Skyline - Now we're Alone

di Im_Not_Okay
(/viewuser.php?uid=446759)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scare ***
Capitolo 2: *** Gee, I Lo... ***
Capitolo 3: *** ...ve you! ***
Capitolo 4: *** Hospital ***



Capitolo 1
*** Scare ***


Prima cosa: linciatemi
Questa cosa che ho deciso di postare è
malefica, ma l'idea che avevo mi ronzava in testa da troppo tempo. 
Per quanto riguarda le altre fanfiction in sospeso giuro che andrò avanti anche con quelle, per ora c'è questa... E non scriverò altre long (a meno che non siano di 3-4 capitoli massimo) finché non sarà finita. 

Beh, ci leggiamo giù e spero alle recensioni :P



 
Skyline - Now we're alone














Scare




Lo avrebbe sicuramente ucciso.
Oh, sì, lo avrebbe fatto eccome. E poi aveva così tante possibilità! Si sarebbe divertito. Poteva fargli bere arsenico mettendoglielo in quella cazzo di birra con cui si ubriacava quattro sere su tre -per quanto fosse possibile -, poteva dargli fuoco con l'accendino che usava per accendere le sue fottute sigarette, poteva accoltellarlo, soffocarlo, affogarlo, fargli fare la fine che facevano le vittime di Hannibal Lecter ne 'Il Silenzio Degli Innocenti': sostanzialmente mangiate. Perché sì, se fosse stato necessario lo avrebbe sbranato vivo, quel coglione. 

Stupido, ecco cos'era. Un grandissimo stupido che aveva tanta voglia di rovinarsi la vita. Eppure gli aveva ripetuto tante volte quello che sarebbe successo... ma cos'era, sordo? No, se fosse stato sordo non avrebbe sentito quel suo cazzo di cellulare che squillava ogni sera all'arrivo del messaggio che puntualmente gli ricordava che doveva andare a quello squallido bar con la sua squallida cricca di amici. A meno che non avesse la vibrazione, allora lo avrebbe sentito anche se fosse stato sordo. 

Oh, aveva trovato. Lo avrebbe pestato a sangue, certo. Fino a che la spina dorsale non gli fosse uscita dal culo. Ma non era incivile, no, lo avrebbe fatto con dolcezza, lentamente, in modo da prolungare la tortura il più possibile. Era malvagio? Nah, non era malvagio. Malefico? Ecco, magari un tantino. Ma cazzo, questa volta non poteva fare altrimenti!
Quel ragazzo si era comportato da cretino, stupido e idiota, cosa pensava di fare?! Migliorarsi la vita? Ahahah, certo, come no! Bel modo coglione! 
Okay, forse non poteva permettersi di insultare così quella povera anima fatta a brandelli, nemmeno lui era uno stinco di santo, ma... 

Lo squillo di un cellulare interruppe le sue meditazioni sulla vendetta che aveva intenzione di mettere in atto il prima possibile. 
Afferrò quella particella di malvagia tecnologia che aveva appoggiato sul comodino e controllo chi cazzo osasse rompergli i coglioni alle - lanciò una rapida occhiata all'orologio - undici del mattino.
Guardò sullo schermo: Mikey.

No, non aveva voglia di parlare con quell'essere umano con lo spessore di un grissino che secondo l'anagrafe e il test del DNA era suo fratello. Lasciò che gli squilli continuassero fino a che non si interruppero di colpo. 
Cadde di nuovo a peso morto sul letto, accucciandosi fra le coperte. 

Fuori faceva un caldo afoso e asfissiante, degno dell'estate in cui si trovavano. Dentro casa invece c'era un fresco piacevole che conciliava il sonno. Più o meno come le lezioni di letteratura o i film drammatici scadenti che passavano in tv attorno a Natale e Capodanno. 
Gerard strinse fra le braccia il peluche a forma di... uhm, cos'era? Sembrava un misto fra un orso grizzly e un pastore belga. Sghignazzò soffocando le risa sul cuscino quando cercò di immaginare qualche tonnellata di ferocissimo orso grizzly procreare con una tenera palla di pelo nera di venti chili.

No, okay, stava diventando un pervertito. E poi non stava pensando a come distruggere una certa persona? Poteva scorticarlo, scuoiarlo, squartarlo, incenerirlo, ustionarlo con l'olio bollente, colpirlo con una freccia in mezzo agli occhi, impiccarlo, evocare degli spiriti maligni che lo perseguitassero, infilarlo in un edificio che stava per essere fatto detonare, chiuderlo in una centrale nucleare e farlo morire per colpa delle radiazioni e... okay, stop, guardava troppi horror. 

Green Day, aveva bisogno dei Green Day. Si mise gli auricolari, sparò a tutto volume Basket Case e chiuse gli occhi. 
Li riaprì qualche minuto dopo, quando la canzone fu terminata e si trovò davanti due occhioni neri e scuri contornati da lunghe ciglia e appena truccati, a pochi centimetri dal viso.

Lanciò un urletto da vera checca effemminata per poi spingere via la ragazza che in quel momento era scoppiata a ridere, quasi piangendo.
Con il cuore che gli pulsava nelle orecchie cercò di articolare qualcosa: - O-oddio, Misaki! Ma si può sapere cosa cazzo ti passa per quella tua testaccia?! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita!
E mentre diceva ciò aveva iniziato a insultare in tutti i modi e le lingue che conoscesse quella stupida ragazzina giapponese che stava andando in iperventilazione per le troppe risate. 

- Cosa cazzo ti ridi?!

- Ahahah Gee... scu-scusa, giuro che... ahaha, giuro che non rido pi-ahahah, non ci riesco! Ahahahah! - e aveva ripreso a ridere come una pazza, sotto lo sguardo seccato ma divertito di Gerard. 

Avrebbe ucciso anche lei prima o poi. Oh, sì, Gerard era un pacifista assolutamente contro ogni tipo di violenza e si vedeva. E non era assolutamente sarcastico, no. Decise che prima o poi avrebbe stilato una lista di persone di cui doveva liberarsi. Al primo posto c'era quel deficente che lo aveva fatto dannare tutta la mattina dalle sette - le sette! - poi veniva quella giapponese dall'aria innocente ma che era tutto fuorché questo e dopo... uhm, ci doveva pensare. Probabilmente Bert perché lo aveva portato in una situazione schifosa da cui poi era dovuto uscire da solo. No, Bert si sarebbe ucciso prima e avrebbe fatto tutto da solo con tutta la merda che si sparava nelle vene. 

Poi c'era Eliza. Dolce, cara, troia Eliza. Dicono che le donne si toccano solo con le rose... e lui avrebbe fatto così, ovviamente. Ma la rosa avrebbe dovuto avere almeno qualche centinaia di spine di dieci centimetri l'una, allora sarebbe stata perfetta. No, quella puttana non si meritava sue congetture su come ucciderla, non meritava tutta questa attenzione. Avrebbe tenuto un coltellino a serramanico in tasca e, semmai le fosse passata vicino, glielo avrebbe piantato nello stomaco. Tutto qui. 

Ma per fortuna quel giorno sarebbe tornato a casa. Sì, l'università era finita, definitivamente per lui, e stava tornando a casa ancora una volta. A dire il vero sperava di aver trovato un appartamento a New York per quando avesse finito gli studi, ma non era riuscito a scovare nulla che fosse alla sua portata economica o che gli piacesse abbastanza. Sperava di rimediare qualcosa nel Queen's ma nulla.

E tornava a Belleville, New Jersey. Non ci tornava da Natale. Non vedeva Frank da Natale.

Eh, già, colpo di scena: quel coglione, deficiente, stupido ed idiota aveva un nome, ovvero 'Frank Anthony Thomas Iero Junior Terzo'. Sì, nomi così lunghi facevano molto famiglia nobile, ma lui di nobile non aveva proprio nulla, nemmeno una goccia di sangue blu. 

Si accorse che Misaki aveva smesso di ridere e ora era appoggiata allo stipite della porta e lo fissava. 
Era una bella ragazza, dopo tutto. Aveva gli occhi scurissimi e profondi, i capelli lunghi e neri con qualche ciocca blu e viola. Aveva un carattere tutt'altro che docile e collaborativo, faceva di testa sua praticamente sempre, fregandosene altamente di come la pensasse il mondo. Però era anche gentile e, per assurdo, capiva quello che passava per la testa di Gerard in qualsiasi momento. Ormai il ragazzo aveva paura che lei gli leggesse nel pensiero. L'unico problema era che entrambi erano permalosissimi e troppo orgogliosi per chiedere scusa, si legavano al dito ogni stupidaggine così una lite da nulla veniva portata avanti mesi. Erano cinque anni che condividevano l'appartamento ed era successo che per un intero anno scolastico non si fossero rivolti la parola. Poi, tornati dalle vacanze, avevano fatto come se nulla fosse successo. 
Avevano giurato di mantersi in contatto una volta finita la scuola, tanto per predere un caffè insieme ogni tanto.
 
Caffè.
Gerard si era appena reso conto di essere in astinenza da caffeina. Sì, brutta droga. Sei vincolato a vita. Ma a questo non poteva pensare in quel momento.
Misaki gli si avvicinò e si sedette accanto a lui sul letto, appoggiando la testa sulla sua spalla.

- Che è successo a casa? - chiese. 

- Che ne sai che non è successo qualcosa con un mio amico?

Lei rise: - Perché non hai una faccia da 'è successo qualcosa con un mio amico', ma più da 'è successo qualcosa con la mia famiglia' o 'con la mia ragazza'. E visto che non hai né ragazza né ragazzo direi proprio che è successo qualcosa a casa. 

- Uhm, okay... il migliore amico di mio fratello si è messo nei casini e non sa come uscirne... vedi, lui è come un altro fratello per me e boh, in questo momento vorrei buttarlo sotto un treno per quanto è stato stupido - 'buttarlo sotto un treno', ecco, se la era segnata come possibilità. 

- Mmh, capisco. E ti piace? L'amico di tuo fratello, intendo...

- Eh? Cosa?! No! Dio, ti ho appena detto che è come se fosse mio fratello! E poi sono etero, cazzo! - forse rispose troppo in fretta e forse, anzi, molto probabilmente, arrossì anche, perché Misaki lo squadrò attentamente. Non gli credeva. Si era appena scavato la fossa da solo e non aveva nemmeno mentito! 

Ma non importava, tanto stava per tornare a casa. Aveva dovuto comprere altre due valigie perché in quei cinque anni la roba era triplicata se non peggio. 
Lui e Misaki si erano comprati due braccialetti identici, di cuoio nero, sottili. Era un gesto fatto fra amici, tanto per non dimenticarsi l'uno dell'altra. 

Guardò di nuovo l'ora: alle tre avrebbe preso il treno per Newark e da lì sarebbe andato a Belleville in autobus probabilmente. Beh, mancavano ancora quattro ore.


-


La stazione di New York era una cosa indescrivibile. 
Affollatissima, con centinaia di treni che andavano e venivano in continuazione e decine di migliaia di persone che gremivano i vagoni e perdersi era la cosa più facile del mondo.
Guardò l'ora. Le tre meno un quarto. Era piuttosto in orario, non gli restava che trovare il binario giusto a cui aspettare il suo treno. Guardò il tabellone che indicava arrivi e partenze e che gli ricordò moltissimo quello di un aereoporto - non che ci fosse mai entrato in un aereoporto, ma aveva visto parecchi film - e, appena trovò il suo, si fiondò al binario indicato.
Dopo una decina di minuti riuscì finalmente a prendere il treno e si sistemò comodamente sui sedili con le cuffie addosso (sì, quelle nere e fighe che gli aveva regalato suo fratello) e in mano l'MP4 con dentro parecchie centinaia di canzoni. 

Il viaggio durò un paio d'ore e per tutto il tempo Gerard aveva tenuto le cuffie e lasciato che le canzoni si susseguissero in ordine casuale, ma non riuscì ad ascoltarne nemmeno una. 
No, i suoi pensieri correvano tutti a Frank, ai suoi occhi nocciola che si tingevano di verde foglia quando provava un'emozione forte, ai pochi tatuaggi che si era fatto e ai tanti che voleva farsi ancora, ai suoi capelli che da un po' di tempo preferiva tenere caori corti e rossi ai lati e con una lunga cresta nera al centro, alle più piccole cazzate di lui. 

Infatti cercava di ricordare più cose possibili su Frank. Ricordava quella volta che da piccoli avevano per sbaglio disintegrato gli occhiali di Mikey con una pallonata, ricordava che Frank aveva iniziato la scuola con un anno di ritardo perché da piccolo aveva avuto problemi di salute e che per questo aveva appena finito l'ultimo anno di superiori, ricordava la prima volta che Donna aveva permesso a Gerard di uscire da solo a patto che stesse sempre appiccicato come una sanguisuga a Frank (non che se avesse omesso di dirglielo avrebbe fatto diversamente, sia chiaro), a quando quel marmocchio iperattivo lo aveva convinto a farsi fare i capelli rosso fuoco (e doveva ringraziarlo di questo prima di chiuderlo in una cella e lasciarlo morire di fame e sete), o ancora di quel cucciolo che avevano trovato infreddolito sotto la pioggia e che Frank aveva amato dal primo sguardo. Quello se lo ricordava particolarmente bene. 


Era una giornata uggiosa e piovosa, sembrava che il cielo dovesse venire giù da un momento all'altro e loro due erano usciti per comprare con i soldi che avevano risparmiato quell'ultimo fottuto album che gli mancava per completare la discografia dei Green Day. Aveva iniziato a piovigginare e loro si erano stretti nelle felpe (niente giubbotto o ombrello naturalmente, erano troppo mainstream) e erano andati a rintanarsi nel negozio di dischi della città che, oltre a vendere CD, vendeva e noleggiava anche DVD. 
Con i soldi avanzati avevano noleggiato per un giorno un horror da vedersi in santa pace con gli amici e un sacco di porcherie da mangiare. 

Poi però, una volta usciti, avevano sentito un uggiolio sommesso provenire da dietro un albero e avevano trovato un cagnolino con gli occhioni nocciola che non aveva potuto fare a meno di paragonare a quelli di Frank e il pelo rossiccio non troppo lungo. Avevano mandato affanculo il film e la serata con gli amici ed erano rimasti a casa di Frank a giocare con Green (era questo il nome che gli avevano dato, in onore dei Green Day) e poi si erano addormenteti tutti e tre sul letto di Frank, stringendosi un po' e ridacchiando quando la coda di Green gli faceva il solletico ai piedi.



E Gerard pensava che quello fosse uno dei ricordi migliori che possedesse. 

Tra i peggiori c'era il suo ritorno dopo il secondo anno di università. Frank era diverso, sempre con quei suoi 'amici', era cambiato. Negativamente. Mikey gli aveva spiegato che era perché si sentiva solo senza Gerard, che aveva bisogno di altri ragazzi con cui stare e che non voleva stare sempre tra i piedi a Miks perché lui aveva una ragazza. 
Poi, dopo un po', tornava il Frank di sempre e ricominciava a ridere e scherzare come prima della sua partenza. Quando però Gerard tornava a New York tutto ripiombava di nuovo giù. E ogni anno era peggio. 
L'estate precedente Gerard contava di aver visto il solito dolce e pazzo Frank al posto del suo alter-ego depresso si e no cinque giorni in tre mesi. 

E quello che era successo era la prova che tutto era degenerato troppo. Era andato oltre. E Frank, rischiava, rischiava tantissimo, cazzo! Le brutte esperienze di Gerard con Bert e compagnia non gli avevano fatto capire nulla?! 
A volte non poteva proprio evitare di dargli dello stupido ragazzino immaturo. 
Si massaggiò le tempie, colto da un'improvvisa fitta alla testa. Troppo, stava decisamente facendo lavorare troppo la sua memoria. 

Affondò meglio nel sedile del treno e decise che forse provare a dormire lo avrebbe calmato oltre che fatto passare quell'orribile mal di testa, quando la voce metallica dell'altoparlante aveva annunciato che la fermata a Newark era la successiva. Abbandonò il capo sul poggiatesta, sbuffando seccato. 

Frank, Frank, Frank... perché doveva sempre tornargli in mente lui? Perché aveva dovuto combinare quell'immensa stronzata? Perché adesso era lui quello che doveva risolvere? Ecco, meravigliose domande. Peccato che non avessero risposta. 


-


Il viaggio in autobus era stato a dir poco frustrante.

Si era seduto di fianco ad una vecchietta acida come poche.

Gerard si rendeva conto che in molti avrebbero avuto da ridire sul suo... stile? Look? Non fa differenza. Ma sapeva che la maggior parte della gente lo guardava male, ridacchiava e tirava dritto.
No, quella vecchia megera doveva sbattergli in faccia Ogni. Fottuta. Cosa. 
"Non sta bene avere i capelli di quel colore, sai ragazzo?", "Solo le ragazze si truccano", "Credi in Dio? No? Dovresti...", "Se avessi visto mio figlio vestirsi come te non sarebbe finita bene per lui".

Sì, per dirla in modo non troppo carino, Gerard si era bellamente rotto i coglioni. Insomma chi era quella per dirgli come doveva vestirsi e in cosa credere?
Nemmeno fosse stato un quarantenne travestito in minigonna e dodici centimetri di tacco con i capelli di otto colori differenti e truccato come una puttana! Che male c'era nel volersi vestire di nero e con un po' di eyeleiner? Che poi gli stava bene: gli faceva gli occhi più grandi. E i capelli rossi erano fottutamente fighi, okay?

Per non mandarla pubblicamente affanculo ed evitare figure di merda si era alzato e aveva cambiato posto a metà tragitto. 


-


A quel che aveva capito dalle conversazioni senza capo né coda che aveva avuto con Frank nessuno era a conoscenza del fattaccio tranne lui e non sapeva se la cosa avrebbe dovuto lusingarlo od inquietarlo... infondo era diventato suo complice, lo stava coprendo. 

In quel momento Gerard era fuori da casa sua, agitato perchè sapeva che c'era Frank. Cosa avrebbe dovuto fare?! Picchiarlo e dirgli che era un coglione? Forse. Abbracciarlo e giurargli che avrebbe fatto il possibile per tirarlo fuori da quel casino? Anche.

Ancora indeciso infilò le chiavi nella serratura e aprì. 

- Gee? - una voce risuonò nel corridoio.

- No, Mikey, un ladro che ha trovato le chiavi di casa... - sarcasmo allo stato puro. 

In due secondi Gerard si ritrovò stretto nell'abbraccio rassicurante di suo fratello; in fondo erano mesi che non si vedevano. 

- Mikey, come sta Frank? - chiese Gerard, preoccupato, senza sciogliere l'abbraccio.

L'altro sospirò e appoggiò la testa sulla sua spalla: - Come vuoi che stia? Gerard, lui sta fottutamente male e io non posso fare niente, lui non mi dice più nulla... Non sai quanto mi sento in colpa per questo.

- Michael, non devi. Se lui non vuole parlartene tu che colpa ne hai? Anzi, secondo me lo fa perchè vuole proteggerti. 

Mikey annuì sconfitto e si allontanò di qualche centimetro. 

- Adesso dov'è? - domandò serio il rosso, guardando il fratello negli occhi coperti da un paio di occhiali spessi che facevano tanto nerd. 

- Ha detto che voleva aspettarti per parlare di non so cosa... Mi-Mi ha chiesto se poteva stare qui finché non arrivavi e io gli ho detto che andava bene. Spero che non ti dispiaccia, cioé... Ora penso sia in camera tua.

Gerard lanciò al fratello uno sguardo riconoscente e abbandonò le valige in mezzo al corridoio, correndo su per le scale. 
Non aveva ancora la più pallida idea di come si sarebbe comportato e aveva paura che qualsoasi cosa avesse fatto non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. 

Conosceva Frank da quando era un marmocchio che articolava a fatica le frasi. Lo aveva visto superare tutte la fasi dell'infanzia e dell'adolescenza, lo aveva visto rompere le scatole ai suoi genitori fino a che non li aveva convinti che avere un cane sarebbe stata una cosa bellissima, lo aveva ascoltato suonare la chitarra per ore, anche agli inizi, quando conosceva due accordi in croce e stonava anche quelli e lo aveva visto migliorare giorno dopo giorno fino a diventare un chitarrista in tutti i sensi, lo aveva aiutato con la sua prima cotta anche se poi la cosa non era andata in porto e poi... poi lo aveva visto deprimersi, iniziare a frequentare brutta gente, lo aveva visto iniziare a bere, aveva iniziato a sentire puzza di canne e sigarette sulla sua giacca. 

Frank diceva tutto a Gerard, perché era l'unica persona di cui si fidasse che poteva realmente aiutarlo quando ne aveva bisogno. C'era Mikey, okay, ma... ma lui non lo avrebbe coperto. Per quanto fossero amici Mikey non si sarebbe caricato sulle spalle un peso così grande. Inoltre Gerard era più grande e ne aveva passate di tutte... e non aveva paura di mettersi nei guai per aiutare Frank. 

Si trovava davanti alla porta chiusa della sua stanza, con una mano sulla maniglia, tentando invano di calmarsi.
 
Conosceva Frank meglio di chiunque altro, sapeva che era una persona estremamente fraglie e sensibile, anche troppo a volte. Da piccolo, se vedeva un cucciolo che veniva maltrattato piangeva sempre. 

Gerard prese un respiro profondo e spalancò la porta. 

Frank, che era disteso sul suo letto con la testa sul cuscino e i piedi a penzoloni, si rizzò a sedere di scatto. 

Per poco Gerard non svenne lì, sulla soglia della camera. Quello... quello non era Frank, no. Frank non era così pallido, non aveva mai avuto un'espressione così sconvolta, Frank non aveva quei due lividi violacei sotto agli occhi così evidenti nemmeno quando si ubriacava e restava fuori tutta la notte, Frank non aveva mai i suoi capelli a nido di rondine come in quel momento - quei capelli che erano sempre perfettamente tinti di nero e rosso, quei capelli che erano sempre a posto. Frank non aveva mai avuto gli occhi così vitrei e terrorizzati. 

Gerard era rimasto bloccato a quella visione, era come in coma, sconcertato. 
Non fece in tempo a riprendersi completamente che Frank gli schiantò addosso, facendolo quasi cadere. Lui lo strinse a sé, circondandogli la vita con le braccia. La cosa che però lo fece rinvenire del tutto fu sentire i singhiozzi sommessi del ragazzo rintanato sul suo petto. Lo strinse un po' di più e con le dita gli accarezzò la nuca, sciogliendo i nodi fra i capelli.

Era distrutto, lo avrebbe visto anche un cieco. Erano distrutti entrambi. 
Non sapevano cosa sarebbe successo e avevano paura, una paura fottuta. 

- Cazzo, Frank... - mormorò Gerard al suo orecchio e il più piccolo scoppiò in un pianto isterico mentre stringeva la presa sulla maglietta del rosso. 

- Io... io... Gee, ero-ero fatto e... 

- Sssh, Frankie, zitto. Prima calmati, dopo parla. 

Frank annuì e respirò profondamente. Si sedetterò sul letto, Frank sulle gambre di Gerard, fino a che il più piccolo non fu in grado di parlare. Gerard intanto gli accarezzava la schiena con la punta delle dita: tutti i propositi di pestaggio, omicidio e simili erano andati a farsi fottere da un bel po'. 

Frank prese parola dopo qualche minuto di silenzio teso: - Gee, ho fatto un casino...

L'altro sospirò: - Un grande casino.

- Cazzo, sono nella merda, nella merda... va tutto male, non so cosa fare...

- Nemmeno io, Frankie.

- Gerard... - si staccò solo per guardarlo negli occhi - Gee, perché non mi dici che è tutto okay, che va tutto bene? Perché non mi dici che mi aiuterai e che ne usciremo come fai sempre?

- Perché non voglio fare promesse che non so se riuscirò a mantenere... - abbassò lo sguardo - E perché non ti voglio mentire, va tutto male per davvero e io non ho la minima idea di cosa fare stavolta. 

- Gee... - la testa di Frank crollò di nuovo sulla sua spalla - Gee, ti prego, ti prego dimmi che non ho fatto una cosa così orribile, dimmi che né a me né ai miei amici succederà nulla, per favore...

- Frank... - gli prese il volto fra le mani e lo guardò negli occhi - Se te lo dicessi ti direi una bugia, avete stuprato una ragazza.

- Lo so, lo so! - gridò Frank alzandosi di scatto, ma cadendo subito per terra in ginocchio e prendendosi il capo fra le mani, artigliandosi i capelli con le dita - Lo so che cazzo abbiamo fatto, okay?

Gerard si alzò e si accovacciò accanto a lui, inquieto e preoccupato per l'amico e per se stesso. 
Non sapeva cosa fare, per la prima volta nella sua vita Gerard Arthur Way non aveva la minima idea di come uscire da un casino. 

Per quanto si possa essere grandi ci sarà sempre qualcosa di più grande che non sapremo come affrontare.




















Nuh, il mio Frankie... quasi mi pento di quello che gli ho fatto fare! (quasi, perché sono sclerata e vbb, non cagate questi miei pensieri al limite della legalità) 
Ma dico... ce lo vedete Gee a squartare qualcuno?? Io sì ed è dannatamente
figo u.u (sono PAZZA, ormai è appurato) 
Che dovevo dire... ah sì, giusto... non so dove andrò a parare con questa fanfiction, mi invento le cose capitolo per capitolo... diciamo che la storia so dove deve andare a parare ma cambio idea ogni due nanosecondi, quindi nulla è certo u.u
E, come ho detto prima,
LINCIATEMI che farete solo del bene. 
Per quanto riguarda il rating sì, è arancione, ma penso che metterò qualche scena rossa... però sono indecisa se cambiarlo o meno perciò che sarà sarà... e poi anche l'argomento che penso di trattare forse sarebbe da rating rosso... ma
CHISSENE FREGA, si vedrà.



Angolino delle domante inutili (in ogni capitolo posto una domandina alla cazzo a cui potete rispondere tramite recensione... e se ve lo state chiedendo sì, sono fulminata, ma ah, ho imparato a conviverci... :P): 

Domanda di oggi:

Qual è la città che dovete assolutamente visitare prima di morire?

Ciao mondo!

xoJas

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Gee, I Lo... ***


Eccomiiiiiiiiiii *compare in una nuvola di fumo rischiando un'intossicazione da monossido di carbonio* con il prossimo capitolo!!!!!!
Beh, che dire... iniziamo con i
ringraziamenti, no?? Ho deciso che lo farò ogni volta u.u

Ringrazio:

Chi passa anche solo a
leggere questa ff, anche così mi rendete felice!!

Chi la
segue: Aino, B l u e, beatenordamned_, LadyDaredevil, Originofmuse, Sunset_Lily, __Anonymous : grazie veramente *-*

Chi la
ricorda : TheScarecrow

Chi la preferisce : Menschen

Chi ha lasciato una recensioncina allo scorso capitolo: Menschen, LadyDaredevil, __Anonymous, Last Caress.

E un grazie specialisssssssssssssssssssssimo (?) alle
dieci (!!!!) persone che hanno messo ME fra gli autori preferiti ç_ç *piange di gioia e ringrazia ancora*. Quindi ringrazio : An Idea can not die, Billie_LoveLove, Green_Romance, LadyDaredevil, Menschen, Originofmuse, Sambora_, VivaLaGloria_00, xSullivan, __Anonymous : ma io vi AMO !! <3


 
Skyline - Now we're alone














Gee, I Lo...




- Frank... 

Il ragazzo soffocò un singhiozzo sul fondo della gola: Gerard non avrebbe mai dovuto vederlo così, mai. 
La lametta sporca di sangue che teneva fra le dita cadde a terra, imprimedo gocce scarlatte sul pavimento mentre rivoli dello stesso colore si erano già formati sul suo braccio sinistro e correvano sulla pelle fino a cadere nel vuoto e fare la stessa fine delle goccie. 

- Frank... - ripetè il ragazzo moro di fronte a lui. Frank sentiva il suo sguardo addosso perforarlo; per quanto non avesse voluto che la cosa si venisse a sapere si rendeva conto che era impossibile per lui tenere nascosto qualcosa a Gerard. 
- Frankie, ti prego, dì qualcosa... - continuò. 
Ma cosa avrebbe dovuto dire? Che gli dispiaceva? Che non voleva farlo? Che non lo avrebbe mai più rifatto? Doveva
mentire? No, non poteva mentire a Gee. E allora?

- Cosa vuoi che ti dica, Gerard? - biascicò in tono monocorde, atono. L'altro sospirò. 

- Cosa stai facendo?

Frank ridacchiò: - Non è piuttosto evidente?

- Sai che non intendevo quello... Perché, Frankie?

Stava giocando sporco. Gerard stava giocando sporco. Sapeva che i suoi neuroni non sopravvivevano quando lo chiamava "Frankie". 

- Non c'è un motivo e se c'è non so quale sia... mi andava di farlo, punto. - non era del tutto vero, ma non era una grandissima balla; Frank sapeva quale fosse il motivo, semplicemente non voleva che Gerard fosse partecipe di ogni singola cosa della sua vita... okay, anche questa era una bugia. 
Frank voleva che Gerard sapesse ogni cosa, non voleva avere segreti, voleva dirgli tutto, si fidava ciecamente ma... ma non poteva. Gli voleva troppo bene per caricargli addossi anche questo fardello, come se non ne avesse abbastanza dei suoi.

Gli voleva troppo bene per dirgli che metà della colpa era
sua.

- C'è sempre un motivo, Frankie. - continuava ad usare quel soprannome: era sleale - Puoi parlare con me, lo sai... lo hai sempre fatto, perché non mi hai detto niente di questo? Frankie, per favore...

Non poteva continuare a chiamarlo in quel modo, a fargli pressione così. Frank sapeva che gli stava facendo del male tenendogli quel segreto, sapeva che gli stava facendo del male ma probabilmente, se gli avesse svelato tutto lo avrebbe perso. 
E non poteva sopportare nemmeno l'idea che una cosa simile accadesse. 

Iniziò a sentire gli occhi pungergli forte, fino a che una lacrima non ruppe gli argini e si unì alla pozza cremisi ai suoi piedi. 
Gerard probabilmente la scambiò per una lacrima di dolore - i tagli sul braccio erano abbastanza profondi e effettivamente la testa iniziava a girargli per il troppo sangue perso - perché gli si buttò letteralmente addosso, stringendogli fra le dita il braccio ferito per fermare l'emorragia e stringerlo forte a sé con il braccio non impegnato a rallentare la fuoriuscita di sangue. 

- Sssh,  - gli sussurrò teneramente all'orecchio - tranquillo, fra un po' passa. 

Lasciò che Gerard gli sistemasse il braccio alla meno peggio e poi lo seguì fino al salotto, dove si rimise addosso la felpa in modo che coprisse la fasciatura. 
Era stanco, aveva sonno e non sapeva cosa ci facesse Gee a casa sua. Probabilmente era venuto a restituirgli qualcosa. Però Frank era distrutto, non stava in piedi, aveva solo bisogno di dormire. Possibilmente senza che Gerard fosse troppo lontano. 

Il moro sembrava avergli letto nel pensiero - o più semplicemente aveva notato la sua espessione sconvolta - perché si stese sul divano su di un fianco e fece cenno a Frank di fare lo stesso. 
Arrossì violentemente, ma fece come gli era stato detto e si intrufolò fra le braccia del suo migliore amico, con il capo appoggiato sul suo petto.

Per gli ormoni di Frank stare a stretto contatto con Gerard era un'azione fatale. 
Le fitte al braccio si erano trasformate in un intorpidimento leggermente fastidioso da quanto lui aveva iniziato a passare le dita sulla ferita da sopra la felpa e la fasciatura. 
Sapeva che stava per addormentarsi, in un paio di minuti sarebbe crollato. E la parte migliore era che sarebbe crollato
tra le braccia di Gee
Non che non avesse mai dormito nello stesso letto con Gerard, ma il divano era fottutamente stretto e loro erano fottutamente obbligati a stare avvinghiati l'uno all'altro. 

Un pensiero amaro si fece strada nella mente di Frank.

"Forse se sapesse non mi starebbe più così vicino..."

Gli occhi iniziarono a bruciargli di nuovo, ma prima che le goccie salate potessero iniziare a corrergli sulle guance sentì le labbra di Gerardo posarsi fra i suoi capelli, sulle sue tempie, sulla punta del suo naso una, due, tre, cinque, dieci volte e quel pensiero malato sfumò via dalla sua mente.

- Gee? - gracchiò, la voce roca per colpa del sonno che stava prendendo il sopravvento. 

- Sì, Frankie? - mormorò Gerard sul suo orecchio, facendolo sospirare. 

- Tu starai sempre con me, vero? - la frase suonava decisamente meglio nella sua mente... gli sembrava infantile detta ad alta voce. 

Ma Gerard sorrise e lo strinse appena un po' più forte: - Sì, Frankie. Sempre. Ora però dormi, okay?

Lui annuì ma prima di abbandonarsi al sonno lo chiamò di nuovo: - Gee?

- Mmh?

- Gee,
io ti a...

Uno scampanellio insistente alla porta lo interruppe. 



-


Non aveva avuto più nemmeno una fottutissima occasione dopo quella volta. 
E la cosa lo aveva sempre irritato parecchio. 
Ma in quell'istante, quando ripensava a quel preciso momento l'unica sensazione che gli saliva nello stomaco era un'immensa tristezza. Era triste perché se solo quel giorno fosse andata nel modo giusto non sarebbe stato in quella fottuta situazione. 

Erano passati dieci minuti e in quel momento Frank era tra le braccia di Gerard, gli occhi arrossati e i segni delle lacrime sugli zigomi, respirando appena. 

Da parte sua il più grande lo sorreggeva e aveva lasciato che si sfogasse prendendosi tutto il tempo di cui necessitava.
Però era evidente che volesse sapere esattamente cosa fosse successo quella notte, Frank lo sapeva. Come sapeva che era inevitabile quel discorso. Per quanto lo avesse rimandato prima o poi avrebbero dovuto affrontarlo. 
Un po' come era successo quando lo aveva trovato in una pozza di sangue quel giorno. 
Ci era voluto un po' prima che Frank riuscisse a parlarne, ma alla fine aveva dovuto dire a Gerard - per quanto all'inizio fosse stato riluttante - tutto quello che succedeva a scuola. E lui, Gerard, si era stupito perché cazzo, davvero non pensava che dei ragazzini delle superiori potessero essere così stronzi e dio, così cattivi, anche se forse era un termine un po' infantile. 

- Frank... - ecco, appunto. Ora avrebbe dovuto parlare. C'era una differenza però dall'ultima volta: in quel momento Frank non era affatto riluttante. Frank voleva parlare con Gerard. Di tutto. 

Prese un respiro e si sistemò meglio nell'abbraccio. 

- Frankie... - disse Gerard abbassando la voce - Cos'è successo? 

Quelle parole ebbero un effetto strano su Frank. Un effetto sbagliato. Non sarebbe dovuto succedere quello. 

Appena Gerard le pronunciò, la realtà gli crollò addosso e Frank fu colto da un attacco acuto di... di tutto, in realtà. C'era il panico. Tanto panico da distruggerlo, da farlo singhiozzare, arpionando le dita alla maglietta del moro. Dubitava di aver mai avuto tanta paura tutta in una volta. Aveva paura di quello che sarebbe successo, paura di cosa quella ragazza avrebbe potuto raccontare, paura del giudizio del mondo. 

Dei flash, delle immagini di quella fottuta notte gli occuparono la mente, in sequenza rapidissima, senza un'ordine logico, susseguendosi e ripetendosi, facendolo ansimare forte e stringere convulsamente la felpa di Gerard. Quell'esperienza gli aveva fottuto la mente, gli aveva fottuto ogni capacità di razionalizzare la paura. Tremava convulsamente rivivendo quei momenti, da lui con i suoi amici che si ubriacavano al bar, a quel ragazzo che gli aveva venduto... cosa? Non lo ricordava bene, ma dopo che aveva mandato giù quella cosa la sua mente aveva iniziato quello che ora catalogava come "trip". 

Dopo erano successe così tante cose, troppe... i suoi ricordi avevano delle grandi lacune, gli sfuggivano molti momenti. Ricordava a pezzi anche... quello.
Ricordava la ragazza che camminava sola per strada. 
Ricordava le battutine con i suoi amici su quanto fosse carina e le risate sguaiate. 
Poi vuoto. Vuoto per qualche minuto. 
La prima cosa che ricardava dopo il vuoto erano urla. Grida forti che gli perforavano i timpani, grida che quella notte aveva totalmente ignorato.
Ricordava che... - inghiottì a vuoto - ricordava di averla tenuta ferma mentre Sam la stuprava. 
Poi l'ennesimo vuoto.
E dopo di nuovo i ricordi spaziarono su un'immagine che gli mandò in circolo le stesse sensazioni provocate da delle unghie che stridono sulla lavagna moltiplicate per settecento. 

Si rivedeva lì, sopra di lei, con i jeans e i boxer abbassati, una mano sulla sua bocca a fermare le grida. 

Scattò in piedi, scappando dalla stretta rassicurante di Gerard. Gli girava forte la testa, come se di nuovo avesse perso troppo sangue. 

Si rivedeva lì, dentro di lei, gli occhi luminosi e con un tocco di follìa per colpa della droga che aveva preso. 

Gli venne subito una forte nausea che lo costrinse a portarsi le mani sulla bocca e correre in bagno. 
Sapeva che Gerards lo avrebbe seguito a ruota, infatti percepiva la sua presenza dietro di sé, il calore che il suo corpo emanava era meglio di qualsiasi droga. 

Si rivedeva lì, con i suoi amici a ridere sguaiatamente, a correre lontano per non essere presi.

Per la seconda volta quel giorno crollò in ginocchio per terra. 
Non ebbe nemmeno il tempo di realizzare la fitta acuta al ginocchio destro che ciò gli aveva provocato che si ritrovò con il capo chino a rigettare tutto quello che aveva mangiato in quei giorni insieme a tutte le emozioni che aveva provato. Sperava di restare vuoto, sperava di rimanere senza nulla, sperava di non sentire più nulla, di non ricordare più nulla. In questo modo Gerard avrebbe potuto riempirlo di nuovo solo con le cose positive e i bei ricordi. Sapeva che Gerard lo avrebbe fatto. 

Un istante dopo sentì le sue dita fredde sulla fronte, a tenergli sollevate le ciocche scure, mentre con l'altro braccio gli cingeva la vita. 
Cosa aveva fatto per meritarsi Gerard?
Cosa aveva fatto di male Gerard per ritrovarsi a dover badare ad uno come lui?
Non aveva senso.

Stettero in quella posizione fino a che anche i conati vuoti cessarono e si trasformarono in occasionali singulti, anche se ci volle un po'. 
Frank non era certo di riuscire ad alzarsi in piedi e ringraziò mentalmente Gerard quando si appoggiò al muro alle sue spalle trascinandosi dietro anche lui, che si accoccolò contro il suo petto con il respiro affannato. 
Probabilmente la sua mente doveva essere esausta perché le immagini avevano smesso di presentarglisi di fronte agli occhi ogni secondo. 
Non riusciva più a pensare a nulla, alla fine si era svuotato sul serio.

Dopo qualche minuto Frank si convinse che forse era meglio tornare in camera, dopotutto c'erano i genitori e il fratello di Gerard a casa e se li avessero trovati così avrebbero fatto davvero troppe domande perché potessero rispondere con sincerità. 
Così, con l'aiuto del moro, si alzò in piedi e si diede una ripulita prima di tornare nella sua camera.

Il ragazzo non gli richiese più cosa fosse successo e per questo lo ringraziò. Non sapeva come avrebbe sopportato una seconda volta. 
La testa non aveva completamente smesso di pulsare, ma almeno non faceva il male atroce di poco prima. 
Frank si sentiva davvero stanco, aveva bisogno di riposarsi e dormire, soprattutto considerando che erano due notti che non chiudeva occhio. Gerard sembrava essersene accorto. Probabilmente gli avrebbe detto di andare a casa e dormire per dieci ore, poi di richiamarlo perché voleva sapere come stava. La verità era che Frank non aveva per niente voglia di andare a casa sua. 
C'era un motivo se per due notti non era riuscito a dormire e quel motivo erano i suoi fottuti incubi, in cui la maggior parte delle volte sognava di esserci lui al posto di quella ragazza sconosciuta.
Inutile dire che si svegliava di soprassalto ed era costretto a correre in bagno per colpa della nausea che gli dava il tormento. Andava sempre peggio.

Però Gerard, come al solito, lo sorprese. 

- Dovresti dormire, Frankie, sembri davvero stanco - sussurrò. Frank sapeva che avrebbe dovuto dargli ascolto, in fondo non voleva morire per mancanza di sonno. Né tanto meno svenire per poi risvegliarsi con un mal di testa atroce. 

- Sto bene, davvero... - biascicò Frank - Non mi va di dormire, non voglio andarmene adesso... - non voleva davvero separarsi da Gerard in quel momento, sapeva che se lo avesse fatto gli sarebbe venuto l'ennesimo attacco isterico. 

- Devi riposare... - disse Gerard con un tono che non ammetteva repliche, Frank si stava rassegnando - Ho detto che devi dormire, - ripeté - non che devi andare a casa.

Sulle labbra di Frank si aprì un sorriso timido e sorpreso. Quindi poteva restare? 
Annuì e si avvicinò a Gerard, che nel frattempo si era seduto sul letto e che in quel momento gli faceva cenno di sedersi accanto a lui. Frank gli si sistemò vicino, poi appoggiò il capo alla sua spalla, chiuse gli occhi e sbadigliò; aveva davvero sonno.

Gerard allungò un braccio e fece per togliergli la felpa, ma lui, appena si rese conto di quello che stava per fare, si ritrasse, come scottato. 
Non poteva vedere, non poteva guardargli le braccia, non poteva accorgersi che si era tagliato di nuovo, avrebbe dato di matto. Si sarebbe arrabbiato con lui e ne avrebbe avute tutte le ragioni: avevano lavorato così tanto entrambi perché Frank ne uscisse e proprio lui aveva mandato tutto a puttane in un paio di giorni. 
Il fatto era che stava troppo male, troppo. Aveva bisogno che un po' del dolore uscisse e lasciasse il suo corpo e sapeva per esperienza che guardando il sangue uscire la mente - almeno la sua - automaticamente vedeva uscire con esso tutto quello che aveva bisogno che se ne andasse. 
Sapeva che era solo un'illusione ma cazzo, aiutava tantissimo. 

- Frankie, togli la felpa, o morirai di caldo. - affermò il più grande, guardandolo stranito. 

Lui scosse la testa con insistenza, Non. Poteva. Vederli. 

Gerard sospirò: - Come vuoi. Ora però vieni qui. - e gli fece cenno di tornare vicino a lui.

Frank fece come gli aveva detto, togliendosi le scarpe e guardando Gerard che faceva lo stesso. Si alzò in piedi quando lui iniziò a spostare le coperte cosicché Frank potesse stare comodo. Non sapeva cosa avrebbe fatto Gerard, come si sarebbe comportato. Non sapeva se si sarebbe intrufolato sotto le coperte come avrebbe fatto normalmente o se avrebbe chiuso i battenti delle finestre, spento la luce e se ne sarebbe andato dalla stanza o ancora se sarebbe rimasto seduto sul letto vicino a lui fino a che non si fosse addormentato per poi andarsene. 

Come prima cosa Gerard chiuse le tende su entrambe le finestre e nella stanza smise di filtrare tutta la luce di prima, lasciando spazio solo a pochi raggi tenui che scaldavano l'atmosfera. Poi si tolse la felpa e i jeans restando con addosso solo una magliatta scolorita e un paio di boxer neri.
Frank arrossì violentemente e sposto lo sguardo sulla libreria appoggiata alla parete di fronte; non poteva reggere un Gerard mezzo nudo in quel momento, gli sarebbe saltato addosso. 

Poi il moro si sistemò sotto le coperte sollevando il capo con una mano e con il gomito appoggiato sul cuscino e rinnovò l'invito per Frank a sistemarsi accanto a lui. 
Lui piantò gli occhi sul pavimento e fece quei pochi passi che lo separavano dal letto, si sedette e poi si distese, accucciandosi sotto le coperte, ad una distanza di sicurezza da Gerard che corrispondeva a qualche centimetro. 

Subito il suo odore lo colpì come una cannonata e la colonia di cavallette che aveva nello stomaco si risvegliò improvvisamente, spedendogli brividi su per tutta la colonna vertebrale. Era un bene che Gerard non lo stesse toccando in quel momento, non avrebbe risposto delle sue azioni altrimenti.

In quel momento, come se gli avesse letto nel pensiero - e Frank si era convinto che ci riuscisse già anni prima - e volesse provocarlo, Gerard gli passò un braccio attorno alla vita e se lo tirò addosso. 

Merda. 

Frank cercò di calmarsi, sciolse i muscoli e i nervi - non fu molto difficile, la presenza di Gerard lo rilassava all'inverosimile - e poi decise che era una buona idea prendere un paio di respiri profondi. 

Sbagliato. 
Era una pessima idea. 

Quando lo fece i suoi polmoni si riempirono fino allo stremo del suo fottuto profumo e la cosa lo fece uscire di testa abbastanza. Non era più abituato a sentirlo così da vicino, erano mesi che non abbracciava Gerard in quel modo e credeva di essersi disintossicato... balle! Anzi, era l'esatto opposto, aveva ancora più bisogno di respirarlo, di sentirselo dentro, aveva ancora più bisogno che gli invadesse ogni cellula. 

Di riflesso si strinse ancora di più a lui, accucciandosi sul suo petto su cui appoggiò la punta del naso - ghiacciato per giunta - in modo da poter assorbire il più possibile di Gerard che, da parte sua, non sembrava infastidito dal fatto che il piccolo gli si stesse incollando addosso. 
Frank non avrebbe mai saputo descrivere che odore avesse Gerard. E' un po' come l'odore della pioggia o dell'erba appena tagliata o ancora l'odore della neve. Non puoi paragonarli a nessun altro profumo né puoi definirli con degli aggettivi come "dolce", "zuccherino" o "pungente", sai solo che sono ottimi e che nessuno che non li abbia mai sentiti potrebbe farsi un'idea di come sono. 
Cercare di definirli sarebbe stato come descrivere i colori ad un cieco dalla nascita, come spiegare l'amore a qualcuno che non ha mai amato: non si può.
Ma forse questa definizione non valeva solo per il profumo di Gerard, ma per ogni piccola cosa di lui; se non lo conoscevi di persona non potevi avere nemmeno una minima idea di come fosse realmente il suo aspetto, il suo carattere, tutto. 

Ad esempio i suoi fottuti occhi. 
I fottuti occhi di Gerard erano assurdi. Questo perché erano di Gerard, naturalmente. Frank si sarebbe stupito del contrario. 
La parola che era più adatta forse era "cangianti". Passavano da un verde smeraldo intenso, ad un verde più chiaro e opaco ad un nocciola con scaglie dorate. Ma ancora, le parole non li avrebbero descritti nel modo giusto. 

Si accorse solo in quel momento che, chissà quando, aveva passato un braccio attorno ai fianchi di Gerard e lui gli aveva appoggiato la testa sul capo e quindi in quel momento aveva la fronte e il naso appoggiati sul suo collo, sulla pelle nuda. La cosa lo fece diventare indelebilmente rosso. 
Cazzo, Gee, erano scherzi da fare?!
Forse... o forse no!

Frank gli si strinse addosso come se stesse per cadere, come se fosse in bilico sull'orlo di un baratro e Gerard fosse il suo unica appiglio. E in effetti era così; non voleva sprofondare nei suoi pensieri, sapeva che lo avrebbero ricondotto alla sera precedente uccidendolo sempre di più. E cazzo, non voleva. Gerard era il suo unico contatto con la realtà, l'unica cosa che lo manteneva vivo. 

Il sonno iniziava a farsi sentire, Frank iniziava a faticare a tenere le palpebre alzate così non fece resistenza e le chiuse. Il profumo e il calore del corpo di Gerard lo tranquillizzavano e lo rilassavano, lo cullavano facendolo acasciare dolcemente fra le braccia di Morfeo. 
Sospirò. 

Quella situazione gli dava un inquietante senso di deja-vu. 
Come se avesse già vissuto quel momento. 
E il ricordo di quel fottuto pomeriggio gli invase la mente. 
Non era il sangue, non erano i tagli, non era l'espressione sconvolta di Gerard né i suoi abbracci e i baci sul capo che lo avevano riscosso così tanto. Era quella frase lasciata a metà. Quella frase mai finita. Quella frase che aveva lasciato in sospeso per anni e che aveva sempre rimpianto di non aver concluso. Quella frase che gli dava il tormento. 
E il fato, il destino, Dio, Geova, Allah, il Re Sole o chissà chi altro gli avevano concesso una seconda possibilità. Buttarla era da veri deficienti. 

Prese un respiro colmo del suo profumo e lo chiamò: - Gee...?

L'altro calamitò l'attenzione su di lui: - Cosa Frankie?

Frank stava per mettersi a saltellare di gioia in giro per la stanza. Avrebbe sistemato tutto, in quel momento tutto sarebbe andato a posto! 
Non poteva crederci, davvero.

Prese un altro respiro, la tensione comunque non gli era indifferente.

- Gee, io ti a...




















Muah ah ah ah aaaaah! MA QUANTO SONO STRONZA???
*La picchiano perché non doveva osare interrompere la storia in quel momento* 
*Cerca di difendersi ma fallisce*
*Va in ospedale ma perdona tutti e gli da ragione*

Frank: Ma che cazzo mi fai fare tu??
Autrice sclerata: Zitto, non hai voce in capitolo, è la mia ff, comando io!!
Frank: Lasciami andare, non sai che rapire la gente è reato?!
Autrice sclerata: Sssh! Vuoi che lo sappia tutta l'Italia?!
*
coff coff coff* lasciamo perdere, va...  

Alloooooooooora, che dire, sì è stata una vera
bastardata quella che ho fatto ma ehi, devo lasciarvi sulle spine se no non mi diverto!! Detto questo, aggiungo solo che ho una voglia assurda di cioccolato bianco, che chi volesse venire a fare le coccole a Cucciolo-Frank può venire a patto che non dica a nessuno che lo ho rapito e sappiate che elargisco biscotti a chiunque riesca a farmi avere anche Gee, Mikey, Bryar e Toro (si sto facendo la collezione u.u) 

Okay, vi saluto e vi lascio la domandina che ho deciso di mettere in ogni capitolo ^^
Ho deciso che rispondo anche io, dai, tanto per divertimento... (e non importa se non frega niente a nessuno u.u)
La risposta dell'altra volta quando ho chiesto quale fosse la città che prima di morire volete visitare è
New York... spiacente, ma DEVO andarci!!!



Angolino delle domante inutili:

Domanda di oggi:

Come li preferite i capelli di Gee?

Risposta mia: Neri *-* Lunghi e neri, mi sembra molto più se stesso quando ce li ha neri ;) ma ammetto che anche quando ce li ha neri con quei due centimetri di striscia verde shocking alla radice è figo u.u :P
Ma 'cazzo dico??
E' SEMPRE FIGO... okay, meglio se me ne vado O.°


Ciao mondo!

xoJas

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** ...ve you! ***


Eccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!! So ché l'ultima volta vi ho lasciato in sospeso ma adesso mi sdebito per bene ;D
Premetto che quando ho scritto lo scorso capitolo non sapevo cosa scrivere in questo... ammetto che ero un po' spavenata e molto confusa perché non sapevo decidere come proseguire (avevo troppe idee e non riuscivo a scegliere ><) ma poi ho riletto il capitolo e ho deciso per quella che mi sembrava migliore, ecco...
Spero che possa andare anche per voiiii!!! 

Ringrazio:


__Anonymous, LadyDaredevil e Menschen che hanno recensito lo scorso capitolo.
TheScarecrow che ricorda.
Menschen, Moiki_Gerood e  __Anonymous che preferiscono queste storia.
Aino, B l u e, beatenordamned_, LadyDaredevil, Originofmuse e Sunset_Lily che la seguono
An Idea can not die, Billie_LoveLove, Green_Romance, LadyDaredevil, Menschen, Originofmuse, Sambora_, VivaLaGloria_00, xSullivan e __Anonymous che preferiscono ME come autrice *piange*
E ringrazio anche chi fa un saltino e legge, anche solo per noia, tanto le ho viste le traccie del vostro passaggio ^^


Ma, questo capitolo è tutto dedicato ad una ragazza stupenda che conosco da pochi giorni ma che è praticamente il mio clone e/o gemella separata da me alla nascita u.u 
Quindi il capitolo va alla mia
Ness che non vedeva l'ora di leggelo ^^ ti adoro :)


I hope you like it! :P


 
Skyline - Now we're alone














...ve you!




- ...mo.

Era sempre così dolce Frank. E un po' infantile. E Gerard lo adorava quando faceva così perché gli ricordava tanto un cucciolo bisognoso di coccole e biscotti. E in effetti forse un po' lo era e la cosa straordinaria era che riusciva a mantenere la sua aria da micetto innocente e indifeso anche dopo aver appena confessato uno stupro. 
Gerard ridacchiò, intenerito e gli lasciò un bacetto sulla fronte. Dubitava che un bambino di cinque anni fosse in grado di risultare più tenero, primo perché praticamente tutti i bambini di cinque anni sono pesti e secondo perché parliamoci chiaro, aveva di fronte Frank Iero

- Anche io ti amo, Frankie. - sussurrò Gerard stringendo un po' di più il ragazzo a sé e facendo scorrere lentamente le dita sui suoi capelli - Se no perché ti starei coprendo in questo fottuto casino? - ridacchiò ripensando a tutte le volte che aiutando quel piccolo impiastro si era messo nei guai . Eppure non aveva rimpianto nemmeno una di quelle volte - Ti voglio così tanto bene che nemmeno te lo immagini. - ed era vero. Ogni singola parola era vera. Voleva bene a quella piccola canaglia più che a se stesso e si sarebbe impiccato per lui, avrebbe dato la vita solo per essere certo che fosse al sicuro. Sperava che Frank se ne rendesse conto, sperava che sapesse quanto Gerard ci teneva a lui. 
Frank era la persona a cui era più legato emotivamente dopo suo fratello, questo perché semplicemente era come lui. Forse addirittura erano troppo simili. E non è da intendere che si assomigliassero solo come gusti in fatto di musica, di interessi generali e delle solite cose che si elencano sotto la voce "somiglianze". Per loro due era una cosa assolutamente diversa. Loro principalmente reagivano allo stesso modo nelle medesime situazioni e questa era una cosa molto più rara dell'avere entrambi la stessa canzone preferita.

Puntò di nuovo gli occhi sul ragazzino che aveva fra le braccia, quel ragazzino che fino a qualche anno prima era un marmocchio che saltellava da una parte all'altra della città perché non aveva altro da fare, quel marmocchio che quel giorno lo aveva buttato giù alle sette del mattino per confessargli quella cosa orribile. 
Però gli occhi di Frank avevano perso del tutto la luce che avevano quando aveva sussurrato quel "ti amo", ora sembrava sull'orlo delle lacrime, lucidi e arrossati. 

- Gee... - soffiò fra le labbra, tirando su con il naso - Non ha davvero capito? 

No, non aveva affatto capito, a dire la verità. Era confuso, non capiva cosa fosse preso a Frank tutto d'un tratto. Insomma, che aveva detto di sbagliato? 
Gli aveva detto che gli voleva un bene dell'anima, che gliene avrebbe sempre voluto, gli aveva addirittura detto che lo amava, che lo amava come amava suo fratello, come amava la sua famiglia... aveva forse fatto qualche errore? Ma non gli sembrava...
Frank si scostò un poco, sciogliendo l'intreccio dei loro corpi e sistemandosi dal lato opposto del letto a gambe incorciate. Gerard, in quel momento, per la prima volta nella sua vita, non aveva la minima idea di cosa gli passasse per la testa. Zero assoluto. 

- Frankie... cosa c'è che non va? - chiese titubante, cercando di abbracciarlo di nuovo ma fallendo perché l'altro si spostò ancora, alzandosi persino in piedi e iniziando a camminare nervosamente per la stanza. Quel gesto lo ferì abbastanza: Frank non si era MAI sottratto al suo tocco, mai, nemmeno quando era di pessimo umore e non voleva vedere nessuno, nemmeno quella volta che avevano litigato e Gerard stava cercando la riappacificazione. Gerard era sempre l'eccezione alla regola, era sempre il puntino rosso che si distingueva da quella massa nera che era il mondo. 

- Gerard... - sussurrò il più piccolo in tono mortificato, come se si fosse appena accorto di aver sbagliato atteggiamento, riavvicinandosi di qualche spanna, arrivando a sedersi a circa un metro dal moro. Gerard intanto cercava di guardarlo negli occhi. Gli occhi erano lo specchio dell'anima, soprattutto per Frank. Gli occhi di Frank erano stupendi, due pozze verdi che prendevano una tonalità nocciola attorno alla pupilla e lui avrebbe preferito vederli in quel momento, ma il ragazzino continuava a rifuggire il suo sguardo - Gerard... - ripetè. Poi abbassò lo sguardo e si ritrasse, stringendosi le braccia al petto - Lascia perdere, non-non è importante. - terminò. 

Gerard lo guardò, confusissimo e con nessuna intenzione di "lasciar perdere". 
Quello che gli era successo doveva avergli decisamente fottuto il cervello. Non lo riconosceva più, quello non era Frank, il ragazzo con cui aveva fatto le cazzate più divertenti della sua vita, il ragazzo che doveva coprire ogni volta perché prendeva dei brutti voti o delle note comportamentali, non era il ragazzo ribelle e con il corpo pieno di dinamite che amava alla follia fare il bastian contrario con tutti. Il ragazzo che con lui on aveva segreti.  Come aveva potuto pensare che Gerard avrebbe lasciato perdere? Non lo conosceva abbastanza da sapere che una volta innescata la sua curiosità non ci si poteva liberare di lui fino alla fine dei tempi, a meno che non si confessasse? 
Ma probabilmente Frank aveva smesso di essere quel ragazzino quando Gerard lo aveva abbandonato per andare all'università. E quest'ultimo lo aveva appena realizzato. E il senso di colpa iniziava a bruciargli forte nel fegato e lo tormentava. Come sarebbe sopravvissuto a tutto quello?
Gee iniziò a mangiucchiarsi il labbro inferiore - dico "mangiucchiare" perché dire "mordicchiare" sarebbe riduttivo; si stava davvero strappando pezzetti, anche se minuscoli, di pelle. Era nervoso, proprio perché conosceva Frank dieci volte meglio di se stesso. E in quel momento era più indeciso che mai sul come agire. 
Insomma, Frank era quindici volte più complicato e incomprensibile di una ragazza media nel suo periodo no del mese e Gerard in quel momento si stava facendo venire mal di testa perché non sapeva decidersi; non sapeva se Frank si trovasse in uno dei suoi momenti chiedimelo-di-nuovo-e-ti-metto-arsenico-nella-coca-cola oppure in un momento ti-prego-chiedimelo-perché-sono-solo-un-cucciolo-bisognoso-di-coccole-e-attenzioni. 
Quel ragazzo era un fottuto complessato, per Dio! 

Per fortuna c'era una molla nella mente di Gerard che si azionava ogni volta che si trovavano in una situazione del genere, una molla che gli impediva di passare le successive due ore a bruciarsi i neuroni tentando di prendere una decisione: la curiosità. Era un fottuto salvagente in mezzo al mare. 
Gerard era un fottuto curioso che non riusciva a farsi i cazzi suoi nemmeno sotto minaccia di morte e/o bombe a fusione nucleare pronte a cadergli su quella sua testaccia dura. Ma ehi, era un ariete, era una cosa normale!
E anche quella volta la sua curiosità vinse. 

- Frank, su... dimmelo, dai. - provò a insistere, non troppo convinto di quello che faceva. 

- No, no, non è importante, sul serio... - era stato fortunato. Molto, molto fortunato. Grazie a Dio era in uno dei suoi momenti sono-tanto-dolce-e-carino-e-voglio-che-mi-caghi-e-che-ti-preoccupi-per-me. 

- Non mi interessa. - affermò, sicuro - qualsiasi cosa sia, puoi dirmela, davvero. - sussurrò poi compiendo qualche movimento che lo avvicinasse al suo corpo che emanava sempre quel calore tenue e rilassante che gli liberava la mente dai pensieri cupi che spesso gli invadevano senza permesso il cervello - Qualsiasi cosa...

****

Frank non sapeva davvero cosa fare. 

La mente gli era andata in bianco, la vicinanza di Gerard, che gli si era accostato per l'ennesima volta, senza demordere dopo il suo primo rifiuto, lo influenzava troppo. 
Forse avrebbe dovuto restarsene in piedi a fissare la parete. 
Forse avrebbe dovuto restarsene zitto fin da subito.
Forse avrebbe dovuto restarsene a casa quel pomeriggio.
Forse avrebbe dovuto restarsene fuori dalla vita di Gerard. 

Stava stringendo talmente forte le dita sulla pelle delle braccia che quest'ultima si stava arrossando mentre le nocche sbiancavano sembre di più. Sul serio, non era in grado di pensare a nulla di coerente. 
Nel frattempo il moro si stava facendo sempre più vicino, ma ancora non lo stava toccando. Grazie a Dio. 
Prese un respiro profondo.

- No. - rispose, secco. 

- Frank, ti prego...

- Ho detto di no. - lo interruppe. 

- Perché?

- Perché non voglio dirtelo, Gerard.  - ma davvero era così stupido da non capire?! 

- Dimmelo, so che invece vorresti. - certo, certo che voleva dirglielo! Ma non poteva. Non poteva perché semplicemente non era il momento giusto, l'atmosfera si era rovinata e poi aveva una fottuta paura anche se non sapeva proprio il motivo. 

- Non è vero. - affermò, non riuscendo comunque a nascondere il tremito involontario nella voce - Gee, non...

- Sssh. Dillo. 

- Non posso, cazzo! - la pressione aveva un brutto effetto su Frank. La pressione gli faceva dire e fare stronzate, lo condizionava. Non era più se stesso quando era sotto pressione. E la pressione che gli stava facendo Gerard gli era tutt'altro che indifferente. Quel bastardo.

- Allora fammelo capire in qualche modo! - Frank non sapeva il perché di quella frase. Insomma, qualunque persona normale avrebbe interpretato quel "non posso dirtelo" con un "tu non lo puoi sapere"... Gerard no. Ma che cazzo. 
Ma Frank in quel momento sentiva i nervi a fior di pelle, era nervoso come non mai e voleva solo mettersi a dormire ma non poteva. Gli pulsavano le tempie e non sapeva cosa dire o fare per dissuaderlo dal continuare a porgli domande a cui non poteva rispondere e a dirgli di fare cose di cui poi si sarebbe amaramente pentito. 
Ridacchiò istericamente. 

- Gee, dubito che tu voglia saperlo, okay? Lasciami in pace. 

- A me puoi dire tutto e...

- Non questo, okay? Questo non posso dirtelo! - irruppe. 

- Non ti fidi?

- Non voglio rovinare le cose fra noi, Gerard!

- Se non le hai rovinate raccontandomi dello stupro non so in che altro modo tu possa farlo!

- Non capisci. 

- No, Frank, no che non capisco! Come posso capire se non mi spieghi?

- Mi sembra ovvio!

- Dimmelo. 

Quello suonava tanto come un ordine. E a Frank gli ordini facevano venire l'urticaria. 
Si morse il labbro a sangue, poi piantò finalmente lo sguardo in quello verde ialino di Gerard, sfruttando al massimo quel briciolo di coraggio che gli era rimasto in corpo. Anzi, no, non era coraggio. Era quell'ultimo sprizzo di follia che gli faceva fare un sacco di cazzate. 

- Okay. - appunto. Sapeva di essersi appena scavato la fossa, ma non aveva la minima idea di come evitare di dire stronzate quando oltre a essere teso era anche nervosissimo, al limite di un tic all'occhio.

Vide gli occhi del moro spalancarsi, mettendo in risalto il verde ialino delle sue iridi luminose e un sorriso soddisfatto stamparglisi sulle labbra sottili. Dal canto suo Frank non aveva battuto ciglio. Era in quei momenti che la sua parte più instupidita dal restare sempre segregata in un angolo oscuro della sua mente, nel tentativo di non perdere il controllo di essa, usciva e prendeva il controllo. Ma a volte anche la cella granitica in cui era rinchiusa cedeva. Ecco, quella era una di quelle volte. 

Era piuttosto strano come Frank cambiasse quando agiva seguendo quella parte di sé che era così bravo a nascondere, quella impulsiva, quella scellerata, quella che prima gli faceva fare qualcosa e solo poi lo faceva fermare a pensare se avesse fatto un casino o meno. Quella che aveva soppresso da quando aveva capito cosa sentisse realmente nei confronti di Gerard. 

- Davvero? - quest'ultimo non nascose il suo stupore. Probabilmente pensava di dover combattere di più. 

Quella piccola parte di Frank che ancora era in grado di ragionare e formulare pensieri coerenti gli urlava di correre fuori da quella stanza, di fingere di svenire, di fare qualsiasi cosa che avrebbe potuto tirarlo fuori da quella situazione merdosa. 
Ma nulla, la parte cretina dominava la situazione. 

- Sì, davvero. - in ogni caso era titubante. 

Era comunque una confessione grossa, no? Doveva rifletterci un secondo, trovare comunque le parole giuste per dirlo, formulare una frase che stesse in piedi, fare un discorso sensato, insomma. 
Si morse il labbro e sospirò. Ripetergli quel "Ti amo" non avrebbe avuto senso. La sua unica possibilità sarebbe stata fare dei giri di parole più o meno comprensibili fino ad arrivare al punto. Però non era molto bravo con i discorsi lunghi e aveva il terrore di inciampare a metà frase. O di dire qualche stronzata. O di fare scena muta perché non trovava le parole. 
Gli serviva decisamente un piano di azione. 
Avrebbe potuto iniziare con il dirgli che era un sacco di tempo che sentiva quelle cose ma che si era tenuto sempre tutto dentro per paura di rovinare la loro amicizia, avrebbe potuto dire che... che cosa? Cazzo, non immaginava che fare una dichiarazione fosse così fottutamente impossibile!
L'importante era mantenere la calma, non poteva mandate tutto a puttane per un cazzo di impulso. La calma era la chiave di tutto, la chiave per tenere la mente lucida e impedirle di andare in bianco, la chiave per non cedere alla pressione e fare qualche stronzata, la chiave per...

- Allora Frankie? Non me lo dici? - pronunciò facendogli il labbruccio. 

E Frank non resistette. 

In una frazione di secondo, prima ancora che il moro potesse vederlo cambiare espressione, Frank gli fu addosso. 
Caddero sul letto, uno sopra l'altro, con Frank che senza rendersene conto aveva iniziato a strusciare la punta del naso sul suo collo, sulle guancie e sulle tempie. 

- Frank, cosa... - biascicò Gerard, confuso. 

- Taci, cazzo! - ringhiò l'altro, chiudendogli la bocca con una mano mentre con l'altra si sosteneva - Sta' zitto un fottuto secondo. - soffiò. E Gerard non provò nemmeno a divincolarsi. Si fidava così tanto?

Poi spostò in velocità la mano e, prima che il più grande potesse dire qualunque cosa, si fiondò sulle sue labbra appena dischiuse, aderendo ad esse e soffocandogli nella gola ogni tipo di suono che avrebbe potuto fuoriuscirne. Il sapore di Gerard era avvolgente, caldo e indescrivibile quanto il suo profumo. 
Frank chiuse gli occhi e lappò un paio di volte quelle labbra color ciliega così fottutamente eccitanti e sentì i jeans
diventargli più stretti al livello del cavallo, fino a fargli raggiungere un livello di costrizione allarmante. 

- Gee... - affannò, scollandosi un momento per riprendere fiato ma riattaccandosi subito o almeno, abbastanza presto perché il moro non potesse fiatare. 

Non resistette un attimo in più e gli aprì con forza le labbra, ignorando la volontà dell'altro e andando ad intrecciare la lingua con quella di Gerard, che in quel momento era inerte e inerme. Ci strusciò sopra la sua, portando in fretta una mano sul suo fianco e l'altra sulla sua guancia, trattenendolo. Sentiva i palmi del ragazzo posati sul suo petto, che non lo trattenevano e non lo respingevano, ne percepiva il calore altrettanto inerte e inerme.
 
Gerard sostanzialmente lo stava lasciando fare senza muovere un muscolo, ma non sapeva se bisognava interpretare la cosa come un segno positivo. Poteva semplicemente essere sotto shock, dopotutto...
Frank voleva continuare, ma qualcosa nel suo cervello, qualcosa di sano per fortuna, si svegliò, suggerendogli di darsi una calmata prima di arrivare a fare qualcosa di troppo
Così si allontanò di qualche centimetro ed aprì gli occhi, intimorito da ciò che avrebbe potuto vedere.

Di fronte a se trovò solo due iridi liquide e spaventate, confuse e inquiete che lo fissavano. Gli occhi sgranati di Gerard gli fecero scattare un allarme in testa. 
Cosa cazzo aveva fatto?!

Era stato uno stupido, un grandissimo coglione. 
Iniziava a sentire gli occhi pungergli e bruciargli e un grosso nodo chiudergli la gola e lo stomaco. Nonostante tutto non riusciva a muoversi. Nonostante tutto non  poteva muoversi. Se lo avesse fatto, se in quel momento si fosse alzato e fosse scappato da quella stanza piangendo, come dopotutto voleva fare, avrebbe definitivamente perso Gerard. E non voleva. 
Doveva scusarsi, Gee doveva vedere che Frank sapeva di aver sbagliato, sapeva che aveva fatto una stronzata e che non sarebbe successo di nuovo. Anche se lui aveva seri dubbi su questo. Certo, avrebbe fatto di tutto per evitarlo, si sarebbe trattenuto fino allo stremo, avrebbe sopportato di tutto, ma non avrebbe mai potuto dimenticarsi del suo sapore. E cazzo, quello era un grosso problema. 

Era diventata una fottuta dipendenza, esattamente come lo era la nicotina, la droga, l'odore di Gerard e la sua sola presenza in giro per casa... la sua sola presenza nel mondo. 
Era come chiedere ad un alcolista convinto di smettere di bere di punto in bianco. O chiedere ad un eroinomane di non drogarsi più, ad un fumatore incallito di dire basta alle sigarette, come dire ad un malato che non poteva più ricevere le sue cure. 
Per Frank perdere Gerard voleva dire impazzire. 

Sapeva che quello che stava per fare avrebbe solo peggiorato la situazione, che dopo avrebbe avuto qualcosa in più da spiegare, qualcosa in più su cui mentire, sapeva che poi la situazione sarebbe peggiorata in tutti i sensi, ma non poteva farne a meno. Era un fottuto egoista e non poteva evitare di farlo.
Così posò di nuovo  le labbra su quelle del moro, dolcemente, innocentemente, strappandogli ancora un bacio e un altro e un altro ancora. Piccoli, teneri, nel tentativo di riparare a quella cazzata che era stata troppo violenta, come se volesse scusarsi, mentre in realtà sapeva di stare solo facendo altri danni. 
Ma non gli importava, cazzo se non gli importava. 

- Frank... - mormorò Gerard, la voce con una tonalità incredula e un timbro alto, gli occhi ancora aperti e sorpresi, i palmi ancora immobili e abbandonati sul suo petto.

- Gee, zitto, ti prego... non-non dire niente - singhiozzò distrutto Frank, lasciando finalmente che delle goccie salate cadessero, rigando le guance di entrambi. 

Non voleva perderlo, non voleva! Non per una cazzata, non per un fottuto sbaglio - dio, di sbagli ne aveva fatti così tanti! Perché proprio quello doveva rovinargli la vita?
Le labbra di Gerard erano soffici, sorprese e fottutamente inerti. Frank sapeva che non andava bene, non andava bene affatto, ma non poteva farci nulla. Se avesse smesso, se solo si fosse staccato e se ne fosse andato lo avrebbe perso per sempre. 
Fottuto egoismo. 

Non sapeva per quanto tutto quell'amplesso sarebbe potuto durare, se la cosa fosse dipesa da lui probabilmente per sempre, ma, come tutti i momenti in cui ci si concede qualcosa di troppo, le cose volgono sempre al peggio.
E proprio in quel momento, in quel momento capitò una cosa che anche un bambino avrebbe potuto prevedere, talmente banale ed ovvia da riuscire a passare in secondo piano. 

Ma quando Frank se ne accorse era tardi, troppo per poter rimediare. 

Tutto si svolse davvero molto velocemente.

- Cosa cazzo state facendo?!

- Mikey, noi...

- Oddio, la mamma lo sa?

- Miks, ti prego, noi...

-  Cazzo, ora vado a dirglielo!

La porta si richiuse con un tonfo forte. 

E il mondo gli cadde addosso. 

Al diavolo il suo egoismo, Frank scattò in piedi, allontanandosi di colpo da Gerard. 

Lo fissò per qualche istante, sentendosi tremendamente in colpa. Che stupido, idiota e coglione, non avrebbe potuto combinare di peggio. Ora Gee non ne avrebbe più voluto sapere di lui, non lo avrebbe più voluto vedere e ne avrebbe avute tutte le fottute ragioni di questo mondo. 
In quel momento tutto sarebbe andato perduto, tutti gli anni di amicizia, tutte le brutte cose che avevano superato insieme e tutte quelle belle di cui avevano goduto. Tutto. Tutto per una stronzata. 

Frank si appoggiò con la schiena alla parete opposta, il più dolorosamente lontano possibile dal moro e lo guardò alzarsi, sollevandosi con i gomiti. Un'espressione afflitta si fece largo sui suoi lineamenti dolci.
Era colpa sua, tutta colpa sua. Doveva pagare, doveva pagare il prezzo della sua azione avventata e lo avrebbe fatto senza tirarsi indietro. Se quello stava a significare che avrebbe dovuto dire definitivamente addio a Gerard lo avrebbe fatto. Avrebbe fatto anche quello. 

Soffocò il principio della crisi di pianto che stava per avere e prese un respiro profondo. 
Tremava convulsamente. 
Era tutto andato a puttane, tutto quello che aveva. O meglio, tutto quello che aveva di "sano". 
Doveva dire qualcosa, quel silenzio non faceva bene a nessuno. Doveva dire qualcosa e poi scappare, andarsene a casa e restarci. 

Lo sguardo smeraldo di Gerard era ancora confuso, un po' spaventato e mostrava tutto il disagio che provava in quel momento, gli occhi ancora sgranati e il respiro affannato per la mancanza di ossigeno, i capelli corvini e lunghi tutti attorcigliati. 
Era fottutamente stupendo. 
E la parte peggiore era che non poteva averlo. 

Si morse il labbro inferiore fino a sentire il sapore del sangue, che gli fece rivoltare lo stomaco già completamente vuoto. Cosa c'era di sbagliato in lui? 

- Gee, io... non  volevo, io... mi dispiace, cazzo, scusa! 

Aprì la porta e se la richiuse con forza alle spalle, lasciando che il suono potente coprisse i suoi singhiozzi rotti. Scese le scale correndo, setendosi sprofondare ad ogni passo, ad ogni scalino, sentendo già la mancanza del calore di quel corpo sul suo.
Non era mai stata una cosa positiva per lui dipendere così tanto da una singola persona, era un suicidio. Ma non gliene era mai importato. Si era sempre fidato ciecamente di Gerard e aveva fatto la cosa giusta. Aveva solo sbagliato a fidarsi di se stesso. 

Si catapultò fuori dalla casa, la vista offuscata dalle lacrime che gli rigavano le guance, i singhiozzi insistenti che gli squarciavano il petto e il respiro.
L'aria era fredda nonostante fosse estate, segno che a breve sarebbe scoppiato un temporale e il vento gli penetrò attraverso i vestiti, facendolo tremare ancora di più.

Casa sua distava cinque isolati da lì, così si mise a correre per arrivarci il prima possibile. Le sua gambe faticavano a reggere il suo peso, ma non gli importava, non gli importava, doveva solo continuare a correre. 

Era a metà strada quando iniziò a diluviare di punto in bianco. Aveva freddo, sonno, era stanco, stremato, aveva la nausea e non riusciva a stare in piedi. Malgrado tutto continuò ad andare avanti fino ad essere in camera sua. 
Crollò sul letto, tremando tanto da sembrare avere le convulsioni, con i vestiti piombi, i sensi di colpa per tutto a corrodergli lo stomaco e la sensazione irritante di voler picchiare Mikey per la sua infantilità corrergli nelle braccia. 

Anche se Mikey era al secondo anno di università, si comportava come se avesse avuto sei anni. E la cosa era parecchio fastidiosa. C'erano alcune volte in cui davvero non si capiva se fosse serio oppure fosse ironico, proprio come con un bambino di sei anni con zero senso dell'umorismo. 

Singhiozzò frustrato e si sollevò puntellandosi sui gomiti per riuscire a prendere il fottuto taglierino che teneva nel cassetto del comodino a fianco del letto. 
Appena ce la fece ricadde fra le lenzuola che in un secondo si tinsero di un rosso scarlatto. Frank non sentì nemmeno il bruciore del taglio, il pulsare della vena appena tagliata o l'odore nauseante del sangue, non sentì nulla se non il suono della pioggia diventare ovattato e i sensi venire meno. 
















Bien ecco il capitolo tre!
Soddisfatte?? Dubito... anche perché non mi piace come mi è uscito... l'idea non era male, è che non lo ho scritto nel modo giusto, potevo fare meglio ma dopotutto sono più o meno soddisfatta ^_^


ATTENZIONE: volevo solo dire che sto lavorando ai capitoli di "Paura Della Luce" e che quando ne avrò un pochi ricoincerò a pubblicare ^^

Mi scuso se per questo capitolo ci è voluto così tanto, è che con la scuola e gli impegni vari è stato un casino trovare il tempo per scrivere...
MA ho deciso che mi serve essere regolare quando pubblico, percui il giorno in questione sarà il giovedì u.u
Quindi ci vediamo per il compleanno di
Frankie, no?? Bien!


Angolino delle domante inutili:

Domanda di oggi: Cosa combinate ad Halloween??

Risposta mia: A zonzo con le amiche e sulle giostre fino a mezzanotte *-* figo, era ora che mia mamma mi lasciase uscire in piazza :D

Ciao mondo!

xoJas 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Hospital ***


E ora vi starete chiedendo: "Perché quella stupida ha aggiornato così tardi? E' andata in coma per una settimana??" 
No, semplicemente qui c'erano le
giostre e non ho avuto un secondo di tempo (breve anedoto: le mie amiche mi hanno comprato il biglietto a tradimento e trascinato di peso su una giorstra chiamasi "Extreme" ad Halloween. Io mi stavo cagando in mano. Quando è partita le mie ultime parole a parte "E' stato un piacere avervi conosciuto ragazze" - sono melodrammatica - sono state "Se non dovessi farcela dite a Gerard che l'amo!!". Non scherzo *-*)

In primis faccio migliaia di 
AUGURI al nano... ragazze ma vi rendete conto?? 32 anni!! E non li dimostra minimamente... ah, i nostri cuccioli crescono (?) - va bene, questa cosa non ha senso...

Ringrazio le persone che passano di quì e leggono, le
8 persone che seguono la fanfiction, le 2 che ricordano, le 4 che preferiscono e le 12 persone che preferiscono me come autrice <3<3

E poi le
4 persone che hanno recensito lo scorso capitolo!!

I hope you
like it! :P



 
Skyline - Now we're alone












Hospital




- Gerard, Frank è in ospedale. 

- Cos'è successo?

- Lo ho trovato in camera sua con u-un.... taglio... sul braccio. Sembrava aver perso molto sangue così lo ho portato qui.

Un singhiozzo dall'altra parte della linea. 

- Oddio... E' grave?

- Non ha ancora ripreso conoscienza. 

- Cristo... 

- Ti prego, vieni qui subito.

- Io... non so se sia il caso e...

- Gerard, ti scongiuro!

- Okay, certo. Mi dia un quarto d'ora e sono lì. 

- Bene, a dopo.

- A dopo. 



-


Dopo che Linda aveva interrotto la chiamata, Gerard era rimasto ancora dieci minuti con il cellulare stretto in mano e posato sull'orecchio, incapace di compiere qualsiasi movimento. 
Gli pulsavano le tempie, come se tutto il sangue gli fosse affluito in testa. 
Con uno sforzo si alzò in piedi e rimise il cellulare nella tasca dei jeans, poi si appoggiò con la schiena alla parete e iniziò a fissare il soffitto, sbattendo un paio di volte la nuca sul muro. Era colpa sua? Era colpa sua se tutto quel casino era successo? Se in quel momento Frank stava male? Aveva davvero fatto lui tutti quei danni?
Era ancora confuso da quello che era successo appena qualche ora prima, il bacio, il "ti amo", tutto. 
Magari le cose sarebbero andate diversamente se si fosse controllato e gli avesse detto che non era il caso... insomma, sapeva perfettamente che Frank era un cazzo di immaturo che non era nemmeno in grado di badare a se stesso per due ore, come poteva pretendere che prima o poi non avrebbe ceduto allo stress di tutto e non avrebbe fatto l'ennesima stronzata? Avrebbe dovuto fare sì che si spostasse e poi dirgli che ne avrebbero riparlato quando tutto si fosse risolto, che quello non era il momento e che poteva essere qualcosa che non voleva fare davvero. Ma che razza di amico era?!

Ma non poteva evitare che quel pensiero sbucasse ogni tanto da qualche angolo della sua mente; e se davvero Frank avesse provato qualcosa nei suoi confronti? Cosa avrebbe dovuto fare? Non voleva di certo perderlo, era la cosa più vicina ad un migliore amico che avesse più o meno da sempre, ma non poteva nemmeno rischiare di fargli del male facendo l'egoista e pretendendo che gli restasse vicino - ma non nel modo in cui Frank sperava, provocandogli solo altro dolore. 
Ma poteva davvero essere? Poteva davvero essere che quel piccoletto sentisse per lui qualcosa di più forte dell'indissolubile legame di forte amicizia che li aveva uniti fino a quel momento? E cosa avrebbe dovuto fare lui in proposito?

Decise che doveva smetterla di tormentarsi; oltre a essere una cosa inutile e dannosa per la sua mente già stanca era probabilmente anche una stronzata. Sicuramente era stato tutto un errore, un malinteso che avrebbero chiarito appena il ragazzo si fosse svegliato. 
E a proposito, doveva correre in ospedale il prima possibile, voleva sapere come stava il suo piccolo punk. 
Si morse il labbro e tentò di scacciare definitivamente quei pensieri; non era il momento di perdersi in strane riflessioni, doveva andare da Frank e non importava quello che avrebbe detto una volta che si fosse svegliato, dovevano chiarire un sacco di cose. 

Il breve viaggio in macchina fu atroce. 
Ci mise più tempo del previsto per colpa di un incidente - da nulla, peraltro - che aveva bloccato un'intera corsia e rallentato tantissimo il traffico. 
Strinse le dita sul volante fino a far sbiancare le nocche e poi iniziò a tamburellarci nervosamente sopra con l'indice destro. Se c'era realmente qualcosa che gli dava ai inervi era il restare bloccato nel traffico. Le auto servivano a qualcosa no? A spostarsi più velocemente da un posto all'altro. E allora per quale motivo era certo che sarebbe arrivato molto prima se fosse andato a piedi? 
Sbuffo pesantemente, in attesa che quell'ammassamento di lamiere sfoltisse.

Quando arrivò all'ospedale la prima cosa che si trovò di fronte appena imboccò il corridoio che una gentile infermiera gli aveva indicato fu Linda, la madre di Frank, seduta su una di quelle sedie che si trovano negli ospedali, quelle tutte in fila attaccate al muro, che si teneva la fronte con una mano. 
Aveva un'aria molto stanca, i capelli in disordine e le guance rigate dalle lacrime. Sembrava a pezzi e Gerard la capiva perfettamente. E si sentiva dannatamente in colpa perché in buona parte era colpa sua. Si passò le dita fra i capelli corvini, spostandoli dalla fronte e districando qualche nodo, poi eliminò in qualche passo la distanza che lo separava dalla donna e le appoggiò una mano sulla spalla. 
Linda aveva sempre riconosciuto ed apprezzato il legame che c'era fra Gerard e suo figlio. Aveva subito capito che di Gerard poteva perfettamente fidarsi di quel ragazzo che era diventato come un altro figlio per lei, tanto che ormai era abituata a chiamarlo se succedeva qualcosa senza aspettare che le voci girassero. 
Appena Linda sentì il suo tocco si alzò in piedi, abbracciandolo in un singhiozzo soffocato. 

- Gerard! - esclamò stringendolo a sé e lasciandosi a sua volta abbracciare. Gerard era davvero dispiaciuto, aveva sempre saputo che la madre di Frank era una donna molto emotiva e empatica e si sentiva un po' a disagio: lui era l'esatto opposto di emotivo ed empatico. 

- Come sta ora? - disse cercando di mantenere un tono di voce pacato, mentre in realtà voleva solo correre dentro quella fottuta stanza a verificare di persona e, nel caso fosse stato abbastanza bene, distruggergli il setto nasale con un destro da pugile. Gerard era stato un grandissimo deficiente, avrebbe dovuto fermarlo subito, prima che facesse danni e, inspiegabilmente, non ci era riuscito, però Frank non doveva ridursi in quello stato per un coglione come lui. Non poteva e non doveva. 
Eppure non poteva essere altro che una cazzata... una stupidaggine che Frank aveva fatto perché lo stress lo aveva lacerato e aveva bisogno di sentirsi molto vicino a qualcuno di cui si fidasse. Sì, non poteva essere che così. 

- E'... per ora non si è ancora svegliato. I medici dicono che adesso va un po' meglio ma che non sanno quando aprirà gli occhi. 

- Era svenuto?

- S-sì, lo ho trovato così. Aveva il braccio sinistro... - fece una pausa sofferta - quasi aperto in due. Hanno detto che avrebbe potuto morire! - poi iniziò a singhiozzare e pianse per qualche minuto sulla spalla del ragazzo. 

Gerard, dal canto suo, non sapeva cosa pensare. Non riusciva a distogliere i pensieri dal perché non lo avesse spinto via appena si fosse reso conto di quello che stava succedendo. Perché non si era scostato e non gli aveva detto che non era il caso? Perché non gli aveva detto niente per fermarlo prima che succedesse tutto quel disastro? Beh, aveva pensato che fosse solo la confusione dovuta al momento. Insomma, era ancora sotto shock, no? Per quello che aveva fatto, per quello che era successo. Era plausibile che fosse ancora disorientato, probabilmente si sarebbe dato dello stupido una volta che fosse ritornato in sé. 
Basta, era la decima volta che si poneva le stesse domande e si dava le medesime risposte... avrebbe dovuto tapparsi i pensieri, che diavolo. 

Linda lo fece sedere accanto a lei su una di quelle scomode sedie che ti costringevano a cambiare posizione ogni secondo se non  volevi rischiare una scogliosi prematura e che ogni volta che lo facevi cigolavano come le molle dei materassi nei film porno. 
Si appoggiò con la schiena al muro e puntò lo sguardo sulla parete che aveva di fronte, fissando insistentemente i volantini che erano appesi sulla bacheca, tutta roba sulla prevenzione, sulle malattie, sui vaccini... dio, vaccini. Ricordava perfettamente quando l'anno prima che lui partisse per l'università avevano praticamente costretto gli abitanti di metà del Jersey a farsi un vaccino per colpa di un'epidemia che stava dilagando e faceva stragi. E sapeva di essere diventato famoso per la sua scenata da checca isterica quando l'infermiera aveva tirato fuori la siringa. 
Aveva una fottuta paura degli aghi, okay, e allora?! Non poteva vivere felicemente anche senza vaccino? E se si fosse ammalato pazienza, tanto prima o poi muoiono tutti.

- Gerard... - iniziò Linda, facendo calamitare su di lei l'attenzione del ragazzo - Io so che tu e Frank avete un rapporto... speciale... e posso capire che abbiate dei segreti, anzi, penso sia una cosa bella potersi fidare di qualcuno tanto da dirgli qualunque cosa. Ma ti supplico, se è successo qualcosa di grave, se sei a conoscenza di qualcosa di importante, ti prego devi dirmelo. Sono pursempre sua madre, credo di avere il diritto di sapere certe cose, non credi?

Gerard rimase in silenzio. Non sapeva cosa fare, cosa dire, cosa rispondere. Non sapeva cosa sarebbe stato meglio per Frank, se continuare a tenere nascosta la verità oppure dire tutto e accettare le conseguenze. Non ne aveva la minima idea.
Così nella risposta cercò di tenersi piuttosto sul vago. 

- Io... credo che Frank sia in grado di decidere da solo se dirle o meno della sua vita e... non penso di avere il diritto di parlarne con persone esterne. Dopotutto suo figlio ha diciannove anni ormai, quasi venti. 

- Gerard, per favore, lo so che ti sto chiedento tanto ma...

- Non voglio tradire la sua fiducia. - la interruppe - Non voglio che smetta di parlare con me. 

- Io lo capisco, su serio, ma vedi...

Proprio in quel momento, chissà se per grazia divina, per fortuna o altro, la porta della stanza che Linda gli aveva indicato prima come quella di Frank si aprì e da lì spuntò un medico che aveva l'aria di essere abbastanza competente. Meglio così, lo irritava abbastanza l'idea che il suo Frankie fosse nelle mani di sconosciuti. 

- Buongiorno, parlo con la madre di Frank Iero? - disse il dottore, avvicinandosi a loro. 

- Sì, sono io. - rispose la donna, con tono angosciato - Come sta?

- Si riprenderà presto, può stare tranquilla. - a Gerard sfuggì un sospiro di sollievo - Il taglio che aveva sul braccio era profondo, ha perso molto sangue, abbiamo dovuto usare due unità di plasma per colmare il danno. Sa come potrebbe esserselo procurato? Inoltre abbiamo trovato delle cicatrici sulle braccia, alcune molto vecchie, altre più recenti o addirittura di pochi giorni fa. 

Più recenti? Frank aveva ricominciato a tagliarsi e lui non lo sapeva? Frank aveva ripreso a tagliarsi e non gli aveva detto nulla...
Questo lo costringeva a riflettere; se non gli aveva parlato di quella cosa voleva dire che si erano allontanati davvero. 

Linda si fissò le dita che si intrecciavano e si scioglievano nervosamente e poi rispose: - Io... io credo che se li sia fatti da solo. Non so perché o da quanto andasse avanti, comunque. 

- Mmh, d'accordo. 

- Quando potrà tornare a casa? - se ne uscì Gerard, parlando senza pensare. 

- E lei sarebbe?

- Gerard Way, un... amico. - biascicò. Gli sembrava un po' riduttivo. Misaki era sua amica, Ray era suo amico, Brian era suo amico. Frank non era suo amico e basta. Forse il suo migliore amico. Era già qualcosa. 

- Non sappiamo quando potrà essere dimesso. Intanto dobbiamo tenerlo sotto osservazione per il braccio e poi quando è venuto qui aveva i capelli e i vestiti bagnati, quindi suppongo che sia stato sotto il diluvio di qualche ora fa, e adesso ha la febbre alta. Potrebbe essersi preso qualcosa. 

Gerard annuì e si portò una mano alla tempia che non aveva smesso un attimo di pulsare dolorosamente. 

- Potete entrare e stare un po' con lui se volete. Quando si sveglierà dovremo fare altri esami ma per ora potete andare. 

- La ringrazio. - concluse Linda, mentre Gerard stava già camminando in fretta verso la porta che il medico aveva lasciato semiaperta. 

Prese un respiro profondo prima di spingerla ed entrare; non sapeva in che condizioni avrebbe trovato Frank né era sicuro di volerlo sapere. 
Dopo qualche frazione di secondo sbattè un paio di volte le palpebre ed entrò. 

La stanza nel complesso era una normale camera d'ospedale, con i muri lasciati bianchi, una finestra da cui i raggi di sole morente entravano deboli e smorzati da una tenda azzurrina, i macchinari il cui unico suono era quel "beep" che assicurava a Gerard che il piccolo cuore distrutto di Frank continuava a pulsare e la flebo appesa in alto. 
Si morse il labbro a sangue quando individuò il corpicino piccolo e debole di Frank disteso fra le lenzuola. Aveva gli occhi chiusi, specchio di un sonno vuoto e senza sogni, la pelle troppo pallida e i capelli attorcigliati in un groviglio che lo faceva sembrare ancora più piccolo e indifeso. 

E poi quei due tubicini di palstica posizionati sotto al naso gli davano un'aria davvero malata. 

Si era incantato a fissarlo, in un misto di paura di perderlo, rabbia e tenerezza, quando un singhiozzo di Linda lo riportò con i piedi per terra. 

Trascinò una sedia accanto al letto e vi si sedette, prendendo fra le dita la mano gelida di Frank. Solo allora si rese conto della fasciatura bianca che gli avvolgeva tutto il braccio e parte dell'avambraccio, macchiata di qualche chiazza scura opaca, segno che gli strati più interni delle garze si erano macchiati di sangue. 
Senza contare l'ago della flebo infilato in una vena sul dorso della mano. 
Ma non poteva permettersi di farsi venire i giramenti di testa per una stupidaggine del genere, così si costrinse a farsi passare il fastidio e intrecciò le dita alle sue.
Sospirò e gli passò le dita fra i capelli, mentre Linda si sistemava dall'altra parte del letto. 

Sarebbe stata una lunga notte. 


-


Abbandonare il mondo dei sogni non gli era mai piaciuto. La realtà era un tale schifo, nel mondo dei sogni eri libero, libero di volare, di correre, di... di stare con Gerard. Lo aveva sognato talmente tante volte che aveva perso il conto ed erano sempre stati sogni dove erano insieme, dove si baciavano... ma quello non era stato un sogno, era stato un terribile incubo. In pratica lui aveva fatto la grandissima stronzata di rivelargli i suoi sentimenti e-e poi era entrato quel coglione di Michael e aveva rovinato tutto. Allora era corso a casa, sotto la pioggia, e... poi non ricordava. 

Forse sarebbe stato meglio aprire gli occhi e uscire definitivamente da quell'incubo orrendo, non voleva ricordare gli occhi spaventati di Gerard, la sua indifferenza al bacio, voleva solo risvegliarsi e rivedere il ragazzo per cui aveva una cotta pazzesca e farsi coccolare come al solito. Era più che felice che niente di tutto quello che si era immaginato fosse reale, perché se lo fosse stato lui...

- Oh, merda... - si lasciò scappare quando, una volta alzate le palpebre, si ritrovò a fissare insistentemente il soffitto male illuminato da una luce fioca di quella che era evidentemente una stanza d'ospedale e ad ascoltare il "beep" che era sincronizzato con il battito del suo cuore che stava rapidamente accellerando. Cazzo, non era un fottuto incubo. 

- Frankie? - mormorò accanto a lui una voce sonnacchiosa.

- Gerard? 

- Frank! Ehi, finalmente ti sei svegliato... Come stai? - gli chiese in fretta, ansioso, accendendo una luce più potente che per poco non gli fece perdere la vista. 

- Ah, cazzo spegni quella cosa, ti prego...

- Scusa... - borbottò e nella stanza calò di nuovo l'oscurità - Ora mi vuoi rispondere?

- Sto bene ma... cos'è successo?

- E' successo che sei un deficiente! - la sua voce, da assonnata e zuccherosa, era diventata incazzata e stanca. Gerard faceva abbastanza paura quando si arrabbiava - Adesso dimmi, spiegami cosa cazzo ti è passato per la testa quando hai deciso di farti quel fottuto taglio! 

Oh... iniziava a ricordare qualcosa. Sì, okay, più o meno ricordava cosa aveva fatto e appena la memoria gli tornò sentì le guance avvampare. Non voleva che Gerard lo scoprisse.

- Io... mi dispiace. - sussurrò, realmente mortificato. Non voleva, non voleva che andasse così. 

- Ti dispiace? Ti dispiace?! Ma hai una vaga idea di quello che hai rischiato? Se tua madre non ti avesse trovato in tempo ora non saresti qui, non staresti parlando con me e non avresti aperto gli occhi! Saresti in un fottuto sacco bianco senza battito cardiaco e la cosa peggiore è che sarebbe stata tutta colpa mia! Te ne rendi conto o no, eh? - per tutto il tempo aveva tenuto la voce alta e lo aveva guardato con uno sguardo cupo, preoccupato e furente. 

Frank iniziava a sentire gli occhi pungergli come spilli e le lacrime solcargli la pelle degli zigomi. Singhiozzò rumorosamente e si girò su un fianco. Non ce la faceva, non poteva guardarlo ancora in faccia. Non poteva credere che lo stesse trattando davvero così, non lo aveva mai fatto. Cazzo, Frank era pursempre un essere umano! Tutti gli umani commettono errori. 
Soffocò i singhiozzi nel cuscino. Era stato uno stupido, un deficiente, non aveva pensato e ora tutti stavano male per colpa sua. Ecco, non avrebbe potuto dimostrarsi più immaturo e irresponsabile di così. 

- Ehi... no, Frankie... dio, sono un coglione, scusa. - e lo sentì avvicinarsi da dietro, posandogli una mano sul fianco - Frank, mi dispiace è solo che... ero nervoso, sono stato sveglio tutta la notte e lo sai che dopo una notte in bianco non sono la migliore delle compagnie. - ridacchiò. 

Frank da parte sua non reagiva, era stanco, stremato da tutto, stressato come non mai e ora anche Gerard gli si rivoltava contro. Le tempie gli scoppiavano, sapeva di avere la febbre perché sentiva che avrebbero potuto cuocerci un uovo sulla sua fronte e poi i punti sul braccio tiravano a morire. 

- Frank... - sussurrò il moro, passandogli sul viso le dita fredde - Cazzo, ma tu scotti davvero. 

- Mia madre? - sussurrò, senza voce. 

- E' scesa a prendersi qualcosa da mangiare e penso che stia aspettando tuo padre. 

- M-mio papà? Ma non era a Seattle per qualche cazzo di colloquio di lavoro?

- Ha preso il primo volo appena ha saputo quello che è successo. 

- Ho fatto un casino, vero?

- Anche bello grosso. 

- Anche con te ho fatto un casino? - la domanda era un po' azzardata... ma non voleva tenersi ancora dentro quel mattone, se aveva rovinato qualcosa, se ora Gerard avrebbe smesso di concedergli tutto il contatto che avevano prima lo avrebbe capito. E accettato. Però doveva saperlo subito. 

- Vuol dire che... che eri serio? - perché era così stupito? Non si era capito che stava parlando per davvero?

- S-sì, io... dicevo davvero. 

- Da quanto tempo? - non aveva una risposta precisa... era un sacco di tempo ma non si ricordava esattamente quando. 

- Non lo so... da prima che tu partissi per l'università, comunque. 

- Ma sono più di cinque anni, Frankie... 

- Mmh. E non te ne sei mai accorto. 

- No. - ammise - Scusa, sarai stato di merda in tutto questo tempo. 

- Veramente no. Cioè, sì, ma non per colpa tua. Stavo male quando te ne andavi. Però quando c'eri era tutto fantastico. - ormai non si doveva più trattenere o stare attento a quello che diceva per non compromettersi. Andava molto meglio.

- E ora?

- Dovresti dirmelo tu. Che vuoi fare? Ma sappi... sappi che non mi devi niente, che non sei costretto a restare e che puoi mandarmi affanculo quando vuoi, okay? - quasi ricominciava a singhiozzare dicendo quelle parole - Non mi va che ti senta in obbligo. 

- Non lo farei mai. E poi... non lo so, mi serve tempo, Frankie. Sei disposto a darmelo?

- Tutto il tempo che ti serve. 

Rimasero in silenzio per un po', Frank che stringeva una mano di Gerard fra le sue e quest'ultimo che gli accarezzava i capelli con quella libera. Frank ancora non si capacitava che Gerard fosse ancora lì con lui, che non se ne fosse andato dandogli dello stronzo approfittatore o altro. Iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore e iniziò a sentire piccoli tremori diffondersi nel suo corpo, fino a diventare veri e propri brividi che lo portavano a fare movimenti convulsi e ad appallottolarsi su se stesso. 

- Hai freddo? - gli domandò teneramente il moro.

Lui annuì e subito sentì addosso il lieve calore delle coperte rimboccate fino a sopra le spalle e il braccio di Gerard stringergli i fianchi. 

- Che ore sono adesso? - domandò sentendo di nuovo il sonno impossessarsi del suo corpo. 

- Le cinque del mattino. Puoi dormire ancora un po' se ti va. 

- Okay... però dormi anche tu, che non stai in piedi. 

Sbadigliò sommessamente e guardò l'alone etereo che la finestra proiettava sulla parete, poi chiuse gli occhi e sprofondò nell'ennesimo sonno senza sogni. 















Allooooooora, che dire... questo capitolo non mi ha soddisfatto tantissimo. Diciamo che non ero al massimo delle mie capacità, ecco tutto ^^
MA so come sdebitarmi...

Allora, che mi rispondete se vi dico che per la fine della settimana - se è tutto okay - pubblico il prossimo capitolo di
Paura della Luce?? :D 
Felici?? *non la caga nessuno* va bene, non importa... io intanto avviso u.u

Se qualcuno avesse voglia di farci un salto, questo qui è il link dell'ultimo parto della mia mente malata, una micro
OS rossa tanto per placare la mia follia...
Non è nulla di estremamente pesante, ma è drammatica T-T

Questo è il link ----> http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2263454&i=1




Angolo delle domanduole inutili:

Domanda del giorno: colore preferito? Perché?

Risposta mia che non frega a nessuno: Vado a momenti e alterno nero, rosso e viola. Il primo quando ho un umore piuttosto stabile, il secondo quando sono particolarmente felice o particolarmente incazzata e il terzo quando sono triste o comunque quando non sto bene... sono ancora all'oscuro del perché. 

bye


xoJas

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2203603