Nascondendo un sorriso

di Frappesca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli opposti non si attraggono ***
Capitolo 2: *** Un incontro al buio ***
Capitolo 3: *** Tregua, please! ***
Capitolo 4: *** Don't cry, little girl ***
Capitolo 5: *** Mille difetti ***
Capitolo 6: *** Una serata movimentata (parte 1) ***



Capitolo 1
*** Gli opposti non si attraggono ***



Nascondendo un sorriso 





1.  Gli opposti non si attraggono
 
 



Avete presente quelle mattine in cui vi svegliate e vorreste che il tempo tornasse indietro, anche solo di cinque minuti, per non dover abbandonare il proprio letto e per poter vivere nei sogni ancora un altro po’?
Ecco, questa era la sensazione che provava Kristen dovendosi risvegliare per poter iniziare un altro, apparentemente interminabile, anno di scuola.
 L’ultimo per sua fortuna.
Kristen Harvey non era altro che una qualunque ragazza di città di 18 anni, la cui unica possibilità per poter avere una specie di futuro era frequentare le scuole superiori, luogo di cui non riusciva a trovare un singolo lato positivo, sebbene ci avesse già trascorso ben quattro anni della sua “vita non vissuta”, come la chiamava lei.
Il pallore del suo viso contrastava con il castano scuro dei suoi corti e sbarazzini capelli che le ricadevano sulla fronte, gli occhi erano di un color verde acqua.
Era una ragazza di media statura, non troppo magra e con un seno da far invidia a tutte le ragazzine della sua scuola che avrebbero pagato oro per avere un corpo come il suo.
Ma lei, al contrario, non dava molta importanza al suo aspetto fisico. Anzi, a dir la verità era l’ultima cosa a cui si interessava.
Non era di certo la ragazzina sempre sorridente con vestitini pieni di pizzetti e altri fronzoli vari, con orecchini luccicanti, con un make-up sempre perfetto e i capelli sempre al loro posto.
 No, assolutamente no.
 Il suo guardaroba comprendeva solo jeans, felpe, magliette a mezze maniche e tute, nient’altro.
 Insomma … era la tipica maschiaccia che trascurava sé stessa.
 


Quella mattina di metà settembre sembrava condividere con tutti gli studenti il lutto del fatidico rientro a scuola.
Il cielo era coperto e l’atmosfera era quella dell’autunno inoltrato, con i marciapiedi già ricoperti di foglie secche e con le persone già attrezzate di ombrello e soprabito.
Questa era la cosa più straziante per Jason che avrebbe fatto di tutto pur di poter vedere un raggio di sole illuminare quel paesaggio triste e buio.
Anche Jason Cooper era un ragazzo di 18 anni che stava per iniziare l’ultimo anno di superiori con il suo solito spirito entusiasta, tipico del suo carattere ancora un po’ infantile.
Il suo viso, ricoperto di lentiggini,  era incorniciato da una folta e disordinata nuvola di capelli ricci di color castano che spesso copriva con un cappellino per diminuirne il volume.
La sua caratteristica che non gli mancava mai e grazie al quale tutti lo riconoscevano era senza dubbio il suo sorriso.
Non passava giorno senza che i muri di quella scuola vecchia e malandata non potessero ammirare la solarità e la grandezza di quel semplice sorriso.
Ma nonostante Jason fosse il ragazzo più solare, disponibile e allegro della scuola, si ritrovava ad essere considerato uno sfigato per il semplice fatto che avrebbe preferito giocare a pallone in giardino piuttosto che andare a letto con la ragazza più sexy della scuola.
Ma la sua ingenuità gli impediva di aprire gli occhi e di capire che le persone che considerava suoi amici non facevano altro che prenderlo in giro e schernirlo di fronte agli altri.
Però secondo lui non esistevano persone cattive.
 


Non ci sarebbe stato alcun modo per nessun essere vivente di poter strappare un minimo accenno di un sorriso a Kristen durante quel giorno.
Forse solo un miracolo.  
Kristen era già fuori dalla porta di casa,puntuale come sempre, pronta per riprendere la routine scolastica, monotona e ripetitiva, che avrebbe occupato altri nove mesi della sua vita.
Camminava a passo svelto e deciso, sicura di sé con i suoi anfibi, per le strade della periferia di Purley, una cittadina vicino a Londra, con le cuffiette del suo inseparabile ipod nelle orecchie e con aria indifferente.
Ormai le gambe si muovevano da sole, senza alcun comando dal cervello, perché anche loro sapevano benissimo che l’unica strada da percorrere era sempre quella che portava a scuola.
Non ci sarebbe stata alcuna deviazione che avrebbe potuto cambiare il corso predefinito delle cose, nessun tipo di avventura emozionante avrebbe sconvolto la solita monotonia.
Niente.
 L’unica cosa che l’aspettava era quel cancello arrugginito.
E dentro di sé sapeva benissimo che quella era anche l’unica cosa che non avrebbe voluto vedere.
Ma purtroppo ci era già davanti e con un po’ di esitazione varcò quella soglia.
Dopo aver controllato dove si tenessero i corsi che aveva scelto, si diresse verso un’aula in fondo ad un lungo corridoio a piano terra, dove aveva già fatto ingresso il professor Wilkinson, che teneva quel corso.
 I banchi dell’aula fortunatamente erano singoli, quindi almeno durante quel corso non avrebbe dovuto condividere le proprie giornate con un compagno di banco rompiscatole.
Prese posto vicino alla finestra in terza fila, sperando di non essere disturbata, né dal professore, né dagli altri studenti che occupavano l’aula.
 


- Signor Cooper, si sposti vicino alla finestra, per piacere. La sua folta chioma di capelli, per quanto bella possa essere, come al solito nasconde tutti gli studenti dietro di lei.- Così esordì il professore una volta sistemate le proprie cose sulla cattedra.
Jason prese tutti i suoi libri e senza obbiettare si alzò da quel banco in prima fila allegro e solare come al solito, salutando quelli che avrebbero dovuto essere i suoi nuovi vicini di banco.
- E si faccia cucire quei pantaloni per piacere. Siamo solo al primo giorno ed è già riuscito a strapparli?-  ammonì il professore abbassando i propri occhiali dalle lenti tonde per guardare meglio i due strappi presenti sui pantaloni dell’uniforme di Jason all’altezza delle ginocchia.
- Mi scusi tanto, cercherò di sistemarli! - disse con un sorrisetto imbarazzato mentre prendeva posto al suo nuovo banco.
Si guardava attorno spaesato tra quelle nuove facce, come se in quei cinque minuti in cui era stato in prima fila si fosse già affezionato ai visi che aveva avuto vicino e con cui aveva scambiato due parole, facendo qualche considerazione sul tempo o sulla grandezza dell’aula.
Alla sua sinistra c’era un ragazzo che si dondolava sulla sedia con l’intenzione di non ascoltare una sola parola di quello che avrebbe detto il professore, mentre dietro di lui c’era una ragazza che con la sua penna nera scriveva fiumi di parole senza mai fermarsi.
Stette ad osservare quella penna nel suo movimento ritmico e continuo per un po’, come se fosse stato ipnotizzato.
 


- Ciao! Che scrivi di bello??- Kristen sobbalzò dalla sedia appena sentì mormorare queste parole da un ragazzo riccioluto che si trovava davanti al proprio banco e che continuava a dondolarsi sulla sedia per cercare di leggere anche solo una parola di quel papiro che stava scrivendo.
- Non sono affari tuoi. Spostati.- rispose sottovoce con tono duro, girando il foglio sopra il quale stava scribacchiando, per non farlo vedere a quel tipo, troppo curioso e confidenziale per i suoi gusti.
- Non dirmi che prendi già appunti! E’ solo il primo giorno di scuola!!- continuò a bassa voce.
- Ho detto che non sono affari tuoi.- sussurrò ancora arrabbiata per essere stata distratta dai propri pensieri.
- Ok, ok … Non insisto. Comunque io sono Jason! - le disse con il suo sorriso enorme spiaccicato in faccia e porgendole una mano, come fanno dei colleghi di lavoro che si presentano.
- Non m’interessa. - rispose con un tono sempre più duro e seccato creando un’atmosfera di ghiaccio e guardando con aria disgustata quella mano tesa di fronte a sé.
- Ehi, ti sto antipatico? Perché se è così mi dispiace, non intendevo esserlo. Volevo solo fare un po’ di amicizia! Comunque mi piacerebbe sapere come ti chiami!-
Kristen sbuffò seccata e pose il suo sguardo fuori dalla finestra, voltando le spalle a Jason, lasciando intendere che avrebbe preferito buttarsi dal quarto piano di un grattacielo piuttosto che continuare quella conversazione che aveva interrotto tanto bruscamente i suoi mille pensieri.
- Ehi, scusa. Non volevo disturbarti! Però dai, non fare così, ti ho solo chiesto come ti chiami.- cercò di riattaccare bottone.
Ciò che ottenne fu solo un silenzio tombale.
- Ehi, dai! Non voglio mica mangiarti.-
Ancora silenzio tombale.
A questo punto Jason per attirare la sua attenzione su di sé iniziò a picchiettare insistente la spalla di Kristen con il dito, dondolandosi con la sedia verso il suo banco.
La ragazza, ancora più infastidita di prima, voltò lo sguardo di scatto e fissò il povero Jason, assottigliando lo sguardo,  con due occhi che avrebbero fatto ghiacciare un deserto.
- Ehi! Perché te la prendi così? Ho per caso detto qualcosa di sbagliato?  … Sto solo cercando di socializzare un po’, non c’è bisogno di reagire in questo modo … -
- Rinunciaci … Non sono il tipo di persona che vorresti incontrare, fidati.-
- Ma smettila! Sappi che io non rinuncio mai! Comunque, sei sempre così fredda e scontrosa? –
- Si. -
- Nah! Non ci credo. Scommetti che prima della fine della giornata riuscirò a trasformare quel broncio in un sorriso?-
- No. Non ci proverei nemmeno se fossi in te. E’ meglio per tutti se mi stai alla larga.-
- Non ti lascerò in pace finché non ti avrò vista con un bel sorriso!-
- Continua a sperare. Sarà tutto tempo perso … -
- Ma insomma! Che ci vuole a sorridere? E’ il gesto più semplice e spontaneo che l’uomo conosca! Sorridendo non solo esprimi felicità ma la regali anche a chi ti sta attorno!- disse più raggiante che mai.
- Vedo che hai una tua filosofia sul sorriso! Beh, mi spieghi come con uno stupido sorriso possa donare felicità a coloro che mi stanno attorno quando non riesco a rendere felice nemmeno me stessa?- rispose Kristen il più velocemente possibile in modo secco e duro e a voce bassa, per evitare di attirare l’attenzione del professor Wilkinson.
Jason rimase colpito da quella risposta, aveva notato che le parole di quella ragazza erano impregnate di odio e amarezza.
- Forse non riesci ad essere felice perché non vuoi essere felice. Forse se provassi ad essere meno scontrosa e a farti degli amici, potresti ritornare a sorridere. –
- Forse invece dovresti stare zitto e non impicciarti negli affari degli altri.-
- Volevo solo fare amiciz … -
- Ed io volevo solo starmene un po’ in pace. Non ho bisogno di psicologi che mi dicano cosa devo o non devo fare senza nemmeno capire un millesimo di quello che provo e che ho provato.-
- Non era mia intenzione fare lo psicologo. Comunque hai un bel caratterino, lasciatelo dire.-
- Ti avevo avvisato. No? Non sono il tipo di persona che vorresti incontrare. Anzi, che nessuno vorrebbe incontrare!-. La ragazza sembrava accaldarsi sempre di più, trasformando quello sguardo impassibile e impenetrabile in un’espressione di rabbia, odio, amarezza e disgusto.
- A me fa piacere averti incontrato. Ora ho un obbiettivo da poter raggiungere. –
- E sarebbe?-
- Farti sorridere!-
Kristen, stupita da quella risposta, ebbe un attimo di esitazione, iniziò a farneticare di fronte a quelle parole così spontanee e sincere, come quelle di un bambino.
- Le persone come te … che credono che essere felici sia la cosa più semplice al mondo … non le sopporto, perché non hanno mai provato cosa sia il dolore, non sanno cosa vuol dire … -.
- Signor Cooper, signorina Harvey, volete smetterla di parlare? E’ solo il primo giorno di scuola, suvvia, mostrate un po’ di contegno almeno per oggi!- interruppe il professor Wilkinson.
I due, colti di sorpresa, distolsero lo sguardo l’uno dall’altra.
Kristen, ancora scossa ed un po’ turbata dalle affermazioni del ragazzo, ritornò a scrivere veloce come un uragano, non distogliendo mai gli occhi da quel quadernetto per evitare di essere nuovamente interrotta da qualche ragazzo impiccione.
Una volta finita la lezione, la ragazza scivolò fuori dall’aula veloce e silenziosa e si diresse verso la classe in cui si sarebbe svolta la seconda ora.

 

 
 
 Ciao a tutte!
Allora, che dire? In questi giorni vagando tra le mille storie inconcluse che ho lasciato al loro triste destino in una cartella sperduta nel mio computer, ho trovato questa, l’ho sistemata e (miracolo!) ho deciso di continuarla!
Quindi voilà! Che ne pensate?
Comunque in questo capitolo incontriamo solo uno dei due personaggi principali, che sarebbe Kristen. Nel prossimo capitolo faremo la conoscenza di Steven.
Ok, ho capito, non ve ne frega niente. ç_ç
Bye bye, alla prossima!
Francesca <3

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Capitolo 2
*** Un incontro al buio ***


 
Nascondendo un sorriso
 



2.  Un incontro al buio
 


 
 
Il soffitto sembrava aver catturato gli occhi assenti di Kristen, la quale distesa sul suo letto, si era abbandonata ai propri pensieri, dimenticandosi di tutto ciò che la circondava.
 Come spesso le capitava di fare la sera prima di addormentarsi, rifletté su molte cose tra le quali c’era anche il ragazzo riccioluto con cui aveva avuto una conversazione abbastanza accesa la mattina stessa.
Quel tipo la irritava in particolar modo, era il suo più totale opposto.
Iniziò a pensare che fosse il tipico ragazzo della porta accanto: sempre disponibile, disgustosamente gentile, solare, pieno di energia … insomma,quel genere di ragazzo che piace sempre alle mamme o alle nonne. Pensò che di certo quel Jason avesse avuto una vita sempre felice e perfetta, senza alcuna sbavatura, e per quel motivo non avrebbe mai e poi mai potuto capire Kristen, la quale non era mai riuscita a vivere serenamente né con sé stessa, né con gli altri.
La stanchezza iniziò a farsi sentire ed a stento riusciva a tenere aperti gli occhi.
Sentendo un leggero venticello soffiare all’interno della stanza, diede uno sguardo alla finestra e notò che quella era ancora aperta.
Cercò di alzarsi per andare a chiuderla, ma quel letto era così dannatamente comodo che non le permetteva di farlo.
Rimase ferma nel letto pensando che prima o poi avrebbe dovuto alzarsi, ma a poco a poco i suoi occhi si chiusero, ogni suo pensiero venne interrotto e senza che potesse accorgersene, si addormentò.
 




Passeggiava distratto tra le case di Purley, senza una meta precisa, con un’espressione da cane bastonato. Aveva programmato di passare tutta la serata al suo bar preferito per guardare la partita di rugby con qualche bicchiere di birra, ma con suo grande sorpresa aveva scoperto che il padrone del locale era andato in vacanza per una settimana, perciò era chiuso e lui era deluso e sconsolato come un bambino che non trova niente sotto l’albero il giorno di Natale.
Con lo sguardo basso e con le mani in tasca entrava noncurante in strade a lui sconosciute, calciando il primo sassolino che gli capitava sotto tiro.
Il ragazzo in questione si chiamava Steven Hoppus: era un ragazzo di 20 anni, aveva i capelli non troppo corti e disordinati di color nero, tenuti coperti dal cappuccio della sua felpa, mentre gli occhi erano di un marrone caldo con delle sfumature castane.
Lavorava come meccanico presso la stazione di servizio del quartiere da quando aveva finito di andare a scuola.
Non era di certo la sua aspirazione, ma in quel momento ciò che gli serviva era uno stipendio, alto o basso che sia, per potersi finalmente comprare un appartamento e vivere da solo, senza l’assillo dei propri genitori.
Il cielo, illuminato solo da uno spicchio di luna, era coperto da nuvoloni che minacciavano pioggia.
Steven era lontano da casa e non aveva un ombrello con sé, ma questo non sembrò preoccuparlo, infatti continuò la sua passeggiata, quasi come se avesse staccato per un attimo il cervello ed il suo corpo si muovesse con la casualità più totale.
Ad un tratto Steven iniziò a sentire qualche goccia d’acqua cadere e, non fece nemmeno in tempo a trovarsi un riparo, che si ritrovò completamente fradicio dalla testa ai piedi.
Accelerò il passo, cercando di non abbassare lo sguardo a causa della pioggia insistente, per poter trovare un qualcosa per ripararsi mentre aspettava che lo scrollo fosse finito.
Ad un tratto gli balzò l’occhio su un giardinetto con qualche albero folto, sotto cui avrebbe potuto ripararsi.
Certo, non era un granché, ma era pur sempre qualcosa.
Mentre raggiungeva con una corsettina il giardino notò un cane sotto la pioggia.
Appena i loro sguardi si incrociarono, il cane iniziò ad abbaiare e a correre in direzione di Steven.
Il ragazzo, vedendo che il cane in questione era un feroce e selvaggio dobermann, cominciò a correre come un dannato e pensò : “Oh cazzo, se quello mi becca sono morto!!!”.
Corse sotto la pioggia, imprecando contro tutti gli dei possibili, per tutto il giardino con il cane dietro che abbaiava in continuazione.
Era stanco, non avrebbe retto alla velocità del dobermann ancora a lungo, ma ad un tratto ebbe il colpo di genio … o quasi.
Vedendo che il tronco di un albero del giardino era abbastanza spesso si arrampicò su di esso con una velocità che non avrebbe mai immaginato di poter raggiungere.
Ma mentre saliva il cane era riuscito a strappagli parte dei pantaloni e della felpa, quindi ora si trovava completamente fradicio, con i vestiti strappati, arrampicato su un albero nel bel mezzo della notte e con un cane che minacciava di sbranarlo da un momento all’altro.
In poche parole la situazione più assurda in cui avrebbe potuto trovarsi.
Ad un tratto ebbe un altro colpo di genio (sempre se così si possono chiamare).
Aveva notato che alcuni rami dell’albero raggiungevano le finestre e i balconi di un condominio che si trovava proprio lì vicino.
Quindi, siccome quell’albero non avrebbe retto a lungo il suo peso, senza pensarci due volte si mise a strisciare su un ramo abbastanza orizzontale che lo portò di fronte ad una finestra, che per sua fortuna era aperta!
Con un balzo oltrepassò la finestra e si trovò in una camera da letto con una persona che stava dormendo dall’altra parte della stanza, fortunatamente girata.
Adesso la situazione era quasi demenziale.
Non sapeva più che fare …
 





Kristen, che stava beatamente dormendo, aprì gli occhi ancora mezza rimbambita quando sentì un forte tonfo provenire dalla sua scrivania.
Ma quegli occhi si spalancarono e si riempirono di terrore appena udì qualcuno  imprecare sottovoce - Merda!! Anche tu ti ci devi mettere, idiota di una sedia!-.
Era girata verso il muro quindi non poteva vedere chi ci fosse all’interno della sua stanza, ma siccome abitava da sola iniziò a pensare che fosse un ladro o un maniaco assassino.
Non sapeva se rimanere immobile facendo finta di dormire o se entrare in azione. Optò per la seconda opzione; non sarebbe mai rimasta a guardare un ladro rubare le proprie cose senza nemmeno tentare di fermarlo.
Fortunatamente teneva sempre un bastone sotto il letto.
Lo prese lentamente senza fare rumore e poi si alzò di scatto dal letto impugnandolo saldamente.
- Guai a te se provi a toccare con quelle luride mani un solo oggetto che si trovi in questa casa!- disse Kristen sventolando in aria il bastone e guardando da una parte all’altra della stanza per riuscire a trovare nel buio colui che aveva azzardato addentrarsi nella sua casa.
Poi di scatto arrivò fino all’interruttore vicino alla porta e accese la luce.
Ed ecco che si trovò davanti a sé un ragazzo totalmente bagnato e con dei vestiti strappati che iniziò a farfugliare qualcosa senza senso, non sapendo cosa dire.
- BRUTTO MANIACO!!! ESCI SUBITO DA QUESTA CASA O CHIAMO LA POLIZIA!!! PERVERTITO CHE NON SEI ALTRO!! MA CHE CREDEVI DI FARE?? HO UN BASTONE IN MANO E SO PERFETTAMENTE COME USARLO!!!- urlò Kristen con tutta la voce che aveva in gola avvicinandosi verso il ragazzo sempre muovendo il bastone che fendeva l’aria.
Intanto il ragazzo cercava di farle abbassare la voce continuando a balbettare cose incomprensibili e muovendosi all’indietro per evitare di essere colpito da quel maledetto bastone.
Ad un certo punto Kristen stava quasi riuscendo a lasciare un bel colpo sulla testa di quel pervertito con il suo bastone, ma quello prontamente riuscì a bloccarlo con la mano e a strapparlo dalla forte presa di lei.
- CHE CREDI DI FARE ORA, E’?? POSSO MANDARTI AL TAPPETO ANCHE SENZA QUEL BASTONE, SAPPILO!! – gridò la ragazza con i pugni già pronti a colpire.
Ma finalmente il ragazzo riuscì a parlare e a spiegare la situazione :
- Ehi! Abbassa un po’ la voce! Ti giuro che non sono un ladro o un maniaco o un pervertito o quello che pensi! Quindi datti una calmata! Non voglio farti niente! -
- E ALLORA PERCHE’ SEI ENTRATO IN CASA MIA NEL BEL MEZZO DELLA NOTTE??? TI PARE UNA COSA NORMALE???-
-No, certo che no … E’ solo che … beh … ha iniziato a piovere e … un cane mi rincorreva in giardino … quindi mi sono arrampicato su quell’albero … e ora sono qui ...-
- Certo!! Ed io invece sono una fatina dei boschi!!!- disse Kristen che ormai aveva  spinto il ragazzo contro il muro, a forza di farlo indietreggiare.
 Teneva sempre i pugni davanti al viso, nella tipica posizione del pugile, pronti a colpire senza pietà in caso di necessità.
- So che può sembrare un tantino strano, ma … -
Kristen lo interruppe -UN TANTINO STRANO???-
- Ok, molto strano, ma è la verità. Ora, potresti abbassare solo un pochino la voce per non attirare tutto il vicinato. Sai, non vorrei che qualcuno chiamasse la polizia per niente … -
Kristen ricominciò a urlare - GUARDA CHE NON MI LASCIO PRENDERE PER IL CULO DA UNO STR … -
Il ragazzo la zittì coprendole la bocca con una mano.
- Vuoi abbassare quella voce? Ti ho già detto che non voglio farti niente. Che ne dici di lasciarmi uscire da questa casa e di mettere fine a questa spiacevole situazione?- le sussurrò avvicinandosi incautamente a lei.
Kristen era ancora su tutte le furie e cercò di gridare con tutta la sua voce, ma inutilmente, poiché quelle urla venivano soffocate dalla mano del ragazzo che non voleva svegliare i vicini e passare per un maniaco.
Allora iniziò a scagliare i suoi pugni per cercare di liberarsi da quella presa, ma questo complicò ancora di più le cose:  il ragazzo per difendersi le aveva bloccato la schiena contro il muro e con una mano le teneva ferme entrambe le braccia, tenendola per i polsi, mentre con l’altra le copriva la bocca.
- Calmati e ti lascio andare, ok? Ti ho già detto che non voglio farti niente. –
In quella posizione non era molto semplice credere alle sue parole e infatti Kristen aveva già iniziato a tirargli dei calci, che lui evitava con maestria.
- Perché non ti comporti da persona normale? - disse il ragazzo con una traccia di disperazione nella voce. Kristen gli lanciò uno sguardo stupito come per dire “Sarei io quella che si deve comportare da persona normale?!?!”.
Poi il ragazzo si avvicinò ancora di più al suo volto e, con un tono caldo e suadente ed un sorriso malizioso che già occupava il suo viso, le sussurrò all’orecchio:
- Beh, se continui ad agitarti … non mi lasci altra scelta … -

 
 
 


Ciaooooooo!
Ecco qua il secondo capitolo!
E’ assurdo, lo so. E’ improbabile, lo so. E’ stupido, lo so.
Però ecco, a me piacciono le cose assurde, improbabili e stupide, quindi … chissà se magari c’è qualcuno con i miei stessi strani gusti!
Abbiamo una piccola presentazione di Steven ed il suo folle incontro con Kristen. Il prossimo capitolo sarà sicuramente più lungo e interessante, quindi non abbandonatemi!
Se vi va lasciatemi una recensione, che mi fa sempre piacere! ^^
Un bacione e a presto
Francesca

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Capitolo 3
*** Tregua, please! ***


 

Nascondendo un sorriso




3. Tregua please!
 



- Beh, se continui ad agitarti … non mi lasci altra scelta … -
 

Kristen a quella frase spalancò gli occhi e diventò rossa come un peperone.
Il ragazzo tolse la mano destra dalla bocca di Kristen e la sinistra dalla presa che aveva sui suoi polsi. Poi portò entrambe le mani di fronte al viso di lei e iniziò ad agitare le dita.
Kristen era già pronta a urlare di nuovo e a fare qualche mossa di karate, ma non fece in tempo a dire “Che cazz--???”, che si ritrovò a ridere come un idiota non appena le mani del ragazzo iniziarono a farle il solletico prima sul collo e poi sulla pancia e sui fianchi.
Se c’era una cosa che Kristen non sopportava era proprio il solletico, perché le faceva abbassare la guardia.
E in quel momento non riusciva nemmeno più a spiaccicare una parola e tra una risata e l’altra le era difficile persino respirare.
Non era nemmeno in grado di reggersi in piedi, tant’è che dovette far scivolare la schiena contro il muro fino a ritrovarsi seduta per terra.
Cercava di implorare pietà con delle parole che non riusciva nemmeno a concludere e dopo qualche minuto di solletico il ragazzo smise e si avvicinò alla finestra mentre Kristen stava ancora cercando di riprendersi da quella mossa infima e sleale.
Le intenzioni del ragazzo erano quelle di uscire di lì nello stesso modo in cui era entrato nonostante stesse ancora diluviando e il cane fosse ancora là sotto.
- Ma che fai? Sei impazzito? - gli domandò Kristen vedendolo mettersi in ginocchia sul davanzale di marmo della finestra e pensando che volesse buttarsi proprio da lì.
Non volendo ritrovarsi sulle prime pagine di tutti i giornali come la spregevole assassina che ha aggredito e poi ha fatto cadere dalla propria finestra un povero ragazzo innocente, si alzò subito in piedi e con uno slancio arrivò alla finestra.
Lo prese all’altezza della vita e fece forza all’indietro per poterlo mettere in salvo.
- Aspetta! Che stai facendo? - protestò lui afferrando i lati della finestra con le mani per paura che la ragazza volesse riprendere a fare la violenta.
Kristen spinse ancora di più all’indietro con il risultato di ritrovarsi spiaccicata di schiena sul pavimento con tutto il peso del ragazzo sopra di sé.
Lui non aveva capito molto bene ciò che era successo, in pochi secondi si era ritrovato steso con la schiena per terra.
Solo che al posto del freddo pavimento sotto di sé aveva un corpo e c’erano due braccia strette attorno alla sua vita.
Finalmente realizzò che stava completamente schiacciando il corpo della ragazza e non appena lo capì le scivolò accanto per non soffocarla con il suo considerevole peso e la sua altrettanto considerevole altezza. 
- Sei tutta intera? - le chiese mettendosi in ginocchio accanto a lei per poter verificare se le avesse fatto male.
La prima cosa che fece Kristen non appena si riprese dalla caduta fu alzarsi di scatto e chiudere velocemente la finestra per poi posizionarsi davanti.
- Non ti permetterò di suicidarti! O almeno, non dalla mia finestra … -
- Che cosa? Ma sei matta? Non volevo buttarmi! Volevo uscire nello stesso modo in cui sono entrato, così magari avresti smesso di smattare e di fare l’isterica ... -
- Sai com’è, non mi capita spesso di far entrare gente dalla mia finestra nel bel mezzo della notte! Non so se ti è chiara come cosa, ma il mio appartamento è una proprietà privata e quindi potrei benissimo denunciarti per aver violato la mia proprietà privata. - affermò Kristen ancora incazzata e confusa per quello che stava succedendo in casa sua.
- Ho capito! Ma ti ho già detto che non era mia intenzione invadere la tua proprietà privata! Ma hai visto come sono conciato?!?! Se fossi rimasto là fuori il dannato cane che c’è lì sotto mi avrebbe fatto sparire nel giro di due minuti! -  disse il ragazzo esasperato mentre si alzava dal pavimento e si avvicinava alla ragazza.
- Non per niente è un cane da guardia … E’ stato messo lì apposta per cacciare i ladri. -
- Mi stai dando del ladro?-
- Non dovrei?-
-NO! Te l’avrò detto mille volte che non ho cattive intenzioni! Devo ripetertelo in aramaico? - disse alzando la voce sempre più innervosito.
- Senti, non fare l’incazzato con me in casa mia! Non ti rendi conto che quello che hai fatto avrebbe potuto far prendere un infarto a qualsiasi altra persona normale???-
- Ti ho detto che ho capito! Non l’ho fatto apposta e MI DISPIACE!!! Quante volte dovrò dirtelo ancora???- 
- Non so!! Forse fino a quando riuscirò a dare un senso a questa assurda e improbabile situazione!!! -
- Anche per me è assurda e improbabile, che credi??? Che mi diverta a spaventare la gente entrando nelle loro stanze nel bel mezzo della notte??? - 
- Non è da escludere come possibilità, dato che per quanto ti conosca potresti essere anche un assassino ricercato evaso dal carcere! -
- Vuoi capirla o no che non ho mai ucciso nessuno, né rubato, né commesso altri tipi di reato??? Certo che sei una ragazza impossibile!-
Kristen non fece arrivare quella risposta che il ragazzo si stava puntualmente aspettando, ma interruppe quel battibecco non appena si accorse che nella foga di quel litigio i due si erano avvicinati di molto, forse troppo.
Erano a un palmo di distanza l’uno dall’altra e un silenzio innaturale era calato tra i due.
Lei spostò i suoi occhi su quelli del ragazzo e per un attimo si perse nell’osservarli. 
Per qualche stano motivo quel contatto visivo prolungato provocò in Kristen un leggero brivido, forse per colpa di quegli occhi del colore del cioccolato, così caldi e profondi, così rassicuranti, seppur appartenessero ad uno sconosciuto.
- Forse ora è meglio che vada, non voglio creare altro disturbo a te o alla tua famiglia. - sussurrò il ragazzo con l’improvviso timore di aver svegliato e allarmato i genitori di quella ragazza e leggermente confuso da quell’atmosfera che si era creata.
Anche lui era rimasto incantato dal verde degli occhi di Kristen, così chiari e così misteriosi.
- Si, hai ragione … - rispose Kristen pensando che in realtà in quella casa non c’era alcun tipo di famiglia, ma solo lei - Forse hai bisogno di un asciugamano? Sei ancora molto bagnato. - Chiese poiché spostando il volto sul pavimento della stanza notò che anch’esso era piuttosto bagnato.
- Come mai questa improvvisa gentilezza? -
- Non voglio che mi bagni anche il resto della casa. - rispose la ragazza un po’ fredda, non volendo dare ulteriori confidenze ad un completo sconosciuto.
- Ah. Se è così … allora va bene. -
Kristen si diresse nel piccolo bagno del suo piccolo appartamento e afferrò un asciugamano pulito.
Quando ritornò in stanza trovò il ragazzo intento ad osservare le foto e i disegni che la ragazza aveva affisso su una piccola bacheca, ormai strabordante di fogli di tutti i tipi, con delle puntine.
Ad un angolo c’era, sopra un pezzetto strappato di un foglio a quadretti, una scritta in stile graffito del suo nome, che fu la prima cosa che il ragazzo notò.
- Quindi ti chiami Kristen … Bel nome. - affermò voltandosi quando la sentì entrare.
- Che fai? Ora ti metti pure a ficcanasare tra le mie cose? Mi spieghi chi credi di essere? - chiese la ragazza infastidita da quell’ennesima invasione del suo piccolo territorio, la sua piccola tana a cui solo le persone più care avevano accesso.
- Hai ragione, mi dispiace … E’ solo che mi ha attirato questa scritta. L’hai disegnata tu? -
- Si. E’ solo uno stupido schizzo. -
- E’ bello per essere uno schizzo. Hai mai fatto dei murales?- chiese il ragazzo incuriosito.
- Beh … Si. Ma ho smesso per non mettermi nei casini. Comunque eccoti l’asciugamano.-
Kristen lo porse al ragazzo, il cui sguardo era tornato a vagare su quella bacheca che per qualche strano motivo lo incuriosiva.
- Ti ho già detto di non ficcanasare tra le mie cose. - Affermò guardando fuori dalla finestra con aria scocciata. - Mi da fastidio. -
- Mi piacerebbe vedere un tuo murales. - dichiarò il ragazzo a bruciapelo, non dando retta alle parole di Kristen,  mentre passava l’asciugamano nei punti in cui era più bagnato.
La ragazza non rispose ed aspettò in silenzio che quel tizio si asciugasse e si togliesse dalle scatole una volta per tutte, arrendendosi al fatto che non avrebbe distolto lo sguardo dalla sua piccola bacheca.
- No … Non posso crederci ... - Il ragazzo sgranò gli occhi e si voltò verso Kristen con un sorriso stupito.
- Che c’è?? - chiese lei un tantino confusa e anche seccata dal fatto che quello sconosciuto continuasse a comportarsi come se fosse a casa sua.
- Sei una echelon1?-
Kristen non riuscì a trattenere un piccolo sorriso a quella domanda. Se le aveva chiesto quella cosa sicuramente sapeva chi fossero i 30 Seconds to Mars, e forse ne era pure un fan dato che sapeva quale fosse il loro nome.
- Si ...-
- Non mi dire! Sei una grande! L’ho capito dal simbolo della triade che hai disegnato! Anche io sono un echelon, guarda! -
Il ragazzo tirò fuori dal collo della felpa una collana formata da un semplice laccio nero su cui era appeso un ciondolo che riportava lo stesso simbolo presente sulla bacheca di Kristen, ovvero la triade, uno dei simboli rappresentativi dei 30 Seconds to Mars.
A Kristen bastò vedere quella collana per liberarsi un attimo da quel perenne strato di diffidenza e negatività verso il genere umano, dentro cui credeva di potersi riparare dal dolore e dalle sofferenze.
Il sorriso che si formò sul suo volto fu spontaneo come pochi, forse perché era la prima volta che aveva incontrato un altro echelon, una persona che apprezzava la sua stessa musica.
Era sempre stata l’unica nella sua scuola a disegnare “simboli strani”, come li chiamavano i suoi compagni di classe, sul diario o ad essere così affezionata ad una band che non aveva mai incontrato e che mai l’avrebbe fatto.  
Però era più forte di lei : ascoltando una canzone di quella fantastica band non poteva fare a meno di sentirsi meno sola, come se i suoi componenti fossero vicino a lei, nonostante le migliaia di chilometri che li dividessero.
E finalmente aveva incontrato qualcuno che forse aveva condiviso quelle sue stesse sensazioni, quei suoi stessi pensieri.
      



 Steven vedendo sorgere sulle labbra della ragazza un sorriso radioso, capì di essere riuscito forse a fare una crepa su quel muro di pregiudizi che gli aveva costruito attorno il primo istante in cui l’aveva visto.
E gli era bastato osservare un po’ in giro.
Forse quello era il momento adatto per aprire la bocca e rompere quel silenzio per annunciare di voler finalmente togliere il disturbo, ma non riusciva a dar voce alle parole.
Forse perché era ancora rimasto fermo a osservare Kristen, che dopo l’iniziale contentezza e piacevolezza nel sapere che anche lui era un echelon, aveva distolto lo sguardo sulla finestra, ma senza riuscire a trattenere un piccolo sorriso.
- Se vuoi ti regalo la mia collana. - Steven disse la prima cosa che gli venne in mente.
Kristen si voltò di scatto e sgranò gli occhi.
- Cosa? No, perché dovresti?-
- Prendila come una scusa concreta per quello che è successo. E poi ti è piaciuta tanto, eri così felice quando te l’ho mostrata! -
- Ero felice che tu la stessi indossando … - affermò Kristen, con una sincerità a cui lei stessa non era abituata, causata forse dalla stanchezza che si faceva sentire.
- Quindi posso dire di essere stato perdonato per ciò che ho combinato? -
- Assolutamente no! Ci vuole ben altro per farsi perdonare una cazzata del genere!-
Steven sorrise, dopotutto il fatto che il locale in cui doveva andare fosse chiuso, non era stata una brutta cosa.
- Dai, ora vado, ti ho davvero disturbato troppo. -
Il ragazzo si avvicinò alla porta della camera e seguì Kristen fino ad arrivare alla porta d’ingresso dell’appartamento.
La ragazza aprì la porta e lui uscì con ancora un accennato sorriso sulle labbra.
- Ah … Comunque mi chiamo Steven. - sussurrò avvicinandosi all’orecchio della ragazza poco prima che chiudesse la porta.      

  
 
 
 
 
 1. In pratica per chi non lo sapesse il termine echelon serve per indicare i fan dei 30 Seconds to Mars, una band americana, per cui vado letteralmente pazza e a cui volevo fare un piccolo omaggio. ^^
 




Ciao!
Prima di tutto volevo ringraziare tutte le bellissime persone che hanno recensito i precedenti capitoli! Tanto amore per voi! <3
Fatto ciò eccovi il terzo (non) attesissimo capitolo!
Spero non vi abbia annoiate a morte, soprattutto la piccola parentesi che ho fatto sulla mia band preferita (lo ridico nel caso non si fosse capito abbastanza) ovvero i 30 Seconds to Mars!!!
Fatemi sapere che ne pensate.
Un bacione a tutte voi!
Francesca

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Capitolo 4
*** Don't cry, little girl ***


 

Nascondendo un sorriso




4. Don’t cry, little girl




Il sole quella mattina era più scintillante che mai, non c’era una nuvola che sporcava quel cielo azzurro e in un attimo sembrava di essere tornati in estate.
Jason era seduto sul bordo di una piccola terrazza che dava sul cortile della scuola, che a causa di quella bella giornata si era riempito di studenti con l’intento di trovare un posticino al sole dove fermarsi a mangiare il proprio pranzo.
Il ragazzo dai capelli ricci poteva osservare tutti dall’alto ed era per quello che amava quel posticino che in pochi conoscevano e che lui aveva trovato una volta per caso mentre, con la scusa di andare in bagno, si era messo a girovagare per la scuola.
Mentre era lì che addentava il proprio panino, la sua attenzione era stata catturata da una ragazza che, non sapeva nemmeno lui per quale motivo, lo attraeva in modo particolare, come nessun’altra era in grado di fare.
Lei era Susan, di un anno in meno, con dei bellissimi capelli biondo cenere che le ricadevano morbidamente sulle spalle e degli occhi azzurri come il cielo in quella mattina.
In quel momento era lontana dalla folla di studenti che si era formata attorno ai tavolini di legno del cortile, ma Jason poteva comunque vederla mentre litigava con il suo fidanzato, con cui aveva un rapporto di odio-amore.
Tra loro era sempre un tira e molla e Jason non riusciva a sopportare quando vedeva la povera Susan piangere in qualche angolino della scuola a causa dell’ennesimo litigio con il suo ragazzo.
Jason, dopo aver tentato più volte di avvicinarsi a lei per consolarla e per cercare di diventare suo amico, si era accorto che Susan era sempre molto distaccata nei suoi confronti e che non apprezzava quei suoi tentativi di essere amichevole con lei.
Forse perché era troppo presa dalla complicata storia che c’era tra lei ed il suo ragazzo.
Jason si chiedeva sempre come mai la gente facesse delle scelte che le portassero a soffrire e ad essere infelici.
Si chiedeva perché non avessero la capacità di capire che si poteva vivere anche senza dover per forza stare male.
Era secondo lui una cosa assurda e non riusciva davvero a capire come mai Susan continuasse a mettersi in gioco in una relazione che lasciava più ferite che momenti felici.
Peccato che non si accorgesse del fatto che anche lui si era buttato a capofitto nel pericoloso gioco dell’amore, gioco da cui nessuno può uscirne realmente vincitore.
 
 


Mancavano quindici, ancora quindici minuti alla fine di quella maledetta lezione di matematica che sembrava essere infinita.
Il fatto che fossero quasi le quattro di pomeriggio e che fuori ci fosse un sole splendente non aiutava di certo gli studenti rinchiusi in quell’aula a piano terra a superare gli ultimi minuti che li separavano dal suono della campanella.
La metà della classe guardava fuori dalla finestra, con il cervello già proiettato in altre dimensioni, l’altra metà riusciva ancora a prendere appunti, ma forse senza capire nulla di quello che stavano scrivendo.
Nel suo banco in terza fila vicino alla finestra Kristen aveva la matita in mano e la faceva scorrere sul suo quaderno, cercando di realizzare un paesaggio che più volte le era capitato di sognare.
Non riuscendo più a stare seduta, alzò la mano e chiese di andare in bagno, anche per poter perdere qualche minuto.
Una volta uscita dall’aula e dopo aver percorso qualche metro sentì qualcuno chiamarla.
Lei si voltò e vide Jason, il ragazzo riccioluto che aveva incontrato il giorno prima, correrle incontro.
- Ehi! Come va? - Chiese Jason come al solito sorridente.
- Male. Ma ora anche peggio. Speravo che a lezione non ti fossi accorto di me. -
- Anche oggi partiamo con il piede giusto, noto! - Ironizzò il ragazzo.
- Perché il profe ti ha lasciato uscire se c’ero già fuori io? - Chiese Kristen ignorando le parole del ragazzo.
- Ho detto che dovevo andare un attimo in segreteria. - Rispose Jason alzando le spalle.
- E cosa ti spinge a seguirmi mentre vado in bagno? -
- Volevo conoscerti meglio, e siccome appena la campanella suona scappi via in un millesimo di secondo, questo mi sembrava il modo migliore. -
- E cosa ti spinge a volermi conoscere?-
- Il fatto che ti trovo interessante. -
Kristen alzò un sopracciglio e lo guardò con aria scettica.
- Io ti trovo appiccicoso. E metto le cose in chiaro in modo da non illudere nessuno : non mi piaci. -
- Ci ero arrivato da solo, sai? Comunque, tranquilla. La ragazza che mi piace non sei tu. Però vi accomuna una cosa, entrambe mi odiate. - Affermò il ragazzo un po’ sconsolato. - Cavolo, non riesco a togliermela dalla testa.- Aggiunse poi.
- No no. Frena. Come ci siamo passati alle confidenze amorose?-
- Non lo so … Sarà che penso sempre a lei. Ma non ho alcuna speranza, sta con un altro. -
- Si lo so, la vita è dura e fa schifo. Forse per te, caro il mio “Mr. Sorriso Splendente dell’anno”, è una novità, ma tranquillo, ti ci abitui in fretta. - Affermò Kristen con una punta di acidità.
- Sei acida. - Puntualizzò Jason.
- Sono solo realista. -
- Sarà, ma a me piace pensare che la vita sia più bella di ciò che tu dici. -
- Giustamente devi mantenere i tuoi ideali da “Mr. Sorriso Splendente dell’anno”. Altrimenti ti soffierebbero questo ambito titolo in un batter d’occhio. - Disse Kristen con sarcasmo.
- Sei una ragazza impossibile, te lo posso dire? -
- Non sei il primo a farmelo notare.- Rispose Kristen ripensando allo strano incontro avvenuto la notte precedente.
Quando arrivarono di fronte al bagno delle ragazze Kristen entrò e Jason rimase fuori ad aspettarla, dopo esser stato minacciato di una morte lenta e dolorosa se solo avesse provato a seguire la ragazza anche all’interno del bagno.
Dopo qualche minuto Kristen uscì dal bagno proprio nel momento in cui un’altra ragazza bionda stava entrando.
Quando le passò affianco la bionda urtò la spalla di Kristen di proposito, mentre Jason si era improvvisamente imbambolato.
Lei conosceva quella ragazza, era Susan, e non riusciva a sopportarla fin dal primo giorno in cui l’aveva vista cinque anni prima allo stesso corso di chitarra, corso che poi si rivelò inutile visto che dopo un anno capì di non essere per niente portata per la musica.
Da allora ogni volta che si incontravano Susan cercava di provocarla in qualche modo per poi prenderla in giro, e Kristen non ne aveva mai capito il perché.
- Ehi! Biondina, stai attenta a dove metti i piedi la prossima volta! -
Una cosa era certa, ovvero che lei non si sarebbe mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, tantomeno da una persona che non stimava per nulla.
Susan si fermò a pochi passi dalla porta del bagno e poi si voltò verso Kristen.
- Io metto i miei piedi dove ho voglia. Capito? - Rispose lei guardandola dritta negli occhi.
- Purtroppo lo so già … Dovrebbero affidare i tuoi piedi ad un cervello più funzionante. -
- E tu invece? Credi di essere tanto intelligente a fare queste battutine sceme? -
- Sinceramente … si. - Rispose Kristen alzando le spalle.
- Beh, non lo sei, cara. -
- Cara la chiami tua nonna! -
- Dio, ma quanto sei permalosa? -
- E tu quanto sei rompipalle? -
- Mai quanto te! La vuoi sapere una cosa?-
- Sentiamo. -
- La verità è che sei solo una ragazzina insicura e fai tanto la dura solo per nascondere il tuo segreto. -
- Illuminami, quale sarebbe questo segreto? -
- E’ che sei lesbica. -
Kristen inizialmente spalancò la bocca stupita da quella affermazione, ma si riprese subito dopo.
- Primo. Non è una cosa che terrei segreta. Secondo. Anche se fosse, dove starebbe il problema? -
- Il problema è che io potrei essere  la ragazza di cui sei innamorata. E dato che odio è amore, credo potrebbe essere una possibilità piuttosto concreta. -
- In certi casi l’odio è semplice e puro odio, niente di più e niente di meno. Non illuderti troppo su delle cose surreali. -
- Ehi, ciao Susan … - Finalmente Jason si svegliò dallo stato di imbambolamento in cui era entrato e dopo aver assistito per un po’ a quel litigio tra la ragazza di cui era cotto e la ragazza di cui voleva essere amico, decise di intervenire.
Si avvicinò alle due e sorrise a Susan.
- Tu la conosci? - Gli chiese Kristen con fare accusatore riferendosi alla bionda.
- Più o meno … -
- E tu conosci lei?- Gli chiese Susan riferendosi a Kristen.
- Si, insomma … -
- Mi hai deluso Jason, ti credevo un ragazzo così dolce e carino! E poi scopro che conosci una sfigata come lei … - Affermò Susan.
- Cosa? Ma … io la conosco poco. Insomma, conosco più te di lei … Lei l’ho vista ieri per la prima volta. - Disse Jason che andò completamente in confusione non appena il suo cervello recepì le parole “ti credevo un ragazzo così dolce e carino”.
- Sappi che ora ti odio ancora di più, “Mr. Falsità dell’anno”! - Affermò Kristen scocciata e offesa per poi voltarsi e tornare in classe per non vedere più quei due individui.
Non l’avrebbe mai ammesso, né a se stessa né a nessun altro, però le aveva fatto piacere che qualcuno finalmente si fosse accorto di lei, e dopo quello che era appena successo si era sentita solo un’illusa.
Dopo poco, quando si era seduta al suo banco e aveva ripreso in mano la sua matita, vide rientrare in classe anche Jason.
- Non provare mai più a rivolgermi la parola. - Disse fredda non appena vide il ragazzo girarsi verso di lei con l’intenzione di dire qualcosa.
- Scusa, ero in completa confusione … - Sussurrò Jason per non attirare l’attenzione del professore.
Kristen voltò lo sguardo vero la finestra senza nascondere il fatto che si fosse offesa e incavolata per ciò che era successo prima.
- Mi dispiace, ok? E’ solo che Susan è la ragazza che mi piace … -
Kristen spalancò gli occhi e si trattene dal mettersi ad urlare un “Cosaaaa?!?!” non appena comprese ciò che le era stato riferito.
- Sapevo che eri un idiota, l’ho capito dai primi cinque secondi in cui ti ho visto. Ma non pensavo fino a questo punto! - Disse a bassa voce non riuscendo ancora ad accettare che qualcuno potesse essere innamorato di quella ragazza, a parte il suo fidanzato, con cui comunque litigava sempre.
- Non pensavo che tu conoscessi Susan, e che la odiassi così tanto … -
- E’ una stronza, ok? Per trovare un cervello all’interno della sua testolina bionda bisogna usare il microscopio. Beh, forse insieme non sareste una brutta coppia … -
Proprio in quel momento la campanella suonò lasciando finalmente liberi tutti gli studenti che si erano improvvisamente risvegliati dallo stato di morti viventi in cui erano entrati negli ultimi minuti di lezione.
Kristen ripose tutto nello zaino velocemente per poi scappare via come al solito in modo da non perdere il proprio pullman.
 
 


Una volta entrata nel suo piccolo appartamento si lasciò cadere come un sacco di patate sul divano per recuperare un po’ di forze.
Kristen posò il suo sguardo sulle foto incorniciate e appoggiate sul mobile vicino alla televisione.
In una c’era un primo piano di sua madre, così simile a lei che certe volte si spaventava guardandola e allo stesso tempo ne rimaneva affascinata.
Nell’altra c’era ancora sua madre con in braccio una bambina un po’ paffuta con due enormi occhi verdi, vispi e curiosi. Quella bambina era lei quando aveva soli tre anni.
Quella foto era stata scattata esattamente dieci anni prima che il destino avesse portato via troppo presto la persona più cara a Kristen, sua madre.
E pensandoci, ecco, eccolo che puntualmente quel dolore ormai così familiare alla ragazza iniziò a venire a galla.
Era più forte di lei, ogni volta che ripensava a sua madre le ritornava quel groppo alla gola che le rendeva difficile persino respirare e che era troppo pesante da poter mandare giù.
E allora gli occhi le diventavano lucidi e le lacrime iniziavano a spingere per poter scendere, perché sapeva che niente e nessuno avrebbe mai potuto farle tornare indietro sua madre.
Ogni volta si ripeteva di essere forte e di affrontare tutto a testa alta, ma in giornate come quelle, in cui la malinconia e la solitudine prendevano il sopravvento, non riusciva a trattenere a lungo le dispettose lacrime che puntualmente le iniziavano a rigare il viso.
Proprio in quel momento sentì suonare il citofono.
Guardò sbuffando verso la porta d’ingresso credendo che fosse sua zia che faceva finta di interessarsi a lei.
Non aveva voglia di vederla, era così falsa che ogni volta che pensava a lei le veniva il voltastomaco.
Alla seconda citofonata decise di alzarsi dal divano e, dopo essersi passata una mano sugli occhi per asciugare le ultime lacrime, aprì la porta.
La persona che le si parò di fronte fu l’ultima che credeva potesse venire a farle una visita nel bel mezzo del pomeriggio ...
 
 

 



Ciao a tutte!
Anche se un po’ in ritardo, ho finalmente pubblicato il quarto capitoloooo!
So già che mi odierete perché è un po’ noiosetto e magari non divertente come quelli precedenti … però sappiate solo che l’ultima parte è qualcosa di piuttosto personale, che io stessa ho vissuto.
Ma non deprimiamoci più di tanto! Let’s smile! :D
Vi ringrazio per le bellissime recensioni che mi avete lasciato e per tutti coloro che hanno messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate! Siete troppo buone!
Fatemi sapere che ne pensate e buonanotte!
Francesca <3
  

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Capitolo 5
*** Mille difetti ***


 
Nascondendo un sorriso




5. Mille difetti
 
 
 

Kristen era lì, in piedi, sopra al tappetino di fronte alla porta su cui era scritto in corsivo la parola Welcome.
Rimase un po’ a fissare colui che aveva di fronte per essere sicura che non fosse solo un’allucinazione, destinata a sparire dopo poco.
Aveva ancora una mano sulla maniglia della porta, mentre l’altra aveva iniziato a torturare il bordo del felpone casalingo che stava indossando.
Era stupita.
E i secondi in cui si perse a guardare gli occhi che si trovava di fronte le sembrarono anni.
- Ciao. -
A quella parola Kristen tornò alla realtà e si riprese da quel momento di smarrimento che nemmeno lei sapeva come interpretare.
- Ciao Steven. -
- Ti ricordi il mio nome. - Osservò il ragazzo alzando un angolo della bocca.
- A quanto pare … -
La ragazza si perse nuovamente negli occhi di Steven.
Erano di un colore così caldo che le sembrava di vedere del cioccolato fuso, e quel calore stava pian piano sciogliendo anche lei.
Non sapeva per quale motivo, ma quegli occhi erano due calamite per i suoi e il fatto di trovarseli di fronte così inaspettatamente le fece comparire un sorriso accennato sul volto.
Appena si accorse che si stava comportando da vera imbecille si maledì mentalmente e tentò di comportarsi normalmente, senza quella dose eccessiva di romanticismo.
- Niente rampicata sugli alberi oggi, Tarzan? - Chiese con un mezzo sorrisetto appoggiandosi allo stipite della porta.
- Grazie alla mia Jane mi sto civilizzando. - Rispose stando al gioco.
- La “tua Jane” deve essere proprio una santa. - Replicò. - Comunque, qual buon vento ti porta qui? Stai cercando un nuovo modo per rapinarmi? - Continuò la ragazza sempre scherzando.
- Mi sembra ovvio. Ma a parte quello volevo restituirti l’ombrello che mi hai prestato ieri. E anche l’asciugamano che ho lavato con le mie stesse manine. -
Steven porse l’ombrello e l’asciugamano a Kristen, la quale lo guardò con aria stupita.
- Te l’ho detto che mi sto civilizzando. -
- Beh, c’è da dire che la tua Jane sta davvero facendo miracoli! - Esclamò guardando ancora incredula quell’asciugamano pulito e piegato sulle sue braccia.
Se doveva essere sincera non avrebbe mai pensato di vederselo tornare indietro, considerando che la prima impressione che aveva avuto su Steven era stata quella di un pazzo appena uscito dal carcere.
- Si, lo credo anche io. Ora che l’ho conosciuta dovrei vederla più spesso. -
Il ragazzo ammiccò a Kristen, e perciò pensò di essere lei quella che lui chiamava la “sua Jane”.
Anche se prima di arrivare ad una conclusione riguardo a questa cosa, dovette pensarci un attimo perché le sembrava piuttosto stupido che un ragazzo per lei quasi sconosciuto le avesse dato un nomignolo affettuoso come “la mia Jane”.
Che poi magari non era nemmeno un nomignolo affettuoso, ma solo una cavolata che era uscita dalla sua bocca perché non sapeva più cosa dire, in quanto tutta quella situazione era alquanto assurda, e diventava sempre più assurda ogni minuto che passava.
Soprattutto perché Kristen per la prima volta si stava facendo dei giri mentali senza capo né coda e solo perché doveva parlare con un ragazzo.
E non era abituata a ciò perché lei di solito non aveva filtri, diceva tutto quello che pensava, a costo di risultare antipatica.
- Adesso mi stai vedendo. - Disse come conclusione del suo discorso mentale.
Si odiò non appena capì quanto stupida e idiota fosse stata quella risposta.
- Chi ti dice che sei tu la mia Jane?- La stuzzicò lui.
Ottima osservazione.
- Ehm … Non lo so, forse il fatto che mentre l’hai detto stavi guardando me. -
- Un po’ egocentrica questa ragazzina. - Disse scompigliando i capelli di Kristen e superandola per oltrepassare la porta.
Purtroppo Tarzan non si era civilizzato del tutto. L’abitudine di intrufolarsi nelle case altrui senza chiedere il permesso e facendo come se fosse a casa sua non gli era passata.
Kristen sbuffò e chiuse la porta dietro di sé, si voltò e lo guardò con aria truce.
- Non chiamarmi ragazzina … Chi sarebbe allora la “tua Jane”? -
- Perché lo vuoi sapere? Sei gelosa? - Chiese continuando a stuzzicarla, mentre percorreva il soggiorno dell’appartamento fino ad arrivare di fronte al divano bianco di pelle.
- Ovvio che no. E’ solo che mi piacerebbe creare un’associazione Onlus per sostenere quella povera ragazza.-
Ok. Forse era stata un po’ acida ma era il suo modo di difendersi quando si sentiva attaccata. O presa per il culo.
- Quanta acidità ragazzina … - Disse Steven godendosi il viso di Kristen che diventava sempre più rosso dalla rabbia.
 - Una curiosità, che ci sei venuto a fare qui? A parte prendermi per il culo si intende. -
- Oltre a essere egocentrica sei pure permalosa, combinazione piccante!-
Kristen alzò gli occhi al cielo sbuffando.
Si, era molto permalosa, e sentirsi sbattere in faccia tutti i suoi difetti da un tipo che conosceva da meno di un giorno non era certo il massimo per lei.
- Ripeto, visto che hai difficoltà a comprendere ciò che dico. Che ci sei venuto a fare qui? - Chiese nuovamente scandendo bene tutte le parole.
- Sono venuto a riconsegnarti le cose che mi avevi prestato. - Disse in modo ovvio.
- E allora perché sei ancora qui? -
- Mi stai cacciando?-
- Implicitamente. -
- Che ospitalità, mamma mia. Sono commosso.-
- Ma che vuoi da me? Entri in casa mia senza nemmeno disturbarti di chiedermi se la cosa mi sta bene e poi pretendi pure che io sia ospitale? Ma vaffanculo. -
- Mi sembrava che fossi felice di vedermi. Sbaglio o prima mi hai fatto gli occhietti dolci? -
- Continua così e ti sbatto fuori a calci nel culo. -
- Ripeto. La tua ospitalità mi commuove. -
- Ok, allora la prossima volta mi intrufolo io all’improvviso a casa tua, mentre ti stai deprimendo e vuoi startene da solo in modo che nessuno possa vedere quanto schifosa sia la tua vita, e vediamo quanto sarà alto il tuo livello di ospitalità! - Affermò la ragazza alzando la voce e lasciandosi scappare qualcosa di troppo.
Steven rimase un attimo in silenzio e osservò il viso di Kristen mentre pian piano sbolliva la rabbia.
 - Ti stavi deprimendo? - Chiese poi.
- No. -
- E allora perché …? -
- Sta’ zitto. -
- Posso almeno chieder … -
- No! -
All’improvviso a Kristen tornarono gli occhi lucidi perché era stanca di quella giornata che non faceva che peggiorare e perché si sentiva troppo esposta.
E Steven la guardava confuso con il timore di essere stato lui a farla sentire triste.
E non voleva. Lui voleva solo scherzare, non voleva offenderla.
- Scusami. Tra i miei mille difetti ho anche quello di essere una lunatica del cavolo. - Sussurrò Kristen passandosi le dita sotto gli occhi.
Kristen si lasciò cadere sul divano.
Steven continuò a guardarla non sapendo che dire, per poi sedersi accanto a lei.
- Comunque ero venuto qui, oltre che per consegnarti ciò che mi avevi prestato, anche per chiederti se questo sabato ti andava di venire ad ascoltare la mia band. Suoniamo in un locale e sarebbe carino vederti là. -
- Perché me lo chiedi? Sono egocentrica, acida, permalosa, schiva, lunatica e chi più ne ha più ne metta. Vuoi che ti rovini la serata con i miei mille difetti? -
- No, è che voglio scoprire quali pregi si celano dietro questi occhioni verdi. E poi voglio farmi perdonare per i miei di difetti, che credimi, sono molto di più dei tuoi. -
- Smettila. Odio i falsi modesti. -
- Non sto facendo il falso modesto. -
- Allora smettila di comportarti in questo modo. Due secondi fa mi prendevi per il culo e adesso pretendi di potermi consolare? -
- Non ti prendevo per il culo … Uno dei miei difetti è che esagero sempre e in tutto. Oggi per esempio ho esagerato con l’ironia nei tuoi confronti. E mi dispiace se questo ti ha offeso, non era mia intenzione. -
Steven guardò la ragazza dritto negli occhi sperando che non fossero più lucidi, soprattutto se lo erano per causa sua.
- Ok. - Rispose semplicemente Kristen.
- Facciamo la pace? - Le chiese porgendole la mano come se fossero all’asilo, dove bastava una semplice stretta di mano per tornare ad essere migliori amici dopo una litigata.
Kristen la stinse e bastò quel gesto così semplice per far comparire un sorriso sul suo volto.  
- E pace sia. -
Kristen si chiedeva come quel ragazzo riuscisse a portarla a provare dall’odio più profondo nei suoi confronti ad una felicità vera e autentica.
Prima si faceva odiare e poi in qualche modo riusciva a farle tornare il sorriso.
- Per sabato allora ci stai? - Chiese dopo un po’.
- Non saprei … Io … - Steven la interruppe prima che potesse in qualche modo rifiutare il suo invito.
- Suoniamo proprio in un locale qui vicino e più gente c’è meglio è. E poi faremo qualche cover dei 30 Seconds To Mars. Ti ho convinta? -
- Ci penso su. -
I due si scambiarono i numeri di cellulare in modo che Kristen potesse fargli sapere quale sarebbe stata la sua decisione.
Preferiva non farglielo sapere subito, ma aspettare qualche giorno in modo da non sembrare troppo eccitata o emozionata.
Il fatto è che in realtà lo era. Era eccitata ed era emozionata.
E non le importava se due secondi prima aveva litigato con Steven e l’unica cosa che aveva voluto era stato vederlo fuori da casa sua.
In quel momento rivederlo le avrebbe fatto piacere, anche se probabilmente rivederlo avrebbe comportato un’altra litigata senza senso.
I due rimasero per un po’ seduti sul divano senza dire una parola, finché Kristen non si alzò e si diresse verso la porta della cucina.
- Posso offrirti qualcosa? - Gli chiese quando era già sparita oltre la porta della cucina.
Steven si alzò e la raggiunse appoggiandosi allo stipite della porta.
- No grazie. Mi stavo chiedendo … Di quante cavolo di taglie più grande è quel felpone? Probabilmente starebbe grande anche a me. -
- Mi piace stare comoda quando sono a casa. -
- Scommetto che ti vesti così anche per andare a scuola. -
Kristen alzò gli occhi al cielo mentre si versava dell’acqua in un bicchiere.
- Di nuovo a prendermi per il culo? -
- Era solo un’osservazione, Kristen. -
Era la prima volta che la chiamava per nome e per qualche strano motivo il suo nome pronunciato da lui sembrava mille volte più bello.
- Non preoccuparti, ho capito dove vuoi parare. Sabato, se verrò, cercherò di non mettermi dei felponi senza forma, così non ti vergognerai di me. Contento? -
- Ora si, grazie. - Rispose Steven, con l’improvvisa curiosità di sapere cosa si celasse sotto la sua enorme felpa, che di certo non rendeva giustizia al suo corpo.
- Voi uomini siete tutti uguali … - Borbottò Kristen mentre stava lavando il bicchiere all’interno del lavandino.
- Perché saremmo tutti uguali? - Steven nonostante il rumore dell’acqua che scorreva aveva sentito e non aveva intenzione di lasciar scivolare via quell’affermazione della ragazza.
- Vi interessate solo di quelle che mettono tutto in mostra e che si improvvisano equilibriste su dei tacchi dodici. Non apprezzate mai la semplicità . -   
- Non credi di stare un po’ generalizzando? -
- Assolutamente no. Siete tutti un branco di idioti. -
- Nessuno escluso? -
- Nessuno. -
Steven si avvicinò lentamente alla ragazza, la quale era appoggiata al piano in legno accanto al lavandino.
In poco tempo accorciò ogni distanza e si ritrovò a una spanna da lei.
- Non sono d’accordo. -
Ora l’aveva intrappolata tra il bancone della cucina e le sue braccia e la guardava negli occhi.
- Non sono problemi miei. - Replicò Kristen con le guance arrossite, ma questa volta non di rabbia.
- E invece dovrebbero perché mi hai offeso. - Sussurrò inchiodandola con il proprio sguardo.
- Ti offendi facilmente … -
Il volto della ragazza era diventato ancora più rosso a causa di quell’improvvisa vicinanza e la sicurezza che aveva avuto prima ora iniziò a vacillare di fronte al calore degli occhi di Steven.
Il ragazzo avvicinò il proprio viso a quello della ragazza, osservandola mentre la sua tensione aumenta fino a farle chiudere gli occhi.
- Credo sia ora di andarmene. - Affermò poi allontanandosi improvvisamente dalla ragazza e lasciandola lì sconvolta e scossa, che riusciva a reggersi in piedi solo grazie al piano in legno della cucina.
Steven era già di fronte alla porta d’ingresso quando Kristen era riuscita a riprendersi e uscire dalla cucina.
- Allora fammi sapere per sabato. - Le disse prima di andarsene senza nemmeno darle il tempo di salutarla, lasciandola nella confusione più totale.
Ed ecco che per l’ennesima volta il divano bianco di pelle guardò Kristen lasciarsi cadere a peso morto su di lui.
Le mille domande che iniziarono a farsi spazio nella mente della ragazza sembravano rimbombare in tutta la stanza.
Era confusa e sconvolta, due sensazioni che non sopportava, come colui che le aveva provocate.
 
 



Ciao a tutte bellissime lettrici.
Sono una persona orribile, lo so. Sono in super ritardo, lo so. Ma non odiatemi … Sono sempre pienissima di impegni (e sono mooooolto pigra).
Voi invece siete fantastiche! Non mi aspettavo così tante recensione e così tante persone che hanno messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate!
Vi voglio tanto tanto bene!
Parlando del capitolo, finalmente ho dato pieno spazio ai miei due ragazzuoli che stanno iniziando a conoscersi!
Spero con tutto il mio cuore che vi sia piaciuto e che non risulti noioso o banale.
Un bacione a tutte voi e alla prossima!
Francesca <3

 
 

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Capitolo 6
*** Una serata movimentata (parte 1) ***


 
Nascondendo un sorriso



6. Disperazione e caos
 


Lo specchio appeso sopra il lavandino del bagno rifletteva il volto di Kristen, che non era proprio il massimo dello spettacolo.
In una parola, era disperata.
Ma proprio tanto.
Era venerdì pomeriggio, e lei, da brava idiota senza cervello qual’era, non aveva ancora dato una risposta a Steven alias Tarzan, il quale del canto suo non si era sforzato minimamente di scriverle per contattarla e farle sapere che esisteva ancora.
Si aspettava almeno un messaggino con scritto “Ehi, allora sabato ci sei?”. Così, giusto per farle capire che si ricordava ancora di lei e che non l’aveva già buttata nel dimenticatoio.
Oppure per essere sicuro che lei non si fosse dimenticata di lui.
Insomma, così funzionano le cose solitamente.
Ma era venerdì pomeriggio e lo sguardo di Kristen passava ritmicamente dal cellulare appoggiato sul mobiletto accanto al lavandino allo specchio, in cerca di un aiuto divino.
Non era poi una cosa difficile, doveva solo mandare un messaggino a Steven per fargli sapere se c’era e per chiedergli dove, quando e come avrebbe dovuto andare la sera successiva.
Era semplice, elementare, anche una bambina sarebbe stata più spigliata di lei.
Ma Kristen era in panico, perché a parte le solite domante del tipo “Che cosa mi metto?”, nel suo cervello ne vagavano altre mille, una più assurda e senza senso dell’altra.
Doveva assolutamente ripigliarsi.
Non poteva andare avanti in quel modo, non le era mai successo e non capiva perché continuasse a comportarsi da completa idiota.
E allora, ecco che l’illuminazione divina arrivò.
Perché non ci aveva pensato prima?
Per uscire da quel momento di panico doveva chiamare la sua migliore amica, l’unica persona in grado di supportarla, ma soprattutto sopportarla nelle situazioni più difficili.
Jessica avrebbe saputo consigliarle la cosa giusta e farla tornare sulla retta via.
Dopotutto la conosceva da quando era ancora una bambina, ed era l’unica che per lei c’era sempre stata, anche quando le loro strade si erano divise scegliendo due scuole diverse.
Senza pensarci due volte quindi prese in mano il cellulare e premette sul primo contatto in rubrica. AJessica.   
Rimase un attimo in attesa andando avanti e indietro per il bagno, finché non sentì la voce allegra e squillante di Jessica.
- Ciao Kri! Che bello, finalmente ti sei degnata di chiamarmi! -
- Ciao Jessy, ma se ti ho chiamato tre giorni fa? -
- Si, ma solo per due minuti! - Si lamentò la ragazza.
- Non preoccuparti, oggi rimedierò. Potrei farti stare al telefono tre ore visto la situazione disastrosa in cui mi trovo. -
- Che è successo? Il vicino ubriacone ci ha ancora provato con te, tu gli hai tirato un calcio volante e adesso minaccia di denunciarti? -
- No! -
- Beh … Conoscendoti, è la prima cosa che mi è venuta in mente. -
- La mia vita non è fatta solo di vicini ubriaconi! -
- Bene, allora che è successo? Sono curiosa! -
Kristen le raccontò per filo e per segno dello strano incontro avvenuto con Steven qualche giorno prima.
- Mi prendi per il culo, Kri? - Chiese Jessica che non poteva credere a quello che aveva appena sentito, era più che assurdo.
- No! Ma non è finita. Il giorno dopo Tarzan è venuto civilmente a casa mia per riconsegnarmi le cose che gli avevo prestato e poi mi ha invitato ad andarlo a vedere domani sera mentre suona in un locale! E non gli ho ancora risposto! E non so che fare! -
- Ma che cazzo stai aspettando! Sei scema? Chiamalo subito e digli di si! -
- Ma lui non mi ha più scritto, magari si è dimenticato di me. Oppure non vuole più che vada a vederlo. -
- Non farti paranoie inutili! Dov’è finita la Kristen che conosco? Quella che se ne frega di ciò che pensa la gente? -
- Me lo sto chiedendo anche io, sai? Quel tipo mi rincretinisce … -
- Ah … L’amore! - Sospirò Jessica già immaginandosi la sua amica a fare coppietta con il suo Tarzan, che, per come gliel’aveva descritto, doveva essere un bel fustacchione.
- Un attimo, un attimo, un attimo. Cosa? Sei scema? Quello non lo sopporto proprio! - Sbottò la ragazza innervosita.
- Le bugie hanno le gambe corte, cara. Comunque, domani sera devi assolutamente andarci, e se osi dire di no vengo lì e ti ci porto io con la forza! -
- Ma non ho nemmeno niente da mettermi! -
- Oh signore mio! Questo giorno è da ricordare. Per la prima volta nella sua vita Kristen Harvey si preoccupa di cosa indossare! -
Kristen sbuffò.
- Che c’è di male? -
- Assolutamente niente. Permettimi di essere leggermente stupita dato che è la prima volta da quando ti conosco che rinneghi così spudoratamente le tue amate felpe e tute! E non dimentichiamoci degli adorati jeans! -
- Gli ho detto che mi sarei vestita decentemente per non farlo vergognare di me. - Ammise la ragazza.
- Questo non è da te, non è proprio da te, Kri. -
- Te l’ho detto che mi sto rincretinendo! -
- Ora ascoltami bene e fai quello che ti dico. Appena riattaccherò il telefono tu chiamerai Steven e gli dirai che domani sera ci sarai, lui ne sarà felicissimo e tu probabilmente inizierai a farti mille film mentali. Domani pomeriggio invece andremo insieme a fare un po’ di shopping e ti farò diventare così perfetta da far svenire tutti i ragazzi presenti nel locale. -
- Tu sei proprio scema … Ma mi fido di te. Quindi farò come mi hai detto, a parte la storia dei film mentali ovviamente. E comunque a fare shopping sappi che sarà mio il potere decisionale. -
- Contaci, cara! Ora riattacco, quindi fai quello che ti ho detto e guai a te se ti fai venire in mente qualche scusa assurda per non farlo! Buona fortuna, Kriii! -
Jessica riattaccò lasciando risuonare nelle orecchie di Kristen la segreteria telefonica.
Ok, era arrivato il momento di comporre quel fottuto numero di cellulare che Steven le aveva scritto sopra il post-it a forma di stella che aveva appiccicato sulla porta della sua camera, in modo che l’avesse visto facilmente.
Si guardò un’ultima volta allo specchio e poi si diresse verso la sua camera.
Ora era davvero arrivato il momento.
 


 
Sapeva che non doveva farsi aspettative per quella serata, perché aveva già avuto modo di conoscere l’imprevedibilità del carattere di Steven.
Eppure doveva ammettere di essersi fatta un bel po’ di film mentali.
Jessica purtroppo aveva avuto ragione anche su quello e la cosa le dava fastidio.
Era passata da quello in cui lui le dedicava una canzone nel bel mezzo del concerto a quello in cui si baciavano dolcemente fuori dal locale al chiaro di luna.
Forse si aspettava troppo considerando che si erano visti due volte e non sapeva nemmeno se fosse impegnato con qualcun’altra.
Forse ciò che sognava non era nemmeno ciò che voleva a dir la verità.
Ma quegli occhi le erano rimasti impressi nella mente, soprattutto quando si erano avvicinati improvvisamente ai suoi, e non faceva ad altro che pensare a lui, e a come sarebbe andata la serata.
E questo aveva data il via a una serie di lamentele da parte di Jessica mentre stavano facendo shopping, perché secondo lei era troppo silenziosa.
Stranamente infatti Kristen non si opponeva alle folle decisioni della sua amica e andava a provarsi tutti i vestitini che le trovava senza fiatare.
Solo quando era stata costretta a provare cose troppo corte o scollate si era rifiutata. Non voleva dare l’idea di essere una troia.
Le era bastato tirare fuori i nomi di alcune ragazze dai facili costumi che entrambe non sopportavano per convincerla ad optare per uno stile un po’ più sobrio.
Dopotutto non bisognava mai abbassarsi ai livelli dei propri nemici.
Comunque alla fine del pomeriggio si era sentita un manichino a forza di provare vestiti di tutti i tipi.
Lo shopping con Jessica era sempre così : molto intenso, in quelle cose Jessica dava sempre il cento per cento, e questo compensava la poca voglia e il poco interessamento di Kristen nel girare tra mille negozi con infiniti capi tra cui scegliere.
Ed ora era appena arrivata fuori dal locale e indossava un paio di jeans blu aderenti abbinati ad una camicetta senza maniche di color verde petrolio leggermente scollata, con sopra una giacca di pelle nera che le arrivava all’altezza della vita.
Come tocco finale le scarpe con un tacco non eccessivamente alto dello stesso colore della camicetta, che le fasciavano delicatamente i piedi.
Erano state scelte rigorosamente da Jessica in quanto aveva una passione senza fine per le scarpe con i tacchi.
Mancavano dieci minuti alle nove, e Steven le aveva mandato un messaggio poco prima dicendole che l’aspettava alle nove all’interno del locale dato che lui iniziava a suonare alle nove e mezza.
Perciò fece un respiro profondo e si addentrò un po’ barcollante nel locale.
 
 


Steven era seduto al bancone del bar con i suoi amici, tra i quali c’erano anche gli altri tre componenti della band, con le rispettive fidanzate e amiche single delle fidanzate.
Lui si era portato dietro solo sua sorella minore, che lo aveva implorato di farle conoscere nuova gente e di farla un po’ svagare, visto il brutto periodo che stava passando.
In quel momento però non aveva tempo di controllare ciò che lei stava facendo con uno dei suoi amici, perché era troppo impegnato a guardarsi intorno per vedere se Kristen fosse già arrivata.
Avrebbe voluto uscire e aspettarla fuori, ma sarebbe stato troppo scortese nei confronti di tutti gli altri suoi amici che aveva invitato.
Si alzò un attimo dallo sgabello su cui era seduto e allungò il collo quando gli sembrò di vedere Kristen entrare dalla porta del locale.
Cercò di seguirla con lo sguardo e di farsi vedere da lei nonostante ci fosse pieno di gente e risultava un po’ difficile farsi notare da quella distanza.
Alzò un braccio per attirare la sua attenzione e si allontanò un po’ dal bancone per raggiungerla, finché non gli si parò improvvisamente davanti il viso allungato di Carly, una sua vecchia conoscenza che nell’ultimo periodo aveva avuto modo di rivedere più volte.
 - Ciao bel macho! Era da un po’ che ti stavo cercando! - Gli disse con il suo solito sorriso malizioso.
Steven si fermò un attimo a guardarla, soffermandosi un po’ troppo sulla scollatura provocante del suo vestitino nero.
- Ciao Carly! Ehi, stai benissimo oggi! Scusami tanto, ma adesso non ho proprio tempo di fermarmi a parlare! - Le disse Steven mentre il suo sguardo era tornato a vagare per il resto della sala cercando di ritrovare la figura di Kristen.
- Così mi offendi però. Lascia almeno che ti offra un drink prima del concerto! Sai che non accetto un no come risposta. -
- Beh … Questa volta dovrai accettarlo. Scusa, ma devo proprio scappare! Sai com’è … Devo preparare le ultime cose sul palco. -
Steven non vedeva l’ora di liberarsi dalle grinfie di Carly.
Ci aveva flirtato un po’ di volte ed era stato piacevole, ma quando faceva l’appiccicosa non riusciva proprio a sopportarla.
Carly era una di quelle ragazze che puntava tutto sulla bellezza esteriore. E con un fisico da Barbie come il suo poteva permetterselo.
Ma, per quanto fosse attraente, in quel momento Steven desiderava solo vederla sparire, lei e quella sua vocina fastidiosa che traforava i timpani.
- Manca più di mezz’ora all’inizio del concerto, c’è ancora tempo per sistemare le tue cose! Gli altri sono tutti lì al bancone a bersi qualcosa. Non è che mi vuoi evitare, vero? -
- Assolutamente no. Ho solo una questione urgente da sistemare. -
- Anche io, sai? Qui ed ora. - Gli disse avvicinandosi a lui e appoggiandogli una mano sul petto.
- Forse la mia questione è più urgente della tua. - Rispose Steven continuando a spostare lo sguardo in diversi punti del locale senza però riuscire a vedere Kristen.
- No, direi di no. -
Carly avvicinò il proprio viso a quello di Steven, e quando lei chiuse gli occhi con l’intenzione di baciarlo, lui si allontanò velocemente nascondendosi tra la folla, in modo da non essere subito ammazzato per aver rifiutato un suo bacio.
Il ragazzo cercò di farsi spazio tra la folla e di trovare finalmente Kristen, che altrimenti sarebbe stata da sola tutta la serata.
Ad un certo punto però andò a sbattere contro una ragazza, che non aveva visto poiché aveva lo sguardo rivolto verso la parte opposta della sala, e per poco non la fece cadere.
- Oddio, scusa tanto! Sei tutta intera? -
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, e non appena Steven riuscì a vedere quegli occhi verdi, il suo viso si dipinse di stupore e felicità.
- Kristen! Sei tu! Finalmente ti ho trovata! -
- In un modo un po’ brusco, però si, mi hai trovata. Non mi aspettavo così tanta gente. - Disse la ragazza, che effettivamente era rimasta stupita quando entrando nel locale lo aveva trovato del tutto pieno.
- Già, nemmeno io! Alla fine i volantini che mi sono impegnato ad appendere su mezza città sono serviti a qualcosa. Comunque, sono contento che alla fine tu sia venuta. - Affermò Steven facendo una veloce scansione di Kristen in versione non casalinga.
- E sono contento che tu abbia lasciato a casa i felponi! -
La ragazza gli tirò una pacca sul braccio.
- Lascia stare i miei felponi! -
- Ok, ok! Mai parlare male dei felponi di Kristen. Senti, ti va di uscire un attimo? - Le chiese Steven che non aveva voglia di rimanere lì dentro, prima di tutto perché c’era troppa gente, e poi perché non aveva intenzione di imbattersi nuovamente in Carly.
E a dirla tutta gli avrebbe fatto piacere restare un po’ solo con la ragazza.
- Non andiamo a berci qualcosa? - Chiese lei che già aveva adocchiato il bancone del bar.
- Che ne dici di andare più tardi? Adesso c’è troppa gente e poi avevo voglia di prendere un po’ di aria prima di salire sul palco. -
- Ok … -
La ragazza seguì Steven verso l’uscita non sapendo che cosa aspettarsi.
Insomma lui voleva portarla dove non c’era nessuno. Voleva stare da solo con lei.
Chissà se forse quella sera si sarebbe avverato uno dei suoi tanti film mentali.
Dopotutto la speranza è l’ultima a morire ...
 
   


 

Ciao a tutti!
Finalmente ho aggiornato, di nuovo in ritardo, ma ho aggiornato!
Questo capitolo non mi convince a pieno, mi sono bloccata un po’ di volte a scriverlo e il risultato non è che mi soddisfi molto.
Anche perché ho dovuto mettere un attimo in secondo piano la coppia Steven-Kristen e farvi conoscere l’amica di lei, Jessica, e l’appiccicoso flirt di lui, Carly.
Come al solito spero che non vi abbia annoiate a morte, che è un po’ il mio timore ogni volta che pubblico un nuovo capitolo.
Ringrazio immensamente tutte quante voi che leggete questa storia e che lasciate delle bellissime recensioni. Sono un toccasana per la mia autostima e leggerle mi tira sempre su di morale!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un felice Natale pieno di amore a tutte voi
Francesca <3

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