Trovami Almeno un Motivo per cui Dovrei Amare l'Italia

di Do_Not_Touch_My_Patria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Tutto è incominciato quando a scuola ha iniziato a girare la voce che il commissario esterno di Francese fosse un patito di Victor Hugo.
Koori, giusto per non restare indietro e dimostrarsi la solita Combeferre secchioncella sottuttoio, ha deciso di affiancare alla lettura del caro Brick la visione del film del 2012.
Mai scelta fu più saggia. O più folle.
Dipende dai punti di vista.
La passione già insita in lei nei confronti del caro Nonno Hugo aumentò a dismisura sulle note delle bellissime canzoni del musical, fino a contagiare anche la povera Ame, ignara di tutto~
Ebbene, adesso possiamo dire senza timore alcuno che i già pochi neuroni che erano riusciti a sopravvivere all'Esame di Maturità si siano fatti fucilare sulle barricate. Ma se siete in questa sezione confido ci capirete e non ci giudicherete due pazze scriteriate. :D
E' solo che dopo che si fa la conoscenza degli Amis de l'ABC non si può più vivere senza di loro, quindi ci si oppone alla loro morte terribile e lacerante in tutti i modi possibili e immaginabili.
Noi per esempio ci proviamo con questa AU che avrebbe voluto essere seria, ma...
Chiedendo scusa umilmente a Nonno Hugo e anche a voi, cari lettori, vi diamo il benvenuto all'ultima fatica di Ame e Koori...











~Trovami Almeno un Motivo per cui Dovrei Amare l'Italia















L’idea, come al solito, era venuta a Courfeyrac.
Nessuno era stato in grado di capire se fosse stato un desiderio covato a lungo, che il ragazzo aveva deciso di manifestare solo alla fine dell’anno accademico, o se invece si trattava di un grillo che gli era passato improvvisamente per la testa e del quale aveva voluto assolutamente rendere partecipe tutta la ciurma.
Jehan si era mostrato subito entusiasta, e aveva trasmesso il suo entusiasmo anche a Combeferre.
Bossuet e Joly avevano accettato di buon grado, e persino Grantaire per una buona volta si era visto interessato da una proposta degli Amis. Certo, aveva storto un poco il naso quando aveva scoperto che Marius aveva intenzione di portare con sé la sua bella, quella signorinella per bene che rispondeva al nome di Cosette, ma Ferre aveva saggiamente proposto di far venire anche Eponine, giusto per non lasciare Cosette sola fra gli uomini, e allora si era arreso.
Feuilly e Bahorel, purtroppo, erano stati costretti a rinunciare, preparandosi ad un altro mese di lavoro, ma alla fine Courfeyrac l’aveva avuta vinta, e la sua idea era stata approvata all’unanimità.
O quasi.
Fra tutti gli Amis de l’ABC, infatti, vi era uno scettico.
L’unico che, nell’euforia generale, aveva protestato a gran voce era stato proprio il leader: Enjolras.
Innanzitutto sosteneva che una vacanza a ridosso dell’inizio dei corsi –al quale mancava ancora un mese, anche se nessuno ebbe il coraggio di farglielo notare- fosse completamente inappropriata se non deleteria alla loro concentrazione, inoltre avrebbe dovuto approfittare del mese di Agosto per occuparsi del design dei nuovi volantini di propaganda e potarli a far stampare in modo da averli pronti per Settembre. Ad incentivare ancora di più la sua diserzione, ovviamente, la presenza combinata di Grantaire, del quale sperava di potersi liberare almeno durante le vacanze, e di quei piccioncini appiccicosi di Pontmercy e della sua fidanzata.
Chiaramente, non potendo esternare le vere motivazioni del suo disaccordo nei confronti dell’idea di Courfeyrac, si era limitato a far notare quanto l’Italia e la Francia fossero economicamente in competizione, e trascorrere l’intero mese di Agosto a Firenze significasse simpatizzare con il nemico.
- Guarda che la Guerra delle Tariffe è finita da un pezzo! – aveva sorriso Combeferre scuotendo la testa.
- E poi pensaci, l’Italia è la patria della democrazia! – aveva esclamato Jehan nella speranza che il biondo ci cascasse.
- Ma non era la Grecia? – si era azzardato a commentare Joly, prontamente zittito da una mano di Bossuet che era schizzata a tappargli la bocca, mentre Jehan lo fulminava con lo sguardo e tornava a rivolgere un enorme sorriso ad Enjolras.
- Pensaci, Firenze è una meravigliosa città d’arte e di storia. Per non parlare del fatto che ha dato i natali ad un sacco di patrioti Italiani. E sai che Farinata degli Uberti era Fiorentino? – aveva continuato imperterrito il giovane poeta con tutta la pazienza del mondo.
Solo di fronte allo zelo di Eponine, che nell’arco di due giorni aveva già trovato volo e sistemazione per tutti quanti a un prezzo stracciato, Enjolras era crollato.
Le urla di giubilo di Courf erano state così forti che la proprietaria del Café Musain aveva minacciato di cacciarli tutti quanti fuori dal suo locale.
E adesso eccolo lì, la gigantesca valigia aperta sul letto e lui seduto accanto a lei, i gomiti sulle ginocchia e le mani fra i ricci disordinati.
La mattina dopo lo attendeva un lungo ed estenuante viaggio in aereo, pregando di riuscire a sedersi accanto a Ferre. Arrivati a Firenze avrebbero poi noleggiato due macchine e avrebbero guidato allegramente –anche se gli unici a vedere allegria in cinque persone spappolate all’interno di una scatola di lamiera sicuramente sprovvista di aria condizionata erano Courfeyrac e Prouvaire- fino all’adorabile agriturismo appena fuori dal caos della città.
Per quanto aveva visto su internet almeno Eponine aveva avuto buon gusto, sembrava che la struttura, nonostante lo stile un po’ rustico, fosse comunque discretamente moderna.
Insomma, almeno avrebbero avuto un tetto sulla testa, visto che inizialmente  Courf e Marius avevano proposto un campeggio...
Sospirò per l’ennesima volta e si lasciò cadere a braccia aperte disteso sul letto.
Sì, se lo sentiva, quella vacanza non avrebbe portato a nulla di buono.
-Trovami almeno un motivo per cui dovrei amare l’Italia… - biascicò rivolto al silenzio, mentre la luna si specchiava nella Senna e la fatidica ora della partenza si avvicinava.








Note  ~  


Ed eccoci qui, giunti al termine del nostro prologo!
Cortino, me ne rendo conto, ma vi prometto che dai prossimi capitoli avremo qualcosa di più sostanzioso.
Ebbene, Enjolras alla fine ha ceduto all'idea di partire per l'Italia, eh? Povero il nostro Apollo, presto avrà a che fare con eventi del tutto inattesi...
Per chi fosse interessato, la Guerra delle Tariffe è una "guerra economica" che la Francia intraprese contro l'Italia dal 1888 al 1892, inasprendo improvvisamente i dazi doganali...Okay, era un'informazione noiosa ed inutile, lo so. E' Combeferre che si sta impossessando di me! XD
Forse è meglio darci un taglio,  prima che Koori completi la mutazione...
Grazie a tutti quanti per avere letto! Speriamo che il nostro lavoretto vi sia piaciuto, che abbiate voglia di proseguire e magari di lasciare qualche commento, che fa sempre piacere. :)

Au revoire et Vive la France! ~

Ame&Koori

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***




~Capitolo I







Il giorno della partenza era finalmente arrivato.
Enjolras si era svegliato all’alba per controllare per l’ennesima volta di non aver dimenticato nulla. Sarebbero stati via solamente una ventina di giorni, eppure le sue valige strabordavano di vestiti e oggetti completamente inutili dei quali però il ragazzo era certo di non poter assolutamente fare a meno.
Un esempio pratico? La bandiera della Francia, che progettava di appendere fuori dalla finestra della sua stanza all’agriturismo, e la sua copia del Contrat Social di Rousseau, regalo ricevuto per il suo dodicesimo compleanno e da quel giorno sua Bibbia personale.
Courfeyrac lo prendeva sempre in giro dicendo che se solo Enjolras non avesse avuto il terrore dei tatuaggi –terrore abilmente mascherato dall’accusa di volgarità- si sarebbe certamente fatto decorare il petto o la schiena con una citazione dal libro. Un’idea che faceva sempre sghignazzare tutti gli Amis, ma di cui il giovane leader proprio non riusciva a cogliere l’ilarità.
Tranquillizzatosi al quinto inventario dei bagagli, era finalmente uscito nell’aria frizzantina del mattino Parigino e si era incamminato verso la metropolitana.
Gli piaceva passeggiare alla mattina presto. Non c’era ancora nessuno per le strade della città, e anche durante l’anno accademico non disprezzava l’idea di fare due passi prima di fermarsi a un bar a leggere il giornale e fare colazione. Nonostante parlasse di continuo di rovesciare il governo, di un vento di cambiamento che avrebbe portato la Rivoluzione, Enjolras era in realtà un tipo terribilmente abitudinario; nulla poteva scombussolarlo tanto quanto un imprevisto che mandasse a monte la sua routine. Il ragazzo che si batteva giorno e notte per i diritti del popolo aveva bisogno più di tutti gli altri di qualche momento da passare da solo, in raccogliemento.
Proprio per questo motivo, quando una voce allegra e squillante lo raggiunse alle spalle, il biondo fu attraversato da un fremito di fastidio.
Si voltò lentamente, sforzandosi di esibire un sorriso.
- Oh, Prouvaire, sei tu! – lo salutò con un cenno della testa, le mani impegnate dai due immensi trolley che si trascinava dietro.
Jehan lo affiancò, un piccolo zainetto sulle spalle e una valigia di medie dimensioni con sé.
- Parti con così poche cose? – domandò stupito.
Il poeta si strinse nelle spalle e gli rivolse un sorriso raggiante quanto il sole che iniziava a fare capolino da sopra l’orizzonte.
- Beh, a parte i vestiti e la Commedia non mi serve tanto… Tutti gli extra li porta Courf… - spiegò scuotendo la testa in un gesto di affettuosa rassegnazione.
Enjolras sospirò.
- Ho paura di doverlo incontrare stamattina. – confessò con un mezzo sorriso, espressione che abbandonò repentinamente il suo volto alla replica di Jehan.
- Credo abbia portato anche la playstation… -
Come poteva Courfeyrac, a ventidue anni suonati, portarsi in vacanza la playstation?
Era in quei momenti che Enjolras si domandava come diamine facesse ad avere per migliore amico un simile individuo. Potevano esistere due persone più diverse fra loro sulla faccia della terra?
No, certamente no, ed era proprio per questo che, sotto sotto, non riusciva a immaginare la sua esistenza senza quel pazzo megalomane.
- E poi a quest’ora la luce che si riflette sull’acqua è meravigliosa! Posso solo immaginare come sarà bello l’Arno visto dal Ponte Vecchio! Ah, potrò percorrere i passi del grande Dante! – fantasticava il povero Prouvaire, per nulla considerato dal suo compagno di viaggio.
Quello, infatti, era tutto preso dalle sue elucubrazioni. Ormai mancavano un paio di minuti a Châtelet, dove aveva appuntamento con tutti gli altri. Non che ce l’avesse con Jehan, ovviamente, ma a questo punto poteva pure dire addio alla sua passeggiata mattutina…
- Prouvaire! Enjolras! – i due si voltarono di scatto, il primo ben felice di incontrare un amico, l’altro in preda allo sconforto più totale.
Eccolo lì l’agglomerato di lentiggini, il pesce fuor d’acqua, Pontmercy.
- Ah, per fortuna vi incontro! Pensavo di essere in ritardo! Cosette è già arrivata, l’ha accompagnata suo padre… Quell’uomo è davvero un pezzo di pane… Pensate che voleva accompagnare pure me, ma io gli ho detto di no, mi piace camminare e poi non abito lontano! Gli altri ci sono già? So che Combeferre e ‘Ponine sono arrivati per primi… -
Enjolras roteò gli occhi e trasse un profondo sospiro prima di imboccare la scala mobile per la stazione della metropolitana. La voce di Jehan che rispondeva a Marius lo fece sentire più sollevato: se ci pensava il poeta lui poteva ritenersi salvo dalle chiacchiere senza fine –e senza senso- di Pontmercy ancora per un po’.
Arrivato di fronte alla grande cartina della metropolitana la vista di Combeferre gli suscitò il primo sorriso sincero della giornata.
- Buongiorno! – lo salutò quello pulendosi gli occhiali nella camicia.
- Ciao, Enjolras! – fecero in coro Eponine e Cosette, che però lo superò subito dopo, alla vista del suo adorato Marius che scendeva le scale assieme a Jehan.
Il biondo sospirò, andando ad affiancare Ferre.
- Ricordami perché ho acconsentito a partecipare a questa pagliacciata… -
- Perché è stata un’idea di Courfeyrac. Nessuno è mai riuscito a dire di no a Courfeyrac. – replicò con il sorrisetto a metà fra il divertito e il rassegnato di chi ha vissuto una simile esperienza direttamente sulla propria pelle.
- Stavate parlando di me? –
Il gruppetto si voltò verso uno dei tunnel di collegamento della metropolitana, Courfeyrac e Joly li salutavano agitando la mano.
Enjolras ignorò deliberatamente di rispondergli, mentre Ferre, invece, rispose con un’altra domanda.
- Joly, per quale motivo indossi dei guanti in lattice? –
Il ragazzo lo fissò con estrema serietà, come se quell’interrogativo fosse stato del tutto fuori luogo.
- Mi sembra ovvio. Per preservarmi dai germi! – e pronunciò l’ultima parola con un’espressione talmente schifata che Eponine non riuscì a impedirsi di scoppiargli a ridere in faccia.  
Combeferre le diede un colpetto sul braccio per cercare di farla calmare, e lei si vide costretta a soffocare le risate nella spalla.
- Che c’è? E’ una cosa seria! Voi non avete idea di quanti e quali germi si annidano sui pali della metropolitana! – continuò con un’enfasi dettata dalla disperazione.
Inutile dire che il suo zelo li fece ridere ancora di più.
Il sorriso non si era ancora spento sulle labbra di Enjolras quando, in cima alle scale mobili, un berretto verde e la felpa legata in vita, lo vide.
- Courf! Non indovinerai mai! Ho ritrovato Call of Duty! –
Eccolo lì.
La sua spina nel fianco. La sua angoscia quotidiana. L’unico essere sulla faccia della terra –a parte Pontmercy, ma con lui era diverso- in grado di fargli perdere la pazienza così, senza un motivo, a pelle.
Grantaire.
Il ragazzo li raggiunse con un enorme sorriso, una borsa a tracolla da cui spuntava il suo inseparabile materiale da disegno, un trolley in una mano e una lattina di birra nell’altra.
Enjolras tentò di ignorare il fatto che erano solo le sei e mezza del mattino e rispose al saluto con un verso non meglio identificato, comunque coperto dagli urletti esaltati di Courfeyrac che stringeva fra le mani il videogioco come fosse stato un inestimabile tesoro.
Se poteva sopportare l’infantilismo di Courf, e questo solo perchè lo conosceva da quando erano bambini, era certo che non avrebbe retto a un mese di tornei di playstation fra lui e Grantaire.
Per niente.
- Che bella macchina fotografica, Eponine! Da dove te la sei tirata fuori? Sembra costosa! – esclamò improvvisamente Marius, pieno di tatto come suo solito.
Cosette gli rivolse un’occhiataccia: tutti sapevano della precaria condizione economica in cui versava la famiglia della mora, una domanda del genere era più che indelicata.
- Ehm… è stato un… un regalo… - sussurrò, improvvisamente in imbarazzo. L’occhiatina furtiva che rivolse a Combeferre, però, non passò inosservata.
O forse non passò inosservato il colorito violaceo che assunse il giovane al sorrisetto malizioso di Courfeyrac.
- Beh, direi che se ci siamo tutti possiamo anche incamminarci verso il binario! – propose Eponine, ancora un po’ rossa in viso.
- E Bossuet? – fece Joly, che senza il suo coinquilino iniziava a sentirsi un po’ disorientato.
- Ma scusa, non vivete insieme? Com’è che sei arrivato prima di lui? – osservò Cosette, ancora non del tutto abituata alle stranezze di quel gruppo.
Joly fece spallucce.
- Ha detto che doveva comprare una cosa per il viaggio, così intanto io mi sono incamminato… - spiegò.
- Dai, arriverà fra poco… - fu il commento di Jehan.
Grantaire inarcò un sopracciglio con quell’aria di scetticismo che tanto infastidiva Enjolras, ma dopo venti minuti di attesa anche Apollo fu costretto ad ammettere che lo scetticismo dell’artista non era immotivato.
Bossuet arrivò a Châtelet con ben quarantacinque minuti di ritardo sull’ora dell’appuntamento con uno zaino e un gigantesco borsone sportivo stracolmo di vestiti e altri inutili oggetti.
- Scusate il ritardo, ragazzi! Non crederete mai a quello che  mi è successo! –
- Sentiamo le tue mirabolanti avventure! – incalzò Courfeyrac offrendogli una bottiglietta d’acqua mentre Joly reprimeva un brivido di disgusto nel vedere il suo amico bere a collo.
Bossuet si asciugò la bocca con il dorso della mano e incominciò a raccontare.
- Stamattina ero decisamente soddisfatto, perché alle sei e venti non mi era ancora successo niente di anomalo. Avevo lasciato partire Joly un po’ prima perché avevo una commissione da sbrigare, ma non ho pensato al fatto che le chiavi di casa le aveva lui. Il problema è che le valigie erano in casa. – e qui si concesse una pausa ad effetto.
- Bossuet? – balbettò Joly, terrorizzato dall’idea di quello che avrebbe potuto fare il coinquilino per rientrare nell’appartamento.
- Tranquillo, amico mio, sono passato dal balcone… - spiegò con un sorriso che doveva essere rassicurante, ma che fece sbiancare l’aspirante medico in maniera preoccupante.
- Ma viviamo al terzo piano! – squittì appoggiandosi al braccio di Courf.
Cosette si portò una mano alla bocca per trattenere le risate, mentre Jehan lo fece per nascondere la preoccupazione.
- Cosa hai combinato, Lesgle? – fece Ferre, mentre Enjolras tratteneva il respiro, terrorizzato quasi quanto Joly dall’eventuale risposta a quella domanda.
- Ma niente! Ho solo approfittato di quella bella quercia che sbatacchia contro il vetro della cucina quando tira vento… Solo che la finestra della cucina era chiusa… -
- Oh mio Dio. – esalò Joly.
- E poi? – incalzarono in coro Grantaire e Eponine.
- E poi mi sono ricordato che l’amministratore ha il passepartout. E’ stato divertente vedere la sua faccia quando mi ha ripescato sul balcone! – concluse con un sorrisetto.
- Bossuet, io ti…! – lo minacciò il povero Joly, che stava velocemente recuperando un colorito umano.
E dopo l’entusiasmante resoconto delle avventure mattutine del povero Bossuet, finalmente, la combriccola si incamminò verso il treno che li avrebbe condotti all’aeroporto.
Una volta al gate, Enjolras si tranquillizzò un po’: la parte più complicata del viaggio era appena terminata. Ora si sarebbe seduto accanto a Ferre e avrebbe finalmente potuto riposare un po’, lontano dai cori da stadio di Courf e Grantaire.
Peccato per la pessima notizia che gli comunicò Eponine poco prima di consegnare loro i biglietti.
- Allora, ragazzi… Visto che viaggiamo con una compagnia di bandiera i posti sono assegnati. Joly e Bossuet, voi siete fila 4 posti D e E. Io e Ferre siamo davanti a voi. Courf, Jehan e Taire, voi siete fila 15 posti A, B e C. Cosette, Marius e Enjolras, voi siete dietro di loro. –
Enjolras prese il suo biglietto ringraziando la ragazza con un sorriso, accartocciandolo poi in uno spasmo involontario della mano.
Evidentemente aveva recepito la disposizione dei sedili con qualche secondo di ritardo.
- No, aspetta. – la trattenne per un braccio, cercando di mantenere un tono di voce calmo ed equilibrato, ma senza grandi risultati.
- Che c’è? –
- Deve esserci un errore. Hai detto che sono vicino a Cosette e a Pontmercy. – riepilogò, serissimo.
Eponine lo guardò senza capire.
- Esatto. C’è qualche problema? –
- CERTO CHE C’E’ UN PROBLEMA! NON PUOI CONDANNARMI A UN VIAGGIO CON QUELLA PIATTOLA DI PONTMERCY!!! – avrebbe voluto gridarle in faccia, dimentico del fatto che a suo tempo anche Eponine aveva sbavato indecorosamente ai piedi di Mr Lentiggini e che quindi non avrebbe mai compreso il suo dramma interiore.
- No, nulla. Non… non avevo capito bene… - si limitò invece ad esalare, sconfitto.
Quasi desiderava che l’aereo andasse a schiantarsi dopo dieci minuti dal decollo. Non avrebbe mai potuto resistere a tutte quelle ore di viaggio spappolato fra quelle due piovre e il finestrino.
Senza contare il fatto che davanti a lui si sarebbe seduto il duo della morte. Courf e Grantaire.
E lui che sperava che le improbabili canzoni che avevano urlacchiato nel viaggio da Châtelet a Charles de Gaulle non si sarebbero ripetute almeno fino all’arrivo all’agriturismo!
Sì, quello sarebbe stato senz’ombra di dubbio un viaggio infernale…














Note:


Finalmente i nostri amici sono riusciti a partire alla volta dell'Italia!
Beh, già dalla prima mattina di vacanza Enjolras non ha avuto vita facile, anche se dai! Come si fa a portare rancore nei confronti di Jehan?
Con Pontmercy-la-piattola è già un altro discors.. eh? Come? Non devo insultare i personaggi?
Ok, ok... Scusate, Ame ha ragione...
In questo capitolo, non so se ve ne siete accorti, non è successo niente. :D
In realtà ci è servito, più che altro, a presentare meglio questo gruppo di squinternati e i rapporti che li legano.
E la sfiga di Bossuet, che sarà uno dei personaggi principali di questa storia assieme a una new entry nel prossimo capitolo, ma non vi anticipiamo niente... <3 X°°°
Grazie a tutti quelli che hanno messo questa fanfiction nelle seguite/preferite/lette/spulciate e a chi ha recensito/recensirà.
Ci state rendendo due autrici felici, siate orgogliosi di voi! :DDDD
Un bacione a tutti et Vive la Révolution! ~

Au revoir,
Ame&Koori

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II







Il viaggio in aereo si era dimostrato, se possibile, ancora più drammatico del previsto.
Non solo Marius e Cosette si erano sbaciucchiati tutto il tempo con annessi inquietantissimi rumori molesti, ma Courfeyrac e Grantaire avevano fatto casino ininterrottamente dal decollo fino all’atterraggio, contagiando anche Jehan.
Come se non bastasse, più o meno all’altezza della Pianura Padana, Grantaire aveva pensato bene di sdraiarsi. Nessun problema, se il suo sedile non fosse stato precisamente davanti a quello di Enjolras, che si era quindi ritrovato costretto e spappolato nel suo posto peggio di una sardina in scatola.
Dall’altro capo dell’aereo, Combeferre ed Eponine avevano trascorso un viaggio in totale tranquillità, lui leggendo la guida di Firenze che aveva comprato un paio di giorni prima e lei ascoltando musica con l’ipod del compagno di viaggio. Musica che le conciliò il sonno in maniera impressionante, visto che alla seconda sonata di Chopin crollò addormentata sulla sua spalla.
Dietro di loro, Bossuet guardava fuori dal finestrino con lo stesso entusiasmo di un bambino alle prese con il suo primo volo.
- Guarda, Joly! Dici che quelle sono le Alpi? – continuava a domandare strattonandogli la manica della felpa.
Il ragazzo, in tutta risposta, si limitava ad annuire di tanto in tanto, stranamente silenzioso e più pallido del solito.
Forse aveva paura di volare…
Atterrarono a Pisa verso le dieci, ma quando il grupetto si diresse al nastro trasportatore per ritirare i bagagli accadde ciò che avrebbero dovuto prevedere sin dall’inizio.
- Ragazzi, qualcuno vede il mio borsone? – domandò Bossuet dopo un quarto d’ora di attesa paziente.
- No, Bossuet. Ti prego, dimmi che non è successo davvero. – balbettò Grantaire ad occhi sgranati.
Gli altri si voltarono in loro direzione con il terrore in volto.
- No, Bossuet. E’ statisticamente impossibile che ti sia successo davvero. – cercò di autoconvincersi Enjolras mentre Ferre e Courf passavano in rassegna tutti i borsoni sul nastro trasportatore, scuotendo la testa rassegnati.
- Non l’avrai mica perso?! – sbottò all’improvviso Cosette, seduta sulla sua gigantesca valigia rosa pastello.
- Non dopo quello che hai combinato per andarlo a prendere in casa stamattina! – lo supplicò con lo sguardo Joly, sempre pallido e appoggiato a un muro con la schiena.
- Dai, magari devono ancora scaricarlo! – suggerì Eponine.
Gli Amis si scambiarono qualche occhiata rassegnata e quando il nastro arrestò il suo movimento e sul display apparve il nome di un altro volo senza che il bagaglio di Bossuet si fosse ancora fatto vedere nessuno si sentì particolarmente sorpreso.
- Ottimo. Adesso dovrò andare a sporgere denuncia… - esalò sconsolato.
- Dai, ti accompagno io! – si offrì Jehan, l’unico a sapere abbastanza bene l’Italiano da potersi permettere di intavolare un discorso simile.
- Vengo anch’io… - li seguì presto Combeferre.
- Povero Bossuet, oggi non è proprio la sua giornata fortunata… - commentò Marius con un sorriso intenerito.
- E quando mai è la sua giornata fortunata? Quel ragazzo e la sfiga sono un tuttuno… - rise Grantaire, seduto sulla valigia di Courf.
Eponine sospirò e iniziò a raspare nel suo zaino, finchè non ne fece emergere una grande busta di plastica piena di fogli stampati.
- Allora… Intanto direi che qualcuno può andare ad occuparsi delle macchine. Qui ci sono le prenotazioni. Mi servono due persone che si offrano come autisti ufficiali, giusto per burocrazia… - spiegò mentre Enjolras prendeva i due fogli che la ragazza gli porgeva.
- Allora? Chi si offre? – domandò.
Il silenzio fu tombale.
- Io… Io non so guidare… Non ho ancora preso la patente… - confessò Marius, rosso d’imbarazzo.
- Non guardate me, lo sapete che mio padre non vuole! – fece Cosette alzando le mani in segno di difesa.
- Guido io! Guido io! – si propose Courfeyrac, tutto esaltato.
A Parigi aveva raramente l’occasione di spostarsi con la macchina, non vedeva l’ora di approfittare delle strade della campagna toscana per dare sfoggio della sua maestria al volante!
Cosette si voltò verso Joly, inclinando appena la testa di lato.
- Tu non guidi? –
Il giovane sorrise timidamente e si mise a giocherellare con l’orlo della felpa.
- Noi non facciamo guidare Joly… - fu la lugubre replica di Enjolras.
- Non dopo quella volta, almeno… - gli diede corda Grantaire.
- Quale volta? Cosa è successo? – chiesero in coro Eponine, Cosette e Marius.
- Forse è meglio se aspettiamo Bossuet per raccontarlo… C’eravamo io e lui in macchina, quel giorno in cui vidi la mia intera vita scorrermi davanti agli occhi… -
- Oh, Courf, piantala! Può succedere a chiunque! – si lamentò Joly, mentre Taire tratteneva a stento le risate e gli altri tre, ignari di tutto, facevano ipotesi su ipotesi riguardo agli avvenimenti di quella fatidica giornata.
- Dai, povero Joly, lasciamolo stare! – venne in suo soccorso Eponine.
- A questo punto però ci manca ancora un guidatore… - osservò Marius.
- Se volete… - incominciò Grantaire.
- No, non se ne parla. Io non metto a repentaglio la mia vita lasciando alla guida un ubriacone come te! – sbottò Enjolras.
Le sue parole, seppur condivise da tutti e riconosciute da Grantaire stesso, suscitarono nell’artista una strana reazione.
Abbassò lo suardo ad una velocità impressionante, e anche il suo tono calò di volume.
- D’accordo… - si limitò a sussurrare.
- Beh, allora direi che resti solo tu, Enj… - fece notare qualche secondo dopo Courfeyrac.
Enjolras sbiancò e aprì la bocca come un pesce fuor d’acqua.
- Ma… - balbettò.
- Non vorrai mica tirarti indietro, amico mio… - continuò Courf con uno strano sorrisetto sulle labbra.
- Che c’è, hai paura di guidare? – domandò candidamente il giovane Pontmercy.
L’espressione del leader degli Amis cambiò bruscamente, il colore tornò in fretta alle sue guance e una fiamma battagliera gli guizzò negli occhi.
- Scherzi? Figurati se ho paura di una cosa simile! D’accordo, sarò io l’altro autista! – esclamò, spinto dall’orgoglio.
Joly sospirò, Grantaire gli rivolse uno sguardo indecifrabile ed Eponine fece segno agli altri di muoversi verso il banco dell’autonoleggio.
Nessuno, grazie al cielo, udì Courfeyrac sussurrare “buona fortuna”…
Fra una difficoltà e l’altra, alla fine, il gruppo raggiunse il parcheggio dell’autonoleggio con una buona mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia.
- Allora, chi vuole venire con il magnifico Courf? – fece il magnifico Courf prendendo possesso della macchina più bella e salendo al posto del guidatore.
- Io! Io! – esclamò Marius trascinando Cosette per un braccio.
Jehan andò a sedersi davanti con un sorrisetto eccitato sulle labbra.
- Courf al volante non me lo posso perdere assolutamente! -  e anche  Bossuet si infilò in macchina sedendosi dietro con Marius e Cosette.
Combeferre incrociò le braccia al petto e scosse la testa.
- A questo punto direi che l’altra macchina è già fatta… - sospirò dando un’occhiata alla Panda che li aspettava a portiere aperte.
Courfeyrac abbassò il finestrino affinchè Eponine potesse mostrargli la strada da percorrere su un foglio scaricato dal sito della Via Michelin.
Bossuet si sporse per salutare gli altri, quando il suo sguardo incontrò quello di Joly, in piedi vicino alla macchina.
- Tutto bene? –
Il pallore del coinquilino e il suo innaturale mutismo non gli piacevano per niente.
Il ragazzo annuì; stava per rispondergli quando da dentro l’abitacolo si sentì la voce di Marius urlare “schiaccia il pedale!” e Courfeyrac partì sgommando.
- Ponine! Jolllly! Vi decidete? – li chiamò Grantaire, che teneva la portiera aperta per farli entrare.
La ragazza andò a sedersi dietro a Combeferre, autoproclamatosi navigatore, mentre Joly si accomodò accanto all’altro finestrino.
Taire dovette accontentarsi di sedersi in mezzo ai due.
All’inizio sembrò che tutto procedesse per il meglio. Poi, in lontananza, l’autostrada presentò il bivio per Firenze.
- Oddio. Oddio, c’è un bivio. Ferre, c’è un bivio. Dove devo andare? –
Enjolras guidava talmente attaccato al volante che pareva dovesse venirne risucchiato da un momento all’altro. Teneva le braccia rigide e i gomiti alti, l’occhio vitreo puntato sulla strada.
- Segui per Firenze… - suggerì distrattamente Combeferre senza alzare lo sguardo dalla guida della città.
- Ma va! Lo sapevate che… - ma la sua scoperta dal contenuto altamente culturale fu sommersa dal coro di Eponine e Grantaire.
- I’m alive, I’m alive, I am so alive! – si sgolavano improvvisando una sorta di balletto.
Enjolras mise la freccia e prese la strada per Firenze.
- Ferre, dove devo andare? – domandò dopo un po’, ma Ferre non lo stava a sentire.
- Quindi la statua del David che c’è di fronte a Palazzo Vecchio è una copia? – rispose con aria sconvolta.
Enjolras sussurrò qualcosa di molto simile a “Patria mia aiutami” prima di svoltare dove lo guidava l’istinto.
- Certo! Non lo sapevi? L’originale sta all’Accademia! – intervenne Grantaire con un’aria vagamente saccente che, sovrapposta alla sua persona, faceva quasi senso.
Il biondo gli rivolse uno sguardo stupito attraverso lo specchietto retrovisore, ma quell’imprudenza fu fatale.
- GUARDA LA STRADA!!! – gridò improvvisamente Joly.
Enjolras vide lo spigolo vivo del palazzo appena in tempo per evitarlo con uno scarto spaventoso.
Dal veicolo si alzò un coro di urla terrorizzate, mentre si lasciavano alle spalle l’ennesimo bivio e, superato quello sputo di case che i cartelli osavano chiamare paese, si rituffavano in mezzo alle vigne.
- Apollo, la prossima volta vedi di stupirti un po’ meno e guardare dove vai… - esalò Grantaire, che per la cronaca stava viaggiando senza la cintura di sicurezza, seppellita chissà dove sotto i sedili.
Eponine preferì aspettare di aver ripreso una respirazione regolare prima di dire qualsiasi cosa, mentre Combeferre rivolse all’autista uno sguardo vagamente stizzito.
- Mi hai fatto perdere il segno! – sibilò prima di venire mandato a quel paese dagli altri passeggeri.
Le mancate previsioni di morte di Joly, però, impensierirono Enjolras.
- Hey, tutto bene? – gli chiese, senza tuttavia trovare il coraggio di guardare indietro.
- Io… - sussurrò l’aspirante medico.
- Dio, Jolllly, che hai? Sei verde! – esclamò Taire appoggiandogli una mano sulla spalla e facendolo voltare.
Ciò che accadde dopo è storia.
Grantaire non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo. Qualcosa di caldo e appiccicoso lo investì in pieno.
Udì solamente il “merda” che sfuggì ad Enjolras e sentì Eponine irrigidirsi alle sue spalle prima che la scena si ricomponesse nella sua mente come se avesse premuto il tasto rewind.
- Scusa Taire, scusa! Mi dispiace! – esclamò Joly con una voce pericolosamente acuta prima di portarsi le mani alla bocca.
- No, no, non di nuovo! – gridò Eponine, che se non fosse stata bloccata dallo schifo avrebbe riso fino a farsi venire il mal di pancia.
- Il finestrino! Il finestrino! Apri il finestrino! – le fece eco il povero artista prima di prendere Joly per le spalle e voltarlo verso il finestrino aperto.
Grazie a dio non vi erano passanti sul ciglio della strada.
- Enjolras, per l’amor di dio, fermati! – urlò Combeferre, che di fronte al vomito aveva perso ogni dignità.
- Non posso! Non vedi che c’è il divieto di sosta e fermata? – replicò quello con un cenno della testa al cartello stradale.
- Chissenefrega! Questo ci asfalta la macchina! – fu la risposta isterica di Grantaire che, ormai spacciato, si preoccupava eroicamente dei superstiti.
Ironia della sorte, il divieto terminò proprio di fronte all’insegna dell’agriturismo, dove Courf e gli altri li aspettavano in piedi accanto alla macchina.
- Fallo scendere! Fallo scendere! – esclamò Ferre catapultandosi giù dalla Panda e andando ad aprire la portiera a Joly, che rotolò sull’acciottolato come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili.
- Scusatemi… - mugolò, in viso un terribile colorito verdastro.
Bossuet si precipitò al suo fianco e lo aiutò a togliersi la felpa tutta impiastricciata.
- Joly, tutto bene? – gli chiese, terrorizzato dall’aria cadaverica dell’amico, che in tutta risposta emise un verso indecifrabile e abbandonò la testa sulla sua spalla.
- Joly, perché non ci hai detto che patisci la macchina? – Eponine gli mise una mano sulla spalla.
- Non avremmo mai fatto guidare Enjolras! – spiegò Ferre, senza prestare troppa attenzione all’ “hey!” di protesta che giunse da dietro alle sue spalle.
Il ragazzo scosse la testa, mortificato.
- Non la macchina… L’aereo… - sussurrò.
Ma nessuno ebbe la forza di replicare: Grantaire era appena uscito dalla Panda.
- Cristo, Taire! – fu la finissima esclamazione di Courfeyrac.
Jehan fece istintivamente un passo indietro, mentre Marius impallidiva e Cosette si mordeva un labbro con espressione schifata.
- Stai bene? – balbettò il poeta, un po’ inquietato dall’aspetto dell’amico.
- Ringrazio solo che la mia roba da disegno fosse nel bagagliaio. –
Scambiò una lunga occhiata con Courf prima che entrambi scoppiassero a ridere.
- Ma non puoi mica entrare conciato così… - osservò improvvisamente Pontmercy nel notare che gli altri si erano già incamminati verso la reception.
Grantaire sbuffò e si tolse il cappello, lasciandolo cadere per terra.
- Andate avanti, io mi cambio un attimo intanto che Apollo parcheggia… -
Enjolras aspettò che prendesse il suo trolley e finì la manovra. Uscì dalla macchina con un sospiro mentre il povero Grantaire si infilava una maglietta pulita pescata a caso dalle profondità del suo bagaglio e appallottolava quella sporca.
- Spero che abbiano una lavanderia… - biascicò.
Enjolras non gli rispose e, trascinando i suoi giganteschi trolley, raggiunse la reception appena in tempo per vedere Courf e Eponine che distribuivano le chiavi delle camere.
- Enj! Taire! Eccovi qui! – esclamò raggiante Courfeyrac consegnando loro una chiave grossa e pesante.
- Siete nella stanza accanto alla nostra! – comunicò Jehan tutto contento.
Il moro annuì facendo loro l’occhiolino.
- Camera 206, ci vediamo su! –
Ci fu un momento di silenzio in cui Enjolras e Grantaire si guardarono sconvolti, poi lo stesso identico pensiero giunse alle loro menti e uscì dalle loro labbra all’unisono.
- COSA?! -









Note:


Ecco qua finalmente introdotto il nuovo protagonista della nostra storia: il Signor VomitodiJoly! <3
Ok, scherzi a parte...
Il viaggio da Parigi all'agriturismo si è rivelato di gran lunga più drammatico del previsto.
Povero Enjolras, povero Joly, ma soprattutto POVERO GRANTAIRE... XD
Vorrei aggiungere ancora qualcosa di carino, ma la mia cara Ame è uscita di testa alla vista di un bel gattone rosso, quindi mi sa che mi tocca andarla a recuperare prima che combini qualcosa di cui potrebbe pentirsi in futuro.
Tipo rapirlo.
Odio il modo in cui si riduce di fronte ai felini. -.-"
D'accordo, la pianto qui che stiamo delirando...
Grazie a tutti coloro che hanno letto, recensito, preferito, seguito blablablabla. Vi vogliamo bene.
Ora vado a salvare quel povero gatto... xD


Ps: camera 206, ne vedremo delle belle! ~<3

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***




~Capitolo  III







No.
No, no, no, e ancora no.
Enjolras doveva sicuramente aver capito male.
Non potevano averlo messo nella stessa stanza di Grantaire, era una follia! Insomma, avrebbe capito se l’avessero messo con Jehan o Bossuet, ma quello era Grantaire!
Lanciò un’occhiatina furtiva al suo nuovo compagno di stanza per notare che aveva un’aria sconvolta tanto quanto la sua.
- Courfeyrac… - sussurrò supplichevole, ma Courfeyrac finse di non sentirlo e, preso Jehan per un braccio, imboccò le scale verso il piano superiore.
Bastardo
- Beh, a questo punto direi che non ha molto senso restare qui… - osservò Taire, dal momento che tutti gli altri erano andati a prendere possesso delle rispettive camere.
Enjolras annuì, incapace di proferire parola, e incominciò a salire le scale.
- Vuoi una mano? – si offrì l’altro facendo per prendergli uno dei due trolley.
Il biondo scosse la testa, troppo orgoglioso per ammettere che un aiutino non gli sarebbe dispiaciuto, e intimò a Grantaire di proseguire.
Quando raggiunse la 206, però, l’artista se ne stava sulla porta senza il minimo cenno di volersi spostare.
- Che c’è? – domandò Enjolras, convinto di aver ormai toccato il fondo.
Mai dire mai: di fronte a lui, fra la porta e la finestra, si stagliava un grande, comodo e accogliente letto matrimoniale
- Ah. – fu l’unico suonò che uscì dalla sua bocca.
- Ehm… - balbettò Grantaire in tutta risposta.
- Ecco, sì… - cercò di mettere insieme Enjolras.
- COURFEYRAC!!! – fu l’urlo ancestrale che fece accorrere il giovane dalla stanza accanto, presto seguito da Jehan.
- Cosa succede? Tutto bene? Si è fatto male qualcuno? – domandò preoccupatissimo.
La sua preoccupazione aumentò quando si trovò il viso del suo migliore amico a pochi centimetri dal suo e una mano attorno al colletto della maglietta.
- Hey, hey! Relax! Ti ricordo che l’omicidio, oltre a negare la libertà individuale e il diritto alla vita è anche perseguibile penalmente! – esclamò alzando le mani.
Enjolras lo lasciò andare con uno strattone e un’occhiataccia.
- Spiegami. Ho bisogno di una spiegazione razionale a tutto ciò. –
Fu Jehan, però, ad esaudire il suo desiderio.
- C’è stato un piccolo disguido con le camere… Joly si rifiutava di dormire in un matrimoniale e ha piantato un casino immenso, così abbiamo dovuto riorganizzare tutto. Solo che non potevamo mettere Ferre e Ponine in un matrimoniale, capisci… -
Taire ridacchiò sommessamente.
- Scommetto che a Combeferre non sarebbe dispiaciuto… - commentò guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Enjolras, che ancora non aveva bene capito come funzionavano certe cose all’interno del gruppo.
- E non potevate andarci voi nella matrimoniale? – domandò il biondo, esasperato.
Jehan arrossì impercettibilmente e Courf rispose al posto suo con un sorriso smagliante.
- Ma noi siamo già nella matrimoniale! –
Grantaire inarcò un sopracciglio in un’espressione che Enjolras non fu in grado di decifrare.
- L’ultima matrimoniale è occupata da Marius e Cosette, ma tranquilli, sono dall’altro lato del piano… - ghignò Courf, premurandosi di precisare all’occhiata colma di terrore del biondo.
- Quindi qualcosa mi dice che non ho la benchè minima speranza di farmi cambiare di camera… - sospirò.
- Temo di no, amico! – gli battè affettuosamente una pacca sulla spalla Courfeyrac, mentre Taire, senza proferire parola, varcava la soglia della 206 e incominciava a sistemare le sue cose.
Enjolras lo seguì scuotendo la testa.
La stanza era di medie dimensioni, arredata secondo lo stile rustico dell’agriturismo.
A sinistra della porta vi era un piccolo bagno dotato di doccia, l’armadio e un tavolino con una vecchia TV, dall’altro lato della camera il letto e una scrivania.
- Io vado a farmi una doccia… - annunciò Grantaire dopo qualche momento di silenzio, chiudendosi la porta del bagno alle spalle.
Enjolras si sedette sul letto, i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani proprio come la sera prima della partenza, a casa sua.
Non avrebbe mai dovuto accettare di partecipare a quella vacanza.
Sin dal suo risveglio le cose avevano incomincito ad andargli male; non era trascorsa nemmeno mezza giornata da quando aveva lasciato Parigi, e già sentiva il bisogno viscerale di tornarsene nella sua amata Francia.
Fu quel pensiero a richiamarne un altro alla sua mente.
Si alzò di scatto e aprì il trolley più grande. In cima a tutto, ordinatamente piegata e riposta in una bustina di plastica affinchè non si rovinasse, se ne stava la bandiera della Francia.
Tutto contento e già dimentico delle drammatiche avventure della mattinata si diresse a passo sicuro verso la finestra aperta.
Studiò per qualche minuto come avrebbe potuto mettere la sua bandiera, individuando poi un vaso di fiori appeso proprio sotto il davanzale.
Era perfetto.
Si sporse fuori con tutto il busto, cercando di mantenere l’equilibrio e non volare di sotto mentre con non poca fatica annodava un angolo della bandiera al portavaso.
Nel frattempo Grantaire aveva finito di farsi la doccia ed era riemerso dal bagno con la maglietta in mano, un paio di jeans puliti addosso e i capelli ancora zuppi.
Incuriosito e un po’ preoccupato si era avvicinato alla finestra, senza osare disturbare il lavoro del compagno di stanza; solo quando comprese in quale faccenda Enjolras fosse affaccendato un’esclamazione di incredulità gli sfuggì dalle labbra.
- Apollo! Ma cosa diamine stai..? -
Catastrofe.
Spaventato da quel suono improvviso, Enjolras perse definitivamente il suo già precario equilibrio, sbilanciandosi pericolosamente in avanti.
- Occhio! – gridò Taire afferrandolo per la vita prima che potesse precipitare dritto nel cortile.
Rimasero in quella posizione per un paio di secondi, Grantaire con un braccio attorno alla vita di Enjolras e lui con gli occhi sgranati e le braccia protese in avanti, i capelli dell’artista che gli gocciolavano fastidiosamente sul collo.
Enjolras si voltò lentamente, il fiato ancora corto dallo spavento, finchè non incontrò un paio di occhi azzurrissimi e stranamente profondi.
- Cerca di non ammazzarti il primo giorno di vacanza, okay? – gli intimò Grantaire con un sorrisetto indecifrabile.
Solo allora il biondo si accorse che erano ancora in quell’assurda posizione e si divincolò biascicando qualcosa di molto simile a “sei tu che mi hai distratto”.
Un paio di colpi decisi alla porta anticiparono l’ingresso di Combeferre, la cui vista suscitò in Enjolras un moto di gioia senza confini.
- Ferre, sei tu! – esclamò, come se non lo vedesse da mesi.
Il ragazzo, spiazzato di fronte a un simile atteggiamento, sorrise timidamente e preferì rivolgersi a Grantaire.
- Siete pronti? Pensavamo di andare a mangiare in città… - propose, senza avere il coraggio di distogliere lo sguardo da Enjolras, che a sua volta lo puntava su qualsiasi cosa eccetto che su Grantaire.
Quest’ultimo annuì, si infilò la maglietta e raccattò il suo zaino da terra.   
I tre uscirono dalla stanza in fila indiana e senza fiatare, anche se Combeferre continuava, di tanto in tanto, a lanciare qualche occhiatina preoccupata ad Enjolras.
- Sei sicuro che lasciarlo in stanza con Grantaire sia un’idea saggia? – sussurrò a Courfeyrac una volta che si fuono radunati tutti nel grande giardino dell’agriturismo.
- Combeferre, amico mio… - esordì Courf portandogli un braccio attorno alle spalle.
- Siamo in vacanza, la parola “saggezza” è bandita fino al rientro a Parigi. – spiegò con un’indulgenza che fece rabbrividire il povero Combeferre.
E per fortuna non aveva notato il ghigno satanico che l’amico aveva rivolto al Tricolore che sventolava solenne fuori dalla 206…
La comitiva raggiunse il centro città una ventina di minuti dopo, e tutti convennero che per il primo giorno, onde evitare altri spiacevoli inconvenienti a Joly, si sarebbero accontentati di un semplice panino per pranzo.
- Perfetto, cosa visitiamo? – esordì Marius dopo un po’, pronto a fare la sua proposta.
- A me piacerebbe… - incominciò Jehan.
- Biblioteca Laurenziana! – esclamarono in coro Enjolras e Combeferre con un fervore che non ammetteva repliche.
Pontmercy, ingenuo come sempre, non seppe cogliere questa sfumatura nel loro improvviso acuto e continuò imperterrito.
- E se andassimo a vedere le Cappelle Medicee? –
- Che roba è? – gli diede corda Cosette, che evidentemente non aveva notato lo sguardo omicida di Enjolras e la smorfia irritata di Ferre.
- Tombe di gente morta. Resta di strada, a limite ci passiamo dopo… - tagliò corto quest’ultimo.
Eponine inarcò un sopracciglio a una simile risposta. Che era successo al solito Ferre colto e secchione?
- Non è gente morta a caso, sono le tombe della famiglia de Medici, che resse il potere a Firenze e in Toscana per svariati anni! Ci sono anche delle opere di Michelangelo! – lo corresse Grantaire.
- Mh, sembra figo! Andiamoci! – propose Courf, che pareva essere l’unico per nulla stupito dall’improvvisa erudizione dell’artista.
- Biblioteca Laurenziana! –
E davanti al ringhiare sommesso del Leader e della Guida, il Centro fu costretto a chinare il capo.
- D’accordo, come volete… - mugolò per poi rivolgere un’alzata di spalle a Marius, come a dire “io ci ho provato”.
- Su, ci andremo dopo alle Cappelle Medicose! – esclamò Bossuet con un grande sorriso, mentre gli altri due si incamminavano a passo deciso, complottando fra loro con un’aria eccitatissima.
- Speriamo che non ci sia tanta polvere, il mio asma potrebbe soffrirne… - sospirò Joly, che stava iniziando a riassumere un colorito umano.
Avrebbero dovuto prevederlo.
Il gruppo degli Amis de l’ABC si era formato ufficialmente, con nome e tutto, ormai da due anni. Quei ragazzi erano fra di loro come una famiglia, conoscevano i loro pregi e difetti, non avevano segreti e eccetto Cosette, che era l’ultima arrivata e che quindi poteva godere del diritto all’ignoranza, gli altri avrebbero dovuto cogliere nel luccichio satanico dietro alle lenti di Ferre la disgrazia verso la quale stavano marciando a cuor leggero.
- Ragazzi, si sta facendo tardi… che ne dite se usciamo? – si azzardò a bisbigliare Courf dopo due ore e un quarto di permanenza all’interno della meravigliosa biblioteca.
Inutile dire che né Enjolras né Combeferre si degnarono di starlo a sentire.
- Quanti saranno? – sussurrò il biondo in un movimento impercettibile delle labbra.
Combeferre scosse la testa, gli occhi pericolosamente lucidi.
- Centinaia Enj. Centinaia. Riesci a sentire il flusso di cultura che emanano? –
Courfeyrac indietreggiò spaventato e si voltò in cerca di manforte, ma Jehan svolazzava beato da un lato all’altro dell’edificio ammirando i volumi spessi e vecchi come se fossero stati Santi scesi in terra.
- Magari c’è anche una Divina Commedia… - fece in un gridolino eccitato.
Poco lontano, stravaccati su un divanetto, Bossuet, Grantaire e Eponine giocavano a carte mentre Joly cercava il suo inalatore per le emergenze e Cosette trafficava col cellulare.
- No, papà. Non sono ancora uscita dal museo. Sì, papà, è molto grande. Sì, papà. Non lo so. Enj e Ferre non si schiodano. No, papà, non sono stata rapita. – sibilava stizzita nell’apparrecchio.
- Sì che sei stata rapita! E’ tutto il pomeriggio che siamo chiusi qui dentro! E’ sequestro di persona! – piagnucolò Courf con le mani affondate nei riccioli.
- Io volevo andare alle Cappelle Medicee… - mugolò Marius, accasciato a terra.
- Adesso basta! – esclamò improvvisamente Eponine.
- Beccati questa Pesca-Quattro, cambio il colore in verde e vado a recuperare quei due disgraziati! –
Grantaire fischiò in segno di approvazione mentre Bossuet aggiungeva quattro carte alle altre dodici che a stento teneva in mano.
- Sono una schiappa a Uno… - biascicò cercando di ignorare i versi gutturali con cui Joly, fingendo la sua morte, tentava di richiamare la loro attenzione.
- Non vorrei sembrare pedante, ma in un pomeriggio siamo riusciti a vedere solamente la Biblioteca, ergo muovete il culo o ci ammutiniamo. Inoltre Joly sta morendo. Non voglio dover occultare il cadavere nel bagagliaio come in Little Miss Sunshine. – snocciolò prendendo Combeferre per un orecchio e puntando gli occhi in quelli di Enjolras.
Questo arrossì improvvisamente e indietreggiò di un paio di passi.
- D’accordo, come… come vuoi… - balbettò.
Incredibile l’effetto che avevano su di lui le ragazze…
Combeferre ritenne saggio non replicare e si mosse verso il resto del gruppo, da dove venivano i sepre più deboli “Cappelle Medicee” di Marius e i rantoli d’agonia di Joly.
Riguadagnare l’aria aperta fu una delle più grandi conquiste degli Amis.
- Credevo che sarei morto là dentro! – fece Courf, simulando teatralmente uno svenimento addosso al povero Jehan, mentre il gruppetto aggirava l’odiata Biblioteca diretto alle ormai altrettanto odiate Cappelle Medicee.
- Sarà bellissimo, vedrete! Avevo visto un documentario su Arte l’anno scorso! Ci sono tutte le statue! – saltellava Marius eccitato come un bambino la mattina di Natale.
- Pronto? Sì, sì, papà, sono ancora viva! Cosa? Ma certo che sono in camera con Eponine, ma che domande fai?! –
Tutti si voltarono verso Cosette, ancora attaccata al cellulare.
Evidentemente nel raccontare al padre l’organizzazione della vacanza, la ragazza aveva tralasciato qualche piccolo particolare.
Arrivati alle Cappelle e pagato il biglietto, i ragazzi si ritrovarono in una sala circolare e seminterrata, illuminata da qualche luce giallastra.
- Mi inquieta già. Sembra una catacomba… - osservò Courf.
Intanto Combeferre si era visto costretto a ricredersi, affascinato dall’opulenza dei reliquiari esposti in teche di vetro.
- Guarda! Un libro miniato! Dite che è originale? – esclamò Bossuet, attirando l’attenzione di Enjolras, che nonostante fosse dannatamente incuriosito dal museo continuava a mantenere il suo famosissimo broncio piuttosto di darla vinta a Pontmercy.
- Figo, eh! Vedrete al piano di sopra che…! – ma Marius si zittì improvvisamente.
Le luci si erano spente.
- Scusate, il museo chiude… Mi dispiace, ma dovete andare… - rimbombò la voce di una guardia.
- Cosa ha detto? – domandò Joly, presagendo già chissà quale scenario apocalittico.
Jehan si offrì di tradurre esibendo il sorriso più dolce e pacato che riuscisse a fare.
Gli altri compresero al volo e Grantaire e Courfeyrac afferrarono Enjolras sotto le ascelle e lo trascinarono fuori dall’edificio prima che potesse intavolare una qualsiasi discussione con la guardia sui diritti del turista o peggio, prima che potesse avventarsi su Marius e spaccargli la testa su un reliquiario.
- Ma come! Ci ha sbattuti fuori! Ma io volevo vedere le Cappelle! – piagnucolò.
- Chiudeva alle quattro e mezza, c’era pure scritto… - sospirò Eponine dandosi mentalmente della stupida e allontanandosi dal leader, che nel frattempo aveva assunto lo stesso inquietantissimo colorito rosso acceso della maglietta.
- E adesso che facciamo? –
La domanda di Combeferre cadde nel vuoto e gli altri fecero spallucce.
Fu in quel momento che Grantaire le vide.
Due ragazze, apparentemente due turiste a giudicare dalle borse stracolme e dalla cartina spiegazzata che usciva dalla tasca posteriore dei jeans di una delle due, gli passarono davanti gustando fra le risate due giganteschi coni gelato.
Grantaire aguzzò la vista fino a individuare la gelateria all’angolo della strada, poi si voltò verso Enjolras, inifine gettò un’ultima occhiata all’insegna colorata del negozio.
- Ehm, ragazzi… - si schiarì la voce con un sorrisetto divertito, prima di indicare la gelateria alle sue spalle.
- Gelatino? –
Inutile dire che la proposta venne accettata all’unanimità, anche perché se Enjolras non fosse entrato al più presto in contatto con qualcosa di ghiacciato sarebbe probabilmente esploso.
E pensare che erano solamente al primo giorno di vacanza…


 




Note~


La vacanza ha inizio!
Beh, direi che come primo giorno in Italia i nostri Amis ne hanno già passate di cotte e di crude... Ma dopotutto, come dice Courf, senza un po' di follia non sarebbero vacanze, no?   ~
E se vi state chiedendo quali esilaranti scenette ci offrirà la camera 206, sappiate che anche le altre due matrimoniali ci riserveranno belle sorprese...
Oddio, belle dipende dai punti di vista... Ma adesso basta, o spoilero tutto. X°
Cosa abbiamo imparato da questo capitolo?
MAI farsi convincere da un amante della cultura ad entrare in una biblioteca di una certa rilevanza. Ferre e Enj non sono gli unici fan dei libri antichi, fate attenzione... xDDD
Ma adesso passiamo alle comunicazioni serie.
Essendo stata abbandonata da Ame, che se la va a spassare in Polonia fino a fine mese -Koori maledice in preda all'invidia-, la pubblicazione rallenterà un pochino...
Se tutto va bene dovremmo pubblicare una volta a settimana, possibilmente al Giovedì.
Grazie infinite a chi recensisce, mette la fic fra le preferite o le seguite, legge, blablabla. Seriamente, ci state rendendo le due autrici più felici del mondo! <3

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori


 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


~Capitolo IV









Era ancora abbastanza presto quando Enjolras si svegliò, quella mattina. Il sole doveva essere sorto da poco, e un suo raggio si ostinava ad infastidire il giovane francese, che si rotolò un paio di volte nel letto prima di decidersi ad aprire gli occhi.
Inutile dire che ritrovarsi un uomo a torso nudo sdraiato accanto a lui gli fece venire un principio d’infarto.
Stava per soffocare l’intruso con un cuscino quando si accorse che la testata di ricci neri e disordinatissimi e le guance ispide di barba appartenevano a Grantaire e non a un pazzo sconosciuto.
Anche se forse avrebbe preferito.
Rimase qualche secondo con il cuscino sollevato a mezz’aria, per poi tornare a sdraiarsi pigramente.
La sera prima, stanchi morti e distrutti dal viaggio, avevano deciso di comune accordo di tornare a cena all’agriturismo e di andarsene a dormire ad un orario umano, che Courfeyrac aveva abilmente saputo allungare fino alle due di notte.
Quando finalmente erano riusciti a farlo tacere e Jehan se l’era portato di peso in camera, Enjolras era stato pervaso da un fastidioso senso di disagio: non gli piaceva dover condividere la camera da letto con qualcuno; già ricordava con terrore quelle rare volte che, da ragazzino, si era fatto convincere da Courfeyrac ad andare a dormire da lui, figurarsi l’idea di dover passare l’intera notte nello stesso letto con Grantaire!
La verità era che Enjolras era una persona estremamente pudica, e quando si era ritrovato di fronte il compagno con indosso solamente un paio di boxer non aveva potuto fare a meno di arrossire, più o meno come quella volta che, sempre a casa di Courf, sua sorella l’aveva traumatizzato a vita girando indisturbata in reggiseno.
Certo, anche Grantaire sembrava essere rimasto vagamente interdetto dal pigiama a rigoline di Enjolras, ma sembrava che lui non avesse avuto grandi problemi ad addormentarsi, finendo per russare come una locomotiva e attentare alla già scarsa pazienza del biondo.
- Buongiorno, Apollo! – la voce impastata dal sonno di Grantaire lo fece sussultare.
- Mh… - fu l’unica risposta che ebbe.
- Io vado a lavarmi. – annunciò qualche secondo dopo schizzando in bagno e lasciando l’artista a stropicciarsi gli occhi, ancora confuso e assonnato.
Buongiorno o meno, c’era da sperare che si trattasse di una giornata migliore di quella precedente…
A colazione aspettarono per venti minuti che Marius e Cosette si degnassero di scendere, ma quando arrivarono ad Enjolras passò ogni voglia di dare una bella strigliata al ragazzo.
- Pontmercy, stai bene? – gli chiese infatti, preoccupato dalle sue spaventose occhiaie.
Il giovane si limitò ad annnuire e a ordinare un caffè mentre Cosette, fresca come una rosa, prendeva posto accanto a Eponine e si metteva a spettegolare di chissà cosa suscitando strane risatine e beccandosi qualche gomitata dall’amica.
- Allora? Cosa andiamo a visitare oggi? – domandò Joly, che durante la notte sembrava essersi decisamente ripreso dalla pessima avventura in macchina.
Jehan fece spallucce e si impossessò della guida di Combeferre, sua inseparabile compagna.
- Apri a pagina cinque, mi sono permesso di stilare un piccolo programma per la vacanza! – spiegò quello, addentando un croissant.
Il piccolo programma si rivelò essere una coppia di fogli da stampante scritti con una calligrafia fittissima, ogni tanto cerchiata o sottolineata in qualche colore sgargiante.
- Ferre, non penserai mica che riusciremo a vedere tutta sta roba! – esclamò Bossuet, che aveva preso la lista dalle mani di uno sconvolto Jehan.
- Intanto direi di incominciare con gli Uffizi, se per voi va bene… - propose Enjolras fra l’approvazione generale.
- Ottima idea! Però dobbiamo sbrigarci, chissà quanta coda ci sarà… - osservò Courfeyrac accanto a lui.
Strano, non gli sembrava che ci fosse seduto Courfeyrac in quel posto…
Spronati dall’innaturale saggezza di Courf, si diressero tutti in camera a prepararsi.
Grantaire salì le scale fischiettando allegro, la visita agli Uffizi lo elettrizzava particolarmente. Gli altri si mostravano sempre terribilmente sconvolti ogni volta che condivideva qualche briciola della sua conoscenza, a volte sembrava che gli Amis dimenticassero che era uno studente di Arte…
Giunto in camera, però, gli Uffizi divennero l’ultimo dei suoi problemi: Enjolras se ne stava piantato sulla soglia, scuro in volto e con le braccia incrociate al petto con un’espressione tutt’altro che rassicurante.
- Dove l’hai messa.  –
La frase che sputò non era una domanda, era un’ordine.
Nonostante fosse certo di essere innocente, Grantaire sentì un brivido freddo corrergli su per la schiena.
- Cosa? Cosa ti serve? –
- La mia bandiera. Dimmi dove hai messo la mia bandiera. – sibilò, glaciale.
- Apollo, io non… - si azzardò ad argomentare, ma Enjolras perse la pazienza.
- Non chiamarmi così! Dimmi che fine hai fatto fare alla mia bandiera o non rispondo delle mie azioni! – urlò, trasfigurato.
- Calma, calma! Non ce l’ho io la tua bandiera! Che me ne farei? Ma scusa, non l’avevi appesa fuori? – cercò di farlo ragionare alzando le mani e avanzando lentamente verso la finestra.
- Non c’è fuori! Me l’hai presa tu! Non è divertente, Grantaire! Ridammi la mia bandiera! – fece l’altro, sempre più stizzito.
- Ragazzi, che succede? – Bossuet fece capolino dalla porta socchiusa, attirato dal baccano.
- Succede che quest’idiota ha pensato bene di farmi uno scherzo e mi ha nascosto la bandiera! – sbottò il biondo, senza rendersi conto che in quel modo stava sminuzzando la sua dignità in tanti piccoli coriandoli.
Bossuet inarcò un sopracciglio.
- Ma Enj, Taire è sempre stato giù con noi a colazione, non può avertela nascosta! Sarà caduta, si vede che non l’avevi assicurata bene… - osservò saggiamente, guadagnadosi l’eterna gratitudine di Grantaire.
- Ma… - balbettò Enjolras.
- Dai, siamo già in ritardo, quando torniamo stasera possiamo provare a chiedere alla reception se per caso l’hanno trovata…  Dopotutto è solo… - ma si bloccò. “E’ solo una bandiera” non era la frase migliore per placare le ire dell’amico.
Il leader degli Amis sospirò e prese il suo zaino, fulminando con lo sguardo il compagno di stanza.
- Io sono già pronto, ci vediamo giù… - biascicò, momentaneamente sconfitto.
- Scoprirò chi è stato… - sussurrò poi, certo che la bandiera non potesse essere volata via durante la notte.
Quando la comitiva raggiunse gli Uffizi, però, il ragazzo fu costretto ad ammettere almeno con se stesso che perdere tutto quel tempo in urla e strepiti non era stata una mossa intelligente: la coda a serpentina che li separava dall’ingresso del museo avrebbe fatto perdere loro almeno un’ora e mezza.
Ed erano solo le nove.
Enjolras venne riportato alla realtà da una risata alle sue spalle.
- La tua faccia è stata la cosa più bella! Avresti dovuto vederti! – rideva Eponine.
- Vogliamo parlare dell’espressione colpevole di Courf? Questa prima o poi ti toccherà scontarla, caro mio! – scherzò Marius.
Bossuet incrociò le braccia e sbuffò, fingendosi offeso.
- Ridete, ridete. Intanto voi i vostri vestiti li avete e non siete costretti con un cambio solo, che fra l’altro è diventato la vostra unica tenuta perché qualcuno ha pensato bene di spappolare un gelato sulla vostra maglietta! –
Courfeyrac si buttò in ginocchio davanti all’amico, le mani giunte in segno di preghiera.
- Ti scongiuro, Lesgle, perdonami! Non era mia intenzione! – ma non aveva ancora finito di parlare che già rideva a crepapelle.
- Stanno ancora discutendo del gelato di ieri? – domandò il leader a Combeferre, tutto preso a studiare la sezione sugli Uffizi della sua guida.
- Ammettilo, è stata una scena che difficilmente dimenticheremo… - sorrise quello.
- Più difficilmente del vomito di Joly? Ho i miei dubbi… - commentò Grantaire con un sorriso sghembo prima di unirsi alle risate degli altri.
Il pomeriggio prima, infatti, la sfortuna di Bossuet aveva deciso di ripresentarsi a salutare il suo vecchio amico.
Erano appena usciti dalla gelateria, ognuno con il suo cono gigante,  tranne Joly che aveva preso una coppetta.
Stavano camminando tranquillamente verso il Duomo quando Courfeyrac si era avvicinato a Bossuet per discutere di chissà cosa. Fra le risate, il moro gli aveva dato una vigorosa pacca sulla spalla. Così vigorosa e inaspettata che il povero Bossuet, che stava mangiando il gelato, se ne spappolò mezzo in faccia e mezzo sulla maglietta, vedendosi costretto a correre nel primo negozio di abbigliamento che gli capitò a tiro per procurarsi un ricambio di emergenza.
- A proposito, Bossuet! – esclamò improvvisamente Cosette.
- Tu e Courf dovete raccontarci del perché non fate più guidare Joly! –
Joly, seduto sui gradini dei portici, avvampò improvvisamente, mentre gli altri due si scambiavano un’occhiata complice.
- Oh, vi prego! Non possiamo proprio evitarlo? – li supplicò.
- Non la sapete? Non è possibile, è una delle storie migliori del repertorio! – si intromise Jehan, che se n’era stato in adorazione della statua di Dante Alighieri fino a quel momento.
- Dai, ragazzi, non teneteci sulle spine! – incalzò Marius sistemandosi meglio la borsa a tracolla.
Fu in quel momento che Enjolras la notò.
Ne sporgeva solamente un angolino, un piccolo triangolino blu completamente anonimo, ma che un paranoico come lui avrebbe immediatamente ricollegato all’interezza dell’ogetto di cui faceva parte.
Il ragazzo si irrigidì, la salivazione improvvisamente ridotta al minimo.
- Pontmercy. – fu il gorgoglio che produsse la sua gola.
Nessuno lo udì, ma Eponine dovette accorgersi dell’aura negativa che emetteva, perché fece un passo indietro e si nascose istintivamente dietro a Courfeyrac.
- PONTMERCY! – e questa volta l’urlo fu così baritonale da far voltare i turisti in coda davanti e dietro a loro nell’arco di un paio di metri.
Marius sentì di aver appena perso una decina d’anni di vita.
- S-sì? – pigolò facendosi piccolo piccolo.
Enjolras coprì la distanza che li separava con una sola falcata, fermandosi ad un palmo di naso dal ragazzo.
- Dammela. –
- Cosa?! – e il giovane Pontmercy fece un passo indietro nel vano tentativo di scrollarsi di dosso quella sorta di angelo assatanato.
- La mia bandiera. Dammi la mia bandiera. PERCHE’ HAI LA MIA BANDIERA?! –
Marius sgranò gli occhi sconvolto, probabilmente Grantaire doveva aver inavvertitamente allungato il latte di Enjolras con del vino o della birra.
- Io non ho la tua bandiera… - balbettò, cercando comunque di darsi un tono.
Mai errore fu più grande.
- Marius… - sussurrò Cosette nel portarsi le mani alla bocca: l’aveva vista anche lei.
- E COS’E’ QUESTA?! – urlò senza ritegno Enjolras afferrando lo straccetto blu che spuntava dalla borsa dell’amico e tirandone fuori un lucido e sgargiante drappo tricolore.
Marius impallidì, Joly si alzò e si nascose dietro una colonna.
- Enjolras io… Davvero… Non so come possa esserci finita… - sussurrò, terrorizzato.
Enjolras lo afferrò per il colletto della camicia sotto lo sguardo scandalizzato degli altri turisti e stava per scaricare la sua frustrazione sul suo bel visino tempestato di lentiggini quando un suono drammaticamente simile a una risata mal trattenuta giunse da davanti Eponine.
Courfeyrac scoppiò a ridere come un idiota, vedendosi presto costretto a sedersi per terra e tenersi la pancia.
Fu in quel momento che Enjolras comprese.
Non era colpa di Marius.
Lui non avrebbe avuto il tempo di rubargli la bandiera, visto che quando lui e Cosette erano arrivati a colazione il poveretto sembrava troppo stravolto anche solo per pensare e inoltre erano stati seduti uno di fronte all’altro per tutto il tempo.
L’unico che non ricordava di aver visto per tutta la durata del pasto, e quindi l’unico che avrebbe potuto intrufolarsi nella 206 e compiere il misfatto, era proprio Coufeyrac.
- Mi hai tradito… - sibilò, nella voce risentimento e delusione.
Per somma fortuna di Courf, però, il gruppetto era infine giunto all’ingresso del museo, e il leader si vide costretto a reprimere i suoi istinti omicidi per conservarli per un futuro assai prossimo.
All’interno della Galleria, tuttavia, accadde un altro fatto strano.
Erano dentro ormai da circa tre ore e avevano già abbandonato Combeferre in un corridoio, in fuga dalle sue prolisse spiegazioni su ogni singola opera in esposizione, soffitti affrescati compresi. Tutti, anche Enjolras, stavano iniziando a dare segni di cedimento.
Tutti eccetto uno.
Grantaire era fermo immobile da ormai un quarto d’ora di fronte a un dipinto circolare, in viso un’espressione beata che pochi avevano avuto occasione di vedergli in volto.
- Cos’è? – domandò Jehan avvicinandosi allo scettico in estasi.
- Questo, piccolo Prouvaire, è il Tondo Doni. E’ un Michelangelo… - sussurrò, perso nella contemplazione dell’opera.
- E’ molto bello…. – ammise il poeta, mentre gli altri si trascinavano stancamente verso di loro.
- Quest’opera è molto più che bella, Jehan. Guarda gli accostamenti cromatici. Guada l’ombreggiatura, guarda il panneggio. E osserva gli ignudi sullo sfondo, guarda la perfezione dell’anatomia. Vedi come riesce a definire magistralmente il tono muscolare? E guarda il gesto con cui la Vergine si accinge a prendere in braccio il bambino: così dolce e carico di una tale fermezza… E ancora, hai notato che non hanno l’aureola? Il titolo originale è “La Sacra Famiglia”, ma come puoi vedere non vi è nulla ad indicare il carattere divino dei personaggi. Si tratta di individui comuni, esseri umani. Michelangelo rende la Sacra Famiglia una famiglia qualsiasi, è Dio che si è fatto uomo… Questa è la vera espressione dell’assoluto… - si interruppe un momento, salvo notare che tutti gli Amis lo stavano fissando a bocca aperta.
- Accidenti, Taire! Mai pensato di fare la guida? – fece Courf, mentre Joly e Bossuet annuivano e Combeferre e Eponine si scambiavano un sorriso di piacevole sorpresa.
- Wow, sei stato proprio bravo, Grantaire! – esclamarono in coro Marius e Cosette.
Il ragazzo arrossì appena e si grattò la nuca imbarazzato.
- Ogni tanto mi capita anche di stare attento a lezione… - si giustificò facendo scoppiare a ridere gli altri.
L’unico che non aveva aperto bocca in tutto quello era stato Enjolras.
Qualcosa nei meandri più reconditi della sua coscienza si era appena mosso.
Uno strano stupore, una sensazione senza nome che gli aveva fatto nascere uno stupido sorriso sulle labbra nell’ascoltare il monologo di Grantaire.
Era forse ammirazione? Come poteva un ragazzo come Enjolras ammirare un tipo come Grantaire, che non credeva in nulla? Eppure non era forse un Grantaire diverso quello che aveva parlato di fronte al quadro?
Non vi era nulla dello scettico ubriacone che passava le serate d’inverno a screditare le riunioni al Musain con stupide arringhe dettate dall’alcool in quegli occhi azzurri colmi di passione e devozione mentre descriveva l’opera del Buonarroti…
Ma quel pericoloso flusso di pensieri venne improvisamente interrotto dall’urlo terrorizzato di Jehan.
- Attento, Bossuet! –
Troppo tardi. Il ragazzo non riuscì a fermare in tempo la rotazione del busto e colpì con un gomito il piccolo vaso esposto senza protezioni proprio all’ingresso della sala.
Gli Amis trattennero il fiato, pronti ad udire l’agghiacciante crash della ceramica in frantumi, ma il crash non venne.
Courfeyrac se ne stava sdraiato per terra con la faccia contro il pavimento, le braccia protese in avanti e il vasetto al sicuro fra le sue mani.
Peccato che contemporaneamente al salvataggio miracoloso fosse partito l’allarme antifurto.
- Merda… - sussurrò.
Una guardia uscì immediatamente dalla sala del Tondo Doni, mentre un’altra apparve dal fondo del corridoio. Si trattava di una donna sulla quarantina dall’aria arcigna e di un vecchietto che sembrava sapere il fatto suo nonostante l’età.
Si misero a parlare a Courfeyrac contemporaneamente, vomitandogli addosso una sfilza di frasi delle quali il giovane comprese solamente le parole “vaso”, “rotto” e “pagare”.
- Ma no, non l’ho rotto! L’ho salvato! – cercò di spiegare rimettendosi in piedi e appoggiando cautamente il vaso sul suo piedistallo.
Le due guardie si zittirono un momento, per poi tornare ad accanirsi su di lui anche peggio di prima.
- Jehan, salvalo tu! – esclamò all’improvviso Combeferre spingendo il poeta verso i due addetti alla sorveglianza.
- Cosa? Ma io… - esalò, colto alla sprovvista.
- Dolcezza, Prouvaire! Dolcezza! – sorrise Marius, facendogli segno con la mano di cercare di calmare i due tizi che stavano tentando di disintegrare Courfeyrac con la sola forza dello sguardo.
Il ragazzo si trovò quindi a dover spiegare la dinamica dell’accaduto, tentando disperatamente di evitare la parte in cui Bossuet faceva cadere il manufatto giù dalla sua sede e farcendo il tutto con diabetici sorrisi e occhioni dolci come solo lui sapeva fare.
Nel frattempo il resto del gruppo si allontanò con grazia e nonchalance, finchè il povero Jehan non fu riuscito a placare le due guardie a colpi di tenerezza e aria ingenua.
Miracolo che i due ci fossero cascati, ma almeno ne erano usciti vivi.
- Bossuet, avresti potuto farci finire nei guai seri, stavolta… - sospirò Cosette passandosi una mano fra i lunghi capelli biondi.
- Beh, ma grazie al nostro Jehan tutto si è risolto per il meglio, no? – fece notare Eponine.
- Scusate, ma del maginifco Courf che ha salvato lo stupido vaso appena in tempo non dite niente? Tsk, sono Dio sceso in terra, altro che! – si autoelogiò Courfeyrac fra le risate degli amici.
Fu in quel momento che Joly, in piedi di fronte a una copia della statua del Laocoonte, emise uno strano mugolio.
- Hey, tutto bene? – domandò Grantaire.
- Non vomiterà di nuovo? – fece Combeferre, terrorizzato dal ricordo.
Bossuet si avvicinò all’amico e sgranò gli occhi nonappena lo vide in faccia.
- Dio, Joly! Cos’hai?! – esclamò spaventato.
Fece appena in tempo a prenderlo per le spalle, poi il ragazzo si accasciò come un sacco di patate. Era pallidissimo e sudava freddo, e nonostante fosse ancora cosciente pareva sul punto di svenire.
- Dro… di…. Hal… - biasciò a fior di labbra in un debolissimo sussurro.
Bossuet lo fece sdraiare, gli altri riuniti a capannello attorno a loro.
- Che ha detto? –
- Cosa gli prende? –
Joly radunò tutte le sue forze nel tentativo di farsi comprendere dagli amici, che tirarono un sospiro di sollievo quando il ragazzo comunicò loro la natura delle sue sofferenze.
- Credo di avere…. La… Sindrome di Stendhal… -
La visita alle Gallerie degli Uffizi era appena uffcialmente terminata.










Note~


Ta-daaaaaaaan!!!!
Ecco che come promesso pubblichiamo al giovedì! Signori, stappiamo lo champagne, perchè Koori puntuale è un evento più unico che raro, specialmente se non c'è Ame a toccarle il tempo.... ^^"
Qualche commento sul capitolo?
Enjolras non è permaloso/possessivo. Per niente.
Sì, ero sarcastica. XD C'è da dire che Courfeyrac è stato proprio un bello... sì, insomma. Non fatemelo dire che ci tengo ad essere politically correct! X°°°
E poi boh, Grantaire come guida ha il suo fascino. Insomma, il nostro scettico sta rivelando doti nascoste eEnj inizia ad accorgersene... <3
Beh, sì, insomma, in realtà non vedo l'ora di pubblicare il prossimo capitolo perchè ci sarà una leggera svolta nel rapporto fra questo blocco di marmo e Taire -noosebleed-, ma come al solito non anticipo nulla...
A giovedì prossimo, se non moriamo di feels prima! 
Grazie di tutto a tutti! <3

Ps: regalate un Joly a Koori. Sennò muore. (?)

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


~Capitolo V










Vedere sette ragazzi che ne trascinavano uno mezzo morto fuori dagli Uffizi, con due fanciulle al seguito che anzichè mostrarsi preoccupate sghignazzavano senza ritegno dovette essere un scena piuttosto bizzarra alla quale assistere.
Qualcuno avrebbe anche potuto preoccuparsi e chiamare un’ambulanza, ma lo stesso Joly, nonappena ebbe raggiunto l’aria aperta, riacquistò colore e prese a ridacchiare, contagiato dagli amici.
- Jolllly, solo tu puoi farti venire la Sindrome di Stendhal per davvero!- commentò Jehan risistemandosi i capelli biondo cenere nel solito codino.
- Troppa Arte tutta in una volta. Non ce l’ho fatta… - si difese con un sorriso, mentre Bossuet incrociava le braccia al petto.
- Piantala, credevo ti fosse preso un colpo. Eri tutto bianco e sudaticcio… - si lamentò.
- Lo sai, non bisogna dare troppo credito al nostro Malade Imaginaire… - scherzò Courf scompigliando i capelli a Joly. 
Dopo qualche minuto, quando l’aspirante medico fu di nuovo in grado di reggersi sulle proprie gambe, la comitiva decise di andarsi ad arenare in un piccolo bar vicino a Ponte Vecchio, dove Grantaire ordinò la quarta birra della giornata, ben deciso a recuperare in fretta e mettersi in pari con la sua media di otto bottiglie giornaliere.
Fra un’avventura e l’altra si erano fatte le cinque del pomeriggio, e non rimaneva più molto tempo per visitare musei o gallerie.
- Allora, qualcuno ha proposte per domani? – domandò Eponine, appoggiando la cartina della città sul tavolino e sfilando dalla guida la lista con i punti di interesse stilata da Combeferre.
Bossuet sorseggiò il suo frappè con cautela, nel timore di un altro incontro ravvicinato fra il dolce e la sua maglietta e alzò una mano per attirare l’attenzione.
- Vi andrebbe di fare una gita fuori porta? –
Gli Amis annuirono entusiasti.
- Potremmo andare a Vinci, c’è il museo di Leonardo! – propose.
- Oh, sì! Che figo! Adoro Leonardo da Vinci! Pare che fosse un viaggiatore nel tempo! – esclamò Marius, mentre Cosette scoppiava a ridere e gli dava un colpetto sulla spalla.
- Che scemo… - lo prese in giro.
- Perché? Che c’è? – fece lui confuso, inclinando la testa da un lato.
- Questa chi te l’ha detta, Feuilly?* – domandò Enjolras, scettico nonostante il sorrisetto che gli si era dipinto sulle labbra.
- Viaggiatore nel tempo o no, Leonardo da Vinci è una figura storica interessantissima. E’ stato pittore, architetto, ignegnere, stratega… Non c’è arte in cui non si sia distinto! – continuò con una certa ammirazione nella voce.
Grantaire diede una generosa golata alla sua birra e si profuse in un ghignetto di leggero disaccordo.
- In realtà non si è mai accostato alla scultura con serietà. La riteneva un’arte di scarso interesse, ma a parer mio non osava mettersi a confronto con il grande Michelangelo… -
Enjolras lo fulminò con lo sguardo.
- Credi forse che Michelangelo fosse migliore di Leonardo? Leonardo era un genio. – sbottò a difesa del suo idolo.
Grantaire fece spallucce, gli altri che pendevano dalle sue labbra in attesa di una risposta che potesse stupirli.
- Non lo nego, ma continuo a rimanere della mia opinione e a preferire il Buonarroti. Trovo Leonardo troppo equilibrato nella sua arte. Il tormento di Michelangelo è di gran lunga più affascinante… Ma cosa vuoi saperne tu di un’anima tormentata? – terminò col sussurrare così piano che nessuno comprese le ultime parole della sua arringa.
Attorno al loro tavolo calò il silenzio. Lo sguardo di Grantaire parlava più delle sue labbra.
- Ottimo! Allora andremo a Vinci e poi Grantaire ci farà da cicerone in una giornata tutta dedicata a Michelangelo, così potremo votare il personaggio che ci è piaciuto di più! – cinguettò Cosette nel tentativo di riempire quel silenzio imbarazzante.
Tentativo riuscito, Courfeyrac scoppiò a ridere.
- Sembra un talent show! –
Combeferre terminò il suo caffè e si pulì gli occhiali appannati nella maglietta.
- Dai, a me sembra un’idea carina! E poi c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, no? –
Eponine lanciò un’occhiata a Taire e una ad Enj, per poi aderire all’idea dell’amica.
Si decise che sarebbero partiti per Vinci il giorno dopo nella tarda mattinata, avrebbero fatto una passeggiata nei dintorni e, dopo pranzo, si sarebbero recati al museo di Leonardo.
Enjolras si svegliò presto come suo solito, si alzò da letto con cautela per non svegliare quel trombone di Grantaire e andò a farsi una doccia.
Visto che la partenza era fissata per le dieci, e la sera prima avevano fatto di nuovo baldorie, si era deciso di comune accordo che ognuno quella mattina avrebbe fatto colazione per conto suo.
Prima di uscire dalla camera scrisse un bigliettino a Grantaire per avvisarlo, poi se ne andò, con il Contrat Social sottobraccio e l’orologio che segnava le sette e mezza.
Nella sala della colazione incontrò Jehan, che lo invitò a sedersi al tavolo con lui.
- Già in piedi? Non ti facevo così mattiniero, Prouvaire… -
Il poeta sorrise e arrossì leggermente, come faceva ogni volta che si parlava di lui.
- Mi piace alzarmi presto. Le prime ore del giorno sono quelle in cui ho maggiore ispirazione… - spiegò mostrando un piccolo quadernino nero.
- E poi devo approfittare di quando Courf dorme, è impossibile scrivere con lui nei paraggi. Vuole sempre sbirciare! – aggiunse.
Enjolras inclinò appena il capo.
- Ti da fastidio se la gente guarda mentre scrivi? – quel ragazzo era una continua scoperta.
La sua sensibilità sembrava provenire da un altro pianeta, e il leader degli Amis non poteva fare a meno di essere incuriosito da quel carattere mite e accondiscendente.
Jehan rimescolò il suo caffelatte con crescente imbarazzo.
- Poi si vede quando sbaglio… - sussurrò.
Ecco una cosa che avevano in comune.
Terminarono la colazione chiacchierando in tranquillità, poi ognuno si scelse un angolino del grande giardino per dedicarsi ai propri passatempi preferiti: Jehan si accoccolò ai piedi di un grande ulivo  a scribacchiare versi sul suo quadernino e Enjolras si sedette su una panchina a leggere, riservando di tanto in tanto qualche occhiata soddisfatta alla bandiera francese che sventolava sopra la sua testa, di nuovo al sicuro appesa al portavaso.
Fu quando le carezze del sole si fecero un po’ troppo insistenti che gli venne in mente di dare un’occhiata all’orologio del cellulare.
Erano già le nove e mezza.
Tornò in camera con l’intento di fare un salto in bagno prima di andare ad aspettare gli altri alla reception e tirò un sospiro di sollievo nel notare che Grantaire era già uscito. Probabilmente era a colazione, o a scolarsi l’ennesima birra della mattina…
Con questo pensiero aprì tranquillo la porta del bagno, salvo restare paralizzato.
Grantaire non era a colazione.
Si da il caso che il ragazzo fosse appena uscito dalla doccia e se ne stesse adesso con l’asciugamano drammaticamente in mano.
- Ciao Apollo! Tranquillo, mi vesto e sono pronto! – sorrise quello sistemandosi l’asciugamano attorno alla vita.
Enjolras sbattè le palpebre un paio di volte, la bocca spalancata e le orecchie che diventavano sempre più rosse.
- Tutto ok? – domandò l’artista muovendo un passo verso la porta.
Il biondo si irrigidì di colpo, si voltò di scatto, raccolse meccanicamente il suo zaino e schizzò fuori dalla stanza senza proferire parola.
Si è già detto di quanto Enjolras fosse estremamente pudico.
Ebbene, la scena alla quale aveva appena assistito era stata in grado, in soli cinque secondi, di traumatizzarlo nel profondo per il resto della sua vita.
Grantaire, chiaramente, non comprese lo stato di shock nel quale aveva lasciato il suo compagno di stanza, e scese alla reception un paio di minuti dopo come se niente fosse successo.
- Siete pronti? Non manca nessuno? – domandò Courf facendo roteare fra le mani le chiavi della macchina.
Ognuno fece rapidamente il conto e Combeferre ritornò ad essere il saggio ragazzo a cui tutti erano abituati.
- Oggi guido io la Panda! – disse infatti.
- E forse è il caso che Joly stia davanti! – fu la proposta di Eponine, caldamente accolta da Grantaire.
Il ragazzo rivolse loro una linguaccia e salì a bordo, imitato da Combeferre.
- Allora Apollo sta dietro con noi? – Grantaire gli tenne la portiera aperta con sfottente galanteria,  ma rimase leggermente interdetto dalla freddezza dell’amico.
Enjolras salì in macchina senza nemmeno degnarsi di guardarlo in faccia, cosa che evitò accuratamente di fare per tutta la durata del viaggio, preferendo la compagnia della vista fuori dal finestrino.
- Che ha? – fece Eponine a fior di labbra.
Grantaire scosse la testa e fece spalluce, e l’incognita rimase irrisolta.
Quando arrivarono a Vinci il sole splendeva radioso in un cielo azzurro degno di un quadro di un vedutista.
Cosette fece apparire magicamente un cappellino di paglia dalla sua borsetta ed Eponine fece lo stesso con un baschetto color muschio.
- Adoro la Toscana! – esclamò la bionda facendo una giravolta su se stessa, mentre l’amica esternava il suo desiderio di abbronzarsi come si deve almeno per una volta.
Joly e Marius, intanto, si stavano impiastricciando ogni centimetro di pelle scoperto di crema protettiva livello 50.
- Devi stare attento, con tutte quelle efelidi… - spiegava l’ipocondriaco, mentre Pontmercy sbiancava.
- Le cosa?! –
- Le lentiggini! Hai una pelle delicata! Sai quante complicazioni può avere un’ustione dovuta alla prolungata esposizione ai raggi solari? Non parliamo poi dei rischi di contrarre un cancro all’epidermide… -
- Ma stai zitto, uccellaccio del malaugurio! – rise Bossuet, prendendolo di peso e trascinandolo lontano, mentre Marius ancora si tastava.
- Tagliamo per i campi? – chiese Jehan speranzoso.
Cinque minuti dopo l’allegra  compagnia era già in marcia nelle colline attorno a Vinci.
- Guarda, Ponine! Vieni a fotografare questa farfalla! – esclamava Ferre di tanto in tanto, mentre Jehan raccoglieva fiori di campo con un’aria così beata che metteva tranquillità a chiunque lo vedesse.
Fu solo dopo un’oretta che Courfeyrac si accorse dell’assenza di un membro del gruppo.
- Ragazzi, ma dov’è Grantaire? –
Enjolras si voltò di scatto, notando in quel momento che il loro compagno era scomparso.
- Oddio, l’ha morso una vipera! – Joly era come al sempre il più tragico.
- Non è che si è perso? – provò Bossuet.
- Figurati, il sentiero è tracciato… -  osservò Marius, Cosette al suo fianco che cercava di telefonargli.
- Niente, non c’è campo. –
- Cercate Taire? Si è fermato più indietro per dipingere! – comunicò candidamente Jehan.
Ma quel piccolo momento di panico li indusse a tornare indietro e a muoversi alla ricerca di un ristorante.
Ritrovarono Grantaire praticamente all’inizio del sentiero, seduto su un ceppo e tutto intento a dipingere il paesaggio.
- Scemo! Ci hai quasi fatto morire Joly! Credeva ti avesse divorato un orso! -  esagerò Courfeyrac in risposta al saluto dell’artista.
Quello ripose gli acquerelli nella sua borsa di cuoio e sorrise.
- Con la fame che ho avrei temuto di più per l’orso… - lanciò un’occhiata ad Enjolras, ma quando si accorse che il biondo aveva repentinamente abbassato lo sguardo nell’incrociare i suoi occhi, Grantaire fu nuovamente pervaso dallo stesso senso di disagio che l’aveva infastidito alla partenza.
A pranzo fu colto da un leggero cerchio alla testa, ma non vi badò più di tanto: mica voleva passare per il Joly della situazione!
Intanto che aspettavano il caffè Bossuet accentrò l’attenzione su di sé.
- Ieri non vi abbiamo raccontato la storia di Joly e della macchina! –
Cosette alzò la testa di scatto, in volto la curiosità di un bambino.
- Dai, dai! Dicci tutto! –
Jehan scoppiò a ridere ancora prima che venisse pronunciata una qualsiasi parola, Enjolras scosse la testa divertito.
- Tutto risale all’estate scorsa… - incominciò Courfeyrac, calando il pubblico in un’atmosfera di leggenda.
- Mia nonna era venuta a trovarmi dalla Bretagna, e io dovevo andarla a prendere all’aeroporto. Peccato che la mia macchina fosse dal meccanico. –
- E’ a questo punto che interveniamo io e Joly. – si unì al racconto Bossuet.
- Sì, insomma… Enj guida da cani, Ferre era sotto esame, a Bossuet avevano ritirato la patente, e comunque non mi sarei mai azzardato a lasciarlo guidare… - e qui ci fu una piccola risatina.
- Fatto sta che Courf chiese a me se potevo dargli un passaggio fino all’aeroporto, e Bossuet si autoinvitò come al solito… - concluse Joly.
- Ero curioso di conoscere Nonna Courf! – si giustificò.
- Ebbene, partimmo alle nove del mattino. Un uggioso mattino di Luglio. Joly alla guida, Bossuet accanto a lui e io dietro. Avevo notato che il nostro autista provetto era stranamente verdognolo, ma avevo deciso di non chiedere niente. Avevo bisogno di quel passaggio, non volevo che Joly si barricasse in casa col terrore di aver preso il colera.-
- E quella scelta fu fatale. – fu la drastica sentenza di Joly.
- Non ditemi che… - anticipò Eponine.
- Avrete ormai capito, signori miei, che Joly è debole di stomaco. – spiegò Courfeyrac.
- No, che schifo! – esclamò Marius fra le risate.
- Il pranzo di un mese tutto sul parabrezza. Non si vedeva niente. – andò avanti Bossuet.
- Ma sei impossibile! – fece Cosette, mentre Jehan faticava a respirare e Enj e Ferre cercavano di darsi un contegno.
- Dovetti sporgermi fuori dal finestrino per fargli da navigatore. Vi dico solo che pioveva ed eravamo in autostrada. – raccontò ancora Bossuet.
- Vi dico solo che Bossuet non l’ha visto perché era fuori dalla macchina con tutto il busto, ma Joly teneva gli occhi chiusi per placare la nausea. – rettificò Courfeyrac, Grantaire accanto a lui con le lacrime agli occhi.
- E siete ancora vivi! – esclamò Eponine esterrefatta.
- TU CI SCHERZI! MI SONO VISTO LA VITA SCORRERE DAVANTI AGLI OCCHI! – urlò Courf esasperato.
- Non vi dico quando siamo scesi e mia nonna mi ha telefonato dicendo che l’aereo era atterrato in anticipo e aveva preso un taxi! –
A quel punto la tavolata esplose, persino il rigido e composto Enjolras non riusciva a trattenere le risate.
- Io propongo un brindisi al signor VomitodiJoly! – fece Grantaire alzando al cielo il suo bicchiere di Chianti.
- A VomitodiJoly! – brindarono gli altri fra le risate.
Il resto del pomeriggio passò più o meno tranquillo, eccetto Joly che continuava a lamentarsi come suo solito di inesistenti mali che lo affliggevano.
Il cerchio alla testa di Grantaire si era lentamente trasformato in una vera e propria emicrania, ma il ragazzo sembrava non badarci più di tanto e affogava il dolore nel vino.
Fu verso le otto di sera, quando la comitiva era rientrata all’agriturismo per una rapida doccia prima di ripartire alla volta del centro città, che le lamentele di Joly si rivelarono fondate.
- Sì è addormentato mentre facevo la doccia, è rovente, credo che abbia la febbre… - spiegò Bossuet agli amici radunati nella tavernetta seminterrata.
- Magari per stasera è meglio se se ne sta in camera… - continuò.
- Povero Joly, e pensare che nessuno di noi voleva dargli retta oggi pomeriggio. Ero troppo preso dai modellini di Leonardo per starlo a sentire… - commentò Marius, mortificato.
- Vabbè, possiamo rimandare la cena a Firenze a un altro giorno… - fece Eponine dolcemente.
Bossuet sorrise e scosse la testa.
- Ma no, tranquilli, andate pure… Ci resto io con lui. E poi staremo qua un mese, che volete che sia se mi perdo un’uscita? –
E così gli Amis, privati di due elementi e un po’ rattristati da quell’assenza, partirono alla volta della città.
Per tutta la sera Enjolras mantenne nei confronti di Grantaire lo stesso atteggiamento freddo e distaccato della giornata e per tutta la sera l’artista se ne rimase stranamente tranquillo.
- Credo che Taire non stia bene… - sussurrò Jehan al leader mentre scendevano per una stradina diretti alle macchine.
Il ragazzo si voltò indietro e si accorse che Grantaire procedeva un po’ a rilento e aveva addirittura buttato via la lattina di birra che aveva comprato dopo cena al posto del gelato.
Enjolras rallentò l’andatura fino a fermasi e aspettò che il moro lo raggiungesse.
Lo guardò un poco sprezzante, come se avesse voluto fargli pesare la sua lentezza o il fatto che si fosse dovuto fermare ad aspettarlo, ma quando incrociò i suoi occhi la sua espressione si raddolcì di colpo.
- Che hai? – domandò, meno brusco di quanto non avrebbe voluto essere.
- Un po’ di mal di testa… - minimizzò l’artista.
- Che stupido, avrai preso un’insolazione mentre dipingevi. E bere tutto quell’alcool certo non aiuta… - commentò.
- Adesso stai… - ma si zittì.
Grantaire gli aveva appoggiato la testa sulla spalla, lasciando finalmente trasparire tutta la stanchezza della giornata.
Enjolras si irrigidì, impreparato a quel contatto fisico, ma pian piano lasciò che i muscoli si rilassassero e gli passò un braccio attorno alle spalle per aiutarlo a camminare.
- Dai, che manca poco alla macchina… -
Grantaire sorrise e chiuse gli occhi.
- Che bello, Apollo mi parla di nuovo… - sussurrò.
Il biondo gli rivolse un’occhiata confusa.
- Sei ubriaco… - constatò poi.
La risposta di Grantaire, enigmatica e inaspettata, lasciò Enjolras pensieroso per il resto della serata.
- Dopotutto è più semplice, così… -








 
Note:

*Niente di strano, semplicemente il nostro HeadCanon!Feuilly è una sorta di nerd fissato con tutto ciò che è paranormale.

Qualche info sulla Sindrome di Stendhal (cito da Wikipedia per non commettere errori imperdonabili XD ):

"La Sindrome di Stendhal, detta anche Sindrome di Firenze (città in cui si è spesso manifestata), è il nome di una affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza, specialmente se esse sono comprese in spazi limitati."






Eccoci qui, finalmente al capitolo 5!
Oggi i nostri cari Amis si sono dilettati in una bella gita a Vinci, dove si scopre un altro motivo di scontro fra Enjolras e Grantaire: Leonardo o Michelangelo?
Ai posteri l'ardua sentenza~ xDD
Non parliamo poi di Nonna Courf e delle disavventure di Joly, Bossuet, Courfeyrac e la macchina... C'è da chiedersi come faccia questo gruppo di sbandati ad essere ancora tutto intero con le disgrazie che capitano loro quotidianamente! X°°°
E poi, beh... Io l'avevo detto, in questo capitolo c'è una leggerissima-issima-issima svolta nel rapporto fra Enj e Taire~
Dal prossimo capitolo le vicende si faranno lievemente più serie, nel senso che la vena demenziale di questa storia, purtroppo, non se ne andrà, ma le relazioni fra i personaggi saranno analizzate un po' più da vicino e si faranno più movimentate!
Adesso un'altra COMUNICAZIONE DI SERVIZIO!
Visto che né io né Ame riusciamo a pazientare e abbiamo un bisogno viscerale di condividere i nostri scleri con voi, si pensava, al ritorno della mia degna compare dalla Polonia, di portare la pubblicazione a 2 volte a settimana, il Martedì e il Venerdì?
Voi che ne dite? Due capitoli in una settimana sono troppi o si può fare?
Attendiamo i vostri consigli, nel frattempo grazie mille per il supporto, vi amiamo! <3



Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


~Capitolo VI









C’era silenzio, all’agriturismo.
Anche gli ultimi turisti se n’erano andati a dormire, e Bossuet aveva tirato le tende affinchè la stanza calasse nel buio più completo.
Non si era azzardato a muovere Joly nel timore di svegliarlo, così aveva preso una coperta supplementare dall’armadio e gliel’aveva posata dolcemente sulle spalle. Joly odiava dormire scoperto, temeva sempre di potersi prendere qualche accidente.
Indeciso sul da farsi, aveva alla fine optato per guardare un po’ di televisione prima di addormentarsi, ed era rimasto oltremodo affascinato da un programma sui vulcani il cui commento audio era per lui decisamente incomprensibile. Le immagini di tutta quella lava che si riversava in mare e i disegni delle sezioni del vulcano, però, erano abbastanza spettacolari da non fargli cambiare canale.
Verso le undici, alla fine, Joly parve riemergere dagli Inferi.
Tirò la coperta fin sotto al naso e sbirciò il buio da sopra l’orlo.
- Bossuet… - sussurrò debolmente.
- Bossuet, ti prego, vieni un attimo… -
Il ragazzo salutò mentalmente il suo bel documentario e si alzò dal letto, andando a sedersi sul bordo di quello dell’amico.
- Dimmi… -
Joly diede un colpetto di tosse isterica e si grattò il naso, per poi rincantucciarsi meglio fra le coperte e guardarlo con occhi colmi di terrore e rassegnazione.
- Bossuet, sto per morire… -
Bossuet sospirò.
- Testamento? –
- Non scherzare, è una cosa seria! Tu non capisci, sento le forze vitali abbandonarmi… - e qui tossì di nuovo.
- Mi restano forse solo pochi minuti. Mi dispiace, Bossuet, di crearti tutti questi problemi. Se per te non è un problema vorrei essere cremato, è più igienico… -
Ma il compagno di stanza non lo stava nemmeno più ad ascoltare. Si era alzato di nuovo ed era andato a raspare nella valigia di Joly, alla ricerca di medicinali.
Strappò una bustina e ne sciolse il contenuto in un bicchiere d’acqua, poi tornò al capezzale del moribondo e gli piazzò l’intruglio fra le mani.
- Bevi questa schifezza e stai zitto, vedrai che fra poco sarà tutto finito. -  spiegò, volutamente ambiguo.
Joly buttò giù la medicina in un sorso solo, gli occhi strizzati per contrastare il saporaccio amaro.
Bossuet andò a buttare la bustina nella spazzatura, leggendo con gioia l’avvertimento “potrebbe indurre sonnolenza” stampato sul retro.
- Vedi? Lo dici anche tu! Morirò! Che ore sono? – domandò il malato non più tanto immaginario.
Bossuet diede un’occhiata al cellulare.
- Le undici e dieci, l’ora di riposare… - sospirò.
Solo dopo qualche manciata di secondi si accorse che la replica di Joly che aspettava come da routine non era arrivata.
- Quanto ho dormito? – domandò quello all’improvviso.
- Boh, un paio d’ore. Non lo so, guardavo questo documentario e ho un po’ perso la cognizione del tempo… - rispose con un cenno del capo alla tv, dove una ricostruzione al computer faceva esplodere il Vesuvio.
- Quindi non sei andato a cena. E gli altri? –
Bossuet scosse la testa.
- Volevano restare qui, ma alla fine li ho convinti ad andare. Io invece sono rimasto qui con te! – spiegò con un sorrisone.
- Ah… - fu la replica di Joly prima che si inabissasse nuovamente fra le coperte.
Sembrava già che si fosse addormentato quando un mugolio giunse dalle coltri.
- Bossuet… -
- Dimmi… -
Ci fu un momento di silenzio durante il quale Bossuet credette che l’amico si stesse sentendo male davvero, poi Joly parlò.
- Vorrei che fossi tu a tenere l’orazione funebre. E se possibile vorrei che la funzione la faceste in Saint Séverin. –
- Okay. Adesso lasciami dormire, dovrò essere riposato domani per scrivere un bel discorso… - sorrise accondiscendente, infilandosi sotto le coperte e spegnendo la tv.
La medicina dovette aver fatto effetto, perché Joly non si lamentò più.
Bossuet, però, si svegliò due ore dopo, disturbato da rumori molesti provenienti dalla stanza accanto. Diede una manata al cellulare sul comodino e cercò di capire che ore fossero, per poi rinunciare a dormire ancora per un po’: Cosette e Marius dovevano essere rientrati all’agriturismo.
Si ficcò nelle orecchie le cuffie dell’iPod e lo agitò finchè non partì la riproduzione casuale.
“La Vie en Rose”.
Chi diamine aveva messo “La Vie en Rose” nel suo iPod?!
Si rigirò fra le coperte e cambiò canzone, ma il simpatico congegno elettronico pensò bene che era giunto il momento di lasciare il proprietario al suo destino e si spense.
- Batteria scarica. Ottimo. – mugugnò il poveretto infilando la testa sotto il cuscino.
Fece del suo meglio per non ascoltare, ma il respiro affannoso si faceva sempre più forte.
Poi Bossuet si rese conto che quel suono non poteva star provenendo dall’altro lato della parete e si mise a sedere, togliendo definitivamente le cuffie dalle orecchie.
Impiegò un paio di secondi per capire cosa stava succedendo, ma quando tutto fu finalmente chiaro gli si strinse il cuore.
- No, Joly, non di nuovo… - sussurrò, alzandosi dal letto e tornando per l’ennesima volta al capezzale dell’amico.
Accese l’abat-jour sul comodino solo per vedere una scena a lui così familiare da non aver nemmeno bisogno della luce per vederla davanti ai suoi occhi.
Joly era sveglio, aveva gli occhi sbarrati ed era sudato marcio, nonostante ora la sua pelle fosse ghiacciata. Aveva il respiro corto e affannoso e artigliava le lenzuola con le dita lunghe e affusolate.
- Joly, va tutto bene, ci sono qua io… - ma l’aspirante medico sembrava non sentirlo nemmeno.
Maledetti attacchi di panico. Eppure era già da un po’ che non gli capitava più! Insomma, erano in vacanza, non aveva nemmeno lo stess degli esami! Proprio non riusciva a capire cosa potesse essere la causa di quella crisi.
- Muoio… Muoio… - balbettò il ragazzo, la voce strozzata dal panico.
- Ma no che non muori, è solo un attacco, come le altre volte. Respira profondo, adesso passa tutto… -
Corse in bagno e bagnò la sua maglietta con dell’acqua ghiacciata, la strizzò e tornò indietro ad appoggiarla sulla fronte dell’amico.
Joly fu scosso da un brivido, ma sembrò tornare lentamente in sé, nonostante la respirazione fosse ancora alterata.
Bossuet gli diede la mano e lui gliela stritolò in una morsa gelata, poi, pian piano, si calmò.
Stettero qualche minuto in quella posizione, il profilo di Bossuet parzialmente illuminato dall’abat-jour, poi Joly si decise a parlare.
- Scusa… - e la sua voce era poco più di un soffio.
Il ragazzo rimase un momento perplesso.
- E di che? –
Joly si grattò di nuovo il naso, il volto ancora pallido e gli occhi bassi.
- Sono un’ansia continua… Non dovevi restare con me stasera. Mi è pure venuta una crisi, dovevi… - ma Bossuet gli mise un dito sulle labbra.
- Shhht! Posso sopportarti malato, ma non stupido. Non ti mollerei mai a casa da solo con la febbre, lo sai. E poi a me fa piacere restare con te, stai tranquillo… Di cene fuori chissà quante altre potrò farne… -
Altro silenzio, poi Bossuet riprese la parola.
- Stai un po’ meglio, adesso? La febbre è scesa, sei un ghiacciolo… -
Joly annuì.
- Allora riposa e non pensarci più. Vedrai che domani sarai come nuovo! – gli scompigliò affettuosamente i capelli e spense  la luce, ma si sentì chiamare di nuovo ancora prima di riuscire a muovere un passo.
- Bossuet? –
- Sì? – e dal silenzio che ebbe come risposta comprese la richiesta.
Sorrise e scosse il capo, mentre l’amico gli faceva spazio appiattendosi contro il muro.
Dopotutto cosa gli costava?
- Ma vedi di dormire. – si fece promettere mentre si copriva e diceva addio a una nottata di sonno ristoratore.
A volte Joly era proprio un bambino…
Il mattino dopo a colazione non si presentarono nemmeno.
- Joly ha ancora la febbre. E’ solo a 37, ma sapete com’è fatto… Bossuet ha detto che resta con lui, di andare e non preoccuparsi… - fece Courfeyrac leggendo ad alta voce l’sms che aveva appena ricevuto.
- No! Proprio oggi che andiamo a trovare Dante! – gli Amis rabbrividirono di fronte al modo in cui quella frase era stata formulata.
- Jehan… Non per ferire la tua sensibilità, ma lo sai che Dante è morto? – si informò Grantaire mentre Eponine tratteneva una risatina.
- Certo che lo so. Ma il Sommo Poeta vive nell’eternità dei suoi versi! – ribatté il ragazzo a difesa delle sue parole.
Meno di un’ora dopo la combriccola era tutta riunita di fronte a casa dell’Alighieri, dove altri turisti attendevano più o meno pazienti l’orario di apertura.
Jehan era così esaltato dall’idea di trovarsi proprio sotto alla finestra del grande Dante che nemmeno fece caso alla ragazzina che continuava a litigare con i suoi genitori qualche metro più in là, sostenendo che a sedici anni suonati aveva di megllio da fare che rompersi le scatole in un noiosissimo museo di un noiosissimo scrittore.
E grazie a dio non la udì, altrimenti quella fanciulla sconsiderata avrebbe rischiato di trovarsi senza testa nell’arco di dieci secondi.
Poche cose facevano paura come Jehan quando insultavano la sua amata Letteratura…
- Erano proprio necessari i fiori per la tizia morta? – sussurrò dopo un po’ Enjolras, le braccia conserte e la schiena appoggiata a un muro.
- Non è una tizia qualsiasi! E’ Beatrice, la donna amata da Dante! – rettificò Combeferre, giusto per non smentirsi.
- Io la trovo una cosa dolcissima. Questa donna sarà famosa per sempre grazie ai versi di Dante. Non è magnifico? – fece Eponine, subito sostenuta da Cosette.
- Che bello, tutte quelle poesie scritte solo per lei… - sospirò infatti.
- Mah, sarà, ma io proprio non capisco… - continuò Enjolras.
- Solo perché sei un blocco di marmo, Apollo! – scherzò Grantaire suscitando le risate degli altri.
Dopo una bella dormita il mal di testa gli era completamente passato e il fatto che il biondo fosse tornato a rivolgergli la parola lo rendeva, se possibile, ancora più felice.
Improvvisamente Marius si inginocchiò di fronte a Cosette e declamò a gran voce “Tanto Gentile e Tanto Onesta Pare” dedicandola alla sua bella.
Il ragazzo non ottenne però l’effetto desiderato, un po’ perché non aveva recitato la poesia a memoria, bensì l’aveva letta in traduzione dalla guida di Ferre, e un po’ perché, purtroppo per lui, Cosette non ne sapeva un granchè di lirica stilnovista.
- Cosa significa “pare”? Ti sembrano cose da dire alla tua ragazza? Ma che razza di poesia è? – sbottò, fingendosi offesa.
- Ma no! Vuol dire “appare”! Non l’hai sentito prima Jehan quando spiegava? – piagnucolò Marius, che ci era rimasto malissimo.
Nel frattempo Courfeyrac se ne stava un poco in disparte a guardare male la ragazzina citata precedentemente, che si era lentamente avvicinata a Jehan, tutto intento a leggere la Commedia.
- Ciao! Cosa leggi? – domandò improvvisamente, facendolo trasalire.
Jehan si voltò e le rivolse uno dei suoi sorrisi più gentili, rispondendo in un italiano perfetto nonostante il lieve accento francese che in tutti quegli anni di studio non era riuscito a cancellare.
- La Divina Commedia di Dante Alighieri! –
La ragazzina lo fissò un poco pensierosa.
- Mi chiamo Bianca. Sei straniero, vero? –
Il giovane poeta rimase leggermente stupito da quell’approccio così diretto da parte di una sconosciuta, ma dopotutto si sapeva che gli Italiani erano un popolo caldo e amichevole.
- Sì, sono Francese. Mi chiamo Jean, ma per gli amici sono Jehan… -
La ragazzina lo fissò per un paio di secondi, poi gli si avvicinò un po’ di più.
- Parli molto bene l’Italiano! Sei venuto qui solo? –
Jehan arrossì e abbassò lo sguardo, per poi volgerlo dall’altro lato della piazzetta, dove se ne stava il gruppo degli Amis.
- Ti ringrazio… No, sono con i miei amici… Vedi? Sono quelli là… -
Bianca si voltò come indicatole e si ritrovò ad osservare Marius e Cosette che manifestavano pubblicamente il loro amore reciproco, Ferre ed Eponine che si contendevano il possesso della guida, Enjolras sempre a braccia conserte con la schiena contro il muro e Grantaire con una bottiglia di birra in mano appoggiato con il braccio alla spalla di Courfeyrac.
Quest’ultimo, scuro in volto e con il cappuccio della felpa calato in testa, la intimidì un pochino.
- Vedo che il visino angelico del nostro Prouvaire ha di nuovo fatto colpo! -  esclamò Taire prendendo una generosa sorsata dalla bottiglia.
Courf borbottò qualcosa di non meglio definito e Enjolras alzò un sopracciglio, incuriosito.
- Che c’è, Courf? Geloso perché per una volta non sei al centro dell’attenzione? – scherzò.
Courfeyrac lo guardò, per la prima volta nella vita senza sapere come ribattere, mentre Grantaire fissò a lungo Enjolras e gli scoppiò a ridere in faccia.
- Bisognerebbe istituire un premio all’igenuità! – canticchiò muovendosi verso le porte della casa di Dante: il museo aveva finalmente aperto i battenti.
- Bravo il nostro Jehan, hai fatto colpo! – lo prese in giro Eponine quando la ragazzina sparì dalla loro vista, probabilmente richiamata dai suoi genitori.
Il poeta parve cadere dalle nuvole.
- Cosa? Ma no! Bianca voleva solo fare amicizia! Sapeste com’era interessata alla vita di Dante! – esclamò all’apice della felicità. Se fosse stato un cane avrebbe probabilmente scodinzolato.
- Sì, sì, in Italia la chiamano amicizia…. – masticò Courfeyrac senza alzare gli occhi dallo schermo del cellulare.
- Beh? Se anche fosse non vedo il problema. Tu di “amiche” te ne fai una diversa ogni giorno… - sibilò, punto sul vivo.
- Ma… - balbettò il ragazzo.
Eponine sorrise sorniona prima di frapporsi fra i due.
- Suvvia, signori. Non vorrete mica discutere di tali frivolezze sotto lo sguardo dell’Alighieri! – fece, imitando i modi di Combeferre.
Courfeyrac le fece una linguaccia e si avvicinò a Grantaire, Jehan gli riservò un’occhiataccia e si diresse verso la biglietteria.
La giornata si riprese in fretta una volta all’interno del museo.
Jehan, infatti, saltellava da una parte all’altra dell’edificio spiegando agli amici tutto ciò che c’era da spiegare.
Di fronte a una riproduzione in scala di una battaglia medioevale alla quale aveva partecipato anche la famiglia degli Alighieri, Enjolras  perse ogni dignità e incominciò a discutere con Combeferre di tattiche militari, mentre il povero Prouvaire cercava di sovrastare le loro voci e di illustrare al resto del gruppo la storia dei vari personaggi coinvolti.
Tornarono all’agriturisimo dopo pranzo, per non lasciare Bossuet da solo per troppo tempo. Quando arrivarono lo beccarono in piscina, Joly che li salutava dalla finestra.
- La febbre gli è passata, dev’essere stato un colpo di sole. E’ che non si azzarda ad uscire, teme una ricaduta… - spiegò il ragazzo, seduto sul bordo della vasca.
- Com’è andata a casa di Dante? Vi siete divertiti? – domandò poi.
- Bene, molto bene. E’ stato davvero interessante… - tagliò corto Courf, che aveva perso il suo broncio, ma non il terrore che Enjolras, cadendo dalle nuvole, potesse dire qualcosa di oltremodo fuori luogo.
- Ho fatto qualche foto, così se più tardi vuoi vedere… - sorrise Eponine.
- Jehan è stato un’ottima guida! Sarei rimasta a sentirlo per ore! – lo elogiò Cosette, facendolo avvampare.
- Dai, non esagerare, vi ho solo raccontato qualche curiosità… - minimizzò.
Verso le cinque a Eponine venne un’idea e annunciò che sarebbe scesa in paese, a pochi minuti dall’agriturismo.
- Vuoi la mia bici? – propose Grantaire, che ne aveva noleggiata una ma non l’aveva neanche ancora sfiorata.
La ragazza scosse la testa.
- No, tranquillo, vado a piedi… Ci vediamo dopo! – e si incamminò lungo il sentiero che portava al paese, seguita da Combeferre.
- Ti ho forse detto che puoi venire con me? – domandò bruscamente dopo qualche centinaio di metri.
Ferre rimase a bocca aperta, spiazzato da quella frase, ed Eponine scoppiò a ridere, prendendolo a braccetto con entusiasmo.
- Ottimo, vorrà dire che mi aiuterai a scegliere! –
- Che devi fare? – chiese lui pieno di curiosità, spostando il braccio attorno alla sua vita.
Eponine rimase un momento silente, come se quel gesto le avesse portato alla mente chissà quale ricordo, poi sorrise radiosa.
- Volevo fare una sorpresa a Joly, giusto per rallegrargli un po’ la giornata! – e confabulando stretti l’una all’altro sparirono giù per il sentiero.
Nel frattempo, Courfeyrac e Grantaire stavano discutendo.
- Se quei due non combinano qualcosa entro questa vacanza… - ghignò Courf, le mani ficcate nelle tasche dei jeans.
Grantaire scosse la testa.
- Guarda Ferre, le corre dietro come un cagnolino. E’ cotto marcio. Completamente andato. Che stupido… -
- Perché stupido? –
L’artista lo guardò in modo strano.
- Perché se fosse davvero intelligente si metterebbe con lei senza troppe storie! Eponine non aspetta altro! Scommetto quello che vuoi che entro stasera glielo chiede lei. –
Courfeyrac rise.
- Non si scommette da ubrichi, Taire! Ci sto. Entro stasera niente di fatto! –
- Cosa mettiamo in palio? –
Il ghigno di Courfeyrac si allargò in modo preoccupante.
- Tu. Senza la minima goccia d’alcool. Per un giorno intero. -

















 
Note:

Bonjour à tous! ~
Rieccoci qui con la nostra sempre più folle fanfiction!
Il fatto che ci siano persone disposte a friggersi  i neuroni con le nostre scemenze per ben due volte alla settimana mi ha decisamente sconvolta, ma de gustibus... X°°
No, seriamente. Sono contentissima che TAUM (abbreviazione titolo perchè Koori è troppo pigra per scriverlo tutto xD) vi stia prendendo così tanto, e sappiate che noi non stiamo più nella pelle e abbiamo un bisogno viscerale di condividere con voi i prossimi capitoli. Troppi feels da contenere in due persone sole... xD
Ora passiamo alle note serie sul capitolo.
Cosa succede nel Capitolo 6?
NIENTE.
Questo è un dannatissimo e odioso capitolo di transizione. Vi abbiamo ingannate. Potevate anche non leggerlo.
Beh, no. Se aveste saltato la parte Bossulllly Koori (che si è accorta di amarli più della soglia consigliata) avrebbe potuto uccidere qualcuno... xDDD
E poi dai, non è un capitolo proprio inutile. Abbiamo Courf geloso. E La Scommessa.
Questa cosa della scommessa tenetela a mente, perchè sarà... come dire... il "punto di partenza" per una nuova fase della nostra storia! <3
Infatti, dal prossimo capitolo, entreremo nel vivo delle vicende, e qualcosa, se Dio vuole, si smuoverà come si deve. Per tutti.
Adesso basta spoiler, che quando incomincio non mi ferma più nessuno... XD
Grazie mille a tutti coloro che continuano a seguirci e a recensirci, vi amiamo. E occhio che qua rischiamo di montarci la testa, visto che nessuna delle due si aspettava un riscontro così positivo.
Siamo felici, vi vogliamo bene. ~ <3
Ah, randomica informazione di servizio.
Ame tornerà in serata dalla Polonia, e voi non avete idea di quanto la cosa mi renda felice.
Dai, da Venerdì torneremo a angosciarvi insieme! :DDD



Ps: sicuramente lo saprete già tutti, ma pubblicizzare l'epicità non è mai sbagliato.
Il caro-carissimo-perfetto George Blagden, che interpreta il nostro Taire nel film del 2012, ha pensato bene di fare un regalino ai milioni di fangirls sparse per il mondo -perchè tanto anche lui è una fangirl, lo sappiamo- e ha postato su youtube la cover di una canzone "leggermente" e/R.
Se non l'avete ancora sentita fatelo.
Se l'avete già sentita... Beh, sono certa che non avrete smesso un momento di farlo. XD
Con questo passo e chiudo, a Venerdì!



Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


~Capitolo VII








Combeferre ed Eponine tornarono prima di cena con un immenso mazzo di fiori colorati per Joly. Il ragazzo fu così sorpreso che quasi si mise a piangere, mascherando il momento di commozione con abili colpetti di tosse isterica.
Praticamente trascinato di peso da Bossuet e da Combeferre, alla fine, il redivivo decise di scendere a cena, anche si limitò a ordinare un piatto di zuppa della casa.
- Con questo bendiddio prendi la minestrina? Sei assurdo, Joly! – esclamò Marius, lanciandosi a capofitto sulla sua Fiorentina, mentre Enjolras lo guardava schifato.
- E’ meglio non esagerare, sono ancora convalescente… - spiegò quello, mentre Bossuet gli faceva il verso.
- Ragazzi, stasera tutti da noi che abbiamo montato la play! – annunciò a un certo punto Courfeyrac.
- Cosa offre la casa? – si informò Eponine.
Courf iniziò a contare sulle punte delle dita.
- Uhm, dunque… Abbiamo Call of Duty, magicamente ritrovato da Taire, un gioco di macchine, Sing It, Wii Sports e Just Dance! – snocciolò.
A sentire l’ultimo videogioco Enjolras trasalì.
- Mi rifiuto di ballare, sappiatelo! – si premurò di mettere le mani avanti.
- Ah, quante storie! E pensare che avevo chiesto a Jehan di prestarmi la Wii apposta per sfidarti! – ribattè Courfeyrac.
- Taire, io ti sfido a Sing It! – Eponine puntò teatralmente il dito contro l’artista, che piegò il capo in una sorta di inchino.
- Sfida accettata, chérie. Preparatevi, sarà meglio di una serata all’Opéra! – si vantò.
Venti minuti dopo erano tutti seduti sul matrimoniale nella 204, sconvolti dalla bravura di Cosette alla console.
- Sterza, sterza, sterza! – gridava Jehan, mentre la macchina della ragazza superava quella di Marius in una curva a gomito.
- Mangia la polvere, Pontmercy! – urlacchiò Cosette, esaltatissima.
Terminata la partita che vide la fanciulla vincitrice assoluta,  Courf e Taire si sfidarono a Call of Duty.
- Posso unirmi a voi? – domandò Jehan timidamente.
- Non è un po’ violento per te? Insomma… è un gioco tosto… - lo avvisò il suo compagno di stanza.
Grantaire gli cedette il joystick con un sorriso a trentadue denti.
- Fai il culo a strisce a quel nanetto, stanga!-
Courfeyrac gli lanciò una ciabatta.
- La pianti di evideziare la sua altezza esagerata quando sono nei paraggi? –
Grantaire lanciò la ciabatta dietro di sé e colpì per sbaglio Bossuet.
- Che ci vuoi fare, tu sei corto e lui è un gigante, lo dice pure il nome!*-
Gigante o meno, Courfeyrac ebbe di che vergognarsi per il resto della vacanza.
Con il joystick in mano, Jehan sapeva essere terribile. Freddo e preciso, mieteva vittime come un cecchino, pigiando sui tasti in rapida sequenza.
A nulla valsero le grida esagitate di Courfeyrac, il poeta lo stracciò in pochi minuti di gioco.
- Hai usato i trucchi. – borbottò mentre Eponine cantava in una sfida all’ultima nota con Taire.
- Ammetti la mia supremazia, piccoletto. – replicò Jehan guardandolo volutamente dall’alto in basso.
Enjolras, in tutto quello, stava seguendo attentamente la sfida a Sing It, seduto fra Joly e Combeferre.
Sarebbe stata dura decretare un vincitore, sia Taire che Ponine avevano un vero talento.
Fu quando si decise di cambiare gioco che al biondo crollò uno dei suoi miti personali.
La nuova sfida era siffatta: Combeferre, Cosette, Bossuet e Courf avrebbero dovuto dare il meglio di loro ballando sulle note di “Party Rock Anthem”.
Fin dall’inizio fu chiaro che Bossuet era spacciato; Cosette, aggraziata e con un ottimo senso del ritmo, dovette però soccombere di fronte a Courfeyrac, da sempre ottimo ballerino e assiduo frequentatore di discoteche.
Peccato che il re della festa avesse trovato un degno avversario.
Sin dall’inizio della canzone, infatti, Ferre aveva incominciato a collezionare una serie di “excellent” che avevano lasciato il pubblico a dir poco sconvolto.
- No, non lascerò che Mothman** mi batta! – esclamò a un certo punto Courf, mentre l’amico d’infanzia si dimenava al suo fianco accumulando punti su punti.
Inutile dire che facevano tutti il tifo per Ferre.
Beh, quasi tutti, perché Enjolras era ancora a bocca aperta a domandarsi perché anche l’unico amico dotato di cervello che gli era rimasto gli avesse dovuto voltare le spalle rivelando una simile dote.
La rivincita con “Lollipop” di Mika servì solamente a Courf per perdere definitivamente il suo titolo di miglior ballerino del gruppo e ad Enj per sotterrare per sempre l’idea che aveva di Ferre di un ragazzo serio ed equilibrato.
Verso le undici, visto che Joly iniziava lamentarsi del fatto che troppe ore di gioco cosecutive potevano causare crisi epilettiche, ognuno se ne tornò alla propria stanza.
- Non mi aspettavo che Ferre fosse questo talento a Just Dance! – commentò Grantaire, mentre Enjolras si infilava la maglia del pigiama.
- Ti prego, sto cercando di dimenticare. Ho subito un trauma… - confessò il biondo mettendosi sotto le coperte.
- Comunque… -  sussurrò allungandosi verso l’interruttore della luce.
Grantaire lasciò cadere la testa sul cuscino e stette in silenzio, in attesa che l’altro continuasse.
- Comunque non canti male, ecco… -
La luce si spense e nella stanza calò il silenzio, ma se Enjolras non fosse stato impegnato a darsi dello stupido per quel complimento non richiesto avrebbe certamente sentito il ragazzo ridacchiare soddisfatto.
Quando il mattino dopo si risvegliò, la parte di letto di Grantaire era vuota.
Un paio di minuti dopo, un clack annunciò al ragazzo che il compagno era uscito dal bagno. Beh, se non altro aveva chiuso a chiave…
- Ben svegliato, Apollo! – lo salutò con un sorrisone spalancando la finestra.
- Il sole è già alto e gli uccellini cinguettano allegri, vai a farti una doccia e scendiamo a colazione! –
Enjolras, ancora intontito dal sonno, sbadigliò e si passò una mano sul volto, mettendosi a sedere.
- Che ore sono? – biascicò dando un’occhiata al dispaly del cellulare.
- Le sette? Come mai sei sveglio a quest’ora? E perché sei così allegro?– fece con crescente scetticismo.
Grantaire si sedette sul bordo del letto e lo fissò intensamente negli occhi, tanto che a un certo punto Enjolras iniziò a sentirsi in imbarazzo.
- Perché oggi andiamo all’Accademia, Apollo, e Michelangelo avrà la sua schiacciante vittoria su Leonardo! –
Il biondo rimase in silenzio per qualche secondo, e quando ebbe assorbito il messaggio lanciò il suo cuscino in faccia a Grantaire.
- Idiota. – si limitò a sibilare raccattando dei vestiti puliti e filando in bagno.
Dieci minuti dopo, quando aprì la porta per scendere a colazione, per poco non morì d’infarto.
Courfeyrac se ne stava appoggiato allo stipite con aria provocante, gli occhiali da sole appesi al colletto della maglietta.
- Ma sei scemo!? Cosa stai facendo? – urlò terrorizzato.
Courfeyrac scoppiò a ridere e si spostò, lasciandolo passare.
- Scusa Enj, aspettavo Taire… -
Il ragazzo accorse, attirato più dalle urla di Enjolras che dalla presenza di Courf alla porta.
- Che c’è? – domandò, anche se in realtà immaginava e temeva il motivo di quell’agguato.
- Hai perso. Non si sono messi insieme. – sentenziò con una serietà decisamente teatrale per un tipo come lui.
- Chi? – si informò Enjolras.
- Combeferre e Eponine! – spiegò Grantaire.
- E tu come lo sai? – il leader del gruppo spostò lo sguardo dall’artista al suo migliore amico, confuso.
- Semplice, l’ho chiesto a Ferre! –
- Ma ti sembrano cose da chiedere?! – sbraitò, ma gli altri due lo stavano bellamente ignorando.
Courfeyrac incrociò le braccia e non si mosse da dove si trovava, gli occhi color muschio puntati su Grantaire.
- Merda. – fece lui all’improvviso.
Sembrava aver finalmente ricordato i termini della scommessa.
- No, Courf. Non puoi farlo davvero. Lo sai che non posso resistere! – esclamò, in volto la disperazione più totale.
- Che succede? Perché fa così? – cercò di rinserirsi nella conversazione Enjolras.
- Una scommessa è una scommessa, Taire! Non puoi più tirarti indietro. Conosco Ferre da troppo tempo, e Ponine da abbastanza per poter dire che senza una causa scatenante quei due non combimneranno niente! – continuò a ridere scuotendo la testa.
- Abbiamo fatto una scommessa su quando quei due si sarebbero messi insieme, e io ho vinto. Adesso Grantaire dovrà stare lontano dall’alcool per un giorno intero. – spiegò poi all’amico, che lo lasciò con un’occhiataccia e si diresse verso la sala delle colazioni.
Arrivarono in città verso le nove e mezza, iniziando il giro con la casa di Michelangelo. Grantaire diede sfoggio di tutta la sua cultura, raccontando una marea di episodi della vita dell’artista che la compagnia ignorava.
Inutile dire che tutti rimasero sconvolti dalla conoscenza quasi maniacale che lo scettico mostrava riguardo al Buonarroti.
- Grantaire, ogni giorno sei una scoperta! – si complimentò Cosette quando furono usciti dal museo, mentre Jehan sbirciava sulla guida di Combeferre alla ricerca dell’indirizzo dell’Accademia.
- Si vede che Michelangelo ti piace molto! – osservo Joly, imbacuccato nella sua felpa blu nel timore di una ricaduta.
Taire ficcò le mani nelle tasche dei jeans e dondolò da una gamba all’altra.
- Michelangelo… beh, credo che sia il mio artista preferito… Jehan, dovresti leggere le sue poesie, sono davvero interessanti! –
Enjolras rimase particolarmente colpito da quella frase.
Significava forse che Grantaire aveva letto anche degli scritti di Michelangelo? La sua arte lo appassionava a tal punto?
Vedere colui che aveva sempre considerato una persona senza ideali né interessi così dedito in qualcosa gli faceva una strana impressione.
Ascoltare Grantaire parlare di Arte era bello
Mentre il ragazzo raccontava, Enjolras si sentiva trasportare indietro nel tempo, nel lontano 1500. Quasi gli sembrava di vedere il giovane Michelangelo alle prese con le sue prime sculture, riusciva a vederlo mentre studiava, mentre si arrabbiava, soffriva e amava.
Grantaire, con la sua passione, era riuscito a lasciarlo a bocca aperta; la luce che gli brillava negli occhi in quei momenti sembrava trasfigurarlo e la solita ombra che gli oscurava il viso spariva nel nulla.
Che in tutto quel tempo avesse sempre esagerato nel giudicarlo?
Che Enjolras fosse sempre stato troppo severo nei suoi confronti?
Forse, dopotutto, poteva anche concedere a Grantaire una seconda chance per dimostrare il suo valore.
Forse, dopotutto, poteva anche provare a cambiare idea sul fatto di cambiare idea…
Dopo pranzo, per completare il “Tour Michelangelo”, come lo aveva battezzato Bossuet, la combriccola si diresse verso l’Accademia di Belle Arti, dove era conservato il David originale.
- Wow… - sussurrò Eponine, meravigliata dalla bellezza dell’opera.
Cosette aggirò la statua e si sedette su una panchina, la bocca aperta dallo stupore.
- Dieu, ha un culo che parla… - fu il suo finissimo commento, che si guadagnò un’occhiataccia da parte di Marius.
- Non trovate che mi somigli? – Courfeyrac si mise in posa ai piedi della statua, ma Grantaire lo spinse via.
- Zitto, blasfemo! – ridacchiò, mentre Jehan andava a sedersi accanto a Cosette e Combeferre leggeva qualche informazione sulla guida.
- E io che avevo sempre creduto che l’originale fosse quello in Piazza Signoria… - commentò Bossuet.
Enjolras lasciò che il suo sguardo scivolasse sul capolavoro: i riccioli che gli incorniciavano dolcemente il viso, le spalle larghe, il fisico asciutto, le braccia muscolose, le gambe salde a reggere il peso della statua…
Poi la sua attenzione si soffermò sulla mano destra.
- E’ meraviglioso, vero? Sembra che debba muoversi da un momento all’altro e scendere dal piedistallo. Pensa che dovevano collocarlo in alto, dove nessuno avrebbe potuto godere dei particolari. Guarda le vene della mano. E’ una vera fortuna che abbiano deciso di conservarlo qui… -
Grantaire se ne stava in piedi accanto a lui, gli occhi rivolti a quelli fieri e pensosi del David.
Enjolras sorrise.
- Devo ammettere che non avevi torto, anche il tuo Buonarroti ha qualcosa di geniale. –
Il moro si voltò verso di lui.
- Ammetti la sua supremazia? –
- Questo mai! Però sarò sincero, sei stato capace di farmelo apprezzare… -
Il viso di Grantaire si illuminò di una luce che Enjolras non aveva mai visto nei suoi occhi.
- Beh, dai, è un buon compromesso! – e fischiettando allegro si allontanò lentamente, senza più voltarsi indietro, alla ricerca di Courfeyrac.
Quando uscirono dall’Accademia, però, accadde una disgrazia che nessuno avrebbe potuto prevedere.
- Ferre. Ferre, santa Patria. – balbettò improvvisamente Enjolras.
Combeferre si avvicino, spalancando la bocca di fronte a ciò che l’amico gli indicava.
- E’ davvero quello che penso? – sussurrò.
- Oh no… - si lamentò Courf, che già aveva compreso il loro intento.
Di fronte ai due, infatti, si stagliava a caratteri cubitali sulla vetrina la scritta “Libreria Antiquaria”.
- No, Ferre, te lo proibisco! – accorse Eponine facendo appello a tutta la sua autorità, ma di fronte alle cartine originali dell’Ottocento e ai libri rilegati in cuoio il Capo e la Guida avevano perso ogni decenza.
- Entriamo? E se poi bisogna comprare per forza? –
- Io ho qualcosa con me… -
- Semmai usiamo la carta di credito, l’accetteranno? –
- Oddio. Se ha la Divina Commedia lo bacio. – li superò Jehan entrando a passo deciso nel negozio.
Due ore dopo i tre uscivano dal piccolo locale rossi in volto, gli occhi luccicanti d’emozione e un sacchetto pieno di libri ciascuno.
- Che affare, che affare! – Combeferre, persa ogni dignità, si mise a saltellare in tondo e abbracciò Eponine.
-Ottimo, bravi, contento per voi. Adesso sono le sei e mezza, ce ne andiamo a mangiare prima che Joly svenga? – tagliò corto Courf, indicando l’ipocondriaco accasciato sul marciapiede.
Dopo cena Marius propose un giro locali, ma Bossuet declinò gentilmente l’offerta.
- Vi ricordo che questa sorta di germe ambulante rischia una gravissima ricaduta… - rise.
- Se non vi dispiace noi prendiamo un taxi e ce ne torniamo a casa, ci vediamo domani a colazione! Divertitevi! – li salutò Joly, che dopotutto aveva avuto un discreto febbrone.
- Povero Joly, è stato davvero sfortunato ad ammalarsi…. – osservò Pontmercy mentre guardava il taxi allontanarsi.
- Bossuet è proprio un santo… - commentò Jehan con un sorriso intenerito, mentre gli altri si dirigevano verso un locale che Courf aveva addocchiato il pomeriggio.
Andarono a sedersi in un tavolino in fondo al locale, aspettando pazientemente che qualcuno venisse a prendere le ordinazioni, ma quando Grantaire stava per ordinare il suo drink, Courfeyrac lo bloccò.
- La scommessa, Taire! –
Il ragazzo sospirò.
- Ti odio. Non ce la posso fare a starvi a guardare mentre voi trincate felici e contenti. Sono già in crisi di astinenza… - piagnucolò.
- Io me ne vado, ci becchiamo dalle macchine alle due… - comunicò alzandosi da tavola.
- Courf, ma cosa avete scommesso? Come puoi essere così crudele con un tuo amico? – si indignò scherzosamente Jehan, Enjolras che invece lo ringraziava mentalmente da parte del fegato di Grantaire.
- D’accordo, ho capito. Taire, non me la sento di lasciarti da solo in queste condizioni, ti farò compagnia. Non esagerate! – li salutò raggiungendo l’artista sulla porta del locale.
I due scomparvero lungo la strada, Grantaire che ancora si lamentava.
- Sei sicuro di voler prendere solo una schweppes? – chiese Eponine ad Enjolras, stupita dal fatto che il biondo si rifiutasse categoricamente di bere alcolici.
Cosette le diede una gomitata per attirare la sua attenzione, le sussurrò qualcosa all’orecchio e stette un po’ a guardarla, in attesa di una risposta.
Eponine scoppiò a ridere e annuì vigorosamente, cinque minuti dopo una cameriera aveva già lasciato i drink al loro tavolo.
Enjolras bevve il suo bicchiere di schweppes tutto d’un sorso, ma se ne pentì improvvisamente.
Qualcosa in quella bevanda non andava.
Tre ore dopo, in Piazza Signoria, Grantaire stava divorando il suo terzo gelato cercando di non pensare al divertimento che si stava perdendo.
- Ti ho già detto che ti odio, Courf? –
L’amico annuì e gli batté una pacca sulle spalle.
- Questa è la sesta volta. O la settima? Non so, ho perso il conto… - rise terminando il suo cono gelato.
Fedele e compassionevole, aveva finito per sostenere Grantaire privandosi a sua volta dell’alcool almeno per quella sera.
Stava per dire qualcosa quandò il suo cellulare trillò con insistenza.
- Oh, è un messaggio di Jehan! – comunicò.
Lesse il testo in silenzio, ma il modo in cui sobbalzò fu sufficiente a dare a Grantaire l’autorizzazione di sbirciare.
- “Amore mio, vieni anche tu, Sailorjolras è imperdibile.” – lesse ad alta voce.
Un secondo messaggino apparve sullo schermo.
- “Non vedo l’ora di tornare in hotel a spassarcela.”… Courf. C’è qualcosa che mi devi dire? – domandò Taire impiegando tutto se stesso per non scoppiargli a ridere in faccia.
Da parte sua, Courfeyrac non era mai stato tanto imbarazzato e fosforescente in vita sua.
- Grantaire, muovi il culo, sono tutti ubiachi fradici… - si limitò a esalare, prendendo l’amico per un polso e camminando a grandi passi in direzione del locale.
L’artista si stava giusto chiedendo cosa avesse voluto scrivere Jehan al posto di “Sailorjolras” quando, entrando, vide il suo compagno di stanza in piedi sul tavolo, la camicia mezza aperta, i capelli tutti arruffati e una bottiglia di non si sa cosa in mano.
- Sono Sailorjolras, la paladina della Patria che veste alla marinara! – gridava, alzando la bottiglia in un brindisi rivolto al resto della sala.
Grantaire dubitava seriamente che gli italiani potessero comprendere quelle parole biascicate in una lingua straniera, ma la scena era tanto esilarante da aver suscitato le simpatie dell’intera platea.
Jehan, disperato e in lacrime, si alzò e corse ad abbracciare un Courfeyrac piegato in due dalle risate.
- Oddio, cosa succede? – domandò quello.
- Combeferre mi ha detto che sono un ingenuo perché credo nel Principe Azzurro! Morirò zitella! Diglielo che sei tu il mio Principe Azzurro, diglielo! –
- Marius, vieni qui! Mi stai sul cazzo, ma sei proprio un bravo cristo. Che faccia da culo che hai, Marius! – gridò Enjolras, barcollando pericolosamente sul tavolo.
Pontmercy apparve dal nulla di fronte a Grantaire con la macchina fotografica di Eponine in mano e la ridarella.
- Ho fatto il filmino, Taire! Ho fatto il filmino! –
Cosette, un po’ brilla, ma apparentemente ancora padrona di sé, sorseggiava l’ennesimo drink godendosi fra le risate gli sproloqui di Combeferre, che continuava a fare la paternale ad Eponine da più o meno venti minuti.
- Perché, madamigella, dovete capire che non si confa ad una fanciulla beneducata come voi assumere alcool in ingenti quantità. E’ oltremodo pericoloso, inoltre i freni inibitori perdono le loro proprietà inquanto… -
Ma evidentemente Eponine ne aveva abbastanza.
- E taci un po’, secchione! – esclamò, prima di prendergli il volto fra le mani e baciarlo con foga.
Intanto Enjolras stava cercando di scendere dal tavolo.
- Vive la France! Vive la République! Allons enfants de la Patrie! – si mise a cantare, ondeggiando pericolosamente.
- Ciao Grantaire! Sono sobrio! Guardami! Guarda! Sono sobrio! Viva la…! – ma prima che potesse terminare inciampò e cadde dritto dritto fra le braccia dell’artista.
- Okay, ho visto abbastanza. Lo porto a prendere una boccata d’aria…- comunicò a Courf, che stava cercando di gestire uno Jehan in preda ad agghiaccianti sbalzi d’umore.
- Ci vediamo dalla macchina, le chiavi le ha lui! – gridò Courfeyrac indicando Enjolras, che, appeso a Grantaire, continuava ad inneggiare a cose senza senso.
- Apollo, davvero, non so se ridere o piangere… - sospirò il ragazzo una volta fuori dal locale.
L’aria fresca dell’esterno sembrava per lo meno aver zittito il biondo, che adesso se ne stava letteralmente abbracciato a Taire.
- Ridi, che è una bella giornata! – e rise.
Passando davanti ad un altro locale, però, le risate di Enjolras attirarono l’attenzione di un gruppetto di persone già alticce in coda per entrare.
Grantaire non capì molto di quello che stava succedendo, troppo impegnato a trascinare Enjolras verso il parcheggio, ma qualcuno del gruppetto si rivolse a loro urlando qualcosa.
Lo scettico mise in atto la sua filosofia di vita e li ignorò, ma il suo Apollo non parve dello stesso parere.
- Cos’hai detto? – urlò al tizio che li aveva apostrofati.
Lo sconosciuto, un ragazzo sulla ventina, ripeté qualcosa in Italiano, questa volta indirizzato a Grantaire, poi nell’aria volò una parola che avrebbe fatto meglio a starsene fra i denti di chi l’aveva pronunciata.
 “Gay!”
Grantaire se ne infischiò altamente, più di una volta si era sentito rivolgere quell’appellativo come se fosse stato l’insulto più offensivo sulla faccia della terra, ma Enjolras non ci era abituato, e probabilmente la cattiveria nella voce dell’Italiano lo irritò più del termine stesso.
Prima che l’amico potesse accorgersi di qualsiasi cosa caricò il colpo e mollò un pugno poderoso sulla mascella dello sconosciuto.
- Cristo, Apollo! Che cazzo fai, sei scemo?! – esclamò Grantaire, sconvolto.
Non aspettò nemmeno di vedere la reazione del gruppo di italiani, riafferrò il biondo per un braccio e si mise a correre, infilandosi nel primo vicolo che gli capitava a tiro e tappando la bocca con una mano ad Enjolras, che intanto continuava a sbraitare.
Per un po’ le urla degli Italiani riecheggiarono nell’isolato poi, quando fu chiaro che se n’erano tornati alle loro occupazioni, Grantaire lasciò andare Enjolras.
- Idiota! Volevi cacciarti in una mischia? Potevano tranquillamente farci secchi! – lo rimproverò, in un gioco delle parti che gli fece piuttosto impressione.
Il biondo stette un attimo in silenzio, la stessa espressione di un bambino sgridato dai genitori.
- Ma ti aveva preso in giro, io dovevo difenderti… - si giustificò, lo sguardo ancora annebbiato dall’alcool.
Si avvicinò nuovamente a Grantaire e lo guardò fisso negli occhi, un po’ con sfrontatezza e un po’ con dolcezza.
- Dammi le chiavi della macchina… - sospirò Grantaire, paziente.
Enjolras continuò a fissarlo e, senza ubbidire, si appese alla sua maglietta.
- Grantaire… -
Il ragazzo deglutì, messo con le spalle al muro e incapace di reagire di fronte a quel comportamento così antiEnjolras.
- Si? – sussurrò.
Ci fu un momento di silenzio, rotto solamente dal rumore di un motorino in lontananza e da qualche risata dalla strada principale.
- Hai degli occhi davvero belli… - sorrise Enjolras, ormai a un paio di centimetri dal suo viso.
Grantaire fece appello a tutto il rispetto che provava nei confronti del suo leader e lo prese per le spalle, aiutandolo a camminare e tornando nella strada principale, diretto al parcheggio.
- Grazie Apollo. Adesso torniamo a casa… - spiegò, tastandogli le tasche dei pantaloni alla ricerca delle chiavi della macchina.
Maledetto Courfeyrac.
- Ma perché dovevo rimanere sobrio proprio stasera? -
 













 
Note:

*Noi Jehan ce lo siamo sempre immaginato alto, o almeno più alto di Courf.
Il suo soprannome, "Jehan", appunto, si pronuncia più o meno come la parola francese "géant", che significa "gigante".
Boh. Trip mentali di una linguista, non fateci caso... xDDD

**Mothman, ossia l'Uomo-Falena.
Perchè tutto ciò? Diciamo che Ferre ha un particolare legame con questi elicotteri satanici travestiti da farfalle. Poi vedremo di che si tratta~ x°°°



Buonsalve a tutti, ed eccoci giunti al fatidico Capitolo 7, quello in cui vediamo una cosa che non vedremo mai più: ENJ UBRIACO.
Dobbiamo ammettere che questo è stato uno dei capitoli che ci siamo divertite di più a scrivere, non tanto per la qualità, che è sempre la solito ossia 0, quanto per la demenzialità.
No, seriamente. Vi prego. Cercate di immaginarvi Combeferre che gioca a Just Dance. Non è qualcosa di oscenamente meraviglioso? xDDDDDDDDD
Questo giorno di vacanza è stato molto intenso, specialmente per Taire che ha avuto i risultati di due scommesse: la prima, far apprezzare il Buonarroti ad Enjolras, l'ha vinta. La seconda...
Povero Grantaire, stavolta gli è proprio andata male! xD
Beh. Come dice Ferre, con l'alcool "i freni inibitori perdono le loro proprietà"...
Chissà che, dopotutto, il nostro leader preferito non si sia lasciato sfuggire qualche verità di troppo in preda all'ubriachezza? ~ <3
Per quanto riguarda gli altri stendiamo un velo pietoso, anche perchè le azioni di questa serata di follie avranno ENORMI ripercussioni sugli avvenimenti dei prossimi giorni.
Quasi quasi si può dire che, per una volta, Marius ne abbia fatta una giusta...
E con questo finale molto "suspence" vi lasciamo, a Martedì! <3


Ps: nel caso qualcuno fosse interessato, si spacciano immagini di Sailorjolras.
Per ulteriori informazioni, contattare la Direzione.
Ossia noi due povere sfigate. xD


Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


~Capitolo VIII








Fu un sms da parte di Cosette a svegliare Eponine, quella mattina.
“Marius è mezzo morto, se oggi ce la prendessimo con calma e andassimo a fare un picnic?”
La ragazza si stropicciò gli occhi e rispose con un rapido “Chiedo a Ferre”, poi si voltò per adempiere al suo compito.
- Ah… - fece nel notare che il letto di Combeferre era vuoto e rifatto.
Probabilmente era già uscito…
Eponine si stiracchiò e si alzò in piedi, notando con un sorrisetto di essersi addormentata con indosso i vestiti della sera prima. Dovevanno essersi ridotti proprio maluccio…
Prese dalla valigia dei vestiti puliti e  andò in bagno con l’intento di farsi una bella doccia rigenerante, ma proprio non riuscì a trattenere l’urlo che le era salito in gola.
- Ferre, ma che cosa fai? –
Il ragazzo se ne stava infatti seduto per terra con la faccia mollemente appoggiata sulla tazza del water e gli occhiali tutti storti.
Svegliato dall’urlo di Eponine, sbatté un paio di volte le palpebre e si sedette in una maniera un poco più decente.
- Ciao, Ponine… Credo di aver passato la notte a vomitare… - esalò, in effetti più pallido del solito.
I due si guardarono un momento, gli avvenimenti della serata precedente che si ricomponevano nella loro mente come un puzzle.
Evidentemente dovettero giungere nello stesso momento al tassello in cui continuavano a baciarsi appassionatamente per tutto il viaggio in auto, perché Combeferre si alzò e uscì di corsa dal bagno ed Eponine vi si chiuse dentro a doppia mandata, rimanendo con la schiena appoggiata alla porta e il viso più rosso delle All-Star di Enjolras.
Ok, se anche nelle altre stanze erano ridotti a quel modo l’idea di Cosette era più che sensata.
Nel frattempo Grantaire era seduto in giardino a disegnare.
Aveva trascorso una delle nottate più strane della sua vita, con il suo Apollo che passava da momenti di ubriachezza totale a momenti di disarmante sobrietà.
Sì, gli aveva fatto impressione vederlo ridotto in quello stato, chino sul water, in volto la vergogna più nera mentre lui gli teneva la fronte come avrebbe fatto una madre.
- Ti prego, fai finta che stasera non sia successo nulla… - lo aveva scongiurato in uno sprazzo di lucidità.
- Tranquillo… - si era limitato a sussurrare mentre l’amico rimetteva persino i polmoni.
- Ciao Taire! Enjolras dorme? – la vocetta squillante di Cosette lo fece trasalire e tirare una rigaccia sul suo foglio pulito.
- Eh? Ah, sì… Ieri sera era ridotto in un modo pietoso, credo che avrà bisogno di tutta la giornata per riprendersi come si deve… - spiegò intenerito.
- E…? – incalzò Cosette sedendosi accanto a lui.
- E cosa? – Grantaire non capiva dove volesse arrivare.
- Non avete combinato niente? E io che avevevo scambiato il bicchiere di Enj con il mio apposta per farvi un favore! –
Grantaire schizzò in piedi.
- Tu hai fatto cosa?! –
La fanciulla si arricciò una ciocca di capelli biondi attorno a un dito e sorrise.
- Hai capito perfettamente. Insomma, mi stai dicendo che non ne hai approfittato neanche un po’? Io mi sono divertita un sacco con Marius. Non immaginavo che l’alcool potesse… –
Ma l’artista, sconvolto, la fermò prima che potesse raccontare le sue avventure con il povero e certamente ignaro Marius.
- Cosette, capiscimi. Io rispetto Enjolras, non mi permetterei mai di… di approfittare di lui quando non è cosciente di quello che fa… Ti ringrazio per il pensiero, ma proprio non ce la farei… -
La ragazza sorrise dolcemente.
- Spero che si accorga di tutto quello che cerchi così disperatamente di nascondere, Taire. Vali molto più di quanto non vuoi far credere… -
Grantaire scosse la testa.
- Tu sei troppo buona, Cosette. Io non valgo un granchè, te lo posso assicurare… - e si incamminò verso l’edificio, fermandosi dopo pochi passi.
- Ah, se non vi dispiace oggi non mi unisco a voi, ho una commissione da fare… - e prima che la ragazza potesse replicare sparì oltre la porta dell’agriturismo.
Entrò in camera con passo felpato e, nella penombra, cercò la sua borsa di cuoio.
Enjolras dormiva, sprofondato fra i cuscini e con in volto un broncetto contrariato. Chissà cosa stava sognando…
Grantaire scosse la testa, le labbra appena incurvate verso l’alto, poi uscì nuovamente in giardino, andò a prendere la bicicletta che aveva noleggiato e e sfrecciò via, alla volta della città.
Quando Enjolras si svegliò, due ore più tardi, la sua testa era lacerata in due da un’emicrania insopportabile.
Cosa diamine era successo, la sera prima?
Cercò di fare mente locale.
Era andato con gli altri a bere, ma quello che aveva ordinato… aranciata? Coca-Cola? Schweppes. Aveva ordinato della schweppes.
Ebbene, la sua schweppes si era rivelata vodka liscia, che Eponine aveva avuto la brillante idea di fargli dimenticare con un generoso sorso del suo cocktail.
A base di rhum.
Enjolras conosceva i suoi limiti, e da bravo astemio qual era si era sempre tenuto alla larga dall’alcool, sapendo quanto poco lo reggesse. Anche solo una lattina di birra lo mandava preoccupantemente su di giri.
Non aveva ricordi precisi di quello che aveva fatto all’interno del locale. Gli sembrava di vedere Eponine sdraiata addosso a Combeferre, ma forse questo era successo dopo…
Una parte della serata, per sua sfortuna, la ricordava benissimo, ossia la parte con Grantaire.
Il lato sobrio di Enjolras aveva temuto che lo avrebbe preso in giro a vita, invece l’artista aveva sopportato con pazienza i suoi deliri da ubriaco e l’aveva riaccompagnato a casa senza fiatare, rimanendo al suo fianco quando, all’agriturismo, tutti quei drink avevano deciso di tornare all’aria aperta.
La dolcezza con cui l’aveva messo a letto, consigliandogli di riposare e di non muovere troppo la testa, l’aveva sorpreso.
Ricordava tutto come attraverso una cortina di fumo, quasi si fosse trattato di un sogno, ma era certo che la mano che gli aveva tenuto i riccioli lontani dalla fronte imperlata di sudore fosse reale e non frutto dei fumi dell’alcool.
Dannazione, come aveva potuto lasciarsi andare così?
Si alzò, ma un giramento di testa lo fece ripiombare seduto sul letto.
Lentamente si rimise in piedi e, barcollando, si vestì e andò in bagno a lavarsi. Uscì dalla stanza per incontrare Courfeyrac, che lo prese per le spalle.
- Wow, amico… Sei davvero al tappeto… - osservò.
Enjolras biascicò qualcosa, ma l’altro lo ignorò.
- Sh, zitto, parlare è peggio. Gli altri sono massacrati quasi quanto te… -lo informò aiutandolo a fare le scale.
- Che facciamo oggi? – domandò nel disperato tentativo di ignorare il mal di testa.
- Picnic ai Boboli, è una follia portarvi per musei. Staremo sdraiati a cazzeggiare tutto il pomeriggio. – spiegò, e così fu.
Le ragazze, che della combriccola erano tristemente le due che meglio reggevano l’alcool, erano andate in paese a fare la spesa e avevano organizzato un perfetto picnic.
- Voi siete pazzi! Poteva finire male! Qualcuno sarebbe potuto andare in coma etilico! – esclamò Joly mentre Courfeyrac raccontava a lui e a Bossuet le avventure dela sera prima, spaparanzato su un asciugamano accanto a Jehan.
Era certo che alla mattina, controllando il cellulare come era solito fare, avesse notato i due messaggi ambigui che gli aveva inviato la sera prima, ma aveva preferito soprassedere e non tornare su quell’argomento, stranamente imbarazzato.
Da parte sua, il poeta era rimasto silenzioso tutto il giorno. Si era ripreso abbastanza in fretta dalla batosta della sera prima, ma sembrava che fosse preso da chissà quali profondi e complicati pensieri.
- Bossuet, sei davvero da ammirare, non so come tu faccia a sopportarti Joly tutti i santi giorni… - scherzò Courfeyrac.
Quello fece spalluce e rivolse un’occhiata divertita all’aspirante medico.
- Già, me lo chiedo anch’io… - rise.
Il ragazzo sorrise debolmente e si alzò in piedi, approfittando del richiamo di Combeferre che, quasi guarito dai postumi della sbornia, voleva comunque farsi dare un’occhiatina per precauzione.
Sapeva che Bossuet scherzava, ma quella frase era stata per lui come una picconata al cuore.
Marius era stato della compagnia di un’ameba fino al momento del pranzo, quando si era magicamente risvegliato, divorando anche la porzione di Combeferre.
Quello che aveva sofferto di più la sbornia, ovviamente, era stato proprio Enjolras, che aveva continuato a dormire per il resto del pomeriggio.
Approfittando del suo sonno pesante, Courf e Jehan avevano intrecciato delle coroncine di margherite e gliele avevano appoggiate sul capo, lasciando che Eponine realizzasse un vero e proprio set fotografico.
A proposito di Eponine, Courfeyrac si era accorto che lei e Combeferre si evitavano deliberatamente da quella mattina.
- Avete litigato? – domandò, fregandosene altamente se quella avesse potuto essere una domanda indelicata o meno.
Eponine gli rivolse un’occhiataccia e raccolse le ginocchia al petto, giocherellando con una delle coroncine di Enjolras.
- Stupido, lo sai perché non ci parliamo. – rispose senza guardarlo negli occhi.
L’amico si sdraiò accanto a lei e la guardò con occhi birichini.
- Eddai, Ponine! Racconta tutto a zio Courf! –
- Grazie, ora mi è completamente passata la voglia di condividere i miei pensieri con te! – esclamò quella, ridendo.
Poi trasse un profondo sospiro e rivolse lo sguardo alle nuvole che si rincorrevano nel cielo azzurro.
- Ci hai visti anche te, ieri sera. Sono stata un’idiota… -
Courfeyrac non disse niente, sapeva che avrebbe vuotato il sacco da sola, senza bisogno di incentivi.
- Insomma, non avrei mai dovuto farlo! Ora mi crederà una ragazza facile… -
Il moro ridacchiò.
- Non sento usare quel termine più o meno da quando hanno fatto “Le déjeuner sur l’herbe”! –
Eponine gli diede un colpetto per farlo star zitto.
- Taci, ero seria! Insomma… Io mi sono impegnata tanto perché mi notasse per le mie qualità interiori, e poi brucio tutto così… Devo rassegnarmi al fatto che resterò zitella a vita… -
Courf si sollevò sui gomiti.
- Aspetta, credo di essermi perso un passaggio. Che legame c’è fra limonare come due disperati e rimanere zitella per sempre? –
La ragazza lanciò un’occhiatina furtiva a Combeferre, seduto accanto a Joly a qualche metro di distanza.
- Courf, io non sono come te, che affronti tutto con una risata. Ho fatto fatica a superare la cosa di Marius. Insomma, ero cotta marcia, credevo di contare qualcosa per lui e poi… Sì, insomma. Apprezzo l’amicizia, ma la friendzone è una brutta bestia… -
- Ponine. Conosco Ferre da quando ho undici anni, e ti posso assicurare che, anche se sembra un baccalà, è l’ultima persona al mondo che ti ficcherebbe nella friendzone. Ha avuto una ragazza sola nella sua vita, ed è stato in prima liceo. E’ durato tre giorni, poi lei l’ha mollato perché parlava sempre e solo della sua collezione di falene. Da quel giorno non si è mai più azzardato a rimettersi in carreggiata. Sei la prima ragazza a cui tiene la mano da quei tempi. –
Eponine inarcò un sopracciglio.
- Collezione di falene? –
Courfeyrac tornò a sedere e le mise un braccio attorno alle spalle con fare protettivo.
- Anche lui ha i suoi feticismi. Però apprezzo il fatto che si sia tattenuto dal parlartene! – e scoppiò a ridere, contagiando anche l’amica.
- Non hai rovinato niente, al massimo hai avuto una conferma… Poi insomma… Io non ti ho detto niente, eh… - e, enigmatico, si alzò in piedi e andò a unirsi a Jehan e Bossuet, che stavano giocando a carte mentre Cosette e Marius facevano il tifo e suggerivano un po’ a uno e un po’ all’altro.
Enjolras, nel frattempo, si era svegliato e si era sbarazzato delle coroncine di fiori lanciandole lontano.
Si guardò intorno spaesato per un paio di minuti, poi riuscì finalmente ad alzarsi in piedi senza effetti collaterali e si avvicinò al gruppo.
- Scusate… - esordì, il dubbio che serpeggiava sul suo volto.
Gli altri si voltarono a guardarlo.
- Dov’è Grantaire? –
Le reazioni a quella domanda furono svariate.
Joly tossì, Combeferre inarcò un sopracciglio, Bossuet abbassò tutte le carte, ma Jehan era troppo impegnato a stupirsi per sbirciare.
Marius aprì la bocca per parlare, ma si rese conto in tempo che quello che stava per dire avrebbe potuto probabilmente anticipare il giorno della sua morte e tacque.
Sul viso di Courfeyrac si aprì un ghigno preocupante, mentre le due ragazze si scambiavano un’occhiatina complice.
Fu Cosette a rispondere, con aria angelica.
- Non lo so, ha detto che aveva una commissione ed è sparito in bici stamattina. Vedrai che tornerà in serata… - e, terminato il suo discorso, si voltò e portò una mano alla bocca per soffocare le risate.
Eponine, invece, non rise.
Lo sguardo spaesato di Enjolras era giunto ai suoi occhi come uno scrollone, uno schiaffo in pieno viso.
Era evidente a tutti, Enjolras aveva finalmente iniziato a cambiare idea.
La ragazza si alzò di scatto e andò dritta da Combeferre, ignorando il fatto che ora l’attenzione degli Amis era puntata su loro due.
- Alzati, ti devo parlare. In privato. – ordinò, prendendolo per un polso e trascinandolo lontano, lungo il sentiero, finchè il prato dove stavano campeggiando non sparì dalla loro vista.
- Cosa c’è? – balbettò Ferre, preoccupato.
Eponine piantò i suoi occhi in quelli nocciola del ragazzo e trasse un profondo sospiro.
Ricordò come si era sentita quando Marius le aveva comunicato di essersi messo con Cosette, il senso di vuoto che aveva provato e il desiderio di sparire dalla faccia della terra.
Ricordò come Grantaire le avesse detto che sarebbe passato tutto, che prima o poi quella ferita si sarebbe richiusa e ne avrebbe riso come si ride di una vecchia avventura.
Ricordò di non avergli creduto.
Ricordò quel giorno di Dicembre in cui, all’uscita dal Musain, Combeferre si era proposto di accompagnarla a casa, riparandola dalla neve che cadeva lenta con il suo grande ombrello scuro.
Si erano messi a chiacchierare del più e del meno, finchè non si erano accorti che erano rimasti davanti a casa sua per un’ora intera a discutere di Letteratura.
Combeferre era rimasto stupito dalla sua preparazione, ed Eponine ne aveva riso.
- Il fatto che non frequenterò l’Università non significa che anche io non abbia le mie passioni! – aveva replicato.
Eppure non si era sentita sporca come quando Marius le parlava dei suoi progetti per il futuro, progetti che lei, povera e relegata dietro al bancone dell’osteria dei suoi, non avrebbe mai potuto condividere.
Con Ferre si sentiva giusta, la sua povertà non era un grande ostacolo, né qualcosa di cui vergognarsi.
Con lui poteva parlare di Storia e di libri senza rimpiangere nulla, e presto si era resa conto che rideva di nuovo, rideva più spesso, anche quando si parlava di Marius.
- Eponine, mi stai facendo preoccupare, cosa succede? – domandò il ragazzo, avvicinandosi appena.
Lei non disse niente, lo afferrò per il colletto della camicia  e posò le labbra sulle sue in un bacio deciso.
Combeferre, colto alla sprovvista, rimase un momento rigido a quel contatto, per poi lasciarsi andare.
Rimasero a fissarsi negli occhi, senza sapere cosa dire, poi Eponine si fece coraggio.
- Ecco. Adesso lo sai. – balbettò.
Il sorriso ebete sul volto di Ferre si allargò ancora di più, mentre la ragazza aspettava una risposta.
- Oh, insomma, mi vuoi chiedere di metterci insieme ufficialmente o devo fare tutto io? – esclamò prima che Combeferre la baciasse di nuovo.
Tornarono dal resto del gruppo mezz’ora dopo, e se non fosse bastata l’espressione imbarazzata ma felice del ragazzo, il sorriso radioso di Eponine avrebbe chiarito ogni dubbio: Grantaire aveva mancato la scommessa di quarantotto ore.
Ma che fine aveva fatto l’artista? Dove era andato a nascondersi in quella bella giornata di sole?
Il blocco da disegno in borsa e un paio di pacchetti di cracker e qualche bottiglia d’acqua nello zaino, quella mattina aveva lasciato l’agriturismo per pedalare fino all’Accademia.
Aveva passato la giornata a disegnare, e il cellulare in modalità silenziosa gli aveva tenuto nascoste le svolte epocali di quel giorno, che Courf aveva tenuto particolarmente a comunicargli con almeno quindici sms.
Seduto in mezzo al corridoio sotto lo sguardo svogliato e un po’ incuriosito delle guardie, muoveva velocemente la matita sul foglio, abbozzando l’ennesima copia del David.
Non si trattava più dei particolari che aveva copiato pazientemente per tutta la mattina, questa era una figura intera.
Eppure c’era qualcosa di diverso ne suo disegno.
I riccioli non erano quelli della statua, lo sguardo severo e orgoglioso apparteneva a qualcun altro così come le labbra morbide e delicate, il naso dritto e il viso imberbe.
Si accorse di aver ritratto a memoria Enjolras solo a lavoro finito, ma anziché soddisfarlo, il risultato gli provocò una dolorosa fitta al cuore.
Ripose il disegno con movimenti bruschi e meccanici, ficcando tutto nella borsa con foga.
Che stupido. Stupido e senza speranze.
La gioia che aveva provato in quel luogo il giorno prima quando Enjolras si era complimentato con lui era stata fagocitata dallo sguardo di ghiaccio di quel disegno.
Quello era lo sguardo che Enjolras era solito rivolgergli.
Non lo vedeva, gli passva attraverso sprezzante, come se il suo corpo fosse stato d’aria o di fumo, perché questo era Grantaire agli occhi del suo Apollo: fumo.
Senza consistenza, senza forma, senza colore.
Non aveva la minima considerazione di lui e l’unico sentimento che affiorava nel suo cuore alla sua vista era il disprezzo.
Disprezzo, Grantaire ormai aveva imprarato ad accontentarsi di nutrisrsi di quello.
“Vali molto più di quanto non vuoi far credere”, aveva detto Cosette.
Le labbra di Grantaire si tesero in un sorriso amaro, corroso dalla tristezza che stava mian piano divorando la sua anima.
Si alzò in piedi e si sistemò lo zaino sulle spalle, poi uscì dall’Accademia.
No, Cosette non capiva.
Era un codardo, uno smidollato.
Non valeva davvero un granchè.
Grantaire, con o senza Enjolras, era un miserabile.










 
Note:

Ciao gente! ~
Noi andiamo a Parigi e voi nooooooo!!! -inserire pernacchia qui, mentre Koori viene colpita da uno stivale di Ame-
Ebbene sì, Ame e Koori vi abbandonano e se ne vanno in Francia. Sapete, Courfeyrac ci ha invitate a un mega torneo di Just Dance a casa sua e non potevamo assolutamente perdercerlo.
Perchè noi andiamo per giocare a Just Dance, mica per quella marea di bei figliuoli che popoleranno l'appartamento... xD
Scherzi a parte, questa è una COMUNICAZIONE DI SERVIZIO tristemente seria.
Domani mattina partiamo per davvero e resteremo a Parigi fino al 16, ergo temiamo che la pubblicazione di Venerdì salterà, a meno che non riusciamo miracolosamente a scroccare il pc in hotel.
Boh, la chiavetta col capitolo la portiamo, poi si vedrà~
Fra l'altro Koori soffre come un cane perchè il prossimo è uno dei suoi capitoli preferiti.
Che poi, a giudicare da quello che scrive nelle note tutti i capitoli sono i suoi preferiti, ma vabbè... Ssssh, datele corda... xDDD
Cooooooomunque!
Note su questo capitolo....
Cosette è una di noi. Ha cercato di tenerlo nascosto per tutto questo tempo, ma alla fine la sua identità di e/R shipper è venuta a galla, così come quella di Eponine... xD
E a proposito di Eponine! Finalmente la nostra ragazza si è data una scrollata! Anche perchè davvero, se avessimo aspettato Ferre diventavamo tutti vecchi, qui... xDDD
Grantaire, qui, è il nostro idolo personale.
Ecco spiegato il suo comportamento quando Enj era ubriaco marcio.
Perchè non l'ha baciato? Come hanno potuto non combinare niente?!? Lo so che in questo capitolo siamo state tutte Cosette, sconvolte da una simile verità, ma Taire è molto più cavaliere di quanto non sembri.
E poi boh. La scena all'Accademia...<3
Sì, insomma. Più questa storia va avanti, più l'angst si insinua subdolamente fra le righe... x°°°
Tenete a mente il dialogo fra Coufeyrac e Bossuet, perchè quei due hanno combinato un gran casino con quelle battute innocenti.
Che poi, casino... No, mi tappo la bocca sennò faccio uno spoiler grosso come una casa! XD
Ok. Credo di averlo appena fatto comunque.
Koori è un caso disperato... =A=
Bene, adesso prima di raccontarvi come va a finire la fanfiction chiudiamo qui. xDDD
Un bacione a tutti e grazie mille a chi ci supporta, vi amiamo!

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori (che se ne vanno a Parigi e sono iper-mega-esaltate XD)

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


~Capitolo IX









Quando Grantaire rientrò all’agriturismo Enjolras lo stava aspettando seduto sulla panchina sotto alla loro finestra.
La bandiera sventolava tranquilla nei raggi del sole calante e il ragazzo leggeva in silenzio, la fronte leggermente corrugata da chissà quale pensiero importante.
Alzò lo sguardo e vide Grantaire in fondo al vialetto che spingeva la bicicletta e, senza starci troppo a pensare, lo chiamò.
L’artista appoggiò la bici contro il muro e si avvicinò, fino a sedersi accanto a lui.
- Contrat Social? – domandò, accennando al libro.
Enjolras sorrise, scosse la testa e mostrò la copertina.
- Virgilio. L’ho comprato ieri dall’antiquario. – spiegò, porgendoglielo  con un movimento delicato affinchè non si sciupasse.
- Edizione del 1832… Wow, è vecchiotto! – osservò Grantaire con un fischio di ammirazione mentre sfogliava le pagine con una sorta di timore reverenziale.
- E’ un bel pezzo per la mia collezione… - fece il biondo, riprendendoselo.
Il compagno inclinò la testa da un lato e lo scrutò per qualche secondo.
- Collezioni libri antichi? Non lo sapevo… - confessò.
Enjolras arrossì leggermente e distolse lo sguardo, un’ombra lieve ad offuscargli gli occhi.
- Sì, è un interesse che ho ereditato da mio padre… - sussurrò, esitando sull’ultima parola.
Grantaire colse quella reticenza e preferì non indagare oltre.
Ripensandoci sapeva davvero poco di Apollo.
Certo, durante l’anno lo vedeva praticamente tutti i gironi, ma al di fuori dal Musain erano due perfetti sconosciuti. Non sapeva nulla di Enjolras prima che incominciasse l’Università. Ignorava le sue origini, non conosceva la sua famiglia, e quel poco che sapeva di lui lo aveva dedotto dalle conversazioni con Ferre e Courf, gli unici due che potessero vantare una conoscenza di vecchia data con Enjolras.
Sapeva che, come lui, viveva solo, ma davvero non aveva idea di che fine avessero fatto i suoi genitori.
Parlava spesso, ma mai di sé; alla sua persona preferiva la Libertà, la Patria, la Giustizia, e così attorno a lui si era creato un alone di mistero che nessuno aveva mai osato davvero penetrare.
- Dove sei andato oggi? – domandò a bruciapelo il rivoluzionario cogliendolo alla sprovvista.
Questa volta fu il turno di Grantaire di arrossire.
Strinse impercettibilmente la cinghia a tracolla della sua borsa di cuoio, quasi avesse voluto proteggerla da eventuali tentativi di scippo da parte del biondo.
- No, niente… ecco… Avevo un paio di cosette da sbrigare, nulla di che. Adesso vado a farmi una doccia, ci vediamo dopo! – e schizzò a gran velocità verso la 206.
Enjolras rimase perplesso da quel comportamento, chiuse il libro e andò a mettere a posto la bicicletta che Grantaire, nella fretta, aveva lasciato in giardino.
Fu in quel momento che si accorse di Joly.
Se ne stava seduto su una sdraio sul bordo della piscina, il cappuccio della felpa tirato fin sulla testa e le cuffiette dell’iPod nelle orecchie.
Quando si accorse di essere stato notato spense l’iPod e salutò Enjolras con un sorriso smorto.
- Stai un po’ meglio? – gli domandò, preoccupato da come aveva reagito alla sbornia della sera prima.
Il biondo fece spallucce.
- Un po’ di cerchio alla testa, ma sto bene. Tu che ci fai qui da solo? –
Joly sospirò.
- Mi ha telefonato mio padre, vuole una cartolina. Bossuet è andato da Courf e Jehan a giocare alla play. – spiegò con un mezzo sorriso.
Enjolras assottigliò gli occhi, poco convinto dall’espressione dell’amico.
- Sicuro che vada tutto bene? – domandò.
Joly annuì e rinfilò le cuffie.
- Tranquillo, tutto a posto. Ci vediamo a cena. –
Enjolras non osò replicare e lo salutò con un cenno della testa, incamminandosi verso camera sua.
Era evidente che c’era qualcosa che non andava, ma Joly era un tipo strano: era capace di far impazzire il suo prossimo con la sua maledetta ipocondria, ma quando aveva davvero qualche problema lo teneva per sé, terrorizzato dall’idea di essere un peso per gli altri.
Ma forse si stava facendo troppi problemi. Magari era solo stanco, con una bella dormita sarebbe tornato il solito Joly ansiogeno e divertente di sempre…
La mattina dopo tutto sembrava essere tornato alla normalità: i postumi della sbornia erano completamente scomparsi, Jehan sembrava aver perso quell’aria pensosa del pomeriggio precedente, Marius era finalmente tornato in sé…
Courfeyrac continuava a sfottere Combeferre per il fatto di non essere stato abbastanza uomo da dichiararsi per primo.
- Siete una coppia meravigliosa, te lo giuro! Eponine ha le palle che tu non hai! – scherzava, sfuggendo ai puntuali coppini della ragazza.
Cosette, affamata di gossip, continuava a farsi ripetere dalla sera prima come fossero andate effettivamente le cose e Grantaire aveva proposto un brindisi ai nuovi piccioncini del gruppo.
Alle otto di mattina.
Bossuet si era lamentato tutto il tempo del fatto che avrebbe voluto vederli ubriachi al locale, ma Courf lo aveva smontato subito.
- Lascia perdere, Ferre su di giri sa essere anche più odioso del normale... – e di fronte alla faccia di Combeferrre tutti erano scoppiati a ridere.
Solo Enjolras, nonostante si fosse unito alle risate degli amici, provava una sorta di disagio in fondo al cuore.
Mentre gli altri si complimentavano con Ferre e Ponine, lui si sentiva fastidiosamente fuori luogo. Non era stato capace di comprendere i sentimenti del suo migliore amico, e questo lo faceva sentire la persona più stupida sulla faccia della terra, a maggior ragione se, come dicevano gli altri, il feeling fra quei due era così evidente.
Certo, si era accorto anche lui che Combeferre e Eponine, ultimamente, passavano un sacco di tempo insieme, ma così estraneo all’amore com’era lui non aveva mai pensato a un risvolto simile nella loro amicizia.
Forse aveva ragione Grantaire, forse era davvero un blocco di marmo senza emozioni…
Eppure c’era qualcosa, una sorta di puntura a metà fra lo stomaco e i polmoni, un fastidio senza nome, come se qualcuno gli avesse stretto le viscere in una morsa ferrea.
Era gelosia? No, non ne aveva motivo. Era felice per Eponine, e lo era ancora di più per Combeferre.
Allora cos’era? Paura di restare indietro?
Era lui stesso a dire che l’amore era un sentimento che non faceva per lui. Era lui stesso a dire di preferire la chiarezza dell’amicizia al turbine della passione.
“Trovo Leonardo troppo equilibrato nella sua arte. Il tormento di Michelangelo è di gran lunga più affascinante…” aveva detto Grantaire qualche giorno prima.
Una semplice discussione sull’arte aveva tratteggiato alla perfezione i loro caratteri: Enjolras era l’equilibrio, l’ordine, la precisione; Grantaire era il tormento, la passione, il caos.
Erano agli antipodi, eppure Enjolras iniziava a domandarsi se lo scettico non avesse sempre avuto ragione, almeno in parte, se il suo modo sregolato di approcciarsi alla vita non fosse stato più indicato.
Grantaire sbagliava, sì, ma nell’errore era molto più libero e molto più saggio della rigida disciplina di Enjolras.
Apollo, abbagliato dalla lucentezza del sole a cui puntava, non riusciva a cogliere l’essenza della terra in cui si muoveva, restando intrappolato fra l’assolutamente alto e l’assolutamente basso.
Questo era, incompleto, e il suo essere a metà iniziava ora a farsi sentire come un peso. Forse anche Enjolras incominciava ad avere bisogno di qualcosa oltre all’amicizia.
Ma se l’amore si fosse insinuato nel suo cuore lui, così alieno ai sentimenti, avrebbe saputo riconoscerlo?
- Bella, eh? – lo richiamò sulla terra Combeferre, con un cenno della testa alla navata della chiesa di Santa Croce.
Enjolras annuì, senza aver ancora appieno realizzato quello che l’amico gli aveva detto.
- Credo che abbiamo perso Jehan. Dovremo lasciarlo qui, temo… – continuò Ferre.
Il leader si guardò intorno alla ricerca di Jehan e lo vide inginocchiato ai piedi di una statua.
- Cosa sta facendo? –
Courfeyrac apparve alle loro spalle.
- E’ la tomba di Ugo Foscolo, un poeta che gli piace. Voi non avete idea, ieri sera mi ha raccontato tutte le Lettere di Jacopo Ortis. – esalò.
Combeferre rise, Enjolras lo guardò, curioso.
- E chi è questo Ortis? –
- Un pazzo che si uccide perché la sua Patria è in mano agli stranieri. Boh, non lo so, è sto Foscolo che ha scritto queste cose senza senso…-
Ma alle parole  “Patria in mano agli stranieri” Enjolras era già partito, ben deciso a chiedere a Jehan ulteriori informazioni.
- Sei un idiota. – sentenziò Ferre, con calma assoluta.
- Annodami la lingua. – ribatté Courfeyrac con altrettanta calma, mostrando la lingua affinchè l’amico potesse procedere.
Nel frattempo Marius cercava di far alzare Grantaire da terra, dove si era inginocchiato in adorazione della tomba del Buonarroti.
- Dai, Taire, sei patetico! – lo spronò Eponine, ridacchiando.
- Voi non potete capire… - scherzò Grantaire,  anche se Cosette ebbe la terribile sensazione che non fosse poi completamente uno scherzo.
Riuscirono ad uscire dalla chiesa mezz’ora dopo, quando ormai era l’ora di pranzo.
Nel pomeriggio, per la gioia di Joly, andarono a vedere il museo della Specola.
- Non è meraviglioso? – continuava a ripetere, saltellando da un cadavere all’altro, indicando reni e intestini, polmoni e pancreas.
- Io lo trovo disgustoso… - sussurrò Cosette, decisamente nauseata da tutte quelle budella in bella vista, mentre Eponine la abbracciava e rideva di lei.
Combeferre, intanto, studiava l’esposizione tutto interessato, tempestando Joly di domande.
Quel ragazzo era una contraddizione ambulante: terribilmente schifato da qualsiasi cosa potesse essere portatrice di germi, era invece completamente a suo agio fra persone squarciate e altre macabre amenità.
- Non avrei mai immaginato che un museo simile potesse essere così interessante!  Per fortuna che Bossuet ha avuto quest’idea! – esclamò Jehan all’uscita.
Il ragazzo, che se n’era stato in silenzio per tutta la visita, si grattò la nuca imbarazzato.
- Beh, in realtà l’ho proposto perché sapevo che a Joly sarebbe piaciuto qualcosa di un po’ più macabro… - scherzò.
Ancora una volta una semplice frase fu in grado di scuotere l’aspirante medico dal profondo.
Il senso di tristezza e malinconia che l’aveva tenuto a testa bassa per tutta la giornata svanì nel nulla, spazzato via dal sorriso di Bossuet.
Dimenticò il dialogo del pomeriggio prima, dimenticò di essersi sentito un peso per l’ennesima volta, dimenticò che la sera prima, quando Enjolras l’aveva incontrato in piscina, era uscito dalla stanza di Courf e Jehan con una scusa qualsiasi, il groppo in gola troppo opprimente per restare ancora circondato dai suoi amici.
A volte Joly aveva bisogno di silenzio, di quiete per riordinare i suoi pensieri, per organizzare i suoi sentimenti.
Era così da quando era un bambino. Amava stare in compagnia, la solitudine lo terrorizzava, ma vi erano volte in cui solo qualche minuto di silenzio poteva aiutarlo a chiudere lo sconforto a doppia mandata in fondo al cuore affinchè non potesse essere un fastidio per nessuno.
Era sempre Bossuet, però, a frantumare le sue preoccupazioni e farlo tornare a sorridere come si deve, proprio come quel giorno.
- Grazie, mi sono divertito un sacco! – esclamò, mentre alle sue spalle Cosette si esibiva in espressioni alquanto eloquenti.
Bossuet gli mise una mano sulla spalla e abbassò il tono di voce, mentre gli altri si incammminavano verso il parcheggio.
- Questo ed altro per farti tornare il sorriso! – fece, allegro come sempre.
Eppure nei suoi occhi Joly scorse una preoccupazione che gli scaldò il cuore.
- Stai tranquillo, adesso va tutto bene… - sussurrò, prima di rivolgergli un sorriso più luminoso del sole che splendeva ancora alto nel cielo.
Quella sera cenarono alla tavernetta dell’agriturismo.
Enjolras si lanciò in un’arringa a difesa dei vegetariani, mentre Grantaire esaltava le proprietà della Fiorentina al sangue. Nonostante la sua eloquenza, il biondo si trovò sconfitto dagli stomaci affamati degli amici, che preferivano alle sue omelette di verdure la famosa bistecca toscana.
La bottiglia di Chianti che una cameriera aveva portato loro all’inizio del pasto fu presto seguita da altre due, che Taire si premurò di far sparire in fretta.
Enjolras ebbe la saggezza di controllare sempre nel bicchiere prima di bere, ma quella sera nessuno era in vena di alzare il gomito più del dovuto.
Rimasero a tavola per tutta la serata, il chiarore dell’esterno che pian piano svaniva, sostituito dalle lampade che mandavano la loro luce soffusa e aranciata nella saletta dal soffitto basso.
Verso le undici Cosette e Marius salutarono tutti, decretando di essere stanchi morti. Eponine e Combeferre li imitarono mezz’ora dopo.
- Buon divertimento! – augurò loro Courfeyrac con aria maliziosa.
Per tutta risposta gli amici gli mostrarono contemporaneamente il dito medio e se ne andarono ridendo.
Gli altri rimasero ancora un’oretta, poi, con uno sbadiglio, Grantaire annunciò che se ne sarebbe andato a dormire, seguito dal suo compagno di stanza.
- Dai, veniamo anche noi… - fece Jehan alzandosi da tavola.
- Voi non venite? – si informò Courfeyrac, già sulla porta.
Bossuet lo guardò come se avesse appena bestemmiato.
- Sei pazzo? Noi siamo nella stanza accanto a quella di Marius e Cosette! –
- Ci conviene aspettare ancora un po’, altrimenti rischiamo di dover passare un’altra notte in bianco… - spiegò Joly, facendo scoppiare a ridere gli altri quattro, nonostante a tutti fosse corso un piccolo brivido su per la schiena. Le occhiaie che Pontmercy esibiva alla mattina dicevano più di quanto non avrebbero dovuto…
- Allora a domani, buonanotte! – li salutò Enjolras salendo le scale.
- Per fortuna che stasera Joly si è un po’ ripreso. Stamattina era così smorto che mi stavo preoccupando. – osservò Courf dopo un po’ che erano tornati in camera, cambiando distrattamente canale alla tv.
- Poverino, deve esserci rimasto proprio male… A volte esageriamo un po’ con lui… - fece Jehan sciogliendosi i capelli e saltando a pesce sul letto, tanto che per il rimbalzo il compagno quasi non volò dritto sul pavimento.
- Cosa intendi dire? – domandò quando fu di nuovo stabile nella sua parte di letto.
Jehan incrociò le gambe e lo guardò con tanto d’occhi.
- Davvero non l’hai capito? E’ per il discorso che avete fatto tu e Bossuet ieri ai Boboli. Quando gli hai detto che a sopportare Joly deve essere un santo e lui ti ha risposto che non sa come faccia… -
Courfeyrac arrossì.
- Dio, non pensavo che l’avrebbe presa sul serio! Insomma, era uno scherzo! Joly sa che senza di lui Les Amis de l’ABC non sarebbero la stessa cosa! Oddio, mi sento una merda… - mugolò con aria colpevole.
Il poeta fece spallucce.
- Lo sai com’è fatto. Lesgle è il suo punto fermo, l’idea di poterlo perdere lo fa uscire di testa… -
Ma Courfeyrac non lo stava più ascoltando, adesso era tutto intento a rivoltarsi le tasche dei pantaloni e a guardare sotto il letto.
- Merda… - piagnucolò.
- Cosa c’è adesso? – sospirò Prouvaire, come al solito interrotto nelle sue elucubrazioni romantiche.
- A proposito di perdere… - iniziò Courfeyrac.
- Ho lasciato il cellulare in tavernetta. –
Nel frattempo, al piano di sotto, Bossuet stava finendo la bottiglia di Chianti riempiendosi l’ultimo bicchiere.
- D’accordo, adesso che siamo soli mi vuoi spiegare cos’avevi oggi? – domandò così a bruciapelo che a Joly andò di traverso il vino.
- Non avevo niente, cosa avrei dovuto avere? – balbettò, già sulla difensiva.
L’amico inarcò un sopracciglio, scettico.
- Joly, non hai aperto bocca per tutta la mattina e mi hai deliberatamente evitato. Credi che non me ne sia accorto? – replicò, pazientemente, ma con fermezza.
L’aspirante medico scosse la testa e abbassò lo sguardo.
- Ti dico che non è successo niente, Lesgle, ormai è risolto. – ma proprio la sua frase tradì i suoi sentimenti.
Joly non chiamava mai Bossuet per nome, a meno che non fosse molto serio, o molto preoccupato.
Quello si sporse in avanti e appoggiò i gomiti sul tavolo, spostando da un lato il bicchiere di Chianti.
- Joly, guardami. Cosa succede? Stai di nuovo male? Ti ha detto qualcosa tuo padre? Cosa c’è? –
Joly alzò lentamente lo sguardo sul ragazzo seduto di fronte a lui, dall’altro lato del tavolino.
Perché aveva reagito così a una frase che aveva sentito ripetere centinaia di volte da quando si conoscevano?
La risposta era tanto semplice quanto stupida.
Aveva paura, dannatamente paura, che Bossuet potesse stancarsi di lui.
Da quando l’aveva conosciuto qualcosa era cambiato nella sua vita.
Gli piaceva tornare a casa dall’Università o dall’ospedale e vederlo in cucina che armeggiava coi fornelli, le dita tutte bruciacchiate e i cocci di un piatto nel lavandino.
Gli piaceva quando la sera, dopo cena, si mettevano sul divano e Bossuet si addormentava mentre lui guardava Malattie Imbarazzanti su quel canale che trasmetteva improbabili programmi canadesi.
Gli piaceva quando, dopo un attacco di panico, restava con lui tutta la notte, finchè non si riaddormentava.
Gli piaceva andarlo a prendere al lavoro e andare al Musain insieme, gli piacevano le domeniche alle Tuileries, le colazioni d’inverno, quando fuori diluviava e loro erano ancora mezzi addormentati.
Ormai Bossuet era parte della sua vita, parte di lui. Non riusciva più a immaginare nemmeno un giorno senza di lui.
Qualsiasi cosa gli succedesse, qualsiasi imprevisto capitasse, Bossuet era sempre lì a dargli coraggio; anche quando i problemi gli sembravano insormontabili, Bossuet continuava a ripetergli che credeva in lui, che sarebbe diventato un grande medico, che non doveva mollare.
No, Bossuet non se ne sarebbe mai andato, e lui lo sapeva. Se avesse voluto avrebbe avuto già un sacco di occasioni per farlo, eppure era ancora lì, seduto di fronte a lui, che gli rovesciava addosso chissà quali domande in attesa di spiegazioni.
Senza nemmeno riflettere Joly si alzò in piedi, mandando indietro la sedia e puntellando le mani sulla superficie del tavolino.
Bossuet si zittì, stupito da quel movimento, e sussultò appena quando Joly posò le labbra sulle sue con una dolcezza che gli diede le vertigini.
Abbassò le palpebre e dischiuse le labbra, portando una mano ad accarezzare piano la guancia di Joly.
Non si fece nemmeno domande mentre l’altro approfondiva il bacio con timidezza; era Joly, il suo Joly. Era normale. Era giusto.
Era perfetto.
Jehan, dietro l’angolo della porta, teneva una mano premuta sulla bocca di Courfeyrac, che stava dando il meglio di se per non emettere strani gridolini acuti.
- Zitto, cretino! Vuoi rovinare tutto? – sussurrò il poeta con un sorrisetto, spingendolo verso le scale nella speranza di fare meno rumore possibile.
- Ma il mio…! – balbettò Courf.
- Domani, adesso non mi sembra proprio il momento… -
Sul tavolino, accanto al bicchiere di Chianti, il cellulare di Courfeyrac sarebbe rimasto lì tutta la notte…











 
Note:

Siamo tornate, siamo salve, siamo in preda ai feels assoluti e piene di idee!!!
Voi non avete idea di quanto Parigi sia la città perfetta.
Vi diciamo solamente che, da brave maniache quali siamo, abbiamo osservato la gente qua e là sulla metro alla ricerca dei visi dei nostri cari Amis e... li abbiamo trovati.
Cioè, non potete capire. Il tizio sulla linea 6 ERA GRANTAIRE. Proprio lui. In carne ed ossa.
Il nostro cuore non può reggere a cotanta bellezza... xDDD
Per non parlare di tutte le coppiette yaoi che abbiamo beccato in giro... No, seriamente, vogliamo tornare a Parigi. L'Italia fa schifo!!! çAAAAç
Va bene, adesso basta, piantiamola di dire stupidaggini e passiamo al capitolo.


hfflskdfhsakjghkfshgdfhgfdhgdlfghfdhgkfghdfkghadgh!!!!!
Avevamo detto che questo era uno dei capitoli preferiti di Koori, dovevate aspettarvi una reazione simile. xD
Aaaaaallora, andiamo con ordine!
Joly triste è l'amore. No, seriamente, voglio abbracciarlo e stritolarlo come se non ci fosse un domani -Koori e le sue strane manie- e Enj... Oh, Enj!
Il nostro leader starà forse incominciando a capire un po' come gira il mondo? Si starà forse rendendo conto che anche lui ha un cuore che batte oltre a un cervello che macina?
A quanto pare gli sviluppi della relazione fra lui e Taire sono giunti a un nodo bello complicato da sciogliere... Ma vedrete, vedrete! Abbiamo in serbo per loro dei bei colpi di scena... <3
Courf è un gran rompiscatole, non so come faccia Ferre a non mandarlo a quel paese... xD
Ma mai frase fu più vera di "
Eponine ha le palle che tu non hai!
", gentilmente offerta dalla nostra Ame durante una discussione sulla coppia... x°°
Ma adesso giungiamo a loro, le star del capitolo.
UN DEFIBRILLATORE, VI PREGO.
Quando abbiamo iniziato questa fanfiction la Bossuet/Joly mi piaceva. Cioè, erano carini, molto carini, ma mai avrei pensato che sarei arrivata a shipparli a questi livelli. Sono la mia nuova ossessione quei due. Sono zucchero sparato in endovena.
Okay, la pianto. xD
Comunque sì, Bossuet è un santo, checché se ne dica. 
E il Museo della Specola, per chi non lo sapesse, è una sezione del Museo di Storia Naturale nella quale sono conservate statue di cera che fungono da modelli anatomici dell'essere umano.
Sono strafighe, e anche se potrebbero disturbare gli stomaci deboli consiglio un salto su Wikipedia o Google Immagini giusto per farvi un'idea. -a Koori piace la roba macabra-
Tornando alla storia... Signori, si stappi lo champagne per Joly e Bossuet. Finalmente anche loro due ce l'hanno fatta!
Personalmente adoro i ragionamenti di Joly nella parte finale del capitolo e come faccia tutto senza ponunciare parola, lasciando Bossuet letteralmente di stucco.
Ma poi  insomma... sono così... kfgjghfkjdhgaskjhgfkjhgkjjg
D'accordo, d'accordo, smetto di fangirlare nello spazio dedicato alle cose serie(?)...
Come avrete certamente notato i capitoli hanno iniziato a farsi leggermente più seri dei precedenti.
Ebbene, visto che siamo sadiche e adoriamo lasciare mezzi spoiler a fine note di modo da farvi penare fino alla pubblicazione successiva...
Preparatevi. Oscuri eventi stanno per abbattersi sui nostri eroi...
Con questo vi lasciamo, a Venerdì! ~ <3

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

 

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


~Capitolo X













Courfeyrac si era alzato all’alba.
Aveva passato una nottata infernale a rigirarsi più e più volte nel letto, e in quelle rarissime occasioni in cui era riuscito a prendere sonno, l’immagine del suo cellulare sul tavolino della tavernetta aveva pensato bene di apparirgli in sogno, accompagnata da quella di un misterioso ladro vestito di nero in stile Detective Conan che si appropriava del suo telefonino.
- Ti prego, Courf, stai fermo e dormi. – lo aveva scongiurato Jehan verso le cinque del mattino, vittima dell’agitazione dell’amico.
Niente da fare, Courfeyrac aveva dovuto vestirsi e scendere in tavernetta alla ricerca della sua appendice elettronica.
- Non puoi capire, Jehan. Qui dentro c’è il mio mondo! – aveva esclamato quando era tornato vittorioso.
- Sarebbe a dire? – Jehan aveva alzato un sopracciglio, scettico e ancora un po’ intontito dal sonno.
Courfeyrac si era seduto sul bordo del letto, accanto a lui.
- Sarebbe a dire il mio record a Candy Crush, l’accesso a Facebook, Ask, e al mio blog personale, una cartella di foto-ricatto di Enjolras da bambino, Enjolras a Disneyland con le orecchie di Mickey Mouse, Enjolras ubriaco abbracciato a Grantaire… - spiegò, mostrando a mano a mano che le elencava le foto incriminate.
- E ovviamente tutti i numeri delle ragazze con cui mi sento, che per la precisione ammontano a trentaquattro. –
Jehan sospirò e si lasciò cadere a peso morto sul materasso.
- Sei impossibile. E Joly ha ragione, quegli aggeggi creano dipendenza. –
Courf gli si sdraiò accanto e, puntellandosi sul gomito, appoggiò la testa su una mano guardandolo con aria di sufficienza.
- Devo ricordarti quanto sei maniacale con Instagram? –
Il poeta avvampò in modo vergognoso, punto sul vivo.
- Ma quella è condivisione artistica! – cercò di difendersi.
I due si scambiarono uno sguardo silente, per poi scoppiare a ridere.
- E così alla fine anche Joly e Bossuet si sono decisi… - commentò il moro dopo un po’ con un sorrisetto.
L’espressione di Jehan si raddolcì.
- Era solo questione di tempo, quei due avevano solo bisogno di ufficializzare la cosa… Sono felice per loro! –
Courfeyrac stette un momento in silenzio a valutare quella frase.
Era vero, da quando il gruppo degli Amis si era formato tutti avevano sempre considerato Joly e Bossuet come una coppia a tutti gli effetti, non solo perché erano gli unici della combriccola a convivere da diversi anni, ma specialmente per le dinamiche della loro relazione.
La dolcezza e la premura con cui Bossuet si prendeva cura di Joly andavano ben oltre la semplice amicizia, e il bisogno a volte addirittura fisico dell’aspirante medico di avere accanto a se il coinquilino denotava un attaccamento più profondo di quello che avesse mai mostrato nei confronti di chiunque altro.
Quei due si completavano, e ormai era impossibile parlare di uno senza che fosse nominato anche l’altro.
- Già, anche io… - sussurrò, sogghignando nel guardare l’ultima fotografia aperta nel suo cellulare.
- Mi domando chi saranno i prossimi… -  continuò ridacchiando.
Jehan, però, non rispose.
La colazione trascorse tranquillamente e, a differenza di quello che aveva creduto Courfeyrac, né Bossuet né Joly accennarono minimamente a quello che era successo la sera prima in tavernetta; solo entrambi sembravano più allegri del solito e, per quanto fosse possibile, ridevano di più.
- Che si fa oggi? – domandò Marius giochicchiando con il cucchiaino nella sua tazzina di caffè.
- Potremmo visitare il Duomo! – propose Cosette.
- Oh, sì! Andiamo sul Campanile di Giotto! Poi facciamo fare ad Enj il Salto della Fede! – esclamò Courf facendo scoppiare a ridere Grantaire, Jehan e Bossuet.
- Cosa dovrei fare? – domandò Enjolras, sentendosi chiamato in causa.
Taire scosse la testa, diverito.
- Non ti preoccupare, Apollo. Intanto gioca ad Assassin’s Creed, poi ne riparliamo… -
- Che scemi… - commentò Eponine trattenendo un sorrisetto mentre controllava sulla guida se per l’ingresso al Duomo bisognasse pagare il biglietto.
- Che meraviglia… Non me lo aspettavo così bello anche dentro! – esclamò Jehan quando furono arrivati.
Grantaire lo affiancò e gli mise una mano sulla spalla.
- E pensa che figata sarà salire in cima al Campanile di Giotto! –
Il viso del ragazzo si illuminò.
- Si può fare? –
- Certo! Sono quattrocentodiciotto scalini per ottantasei metri di altezza, se te la senti… - intervenne Combeferre.
Grantaire e Jehan si guardarono un momento, per poi rispondere all’unisono.
- Si può fare! –
Inutile dire che, mezz’ora dopo, erano già tutti in coda ai piedi del campanile.
Enjolras prese una bottiglietta d’acqua dal suo zaino e ne bevve due grandi sorsate, per poi passarla a Taire.
- Non ti faceva schifo, scusa? – osservò, dal momento che quella era la prima volta che vedeva il biondo permettere a qualcuno di bere dalla sua bottiglia.
La risposta troncò sul nascere tutte le speranze del ragazzo.
- Sì, ma ormai è finita, io ho ancora una bottiglia nello zaino… - spiegò infatti, mentre alle sue spalle Cosette ed Eponine si facevano aria con un grande ventaglio colorato.
- Oggi fa un caldo terribile… - esalò Joly, che per la prima volta da quando si era ammalato aveva lasciato la felpa all’agriturismo.
Bossuet si sistemò meglio il cappellino che il compagno lo aveva obbligato ad indossare contro la minaccia di un’insolazione mortale.
- Spero che ci sia l’ascensore. Non so se ce la farò a farmelo tutto a piedi… - confessò accennando all’edificio che si stagliava di fronte a loro nel cielo azzurro della tarda mattinata.
Purtroppo per lui un grande cartello informava i turisti dell’assenza di ascensori, e sconsigliava ai malati di cuore di lanciarsi nell’impresa.
Quando Joly lo notò andò in crisi isterica, sostenendo che lui sarebbe rimasto in Piazza Duomo ad aspettarli e non si sarebbe arrischiato a farsi venire un infarto solo per vedere Firenze dall’alto.
Ci volle la forza di volontà di tutto il gruppo affinchè il ragazzo cedesse e si rassegnasse ad accompagnarli.
Quando arrivarono in cima, però, dimenticò di avere “avuto” un attacco d’asma nel fare le scale e lasciò l’inalatore nello zaino, la bocca spalancata di fronte alla meraviglia del paesaggio.
Eponine scattò fotografie come un’assatanata, mentre Jehan decantava chissà quale passo della Divina Commedia su Firenze.
Marius, perso ogni decoro, si sventagliava con il ventaglio della sua ragazza, attirando le occhiate curiose di un paio di turisti che erano saliti con loro.
Solo Enjolras sembrava non star godendo di tutta quella meraviglia.
Grantaire notò il suo pallore e gli si avvicinò.
- Hey, Apollo… Tutto ok? –
Il ragazzo annuì serrando le labbra, ma sobbalzò quando Combeferre propose di tornare indietro e cercare un luogo dove pranzare.
Il leader lasciò che tutti gli altri gli passassero avanti e si incamminò per ultimo lungo le scale che portavano all’aperto, stranamente rigido e con il respiro appena affannato.
Quando finalmente le scale finirono e Enjolras poté tornare a calpestare il suolo della Piazza, il suo viso era passato dal bianco al verdognolo.
- Ok, hai la stessa faccia di Joly in macchina. Che hai? – domandò di nuovo il suo compagno di stanza, prendendolo da parte.
Il giovane puntò lo sguardo a terra e borbottò qualcosa di incomprensibile ma molto simile a “sto benissimo, lasciami stare”.
- Enjolras. -  Grantaire gli mise una mano sulla spalla e lo fissò dritto negli occhi.
- Soffro un po’ di claustrofobia… - si limitò a spiegare, sentendo che il sangue tornava veloce alle guance.
Dannazione, cosa gli prendeva? Aveva notato che già da qualche giorno non riusciva più a guardare negli occhi Grantaire senza sentirsi a disagio. Perché diamine si comportava così?
Eppure ogni volta che si azzardava a posare lo sguardo su quei due pezzetti di cielo, quelle iridi di quell’azzurro mozzafiato, si sentiva scrutare dentro fino all’anima.
Gli occhi di Grantaire erano in grado di leggergli dentro più di chiunque altro, facendo crollare quelle difese che per anni aveva tanto faticato a mantenere forti e salde contro il suo prossimo.
- Ah, mi stavo preoccupando… - fece il moro con un tono di voce talmente dolce che per un momento Enjolras si chiese se non fosse stata un’allucinazione.
Troppo in imbarazzo per portare avanti quella conversazione, annuì e si mosse verso il resto del gruppo, dove Marius si stava lamentando del caldo soffocante.
- Non per essere rompiscatole o cosa, ma che ne direste di tornarcene a casa e rinfrescarci un po’ in piscina? Dopotutto siamo qui da dieci giorni e non l’abbiamo ancora provata… - si azzardò a proporre.
L’idea venne approvata all’unanimità, e un paio d’ore dopo erano tutti spaparanzati sulle sdraio all’agriturismo.
- Ricorda che il sole a quest’ora è dieci volte più forte rispetto al tardo pomeriggio! Se non metti la crema solare… - Joly era nuovamente partito all’attacco nel tentativo di sensibilizzare Marius e la sua carnagione chiara sui pericoli dei raggi UV.
- Ancora ad angosciarlo? – esclamò Bossuet comparendo alle sue spalle e prendendolo in braccio.
- Eh? No, aspetta! Cosa fai? Non sono ancora passate tre ore dal pasto! No! Poi mi viene una congestione! Bossuet, ti prego, non farlo! – ma le sue grida disperate non furono sufficienti ad impietosire il ragazzo, che lo scaraventò in acqua tuffandosi subito dopo.
Joly riemerse spruzzando un po’ d’acqua dalla bocca e nuotando fino al bordo della piscina.
- Maledetto! Se muoio è colpa tua! E la mia orazione funebre la farò tenere a Marius! – sbraitò, fingendosi mortalmente offeso mentre tutti gli altri ridevano a crepapelle.
In tutta risposta Bossuet nuotò fino a intrappolarlo fra il suo corpo e il bordo vasca e lo zittì con un bacio sulle labbra.
Gli Amis rimasero in silenzio, spiazzati da quel gesto, poi partì l’applauso, assieme a qualche fischio di approvazione da parte di Grantaire e Courfeyrac.
- Oddio, era ora! – cinguettò Eponine portando le mani al cuore con un sorriso gigantesco.
- E bravo Lesgle! – esclamò Marius ridacchiando.
Bossuet sorrise, mentre Joly, bordeaux, rischiava di far evaporare l’acqua attorno a sé.
Il resto del pomeriggio passò fra urla e schiamazzi.
Ad Enjolras, che cercava di leggere in pace, toccò la stessa sorte di Joly: preso di peso da Courfeyrac e Combeferre venne gettato in piscina senza troppi complimenti; Grantaire dopo due ore in ammollo, decise di uscire e passò il resto del pomeriggio a giocare a carte con Jehan, mentre le ragazze prendevano il sole e Cosette, di tanto in tanto, rispondeva agli sms di suo padre, che non aveva smesso un attimo di monitorare i suoi spostamenti da quando era partita da Parigi.
Verso le quattro una ragazza che lavorava all’agriturismo, probabilmente in un momento di pausa, approfittò della bella giornata per farsi un tuffo in piscina e cadde prontamente nella tela di Courfeyrac, che l’aveva già addocchiata la sera prima in tavernetta.
Jehan li tenne d’occhio tutto il tempo senza azzardarsi ad abbandonare la sua sdraio sotto all’ombrellone.
Era incredibile come Courf riuscisse a flirtare senza problemi senza conoscere una sola parola di Italiano.
Un’ora dopo, quando la ragazza fu tornata al suo lavoro, Courfeyrac si diresse tutto trotterellante verso le sdraio occupate da Taire e Jehan.
- Ha vent’anni, si chiama Margherita e abita giù in paese! E con il suo numero salgo a trentacinque! – esclamò sventolando il cellulare in faccia al poeta.
Questo annuì debolmente e, con un sorriso che di felice non aveva nulla, tornò a gioare a carte.
Grantaire alzò lo sguardo su Courfeyrac e gli rivolse un’occhiata gelida, ma il ragazzo parve non accorgersene.
Il caso volle che quella sera, a cena, la cameriera assegnata al loro tavolo fosse proprio la famosa Margherita della piscina.
Chiaramente Courfeyrac continuò a fare il cascamorto con lei per tutta la durata del pasto, suscitando un discreto fastidio in Enjolras, che aveva sempre odiato il flirtare compulsivo dell’amico, e occhiate raggelanti da parte di Grantaire, le quali furono però bellamente ignorate dal loro bersaglio.
Visto il caldo soffocante nonostante l’ora già tarda, il gruppetto decise di rimanere in giardino ancora un po’ per godere di quell’alito di vento che tirava da Ovest.
Nemmeno mezz’ora dopo, però, Courfeyrac era scomparso.
- Che fine ha fatto Courf? – domandò Marius candidamente.
Cosette fece spallucce.
- Sarà imboscato da qualche parte con la ragazza della piscina… -
Enjolras sbuffò e incrociò le braccia al petto.
- Quell’idiota… La pianterà mai di fare il cascamorto con qualsiasi cosa respiri? – lo criticò aspramente.
- Che ci vuoi fare, è fatto così… - lo difese Combeferre.
- Non ha mezze misure. – ribatté il biondo, ben deciso a sostenere la sua linea di pensiero fino in fondo.
Non passò molto tempo che tutti decisero di tornarsene in camera, rinunciando ad aspettare Courfeyrac per augurargli la buona notte.
Jehan salì per ultimo, tutto preso dai suoi pensieri, ma quando arrivò di fronte alla porta della 204 trovò ad attenderlo una sorpresa spiacevole.
Alla maniglia della porta era appeso un calzino.
- Dannazione, proprio in camera nostra? – si trovò a sibilare al silenzio, facendo dietro front e tornandosene in giardino, il morale sotto i piedi e un fastidiosissimo groppo in gola che proprio non voleva saperne di sciogliersi.
Una volta all’aperto alzò gli occhi al cielo in cerca della luna, ma persino lei sembrava averlo abbandonato, sconfitta dai nuvoloni che erano arrivati in serata, sospinti dal vento.
Diede un calcio a un ciottolo e ficcò le mani nelle tasche dei jeans, andando a sedersi su una panchina.
Nel frattempo, nella 206, Enjolras stava facendo zapping senza guardare veramente cosa dessero in tv. I suoi pensieri erano al momento concentrati su alto.
Alla fine Joly e Bossuet ce l’avevano fatta… Diversamente dal giorno prima non si sentiva in difetto: aveva sempre saputo che fra quei due, prima o poi, sarebbe finita così.
Si trovò ad osservare con un sorriso come, in quella vacanza, si fossero formate già due coppie.
Fu la voce di Grantaire, in piedi di fronte alla finestra aperta, a riportarlo alla realtà.
- Scusa, Apollo, ho dimenticato una cosa giù, torno fra un po’… - e, senza addurre ulteriori spiegazioni, uscì a grandi passi sbattendo la porta.
L’artista scese le scale a passo sostenuto, cercando di reprimere la rabbia che gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
Se il comportamento tenuto da Courfeyrac durante il pomeriggio l’aveva infastidito, vedere quel calzino appeso alla maniglia della 204 l’aveva mandato completamente fuori di testa.
Una volta che l’ebbe individuato andò a sedersi sulla panchina accanto a Jehan, senza emettere un suono.
- Non c’è nemmeno la luna. E’ una serata orribile… - sussurrò Prouvaire dopo qualche minuto di religioso silenzio.
Eppure nella sua voce non vi era rabbia, come avrebbe potuto suggerire una frase simile. Vi era tristezza. Una tristezza infinita che spezzò il cuore a Grantaire.
- Jehan… - tentò di incominciare un discorso, ma quando il ragazzo si voltò ogni parola gli morì in gola.
Due lacrime silenziose gli rigavano le guance.
- Dillo, Taire. Dillo. Sono un idiota. –
Grantaire rimase pietrificato, troppo sorpreso per osare replicare.
Jehan si passò una mano sul viso nel goffo tentativo di asciugare le lacrime, ma fu tutto inutile e anzi, le sue spalle furono scosse da violenti singhiozzi.
- Sono un deficiente. Per quale ragione mi ostino ad illudermi in questo modo? E’ chiaro che per lui non significo niente! Perché, Taire? Perché ho dovuto innamorarmi di una persona come Courfeyrac? –
Il volto di Grantaire fu incrinato da un sorriso amaro.
- Se lo sapessi non credi che mi sarei trattenuto dal guardare negli occhi Enjolras la prima volta? Non ci si può fare niente, Jehan… E piantala di dire che sei stupido, perché qui l’unico cretino è Courfeyrac.- rispose, infondendo all’ultima frase una fredezza che lo sorprese.
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, gli occhi arrosati dalle lacrime.
- Come fai tu? Come fai a sopportare in silenzio? Quanti quaderni dovrò riempire di poesie prima che il mio cuore esploda? Non ce la faccio più… - singhiozzò.
Grantaire gli poggiò le mani sulle spalle e attese che l’altro lo guardasse in faccia.
- Jean Prouvaire, smettila di sottovalutarti. Tu non sei senza speranze come me. Conosco Courfeyrac e ti ripeterò all’infinito che è un deficiente. Quindi sì, ti sei innamorato di un deficiente, e la sua idiozia è senza appello, ma posso assicurarti che i tuoi sentimenti non sono sprecati. Quel cretino ha solo bisogno di accorgersi che ti ama. –
Jehan tirò su col naso e annuì, poco convinto, poi affondò il viso nella maglietta dell’artista in cerca di conforto.
Questo, impacciato, gli batté qualche pacca sulla spalla.
- Al diavolo quel cretino… - sussurrò poi, abbracciando Jehan come si deve nella speranza di poter in qualche modo far tornare un sorriso sul viso dell’amico.
Nel frattempo, affacciato alla finestra, Enjolras assisteva alla scena senza capire.
In sottofondo la televisione ciarlava come se niente fosse, mentre dalla stanza accanto provenivano rumori che il biondo avrebbe volentieri evitato di udire.
Strinse i pugni, senza comprendere il perché di quella sua reazione, poi tirò fuori l’iPod dalla tasca dello zaino e lo accese a massimo volume, ben deciso ad ignorare qualsiasi elemento che provenisse dall’esterno.
Peccato solo che quel senso di dolorosa angoscia che lo aveva colto nel vedere Grantaire abbracciare Jehan scaturisse da dentro di lui…














 
Note:

Signore e signori, abbiamo superato la metà della fanfiction! :DDD
Sì, okay, è un'informazione inutile, ma ci tenevamo a farvelo sapere... xDD
Che dire su questo adorabile Capitolo 10?
Questo, come avrete intuito, è uno dei tanto odiosi capitoli di transizione, ma... -perchè c'è sempre un ma- è un importante capitolo di transizione!
Ebbene sì, gli eventi di questa giornata avranno interessanti e profonde ripercussioni sul nostro gruppo di psicopatici preferito! ~ <3
Joly e Bossuet continuano a spargere diabete qua e là, Taire è adorabile come sempre e...
Volevate Courfeyrac alle prese con le Italiane? Eccolo qui!
Quel ragazzo è adorabile, simpatico e geniale, ma quando ci si mette sa essere davvero una gran testa di caz- ... vabbè, avete capito.
In questo capitolo è introdotta anche una nuova relazione che personalmente adoriamo, ossia quella fra Taire e Jehan, i due innamorati senza speranze della nostra storia. Attenzione a questa strana coppia, per colpa della loro particolarissima amicizia genereranno casini! :D
Ma basta, che qui gli spoiler di fine capitolo diventano sempre più corposi...
Solo un appunto prima di chiudere... ma Enj geloso? Quanto è spupazzabile(?)? >w<
Va bene, va bene, basta fangirlamenti senza senso...
Ah, preparate l'insulina per il prossimo capitolo... E anche un ombrello.
A presto gente, e grazie per il suopporto! <3 <3 <3

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XI ***


~Capitolo XI














Era stato Combeferre ad insistere perchè si andasse a visitare il Museo del Bargello, ma dopotutto, considerato il temporale che aveva imperversato sulla città già dal primo mattino, gli Amis non avevano avuto un granchè di alternativa all’idea di chiudersi dentro a qualche museo.
- Beh, considerando che siamo venuti con Bossuet mi sorprende che siamo riusciti ad avere dieci giorni consecutivi di bel tempo! – aveva esclamato Cosette per sdrammatizzare di fronte alla cortina di pioggia che li aveva accolti quel mattino quando si erano visti alla sala delle colazioni.
Avevano aspettato un paio d’ore nella speranza che il temporale si calmasse, ma vedendo che lo scrociare delle gocce d’acqua sui vetri dei grandi finestroni della reception non accennava a rallentare si erano rassegnati a partire lo stesso, affannandosi attorno alle macchine per entrare prima di inzupparsi fino all’osso.
- Odio gli ombrelli… - si era lamentato Courfeyrac, bagnato come un pulcino, mentre Eponine, accanto a lui nel colonnato del Bargello, si strizzava i capelli fradici.
- Tu mi devi spiegare come cavolo fai ad essere sempre così perfetta! – aveva grugnito all’indirizzo della sua migliore amica.
Cosette, infatti, ripiegati mantellina e cappellino anti diluvio, sembrava appena uscita da un salone di bellezza.
Nessuno, chiaramente, aveva osato fare alcuna osservazione sull’ombrello a due posti* che Marius aveva aperto con una certa nonchalance lasciando che la sua ragazza si riparasse sotto la seconda cupola.
- Cinesate… - aveva borbottato Enjolras con una smorfia di disappunto.
Avevano passato l’intera mattinata ad ammuffire all’interno del Bargello, troppo zuppi e intirizziti per prestare davvero attenzione a quello che vedevano. Inoltre la guida di Combeferre, conservata nella tasca più esterna del suo zaino per comodità, si era tragicamente bagnata, cosicché alcune pagine si erano incollate fra di loro e gli angoli della copertina si erano sciolti.
Insomma, se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quella poteva considerarsi in partenza una giornata da dimenticare.
Come se non fosse bastata l’atmosfera apocalittica che il meteo si era tanto impegnato a creare, tre dei dieci vacanzieri quel giorno avevano la vivacità di soldati in trincea durante la Grande Guerra.
Enjolras era arrabbiato.
Se c’era una cosa che gli Amis avevano imparato a riconoscere e interpretare era la rabbia repressa del loro leader.
Il ragazzo, infatti, era stato di poca compagnia sin dalla colazione, quando al posto del solito latte caldo aveva ordinato un cappuccino. La sua postura non era quella elegante e composta di sempre, bensì se ne stava rigido, con le mani affondate nelle tasche dei jeans oppure a braccia conserte, un po’ in disparte rispetto agli altri e con gli occhi puntati a qualsiasi cosa non fossero i visi dei compagni.
Aveva qualcosa da nascondere, un pensiero che lo tormentava e che non aveva la benchè minima intenzione di condividere con gli altri.
Ogni tanto si mordicchiava il labbro inferiore con aria pensierosa, ma non era l’espressione assorta di chi si sta concentrando su un’idea o un progetto, si trattava piuttosto di una smorfia di fastidio, come se avesse dovuto trattenere uno sbuffo di dolore.
Grantaire non era rientrato a dormire, quella notte.
Non che la cosa fosse di sua competenza, chiaro, ma l’idea che il suo compagno di stanza non avesse passato la notte con lui lo irritava.
Oddio, non che intendesse formulare il pensiero proprio in quel modo, ma…
Dannazione! Perché adesso arrossiva?
Sbuffò e si azzardò ad alzare lo sguardo, ispezionando il resto del gruppo finchè non posò gli occhi sulla figura dell’artista.
Anche Grantaire era arrabbiato, e quello era uno spettacolo ben più raro di Enjolras indisposto da qualcosa.
Generalmente, infatti, era troppo disinteressato in tutto affinchè potesse seriamente sentirsi coinvolto da qualcosa al punto di arrabbiarsi.
Eppure il cattivo umore di Grantaire si percepiva ancora meglio di quello di Enjolras. Sembrava che per quella mattina avesse rinunciato a bere e se ne stava debitamente alla larga da Courfeyrac, cosa ancora più strana dal momento in cui quei due dovevano spesso venire separati dagli altri per garantire un po’ di tranquillità al gruppo.
L’unica che sembrava aver capito cosa passasse per la testa dello scettico era Eponine, ma si era ben guardata dal parlarne con gli altri.
- E’ ancora per ieri sera? – gli domandò improvvisamente, mentre Combeferre rispondeva ad una domanda di Bossuet.
Grantaire fece spallucce e sbuffò, prima di guardarla negli occhi.
- Ieri sera, ieri pomeriggio, sempre… -
Eponine trasse un profondo sospiro e posò lo sguardo su Courfeyrac, seduto accanto a Jehan su una panca poco lontano.
- Lo sai com’è fatto, non se ne accorge nemmeno… Non che sia una scusa, ovviamente, ma… -
- E’ proprio questo il problema, Ponine. Non se ne accorge nemmeno…-
Entrambi rimasero un momento in silenzio ad osservare uno Jehan particolarmente giù di corda fare di tutto per non incrociare lo sguardo di Courf che tentava in ogni modo di fargli tornare il sorriso.
- Ogni cosa a suo tempo, vedrai… - sorrise la ragazza.
- Dopotutto sei proprio tu che mi hai insegnato ad essere un po’ più fatalista, no? –
Pranzarono in un ristorantino poco distante dal Bargello e se ne tornarono a casa, sconfitti dal temporale.
- Che giornata fallimentare… - sospirò Joly accasciandosi su un divanetto nel corridoio fra la reception e la sala delle colazioni.
- Beh, qualche imprevisto può sempre capitare… - osservò Marius con un sorrisetto annoiato.
- Allora cosa facciamo fino all’ora di cena? – domandò poi.
Gli Amis si scambiarono qualche occhiata in attesa che a qualcuno venisse l’idea che avrebbe risollevato la giornata, ma quel grigiume sembrava averli impigriti tutti quanti.
Solo dopo un po’ Courfeyrac sembrò ricordarsi di un particolare.
- Torneo a Just Dance? –
Enjolras inorridì e si alzò di scatto dalla poltrona sul bracciolo della quale se ne stava appollaiato Grantaire, che per poco non cadde.
- Me ne chiamo fuori! – esclamò, prima che, abbandonato anche da Combeferre, qualcuno potesse riuscire a invischiarlo in quella brutta faccenda.
- Io ti terrò compagnia, ho già dato l’altra volta… - esalò Bossuet, leggermente imbarazzato.
Gli altri scoppiarono a ridere.
- Dai, Lesgle, sei stato fantastico! Facci divertire ancora! – lo incalzò Courf.
Il ragazzo scosse la testa con vigore.
- Non se ne parla. Contro due assi come te e Ferre, poi… Dov’è il fair play? –
- Ma l’altra volta stavo male, non ho goduto appieno della tua performance! – lo stuzzicò Joly, beccandosi un’occhiataccia dal compagno.
- Zitto o ti starnutisco in faccia! – abbaiò per metterlo a tacere, per poi mollargli un bacio a fior di labbra che lo mise K.O. meglio di uno starnuto.
- Se non vi dispiace vorrei provare io, oppure potrei sfidare Courf a Sing It… - si intromise Eponine.
L’amico deglutì.
- Per Just Dance accomodati pure, ma a Sing It scordatelo. Sei imbattibile… - poi si voltò  verso Jehan, che se n’era stato zitto zitto per tutta la mattinata.
- Rivincita a CoD? – domandò passandogli un braccio attorno alle spalle e facendo l’occhiolino.
Jehan avvampò vergognosamente e distolse lo sguardo, alla ricerca del sostegno di Grantaire.
Un gioco di sguardi che non passò inosservato ad Enjolras.
- Ma sì, dai! Facciamo un torneo come si deve! Ho proprio voglia di vederti schiacciato come un moscerino, Courf! – sibilò Grantaire con un ghigno preoccupante. Il cinismo di cui era impregnata la sua frase superava di gran lunga le soglie a cui i ragazzi erano abituati.
Il ragazzo dovette aver colto la minaccia non troppo celata nella voce di Grantaire e si alzò in piedi lentamente, muovendosi piano verso le scale.
- Io intanto vado a preparare la play… - e fuggì al piano di sopra, fra le risate degli altri.
Il gruppetto si mosse pigramente verso la 204, Grantaire che adesso scherzava con Jehan come se il broncio che entrambi avevano tenuto fino a quel momento non fosse mai esistito.
- Enj, tutto bene? - si informò Combeferre, notando che il suo migliore amico era imbambolato in fondo alle scale con un’espressione non propriamente allegra.
Il biondo annuì distrattamente.
- Non sapevo che Jehan e Grantaire andassero così d’accordo… - sussurrò senza pensare realmente a quello che aveva appena detto.
Combeferre valutò un secondo la sua frase e lanciò un’occhiatina al poeta e all’artista, per poi rivolgere ad Enjolras un’alzata di sopracciglia.
- Nemmeno io… - ammise, prima che uno strano ghigno si impadronisse delle sue labbra.
- Non vorrai mica dirmi che sei… - ma un richiamo di Eponine lo zittì, convincendolo a rimandare la conversazione ad un momento più consono.
Un bip seguito da una vibrazione molesta informò Enjolras della morte imminente del suo cellulare.
- Ho la batteria a terra, vado un attimo in camera a mettere il telefono sotto carica e vengo! – fece infilandosi nella 206.
Si chiuse la porta alle spalle e si sdraiò sul letto, aprendo le braccia ad angelo e chiudendo gli occhi.
Inspirò profondamente per scacciare quella fastidiosa sensazione che gli opprimeva il cuore dalla sera prima, ma fu tutto inutile.
Per quale motivo gli dava così fastidio vedere Jehan e Grantaire scherzare come se niente fosse? Cosa diamine gli stava succedendo?
Da quando era incominciata quell’assurda vacanza qualcosa dentro di lui era cambiato, qualcosa si era spezzato.
Non capiva di preciso cosa, ma sentiva con chiarezza di non essere più lo stesso Enjolras di dieci giorni prima.
Rotolò su un fianco e mise in carica il cellulare, poi si alzò e si avvicinò alla finestra; aveva smesso di piovere e le nuvole si stavano allontanando in fretta, sospinte da un forte vento d’alta quota.
Fece dietrofront per tornare dagli altri, ma inciampò in un oggetto non meglio identificato e rovinò per terra facendo un fracasso infernale.
Si dava il caso che avesse calpestato la borsa di cuoio di Grantaire, incastrando il piede nella cinghia a tracolla e trascinandola per qualche centimetro.
Come se non fosse bastato l’imbarazzo personale di essere riuscito a cadere, aveva anche sparpagliato tutto il contenuto della borsa sulla moquette.
- Merda… - borbottò raccogliendo i fogli che erano volati sul pavimento.
Solo in quel momento si accorse che si trattava di disegni.
Quelli che aveva tra le mani erano i famosi disegni di Grantaire, che l’artista non faceva mai vedere a nessuno.
Non pensò al fatto che se il compagno preferiva tenere le sue opere nascoste doveva esserci un motivo, non pensò che forse a Grantaire avrebbe dato fastidio che lui sbirciasse fra le sue cose, non pensò a nulla, mentre osservava con attenzione gli schizzi a matita e a carboncino.
Alcuni erano paesaggi, certi erano scene di vita quotidiana a Parigi, altri ancora erano copie da quadri famosi.
Fu la serie di copie dal David ad incuriosirlo di più.
Datavano a un paio di giorni prima, quindi immaginò che le avesse realizzate il giorno in cui gli altri erano andati a smaltire la sbornia ai Boboli. Ecco svelato il mistero della scomparsa di Grantaire.
Beh, non c’era niente da dire, quel dannato ubriacone aveva davvero talento.
Mai, a giudicare dal suo tratto dolce e al contempo deciso, Enjolras avrebbe potuto immaginare che si trattasse dell’opera di un individuo come Grantaire.
Eppure non aveva forse dimostrato di nascondere una personalità completamente diversa da quella a cui lo aveva abituato?
Perché non si comportava sempre così, anziché abbruttirsi a quel modo fra alcool e discorsi che avevano il solo potere di irritarlo?
Quel Grantaire segreto gli piaceva e lo incuriosiva, una scoperta che, a ogni tassello, allargava un po’ di più quel sorriso inconsapevole sulle sue labbra troppo spesso tese in espressioni di disprezzo e severità.
Diede un’occhiata anche all’ultimo foglio, ma quello che vide lo lasciò di stucco.
Come gli altri disegni dell’ultimo gruppo si trattava di una copia della famosa scultura del Buonarroti, ma qualcosa differiva dall’originale.
Enjolras, sorpreso e confuso, si ritrovò a guardare se stesso.
Forse il corpo muscoloso e perfetto apparteneva al David, ma le labbra carnose erano le sue.
I riccioli disordinati erano i suoi.
Il naso dritto, le sopracciglia incurvate e la fronte ampia erano suoi.
E suoi, indubbiamente, erano gli occhi seri e penetranti che guardavano in lontananza un punto indefinito, trapassando lo spettatore come se fosse stato fumo.
Vagamente interdetto, voltò il foglio alla ricerca di qualche appunto, ma non vi era nulla, sulla carta, oltre al disegno.
Niente data, niente firma.
Solo il suo sguardo di ghiaccio.
Enjolras si sentì improvvisamente strano.
Doveva essere arrossito, perché si sentiva terribilmente accaldato, eppure, nonostante l’imbarazzo, era felice.
Rimase ancora qualche secondo a guardare il disegno, poi infilò  tutto nella borsa e la riappoggiò contro il muro, proprio dov’era quando lui l’aveva calpestata.
Quando aprì la porta trovò Grantaire con la mano a mezz’aria, proprio sopra la maniglia.
- Apollo, sei vivo! Stavo venedo a chiamarti, è mezz’ora che sei in camera, mi stavo preoccupando… -
Enjolras balbettò qualcosa che Grantaire non comprese, poi gli sorrise con una gentilezza che mai aveva visto rivolta a lui.
- Tranquillo, tutto a posto… andiamo? – e, superandolo, camminò verso la stanza accanto.
Nel frattempo quel peso sul cuore sembrava essere scomparso…
Rimasero a giocare alla playstation per un paio d’ore durante le quali Courfeyrac riuscì con grande soddisfazione a far tornare il sorriso sul volto di Jehan, poi ognuno tornò alle rispettive camere in attesa della cena.
- Ferre, ho avuto un’idea per stasera. Vado mezz’oretta nella computer room! – lo avvisò Eponine, dandogli un bacio e uscendo dalla stanza con un ghigno che non prometteva nulla di buono.
Combeferre sospirò e scosse il capo: quando alla ragazza venivano idee che necessitavano la consultazione di internet, generalmente, bisognava preoccuparsi.
- Cosa? Una prova di coraggio!? – esclamò infatti Marius, leggermente troppo acuto, subito dopo cena.
La mora annuì con decisione.
- Ho controllato personalmente su Google Maps; a partire dai campi qua dietro si diramano cinque sentieri che conducono tutti quanti al paese. Più o meno il tragitto è lo stesso, sono circa due o tre chilometri e non ci sono deviazioni, ma si tratta di stradine di campagna senza illuminazione alcuna, completamente perse nel nulla… - spiegò con voce lugubre.
- Wow, sembra divertente, vai avanti! – incalzò Cosette.
Eponine si schiarì la voce e proseguì con il suo discorso.
- Dunque, l’idea è questa: ci dividiamo secondo la disposizione delle camere, e ogni coppia prende un sentiero diverso. Bisogna restare isolati almeno mezz’ora per godere dell’adrenalina, quindi la prima coppia che arriva in paese paga da bere a tutti! –
Marius tentò di replicare, ma le ragazze ormai avevano deciso; quella sera avrebbero tutti partecipato alla prova di coraggio.
- Hai paura? – domandò Bossuet a Joly dopo un po’ che stavano camminando nel buio più totale.
- No, non più di tanto. Spero solo di non beccare qualche malintenzionato… - spiegò, effettivamente più tranquillo di quanto Bossuet non avesse previsto.
Questo gli rivolse uno sguardo divertito.
- Beh, almeno per stasera il tempo ha retto! – esclamò, positivo.
Joly si fermò e piantò i suoi occhi in quelli del compagno.
- Bossuet… - lo supplicò.
Troppo tardi.
Una goccia di pioggia cadde proprio sulla punta del naso del giovane ipocondriaco, presto seguita da un’altra che atterrò sul capo di Bossuet.
- Ooops! –
I due stettero un momento in silenzio sotto le gocce in caduta libera per poi scoppiare a ridere.
Joly si alzò in punta di piedi e diede un bacio a Bossuet, il primo bacio di sua iniziativa dalla sera in tavernetta.
L’altro gli prese dolcemente il viso fra le mani, mentre l’aspirante medico si stringeva di più a lui.
- Lesgle… - sussurò.
- Sì? –
Joly, le mani intrecciate dietro alla sua nuca, tornò a guardarlo negli occhi, tremendamente serio e tremendamente dolce allo stesso tempo.
- Ti amo. –
E la fine pioggerella estiva si mutò in un temporale violento e devastante.
Poco distante, su un altro sentiero, Grantaire stava imprecando interiormente e non contro Eponine.
- Come diamine ho potuto farmi convincere a partecipare? Era ovvio che sarebbe piovuto! – sbraitò.
- Beh, tecnicamente a cena era ancora bel tempo… - puntualizzò Enjolras, che nonostante tutto si trovava pienamente d’accordo con lui.
- E’ inutile proseguire, avremo fatto mezzo chilometro, se va bene! – esclamò poi, cercando di farsi sentire sopra lo scrosciare della pioggia.
- Cosa vuoi fare? Tornare indietro è come andare avanti, completamente inutile! –
Enjolras scosse la testa, i riccioli biondi tutti appiccicati alla faccia per via dell’acqua.
- Cerchiamo un luogo dove ripararci e aspettare che si calmi! –
Grantaire stava per dare sfoggio di tutto il suo scetticismo quando entrambi notarono qualcosa in lontananza.
- Un cimitero! Sia benedetto Saint-Cloud!** – esclamò Enjolras iniziando a correre in direzione delle mura di cinta.
Il cancello era aperto.
Una volta all’interno, però, notarono con grande delusione che non vi era nessun luogo dove ripararsi, fatta eccezione per una di quelle vecchie tombe di famiglia dall’aspetto un po’ gotico.
Entrarono nella piccola casupola senza fare troppi complimenti e si lasciarono cadere per terra, esausti e bagnati fradici.
- Sbaglio o hai elogiato un provvedimento di Bonaparte? – domandò Grantaire quando ebbe ripreso fiato.
Enjolras lo guardò attraverso il buio squarciato di tanto in tanto da un fulmine.
- Sbagli. – rispose seccamente per poi scoppiare a ridere, contagiando anche l’artista.
Il biondo si tolse con fatica lo zaino e lo aprì, facendone emergere una coperta miracolosamente asciutta.
- E’ rimasta qui dal picnic ai Boboli… - spiegò, offrendogliela dopo essersela passata sui capelli come se fosse stata un’asciugamano.
Grantaire lo imitò, ma per sbaglio gli diede una gomitata nelle costole.
- Scusa! – esclamò immediatamente.
Lo spazio lì dentro era così stretto che, seduti, erano costretti a stare spalla contro spalla.
- Hai freddo? – chiese dopo un po’ Enjolras, che aveva monopolizzato l’uso della coperta senza pensarci.
Il compagno scosse la testa e rispose con un’altra domanda.
- Non soffrivi di claustrofobia? –
Il biondo inarcò un sopracciglio, stupito dal fatto che se lo fosse ricordato.
- Più che claustrofobia soffro quando sono in spazi ristretti con molte persone. Ma adesso siamo in due soltanto, quindi credo vada bene, ecco… - spiegò un po’ in imbarazzo.
- Sei proprio sicuro di non volere la coperta? – chiese di nuovo, dal momento in cui Grantaire aveva iniziato a tremare.
Questo scosse nuovamente la testa.
- Tranquillo, tutto ok. Tanto è solo un temporale estivo, fra poco smette… -
Peccato che, un’ora dopo, il temporale fosse addirittura peggiorato.
Improvvisamente Enjolras, mezzo assopito, avvertì un peso sulla sua spalla.
Voltò lentamente la testa, ma il suo viso venne in contatto con qualcosa di morbido e riccioluto.
Ah, erano i capelli di Grantaire…
- Grantaire? – domandò, un po’ irrigidito dalla situzione.
- Grantaire? –
Per tutta risposta il ragazzo fu scosso da un brivido e si sistemò meglio sulla sua spalla: si era addormentato.
Enjolras sospirò, guardandosi intorno nel buio.
La coperta era abbastanza grande per entrambi e… Oh, dai, nessuno avrebbe potuto vederli!
Cercò di non sentirsi stupido e passò un braccio attorno alle spalle di Grantaire, così da riuscire a coprire anche lui con il plaid.
Il moro emise un versetto di approvazione, ma non accennò a svegliarsi.
Enjolras curvò impercettibilmente le labbra verso l’alto, poi si arrese alla stanchezza e appoggiò la guancia sul capo di Grantaire.
In meno di cinque minuti dormiva anche lui.
Nel frattempo Courfeyrac e Jehan avevano trovato riparo in una vecchia cascina in mezzo alle vigne; non era una reggia, certo, ma almeno avevano abbastanza spazio per stare seduti con le gambe distese e dentro non faceva freddo come fuori.
E in più erano all’asciutto.
A Courfeyrac sarebbe anche potuto sembrare divertente, se solo Jehan non avesse tremato come una foglia.
- Torniamo indietro. – aveva detto quando erano cadute le prime gocce di pioggia.
Courf l’aveva preso in giro sostenendo che non aveva il coraggio di percorrere tutto il sentiero in mezzo alle vigne fino in paese, ma presto aveva dovuto ricredersi e dargli ragione, tornando indietro fino a quella cascina che era stata il loro riparo di fortuna.
- Non avrai mica paura dei temporali… - aveva osservato nel notare i fremiti incontrollati che coglievano il ragazzo ad ogni tuono.
Jehan si era seduto per terra e aveva portato le ginocchia al petto nel tentativo di calmarsi.
- Ero piccolo… Avrò avuto quattro o cinque anni, abitavamo ancora in Provenza… - aveva esordito, la voce incrinata dalla paura.
- Eravamo andati a fare una passeggiata nel bosco, io, i miei genitori e degli amici di famiglia. A un certo punto, non so perché, mi allontanai dal gruppo e mi  persi; scoppiò un violento temporale, e i miei genitori mi ritrovarono tre ore dopo nascosto sotto le radici di una quercia. Ho il terrore dei temporali, da quel giorno…. – aveva spiegato, sobbalzando al flash di un fulmine particolarmente vicino.
Ed era così che si era visto costretto ad abbracciare Jehan per cercare di calmarlo.
- Coraggio, dai… Non può succederti niente, è una cosa irrazionale! –cercò di riportarlo sulla via della ragione.
- Lo so che è irrazionale! La paura è irrazionale! – squittì in preda al panico, gli occhi colmi di lacrime.
- Dai Jehan, non è niente… - ma un tuono più violento degli altri gli fece ritorvare il viso del poeta affondato nella felpa e le mani artigliate alla schiena.
In realtà capiva Jehan, lo capiva perfettamente: lui aveva paura delle api. Quei subdoli insetti non gli erano mai andati a genio, ma da quella volta in cui sua sorella aveva finto uno shock anafilattico in seguuito a una semplice puntura –erano soli in casa-, Courfeyrac perdeva ogni capacità di pensiero razionale di fronte a qualsiasi insetto volante provvisto di pungiglione.
Come fare per tranquillizzare l’amico, allora?
- Shhh, va tutto bene, ci sono qui io… - si trovò a sussurrare dolcemente mentre accarezzava piano la schiena del compagno in un vano tentativo di calmarlo.
L’ennesimo schianto di tuono fece sobbalzare Jehan, che si strinse ancora di più a lui, terrorizzato come un bambino.
- Stai tranquillo, non è niente… Sono qui con te, non sei da solo… Non è niente, Jehan… - ripetè per l’ennesima volta, sentendo il cuore del ragazzo che batteva all’impazzata contro il suo petto.
Si accorse però che il cuore di Jehan non era l’unico a star battendo come un forsennato, e Courfeyrac si rese conto che, anche se era stato come un fulmine che aveva illuminato all’improvviso la sua coscienza pigra ed egocentrica, il temporale non c’entrava niente.
- Jehan, ho appena avuto una Madeleine…*** - sillabò, gli occhi sgranati di sopresa e incredulità.
- Come? – fece il poeta, stupito dal sentire simili parole in bocca a uno come Courf.
Trasse un profondo respiro per calmarsi e alzò lo sguardo, impreparato a vedere nella luce della saetta le iridi verdi di Courfeyrac che lo fissavano sorridendo dolcemente.
Fu un attimo, il ragazzo affondò una mano nei suoi capelli biondo cenere, all’altezza della nuca, e lo avvicinò a sé in un movimento deciso e delicato.
Jehan non si accorse nemmeno del tuono che scosse la cascina, quando con un fremito assaporò per la prima volta le labbra esperte di Courfeyrac.
Adesso il suo cuore faceva decisamente più rumore.




















 
Note:

*Esistono. Ve lo giuro. Se nessuno ne ha mai visto uno, non sapete che cosa vi perdete. Una cinesata allucinante, sì, ma gli ombrelli a due posti sono qualcosa di epico! xD
Comodi anche per quando si ha una borsa particolarmente ingombrante, fra l’altro…. V.V
 
**L’ Editto di Saint Cloud, per chi non lo sapesse, è un decreto emanato sotto l’Impero di Napoleone tramite il quale si proibiva la sepoltura dei defunti entro le mura cittadine, più per motivi sanitari che altro.
Poi Foscolo ci ha scritto sopra quell’allegra poesiola dal nome tanto invitante (“Dei Sepolcri”), ma questa è un’altra storia…  xDDD
 
***Coloro che hanno letto “Alla Ricerca del Tempo Perduto” di Proust (quindi spero nessuno xD) sapranno cosa intendo con “avere una Madeleine”.
Per tutte le persone normali che sono scampate a questa tortura, invece, “avoir une Madeleine” è un modo di dire per indicare un ricordo che riaffiora alla mente dopo anni, o più genericamente una realizzazione subitanea, una sorta di epifania, per dirla come Joyce.
In ogni caso, un riferimento letterario simile in bocca a Courf è abbastanza inusuale, ed è per questo che Jehan rimane stupito. V.V
 
 
 



Oh-là-là-là!
Questo capitolo. QUESTO CAPITOLO.
Signori, ce la stiamo facendo. Dopo la bellezza di undici luridi e noiosi capitoli, Enjolras si è svegliato. Non ufficialmente, ma si è svegliato.
Propongo un applauso e un brindisi a quella testa di rapa... xDDD
In tutta onestà pensavo che Enj si sarebbe arabbiato a trovare i disegni di Taire, ma quel piccolo rivoluzionario psicopatico è strano, e alla fine guardate un po' cosa ci combina... <3
Eponine... Quella ragazza è un genio. No, davvero, ma da dove se le tira fuori queste idee malsane? xD
Che poi, a giudicare da come si sono evolute le cose durante la passeggiata notturna, non era malsana per niente, come idea! <3
Ignorando il momento-diabete fra Joly e Bossuet, che sennò scrivo un papiro, sorvolando su Enj e Taire, che FINALMENTE si sfiorano... xDDD
Courf e Jehan. Oh Patria, Courf e Jehan.
E' andata. Taire aveva ragione, aveva solo bisogno di tempo, di uno scrollone, di qualcosa.
E bravo Courf, hai evitato il linciaggio da parte del pubblico appena in tempo!
Ma se pensate che tutto si sia risolto sappiate che fra quei due le cose non sono ancora del tutto sistemate...
Ma adesso basta, o spoilero tutto... xD
Ora, COMUNICAZIONE DI SERVIZIO!
Dalla settimana prossima, causa Università, incominceremo a pubblicare una volta sola alla settimana. Dobbiamo ancora decidere il giorno, vi faremo sapere tutto nelle note del capitolo di Venerdì... V.V
Come al solito, grazie a chi ci recensisce, segue, preferisce o solo legge.
Ci riempie di gioia sapere che il nostro lavoro viene apprezzato, vi adoriamo! <3
 
Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XII ***



~Capitolo XII













Era passata da poco l’una di notte quando il temporale finalmente si spostò verso sud, lasciando i campi attorno all’agriturismo in un silenzio quasi surreale.
Fu appunto il silenzio a svegliare Grantaire.
La prima cosa di cui si rese conto quando ebbe ripreso conoscenza fu che era bagnato fradicio e aveva un freddo cane.
Solo dopo notò l’altro particolare.
Inizialmente credette di essere ancora addormentato, credette di essere in quello stato di dormiveglia in cui i sogni si mescolano alla realtà creando uno strano senso di sovrapposizione, ma il calore che emanava il corpo di Enjolras, così vicino al suo, non poteva essere frutto di un sogno.
Grantaire, irrigidito e sbalordito, cercò di spostarsi senza svegliare il suo Apollo.
Il ragazzo però, infastidito da tutto quel movimento, mugugnò qualcosa nel sonno e si accoccolò meglio all’artista, che si sentì arrossire fino alla punta dei capelli.
Poi Enjolras aprì gli occhi.
- Ah! Oh… Scusa! Io… Non! Cioè! Oh, Patria! – il biondo fece per schizzare in piedi in preda all’imbarazzo, ma dovete aver dimenticato il luogo in cui si trovavano e diede una poderosa gomitata alla parete di granito nero.
Taire, che non osava emettere alcun suono nel timore che Enjolras potesse insultarlo, non riuscì però a trattenere una risata.
- Piano, Apollo! – esclamò mentre il ragazzo tornava a incastrarsi accanto a lui.
- Scusa, mi sono addormentato, non… - cercò di spiegare, senza tuttavia trovare nessun argomento valido per scagionarsi.
Grantaire fece spalluce.
- Nessun problema… Ha smesso di piovere! Cosa ne dici se ce ne torniamo a casa prima di affogare? – suggerì, uno strano sorriso a perdersi nel buio.
Enjolras si limitò ad annuire e strisciare fuori, mentre il compagno arrotolava la coperta mezza fradicia e gliela infilava nello zaino.
Il leader inspirò una boccata d’aria fresca e sbuffò: in cielo, adesso, brillavano le stelle.
Quanto tempo era passato da quando si erano rifugiati al cimitero? Per quanto tempo era rimasto abbracciato a Grantaire? Dio, il solo pensiero lo riempiva di vergogna… Cos’avrebbe pensato adesso di lui lo scettico?
Scosse la testa cercando di scacciare quelle domande inopportune e infilò una mano nella tasca dei jeans alla ricerca del cellulare.
- Forse è meglio avvisare gli altri che stiamo bene… - spiegò mentre si apprestava a digitare il numero di Combeferre.
Peccato che la linea fosse completamente assente.
- Sarà stato uno di quei fulmini… Vedrai che gli altri se ne saranno tornati a casa! – l’artista fece spallucce e lo affiancò.
Parve esitare un momento, la mano a mazz’aria come se avesse interrotto un gesto spontaneo, poi proseguì percorrendo a ritroso il sentiero per l’agriturismo e fischiettando un motivetto che Enjolras riconobbe come la Marsigliese.
Il giovane scosse la testa senza notare che, anziché la solita espressione contrariata e scocciata, le sue labbra esibivano adesso un sorriso dolce e carico d’affetto.
Giunti all’agriturismo stanchi morti e terribilmente infreddoliti, non si preoccuparono nemmeno di controllare se gli altri fossero tornati, fecero entrambi una doccia rovente e si ficcarono sotto le coperte.
Enjolras chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
Gli sembrava impossibile che da quando aveva visto Grantaire abbracciare Jehan in giardino fosse passato solamente un giorno.
La sensazione di inspiegabile angoscia che l’aveva tenuto sveglio la notte prima e che gli aveva fatto tenere il broncio per tutta la mattina era completamente scomparsa, sostituita da una strana pace ogni tanto intervallata da un’euforia mai provata prima.
- Buonanotte, Apollo… - sussurrò Grantaire sistemandosi a pancia in giù.
Il biondo sorrise nell’oscurità.
- Buonanotte… - replicò.
Forse, finalmente, aveva capito.
Il mattino dopo, quando si svegliò, il letto dalla parte di Grantaire era vuoto.
Si alzò e si vestì di fretta, preoccupato dall’assenza del ragazzo, e fu solo quando si ricordò di controllare l’ora sul cellulare che si tranquillizzò: erano le dieci del mattino.
Come aveva potuto dormire fino alle dieci del mattino? Proprio quel giorno, poi! Ferre l’avrebbe sicuramente ucciso!
Aveva giù una mano sulla maniglia della porta quando si accorse del pezzetto di carta poggiato sul suo comodino.
Troppo curioso, tornò sui suoi passi e prese il bigliettino, rigirandoselo fra le mani e scrutandolo attentamente.
La calligrafia era elegante e tagliente allo stesso tempo, inconfondibile nonostante, e di questo si rese conto con un certo stupore, quella fosse la prima volta che leggeva qualcosa scritto di pugno di Grantaire.
Mi ha scritto Ponine, visto che ieri siamo tornati tutti a notte fonda oggi scendiamo per pranzo. Io esco a disegnare, ci vediamo più tardi… -R
Beh, se non altro Combeferre non l’avrebbe scuoiato vivo per essersi presentato in ritardo alla giornata dei musei gratis ventiquattr’ore su ventiquattro…
Infilò il bigliettino in tasca senza pensarci e uscì dalla camera alla ricerca dell’artista.
Nel frattempo, di fronte alla sala colazioni, gli altri stavano raccontando le loro personali avventure della nottata precedente.
- E’ stato epico. Non ha nemmeno fatto in tempo a finire la frase che già pioveva! – scherzò Joly, mentre Bossuet accanto a lui faceva spallucce.
- Noi ce ne siamo tornati indietro subito, tanto Marius sarebbe morto prima di terminare la prova di coraggio… - commentò Cosette con un’alzata di sopracciglia mentre il suo ragazzo avvampava e gli altri scoppiavano a ridere.
- Noi siamo quelli che se la sono cavata meglio, mi sa… - ridacchiò sotto i baffi Eponine.
- Che avete combinato? – domandò Jehan.
Fu Combeferre a rispondere tutto divertito.
- C’era un casolare lungo il nostro sentiero. Abbiamo bussato sperando che i padroni di casa potessero prestarci un ombrello e invece ci hanno invitati dentro e abbiamo passato la notte da loro! – rise soddisfatto di fronte alle espressioni invidiose degli altri.
- Sapeste che cari! Erano una coppietta sulla sessantina, sapevano entrambi il Francese e sono stati gentilissimi! – aggiunse Ponine.
- E voi invece come ve la siete cavata? – chiese poi a Courfeyrac e Jehan, che ancora non avevano raccontato nulla della loro nottata.
Il poeta avvampò e lanciò un’occhiata imbarazzata all’angolo del corridoio, pregando in una qualche apparizione miracolosa.
Caso volle che Grantaire avesse deciso di tornare in camera proprio in quel momento.
- Ciao, ragazzi! – salutò con un sorrisone alzando al cielo la lattina di birra ormai quasi vuota.
- Oh, Taire! Ho bisogno di una mano, vieni un secondo! – esclamò Jehan afferrandolo per un polso e trascinandolo ai piedi delle scale, lontano dagli altri, mentre Courfeyrac raccontava di essersi riparato con l’amico in una vecchia cascina, rimanendo tuttavia sospettosamente sul vago.
- Cosa succede? – domandò Grantaire, un po’ preoccupato dal comportamento del poeta e dal suo viso ora bianco come un lenzuolo, ora rosso acceso.
- Taire. Taire, aiutami. E’ successo un casino… - sussurrò guardandosi intorno circospetto.
L’artista sospirò.
- Quanto è grave da uno a dieci? – domandò ironico, abituato alle perenni esagerazioni del ragazzo.
- Centoventi. –
Grantaire alzò gli occhi al cielo.
- Cosa vuoi che sia successo? Ti ha letto le poesie? Figurati se quel troglodita di Courf capisce che sono dedicate a lui! –
Ma lo sguardo basso e le mani intrecciate del poeta lo ridussero al silenzio.
- Jehan? –
- Ci siamo baciati. –
Quella frase, pronunciata con un filo di voce, sussurrata a tal punto da sembrare un’allucinazione, debole e eterea come la bruma del mattino, cadde nel silenzio con il tonfo di una palla di cannone.
- COSA?! – esclamò Grantaire sporgendosi in avanti.
- Ssssh!!! Zitto! – lo supplicò l’amico agitando le mani e diventando, se possibile, ancora più rosso di quanto già non fosse.
- Non lo so, è un casino, te l’ho detto… C’era il temporale e ci siamo riparati in una cascina… E sai come reagisco ai temporali… -
Grantaire annuì, troppo curioso per cedere al sarcasmo che normalmente l’avrebbe colto al ricordo di Jehan quella volta che era stato costretto a fermarsi a dormire da lui a causa della pioggia.
- Ecco… Insomma, eravamo abbracciati… Ma solo perché io ero nel panico, eh! Lui non… Cioè, lo sai che per lui io non… -
- Taglia corto, Prouvaire! – Taire sembrava ormai una ragazzina affamata di gossip.
- Niente. Mi ha baciato. E io sono tipo morto. Cioè, non me l’aspettavo, così a bruciapelo… -
Nel frattempo Grantaire stava emettendo i sibili di una pentola a pressione.
- Era ora! – urlacchiò, incapace di contenere la gioia, prima di abbracciarlo e di scompigliargli i capelli in un gesto affettuoso.
Jehan si divincolò, in volto la disperazione più totale.
- No, Taire! Non capisci! E se me lo fossi sognato? Se in realtà lui non avesse mai fatto niente? –
L’artista gli scoppiò a ridere in faccia.
- Ma fammi il piacere! Scusa, ma non avete fatto nient’altro? Cioè. Solo un casto bacetto? –
Jehan arrossì al ricordo di un bacio che avrebbe definito tutto fuorchè casto, eppure, suo malgrado, non poteva dare corda alle supposizioni di Grantaire.
- No. Aveva smesso di piovere e siamo tornati a casa. Ci siamo subito messi a dormire senza dire niente. Cioè. Lui si è messo a dormire. Io ho passato il resto della notte in bianco… Ho fatto un casino, Taire… Ho fatto un casino… -
Lo scettico trasse un profondo sospiro e gli mise una mano sulla spalla, obbligandolo a guardarlo negli occhi come aveva fatto due notti prima.
- Jehan. Piccolo gigante Jehan. Se Courfeyrac ti ha baciato mi risulta difficile credere che l’abbia fatto per sbaglio. Casino dici? Mi pare che sia lui ad aver preso l’iniziativa… -
- Ma dopo… - cercò di contraddirlo il poeta.
- Dopo un corno, se non gli lasci intendere niente è chiaro che torna sulle sue! Vedrai che oggi tutto si sistemerà, fidati di me… -
Rimasero un momento in silenzio a guadarsi negli occhi, azzurro torbido nell’acquamarina, poi Grantaire sorrise.
- Te lo sei meritato… - sussurrò facendo per stringerlo a sé.
- Ah, eccovi! Avete visto Enjolras? – la voce di Marius risuonò allegra e squillante nel corridoio, e Grantaire e Jehan si allontanarono con un movimento brusco, quasi avesse dato loro fastidio l’essere stati colti in quel momento di intimità.
Proprio in quel momento Enjolras, lo zaino in spalla e la mano in tasca ancora stretta attorno al biglietto di Grantaire, scendeva le scale.
Non disse nulla, gli altri si accorsero della sua presenza solamente grazie al rumore dei suoi passi.
Jehan sorrise timidamente e si allontanò con una scusa, di nuovo bianco come un cencio; Marius, fattosi un po’ più furbo durante la vacanza, capì che tirava una brutta aria e se ne tornò dalla sua Cosette senza farselo ripetere due volte.
Solo Grantaire rimase dov’era, in volto un’espressione seria e senza nome.
Nel frattempo, sui bei lineamenti di Enjolras, regnava il gelo.
Non vi era più traccia del sorriso sincero e felice della notte prima, la sua gioia era stata uccisa come da una gragnuola di proiettili di ghiaccio.
Cosa stavano facendo Grantaire e Jehan? Cosa avrebbero fatto se Marius non li avesse interrotti?
Improvvisamente rivide davanti ai suoi occhi una scena che era certo di aver chiuso a doppia mandata nelle più recondite profondità della sua memoria.
Era una serata di fine Novembre, la vigilia di un esame particolarmente difficile. Non erano venuti in molti al Musain, ognuno impegnato nelle proprie commissioni. Era rimasto fino alle sei per farsi interrogare da Combeferre mentre Courfeyrac messaggiava imperterrito con la sua nuova conquista. Jehan scriveva seduto in un angolo e Grantaire, dalla parte opposta, mugugnava chissà cosa in preda ai fumi dell’alcool.
Alla fine se n’era andato assieme a Ferre e Courf ed era stato solo dopo un centinaio di metri che si era accorto di aver dimenticato il quaderno con gli appunti nella saletta sul retro del Musain. Aveva lasciato che i suoi amici proseguissero ed era tornato indietro a recuperare il suo quaderno. Solo, una volta aperta la porta, aveva assistito ad una scena che lo aveva fatto rimanere di sasso.
Grantaire era ancora sul divanetto, seduto dove l’aveva lasciato, ma adesso Jehan se ne stava a cavalcioni su di lui, le mani dell’artista che gli accarezzavano dolcemente la schiena mentre le labbra erano impegnate in un bacio carico di sentimento.
Basito e sconvolto, non aveva avuto il coraggio di muoversi finchè non aveva visto le mani di Jehan che si intrufolavano sotto alla maglietta di Grantaire. Quando poi anche lo scettico aveva iniziato ad armeggiare con la cintura dei pantaloni di Prouvaire, Enjolras aveva ritenuto opportuno sparire dalla circolazione e aveva richiuso la porta facendo il meno rumore possibile. Non aveva recuperato il quaderno, ma in tutta onestà non gliene fregava davvero un granchè, tutto quello a cui puntava era dimenticare quella scena il più in fretta possibile.
Eppure adesso, a mesi e mesi di distanza, lo stesso sentimento melmoso e gelido si era impadronito di lui.
Lo sguardo di Enjolras tornò ad essere quello freddo e distante che aveva visto nel ritratto del David, i pugni si strinsero automaticamente, e a sentire il pezzetto di carta nella tasca dei jeans, il ragazzo percepì con chiarezza un dolore acuto e bruciante, come una stilettata nel cuore.
Si morse le labbra e rivolse a Grantaire uno sguardo lungo, silente e disperato, prima di scendere le scale e camminare a passo spedito verso Combeferre e Courfeyrac.
Per la prima volta da quando si conoscevano, le parti erano invertite.
Mangiarono in centro, ma fu un pasto frugale: Combeferre voleva farsi fruttare la giornata il più possibile.
- Quando mai ci ricapiterà un’occasione simile? Tutti i musei gratis fino alla mezzanotte, dobbiamo approfittarne! – continuava a ripetere trascinando gli amici da un museo all’altro.
Forse, però, fu un’idea saggia, perché distrutti com’erano da tutta quella cultura, nessuno ebbe il tempo di accorgersi dello strano ronzarsi attorno di Jehan e Courf, né dell’aria abbattuta di Enjolras.
Fu verso l’ora di cena, dopo la visita a Palazzo Vecchio, che finalmente accadde qualcosa.
Erano seduti a tavola in attesa di essere serviti, e Bossuet stava raccontando agli amici une delle sue svariate e comicissime disgrazie.
Stavano ridendo tutti a crepapelle, quando in un movimento fluido e spontaneo, Courfeyrac fece scivolare la mano sotto a tavolo fino a intrecciarla a quella di Jehan, seduto accanto a lui. Il ragazzo fu percorso da un fremito e arrossì vistosamente, ma ricambiò la stretta con dolcezza, tenendo lo sguardo basso.
A Grantaire, seduto dall’altro lato di Jehan, il gesto non passò inosservato, così come non gli passò inosservato il fatto che Enjolras non stesse ridendo con gli altri, bensì avesse lo sguardo perso nel bicchiere di vino di Ferre, seduto a capotavola accanto a lui.
- Apollo… - lo chiamò sottovoce.
Il biondo aggrottò leggermente le sopracciglia e rispose con un vago “mh”, senza tuttavia guardare negli occhi Grantaire.
 - Non ti sarai mica ammalato? –
A quella domanda Enjolras si voltò di scatto.
- No che non mi sono ammalato! Sto bene, sono solo… solo stanco, ecco… - e, a sottolineare le sue parole, si passò una mano sugli occhi.
-  Scusami, è che stanotte ho dormito male… - mentì cercando di fingere un sorriso.
Grantaire però era fin troppo pratico di sorrisi falsi per credere alle parole di Enjolras senza che il dubbio si insinuasse in lui.
Dopo cena la combriccola approfittò della bella serata e fece una passeggiata in centro.
- Perché non ci prendiamo un bel gelato? – fece improvvisamente lo scettico indicando l’insegna luminosa di una gelateria.
- Tanto io qui ormai ci sono di casa… - commentò con un’occhiatina complice a Courfeyrac mentre entravano nel negozio.
Mentre Jehan e Joly discutevano su quale gusto scegliere fra la vasta scelta offerta, Marius si avvicinò a Courf e gli bisbigliò qualcosa nell’orecchio. Il moro parve esitare un momento, il solito sguardo brichino sostituito da una luce più seria.
- Ehm, magari stasera… - incominciò, ma Marius sembrava ben intenzionato a non demordere.
- Eddai, non dirmi che hai paura! – lo punzecchiò.
Courfeyrac si drizzò in tutta la sua statura.
- Paura io? Giammai! – scherzò, prima di abbassare nuovamente il tono di voce.
- Però solo il numero, ok? –
Andarono a sedersi sui gradoni della Loggia degli Uffizi, Combeferre che continuava a lamentarsi del fatto che stessero sprecando la serata.
- Ferre, lo sai che ti amo, vero? – fece a bruciapelo Eponine, accarezzandogli il viso.
Il ragazzo avvampò e prese a balbettare imbarazzato.
- Ehm… sì… -
- Ecco, allora lascia che ti dica una cosa con tutto l’amore che provo per te: BASTA MUSEI! – esclamò suscitando l’applauso del gruppo, prima di baciarlo dolcemente.
A quella vista Courfeyrac parve pendere una decisione.
Si alzò in piedi senza fiatare e si diresse a grandi passi verso le scale di Palazzo Vecchio, dove da svariati minuti una ragazza se ne stava seduta sorseggiando una birra direttamente a collo dalla bottiglia.
- Eccolo che parte all’attacco… - soghignò Marius, portando l’attenzione di tutti gli Amis sul ragazzo.
Enjolras scosse il capo e sospirò irritato.
- Spero si renda conto che questa non ce la possiamo trascinare fino all’agriturismo… - commentò.
Grantaire divorò quanto restava del suo gelato meccanicamente, lo sguardo puntato sulla ragazza che rispondeva ridacchiando alle domande di Courfeyrac.
Dalla Loggia non si riusciva a sentire cosa stessero dicendo i due, ma dal loro gesticolare sembrava che se la intendessero parecchio.
Dopo un po’ che conversavano, Courfeyrac le passò un braccio attorno alle spalle.
Ormai il gioco era fatto.
La ragazza gli offrì un sorso di birra e disse ancora qualcosa, poi si sporse in avanti e gli diede un bacio sulle labbra.
Proprio in quel momento un gruppo di turisti giapponesi si piazzò di fronte a loro e prese a fotografare il Palazzo, ostruendo la vista agli Amis.
Quando i turisti se ne andarono la ragazza era scomparsa e Courfeyrac stava tornando sventolando il cellulare.
- Pontmercy, baciami i piedi! – esclamò.
Jehan, accanto a Grantaire, si alzò in piedi senza emettere un fiato e si mosse verso la piazza.
L’artista lo afferrò per un braccio con l’intenzione di fermarlo, ma lo sguardo che gli rivolse l’amico fu sufficiente affinchè lasciasse la presa.
Jehan affrettò il passo prima che qualcun altro potesse accorgersi dei suoi movimenti, finchè non si ritrovò a correre fin dentro il cortile interno di Palazzo Vecchio.
- Courfeyrac! Non è possibile, hai ottenuto il suo numero in meno di mezz’ora! – si lamentava nel frattempo Marius.
- Nessuno ha mai vinto una scommessa contro di me, Pontmercy, dovresti saperlo… - scherzò Courf rivolgendo lo sguardo a Grantaire.
Gli occhi gelidi dell’amico, però, lo riportarono sulla terra come una scarica elettrica.
Si guardò attorno e notò l’assenza del compagno di stanza.
- Dove… ? – sussurò.
Lo scettico indicò la torre del Palazzo con un cenno della testa.
Non fece nemmeno in tempo a proferire parola che Courfeyrac era già partito di corsa, suscitando lo stupore degli amici.
- Che cosa fa? – domandò Enjolras, confuso.
Le labbra di Taire si tesero in uno strano sorrisetto.
- Rimedia alle sue stronzate, spero. –
Firenze vista dall’alto, di notte, era forse ancora più bella che di giorno.
Le luci della città si diramavano come la tela di un ragno a perdita d’occhio nella campagna. Dalla piazza si udiva il chiacchiericcio dei turisti e una musica dolce dalla melodia rinascimentale giungeva dai saloni del Palazzo.
Jehan se ne stava affacciato a una delle bifore che davano sulla piazza, muto ed immobile, con il cuore gonfio di disperazione.
Non parlò finchè Courfeyrac non fu accanto a lui.
- Vattene. – sibilò, cercando di mantenere la voce ferma e gelida.
Il ragazzo vacillò, ma non si diede per vinto. Si affacciò alla finestra accanto a lui, ma il giovane poeta si voltò dall’altra parte, ben deciso a non farsi vedere in volto.
- Ti ho detto di andartene. Voglio restare un po’ da solo. –
- Jehan, io… - incominciò il moro, ma venne presto interrotto.
- Ti prego, Courfeyrac… - ma la sua voce era spezzata così come il suo respiro.
Courfeyrac deglutì e si morse un labbro, poi si avvicinò e cercò di mettergli una mano su una spalla per confortarlo, ma l’altro si divincolò.
- Lasciami stare, ti prego! Per quanto hai ancora intenzione di prendermi in giro? Per quanto ancora vuoi prenderti gioco di questo deficiente? Sì, Courfeyrac, sono un cretino, un cretino senza speranze, ma questo non significa che io non abbia i miei sentimenti!-
- Aspetta un momento, Jehan! Cosa stai… ? – ma venne nuovamente interrotto dal fiume di parole che sgorgavano direttamente dal cuore lacerato del ragazzo.
- D’accordo. D’accordo, fai come vuoi. Dopotutto io non sono nessuno per impedirti di continuare a provarci con qualsiasi cosa che respiri, no? Insomma, perché mai dovrei sperare che uno come te possa interessarsi in qualsiasi modo a uno come me? – e ormai il suo corpo esile era completamente scosso dai singhiozzi.
- Cosa mai potresti trovare di interessante in uno come me? Niente, è chiaro! Sono stato un idiota, un illuso! Sono uno stupido… Non avrei mai dovuto innamorarmi di te… sono uno stupido… - continuava a ripetere, la voce rotta dal dolore e dalla disperazione.
Courfeyrac si avvicinò piano e lo abracciò stretto, Jehan era ormai così distrutto da non avere nemmeno più la forza di allontanarlo.
Se ne stava inerme fra le sue braccia come una bambola rotta.
- Jehan, non sei uno stupido… - sussurrò baciandogli i capelli e stringendolo a sé.
- Sono io l’idiota. Ci ho messo una vita a capire, e nonostante tutto avevo paura che non… Ieri sera, sai… Non ho chiuso occhio. Avevo paura che non mi avresti mai più rivolto la parola… -
Jehan alzò lo sguardo, gli occhi arossati dalle lacrime e qualche singhiozzo ancora a scuotergli le spalle.
- Anche io… - confessò.
Courfeyrac sorrise e arrossì, ma era troppo buio in cima alla torre perché potesse notarsi.
- E poi oggi, davanti a tutti gli altri… Temevo che, ecco… E quello che è successo stasera non significa niente. E’ quel cretino di Marius che mi ha sfidato, sai. Era una scommessa… Dio, Jehan, sono un idiota, ho fatto un casino… -
Jehan tirò su col naso e cercò di asciugarsi gli occhi, incatenato allo sguardo agitato e imbarazzato di Courfeyrac.
- Si, hai fatto un casino… - replicò, avvicinandosi impercettibilmente al ragazzo.
Quello gli passò il dorso della mano sulla guancia per asciugargli le lacrime e sorrise.
- Accetteresti le scuse sempre insufficienti di questo cretino? – domandò, a un soffio dalle sue labbra.
Jehan si limitò ad annuire, mentre Courfeyrac gli prendeva il viso fra le mani.
- Jean Prouvaire, ti amo… -
E quella confessione, sussurrata con timidezza e decisione allo stesso tempo, andò a mescolarsi ai baci che quella notte, a casa, si sarebbero mutati in qualcosa di più desiderato, di più atteso.
Quella notte fu Jehan a sistemare un calzino sulla maniglia della porta della 204, prima che Courfeyrac, perdendosi nel suo sorriso radioso, lo trascinasse con sé fra le lenzuola.















 
Note:

Signore e Signori, se dio vuole ce l'abbiamo fatta!
Chiediamo scusa in ginocchio sui ceci per l'imperdonabile ritardo, ma l'Università e un problemino tecnico alla linea Internet ci hanno impedito di aggiornare Venerdì scorso come promesso.
Eccoci qui, dunque, con il capitolo 12.
Dai Enj, facciamo tutti il tifo per te!
Finalmente il nostro leader preferito ha ammesso almeno a se stesso di avere un cuore che batte. Oh, era proprio l'ora!
Ma- ... Ahiahi. Grantaire e Jehan. Oh-oh. Complicazioni in vista, eh Apollo? ~
Chissà se il ricordo sopito di Enjolras vi ha sconvolti tanto quanto ha sconvolto lui? Ebbene, quella scena che il caro rivoluzionario aveva ricacciato così magistralmente nei più reconditi anfratti della sua memoria è spuntata adesso a rendere le acque un po' più torbide.
Giusto perchè non poteva filare tutto liscio, no? xD
Nel frattempo vorrei portare l'attenzione su come Eponine e Combeferre hanno affrontato il diluvio la sera prima.
Ma si può avere più cul- ahem, fortuna?! Direi che hanno vinto loro su tutta la linea... xD
Altro punto di fondamentale importanza: PONTMERCY, SEI UNA CAPRA!
Beh, anche Courf è una testa di ghisa, ma stavolta... no, ok, non ci sono scusanti.
Povero piccolo Jehan con il cuore a pezzi... Ma alla fine anche questi due hanno chiarito e... ma riuscite a immaginare il sorriso del nostro piccolo poeta? Mi sto sciogliendo, non si può essere così dannatamente adorabili... <3 <3 <3
Insomma, tutte le coppie della nostra storia si sono infine formate.
Tutte eccetto una.
Ebbene, preparatevi, perchè nel prossimo capitolo assisterete a un evento dalle ripercussioni   e p o c a l i ...
Noi lo chiamiamo "LA COSA", con tutte le maiuscole del caso. Voi potete chiamarlo un po' come volete, basta che teniate a mente un piccolo particolare: ricordate il filmino che Marius fece la sera della sbronza di gruppo? Ebbene, presto ne sentiremo di nuovo parlare, e da quel momento in poi nulla sarà più come prima... <3

Adesso concludiamo con qualche noiosa ma sempre utile INFORMAZIONE DI SERVIZIO.

1) Se per voi va bene si pensava di continuare a pubblicare il Martedì, Uni permettendo. Nel caso ci fossero problemi la pubblicazione non dovrebbe comunque mai superare la settimana di ritardo.

2) Siccome siamo buone (o sadiche, dipende dai punti di vista), abbiamo pensato di intrattenervi fra un capitolo e l'altro di TAUM con la nuova creazione di Ame, che dovremmo pubblicare Venerdì. Si tratta di una mini(?) long, ergo non durerà secoli e secoli come TAUM, ma in questo modo dovremmo assicurarvi di pubblicare qualcosa sempre e comunque due volte alla settimana!
State all'occhio, quindi! ~

3) Non ho davvero un punto 3 da comunicarvi, ma fa figo e quindi lo metto comunque.
Ah, giusto! Chiedo scusa per eventuali -e so che ci sono- errori di battitura o intollerabili ripetizioni. Ne vengo da due ore di Filosofia Morale e ho il cervello ridotto in pappetta. Correggerò appena ne avrò la facoltà... xD


A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura, buon proseguimento, ringraziavi come sempre per il supporto che ci date e salutarvi coprendovi di baci.
A Martedì prossimo! <3

Ps: BRACE YOURSELVES, THE THING IS COMING! (Almeno metti il segnetto "-Cit" CAPRA QUANTO MARIUS. By Ame <3 )

Au revoir et Vive la France
Ame&Koori

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII ***


~Capitolo XIII









Courfeyrac fu svegliato da un sottile raggio di sole che filtrava attraverso le imposte accostate.
Come ogni mattino impiegò qualche secondo per acquistare completamente conoscenza, e la luce puntata proprio sui suoi occhi gli fece strizzare le palpebre con disappunto.
Cercò di ignorare quel fastidioso elemento di disturbo  e di tornare a dormire, ma ormai la sua coscienza si era risvegliata al cento per cento, e non aveva potuto evitare di notare quella leggera pressione sul suo petto.
Jehan era avviluppato a lui, il capo appoggiato alla sua spalla e i capelli sciolti, le labbra socchiuse in un sorriso sereno.
Courfeyrac lasciò che il suo sguardo percorresse il profilo del ragazzo, il suo naso dritto e un po’ all’insù, le guance spruzzate di timide lentiggini, le labbra sottili e rosee…
Si lasciò sfuggire un sospiro, pensando a quanto era stato stupido in quegli anni, maledicendosi per tutta la sofferenza che aveva causato a quel cuore puro e generoso.
Ancora stentava a credere che potesse essere successo davvero, che Jehan fosse davvero lì, fra le sue braccia, suo.
- Buongiorno… -
Il moro si ritrovò a specchiarsi in un paio d’occhi mozzafiato, un paio d’occhi che lo avevano stregato fin dal primo momento.
Non riusciva a capire se fossero azzurri o verdi. Verde acqua, forse, ma attribuire loro il nome di un singolo colore sarebbe stato comunque riduttivo.
- Buongiorno… - sussurrò, salutandolo con un bacio dolce e gentile.
Jehan arrossì e nascose il volto nell’incavo del suo collo, facendogli il solletico con i capelli fini tutti spettinati.
- Dormito bene? – domandò Courf con un sorrisetto obliquo.
Jehan tornò a guardarlo negli occhi e scosse la testa divertito.
- Se avessi dormito ti direi di sì… - e le sue labbra si curvarono in un sorriso che irradiava tutta la gioia del mondo.
Courfeyrac rimase un momento in silenzio, l’espressione birichina ancora sul suo volto, ma la mente già altrove.
Dio, quanto era bello quando sorrideva…
- Che ore sono? – domandò il poeta, cercando con gli occhi il cellulare nella penombra e scivolando verso il bordo del letto.
L’altro rotolò fino a bloccarlo fra il suo corpo e il materasso, un ghigno preoccupante a piegargli gli angoli della bocca.
- Presto… - sussurrò, ben consapevole che il suo comportamento stava mandando a fuoco le guance del compagno.
- Abbiamo ancora un po’ di tempo… - bisbigliò ancora baciandolo piano sul collo.
Jehan ebbe un piccolo fremito e portò una mano fra i riccioli ribelli di Courfeyrac prima che questo tornasse a piantare gli occhi nei suoi.
L’espressione del poeta, però, cambiò repentinamente: conosceva quello sguardo.
- No, Courf, ti prego, no! – esclamò terrorizzato.
Troppo tardi, la battaglia di solletico era incominciata.
Nella stanza accanto, nel frattempo, Enjolras se ne stava ad osservare il soffitto con gli occhi sbarrati. Quella notte non aveva praticamente chiuso occhio, disturbato dai rumori provenienti dalla 204.
Grantaire sembrava non aver avuto quel problema e anzi, si era addormentato quasi subito, russando come una locomotiva.
Inutile dire che, quella mattina, le occhiaie del giovane leader avrebbero fatto morire di angoscia il povero Joly.
Rassegnatosi al fatto che per quel giorno non avrebbe più potuto recuperare le ore di sonno perduto, Enjolras si alzò in piedi e si diresse in bagno, ben deciso a farsi una bella doccia rovente che scacciasse, almeno in parte, la stanchezza del giorno prima.
Il getto d’acqua calda lo investì come una cascata, inzuppando i suoi ricci biondi e lavandogli di dosso tutto il torpore.
Rimase immobile per qualche secondo, gli occhi chiusi e la mente concentrata sulle gocce che scivolavano sulla sua pelle.
Quanto era stupido…
Quindi Jehan era innamorato di Courfeyrac e non di Grantaire! Quindi, quando li aveva visti assieme in giardino, Grantaire stava cercando di consolare il poeta in seguito alla condotta di Courf!
Evidentemente l’artista sapeva ben più di quanto non lasciasse intendere sui sentimenti di Prouvaire, e questo vedeva in lui un buon confidente.
Fu in seguito a quelle considerazioni che Enjolras aprì gli occhi di scatto, il vapore a celargli i contorni degli oggetti.
L’idea che Grantaire non fosse legato a Jehan se non da un sentimento di profonda amicizia lo rendeva felice, quasi sollevato.
Era… Era gelosia, quindi?
Lui, l’amante di marmo della Patria, era geloso di Grantaire?
Una strana sensazione si impadronì di lui. Era come se qualcosa di liquido e al contempo denso stesse strisciando in lui. Era freddo e a tratti tiepido, doloroso e a tratti piacevole.
Avrebbe voluto piangere e avrebbe voluto ridere, avrebbe voluto cantare, urlare, e stare in silenzio.
Era forse impazzito di colpo?
No, e lo sapeva benissimo.
Aveva compreso ciò che gli stava capitando, ciò che ormai era successo e dal quale non poteva più sottrarsi.
Aveva visto quel sentimento brillare negli occhi degli altri, lo aveva respinto, denigrato, temuto
E adesso Enjolras capiva che l’amore, alla fine, aveva colto anche lui, nel più impensabile dei modi.
Finì di lavarsi in fretta, e con altrettanta fretta si vestì, girando la chiave nella serratura e tornando in camera giusto in tempo per vedere Grantaire stiracchiarsi e sbadigliare senza decoro.
- Buongiorno, Apollo! Dormito bene? – biascicò, ancora un po’ intontito dal sonno.
Enjolras sospirò e scosse la testa.
- Avessi chiuso occhio… - esalò con un significato radicalmente diverso da quello delle parole di Povaire, mentre il compagno di stanza esibiva un ghignetto soddisfatto.
- Se Courfeyrac aspettava ancora un po’ gli tiravo un pugno sul naso… - osservò alzandosi da letto e raspando nella valgia alla ricerca di abiti puliti.
Enjolras si lasciò cadere sul letto con un’espressione abbattuta.
- Che c’è? – domandò Grantaire, notando che il ragazzo non accennava a rispondere alla sua considerazione.
- Devo proprio essere cieco. Non mi ero accorto che Combeferre fosse innamorato di Eponine, e men che meno avrei mai immaginato che Courfeyrac provasse un sentimento simile per Jehan. E pensa che sono i miei due migliori amici… - sospirò.
- Sappiamo che non sei particolarmente empatico, ma stai tranquillo, c’è sempre un peggio a tutto! – sorrise sornione, guadagnandosi un’alzata di sopracciglia da parte del biondo.
- Beh, potevi essere come Pontmercy! – rise evitando un cuscino.
- Piantala, io ero serio! – ribatté Enjolras, distogliendo lo sguardo e puntandolo a terra.
- Credevo che Jehan fosse… Cioè, che voi due… - ma si zittì immediatamente, consapevole di aver parlato troppo.
Cosa diamine gli prendeva? Cosa gli passava per la testa? Parlare di simili argomenti proprio con Grantaire? Forse era ammattito davvero… O forse… Ah, dannazione!
L’artista scoppiò a ridere, ma era una risata strana, una risata dal retrogusto amaro.
- Pensavi che fra me e il piccolo gigante ci fosse del tenero? –
Enjolras non rispose, la risata di Grantaire si spense in un sorriso cinico.
- Forse hai ragione, forse sei davvero cieco… - sussurrò, prima di lanciargli un’occhiata densa di un sentimento che il leader non avrebbe saputo classificare, ma che gli provocò una dolorosa fitta al cuore.
- Beh, io… io esco a fare quattro passi… - balbettò il biondo staccando il cellulare dal caricabatterie e infilandolo distrattamente nella tasca dei jeans.
- Ci… ci vediamo a colazione… -
Forse, per quella mattina, era già stato detto troppo…
Due ore più tardi la combriccola era in viaggio verso Villa Demidoff.
Visitarono il giardino, ma una fine pioggerella li costrinse a ripararsi in fretta all’interno di un ristorante.
- Riusciremo a liberarci di questo tempaccio prima di tornare a casa?- si lamentò Jehan passandosi una mano fra i capelli.
Courfeyrac agitò la testa a destra e a sinistra, spruzzando goggioline qua e là come un cane.
- Piantala, Courf! – lo riprese Eponine senza riuscire a trattenere una risata.
Marius entrò nel locale sospirando, Cosette accanto a lui con un leggero broncetto ad offuscarle l’espressione.
- Ho tutti i calzini bagnati… - piagnucolò il ragazzo, mentre la fidanzata si avvicinava a Eponine indicando i capelli biondi ora simili a un cespuglio di rovi.
- Guarda! Guarda cosa mi combina l’umidità! Che nervoso… -
Eponine le porse un elastico con aria fintamente funebre.
- Amica mia, sai cosa devi fare… - pronunciò con solennità.
Cosette afferrò l’elastico con foga e incominciò a legarsi i capelli in una treccia stretta e severa.
- Se pensate che oggia sia una giornata del cavolo risollevatevi il morale: mi è appena caduto il cellulare in una pozzanghera! – annunciò Bossuet mentre Joly si toglieva il cappuccio della felpa tentando di trattenere le risate.
- Dai, non si è mica rotto, no? -  domandò.
Grantaire si sporse per vedere in che condizioni era l’apparecchio.
Bossuet lo alzò perché tutti potessero vederlo: lo schermo era completamente fulminato.
- Beh, almeno posso ancora telefonare! – osservò, ottimista come sempre, mentre gli amici gli battevano sonore e comprensive pacche sulle spalle.
Combeferre apparve per ultimo e si mise a chiacchierare con un cameriere nella speranza di ottenere un tavolo per dieci.
Il pranzo fu servito in men che non si dica, mentre Cosette ancora si crucciava per lo stato disastroso della sua chioma.
- Su, Cosette, non disperare! – fece Courfeyrac dopo un po’, il tono birichino che attirò su di lui l’attenzione dei commensali.
- Sempre meglio una liscia un po’ mossa che un riccio piastrato… - spiegò poi, un sorrisetto enigmatico a increspargli le labbra.
- Courfeyrac, no! – esclamò improvvisamente Enjolras con il solo risultato di acuire la curiosità degli amici.
- Eh no! Ormai l’hai detto, racconta tutto! – incalzò Bossuet.
Enjolras gli rivolse un’occhiata colma di disperazione.
- No, ragazzi, vi prego… - boccheggiò, il terrore negli occhi.
- E dai, Enjolras, cosa vuoi che sia? – fece Jehan candidamente, mentre Joly faceva segno a Courf di incominciare a raccontare.
Il ragazzo si schiarì la voce e si sedette più comodamente, appoggiando i gomiti sul bordo del tavolo e sporgendosi appena in avanti col busto, il tono di voce abbassato di colpo per creare un’atmosfera di suspence.
- Preparatevi a fare un tuffo nel passato… - incominciò, mentre Combeferre, avendo capito a cosa si riferiva l’amico, già ridacchiava divertito.
- La nostra storia risale a dieci anni fa... Io e Enjolras andavamo ancora alle Medie e ci conoscevamo ormai da un anno… - si interruppe un momento, infastidito dai versi disperati del biondo in sottofondo, poi riprese a narrare.
- La faccenda ha del rivoltante amici miei, quindi occhio a chi ha lo stomaco debole… - avvisò facendo sì che tutti si voltassero simultaneamente verso Joly.
- Dai, Courf… Piantala e vai avanti! – fece Eponine, che stava morendo dalla curiosità.
- Era un Mercoledì pomeriggio, e stavamo tornando a casa da scuola. Quella sera Enj si sarebbe fermato a dormire da me. Mi telefonò mia madre a un paio di isolati da casa dicendomi che quella sera lei e mio padre si sarebbero assentati fino a tardi… mi pare dovessero sbrigare qualche faccenda burocratica per via del divorzio… - spiegò.
- Immaginate l’opportunità che ci si parava davanti: io, Enj, mia sorella, e tutta la casa per noi. Non vi dico le schifezze che mangiammo quella sera… -
- Sappiate solo che è da lì che sono diventato vegetariano… -  si intromise il leader degli Amis.
- Beh, sì… Forse i wurstel col budino non sono stati proprio un’ottima idea… - ridacchiò Courfeyrac mentre l’amico si portava una mano allo stomaco al solo ricordo.
- A mia discolpa dico che l’idea era stata di mia sorella! – esclamò il moro alzando le mani in segno di difesa.
- Comunque andiamo avanti con la nostra storia… Dopo la tradizionale oretta passata a tormentare Enj con un casuale film della Disney, io e mia sorella ci lanciammo in una personalissima sfida in chi sputava più distante il proprio chewing-gum. –
- Scusa?! – esclamò Cosette sconvolta.
- Avevano a disposizione un pacchetto di chewing-gum a testa. A ogni lancio sposavano il cestino della spazzatura un po’ più distante nel corridoio d’ingresso… - sospirò Enjolras in spiegazione.
- Mi duole ammettere che Roxanne è sempre stata un asso in questa pratica. – confessò Courfeyrac.
- Eravamo infine giunti all’ultimo lancio. Presi la rincorsa, caricai il colpo, e al momento peggiore il trillare del telefono mi distrasse. Sbagliai tragicamente mira. – fece drammatico.
- Sì. Mi scambiò per il cestino. – biascicò il biondo.
- Dritto nei capelli. Non sapevamo cosa fare… - raccontò Courf cercando disperatamente di mantenersi serio e non scoppiare a ridere come aveva già fatto Combeferre.
- Che schifo, Courf! Chissà quanti germi! – mugolò Joly.
- Ti prego, vai avanti! – lo incalzò Marius.
- Ebbene, l’intera situazione passò nelle mani di mia sorella. Enjolras era nel panico più totale e si affidò a lei senza riserve. Corremmo in bagno, e senza che il nostro Apollo-riccioli-d’oro se ne accorgesse, Roxanne mise a caricare la piastra. Finse di studiare il caso quel tanto che bastava all’arnese per scaldarsi, poi tagliò abilmente la ciocca menomata in modo che non si notasse e… partì all’attacco. –
A questo punto Combeferre scoppiò a ridere come un ossesso e dovette togliere gli occhiali: stava piangendo.
- Voi non avete idea di come si sono presentati alla fermata dell’autobus il giorno dopo! – sghignazzò.
- Ferre, pensavo fossi dalla mia parte! – si lamentò Enjolras.
L’amico lo ignorò bellamente.
- I bei riccioli del nostro Enj erano scomparsi. Adesso al loro posto vi erano dei fini spaghetti. Insomma, Roxanne aveva trasformato Enjolras in una testa-di-cocco! –
L’immagine mentale del leader con i capelli a scodella era così esilarante che nessuno riuscì a trattenere le risate, mentre il povero ragazzo desiderava solamente di evaporare senza dare troppo nell’occhio.
- Courf, ti odio… - mugolò.
Il resto del pomeriggio lo passarono a visitare la cittadina di Settignano, in attesa che si facesse ora di cena.
Eponine, infatti, aveva prenotato in un ristorantino poco distante dal castello, e tornare all’agriturismo sarebbe stato solamente uno spreco di tempo.
Nel frattempo non aveva smesso un attimo di piovere.
- Se il meteo ne ha azzeccata una, domani dovrebbe finalmente essere bello! – comunicò Bossuet, che aveva allegramente spiato la tv al di là del finestrone di un bar.
- Oh, finalmente! – esclamò Grantaire.
 – Pensavo che andando avanti così sarei diventato una muffa! –
Jehan sorrise timidamente.
- E se domani andassimo un po’ in piscina? Dopotutto abbiamo ancora una settimana da trascorrere qui, e ci siamo andati una volta sola! – propose.
L’idea venne accolta fra l’entusiasmo generale, ma le frasi di approvazione vennero bruscamente zittite da un richiamo di Eponine.
- Eccolo là! E’ il ristorante! – esclamò indicando una casetta rustica poco distante dall’imponente figura del castello.
- Alleluja! – esclamò Combeferre accelerando il passo.
La pioggerellina era fine, ma li stava inzuppando di nuovo fino all’osso.
La cena trascorse in tranquillità, fra le risate e le mirabolanti storie di Courf e Bossuet. Fu mentre aspettavano il dolce che Marius, tutto impegnato a guardare le fotografie che aveva scattato Ponine fino a quel giorno, balzò in piedi facendo venire un mezzo infarto a Cosette.
- Che c’è? – domandò lei, una mano sul cuore e gli occhi sgranati in un’espressione spaventata e omicida allo stesso tempo.
Il ragazzo parve non accorgersene e si profuse in un ghigno che andava da un’orecchio all’altro.
- Ragazzi, avevo quasi dimenticato l’esistenza di questa perla! –
- Che roba è? – domandò Grantaire sporgendosi in avanti sul tavolo.
Enjolras, seduto davanti a lui, allungò il collo per vedere cosa Marius avesse rinvenuto di così esilarante.
Si trattava di un video, ma proprio non riusciva a capire dove e quando fosse stato girato.
- Oh, questo! – rise Eponine, che nel frattempo aveva fatto il giro del tavolo per sbirciare.
- Che cos’è? – chiese nuovamente Taire, troppo pigro per imitare la ragazza e alzarsi da tavola.
- Questo, signori miei, è il video della sera della sbronza! – spiegò Marius tutto orgoglioso.
In men che non si dica tutti gli Amis si affannarono attorno alla macchina fotografica, sghignazzando senza ritegno di fronte ai loro ambigui comportamenti.
- No, ma scusate, Ferre e Ponine là nell’angolo? – fece notare Bossuet, che quella sera era rimasto all’agriturismo con Joly e si era quindi perso l’epica scena della giovane che zittiva la Guida dalla parlantina ottocentesca.
- Marius, ma cosa avevi bevuto? – domandò Jehan al sentire il giovane che rideva convulsamente e biascicava mezze frasi senza senso da dietro all’obbiettivo.
Presto però fu il turno del poeta di incassare i colpi e subire lo scherno degli altri.
- Combeferre, sei stato crudelissimo! – lo riprese Joly.
- Come puoi aver detto a Jehan che il Principe Azzurro non esiste? – e giù a ridere di fronte alle lacrime del ragazzo quando Courfeyrac e Grantaire erano riapparsi nel locale.
La performance più esilarante, però, era senz’ombra di dubbio quella di Enjolras, che in piedi sul tavolo continuava a cantare e squarciagola e a importunare gli altri clienti del locale.
Cosette aveva ormai le lacrime agli occhi.
- Enj, sei fenomenale! Vi prego, guardatelo! – rise di gusto sorvolando sul fatto che lei era l’unica mediamente sobria di tutta la banda.
L’unico che sembrava non starsi divertendo era proprio Enjolras.
Rosso d’imbarazzo, aveva le labbra tese in un’espressione di vergogna profonda.
- Pontmercy, fai immediatamente sparire questa cosa incresciosa… - sibilò facendo ridere gli amici ancora più forte a causa del suo linguaggio.
Il ragazzo parve non apprezzare e si alzò in piedi, sporgendosi verso Marius per appropriarsi dell’apparecchio.
Il giovane lo evitò con un movimento fluido e tornò a mostrare il video agli altri.
- Ma dai, Enjolras! Sei così carino abbracciato a Grantaire! – commentò.
Ebbene, quello fu un errore di cui in seguito ebbe modo di pentirsi oltre ogni dire.
Tutti si accorsero che si era spinto troppo oltre e, al repentino mutare di espressione del leader, le risate si spensero di colpo.
Il biondo sgranò gli occhi, le pupille a rimpicciolire nell’azzurro dell’iride; le guance si infiammarono come non mai nell’udire quelle parole mentre sul piccolo schermo della macchina fotografica scorrevano le immagini di Grantaire che, scherzando con Courfeyrac, trascinava un Enjolras completamente abbarbicato a lui fuori dal locale.
Lui. Debole e senza alcuna capacità di raziocinio a causa dell’alcool.
Lui. Abbracciato a Grantaire.
Lui. Umiliato di fronte a tutti.
- Pontmercy, dammi la macchina fotografica. Ora. – scandì, furente.
- Dai, Enj, non è il caso di prendersela così… - cercò di calmarlo Courfeyrac.
- Una sbronza può capitare a tutti… - fu il tentativo di Grantaire.
Probabilmente se la stessa frase fosse stata pronunciata da Combeferre o da Joly, il ragazzo non se la sarebbe presa tanto.
Si voltò in sua direzione riservandogli uno sguardo di fuoco e strinse i pugni lungo i fianchi.
- Ah, e suppongo che detto da te dovrebbe rassicurarmi! – sibilò, acido.
Il sorriso sul viso di Grantaire svanì di colpo, sostituito da un’aria ferita.
- Volevo semplicemente toglierti dall’imbarazzo… - sussurrò, abbassando lo sguardo.
- Sforzi inutili, visto che la mia prima fonte di imbarazzo sei tu! –
A quella frase stizzita tutti gli Amis sussultarono, Jehan si portò una mano alla bocca e Courfeyrac si rialzò in piedi.
- Enjolras, basta così. Non è davvero il caso. – sentenziò Combeferre, serissimo.
Ma Enjolras ormai si era accorto di aver oltrepassato il limite, ed era troppo orgoglioso per ammettere di fronte agli altri di aver esagerato.
- No, Ferre. Enjolras è libero di dire apertamente quello che pensa di me. Nulla glielo vieta… - spiegò l’artista, senza alzare gli occhi dalla superficie del tavolo.
- Cosa devo dire ancora? E’ tutto fiato sprecato con lui! Come si fa a ragionare con uno che non crede in niente? – sbraitò ancora, nell’infantile necessità di avere l’ultima parola.
- Lo sai che non è vero. – ribatté Taire, questa volta con maggiore decisione della frase precedente.
- Ah sì, in cosa credi allora? Sentiamo! –
Il giovane alzò gli occhi su Enjolras, ma la sua non era l’espressione triste o rabbiosa che gli altri avrebbero immaginato.
Grantaire sorrideva di una dolcezza infinita, di una rassegnazione straziante.
Nel sorriso di Grantaire c’era tutta l’amarezza del rifiuto.
- Io credo in te. – rispose a voce alta, inesorabile e al contempo delicato, come la spuma dell’onda sulla sabbia.
Enjolras aprì bocca per replicare, ma si accorse con disarmante imbarazzo che non aveva nessun argomento valido contro quelle parole così sincere.
Si sentì arrossire e lasciò che i suoi occhi scivolassero sui visi degli Amis in cerca di appoggio.
Sembrava che tutti stessero aspettando una sua risposta.
Accadde qualcosa di strano, a quel punto.
Il cuore di Enjolras sapeva cosa dire, ma la sua mente non voleva lasciargli campo libero.
L’anima sapeva benissimo dove avrebbe voluto che conducesse quello stupido e insensato litigio, ma era la ragione, abbagliata dall’orgoglio, a tirare le redini.
Incapace di resistere a quel conflitto interiore e di reggere gli sguardi dei compagni scosse la testa e, senza nemmeno prendere la borsa, uscì dal locale ben intenzionato a prendere una boccata d’aria per sbollire quel sentimento così impetuoso ed opprimente che si era alimentato del suo imbarazzo e della sua insicurezza.
All’interno del locale, nel frattempo, gli Amis non osavano ancora parlare.
Fu Ferre il primo a rompere il silenzio.
- Che bambino… Non lo sopporto quando fa così… - sentenziò irritato.
- Io non capisco perché debba comportarsi in questo modo! D’accordo, si vergogna a farsi vedere ubriaco, ma perché accanirsi su Taire? – sbottò Courfeyrac incrociando le braccia.
Joly alzò un sopracciglio.
- Psicologia inversa… - decretò mentre Bossuet annuiva al suo fianco.
- Ma non ha senso! –esclamò Eponine, Cosette che faceva spalluce e offriva la sua opinione.
In tutto quello, Grantaire se ne stava zitto a fissare le due dita di vino rimaste nel suo bicchiere.
Improvvisamente si alzò in piedi rivolgendo alla porta uno sguardo carico di volontà.
- Basta. Vada come vada. – fu la sua unica spiegazione prima che si incamminasse a passo deciso verso l’uscita.
Ci fu un momento di silenzio, poi Jehan sorrise.
- Forza Taire! – esclamò; gli altri si unirono a lui nell’augurargli buona fortuna.
Forse, quella sera, anche lui avrebbe potuto trovare la sua felicità.
Enjolras, nel frattempo, le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo basso, camminava.
La pioggerellina fine che rimaneva intrappolata fra i suoi ricci ribelli bagnava il pavimento gravido di calore e lucido sotto i riflessi aranciati dei lampioni lungo la strada.
Sentì la porta del locale aprirsi dietro di sé, ma non si voltò. Chiunque fosse non aveva alcuna intenzione di parlare.
- Enjolras, aspetta! – la voce di Grantaire lo raggiunse alle spalle, ma il ragazzo non rispose e anzi, si diresse verso le strisce pedonali e attraversò la strada con la ferrea intenzione di ignorarlo.
Udì i passi del ragazzo affrettarsi per raggiungerlo mentre i pugni si stringevano nelle tasche e si mordeva il labbro fino a farsi male.
Dannazione, perché adesso lo seguiva? Davvero gli voleva così male? Perché non lo lasciava in pace? Adesso non era davvero il momento di parlare. Non era il momento per niente.
Eppure perché rallentava? Sperava forse che l’artista lo raggiungesse?
Era quasi fermo, adesso. Avrebbe trovato il coraggio di voltarsi?
- ENJOLRAS! –
Il ragazzo non comprese. Si sentì spingere e, colto alla sprovvista, volò in avanti, mettendo le mani di fronte a sé giusto in tempo per evitare di sbattere la testa.
In una frazione di secondo fu colpito da una miriade di stimoli diversi.
Percepì l’odore di terra e polvere che si alzava dall’asfalto ancora caldo, sentì l’acqua inzuppargli i pantaloni, udì uno stridìo che non riuscì a identificare e un rumore sordo che gli fece venire la pelle d’oca.
Rimase immobile per una frazione di secondo, poi udì un urlo e un rumore di portiere che sbattono.
Si voltò piano, terrorizzato da ciò che avrebbe potuto vedere e improvvisamente ogni cosa perse consistenza.
In mezzo alla strada c’era una macchina.
Di fronte ad essa, un rivolo di sangue che si espandeva attorno alla sua testa, Grantaire.













 
Note:

Esplosione nucleare fra 3... 2... 1...
ASPETTATE!!!
Prima di venire uccise nel modo più brutale che delle fan di Les Mis possano escogitare -temo molto- ci sentiamo in dovere di darvi delle spiegazioni e di porgervi le nostre più sentite scuse.
SCUSATECI per aver di nuovo ritardato con la pubblicazione, ma sono un culo volante(?) e alla veneranda età di diciannove anni sono riuscita a farmi mettere in castigo, ossia mamma è scappata in Francia col mio pc.
Giuro.
Mi assumo tutte le responsabilità del misfatto.
Oggi, finalmente, abbiamo pubblicato.
Qualcosa mi dice che forse mamma avrebbe fatto meglio a lasciare il pc ad Avignone.
Beh, dai,  questo capitolo è allegro! :DDD
Ci sono Courf e Jehan che si fanno diabeticamente il solletico, c'è la storia di come Roxanne Courfeyrac rese Enj una testa di cocco, c'è il famoso video di Marius...
E poi sì, lo so, volevate Joly e Bossuet, ma non potevo far stare tutto qua dentro... Quindi vi chiedo scusa fustigandomi con cilicio e gatto a nove code. Prometto che nel prossimo capitolo avrete la vostra scena Bossulllly e che Joly farà il figo al 100%.
Ah, se amo quel ragazzo~
Cosa? Vi state chiedendo quando chiederemo scusa per il modo osceno e brutale con cui abbiamo terminato il capitolo?
Eh bien, noi avevamo avvisato e lo avevamo pure scritto a lettere maiuscole: nel caro Capitolo 13 sarebbe infine avvenuta LA COSA.
No, non vi chiediamo scusa, perchè non... eh? E' spoiler? Ma che palle! Ma io volevo ingraziarmi i lettori con qualche anticipazione!
E vabbè, pazienza. Vorrà dire che mi sbrigherò a finire il prossimo capitolo~ (che dovremmo pubblicare Martedì, ma a questo punto non so se vi conviene fidarvi.... xD)
Nel caso qualcuno di voi si stesse angosciando per le sorti del povero Grantaire vi do solo un piccolo indizio.
Rileggete la piccola noticina introduttiva all'inizio del Prologo e capirete che non siamo così sadiche come vogliamo far credere...
Forse...
Okay, adesso forse è il caso di raggiungere Ame nel bunker antiatomico.
Comunque vada sappiate che vi abbiamo voluto bene.
Tanto bene.
Grazie mille per tutto.
Adieu. ~ <3

-parte musichetta melodrammatica stile "Via Col Vento" mentre Koori sfugge a un colpo di mannaia-


Ps: si ringrazia _Noodle per l'idea di Enj piastrato! <3


Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV ***


~Capitolo XIV

















La pioggia continuava a cadere diluendo il sangue sull’asfalto.
La pozza si espandeva attorno al capo di Grantaire come un’aureola scarlatta e Enjolras ancora non riusciva a muoversi.
Non era successo davvero.
Quello che vedevano i suoi occhi non era reale.
Non era reale.
Sconvolto, il ragazzo non si accorse del signore che era sceso dalla macchina e che adesso stava chiamando l’ambulanza, non si accorse della porta del locale che si apriva e delle teste che spuntavano per vedere cosa fosse successo.
Non udì il “no” terrorizzato di Courfeyrac, non vide Jehan sbiancare e appoggiarsi barcollante allo stipite della porta, non notò le mani di Eponine scattare a coprirsi la bocca mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e Combeferre rimaneva rigido accanto a lei.
Non percepì il respiro trattenuto di Bossuet né quello affannoso di Marius mentre Cosette gli stringeva la mano.
Tutto quello non era vero.
Tutto quello non era reale.
Eppure il sangue continuava a scivolare sull’asfalto fino a inzuppare il cappuccio della felpa dell’artista.
- Grantaire… - le labbra di Enjolras si mossero in un sussurro impercettibile, prima che si alzasse di scatto e corresse verso il ragazzo.
- Grantaire! – lo chiamò pregando che lo sentisse, pregando che gli rispondesse.
Il ragazzo rimase silente e immobile, le palpebre abbassate e i capelli zuppi d’acqua e sangue.
- No… Ti prego… - si inginocchiò accanto a lui e fece per scuoterlo, ma un grido imperioso gli fece ritrarre le mani quasi avesse preso la scossa.
- Non lo toccare! –
Era Joly.
- Non lo toccare, spostarlo potrebbe peggiorare la situazione! – spiegò, avvicinandosi a passo deciso sotto lo sguardo sconvolto degli Amis, dell’uomo alla guida e dei curiosi che sbirciavano da dentro il ristorante.
- Jehan, ho bisogno di un traduttore, vieni qui! – ordinò poi, facendo segno al poeta di avvicinarsi.
Questo, pallido come un cencio e un poco incerto sulle sue gambe, raggiunse il medico senza fiatare.
-  Dì a questo signore di chiamare un’ambulanza e di mettere il triangolo, prima che qualcuno appaia da dietro la curva e ci travolga tutti quanti. – fece, inginocchiandosi a sua volta accanto a Grantaire e prendendogli il polso.
Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, ma lo sbuffo d’aria che emise dal naso non rassicurò nessuno.
- Allora? – domandò all’indirizzo di Prouvaire.
- Ha già chiamato… Dovrebbero arrivare a momenti da Settignano… - spiegò.
L’uomo che era alla guida, un signore sulla sessantina, si avvicinò parlando a raffica in un Italiano dal forte accento Toscano.
- Mi dispiace, giuro… Erano dietro la curva… Non me l’aspettavo… Mi dispiace… - continuava a balbettare rivolto un po’ ad Enjolras e un po’ a Jehan.
Joly alzò gli occhi sullo sconosciuto che sembrava non ricordarsi più come si fa a stare zitti.
- Ragazzo, mi dispiace davvero… ti sei fatto male? Gesù, mi dispiace…- continuava a ripetere fissando Enjolras con gli occhi spalancati.
- E’ sotto shock. Digli di sedersi nel ristorante mentre aspettiamo l’ambulanza. Ma che non beva né mangi niente. Al massimo gli diano una coperta, se ne hanno una… - spiegò, mentre continuava a esaminare Grantaire cercando di spostarlo il meno possibile.
- Merda… - sibilò a un certo punto.
Fu in quel momento che Enjolras percepì la mano di Combeferre sulla sua spalla.
- Enj, vieni… E’ meglio se vieni a sederti anche tu… - e sembrava che la sua voce provenisse da molto lontano.
Il ragazzo non oppose resistenza e lasciò che Combeferre lo conducesse fino alla porta del ristorante.
Enjolras non capiva, non capiva niente. Sentiva che gli altri parlavano, gli dicevano cose, ma non capiva niente.
Vedeva solo Grantaire.
Grantaire sdraiato per terra, sotto la pioggia, con gli occhi chiusi e una pozza di sangue che continuava ad espandersi.
Un rumore cantilentante e le luci rosse, bianche e blu annunciarono l’arrivo dell’ambulanza, seguita a ruota da un’auto della polizia.
I suoni, lentamente, tornavano limpidi e chiari. Aveva una coperta sulle spalle, anche se non sapeva come ci fosse arivata.
Adesso sentiva Courfeyrac singhiozzare alle sue spalle, mentre Jehan gli sussurrava qualcosa e lo abbracciava stretto, prima di dirigersi a passo deciso verso Joly, che stava cercando di comunicare con i volontari della Croce Rossa.
Improvvisamente Enjolras si ritrovò davanti un uomo in divisa.
Questo gli rivolse un paio di domande in Italiano prima che Combeferre riuscisse a spiegargli che nessuno lì, a parte Jehan, parlava fluentemente la lingua. Il leader rivolse al poliziotto uno sguardo disperato e perso, ma quello scosse la testa e tornò alla volante.
Jehan tornò poco dopo, solo.
- Lo portano all’ospedale, Joly va con lui sull’ambulanza nel caso servisse aiuto… - spiegò, gli occhi bassi e vuoti.
- Come sta? – riuscì finalmente a chiedere Enjolras con un filo di voce.
Il poeta fece spallucce e sospirò grave.
- Non lo so, ma ha perso molto sangue e non si sveglia. Non… - ma non riuscì ad andare avanti, lo sguardo inchiodato a terra dagli occhi di Enjolras.
Cosette, della cui momentanea assenza non si era accorto nessuno, uscì dal ristorante carica di borse zaini.
- Ho pagato io, adesso montiamo in macchina e andiamo. – fece con fermezza.
- E il tizio che guidava? – domandò Marius, pallido e terrorizzato.
Proprio in quel momento un poliziotto li superò, aiutando il signore a entrare nella volante.
Disse qualcosa a Jehan e poi chiuse la portiera.
Anche la macchina della polizia partì, seguendo l’ambulanza che, con qualche minuto di vantaggio, filava tra le vigne a sirene spiegate.
Stavano per partire anche loro quando il cellulare di Bossuet prese a suonare all’impazzata.
- Pronto? – domandò mettendo il viva voce.
La voce di Joly risuonò attraverso l’altoparlante un poco agitata.
- Bossuet, ci sei? Dovete starci dietro, non so in che reparto lo porteranno… Stanno cercando di rianimarlo, probabilmente lo… - ma delle voci concitate interruppero il suo discorso.
Gli Amis udirono Joly replicare in Inglese, ma non capirono cosa stesse dicendo.
- Joly, cosa succede? – chiese Eponine, cercando di mantenere la calma, ma evidentemente oltremodo agitata.
- Sto cercando di capire… - rispose il ragazzo.
Ci fu un momento di silenzio, poi si udirono dei rumori che i ragazzi non furono in grado di decifrare.
- Joly? – incalzò Bossuet.
La voce dell’ipocondriaco giunse ancora prima che il compagno avesse terminato di parlare, disturbata dalla sirena dell’ambulanza e dalle voci dei paramedici.
- Ragazzi… -
Tutti si sporsero verso il cellulare di Bossuet, il cuore in gola e i pugni stretti dall’apprensione.
- Grantaire è… -
Ci fu un lungo bip, poi il silenzio.
Nessuno degli Amis de l’ABC osò parlare, nessuno osò respirare in quel silenzio carico di dramma.
Nessuno osò alzare gli occhi dal cellulare di Bossuet prima che, pochi secondi dopo, un’altra suoneria si facesse sentire.
- P-pronto? – balbettò Courfeyrac.
- Courf, di a quel cretino di Bossuet che appena lo vedo lo ammazzo! – sbraitò Joly attraverso il cellulare.
- Scusa, mi si è scaricato il telefono! – piagnucolò il ragazzo in sua difesa, mentre tutti lo guardavano male e si affannavano attorno a Courfeyrac.
- C-cosa è successo? Taire? – domandò Courf, non del tutto sicuro di voler udire la risposta.
Joly però non rispose. Si sentì solo un rumore di porte che sbattevano.
- Siamo arrivati, devo andare. Ci vediamo all’ospedale! – e riattaccò.
Venti minuti dopo i ragazzi erano tutti quanti seduti in un asettico corridoio all’ospedale, in attesa di una qualsiasi notizia.
Un’infermiera si era presa cura di Enjolras, che cadendo si era sbucciato i palmi delle mani ed era ancora sotto shock.
Se ne stava seduto su una seggiola, un’altra coperta sulle spalle e un bicchiere di té caldo fra le mani fasciate.
- Enjolras… - Combeferre si sedette accanto a lui, dove fino a pochi secondi prima se ne stava Courfeyrac.
Il ragazzo si voltò lentamente.
- Enjolras, dovresti parlare con la polizia… - sussurrò dolcemente.
- Te la senti o vuoi che gli dica di tornare più tardi?- continuò poi indicando con un cenno del capo un agente in piedi in fondo al corridoio.
Enjolras scosse la testa e si alzò stancamente, posando il bicchiere di té per terra e la coperta sulla sedia.
Si passò una mano sul volto per scacciare quella dannata angoscia che gli stava ovattando i sensi e si incamminò, l’amico che lo guardava preoccupato.
- Buonasera. – lo salutò il poliziotto in un Francese un po’ incerto, ma comunque comprensibile.
Il biondo si accorse che non l’aveva visto a Settignano, e ipotizzò che l’avessero mandato all’ospedale proprio a causa della sua conoscenza della lingua.
- Buonasera… - replicò in un soffio.
Il poliziotto si grattò la testa imbarazzato.
- Capisco che potrà sembrare indelicato in circostanze simili, ma comprenderà che devo farle alcune domande… E’ semplice burocrazia… -
Enjolras annuì e si strinse nelle spalle.
- Ma certo, proceda pure… - replicò, in realtà per niente interessato a ciò che l’uomo gli chiedeva.
Tutto quello che contava, adesso, era sapere come stava Grantaire.
Eponine continuava a camminare avanti e indietro nel corridoio, mentre Combeferre cercava di calmarla.
- Vieni qua e siediti, forza! – tentò di convincerla per l’ennesima volta.
La ragazza scosse il capo con vigore, asciugandosi gli occhi in un gesto rabbioso.
- No, grazie, preferisco camminare. Mi scarica i nervi. – fece secca, per poi riprendere a misurare il corridoio a grandi passi.
Marius e Cosette se ne stavano seduti in silenzio sugli scomodi seggiolini di metallo; si tenevano la mano, ogni tanto lei posava il capo sulla spalla di lui, ma da quando erano arrivati all’ospedale nessuno dei due aveva ancora aperto bocca.
Fra tutti loro, però, quello più provato era senza dubbio Courfeyrac. Anche se aveva smesso di piangere il suo respiro era ancora incerto e agitato, e i suoi occhi gonfi e arrossati denotavano la più pura e profonda paura.
Sembrava un bambino al risveglio di un incubo.
- Coraggio, vedrai che andrà tutto bene… - continuava a ripetergli Jehan accarezzandogli piano i capelli.
Il poeta era serio come nessuno l’aveva mai visto, eppure continuava a offrire agli amici parole di speranza.
Fu dopo mezz’oretta che nel corridoio si udì una voce ferma e decisa che discuteva in Inglese con un’altra voce altrettanto ferma.
- E’ vergognoso! Almeno diteci se dobbiamo preoccuparci o meno! – era Joly, al colmo della sua indignazione.
L’altra voce, che apparteneva a un medico, rispose con un velo di irritazione.
- Mi dispiace tanto, ma è il protocollo. Non possiamo dare informazioni sui pazienti a chi non è un familiare. –
I due svoltarono l’angolo del corridoio, apparendo alla vista degli Amis.
- Siamo i suoi amici, dannazione, abbiamo il diritto di sapere! – continuò Joly, ma l’altro era irremovibile.
- Se ci fornirete i dati di un parente potremo provare a contattarlo e voi potrete chiedere informazioni direttamente a loro. Non mi sembra una pratica così complicata… -
L’ipocondriaco aprì bocca per replicare, ma una strana luce attraversò i suoi occhi e gli fece abbassare le braccia, che caddero lungo i fianchi come appendici inanimate.
Enjolras, che aveva appena terminato con il poliziotto, si voltò in direzione dell’amico: aveva capito dove fosse il problema.
- Lui… Lui non ne ha… parenti… - sussurrò Joly a capo chino.
Era vero. Tutti loro avevano qualcuno a casa che si preoccupava per loro, tutti avevano un padre, una madre, dei fratelli pronti a prendersi cura di loro nel momento del bisogno.
Grantaire non aveva nessuno.
Jehan mosse qualche passo verso il medico, che se ne stava andando, ma qualsiasi fosse stata la sua intenzione, Joly fu più rapido di lui e afferrò l’uomo per un braccio.
- Stia bene ad ascoltarmi. Questo ragazzo è solo al mondo. Siamo noi la sua famiglia, e lui è la nostra. Ora, o ci dice come sta oppure lo scopro da solo: quattro anni di Medicina non devono essere stati proprio inutili. –
Il medico rimase a bocca aperta, intimidito dal fuoco che incendiava gli occhi del ragazzo.
- Ma il protocollo… - balbettò, cercando di divincolarsi da quella presa ferrea.
Joly assottigliò gli occhi e si avvicinò ancora.
- Me ne frego del protocollo. Ci dica cos’ha il nostro amico. –
Fu un tocco gentile sulla sua spalla a fargli mollare la presa.
- Joly… - Bossuet era apparso alle sue spalle, pronto a contenere la sua ira se il medico se ne fosse andato senza rispondere, ma non accadde.
L’uomo sospirò e si guardò intorno.
- D’accordo, d’accordo… - disse abbassando il tono di voce.
- Il vostro amico ha subito un lieve trauma cranico. Niente di grave, ma visto che abbiamo dovuto rianimarlo e comunque ha perso molto sangue preferiamo tenerlo qualche giorno sotto osservazione. Soddisfatti ora? –
Joly e Bossuet tirarono un sospiro di sollievo, mentre il viso pallido di Jehan riprendeva un po’ di colore.
- Decisamente… - rispose l’ipocondriaco con un sorriso stanco.
- Adesso sta dormendo. Gli abbiamo somministrato una dose piuttosto massiccia di antidolorifici, non si risveglierà prima di domattina… - spiegò il medico con un’occhiata eloquente prima di andarsene.
I tre tornarono dal resto del gruppo per comunicare la buona notizia e Marius si lasciò sfuggire un sospiro sollevato.
- Grazie a Dio, ho temuto il peggio… - confessò.
- Adesso è meglio se ce ne torniamo a casa… - suggerì Jehan, che aveva colto l’invito nella voce del dottore.
Courfeyrac balzò in piedi, sconvolto.
- Ma come? Non aspettiamo che si svegli? E se quello ci avesse raccontato una balla per farci stare zitti e mandarci via? Io non mi muovo finchè non mi lasciano vedere Taire! –
Joly gli mise una mano sulla spalla e gli parlò con dolcezza.
- Stai tranquillo, se il dottore ha detto che è fuori pericolo, significa che è fuori pericolo. Inoltre devono averlo imbottito di morfina, potrebbe anche risvegliarsi domani pomeriggio… Non ha senso restare… Andate a casa e riposatevi, che è stata una nottataccia. Domattina tornerete e vedrete che starà ancora dormendo della grossa. –
- Tu non vieni? – domandò Eponine.
Il ragazzo scosse la testa.
- Preferisco restare ancora un po’, torno più tardi in taxi, non preoccupatevi… -
Combeferre si avvicinò ad Enjolras.
- Non te lo chiedo neanche… - sussurrò.
Il biondò tirò le labbra in quello che avrebbe dovuto essere un sorriso.
- Ci vediamo domani… -
Quando due minuti dopo Joly si accorse che Enjolras e Bossuet erano rimasti con lui andò su tutte le furie.
- Perché non siete andati all’agriturismo con gli altri?! – sbottò, incrociando le braccia al petto pronto per una bella ramanzina.
Fu Enjolras il primo a rispondergli.
- Io non me ne vado finchè non si sveglia, dovessi restare qui fino a domani notte. – sentenziò con la massima serietà.
- Dopotutto è colpa mia se… - ma non terminò la frase, assalito dai sensi di colpa.
Bossuet venne in suo soccorso e accentrò l’attenzione su di sé.
- Io non faccio un passo senza di te, sia chiaro… -
Joly sospirò e scosse la testa.
- Come volete voi… - concluse, arresosi all’evidenza che la testardaggine di Enjolras e la pazienza di Bossuet, unite, l’avrebbero sconfitto su tutta la linea.
Due ore più tardi, finalmente, anche l’aspirante medico si decise a fare ritorno all’agriturismo, con l’intento di dormire almeno un po’ prima di tornare in ospedale.
- Cerca di riposare un po’, aspettarlo sveglio è completamente inutile… E se succede qualcosa mandami un messaggio! – si raccomandò al leader prima che Bossuet lo conducesse fuori dall’ospedale.
Joly lanciò qualche occhiata preoccupata alle sue spalle mentre camminava nel buio della notte; aveva smesso di piovere.
- Non mi fido a lasciare Enj da solo. Non si è ancora del tutto ripreso dallo shock, e sicuramente non gli permetteranno di vedere Taire finchè non si sveglia… E se facesse qualche stupidaggine? E se… ? – ma Bossuet lo prese per un polso e lo strinse fra le sue braccia aspettando che si calmasse.
- Joly, hai fatto tutto quello che si poteva fare. – sussurrò.
- Il dottore ha detto che Taire sta bene, e Enj non è così stupido da cacciarsi nei guai in una situazione simile. –
- Ma io…! – provò il ragazzo, alzando gli occhi sul viso del compagno.
- Ssssh… Va bene così, vedrai che domani si risolverà tutto… - e gli posò un delicato bacio sulle labbra, accarezzandogli i capelli.
Joly portò una mano dietro alla nuca di Bossuet e lo avvicinò di più a sé approfondendo il bacio, sicuro fra quelle braccia forti e gentili che sapevano sempre come tranquillizzarlo.
Adesso che il peggio era passato e l’adrenalina stava scemando sentiva le forze abbandonarlo gradatamente: non si era mai spaventato tanto.
Il mattino dopo Enjolras venne svegliato dal viso sorridente di Courfeyrac, in ginocchio di fronte a lui.
- Ah! Che cosa fai?! – sbottò il biondo schizzando in piedi terrorizzato.
Courf scoppiò a ridere e si alzò a sua volta.
- Taire si è svegliato, pensavo che potesse interessarti… - fece fischiettando.
Il giovane leader spalancò gli occhi.
- Come? Davvero? Quando? Come sta? –
Courfeyrac alzò le mani in segno di resa.
- Hey, hey, piano! Si è svegliato un paio d’ore fa, ci ha chiamati Joly. Sta abbastanza bene, a parte che è un po’ intontito dagli antidolorifici e dai calmanti… - spiegò con un ghignetto.
Enjolras si rabbuiò.
- Da due ore? Ma… che ore sono? Perché non mi avete svegliato? –
L’amico diede un’occhiata al display del cellulare, poi fece spallucce.
- Sono le undici e mezza. Ci abbiamo provato, ma tu continuavi a mugolare versi senza senso… Non so come tu abbia fatto a dormire su questi seggiolini, fra l’atro: sono terribili… -
Ma Enjolras non lo stava iù a sentire.
Le undici e mezza? Come aveva fatto a dormire per tutto quel tempo? O meglio, come aveva potuto addormentarsi? Aveva giurato a sé stesso che avrebbe atteso il risveglio di Grantaire e che sarebbe andato a trovarlo per primo e invece eccolo lì, abbarbicato su un seggiolino di metallo a sonnecchiare come un barbone…
Fu in quel momento che dall’angolo del corridoio fece capolino Jehan, un sorriso rasserenato sulle labbra nonostante gli occhi rossi.
- Alleluja, è un’ora che sei lì dentro! – lo accolse Courfeyrac.
Il ragazzo arrossì impercettibilmente e infilò le mani in tasca.
- Abbiamo parlato un po’… - spiegò, lanciando un’occhiatina furtiva ad Enjolras.
- E’ arrivato il dottore di ieri sera e ha detto che fra dieci minuti devono fargli alcuni esami… Se vuoi andare… - suggerì poi al biondo, indicando il corridoio con un cenno della testa.
- E’ sempre la prima a sinistra? – domandò Enjolras, un po’ in imbarazzo.
Courfeyrac annuì con un grande sorriso.
- Ti aspettiamo all’ingresso dell’ospedale! – lo salutò, mentre già si dirigeva verso la stanza dove era ricoverato Grantaire.
Svoltò l’angolo del corridoio e proseguì a passo deciso verso la prima porta sulla sinistra, poggiò la mano sulla maniglia e si bloccò.
Era davero giusto ciò che stava per fare?
Dopotutto era colpa sua e della sua dannata cocciutaggine se Grantaire si trovava in quella maledettissima situazione.
Avrebbe avuto senso recarsi in visita da lui dopo le parole di veleno che gli aveva rivolto la sera prima?
Si fece forza e abbassò la maniglia, scivolando silenziosamente all’interno della stanza.
Grantaire era sdraiato sul lettino, una flebo assicurata alla mano destra con un po’ di scotch e la testa abbandonata su un gigantesco cuscino bianco.
Enjolras deglutì e si avvicinò; sentiva che le ginocchia gli tremavano, e non sapeva se sarebbe riuscito a reggersi in piedi ancora per molto.
Quando Grantaire aprì gli occhi e li posò su di lui, il ragazzo sentì il cuore saltargli nel petto.
- Ciao… - lo salutò l’artista con un sorriso. Aveva la testa fasciata.
Enjolras non parlò, si limitò ad incurvare leggermente le labbra verso l’alto in segno di saluto.
- Scusa se dirò qualche stronzata, Joly mi ha detto che è colpa della morfina… - continuò il paziente senza distogliere lo sguardo dagli occhi azzurri di Enj, ora puntati sul pavimento.
La stanza era immersa nell’oscurità, le tende erano tirate e solo qualche raggio di luce riusciva a fendere la penombra, accarezzando il viso di Grantaire e di Enjolras, in piedi accanto al lettino.
- Prima Bossuet ha fatto cadere la gruccia per la flebo… Non ti dico il casino che ha fatto, sono accorse due infermiere per vedere che non fossi caduto dal letto! – ridacchiò ancora nel tentativo di alleggerire quell’atmosfera pesante.
Enjolras alzò lo sguardo su di lui, e il ragazzo comprese subito che c’era qualcosa che non andava.
- Hey, è successo qualcos…? – ma non terminò la domanda.
Il biondo si era sporto in avanti e aveva delicatamente circondato il suo busto con le braccia, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
Grantaire rimase rigido e sconvolto: Enjolras lo stava abbracciando.
Per la prima volta dopo anni, per la prima volta da quando il giovane leader degli Amis ne aveva memoria, stava abbracciando qualcuno.
Senza che nemmento se ne accorgesse le sue dita affondarono nella stoffa verdina della camicia che l’ospedale aveva fornito a Grantaire, e le sue braccia lo strinsero a sé con maggior decisione.
Piano, terrorizzato dall’idea che al minimo movimento quell’allucinazione –perché doveva per forza essere un’allucinazione- dovesse dissolversi, l’artista sollevò una mano e andò a posarla sulla schiena di Enjolras, muovendola lentamente in una carezza incerta.
- Apollo… - sussurrò, stupito e intenerito da quel gesto spontaneo, umano.
Sentì il respiro rotto del ragazzo sul suo collo e sgranò gli occhi, il cuore che accelerava la sua corsa quasi avesse voluto schizzare fuori dal petto.
Stava… stava piangendo?
La porta della stanzetta si aprì di colpo e Enjolras si scostò immediatamente rompendo l’abbraccio in modo brusco e imbarazzato.
- Chiedo scusa, l’orario delle visite sarebbe… - incominciò un’infermiera, ma non ci fu la necessità di andare avanti.
Enjolras, senza aprire bocca né voltarsi, si mosse a grandi passi verso l’uscita.
Si fermò poco prima dei grandi portoni dell’ospedale e appoggiò la schiena contro un muro, cercando di recuperare una respirazione normale dopo quella corsa.
Trasse un profondo sospiro e si asciugò gli occhi con la manica della maglietta.
Grantaire aveva capito bene.
Stava piangendo.



















 
Note:

Momenti di panico per gli Amis de l’ABC.
Grantaire steso sull’asfalto in una pozza di sangue, Enjolras sotto shock, Courf e Ponine disperati, Marius traumatizzato, Jehan sull’orlo dello svenimento, Bossuet che fa venire infarti a tutti, Ferre e Cosette che sembrano essere gli unici a mantenere un minimo di lucidità.
E Joly. Joly, signori miei. Questo è il nostro medico cazzuto, che nel momento del bisogno tira fuori gli attributi e salva gli amici!!!
Okay, lo amo, quella piccola contraddizione ambulante… <3
Personalmente di questo capitolo adoro le reazioni dei vari Amis una volta all’ospedale.
Adoro il nervosismo di Eponine, che riesce a sfogare solo camminando avanti e indietro, adoro come Ferre si arrenda e la lasci fare.
Adoro il silenzio fra Marius e Cosette, come loro non abbiano bisogno di parole.
Adoro come invece Courfeyrac diventi fragile come un bambino e Jehan sia il suo sostegno e offra speranza a tutti.
E poi la dolcezza con cui Ferre si rivolge ad Enj… Gente, questa è Amicizia…
Ecco, questo capitolo, nonostante il dramatic-moment, è il capitolo dell’Amicizia.
E poi beh, ve l’avevo promessa una piccola scena Bossulllly~ -Koori si scioglie-
E Enj, oh, Enj!
Ti sei preso un bello spavento, eh? Sei pieno di sensi di colpa, eh?
TI STA BENE, STRONZO!
Okay, scusate, ho esagerato. E poi insomma, si è fatto perdonare con quell’abbraccio, no?
Ricordate il capitolo 14, gente, perché finalmente, e lo possiamo dire con il 100% di certezza, Enjolras è diventato un essere umano.
Quell’abbraccio e quelle lacrime sono molto più di quanto Grantaire avrebbe mai potuto sperare… xD
Ebbene, la nostra storia è quasi giunta al termine (mancano ormai solo due capitoli e Koori sta piangendo come una disperata), ma tutti i tasselli del puzzle stanno andando al loro posto… ~ <3
Grazie mille a tutti coloro che ci seguono anche se questa storia è diventata un lacrimatoio, ma non preoccupatevi, presto torneranno i tempi felici! <3
 
Ps: aspettavo di scrivere questo capitolo praticamente da quando abbiamo pubblicato il 3… Anche perché non si poteva lasciarvi soffrire così dopo LA COSA.
Com’è che si dice? Dopo la tempesta torna sempre il sereno… <3
 
Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XV ***


~Capitolo XV















Il terzo mattino Grantaire si svegliò prima del solito.
I medici avevano diminuito le dosi di antidolorifico, e questo lo rendeva decisamente meno intontito di prima.
Una forte contusione alla caviglia sinistra gli impediva di camminare senza l’aiuto di un’infermiera o di un paio di stampelle, e in definitiva era costretto a rimanere a letto tutto il giorno. Considerando che da quando era ricoverato non aveva più bevuto una singola goccia di vino era un vero e proprio miracolo che non avesse ancora tentato di fuggire.
Forse per questo bisognava ringraziare la sua sconfinata pigrizia.
Sospirò e cercò di rigirarsi nel letto, ma l’odiosa flebo gli impediva di mettersi comodo e pizzicava in modo terribilmente fastidioso ad ogni movimento.
- Che palle… - biascicò, cercando di sporgersi fino al comodino per prendere il cellulare, ancora sotto carica.
La spia dei messaggi lampeggiava selvaggiamente. Chi l’aveva cercato?
“Courf: Allora? Sei sveglio? Ferre è voluto tornare alla Biblioteca Laurenziana. Siamo qui dentro da due ore, di nuovo. Voglio andare a casa. TAT”
“Courf: AIUTO”
“Courf: Non me ne frega niente se dormi, hai dormito per due giorni di fila, è sufficiente. SALVAMI! TAAAAAT”
“Jehan: Buongiorno, Taire! Come stai oggi? Credo che Courfeyrac stia tentando il suicidio…”
“Courf: comunque oggi pomeriggio pensavamo di fare un salto. Vedi di non dormire quando arrivo io. Se riesco ti porto qualcosa di buono da mangiare! :D ”
“Ponine: Come sta la mia spugna preferita? Ferre è uscito di testa. Credo che lo accopperò… Manchi un sacco, sbrigati a uscire da lì! <3”
“Bahorel: Bossuet mi ha telefonato ieri sera! Cosa cazzo combini? Ma sei ancora vivo, vero? Te ne vai in vacanza e ti fai spappolare il cervello? Appena torni ti ammazzo!”
Grantaire si concesse un sorrisetto di autocompiacimento, era la prima volta nella sua vita che qualcuno si preoccupava per lui, era una sensazione strana… Un po’ era in imbarazzo, ma un po’ gli piaceva… Era forse questo che si provava ad avere una famiglia? Era sicuro di sì…
Rispose distrattamente ai messagi degli amici, per poi notarne uno che, nel mucchio, non aveva letto.
“Apollo: *messaggio vuoto*”
Incurvò le sopracciglia in un’espressione confusa.
Perché gli aveva mandato un messaggio vuoto?
Senza pensarci fece scorrere la schermata fino a visualizzare l’ora e la data: l’sms era stato inviato a mezzanotte e venti della sera prima.
Scosse la testa e appoggiò il cellulare sul comodino. Proprio non capiva. Che si fosse sbagliato? Ma a quell’ora? Cosa stava facendo con il cellulare a mezzanotte e venti?
Si lasciò cadere nuovamente fra le lenzuola e chiuse gli occhi.
Improvvisamente tornò con la mente a due mattine prima, quando Enjolras lo aveva abbracciato.
Era successo davvero? O si era trattato solamente di un’allucinazione? Da quella mattina non l’aveva più visto; gli altri si erano presentati a turno fra le visite mattutine e quelle pomeridiane, ma Enjolras non si era più fatto vivo…
A quel punto un altro pensiero si fece spazio fra quegli interrogativi.
Jehan era venuto a trovarlo tutti i giorni, sia al mattino che al pomeriggio. Erano opera sua i fiori freschi nel vaso accanto alla finestra.
Lo stesso giorno del fantomatico abbraccio da parte di Enjolras, il poeta era rimasto a parlare con lui per un’ora intera.
Beh, in realtà per un buon quarto d’ora erano rimasti in silenzio, Jehan seduto al suo capezzale e Grantaire che gli sorrideva, un po’ rintronato dalla morfina.
Dopo quel silenzio carico di emozioni Prouvaire era scoppiato in lacrime, vomitando un fiume di parole dapprima sconnesse che in un secondo momento Taire era stato in grado di mettere insieme in quella che forse doveva essere una ramanzina.
Aveva lasciato che si sfogasse e gli aveva preso una mano, rivolgendogli un sorriso ancora più grande e più dolce del primo.
- Va tutto bene, Jehan… Sto bene… Sono solo un po’ ammaccato… - aveva sussurrato.
- Non ti azzardare mai più a rifarlo. Cioè, sono contento che tu abbia salvato Enjolras, ma se fossi… Non riesco nemmeno a dirlo… - aveva balbettato tirando su col naso, negli occhi uno sguardo severo e al contempo pieno d’affetto.
Si era alzato in piedi e aveva posato un bacio sull fronte di Grantaire, ma le sue labbra al contatto con le bende avevano incrinato il suo sorriso.
- Enjolras è rimasto qui tutta la notte, sai… - aveva sussurrato.
L’artista aveva alzato lo sguardo fino a incontrare quello dell’amico.
- Non voleva davvero dire quelle cose a cena, lo sai… -
Aveva annuito con un ghigno obliquo.
- Ovviamente. Come tutte le volte che mi insulta e mi denigra in pubblico. Ma non ti preoccupare, so che quando è solo in casa canta agli uccellini tutto l’amore che nutre nei miei confronti. – aveva risposto cinico come al solito.
Jehan aveva incrociato le braccia al petto, ma prima che potesse parlare Grantaire l’aveva interrotto.
- Non sapevi che Enjolras è una principessa Disney? –
Il ragazzo era scoppiato a ridere e aveva scosso la testa.
- Aveva ragione Joly, la morfina ti ha reso un povero demente… -
Grantaire aveva fatto spallucce e aveva sbadigliato senza alcun decoro.
- Scusa, la morfina mi sta trasformando anche in un ippotopamo… ippopopamo… - aveva biascicato.
- Ippopotamo? Forse è il caso che ti lasci riposare un po’, oppure non recupererai mai le tue facoltà… - aveva riso di nuovo Jehan asciugandosi gli occhi ancora umidi.
Gli aveva accarezzato dolcemente una guancia e gli aveva rivolto un ultimo, gigantesco e incoraggiante sorriso, prima di aprire la porta della stanzetta e uscire.
Il pomeriggio arrivò con una lentezza esasperante, fra accertamenti e analisi varie.
Aveva sempre pensato che gli ospedali fossero luoghi di tranquillità e riposo, invece da quando era ricoverato lì era stato tutto un brulichio di medici e infermirere.
Soprattutto infermiere.
Si domandava se venissero assunte in base alla maleducazione, visto che di tutte quelle che si occupavano del piano dove si trovava lui, solo quella del turno pomeridiano era gentile e simpatica.
Quasi i suoi pensieri avessero potuto evocarla, la porta si aprì mostrando il viso giovane e dolce della ragazza.
Non doveva avere più di vent’anni, probabilmente era una tirocinante.
- Buongiorno, Signor Grantaire! Sono passata a fare un giro di controllo. Va tutto bene? Ha bisogno di qualcosa? – chiese in un Inglese perfetto.
Grantaire sorrise e scosse il capo.
- Tutto ok, grazie… -
La ragazza si rischiuse dolcemente la porta alle spalle e la stanzetta ricadde nel silenzio.
Quella mattina era venuto a trovarlo anche il tipo che lo aveva investito. Era un signore placido e dal viso simpatico, nonostante il suo sorriso fosse teso d’imbarazzo e di colpevolezza.
Si era scusato almeno un milione di volte, ovviamente in Italiano, ma alla fine, per vie traverse, Grantaire era riuscito a fagli capire che adesso stava bene, non portava rancore e soprattutto non aveva la benchè minima intenzione di sporgere denuncia: troppo impegnativo per uno come lui…
La porta si aprì di nuovo e l’artista si preparò a congedare nuovamente l’infermiera, ma sulla soglia c’era Enjolras.
- Ciao… - sussurrò.
- Ho pensato che sia noioso restare qui da solo tutto il giorno, così ti ho portato il tuo blocco per gli schizzi e qualche matita… - continuò senza tuttavia guardarlo negli occhi.
Grantaire afferrò il sacchetto di plastica che gli porgeva il ragazzo e diede un’occhiata al contenuto. Sì, c’era tutto quello di cui aveva bisogno.
- Grazie, stavo seriamente iniziando a pensare di fuggire… - scherzò.
- Grantaire… - lo interruppe improvvisamente Enjolras, lo sguardo sempre puntato ai piedi del letto.
Il moro tacque, incuriosito da quel tono così insolito nel leader.
C’era dolcezza nella sua voce, c’era rimorso e una nota lievemente incrinata a cui non avrebbe saputo dare un nome.
- Grantaire, io… - riprese, ma il rumore della porta che sbatteva lo fece voltare di scatto, il viso improvvisamente paonazzo.
- Eccoci qua!!! – esclamò Courfeyrac facendo il suo ingresso nella stanza.
- Courf! Siamo all’interno di un ospedale, non puoi far casino come se fossi a casa tua! – lo riprese Eponine entrando dietro di lui.
- Il punto è che a casa sua è anche peggio… - scherzò Marius seguendola a ruota.
In men che non si dica la piccola stanza era gremita di persone.
Joly arrivò per ultimo, un paio di minuti dopo.
- Buone notizie! Ho parlato con i medici, dopodomani dovrebbero dimetterti! –
Un piccolo urlo di giubilo si levò fra quelle quattro mura, mentre Grantaire affondava il cucchiaino nella vaschetta di gelato che gli aveva portato Courfeyrac.
Gelato alla birra, ovviamente.
- Per fortuna, a restare ancora un po’ qua dentro sarei diventato pazzo! –
Rimasero ancora un po’ a festeggiare per quella lieta notizia, poi a Courfeyrac venne un’idea.
- Hey, Taire! Perché non mi fai un ritratto? Anzi, fallo a tutti noi! –
Gli sguardi di Grantaire e di Jehan si incrociarono per un momento e i due scoppiarono a ridere.
- Se avrete la pazienza di posare per me… - li avvertì mettendo mano al suo blocco e a un carboncino.
Courfeyrac si sedette di fronte a lui e sfoggiò il suo migliore sorriso.
- Mi raccomando, fammi figo, eh! –
Le labbra dell’artista si curvarono in un ghigno preoccupante come incominciò a disegnare…
- Ma certo… -
A lavoro finito Courfeyrac si sporse in avanti, tutto curioso di vedere come l’amico era stato capace di ritrarlo.
Beh, diciamo che si aspettava qualcosa di leggermente diverso.
- Ma sembro il Gobbo di Notre-Dame,Taire! – si lamentò.
Il ragazzo scoppiò a ridere.
- Su, è interpretazione artistica! – zufolò mentre gli altri si sganasciavano alla vista della carictura crudelissima ed esagerata che aveva appena terminato.
- Dai, adesso tocca a me! – Jehan spinse Courf giù dalla sedia e prese posto di fronte a Grantaire.
Con pochi rapidi tratti il moro eseguì un ritratto decisamente diverso dal precedente, realistico e preciso, bello come il soggetto.
- Wow, questo si che è un capolavoro! – esclamò Cosette, sedendosi al posto di Jehan.
- Ora io! –
E passarono la seguente mezz’ora ad alternasi sulla seggiola di fronte al letto di Grantaire a farsi ritrarre.
Quando anche Eponine si alzò per contemplare soddisfatta il risultato, solo Enjolras non era stato ritratto.
- Dai, Enj! Manchi solo tu! – lo incalzò Combeferre.
Il ragazzo arrossì e scosse la testa in segno di diniego.
- Davvero, non è il caso… Grantaire sarà stanco di disegnare… - tentò di trovare una scusa.
- Non ci si stanca mai di disegnare, Apollo! – rise quello.
- Forza, siamo curiosi di vedere il tuo ritratto! – fece Bossuet.
Enjolras sospirò e marciò verso la seggiola come si marcia verso il patibolo.
- D’accordo, come volete… - biascicò, sedendosi e incrociando le braccia al petto, lo sguardo accigliato puntato fuori dalla finestra.
Grantaire sorrise e studiò per qualche momento la posizione.
- Cerca di stare fermo… - sussurrò, mettendosi al lavoro.
C’era qualcosa di diverso in questo disegno, Grantaire stava mettendo una cura maggiore nell’esecuzione. Studiava meglio il soggetto, i suoi tratti erano più ponderati e spesso si incantava a fissare qualche particolare del biondo di fronte a lui, come i riccioli morbidi che gli ricadevano sulla fronte o il taglio severo e al contempo vagamente infantile degli occhi.
Concentrati com’erano, né lui né Enj si accorsero della gomitatina che Cosette aveva tirato ad Eponine, prima che scivolassero silenziosamente fuori dalla stanza.
Pian piano anche gli altri Amis le avevano seguite sorridendo inteneriti davanti a quella scena più unica che rara.
Cinque minuti dopo, nella stanza, c’erano di nuovo solamente Enjolras e Grantaire.
Il biondo iniziava a sentirsi indolenzito, ma non osò muoversi e si limitò a spostare gli occhi sul ragazzo al lavoro, con il solo risultato di incrociare lo sguardo di Grantaire.
Si scambiarono un’occhiata lunga e intensa, ma questa volta Enjolras non sentì la necessità di sottrarsi a quel contatto e anzi, lasciò che quelle due pozze d’azzurro gli scandagliassero il cuore e gli penetrassero l’anima. Non se ne accorse nemmeno, ma gli angoli della bocca si sollevarono in un sorriso di pace che raramente aveva solcato il suo viso.
- Puoi… puoi muoverti, ora. Ho finito… - sussurrò l’artista, senza osare distogliere lo sguardo.
Enjolras si sporse in avanti, mentre Grantaire girava il blocco affinchè potesse vedere il disegno.
Rimasero così, l’uno accanto all’altro, in silenzio, finchè il giovane leader prese la parola.
- Il tuo ritratto è troppo bello. Io non sono così… così… - cercava la parola giusta, ma fu l’artista a trovarla per lui.
- Perfetto? Io ti vedo così… -
- L’Arte dovrebbe rispecchiare la realtà… - bisbigliò Enjolras, gli occhi puntati su quelli di carta.
Percepì Grantaire sorridere a un soffio da lui, e in un soffio parlò.
- L’Arte dovrebbe dar voce al cuore, Apollo… -
Ancora silenzio, solo il rumore dei respiri ad incrinarlo, solo la distanza di un pensiero.
- Chiedo scusa, ma l’orario delle visite è finito, dovrebbe andare… - l’infermiera gentile fece capolino dalla porta con un sorriso un po’ dispiaciuto, Enjolras che schizzava in piedi a velocità ultrasonica.
- Ci… ci vediamo domani pomeriggio… Credo… Ciao… - balbettò prima di uscire di corsa.
Fuori dalla stanza, le braccia conserte e spaventosi ghigni sulle labbra, lo aspettavano Combeferre e Courfeyrac.
- Cosa c’è? – fece, imbarazzato. Ma conosceva quei due ormai da anni, e avrebbe dovuto prevedere le loro intenzioni.
Il gruppo tornò all’agriturismo per concedersi un paio d’ore in piscina, ma il Leader, il Centro e la Guida non si unirono agli schiamazzi.
I tre rimasero a lungo seduti sulla panchina sotto alla finestra di Enjolras, salutati da uno sventolante tricolore francese.
- Allora? – domandò il biondo dopo qualche minuto di silenzio religioso.
Fu Courfeyrac a parlare per primo.
- Enj, ce ne siamo accorti tutti, anche tu. – sentenziò serio.
- Non capisco di cosa stiate parlando, davvero… - cercò di glissare, ma se poteva sperare di farla franca con Courf, non aveva fatto i conti con Ferre.
- Grantaire. Stiamo parlando di te e Grantaire e del rapporto che vi lega. –
Il ragazzo andò a fuoco, colpito dalla sincerità diretta dell’amico.
- Noi non… Non c’è… Nessun… -
- Enjolras, porca miseria, vuoi che si faccia investire un’altra volta e che ci lasci le penne per renderti conto di quanto gli muori dietro?! – sbottò Courfeyrac.
- Io non gli muoio dietro! – esclamò forse un po’ troppo acuto il diretto interessato, balzando in piedi.
Il silenzio che accolse la sua dichiarazione, però, non gli fu d’aiuto.
- Vi odio. – sputò, rancoroso.
Combeferre sorrise dolcemente.
- Enjolras, l’amore è un bellissimo sentimento, non devi sfuggirlo in questo modo. E’ normale che… - ma il leader lo interruppe bruscamente.
- No! Non è normale! Non Grantaire! Lui è così dannatamente diverso! Lui sembra… sembra che il suo unico divertimento sia irritarmi, e sminuisce sempre ciò in cui credo, e… -
- E lo vorresti prendere a pugni, a volte! Eppure quando non c’è la sua assenza si fa sentire, e inizi a pensare che forse, per questa volta ancora, puoi sopportarlo. E quando lo vedi riapparire dalla porta del Musain, sotto sotto, ti fa piacere, perché anche se non ci crede è ancora qui, e forse qualcosina dei tuoi discorsi è riuscita a insinuarsi nella sua mente rattrappita, forse ti fa sentire importante e ascoltato, dopotutto. – inclazò Courfeyrac.
- E l’altra sera al ristorante hai reagito così perché tutti se ne sono accorti, e lo sapevi, e anche se in cuor tuo avresti voluto ridere con noi il tuo orgoglio te lo impediva. E quando hai visto Grantaire sdraiato sull’asfalto avresti voluto morire perchè, dannazione, che senso avrebbe senza Grantaire? – riprese Combeferre.
E Courfeyrac continuò.
- E quando hai potuto constatare che in realtà stava bene, che era solo un falso allarme, quante cose avresti voluto dirgli? Quante ore avresti voluto poter passare lì con lui, in silenzio, perché ormai non c’è nemmeno più bisogno di parlare, ti basta sentirlo vicino e tutto il resto perde significato… -
- Esatto! E se solo avessi il coraggio di… - ma Enjolras tacque, pietrificato dalla consapevolezza di quello che aveva appena ammesso.
Strinse istintivamente gli occhi, preparandosi a ricevere il colpo dello scherno degli amici, ma non accadde nulla.
Riaprì gli occhi al tocco delicato di Combeferre e Courfeyrac, che avevano entrambi appoggiato una mano sulle sue spalle e adesso lo guardavano con un affetto infinito.
Si sentì avvampare, e una strana sensazione si impadronì di lui. Si sentiva leggero, svuotato di un gran peso, e al contempo terrorizzato, come se avesse per sempre rinunciato a se stesso.
- Vedi? Non è stato difficile… - sorrise Ferre.
- Devi dirglielo, Enj. – aggiunse Courf.
Il ragazzo sospirò e scosse la testa.
- No. No, non posso. Non dopo quello che è successo, non dopo quello che gli ho fatto. Io non merito… - ma Courfeyrac lo interruppe, roteando gli occhi.
- Okay, sei un mostro schifoso e lurido e non meriti di avere al tuo fianco Grantaire, che invece è improvvisamente l’essere perfetto. Tuttavia… - e qui si concesse una pausa ad effetto per controllare le eazioni alle sue parole. Ferre stava ridacchiando, e Enj aveva la bocca spalancata.
- Tuttavia non credi che Taire, invece, meriti qualcosa di più di uno sguardo da pesce lesso ogni tanto? – conculse con un ghignetto soddisfatto.
Enjolras richiuse la bocca di scatto.
- Courfeyrac, ti strozzo. – disse ridendo, grato per una volta di avere un amico così stupido.
- Non ce la farò mai… - esalò sconsolato.
- Non ti preoccupare, ce l’abbiamo fatta tutti, ce la farai anche tu… - lo incoraggiò Combeferre.
Courf inarcò un sopracciglio con aria scettica e si rivolse ad Enjolras.
- Sennò puoi sempre chiedere a Eponine di dichiararsi al posto tuo! –
Venti secondi dopo Courfeyrac apparve volando in piscina, con vestiti e tutto.
- Ma siete matti?! – esclamò Eponine fra le risate, avvicinandosi a Enj e Ferre.
- Quanto basta… - replicò il suo ragazzo con un sorrisetto soddisfatto, per poi baciarla con passione, facendo particolare attenzione affinchè Courfeyrac lo vedesse.
Enjolras si sedette su una sdraio e rise, rise come un bambino, di una felicità che scaturiva dal cuore.
Era felice, perche quei due ragazzi squinternati erano i suoi fratelli, e lo sarebbero sempre stati, nonostante tutto.
Quando si fu un po’ ripreso dall’attacco di ridarella lasciò che lo sguardo scivolasse su quel gruppo di giovani così diversi eppure così simili, la sua famiglia.
Quante cose erano cambiate in quei quindici giorni di vacanza… Quanto era cambiato lui stesso…
Guardò Joly e Bossuet, seduti a bordovasca coi piedi in ammollo a chiacchierare di chissà cosa, guardò Jehan aiutare Courfeyrac a uscire dalla piscina, solo per spingercelo dentro di nuovo fra le risate generali e poi tuffarsi per solidarietà, guardò Ferre e Ponine seduti su una sdraio accanto a lui e tutti intenti a discutere su una definizione delle parole crociate –ovviamente italiane- che si stavano ostinando a voler risolvere ugualmente.
Si ritrovò ad ammettere che persino la compagnia di Pontmercy, che all’inizio aveva temuto più di ogni altra cosa al mondo, dopotutto si era rivelata se non proprio piacevole, almeno sopportabile.
Fu in quel momento che si accorse che di Marius e Cosette non c’era traccia. Preferì non indagare, immaginando che avessero trovato un modo alternativo di divertirsi, ma ancora una volta sbagliava.
I due ragazzi, infatti, erano sì in camera loro, ma erano entrambi seduti sul letto, in volto espressioni serie e un po’ preoccupate.
- Cosette… - sussurrò Marius dopo un po’, lo sguardo fisso sul pavimento.
- Sì? – incalzò lei con dolcezza, avendo percepito l’uragano che stava imperversando nel cuore del suo ragazzo.
Questo sospirò e cercò le parole adatte.
- Quello che è successo in questi giorni mi ha dato da pensare… - incominciò.
- Già, Enj e Taire… -
- No. Non stavo parlando di Enjolras e Grantaire. Stavo parlando di noi due. –
Cosette tacque e arrossì, impreparata a quelle parole decise da parte di Marius.
- Ho pensato al giorno in cui ci siamo conosciuti ai Luxembourg. Eri davvero bellissima. E ho pensato a quanto tu mi abbia fatto impazzire, perché non sapevo nulla di te, nemmeno il tuo nome. Non sapevo nulla se non che ti amavo più di ogni altra cosa al mondo. E adesso che so che anche tu mi ami nulla potrebbe andare storto, perché tu mi dai fornza in ogni cosa della mia vita. – fece una piccola pausa per riprendere fiato, le sopracciglia aggrottate in un’espressione grave.
- Ma l’altra sera quello che è successo a Grantaire mi ha fatto vedere la mia vita sotto una luce diversa. Un attimo prima stavamo tutti ridendo e scherzando e un attimo dopo… Non possiamo sapere cosa il destino ha in serbo per noi, Cosette. La nostra vita è appesa a un filo e non ho intenzione di stare a guardare mentre la mia più grande occasione mi scivola dalle mani. Lo so, penserai che sono stupido, infantile e avventato, ma davvero non posso più attendere. –
- Marius, non capisco… - balbettò la ragazza.
Quando però il ragazzo cadde in ginocchio di fronte a lei, le guance arrossate d’imbarazzo e d’amore, e prese le mani della fanciulla fra le sue tutto fu chiaro, tutto fu limpido, tutto fu giusto.
- Cosette Fauchelenvent vuoi sposarmi? -
Cosette sorrise e si inginocchiò di fronte a Marius, le guance rigate di lacrime di gioia.
- Sì, sì, sì. Mille volte sì! – rise abbracciandolo di slancio.
E in quel momento che di ortodosso non aveva nulla e riusciva comunque ad essere perfetto il pensiero della giovane volò automaticamente a sua madre.
In tutta la sua vita, Cosette Fauchelevent non era mai stata così felice.
Quella sera a cena tutti notarono che i due avevano qualcosa di strano, ma nessuno osò fare domande e la combriccola se ne andò a letto prima del previsto.
Enjolras si richiuse la porta della 206 alle spalle e, senza nemmeno accendere la luce si tolse la maglietta e si lasciò cadere sul letto.
Rimase in quella posizione per ore, senza decidersi a mettersi il pigiama e infilarsi sotto le coperte, senza decidersi a muoversi, a fare qualsiasi cosa o semplicemente a chiudere gli occhi e dormire.
La bandiera sventolava tranquilla fuori dalla finestra, e talvolta il suo drappo offuscava la luce delle stelle che accarezzava i profili delle cose.
C’era silenzio, troppo silenzio, e Enjolras si ritrovò a pensare come, dopotutto, il sommesso russare di Grantaire gli mancasse.
Come gli mancasse il calore di quel corpo sdraiato accanto a lui, come gli mancasse la semplice idea di avere l’artista al suo fianco, anche se addormentato.
Sentì il cuore stringerglisi in una morsa e sospirò, rotolando su un fianco.
Qualcosa gli si piantò fastidiosamente nella coscia: era il cellulare.
Quando lo tirò fuori dalla tasca qualcosa cadde per terra. Il ragazzo si sporse per raccogliere un foglietto di carta tutto spiegazzato, il messaggio che Taire gli aveva scritto qualche mattina prima.
Se lo rigirò un paio di volte fra le mani prima di aprirlo e rileggerlo.
Gli sembrava passata una vita, eppure si trattava solamente di meno di sette giorni…
Senza pensarci troppo lo infilò nel portafogli, vicino a una fotografia di lui, Courf e Ferre che avevano scattato agli inizi del Liceo e un’altra risalente all’anno prima dove i dieci membri degli Amis de l’ABC erano riusciti a entrare nell’inquadratura di una di quelle macchinette automatiche in metropolitana. L’idea era probabilmente stata di Courfeyrac.
Sospirò ancora, quel peso sul cuore che proprio non se ne voleva andare, e senza che riuscisse a impedirselo strani pensieri si impadronirono della sua mente; nel frattempo la luna era alta sul tetto dell’agriturismo.
I suoi amici avevano ragione, quello che provava per Grantaire era più di semplice affetto e si accorse che quel ragazzo così diverso da lui era stato in grado di cambiarlo, di cambiarlo nel profondo.
E si era comportato così male con lui n tutti quegli anni che adesso l’idea di confessargli i suoi sentimenti lo faceva sentire sporco e indegno.
Eppure Ferre e Courf avevano ragione, non aveva alcun senso tenersi tutto dentro. Gli sarebbe bastato poter rimanere accanto a lui, in silenzio, senza parlare, perché sapeva che non c’era più bisogno di parole fra di loro, eppure qualcosa andava fatto.
Una strana luce azzurrina invase lentamente la stanza, e Enjolras controllò l’ora sul cellulare.
Erano le sei del mattino.
Si alzò da letto e raggiunse la finestra aperta.
Il giardino dell’agriturismo era deserto, la bandiera nemmeno sventolava, e le ultime stelle brillavano in un cielo già candido d’aurora.
Il giovane leader degli Amis trasse un lungo e profondo sospiro, poi annuì rivolto all’infinito dell’alba.
Indossò la prima maglietta che gli capitava a tiro, afferrò il cellulare, infilò le chiavi della stanza in tasca e uscì.
Sapeva cosa doveva fare, e questa volta lo avrebbe fatto.
Questa volta gliel’avrebbe detto.













 
Note:

Siamo quasi in fondo.
Ce la stiamo facendo.
Ma prima INFORMAZIONI DI SERVIZIO!
Oggi ne abbiamo due da fare…

1) Io e Ame ci siamo lanciate in una folle impresa e abbiamo aperto un gruppo roleplay su Les Misérables. Cioè, in realtà è prevalentemente concentrato sugli Amis, ma qualche altro personaggio non dispiacerebbe. Abbiamo ancora UNA MAREA di pg liberi, quindi se qualcuno volesse unirsi a noi in questo malsana affare sarebbe cosa assai gradita.
Per qualsiasi info potete contattarci con un messaggio privato e saremo liete di spiegare! <3

2) Se qualcuno ha intenzione di andare al Lucca Comics&Games io e Ame ci saremo Venerdì, Sabato e Domenica, ossia 1-2-3 Novembre!
Saremmo felicissime di conoscervi nel caso ci foste anche voi, quindi come al solito, fateci sapere!
A proposito, o Sabato o Domenica saremo in cosplay di Enjolras e Grantaire, quindi se vedete una pazza vestita di rosso che grida “Révolution!” e una zazzera di ricci neri che tracanna roba non meglio definita da una bottiglia… Beh, siamo io e la mia cara compare ubiacona… xD

D’accordo, ora passiamo a commentare il capitolo. V.V
 
Grantaire è bloccato in ospedale, e diamine se deve essere noioso…
Per fortuna ci pensa Courfeyrac a rompergli l’anima ogni cinque secondi con i suoi adorabili messaggi! xD
E poi diciamocelo, il verso salvatore in questo caso è Enjolras che appare con il blocco da disegno. ~
Il passaggio dei ritratti, ancora una volta, vuole mostrare l’amicizia che lega questo gruppo di squinternati, e vuole esaltare la magnificenza dei nostri due personaggi femminili, Cosette e Ponine, che sanno sempre quand’è il momento giusto di togliersi dai piedi.
Sante subito, quelle due! <3
Ma vogliamo parlare un attimo del momento fra Grantaire e Enjolras? Di quelle frasi sussurrate senza nemmeno pensarci troppo?
DI QUEL MALEDETTO BACIO MANCATO?!
Cavolo di infermiera, non potevi aspettare dieci secondi?!
Poi ci sono quelle due faine di Courf e Ferre a origliare biecamente, e tutto il discorsone che ne segue.
Li amo.
Gente, questo è il Golden Trio, questi sono i tre pilastri del gruppo. Questo è, probabilmente, il momento della fic in cui più si vede l’affetto che lega questi tre, il legame profondo che c’è fra di loro e come si conoscano e sappiano capirsi praticamente con un solo sguardo.
E poi Enj e Ferre che lanciano Courf in piscina…
Ho già detto che li amo? xD
Ma adesso rullo di tamburi! Approfondiamo una coppia palesemente maltrattata per tutta la nostra fanfiction: Marius e Cosette!
Siamo state cattivissime con loro, li abbiamo trattati come due cozze allucinanti, ma alla fine dobbiamo ammetterlo: questi due sono perfetti.
Marius non è idiota, e a modo suo è un ragazzo sensibile. Ama Cosette più di se stesso e, anche se a volte può essere esasperante, in questo è da ammirare.
Cosette, ricordiamocelo, ha avuto un’infanzia del cavolo.
Potrà essere viziatella e frivola a volte, ma ha davvero un cuore d’oro e ce l’ha dimostrato più volte nel corso di questa storia.
E beh,  un piccolo riferimento a Fantine ci voleva in un momento simile… <3 –Koori si commuove perché in realtà adora il rapporto Fantine/Cosette-
Dell’ultima parte non dico niente, si commenta da sé.
Il prossimo capitolo, se escludiamo l’Epilogo, sarà l’ultimo.
Questa folle vacanza giungerà finalmente a un termine, e chissà…
Vi aspettiamo al 16, gente.
Preparate i fazzoletti! ~ <3
 
Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI ***


~Capitolo XVI










Quando Enjolras arrivò all’ospedale Grantaire dormiva ancora.
Entrò nella stanza cercando di non fare rumore e si sedette accanto al lettino. Le tende erano già tirate, segno che un’infermiera era già passata per i controlli mattutini, e la luce che giungeva dall’esterno era tiepida e piacevole.
Il biondo trasse un profondo respiro e si sistemò meglio sulla seggiola, per poi afferrare distrattamente il blocco da disegno abbandonato sul comodino e dare un’occhiata ai lavori di Grantaire.
Aveva fatto qualche altro schizzo da quando se n’erano andati; uno era un semplice studio dell’infermiera del pomeriggio, quella simpatica, qualcuno raffigurava Parigi nei suoi angoli più pittoreschi, vi era un disegno molto bello di Piazza Signoria e un foglio stracolmo di piccoli ritratti. Non si sorprese nemmeno troppo quando, ad uno sguardo più attento, si accorse che quei visi appartenevano tutti alla stessa persona, cioè lui.
Voltò il foglio e svelò il ritratto del pomeriggio precedente.
Rimase qualche secondo a fissare i suoi occhi accigliati che, nel disegno, guardavano altrove e per la prima volta vi scorse l’imbarazzo.
Impercettibile, celato e velato, nei suoi occhi vi era l’imbarazzo iniziale che aveva provato a posare per lui; ancora una volta Grantaire aveva saputo cogliere anche le più profonde sfaccettature della sua anima.
Sentì il suo cuore accelerare i battiti al ricordo di quel momento insieme, da soli.
Ricordò il silenzio, quell’atmosfera fuori dallo spazio e dal tempo, ricordò l’armonia, la pace e il respiro di Grantaire a un soffio dalle sue labbra, i suoi ricci neri come l’abisso a coprire occhi che, finalmente, riuscivano a raggiungere la purezza delle stelle.
Richiuse il blocco da disegno e lo mise a posto, sopraffatto dalle emozioni con cui quel ricordo gli faceva vibrare il cuore e trasse un profondo sospiro.
- Buongiorno, Apollo… - lo raggiunse la voce impastata di sonno di Grantaire. Il ragazzo si stiracchiò e si mise seduto.
- Che ci fai qui di prima mattina? – domandò dopo un’occhiata rapida al display del cellulare, riacquistando pian pianino coscienza.
Enjolras abbassò istintivamente lo sguardo, ancora in imbarazzo per il pensiero appena interrotto.
- Ero solo passato a salutarti… - borbottò.
Silenzio.
- No. In realtà volevo parlarti. Ecco, io… Io ho pensato a quello che è successo l’altra sera, a come mi sono comportato… - balbettò.
Dannazione, non aveva messo in conto che sarebbe stato così difficile, non aveva messo in conto gli occhi di Grantaire.
Buttò fuori l’aria dai polmoni in un respiro secco e agitato e si alzò in piedi.
- E’ che tu sei sempre così… Così dannatamente te stesso! Tutte le volte che cerco di fare qualcosa mi devi sempre smontare, devi sempre sminuire i miei ideali… E credi che faccia piacere? Credi che io sia indistruttibile? Beh, no, non lo sono. Anche io ogni tanto avrei bisogno di qualche parola di incoraggiamento, qualche parola di conforto… Ma ovviamente tu devi sempre essere cinico e acido come tuo solito! –
Grantaire non parlò, non disse niente, nemmeno si mosse.
Si limitò ad alzare gli angoli della bocca verso l’alto in un sorriso tranquillo e carico d’affetto.
- E poi te ne salti fuori con queste tue trovate geniali di fare l’eroe e salvarmi… Io davvero non ti capisco! Dopo quello che ti avevo detto, dopo il modo in cui ti avevo trattato! –
Deglutì e riprese fiato, senza nemmeno rendersi conto che il discorso stava prendendo una piega completamente diversa rispetto ai suoi intenti.
- Ma certo! Cacciati pure sotto una macchina! Dopotutto se è una trovata stupida perché no? Perché non farsi investire rovinando la vacanza a tutti? Dannazione, Grantaire, se non fossimo in un ospedale ti… ti massacrerei! Non puoi fare sempre di testa tua, non puoi far sempre come meglio credi! Devi mettere in conto anche l’esistenza di altre persone attorno a te! Come pensi che si siano sentiti gli altri a vederti sdraiato in mezzo alla strada con tutto qul sangue? Marius non ha aperto bocca per tutta la sera, Courfeyrac piangeva come un bambino! –
Il sorriso di Grantaire si fece più ampio, più dolce.
Questa volta riusciva a filtrare attraverso gli insulti un messaggio diverso, un messaggio atteso da molto tempo.
Ancora non parlò, non disse niente, ma quando il suo sguardo incrociò quello di Enjolras, che aveva preso a misurare la stanzetta a grandi passi, comprese che non era ancora giunto il momento.
Il giovane leader tacque, ansimando per l’enfasi con cui si era scagliato contro l’artista.
No, non era quello ciò che voleva dirgli! Non erano quelle le parole che lo avevano tenuto sveglio tutta la notte!
Cosa stava facendo? No, così stava rovinando tutto!
Si passò una mano fra i riccioli biondi in un gesto agitato e stizzito, il gesto di quando sapeva di non avere la situazione sotto controllo.
- Io volevo semplicemente dirti che… - ritentò, sforzandosi di non guardarlo negli occhi.
Ma quelle due schegge d’azzurro erano come calamite.
- Ah, dannazione! Niente, Non volevo dirti niente, fai finta di niente! – esclamò, il viso rosso quanto la sua maglietta, prima di spalancare la porta e andarsene.
Subito dietro l’uscio, però, in atteggiamento davvero poco equivocabile, c’erano Combeferre e  Courfeyrac.
- Voi due… Voi due stavate origliando? – sibilò sottovoce, troppo imbarazzato dall’idea che Grantaire da letto potesse sentirli.
- Che modo originale di dichiarare il proprio amore… - commentò stranamente ilare Combeferre.
- Vai al diavolo. – fu la brusca replica di Enjolras, prima che l’amico facesse spallucce e lo seguisse lungo il corridoio, lasciando Courfeyrac solo sulla porta.
Quest’ultimo represse una risatina soddisfatta e scosse la testa, scivolando all’interno della stanza.
Chiuse la porta con cautela e si voltò lentamente verso Grantaire, per poi sollevare piano il pollice della mano destra.
- E’ cotto di te! – cinguettò con un enorme sorriso.
Il giorno dopo, le dimissioni del ragazzo dall’ospedale furono una festa infinita.
Marius scoppiò in lacrime e si appese al collo dello scettico chiedendogli scusa infinte volte: si sentiva colpevole per tutto il casino che era successo.
Eponine non si comportò in modo troppo diverso. Certo, non piangeva e non si scusava, ma comunque il suo abbraccio fu così forte e carico di sentimento che gli Amis rischiarono di dover riportare Grantaire di corsa all’ospedale con qualche costola rotta.
- Calma, calma! Non sono mica morto! – esclamò il ragazzo fra le risate.
- Certo, anche perché se avessi solo che osato morire ti avrei ammazzato! – esclamò Ponine con tono minaccioso.
Ci fu un secondo di silenzio, poi la ragazza incassò la testa fra le spalle.
- Si, lo so, questa frase non ha senso. Ma rende l’idea, no? – e tutti scoppiarono di nuovo a ridere.
Quegli ultimi tempi, nonostante tutto, erano stati appesantiti dalla mancanza di Taire, e adesso bisognava festeggiare.
I primi due giorni di convalescenza non organizzarono nulla, limitandosi a tranquille passeggiate nei dintorni dell’agriturismo o rilassanti pomeriggi ai Boboli, ma l’ultimo giorno di permanenza a Firenze gli Amis decisero di festeggiare la completa guarigione di Grantaire con un bel pranzetto al ristorante.
Questa volta fu Courfeyrac a incaricarsi delle ricerche, e trovò una trattoria niente male appena fuori dalla città, nella quiete delle vigne toscane.
La comitiva percorse la stradina fino al locale fra le risate, Joly che si ostinava a voler far indossare a Bossuet il suo cappellino affinchè non si ustionasse la testa e Marius che si preparava psicologicamente all’ennesimo discorsone sul sole di mezzogiorno, mentre Courfeyrac affondava allegramente una mano nella tasca posteriore dei jeans di Jehan facendolo avvampare e Eponine e Cosette commentavano assieme a Combeferre le ultime fotografie scattate ai Boboli.
Ogni tanto qualcuno si voltava per assicurarsi che Grantaie e Enjolras fossero ancora dei loro.
Quest’ultimo infatti, da quando Grantaire era stato dimesso, era diventato particolarmente paranoico. Non si allontanava un momento da lui, gli chiedeva come si sentisse ogni cinque minuti e lo aiutava a salire e scendere le scale quasi fosse stato un vechietto.
Non che a Grantaire quelle premure dispiacessero, chiaro, ma si trattava di scene alle quali nessuno degli Amis era psicologicamente preparato.
- Ce la faccio, tranquillo, Apollo… - sorrise quando il biondo gli offrì il braccio per salire quei quattro gradini per la sala da pranzo della taverna.
- Zoppichi ancora, è meglio non rischiare. – fu la sua replica serissima.
Una volta a tavola Courfeyrac li deliziò con una delle sue solite storie allucinanti di vita vissuta, finchè, al momento del secondo, Cosette non si schiarì la voce attirando l’attenzione dei presenti su di sé.
- Ragazzi, io e Marius vorremmo dirvi una cosa… -
Improvvisamente a tavola calò il silenzio.
Otto paia di occhi erano piantate sui due ragazzi, che sorridendosi con dolcezza si tenevano per mano.
Marius si alzò in piedi e si posizionò dietro alla seggiola di Cosette, mettendole entrambe le mani sulle spalle.
- Questa vacanza in Italia è stata densa di avvenimenti… - incominciò, le guance leggermente arrossate.
- A partire da Combeferrre e Eponine… - continuò.
- Passando per Joly e Bossuet… - gli fece eco Cosette rivolgendo agli amici un sorriso gentile.
- Finendo con Courf e Jehan! – aggiunse il ragazzo, scuotendo la testa quando Courfeyrac colse alla sprovvista il poeta baciandolo dolcemente, giusto per dare credito alle parole di Pontmercy.
- E chissà quante altre cose ci aspettanto ancora in questi ultimi due giorni… - la voce vellutata e allegra di Cosette andò ad accarezzare direttamente il cuore di Enjolras, che arrossì e iniziò a fissare le posate, apparentemente interessantissime.
- Insomma, tutti questi avvenimenti ci hanno fatto riflettere su quanto la vita sia meravigliosa, ma una ed imprevedibile. E siamo giunti a una conclusione. – spiegò Marius, scambiando uno sguardo d’intesa con la sua ragazza.
Strinse impercettibilmente la presa sulle sue spalle finchè la mano piccola e candida di Cosette non si intrecciò con la sua.
- Ecco… Io e Cosette ci sposiamo. –
Lasciò che la frase cadesse nel silenzio, prima che un applauso scrosciante partisse dal tavolo.
Eponine si alzò i piedi e corse ad abbracciare gli amici, Courfeyrac finse di commuoversi e Jehan si propose di comporre una poesia sul momento per rendere il tutto più romantico, ma il viso di Marius improvvisamente paonazzo riportò tutti all’ordine e alla calma.
- A quando il lieto giorno? – domandò Grantaire, che con la scusa di brindare alla salute degli amici si era scolato un’intera bottiglia di vino da solo.
Cosette fece spallucce.
- A dire il vero non abbiamo ancora deciso, è stata una cosa un po’ così… Improvvisata, anche se ponderata. – spiegò con un sorriso che inondava la sala di una gioia senza confini.
Marius tornò a sedersi accanto a lei e le posò un bacio su una guancia, per poi farle l’occhiolino.
- Però a una cosa abbiamo già pensato… - disse guardandosi intorno.
- Ebbene, vorrei che il mio testimone fosse qualcuno di speciale. Qualcuno che ha dimostrato di saper farmi ridere anche nei momenti peggiori, qualcuno che a volte sa essere davvero appiccicoso, ma dopotutto va bene così… -
Courfeyrac sorrise, pronto ad alzarsi in piedi e ricevere il meritato applauso dopo tutti quegli strani complimenti.
Sapeva che Marius avrebbe scelto lui, era un tacito accordo che era entrato in vigore dal momento in cui il giovane Pontmercy aveva dichiarato di essersi perdutamente innamorato di Cosette, e sottosotto Courf ci teneva tantissimo.
- Ed è per questo che come testimone di nozze ho scelto il più caro amico che chiunque possa desiderare: Vomito di Joly! –
Tutti si voltarono simultaneamente verso Joly, eccetto Courfeyrac che, già mezzo in piedi, si lasciò cadere sulla seggiola con un’espressione di pura delusione sul volto.
Joly sorrise gentilmente e fece uno strano verso con la gola.
- Vomito vi ringrazia dal più profondo del mio pancreas, ma vorrebbe comunicarvi che si vede costretto a declinare la vostra offerta in favore di qualcuno di più meritevole e meno… uhm, come dire… Imbarazzante… Anche se su questo ho le mie riserve… - ridacchiò poi sottovoce, lasciando comunque che gli altri lo sentissero.
Gli Amis scoppiarono a ridere e Marius si voltò verso Courfeyrac, chiedendosi con un po’ di stupore se era stata solo una sua impressione quel luccichio negli occhi dell’amico.
- Beh, visto che Vomito si rifiuta direi che non mi resta che ripiegare su un’altra persona che soddisfi tutte le qualità precedentemente elencate… Courf, hai l’agenda libera? –
Il ragazzo esibì un sorriso radioso e si alzò nuovamente in piedi, aggirando il tavolo per stringergli la mano.
- Puoi contarci, amico! – e lo abbracciò fra gli applausi degli altri e gli “aaaaaw” delle ragazze.
- Adesso è il mio turno! – esclamò Cosette.
- Ecco, io… Sì, insomma, ho sempre faticato a stringere amicizie salde e durature, un po’ per il mio carattere e un po’ per via delle stranezze di mio padre. I tempi del Liceo sarebbero stati duri, se non avessi avuto al mio fianco un amico buono, dolce e generoso come Jehan. Ecco perché vorrei che fossi tu il mio testimone. – spiegò con semplicità.
Il poeta avvampò e sorrise, senza nemmeno accorgersi che due lacrime solitarie stavano rotolando giù dalle sue guance.
- Hey, guarda che se non vuoi lo chiedo a qualcun altro, eh! Magari Vomito ha cambiato idea… - scherzò la ragazza.
Jehan scoppiò a ridere e si asciugò le guance con le maniche della camicia.
- Scusa… Non me lo aspettavo, mi sono commosso… - singhiozzò in quello che probabilmente doveva essere un “sì, accetto”.
Cosette si voltò poi verso la sua sinistra.
- Questo momento lo devo a te e a te soltanto. Dopo tutto quello che abbiamo passato dalla nostra infanzia fino ad oggi io davvero non so come… - ma Eponine non la lasciò finire e le gettò le braccia al collo.
- Sono io che ti ringrazio: mi hai salvata da Pontmercy, questo basta a sdebitarti di qualsiasi cosa! – esclamò fra le risate del gruppo, mentre Marius si fingeva offeso.
In tutto quello, Enjolras continuava a fissare le posate.
La forchetta aveva una strana macchiolina proprio in fondo all’impugnatura che gli ricordava un fegato…
Si sentì stupido, non perché non riuscisse a condividere la gioia del momento, ma piuttosto perché se ne sentiva estraneo. Non aveva mai assistito a una scena simile, e quel sentimento per lui così nuovo adesso gli si manifestava in una delle sue forme più alte, forse quella che temeva di più: il matrimonio.
Non sapeva come comportarsi, non sapeva cosa dire, non sapeva nulla.
- Enjolras… - la voce di Marius lo richiamò alla realtà.
- Sì? –
Si accorse in quel momento che tutti gli Amis lo stavano guardando.
- Che c’è? – domandò, in imbarazzo.
Marius sbiancò e il ragazzo si accorse di aver detto qualcosa che non doveva dire.
- Ti ho fatto un discorso chilometrico e non mi sei stato nemmeno a sentire?! – sbottò Pontmercy.
- Che palle, e io che volevo essere gentile e dimostrarti la stima e l’affetto che nutro per te nonostante tu mi tratti sempre come l’ultima ruota del carro! – scherzò, ma di nuovo Enjolras non colse quella nota di ironia.
- Come? –
- Vuoi essere tu il mio altro testimone? – si arrese a semplificare Marius, sgranando gli occhi nel vedere quelli di Enjolras inumidirsi.
Oddio, lo sapeva, non doveva chiederglielo.
- Ehm… Come… Come non detto… Capisco se non vuoi… - iniziò a balbettare, terrorizzato.
- Sarebbe un onore, Marius. – rispose semplicemente il biondo.
Sulla tavolata calò il silenzio.
- Da… davvero? Non mi mandi a quel paese? – continuò il ragazzo, troppo stupito dal fatto che Enjolras avesse accettato per rendersi conto che l’aveva chiamato per nome.
Il biondo si grattò la testa imbarazzato.
- Beh, sì… Cioè, no, non ti mando a quel paese… Mi fa piacere che tu abbia pensato a me… - sorrise.
- Ottimo! Adoro i matrimoni, da bere per tutti! – esclamò improvvisamente Grantaire alzando un’altra bottiglia di vino al cielo e versandosene un generoso bicchiere.
- Taire, sei una spugna! – esclamò Combeferre fra le risate del gruppo, mentre Bossuet, nell’imitare l’artista, si versava mezzo bicchiere sui pantaloni.
- Merda, era il mio ultimo cambio pulito! – piagnucolò.
Quel pomeriggio rientrarono all’agriturismo abbastanza presto per preparare i bagagli, occupazione che rese Bossuet così annoiato da fargli venire la malsana idea di fregare a Joly tutte le cose che metteva in valigia e lanciarle sul letto.
- Bossuet, cosa diamine stai facendo?! – sbottò il ragazzo dopo un po’ che rimetteva pazientemente i vestiti al loro posto.
L’altro rise di gusto.
- Niente, ti sto rompendo le scatole. Non è giusto che tu possa fare le valige e io no! – sbuffò.
- E poi mi annoio… - aggiunse con un broncetto da cucciolo.
Joly scosse la testa.
- Lasciami finire di mettere a posto e poi facciamo qualcosa… Dai, non fare il bambino… - continuò, raccattando una maglietta da terra e piegandola schifato.
Bossuet scese dal letto e si avvicinò piano al compagno, cingendogli la vita con le braccia.
 - E se invece mettessi a posto dopo e facessimo qualcosa adesso? – gli sussurrò nell’orecchio.
Joly ebbe un piccolo fremito e si voltò, alzandosi in punta di piedi per dargli un bacio da capogiro.
- E invece dico che finisco adesso. – disse a un soffio dalle sue labbra.
Bossuet si lasciò cadere nuovamente sul materasso, ma un crack sospetto gli fece gelare il sangue nelle vene.
- Temo… temo sia una doga… - pigolò.
- Bossuet… - sospirò l’aspirante medico.
Diede un’occhiata al materasso che ora presentava un incavo inquietante, poi si voltò verso la valigia aperta ed infine tornò a posare lo sguardo sul ragazzo affranto e sconsolato.
Sorrise dolcemente e si sedette sulle sue ginocchia, poggiandogli la testa sulla spalla e dandogli un piccolo bacio sul collo.
Dopotutto i bagagli potevano aspettare ancora un po’…
Cenarono all’agriturismo e decisero di non scendere a Firenze: il cielo quella sera era terso e limpido, la luna non era ancora sorta e le costellazioni brillavano tranquille.
Si sdraiarono tutti sul prato accanto alla piscina per guardare le stelle come suggerito da Jehan, ma ben presto il gruppo si divise a coppiette.
Fu a quel punto che Grantaire si accorse che Enjolras era scomparso.
Si alzò in piedi con leggera fatica e si guardò intorno, ma del ragazzo non vi era traccia. Pensò di mandargli un messaggio, ma cambiò presto idea:  forse sapeva dove si era cacciato…
Si mosse lentamente verso l’edificio dell’agriturismo, zoppicando ancora lievemente, e girò l’angolo fino a ritrovarsi sotto alla finestra della 206.
Ah, se lo conosceva…
- Che ci fai da solo? Non ti piacciono le stelle? – domandò, facendolo trasalire.
Enjolras se ne stava seduto sulla panchina proprio sotto alla loro finestra.
Lo vide scuotere la testa alla tenue luce delle costellazioni e andò a sedersi accanto a lui.
- Non è questo… E’ che… Mi sono un po’ fatto cogliere dalla malinconia, ecco. – confessò.
- Malinconia? E di che cosa? –
Il biondo fece spallucce.
- Non lo so. E’ una sensazione strana. Sono cambiate così tante cose da quando siamo partiti… E’ già passato un mese, e domani dobbiamo tornare a casa… - spiegò.
- Visto che alla fine l’Italia ti è piaciuta? – scherzò Grantaire.
Ci fu un momento di silenzio durante il quale Enjolras temette che l’amico potesse udire gli ingranaggi del suo cervello macinare un pensiero più grande di lui.
- Apollo… -
- No. –
Grantaire si zittì, stupito e confuso.
- Come? – domandò.
- No. – ripeté Enjolras.
- Ora è giunto il momento che lasci da parte la mia testardaggine e il mio orgoglio e ti dica le cose come stanno. –
L’artista sgranò gli occhi e gli si avvicinò impercettibilmente con il busto.
- Io… Io ti ho sempre trattato in maniera orribile. Me ne pento. Me ne pento davvero, Grantaire. Non ho mai capito nulla, sono sempre stato così cieco! Il punto è che, sotto sotto, pensavo che tu ci saresti stato; sotto sotto ho sempre dato per scontata la tua presenza. –
- Enjolras… - disse questa volta Grantaire, ma l’altro ignorò quel richiamo.
- L’altra sera, quando quella macchina ti ha investito. Dio mio, non ho mai avuto così tanta paura in vita mia, paura di averti perso, perso per sempre! E in un modo così stupido! Sono stato un idiota, perché tu l’hai sempre detto, e io non ti ho mai voluto credere. E ci ho messo davvero così tanto tempo a capire! – strinse gli occhi, e il cuore di Grantaire perse un battito quando si accorse che una lacrima stava scivolando lungo la guancia del suo leader.
- E il punto è che in tutti questi giorni in cui non ho fatto che pensare a te, a noi, a tutto… beh, non ti ho nemmeno ringraziato! E io… –
- Enjolras… -
- E io vorrei che tu potessi sentire tutto quello che ho dentro il mio cuore, perché non sono capace a dirlo, perché ho paura di fare un casino, e… -
- Enjolras. –
Il ragazzo tacque solo quando si accorse che Grantaire aveva posato una mano sulla sua guancia.
Si guardarono negli occhi per un lungo, interminabile secondo.
Non una voce si udiva in quella calda notte di fine estate, non un animale osava incrinare quel silenzio perfetto, quasi atemporale.
Sembrava che il mondo attorno fosse scomparso, che adesso ci fossero solamente loro due, gli occhi dell’uno aggrappati a quelli dell’altro, le anime intrecciate e i cuori separati dalla distanza di un battito.
Fu un attimo, Enjolras chiuse gli occhi e si sporse in avanti ad incontrare le labbra di Grantaire.
Fu un attimo, e tutte le volte in cui quegli occhi azzurri così cupi e così misteriosi lo avevano lasciato con la mente vuota e il cuore gonfio trovarono una spiegazione.
Fu un attimo, e Grantaire dischiuse le labbra affinchè il biondo potesse approfondire il bacio, riversando in lui quel sentimento che aveva imparato a conoscere da così poco tempo, ma che già lo travolgeva.
Quando Grantaire si allontanò appena, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, Enjolras sentì una fitta all’altezza del cuore, come se quella distanza fosse stata dolorosa ddirittura per il suo fisico.
Stava ansimando, ma questo certo non poté impedirgli di affondare le mani fra i ricci selvaggi dello scettico e baciarlo ancora, e ancora, e ancora.
Nel frattempo la luna faceva capolino, bagnando della sua luce tenue e placida le vigne attorno a Firenze.
Seduta sul prato, Eponine si guardò intorno con le sopracciglia aggrottate.
- Che c’è? – le domandò Combeferre, la testa appoggiata sulle gambe della ragazza che gli stava accarezzando i capelli.
- Che fine ha fatto Taire? Non era qui fino a tre secondi fa? – chiese.
Il giovane si mise a sua volta a sedere e scrutò l’oscurità.
Un sorrisetto saccente e divertito allo stesso tempo gli si dipinse sulle labbra.
- Che fine ha fatto Enjolras? – rispose con un’altra domanda.
Eponine rise e scosse la testa.
Quei due erano veramente incredibili…
Enjolras non era in grado di definire quanto tempo fosse passato da quando lui e Grantaire erano entrati in camera, avvinghiati come nemmeno Cosette e Marius erano in grado di fare.
Le sue labbra continuavano a incontrare quelle dell’altro senza nemmeno dargli il tempo di recuperare il fiato, quasi come se l’interrompersi di quel contatto avesse potuto in qualche modo ucciderli sul colpo.
Grantaire, a quanto pare, era della sua stessa opinione.
Le sue mani da artista continuavano ad accarezzare il viso di Enjolras con la stessa delicatezza con cui avrebbero maneggiato un’opera d’arte delle più famose, mentre quelle del biondo andavano ripetutamente ad aggrovigliarsi  con quei fitti e morbidi ricci neri che sembravano volerlo intrappolare per non lasciarlo più andar via.
Enjolras nemmeno si accorse di quando raggiunsero il letto, gettandovisi sopra sempre alla ricerca dell’altro.
I baci si facevano via via sempre più intensi, così come più intenso diveniva il bisogno di maggior contatto.
Le mani di Grantaire accarezzavano ora il ventre piatto del leader, alzando la maglietta sempre di più, ad ogni carezza. La pelle di Enjolras bruciava dove passavano le dita del suo scettico e il bisogno di sentirlo più vicino aumentava ad ogni tocco.
Le sue labbra pulsavano, e il desiderio si espandeva in lui annebbiandogli i sensi e oscurandogli la ragione.
Non seppe bene spiegarsi come, ma in meno di un secondo le posizioni erano ribaltate, era Enjolras ora a comandare il gioco e Grantaire non riusciva a spiegarsi come quelle labbra, quella lingua e quelle mani tanto inesperte potessero essere diventate già così abili ad accarezzare la sua pelle.
Enjolras si sistemò meglio sopra il moro, posizionando un ginocchio fra le sue gambe. Grantaire si spinse verso di esso, lasciandosi sfuggire un gemito basso quando il suo inguine ormai bello sveglio andò a strusciarsi sul muscolo teso della coscia del suo Apollo.
Il biondo rimase qualche istante a fissarlo, incatenando i suoi occhi a quelli lucidi e desiderosi dello scettico.
Come diamine aveva fatto a vivere senza di lui, prima?
Come aveva fatto senza quelle labbra e quelle mani da artista a modellargli la pelle?
Non fu in grado di trovare una risposta in quell’occasione; i vestiti dei due amanti abbandonarono presto i loro rispettivi proprietari finendo dimenticati per terra.
Quella notte furono i loro sentimenti a tener loro compagnia, furono dolci baci e gentili carezze a tenerli al caldo.
L’amore impossibile tra un uomo che non sapeva amare e un altro che non credeva in nulla se non in quello stesso amore si era dimostrato più forte di qualsiasi divergenza.
Sì, adesso Enjolras poteva dirlo: finalmente aveva trovato un motivo per cui avrebbe dovuto amare l’Italia.
Le costellazioni si avvicendavano nel nero pece della notte, lasciando che la luna percorresse il suo tragitto su quella campagna quieta e custode dei segreti e dei desideri più disparati, testimone del concludersi di una vicenda bizzarra e impensata.
Ancora poche ore e la vacanza sarebbe giunta a termine, portando con sé il profumo di un’estate ricca di ricordi, il profumo dell’Amicizia più vera, sincera e indissolubile, come l’acqua di sorgente, dell’Amore più puro, limpido e resistente, come il diamante.
Fuori dalla finestra della stanza numero 206 il tricolore francese sventolava placido e complice, accarezzando sogni e speranze, progetti e scoperte di un gruppo che forse non avrebbe mai fatto la Storia, ma che, comunque, ne avrebbe avuta una da raccontare…











 
Note:

D'accordo. Cercherò di essere comprensibile in queste note di fine capitolo.
Iniziamo con il commentare cosa è successo.
Parte prima, Enjolras è una testa di rapa allennesima potenza.
"Questa volta gliel’avrebbe detto.", così si concludeva il capitolo precedente.
Ahahahah. Credici, Enj. Credici...
Parte seconda, Cosette e Marius si sposano.
Okay, ho adorato questo pezzo. Ho adorato quei due. Sono scemi -almeno, Marius lo è-, ma li amiamo, e anche loro si meritano un po' di felicit.
E Courf che ci resta male perchè Marius non lo sceglie come testimone è kgasdhafafkg <3
Parte terza, Bossuet e Joly.
No, dai, seriamente. Immaginatevi Joly tutto concentrato a separare gli indumenti puliti da quelli sporchi, a ripiegare tutto in maniera precisa e asettica, e Bossuet che si annoia e lancia tutto per terra o sul letto. Ma io li amo... xDDDD
Parte quarta. -che si consiglia di rileggere con "The Reason" degli Hoobastank come sottofondo-
Io non ho parole. Davvero. Non so come esprimermi.
Sedici capitoli, signori miei. Sedici dannati capitoli.
UNA FANFICTION INTERA.
Ma ne è valsa la pena, no?
Voi non avete idea di come mi senta in questo momento. Sto piangendo. Ce l'hanno fatta, finalmente. <3
Ps_ la scena clou è gentilmente offerta da Ame, io sono troppo Enjolras per riuscire a scrivere una cotal meraviglia senza arrossire come una suora di clausura... xD
E poi beh, il finale... Io ho pianto per qualcosa tipo due giorni consecutivi. E vengo colta da singhiozzi ogni volta che rileggo.
Ah, a proposito. In questo capitolo ci sono due citazioni che spero abbiate colto: la prima è del meraviglioso Capitan Jack Sparrow, e la seconda è una semicit dal caro Nonno Hugo, senza il quale questa fanfiction nemmeno esisterebbe.
Boh.
Mi piacciono le citazioni... xDDDD

Adesso, siccome la nostra storia è praticamente finita, passo alle note tecniche.


L'idea per questa storia ci è venuta a Luglio.
Cioè, in realtà è venuta ad Ame, perchè fra le due è lei quella delle idee geniali, io mi limito a trascriverle al pc... xD
Inizialmente avevamo solo un luogo, Firenze, dieci personaggi, gli Amis, e un titolo, Trovami Almeno un Motivo per cui Dovrei Amare l'Italia.
Nulla di meno, nulla di più.
Io ero scettica, Ame era esaltata.
E' la prima volta, se non si considerano un paio di fic sulla Divina Commedia, che scrivo su un'opera di Letteratura, fra l'altro di uno dei miei autori preferiti studiati in cinque lunghi e pallosi anni di Liceo. Temevo di fare un gran casino, di rovinare un'opera meravigliosa come Les Misérables, di non riuscire a cogliere i personaggi e fare una schifezza.
E' stata Ame a stressarmi l'anima finchè non mi sono arresa e ho incominciato a scrivere, nel bel mezzo della notte.
E' andata un po' come per Enj, che all'inizio in Italia nemmeno ci voleva andare... xD
Adesso, dopo quattro mesi da quando ho scritto le prime righe di questo delirio, posso dire per fortuna.
Per fortuna, perchè questa fanfiction mi ha permesso di esplorare la psiche di ben dieci persone diverse, portandomi sull'orlo dello sdoppiamento della personalità.
Per fortuna, perchè è stato un ottimo esercizio di stile.
Per fortuna, perchè mi sono divertita tantissimo a escogitare tutte le peripezie, gli amori, le sfighe, i litigi e le storie di Courfeyrac che hanno dovuto subire i nostri eroi.
Per fortuna, perchè grazie a questa fanfiction abbiamo potuto conoscere persone meravigliose, ridere, piangere, sclerare e fangirlare tutte insieme.
Quindi, adesso, vorrei passare ai ringraziamenti.

GRAZIE a chi ha messo questa fanfiction fra le preferite.
GRAZIE a chi ha messo questa fanfiction fra le seguite.
GRAZIE a chi ha letto timidamente, ma tanto l'ha letta e ci riempe di gioia lo stesso.
GRAZIE anche a chi non è iscritto al sito ma ci ha seguite lo stesso, vogliamo bene anche a voi!
GRAZIE a chi ha recensito, perchè diamine, mai più ci saremmo aspettate risultati simili da questa piccola commediola idiota, e quel numero così alto al contatore recensioni ci commuove e ci riempe di gioia. Davvero.

Un ringraziamento speciale a _Noodle, perchè sì. Perchè non capisce gli spoiler nemmeno con i disegnini, perchè Enj piastrato, perchè mi mette le corna, ma dannazione, non riesco a ribellarmi, perchè è il Jehan migliore del mondo e perchè ci sopporta ormai da abbastanza tempo da meritarsi un ringraziamento speciale. <3


Termino con un ultimo grazie.
Vorrei ringraziare il mio Grantaire, quella personcina cinica e odiosa che ha sempre un commento acido su tutto, che non perde mai l'occasione di rimarcare i miei difetti e che sa farmi venire il nervoso con una semplice espressione del viso, ma rimane al mio fianco, nonostante io mi sia comportata nei suoi confronti come -se non peggio- di quanto ha fatto Enjolras.
Eppure questa personcina, nell'arco di un secondo, sa trasformarsi -conservando i capelli- nel mio Bossuet. Quella persona che sopporta in silenzio tutte le mie lagne, i miei momenti di depressione, i miei svenimenti improvvisi e gli attacchi di panico senza un motivo che in realtà un motivo ce l'hanno, e per ulteriori informazioni si consulti Joly, prego.
Questa personcina, che quando è in vena è peggio di Courfeyrac, che si crede Dio -e forse lo è- e mi fa ridere come nessun altro è in grado di fare.
Senza questa persona non ci sarebbe TAUM, non ci sarebbe Do_Not_Touch_My_Patria e soprattutto non ci sarei io.
Il ringraziamento più importante va ad Ame, e guai a lei se osa replicare, sminuirsi, o qualsiasi altra cosa che vada contro il mio slancio d'affetto. -guarda male Ame prima che possa reagire alla Taire e dire qualcosa di estremamente stupido-


Insomma, cari lettori, siamo giunti alla fine.
La storia si è conclusa, ma al termine della fanfiction manca ancora l'EPILOGO, che pubblicheremo Martedì prossimo.
Se la nostra avventura vi è piaciuta e se siete curiosi di scoprire come procederanno le cose in questo gruppo di pazzi, oppure come i nostri cari Amis si siano uniti fino a formare la migliore associazione di Francia... beh, abbiamo molti progetti in cantiere per voi!
State collegati, torneremo presto con nuove storie, nuove follie e nuove avventure! ~ <3


Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


~Epilogo












Enjolras aprì gli occhi pigramente.
Uno strano calore gli rendeva il cuore leggero e gli dipingeva un sorriso sereno sulle labbra, sorriso che si ampliò ancor più quando percepì il braccio di Grantaire attorno alla sua vita e il viso del ragazzo a pochi centimentri dal suo, il respiro tranquillo che si infrangeva contro le sue labbra come la spuma dell’onda sulla sabbia.
Senza starci troppo a pensare, fece scivolare un braccio fuori dalle coperte e prese ad accarezzare i ricci disordinati dell’artista con una dolcezza che non avrebbe mai immaginato di avere.
Grantaire emise un piccolo grugnito di disappunto e si strinse di più a lui, sbattendo le palpebre infastidito dalla luce fioca che giungeva dall’esterno.
Si guardarono un momento negli occhi, ricordando il fiume di emozioni che li aveva travolti la sera prima, poi il giovane si sporse leggermente in avanti per dare ad Enjolras un bacio a fior di labbra che gli fece schizzare il cuore in gola.
- Buongiorno, Apollo… - sussurrò.
Ma questo era un “buongiorno Apollo” diverso da tutti gli altri.
Non vi era scherno, non vi era ironia, non vi era tristezza né apatia.
In quelle parole Enjolras scorse gioia, pace, sentimenti che non ricordava di aver mai visto negli occhi di Grantaire.
Per la prima volta dopo tutta una vita, il giovane leader degli Amis de l’ABC si sentì completo, come se quegli occhi colmi di felicità fossero tutto quello per cui aveva lottato fino a quel giorno, tutto quello di cui aveva bisogno per andare avanti.
Arrossì e distolse lo sguardo.
- Buongiorno… - rispose in un sussurro.
Quando scesero a colazione, mezz’ora dopo, il gruppo era già riunito al completo attorno alla grande tavola apparecchiata per dieci.
Alla vista delle loro mani intrecciate in una presa salda e al contempo gentile, il cuore di Jehan fece una capriola nel petto e i suoi occhi regalarono allo scettico il più dolce dei sorrisi, mentre Combeferre e Courfeyrac si scambiavano uno sguardo divertito, Cosette e Ponine sgranavano gli occhi in un’espressione di felice sorpresa e trattenevano strani gridolini, Joly tendeva le labbra in un sorriso che esternava a chiare lettere il “finalmente” che stava pensando e Bossuet, scioccato, si versava il caffè sulla maglietta nel tentativo fallito di portare la tazzina alla bocca.
Fecero colazione in fretta, e con un po’ di malinconia trascinarono le valige fino alle macchine.
Enjolras gettò un’occhiata alla finestra della 206, ora vuota e spenta senza la bandiera francese a sventolare allegra come in quel lungo e folle mese di vacanza.
Gli sembrava impossibile credere che fosse già finito tutto…
- Pronto? Sì, sono io… -
Tutti si voltarono incuriositi verso Bossuet, che aveva risposto al cellulare con aria perplessa, ma soprattutto in Inglese.
Lo videro sbiancare e fissare lo sguardo nel vuoto.
- Tutto bene?- chiese Joly avvicinandosi, ma fu zittito da una mano del ragazzo che gli faceva segno di aspettare.
- No, scusi… Aspetti… Adesso? Cioè… Oggi? –
Gli altri imitarono Joly e si avvicinarono di qualche passo, sempre più curiosi.
Bossuet scosse la testa con espressione disperata.
- Ma certo, non si preoccupi. Ho l’aereo oggi pomeriggio, passo più tardi… Ma certo che ho intenzione di imbarcarle di nuovo! –
Silenzio, poi il giovane sospirò e si lasciò scivolare sulla valigia di Joly.
- Grazie. Arrivederci… Grazie… -
Riattaccò e si passò stancamente una mano sul volto.
- Cosa è successo? – domandò Cosette, preoccupata dallo sguardo disperato dell’amico.
Il viso del ragazzo si tese in un sorriso rassegnato e divertito allo stesso tempo, la tipica espressione di Bossuet.
- Provate a indovinare? – incominciò.
- Hanno ritrovato le mie valige! –
Salirono in macchina fra le risate, lasciandosi alle spalle l’agriturismo, Firenze e la loro vacanza.
Il viaggio in aereo fu decisamente più tranquillo della partenza: Marius si addormentò con la testa sulla spalla di Cosette, che si rassegnò ad ascoltare la musica del suo iPod fino all’atterraggio.
Enjolras, invece, trascorse le due ore di volo sporto in avanti a chiacchierare con Courf, Jehan e Taire, il quale ogni tanto si contorceva un po’ per riuscire a dare la mano al suo Apollo.
Raggiunsero la fermata di Châtelet quando il sole aveva già incominciato la sua lenta discesa verso l’orizzonte e bagnava i profili dei palazzi della sua morbida luce aranciata.
- Allora? Chi si ferma da me per una pizza? – domandò Courfeyrac con un grande sorriso dopo che si furono fermati di fronte alla grande cartina di Parigi esposta al di fuori di tutte le stazioni della metro.
Eponine fece spallucce e sospirò.
- Verrei volentieri, ma il Venerdì è giornata piena alla locanda, devo dare una mano a mia madre. E poi mi manca quel disgraziato di ‘Vroche… - spiegò con un sorriso affettuoso al pensiero del fratellino che aveva lasciato a Parigi per un mese.
- Ordinami una Margherita, accompagno Ponine a casa e sono da te! – accettò invece Combeferre.
Joly arrossì leggermente.
- Noi, ecco… - incominciò.
- Domani viene mio padre e la casa fa schifo… E’ meglio se per stasera passo, ma grazie comunque! –
- Dai, facciamo un’altra volta! – aggiunse Bossuet.
Courfeyrac sbuffò e si voltò da Marius e Cosette.
- Almeno voi due non mi darete buca! –
Proprio in quel momento il suono di un clacson li fece voltare di scatto.
Cosette sorrise imbarazzata e raccolse il suo gigantesco valigione rosa.
- Papà. Mi sa che stasera me ne starò un po’ a casa… - fece salutando tutti con un ampio gesto della mano e muovendosi assieme a Marius verso l’automobile.
Il ragazzo però non salì a bordo e ritornò dagli altri nonappena la macchina dei Fauchelevent fu scomparsa infondo alla strada.
- Dai, io vengo! – riuscì a dire prima che Courfeyrac gli gettasse le braccia al collo.
- Lo sapevo che su di te si può sempre contare! – poi si voltò verso Jehan, che arrossì in maniera imbarazzante.
- Tu ti fermi anche a dormire, perché lo dico io. – ordinò il Centro con un grande sorriso.
Il poeta non si azzardò a replicare e si voltò invece verso Enjolras e Grantaire.
- Voi che fate? –
Enjolras si grattò la testa un po’ in imbarazzo.
- Stasera sono un po’ stanco, e poi devo organizzare un po’ di cose per Settembre. Siamo stati via per un mese, chissà quante assemblee mi sono perso! – ma Grantaire lo interruppe.
- Apollo, sei stato in vacanza! Vedrai che ti metterai in pari con le assemblee! Non è niente di grave se ne hai saltate un paio!–
Il biondo incrociò le braccia al petto ed esibì un’espressione irritata.
- Ovviamente per te non è niente di grave, ma si da il caso che a me la Causa interessi! E poi mi avevi promesso che avresti lavorato ad un nuovo design per i nostri volantini! –
- Oh merda, se n’è ricordato! –
Gli Amis scoppiarono a ridere e scossero la testa, fra quei due non era cambiato poi molto…
Quando si incamminarono ognuno verso casa propria, o meglio, la maggior parte verso casa di Courfeyrac, erano già le sei e il sole era ormai adagiato sull’orizzonte.
Enjolras si alzò in piedi quando la voce registarata della metropolitana annunciò l’arrivo del convoglio alla fermata di Edgar Quinet. Scese dal treno discutendo animatamente con Grantaire, e sempre discutendo salì le scale e uscì in strada.
Solo  quando ebbe imboccato Rue d’Odessa si accorse di un piccolo particolare.
- Perché mi hai seguito fino a qui? – domandò a bruciapelo.
Grantaire scrollò le spalle e lasciò che il suo sguardo percorresse la sagoma scura della Tour Montparnasse.
- Passeggiare mi è sempre piaciuto, e da Châtelet a Montparnasse è lunga se si è da soli… -
Le labbra di Enjolras si curvarono in un sorriso strano.
- Da Montparnasse a Montmarte è ancora più lunga… -
Grantaire rispose al sorriso con un ghigno obliquo e seguì il biondo fino a un grande portone affacciato sul Boulevard.
- Ho forse bisogno di una scusa per accompagnarti a casa? –
Seguì un silenzio carico di pensieri mentre Enjolras raspava nelle tasche alla ricerca delle chiavi di casa.
Quella era la prima volta che l’artista lo accompagnava a casa. Anzi, ora che ci pensava Grantaire non era mai stato a casa sua…
Avrebbe dovuto invitarlo a salire? Come doveva comportarsi? Si sentì arrossire e si diede mentalmente dello stupido.
Dannazione, doveva dire qualcosa per spezzare quel silenzio imbarazzante!
Ancora una volta, però, Grantaire dimostrò di conoscerlo abbastanza da comprendere che era giunto il momento di venirgli in soccorso.
- Stai tranquillo, non c’è fretta… - sussurrò, le mani nelle tasche dei jeans.
- Come? – domandò Enjolras.
Il volto dell’artista fu attraversato dall’ennesimo sorriso affettuoso e quasi protettivo.
- Per te è la prima volta, giusto? Non voglio metterti fretta… -
Il ragazzo non seppe replicare e rimase con le chiavi infilate nella toppa e la bocca aperta di stupore.
- Non… non ti seguo bene, credo… - balbettò.
- E’ semplice, Apollo. Non voglio costringerti a bruciare le tappe, non voglio che la nostra relazione finisca per starti stretta… -
Alle parole “la nostra relazione” Enjolras arrossì ancora di più, da un lato spaventato da quella frase e dall’altro elettrizzato.
Iniziava a capire dove volesse andare a parare il ragazzo.
Grantaire si avvicinò a lui fino a che i loro nasi non si sfiorarono.
- Faremo le cose con calma, assaporeremo ogni momento… - bisbigliò contro le sue labbra.
Il biondo non riuscì a resistere e lo baciò timidamente, attirandolo a sé quando Grantaire approfondì il bacio.
- Con calma? – domandò poi il leader, il cuore impazzito nel petto.
Se non avessero fatto con calma sarebbe probabilmente morto d’infarto da lì a pochi giorni.
Grantaire scivolò fuori dal suo abbraccio titubante e gli voltò le spalle, scendendo i gradini che separavano il portone dalla strada deserta e incamminandosi lungo il marciapiede.
Si voltò solo un momento, per intrecciare un’ultima volta il suo sguardo a quello confuso del biondo.
- Un passo alla volta, Enjolras. Un passo alla volta… - e, con un sorriso che avrebbe illuminato la più cupa delle notti, se ne andò fischiettando.
Enjolras rimase immobile a guardarlo, assaporando quelle parole così semplici che avevano dimostrato ancora una volta quanto Grantaire lo conoscesse nel profondo.
Sorrise e si infilò nel portone, chiudendosi alle spalle una Parigi che l’avrebbe visto nuovo, rinato, libero, una Parigi che avrebbe saputo accogliere quel nuovo Enjolras che stava finalmente imparando ad amare.
Il tutto senza fretta, dolcemente.
Un passo alla volta.














 
Note:

Buonasera a tutti, cari lettori.
Questa volta abbiamo finito davvero, la nostra storia è veramente giunta a un termine.
Un cerchio si è appena chiuso: la nostra storia inizia all’alba e finisce al tramonto di una qualsiasi giornata di Agosto a Parigi dove, dopotutto, i nostri eroi sono un qualsiasi gruppo di amici.
La vacanza è finita, la bandiera è di nuovo piegata in valigia, Bossuet ha avuto indietro i suoi bagagli smarriti, Jean Valjean è passato a prendere Cosette in macchina e ognuno è tornato alle proprie occupazioni.
Cos’è cambiato, dunque, dal Capitolo 1?
Nulla. Nulla e tutto.
Chi avrebbe immaginato, all’inizio di Agosto, che questa improvvisata vacanza in Italia avrebbe avuto risvolti così epocali nelle relazioni fra gli Amis de l’ABC? Eppure, nonostante tutte le avventure e disavventure che i nostri adorati personaggi hanno dovuto affrontare, nulla è cambiato in fattore Amicizia. Anzi, se possibile, quello che a parer mio è il sentimento più bello del mondo, si è rafforzato ancor di più fra questi squinternati.
E adesso?
Cosa succederà adesso che l’estate è finita, che si torna all’Univesità, al lavoro, alla vita di tutti i giorni?
Come reagirà il caro Valjean alla notizia che Marius Pontmercy vuole sposare la sua piccola Cosette?
E Gavroche riuscirà a tenere la lingua fra i denti quando scoprirà degli sviluppi dell’amicizia fra sua sorella e Combeferre?
Avremo l’occasione di sentire altre storie di Courfeyrac? E la sua bizzarra sorella frà mai una comparsa ufficiale?
La sfiga di Bossuet continuerà a perseguitarlo?
Come si evolverà la relazione fra Enjolras e Grantaire?
E ancora, come si sono conosciuti gli Amis de l’ABC? Che facevano nella vita prima di riunirsi ogni giorno al Musain? Come è nata l’idea di fondare questa strana ed eterogenea associazione di psicopatici?
Che fine hanno fatto Feuilly e Bahorel?
Se tutti questi interrogativi hanno varcato la soglia della vostra coscienza almeno una volta… beh, restate collegati, perché abbiamo ancora moltissime cose da dire su questo gruppo di giovani testoline! <3
Nella speranza che questa storia sia riuscita a ritagliarsi un posticino nel vostro cuore vi ringraziamo ancora una volta, e vi diamo appuntamento alla prossima folle produzione di Do_Not_Touch_My_Patria.
Piccolo spoiler?
Si chiama “Step by Step”, sarà un’ e/R e dovrebbe arrivare fra una o due settimane. :D
Grazie ancora, ci avete davvero reso due ragazze felici.
Alla prossima! <3
 
Au revoir et Vive la France!
 
Ame&Koori
Do_Not_Touch_My_Patria


 

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