Uno più uno

di MandyCri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
 
Josh Carper si sistemò gli occhiali che gli erano scesi, per l’ennesima volta, sulla punta del naso.
Fece due lunghi sospiri, ma non trovò il coraggio di entrare.
Era il suo primo giorno di scuola e, dalle urla che provenivano dalla classe in cui avrebbe tenuto la sua prima lezione, non sarebbe stata di certo una passeggiata.
Sospirò ancora.
Quando Mr. Gyll, il preside del liceo privato della sua città, l’aveva chiamato per comunicargli che, tra tutti i candidati, era stato scelto lui come docente di matematica, gli era quasi venuto un infarto dall’emozione e c’era mancato poco che si fosse messo a piangere.
Aveva abbracciato sua madre con l’entusiasmo di un bambino e si era convinto che, finalmente, per lui e la donna che l’aveva messo al mondo ventisette anni prima, fossero finiti i momenti bui, i sacrifici e le rinunce.
Non che Josh avesse avuto un’infanzia difficile.
Sua madre aveva lavorato giorno e notte, risparmiando ogni centesimo per garantirgli vestiti sempre nuovi e un’istruzione adeguata, dopo che il padre se ne era andato, lasciandola senza un soldo.
Sarah Carper aveva lavorato sodo per mandarlo al college e lui si era sempre impegnato al massimo per premiare gli sforzi di sua madre, tant’è che si era laureato con il massimo dei voti, la lode e un encomio speciale.
Era riuscito a laurearsi grazie a lei, alle borse di studio e ai suoi mille lavoretti dopo scuola. Il tutto gli aveva permesso di portare a termine il college.
Non appena aveva finito l’università e dato l’esame per l’abitazione all’insegnamento, aveva contattato tutte le scuole della contea e inviato loro il suo curriculum.
Una volta tanto, la fortuna si era girata dalla parte giusta e aveva scelto lui.
Cosa chiedere di meglio se non insegnare al liceo più in vista della propria città?
In quel modo, avrebbe potuto aiutare la madre economicamente e, vivendo con Sarah, risparmiare i soldi che sarebbero stati destinati invece ad una stanza o un piccolo appartamento in un’altra città, senza contare che lo stipendio era, decisamente, superiore a quello di un liceo pubblico.
Josh si riteneva veramente fortunato.
Tuttavia, in quel momento, si sentì assalito dal panico.
Lui aveva frequentato il liceo pubblico.
Non aveva mai avuto a che fare con la gente ricca e, ai suoi tempi, aveva guardato, con una certa distanza e diffidenza, i figli di papà che frequentavano proprio quello stesso liceo in cui adesso si apprestava ad insegnare.
Non aveva mai interagito con quell’élite e ora non sapeva proprio come comportarsi, nemmeno adesso che era adulto e laureato.
Quella mattina aveva indossato un paio di jeans scuri e la camicia nuova comprata apposta per l’occasione, giusto per non sentirsi diverso. Invece, entrando a scuola, si era sentito completamente fuori luogo.
Tutti gli insegnati erano vestiti in modo impeccabile, elegante ed estremamente severo.
Sapeva che la maggior parte di loro erano persone come lui, ma nonostante questo, si era sentito diverso.
Deglutì due o tre volte e, finalmente, prese coraggio ed entrò.
Non appena fece il suo ingresso in classe, gli alunni ammutolirono scrutandolo con curiosità, forse per la sua giovane età e si sedettero composti ai loro posti.
Josh fece loro un sorriso tirato e si presentò – Buon giorno a tutti. Io sono Josh Carper, il vostro nuovo insegnante di matematica – disse, scrivendo in uno stampatello ordinato il suo nome alla lavagna.
La classe lo salutò in coro – Buon giorno professor Carper.
Si sedette quindi sulla sua sedia e guardò pensieroso il registro.
Scorse tutti i nomi della lista mentalmente, come se questi potessero suggerirgli qualcosa, poi cominciò a fare l’appello.
Ovviamente, molti cognomi gli erano familiari.
Parecchi di quei ragazzi erano figli degli uomini e delle donne più in vista della città.
Cercò di memorizzare i visi ad uno ad uno, chiamandoli.
- Ilary Santhel – pronunciò curioso.
Tyler Santhel era il più potente uomo politico della Contea, si mormorava che, nel giro di qualche anno, si sarebbe candidato alla casa bianca.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri, con gli occhi neri e un’abbronzata perfetta alzò la mano annoiata – Presente – biascicò, masticando una gomma.
Josh si risentì subito.
Razza di una maleducata, viziata, egoista, figlia di papà!
Nessuno aveva insegnato a quella ragazzina a portare rispetto alle persone più anziane e con una carica superiore (almeno in quel momento) rispetto a lei?
- Miss Santhel sarebbe così gentile da sputare quella gomma? – chiese acidamente.
La ragazza per tutta risposta fece una grossa bolla e la fece scoppiare con uno schiocco sonoro, provocando l’ilarità di tutta la classe.
Josh si alzò in tutto il suo metro e novanta e si diresse con fare autoritario verso il banco della ragazza.
- Sputi quella gomma. Immediatamente! – ordinò, tendendogli il palmo della mano sotto la faccia.
La ragazza lo fissò perplessa e inarcò un sopracciglio – Dice sul serio? – chiese perplessa.
- Si. Dico sul serio! – rispose lapidario.
Ilary Santhel fece spallucce e si avvicinò con il viso alla sua mano, poi aprì la bocca e fece scendere la gomma da masticare, titubante.
Josh spalancò gli occhi incredulo e schifato.
Non era certo questo che aveva in mente, quando le aveva ordinato di sputarla.
Doveva prendere un foglio di carta e metterla dentro, non espellerla sulla sua mano!
Assottigliò lo sguardo e con eleganza strappò una pagina dal quaderno che la ragazza teneva sul banco, si pulì la mano e appallottolò il foglio.
Si diresse verso la cattedra con la schiena ben dritta, fece canestro, centrando perfettamente il cestino con la pallottolina di carta e poi si accomodò con fare non curante sulla sua sedia.
Si stiracchiò e poi sorrise diabolico – Miss Santhel. Alla lavagna – disse perentorio, senza nemmeno concludere l’appello.
- Ma non è giusto! Perché? – protestò la ragazza.
- Ho bisogno di sapere a che punto siete con il programma e lei sarà così gentile da espormelo – rispose, guardandola dritta negli occhi.
- È stato lei a dirmi di sputare la cicca e, se ricorda bene, io le ho chiesto se stava dicendo sul serio!
- Miss Santhel… alla lavagna! – ordinò.
- Mi mette il voto? – chiese astiosa.
- Certo! – rispose, sentendosi potente per la prima volta da quando aveva fatto il suo ingresso in quella classe.
- Non è giusto! È il primo giorno di scuola – contestò lei.
- Non mi sembra sia nella posizione di discutere con me, Miss Santhel. Avanti, non si faccia pregare. Deve solo farmi un resoconto di dove siete arrivati l’anno scorso in modo che io possa sapere a che livello siete – aggrottò la fronte – Allora viene o no? Io le consiglio di uscire, perché se decidesse di restare al suo posto, sarei costretto a metterle un impreparato.
La ragazza biascicò qualcosa che non riuscì a capire e, borbottando, si alzò.
Josh aprì leggermente gli occhi, quando lei gli si avvicinò.
Avvertì il flusso sanguigno sprigionarsi nelle parte bassi, in modo al quanto pericoloso.
Si agitò sulla sedia e cercò di pensare alla matematica.
Quando era entrato a scuola aveva notato che tutti gli alunni indossavano delle divise, forse per distinguersi dai licei pubblici dove l’uniforme non esisteva.
Le ragazze portavano una gonna scozzese blu e verde lunga al ginocchio, una camicia bianca e un golfino blu, mentre i ragazzi indossavano pantaloni eleganti blu scuro, camicia bianca, cravatta verde e un maglioncino blu.
Tuttavia la gonna di quella ragazza sembrava decisamente più corta rispetto allo standard che aveva riscontrato nei corridoi.
Le belle gambe erano indubbiamente in mostra e alla gonna mancavano almeno venti centimetri di stoffa per arrivare al ginocchio, senza contare che almeno quattro bottoni della camicia erano sciolti e Josh vedeva chiaramente la parte finale del reggiseno, senza voler sottolineare tutto il resto.
Distolse lo sguardo e cominciò a scartabellare tutti gli appunti che Msr Wilson, colei che l’aveva preceduto, gli aveva lasciato in eredità.
Cosa gli era venuto in mente di chiamarla alla lavagna?
Cominciò a sudare freddo.
Cristo Santo! Lui era il professore!
Si sistemò sulla sedia, palesando una sicurezza che non aveva in quel momento e accavallò le gambe – La donna che le fa il bucato ha avuto dei problemi, Miss Santhel? – chiese spavaldo, indicando con la penna la gonna.
Ilary lo fissò dubbiosa – Non capisco a cosa si stia riferendo – rispose lei, scostandosi i lunghi capelli scuri da viso.
- Sembra che i suoi vestiti si siano ristretti – chiarì lui, ammiccando.
La ragazza spalancò i grandi occhi neri e arrossì leggermente, ma non disse nulla.
- Deve dire alla sua cameriera di stare più attenta la prossima volta, ne va della sua integrità morale e reputazione. Chissà cosa ne penserebbe il preside se vedesse la sua uniforme – continuò imperterrito.
Ilary arrossì ancora di più – Glielo dirò – disse con fierezza.
Josh sorrise sornione – Ne sono sicuro – acconsentì – Allora, veniamo a noi…
 
***
 
Voleva morire!
Non solo non era preparata e avrebbe preso un brutto voto, ma quello scimmione le aveva appena fatto fare una gran brutta figura davanti a tutti i suoi compagni.
Quando l’aveva visto entrare, quasi non aveva creduto ai suoi occhi.
Da quando il preside Gyll arruolava professori così giovani e dall’aspetto così gradevole?
Mr. Carper era un bel ragazzo.
Biondo, occhi scuri, alto e con un corpo decisamente non da insegnante di matematica!
In comune con lo stereotipo del professore di matematica standard, Mr. Carper aveva solo gli occhiali.
Peccato, perché gli nascondevano il bel viso, magari con delle lenti a contatto…
Quando l’aveva rimproverata per la gomma da masticare, aveva fatto la bolla e in seguito,  scoppiata, per attivare la sua attenzione e cavoli se ci era riuscita, ma non nella maniera che, però, si era augurata!
L’aveva ridicolizzata davanti a tutti.
Prima di entrare in classe, si era rifugiata in bagno e si era arrotolata la gonna e slacciato i bottoni della camicetta per farsi notare da Christopher Reed, il ragazzo più affascinante di tutta la classe che l’aveva mollata per Linda Scott, la compagna secchiona, proprio l’estate appena trascorsa.
Voleva fargli capire a cosa aveva rinunciato e invece?
Lo scimmione era riuscito a capovolgere la situazione, rendendo vani i suoi sforzi di apparire come una dame fatale!
Ilary scosse la testa decisa.
Non era quello il momento per pensare a certe cose.
Guardò spaesata i compagni in cerca di qualche aiuto.
Lei non sapeva nulla di matematica.
La professoressa Wilson le anticipava sempre il giorno in cui l’avrebbe interrogata e, in modo velato, le suggeriva anche gli argomenti da studiare e questo grazie all’amicizia che la legava a suo padre.
Adesso era arrivato questo professorino dei suoi stivali che le avrebbe abbassato la media.
Accidenti a lui!
Cercò in tutti i modi di destreggiarsi con gli esercizi.
I risultati furono penosi, ovviamente.
- Vada al suo posto Miss Santhel. Ho capito. Ci sarà molto da lavorare se anche gli altri suoi colleghi sono al suo livello. Ah… e si faccia dare una divisa nuova, quella, mi sembra, sia troppo piccola per lei… – disse il professore compiaciuto, tra il divertimento generale.
Maledetto bastardo!
Tornò, quindi, al suo banco con la testa bassa e la coda tra le gambe.
- Me la pagherà – sussurrò alla sua compagna e fidata amica Christine.
- Però è un figo pazzesco – le rispose la ragazza con aria sognante.
Ilary grugnì indispettita.
Seguì il resto della lezione distrattamente.
Doveva assolutamente trovare il modo per rimediare a quella figuraccia e, soprattutto, recuperare il brutto voto, perché era palese che la sua interrogazione non fosse andata bene.
Quando, finalmente, la campanella suonò, tutti i suoi compagni si alzarono di scatto e uscirono dall’aula.
- Christine tu vai pure, io ti raggiungo tra poco – disse all’amica che la stava aspettando.
Quando l’aula fu deserta si avvicinò titubante al professore, ormai divenuto suo acerrimo nemico.
- Mr. Carper… - chiamò gentilmente.
Il ragazzo alzò gli occhi e si sistemò gli occhiali neri sul naso – Mi dica Miss Santhel.
- Posso sapere che voto mi ha messo? – chiese timorosa.
Il professore assottigliò lo sguardo – Non è andata bene. Sarà meglio che lei incominci a studiare seriamente – rispose lui integerrimo.
Ilary si morse l’interno della guancia – Davvero mi ha dato il voto? – domandò speranzosa.
Josh Carper appoggiò i gomiti sulla cattedra e unì le mani, appoggiò la fronte su di esse e poi alzò gli occhi, puntandoglieli contro – Miss Santhel cosa vuole? – chiese esasperato.
- Tra due settimane mio padre darà una festa a casa nostra. Lo fa ogni anno all’inizio della scuola. Invita tutti i professori, il preside e le famiglie degli alunni. È invitato anche lei – disse ritrovando la sua innata sicurezza.
- È un modo per comprarmi? – asserì lui scettico.
Ilary sentì il sangue ribollirle nel cervello.
Brutto scimmione!
- È un modo per cominciare in armonia l’anno scolastico! – rispose arrabbiata.
Josh le sorrise sornione – A me sembra un modo velato per arruffianarsi il corpo docente – affermò sibillino.
Ilary lo fissò storta – Allora non inviteremmo anche gli altri studenti e relativi genitori – dichiarò con aria di sfida – Ognuno è libero di parlare con i professori. È solo una festa, Mr. Carper, ma forse lei non sarebbe adatto… sa… bisogna vestirsi elegantemente – aggiunse, socchiudendo gli occhi, per fargli capire ciò che voleva dire tra le righe.
Il professore allargò le braccia e se le mise dietro la nuca - È un modo velato per farmi capire che non sono alla vostra altezza e non ho l’abbigliamento adatto per insegnare matematica in questa scuola?
- È un dato di fatto, professore – disse lei lanciando un’occhiata allusiva ai suoi jeans.
- Capisco. Grazie per l’invito Miss Santhel. Ci penserò, promesso. Nel frattempo le consiglio di studiare bene, se vuole recuperare l’insufficienza di oggi. Se ha bisogno di aiuto, in ogni caso, sono qui, anche se temo che dovremmo partire dalle tabelline – le sorrise sarcastico, prima di ritornare a guardare il libro che era aperto sulla cattedra.
- È un modo velato per dirmi che non sono preparata nella sua materia?
- È un dato di fatto, Miss Santhel – le rispose, giocando con lei nel riutilizzare la stessa frase, come in precedenza aveva fatto lei stessa – Ah… e a proposito di abbigliamento. Sarà il caso che lei srotoli quella gonna e metta la camicetta dentro. È vero che così può mostrare le gambe, ma decisamente questo modo di indossarla le fa la vita da torello – aggiunse, facendole l’occhiolino.
Ilary avvertì la temperatura corporea salire a dismisura.
Si girò di scatto e uscì dalla classe senza nemmeno salutare.
Si avviò come una furia verso il bagno.
Brutto scimmione che non era altro!
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
Erano passate quasi due settimane dal suo primo giorno di scuola come insegnante e Josh si era, tutto sommato, ambientato.
Aveva conosciuto molti colleghi e scoperto cose davvero interessanti su di loro.
Si era reso conto, con il trascorrere dei giorni che, se all’inizio nella sua mente tante cose gli erano sembrate in un certo modo, nella realtà erano completamente diverse.
Se ad un primo impatto i professori gli erano apparsi rigidi, bacchettoni ed elegantemente stritolati nei loro completi che, al suo occhio poco critico erano sembrati raffinati, adesso li vedeva per quello che erano davvero.
Persone normali come lui che lavoravano sodo per mantenere la famiglia e arrivare a fine mese.
I vestiti che indossavano erano dozzinali e, probabilmente, non valevano più delle sue camicie e dei suoi jeans e, ovviamente, si era rincuorato.
In quel momento, nel suo ufficio privato, stava facendo il punto della situazione sugli studenti dell’ultimo anno, correggendo i compiti che aveva loro affidato.
Josh aggrottò la fronte, ispirò ed espirò lentamente.
Aveva un ufficio tutto suo!
In quanto docente di una delle materie basilari, ne aveva diritto.
Mai in vita sua avrebbe creduto di averne uno e invece…
Sulla porta di ciliegio pesante, c’era una targhetta dorata con una scritta in caratteri ricercati JOSH CARPER.
I colleghi delle materie meno importanti condividevano, invece, un ufficio comune.
Lui era uno degli eletti! Non era ancora convinto che tutto ciò che gli stava accadendo fosse reale. Magari era solo un sogno.
Si adagiò comodamente sulla poltrona in pelle nera e fissò il foglio che aveva davanti: Ilary Santhel.
Il giorno dopo sarebbe dovuto andare alla festa organizzata da Mr. Santhel.
Il preside era stato chiaro: tutti i professori dovevano partecipare.
Tyler Santhel era il personaggio più importante dell’intera contea, nonché maggior finanziatore della scuola.
Josh diede un altro morso al sandwich tonno e pomodoro preparatogli da sua madre e sbuffò con la bocca piena, spruzzando un po’ del contenuto del panino sul compito.
Non si recava mai in mensa per due lecite ragioni.
La prima era per risparmiare. Ogni professore era dotato di buoni mensa, ma lui preferiva darli alla madre per fare la spesa. Non gli dispiaceva passare in solitudine quell’ora. Si recava nel suo ufficio e si portava avanti con il lavoro per avere più tempo libero, quando rientrava a casa
La seconda era perché così evitava di essere assalito dalle chiacchiere civettuole e inutili delle colleghe e, soprattutto, dalle studentesse.
Ogni scusa era buona per chiedergli spiegazioni sulla lezione, approfondire un argomento che non avevano capito o, peggio, quando dicevano di trovare una formula matematica interessante, insomma dai… non ci credeva nessuno!
All’inizio, la cosa gli aveva fatto un immenso piacere, poi, si era reso conto che queste richieste provenivano solo dal gentil sesso e che la maggior parte delle ragazze arrivava con la camicetta sbottonata e, cosa ancora più strana, le sue alunne erano truccate di tutto punto e, soprattutto, fragranti come una profumeria ambulante.
Una volta capito che il loro interesse non era la matematica, aveva ridotto le uscite in pubblico nei corridoi della scuola al minimo necessario e abolito la sala mensa.
Per carità il suo ego maschile era andato alle stelle, ma sinceramente ci teneva alla sua integrità morale e non sarebbe stata certo una mocciosetta qualunque a fargli rischiare il posto di lavoro e la galera!
Quello era un punto fermo della sua vita.
Sarah Carper era stata una madre stupenda, ma rigida nell’educazione.
Josh sapeva di essere il classico bravo ragazzo. Non aveva mai fatto nulla per andare contro le regole.
Osservava in modo maniacale i limiti di velocità, non aveva mai preso una multa in vita sua, non passava mai con il rosso. Non beveva e non aveva mai fumato una sigaretta, perché faceva male ai polmoni. Aveva avuto solo due ragazze in vita sua. Storie che erano durate anni, ovviamente, non aveva mai tradito le fidanzate e, cosa più importante, era andato a letto solo con loro. Non aveva mai avuto una sveltina con nessuna.
Era stato mollato da entrambe, fatalità, per lo stesso motivo: lo ritenevano “noioso”.
Sapeva di essere un bel ragazzo. Gli capitava spesso di notare gli sguardi languidi che il gentil sesso gli riservava, ma poi, se invitava una ragazza che gli piaceva o che l’aveva particolarmente colpito a bere qualcosa, dopo qualche uscita, veniva inesorabilmente, scaricato. Succedeva sempre.
Josh si era convinto che alle donne non piacevano i bravi ragazzi e che sua madre aveva sbagliato ad educarlo come un gentiluomo.
Come sempre era tutta colpa della mamma, se lui aveva poco successo!
In ogni caso, adesso, tutte le ragazze della scuola sembravano accecate dal suo fascino, tranne una: Ilary Santhel, appunto.
Dopo l’exploit del primo giorno, la ragazza l’aveva sempre guardato storto.
I suoi occhi scuri sprigionavano sete di vendetta.
Ogni volta che la incrociava, per caso, nei corridoi della scuola, gli lanciava occhiate torve, degne del più capace dei killer. Per non parlare poi di quando faceva lezione nella classe di Miss Santhel.
Ilary se ne stava con la testa bassa tutto il tempo a scrivere appunti sul suo quaderno.
Poche volte i loro occhi si erano incontrati e quelli della ragazza, in quelle rare occasioni, sprigionavano sempre fuoco e fiamme.
Josh sbuffò per l’ennesima volta.
Perché doveva pensare proprio a Ilary Santhel?
Perché era bella, perché accendeva in lui una miriade di sentimenti, perché gli scatenava gli ormoni.
Perché aveva paura che lei sarebbe stata in grado di fargli trasgredire parecchie regole.
Ecco la risposta.
Aveva ancora impressi nella mente, i seni sodi e le lunghe gambe che aveva mostrato spudoratamente il primo giorno, quando l’aveva interrogata.
Josh si diede del cretino a più riprese, tuttavia conscio del fatto che non riusciva a non spiarla, segretamente.
In più di un’occasione, l’aveva notata civettare con i ragazzi più popolari del liceo.
L’aveva vista in atteggiamenti particolarmente audaci soprattutto con Bill Cooper, figlio unico del sindaco.
Un ragazzotto biondo con gli occhi azzurrissimi, nonché stupido come la morte.
Anche Bill Cooper era un suo allievo.
Cominciò a segnare in rosso il compito di Ilary. La ragazza non era, assolutamente, portata per la sua materia o, forse, non si impegnava abbastanza.
Eppure non le sembrava una cretina.
Ilary Santhel era sveglia, troppo sveglia.
Sapeva come confrontarsi con le persone e il suo più grande difetto era la lingua tagliente. Josh non aveva dubbi su questo.
Ce ne erano molti altri che aveva notato: fumava, guidava come una pazza, almeno lo deduceva da come arriva nel parcheggio della scuola, dato che se ne fregava dei pedoni e strombazzava come una folle, parlava a voce troppo alta e, spesso, in modo troppo colorito.
La parolaccia era un intercalare fastidioso che Ilary usava di sovente.
Cercò di concentrarsi sul suo lavoro, ma ancora una volta si distrasse. Qualcuno stava bussando alla porta con un tocco poco delicato.
- Avanti – disse, alzando gli occhi verso l’uscio per accogliere lo scocciatore di turno.
Ilary Santhel entrò fiera – Buon giorno Mr. Carper. Ha due minuti per me? – chiese strafottente, sedendosi, senza aver aspettato il suo permesso, su una delle due poltroncine davanti alla scrivania.
La ragazza accavallò le gambe e si lisciò la gonna scozzese che era salita pericolosamente, lasciandole scoperta una bella porzione di pelle.
Josh deglutì.
Sono il suo insegnante e lei non è nemmeno maggiorenne!, si ripeté mentalmente, cercando di distogliere lo sguardo.
- Cosa vuole Miss Santhel? – domandò, irritato dalla sua stessa reazione.
La sua alunna lo guardò con un largo sorriso – Volevo capire se domani verrà alla festa a casa mia – rispose con insolenza.
- Ci sarò, perché me l’ha imposto Mr. Gyll – affermò lapidario.
Ilary inclinò la testa verso destra e lo scrutò a fondo – Caspico – disse tranquillamente – Ce l’ha lo smoking? – domandò poi con un sorriso.
Josh socchiuse gli occhi – Ho comprato un vestito elegante ai grandi magazzini. Niente di che, Miss Santhel, quello che le mie finanze borghesi mi permettono – proferì con sincerità, sostenendo lo sguardo della ragazza.
- Come tutti gli altri insegnanti, del resto. Almeno non ne ha preso uno in affitto! Io invece indosserò un abito di Valentino comprato per l’occasione – ostentò lei con espressione di sufficienza – La moda italiana è sempre la migliore. So che è un luogo comune, ma è semplicemente la verità.
- Buon per lei. Io ci vivo un mese con i soldi del suo vestito – replicò lui per farla sentire in colpa.
Il viso della ragazza si aprì in un grande sorriso – Non avevo dubbi! – disse trionfante.
Josh la fissò torvo – Se ha finito di vantarsi sulle possibilità economiche della sua famiglia, io dovrei tornare al mio lavoro.
Perché quella ragazza lo mandava in bestia?
Perché la sognava quando era lontana, ma se ci aveva a che fare in modo diretto, solo per qualche minuto, l’istinto omicida si faceva strada in lui?
Si diede dello sciocco.
Ilary Santhel era una gran bella ragazza, una di quelle che risvegliava qualsiasi tipo di ormoni, ma alla fine, era solo un involucro vuoto. Doveva convincersi di questo.
Era proprio il tipo che poteva dare soddisfazione per una scopata memorabile, quella che lui, tra parentesi, non aveva mai fatto, ma non aveva la stoffa per essere la madre dei suoi figli o la donna che avrebbe potuto amare per sempre.
Magari si sarebbe potuto togliere lo sfizio, se lei fosse stata consenziente, forse un giorno, quando sarebbe diventata maggiorenne.
Non poteva certo rischiare una condanna per un bel corpo! Soprattutto lui così ligio alle regole.
Già quel pensiero era proibito, ma era un uomo anche lui e come tale aveva le sue esigenze e spesso, purtroppo, ragionava con i testicoli e non con il cervello.
Maledetti e veritieri luoghi comuni! L’unica sua fortuna era che aveva una volontà di ferro.
- Non le sono simpatica, vero? – Ilary sussurrò quelle parole, distogliendo lo sguardo da lui, come se si fosse appena tolta un peso dallo stomaco.
In quel momento gli fece molta tenerezza.
Era solo una ragazzina che voleva apparire più grande di quel che era. Punto.
Josh sorrise – Sono il suo professore Miss Santhel e la valuto in base ai suoi scritti e alle risposte che mi dà durante un’interrogazione. Non mi posso permettere di avere simpatie o antipatie e, fortunatamente, i numeri non lasciano spazio alle emozioni personali. Sa che gran casino sarebbe stato se io fossi stato il suo insegnante di italiano?
Ilary alzò gli occhi e il suo viso si accese in un’espressione divertita. L’insicurezza appena dimostrata era passata veloce come un lampo, proprio come era venuta – Ha ragione. Per fortuna i numeri sono insensibili! – dichiarò – Ci vediamo domani sera, allora?
Josh annuì – A domani Ilary e mi raccomando, durante il week end, studi un pochino, stavo proprio correggendo il suo compito ed è un vero disastro – l’ammonì.
La ragazza arricciò il naso – Mi interrogherà, prossimamente? – chiese apparentemente indifferente.
- Credo sia inevitabile. Lei è insufficiente a tutti gli effetti. Dovrebbe pensare a delle lezioni private per recuperare, lo prenda come un consiglio spassionato, questo.
- Non voglio che mio padre sappia che non vado bene nella sua materia, se le chiede qualcosa durante la festa, potrebbe sorvolare su questo punto? Io, in cambio, le prometto che mi impegnerò di più… - mormorò con una strana espressione stampata sul viso.
Josh si sorprese.
Era la prima volta che Ilary usava un tono così supplichevole, questo la diceva lunga sui sentimenti che provava per Tyler Santhel – Eviterò accuratamente suo padre, ma se mi farà delle domande specifiche, non mentirò – affermò deciso.
Annuì scontenta – Lei è disponibile per delle ripetizioni private? – gli chiese all’improvviso.
Josh si soffocò con la sua stessa saliva – NO! – rispose deciso.
Oh no, no, no!
Non avrebbe mai dato lezioni private a quella ragazzina.
Nonostante fosse vuota come il buco di una ciambella, non voleva starle accanto, visto che il suo amichetto reagiva sempre allegramente, ogni volta che ce l’aveva vicina.
Lei lo guardò dispiaciuta – Ho notato che non viene mai in mensa, pensavo che durante quell’ora sarei potuta venire qui e mangiare un panino con lei e magari mi avrebbe aiutata a migliorare. L’avrei pagata, sa? E nessuno avrebbe mai saputo nulla…
Bè, non era proprio una cattiva idea.
Se le avesse dato ripetizioni a scuola, in un luogo pubblico, non ci sarebbe stato nulla di male e avrebbe reso proficua quell’ora buca.
- Ci penserò – disse infine, congiungendo le mani – Adesso se non le dispiace, vorrei continuare con il mio lavoro.
Ilary si alzò e lo salutò mestamente – A domani – salutò.
- Buona giornata, Ilary.
 
***
 
Nonostante fosse uno scimmione, quell’uomo le piaceva.
Le piaceva fin troppo.
Forse erano i grandi ricci biondi, forse erano quegli occhi scuri, forse il corpo statuario o, addirittura, quegli occhiali neri che gli scendevano perennemente sulla punta del naso.
Josh Carper era il sogno di tutte le studentesse e non solo.
Aveva origliato una chiacchierata tra due professoresse e aveva scoperto che era single e non aveva, almeno ufficialmente, nessuna compagna.
Il bel professore viveva ancora con la mamma in un quartiere in periferia, veniva a scuola in bicicletta e non era entrato in confidenza con nessuno. Sorrideva, chiacchierava con tutti, ma non andava mai oltre.
Era uno sveglio. Ilary ne era certa.
Lo spiava di nascosto, ogni volta che ne aveva l’occasione.
Erano i suoi occhi e le molteplici espressioni del suo viso ad affascinarla sopra ogni cosa.
Si, ok! Non che le dispiacesse che fosse alto e muscoloso, ma quando sorrideva, gli occhi gli si illuminavano e gli si formavano due fossette irresistibili sulle guance.
Per non parlare poi di quando era corrucciato. Adorabile!
Ovviamente, tutta la razza femminile dell’istituto era innamorata di lui e lei non era da meno: lo voleva.
Lo voleva ad ogni costo!
L’idea delle ripetizioni private gliel’aveva servita lui, su un piatto d’argento e lei aveva colto al volo quell’occasione, peccato che il bellissimo e integerrimo Mr. Carper avesse rifiutato.
Dalle sue indagini private, inoltre, aveva scoperto che il professore non aveva una situazione economica florida. Non che fosse un poveraccio, era una persona normale che doveva lavorare per vivere.
Da questo aveva sperato che, offrendogli soldi extra, lui avrebbe acconsentito ad aiutarla nella materia che a lei risultava ostica.
Invece no!
Le aveva risposto negativamente.
Poco male, se lo sarebbe lavorato alla festa.
Aveva scelto un vestito davvero bello che lasciava poco spazio all’immaginazione.
In principio aveva optato per quell’abito per riprendersi Christopher Reed poi, con l’entrata in scena di Josh, tutti i suoi coetanei avevano perso importanza ai suoi occhi.
Ogni volta che lo vedeva nei paraggi, si atteggiava a donna di mondo per sembrare più grande di quello che era in realtà e suscitare in lui almeno un piccolo interesse.
Aveva perfino baciato appassionatamente quell’ammasso di muscoli di Bill Cooper con il risultato che adesso quest’ultimo non la lasciava in pace e Josh Carper continuava a non la degnarla di uno sguardo.
Qualche volta lui l’aveva scoperta a fissarlo, quindi aveva cercato di mascherare il suo interesse con l’ostilità. Josh, invece, le aveva sempre mostrato lo stesso sguardo indifferente.
Per lui era solo una ragazzina.
Questa era la conclusione a cui era arrivata Ilary, analizzando le sue espressioni.
Non gliene fregava una mazza di lei.
Perché era così giovane?
Sconsolata, si avviò in giardino per fumare una sigaretta, prima che le lezioni iniziassero.
 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 
Josh allentò il papillon che gli stringeva il collo.
Faceva un caldo esagerato in quella grande sala e aveva bisogno di aria, per cui si diresse a falcate decise verso la terrazza.
Le colleghe e le studentesse l’avevano assillato fino a qualche minuto prima, poi era stato tratto in salvo niente di meno che da Mr. Tyler Santhel che l’aveva avvicinato per conoscerlo.
L’uomo gli aveva propinato una campagna politica bella e buona in meno di cinque minuti. Fortunatamente, Il padre di Ilary era stato distratto da un altro uomo facoltoso che era andato a salutarlo e aveva rapito la sua attenzione.
Tyler Santhel gli aveva dato quindi due pacche sulla spalla – Mi raccomando con Ilary, gliel’affido – aveva detto, facendogli l’occhiolino ed era sparito.
Queste erano state le uniche parole dedicate alla figlia.
Quella festa era una vera e propria promozione pubblicitaria, altro che “opera di lecchinaggio” nei confronti dei professori per arruffianarseli, come aveva creduto di primo acchito.
Josh aveva quasi vomitato al solo pensiero che quell’uomo usasse la figlia per i suoi tornaconti personali.
Sorseggiò il suo champagne schifato.
Povera Ilary! Si preoccupava tanto dell’opinione di suo padre in merito ai suoi voti ed invece…
Josh si sentì stringere il cuore e, per la prima volta, ebbe compassione di lei.
Un padre lui non l’aveva avuto, ma in quel momento, si sentì fortunato rispetto a quella povera ragazza.
Tracannò il resto del liquido in solo colpo e appoggiò il bicchiere vuoto, sulla spessa lastra di marmo del terrazzo. Come per magia, un altro calice pieno gli si presentò davanti agli occhi.
Alzò lo sguardo e incrociò la figura minuta di Ilary.
L’aveva osservata tutta la serata.
Era bellissima fasciata in quell’abito nero brillantinato, dalle spalline sottili, lungo fino ai piedi, la generosa scollatura e lo spacco mozzafiato.
Quando l’aveva vista, il suo corpo aveva subito reagito nella solita maniera sbagliata.
Per questo motivo, l’aveva evitata come la peste per tutta la serata.
- Non si sta divertendo molto – la constatazione della ragazza lo fece sorridere.
- Si nota così tanto? – chiese, afferrando il bicchiere che lei continuava a porgergli.
- Lei è cristallino, potrei leggere tutti i suoi pensieri – mormorò, appoggiandosi al cornicione e affiancandosi a lui.
Josh sussultò.
Sperò vivamente non fosse vero ciò che gli aveva appena detto, perché altrimenti, sarebbe stato tutto un problema.
- Ho visto che ha parlato con mio padre…
- Ho mantenuto il segreto sui suoi voti – la rincuorò – Non abbiamo avuto modo di discuterne, perché siamo stati interrotti prima – mentì.
- Non le ha chiesto nulla di me, non una sola parola o domanda – affermò lei sicura, come se sapesse già la verità.
Josh abbassò gli occhi, perché non era in grado di sostenere lo sguardo indagatore della ragazza – Già – sussurrò inquieto.
- Le va di fare una passeggiata? – gli chiese ansiosa.
Dì di no! – Ok… - Stupido!
Ilary bevve alla russa il contenuto del suo calice e afferrò una bottiglia di champagne da uno dei tavoli allestiti all’esterno.
Scesero le scale della terrazza e si addentrarono nel grande parco.
- Lei non dovrebbe bere alcool, la legge… - non riuscì a finire la paternale, perché Ilary lo interruppe.
- Questa è la parte della casa che preferisco di più – disse allegra, bevendo direttamente dalla bottiglia, fregandosene completamente di ciò che le aveva appena rimproverato e poi gliela porse.
Josh le fece vedere il calice, ancora pieno, che lei stessa gli aveva offerto, quando l’aveva avvicinato.
- Lo butti giù – lo incitò – Siamo qui per divertirci e, se non sbaglio, è venuto in taxi.
Josh spalancò un attimo gli occhi – Lei è un’osservatrice. Sa come sono arrivati tutti gli invitati, per caso? – domandò ironico.
Ilary sorrise – No, sono stata attenta solo con lei – sussurrò, portando nuovamente la bottiglia alle labbra.
Non ci siamo!, pensò turbato e seguì il consiglio che la sua alunna gli aveva appena dato, buttando giù il contenuto del bicchiere in un solo colpo, per infondersi un po’ di coraggio.
Quando lei gli porse nuovamente la bottiglia, l’accettò.
Bevve un sorso e il primo gusto che gli arrivò, fu il sapore dolce di fragola del lucidalabbra di Ilary, contrastato subito dall’amaro frizzante del liquido.
Fragole e champagne! Un vero e proprio cliché.
Si sarebbe sparato volentieri un colpo in testa, in quel momento.
Ridiede la bottiglia ad Ilary che, neanche a dirlo, gli fece subito compagnia.
- Mio padre non si è mai interessato particolarmente a me – si confidò lei, dopo lunghi minuti di silenzio.
- Sempre meglio di non averlo un padre… - mormorò, poco convinto.
- Dice?
Josh alzò le spalle – Non saprei. Era per fare conversazione…
Camminarono ancora in silenzio – Perché mi ha chiesto di non parlare a Mr. Santhel dei suoi voti, pur sapendo che non me lo avrebbe mai chiesto? – domandò ad un certo punto.
- Volevo far colpo su di lei! – rispose ridendo.
- Lei è ubriaca…
- Ubriaca? Dice? Ho notato sa, come tutte le studentesse sgomitino per ricevere le sue attenzioni, per non parlare poi delle professoresse. Io sono solo più originale – si fermò un attimo e gli fece l’occhiolino – Faccio leva su suoi sentimenti. Molti sottovalutano la compassione, ma non io – disse per poi scoppiare a ridere e prendere un’altra lunga sorsata dalla bottiglia.
Josh alzò gli occhi al cielo – Mi dia quella bottiglia, Miss Santhel – la pregò.
Ilary negò, platealmente, con il viso, facendo volare da una parte all’altra i lunghi capelli scuri.
Era bellissima, in quel momento, con le gote arrossate e il sorriso stampato sul viso.
Le si avvicinò cauto, riducendo, forse troppo, la distanza tra loro – Mi dia la bottiglia, Ilary – ripeté.
- Altrimenti? – chiese lei con finto fare imbronciato, nascondendo lo champagne dietro la schiena – Fa la spia con papà?
- Certo che no! – rispose disarmato.
- Venga a prenderla… - lo incitò.
- Ilary…
- Venga a prenderla… - disse nuovamente, socchiudendo gli occhi.
Josh mosse un passo verso di lei e Ilary all’improvviso cominciò a correre, inoltrandosi ancora di più nel grande parco, sempre più lontano dalla villa.
La musica ormai era solo un lieve ronzio e il brusio delle voci era totalmente scomparso, coperto dal rumore delle foglie e dal verso di qualche animaletto.
Josh si lanciò all’inseguimento della ragazza con l’incoscienza della sua giovane età.
Avrebbe dovuto fare l’adulto in quel momento, ma si sentì avvolgere dalla spensieratezza dei suoi ventisette anni.
Quando la raggiunse e l’acciuffò, Ilary perse l’equilibrio e lui la seguì a ruota, finendole goffamente addosso, mentre la bottiglia cadde sull’erba rotolando verso un albero, perdendo il contenuto.
- Quando l’ho immaginata sopra di me, non pensavo certo in questo modo – sussurrò lei in modo malizioso.
- Non faccia la spiritosa… - replicò, cercando di alzarsi.
Ilary si girò supina e lo trattenne. Gli si avvicinò al viso – Le confido un segreto, Mr. Carper: non sono vergine – gli soffiò in un orecchio.
Josh avvertì tutte le sue difese mentali abbandonarlo.
Si alzò di qualche centimetro, facendo leva sulle braccia, squadrò il bel viso di Ilary e non resistette più.
Si calò su di lei e le sfiorò delicatamente le labbra con le sue.
Sapevano ancora di fragola.
Lei gli si ancorò addosso e approfondì di getto il bacio.
Josh avvertì tutti i suoi sensi risvegliarsi e non pensò più al giusto e sbagliato.
Premette il suo corpo su quello della ragazza e si lasciò trasportare dall’istinto.
Insinuò le mani sotto il vestito leggero di Ilary e mille emozioni invasero la sua mente.
La toccò con la voglia di un uomo accecato dal desiderio e, infine, sopraffatto dalla smania di possesso, le sfilò le mutandine di pizzo.
Poi, con foga, si aprì i pantaloni.
Doveva averla in quel preciso istante.
Era l’unica cosa che desiderava.
Ilary gli lasciò campo libero in tutto. Non protestò, anzi, lo incitò a continuare con mille sospiri.
Aveva gli occhi lucidi, mentre lo fissava ansiosa di portare a termine ciò che avevano appena cominciato.
Josh le accarezzò le gambe lisce e le alzò il vestito, infine si calò i pantaloni e si adagiò su di lei.
- Josh… - soffiò Ilary con la voce rotta dalla passione.
Solo in quel momento, mentre stava per entrare dentro di lei, si rese conto della gravità del gesto che stava per compiere.
- Cristo Santo! Cosa sto facendo… - imprecò con tono aspro.
Si scostò di scatto e con le mani tremanti si rivestì in modo maldestro.
Fece fatica ad alzare la cerniera e ci impiegò diversi minuti per allacciare la cintura.
I suoi arti non rispondevano ai comandi della mente. L’agitazione gli rendeva ogni mossa difficile.
- Oh Dio, Miss Santhel… mi perdoni… io… io… non volevo.
- Josh non hai fatto nulla di male! – gridò lei con le lacrime agli occhi – Lo volevamo tutti e due.
Josh si sedette appoggiando la schiena contro l’albero, fregandosene altamente che l’erba fosse bagnata di champagne e si coprì la faccia con le mani – Io… non volevo… - ripeté sconvolto.
Ilary gli si avvicinò e gli si sistemò accanto a lui – Josh…
- No! Miss Santhel per lei sono Mr. Carper o il professor Carper. Niente Josh. Usiamo la forma di cortesia. Lei è una mia alunna minorenne per giunta… e io stavo per… oh Dio! stavo per… fare l’amore con lei. È un reato, Ilary… un reato… - piagnucolò.
Avvertì una lieve carezza sulla guancia – Tra un mese sarò maggiorenne, se ti può consolare – disse dolcemente.
Josh posò la mano su quella della ragazza e percepì il suo calore. Quanto la desiderava… – Questo non cancella il fatto che stavo per commettere un reato – pronunciò sconvolto quelle parole – Ilary… deve promettermi che non lo dirà a nessuno. Farò tutto quello che vuole, ma per favore… Cristo Santo, ho buttato nel cesso tutta la mia vita per un momento di follia…
Si alzò di scatto e si incamminò verso il vialone principale che lo avrebbe portato fuori da quella sontuosa e maledetta villa.
Si girò un attimo e vide nitide le lacrime rigare il volto sconvolto di Ilary – Mi dispiace – sussurrò – Mi chieda tutto ciò che vuole, ma la prego non mi denunci…
Poi si voltò definitivamente e se ne andò.
Era stato uno stupido irresponsabile ed ora la sua vita era legata al filo di un rasoio.
Tutto ciò per cui aveva lavorato sodo in quegli anni poteva essere spazzato via da una ragazzina viziata e solo perché lui non aveva saputo resistere ad un paio di tette formose e un sorriso dolce.
Stupido!
 
***
 
Ilary si asciugò le lacrime con rabbia.
Non doveva piangere.
Non per Josh Carper!
Lui non era nessuno, se non il suo bellissimo professore di matematica, di cui in solo due settimane si era follemente innamorata.
Si alzò, si pulì il vestito, si rimise le mutandine e si avviò verso il retro della villa per non farsi vedere da nessuno.
Quando entrò in casa, si diresse verso il suo bagno privato e si rifece il trucco, poi scese nuovamente nel grande salone della villa, dove la festa era ancora in pieno svolgimento.
Christine le si avvicinò allegra, sicuramente anche lei aveva bevuto qualche bicchiere di troppo – Dov’eri finita? – domandò con voce stridula, scoppiando poi a ridere per niente.
- Sono andata a sistemarmi – rispose tranquilla, sperando che l’amica non avvertisse il suo tono sconsolato.
- Il bel professore è sparito! Per un attimo avevo creduto fosse con te – disse lei, facendole l’occhiolino.
Ilary alzò le spalle – Magari! – affermò, facendo finta di ridere sguaiatamente.
- Allora se ne è proprio andato via. Peccato! – mormorò Christine.
- Dai andiamoci a divertire – Ilary cercò di scacciare il nodo alla gola che era ritornato prepotente.
Josh Carper sarebbe stato suo.
Mancava un mese e dopo niente e nessuno li avrebbe fermati: sarebbe diventata maggiorenne e Josh non si sarebbe più tirato indietro.
Lui le aveva detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa, perché lei non svelasse il loro piccolo segreto e Ilary sapeva già cosa chiedere.
In fondo, non stava facendo nulla di male.
Josh Carper le aveva proposto un accordo e adesso lei era pronta ad accettarlo.
Alle sue condizioni, però!
 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 
- Ilary, lei è proprio una somara! – la sgridò, alzando gli occhi al cielo, poi scoppiò a ridere – Ih, oh! Ih, oh! – fece il verso dell’animale, portandosi i due indici alle orecchie per imitare il quadrupede.
- Josh, lei è il peggior insegnante di matematica sulla faccia della terra! – protestò indignata.
Josh le si avvicinò velocemente, mise le mani sulla scrivania e si protese verso di lei con il busto – Ilary! Lei non mi deve chiamare per nome! Professore o Mr. Carper va benissimo!
- Nemmeno lei dovrebbe chiamarmi per nome! – lo riprese altezzosa – Miss Santhel è perfetto.
- Lei è una bambina e io posso chiamarla “Ilary”, portandole sempre il dovuto rispetto, s’intende! – precisò.
Josh si avvicinò ancor di più con il viso verso quello della ragazza.
Era strano, ma tutta la storia dei centri concentrici del famoso “spazio personale”, si erano completamente azzerati tra loro.
Ilary, in quelle settimane trascorse insieme per le ripetizioni, aveva abbattuto tutti i vari stadi ed era arrivata fino a quello cosiddetto “intimo”.
Adesso, se ne stavano quasi naso contro naso a guardarsi in cagnesco.
Erano lì, perché lei l’aveva ricattato, ovviamente!
O le dava ripetizioni gratis nell’ora di pranzo o lei avrebbe spiattellato tutto.
Aveva accettato, ovviamente!
Così, si era trovato a condividere la sua pausa pranzo con Miss Santhel e gli esercizi di matematica.
Fortunatamente, era migliorata. Non che si fosse scoperto all’improvviso che Ilary fosse un genio incompreso, però non era più gravemente insufficiente.
Almeno una cosa che stava andando per il verso giusto!
Nell’ultimo compito era riuscita a prendere una sufficienza stiracchiata.
Josh aveva esultato, quando aveva finito di correggerlo.
Si era alzato e aveva accennato una danza di ringraziamento, eseguendo movimenti assurdi con le braccia e il bacino, poi si era dato dello stupido e si era riseduto compostamente, per finire il suo lavoro, vergognandosi di se stesso.
Era passato un mese da quando Ilary era piombata nel suo studio, il giorno dopo il fattaccio e gli aveva fatto la sua proposta, giusto per non chiamarla “coercizione”.
Da quel giorno si erano visti tutti i giorni e quella volta in cui lei non si era presentata, si era sentito stranamente solo, dopo mille indugi e ripensamenti, si era fatto coraggio e, con la scusa più banale del mondo, ovvero la preoccupazione, le aveva scritto un messaggio, chiedendole dove fosse finita e, se per caso, le fosse successo qualcosa.
Si erano scambiati i numeri di telefono in gran segreto il primo giorno di ripetizioni, solo per motivi scolastici, aveva precisato lui.
Quando lei gli aveva risposto che era a casa con un mal di pancia infernale, Josh aveva storto la bocca e si era informato, se per combinazione, questo dolore improvviso fosse dovuto a qualche compito o interrogazione.
Era cominciata così la loro storia epistolare, fatta di messaggini scherzosi, irriverenti e spesso maliziosi, perché chattando erano solo un ragazzo ed una ragazza che si volevano conoscere.
Non c’erano più il professore e l’alunna e Josh si sentiva libero di corteggiarla, anche se cercava in tutti i modi, non riuscendoci, di darsi un freno
Josh viveva per quei brevi momenti e si era reso conto, a malincuore, che non riusciva ad addormentarsi la sera, se non riceveva la buona notte da parte di Ilary.
- Mi vuole baciare, Josh? Lo sa che non può fino a domani – gli disse Ilary, riportandolo alla realtà, con un sorriso perfido sul viso.
Josh sbatté ripetutamente le palpebre come un idiota, si allontanò di qualche centimetro dal viso della ragazza, si mise a posto i polsini della camicia, già perfetti e la guardò con aria di sfida – Le ho già detto che non mi può chiamare per nome! – rispose stizzito.
Ilary cercò di nascondere, invano, una risata.
Josh si girò e si diresse verso la finestra, sorridendo come un imbecille.
Più i giorni passavano e più l’agitazione cresceva.
Il calendario parlava chiaro: il conto alla rovescia diceva meno uno.
L’indomani sarebbe stato il compleanno di Ilary e lei avrebbe compiuto diciotto anni.
Si portò una mano sulla fronte, preoccupato.
Questa non era una cosa a cui lui doveva pensare, in fin dei conti, non sarebbe cambiato nulla: lui restava lo stesso il suo professore di matematica, maggiorenne o no che fosse.
Eppure non riusciva ad evitarlo.
Ilary Santhel era diventata il suo più bell’incubo, ma sapeva che era tutto sbagliato.
Cristo! Era il suo professore!
Non doveva nemmeno permettersi di fantasticare su certe cose, nonostante, fortunatamente, nessuno poteva incriminare un essere umano per i suoi desideri.
Josh deglutì e obbligò se stesso a continuare a fissare il nulla al di là dei vetri.
Ilary era off-limits per lui, per una svariata serie di ragioni, prima tra tutte la sua età.
Poco importava che il giorno dopo avesse compiuto diciotto anni, i nove di differenza che incombevano tra loro, non sarebbero mai e poi mai diminuiti e restava sempre il suo professore, per Dio!
Avvertì una mano calda appoggiarsi sulla schiena.
Lei cercava sempre un qualsiasi tipo di contatto fisico.
Lo sfiorava continuamente, ogni scusa era buona e lui, a malincuore, la allontanava.
Magari un giorno, lei lo avrebbe ringraziato per questa sua delicatezza.
- Ilary… - supplicò, come se quella semplice parola, potesse farle capire la tempesta che aleggiava in lui.
- Josh! – squittì lei, affiancandolo e alzando gli occhi verso i suoi, con il suo solito modo impertinente.
Era tutto un Ilary soffiato tristemente e un Josh pronunciato allegramente e in questo modo di riconcorrersi, si racchiudeva l’enorme differenza tra loro due.
Il desiderio represso dalla consapevolezza dell’errore e la genuinità esaltata dall’incoscienza della giovane età.
Erano il giorno e la notte.
La luna e il sole.
Il polo sud e il polo nord.
Due esseri che per nessuna legge della natura o ragione al mondo si sarebbero dovuti incontrare e che invece erano lì vicini, insieme.
Ilary staccò la mano dalla sua schiena e lui, inconsapevolmente, avvicinò la sua a quella della ragazza.
Quando le sue dita si incrociarono con quelle della ragazza, Josh le strinse forte.
Facevano così ogni volta, prima dell’inizio delle lezioni vere e proprie.
Se ne stavano cinque minuti mano nella mano a guardare il nulla alla finestra, come se fosse stato il panorama più interessante del mondo eppure per lui, erano gli istanti migliori di tutta la giornata.
Josh sapeva che c’era qualcosa tra di loro, però non poteva permettersi di portarlo avanti.
Non voleva rovinare la sua vita e, tantomeno, quella di Ilary.
Strinse ancora di più la mano della ragazza per trovare un po’ di coraggio.
Sapeva che doveva abbandonare la nave. Era giunto il tempo per farlo.
- Credo sia arrivato il momento di sospendere le lezioni private – sussurrò con la morte nel cuore.
Ilary appoggiò il viso al suo braccio e lui staccò la presa per poterla abbracciare.
In quell’istante una stretta di mano non era più sufficiente.
Come al solito dovette sopprimere tutti i suoi sensi.
Aveva bisogno del calore di Ilary perché, molto probabilmente, sarebbe stata l’ultima occasione per averla e sentirla vicina – Dobbiamo lasciar perdere anche i messaggi, Ilary… - continuò sempre più avvilito.
Lei gli strofinò il viso sulla camicia – Domani sarò qui all’una esatta e la prima cosa che farò, sarà baciarti, Josh!
Poi rise.
La solita risata cristallina e gioviale che gli scaldava il cuore, ma non in quel momento.
Josh si morse il labbro superiore – Miss Santhel, il fatto che lei domani sia maggiorenne, non cambia la situazione: io resterò lo stesso il suo professore.
Ilary sbuffò – Lo sai che sei pesante? – domandò roteando gli occhi buffamente – Mamma mia… sei palloso Josh. Potevi essere solo un professore di matematica, tu! Burbero, vecchio e acido professore cazzone di matematica!
- Ilary non parli così! – la riprese.
- Cazzone. Cazzone. Cazzone. Mi metti la nota adesso? – lo prese in giro lei.
Josh si mise la mani sui fianchi – Non sto scherzando, Ilary! Primo, non mi deve dare del tu. Secondo, io sono “professore” o Mr. Carper per lei, quante volte glielo devo dire? Terzo, una ragazza come lei non dovrebbe usare certi termini.
Ilary sbuffò sonoramente – Ascolta bene Mr. Uomo di Neanderthal. Primo, ci frequentiamo da un mese e se permetti, quando siamo soli e non stiamo studiando ti dò del tu. Secondo, io ti chiamo Josh, quando mi abbracci, mi stringi la mano o semplicemente siamo vicini e non stiamo facendo gli esercizi di matematica. Terzo, “cazzone” non è una parolaccia – rispose lei con un sorriso strafottente.
Josh riempì d’aria le guance – Cazzone è una parolaccia, invece! – soffiò, prima di scoppiare a ridere, vedendo l’espressione sbigottita di Ilary.
- Tu non sei normale – mormorò lei, lanciandoglisi addosso.
Josh l’abbracciò, le accarezzò la schiena con dolcezza e possessività.
Non ce la faceva proprio ad allontanarsi da lei.
Ilary alzò il viso verso il suo e in quel momento Josh mandò tutti i suoi buoni propositi a fare un viaggetto, possibilmente senza ritorno, per i minuti che rimanevano prima del suono della campanella.
Si avvicinò titubante ad Ilary.
Desiderava baciarla così tanto…
E poi non si fece più scrupoli e posò le sue labbra su quelle della ragazza.
Si sarebbe pentito, lo sapeva, ma in quell’istante, scacciò anche i sensi di colpa.
Quando la campanella suonò, si dovette staccare per forza da Ilary – Sono proprio un cazzone – mormorò imbarazzato.
Ilary scoppiò a ridere – Puoi dirlo forte! – disse allegra – Fossi stata in te, io l’avrei fatto molto prima, ma tu sei così rigoroso… Uomo di Neanderthal! – concluse, facendogli l’occhiolino e dirigendosi a grandi passi verso la scrivania per prendere le sue cose.
- Josh ci vediamo tra cinque minuti in classe – lo salutò con la mano e sparì dietro la porta.
Che casino!
Era riuscito ad essere bravo per un mese dopo il fattaccio e proprio quando doveva tenere duro, si era arreso.
Ilary Santhel non era una ragazza vuota come aveva sperato.
Oltre ad essere bella era intelligente, caparbia, spigliata, allegra e solare.
Era tutto quello che desiderava nella donna che avrebbe voluto come madre dei suoi figli e come amante al suo fianco… peccato che le mancasse il requisito fondamentale.
Ilary Santhel non era una donna, era solo una ragazzina, di cui lui si era follemente innamorato.
Si coprì il volto con le mani e strofinò forte.
La galera, se non stava attento, sarebbe stata la sua nuova casa!
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
 
Ilary entrò a scuola correndo.
Aveva accumulato un enorme ritardo per prepararsi. Voleva essere bellissima e in più, aveva scelto con cura i vestiti per potersi cambiare finite le lezioni.
Quello era il giorno più importante della sua vita: era diventata maggiorenne.
Da un mese, ormai, suo padre spingeva per fare una festa galattica per la sua entrata in società, ma lei aveva rifiutato decisa.
- Ho altri impegni – aveva risposto telegrafica, tutte le volte che glielo aveva chiesto – L’unica cosa che voglio, sono le chiavi della casa in cui viveva la nonna.
Adesso aveva una casetta tutta sua e, finalmente, ne sarebbe entrata in possesso.
Quando l’avvocato aveva letto il testamento della nonna paterna, era rimasta sbigottita.
Cherry Santhel aveva lasciato tutti i suoi averi alla piccola Ilary, sua unica e adorata nipote, con la clausola che sarebbe potuta entrare in possesso del patrimonio, solo al compimento dei diciotto anni.
Suo padre ne era stato felice e non aveva contestato la decisione della madre.
Alla sua famiglia il denaro non interessava, anche perché ne avevano parecchio.
In realtà a Tyler Santhel interessavano solo le donazioni dei suoi seguaci per la sua campagna politica, per il resto era un uomo distratto e poco attento a ciò che lo circondava, non che fosse un cattivo genitore, tuttavia non era nemmeno un modello da seguire.
Troppo impegnato e attento solo a se stesso.
Ad Ilary non era mai interessato un fico secco dei soldi, dei terreni, delle azioni e obbligazioni e, tantomeno, delle molteplici proprietà immobiliari di cui sarebbe entrata in possesso, una volta maggiorenne.
Non ci aveva mai pensato, tranne da un mese a quella parte.
Pensava, soprattutto, alla casa in cui era vissuta sua nonna fino al suo ultimo respiro.
Una villetta bianca poco fuori città con una staccionata e un bel prato.
Non era chissà cosa, abituata alla sua sforzosa dimora, però a lei, adesso, sembrava una reggia.
Il resto non le interessava e avrebbe lasciato che suo padre glielo amministrasse come aveva fatto fino a quel momento, ma la casa della nonna le serviva.
Le serviva per vedere il professor Carper.
Aveva calcolato tutto, progettato ogni singolo istante del suo futuro e non vedeva l’ora che fosse l’una per dirlo a Josh.
Si sarebbero potuti vedere lì. Aveva già fatto una copia delle chiavi per il suo bel professore. Quella villetta sarebbe diventata il loro rifugio d’amore, la loro casa.
Poche ore e il suo sogno si sarebbe avverato.
Era così eccitata.
La prima ora sarebbe stata un tormento, ne era certa, perché avrebbe visto Josh nelle vesti di professore, ma non le importava, anzi.
Essendo lei un’ottimista di natura, era quasi felice, dato che in questo modo sarebbe stata con lui un po’ di più.
Ormai era completamente andata per Mr. Carper, lo sapeva, ma la cosa la rendeva enormemente felice.
Josh Carper era il suo primo, unico, grande amore.
Altro che Christopher Reed! Come aveva potuto solo pensare di essere innamorata di quello lì?
Chris era stato solo una “cottarella”, se ne era resa conto solo conoscendo Josh.
Solo tenergli la mano la faceva volare in un mondo sconosciuto fatto di stelline e cuoricini, senza contare quelle fitte allo stomaco che, ormai, erano una dolce routine, quando Josh la sfiorava o semplicemente la guardava.
Non voleva nemmeno pensare a ciò che era successo alla festa o, più recentemente, il giorno prima.
Ogni volta che lo faceva, Ilary cadeva in uno stato di catalessi, una specie di morte apparente, tanta era l’emozione che provava.
Sarebbe stato il compleanno più bello e magico di sempre, altro che festa! Già si vedeva ai fornelli a preparare una cenetta romantica per Josh oppure avrebbe optato per un take away, cinese o pizza, dato che lei era completamente negata in cucina!
Ma che le importava?
Uno spuntino veloce e poi sarebbero passati direttamente al dolce che, per inciso, era lei!
Il camino acceso e tanto amore.
Questo sarebbe stato il regalo di compleanno più bello che si aspettava da Mr. Carper.
Si fermò un attimo davanti alla porta e si sistemò la gonna e la camicetta: Josh doveva vederla al meglio.
Bussò ed entrò.
Quando vide la professoressa Williams seduta davanti alla cattedra, Ilary sbiancò, poi la guardò corrucciata.
Perché era lì? Doveva esserci Josh al suo posto. Era la classe di matematica!
- Miss Santhel si accomodi, pure. Per fortuna il professor Carper non c’è, lo stavo per annunciare, altrimenti le avrebbe messo una nota di demerito per il ritardo.
Ilary si avvicinò amareggiata verso il suo banco – Mi scusi Mrs. Williams, questa notte sono stata male e, nonostante mio padre mi avesse detto di stare a casa, ho preferito venire a scuola, ma effettivamente forse aveva ragione… - mormorò.
Si sedette al suo posto più delusa che mai.
- Allora ragazzi, il professor Carper oggi non si sentiva bene ed è stato a casa… - vigliacco! - … quindi statevene buoni e magari ripassate le lezioni delle prossime ore…
Mrs. Williams continuò a parlare, ma Ilary non udì una sola parola.
La sua mente era invasa da mille pensieri su Josh.
Perché non era venuto a scuola? Sapeva benissimo che era il suo compleanno!
Era una scusa o davvero si sentiva male?
E in ogni caso, perché non l’aveva avvertita? Le avrebbe potuto mandare un SMS e dirle che non si sentiva bene e magari anche scriverle un semplice “auguri”.
Più si arrovellava il cervello per capire e più il sospetto che Josh non si fosse presentato in classe, perché era il suo compleanno, aumentava.
Prese lo smart-phone e gli inviò un messaggio per chiedergli cosa fosse successo.
Perché l’aveva abbandonata proprio quel giorno?
Dopo dieci minuti con lo sguardo incollato sul telefono, Ilary cominciò a preoccuparsi: Josh non le aveva ancora risposto.
No! Josh Carper non le avrebbe rovinato il giorno più importante della sua vita.
Si alzò tenendosi la pancia – Mrs. Williams credo di non farcela… - piagnucolò, facendo finta di torcersi dal dolore – Mio padre aveva ragione – in certi casi, era meglio mettere in mezzo il nome dell’uomo più importante della contea, per potersela svignare tranquillamente.
La donna la guardò preoccupata – Miss Santhel, capisco la sua voglia di imparare, ma certe volte bisognerebbe ascoltare gli adulti, soprattutto quelli che le vogliono bene. È meglio che vada a casa. Le farò io la giustificazione. Vuole che la faccia venire a prendere?
Ilari negò con la testa – Credo di farcela a tornare a casa da sola, mi dispiace così tanto…
Mrs. Williams scacciò un finto insetto con la mano – Vada a casa Miss Santhel, si curi e si riposi – disse con tono gentile.
Ilary raccolse le sue cose, camminò molto lentamente con lo sguardo basso ed uscì dalla classe.
Non appena la porta si chiuse dietro di lei, cominciò a correre freneticamente.
Sapeva dove abitava Josh e ci sarebbe arrivata in poco meno di un quarto d’ora.
Gliel’avrebbe fatta vedere lei a quello stronzo!
Cosa credeva che non venire a scuola le avrebbe impedito di raggiungerlo?
Ilary rise istericamente tra sé e sé.
Probabilmente Josh non aveva ancora capito di che pasta era fatta. Lei otteneva sempre ciò che voleva e una cosa era molto chiara: lo desiderava sopra ogni cosa.
Eppure, credeva che il bel professore avesse capito che lei non era certamente il tipo di persona che si scoraggiava così facilmente e il fatto che lui non si fosse presentato a scuola, non era certo un ostacolo per Ilary Santhel!
Era delusa.
Quello era il termine corretto per descrivere il suo stato d’animo.
In quel mese in cui si erano frequentati assiduamente, lui non aveva ancora imparato a conoscerla.
Mille dubbi la assalirono.
Forse non era nemmeno giusto raggiungerlo.
Probabilmente, quello di Josh era un messaggio chiaro: non gli importava niente di lei.
Che stronzo! L’aveva baciata appena il giorno prima, per non parlare poi del fatto che per un mese l’aveva illusa, tenendole la mano come un gentiluomo d’altri tempi.
Si sarebbe sentita meno ferita se l’avesse sbattuta sulla scrivania per scoparsela.
Si, perché in quel modo, non le avrebbe portato nessun rispetto.
Invece lui, per tutto quel tempo, l’aveva abbagliata con i suoi modi gentili, facendola sentire importante.
Quale uomo teneva per mano una ragazza, senza mai andare oltre per approfittarsene? Chi si accontentava di risate, occhiate languide e messaggini?
Ilary, con il tempo, si era data una sola risposta: un uomo innamorato.
Invece, aveva sbagliato.
Il dispiacere di essere stata presa in giro l’assalì, trasformandosi presto in rabbia.
Arrivata sotto casa di Josh, parcheggiò velocemente e non si preoccupò affatto di aver occupato il posto di due macchine.
Davanti al citofono della palazzina, scorse velocemente i cognomi scritti sui campanelli. Quando vide “Carper”, pigiò l’indice con rabbia una, poi una seconda, una terza volta e continuò così, finché la voce arrabbiata di Josh arrivò nitida – Chi cazzo è che rompe le palle? Se sei uno stupido fannullone, vengo giù e ti prendo a calci in culo!
Ilary spalancò la bocca sorpresa – Oh! Allora le dici anche tu le parolacce…
- Ilary? – la voce di Josh le arrivò in un sussurro.
- Apri – rispose decisa.
- Ilary…
- Apri – ribadì.
- Cosa ci fai qui? Perché non sei a scuola? – domandò quasi irritato.
- Apri, ti ho detto!
- Non dovevi venire…
- APRI questo cazzo di cancello o ti giuro che corro da mio padre e gli racconto tutto! – sibilò arrabbiata a denti stretti.
Il cancello scattò – Quarto piano – proferì secco.
Ilary corse a perdifiato al portone e poi salì le scale velocemente per non perdere tempo ad aspettare l’ascensore.
Arrivò davanti alla porta socchiusa con il fiatone e il cuore che batteva impazzito.
Josh aprì di colpo e occupò con la sua stazza l’entrata.
Se ne stava rigido con le braccia conserte ed un’espressione decisamente dura dipinta sul viso – Cosa ci fai qui? – chiese senza nemmeno salutarla.
- Oggi è il mio compleanno – disse, fissandolo.
Il professor Carper socchiuse gli occhi e le lanciò una lunga occhiata sprezzante – Auguri! – disse senza alcun entusiasmo – Quindi? Cosa ci fai qui?
Ilary avvertì le lacrime far pressione, ma cercò di resistere.
Deglutì – Josh, io… credevo che l’avremmo festeggiato insieme… - mormorò con la voce quasi rotta dal pianto.
- Pensavi male – asserì lui afono.
- Josh…
- Ilary ti ho detto mille volte che per te sono Mr. Carper o il professor Carper. Adesso basta con questa confidenza. Mi hai proprio stufato! Non sopporto più la tua vocina irritante e i tuoi modi di fare da ragazza di mondo. Lo capisci o no che per me sei solo una ragazzina… una bambina? – disse con voce cattiva.
Ilary non capì più nulla.
L’amore, il dispiacere, la rabbia, i sogni infranti e le speranze frantumate esplosero per poi fondersi in un sentimento più potente: l’odio.
- Hai mai vissuto veramente Josh? – chiese spietata – Sei mai riuscito a scrollarti di dosso quell’aurea da saputello e gioire di ciò che ti circondava? Hai mai goduto della vita che ti è stata donata? Hai mai pensato che, oltre al dovere, c’è anche il piacere? Ti sei mai lasciato andare per assaporare le fortune che ti sono state date, ma tu non riesci nemmeno a vedere? No! Non l’hai mai fatto! Te ne stai nella tua campana e non te ne frega niente se è dorata o di stagno. Tu credi di avere tutto e invece non hai un bel niente e, quel che è peggio, non ti accorgi nemmeno che per sentirti tu al sicuro, distruggi la vita degli altri. Hai mai rischiato professor Carper? Dimmelo! Hai mai rischiato per qualcosa che ne valesse la pena?
Le lacrime le bagnavano il viso e Ilary non riuscì a più a controllarle.
Teneva i pugni stretti come se quel gesto potesse infonderle ancora più rabbia per aiutarla a demolire l’imperscrutabile e saggio Josh Carper.
Lui la guardava con gli occhi spalancati e un’espressione allibita.
- Ero io la tua possibilità per vivere, ma tu non l’hai capito – disse infine, tirando su con il naso – Grazie per il meraviglioso compleanno che mi hai fatto passare. Un regalo stupendo, Josh!
Prese dalla tasca la busta in cui aveva messo la copia delle chiavi della villetta della nonna e gliela lanciò addosso, con odio.
- Ilary… - mormorò ancora atterrito.
- Lascia stare Josh. Non ho voglia di sentire le solite cose. Sei il mio professore. C’è troppa differenza d’età. Sono minorenne… ah no! Questo non lo puoi più dire, ma che peccato! Insomma… non propinarmi tutti i tuoi abituali bla, bla, bla… li ho già ascoltati un milione di volte e sai una cosa? Mi hanno stufata! - Ilary alzò gli occhi e lo guardò – Oh… non era questo quello che volevi dire… che stupida sono. Non ti preoccupare Josh, non rischi la galera, non dirò a nessuno ciò che è successo tra noi e sai perché? Perché non è mai successo nulla! Ecco perché!
- Ilary…
- Smettila Josh! – si voltò e cominciò a camminare per uscire da quell’incubo.
Fatto qualche passo, si fermò e abbassò il viso, passandosi le dita sugli occhi per asciugare le lacrime che continuavano a scendere – Ero il tuo biglietto per provare a vivere veramente. Il fato te l’ha servito su un piatto d’argento, ma tu sei troppo cieco per vedere oltre – disse senza girarsi, poi ricominciò a camminare.
Sapeva che Josh era dietro di lei.
Sentiva che la fissava sgomento, ma non sarebbe tornata da lui, non per orgoglio, ma per giustizia.
Sarebbe stato inutile.
Josh doveva capire da solo ciò che voleva veramente.
Doveva sconfiggere i suoi fantasmi, senza l’aiuto di nessuno, tanto meno il suo.
Forse sarebbe tornato o forse no.
Sapeva che per lei sarebbe stata dura, non l’avrebbe dimenticato facilmente, ma sarebbe andata avanti.
Lei voleva vivere, al contrario di lui e non l’avrebbe aspettato.
No, non sarebbe stato giusto.
 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
 
Josh finì di correggere il compito di Ilary, lo riguardò e diede il voto.
L’aveva tenuto per ultimo, perché era un modo come un altro per scacciare i ricordi.
Era migliorata e non per merito suo.
Aveva saputo, direttamente dal padre, che la figlia prendeva ripetizioni private dalla sua vecchia professoressa, quella che lui aveva sostituito, quando era andata in pensione.
Erano passati diversi mesi dal quel famoso giorno e mancavano pochi giorni alla fine della scuola.
Dieci, precisamente.
Dopodiché non l’avrebbe più rivista seduta, con la testa bassa, sul banco in quarta fila.
Non si erano più parlati dal giorno del compleanno di Ilary, se non per motivi strettamente scolastici, ovvero le interrogazioni.
Ilary non era più stata sfacciata con lui e, quando andava alla lavagna, non lo guardava mai in faccia.
Non chiedeva nemmeno il voto, come invece facevano tutti gli altri studenti.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Prese dalla sua ventiquattr’ore il cofanetto blu della Swarovski e lo aprì.
Fissò la catenina con il ciondolo a forma di fragola che mesi prima aveva comprato per il compleanno di Ilary, quel regalo che non aveva mai avuto il coraggio di darle.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Erano cambiate tante cose.
Ilary sembrava avesse superato benissimo la delusione amorosa, se così si poteva definire.
Adesso faceva coppia fissa con Bill Cooper, il figlio del sindaco.
Li vedeva sbaciucchiarsi ogni giorno durante la pausa pranzo.
Purtroppo, la sua finestra dava sul retro della scuola, meta ambita dalle coppiette di studenti che volevano appartarsi o da quelli che volevano fumare senza esser visti.
Passava così quell’ora.
Guardava Ilary abbracciata a Bill.
Ilary che rideva.
Ilary che discuteva.
Ilary che baciava.
Ilary che sorrideva.
Ilary che faceva la pagliaccia.
Hai mai vissuto veramente Josh?
La stessa Ilary che poteva essere sua.
Si affacciò e, proprio in quel momento, lei gli comparì davanti agli occhi come un angelo, con l’immancabile Bill al suo fianco.
Si tenevano per mano, la stessa mano che lui aveva accarezzato e stretto per lungo tempo, mesi prima.
Una fitta allo stomaco gli suggerì di non guardare la scena, ma lui perseverò.
Ilary, in quell’istante, sorrise e abbracciò Bill, lui si chinò su di lei e la baciò.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Aveva frequentato una ragazza, almeno ci aveva provato.
La storia era durata circa tre mesi, poi, per la prima volta in vita sua, era stato lui a troncare il rapporto.
Beth era perfetta, lo diceva anche sua madre.
Lavorava, aveva la sua stessa età, era laureata, si vestiva in modo sobrio ed elegante, non diceva parolacce, era una persona seria: proprio la donna che aveva sempre cercato.
Non rideva sguaiatamente, non provocava, non faceva mai nulla che lo irritasse, non la riprendeva mai.
Perfetta!
Beth era la sua donna ideale e l’aveva lasciata, perché Beth non era Ilary, l’imperfetta.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Si staccò dalla finestra incapace di continuare a guardare la ragazza che gesticolava animatamente con Bill.
Buffa Ilary.
Josh fece finta di non sentire il dolore al cuore e si sedette sulla sua poltrona.
Fissò nuovamente il cofanetto blu.
Perché non gliel’aveva dato quel giorno? L’aveva comprato apposta per lei.
Aveva, da subito, associato quel frutto ad Ilary.
Fragole e champagne…
Ilary calda sotto di lui… Ilary morbida…
Perché non l’aveva fermata?
Perché si era fatto, come sempre, guidare e schiacciare dalle regole?
L’aveva persa.
Avrebbe potuto parlarle, quando aveva accompagnato le due classi di quinta in gita a primavera, ma non l’aveva fatto.
Aveva evitato Ilary come la peste.
Sapeva che aveva dormito tutte le quattro sere con Bill e la cosa lo irritava, lo mandava in bestia.
La prima notte si era accostato alla porta e aveva sentito.
Il cuore gli aveva suggerito di entrare, prendere per le orecchie il ragazzone e riempirlo di pugni, la ragione l’aveva fermato.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Era ritornato per tutte le sere successive e i sospiri e i rumori che provenivano al di là della porta, erano sempre stati chiari e inconfondibili, ma mai una volta, era riuscito a far qualcosa.
Le regole che gli erano state inculcate fin da piccolo, erano più forti.
La ragione aveva vinto sul cuore e distrutto ogni possibilità per lui e Ilary.
L’aveva osservata di nascosto, sapendo che lui era diventato, solo ed esclusivamente, un capitolo chiuso nella vita della ragazza.
Era stato una “cottarella” per lei. Nulla di importante. Nulla di più.
La studentessa infatuata del professore.
Un luogo comune.
Un maledetto luogo comune.
Perché era capitato proprio a lui? Perché?
Hai mai vissuto veramente Josh?
Prese la busta contenente le chiavi che Ilary gli aveva lanciato con rabbia il giorno in cui era andata a casa sua e scrisse due righe, ma poi decise di accantonare quell’idea.
Cosa gli stava saltando in mente?
Cosa credeva di fare?
Dopo tutti quei mesi passati ad osservarla, aveva capito che ad Ilary non gliene fregava più niente di lui.
Josh si prese il volto tra le mani disperato, poi se lo strofinò energicamente.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Scrollò la testa esasperato.
Basta! Non ne poteva più.
Quella frase era un incubo, una persecuzione.
Saltava fuori nei momenti più assurdi.
Gli era capitato tutte le volte che faceva l’amore con Beth, quando lei gli faceva capire che lo desiderava.
Una tortura.
Doveva sforzarsi di raggiungere l’erezione, pensare a mille cose diverse, praticare auto erotismo mentale, per farselo diventare duro.
Poi aveva capito il modo più semplice per riuscirci.
Pensava ad Ilary, pensava al giorno in cui avevano quasi fatto l’amore e si lanciava nel suo mondo di castelli fatti di carta, quel mondo illusorio e falso che si era creato.
Povera Beth, l’aveva solo presa in giro.
Non l’aveva fatto con cattiveria, non voleva farla star male.
Quando aveva troncato il loro rapporto, Beth aveva sorriso amareggiata – Dovresti andare a riprenderla – gli aveva detto triste.
- Chi? – l’aveva guardata stupito, non capendo cosa intendesse.
- Ilary… - aveva risposto in un soffio.
- Tu… come fai a sapere…
- Mi hai chiamata così, una notte nel dormiveglia, poco dopo aver fatto l’amore con me – la voce di Beth gli era arrivata ovattata, come in un sogno.
Non aveva saputo far altro che dire un “mi dispiace”.
Beth l’aveva fissato con i grandi occhi azzurri e aveva scosso la testa – Sono io dispiaciuta per te. Me l’aspettavo che prima o poi mi avresti lasciata.
Se ne era andata augurandogli buona fortuna.
Non l’aveva più vista e sentita.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Basta!
Josh scrollò le spalle deciso.
Prese la ventiquattr’ore e la busta e si avviò repentino verso la porta.
Mancava ancora un quarto d’ora all’inizio delle lezioni, aveva tutto il tempo necessario.
Andò dal preside e gli disse che stava male e non ce la faceva a far lezione.
Dopo aver ricevuto il permesso per tornare a casa, Josh si diresse verso la sua classe.
Si avvicinò al banco di Ilary e vi depositò la busta e sopra ci mise il cofanetto.
Non si fermò a pensare.
Non poteva, altrimenti avrebbe sicuramente cambiato idea e non se lo poteva permettere.
Non adesso, non in quel momento.
Hai mai vissuto veramente Josh?
No! Non aveva mai vissuto veramente, ma era giunta l’ora di incominciare a farlo.
 
***
 
Ilary vide Josh uscire dall’entrata principale della scuola e dirigersi verso la bicicletta.
Si nascose per non farsi vedere e seguì tutte le mosse del professore.
Quando ebbe la certezza che se ne fosse andato, mille domande le tempestarono la mente.
Perché era uscito, dato che tra meno di dieci minuti aveva lezione?
Questo lo sapeva per certo, perché lei aveva matematica e si stava recando, appunto, nell’aula di Mr. Carper.
Josh non aveva mai saltato una lezione o fatto un’assenza, se non il giorno del suo compleanno.
Aveva presenziato anche quando si era beccato l’influenza e poi aveva contagiato metà classe.
Ilary sgridò se stessa sonoramente. Non doveva pensare a lui! Ormai era un capitolo chiuso della sua vita, quindi alzò le spalle ed entrò a scuola.
Da quando si era messa insieme a Bill, era diventata una consuetudine entrare nella classe in cui aveva lezione, almeno una decina di minuti prima.
Approfittava di quel tempo per stare sola con se stessa e, soprattutto, per non stare insieme a Bill fino all’ultimo secondo disponibile.
Si era messa insieme al figlio del sindaco solo per vedere se Josh reagiva in qualche modo, per farlo ingelosire, per fargli capire che lei aveva voltato pagina.
Niente di tutto ciò che aveva creduto, sperato o lontanamente pensato, si era tramutato in realtà.
Josh non l’aveva più cercata.
Lei odiava stare insieme a Bill e, cosa peggiore, non aveva voltato pagina.
Era ancora perdutamente innamorata del bel professore, ma l’unica cosa che le era rimasta, dal giorno del suo compleanno, era la dignità, una dignità solo apparente.
Mai e poi mai sarebbe strisciata ai piedi di Carper!
Lui le aveva fatto capire chiaro e tondo che non la voleva, che la riteneva solo una bambina.
Entrò in classe con la mente completamente appannata da questi pensieri e si avvicinò al banco che, ormai, era diventato suo, nell’odiata ora di matematica.
Lo zaino le cadde dalle spalle.
Ilary fissò il cofanetto blu che troneggiava sul tavolo verde chiaro.
Studiò l’oggetto come se fosse pericoloso, poi avvicinò la mano tremante.
Sotto la scatoletta marchiata “Swarovski”, c’era una busta bianca.
Prese per prima quella e ne avvertì, chiaramente, la consistenza.
Sentì il suo cuore cominciare a battere tumultuosamente e capì all’istante cosa contenesse.
La chiave.
La stessa che lei aveva dato a Josh quel famoso e maledettissimo giorno.
La aprì trattenendo il respiro.
All’interno c’era un bigliettino e riconobbe subito la grafia di Josh.
Buon compleanno Ilary.
J.
Scosse la testa non capendo.
Che senso aveva tutto ciò?
Era l’ennesima presa in giro? L’ennesima umiliazione? L’ennesima contraddizione?
Aprì, quindi, il cofanetto.
Ilary spalancò gli occhi stranita, quando vide la preziosa catenina con un ciondolo a forma di fragola.
La tolse con cura dalla custodia e la osservò rapita.
Josh le aveva fatto un regalo?
Perché?
Che senso aveva donarle qualcosa per un compleanno passato da mesi e, nello stesso frangente, renderle le chiavi della villetta della nonna?
Ilary sorrise amareggiata.
Non c’era più andata in quella casa.
Sapeva che suo padre, una volta alla settimana, mandava del personale a pulirla, perché pensava ci andasse con Bill.
Non ce l’avrebbe mai portato lì.
Aveva desiderato quella villetta per farne un rifugio d’amore per lei e Josh e non ci avrebbe portato mai nessun altro.
Se l’avesse fatto, si sarebbe sentita meschina.
Si sedette al suo posto e aspettò gli altri studenti e chi avrebbe sostituito, per quell’ora, il professor Carper.
Qual era il segnale che Josh le voleva inviare con quel regalo?
Ilary chiuse gli occhi.
Probabilmente, credeva che lei si sarebbe recata a casa sua a chiedere spiegazione, come aveva fatto quel giorno, ma sbagliava.
Questa volta non l’avrebbe fatto!
Se Josh Carper voleva riallacciare i rapporti con lei, avrebbe dovuto fare molto di più, ad esempio strisciare ai suoi piedi.
Doveva essere lui a tornare e, soprattutto, le doveva chiedere scusa in ginocchio, come minimo.
O forse si voleva togliere solo uno sfizio?
La scuola era quasi finita, quindi adesso poteva andare a letto con lei?
Ilary fissò il ciondolo ancora una volta, mentre i primi studenti cominciarono ad arrivare in classe.
Accarezzò il pendaglio e poi lo ripose delicatamente dentro il contenitore blu, lo chiuse e lo mise, insieme alla busta bianca, dentro la cartella.
Non sarebbe andata da lui, nemmeno morta!
Quando la classe si riempì completamente, Ilary fissò smarrita la cattedra vuota.
Si aspettava da un momento all’altro di vedere entrare Josh con il suo solito passo risoluto, i ricci biondi ribelli e gli occhiali neri che gli cadevano perennemente sulla punta del naso.
Quando la porta si aprì, il cuore cominciò a batterle forte.
Forse era ritornato, forse doveva solo fare una commissione veloce…
Alex, il bidello, entrò strascicando i piedi.
L’intera scuola lo chiamava “il lumacone” per quel suo modo strano di camminare.
La delusione si dipinse sul volto di Ilary.
Come al solito aveva sperato fino all’ultimo secondo.
Il bidello richiamò l’attenzione di tutti e comunicò che il professor Carper si era dovuto assentare per motivi personali.
Ilary si portò le mani sul viso e si coprì gli occhi.
Perché viveva solo per vederlo?
Aveva Bill adesso!
Bill che era tutto quello che una ragazza della sua età potesse desiderare.
L’avrebbe accompagnata all’ultimo ballo della scuola.
Doveva pensare a lui e non a Josh!
Faceva sesso con Bill, anche se cercava di evitare il più possibile quel contatto. Non le piaceva essere così in intimità con lui, non si eccitava mai, le faceva male eppure diceva spesso di sì.
Era tutta colpa di Josh, se lei adesso aveva questi problemi!
Si sentiva uno schifo, un vero e proprio schifo.
Prese di slancio il cellulare decisa a mandare un messaggio al professore.
Scrisse, cancellò e riscrisse vari messaggi, circa un migliaio di volte. Messaggi che passavano dagli insulti più conditi alle dichiarazioni d’amore più fervide, poi dopo vari ripensamenti, si decise e inviò.
Perché?
Scrisse solo questo, perché in realtà, quella era l’unica cosa che voleva sapere.
Come un dejà vu rimase con lo sguardo incollato sul display per almeno quarto d’ora, senza ricevere alcuna risposta e, come la volta prima, si alzò tenendosi la pancia con la mano avvicinandosi lentamente alla cattedra.
- Non mi sento tanto bene – mormorò a testa bassa.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7
 
Josh se ne stava rannicchiato sotto il citofono, in corridoio, seduto per terra con le mani intorno alle ginocchia, il telefono a fianco e si dondolava nervosamente.
Perché Ilary non era ancora arrivata?
Era talmente sicuro di aver smosso qualcosa con quel suo gesto che, quando aveva sentito il trillo del telefonino che gli annunciava l’arrivo di un messaggio, aveva sorriso a trentadue denti.
Aveva aperto la casella della posta con mani tremanti.
La delusione nel leggere quella singola parola, l’aveva portato in paranoia.
Perché?
Si era preparato a tutto, perfino agli insulti e alle parolacce, tipiche del linguaggio di Ilary, ma con quella semplice domanda, l’aveva completamente spiazzato.
E se non fosse andata da lui?
Maledisse se stesso e riprese a dondolare con più frenesia.
Lui e le sue maledette regole!
No… Josh sapeva benissimo che le “regole” non c’entravano nulla.
Era colpa della sua vigliaccheria se era in quelle condizioni.
Non aveva avuto lo stomaco per averla prima e, nonostante tutto, perseverava ancora nel tenere quell’atteggiamento codardo.
Non sapeva vivere.
Ancora una volta le parole di Ilary gli rimbombarono nella mente.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Credeva di essere riuscito a dare una svolta al suo modo di essere con quel misero atto di coraggio, ma si rese conto che non era così.
Aveva lasciato ad Ilary il compito più difficile.
Aveva lasciato che una ragazzina decidesse del loro futuro.
Aveva lasciato la sua vita nelle mani di Ilary, senza lottare.
Era tutta colpa sua e se Ilary non si fosse presentata, avrebbe perso l’unica occasione per vivere veramente.
Miss Santhel era l’unica al mondo capace di dare una svolta alla sua esistenza.
Lei era esuberante, senza peli sulla lingua, allegra, vivace e pazza al punto giusto per fargli fare quelle cose in cui lui, chiuso nel suo mondo, non sarebbe mai stato in grado di cimentarsi da solo.
Ilary era la droga, la linfa vitale di cui il suo sangue e la sua mente avevano bisogno per vivere.
L’aveva capito, forse, troppo tardi.
Si alzò, rassegnato, fece un passo e poi si risedette nello stesso punto.
La speranza era ancora troppo forte.
Prese il telefono e lo guardò, magari, immerso nei suoi pensieri, non l’aveva sentito suonare.
Illuminò il display, ma non trovò nulla di nuovo.
Sorrise sarcastico. La mente, a volte, faceva brutti scherzi.
Era impossibile non udire il trillo di un cellulare in quel silenzio assoluto eppure Josh provava dentro di sé tanta confusione, proprio come se fosse stato nel mezzo di un mercato affollato. Si sentiva frastornato.
Era solo in casa, nessun rumore lo disturbava, eppure il caos dei suoi pensieri non gli dava pace.
Quando, finalmente, il campanello suonò, Josh scattò e, istintivamente, spaventato dal rumore sordo, lanciò il cellulare che si frantumò sul pavimento pochi metri più avanti.
Si attaccò al citofono senza preoccuparsene – Si? – chiese speranzoso.
- Apri!
Pigiò sul tasto del cancello e su quello del portone come un automa.
Ilary era arrivata!
Josh avvertì subito l’agitazione, le mani cominciarono a sudare e se le pulì, d’istinto, sui jeans chiari.
L’aspettò davanti alla porta.
Quando Ilary arrivò, si fece da parte e lei entrò con la sua solita esuberanza.
Vide subito che indossava la collanina e un accenno di speranza si fece largo in lui.
Quanto gli era mancato il suo sapore di fragola, nonostante l’avesse assaggiato solo due volte.
- Quindi? – proruppe lei senza nemmeno salutarlo, sollevando con l’indice il ciondolo di vetro, facendogli capire esattamente ciò che intendeva con quella domanda.
Josh deglutì più volte prima di rispondere e, in quei pochi secondi, pensò a mille cose da dire, ma alla fine optò per la verità – Era il regalo che avevo scelto per il tuo compleanno. Appena ho visto quel ninnolo, mi sei venuta in mente tu. Quando ti ho baciata la prima volta… bè… - si scompigliò i ricci impacciato, non riuscendo a nascondere l’imbarazzo che provava in quel momento - … bè… tu sai da fragola, ecco…
Ilary strinse gli occhi e arricciò il naso – Continua pure, sono tutta orecchi – disse con una tranquillità disarmante.
Josh si morse il labbro inferiore – Volevo dartelo quel giorno… durante la pausa pranzo. Ero deciso, ma poi, quando mi sono svegliato la mattina, ho cambiato idea… no Ilary non guardarmi così! Ti prego… io… ecco io… avremmo infranto troppe regole etiche, io… ho pensato non fosse giusto per te… non ti potevo fare questo… - balbettò.
- Non era giusto per me? – chiese lei allibita.
Josh fece un passo in avanti per avvicinarsi, ma lei tolse velocemente il dito che teneva ancora la collanina sollevata e gli tese la mano davanti, con il palmo aperto, per fermarlo – Non era giusto per me? – ripeté sarcastica – No Josh! Non era giusto per te! Sei tu quello che crede che stare con me gli fotta la carriera – disse amareggiata.
- Ilary non parlare in quel modo, non è educato! – si ritrovò a sgridarla, suo malgrado.
Un lampo di divertimento attraversò gli occhi della ragazza.
- Fotta, fotta, fotta – lo prese in giro.
Josh abbassò lo sguardo per nasconderle il sorriso che era affiorato sul suo viso.
Doveva mettersela via, Ilary sarebbe sempre stata così e lui non sarebbe mai stato in grado di correggere quel suo modo di parlare colorito e un tantino da scaricatore di porto.
Ilary, l’imperfetta, non era Beth la perfezione assoluta, per quello lui l’amava!
Cercò il suo sguardo – Ti amo Ilary – sbottò all’improvviso, fregandosene di tutte le regole, le leggi e andando contro la sua stessa natura.
Lei lo fissò sorpresa e, in quel momento, Josh capì che tutte le difese della ragazza si erano appena frantumate.
Gli corse in contro con l’avventatezza dei suoi diciotto anni e, quando gli saltò addosso, Josh fece quello che lei si aspettava da lui, l’afferrò e la strinse forte a sé.
Dopo un lungo abbraccio in cui i loro corpi, finalmente, si riconobbero, Josh cercò quello che più gli era mancato, quello che desiderava da lungo tempo, quello che, di diritto, era suo.
Reclamò le labbra di Ilary con ferocia, potenza, necessità.
Bramò il suo sapore di fragola e, quando questo lo inondò, Josh si sentì, finalmente completo e vivo.
Si avventurò con Ilary in braccio, gli occhi chiusi e le labbra imprigionate su quelle di lei nel corridoio, alla ricerca della sua stanza.
La voleva, non poteva più aspettare.
Fanculo le regole, le leggi e tutto quello che lo aveva trattenuto fino ad allora.
La voleva!
Fu Ilary a fermarlo.
Si agitò e scese accarezzandogli l’erezione con il corpo, facendolo agitare ancora di più.
Ma lo sapeva che potere aveva su di lui?
- Non posso Josh – disse lei, scuotendo la testa.
Lui la fissò allibito, quasi incredulo – Non puoi? – chiese sgomento, senza riuscire a capire il motivo di quel rifiuto.
Gli si era gettata tra le braccia e adesso non voleva?
- Non posso qui! – rispose lei.
- Non puoi qui? – domandò come uno stupido.
- Si, non mi va qui… lo voglio fare a casa nostra.
- A casa nostra? – Josh ebbe la netta impressione che stava facendo la figura del fesso.
- Uff… sì, a casa nostra! – ribadì lei convinta.
- Ilary io…
- Lascia stare Josh. Seguimi! – ordinò perentoria.
Ancora inebetito, Josh si accodò.
Ilary si diresse decisa verso la porta e lui le corse dietro come un cagnolino.
Giunta sull’uscio, aprì e mise fuori la testa. Guardò a destra e poi a sinistra, come nella migliore parodia di un thriller
- Cosa stai facendo? – chiese indispettito.
- Controllo la situazione – rispose saputella, girandosi verso di lui – Non vorrai mica che i tuoi vicini vedano quella montagna che hai in mezzo alle gambe! – disse indicando l’erezione che era ancora troppo presente, per poi scoppiare in una bellissima risata cristallina.
- Ah! Ah! Ah! – mormorò sarcastico – Vorrei vedere te al posto mio.
Ilary si voltò nuovamente verso la porta e, ancora una volta, mise all'esterno la testa, Josh le si avvicinò e unì i loro corpi, imitando la posizione della ragazza.
Sbucò con la testa fuori, sopra quella di lei, essendo più alto e poi strofinò l’oggetto della derisione sul sedere della sua ragazza.
Avvertì chiaramente Ilary tremare a quel contatto e sorrise compiaciuto dal potere che aveva il suo corpo su di lei.
- Non fare troppo lo spiritoso, professore – lo redarguì – Se continui così non ci arrivi nemmeno a casa nostra…
Josh si torturò il labbro inferiore, poi le diede un bacio sui capelli profumati – Via libera, Ilary… dai andiamo! – disse ansioso.
Ilary gli prese la mano e velocemente corsero per le scale.
Non vedeva l’ora di fondersi con lei.
Era quello il suo destino, lo sentiva, lo voleva, lo desiderava con tutte le sue forze.
 
 
Il viaggio in macchina era stato una tortura.
Innanzi tutto, Ilary non l’aveva lasciato guidare e questo era stato un enorme errore da parte sua.
Un errore che non avrebbe più ripetuto!
Al ritorno avrebbe insistito per lasciarle il posto del passeggero e, se lei non avesse voluto, avrebbe preso un taxi per tornare a casa, poco ma sicuro!
In diverse occasioni si era spaventato a morte.
Era passata con il rosso due volte, non aveva dato quasi mai la precedenza a chi ne aveva diritto ed era rimasto sconcertato per quello che era uscito da quella bocca di fragola.
Ilary non era per niente una ragazza fine.
Tra l’altro, l’aveva scioccato, quando maliziosa, gli aveva elencato tutto ciò che avrebbe voluto fare con lui, una volta nudi.
Per carità non era un santo da quel punto di vista, ma certe posizioni non le aveva mai sentite nemmeno nominare.
Che fantasia fervida!
Ovviamente, quel discorso non l’aveva aiutato per niente a far evaporare l’erezione che gli aveva fatto compagnia, praticamente, da quando era uscito di casa.
Non appena si sentiva più tranquillo, lei lo provocava con le sue fantasie e proposte e se non si fosse sfogato da lì a poco, avrebbe avuto dei dolori lancinanti per almeno quattro giorni di fila!
Adesso se ne stava con le mani unite ad avvolgere l’inguine, per coprire la protuberanza, mentre lei porcheggiava coloritamente, perché non riusciva a trovare, nella borsa di Mary Poppins, le chiavi di quella villetta bianca che, a quanto sembrava, era la loro casa.
Così aveva detto Ilary.
Quando finalmente riuscirono ad entrare, Josh non perse tempo a fare domande, chiedere spiegazioni o a guardare l’arredamento, domandò l’unica cosa che gli interessava veramente – Dov’è la nostra camera matrimoniale?
Ilary lo prese per mano e lo condusse su per le scale, quando gliela indicò, Josh se la caricò sulle spalle e, a passo di carica, aprì la stanza e si fiondò sul letto.
La spogliò con impazienza, senza ascoltare le proteste di Ilary sull’amore romantico – Smettila ragazzina! – l’ammonì divertito – Non puoi parlarmi di romanticismo, dopo che mi hai torturato per venti minuti abbondanti con le tue idee su come farmi impazzire!
Ilary scoppiò a ridere, con la sua solita risata cristallina, finché le cose non cominciarono a diventare serie.
Il sorriso le morì sulle labbra e gli occhi le divennero lucidi dal desiderio.
Josh era felice.
La baciò con passione e l’accarezzò come se fosse il bene più prezioso in tutto l’universo.
Appena un attimo prima di coronare il suo sogno, Josh si fermò e fissò il viso di Ilary con amore.
Le passò l’indice sulla fronte e poi le disegnò, con il polpastrello, il contorno degli occhi, del naso e della bocca - Ti amo ragazzina – disse, prima di baciarla ancora delicatamente.
Ilary gli circondò la schiena con le sue braccia esili – Ti amo professore – rispose lei in un sussurro.
- Ilary… insegnami a vivere… - soffiò sulle labbra della ragazza, un attimo prima di fondersi con lei in un corpo solo.
 
 
Josh era soddisfatto.
Ilary era stata impeccabile e tutto quello che gli aveva promesso in macchina, l’aveva mantenuto.
Non sapeva esattamente che ore fossero, perché si erano addormentanti nudi, uno nelle braccia dell’altro.
La piccoletta l’aveva sfinito.
Adesso lei respirava regolarmente sul suo petto e Josh non aveva mai sentito suono più bello di quello.
Aveva trasgredito ad una regola. La prima della sua vita: aveva fatto l’amore con una sua alunna.
Sorrise tra sé e sé, Ilary non era una studentessa qualsiasi. Ilary era la donna che amava e quella che sarebbe diventata sua moglie e la madre dei suoi figli, ne era certo.
- Sei sveglio? – sbiasciò lei ancora assonnata.
- Si…
- Che ore sono? – chiese, alzando leggermente il viso, per poi ripiombare svogliata sul suo petto.
- È tardi Ilary e tu devi andare a studiare – rispose lui.
- Mmmm… non ho voglia. Stiamo ancora un po’ qui, dai…
- Dai ragazzina, muovi quelle tue stupende chiappe e alzati da questo letto! – ordinò.
Lei si staccò da lui, provocandogli un freddo improvviso, anche se la temperatura di giugno era calda e si girò indispettita, porgendogli la schiena.
Josh si mise sul fianco dalla parte opposta – Lo sai vero che domani ti interrogo…
- JOSH! – protestò contrariata – Allora sei proprio uno stronzo!
- Ilary! Quante volte te lo devo dire che non devi dire le parolacce?
- Stronzo non è una parolaccia, stronzo è ciò che sei tu! Josh uguale stronzo. Se apri il dizionario dei sinonimi e contrari, vedrai che sotto la voce Josh c’è scritto stronzo. Non mi puoi interrogare domani, lo sai che non ho studiato, sono qui con te! – sibilò inviperita.
- Ilary lo sai che devo, invece! Hai un po’ più della sufficienza, ma non è abbastanza per passare al voto più alto. Se fai una bella prova domani…
Non riuscì a finire il suo discorso che Ilary lo interruppe – Ma come cacchio faccio a prendere un voto più alto se non ho studiato! Senti… non puoi fare un’eccezione per me? Mi sembra di aver fatto una bella prova oggi pomeriggio… mettimi un bel voto, senza interrogarmi… su dai… - disse maliziosa.
- Ilary! Quello che è successo tra noi oggi, non c’entra nulla con la scuola. Domani io sarò ancora il tuo professore e tu la mia alunna, ritorneremo alla forma di cortesia e ti dovrò interrogare per darti il voto! Questa è corruzione! – affermò sconcertato dalla proposta della ragazza – Non posso assolutamente fare una cosa del genere, andrebbe contro i miei principi.
- Mamma come sei palloso Josh! Sarebbe solo un piccolo aiutino… oppure mettimi la sufficienza e siamo tutti contenti, ma ti prego non interrogarmi! – supplicò lei.
- Ilary… non posso!
- Sei uno stronzo…
Josh sbuffò – Non sono uno stronzo, ti ho detto! Sono il tuo professore e devo…
Ilary si girò di scatto e gli tappò la bocca con un bacio – Se facessi quella cosa che ho notato ti piace tanto, contravverresti, solo questa per volta, alle tue regole del cacchio?
- E quella cosa la faresti anche domani, per caso? – chiese con un largo sorriso, dimenticandosi subito i suoi ferrei principi e la nuova parolaccia uscita dalla bocca di Ilary.
- Mi stai ricattando Josh? – chiese lei inarcando un sopracciglio.
- No ragazzina, sto contrattando… - le rispose angelico, sbattendo velocemente le ciglia.
- Impari troppo in fretta, non va bene così. Ok, anche domani. Siamo d’accordo?
- Ci penserò Ilary, intanto comincia… - sussurrò, avvertendo che il suo amichetto si era già galvanizzato.
Ilary scivolò sotto le lenzuola e Josh chiuse gli occhi.
Hai mai vissuto veramente Josh?
Oh… aveva appena cominciato e nessuno l’avrebbe più fermato!
 
***FINE***
 

Ciao,
grazie a tutti coloro che hanno seguito, ricordato e preferito questa mini storia.
Grazie a chi ha recensito.
Mi è piaciuto molto scrivere di Ilary e Josh, due personaggi profondamente diversi, ma tutti e due in cerca di amore.
Ilary e Josh si completano secondo me, sono necessari l'una all'altro proprio perché uno ha quello che non ha l'altra e insieme sono perfetti.
Spero che la storia vi sia piaciuta, come spero che il finale sia stato soddisfacente.
Ciao e grazie a tutti.
Alla prossima besos MandyCri

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