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di xanax_c
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Beginning - La dama ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***



Capitolo 1
*** The Beginning - La dama ***


Sempre lo stesso enorme volto in ogni megaschermo sparso per la città. Conservate ogni cosa di valore che trovate. Non abbiate paura, il governo sta facendo tutto il possibile per aiutarvi.
Queste sono le parole che gli altoparlanti diffondo ogni 24 minuti da quando questi sono stati montati. Il governo ha fatto questo e poi nessuno ha più visto nessuno.
Tra le vie della periferia solo macerie. Qualcuno cerca di raccattare quello che trova, qualcuno si aggrappa alla speranza di ritrovare i ricordi di una vita. Ma nella maggior parte delle volte è inutile, non è rimasto quasi niente. 
Per lo meno adesso si può camminare più tranquillamente. Il rischio che qualche pezzo di muro di qualche edificio ti cada addosso da un momento all'altro c'è ancora, ma almeno tutti i cadaveri sono stati portati via. 
Zeus cammina svelto a qualche metro da me. È un dogo argentino, o almeno a me ricorda quella razza, e è un dono del cielo per me. Questo cane mi ha salvata dalle macerie e da quel momento non mi ha lasciata da sola nemmeno per un instante. So che un cane di questi tempi è la cosa più rara e preziosa che ci possa essere e so che non sto facendo tutto il possibile per tenerlo al sicuro. Hanno provato a rubarmelo, ma alla fine lui tornava sempre da me. Mi hanno offerto dei soldi, del cibo, dei vestiti, di tutto per averlo in cambio. Ma quel cane non ne voleva sapere di andarsene. La cosa mi piace, ovviamente, ma quello che mi piace di più è che a mangiare ci pensa da solo. È già tanto se trovo qualcosa da mangiare per me e mia madre, di sfamare anche un cane non ci penso proprio. Lui contribuisce alle ricerche di cibo però, e gliene sono grata. Rovista qui e lì e magari mi trova qualche vecchia merendina, un barattolo di pelati. A me basta qualsiasi cosa sia commestibile.
Sono appena stata al campo. Oggi c'è grande frenesia. Sono tutti occupati a correre da una tenda all'altra con coperte, acqua, qualche foglia di insalata, magari una mela. I bambini giocano nelle piccole piazzette che si sono formate tra le tende. Gli uomini oggi non sono partiti, di solito durante il giorno non ci sono mai. C'è un clima invivibile e così me ne sono andata a fare un giro. Mentre venivo in città ho incontrato Dario. Mi ha detto che è crollato qualcosa all'incrocio di Strada Nuova e corso Mazzini e che ora ci si può arrivare tranquillamente. E allora ho deciso di andare a fare un giro e vedere. In quella via ci sono cinque o sei palazzi che non sono crollati e che a quanto pare non crolleranno in un futuro prossimo. Prima per arrivarci bisognava fare un giro lunghissimo, adesso se quello che Dario mi ha detto è vero, ci vorranno solo un paio d'ore. E' una buona occasione per cambiare aria e chissà che magari Zeus non trova qualcosa. Sono nella periferia esterna, il cielo è nuvoloso e la polvere delle strade si mischia con la nebbia umida che ti bagna anche le viscere. C'è uno strato così denso di nuvole che non vedo il sole e non so bene che ore sono. Faccio scivolare lo zaino che ho sulle spalle davanti al mio petto e comincio a rovistare dentro in cerca dell'orologio. Mi fermo un secondo a vedere l'ora e poi lo rimetto dentro di fretta, attenta che nessuno mi abbia notata. Cinque Novembre 2013, ore 16:25. Affretto il passo, non voglio lasciare mia madre per troppo tempo da sola.
Finalmente vedo il fiume e l'inizio di quella che un tempo era Strada Nuova, la via principale della mia città. Ora si cammina almeno due metri sopra quella che un tempo era la strada. E' come camminare sugli scogli, solo che sotto i tuoi piedi ci sono muri di case, porte e finestre, e sotto ancora invece dell'acqua, altri muri, mobili e dio solo sa che altro. La percorro fino in cima, e arrivo all'incrocio. Effettivamente un palazzo che era già crollato è caduto ancora su se stesso e ora c'è mezzo metro libero tra delle macerie e una casa ancora in piedi. E' curioso come quelle case siano rimaste in piedi mentre gli ospedali, il castello e praticamente il 98% di tutti gli edifici invece no. Questi palazzi sono antichissimi, hanno le facciate decorate e i portoni in legno che sono stati sbarrati con laminedi ferro saldate una sull'altra, per evitare a qualche curioso di andare a fare una bella gita in una delle poche case intatte. C'è chi dice che i proprietari siano riusciti ad andarsene a Milano o a Roma o che addirittura siano andati all'estero. In ogni caso nessuno ci ha mai visto un'anima viva dentro. Ma è anche vero che con tutto quello che è successo di certo non ci sono tante persone che non hanno niente da fare che appostarsi davanti a quelle case per vedere se dalle finestre si scorge qualche movimento. Ovviamente io sono l'eccezione che conferma la regola e infatti me ne sto qui seduta per terra con Zeus che rovista qua e là. Proprio qui dove sono seduta ora c'era un negozio della Apple. Me lo ricordo bene. Conosco il centro della mia città come le mie tasche. Queste vie sono state la mia casa per tutta la mia vita. E ora non è rimasto niente. Solo questi palazzi si sono salvati. Queste case sono proprio come tre mesi fa. Tranne le sbarre alle porte e alle finestre. Per un attimo chiudo gli occhi e mi sembra di sentire il pianoforte che si sentiva suonare sempre qui intorno. Se continuassi a camminare verso destra troverei quel che resta del Comune. Ma me ne sto qui, con gli occhi chiusi e l'alito di Zeus che mi scalda i polpacci. Mi rivedo camminare per queste vie che ho percorso milioni di volte con amici che praticamente ora sono quasi tutti morti, con la sigaretta sempre in mano e un cocktail nell'altra mano. Una piccola grassottella diciassettenne che se ne va in giro ubriacandosi perché è grassa e perché a scuola i professori non ricompensano i suoi sforzi. E è cambiato tutto in così poco tempo. Apro gli occhi e vedo le mie ginocchia spigolose e ossute spuntare dai pantaloni. In poco più di tre mesi ho perso più chili di quanto mai avrei potuto sperare di perdere in tutta la mia vita. Una bilancia non c'è in giro, ma è ovvio che ogni riserva di grasso è stata bruciata avidamente da un metabolismo che è cambiato nel giro di una settimana. Perché magari uno non ci pensa, ma noi siamo abituati a mangiare almeno cinque o sei volte al giorno, e quando invece di capita di mangiare qualcosa ogni due o tre giorni, beh allora lì cambia tutto. Senza contare gli sforzi fisici a cui ognuno è stato sottoposto. Le lunghe corse, i lunghi viaggi dalla città al campo, carichi di cose utili per vivere.
Zeus si alza all'improvviso e mi riporta con i piedi per terra distogliendomi da tutti quei mille pensieri e ricordi. Mi guardo intorno ed è già buio. Cazzo, penso. Zeus è corso dall'altra parte della strada e ora sento la voce di un bambino che piange disperato. Ma che cavolo ci fa un bambino a quest'ora qui?! Mi alzo e raggiungo Zeus. Dietro di lui c'è un bambino di tre anni che piange mentre il mio cane lo annusa incuriosito. Ha una tutina giallo paglierino con dei bottoncini in pietra rosso opaco ed è stranamente ed estremamente pulito. Dei riccioli rossi gli cadono fin sulle guance bagnate dalle lacrime. Vedo il colore azzurro cielo dei suoi occhi che luccicano nascosti dai capelli. Mi guardo intorno e non c'è nessuno. Il bambino mi vede e scoppia a piangere ancora più forte. Non so che cosa fare, questo bambino urla come un dannato e io non riesco a smettere di fissare quei calzini di lana fatti a mani che ha ai piedi. Devo tornare al campo ma non posso lasciarlo qui al freddo. Sto per prenderlo in braccio quando sento una voce che grida NO! Istintivamente alzo lo sguardo verso l'alto e la cosa più strana che ho visto negli ultimi tre mesi mi si para davanti agli occhi. Da una di quelle grandi finestre coperte da lastre di ferro traspare una luce fioca e due occhi azzurri e freddi come il ghiaccio mi stanno guardando terrorizzati. Li fisso per un secondo, poi non li vedo più. Il cuore mi sta battendo all'impazzata. Sono paralizzata. Continuo a guardare la finestra stupita. E poi dal grande portone si apre una porta piccolissima dalla quale esce una bambina dai lunghissimi capelli rosso sangue che singhiozza. Avrà nove o dieci anni e indossa un vestito in velluto lungo fino ai piedi. Sembra un dama del quattordicesimo secolo e mentre la vedo prendere il braccio il bambino e correre di nuovo dentro quel portoncino e chiudersi la porta alle spalle penso che mai nessuno mi crederà se gli racconto quello che ho appena visto.

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Capitolo 2
*** L'incontro ***


Della piccola dama e del bambino non ne parlo con nessuno. Sono passati tre giorni e non c'è minuto che passi in cui io non pensi a quei due bambini. Che vivere negli edifici è illegale in tutta la provincia lo sanno tutti. Le guardie sono rigide sulle nuove norme. Non si trasgredisce. E loro allora? Vivere barricati in un appartamento, in uno dei pochissimi palazzi rimasti ancora in piedi, vestirsi come se fossero usciti da un libro di storia è strano. Io qui non li ho mai visti, e chiunque al campo non sospetta minimamente della loro esistenza.
Mia madre mi vede pensierosa, ma questi giorni al campo si lavora duramente e nessun altro ha fatto caso a niente. Sono stata due giorni di turno agli orti e uno alla distribuzione dei beni. Il mio dovere per questa settimana è stato fatto. Così decido di fare un salto ai falò sperando di incontrare Nicola. Quando arrivo saluto un po' di ragazzi che conosco. Alcuni li conoscevo anche prima del Crollo, altri li avevo conosciuti nei mesi dopo. Due grandi falò bruciavano in una luna di sabbia che seguiva il corso del fiume. C'è qualcuno che suona una chitarra, qualcuno che canta. È un bel posto per stare in tranquillità e in compagnia. Mi guardo intorno cercando con lo sguardo Nicola, poi lo vedo che parla pacato e scrive con altri universitari seduti su un telo. Mi avvicino e mi siedo accanto a lui senza dire una parola e comincio ad ascoltare i loro discorsi. Stanno parlando di come creare un canale che porti l'acqua del fiume all'area est degli orti, in modo da poter ingrandire notevolmente il terreno coltivabile. Nicola potrebbe avere venticinque anni come potrebbe averne trenta, ma a prima vista ti sembrerebbe un sessantenne. La sua età non gliel'ho mai chiesta e non mi interessa. È una grande risorsa per tutti noi perché è un'enciclopedia vivente. Qualsiasi dubbio hai lui può chiarirtelo, o almeno aiutarti a chiarirlo. È per questo che sono qui. Mi addormento sdraiata sul telo con la testa appoggiata a Zeus e dopo un paio d'ore mi sveglio di nuovo. Ci sono molti meno ragazzi e i fuochi sono ridotti quasi a brace. Nicola è accanto a me e scrive concentrato qualcosa su un foglio. Mi avvicino a lui per vedere. 
- Che fai? - gli dico.
- Un progetto per un edificio stabile, incrollabile - mi risponde lui sorridendomi. 
- Dovresti ispirarti ai palazzi di corso Mazzini - gli dico io prendendo la palla al balzo.
- È curioso vero? Un ospedale che è stato costruito secondo tutti i parametri anti-sismici crolla e un palazzo costruito chissà quanti secoli fa è ancora li senza nemmeno una crepa -
- Già, è curioso. Ma Nico che tu sappia ci viveva qualcuno li prima del Crollo? In quei palazzi rimasti in piedi a corso Mazzini intendo -
- Si certo -
- E ora dove sono? Quelli che ci vivevano -
- Ti ricordi quel palazzo che al piano terra aveva un forno? Era tutto di proprietà di una vecchia signora che al momento del Crollo era al supermercato e è rimasta vittima. Gli affittuari sono al campo come tutti. Le Guardie hanno barricato porte e finestre e ora come ora non si hanno i documenti per risalire a dei possibili eredi - mentre parla Nicola ha preso un altro foglio e ha cominciato a disegnare la via e il perimetro di tutti i palazzi, inclusi i collegamenti tra le varie case, i cortili interni e gli altri edifici attaccati che si affacciavano sulla via parallela a corso Mazzini. Intanto continua a dirmi: - Il secondo palazzo ha l'entrata nel cortile interno comune al terzo palazzo. Questi due palazzi avevano tutti gli appartamenti affittati, alcuni a famiglie, alcuni a universitari, ma la maggior parte a professori universitari che insegnavano qui. Conoscevo un ragazzo che viveva al secondo piano di questo terzo palazzo. Di proprietà tutti gli appartamenti erano di un titolare di un'agenzia immobiliare che vive a Milano. Mi fece capire che gli affitti e le compravendite di quegli appartamenti erano affari noti a pochi. Lui diceva che c'era in mezzo la mafia, ma era un complottista e lo prendevo sempre in giro per questo -
- E il quarto? - gli chiedo fremendo, è li che ho visto gli occhi, è da li che la bambina è uscita.
- Il quarto ha una pianta a U con un cortile interno. È uno degli edifici che più mi piace, quando studiavo architettura mi ricordo di aver approfondito molto la pianta di quegli appartamenti perché se noti bene è un palazzo strutturato in modo molto insolito. Ero andato al Comune e al Castello Visconteo e avevo chiesto agli archivi le vecchie planimetrie. Ne trovai alcune risalenti al 1500 circa, quando venne completamente ristrutturato. Ora non sto a spiegarti dettagli che solo un architetto potrebbe capire per farti comprendere la sua particolarità, è una questione di bilanciamento del peso della struttura. Ad ogni modo un giorno andai li davanti e cominciai a suonare a tutti i citofoni, uno alla volta, volevo solo chiedere di poter entrare nel cortine interno e vedere le scale. Non mi rispose nessuno. Così presi i cognomi che erano scritti sui citofoni e provai a cercarli sulle pagine bianche, con l'intenzione di chiamare e chiedere di poter entrare. Si lo so, sono un tipo testardo. Beh non trovai nemmeno un nome di quelli. E comunque c'erano solo quattro nomi, che è insolito per un edificio di quelle dimensioni. È vero che nei palazzi accanto nel corso degli anni gli appartamenti sono stati divisi per sfruttare ogni spazio e affittarli a più persone possibili. Può essere che questo in quell'edificio non sia accaduto, ma ero comunque insospettito da tutta questa faccenda. Feci qualche ricerca per cercare di scoprire i proprietari. Chiesi prima a mio nonno, poi al mio professore di architettura dell'epoca in università e alla fine, intestardito come mai andai in comune. Tutti sviarono il discorso e in comune mi rifilarono qualche scusa burocratica e mi congedarono. In conclusione, non so chi ci viveva o se ci viveva qualcuno, perché a questo punto mi viene il dubbio -
- Ah, che peccato. Beh io a scuola non sono mai stata una cima, ma se quello è uno dei pochi palazzi rimasti in piedi e se quel palazzo ha una struttura e un bilanciamento del peso particolare e insolito, forse dovresti approfondire e magari sfruttare qualche idea per il tuo super-edificio-incrollabile no? - 
- Si infatti ti ringrazio per avermici fatto pensare. Quella faccenda mi era sembrata strana ai tempi, e ora visto tutto quello che è successo è ancora più strana - mi dice e mentre mi guarda negli occhi mi arruffa i capelli, - e brava la mia Brigitta che mi fa queste domande e queste osservazioni intelligenti! -
- Figurati, starei qui ad ascoltarti per ore. Ora però io e Zeus ce ne torniamo al campo a fare le ninne! - gli dico e poi fischio per far tornare Zeus che intanto stava elemosinando coccole da tutti.
- Tienitelo stretto quel cane. Buonanotte! - mi dice e io imbocco il sentiero che porta al campo.
La notte sogno di essere in un labirinto di stanze arredate come la reggia di Versailles e di non riuscire a uscire finché il fuoco di un camino non mi inghiotte e ora mi ritrovo Zeus che mi lecca la faccia mentre scodinzola. Il suono della pioggia che batte forte sulla superficie impermeabile della tenda mi calma. Penso che giorni come questi li passerei volentieri sul divano con una coperta di pail, del cioccolato, una tisana, un bel film e Brian ovviamente. Nella mia mente si materializza il suo volto insanguinato, risento le ultime parole che mi ha sussurrato e gli occhi cominciano a bruciarmi. Mi sono promessa di pensare a lui una sola volta al giorno perché non voglio dimenticare né la sua faccia né la sua voce, ma non voglio neanche passare tutta la mia vita a piangere. Mi alzo, mi infilo il cappotto perché fa tremendamente freddo e comincio a preparare quello schifo di caffè solubile che ci danno spacciandolo per autentico caffè. Poi sveglio mia madre e piano piano la faccio alzare dal letto. Ci sediamo sul piccolo tavolino da campeggio al centro della tenta, tra i due letti. Lo sguardo di mia madre è vuoto, velato dalla disperazione di una donna che sa di aver perso tutto e tutti. Mi sorride, allunga la sua mano sulla mia e la stringe forte. Guardarla così fragile e pallida mi mette una tristezza infinita. Vorrei che tornasse come era prima del Crollo, ma niente è più come prima del Crollo. Il Crollo ha devastato tutto, anche la nostra famiglia. 
- Vuoi pregare il Daimon con me, tesoro? Per papà e per Giovanni - mi dice tremando.
- Sì certo mamma - le dico. Ci tiene a queste cose, io lo faccio per renderla felice più che per qualsiasi altra ragione. Ci inginocchiamo e lei accende l'incenso. L'odore pungente si diffonde immediatamente. Lei comincia a recitare una preghiera alchemica e io sto con gli occhi chiusi, aspettando...
La giornata passa lenta e straziante. Zeus è andato in giro per tutto il campo e puzza da morire. Vado a cercare Nicola ancora e il pomeriggio lo passo con lui e i suoi amici universitari. Mi considera come una sorellina minore da proteggere e questo mi rende infinitamente felice. Lascio che mi coccoli e che si prenda cura di me. Lascio che stra parli di qualsiasi cosa voglia parlarmi. Mangiamo un panino insieme e poi gli dico che torno nella mia tenda. Ma non è vero. Ha smesso di piovere e io sono ossessionata da quella casa in corso Mazzini. Ci voglio tornare assolutamente e così all'imbrunire mi avvio verso il centro storico. La pioggia ha reso tutto più scivoloso e ha sparso ovunque una fastidiosa fanghiglia che mi si attacca alle scarpe e ai pantaloni. Dopo venti minuti di camminata non faccio più caso al freddo e al buio che cala sempre più presente sulla città. Dopo altri dieci minuti sono in prossimità di corso Mazzini. Ovviamente non c'è anima viva se non i ratti che si intrufolano ovunque ma che Zeus scaccia via con divertimento. Supero Strada Nuova e svolto a destra. Ecco i palazzi. Ora sembrano così alti e minacciosi. Supero i primi tre e arrivo all'ultimo, il quarto. Faccio molto silenzio, ma nel silenzio già assoluto è difficile non fare rumori. Mi accovaccio sulle mie gambe senza sedermi a terra e guardo la finestra del primo piano. E ancora una volta vedo un bagliore tra le fessure delle lamine di ferro fissate alla finestra per sbarrarla. Mi dondolo su me stessa per cercare l'angolazione giusta che mi permetta di vedere qualcosa all'interno, ma Zeus comincia ad abbaiare come un matto. Ancora? Se non la smette ho paura che qualcuno mi scopra. Cerco di zittirlo ma non c'è verso finché poi vedo una nutria enorme proprio a due passi dal mio cane. Lancio un urlo terrorizzata e Zeus si avventa su di lei cominciando a morderla. Vedo i suoi denti affondare nel corpo e nella testa dell'animale di dimensione davvero superiori alla norma. In un attimo il suo sangue si diffonde ovunque. Mi vengono i brividi. La nutria emette dei versi strazianti e io non capisco che cosa sia preso al mio cane. All'improvviso sento un forte rumore metallico provenire dal grande portone del palazzo e volto subito lo sguardo in quella direzione. Faccio in tempo a vedere il portone aprirsi e una sagoma nera che con la mano mi fa segno di avvicinarmi. Anche Zeus viene distratto e lascia la presa della nutria che rimane tramortita a terra morente. E' quasi buio pesto e sono paralizzata in piedi girata a tre quarti tra il cane e il portone. La sagoma è lì e mi intima ad entrare. Mi avvicino lentamente e sento il ringhio di Zeus alle mie spalle. La figura umana sta prendendo le caratteristiche di un ragazzo, pressoché sui venti anni. Carnagione chiara, capelli lunghissimi. Mi avvicino ancora. Occhi chiari, abbigliamento decisamente strano. Sono davanti a lui e il ragazzo si sposta per farmi entrare. Mi fa segno di lasciare il cane fuori. Mi giro verso Zeus e gli sussurro 'seduto' e lui rimane lì fermo e a guardarmi. Entro dentro il cortile interno e il portone alle mie spalle si chiude bruscamente. In quel momento penso che di aver fatto la cazzata più grande di tutta la mia vita. 

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