Forse

di Solamente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coincidenze ***
Capitolo 2: *** Bitter sweet sixteen ***
Capitolo 3: *** Ieri, oggi ***
Capitolo 4: *** Cioccolata ***



Capitolo 1
*** Coincidenze ***


Questa storia non è una buona trama per un film americano sull’amore al liceo.
Questa storia non ha un lieto fine.
Questa storia non è divertente.
Questa storia non è come un film strappalacrime.
Questa storia, forse, non è una storia.








Le coincidenze mi sono sempre sembrate stupide. E' davvero possibile che nella vita ci siano solo e sempre coincidenze, che tra l'altro di solito sono pessime? Qualcuno dovrebbe creare una scala delle coincidenze, si passa da quelle stupefacenti, per le quali venderesti il mondo a quelle che invece il mondo te lo farebbero distruggere pur di evitarle e che naturalmente sono quelle che capitano di continuo. Comunque ci si dovrebbe mettere d'accordo: le coincidenze sono davvero tali o sono un segno de destino? Il destino esiste? Esiste davvero una forza superiore che decide chi dobbiamo incontrare, che cosa dobbiamo vedere? Spero di no, se fosse così penso che questa forza sia la peggiore forza esistente nell'universo. Caro Destino, se esisti sappi che non ti ho fatto nulla di male (per ora), ma ti verrò a cercare e pagherai per ciò che hai fatto.





Solo mi chiedo perchè, dopo anni ed anni passati tra ricordi dimenticati e dimenticanze ricordate, perché dopo anni dalla fine di tutto, del sogno, dell'adolescenza, delle ore passate a sognare, dopo tutto questo tu compari qui, dal nulla e io non so davvero come hai potuto, non ti ho chiesto perchè.
Come in ogni pessima coincidenza che si rispetti abbiamo collaborato in un cortese scambio di inutili frasi di circostanze.

Ci siamo amate tanto ma anche tanto odiate ed ora tu sei qui davanti a me e tutto quello che riesco a pensare è “cosa ci fa qui? Perché ora? Odio le coincidenze.” e tutto quello che ci diciamo è che sì, stiamo bene e ci ringraziamo e le nostre guance si toccano scambiando due baci di saluto.

Ora odio la cortesia.
Siamo state l'incontro più falso della mia esistenza.
Forse avremmo dovuto essere oneste ed ignorarci, perché è questo che abbiamo fatto da quando abbiamo deciso di odiarci, noi ci ignoriamo, fingiamo di aver dimenticato dell'esistenza dell'altra, fingiamo che niente che sia successo e ci ignoriamo, semplicemente.


Ma ora non più, siamo state cortesi, e non c'è niente di peggio che far tornare in vita cortesie morte da anni. Fanno tornare come zombie i ricordi dimenticati, ti mangiano il cervello e tu non puoi fare altro che rimanere ferma, inerme, distrutta dalla tua mente stessa.

Sia maledetto il giorno in cui qualcuno capitato per caso in una terribile coincidenza tentò di renderla migliore usando la gentilezza.
Spero solo di non vederti stanotte dentro un sogno, come quando, e avevo appena iniziato ad odiarti, ti trovavo sempre lì ed ogni volta mi facevi più male, ogni volta eri sempre più bella, ed ogni volta al tuo fianco non c'ero io, era la mia paura più grande.


Forse non dovrei pensarci tanto, è stata una stupida coincidenza che non si ripeterà mai più, passerà il tempo e dimenticherò di nuovo i tuoi occhi ed il tuo sorriso.
Spero di non sognarti.
Spero di non rivederti.
Spero che il tuo nome non torni tra i miei pensieri, anche se forse c'è già.
Spero non torni l'amore, anche se forse c'è ancora.
Spero non torni tu.
O forse spero tutto il contrario.


Rachel, mi manchi.






































































































Laciate una recensione, oh voi che leggete!




































































✌& ♥
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Capitolo 2
*** Bitter sweet sixteen ***


Eravamo al liceo, tutto sembrava magnifico ed orribile allo stesso tempo: il mondo pieno di opportunità ci stava aspettando, ma insieme alle opportunità chissà quanti ostacoli avremmo dovuto affrontare, entusiasmo e terrore erano i sentimenti che ci accompagnavano nella vita di tutti i giorni.
Ed erano stati proprio l'entusiasmo e la paura a farci incontrare e a farci vivere i momenti che poi avremmo ricordato per tutta la vita, perché gli amori del liceo sono quelli che non si scordano, che restano sempre, anche se a volte vorresti liberartene e quello mio e di Rachel è stato uno dei tanti amori di cui la i corridoi della scuola sono stati testimoni.


Eravamo giovani, molto giovani, sedici anni o poco più, tante speranze e altrettante paure, e ad ogni paura e speranza corrispondeva una certezza inesistente, ma il futuro non era l'unica cosa che temevamo, c'era il presente, c'erano le superiori, c'erano i continui giudizi degli altri, e, ancora peggio, c'era l'insicurezza di non sapere chi davvero eravamo, perché se i giudizi degli altri a quell'età pesano come macigni, i propri sono vere e proprie montagne da scalare.
Nessuno ci aveva mai spiegato quanto potesse essere complicato innamorarsi nel bel mezzo dell'adolescenza con le tempeste ormonali e tutto quello che comporta l'avere sedici anni, che sono, forse, gli anni migliori ed i peggiori della vita intera. L'adolescenza è l'età dei contrari, degli ossimori, delle terribili speranze.

Nessuno ci aveva mai messo davanti alla nostra sessualità, sarebbe stato comodo se qualcuno, già dalla prima infanzia, ci avesse semplicemente comunicato che ci sarebbero piaciute le ragazze, sarebbe stato facile, ma così non è stato, è stato terribile, è stato un continuo urlarsi contro, è stato darsi colpe inesistenti, ma è stato anche amarsi profondamente, amarsi tra i primi baci e le prime carezze dove nessuno aveva mai osato arrivare prima, è stato scoprirsi, spogliarsi di tutto e restare nude davanti alla realtà della nostra essenza.
Ci amavamo davvero, ne sono sicura adesso.
Ci amavamo di nascosto perché, ci dicevamo che gli altri non avrebbero capito, che ci avrebbero deriso, ora so che ci nascondevamo perché eravamo noi a non accettare la realtà, perché avremmo davvero voluto essere come gli altri, poterci amalgamare alla massa, poter essere a nostro agio negli spogliatoi, in mezzo a tutte quelle ragazze che discutevano di quanto fossero stupefacenti i muscoli dell'atleta più popolare al momento, avremmo davvero voluto essere “normali” e per questo ci nascondevamo.
Ci è voluto del tempo per capire che comunque, nonostante noi non volessimo parlare di muscoli, noi eravamo normali, e quel tempo fu un'eternità, perché a sedici anni il tempo scorre più piano ed il dolore, il senso di inadeguatezza vengono amplificati e non ci si può fare molto se non capire che prima di tutto bisogna amare se stessi.

Ognuna di noi era per l'altra fonte di gioia, e terribile consapevolezza.
Non so se sarei riuscita ad accettare me stessa se non fosse stato per quel periodo di baci, mani e lacrime nascosti. E' stato il periodo in cui ho amato davvero ma senza amare me stessa, purtroppo. Ed è stato così anche per lei.

Ora ci siamo incontrate dopo anni e non so davvero cosa provare, lo stato di inquietudine che accompagnava le mie giornate adolescenziali è come se fosse tornato a bussare alle porte della mia mente e non penso di volerlo far entrare, ma se fosse Rachel a bussare alla mia porta, lei potrebbe entrare.






































































































Recensire o non recensire? Questo è il dilemma!























(Fatelo e mi renderete felice)




































































✌& ♥
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Capitolo 3
*** Ieri, oggi ***


Il telefono squilla, e quel rumore mi fa trasalire, ero immersa nei miei pensieri e non me l'aspettavo, ho una reazione esagerata, “Vaffanculo” dico tra me e me, chi mai può essere adesso, nessuno mi chiama mai, o quasi. Rispondo senza neanche curarmi di controllare lo schermo e leggere il nome di chi mi stava chiamando. “Pronto?” “Ehm, pronto, ciao... Sono Rachel...”

La testa mi gira.
Non so cosa possa volere da me.
“Ciao... non mi aspettavo che...” “Sì lo so, ma tu non hai cambiato numero da quando eravamo al liceo e...” “E?” “Non lo so, senti fai finta che non ti abbia chiamato, andava tutto bene, scusa, non volevo disturbarti, ciao” “No, Rachel, aspetta...” “Dimmi” “Niente, forse hai ragione, sarebbe stato meglio non sentirci”

Guardai il telefono silenzioso mentre la chiamata era ancora in corso, nessuna risposta, solo silenzio.
Riattaccai.

Era davvero finito tutto così velocemente?
Era davvero stato un addio indolore?
Probabilmente aveva sperato che non rispondessi, che una voce fredda e metallica le dicesse che il numero composto era inesistente, probabilmente però aveva sperato il contrario.
Forse anche lei ha provato nostalgia.
Ma la nostalgia non è una buona consigliera, spinge ad azioni che non dovremmo fare.
Non ci saremmo mai più viste né sentite.



Ieri sembra così lontano, lontano come l'adolescenza.


La mattina è fredda qui.
Mi vesto, e mi copro il più possibile, ogni anno aspetto con ansia il caldo dell'estate.
Esco.
Cammino velocemente per cercare di scaldarmi.
Mi rifugio nel cafè più vicino, ho bisogno di qualcosa che allontani il freddo, subito.
Sono ancora assonnata e aspetto al bancone la mia cioccolata.
Sto fissando il piano di legno e le sue venature quando vedo una mano che avvicina la tazza che stavo aspettando, “Ehi”, alzo il viso lentamente.
Rachel mi sta servendo una cioccolata nel locale più vicino a casa mia, a New York.
Non è possibile.
La guardo e lei guarda me aspettando una risposta, un qualche cenno di vita, ma io sono lì e la mia bocca è arida, priva di parole, i miei occhi non riescono a staccarsi dal suo viso.
Non ci credo.
Non potrò più entrare lì e dovrò ricordarmene.
La sto ancora guardando quando qualcuno chiede la sua attenzione da un tavolo dietro di me, si allontana e io rimango pietrificata a fissare il vuoto.
Ho trent'anni e non riesco a dire una parola davanti alla mia ragazza del liceo.
Mi ricordo del perchè sono lì, bevo la cioccolata, ma il calore che cercavo è arrivato mentre la fissavo inerme.
Le devo parlare, non posso uscire facendo finta di niente. O forse sì, è quello che ci siamo dette ieri, vogliamo continuare a vivere le nostre vite.
Ma se lavora qui e a quanto pare il destino mi è particolarmente avverso, la rivedrò. Dovrò quindi ignorarla sino a quando le coincidenze si estingueranno?
Pago.
Sto andando verso la porta, non la vedo.
Esco.
E' lì, fuori, con solo la divisa addosso.
Vengo pervasa da un brivido di freddo al solo vederla così, non sono sicura fosse il freddo.
Sta fumando, e, cazzo, non è mai stata così sexy, prego, spero che non mi parli.
La porta si chiude dietro di me.
Lei si volta.
“Ehi”
Io non parlo, di nuovo.
Mi odio.
“Dì qualcosa Quinn!” è l'unica cosa che riesco a pensare, ma niente, vuoto totale.
“Quinn? Non ti ricordavo così timida!”
Scoppia in una risata che io neanche capisco.
La guardo: è bellissima.
Mi sento morire e penso che dovrei avere una reazione di qualche tipo.
Sorrido.
Continuo a guardarla e lei continua a ridere e continua ad essere bellissima.
Muoio, ora.
“Ehi”.
Ci sono riuscita, un'eternità e quello che sono riuscita a dire è “Ehi”, faccio schifo, ma è meglio di niente.
“Lavoro qui per ora” “Sì, ho visto” “Mi hanno detto che vieni qui spesso, lo farai ancora?”
Ora le sue labbra non ridono più, ma continua ad essere bellissima, è seria, la domanda che ha fatto non riguarda solo una sciocca abitudine, mi sta chiedendo delle nostre vite.
“Non lo so”
E avrei voluto dire di no, perchè quella sarebbe stata la cosa giusta, noi ci odiamo dopo tutto. O almeno era così.
Ha finito la sigaretta e la sta spegnendo con il piede.
“Devo tornare dentro, sai, il lavoro chiama... e potresti chiamare anche tu, volendo” Ride di nuovo e sparisce dentro il locale.
Sto ferma, immobile, per qualche interminabile secondo, ho caldo ora, cammino, devo lavorare anche io, probabilmente qualche bambino è già arrivato, si è fatto tardi.
Chiamo un taxi e non voglio pensare.






































































































Giuro, che se lasciate una recensione non mi offendo, anche se mi dite che fa schifo :c




























































































✌& ♥

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Capitolo 4
*** Cioccolata ***


I giorni passavano e io ogni giorno evitavo il bar, ogni giorno uscivo di casa solo per andare a lavoro, niente di più. Ma ogni giorno immaginavo un nostro incontro, che fosse casuale o meno, che fosse portatore di felicità o meno. Ogni giorno io pensavo a lei e a quello che mi aveva detto, voleva davvero che la chiamassi? E se anche avessi trovato il coraggio di farlo, cosa ci saremmo dette? Dopo quella figura di merda che avevo fatto, davvero aveva pensato che io avrei potuto cercarla?




Il risveglio era sempre traumatico, sognavo di noi, vedevo cose accadute e cose solamente sperate, sognavo occhi, mani e bocche, sognavo calore, e forse amore. Ed ogni mattina trovare il letto così vuoto e freddo era una pugnalata, una doccia di ghiaccio. Avrei davvero voluto chiamarla e invitarla a cena da qualche parte o anche solo a prendere un caffè, volevo sapere perchè mi aveva detto di chiamarla, se anche lei aveva provato nostalgia, se aveva sognato, pensato o anche solo sperato qualcosa di me. Non volevo chiamarla.
Avevo paura.


Sono difronte alla porta del bar.
Mi basterebbero due passi per incontrarla di nuovo e invece sto lì a fissare i vetri, e la vedo che serve ai tavoli e penso che non è possibile che sia così bella a quell'ora di mattina e con una divisa di un locale di conto, e penso a come sono io, non ricordo neanche di essermi pettinata stamattina, sono un disastro.
Mi ha visto.
Ha sorriso e ha fatto un cenno di saluto con la mano, ora devo fare qualcosa, per forza.
Entro.
Mi passa affianco e mi indica un tavolo che tocca a lei servire e io obbediente mi ci siedo, aspetto.
Serve tutti gli altri, aspetto.
Nessuno la chiama più, ma ha un vassoio in mano con due tazze, viene verso di me.
Sento le mani gelarsi e sudare, mi sembra di avere sedici anni e non mi piace, vorrei avere il controllo completo su di me ma non ci riesco.
Eccola, stupenda.
Si siede di fronte a me ed io non riesco a fare a meno di sudare ma cerco di mantenere un certo contegno, le sorrido e lei risponde con un altro sorriso che a me sembra molto più malizioso del mio, ma probabilmente tutti quei sogni stanno giocando un brutto scherzo ai miei sensi.
Lei poggia il gomito al tavolo e si sporge verso di me poggiando la mano sul suo viso.
“Ti ho portato una cioccolata, ma non l'hai neanche guardata”
“Sì, l'ho vista, scusa... cioè... volevo dire grazie...”
Mi sento così imbranata e se anche potevo esser sembrata sicura di quello che stavo facendo, appena ho aperto bocca ho cancellato ogni dubbio.
Prendo la cioccolata dal vassoio, ci metto una bustina di zucchero e mentre la giro non stacco gli occhi da quella tazza che sembra aver acquisito un certo fascino visto che cerco di evitare l'imbarazzo che deriva dal guardarla.
“Non sei cambiata per niente” mi dice.
Dopo un attimo io alzo gli occhi e incontro i suoi, ancora più vicini “Tu sì invece” è tutto quello che riesco a dire. “In meglio spero” e ride, ride rumorosamente e quando ride i suoi occhi si illuminano e io la guardo e non rido perchè non l'ho capita e perchè rimango estasiata del suono che produce, non so se sia meraviglioso come lo sento io, ma è un canto di sirena che mi rapisce. “Sai, non ero esattamente uno schianto alle superiori” dice lei tra le risate quasi a spiegarmi cosa ci fosse di così esilarante, sorrido e “A me piacevi”, penso di aver perso il controllo di quello che sto dicendo. “Lo so, mi ricordo”, è tornata seria e ora mi guarda e i suoi occhi sono penetranti e li sento entrarmi dentro, scavarmi l'anima, e fa male, è un entrare prepotente il suo e non riesco a fermarla, è diversa, molto. Quegli occhi devono averne passate tante.
Il silenzio sta per raggiungere la soglia dell'imbarazzo.
“Come mai lavori qui?” “Davvero? Non ci vediamo da quasi quindici anni e a te importa sapere perchè lavoro in un bar?” ride “Oh, Quinn, davvero non sei cambiata di una virgola... Ma ti ricordi come ci siamo dette addio?”
Me lo ricordo eccome e forse è quello il problema.
Era stato come nei miei sogni recenti, c'era stato tanto calore, troppo forse ed era stato tra i litigi, era calore d'odio, non c'era più neanche una una scintilla d'amore nei nostri occhi e nelle nostre bocche eppure quel sentimento era così grande che ci aveva fatto spogliare per ritrovarci per l'ultima volta nude e vicine, troppo vicine se ci si odia se non si ha che da rinfacciare vecchi torti subiti. E così immerse nell'odio ci eravamo quasi amate, per qualche istante nella foga dei corpi, ma l'ostilità era lì e non aveva intenzione di aspettare e mentre i nostri corpi cercavano di colmare le brevi distanze, le nostre menti e i nostri cuori erano così lontani da non potersi neanche scorgere all'orizzonte. Non una parola era più uscita dalle nostre bocche, solo silenzio.
Silenzio durato sino a quel momento.
“Mi ricordo”
Mi alzo.
“Offre la casa” “Ok, grazie”
Esco.



























































Lasciate una recensione c:
































✌& ♥

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