime possibilità. Non è un'impresa molto diversa da migliaia di altre che abbiamo compiuto, anzi, ne abbiamo viste di peggio. L'unica differenza è la posta in gioco: non possiamo permetterci di fallire, perché non ci sono molte altre astronavi che trasportano il tipo di rivestimenti di laurium che ci occorre. Se non dovessimo riuscire al primo colpo, si diffonderebbe la notizia e addio effetto sorpresa per le prossime volte. Tutto qui.”
La ragazza annuì.
“Devi... devi andarci per forza anche tu?”
La guardò sorpreso.
“Certo che ci devo andare! Lo faccio sempre, e questa volta a maggior ragione. Perché questa domanda?”
Si strinse più forte a lui.
“Non so... questa volta ho un po' paura...” ammise con riluttanza. Avrebbe preferito mostrarsi più coraggiosa, ma l'insieme della situazione la angosciava.
“Non c'è ragione, tesoro. Andrà come tutte le altre volte. Tu piuttosto... - le sollevò il mento che due dita, costringendola a guardarlo in volto - prometti che farai quello che ti dico, non commetterai sciocchezze e non ti caccerai nei guai. Siamo un equipaggio, se uno è avventato mette in pericolo non soltanto se stesso, ma anche tutti gli altri...”
Mayu annuì.
“Se non vuoi farlo per te, fallo almeno per me... Promettimelo!”
“Te lo prometto, Harlock.”

Il giorno dopo, Harlock convocò tutto l'equipaggio, nessuno escluso. Anche il dottore e Masu dovevano sapere che cosa stava per accadere.
Il piano venne esposto nei minimi particolari. Il cargo da catturare sarebbe partito l'indomani. Conoscendo la sua rotta, lo avrebbero preceduto e atteso in un settore dove solitamente si trovava una fascia di asteroidi, in cui si sarebbero potuti mimetizzare con facilità. L'Arcadia era anche in grado di emettere onde che confondevano i radar nemici.
Gli uomini furono divisi in piccoli gruppi, ognuno con un compito ben preciso. A tutti furono consegnati un foglio con i dettagli e una piantina dell'astronave, dove erano contrassegnati i punti sensibili, in cui verosimilmente i sistemi di sicurezza sarebbero stati più difficili da neutralizzare. Il comando dell'Arcadia invece sarebbe rimasto affidato a Yuki e Mayu.
Le ore successive furono particolarmente frenetiche. Questo non era un assalto come tutti gli altri, ne andava dell'incolumità stessa della loro nave. E tutto doveva incastrarsi alla perfezione.
Mentre venivano controllate le tute spaziali e le armi, e Harlock metteva a punto con Yattaran e Tadashi gli ultimi particolari, Yuki illustrava a Mayu alcune specifiche tecniche dell'Arcadia. La ragazza si chiese se lo stesse facendo per una reale utilità o per distrarla da quanto stava avvenendo intorno a lei.
Arrivò il momento di entrare in azione. Il radar indicò che l'obiettivo si stava avvicinando al loro nascondiglio. L'effetto sorpresa era fondamentale. Gli uomini erano già pronti nelle capsule che sarebbero state lanciate contro il cargo. Prima di infilarsi il casco, Harlock si avvicinò a Mayu, che assisteva alla scena in disparte, la abbracciò e le diede un rapido bacio sulle labbra, poi le sorrise rassicurante ed entrò nella sua capsula. Era la prima volta che lo faceva in pubblico e la ragazza si rese conto che, se da un lato le faceva piacere, dall'altro aumentava la sua inquietudine, come se si fosse trattato di un addio. Non voleva nemmeno pensarci. Tornò in sala comando. Yuki si era accorta della sua agitazione e cercò di tranquillizzarla.
“Vieni, da qui possiamo vedere tutto e intervenire in caso di bisogno.”
“Non c'è motivo di essere preoccupati, il capitano sa sempre quello che fa” intervenne Mimeh.
“Sì, lo so... sono solo una sciocca.”
Dalla loro postazione poterono osservare le capsule incunearsi nel cargo, che proseguì la sua rotta come se nulla fosse.
“Buon segno - spiegava Yuki - vuol dire che non si sono ancora accorti di niente.”
Trascorse un tempo che a Mayu parve infinito, ma poteva essere anche stata solo mezz'ora, dopodiché la nave assalita cambiò direzione e puntò su Ombra di Morte.
“Ce l'hanno fatta!” esultò l'ufficiale in seconda, modificando a sua volta la direzione dell'Arcadia.
Sullo schermo comparve il viso di Harlock. La ragazza riprese a respirare normalmente.
“Tutto bene, capitano?” chiese Yuki.
“Sì, tutto bene. Abbiamo preso il comando della nave. Non ci sono feriti. Ritirate pure le capsule, restiamo a bordo finché non saremo dentro Ombra di Morte.”
“Ricevuto, capitano.”
Mayu batté le mani. Si sentì una stupida per aver dubitato della riuscita dell'impresa e per aver avuto tanta paura.
Quando il portellone di Ombra di Morte si fu chiuso dietro l'Arcadia, Yuki impostò la rotta in modo da allontanarsi il più in fretta possibile dal luogo dell'arrembaggio, poi le tre donne scesero per congratularsi con il resto dell'equipaggio. Mayu, senza il minimo ritegno, volò letteralmente tra le braccia di Harlock, che stava già dando disposizioni per i passi successivi.
Visto da vicino, il cargo era davvero enorme. Bisognava scaricare i rivestimenti di laurium il più in fretta possibile e poi distruggerlo. Nascosti nel finto asteroide, i rischi di essere scoperti erano pressoché nulli. Se anche la nave catturata avesse avuto un sistema di rilevamento di posizione, Ombra di Morte era dotata di dispositivi che avrebbero bloccato il segnale. Ma la prudenza non era comunque mai troppa.
Tutti salirono sull'Arcadia per togliersi le tute, prendere fiato e poi organizzare i lavori. Mayu seguì Harlock in cabina, tempestandolo di domande. Voleva sapere tutto nei minimi dettagli. Il capitano le raccontò che gli androidi armati evidentemente non si aspettavano un attacco e quindi, colti alla sprovvista, avevano opposto un resistenza poco efficace ed era stato relativamente semplice avere ragione di loro. Erano stati talmente rapidi che in sala comando non si erano accorti di nulla finché un gruppo di loro, guidati da Tadashi, aveva fatto irruzione e aveva reso inoffensivi i piloti, anch'essi robot. Un altro manipolo di uomini, con lui e Yattaran, si erano diretti nella grande stiva, per verificare che vi si trovasse ciò di cui avevano bisogno. Era abbastanza sicuro che nessuno avesse avuto tempo di dare l'allarme e quindi era probabile che per alcune ore nessuno nel luogo di destinazione si sarebbe reso conto di quanto era accaduto. Insomma, era andato tutto bene.
Mayu lo osservò con attenzione.
“Non sembri tanto convinto, però...”
Harlock strinse le labbra.
“Non so... mi sembra... è stato troppo facile...”
“Perché? Avevi pianificato tutto, e poi l'avevi detto tu stesso, che sarebbe stato un lavoro di routine. Che cosa sospetti?”
“Non lo so... potrebbe essere un'esca... una trappola. Anche se abbiamo scannerizzato la nave e non abbiamo rilevato nulla di anomalo, né microspie né ordigni nascosti... No, sono solo mie paranoie. Nessuno poteva sapere che avremmo assalito proprio quel cargo, tra centinaia che vanno e vengono ogni giorno, quindi...”
“Io invece sono preoccupata per un'altra cosa... Rivestire tutta l'Arcadia con quella roba sarà un lavoro immane... e se non servisse a niente? Come facciamo a sapere che ci proteggerà realmente dall'arma del Dipartimento?”
“Sì, ci avevo pensato anch'io. Temo che dovremo rischiare...”
Mayu rifletteva, con la fronte aggrottata e un'espressione che gli ricordò tanto il suo vecchio amico.
“Non possiamo cominciare a rivestire un mezzo più piccolo, una navetta, un lupo spaziale? Sì, ma poi cosa facciamo? Lo lanciamo contro la nave del Dipartimento e vediamo se lo incenerisce? E l'Arcadia intanto dove si nasconde? … Dov'è la carta con tutti i pianeti? Quel pezzo da museo che consulti sempre?”
“E' lì, sulla scrivania” la indicò lui con aria offesa.
Harlock certe volte era proprio vintage! Pur di non usare personalmente computer o altre diavolerie informatiche, come le chiamava lui, si ostinava a tenere quella vecchia mappa con i pianeti e le rotte conosciute, come il comandante di un galeone del XVII secolo! Mayu aprì con impazienza il grande foglio sgualcito.
“Non c'è qualche pianeta con atmosfera radioattiva? Possiamo fare un test con quello, no? Potrebbe essere una soluzione!”
“Sì, è una buona idea. In teoria. Ma non quanto sia realizzabile. Spesso dove ci sono forti radiazioni ci sono anche temperature altissime e nessun mezzo in nostro possesso può resistervi... Ma ne parleremo con Yattaran. Anzi, accompagnami a controllare le operazioni di scarico.”
Gli uomini avevano già cominciato a trasportare, con i carrelli elevatori, i grandi pannelli di laurium dalla stiva del cargo all'officina di Ombra di Morte, dove sarebbero stati preparati prima del montaggio.
Aveva ragione Mayu: sarebbe stato un lavoro titanico, ora che lo vedeva con i suoi occhi se ne rendeva pienamente conto. E, soprattutto, senza la certezza assoluta del risultato. Un test preventivo non sarebbe stato affatto fuori luogo... anche se complicato.
Notò perplesso che anche alcuni androidi della nave catturata stavano collaborando alle operazioni. Cercò Yattaran, impegnato nel suo ruolo di coordinatore, e li indicò con il pollice.
“E quelli?”
“Abbiamo bisogno di più braccia possibili. Sono riuscito a riprogrammare quelli non danneggiati per darci una mano. Ho sbagliato?”
Harlock sorrise. Il suo primo ufficiale era davvero un tipo pieno di risorse.
“No, certo che no. Senti, Mayu dovrebbe dirti una cosa...”
La ragazza espose all'uomo quanto aveva detto poco prima al capitano. Yattaran annuiva pensieroso.
“Si può provare. Sì, perché no? Dobbiamo solo trovare il luogo adatto...”
“Lo troveremo!” esclamò Mayu con entusiasmo.
Harlock si mise in contatto con Yuki in sala comando.
“Tutto tranquillo là fuori?”
“Sì, capitano, nessuno ci sta seguendo.”
“Bene. Tenete gli occhi aperti, comunque, e segnalatemi la minima anomalia.”
Volse di nuovo lo sguardo verso la sagoma scura e vagamente minacciosa del cargo. E sentì l'irrefrenabile impulso di entrarvi un'altra volta, senza spiegarsi il perché. Salì la rampa e percorse un tratto del corridoio di accesso, avanzando lungo le pareti, per non intralciare uomini e mezzi che stavano lavorando.
Non si accorse di essere seguito finché non si fu inoltrato in una parte della nave lontana dalla stiva, deserta e silenziosa. Si voltò di scatto sfoderando d'istinto la pistola laser. Una sagoma esile si fermò di colpo.
“Mayu! Ma sei matta? Perché mi sei venuta dietro senza dirmelo? Potevo spararti!”
“E che ne sapevo che hai il grilletto così facile? Qui siamo al sicuro, no? Ti ho seguito di nascosto perché sono certa che se te l'avessi chiesto mi avresti detto di no!”
Harlock rimise l'arma nel fodero. Si rendeva conto di essere troppo nervoso.
“Tu mi farai morire giovane!”
Giovane ormai direi di no...!”
“Ma … che impertinente!”
“Posso sapere dove stiamo andando?” gli chiese la ragazza mettendosi a camminare al suo fianco.
“Voglio dare un'altra occhiata a questo posto...”
“Continui a pensare che nasconda qualche minaccia?”
“Mai sentito parlare della storia del cavallo di Troia?”
“Sì, me l'avevi raccontata tu. Ma... se fosse così, non dovremmo venire qui da soli!”
Lui non rispose. Continuava a saettare lo sguardo in ogni direzione, ogni tanto apriva qualche porta. Ma ovunque regnavano semioscurità e silenzio. Dopo un po' cominciarono a trovare, per lo più buttati a terra, gli androidi che avevano dovuto abbattere. Vuote carcasse di metallo, a volte senza un braccio o una gamba, o addirittura la testa. La ragazza era un po' turbata. Harlock se ne accorse.
“Sono soltanto macchine, Mayu. Robot. Non diversi da un computer o un elettrodomestico.”
“Sei sicuro?”
“Sicuro.”
Mayu non fece ulteriori commenti. Arrivarono alla sala comando, disseminata anch'essa da robot privi di “vita”. Tutti i macchinari, i dispositivi, le consolle erano spenti. Non sembrava esserci nulla di anomalo. Harlock non si era preoccupato di informarsi dove fosse diretto il cargo, non l'aveva ritenuto importante. Ma invece forse saperlo avrebbe potuto aiutarli a capire a che cosa servisse tutto quel laurium e a chi... Avrebbero potuto andare a vedere che cosa ne stavano facendo... No, aveva deciso di starne fuori. Non era affare loro.
Fissò i computer disattivati. E di colpo cambiò idea.
“Possiamo vedere quello che c'è là dentro?”
“Sì, credo di sì. Posso tornare qua più tardi... C'è qualcosa in particolare che vuoi sapere?”
“Tutto” rispose Harlock asciutto, voltandosi per uscire e imboccare di nuovo il corridoio.
Mayu gli trotterellò dietro. Dopo qualche minuto di silenzio, la ragazza sfiorò la pistola che pendeva al fianco del capitano.
“Che c'è?”
“Credo che dovrei imparare a usare quell'arnese. Anche se so che non mi lascerai mai partecipare a qualche azione, credo però sia utile che io sappia almeno difendermi in caso di necessità.”
Harlock non ci aveva mai pensato.
“Mi sembra giusto. Ti insegnerò io stesso. Basta che non chiami più la mia fedele pistola arnese! Per oggi direi che mi hai insultato abbastanza.”
Ti insegnerò io, così sarò sicuro che imparerai solo lo stretto necessario e non farai colpi di testa.

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Capitolo 16
*** La proposta ***


Ci vollero diverse ore per trasportare tutti i pannelli di laurium nell'officina di Ombra di Morte. Mayu era tornata sul cargo per scaricare il contenuto dei computer di bordo. Visto che Harlock era impegnato, aveva chiesto a Tadashi di accompagnarla. L'atmosfera era piuttosto inquietante là dentro. Il giovane l'aveva accontentata. Da quando aveva saputo del suo nuovo legame con il capitano, si era reso conto che non riusciva più a trattarla come prima. Non la vedeva più come una sorella minore o una piccola amica con cui ridere e scherzare, da prendere in giro e strapazzare. E un po' gli dispiaceva, perché invece l'atteggiamento di Mayu verso di lui non era cambiato... ma non sapeva come fare. Forse doveva soltanto abituarsi all'idea. Non sarebbe stato facile. Quando gliel'avevano detto, aveva pensato a uno scherzo, e anche di pessimo gusto.
Quando si fu verificato che sulla nave catturata non vi era più nulla che potesse servire, fu programmata con il pilota automatico, in modo che si allontanasse da Ombra di Morte abbastanza da non fare danni, e infine disintegrata dai cannoni pulsar dell'Arcadia. Nessuno avrebbe mai saputo cosa le fosse successo. I timori di Harlock si rivelarono insomma infondati.
Quanto all'idea di Mayu di sperimentare prima la protezione con un mezzo più piccolo, se ne discusse a lungo. Ma alla fine non fu trovato il luogo adatto dove effettuare il test.
“Per essere affidabile - sentenziò Yattaran - la prova deve avvenire esattamente con quell'arma, con quella forma di energia. Altrimenti non sapremo mai se il laurium è davvero efficace.”
“Quindi, che cosa suggerisci?”
Il primo ufficiale stava per rispondere a Mayu, quando Harlock, che solitamente ascoltava senza interrompere, intervenne.
“Faremo così: per il momento proteggeremo con il laurium soltanto le parti vitali della nave e, sì, anche un paio di lupi spaziali. Poi li metteremo alla prova alla prima occasione... quando incontreremo di nuovo Irita e la sua astronave maledetta.”
La ragazza impallidì.
“Ma... questo significa andare allo sbaraglio... sfidare la sorte, senza sapere se funzionerà. In pratica, una specie di suicidio.”
“Non credo ci siano alternative. E poi non andiamo allo sbaraglio. Mi fido di voi e di Tochiro. Cominciamo subito i lavori e cerchiamo di concluderli il prima possibile.”
Quando rimasero soli, Mayu guardò il capitano con occhi sgomenti.
“Tu vuoi andare a cercare deliberatamente la nave del Dipartimento, vero?”
Quella ragazza stava diventando pericolosa, ormai gli leggeva praticamente nel pensiero! Era inutile mentire. E poi non rientrava nel suo modo di essere.
“Sì, è così” ammise laconico.
“Non puoi parlare sul serio. Ma... perché? Perché provocarli?”
“Primo, perché è l'unico modo per sapere se il laurium funziona o no, ed è meglio quindi scegliere noi di attaccare la nave, piuttosto che essere colti di sorpresa come l'ultima volta. Secondo... perché avevo già deciso di cercare quella nave... e di distruggerla.”
Mayu scosse la testa con aria sconsolata.
“Non capisco...”
“Non voglio che quell'arma venga usata contro qualcun altro, oltre a noi. Magari contro qualche popolazione inerme, donne, vecchi, bambini...”
“Ma... non sarà l'unica in circolazione! Sicuramente ne hanno attrezzate altre!”
“Sì, è possibile. Ma sarà comunque un danno pesante per il Dipartimento.”
“E non hai pensato che la distruzione della nave potrebbe provocare delle radiazioni pericolose?”
“Certo che c'ho pensato. Studieremo il modo. La attireremo in una zona dello spazio disabitata...”
“Tu... tu ce l'hai con quel tipo! Vuoi vendicarti di Irita! Non è da te, Harlock! Non avrei dovuto raccontarti niente!”
“Diciamo che ci sono parecchie ragioni per fare quello che ho deciso, anche personali. Quell'uomo è un verme... se l'è presa con te quando eri sola e indifesa, ti ha fatto del male, per colpire me... non c'è onore in questo, e io non posso perdonarlo.”
“Nessuno ti chiede di farlo. Basta che lo lasci perdere. Il passato è passato, adesso io sono qui con te, e sono la donna più felice dell'universo. Che t'importa di lui?”
Ma sapeva che erano parole inutili. Nessuno, che lei sapesse, aveva mai distolto Harlock dai suoi propositi.

I lavori cominciarono immediatamente. C'erano diversi problemi tecnici da affrontare: tagliare i pannelli di laurium in varie misure, a seconda della destinazione, studiare il modo di fissarli in modo sicuro, e infine decidere le parti dell'Arcadia da rivestire, in modo però che non si distinguessero dal resto della nave. I nemici non dovevano sospettare che loro si fossero procurati quel minerale.
Esaminando i piani di volo del cargo e i dati copiati da Mayu, Harlock scoprì che la destinazione era una piccola luna artificiale non lontana dalla Terra, indicata con la sigla C1 - P8*. Che però sulla sua famosa mappa non c'era. Forse era stata costruita più di recente. Ma anche Yuki, inserendo le coordinate nel computer, non riuscì a trovarla. Esattamente come la stazione orbitante vicino a Nastrond. La vicenda puzzava sempre di più. Decise che, conclusi i lavori, sarebbero andati a dare un'occhiata. Magari da quelle parti avrebbero incrociato la nave del Dipartimento. Per il momento, però, non disse nulla a nessuno, nemmeno a Mayu.
Come le aveva promesso, nei ritagli di tempo le insegnava a usare la pistola laser. Sull'Arcadia, nel magazzino dove erano custodite le armi c'era uno spazio adibito a poligono di tiro. La ragazza imparò in fretta. Troppo in fretta. E dimostrò anche di avere un'ottima mira. Non c'è che dire, ha proprio la stoffa del fuorilegge, commentò tra sé il capitano, non senza una certa inquietudine.

C'era un altro proposito che Harlock intendeva portare a termine. Ci pensava da un po'. Forse non era proprio il momento più adatto. Ma c'era mai un momento veramente adatto per dei pirati?
Una sera, rientrando in camera, Mayu trovò la tavola apparecchiata con argenteria e calici di cristallo che non aveva mai visto, una tovaglia ricamata e candelabri accesi.
Harlock era già seduto a un capo del tavolo.
“Festeggiamo qualcosa?” chiese stupita.
“Noi” fu la sibillina risposta.
Mayu indicò la sua tuta sporca di grasso. Anche lei dava una mano in officina.
“Dammi qualche minuto per sistemarmi...”
“Tutto il tempo che vuoi. Non abbiamo altri impegni. Quando sei pronta faccio portare la cena.”
La ragazza si presentò con un look adeguato alla circostanza. Anche se non aveva ancora capito di che cosa si trattasse. La serata non fu diversa dalle altre, scenografia a parte. Ma, dopo il dolce, Harlock le mise davanti una piccola scatola blu.“Che cos'è?”
“Aprila.”
Mayu sollevò il coperchio e restò senza parole, più ancora di quando aveva aperto il suo regalo di laurea: sul fondo di velluto brillava un anello con uno smeraldo a forma di goccia, contornato su un lato da piccoli brillanti. L'oro della montatura era leggermente brunito. Guardò Harlock con aria interrogativa.
“Mettilo.”
O glielo devo mettere io? Non mi ricordo come ci si comporta in questi casi.
Mayu se lo infilò all'anulare sinistro. La mano le tremava leggermente, senza sapere perché.
“Che cosa significa?” chiese alla fine con voce esitante. In realtà, la situazione era piuttosto chiara. Ma lei intuiva che quello era qualcosa di più di un semplice anello di fidanzamento.
“Questo anello appartiene alla mia famiglia da generazioni. Quando finii l'Accademia, mia madre me lo diede, dicendomi di metterlo soltanto al dito della donna con cui avessi desiderato trascorrere il resto della mia vita.”
“E tu lo desti a lei...”
“Sì - la sua voce si incrinò quasi impercettibilmente - E quando Maya … se ne andò, ebbi la tentazione di lasciarglielo, ma poi... pensai che era l'unico ricordo di mia madre che mi restava, e lo ripresi. Ma l'ho tenuto chiuso in quella scatola da allora, non l'ho più toccato. Ero certo che non mi sarebbe mai più servito... Adesso voglio che ce l'abbia tu.”
“Perché?” chiese lei, pentendosi subito dopo della stupidità della domanda.
“Voglio sposarti, Mayu.”

Non avrebbe saputo dire, dopo, se fu per l'imbarazzo, la sorpresa o l'emozione, ma la ragazza non seppe controllarsi e scoppiò a ridere. Harlock naturalmente si risentì. Si aspettava una reazione del tutto diversa. Chi le capisce, le donne?
“Beh, che cosa c'è da ridere? Guarda che sto parlando sul serio!”
Mayu cercò di calmarsi.
“Scusami... davvero, scusami tanto! Non volevo offenderti, perdonami! E' che... non riesco proprio a mettere in relazione te, un anarchico, un fuorilegge, uno spirito libero, con un'istituzione così tradizionale, regolare, borghese, una specie di gabbia, insomma, come il matrimonio!”
“E perché mai? I tuoi genitori erano come me, e ti posso assicurare che erano sposatissimi!”
“Se vuoi soltanto fare di me una donna onesta, non ti preoccupare. Non siamo più nel 1800 da un pezzo!”
“Smettila! Niente di tutto questo. Voglio farlo... perché lo ritengo il naturale sviluppo del nostro rapporto, la logica conclusione. Che poi sarà un punto di partenza, in realtà. E, contrariamente a quello che puoi pensare di me, io non considero il matrimonio una gabbia, anzi, lo vedo come una meravigliosa avventura...e molto più anticonformista di tante altre scelte. Che ti piaccia o no, le cose stanno così.”
La ragazza ritornò seria.
“Perdonami... è che proprio non me l'aspettavo. Non così presto, perlomeno...”
Harlock sospirò.
“Tesoro, tu sei giovane, ma io non tanto... non ho tempo da perdere. E ora, cerchiamo di ricreare l'atmosfera che tu hai così inopportunamente disintegrato...”
La spiazzò una volta di più. Si inginocchiò davanti a lei e le prese la mano con l'anello. Assunse un tono solenne.
“Mayu, vuoi passare il resto della tua vita con un vecchio pirata disadattato, misantropo, scontroso, lunatico, taciturno, senza fissa dimora...”
Lei scivolò in ginocchio davanti a lui e gli posò la mano libera sul viso.
“... e generoso, idealista, passionale, coraggioso, leale e terribilmente affascinante? Certo che lo voglio! Non sono mica stupida!”
La strinse tra le braccia, affondando il volto nell'incavo della sua spalla. Continuava a chiedersi perché una ragazza così speciale volesse proprio lui. Ma non ebbe troppo tempo per riflettere, perché lei cercò con prepotenza le sue labbra e l'urgenza della passione annullò qualsiasi pensiero.

“Quanto tempo pensi ti ci vorrà per organizzare il tutto?” le chiese accarezzandole i capelli sparsi sulla schiena.
Mi ci vorrà? Significa che tu non intendi occupartene?”
“Beh, non sono molto esperto in queste cose...”
“Ah, io invece... Non sono mai nemmeno stata invitata a un matrimonio!”
“Ma sei una donna... voi ce l'avete nel sangue...”
“Mmmh... sarà. Comunque non saprei, ci devo pensare... tenendo conto che non dobbiamo cercare casa né arredarla... in pratica bisogna organizzare soltanto la cerimonia e il ricevimento. E non dobbiamo nemmeno preoccuparci degli inviti. Almeno, non so tu, ma io non devo invitare nessuno. Un mese? Magari meno, non ne ho proprio idea.”
“Va bene, non c'è fretta. Io ci tenevo a darti quell'anello adesso, ma possiamo procedere con calma. Anzi, vorrei prima risolvere la questione del laurium...”
“Mi pare giusto. Ma... che tipo di cerimonia faremo? Chi sarà l'officiante?”
“Su una nave di solito è il capitano. In sua assenza, il primo ufficiale.”
Mayu sorrise pensando a Yattaran in versione “pubblico ufficiale”.
“Ma... scusa, il matrimonio di due fuorilegge è riconosciuto dalla legge? Occorreranno dei documenti, come ce li procuriamo?”
Harlock si stava divertendo. La giostra si era messa in moto...
“Hai paura che ti abbia proposto un matrimonio non valido? Non ti preoccupare, ho le mie risorse. Come credi che abbia fatto quando sono diventato il tuo tutore? E quando ho fatto testamento?”
“Testamento?!?”
“Sì, cara, tu sarai la mia erede comunque, anche se non mi sposi. Quindi, tra parentesi, se vuoi cambiare idea, sei ancora in tempo. Ho un amico che si occupa di queste cose. E ti garantisco che i documenti sono validissimi!”
“D'accordo, capitano, mi hai convinto. Se scopro che mi hai preso in giro, però, metterò in pratica le tue lezioni di tiro al bersaglio sui tuoi gioielli di famiglia, e non mi riferisco all'anello!”

 

 

 

 

 

 

 

* Piccolo omaggio al simpatico robotino di “Guerre stellari”.

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Capitolo 17
*** Xelas ***


Dopo alcune settimane, i lavori erano praticamente conclusi. Erano state rivestite due navette da combattimento e quelle che erano state giudicate da Yattaran e Maji le parti più sensibili dell'Arcadia.
Harlock ordinò di lasciare Ombra di Morte e di fare rotta verso la Terra, o, meglio, verso la piccola luna misteriosa. Senza dare ulteriori spiegazioni. Tutti restarono perplessi. Avvicinarsi così tanto alla Terra significava probabilmente finire dritti nelle braccia di Irita. Solo Mayu sapeva che cosa aveva in mente il capitano. Ed era molto preoccupata, ma non poteva parlarne con nessuno. Era sicura che lui non l'avrebbe presa bene, e soprattutto che sarebbe stato inutile.
Il viaggio durò parecchi giorni. L'Arcadia procedeva spavaldamente, Harlock questa volta non faceva nulla per passare inosservato, anzi, sceglieva apposta le rotte più battute, nel vano intento, non dichiarato dal capitano, di imbattersi nella nave del Dipartimento.
Raggiunsero il sistema solare senza intoppi e individuarono abbastanza facilmente la luna artificiale. Nonostante non fosse segnata sulle mappe stellari, era in bella vista, piazzata tra la Terra e Marte. Astronavi di ogni dimensione andavano e venivano indisturbate. Osservandole a debita distanza, ingrandite sullo schermo, si resero conto che recavano tutte il simbolo del Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale. E il cargo con il laurium era diretto lì... Che cosa se ne faceva il Dipartimento di tutto quel minerale? Dovevano scoprirlo. Ma la cosa più importante ora era trovare la nave di Irita e distruggerla.
Harlock si decise quindi a rivelare i suoi piani all'equipaggio. Che non commentò, come al solito.
Yattaran ,di sua iniziativa, si mise a studiare il sistema per disintegrare la nave nemica senza il rischio di una contaminazione nucleare. La soluzione che propose era davvero azzardata. Ne parlò prima con Mayu e Yuki.
“Il modo più sicuro per liberarsi definitivamente di lei senza pericoli per nessuno sarebbe spedirla in un buco nero... Sono abbastanza certo che all'interno della nebulosa Clessidra ce ne sia uno bello grosso.”
“Ma … è rischiosissimo avvicinarsi a un buco nero!” esclamarono quasi all'unisono le due ragazze.
“Lo so... ma non dobbiamo andarci noi, solo fare in modo che ci finisca l'astronave di Irita.”
“E poi non sappiamo che cosa c'è davvero in quella nebulosa...” aggiunse Yuki.
Mayu sgranò gli occhi.
“Ma voi... ci siete stati,no? Harlock mi ha raccontato tutto. Avete sconfitto quell'essere...”
Yattaran e Yuki si guardarono. Evidentemente il capitano non aveva rivelato niente nemmeno a lei.
“Noi no. Ci è stato Harlock. Da solo. Ma non sappiamo che cosa sia successo in realtà laggiù. Lui non ce lo ha mai detto, Mayu.”
La ragazza era molto perplessa. Era abbastanza tipico di Harlock non vantarsi delle proprie imprese, ma stavolta forse aveva esagerato.
Yattaran riportò l'attenzione sul problema.
“Bisogna trovare il modo di programmare la nave in modo che entri nella nebulosa...”
“E se non c'è nessun buco nero? Oppure c'è, ma non riesce a raggiungerlo?”
“Lo so lo so, sono consapevole dei rischi, per chi mi avete preso? Lasciatemi il tempo di studiare la questione. Ma non dite niente al capitano, per il momento, mi raccomando!”
Mayu dovette fare un notevole sforzo per trattenere la sua curiosità e chiedere ad Harlock della sua avventura nella nebulosa Clessidra. Si chiedeva come mai non ne avesse parlato nemmeno con lei, dopo tutti quegli anni.
Rimasero nei paraggi di C1 - P8 per alcuni giorni, nella speranza che prima o poi Irita comparisse. Tutto erano timorosi, e nello stesso tempo ansiosi, di scoprire se il laurium fosse davvero efficace contro l'arma del Dipartimento.
Ma non succedeva nulla e il capitano cominciava a innervosirsi. Si risolse allora a cambiare tattica e passare alla provocazione. Diede ordine di attaccare alcune astronavi che lasciavano o raggiungevano la piccola luna, con azioni di disturbo, non distruttive, giusto per attirare l'attenzione. Alcune di queste rispondevano al fuoco, ma nessuna era equipaggiata per tenere testa all'Arcadia, per cui battevano in ritirata piuttosto rapidamente e si rifugiavano subito su C1 - P8. Lo scopo di Harlock era che qualcuno prima o poi si decidesse a segnalare la loro presenza a Irita.

Un giorno il capitano prese una decisione destinata ad aprire nuovi inquietanti scenari. Vide sul monitor una piccola nave senza nessuna insegna lasciare la luna e, senza sapere bene nemmeno lui perché, invece di sparare, ordinò un arrembaggio. A bordo vi erano pochissimi uomini, che furono ridotti all'impotenza senza difficoltà. Harlock cercò di capire di che tipo di mezzo si trattasse. Non era una nave da guerra né addetta al trasporto di truppe o merci, viste le dimensioni ridotte. E poi non aveva insegne come le altre. L'equipaggio non collaborò minimamente e il capitano con i suoi stava per andarsene, quando gli parve di sentire dei colpi ripetuti e delle grida, un po' ovattati. Stettero in ascolto: non si sbagliavano, qualcuno stava chiamando aiuto. Ad Harlock non sfuggì l'occhiata preoccupata che si scambiarono gli uomini dell'equipaggio e ciò aumentò i suoi sospetti. Cercarono per un po', seguendo la voce, finché trovarono da dove proveniva.
“Sono Harlock, capitano della nave Arcadia. Lei chi è?” chiese per precauzione.
“Sono Xelas Riento del pianeta Pangea. Sono un prigioniero politico. Sono destinato a una delle colonie penali del Dipartimento.”
Interessante.
“Si allontani dalla porta. Cerchiamo di tirarla fuori di lì.”
Sparò diversi colpi con la pistola laser e la porta cedette. Nella piccola stanza, praticamente una cella, vi era un uomo di mezza età, dall'aspetto molto distinto, con i capelli e la barba brizzolati, vestito in modo sobrio ma elegante, non con la divisa dei carcerati. Aveva l'aria di essere un dignitario o un diplomatico. Harlock sapeva che gli abitanti di quel pianeta discendevano da antichi coloni terrestri.
“Sta bene?” domandò.
“Sì, grazie. E' il Cielo che vi manda, capitano. Devo assolutamente parlarvi.”
“Non qui. Avremo modo di farlo con calma sull'Arcadia. Ora andiamocene.”
Harlock con i suoi uomini e Xelas lasciarono l'astronave, dopo aver rinchiuso l'equipaggio in un piccolo magazzino, giusto per guadagnare un po' di tempo. Perché era evidente che quel prigioniero scottava e questa volta il capitano era certo che Irita sarebbe stato informato della sua azione. Ma adesso non aveva più tanta fretta di affrontarlo. Voleva prima saperne di più. Come spesso in questi casi, aveva agito d'istinto e aveva scartato subito la possibilità che Xelas fosse in realtà una spia o comunque un nemico.
Sull'Arcadia, Xelas fu visitato dal dottor Zero, per scrupolo, anche se lui continuava a ripetere che non era necessario. Poi Harlock lo invitò nella sua cabina a mangiare e bere qualcosa, insieme a Mayu, Yuki, Yattaran e Tadashi.
“Di che cosa voleva parlarmi?” gli chiese quando l'ospite si fu rifocillato.
“Innanzitutto grazie per avermi accolto a bordo.”
“Lasci stare i ringraziamenti, non è il caso...”
Xelas si rabbuiò.
“Capitano, stanno accadendo fatti molto gravi. Conoscete il direttore del Dipartimento per la quiete spaziale, Irita, immagino...”
“Purtroppo sì.”
“Beh, da qualche tempo si è messo a capo di una... possiamo chiamarla congiura, rivolta, ribellione... In pratica, si è alleato con alcuni pianeti della Confederazione, tra cui il mio, per rovesciare lo status quo e instaurare un nuovo governo. E per raggiungere questo scopo scateneranno a breve una guerra terribile... perché il Dipartimento, con la scusa ufficiale di chiudere una volta per tutte i conti con lei, capitano, ha fatto in modo di procurarsi una nuova arma, un'arma davvero distruttiva...”
“Lo sappiamo - lo interruppe Harlock - abbiamo avuto modo di sperimentarla di persona. Ci siamo salvati per miracolo.”
“Ecco, allora potete immaginare che cosa succederebbe se venisse usata contro popolazioni inermi. In più, stanno estraendo in esclusiva l'unico minerale in grado di proteggere persone e cose da questa forma di energia...”
“Sì, sappiamo anche questo... Ma lei, che cosa c'entra in tutto questo? Se Pangea è alleato di Irita, perché lei è stato imprigionato?”
“Alcuni membri del governo non sono d'accordo con questa follia, ma non possono uscire allo scoperto. Io faccio parte dei servizi segreti e sono stato inviato da loro, ufficialmente per collaborare, in realtà per procurarmi più informazioni possibili e poter studiare delle contromisure. Ma sono stato scoperto, purtroppo. Sono stato ingenuo, ho dato fiducia a un giovane ufficiale che si fingeva dalla mia parte, e invece era uno stretto collaboratore di Irita. Non credo che mi avrebbero lasciato vivere a lungo, là dove mi stavano portando. Ma adesso che vi ho incontrato, insieme possiamo fare qualcosa...”
Harlock taceva accigliato. Le sue peggiori paure si stavano rivelando fondate.
“Vede, Xelas, purtroppo lo scenario di cui lei sta parlando era esattamente ciò che temevo. Ma questa volta io non voglio entrarci... se gli abitanti di questo universo sono incapaci di vivere in pace, io non posso farci nulla. Per quanto mi riguarda, possono continuare ad ammazzarsi a vicenda, non sarò certo io a oppormi...”
L'uomo scosse la testa sconsolato. Anche gli altri astanti erano perplessi. Non era da lui parlare così. Non dall'Harlock che loro conoscevano. Anche se, in effetti, in passato non gli era stata dimostrata molta gratitudine da parte di tanti che aveva aiutato...
“Lei non capisce, capitano. Se scoppierà questa guerra, nell'universo non ci sarà più un posto dove stare, nemmeno per lei e il suo equipaggio...”
“Per pura coincidenza, io avevo già deciso di fermare Irita e di distruggere la sua nave e la sua arma maledetta, e così farò. Al resto dovrete pensare voi...”
Xelas si illuminò.
“Neutralizzare Irita sarebbe già molto. Senza di lui, sono sicuro che la congiura imploderà da sola.”
“Sicuramente gli uomini che la tenevano prigioniero lo avvertiranno presto della sua fuga, e soprattutto del fatto che è opera nostra. Questo, spero, lo indurrà ad attaccarci. E noi saremo pronti ad accoglierlo.”
“Ma … la sua arma... l'avete scampata una volta, ma sarebbe troppo rischioso affrontarlo senza misure adeguate...”
Harlock sorrise. Ma decise di non mettere a parte il suo nuovo alleato del loro segreto riguardo al laurium. Non subito, perlomeno. Sentiva istintivamente che poteva fidarsi di lui, ma era sempre meglio essere prudenti.
“Questa volta siamo pronti, Xelas. E ora le faccio preparare una cabina. Dovrà accontentarsi, qui non siamo molto raffinati...”
Riuscì così a sviare elegantemente la curiosità dell'ospite.
Quando tutti se ne furono andati, Mayu, come spesso a fine giornata, andò a sedersi sulle sue ginocchia. Harlock non era del tutto a suo agio così, perché la situazione lo riportava un po' troppo indietro nel tempo, quando lei lo faceva da bambina. Ma la ragazza sembrava così affezionata a quel rituale che non ebbe mai il cuore di dirglielo.
“Ti fidi di lui?” gli chiese.
“Sì. A istinto Xelas mi piace.”
“Però non gli hai detto del laurium...”
“Fidarsi non significa scoprire subito le proprie carte. E' una piccola lezione che ho imparato lungo la strada.”
“Avevi visto giusto.”
“Su che cosa?”
“Su tutto. Sul laurium, sul perché ne stavano estraendo così tanto, sulla possibilità di una guerra...”
“Già. Purtroppo.”
“Davvero non vuoi fare nulla questa volta?”
Harlock ebbe un sorriso amaro.
“Perché dovrei? A che cosa servirebbe? E io che cosa ci ho ricavato in passato? Non mi hanno nemmeno mai lasciato in pace! Ho difeso la Terra dall'invasione delle Mazoniane perché ci vivevi tu... ora tu sei qui e io non ho più nessun legame con niente e con nessuno. Ho detto che fermerò Irita e lo farò. Nient'altro.”
Mayu taceva. Come non comprendere il suo risentimento?
“Ma … potrebbero andarcene di mezzo degli innocenti...”
“Tesoro, temo che tu mi stia sopravvalutando. Siamo soltanto un manipolo di pirati. Non supereroi. Probabilmente ha ragione Xelas, senza Irita la ribellione non andrà lontano. Ma non è detto. Comunque, chi vuole opporsi a questa congiura ha tutti i mezzi per farlo. Non saremo noi a fare la differenza. E ora, se non ti dispiace, vorrei andarmene a dormire.”
La ragazza si alzò di malavoglia. Ma non era per niente convinta. Si avvicinò alla vetrata, persa nei suoi ricordi.
“Contro Raflesia l'avete fatta la differenza, eccome! Se non fosse stato per voi...”
“Fortuna, cara, pura e semplice fortuna. E forse anche un pizzico di incoscienza, ma del resto eravamo tutti più giovani...” replicò Harlock sbadigliando con ostentazione.
“Ma quale fortuna? Che cosa stai dicendo? Avete tenuto testa da soli a un esercito sterminato e agguerritissimo, e alla fine anche Raflesia ha dovuto abbassare le penne e mollare la presa, e tu...”
Mayu si voltò insospettita dall'improvviso silenzio. Lui si era già infilato sotto le coperte, girato dall'altra parte, e sembrava essersi profondamente addormentato.

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Capitolo 18
*** La resa dei conti ***


Se volevano distruggere l'astronave di Irita senza rischiare di coinvolgere altri, dovevano fare in modo di attirarlo in una zona dello spazio non abitata.
Harlock aveva già deciso di ritornare nei pressi della nebulosa Clessidra. Lì c'era Nastrond, lì c'era la stazione orbitante in cui lavoravano il laurium... e sembrava essere frequentata soprattutto da androidi. Ma nello stesso tempo era un'area importante per i ribelli.
In più, Yattaran gli aveva sottoposto il suo piano di tentare di “dirottare” la nave dei Dipartimento, una volta catturata, verso l'interno della nebulosa e il buco nero che, secondo i suoi calcoli, doveva trovarsi al suo interno.
Harlock era un po' scettico. Come avrebbero potuto, infatti, verificare che effettivamente venisse inghiottita da un corpo celeste la cui esistenza era puramente teorica? Ma anche in quell'occasione non rivelò alcun particolare di quel luogo che potesse essere utile al suo primo ufficiale. La sua idea era più semplice: spingere l'astronave nemica sì, verso Clessidra, ma imbottita di esplosivo. A suo avviso, era molto più sicuro.
Calcolò che a quell'ora Irita doveva essere stato informato della liberazione di Xelas. Sarebbe prima venuto a cercarli vicino alla luna artificiale, e, non trovandoli, avrebbe fatto due più due. Ne era sicuro, perché, prima di lasciare l'astronave su cui viaggiava il prigioniero, aveva sussurrato a Tadashi qualcosa sulla loro prossima destinazione, facendo in modo però di essere sentito da uno degli uomini dell'equipaggio.
Così ripercorsero in senso opposto la rotta seguita alcuni giorni prima. Arrivarono vicino alla nebulosa Clessidra e, nascosti tra le nubi nere di Nastrond, si disposero all'attesa. Che non fu lunga, questa volta.

La sagoma minacciosa della nave di Irita comparve sul monitor quasi all'improvviso. Era quello che aspettavano.
Una delle navette rivestite di laurium era già pronta da tempo. A bordo, Yattaran vi aveva sistemato uno degli androidi sottratti al cargo, con il compito di guidare il mezzo verso l'astronave nemica, come se fosse un ricognitore.
Mentre il lupo spaziale lasciava l'Arcadia, dal loro nascondiglio Harlock e i suoi seguivano ogni sua mossa, trattenendo il respiro. Era giunto il momento della verità. La navicella fece un lungo giro e andò a finire proprio davanti alla prua dell'astronave di Irita, come se fosse capitata lì per sbaglio. E, per essere credibile, tentò la fuga. Subito inseguita dal fuoco nemico.
Dai ripetuti colpi dell'arma letale.
Che la lasciarono ogni volta illesa.
A bordo dell'Arcadia si levarono urla di gioia e di trionfo. Ce l'avevano fatta! Harlock non ne aveva mia dubitato, in realtà. Ora potevano uscire allo scoperto e affrontare Irita ad armi pari, o quasi.
Il capitano fece scattare la trappola. La navetta continuò a fuggire verso Nastrond, lasciando che la nave di Irita accorciasse sempre di più le distanze. Quando fu abbastanza vicina al loro nascondiglio, il lupo spaziale scartò di lato all'improvviso, e l'Arcadia emerse, imponente e inesorabile, dalle nebbie mefitiche, parandosi davanti all'astronave nemica e sparando colpi a raffica in contemporanea dalle torrette e con i cannoni pulsar. Gli altri, presi totalmente alla sprovvista, non ebbero il tempo di attivare le protezioni e riportarono dei danni notevoli. Evidentemente, come Harlock aveva sperato, il loro radar non aveva rilevato la loro presenza, sviato, oltre che dal dispositivo dell'Arcadia, anche dalle strane correnti magnetiche del pianeta, forse dovute alla massiccia presenza di laurium.
Il vantaggio non durò però a lungo. Gli uomini del Dipartimento risposero presto al fuoco con l'arma segreta. Che questa volta non sortì l'effetto sperato. I pirati potevano solo immaginare la faccia di Irita alla vista dei danni superficiali che stava provocando all'Arcadia.
La battaglia proseguì senza che nessuno dei due contendenti riuscisse a prevalere sull'altro. La potenza di fuoco dell'Arcadia si infranse di nuovo contro gli scudi protettivi, e l'arma del Dipartimento non poteva più nulla contro l'astronave pirata. La situazione di stallo rischiava di protrarsi troppo a lungo. E Harlock non aveva più pazienza.
“Dobbiamo salire su quella nave” sentenziò.
Diverse paia d'occhi sgomenti si posarono su di lui. Quelli di Mayu erano pieni di terrore. Non si era mai parlato di questo. Impadronirsene sì, ma solo dopo aver reso inoffensivo l'equipaggio.
“Cosa???”
“Così non andremo da nessuna parte. Dobbiamo catturarla, riempirla di esplosivo e distruggerla. E possiamo farlo solo dall'interno. Agiremo su due fronti, anzi, tre: io, Tadashi e altri due uomini entreremo con l'altro lupo spaziale protetto attraverso uno degli squarci, portando l'esplosivo, mentre un altro gruppo userà le capsule, come al solito. Quelli rimasti a bordo continueranno a sparare, per creare un diversivo. E mettiamo fine una volta per tutte a questa storia.”
Harlock affidò mentalmente il comando dell'Arcadia al computer centrale e si diresse deciso verso l'hangar, seguito da Tadashi e altri due volontari. Sì, avrebbe potuto restare a bordo e manovrare lui stesso il timone: nessuno lo sapeva fare con altrettanta abilità. Ma lui, semplicemente, DOVEVA salire su quella nave.
Yattaran aveva già preparato l'esplosivo. Messa da parte l'idea di sfruttare il buco nero, durante il viaggio verso la nebulosa Clessidra, aveva messo a punto una miscela che, secondo i suoi calcoli, non avrebbe lasciato scampo alla nave nemica. Aveva usato in parte anche un particolare tipo di sostanza trovata a bordo del cargo che trasportava il laurium e che, verosimilmente, era impiegata nelle miniere.
Il piccolo caccia si diresse rapido verso la nave di Irita, che nello stesso momento veniva bersagliata senza tregua dall'Arcadia. Riuscì a infilarsi senza problemi in un grosso squarcio, creato da loro stessi durante l'attacco a sorpresa. Cominciarono a piazzare alcune cariche, poi si nascosero, in attesa che arrivassero gli altri con le capsule. Per fare questo, era necessario che l'Arcadia fosse abbastanza vicina al mezzo da abbordare. Harlock sperava che andasse tutto per il verso giusto. Non avevano avuto tempo di studiare l'azione nei dettagli, ma faceva affidamento sull'esperienza e sull'abilità del suo equipaggio, sulla ormai perfetta sintonia tra la sua mente e la loro.
Intanto, sull'Arcadia, Xelas era stupefatto.
“Ma voi... voi avete il laurium!”
Yuki annuì.
“Ma... come avete fatto?”
La ragazza sorrise.
“Non si dimentichi che siamo pirati!”
“Ma... nessuno sa dove nemmeno dove viene estratto! E' un segreto del Dipartimento, e molto ben custodito...”
“Siamo pirati con parecchie risorse insospettabili.”
Yuki non aggiunse altro e l'uomo non insisté.
Conosce anche lei la regola di Harlock sulla fiducia, pensò Mayu.
Il computer centrale stava attuando una manovra per avvicinarsi al nemico e dare inizio all'abbordaggio. Finse di allontanarsi, per poi piombare sopra la nave del Dipartimento dall'alto. Poterono così lanciare le capsule.
Yuki avvisò il capitano che stavano arrivando i rinforzi. Lui e i suoi cominciarono a far saltare le paratie stagne che isolavano i settori danneggiati della nave e si ricongiunsero agli altri.
Gli uomini dell'equipaggio non si aspettavano un attacco dall'interno, e la maggior parte di loro era probabilmente impegnata nella sala comando, da cui sicuramente Irita dirigeva le azioni a danno dell'Arcadia. Incontrarono perciò all'inizio ben poca resistenza, e a nessuno diedero il tempo di dare l'allarme.
Harlock voleva per prima cosa raggiungere il luogo da cui partiva quel raggio distruttivo. Lo individuarono con relativa facilità. Stranamente non vi era nessuno a sorvegliarlo. Evidentemente si sentivano molto sicuri, inattaccabili, ed era tutto automatizzato. Questo li indusse a pensare che il personale umano della nave non fosse molto numeroso. Il capitano lasciò ai suoi il compito di seminare le cariche soprattutto lì, e poi di proseguire nel resto della nave. Prima di farle esplodere, avrebbero avvertito i membri dell'equipaggio, perché avessero il tempo di mettersi in salvo.
Non si uccide nessuno, se si può evitare, questo era sempre stato il suo motto. Sì, con un'eccezione, questa volta.
Prese con sé due uomini e andò a cercare Irita. In sala comando nessuno sembrava essersi accorto di nulla, quindi tutti restarono paralizzati dalla sorpresa quando si trovarono davanti i tre pirati che li tenevano sotto tiro, impedendo loro di porre mano alle armi. Sul volto di Irita in particolare si dipinse un'espressione di rabbia, che si trasformò ben preso in odio puro.
“Harlock! - quasi balbettò, soffocato dall'ira - Che cosa diavolo ci fai qui?!? Come sei entrato?”
“Non fare domande stupide, Irita. Sono venuto a chiudere i conti con te, con la tua arma maledetta e con la tua assurda ribellione! E per impedirti di fare ad altre persone indifese quello che hai fatto a Mayu!”
“Questa volta non ci riuscirai, non intralcerai i miei piani! Quest'astronave è indistruttibile. E anche se sei chiaramente riuscito a procurarti il laurium, tra poco l'Arcadia non avrà più un capitano e non sarà più un problema! Sei tu che hai fatto una mossa molto stupida, venendo qui!”
Sfiorò un pulsante davanti a lui e lungo le pareti della stanza si aprirono uno dopo l'altro numerosi sportelli, da cui uscirono delle lunghe pistole laser. Lo stesso sistema con cui volevano far fuori il mio equipaggio su Panopticon, ebbe appena il tempo di pensare Harlock, prima di rotolare a terra per sottrarsi alle raffiche che immediatamente partirono da più direzioni. Nello stesso tempo, fece fuoco a sua volta, mettendone fuori uso alcune, con la sua mira infallibile. Anche i suoi uomini, che d'istinto si erano fatti scudo con i loro prigionieri (che per fortuna si rivelarono essere solo degli androidi molto sofisticati, in pratica dei “replicanti”), spararono e riuscirono a neutralizzare le altre.
Irita schiumava di rabbia. Com'era possibile che quell'uomo se la cavasse sempre? Ma forse non era un essere umano, forse era un demonio.
La sua bocca però si distorse in un ghigno di trionfo quando si accorse che Harlock era ferito: perdeva sangue da un braccio (il destro!) e da una gamba.
Poi tutto accadde in pochi secondi, e gli altri due pirati non ebbero il tempo di intervenire.
Irita scattò di lato e riuscì ad afferrare la sua pistola laser, ma non fu abbastanza veloce a usarla. Harlock, con un gesto fulmineo, aveva passato la sua arma dalla mano destra alla sinistra (benedetto il giorno in cui aveva deciso di imparare a sparare con entrambe le mani!), e aveva fatto fuoco proprio nell'istante in cui Irita stava puntando la propria su di lui. L'espressione dell'uomo passò dallo stupore al dolore, mentre una chiazza rossa gli si allargava sul petto.
“Maledetto!” mormorò accasciandosi.
Harlock gli si avvicinò.
“Non avrei mai voluto arrivare a questo. Ma il tuo folle progetto avrebbe messo in pericolo l'universo, provocato la morte di milioni di innocenti e mandato in rovina popoli e pianeti. Non te lo potevo permettere!”
“Sei un ipocrita! A te non te ne frega niente di nessuno. Volevi solo punirmi per quello che secondo te ho fatto a quella ragazza... Ma non ti illudere, altri porteranno avanti il mio progetto, e nessuno potrà opporsi...”
Harlock avrebbe voluto replicare, ma a che sarebbe servito? Quell'uomo stava morendo. Infatti poco dopo tacque. Era finita.
“Capitano! - gridò uno dei suoi uomini - Sei ferito!”
“Solo di striscio, non è niente. Andate a controllare che gli altri non siano in difficoltà e abbiano finito di mettere le cariche, poi venite a riferirmi...”
I due esitarono un istante, ma poi eseguirono l'ordine, pensando che presto avrebbero potuto lasciare la nave e curare tutti i feriti.
Il capitano in realtà si sentiva un po' debole. Doveva aver perso più sangue di quanto credesse. Si sedette su una delle poltrone al centro della sala comando, dopo aver rimesso la pistola nella fondina.
Non avrebbe dovuto farlo.
Pochi secondi dopo, sentì il freddo di una canna d'acciaio sulla nuca.

 

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Capitolo 19
*** Doppio shock ***


Istintivamente Harlock portò la mano al fianco, ma una voce sconosciuta lo minacciò.
“Non ci pensi nemmeno, capitano, o le spappolo il cervello. Si volti lentamente, con le mani in alto. Voglio vedere bene in faccia l'uomo che ha tenuto in scacco mezzo universo per decenni...”
Harlock non aveva scelta e ubbidì.
Si trovò davanti un giovane ufficiale, anzi, poco più che un ragazzo, dall'aspetto anche gradevole, se non fosse stato per i suoi gelidi, inquietanti occhi azzurri. L'uomo gli tolse tutte le armi e le lanciò lontane.
“Lei chi è?” chiese, più per prendere tempo che per reale interesse. Sperava che nel frattempo i suoi tornassero.
“Ha importanza? Mi chiamo Sigurd Harket, sono un ufficiale del Dipartimento. E passerò alla storia come l'uomo che ha ucciso il famigerato capitan Harlock!”
“Un momento, giovanotto! Io sarò anche un fuorilegge, ma ho diritto a un regolare processo come tutti, non mi merito un'esecuzione sommaria!”
Il giovane rise beffardo.
“Perché perdere tempo con questi inutili formalismi, sprecando i soldi dei contribuenti? Lei verrebbe comunque condannato a morte. Allora tanto vale accorciare i tempi... c'è stato un conflitto a fuoco, il comandante Irita è stato ucciso da lei e io ho dovuto spararle per non fare la stessa fine... chi potrebbe mettere in dubbio la mia versione dei fatti?”
Questa volta è la fine, pensò.
Era ferito, disarmato e solo.
Decise che avrebbe comunque venduto cara la pelle. Stava raccogliendo le forze per tentare una reazione e sorprendere l'avversario, anche se lo spazio di manovra tra lui, bloccato sul sedile, e l'altro che gli puntava l'arma in faccia, era esiguo, quando udì un colpo di pistola. Chiuse l'occhio e cercò di capire dove quello gli avesse sparato. Ma non sentiva nulla. Possibile che sia già morto? Così in fretta?
Presto si rese conto di non essere lui il bersaglio. Sentì un altro sparo e riaprì l'occhio un istante prima che l'ufficiale gli crollasse praticamente addosso con un copioso rivolo di sangue alla bocca. Lo lasciò scivolare lentamente a terra. Dopo un attimo di smarrimento alzò lo sguardo.
E la vide.
Pallida, tremante, con il petto che si alzava e abbassava affannosamente e il braccio con la pistola laser ancora teso davanti a sé.
Mayu.
Non aveva cercato prima di fermare quell'uomo in un altro modo, di farlo desistere dal suo proposito, di disarmarlo, di indurlo alla resa... Gli aveva sparato dritto nella schiena. Senza una parola. Senza un attimo di esitazione. Aveva fatto bene, in realtà, perché l'uomo avrebbe potuto colpire anche lei. Ma ugualmente, per una frazione di secondo, Harlock ne ebbe quasi paura. Ebbe paura di quegli occhi freddi e determinati. Che però immediatamente dopo si riempirono di lacrime, mentre la ragazza si precipitava verso di lui.
L'ufficiale ormai agonizzante la guardò stupito. Mosse la labbra per dire qualcosa e Harlock avrebbe giurato che avesse pronunciato il nome di lei. Che lo ignorò completamente, non lo guardò nemmeno in faccia.
“Sei ferito!” - gridò preoccupata abbracciandolo.
“E' solo un graffio...”
“Non dire balle! Dobbiamo tornare subito sull'Arcadia!”
Mayu cercò di tamponare le ferite con un fazzoletto.
“Sì, ora ci torniamo tutti. Ma tu... tu che cosa ci fai qui? Come ci sei venuta? Yuki e Yattaran mi sentono, questa volta li metto ai ferri!”
“No, loro non sanno dove sono ... Ho preso l'altro lupo spaziale, quando è tornato a bordo. Io... non so perché l'ho fatto... ho sentito di doverlo fare, come se presentissi che eri in pericolo...”
In quel momento entrarono tutti gli uomini di Harlock. Rimasero stupiti a vedere lì Mayu. Tadashi verificò che i due uomini a terra fossero effettivamente morti.
“Tutto bene, capitano? Ma che è successo qui? Mi hanno detto che ti hanno colpito...”
“Te lo racconto dopo. A che punto siete?”
“Abbiamo sistemato le cariche. Tutti i membri dell'equipaggio sono stati messi sulle navette e stanno per lasciare l'astronave, non credo che ce ne siano altri in giro. Comunque se vuoi controlliamo meglio...”
“No, basterà avvisarli con l'altoparlante. Ora andiamocene da qui.”
Tadashi guardò i due corpi.
“E di questi che cosa ne facciamo?”
Harlock si incupì.
“Lasciamoli qui. So che non è bello, ma non abbiamo né il tempo né il modo di far loro un funerale...”
Si alzò a fatica, appoggiandosi a Mayu e a Tadashi. Raggiunsero i due lupi spaziali, mentre gli altri rientrarono sull'Arcadia con le capsule da arrembaggio. Prima di partire, attivarono il timer e inserirono il pilota automatico, che avrebbe condotto la nave molto vicino alla nebulosa Clessidra, dove non avrebbe fatto danni. Dovevano avere anche loro il tempo di portarsi a distanza di sicurezza, per evitare di essere investiti da eventuali radiazioni.
Harlock salì sulla navetta insieme a Mayu.
“Come hai imparato a guidarla?” le chiese osservando la sicurezza con cui si destreggiava tra i comandi.
“Faceva parte del mio addestramento quando sono diventata un componente della tua ciurma. Non te l'avevamo detto?” aggiunse con finta ingenuità.
Già. Sembrava passato un secolo. Erano successe così tante cose...
“Mi hai salvato la vita...” mormorò posando una mano sulla sua.
Lei gli sorrise.
“Come tu hai fatto mille volte con me...”
Una volta a bordo, il capitano fu subito portato, anzi, per meglio dire, trascinato, in infermeria. Il dottor Zero constatò che in effetti le ferite non erano gravi e si limitò a disinfettarle e fasciarle. Avrebbe voluto trattenerlo in osservazione, perché aveva comunque perso parecchio sangue, ma lui non ne volle sapere e se ne andò in cabina, affidato però alle cure di Mayu.
Intanto l'Arcadia si allontanò velocemente dalla nave del Dipartimento in procinto di esplodere e tornò ad acquattarsi tra le nebbie di Nastrond. Certo, in questo modo non avrebbero potuto verificare che la nave si disintegrasse davvero. Ma non potevano rischiare una contaminazione nucleare. Decisero che sarebbero tornati eventualmente a controllare dopo qualche giorno.

Xelas andò a trovare il capitano per congratularsi con lui. Gli uomini che avevano partecipato all'azione avevano già raccontato tutto.
Harlock aveva un pensiero fisso in testa.
“Volevo chiederle una cosa, Xelas. L'uomo che l'ha scoperta e imprigionata su C1 - P8, come si chiamava?”
“Harket, mi pare, Sigurd Harket. Perché me lo domanda?”
Mayu si alzò di scatto e andò alla finestra, voltando la schiena all'ospite.
“Perché era su quella nave... e non è più in grado di nuocere a nessuno, se mi capisce...”
“Oh, bene! - si rallegrò Xelas - Senza Irita e senza di lui, sono sicuro che sarà molto più facile sedare la ribellione!”
Harlock vide con la coda dell'occhio le spalle di Mayu tremare. Stava per crollare. Se lo aspettava: è uno shock quando si uccide qualcuno, soprattutto la prima volta, se non si è degli assassini incalliti. Decise di congedare l'uomo.
“Me lo auguro di cuore. Tra qualche giorno la accompagneremo su Pangea, oppure, se preferisce partire subito, le possiamo fornire una navetta e tutto ciò che le occorre. E ora, se non le dispiace, vorremmo riposare. E' stata una giornata pesante.”
“Oh, certo, mi rendo conto. Mi scusi per la mia visita forse poco opportuna, ma ci tenevo a farle le mie congratulazioni di persona. Buonanotte anche a lei, signorina.”
La ragazza rispose con un cenno del capo, ma non si girò.
Quando Xelas se ne fu andato, Harlock le si avvicinò e le circondò le spalle con il braccio sano. Mayu cominciò a piangere.
“Non volevo ucciderlo...”
“Lo so.”
“... ma quando ho capito che lui lo stava per fare con te, ho dovuto sparare... non ho avuto scelta!”
“Certo. Tesoro, mi hai salvato la vita. Se non l'avessi fatto, ora non sarei qui. Devi pensare soltanto a questo.”
“Continuo a ripetermelo e so che è così... ma allora perché sto così male?”
Lui la strinse più forte.
“E' una reazione normale. Togliere la vita a qualcuno è una cosa terribile, anche quando è inevitabile. Se non ti sentissi così, mi preoccuperei, e parecchio! Piuttosto, c'è una cosa che non capisco: mi è parso che quell'uomo... ti conoscesse, che abbia pronunciato il tuo nome...”
Mayu annuì, singhiozzando ancora di più.
“Era lui...” disse dopo un po'.
“Lui... chi?
Harlock era sinceramente perplesso.
“Lui... quel ragazzo che avevo conosciuto all'università... il mio ex fidanzato...”
Oh, no! Uccidere, e per giunta una persona che si conosce, per quanto spregevole... Un doppio shock così non se lo meritava proprio!
“Oddio, povera piccola, mi dispiace! Non lo avrei mai immaginato! Vieni qui, ecco, brava, sfogati.”
Se la strinse contro il petto e aspettò che si calmasse, accarezzandole i capelli. Evidentemente, nonostante avesse fallito la sua missione con Mayu, il ragazzo aveva fatto carriera, fino a diventare il braccio destro di Irita.
“L'ho riconosciuto dalla voce, prima che dall'aspetto, perché non lo vedevo in faccia. Poi, quando ha detto come si chiamava, non ho avuto più dubbi. Non ho avuto dubbi nemmeno su quello che dovevo fare ... E se non fossi stata lì? Non ci voglio nemmeno pensare...”
Già, perché era lì? E come aveva fatto a trovare la strada fino a lui, su quella nave sconosciuta? Aveva detto che aveva sentito di doverlo raggiungere... Era stato Tochiro a influenzare la sua mente? O forse tra le persone che si amano davvero si crea una sorta di telepatia? Harlock pensò che in fondo non aveva importanza.
“E hai fatto la cosa giusta, ricordatelo sempre... Ora devi riposare, vedrai che domani ti sentirai meglio. E anch'io.”
La guardò negli occhi dorati.
“Ora che è tutto finito abbiamo un'altra questione in sospeso... se ti ricordi. Dobbiamo concentrarci su quella.”
Finalmente Mayu sorrise.

Attesero alcuni giorni prima di andare a controllare l'esito della loro azione. Prima avrebbero anche dovuto verificare che la zona non fosse contaminata.
A bordo erano tutti decisamente su di giri.
“Ehi, non è che quelle radiazioni così vicino alla nebulosa Clessidra risveglieranno il nostro vecchio amico Noo?”
“Smettila, Yattaran! - lo redarguì Yuki - Non sei affatto divertente!”
“Eddai, scherzavo!”
Harlock si stava riprendendo rapidamente e, se non fosse stato per Mayu che aveva preso molto sul serio il suo compito di infermiera, non sarebbe nemmeno più tornato dal dottore a farsi cambiare le fasciature. Anche la ragazza sembrava aver superato lo shock.
Al capitano parve arrivato il momento di annunciare all'equipaggio l'evento del secolo. E' vero, lui non era il tipo da comunicazioni ufficiali... ma, per un caso eccezionale... avrebbe fatto un'eccezione.
Così una sera convocò tutti in sala comando, fece distribuire da bere e disse semplicemente che a breve lui e Mayu si sarebbero sposati.
Ci fu qualche secondo di silenzio, durante i quali i presenti probabilmente si chiesero se avevano capito bene, se per caso il capitano non avesse riportato anche un trauma cranico e cose del genere... ma poi, vedendo l'espressione raggiante della ragazza, capirono che era tutto vero, e si abbandonarono a sfrenate manifestazioni di giubilo, magari non tutte proprio ortodosse... ma del resto erano pirati, mica lord inglesi!
Yuki e Mimeh corsero ad abbracciare Mayu, rossa per l'imbarazzo, tempestandola di domande.
“Ma … non ci avevi detto niente! Ma quando? E dove?”
La vecchia Masu, come suo solito, piangeva senza ritegno, asciugandosi gli occhi con l'inseparabile grembiule da cucina.
In realtà, non avevano ancora avuto tempo di pensare all'organizzazione. Ma ora che il pericolo rappresentato da Irita sembrava passato, avrebbero cominciato a fare i passi necessari.

Trascorso il periodo stabilito, Harlock ordinò di avvicinarsi con cautela all'area dell'esplosione. I rilevatori di radiazioni registrarono livelli di radioattività appena più alti della media, quindi avanzarono fino quasi ai confini della nebulosa Clessidra. Videro alla deriva nello spazio parecchi detriti, che avevano tutta l'aria di appartenere alla nave del Dipartimento. Per esserne certi, ne presero alcuni per esaminarli. Yattaran li analizzò con i suoi strumenti e confermò che si trattava proprio di quelli. La loro missione era andata a buon fine.
Xelas decise allora che era il momento di tornare sul suo pianeta e pensare a come stroncare la ribellione. Non volle essere accompagnato, chiese soltanto un mezzo in grado di portarlo fino là.
“E' stato un onore conoscerla, capitano. Ora che il Dipartimento non ha più a capo Irita... forse riuscirò a perorare la vostra causa e farvi togliere dalla lista dei ricercati. Farò tutto quello che potrò per riabilitarvi, glielo prometto. E tanti auguri per le sue nozze. Mayu è una ragazza fortunata... beh, anche lei è fortunato, capitano” aggiunse lanciando un'occhiata ammirata alla futura sposa.
“Grazie, Xelas. Ma, finché continueremo a vivere così, abbordando astronavi, difficilmente potremo essere riabilitati. Comunque non si preoccupi troppo per noi, siamo abituati. Il mio secondo ufficiale, la signorina Kei Yuki, le spiegherà in che modo mettersi in contatto con noi in modo sicuro in caso di necessità. Anche se io rimango dell'idea che ora la parola debba passare alla diplomazia e alla politica, campi che non fanno proprio per me!”
In quanti avevano promesso di “riabilitarli”? Ma Xelas sembrava diverso dagli altri. Forse questa sarebbe stata la volta buona. Lo sperava soprattutto per Mayu.

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Capitolo 20
*** Davvero mia ***


La prossima meta sarebbe stata Tortuga.*
“Che cos'è Tortuga?” chiese Mayu.
“E' una piccola luna, una specie di porto franco, punto di ritrovo di tutti i fuorilegge del cosmo.”
“Ah! E che cosa ci andiamo a fare?”
“E' lì che c'è il mio amico che si occupa dei documenti. Diciamo che ha organizzato una specie di anagrafe dei delinquenti... Poi possiamo scegliere lì le fedi, fare rifornimenti per la festa, probabilmente potrai anche trovare il tuo vestito...”
“A quello ho già provveduto. Tu, piuttosto, come pensi di combinarti?”
Harlock non aveva nemmeno lontanamente preso in considerazione di vestirsi in maniera diversa dal solito, e glielo disse.
La ragazza ci rifletté sopra un attimo.
“In effetti, forse è meglio così. Non ti ho mai visto abbigliato in un altro modo. Mi sembrerebbe di sposare qualcun altro.”
A loro rischio e pericolo, non se l'erano sentita di privare Masu del piacere di preparare il loro banchetto di nozze. Avevano deciso insieme il menù, qualcosa di molto semplice, e l'avevano incaricata di acquistare lei stessa l'occorrente.
Avevano anche deciso che la festa si sarebbe svolta su Ombra di Morte, sulla spiaggia.

Tortuga era un posto davvero divertente, pieno di gente bizzarra, ma fondamentalmente pacifica. C'erano negozi di ogni tipo, sale da gioco, banche, locande, ristoranti, e molti altri locali in cui si intuiva si svolgessero traffici non proprio trasparenti.
Harlock e la sua ciurma sembravano essere piuttosto popolari, perché molti si fermavano a salutarli, con grandi risate e pacche sulle spalle. Il capitano non sembrava troppo contento che Mayu vedesse tutto questo... soprattutto, sospettava lei, che si accorgesse dei numerosi sguardi femminili che indugiavano un po' troppo su di lui, per poi osservarla con palese curiosità. Ma Mayu aveva stabilito che il passato sentimentale, o comunque si volesse chiamarlo, di Harlock non le interessava. A lei importava solo del presente. Chiunque fossero quelle, era lei che stava per sposarlo. Quindi, in realtà, se la stava godendo un mondo.
Finalmente arrivarono all'edificio che ospitava questa famosa anagrafe alternativa.
“Aspettami un attimo qui, per favore” le disse bussando alla porta dell'ufficio.
Il capitano conosceva bene il suo amico Jack ed era certo che avrebbe detto qualcosa di sconveniente.
“Harlock, vecchio mio!” esclamò l'uomo, da dietro una scrivania sgangherata e ingombra di incartamenti polverosi. Gli strinse calorosamente la mano. Era grosso, imponente, con una lunga barba scura e l'immancabile benda su un occhio. Tutto sembrava, tranne che un burocrate. In realtà, nel suo lavoro era molto bravo. Anche perché, avendo a che fare con criminali e non con miti cittadini, non poteva permettersi errori, ci teneva alla pelle.
“Che cosa ti porta da queste parti dopo tanto tempo?”
Harlock glielo disse.
Esattamente come si aspettava, l'uomo si sbellicò dalle risate. Questa storia cominciava a seccarlo.
“Beh? Si può sapere perché ridete tutti come pazzi quando manifesto questa intenzione?”
“Dai, Harlock, ammetterai che è buffo, no? Tu, che ti vanti di vivere sotto la bandiera della libertà, che ti fai mettere il guinzaglio... Alla tua età, poi! E chi è la pover..., cioè la fortunata?”
Harlock gli disse anche questo.
Jack aggrottò un attimo la fronte, come cercando di ricordare. Poi capì.
“E' quella che penso? E' quella Mayu?”
Il capitano annuì freddamente. L'altro si fece serio.
“Ma... è una bambina!” lo ammonì.
“No. Non più. Gli anni passano, sai?”
“Sì, ma potrebbe essere tua...”
Harlock lo fulminò con lo sguardo e le parole gli morirono in bocca.
“Vabbé, immagino che te lo sarai già detto da solo. Comunque non sono affari miei...non sarò certo io a dirti come devi vivere la tua vita!”
“Ecco, bravo.”
“Ti preparerò i documenti. Ma ho bisogno anche della sua firma.”
“Non c'è problema. E' qui fuori.”
Jack sbiancò.
“Oddio, speriamo che non mi abbia sentito ridere...”
“Non ti preoccupare, lei è stata la prima a trovare la proposta esilarante” replicò lui acido, prima di farla entrare.
Quando la vide, Jack dimenticò tutte le perplessità, si disse che Harlock sarebbe stato un folle a rinunciare a quel bocconcino per stupide questioni di età, e ostentò tutta la sua professionalità e dei modi impeccabili.
“Ecco, questa è la vostra copia, l'altra resterà qui con tutto il tuo incartamento, Harlock.”
“Grazie, Jack. A presto.”
“Beh, che posso dirvi? Auguri e figli maschi, ragazzi! E venite a trovarmi, qualche volta!”
“Non mancheremo” gli sorrise Mayu.
“Simpatico, il tuo amico!” commentò quando furono usciti.
“Sì, quando dorme e se ne sta zitto!”
Più avanti incontrarono Yuki e Mimeh in giro per acquisti. Erano anni che non partecipavano a un matrimonio ed erano eccitatissime. Mayu si unì a loro. In fondo, pensò, anche lei aveva bisogno di rinnovare il guardaroba. L'underwear, soprattutto.
“Ma... non dovevamo andare a comprare gli anelli?”
“Ah, sì, è vero... non possiamo rimandare a domani? Che differenza fa un giorno in più o in meno?”
Harlock se ne tornò sull'Arcadia da solo. Cominciamo bene!
Mayu aveva deciso di indossare l'abito da sposa di Esmeralda, trovato nel solito armadio. Era bellissimo. Con l'aiuto di Masu, avrebbe apportato qualche piccola modifica, per renderlo un po' più moderno, ma per il resto era perfetto.


Così giunse il grande giorno. Si erano trasferiti su Ombra di Morte in tempo per allestire il banchetto sulla spiaggia e completare gli ultimi preparativi. Tutti volevano dare una mano, ma facevano più che altro una gran confusione.
Mayu aveva deciso che la “cerimonia” si sarebbe svolta nella sala del computer centrale, così anche Tochiro avrebbe potuto partecipare, a modo suo.
Per rispettare la tradizione, la sera prima la ragazza andò a dormire nella sua vecchia stanza. Harlock non ne capiva molto il senso, anzi, le disse che, in base ai documenti, loro in realtà erano già sposati. Ma Mayu gli disse che “usava così”, che non portava bene vedere la sposa prima del “sì” e che, visto che aveva deciso di adattarsi alle regole della società civile con il matrimonio, doveva seguirle tutte fino in fondo.
“Da domani sommerò l'autorità di capitano con quella di marito... e allora ...” la minacciò.
“Povera me! Mi sa che non ho fatto un buon affare! Beh, fino a domani posso ripensarci. Buonanotte, capitano!”
E bene o male la notte passò. Harlock non capiva perché fosse così agitato. Di fatto non sarebbe cambiato nulla per loro... O era perché per un'intera giornata sarebbe stato al centro dell'attenzione e non avrebbe potuto farsi i fatti propri? Si disse che la sua era sicuramente una sensazione normale e comune a tutti quelli in procinto di compiere il grande passo.
Mayu si svegliò di buon ora e fu aiutata a prepararsi da Yuki a Mimeh. Ma non c'era bisogno di tanti orpelli: il vestito era stupendo, e la bellezza e la giovinezza della sposa fecero il resto.
Così, quando entrò nella sala del computer, per l'occasione pavesata di fiori e di nastri colorati, tutti i presenti restarono abbagliati.
L'abito, semplicissimo, esaltava la sua figura alta e sottile, i capelli erano raccolti in una treccia laterale, in cui erano infilati dei fiori rossi, il trucco era appena accennato. Gli ornamenti più belli erano però il suo sorriso luminoso e i suoi occhi raggianti fissi su un Harlock estasiato, in piedi vicino a una specie di palchetto rialzato, destinato a Yattaran, che avrebbe officiato la cerimonia. Nessuno sapeva come si celebra un matrimonio nello spazio, così avevano improvvisato.
Il primo ufficiale, perfettamente calato nella parte, si era preparato una serie di formule, forse recuperate in qualche anfratto della memoria o in chissà quale libro.
“... e con l'autorità conferitami dal mio ruolo - concluse - vi dichiaro marito e moglie... Capitano, credo che tu possa baciare la sposa... ehi, come sono andato?” chiese a Maji abbassando la voce.
Ma nessuno badava alla forma. Tutti erano troppo emozionati e felici nel vedere il loro capitano, di solito serio e compassato, sorridere per tutto il tempo e poi stringere e baciare la ragazza che era appena diventata sua moglie. Ed espressero la loro gioia con un lungo applauso.
Dopo i baci di rito alla sposa e le virili pacche sulle spalle allo sposo, si trasferirono sulla spiaggia per la festa. Che fu semplice, spontanea e schietta, come la loro vita. Il clima era talmente euforico che tutti passarono sopra la discutibile qualità dei piatti. Per fortuna il capitano, avendolo previsto, aveva provveduto a copiosi rifornimenti di alcolici, e dopo un po' nessuno ci fece più caso...
Harlock non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, quando ogni tanto Mayu si allontanava da lui per ridere e scherzare con gli invitati. Un angelo, si trovò a pensare. Un angelo lasciato lì dai suoi amici per salvargli la vita, per ridargli il sorriso.
La festa si protrasse fino a notte inoltrata. Quando attaccò la musica e gli sposi aprirono le danze, Harlock non poté non riandare con la memoria alla festa di laurea di Mayu, quando lei l'aveva obbligato a ballare e lui non osava quasi nemmeno sfiorarla, dilaniato da sentimenti contrastanti... Era trascorso poco meno di un anno ed era cambiato tutto...
Finalmente i due riuscirono a ritirarsi sull'Arcadia. Qualcuno aveva coperto il loro letto di petali di rosa. Harlock le prese le mani tra le sue.
“Oggi non ti ho ancora detto quanto sei bella.. e sei davvero mia, adesso.”
Mayu sorrise.
“Lo sono da sempre. Anche prima che tu lo sapessi. Anche prima che tu lo volessi.”

“Domani prepara i bagagli.”
La ragazza si sollevò dalla sua spalla e lo guardò con aria interrogativa.
“Ah! Perché, dove andiamo?”
“Su Eden.”**
“Ma... credevo che saremmo rimasti qui per qualche giorno...”
“Tesoro, il tuo affetto per i tuoi compagni è davvero commovente, ma... non ti sembrerebbe un tantino affollata come luna di miele...?”
“In effetti... E che cosa è Eden?”
“Un piccolo pianeta artificiale dove i terrestri vanno in vacanza, dopo che hanno distrutto gli originali... isole tropicali, spiagge bianche, barriere coralline... cose così.”
“E non è pericoloso per dei ricercati?”
“No. E' un posto dove girano molti soldi e dove nessuno fa domande. Simile a quello che una volta chiamavano paradiso fiscale. Naturalmente useremo dei documenti con nomi falsi, per precauzione.”
Ne avevano una scorta sempre pronta sull'Arcadia, preparati dal buon Jack.
La ragazza gli puntò contro l'indice.
“Lo conosci bene, questo posto... Ci sei già stato con qualcun'altra?”
Lui alzò lo sguardo al cielo, sospirando.
“Non ci sono mai stato, né da solo né in compagnia. Mi sono solo informato. Volevo che avessimo un vero viaggio di nozze. Ma se non sei d'accordo disdico tutto.”
“Eddai, scherzavo! Come faccio a non essere d'accordo? Riesci sempre a sorprendermi!”
“Basta che non ti porti troppi vestiti. Tanto non ti serviranno...”

 

 

 

 

 

* Auto-plagio dalla mia storia “L'hacker”.

** Altro auto-plagio, sempre dalla medesima storia (che fantasia, eh?)

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Capitolo 21
*** Eden ***


Nota dell'autrice

Questo capitolo e soprattutto il prossimo contengono un piccolissimo cross-over, che non ho segnalato nella definizione generale, perché è proprio minimo... ma questi due mica potevano avere una luna di miele normale, no?

 

 

Eden faceva parte di un piccolo sistema di pianeti artificiali, tutti votati al divertimento, e tutti governati da leggi proprie, fuori dalla giurisdizione della Confederazione. L'Arcadia sarebbe quindi rimasta nei paraggi e i membri della ciurma avrebbero avuto il permesso di scendere su uno di questi paradisi, a turno, per rilassarsi. Dopo la vicenda del laurium se lo meritavano.
“Andate dove volete, ma non voglio vedere i vostri brutti musi su Eden, naturalmente!” li minacciò il capitano in tono scherzoso.
Il giorno dopo Harlock affidò il comando della nave a Yattaran, Yuki e Tadashi, prese un lupo spaziale e si diresse con Mayu verso la loro meta. Harlock aveva scelto una piccola isola, su cui si trovava una specie di villaggio di “capanne” dotate di ogni comfort, abbastanza distanti le une dalle altre da garantire la massima privacy. Il villaggio offriva poi ogni genere di attività e di servizi, dai campi da tennis al beauty center... Harlock era certo che a lui non sarebbe interessato quasi nulla, ma non poteva imporre lo stesso isolamento anche a Mayu... Pensò anche che era la prima volta che erano completamente soli.
Consegnarono i loro documenti falsi alla reception, poi raggiunsero il bungalow assegnato con una piccola auto elettrica scoperta. Harlock aveva giocoforza dovuto indossare abiti borghesi e Mayu lo osservava incuriosita, mentre guidava attraverso la vegetazione tropicale.
“Che c'è?” le chiese.
“Non ti ho mai visto vestito … da civile.”
“Già. E come mi trovi?”
“Piuttosto... interessante. E non credo di essere la sola a pensarla così!”
“Che cosa vuoi dire?”
“Ho notato come ti guardavano le altre, nella hall!”
“Forse però non hai notato come gli uomini guardavano te!”
“Ah! Beh, allora siamo pari!” concluse lei con una risata.

Il loro bungalow era in riva al mare, da cui era separato da un tratto di spiaggia bianchissima e impalpabile. Si faceva fatica a pensare che fosse un mondo artificiale, tanto era il realismo delle acque cristalline, popolate di piccoli pesci colorati, dei tramonti incendiati di nuvole purpuree, dei chiari di luna. Intorno a loro non c'era nessuno, si sentivano davvero Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden, ai primordi del mondo.
E loro non avevano bisogno di nulla, se non l'uno dell'altra. Se ne stavano per conto proprio, si facevano portare i pasti dal ristorante, trascorrevano il tempo tra amore, sole, bagni e passeggiate. Mayu lo faceva ridere spensierato. Lo riempiva di attenzioni. E i suoi sguardi pieni d'amore e di desiderio gli toglievano il fiato.
“Mayu, sappi che qui si possono fare tante altre cose... Guarda - le mostrò un depliant - ci sono corsi di fitness e sport vari, c'è una spa... Non farti influenzare da me, lo sai che io sono un asociale...”
“Ma io voglio stare con te... Non c'è qualcosa tra queste che possiamo fare insieme, senza però socializzare con nessuno?”
Harlock sfogliò alcune pagine.
“Ma … forse possiamo giocare a golf, se ti va.”
“Non sono capace, ma posso sempre imparare. Non sapevo che tu giocassi a golf.”
“Lo facevo qualche volta nella mia vita precedente, al circolo ufficiali. Non so nemmeno se mi ricordo come si gioca.”
Qualcosa attirò l'attenzione della ragazza.
“Ecco - puntò l'indice su una foto - Questo mi piacerebbe molto!”
La didascalia dell'immagine parlava di una gita alla (finta) barriera corallina, con la possibilità di fare snorkeling e nuotare con i delfini e le razze. Una sua passione da sempre.
“Posso andarci? Non credo che durerà più di un paio d'ore.”
“Ma certo che puoi, anzi, devi, te l'ho appena detto! Ti accompagno a prenotare.”
Il pomeriggio seguente la guardò salire sulla barca insieme agli altri partecipanti, felice come una bambina, e la salutò con la mano, mentre si allontanava. Lui tornò al bungalow, disponendosi ad aspettarla e cercando di non sentire troppo la sua mancanza.
Mayu tornò entusiasta, si sedette sulle sue ginocchia e lo costrinse ad ascoltare il racconto dettagliato della giornata, come se si trattasse di chissà quale avventura.
“Sai, sulla barca c'era una tipa, una di quelle che vogliono fare le simpatiche a tutti i costi... che mi ha fatto un mucchio di domande...”
Harlock drizzò subito le orecchie. Ma finse indifferenza.
“Ah sì? Che genere di domande?”
“Ma … come mi chiamavo, perché ero qui, che lavoro faceva mio marito... cose così”
“E tu che cosa le hai risposto?”
“Beh, io sono stata sulle mie e le ho dato delle risposte molto secche, così dopo un po' ha smesso, per mia fortuna. Mi sono attenuta a quello che c'è scritto sui nostri documenti.”
“Brava. Ma com'era questa donna? L'avevi già vista prima?”
“No, non mi pare proprio. Bionda, non giovanissima, un po' appariscente ... una volta deve essere anche stata piuttosto bella, secondo me... Credo fosse insieme a uno un po' più giovane, assolutamente anonimo, ma quello non ha mai aperto bocca... Ci dobbiamo preoccupare di qualcosa?”
“No, tesoro, qui nessuno può romperci le scatole. Il regolamento di Eden lo vieta. Ero solo curioso.”
Ma Harlock decise di andare a fondo della faccenda. Il suo istinto gli suggeriva di stare all'erta. Non voleva però allarmare Mayu.
“Fatti bella - le disse più tardi in tono scherzoso - Stasera andiamo a cenare al ristorante.”
Eccitata per la novità, la ragazza non indagò sui motivi di quel comportamento anomalo.
Lo capì più tardi, quando, seduti al loro tavolo, lui le chiese in modo apparentemente casuale, guardandosi intorno:
“Per caso vedi quei due della barca di cui mi parlavi oggi?”
Mayu restò un po' delusa: era per quello, allora, che aveva deciso di rompere il loro isolamento, non per il piacere di portarla fuori a cena... Ma poi pensò che in realtà lui voleva soltanto proteggerla, quindi non protestò.
Si guardò intorno a sua volta, fissando attentamente i volti degli altri ospiti.
“No, non li vedo...”
Harlock non toccò più l'argomento per il resto della cena, che cercò di rendere particolarmente piacevole, come per farsi perdonare quel piccolo sotterfugio.
Rientrarono al bungalow piuttosto tardi e andarono subito a letto.
Harlock si stava chinando su di lei per baciarla, un mano già infilata sotto la sua camicia da notte, quando si bloccò di colpo e le posò un dito sulle labbra, facendole cenno di non parlare. Gli era sembrato di aver sentito un rumore attutito. Rimase in ascolto, i muscoli tesi, i sensi, resi affilati da un'intera vita da fuorilegge, pronti a captare la minima anomalia. Non si era sbagliato. Qualcuno era entrato e si stava muovendo cautamente nella semioscurità. Con un gesto della mano intimò a Mayu di nascondersi sotto il letto, poi con un balzo felino afferrò una piccola pistola che teneva sotto il cuscino. Sì, è vero, su Eden le armi erano vietate. Ma lui era un pirata. E i pirati trasgrediscono sempre le regole. Per principio. Quella era una vecchissima Smith & Wesson, eredità di qualche antenato, talmente antica che non veniva nemmeno rilevata dai sistemi di sicurezza.
Con l'arma stretta in pugno, si acquattò in un angolo buio accanto all'armadio e attese. Vide una sagoma scura avvicinarsi al letto e fermarsi, evidentemente non aspettandosi di trovarlo vuoto. A questo punto Harlock sbucò fulmineo alle sue spalle e puntò l'arma alla nuca dell'intruso.
“Non un gesto, o sei morto - sibilò - E butta a terra quello che hai in mano, senza tentare scherzi.”
L'uomo ubbidì e lasciò cadere un oggetto, che Harlock subito raccolse. Era un teser, uno storditore elettrico.
“Mayu, strappa la corda di quella tenda e passamela, per favore.”
La ragazza, pur spaventata, eseguì rapidamente e lo aiutò a immobilizzare l'uomo, che venne buttato in malo modo a sedere, appoggiato contro una parete. Harlock gli piantò in faccia una piccola torcia.
“Chi diavolo sei? Che cosa volevi fare?”
L'intruso strinse le labbra. Ma Mayu l'aveva riconosciuto.
“E' lui - disse - L'uomo della barca.”
Prima che potesse proseguire l'interrogatorio, una piccola ricetrasmittente, che l'uomo aveva evidentemente addosso, cominciò a gracchiare.
“Ah, abbiamo anche un complice! Adesso risponderai, dirai che è andato tutto secondo i piani e lo inviterai a entrare senza problemi. E cerca di essere convincente, non sono un tipo raccomandabile, ti assicuro” lo minacciò Harlock spostandogli la canna della pistola in mezzo alla fronte.
A malincuore, lo sconosciuto fece quello che gli veniva intimato.
“E' tutto a posto, Sylviana - sussurrò l'intruso nella ricetrasmittente - Sono sistemati, puoi entrare.”

 

 

 

 

Buon Halloween a tutte le streghette all'ascolto!

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Capitolo 22
*** Una vecchia conoscenza ***


Sylviana... questa poi! pensò Harlock sgomento.
Diede il teser a Mayu, facendole cenno di tenere a bada l'uomo, mentre lui si posizionava a un lato della porta della camera. Dopo pochi secondi, una figura femminile avanzò lentamente nella stanza.
“Pierre, dannazione, perché non hai acceso la luce? Qui non si vede un acc...”
La donna tacque di colpo quando sentì la canna di una pistola nella schiena e un braccio robusto che le cingeva il collo da dietro.
“Ma che sta succedendo? Pierre, che scherzi sono questi?”
Erano passati più o meno 25 anni, la sua silhouette ora sembrava appesantita, ma la voce arrogante era rimasta la stessa.
“Felice di rivederti, Sylviana! - scandì Harlock, mentre con poche abili mosse legava anche lei e la buttava a sedere di fronte al suo complice - Non è ora di cambiare mestiere, alla tua età?”
“Senti chi parla! E tu, Pierre, sei un maledetto idiota! Lo sapevo, lo sapevo che dovevo entrare per prima! Tutto questo non sarebbe successo!”
Harlock accese la luce.
“Mayu, è questa la donna che ti ha fatto tutte quelle domande?”
A quel punto, visto che ormai erano stati scoperti, tanto valeva usare i loro veri nomi.
“Sì, ma … tu la conosci?”
Sylviana squadrò la ragazza.
“Mayu? Mayu? - si mise a ridere beffarda - Non ci posso credere, Harlock, non ti riconosco! Adesso te la spassi con la tua figlioccia? Sei diventato un vecchio perv...”
Un terribile manrovescio si abbatté sulla faccia della donna, zittendola brutalmente. Mayu trasalì spaventata. Non ricordava di avere mai visto il capitano alzare le mani su qualcuno, men che meno su una donna, nemmeno sulla più carogna delle Mazoniane.
Ma questa volta era davvero fuori di sé.
“Non ti permettere più, mai più, di fare simili commenti! E adesso dimmi che cosa credevi di fare! Non lo sai che siamo in una zona franca? Potrei denunciarti.”
“Che cosa pensi che volessi fare, Harlock? Eden è un posto fantastico per i miei affari! Ci viene un sacco di gente come te, che si sente al sicuro e così abbassa la guardia. Non ti stavo dando la caccia, ma quando ti ho visto non potevo certo lasciarmi sfuggire un'occasione così... Magari mi sarei potuta finalmente ritirare, con quello che avrei guadagnato con te e con la tua deliziosa ragazzina!”
Harlock furente stava per colpirla di nuovo, ma la voce di Mayu lo fermò.
“Insomma, si può sapere chi è questa qui? E come fai a conoscerla?”
“La conosco perché è una cacciatrice di taglie. Un po' di anni fa ha cercato di catturare me e ha anche tentato di far impiccare tuo padre... l'abbiamo salvato per un pelo!”
“Ah, davvero?”
Per un breve istante il suo sguardo fissò Sylviana gelido e determinato, come quando aveva sparato a Sigurd. La donna ne ebbe paura.
“Era mio diritto farlo - strillò - Le leggi di Gun Frontier lo permettevano!”
Harlock posò una mano sulla spalla della ragazza.
“Calmiamoci adesso. Dobbiamo decidere che cosa fare di loro...”
Per precauzione li imbavagliarono. Anche se non era loro interesse attirare l'attenzione, visto che il loro comportamento era illegale, con quella donna era meglio non rischiare.
Si spostarono in un angolo della stanza, senza perderli di vista.
“Che cosa intendi fare? Non vorrai mica … eliminarli?” chiese Mayu, a voce abbastanza alta da poter essere udita dai due, che impallidirono.
Harlock gettò loro un'occhiata truce.
“No, non ne vale la pena.”
“Potremmo consegnarli alle autorità di Eden. In fondo quello che fanno non è ammesso dal regolamento, l'hai detto tu, quindi...”
Lui scosse la testa, pensando a quanto aveva rivelato Sylviana.
“No, preferisco di no. Sospetto che possano avere delle connivenze, dei complici, qui su Eden... E non voglio rivelare in nessun modo la nostra vera identità. Intanto prepariamo le nostre cose, ce ne andiamo, a questo punto qui non è più un posto sicuro. Mi dispiace tanto, non sarebbe dovuta andare così...”
La ragazza gli sorrise e cominciò a riempire le valigie più in fretta che poté. Le caricarono sulla piccola auto elettrica, su cui fecero salire a forza anche Sylviana e Pierre. Era ormai notte fonda, il bungalow era isolato e difficilmente qualcuno li avrebbe visti.
Harlock guidò fino nel folto della foresta tropicale che sorgeva al centro dell'isola, poi fece scendere i due, legò ognuno a un albero, infine li tramortì con una scarica elettrica del loro teser.
“Così quando li troveranno o riusciranno a liberarsi noi saremo già lontani” spiegò, dirigendo il mezzo verso la reception, che era sempre aperta.
Disse all'addetto che per un'emergenza dovevano partire prima del previsto e che quindi avevano bisogno della loro navetta. Cercò di capire se per caso lui potesse essere implicato in qualche modo nella loro aggressione, ma l'uomo era imperturbabile.
“Nessun problema, signore. Purtroppo lei aveva prenotato per 15 giorni e, anche se ha trascorso solamente una settimana, il regolamento prevede che...”
Harlock non lo lasciò neppure finire e mise mano al portafoglio. Un'altra norma non scritta dei fuorilegge è mai attirare l'attenzione se non è necessario.
“Certo, ne ero a conoscenza.”
Ritirarono il pass per accedere all'hangar dei mezzi privati degli ospiti e salirono sul loro lupo spaziale.
Harlock non era tranquillo, però. Se davvero quei due avevano dei complici, sulla loro navetta avrebbe potuto esserci una cimice, un rilevatore, qualcosa che permettesse loro di seguirli. Decise così di non tornare subito sull'Arcadia, ma di puntare su un altro pianeta del sistema, Las Vegas, dove, a malincuore, l'avrebbe sostituita con un mezzo preso a nolo.
Il tragitto non era lungo. Lui taceva, immerso in cupe riflessioni. Pensava che, se quei due si fossero introdotti nel loro bungalow soltanto pochi minuti più tardi, probabilmente loro, impegnati in tutt'altre faccende, non si sarebbero accorti di nulla, se non quando fosse stato ormai troppo tardi. A quell'idea un brivido ghiacciato gli corse lungo la schiena. Non dovevo permetterle di legarsi a uno come me... sono stato un maledetto egoista!
“A che cosa pensi?” gli chiese Mayu, che percepiva il suo disagio.
“Non era questo il viaggio di nozze che meritavi...”
La ragazza alzò le spalle.
“Oh, beh, non è mica colpa tua!”
“Ma questo non sarebbe mai successo se tu avessi sposato un uomo normale! Non avrei dovuto chiedertelo, avrei dovuto pensare ai rischi a cui ti esponevo...”
“Siamo sposati da una settimana e ti sei già pentito? - scherzò lei - Ne abbiamo parlato fino alla nausea: io non lo voglio un uomo normale, lo vuoi capire o no? E poi quello che è successo mi ha confermato una volta di più che, finché starò con te, sarò al sicuro. Sarai sempre in grado di proteggermi. Quindi non voglio più sentire questi discorsi, intesi?”
“Intesi” - sospirò Harlock.

Las Vegas era una versione più grande, luccicante e, se possibile, ancora più chiassosa, di Tortuga. Era frequentata per lo più da gente ricca e ben vestita, ma per le strade, illuminate a giorno, nonostante fosse molto tardi, si incontrava un po' di tutto. Mayu aveva cercato sul computer di bordo dove potevano noleggiare una navetta, così non persero tempo e si recarono subito lì. Lasciarono il lupo spaziale, trasferirono i bagagli sul mezzo scelto e Harlock pagò il noleggio per due giorni.
“Come pensi di riportarglielo, scusa?”
“Eh no, mia cara, questa volta faremo i pirati e ce lo terremo. In fondo, abbiamo lasciato qua il nostro, possono rifarsi con quello. Non intendo più mettere piede in questo sistema planetario, almeno per un bel pezzo.”
Harlock considerò che non avevano dormito, erano ancora scossi per il pericolo scampato e cominciavano a sentire la stanchezza.
“Andiamo a bere qualcosa, prima di rimetterci in viaggio. Abbiamo bisogno di distendere i nervi.”
Si incamminarono tra la folla variopinta e pittoresca che animava la città, alla ricerca di un locale un po' tranquillo.
“Capitano!” si sentì chiamare Harlock all'improvviso.
Entrambi si voltarono e sulle prime non riconobbero la bionda che, a una certa distanza, li salutava con la mano. Poi, man mano che si avvicinava, si resero conto sbalorditi che si trattava di Yuki. Una Yuki assolutamente inedita, con un abito da sera scintillante, tacchi alti, truccata e ingioiellata.
“Oh mio Dio, Yuki, sei uno schianto!” gridò allegramente Mayu abbracciandola.
La donna arrossì.
“Grazie, cara. Ma voi... che cosa ci fate qui? Ah, ho capito, avete fatto una gita!”
“No, non esattamente - intervenne Harlock - E' una lunga storia. Stavamo giusto andando a bere qualcosa, se ti unisci a noi ti raccontiamo tutto. Ma... sei venuta qui da sola?” chiese preoccupato.
Yuki divenne ancora più rossa.
“No... Tadashi mi ha gentilmente accompagnato. E' entrato un attimo in un negozio, starà arrivando.”
Mayu e il capitano si lanciarono un'occhiata compiaciuta.
“Bene, allora aspettiamolo.”
Dopo pochi minuti arrivò Tadashi, anche lui tutto in tiro. Restò a bocca aperta a trovarsi davanti i due neosposi, gli ultimi che si sarebbe aspettato di vedere.
Trovarono un locale non troppo affollato. Davanti ai loro caffè, Harlock e Mayu raccontarono in breve la loro disavventura.
“Roba da matti! - commentò Yuki scuotendo il capo - Non si può stare tranquilli da nessuna parte! E ora che vi hanno rovinato il viaggio di nozze, cosa farete?”
“Torneremo sull'Arcadia, con i nostri amici. E' l'unico posto dove ci si può sentire al sicuro...” disse Harlock.
“Mi permetto di darvi un suggerimento... Perché non andate su Ombra di Morte, per qualche giorno? Voi due soli. Noi resteremo sull'Arcadia, secondo il programma, come se voi foste ancora su Eden.”
Il capitano ci rifletté un po' su. Non era una cattiva idea. Sarebbe stato un buon compromesso.
“Che cosa ne dici, Mayu?”
“Sì, certo, mi piacerebbe.”
“Allora avviso subito Yattaran di attivare la solita procedura. Dovrebbero esserci delle provviste di riserva, ma vi manderò i rifornimenti appena rientro sull'Arcadia.”
“Grazie, Yuki. Sei sempre così premurosa...” la ringraziò il capitano.
“C'è un'altra cosa che ti avrei detto al tuo ritorno, ma visto che sei qui... Ho ricevuto un messaggio dal signor Xelas. Diceva che la congiura è stata sventata, le altre persone coinvolte arrestate e i governi che l'avevano appoggiata deposti. Su Pangea, per esempio, ci saranno presto nuove elezioni e pare che lui si candiderà alla presidenza.”
“Bene! Ottime notizie!”
“Ha aggiunto che non si è dimenticato della sua promessa di farci togliere dalla lista dei ricercati. Almeno da quella dei terroristi. Così la competenza passerebbe dal Dipartimento alla polizia ordinaria, non ci sarebbero più taglie sulle nostre teste e, anche in caso di arresto, non rischieremmo la condanna a morte. Mi sembra già un buon risultato, no?”
“Sì, certo. Credo che più di così non potrà fare.”
Considerare proprio loro dei terroristi era semplicemente ridicolo! Harlock constatò anche che, se non avessero commesso la sciocchezza di innamorarsi e di sposarsi, senza Irita e lo strapotere del Dipartimento, ora Mayu sarebbe stata probabilmente libera di tornare sulla Terra o su qualche altro pianeta della Confederazione e condurre una vita normale, senza pericoli... Ma già, lei aveva più volte detto di non volerla, una vita normale!

Harlock e Mayu si congedarono dai due compagni e tornarono verso la navetta. Lui era contento di avere in qualche modo recuperato la situazione e di poter regalare ancora alcuni giorni di relax a … sua moglie. Si sarebbe mai abituato a quella parola?
“Secondo te quei due si fidanzeranno?” gli chiese Mayu durante il tragitto verso Ombra di Morte.
“Me lo auguro. Sarebbe ora, dopo tutti 'sti anni a girarci intorno!”
La ragazza sorrise tra sé e sé. Non aveva mai considerato Yuki una possibile rivale. Anche se doveva riconoscere che per diversi aspetti era molto più adatta di lei a uno come Harlock: era coraggiosa, intelligente e bellissima. E aveva anche l'età giusta. E sospettava che avesse un debole per lui. Come tutte. Possibile che il capitano non ci avesse mai fatto nemmeno un pensierino? Mistero. Si vede che il destino aveva stabilito che le cose dovessero andare in un altro modo. Oppure... invece una storia c'era stata, ma era finita da tempo... In fondo, lei, per anni, per tutti era stata solo la piccola Mayu, nessuno era tenuto a raccontarle la propria vita privata... Beh, se era così, prima o poi Harlock glielo avrebbe detto... forse...
“C'è un particolare di questo fuori programma che mi preoccupa...” confessò Mayu, cambiando discorso.
“Cioè?”
“Io non so cucinare!”
“Bene, ottima occasione per cominciare! E poi, guarda, se ho resistito 25 anni alla cucina della nostra amata cuoca, posso sopravvivere a tutto!”
“Spero tanto di non farti rimpiangere Masu!”
“Beh, lo spero anch'io! Sarebbe davvero il colmo!”
Risero.
“E non ho perdonato un'altra cosa a quei due disgraziati... - sussurrò Mayu cingendogli le spalle con le braccia e baciandolo sul collo - che ci abbiano interrotto sul più bello...”
La sua mano gli accarezzò il torace scendendo sempre più in basso.
“Non ce l'ha il pilota automatico quest'affare?”
“Suppongo di sì...” balbettò lui nel tentativo di mantenere il controllo.
Come faceva a comportarsi come nulla fosse, dopo il rischio che avevano corso? Era davvero un'incosciente o semplicemente una donna coraggiosa e innamorata?
“E che aspetti a inserirlo?”
“Stiamo per arrivare a destinazione... e tu sei una svergognata!”
“E tu dovresti solo esserne contento!”

 

                                                                THE END

 

 

Potrei aggiungere “e vissero per sempre felici e contenti” e giurare ancora una volta che non parlerò mai più di loro... ma ormai non faccio più promesse che non so se manterrò.
 

Un grazie di cuore a chi ha seguito la storia fin qui, a chi l'ha commentata (e qui non posso non citare la fedelissima danish!), a chi si è semplicemente divertito, spero, almeno un po'... Alle prossime avventure!

 

PS A mia discolpa, cito due romanzi “veri” in cui ragazze molto giovani sposano, una per costrizione e l'altra per scelta, non solo uomini molto più grandi, ma addirittura zii di sangue, quindi molto peggio di quello che ho immaginato io: “La lunga vita di Marianna Ucria” della Maraini e “La zia marchesa” della Agnello Horby; sempre di quest'ultima, anche in “Un filo d'olio” si parla di uno che sposa la figlia del fratello, e non è un'invenzione letteraria, perché sono i ricordi d'infanzia della scrittrice...quindi ….

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